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per approfondimenti vedi anche:
A.N.AC. (già Autorità Vigilanza Contratti Pubblici) <---> Partenariato Pubblico Privato - MEF/RGS
* * *
A.N.AC. (massimario dell'Autorità) - A.N.AC. (massimario di giurisprudenza)

anno 2010
dicembre 2010

APPALTI: Sul c.d. potere di soccorso della stazione appaltante ai fini della verifica della completezza della documentazione.
Nel rispetto della efficienza e della economicità dell'azione amministrativa, sussiste il cd. potere di soccorso della stazione appaltante nei confronti delle offerte non conformi alla "lex specialis" della gara, vale a dire di domandare chiarimenti in ordine alla dichiarazione presentata, ove sia del tutto evidente la sua mera erroneità materiale ed il possesso del requisito sia comunque individuabile dagli atti depositati e occorra soltanto un chiarimento ovvero un aggiornamento (Consiglio Stato, sez. I, 18.03.2009, n. 701).
Pertanto, la fase di prequalifica non consuma il potere della p.a. di valutare anche in sede di gara la sussistenza dei requisiti di partecipazione, anche alla luce di eventuali sopravvenienze, sicché è indubitabile che la documentazione in origine acquisita non possa non essere utilizzata anche nella fase successiva ai fini della verifica della completezza della documentazione (TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 31.12.2010 n. 39288 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: Sulla legittimità della clausola di un bando che prescriva, a pena di esclusione, la mancanza di situazioni di collegamento o di controllo tra imprese.
Una stazione appaltante può introdurre nella lex specialis di gara clausole escludenti relative ad altri fatti e situazioni che, pur non integrando gli estremi del collegamento o controllo societario civilistico in senso stretto, siano tuttavia idonei ad alterare la serietà ed indipendenza delle offerte.
Tale orientamento è stato confermato anche alla luce di una recente pronuncia della Corte di Giustizia, secondo cui, rapporti fra imprese partecipanti alla stessa gara d'appalto possono condizionare i rispettivi comportamenti e distoglierle da quel rapporto squisitamente concorrenziale che costituisce la stessa ragion d'essere delle procedure di gara.
Prevale, quindi, l'esigenza di assicurare l'effettiva ed efficace tutela della regolarità della gara e, in particolare, la par condicio fra tutti i concorrenti, nonché la serietà e compiutezza delle offerte, e si deve evitare che, attraverso meccanismi di influenza societari, pur non integranti collegamenti o controlli di cui all'art. 2359 cod. civ., venga alterata la competizione, a discapito dell'interesse pubblico alla scelta del giusto contraente (TAR Lazio, Sez. III, sentenza 30.12.2010 n. 39154 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Informativa antimafia - Risultanze istruttorie a monte - Differenza - Limitazioni all’accesso.
Ai fini dell’accesso, l’’informativa antimafia, generalmente consistente nella mera formula rituale con la quale il Prefetto, sulla base delle risultanze in suo possesso, afferma la sussistenza di elementi interdittivi a carico dell'impresa, atto per sua natura pienamente ostensibile, va distinta dalle risultanze istruttorie "a monte", cui ha attinto l'Autorità prefettizia per pervenire al giudizio sfavorevole formulato a carico dell'impresa medesima, laddove l'accesso va effettivamente escluso per tutte le parti della documentazione in possesso dell'Amministrazione coperte da segreto istruttorio, in quanto afferenti a indagini preliminari o procedimenti penali in corso, o in quanto coinvolgenti, a qualunque titolo, terzi soggetti interessati dalle informative di polizia di sicurezza; ovvero, ancora, adducendo specifici motivi ostativi riconducibili ad imprescindibili esigenze di tutela di accertamenti di polizia di sicurezza e di contrasto alla delinquenza organizzata (TAR Campania, Salerno, sentenza n. 818/2007) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. I, sentenza 30.12.2010 n. 14413 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Avvalimento: caratteristiche generali.
Con due pronunce consecutive (CdS, Sez. VI, sent. 29.12.2010 n. 9576 e CdS, Sez. VI, sentenza 29.12.2010 n. 9577), il Consiglio di Stato ha espresso importanti principi riguardo l’istituto dell’avvalimento, proseguendo a definirne progressivamente le caratteristiche generali.
In un primo momento, infatti, con la sentenza 29.12.2010 n. 9576, è stato ribadito che l’avvalimento è un istituto di carattere generale, che ha come finalità precipua quella di consentire la massima partecipazione possibile alle gare ad evidenza pubblica.
Tale caratteristica ne consente l’applicabilità anche in settori produttivi con specifiche peculiarità.
È stato infatti sostenuto che “Attesa la portata generale dell’istituto, e in assenza di una espressa previsione derogatoria, non vi sono ragioni per ritenere che l’avvalimento non trovi applicazione per la sola ragione che la gara in oggetto abbia ad oggetto prestazioni (la fornitura di aiuti alimentari) che interessano il settore dell’agricoltura. Si tratta, invero, sempre di una gara, che quindi soggiace ai principi generali desumibili dalla normativa comunitaria, tra i quali anche il principio dell’avvalimento. Né, del resto, nell’ambito del settore agricolo, emergono peculiarità tali da giustificare una deroga così visto ai principi comunitari.”
Con la seconda pronuncia, sentenza 29.12.2010 n. 9577, i giudici amministrativi ribadiscono quanto da ultimo affermato a proposito della generalità dell’istituto e, oltre a dettare interessanti principi in materia di subappalto, di potere di soccorso della stazione appaltante e di continuità delle operazioni di gara, chiariscono che l’avvalimento, applicabile anche ai settori speciali in virtù del rinvio operato dall’art. 233, comma 6, del D.lgs. 163/2006, nei limiti della compatibilità, non può essere sottoposto ad una legge di gara che ne fissi una disciplina più rigorosa.
Infatti, il riferimento al criterio della compatibilità, intende evitare che ai settori speciali siano estese norme di eccessivo rigore, incompatibili con il dettato comunitario.
Altra questione affrontata dai giudici attiene alle dichiarazioni da rendere in caso di collegamento tra le imprese e nell’ipotesi di impresa ausiliaria estera.
Sul primo punto è stato ribadito che “Quanto alla dichiarazione formale che deve rendere l’impresa ausiliaria ai sensi dell’art. 49, comma 2, lett. e), del Codice dei contratti pubblici, di non trovarsi in una situazione di controllo "con una delle altre imprese che partecipano alla gara", essa va correttamente interpretata alla luce delle direttive comunitarie secondo cui l’avvalimento è ammesso a prescindere dalla natura giuridica dei legami tra impresa ausiliaria e impresa ausiliata. Pertanto, un eventuale rapporto di controllo tra ausiliaria e ausiliata è giuridicamente irrilevante e non deve essere dichiarato. Lo stesso è a dirsi nel caso in cui il rapporto di controllo non si ponga tra ausiliaria e ausiliata, ma tra ausiliaria e altra impresa dello stesso raggruppamento dell’ausiliata. Infatti in tal caso più imprese dello stesso raggruppamento costituiscono un medesimo concorrente, e sono irrilevanti i rapporti interni di controllo riferiti al medesimo concorrente.”
Infine, con riferimento al caso dell’impresa ausiliaria estera, il CdS ha affermato che la stessa non sia tenuta a rendere la dichiarazione sul possesso dei requisiti di capacità con le forme previste per le imprese italiane, ossia esibendo i documenti probatori, o rendendo dichiarazione sostitutiva.
Ciò in applicazione dell’art. 47, del D.lgs. 163/2006, il quale prevede che gli operatori economici stabiliti in altri Paesi dell’Unione europea si qualificano nella singola gara che si svolge in Italia producendo documentazione conforme alla normativa vigente nel Paese di appartenenza, idonea a dimostrare il possesso dei requisiti prescritti per la qualificazione e la partecipazione degli operatori economici italiani alle gare.
Secondo i giudici del CdS, tale regola, dettata per i partecipanti alla gara, non può non essere estesa alle imprese ausiliarie (commento tratto da www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Esclusione da una gara per aver commesso un "errore grave" nell’esecuzione di un precedente appalto.
E’ legittima l’esclusione da una gara per forniture, disposta ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera c) del d.lgs. 24.07.1992, n. 358, perché la ditta esclusa avrebbe commesso un "errore grave" nell’esecuzione di un precedente appalto, richiamando un procedimento penale per truffa aggravata in danno di enti pubblici, riferibile comunque alla ditta esclusa, trattandosi di condotte comunque riconducibili all’ipotesi preclusiva di cui all’art. 11, comma 1, lett. c) d.lgs. 358 del 1992.
Infatti, la circostanza che, al momento dell’esclusione, il procedimento penale era ancora in corso, la sua riferibilità ad appalti in tutto simili a quello indetto dalla stazione appaltante e l’idoneità di tale circostanza a compromettere la complessiva affidabilità professionale della ditta in questione sono state ragionevolmente valutate dall’Amministrazione, la quale ne ha fatto discendere con iter logico coerente e ragionevole una causa ostativa alla partecipazione alla gara d’appalto ai sensi della disposizione richiamata (massima tratta da www.regione.piemonte.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 29.12.2010 n. 9542 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIRevoca atti di gara - Necessità di ragioni di interesse pubblico e di vizi nella procedura di gara - Circostanze sopravvenute - Valutazione discrezionale della Pubblica Amministrazione - Revoca dell'aggiudicazione provvisoria: attiene alla fase di scelta del concorrente - Possibilità di revoca implicita o senza particolare motivazione.
Il potere di ritirare gli atti di gara attraverso gli strumenti della revoca e dell'annullamento, riconosciuto alle stazioni appaltanti va riconosciuto, peraltro, in presenza di adeguate ragioni di pubblico interesse o di vizi di merito e di legittimità, tali da rendere inopportuna o comunque da sconsigliare la prosecuzione della gara stessa, come ad esempio nel caso in cui la revoca dell'aggiudicazione provvisoria sia giustificata da un nuovo apprezzamento della fattispecie in base a circostanze sopravvenute, essendo collegata ad una facoltà latamente discrezionale dell'Amministrazione che non inerisce ad alcun rapporto contrattuale, ma attiene ancora alla fase della scelta del contraente, quando, cioè, l'Amministrazione ha la possibilità di valutare la persistenza dell'interesse pubblico all'esecuzione delle opere appaltate.
L'Amministrazione può, dunque, provvedere alla revoca dell'aggiudicazione provvisoria, anche in via implicita e senza obbligo di particolare motivazione, anche se l'intervento in autotutela sia basato su una valutazione di convenienza economica, la cui sussistenza deve essere, però, idoneamente e inequivocamente accertata (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.12.2010 n. 7734 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: G.U. 29.12.2010 n. 303 "Comunicato relativo al decreto del Presidente della Repubblica 05.10.2010, n. 207, concernente «Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, recante “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”» (Decreto pubblicato nel Supplemento ordinario n. 270/L alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 288 del 10.12.2010)" (errata-corrige).

APPALTI - ENTI LOCALI - VARI: G.U. 29.12.2010 n. 303 "Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie" (D.L. 29.12.2010 n. 225).

APPALTICodice appalti, 2010 anno del fare. Da risolvere la disciplina sulle opere superspecialistiche.
Approvato il nuovo regolamento del Codice dei contratti pubblici, il 2011 vedrà il governo impegnato nell'approvazione di ulteriori modifiche al Codice dei contratti pubblici, ma anche nel tentativo di risolvere la partita sulle opere superspecialistiche e di introdurre il divieto di arbitrato; dovranno inoltre essere definite alcune discipline di dettaglio come quella sui requisiti per la validazione dei progetti.
È così che si chiude il 2010 e si apre il 2011, con il governo che ha finalmente portato a termine il lungo lavoro di messa a punto del regolamento attuativo del. Codice.
Nuovo regolamento del Codice dei contratti pubblici.
E questo infatti il risultato più importante raggiunto dopo tre anni di iter tribolato del provvedimento. Il dpr 05.10.2010, n. 207 entrerà in vigore l'08.06.2011, tranne le norme sulle sanzioni per le Soa entrate in vigore in questi giorni.
Il corposo testo, che sostituirà, fra gli altri, il dpr 554/1999 (regolamento della legge Merloni) e il dpr 34/2000, ha molte novità al suo interno fra cui il performance bond (la garanzia globale di esecuzione), la nuova disciplina sulla validazione, i nuovi requisiti di qualificazione, la nuova disciplina sugli affidamenti di servizi di ingegneria e architettura (con i limiti ai ribassi) e sui collaudi. E' rimasta incompiuta la disciplina sulla qualificazione per le opere superspecialistiche e proprio questa sarà una delle possibili patate bollenti sulla scrivania del ministro Matteoli già ad inizio anno.
Ci saranno poi da definire le norme attuative per l'accreditamento dei soggetti valida tori dei progetti, anche questa una normativa particolarmente delicata ... (articolo ItaliaOggi del 29.12.2010 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTI FORNITUREÈ legittimo il bando di gara che consente ai privati di sponsorizzare gli arredi scolastici.
Tre associazioni, nella pronuncia in commento, hanno impugnato l’avviso pubblico di procedura di sponsorizzazione per la fornitura di arredi scolastici negli istituti di una Provincia pugliese, sostenendo che sarebbero stati violati i principi comunitari in materia di evidenza pubblica (trasparenza, parità di trattamento, proporzionalità) ed il principio di neutralità che deve ispirare l’agire della pubblica amministrazione in quanto i messaggi pubblicitari apposti sugli arredi scolastici potrebbero incidere negativamente sul processo formativo della personalità dei minori che frequentano le aule scolastiche.
I giudici del Tribunale amministrativo di Bari evidenziano su questo argomento che «la sponsorizzazione di cui al gravato avviso pubblico è espressamente disciplinata dall’art. 43 legge n. 449/1997 (si veda in particolare il comma 1: “Al fine di favorire l’innovazione dell’organizzazione amministrativa e di realizzare maggiori economie, nonché una migliore qualità dei servizi prestati, le pubbliche amministrazioni possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione con soggetti privati ed associazioni, senza fini di lucro, costituite con atto notarile.”) e dall’art. 119 dlgs n. 267/2000 (“1. In applicazione dell’art. 43 della legge 27.12.1997, n. 449, al fine di favorire una migliore qualità dei servizi prestati, i comuni, le province e gli altri enti locali indicati nel presente testo unico, possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione, nonché convenzioni con soggetti pubblici o privati diretti a fornire consulenze o servizi aggiuntivi.”) e che pertanto l’amministrazione evocata in giudizio si è semplicemente avvalsa di una possibilità prevista dalla legislazione vigente; che, allo stato, non è possibile prevedere quale tipo di sponsorizzazione-pubblicità verrà in concreto apposta sugli arredi scolastici (ciò si potrà affermare unicamente all’esito dell’espletamento della gara, e soltanto in caso di sponsorizzazioni concretamente lesive della sfera di interessi rappresentata dal relativo ente esponenziale sarà eventualmente ipotizzabile una legittimazione del medesimo ente esponenziale ad agire in sede giurisdizionale); che comunque il bando correttamente contempla una apposita clausola finale di salvaguardia che impedisce le sponsorizzazioni “vietate” riguardanti propaganda di natura politica, sindacale, filosofica o religiosa, pubblicità diretta o collegata alla produzione o distribuzione di tabacco, prodotti alcoolici, materiale pornografico o a sfondo sessuale, messaggi offensivi incluse le espressioni di fanatismo, razzismo odio o minaccia» (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it -  TAR Puglia-Bari, Sez. II, sentenza 28.12.2010 n. 4312 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Requisiti di partecipazione - Fusioni, incorporazioni, cessioni di ramo d’azienda - Utilizzo dei requisiti tecnici e professionali delle imprese cedute - Appalti di servizi - Applicabilità.
Costituisce principio generale che l'impresa che partecipa ad una gara d'appalto può avvalersi dei requisiti posseduti dalle imprese cedenti. Invero, la ragione delle operazioni di fusione, incorporazione, cessioni di ramo d'azienda ed operazioni similari consiste proprio nella possibilità, per la società acquirente, di utilizzare i requisiti tecnici e professionali propri delle imprese cedute.
Tale principio, che trova un addentellato normativo nella disciplina sugli appalti di lavori pubblici, attesa la sua portata generale deve ritenersi applicabile anche nel settore degli appalti di servizi (cfr. TAR Campania Napoli, sez. I, 21.03.2006, n. 3108).
Iscrizione di dati nel casellario informatico presso l’autorità di vigilanza - Avviso di avvio del procedimento - Obbligo.
Dell'eventuale avvio del procedimento di iscrizione di dati nel casellario informatico presso l'Autorità di vigilanza deve essere notiziato l'interessato, anche quando la trasmissione di atti al casellario, da parte delle stazioni appaltanti, è dovuta in adempimento di disposizioni di legge, attese le conseguenze rilevanti che derivano da tale iscrizione e l'indubbio interesse del soggetto all'esattezza delle iscrizioni, salva l’ipotesi di atti informativi equipollenti (C.d.S., Sez. VI, sentenza n. 3754 del 15.06.2010) (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 27.12.2010 n. 28051 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Requisiti di capacità tecnica e professionale - Stazione appaltante - Natura, quantità e uso delle forniture o dei servizi - Elenco tipologico contenuto nell’art. 42 d.lgs. n. 163/2006 - Successiva specificazione in sede di bando - Principi di ragionevolezza, proporzionalità e logicità.
I requisiti di capacità tecnica e professionale sono stabiliti dalle stazioni appaltanti in ragione della natura, della quantità o dell'importanza e dell'uso delle forniture o dei servizi e, dunque, l’elenco tipologico contenuto nell’art. 42 del d.lgs. 163/2006 presuppone una successiva specificazione in sede di bando e disciplinare in funzione delle esigenze del singolo appalto, fermo restando il rispetto del principio di ragionevolezza, logicità e proporzionalità rispetto all’oggetto dell’affidamento (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 27.12.2010 n. 28018 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTIArt. 38 del D.lgs. 163/2006 - Valutazione sulla gravità del reato - Necessità di riferimento alla connessione del reato commesso con l'oggetto dell'appalto e al tempo intercorso dalla condanna - Sussiste - Criteri.
La "gravità" del reato, nell'accezione voluta dal legislatore del codice dei contratti con l'art. 38, è un concetto giuridico a contenuto indeterminato, da valutarsi necessariamente non soltanto in sé e per sé, ma di volta in volta con riferimento ad una serie di parametri quali la maggiore o minore connessione con l'oggetto dell'appalto, il lasso di tempo intercorso dalla condanna, l'eventuale mancanza di recidiva, le ragioni in base alle quali il giudice penale ha commisurato in modo più o meno lieve la pena (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 27.12.2010 n. 7715 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla dichiarazione ex art. 38 d.lgs. n. 163/2006 e sulla valutazione della gravità del reato.
Per giurisprudenza ormai consolidata, in tema di esclusione dalla gara per l'affidamento di appalti pubblici, l'art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 costituisce presidio dell'interesse dell'Amministrazione di non contrarre obbligazioni con soggetti che non garantiscano adeguata moralità professionale; presupposti perché l'esclusione consegua alla condanna sono la gravità del reato e il riflesso dello stesso sulla moralità professionale. La gravità del reato deve, quindi, essere valutata in relazione a quest'ultimo elemento e il contenuto del contratto oggetto della gara assume allora importanza fondamentale al fine di apprezzare il grado di moralità professionale del singolo concorrente.
In altri termini la "gravità" del reato, nell'accezione voluta dal legislatore del codice dei contratti con il citato art. 38, è un concetto giuridico a contenuto indeterminato, da valutarsi necessariamente non soltanto in sé e per sé, ma di volta in volta con riferimento ad una serie di parametri quali la maggiore o minore connessione con l'oggetto dell'appalto, il lasso di tempo intercorso dalla condanna, l'eventuale mancanza di recidiva, le ragioni in base alle quali il giudice penale ha commisurato in modo più o meno lieve la pena.
Ai sensi dell'art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, il potere di stabilire quali reati siano da indicare nella dichiarazione attestante il possesso dei requisiti richiesti per l'ammissione alla gara, in quanto possano incidere, per la loro gravità, sulla sua moralità professionale spetta al dichiarante con la conseguenza che, essendo tale valutazione rimessa alla stazione appaltante solo in sede di eventuale controllo, il concorrente può legittimamente non fare menzione dei precedenti penali non risultanti dal certificato del casellario giudiziale e da lui ritenuti non idonei a compromettere, secondo l'id quod plerumque accidit, la sua moralità professionale; pertanto va escluso che possa qualificarsi come "falsa" dichiarazione quella contenente una valutazione soggettiva del concorrente stesso, che potrebbe semmai non essere condivisa, ma non certo determinarne l'esclusione dalla gara (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 27.12.2010 n. 7715 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Dichiarazione ex art. 38 d.lgs. n. 163/2006 - Gravità del reato - Concetto a contenuto indeterminato.
La “gravità” del reato, nell’accezione voluta dal legislatore del codice dei contratti con l’art. 38, è un concetto giuridico a contenuto indeterminato, da valutarsi necessariamente non soltanto in sé e per sé, ma di volta in volta con riferimento ad una serie di parametri quali la maggiore o minore connessione con l’oggetto dell’appalto, il lasso di tempo intercorso dalla condanna, l’eventuale mancanza di recidiva, le ragioni in base alle quali il giudice penale ha commisurato in modo più o meno lieve la pena.
Dichiarazione ex art. 38 d.lgs. n. 163/2006 - Reati non idonei ad incidere sulla moralità professionale - Mancata indicazione - Irrilevanza.
Ai sensi dell'art. 38 del codice dei contratti, il potere di stabilire quali reati siano da indicare nella dichiarazione attestante il possesso dei requisiti richiesti per l'ammissione alla gara, in quanto possano incidere, per la loro gravità, sulla sua moralità professionale spetta, in prima battuta, al dichiarante con la conseguenza che, essendo tale valutazione rimessa alla stazione appaltante solo in sede di eventuale controllo, il concorrente può legittimamente non fare menzione dei precedenti penali non risultanti dal certificato del casellario giudiziale e da lui ritenuti non idonei a compromettere, secondo l'id quod plerumque accidit, la sua moralità professionale; pertanto va escluso che possa qualificarsi come “falsa” dichiarazione quella contenente una valutazione soggettiva del concorrente stesso, che potrebbe semmai non essere condivisa, ma non certo determinarne l'esclusione dalla gara (Cons. Stato, sez. V, 19.06.2009, n. 4082; anche: TAR Sardegna Cagliari, sez. I, 09.10.2009, n. 1525; Cons. Stato, sez. V, 19.06.2009, n. 4082; id. 08.09.2008, n. 4244; TAR Sicilia Catania, sez. IV, 25.02.2010, n. 395).
Una diversa lettura dell'art. 38 del D.Lgs. n. 163 del 2006 apparirebbe legittima soltanto nel caso in cui il bando, invece di limitarsi a chiedere una generica dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione, avesse imposto, e sanzionato con l'esclusione in caso di omissione, una dichiarazione dal contenuto più ampio rispetto a quanto ivi prescritto al fine di riservare alla stazione appaltante, fin dalla prima fase di gara, la valutazione della gravità o meno dell'illecito e anche di ogni omessa dichiarazione.
Solo in siffatta ipotesi, dunque, potrebbe integrare una legittima causa di esclusione, oltre all’esistenza di una violazione penale grave, ma la mancata dichiarazione nei puntuali termini prescritti dal bando (TAR Trentino Alto Adige Trento, sez. I, 07.06.2010, n. 151) (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 27.12.2010 n. 7715 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTIPotere della p.a. di stabilire rigorosi requisiti selettivi di partecipazione - Sussiste - Limiti - Oggetto dell'appalto e rispetto del principio di proporzionalità.
Sebbene la stazione appaltante abbia il potere discrezionale di fissare requisiti di partecipazione ad una gara ad evidenza pubblica ristretti e selettivi, tale potere è correttamente esercitato soltanto quando detti criteri rispondano ad esigenze oggettive dell'Amministrazione e non appaiano sproporzionati rispetto all'oggetto dell'appalto e all'esigenza di non ridurre, oltre lo stretto indispensabile, la platea dei potenziali concorrenti e di non precostituire situazioni di privilegio (cfr. TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 29.11.2010, n. 7404; adde Cons. Stato, sez. V, 04.08.2010, n. 5201) (Nella fattispecie il TAR - considerato che l'oggetto dell'appalto era costituito dai "servizi di vigilanza armata"- ha ritenuto censurabile la previsione, contenuta nel bando di gara, che richiedeva, tra i requisiti di partecipazione previsti a pena di esclusione, la dichiarazione «di essere in possesso dei certificati di conformità del sistema di qualità alle norme europee UNI EN ISO 9001:2004 e della certificazione ambientale ISO 14001:2004 rilasciate da soggetti accreditati ai sensi delle norme europee») (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 27.12.2010 n. 7710 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: F. Degni, PRESUPPOSTI DI URGENZA PER L’INDIZIONE DI UNA PROCEDURA NEGOZIATA SENZA PUBBLICAZIONE DEL BANDO (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.11.2010 n. 8006) (link a www.amministrazioneincammino.luiss.it).

APPALTI SERVIZI: L. Lo Biundo, Presupposti e limiti della partecipazione dei partecipazione dei comuni in società ed altri organismi (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICINiente fondi alle opere lumaca. Definanziati i lavori che non iniziano nei tempi previsti. Le novità in un dlgs approvato dal cdm. Via alla banca dati degli appalti pubblici.
Automatico definanziamento in caso di mancato avvio dei lavori nei tempi previsti; creazione di una banca dati presso il ministero dell'economia e la ragioneria generale dello stato che garantirà il monitoraggio costante di tutte le opere finanziate con risorse pubbliche; obbligo di indicazione del Cup e del Cig per la tracciabilità dei flussi finanziari.
Sono questi alcuni dei punti qualificanti dello schema di decreto legislativo approvato in via preliminare dal consiglio dei ministri del 22 dicembre, che attua la delega (di cui all'articolo 30 della legge 196/2009) al governo a emanare una disciplina per la razionalizzazione, la trasparenza, l'efficacia e l'efficienza delle procedure di spesa concernenti i finanziamenti in conto capitale destinati alla realizzazione di opere pubbliche.
L'obiettivo è quello di effettuare un monitoraggio costante, anche sugli aspetti di dettaglio, dell'iter di realizzazione delle opere pubbliche, con particolare riguardo all'avanzamento finanziario, fisico o procedurale degli interventi; tale monitoraggio sarà a sua volta utile per valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi previsti negli strumenti di pianificazione e programmazione.
Per realizzare ciò si stabilisce che vi siano sistemi gestionali ad hoc con uno standard informativo minimo che tutte le amministrazioni e gli enti aggiudicatori dovranno garantire rispetto a ogni intervento in corso di realizzazione. In particolare le stazioni appaltanti dovranno creare sistemi informatizzati di registrazione e conservazione dei dati contabili relativi a ogni transazione posta in essere anche al fine della tracciabilità dei flussi finanziari; le amministrazioni saranno inoltre tenute a prevedere specifici vincoli tesi ad assicurare ... (articolo ItaliaOggi del 24.12.2010 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTI: Sull'interpretazione delle disposizioni della direttiva 2004/18/CE, in relazione all'affidamento di un appalto pubblico ad una società mista, senza indizione di gara.
La direttiva 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, deve essere interpretata nel senso che, qualora un'amministrazione aggiudicatrice concluda con una società privata, da essa indipendente, un contratto che preveda la costituzione di un'impresa comune, sotto forma di società per azioni, ed il cui oggetto consista, come nel caso di specie, nella fornitura di servizi sanitari e preservazione del benessere sul luogo di lavoro, l'attribuzione da parte della predetta amministrazione dell'appalto relativo ai servizi destinati ai propri dipendenti, per un valore superiore alla soglia prevista dalla direttiva in parola, e scindibile dal contratto costitutivo di tale società, deve osservare le disposizioni della suddetta direttiva applicabili ai servizi rientranti nell'allegato II B.
La direttiva 2004/18 non opera una distinzione tra gli appalti pubblici conclusi da un'amministrazione aggiudicatrice per il soddisfacimento di bisogni di interesse generale e gli appalti pubblici non correlati a tale missione, come la necessità di soddisfare, come nel caso di specie, un obbligo che le incombe quale datore di lavoro nei confronti dei suoi dipendenti.
L'applicazione del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici è esclusa nel caso in cui, nel contempo, l'amministrazione aggiudicatrice eserciti, sull'ente aggiudicatario, un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi. Tuttavia, il fatto che un soggetto privato ed un'amministrazione aggiudicatrice cooperino nell'ambito di un'entità a capitale misto, non può giustificare il mancato rispetto, in sede di aggiudicazione di concessioni a tale soggetto privato o all'entità a capitale misto, delle disposizioni in materia di appalti pubblici.
L'intenzione delle parti contraenti di considerare gli elementi costitutivi di un contratto misto come inseparabili, deve poggiare su dati oggettivi atti a giustificarla ed a fondare la necessità di concludere un unico contratto.
Conformemente alla giurisprudenza della Corte, l'attribuzione di un appalto pubblico ad una società mista pubblico-privata, senza indizione di gara, pregiudicherebbe l'obiettivo di una concorrenza libera ed il principio della parità di trattamento, nella misura in cui una procedura siffatta offrirebbe ad un'impresa privata un maggior vantaggio rispetto ai suoi concorrenti (Corte di Giustizia europea, Sez. III, sentenza 22.12.2010 n. C-215/09 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIAumentano le tasse sulle gare. Per la fascia alta del mercato adeguamenti fino al doppio.
Dal 1° gennaio aumenta la tassa sugli appalti: per i contratti minori si tratta di piccoli ritocchi, per la fascia alta del mercato si arriva anche al raddoppio. In nome della tracciabilità finanziaria poi tutte le stazioni appaltanti dovranno richiedere il Cig (codice identificativo di gara), senza più soglie di esenzione: il Cig infatti non è più solo lo strumento che consente di versare la tassa sulle gare, quanto il sistema che consente di abbinare i bonifici e i pagamenti a ogni appalto e quindi deve esser richiesto per tutti i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, senza distinzione di importo.
Fanno eccezione solo gli appalti per le armi e il materiale bellico e le gare per l'acquisto di energia elettrica e gas. Gli aumenti e le indicazioni sul Cig sono contenuti in un decreto del presidente del Consiglio del 3 dicembre 2010, che fissa appunto la decorrenza degli aumenti dal l gennaio.
A richiederli è stata la stessa Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ormai -dopo il taglio dei fondi pubblici- trae la sua principale fonte di fmanziamento proprio dal contributo chiesto a operatori e amministrazioni del mercato degli appalti sui cui è chiamata a vigilare.
Oltre ad aumentare, gli importi 2011 saranno anche rimodulati con l'istituzione di scaglioni: ... (articolo Il Sole 24 Ore del 22.12.2010 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTIContratti della p.a. - Gara - Determinazione della soglia di anomalia - Taglio delle ali - Esclusione delle offerte che presentano ribassi identici - illegittimità.
Ai fini della determinazione della soglia di anomalia delle offerte nelle gare aggiudicate con il criterio del prezzo più basso, ove nel corso delle operazioni relative al c.d. taglio delle ali (ossia all'esclusione del 10% delle offerte di maggior ribasso e del 10% delle offerte di minor ribasso, arrotondato all'unità superiore) si verifichi il caso che, per effetto di ribassi identici, rientrino, nell'una o nell'altra ala, offerte in numero superiore al predetto limite del 10%, non si procede all'esclusione di quelle che presentano la stessa percentuale di ribasso, perché, diversamente operando, si violerebbe il dettato letterale della norma che limita l'esclusione automatica a detta percentuale (10%), si falserebbe il successivo calcolo della media aritmetica e di quella ponderale (Nella sentenza il TAR dà correttamente atto che vi è un diverso filone giurisprudenziale secondo il quale, ai fini del taglio delle ali e del calcolo della media dei ribassi, ove siano presentate due (o più) offerte di pari ribasso, si procede all'esclusione delle 2 (o più) offerte identiche in quanto le stesse devono essere considerate "unitariamente", vale a dire come se si trattasse di una sola offerta. Cfr. Cons. Stato, sez. V, 03.06.2002, n. 3068) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 20.12.2010 n. 7610 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIContratti della p.a. - Appalto - Interventi di ristrutturazione edilizia, recupero di sottotetti e riqualificazione di spazi - Gara - Art. 86, D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 - Offerte - Verifica di anomalia delle offerte - Valutazione discrezionale della p.a. - Esclusione - Legittima.
Secondo quanto disposto dall'art. 86, D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 le stazioni appaltanti possono sottoporre alla verifica di congruità l'offerta dell'aggiudicataria che, in base a particolari elementi, sia sospettata di essere particolarmente bassa, posto che è rimessa alla valutazione spiccatamente discrezionale della p.a. la scelta in merito all'opportunità di sottoporre o meno l'offerta dell'aggiudicataria alla verifica di anomalia (Nella fattispecie l'offerta è stata ritenuta anomala in ragione dell'elevata percentuale di sconto offerto dalla ricorrente rispetto alla base d'asta, pari al 31,771 %, anche in considerazione della notevole complessità dell'intervento consistente in lavori di ristrutturazione edilizia, recupero di sottotetti a uso abitativo e riqualificazione di spazi per servizi e attività) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 20.12.2010 n. 7609 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIContratti della p.a. - Art. 51 D.Lgs. 163/2005 - Affitto di ramo d'azienda - Intervenuto prima dell'aggiudicazione - Verifica immediata dei requisiti in capo all'impresa subentrante - Obbligo in capo alla stazione appaltante - Sussiste - Ratio.
L'art. 51 D.Lgs. 163/2005 (nel prevedere la possibilità di una modifica soggettiva dei partecipanti alla gara, a seguito di cessioni o affitti di azienda (o di rami di azienda), trasformazione, fusione o scissione di società, superando così il tradizionale principio della immodificabilità delle imprese concorrenti) impone alle stazioni appaltanti, nelle ipotesi di modificazioni soggettive ivi previste, l'immediata verifica dei requisiti generali e speciali in capo al nuovo soggetto, senza alcuna dilazione.
Ciò risulta coerente con la stessa ratio della disposizione, ispirata ad un giusto contemperamento tra principio della massima partecipazione alla gara, cui è preordinata la modificazione soggettiva, e par condicio fra i concorrenti, da garantirsi mediante l'immediata verifica dei requisiti anche del nuovo soggetto subentrante (Fattispecie nella quale la modificazione soggettiva realizzatasi a seguito di affitto di ramo d'azienda da parte di un'impresa concorrente era sopravvenuta mentre era ancora in corso la fase di valutazione delle offerte, con la conseguenza che la verifica in merito all'esistenza dei requisiti generali e speciali in capo all'impresa affittuaria avrebbe dovuto precedere -e non seguire- l'aggiudicazione) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 20.12.2010 n. 7600 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: G.U. 20.12.2010 n. 296 "Trasmissione dei dati dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture - settori ordinari e speciali ed estensione della rilevazione ai contratti di importo inferiore o uguale ai 150.000 euro, ai contratti «Esclusi» di cui agli articoli 19, 20, 21, 22, 23, 24 e 26 del d.lgs. n. 163/2006, di importo superiore ai 150.000 euro, e agli accordi quadro e fattispecie consimili" (Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, servizi e forniture, comunicato 14.12.2010).

APPALTIContratti della p.a. - Danno da illegittima mancata aggiudicazione - Quantificazione - Utile non conseguito - È indice presuntivo - Conseguenze - Possibile riduzione in via equitativa del danno risarcibile - Sussiste - In caso di mancata dimostrazione di un danno effettivo.
L'imprenditore, in quanto soggetto che esercita professionalmente una attività economica organizzata finalizzata alla produzione di utili, normalmente non rimane inerte in caso di mancata aggiudicazione di un appalto, ma si procura prestazioni contrattuali alternative dalla cui esecuzione trae utili.
Ciò implica che il danno derivante ad una impresa dall'illegittimo mancato affidamento di un appalto è quantificabile nella misura dell'utile non conseguito, soltanto se l'impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l'espletamento di altri servizi, mentre qualora tale dimostrazione non sia stata offerta è da ritenere che l'impresa possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri, analoghi servizi, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità, con conseguente riduzione in via equitativa del danno risarcibile (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 18.12.2010 n. 7591 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILex specialis di gara - Impugnazione immediata - In presenza di clausole discriminatorie immediatamente lesive - Interesse a ricorrere - Sussiste indipendentemente dalla presentazione della domanda di partecipazione.
Qualora la lex specialis di gara contenga clausole discriminatorie e comunque ostative alla partecipazione, per cui la presentazione della domanda di partecipazione da parte di un'impresa si risolverebbe in un adempimento formale inevitabilmente seguito da un atto di esclusione, sussiste l'onere di impugnazione immediata delle clausole della lex specialis preclusive della partecipazione.
In tale contesto, pertanto, l'interesse ad impugnare il bando sussiste a prescindere dalla mancata presentazione della domanda (cfr. sul punto, Cons. Stato, Sez. V, 09.04.2010, n. 1999; id. Sez. V, 19.03.2009, n. 1624; id. Sez. IV, 30.05.2005, n. 2804. In senso opposto v. Cons. Stato, Sez. V, 03.01.2002, n. 6) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 18.12.2010 n. 7590 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: G.U. 18.12.2010 n. 295 "Testo del decreto-legge 12.11.2010, n. 187 coordinato con la legge di conversione 17.12.2010, n. 217, recante: «Misure urgenti in materia di sicurezza»".

APPALTI: Sulla legittimità del provvedimento di esclusione di un concorrente disposto per la omessa apposizione del sigillo con ceralacca sulla busta contenente l'offerta economica.
Nel caso in cui il bando di gara commini espressamente l'esclusione obbligatoria, quale conseguenza di talune specifiche violazioni, la stazione appaltante è tenuta a dare precisa ed incondizionata esecuzione a tale previsione, restando preclusa, per l'interprete, qualsiasi diversa valutazione relativamente all'inadempimento.
Pertanto, nel caso di specie, è legittimo il provvedimento di esclusione di un concorrente disposto per la omessa apposizione del sigillo con ceralacca sulla busta contenente l'offerta economica, in quanto nelle gare indette per l'aggiudicazione di un appalto con la p.a. il sigillo con ceralacca del plico contenente le offerte, richiesto a pena di esclusione dal bando, risponde all'esigenza di garantire che il plico non possa essere aperto se non a prezzo di manometterne visibilmente la chiusura (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 17.12.2010 n. 27650 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICINel corso di un procedimento volto alla realizzazione di un’opera pubblica il comune deve e ben può variare il progetto già approvato con altro progetto che prevede l’ubicazione dell’opera in zona diversa da quella già prescelta, nel caso in cui detta modifica si renda necessaria a seguito di giustificato riesame dei profili funzionali dell’opera in relazione alle esigenze socio urbanistiche palesatesi successivamente all’approvazione dell’originario progetto.
Posto che al progetto preliminare manca il necessario carattere della complessiva ed immodificabile configurazione dell’opera, soltanto al progetto definitivo resta attribuita, ai fini istruttori, la capacità di rendere immodificabile l’intervento approvato, sicché le garanzia di partecipazione prescritte dagli artt. 7 e ss. L. n. 241/1990, sono propedeutiche all’approvazione del progetto definitivo e non anche del progetto preliminare.
La dichiarazione di pubblica utilità consegue (soltanto) all’approvazione del progetto definitivo, il quale è quello che possiede i caratteri complessivi e non più modificabili dell’opera, mentre quello preliminare è ancora un progetto abbisognevole di modificazioni e quello esecutivo è un complesso di specificazioni meramente operative e così dettagliatamente (e voluminosamente) determinato da non poter dare neppure una precisa idea complessiva della natura dell’intervento, se non a soggetti operanti professionalmente nel settore ingegneristico.

Secondo la giurisprudenza, nel corso di un procedimento volto alla realizzazione di un’opera pubblica il comune deve e ben può variare il progetto già approvato con altro progetto che prevede l’ubicazione dell’opera in zona diversa da quella già prescelta, nel caso in cui detta modifica si renda necessaria a seguito di giustificato riesame dei profili funzionali dell’opera in relazione alle esigenze socio urbanistiche palesatesi successivamente all’approvazione dell’originario progetto: e tale scelta può essere sindacata dal G.A. proprio in caso di omessa motivazione delle ragioni di pubblico interesse che la sottendono nel caso di rigetto delle osservazioni di privati incisi ovvero nell’ipotesi di una valutazione tecnica inficiata da errori di fatto o da vizi di illogicità o contraddittorietà (Cfr: TAR Basilicata, 06.12.1982, n. 165).
Invero, fermo restando che il merito della scelta relativa alla localizzazione di un’opera pubblica resta sottratta di massima al sindacato del giudice amministrativo, con le note eccezioni della illogicità, del travisamento dei fatti e della contraddittorietà, è anche vero che l’amministrazione è tenuta a dare conto, dell’avvenuta valutazione e considerazione di tutti gli interessi coinvolti e, segnatamente, di quelli sacrificati, e che sotto il profilo dell’adeguato apprezzamento delle posizioni interessate dall’ubicazione dell’opera, le delibere che ne approvano il progetto risultano sicuramente sindacabili (Cfr: C. di S., sez. IV, 20.09.2005, n. 4849).
Inoltre il contenuto dell’obbligo motivazionale sotto il profilo da ultimo illustrato, e la latitudine del relativo sindacato giurisdizionale sono destinati ad ampliarsi nei casi nei quali risulti rilevato uno stato di fatto, in sede di progettazione preliminare, che non sia più al corrente con quello esistente all’atto dell’apposizione del vincolo ablatorio e di tanto la P.A. sia stata resa edotta, dovendo perciò provvedere alla modifica dei progetti con conseguente obbligo di riconsiderare le posizioni soggettive (Cfr: C. di S., sez. IV, 20.09.2005, n. 4849; 15.06.2004, n. 4018; 03.11.1999, n. 1654).
In materia di espropriazione per p.u., posto che al progetto preliminare manca il necessario carattere della complessiva ed immodificabile configurazione dell’opera, soltanto al progetto definitivo resta attribuita, ai fini istruttori, la capacità di rendere immodificabile l’intervento approvato, sicché le garanzia di partecipazione prescritte dagli artt. 7 e ss. L. n. 241/1990, sono propedeutiche all’approvazione del progetto definitivo e non anche del progetto preliminare (Cfr: TAR Lombardia, Milano sez II, 26.05.2003, n. 2280; C. di S., sez. IV, 11.05.2004, n. 2930).
Nell’art. 16 della L. 11.02.1994, n. 109 è stato stabilito che per qualsiasi opera pubblica vi fosse la necessità della redazione, in progresso temporale, di tre distinte fasi progettuali, denominate progetto preliminare, progetto definitivo e progetto esecutivo, individuando (all’art. 14 della legge stessa) proprio nel progetto definitivo l’atto capace di contenere quella specifica dichiarazione di pubblica utilità, unica idonea a dare inizio alla procedura espropriativa.
Appena è il caso di rilevare che i tre stadi progettuali non possono essere confusi fra loro, essendo specificati per ciascuno di essi le caratteristiche ed i gradi di approfondimento dell’indagine progettuale; infatti il progetto preliminare è una indagine operativa che abbisogna ancora di specifiche puntualizzazioni in ordine alle caratteristiche dell’opera, il progetto definitivo determina la precisa configurazione dell’opera, mentre quello esecutivo è il progetto con le “specifiche”, vale a dire con tutti i dettagli operativi, tanto che nella pratica è spesso denominato “cantierabile”, e cioè consegnabile agli addetti al cantiere per la pedissequa esecuzione.
Si intuisce, quindi, agevolmente la ratio che sottostante al fatto che la dichiarazione di pubblica utilità consegua (soltanto) all’approvazione del progetto definitivo, il quale è quello che possiede i caratteri complessivi e non più modificabili dell’opera, mentre quello preliminare è ancora un progetto abbisognevole di modificazioni e quello esecutivo è un complesso di specificazioni meramente operative e così dettagliatamente (e voluminosamente) determinato da non poter dare neppure una precisa idea complessiva della natura dell’intervento, se non a soggetti operanti professionalmente nel settore ingegneristico (Cfr: C. di S., sez. IV, 11.05.2004, n. 2930) (TAR Campania-Napoli, Sez. V, sentenza 17.12.2010 n. 27621 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Non è necessario che i requisiti di partecipazione siano già disponibili all'epoca della gara, mentre sono indispensabili al momento della stipula del contratto e della successiva esecuzione degli impegni negoziali.
La motivazione del giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala deve essere rigorosa ed analitica soltanto nel caso del "giudizio negativo".

Un'interpretazione finalistica e teleologica delle disposizioni in tema di requisiti di partecipazione alla gara, di cui è espressione anche il principio di avvalimento ora fissato dalle direttive UE n. 17 e 18 del 2004, porta a ritenere che, in sede di gara, possa essere fornita dimostrazione in ordine al possesso, certo ed incondizionato, al momento della stipula del contratto e della successiva esecuzione, dei requisiti e dei mezzi all'uopo necessari.
Non è, in definitiva, necessario che i mezzi siano già disponibili all'epoca della procedura, mentre è invece necessario che nel corso della procedura si dimostri che essi saranno disponibili al momento dell'assunzione e dell'esecuzione degli impegni negoziali.
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E' generale l'affermazione in giurisprudenza che la ritenuta "congruità delle offerte" non necessita di particolare motivazione, richiesta invece nel caso in cui sia espresso dalla Commissione di gara un giudizio di "non congruità dell'offerta" e quindi di insufficienza e/o inidoneità delle giustificazioni a spiegare l'anomalia. In quel caso, la motivazione si impone perché si perviene all'esclusione dell'offerta anomala in contraddittorio con l'offerente.
La motivazione del giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala deve essere rigorosa ed analitica soltanto nel caso del "giudizio negativo", mentre nel caso di "giudizio positivo" non è necessario che la relativa determinazione sia fondata su un'articolata motivazione ripetitiva delle medesime giustificazioni ritenute accettabili o espressiva di ulteriori apprezzamenti, con la conseguenza che il giudizio favorevole di non anomalia dell'offerta non richiede puntualità di argomentazioni, essendo sufficiente anche una motivazione "per relationem" alle stesse giustificazioni presentate dal concorrente sottoposto al relativo obbligo (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 17.12.2010 n. 2818 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'illegittimità dell'esclusione da una gara di un concorrente che abbia tempestivamente effettuato il versamento dovuto all'AVCP, anche se con modalità differenti rispetto a quelle contemplate dalla lex specialis di gara.
E' illegittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un'impresa che abbia provveduto tempestivamente ad effettuare il versamento dovuto all'AVCP, secondo, tuttavia, modalità differenti rispetto a quelle prescritte dal disciplinare di gara, in quanto ciò vìola il principio di proporzionalità in materia di appalti pubblici; quest'ultimo, elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza tedesche, e successivamente assunto come principio generale del diritto comunitario, trova ingresso e rilievo anche nel nostro ordinamento, in specie per il richiamo ad esso effettuato dagli artt. 2, 27 e 30 del d.lgs. n. 163/2006.
Peraltro, ai sensi dell'art. 23 L. n. 262/2005, detto principio va inteso quale criterio di esercizio del potere adeguato al raggiungimento del fine, con il minor sacrificio degli interessi dei destinatari.
Infatti, la verifica del rispetto del principio di proporzionalità deve svolgersi, da un lato, accertando la funzionalità della determinazione amministrativa agli obiettivi perseguiti dalla p.a.; dall'altro, vagliando se essa non risulti spropositata rispetto al perseguimento dell'interesse pubblico primario, e tale da sacrificare gli ulteriori interessi coinvolti nella procedura amministrativa (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 16.12.2010 n. 6770 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: G.U. 15.12.2010 n. 292 "Comunicato relativo al decreto del Presidente della Repubblica 05.10.2010, n. 207, riguardante: «Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, recante “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”». (Decreto pubblicato nel supplemento ordinario n. 270/L alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 288 del 10.12.2010)" (errata-corrige).

APPALTI: Contratti pubblici nulli senza tracciabilità dei pagamenti.
Tutti i contratti di fornitura di beni e servizi, nonché gli appalti di opere pubbliche, stipulati dal 07.09.2010 in poi tra un imprenditore e una pubblica amministrazione devono contenere l'indicazione del conto dedicato sul quale transiteranno i relativi pagamenti, attraverso bonifico bancario o postale o altri strumenti di pagamento, idonei a consentire la tracciabilità delle operazioni.
Sono state emanate dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, le linee guida relative all'operatività della normativa, per dare indicazioni puntuali sulla concreta applicabilità degli obblighi legislativi.
I soggetti sottoposti alle norme sulla tracciabilità sono obbligati: ad utilizzare conti correnti bancari o postali dedicati alle commesse pubbliche, anche in via non esclusiva; ad effettuare movimenti finanziari relativi alle medesime commesse pubbliche esclusivamente con bonifico bancario o postale o con altri strumenti di pagamento idonei a consentire la tracciabilità delle operazioni; a indicare, negli strumenti di pagamento relativi ad ogni transazione, il codice identificativo di gara e, ove obbligatorio ai sensi dell’articolo 11 della legge 16.01.2003, n. 3, il codice unico di progetto.
La tracciabilità dei flussi finanziari trova applicazione nei seguenti contratti: contratti di appalto di lavori, servizi e forniture; concessioni di lavori pubblici e di servizi; contratti di partenariato pubblico-privato, compresi i contratti di locazione finanziaria; di subappalto e subfornitura; contratti in economia, compresi gli affidamenti diretti (link a www.governo.it).

APPALTI: Sull'inammissibilità di una domanda di risarcimento per equivalente per mancanza del danno ingiusto.
E' infondata la domanda di risarcimento per equivalente, esperita per l'annullamento di una delibera con la quale l'amministrazione comunale abbia annullato la gara indetta per la manutenzione dell'impianto di pubblica illuminazione, nel caso in cui sia intervenuto l'annullamento giurisdizionale del provvedimento di autotutela amministrativa adottato dall'ente comunale.
Tale annullamento, consentendo al ricorrente di partecipare alla procedura di affidamento del contratto e quindi la reintegrazione in forma specifica nella posizione giuridica lesa, comporta l'inammissibilità della domanda di risarcimento per equivalente per mancanza del danno ingiusto (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II, sentenza 14.12.2010 n. 2942 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Il testo integrale della deliberazione della Corte dei Conti sui rilievi che hanno condotto alla non ammissione al visto alcuni articoli del DPR n. 207/2010 (Regolamento codice contratti pubblici) (Corte dei Conti, Sez. Centrale di Controllo di Legittimità, deliberazione 14.12.2010 n. 28).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di un concorrente che abbia presentato la dichiarazione relativa al possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria oltre il termine di 10 giorni dalla richiesta inoltrata dalla stazione appaltante.
E' legittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un concorrente che, sorteggiato a campione per il controllo in ordine al possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, ne abbia presentato la relativa dichiarazione oltre il termine di dieci giorni dalla richiesta, in quanto, secondo un consolidato principio giurisprudenziale, ai sensi dell'art. 48, c. 1, d.lgs. n. 163/2006, il predetto termine entro cui l'impresa è tenuta ad ottemperare alla richiesta della stazione appaltante, ha natura perentoria; inoltre, la non applicabilità delle sanzioni conseguenti alla sua inosservanza, od un'eventuale proroga dello stesso, si giustificano nei soli casi di comprovata ed oggettiva impossibilità.
Peraltro, il termine di cui sopra non può ritenersi eccessivamente breve, giacché rientra nella normale diligenza di ciascun concorrente il dovere di attivarsi tempestivamente al fine di procurarsi la necessaria documentazione da esibire per tempo, allorquando, dopo il sorteggio, sopravvenga una richiesta in tal senso da parte della stazione appaltante (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 13.12.2010 n. 8739 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sul diritto alla liquidazione e corresponsione delle somme spettanti a titolo di revisione periodica del prezzo del contratto di appalto in materia di rifiuti.
Ai sensi dell'art. 6, L. n. 537/1993, tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa devono recare una clausola di revisione periodica del prezzo.
La predetta norma ha carattere imperativo, come tale non suscettibile di deroga pattizia, atteso che la sua finalità primaria è quella di salvaguardare l'interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alla P.A. non subiscano, con il tempo, una diminuzione qualitativa per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione e della conseguente incapacità del fornitore di farvi fronte; pertanto, una eventuale deroga ad opera delle parti contraenti deve considerarsi nulla.
Le norme concernenti la revisione dei prezzi in materia di appalti di servizi, costituendo una disciplina specifica di settore, prevalgono sul regime generale di cui all'art. 1664 c.c.; ne consegue che le clausole difformi sono nulle, pur se la nullità non investe l'intero contratto, in applicazione del principio utile per inutile non vitiatur.
Nel caso di specie, il contratto costituisce applicazione dell'art. 4, comma 4, della legge n. 724/1994, il quale dispone che tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo, prevedendo espressamente che la revisione dei prezzi del contratto avvenga mediante le rilevate variazioni ISTAT (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 13.12.2010 n. 2826 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIAppalti, progetti con il bollino blu. Livelli più definiti e verifica affidabile anche a terzi con gara.
Al via la verifica dei progetti anche affidabile a terzi con gara; maggiore definizione nei livelli progettuali, nel documento preliminare alla progettazione e negli studi di fattibilità; applicabilità alle regioni di tutte le norme del regolamento, tranne quelle sull'organizzazione amministrativa oggetto di competenza regionale: sono queste alcune delle maggiori novità contenute nel regolamento del codice dei contratti pubblici, pubblicato sul supplemento all'ordinario alla Gazzetta ufficiale n. 288 del 10/12/2010.
Si conclude così un iter durato più di tre anni e si potrà mandare in soffitta l'attuale dpr 554/1999 (nonché altri numerosi provvedimenti fra cui anche il dpr 34/2000 sulla qualificazione Soa, tutti inglobati nel nuovo regolamento), a sua volta nato come regolamento dell'ormai abrogata legge Merloni, oggi sostituita dal Codice dei contratti pubblici (digs 163/2006).
Ambito di applicazione. Sul piano soggettivo il regolamento si applica ai contratti delle amministrazioni ed enti statali, ma anche, relativamente agli ambiti indicati nell'articolo 4, comma 3, del codice e rientranti in materie di competenza legislativa esclusiva dello stato ai sensi dell'articolo 117, comma 2, della Costituzione, ai contratti di altre amministrazioni o soggetti equiparati.
Nei riguardi delle regioni e province autonome la fonte regolamentare fissa quali disposizioni siano applicabili anche alle regioni. Nella sostanza, in relazione ai contenuti specifici del regolamento, risulta attratta nella competenza esclusiva statale la totalità della disciplina prevista dal regolamento, ad esclusione delle disposizioni relative agli organi del procedimento e alla programmazione nei contratti relativi a lavori, servizi e forniture che rimane attratta nella competenza delle regioni. Responsabile del procedimento. ... (articolo ItaliaOggi del 13.12.2010 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTIPiccoli affidamenti, Più trasparenza.
Gare di progettazione con tetto al ribasso; scelta del progettista con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa; nuova formula per attribuire i punteggi per le offerte economiche; più trasparenza per i piccoli affidamenti; nell'appalto integrato obbligatoria la qualificazione progettuale e maggiori tutele per il pagamento del compenso del progettista.
Sono questi alcuni dei punti di maggiore rilievo contenuti nel regolamento del Codice dei contratti pubblici.
Le gare di progettazione. Uno degli elementi di maggiore rilievo è l'obbligo per le stazioni appaltanti di indicare un limite massimo ai ribassi sul prezzo; l'effetto sarà quello di rendere tale elemento ininfluente rimanendo la scelta del progettista fondata su valutazioni di tipo prevalentemente qualitativo.
Le amministrazioni potranno stabilire nel bando che l'apertura delle buste economiche avvenga soltanto a condizione che il concorrente abbia superato un determinato valore del punteggio per la parte tecnica.
L'aggiudicazione degli incarichi per servizi di ingegneria e architettura verrà effettuata con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, anche se il Codice prevede anche il massimo ribasso. Viene introdotta una nuova formula per attribuire i punteggi all'elemento prezzo quando si aggiudica con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, che avrà l'effetto di limitare i ribassi eccessivi attribuendo in maniera non lineare i punteggi. ... (articolo ItaliaOggi del 13.12.2010 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTI: Sull'esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti pubblici dei soggetti che hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi di pagamento delle imposte e tasse.
Il disposto normativo di cui all'art. 38, comma primo, lett. g), del Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. n. 163 del 2006), nella parte in cui dispone l'esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti pubblici dei soggetti che hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi di pagamento delle imposte e tasse, tende a porre sul medesimo piano ontologico tutte le condotte comunque finalizzate all'evasione dell'imposta, senza alcuna distinzione in ordine agli strumenti ed agli eventuali raggiri adoperati e, dunque, al grado di pericolosità delle condotte poste in essere.
Ciò che rileva in materia, invero, non è la tutela del corretto prelievo fiscale come previsto nell'ordinamento tributario, ma soltanto l'affidabilità dei soggetti che contrattano con l'amministrazione, affidabilità che viene meno tanto nel caso di omessi e ritardati pagamenti quanto nel caso di sottrazione di materia imponibile caratterizzata da artifici e raggiri contabili e quale che sia l'entità dell'evasione accertata (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. I, sentenza 10.12.2010 n. 8108 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: G.U. 10.12.2010 n. 288, suppl. ord. n. 270/L, "Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»" (D.P.R. 05.10.2010 n. 207):
- 1^ parte - 2^ parte - 3^ parte.
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ATTENZIONE: in vigore dall'08.06.2011 e NON dal 09.06.2011 (siccome evidenziato qua e là nel web ...).

APPALTI: Sulla esclusione della possibilità di partecipare alla gara in più di un raggruppamento temporaneo o consorzio ordinario di concorrenti ovvero in forma individuale qualora il medesimo soggetto abbia partecipato alla medesima gara in raggruppamento o consorzio ordinario.
Il divieto di cui all'art. 37, comma 7, del D.Lgs. n. 163 del 2006 -che esclude la possibilità di partecipare alla gara in più di un raggruppamento temporaneo o consorzio ordinario di concorrenti, ovvero, ancora, in forma individuale qualora il medesimo soggetto abbia partecipato alla medesima gara in raggruppamento o consorzio ordinario- non può trovare applicazione rispetto a quelle gare caratterizzate dalla divisione dell'appalto in più lotti, con la facoltà, per gli eventuali concorrenti, di partecipare anche per un singolo lotto risultando ammissibile, quindi, che di questi possa avere un diverso aggiudicatario.
In tali ipotesi, nelle quali si può affermare che il bando di gara sia un atto ad oggetto plurimo (più gare, tante quante sono i lotti, svolte nell'ambito del medesimo contesto temporale), venuta meno l'unitarietà della gara, nulla impedisce ad una impresa di partecipare in forma singola per determinati lotti ed in raggruppamento temporaneo per altri escludendo, in tal senso, l'applicabilità della norma sopra richiamata.
In tema di appalti pubblici, costituiscono elementi sintomatici della circostanza che la gara indetta non abbia carattere unitario ma si caratterizzi, piuttosto, quale pluralità di gare svolte nel medesimo contesto temporale, da un lato, la suddivisione dell'appalto in singoli lotti caratterizzati da autonoma aggiudicabilità -ovvero dal fatto che le procedure concorsuali siano dirette alla conclusione di tanti contratti di appalto quanti sono i lotti- e dall'altro lato, come riscontro esterno a siffatto regime, la formazione di distinte graduatorie in relazione ad ognuno dei lotti.
In siffatta ipotesi, posto che l'offerta relativa ad un lotto non è in grado di interferire con le offerte riguardanti gli altri lotti e, quindi, di inficiare il risultato della procedura con violazione della concorrenza, deve essere esclusa l'applicabilità dell'art. 37, comma 7, del D.Lgs. n. 163 del 2006 (TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter, sentenza 09.12.2010 n. 35960 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: E’ illegittima l’adozione di atto comportante dichiarazione di pubblica utilità, che non sia stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai proprietari dell’area interessata dalla costruzione, non potendosi ritenere sufficiente la comunicazione dell’avvio per la fase successiva.
La reiterazione di un vincolo preordinato all’esproprio finalizzato ad uno specifico intervento, poiché destinato ad incidere su una posizione giuridica determinata, deve essere preceduto dall’avviso di avvio del procedimento (Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, n. 7 del 2007).
Tale obbligo di comunicare l’avvio del procedimento non può considerarsi superfluo, in via di fatto, neanche se afferente ad una procedura di rinnovazione di precedente progetto di opera pubblica o di dichiarazione di pubblica utilità stante la precedente conoscenza da parte dei proprietari di una precedente procedura ablatoria.
Quando l’amministrazione attivi una nuova procedura ablatoria (rinnovo della dichiarazione di pubblica utilità e vincoli decaduti) deve indefettibilmente comunicare l’avviso di inizio del procedimento, per stimolare l’eventuale apporto collaborativo del privato (così, Consiglio di Stato, IV, 17.04.2003, n. 2004 e Plenaria n. 7/2007).
La comunicazione di avvio del procedimento deve avvenire non al momento dell'adozione del decreto di occupazione di urgenza, ma in relazione ai precedenti atti di approvazione del progetto e di dichiarazione della pubblica utilità dell'opera. Quando ciò non avviene, anche il decreto di occupazione di urgenza è viziato per illegittimità derivata, essendo necessario che la partecipazione degli interessati sia garantita già nell'ambito del pregresso procedimento autorizzatorio, in cui vengono assunte le determinazioni discrezionali in ordine all'approvazione del progetto dell'opera e alla localizzazione della stessa (così, per esempio, Consiglio Stato, sez. IV, 18.03.010, n. 1616).
Inoltre, anche nella ipotesi in cui fosse ancora efficace il vincolo preordinato, ma fossero venuti meno gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, per il rinnovo di questa occorrerebbe il rispetto della normativa riguardante tale specifica fase del procedimento, possibile solo consentendo una rinnovata partecipazione dell'espropriando nel rispetto dei principi desumibili dal t.u. 08.06.2001 n. 327 e dall'art. 7, l. 07.08.1990 n. 241 (Consiglio Stato , sez. IV, 12.05.2009, n. 2931).
La dichiarazione di pubblica utilità non è un subprocedimento del procedimento espropriativo ma costituisce un procedimento autonomo che si conclude con un atto di natura provvedimentale, che incide direttamente sulla sfera giuridica del proprietario ed è immediatamente lesivo, con la conseguenza che appare necessaria la partecipazione degli interessati, nel corso della fase che precede la dichiarazione di pubblica utilità, avendo il fine di consentire la rappresentazione degli interessi privati coinvolti prima che sia disposta la dichiarazione di pubblica utilità per realizzare una ponderata valutazione degli interessi in conflitto (così Consiglio Stato, sez. III, 07.04.2009, n. 479 e Adunanza Plenaria n. 7 del 2007 su menzionata).
Costituisce principio generale ed inderogabile dell'ordinamento vigente che al privato, proprietario di un'area sottoposta a procedimento espropriativo per la realizzazione di un'opera pubblica, deve essere garantita, mediante la formale comunicazione dell'avviso di avvio del procedimento, la possibilità di interloquire con l'amministrazione procedente sulla sua localizzazione e, quindi, sull'apposizione del vincolo, prima della dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza e, quindi, dell'approvazione del progetto definitivo, né sarebbe invocabile come esimente dal dovere in questione il disposto dell'art. 13, comma 1, l. 07.08.1990 n. 241, in quanto detta norma si riferisce ai soli atti a contenuto generale (Consiglio Stato, sez. IV, 29.07.2008, n. 3760) (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it  - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 09.12.2010 n. 8688 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIGara - Clausole del bando di gara di dubbia interpretazione - Ammissione di tutte le offerte - Legittima -Applicazione del principio del "Favor partecipationis".
In presenza di clausole del bando di dubbia interpretazione e, come tali, idonee ad indurre in errore i concorrenti, è legittimo il comportamento dell'Amministrazione che ammette alla procedura selettiva tutte le imprese che hanno presentato l'offerta, in applicazione del principio di matrice comunitaria del favor partecipationis (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 09.12.2010 n. 7479 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Appalti pubblici, regolamento in Gazzetta il 10 dicembre.
Il regolamento del Codice dei contratti pubblici sarà pubblicato sulla gazzetta Ufficiale del 10.12.2010 e il testo entrerà in vigore il 09.06.2011, cioè 180 gg. dopo la pubblicazione in gazzetta.
Il corposo testo regolamentare verrà pubblicato in un supplemento ordinario alla gazzetta di venerdì p.v. con le note normative ... (articolo ItaliaOggi dell'08.12.2010 - link a www.ecostampa.com).

APPALTI: Nell'ipotesi in cui concorrente di una gara d'appalto sia un RTI, è sufficiente che il possesso della certificazione ISO 14001 sia valutato con riferimento alla sola impresa capogruppo.
Sull'illegittimità della specificazione dei sub-criteri e sub-punteggi svolta da una commissione di gara, in assenza di un'espressa previsione del bando in tal senso.

Nell'ipotesi in cui, in materia di appalti pubblici, concorrente sia un raggruppamento temporaneo di imprese, la valutazione relativa ai requisiti di idoneità tecnica ed economica può farsi cumulando i connotati posseduti da ciascuna impresa, salvo si tratti di requisiti che, per prescrizione di legge, o espressa disposizione della normativa di gara o, ancora, per loro intrinseca natura, debbano essere necessariamente posseduti da ciascuna delle concorrenti riunite. Dette forme di aggregazione di imprese mirano ad ampliare la dinamica concorrenziale, consentendo di sommare tra loro i requisiti posseduti dai singoli membri del raggruppamento. Nel caso di specie, ai fini del possesso della certificazione ISO 14001, è sufficiente valutarne la sussistenza in capo alla sola capogruppo mandataria, in mancanza di una specifica previsione.
E' illegittima l'attività di articolazione e specificazione dei sub-pesi e sub-punteggi, svolta dalla commissione di gara, in quanto la stessa vìola l'art. 83 del d.lgs. n. 163/2006; la Commissione CE ha aperto, sul punto, una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia, in quanto ha ritenuto che la predetta norma sia incompatibile con le direttive comunitarie, secondo cui i criteri di aggiudicazione dell'appalto, nonché la relativa ponderazione ed il loro ordine di importanza, devono essere espressamente prescritti dal bando e dalla documentazione di gara (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 07.12.2010 n. 6717 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne e alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano esclusivamente alla stazione appaltante.
La mancata allegazione di un documento o di una dichiarazione previsti a pena di esclusione non può considerarsi alla stregua di un’irregolarità sanabile e, quindi, non ne è permessa l’integrazione o la regolarizzazione postuma, non trattandosi di rimediare a vizi puramente formali, tanto più quando non sussistano equivoci o incertezze generati dall’ambiguità di clausole della legge di gara, sicché la fattispecie normativa di cui all’art. 46 del d.lgs. n. 163 del 2006 non può servire a sopperire alla carenza di un documento o di una dichiarazione sostitutiva, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti.
La comunicazione all’Autorità va fatta non solo nel caso di riscontrato difetto dei requisiti di ordine speciale in sede di controllo a campione, ma anche in caso di riscontrato difetto dei requisiti di ordine generale senza necessità quindi di una particolare motivazione per un onere di natura vincolata, espressione dell’obbligo di segnalazione all’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici di tutte le false dichiarazioni rese in sede di gara, ivi comprese quelle relative ai requisiti di carattere generale.

La giurisprudenza ha ripetutamente rilevato che, per avere corredato l’offerta di un’attestazione falsa o comunque non conforme al modello imposto dalle norme di gara, la ditta è per ciò solo soggetta all’esclusione, posto che la mancata dichiarazione incide non già sugli effetti delle condanne taciute quanto piuttosto sulla situazione di infedeltà, reticenza o inaffidabilità della ditta stessa (v., da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 08.10.2010 n. 7349).
Né ostava all’esclusione dalla gara l’asserita circostanza che il pregresso illecito penale fosse intrinsecamente inidoneo ad incidere sulla moralità professionale della concorrente.
Ribadito che l’esistenza di false dichiarazioni circa i precedenti penali si configura come causa autonoma di esclusione, va altresì ricordato che, per costante giurisprudenza (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 11.05.2010 n. 2822), le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne e alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano esclusivamente alla stazione appaltante e non già all’impresa, la quale è pertanto obbligata ad indicare tutte le condanne riportate, senza poterne autonomamente operare una selezione sulla base di meri criteri personali; è necessario, in altri termini, che gli offerenti rendano dichiarazioni complete e veritiere, con l’esatta indicazione di tutti i precedenti penali –salvo quelli espressamente esclusi dalla lex specialis di gara–, in modo da mettere la stazione appaltante in condizione di svolgere la prescritta valutazione sulla moralità professionale dell’impresa concorrente.
Il che è tanto più vero, così escludendo anche eventuali incertezze in chi è chiamato a compilare il modello, quando –come nella fattispecie– le norme di gara specifichino, con apposita clausola, che vanno dichiarate tutte le condanne penali e che è riservato alla stazione appaltante ogni apprezzamento in merito alla rilevanza degli illeciti accertati dal giudice penale, onde il silenzio del concorrente diviene causa di estromissione dalla gara perché frutto dell’inosservanza di una prescrizione della lex specialis posta a pena di esclusione (v. Cons. Stato, Sez. VI, 24.06.2010 n. 4019).
Né si tratta, del resto, di prescrizione illegittima, anche se impone ai concorrenti di informare l’Amministrazione di qualsiasi precedente penale, indipendentemente dalla natura del reato e della pena irrogata.
Come la giurisprudenza ha avuto occasione di precisare, simili disposizioni si presentano ragionevoli, proporzionate e non discriminatorie, perché mirano ad accelerare la procedura di gara e a dare alla stazione appaltante la certezza che non vengano commesse omissioni che rischiano se non altro di ritardare il corso del procedimento e di aumentare il contenzioso, neppure potendosi ipotizzare un contrasto con il diritto comunitario –secondo il quale è causa di esclusione solo la condanna per gravi reati incidenti sulla moralità professionale–, per non ostare il diritto comunitario a che ulteriori cause di esclusione siano previste dal legislatore nazionale o dal bando di gara, purché proporzionate e ragionevoli, e a che la lex specialis imponga adempimenti formali a pena di esclusione in funzione di accelerazione della procedura di gara (v. Cons. Stato, Sez. VI, n. 4019/2010 cit.).
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Non ha poi ragione la ricorrente di invocare la facoltà di cui all’art. 46 del d.lgs. n. 163 del 2006, e quindi l’indebita omessa sua ammissione a fornire chiarimenti o a completare la dichiarazione presentata in sede di gara. Ed invero –come è stato ancora di recente osservato (v. Cons. Stato, Sez. V, 02.08.2010 n. 5084)– la mancata allegazione di un documento o di una dichiarazione previsti a pena di esclusione non può considerarsi alla stregua di un’irregolarità sanabile e, quindi, non ne è permessa l’integrazione o la regolarizzazione postuma, non trattandosi di rimediare a vizi puramente formali, tanto più quando non sussistano equivoci o incertezze generati dall’ambiguità di clausole della legge di gara, sicché la fattispecie normativa di cui all’art. 46 del d.lgs. n. 163 del 2006 non può servire a sopperire alla carenza di un documento o di una dichiarazione sostitutiva, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti.
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Le restanti censure investono la segnalazione all’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici e l’escussione della garanzia provvisoria, misure che la ricorrente ritiene prive di copertura normativa o comunque non assistite da idonea motivazione.
Sennonché, quanto alla prima, è stato già rilevato che la comunicazione all’Autorità va fatta non solo nel caso di riscontrato difetto dei requisiti di ordine speciale in sede di controllo a campione, ma anche in caso di riscontrato difetto dei requisiti di ordine generale (v. Cons. Stato, Sez. VI, 04.08.2009 n. 4907), senza necessità quindi di una particolare motivazione per un onere di natura vincolata, espressione dell’obbligo di segnalazione all’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici di tutte le false dichiarazioni rese in sede di gara, ivi comprese quelle relative ai requisiti di carattere generale (v. TAR Valle d’Aosta 10.03.2010 n. 21); quanto alla seconda, invece, va ricordato che la possibilità di incamerare la cauzione discende direttamente dall’art. 75, comma 6, del d.lgs. n. 163 del 2006, a tenore del quale la cauzione copre “…la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario …”, posto che è da considerare tale qualunque ostacolo alla stipulazione riconducibile all’impresa, e quindi non solo il rifiuto di stipulare o il difetto di requisiti speciali, ma anche il difetto di requisiti generali (v. Cons. Stato, Sez. VI, n. 4907/2009 cit.; v., inoltre, TAR Umbria 26.06.2009 n. 361)
(TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 07.12.2010 n. 523 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sul divieto di avvalimento a cascata.
E' legittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un concorrente che, al fine di integrare il possesso dei requisiti richiesti dal bando di gara, sia ricorso ad un soggetto che, a sua volta, abbia fatto riferimento ad un altro, in quanto ciò realizza una fattispecie vietata di avvalimento a cascata.
Nel caso di specie, l'impresa ausiliaria ha indicato i servizi svolti da un'altra società, che, a sua volta, ha usufruito dei requisiti posseduti da un soggetto giuridicamente distinto, ma ad essa collegata da vincoli di gruppo societario. L'ordinamento prevede il collegamento societario quale presupposto per l'avvalimento, da parte di un concorrente, dei requisiti posseduti da un altro soggetto. In siffatta ipotesi, l'art. 49 del d.lgs. n. 163/2006 consente di provare la sussistenza del vincolo giuridico mediante una dichiarazione di appartenenza al gruppo societario, dispensando l'ausiliata dalla produzione di apposito contratto di avvalimento.
Il collegamento societario non si cumula con l'avvalimento, ma ne rappresenta un possibile fattore, atto a dimostrare una comunanza di interessi fra i due soggetti ricorrenti al prestito dei requisiti (TAR Campania, Napoli, Sez. I, sentenza 06.12.2010 n. 26798 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Inadempimento contrattuale della P.A. Si alla liquidazione della svalutazione monetaria.
Nell’ipotesi di impresa illegittimamente pretermessa e che sicuramente sarebbe divenuta l’aggiudicataria dell’appalto, va riconosciuto il lucro cessante, rapportato all’utile che l’impresa avrebbe conseguito ove vi fosse stata l’aggiudicazione in suo favore, da determinarsi in via equitativa nella misura del 10% dell’offerta effettuata dalla ricorrente, comprensiva sia dei costi affrontati dalla società per la presentazione dell’offerta, sia della diminuzione del peso imprenditoriale della società per omessa acquisizione dell’appalto, tenendo conto della mancata dimostrazione da parte della ricorrente di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze.
In tali casi la quantificazione deve necessariamente fondarsi sul criterio equitativo e presuntivo, non potendosi a fornire principi di prova diversi da quelli, fondamentali, dell’offerta effettuata nella procedura di gara e dal fatto di esercitare professionalmente attività d’impresa.
Il risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale, cui va ricondotta la fattispecie in esame, costituisca un debito non di valuta ma di valore. Pertanto, deve tenersi conto della svalutazione monetaria intervenuta, senza la necessità di dimostrare il danno maggiore. Sulla somma rivalutata decorrono gli interessi, che non costituiscono una duplicazione risarcitoria, atteso che la rivalutazione e gli interessi adempiono funzioni diverse (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 06.12.2010 n. 8549 - link a www.litis.it).

APPALTI SERVIZIGARA DISTRIBUZIONE GAS NATURALE.
L’affidamento della concessione del servizio di distribuzione del gas naturale non può essere effettuato attraverso una procedura negoziata, senza previa pubblicazione di bando di gara, in quanto il comma 4° dell’articolo 30 del Codice dei contratti (D.Lgs n. 163/2006), in tema di concessione di servizi, fa espressamente salve discipline specifiche, che prevedono forme più ampie di tutela della concorrenza quali, appunto, quelle di cui al D.Lgs. n. 164/2000. Il Collegio riconosce che l'articolo 14 del citato D.Lgs. n. 164/2000 si riferisce genericamente a “gare”, senza specificarne la tipologia (aperta, ristretta o negoziata), ma osserva che lo stesso articolo, al comma 5°, introduce principi di concorrenza e di ampia partecipazione, che lasciano intendere il disfavore del Legislatore verso affidamenti diretti o a mezzo di procedure non ad evidenza pubblica.
E’ quanto statuito dal TAR Marche, Sez. I, nella sentenza 06.12.2010 n. 3412, ove si affronta in modo compiuto la delicata problematica della corretta tipologia di gara per il conferimento del servizio di distribuzione gas naturale.
Nell’attesa della concreta attivazione degli A.TE.M., che dovrà comportare l’obbligo di gara su unico bacino, è insorto il delicato problema se i Comuni possano indire la procedura di gara, tenendo conto anche delle indicate scadenze al 31.12.2010 e 2012.
Secondo un primo orientamento, patrocinato soprattutto dalla Corte dei conti (parere sez. Lombardia, n. 225 del 17.02.2010), l’indizione di singole gare, da parte dei Comuni, pregiudicherebbe ed indebolirebbe la concreta attivazione del nuovo sistema, fondato sugli Ambiti Territoriali Minimi. Viceversa, secondo un’oramai corposa giurisprudenza (Tar Brescia, nn. 266/2008, 662/2008 e 1221/2009) è ben possibile l’indizione di gara, anche nell’attesa dell’entrata in operatività degli A.TE.M., primariamente al fine di non vanificare i principi comunitari di apertura al mercato e di promozione della competizione concorrenziale. Secondo tale secondo indirizzo, il principio comunitario di concorrenza non può che prevalere sulle pur corrette esigenze di razione istituzione ed attivazione dei bacini.
Orbene, se i Comuni, in forma singola od associata (art. 14, comma 1°, D.Lgs n. 164/2000), in aderenza al secondo orientamento, desiderano procedere ad una selezione, quale tipologia di “gara” deve essere indetta? Una procedura aperta, ristretta o negoziata?
Come si è anticipato, il decreto Letta, all’articolo 14, parla di “gara”, senza, tuttavia, specificarne la tipologia. Ora, l’articolo 30 del Codice dei contratti pubblici, cui ha fatto riferimento il Comune di Ascoli Piceno, disciplina le concessioni di servizi ed, al comma 3°, stabilisce che: “la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all'oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi”.
Il Comune di Ascoli Piceno ha ritenuto di utilizzare il predetto articolo 30, sulla base della considerazione, non contestata dal Tar, che il servizio di distribuzione gas naturale dia luogo ad una concessione di servizi. Il problema, ad avviso del Tar, non risiede nella qualificazione giuridica, ma nella corretta interpretazione ed applicazione dell’articolo 30.
Ad avviso dei giudici amministrativi marchigiani, oltre l’indicato comma 3°, il quale prevede sicuramente la procedura negoziata senza previo bando di gara (utilizzata dal Comune), occorre tener conto anche del successivo comma 4°. Tale disposizione normativa stabilisce che “sono fatte salve discipline specifiche che prevedono forme più ampie di tutela della concorrenza”. Ora, secondo il Tar Marche, non vi è dubbio che tali “discipline specifiche” debbano essere individuate nel decreto Letta.
Infatti, se è vero che il D.Lgs. n. 164/2000 si riferisce genericamente a “gare”, senza specificarne la tipologia (aperta, ristretta o negoziata), occorre, ad ogni modo, tener conto del fatto che il comma 5° dell’articolo 14 introduce principi di concorrenza e di ampia partecipazione, “che lasciano intendere il disfavore del legislatore, nel settore in esame, verso affidamenti diretti o a mezzo di procedure non ad evidenza pubblica, che vanno quindi intese come eventuale eccezione alla regola generale dell'affidamento mediante procedura aperta o ristretta previa pubblicazione di un bando”.
La soluzione interpretativa del Tar Marche può essere accolta, in quanto, al di là di un precedente giurisprudenziale in tal senso, invero antecedente al Codice (Consiglio di Stato, sez. V, n. 4322/2003), si palesa conforme all’articolo 54 del Codice, secondo il quale procedura aperta e procedura ristretta costituiscono e rappresentano gli ordinari modelli di scelta del contraente, mentre le negoziate possono essere utilizzate solo alle “condizioni specifiche espressamente previste” (commento tratto dalla newsletter di www.centrostudimarangoni.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sì al regolamento appalti.
Via libera della Corte dei conti al Regolamento appalti che però bocciando alcuni articoli del testo riapre la partita della qualificazione per i lavori specialistici. Il testo di attuazione del codice degli appalti si avvia così verso la pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale» che potrebbe già avvenire nel corso della settimana.
La Corte però non ha ammesso a registrazione una delle norme più controverse del Regolamento: l'articolo 79, comma 21. Si tratta di quella disposizione inserita dopo lo stralcio dell'allegato A1, che conteneva l'elenco di attrezzature obbligatorie per qualificarsi nei lavori specialistici.
Il tentativo di mettere un freno alla possibilità anche per le imprese generali di ottenere la qualificazione nelle specialistiche si era arenato, un po' per le proteste dei costruttori generali di Ance e Agi, un po' per i rilievi dell'Autorità di vigilanza sui contratti. Matteoli aveva stralciato l'allegato e rinviato la difficile partita a un successivo decreto. Ma i giudici contabili non hanno accettato un ulteriore rinvio.
Pollice verso anche per un altro articolo del testo, quello che apriva la possibilità ai tecnici degli enti locali di essere remunerati con le tariffe professionali. ... (articolo Il Sole 24 Ore del 06.12.2010 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTI: Art. 38 e doveri della stazione appaltante.
La stazione appaltante ha il dovere di esprimere un giudizio rispetto alle condanne dichiarate dai concorrenti in sede di gara.

Così ha deciso il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza 03.12.2010 n. 8535.
Nel caso di specie, relativo all’affidamento dei lavori di rifacimento di un tratto stradale, uno dei concorrenti aveva impugnato l’esclusione dalla gara comminata per violazione dell’articolo 38 del Codice dei contratti.
I giudici di Palazzo Spada affrontando la questione, posta all’esame del Tar Piemonte in primo grado, affermano un principio fondamentale per l’agire delle stazioni appaltanti.
Mettendo in luce la discrezionalità delle amministrazioni nella valutazione delle condanne riportate dai concorrenti “fermo restando, pertanto, il dovere dei concorrenti di dichiarare lealmente tutte le condanne subite”, si sostiene che da questo principio “non può non discendere il dovere della stazione appaltante di motivare in maniera congrua il proprio giudizio, non solo quando questo propenda per il carattere ostativo delle eventuali condanne, ma anche nella diversa ipotesi in cui una condanna penale –pur sussistente– sia reputata irrilevante e comunque non incidente sull’affidabilità del concorrente.”
La decisione della stazione appaltante circa l’incisione o meno della condanna dichiarata dal concorrente sulla sua moralità professionale deve essere necessariamente supportata da un giudizio conoscibile per coloro che interagiscono con l’amministrazione, “il problema, infatti, non è la logicità o meno del giudizio nella specie espresso dalla stazione appaltante, ma la mancanza di tale giudizio, ossia l’impossibilità di interpretare in un senso o nell’altro il silenzio serbato sulla condanna riportata da uno dei concorrenti.”.
In conclusione, il dovere per le amministrazioni aggiudicatrici, illustrato nella sentenza, discende da elementari principi di trasparenza e par condicio, in quanto deve essere tutelato l’interesse degli altri concorrenti a conoscere il perché determinati pregiudizi penali siano giudicati ostativi ed altri no (commento tratto da www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIMassimo ribasso cum grano salis. Sentenza del Consiglio di stato sugli appalti.
Illegittimo prevedere nelle gare d'appalto il criterio di aggiudicazione del massimo ribasso, se le prestazioni previste nel capitolato non siano standardizzate, ma richiedano completamenti o miglioramenti da parte delle ditte offerenti. In questo caso, infatti, è illogico riferirsi solo al prezzo e risulta, simmetricamente, necessario utilizzare il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
Lo dice il Consiglio di stato, Sez. V, nella sentenza 03.12.2010 n. 8408.
Palazzo Spada non nega che la scelta del criterio di aggiudicazione da utilizzare per ogni singola gara rientri nel pieno apprezzamento discrezionale di ciascuna amministrazione, considerando che, ai sensi della normativa comunitaria e del d.lgs 163/2006 il massimo ribasso e l'offerta economicamente più vantaggiosa sono equiordinati.
Esiste, tuttavia, un principio di logica tecnica al quale riferirsi.
Il criterio del prezzo più basso è caratterizzato da un notevole automatismo ed è l'unico elemento preso in considerazione per l'aggiudicazione: si presta, dunque, a un utilizzo coerente se le obbligazioni contrattuali siano univocamente considerate.
L'offerta economicamente più vantaggiosa si basa su una pluralità di elementi variabili (prezzo, qualità, pregio tecnico, servizi successivi) ed è più idonea per prestazioni non precisamente individuate in modo immodificabile e chiuso dal capitolato. Pertanto, laddove la legge speciale della gara attribuisca particolare rilievo ad aspetti qualitativi e variabili dell'offerta, la scelta del criterio del massimo ribasso appare illogica e, come tale, illegittima.
Nel caso esaminato dalla sentenza, l'amministrazione appaltante aveva scelto il criterio del massimo ribasso per un noleggio di attrezzature informatiche, arricchito da servizi di manutenzione, rifacimento di locali e impiantistica, assistenza tecnica e formazione professionale. Il capitolato per molte delle voci componenti la prestazione ha previsto che le specifiche tecniche descritte fossero soltanto soluzioni «minime», soggette a miglioramento progettuale, da parte degli offerenti; oppure, il capitolato richiedeva agli offerenti di proporre soluzioni tecniche alternative e migliorative di quelle indicate.
Pertanto, il capitolato ha descritto in modo analitico le specifiche tecniche, ma non le ha considerate fisse o «standard», richiedendo espressamente addirittura migliorie progettuali o qualitative (articolo ItaliaOggi del 10.12.2010 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTI: Limiti alla scelta del criterio di aggiudicazione.
La scelta del criterio di aggiudicazione –prezzo più basso o offerta economicamente più vantaggiosa– rientra tra i poteri discrezionali della stazione appaltante che si determina a ciò in base alle caratteristiche dell’appalto, avendo di mira unicamente il rispetto del principio di libera concorrenza e della selezione della migliore offerta (Corte di Giustizia C.E. sent. 7 ottobre causa C- 247/02, Cons. St. Sez. IV, 23.09.2008, n. 4613, Sez. VI, 03.06.2009, n. 3404).
Se dunque i criteri sono astrattamente equiordinati, la scelta deve orientarsi tenendo presente l’unicità e l’automatismo del criterio del prezzo più basso e la pluralità e variabilità dei criteri dell’offerta economicamente più vantaggiosa, quali il prezzo, la qualità, il pregio tecnico, il servizio successivo alla vendita, l’assistenza tecnica, ecc..

Ricorda il Consiglio di Stato, Sez. V, con la recente sentenza 03.12.2010 n. 8408 che, il criterio così prescelto dall’amministrazione appaltante, può essere oggetto di sindacato solo in caso di manifesta illogicità, inadeguatezza o travisamento.
Ed è manifestamente illogica la scelta del criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, quando la lex specialis di gara conferisce rilievo ad aspetti qualitativi variabili dell’offerta, in riferimento al particolare valore tecnologico delle prestazioni, al loro numero, al livello quantitativo e qualitativo dei servizi di formazione del personale e di manutenzione delle apparecchiature.
In questi casi, infatti, la pluralità di elementi presi in considerazione si pone in contrasto con la caratteristica unicità del criterio del prezzo più basso, comportando la violazione degli articoli 81 e 82 del d.lgs. n. 163 del 2006.
Nel caso di specie, il collegio ha avuto modo di ribadire che la scelta del criterio del prezzo più basso, non può giustificarsi facendo riferimento ad esigenze di contenimento della spesa pubblica; tale motivazione non consente infatti di superare il principio di adeguatezza del criterio di aggiudicazione rispetto alle caratteristiche dell’oggetto dell’appalto sancito dall’art. 81, c. 2 del Codice dei contratti (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26.02.2010 n. 1154) (commento tratto da www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Soggetto legittimamente escluso dalla gara - Fasi ulteriori della procedura concorsuale - Deduzione di vizi - Legittimazione - Esclusione - Ragioni.
Sulla scorta dei principi espressi nell’A.P. n. 1/2010, il soggetto legittimamente escluso dalla gara risulta privo di legittimazione e/o carente di interesse con riferimento alla deduzione dei vizi relativi alle ulteriori fasi della procedura concorsuale in quanto, tenuto conto che l'accoglimento del ricorso con riferimento al provvedimento di aggiudicazione definitiva in favore dell'impresa controinteressata comporterebbe non già l'aggiudicazione dell'appalto in favore della ricorrente, ma la ripetizione della gara, l'interesse strumentale alla rinnovazione della gara può essere perseguito soltanto dall'impresa che non è stata esclusa dalla gara: l'offerente che è stato legittimamente escluso dalla selezione, infatti, non può vantare un'aspettativa giuridica diversa e più qualificata di quella che si può riconoscere ad un qualunque altro soggetto che non abbia partecipato alla selezione stessa e che aspira ad eseguire l'appalto, previa partecipazione ad una successiva gara e sua conseguente aggiudicazione(cfr. TAR Veneto, I, n. 2313/2010 e n. 6015/2010) (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 03.12.2010 n. 6340 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sussiste l'obbligo, in capo ad un RTI, di indicare le parti del servizio che saranno eseguite da ciascuna delle imprese associate.
In materia di gare pubbliche per l'affidamento di un appalto di servizi, ai sensi dell'art. 37, c. 4, d.lgs. n. 163/2006, sussiste l'obbligo, in capo ad un RTI, di indicare nella propria offerta le parti del servizio che saranno eseguite da ciascuna delle imprese facenti parte del raggruppamento, trattandosi, per la stazione appaltante, di un dato conoscitivo essenziale al fine di verificare il possesso dei richiesti requisiti di idoneità.
La ratio del predetto obbligo consiste nel consentire una maggiore speditezza nella fase di esecuzione del contratto, essendo in tal modo più agevole individuare il responsabile della prestazione delle singole parti dell'appalto (TAR Sicilia-Catania, Sez. III, sentenza 03.12.2010 n. 4613 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: SERVIZI PUBBLICI LOCALI/ Dismissione delle partecipate, il termine del 31/12 è ordinatorio. Per l'associazione dei comuni basta che la procedura venga avviata entro fine anno.
Dismissione delle società a partecipazione comunale che producono beni o servizi non strettamente necessari al perseguimento delle finalità istituzionali da deliberare entro il 31.12.2010.
In vista dell'imminente scadenza l'Associazione nazionale comuni italiani (Anci), con una circolare del 3 novembre scorso, fa il punto sul divieto previsto dall'art. 3, comma 27, della legge 244/2007 in materia di società partecipate dagli enti locali.
Come noto l'art. 3 della Finanziaria 2008 ha stabilito dei limiti alla costituzione e alla partecipazione in società per le amministrazioni pubbliche, introducendo il divieto di «costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali» e di «assumere o mantenere direttamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società» e prevedendo, al tempo stesso, nel successivo comma 29, il predetto termine del 31 dicembre per la cessione delle partecipazioni vietate.
Per prima cosa la circolare si sofferma sull'esame della norma in questione preoccupandosi di definirne l'ambito di applicazione e illustrando le deroghe previste dalla stessa. ... (articolo ItaliaOggi del 03.12.2010 - link a www.ecostampa.com).

APPALTI: Sull'omissione dell'adempimento prescritto dall'art. 79, d.lgs. n. 163/2006, che obbliga di comunicare l'avvenuta aggiudicazione definitiva al secondo classificato prima di stipulare il contratto.
Sulle false dichiarazioni rese in fase di gara e sul giudizio di congruità dell'offerta.

L'omissione dell'adempimento prescritto dall'art. 79, d.lgs. n. 163/2006, che impone di comunicare l'avvenuta aggiudicazione definitiva al secondo classificato prima di stipulare il contratto, non incide sulla legittimità dell'aggiudicazione ma semplicemente sulla decorrenza del termine per l'impugnazione anche in ragione della natura ordinatoria del termine previsto dal citato art. 79 ult. comma.
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Le false dichiarazioni rese in fase di gara e rilevanti ai fini dell'adozione delle misure sanzionatorie di cui all'art. 75 dpr 554/1999, recepito nell'attuale art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, sono solo quelle relative al possesso dei requisiti di partecipazione, sia di carattere speciale che di carattere generale; mentre, nel caso di specie, la presunta falsa dichiarazione riguarda soltanto, relativamente all'offerta tecnica, l'impiego di personale rilevante ai fini dell'attribuzione di un maggior punteggio.
Peraltro, l'eventuale mancata indicazione, in sede di giustificativi, dei costi relativi ad alcune voci dell'offerta, non costituisce elemento da cui potere dedurre la falsità della dichiarazione contenuta nell'offerta tecnica, potendo piuttosto assumere rilevanza soltanto in seno alla procedura di verifica della congruità complessiva dell'offerta.
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Ai sensi dell'art. 86 del d.lgs. n. 163/2006, nelle gare indette per l'aggiudicazione di appalti con la P.A., le offerte debbono essere corredate, sin dalla presentazione, delle giustificazioni di cui al successivo art. 87, c. 2, relative alle voci di prezzo che concorrono a formare l'importo complessivo, e se queste non sono ritenute sufficienti ad escludere l'incongruità dell'offerta, la stazione appaltante provvede a richiedere l'integrazione dei documenti giustificativi, procedendo all'esclusione solo all'esito dell'ulteriore verifica, da svolgersi in contraddittorio con l'impresa interessata; nella valutazione dei giustificativi, l'amministrazione è tenuta a considerare l'affidabilità complessiva dell'offerta, e non già a limitarsi ad aspetti risultanti da singole voci che, in ipotesi, si discostino dai valori medi di mercato.
La verifica di congruità dell'offerta, quindi, è espressione di un potere discrezionale del committente, sindacabile entro limiti segnati dalla manifesta illogicità, erroneità o travisamento dei fatti, e si sostanzia in un giudizio globale e sintetico sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme.
La sua motivazione, pertanto, non deve essere puntuale ed analitica nel caso di offerta ritenuta congrua, essendo sufficiente che la stessa sia sintetica ed espressa "per relationem" alle giustificazioni rese dall'impresa interessata.
Quindi, qualora l'Amministrazione ritenga convincenti le giustificazioni fornite, incombe, sul concorrente che contesta l'aggiudicazione, l'onere di individuare specifici elementi da cui il G.A. possa evincere che la valutazione effettuata dalla P.A. sia manifestamente irragionevole (TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 02.12.2010 n. 35031 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Offerte anomale - RUP - Pronuncia sull’anomalia dell’offerta - Incompetenza.
Non è compito del RUP pronunciare sull’anomalia dell’offerta di gara: la Commissione deve operare un proprio, diretto apprezzamento della relazione tecnica redatta dal RUP e degli specifici contenuti di essa.
L’ufficio (anche se competente nel settore al quale attiene l’oggetto della gara) può, infatti, dare pareri d’ordine tecnico, ragguagli ed altri elementi utili alla valutazione delle offerte presentate in sede di gara con aggiudicazione all’offerta più vantaggiosa, ma non può essere rimesso allo stesso il giudizio definitivo sulla congruità delle offerte allorché sia stata costituita un’apposita Commissione valutatrice, la cui semplice presa d’atto dell’attività compiuta dal RUP non soddisfa all’esigenza che la valutazione delle offerte non venga -nei suoi contenuti concreti e, in special modo, nelle sue tematiche di rilevanza giuridico-interpretativa- sottratta al vaglio dell’organo specificamente deputato a valutare i contenuti delle offerte stesse.
Attraverso la valutazione dell’anomalia, infatti, viene posta in essere una concreta attività valutativa dei contenuti dell’offerta non di carattere comparativo, ma pur sempre preordinata ad indagare sugli specifici contenuti dell’offerta stessa, sulla sua affidabilità e sulla piena rispondenza, a questo stesso fine, delle giustificazioni addotte originariamente o di quelle integrative eventualmente richieste (Consiglio di Stato, sez. VI, 15.07.2010, n. 4584) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 02.12.2010 n. 14243 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: La valutazione di congruità di un'offerta può essere motivata per relationem.
Il giudizio di anomalia dell'offerta richiede una motivazione rigorosa ed analitica ove si concluda in senso negativo; nel caso, invece, di valutazione di congruità dell'offerta anomala, non occorre che la relativa determinazione sia fondata su un'articolata motivazione ripetitiva delle medesime giustificazioni ritenute accettabili o espressiva di ulteriori apprezzamenti, essendo sufficiente anche una motivazione espressa per relationem alla giustificazioni rese dall'impresa vincitrice, sempre che queste siano a loro volta congrue ed adeguate (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 02.12.2010 n. 4370 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Anomalia dell’offerta - Giudizio di congruità - Motivazione per relationem alle giustificazioni presentate dall’offerente - Legittimità.
Il giudizio di non anomalia, ovvero di congruità dell’offerta non richiede, di regola, una motivazione puntuale ed analitica, poiché le giustificazioni presentate dall’offerente possono costituire per relationem la motivazione del provvedimento.
Si impone invece una valutazione particolarmente diffusa ed analitica nel caso di giudizio di anomalia, che porta a non procedere all’aggiudicazione (TAR Piemonte, Sez. I, 01.11.2008, n. 2858; Consiglio di Stato, Sez. VI, 03.11.2010, n. 7759; in terminis anche Consiglio di Stato, Sez. V, 22.2.2010, n. 1029) (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 02.12.2010 n. 4370 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sull'illegittimità dell'esclusione di un concorrente che abbia omesso di rispettare una procedura meramente formale con riguardo alla produzione dei documenti richiesti dalla legge di gara.
In materia di appalti pubblici sussiste l'obbligo, in capo alla stazione appaltante, di invitare il concorrente ad integrare la documentazione prodotta, nell'ipotesi di mera irregolarità della stessa.

E' illegittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un concorrente che pur avendo presentato la documentazione richiesta dalla lex specialis di gara, abbia tuttavia omesso di allegarla all'offerta secondo le modalità previste dal bando, ciò in quanto, se, da un lato, per pacifica giurisprudenza, la presenza di un'espressa comminatoria di esclusione della domanda di partecipazione, a fronte del mancato rispetto di determinate prescrizioni, impone l'esecuzione incondizionata della previsione, d'altra parte, qualora la formulazione letterale del bando risulti dubbia, va prescelta l'interpretazione più favorevole ad agevolare la massima partecipazione alla gara, anche alla luce dei principi comunitari in detta materia.
Peraltro, in base all'interpretazione letterale e logica, la predetta clausola, nella parte in cui abbia previsto una causa di esclusione, non può riguardare anche le modalità di presentazione della documentazione.
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E' illegittimo l'operato di una stazione appaltante che, a fronte di una mera irregolarità da parte di un concorrente, abbia omesso di inoltrare l'invito ad integrare la documentazione, in applicazione dell'art. 76 del d.lgs. n. 163/2006, ciò in quanto la L. n. 241/1990 tende a semplificare al massimo il procedimento amministrativo e le sue formalità e, quindi, a rendere sanabili tutte le irregolarità documentali non espressamente sanzionate dal bando e non incidenti sul procedimento, ovvero sulla par condicio di coloro che vi partecipano.
E ciò, tanto più nell'ipotesi in cui tali irregolarità appaiano riconducibili ad una non perspicua formulazione delle regole del procedimento da parte dell'Amministrazione appaltante (TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter, sentenza 01.12.2010 n. 34856 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Non è necessaria la previa comunicazione di avvio del procedimento nell'ipotesi di emissione di informativa interdittiva.
Sulla portata della norma introduttiva dell'informativa prefettizia, in riferimento alla tutela anticipata nella lotta alla criminalità organizzata, al fine di cogliere l'affidabilità dell'impresa aggiudicataria di un appalto pubblico. In particolare: sul potere discrezionale del Prefetto in ordine all'accertamento dell'infiltrazione mafiosa.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, in materia di procedure per l'affidamento di appalti pubblici, non si ravvisa la necessità della previa comunicazione di avvio del procedimento nell'ipotesi di emissione dell'informativa interdittiva e delle conseguenti delibere incidenti sul rapporto concessorio e/o contrattuale, in quanto trattasi di procedimenti in materia di tutela antimafia, come tali caratterizzati intrinsecamente da riservatezza ed urgenza.
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Secondo consolidata giurisprudenza, l'istituto dell'informativa prefettizia, di cui agli artt. 4 del d.lgs. n. 490/1994 e 10 del D.P.R. n. 252/1998, è una tipica misura cautelare di polizia, preventiva ed interdittiva, che prescinde dall'accertamento, in sede penale, di uno o più reati connessi all'associazione di tipo mafioso; non occorre la prova dell'effettiva infiltrazione mafiosa all'interno dell'impresa, né del reale condizionamento delle scelte del concorrente da parte di soggetti mafiosi; è, invero, sufficiente il "tentativo di infiltrazione"; tale scelta è coerente con le caratteristiche del fenomeno mafioso, il quale non necessariamente si concreta in fatti univocamente illeciti, potendosi arrestare alla soglia dell'intimidazione; la formulazione generica del tentativo di infiltrazione mafiosa, rilevante ai fini del diritto, comporta l'attribuzione, in capo al Prefetto, di un ampio margine discrezionale in sede di accertamento; ne consegue che la valutazione prefettizia è sindacabile in sede giurisdizionale solo nell'ipotesi di manifesti vizi di eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti.
Tuttavia, al fine di salvaguardare i principi di legalità e certezza del diritto, non possono reputarsi sufficienti fattispecie fondate su mere congetture prive di riscontro fattuale, occorrendo invece l'individuazione di circostanze sintomatiche di concreti collegamenti con la criminalità organizzata (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 01.12.2010 n. 26527 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Informativa antimafia - Comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Esclusione.
Non è richiesto il previo intervento della comunicazione di avvio del procedimento in occasione dell’emissione dell’informativa interdittiva e dei conseguenti provvedimenti incidenti sul rapporto concessorio e/o contrattuale, poiché si tratta di procedimenti in materia di tutela antimafia, come tali caratterizzati intrinsecamente da riservatezza ed urgenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 29.02.2008 n. 756; Consiglio di Stato, Sez. V, 12.06.2007 n. 3126 e 28.02.2006 n. 851).
Informativa antimafia - Artt. 4 del d.lgs. n. 490/1994 e 10 d.PP.R. n. 252/1998 - Elementi caratterizzanti - Sufficienza del tentativo di infiltrazione - Ampia discrezionalità di apprezzamento.
I tratti caratterizzanti l’istituto dell’informativa prefettizia, di cui agli artt. 4 del d.lgs. n. 490/1994 e 10 del d.P.R. n. 252/1998, ruotano intorno ai seguenti concetti:
- si tratta di una tipica misura cautelare di polizia, preventiva e interdittiva, che si aggiunge alle misure di prevenzione antimafia di natura giurisdizionale e che prescinde dall’accertamento in sede penale di uno o più reati connessi all’associazione di tipo mafioso; non occorre né la prova di fatti di reato, né la prova dell’effettiva infiltrazione mafiosa nell’impresa, né la prova del reale condizionamento delle scelte dell’impresa da parte di associazioni o soggetti mafiosi;
- è sufficiente il “tentativo di infiltrazione” avente lo scopo di condizionare le scelte dell’impresa, anche se tale scopo non si è in concreto realizzato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 30.05.2005 n. 2796 e 13.10.2003 n. 6187);
- tale scelta è coerente con le caratteristiche fattuali e sociologiche del fenomeno mafioso, che non necessariamente si concreta in fatti univocamente illeciti, potendo fermarsi alla soglia dell’intimidazione, dell’influenza e del condizionamento latente di attività economiche formalmente lecite;
- la formulazione generica, più sociologica che giuridica, del tentativo di infiltrazione mafiosa rilevante ai fini del diritto comporta l’attribuzione al Prefetto di un ampio margine di accertamento e di apprezzamento;
- l’ampia discrezionalità di apprezzamento riservata al Prefetto genera, di conseguenza, che la valutazione prefettizia è sindacabile in sede giurisdizionale solo in caso di manifesti vizi di eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 17.05.2006 n. 2867 e n. 1979/2003).
Informativa antimafia - Valutazioni discrezionali non ancorate a presupposti tipizzati - Parametri non determinati normativamente - Necessità di idonei e specifici elementi di fatto rivelatori di concrete connessioni o collegamenti con la criminalità organizzata.
Poiché le informative antimafia di cui all’art. 10, comma 7, lettera c), del d.P.R. n. 252/1998 sono fondate su valutazioni discrezionali non ancorate a presupposti tipizzati, i tentativi di infiltrazione mafiosa possono essere desunti anche da parametri non predeterminati normativamente; tuttavia, per salvaguardare i principi di legalità e di certezza del diritto, non possono reputarsi sufficienti fattispecie fondate sul semplice sospetto o su mere congetture prive di riscontro fattuale, occorrendo l’individuazione di idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o collegamenti con la criminalità organizzata (cfr. TAR Sicilia Palermo, Sez. III, 13.01.2006 n. 38; TAR Campania Napoli, Sez. I, 19.01.2004 n. 115; Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2867/2006) (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 01.12.2010 n. 26527 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di un'impresa risultata inadempiente, dopo l'aggiudicazione provvisoria della gara, in ordine agli obblighi contributivi di cui all'art. 38 del d.lgs. n. 163/2006.
La regolarità contributiva delle imprese che partecipano a gare pubbliche è requisito indispensabile non solo per la partecipazione, ma soprattutto ai fini della stipulazione del contratto d'appalto, sicché l'impresa è tenuta ad essere in regola con gli obblighi contributivi dall'istanza di partecipazione e per tutto il periodo di esecuzione del contratto, essendo siffatta regolarità sicuro indice della correttezza dell'impresa nei rapporti con le maestranze.
Inoltre, è irrilevante un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva, pur se ricondotto, retroattivamente, al momento della scadenza del termine di pagamento, posto che ciò gioverebbe soltanto nell'ambito delle reciproche relazioni sottostanti al rapporto obbligatorio, e non già nei confronti della stazione appaltante, in relazione alla quale rileva, per contro, soltanto l'esigenza di un puntuale rispetto degli obblighi incombenti sull'appaltatore, per effetto di parametri normativi e/o contrattuali espressione di affidabilità dell'impresa.
Ne consegue che, è legittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un'impresa risultata inadempiente nei confronti degli obblighi contributivi ai sensi dell'art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, a seguito di verifica effettuata successivamente all'aggiudicazione provvisoria della gara. Peraltro, il bando di gara imponeva alla P.A. di non considerare rilevanti eventuali regolarizzazioni successive del DURC (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 01.12.2010 n. 2768 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

novembre 2010

APPALTI: P. Michielan, Il debutto del preavviso di ricorso giurisdizionale negli appalti pubblici (link a http://venetoius.myblog.it).

APPALTI: M. Faviere, Il nuovo Regolamento al codice dei Contratti pubblici: slides (novembre 2010 - link a www.centrostudimarandoni.it).

APPALTI: M. Alesio, Il nuovo Regolamento al codice dei Contratti pubblici: commento (novembre 2010 - link a www.centrostudimarandoni.it).

APPALTI: M. Alesio, Le ultime novità in materia di contratti pubblici. La tracciabilità dei flussi finanziari alla luce delle prime ed informali indicazioni dell'Autorità (novembre 2010 - link a www.centrostudimarandoni.it).

APPALTI: C. Rapicavoli,  D.L. 12.11.2010 n. 187 - Tracciabilità dei flussi finanziari - Nota illustrativa dell'ANCI (link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Il termine di impugnazione decorre dalla comunicazione del provvedimento lesivo nella sua forma integrale (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI«Sì» della Corte dei conti al regolamento appalti. La Corte dei conti approva il regolamento sul codice degli appalti. Provvedimento atteso da tre anni.
La Corte dei conti ha dato ieri l'ultimo via libera al regolamento del Codice degli appalti. Si chiude il lungo iter di questo provvedimento, atteso da tre anni e rimasto incagliato proprio alla Corte dei conti nella sua prima versione firmata dall'allora ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro.
Uno scenario che per un momento si è temuto si ripetesse anche con la versione rivista dal ministro Altero Matteoli: la sezione della Corte dei conti distaccata alle Infrastrutture aveva licenziato il regolamento per le sezioni riunite con corpose osservazioni. Che ieri però, dopo l'intervento dei tecnici di Matteoli, sono state in gran parte superate.
A questo punto manca soltanto la pubblicazione in Gazzetta (attesa fra qualche settimana), e una lunga vacatio di 180 giorni per avere tutta la normativa sugli appalti racchiusa in un testo unico, anche se con più di 700 articoli.
Ma sul punto che ha tenuto bloccato il regolamento per mesi (il conflitto tra imprese generali civili e imprese specialistiche per l'accesso al mercato) la Corte dei conti ieri non ha messo la parola fine. ... (articolo Il Sole 24 Ore del 30.11.2010 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTIAppalti, ecco la riforma.
Al via il pei forformance bond oltre i Z5 milioni di euro, le norme sulla validazione dei progetti, i limiti ai ribassi nelle gare di progettazione.

Al via il performance bond nei lavori oltre 75 milioni, le norme sulla validazione dei progetti, i limiti ai ribassi nelle gare di progettazione, i nuovi requisiti di qualificazione delle imprese; bloccata e inattuata la disciplina sulle opere superspecialistiche.
È questo l'effetto della registrazione, avvenuta ieri da parte della Corte dei conti a sezioni riunite, dello schema di regolamento del codice dei contratti pubblici che adesso andrà in Gazzetta Ufficiale per la pubblicazione (a norma di legge deve avvenire entro un mese dall'invio del testo) ... (articolo ItaliaOggi del 30.11.2010 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTI: Sull'ambito di applicazione dell'obbligo previsto dall'art. 38, c. 1, lett. b) e c), del d.lgs. n. 163/2006, nell'ipotesi di cessione d'azienda o di un ramo di essa.
Sull'illegittimità dell'ammissione di un'impresa ad una gara d'appalto, nell'ipotesi in cui la stessa abbia omesso di rendere la dichiarazione relativa ad una eventuale fusione, incorporazione od acquisizione totale o parziale, a "qualsiasi titolo", di altra impresa.

Le dichiarazioni di cui all'art. 75 del D.P.R. n. 554/1999, trasposto nel d.lgs. n. 163/2006, riguardando la soggettività, affidabilità e serietà del dichiarante, devono coinvolgere anche l'imprenditore cedente, il quale è assoggettato ai medesimi oneri declaratori degli amministratori e direttori tecnici cessati; tuttavia, in difetto di una previsione legislativa in tal senso o della stessa lex specialis, i suddetti obblighi non possono imputarsi anche alle altre imprese che, in quanto interessate da siffatti mutamenti in via indiretta, non sono da considerarsi "cessionarie".
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E' illegittima l'ammissione di un concorrente ad una gara, nell'ipotesi in cui lo stesso abbia omesso di rendere la dichiarazione relativa ad un'eventuale fusione, incorporazione od acquisizione totale o parziale, a qualsiasi titolo, di altra impresa, ciò in quanto, qualora la lex specialis preveda l'obbligo di rilasciare la predetta dichiarazione a pena di esclusione, nonché i nominativi dei soggetti tenuti alla dichiarazione di cui all'art. 38, comma 1, lett. b) e c), del d.lgs. n. 163/2006, con riferimento al triennio antecedente la data di pubblicazione del bando, tale obbligo assumerà rilievo anche in ordine alle acquisizioni di aziende, o rami di esse, avvenute per effetto della partecipazione a procedure fallimentari di vendita coattiva.
A maggior ragione nell'ipotesi in cui, come nel caso di specie, l'avvenuta acquisizione del ramo d'azienda abbia dato luogo ad un vero e proprio trasferimento di proprietà (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 29.11.2010 n. 14196 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTINel bando di gara possono essere previsti requisiti di partecipazione ristretti e selettivi solo quando tali criteri rispondano ad esigenze oggettive dell'Amministrazione e non appaiano sproporzionati, specie avuto riguardo all’oggetto dell’appalto e all'esigenza di non ridurre, oltre lo stretto indispensabile, la platea dei potenziali concorrenti e di non precostituire situazioni di privilegio.
E' vero che la stazione appaltante ha il potere discrezionale di fissare i requisiti di partecipazione ad una gara, ma tale potere va esercitato secondo criteri di ragionevolezza, parità di trattamento ed efficienza della azione amministrativa, nonché dei principi, di derivazione comunitaria, di concorrenza ed apertura del mercato degli appalti pubblici (TAR Lombardia Milano, sez. III, 27.08.2006, n. 1877).
Ne deriva che possono essere previsti requisiti di partecipazione ristretti e selettivi solo quando tali criteri rispondano ad esigenze oggettive dell'Amministrazione e non appaiano sproporzionati, specie avuto riguardo all’oggetto dell’appalto e all'esigenza di non ridurre, oltre lo stretto indispensabile, la platea dei potenziali concorrenti e di non precostituire situazioni di privilegio (TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 18.06.2007, n. 5269; cfr., più di recente: Cons. Stato, sez. V, 04.08.2010, n. 5201) (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.11.2010 n. 7404 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILe quote di partecipazione devono essere indicate già al momento della presentazione della domanda.
La legittimazione di un’impresa ad eseguire l’appalto deve essere tale da garantire affidabilità e professionalità mediante il possesso di requisiti di capacità tecnica, organizzativa e finanziaria adeguati e corrispondenti ai servizi (o lavori) da svolgere; tale garanzia viene invece ad essere disattesa ove si opini diversamente in omaggio a criteri che privilegino l’unicità dell’ATI, unicità che invece risulta irrilevante quando vi è il frazionamento delle prestazioni fra le varie imprese componenti della stessa, salvo il riferimento alla flessibilità organizzativa propria dell’avvalimento, istituto ammissibile solo in presenza di particolari condizioni, nella specie insussistenti.
Tale regola si pone a presidio della garanzia che le commesse pubbliche vengano affidate a persone fisiche o giuridiche che dimostrino affidabilità e professionalità commisurate all’entità dei lavori o dei servizi che devono svolgere, in ossequio ai principi di buon andamento, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, sicché non vi è ragione per ritenere tale garanzia non necessaria negli appalti di servizi, tanto più ove gli stessi riguardino attività di rilevante e preminente interesse pubblico, ove vengono in gioco interessi e diritti primari della collettività.
L'indicazione delle quote di partecipazione si rivela dunque requisito di ammissione alla gara e deve quindi provvedersi a tale incombente nella domanda di partecipazione alla gara e non in sede di esecuzione del contratto (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 29.11.2010 n. 2733 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Dall’Autorità le regole per l’affidamento dei contratti pubblici mediante procedura negoziata.
Il Codice dei Contratti (D.Lgs. 163/2006) limita il ricorso alla procedura negoziata, in particolare quella senza previa pubblicazione di un bando di gara, a situazioni ben definite che possono definirsi “eccezionali”.
Dall’esame degli elementi acquisiti nell’ambito dell’attività dell'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (AVCP), sono emersi -secondo quanto evidenziato dalla stessa Autorità- dati preoccupanti circa il ricorso “disinvolto” allo strumento della procedura negoziata effettuato da alcune stazioni appaltanti.
In particolare sono state evidenziate problematiche relative:
- all’obbligatorietà della motivazione;
- all’artificioso frazionamento dell’importo degli appalti;
- all’insussistenza dei motivi d’urgenza assunti a fondamento del ricorso alla procedura negoziata ex articolo 57, comma 2, lettera c;
- alla gestione delle gare con modalità non conformi alle disposizioni del Codice.
Data la rilevanza dell’argomento l'Autorità ha predisposto un vademecum (29.11.2010) per l’affidamento di appalti sotto soglia con procedura negoziata, approfondendo gli aspetti di maggior rilievo, tra i quali:
- le modalità di selezione degli operatori economici da invitare a presentare un’offerta;
- il significato da attribuire all’espressione “indagine di mercato”;
la necessità o meno di motivare espressamente il ricorso alla procedura negoziata;
- le forme di pubblicità da seguire per ampliare la possibilità di accesso alle commesse pubbliche.
Entro il 14.12.2010 è possibile inviare osservazioni e/o segnalazioni di difficoltà applicative all’Autorità (link a www.acca.it).

APPALTIAppalti pubblici, corsa ai ritocchi. Le imprese dovranno integrare i contratti. Pena la nullità.
Le stazioni appaltanti è opportuno che adeguino i contratti di appalto, i subappalti e i subcontratti in essere (stipulati prima del 07.09.2010) con l'inserimento della clausola di tracciabilità; prevista la nullità dei contratti non adeguati entro il 07.03.2011; l'applicazione degli obblighi di tracciabilità riguarda anche professionisti e studi professionali; la tracciabilità vale per tutti i subappalti e i subcontratti necessari all'esecuzione dell'appalto a prescindere dal grado di affidamento o sub affidamento.

Sono questi alcuni dei suggerimenti e delle indicazioni, già operative e applicabili, fornite dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici con la determinazione n. 8 del 18.11.2010 sulle disposizioni in materia di tracciabilità dei flussi finanziari (legge 136/2010 come modificata e integrata dal decreto legge n. 187 sulla sicurezza del 12.11.2010).
I contratti da tracciare. Uno dei punti più delicati della normativa è quello dell'individuazione dei contratti da tracciare. Gli articoli 3 e 6 della legge 136/2010 prescrivono l'obbligo di effettuare pagamenti su conti dedicati, tramite bonifico bancario o postale, con riguardo a soggetti quali «gli appaltatori, i subappaltatori e i subcontraenti della filiera delle imprese, nonché i concessionari di finanziamenti pubblici anche europei a qualsiasi titolo interessati ai lavori, ai servizi e alle forniture pubblici».
La determina elenca le figure contrattuali ... (articolo ItaliaOggi del 29.11.2010 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTI SERVIZI: D. Argenio, Gli appalti riservati ex art. 52 D.LGS. 163/2006 e la definizione dei c.d. "laboratori protetti" (26.11.2010 - link a www.dirittoelegge.it).

APPALTI SERVIZILa procedura competitiva è la via ordinaria per l’affidamento dei servizi pubblici locali.
Il caso in oggetto attiene ad un affidamento di servizio pubblico locale quand’era ancora vigente l’ormai abrogato art. 113 D.Lgs 267/2000. Nello specifico si è trattato dell’affidamento diretto a Enel del servizio di illuminazione delle strade comunali.
Servizio che attiene al novero dei servizi pubblici locali: già storicamente la pubblica illuminazione era, infatti, inclusa fra i servizi pubblici comunali ex art. 1, lett. c), r.d. n. 2578/1925 e nel t.u.l.c.p. n. 383/1934 -e ribadito dal divieto di cessione della proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all'esercizio dei servizi pubblici, introdotto nell'art. 113 del T.U.E.L. 267/2000 (l. n. 448/2001 e d.l. n. 269/2003).
Alla luce dei principi comunitari che informano la materia, la regola della selezione competitiva costituisce l’opzione naturale e primaria (art. 113, comma 5, lett. a) alla quale è possibile derogare nei soli casi espressamente previsti dalla legge.
Alla luce di detti principi, da ultimo recepiti dall’art. 23-bis, comma 11, del d.l. n. 112/2008, conv. dalla legge n. 133/2008, deve accedersi ad un’interpretazione restrittiva dell’eccezione contemplata dal richiamato art. 113, comma 14, laddove si consente (rectius, si consentiva, prima dell’abrogazione della norma disposta per effetto dell’ art. 12 del d.P.R. 07.09.2010, n. 168) l’affidamento diretto del servizio in favore del proprietario dei beni strumentali necessari ai fini dell’erogazione del servizio pubblico.
Detta norma, ratione temporis vigente, va interpretata nel senso di consentire l’affidamento diretto solo nell’ipotesi in cui i beni strumentali siano integralmente nella proprietà di soggetto privato diverso dall’amministrazione locale.
Nel caso, oggetto della sentenza, in cui i beni patrimoniali siano invece solo in parte nella proprietà di soggetto diverso dall’amministrazione locale, si riespande la regola generale in forza della quale, ove il Comune intenda affidare il servizio nella sua unitarietà senza procedere ad un frazionamento (ammesso dal testo del comma 14 cit. prima della sua abrogazione), non è percorribile la via dell’affidamento diretto ma occorre seguire la via ordinaria della procedura competitiva (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 25.11.2010 n. 8232 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Le imprese operanti in un determinato settore sono legittimate ad impugnare la delibera di affidamento di un servizio a trattativa privata ovvero le determinazioni che riguardano le modalità di conferimento e di svolgimento del servizio, e ciò anche al fine di soddisfare l’interesse strumentale all’indizione o alla ripetizione di una procedura di gara al fine di spendere, in seno alla medesima, le proprie chance competitive.
Alla stregua di un pacifico e condivisibile principio giurisprudenziale, le imprese operanti in un determinato settore sono legittimate ad impugnare la delibera di affidamento di un servizio a trattativa privata ovvero le determinazioni che riguardano le modalità di conferimento e di svolgimento del servizio, e ciò anche al fine di soddisfare l’interesse strumentale all’indizione o alla ripetizione di una procedura di gara al fine di spendere, in seno alla medesima, le proprie chances competitive
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 25.11.2010 n. 8232 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: L’affidamento del compito di provvedere alla messa a norma del servizio d’illuminazione delle strade comunali soggiace alla disciplina dettata dell’art. 113 del T.U. Enti Locali.
Secondo la condivisibile interpretazione già offerta in subiecta materia da questa Sezione (decisione 16.12.2004, n. 8090) il servizio di illuminazione delle strade comunali ha carattere di servizio pubblico locale. Ne deriva che l’affidamento del compito di provvedere alla messa a norma, alla manutenzione ed alla gestione degli impianti di illuminazione delle pubbliche vie si sostanza nell’affidamento di un servizio pubblico locale che soggiace alla disciplina dettata dal richiamato art. 113 del T.U. Enti Locali approvato con il d.lgs n. 267/2000.
La Sezione ha nell’occasione osservato che sono indifferentemente servizi pubblici locali, ai sensi dell'art. 112, T.U.E.L. n. 267/2000, quelli di cui i cittadini usufruiscano uti singuli e come componenti la collettività, purché rivolti alla produzione di beni e utilità per obiettive esigenze sociali.
Il Consiglio ha altresì osservato che la subordinazione al pagamento di un corrispettivo, rilevante nella prospettiva abbracciata dal codice dei contratti pubblici in sede di distinzione tra la figura dell’appalto e quella della concessione (art. 2, comma 12) dipende dalle caratteristiche tecniche del servizio e della volontà "politica" dell'ente, ma non incide sulla sua qualifica di servizio pubblico locale ai fini dell’applicazione della disciplina di cui al T.U.E.L.
Relativamente ai servizi pubblici locali, l'art. 117 T.U.E.L. n. 267/2000 precisa che la tariffa ne costituisce il corrispettivo ma non ne definisce il contenuto, determinato dalla possibilità concreta dell'ente di dividere sui singoli l'onere della gestione ed erogazione della prestazione.
Che lo stesso Titolo V del T.U.E.L. n. 267/2000 disciplini anche i criteri per la determinazione e la riscossione delle tariffe non esclude dall'ambito dei servizi pubblici locali quelli erogati senza un corrispettivo, sempre che le prestazioni siano strumentali all'assolvimento delle finalità sociali dell'ente, come avviene per il servizio di pubblica illuminazione.
Sul piano interpretativo, il carattere di servizio pubblico locale dell'illuminazione delle strade comunali è confermato dai richiami "storici" -la pubblica illuminazione era, infatti, inclusa fra i servizi pubblici comunali ex art. 1, lett. c), r.d. n. 2578/1925 e nel t.u.l.c.p. n. 383/1934- e ribadito dal divieto di cessione della proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all'esercizio dei servizi pubblici, introdotto nell'art. 113 del T.U.E.L. 267/2000 (l. n. 448/2001 e d.l. n. 269/2003)
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 25.11.2010 n. 8232 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: L’annullamento del provvedimento di esclusione di un offerente dalla gara, avvenuto dopo la cognizione delle offerte degli altri offerenti, implica la rinnovazione della gara sin dalla presentazione delle offerte.
Secondo orientamento consolidato di questo Consiglio, condiviso dal Collegio, nei casi di procedura ad evidenza pubblica improntata a criteri di valutazione tecnica di natura discrezionale in ordine alla qualità delle offerte –quale quella sub iudice, da svolgere secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa–, a differenza dalle procedure di aggiudicazione c.d. automatiche, caratterizzate dall’assenza in capo alla Commissione di gara di profili di discrezionalità tecnica o amministrativa, l’annullamento del provvedimento di esclusione di un offerente dalla gara, intervenuto successivamente alla fase di integrale presa di cognizione e valutazione delle offerte tecniche ed economiche degli altri offerenti, implichi la necessità di una rinnovazione della gara sin dalla fase della presentazione delle offerte, a tutela della par condicio dei concorrenti e dell’imparzialità e obbiettività del giudizio della Commissione giudicatrice, potendo invero la conoscenza del prezzo influenzare i componenti della commissione nella formazione dei giudizi, improntati a discrezionalità, sulla qualità delle offerte tecniche, nonché a garanzia dell’esigenza di contestualità del giudizio comparativo, attesa la possibilità –sia pure astratta– che la ditta riammessa alla gara abbia a modificare la propria offerta una volta presa cognizione delle offerte avversarie (v., ex plurimis, C.d.S., Sez. V, 09.03.2009, n. 368; C.d.S., Sez. V, 28.10.2008, n. 5378; C.d.S., Sez. V, 28.03.2008, n. 1296; C.d.S., Sez. V, 03.02.2000, n. 661) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 25.11.2010 n.  8230 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La condotta gravemente colpevole di false dichiarazioni può essere ravvisata solo a fronte di comportamenti posti in essere al fine di ottenere un vantaggio in termini competitivi.
La giurisprudenza ha affermato, per le società, che il principio (dichiarazione/esclusione) debba estendersi nei confronti di tutti i soggetti muniti di concreti poteri di amministrazione. Sussistono peraltro casi di attenuazione del rigore della formalità, ove l’Amministrazione nel predisporre i moduli di partecipazione induca in qualche modo in errore il partecipante (con conseguente ammissibilità di facoltà di regolarizzazione successiva) –cfr. Tar Sardegna 2273 del 28.08.2010-.
L’orientamento decisamente prevalente -per i contratti (ordinari)- è nel senso, invece, che l’obbligo di rendere la dichiarazione sussiste anche per vicepresidente (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 15.01.2008, n. 36; TAR Emilia Romagna Bologna, sez. I, 22.04.2010, n. 3795; TAR Campania Napoli, sez. I, 27.05.2010, n. 9649 e 01.03.2010, n. 1206; TAR Calabria Catanzaro, sez. II, 08.03.2010, n. 311; TAR Sicilia Palermo, sez. III, 14.12.2009, n. 1910).
Il Tar Lazio 2007 n. 4315 ha sostenuto invece che “in assenza d'una rigorosa e specifica norma della lex specialis nei riguardi pure dei soggetti vicari, non sussiste alcun obbligo di formulare detta dichiarazione anche per costoro i cui poteri siano meramente eccezionali ed occasionali”.
Ma anche il Tar Basilicata, ancor più recentemente, nella pronunzia sez. I, 22.04.2009, n. 131, ha articolato un distinguo analogo, sostenendo che “fra gli amministratori muniti di potere di rappresentanza rientrano anche i Vice Presidenti o gli amministratori che esercitano il potere di rappresentanza in funzione vicaria, <ma solo quando lo statuto della persona giuridica li abilita a sostituire in qualsiasi momento e per qualsiasi atto il legale rappresentante della persona giuridica, senza intermediazione di autorizzazione o di investitura ulteriore e senza controllo sull'effettività dell'impedimento e dell'assenza del legale rappresentante della persona giuridica>, in quanto l'esercizio della funzione vicaria conferita al Vice Presidente può avvenire in qualsiasi momento.”
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La predisposizione di un Modello (incompleto nelle indicazioni delle dichiarazioni da rendere –da parte di altri soggetti, oltre al legale rappresentante-) non può determinare l’esclusione del concorrente che si è attenuto a tali indicazioni, in quanto va riconosciuto sussistente un affidamento (meritevole di tutela) del partecipante che ha agito coerentemente alle prescrizioni.
L’omessa indicazione (nel bando e nel modello) di tutti i soggetti che dovevano compiere la dichiarazione non può ricadere in danno al partecipante, con conseguente ammissibilità della verifica/controllo successivo, come in effetti è stato richiesto, in questo caso, fra aggiudicazione provvisoria e aggiudicazione definitiva.
Se è vero che la norma di legge può integrare il bando (integrazione automatica) non può ignorarsi l’affidamento che questo crea in ordine alle modalità di redazione della domanda e delle autodichiarazioni espressamente contemplate e riportate nel modulo di partecipazione (che andava solo “completato” e sottoscritto dalla parte, indicata quale “legale rappresentante” della Cooperativa sociale).
L'applicazione dei principi in materia di favor partecipationis e di tutela dell'affidamento osta all'esclusione di un impresa in caso di compilazione dell'offerta in conformità al facsimile all'uopo approntato dalla stazione appaltante (cfr. CS, sez. VI, 10.11.2004, n. 7278).
Peraltro va segnalato che recentemente lo stesso Consiglio di Stato (cfr. CS, VI, 22.02.2010 n. 1017) esaminando approfonditamente la reale portata (sostanziale) della norma (art. 38), in materia di omessa/erronea dichiarazione e conseguente rilevanza o meno –a fini escludenti immediati-, ha inteso aderire (riconoscendo la sussistenza di pronunzie non univoche sul punto dello stesso organo d’appello) ad un orientamento meno formalistico e più sostanzialistico, riformando una sentenza del TAR Lombardia, Brescia, del 2009 n. 1499 (che aveva, invece, applicato in modo classico e tradizionale l’art. 38, annullando l’aggiudicazione per avere l’aggiudicataria omesso, in sede di domanda di partecipazione, di rendere in modo integrale una delle dichiarazioni di cui all’art. 38) e valorizzando i seguenti aspetti:
- preferendo il diverso orientamento secondo cui una dichiarazione resa ai sensi della lettera c) del comma 1 dell’art. 38, d.lgs. 163 anche se radicalmente omessa (ovvero, non corrispondente alla realtà sottostante) <non comporti comunque l’esclusione dalla gara dell’impresa interessata quando non sussistano in concreto situazioni ostative alla partecipazione>;
- riconoscendo la necessità di assicurare che le ipotesi di esclusione vengano ispirate al canone della tassatività e che le relative previsioni rispondano ad effettive esigenze di interesse pubblico, a fronte di inequivoche previsioni normative;
- attribuendo valore e rilievo all’elemento che la stessa lex specialis di gara non prevedeva in alcun modo che la dichiarazione relativa ai fatti e alle circostanze di cui all’art. 38, comma 1, lettera c) del ‘codice’ fosse richiesta a pena di esclusione.
Ciò significa che lo stesso Consiglio di Stato ha ritenuto di dover ridurre drasticamente l’area dell’esclusione automatica, richiamando anche la figura del falso innocuo, affrontando la problematica in termini più sostanzialistici e meno formalistici, sulla base di una attenta lettura delle norme, “abbandonando” l’orientamento tradizionale (dello stesso CS Sez. V, sent. 3742/2009) che voleva che “il carattere obbligatorio della dichiarazione comporterebbe in via necessaria l’esclusione dalla gara quale mera conseguenza dell’omessa dichiarazione, a prescindere da qualunque vaglio in concreto in ordine alla sussistenza o meno dei requisiti di ordine generale sottesi alla dichiarazione omessa o non conforme al vero”.
Spingendosi a sostenere che “trattandosi di <falso innocuo>, privo di qualsivoglia offensività rispetto agli interessi presidiati dalle regole che governano la procedura di evidenza pubblica, come tale non è sanzionabile con l’esclusione (Cons. Stato, Sez. V, sent. 829/2009)” (così CS 2010 n. 1017).
In tale pronunzia il CS ha affermato inoltre che “un rilevante argomento in favore della tesi qui condivisa viene fornito dal diritto comunitario, e segnatamente dalla previsione di cui all’art. 45 della direttiva 2004/18/CE in tema di appalti nei c.d. ‘settori classici’. Secondo la disposizione da ultimo richiamata, infatti, il rimedio dell’esclusione dalla gara è offerto solo in danno dei soggetti i quali si siano resi ‘gravemente colpevoli di false dichiarazioni nel fornire le informazioni’ rilevanti ai fini della partecipazione alla gara. Il che, com’è evidente, depone univocamente nel senso che la condotta gravemente colpevole di false dichiarazioni possa essere ravvisata solo a fronte di comportamenti posti in essere al fine di ottenere un vantaggio in termini competitivi, e non anche in caso di condotte verosimilmente poste in essere (come nel caso di specie) per mera dimenticanza o disattenzione o per inesatta interpretazione della disposizione, le quali nulla abbiano arrecato in termini di vantaggio al soggetto agente, il quale risultava in possesso dei necessari requisiti di partecipazione, pure a prescindere dal contenuto (in ipotesi, non conforme alla realtà sottostante) delle dichiarazioni in concreto rese” (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 25.11.2010 n. 2626 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI:  1. Contratti della p.a. - Omessa presentazione della dichiarazione ex art. 38 D.Lgs. 163/2005 - Conseguenze - Esclusione - Limiti.
2. Contratti della p.a. - Gara - Offerte - Tutela della segretezza - Tenuta dei plichi - Obbligo per la stazione appaltante di predisporre adeguate cautele - Sussiste - Omissione - Effetti - Invalidità della gara.
3. Contratti della p.a. - Tenuta della documentazione di gara - Inosservanza di norme precauzionali da parte della p.a. - Rischio di manomissione - Effetti - Invalidità delle operazioni di gara - Sussiste.

1. Deve condividersi l'orientamento maggioritario secondo il quale l'omessa presentazione della dichiarazione ex art. 38 D.Lgs. 163/2005 da parte di un'impresa concorrente non comporta la sua esclusione, a condizione che non ricorrano in concreto situazioni ostative alla partecipazione e salvo che la stazione appaltante, nell'esercizio del proprio potere discrezionale, non ritenga di ricollegare l'adozione del provvedimento di esclusione alla mera omissione della dichiarazione (conf. v. Cons. Stato, Sez. VI, 22.02.2010, n. 1017).
2. Sulla Commissione giudicatrice grava un preciso dovere di predisporre idonee cautele nella conservazione dei plichi a tutela della loro integrità che devono, altresì, risultare da apposita verbalizzazione, la cui omissione comporta l'invalidità della gara, senza che assumano rilevanza eventuali tardive dichiarazioni circa le concrete modalità di custodia dei plichi (conf. v. Cons. Stato, Sez. V, 12.12.2009, n. 7804).
3. Qualora dalle risultanze processuali emerga che, per inosservanza di norme precauzionali, la documentazione di gara sia rimasta esposta al rischio di manomissione, devono ritenersi invalide le operazioni di gara, senza che a carico dell'interessato possa configurarsi un onere - del resto impossibile da adempiere - di provare un concreto evento di danno (conf. v. Cons. di stato, Sez. V, 21.05.2010, n. 3203) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 24.11.2010 n. 7353 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIControversie in materia di appalto pubblico - Giurisdizione.
Ai fini del riparto della giurisdizione tra g.o. e g.a., rileva non tanto la prospettazione compiuta dalle parti, quanto il "petitum" sostanziale, che va identificato soprattutto in funzione della "causa petendi", ossia dell'intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, (Cassazione civile, sez. un., 25.06.2010 n. 15323), ne consegue che, qualora il petitum sostanziale azionato sia una domanda diretta ad accertare la corretta esecuzione del contratto di appalto, l'illegittimità dell'atto di risoluzione e la persistente vigenza delle obbligazioni reciprocamente assunte, l'oggetto della controversia, concentrandosi inequivocamente sulla disposta risoluzione del contratto, rientra nella sfera di cognizione del giudice ordinario.
È pacifica, infatti, l'appartenenza alla giurisdizione del giudice ordinario delle controversie in tema di appalto pubblico, aventi ad oggetto la risoluzione del contratto con l'appaltatore e l'accertamento del diritto di quest'ultimo a proseguire il rapporto con l'Amministrazione committente, ancorché l'atto rescissorio della P.A. sia rivestito dalla forma dell'atto amministrativo, perché è al giudice ordinario che spetta verificare la conformità alla normativa positiva delle regole attraverso cui i contraenti hanno disciplinato i loro contrapposti interessi e delle relative condotte attuative (ex plurimis, TAR Campania Napoli, sez. VII, 05.06.2009 n. 3110; TAR Abruzzo Pescara, sez. I, 14.07.2009 n. 511; Consiglio Stato, sez. V, 17.10.2008 n. 5071; Consiglio Stato, sez. V, 28.12.2006 n. 8070) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 24.11.2010 n. 7346 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Le operazioni di esame delle offerte tecniche ed economiche devono essere concentrate in una sola seduta, senza soluzione di continuità.
In base a piani principi, al fine di assicurare imparzialità, pubblicità, trasparenza e speditezza all’azione amministrativa, le sedute di una commissione di gara devono ispirarsi al principio di concentrazione e di continuità.
In particolare, le operazioni di esame delle offerte tecniche ed economiche devono essere concentrate in una sola seduta, senza soluzione di continuità, al precipuo fine di scongiurare possibili influenze esterne ed assicurare l’assoluta indipendenza di giudizio dell’organo incaricato della valutazione (Cons. St. Sez. VI, 16.11.2000, n. 6128).
Il principio di continuità e di concentrazione della gara non è assolutamente insuscettibile di eccezioni, potendo verificarsi situazioni particolari che obiettivamente impediscano l’espletamento delle operazioni in unica seduta (Cons. St. Sez. V, 18.11.2002, n. 6388, 03.01.2002, n. 5).
Tra queste possono in effetti annoverarsi la particolare complessità delle valutazioni da svolgere o l’elevato numero delle offerte da giudicare.
In tali casi, tuttavia, l’esigenza di continuità impone comunque l’osservanza, nello svolgimento delle operazioni, del minimo intervallo temporale tra una seduta e l’altra e delle massime garanzie di conservazione dei plichi contenenti le singole offerte (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.11.2010 n. 8155 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sul principio di concentrazione e continuità delle operazioni di gara in materia di appalti pubblici.
Gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta devono svolgersi in seduta pubblica.

Al fine di assicurare imparzialità, pubblicità, trasparenza e speditezza all'azione amministrativa, le sedute di una commissione di gara devono ispirarsi al principio di concentrazione e di continuità.
La fase di valutazione delle offerte tecniche ed economiche deve essere concentrata in un'unica seduta, onde poter scongiurare possibili influenze esterne ed assicurare l'assoluta indipendenza di giudizio dell'organo incaricato dell'esame.
Il principio di continuità e concentrazione della gara è suscettibile di eccezioni, potendo verificarsi particolari circostanze che, in concreto, impediscano l'espletamento delle operazioni nel breve termine, tra cui la complessità delle valutazioni da svolgere o l'elevato numero delle offerte da giudicare. In siffatte ipotesi, tuttavia, l'esigenza di continuità impone comunque l'osservanza del minimo intervallo temporale tra una seduta e l'altra e delle massime garanzie di conservazione dei plichi contenenti le singole offerte.
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Devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta, sia che si tratti di documentazione amministrativa sia che si tratti di documentazione afferente l'offerta tecnica (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.11.2010 n. 8155 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di un concorrente per omessa allegazione della copia fotostatica del documento d'identità all'offerta economica.
E' legittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un concorrente che abbia omesso di allegare, alla busta contenente l'offerta economica, copia fotostatica del documento di identità, come prescritto dal bando di gara, in quanto nelle gare pubbliche le regole stabilite dalla lex specialis vincolano rigidamente la stazione appaltante, la quale è tenuta ad applicarle senza alcun margine di discrezionalità nella loro interpretazione, a tutela della par condicio ed in virtù del principio generale che vieta la disapplicazione del bando, quale atto con cui l'amministrazione si sia, in origine, autovincolata. A maggior ragione la commissione non può interpretare discrezionalmente le norme di gara qualora le stesse, come nel caso di specie, contengano espresse clausole "a pena di esclusione".
Infatti, nell'ipotesi in cui il bando commini espressamente l'esclusione obbligatoria in conseguenza di determinate violazioni, anche soltanto formali, l'amministrazione è tenuta a dare precisa ed incondizionata esecuzione a tali previsioni, senza alcuna possibilità di valutazione discrezionale circa la rilevanza dell'inadempimento, l'incidenza di questo sulla regolarità della procedura selettiva e la congruità della sanzione contemplata nella lex specialis.
Peraltro, la giurisprudenza ha chiarito che deve ritenersi indefettibile la produzione della copia fotostatica del documento d'identità nel caso in cui si tratti di supportare la più importante delle dichiarazioni di volontà che intervengono nella procedura concorsuale, vale a dire l'offerta economica, stante che la prescritta formalità assolve all'essenziale funzione di ricondurre al suo autore l'autenticità dell'apposta sottoscrizione (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.11.2010 n. 8152 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI1. Contratti della p.a. - Appalto - Gara - Commissione - Composizione - Art. 84, comma 2, D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 - Esperienza dei componenti - Interpretazione - Va valutata in capo alla Commissione nel suo complesso.
2. Contratti della p.a. - Appalto - Gara - Offerte - Valutazione - Espressa mediante voto numerico - Sufficienza - Obbligo di giustificazione del punteggio attribuito - Non sussiste.
3. Contratti della p.a. - Appalto - Gara - Principio di concentrazione e di continuità - Ratio - Indipendenza della Commissione da influenze esterne - Violazione - Effetti - Invalidità della procedura - Sussiste - Limiti.

1. Il requisito generale dell'esperienza «nello specifico settore cui si riferisce l'oggetto del contratto» previsto, dall'art. 84, comma 2, D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, per i componenti della Commissione giudicatrice di una gara per l'affidamento di un appalto pubblico, deve essere inteso gradatamente e in modo coerente con la poliedricità delle competenze di volta in volta richieste in relazione alla complessiva prestazione da affidare; non è necessario, pertanto, che l'esperienza professionale di ciascun componente copra tutti i possibili ambiti oggetto di gara, in quanto è la Commissione, unitariamente considerata, che deve garantire quel grado di conoscenze tecniche richiesto nel caso specifico, in ossequio al principio di buon andamento della pubblica amministrazione (conf. v. TAR Sardegna Cagliari, sez. I, 04.06.2008, n. 1126).
2. Ai fini della legittima valutazione delle offerte presentate in occasione di una gara di appalto è sufficiente l'attribuzione di un punteggio numerico sulla base di criteri predeterminati e sufficientemente specifici, non sussistendo in capo alla Commissione giudicatrice l'obbligo di giustificare con espressa motivazione i punti attribuiti per differenziare le diverse proposte, dovendosi ritenere l'obbligo della motivazione soddisfatto dal solo voto numerico (conf. v. TAR Lombardia Milano, sez. III, 25.02.2008, n. 424).
3. Il principio della continuità e della concentrazione della gara, espressione della più generale regola della imparzialità e della par condicio fra i concorrenti, mira ad assicurare l'indipendenza di giudizio di chi presiede la gara ed a sottrarlo a possibili influenze esterne e la sua violazione può comportare l'invalidità della procedura soltanto nell'ipotesi in cui il lasso di tempo che intercorre tra una seduta e l'altra sia irragionevole e assolutamente non giustificabile (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 23.11.2010 n. 7320 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Interventi edilizi con finalità pubblica - Permesso di costruire - Esclusione - Obbligo di rispettare le regole e le procedure poste a tutela del territorio e dell'ambiente - Sussiste - Ente comunale - Valutazione e verifiche - Attribuzioni e potestà dell'ente - artt. 10, 14 e 20 D.P.R. n. 380/2001.
Per i beni e le opere caratterizzati da finalità pubblica è esclusa la necessità che gli interventi siano preceduti dal permesso di costruire (Cass. Penale, Sez. III, 09/05/2008, sent. n. 18900, Vinci e altri).
Tale conclusione non comporta affatto che al Comune sia sottratto l'esercizio delle prerogative che discendono dalla legge e venga meno l'obbligo di rispettare le regole e le procedure poste a tutela del territorio e dell'ambiente.
L'ente comunale, nell'approvare i progetti di intervento proposti dal concessionario dovrà, tra le altre valutazioni di utilità e di coerenza con gli interessi pubblici, effettuare una verifica del rispetto delle regole in vigore, comprese quelle fissate ai fini urbanistici e ambientali.
Spetterà, peraltro, al consiglio comunale e gli organismi preposti dell'ente adottare eventuali interventi correttivi e integrativi delle regole che si assuma necessario aggiornare o modificare nei limiti delle attribuzioni e delle potestà dell'ente (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 22.11.2010 n. 41033 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZI: R. Camporesi, Holding comunali, attività finanziaria e modelli di governance (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: S. Sileoni e L. Archimi, Le partecipazioni dei comuni nelle società che gestiscono i servizi pubblici locali aventi rilevanza economica. L'art. 14, c. 32, del d.l. 78/2010 ed il principio di specialità dell'art. 23-bis, c. 2, lett. b) e c. 3 del d.l. 112/2008 in subiecta materia (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: Progetto approvato in variante urbanistica - Modifiche di minima rilevanza - Art. 35 d.P.R. n. 554/1999.
Le modifiche di minima rilevanza per un tracciato stradale (nella specie, sostituzione di una rotatoria con un incrocio a T), che non incidono su alcuna area esterna rispetto a quella del progetto approvato in variante urbanistica, devono, ritenersi senz’altro ammissibili in sede di predisposizione ingegneristica del progetto esecutivo, in base all’art. 35 del d.P.R. 21.12.1999, n. 554 (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 05.09.2003, n. 4970) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 19.11.2010 n. 8113 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZI: Negli appalti di servizi di ingegneria e architettura la stazione appaltante non può richiedere che i singoli mandanti siano in possesso di una percentuale minima predeterminata di requisiti di qualificazione superiore a quella di volta in volta commisurata al segmento di attività di rispettiva competenza.
Da una lettura coordinata degli articoli 65, comma 4, del D.P.R. 554/1999 e 37, comma 13, del Codice dei Contratti, deve evincersi il principio per cui, nel caso di raggruppamenti temporanei tra progettisti finalizzati all’espletamento di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria anche integrata, la stazione appaltante può richiedere, in capo a ciascuno dei detti raggruppamenti, il concorso dei seguenti requisiti:
a) che il mandatario sia in possesso dei requisiti finanziari e tecnici in misura non superiore al 60%;
b) che la restante parte sia posseduta cumulativamente dalla parte mandante;
c) che i singoli mandanti siano in possesso di una quota di requisiti commisurata alla quota individuale di partecipazione al raggruppamento e alla corrispondente quota di esecuzione dei lavori o del servizio.
La stazione appaltante non può invece richiedere che i singoli mandanti siano in possesso di una percentuale minima predeterminata di requisiti di qualificazione superiore a quella di volta in volta commisurata al segmento di attività di rispettiva competenza (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 19.11.2010 n. 4155 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: Sulla legittimità del provvedimento di esclusione di un concorrente per anomalia dell'offerta presentata, nell'ipotesi in cui lo stesso si giustifichi in base ad una motivazione c.d. "per relationem".
Il giudizio di non anomalia, ovvero di congruità dell'offerta, non richiede, di regola, una motivazione puntuale ed analitica, poiché le giustificazioni presentate dall'offerente possono costituire, per relationem, la motivazione stessa del provvedimento.
E' fatto, invero, obbligo, in capo alla stazione appaltante, di motivare puntualmente il provvedimento conclusivo nell'ipotesi di giudizio di anomalia, che porti ad escludere l'impresa offerente che abbia formulato il migliore ribasso.
Considerato che, nel caso di specie, recante esclusione per ritenuta anomalia, il suddetto provvedimento risulta motivato per relationem, mediante richiamo ai verbali della commissione tecnica incaricata dello scrutinio dell'anomalia, che esplicitano compiutamente le ragioni del giudizio di incongruità dell'offerta; ed applicando i comuni principi vigenti in tema di motivazione dei provvedimenti per relationem, ai sensi del'art. 3, c. 2, della L. n. 241/1990, è da ritenere legittimo un provvedimento di esclusione di un'offerta dall'ulteriore corso di una pubblica gara in virtù della ritenuta anomalia, che sia motivato con riferimento a valutazioni e giudizi adeguatamente espressi in precedenti atti valutativi promananti da un organo tecnico della stazione appaltante, anche qualora si tratti di una apposita sottocommissione tecnica, nonché assunti in esito al contraddittorio effettuato con l'impresa stessa (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 19.11.2010 n. 4152 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Non può procedersi all'esclusione di un'impresa nel caso in cui questa abbia compilato l'offerta in conformità al fac-simile all’uopo approntato dalla stazione appaltante.
La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che, in applicazione dei principi di favor partecipationis, e di tutela dell'affidamento, non può procedersi all'esclusione di un'impresa nel caso in cui questa abbia compilato l'offerta in conformità al fac-simile all’uopo approntato dalla stazione appaltante (C.d.S. n. 7278, 10.11.2004) (TAR Lazio-Latina, sentenza 19.11.2010 n. 1902 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: Responsabilità della P.A.: paga i danni il Comune che omette di segnalare l'instabilità di un tombino.
In tema di responsabilità per danni da beni di proprietà della Pubblica Amministrazione, qualora non sia applicabile la disciplina di cui all'art. 2051 c.c., in quanto sia accertata in concreto l'impossibilità dell'effettiva custodia del bene, a causa della notevole estensione dello stesso e delle modalità di uso da parte di terzi, l'ente pubblico risponde dei pregiudizi subiti dall'utente secondo la regola generale dell'art. 2043 c.c., la quale non limita la responsabilità della P.A. per comportamento colposo alle sole ipotesi di esistenza di un'insidia o di un trabocchetto.
Conseguentemente, secondo i principi che governano l'illecito aquiliano, graverà sul danneggiato l'onere della prova dell'anomalia del bene, che va considerata fatto di per sé idoneo -in linea di principio- a configurare il comportamento colposo della P.A., mentre spetterà a quest'ultima dimostrare i fatti impeditivi della propria responsabilità, quali la possibilità in cui l'utente si sia trovato di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la suddetta anomalia o l'impossibilità di rimuovere, adottando tutte le misure idonee, la situazione di pericolo (Corte di Cassazione, Sez. III civile, sentenza 18.11.2010 n. 23277 - link a www.eius.it).

APPALTI: G.U. 18.11.2010 n. 270 "Indicazione delle attività che sono escluse dall’applicazione del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici) a norma dell’articolo 219 dello stesso decreto legislativo" (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per il Coordinamento delle Politiche Comunitarie, D.M. 05.08.2010).

APPALTI SERVIZIIl divieto posto dal Decreto Bersani non opera nel caso di società a partecipazione pubblica che producono beni o servizi per il pubblico (consumatori o utenti), in regime di concorrenza.
L’interessante sentenza tratta dell’applicazione di una delle tante norme che disciplinano le partecipazioni societarie delle pubbliche amministrazioni.
In questa nota si è ritenuto di dover riportare integralmente i passaggi più rilevanti in ragione della particolare chiarezza del testo della sentenza: “Ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 13 del D.L. 04.07.2006 n. 223, convertito in legge 04.08.2006, n. 248 e s.m.i., le società a capitale interamente pubblico o misto –costituite dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento di funzioni amministrative di loro competenza– devono operare esclusivamente con gli enti costituenti ed affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti.
L’art. 13 del d.l. 04.07.2006, n. 223, nell’imporre tali limiti alle società a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali o locali, come affermato anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 326 dell'01.08.2008, ha il fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori ed ha quindi lo scopo di impedire che soggetti intrinsecamente connessi all’espletamento di funzioni della Pubblica Amministrazione possano, in forza della propria rendita di posizione, agire sul libero mercato (Consiglio di Stato, Sez. IV, 05.03.2008, n. 946; Sez. V, 07.07.2009 n. 4346).
Il divieto introdotto dall’art. 13 non è rivolto in via generale a tutte le società costituite o comunque partecipate da amministrazioni locali (come si era in un primo momento da alcuni ritenuto: cfr. anche il parere dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture n. 135 del 2007), ma riguarda solo quelle società che possono definirsi “strumentali”, vale a dire quelle società costituite o partecipate per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività dell’amministrazione regionale o locale in funzione della medesima e con esclusione dei servizi pubblici locali (Consiglio di Stato, Sez. V, 12.06.2009 n. 3767).
La giurisprudenza ha quindi distinto due diverse categorie di società a partecipazione pubblica ed ha ritenuto necessario ed indefettibile per l’applicazione della norma contenuta nel decreto Bersani che la società sia strumentale perché destinata a produrre beni e servizi finalizzati a soddisfare l’esigenza dell’ente pubblico partecipante, mentre la disposizione non può trovare applicazione quando le società a partecipazione pubblica sono esercitate secondo modelli paritetici e il ruolo degli enti territoriali non si differenzia da quello dell’azionista di una società per azioni (Consiglio di Stato, Sez. IV, 05.03.2008, n. 946 cit.).
Infatti il divieto che colpisce le società strumentali è giustificato dalla circostanza che esse costituiscono una longa manus delle amministrazioni pubbliche ed operano quindi essenzialmente per queste ultime e non già per il pubblico (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1282 del 05.03.2010; Sez. V, n. 3766 del 12.06.2009). In altre parole il divieto trova applicazione quando le società sono state costituite e svolgono la loro attività per l’esercizio dell’attività amministrativa in forma privatistica e le società di capitali operano per conto di una pubblica amministrazione; il divieto non opera invece nel caso di società a partecipazione pubblica che producono beni o servizi per il pubblico (consumatori o utenti), in regime di concorrenza.
Di recente questa Sezione, con la citata sentenza n. 1282 del 05.03.2010, dopo aver ricordato che il divieto di partecipazione a gare pubbliche previsto dall’art. 13 del D.L. 04.07.2006, n. 223, convertito dalla L. 04.08.2006, n. 248 e s.m.i. per le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzioni di beni e servizi strumentali alla loro attività, ha lo scopo (rilevato anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza 01.08.2008, n. 326) di evitare che soggetti dotati di privilegi operino in mercati concorrenziali, costituendo fattori distorsivi della concorrenza, ha in proposito affermato che è <>, concludendo che <>.
Per concludere sul punto si può quindi affermare che è solo la specifica missione strumentale della società rispetto all’ente che l’ha costituita ovvero la partecipa a giustificare il divieto legislativo di operare per altri soggetti pubblici o privati, in modo che tale società non possa godere della posizione privilegiata sul mercato che è determinata proprio dalla predetta strumentalità ritenuta dal legislatore fonte di alterazione o di distorsione della concorrenza e di violazione del principio di parità degli operatori.
La specialità della norma in questione poi non ne consente, per giurisprudenza pacifica, l’interpretazione analogica e l’applicazione a casi diversi da quelli espressamente previsti (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1282 del 05.03.2010 cit.)
” (massima tratta da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.11.2010 n. 8069 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIL’art. 36, comma 5, del codice dei contratti pubblici non è applicabile alla materia dell’avvalimento.
Estrapoliamo dalla pronuncia in rassegna una rilevante problematica interpretativa: si pone la questione della applicabilità dell’art. 36, comma 5, del codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12.04.2006, n. 163), alla materia dell’avvalimento.
Nell’impianto del codice dei contratti pubblici, secondo i giudici del Consiglio di Stato, una soluzione del quesito in senso positivo non sembra ammissibile sia per ragioni testuali, ove si tenga conto che l’art. 36, comma 5, ha come destinatari esclusivi i soggetti che formulano l’offerta; sia per ragioni sistematiche, in quanto, quando il legislatore ha voluto equiparare la disciplina delle imprese offerenti e delle imprese ausiliarie, ha provveduto espressamente (come nel caso, di cui si dirà più avanti, della dichiarazione dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38, che l’art. 49, comma 2, lettera c), del codice dei contratti pubblici, estende alle imprese ausiliarie).
Ad avviso dei giudici di Palazzo Spada una diversa soluzione non potrebbe argomentarsi nemmeno sul presupposto della responsabilità in solido della impresa ausiliaria (di cui all’art. 49, comma 4, e all’art. 50, comma 3, del codice dei contratti pubblici).
L’obbligazione solidale comporta indubbiamente la facoltà dell’amministrazione appaltante di pretendere l’adempimento delle prestazioni contrattuali da parte dell’impresa ausiliaria, ma questo non dimostra che l’impresa ausiliaria debba essere assoggettata ai medesimi oneri procedimentali cui sono sottoposte le imprese partecipanti alla gara (a meno che in tal senso non disponga espressamente la legge, come visto).
In tal caso, allorché l’amministrazione intendesse rivolgersi all’impresa ausiliaria per l’adempimento delle prestazioni contrattuali, e si tratti della esecuzione di lavori, dovrà previamente verificare il possesso in capo all’impresa ausiliaria della qualificazione necessaria (posto che, indiscutibilmente, l’art. 40 impone che “i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici devono essere qualificati …”).
L’applicabilità dell’art. 36, comma 5, concludono gli stessi giudici, deve essere esclusa anche alla luce della ratio sottesa alla prescrizione, imposta ai consorzi stabili, di indicare espressamente, in sede di offerta, le imprese consorziate per i quali concorrono, e al “divieto di partecipare, in qualsiasi altra forma, alla medesima gara” per i consorziati indicati. Ratio da identificare nella tutela della trasparenza della gara, evitando la presentazione di offerte coordinate tra i diversi concorrenti, il che influirebbe sulla scelta del contraente da parte della stazione appaltante.
Tuttavia, l’art. 49, comma 2, lettera e), già prevede l’obbligo di rendere “una dichiarazione sottoscritta dall'impresa ausiliaria con cui questa attesta che non partecipa alla gara in proprio o associata o consorziata ai sensi dell’art. 34”.
Lo scopo di impedire la contemporanea partecipazione alla gara del consorzio stabile, in proprio, e delle singole imprese consorziate, è raggiunto dal legislatore, anche in questa particolare ipotesi, attraverso una norma espressa (confermando l’esistenza di un principio di tendenziale distinzione tra la disciplina dettata per le imprese offerenti e quella dedicata alle imprese ausiliarie in regime di avvalimento, per cui l’ambito di applicazione della prima non può essere automaticamente esteso alla seconde) (massima tratta da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.11.2010 n. 8059 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla possibilità, ai sensi dell'art. 46 del d.lgs. n. 163/2006, di regolarizzare una dichiarazione non pienamente conforme a quella richiesta dal bando di gara.
Sulla mancata soggezione, al giudizio di verifica di anomalia di un'offerta, in materia di affidamento del servizio farmaceutico e sul potere di una stazione appaltante di definire i criteri relativi alla valutazione delle offerte.

E' legittimo l'affidamento del servizio di gestione di una farmacia ad un concorrente che abbia presentato un'offerta priva della dichiarazione, richiesta a pena di esclusione dal bando di gara, avente ad oggetto l'impegno alla prestazione della garanzia definitiva, in caso di aggiudicazione del contratto, in quanto, nel caso di specie, l'affidatario ha dichiarato di "essere in possesso di una solidità economica e finanziaria che sarà successivamente dimostrata e garantita mediante dichiarazioni bancarie"; infatti, sussiste la possibilità, ove la commissione nutra dubbi circa il carattere impegnativo della dichiarazione ovvero la sua piena conformità alla legge di gara, di richiedere una regolarizzazione, in virtù dell'art. 46 del d.lgs. n. 163/2006, senza che ciò integri violazione della parità di trattamento, dato che la dichiarazione, ancorché non identica a quella del bando, è stata comunque presentata.
In materia di procedure per l'affidamento del servizio farmaceutico, la mancata soggezione della relativa offerta al giudizio di verifica dell'anomalia non integra violazione degli artt. 86, 87 e 88 del d.lgs. n. 163/2006; la gara in contestazione, infatti, non è diretta a consentire all'amministrazione di acquisire un servizio, con conseguente obbligo a suo carico di pagare, per esso, un corrispettivo all'aggiudicatario; trattasi, invero, di una concessione di pubblico servizio in cui, a fronte dell'attribuzione, al concessionario, del diritto di gestire autonomamente e a proprio rischio il servizio, erogato al pubblico, appropriandosi dei risultati di tale gestione, egli si assume l'obbligo di corrispondere all'amministrazione un canone.
Il fatto che la disciplina che impone alla stazione appaltante di procedere obbligatoriamente alla verifica dell'anomalia non sia direttamente applicabile alla procedura in oggetto, non implica che alla stessa non siano applicabili i principi generali in materia di gare, in particolare quello che obbliga la commissione a verificare che l'offerta sia seria e remunerativa. Tuttavia, nel caso di specie, non sussiste alcun elemento tale da far ritenere l'offerta non idonea a garantire una gestione in utile della farmacia e per la quale, pertanto, la commissione avrebbe dovuto pretendere una giustificazione.
L'operato di una stazione appaltante che abbia definito, in via discrezionale, i criteri di valutazione relativi alle offerte presentate dai concorrenti, non integra alcuna violazione dell'art. 83 del d.lgs. n 163/2006, in quanto, benché il testo attualmente vigente della predetta disposizione abbia soppresso siffatto potere, tuttavia la regola in essa contenuta non vale come principio generale in materia di affidamento del servizio farmaceutico, come si può desumere dalla circostanza che, sino alle modifiche da ultimo introdotte, l'art. 83 riconosceva alla commissione giudicatrice il potere di stabilire criteri di valutazione e la giurisprudenza aveva sino ad allora sempre ritenuto che ciò fosse possibile e persino auspicabile nell'ottica di una limitazione, sulla base di parametri predefiniti, della soggettività dei giudizi delle commissioni (TAR Lazio-Latina, sentenza 16.11.2010 n. 1890 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: E' legittimo il provvedimento di decadenza dell'attestazione S.O.A. rilasciata sulla base di falsa documentazione, nonostante la falsità non sia imputabile all'impresa che l'ha conseguita.
Nell'ipotesi di un'attestazione S.O.A. rilasciata sulla base di falsa documentazione, sussiste la responsabilità dell'impresa che, al fine di ottenere la suddetta certificazione, abbia delegato l'intera attività procedurale ad un professionista esterno, in quanto ciò che rileva in vista dell'annullamento dell'attestazione in siffatte ipotesi, è la circostanza oggettiva della falsità dei documenti sulla base dei quali essa è stata conseguita, a prescindere da qualsivoglia ricerca sulla imputabilità soggettiva del falso.
In altre parole, rileva la nozione oggettiva di imputabilità, per la quale la colpa deve consistere nell'inosservanza della normale diligenza, intesa come sforzo volitivo e tecnico da parametrare ad obiettivi canoni sociali e professionali di condotta; la circostanza di aver fatto ricorso ad un professionista esterno per la cura del rilascio di un'attestazione non può rappresentare, per la società richiedente, un motivo di esonero da un eventuale controllo in ordine alle modalità con cui il terzo esegue la suddetta attività, e ciò in virtù della facoltà di controllo prevista dall'art. 2224 c.c. in materia di contratto d'opera, applicabile alla prestazione di opera intellettuale in forza del rinvio di cui all'art. 2230 c.c..
Pertanto, nel caso di specie, è legittimo il provvedimento di decadenza dell'attestazione, nonostante la falsità non sia imputabile all'impresa che l'ha conseguita (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 15.11.2010 n. 8054 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Contratti pubblici: l'impresa cessionaria di ramo d'azienda non è tenuta a rendere le dichiarazioni ex art. 38 d.lgs. 163/2006 anche con riferimento all'impresa cedente.
L'art. 38 del d.lgs. 163/2006 richiede il possesso e la dimostrazione dei requisiti generali di partecipazione solamente in capo all'impresa concorrente, mentre non contempla alcuna norma, con effetto preclusivo, la quale preveda, per il caso di cessione d'azienda antecedente alla partecipazione alla gara, un obbligo specifico di dichiarazione in ordine ai requisiti soggettivi dell'impresa cedente.
Ne discende che -in assenza di tale norma e poiché la cessione d'azienda comporta non una successione a titolo universale del cessionario al cedente, bensì una successione nelle posizioni attive e passive relative all'azienda tra soggetti che conservano distinta personalità giuridica- non può essere esclusa dalla gara l'impresa cessionaria del ramo d'azienda che non abbia presentato le relative dichiarazioni in ordine alla posizione della cedente (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.11.2010 n. 8044 - link a www.eius.it).

APPALTIContratti della p.a. - Appalto - Gara - Perdita del rapporto di fiducia - Esclusione - In caso di indizione di una nuova gara - Legittima.
In forza del principio ricavabile dall'art. 38, comma 1, lett. f), D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 la stazione appaltante, in caso di indizione di nuova gara, ha la facoltà di non invitare il soggetto che in precedenza abbia svolto un servizio, qualora ritenga compromesso il rapporto fiduciario tra le parti (conf. v. Cons. Stato, Sez. V, 29.12.2009, n. 8913) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 12.11.2010 n. 7248 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Contratti della p.a. - Appalto - Gara - Verifica di anomalia dell'offerta - Modalità - Obbligo di verificare l'inesattezza delle singole voci - Non sussiste - Valutazione complessiva dell'offerta - Legittima.
2. Contratti della p.a. - Appalto - Gara - Offerte - Art. 88, comma 7, D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 - Verifica di anomalia - Finalità - Massima collaborazione - Modificabilità delle giustificazioni - È ammessa - Limiti - Affidabilità complessiva dell'offerta.

1. Il giudizio di anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica mirando, invece, ad accertare se l'offerta, nel suo complesso, sia attendibile o inattendibile e, dunque, se dia o meno serio affidamento circa la corretta esecuzione dell'appalto (conf. v. Cons. Stato, sez. VI, 21.05.2009, n. 3146).
2. In base al tenore letterale dell'art. 88, comma 7, D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, che esprime la finalità della verifica di anomalia, possono trarsi i seguenti princìpi: il procedimento di verifica è avulso da ogni formalismo inutile ed è invece improntato alla massima collaborazione tra stazione appaltante e offerente; il contraddittorio deve essere effettivo; non vi sono preclusioni alla presentazione di giustificazioni, ancorate al momento della scadenza del termine di presentazione delle offerte; mentre l'offerta è immodificabile, modificabili sono le giustificazioni e sono ammesse giustificazioni sopravvenute e compensazioni tra sottostime e sovrastime, purché l'offerta risulti nel suo complesso affidabile al momento dell'aggiudicazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 12.11.2010 n. 7246 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: L. Manassero, Soggetti legittimati alla partecipazione alle gare per il servizio di distribuzione del gas nel periodo transitorio e...oltre? (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: G.U. 12.11.2010 n. 265 "Misure urgenti in materia di sicurezza" (D.L. 12.11.2010 n. 187).
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Dispone modifiche alla L. 13.08.2010 n. 136 in materia di tracciabilità dei flussi finanziari.

APPALTI: Sull'inapplicabilità della disciplina di cui al d.p.c.m. n. 117/1999, richiamata dall'art. 83, c. 5, del d.lgs. n. 163/2006, alla gara avente ad oggetto l'affidamento di servizi di raccolta e trasporto rifiuti da raccolta differenziata sul territorio .
Nelle gare governate dal criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, i metodi di attribuzione del punteggio possono essere i più disparati.

Alla gara avente ad oggetto "affidamento di servizi di raccolta e trasporto rifiuti da raccolta differenziata sul territorio della Provincia" non è direttamente applicabile la disciplina di cui al d.p.c.m. n. 117 del 1999, richiamata dall'art. 83, quinto comma, del d.lgs. n. 163 del 2006, in quanto il decreto è riferibile ai soli appalti di pulizia degli edifici ed il richiamo operato dal Codice dei contratti pubblici è finalizzato esclusivamente a fornire un indirizzo operativo in sede di disciplina dell'emanando regolamento, non già a generalizzarne l'ambito di efficacia.
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Nelle gare governate dal criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa -in mancanza di parametri rigidi ed ineludibili- i metodi di attribuzione del punteggio possono essere i più disparati -da quelli proporzionali a quelli progressivi, secondo differenti curve di progressività- e sono suscettibili -de plano- a condurre a risultati affatto diversi tra di loro: sempreché -come accaduto nella specie- venga assicurato, in relazione al tipo di gara, un equilibrato rapporto tra offerta economica ed offerta tecnica, evitando, in particolare, di assegnare un peso determinante a quest'ultima, mediante una compressione assolutamente sproporzionata ed illogica del punteggio per il ribasso percentuale (TAR Friuli Venezia Giulia, sentenza 11.11.2010 n. 751 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Diritto di accesso alla documentazione posta a corredo dell’offerta presentata in una gara pubblica nel caso in cui la ditta accedente abbia fatto senza successo ricorso giurisdizionale avverso la propria esclusione dalla gara medesima.
E’ legittimo il rigetto di una istanza ostensiva avanzata da una ditta concorrente ad una gara, tendente ad ottenere copia della documentazione posta a corredo dell’offerta tecnico-progettuale ed economico-finanziaria presentata da un altro concorrente, ove la ditta accedente abbia coltivato, senza successo, il ricorso giurisdizionale avverso la propria esclusione dalla stessa gara; infatti, l’esaurimento dei mezzi di tutela giurisdizionale a disposizione del concorrente escluso da una procedura di evidenza pubblica, priva detto concorrente di quel nesso diretto che lega l’interesse all’accesso ai documenti amministrativi alla situazione giuridicamente rilevante sottostante all’interesse all'accesso medesimo (Cfr. TAR Liguria, Sez. II, 04.02.2004, n. 122.
Ha osservato, in particolare, il TAR Liguria con la sentenza in rassegna, che l’esclusione dalla gara ormai definitiva aveva privato quindi la ricorrente di quella posizione differenziata e qualificata che sola avrebbe potuto fondare il diritto all’accesso ai documenti di gara: infatti la Società che aveva chiesto il rilascio degli atti non poteva ormai vantare la possibilità di ricorrere avverso la mancata esclusione di altro concorrente dalla procedura, in particolare di altra ditta, unico concorrente rimasto, poiché del tutto priva di titoli per avanzare in giudizio simili pretese) (massima tratta da www.regione.piemonte.it - TAR Liguria, Sez. II, sentenza 10.11.2010 n. 10262 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIAi fini della costituzione del raggruppamento l’impegno a conferire il mandato collettivo speciale con rappresentanza è componente indefettibile dell’offerta.
Nella pronuncia in commento due imprese S.r.l. avevano chiesto di partecipare alla gara “come A.T.l. di tipo verticale” da costituirsi in caso di aggiudicazione. In sede di prequalifica, le due ditte ricorrenti hanno chiarito che avrebbero partecipato in A.T.I. verticale, l’una, come “capogruppo mandataria” e l’altra, come “mandante”.
Nella documentazione prodotta in sede di partecipazione alla gara la prima ditta non ha tuttavia prodotto l’impegno a conferire il mandato irrevocabile alla seconda ai fini della costituzione del raggruppamento, pertanto i giudici del Consiglio di Stato hanno ribadito il provvedimento di esclusione adottato dalla stazione appaltante. L’art. 37, comma 8, del D.Lgs. n. 163 del 2006, infatti, impone ai soggetti di cui all’art. 34, comma 1, lett. d) ed e), l’impegno, in sede di offerta, a rilasciare un mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una componente del raggruppamento per il caso di aggiudicazione.
La formulazione di tale impegno è una componente indefettibile dell’offerta richiesta da una norma primaria puntuale che non necessita della mediazione data dalla lex specialis.
I giudici d’appello ricordano che l’impegno a conferire il mandato collettivo speciale con rappresentanza e, quindi, a costituire il raggruppamento, ha natura negoziale, ed è elemento essenziale della «espressione della volontà contrattuale» del concorrente in sede di gara. Segnatamente, continuano gli stessi giudici, se la sottoscrizione congiunta dell'offerta risponde all'esigenza di assicurare la contitolarità del rapporto contrattuale tra le imprese concorrenti, l'esigenza che, nell'ipotesi di imprese associate, queste si presentino unitariamente nei confronti della controparte pubblica, resterebbe insoddisfatta in difetto dell'impegno, da assumere contestualmente all'offerta, a rilasciare un mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una di esse per il caso di aggiudicazione (così Consiglio Stato, sez. V, 19.06.2003, n. 3657).
In definitiva, detto impegno mira a garantire alla stazione appaltante la serietà della partecipazione alla procedura di raggruppamenti formalmente non ancora costituiti, in guisa da garantire la stazione appaltante in ordine all’effettiva costituzione del soggetto collettivo chiamato alla stipulazione del contratto a seguito dell’aggiudicazione.
Il soddifacimento di tale interesse richiede, in definitiva, l’assunzione di un impegno formale giuridicamente vincolante nei termini richiesti dalla normativa primaria –ossia un contratto preliminare di mandato condizionato all’aggiudicazione- come tale non sostituibile con dichiarazioni di altro tenore che consentano di desumere aliunde l’intenzione di costituire il raggruppamento temporaneo senza avere eguale portata giuridicamente impegnativa.
Va soggiunto, concludono i giudici di Palazzo Spada, che, nella vicenda in rassegna, detto impegno non è stato prodotto neanche in sede di prequalifica, pertanto, vertendosi in tema di deficienza sostanziale di un documento teleologicamente essenziale e non di mera irregolarità della documentazione, non sussistono, alla luce del principio della par condicio. i presupposti per la regolarizzazione della documentazione mediante il cd. dovere di soccorso amministrativo (massima tratta da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.11.2010 n. 7996 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di una costituenda A.T.I. verticale che abbia omesso di produrre l'impegno a rilasciare un mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una componente del raggruppamento per il caso di aggiudicazione.
L'art. 37, c. 8, del D.Lgs. n. 163 del 2006, impone ai soggetti di cui all'art. 34, c. 1, lett. d) ed e), l'impegno, in sede di offerta, a rilasciare un mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una componente del raggruppamento per il caso di aggiudicazione.
La formulazione di tale impegno è una componente indefettibile dell'offerta richiesta da una norma primaria puntuale che non necessita della mediazione data dalla lex specialis; inoltre, l'impegno a conferire il mandato collettivo speciale con rappresentanza e, quindi, a costituire il raggruppamento, ha natura negoziale, ed è elemento essenziale della "espressione della volontà contrattuale" del concorrente in sede di gara.
Detto impegno mira a garantire alla stazione appaltante la serietà della partecipazione alla procedura di raggruppamenti formalmente non ancora costituiti, in guisa da garantire la stazione appaltante in ordine all'effettiva costituzione del soggetto collettivo chiamato alla stipulazione del contratto a seguito dell'aggiudicazione.
Pertanto, nel caso di specie, è legittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nei confronti di una costituenda A.T.I. "verticale", la cui impresa mandante, in sede di prequalifica, abbia omesso di produrre l'impegno a rilasciare un mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una componente del raggruppamento, in vista di una eventuale, futura aggiudicazione.
Va aggiunto che il suddetto impegno non è stato prodotto neanche in sede di prequalifica e che, vertendosi in tema di deficienza sostanziale di un documento teleologicamente essenziale e non di mera irregolarità della documentazione, non sussistono, alla luce del principio della par condicio, i presupposti per la regolarizzazione della documentazione mediante il cd. dovere di soccorso amministrativo (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.11.2010 n. 7996 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Codice del processo amministrativo: annullamento del contratto d'appalto per gravi violazioni.
Il TAR Toscana, Sez. I, con sentenza 10.11.2010 n. 6570 ha -tra le altre cose- dichiarato inefficace con effetto retroattivo un contratto stipulato per la fornitura di servizi editoriali e di prodotti per la comunicazione istituzionale, facendo applicazione dell'articolo 121 del Codice del processo amministrativo (Inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni).
Nella fattispecie il contratto di cottimo fiduciario era stato stipulato a distanza di nove giorni dal provvedimento di aggiudicazione, con violazione del termine dilatorio (di 35 giorni) stabilito dall’art. 11, comma 10, del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163 (Codice dei contratti). Il che a dire, come evidenzia il TAR, che se nell'articolo 122 la decisione circa l'inefficacia del contratto é rimessa alla valutazione discrezionale del Collegio, qualora ci si imbatta in una delle fattispecie elencate del'articolo 121 l'esito è obbligato.
Nessuna nuova, dunque, dalla decisione, che merita invece di essere segnalata per l'applicazione anche alle procedure di affidamento mediante cottimo fiduciario delle disposizioni di cui al citato art. 11, comma 10, del codice dei contratti, che a sua volta richiama l’art. 79 del codice dei contratti pubblici, riguardante gli obblighi informativi che gravano sulle stazioni appaltanti in ordine all'esito dei procedimenti di aggiudicazione degli appalti.
Dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 53/2010 -afferma il TAR- l'obbligo di comunicazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva ex art. 79, comma 5, lett. a), e la clausola standstill cui al citato (e novellato) art. 11, comma 10, sono divenuti funzionali a garantire la tempestività e dunque l'efficacia dell'esercizio del diritto di agire in giudizio da parte dei concorrenti che si ritengano ingiustamente pregiudicati dall'esito della gara; e poiché tale obiettivo è privilegiato dall'ordinamento nazionale ed europeo rispetto alla celerità nella conclusione del contratto, appare logico ritenere che tanto i menzionati obblighi informativi ex art. 79 quanto la clausola standstill ex art. 11, comma 10, sono applicabili anche al cottimo fiduciario, perché finalizzati ad assicurare l’effettività di un principio fondamentale e generale nel settore dei contratti pubblici, che oltretutto non attiene specificamente alle modalità di svolgimento della procedura di affidamento, a cui fa riferimento il comma 11 dell’art. 125.
Nel caso di specie la clausola in questione è rimasta inosservata e ciò ha privato il ricorrente della possibilità di proporre ricorso a questo TAR prima della stipulazione del contratto.
Risulta quindi concretata la fattispecie di cui all’art. 121, comma 1, lett. c), del codice del processo amministrativo, così che il TAR -dopo aver annullato l'aggiudicazione definitiva impugnata- si è visto tenuto a dichiarare l'inefficacia del contratto in questione non ravvisandosi (e non essendo neppure state prospettate) esigenze di segno contrario, ai sensi del comma 2 del citato art. 121 (e risultando irrilevante il richiamo contenuto nella memoria conclusiva della controinteressata, a pretese ragioni di urgenza, genericamente affermate, che giustificherebbero l'inosservanza della clausola standstill) (commento tratto e link a http://studiospallino.blogspot.com - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Artt. 121 e 122 codice del processo amministrativo - Annullamento dell’aggiudicazione - Dichiarazione di inefficacia del contratto - “Casi di gravi violazioni” - “Altri casi”.
Gli artt. 121 e 122 del codice del processo amministrativo attribuiscono al giudice che annulla l'aggiudicazione il potere di dichiarare l'inefficacia del contratto e distinguono i "casi di gravi violazioni" (in cui la conseguenza dell'inefficacia costituisce la regola, salvo eccezioni) dagli "altri casi" (in cui la decisione circa l'inefficacia è rimessa alla valutazione del giudice stesso).
Obblighi informativi ex art. 79 codice dei contratti pubblici - Clausola standstill ex art. 10, c. 11 - Applicabilità al cottimo fiduciario - Fondamento - Fattispecie - Stipulazione del contratto - Mancata osservanza del termine dilatorio di trentacinque giorni dall’aggiudicazione.
Tanto gli obblighi informativi che gravano sulle stazioni appaltanti in ordine all'esito dei procedimenti di aggiudicazione degli appalti ex art. 79 del codice dei contratti pubblici, quanto la clausola standstill ex art. 11, comma 10, sono applicabili anche al cottimo fiduciario, perché finalizzati ad assicurare l’effettività di un principio fondamentale e generale nel settore dei contratti pubblici (nel caso di specie, il termine dilatorio di trentacinque giorni di cui al citato art. 11, c. 10, è rimasto inosservato, avendo l’amministrazione stipulato il contratto a distanza di nove giorni dall’aggiudicazione, con ciò integrando un caso di grave violazione ex art. 121, c. 1, lett. c), del codice del processo amministrativo) (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 10.11.2010 n. 6570 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione dalla gara di un concorrente che abbia omesso di rendere la dichiarazione relativa alla sussistenza di una pronuncia ex art. 444 c.p.p.
Sul potere della stazione appaltante di richiedere ai concorrenti, ai fini della partecipazione ad una gara, dichiarazioni ulteriori e più restrittive rispetto a quelle previste dall'art. 38 del d.lgs. n. 163/2006.

E' legittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un concorrente che abbia omesso la dichiarazione relativa ad una sentenza penale di condanna pronunciata, ai sensi dell'art. 444 c.p.p., a carico di un amministratore non più socio dell'impresa, e ciò in violazione di quanto prescritto dalla lex specialis di gara, in quanto detta mancanza integra una dichiarazione mendace. Inoltre, l'eventuale decorso del termine, prescritto dall'art. 445 comma 2 c.p.p ai fini dell'estinzione del reato, non opera automaticamente, ma necessita di una pronuncia del giudice dell'esecuzione che accerti concretamente la sussistenza dei presupposti, cui la norma subordina l'effetto estintivo.
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La stazione appaltante ha il potere di richiedere ai concorrenti, ai fini della partecipazione ad una gara pubblica, dichiarazioni più specifiche e maggiormente restrittive rispetto a quelle prescritte dall'art. 38 del d.lgs. n. 163/2006; essa, infatti, può imporre il rilascio di una dichiarazione relativa a tutte le condanne penali, anche a quelle per le quali le imprese partecipanti abbiano usufruito del beneficio della non menzione.
L'incompletezza di tali dichiarazioni integra la violazione, da un lato, di una prescrizione imposta dalla disciplina di gara, dall'altro del più generale obbligo di rendere autodichiarazioni veritiere, il che legittima, di conseguenza, un provvedimento di esclusione dalla gara.
Peraltro, spetta all'Amministrazione appaltante, e non già al concorrente, valutare la gravità del reato e la sua incidenza sul requisito della moralità professionale (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 10.11.2010 n. 6569 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Estinzione del reato - Art. 445, c. 2 cpp - Effetto estintivo automatico - Esclusione - Omessa dichiarazione circa l’esistenza di una sentenza di condanna ex art. 444 c.p.p. - <revoca dell’aggiudicazione provvisoria - Legittimità.
L'estinzione ex art. 445, comma 2, c.p.p. non opera automaticamente, ma necessita di una pronuncia del giudice dell'esecuzione che deve accertare la sussistenza dei presupposti a cui la norma subordina l'effetto estintivo (in tal senso Cass. Penale, Sez. I, 24.11.2009 n. 49987; conforme è anche l'orientamento del Giudice amministrativo: cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 24.06.2010 n. 4019; TAR Liguria, Sez. II, 18.02.2009 n. 233; TAR Piemonte, Sez. I, 10.10.2008 n. 2568).
E’ pertanto legittimo il provvedimento di decadenza dell’aggiudicazione provvisoria, ove la stazione appaltante abbia accertato l’esistenza di una sentenza ex art. 444 c.p.p. passata in giudicato e non dichiarata.
Condanne - Art. 38 del codice dei contratti pubblici - Stazione appaltante - Richiesta di dichiarazioni più specifiche e dettagliate - Legittimità.
La stazione appaltante può richiedere, in ordine ai profili di cui all’art. 38 del Codice dei contratti pubblici, dichiarazioni più specifiche e dettagliate di quelle prescritte dalla norma; in particolare, per quanto riguarda il comma 1, lett. c), può imporre di dichiarare tutte le condanne penali o equiparate (Consiglio di Stato, Sez. VI, 24.06.2010 n. 4019 e 04.08.2009 n. 4905).
L'incompletezza di tali dichiarazioni concreta la violazione, da un lato, di un obbligo prescritto dalla disciplina di gara, dall'altro del più generale obbligo di rendere autodichiarazioni veritiere (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 10.11.2010 n. 6569 - link a www.ambientediritto.it).

LAVORI PUBBLICI: Infrastrutture strategiche di interesse nazionale - Artt. 165 e 166 d.lgs. n. 163/2006 - Progetto preliminare - Coinvolgimento delle autonomie locali - Esplicitazione del consenso o del motivato dissenso - Principio di intangibilità - Localizzazione e caratteristiche essenziali delle opere.
In tema di infrastrutture strategiche di interesse nazionale, a mente degli artt. 165 e 166 del d.lgs. n. 163/2006, il coinvolgimento del sistema delle autonomie locali è assicurato attraverso la trasmissione del progetto preliminare alle Regioni o province autonome competenti per territorio, enti esponenziali delle comunità locali interessate dall’opera pubblica.
Detta partecipazione, oltreché tradursi nella espressione interlocutoria di “proprie valutazioni al Ministero”, in accoglimento delle quali può prodursi l’effetto di una rimodulazione del progetto - può culminare nella esplicitazione di un consenso ovvero nella formulazione di un motivato dissenso della Regione al progetto preliminare.
La formulazione del motivato dissenso da parte della Regione in ordine al progetto preliminare introduce un sub-procedimento variamente strutturato in rapporto alla tipologia di opera pubblica in discussione, atto a comporre il dissenso medesimo e a ricercare una soluzione condivisa sul piano tecnico. Invece, la manifestazione del consenso sul progetto preliminare ne determina l’intangibilità.
Il principio dell’intangibilità del progetto preliminare è peraltro circoscritto significativamente alla localizzazione e alle caratteristiche essenziali delle opere, posto che la Regione, non diversamente dalle altre amministrazioni interessate alla realizzazione dell’opera, ben può elaborare motivate proposte di adeguamento, richieste di prescrizioni per il progetto definitivo o varianti migliorative.
Infrastrutture strategiche di interesse nazionale - Artt. 161 e 162 d.lgs. n. 163/2006 - Approvazione del progetto - CIPE allargato - Manifestazione del dissenso con modalità atipiche - Effetti - Limiti.
Le disposizioni di cui agli artt. 161 e 162 del d.lgs. n. 163/2006 prevedono la approvazione dei progetti nella sede istituzionale del CIPE allargato, ossia di un comitato interministeriale che registra, al suo interno, la presenza dei vertici istituzionali degli enti locali interessati dalle infrastrutture strategiche in corso di approvazione. Anche il dissenso deve essere manifestato esclusivamente nella sede istituzionale appropriata, quale è quella del CIPE allargato.
La esternazione del dissenso con modalità atipiche e cioè distanti da quelle previste dal legislatore attraverso appositi schemi di manifestazione di volontà provvedimentale normativamente contemplati non può pertanto conseguire gli effetti divisati dall’ente dissenziente (TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 10.11.2010 n. 2634 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: L'omessa dichiarazione sul possesso dei requisiti ex art. 38 d.lgs. n.163/06 non può dar luogo ad esclusione dalla gara nel caso in cui il bando non preveda puntuali prescrizioni sulle modalità e sull'oggetto della dichiarazione.
Sulla discrezionalità della commissione di gara in sede di valutazione dell'offerta tecnica e di attribuzione dei punteggi.

Secondo un orientamento giurisprudenziale l'art. 38, c. 1, del d.lgs. n. 163/2006, ricollega l'esclusione dalla gara al dato sostanziale del mancato possesso dei requisiti indicati, mentre il c. 2 non prevede analoga sanzione per l'ipotesi della mancata o non perspicua dichiarazione. Da ciò discende che solo la sussistenza, in concreto, delle cause di esclusione previste dal citato art. 38 comporta, ope legis, l'automatico effetto espulsivo.
Quando, al contrario, il partecipante sia in possesso di tutti i requisiti richiesti e la lex specialis non preveda espressamente a pena di esclusione puntuali prescrizioni sulle modalità e sull'oggetto della dichiarazione, facendo generico richiamo all'assenza delle cause impeditive di cui all'art. 38, come nel caso di specie, in cui nessuna condanna è stata contestata ai quattro soggetti cessati, l'omissione non produce alcun pregiudizio agli interessi presidiati dalla norma, ricorrendo un'ipotesi di "falso innocuo", come tale insuscettibile, in carenza di una espressa previsione legislativa o della legge di gara, a fondare l'esclusione, le cui ipotesi sono tassative.
In senso conforme alla prospettata soluzione depone anche l'art. 45 della direttiva 2004/18/CE che ricollega l'esclusione alle sole ipotesi di grave colpevolezza di false dichiarazioni nel fornire informazioni, non rinvenibile nel caso in cui il concorrente non consegua alcun vantaggio in termini competitivi, essendo in possesso di tutti i requisiti previsti.
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In sede di valutazione dell'offerta tecnica e di attribuzione dei punteggi, la commissione di gara dispone di margini di discrezionalità, entro determinati limiti stabiliti dalla legge di gara, correlata all'apprezzamento degli aspetti tecnici e sottratta, pertanto, al sindacato del G.A. Ciò, però, a patto che non emergano violazioni dei parametri indicati nel bando, ovvero profili di illogicità della valutazione (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 09.11.2010 n. 7973 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: L’incameramento della cauzione provvisoria è sempre possibile non solo per la mancata stipula del contratto, ma anche per dichiarazioni comunque non veritiere.
Il TAR ha giustamente rammentato, sul piano generale, che l’incameramento della cauzione provvisoria è sempre possibile non solo per la mancata stipula del contratto, ma anche per dichiarazioni comunque non veritiere “poiché la cauzione provvisoria si profila come garanzia del rispetto dell’ampio patto d’integrità cui si vincola chi partecipa a gare pubbliche” (cfr. Cons. St., Sez. V, 06.04.2009, n. 2140; Sez. IV, 20.07.2007, n. 4098).
Il TAR, inoltre, altrettanto correttamente ha ritenuto legittima la segnalazione all'Autorità di Vigilanza, trattandosi, anche questo, di adempimento vincolato ai sensi dell’art. 48, 1° comma, D.Lgs. n. 163/2006, in conseguenza della omessa dimostrazione dei requisiti di partecipazione alla gara (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 09.11.2010 n. 7963 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: E' legittima la determinazione con la quale l'amministrazione non ha approvato l'aggiudicazione provvisoria dalla gara per l'affidamento del servizio di trasporto scolastico per le dichiarazioni non veritiere sulla disponibilità degli automezzi.
Sulla legittimità dell'incameramento della cauzione e della segnalazione all'Autorità di Vigilanza per le dichiarazioni non veritiere.

E' legittima la determinazione con la quale la stazione appaltante non ha approvato l'aggiudicazione nei confronti della società aggiudicataria provvisoria della gara per l'affidamento del servizio di trasporto scolastico, poiché alla data di scadenza del termine per la presentazione delle offerte, la stessa non disponeva, diversamente da quanto da essa dichiarato, degli automezzi necessari allo svolgimento del servizio oggetto della gara.
Nel diritto pubblico e, segnatamente, nella delicata materia delle gare d'appalto, rilevano eminentemente i rapporti giuridici definiti e tipici e non le situazioni di mero fatto, ancorché rivenienti da accordi fra privati i quali ben possono regolare i loro rapporti con modalità atipiche e flessibili, inibite invece alle pubbliche amministrazioni.
Pertanto, nel caso di specie, correttamente l'amministrazione, sul piano sostanziale, ha considerato non veritiere le dichiarazioni rese in sede di gara circa la disponibilità degli automezzi per l'assenza di un valido titolo giuridico essendo scaduto il contratto di leasing in capo alla sua dante causa (cessionaria del ramo d'azienda) e ciò era più che sufficiente per non approvare l'aggiudicazione.
Inoltre, è legittimo, nel caso di specie, l'incameramento della cauzione provvisoria, in quanto l'incameramento si applica anche per le dichiarazioni non veritiere, profilandosi come garanzia del rispetto dell'ampio patto d'integrità cui si vincola chi partecipa a gare pubbliche, e altrettanto legittima è la segnalazione all'Autorità di Vigilanza, trattandosi, anche questo, di adempimento vincolato ai sensi dell'art. 48, 1° c. del D.Lgs. n. 163/2006, in conseguenza della omessa dimostrazione dei requisiti di partecipazione alla gara (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 09.11.2010 n. 7963 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICIProject financing - Asta - Proroga del termine di presentazione delle offerte - Condizioni e presupposti - Comunicazione a tutte le imprese partecipanti - Necessità - Violazione del principio di par condicio - Non sussiste.
Nel caso in cui la stazione appaltante disponga la proroga del termine per la presentazione delle offerte, non risulta violato il principio di par condicio tra i concorrenti qualora la proroga medesima sia stata comunicata alle imprese invitate, dando a queste ultime la possibilità di migliorare l'offerta già presentata, essendo rimessa, in tal caso, alla stazione appaltante la valutazione motivata in merito all'opportunità della proroga medesima (Fattispecie relativa ad una procedura di project financing per affidamento in concessione della progettazione, ristrutturazione e successiva gestione funzionale ed economica di un fabbricato) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 09.11.2010 n. 7214 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla legittimità della proroga del termine relativo alla presentazione delle offerte, qualora lo stesso sia stato comunicato a tutti i concorrenti prima della scadenza del termine originario.
E' legittimo e, pertanto, non integra violazione della par condicio dei concorrenti, l'operato di una stazione appaltante che abbia concesso una proroga del termine relativo alla presentazione delle offerte, previa comunicazione della stessa ai concorrenti interessati, prima della scadenza del termine originario, in quanto secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, non risulta violato il suddetto principio, allorquando la proroga sia stata comunicata espressamente alle imprese invitate, consentendo loro, in tal modo, di migliorare l'offerta già presentata; in siffatta ipotesi, è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante la valutazione motivata della opportunità della proroga del termine; nel caso di specie, la stazione appaltante, avendo ricevuto numerose istanze di proroga motivate con la difficoltà della predisposizione del progetto ed avendo riscontrato il mancato arrivo di offerte per la gara, si è legittimamente determinata nel senso della proroga, e ciò a tutela dell'interesse pubblico ed in omaggio al principio della massima partecipazione alla procedura concorsuale (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 09.11.2010 n. 7214 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Termine per la presentazione delle offerte - Proroga - Violazione della par condicio - Esclusione - Comunicazione alle imprese invitate.
Non risulta violato il principio di "par condicio" tra i concorrenti quando la proroga del termine di presentazione delle offerte è stata comunicata alle imprese invitate, dando così ad esse la possibilità di migliorare eventualmente l'offerta già presentata, essendo rimessa, in tal caso, alla stazione appaltante la valutazione motivata della opportunità della proroga (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 09.11.2010 n. 7214 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTIContratti della p.a. - Controversie in tema di procedure ad evidenza pubblica - Prova di resistenza - Mancato superamento - Conseguenze - Inammissibilità del gravame - Per carenza di interesse - Sussiste.
È inammissibile per carenza di interesse il ricorso proposto avverso la procedura di selezione per la scelta di un contraente, qualora a priori risulti con certezza che il ricorrente, anche in caso di annullamento degli atti impugnati, non potrebbe risultare vincitore, stante la mancata dimostrazione del superamento della c.d. prova di resistenza (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 09.11.2010 n. 7211 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Taglio delle ali - Art. 86, c. 1, d.lgs. n. 163/2006 - Nozione - Finalità - Individuazione della soglia di anomalia - Esclusione automatica delle offerte marginali - Illegittimità.
Ai sensi dell’art. 86, comma 1, del d.lgs. n. 163 del 2006, il cd. “taglio delle ali”, vale a dire l’esclusione dal computo della media aritmetica del dieci per cento, arrotondato all’unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e di quelle di minor ribasso, incrementata dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la predetta media, è operazione virtuale, finalizzata unicamente all’individuazione della soglia di anomalia e non invece all’esclusione automatica delle offerte marginali (cfr. Tar Liguria Genova, II, 21.11.2006, n. 1554; Consiglio Stato, V, 30.08.2004, n. 5656) (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 09.11.2010 n. 2629 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: E' legittimo il provvedimento che ha disposto la decadenza di una società dall'aggiudicazione provvisoria del servizio di mensa scolastica per dichiarazioni non veritiere in ordine al possesso dei requisiti di cui all'art. 38, lett. g), d.lgs.163/2006.
E' legittimo il provvedimento con cui il responsabile dell'ufficio segreteria ha disposto la decadenza di una società dall'aggiudicazione provvisoria del servizio di mensa scolastica, adottato a seguito delle verifiche sulla veridicità della dichiarazione resa per l'ammissione alla gara, da cui è emerso, contrariamente a quanto dichiarato, che la medesima si trovava nella condizione di cui all'art. 38, lett. g), del d.lgs. n. 163/2006 (soggetti che hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti), così come attestato dall'Agenzia delle entrate che comunicava l'esistenza di una cartella esattoriale insoluta.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, non può ammettersi che, attraverso lo strumento dell'autocertificazione, si possa agevolmente eludere l'obbligo di rappresentare con fedeltà, diligenza e trasparenza la reale situazione in cui l'impresa versa ai fini della verifica in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione alla gara. Di conseguenza, la falsa dichiarazione resa in sede di autocertificazione costituisce, di per se, causa oggettiva di esclusione, a prescindere da ogni indagine sulla gravità della irregolarità sottaciuta, nonché sulla sussistenza dell'elemento psicologico del dolo o della colpa all'atto della dichiarazione.
Del resto la ratio dell'autocertificazione è proprio quella di semplificare i rapporti con l'amministrazione responsabilizzando però l'utenza, per cui, di fronte a una dichiarazione non veritiera (perché obiettivamente in contrasto con la realtà), l'amministrazione deve prenderne atto per i conseguenti provvedimenti amministrativi senza dover svolgere alcuna verifica di natura soggettiva (che rileva solo in campo penale per l'accertamento di eventuali reati di falso).
Peraltro, indipendentemente dai profili riguardanti la falsità della dichiarazione, l'impedimento di cui all'art. 38, lett. g), del D.Lgs. n. 163/2006 sussisteva sia alla data della domanda di partecipazione alla gara che alla data di aggiudicazione provvisoria, e ciò costituiva "ex se" motivo ostativo all'aggiudicazione definitiva (TAR Marche, sentenza 08.11.2010 n. 3382 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla natura del giudizio di verifica dell'anomalia delle offerte.
Nelle procedure indette per l'aggiudicazione di appalti pubblici, la verifica dell'anomalia dell'offerta è espressione di una potestà tecnico-discrezionale dell'autorità amministrativa, non sindacabile in sede di legittimità, a meno di essere viziata da profili di manifesta illogicità, insufficiente motivazione, ovvero errore di fatto.
Peraltro, il giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala ha natura globale e sintetica sulla serietà, o meno, dell'offerta nel suo complesso, e l'art. 88, c. 7, del d.lgs. n. 163/2006, nella parte in cui prevede che, all'esito del procedimento di verifica dell'anomalia, la stazione appaltante dichiara l'eventuale esclusione dell'offerta che risulta, "nel suo complesso", inaffidabile, va inteso nel senso che la valutazione dell'Amministrazione deve verificare l'affidabilità globale dell'offerta, e l'esito della gara può essere travolto dalla pronuncia del G.A. solo allorquando il giudizio negativo sul piano dell'attendibilità riguardi voci che rendano l'intera operazione economica non plausibile e, dunque, non suscettibile di accettazione da parte della stazione appaltante.
Nel caso di specie, le censure proposte dalla ricorrente non hanno evidenziato, nell'ambito del suboprocedimento di verifica di anomalia dell'offerta aggiudicataria, vizi di manifesta illogicità, di travisamento del fatto o di insufficiente istruttoria. Al contrario, il procedimento in esame è stato condotto con rigoroso approfondimento istruttorio e si è concluso con la formulazione di un giudizio coerente, logico e ragionevole (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 05.11.2010 n. 4085 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIIl termine di 10 giorni previsto dall'art. 48 d.lgs. 12.04.2006 n. 163 deve considerarsi perentorio, legittimando l'esclusione dalla gara del concorrente che fornisca la documentazione del possesso dei requisiti prescritti nel bando oltre tale termine, in ossequio ad esigenze di celerità e alla necessità di chiusura del procedimento nel più breve tempo possibile.
Secondo l’interpretazione maggioritaria condivisa dal Collegio in materia di pubblici appalti, il termine di 10 giorni previsto dall'art. 48, d.lgs. 12.04.2006 n. 163, deve considerarsi perentorio, legittimando l'esclusione dalla gara del concorrente che fornisca la documentazione del possesso dei requisiti prescritti nel bando oltre tale termine, in ossequio ad esigenze di celerità e alla necessità di chiusura del procedimento nel più breve tempo possibile (TAR Lazio Roma, sez. III, 23.07.2009, n. 7493) (TAR Lazio-Latina, Sez. I, sentenza 05.11.2010 n. 1864 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTITracciabilità degli appalti a due vie. Conti dedicati e pagamenti sotto esame per i nuovi contratti. Oggi in Cdm il decreto legge sicurezza, che consente di adeguare i vecchi accordi entro marzo 2011.
Dal 07.09.2010 la tracciabilità dei flussi finanziari è applicabile per tutti i contratti, subappalti e subcontratti di appalto stipulati dopo il sette settembre 2010 e per tutti i concessionari di finanziamenti pubblici. Entro il 07.03.2011, invece, dovranno essere adeguati agli obblighi di tracciabilità i contratti, subappalti e subcontratti stipulati prima del 07.09.2010.
È quanto prevede lo schema di decreto legge in materia di sicurezza che contiene anche le disposizioni in materia di tracciabilità dei flussi finanziari, integrative e attuative delle disposizioni della legge 136/2010.
Il provvedimento andrà stamane al vaglio del consiglio dei ministri.
Le due norme dedicate al tema della tracciabilità non comprendono quindi alcuna sospensione dell'efficacia dell'obbligo previsto dall'articolo 3 della legge 136/2010 (fortemente richiesta dalle organizzazioni imprenditoriali «per tutti i contratti», con un comunicato confindustriale emesso martedì): l'efficacia delle norme è quindi piena anche se con regimi differenziati a seconda della data della stipula dei contratti; prevede invece chiarimenti e integrazioni alla disciplina varata nei mesi scorsi con la legge 136.
Infatti, il decreto conferma che la tracciabilità opera per i contratti stipulati successivamente al sette settembre 2010, nonché ai relativi subcontratti e subappalti, e per i concessionari di finanziamenti pubblici; per i contratti (e relativi subappalti e subcontratti) stipulati prima del 7 settembre il decreto legge consentirà l'adeguamento di tutti i contratti e dei subcontratti alle disposizioni sulla tracciabilità previste dalla legge 136 e dal decreto legge stesso, entro 180 giorni, cioè entro il 07.03.2011.
Una delle novità è la soppressione del rinvio al dpcm che avrebbe dovuto dettare entro sei mesi ulteriori norme attuative da seguire. Nella sostanza il decreto legge chiude a ogni possibile integrazione successiva e offre un quadro di riferimento finalmente chiaro e univoco anche per quel che attiene alle sanzioni da irrogare e ai sistemi alternativi al bonifico bancario o postale che gli operatori potranno utilizzare.
Su quest'ultimo punto viene chiarito che per i pagamenti destinati a dipendenti, consulenti e fornitori di beni e servizi rientranti tra le spese generali, nonché per i pagamenti destinati all'acquisto di immobilizzazioni tecniche, nonché per il pagamento di spese estranee a lavori, forniture e servizi che necessitano di somme provenienti dai «conti dedicati», sarà possibile utilizzare, oltre al bonifico bancario o postale, anche altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni, per l'intero importo dovuto.
Un'altra novità è rappresentata dal fatto che gli strumenti di pagamento (bonifici, Rid ecc.) dovranno indicare in relazione ad ogni transazione finanziaria il Codice identificativo di gara (Cig) assegnato dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici e, soltanto nei casi in cui ciò sia obbligatoriamente previsto dalla legge 2/2003, il Codice unico di progetto (Cup), che quindi, in queste ipotesi, si aggiungerebbe al Cig.
Viene poi soppressa la norma che imponeva alla stazione appaltante di chiedere il Cup al dipartimento competente della presidenza del consiglio. Viene confermata la definizione di «filiera delle imprese» con riguardo (oltre ai contratti principali) ai subappalti e ai subcontratti stipulati «per l'esecuzione anche non esclusiva del contratto»; si tratta di un chiarimento che sembra ricomprendere anche i fornitori dei subappaltatori, laddove la fornitura non sia generica, ma preordinata alla specifica esecuzione del contratto.
Il decreto chiarisce che l'utilizzo «anche in via non esclusiva» di un conto dedicato per i pagamenti relativi a commesse pubbliche, consente di utilizzare il o i conti dedicati (bancari o postali) «anche promiscuamente per più commesse, purché per ciascuna commessa sia effettuata la comunicazione alla stazione appaltante»; in sostanza si potranno su questi conti effettuare anche operazioni estranee alle commesse pubbliche comunicate.
Per quel che riguarda le sanzioni per violazione degli obblighi di legge saranno i prefetti della provincia dove ha sede la stazione appaltante o concedente i finanziamenti pubblici (articolo ItaliaOggi del 05.11.2010 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTI: Non è consentito demandare a soggetti esterni alla commissione di gara le valutazioni tecniche delle offerte presentate dalle ditte partecipanti alla procedura.
L'art. 84, c. 2, del d.lgs. n. 163/2006, prevede che la commissione sia composta da esperti nello specifico settore cui si riferisce l'oggetto dell'appalto e che la stessa sia nominata dall'organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario.
E' evidente che la norma preveda come le specifiche professionalità necessarie ad effettuare le valutazioni delle offerte tecniche debbano rintracciarsi all'interno della stessa commissione e, pertanto, non è consentito demandare sostanzialmente a soggetti esterni alla commissione di gara le valutazioni tecniche poste alla base della scelta e nemmeno influire in qualche modo su di esse.
In ogni caso la scelta degli "esperti", ammesso e non concesso che possano essere individuati all'esterno della commissione stessa, non potrà mai essere effettuata dalla medesima commissione, in quanto la norma ne demanda l'individuazione all'organo competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario.
Ne consegue che, nel caso di specie, è illegittimo l'operato di una commissione di gara, regolarmente nominata dalla stazione appaltante, per essersi avvalsa di "esperti" esterni alla commissione stessa per valutare l'offerta tecnica delle ditte partecipanti (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater, sentenza 04.11.2010 n. 33183 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTINell’ambito di una gara, che come la presente si svolga con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le valutazioni tecniche delle commissioni di gara sono espressione di ampia discrezionalità, suscettibili di sindacato solo nei limiti della manifesta illogicità.
Nello stesso ambito, la commissione ben può esprimere le proprie valutazioni attribuendo ai vari profili rilevanti dell’offerta un punteggio numerico, purché ciò faccia attraverso “criteri prefissati di valutazione… sufficientemente dettagliati”, tali “da consentire di comprendere l'iter logico attraverso il quale l'amministrazione è giunta ad un certo grado di giudizio”.

In termini generali, è pacifico in giurisprudenza che, nell’ambito di una gara che come la presente si svolga con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, “le valutazioni tecniche delle commissioni di gara sono espressione di ampia discrezionalità, suscettibili di sindacato solo nei limiti della manifesta illogicità”: così espressamente, da ultimo, C.d.S. sez. V 14.09.2010 n. 6686.
E’ poi parimenti noto che, nello stesso ambito, la commissione ben può esprimere le proprie valutazioni attribuendo ai vari profili rilevanti dell’offerta un punteggio numerico, purché ciò faccia attraverso “criteri prefissati di valutazione… sufficientemente dettagliati”, tali “da consentire di comprendere l'iter logico attraverso il quale l'amministrazione è giunta ad un certo grado di giudizio”: così per tutte, sempre nella giurisprudenza recente, C.d.S. sez. V 01.10.2010 n. 7266 (TAR Lombardia-Brscia, Sez. II, sentenza 04.11.2010 n. 4554 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Non sussiste l'obbligo, in capo alla stazione appaltante, di comunicare l'avvio del procedimento di autotutela nell'ipotesi di annullamento dell'aggiudicazione provvisoria.
Sulle differenze tra oggetto sociale ed attività effettivamente esercitata da un'impresa.

In caso di annullamento dell'aggiudicazione provvisoria di una gara d'appalto, non sussiste l'obbligo, in capo alla stazione appaltante, di comunicare alla concorrente interessata l'avvio del procedimento in autotutela secondo il disposto di cui all'art. 7 della legge n. 241/1990, in quanto siffatto adempimento si rende superfluo, in virtù della natura meramente endoprocedimentale dell'atto di aggiudicazione provvisoria, il quale si inserisce nell'iter di scelta del contraente come momento necessario ma non decisivo, giacché l'individuazione finale dell'affidatario dell'appalto si cristallizza soltanto nell'aggiudicazione definitiva; pertanto, vantando in tal caso l'aggiudicatario provvisorio solo una mera aspettativa alla conclusione del procedimento, la stazione appaltante non è onerata di comunicare l'avvio del procedimento di annullamento in autotutela.
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L'oggetto sociale ancorché segni il campo delle attività che un'impresa può astrattamente svolgere, sul piano della capacità di agire dei suoi legali rappresentanti, non equivale ad attestare, in alcun modo, il prescritto esercizio in concreto di detta attività.
Oggetto sociale e attività effettivamente esercitata, quest'ultima da comprovare mediante la prescritta dichiarazione verificabile in base alla certificazione camerale, infatti, non possono essere considerati come concetti coincidenti, atteso che un'attività può ben essere prevista nell'oggetto sociale -risultante dall'iscrizione sotto la voce "dati identificativi dell'impresa"- senza essere attivata poi in concreto.
La prescrizione della lex specialis della gara, con la quale si richiede ai concorrenti, ai fini della partecipazione, l'iscrizione alla Camera di Commercio per una definita attività da appaltare, non può perciò che essere finalizzata a selezionare ditte che abbiano una esperienza specifica nel settore interessato: in caso contrario la prescrizione avrebbe ad oggetto la mera iscrizione alla CCIAA, ovvero richiederebbe un'attestazione della camera di commercio riferita solo all'inclusione del servizio da appaltare nell'oggetto sociale, ma ciò la clausola dovrebbe fare in modo esplicito, tale cioè da escludere il significato normale altrimenti attribuibile alla chiara lettera della stessa, predisposta come di prassi.
È ovvio, quindi, che - salvo voler privare la clausola della lettera d'invito di significato - nessun rilievo possa attribuirsi all'oggetto sociale dell'impresa, il quale abilita quest'ultima a svolgere quella determinata attività, ma nulla dice sull'effettivo svolgimento della stessa (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 02.11.2010 n. 22122 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Il sindaco con ordinanza può assicurare la prosecuzione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti mediante l'affidamento di questo al precedente affidatario ma deve rivalutare il corrispettivo economico fissato con il precedente contratto.
E' illegittima l'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 38, c. 2, l. 08.06.1990 n. 142, con cui il sindaco assicura la prosecuzione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti mediante l'affidamento di questo al precedente affidatario, nella parte in cui mantiene il corrispettivo economico fissato col precedente contratto, dovendo in ogni caso essere rispettata l'esigenza di arrecare il minor sacrificio possibile al privato destinatario dell'ordinanza e quindi di non imporre corrispettivi raccordati a valori risalenti nel tempo e senza verifica della loro idoneità a remunerare con carattere di effettività il servizio reso (TAR Sicilia-Catania, Sez. III, sentenza 02.11.2010 n. 4316 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

ottobre 2010

APPALTI: M. Beoni, Accesso agli atti di gara e tutela dei segreti commerciali delle imprese a seguito del Codice dei contratti pubblici - D.Lgs. n. 163 del 2006 (link a www.altalex.com).

APPALTI: Contratti pubblici: dal TAR Piemonte un'interessante pronuncia sulla quantificazione del danno da "perdita di chance".
In materia di affidamento di contratti pubblici, allorché si tratti di quantificare il danno subito da un'impresa per perdita di chance, occorre distinguere la fattispecie in cui il ricorrente riesce a dimostrare che, in mancanza dell'adozione del provvedimento illegittimo, avrebbe vinto la gara (ad esempio perché, se non fosse stato indebitamente escluso, sarebbe stata selezionata la sua offerta) dalla fattispecie in cui non è possibile acquisire alcuna certezza su quale sarebbe stato l'esito della procedura in mancanza della violazione riscontrata.
La dimostrazione della spettanza dell'appalto all'impresa danneggiata risulta configurabile nei soli casi in cui il criterio di aggiudicazione si fonda su parametri vincolati e matematici (come, ad esempio, nel caso del massimo ribasso in un pubblico incanto in cui l'impresa vincitrice avrebbe dovuto essere esclusa), mentre si rivela impossibile là dove la selezione del contraente viene operata sulla base di un apprezzamento tecnico-discrezionale dell'offerta (come nel caso dell'offerta economicamente più vantaggiosa).
Nella prima ipotesi, all'impresa danneggiata spetta un risarcimento pari al 10% del valore dell'appalto (come ribassato dalla sua offerta), ferma restando la possibilità di conseguire una somma superiore, in presenza della dimostrazione che il margine di utile sarebbe stato maggiore di quello presunto. Viceversa, quando il ricorrente allega solo la perdita di una chance a sostegno della pretesa risarcitoria (e cioè quando non riesce a provare che l'aggiudicazione dell'appalto spettava proprio a lui, secondo le regole di gara), la somma commisurata all'utile d'impresa deve essere proporzionalmente ridotta in ragione delle concrete possibilità di vittoria risultanti dagli atti della procedura.
Al fine di operare tale decurtazione vanno valorizzati tutti gli indici significativi delle potenzialità di successo del ricorrente, quali, ad esempio, il numero di concorrenti, la configurazione della graduatoria eventualmente stilata ed il contenuto dell'offerta presentata dall'impresa danneggiata (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 29.10.2010 n. 3939 - link a www.eius.it).

APPALTI: I debiti fuori bilancio derivanti da sentenze esecutive, per i quali è consentito il riconoscimento da parte del Consiglio Comunale ai sensi dell’art. 194, lett. a), del D.Lgs. 18/08/2000 n. 267, conseguono all’imperatività del provvedimento giudiziale e pertanto come rilevato, al punto 101 dal principio contabile n. 2 redatto dall’Osservatorio per la Finanza e la Contabilità degli Enti locali in data 18/11/2008, il significato del provvedimento del Consiglio Comunale non è quello di riconoscere una legittimità del debito che già esiste, ma di ricondurre al sistema di bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria che è maturato all’esterno di esso.
Sussiste, pertanto, in presenza di una sentenza munita della formula esecutiva, l’obbligo di procedere con tempestività alla convocazione del Consiglio Comunale per provvedere al riconoscimento del debito al fine di impedire il maturare di interessi, rivalutazione monetaria ed ulteriori spese legali generate da eventuali azioni esecutive.

D’altronde, come precisato dal successivo punto 102 del su richiamato principio contabile n. 2: “il riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio derivante da sentenza esecutiva non costituisce acquiescenza alla stessa e pertanto non esclude l’ammissibilità dell’impugnazione. Il medesimo riconoscimento, pertanto, deve essere accompagnato dalla riserva di ulteriori impugnazioni ove possibili e opportune”.
Con il provvedimento consiliare di riconoscimento del debito fuori bilancio devono necessariamente individuarsi le fonti di finanziamento rilevata la sussistenza dell’obbligo di copertura finanziaria gravante sui provvedimenti di spesa sancita dall’art. 191 del D.Lgs. n. 267/2000.
Infatti, come noto, la fattispecie del debito fuori bilancio costituisce un’obbligazione pecuniaria dell’Ente locale perfezionatasi giuridicamente ma assunta in violazione delle norme giuscontabili che regolano l’assunzione di impegni di spesa ed il provvedimento del Consiglio Comunale di riconoscimento del debito consente di ricondurre l’obbligazione nell’osservanza delle norme di contabilità mediante la individuazione delle risorse per farvi fronte.
Invero,
deve dedursi dalla ratio del sistema normativo nel suo insieme che il debito, una volta riconosciuto dall’Ente, deve essere finanziato ed adempiuto con necessaria celerità nel rispetto degli equilibri di bilancio anche al fine di evitare ulteriore aggravio per le finanze pubbliche.
Deve, inoltre, aggiungersi che le linee guida per la predisposizione delle relazioni ai bilanci di previsione 2010 a cui devono attenersi gli Organi di Revisione Contabile degli Enti locali, approvate con la deliberazione della Sezione Autonomie n. 9/AUT/2010 depositata il 16/04/2010, richiedono, alla domanda preliminare n. 13), se sono previsti stanziamenti per il finanziamento di debiti fuori bilancio ancora non riconosciuti dal Consiglio Comunale manifestando particolare attenzione anche alle potenziali passività affinché gli Enti predispongano adeguati accantonamenti che permettano la copertura dei futuri debiti.
La Sezione ritiene, quindi, opportuno precisare che qualora il Giudice di Appello disponesse la sospensione dell’esecutività della sentenza con il conseguente venire meno dell’obbligo di provvedere al riconoscimento del debito da parte del Consiglio Comunale, l’Ente potrebbe accantonare in via prudenziale e nel rispetto dei principi di una sana e corretta gestione finanziaria, idonee risorse atte a garantire la copertura del debito in caso di eventuale soccombenza.

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Il Sindaco del Comune di Castrignano del Capo (LE), con la nota riportata in epigrafe, illustra che l’Ente, risultato soccombente in un giudizio civile, è stato condannato al pagamento della somma di €. 2.700.000,00 circa con sentenza provvisoriamente esecutiva ai sensi dell’art. 282 del codice di procedura civile.
Il Sindaco evidenzia che il Comune ha tempestivamente affidato al proprio difensore l’incarico di proporre il giudizio di appello con contestuale istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza considerando “le gravissime ripercussioni” sul bilancio dell’Ente.
Pertanto, il Sindaco espone alla Sezione i seguenti quesiti al fine di conoscere:
- se sussista l’obbligo per la Giunta Comunale di sottoporre immediatamente all’esame del Consiglio il riconoscimento del debito fuori bilancio derivante dalla sentenza provvisoriamente esecutiva o se tale obbligo scaturisca soltanto con la notifica all’Ente della sentenza munita della formula esecutiva;
- e se il Consiglio Comunale possa limitarsi a prendere atto del debito e dell’istanza di sospensione dell’esecutività riservandosi all’esito dell’udienza o in seguito all’attivazione della procedura di esecuzione forzata di individuare le fonti di finanziamento del debito in sede di salvaguardia degli equilibri di bilancio.
...
Il Collegio evidenzia che
i debiti fuori bilancio derivanti da sentenze esecutive, per i quali è consentito il riconoscimento da parte del Consiglio Comunale ai sensi dell’art. 194, lett. a), del D.Lgs. 18/08/2000 n. 267, conseguono all’imperatività del provvedimento giudiziale e pertanto come rilevato, al punto 101 dal principio contabile n. 2 redatto dall’Osservatorio per la Finanza e la Contabilità degli Enti locali in data 18/11/2008, il significato del provvedimento del Consiglio Comunale non è quello di riconoscere una legittimità del debito che già esiste, ma di ricondurre al sistema di bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria che è maturato all’esterno di esso.
Sussiste, pertanto, ad avviso della Sezione, in presenza di una sentenza munita della formula esecutiva, l’obbligo di procedere con tempestività alla convocazione del Consiglio Comunale per provvedere al riconoscimento del debito al fine di impedire il maturare di interessi, rivalutazione monetaria ed ulteriori spese legali generate da eventuali azioni esecutive.
D’altronde, come precisato dal successivo punto 102 del su richiamato principio contabile n. 2: “il riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio derivante da sentenza esecutiva non costituisce acquiescenza alla stessa e pertanto non esclude l’ammissibilità dell’impugnazione. Il medesimo riconoscimento, pertanto, deve essere accompagnato dalla riserva di ulteriori impugnazioni ove possibili e opportune”.
Con il provvedimento consiliare di riconoscimento del debito fuori bilancio devono necessariamente individuarsi, ad avviso del Collegio, le fonti di finanziamento rilevata la sussistenza dell’obbligo di copertura finanziaria gravante sui provvedimenti di spesa sancita dall’art. 191 del D.Lgs. n. 267/2000.
Infatti, come noto,
la fattispecie del debito fuori bilancio costituisce un’obbligazione pecuniaria dell’Ente locale perfezionatasi giuridicamente ma assunta in violazione delle norme giuscontabili che regolano l’assunzione di impegni di spesa ed il provvedimento del Consiglio Comunale di riconoscimento del debito consente di ricondurre l’obbligazione nell’osservanza delle norme di contabilità mediante la individuazione delle risorse per farvi fronte.
Come precisato dalla Sezione Regionale di Controllo per l’Emilia Romagna con la deliberazione n. 20/2007 depositata in data 03/04/2007,
deve dedursi dalla ratio del sistema normativo nel suo insieme che il debito, una volta riconosciuto dall’Ente, deve essere finanziato ed adempiuto con necessaria celerità nel rispetto degli equilibri di bilancio anche al fine di evitare ulteriore aggravio per le finanze pubbliche.
Deve, inoltre, aggiungersi che le linee guida per la predisposizione delle relazioni ai bilanci di previsione 2010 a cui devono attenersi gli Organi di Revisione Contabile degli Enti locali, approvate con la deliberazione della Sezione Autonomie n. 9/AUT/2010 depositata il 16/04/2010, richiedono, alla domanda preliminare n. 13), se sono previsti stanziamenti per il finanziamento di debiti fuori bilancio ancora non riconosciuti dal Consiglio Comunale manifestando particolare attenzione anche alle potenziali passività affinché gli Enti predispongano adeguati accantonamenti che permettano la copertura dei futuri debiti.
La Sezione ritiene, quindi, opportuno precisare che
qualora il Giudice di Appello disponesse la sospensione dell’esecutività della sentenza con il conseguente venire meno dell’obbligo di provvedere al riconoscimento del debito da parte del Consiglio Comunale, l’Ente potrebbe accantonare in via prudenziale e nel rispetto dei principi di una sana e corretta gestione finanziaria, idonee risorse atte a garantire la copertura del debito in caso di eventuale soccombenza (Corte dei Conti, Sez. controllo Puglia, parere 29.09.2010 n. 93).

LAVORI PUBBLICI: Rotatorie, niente pubblicità.
Nel centro delle rotonde stradali e attorno a questi diffusi manufatti non è possibile posizionare cartelli pubblicitari. Si tratta infatti di intersezioni a raso dove secondo il codice stradale è vietato applicare qualsiasi distrazione per l'utente motorizzato.

Lo ha ribadito il Ministero dei Trasporti con il parere 09.09.2010 n. 72763.
La città di Aosta ha richiesto chiarimenti circa la diffusa realizzazione di rotatorie stradali sponsorizzate da soggetti privati con marchi, insegne e informazioni pubblicitarie.
Questa pratica è vietata, ha spiegato il ministero, in quanto le rotatorie, anche se non vengono citate dal codice della strada, sono tecnicamente definibili come delle intersezioni a raso su cui si applica il conseguente divieto di posizionamento di impianti pubblicitari previsto dall'art. 51 del regolamento stradale.
In buona sostanza, sono fuori legge tutte le iniziative locali che hanno ricercato sponsor per contribuire alla realizzazione dei diffusi manufatti stradali posizionando le pubblicità dell'azienda privata nel bel mezzo della rotonda.
Questi impianti possono infatti creare distrazione e ingenerare pericolo per la circolazione (articolo ItaliaOggi del 29.10.2010, pag. 22).

LAVORI PUBBLICI: Categoria OG11 - Categorie specialistiche - Principio di assorbenza - Operatività - Esclusione - Difetto del requisito specifico di qualificazione nella categoria specialistica richiesta dal bando - Qualificazione nella categoria generale - Sanatoria - Esclusione.
La qualificazione nella categoria OG11 non ricomprende ed assorbe necessariamente anche le qualificazioni singolarmente previste nelle categorie specialistiche (OS3, OS5, OS28 e OS30): pertanto, per un verso un bando di gara può legittimamente richiedere la qualificazione in una delle predette categorie specialistiche e, per altro verso, il difetto del requisito specifico della qualificazione nella categoria speciale, in presenza di tale lex specialis, non può essere sanato con la sola qualificazione per la categoria generale OG11 (Consiglio di Stato, sez. V, 30.10.2003, n. 6760) (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 28.10.2010 n. 21850 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Revoca attestazione SOA - Possesso dei requisiti - False attestazione - Non imputabilità della falsità all'impresa - Effetti - Richiesta di nuova attestazione - Verifica.
L'attestazione di qualificazione rilasciata sulla base di falsi documenti va annullata anche se in ipotesi la falsità non sia imputabile all'impresa che ha conseguito l'attestazione, d’altra parte, la non imputabilità della falsità all'impresa che ha conseguito l'attestazione acquista rilevanza in sede di e ai fini del rilascio di nuova attestazione. Pertanto, in caso di falso non imputabile sussiste il requisito di ordine generale di non aver reso false dichiarazioni circa il possesso dei requisiti richiesti per l'ammissione agli appalti e per il conseguimento dell'attestazione di qualificazione (Cons. Stato, sez. VI, n 128/2005; Id., 04/02/2010, n. 515).
Ciò comporta, tuttavia, che, nel definire il procedimento avviato con la richiesta di nuova attestazione presentata da soggetto che, in passato, ha già conseguito attestazione di qualificazione fornendo dati oggettivamente falsi, il soggetto preposto alla definizione dell’istanza non può omettere di verificare l’imputabilità o meno al soggetto istante della pregressa falsità.
Né d’altra parte la non imputabilità può dirsi esclusa per il solo fatto che la falsità ha nel caso di specie involto certificazioni rilasciate da un ente pubblico, in specie dalla Provincia di Imperia: dato, questo, da sé solo non dirimente in sede di verifica dell’imputabilità, al soggetto che ha chiesto il rilascio dell’attestazione, della falsità del dato prodotto con l’esibizione della certificazione (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.10.2010 n. 7646 - link a www.ambientediritto.it).

LAVORI PUBBLICI: Chiesa demolita? Ne risponde il comune. Per l'amministrazione culpa in vigilando e in eligendo.
E' responsabile, per cattiva scelta e mancato controllo, il comune che ha appaltato l'allargamento di una strada a una società di costruzioni che nel corso dei lavori ha demolito un immobile sottoposto a vincolo storico-artistico.
Così ha deciso il Consiglio di Stato, Sez. VI, con sentenza 28.10.2010 n. 7635, che ha stabilito le linee della responsabilità del comune quando agisce come stazione appaltante ... (articolo Il Sole 24 Ore del 06.12.2010 - link a www.ecostampa.com).

APPALTI: Esecuzione dell’appalto - Danni derivati a terzi - Responsabilità del committente - Colpa “in eligendo” e di omesso controllo - Artt. 2043 e 2049 c.c. - Immobile dichiarato di interesse storico-artistico - Demolizione non autorizzata - Fattispecie - Art. 160 D.Lgs. n. 42/2004.
La responsabilità del committente (nella specie il comune di Bitonto) per danni derivati a terzi dall’appalto non si basa soltanto sull’art. 2049 c.c., secondo cui la particolare autonomia contrattuale di cui gode l’appaltatore esclude la possibilità di configurare in genere la esistenza di un rapporto di preposizione che giustificherebbe la responsabilità del committente stesso (il quale non risponde, quindi, normalmente, dei danni cagionati a terzi dall’appaltatore), ma si basa, in talune ipotesi, come appunto quella in esame, sulla clausola generale dell’art. 2043 c.c.; e cioè sulla c.d. colpa “in eligendo”, potendo il committente essere eccezionalmente corresponsabile in via diretta con l’appaltatore per i danni derivati a terzi dall’esecuzione dell’appalto. Fattispecie: totale distruzione di un bene assoggettato a vincolo storico-artistico (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 28.10.2010 n. 7635 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sui limiti del sindacato del giudice amministrativo in materia di valutazione dell'anomalia delle offerte.
La motivazione del giudizio formulato in merito all'anomalia delle offerte in una gara d'appalto di opera pubblica costituisce elemento decisivo ai fini della verifica giurisdizionale, in quanto consente un controllo sulla ratio dello stesso, non potendo il giudice sostituirsi alla p.a. o entrare nel merito dell'azione amministrativa.
Il sindacato del G.A. sulle valutazioni espressione di discrezionalità tecnica deve limitarsi al controllo formale dell'iter logico seguito nell'attività amministrativa; peraltro, esso deve involgere l'attendibilità delle operazioni tecniche, sotto il profilo della loro correttezza con riferimento ai criteri tecnici e relativo procedimento applicativo, ma esula dalla sua sfera di competenza il riesame delle autonome valutazioni dell'interesse pubblico, compiute dalla p.a. sulla base delle cognizioni tecniche acquisite.
Pertanto, compito del giudice è verificare se il potere amministrativo sia stato tecnicamente esercitato in modo conforme ai criteri di logicità, congruità, razionalità e corretto apprezzamento dei fatti; tuttavia gli è preclusa la possibilità di sovrapporre la sua idea tecnica al giudizio non erroneo né illogico formulato dall'organo amministrativo, cui la legge attribuisca la tutela dell'interesse pubblico nell'apprezzamento del caso concreto.
Di conseguenza, la pronuncia del G.A. può travolgere l'esito della gara, solo allorquando il giudizio negativo sul piano dell'attendibilità riguardi voci che rendano l'intera operazione economica non plausibile e non suscettibile di accettazione da parte della stazione appaltante, a causa dei dubbi inerenti l'idoneità dell'offerta a garantire l'efficace perseguimento dell'interesse pubblico (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.10.2010 n. 7631 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Offerta anomala - Verifica - Artt. 87 e 88, d.lgs. n. 163/2006.
La verifica dell’anomalia, alla stregua dei parametri di riscontro di cui agli artt. 87 e 88, del d.lgs. n. 163/2006, deve svolgersi, con valutazione globale previa attendibilità dell’analisi dei prezzi redatta dall’interessata offerente.
Di regola, la verifica dell'offerta anomala si estrinseca in un sub-procedimento formalmente distinto rispetto a quello ad evidenza pubblica diretto all'aggiudicazione, anche se ad esso collegato (C.S., sez. VI, 03/04/2002 n. 1853).
Gara d’appalto di opera pubblica - Anomalia delle offerte - Verifica giurisdizionale dell'anomalia - D.L.vo n. 163/2006.
La motivazione della valutazione effettuata circa l'anomalia delle offerte in una gara d’appalto di opera pubblica costituisce l'elemento decisivo ai fini della verifica giurisdizionale, in quanto permette un controllo sulla logicità della stessa, senza possibilità per il giudice di sostituirsi alla p.a. o trasmodare nelle determinazioni che appartengono al merito dell'azione amministrativa.
Pertanto, in tema di anomalia, compito primario del giudice è quello di verificare se il potere amministrativo sia stato tecnicamente esercitato in modo conforme ai criteri di logicità, congruità, razionalità e corretto apprezzamento dei fatti.
Sicché, nella verifica dell'anomalia, l'esito della gara può essere travolto dalla pronuncia del giudice amministrativo solo quando il giudizio negativo sul piano dell'attendibilità riguardi voci che, per la loro rilevanza ed incidenza complessiva, rendano l'intera operazione economica non plausibile e, per l'effetto, non suscettibile di accettazione da parte della stazione appaltante, a causa dei residui dubbi circa l'idoneità dell'offerta, insidiata da indici strutturali di carente affidabilità, a garantire l'efficace perseguimento dell'interesse pubblico (C.S., sez. VI, dec. 03/05/2002 n. 2334) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.10.2010 n. 7631 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI - COMPETENZE GESTIONALILa Giunta Comunale è incompetente alla adozione di atti di natura gestionale quali quelli oggetto della controversia in esame, ossia la nomina della commissione di gara e la scelta del soggetto contraente.
L'articolo 107 del d.lgs. n. 267/2000 (Testo unico enti locali) attribuisce ai dirigenti, ovvero ai responsabili dei servizi, in via esclusiva, la gestione amministrativa, tecnica e finanziaria, specificando altresì (art. 107, comma 3) che è loro attribuita la responsabilità delle procedure di appalto e la stipulazione dei contratti.
Nell'ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici rientrano sia la fase (o subprocedimento) di predisposizione e approvazione dell'avviso o del bando con il quale si dà avvio alla procedura stessa, sia la fase di nomina della commissione giudicatrice, sia la fase conclusiva di aggiudicazione definitiva del contratto (o della concessione o della convenzione).
La Giunta Comunale, i cui compiti -essenzialmente residuali (rispetto, da un lato, ai dirigenti [art. 107 cit.]; e, dall'altro lato, al Consiglio Comunale [art. 42 TUEL])- sono ricavabili dall'art. 48 del T.U.E.L. cit., è conseguentemente incompetente alla adozione di atti di natura gestionale quali quelli oggetto della controversia in esame, ossia la nomina della commissione di gara (avvenuta con la deliberazione n. 27 del 21.02.2001) e la scelta del soggetto contraente (avvenuta con deliberazione della medesima Giunta, n. 110 del 04.06.2001) (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 28.10.2010 n. 2350 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla legittimità della segretezza in sede di apertura delle buste contenenti le offerte nell'ambito di una procedura di cottimo fiduciario.
E' legittimo l'operato di una commissione giudicatrice che abbia proceduto all'apertura delle buste, contenenti le offerte, in seduta segreta, in quanto ai sensi dell'art. 125 del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti), in materia di cottimo fiduciario, non è previsto il rispetto di forme particolari, trattandosi di una gara informale, né il principio di pubblicità delle gare (TAR Friuli Venezia Giulia, sentenza 28.10.2010 n. 716 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Il servizio di verifica (cosiddette "ispezioni") sugli impianti termici siti negli stabili esistenti nei territori dei comuni della provincia con popolazione fino a 40.000 abitanti non è un servizio pubblico locale.
Sull'applicabilità del divieto di cui all'art. 13 del d.l. n. 223/2006, solo per le società che svolgono servizi strumentali agli enti pubblici da cui sono partecipate.

La vigente normativa in materia di esercizio e manutenzione di impianti termici obbliga i comuni (con più di quarantamila abitanti) e le province (per comuni con meno abitanti) ad "effettuare i controlli necessari e verificare con cadenza almeno biennale l'osservanza delle norme relative al rendimento di combustione "anche avvalendosi di organismi esterni aventi specifica competenza tecnica, con onere a carico degli utenti".
Tale attività oggetto dell'affidamento, nel caso di specie, pertanto, non consiste in una prestazione resa "a favore" della collettività locale o di singoli utenti, interessi sociali che l'ente locale s'è assunto per realizzare fini di promozione dello sviluppo economico e civile (cd. funzione di promozione), ma consiste piuttosto in una tipica funzione pubblica (cd. funzione di ordine) -esercitabile dagli enti locali direttamente o mediante organismi esterni dotati di specifiche competenze tecniche, ma mantenendone comunque la titolarità- che consiste nell'esercizio di un'attività di controllo e vigilanza su beni appartenenti a privati -che sono tenuti, in quanto conduttori di impianti potenzialmente pericolosi per l'ambiente, a subirli- al fine di verificare, nel superiore interesse pubblico alla salubrità dell'aria ed alla sicurezza ambientale, che questi rispettino gli standard previsti dalla legge a tutela della salute pubblica ed all'ambiente.
In altri termini, si tratta, evidentemente, di un compito che l'ente locale non ha assunto per libera scelta, ma che costituisce un obbligo imposto dal legislatore nazionale; dal canto loro, i privati, che tali verifiche sono tenuti a subire, si vengono a trovare nella posizione non già di "beneficiari" delle prestazioni erogate dall'ente esponenziale, bensì nello stato di soggezione alle verifiche effettuate dall'autorità investita delle funzioni di controllo o dal soggetto da questa "delegato".
Ne consegue che, la natura del "servizio" in questione -rilevante in quanto determinativa della disciplina applicabile- non sia quella di "servizio pubblico locale".
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Nel caso di specie, è legittimo l'operato della commissione aggiudicatrice che, ha respinto la richiesta di esclusione della società ai sensi dell'art. 13 del D.L. 4-7-2006 n. 223, convertito con modificazioni in L. 04.08.2006, n. 248, in quanto la suddetta società non è soggetto che "svolge servizi strumentali agli enti pubblici da cui è partecipata".
Non si ravvisano, infatti, la sussistenza dei caratteri di strumentalità e funzionalità, che devono sussistere per l'applicabilità del divieto di cui all'art. 13 del D.L. n. 223/2006, in considerazione dell'oggetto sociale della medesima e del prospetto sintetico delle attività svolte -che indica un'attività di natura imprenditoriale, diversificata sia per sua natura sia per clienti destinatari- nonché della partecipazione minoritaria degli enti territoriali interessati e della sostanziale mancanza di influenza sulle decisioni societarie.
Dalla documentazione prodotta, la suddetta società non risulta essere stata costituita come società strumentale, non ha ad oggetto specifico ed esclusivo lo svolgimento di servizi strumentali agli enti pubblici da cui è partecipata, ma si rivolge ad operare sul mercato come imprenditore privato, con indubbia "vocazione commerciale", anche al fine di occupare lavoratori specializzati provenienti da diversi settori produttivi e svolge attività operativa in diversi settori, che vanno da servizi di varia natura, destinati a clienti pubblici e privati, alla formazione del personale, all'attività di controllo ambientale; sotto il profilo dei soggetti destinatari, inoltre, si rivolge non solo ad enti pubblici, ma anche a favore di soggetti privati.
Né risulta che l'attività svolta a favore dell'ente locale ne costituisca la parte principale, né prevalente, tanto da consentirle di sfruttare la derivante "rendita di posizione" per acquisire commesse ulteriori a danno degli altri operatori sul mercato (TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater, sentenza 27.10.2010 n. 33046 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Società miste e partecipazione alle gare.
La deroga al principio della libera concorrenza degli operatori economici nel mercato, prevista a carico delle società a capitale interamente pubblico o misto secondo le previsioni dell’art. 13 del D.L. 04.07.2006 n. 223, e s.m.i., non può essere oggetto di applicazione analogica.

Così ha stabilito il TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater, con la sentenza 27.10.2010 n. 33046, affrontando un caso relativo all’ affidamento di servizi da parte di un ente pubblico.
Nel caso di specie una delle imprese concorrenti aveva impugnato l’aggiudicazione della gara ad una società mista, affidataria in via diretta di servizi pubblici locali per di Genova.
I giudici amministrativi, accertata la risoluzione del rapporto tra l’aggiudicataria e l’amministrazione provinciale in un periodo antecedente alla gara, concentrano la propria attenzione sulla possibilità per una società a partecipazione pubblico-privata di partecipare ad una procedura ad evidenza pubblica e concorrere in condizioni di parità con gli altri operatori economici.
I magistrati del Tar delineando la portata dell’art. 13 del D.L. 04.07.2006 n. 223, affermano che la norma “si applica nel caso in cui le società abbiano come oggetto sociale la produzione di beni e servizi strumentali all’attività degli enti (costituenti o partecipanti o affidanti) in funzione della loro attività oppure lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di competenza degli enti proprietari”.
Questa disposizione, quindi, “introduce una disciplina speciale consistente in una serie di limitazioni della loro autonomia negoziale, che da un lato restringono l’ordinaria capacità di agire delle società strumentali, limitandone l’attività operativa sotto il profilo dei soggetti destinatari e, quindi, incidendo pesantemente sull’autonomia negoziale della società – imponendo alle stesse di operare in esclusiva con gli enti costituenti e partecipanti o affidanti e precludendo la possibilità di rendere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati…..dall’altro costringendone pesantemente l’autonomia statutaria.”
All’interno di questo tema tanto discusso in dottrina e giurisprudenza la sentenza in esame conclude ribadendo il principio per cui, al fine dell’applicazione del divieto sopra citato, va verificato caso per caso se una società presenti i caratteri di strumentalità e funzionalità rispetto all’ente pubblico oppure si caratterizzi per operare nel mercato in diretta concorrenza con le altre imprese pubbliche o private, con il conseguente riconoscimento di agire in regime di parità di trattamento (si vedano altresì Cds sez. V, 22.03.2010, n. 1651; Tar Lazio sez. II, 05.06.2007, n. 5192).
Saranno, dunque, elementi dirimenti, la valutazione dell’oggetto sociale, del prospetto sintetico delle attività svolte nonché la quota societaria detenuta dagli enti pubblici e la loro effettiva influenza sulle decisioni societarie (commento tratto da www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: L'esame delle offerte economiche prima di (o contestualmente a) quelle tecniche costituisce una palese violazione dei principi inderogabili di trasparenza e di imparzialità che devono presiedere le gare pubbliche.
Nella questione in esame si contesta l’omessa previsione, nella lettera d’invito, dell’invio in buste separate dell’offerta economica e della documentazione relativa ai profili qualitativi dell’offerta, in violazione dei principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento.
Infatti, costituisce jus receptum il principio per cui, nelle procedure indette per l'aggiudicazione di appalti con la Pubblica amministrazione sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la commissione di gara è tenuta a valutare prima i profili tecnici delle offerte e, successivamente, le offerte economiche.
A tal fine è irrilevante che il bando rechi una specifica disposizione per stabilire quale delle due deve essere esaminata con priorità sull'altra, atteso che l'esame delle offerte economiche prima di (o contestualmente a) quelle tecniche costituisce una palese violazione dei principi inderogabili di trasparenza e di imparzialità che devono presiedere le gare pubbliche, giacché la conoscenza preventiva dell'offerta economica consente di modulare il giudizio sull'offerta tecnica in modo non conforme alla parità di trattamento dei concorrenti e tale possibilità, ancorché remota ed eventuale, inficia la regolarità della procedura (Cons. Stato, sez. V, 25.05.2009, n. 3217; TAR Sardegna, sez. I, 14.03.2009, n. 311; TAR Campania, Napoli, sez. I, 06.02.2008, n. 573) (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 27.10.2010 n. 6532 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI: Nelle procedure indette per l'aggiudicazione di appalti con la p.a. sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la commissione di gara è tenuta a valutare prima i profili tecnici delle offerte.
Costituisce jus receptum il principio per cui, nelle procedure indette per l'aggiudicazione di appalti con la p.a. sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la commissione di gara è tenuta a valutare prima i profili tecnici delle offerte e, successivamente, le offerte economiche.
A tal fine è irrilevante che il bando rechi una specifica disposizione per stabilire quale delle due deve essere esaminata con priorità sull'altra, atteso che l'esame delle offerte economiche prima di (o contestualmente a) quelle tecniche costituisce una palese violazione dei principi inderogabili di trasparenza e di imparzialità che devono presiedere le gare pubbliche, giacché la conoscenza preventiva dell'offerta economica consente di modulare il giudizio sull'offerta tecnica in modo non conforme alla parità di trattamento dei concorrenti e tale possibilità, ancorché remota ed eventuale, inficia la regolarità della procedura.
E' necessario, dunque, che le modalità di presentazione dell'offerta recate nella lex specialis di gara rechino prescrizioni adeguate ad evitare che il contenuto dell'offerta economica sia reso conoscibile alla commissione anteriormente all'esame dell'aspetto tecnico della medesima, in quanto anche la sola possibilità della conoscenza dell'entità dell'offerta economica anteriormente alle caratteristiche di quella tecnica mette in pericolo la garanzia dell'imparzialità dell'operato dell'organo valutativo.
Ne discende, nel caso di specie, che non avendo la lettera d'invito stabilito modalità adeguate ad impedire la contemporanea conoscibilità dell'offerta economica e di quella tecnica la procedura di gara ne resta irrimediabilmente viziata (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 27.10.2010 n. 6532 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'applicabilità dei soli artt. 68, 65 e 225 del d.lgs. 163/2006, per gli appalti riconducibili tra quelli di cui al n. 23 dell'allegato II B.
Non può essere esclusa da una gara l'impresa cessionaria del ramo d'azienda che non abbia presentato le relative dichiarazioni in ordine alla posizione della cedente - Sull'illegittimità della clausola di un bando di gara che richieda la fornitura di un prodotto di determinata una marca.

Agli appalti che rientrano tra quelli di cui al n. 23 dell'allegato II B, si applicano solo gli artt. 68, 65 e 225 del d.lgs. 163/2006, nonché i soli principi generali in materia di affidamenti pubblici desumibili dalla normativa comunitaria e nazionale. Ne discende che, nel caso di specie, mancando una esplicita previsione in tal senso da parte della disciplina di gara, la norma di cui all'art. 75 d.lgs. 163/2006 deve ritenersi inapplicabile con conseguente idoneità della fideiussione rilasciata a favore della sola mandataria a consentire la partecipazione alla gara del costituendo raggruppamento.
Manca nel codice appalti una norma, con effetto preclusivo, che preveda, in caso di cessione d'azienda, un obbligo specifico di dichiarazioni in ordine ai requisiti soggettivi della cedente, riferito sia agli amministratori e direttori tecnici della cedente sia ai debiti tributari e previdenziali dalla stessa contratti, mentre l'art. 51 del d.lgs. 163/2006 si occupa della sola ipotesi di cessione del ramo di azienda successiva alla aggiudicazione della gara. Ne discende che, in assenza di tale norma e per il principio di soggettività e personalità della responsabilità, non può essere esclusa l'impresa cessionaria del ramo d'azienda che non abbia presentato le relative dichiarazioni in ordine alla posizione della cedente.
L'art. 68 d.lgs. 163/2006, che vieta l'introduzione nelle clausole contrattuali di specifiche tecniche che menzionano prodotti di una determinata fabbricazione o l'indicazione di un'origine o di una produzione determinata, costituisce, in virtù della sua finalità intrinseca di tutela dei principi della libera concorrenza e di non discriminazione, principio di generale applicazione e di diretta derivazione comunitaria; pertanto, l'eventuale indicazione nel bando di marchi o prodotti deve essere necessariamente collegata a diciture o clausole del tipo "o equivalente" o "tipo" che rendano manifesta la volontà dell'amministrazione di utilizzare il marchio o la denominazione del prodotto solo a titolo esemplificativo, per meglio individuare le caratteristiche del bene richiesto (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 26.10.2010 n. 7069 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Noleggio di macchine con conducente: le responsabilità individuate dalla Corte di Cassazione.
Il nolo di macchine operatrici a Caldo, ovvero con conducente, è una circostanza ricorrente nei cantieri edili. Come sono attribuite le responsabilità in materia di sicurezza in tali casi?
Alcuni chiarimenti giungono dalla Corte di Cassazione, Sez. IV penale, sentenza n. 1514/2010.
La sentenza è relativa ad un infortunio occorso ad un lavoratore rimasto mortalmente folgorato mentre operava su una pompa autocarrata presa a noleggio ed utilizzata per la posa del calcestruzzo, pompa venuta in contatto di una linea elettrica sovrastante il mezzo e posta ad una distanza risultata non regolare.
In primo grado sono stati condannati (per il delitto di omicidio colposo in danno del lavoratore infortunato) il responsabile legale della società che ha noleggiato la macchina, il datore di lavoro dell'impresa che l'ha presa a noleggio ed il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione.
In appello è stata confermata la condanna degli imputati riducendo la pena del solo noleggiatore.
Contro la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso il solo responsabile legale dell'impresa che aveva dato a noleggio l'attrezzatura.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso (link a www.acca.it).

APPALTI: UE: 30 giorni alle Pubbliche Amministrazioni per pagare le imprese.
Via libera del Parlamento Europeo alla direttiva sui ritardi delle Pubbliche Amministrazioni nei pagamenti alle aziende private fornitrici di beni e servizi.
In base alla nuova normativa, il limite massimo di tempo per la liquidazione delle fatture sarà di 30 giorni, prorogabile a 60 giorni per il settore sanitario o casi eccezionali.
Oltre tali termini scatteranno gli interessi di mora in misura (annua) pari all'8% più il tasso di riferimento della BCE.
Per i pagamenti tra aziende private, la direttiva stabilisce che le fatture dovranno essere liquidate entro 60 giorni salvo diversi accordi tra le parti.
La direttiva dovrà essere approvata definitivamente dal Consiglio e dal Parlamento UE (entro la fine di ottobre), entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione sulla G.U.C.E. e dovrà essere recepita dai singoli stati membri nei successivi 24 mesi.
La direttiva lascia gli stati membri della Ue liberi di mantenere o adottare disposizioni più favorevoli al creditore: non impedisce l'adozione di termini di pagamento più brevi o sanzioni più severe.
Secondo l'ANCE, nel settore delle costruzioni, il 44% delle imprese edili subisce ritardi superiori ai 4 mesi oltre i termini contrattuali (quindi vengono pagate dopo più di sei mesi e mezzo dai lavori), con punte che arrivano anche a 24 mesi, in un quadro di costante e progressivo peggioramento (link a www.acca.it).

APPALTI SERVIZI: G. Guzzo, LE NUOVE REGOLE DEI SPL (Servizi Pubblici Locali) ALLA LUCE DELLA DISCIPLINA ATTUATIVA INTRODOTTA DAL D.P.R. N. 168/2010 (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: In caso di mancata aggiudicazione di un appalto il danno risarcibile va sempre provato (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI - ATTI AMMINISTRATIVI: I. Calcopietro, Risarcibile l'imprenditore leso nella propria immagine da provvedimento illegittimo dell'Amministrazione - Nota a TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenze 30.08.2010, nn. 31996 e 31994 (link a www.filodiritto.com).

APPALTI: R. Politi, Il contenzioso in materia di appalti: dal recepimento della Direttiva ricorsi al Codice del processo amministrativo (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: M. Simonetto, Attribuzione degli oneri della sicurezza negli appalti pubblici di servizi e forniture (link a www.altalex.com).

APPALTI: E. De Falco, Contratti pubblici: fasi delle procedure di affidamento - Commento all’art. 11 «Fasi delle procedure di affidamento» del D.leg.vo 163/2006 come modificato dal d.lgs. 20.03.2010 n. 53 (Quaderni di legislazione tecnica n. 3/2010).

APPALTI: Inesistenza di condanne a carico di amministratori e direttori tecnici - Dichiarazione sostitutiva ex art. 47, c. 2, d.P.R. n. 445/2000 - Puntualizzazione “per quanto a mia conoscenza” - Mancanza di vera e propria assunzione di responsabilità - Validità - Esclusione.
La puntualizzazione del tipo "per quanto a mia conoscenza" inserita in una dichiarazione sostitutiva, resa ai sensi dell’art. 47, co. 2, del D.P.R. n. 445/2000, relativa all’inesistenza di condanne nei confronti di amministratori e direttori tecnici cessati dalla carica, rende del tutto priva di valore e tamquam non esset la dichiarazione rilasciata, venendo a mancare una vera e propria assunzione di responsabilità insita, invece, in tale tipo di dichiarazione e alla base dell’affidamento che è chiamata a riporvi l’amministrazione appaltante. (C.G.A., 06.09.2010, n. 1153; Cons. Stato, V, 27.01.2009, n. 375; cfr. TAR Sicilia, Catania, 07.04.2010, n. 1029) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 22.10.2010 n. 13015 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Le imprese consorziate per le quali il consorzio ha dichiarato di concorrere devono possedere una qualificazione minima pari almeno al 10% di quella richiesta nel complesso per partecipare ai lavori.
Secondo la tesi dell’impresa appellante il d.lgs. n. 163 del 2006, nell’art. 36, impone ai consorzi stabili di indicare in sede di offerta per quali consorziati concorrano, vietando a questi di partecipare in altra forma alla stessa gara; che in esso si rinvia all’emanando regolamento per la fissazione delle condizioni e limiti alla facoltà del consorzio di eseguire prestazioni tramite i consorziati e che, negli articoli 253 e 256, si stabilisce, in attesa del detto regolamento, che continua ad applicarsi il d.P.R. n. 554 del 1999, nei limiti di compatibilità con il Codice, non disponendosi, infine, l’abrogazione gli articoli 95 e 97 del detto d.P.R.; ne consegue l’erroneità della tesi per cui l’indicazione della consorziata designata per l’esecuzione dell’opera è atto a mera rilevanza interna, poiché così si equipara l’ipotesi del consorzio stabile impegnato ad eseguire direttamente l’opera con quella del consorzio che, invece, designi a tale fine una consorziata, laddove, come visto, il citato art. 36 espressamente richiama per l’affidamento delle prestazioni a singoli consorziati un quadro di condizioni e limiti, dovendosi perciò ritenere vigenti quelli già posti con gli articoli 95 e 97 citati, secondo il principio della garanzia della qualità delle prestazioni che informa la normativa del d.lgs. n. 163 del 2006.
Ad avviso dei giudici del Consiglio di Stato è da ritenere fondato tale motivo di appello: l’art. 36 del d.lgs. n. 163 del 2006 stabilisce che i consorzi stabili si qualificano cumulando le qualificazioni delle singole consorziate; ai sensi dell’art. 253, comma 3, dello stesso d.lgs. il d.P.R. n. 554 del 1999 continua ad applicarsi ai lavori pubblici, fino all’approvazione del nuovo regolamento, “nei limiti di compatibilità con il presente codice”; l’art. 97, comma 2, del detto d.P.R. (non abrogato dall’art. 256 del d.lgs. n. 163 del 2006) dispone che i consorzi stabili “conseguono la qualificazione a seguito di verifica dell’effettiva sussistenza in capo alle singole consorziate dei corrispondenti requisiti”: A sua volta il medesimo art. 97 del d.P.R. n. 554 del 1999 prescrive, nella seconda parte del comma 4 (anche non abrogato dal d.lgs. n. 163 del 2006), che “alle singole imprese consorziate si applicano le disposizioni previste per le imprese mandanti dei raggruppamenti temporanei di imprese”; le disposizioni cui così si rinvia sono quelle recate dall’art. 95, comma 2, dello stesso d.P.R. (altresì non abrogato dal d.lgs. n. 163 del 2006) in base al quale, in sintesi (come ivi previsto per i raggruppamenti temporanei di imprese) le imprese consorziate per le quali il consorzio ha dichiarato di concorrere devono possedere una qualificazione minima pari almeno al 10%% di quella richiesta nel complesso per partecipare ai lavori; i giudici di Palazzo Spada ritengono che tale prescrizione sia tuttora vigente per due concorrenti motivi, testuale e connesso alla ratio della normativa.
Per il primo profilo emerge con chiarezza, dall’insieme delle norme sopra richiamate, che la seconda parte del comma 4 dell’art. 97 ed il comma 2 dell’art. 95 del d.P.R. n. 554 del 1999 non risultano abrogati dal d.lgs. n. 163 del 2006, che pure reca un articolo (256) in cui le abrogazioni sono espresse e disposte perciò con puntuale individuazione di ciascuna disposizione abrogata; ciò che si riscontra, per quanto qui interessa in particolare, riguardo al d.P.R. n. 554 del 1999 i cui articoli e commi abrogati sono elencati con precisione (come è per i commi 5, 6 e 7 dell’art. 95), e ciò, come anche visto, nel contesto della conferma espressa dell’applicabilità del d.P.R. n. 554 del 1999, nelle more dell’approvazione del nuovo regolamento.
La attuale permanenza della previsione del requisito minimo di qualificazione per le consorziate risulta sorretta, peraltro, da una ragionevole motivazione sostanziale, che avvalora il dato formale ora esposto e perciò la non incompatibilità della previsione con il sistema normativo del d.lgs. n. 163 del 2006.
Pur restando infatti l’autonomia soggettiva del consorzio stabile a fronte del committente è non di meno congruo ritenere che la qualificazione dell’impresa consorziata rivesta un rilievo specifico per la stazione appaltante, nel momento in cui la consorziata è indicata come soggetto per cui si concorre ed esecutrice di lavori, al fine della garanzia per l’ente appaltante della necessaria competenza tecnica per la corretta esecuzione dell’intervento assicurato da tale impresa (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 22.10.2010 n. 7609 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI - ATTI AMMINISTRATIVI: Allegazione della copia fotostatica del documento di identità - Artt. 38, c. 3 e 47, c. 1, d.P.R. n. 445/2000 - Forma essenziale ex lege - Applicazione in concreto - Principio della massima partecipazione alle procedure competitive.
Ai sensi degli artt. 38, comma 3, e 47, comma 1, del d.P.R. n. 445 del 2000, l’allegazione della copia fotostatica del documento di identità…costituisce un fondamentale onere del sottoscrittore, conferendo legale autenticità alla sua sottoscrizione e configurandosi come elemento della fattispecie normativa diretta a comprovare, oltre alle generalità del dichiarante, l’imprescindibile nesso di imputabilità soggettiva della dichiarazione ad una determinata persona fisica (Cons. Stato, Sez. VI, n. 4420 del 2009), trattandosi perciò di un caso di forma essenziale stabilita dalla legge (Cons. Stato, Sez. V, n. 3690 del 2009).
Questa, pure essenziale, prescrizione di carattere formale deve però essere applicata verificando se nel contesto dei singoli casi lo scopo della normativa non sia comunque raggiunto, evitando interpretazioni che in concreto possano risultare di sproporzionato e perciò inutile rigore, venendo con ciò a ledere, per converso, l’altresì rilevante principio della massima partecipazione alle procedure competitive (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 22.10.2010 n. 7608 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI - ATTI AMMINISTRATIVI: Sull'allegazione della copia fotostatica del documento di identità da parte dei soggetti che partecipano alle procedure competitive.
L'allegazione della copia fotostatica del documento di identità, ai sensi degli artt. 38, co. 3, e 47, c. 1, del d.P.R. n. 445 del 2000, costituisce un fondamentale onere del sottoscrittore, conferendo legale autenticità alla sua sottoscrizione e configurandosi come elemento della fattispecie normativa diretta a comprovare, oltre alle generalità del dichiarante, l'imprescindibile nesso di imputabilità soggettiva della dichiarazione ad una determinata persona fisica, trattandosi perciò di un caso di forma essenziale stabilita dalla legge.
Questa, pure essenziale, prescrizione di carattere formale deve però essere applicata verificando se nel contesto dei singoli casi lo scopo della normativa non sia comunque raggiunto, evitando interpretazioni che in concreto possano risultare di sproporzionato e perciò inutile rigore, venendo con ciò a ledere, per converso, l'altresì rilevante principio della massima partecipazione alle procedure competitive (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 22.10.2010 n. 7608 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Devono essere dichiarate tutte le condanne riportate e non solo quelle incidenti sulla moralità professionale poiché la valutazione di gravità compete unicamente all'amministrazione appaltante.
La sanzione accessoria della segnalazione all'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici è illegittima ove il dichiarante versi in situazione di buona fede.

La non veridicità della dichiarazione circa la sussistenza di condanne penali ex art. 38, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006, integra una autonoma causa di esclusione dalla gara, a prescindere dalla valutazione in ordine all'idoneità della condanna riportata ad incidere la moralità professionale dell'impresa, la quale compete unicamente all'Amministrazione appaltante.
Inoltre, anche le sentenze assistite dal beneficio della non menzione nel casellario giudiziale e quelle a pena patteggiata vanno dichiarate dal concorrente e che la "non veridicità di quanto dichiarato dal partecipante a gara d'appalto in ordine all'assenza di condanne penali a suo carico rileva sotto un profilo oggettivo e conduce alla decadenza dai benefici ottenuti con l'autodichiarazione non veritiera indipendentemente da ogni indagine della stazione appaltante sull'elemento soggettivo" essendo le conseguenze decadenziali "legate solo alla obiettiva non veridicità dell'autodichiarazione resa".
Sono soggette, altresì, all'obbligo della dichiarazione tutte le sentenze e i decreti penali di condanna divenuti irrevocabili e non estinte con formale provvedimento dell'Autorità Giudiziaria in veste di Giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 445 c.p.p..
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La sanzione accessoria della segnalazione del fatto all'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici è illegittima allorché l'impresa concorrente sia stata esclusa per aver dichiarato di possedere un requisito poi accertato insussistente, versando in situazione soggettiva di sostanziale buona fede, nella misura in cui essa non era a conoscenza dell'irrilevanza del mero decorso del tempo ai fini del maturarsi dell'estinzione del reato senza il provvedimento ancorché dichiarativo del Giudice penale dell'esecuzione (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 22.10.2010 n. 3738 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: La mancata dichiarazione ex art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 non può comportare di per sé l'esclusione dalla gara.
L'art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, richiede che la dichiarazione in ordine all'assenza di condanne penali sia rilasciata, nel caso di società di capitali, dai direttori tecnici e dagli amministratori muniti di poteri di rappresentanza.
Quest'ultima locuzione è costantemente interpretata nel senso di includere, data l'ampia formulazione utilizzata, nell'ambito di applicazione della relativa norma tutte le persone fisiche che, essendo titolari del potere di rappresentanza della persona giuridica, risultano comunque in grado di trasmettere, con il proprio comportamento, la riprovazione dell'ordinamento nei riguardi della loro personale condotta al soggetto rappresentato.
Nel caso di specie, i contenuti della delega rilasciata ad uno dei rappresentanti della società fanno sì che lo stesso risulti titolare di una posizione di amministratore munito di poteri di rappresentanza, quindi da annoverarsi tra i soggetti tenuti alla dichiarazione ex art. 38 cit..
Tuttavia, l'omissione della suddetta dichiarazione non comporta l'esclusione dalla gara dell'impresa interessata, sempre che non sussistano in concreto ragioni ostative alla partecipazione. Pertanto, la mancata dichiarazione ex art. 38 non può comportare di per sé l'esclusione dalla gara, fatto salvo, ovviamente, il caso in cui detta omissione sottenda l'assenza in concreto dei requisiti di partecipazione nonché l'ulteriore ipotesi in cui la legge di gara contenga puntuali prescrizioni le quali comportano l'esclusione del concorrente che ha omesso la dichiarazione (ovvero reso una dichiarazione non conforme alla situazione sottostante) (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 22.10.2010 n. 3736 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'istanza per il riconoscimento del compenso revisionale ex art. 115 del d.lgs. 163/2006.
Ai sensi del vigente art. 115 del d.lgs. 163/2006 la revisione prezzi è demandata ad una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi, sulla base di dati che sono ora forniti dalla sezione centrale dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e dall'ISTAT (art. 7, c. 4 lett. c) e c. 5, d.lgs. 163/2006). Una volta avviato con istanza di parte, tale procedimento deve essere concluso mediante l'adozione di un provvedimento espresso, di contenuto positivo o negativo.
Pertanto, nel caso di specie, sussiste l'obbligo del comune di pronunciarsi sulla istanza formulata dalla cooperativa di riconoscimento del compenso revisionale del canone di affidamento dei servizio cimiteriali pervenutagli il 20.07.2009 entro il termine di 120 giorni dalla comunicazione della presente sentenza o dalla sua notifica a cura di parte ricorrente se anteriore e con riserva di nominare un commissario ad acta in caso di inosservanza del suddetto termine. In tale sede, in cui conserva un indubbio margine di potere discrezionale nelle valutazioni, il comune potrà alternativamente riconoscere la revisione o negarla, motivando in base agli esiti dell'istruttoria ed alle eventuali eccezioni impeditive o estintive che dovesse ritenere dirimenti (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 21.10.2010 n. 20632 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: L'onere per l'impresa di impugnare tempestivamente gli atti della procedura di evidenza pubblica sorge solo a seguito dell'emanazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva.
Il Collegio osserva che la res controversa possa essere definita facendo puntuale applicazione del consolidato (e qui condiviso) orientamento giurisprudenziale secondo cui l’aggiudicazione provvisoria di un appalto pubblico ha natura di atto endoprocedimentale, ad effetti ancora instabili e del tutto interinali, sicché è inidonea a produrre la definitiva lesione dell’impresa non risultata aggiudicataria, che si verifica solo con l'aggiudicazione definitiva, la quale non costituisce atto meramente confermativo della prima ed in riferimento esclusivamente alla quale, quindi, va verificata la tempestività del ricorso.
Di conseguenza, l'onere per l'impresa di impugnare tempestivamente gli atti della procedura di evidenza pubblica, ad eccezione dell'esclusione dalla stessa e delle clausole del bando che rendano impossibile la partecipazione alla gara, sorge solo a seguito dell'emanazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva (in tal senso –ex plurimis-: Cons. Stato, Sez. V, sent. 12.07.2010, n. 4483; id., Sez. VI, sent. 06.04.2010, n. 1907; id., Sez. I, sent. 14.11.2008, n. 5691) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 20.10.2010 n. 7586 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI: Per la partecipazione alla gara l’identificazione delle persone fisiche munite di potere di rappresentanza deve essere effettuata anche alla stregua dei poteri sostanziali attribuiti.
a) ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. b) e c), del D.L.gs. 163/2006, dell’art. 26, comma 1, lett. b) e c) della Legge Regionale della Campania n. 3 del 2007, nonché degli artt. 13, lett. c), e 15 del bando di gara, le società di capitali concorrenti erano tenute, a pena di esclusione, a presentare una dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti morali e professionali delle persone fisiche munite di potere di rappresentanza;
b) alla stregua del prevalente orientamento giurisprudenziale, al quale questo Collegio presta adesione, l’identificazione di detti ultimi soggetti deve essere effettuata non solo in base alle qualifiche formali rivestite ma anche alla stregua dei poteri sostanziali attribuiti, con conseguente inclusione, nel novero dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, delle persone fisiche in grado di impegnare la società verso i terzi e dei procuratori ad negotia laddove, a dispetto del nomen, l’estensione dei loro poteri conduca a qualificarli come amministratori di fatto;
c) detta interpretazione estensiva del dettato di legge affonda le sue radici nell’esigenza di evitare la partecipazione alle gare pubbliche di soggetti che non diano le garanzie di affidabilità morale e professionale necessarie ai fini della piena tutela dell’interesse pubblico;
d) l’applicazione di dette coordinate ermeneutiche conduce a ritenere che la detta dichiarazione dovesse essere resa dalla società risultata aggiudicataria anche con riguardo al procuratore ..., investito di ampi poteri gestori, incidenti sulla dimensione economico-finanziaria della società (“aprire ed estinguere conti bancari, operare sugli stessi, richiedere affidamenti bancari ed emettere i relativi assegni, sottoscrivere per girata assegni bancari e circolari e quanto altro necessario; acquistare e vendere merci; richiedere e riscuotere pagamenti, quietanze e fatture; richiedere fidi, fideiussioni, mutui ed altre operazioni, concedere ipoteche nonché sottoscrivere contratti per la somministrazione di servizi”), sulla gestione amministrativa della stessa sul duplice versante dell’iniziativa economica e dell’autonomia negoziale (“concludere rapporti con enti pubblici al fine della presentazione e del ritiro di concessioni edilizie nonché al fine della partecipazione a gare od appalti, anche effettuando sopralluoghi e prendendo visione dei capitolati d’appalti; acquistare e vendere beni mobili ed immobili, rinunciando all’ipoteca legale; acquistare o vendere aziende orami d’aziende, concludere contratti di affitto di azienda o di ramo di azienda sia nella parte di concedente sia nella parte di affittuario convenendo modalità, patti e canoni; nominare direttori tecnici, consulenti vari, avvocati e procuratori legali"), e, infine, sulle vicende societarie (“costituire società, partecipare a consorzi, convenire tutti gli atti e modalità relative, compreso recesso, cambiamento della ragione sociale, della sede, dell’oggetto della società, della durata dello statuto sociale, intervenire alle assemblee con pieno diritto di voto; procedere alla trasformazione, fusione, scissione e liquidazione della società; vendere o acquistare quote sociali”).
e) l’ampiezza, temporalmente illimitata, dei poteri, comprensivi degli atti fondamentali della vita societaria, porta a concludere che si tratta di soggetto al quale è stato di fatto conferito l’esercizio continuativo e generale delle funzioni sostanziali di amministratore, in ordine al quale andava quindi resa la dichiarazione di sussistenza dei requisiti morali e professionali di cui all’art. 38 cit.;
f) è pertanto da condividere l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva disposta in favore dell’odierna ricorrente nonostante la sussistenza della causa di esclusione data dalla mancata produzione della dichiarazione di che trattasi (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 20.10.2010 n. 7578 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Il possesso di un'impresa da parte di una amministrazione pubblica è solo uno degli elementi per verificarne l'assoggettabilità obbligatoria alle procedure di evidenza pubblica, essendo decisiva la qualificazione del suo scopo sociale.
Il possesso di un'impresa da parte di una amministrazione pubblica è solo uno degli elementi per verificarne l'assoggettabilità obbligatoria alle procedure di evidenza pubblica, essendo decisiva la qualificazione del suo scopo sociale.
Nel caso di specie, relativa all'impugnativa di una procedura selettiva indetta dalla società intimata (costituita in forma di società a responsabilità con unico socio, il quale ultimo è identificabile nella Investia s.r.l. il cui capitale appartiene a sua volta al Comune) per acquisire i servizi necessari alla gestione di due teatri, uno di sua proprietà e un altro in proprietà del Comune, lo scopo sociale dell'intimata consiste nell'acquisto, gestione e amministrazione di sale cinematografiche per pubblici spettacoli nonché nella compravendita e conduzione di terreni agricoli; tali attività sono dirette alla produzione di servizi e beni destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza e pertanto l'intimata non può qualificarsi come organismo di diritto pubblico, né può comunque reputarsi tenuta al rispetto delle procedure di evidenza pubblica ai sensi dell'art. 32, comma 1, lett. c), del d.lgs. 12.04.2006, n. 163.
Pertanto, sussiste, nel caso di specie, difetto di giurisdizione a favore del giudice ordinario ex art. 131, c. 1, lett. e), del d.lgs. 02.07.2010 n. 104 (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 20.10.2010 n. 6473 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Verifica dell’offerta tecnica - Seduta riservata - Offerta economica e verifica del plico - Seduta pubblica.
In tema di gare di appalti, la seduta riservata pare limitata alla sola verifica dell’offerta tecnica, richiedendosi per l’offerta economica e per la verifica della sussistenza nel plico delle tre buste -amministrativa, tecnica economica- la seduta pubblica (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 20.10.2010 n. 5525 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTINon è configurabile alcun onere di partecipare alla gara di un appalto a carico di un soggetto la cui partecipazione viene ad essere preclusa direttamente dallo stesso bando di gara.
Appartiene alla discrezionalità della stazione appaltante fissare i requisiti di partecipazione alla singola gara, anche superiori rispetto a quelli previsti dalla legge alla luce del suo potere-dovere di apprestare gli strumenti più adeguati ai fini del perseguimento dell'interesse pubblico concreto, oggetto dell'appalto da affidare, e che unico limite alla insindacabilità che l’esercizio di tale potere incontra è legato alla una valutazione di manifesta irragionevolezza di quanto richiesto in correlazione al valore dell'appalto.

Il collegio ritiene di condividere in via di principio l’orientamento (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 02.08.2010, n. 5069; 09.04.2010, n. 1999; 19.03.2009, n. 1624), che sembra consolidarsi dopo Corte giustizia CE, sez. VI, 12.02.2004, nel procedimento C-230/02, secondo cui non è configurabile alcun onere di partecipare alla gara di un appalto a carico di un soggetto la cui partecipazione viene ad essere preclusa direttamente dallo stesso bando di gara.
La lesione dell’interesse non può essere infatti derivare da un atto che si risolverebbe in un mero adempimento formale, atteso l'esito scontato di esclusione dalla gara, non essendo il bando suscettibile di disapplicazione (cfr. TAR Lazio, sez. II-ter, 08.03.2006, n. 1775 e giurisprudenza ivi citata).
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Va ricordato che appartiene alla discrezionalità della stazione appaltante fissare i requisiti di partecipazione alla singola gara, anche superiori rispetto a quelli previsti dalla legge alla luce del suo potere-dovere di apprestare (attraverso la specifica individuazione dei requisiti di ammissione e di partecipazione ad una gara) gli strumenti più adeguati ai fini del perseguimento dell'interesse pubblico concreto, oggetto dell'appalto da affidare (ex multis Cons. Stato, 37 del 2007) e che unico limite alla insindacabilità che l’esercizio di tale potere incontra è legato alla una valutazione di manifesta irragionevolezza di quanto richiesto in correlazione al valore dell'appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14.12.2006 n. 7460; Cons. Stato, sez. V, 13.12.2005 n. 7081).
Più in particolare “il potere delle stazioni appaltanti di stabilire i requisiti di partecipazione, e tra questi anche il livello del fatturato richiesto nell'ultimo triennio, è sindacabile solo in caso di scelte che appaiono, "ictu oculi", irrazionali, fondate su errori di fatto o sproporzionate in relazione alla rilevanza economica del contratto da stipulare” (Consiglio Stato, sez. V, 23.01.2006, n. 206).
In ordine al requisito, in parola viene evidenziato (cfr. TAR Emilia Romagna Bologna, sez. I, 11.04.2008, n. 1424) che l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (cfr. deliberazione 24.01.2007, n. 20), che svolge (anche) una funzione di interpretazione e orientamento per le stazioni appaltanti, ha, al riguardo, rilevato come il giudice amministrativo abbia ritenuto immotivata la fissazione, per un appalto di pulizie, dell'iscrizione al registro delle imprese per un importo superiore a cinque volte il valore dell'appalto, ovvero, in relazione al fatturato, per un importo nove volte superiore al valore dell'appalto, mentre (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 31.01.2006, n. 348 ) si è ritenuta non incongrua né limitativa dell'accesso alla gara la richiesta di un fatturato, nel triennio pregresso, sino al doppio dell'importo posto a base della stessa.
Lo stesso G.A. stima, invece, irrazionale, eccessiva e sproporzionata, la richiesta di un importo eccedente di circa sette volte l'oggetto del contratto (si veda la decisione coeva e della stessa Sez. V, 23.01.2006, n. 206); ovvero illegittima la clausola del bando di gara che prevede, a dimostrazione del possesso del requisito di capacità economico-finanziaria, un fatturato dell'ultimo triennio che si attesti su una soglia minima pari a più di quindici volte l'ammontare dell'importo posto a base dell'appalto (TAR Lecce, sez. II, 02.01.2008, n. 1).
D’altra parte, TAR Lazio, Roma, sez. II, 08.03.2006 n. 1775, richiamata in ricorso, in fattispecie analoga alla presente ha ritenuto incongrua la richiesta di un fatturato dell’ultimo triennio pari a tre volte l’importo a base d’asta
(TAR Abruzzo-L'Aquila, sentenza 20.10.2010 n. 710 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIL’integrazione documentale deve riferirsi alla sola “documentazione attestante il possesso dei requisiti di partecipazione”, per cui non è possibile rettificare o comunque modificare gli elementi costitutivi dell'offerta tecnica.
La possibilità di chiedere la regolarizzazione delle dichiarazioni lacunose e della documentazione incompleta non è un dovere assoluto ed incondizionato, ma incontra i seguenti precisi limiti applicativi: a) l'inderogabile necessità del rispetto della par condicio, in quanto l'art. 6 della L. n. 241 del 1990, non può essere invocato per supplire all'inosservanza di adempimenti procedimentali significativi o all'omessa produzione di documenti richiesti a pena di esclusione dalla gara; b) il c.d. limite degli elementi essenziali, nel senso che la regolarizzazione non può essere riferita agli elementi essenziali della domanda, salvo che gli atti tempestivamente prodotti contribuiscano a fornire ragionevoli indizi circa il possesso del requisito di partecipazione non espressamente documentato; c) l'ammissibilità nei casi di equivoche clausole del bando relative alla dichiarazione od alla documentazione da integrare o chiarire.
I chiarimenti tecnici sull’offerta possono essere “necessari a dirimere alcuni dubbi emersi nel corso dell'esame dei progetti presentati dai raggruppamenti concorrenti, poiché, attraverso tali modalità, la stazione appaltante riesce a contemperare il rispetto del principio di segretezza con le esigenze di partecipazione.

Sul potere-dovere della stazione appaltante di chiedere chiarimenti, la giurisprudenza amministrativa ha spesso affermato che l’integrazione documentale debba riferirsi alla sola “documentazione attestante il possesso dei requisiti di partecipazione”, per cui non è possibile rettificare o comunque modificare gli elementi costitutivi dell'offerta tecnica.
In tal senso, il Consiglio di Stato ha sostenuto che “la possibilità di chiedere la regolarizzazione delle dichiarazioni lacunose e della documentazione incompleta non è un dovere assoluto ed incondizionato, ma incontra i seguenti precisi limiti applicativi: a) l'inderogabile necessità del rispetto della par condicio, in quanto l'art. 6 della L. n. 241 del 1990, non può essere invocato per supplire all'inosservanza di adempimenti procedimentali significativi o all'omessa produzione di documenti richiesti a pena di esclusione dalla gara; b) il c.d. limite degli elementi essenziali, nel senso che la regolarizzazione non può essere riferita agli elementi essenziali della domanda, salvo che gli atti tempestivamente prodotti contribuiscano a fornire ragionevoli indizi circa il possesso del requisito di partecipazione non espressamente documentato; c) l'ammissibilità nei casi di equivoche clausole del bando relative alla dichiarazione od alla documentazione da integrare o chiarire” (cfr, C.d.S., sez. V, 27.03.2009, n. 1840).
La giurisprudenza amministrativa ha tuttavia anche osservato che i chiarimenti tecnici sull’offerta possono essere “necessari a dirimere alcuni dubbi emersi nel corso dell'esame dei progetti presentati dai raggruppamenti concorrenti, poiché, attraverso tali modalità, la stazione appaltante riesce a contemperare il rispetto del principio di segretezza con le esigenze di partecipazione” (cfr., TAR Lombardia, Milano, sez. III, 30.06.2004, n. 2670)
(TRGA Trentino Alto Adige-Trento, sentenza 19.10.2010 n. 199 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZIIn caso di raggruppamento temporaneo di imprese cosiddetto orizzontale, nel quale tutti gli operatori economici concorrono all'esecuzione della medesima prestazione oggetto di appalto, i requisiti di capacità tecnica ed economica devono essere posseduti da ciascuna impresa in R.T.I., “quantomeno in una misura minima giuridicamente apprezzabile, non essendo sufficiente il possesso di tali requisiti unicamente da parte di una sola delle imprese riunite”.
La valutazione dell'idoneità tecnica, finanziaria ed economica dei raggruppamenti, quando si riferisce ad aspetti di carattere oggettivo, va effettuata, in via di principio, cumulativamente, tenendo conto della sommatoria dei mezzi e delle qualità che fanno capo a tutte le imprese raggruppate.
Il principio di corrispondenza sostanziale, già in fase di offerta, tra quote di qualificazione e quote di partecipazione all'A.T.I. e tra quote di partecipazione e quote di esecuzione, da tempo affermatosi in materia di lavori e sancito nell'art. 37, comma 6, D.Lgs. n. 163 del 2006, non è estensibile agli appalti di servizi (per i quali, come è noto, il nostro ordinamento non contempla un rigido sistema normativo di qualificazione dei soggetti esecutori) in cui è riconosciuta alle Amministrazioni aggiudicatrici una più ampia discrezionalità nell'individuazione dei requisiti di capacità tecnica e nella correlazione di questi con l'istituto del raggruppamento di imprese.

La giurisprudenza amministrativa ha concordemente affermato che in caso di raggruppamento temporaneo di imprese cosiddetto orizzontale, nel quale tutti gli operatori economici concorrono all'esecuzione della medesima prestazione oggetto di appalto, i requisiti di capacità tecnica ed economica devono essere posseduti da ciascuna impresa in R.T.I., “quantomeno in una misura minima giuridicamente apprezzabile, non essendo sufficiente il possesso di tali requisiti unicamente da parte di una sola delle imprese riunite” (cfr., TAR Lombardia, Milano, sez. I, 07.04.2009, n. 3227).
In tal senso, è stata considerata legittima l'esclusione da una gara d'appalto di un’associazione concorrente composta da imprese parzialmente prive dei requisiti di capacità tecnica richiesti dal bando ai fini della partecipazione alla gara, “atteso che, per costante orientamento giurisprudenziale, non è sufficiente la dimostrazione del possesso di detti requisiti da parte dell'associazione nel suo complesso, occorrendo invece la dimostrazione da parte di ciascuna impresa raggruppata” (cfr., TAR Lazio, Roma, sez. III, 01.04.2003, n. 2878).
Sul punto, deve essere ancora osservato che, nel vigente quadro normativo, le forme di aggregazione dei soggetti aspiranti all'affidamento di appalti pubblici hanno essenzialmente lo scopo di aprire la dinamica concorrenziale, consentendo la coalizione di imprese di minori dimensioni per favorire la loro crescita e soprattutto l'ingresso su mercati più estesi.
In questa prospettiva, i raggruppamenti temporanei sono comunque assoggettati ad un trattamento tendenzialmente uguale, o comunque non deteriore, rispetto a quello previsto, in generale, per i soggetti che partecipano alla gara singolarmente. “Pertanto, relativamente ai requisiti per l'accesso alla gara, salvo che non si tratti di condizioni soggettive che, per prescrizione di legge o per espressa disposizione di bando, devono essere necessariamente possedute singolarmente da ciascuna delle imprese riunite, la valutazione dell'idoneità tecnica, finanziaria ed economica dei raggruppamenti, quando si riferisce ad aspetti di carattere oggettivo, va effettuata, in via di principio, cumulativamente, tenendo conto della sommatoria dei mezzi e delle qualità che fanno capo a tutte le imprese raggruppate” (cfr., TAR Campania, Napoli, sez. I, 14.07.2006, n. 7509).
Tuttavia, proprio per impedire che si verifichino situazioni distorsive degli assetti concorrenziali, è imprescindibile l'esigenza di non trasformare la riunione di imprese in uno strumento elusivo delle regole impositive di un livello minimo di capacità per la partecipazione agli appalti. “Tale esigenza si presenta ancora più impellente nel caso di raggruppamento temporaneo orizzontale, nel quale tutti gli operatori economici concorrono all'esecuzione della medesima prestazione oggetto di appalto, con la conseguenza che analogo rigore deve essere osservato sia in presenza di requisiti non frazionabili che di quelli frazionabili, quali la capacità tecnica ed economica. Ne deriva che, nell'ipotesi di requisito frazionabile, esso deve essere posseduto da ciascuna impresa in A.T.I. nella misura prescritta dalla legge o dal bando e, in mancanza, almeno in una misura minima giuridicamente apprezzabile” (cfr., TAR Campania, Napoli, sez. I, 07.10.2008, n. 13437).
Sull’ulteriore questione della corrispondenza, perfetta o imperfetta, tra requisiti per l’accesso alla gara e ripartizione dei servizi futuri, il Collegio fa propria la recente considerazione della giurisprudenza amministrativa volta ad osservare che “il principio di corrispondenza sostanziale, già in fase di offerta, tra quote di qualificazione e quote di partecipazione all'A.T.I. e tra quote di partecipazione e quote di esecuzione, da tempo affermatosi in materia di lavori e sancito nell'art. 37, comma 6, D.Lgs. n. 163 del 2006, non è estensibile agli appalti di servizi (per i quali, come è noto, il nostro ordinamento non contempla un rigido sistema normativo di qualificazione dei soggetti esecutori) in cui è riconosciuta alle Amministrazioni aggiudicatrici una più ampia discrezionalità nell'individuazione dei requisiti di capacità tecnica e nella correlazione di questi con l'istituto del raggruppamento di imprese” (cfr., TAR Sicilia, Catania, sez. III, 27.02.2009, n. 423).
Negli stessi termini è stato altresì osservato che l'art. 37, comma 4, del decreto legislativo n. 163 del 2006 “si limita a stabilire che le associazioni temporanee di imprese devono specificare le parti del servizio che saranno eseguite da ciascun singolo operatore, mentre il successivo art. 42 nulla dispone in merito al rapporto tra requisiti di capacità tecnica e quota di partecipazione all'associazione temporanea”, e che pertanto, “in ipotesi di affidamento di appalti di servizi ovvero di forniture”, le ditte riunite in raggruppamento è sufficiente che dimostrino “ai fini della partecipazione e dell'ammissione delle domande, il possesso dei requisiti indicati nel bando e corrispondenti al tipo di servizio o di fornitura da eseguirsi” (cfr., TAR Lazio, Roma, sez. II, 09.10.2009, n. 9861)
(TRGA Trentino Alto Adige-Trento, sentenza 19.10.2010 n. 199 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILa legittimazione a rendere la dichiarazione del possesso dei requisiti di cui all'art. 38 D.Lgs. 163/2006 spetta al legale rappresentante dell’impresa ed essa assume come destinatari "tutti coloro che, in quanto titolari della rappresentanza dell'impresa, siano in grado di trasmettere, con il proprio comportamento, la riprovazione dell'ordinamento nei riguardi della loro personale condotta, al soggetto rappresentato".
Il requisito della moralità professionale deve essere valutato in capo ai soggetti che svolgono funzioni rappresentative delle ditte concorrenti nella gare pubbliche, avuto riguardo alle funzioni sostanziali di essi più che alle qualifiche formali e, quindi, al concreto esercizio del potere di rappresentanza della persona giuridica.

L’invocato art. 38 stabilisce, in particolare, che devono essere esclusi dalla partecipazione alle procedure pubbliche di affidamento di lavori, forniture e servizi le imprese con amministratori muniti del potere di rappresentanza e direttore tecnico, sia in carica che cessati nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando, nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale.
La legittimazione a rendere la dichiarazione del possesso dei requisiti di cui al citato art. 38 spetta dunque al legale rappresentante dell’impresa ed essa assume come destinatari, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato che il Collegio condivide, “tutti coloro che, in quanto titolari della rappresentanza dell'impresa, siano in grado di trasmettere, con il proprio comportamento, la riprovazione dell'ordinamento nei riguardi della loro personale condotta, al soggetto rappresentato” (cfr., C.d.S., sez. V, 09.03.2010, n. 1373).
Non ignora il Tribunale il complesso dibattito sviluppatosi sulla portata del menzionato art. 38, le disposizioni del quale possono essere integrate anche in relazione alle ulteriori disposizioni integrative contenute nei bandi di gara, tema sul quale la giurisprudenza amministrativa non ha ancora trovato soluzioni unanimi. In proposito, questo Tribunale ha già avuto occasione per affermare che sussiste detto obbligo di dichiarazione nei confronti “di chi rivesta (o abbia rivestito) la carica di amministratore, ma anche di colui che, in qualità di vice presidente vicario, o di institore, o di procuratore ad negotia, abbia ottenuto il conferimento di poteri consistenti nella rappresentanza dell'impresa e nel compimento di atti decisionali”.
In definitiva, valorizzando più l’effettività del potere che la mera titolarità, “il requisito della moralità professionale deve essere valutato in capo ai soggetti che svolgono funzioni rappresentative delle ditte concorrenti nella gare pubbliche, avuto riguardo alle funzioni sostanziali di essi più che alle qualifiche formali e, quindi, al concreto esercizio del potere di rappresentanza della persona giuridica” (cfr., T.R.G.A., 24.06.2010, n. 162 e la giurisprudenza ivi richiamata).
Il Tribunale ha precisato, altresì, che presupposto indefettibile per l’esclusione dalla gara, ai sensi del solo art. 38, è, peraltro, la sussistenza di precedenti penali per gravi reati in danno dello Stato o della Comunità che incidano sulla moralità professionale, mentre non assume alcun rilievo, in assenza di una specifica disposizione nella normativa di gara, “il mero dato formale della non veridicità della dichiarazione circa i soggetti che abbiano ricoperto le cariche rilevanti nel periodo di tempo all'uopo preso in considerazione dalla disciplina normativa”.
Nella specie, nemmeno in corso di giudizio alcun principio di prova è stato offerto sull’esistenza o meno di precedenti penali a carico dei nominati amministratori. Deve pertanto concludersi che, in mancanza di prove dirette ad evidenziare che le dichiarazioni sul pregiudizio penale carenti della specificazione di amministratori che abbiano ricoperto cariche rilevanti abbiano attribuito una posizione di vantaggio, anche solo per il profilo morale, al concorrente che le ha prodotte (e che quindi esse, anche potenzialmente, abbiano inciso sul procedimento fuorviando le statuizioni della stazione appaltante - cfr., in termini, C.d.S., sez. VI, 08.07.2010, n. 4436), debba essere fatta applicazione del cosiddetto falso innocuo.
Trattasi, in definitiva, “per mutuare categorie penalistiche, di un falso privo di qualsivoglia offensività rispetto agli interessi presidiati dalle regole che governano la procedura di evidenza pubblica, come tale non stigmatizzabile con la sanzione dell'esclusione” (cfr., C.d.S., sez. V, 13.02.2009, n. 829 e, in termini, T.R.G.A. Trento, 07.10.2009, n. 251) (TRGA Trentino Alto Adige-Trento, sentenza 19.10.2010 n. 199 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sui limiti dell'affidamento diretto alle società miste ai sensi dell'art. 113, c. 5, lett. b), del D.Lvo 267/2000.
Premesso che il principio generale è sempre quello della gara, e che l'affidamento diretto è sempre una deroga a tale principio, deroga consentita in casi di stretta interpretazione, la società mista si giustifica quale forma di partenariato pubblico-privato costituito per la gestione di uno specifico servizio per un tempo determinato.
In altri termini, non si ha in questi casi una esenzione dal principio della gara, ma muta l'oggetto della gara, che deve sempre essere esperita ma non più per trovare il terzo gestore del servizio, bensì il partner privato con cui gestire il servizio.
E' evidente quindi che le società miste cosiddette aperte, costituite cioè per finalità specifiche ma indifferenziate, non possono essere affidatarie dirette in quanto non soddisfano le condizioni a cui è ancorata la deroga.
Pertanto, l'acquisizione nel caso di specie di una partecipazione azionaria di una società costituita in precedenza, ancorché avente ad oggetto la gestione dei rifiuti, non era sufficiente a legittimare l'affidamento diretto e ad escludere la necessità della gara (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.10.2010 n. 7533 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZILe società miste cosiddette "aperte" non possono essere affidatarie dirette in quanto non soddisfano le condizioni a cui è ancorata la deroga.
L’Adunanza Plenaria n. 1 del 2008 ha chiarito i limiti dell’affidamento diretto alle società miste ai sensi dell’art 113, comma 5, lett. b), del D.Lvo 267/2000.
Premesso che il principio generale è sempre quello della gara, e che l’affidamento diretto è sempre una deroga a tale principio, deroga consentita in casi di stretta interpretazione, la società mista si giustifica quale forma di partenariato pubblico-privato costituito per la gestione di uno specifico servizio per un tempo determinato.
In altri termini, non si ha in questi casi una esenzione dal principio della gara, ma muta l’oggetto della gara, che deve sempre essere esperita ma non più per trovare il terzo gestore del servizio, bensì il partner privato con cui gestire il servizio.
E’ evidente quindi che le società miste cosiddette aperte, costituite cioè per finalità specifiche ma indifferenziate, non possono essere affidatarie dirette in quanto non soddisfano le condizioni a cui è ancorata la deroga. Pertanto, l’acquisizione nel caso di specie di una partecipazione azionaria di una società costituita in precedenza, ancorché avente ad oggetto la gestione dei rifiuti, non era sufficiente a legittimare l’affidamento diretto e ad escludere la necessità della gara (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.10.2010 n. 7533 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sui requisiti necessari affinché possa configurarsi un consorzio avente carattere di stabilità.
Sulla legittimità del provvedimento di aggiudicazione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un consorzio che, ai fini della partecipazione ad una gara d'appalto, abbia scelto, quali esecutrici dei lavori, imprese dotate di requisiti tecnico-finanziari non corrispondenti ai propri.
In ordine all'individuazione dei requisiti necessari al fine di attribuire ad un consorzio il carattere di stabilità che gli consenta, peraltro, di usufruire delle relative agevolazioni di settore, ai sensi dell'art. 36, comma I, del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti), non occorre un atto che formalizzi l'autonomia della struttura d'impresa, né la decisione, da parte delle singole consorziate, di agire congiuntamente, ma è sufficiente che dallo statuto e dall'atto costitutivo emerga, come nel caso di specie, la presenza di una dimensione organizzativa compatibile con il modello giuridico-formale in questione.
E' legittimo il provvedimento di aggiudicazione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un consorzio che, in sede di partecipazione, abbia indicato, quali sue ausiliarie ai fini dell'esecuzione dei lavori, imprese in possesso di requisiti non corrispondenti ai propri, ciò in quanto, ai sensi dell'art. 12 della L. n. 109/1994, nonché dell'art. 36 del d.lgs. n. 163/2006, il consorzio e le singole imprese consorziate, pur conservando una autonoma soggettività giuridica, sono legate tra loro da un rapporto di tipo organico, in virtù del quale parte contraente resta il consorzio, il solo competente nell'esecuzione dell'appalto, il quale stipula in nome proprio, ma per conto delle stesse singole imprese; pertanto, è ai requisiti di idoneità tecnico-finanziaria da esso posseduti che occorre fare riferimento in sede di valutazione dei presupposti necessari ai fini della partecipazione alla gara (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.10.2010 n. 7524 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Consorzi - Art. 36 d.lgs. n. 163/2006 - Partecipazione alla gara - Istituzione formale - Necessità - Esclusione.
L’art. 36, I c., del D.Lgs. n. 163 del 2006 stabilisce che “Si intendono per consorzi stabili quelli, in possesso, a norma dell'articolo 35, dei requisiti previsti dall'articolo 40, formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”.
La norma non prevede espressamente che la autonoma struttura di impresa debba essere formalmente istituita, né che la decisione delle imprese consorziate di operare in modo congiunto debba essere formalizzata in un atto all’uopo redatto. In base al principio del favor partecipationis essa disposizione va quindi interpretata nel senso che consenta la più larga partecipazione possibile alla gara.
Consorzi - Partecipazione alle procedure di evidenza pubblica - Requisiti soggettivi.
In tema di requisiti soggettivi di partecipazione dei Consorzi alle procedure di evidenza pubblica, la giurisprudenza è orientata nel senso che, una volta che il Consorzio abbia superato la preselezione valendosi anche della somma dei requisiti delle ditte consorziate, non può più richiedersi ad esso l'esecuzione da parte di una singola consorziata anche se è tale ditta che assicura la presenza dei requisiti soggettivi richiesti per l'ammissione alla gara, essendo l'esecuzione dell'appalto di competenza del Consorzio, che potrà adempiere secondo le regole contrattuali che sono a fondamento della sua costituzione e del suo funzionamento, sempre che non siano richiesti requisiti soggettivi che attestino una capacità tecnica specifica che l'ordinamento riconosca solo ad alcuni soggetti con una regolamentazione a livello normativo delle modalità di conseguimento di tale idoneità, come l’iscrizione in albi, elenchi speciali ovvero conseguimento di particolari abilitazioni (Consiglio Stato, sez. V, 29.11.2004, n. 7765).
Il Consorzio stipula quindi il contratto in nome proprio ma per conto delle imprese consorziate, alle quali poi assegna i lavori, senza che sia obbligato a rispettare l’assegnazione originaria, anche perché il D.P.R. n. 34 del 2000 non prevede la coincidenza tra le qualificazioni delle singole imprese consorziate e la qualificazione SOA del Consorzio (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.10.2010 n. 7524 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Il Consorzio in possesso della qualificazione per i lavori appaltati può affidare l’esecuzione degli stessi anche ad una impresa priva dei requisiti di adeguata qualificazione.
Con una delle numerose doglianze presenti nella sentenza in commento si è argomentato che un Consorzio avrebbe dovuto essere escluso dalla gara avendo designato per la esecuzione dei lavori una impresa qualificata per la esecuzione di lavori nella categoria OG2, classifica III, priva dei requisiti di capacità tecnica per la esecuzione dei lavori di categoria OG2, classifica IV.
Il TAR, al contrario, avrebbe affermato che il Consorzio era in possesso della qualificazione e quindi poteva affidare l’esecuzione dei lavori anche ad una impresa priva dei requisiti di adeguata qualificazione. Viceversa, contestano i ricorrenti, il Consorzio, che non ha una sua struttura di impresa e non esegue direttamente i lavori, non poteva affidare la esecuzione dei lavori ad imprese prive dei requisiti di capacità economica, tecnica e finanziaria, perché la costituzione dei Consorzi non può risolversi in espediente per aggirare le norme sulla qualificazione.
Va rilevato al riguardo, ad avviso dei giudici del Consiglio di Stato, che il TAR ha in proposito considerato che sulla base della definizione che dei consorzi stabili danno sia l'art. 12 della legge 11.02.1994, n. 109, che l’art. 36 del D.Lgs. n. 163 del 2006, si evince che, sebbene tanto il Consorzio stabile quanto le imprese consorziate conservino la loro autonoma soggettività giuridica, tuttavia sussiste tra esse un legame ben più stretto di ogni altra forma di collegamento già raffigurata dalla legge qualificabile quale rapporto di tipo organico, sicché unico soggetto interlocutore dell'Amministrazione appaltante è il Consorzio stesso, che assumerà la veste di parte del contratto, con la relativa assunzione in proprio di tutti gli obblighi, gli oneri e le responsabilità.
Ha pertanto rilevato il Giudice di prime cure che ”sia dagli atti di causa che nella domanda di partecipazione alla gara, che risulta speso lo status di Consorzio e, quale soggetto esecutore, è stata designata l'Impresa <…>, potendo i consorzi stabili far eseguire i lavori appaltati alle imprese consorziate, senza che da ciò possa configurarsi l'istituto del subappalto, proprio perché legati da un rapporto interno di tipo organico. È stato, altresì, comprovato, con il deposito dell'attestazione SOA, il possesso della qualificazione alla realizzazione dei lavori di cui alla categoria OG2 classifica IV, di tal che la censura deve essere disattesa”.
Osserva al riguardo il giudice d’appello che, in tema di requisiti soggettivi di partecipazione dei Consorzi alle procedure di evidenza pubblica, la giurisprudenza è orientata nel senso che, una volta che il Consorzio abbia superato la preselezione valendosi anche della somma dei requisiti delle ditte consorziate, non può più richiedersi ad esso l'esecuzione da parte di una singola consorziata anche se è tale ditta che assicura la presenza dei requisiti soggettivi richiesti per l'ammissione alla gara, essendo l'esecuzione dell'appalto di competenza del Consorzio, che potrà adempiere secondo le regole contrattuali che sono a fondamento della sua costituzione e del suo funzionamento, sempre che non siano richiesti requisiti soggettivi che attestino una capacità tecnica specifica che l'ordinamento riconosca solo ad alcuni soggetti con una regolamentazione a livello normativo delle modalità di conseguimento di tale idoneità, come l’iscrizione in albi, elenchi speciali ovvero conseguimento di particolari abilitazioni (Consiglio Stato, sez. V, 29.11.2004, n. 7765).
Il Consorzio stipula quindi il contratto in nome proprio ma per conto delle imprese consorziate, alle quali poi assegna i lavori, senza che sia obbligato a rispettare l’assegnazione originaria, anche perché il D.P.R. n. 34 del 2000 non prevede la coincidenza tra le qualificazioni delle singole imprese consorziate e la qualificazione SOA del Consorzio.
Ciò non costituisce un espediente per aggirare le norme sulla qualificazione, atteso che, come già evidenziato, è il Consorzio e non le singole imprese consorziate che è dotato di soggettività giuridica nel partecipare alla gara ed è ai requisiti di idoneità tecnica e finanziaria posseduti e comprovati da esso, mediante il cumulo dei requisiti posseduti dalle singole consorziate, che occorre far riferimento nel valutare i requisiti di partecipazione alla gara (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.10.2010 n. 7524 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: È idoneo a radicare la legittimazione al ricorso anche l’interesse strumentale alla riedizione integrale della procedura.
In applicazione delle coordinate sancite dalla decisione n. 11/2008 dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, in materia di rapporti tra ricorso principale e ricorso incidentale, si deve infatti convenire che è idoneo a radicare la legittimazione al ricorso anche l’interesse strumentale alla riedizione integrale della procedura.
Si deve, in particolare, rimarcare che, in una prospettiva coerente con i principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, costituisce bene della vita meritevole di protezione giurisdizionale anche la chance di aggiudicazione derivante dalla partecipazione alla nuova procedura, sempre che l’impresa abbia differenziato, con la domanda di partecipazione, la propria posizione rispetto al quisque de populo e che non sussistano preclusioni soggettive alla partecipazione alla nuova procedura (Consiglio Stato, sez. V, 01.02.2010, n. 417; Consiglio Stato ad. plen., 15.04.2010, n. 1, che mette l’accento proprio sul dato discriminante dato dalla possibilità, per l’impresa esclusa, di partecipare ad un'eventuale nuova gara bandita dalla stazione appaltante) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.10.2010 n. 7515 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Lex specialis di gara - Costituisce autovincolo per l'Amministrazione che non può discostarsi da quanto in essa stabilito, a pena di illegittimità del suo operato (ipotesi di esclusione dalla gara).
Le ipotesi di espressa comminatoria di esclusione dalla procedura selettiva contenuta nel bando o più in generale negli atti recanti la lex specialis di gara hanno valore di autovincolo per l'Amministrazione procedente, chiamata poi ad applicare puntualmente le disposizioni in essa contenute.
Ciò implica che la stessa non può poi ritornare sui suoi passi ed agire in termini difformi rispetto a quanto stabilito negli atti normativi di gara, a pena di illegittimità del suo operato (cfr. TAR Liguria, Genova, sez. II, 13.05.2010, n. 2534) (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 15.10.2010 n. 6961 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIPartecipazione di un raggruppamento temporaneo di imprese - Garanzia fideiussoria - Intestazione sia della capogruppo che delle mandanti.
Nel caso di partecipazione ad una gara di appalto di un raggruppamento temporaneo di imprese, la polizza fideiussoria mediante la quale viene costituita la cauzione provvisoria deve essere necessariamente intestata, a pena di esclusione, non già alla solita capogruppo designata, ma anche alle mandanti (Consiglio Stato , sez. V, 26.10.2009, n. 6533).
Ciò non solo per gli appalti di lavori regolati dalla disciplina previgente al D.Lgs. n. 163 del 2006, ma anche per quelli di servizi regolati dal D.Lgs. n. 157 del 1995, stante l'esigenza di assicurare in modo pieno l'operatività della garanzia fideiussoria di fronte ai possibili inadempimenti (Consiglio di Stato, sez. V, 26.10.2009, n. 6533) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 15.10.2010 n. 4058 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Principio di pubblicità delle sedute - Verifica preliminare ed esterna della regolarità dei plichi - Seduta pubblica - Necessità - Esame degli elementi valutativi delle offerte - Seduta riservata - Ragioni.
Il principio di pubblicità delle sedute, nel corso delle quali vengono svolti gli adempimenti connessi alla verifica della regolarità della documentazione richiesta dalle regole di gara, ai fini della ammissibilità delle offerte, è applicazione del più generale principio di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), ed è posto a garanzia, oltre che degli interessi pubblici richiamati, anche dei privati che partecipano alle procedure contrattuali pubbliche, i quali in tal modo sono posti in condizione di verificare la correttezza dell’attività amministrativa nelle singole gare.
La seduta pubblica deve essere adottata anche quando si tratti della verifica preliminare ed esterna della regolarità dei plichi contenenti la documentazione dell’offerta tecnica oggetto di valutazione da parte della commissione giudicatrice; l’esame degli elementi valutativi delle offerte tecniche deve essere invece effettuato in seduta riservata , al fine di evitare i condizionamenti che possono derivare dalla presenza dei concorrenti diretti interessati (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 15.10.2010 n. 2299 - link a www.ambientediritto.it).

LAVORI PUBBLICILEASING IN COSTRUENDO.
La Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per la Lombardia, con il parere 14.10.2010 n. 953, ha dato luogo ad un interessante analisi dell’istituto del leasing in costruendo, intrattenendosi, in particolare, sulle modalità di classificazione contabile. Si tratta di un importante provvedimento di chiarificazione dell’istituto e dei suoi rapporti con le analoghe figure.
Primariamente, i giudici contabili riconoscono l’insopprimibile valenza dell’autonomia privata, intesa quale insieme dei poteri e delle facoltà, attribuite ad ogni soggetto giuridico, tendenti a dare assetto a interessi individuali e di gruppo. Precisamente, la Corte parla “capacità di costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici di tipo patrimoniale, nonché della capacità di porre in essere atti negoziali anche atipici”.
Ovviamente, l'autonomia privata trova il suo fondamento normativo nella Costituzione ed, in particolare, negli articoli 2 e 41. Il primo, nel riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali, dove si svolge la sua personalità, implicitamente afferma il potere di autodeterminazione dei privati in ordine agli interessi di natura personale.
L'articolo 41 Cost., inoltre, nell'ammettere la libertà di iniziativa economica, attribuisce ai privati la facoltà di porre da sé regole in funzione del soddisfacimento dei propri interessi patrimoniali. Al riguardo, occorre osservare che autonomia privata ed autonomia contrattuale non sono termini equivalenti. Infatti, quest'ultima si esplica prevalentemente, ma non esclusivamente, nella libertà contrattuale, sia pure estesa al diritto di famiglia e al diritto successorio.
Sono espressione di autonomia contrattuale il testamento, la procura e la remissione del debito; non lo sono gli atti unilaterali, perché questi sono rigidamente disciplinati dal codice civile e non c'è alcuno spazio per la libertà dei soggetti di modificare gli schemi tipici al fine di adeguarli alle proprie esigenze personali. A ben vedere, l'autonomia privata esprime una fenomenologia molto più articolata, che investe anche attività extra-negoziali (ad esempio, ricreative, educative, etc.), poteri di normazione privata (ad esempio, sistemi sanzionatori privati) e libertà matrimoniale.
Tuttavia, l’autonomia privata incontra dei limiti di carattere generale, consistenti nella meritevolezza degli interessi e nella liceità della causa, nonché nel rispetto dei principi costituzionali di legalità e imparzialità e di doverosa finalizzazione dell’attività o del negozio al perseguimento dei fini istituzionali predeterminati dalla legge. I giudici contabili fanno osservare che sussistono altre peculiari disposizioni normative, che limitano e regolano la capacità giuridica di diritto privato e si rinvengono, precisamente:
- nel vetusto sistema di contabilità pubblica;
- nella disciplina dell’indebitamento degli enti locali;
- nei principi dell’evidenza pubblica, in sede di scelta del miglior contraente e formazione dei contratti;
- nella disciplina comunitaria e nazionale in materia di contratti pubblici.
Ora, occorre presta massima attenzione al 2° comma, dell’articolo 1322 del codice civile, il quale stabilisce che “le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico”. Si tratta, come noto, dell’importante disposizione civilistica, che consacra il principio della possibile atipicità dei contratti. Proprio in forza di tale principio, fa osservare la Corte dei conti, il contratto di leasing in costruendo ha ricevuto piena legittimazione e disciplina nel settore pubblico.
Tale “riconoscimento pubblico”, possibile proprio in virtù dell’indicato principio, si è avuto con l’articolo 160-bis del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006), modificato ed integrato ad opera del terzo decreto correttivo al Codice medesimo. Siffatta disposizione normativa ha, sostanzialmente, reso operativo lo strumento, ampliandone l’oggetto che può, ora, riguardare la realizzazione, l’acquisizione ovvero il completamento, conformemente alle indicazioni del committente, di opere pubbliche o di pubblica utilità.
Entrando nel “cuore” dell’istituto, la Corte dei conti ha riconosciuto, in generale, l’ammissibilità del leasing in costruendo nell’ambito della capacità negoziale di diritto privato della Pubblica amministrazione. Tuttavia, tale ammissibilità deve rispettare alcuni imprescindibili profili di azione, tipici di ogni Pubblica amministrazione e, precisamente:
a) l’assoggettamento alle regole dell’evidenza pubblica, secondo le tipologie dei beni e dell’importo del contratto.
b) la necessità di una congrua motivazione in merito agli aspetti relativi alla convenienza economica dell’operazione, anche sul versante dell’efficiente ed efficace perseguimento del pubblico interesse.
c) l’esigenza di un’analisi costi-benefici, estesa alle altre possibili forme di finanziamento (dal mutuo all’autofinanziamento, all’apertura di credito etc.), per verificare anche l’impatto in termini di sostenibilità per il bilancio dell’ente delle diverse opzioni.
In altri termini, occorrerà porre in essere un’analisi comparativa fra i diversi sistemi di finanziamento-realizzazione di un’opera pubblica, al fine di individuarne il migliore.
d) La causa di finanziamento e di indebitamento del contratto deve rispettare i principi espressi dall’articolo 119 Cost., ai fini dell’ammissibilità della spesa.
Ciò che deve essere inequivocabilmente chiaro, ad avviso dei giudici contabili, è che gli strumenti di leasing, compreso quello in costruendo, non possono, in ogni caso, essere utilizzati per eludere le regole di azione ora indicate. In particolare, assumono peculiare rilievo:
- il rispetto dei vincoli di destinazione dei proventi, derivanti dall’alienazione del patrimonio pubblico;
- il divieto di ricorrere all’indebitamento, per finanziare spese diverse da quelle di investimento;
- le disposizioni normative, sancite dagli articoli 202- 204 del D.Lgs. n. 167/2000, in merito alla disciplina ed ai limiti dell’indebitamento;
- la necessità di tenere conto anche delle forme di garanzia, eventualmente richieste all’ente pubblico, per il corretto assolvimento delle obbligazioni contrattuali (commento tratto dalla newsletter di www.centrostudimarangoni.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: L’avvenuta costituzione dell’associazione temporanea non priva le singole imprese facenti parte della stessa associazione di legittimazione processuale attiva.
L’avvenuta costituzione dell’associazione temporanea non priva le singole imprese facenti parte della stessa associazione di legittimazione processuale attiva, atteso che il conferimento del mandato speciale all’impresa capogruppo (riguardante l’a.t.i.) non preclude la facoltà delle singole imprese di agire singulatim, mancando un’espressa previsione in tal senso nella normativa sia comunitaria che nazionale (cfr. Cons. St., sez. VI, 25.11.2008 n. 5773, nonché sez. V, 28.12.2007 n. 6689 e 23.10.2007 n. 5577; cfr., altresì, Corte giust. CE, ord. 04.10.2007 resa nella causa C-492/06); altrettanto è, dunque, anche circa la speculare legittimazione passiva di dette singole imprese (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 13.10.2010 n. 7467 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla ratio di cui al c. 15-quater dell'art. 113 t.u.e.l. e differenze con il c. 9 dell'art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, conv. dalla l. n. 133 del 2008.
La ratio di cui al c. 15-quater dell'art. 113 t.u.e.l. dell'esonero delle prime gare dall'applicazione del divieto cristallizzato dal c. 6, risiede nell'esigenza di consentire alle imprese affidatarie, in virtù di affidamenti diretti, che si erano date una struttura per porsi in concorrenza sul libero mercato, di non dissipare i notevoli investimenti cui avevano dato luogo.
Posto, infatti, che a regime tali imprese non possono godere, in virtù dei principi comunitari in materia di tutela effettiva della concorrenza e di apertura reale del mercato, della contestuale possibilità di ottenere affidamenti diretti e di partecipare a gare in libero mercato, si è reputato che l'immediata esclusione dei soggetti in parola dalle gare indette dalle amministrazioni per le quali erogavano i servizi oggetto della gara, avrebbe creato una improvvisa soluzione di continuità, foriera di una disparità di trattamento alla rovescia, con la cancellazione ex abrupto degli investimenti effettuati proprio nell'ambito territoriale di riferimento.
E' ragionevole, quindi, nell'ambito di discrezionalità che gli compete, che il legislatore, statale e regionale, abbia previsto il termine in questione, al fine di consentire alle imprese, operanti in virtù di precedenti affidamenti diretti, di riorganizzarsi per competere nei rispettivi ambiti di interesse.
Tale ratio consente di limitare l'eccezione ai soli casi in cui vi sia una perfetta identità territoriale, oltre che settoriale, dell'oggetto della gara e del previo affidamento diretto. Di qui la non operatività di detto regime transitorio di favore per le gare indette da un Comune diverso da quelli presso i quali la società in esame gode di affidamenti diretti.
A sostegno dell'assunto vi è anche la considerazione sistematica della portata derogatoria di detta disposizione rispetto ai principi comunitari contrari all'alterazione delle dinamiche concorrenziali innescata dalla possibilità che un'impresa possa lucrare della rendita di posizione insita in un affidamento anti-competitivo al fine di concorrere in altri contesti territoriali o settoriali.
La dizione letterale del c. 15-quater, dell'art. 113 t.u.e.l. si incentra sull'enunciato: "...le prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara", dunque non genericamente "servizi identici" o "analoghi": ciò lascia intendere che i servizi messi a gara devono essere, perché operi la deroga, proprio quelli che le società fornivano all'amministrazione che ha indetto la gara. Inoltre, l'enunciato normativo collega implicitamente in un unico "insieme" i concetti di "prime gare", "servizi forniti" e "società partecipanti alla gara".
Costrutto ben diverso da quello successivamente esibito dal c. 9 dell'art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 conv. dalla l. n. 133 del 2008, modificato dall'art. 15, c. 1, lett. d), del d.l. n. 135 del 2009 convertito dalla l. n. 166 del 2009: "I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti", in cui il riferimento a "tutto il territorio nazionale" e alla "prima gara successiva alla cessazione del servizio" designa un diverso punto di rilevanza ermeneutica: quello dell'impresa affidataria.
Del resto, il carattere derogatorio, dunque eccezionale, della norma, ne impone una interpretazione restrittiva. La sua ragion d'essere è plausibilmente quella di evitare che le società che forniscono servizi ad un'amministrazione ed hanno pertanto acquisito esperienza "sul territorio" siano automaticamente estromesse dalle gare per l'affidamento concorrenziale di quei servizi: non già, invece, quello di elargire agli attuali affidatari diretti una moratoria generalizzata a tutte le prime gare rispetto al termine dell'01.01.2007.
Tutti questi elementi inducono ad affermare che la deroga deve intendersi ristretta alle società che gestivano i servizi oggetto della gara con affidamento diretto da parte dell'amministrazione che la indice.
Pertanto, nel caso di specie, è legittima l'esclusione disposta dal comune, posto che per l'ente locale la gara indetta non era la prima successiva alla cessazione del regime di affidamento diretto e che, all'atto dell'indizione della gara, la società godeva di persistenti affidamenti diretti in altri ambiti territoriali (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.10.2010 n. 7401 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Art. 90 D.P.R. n. 554/1999 - Prezzo o ribasso - Indicazione in lettere e in cifre - Discordanza - Discordanza tra ribasso e prezzo complessivo.
La lettera e la ratio della norma di cui all'art. 90 del D.P.R. n. 554/1999, nella parte in cui stabilisce la prevalenza del ribasso percentuale indicato in lettere, essendo improntata ad un'esigenza di conservazione, non consente di limitarne l'operatività ai soli casi di discordanza tra cifra e lettera del prezzo o del ribasso, venendo tale prescrizione in rilievo anche in caso di discordanza tra ribasso e prezzo complessivo (Cons. Stato, Sez. V, 13.06.2008, n. 2976) (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 12.10.2010 n. 6450 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZI: Sul divieto di partecipazione alle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale previsto dall'art. 14, c. 5, del d.lgs. n. 164/2000.
L'art. 14, c. 5, del d.lgs. n. 164/2000, impedisce la partecipazione alle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale "delle società, delle loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, che, in Italia o in altri Paesi dell'Unione europea, gestiscono di fatto, o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto, servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica".
Pertanto, nel caso di specie, la società aggiudicataria della concessione per la realizzazione della rete del gas dei centri abitati dei comuni appartenenti al Bacino avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura di gara di cui trattasi, avendo in affidamento diretto, mediante una controllata, il servizio di distribuzione del gas in un altro ente locale (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 12.10.2010 n. 2293 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: G.U. 12.10.2010 n. 239 "Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a norma dell’articolo 23 -bis , comma 10, del decreto-legge 25.06.2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 06.08.2008, n. 133" (D.P.R. 07.09.2010 n. 168).

APPALTI SERVIZI: Gli elementi invocabili a sostegno di un’offerta anormalmente bassa per essere ritenuti fondati, non devono risolversi in asserzioni meramente apodittiche.
Rammenta invero al riguardo la Sezione che l’insieme delle giustificazioni, che peraltro l’art. 87 del Codice annovera in maniera non tassativa, che un’impresa può addurre a suffragio della sua offerta indubitata di anomalia devono connotarsi per intrinseci caratteri di obiettività e riscontrabilità e possono consistere in specifiche modalità di prestazione del servizio, in originalità delle soluzioni proposte dall’offerente, in condizioni eccezionalmente favorevoli di cui egli goda o in eventuali agevolazioni fiscali o in aiuti di stato.
In ogni caso, giova ribadire, deve trattasi di elementi obiettivi, documentati e pertanto riscontrabili.
La giurisprudenza, del resto, ha già avuto modo di chiarire sul punto che gli elementi invocabili a sostegno di un’offerta anormalmente bassa per essere ritenuti fondati, non devono risolversi in asserzioni meramente apodittiche e/o fare generico riferimento a benefici fiscali e/o contributivi, a favorevoli condizioni di mercato (TAR Marche, 30.11.2009, n. 1427).
L’offerta dell’aggiudicataria, pertanto, essendo notevolmente inferiore, quanto ai servizi a richiesta, ai minimi fissati per la retribuzione oraria sia dal CCNL vigente per il personale impiegato negli istituti di vigilanza privata che da D.M. Lavoro 08.07.2009, infrange l’art. 87 del codice dei contratti, il quale stabilisce che "Non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge".
Sul punto la giurisprudenza predica la stessa inammissibilità delle giustificazioni con cui l’impresa tenti di motivare la violazione dei predetti minimi salariali, avendo condivisibilmente precisato che “In tema di offerte anormalmente basse, l'art. 87, d.lgs. 12.04.2006 n. 163, va interpretato nel senso che non può aversi l'allegazione da parte delle imprese partecipanti a gare pubbliche di giustificazioni sulla remuneratività dell'offerta riferite alle tariffe sul costo del lavoro, con la conseguenza che le p.a. non possono tenere conto di quelle eventualmente prodotte” (TAR Sicilia-Palermo, sez. II, 28.11.2007, n. 3223) (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 11.10.2010 n. 3730 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: Dal 25.09.2010 nuove regole per gli accessi ai cantieri di Lavori Pubblici.
Il D.P.R. n. 150 del 02.08.2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 212 del 10.09.2010, ridefinisce la disciplina di accessi ed accertamenti presso i cantieri delle imprese interessate all'esecuzione di lavori pubblici per contrastare le infiltrazioni mafiose.
Il Decreto si applica, dal 25.09.2010, a tutti i soggetti che intervengono a qualunque titolo nel ciclo di realizzazione dell'opera, anche con appalti di modesta entità (noli e forniture di beni e prestazioni di servizi, ivi compresi quelli di natura intellettuale, qualunque sia l'importo dei relativi contratti o dei subcontratti).
Il provvedimento prevede l’esecuzione di controlli effettuati da un gruppo interforze che sarà composto da funzionari della polizia di stato, dell'arma dei carabinieri, della guardia di finanza, della Dia, del provveditorato alle opere pubbliche e da un rappresentante della Direzione provinciale del lavoro (link a www.acca.it).

APPALTI: Dall'01.11.2010 CIG obbligatorio.
Con un Comunicato del 1° ottobre scorso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha precisato che a decorrere dall'01.11.2010 le Stazioni Appaltanti che richiedono la pubblicazione di bandi e avvisi sulla Gazzetta Ufficiale devono indicare obbligatoriamente il codice CIG (codice identificativo gara) rilasciato dall'Autorità.
Pertanto, da tale data, il formulario di richiesta di inserzione sulla GURI sarà modificato con l’indicazione del CIG o della causa di esclusione dall'obbligo di richiesta del medesimo (nei casi individuati con delibera dell'Autorità).
Con una nota dello scorso 7 settembre l'Autorità aveva comunicato che a decorrere dal 15.10.2010 le operazioni connesse al rilascio del codice CIG a mezzo del SIMOG saranno consentite esclusivamente al Responsabile del Procedimento (art. 10, commi 1 e 9, D.Lgs. 163/2006) (link a www.acca.it).

APPALTI: F. Armenante, Rassegna giurisprudenziale sulle procedure ad evidenza pubblica (link a http://doc.sspal.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Trasmissione informatizzata della notifica preliminare di avvio lavori nei cantieri - Decreto del Direttore Generale Sanità n. 9056 del 14.09.2009 e Decreto del Direttore Regionale del Lavoro n. 117 del 23.09.2009 (Regione Lombardia, Direzione Generale Sanità, Governo della Prevenzione e Tutela Sanitaria, Prevenzione Ambienti di Vita e di Lavoro, nota 08.10.2010 n. 33248 di prot.).

APPALTI: Tacere sulle condanne riportate comporta l’esclusione dalla gara di appalto.
Gli oneri posti a carico del partecipante ad una gara di appalto, tra qui quello di dichiarare, sotto pena di falso, tutte le condanne riportate -con esclusione di quelle per cui vi sia stata riabilitazione o non menzione- costituiscono “lex specialis”.
Essi rientrano tra i criteri applicativi e non possono ritenersi illegittimi laddove non dispongono l’estromissione immediata della società partecipante alla gara ma prevedono la avocazione alla stazione appaltante di ogni valutazione in merito alla rilevanza dei requisiti richiesti (nella specie, rilevanza delle condanne in relazione all’incidenza sulla affidabilità morale e professionale).
L’irrilevanza delle condanne, con riferimento al giudizio di affidabilità morale o professionale dei partecipanti alla gara può sempre essere sottoposta al vaglio di legittimità innanzi al Giudice amministrativo.
Ciò che rileva nella fattispecie, invece, è il fatto che tutte le sentenze di condanna, fatte salve quelle pronunce per le quali fosse intervenuto formale provvedimento di riabilitazione o fosse stata dichiarata l’estinzione, dovevano essere espressamente indicate, comprese quelle per le quali era stato concesso il beneficio della non menzione.
La mancata dichiarazione da parte del partecipante alla gara di appalto di tutte le sentenze di condanna, fatte salve quelle pronunce per le quali fosse intervenuto formale provvedimento di riabilitazione, estinzione, o non menzione, incide non già sugli effetti di tali condanne, ma sulla situazione di infedeltà, reticenza o inaffidabilità della società che ha dichiarato un fatto non vero correlando così, la propria offerta, con un’attestazione falsa.
Alla violazione degli obblighi dichiarativi consegue la legittima l’esclusione dalla gara della società partecipante, non potendo aver rilievo l’indagine sui motivi che avevano indotto a sottacere tali condanne o l’insussistenza del dolo o della colpa (C.S. n. 4906/2009, n. 353/2002, n. 3183/2002) (massima tratta da www.litis.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.10.2010 n. 7349 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La mancata dichiarazione circa l'esistenza di condanne penali a carico di due rappresentanti legali della società incide, non già sugli effetti di tali condanne, ma sulla situazione di infedeltà, reticenza o inaffidabilità della società che ha dichiarato un fatto non vero (l'assenza di condanne) correlando, così, la propria offerta con un'attestazione falsa.
La società ricorrente in primo grado veniva esclusa dalla gara per non aver dichiarato, nella domanda di partecipazione, l'esistenza di condanne penali a carico di due rappresentanti legali della società, come accertato dall'amministrazione a seguito di verifiche effettuate presso il casellario giudiziario.
Secondo i giudici di Palazzo Spada, la mancata dichiarazione da parte della ricorrente in primo grado incide non già sugli effetti di tali condanne, ma sulla situazione di infedeltà, reticenza o inaffidabilità della società che, per motivi che non hanno rilievo di questa sede, ha dichiarato un fatto non vero (l'assenza di condanne) correlando così, la propria offerta, con un'attestazione falsa.
Pertanto, l’esclusione ha correttamente inciso sulla violazione degli obblighi dichiarativi perché l’attestazione allegata all'offerta risultava, di per sé, falsa e, comunque, non conforme al modello imposto dal bando, con la conseguenza di dover ritenere legittima l'esclusione dalla gara della società ricorrente, non potendo aver rilievo, nella fattispecie, l’indagine sui motivi che avevano indotto a sottacere tali condanne o l'insussistenza del dolo o della colpa (C.S. n. 4906/2009, n. 353/2002, n. 3183/2002) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.10.2010 n. 7349 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI SERVIZI: Quando oggetto dell'appalto è un servizio di cui all'allegato II B, si applicano i soli artt. 65, 68 e 225 del D.Lgs. n. 165/2006 (Codice dei contratti pubblici).
Agli appalti di servizi compresi nell'allegato II B del D.Lgs. n. 165/2006 (Codice dei contratti pubblici), si applicano i soli artt. 65, 68 e 225 del citato D.Lgs. n. 165/06 (analogamente a quanto disposto dall'art. 20 della dir. CE n. 18/04).
Pertanto, nel caso di specie, riguardante l'affidamento del "servizio di assistenza domiciliare" ad un Consorzio non va applicato l'art. 35 del D.Lgs. n. 165/2006, ma la disciplina specialistica (art. 8 L. n. 381/1991), a prescindere da qualsivoglia rapporto di avvalimento atteso che, si è in presenza di un rapporto organico in conseguenza del quale l'attività posta in essere da ciascuna cooperativa, nella sua qualità di consorziata, è immediatamente imputabile al Consorzio, con conseguente irrilevanza della mancanza dei requisiti di capacità tecnica e di fatturato nell'ultimo triennio in capo al Consorzio, atteso il possesso di tali requisiti da parte delle consorziate.
Deve ritenersi, infatti, che la normativa applicabile alla fattispecie rende possibile, senza limitazioni, il cumulo dei requisiti, in forza del rapporto organico che regola le società cooperative (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.10.2010 n. 7346 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI - SICUREZZA LAVORO: Cantieri, coordinatore sempre obbligatorio in presenza di più imprese.
La normativa italiana in materia di salute e sicurezza nei cantieri trae origine dalla direttiva comunitaria 92/57/CEE, recepita inizialmente in Italia con il D.Lgs. 494/96 e successivamente confluita nel D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico Sicurezza).
Recentemente la Corte di Giustizia dell´Unione Europea è intervenuta con una sentenza sulla normativa italiana di recepimento della direttiva citata.
La sentenza verte su un procedimento penale avviato contro un committente a seguito di un’ispezione presso un cantiere edile per il rifacimento della copertura del tetto di una casa di abitazione ad un'altezza di circa 6-8 metri. Nella circostanza gli ispettori avevano rilevato che parapetto, autogru e manodopera erano forniti da tre imprese diverse presenti contemporaneamente nel cantiere e che il coordinatore della sicurezza non era stato designato.
Il rilascio di un permesso di costruire non era richiesto ai sensi della legislazione italiana.
Il Tribunale di Bolzano, nutrendo dubbi riguardo alle deroghe del diritto italiano in relazione all'obbligo di designare un coordinatore per la sicurezza, si rivolse all'UE.
Ora la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Sez. V, con sentenza 07.10.2010, ha affermato che il comma 1 dell’articolo 3 della direttiva 92/57/CEE esclude che una normativa nazionale consenta di derogare all’obbligo (del committente o del responsabile dei lavori) di nominare un coordinatore per la sicurezza, nel caso di un cantiere di lavori privati non soggetti a permesso di costruire e nel quale sono presenti più imprese.
Nella direttiva (articolo 3, paragrafo 1) non è ammessa alcuna deroga a tale obbligo e, pertanto, un coordinatore in materia di sicurezza e di salute deve essere sempre nominato, per qualsiasi cantiere in cui sono presenti più imprese, al momento della progettazione o, comunque, prima dell´inizio dei lavori, indipendentemente dalla circostanza che i lavori siano soggetti o meno a permesso di costruire ovvero che tale cantiere possa comportare rischi particolari.
Occorre precisare che la normativa italiana, già con la versione originaria del D.Lgs. 81/2008, ancor prima delle modifiche apportate con il D.Lgs. 106/2009, prevedeva la nomina del coordinatore in presenza di più imprese; l’unica deroga ammessa dal D.Lgs. 81/2008 (art. 90 comma 11), nella prima versione, era la possibilità di nominare, per i lavori privati, il coordinatore prima dell’esecuzione e non in fase di progettazione.
Con il D.Lgs. 494/1996, la nomina del coordinatore era invece obbligatoria in presenza di più imprese solo per lavori di entità superiore a 200 uomini-giorno o in presenza di rischi particolari.
La versione attualmente vigente del Testo Unico della Sicurezza (aggiornata dal D.Lgs. 106/2009) prevede la nomina del coordinatore contestualmente a quella del progettista con la possibilità, per i lavori privati di importo inferiore a 100.000 euro non soggetti a permesso di costruire, di nominare solo il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione che deve provvedere, prima dell’inizio dei lavori, a redigere P.S.C. e Fascicolo (link a www.acca.it).

APPALTI: Asta pubblica ed esclusione per errore di inserimento nella busta della ricevuta di cauzione.
Sebbene nella disciplina di gara, asta pubblica al prezzo più alto, è previsto che la busta contenente l’offerta deve essere sigillata ed inserita, insieme ad altra documentazione (compresa la ricevuta del prescritto deposito cauzionale) nella busta contenitore più grande anch’essa sigillata, non è comminata espressamente l’esclusione della gara per il caso in cui la ricevuta del deposito cauzionale venga posta nella busta contenente l’offerta invece che nella busta contenitore, prevedendosi invece l’esclusione per il mancato versamento del deposito cauzionale (massima tratta da www.litis.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 06.10.2010 n. 7335 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: L’indennizzo spettante al soggetto direttamente pregiudicato dalla revoca di in provvedimento va circoscritto al “danno emergente”.
Non pregiudica il diritto dell’impresa a conseguire il risarcimento del danno la clausola dell’avviso in cui si stabilisce che “la presentazione della proposta, peraltro, non vincola in alcun modo l’Amministrazione, nemmeno sotto il profilo della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c.; essa quindi resterà libera di decidere di realizzare l’opera in maniera diversa, senza cioè ricorrere al project financing, di non riconoscere il pubblico interesse nei confronti di tutte le proposte pervenute, di non dar corso alla successiva fase di aggiudicazione della concessione, ovvero di non realizzare l’opera, e ciò senza che i privati promotori possano nulla pretendere a qualsiasi titolo o ragione nei confronti di questo Comune”.
Detta clausola, come precisato dal TAR, deve considerarsi nulla ai sensi dell'art. 1355 c.c. (condizione meramente potestativa) poiché subordina qualsiasi responsabilità dell’Amministrazione alla mera volontà dell'amministrazione medesima (Cfr. la decisione di questa Sezione 07.09.2009 n. 5245; Cass. S.U. 16.10.2007 n. 8951).
Peraltro, la confermata legittimità del provvedimento di autotutela fa venire meno il presupposto su cui è stata fondata la domanda risarcitoria, costituito appunto dall'illegittimità provvedimentale.
Ciò comporta che l'amministrazione è tenuta a corrispondere il solo indennizzo ex art. 21-quinquies L. n. 241/1990, e non l'integrale risarcimento del danno.
Come è noto, fino ad epoca recente l’orientamento prevalente era nel senso di escludere qualsiasi indennizzo per il soggetto nei cui confronti intervenisse la revoca in modo legittimo di un precedente provvedimento amministrativo vantaggioso per il privato (V. la decisione di questo Consiglio, sez. VI, 06.06.1969, n. 266) o per lo meno un indennizzo veniva ammesso solo in casi particolari (V. Cass. S.U. 02.04.1959, n. 672).
Attualmente la materia è regolata dall’articolo 21-quinquies legge 07.08.1990, n. 241, aggiunto dall’art. 14 legge 11.02.2005, n. 15, ed integrato dal comma 1-bis introdotto dall’art. 13 D. L. 31.01.2007, n. 7, (convertito dalla legge 02.04.2007, n. 40), sulla cui base il presupposto dell’attribuzione dell’indennizzo a favore del soggetto che direttamente subisce il pregiudizio presuppone innanzitutto la legittimità del provvedimento di revoca (c.d. responsabilità della P.A. per atti legittimi), come nella fattispecie in esame, atteso che in caso di revoca illegittima subentra eventualmente un problema di risarcimento del danno (V. le decisioni di questo Consiglio, sez. V, 14.04.2008, n. 1667; sez. VI, 08.09.2009, n.5266).
Inoltre, non venendo in rilievo nel menzionato art. 21-quinquies un risarcimento del danno per responsabilità contrattuale, precontrattuale o extracontrattuale, ove la colpa del danneggiante è comunque essenziale salvo un diverso regime probatorio in relazione a ciascun tipo di responsabilità civile (V. le decisioni di questo Consiglio, sez. V, 20.10.2008, n. 5124; Sez. VI, 21.05.2009, n. 3144; Cass. Sez. Lav., 14.04.2008, n. 9817), non occorre neppure accertare la presenza di colpa nell’apparato amministrativo (Cfr. la decisione della Sezione 10.02.2010 n. 671) , contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante.
L’indennizzo spettante al soggetto direttamente pregiudicato dalla revoca di in provvedimento va circoscritto al “danno emergente”, come espressamente stabilito nel comma 1-bis dell’art. 21-quinquies L. n. 241/1990, ma nel danno emergente debbono essere indubbiamente incluse le spese di partecipazione alla procedura per lesione della pretesa a non essere coinvolto in trattative inutili (V. le decisioni di questo Consiglio, sez. IV, 04.10.2007, n. 5179; Sez. VI 21.05.2009, n. 3144).
Dette spese, che sono state indicate nel ricorso originario in euro 215.000,00, per essere rimborsabili debbono essere adeguatamente documentate, essere necessarie in relazione alla specifica procedura e rispettose dei correnti prezzi di mercato.
Sulle singole spese rimborsabili, che sono debiti di valore, spettano altresì la rivalutazione monetaria compete la rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, dalla data di effettuazione della spesa fino alla data di deposito della presente decisione; sulla somma così rivalutata si computeranno gli interessi legali calcolati dalla data di deposito della presente decisione fino all'effettivo soddisfo (Cfr. Cons. Stato, Sez, VI, 21.05.2009, n. 3144) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 06.10.2010 n. 7334 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Ricorso avverso l'esclusione da una procedura di gara - Mancata impugnazione dell'aggiudicazione definitiva sopravvenuta in corso di giudizio - Improcedibilità del ricorso.
La mancata impugnazione da parte del ricorrente che contesti la propria esclusione dalla gara del provvedimento di aggiudicazione definitiva di una gara di appalto, con ricorso autonomo o con ricorso per motivi aggiunti, depositato nel corso del giudizio dall'Amministrazione resistente, determina l'improcedibilità per carenza d'interesse del ricorso proposto (cfr. TAR Toscana, Sez. II, 24.01.2003 n. 55) (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 06.10.2010 n. 6879 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Commissione di gara - La valutazione dell'offerta tecnica non deve essere influenzata dalla conoscenza degli elementi dell'offerta economica - Inserimento di dati economici nell'offerta tecnica - Esclusione del concorrente dalla gara - Legittimità.
Secondo giurisprudenza pacifica, la Commissione di gara preposta alla valutazione delle offerte non deve essere influenzata nell'ambito del giudizio sulla componente tecnica dell'offerta, dalla conoscenza degli elementi dell'offerta economica, dovendosi pertanto disporre l'esclusione a carico del concorrente che inserisce nella busta contenente l'offerta tecnica del progetto i dati relativi all'offerta economica (cfr. da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 09.06.2009 n. 3575) (Nella fattispecie il Collegio ha ritenuto legittima l'esclusione disposta dalla Commissione di gara in quanto la società ricorrente aveva inserito nella busta recante l'offerta tecnica anche l'offerta economica e le giustificazioni a corredo della stessa) (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 06.10.2010 n. 6878 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla identificazione giuridica di un servizio pubblico.
Sulla natura di servizio pubblico dell'attività di bonifica e messa in sicurezza di siti inquinati.

Per identificare giuridicamente un servizio pubblico, non è indispensabile a livello soggettivo la natura pubblica del gestore, mentre è necessaria la vigenza di una norma legislativa che, alternativamente, ne preveda l'obbligatoria istituzione e la relativa disciplina oppure che ne rimetta l'istituzione e l'organizzazione all'amministrazione.
Oltre alla natura pubblica delle regole che presiedono allo svolgimento delle attività di servizio pubblico e alla doverosità del loro svolgimento, è ancora necessario, nella prospettiva di una definizione oggettiva della nozione, che le suddette attività presentino un carattere economico e produttivo (e solo eventualmente costituiscano anche esercizio di funzioni amministrative) e che le utilità da esse derivanti siano dirette a vantaggio di una collettività, più o meno ampia, di utenti (in caso di servizi divisibili) o comunque di terzi beneficiari (in caso di servizi indivisibili).
Le coordinate qualificatorie del servizio pubblico ben si attagliano al caso delle attività di bonifica e di messa in sicurezza dei siti inquinati disciplinate dall'art. 242 del D.Lgs. 03.04.2006, n. 152. Difatti le procedure di messa in sicurezza e di bonifica sono obbligatorie ex lege al ricorrere di determinati presupposti di fatto, sono disciplinate da fonti di rango primario, sono svolte (anche) a favore di una collettività indeterminata di beneficiari (gli abitanti di una zona inquinata), mirano al perseguimento di un interesse pubblico (alla salubrità ambientale e al ripristino del bene-interesse violato dagli inquinamenti) e, infine, consistono in attività produttive e di rilievo economico.
La circostanza che per tali attività non sia prevista l'erogazione di un corrispettivo da parte dei beneficiari (come si verifica invece per la normale attività di depurazione) non inficia i riferiti connotati dell'attività quale attività di servizio pubblico e ciò perché, in via generale, la previsione di un corrispettivo (così come di un profitto del gestore del servizio) non è essenziale sul piano della qualificazione giuridica delle attività di servizio pubblico; inoltre, dal punto di vista strettamente economico, l'utilità dei soggetti tenuti alla messa in sicurezza e alla bonifica di siti inquinati è all'evidenza rappresentata dal vantaggio che costoro (o i loro danti causa) hanno conseguito precedentemente attraverso la socializzazione dei costi (id est l'inquinamento) relativi a oneri del processo produttivo (ossia quelli connessi al corretto smaltimento degli agenti inquinanti) che sarebbero dovuti rimanere a carico delle stesse imprese inquinatrici: attraverso le procedure di bonifica e messa in sicurezza tali costi vengono nuovamente internalizzati, peraltro in misura inferiore al vantaggio ottenuto dalle imprese obbligate (non essendo integralmente risarciti i danni, individuali e collettivi, alla salute medio tempore verificatisi).
Nel caso di specie, per di più, le acque emunte dalle falde sotterranee sono state comunque trattate, sia pur provvisoriamente, nell'ambito del normale funzionamento del servizio di convogliamento e di depurazione dei reflui, non soltanto industriali, svolto dalla struttura consortile e, quindi, rientrano a tutti gli effetti nell'oggetto di quel servizio (C.G.A.R.S., sentenza 06.10.2010 n. 1266 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Servizio pubblico - Identificazione giuridica - Coordinate qualificatorie.
Per identificare giuridicamente un servizio pubblico, non è indispensabile a livello soggettivo la natura pubblica del gestore, mentre è necessaria la vigenza di una norma legislativa che, alternativamente, ne preveda l’obbligatoria istituzione e la relativa disciplina oppure che ne rimetta l’istituzione e l’organizzazione all’amministrazione.
Oltre alla natura pubblica delle regole che presiedono allo svolgimento delle attività di servizio pubblico e alla doverosità del loro svolgimento, è ancora necessario, nella prospettiva di una definizione oggettiva della nozione, che le suddette attività presentino un carattere economico e produttivo (e solo eventualmente costituiscano anche esercizio di funzioni amministrative) e che le utilità da esse derivanti siano dirette a vantaggio di una collettività, più o meno ampia, di utenti (in caso di servizi divisibili) o comunque di terzi beneficiari (in caso di servizi indivisibili) (C.G.A.R.S., sentenza 06.10.2010 n. 1266 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Il dovere di soccorso istruttorio e il generale favore per la partecipazione trovano un limite invalicabile nell'esigenza di garantire la "par condicio" dei concorrenti.
Nelle procedure di gara il dovere di soccorso istruttorio e il generale favore per la partecipazione trovano un limite invalicabile nell’esigenza di garantire la “par condicio” dei concorrenti.
È, infatti, indubbio che il principio della “par condicio” risulterebbe platealmente violato se le opportunità di regolarizzazione, chiarimento o integrazione documentale, si traducessero in occasione di aggiustamento postumo di irregolarità gravi e non sanabili, cioè in espediente per eludere le conseguenze associate dalla legge o dal bando all’inosservanza di prescrizioni tassative, imposte a tutti i concorrenti a pena di esclusione (Consiglio Stato, sez. IV, 26.11.2009, n. 7443).
Nella fattispecie, il cronoprogramma era sicuramente un documento fondamentale ai fini della valutazione dei progetti la cui produzione doveva avvenire a pena di esclusione entro i termini decadenziali di presentazione delle domande ai sensi del bando (TAR Campania-Napoli, Sez. III, sentenza 04.10.2010 n. 17582 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: Lo scopo dell'art. 38, c. 1, lett. m-ter) del d.lvo 12.04.2006, n. 163, è quello di escludere dagli appalti pubblici gli imprenditori che non hanno avuto il coraggio di denunciare i fatti commessi in loro danno.
L'art. 38, c. 1, lett. m-ter) d.lvo 12.04.2006, n. 163, (lett. inserita con la l. 15.07.2009, n. 94), si applica ai soggetti elencati alla lett. b), i quali devono essere esclusi dalle gare nel caso in cui non abbiano denunciato all'autorità giudiziaria di essere stati vittime dei reati di concussione (art. 317 c.p.) o estorsione aggravata (art. 629 c.p.). Scopo della norma è dunque quello di escludere dagli appalti pubblici gli imprenditori onesti che non hanno avuto il coraggio di denunciare i fatti commessi in loro danno.
In altre parole, la causa di esclusione opera con riferimento a imprenditori "puliti" che non hanno denunciato, pur non avendo nulla a che fare con la criminalità organizzata; l'ipotesi in questione, infatti, rimane assolutamente distante e distinta rispetto a tutte quelle forme di concorso o connivenza tra imprenditori e associazioni criminali.
La rilevanza dell'omissione della denuncia di reati è di certo funzionale al contrasto del fenomeno criminale mafioso, ma mira a garantire la libera concorrenza e trasparenza nel settore dei pubblici appalti, considerando inaffidabile il contraente che non abbia denunciato le illecite richieste subite dalla criminalità organizzata.
Del resto nei protocolli di legalità sottoscritti tra enti aggiudicatori e stazioni appaltanti è reso evidente come l'obbligo di denuncia di ogni tentativo di estorsione, intimidazione o condizionamento di natura criminale sia funzionale a garantire la parità di trattamento e la trasparenza negli appalti pubblici (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 04.10.2010 n. 5269 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sui presupposti necessari per far ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara (ex art. 57 del d.lvo n. 163/2006).
L'art. 57 del d.lvo n. 163 del 2006, le stazioni appaltanti possono aggiudicare contratti pubblici mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, dandone comunque adeguata motivazione nella delibera o determina contrarre, nel caso in cui (c. 2, lett. b) "per ragioni di natura tecnica o attinenti alla tutela dei diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente a un operatore economico determinato".
Dunque, perché sia giustificata la procedura di cui al detto articolo:
- devono sussistere oggettivi motivi di natura tecnica o la protezione dei diritti esclusivi che non consentono l'apertura dell'appalto a un confronto concorrenziale e che impongono la cosiddetta trattativa diretta con un unico operatore economico;
- deve essere dimostrabile, con l'effettuazione di una preventiva indagine di mercato, l'oggettiva esistenza dell'unico operatore economico potenziale espressamente individuato.
Di conseguenza, nella obbligatoria motivazione di cui dovrà dar conto ai sensi del citato art. 57, c. 1, la determina o delibera contrarre, si dovrà richiamare l'indagine di mercato effettuata e la documentazione o certificazione, da tenersi agli atti, che attesti la sussistenza di una privativa industriale di un brevetto (tutela di diritti esclusivi) o le ragioni di natura tecnica che impongono di rivolgersi a quel determinato operatore economico (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 04.10.2010 n. 5267 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIE’ annullabile il provvedimento di aggiudicazione definitiva se sussiste un interesse pubblico (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: Tracciabilità dei flussi finanziari e CUP.
L'entrata in vigore della Legge 136/2010 ha esteso l'obbligo di richiesta del CUP anche ai contratti diversi da quelli di investimento, che vi erano già soggetti ex legge 16.01.2003, n. 3.
Di conseguenza, la stazione appaltante dovrà richiedere il CUP anche per gli appalti di servizi e forniture (link a www.cipecomitato.it).

APPALTI SERVIZI: E' illegittima l'ammissione della Croce Rossa italiana (C.R.I.) alla procedura di gara bandita dalla Prefettura per l'affidamento della gestione del Centro di identificazione ed espulsione.
Il d.l. n. 276/2004 (conv. in l. n. 1/2005) ha introdotto con l'art. 2 del d.lvo n. 613/1980, la previsione per cui compete alla Croce Rossa italiana (C.R.I.), fra l'altro, "svolgere (...) i servizi sociali ed assistenziali indicati dallo statuto della Croce Rossa italiana".
Mentre l'art. 5 del suddetto d.lvo n. 613/1980 dispone che la C.R.I. "può svolgere attività o servizi attinenti alle proprie finalità istituzionali per conto dello Stato, delle regioni e di altri enti pubblici, da regolarsi mediante convenzioni".
L'ente C.R.I. sembra, dunque, avere la capacità giuridica di assumere la veste di parte in un rapporto instaurato con un altro soggetto pubblico. Tenuto, però, conto che lo statuto usa il termine "convenzioni", deve escludersi che, all'instaurazione di un tale rapporto, si possa giungere in esito ad una procedura di evidenza pubblica.
Come osservato dal Consiglio di Stato, non può, infatti, ritenersi che la convenzione "sia il genus nel quale possa rientrare anche l'appalto di servizi, potendo il rapporto convenzionale configurarsi in vari modi, ma non come appalto di servizi, postulante una natura imprenditoriale estranea alla Croce Rossa (che non ha scopo di lucro ed ignora il rischio d'impresa)".
Da ciò consegue, nel caso di specie, che l'ammissione della C.R.I. alla procedura di gara bandita dalla Prefettura per l'affidamento della gestione del Centro di identificazione ed espulsione è illegittima, potendosi semmai ammettere che le peculiari caratteristiche dell'ente C.R.I. legittimino l'affidamento diretto del servizio (TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter, sentenza 01.10.2010 n. 32649 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Verifica della sussistenza dei requisiti di ammissibilità - Valutazione delle offerte economiche - Rigida separazione - Garanzia di imparzialità e buon andamento.
In tema di gare pubbliche, la rigida separazione fra la fase di verifica della sussistenza dei requisiti di ammissibilità per la partecipazione alla procedura e la fase di vera e propria valutazione delle offerte economiche e degli altri titoli prodotti, costituisce una garanzia fondamentale d'imparzialità e di buon andamento dell'attività amministrativa pubblica, nella scelta del contraente, da parte della stazione appaltante.
Art. 48, c. 1, d.lgs. n. 163/2006 - Verifica dei requisiti economico-finanziari - Preventiva all’aggiudicazione - Verifica a campione - Successiva all’aggiudicazione - Primo e secondo graduato.
La verifica dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi deve essere, se preventiva, a campione (arg. ex art. 48, 1° comma, d.lgs. n. 163/2006), laddove -se successiva alla disposta aggiudicazione- deve riguardare solo il primo ed il secondo graduato (art. 48, 2° comma cit.), e non la generalità degli offerenti (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 01.10.2010 n. 11309 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZIE' illegittima l'offerta che risulta aver violato il principio di intangibilità del costo di sicurezza sancito dall'art. 86, comma terzo, del decreto legislativo 163/2006 e della lex specialis.
Il disciplinare di gara sancisce espressamente per l'intero quadriennio un importo, per quanto concerne gli oneri di sicurezza di 170.460 €, non soggetto a ribasso. Tali oneri di sicurezza, ripartiti su base annua, comportano un importo annuale di € 42.660, che per espressa statuizione normativa sono intangibili e non possono essere ribassati.
Invece, nella fattispecie in esame, il consorzio ricorrente ha indicato un costo di sicurezza su base annua di € 8.400, che è nettamente inferiore a quello previsto dal bando di gara, non suscettibile di riduzione.
Pertanto l'offerta del consorzio ricorrente risulta illegittima per violazione del principio di intangibilità del costo di sicurezza sancito dall'art. 86, comma terzo, del decreto legislativo 163/2006 e della lex specialis (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 01.10.2010 n. 11289 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI:  Rimessa alla Adunanza Plenaria la questione circa la natura di atto meramente endoprocedimentale dell’individuazione del promotore nella procedura di project financing.
La controversa in rassegna concerne la legittimità del procedimento e del successivo provvedimento con cui un Comune ha individuato di pubblico interesse la proposta formulata da una A.T.I. per la realizzazione e la gestione di un parcheggio, attribuendo a detta A.T.I. il titolo di “promotore ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 37-ter Legge 109/1994, ora art. 154 del D.Lgs. 163/2006”.
La prospettazione dell’A.T.I. si fonda sulla assoluta autonomia ed indipendenza della fase di selezione del promotore rispetto all'intero procedimento di project financing, così da determinare l'immediata lesività ed impugnabilità della individuazione del progetto dichiarato di pubblico interesse, indipendentemente dalla conclusione del procedimento stesso (e quindi dall'aggiudicazione della concessione).
Sennonché, ricordano i giudici del Consiglio di Stato, la giurisprudenza (C.d.S., sez. V, 25.01.2005, n. 142) ha rilevato che l'interesse a veder prescelto il proprio progetto di opera pubblica, e quindi l’interesse ad assumere la posizione del promotore nella relativa procedura, ancorché sia individuabile concettualmente come distinto dall'interesse alla concessione di eseguire l'opera stessa, contiene ed implica anche l'interesse all'aggiudicazione della concessione che, in definitiva, rappresenta il vero "bene della vita" cui tende il presentatore del progetto.
Si è in presenza, secondo tale indirizzo giurisprudenziale, di un procedimento contraddistinto da una indiscutibile unitarietà, logico-giuridica (del tutto coerente e ragionevole con la stessa natura del project financing, quale tecnica finanziaria che consente la realizzazione di opere pubbliche senza oneri finanziari per la pubblica amministrazione e che si sostanzia in un'operazione economico-finanziaria idonea ad assicurare utili che consentono il rimborso del prestito e/o finanziamento e gestione proficua dell'attività, così C.d.S., sez. VI, 09.06.2005, n. 3043), che non consente di poter applicare in modo automatico e semplicistico l'indirizzo giurisprudenziale che ammette l'immediata impugnazione di qualsiasi atto endoprocedimentale che determini in danno di un concorrente un arresto procedimentale: in realtà nel caso di specie, anche a voler ammettere in ipotesi che la dichiarazione di interesse pubblico di una certa proposta di un concorrente determini un vulnus nei confronti di un altro concorrente, l'attualità e la lesività di tale vulnus potrà apprezzarsi solo all'esito del successivo procedimento di gara e dell'eventuale aggiudicazione, tanto più che al concorrente che ha presentato la proposta non selezionata come progetto di pubblico interesse non risulta affatto impedita la partecipazione alla gara successiva per l'individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa (in termini anche C.d.S., Sez. IV, 26.01.2009, n. 391; C.d.S., sez. V, 28.05.2009, n. 3319).
I giudici di Palazzo Spada rilevano, tuttavia, la sussistenza di un indirizzo giurisprudenziale, ancorché minoritario, proprio della giurisprudenza di primo grado (TAR Sicilia, sez. IV, 06.05.2010, n. 1297; TAR Lazio, sez. III, 09.09.2008, n. 8194), secondo cui nelle procedure di project financing il promotore assume una posizione di assoluta preminenza, sia per la conoscenza anticipata del progetto preliminare posto a base di gara, sia per la possibilità di conseguire in ogni caso l’aggiudicazione, previo adeguamento della propria proposta a quella ritenuta più conveniente dall’amministrazione, così che non potrebbe dubitarsi dell’ammissibilità del ricorso proposto avverso gli atti con cui l’amministrazione individua il promotore da chi non sia stato prescelto come promotore, stante la concretezza e l’attualità della lesione derivante proprio dalla mancata individuazione come promotore.
Al riguardo, ad avviso degli stessi giudici, il principio di effettività della tutela giurisdizionale, predicato dall’articolo 24 della Costituzione, e quello della sindacabilità di tutti gli atti della pubblica amministrazione, contenuto nell’articolo 113 della Costituzione, sembrerebbero ostare alla delineata ricostruzione della sostanziale inammissibilità dell’immediata impugnazione del provvedimento di individuazione del promotore finanziaria.
Del resto, sotto un primo profilo, può facilmente osservarsi che differire l’impugnazione del provvedimento di individuazione del promotore finanziario al momento finale della procedura con cui si scegli il soggetto che dovrà realizzare l’opera pubblica (concessionario) pone evidentemente il concorrente, che pur ha partecipato alla fase di individuazione del promotore finanziario, senza essere stato scelto come tale, in una posizione di svantaggio rispetto al soggetto individuato come promotore, in quanto è proprio il progetto di quest’ultimo che costituisce oggetto della gara per la scelta del concessionario: pertanto, seppure può condividersi, secondo una visione finalistica dell’istituto, che l’interesse sostanziale che si fa valere in questo caso è l’interesse (finale) a conseguire la concessione, non è tuttavia irragionevole ritenere che possa sussistere un interesse strumentale (ma non per questo non autonomo e non meritevole di tutela) ad ottenere un immediato giudizio sul provvedimento di scelta del promotore, potendo non sussistere il successivo interesse (finale) alla concessione; ciò tanto più che non sembra possa ragionevolmente dubitare dell’interesse alla scelta del proprio progetto (come promotore) da porre a base della successiva gara di scelta del concessionario, proprio per la particolare posizione di vantaggio o di preminenza di cui gode il promotore (anche ai fini della successiva scelta come concessionario).
Sotto altro profilo, il differimento dell’impugnazione del provvedimento di scelta del promotore al momento finale di individuazione del concessionario non solo rischia di sottrarre di fatto al sindacato giurisdizionale proprio il provvedimento di scelta del promotore (in palese violazione dell’articolo 113 della Costituzione, tanto più che si tratta di un provvedimento caratterizzato da un amplissimo grado di discrezionalità), ma soprattutto rischia di rendere farraginosa la stessa attività amministrativa, con palese violazione dei principi di imparzialità e buon andamento predicati dall’articolo 97 della Costituzione, allorquando il più volte ricordato provvedimento di individuazione del promotore dovesse essere effettivamente ritenuto viziato solo con l’impugnazione del provvedimento terminale del procedimento di project financing.
Secondo i giudici d’appello, in realtà, il collegamento sussistente tra i due sub–procedimenti in cui si articola la procedura di project financing (l’uno di selezione del progetto di pubblico interesse; l’altro di gara ad evidenza pubblica sulla base del progetto dichiarato di pubblica utilità, a sua volta articolata in due sub fasi, la prima di individuazione delle due offerte economicamente più vantaggiose, l’altra di procedura negoziata tra tali due offerte) riguarda solo il profilo peculiare economico e di tecnica finanziaria dell’istituto (che, com’è noto, consente la realizzazione di opere pubbliche senza oneri finanziari per la pubblica amministrazione), ma non sembra escludere con certezza l’autonomia giuridica delle due fasi ed in particolare non sembra consentire di poter ritenere che la individuazione del promotore possa essere considerato un atto meramente endoprocedimentale, incapace di produrre autonomi effetti lesivi e come tale incapace di arrecare pregiudizio immediato e concreto a chi non sia stato scelto come promotore (elementi soli che potrebbero sicuramente giustificare il differimento della tutela al momento di emanazione dell’atto finale dell’intero procedimento).
In presenza di tali dubbi ricostruttivi, trattandosi di un punto di diritto idonei a dar luogo a contrasti giurisprudenziali, la V Sezione del Consiglio di Stato ritiene di dover rimettere l’affare alla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’articolo 45, comma 2, del R.D. 26.06.1924, n. 1054 (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.10.2010 n. 7277 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Offerente - Principio dell’immodificabilità soggettiva - Superamento giurisprudenziale e normativo - Art. 51 d.lgs. n. 163/2006.
Il principio dell’immodificabilità soggettiva dell’offerente, delineato nella previsione di cui all’articolo 23 del d.lgs. 17.03.1995, n. 158, è stato progressivamente ridimensionato dalla giurisprudenza amministrativa anche sotto l’influenza del diritto comunitario, tant’è che l'art. 51 del d.lgs. 12.04.2006, n. 163, proprio in relazione alle vicende soggettive dei soggetti partecipanti ad una gara ad evidenza pubblica, ha previsto che "qualora i candidati o i concorrenti, singoli, associati o consorziati, cedano, affittino l'azienda o un ramo d'azienda, ovvero procedano alla trasformazione, fusione o scissione della società, il cessionario, l'affittuario, ovvero il soggetto risultante dall'avvenuta trasformazione, fusione o scissione, sono ammessi alla gara, all'aggiudicazione, alla stipulazione, previo accertamento sia dei requisiti di ordine generale, sia di ordine speciale, nonché dei requisiti necessari in base agli eventuali criteri selettivi utilizzati dalla stazione appaltante ai sensi dell'articolo 62, anche in ragione della cessione, della locazione, della fusione, della scissione e della trasformazione previsti dal presente codice".
Le cautele di cui il legislatore nazionale ha circondato l'istituto della fusione, con l'adeguamento, alla normativa comunitaria, delle norme contenute nel codice civile, e la disciplina stabilita in tema di pubblici appalti non contraddicono, ma evidenziano, al contrario, il generale favore che l'ordinamento interno, non meno di quello comunitario, riservano all'istituto.
Del resto, il principio della immodificabilità assoluta dell’offerente, caratterizzata da un fondamentale elemento di staticità, mal si concilia con il carattere dinamico della vita delle imprese e con la loro intrinseca necessità di adeguare costantemente le loro stesse strutture organizzative alle vicende del mercato per poter conseguire i propri fini sociali ed essere così anche elemento di sviluppo e di crescita economica per l’intera collettività, tanto più che le esigenze pubbliche sottese allo stesso procedimento ad evidenza pubblica, quali l’affidabilità, oggettiva e soggettiva -anche sotto il profilo della sussistenza dei necessari requisiti di moralità pubblica- dei soggetti che concorrono per l’affidamento di appalti pubblici sono sufficientemente assicurate dagli obblighi che tali soggetti hanno nei confronti della pubblica amministrazione di comunicare le avvenute trasformazioni, onde consentire proprio l’esercizio dei necessari poteri di controllo e verifica.
Società partecipante alla gara - Fusione - Successione a titolo universale della società derivante dalla fusione.
La fusione della società che ha partecipato alla gara d'appalto con altra società comporta una successione a titolo universale della società che ne deriva nei rapporti giuridici di quella incorporata o fusa, e cioè il pieno e completo trasferimento di diritti ed obblighi delle Società preesistenti nella titolarità della nuova società o della incorporante, con sostanziale continuità dei rapporti giuridici in atto tra questa società e l'Amministrazione appaltante, che si trova, in effetti, a proseguire il rapporto in essere con un soggetto diverso per denominazione o forma societaria, ma nei cui confronti il rapporto giuridico instaurato con la partecipazione alla gara delle società incorporate o fuse continua senza alcuna modifica sostanziale (cfr. Cons. Stato, Sez, V, n. 487 del 10.02.2004) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.10.2010 n. 7276 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sul principio dell'immodificabilità soggettiva dell'offerente: non si concilia con il carattere dinamico della vita delle imprese e con la loro intrinseca necessità di adeguare costantemente le loro stesse strutture organizzative alle vicende del mercato.
Il principio della immodificabilità assoluta dell'offerente, caratterizzata da un fondamentale elemento di staticità, mal si concilia con il carattere dinamico della vita delle imprese e con la loro intrinseca necessità di adeguare costantemente le loro stesse strutture organizzative alle vicende del mercato per poter conseguire i propri fini sociali ed essere così anche elemento di sviluppo e di crescita economica per l'intera collettività, tanto più che le esigenze pubbliche sottese allo stesso procedimento ad evidenza pubblica, quali l'affidabilità, oggettiva e soggettiva -anche sotto il profilo della sussistenza dei necessari requisiti di moralità pubblica- dei soggetti che concorrono per l'affidamento di appalti pubblici sono sufficientemente assicurate dagli obblighi che tali soggetti hanno nei confronti della pubblica amministrazione di comunicare le avvenute trasformazioni, onde consentire proprio l'esercizio dei necessari poteri di controllo e verifica (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.10.2010 n. 7276 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: La fusione della società che ha partecipato alla gara d'appalto con altra società comporta una successione a titolo universale della società che ne deriva nei rapporti giuridici di quella incorporata o fusa.
È stata contestata, nella pronuncia in commento, l’erronea infondatezza del ricorso con cui era stata dedotta la violazione dell’articolo 23 del decreto legislativo 17.03.1995, n. 158, stante la pacifica, ma inammissibile, modificazione soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicataria, intervenuta dopo la presentazione dell’offerta.
Secondo gli appellanti, infatti, la specialità della disciplina degli appalti riguardanti i settori esclusi, in cui s’iscriveva l’appalto in questione, escludeva in radice la correttezza dell’assunto dei primi giudici che avevano ritenuto applicabile al caso di specie un più recente, ma non condivisibile, indirizzo giurisprudenziale teso a superare il principio della immodificabilità assoluta dell’offerente.
Secondo i giudici del Consiglio di Stato, come hanno correttamente rilevato i primi giudici, il principio dell’immodificabilità soggettiva dell’offerente, delineato nell’invocata previsione di cui all’articolo 23 del decreto legislativo 17.03.1995, n. 158, è stato progressivamente ridimensionato dalla giurisprudenza amministrativa anche sotto l’influenza del diritto comunitario, tant’è che l'art. 51 del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, proprio in relazione alle vicende soggettive dei soggetti partecipanti ad una gara ad evidenza pubblica, ha previsto che "qualora i candidati o i concorrenti, singoli, associati o consorziati, cedano, affittino l'azienda o un ramo d'azienda, ovvero procedano alla trasformazione, fusione o scissione della società, il cessionario, l'affittuario, ovvero il soggetto risultante dall'avvenuta trasformazione, fusione o scissione, sono ammessi alla gara, all'aggiudicazione, alla stipulazione, previo accertamento sia dei requisiti di ordine generale, sia di ordine speciale, nonché dei requisiti necessari in base agli eventuali criteri selettivi utilizzati dalla stazione appaltante ai sensi dell'articolo 62, anche in ragione della cessione, della locazione, della fusione, d ella scissione e della trasformazione previsti dal presente codice".
Benché tale ultima disposizione, ratione temporis, non sia direttamente applicabile alla fattispecie in esame, i giudici di Palazzo Spada rilevano che il diverso –e condivisibile- principio della modificabilità della compagine soggettiva che ha presentato l’offerta in una procedura di gara si può ricavare dalle disposizioni già contenute negli articoli 35 e 36 della legge 11.02.1994, n. 109, che, secondo un prevalente indirizzo giurisprudenziale, costituiscono espressione di un principio generale applicabile non solo agli appalti di lavori pubblici, ma anche a quelli di fornitura di beni e servizi, non essendoci peraltro alcun elemento, normativo o fattuale, che ne impedisca l’applicazione anche agli appalti c.d. esclusi, di cui al decreto legislativo 17.03.1995, n. 158.
Le cautele di cui il legislatore nazionale ha circondato l'istituto della fusione, con l'adeguamento, alla normativa comunitaria, delle norme contenute nel codice civile, e la disciplina stabilita in tema di pubblici appalti (anch'essa coerente con le direttive comunitarie) non contraddicono, ma evidenziano, al contrario, il generale favore che l'ordinamento interno, non meno di quello comunitario, riservano all'istituto, che non può essere, surrettiziamente, ostacolato da una interpretazione che riconduce il fenomeno nell'alveo della immutabilità del soggetto ammesso alla partecipazione alla gara.
Nelle linee generali, la quinta Sezione ha avuto modo, anche di recente (Sez. V, n. 487 del 10.02.2004), di chiarire che la fusione della società che ha partecipato alla gara d' appalto con altra società comporta una successione a titolo universale della società che ne deriva nei rapporti giuridici di quella incorporata o fusa, e cioè il pieno e completo trasferimento di diritti ed obblighi delle Società preesistenti nella titolarità della nuova società o della incorporante, con sostanziale continuità dei rapporti giuridici in atto tra questa società e l'Amministrazione appaltante, che si trova, in effetti, a proseguire il rapporto in essere con un soggetto diverso per denominazione o forma societaria, ma nei cui confronti il rapporto giuridico instaurato con la partecipazione alla gara delle società incorporate o fuse continua senza alcuna modifica sostanziale.
Del resto, ad avviso degli stessi giudici, il principio della immodificabilità assoluta dell’offerente, caratterizzata da un fondamentale elemento di staticità, mal si concilia con il carattere dinamico della vita delle imprese e con la loro intrinseca necessità di adeguare costantemente le loro stesse strutture organizzative alle vicende del mercato per poter conseguire i propri fini sociali ed essere così anche elemento di sviluppo e di crescita economica per l’intera collettività, tanto più che le esigenze pubbliche sottese allo stesso procedimento ad evidenza pubblica, quali l’affidabilità, oggettiva e soggettiva –anche sotto il profilo della sussistenza dei necessari requisiti di moralità pubblica- dei soggetti che concorrono per l’affidamento di appalti pubblici sono sufficientemente assicurate dagli obblighi che tali soggetti hanno nei confronti della pubblica amministrazione di comunicare le avvenute trasformazioni, onde consentire proprio l’esercizio dei necessari poteri di controllo e verifica (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.10.2010 n. 7276 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: La mera circostanza della prossimità all'opera pubblica da realizzare non è di per sé idonea a radicare un interesse all'impugnazione in assenza della congrua dimostrazione del danno che deriverebbe dall'impianto.
Se è vero che la giurisprudenza ha affermato che la mera circostanza della prossimità all'opera pubblica da realizzare non è di per sé idonea a radicare un interesse all'impugnazione in assenza della congrua dimostrazione del danno che deriverebbe dall'impianto (Cons. St., Sez. VI, 18.07.1995 n. 754; Sez. V 13.07.1998 n. 1088; 31.01.2001 n. 358; 20.05.2002 n. 2714; 16.04.2003 n. 1948), nel caso in esame, diversamente da quanto ex adverso eccepito, risulta adeguatamente indicato e sufficiente provato il danno astrattamente derivante dalla realizzazione dell’impianto di termovalorizzatore, sotto il duplice profilo di danno alla salute e danno al patrimonio, il che radice, al di là di ogni ragionevole dubbio, la legittimazione e l’interesse ad agire dei ricorrenti in primo grado, odierni appellanti (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.10.2010 n. 7274 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Nel procedimento di verifica della anomalia della offerta, la stazione appaltante ha l’obbligo di motivare in maniera approfondita solo in caso in cui esprima un giudizio negativo che fa venire meno la aggiudicazione.
Costituisce pacifico orientamento giurisprudenziale che nel procedimento di verifica della anomalia della offerta, la stazione appaltante ha l’obbligo di motivare in maniera approfondita solo in caso in cui esprima un giudizio negativo che fa venire meno la aggiudicazione non richiedendosi, invece, che la motivazione sia particolarmente analitica e puntuale nel caso di esito positivo della verifica di anomalia che confermi la già disposta aggiudicazione, potendo in tale caso trovare sostegno per relationem nelle stesse giustificazioni presentate dal concorrente (Cons. Stato, Sez. VI, 08.07.2003 n. 7275; V, 05.03.2001 n. 1247) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.10.2010 n. 7266 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: L'art. 83, c. 4, del d.lvo n. 163/2006, prevede che sia il bando di gara a individuare i sub-criteri, i sub-pesi ed i sub-punteggi, eliminando in proposito ogni margine di discrezionalità in capo alla commissione giudicatrice.
L'art. 83, c. 4, del d.lvo n. 163 del 2006 (c.d. Codice degli appalti) porta all'estremo la limitazione della discrezionalità della commissione giudicatrice nella specificazione dei criteri, escludendone ogni facoltà di integrare il bando, e quindi facendo obbligo a quest'ultimo [cioè al bando] di prevedere e specificare gli eventuali sottocriteri.
Dunque, il potere della commissione giudicatrice di suddividere i criteri in dettagliati sottopunteggi è precluso dalle disposizioni del citato art. 83, il quale prevede che sia il bando di gara a individuare i sub-criteri, i sub-pesi ed i sub-punteggi, eliminando in proposito ogni margine di discrezionalità in capo alla commissione giudicatrice.
In buona sostanza, la mancata specificazione già nel bando di tutti i criteri e sub-criteri di valutazione dell'offerta (e dei corrispondenti punteggi e sub-punteggi) deve considerarsi illegittima (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.10.2010 n. 7256 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

settembre 2010

APPALTI: Arbitrato: è valida la clausola compromissoria contenuta in un documento diverso dal contratto a cui si riferisce.
In materia di arbitrato, il requisito della forma scritta ad substantiam, richiesto dall'art. 807 c.p.c., è soddisfatto ogniqualvolta la volontà negoziale di compromettere la causa sia contenuta in un atto scritto e non postula indefettibilmente che essa sia espressa in un unico documento, avuto riguardo all'autonomia di detta clausola rispetto al contratto cui essa accede (Corte di Cassazione, Sez. I civile, sentenza 30.09.2010 n. 20504 - link a www.eius.it).

APPALTILa clausola del bando di gara che impone la contestuale disponibilità di più forme di ricezione concernenti le comunicazioni di gara (ossia domicilio, fax e posta elettronica certificata) è in contrasto con le previsioni di cui all’art. 79 del codice degli appalti il quale individua mezzi alternativi (e non cumulativi) di comunicazione.
Trattandosi di appalto sottosoglia come tale non è soggetto alla pubblicazione in G.U. ai sensi dell’art. 66, comma 8, del codice degli appalti e, dunque, sottratto al più breve termine decadenziale di cui all’art. 8, comma 2-quinquies, lettera a), del decreto legislativo n. 53 del 2010.
La clausola del bando di gara che impone la contestuale disponibilità di più forme di ricezione concernenti le comunicazioni di gara (ossia domicilio, fax e posta elettronica certificata), oltre a non apparire giustificata dalla presenza di particolari situazioni organizzative dell’ente, sembra porsi in contrasto con le previsioni di cui all’art. 79 del codice degli appalti, come da ultimo modificato dal decreto legislativo n. 53 del 2010, il quale individua mezzi alternativi (e non cumulativi) di comunicazione, e ciò anche alla luce della normativa di settore (cfr. decreto-legge n. 185 del 2008) che impone alle società già operanti di munirsi di un indirizzo PEC non prima del mese di novembre 2011 (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, ordinanza 30.09.2010 n. 736 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Per i contratti della P.A. è necessaria la forma scritta "ad substantiam".
La Pubblica Amministrazione non può assumere impegni né può stipulare contratti se non in forma scritta, a pena di nullità assoluta dell'atto, rilevabile dal giudice anche d'ufficio (Corte di Cassazione, Sez. III civile, sentenza 28.09.2010 n. 20340 - link a www.giustizia-eius.it).

APPALTI: La valutazione dell'offerta tecnica nelle procedure di gara con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa può essere effettuata mediante l'attribuzione di un mero punteggio numerico: presupposti.
Nelle procedure per l'aggiudicazione di una gara pubblica con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la valutazione dell'offerta tecnica può essere effettuata, mediante l'attribuzione di un mero punteggio numerico, allorquando nel bando di gara siano stati preventivamente e puntualmente prefissati, come nel caso di specie, dei criteri sufficientemente dettagliati, con l'individuazione del punteggio minimo e massimo attribuibile alle specifiche singole voci e sottovoci comprese nel giudizio valutativo e costituenti i diversi parametri indicatori della valenza tecnica dell'offerta (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 28.09.2010 n. 2034 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa - Valutazione dell’offerta tecnica - Attribuzione di un mero punteggio numerico - Preventiva fissazione di criteri dettagliati nel bando.
Nelle procedure per l'aggiudicazione di una gara pubblica con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la valutazione dell'offerta tecnica può essere effettuata, mediante l'attribuzione di un mero punteggio numerico, allorquando nel bando di gara siano stati preventivamente e puntualmente prefissati, come nel caso di specie, dei criteri sufficientemente dettagliati, con l'individuazione del punteggio minimo e massimo attribuibile alle specifiche singole voci e sottovoci comprese nel giudizio valutativo e costituenti i diversi parametri indicatori della valenza tecnica dell'offerta (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 28.09.2010 n. 2034 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Codice dei Contratti, il nuovo Regolamento alla firma del Presidente Napolitano.
Il Regolamento di Attuazione del Codice dei Contratti Pubblici di lavori servizi e forniture (D.Lgs. 163/2006), approvato dal Consiglio dei Ministri in a definitiva il 18 giugno scorso, è stato vistato dalla Ragioneria Generale dello Stato il 13 settembre scorso.
Il testo definitivo è ora stato inviato al Capo dello Stato per la firma, che dovrebbe avvenire entro la prossima settimana.
Dopo la firma del Capo dello Stato il provvedimento sarà inviato alla Corte dei Conti per la registrazione; superato quest’ultimo step avverrà la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, conclusiva di tutto l’iter di approvazione del provvedimento che entrerà in vigore solo dopo 6 mesi dalla stessa (in attuazione dell´articolo 5 del D.Lgs. n. 163 del 2006), ad esclusione delle disposizioni relative alle sanzioni alle imprese e alle SOA, che saranno vigenti quindici giorni dopo la pubblicazione del regolamento.
In assenza di ulteriori "intoppi" la pubblicazioni del provvedimento potrebbe avvenire entro la fine del prossimo mese di ottobre (link a www.acca.it).

APPALTI: Antimafia: i nuovi adempimenti operativi.
Il 07.09.2009 è entrata in vigore la Legge n. 136 del 13.08.2010, recante il "Piano straordinario contro le mafie, nonché la delega al Governo in materia di normativa antimafia", pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 196 del 23.08.2010.
Il provvedimento introduce la tracciabilità dei pagamenti negli appalti pubblici e alcuni ulteriori adempimenti per il trasporto dei materiali nei cantieri e le tessere di riconoscimento (D.Lgs. 09/04/2008, n. 81) degli addetti nei cantieri.
Sull’argomento abbiamo già riportato il parere dell’ANCE e la nota esplicativa del Ministero dell’Interno; questa volta proponiamo un approfondimento a cura della Direzione Provinciale del Lavoro di Modena dal titolo “Antimafia: i nuovi adempimenti operativi”.
L’autore individua gli ambiti applicativi dei nuovi adempimenti introdotti dalla L. 136/2010 evidenziando anche le sanzioni applicabili in caso di inadempienza (link a www.acca.it).

APPALTI: A. Barbiero, Tracciabilità dei flussi finanziari relativi agli appalti ed ai finanziamenti pubblici (link a www.albertobarbiero.net).

APPALTI: Offerta pari a zero: La formula matematica va modificata per la salvaguardia dell’interesse della p.a. (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: A. Barbiero, Tracciabilità dei flussi finanziari relativi agli appalti ed ai finanziamenti pubblici (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Le relazioni tecniche identiche non costituiscono una situazione di collegamento tra imprese tale da determinare l’esclusione dalla gara.
Il consorzio ricorrente, nella pronuncia in commento, aveva ricevuto dal presidente della Commissione giudicatrice la comunicazione della sua esclusione da una pubblica gara per la sola circostanza, accertata nel corso della procedura ad evidenza pubblica, dovuta alla presentazione di una relazione tecnica identica nei contenuti e nella impostazione grafica a quelle presentate da altre due ditte partecipanti alla gara stessa.
Contro questa determinazione il summenzionato Consorzio ha proposto opposizione ritenendo che il fatto come accertato non fosse di per sé sufficiente per dimostrare l’esistenza di un collegamento funzionale e sostanziale tra le ditte medesime riconducibile alla previsione dell’art. 2359 del c.c., espressamente richiamato dall’art. 2, lett. g) del bando di gara. Sul punto il Tribunale amministrativo di Roma richiama la giurisprudenza ricordando che, al riguardo, si è gradualmente affermato un orientamento favorevole alla possibilità di individuare ipotesi di "collegamento sostanziale" tra imprese, con la puntualizzazione che, mentre nel caso del "controllo" opera un meccanismo di presunzione iuris et de iure circa la sussistenza di un’ipotesi di turbativa del corretto svolgimento della procedura concorsuale (e quindi dei principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti), nel caso del c.d. "collegamento sostanziale" deve essere provata in concreto l’esistenza di elementi oggettivi e concordanti che siano tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei richiamati principi.
E’ palese, spiegano i giudici capitolini, che la correttezza e la trasparenza della gara vengono pregiudicate dalla presentazione di offerte che, seppure provenienti da imprese diverse, siano riconducibili ad un medesimo centro di interessi.
Ciò anche alla luce della disciplina comunitaria, secondo cui il sistema delle gare pubbliche può funzionare solo se le imprese partecipanti si trovino in posizione di reciproca ed effettiva concorrenza. Si considera, pertanto, consentito alla stazione appaltante prevedere l’esclusione delle offerte quando specifici elementi oggettivi e concordanti inducano a ritenere la sussistenza di situazioni (ulteriori rispetto alle forme di collegamento societario di cui all’art. 2359 Cod. civ.) capaci di alterare la segretezza, la serietà e l’indipendenza delle offerte, purché l’individuazione non oltrepassi il limite della ragionevolezza e della logicità rispetto alla tutela avuta di mira e consistente nell’autentica concorrenza tra le offerte.
Inoltre, la giurisprudenza, tenendo conto che si tratta dell’esigenza di assicurare l’effettiva ed efficace tutela della regolarità della gara, ha ritenuto che, anche in assenza di specifiche previsioni nella lex specialis, la stazione appaltante debba comunque disporre l’esclusione di offerte contenenti indizi di una concordata modalità di presentazione e formulazione, ovvero della provenienza da un unico centro decisionale.
La giurisprudenza ha invero rilevato che tra le cause di esclusione dalle gare vi sono, oltre ai casi di cui all’art. 2359 c.c., le ipotesi non codificate di "collegamento sostanziale", le quali, attestando la riconducibilità dei soggetti partecipanti alla procedura a un unico centro decisionale, causano la vanificazione dei principi generali in tema di par condicio, segretezza delle offerte e trasparenza della competizione (cfr., da ultimo, CdS, V, 07.10.2008 n. 4850).
Sulla problematica in esame è ora intervenuto il D.Lgs. 12.04.2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici, relativi a lavori, servizi e forniture), che ha attributo espressamente rilevanza al collegamento sostanziale tra imprese.
Invero, l’art. 34, in riferimento all’affidamento dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, ha disposto che "non possono partecipare alla medesima gara concorrenti che si trovino fra di loro in una delle situazione di controllo di cui all’art. 2359 del codice civile", precisando poi, nel periodo successivo, che "le stazioni appaltanti escludono altresì dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi".
Orbene, tali univoci elementi sono stati rinvenuti dalla giurisprudenza nelle modalità con cui vengono formate e fatte pervenire le offerte di gara: in particolare, nella indicazione, nelle stesse buste spedite dalle imprese, della medesima sede amministrativa; nella spedizione degli stessi plichi dal medesimo ufficio postale, nello stesso giorno e con le stesse modalità; nel rilascio delle polizze fideiussorie, presentate come cauzione, da parte della stessa compagnia e agenzia di assicurazioni, nella medesima data e con numero progressivo successivo; nella coincidenza del numero di fax e dell’indirizzo di posta elettronica, nei rapporti di parentela tra gli amministratori di tali società e gli intrecci azionari esistenti e facenti capo agli stessi soggetti; etc..
In tema di appalti pubblici, l'individuazione di una situazione di collegamento tra imprese deve essere comunque effettuata secondo indici rigorosi e soltanto qualora emergano segni inequivocabili, deducibili da indizi gravi, precisi e concordanti circa la provenienza delle offerte da un unico centro decisionale è possibile escludere il concorrente dalla gara. Ne consegue che tutte le ipotesi indicate ed individuate dalla giurisprudenza come sintomatiche vanno vagliate in concreto e non possono da sole giustificare un provvedimento di esclusione.
Di tali principi, che costituiscono, come ricordato, ius receptum nella giurisprudenza amministrativa, deve farsi applicazione anche nel caso di specie, dove l’unico elemento riscontrato consiste nella identicità delle relazioni tecniche allegate alle offerte di tre ditte partecipanti (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 24.09.2010 n. 32435 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Possesso della certificazione di qualità - Attestazione S.O.A. - Ricorso all’autocertificazione - Possibilità - Esclusione.
Il possesso della certificazione del sistema di qualità deve essere in ogni caso provato attraverso l'attestazione della S.O.A, restando per tal via precluso il ricorso a forme alternative di dimostrazione del requisito, ivi compreso il ricorso all'autocertificazione da parte delle imprese offerenti, e ciò perché nel nuovo “sistema unico di qualificazione” delle imprese, disciplinato dal d.P.R. 25.01.2000 n. 34, soltanto i previsti organismi di diritto privato (S.O.A.) sono competenti al rilascio dell'attestazione di qualificazione, che comporta la verifica, da parte di detti organismi, della sussistenza dei requisiti di qualificazione richiesti alle imprese che intendano concorrere per l'esecuzione di lavori pubblici (cfr. TAR Puglia Bari, sez. I, 13.03.2009, n. 580).
Attestazione S.O.A. triennale scaduta al momento della pubblicazione del bando - Esclusione dalla gara - Legittimità.
L’impresa in possesso di una attestazione S.O.A. triennale già scaduta al momento della pubblicazione di un bando, per la quale non operi alcuna disposizione transitoria di protrazione degli effetti e che non abbia richiesto la verifica per l’estensione quinquennale di validità, va necessariamente esclusa dalla gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12.06.2009 , n. 3742) (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 23.09.2010 n. 11116 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZI: Sulle disposizioni del d.lgs. n. 152/2006 (c.d. codice dell'ambiente) riguardanti il servizio di gestione integrata dei rifiuti.
L'art. 204, 1° c., d.lgs. n. 152/2006, non prevede la proroga ex lege delle gestioni esistenti.

Il d.lgs. n. 152/2006 (c.d. codice dell'ambiente) ha radicalmente innovato la materia dei rifiuti, attraverso l'introduzione del modulo gestionale del ciclo integrato, in ambiti territoriali.
Dal complesso delle disposizioni (artt. 198, 200, 202 e 204) del citato d.lgs. n. 152/2006 che regolano la materia emerge che:
a) l'Autorità d'Ambito ha la titolarità delle funzioni nella materia dei rifiuti e procede all'affidamento della gestione del ciclo integrato con procedura di evidenza pubblica ovvero nelle diverse forme previste dalla normativa regionale di attuazione del TUA;
b) che i Comuni, nelle more dell'operatività del nuovo regime di gestione, conservano la competenza in materia e, quindi, la legittimazione ad affidare il servizio, ovviamente con procedura di evidenza pubblica, in conformità alla disciplina nazionale e comunitaria di settore;
c) le gestioni esistenti, alla data dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 152 (29.04.2006), proseguono, sempre che le stesse siano state affidate con procedura concorsuale, fermo restando la loro cessazione, anche in via anticipata, nel caso di affidamento al gestore unico;
d) che gli affidamenti diretti, senza gara, invece, sono regolati dall'art. 204, 2° c., come risulta testualmente dal richiamo all'art. 113, c. 15-ter del d.lgs. n. 267/2000 (che è la norma sulla cessazione delle gestioni instaurate al di fuori del modulo concorsuale);
e) che per tali affidamenti diretti non solo il legislatore non ha previsto alcun periodo transitorio, con consequenziale slittamento del termine di decadenza ex lege del 31.12.2006, ma ha anzi confermato la predetta scadenza, avendo espressamente sancito l'obbligo di procedere a nuovi affidamenti in conformità a quanto previsto dal d.lgs. n. 152/2006.
L'art. 204, 1° c., d.lgs. n. 152/2006, non ha previsto la proroga ex lege degli affidamenti in corso che, altrimenti, si tradurrebbe in una spoliazione immediata delle competenze dei Comuni, non prevista e non voluta dal legislatore, ed in una temporanea incompetenza assoluta in subiecta materia, per vuoto di attribuzione.
La norma citata, si è limitata a sancire la "permanenza" dei contratti in corso, stipulati all'esito di procedure di evidenza pubblica, secondo il proprio regime temporale, fermo restando la cessazione ex lege, anche anticipata, con l'operatività del nuovo gestore: interpretazione che trova conferma nell'ultimo comma dell'art. 204, che parla di "scadenza", escludendo così la possibilità di una proroga ex lege.
Del resto quand'anche l'art. 204 cit. dovesse essere interpretato nel diverso senso per cui lo stesso prefigurasse la proroga dei contratti in corso alla data del 29.04.2006, si dovrebbe comunque limitare la proroga ai soli affidamenti del servizio effettuati con procedura concorsuale.
La normativa sulla decadenza dei contratti, conclusi senza gara, in quanto diretta a conformarsi all'ordinamento comunitario, infatti, integra sicuramente un regime speciale, prevalente rispetto alla (asserita) proroga degli affidamenti ordinari fino alla operatività del gestore unico dell'A.T.O. (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 23.09.2010 n. 11099 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: È irragionevole un sistema sanzionatorio che ponga a carico del gestore del servizio di raccolta dei rifiuti differenziati un obbligo di raggiungere gli obiettivi di raccolta differenziata.
La P.A. nella predisposizione del bando di gara esercita un potere attinente al merito amministrativo laddove inserisce disposizioni ulteriori rispetto al contenuto minimo ex lege previsto; queste ultime, quindi, saranno censurabili in sede giurisdizionale allorché appaiano viziate da eccesso di potere, ad esempio per illogicità, irragionevolezza od incongruenza rispetto al fine pubblico della gara.
Nel caso di specie, le clausole impugnate con le quali l’amministrazione ha preteso di addossare all’appaltatore l’obbligo di conseguire il risultato di determinate percentuali di raccolta differenziata, di per sé non impedivano la partecipazione alla gara, risolvendosi, piuttosto, in clausole, ritenute illogiche ed ingiustamente onerose, che manifestano la loro potenzialità lesiva soltanto dopo l’aggiudicazione ed ancor più dopo la stipula del contratto di appalto.
Sotto tale profilo, poiché il ricorso è stato spedito per la notifica il 23.09.2004, dopo aver conosciuto l’esito di gara con la determinazione del responsabile di settore n. 35/2004 del 10.08.2008, deve essere affermata la tempestività ed ammissibilità dell’impugnazione delle clausole del bando, che hanno manifestato la propria lesività proprio a seguito della conclusione del procedimento di gara (cfr. Cons. St., Sez. V, 18.10.2002, n. 5776; id, 15.11.2001, n. 5840; id., 28.08.2001, n. 4529; id, 27.06.2001, n. 3507; C.G.A., 03.12.2001, n. 6351).
Quanto poi alla formulazione dell’offerta malgrado le onerose condizioni derivanti dalle clausole impugnate, secondo il costante orientamento della giurisprudenza la partecipazione alla gara non comporta acquiescenza alle clausole illegittime.
Nella specie la ricorrente ha formulato la propria offerta sul presupposto di far valere in sede giudiziaria l’illegittimità delle clausole impugnate ove fosse risultata aggiudicataria, come in effetti è avvenuto.
Né si può sostenere che la partecipazione alla gara abbia comportato l’acquiescenza delle clausole impugnate (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.09.2010 n. 7031 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Contratti pubblici: le "circostanze speciali" che consentono il ricorso alla trattativa privata non possono basarsi meramente sulla presunta maggiore convenienza tecnico-economica dell'intervento.
Anche nel caso di concessione di pubblici servizi, il ricorso alla trattativa privata deve ritenersi circoscritto ai soli casi di impossibilità di far luogo ad una pubblica gara in ragione dell'estrema urgenza, ovvero della sussistenza di presupposti d'ordine tecnico tali da impedire, se non al prezzo di costi sproporzionati, la ricerca di altre soluzioni basate sul previo confronto concorrenziale (massima tratta da www.eius.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.09.2010 n. 7024 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Nel caso di concessione di pubblici servizi, il ricorso alla trattativa privata deve ritenersi circoscritto ai casi di impossibilità di fare ricorso a pubbliche gare.
In tema di affidamento di servizi pubblici di rilevanza comunitaria, mediante concessione, i principi fondamentali dell'ordinamento comunitario (di cui agli arti. 43 e 49 del Trattato C.E.), nonché quelli che governano la materia dei contratti pubblici, impongono alle amministrazioni di procedere salvaguardano la pubblicità degli affidamenti e la non discriminazione delle imprese, "mediante l'utilizzo di procedure competitive selettive". Per contro, le "circostanze speciali" che consentono il ricorso alla trattativa privata non possono essere quelle connesse alla mera presunta maggiore convenienza tecnico-economica dell'intervento proposto.
Pertanto, anche nel caso di concessione di pubblici servizi, il ricorso alla trattativa privata deve ritenersi circoscritto ai casi di impossibilità di fare ricorso a pubbliche gare in ragione dell'estrema urgenza, ovvero della sussistenza di presupposti d'ordine tecnico tali da impedire, se non al prezzo di costi sproporzionati, la ricerca di altre soluzioni basate sul previo confronto concorrenziale (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.09.2010 n. 7024 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Risarcimento sempre più basso.
Il Consiglio di Stato afferma che il mancato utile dalla negata aggiudicazione (riconosciuto in misura pari al 10% in analogia a quanto avviene per i casi di risoluzione del contratto) deve essere ulteriormente decurtato del 50%, in relazione all'"aliunde perceptum vel percipiendum", ossia alla facoltà, per l'impresa, di impiegare utilmente la propria organizzazione in altre attività remunerative.
Si tratta di un criterio molto discutibile, visto che mancando l'aggiudicazione l'impresa è costretta ad utilizzare il proprio apparato in altre commesse, mentre invece, ove si aggiudicasse il contratto, potrebbe decidere di potenziarlo, incrementando così l'utile complessivo.
Il criterio dell'"aliunde perceptum", se può valere nel diritto del lavoro (ove il singolo lavoratore dispone di energie limitate e non moltiplicabili) non sembra costituire criterio razionale di riduzione del risarcimento del danno nei rapporti con imprese (commento tratto da www.amministrativistimonzabrianza.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.09.2010 n. 7004 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: In caso di fusione o di altra operazione che comporti il trasferimento di azienda o di un suo ramo, al nuovo soggetto è consentito di avvalersi dei requisiti posseduti dall'impresa cedente, anche in assenza di una specifica previsione del bando.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale in caso di fusione o di altra operazione che comporti il trasferimento di azienda o di un suo ramo, al nuovo soggetto è consentito di avvalersi, ai fini della qualificazione, dei requisiti posseduti dall'impresa cedente.
Nelle gare indette per l'aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione, l'istituto dell'avvalimento, infatti, ha portata generale ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione ed è, quindi, utilizzabile anche in assenza di una specifica previsione del bando, restando peraltro ferma la necessità, in ogni caso, di un vincolo giuridico, preesistente all'aggiudicazione della gara.
Pertanto, nel caso di specie, nessun addebito può muoversi sotto tale profilo alla Commissione giudicatrice, che ha riconosciuto il possesso della capacità professionale alla società aggiudicataria attribuendo validità alla dichiarazione rilasciata da un Comune in considerazione della fusione avvenuta ai sensi dell'art. 2501-ter c.c. della società capogruppo con la società aggiudicataria del servizio oggetto di gara presso il Comune (TAR Abruzzo, Sez. I, sentenza 20.09.2010 n. 668 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: La regola generale della pubblicità della gara, segnatamente con riguardo al momento dell'apertura delle buste, può essere derogata dalla prevalente legislazione speciale operante nei settori ex esclusi (oggi speciali).
Non è principio inderogabile, in qualunque tipo di gara, quello secondo cui devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell’integrità dei plichi contenenti l’offerta, sia che si tratti di documentazione amministrativa che di documentazione riguardante l’offerta tecnica ovvero l’offerta economica, e conseguentemente non è sempre illegittima l’apertura dei plichi in sede non pubblica.
Ai fini dell'applicazione del principio di pubblicità delle sedute occorre distinguere tra le procedure di aggiudicazione automatica e quelle che richiedano una valutazione tecnico-discrezionale, per la scelta dell'offerta più vantaggiosa per l'amministrazione, sulla base di una pluralità di elementi tecnici ed economici; per le prime la pubblicità delle sedute è generalmente totale, per consentire il controllo delle varie fasi di svolgimento della gara da parte dei concorrenti, non sussistendo alcuna valutazione tecnico-discrezionale da effettuare; per le seconde occorre tenere presente che, a seguito delle fasi preliminari pubbliche di verifica e riscontro dei plichi presentati e dei documenti in essi contenuti, interviene la valutazione tecnico-qualititativa dell'offerta, la quale va effettuata in seduta riservata al fine di evitare influenze esterne sui giudizi dei membri della commissione giudicatrice.
La regola generale della pubblicità della gara, segnatamente con riguardo al momento dell’apertura delle buste, può essere derogata dalla prevalente legislazione speciale operante nei settori ex esclusi (oggi speciali) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 17.09.2010 n. 6939 - link a www.mediagraphic.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: OSSERVATORIO VIMINALE/ Strade vicinali.
Quale disciplina è applicabile ai consorzi di strade vicinali, già esistenti, in considerazione dell'abrogazione del dlgs n. 1446/1918, disposta dall'art. 2 del dl n. 200/2008?

La Corte dei conti, sezione regionale Emilia Romagna, con deliberazione n. 244/2009, ha affermato che «l'abrogazione della norma sopra citata (dlgs n. 1446/1918) non può aver influito sulla sorte dei soggetti già esistenti», proprio in considerazione della particolare connotazione formale che caratterizza i consorzi riguardanti le strade vicinali di uso pubblico, quali soggetti dotati di personalità giuridica (articolo ItaliaOggi del 17.09.2010, pag. 37).

LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 37 del 16.09.2010, "Programma Operativo Regionale FESR 2007-2013 della Regione Lombardia, Asse 2 «Energia» - Approvazione del Bando per la presentazione della domanda sulla Linea di Intervento 2.1.1.2 «Incentivi per la realizzazione di sistemi di climatizzazione per il soddisfacimento dei fabbisogni termici di edifici pubblici, attraverso pompe di calore»" (decreto D.S. 08.09.2010 n. 8413 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Quali sono gli obblighi del datore di lavoro in ordine alle modalità di tenuta e vidimazione del registro infortuni? Risponde il Ministero del Lavoro.
Nell’apposita sezione FAQ del proprio sito internet il Ministero del Lavoro il Ministero del Lavoro ha fornito le istruzioni sulla modalità di tenuta e vidimazione del Registro infortuni.
Il registro infortuni deve essere redatto conformemente al modello approvato con D.M. 12.09.1958 (come modificato dal D.M. 05.12.1996), istitutivo dello stesso e tuttora in vigore, vidimato presso l’A.S.L. competente per territorio e conservato, a disposizione dell’organo di vigilanza, sul luogo di lavoro.
Nel caso di attività di breve durata, caratterizzata da mobilità, o svolta in sedi con pochi lavoratori e prive di adeguate strutture amministrative, l'obbligo in questione si ritiene assolto anche nell'ipotesi in cui il registro in esame sia tenuto nella sede centrale dell'impresa, sempre che tali attività non siano dislocate oltre l'ambito provinciale.
Nel caso in cui, invece, si tratti di imprese che svolgono attività prevalentemente fuori della propria sede per un periodo non breve ogni unità produttiva deve conservare un proprio registro che deve far vidimare dall’A.S.L. territorialmente competente (link a www.acca.it).

LAVORI PUBBLICI - SICUREZZA LAVORO: I costi della sicurezza comprendono i costi per la pulizia e il riscaldamento dei “baraccamenti.
Il Ministero del Lavoro ha risposto ad un nuovo quesito sul tema dei costi della sicurezza posto dall’ANCE, l’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili.
Il quesito riguarda i "baraccamenti" di cantiere, ovvero "... gabinetti; locali per lavarsi, spogliatoi, refettori locali di ricovero e di riposo" apprestamenti generalmente realizzati mediante utilizzo di monoblocchi prefabbricati.
Si chiedeva, in particolare, se tra i costi della sicurezza, possano essere ricomprese, oltre alle spese di installazione iniziale degli apprestamenti citati, anche quelle relative a riscaldamento/condizionamento, pulizia e manutenzioni.
Nella risposta al quesito il Ministero richiamando il punto 4.3.3 dell’All. XV al D.Lgs. 81/2008 "Le singole voci dei costi della sicurezza vanno calcolale considerando il costo di utilizzo per il cantiere interessato che comprende, quando applicabile, la posa in opera ed il successivo smontaggio, l'eventuale manutenzione e l'ammortamento" chiarisce che le spese di manutenzione dei suddetti "baraccamenti" sono ricomprese tra i costi della sicurezza.
Parimenti le spese di riscaldamento/condizionamento nonché dì pulizia, risultando necessarie per il corretto utilizzo degli stessi baraccamenti, dovranno essere ricomprese tra i suddetti costi della sicurezza (link a www.acca.it).

APPALTIAppalti, modifiche anti-ricorsi. Come la riforma della giustizia amministrativa peserà sui contratti. Le procedure del Codice de Lise saranno ridisegnate dalle nuove norme in vigore da giovedì.
Il 07 luglio scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo 02.07.2010 n. 104, recante il «Codice del processo amministrativo» che, a partire dal 16.09.2010, disciplinerà, riscrivendolo, il giudizio avanti il giudice amministrativo.
L'intervento normativo, di largo respiro e volto a codificare le norme processuali proprie della giurisdizione in questione anche alla luce dell'evoluzione giurisprudenziale registrata nel corso degli anni, si presenta particolarmente importante anche con riguardo al mondo dei contratti pubblici disciplinati dal cosiddetto Codice de Lise.
A pochi mesi, infatti, dall'entrata in vigore del D.Lgs. 53/2010, recante l'attuazione della cosiddetta Direttiva ricorsi, il Codice del processo va ad incidere e a modificare nuovamente le disposizioni contenute nel Codice dei contratti, e già oggetto di intervento in sede di recepimento del diritto comunitario.
Di seguito si cercherà di dare un breve resoconto delle novità più spiccatamente connesse con il mondo degli appalti ... (articolo ItaliaOggi del 15.09.2010).

APPALTI: Autocertificazione e requisiti morali.
La mera sussistenza di una condanna definitiva per reati astrattamente incidenti sulla moralità professionale delle imprese, non vale a integrare la causa di esclusione di cui all'art. 38, c. 1°, lett. c), del D.Lgs. n. 163 del 2006, occorrendo invece una concreta valutazione da parte della stazione appaltante della gravità di tale condanna.
Non può dirsi insussistente il requisito della moralità professionale dell’impresa nel caso in cui il legale rappresentante di una delle imprese sia stato condannato, con sentenza irrevocabile, per violazione delle norme in materia di controllo dell’attività urbana edilizia ex art. 20, l. n. 47 del 1985, per un reato non connesso all’attività professionale svolta e non grave (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.09.2010 n. 6694 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla valutazione da parte della stazione appaltante della rilevanza di un precedente penale ai fini dell'accertamento della effettività della incisione sulla moralità professionale dell'imprenditore.
La dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata di un cessato legale rappresentante può aver luogo in svariate forme, purché risulti esistente, univoca e completa.

Ai sensi dell'art. 38, I c., lett. c), del D.Lgs. n. 163 del 2006, la causa di esclusione dalla partecipazione a gare pubbliche dei soggetti nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna o emanato un decreto penale opera solo se siano stati irrogati in relazione a reati gravi in danno della Comunità o dello Stato, incidenti sulla moralità professionale. La gravità e incidenza sulla moralità professionale dell'imprenditore dei reati diversi da quelli specificamente indicati dall'art. 45, prg. 2, direttiva 2004/18/Ce e comportanti l'esclusione dalla partecipazione a gare pubbliche, in assenza di parametri normativi fissi e predeterminati, deve essere accertata dalla stazione appaltante con la disamina in concreto delle caratteristiche dell'appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato.
La valutazione in concreto della rilevanza dei riscontrati precedenti penali ai fini dell'accertamento della effettività della incisione della moralità professionale dell'imprenditore, in assenza di parametri posti dall'art. 38 del D.Lgs. n. 163 del 2006, è affidata quindi alla discrezionalità dell'Amministrazione. Inoltre, la mera sussistenza di una condanna definitiva per reati astrattamente incidenti sulla moralità professionale non vale a integrare la causa di esclusione di cui all'art. 38 del D.Lgs. n. 163 del 2006, occorrendo una concreta valutazione della gravità di tali precedenti.
Il concorrente a una gara d'appalto, al fine di dimostrare di avere adottato le misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata di un cessato legale rappresentante, può limitarsi a dichiarare che quest'ultimo si è dimesso dall'incarico e che l'impresa ne ha preso atto, purché risulti da verbale dell'assemblea della società, oppure da altro atto in cui sia chiaramente indicata la volontà di dissociazione, senza necessità che tale volontà, per essere idoneamente dimostrata, debba essere suffragata anche dalla prova dell'instaurazione di una causa civile di responsabilità nei confronti dell'ex legale rappresentante. Detto verbale ed ogni altro atto recante chiara indicazione della volontà di dissociazione fanno infatti piena fede circa la sussistenza di tale volontà della impresa ed è quindi non necessario far ricorso anche alla instaurazione di un giudizio civile per dimostrarla, atteso che la dissociazione, non trattandosi di istituto giuridico codificato, può aver luogo in svariate forme, purché risulti esistente, univoca e completa (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.09.2010 n. 6694 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Interpretazione del bando, regolarizzazione documentale e ipotesi di esclusione.
Costituisce principio generale quello che afferma l’equipollenza della spedizione postale alla presentazione diretta; tale principio, che può essere desunto da numerose disposizioni di legge, è inteso a sollevare il privato dal rischio di disfunzioni del servizio postale ed a consentirgli l’integrale disponibilità del termine.
Pertanto, in mancanza di una regola diversa fissata nella lex specialis di una procedura ad evidenza pubblica, il termine finale per la presentazione della domanda del privato alla pubblica amministrazione deve considerarsi osservato ove tale domanda sia inoltrata in tempo utile a mezzo raccomandata, rilevando in tal caso la data di spedizione e non quella di ricezione da parte della destinataria (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.09.2010 n. 6678 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI - APPALTI: La spedizione postale equivale alla presentazione diretta.
E' notorio il consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza sia amministrativa, sia civile, sia contabile, pienamente condiviso dal Collegio, col quale è stato affermato che l’equipollenza della spedizione postale alla presentazione diretta costituisce principio generale, desunto da numerose disposizioni di legge, inteso a sollevare il privato dal rischio di disfunzioni del servizio postale ed a consentirgli l’integrale disponibilità del termine (cfr., tra le tante, Cons. St., sez. V, 10.02.2010 n. 655; Cass. civ., sez. II, 05.05.2008 n. 11028; C. Conti reg. Toscana, sez. giurisd., 19.04.1996 n. 199);
Invero, secondo tale principio, in mancanza di una regola diversa fissata nella lex specialis della procedura, il termine finale per la presentazione della domanda del privato alla pubblica amministrazione deve considerarsi osservato ove tale domanda sia inoltrata in tempo utile a mezzo raccomandata, rilevando in tal caso la data di spedizione e non quella di ricezione da parte della destinataria (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.09.2010 n. 6678 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: Aumento dei prezzi dei materiali di costruzione - Istanza di compensazione - Termine di 30 giorni dalla pubblicazione del decreto ministeriale di rilevazione delle variazioni - Data di spedizione - Principio generale di equipollenza della spedizione alla presentazione diretta.
L’art. 1, c. 4, del d.l. n. 162/2008, in tema di istanza di compensazione per l’aumento dei prezzi dei materiali di costruzione, non può che essere interpretato alla luce del principio generale di equipollenza della spedizione postale alla presentazione diretta: in mancanza di una regola diversa fissata nella lex specialis della procedura, va pertanto ritenuto che il termine finale di 30 giorni (dalla pubblicazione del decreto ministeriale di rilevazione delle variazioni percentuali dei prezzi) per la presentazione della domanda del privato alla pubblica amministrazione sia osservato ove tale domanda sia inoltrata in tempo utile a mezzo raccomandata, rilevando in tal caso la data di spedizione e non quella di ricezione da parte della destinataria (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.09.2010 n. 6678 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTINei contratti ad evidenza pubblica l’Amministrazione aggiudicatrice non è obbligata a stipulare il contratto con l’impresa aggiudicataria.
La medesima Amministrazione ben può, quindi, rimuovere gli effetti dell’atto di aggiudicazione provvisoria e –ove necessario– anche dei suoi atti presupposti, nonché dell’atto di aggiudicazione definitiva, purché la conseguente azione amministrativa sia condotta nei necessari crismi della legittimità: ossia il potere discrezionale riconosciuto in capo all’Amministrazione medesima deve essere esercitato in conformità ai principi di legalità, di economicità e di razionalità, nonché nel rispetto della c.d. “buona fede etica”.
Nel caso di illegittimità del procedimento di scelta del contraente dovrà pertanto inderogabilmente trovare applicazione l’art. 21-nonies della L. 241 del 1990 come aggiunto dall’art. 14 della L. 15 del 2005, con il conseguente annullamento d’ufficio del provvedimento di aggiudicazione definitiva; viceversa, nel caso di revoca del medesimo provvedimento di aggiudicazione definitiva troverà altrettanto necessitata applicazione l’art. 21-quinquies della medesima L. 241 del 1990, parimenti introdotto per effetto dell’art. 14 della L. 15 del 2005.
Ove l’annullamento o la revoca riguardi l’aggiudicazione definitiva, deve essere inderogabilmente e previamente comunicato alla parte interessata l’avvio del relativo procedimento a’ sensi dell’art. 7 e ss. della medesima L. 241 del 1990, mentre nel caso in cui deve essere annullata o revocata l’aggiudicazione provvisoria, non sussiste l’esigenza di acquisire la partecipazione degli interessati, trattandosi di atto endoprocedimentale, “ad effetti instabili ed interinali”, “certamente necessario ma non decisivo, ed ancora attinente all’unico procedimento iniziato con l’istanza di partecipazione alla gara”.

In linea di principio nei contratti ad evidenza pubblica l’Amministrazione aggiudicatrice non è obbligata a stipulare il contratto con l’impresa aggiudicataria.
La medesima Amministrazione ben può, quindi, rimuovere gli effetti dell’atto di aggiudicazione provvisoria e –ove necessario– anche dei suoi atti presupposti, nonché dell’atto di aggiudicazione definitiva, purché la conseguente azione amministrativa sia condotta nei necessari crismi della legittimità: ossia il potere discrezionale riconosciuto in capo all’Amministrazione medesima deve essere esercitato in conformità ai principi di legalità, di economicità e di razionalità, nonché nel rispetto della c.d. “buona fede etica
Come è ben noto, a’ sensi dell’art. 11 del D.L.vo 163 del 2006 il procedimento di scelta del contraente per l’affidamento di una commessa pubblica si conclude soltanto nel momento in cui la stazione appaltante adotta il provvedimento di aggiudicazione definitiva: e di ciò ne è prova la circostanza per cui, ove l’Amministrazione aggiudicatrice intenda esercitare il proprio potere di rimozione degli effetti dell’aggiudicazione definitiva da essa precedentemente disposta, in applicazione del rinvio di carattere generale contenuto nell’art. 2, comma 3, del medesimo D.L.vo 163 del 2006 dovrà comunque attenersi al riguardo alle disposizioni contenute nel corpus della L. 07.08.1990 n. 241.
Nel caso di illegittimità del procedimento di scelta del contraente dovrà pertanto inderogabilmente trovare applicazione l’art. 21-nonies della L. 241 del 1990 come aggiunto dall’art. 14 della L. 15 del 2005, con il conseguente annullamento d’ufficio del provvedimento di aggiudicazione definitiva; viceversa, nel caso di revoca del medesimo provvedimento di aggiudicazione definitiva troverà altrettanto necessitata applicazione l’art. 21-quinquies della medesima L. 241 del 1990, parimenti introdotto per effetto dell’art. 14 della L. 15 del 2005.
Va opportunamente rimarcato che -anche a prescindere dalla sopradescritta sistematica “interazione” tra la disciplina contenuta nel D.L.vo 163 del 2006 e quella contenuta nella L. 241 del 1990, garantita dalla testé ricordata “clausola generale” contenuta nell’art. 3, comma 2, del medesimo D.L.vo 163 del 2006- pure in epoca precedente all’entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici il medesimo risultato era inderogabilmente assicurato mediante l’applicazione in via precettiva del principio di buon andamento e di imparzialità della funzione pubblica, discendente dall’art. 97 Cost (cfr., ad es., Cons. Stato, Sez. V, 20.01.2004 n. 156), nonché del principio di diritto comune contenuto nell’art. 1328 c.c., in forza del quale la proposta di concludere il contratto (quale è l’atto di indizione della gara, ancorché espresso in forma pubblicistica e subordinata all’osservanza delle regole procedimentali per la scelta del contraente) è sempre revocabile fino a che il contratto non sia concluso (cfr. sul punto Cons. Stato, Sez. VI, 05.08.2004 n. 5448).
Risulta altrettanto assodato che, ove l’annullamento o la revoca riguardi l’aggiudicazione definitiva, deve essere inderogabilmente e previamente comunicato alla parte interessata l’avvio del relativo procedimento a’ sensi dell’art. 7 e ss. della medesima L. 241 del 1990, mentre nel caso in cui deve essere annullata o revocata l’aggiudicazione provvisoria, non sussiste l’esigenza di acquisire la partecipazione degli interessati, trattandosi di atto endoprocedimentale, “ad effetti instabili ed interinali” (così TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 19.04.2007 n. 1874), “certamente necessario ma non decisivo, ed ancora attinente all’unico procedimento iniziato con l’istanza di partecipazione alla gara” (cfr. sul punto, ad es., e tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. V, 12.11.2009 n. 7042).
Si reputa, infatti, che l’aggiudicatario provvisorio sia titolare di una mera aspettativa di fatto alla conclusione del procedimento, mentre in presenza di un provvedimento di aggiudicazione definitiva l’aggiudicatario ha conseguito una posizione giuridica qualificata e, per tale ragione, meritevole della garanzia di poter interloquire con l’Amministrazione aggiudicatrice, rappresentando fatti e prospettando osservazioni e valutazioni finalizzate alla migliore individuazione dell’interesse pubblico, concreto ed attuale, alla cui unica cura deve essere indirizzata l’azione dell’Amministrazione medesima.
Da ciò discende –altresì- che l’azione amministrativa deputata all’eventuale revoca dell’aggiudicazione provvisoria in pendenza del procedimento finalizzato all’adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva non può mai risolversi nell’esercizio arbitrario del potere attribuito all’Amministrazione aggiudicatrice e che la posizione dell’aggiudicatario provvisorio non può non essere adeguatamente tutelata dall’ordinamento giuridico, dovendo il potere predetto essere puntualmente e motivatamente esercitato non solo nell’an, ma anche nel quam, nel quando e nel quomodo.
Se, dunque, il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione definitiva di una commessa pubblica per certo costituisce estrinsecazione di un potere connotato da amplissima discrezionalità e caratterizzato da una valutazione di pura opportunità amministrativa, dinanzi al quale il sindacato del giudice amministrativo non può oltrepassare il confine della verifica circa la congruità, la logicità e la razionalità della scelta operata dalla stazione appaltante, allo stesso tempo non può non considerarsi che va comunque accordata una tutela alla posizione soggettiva del destinatario del provvedimento medesimo, soprattutto sotto il profilo del corretto bilanciamento degli interessi coinvolti, nonché in ordine alla reale sussistenza dei presupposti che inducono l’Amministrazione aggiudicatrice, dopo aver bandito una selezione e definito un apprezzabile tratto della relativa procedura, a verificare la perdurante attualità della rispondenza di tali atti al pubblico interesse (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 14.09.2010 n. 4745 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla revoca, in autotutela, del contratto d'appalto già stipulato.
La giurisprudenza ha distinto le ipotesi in cui, successivamente alla stipulazione del contratto, l'amministrazione, nell'esercizio dei propri poteri di autotutela, abbia rimosso gli atti dell'evidenza pubblica dalle ipotesi di recesso o risoluzione del contratto per fatti verificatisi in costanza di rapporto.
La cognizione delle vicende riconducibili alla prima ipotesi è attribuita alla giurisdizione del giudice amministrativo, la cognizione delle vicende riconducibili alla seconda ipotesi è attribuita alla giurisdizione del giudice ordinario.
In particolare si è affermato che l'autotutela dell'amministrazione appaltante, che -nella specie, per vizi della procedura riguardanti la composizione della commissione aggiudicatrice, rilevati in sede cautelare dal giudice amministrativo- sospenda gli effetti del contratto già concluso, disponendo una nuova gara, non attiene all'esecuzione del contratto di diritto privato stipulato successivamente agli atti di evidenza pubblica, ma riguarda solo tali atti prodromici, di modo che riguardo all'esercizio dell'autotutela è configurabile la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in base all'art. 6 l. 21.07.2000 n. 205 (Cass., sez. un., 01.03.2006, n. 4508).
Per quanto attiene invece alla diversa ipotesi dell'esercizio del diritto di recesso è stato affermato che spetta alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto l'accertamento della legittimità del recesso di una p.a. da un contratto di affidamento di pubblici servizi (C.S. V 13.07.2006 n. 4440). E, più in generale, si è affermato che le questioni nascenti da un contratto di appalto di lavori pubblici, dunque recesso , rescissione nonché risoluzione unilaterale del rapporto, investono in via diretta ed immediata posizioni di diritto soggettivo scaturenti da un rapporto giuridico ormai perfezionato ed operativo, onde non può dubitarsi che ricadano nella giurisdizione del giudice ordinario. Le suddette questioni si collocano, infatti, nella fase di esecuzione del contratto di appalto (successiva a quella della scelta del contraente) e gli atti posti in essere dalla p.a. in tal frangente si caratterizzano per l'evidente natura negoziale (C.S. V 30.01.2002 n. 515).
Si noti, ad abundantiam, che l'amministrazione resistente ha utilizzato nella specie un rimedio, quello del recesso dal contratto d'opera ex art. 2237 c.c., riconosciuto dall'ordinamento in capo a tutti i soggetti che hanno stipulato contratti d'opera.
Nel caso di specie, pertanto, l'Amministrazione non ha esercitato alcun potere autoritativo.
In ogni caso deve rilevarsi come la giurisdizione del giudice ordinario sulle controversie inerenti ai diritti e agli obblighi derivanti da un contratto di appalto di opere o di servizi pubblici non resta esclusa per il fatto che il committente si sia avvalso della facoltà, prevista dal contratto o dalla legge, di rescindere il rapporto, attesa l'inidoneità dell'atto rescindente ad incidere sulle posizioni soggettive nascenti dal contratto ed aventi, per ciò stesso, consistenza di diritti soggettivi. Di conseguenza detto provvedimento, ancorché rivestito delle forme dell'atto amministrativo, non cessa di operare nell'ambito delle paritetiche posizioni contrattuali, onde le contestazioni che investono tale forma di autotutela appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass. sez. un. 5 giugno 2006 n. 13170) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 14.09.2010 n. 3548 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Il potere della commissione di stabilire criteri di valutazione non comporta l’introduzione di elementi di specificazione e di integrazione dei criteri generali di valutazione delle offerte già indicati nella lettera di invito.
Il potere della commissione di stabilire i criteri di valutazione, ove consentito, al fine di evitare distorsioni del meccanismo concorrenziale sotteso all’evidenza pubblica, deve, infatti, essere circondato da peculiari cautele e limiti, tra i quali è indubbiamente, la preclusione di introdurre elementi di specificazione e di integrazione dei criteri generali di valutazione delle offerte già indicati nella lettera di invito, oppure fissare sottocriteri o regole specifiche sulle modalità di valutazione, una volta che sia sopravvenuta l’apertura delle buste recanti le offerte stesse (cfr. tra le tante, Cons. Stato, sez. V, 30.08.2006, n. 5082) (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 14.09.2010 n. 3475 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTINel caso di revoca d’ufficio dell’aggiudicazione provvisoria, non è richiesta alcuna comunicazione di avvio del procedimento, mentre la stazione appaltante è obbligata al rispetto delle garanzie partecipative quando l’esercizio del potere di autotutela abbia ad oggetto l’aggiudicazione definitiva, in ragione della posizione di vantaggio che solo quest’ultima costituisce in capo all’impresa aggiudicataria.
Non costituisce ostacolo al riconoscimento della responsabilità pre-contrattuale dell’ente la reiezione della domanda di annullamento del provvedimento di revoca, poiché è provato che l’elusione delle aspettative della ricorrente, seppure non intenzionale, è colposa e contraria ai canoni di correttezza e buona fede nella formazione del contratto. La responsabilità pre-contrattuale per la revoca della gara non ancora conclusa può infatti sempre ritenersi configurabile, quando il fine pubblico venga attuato attraverso un comportamento obbiettivamente lesivo dei doveri di lealtà, sicché anche dalla revoca legittima degli atti di gara può scaturire l’obbligo di risarcire il danno, nel caso di affidamento suscitato nell’impresa.

La giurisprudenza ha ripetutamente chiarito che, nel caso di revoca d’ufficio dell’aggiudicazione provvisoria, non è richiesta alcuna comunicazione di avvio del procedimento, mentre la stazione appaltante è obbligata al rispetto delle garanzie partecipative quando l’esercizio del potere di autotutela abbia ad oggetto l’aggiudicazione definitiva, in ragione della posizione di vantaggio che solo quest’ultima costituisce in capo all’impresa aggiudicataria (in questo senso, tra molte, Cons. Stato, sez. V, 21.11.2007 n. 5925; Id., sez. V, 13.07.2006 n. 4426).
L’aggiudicazione provvisoria di un appalto pubblico ha infatti natura di atto endoprocedimentale, ad effetti ancora instabili e del tutto interinali.
Essa pertanto è inidonea a generare nella ditta provvisoriamente aggiudicataria una posizione consolidata di vantaggio, con la conseguenza che sull’Amministrazione che intende esercitare il potere di autotutela rispetto all’aggiudicazione provvisoria incombe un onere di motivazione fortemente attenuato, circa le ragioni di interesse pubblico che lo hanno determinato, essendo sufficiente che sia reso palese il ragionamento seguito per giungere alla determinazione negativa, attraverso l’indicazione degli elementi concreti ed obiettivi in base ai quali essa si ritiene di non procedere all’aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 31.05.2007 n. 2838; Id., sez. V, 29.12.2009 n. 8966).
Più in generale, con riguardo allo ius poenitendi riconosciuto alla stazione appaltante, si è da tempo affermato che l’Amministrazione conserva il potere di revocare il bando di gara ovvero l’aggiudicazione di un appalto, per sopravvenute ragioni di interesse pubblico ovvero per la sopravvenuta riconsiderazione di situazioni preesistenti, purché l’atto di autotutela sia adeguatamente motivato con richiamo ad un preciso e concreto interesse pubblico alla revoca d’ufficio; la potestà di ritiro si fonda sul principio costituzionale di buon andamento che, com’è noto, impegna l’Amministrazione ad adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire (cfr., tra molte, Cons. Stato, sez. IV, 22.10.2004 n. 6931; Id., sez. V, 20.09.2001 n. 4973) e trova oggi positivo riconoscimento nella previsione dell’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990.
Non costituisce ostacolo al riconoscimento della responsabilità pre-contrattuale dell’ente la reiezione della domanda di annullamento del provvedimento di revoca, poiché è provato che l’elusione delle aspettative della ricorrente, seppure non intenzionale, è colposa e contraria ai canoni di correttezza e buona fede nella formazione del contratto.
La responsabilità pre-contrattuale per la revoca della gara non ancora conclusa può infatti sempre ritenersi configurabile, quando il fine pubblico venga attuato attraverso un comportamento obbiettivamente lesivo dei doveri di lealtà, sicché anche dalla revoca legittima degli atti di gara può scaturire l’obbligo di risarcire il danno, nel caso di affidamento suscitato nell’impresa (in tal senso la più recente giurisprudenza amministrativa: Cons. Stato, Ad. plen., 05.09.2005 n. 6; Id., sez. V, 30.11.2007 n. 6137; Id., sez. V, 08.10.2008, n. 4947; TAR Campania, Napoli, sez. I, 08.02.2006 n. 1794; TAR Lazio, sez. II-quater, 02.04.2010 n. 5621).
Ai fini della commisurazione del danno risarcibile, deve aversi riguardo al solo interesse negativo, ossia alle spese effettivamente sostenute in vista della conclusione dell’affare (danno emergente) ed alle occasioni contrattuali perse per aver confidato nell’impegno assunto (lucro cessante). Resta invece escluso il risarcimento dell’utile che si sarebbe conseguito con l’esecuzione del contratto (cfr. Cons Stato, sez. IV, 04.10.2007 n. 5179; TAR Puglia, Bari, sez. I, 16.02.2008 n. 249)
(TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 14.09.2010 n. 3459 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulle spese sostenute dalle imprese per la partecipazione alle gare d'appalto.
La partecipazione alle gare d'appalto comporta per le imprese dei costi che, ordinariamente, restano a loro carico anche in caso di mancata aggiudicazione.
Detti costi sono risarcibili, a titolo di danno emergente, solo qualora l'impresa subisca una illegittima esclusione, perché in tal caso viene in considerazione il diritto soggettivo del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili.
Per converso, nel caso in cui l'impresa ottenga il risarcimento del danno per mancata aggiudicazione (o per la perdita della possibilità di aggiudicazione), non vi è spazio per il risarcimento per equivalente dei costi di partecipazione alla gara (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 14.09.2010 n. 3458 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIAppalti, tracciabilità da settembre. Il vincolo di trasparenza sui flussi finanziari non è retroattivo. Lo prevede la bozza di linee guida sulla legge antimafia. Ma resta l'ipotesi di un decreto di sospensione.
Conferma dell'obbligo di tracciabilità dei flussi finanziari per i contratti sottoscritti dopo il 7 settembre, anche se il bando di gara è precedente a tale data; obbligo di indicare nel contratto tutti i rapporti contrattuali relativi alla specifica commessa; le comunicazioni sulla tracciabilità dovranno essere effettuate dai legali rappresentanti; il Cup (Codice unitario progetto) corrispondente al contratto dovrà essere citato unitamente al Cig (Codice identificativo gara) e sarà rilasciato anche per forniture e servizi.
Sono questi alcuni dei punti contenuti nel documento base che l'Autorità ha messo a punto per la determinazione contenente le linee guida relative all'applicazione dell'articolo 3 della legge 136/2010; ma l'ipotesi di un decreto legge che rinvii l'applicazione della disposizione per definire con maggiore calma e accuratezza le modalità applicative dell'obbligo, è aperta e potrebbe realizzarsi entro venerdì ... (articolo ItaliaOggi del 14.09.2010 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTI - ATTI AMMINISTRATIVIOGGETTO: Accesso alla documentazione amministrativa relativa al rilascio di una informazione antimafia.
Con nota del 18.08.2010 la Prefettura di Udine ha comunicato che una ditta appaltatrice, avendo appreso, da un certificato antimafia che le era stato rilasciato, che in fase istruttoria era stato acquisito un rapporto della DIA, ha presentato domanda di accesso a tale rapporto. Ciò premesso l’Amministrazione ha chiesto se, a parere di questa Commissione, sia opportuno concedere tale accesso.
Al riguardo si fa presente che l’art. 3 del D.M. 10.06.1994 n. 415, come integrato dal D.M. 17.11.1996 n. 508, nelle categorie dei “documenti inaccessibili per motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero ai fini di prevenzione e repressione della criminalità” comprende, al punto b), le “relazioni di servizio ed altri atti o documenti presupposto per…. adempimenti istruttori relativi a licenze, concessioni od autorizzazioni comunque denominate ….che contengono notizie relative a situazioni di interesse per l’ordine e la sicurezza pubblica e all’attività di prevenzione e repressione della criminalità salvo che, per disposizioni di legge o di regolamento, ne siano previste particolari forme di pubblicità o debbano essere uniti a provvedimenti o atti soggetti a pubblicità”.
Ora è indubbio che il rapporto in questione sia un adempimento istruttorio che contiene notizie relative a situazioni di interesse per l’ordine e la sicurezza pubblica e all’attività di prevenzione e repressione della criminalità; e che quindi sia sottratto all’accesso ai sensi della citata disposizione regolamentare.
Né a diversa conclusione può indurre l’art. 7, comma 2, del regolamento di cui al dPR 12.04.2006 n. 184, che prevede che l’accoglimento della domanda d’accesso “comporta anche la facoltà di accesso agli altri documenti nello stesso richiamati e appartenenti al medesimo procedimento, fatte salve le eccezioni di legge o di regolamento”. Infatti nel caso in esame ricorre appunto l’eccezione prevista dal citato art. 3 del D.M. n. 415/1994, dal momento che nessuna norma prevede che il rapporto della DIA sia soggetto a particolari forme di pubblicità o debba essere unito all’autorizzazione antimafia.
Si esprime pertanto il parere che domanda d’accesso non debba essere accolta
(Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, risposta del Plenum in seduta del 14.09.2010 - link a www.commissioneaccesso.it).

APPALTIAppalti p.a., niente salti nel buio. Arriveranno martedì le linee guida dell'Authority ll.pp.. L'organismo guidato da Giuseppe Brienza al lavoro sul testo. L'Ance: serve una moratoria.
Arriveranno martedì le linee guida esplicative per l'applicazione della legge sulla tracciabilità dei pagamenti negli appalti pubblici (legge n. 136/2010, in vigore da martedì).

La determina che sta scrivendo l'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici metterà fine, è l'intento, all'impasse che si è determinata nei rapporti tra pubblica amministrazione e mondo delle imprese in relazione ai contratti per gli appalti pubblici.
Situazione che ha portato di fatto al blocco dei pagamenti da parte delle stazioni appaltanti. A scrivere le linee guida applicative, che arrivano in differita rispetto all'entrata in vigore della legge, martedì 07.09.2010, è ora l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici cui il ministero dell'interno ha delegato il compito, dopo aver precisato, giovedì sera, con una circolare inviata a tutti i prefetti, che l'applicazione dell'articolo 3 della legge 136/2010 sulla tracciabilità dei pagamenti non ha valore retroattivo. Interpretazione accolta dall'Authority che ieri ha ribadito che la norma sulla tracciabilità dei pagamenti non si applica ai contratti in essere, ma soltanto ai contratti stipulati dopo l'entrata in vigore della legge. (si veda articolo qui a fianco).
Ancora, l'Autorità ha fatto sapere di essersi impegnata a licenziare a tambur battente la determina con il regolamento che illustra operativamente come dovranno essere applicate le norme contenute nella legge che fa parte del pacchetto normativo antimafia messo a punto dal governo nella lotta contro le infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti pubblici.
La determina dell'Autorità guidata dal senatore Giuseppe Brienza, che dal 2 luglio ha assunto l'incarico di facente funzioni dell'organismo per la sorveglianza sugli appalti pubblici, in sostituzione dell'ex presidente Luigi Giampaolino, sarà emanata martedì, secondo quanto ha annunciato Brienza specificando che alla stesura del provvedimento stanno ancora lavorando in queste ore i suoi uffici.
Inoltre, il numero uno dell'organismo di via di Ripetta, ha dichiarato che lo schema di regolamento con le linee guida, che tiene conto delle esigenze espresse dagli operatori dell'industria delle costruzioni e dell'edilizia, saranno discusse nella riunione che l'Authority ha già convocato per lunedì.
Al tavolo siederanno i rappresentanti delle associazioni imprenditoriali interessate, dell'Anci, Upi, Avvocatura generale dello stato, stazioni appaltanti come l'Anas e ministeri competenti (infrastrutture e giustizia). In quella sede l'Authority sottoporrà alle parti il testo «che chiarirà», ha spiegato Brienza, «i nodi applicativi sollevati dagli operatori nella riunione, mercoledì scorso, al ministero dell'interno».
«Faremo chiarezza sul problema dei conti correnti dedicati ad ogni singolo appalto, sui codici identificativi dei progetti cui dovranno dotarsi i comuni (cup) e l'Authority (cig) ai fini della tracciabilità dei pagamenti negli appalti pubblici», ha specificato Brienza, «dopo l'approvazione del documento al tavolo di lunedì, martedì' il consiglio dell'Autorità approverà la determina che verrà emanata immediatamente».
In questa situazione, secondo l'Authority di Brienza non sarà necessario il decreto di sospensione temporanea della legge, così come era stato richiesto dall'Ance e dalle associazioni imprenditoriali. Ma ancora ieri sera, il presidente nazionale dei costruttori, Paolo Buzzetti (Ance), ha insistito sulla necessità di una moratoria «pur apprezzando il lodevolissimo sforzo in atto e dopo il chiarimento in merito alla non retroattività della legge n. 136/2010 sugli appalti in essere. La sospensione sull'applicabilità del provvedimento», ha spiegato, «è necessaria per capire in maniera inequivoca tutti i nodi applicativi della legge» (articolo ItaliaOggi dell'11.09.2010, pag. 31 - link a www.corteconti.it).

APPALTI: Sull'illegittimità dell'aggiudicazione della gara per l'affidamento del servizio rilascio dei certificati digitali negli atenei alla Infocert s.p.a., società informatica strumentale delle Camere di commercio italiane.
Lo scorporo delle attività da parte delle società strumentali mediante la costituzione di una separata società interrompe il divieto di cui all'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, solo se la nuova società sia effettivamente "separata" e cioè autonoma e indipendente rispetto alla società strumentale.

E' illegittima l'aggiudicazione della gara per l'affidamento del servizio rilascio dei certificati digitali negli atenei alla Infocert s.p.a., società informatica strumentale delle Camere di commercio italiane (considerate ormai pacificamente amministrazioni pubbliche locali), in quanto la medesima utilizza un capitale appartenente al 100% ad una società (Infocamere) cui è precluso -in osservanza del principio di par condicio, consacrato nel d.l. Bersani all'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, convertito nella legge n. 240 del 2006 e poi esteso dalla legge finanziaria n. 244 del 2007- di svolgere attività per enti diversi da quelli che l'hanno costituita e di partecipare ad altre società o enti.
Le amministrazioni pubbliche locali, e quindi anche le Camere di commercio, possono impiegare propri capitali per costituire società al fine di ottenere l'affidamento di servizi di utilità generale, concorrendo liberamente in una gara ad evidenza pubblica; ma tale iniziativa non può essere perseguita mediante la costituzione di una società partecipata al 100% da una loro società strumentale, perché in tal modo verrebbe ad essere eluso, sia pure indirettamente, il divieto di svolgere attività diverse da quelle espressamente consentite ai soggetti che godono del beneficio del minimo garantito.
Lo scorporo delle attività da parte delle società strumentali mediante la costituzione di una separata società in tanto interrompe il divieto di cui all'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 in quanto la nuova società sia effettivamente "separata" e cioè autonoma e indipendente rispetto alla società strumentale. Autonomia e indipendenza che, nel caso di specie, è insussistente in Infocert rispetto ad Infocamere ed alle Camere di commercio dal momento che Infocamere (società strumentale delle Camere di commercio) è socio unico di Infocert (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.09.2010 n. 6527 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTILa tracciabilità dei pagamenti si applica ai nuovi contratti.
Inapplicabile ai contratti in corso la tracciabilità dei flussi finanziari prevista dalla legge 136 e relativa agli appalti pubblici.
Lo afferma il ministero dell'interno nella lettera 09.09.2010, prot. 13001/118/Gab, dal gabinetto del ministro Roberto Maroni ai prefetti per risolvere l'immediato problema operativo. Sarà invece l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, con una apposita determina che sarà emanata la prossima settimana, a chiarire i profili applicativi della disposizione di cui dovrà essere assicurata la piena effettività per tutta la cosiddetta filiera delle imprese coinvolte nei lavori, nelle forniture e nei servizi.
L'ipotesi di un decreto legge sembra però ancora aperta, sia per la valenza giuridica della nota, sia perché il settore imprenditoriale rimane comunque preoccupato per l'effetto di blocco dei pagamenti e delle attività di tutta la filiera produttiva. L'intervento del Viminale fa seguito ad una apposita riunione svoltasi nei giorni scorsi con i rappresentanti delle imprese, con l'Avvocatura generale, la procura Antimafia e con l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici e non assume neanche la forma di una vera e propria circolare, trattandosi di una lettera indirizzata ai prefetti e ai commissari governativi di Trento e Bolzano e alla prefettura di Aosta.
La lettera afferma che l'articolo 3 della legge 136/2010 sull'obbligo di effettuare pagamenti tramite bonifico bancario o postale su conti dedicati, deve applicarsi soltanto «ai contratti sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore della legge», cioè a tutti i contratti posti in essere dopo il 07.09.2010. La motivazione sottesa a questo chiarimento è duplice: in primo luogo si sostiene che, laddove il legislatore abbia inteso applicare le norme da esso dettate ai rapporti negoziali già in essere «lo ha sancito espressamente».
A conferma di ciò, si cita la norma della stessa legge che, con riguardo alla banca di dati nazionale unica della documentazione antimafia, prevede l'immediata efficacia delle informative negative «con riferimento a tutti i rapporti, anche già in essere, con la pubblica amministrazione». La seconda ragione addotta dal ministero afferisce a un profilo di merito e applicativo: si dice infatti che l'applicazione della tracciabilità anche ai contratti in essere si porrebbe in violazione delle norme civilistiche in materia di autonomia negoziale, dal momento che inciderebbe in modo sostanziale sull'assetto del rapporto contrattuale.
Il pericolo, in questa (denegata) ipotesi sarebbe quello di contenziosi che avrebbero pesanti conseguenze per le stazioni appaltanti e per le imprese coinvolte. La nota ministeriale ribadisce invece che rimane ferma l'efficacia della disposizioni sulla tracciabilità dei flussi finanziari previste da leggi speciali come quelle per l'Abruzzo e per l'Expo 2015; per questi contratti, in essere o ancora da stipulare, nulla cambia.
Nel frattempo la palla è passata all'Autorità di via di Ripetta che sta lavorando ad una bozza di determina che dovrebbe essere pronta la prossima settimana. E proprio per definire i contenuti del provvedimento la presidenza dell'Autorità ha convocato per lunedì pomeriggio una riunione con tutti i soggetti interessati (articolo ItaliaOggi dell'11.09.2010, pag. 31).

APPALTI: Non può essere esclusa l’impresa cessionaria del ramo d’azienda che non abbia presentato le relative dichiarazioni in ordine alla posizione della cedente.
Con la sentenza in commento il TAR Lombardia, con riferimento ad una gara in cui erano state ammesse tre imprese, ha accolto il ricorso incidentale dell’aggiudicataria ed ha respinto il ricorso principale della società cooperativa appellante avverso una determinazione dirigenziale del comune di Milano di affidamento del servizio di attacchinaggio su impianti di proprietà comunale.
Il Consiglio di Stato, nel considerare l’appello infondato, ha ritenuto priva di pregio, in particolare, la doglianza con la quale si sostiene che l’aggiudicataria avrebbe dovuto dichiarare nella domanda di partecipazione, a pena di esclusione, l’intenzione di avvalersi dei requisiti acquisiti per effetto della cessione del ramo d’azienda stipulata anteriormente alla procedura.
Occorre osservare, spiegano i giudici d’appello, che in materia di procedure ad evidenza pubblica le clausole di esclusione poste dalla legge o dal bando in ordine alle dichiarazioni cui è tenuta la impresa partecipante alla gara sono di stretta interpretazione dovendosi dare esclusiva prevalenza alle espressioni letterali in esse contenute restando preclusa ogni forma di estensione analogica diretta ad evidenziare significati impliciti, che rischierebbe di pregiudicare l’affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l’esigenza della più ampia partecipazione (V. le decisioni di questo Consiglio sez. V, 28.09.2005 n. 5194 e 13.01.2005 n. 82; Sez. IV, 15.06.2004 n. 3903; VI, 02.04.2003 n. 1709).
Inoltre, al fine di integrare i requisiti di partecipazione ad una gara di appalto ed a prescindere da un’espressa previsione del bando, sono certamente riconducibili al patrimonio di una società o di un imprenditore cessionari prima della partecipazione alla gara di un ramo d’azienda i requisiti posseduti dal soggetto cedente, giacché essi devono considerarsi compresi nella cessione in quanto strettamente connessi all'attività propria del ramo ceduto. In tal caso infatti nessuna norma del Codice dei contratti impone al cessionario di dichiarare espressamente, nella domanda, di partecipare alla gara grazie ai requisiti acquisiti con la precedente cessione; né varrebbe richiamare gli artt. 51 e 49, dal momento che si riferiscono rispettivamente alle diverse ipotesi nelle quali la cessione sia avvenuta nel corso della gara ovvero il concorrente ricorra ad imprese ausiliarie mediante l’avvalimento al fine di integrare i propri requisiti per partecipare alla gara.
L’orientamento sopra indicato è stato recentemente confermato dalla quinta Sezione (decisione 21.05.2010 n. 3213), rilevandosi che manca nel Codice appalti una norma, con effetto preclusivo, che preveda in caso di cessione d’azienda antecedente alla partecipazione alla gara un obbligo specifico di dichiarazioni in ordine ai requisiti soggettivi della cedente riferita sia agli amministratori e direttori tecnici in quanto l’art. 51 del Codice si occupa della sola ipotesi di cessione del ramo di azienda successiva alla aggiudicazione della gara.
Ne discende che in assenza di tale norma e siccome la cessione di azienda comporta non una successione a titolo universale del cessionario al cedente bensì invece una successione nelle posizioni attive e passive relative all’azienda tra soggetti che conservano distinta personalità giuridica, non può essere esclusa l’impresa cessionaria del ramo d’azienda che non abbia presentato le relative dichiarazioni in ordine alla posizione della cedente, con conseguente infondatezza, concludono gli stessi giudici, della doglianza avanzata dall’appellante (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it -  Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.09.2010 n. 6550 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Le amministrazioni pubbliche, in alternativa allo svolgimento di una procedura di evidenza pubblica di scelta del contraente, possono stipulare con altra amministrazione pubblica un accordo a titolo oneroso cui affidare il servizio.
Il diritto comunitario non impone in alcun modo alle autorità pubbliche di ricorrere ad una particolare forma giuridica per assicurare in comune le loro funzioni di servizio pubblico, consentendo, invece, alle amministrazioni aggiudicatrici, in alternativa allo svolgimento di una di procedura di evidenza pubblica di scelta del contraente, di stipulare un accordo a titolo oneroso con altra amministrazione pubblica, cui affidare il servizio (sentenza CGE 09.06.2009, C-480/06, par. n. 47).
Una cooperazione del genere tra autorità pubbliche non può rimettere in questione l'obiettivo principale delle norme comunitarie in materia di appalti pubblici, vale a dire la libera circolazione dei servizi e l'apertura alla concorrenza non falsata in tutti gli Stati membri, poiché l'attuazione di tale cooperazione è retta unicamente da considerazioni e prescrizioni connesse al perseguimento di obiettivi d'interesse pubblico e poiché viene salvaguardato il principio della parità di trattamento degli interessati di cui alla direttiva 92/50, cosicché nessun impresa privata viene posta in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.09.2010 n. 6548 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Nell’ambito del criterio selettivo dell'offerta economicamente più vantaggiosa, anche quando il progetto posto a base di gara è definitivo, è consentito alle imprese di proporre le variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche.
La giurisprudenza sottolinea costantemente la naturale vocazione del metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa a recepire i suggerimenti innovativi provenienti dall’esperienza e dalla capacità tecnica delle imprese concorrenti.
La Sezione ha affermato infatti: “E’ insito nella scelta del criterio selettivo dell'offerta economicamente più vantaggiosa che, anche quando il progetto posto a base di gara è definitivo, deve ritenersi consentito alle imprese di proporre le variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche, purché non si alterino i caratteri essenziali delle prestazioni richieste” (Consiglio Stato, sez. V, 16.06.2010, n. 3806; 12.02.2010, n. 743; 17.09.2008 n. 4398; 11.07.2008 n. 3481) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.09.2010 n. 6545 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI FORNITURE: E' legittima la prescrizione del disciplinare di gara, stabilita a pena di esclusione, relativa all'allegazione della duplice certificazione di qualità per il fabbricante, qualora le due certificazioni assolvano tra di loro una funzione complementare.
E' legittima la prescrizione del disciplinare di gara, stabilita a pena di esclusione, relativa all’allegazione della duplice certificazione di qualità per il fabbricante, qualora le due certificazioni assolvano tra di loro una funzione complementare.
Nel caso di specie, il disciplinare richiedeva a pena di esclusione, per una gara per la fornitura di guanti, il possesso del certificato di conformità alle norme UNI EN ISO 13485/2004, con specifico riferimento ai dispositivi medici, ed il certificato generico di conformità alle norme ISO 9001:2000 per il fabbricante (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.09.2010 n. 6530 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla legittimità dell'affidamento del servizio di refezione scolastica di un comune attraverso il modello della gestione associata tra comuni e gestione del servizio condotta a mezzo di una istituzione.
Ai fini della distinzione tra servizi pubblici locali di rilevanza economica e servizi privi di tale rilevanza è necessario far ricorso ad un criterio relativistico che tenga conto delle peculiarità del caso concreto.

Le istituzioni, seppure dotate di autonomia gestionale, quali organismi strumentali sono soggetti istituzionalmente dipendenti dagli enti locali e sono parte dell'apparato amministrativo che fa capo al Comune; come tali, le stesse possono, nell'ambito degli speciali moduli convenzionali o consorziali tra enti locali previsti dalle norme legislative e regolamentari, essere affidatarie di servizi pubblici sociali privi di rilevanza economica per la gestione comune tra più enti locali. Pertanto, non sussistono, nel caso di specie, ostacoli normativi al ricorso da parte di un comune, per la gestione del servizio di refezione scolastica, al ricorso al modulo della gestione associata ex art. 30 d.lgs. n. 18.08.2000, n. 267, tramite convenzione col limitrofo comune, avvalendosi quest'ultimo per la gestione del servizio, di una istituzione proprio organismo strumentale, considerato che si tratta di un servizio privo di rilevanza economica.
Ai fini della distinzione tra servizi pubblici locali di rilevanza economica e servizi pubblici locali privi di tale rilevanza, a fronte della rilevata inidoneità di criteri distintivi di natura astratta, sostanzialistica e/o ontologica, occorre far ricorso ad un criterio relativistico, che tenga conto delle peculiarità del caso concreto, quali la concreta struttura del servizio, le concrete modalità del suo espletamento, i suoi specifici connotati economico-organizzativi, la natura del soggetto chiamato ad espletarlo, la disciplina normativa del servizio.
Pertanto, applicando siffatto criterio relativistico e contestualizzante al caso di specie, riguardante l'assegnazione del servizio di refezione scolastica nelle scuole del territorio comunale attraverso il modulo della gestione associata ex art. 30 d.lgs. n. 18.08.2000, n. 267, a mezzo di una Istituzione, si giunge alla conclusione che si versi in fattispecie di servizio in concreto privo di rilevanza economica (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.09.2010 n. 6529 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di un concorrente da una gara per omessa dichiarazione circa la condanna penale subita dal rappresentante della mandante, essendo irrilevante, ai fini dell'esclusione, la sua ignoranza o buona fede.
L'art. 38, c. 1, lett. c) e c. 2 del D.lgs. n. 163/2006, richiede che le imprese partecipanti ad una gara d'appalto dichiarino le condanne subite per i reati ivi specificatamente elencati nonché quelle conseguenti a reati gravi in danno dello Stato o della Comunità incidenti sulla moralità professionale.
Inoltre, l'Autorità di Vigilanza, con il parere di cui alla Determinazione n. 1/2010, ha precisato che "Gli operatori economici hanno l'obbligo di dichiarare qualsiasi condanna o violazione relativa alle fattispecie indicate alla lett. c)", in quanto "la valutazione della gravità della condanna dichiarata, e della sua incidenza sulla "moralità professionale", non è rimessa all'apprezzamento dell'impresa concorrente ma alla valutazione della stazione appaltante".
Pertanto, nel caso di specie, poiché è stata omessa la dichiarazione circa la condanna subita dal rappresentante della mandante, condanna che, rientrando fra quelle individuate dal citato art. 38, non riguarda un reato nelle more estinto, essendo irrilevante ai fini dell'esclusione, la sua ignoranza o buona fede, è legittimo il provvedimento di esclusione, nonché l'irrogazione delle sanzioni accessorie, la cui applicazione interviene anche in caso di omessa dichiarazione in ordine ai requisiti di carattere generale (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 10.09.2010 n. 4681 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: G.U. 10.09.2010 n. 212 "Regolamento recante norme relative al rilascio delle informazioni antimafia a seguito degli accessi e accertamenti nei cantieri delle imprese interessate all’esecuzione di lavori pubblici" (D.P.R. 02.08.2010 n. 150).

APPALTIL'agenzia delle entrate ci ripensa. Carichi pendenti, solo accertamenti definitivi.
I certificati dei requisiti fiscali emessi a norma dell'art. 38 del Codice dei contratti pubblici, non devono tener conto degli accertamenti ancora pendenti e pertanto non definitivi.
Questo è il senso di una recentissima circolare dell'Agenzia delle entrate – Direzione centrale normativa, che ha parzialmente modificato una precedente impostazione della stessa amministrazione finanziaria.
La circolare in esame (la n. 41/E del 03.08.2010), concerne alcuni aspetti legati alla «certificazione dei requisiti fiscali richiesti per la partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi e relativi subappalti, di cui al decreto legislativo 12.04.2006 n. 163, recante Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/Ce e 2004/18/Ce».
Infatti da più parti vi erano stati interrogativi sulla portata applicativa, in special modo, dell'art. 38 della norma in esame.
L'articolo 38 del dlgs 12/04/2006 n. 163, infatti, dispone l'esclusione dalla partecipazione alle citate procedure di affidamento per i soggetti «che hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti».
La stessa norma impone infatti che l'attestazione del possesso dei requisiti ora ricordati, possa essere fornita anche mediante dichiarazione sostitutiva, in conformità alle disposizioni del dpr 28.12.2000 n. 45.
Le dichiarazioni rese dai soggetti interessati, naturalmente possono essere poste al vaglio del controllo dell'Amministrazione finanziaria, e punite secondo le leggi vigenti in caso di dichiarazioni mendaci.
È sempre possibile richiedere, a cura di chi effettua la dichiarazione sostitutiva, all'Amministrazione finanziaria per i tributi su cui ha la competenza esclusiva, «conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei registri da questa custoditi».
La relativa modulistica, è quella prevista dal Provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 25/06/2001, relativa alla «certificazione dei carichi pendenti risultanti al sistema informativo dell'anagrafe tributaria
La circolare chiarisce, in modo chiaro e inequivocabile, che come espressamente previsto dal citato art. 38 del Codice dei contratti pubblici, l'irregolarità fiscale rilevante ai fini dell'esclusione delle procedure di affidamento può dirsi integrata qualora in capo al contribuente sia stata definitivamente accertata una qualunque violazione relativa agli obblighi di pagamento di tributi di competenza dell'Agenzia delle entrate. Del pari non si può considerarsi causa ostativa dalla partecipazione di procedure pubbliche di affidamento di lavori e appalti, nel caso in cui al momento della richiesta della certificazione, il contribuente abbia integralmente soddisfatto la pretesa dell'Amministrazione finanziaria, anche mediante definizione agevolata.
Inoltre, e questo è il chiarimento più significativo fornito nella Circolare del 3 agosto scorso, la definitività dell'accertamento, consegue al decorso del termine per l'impugnazione senza che venga proposto ricorso o istanza per l'accertamento con adesione.
Ovvero, qualora sia presentata impugnazione, che sia passata in giudicato la pronuncia giurisdizionale.
Pertanto gli Uffici locali dell'Agenzia dovranno iscrivere nella certificazione in argomento, solo esclusivamente le violazione definitivamente accertate in relazione al pagamento di tributi. In particolare, la circolare riferisce che è stato evidenziato che potrebbero determinarsi disparità di trattamento con riferimento alle ipotesi in cui alla gara partecipino anche soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, per i quali tale certificazione non viene rilasciata dall'Agenzia delle entrate.
Appare chiaro che questi soggetti esteri potrebbero risultare favoriti nella partecipazione alle procedure di affidamento rispetto a soggetti stabiliti in Italia, qualora le informazioni in merito al requisito della regolarità fiscale rese dalle loro Amministrazioni fiscali fossero più scarne rispetto a quelle relative ai concorrenti nazionali.
Tenuto conto che la valutazione della sussistenza del requisito della regolarità fiscale spetta, comunque, alla stazione appaltante, occorre garantire l'uniformità dell'attività degli uffici dell'Agenzia incaricati della redazione dei suddetti modelli di certificazione in senso più strettamente corrispondente ai requisiti prescritti dal Codice dei contratti pubblici, coerentemente con quanto sopra argomentato in merito alle certificazioni rilasciate dalle amministrazioni fiscali di soggetti esteri.
Pertanto l'Agenzia, concludendo la circolare, ribadisce che nel certificato dei requisiti fiscali, devono essere indicate esclusivamente le violazioni definitivamente accertate (articolo ItaliaOggi del 10.09.2010, pag. 40).

APPALTI SERVIZI: La circostanza che un prestatore dei servizi non sia retribuito direttamente dalla p.a. con cui ha una relazione contrattuale implica di per sé, che il contratto debba essere qualificato come concessione di servizi.
L'assenza di remunerazione diretta del prestatore del servizio ad opera dell'amministrazione pubblica che gli ha attribuito un servizio costituisce un criterio sufficiente al fine della qualificazione del contratto come concessione di servizi, ai sensi dell'art. 1, n. 4, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, 31.03.2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi.
A questo riguardo, non importa sapere, in primo luogo, chi versi la remunerazione dovuta per i servizi prestati, ammesso che si tratti di un organismo sufficientemente distinto ed indipendente dall'amministrazione che ha attribuito il servizio in questione, né, in secondo luogo, quali siano le modalità del pagamento della remunerazione, né, in terzo luogo, se il rischio d'impresa collegato al servizio in questione sia, sin dall'inizio, limitato (Avvocato Generale J. Mazak, conclusioni 09.09.2010 n. C-274/09 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: La stazione appaltante è tenuta ad autorizzare il subappalto anche di singole prestazioni: condizioni.
Deve essere annullato il provvedimento di diniego opposto da una stazione appaltante relativamente all'istanza con cui la società ricorrente aveva chiesto di poter subappaltare una delle prestazioni (posa in opera) ricomprese in una delle lavorazioni (fornitura di materiale e relativa posa in opera) facenti parte dell'appalto di cui era risultata aggiudicataria in quanto, se da un lato le limitazioni imposte dalla legge alla possibilità di accedere al subappalto rispondono all'esigenza di evitare che siano affidati in subappalto a prezzi troppo bassi, l'esecuzione di lavorazioni o prestazioni facenti parte delle lavorazioni previste dal bando, dall'altro neppure si può precludere la possibilità di farvi ricorso limitatamente all'esecuzione di alcune prestazioni.
Pertanto, perché possa farsi ricorso a siffatta forma contrattuale, è necessario scomporre il prezzo unitario delle singole lavorazioni indicando i prezzi unitari delle prestazioni ricomprese nelle suddette lavorazioni al fine di consentire alla stazione appaltante di verificare il rispetto del limite previsto dal c. 4 dell'art. 118 del d.lgvo n.163/2006, che impone all'appaltatore di praticare al subappaltatore gli stessi prezzi del contratto di appalto con un ribasso che non risulti superiore al 20%.
In altre parole, deve ritenersi che qualora l'affidatario intenda subappaltare singole prestazioni contrattuali, il limite del 20% deve essere riferito al prezzo di queste ultime come specificatamente indicato in sede di offerta, per cui in presenza di tale presupposto e delle altre condizioni indicate dal c. 2, dell'art. 118 del d.lgvo n. 163/2006, la stazione appaltante è tenuta ad autorizzare il subappalto anche di singole prestazioni (TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 08.09.2010 n. 32140 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: L’escussione della cauzione provvisoria, disciplinata dall’articolo 48 del codice dei contratti pubblici, ha carattere tassativo e non può essere estesa ad altre ipotesi diverse.
L’escussione della cauzione provvisoria è disciplinata dall’articolo 48 del codice dei contratti pubblici. Tale norma prevede, al comma 1, che “1. Le stazioni appaltanti prima di procedere all'apertura delle buste delle offerte presentate, richiedono ad un numero di offerenti non inferiore al 10 per cento delle offerte presentate, arrotondato all'unità superiore, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito. Quando tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell'offerta, le stazioni appaltanti procedono all'esclusione del concorrente dalla gara, all’escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all'Autorità per i provvedimenti di cui all'art. 6 comma 11. L’Autorità dispone altresì la sospensione da uno a dodici mesi dalla partecipazione alle procedure di affidamento.”
La disposizione prevede l’incameramento della cauzione come misura sanzionatoria correlata all’accertata difformità tra le dichiarazioni e gli accertamenti effettuati, ma non specifico riguardo ai requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa. Nel caso di specie, invece, la riscontrata divergenza tra la dichiarazione contenuta nell’offerta e la successiva verifica riguarda determinati aspetti dell’offerta, destinati ad essere valutati per l’attribuzione dei punteggi e non considerati quali “requisiti” di partecipazione.
Né la lex specialis di gara prevede l’estensione della misura sanzionatoria dell’incameramento della cauzione ad altre fattispecie diverse da quelle espressamente considerate dal citato articolo 48.
La Sezione, pertanto, ritiene di confermare il consolidato indirizzo interpretativo, secondo cui la previsione dell’articolo 48 ha carattere tassativo e non può essere estesa ad altre ipotesi diverse (TAR per il Veneto, Sezione I, sentenza n. 3013 del 23.09.2008; TAR Piemonte, Sez. I, 21/12/2009 n. 3709) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.09.2010 n. 6519 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Bandi di gara, requisiti ulteriori e onere di immediata impugnazione.
Non possono ritenersi illegittime le regole delle procedure ad evidenza pubblica richiedenti, a pena di esclusione, la presentazione delle giustificazioni preventive, pure ulteriori rispetto a quelle indicate dagli artt. 86 e 87 del Codice dei contratti pubblici, giacché tale richiesta non si pone in contrasto con alcuna disposizione normativa, sia nazionale che comunitaria. Anzi la stessa richiesta è ragionevole, non comporta un onere documentale incongruo ed eccessivo e risponde a finalità di accelerazione e semplificazione della procedura, essendo garanzia di serietà dell’offerta, scongiurando il pericolo che le giustificazioni vengano ricostruite solo ex post, anziché essere realmente esistenti al momento della formulazione dell’offerta.
Nel caso in cui il bando di gara richieda, a pena di esclusione, la presentazione di giustificazioni preventive delle offerte, va disposta l’estromissione dalla gara di una ditta che non abbia rispettato tale clausola, indipendentemente dal fatto che il prezzo offerto possa rivelarsi congruo ad una successiva ed ipotetica verifica.
In tal caso, peraltro, la esclusione va disposta senza la necessità di instaurazione del previo contraddittorio, trattandosi di una fase anteriore a quella di verifica delle offerte sospettate di essere anomale (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.09.2010 n. 6518 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'obbligo del versamento del contributo in favore dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici e conseguenze nel caso di versamento inferiore all'importo previsto (fattispecie riguardante una gara per l'affidamento del servizio di tesoreria).
L'obbligo del versamento generalizzato del contributo all'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici a tutti gli operatori economici che intendano partecipare a procedure di scelta del contraente, si fonda sull'art. 1, c. 67, della l. n. 266 del 2005, che è stato regolato con deliberazione 10.01.2007, art. 1, lett. b), dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici. Ciò implica il superamento di ogni distinzione tra i vari tipi di affidamento previsti dal codice dei contratti pubblici (d.lgvo 12.04.2006, n. 163) in tutti i casi nei quali sia prevista una procedura comparativa o comunque selettiva.
L'estensione dei compiti di vigilanza attribuiti all'Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici,infatti, ha comportato anche l'ampliamento del novero dei soggetti tenuti al pagamento del contributo in suo favore, nel settore dei servizi e delle forniture, perché sottoposti comunque alla vigilanza dell'organo di controllo, concernendo quindi anche i contratti in tutto o in parte esclusi dall'ambito di applicazione del Codice dei contratti, in quanto soggetti al potere di vigilanza dell'Autorità.
Ne consegue che, nel caso di specie, è necessario il versamento del contributo previsto in favore della predetta Autorità di vigilanza nel caso di gara per l'affidamento del servizio di tesoreria comunale, sebbene il contratto di tesoreria sia del tutto gratuito. Inoltre, il pagamento del contributo costituisce una condizione di ammissibilità dell'offerta così che un versamento in misura non corrispondente a quella dovuta implica l'inammissibilità della proposta contrattuale (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.09.2010 n. 6515 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Esame delle offerte e anomalie.
L'esame delle offerte economiche prima di quelle tecniche costituisce una palese violazione dei principi inderogabili di trasparenza e di imparzialità che devono presiedere le gare pubbliche, in quanto la conoscenza preventiva dell'offerta economica consente di modulare il giudizio sull'offerta tecnica in modo non conforme alla parità di trattamento dei concorrenti e tale possibilità, ancorché remota ed eventuale, inficia la regolarità della procedura.
Anche la sola possibilità della conoscenza dell'entità dell'offerta economica e delle caratteristiche di quella tecnica mette in pericolo la garanzia dell'imparzialità dell'operato dell'organo valutativo, comportando il rischio che i criteri siano plasmati ed adattati alle offerte in modo che ne sortisca un effetto potenzialmente premiante nei confronti di una di esse; è pertanto legittima l’esclusione dalla gara di appalto di una impresa che abbia inserito nel documento informatico dell’offerta tecnica il computo metrico estimativo corredato dai relativi prezzi, rendendo così esplicito, nell’ambito della documentazione di tipo tecnico, l’incidenza dei costi sull’offerta economica (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.09.2010 n. 6509 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Si ritiene conforme alla disciplina legislativa e di gara l'esclusione del raggruppamento che, nell'offerta tecnica in versione informatica (ma non in quella cartacea), aveva corredato di prezzi il computo metrico estimativo, rendendo così esplicito nell'ambito della documentazione di tipo tecnico, l'incidenza dei costi per oltre il nove per cento del totale.
Si ritiene conforme alla disciplina legislativa e di gara l’esclusione del raggruppamento che, nell’offerta tecnica in versione informatica (ma non in quella cartacea), aveva corredato di prezzi il computo metrico estimativo, rendendo così esplicito nell’ambito della documentazione di tipo tecnico, l’incidenza dei costi per oltre il nove per cento del totale.
Infatti, l'esame delle offerte economiche prima di quelle tecniche costituisce una palese violazione dei principi inderogabili di trasparenza e di imparzialità che devono presiedere le gare pubbliche in quanto la conoscenza preventiva dell'offerta economica consente di modulare il giudizio sull'offerta tecnica in modo non conforme alla parità di trattamento dei concorrenti e tale possibilità, ancorché remota ed eventuale, inficia la regolarità della procedura (C.d.S., V, 25.05.2009, n. 3217) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.09.2010 n. 6509 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI: Bandi di gara, requisiti ulteriori e onere di immediata impugnazione.
E’ illegittima la clausola della lex specialis di una gara di appalto che, in contrasto con i principi di ragionevolezza e proporzionalità che presiedono le procedure di gara, impone, a pena di esclusione, l’indicazione dell’oggetto della gara, oltre che sul plico contenente l’offerta, anche sulla busta interna a detto plico, recante in separati involucri la documentazione amministrativa e l’offerta economica; è conseguentemente illegittimo il provvedimento di esclusione adottato in applicazione della suddetta clausola del bando nei confronti di una ditta che ha presentato l’offerta con l’indicazione dell’oggetto della gara solo sul plico esterno e non anche sulla busta interna (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.09.2010 n. 6507 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sono ammesse varianti migliorative riguardanti le modalità esecutive dell’opera o del servizio, purché non si traducano in una diversa ideazione dell’oggetto del contratto, che si ponga come del tutto alternativo rispetto a quello voluto dalla p.a..
La Sezione ritiene che, nei limiti in cui –come correttamente ha evidenziato il TAR– sia sindacabile la valutazione della stazione appaltante in ordine alla sussistenza di inammissibile variante essenziale ovvero di variante non essenziale quindi consentita, in assenza di ulteriori specificazioni da parte del bando non sia manifestamente illogico definire quella in parola quale elemento migliorativo, o, meglio, di somma di elementi migliorativi del viadotto, costituente a sua volta parte dell’oggetto del contratto ed il cui assetto planimetrico rimane invariato, mutando invece unicamente le modalità tecniche quali-quantitative e visive di realizzazione.
In altri termini, non si tratta di opera completamente diversa da quella voluta dall’amministrazione, bensì della stessa opera, con evidenti miglioramenti, sul piano sia tecnico che estetico, e conseguenti ovvie ricadute positive sulla sicurezza e sull’incidenza ambientale, articolatamente motivate dall’offerente. Ne deriva che la medesima variante ed il positivo apprezzamento che di essa ha operato il Comune di Benevento collimano pienamente con i criteri-guida elaborati dalla giurisprudenza amministrativa in materia in materia (cfr. Cons. Stato, sez. V, 19.02.2003, n. 923; sez. V, 09.02.2001, n. 578; sez. IV, 02.04.1997, n. 309), che così possono riassumersi:
- sono ammesse varianti migliorative riguardanti le modalità esecutive dell’opera o del servizio, purché non si traducano in una diversa ideazione dell’oggetto del contratto, che si ponga come del tutto alternativo rispetto a quello voluto dalla p.a.;
- è essenziale che la proposta tecnica sia migliorativa rispetto al progetto base, che l’offerente dia contezza delle ragioni che giustificano l’adattamento proposto e le variazioni alle singole prescrizioni progettuali, che si dia la prova che la variante garantisca l’efficienza del progetto e le esigenze della p.a. sottese alla prescrizione variata;
- la commissione giudicatrice ha ampio margine di discrezionalità, trattandosi di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
D’altro canto, la Sezione ha già affermato che la ratio della scelta normativa comunitaria, tradottasi nel cit. art. 76 del d.lgs. n. 163 del 2006, di consentire in via generale –se, come qui previsto, autorizzate dalla stazione appaltante e nei limiti dell’autorizzato– nelle gare col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa la presentazione di varianti riposa sulla circostanza che, allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato su detto criterio, la stazione appaltante ha maggiore discrezionalità e soprattutto sceglie il contraente valutando non solo criteri matematici ma la complessità dell’offerta proposta, sicché nel corso del procedimento di gara potrebbero rendersi necessari degli aggiustamenti rispetto al progetto base elaborato dall’amministrazione (cfr. Cons. St., sez. V, 11.07.2008 n. 3481) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.09.2010 n. 6500 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Procedura di gara, vincolo contrattuale e autotutela.
Non può essere accolta la domanda di risarcimento del danno avanzata da un concorrente ad una gara pubblica, derivante da asserita responsabilità precontrattuale della P.A., ex art. 1337 c.c., per avere la stazione appaltante dapprima indetto una gara e, successivamente, revocato in autotutela i relativi atti, a causa della carenza di disponibilità finanziaria, ed al fine di svolgere in economia i servizi da appaltare, nel caso in cui la revoca sia intervenuta in costanza del termine di scadenza per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.09.2010 n. 6489 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Deve ritenersi che non abbia titolo ad essere risarcita ex articolo 1337 c.c. l'impresa che abbia presentato domanda di partecipazione a una procedura ad evidenza pubblica, che la stazione appaltante abbia revocato in costanza del termine per scadenza delle domande di partecipazione.
Deve ritenersi che non abbia titolo ad essere risarcita ex articolo 1337 c.c. l’impresa che abbia presentato domanda di partecipazione a una procedura ad evidenza pubblica, che la stazione appaltante abbia revocato in costanza del termine per scadenza delle domande di partecipazione (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.09.2010 n. 6489 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI: SUBAPPALTO.
Il comma 2°, dell'articolo 118 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs n. 163/2006), il quale stabilisce che tutte le prestazioni, nonché le lavorazioni a qualsiasi categoria appartengono, sono subappaltabili ed affidabili in cottimo, data la sua estrema genericità, non sembra in alcun modo supportare la tesi, che restringe la possibilità di subappaltare solamente le lavorazioni o parti delle stesse integralmente considerate.

E’ quanto statuito dal Tar Lazio-Roma, Sez. III, nella sentenza 07.09.2010 n. 32134, ove viene affrontata una peculiare problematica: la subappaltabilità delle singole prestazioni, costituenti mere parti di una lavorazione, indicata, in sede di gara, come suscettibile di richiesta autorizzatoria.
Il principale pregio della sentenza in esame è, sicuramente, costituito dallo sforzo, posto in essere dai giudici amministrativi, volto alla puntuale identificazione dell’oggetto del subappalto, cioè di “cosa” sia subappaltabile, in aderenza alla vigente ed illustrata normativa codicistica.
Secondo la stazione appaltante, come prima illustrato, non è possibile subappaltare singole prestazioni facenti parti di complesse lavorazioni, soprattutto laddove, in sede di offerta, si sia indicata la sola lavorazione.
Tale prospettazione non viene accolta dal Tar, in quanto ritenuta, come giustamente vedremo fra breve, non rispondente alla disciplina del Codice dei contratti pubblici.
L’analisi dei giudici amministrativi laziali prende le mosse, come doverosamente ovvio, dal fondamentale principio, di cui al comma 2°, cioè la regola generale della subappaltabilità di tutte le prestazioni e lavorazioni, appartenenti a qualsiasi categoria, ad eccezione dei casi normativamente previsti. Secondo il Tar, in considerazione dell’estrema genericità di tale principio, non appare possibile, in alcun modo, avvalorare tesi restrittive, come quella propugnata dall’ANAS, escludenti la possibilità di subappaltare solamente le lavorazioni o parti delle stesse integralmente considerate.
Infatti, il subappalto costituisce una possibilità dell’impresa appaltatrice, un suo diritto, ovviamente esercitabile in presenza dei legali presupposti. Orbene, se analizziamo tali presupposti, cioè le condizioni applicative prima illustrate, appare evidente che, fra queste, non è affatto contemplata alcuna particolare limitazione relativa all’oggetto. L’articolo 118, comma 2°, punto 1, del Codice, fa riferimento, quale oggetto a indicare in sede di offerta, a “lavori o parti di opere”: di conseguenza, le singole prestazioni di una più articolata lavorazione possono, senza alcun dubbio, rientrare fra le “parti di opere”, di cui alla riportata disposizione normativa del Codice. Parti di opere possono essere, dunque, anche singole prestazioni!
Secondo il Tar, gli unici limiti al subappalto ed al suo oggetto non possono che essere rinvenuti solo, ed esclusivamente, nelle già indicate condizioni applicative. In presenza di queste, non contemplanti (come ora esposto) limiti alle singole prestazioni, l'autorizzazione al subappalto costituisce un atto dovuto, “essendo escluso qualsivoglia profilo di discrezionalità da parte della staziona appaltante nell'adottare il relativo provvedimento autorizzatorio, dovendo quest'ultima limitarsi a svolgere una funzione meramente ricognitiva in ordine alla sussistenza delle condizioni di cui al predetto comma 2°”.
Il Tar Lazio esamina anche la seconda ragione di diniego, fondata, in modo non convincente, sulla disciplina legale dei prezzi del subappalto.
Come già anticipato, ai sensi del comma 4°, l’impresa appaltatrice deve praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall'aggiudicazione, con ribasso non superiore al venti per cento. La ratio di tale disposizione è diretta, secondo la corretta analisi dei giudici, ad evitare che siano affidati in subappalto a prezzi troppo bassi lavorazioni o prestazioni facenti parte del contratto di appalto, onde assicurare la corretta esecuzione delle medesime.
Orbene, tale ratio, se rettamente intesa, non può di per sé precludere la possibilità di ricorrere al subappalto solamente per delle prestazioni facenti parte delle lavorazioni previste nel bando. A tal riguardo, secondo il Tar non si può che ricorrere alla seguente semplice ed ovvia operazione aritmetica: scomporre il prezzo unitario delle singole lavorazioni, indicando i prezzi unitari delle prestazioni che erano ricomprese nelle medesime lavorazioni. In tal modo, la stazione appaltante può verificare il rispetto della previsione del Codice, relativa ai prezzi delle prestazioni subappaltate.
In altri termini, non può che essere evidente quanto segue: qualora l’impresa appaltatrice intenda subappaltare singole prestazioni contrattuali, il limite del 20% deve essere riferito al prezzo di queste ultime, come specificatamente indicato in sede di offerta, per cui in presenza di tale presupposto e delle altre condizioni indicate dal secondo comma, la stazione appaltante è obbligata ad autorizzare il subappalto anche di singole prestazioni (commento tratto dalla newsletter del sito www.centrostudimarangoni.it).

APPALTI: CONSEGNA PLICHI DI GARA. LA RESPONSABILITA’ DEL VETTORE.
La mancata consegna in tempo utile del plico di partecipazione ad una gara, per l’aggiudicazione di un appalto, determina, in capo al vettore, una grave responsabilità, idonea ad interrompere qualsiasi preesistente nesso causale. Di conseguenza, insorge, in favore dell’impresa danneggiata, un diritto al risarcimento del danno, correlato alla perdita di chance, intesa quale perdita della mera possibilità di conseguire un vantaggio futuro (l’aggiudicazione dell’appalto), secondo una valutazione ex ante, da ricondursi, diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilità, in termini di conseguenza dannosa potenziale.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, Sez. III, nella sentenza n. 20808/2010, ove viene affrontata, in un’ottica sincretica civil-amministrativa, la problematica della responsabilità per intempestiva consegna dei plichi di gara.
Il vettore ha contestato, fra l’altro, la liquidazione del danno, correlato alla perdita di chance di vittoria in gara, evidenziando che sussiste, in fatto, la certezza che l’impresa N.A. non avrebbe potuto aggiudicarsi l’appalto, avendo offerto un prezzo superiore a quello degli altri operatori economici concorrenti.
La Cassazione respinge tale insidiosa censura, ricordando che “la perdita di chance, costituita dalla privazione della possibilità di vincere un concorso, configura un danno attuale e risarcibile, consistente nella perdita della mera possibilità di conseguire un vantaggio economico, secondo una valutazione ex ante”.
Proprio tale ultimo punto, cioè la necessaria correlazione della perdita di chance ad una valutazione ex ante, e non a posteriori, deve essere posto in forte evidenza, al fine di evitare facili equivoci. La perdita di chance non può essere correlata ad eventi successivi (scoperta di offerte migliori), ma deve essere ancorata alla situazione storica in cui si produce, proprio perché costituisce un pregiudizio della “possibilità” di conseguire un vantaggio (l’aggiudicazione dell’appalto). Al riguardo, deve essere segnalato che l’ambito semantico-giuridico del termine chance, è da ricondurre al diritto romano. Infatti, la parola “chance” deriva, etimologicamente, dall’espressione latina cadentia, la quale sta ad indicare il “cadere dei dadi”, e significa “buona probabilità di riuscita”.
Si tratta, dunque, di una situazione, teleologicamente orientata verso il conseguimento di un’utilità o di un vantaggio e caratterizzata da una possibilità di successo presumibilmente non priva di consistenza. Nell’importante sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 5323/2006, si evidenzia, appunto, che, per comprendere in modo pieno il concetto di danno da perdita di chance, occorre tener conto che "la lesione dell’entità patrimoniale chance formerà oggetto di valutazione, ai fini del riconoscimento di un risarcimento del danno, in termini di probabilità, definitivamente perduta, a causa di una condotta illecita altrui, senza dovere fare alcun riferimento al risultato auspicato e non più realizzabile ed alla consistenza del suo assetto potenziale”.
Pertanto, a nulla vale far riferimento ad offerte migliori, che avrebbero impedito la vittoria in gara. Ciò che interessa, ai fini del danno in esame (danno da perdita di chance) è la perdita della teorica possibilità di vincere una gara, nella prospettazione temporale della partecipazione. L’intempestiva consegna del plico ha impedito all’impresa N.A. di partecipare alla gara e, quindi, di poter coltivare il potenziale vantaggio della possibile vittoria (commento tratto dalla newsletter del sito www.centrostudimarangoni.it).

APPALTI: Contratti pubblici: l'Amministrazione non può disattendere il bando neppure in caso di "ius superveniens".
Nell'espletamento di una procedura di gara, l'Amministrazione è tenuta ad applicare le regole contenute nel bando anche nel caso in cui sopravvenga l'abrogazione o la modifica della disciplina vigente al momento della sua adozione (massima tratta da www.eius.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 07.09.2010 n. 6485 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Stipula del contratto - Discrezionalità dell’amministrazione - Limite dei principi di buona fede e correttezza - Tutela dell’affidamento del privato - Responsabilità precontrattuale - Art. 1337 c.c. - Fattispecie: omessa verifica della copertura finanziaria.
Se è vero che deve riconoscersi la libertà dell'Amministrazione di non dare corso all'aggiudicazione con la stipula del contratto (Cfr. Tar Basilicata n. 829/2004; Tar Napoli 3258/2002; Tar Salerno 163/2004), è pur vero che l'insindacabilità della discrezionalità dell'Amministrazione incontra, pur sempre, un limite insuperabile nei principi di buona fede e correttezza di cui all’art. 1337 c.c., alla cui puntuale osservanza è tenuta anche la P.A., e nella tutela dell'affidamento ingenerato nel privato.
Segnatamente, realizza un comportamento divergente dalle menzionate regole di buona fede e correttezza l’amministrazione che, nel porre in essere una procedura di affidamento di lavori, non addivenga alla stipula del contratto per l’omessa verifica e vigilanza sulla sussistenza della relativa copertura finanziaria.
E’ onere dell’amministrazione che ha indetto la gara, infatti, vigilare sulla sussistenza, prima, e sulla permanenza, poi, dei presupposti finanziari necessari alla stipula del contratto ed alla sua esecuzione (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 07.09.2010 n. 2167 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTIIn vigore la legge antimafia. Stretta sui cantieri. Arriva un nuovo reato sulla scelta dei contraenti. Pagamenti pedinati negli appalti. Da oggi flussi finanziari tracciabili. Il bonifico unica possibilità.
Da oggi i flussi finanziari di chi partecipa alle gare di appalto e quelli di chi beneficia di finanziamenti pubblici devono essere pedinabili. Cioè tracciabili, mediante conti correnti dedicati. E tutte le transazioni dovranno essere effettuate mediante bonifico. Nessun'altra forma di pagamento o di intermediazione sarà tollerata Qualora ciò non avvenga, chi incapperà nelle sanzioni, potrebbe vedersi comminare una multa compresa tra il 2 e il 10% del valore della transazione effettuata.
A disporre il tutto è la legge n. 136 del 13.08.2010, recante il «piano straordinario contro le mafie, nonché la delega al governo in materia di normativa antimafia», entrata oggi in vigore.
Si tratta di una normativa approvata a inizio agosto (si veda ItaliaOggi del 6/6/2010) e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 197 del 23/08/2010. Con essa viene anche introdotto il meccanismo di stazione unica appaltante su scala regionale, vengono modificate al rialzo le pene legate al reato di turbativa d'asta (reclusione da sei mesi a cinque anni) e si delinea una nuova fattispecie di reato: turbativa del procedimento di scelta del contraente. La normativa, comunque, non si ferma qui.
La legge dispone una stretta sui cantieri, imponendo controlli aggiuntivi e consegna alle mani dell'esecutivo il compito di scrivere la riforma della normativa antimafia, mediante delega. Il governo, in particolare, avrà il compito di licenziare due decreti legislativi: uno contenente il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione e un altro finalizzato al restyling di tutta la documentazione antimafia ...
La stretta sui flussi finanziari. Mettendo a regime quanto già previsto per la ricostruzione in Abruzzo e per l'Expo 2015, la legge stabilisce che gli operatori economici coinvolti in appalti pubblici e i soggetti destinatari di finanziamenti pubblici, utilizzino obbligatoriamente conti correnti bancari o postali dedicati. L'obbligo di prevedere la tracciabilità è legato alla firma del contratto di appalto, che privo di questa clausola è nullo. Non solo. La tracciabilità riguarda tutti gli operatori in cantiere, siano essi fornitori, subappaltatori, dipendenti e consulenti. Cioè, tutti coloro che devono essere pagati tramite bonifico bancario e postale.
La norma si applica anche ai «concessionari di finanziamenti pubblici anche europei, a qualsiasi titolo interessati a lavori, servizi e forniture pubblici». Tra l'altro, il vincolo esclusivo di bonifico quale strumento di pagamento non convince l'Associazione nazionale delle pmi edili (Aniem) della Confai; il suo presidente, Dino Piacentini, pur apprezzando «misure che vanno nella direzione auspicata di lotta al lavoro sommerso, di qualificazione dei rapporti con i subcontraenti e di valorizzazione delle imprese sane», segnala «l'esigenza di non restringere eccessivamente le procedure di pagamento, ritenendo ammissibili procedure analoghe al bonifico, come ad esempio il Rid bancario, che possono garantire comunque un controllo sui flussi finanziari».
Comunque, in attesa di una «circolare esplicativa che possa fornire chiarimenti interpretativi», l'Aniem già «prende le distanze da un'applicazione retroattiva della norma, proposta dall'Autorità di vigilanza per i contratti pubblici». In merito, l'unica apertura dell'associazione è su una retroattività riferita ai soli «contratti in corso che abbiano una durata prolungata nel tempo». Come quelli «la cui durata va oltre due anni dall'entrata in vigore della legge».
Tornando ai conti correnti dedicati, va detto che le uniche transazioni che non incappano nell'obbligo di pagamento tramite bonifico bancario o postale, sono i pagamenti in favore di enti previdenziali, assicurativi e istituzionali, quelli effettuati da fornitori e gestori di pubblici servizi, nonché i pagamenti relativi ai tributi. Tali adempimenti potranno essere soddisfatti pagando con altre modalità, oltre al bonifico. Se poi, come detto, verranno violate le norme sulla tracciabilità, potranno essere irrogate sanzioni da un minimo del 2 a un massimo del 10% del valore della transazione.
Cantieristica. A riguardo la legge prevede che:
- per il controllo degli automezzi adibiti al trasporto materiali, la bolla di consegna indichi il numero di targa e il nominativo del proprietario degli automezzi interessati;
- le tessere degli addetti ai cantieri, siano integrate da informazioni aggiuntive, per facilitare il loro riconoscimento;
- le verifiche sul patrimonio possano riguardare la posizione fiscale, economica e patrimoniale del soggetto sottoposto a controllo.
È stato, poi, introdotto il reato di «turbata libertà del procedimento di scelta del contraente», che ricorre nella condotta di chi, con violenza o minaccia, doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando per condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione. Il reato viene punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e la multa da euro 130 a 1.032 euro.
Infine, la legge prevede l'istituzione, in ambito regionale, di una Stazione unica appaltante (Sua), ma potranno anche essere più d'una in ogni regione. L'obiettivo è garantire trasparenza, regolarità ed economicità nella gestione degli appalti pubblici e prevenire, così, infiltrazioni malavitose (articolo ItaliaOggi del 07.09.2010, pag. 25 - link a www.corteconti.it).

APPALTI: Collegamento tra imprese.
E’ illegittima l’esclusione da una gara di appalto di due o più imprese per la sussistenza di un collegamento "sostanziale" tra le stesse ove tale collegamento sia stato desunto dalla presenza di intrecci societari tra le imprese interessate, che non siano indicativi di una situazione di collegamento sostanziale tra le stesse imprese, nel caso in cui la clausola di esclusione prevista dal bando faccia riferimento, in base ai principi che la legittimano, unicamente al collegamento tra le società e alla connessa influenza decisionale tra le stesse, rispetto alla quale la mera presenza di soci comuni non ha, di per sé, valore dirimente (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 06.09.2010 n. 6469 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Nel caso di collegamento sostanziale, deve essere provata in concreto l'esistenza di elementi oggettivi e concordanti, tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti.
La segretezza e la serietà delle offerte sono la traduzione e la garanzia del perseguimento dell’interesse pubblico. Poiché segretezza e serietà possono essere aggirate anche mediante situazioni di collegamento tra imprese, l’esigenza della tutela di tale interesse consente l’esclusione di offerte che provengano da concorrenti tra loro collegate, non solo e non tanto per tale situazione in sé considerata, ma per gli effetti che essa effettivamente produce sulle regole del confronto pubblico.
Nella sentenza in commento si evidenzia che nel caso di collegamento sostanziale deve essere provata in concreto l’esistenza di elementi oggettivi e concordanti, tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti. Di conseguenza, è consentito alla stazione appaltante prevedere e comminare l’esclusione delle offerte quando specifici elementi oggettivi e concordanti inducano a ritenere la sussistenza di situazioni, non riconducibili alle forme di collegamento societario di cui all’art. 2359 cod. civ., capaci di alterare la segretezza, la serietà e l’indipendenza delle offerte, purché l’individuazione non oltrepassi il limite della ragionevolezza e della logicità rispetto alla tutela avuta di mira e consistente nella autentica concorrenza tra le offerte.
Nel caso di specie, la situazione di collegamento è stata riscontrata dalla commissione di gara innanzitutto sulla base di elementi desunti dalle modalità di presentazione delle offerte (buste spedite lo stesso giorno e dal medesimo ufficio postale, garanzia fideiussoria rilasciata dalla medesima agenzia e con polizze emesse in sequenza e lo stesso giorno, somiglianza della veste grafica e coincidenza tra le residenze anagrafiche dei legali rappresentanti) che, di per sé, non sono tali da far necessariamente presumere una situazione di collegamento (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 06.09.2010 n. 6469 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI: Il collegamento tra imprese legittima l’esclusione dalla gara quando altera l’indipendenza delle offerte.
Se è vero che il collegamento -così come il controllo- tra imprese è di per sé legittimo, è altrettanto incontestabile che ben può e deve l’Amministrazione, a tutela della regolarità ed effettività della competizione, evitare situazioni distorsive del confronto mediante l’esclusione dalla gara delle offerte che risultino frutto di accordi tesi ad influenzarne il risultato.
In altre parole, l’ordinamento, che consente e prevede il controllo tra imprese, quale espressione della libertà di iniziativa economica, vieta espressamente alle società controllate di partecipare alle gare: ciò significa che diversi sono i piani sui quali agiscono le diverse norme, e diverse sono le sfere di interessi dei quali sono posti a presidio, rimanendo fermo che, nel campo delle gare pubbliche, la segretezza e la serietà delle offerte sono la traduzione e la garanzia del perseguimento dell’interesse pubblico.
E poiché segretezza e serietà possono essere aggirate anche mediante situazioni di collegamento tra imprese, il medesimo principio consente l’esclusione di offerte che provengano da concorrenti tra loro collegate, non solo e non tanto per tale situazione in sé considerata, ma per gli effetti che essa effettivamente produce sulle regole del confronto pubblico.
E’ dunque consentito alla stazione appaltante prevedere e comminare l’esclusione delle offerte quando specifici elementi oggettivi e concordanti inducano a ritenere la sussistenza di situazioni, non riconducibili alle forme di collegamento societario di cui all’art. 2359 cod. civ., capaci di alterare la segretezza, la serietà e l’indipendenza delle offerte, purché l’individuazione non oltrepassi il limite della ragionevolezza e della logicità rispetto alla tutela avuta di mira e consistente nella autentica concorrenza tra le offerte (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 06.09.2010 n. 6469 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sul diritto di accesso in materia di appalti pubblici.
Il diritto di accesso è riconosciuto dagli artt. 22 e ss. della l. n. 241 del 07.08.1990, come fondamentale presidio a salvaguardia delle esigenze di tutela dei soggetti destinatari dell'azione amministrativa nonché come strumento essenziale al perseguimento della trasparenza e dell'imparzialità nella pubblica amministrazione, a chiunque abbia un interesse personale e concreto. L'interesse che sorregge il diritto di accesso è quello concretamente collegato alle esigenze specifiche del richiedente, vale a dire agli atti che direttamente lo riguardino o siano, in ogni caso, pertinenti con le particolari ragioni esposte a sostegno dell'istanza. Ne consegue, che, nel caso di specie la ricorrente, avendo partecipato alla selezione pubblica ed avendo intenzione di impugnarne le risultanze, ha un interesse giuridicamente rilevante a conoscere compiutamente l'offerta prodotta dalla controinteressata vincitrice e quindi sussistono le condizioni richieste dalla legge per l'esercizio del diritto di accesso.
In materia di procedure concorsuali, qualunque sia il procedimento selettivo usato, il candidato è portatore di un interesse qualificato alla conoscenza degli atti e documenti della commissione giudicatrice e comunque di tutti quelli della procedura -compresi quelli dei concorrenti che lo precedono nella graduatoria finale- atteso che tali atti per pacifica giurisprudenza esulano dal diritto alla riservatezza. In particolare per i pubblici appalti va osservato che l'applicazione generalizzata dell'esclusione dall'accesso prevista dall'art. 13, c. 5, del codice di cui al d.lgs. 163/2006 a tutela del segreto d'impresa, nel senso di riferirla (non solo ai terzi non concorrenti ma) anche alle altre imprese partecipanti alla procedura di affidamento, comporterebbe un'intollerabile compromissione della necessaria trasparenza delle gare di appalto e delle possibilità di tutela giurisdizionale di chi intenda contestare l'esito della gara. D'altra parte il medesimo art. 13 al c. 6 del d.lgs. 163/2006 stabilisce che, anche in relazione all'ipotesi di ricorrenza di segreti industriali o commerciali, "è comunque consentito l'accesso al concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell'ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso";
Con la partecipazione alla gara di appalto il concorrente accetta implicitamente le regole di trasparenza ed imparzialità che caratterizzano la selezione, per cui non potrebbe dedurre la tutela alla riservatezza a discapito della trasparenza della gara di appalto, fermo restando l'obbligo, per la parte richiedente l'accesso documentale, di impegnarsi a non divulgare in alcun modo la documentazione acquisita e di utilizzare i documenti acquisiti esclusivamente per la cura e la difesa dei suoi interessi giuridici; in altri termini l'esigenza di riservatezza è, quindi, recessiva di fronte all'accesso laddove il diritto sia esercitato per la difesa di un interesse giuridico, nei limiti in cui esso è necessario alla difesa di quell'interesse; al più, l'Amministrazione potrà intervenire con opportuni accorgimenti (cancellature o omissis) in relazione alle eventuali parti dell'offerta idonee a rivelare i segreti industriali a condizione che queste ultime "non siano state in alcun modo prese in considerazione in sede di gara" (TAR Campania-Napoli, Sez. VI, sentenza 03.09.2010 n. 17286 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Nelle gare d’appalto la regolarizzazione documentale può essere consentita allorché i vizi siano puramente formali o chiaramente imputabili ad errore solo materiale.
Una clausola della lex specialis che prevede un incombente a pena di esclusione non può essere surrogata da una “dichiarazione di accettazione” di ampio e non specifico contenuto, per quanto redatta in conformità delle norme in materia di dichiarazioni sostitutive.
In presenza di una regola della lex specialis chiara ed univoca, che stabilisca la necessità di una determinata dichiarazione a pena di esclusione, ove questa manchi, l’esclusione costituisce atto dovuto, in quanto ogni ulteriore apprezzamento circa l’ordine di prevalenza degli interessi pubblici in gioco (quali la certezza delle regole, la par condicio, il favor partecipationis) è stato risolto “a monte”, con l’adozione del bando di gara, che peraltro, nella vicenda in esame, non è neppure stato fatto oggetto di gravame.
Secondo il costante indirizzo giurisprudenziale, nelle gare per l’aggiudicazione dei contratti dell’Amministrazione è preclusa alla Commissione giudicatrice la possibilità di consentire l’integrazione successiva di documenti non allegati all’offerta, la cui presentazione è fissata dalla lex specialis a pena di esclusione, essendo tale facoltà consentita solo con riguardo a documenti presentati tempestivamente, sia pure incompleti, e non per rimediare alla loro mancata presentazione nei termini, con irrimediabile violazione della par condicio (in termini, ex multis, TAR Friuli Venezia Giulia, 26.01.2006, n. 46; TAR Sardegna, Sez. I, 23.06.2008, n. 1253).
In altri termini, un conto è la regolarizzazione del documento già presentato, altro conto è l’integrazione documentale, che non può essere invocata per supplire all’inosservanza di adempimenti procedimentali significativi, in quanto si risolverebbe in un effettivo vulnus del principio di parità di trattamento.
Da ultimo, è stato ribadito in giurisprudenza, con una statuizione pienamente condivisa dal Collegio, che nelle gare d’appalto la regolarizzazione documentale può essere consentita allorché i vizi siano puramente formali o chiaramente imputabili ad errore solo materiale, e sempre che riguardino dichiarazioni o documenti che non sono richiesti a pena di esclusione, non essendo, in quest’ultima ipotesi, consentita la sanatoria o l’integrazione postuma, che si tradurrebbero in una violazione dei termini massimi di presentazione dell’offerta ed, in definitiva, in una violazione della par condicio.
Sanatorie documentali sono possibili, dunque, con la possibilità di integrare successivamente la documentazione prodotta con la domanda di partecipazione alla gara, o comunque con l’offerta, con un duplice limite:
a) la regolarizzazione deve riferirsi a carenze puramente formali od imputabili ad errori solo materiali;
b) la regolarizzazione non può mai riguardare produzioni documentali violative di prescrizioni della lex specialis presidiate dalla comminatoria di esclusione (così Cons. Stato, Sez. V, 22.02.2010, n. 1038)
(TAR Umbria, sentenza 02.09.2010 n. 450 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Integrazione documentale - Art. 46 Codice dei Contratti - Atti tempestivamente depositati - Violazione formale - Mancata alterazione della par condicio.
L’art. 46 del Codice dei Contratti è espressione, nel settore degli appalti pubblici, dei principi che sovrintendono l’istruttoria procedimentale, consacrati nell’art. 6 della L. 241 del 1990.
La disposizione deve essere intesa nel senso che l’Amministrazione deve disporre la regolarizzazione quando gli atti, tempestivamente depositati, contengano elementi che possano costituire un indizio e rendano ragionevole ritenere sussistenti i requisiti di partecipazione.
Quindi, quando il documento è già stato presentato in sede di gara, anche se parzialmente, è consentita la sua regolarizzazione se la violazione è squisitamente formale ed il rimedio, in concreto, non altera la par condicio tra i concorrenti (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 01.09.2010 n. 2163 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sulla regolarizzazione della documentazione di gara di cui all'art. 46 del d.lgs. 163 del 2006.
L'art. 46 del d.lgs. 163 del 2006, deve essere inteso nel senso che l'Amministrazione deve disporre la regolarizzazione quando gli atti, tempestivamente depositati, contengano elementi che possano costituire un indizio e rendano ragionevole ritenere sussistenti i requisiti di partecipazione. La ratio va ricercata nella esigenza di assicurare la massima partecipazione alle gare di appalto, evitando che l'esito delle stesse possa essere alterato da carenze di ordine meramente formale nella documentazione comprovante il possesso dei requisiti dei partecipanti.
Pertanto, quando il documento è già stato presentato in sede di gara, anche se parzialmente, è consentita la sua regolarizzazione se, come nel caso di specie, la violazione è squisitamente formale ed il rimedio, in concreto, non altera la par condicio tra i concorrenti.
Tale impostazione, discende direttamente dalla applicazione di due principi tradizionalmente fissati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia: quello di proporzionalità e quello del dovere dell'Amministrazione di ascoltare i privati prima di assumere decisioni (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 01.09.2010 n. 2163 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIL'azione amministrativa deve essere orientata sulla concreta verifica dei requisiti di partecipazione coerentemente con la disposizione di carattere generale contenuta nell'art. 6, l. 07.08.1990 n. 241.
Nella pronuncia in commento il ricorrente ha partecipato alla gara indetta da un Comune per l’affidamento dei servizi di progettazione dei lavori di “stabilizzazione tramite muri in cemento armato rivestiti in pietrame” da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Il Comune richiedeva a tutti i partecipanti alla selezione di produrre “le dichiarazioni inerenti i requisiti di ordine generale prescritti dall’art. 38 comma 1 lettera m-bis), m-ter) ed m-quater del codice dei contratti pubblici” da rendersi a pena di esclusione.
Il raggruppamento ricorrente ometteva di rendere la dichiarazione di cui alla lettera m-bis) e, per tale motivo, veniva escluso. Il mandatario del raggruppamento presentava quindi istanza volta ad ottenere, in autotutela, la riammissione alla gara. L’istanza veniva rigettata determinando il ricorso in commento, ritenuto fondato dal Tribunale amministrativo per la Sardegna.
Secondo gli stessi giudici deve essere, anzitutto, chiarita una circostanza di fatto rilevante per la risoluzione della vicenda controversa: i soggetti facenti parte del costituendo raggruppamento sono tutti liberi professionisti oltre ad una società di ingegneria. Nessuno di questi soggetti era esecutore di lavori pubblici.
Come correttamente affermato dalla difesa del ricorrente, spiegano i giudici isolani, al caso di specie va applicato l’art. 46 del d.lgs. 163 del 2006. La stessa sezione ha già avuto modo di affermare con sentenza n. 1537 del 09.10.2009 che il principio della integrazione documentale è anzitutto sancito in via generale dall'art. 6, comma 1, lettera b), della L. n. 241 del 1990. L'art. 46 costituisce inoltre attuazione della corrispondente disposizione contenuta nella Direttiva 2004/18/CE.
La ratio va ricercata nella esigenza di assicurare la massima partecipazione alle gare di appalto, evitando che l'esito delle stesse possa essere alterato da carenze di ordine meramente formale nella documentazione comprovante il possesso dei requisiti dei partecipanti. L'art. 46 ha il delicato compito di contemperare principi talvolta in antitesi come quello del favor partecipationis e quello della par condicio tra i concorrenti. Il punto di equilibrio deve essere trovato nella distinzione tra il concetto di regolarizzazione e quello di integrazione documentale.
La regolarizzazione dei documenti è sempre possibile, mentre non sempre lo è l'integrazione che si risolverebbe in una lesione della parità di trattamento tra i partecipanti. Il legislatore del Codice, non ha affatto inteso assegnare alle amministrazioni aggiudicatrici una facoltà, bensì ha elevato a principio generale un modo di procedere, volto a far prevalere, entro certi limiti, la sostanza sulla forma. In definitiva, l'art. 46 del Codice dei Contratti, è espressione, nel settore degli appalti pubblici, dei principi che sovrintendono l'istruttoria procedimentale, consacrati nell'art. 6 della L. 241 del 1990.
La disposizione deve essere intesa nel senso che l'Amministrazione deve disporre la regolarizzazione quando gli atti, tempestivamente depositati, contengano elementi che possano costituire un indizio e rendano, come è palese nel caso oggetto della presente vicenda controversa, ragionevole ritenere sussistenti i requisiti di partecipazione. Quindi, quando il documento è già stato presentato in sede di gara, anche se parzialmente, è consentita la sua regolarizzazione se, come nel caso di specie, la violazione è squisitamente formale ed il rimedio, in concreto, non altera la par condicio tra i concorrenti.
Tale impostazione, discende direttamente dalla applicazione di due principi tradizionalmente fissati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia: quello di proporzionalità e quello del dovere dell'Amministrazione di ascoltare i privati prima di assumere decisioni.
È fuor di dubbio che l'esclusione dalla gara per dubbi in ordine alla effettiva sussistenza di un requisito in capo ad un partecipante, determina un forte scostamento del provvedimento amministrativo rispetto alla scopo della fase di qualificazione alla gara pubblica. Quando la ditta partecipante incorre in un errore nell'allegazione di un certificato o, in ogni caso, quando il contenuto di un documento non soddisfa appieno le necessità istruttorie dell'Amministrazione, il principio generale è che questi aspetti devono essere oggetto di chiarimenti ed integrazioni. Ciò in quanto quell'operatore economico potrebbe risultare in concreto il migliore contraente per soddisfare le necessità per cui è stata bandita la gara.
La combinazione del principio di proporzionalità con quello del dovere di introdurre nel processo decisionale pubblico le manifestazioni di interesse dei privati, determinano che l'esclusione dalla gara per motivi di carattere squisitamente formale deve costituire eccezione e non regola. Essa deve essere disposta solo quando appare chiaro che consentire al concorrente utili chiarimenti ai fini di un più completo accertamento dei fatti da parte dell'Amministrazione aggiudicatrice, determinerebbe una lesione della par condicio tra i concorrenti.
I giudici sardi richiamano quindi i principi già espressi dalla Sezione ricordando anche che la integrazione documentale prevista dall'art. 46 del Codice degli appalti pubblici è ammissibile nei casi di equivoche clausole del bando relative alla dichiarazione od alla documentazione da integrare o chiarire e che (nei limiti sopra ampiamente esposti) la sostanza deve prevalere sulla forma.
La conseguenza di tale impostazione è che l'azione amministrativa deve essere orientata sulla concreta verifica dei requisiti di partecipazione coerentemente con la disposizione di carattere generale contenuta nell'art. 6, l. 07.08.1990 n. 241 (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 01.09.2010 n. 2163 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

agosto 2010

APPALTI SERVIZI: Sulla proroga del servizio di distribuzione del gas naturale di cui all'art. 15, c. 7, d.lgs. 164/2000 (c.d. decreto Letta).
A differenza della proroga del periodo transitorio degli affidamenti del servizio di distribuzione del gas naturale prevista dalla l. n. 239/2004 (c.d. legge Marzano) per motivi di interesse pubblico, avente carattere eminentemente discrezionale, la proroga di cui all'art. 15, c. 7, del d.lgs. n. 164/2000 (c.d. decreto Letta), non è il frutto dell'esercizio di una facoltà dell'ente locale, ma è legata a presupposti tipizzati, che garantiscono un automatica prosecuzione del rapporto, salvo che l'ente locale non motivi in modo specifico sulla effettiva necessità di procedere ad una liberalizzazione immediata.
Gli incrementi di cui al predetto art. 15, c. 7, non sono il risultato di una negoziazione fra il comune ed il concessionario, né costituiscono una concessione a titolo grazioso, ma concretano un'aspettativa tutelata del concessionario che non può essere negata se non valutando la sua posizione, il sacrificio ed i danni che deriverebbero dalla mancata concessione del prolungamento del periodo transitorio, nonché la necessità e le effettive ragioni, per l'amministrazione, di procedere ad un'immediata liberalizzazione. In sostanza non può affermarsi nell'applicazione dell'art. 15 c. 7 alcuna cieca prevalenza dell'interesse pubblico sulla posizione dei concessionari.
Pertanto, nel caso di specie, è illegittima la delibera consiliare con la quale si statuiva di porre definitivamente termine, con effetto dal 31.12.2005, alla concessione del servizio di distribuzione di gas naturale e di procedere all'indizione di una gara pubblica per l'individuazione del nuovo gestore, per aver omesso di tenere in adeguata considerazione, ai fini del decidere, il carattere automatico degli incrementi temporali di cui al c. 7 dell'art. 15, d.lgs. 164/2000, cit. nell'ambito del quadro normativo esistente al momento di adozione della medesima delibera (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 27.08.2010 n. 5984 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Bandi di gara, requisiti ulteriori e onere di immediata impugnazione.
In tema di requisiti di partecipazione alle gare pubbliche, deve ritenersi che, nonostante la discrezionalità che caratterizza la previsione, da parte della stazione appaltante, di tali requisiti nella stesura del bando, tale scelta non è insindacabile ogni volta che trascenda i principi della razionalità e proporzionalità, traducendosi in un’indebita restrizione della concorrenza.
E’ illegittimo, in quanto eccessivamente restrittivo per la partecipazione delle ditte concorrenti ed in contrasto con i principi nazionali e comunitari di libera concorrenza, razionalità e proporzionalità, un bando di gara per l’affidamento di un appalto di servizi di ristorazione, per un limitato periodo di tempo (nella specie, si trattava di un anno) che contenga la previsione secondo la quale le ditte partecipanti devono necessariamente possedere la certificazione di qualità rispetto ad una prestazione meramente accessoria quale la pulizia e sanificazione delle stoviglie e dei locali, e secondo la quale tali certificazioni di qualità debbano essere possedute da almeno cinque anni; tali requisiti, infatti, devono ritenersi sproporzionati, anche in relazione al modesto importo del contratto posto a base di gara, determinato dalla breve durata del servizio (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 27.08.2010 n. 3262 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla possibilità per le associazioni di volontariato di partecipare alle gare di appalto sebbene non perseguano preminente scopo di lucro e non siano iscritte alla Camera di Commercio o al registro delle imprese.
La Corte di Giustizia CE con la sentenza del 23.12.2009, C 305/08, ha ribadito che le disposizioni della direttiva 2004/08 devono essere interpretate "nel senso che consentono a soggetti che non perseguono preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa di un'impresa e non assicurano una presenza regolare sul mercato… di partecipare ad un appalto pubblico di servizi" e che tale direttiva osta all'interpretazione di una normativa nazionale che vieti a soggetti che "non perseguono preminente scopo di lucro di partecipare ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico".
Pertanto, l'assenza di fini di lucro non esclude che le associazioni di volontariato possano esercitare un'attività economica, né rileva la carenza di iscrizione alla Camera di Commercio o al registro delle imprese, che non costituiscono requisito indefettibile di partecipazione alle gare di appalto né, nel caso di specie, ciò era espressamente stabilito dalle norme di gara (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 26.08.2010 n. 5956 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTILe misure del piano straordinario antimafia per prevenire le infiltrazioni criminali. Nulli i contratti non tracciabili. Pagamenti delle commesse pubbliche solo su conti dedicati.
A rischio di nullità i contratti di appalto delle commesse pubbliche qualora i relativi pagamenti non risultino canalizzati. Tale tracciabilità obbligatoria dei flussi finanziari viene estesa a tutta la filiera degli appalti e dei concessionari di finanziamenti pubblici.
Pesanti sanzioni ad hoc per tutte le ipotesi di inosservanza delle regole di tracciabilità.
È quanto deriva da alcune delle previsioni della legge 13/8/2010, n. 136 recante: «Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al governo in materia di normativa antimafia», pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 196 del 23/8/2010 il cui testo entrerà in vigore dal 7/9/2010.
La verifica dei flussi finanziari. Sempre più stringenti i cosiddetti controlli antimafia per prevenire ogni possibile infiltrazione di tipo criminale nella contrattualistica pubblica (sul tema si veda ItaliaOggi del 24/8/2010). Da ciò deriva l'obbligo, introdotto dall'art. 3 della legge 136/2010, della tracciabilità dei flussi finanziari a carico di appaltatori, subappaltatori e subcontraenti della filiera, per le transazioni relative a lavori, servizi, forniture pubbliche e gestione dei finanziamenti.
In particolare, la legge impone agli operatori delle imprese a qualsiasi titolo interessate ai citati contratti, ad utilizzare uno o più conti correnti bancari o postali dedicati alle pubbliche commesse.
Sulla scorta anche dell'esperienza del decreto legge per la ricostruzione in Abruzzo (dl 139/2009, convertito nella legge 77/2009) la norma prevede che su detti conti devono essere appoggiati tutti i movimenti finanziari (incassi e pagamenti), di qualsiasi importo (fatta eccezione per le piccole spese di cantiere di importo giornaliero di massimo 500 euro), da e verso altri conti, connessi all'esecuzione del contratto, sub-contratto o affidamento e finalizzati alla realizzazione dell'intervento.
Sul punto occorre precisare due aspetti. Per il primo, si rileva che i conti devono essere dedicati, ma possono esserlo: «Anche non in via esclusiva alle commesse pubbliche», ossia gli stessi potrebbero essere impiegati anche per transazioni che non rientrino nell'oggetto del contratto di appalto, tuttavia, il successivo comma 4 ha cura di precisare che ove per il pagamento di spese estranee ai lavori, ai servizi e alle forniture in commento, sia necessario il ricorso a somme provenienti da conti dedicati, questi ultimi possono essere successivamente reintegrati mediante bonifico bancario o postale. Mentre, ciò che non appare assolutamente ammissibile è il pagamento, anche solo «provvisoriamente», di operazioni attinenti i citati contratti con fondi provenienti da conti diversi da quelli dedicati o con metodi alternativi ai bonifici.
In merito al secondo, si fa notare che i conti dedicati possono essere accesi esclusivamente presso banche o presso la società Poste italiane s.p.a. e non invece, presso tutti i soggetti definiti «intermediari finanziari e altri soggetti esercenti attività finanziaria» ai fini della normativa antiriciclaggio, dall'art. 11 del decreto legislativo 231/2001.
Unica eccezione prevista all'impiego dello strumento del bonifico si rinviene nella possibilità, fermo restando l'obbligo di documentazione della spesa, di pagamenti in favore di enti previdenziali, assicurativi, istituzionali e quelli in favore di gestori e fornitori di pubblici servizi, ovvero quelli riguardanti tributi, nonché per le piccole spese giornaliere, di importo fino a 500 euro, salvo ribadire, tuttavia per queste ultime, il divieto di impiego del contante.
I presìdi per il monitoraggio. Tutte le movimentazioni relative al contratto di appalto, ai fini della tracciabilità dei flussi, dovranno essere appositamente targati riportando nella causale del bonifico bancario o postale l'indicazione del Cup ossia del codice unico di progetto relativo all'investimento pubblico sottostante. Articolata la procedura di rilascio del Cup che deve essere richiesto alla Stazione unica appaltante (Sua) che opera da tramite fra il Dipartimento per la programmazione della politica economica e gli appaltatori i quali comunicano alla stessa gli estremi identificativi dei conti correnti dedicati entro sette giorni dalla loro accensione, nonché le generalità e il codice fiscale delle persone delegate ad operare su di essi.
La Sua, che ricalca le centrali di committenza previste dall'art. 33 del Codice degli appalti (dlgs. 163/2006), verrà istituita in ambito regionale con un decreto del presidente del consiglio dei ministri, da adottare entro sei mesi dall'entrata in vigore del provvedimento in oggetto. Interessante segnalare, in proposito, che la regione Calabria è stata la prima ad adottare tale sistema centralizzato istituendo la propria Sua, che è già operativa con legge regionale 7/12/2007, n. 26.
Nullità dei contratti e clausola risolutiva espressa. Viene prevista una doppia barriera difensiva per i contratti in commento che sono sottoposti a nullità assoluta qualora non prevedano la clausola di assunzione dell'obbligo di tracciabilità e a risoluzione espressa dell'accordo qualora le transazioni finanziarie siano eseguite senza avvalersi di banche o Poste Italiane spa.
Molto efficaci, in ottica giuridica, quindi, le tutele poste all'osservanza delle norme sulla tracciabilità in aggiunta alle previsioni sanzionatorie. Si tratta, in pratica, del vincolo di inserire, da parte della Sua, nei contratti sottoscritti con gli appaltatori, una specifica clausola di assunzione dell'obbligo di tracciabilità dei flussi.
Detta clausola agisce a pena di nullità assoluta del contratto, ossia comporta una invalidità a monte del contratto, insanabile e nei confronti di tutti i soggetti ai sensi dell'articolo 1418 c.c. Inoltre, il contratto deve essere munito, della clausola risolutiva espressa ai sensi dell'art. 1456 c.c. che preveda la risoluzione immediata dello stesso allorché le transazioni finanziarie siano state eseguite senza avvalersi di banche o Poste. Per di più la norma precisa che qualsiasi soggetto che abbia notizia dell'inadempimento della propria controparte agli obblighi di tracciabilità deve procedere all'immediata risoluzione del rapporto contrattuale, informandone contestualmente la Sua e la prefettura-ufficio territoriale del governo territorialmente competente.
Le medesime regole devono essere osservate anche nei contratti sottoscritti con i subappaltatori e i subcontraenti della filiera delle imprese a qualsiasi titolo interessate ai lavori.
Le sanzioni. Per i contratti che superano la prova della nullità e della risoluzione, la norma ipotizza una serie di deterrenti ad hoc a salvaguardia della trasparenza delle movimentazioni e della correttezza nell'aggiudicazione degli appalti che consistono sia in sanzioni amministrative pecuniarie ai sensi dell'art. 6 (per le quali si paventa, tuttavia, la possibilità di pagamento in misura ridotta con applicazione dell'oblazione di cui all'art. 16 della legge 689/1981), sia in apposite previsioni del codice penale, riepilogate nella tabella in pagina (articolo ItaliaOggi del 26.08.2010, pag. 27 - link a www.corteconti.it).

APPALTIIn Gazzetta la legge sulla normativa antimafia. Nuovi reati e stazione appaltante unica in regione. Appalti, flussi finanziari pedinabili. Conti dedicati obbligatori e tracciabilità di compensi e incentivi.
I flussi finanziari di chi partecipa alle gare di appalto e quelli di chi beneficia di finanziamenti pubblici devono essere pedinabili. Cioè tracciabili, attraverso conti correnti dedicati. In caso contrario le sanzioni che scatteranno potranno andare dal 2 al 10% del valore della transazione.
Viene, inoltre, introdotto il meccanismo della stazione unica appaltante a livello regionale, cambiano al rialzo le pene relative al reato di turbativa d'asta (reclusione da sei mesi a cinque anni) e arriva una nuova fattispecie di reato, in relazione alla turbativa del procedimento di scelta del contraente.

È quanto prevede la nuova legge n. 136 del 13.08.2010, recante il «piano straordinario contro le mafie, nonché la delega al governo in materia di normativa antimafia»; legge approvata a inizio agosto (si veda ItaliaOggi del 6/6/2010) e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 197 del 23/08/2010.
La normativa dispone maggiori controlli sul cantiere e, come detto, reca deleghe al governo per riformare la normativa e la documentazione antimafia. In particolare, prevede che l'esecutivo emani due provvedimenti: un decreto legislativo recante il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione e un decreto di riordino della documentazione antimafia.
Il ministro dell'interno, Roberto Maroni, considera il Piano un passo in avanti verso la sconfitta definitiva delle mafie. «Sono convinto», ha detto in proposito, «che lo straordinario programma-progetto di sconfiggere la criminalità organizzata entro i prossimi tre anni, possa essere raggiunto. Questo provvedimento», ha chiosato, «si aggiunge a quelli approvati negli ultimi due anni, che hanno portato a risultati straordinari» sul piano del contrasto alle mafie.
Numeri, che a inizio agosto il governo quantificava in 26 dei 30 latitanti più pericolosi catturati e nel sequestro e confisca di beni per oltre 13 miliardi di euro. Del resto, la legge, nota come «Piano antimafie» detta importanti norme di immediata applicazione; quella sulla tracciabilità dei flussi finanziari è solo una, anche se tra le più efficaci. In particolare, mettendo a regime quanto già previsto per l'Abruzzo e l'Expo 2015, la legge stabilisce che gli operatori economici coinvolti in appalti pubblici e i soggetti destinatari di finanziamenti pubblici utilizzino obbligatoriamente conti correnti bancari o postali dedicati.
L'obbligo di prevedere la tracciabilità è legato alla firma del contratto di appalto, che privo di questa clausola è nullo. La tracciabilità colpisce tutti gli operatori in cantiere, siano essi fornitori, subappaltatori, dipendenti e consulenti. In sostanza, tutti coloro che vengono pagati con bonifico bancario e postale.
Non solo. La norma si applica anche ai «concessionari di finanziamenti pubblici anche europei, a qualsiasi titolo interessati a lavori, servizi e forniture pubblici». I conti dedicati potranno essere accesi esclusivamente presso le banche o presso la società Poste italiane spa e tutti i movimenti dovranno essere effettuati solo tramite bonifico bancario o postale. Restano esclusi dalla stretta i pagamenti in favore di enti previdenziali, assicurativi e istituzionali, quelli di fornitori e gestori di pubblici servizi, nonché i pagamenti riguardanti tributi.
Per questi adempimenti si potrà pagare con altre modalità, oltre al bonifico. Se, poi, verranno violate le norme sulla tracciabilità, potranno essere irrogate sanzioni che andranno da un minimo del 2 a un massimo del 10% del valore della transazione. Per quel che concerne, invece, il controllo degli automezzi adibiti al trasporto dei materiali, si prevede che la bolla di consegna del materiale impiegato nei cantieri indichi il numero di targa e il nominativo del proprietario degli automezzi adibiti al trasporto del materiale medesimo.
Sono inoltre previste disposizioni volte ad agevolare l'identificazione degli addetti nei cantieri, integrando il contenuto delle tessere di riconoscimento di cui al dlgs 09/04/2008, n. 81. La legge introduce anche norme tese ad ampliare la platea dei soggetti sottoposti alle verifiche e tenuti all'obbligo di comunicare le variazioni nell'entità e nella composizione del patrimonio. Le verifiche potranno riguardare sia la posizione fiscale sia la posizione economica e patrimoniale del soggetto. E avranno l'obiettivo di accertare illeciti valutari, societari o di altro tipo, in materia economica e finanziaria.
E' stato quindi inasprito il regime sanzionatorio per il reato di «turbata libertà degli incanti». Così, attraverso una novella all'art. 353, primo comma, del codice penale: si introduce il minimo edittale di sei mesi di reclusione (il massimo passa invece da due a cinque anni). Viene poi introdotto il reato di «turbata libertà del procedimento di scelta del contraente», che ricorre nella condotta di chi, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della amministrazione.
Il reato viene punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e la multa da euro 130 a 1.032 euro. Si prevede infine l'istituzione, in ambito regionale, di una Stazione unica appaltante (Sua), ma potranno anche essere più d'una in ogni regione, al fine di garantire trasparenza, regolarità ed economicità nella gestione degli appalti pubblici di lavori e servizi e prevenire, in tal modo, le infiltrazioni di natura malavitosa.
Infine, con un decreto da emanare entro sei mesi, dovrà essere stabilito quali enti, organismi e società potranno aderire alla Sua, quali saranno le attività e i servizi svolti dalla Sua ai sensi dell'art. 33 del Codice dei contratti (la Sua sarà nella sostanza una centrale di committenza) e quale sarà il contenuto delle convenzioni che la Sua stipulerà con gli enti che intendono aderire (articolo ItaliaOggi del 24.08.2010, pag. 19 - link a www.corteconti.it).

APPALTI: Interpretazione del bando, regolarizzazione documentale e ipotesi di esclusione.
La stazione appaltante è tenuta ad applicare in modo rigoroso ed incondizionato le clausole inserite nella "lex specialis" relative ai requisiti, formali e sostanziali, di partecipazione, ovvero alle cause di esclusione, atteso che proprio il formalismo caratterizza la disciplina delle procedure di gara, rispondendo esso, per un verso, ad esigenze pratiche di certezza e celerità e, per altro verso, alla necessità di garantire l'imparzialità dell'azione amministrativa e la parità di condizioni.
Non può ritenersi irrazionale le modalità di presentazione delle offerte comprendenti sia la sigillatura con la ceralacca sia la controfirma del rappresentante dell’impresa sui lembi di chiusura, in quanto mirano ad assicurare l’autenticità dell’offerta e, comunque, non appaiono particolarmente gravosi per i partecipanti alla procedura di gara.
Pertanto deve ritenersi legittima l’esclusione di una ditta nel caso in cui abbia presentato un plico sigillato con ceralacca ma privo della controfirma sui lembi di chiusura, in contrasto con un’espressa previsione del bando (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 23.08.2010 n. 430 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Nuove norme antimafia.
E' stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale (serie generale n. 196 del 23.08.2010) la legge 10.08.2010 n. 136, recante "Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia".
Segnaliamo, in particolare, le seguenti disposizioni ... (link a http://venetoius.myblog.it).

APPALTI: G.U. 23.08.2010 n. 196 "Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia" (L. 13.08.2010 n. 136).

APPALTI: Accesso agli atti e comunicazioni.
Una comunicazione effettuata dalla stazione appaltante ad una impresa, dell’avvenuta esclusione dell’impresa stessa da una gara pubblica, trasmessa a mezzo fax, è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione, nel caso in cui l'uso del fax sia sostanzialmente previsto dalla lex specialis di gara e l’impresa destinataria della comunicazione abbia di fatto accettato le precedenti
comunicazioni della P.A. a mezzo fax (nella specie, si trattava di comunicazioni sul controllo dei requisiti) al numero indicato in precedenza all'Amministrazione per la ricezione di comunicazioni inerenti la gara; infatti, la previsione da parte della lex specialis di tale mezzo di trasmissione rende idonea la comunicazione via fax anche dell’atto di esclusione, ai fini della piena cognizione del contenuto del provvedimento, e risulta rispettosa dell’art. 77 del d.lgs. n. 163 del 2006, il quale stabilisce la facoltà per le stazioni appaltanti e per gli operatori economici di inviare le comunicazioni via telefax, purché di ciò si dia comunicazione nel bando o nell’invito (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.08.2010 n. 5845 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILa previsione da parte della lex specialis rende idonea la comunicazione via fax anche dell’atto di esclusione ai fini della piena cognizione del contenuto del provvedimento.
La dita appellante, nella pronuncia in rassegna, ha partecipato alla gara bandita dal Comune in causa per l’aggiudicazione di appalto di lavori di riqualificazione ed ampliamento dell’area esterna di scuola materna ed annesso asilo nido.
L’amministrazione ha escluso l’offerta dalla gara per avere rinvenuto, tra i dati pubblicati nel casellario informatico dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, annotazione di revoca dell’attestazione SOA disposta a seguito di accertamento di rilascio di attestazione sulla base di documenti privi di riscontro oggettivo in atti o attestazioni di pubbliche amministrazioni e di tanto ha dato comunicazione alla stessa Autorità .
L’appellante lamenta che erroneamente il Tar avrebbe considerato irricevibile il proprio ricorso, facendo decorrere il termine di decadenza dalla data di ricezione via fax del provvedimento di esclusione, così contravvenendo ai principi in materia di notificazione degli atti delle pubbliche amministrazioni, di decorrenza del termine dalla piena conoscenza dell’atto lesivo, di necessità di prova della ricezione nonché dando errata applicazione dell’art. 77 D.Lgs. 163/2006.
Il Consiglio di Stato, tuttavia, ha ritenuto che tali tesi non possano trovare accoglimento va in primo luogo considerato, infatti, che, in base a lineari principi, in materia di impugnazione di provvedimenti amministrativi in relazione agli atti in cui sia richiesta la notifica individuale, come quelli di esclusione e revoca dell’aggiudicazione di gare, si applica la regola generale della piena conoscenza di cui all’art. 21 L. n. 1034/1971, laddove il termine decorre dalla notificazione o dalla comunicazione individuale all’interessato (Cons. St. Sez. V, 22.03.2010, n. 1661, 15.09.2009, n. 5503, 24.03.2006, n. 1534). E’ quindi sufficiente, in assenza di notificazione (nel qual caso soltanto si applica la disciplina sulle notifiche richiamata da parte appellante), perché comunque decorra il termine di impugnazione, che l’interessato abbia avuto piena cognizione, mediante comunicazione individuale, del provvedimento e della sua natura lesiva.
La questione all’esame è, quindi, spiegano i i giudici d’appello, se tale cognizione possa considerarsi realizzata, come ritenuto dal TAR, attraverso la trasmissione dell’atto di esclusione via fax, conformemente alle forme di comunicazione di cui agli articoli 77 e 79 D.Lgs. n. 163/2006. In base alla più recente normativa (particolarmente d.P.R. 28.12.2000, n. 445), il fax è considerato un ordinario mezzo di comunicazione nel corso dell’istruttoria, sia per la presentazione di istanze di privati (art. 38, comma 1), che acquistano efficacia con la trasmissione, sia per la comunicazione di documenti di cui tale mezzo soddisfa sia la forma scritta che la fonte di provenienza. In forza dell’art. 43, comma 6, un fax deve presumersi giunto al destinatario quando il rapporto di trasmissione indica che questa è avvenuta regolarmente.
Più in generale, va considerato che l’ordinamento in numerosi casi conferisce certezza alle comunicazioni effettuate via fax: l’art. 136 del codice di procedura civile ammette la comunicazione per telefax nel rispetto della normativa sulla trasmissione dei documenti teletrasmessi, così come la legge fallimentare,al terzo comma dell’art. 26, dispone la completa equiparazione, ai fini della decorrenza del termine per il reclamo contro i decreti del giudice delegato e del tribunale, della comunicazione mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento e di quella attraverso telefax, stabilendo che la garanzia di avvenuta ricezione in base al d.P.R. n. 445/2000 equivale a notificazione.
Parimenti, l’art. 77 D.Lgs. n. 163/2006 stabilisce la facoltà per le stazioni appaltanti e per gli operatori economici di inviare le comunicazioni via telefax, purché di ciò si dia comunicazione nel bando o nell’invito. L’adeguamento rispetto all’innovazione delle tecnologie di trasmissione e comunicazione riposa sulla circostanza che il fax utilizza un sistema di linee di trasmissione e dati e di apparecchiature che consente di poter documentare sia la partenza del messaggio dall’apparato trasmittente che, attraverso il rapporto di trasmissione, la ricezione da parte di quello ricevente, dando altrettanta certezza rispetto all’avviso di ricevimento della raccomandata della ricezione del messaggio.
Coerentemente, la giurisprudenza amministrativa ha stabilito che il rapporto di trasmissione fa presumere la prova dell’avvenuta ricezione spettando al destinatario la prova contraria concernente la mancata funzionalità dell’apparecchio (Cons. St. Sez. V, 24.04.2002, n. 2202, Sez. VI, 04.06.2007, n. 2951, 19.6.2009, n. 4151, 03.02.2009 n. 578).
L’idoneità della comunicazione mediante fax è avvalorata, nella specie, dalla circostanza che il disciplinare di gara abbia disposto che le imprese partecipanti indicassero il proprio numero di fax al quale l’amministrazione potesse far pervenire la richiesta ex art. 48 D.Lgs. 163/2006 ed a tanto l’appellante abbia provveduto accettando la comunicazione via fax sul controllo del possesso dei requisiti, conclusosi poi negativamente con il provvedimento di esclusione (in linea, quindi, anche con i commi 5-bis e 5-quinquies dell’art. 79 introdotti dal d.lgs. n. 53/2010, pur se inapplicabili ratione temporis alla controversia de qua).
La previsione da parte della lex specialis di tale mezzo di trasmissione rende, pertanto, idonea la comunicazione via fax anche dell’atto di esclusione ai fini della piena cognizione del contenuto del provvedimento e risulta rispettosa dell’art. 77 d. lgs n. 163 (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.08.2010 n. 5845 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Esame delle offerte e anomalie.
E’ legittima l’esclusione di una ditta da una gara per l’affidamento di un appalto pubblico, che sia motivata con riferimento all’anomalia e/o all’incongruità dell’offerta presentata dalla ditta esclusa, nel caso in cui tale ditta abbia dichiarato (applicando conseguentemente i relativi minori costi) di voler prendere in considerazione, per il trattamento economico dei propri dipendenti, durante il corso dell’espletamento dell’appalto, i dati di un contratto collettivo nazionale di lavoro diverso da quello relativo al settore di attività oggetto dell’appalto e, pertanto, inapplicabile al medesimo appalto, nonché di gran lunga economicamente più favorevole all’impresa, in quanto comportante costi del personale fortemente meno onerosi per l’impresa stessa (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.08.2010 n. 5820 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: G.U. 18.08.2010 n. 192, suppl. ord. n. 196:
- "Linee guida per l’affidamento dei servizi attinenti all’architettura ed all’ingegneria" (Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, servizi e forniture, determinazione 27.07.2010 n. 5);
- "Modelli di segnalazione all’Autorità per le comunicazioni ai fini dell’inserimento di notizie nel casellario informatico riferite a Operatori Economici nei cui confronti sussistono cause di esclusione ex art. 38 del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, ovvero per l’inserimento di notizie utili nonché per l’applicazione di sanzioni ex art. 48 del decreto legislativo n. 163/2006" (Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, servizi e forniture, comunicato del Presidente 29.07.2010).

APPALTI: Esame delle offerte e anomalie.
E’ legittimo il giudizio di anomalia espresso dalla P.A. in sede di verifica delle offerte nel caso in cui risulti che il prezzo offerto non avrebbe superato il solo costo della manodopera e non sia stata fornita dal concorrente alcuna prova che gli operai addetti al servizio, al momento dello svolgimento della gara, fossero in possesso dei requisiti necessari (requisito di iscrizione, come disoccupati, da almeno due anni presso il competente Centro dell’impiego e quello del reddito annuale da lavoro, inferiore al limite degli 8.000,00 euro) per poter godere degli sgravi contributivi previsti dalla legge n. 407 del 1990 (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.08.2010 n. 5638 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI - COMPETENZE GESTIONALIL’assegnazione alla competenza consiliare dell’organizzazione e dell’affidamento dei servizi pubblici locali è costantemente giustificata dal fatto che le scelte ad esse sottese si connettono all’esercizio dei poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, caratterizzante entrambi i momenti in cui si articola la scelta ricadente, appunto, sul modulo e sulle modalità di assegnazione del servizio.
L’assegnazione alla competenza consiliare (cfr. C.S., sezione V, dec. 9301/2003) dell’organizzazione e dell’affidamento dei servizi pubblici locali è costantemente giustificata dal fatto che le scelte ad esse sottese si connettono all’esercizio dei poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, caratterizzante entrambi i momenti in cui si articola la scelta ricadente, appunto, sul modulo e sulle modalità di assegnazione del servizio.
Gli elementi che devono poi confluire nell’opzione sono stati, in materia di servizi pubblici locali, fissati dall’art. 113, commi 5, 7 e 11, relativo ai soggetti ai quali conferire il servizio, agli elementi sull’espletamento delle gare ad evidenza pubblica ed ai parametri di controllo, costituenti oggetto del contratto di servizio, quale fonte di disciplina dei rapporti tra enti locali e società di erogazione del servizio (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.08.2010 n. 5636 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILe novità di immediata applicazione del ddl antimafia approvato in via definitiva dal senato. Appalti, in gara con conti ai raggi X. Tracciabilità dei flussi finanziari. Stretta sulla turbativa d'asta.
Tracciabilità dei flussi finanziari per tutti i partecipanti a gare di appalto e per i beneficiari di finanziamenti pubblici; introduzione della stazione unica appaltante a livello regionale; inasprimento del reato di turbativa d'asta (con reclusione da sei mesi a cinque anni) e introduzione di una nuova fattispecie penale con riguardo alla turbativa del procedimento di scelta del contraente; maggiori controlli sul cantiere; deleghe per riformare la normativa e la documentazione antimafia.
È quanto stabilisce il disegno di legge recante il «piano straordinario contro le mafie, nonché la delega al governo in materia di normativa antimafia» approvato in via definitiva dal senato martedì ... (articolo ItaliaOggi del 06.08.2010, pag. 31 - link a www.corteconti.it).

APPALTI: L'affidamento ad una società mista con gara ad evidenza pubblica per la selezione del socio, non costituisce affidamento diretto.
La sussistenza di un interesse di una società mista alla partecipazione ad una gara in ambito extra territoriale non può che essere valutata dall'ente esponenziale della comunità di riferimento, ossia il Comune che ha costituito la società.

L'affidamento di un servizio pubblico ad una società mista appositamente costituita con un socio privato operativo, scelto mediante procedura ad evidenza pubblica, è da equiparare all'affidamento mediante gara. Tale procedura garantisce, infatti, il rispetto dei principi comunitari in tema di libero mercato, in quanto non si realizza un affidamento diretto alla società, ma piuttosto un affidamento con procedura di evidenza pubblica dell'attività operativa della società mista al partner privato, tramite la stessa gara volta all'individuazione di quest'ultimo.
Il modello, in altre parole, trae la propria peculiarità dalla circostanza che la gara ad evidenza pubblica per la scelta del socio privato abbia ad oggetto, al tempo stesso, l'attribuzione dei compiti operativi e quella della qualità di socio (nella specie, è stato ritenuto legittimo, sulla base di dette considerazioni, l'affidamento del servizio relativo alla gestione della farmacia comunale ad una società mista, in cui il socio privato di minoranza è stata effettuata mediante procedura ad evidenza pubblica).
La sussistenza di un interesse della società mista alla partecipazione ad una gara in ambito extra territoriale non può che essere valutata dall'ente esponenziale della comunità di riferimento, ossia il Comune che ha costituito la società. Ne deriva che, ove il Comune, che detiene la quota maggioritaria del capitale sociale, autorizzi una modificazione statutaria finalizzata a consentire la partecipazione alla gara in questione, non sembra si possa dubitare che abbia ritenuto la gestione di una nuova farmacia come rispondente all'interesse della comunità di riferimento (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 04.08.2010 n. 5214 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'impugnazione immediata delle disposizioni della disciplina di gara che limitano illegittimamente il diritto alla partecipazione di un concorrente.
I requisiti di partecipazione alle gare d'appalto possono essere anche più rigorosi e restrittivi rispetto a quelli ex lege previsti, in relazione alle peculiari caratteristiche del servizio da appaltare.

Nel caso in cui le disposizioni della disciplina di gara limitano illegittimamente il diritto alla partecipazione di un concorrente, esso deve impugnare immediatamente la disciplina di gara e non attenderne l'esito, essendo la lesività di un atto aspetto oggettivo e indipendente dai requisiti posseduti dagli altri partecipanti alla gara.
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I bandi di gare d'appalto pubblico possono prevedere requisiti di partecipazione più rigorosi di quelli indicati dalla legge purché non discriminanti ed abnormi rispetto alle regole proprie del settore e che possano pertanto pretendere l'attestazione di requisiti di capacità diversi ed ulteriori dalla semplice iscrizione in albi o elenchi.
Le previsioni recate nelle relative disposizioni normative di settore sono volte a stabilire una semplice presunzione di possesso dei requisiti minimi per la partecipazione alla gara, che pertanto ben possono essere derogati (o meglio incrementati, sotto l'aspetto qualitativo e quantitativo) dall'amministrazione in relazione alle peculiari caratteristiche del servizio da appaltare.
Le scelte così operate, ampiamente discrezionali, impingono nel merito dell'azione amministrativa e si sottraggono, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi manifestamente irragionevoli, irrazionali, arbitrarie o sproporzionate, specie avuto riguardo alla specificità dell'oggetto ed all'esigenza di non restringere, oltre lo stretto indispensabile, la platea dei potenziali concorrenti e di non precostituire situazioni di privilegio.
Pertanto, nel caso di specie non è irragionevole, sproporzionata o discriminatoria la richiesta di specifici requisiti di esperienza nella gestione di piscine pubbliche, trattandosi dell'affidamento in concessione dell'impianta natatorio comunale (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 04.08.2010 n. 5201 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Bandi di gare d'appalto pubblico - Requisiti minimi o più rigorosi di partecipazione - Presupposti e limiti - Sindacato del giudice amministrativo - Limiti - Fattispecie: Aggiudicazione gara per gestione piscina comunale - Risarcimento danni.
I bandi di gare d'appalto pubblico possono prevedere requisiti di partecipazione più rigorosi di quelli indicati dalla legge purché non discriminanti ed abnormi rispetto alle regole proprie del settore e che possano pertanto pretendere l'attestazione di requisiti di capacità diversi ed ulteriori dalla semplice iscrizione in albi o elenchi.
Le previsioni recate nelle relative disposizioni normative di settore sono volte a stabilire una semplice presunzione di possesso dei requisiti minimi per la partecipazione alla gara, che pertanto ben possono essere derogati (o meglio incrementati, sotto l'aspetto qualitativo e quantitativo) dall'amministrazione in relazione alle peculiari caratteristiche del servizio da appaltare (Cons. St., sez. V, 06/04/2009, n. 2138; C.d.S. 19/11/2009 n. 7247; C.d.S. sez. IV, 12/06/2007, n. 3103; C.d.S. sez. VI, 10/01/2007, n. 37).
Le scelte così operate, ampiamente discrezionali, impingono nel merito dell'azione amministrativa e si sottraggono, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi manifestamente irragionevoli, irrazionali, arbitrarie o sproporzionate, specie avuto riguardo alla specificità dell'oggetto ed all'esigenza di non restringere, oltre lo stretto indispensabile, la platea dei potenziali concorrenti e di non precostituire situazioni di privilegio.
Fattispecie: impugnazione dell’aggiudicazione della gara per la gestione di una piscina comunale e richiesta di risarcimento danni.
Disciplina di gara - Diritto alla partecipazione - Disposizione e lesività dell’atto - Impugnazione immediata senza attenderne l’esito - Necessità.
In materia di appalti pubblici, quando si ritiene che le disposizione della disciplina di gara limitano illegittimamente il proprio diritto alla partecipazione, l’interessato deve impugnare immediatamente la disciplina di gara e non attenderne l’esito, essendo la lesività di un atto aspetto oggettivo e indipendente dai requisiti posseduti dagli altri partecipanti alla gara (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 04.08.2010 n. 5201 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTIAppalti, stop a segnalazioni di violazioni non definitive.
Stop alla segnalazione delle violazioni fiscali non ancora definitive: nelle certificazioni rilasciate all'ente appaltante ai fini della partecipazione delle imprese agli appalti pubblici, gli uffici dell'agenzia delle entrate dovranno indicare soltanto le infrazioni degli obblighi di pagamento definitivamente accertate.

E' quanto stabilisce la circolare 03.08.2010 n. 41/E dell'Agenzia delle Entrate, concernente l'attestazione dei requisiti fiscali richiesti per la partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti e subappalti di lavori, forniture e servizi di cui al dlgs 163/2006 (c.d. codice dei contratti pubblici).
L'art. 38, comma 1, lettera g) del codice esclude dalla partecipazione i soggetti che hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello stato in cui sono stabiliti. Il comma successivo prevede che il possesso dei requisiti richiesti possa essere attestato mediante dichiarazione sostitutiva ai sensi del dpr 445/2000, fatto salvo il potere di controllo delle amministrazioni procedenti.
In merito ai requisiti fiscali, con la circolare 25.05.2007 n. 34/E l'Agenzia delle Entrate ha fornito istruzioni sui compiti degli uffici, chiarendo che, qualora la stazione appaltante richieda il controllo dell'autocertificazione, gli uffici devono utilizzare il modello approvato con provvedimento del 25.06.2001, segnalando anche le eventuali violazioni non definitivamente accertate, in modo da fornire al richiedente ogni elemento utile a valutare la sussistenza del requisito della regolarità fiscale.
Nella nuova circolare, tuttavia, viene osservato che, in base al citato art. 38, l'irregolarità fiscale può dirsi integrata qualora sia stata definitivamente accertata una qualunque violazione relativa agli obblighi di pagamento di imposte e tasse, e deve considerarsi venuta meno nel caso in cui, alla data di richiesta della certificazione, il contribuente abbia integralmente soddisfatto la pretesa del fisco, anche mediante definizione agevolata.
Tanto premesso, modificando le precedenti indicazioni in senso più aderente alla norma, anche al fine di non pregiudicare le imprese nazionali rispetto a quelle estere, l'agenzia ha ora stabilito che gli uffici devono indicare nella certificazione esclusivamente le violazioni di pagamento definitivamente accertate, circostanza che si realizza con l'inutile decorso dei termini di impugnativa o a seguito di sentenza definitiva (articolo ItaliaOggi del 04.08.2010, pag. 20 - link a www.corteconti.it).

LAVORI PUBBLICI: Dichiarazione implicita di pubblica utilità - Obbligo di comunicare l’avvio del procedimento - Fattispecie: approvazione progetto tecnico di variante lavori sistemazione ed occupazione urgenza - Art. 7, L. n. 241/1990.
Ai sensi dell’articolo 7 della legge 07.08.1990 n. 241, sussiste l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento culminante nella dichiarazione implicita di pubblica utilità dell’intervento da realizzare, in quanto immediatamente e direttamente lesivo di potenziali interessi (C.d.S., A.P., n. 14/1999 ).
Nel caso di specie, tuttavia, non si è avuta la dichiarazione di pubblica utilità implicita nell'approvazione del progetto delle opere da realizzare, perché essa consegue ope legis alla sola approvazione del progetto definitivo delle opere da realizzare, come stabilisce il comma 13 dell'articolo 14 della legge 11.02.1994, n. 109, laddove con la impugnata delibera consiliare n. 27 del 1998 è stato approvato soltanto il progetto di massima (CdS Sez. IV, n. 3364/09).
Pertanto, non essendoci alcuna valida ed utile dichiarazione di pubblica utilità e questa non potendo conseguire ex lege all'approvazione del progetto preliminare, non sussisteva alcun obbligo da parte della amministrazione comunale di comunicare ai ricorrenti l'esistenza del procedimento relativo alla realizzazione dei lavori per cui è causa (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 03.08.2010 n. 5155 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZI: L’art. 5, co. 1, della legge 381/1991 non consente di utilizzare le convenzioni ivi previste per l’affidamento di servizi pubblici locali quale il servizio di scuolabus.
L’art. 5, co. 1, della legge 08.11.1991 n. 381, in materia di cooperative sociali, consente agli enti pubblici ed alle società di capitali a partecipazione pubblica di stipulare “anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione” apposite convenzioni con le cooperative sociali come definite dal precedente art. 1, ovvero con i corrispondenti organismi operanti negli altri Stati membri della Comunità europea, per la fornitura di “beni o servizi” diversi da quelli socio-sanitari ed educativi il cui importo stimato sia inferiore alla c.d. soglia comunitaria e purché tali convenzioni siano finalizzate alla creazione di opportunità di lavoro per le persone svantaggiate.
La norma non consente, perciò, di utilizzare le convenzioni ivi previste per l’affidamento di servizi pubblici locali, quale deve considerarsi il servizio di scuolabus di cui qui si discute.
Non v’è dubbio infatti, a tal riguardo, che il detto servizio si inquadri perfettamente nel concetto di servizio pubblico locale come qualificato dall’art. 112 del t.u.e.l. di cui al d.lgs. 18.08.2000 n. 267, ai sensi del quale “gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”.
Tanto sul piano sia soggettivo, essendo il ripetuto servizio riconducibile alla competenza comunale, che oggettivo, attese le finalità sociali a favore della collettività dell’attività svolta, le quali caratterizzano e distinguono appunto il servizio pubblico rispetto alla fornitura di servizi, diretta a soddisfare esigenze dell’amministrazione pubblica e che questa ha facoltà, a termine del cit. art. 5, co. 1, della legge n. 381 del 1991, di procurarsi tramite convenzione diretta, in deroga alle norme in materia di contratti dell’amministrazione pubblica, con le cooperative sociali ove tale convenzione sia volta allo scopo di creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate (cfr., in fattispecie analoga riguardante il servizio pubblico di raccolta e trasporto di rifiuti urbani, la decisione sull’appello reg. gen. n. 5394/2009 assunta alla camera di consiglio del 09.02.2010, in corso di pubblicazione).
Il detto art. 5, co. 3, prevede una mera facoltà di deroga all’evidenza pubblica da parte dell’ente pubblico o società di capitali a partecipazione pubblica, ossia una mera volontà della stazione appaltante, sicché la scelta di procedere mediante gara e, conseguentemente, di negare il convenzionamento non solo è insindacabile, ma pure, come affermato dal TAR, non necessita di alcuna specifica motivazione (ben altrimenti che nel caso di adesione alla proposta di deroga) se non, come fatto nella specie, la semplice enunciazione dell’aver seguito la regola e senza che l’intento di procedervi debba essere preannunciato prima della relativa determinazione.
In ciò non diversamente, in tema di concorsi a posti alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, dalla nomina degli idonei in posti vacanti che, com’è noto, costituisce una facoltà e non un obbligo, trattandosi di potere che rientra nella discrezionalità dell’ente, fatte salve situazioni particolari in cui il legislatore abbia espressamente disposto l’obbligo per le amministrazioni di procedere allo scorrimento delle graduatorie ancora valide (cfr., in materia, Cons. St., sez. V, 18.12.2009 n. 8369) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.08.2010 n. 5100 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Interpretazione del bando, regolarizzazione documentale e ipotesi di esclusione.
L’omessa allegazione di un documento o di una dichiarazione previsti a pena di esclusione non può considerarsi alla stregua di un’irregolarità sanabile e, quindi, non ne è permessa l’integrazione o la regolarizzazione postuma, non trattandosi di rimediare a vizi puramente formali; ciò tanto più quando non sussistano equivoci o incertezze generati dall’ambiguità di clausole della legge di gara.
In presenza di una prescrizione chiara, infatti, la regolarizzazione costituirebbe violazione della par condicio fra i concorrenti.
Ai sensi dell’art. 46 del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), i criteri esposti ai fini dell’integrazione documentale riguardano semplici chiarimenti di un documento incompleto, ma non possono servire a sopperire la mancanza di un documento (quali, ad esempio, la certificazione dei carichi pendenti o la dichiarazione sostitutiva) (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez V, sentenza 02.08.2010 n. 5084 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZIImpianti illuminazione pubblica - Concessione - Diritto di riscatto - Ordine di rilascio - Legittimità - Diritto di ritenzione del gestore - Escluso.
A seguito dell'esercizio da parte del Comune del diritto di riscatto del rapporto concessorio in precedenza instaurato, è legittimo l'ordine di rilascio degli impianti e il relativo provvedimento con cui è stata disposta l'acquisizione al patrimonio del Comune, in quanto né la normativa di settore, né la concessione, prevedono alcun diritto di ritenzione a favore del gestore uscente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 02.08.2010 n. 2618 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Impianti di illuminazione - Comuni - R.D. 15.10.1925 e D.L. n. 902/1986 - Riscatto - Implicita abrogazione ex T.U. n. 267/2000 - Inconfigurabilità.
La normativa in materia di riscatto degli impianti di cui al R.D. 15.10.1925, n. 1568 ed al D.L. n. 902/1986 non risulta implicitamente abrogata per effetto della sopravvenuta disciplina poi recepita dal T.U. n. 267/2000 nella misura in cui mira all’assicurazione in capo agli enti locali, della proprietà degli impianti costituente presupposto indefettibile per l’indizione della procedura per l’affidamento del servizio pubblico ovvero per la relativa assunzione in house (ordinanza Consiglio di Stato, V, n. 6639/2008 del 12.12.2009).
Ne discende che deve ritenersi sussistere, in capo agli enti locali, l’astratta possibilità di riscattare la proprietà degli impianti di illuminazione pubblica realizzati da Enel, quale concessionario di servizio (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 02.08.2010 n. 2612 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: B. Colombo e V. Latorraca  Le modifiche introdotte ai ricorsi giurisdizionali in materia di contratti pubblici dal D.Lgs. n. 53/2010 (link a www.lavatellilatorraca.it).

APPALTI: L. Bellagamba, La questione della pubblicità della seduta di gara a procedura ristretta, nella sub-fase della prequalificazione, in rapporto all’art. 13, comma 2, lett. b), del codice dei contratti - I paradigmi normativi della procedura ristretta semplificata nei lavori e della c.d. forcella nei servizi di progettazione (link a www.linibellagamba.it).

APPALTI SERVIZI: C. Rapicavoli, L’affidamento dei servizi pubblici locali - Il regolamento attuativo (link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: M. Fracanzani, Annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto nel nuovo processo amministrativo: dall’onere di impugnazione alla pronuncia di inefficacia (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: G. Guzzo, GIUSTIFICAZIONE PREVENTIVA ED ANOMALIA DELLE OFFERTE: EVOLUZIONE LEGISLATIVA E PROFILI GIURISPRUDENZIALI (link a www.giustizia-amministrativa.it).

luglio 2010

APPALTI SERVIZI: G.U. 31.07.2010 n. 177 "Trasmissione dei dati relativi ad affidamenti a Cooperative sociali, ex articolo 5 della legge n. 381/1991" (Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavoro, Servizi e Forniture, comunicato).
IL PRESIDENTE
- Visto l’art. 7, comma 8, del decreto legislativo n. 163/2006 che prevede che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono tenuti a comunicare all’Osservatorio per contratti di importo superiore alla soglia dei 150.000 euro dati informativi sui contratti pubblici;
- Visto il Comunicato del Presidente del 04.04.2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 21.04.2008 con il quale si definiscono le modalità telematiche per la trasmissione dei dati dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di importo superiore alla soglia dei 150.000 euro;
- Viste le istruzioni relative alle contribuzioni dovute, ai sensi dell’art. 1, comma 67, della legge 23.12.2005, n. 266, di soggetti pubblici e privati in vigore dall'01.05.2010;
- Visto l’art. 5 della legge n. 381/91 che prevede la possibilità per i soggetti aggiudicatori di stipulare convenzioni con le cooperative sociali di cui all’art. 1, comma 1, lett. b (cooperative che svolgono attività agricole, industriali, commerciali o di servizi diverse dalla gestione di servizi socio-sanitari ed educativi e finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate) anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione;
Considerato che le disposizioni sulle comunicazioni di dati all’Osservatorio sono preordinate al rispetto dei principi fondamentali di matrice comunitaria in materia di contratti pubblici tra i quali quelli di trasparenza, correttezza, parità di trattamento e non discriminazione;
- Ritenuto che la deroga prevista dall’art. 5, legge n. 381/1991, deve considerarsi riferita alle procedure di affidamento, ma non ai suddetti principi comunitari;
COMUNICA
- Che le stazioni appaltanti che procedono ad affidamenti ai sensi dell’art. 5, della legge n. 381/1991, sono tenute ad effettuare le comunicazioni all’Osservatorio dei contratti pubblici, con le seguenti modalità:
* convenzioni di importo superiore alla soglia dei 150.000 euro: secondo quanto specificato nel Comunicato del Presidente del 04.04.2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 21.04.2008;
* convenzioni di importo inferiore alla soglia dei 150.000 euro: limitatamente alla sola acquisizione del codice CIG, fino a quando non verranno rese note con ulteriori comunicazioni le relative modalità di trasmissione dei dati.
- Che non possono essere stipulate convenzioni ai sensi dell’art. 5, comma 1, legge n. 381/1991 per la fornitura di servizi socio-sanitari ed educativi (art. 1, comma 1, lett. a).

APPALTI: Accesso agli atti e comunicazioni.
L’art. 13, c. 6°, del D.lgs. n. 163/2006, non costituisce una previsione derogatoria di carattere generale, ma piuttosto un’ipotesi di speciale deroga, da applicare esclusivamente nei casi in cui l’accesso sia inibito in ragione della tutela di segreti tecnici o commerciali motivatamente evidenziati dall’offerte in sede di presentazione dell’offerta.
Il carattere segreto delle informazioni tecniche e commerciali -che deve risultare da motivata dichiarazione dell’offerente prodotta in sede di presentazione dell’offerta- non può costituire ostacolo alla esibizione della restante documentazione di gara nei confronti dei terzi contro interessati, potendo, tutt’al più, consentirne lo stralcio dalla documentazione da esibire, con facili accorgimenti tecnici (ad esempio “omissis”) (massima tratta da http://doc.sspal.it -  Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 30.07.2010 n. 5062 - - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'obbligo del responsabile dell'istruttoria di una gara di appalto di svolgere ogni tipo di attività volta all'accertamento dei fatti oggetto del procedimento.
Sussiste l'obbligo preciso del responsabile dell'istruttoria svolgere ogni tipo di attività volta all'accertamento dei fatti oggetto del procedimento, è se per tale necessità sono opportune più istanze istruttorie, non è violato il principio di non aggravamento del procedimento le quante volte tali istanze siano giustificate dall'esigenza di procedere.
Di conseguenza, nel caso di specie, l'errore materiale in cui è incorsa la cooperativa, la quale ha nei termini previsti prodotto la documentazione richiesta, ben avrebbe potuto indurre il responsabile del procedimento a richiedere la rettifica di istanze erronee o incomplete nella esplicazione di quel principio di regolarizzazione degli atti che si affianca a quello acquisitivo proprio dell'iniziativa di ufficio della fase istruttoria, sicché ne deriva che a fronte di documentazione ritenuta inidonea è onere dell'amministrazione completare l'istruttoria richiedendo all'interessato quanto necessario a tal fine.
Il principio secondo il quale il responsabile del procedimento amministrativo è tenuto a indicare o rettificare eventuali irregolarità formali è applicabile anche al procedimento di gara pubblica, a condizione che non sia turbata la par condicio dei concorrenti e non vi sia una modificazione del contenuto della documentazione presentata (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 30.07.2010 n. 3305 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI - ATTI AMMINISTRATIVI: SUL C.D. "SOCCORSO ISTRUTTORIO".
1. Appalto pubblico (in generale) - Documentazione - Errore materiale - Rettifica - Obblighi della stazione appaltante.
2. Procedimento amministrativo - Responsabile del procedimento - Istruttoria - Doveri - Profili.

1. In caso di errore materiale di una cooperativa, la quale ha nei termini previsti prodotto la documentazione richiesta dal bando di gara, è obbligo del responsabile del procedimento richiedere la rettifica di istanze erronee o incomplete nella esplicazione di quel principio di regolarizzazione degli atti che si affianca a quello acquisitivo proprio dell'iniziativa di ufficio della fase istruttoria, sicché ne deriva che a fronte di documentazione ritenuta inidonea è onere dell'amministrazione completare l'istruttoria richiedendo all'interessato quanto necessario a tal fine, e il principio secondo il quale il responsabile del procedimento amministrativo è tenuto a indicare o rettificare eventuali irregolarità formali è applicabile anche al procedimento di gara pubblica, a condizione che non sia turbata la par condicio dei concorrenti e non vi sia una modificazione del contenuto della documentazione presentata (confronta fra le tante Cons. Stato, sez. V, 03-09-2001 n. 4586).
2. E' obbligo preciso del responsabile dell'istruttoria svolgere ogni tipo di attività volta all'accertamento dei fatti oggetto del procedimento, e se per tale necessità sono opportune più istanze istruttorie, non è violato il principio di non aggravamento del procedimento, quante volte tali istanze siano giustificate dall'esigenza di procedere (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 30.07.2010 n. 3305 - link a
http://mondolegale.it).

APPALTI: Concorrente ad una gara pubblica - Dichiarazioni - Falso innocuo - Nozione.
Il falso dichiarato da un concorrente ad una gara pubblica può ritenersi innocuo, e, quindi, non idoneo a giustificare un provvedimento di esclusione dalla gara, quando non è in grado di influenzare lo svolgimento e l’esito della gara stessa.
Pertanto, non rientrano nella categoria penalistica del “falso innocuo” quelle omissioni e difformità, attuate dai concorrenti, in grado di incidere direttamente sui requisiti e sulle condizioni di partecipazione alla gara e sulla possibilità di addivenire più agevolmente all’aggiudicazione della stessa, anche sotto il profilo inerente la valutazione morale della concorrente (Cons. Stato, V, 13.02.2009, n. 829; cfr. Cass. penale, V, 02.10.2008, n. 39432; 07.11.2007, n. 3564).
Dichiarazione di non essersi avvalsi dei piani di emersione del lavoro irregolare - Sanzione dell’esclusione - Espressa previsione del bando - Necessità - Obbligo di fornire la dichiarazione - Discrezionalità dell’amministrazione.
Per poter determinare l’esclusione dalla gara, la dichiarazione di non essersi avvalsi dei piani di emersione del lavoro irregolare, di cui alla L. 383/2001, deve essere espressamente richiesta dal bando, ed a pena di esclusione. Se così non è, essa viene a costituire solo un’eteronoma ragione impeditiva dell’aggiudicazione, che la P.A. dovrà valutare successivamente alla conclusione della gara stessa.
Né può ritenersi illegittimo il bando, nella parte in cui non prevede debba essere resa dai concorrenti la dichiarazione di non essersi avvalsi dei piani di emersione, dato che appartiene alla discrezionalità dell’Amministrazione imporre ex ante agli stessi l’obbligo di fornire la dichiarazione, ovvero valutare ex post la situazione di fatto. (TAR Friuli Venezia Giulia, I, 08.02.2008, n. 112).
Fatti costituenti reato - Incidenza sulla moralità professionale - Artt. 75 D.P.R. n. 554/1999 e 38 D.lgs. n. 163/2006 - Valutazione della natura ostativa - Stazione appaltante - Esclusione o ammissione - Adeguata motivazione - Necessità.
Nell’ambito dei reati che, a norma dell’art. 75, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 554/1999 e dell’art. 38 del D.lgs. n. 163/2006, possono incidere sull’affidabilità morale dei partecipanti alle gare sono certamente da includere quelli in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro; la valutazione della natura ostativa, o no, di fatti costituenti reato è tuttavia rimessa esclusivamente alla stazione appaltante la quale, di volta in volta, in considerazione di tutte le circostanze concretamente rilevanti nei singoli casi, è chiamata a verificare l’effettiva incidenza delle condanne sul vincolo fiduciario destinato a instaurarsi con l’impresa aggiudicataria (C.G.A. 01.06.2010, n. 806; Cons. Stato, V, 02.02.2010, n. 428; 31.01.2006, n. 349; 28.04.2003, n. 2129).
Di siffatta valutazione l’Amministrazione appaltante deve dare contezza attraverso un’esaustiva motivazione pure nell’ipotesi in cui, in luogo dell’esclusione, ci sia una determinazione di ammissione alla gara e si sia alla presenza di fattispecie delittuose (C.G.A. 04.02.2010, n. 101).
In questo caso, infatti, si radica l’interesse degli altri concorrenti (in particolare, del secondo classificato) a conoscere le ragioni della disposta ammissione, sicché l’amministrazione appaltante è tenuta, in ossequio al generale obbligo di motivazione, almeno a dar conto dell’avvenuta presa in considerazione dei precedenti penali dichiarati dal concorrente, appunto al fine di escluderne, se del caso, l’incidenza sulla moralità professionale (cfr. TAR Lazio, Roma, III, 11.11.2009, n. 11084).
Contratto concluso a seguito di illegittima aggiudicazione - Domanda di annullamento Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - Direttiva 2007/66/CE - D.lgs. n. 53/2010.
La domanda di annullamento del contratto non presuppone l’impugnazione dello stesso in senso proprio, dato che questo non ha natura di provvedimento amministrativo, bensì di quelli unilateralmente posti dalla PA nella formazione della sua volontà di addivenirne alla conclusione mediante l’individuazione del miglior contraente; prima ancora dell’entrata in vigore del decreto legislativo 20.03.2010, n. 53, è stato affermato dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione (ordinanza 10.02.2010, n. 2906) che per effetto della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'11.12.2007, n. 66, secondo una interpretazione costituzionalmente e comunitariamente (art. 117 Cost.) orientata delle norme in materia, per le gare bandite sin dalla data di entrata in vigore di essa, è necessario l'esame congiunto della domanda di invalidità dell'aggiudicazione e di privazione degli effetti del contratto concluso, prima o dopo la decisione del giudice adito, in ragione dei principi di concentrazione, effettività e ragionevole durata del giusto processo disegnato nella Carta costituzionale.
Per effetto della Direttiva in questione, pertanto, anche prima del termine indicato per la sua trasposizione nel diritto interno, si configura la giurisdizione (esclusiva) del giudice amministrativo estesa agli effetti ed alla sorte del contratto concluso a seguito di illegittima aggiudicazione (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 29.07.2010 n. 9057 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Appalti di servizi di cui all'All. IIB del D.lgs. 163/2006 - Art. 245, comma 2-quinquies - Comunicazione individuale ai sensi dell'art. 79 - Decorrenza del termine per l'impugnazione - Piena conoscenza dell'atto - Sussiste anche in caso di accesso fruttuoso agli atti e di impugnazione di diverso lotto della medesima aggiudicazione.
Al di là della formula letterale impiegata nell'art. 245, co. 2-quinquies (che considera, quale dies a quo, per la decorrenza del termine per l'impugnazione, la data della sola comunicazione individuale ai sensi dell'art. 79), secondo un principio processuale consolidato (anche nel diritto dell'Unione europea, cfr. art. 230 Trattato CE, ora art. 263 TFUE) il termine di impugnazione (in questo caso di 30 giorni) deve intendersi decorrere, oltre che dalla ricezione della comunicazione (che, sulla scorta della regola generale di cui all'art. 1335 c.c., assicura una presunzione di conoscenza, ovvero di conoscibilità, che potrebbe non tradursi in una conoscenza effettiva), anche e soprattutto dalla piena conoscenza dell'atto; opinando altrimenti, per gli appalti di servizi elencati nell'allegato II B, ai quali, alla stregua dell'art. 20 non dovrebbero applicarsi gli obblighi informativi di cui all'art. 79, si giungerebbe alla conclusione paradossale di escludere, per gli stessi, la decorrenza del termine di impugnazione di cui all'art. 245, co. 2-quinquies; che, nel caso di specie (servizio di manutenzione ordinaria del verde pubblico), la piena ed effettiva conoscenza dell'esito della gara e del nome dell'aggiudicatario può desumersi (oltre che dall'accesso fruttuosamente esperito, quale modalità equivalente di comunicazione dell'esito della procedura) anche dal fatto che avverso la stessa procedura in oggetto e la medesima delibera di aggiudicazione, la ricorrente avesse già presentato analogo ricorso (sebbene relativamente ad un lotto diverso) in quel caso proposto nel pieno rispetto del termine decadenziale di 30 giorni, il che vale anche ad escludere, nel presente caso, il beneficio dell'errore scusabile (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.07.2010 n. 3271 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Autocertificazione e requisiti morali.
Ai fini della ricorrenza causa di esclusione dalle gare di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del D.L.vo n. 163 del 2006, non è necessario che il comportamento di grave negligenza o mala fede sia accertato in sede giurisdizionale, essendo sufficiente la valutazione che la stessa Amministrazione abbia fatto in sede amministrativa del comportamento tenuto in precedenti rapporti contrattuali.
L’art. 38, comma 1, lett. f), citato, nel prevedere l’esclusione dalle gare di appalto dell’impresa che ha commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione di precedenti appalti, non ha carattere sanzionatorio, ma contempla una misura a presidio dell’elemento fiduciario, che esclude di per sé qualsiasi automatismo, perché l’esclusione deve essere il risultato di una "motivata valutazione"; la motivazione, tuttavia, può essere costituita dal riferimento all’episodio contestato, in base ad un’attività di mero riscontro della fattispecie concreta con quella astratta (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 28.07.2010 n. 5030 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla conformità alla normativa comunitaria della proroga del periodo transitorio per la cessazione anticipata di una concessione di distribuzione del gas naturale.
La normativa comunitaria, secondo la Corte di Giustizia, non osta a che la normativa nazionale preveda il prolungamento della durata del periodo transitorio per la cessazione anticipata di una concessione di distribuzione del gas naturale purché tale proroga possa essere considerata necessaria (tale è la prospettiva sottostante alla previsione legislativa di un periodo transitorio) a permettere di sciogliere i rapporti contrattuali a condizioni accettabili sia dal punto di vista delle esigenze del servizio pubblico, sia dal punto di vista economico (cfr. Corte giustizia CE, sez. II, 17.07.2008, n. 347).
La pronunzia della Corte di Giustizia ha risolto quindi il dubbio sulla compatibilità della normativa comunitaria con la normativa nazionale e la previsione in questa ultima di un periodo transitorio riconoscendo ai vari soggetti interessati un periodo di tempo adeguato per ammortizzare gli effetti negativi derivanti dalla risoluzione dei rapporti concessori in essere e per predisporre gli atti di gare ad evidenza pubblica (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 26.07.2010 n. 4873 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Se la fase pubblicistica della gara ha profili di illegittimità, appalto annullabile anche dopo l'aggiudicazione. Potestà in autotutela prima della firma del contratto.
La stazione appaltante può sempre incidere con determinazioni unilaterali sugli esiti della fase pubblicistica della gara d'appalto qualora essi siano ritenuti affetti da profili di illegittimità, anche all'esito del provvedimento di aggiudicazione definitiva, atto conclusivo del procedimento di scelta del contraente.
In altri termini, secondo la sentenza 26.07.2010 n. 4864 della Sez. VI del Consiglio di Stato, l'annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione di una gara, prima che sia sottoscritto il contratto d'appalto vero e proprio, è sempre possibile, ricorrendo tuttavia un preciso e concreto interesse pubblico (nonostante l'articolo 6, quarto comma, del Rd 2440 dell'08.11.1923 equipari i processi verbali di aggiudicazione al contratto).
Una potestà di annullamento in autotutela, dunque, che si può  esercitare sul principio di buon andamento della Pa, se per  sono chiaramente fornite adeguate motivazioni sui presupposti di caducazione delle posizioni dei partecipanti alla gara, consolidatesi con l'aggiudicazione definitiva. Tale fase della procedura, infatti, secondo il collegio, non può  essere equiparata - non avendo la citata norma del Rd 2440/1923 natura automatica e obbligatoria   alla costituzione del vincolo contrattuale, che si ha unicamente al momento della stipulazione dell'accordo.
La vicenda esaminata dal collegio riguardava un bando pubblico per la stipula di un contratto di vendita di un suolo dell'ente, che prevedeva come corrispettivo un importo in denaro e alcuni immobili a uso residenziale in permuta ... (articolo Il Sole 24 Ore del 20.09.2010 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTI: I. Boccuzzi, Il recepimento della direttiva ricorsi: il decreto legislativo 53/2010 (link a www.amministrazioneincammino.luiss.it).

APPALTI: G. Bartoli, L’introduzione delle clausole sociali negli appalti riservati (link a www.amministrazioneincammino.luiss.it).

APPALTI: F. Lo Gerfo, Il mistero della quarta busta: effetti del correttivo 2009 sulla disciplina delle offerte anomale nel codice dei contratti pubblici. questioni aperte di diritto transitorio (link a www.diritto.it).

APPALTITributi e contributi, se in regola ok all'aggiudicazione dell'appalto.
È la conclusione a cui è pervenuta la Corte di Giustizia con la sentenza che vede coinvolte tre diverse società.

La normativa di riferimento in ambito comunitario è costituita dalla direttiva 93/37, come medio tempore sostituita dalla direttiva del 31.03.2004, 2004/18/CE di cui interessano, in particolare, gli articoli che vanno dal 24 al 29.
L'articolo 24 fissa le cause di esclusione di un imprenditore nella partecipazione a gare di appalto. In particolare le lettere e) ed f) di dette clausole di esclusione riguardano il corretto versamento non soltanto dei contributi previdenziali ma anche di tasse e imposte compresa l'Iva. Inoltre, all'ultimo comma si stabilisce che gli Stati membri hanno il compito di designare autorità e organismi competenti per il rilascio della documentazione necessaria che attesti il possesso dei requisiti da parte degli imprenditori interessati alla partecipazione all'appalto ... (link a
www.nuovofiscooggi.it).

APPALTI: RAGGRUPPAMENTI TEMPORANEI E VERIFICA DEI REQUISITI DI PARTECIPAZIONE ALLA GARA D'APPALTO.
1. Associazione temporanea - Requisiti associati - Requisiti soggettivi e requisiti oggettivi - Cumulo.
2. Associazione temporanea - Ratio - Limiti.
3. Appalto pubblico (in generale) - Criteri e principi - Massima partecipazione - In relazione al servizio richiesto.
4. Associazione temporanea - Requisiti associati - A.T.I. orizzontale - Affidamento del servizio di vigilanza - Aggiudicazione - Disciplina.
5. Pubblica sicurezza - Istituti vigilanza - Tariffe - Prefettizie - Carattere vincolante - Non sussiste - Ragioni.

1. I raggruppamenti temporanei di imprese non costituiscono autonomi centri di imputazione giuridica ma mere aggregazioni finalizzate ad agevolare (grazie alla sommatoria dei requisiti degli aderenti) il dispiegarsi del gioco della concorrenza. In altri termini, non danno luogo ad un soggetto autonomo e distinto dalle imprese che li compongono, né ad un loro rigido collegamento strutturale.
Da ciò consegue che i requisiti prescritti nel bando devono essere posseduti dalle imprese raggruppate -le quali conservano intatte le rispettive autonomie formali e sostanziali- secondo le regole che governano la materia, tendenti a distinguere tra requisiti soggettivi di capacità tecnica ed economica e requisiti oggettivi, per i quali è consentito il "cumulo" (Cfr., tra le altre, Cons. Stato., sez. V, 21-11-2007 n. 5906; Cons. Stato, sez. V, 15-05-2001 n. 2713; cfr. Cons. Stato, sez. V, 18-10-2001 n. 5517).
2. I raggruppamenti temporanei di imprese -i quali costituiscono un istituto di matrice comunitaria- tendono ad estendere la partecipazione alle gare anche ad imprese che, singolarmente, non sarebbero in grado di sostenere l'onere dell'appalto e, dunque, ad ampliare la dinamica concorrenziale, consentendo la coalizione di imprese di minori dimensioni per favorirne la crescita e l'ingresso su mercati più estesi.
Nel contempo, consentono di realizzare lo scopo di assicurare, attraverso il concorso degli apporti di più imprese, il buon andamento del risultato finale dei lavori o dei servizi appaltati, i quali, altrimenti, potrebbero essere compromessi dalla inadeguatezza dei mezzi tecnici e finanziari propri di ciascuna singola impresa.
L'unico limite nell'utilizzo di tale forma di aggregazione va riscontrato nell'esigenza di non trasformare la riunione di imprese in uno strumento elusivo delle regole impositive di un livello minimo di capacità per la partecipazione agli appalti, il quale -di regola- deve essere fissato nel bando (Cfr. tra le altre, TAR Campania Napoli, sez. I, 07-10-2008 n. 13437; TAR Puglia Lecce, sez. I, 06-03-2007 n. 800; Cfr. TAR Piemonte, sez. II, 02-05-2000 n. 573).
3. I bandi di gara devono assicurare la massima partecipazione, al fine di perseguire l'interesse pubblico a che la scelta dell'impresa affidataria avvenga nel più ampio ventaglio possibile di offerte sulla base di criteri che debbono essere redatti esclusivamente in funzione delle caratteristiche economiche e tecniche del bene o del servizio richiesto.
4. Nell'eventualità si sia in presenza di un'A.T.I. c.d. orizzontale è consentito che i requisiti soggettivi di capacità tecnica ed economica siano posseduti da ciascuna impresa quanto meno in una misura minima giuridicamente apprezzabile.
Si può, pertanto, affermare che, in presenza di un raggruppamento di imprese partecipante ad una gara per l'affidamento di un servizio di vigilanza, non è imposto -in capo ad ognuna delle imprese- il possesso dell'autorizzazione per tutti i siti da vigilare, bensì è sufficiente l'autorizzazione anche solo per alcuni di quest'ultimi, sempre che la disamina delle autorizzazioni di tutte le imprese aderenti all'ATI e, dunque, l'esame del contributo che ognuna di esse è in grado ad offrire conduca a rilevare la sussistenza delle condizioni necessarie per il completo e corretto espletamento del servizio (Cfr., tra le altre, TAR Lombardia Milano, sez. I, 07-04-2009 n. 3227; TAR Calabria Reggio Calabria 06-03-2007 n. 206).
5. Le tariffe fissate dal Prefetto per i servizi di vigilanza -specie ove considerate sotto il profilo dei c.d. "minimi"- non sono né inderogabili né vincolanti.
In particolare -in linea con le precisazioni rese dalla Corte di Giustizia CE (sent. 13.09.2007, nella causa C465/05, Commissione Italia)- l'attribuzione di un carattere vincolante a dette tariffe, realizzando una ingiustificata restrizione della libera prestazione dei servizi e, dunque, ponendosi in contrasto con il principio comunitario dell'art. 49, Trattato CE, non può trovare spazio nel nostro ordinamento (Cfr., tra le altre, Cons. Stato, sez. V, 29-12-2009 n. 8867; TAR Sardegna Cagliari, sez. I, 23-06-2008 n. 1253; TAR Campania Napoli, sez. I, 17-06-2008 n. 5966; C.G.E. 13-09-2007 nella causa C465/05, Commissione Italia) (massima tratta da http://mondolegale.it/ - TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter, sentenza 16.07.2010 n. 26337 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla natura dei raggruppamenti temporanei di imprese (fattispecie relativa ad una gara di appalto per l'affidamento del servizio di vigilanza).
Le tariffe fissate dal Prefetto per i servizi di vigilanza - specie ove considerate sotto il profilo dei c.d. "minimi" - non sono né inderogabili né vincolanti.

I raggruppamenti temporanei di imprese non costituiscono autonomi centri di imputazione giuridica ma mere aggregazioni finalizzate ad agevolare (grazie alla sommatoria dei requisiti degli aderenti) il dispiegarsi del gioco della concorrenza. In altri termini, non danno luogo ad un soggetto autonomo e distinto dalle imprese che li compongono, né ad un loro rigido collegamento strutturale.
Da ciò consegue che i requisiti prescritti nel bando devono essere posseduti dalle imprese raggruppate -le quali conservano intatte le rispettive autonomie formali e sostanziali- secondo le regole che governano la materia (tendenti a distinguere tra requisiti soggettivi di capacità tecnica ed economica e requisiti oggettivi, per i quali è consentito il "cumulo").
E', dunque, evidente, nel caso di specie, riguardante una gara di appalto per l'affidamento del servizio di vigilanza, che la pretesa del possesso dell'autorizzazione prefettizia in capo al raggruppamento temporaneo è priva di pregio giuridico.
I raggruppamenti temporanei di imprese -i quali costituiscono un istituto di matrice comunitaria- tendono ad estendere la partecipazione alle gare anche ad imprese che, singolarmente, non sarebbero in grado di sostenere l'onere dell'appalto e, dunque, ad ampliare la dinamica concorrenziale, consentendo la coalizione di imprese di minori dimensioni per favorirne la crescita e l'ingresso su mercati più estesi. Nel contempo, consentono di realizzare lo scopo di assicurare, attraverso il concorso degli apporti di più imprese, il buon andamento del risultato finale dei lavori o dei servizi appaltati, i quali, altrimenti, potrebbero essere compromessi dalla inadeguatezza dei mezzi tecnici e finanziari propri di ciascuna singola impresa.
L'unico limite nell'utilizzo di tale forma di aggregazione va riscontrato nell'esigenza di non trasformare la riunione di imprese in uno strumento elusivo delle regole impositive di un livello minimo di capacità per la partecipazione agli appalti, il quale -di regola- deve essere fissato nel bando. Appare, pertanto, ragionevole affermare che si tratta di un istituto che, oltre ad essere espressamente riconosciuto ed ammesso da prescrizioni di legge, è considerato con favore dall'ordinamento, in quanto -fondamentalmente- opera a salvaguardia della parità di trattamento e del principio di buon andamento.
Nell'eventualità si sia in presenza di un'A.T.I. c.d. orizzontale, come nel caso di specie, è consentito che i requisiti soggettivi di capacità tecnica ed economica siano posseduti da ciascuna impresa quanto meno in una misura minima giuridicamente apprezzabile.
Si può, pertanto, affermare che, in presenza di un raggruppamento di imprese partecipante ad una gara per l'affidamento di un servizio di vigilanza, non è imposto -in capo ad ognuna delle imprese- il possesso dell'autorizzazione per tutti i siti da vigilare, bensì è sufficiente l'autorizzazione anche solo per alcuni di quest'ultimi, sempre che la disamina delle autorizzazioni di tutte le imprese aderenti all'ATI e, dunque, l'esame del contributo che ognuna di esse è in grado ad offrire conduca a rilevare la sussistenza delle condizioni necessarie per il completo e corretto espletamento del servizio.
Le tariffe fissate dal Prefetto per i servizi di vigilanza -specie ove considerate sotto il profilo dei c.d. "minimi"- non sono né inderogabili né vincolanti. In particolare -in linea con le precisazioni rese dalla Corte di Giustizia CE (sent. 13.09.2007, nella causa C465/05, Commissione Italia)- l'attribuzione di un carattere vincolante a dette tariffe, realizzando una ingiustificata restrizione della libera prestazione dei servizi e, dunque, ponendosi in contrasto con il principio comunitario dell'art. 49, Trattato CE, non può trovare spazio nel nostro ordinamento (TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter, sentenza 16.07.2010 n. 26337 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: Rotatorie creative al bando.
Divieto assoluto di posizionare cartelli, insegne di esercizio ed altri mezzi pubblicitari sulle rotonde stradali. Si tratta infatti di intersezioni a raso dove secondo il codice stradale è vietato posizionare qualsiasi distrazione per l'utente motorizzato.

Lo ha chiarito il ministero dei trasporti con il parere 19.04.2010 n. 34023.
La provincia di Milano ha richiesto chiarimenti circa la diffusa realizzazione di rotatorie stradali sponsorizzate da soggetti privati con marchi, insegne ed informazioni pubblicitarie.
Questa pratica è vietata, ha spiegato il ministero, in quanto le rotatorie, anche se non vengono citate dal codice della strada, sono tecnicamente definibili come delle intersezioni a raso su cui si applica il conseguente divieto di posizionamento di impianti pubblicitari previsto dall'art. 51 del regolamento stradale.
In buona sostanza sono fuori legge tutte le iniziative locali che hanno ricercato sponsor posizionando le pubblicità dell'azienda privata nel bel mezzo della rotonda (articolo ItaliaOggi del 16.07.2010, pag. 39).

APPALTI: Esame delle offerte e anomalie.
Nelle gare di appalto, in sede di verifica delle offerte anomale, il responsabile unico del procedimento (RUP) non è competente ad esprimere un giudizio definitivo sul carattere o meno anomalo delle offerte, a nulla rilevando che tale giudizio sia stato seguito dalla presa d’atto da parte della commissione di gara; il RUP (anche se competente nel settore al quale attiene l’oggetto della gara) può, infatti, dare pareri d’ordine tecnico, ragguagli ed altri elementi utili alla valutazione delle offerte presentate in sede di gara con aggiudicazione all’offerta più vantaggiosa, ma non può essere rimesso allo stesso il giudizio definitivo sulla congruità delle offerte allorché sia stata costituita un’apposita Commissione valutatrice.
Sono pertanto illegittime le valutazioni espresse dal RUP, poi fatte proprie dalla Commissione valutatrice della gara con una semplice presa d’atto (che non risulta avere effettuato alcuna autonoma valutazione), con le quali è stato escluso, a seguito di apposita verifica, che l’offerta dell’impresa aggiudicataria fosse affetta da anomalia (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 15.07.2010 n. 4584 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Articoli 3, comma 7, e 14 del D.lgs. 163/2006 - Progettazione esecutiva ed esecuzione delle opere - Contratti misti - Attestazione SOA - Richiesta di ulteriori requisiti più stringenti - Legittimità - Condizioni - Impugnabilità - Limiti.
Ai sensi dell'art. 3, comma 7, del D. Lgs. n. 163/2006, sono appalti di lavori quelli "aventi per oggetto l'esecuzione o, congiuntamente, la progettazione esecutiva e l'esecuzione, ovvero, previa acquisizione in sede di offerta del progetto definitivo, la progettazione esecutiva e l'esecuzione, relativamente a lavori o opere rientranti nell'allegato I" e che i lavori oggetto dell'affidamento in disamina (appalto integrato per l'affidamento del servizio di progettazione definitiva ed esecutiva e per l'esecuzione dei lavori di ammodernamento di un impianto funicolare) non rientrano fra quelli contemplati nel citato allegato, ne deriva che la specificazione della prestazione dedotta in contratto nei suindicati termini evidenzia come l'appalto di cui si controverte, indipendentemente dalla denominazione utilizzata, debba essere qualificato come appalto misto di lavori e fornitura ex art. 14 del Codice dei contratti a norma del quale sono da considerarsi "contratti misti" i "contratti pubblici aventi per oggetto: lavori e forniture; lavori e servizi; lavori, servizi e forniture" [?]. Ne deriva la piena applicabilità della disciplina contenuta negli artt. 41 e 42 del D. L.vo 163/2006, con conseguente legittimità della richiesta di requisiti ulteriori rispetto alla sola attestazione SOA.
Deve, inoltre, evidenziarsi come la giurisprudenza ha, in ogni caso, fatta salva la possibilità, da parte delle Stazioni appaltanti, di richiedere ulteriori e più stringenti requisiti rispetto a quelli legalmente richiesti con il solo limite che siano giustificati dalla particolare natura dell'oggetto contrattuale e che siano rispettosi dei limiti imposti dai principi di ragionevolezza e proporzionalità.
"La P.A., infatti, nella predisposizione del bando, esercita un potere attinente al merito amministrativo, laddove inserisce disposizioni ulteriori rispetto al contenuto minimo ex lege previsto; queste ultime, quindi, saranno censurabili in sede giurisdizionale, solo allorché appaiano viziate da eccesso di potere, ad esempio per illogicità o per incongruenza rispetto al fine pubblico della gara" (Cons. St., Sez. V, n. 7139/2005; nel senso, anche TAR Lazio Roma, sez. I, 18.05.2006 , n. 3572).
Tale possibilità si giustifica sulla base della diversità fra le esigenze tutelate attraverso la previsione dell'attestazione SOA e quelle tutelabili mediante la previsione di fatturati specifici e pregresse esperienze analoghe (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 15.07.2010 n. 2998 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: L’indicazione delle quote di partecipazione è necessaria anche con riferimento agli appalti di servizi.
Punto di imprescindibile partenza è il disposto normativo di cui all’art. 37, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006 a mente del quale “nel caso di forniture o servizi nell’offerta devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati” (cui si correla il successivo comma 13 dello stesso art. 37 nel senso che “i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento”). Si tratta di disposto normativo chiaro ed esplicito, che non sembra lasciar dubbi alla conseguente necessità che costituisce causa di esclusione dalla gara il mancato adempimento dell’obbligo di dichiarare le quote di partecipazione all’interno della compagine (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22.02.2010, n. 1038).
Non può avere alcun rilievo il fatto che il disposto dell’art. 37, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006 non sia stato richiamato nel bando di gara. Infatti si tratta di norma di rilievo pubblicistico di chiara natura imperativa che è volta a porre la stazione appaltante nelle migliori condizioni per verificare i requisiti di tutti i soggetti partecipanti alle procedure di evidenza pubblica, con la naturale conclusione che la sua cogenza è piena a prescindere da un necessario richiamo negli atti di gara.
Né sembra cogliere nel segno il rilievo secondo cui la regola invocata dalla ricorrente incidentale varrebbe solo per gli appalti di lavori. Può ben essere che la previsione di esatta indicazione delle quote di partecipazione assuma ancor maggiore pregnanza con riferimento agli appalti di lavori, stante il particolare regime di qualificazione che li caratterizza, ma ciò non toglie che regola del tutto analoga vale anche con riferimento agli appalti di servizi, come testimonia il chiaro tenore letterale dell’art. 37, comma 4, cit..
D’altra parte la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare esplicitamente la necessità di indicazione delle quote di partecipazione con riferimento agli appalti di servizi (TAR Genova, sez. II, 03.02.2010, n. 237; TAR Palermo, sez. III, 14.12.2009, n. 1910; TAR Torino, sez. II, 08.04.2008, n. 603).
Il disposto letterale dell’art. 37, comma 4, cit. non consente neppure di ritenere la regola da esso posta valida solo per un certo tipo di RTI, cioè per quelli verticali e non per quelli orizzontali, interpretazione che non sembra trovare nel disposto letterale della norma alcun aggancio e che è stata esclusa dalla giurisprudenza (TAR Genova, sez. II; 03.02.2010, n. 237).
Infine ritiene il Collegio che “è sicuramente compatibile con la specificità dell’appalto di progettazione la previsione di cui all’art. 37 commi 2 e 4 d.lgs. n. 137 del 2006, dettata per gli appalti di servizi, in tema di raggruppamenti di concorrenti e di specificazione delle parti di servizio o di fornitura eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati” (TAR Genova, sez. II, 29.05.2008, n. 1150) (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 15.07.2010 n. 2807 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Gara ad evidenza pubblica - Impugnazione dell'esclusione - Notifica al controinteressato - Necessaria solo se al momento dell'esclusione è noto il beneficiario dell'aggiudicazione.
2. Procedura ad evidenza pubblica - Dichiarazione incompleta richiesta dalla lex specialis - Assenza della clausola "a pena di esclusione" - Presa visione del codice etico - Mera irregolarità - Illegittimità dell'esclusione.

1. In generale, l'impugnativa proposta contro l'esclusione da una gara ad evidenza pubblica non ha di fronte controinteressati ai quali occorre notificare il ricorso, non essendo onere del ricorrente seguire gli sviluppi del procedimento ed impugnare atti conseguenti, ricercando i controinteressati successivi. Occorre invece notificare il ricorso almeno ad un controinteressato, a pena di inammissibilità, se al momento della proposizione del ricorso avverso il provvedimento di esclusione, siano noti al soggetto escluso, i beneficiari della procedura (TAR Lazio, sez. II, 05.03.2004 n. 2140).
L'aggiudicatario provvisorio assume quindi la veste di controinteressato nel ricorso proposto dalla concorrente esclusa, solo quando l'esclusione e l'aggiudicazione siano avvenute contestualmente, ossia senza soluzione di continuità, potendo la ditta esclusa rendersi perfettamente conto che l'impugnativa incide sulla posizione, differenziata e giuridicamente protetta, di altro soggetto privato (Cons. Stato, Sez. VI 10.10.2002 n. 5453).
2. (Fattispecie nella quale la stazione appaltante ha disposto l'esclusione del concorrente che ha tempestivamente rilasciato la dichiarazione richiesta, relativa alla presa visione ed accettazione del codice etico della stazione appaltante, seppure incompleta, e mancando nella lex specialis la clausola "a pena di esclusione").
La richiesta di regolarizzazione non deve essere formulata dalla stazione appaltante, se vale ad integrare documenti che in base a previsioni univoche del bando o della lettera di invito avrebbero dovuto essere prodotte "a pena di esclusione" (Consiglio Stato Sez. V, 15.09.2009 n. 5503).
In assenza di una siffatta sanzione è invece illegittimo il provvedimento di esclusione da una gara pubblica di un concorrente, disposta sulla base di mere irregolarità, sanabili con una integrazione successiva (TAR Lazio, Sez. III, 02.04.2003 n. 2975) (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 14.07.2010 n. 2987 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Procedura ad evidenza pubblica - dimostrazione della moralità professionale del concorrente - precedente penale - Valutazione della Stazione appaltante di non gravità - Motivazione implicita o per facta concludentia - Ammissibilità.
La stazione appaltante che ritenga il precedente penale dichiarato dal concorrente non incisivo della sua moralità professionale anche sotto il profilo della gravità, da valutarsi in relazione all'oggetto specifico dell'appalto, non è tenuta ed esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto suo convincimento, potendo la motivazione di non gravità del reato risultare anche implicita o per facta concludentia, ossia con l'ammissione alla gara dell'impresa stessa; è invece la valutazione di gravità al diverso fine dell'esclusione che richiede l'assolvimento di un particolare onere motivazionale (TAR Lombardia Milano, sez. I, 16.06.2010, n. 1883) (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 14.07.2010 n. 2986 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: È illegittima la lex specialis che preveda l’assegnazione di una quota rilevante di punteggio per l’elemento costituito dalla qualità organizzativa.
Il Collegio ricorda che la formulazione dei giudizi e la determinazione dei punteggi, affidati alla discrezionalità tecnica della Commissione di gara, non sono censurabili nel merito e sono immuni da vizi sul piano della legittimità, ove siano sorrette da valutazioni che non si rivelino manifestamente irragionevoli o sproporzionate (ex multis TAR Campania-Napoli, sez. I, 18.03.2008, n. 1377).
Costituisce erronea applicazione dell'articolo 83 del d.lgs. 163 del 2006 la commistione fra requisiti soggettivi di partecipazione ed elementi oggettivi di valutazione dell'offerta che si verifica quando elementi di valutazione specificati nel disciplinare riguardano caratteristiche organizzative e soggettive della concorrente, che afferiscono all'esperienza pregressa maturata dalla concorrente ed al suo livello dì capacità tecnica e specializzazione professionale, ovvero ad aspetti che, in quanto tali, possono legittimamente rilevare solo in sede di qualificazione alla gara, e quindi solo quali criteri di ammissione alla stessa e non di valutazione dell'offerta (TAR Sicilia Catania, sez. III, 05.05.2008 , n. 735).
Va ricordato che la questione della distinzione tra requisiti di idoneità degli offerenti ad eseguire l’appalto ed elementi qualitativi dell’offerta è stata affrontata anche dalla giurisprudenza comunitaria che ha ricondotto l’indeterminatezza dei criteri di aggiudicazione a comportamenti dei soggetti aggiudicatari difformi dagli obblighi di adeguata pubblicità e di parità di condizioni fra tutte le imprese concorrenti. La Corte ha affermato che “la Direttiva del Consiglio 14.06.1993 93/36/CEE…osta a che, nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di forniture, l’Amministrazione aggiudicatrice tenga conto delle diverse referenze relative ai prodotti proposti dagli offerenti ad altri clienti non già come criterio di verifica dell’idoneità dei primi ad eseguire l’appalto di cui si tratta, bensì come criterio di aggiudicazione dell’appalto stesso” (Corte di Giustizia 19.06.2003 causa C 315/01).
In definitiva, deve considerarsi illegittima la lex specialis di una gara da aggiudicarsi con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa che preveda l’assegnazione di una quota rilevante di punteggio per l’elemento costituito dalla qualità organizzativa, quindi per un aspetto che non concerne concrete modalità di svolgimento del servizio ma, invece, un requisito di capacità tecnica del soggetto partecipante.
Tale principio è stato peraltro già affermato da questa Sezione che con sentenza n. 1674 del 20.07.2007 ha statuito che “il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa di cui all'art. 83, d.lgs. 12.04.2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici) mira a premiare il merito tecnico dell'offerta oggettivamente considerata, per cui la sua corretta applicazione richiede che gli elementi di valutazione prescelti siano tali da evidenziare un maggior pregio della proposta contrattuale presentata in sede di partecipazione alla gara; contraddice, quindi, tale logica ed è, pertanto, illegittima la previsione della lex specialis che attribuisca un rilevante punteggio ad elementi estranei al merito tecnico dell'offerta ed attinenti, invece, all'esperienza professionale acquisita dal concorrente” (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 14.07.2010 n. 1887 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne riportate dai concorrenti ad una gara ad evidenza pubblica ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano esclusivamente alla stazione appaltante.
Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale il Consiglio di Stato ritiene di non discostarsi, le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne riportate dai concorrenti ad una gara ad evidenza pubblica ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano esclusivamente alla stazione appaltante e non già al concorrente medesimo.
Questi, spiegano i giudici della Quinta sezione, è pertanto obbligato a indicare tutte le condanne riportate, non potendo operare alcuna selezione delle condanne eventualmente riportate ed omettendo pertanto la dichiarazione di alcune di esse sulla base meri criteri personali (C.d.S., sez. IV, 10.02.2009, n. 740; sez. V, 06.12.2007, n. 6221).
In ordine al rispetto della precisa identificazione del contenuto dell’obbligo della dichiarazione delle cause di esclusione di cui all’articolo 38 del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, ed in particolare della esistenza di sentenze penali di condanna, la giurisprudenza ha osservato (C.d.S., sez. VI, 04.08.2009, n. 4905) che solo laddove il bando di gara richieda genericamente una dichiarazione di insussistenza delle predette cause di esclusione può essere giustificata una valutazione da parte dei concorrenti della gravità delle eventuali condanne riportate (con conseguente mancanza di falsità della dichiarazione sul punto reticente o incompleta), mentre a diversa conclusione deve giungersi quando il bando abbia previsto espressamente una puntuale dichiarazione delle sentenze penali di condanne riportate (all’evidente fine di riservare alla stazione appaltante la valutazione sulla gravità degli eventuali illeciti), perché in tali casi la causa di esclusione non è solo quella, sostanziale, dell’essere stata commessa una grave violazione, ma anche quella, formale, di aver omesso la dichiarazione espressamente prevista.
A ciò deve ancora aggiungersi che le false dichiarazioni sul possesso dei requisiti, quali la mancata dichiarazione di sentenze penali di condanna, si configurano come causa autonoma di esclusione (sez. V, 12.06.2009, n. 3742; 12.04.2007, n. 1723).
Nel caso in esame, non vi è alcun dubbio sulla circostanza che effettivamente le dichiarazioni rese dal legale rappresentante, amministratore e direttore tecnico, non contenessero alcuna indicazione delle sentenze penali di condanna, anche ex artt. 444 C.P.P., emerse a seguito degli accertamenti d’ufficio: ciò di per sé costituisce giusto motivo di esclusione dalla gara, sia con riguardo alla precisione disposizione contenuta nell’articolo 38 del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, sia con riferimento alle specifiche richiamate disposizione della lex specialis di gara, con conseguente legittimità del provvedimento impugnato.
Ciò esclude, secondo i giudici del Consiglio di Stato, qualsiasi rilevanza della suggestiva prospettazione della società appellante, secondo cui il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo per la omessa valutazione da parte dell’amministrazione appaltante della rilevanza delle accertate sentenze penali di condanna, non potendo il solo mero fatto dell’esistenza dei precedenti penali giustificare l’esclusione automatica dalla gara (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 13.07.2010 n. 4520 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'inapplicabilità alle concessioni di servizi delle disposizioni del codice dei contratti pubblici (d.lvo 12.04.2006, n. 163).
Per esplicita previsione legislativa (art. 30 del d.lvo 12.04.2006, n. 163) alle concessioni di servizi non si applicano le disposizioni del codice dei contratti pubblici, salvo quanto disposto nel medesimo art. 30.
Ne consegue che, nel caso di specie, riguardante la concessione del servizio di accertamento, liquidazione e riscossione dell'imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni per la quale un Comune ha bandito una procedura selettiva, è erronea, l'applicazione analogica della disciplina dettata dagli artt. 70 e 75 del Codice dei contratti pubblici in materia di gare per l'affidamento di appalti pubblici alla diversa materia delle concessioni di servizi, in palese violazione della previsione racchiusa nell'art. 30, c. 1, del medesimo Codice dei contratti pubblici. Diversamente opinando, l'intero corpus del citato codice sarebbe di fatto applicabile alle concessioni di servizi, rendendo del tutto superflui i precetti dettati nel citato art. 30.
Nel caso di specie, peraltro, il bando della gara informale nulla disponeva in proposito perciò, nessun onere di prestazione di garanzia fideiussoria poteva insorgere nei partecipanti alla procedura né tanto meno poteva imporsi il principio di etero integrazione che vale evidentemente per le fattispecie (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 13.07.2010 n. 4510 - link a ww
w.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: L’impresa il cui debito tributario sia stato rateizzato o oggetto di condono fiscale deve essere considerata in regola ai fini della presentazione della domanda di partecipazione alla gara.
Condizione necessaria affinché l’impresa possa considerarsi fiscalmente in regola, pur in presenza di inadempienze fiscali in essere, è quella secondo cui gli eventi sopra richiamati che pongono nuovamente l’impresa stessa in condizione di regolarità devono essersi verificati entro la scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione alla gara.
Il che significa, per ciò che nella presente causa più rileva, che l’impresa deve aver ottenuto entro tale data la concessione della rateizzazione del debito (in tal senso, esplicitamente, la determinazione dell’Autorità di Vigilanza n. 1 del 2010 sopra richiamata) (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 13.07.2010 n. 2529 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: L'impresa che abbia usufruito di un condono fiscale o abbia ottenuto una rateizzazione del debito tributario deve essere considerata in regola ai fini della presentazione della domanda di partecipazione ad una gara di appalto.
L'impresa che abbia usufruito di un condono fiscale o abbia ottenuto una rateizzazione del debito tributario deve essere considerata in regola ai fini della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, stante il valore novativo che tali atti assumono.
Tuttavia, perché l'impresa possa considerarsi fiscalmente in regola, gli eventi sopra richiamati devono essersi verificati entro la scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione alla gara. Il che significa, nel caso di specie, che l'impresa deve aver ottenuto entro tale data la concessione della rateizzazione del debito (in tal senso, esplicitamente, la determinazione dell'Autorità di Vigilanza n. 1 del 2010).
Nella specie è pacifico, invece, che l'assentimento alla rateizzazione sia intervenuto dopo la presentazione della domanda di partecipazione alla gara e dopo la scadenza del termine di presentazione delle domande di partecipazione alla gara. Ne consegue che, non può dirsi in posizione di regolarità fiscale, alla luce del disposto dell'art. 38, c. 1, lett. g), del d.lgs. n. 163 del 2006, l'impresa che al momento della presentazione della domanda di partecipazione ad una procedura di gara abbia presentato istanza di pagamento rateizzato in relazione ad una propria inadempienza fiscale ma non ancora ottenuto l'assentimento al pagamento dilazionato stesso, il quale ultimo interverrà solo successivamente alla scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione alla gara (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 13.07.2010 n. 2529 - link a ww
w.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: A fronte dell'inesattezza contributiva causata dalla scarsa chiarezza della formulazione degli atti di gara, l'amministrazione, in ossequio ai principi di buona fede e di tutela del legittimo affidamento, avrebbe dovuto consentire l'integrazione dell'importo entro un termine perentorio, senza adottare, omisso medio, la sanzione dell'immediata esclusione.
Le disposizioni con le quali siano prescritti particolari adempimenti per l’ammissione alla gara, ed in particolar modo le clausole di esclusione dalla gara vanno interpretate nel senso più favorevole all’ammissione degli aspiranti, corrispondendo all’interesse pubblico l’esigenza di assicurare un ambito più vasto di valutazioni e, quindi, un’aggiudicazione alle condizioni migliori possibili.
Pertanto, a fronte dell’inesattezza contributiva causata dalla scarsa chiarezza della formulazione degli atti di gara, l’amministrazione, in ossequio ai principi di buona fede e di tutela del legittimo affidamento, avrebbe dovuto consentire l’integrazione dell’importo entro un termine perentorio, senza adottare, omisso medio, la sanzione dell’immediata esclusione (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.07.2010 n. 4478 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla legittimità della scelta di un sindaco di assicurare la continuità del servizio di igiene nel territorio comunale, mediante un provvedimento extra ordinem, a fronte del diniego del gestore del servizio.
E' legittima la scelta di un sindaco di assicurare la continuità del servizio di igiene nel territorio comunale, mediante un provvedimento extra ordinem, a fronte della nuova posizione assunta dal gestore del servizio, non più disponibile alla prosecuzione del servizio in regime di ulteriore proroga.
Sebbene, siano legittime le ragioni esternate dal gestore del servizio che ha denegato la propria disponibilità alla proroga, onde non ricadere nella fattispecie prevista dall'art. 23-bis del D.L. n. 112/2008, che, sul presupposto elaborato dalla giurisprudenza in sede interpretativa dell'assimilazione del regime di proroga all'affidamento diretto, impedisce agli affidatari diretti la partecipazione alle gare per l'acquisizione di nuovi servizi, è indubitabile che il servizio de quo sia di carattere essenziale e come tale non possa subire interruzioni.
Pertanto, in considerazione dell'importanza ed essenzialità del servizio da rendere alla collettività, sussistono le condizioni e i presupposti per legittimare l'ordinanza sindacale contingibile ed urgente, onde assicurare comunque, senza il ricorso ad una nuova ed ulteriore proroga, la continuità del servizio nelle more della predisposizione degli atti necessari per il nuovo affidamento.
Tuttavia, l'avvenuto affidamento, per il semestre considerato, del servizio alla ricorrente per effetto di un provvedimento extra ordinem, assunto sulla base di presupposti di diritto del tutto diversi da quelli in base ai quali in via ordinaria si procede mediante proroga dell'affidamento in corso, non è assimilabile a tale ultima ipotesi e quindi non può costituire per la società istante impedimento per l'eventuale partecipazione ad altre gare (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 09.07.2010 n. 2906 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Autocertificazione e requisiti morali.
Sussiste il falso innocuo quando esso si riveli in concreto inidoneo a ledere l'interesse tutelato dalla genuinità dei documenti e cioè quando non abbia la capacità di conseguire uno scopo antigiuridico, nel senso che l'infedele attestazione o la compiuta alterazione appaiano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell'atto e del suo valore probatorio e, pertanto, inidonee al conseguimento delle finalità che con l'atto falso si intendevano raggiungere; in tal caso, infatti, la falsità non esplica effetti sulla funzione documentale che l'atto è chiamato a svolgere, che è quella di attestare i dati in esso indicati, con la conseguenza che l'innocuità non deve essere valutata con riferimento all'uso che dell'atto falso venga fatto (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 08.07.2010 n. 4436 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Esame delle offerte e anomalie.
Nel caso di procedura di gara indetta secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la valutazione dell’anomalia non si limita all’elemento prezzo, ma è rivolta anche agli elementi qualitativi dell’offerta, nonché al rapporto tra le due componenti, in presenza di un significativo scarto tra ridotto prezzo offerto ed elevato standard qualitativo delle prestazioni.
Le operazioni di verifica delle offerte anomale vanno compiute normalmente dalla stessa commissione di gara fino alla formale chiusura della gara pubblica, in difetto di una disposizione normativa ovvero di una espressa previsione che disponga in senso contrario (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.07.2010 n. 4434 - link a ww
w.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La pronuncia può rovesciare l’esito della gara solo quando riguardi voci che, per la loro rilevanza ed incidenza complessiva, rendano l'intera operazione economica implausibile.
La possibilità del sindacato giurisdizionale, seppure non esclusa, deve normalmente limitarsi al mero controllo di legittimità dell’atto adottato dall’amministrazione all’esito del procedimento di valutazione delle giustificazioni, e che il relativo giudizio può essere censurato in sede di legittimità solo ove se ne possa desumere in maniera indubitabile la illogicità , l’incoerenza o l’erroneità (V. Cons. Stato, sez. V, 07.10.2008, n. 4847, 11.07.2008, n. 3481; sez. VI, 25.09.2007, n. 4933; sez. IV, 22.03.2005, n. 1231 e 30.10.2009 n. 5708).
Nella verifica dell'anomalia, pertanto, l'esito della gara può essere travolto dalla pronuncia del giudice amministrativo solo allorquando il giudizio negativo sul piano dell'attendibilità riguardi voci che, per la loro rilevanza ed incidenza complessiva, rendano l'intera operazione economica implausibile e, per l'effetto, non suscettibile di accettazione da parte della stazione appaltante, e ciò a causa della presenza di dubbi circa l'idoneità dell'offerta minata da spie strutturali di inaffidabilità, a garantire l'efficace perseguimento dell'interesse pubblico (Cons. Stato, Sez. VI, 03.05.2002, n. 2334) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.07.2010 n. 4434 - link a ww
w.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Anche l'institore deve dichiarare l'assenza delle cause di esclusione di cui all'art. 75 del d.P.R. n. 554/1999.
L'institore è titolare di una posizione corrispondente a quella di un vero e proprio amministratore, munito di poteri di rappresentanza, di conseguenza deve anche essere annoverato fra i soggetti tenuti alla dichiarazione di assenza delle cause di esclusione di cui all'art. 75 del d.P.R. n. 554 del 1999.
Inoltre, non è solo il rapporto che, in concreto, i singoli rappresentati avranno con la p.a. a determinare l'obbligo di dimostrare il possesso dei requisiti di moralità ma tale obbligo sorge dalla necessità di dovere dimostrare l'affidabilità dell'intera impresa che entrerà in rapporto con l'amministrazione.
Diversamente, non avrebbe alcun senso l'obbligo imposto ai soggetti cessati dalla carica di dimostrare i requisiti di moralità atteso che gli stessi non hanno più modo di entrare in contatto con la stazione appaltante.
Peraltro, conta la titolarità del potere e non anche il suo concreto esercizio tanto più quando lo stesso statuto abilita il soggetto a sostituire in qualsiasi momento e per qualsiasi atto il titolare principale della rappresentanza senza intermediazione o investitura ulteriore e, sostanzialmente, senza controllo sulla effettività dell'impedimento e della assenza (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 06.07.2010 n. 8268 - link a ww
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APPALTI: La lex specialis di gara può prevedere che le giustificazioni debbano essere inserite in una busta chiusa, che dovrà essere aperta solo per le offerte sospette di anomalia.
La presentazione preventiva di giustificazioni a corredo e garanzia dell’offerta, lungi dal poter essere interpretata nel senso che la stazione appaltante deve verificare ex ante e per tutte le offerte, se le giustificazioni sono state presentate –con conseguente esclusione del concorrente che non le ha presentate– deve essere letta nel senso che la verifica della sussistenza delle giustificazioni va fatta solo per le offerte che risultino sospette di anomalia.
Infatti, la mancata presentazione delle giustificazioni non può assurgere a generale causa di esclusione anche ove le offerte si collochino al di sotto della soglia di anomalia.
Pertanto, nel caso di specie, contrariamente rispetto a quanto argomentato nel primo motivo di ricorso, la presentazione di giustificazioni a corredo dell’offerta “a pena di esclusione” va interpretata nel senso che l’esclusione è comminata solo nei riguardi delle offerte sospette di anomalia, prive di giustificazioni preventive.
E’ quindi legittimo che la lex specialis di gara abbia previsto che le giustificazioni devono essere inserite in una busta chiusa , che dovrà essere aperta solo per le offerte sospette di anomalia. Ciò è conforme al diritto comunitario per il quale un onere di giustificazione si impone solo per le offerte sospette (TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 06.07.2010 n. 348 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'illegittimità del provvedimento di esclusione dalla gara di un concorrente, adottato sul presupposto che non risultava regolarmente ceralaccato uno dei lembi della busta contenente l'offerta.
La previsione di un bando di gara relativa all'impiego della ceralacca non può essere intesa quale formalità fine a se stessa, ma risponde concretamente all'esigenza di impedire abusive manomissioni delle buste con eventuali indebite sostituzioni del loro contenuto originario.
Pertanto, nel caso di specie, è illegittimo il provvedimento di esclusione dalla procedura di gara di un concorrente adottato sul presupposto delle imperfette modalità di chiusura del plico contenente l'offerta, in quanto la circostanza per cui uno dei sigilli di ceralacca apposti sui lembi della busta contenente l'offerta non ne scavalchi (per una distanza, si ribadisce, veramente irrisoria) i lembi laterali, non configura un inadempimento essenziale rispetto alla previsione del bando, dal momento che la presenza sulla busta di altri sigilli debitamente impressi e, soprattutto, la regolare apposizione della controfirma sugli stessi lembi rendevano sostanzialmente indiscussa la perfetta integrità del plico.
La presenza della controfirma (nonché del timbro ad inchiostro spontaneamente apposto dalla concorrente sullo stesso lembo della busta) costituiva, infatti, di per sé cautela atta ad impedire ogni tentativo di apertura del plico, se non a prezzo di renderne evidente la manomissione.
Nel caso concreto, quindi, l'amministrazione ha dato luogo ad una applicazione restrittiva o formalistica della prescrizione della lex specialis inerente la duplice modalità di chiusura dei lembi della busta che non corrispondeva all'interesse pubblico di garantire la massima partecipazione alla procedura selettiva né a criteri di tutela della parità tra i concorrenti (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 05.07.2010 n. 2985 - link a ww
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APPALTI: Offerta - Busta - Sigilli di ceralacca - Sigillo non perfettamente apposto - Presenza di altri sigilli debitamente impressi - Sufficienza - Integrità del plico.
La previsione del bando relativa all’impiego della ceralacca non può essere intesa quale formalità fine a se stessa, ma risponde concretamente all’esigenza di impedire abusive manomissioni delle buste con eventuali indebite sostituzioni del loro contenuto originario.
In tale contesto, la circostanza per cui uno dei sigilli di ceralacca apposti sui lembi della busta contenente l’offerta non ne scavalchi (per una distanza irrisoria) i lembi laterali, non configura un inadempimento essenziale rispetto alla previsione del bando, dal momento che la presenza sulla busta di altri sigilli debitamente impressi e la regolare apposizione della controfirma sugli stessi lembi rendono sostanzialmente indiscussa la perfetta integrità del plico (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 05.07.2010 n. 2985 - link a ww
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COMPETENZE GESTIONALI - APPALTI SERVIZI: E' illegittima la deliberazione della giunta comunale con cui ha affidato la gestione di un centro sportivo comunale ad una associazione, in quanto la competenza spetta al consiglio comunale.
L'art. 42 del D.Lgs. 18.08.2000, n. 267 attribuisce in modo tassativo al consiglio comunale, quale organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo dell'ente, le competenze tra cui figurano gli "acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano espressamente previsti in atti fondamentali del consiglio e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della giunta, del segretario o di altri funzionari".
L'organo elettivo è chiamato ad esprimere gli indirizzi politici ed amministrativi di rilievo generale, che si traducono in atti fondamentali di natura programmatoria o aventi elevato contenuto di indirizzo politico, tassativamente elencati, per cui deve affermarsi la competenza consiliare in materia di servizi pubblici, in ordine all'organizzazione dei servizi stessi ed agli atti espressione della funzione di governo, con esclusione di quelli gestionali.
In caso di dubbio circa la ripartizione delle competenze, prevale la competenza dell'organo sovraordinato fornito di competenza generale nella materia e, cioè, il consiglio comunale. Ne consegue che, nel caso di specie, è illegittima la deliberazione della giunta comunale con cui ha affidato la gestione di un centro sportivo comunale ad una associazione, in quanto la competenza a provvedere è attribuita al consiglio comunale.
La suddetta fattispecie è, inoltre, inquadrabile nella "concessione di pubblico servizio", posto che, sul piano oggettivo, per pubblico servizio deve intendersi un'attività economica esercitata per erogare prestazioni volte a soddisfare bisogni collettivi ritenuti indispensabili in un determinato contesto sociale, come si può desumere anche dallo stesso All.2 al D.L.vo 17.03.1995 n. 157, che, in materia di appalti pubblici di servizi, espressamente contempla, tra gli altri, "i servizi ricreativi, culturali e sportivi".
Ammettendo, altresì, che l'elencazione dei pubblici servizi, che i comuni possono assumere in gestione diretta, salvo poi il potere di affidarli in concessione, contenuta nell'art. 1 R.D. 15.10.1925 n. 2578, non sia tassativa, per la concessione alla "industria privata" di detti servizi, i comuni, di regola, si devono avvalere dell'asta pubblica, ai sensi dell'art. 267 del R.D. 14.09.1931 n. 1176 nonché dell'art. 3 R.D. 18.11.1923 n. 2440 e dell'art. 37 del R.D. 23.05.1924 n. 827 (che prevedono la regola generale dei pubblici incanti per i contratti delle amministrazioni statali) (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 01.07.2010 n. 1419 - link a ww
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giugno 2010

APPALTI: F. Barchielli, LE GARANZIE FIDEIUSSORIE NEGLI APPALTI PUBBLICI E PRIVATI - Fideiussioni bancarie, assicurative, degli intermediari finanziarie e dei Confidi (link a www.urbanisticaitaliana.it).

APPALTI: R. De Nictolis, Il recepimento della direttiva ricorsi nel codice appalti e nel nuovo codice del processo amministrativo (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Uguali offerte: La sorte decide una volta sola (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI SERVIZI: M. F. Panaro, Il divieto di partecipazione alle gare per i soggetti che gestiscono servizi pubblici in affidamento diretto (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: M. Alesio, IL RECEPIMENTO DELLA “DIRETTIVA RICORSI” E LE CONNESSE MODIFICAZIONI AL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI (giugno 2010 - link a www.centrostudimarangoni.it).

APPALTI1. Impugnazione dell'aggiudicazione definitiva che ha recepito i risultati di quella provvisoria già oggetto di precedente ricorso giurisdizionale definito in senso sfavorevole al ricorrente - Necessità - Sussiste in quanto l'aggiudicazione definitiva ha carattere costitutivo.
2. Specificazione dei criteri di valutazione delle offerte da parte della Commissione di gara - Legittimità - Condizioni.
3. Sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecnico discrezionali - E' limitato alle ipotesi di palese illogicità e travisamento dei fatti.

1. In materia di procedure per l'affidamento di pubblici appalti, sussiste la necessità di autonoma impugnazione dell'aggiudicazione definitiva, anche ove la stessa recepisca integralmente i risultati di quella provvisoria già oggetto di precedente ricorso giurisdizionale definito in senso sfavorevole al ricorrente, in quanto soltanto l'aggiudicazione definitiva ha natura costitutiva (Fattispecie nella quale il Collegio ha respinto l'eccezione dell'amministrazione resistente di inammissibilità del ricorso per violazione del principio del ne bis in idem. Cfr. sul punto, anche TAR Lazio, Roma, sez. III, 02.02.2010, n. 1376).
2. La Commissione giudicatrice in una gara d'appalto può introdurre elementi di specificazione e integrazione dei criteri generali di valutazione delle offerte già indicati nel bando di gara o nella lettera d'invito, a condizione però che vi provveda prima dell'apertura delle buste recanti le offerte stesse e che non introduca nuovi elementi di valutazione non previsti dal bando (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22.02.2010, n. 1029).
3. Secondo un principio ormai consolidato, le valutazioni compiute dalla commissione di gara frutto di apprezzamento tecnico discrezionale sono sindacabili in sede giurisdizionale limitatamente alle ipotesi di palese illogicità e travisamento dei fatti (TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 13.01.2010, n. 13) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 30.06.2010 n. 2670 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'incompatibilità con i principi di parità di trattamento e di non discriminazione ogni modifica dei criteri di aggiudicazione che avvenga nel corso di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico.
Il diritto dell'Unione europea, come interpretato dalla Corte di giustizia, considera incompatibile con i principi di parità di trattamento e di non discriminazione ogni modifica dei criteri di aggiudicazione che avvenga nel corso di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico.
Pertanto, l'Irlanda modificando il peso attribuito ai criteri per l'aggiudicazione di un appalto di servizi di traduzione -per i quali la direttiva 2004/18/CE prevede soltanto l'obbligo di precisare le specifiche tecniche del servizio e quello di pubblicare un avviso di avvenuta aggiudicazione, successivamente ad un primo esame delle offerte presentate- è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza (Avvocato Generale Paolo Mengozzi, 29.06.2010 n. C-226/09 - link a ww
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APPALTI FORNITURE E SERVIZI: On line "Il mercato degli appalti", il primo volume della Guida pratica per i contratti pubblici di servizi e forniture nei settori ordinari, che recepisce le più recenti disposizioni normative e i principali orientamenti giurisprudenziali in materia di contratti pubblici.
Elaborata da un gruppo di docenti ed esperti con il coordinamento del Dipartimento per le politiche di gestione e sviluppo delle risorse umane e dell’Ufficio bilancio e ragioneria, la guida costituisce il primo manuale operativo emanato ai sensi dell’art. 2, comma 2 del DPCM 09.12.2002 sull’autonomia finanziaria e contabile della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
La stesura del volume è precedente all’approvazione del Regolamento di attuazione del Codice dei contratti da parte del Consiglio dei Ministri il 18.06.2010. Il testo pertanto sarà aggiornato a cura degli autori nelle parti interessate dalle disposizioni di dettaglio contenute nel Regolamento (link a www.governo.it).

APPALTI SERVIZI: S. Di Giovanni e R. Favoino, L’art. 23-bis, c. 9, non si applica alle società miste pubblico-private costituite ai sensi del c. 2, lett. b - Nota a Tar Calabria-Reggio Calabria 16.06.2010 n. 561 (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: Sulla legittimità, in materia di project financing, dell'esclusione del progetto presentato da una società promotrice sulla base della valutazione negativa anche di uno solo dei parametri indicati dal bando di gara.
In materia di project financing è legittima la esclusione del progetto presentato da una società promotrice sulla base della valutazione negativa anche di uno solo dei parametri indicati.
Ed infatti una valutazione comparativa delle varie proposte, con applicazione di principi che reggono le procedure concorsuali nel caso che si presentino più proposte, non esclude che l'amministrazione debba valutare ogni singola proposta ed eventualmente scartarla se essa, singolarmente considerata, non sia rispondente ai parametri di valutazione indicati dal bando essendo compito dell'amministrazione di valutare se il progetto proposto abbia i contenuti necessari a soddisfare l'interesse pubblico in funzione del quale il programma dei lavori possa avere attuazione.
Nella procedura di project financing la commissione di gara deve accertare la coerenza e sostenibilità economica dell'offerta procedendo all'esame del piano economico finanziario sotto il profilo dei ricavi attesi e del relativi flussi di cassa in rapporto ai costi di produzione e gestione. Il piano economico finanziario, infatti, rappresenta il nucleo centrale degli interventi di project financing e della sostenibilità della proposta di iniziativa privata di intervento nella realizzazione e gestione di infrastrutture di rete (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 25.06.2010 n. 4084 - link a ww
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APPALTI SERVIZI: Sulla legittimità di una prescrizione contenuta in un bando di gara per l'affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale di imporre l'ammortamento accelerato in 12 anni.
Sulla discrezionalità della p.a. nel determinare il valore ponderale da attribuire all'elemento qualità ed all'elemento prezzo delle offerte per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas. Sulla legittimità del bando di gara nella parte in cui ha inserito, tra gli elementi di valutazione dell'offerta l'apertura di uno sportello utenti.

E' legittima l'imposizione contenuta nel bando di gara per l'affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale nell'ambito del territorio comunale, con cui si prevedono piani di ammortamento degli investimenti sulla rete di distribuzione tali da concentrare l'ammortamento stesso nel breve periodo di 12 anni di affidamento del servizio, in quanto l'art. 14, c. 7, del decreto legislativo n. 164/2000 non vieta all'ente locale di introdurre prescrizioni sui contenuti dell'offerta relativi all'ammortamento e consente agli offerenti di modulare l'ammortamento degli investimenti secondo le proprie strategie tecnico-economiche. Tale essendo la corretta esegesi del dato normativo, la scelta adottata, in seno al combinato disposto del bando di gara e della lettera di invito, di imporre l'ammortamento accelerato in 12 anni, non incorre in un giudizio negativo sul piano della ragionevolezza e della congruità avuto riguardo, alle circostanze specifiche che connotano la procedura in parola. Se ne desume che non risulta neanche sotto questo aspetto censurabile la decisione dell'amministrazione di prevedere un limite temporale agli ammortamenti ammissibili che non è assoluto e, soprattutto, non irragionevole alla luce delle condizioni dell'impianto e della possibilità di incentivare la partecipazione, con offerte competitive, alla procedura selettiva.
Il legislatore non ha predeterminato il valore ponderale da attribuire, rispettivamente, all'elemento qualità ed all'elemento prezzo delle offerte per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, lasciando spazio alla discrezionalità della pubblica amministrazione da esplicare alla luce degli interessi da perseguire e delle circostanze specifiche della singola procedura in relazione alle condizioni della rete.
E' legittimo il bando di gara per l'affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale nella parte in cui ha inserito, tra gli elementi di valutazione dell'offerta l'apertura di uno sportello utenti in quanto l'apertura di uno sportello utenti può ritenersi un elemento qualitativo dell'erogazione del servizio i cui oneri possono farsi rientrare fra quelli del canone annuo che il singolo concorrente intende offrire (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.06.2010 n. 3975 - link a ww
w.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Il segretario comunale può partecipare ai lavori della commissione di gara in qualità di componente.
Il fatto che il segretario comunale abbia partecipato ai lavori della commissione di gara in qualità di componente, esperto nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto (art. 84, comma 2, della legge n. 163/2006), non sembra nella specie assumere un rilievo invalidante.
Posto che la commissione aggiudicatrice è tenuta ad affrontare e risolvere problemi di varia natura, anche giuridici e amministrativi, ne consegue, quindi, che, una volta assicurata la prevalenza tecnica in seno alla commissione, la stessa può ritenersi legittimamente composta anche ove nel suo ambito sia prevista la presenza di un esperto anzitutto in procedure amministrative, qual è il segretario comunale, non estraneo però alle problematiche tecniche connesse all’esercizio di funzioni comunali (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.06.2010 n. 3967 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTILa commissione aggiudicatrice è tenuta ad affrontare e risolvere problemi di varia natura, anche giuridici e amministrativi. Ne consegue, quindi, che, una volta assicurata la prevalenza tecnica in seno alla commissione la stessa può ritenersi legittimamente composta anche ove nel suo ambito sia prevista la presenza di un esperto anzitutto in procedure amministrative, qual è il segretario comunale, non estraneo però alle problematiche tecniche connesse all’esercizio di funzioni comunali.
Il fatto che il segretario comunale abbia partecipato ai lavori della commissione di gara in qualità di componente, esperto nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto (art. 84, comma 2, della legge n. 163/2006), non sembra nella specie assumere un rilievo invalidante.
Va in proposito considerato il comma 8 dello stesso articolo, a norma del quale (nel testo vigente pro tempore) i commissari diversi dal presidente sono anzitutto selezionati tra i funzionari delle stazioni appaltanti.
Ora non sembra dubbio che il segretario comunale, ancorché dipendente dall'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali (quanto al rapporto di impiego), relativamente al rapporto di servizio svolga funzioni presso il Comune, di cui è quindi funzionario (cfr. art. 97 legge n. 267/2000).
Deve poi ritenersi che tra tali funzioni sia configurabile anche quella di componente di una commissione di gara, stante la previsione dell’art. 97, comma 4, lett. d) citato, in forza del quale il segretario comunale esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o comunque conferitagli dal sindaco .
Quanto alla sua competenza di settore, analoga a quella delle altre categorie citate all’art. 84, comma 8, del d.lgs. n. 163/2006, essa non impone l’appartenenza ad una delle categorie professionali citate nella seconda alinea di tale comma, ma demanda alla autorità che procede alla nomina di valutare la sussistenza del requisito di cui trattasi.
A tale fine occorre tenere presente che la commissione aggiudicatrice è tenuta ad affrontare e risolvere problemi di varia natura, anche giuridici e amministrativi. Ne consegue, quindi, che, una volta assicurata (come nella specie non contestato) la prevalenza tecnica in seno alla commissione la stessa può ritenersi legittimamente composta anche ove nel suo ambito sia prevista la presenza di un esperto anzitutto in procedure amministrative, qual è il segretario comunale, non estraneo però alle problematiche tecniche connesse all’esercizio di funzioni comunali (cfr. art. 97 comma 4 del d.lgs. n. 267, a norma del quale il segretario sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l'attività,) La valutazione tecnica-professionale, sottostante alla nomina, comprende poi anche le esperienze comunque acquisite dall’interessato e allo stato degli atti non appare incongrua rispetto al curriculum del segretario comunale
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.06.2010 n. 3967 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILa valutazione dei progetti sulla base del solo punteggio numerico non è altro che la sintesi plastica e rappresentativa di una attenta valutazione delle singole componenti dei vari progetti (secondo i parametri qualitativi indicati nel bando) e, in mancanza di una patente illogicità, deve considerarsi metodo correttamente posto in essere.
Infondato è anche il motivo relativo alla mancanza nel bando di criteri di specificazione in ordine all’attribuzione dei punteggi.
Vengono in rilievo i commi 1, 2 e 4 dell’art. 83 del d.lgs. n. 163/2006 secondo cui:
1. Quando il contratto è affidato con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il bando di gara stabilisce i criteri di valutazione dell’offerta, pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto, quali, a titolo esemplificativo ...
2. Il bando di gara ovvero, in caso di dialogo competitivo, il bando o il documento descrittivo, elencano i criteri di valutazione e precisano la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi, …
4. Il bando per ciascun criterio di valutazione prescelto prevede, ove necessario, i sub-criteri e i sub-pesi o i sub-punteggi……. [La commissione giudicatrice, prima dell’apertura delle buste contenenti le offerte, fissa in via generale i criteri motivazionali cui si atterrà per attribuire a ciascun criterio e subcriterio di valutazione il punteggio tra il minimo e il massimo prestabiliti dal bando] (periodo ora soppresso dalla lettera u del comma 1 dell’art. 1, D.Lgs. 11.09.2008, n. 152 ).
In proposito va osservato che negli atti recanti la disciplina di gara, venivano chiaramente individuati e descritti nei loro contenuti cinque elementi di valutazione della qualità del progetto, per un totale di 75 punti e con precisazione per ciascuno di essi del punteggio massimo attribuibile.
Il che appare sufficiente ad indirizzare la valutazione della Commissione di gara, tenuto conto che alla stregua dell’art. 83, comma 2, d.lgs. n. 163/2006 la fissazione nel bando di sub criteri, sub pesi e sub punteggi nel bando è discrezionale e che il metodo di confronto a coppie consentiva l’attribuzione di un punteggio numerico per ognuno dei cinque elementi indicati nel bando.
Infondato dunque è, come affermato dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. C.S., VI, n. 7578/2006), anche il motivo che censura la valutazione dei progetti sulla base del solo punteggio numerico; nella specie questo, infatti, non è altro che la sintesi plastica e rappresentativa di una attenta valutazione delle singole componenti dei vari progetti (secondo i parametri qualitativi indicati nel bando) e, in mancanza di una patente illogicità, deve considerarsi metodo correttamente posto in essere.
Per il resto, il metodo del confronto a coppie e la valutazione riservata alle varie componenti del punteggio rappresenta una manifestazione della discrezionalità di scelta dell’Amministrazione e anche esso, se non illogico, non è soggetto a censure
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.06.2010 n. 3967 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'interpretazione dell'art. 38, c. 1, lett. f), del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici) e sulle differenze con l'art. 1453 c.c..
L'art. 38, c. 1, lett. f), del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), prevede che: "sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante".
Tale disposizione da un lato, preclude la partecipazione alle gare d'appalto agli operatori economici che si sono resi responsabili di gravi inadempienze nell'esecuzione di precedenti contratti, con ciò denotando quindi un'inidoneità "tecnico-morale" a contrarre con la P.A., dall'altro, fissa il duplice principio secondo cui la sussistenza di tali situazioni ostative può essere desunta da qualsiasi mezzo di prova, mentre il provvedimento di esclusione deve essere motivato congruamente.
In sostanza, a differenza di altre ipotesi di esclusione previste dallo stesso art. 38, c. 1, che richiedono espressamente il definitivo accertamento (lett. g) o il passaggio in giudicato della sentenza (lett. c), nella fattispecie prevista nella lett. f), di cui al citato art. 38, è necessario che vi sia un'adeguata prova dell'inadempimento e che lo stesso rilevi sul piano della menomazione dell'affidabilità dell'impresa privata nei confronti della medesima amministrazione.
La particolarità, che vale a distinguere l'ipotesi di grave negligenza di cui all'art. 38, c. 1, lett. f), del Codice dei contratti pubblici, da quella di cui all'art. 1453 c.c., è che in quest'ultimo caso la gravità dell'inadempimento deve essere valutata in relazione all'interesse all'esecuzione dedotto nel contratto (in ultima analisi, in relazione alla realizzazione della specifica e concreta causa di esso).
Nel suddetto art. 38, invece, la gravità ha una rilevanza, per così dire, esterna, nel senso che deve essere idonea ad influire sull'interesse (pubblico) dell'amministrazione a stipulare un nuovo contratto con l'impresa privata; non a liberarsi dal precedente rapporto, come nel caso della risoluzione.
Ne consegue che, la gravità della generica negligenza o dell'inadempimento a specifiche obbligazioni contrattuali non va commisurata all'idoneità della medesima a pregiudicare la realizzazione dello specifico interesse dedotto nella causa del contratto irregolarmente eseguito; ma va commisurata al pregiudizio arrecato alla fiducia, all'affidamento che la stazione appaltante deve poter riporre, ex ante, nell'impresa cui decide di affidare l'esecuzione di un nuovo rapporto contrattuale.
Pertanto, la valutazione assume un aspetto più soggettivo (di affidabilità) che oggettivo (il pregiudizio al concreto interesse all'esecuzione della specifica prestazione inadempiuta) (TAR Molise, sentenza 23.06.2010 n. 236 - link a ww
w.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIAFFIDAMENTO DI SERVIZI CIMITERIALI E REQUISITI DI IDONEITA' TECNICO-MORALE A CONTRARRE CON LA P.A..
1. Appalto pubblico (in generale) - Gara - Esclusione - In caso di pregresse inadempienze contrattuali - Sussistenza - Ragioni - Interpretazione dell'art. 38, D.Lgs. n. 163/2006.
2. Appalto pubblico (in generale) - Gara - Esclusione - Ex art. 38, D.Lgs. n. 163/2006 - Differenze con l'art. 1453, Cod. Civ. - Conseguenze.

1. L'articolo 38, co. 1, lett. f), D.Lgs. n. 163/2006, vale a dire la contestazione di negligenza e grave irregolarità nell'esecuzione di un precedente rapporto contrattuale, da un lato, preclude la partecipazione alle gare d'appalto agli operatori economici che si sono resi responsabili di gravi inadempienze nell'esecuzione di precedenti contratti, con ciò denotando quindi un'inidoneità "tecnico-morale" a contrarre con la p.A., dall'altro, fissa il duplice principio secondo cui la sussistenza di tali situazioni ostative può essere desunta da qualsiasi mezzo di prova, mentre il provvedimento di esclusione deve essere motivato congruamente.
In sostanza, a differenza di altre ipotesi di esclusione previste dallo stesso articolo 38 primo comma, che richiedono espressamente il definitivo accertamento (lett. g) o il passaggio in giudicato della sentenza (lett. c), nella fattispecie in questione è necessario che vi sia un'adeguata prova dell'inadempimento e che lo stesso rilevi sul piano della menomazione dell'affidabilità dell'impresa privata nei confronti della medesima amministrazione (Cons. Stato 27-01-2010 n. 296).
2. La particolarità, che vale a distinguere nettamente l'ipotesi di negligenza grave di cui all'art. 38 del Codice degli Appalti, da quella di cui all'art. 1453, Cod. Civ., è che in quest'ultimo caso la gravità dell'inadempimento (secondo la prevalente tesi oggettiva) deve essere valutata in relazione all'interesse all'esecuzione dedotto nel contratto (in ultima analisi, in relazione alla realizzazione della specifica e concreta causa di esso).
Nell'articolo 38 suddetto, invece, la gravità ha una rilevanza, per così dire, esterna, nel senso che deve essere idonea ad influire sull'interesse (pubblico) dell'amministrazione a stipulare un nuovo contratto con l'impresa privata; non a liberarsi dal precedente rapporto, come nel caso della risoluzione.
Ne consegue che la gravità della generica negligenza o dell'inadempimento a specifiche obbligazioni contrattuali non va commisurata all'idoneità della medesima a pregiudicare la realizzazione dello specifico interesse dedotto nella causa del contratto irregolarmente eseguito; ma va commisurata al pregiudizio arrecato alla fiducia, all'affidamento che la stazione appaltante deve poter riporre, ex ante, nell'impresa cui decide di affidare l'esecuzione di un nuovo rapporto contrattuale.
Ecco che la valutazione assume un aspetto più soggettivo (di affidabilità) che oggettivo (il pregiudizio al concreto interesse all'esecuzione della specifica prestazione inadempiuta) (massima tratta da http://mondolegale.it - TAR Molise, sentenza 23.06.2010 n. 236 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIComunicazione dati dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ai sensi degli artt. 6 e 7 del D.Lgs. 163/2006 "Codice dei Contratti Pubblici" (Regione Lombardia, Direzione Generale Infrastrutture e Mobilità, Infrastrutture Viarie e Aeroportuali, Opere Pubbliche, nota 23.06.2010 n. 43217 di prot.).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Quando si monta il ponteggio è obbligatoria la presenza del preposto.
II datore di lavoro è tenuto a garantire, durante il montaggio di un ponteggio, la presenza di un preposto incaricato specificatamente di sovrintendere alle operazioni.
Questo, in sintesi, il contenuto della sentenza della Cassazione n. 23936 del 23.06.2010.
La sentenza riguarda il caso di un lavoratore che, intento al montaggio di un ponteggio in un cantiere edile, è caduto dall'altezza del quarto piano dello stabile rovinando sul balcone del piano inferiore.
Secondo la sentenza appellata, l’amministratore unico della società non aveva assicurato la presenza di un preposto incaricato di controllare le operazioni di montaggio alle quali era intento il lavoratore. L'imputato ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione sostenendo che non era stato tenuto conto che in cantiere fosse presente un responsabile della sicurezza.
La Corte ha concluso ritenendo "non pertinente, ....,il riferimento del ricorrente alla presenza di un incaricato della sicurezza del cantiere; costui, invero, ha compiti diversi rispetto al soggetto preposto alla direzione dei predetti lavori che, secondo il dettato legislativo (Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 17 - n.d.r. ora art. 123 D.Lgs. 81/2008,), devono essere eseguiti sotto la diretta e costante sorveglianza del preposto" (Corte di Cassazione, Sez. IV penale, sentenza 23.06.2010 n. 23936 - link a www.acca.it).

APPALTI: QUESTION-TIME del 23.06.2010 alla Camera dei Deputati sul Regolamento di esecuzione del codice dei contratti.
(Interrogazione parlamentare sulla "Recente approvazione del regolamento di esecuzione del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - n. 3-01139").
Il testo dell'interrogazione:
"Il Consiglio dei ministri del 18 giugno scorso ha approvato un regolamento che contiene la disciplina esecutiva ed attuativa del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Con tale approvazione il provvedimento termina un lungo iter istruttorio che lo ha sottoposto a pareri molteplici del Consiglio di Stato, della Conferenza unificata e dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. In considerazione di quanto sopra
quali sono i fattori innovativi del provvedimento e in quale arco temporale lo stesso sarà concretamente operativo?"
Risposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli:
"Con l'approvazione definitiva da parte del Governo del regolamento di attuazione del codice dei contratti pubblici di lavoro e forniture le innumerevoli disposizioni normative di rango regolamentare in materia sono racchiuse in un unico testo (fino ad oggi erano sparse in una miriade di testi).
Si tratta di un provvedimento dalla portata innovativa, atteso dagli operatori economici, i quali ora potranno avvalersi di un valido strumento di supporto che mira a rendere più trasparenti le procedure d'appalto, più efficienti i controlli e le verifiche delle varie fasi progettuali e di cantiere, e che riordina e semplifica l'intera normativa di settore armonizzandola con quella comunitaria, anche allo scopo di favorire la concorrenza negli appalti.
Ricordo solo le innovazioni maggiormente significative.
In primo luogo, ricordo, fra tutte, le disposizioni relative al responsabile del procedimento dei lavori il quale deve essere un tecnico, in servizio presso le amministrazioni aggiudicatrici, con idonea professionalità.
Il nuovo regolamento, inoltre, disciplina, per la prima volta, in maniera organica, la materia della verifica del progetto dettando disposizioni atte ad accertare la rispondenza della progettazione ad una serie di requisiti che ne garantiscano l'appaltabilità e la conseguente realizzazione rispetto ai tempi, ai costi, alla qualità e alla sicurezza, con la minimizzazione dei rischi derivanti dall'introduzione di varianti e sospensioni anche in termini di contenzioso.
Considerato, poi, il primato comunitario dell'Italia relativo al contenzioso, spesso riconducibile a problemi progettuali, si tratta di norme che si auspica possano inaugurare un circolo virtuoso: più qualità progettuale, più opere di qualità, meno contenzioso.
Nell'ambito del sistema di qualificazione SOA sono previste disposizioni tese, nel loro insieme, a perseguire una maggiore trasparenza e qualità nel mercato degli operatori economici esecutori di lavori pubblici, anche attraverso l'introduzione di norme moralizzatrici e di un più rigoroso sistema di vigilanza da parte delle autorità.
Attraverso la regolamentazione del sistema di garanzia globale di esecuzione diviene operativo, per la prima volta, nel nostro ordinamento, uno strumento a garanzia dell'effettiva realizzazione dell'opera pubblica secondo procedure assicurative già consolidate in altri Paesi europei, svolgendo una funzione di selezione qualitativa delle imprese.
È importante sottolineare che nel settore dei servizi è stata introdotta, in modo inedito, la disciplina della finanza di progetto con procedure semplificate che consentiranno di attivare risorse private per la prestazione di pubblici servizi.
Per quanto attiene all'operatività temporale del regolamento, questo entrerà in vigore 180 giorni dopo la data di pubblicazione, fatte salve le disposizioni relative alle sanzioni alle imprese e alla SOA che, invece, entrano in vigore il giorno successivo alla pubblicazione".

Roma, Camera dei Deputati, 23.06.2010 (link a www.giurdanella.it).

APPALTI: Controlli antimafia preventivi nelle attività "a rischio" di infiltrazione da parte delle organizzazioni criminali (Ministro dell'Interno, nota 23.06.2010 n. 4610 di prot.).

APPALTI: Appalti, il ricorso va comunicato. Le nuove norme sul processo amministrativo prevedono la riduzione a 30 giorni del termine per opporsi. L'impugnazione blocca la firma del contratto fino alla sentenza.
Il recepimento della «direttiva ricorsi»: le nuove norme sul processo amministrativo (II parte). Il decreto legislativo 20.03.2010 n. 53 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 84 del 12.04.2010 (in vigore dal 27.04.2010) attuativo della legge delega modifica anche le norme processuali.
Preliminarmente, la parte che intende proporre un ricorso giurisdizionale nelle materie relative alle controversie nelle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti tenuti nella scelta del contraente o socio all'applicazione della normativa comunitaria o al rispetto dei procedimenti ad evidenza pubblica, deve informarne il responsabile del procedimento.
L'informativa ai sensi dell'art. 243-bis del dlgs 163/2006 deve essere effettuata mediante comunicazione scritta o espressa oralmente nel corso di una seduta della commissione di gara e inserita nel verbale. Essa deve contenere i motivi di ricorso che si intendono articolare in giudizio, salva in ogni caso la facoltà di proporre motivi diversi o ulteriori ... (articolo ItaliaOggi del 23.06.2010 - link a www.corteconti.it).

APPALTI: Commissione di gara - Organi ordinari dell’amministrazione appaltante - Competenza - Discrimine - Principi generali - Formale chiusura della gara pubblica.
In difetto di una disposizione normativa ovvero di una espressa previsione della lex specialis della gara che disponga in senso contrario la questione della competenza della Commissione di gara va risolta in base ai principi generali che ne regolano i compiti, per cui il discrimine tra la competenza della commissione di gara e quella degli organi ordinari dell'amministrazione appaltante è segnato dalla formale chiusura della gara pubblica e che, pertanto, prima di tale momento, è il suddetto organo temporaneo e straordinario a dover provvedere a tutti gli adempimenti necessari, ivi compresa la verifica delle offerte sospette di anomalia.
Il momento della formale chiusura della gara può identificarsi con quello in cui la stazione appaltante, appropriandosi degli atti posti in essere, ne suggella gli esiti con l'approvazione e con l'aggiudicazione definitiva (Cons. Giust. Amm. Sicilia, Sez. giurisd, n. 413/2000; Consiglio di Stato, Sezione V, n. 661/2000; Tar Campania, Napoli, sez. II, n. 5891/2007; Tar Trentino Alto-Adige, Bolzano, n. 146/2009) (TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 22.06.2010 n. 19954 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTII SOLITI SOSPETTI: QUANDO TUTTI INDICANO LA STESSA IMPRESA SUBAPPALTATRICE.
1.- Subappalto - Indicazione della medesima impresa subappaltatrice da parte di più imprese - Indizio sulla riconducibilità ad unico centro decisionale - Gravità.
2.- Subappalto - Errore sulla dichiarazione - Caso in cui il concorrente sia sfornito della qualificazione - Esclusione dalla gara - Legittimità.
3.- Giurisdizione amministrativa - Controversie sulla sussistenza della condizioni previste dall'art. 118, D.lgs. 12.04.2006 n. 163 - Sussiste.

1.- E' gravemente indiziante che una stessa impresa subappaltatrice compaia in un ruolo "strategico", quale indispensabile esecutrice delle opere di una selettiva categoria per più partecipanti, innestando un ragionevole dubbio sulla messa in opera di un tentativo di "bloccare" la scelta della principale impresa subappaltatrice nella gara de qua, con la teorica riconducibilità di un certo numero di offerte ad un unico centro decisionale, con grave violazione dei princìpi di trasparenza e di libera concorrenza.
2.- L'incompleta o erronea dichiarazione del concorrente relativa all'esercizio della facoltà di subappalto è suscettibile di comportare l'esclusione dello stesso dalla gara nel caso in cui questi risulti sfornito in proprio della qualificazione per le lavorazioni che ha dichiarato di voler subappaltare.
3.- Rientrano nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto la sussistenza della condizioni previste dall'art. 118, D.lgs. 12.04.2006 n. 163 per il ricorso al subappalto da parte dell'aggiudicatario della gara pubblica, atteso che dette condizioni non sono intese unicamente a tutelare l'interesse dell'Amministrazione committente all'immutabilità dell'affidatario, ma tendono essenzialmente ad evitare che nella fase esecutiva del contratto si pervenga, con modifiche sostanziali dell'assetto d'interessi scaturito dalla gara pubblica, a vanificare proprio quell'interesse pubblico che ha imposto lo svolgimento di una procedura selettiva e legittimato l'individuazione di una determinata offerta come la più idonea a soddisfare le esigenze della collettività cui l'appalto è preordinato (massima tratta da http://mondolegale.it - TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 22.06.2010 n. 15567 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIIl giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme e costituisce espressione di un potere tecnico-discrezionale dell'amministrazione di per sé insindacabile in sede di legittimità, salva l'ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione o affette da errori di fatto.
Non può poi accogliersi la censura di incompatibilità ex art. 84 D.L.vo n. 163/2006 dell’ing. Marfurt, quale componente esterno della Commissione, in quanto in precedenza incaricato di predisporre la documentazione di gara.
La norma invocata stabilisce che “i commissari diversi dal presidente non devono aver svolto né possono svolgere alcuna altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta”, mentre nel caso in esame vi è stata solo attività di consulenza sulla documentazione di gara e non sul contratto da stipulare.
Neppure vale sostenere che la competenza sul giudizio di anomalia spetta alla Stazione appaltante e non alla commissione di gara, che nella specie invece l’aveva svolto direttamente.
E’ pur vero che l’art. 88 D.L.vo n. 163/2006, richiamato dal bando di gara, nello stabilire che “la Stazione appaltante, se del caso mediante specifica commissione, esamina gli elementi costitutivi del’offerta, tenendo conto delle giustificazioni fornite..”, attribuisce alla Stazione appaltante il potere di verificare ed escludere le offerte anormalmente basse , ma dalla menzionata disposizione non è dato desumere una competenza esclusiva al riguardo, dovendosi tener conto anche dell’art. 84 dello stesso decreto in base al quale “quando la scelta della migliore offerta avviene con il criterio del’offerta economicamente più vantaggiosa, la valutazione è demandata ad una commissione giudicatrice…”. Per cui in tra i poteri spettanti alla commissione di gara può ritenersi implicitamente compresa, in mancanza nel caso in esame di contraria disciplina di gara, anche la valutazione delle offerte sospettate di anomalia al fine di poter determinare la migliore tra le offerte.
D’altra parte, nella specie, le valutazioni effettuate dalla Commissione di gara, che è pur sempre un organo straordinario dell’Amministrazione, sono state poi fatte proprie dalla Stazione appaltante mediante l’approvazione degli atti di gara con determinazione dirigenziale del 14.08.2008.
Prive di pregio sono infine le doglianze della seconda classificata con riferimento al giudizio sulla non anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria espresso dalla commissione di gara e convalidato dal responsabile del procedimento.
Invero, tenuto presente l’indirizzo giurisprudenziale (che il Collegio condivide) secondo il quale il giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme e costituisce espressione di un potere tecnico-discrezionale dell'amministrazione di per sé insindacabile in sede di legittimità, salva l'ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione o affette da errori di fatto (C.d.S., IV, 20.05.2008, n. 2348; Sez. V 18.09.2009 e Sez. VI, 25.09.2007, n. 4933) il giudizio di attendibilità sull’offerta presentata da Gritti GAS (e relative giustificazioni) appare sufficientemente motivato da parte della commissione di gara, la quale ha evidenziato tra l’altro i seguenti aspetti, che non appaiono irragionevoli al Collegio e precisamente:
- il valore del canone di affidamento a favore del Comune è allineato con quello offerto da altri gestori della zona;
- l’impresa ha già personale disponibile in zona per il servizio di pronto intervento e per l’attività di manutenzione ordinaria;
- l’attività di manutenzione straordinaria è alquanto limitata tenuto conto del buono stato in cui si trova la rete distributiva;
- la quota di margine di profitto spettante al gestore anche se non elevata (circa euro 132.000 annui) non è del tutto evanescente
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.06.2010 n. 3890 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Il singolo comune può bandire isolatamente la propria procedura ad evidenza pubblica di affidamento del servizio distribuzione gas naturale anche in assenza della previa identificazione dei bacini ottimali di utenza.
Con la sentenza in rassegna il Consiglio di Stato ha risolto una controversia tra tre società e un comune veneto in merito agli atti di gara per l’affidamento del servizio distribuzione gas naturale nel territorio dello stesso.
Tra le numerose censure dedotte in questa complessa vicenda le società avevano rimarcato, soprattutto, la violazione dell’art. 46-bis D.L. 01.10.2007 n. 159 (convertito dalla L. 29.11.2007 n. 222), come modificato dall’art. 2, comma 175, L. 24.12.2007 n. 244, sul presupposto che l’Amministrazione non avrebbe potuto indire la gara per l’affidamento del servizio senza previa individuazione dei criteri di gara e di valutazione delle offerte, nonché degli ambiti territoriali ottimali di utenza da parte dei Ministri dello sviluppo economico e per gli affari regionali, sentita la Conferenza unificata e su parere dell’Autorità per l’energia elettrica.
Ma tale tesi, secondo i giudici d’appello, è infondata sotto molteplici aspetti: invero, la stessa sezione ha già evidenziato, con orientamento che è condiviso dai giudici in causa, che dalle menzionate disposizioni non può desumersi l’introduzione di una moratoria sine die delle procedure di gara nel settore della distribuzione del gas naturale. Tanto più che finora non sono stati ancora individuati i bacini ottimali di utenza e i criteri di selezione, nonostante siano abbondantemente scaduti i termini, previsti dall’art. 46-bis cit., per lo svolgimento dei relativi adempimenti (V. la citata decisione n. 5217/2009).
Tale conclusione è confortata dalla necessità di rispettare i principi comunitari in materia di tutela della concorrenza e libertà di prestazione dei servizi (cfr. in termini Cons. St., sez. V, 30.09.2008, n. 5213/ord.), nonché le stesse finalità descritte dal comma 1° dell’art. 46-bis di “garantire al settore della distribuzione di gas naturale maggiore concorrenza e livelli minimi di qualità dei servizi essenziali”.
Inoltre, occorre considerare, come rilevato dal Comune, che i singoli comuni non sembrano obbligati ad aderire ad un determinato bacino ai fini dell’indizione della gara essendo necessaria una specifica scelta in tal senso, come emerge dal complesso delle disposizioni di cui al menzionato art. 46-bis nelle parti in cui si prevedono da parte del Ministri competenti misure di incentivazione delle operazioni di aggregazioni (comma 2) e la facoltà dei comuni interessati alle nuove gare per il bacino di utenza ottimale di incrementare il canone di concessione entro i limiti indicati dalla norma stessa (comma 4).
Di conseguenza, concludono i giudici di Palazzo Spada, il singolo comune può legittimamente bandire isolatamente la propria procedura ad evidenza pubblica di affidamento del servizio anche in assenza dei criteri di gara e di valutazione dell'offerta e della previa identificazione dei bacini ottimali di utenza di cui al richiamato art. 46-bis (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.06.2010 n. 3890 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Nelle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, spetta alla p.a. un'ampia discrezionalità nel determinare gli elementi di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
Sulla legittimità dell'indizione di una gara anche in assenza dei criteri di gara e di valutazione dell'offerta e della previa identificazione dei bacini ottimali di utenza di cui all'art. 46-bis del d. l. 01.10.2007, n. 159. E' legittima la composizione di una commissione giudicatrice presieduta dallo stesso soggetto che poi ha approvato gli atti di gara.

Nelle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, spetta alla pubblica amministrazione un'ampia discrezionalità nel determinare gli elementi di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa alla luce degli interessi da perseguire e delle circostanze specifiche della singola procedura in relazione alle condizioni della rete, salvo macroscopica irragionevolezza dei relativi criteri. Alla luce del combinato disposto degli artt. 14 del D. L.vo n. 164/2000 e 83 del D. L.vo n. 163/2000, si desume che il legislatore non ha inteso predeterminare il valore ponderale da attribuire, rispettivamente, all'elemento qualità ed all'elemento prezzo delle offerte per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, lasciando spazio alla discrezionalità della pubblica amministrazione da esplicare alla luce degli interessi da perseguire e delle circostanze specifiche della singola procedura in relazione alle condizioni della rete. In tal senso del resto depone anche il "considerando" 46 della direttiva CEE 2004/18, il quale con riguardo all'aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa espressamente riconosce che la concreta determinazione dei relativi criteri economici e qualitativi "dipende dall'oggetto dell'appalto".
Un singolo comune può legittimamente bandire isolatamente la propria procedura ad evidenza pubblica di affidamento del servizio anche in assenza dei criteri di gara e di valutazione dell'offerta e della previa identificazione dei bacini ottimali di utenza di cui all'art. 46-bis del d.l. 01.10.2007, n. 159, convertito dalla l. 29.11.2007 n. 222.
Nell'ambito degli enti locali non sussiste un rigido divieto di partecipazione dei dirigenti alle commissioni di gara. Infatti, il rafforzamento del modello della responsabilità dirigenziale innescato dal processo di privatizzazione del pubblico impiego, sottolinea l'opposta esigenza che il dirigente segua direttamente le procedure del cui risultato è tenuto a rispondere. In questa logica va annoverato il disposto dell'art. 107 del D. L.vo n. 267/2000, che prevede tra le attribuzioni di competenza dirigenziale il potere di presiedere le commissioni di gara e di stipulare i contratti in correlazione con la responsabilità per l'esito delle gare medesime.
Così come non vi è incompatibilità tra le funzioni di presidente della commissione di gara e quella di responsabile del procedimento, analogamente deve ritenersi nel caso in cui al dirigente di un ente locale che ha svolto le funzioni di presidente del seggio e di responsabile del procedimento sia stato anche attribuito il compito di approvare gli atti della commissione di gara, atteso che detta approvazione non può essere ricompresa nella nozione di controllo in senso stretto, ma si risolve in una revisione interna della correttezza del procedimento connessa alla responsabilità unitaria del procedimento spettante alla figura dirigenziale (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.06.2010 n. 3890 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: E' illegittima la clausola con la quale viene richiesta, alle ditte partecipanti, la disponibilità di un centro di cottura nel territorio comunale, in quanto ritenuta in contrasto con i principi della libera concorrenza, massima partecipazione alla gara ed economicità dell'azione amministrativa.
La clausola con la quale viene richiesta, alle ditte partecipanti, la disponibilità di un centro di cottura nel territorio comunale, si ritiene in contrasto con i principi della libera concorrenza, massima partecipazione alla gara ed economicità dell'azione amministrativa, dovendo considerarsi sufficiente, per le specifiche finalità dell’amministrazione, la clausola che stabilisce i tempi massimi di trasporto dei pasti e la possibilità, da parte dell'amministrazione, di verificare il loro rispetto.
Pertanto, deve considerarsi infondata la censura con cui si sostiene la possibilità di poter ottenere, in via contrattuale, la disponibilità di un centro di cottura nel territorio del comune in quanto, a prescindere dalla effettiva sussistenza di tale possibilità in relazione alla necessaria osservanza di specifiche norme sanitarie che disciplinano la materia, va considerato che tale rapporto obbligatorio, in quanto aggiuntivo rispetto alle capacità organizzative dell'azienda, potrebbe comunque costituire, per la sua onerosità, un elemento di distorsione dei costi (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.06.2010 n. 3887 - link a
www.mediagraphic.it).

LAVORI PUBBLICI: G.U. 22.06.2010 n. 143 "Determinazione, per il periodo 01.01.2010-31.12.2010, della misura del tasso d’interesse di mora da applicare ai sensi dell’articolo 30 del Capitolato generale d’appalto dei lavori pubblici" (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, decreto 14.06.2010).

APPALTI: L. M. Delfino, La tela di Penelope dell’arbitrato delle opere pubbliche. Il Decreto Legislativo 20.03.2010 n. 53: Ulisse non è ancora giunto ad Itaca! (link a www.filodiritto.com).

LAVORI PUBBLICI: La falsità in ordine alle dichiarazioni effettuate o alla documentazione prodotta per ottenere la attestazione SOA non può essere esposta a margini di incertezza o ad accertamenti relativi alla responsabilità soggettiva.
Il sistema di qualificazione dei lavori pubblici è basato sulla attività di verifica e controllo svolta dalle Società Organismi di attestazione, sottoposte alla vigilanza della Autorità per i contratti pubblici. Con il rilascio della attestazione per determinate categorie, l’impresa può partecipare alle gare che prevedono il possesso della qualificazione per quelle categorie senza dimostrare ulteriori requisiti. La verifica circa il possesso dei requisiti è attribuita alle Soa al momento del rilascio della attestazione.
Perché tale sistema garantisca la correttezza e la professionalità di tutti coloro che partecipano alle gare di lavori pubblici, è necessaria una penetrante verifica da parte delle Soa e da parte della Autorità di Vigilanza sia sugli operatori economici che sulle Soa.
Il sistema di qualificazione proprio per gli effetti che produce circa la partecipazione alle gare, deve essere incentrato al massimo rigore e alla massima certezza per l’ordinamento. Poiché il rilascio dell’attestazione costituisce il momento determinante di verifica dei requisiti, che si impone alle stazioni appaltanti, la falsità in ordine alle dichiarazioni effettuate o alla documentazione prodotta per ottenere la attestazione non può essere esposta a margini di incertezza o ad accertamenti relativi alla responsabilità soggettiva, che peraltro rimarrà oggetto di accertamenti nell’eventuale sede penale (TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 21.06.2010 n. 19443 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI: Nuntio vobis gaudium magnum: mortis voluntariae studium RUP iterum sanctum est (Vi annuncio una grande gioia: l'istigazione al suicidio del RUP è stata ri-decretata) (i latinisti "puri" ci perdoneranno eventuali strafalcioni ...).
E così il Governo ci ha preso gusto ... e già, perché legiferare in maniera dissennata e sulle spalle altrui, di fatto, non costa niente!!
Che c'è da lamentarsi ancora ... state dicendo, forse??
Venerdì 18 giugno scorso il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera all'approvazione definitiva del Regolamento di attuazione del codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006).
La bozza definitiva di regolamento approvata è scaricabile qui: file 1 - file 2.
Ebbene, oggi come oggi quel "poveretto" del RUP (Responsabile Unico del Procedimento) in materia di lavori pubblici ha -ben definiti ed elencati uno di seguito all'altro- n. 24 adempimenti da curare personalmente (cfr. art. 8 del D.P.R. n. 554/1999) mentre col nuovo regolamento ne avrà solo uno in più: ovverosia un totale di venticinque (cfr. art. 10 dell'emanando regolamento). Senza contare, poi, un'altra miriade di adempimenti sparsi qua e là nel regolamento, sia vigente che futuro di prossima pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Ma allora,
"in illo tempore" qualcuno disse che "Errare humanum est, perseverare autem diabolicum" ovverosia "commettere errori è umano, ma perseverare [nell'errore] è diabolico" ... Quindi?? Nel Consiglio dei Ministri siedono persone "diaboliche"?? Ebbene SI'!!
Come si fa, per decreto, a riconfermare il carico -su una sola persona- di tali e tante incombenze (rogne??) per miserabili 1.300,00 € (di media) mensili?? Ma i soldi, invero, nella vita non sono tutto, basta la salute ... ma come si fa a dormire sonni tranquilli, a discapito ovviamente della salute, se manco si sa dove trovare un'Assicurazione che certamente Ti possa mettere al riparo da possibili danni d'ogni sorta, opera pubblica facendo, poiché alla prima sfortunata circostanza che -disgraziatamente- ti capita "tra capo e collo" trovano cavilli giuridici d'ogni genere per non pagare??
E non ci vengano a dire che l'incentivo alla progettazione interna è stato "finalmente" ripristinato al 2% [... prossimamente: cfr. Collegato lavoro (ddl S.1167-B/BIS)] perché con tale "miseria" non si va da nessuna parte e tale "miseria" -soprattutto- non riconosce affatto la professionalità dei Tecnici della Pubblica Amministrazione locale. Ma scusate:
val la pena di assumersi tutte quelle 25 rogne innanzi citate, e tutte le altre non menzionate, per pochi spiccioli in più all'anno?? Bisognerebbe avere il coraggio di rifiutare la nomina a RUP, ammesso che sia possibile, oppure di reagire con determinazione sia con l'Amministrazione di appartenenza sia con i Governanti nazionali pro-tempore. Ma questa è un'altra e triste storia ...
Al Parlamento vuoi che non sieda alcun tecnico di pubblica amministrazione -in aspettativa o meno- che conosca bene la condizione lavorativa dei Tecnici Comunali e, comunque, alcun tecnico libero professionista che abbia retto l'ufficio tecnico di un piccolo comune e sappia, quindi, con quali problemi si ha a che fare?? Ebbene, abbiamo dato una sbirciata sul sito della Camera e del Senato e, da informazioni apprese anche dai mass media, qualcuno c'è: e questi cosa fanno?? Dormono?? Evidentemente SI', poiché nessuno s'è degnato di alzare la mano, in Parlamento o Commissione che sia, per chiedere la parola e dire:
... scusate, vorrei dire anzi acclarare che c'è qualcosa che non quadra ... i Tecnici Comunali hanno ragioni di che lamentarsi!!
A questi Parlamentari -pochi o tanti che siano, che hanno cognizione di causa sulla effettiva condizione lavorativa del tecnico comunale addetti ai lavori pubblici e, comunque, agli appalti in genere- non possiamo far altro che augurare (e augurarci) -di cuore- di tornare al più presto a rioccupare quella scrivania comunale lasciata frettolosamente e temporaneamente per un lustro o due di attività alternativa (mica faranno i Privilegiati a vita!!) ... a quel punto, si lamentino pure che è insostenibile fare il RUP e noi vedremo di consolarli al meglio ...
Tuttavia, anche in questo caso giochiamo d'azzardo come una settimana fa: invitiamo almeno un Parlamentare, che avrà il coraggio di farlo, a contattarci
affinché soggiorni una settimana nel miglior albergo del nostro Comune, ovviamente a nostre spese, affinché condivida la vita lavorativa settimanale (e le notti insonni, per il tramite della propria badante fornita dalla ASL ...) di un Tecnico Comunale -addetto agli appalti pubblici- di un paese tipo (di circa 5.000 anime) e veda coi propri occhi di quante "rogne" è caricato il RUP ... poi, legiferi con scienza e coscienza!!
Pertanto, restiamo nell'attesa -al più presto- di essere contattati all'indirizzo: info.ptpl@tiscali.it.
21.06.2010 - LA SEGRETERIA PTPL.

APPALTIValutazione dei precedenti penali che incidono sulla moralità professionale - Non deve basarsi su criteri astratti ma essere parametrata alla specificità dell'appalto da aggiudicare.
La valutazione preordinata all'individuazione dei reati che incidono sulla moralità professionale, e che pertanto conducono all'esclusione dalla procedura selettiva ai sensi dell'art. 38, c. 1, lett. c, d.lgs. n. 163/2006, non deve cristallizzarsi in criteri astratti ed automatici, ma deve essere parametrata alle peculiarità dell'appalto da aggiudicare (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 25.11.2002 n. 6482, TAR Sicilia Palermo, sez. II, 29.03.2004 n. 606) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 17.06.2010 n. 1926 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIFalse dichiarazioni rese in sede di gara - Interdizione annuale dalle gare pubbliche - Decorrenza - Annotazione nel casellario da parte dell'Autorità di Vigilanza sui Contratti pubblici.
Secondo un recente orientamento giurisprudenziale, il termine iniziale dell'interdizione annuale dalle gare pubbliche per chi ha reso false dichiarazioni in sede di svolgimento delle operazioni concorsuali, ai sensi dell'art. 38 comma 1 lett. h, del d.lgs. 12.04.2006 n. 163, decorre dalla data in cui le stesse sono state certificate dall'Autorità di vigilanza sui Contratti pubblici con l'annotazione nel Casellario (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 17.05.2010, n. 3125) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 17.06.2010 n. 1924 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Nelle gare pubbliche il tempo dedicato dalla commissione giudicatrice alle operazioni di scrutinio non è un presupposto che possa invalidare i giudizi conclusivi.
Secondo consolidata giurisprudenza in materia (Consiglio Stato, sez. V, 12.06.2009, n. 3768) nelle gare pubbliche il tempo dedicato dalla commissione giudicatrice alle operazioni di scrutinio non è un presupposto che possa invalidare i giudizi conclusivi, la cui logicità e ragionevolezza devono essere valutate sulla base di quanto oggettivamente espresso negli atti contestati.
Rispetto alla conclusione della procedura valutativa rileva infatti non il tempo dedicato all'esame delle offerte e della allegata documentazione, ma la verifica della correttezza dei risultati alla stregua dei consueti parametri di legittimità dell'azione amministrativa, rispetto ai quali l'elemento "tempo" rimane un fattore estrinseco, che può assumere una ipotetica rilevanza solo nel caso in cui alla brevità delle operazioni concorsuali si accompagni un esito irrazionale e illogico (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.06.2010 n. 3806 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Gara pubblica - Offerta anomala - Contratti di lavoro a progetto del personale - Costo del lavoro inferiore alle tabelle ministeriali - Possibilità.
2. Sindacato giurisdizionale sull'anomalia - Verifica sulla correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo - Verifica dell'anomalia in sede di gara - Giudizio di natura tecnico-discrezionale - Giudizio della commissione sull'anomalia - Necessità di motivazione analitica solamente in caso di giudizio negativo.

1. Non può essere ritenuta anomala l'offerta dell'aggiudicataria di un pubblico incanto che, ancorché consideri un costo del lavoro inferiore alla tabella ministeriale, legittimamente non preveda alcune voci di spesa previste dalla tabella, relative a oneri pensionistici e indennità, non dovute o dovute in ammontare inferiore al proprio personale, né può essere in sé considerato illegittimo l'impiego di lavoratori con contratto a progetto, essendo ammissibili in ogni caso rapporti di lavoro autonomo fondati sulla collaborazione coordinata e continuativa, genus cui detto tipo di rapporto appartiene (TAR Friuli Venezia Giulia Trieste, 23.02.2006, n. 144). Peraltro, nel caso di specie, la ricorrente non ha posto in dubbio la legittimità del ricorso a siffatta forma flessibile di lavoro essendosi limitata a censurare la presunta erroneità dell'operato della commissione di gara in sede di verifica di anomalia dell'offerta.
2. Il sindacato giurisdizionale sull'esito favorevole della verifica dell'anomalia dell'offerta può anche spingersi, ove ciò sia necessario, al profilo della correttezza quanto a criterio tecnico e procedimento applicativo, fermo restando che esula dal compito del giudice il riesame delle autonome valutazioni dell'interesse pubblico compiute dall'amministrazione; invero, l'apprezzamento svolto in sede di verifica dell'anomalia dell'offerta è di natura tecnico-discrezionale, sindacabile soltanto per manifesta illogicità, errore di fatto, insufficiente motivazione (TAR Liguria Genova, sez. II, 03.02.2010, n. 233).
La motivazione del giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala deve essere rigorosa ed analitica soltanto nel caso di giudizio negativo, mentre nel caso di giudizio positivo non è necessario che la relativa determinazione sia fondata su un'articolata motivazione ripetitiva delle medesime giustificazioni ritenute accettabili o espressiva di ulteriori apprezzamenti, con la conseguenza che il giudizio favorevole di non anomalia dell'offerta non richiede puntualità di argomentazioni, essendo sufficiente anche una motivazione per relationem alle stesse giustificazioni presentate dal concorrente sottoposto al relativo obbligo (TAR Trentino Alto Adige-Bolzano, sez. I, 26.06.2009, n. 230; in senso contrario vedi Tar Milano, sez. I, 20.05.2010, n. 1575) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 16.06.2010 n. 1885 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIGara pubblica - Moralità professionale - Valutazione di non gravità di un precedente penale - Motivazione implicita attraverso l'ammissione alla gara - Sufficienza.
La stazione appaltante che ritenga il precedente penale dichiarato dal concorrente non incisivo della sua moralità professionale, non è tenuta ed esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto suo convincimento, potendo la motivazione di non gravità del reato risultare anche implicita o per facta concludentia, ossia con l'ammissione alla gara dell'impresa stessa; è invece la valutazione di gravità che richiede l'assolvimento di un particolare onere motivazionale (TAR Piemonte Torino, sez. I, 22.03.2010, n. 1555; TAR Liguria Genova, sez. II, 20.12.2005, n. 1774) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 16.06.2010 n. 1883 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIContratti pubblici - Informativa antimafia della Prefettura - Art. 10 della L. 575/1965 - Cause ostative per i soggetti condannati - Automaticità dell'effetto interdittivo - Art. 4 del D.lgs. 490/1994 - Divieto di contrattazione in presenza di tentativi di infiltrazione mafiosa - Necessità di accertamenti - Presupposto.
L'art. 10 della L. n. 575, ai commi 1, 2 e 4, prevede una serie di misure interdittive a carico di soggetti assoggettati a misura di prevenzione e dispone, al comma 5-ter, che "le disposizioni dei commi 1, 2 e 4 si applicano anche nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3- bis , del codice di procedura penale".
L'art. 4 del D. L.vo n. 490, al comma 1, stabilisce che "le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici e gli altri soggetti di cui all'art. 1, devono acquisire le informazioni di cui al comma 4 prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti".
Il richiamato comma 4 prescrive che "il prefetto trasmette alle amministrazioni richiedenti, nel termine massimo di quindici giorni dalla ricezione della richiesta, le informazioni concernenti la sussistenza o meno, a carico di uno dei soggetti indicati nelle lettere d) ed e) dell'allegato 4, delle cause di divieto o di sospensione dei procedimenti indicate nell'allegato 1, nonché le informazioni relative ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate.
A tal fine il prefetto, anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell'interno, dispone le necessarie verifiche nell'ambito della provincia e, ove occorra, richiede ai prefetti competenti che le stesse siano effettuate nelle rispettive province
".
A norma del comma 6 del medesimo articolo, "quando, a seguito delle verifiche disposte a norma del comma 4, emergono elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese interessate", le amministrazioni cui sono fornite le relative informazioni dal prefetto, non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni.
Le due norme (art. 10 e art. 4), come si evince in tutta evidenza dal confronto dei testi sopra riportati, disciplinano dunque due ipotesi diverse: l'art. 10 della L. n. 575 prevede cause ostative che operano nei confronti di soggetti condannati ai sensi di fattispecie penali espressamente individuate, mentre l'art. 4 del D.L.vo n. 490, pone un divieto di contrattazione in presenza di accertati "tentativi di infiltrazione mafiosa nella società tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società".
Dalla prima fattispecie discende, in via automatica, l'effetto interdittivo, mentre la seconda presuppone una serie di accertamenti finalizzati all'accertamento di attività di condizionamento poste in essere da organizzazioni mafiose, o da loro esponenti, tendenti ad incidere sulla gestione della società (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 16.06.2010 n. 1849 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZIServizi locali, società miste in gara. Il Tar Calabria interpreta a maglie larghe una delle norme più controverse della riforma delle utility. Se il privato è stato scelto con procedura a doppio oggetto.
Le società miste in cui il socio privato sia stato selezionato con gara «a doppio oggetto» possono ampliare il proprio giro d'affari, acquisendo la gestione di ulteriori servizi pubblici locali anche in ambiti territoriali diversi. Il divieto previsto dall'art. 23-bis, comma 9 del dl 112/2008 così come modificato dalla riforma Fitto (dl 135/2009 convertito nella legge 166/2009) non può essere esteso a questa particolare tipologia di società miste. E se lo fosse sarebbe «irragionevole e immotivato anche alla luce dei principi dettati dall'Unione europea in materia di partenariato pubblico-privato».
Ad affermarlo è il TAR Calabria-Reggio Calabria che con la sentenza 16.06.2010 n. 561 ha fornito la prima interpretazione chiarificatrice di una delle più controverse disposizioni del dl 135. Confermando sul punto tutti i dubbi sollevati dall'Anci all'indomani dell'approvazione della legge.
La riforma messa a punto dal ministro per gli affari regionali allo scopo di aprire alla concorrenza e al mercato il settore delle utility ha affermato il principio generale dell'obbligatorietà delle gare per gli affidamenti.
Un principio il cui necessario corollario porta a vietare alle società che gestiscono servizi locali in virtù di affidamenti diretti o procedure non ad evidenza pubblica la possibilità di acquisire ulteriori concessioni o ampliare il proprio giro d'affari in ambiti territoriali diversi (per esempio al di fuori del comune di appartenenza).
Secondo una prima interpretazione del decreto, tale divieto dovrebbe essere esteso anche alle società miste (a partecipazione pubblica e privata) in cui la scelta del socio privato sia avvenuta attraverso una particolare tipologia di gara, anch'essa introdotta dal dl, definita «a doppio oggetto» perché oltre alla qualità di socio al privato vengono attribuiti specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio. Oltre a una partecipazione al capitale sociale che non può essere inferiore al 40%.
Il Tar Calabria ammette che tale interpretazione è consentita dalla lettera del dl 135, ma non la condivide. «L'affidamento a società mista costituita con le modalità indicate dal comma 2, lettera b) dell'art. 23-bis (gara a doppio oggetto ndr)», scrivono i giudici amministrativi calabresi, «si appalesa, ai fini della tutela della concorrenza e del mercato, del tutto equivalente a quello mediante pubblica gara, sicché risulterebbe irragionevole e immotivata, anche alla luce dei principi dettati dall'Unione europea in materia di partenariato pubblico-privato, l'applicazione del divieto di partecipazione alle gare bandite per l'affidamento di servizi diversi da quelli in esecuzione».
Il Tar propende invece per un'interpretazione più morbida «pure consentita dalla lettera» della legge, che porta ad applicare il divieto di partecipazione alle gare solo alle società che già gestiscono servizi pubblici locali sulla base di un affidamento diretto o, comunque, a seguito di procedura non a evidenza pubblica.
Via libera dunque alle società miste costituite con gara a doppio oggetto perché questa rientra a pieno titolo tra le procedure a evidenza pubblica. Tali società potranno quindi partecipare alle gare perché non ledono i principi di libera concorrenza.
Il Tar Calabria ha dunque sposato in toto le tesi dell'Anci che più volte si è espressa a favore dell'esclusione delle società miste dal divieto.
Ora non resta che attendere che l'interpretazione del Tar si consolidi nella giurisprudenza (articolo ItaliaOggi del 20.07.2010, pag. 30 - link a www.corteconti.it).

APPALTI SERVIZI: Il divieto di cui al c. 9 dell'art. 23-bis del D.L. n. 112/2008, convertito con L. n. 133/2008 e ss.mm., non si applica alle società miste previste dal c. 2, lett. b), del medesimo articolo.
L'affidamento a società mista costituita con le modalità indicate dal c. 2, lett. b), dell'art. 23-bis del D.L. n. 112/2008, convertito con Legge n. 133/2008 e ss.mm., si appalesa, ai fini della tutela della concorrenza e del mercato, del tutto equivalente a quello mediante pubblica gara, sicché risulterebbe irragionevole ed immotivata -anche alla luce dei principi dettati dall'Unione Europea in materia di partenariato pubblico privato (v. Comunicazione interpretativa della Commissione sull'applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI) 2008/C91/02 in G.U.C.E. del 12.04.2008- l'applicazione nei confronti di società della specie del divieto di partecipazione alla gare bandite per l'affidamento di servizi diversi da quelli in esecuzione.
Va dunque preferita l'interpretazione della disposizione -pure consentita dalla sua lettera- nel senso che il divieto in parola si applica solamente alle società che già gestiscono servizi pubblici locali a seguito di affidamento diretto o comunque a seguito di procedura non ad evidenza pubblica, con la precisazione che rientrano nel concetto di evidenza pubblica ("ovvero") anche le società previste dal c. 2, lett. b), dell'art. 23-bis, cit. (TAR Calabria-Reggio Calabria, sentenza 16.06.2010 n. 561 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla necessità che i consorzi concorrenti in una gara d'appalto dimostrino il possesso dei requisiti di partecipazione in capo alle imprese ad essi consorziate.
Nei contratti c.d. esclusi può non esigersi il medesimo rigore formale di cui all'art. 38 d.lgs. n. 163/2006 e gli stessi vincoli procedurali, ma resta inderogabile la sostanza, ossia il principio che i soggetti devono avere i requisiti morali, e che il possesso di tali requisiti va verificato.

Tutti i consorzi, a prescindere dalla loro natura devono dimostrare il possesso dei requisiti di tutti i consorziati che vengono individuati come esecutori delle prestazioni scaturenti dal contratto. In termini più generali, tutti i soggetti che a qualunque titolo concorrono all'esecuzione di pubblici appalti, vuoi in veste di affidatari, vuoi in veste di subaffidatari, vuoi in veste di prestatori di requisiti nell'ambito del c.d. avvalimento, devono essere in possesso dei requisiti morali di cui all'art. 38, d.lgs. n. 163/2006. Il che risponde ad elementari ragioni di trasparenza e di tutela effettiva degli interessi sottesi alle cause di esclusione di cui all'art. 38, d.lgs. n. 163/2006. Occorre, infatti, che tutti gli operatori economici che, a qualunque titolo, eseguono prestazioni di lavori, servizi e forniture abbiano i requisiti morali di cui all'art. 38 citato.
La disciplina dei consorzi, e dunque l'onere di indicare in gara i consorziati per cui concorrono, e per l'effetto di dichiarare i requisiti generali anche per i consorziati individuati come esecutori delle prestazioni, è dettata dal d.lgs. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici) con specifico riferimento agli appalti sottoposti al suo ambito applicativo. Nel caso di specie, si discorre, invece, di un appalto di servizi di cui all'allegato II-B, soggetto ad un limitato numero di regole del codice, tra cui non rientrano quelle sui requisiti di partecipazione. La succitata disciplina non è pertanto direttamente applicabile. Tuttavia, l'art. 27, d.lgs. n. 163/2006, dispone che nei contratti esclusi, in tutto o in parte, dall'applicazione del codice, devono comunque osservarsi i principi di tutela della concorrenza, tra cui vengono qui in rilievo quello di imparzialità, efficacia, par condicio.
La regola su enunciata secondo cui tutti coloro che prendono parte all'esecuzione di pubblici appalti devono essere in possesso dei requisiti morali indicati nell'art. 38, può essere considerato un principio di tutela della par condicio, dell'imparzialità e efficacia dell'azione amministrativa, per cui deve trovare applicazione anche nei contratti esclusi in tutto o in parte dall'applicazione del codice, quali i servizi dell'allegato II-B. Nei contratti c.d. esclusi può non esigersi il medesimo rigore formale di cui all'art. 38 citato e gli stessi vincoli procedurali, ma resta inderogabile la sostanza, ossia il principio che i soggetti devono avere i requisiti morali, e che il possesso di tali requisiti va verificato (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 15.06.2010 n. 3759 - link a ww
w.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'iscrizione nel casellario informatico, relativa al provvedimento di esclusione di un concorrente, per asserito collegamento sostanziale con altra impresa.
Sulla necessità di assicurare garanzie partecipative in ordine al procedimento di iscrizione presso il casellario informatico.

La notizia relativa all'esclusione di alcune imprese, in quanto legate da un collegamento sostanziale che rivela l'imputazione delle relative offerte ad un unico centro decisionale, merita di essere annotata e pubblicata, per mezzo della sua iscrizione, ex art. 27, d.P.R. n. 34/2000, nel casellario informatico in quanto idonea a segnalare una circostanza di estrema rilevanza per la corretta conduzione delle procedure di affidamento dei lavori pubblici. L'esclusione di due o più imprese per collegamento sostanziale è oggetto di interesse ai fini dell'inserimento di tali dati nel casellario informatico, ai sensi dell'art. 27, c. 2, lett. t), d.P.R. n. 34/2000, in quanto consente alle stazioni appaltanti di escludere, in via di autotutela, dalle proprie gare, le imprese oggetto di annotazione, qualora ricorrano oggettivi dubbi sulla serietà e indipendenza delle offerte, valutazione che, ovviamente, non può che essere effettuata a posteriori. La soluzione a cui è pervenuta in via esegetica la giurisprudenza amministrativa, in applicazione dell'art. 27, d.P.R. n. 34/2000, trova conferma nello schema di regolamento, che, nell'indicare i dati da iscrivere nel casellario informatico, sia per le imprese qualificate con il sistema SOA, sia per le altre imprese, menziona i <provvedimenti di esclusione dalle gare, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia>, senza alcuna distinzione di tipologia (art. 8, c. 2, lett. r, schema di regolamento).
In tema di garanzie partecipative quanto al procedimento di iscrizione nel casellario informatico, la giurisprudenza ha affermato che esse sono, in linea di principio, sempre dovute, salvo ad ammettere equipollenti quando la segnalazione da parte della stazione appaltante e la conseguente iscrizione sono un atto dovuto. Si è infatti affermato che dell'avvio del procedimento di iscrizione di dati nel casellario informatico presso l'Autorità di vigilanza deve essere notiziato l'interessato, anche quando la trasmissione di atti al casellario, da parte delle stazioni appaltanti, è dovuta in adempimento di disposizioni di legge, attese le conseguenze rilevanti che derivano da tale iscrizione e l'indubbio interesse del soggetto all'esattezza delle iscrizioni.
Invero, né dalla l. n. 241/1990, né dal sistema della legislazione sui pubblici appalti, si desume una deroga al principio generale dell'avviso di avvio del procedimento, quanto allo specifico procedimento di iscrizione dei dati nel casellario informatico presso l'Osservatorio. Anzi, una conferma della necessità di garantire la partecipazione (mediante avviso di avvio del procedimento e mediante contraddittorio) nel procedimento di iscrizione di dati e notizie nel casellario informatico si desume proprio dalla determinazione n. 1/2008 dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, che ha istituito il casellario informatico per servizi e forniture (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 15.06.2010 n. 3754 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTINel bando di gara l'Amministrazione appaltante può autolimitare il proprio potere discrezionale di apprezzamento mediante apposite clausole, rientrando nella sua discrezionalità la fissazione di requisiti di partecipazione ad una gara d'appalto diversi, ulteriori e più restrittivi di quelli legali, salvo però il limite della logicità e ragionevolezza dei requisiti richiesti e della loro pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito.
L'amministrazione appaltante può legittimamente inserire nel disciplinare di gara, quale requisito di partecipazione, la presentazione di referenze bancarie rilasciate da almeno due istituti di credito di rilevanza nazionale per determinare in concreto la capacità economica e finanziaria delle imprese concorrenti: è infatti pacifico il non limitato potere discrezionale delle pubbliche amministrazioni nel fissare i requisiti di partecipazione a una gara per l'aggiudicazione di lavori, servizi o forniture in modo più stringente o in numero maggiore di quelli fissati dalla legge, sempre che non siano irragionevoli o in violazione di principi generali o della stessa legge.

Le clausole dei bandi di concorso che prevedono requisiti soggettivi di partecipazione sono immediatamente lesive e devono essere impugnate immediatamente dai soggetti interessati, senza attendere l'adozione di appositi provvedimenti di esclusione del concorrente. Questa regola, tuttavia, presuppone che la disposizione del bando sia assolutamente chiara ed univoca nel suo contenuto precettivo e non richieda alcuna significativa attività interpretativa né dei destinatari del bando, né degli organi dell'amministrazione che ne debbano fare applicazione” (Consiglio Stato, sez. V, 07.11.2007, n. 5776).
Come è noto, la normativa vigente non preclude alle Stazioni appaltanti la possibilità di chiedere requisiti ulteriori, logicamente connessi all'oggetto dell'appalto. Per cui nel bando di gara l'Amministrazione appaltante può di certo autolimitare il proprio potere discrezionale di apprezzamento mediante apposite clausole, rientrando nella sua discrezionalità la fissazione di requisiti di partecipazione ad una gara d'appalto diversi, ulteriori e più restrittivi di quelli legali, salvo però il limite della logicità e ragionevolezza dei requisiti richiesti e della loro pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito (cfr., ex plurimis, Consiglio Stato, sez. IV, 15.09.2006 n. 5377).
In materia di requisiti di ammissione alle gare di appalto della Pubblica amministrazione, difatti, le norme regolatrici, sia comunitarie che interne, prevedono fattispecie elastiche, strutturate su concetti non tassativi, ma indeterminati, che implicano, per la loro definizione da parte dell'interprete, un rinvio alla realtà sociale. Ma ferma restando la possibilità di prevedere (purché non in termini illogici ed abnormi tali da finire per restringere oltremodo il principio volto a favorire la concorrenza e la massima partecipazione alle gare) requisiti partecipativi più stringenti ("l'amministrazione appaltante può legittimamente inserire nel disciplinare di gara, quale requisito di partecipazione, la presentazione di referenze bancarie rilasciate da almeno due istituti di credito di rilevanza nazionale per determinare in concreto la capacità economica e finanziaria delle imprese concorrenti: è infatti pacifico il non limitato potere discrezionale delle pubbliche amministrazioni nel fissare i requisiti di partecipazione a una gara per l'aggiudicazione di lavori, servizi o forniture in modo più stringente o in numero maggiore di quelli fissati dalla legge, sempre che non siano irragionevoli o in violazione di principi generali o della stessa legge" Consiglio Stato, sez. VI, 22.05.2006, n. 2959).
Deve ribadirsi che (salva espressa difforme prescrizione di legge: si veda, ad esempio, l’art. 11 del d.lgs. n. 498 del 1992 comma 5-ter) il punteggio relativo ai vari criteri in caso di aggiudicazione secondo il metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa non possa che essere attribuito in rapporto ed in funzione della valutazione dell'offerta concernente in termini concreti ciò che viene messo a disposizione per l'espletamento del servizio nei confronti della stazione appaltante, con esclusione di qualsiasi considerazione estesa ex se alle qualità generali dei partecipanti: sia per la necessità di adeguare i criteri al mero oggetto di gara e quindi di contratto (come desumibile dall'interpretazione conforme a ragionevolezza dell'art. 83 codice dei contratti, laddove precisa che i criteri di valutazione dell'offerta debbano essere pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto), sia in quanto, altrimenti opinando, si avrebbe una predeterminazione degli esiti di gara in favore delle imprese di più rilevanti dimensioni, in violazione di principi basilari e fondamentali come la tutela della par condicio e la tutela della concorrenza.
Anche gli arresti giurisprudenziali che in passato hanno affermato che è legittimo prevedere l'attribuzione di punteggi alle esperienze pregresse ai fini della valutazione dell'offerta, hanno precisato che ciò sarebbe possibile soltanto a condizione che tale criterio non abbia influenza decisiva sull'affidamento dell'appalto (in tal senso, espressamente, TAR Lazio, III, 06.07.2005, n. 5553; nello stesso senso cfr. TAR Sicilia, 06.06.2007, n. 1590) e che tale esperienza “valutabile” debba porsi qual elemento che finisce con il ridondare sulla qualità del servizio offerto
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 15.06.2010 n. 3740 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI:  PROROGA DELLA CAUZIONE PROVVISORIA: NATURA RICOGNITIVA O NOVAZIONE DELL'ATTO?
1. Cauzione - Di partecipazione - Appendice della polizza - Rilasciata oltre il termine di presentazione delle offerte - Natura - Novazione oggettiva del contratto - Esclusione.
2. Cauzione - Di partecipazione - Durata di 180 giorni - Interpretazione.

1. Ove una stazione appaltante, a fronte di una polizza fideiussoria recante la cauzione provvisoria che si presti a qualche dubbio in ordine alla sua durata, richieda un chiarimento e il concorrente fornisca un'appendice di polizza che venga rilasciata dal garante in una data successiva al termine ultimo di presentazione delle offerte ma con l'inequivoca precisazione che egli si impegna a rinnovare la garanzia per ulteriori 90 giorni a richiesta della stazione appaltante ove al momento della sua scadenza non sia ancora intervenuta l'aggiudicazione definitiva, siffatto atto del fideiussore ha natura meramente ricognitiva o dichiarativa e non costituisce novazione oggettiva del contratto di garanzia precedentemente stipulato con il contraente e da questi prodotto in gara, a nulla valendo che l'appendice precisi che la sua decorrenza parte dalle ore 24 del giorno del suo rilascio, trattandosi di espressioni gergali ordinariamente in uso nella pratica assicurativa e originanti dal dato empirico che le appendici de quibus sono materialmente confezionate in una data successiva alla scadenza del termine di presentazione delle offerte.
2. Le clausole delle polizze fideiussorie recanti la cauzione provvisoria, che solitamente si esprimono nei termini secondo cui la garanzia ha validità di almeno 180 giorni, vanno interpretate nel senso che la durata delle polizze stesse non è affatto limitata a 180 giorni, che costituiscono invece solo la durata minima, ma si estende temporalmente fino all'integrale svolgimento delle operazioni di aggiudicazione della gara (massima tratta da http://mondolegale.it - TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 15.06.2010 n. 2856 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILUMI SULL'OPERATIVITA' DEL MECCANISMO DI REVISIONE DEL PREZZO.
1. Giurisdizione amministrativa - Esclusiva - Appalti pubblici - Revisione del prezzo - Diritto soggettivo - Applicabilità dei termini decadenziali di impugnazione - Esclusione.
2. Contratti della p.A. - Concessione di costruzione e gestione - Clausola di revisione del prezzo - Natura imperativa - Previsioni contrattuali difformi - Nullità.
3. Appalto pubblico (in generale) - Criteri e principi - Stipulazione di una clausola contrattuale nulla - Violazione del canone di buona fede da parte dell'appaltatore - In caso di natura non escludente della clausola - Non sussiste.

4. Contratti della p.A. - Concessione di costruzione e gestione - Clausola di revisione del prezzo - Sostituzione automatica della clausola nulla contenuta nel bando - Lesione della concorrenza - Insussistenza - Ragioni.
5. Contratti della p.A. - Concessione di costruzione e gestione - Clausola di revisione del prezzo - In mancanza delle rilevazioni Istat sui prezzi di mercato dei principali beni e servizi acquisiti dalle pubbliche amministrazioni - Si applica l'indice sull'aumento medio dei prezzi - Interessi legali - Calcolo.
1. Le controversie concernenti l'individuazione del termine dal quale deve trovare applicazione l'istituto della revisione dei prezzi contrattuali nell'ambito di un appalto di servizi, riguardano il criterio di quantificazione di un compenso dovuto ex lege e attengono pertanto a diritti soggettivi dell'impresa, la cui cognizione è rimessa alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'articolo 244 decreto legislativo n. 163/2006.
Ne consegue che la relativa azione giurisdizionale, avente ad oggetto l'accertamento di un rapporto di credito, non è soggetta alla regola dell'impugnazione nei termini di decadenza degli atti amministrativi illegittimi.
2. L'articolo 115 del Codice dei Contratti ha natura imperativa, tutelando l'interesse pubblico a che, nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa, le prestazioni degli appaltatori delle amministrazioni pubbliche non subiscano nel tempo una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione i quali, incidendo sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell'offerta, comportino l'incapacità dell'appaltatore di far fronte compiutamente alle prestazioni a suo carico.
Ne discende la nullità delle clausole contrattuali in contrasto con essa e l'automatica sostituzione di dette clausole ai sensi dell'articolo 1339, Codice Civile (cfr. Cons. Stato, sezione V, 02-11-2009 numero 6709).
Pertanto deve escludersi l'ammissibilità di qualsivoglia previsione pattizia che escluda l'applicabilità della revisione prezzi sia per le variazioni inferiori ad una determinata misura percentuale o per le variazioni intervenute nel primo periodo di attuazione del rapporto, con la conseguente declaratoria di nullità.
3. Deve escludersi che l'appaltatore, stipulando consapevolmente una clausola contrattuale ritenuta nulla, abbia violato il canone di buona fede precontrattuale allorché la natura non escludente di detta clausola la rendeva insuscettibile di immediata impugnazione e la predeterminazione unilaterale delle condizioni del contratto non lasciava opzioni alternative all'impresa interessata a contrattare con la pubblica amministrazione (nella fattispecie, la clausola sottoscritta nulla escludeva l'operatività dell'istituto della revisione del prezzo nei primi cinque anni di esecuzione del contratto).
4. L'inserimento automatico di una clausola di revisione prezzi diversa per contenuto da quella posta in gara e recepita nel contratto non è lesiva delle regole della concorrenza per attribuire al contraente un diritto aggiuntivo rispetto a quelli prospettati dall'amministrazione a tutti i concorrenti atteso che la sostituzione automatica della clausola fissata dall'amministrazione deriva dall'applicazione di una norma imperativa di legge che, in quanto tale, è conoscibile da tutti i concorrenti e suscettibile di interessare la posizione di ogni potenziale contraente.
Il meccanismo della revisione prezzi disegnato dal legislatore interno non limita in alcun modo, d'altronde, il dispiegarsi del confronto concorrenziale, ma al contrario, essendo ancorato a criteri oggettivi che consentono di conservare l'equilibrio del sinallagma contrattuale, può rafforzare la par condicio dei concorrenti e favorire la partecipazione di imprese meno capaci di sopportare l'alterazione degli oneri che dovesse intervenire nel corso dell'esecuzione di un rapporto di lunga durata.
5. In mancanza delle rilevazioni da parte dell'Istat dei prezzi del mercato dei principali beni e servizi acquisiti dalle pubbliche amministrazioni, dovrà farsi inevitabilmente riferimento al più generale indice sull'aumento medio dei prezzi (indice Istat F.O.I.) che costituisce strumento atto a rilevare gli incrementi del tasso generale di inflazione e, quindi, idoneo parametro di valutazione dell'incremento di prezzo (cfr. Consiglio di Stato, sezione V, 14-12-2006 n. 7461).
Sulle somme così risultanti dovranno essere applicati gli interessi con le modalità e secondo i saggi previsti dagli artt. 4 e 5, D.Lgs. 09.10.2002, contenenti norme imperative, applicabili anche alle pubbliche amministrazioni, che non presuppongono la sussistenza di un colpevole ritardo nel pagamento del corrispettivo e possono essere derogate solo per effetto di un accordo liberamente sottoscritto dalle parti (cfr. Consiglio di Stato, sezione V, 01-04-2010 n. 1885) (massima tratta da http://mondolegale.it - TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 15.06.2010 n. 2849 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'illegittimità del provvedimento di aggiudicazione di una gara adottato nei confronti di una cooperativa che si sia avvalsa dei requisiti posseduti da una società di capitali.
Nelle gare "sotto soglia" riservate -in via eccezionale- alle cooperative sociali, l'istituto dell'avvalimento non può essere utilizzato ove esso si risolva nella possibilità di usufruire dei requisiti di società di capitali, non ricomprese nel novero delle cooperative sociali.
Ciò anche in considerazione di quanto espresso nel parere n. 38/2009 dell'Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici, che evidenzia come in tal caso verrebbe falsata la selezione comparativa e pregiudicata la finalità solidaristica della disciplina in questione.
Pertanto, nel caso di specie, è illegittimo il provvedimento di aggiudicazione adottato da una stazione appaltante nei confronti di una cooperativa che, per partecipare all'appalto si sia avvalsa dei requisiti economico-finanziari e tecnici posseduti da una società di capitali.
Ove, infatti. si consentisse alle cooperative sociali di partecipare tramite tale forma di avvalimento agli appalti ad esse riservati, ne risulterebbe alterata la par condicio del relativo settore, con conseguente rilevante pregiudizio dello stesso imparziale perseguimento delle finalità sociali e solidaristiche perseguite, nel senso che non sarebbe garantita "ex ante" una uniforme possibilità di ampliamento delle possibilità partecipative alle gare (TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 15.06.2010 n. 1762 - link a www
.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIGara pubblica - Art. 83 D.lgs. 163/2006 - Criteri di valutazione delle offerte - Pertinenza diretta con l'oggetto del contratto - Necessità.
Ai sensi dell'art. 83, d.lgs. 12.04.2006 n. 163, "i criteri di valutazione dell'offerta delle imprese partecipanti devono essere riferiti direttamente ed esclusivamente alle prestazioni che formano oggetto specifico dell'appalto, nel senso che devono essere pertinenti alla natura, all'oggetto e al contenuto del contratto" (Consiglio Stato Sez. V, 21.11.2007 n. 5911), attesa la necessità di adeguare i criteri al mero oggetto di gara, e quindi di contratto (TAR Liguria Genova, sez. II, 27.02.2008 n. 335) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 14.06.2010 n. 1828 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIDivieti di partecipazione alle gare pubbliche - Art. 38, comma 1, lett. f del D.lgs. 163/2006 - Gravi inadempienze in precedenti contratti - Valutazione discrezionale della P.A. - Vincolo della motivazione - Sufficienza del richiamo per relationem al precedente atto di risoluzione contrattuale per inadempimenti del concorrente.
L'art. 38, comma 1, lett. f), del D.lgs. 163/2006 preclude la partecipazione alle gare d'appalto agli operatori economici che si sono resi responsabili di gravi inadempienze nell'esecuzione di precedenti contratti sancendo il principio per cui la sussistenza di tali situazioni ostative può essere desunta da qualsiasi mezzo di prova sulla base di una valutazione della Stazione appaltante circa l'incidenza del fatto sul rapporto fiduciario che deve necessariamente legare la medesima all'aggiudicatario.
Ne deriva che l'Amministrazione, in materia, agisce nell'esercizio della propria discrezionalità dovendosi ritenere vincolata al solo obbligo di motivazione che, peraltro, data l'ampiezza del potere esercitato, può risolversi in un semplice richiamo a vicende incidenti sull'affidabilità del contraente.
L'esclusione ex art. 38, comma 1, lett. f), come la giurisprudenza ha avuto modo di precisare, non "presuppone il definitivo accertamento di tale comportamento, essendo sufficiente la valutazione fatta dalla stessa amministrazione col richiamo per relationem all'atto con cui, in altro rapporto contrattuale di appalto, la stessa amministrazione aveva provveduto alla risoluzione per inadempimenti contrattuali. (cfr. Cons. Stato, IV 3092 del 2007; VI Sez. n. 1071 del 2004 e IV Sez. n. 4999 del 2006)" (Cons. Stato, Sez. V, 27.01.2010, n. 296) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 14.06.2010 n. 1822 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Responsabilità civile della P.A. - Schema generale della responsabilità aquiliana - Riconoscimento del danno al privato - necessità di tutti gli elementi dell'art. 2043 c.c. - Antigiuridicità del comportamento e nesso di causalità.
2. Responsabilità della P.A. - Annullamento giurisdizionale del provvedimento impugnato - Condizione non sufficiente per il risarcimento del danno - Dimostrazione del danno e del nesso causale - Necessità - Presenza degli elementi della colpa grave, dell'imperizia e della negligenza.

1. Secondo l'ormai prevalente orientamento della giurisprudenza amministrativa la responsabilità civile della pubblica amministrazione, pur presentando connotazioni di specialità sia in relazione alla qualificazione pubblica ed autoritativa del soggetto agente che in considerazione della natura pubblica degli interessi sottesi all'esplicazione della funzione amministrativa, deve essere ricompresa nello schema generale della responsabilità civile aquiliana (cfr., sul punto, Cons. Stato, sez. VI, 11.01.2010, n. 14, ove si citano numerose pronunce in senso conforme).
Per poter riconoscere come responsabile della lesione inferta alla posizione del privato e, quindi, obbligata al risarcimento del danno l'amministrazione, devono sussistere, dunque, tutti gli elementi costitutivi dell'illecito extracontrattuale ai sensi dell'art. 2043 c.c.: antigiuridicità del comportamento -che si identifica con l'illegittimità dell'atto amministrativo- danno provocato al singolo mediante tale comportamento, nesso di causalità tra il comportamento antigiuridico ed il danno, elemento soggettivo.
2. Il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica dell'annullamento giurisdizionale del provvedimento impugnato, richiedendosi la positiva verifica di tutti i requisiti previsti, e cioè la lesione della situazione soggettiva tutelata, la colpa dell'amministrazione, l'esistenza di un danno patrimoniale e la sussistenza di un nesso causale tra l'illecito ed il danno subito e, riguardo all'elemento soggettivo, è indispensabile accedere ad una nozione di tipo oggettivo, che tenga conto dei vizi che inficiano il provvedimento, nonché, in conformità con quanto emerge dalle indicazioni della giurisprudenza comunitaria, della gravità della violazione commessa dall'amministrazione, anche alla luce dell'ampiezza delle valutazioni discrezionali ad essa rimesse, dei precedenti giurisprudenziali, delle condizioni concrete e dell'apporto dato dai privati nel procedimento.
La responsabilità va, dunque, affermata quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimenti normativi e giuridici tale da palesare la negligenza e l'imperizia dell'organo nell'assunzione del provvedimento viziato; viceversa, va negata quando l'indagine conduca al riconoscimento di un errore scusabile, per la sussistenza di contrasti giurisprudenziali, per l'incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 14.06.2010 n. 1811 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: ESCLUSIONE PER MANCANZA DEL REQUISITO DELLA REGOLARITA' FISCALE: QUANDO E' LEGITTIMA?
1. Giudizio amministrativo - Procedura - Ricorso - Inammissibilità - In caso di petitum generico - Insussistenza - Ragioni.
2. Appalto di lavori - Partecipazione e qualificazione - Interpretazione art. 75, co. 1, lett e), D.P.R. 21.12.1999 n. 554 - Conseguenze - Esclusione - Gara - Solo se le infrazioni sono accertate in modo definitivo - Ragioni.

1. Alla stregua dell'art. 6, co. 1, n. 3, R.D. 642/1907 (richiamato dall'art. 19 della L. TAR) che impone precisi oneri formali nella redazione del ricorso, e delle disposizioni di cui agli artt. 21-septies e nonies, L. n. 241/1990 che distinguono i vizi comportanti la "nullità" da quelli causa di "annullabilità", non può essere qualificato inammissibile il gravame redatto con un petitum ampio nel quale si chieda genericamente al giudice di accertare l'invalidità (quale categoria generale) dell'atto impugnato, disponendone contestualmente la rimozione dal mondo giuridico, senza specificare se l'effetto demolitivo della sentenza debba essere ricondotto alla sussistenza di cause di "nullità" o di "annullabilità" dell'atto stesso.
2. Le infrazioni agli obblighi derivanti dalle norme a disciplina dei rapporti di lavoro -come a quelli sulla sicurezza o in materia di imposte e tasse- possono giustificare l'esclusione da una gara d'appalto sole se accertate in modo "definitivo", tale dovendosi intendersi l'espressione "debitamente accertate" di cui all'art. 75, co. 1, lett. e), D.P.R. 21.12.1999 n. 554, dovendosi altrimenti dubitare della conformità della disposizione in esame ai principi di cui agli art. 3 e 97, Cost., sia perché inspiegabilmente diversa dall'ipotesi, sostanzialmente identica, di cui alla successiva lett. d), sia per violazione del principio di legalità ed imparzialità dell'azione amministrativa, dal momento che sarebbero sottoposti a "preventiva" esclusione comportamenti che ben possono, poi, risultare non solo affatto illeciti, ma anche "indebitamente" accertati (TAR Marche Ancona n. 292/2005; TAR Campania Salerno n. 2176/2008; TAR Lazio Roma n. 7842/2008) (massima tratta da
http://mondolegale.it - TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 11.06.2010 n. 2285 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla illegittimità dell'esclusione di un concorrente per asserita carenza del requisito della "regolarità fiscale", nell'ipotesi in cui risulti che il predetto debito sia soggetto a procedura di "sgravio".
Sulla sussistenza del requisito di regolarità fiscale nell'ipotesi di pendenze non ancora accertate in via definitiva.

E' illegittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un concorrente per asserita mancanza del requisito della cd. "regolarità fiscale" di cui all'art. 75, c. 1, lett. g, del D.P.R. 554/1999, ciò in quanto, nel caso di specie, dalla attestazione proveniente dall'Agenzia delle Entrate risulta che il predetto debito è stato assoggettato a procedura di "sgravio" a seguito del pagamento effettuato, dall'impresa esclusa, nel periodo antecedente alla partecipazione della stessa alla gara.
Nell'ipotesi in cui, a carico di un'impresa concorrente, pendano precedenti debiti non ancora accertati in via definitiva, ciò non inficia la sussistenza del requisito di regolarità fiscale, in quanto, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, ai fini della disposizione di cui all'art. 75, c. 1, lett. g, del D.P.R. 554/1999, sono irrilevanti i debiti non ancora muniti del carattere della definitività, dovendosi altrimenti dubitare della conformità della disposizione in esame ai principi di cui agli artt. 3 e 97 cost.; peraltro, un eventuale provvedimento di esclusione, in siffatta ipotesi, violerebbe il principio di legalità ed imparzialità dell'azione amministrativa, poiché sarebbero sottoposti a "preventiva" esclusione comportamenti che, successivamente, potrebbero risultare leciti o indebitamente" accertati (TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 11.06.2010 n. 2285 - link a www
.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: LE IMPRESE PARTECIPANTI A UNA GARA DEVONO SAPERE PRIMA COME SARA' VALUTATA LA LORO OFFERTA?
Appalto pubblico (in generale) - Criteri e principi - Necessaria predeterminazione dei criteri selettivi ex art. 30, co. 3, D.Lgs. n. 163/2006 - Interpretazione - Relativi sia alla qualificazione dell'offerente che alla valutazione della relativa offerta - Ragioni.
L'articolo 30, co. 3, del D.Lgs. n. 163/2006, che ribadisce la necessaria predeterminazione dei criteri selettivi, va inteso nel senso che essi sono non solo quelli relativi alla qualificazione dell'offerente, ma anche alla valutazione della relativa offerta, trattandosi pur sempre di attività selettiva.
In ordine ai poteri di cui dispone, al riguardo, la commissione aggiudicatrice, occorre evidenziare che il diritto comunitario non osta a che una commissione aggiudicatrice attribuisca un peso relativo ai sub elementi di un criterio di aggiudicazione, purché tale criterio sia stato stabilito precedentemente, effettuando una ripartizione tra questi ultimi del numero di punti già previsti per il detto criterio dall'amministrazione aggiudicatrice al momento della redazione del capitolato d'oneri o del bando di gara (Cfr. C.G.E., sez. II, 24-11-2005 in C-331/04; C.G.E., sez. I, 06-04-2006 n. 410; vedi anche TAR Lombardia Brescia, sez. I, 18-10-2007 n. 908) (nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto che, mancando ogni predeterminazione (in sede di bando) dei punteggi relativi ai criteri di valutazione, è evidente la violazione del principio di trasparenza, contenendo, l'atto della Commissione, elementi che, se fossero stati noti al momento della preparazione delle offerte, avrebbero sicuramente influenzato dette offerte) (massima tratta da
http://mondolegale.it - TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 10.06.2010 n. 2751 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: OFFERTA TECNICA: ESCLUSIONE PER CARENZE DOCUMENTALI?
1. Verifica della documentazione amministrativa e verifica della documentazione tecnica: differenze e conseguenze.
2. Appalto di servizi - Documentazione - Sommaria verifica sulla presenza o meno della documentazione tecnica - Rende illegittimo il provvedimento di esclusione.

1. La commissione di gara ha indubbiamente la facoltà di escludere da una licitazione privata una società per aver ritenuto che l'offerta tecnica presentata dalla medesima fosse mancante della documentazione che specifichi il sistema organizzativo di erogazione del servizio per tutte le tipologie di aree e gli indici di rischio, quando sia concretamente riscontrabile una carenza essenziale del contenuto o delle modalità di presentazione dell'offerta tecnica.
L'esclusione tuttavia presuppone necessariamente un'approfondita e diffusa valutazione dell'offerta, nella sua globalità, al fine di accertare l'effettiva insussistenza di quei requisiti minimi di valutabilità, che non la rendono meritevole di partecipare al procedimento concorsuale atteso che la decisione, rimessa alla discrezionalità tecnica della commissione, richiede un accertamento diverso e ben più approfondito di quello che di norma, è necessario per verificare il possesso o meno in capo ai candidati che hanno presentato offerta dei requisiti soggettivi di partecipazione.
Le operazioni di verifica della documentazione amministrativa si sostanziano infatti, in mero accertamento di carattere vincolato. Al contrario, quelle di verifica della documentazione tecnica, al fine di riscontrarne la completezza del contenuto e di conseguenza la sua rispondenza ai requisiti della lex specialis, implicano valutazioni che pur non essendo ancora mirate ad apprezzarne la qualità, si sostanziano tuttavia in operazioni tecniche preordinate a collocare il progetto proposto al di sopra o al di sotto di una soglia minima di idoneità tecnica.
Tali valutazioni sono quindi connotate dal requisito della opinabilità e censurabili in sede giurisdizionale per irragionevolezza, illogicità, incongruità ed erroneità dei presupposti di fatto.
2. In sede di gara per l'aggiudicazione di un appalto di servizi, la decisione di escludere un'impresa per carenza essenziale del contenuto dell'offerta non può essere sbrigativamente emessa all'esito di una sommaria e superficiale verifica della presenza o meno nella busta contente la documentazione tecnica, della relazione tecnica sul sistema organizzativo di erogazione del servizio.
Il provvedimento di esclusione implica invece l'integrale lettura di tutta la documentazione ivi contenuta, viepiù quando le modalità della sua composizione non sono tassativamente stabilite a pena d'esclusione, ma unicamente indicate onde facilitarne l'esame e la valutazione da parte della commissione (massima tratta da
http://mondolegale.it - TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 10.06.2010 n. 2740 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Documentazione prodotta - Integrazione ammissibile - Limiti.
L’integrazione ammissibile in sede di gara su richiesta della stazione appaltante -allo scopo di far prevalere la sostanza sulla forma- si rivela finalizzata unicamente ad ottenere precisazioni in ordine alla documentazione prodotta, in vista della sanatoria di eventuali irregolarità formali; una tale facoltà non può estendersi al caso in cui l’incompletezza o la non conformità alle prescrizioni di gara riguardi l’offerta tecnica ed economica, perché altrimenti verrebbe ad essere violato il principio della par condicio dei concorrenti mediante la modificazione postuma dell’offerta, con conseguente inammissibile incidenza sulla sostanza e non più solo sulla forma (TAR Emilia Romagna Parma, sez. I - 06/02/2008 n. 90; Consiglio di Stato, sez. V - 11/12/2007 n. 6403) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 10.06.2010 n. 2305 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di un concorrente per accertata irregolarità fiscale, nonostante la modesta entità dell'importo dovuto.
E' legittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un'impresa concorrente resasi inadempiente in relazione al saldo di una cartella di pagamento nonostante la modesta entità dell'importo dovuto, in quanto ai sensi dell'art. 38, c. 1, lett. g), del d.lgs. n 163/2006 (Codice dei contratti), sono esclusi dalla partecipazione alle gare e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti che abbiano commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse.
La disposizione citata, infatti, fa riferimento a qualsivoglia violazione, anche di importo esiguo, senza che sia consentito alla stazione appaltante che ha bandito la gara, valutarne la rilevanza e la buona o mala fede del contribuente, giacché tale valutazione è stata effettuata dal legislatore al fine di garantire l'affidabilità dell'offerta e nell'esecuzione del contratto, nonché la correttezza e serietà del concorrente; diversamente, si avrebbe il conferimento all'amministrazione di un potere discrezionale di apprezzamento della gravità dell'infrazione anche in aree in cui è positivamente esclusa (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 10.06.2010 n. 1803 - link a www
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APPALTI: Sulla possibilità per un concorrente, cessionario di un ramo d'azienda, di avvalersi dei requisiti posseduti dall'impresa cedente.
Deve essere escluso da una gara d'appalto per l'affidamento del servizio di refezione scolastica, il concorrente che non disponga di un centro di cottura autorizzato per la preparazione di pasti per mense. Sulla facoltà concessa al g.a. di indicare una decorrenza dell'inefficacia del contratto d'appalto in virtù del superiore interesse pubblico, nel caso di annullamento dell'intera procedura di gara.
Per giurisprudenza pacifica è consentito, all'impresa che abbia acquisito un ramo di azienda, di avvalersi, ai fini della qualificazione ad una gara d'appalto, dei requisiti posseduti dall'impresa cedente, in quanto l'istituto dell'avvalimento ha portata generale, ed inoltre l'art. 51 del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti), disciplinando le vicende soggettive dell'offerente e del candidato, compresa la cessione di ramo d'azienda, conferma siffatta interpretazione; ciò a condizione che la concorrente, nella domanda di partecipazione, dichiari di avvalersi dei requisiti dell'impresa cedente, e ne dimostri l'effettivo possesso in capo alla stessa.
E' illegittima l'ammissione alla gara per l'affidamento di un appalto di refezione scolastica di una ditta, priva del requisito, fissato a pena di esclusione dal bando di gara, di un centro di cottura regolarmente autorizzato per la preparazione di pasti per mense, in quanto la concorrente disponeva soltanto di un centro di cottura autorizzato per l'esercizio dell'attività di bar, pizzeria, tavola calda, come risulta dall'autorizzazione sanitaria rilasciata dalla USL.
Ai sensi dell'art. 245-ter del D.Lgs n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), il g.a., annullato il provvedimento illegittimo di aggiudicazione definitiva, ha un potere discrezionale di valutazione in ordine all'opportunità, o meno, di dichiarare l'inefficacia del contratto. La norma deve essere interpretata in combinato disposto con l'art. 245-bis, c. 2, che consente di limitare la declaratoria di inefficacia del contratto alle prestazioni ancora da eseguire. Inoltre, ai sensi dell'art. 245-bis, c.1, è possibile preservare l'efficacia del contratto qualora lo richiedano esigenze imperative connesse ad un interesse generale.
Nel caso di specie, è consentito al giudice di indicare una decorrenza dell'inefficacia conforme all'interesse pubblico, il quale esige la preservazione della continuità del servizio di refezione fino al termine dell'anno scolastico (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II, sentenza 10.06.2010 n. 1107 - link a www
.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Gare, trucchi in vista. Ok della camera al ddl Brunetta. A rischio la concorrenza. Obbligatorio interpellare gli esclusi.
Possibili combine nelle gare di appalto con l'obbligo per la stazione appaltante di interpellare i primi cinque classificati dopo l'aggiudicatario, in caso di risoluzione del contratto o di fallimento.
È questo il possibile effetto della modifica al Codice dei contratti pubblici (l'ennesima di questi ultimi mesi) disposta dal ddl semplificazione approvato ieri dalla camera con 265 sì, 213 no (Pd e Idv) e 40 astenuti (Udc).
L'articolo 140 del dlgs 163/2006, ad oggi, stabilisce che le stazioni appaltanti prevedono nel bando di gara la facoltà di interpellare i cinque concorrenti che seguono in graduatoria l'aggiudicatario dell'appalto nel caso in cui si pervenga alla risoluzione del contratto per grave impedimento o si verifichi il fallimento dell'impresa.
In questi casi quindi l'amministrazione può (ma non deve) sentire i concorrenti classificati dal secondo al sesto posto, scorrendo quindi la graduatoria progressivamente, e stipulare con uno di essi un nuovo contratto alle stesse condizioni di quello inizialmente stipulato con l'appaltatore fallito o gravemente inadempiente ... (articolo ItaliaOggi del 10.06.2010, pag. 28 - link a www.corteconti.it).

APPALTI: Modifiche al Codice in tema di comunicazione introdotte dal dlgs che recepisce la 2° direttiva ricorsi Ue. Appalti, certezza impugnazioni. Dall’aggiudicazione sale a 35 giorni il termine per il contratto.
Il decreto legislativo 20.03.2010 n. 53 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 84 del 12.04.2010 (in vigore dal 27.04.2010) realizza il definitivo recepimento nell’ordinamento italiano della direttiva ricorsi n. 2007/66/CE dell’11.12.2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, la cosiddetta seconda direttiva ricorsi.
Il decreto legislativo di recepimento introduce numerose modifiche, sia nel campo sostanziale che processuale, al codice dei contratti pubblici (dlgs 163/2006) ... (articolo ItaliaOggi del 09.06.2010, pag. 38).

APPALTI: Art. 34 d.lgs. n. 163/2006 - Società semplici - Partecipazione alle gare di appalti pubblici - Preclusione - Contrasto con il diritto comunitario - Esclusione - Ragioni.
L’art. 10, l. n. 109/1994 e l’art. 34, lett. a), d.lgs. n. 163/2006, laddove non consentono alle società semplici la partecipazione alle gare di appalti pubblici, non contrastano con il diritto comunitario dei pubblici appalti che, pur affermando il principio di libertà di forma del concorrente, tuttavia non impedisce agli Stati membri di regolare la capacità giuridica dei soggetti diversi dalle persone fisiche, e di vietare a determinate categorie di persone giuridiche di offrire lavori, beni o servizi sul mercato.
Invero, la regola contenuta nel c.c. secondo cui la società semplice non può svolgere attività commerciale, è coerente con l’art. 4, par. 1, direttiva 2004/18/CE che lascia agli Stati membri la possibilità di autorizzare o meno determinate categorie di soggetti a offrire prestazioni sul mercato e, in definitiva, di riconoscere o meno a determinati soggetti la relativa capacità giuridica (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 08.06.2010 n. 3638 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di una società semplice da una gara d'appalto.
E' legittimo il provvedimento di esclusione adottato nei confronti di un'impresa concorrente che rivesta la forma giuridica di società semplice, adottato ai sensi dell'art. 10, L. n. 109/1994, nonché dell'art. 34, lett. a) del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti), ciò in quanto le predette disposizioni normative non contrastano con i principi comunitari di libera concorrenza e massima partecipazione, i quali consentono comunque, ai Paesi membri dell'Unione, di valutare l'opportunità di affidare la realizzazione di lavori e servizi a determinate categorie di imprese; d'altro canto, la disposizione di cui all'art. 2249 c.c., che esclude la possibilità, per le società semplici, di svolgere un'attività commerciale, appare ragionevole e non discriminatoria, in virtù del peculiare regime di responsabilità della società semplice verso i terzi, rispetto a quello che connota , viceversa, le altre categorie sociali.
Peraltro la regola contenuta nel c.c. è coerente con l'art. 4, par. 1, direttiva 2004/18/CE che lascia agli Stati membri la possibilità di riconoscere o meno a determinati soggetti la relativa capacità giuridica (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 08.06.2010 n. 3638 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Collegamento tra imprese.
Ai fini di escludere due o più imprese da una gara di appalto per la sussistenza tra loro di un collegamento sostanziale, sono da ritenere insufficienti eventuali comunanze a livello strutturale tra le imprese, essendo necessario verificare se tale comunanza abbia avuto un impatto concreto sul rispettivo comportamento nell’ambito della gara, con l’effetto di determinare la presentazione di offerte riconducibili ad un unico centro decisionale; inoltre, agli stessi fini, la sola somiglianza della veste formale delle offerte non dimostra l’identità del centro decisionale, che invece postula una somiglianza del contenuto sostanziale delle offerte (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 08.06.2010 n. 3637 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Eventuali comunanze a livello strutturale sono di per sé insufficienti a determinare la riconducibilità delle offerte ad un unico centro decisionale, essendo necessario verificare se tale comunanza abbia avuto un impatto concreto sul rispettivo comportamento nell'ambito della gara.
Eventuali comunanze a livello strutturale sono di per sé insufficienti a determinare la riconducibilità delle offerte ad un unico centro decisionale, essendo necessario verificare se tale comunanza abbia avuto un impatto concreto sul rispettivo comportamento nell’ambito della gara.
Pertanto, difettano gli elementi univoci per ritenere sussistente un rapporto di collegamento sostanziale tra le due società, e in particolare per ritenere che le offerte fossero espressione di un unico centro decisionale, cosa che può essere accertata mediante un attento esame del contenuto delle offerte (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 08.06.2010 n. 3637 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI: Il potere-dovere di integrazione in sede di gara non può risolversi nel rimediare alla produzione di un documento mancante e non può essere esercitato in sede di offerta.
Il potere-dovere di integrazione in sede di gara è doverosamente circoscritto, sotto il profilo oggettivo, al materiale documentale, potendo essere esercitato, sempreché non venga violata la par condicio, come avviene quando si pretenda di supplire all'omesso assolvimento di un onere sancito a pena di esclusione, solo per sopperire a carenze documentali, ossia ad omessa rappresentazione del contenuto di elementi documentali e non può risolversi nel rimediare alla produzione di un documento mancante, quanto, piuttosto, nella semplice integrazione di un documento già presente agli atti di gara. Siffatto principio è stato positivizzato in norma dall'art. 46 del d.lgs. 16.04.2006, n. 163, ma è pur sempre temporalmente limitato alla fase della procedura di gara preordinata alla verifica dei requisiti soggettivi di partecipazione.
Inoltre, fermo il delineato limite oggettivo e temporale, non è consentito alla commissione di gara esercitare un potere di integrazione, mediante richiesta di chiarimenti o altro, quando la procedura sia pervenuta alla fase dell'offerta, sussiste una norma di gara chiara e dettagliata nel prescrivere un determinato contenuto o requisito dell'offerta stessa e quando la deviazione della composizione e/o rappresentazione di una delle offerte in gara dalla norma stabilita al riguardo dalla lex specialis, sia marcata, come nel caso di specie, contraddistinto dall'analiticità e chiarezza della disposizione capitolare violata dalla ricorrente con la confezione di un'offerta nettamente divergente dalla prescrizione stessa, dando luogo ad un accentuato quantum di deviazione dalla prescrizione della lex specialis.
In siffatti casi, qualunque intervento da parte della commissione sull'offerta non si arresterebbe ad un'opera interpretativa - che pure è di dubbia ammissibilità - ma sostanzierebbe una sostituzione dell'organo di gara all'offerente, con evidente alterazione della par condicio (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 08.06.2010 n. 2722 - link a www
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APPALTI: E' illegittima l'applicazione delle sanzioni accessorie (escussione della cauzione provvisoria e segnalazione all'Avcp) qualora l'impresa abbia dichiarato il possesso dei requisiti ma non li abbia comprovati per errore di interpretazione del bando.
Qualora un'impresa abbia dichiarato di possedere un requisito che successivamente risulti invece carente ma a quella dichiarazione sia stata indotta da errore interpretativo in ordine alla portata delle disposizioni della lex specialis, l'esclusione dalla gara è legittima, ma non può essere comminata anche l'escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione del fatto espulsivo all'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici.
Si è infatti precisato che "in tali evenienze, nelle quali l'impresa non ha dichiarato nulla di diverso e di più di ciò di cui è realmente in possesso, ma ha errato nel valutare sufficiente il requisito posseduto, non ha senso irrogare sanzioni che vadano oltre la fisiologica esclusione dell'impresa dalla gara".
Tale l'opzione esegetica dell'art. 48, c. 1, del d.lgs. n. 163/2006, trova conforto in una decisione del Consiglio di Stato, resa sull'omologa norma previgente (art. 10, c. 1-quater della L. 11.02.1994, n. 109), che ha predicato l'inapplicabilità delle sanzioni nei casi in cui un'impresa in buona fede abbia errato in ordine all'interpretazione del bando e della normativa generale ed abbia ritenuto di avere il requisito in realtà carente o contestato (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 08.06.2010 n. 2721 - link a www
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APPALTI: Sulla necessità per un consorzio di dimostrare di poter effettivamente disporre dei mezzi di altri soggetti necessari alla esecuzione di un appalto.
Secondo l'art. 47, secondo comma della direttiva 2004/18/CE, "un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto", fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a "prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. In tal caso deve dimostrare all'amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell'impegno a tal fine di questi soggetti": in definitiva, per potersi avvalere di mezzi di altri, occorre comprovarne l'effettiva disponibilità, spettando al "giudice nazionale valutare se tale prova sia fornita nella fattispecie di cui alla causa a qua" (cfr., sentenza 02.12.1999, in causa C-176/98, cit.).
Il detto indirizzo è stato condiviso dal Consiglio di Stato, che ha considerato a tal fine documento appropriato un atto unilaterale di impegno, irrevocabile e incondizionato, assunto da una società, con il quale il personale di essa, nella misura necessaria ad assicurare il rispetto del requisito, è stato messo a disposizione di altra società per l'esecuzione dei servizi oggetto della procedura di gara, pur nel concorso dell'identica composizione societaria, il che ha reso ulteriormente "palese la realizzazione di un unitario e comune centro di interessi tra le due società" (cfr., C.d.S., sez. V, 15.12.2005, n. 7134).
Detta prova ha fatto, peraltro, palesemente difetto nel caso di specie, non essendo stato documentato che i soggetti terzi rispetto alla gara, ma proprietari dei ridetti mezzi, si fossero formalmente obbligati a porli a disposizione del consorzio partecipante alla gara per l'arco temporale di esecuzione del servizio, a nulla rilevando che i detti proprietari avessero consegnato a quest'ultimo i rispettivi libretti di circolazione, consegna che, a tale scopo, non può assumere il valore di un impegno, sostanziale e formale, circa il loro utilizzo, pur in presenza di un generico "rapporto di gruppo" (cfr., in termini, C.d.S., sez. VI, 09.02.2010, n. 641 e TAR Lazio, Roma, sez. III-ter, 25.08.2006, n. 7515) (TRGA Trentino Alto Adige-Trento, sentenza 07.06.2010 n. 151 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: E' legittima l'esclusione da una gara per l'affidamento del servizio di ristorazione di un concorrente, disposta a causa del decreto penale emesso nei confronti del rappr. leg. per violaz. delle norme sulla disc. igienica delle sostanze alimentari.
L'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 dispone l'esclusione dalla gara per l'affidamento di appalti pubblici del soggetto nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del c.p.p., per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale.
Condizioni perché l'esclusione consegua alla condanna sono la gravità del reato, e il riflesso dello stesso sulla moralità professionale. La gravità del reato deve, quindi, essere valutata in relazione a quest'ultimo elemento, ed il contenuto del contratto oggetto della gara assume allora importanza fondamentale al fine di apprezzare il grado di "moralità professionale" del singolo concorrente.
Pertanto, è legittimo il provvedimento di esclusione dalla procedura di gara indetta per l'affidamento del servizio di ristorazione della sede centrale e dei distaccamenti del comando dei vigili del fuoco disposta nei confronti di un concorrente a causa della condanna del rappresentante legale per violazione delle norme sulla disciplina igienica della produzione e della vendita di sostanze alimentari e di bevande, in quanto la norma citata ha lo scopo di evitare che la P.A. contragga obbligazioni con soggetti che non garantiscano adeguata moralità professionale.
Non è dubbio, infatti, nel caso di specie, che la condanna per violazione delle norme sulla disciplina igienica della produzione e della vendita di sostanze alimentari costituisca di per sé, in relazione all'oggetto del contratto per il quale è stata indetta la gara, grave reato che incide sulla moralità professionale (oltretutto negato in sede di attestazione dei requisiti generali per la preselezione) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 04.06.2010 n. 3560 - link a www
.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISulla necessità della forma scritta per i contratti conclusi dalle PP.AA..
Come ripetutamente sostenuto dalla Corte di Cassazione, per il perfezionamento dei contratti stipulati dalle amministrazioni pubbliche è necessaria una manifestazione documentale della volontà negoziale da parte dell'organo rappresentativo abilitato a concludere, in nome e per conto dell'ente pubblico, negozi giuridici, mentre devono ritenersi, all'uopo, inidonee le deliberazioni adottate da organi collegiali deliberativi, attesane la caratteristica di atti interni, di natura meramente preparatoria della successiva manifestazione esterna della volontà negoziale, di talché un contratto non potrà dirsi legittimamente perfezionato ove la volontà di addivenire alla sua stipula non sia, nei confronti della controparte, esternata, in nome e per conto dell'ente pubblico, da quell'unico organo autorizzato a rappresentarlo.
Ne consegue che la normativa speciale dettata in tema di contratti della p.a. prevale sulla diversa disciplina dei rapporti tra privati, quale, ad esempio, quella dettata in tema di conferimento di incarichi professionali, in tema di stipula di locazioni e contratti agrari ultranovennali, in tema di rinnovo tacito del contratto di locazione (inconfigurabile, se il locatore sia un ente pubblico, nonostante il comportamento asseritamene concludente si sia, come nella specie, protratto per anni) (Cass. 26.06.2008, n. 17550; 08.01.2005, n. 258) (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 03.06.2010 n. 3507 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla necessità di rendere la dichiarazione relativa all'assenza di sentenze penali anche non definitive, nel caso in cui ciò sia richiesto dal bando di gara a pena di esclusione.
In materia di appalti pubblici vige l'obbligo, in capo al legale rappresentante di un'impresa concorrente, di presentare la dichiarazione relativa all'assenza di sentenze, ancorché non definitive, relative ai reati che precludano la partecipazione alle gare, e ciò nell'ipotesi in cui detta prescrizione sia imposta, come nel caso di specie, dal bando di gara, in quanto, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, le valutazioni effettuate dalle commissioni in sede di giudizio sono strettamente vincolate al rispetto delle clausole del bando stabilite espressamente a pena di esclusione, dal momenti che, in tali ipotesi, la rigida applicazione della lex specialis garantisce la parità di trattamento tra tutti i partecipanti, al fine di scongiurare eventuali atteggiamenti arbitrari da parte delle commissioni stesse (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 03.06.2010 n. 1352 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: Servitù di passaggio per l’accesso ad un impianto sportivo comunale.
Il quesito posto attiene alla situazione giuridica derivante dalla esistenza di una strada su terreno di proprietà di terzi costituente accesso ad un impianto sportivo (Regione Piemonte, parere n. 47/2010 - link a www.regione.piemonte.it).

LAVORI PUBBLICI: Verifica preliminare di interesse archeologico per un progetto di scavi stradali in un Comune privo di aree di tutela archeologica.
Viene chiesto parere al Servizio scrivente in ordine alla necessità di sottoporre preliminarmente un progetto relativo ad una attività di scavo per la costruzione di strade, fognature, acquedotti o altre opere, al parere della Soprintendenza per i beni archeologici, indipendentemente dall’esistenza o meno di un’area di interesse archeologico.
Il Comune richiedente aggiunge che il Piano Regolatore Generale Comunale vigente non individua aree di tutela archeologica nel territorio comunale.
Vengono inoltre richiamate due norme di riferimento per la fattispecie in oggetto e segnatamente: l’art. 95 del D.lgs. 163/2006 –Verifica preventiva dell’interesse archeologico in sede di progetto preliminare– e l’art. 28 del D.lgs. 42/2004 –Misure cautelari e preventive- (Regione Piemonte, parere n. 41/2010 - link a www.regione.piemonte.it).

APPALTI: V. Lopilato, CATEGORIE CONTRATTUALI, CONTRATTI PUBBLICI E I NUOVI RIMEDI PREVISTI DAL DECRETO LEGISLATIVO N. 53 DEL 2010 DI ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA RICORSI (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Partecipazione a gare d’appalto: Le situazioni di esclusione non si trasmettono all’impresa cessionaria (link a www.mediagraphic.it).

maggio 2010

APPALTI: La p.a. lumaca paga. Una circolare Assonime illustra una sentenza del Cds. Ritardi, no a modifiche unilaterali.
Sono illegittime le clausole, contenute in un bando di gara, con cui la pubblica amministrazione apporta modifiche unilaterali alla disciplina dei ritardi di pagamento che siano difformi da quelle previste dal dlgs n. 231/2002. Le deroghe alla norma, infatti, devono risultare da accordi espliciti tra le parti. Inoltre, anche le associazioni di categoria, pur non essendo imprese che partecipano alla gara, sono legittimate ad agire in giudizio in tali casi. Queste, infatti, tutelano interessi collettivi rispetto a clausole contrattuali che, a causa della loro iniquità, possono avere avuto un effetto dissuasivo nei confronti di altri possibili partecipanti.
È quanto ricorda l'Associazione fra le società italiane per azioni (Assonime) nella sua circolare 31.05.2010 n. 19, con la quale riprende i rilevanti contenuti della sentenza n. 469/2010 emessa dal Consiglio di Stato in tema di bandi di gara della pubblica amministrazione e disciplina dei ritardi di pagamento.
Un documento, quello pubblicato da Assonime, che vuole essere un vero e proprio vademecum per le imprese che si apprestano a partecipare a bandi di gara emessi da stazioni appaltanti pubbliche, sottolineando gli indirizzi giurisprudenziali più recenti che possono tutelare le imprese partecipanti.
Sulla scorta pertanto della pronuncia di Palazzo Spada, che ha respinto l'appello del Ministero della Giustizia in ordine a clausole contenute in un proprio bando di gara, Assonime ricorda che la deroga agli articoli 4 e 5 del citato dlgs n. 231/2002 (norme, queste, che prevedono il pagamento del corrispettivo a 30 giorni e, in caso di ritardo, il pagamento degli interessi nella misura dell'8%) «è ammessa solo attraverso un accordo esplicito tra le parti a seguito di apposita contrattazione e trattativa sul punto».
In sostanza, si legge nel documento, le stazioni appaltanti non possono autoritativamente inserire nei bandi di gara, clausole che prevedono il pagamento in un termine superiore a quello previsto dalla disposizione normativa, ovvero una misura degli interessi che sia «difforme» da quanto ivi previsto, a meno che esse non siano il frutto di «un accordo o comunque una esplicita e libera accettazione delle parti interessate».
In particolare, la p.a. non ha il potere di stabilire in modo unilaterale le conseguenze del proprio inadempimento contrattuale (come gli interessi o l'allungamento della propria obbligazione a pagare), a meno che essa «non voglia ricadere sotto le sanzioni di invalidità per iniquità e vessatori età».
Infine, la circolare di Assonime ricorda come nella sentenza in esame, il collegio di Palazzo Spada abbia sancito, in particolare, la legittimazione ad agire da parte delle associazioni di categoria e tutela degli interessi collettività, pur non essendo imprese partecipanti alla gara.
Il Consiglio, infatti, ha rilevato che l'oggetto del giudizio non era il bando «bensì le clausole inique in esso contenute». Ed è pacifico che le associazioni di categoria tutelano interessi collettivi rispetto a clausole contrattuali inserite nei bandi che possono, a causa della loro iniquità, avere un effetto dissuasivo nei confronti di una più ampia platea di possibili partecipanti (articolo ItaliaOggi dell'01.06.2010, pag. 21).

APPALTI: L. D'Angelo, Divagazioni sull’accesso immediato nei procedimenti di gara (link a www.altalex.com).

APPALTISulle modalità di presentazione dell’offerta e sull’interpretazione della clausole del bando.
E’ legittima l’ammissione ad una gara di appalto per l’affidamento di un servizio pubblico, di una ditta che ha presentato la propria offerta, nel termine previsto dalla lex specialis, a mezzo del servizio postale, non già con raccomandata con avviso di ricevimento -come espressamente richiesto dal bando a pena di esclusione- bensì a mezzo posta prioritaria in autoprestazione ex art. 8, d.lgs. n. 261/1999, nel caso in cui una clausola contenuta nelle avvertenze generali del medesimo bando, si limiti a precisare che non si sarebbe dato corso all’apertura dei soli plichi non ricevuti per il tramite del servizio postale; in tal caso, infatti, l’equivoca articolazione della formulazione del bando di gara, deve indurre a ritenere prevalente il principio del "favor partecipationis" e, conseguentemente, a non escludere dalla gara il plico presentato a mezzo posta prioritaria in autoprestazione ex art. 8 citato, in quanto comunque transitato per il tramite del servizio postale, e tempestivamente recapitato entro il termine prescritto nel bando, con la consegna in autoprestazione, prevista da una puntuale norma di legge di settore.
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Ha osservato, in particolare la sentenza in rassegna, che la "ratio"della clausola che impone a pena di esclusione l’utilizzo del servizio pubblico postale era intuitivamente quella di ottenere la certezza della data di spedizione e di recapito nonché, già in detta fase, la prova oggettiva della integrità della busta contenente l’offerta; ciò, anche al fine di evitare sospetti e/o dubbi di possibili manipolazioni delle buste in ipotesi verificabili negli stessi uffici, nel caso di consegna diretta e personale (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.05.2010 n. 3398 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione non è configurabile anteriormente alla scelta del contraente.
La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 1337 c.c. si ricollega alla violazione della regola di condotta stabilita a tutela del corretto svolgimento dell’iter di formazione del contratto e presuppone che tra le parti siano intercorse trattative per la sua conclusione (ex multis, Cass. Civ. sez I, 18.06.2005, n. 13164).
Secondo un consolidato orientamento, dal quale il Collegio non ritiene di discostarsi (Cass. Civ. Sez. I, 18.06.2005, n. 13164; Cons. St. A.P. 05.09.2005, n. 6; Sez. IV, 11.11.2008, n. 5633), essa non è configurabile anteriormente alla scelta del contraente, nella fase, cioè, in cui gli interessati non hanno ancora la qualità di futuri contraenti, ma soltanto quella di partecipanti alla gara e vantano esclusivamente una posizione di interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione, mentre non sussiste una relazione specifica di svolgimento delle trattative (Cass. S.U. 26.05.1997, n. 4673) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.05.2010 n. 3393 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIRisarcimento del danno - Spese sostenute per la partecipazione alla gara - Risarcibilità ammessa solo in caso di illegittima esclusione da una gara di appalto - Risarcibilità in caso di mancata aggiudicazione - Non sussiste - Condizioni.
Le spese sostenute da un'impresa per la partecipazione alla gara (versamenti in favore dell'Autorità di Vigilanza, costi gestionali interni e di consulenza per l'approntamento dell'offerta) rappresentano costi qualificabili come danno emergente unicamente in caso di illegittima esclusione, perché solo in tale ipotesi si palesa una lesione del diritto soggettivo della partecipante a non essere coinvolta in inutili trattative (Cons. Stato, Sez. VI, 04.09.2002, n. 4435), mentre in caso di mancata aggiudicazione trovano ristoro mediante il rinnovo delle operazioni di gara residuando la possibilità di un risarcimento per equivalente unicamente nel caso in cui tale rinnovo non sia possibile (Cons. Stato, Sez. VI, 09.06.2008, n. 2751) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 28.05.2010 n. 1705 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI1. Contratti della p.a. - Impugnazione proposta da un'impresa esclusa da una gara pubblica - Controinteressati - Onere di notifica alla ditta aggiudicataria provvisoria - Sussiste solo se l'esclusione è contestuale all'aggiudicazione provvisoria.
2. Opere pubbliche - Gara - Procedura di project financing - Proposta - Disamina - Piano economico e finanziario "PEF" - Rilevanza prioritaria.
3. Contratti della p.a. - Project financing - Gara - Concorrenti - Richiesta di chiarimenti o integrazioni - Limiti - Rispetto della par condicio dei concorrenti.
4. Aggiudicazione provvisoria - Riesame - Previa comunicazione ex art. 7 L. 7 agosto 1990, n. 241 - Necessità - Non sussiste - Neppure nell'ipotesi di procedura di affidamento attraverso project financing.

1. L'aggiudicatario, anche in via provvisoria, di una gara di appalto indetta dalla p.a. assume la veste di soggetto controinteressato al quale deve essere notificato il ricorso proposto dal concorrente escluso, solo se l'esclusione e l'aggiudicazione siano avvenute contestualmente, nella stessa seduta di gara, potendo la ditta esclusa rendersi conto del fatto che la sua impugnativa incide sulla posizione di altro soggetto privato.
2. Nella procedura di project financing il piano economico finanziario "PEF" rappresenta il nucleo centrale degli interventi, anche perché consente di verificare la sostenibilità della proposta di iniziativa privata da parte del promotore sotto il profilo dei ricavi e dei relativi flussi di cassa attesi in rapporto ai costi di produzione e gestione.
3. La facoltà riconosciuta alle stazioni appaltanti di richiedere chiarimenti e integrazioni ai concorrenti non può supplire ad errori o dimenticanze imputabili unicamente agli stessi -qual è la mancata indicazione nel piano economico finanziario "PEF" di un project financing dei costi del personale- né consente interventi radicalmente modificativi dei termini negoziali dell'offerta, pena una inammissibile violazione del principio della par condicio dei concorrenti.
4. Il principio consolidato in tema di procedura ad evidenza pubblica -secondo cui stante la natura di atto endoprocedimentale dell'aggiudicazione provvisoria, per il suo riesame non occorre la previa comunicazione di cui all'art. 7, L. 07.08.1990, n. 241, versandosi ancora nell'unico procedimento iniziato con l'istanza di partecipazione alla gara- deve ritenersi applicabile anche nel procedimento preordinato all'affidamento in concessione di un'autostrada attraverso la finanza di progetto, sul presupposto della natura unitaria della relativa procedura (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 28.05.2010 n. 1701 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'illegittimità dell'avviso di gara nella parte in cui prevede l'esclusione dei concorrenti che si trovino in causa con l'Ente appaltante.
E' illegittima la clausola dell'avviso di gara con la quale venga comminata l'esclusione nei confronti dei concorrenti che abbiano in corso con l'Ente appaltante contestazioni per altri contratti dello stesso genere, o che si trovino comunque in causa con l'Ente, ciò in quanto la stessa si pone in contrasto con l'art. 24 cost., che riconosce la piena tutela in giudizio dei diritti ed interessi, nonché con i principi di iniziativa economica e libertà d'impresa garantiti dall'art. 41cost..
Peraltro, la clausola vìola il principio di più ampia partecipazione agli appalti pubblici, applicabile anche nell'ambito dei contratti attivi come nel caso di specie, riducendo l'effettiva concorrenza fra le imprese del settore, senza che a ciò faccia riscontro una vera tutela di un interesse pubblico.
Infatti la semplice esistenza d'un contenzioso in atto non è d'inaffidabilità dell'impresa, potendosi la controversia risolvere a favore della stessa; pertanto, la suddetta clausola sanzionatoria non conduce a una selezione qualitativa dei partecipanti, ma solo ad un'evidente finalità di penalizzazione (TAR Basilicata, sentenza 28.05.2010 n. 325 - link a www.
dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Avviso di gara - Clausola di esclusione di coloro che si trovino in causa con l’Ente appaltante - Illegittimità - Contrasto con gli artt. 24 e 41 Cost.
E’ illegittima la clausola dell’avviso di gara con la quale venga comminata l’esclusione nei confronti di coloro che si trovino in causa con l’Ente appaltante, dato che la stessa si pone in contrasto con l’art. 24 della Costituzione che riconosce la piena tutela in giudizio dei diritti ed interessi nonché con i diritti di iniziativa economica e di libertà d’impresa garantiti dall’art. 41 della Costituzione (cfr. TAR Calabria, Reggio Calabria, n. 1277/2007).
La clausola “de qua” restringe la facoltà di esercizio del diritto di impresa e riduce l’effettiva concorrenza fra le imprese del settore, senza che a ciò faccia riscontro una vera tutela di un interesse pubblico.
Infatti la semplice esistenza d’un contenzioso in atto non è di per sé indice d’inaffidabilità dell’impresa, potendosi la lite chiudere a favore della stessa, ragion per cui la disposizione impugnata non conduce a una selezione qualitativa dei partecipanti, non avendo alcun riflesso sull’efficacia dell’azione amministrativa, ma solo un’evidente e univoca finalità di penalizzazione (TAR Basilicata, Sez. I, sentenza 28.05.2010 n. 325 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla illegittimità di una procedura per l'affidamento in concessione di campi sportivi, nell'ipotesi in cui il bando consenta la partecipazione alle sole associazioni dilettantistiche presenti sul territorio comunale.
E' legittima la revoca della selezione pubblica indetta per l'affidamento in concessione di campi sportivi e della relativa aggiudicazione, adottata da una amministrazione comunale motivata col fatto che l'avvenuta limitazione della possibilità di partecipazione alla gara alle sole associazioni dilettantistiche presenti sul territorio comunale non avrebbe soddisfatto l'esigenza di garantire trasparenza, imparzialità e parità di trattamento nella scelta del concessionario.
Se da un lato, infatti, l'individuazione dei criteri di accesso alle procedure selettive rientra nel potere discrezionale dell'amministrazione, tuttavia siffatta limitazione avrebbe vìolato i summenzionati principi nella scelta del concessionario (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 27.05.2010 n. 9742 - link a www
.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTICLAUSOLE RESTRITTIVE DELLA CONCORRENZA E REVOCA DELL'AGGIUDICAZIONE.
1.- Appalto di servizi - Bando - Affidamento a privati di impianti sportivi - Clausola limitativa ai partecipanti con sede nel comune appaltante - Illegittimità - Ragioni - Invocabilità dell'art. 90, co. 25, L. n. 289/2002 - Non sussiste.
1.- E' illegittima la clausola di un bando per l'affidamento di impianti sportivi che limiti la partecipazione alla gara ai soli soggetti con sede del territorio comunale.
Ed infatti, se è vero che l'individuazione dei criteri di accesso alle procedure selettive rientra di norma nella sfera discrezionale dell'amministrazione, è vero anche che la clausola che restringe il novero dei possibili concorrenti alle sole associazioni sportive aventi sede sul territorio comunale si presenta irragionevole e discriminatoria, violando i principi di imparzialità, parità di trattamento e di massima partecipazione. Non vale, in contrario, sostenere che solo le associazioni presenti sul territorio comunale avrebbero avuto interesse alla gestione dell'impianto, dovendosi in contrario osservare che spetta soltanto ai potenziali concorrenti valutare la convenienza di partecipare o meno alla gara.
Neppure l'art. 90 co. 25, L. 27.12.2002 n. 289, che concerne l'affidamento della gestione degli impianti sportivi a società, associazioni ed enti privati qualora l'ente territoriale non intenda procedervi direttamente, fa menzione alcuna di associazioni sportive a base territoriale per fondarne un privilegio nell'affidamento degli impianti in questione; tale legge, invero, menziona le società e le associazioni sportive dilettantistiche con sede locale soltanto nel successivo comma 26 e soltanto al fine di stabilire che le palestre, le aree di gioco e gli impianti sportivi scolastici devono essere posti a disposizione (compatibilmente con taluni limiti) di società e associazioni sportive dilettantistiche aventi sede nel medesimo comune in cui ha sede l'istituto scolastico ovvero, vi si aggiunge, in comuni confinanti (massima tratta da http://mondolegale.it - TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 27.05.2010 n. 9742 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Dichiarazione circa l’assenza di pregiudizi penali - Art. 38 d.lgs. n. 163/2006 - Dichiarazione del legale rappresentante con riguardo ai terzi - Assolvimento dell’obbligo - Fondamento.
Dichiarazione circa l’assenza di pregiudizi penali - Art. 38 d.lgs. n. 163/2006 - Mancata allegazione - Sanatoria tramite regolarizzazione documentale - Esclusione.

L'obbligo di dichiarare l'assenza dei c.d. "pregiudizi penali", di cui all’art. 38, d.lgs. 12.04.2006 n. 163, può ritenersi assolto dal legale rappresentante dell'impresa anche avuto riguardo ai terzi (direttori tecnici o altri soggetti comunque muniti di poteri di rappresentanza anche se cessati dalla carica nel triennio antecedente), tanto nel presupposto che anche in questo caso operino le previsioni di responsabilità penale ed il potere di verifica da parte della stazione appaltante (cfr. da ultimo C.d.S., sez. V, 19.11.2009, n. 7244; C.d.S., sez. V, 07.10.2009, n. 6114; Cons. giust. amm., 11.04.2008, n. 312).
La mancata allegazione, nel termine di scadenza fissato dal bando, delle dichiarazioni inerenti i soggetti previsti dall’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 non può essere sanata per il tramite dell’istituto della regolarizzazione documentale di cui all’art. 46 del codice dei contratti pubblici, atteso che tale rimedio non si applica al caso in cui l’impresa concorrente abbia integralmente omesso la produzione documentale prevista dall’art. 38 dello stesso codice (cfr. TAR Lazio Roma, Sez. II, 22.09.2008 n. 8425) (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 27.05.2010 n. 9649 - link a www.ambientediritto.it).

LAVORI PUBBLICI: Pubblica Amministrazione, cose in custodia, strade, riparto dell’onere probatorio.
In tema di responsabilità per danni da beni di proprietà della Pubblica Amministrazione, qualora non sia applicabile la disciplina di cui all’art. 2051 c.c., in quanto sia accertata in concreto l’impossibilità dell’effettiva custodia del bene, a causa della notevole estensione dello stesso e delle modalità di uso di terzi, l’ente pubblico risponde dei pregiudizi subiti dall’utente, pur sempre la regola generale dell’art. 2043 c.c. (TRIBUNALE Napoli, Sez. III civile, sentenza 27.05.2010 n. 6229 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di un concorrente che abbia omesso di indicare il nominativo del proprio Direttore tecnico, nonché di allegare le relative dichiarazioni.
E' legittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un'impresa che, nell'ambito di una procedura per l'affidamento del servizio di igiene ambientale, abbia omesso di indicare il nominativo del proprio direttore tecnico, ciò in quanto, ai sensi dell'art. 26 del d.P.R. n. 34/2000, è fatto obbligo, anche alle imprese partecipanti ad un appalto di servizi, come nel caso di specie, di munirsi, in aggiunta al responsabile tecnico, di un direttore dei lavori, a cui competono, ai sensi del primo comma dello stesso articolo, gli adempimenti di carattere tecnico ed organizzativo necessari nella successiva fase deputata all'esecuzione dei lavori (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 26.05.2010 n. 3364 - link a www.
dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sul riscatto esercitato da un comune della proprietà degli impianti di illuminazione pubblica.
Il comune che esercita il riscatto della proprietà degli impianti di illuminazione deve subentrare nei contratti in essere, quantomeno fino all'indizione di una nuova gara per l'affidamento del servizio.

E' legittimo il provvedimento con il quale il comune ha legittimamente ordinato il rilascio degli impianti di illuminazione pubblica insistenti sul territorio comunale, esso si qualifica, infatti, come mezzo di autotutela, adottato ai sensi dell'823 del cod. civ., in ragione della scelta operata di riscattare i suddetti impianti.
Secondo la giurisprudenza, infatti, "l'assoggettabilità degli impianti di distribuzione del gas al regime di autotutela previsto dall'art. 823 c.c. è confermato dall'art. 826, c. 3, secondo cui fanno parte del patrimonio indisponibile...gli altri beni destinati a un pubblico servizio".
Dato tale principio, e considerato che anche l'impianto di illuminazione pubblica è senz'altro riconducibile alla categoria dei beni destinati a un pubblico servizio, anche in relazione a quest'ultimo risulta pertanto possibile il ricorso allo speciale potere di autotutela, che, per giurisprudenza costante, non può essere limitato alla tutela dei beni appartenenti al demanio, ma deve essere esteso anche a quelli patrimoniali indisponibili. Ne consegue che, per gli impianti di illuminazione pubblica può essere fatto ricorso al potere di autotutela di cui agli art. 823 del cod. civ.
Tra il riscatto degli impianti e successivo affidamento del servizio mediante gara, non può non frapporsi un periodo di "raccordo", nel quale il Comune deve garantirsi gli strumenti per poter assicurare che non intervenga alcuna interruzione nell'erogazione del servizio, a tutela da un lato dei terzi e dall'altro della continuità del servizio. Ed è proprio questa ragione a giustificare il subentro, nelle more dell'espletamento della gara, nei contratti già in essere con il gestore uscente per il mantenimento del funzionamento della rete (cfr. le sentenze n. 2162 e n. 2166 del medesimo Tar) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 27.05.2010 n. 2165 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sul divieto previsto dall'art. 13 del D.L. 04/07/2006 n. 223, conv. in L. 04/08/2006 n. 248. Sulla qualificazione del servizio di igiene urbana come servizio pubblico.
Il divieto previsto dall'art. 13 del D.L. 04/07/2006 n. 223, conv. in L. 04/08/2006 n. 248, investe le società costituite per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività degli Enti, mentre sono escluse dal divieto quelle istituite per gestire servizi pubblici locali.
La qualificazione differenziale tra attività strumentali e gestione di servizi pubblici deve essere, invece, riferita non all'oggetto della gara, bensì invece all'oggetto sociale delle imprese partecipanti ad essa.
Il divieto di fornire prestazioni a enti terzi, infatti, colpisce le Società pubbliche strumentali alle amministrazioni regionali o locali -che esercitano attività amministrativa in forma privatistica- ma non si estende alle Società destinate a gestire servizi pubblici locali, che esercitano attività d'impresa: esso è introdotto al fine di separare le due sfere di attività per evitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d'impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto Ente pubblico.
La giurisprudenza ha affermato che il servizio pubblico è quello che consente al Comune di realizzare fini sociali e di promuovere lo sviluppo civile della comunità locale ai sensi dell'art. 112 del D. Lgs. 267/2000, in quanto preordinato a soddisfare i bisogni della cittadinanza indifferenziata: tale è indubbiamente il servizio di igiene urbana, il quale richiede che il concessionario impieghi capitali, mezzi e personale da destinare ad un'attività economica suscettibile, quanto meno potenzialmente, di produrre un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull'assetto concorrenziale del mercato di settore.
Né a conclusioni diverse si deve pervenire per il fatto che l'onere di remunerare l'attività svolta dal privato è assunto (talvolta) direttamente dall'amministrazione.
E' infatti noto che per l'erogazione del servizio R.S.U. i Comuni sono tenuti ad istituire la tariffa da praticare ai cittadini -nuclei familiari ed imprese- secondo criteri omogenei e con l'obbligo di provvedere all'integrale copertura dei costi.
Se è dunque vero che il compenso del gestore è erogato periodicamente dal Comune, è altrettanto vero che il costo del servizio è ripartito tra gli utenti secondo parametri predeterminati, come ad es. l'estensione dell'unità abitativa e il numero dei componenti del nucleo familiare (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 27.05.2010 n. 2164 - link a www
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APPALTI: Il diniego d'accesso si paga caro. Procedimento rapido contro la pubblica amministrazione previsto dal codice dei contratti pubblici. Da impugnare la non trasparenza sui documenti di gara.
In occasione delle precedenti uscite, su queste pagine si è affrontato il tema del diritto di accesso nel settore degli appalti pubblici.
In particolare, si è avuto modo di esaminare il contenuto di tale diritto, spettante a ciascun concorrente, l'oggetto dello stesso nonché le limitazioni cui è sottoposto il suo esercizio.
Sotto tale ultimo profilo, si erano chiarite le motivazioni che fondano il diniego da parte dell'Amministrazione richiesta, senza che ciò ne comporti l'illegittimità del provvedimento.
Di seguito, a completamento dell'analisi del tema, si cercherà di delineare i rimedi esperibili laddove tali giustificazioni non sussistano, e dunque l'azione amministrativa risulti viziata.
I rimedi giurisdizionali avverso il diniego implicito o esplicito.
L'art. 13, comma 1, D.Lgs. 12.04.2006 n. 163 (Codice dei Contratti Pubblici), pur facendo salve le disposizioni specifiche dettate dal Codice stesso, rinvia alle norme sul diritto di accesso dettate dalla Legge 07.08.1990 n. 241.
In virtù di tale richiamo, ed in assenza di specifiche disposizioni deroganti, dunque, il ricorso avverso il diniego dell'accesso deve essere proposto nei modi e nei termini di cui all'art. 25 della legge da ultimo citata.
Il procedimento impugnatorio ivi descritto presenta alcune peculiarità che lo distinguono nettamente dall'ordinario ricorso ex l. 1034/1971, tanto da dare origine ad una autonoma procedura accelerata.
L'art. 25 comma 4 prevede in particolare che «Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. In caso di diniego dell'accesso, espresso o tacito, o di differimento dello stesso ai sensi dell' articolo 24 , comma 4, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5 [_]», a mente del quale «Contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso e nei casi previsti dal comma 4 è dato ricorso, nel termine di trenta giorni, al tribunale amministrativo regionale, il quale decide in camera di consiglio entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. In pendenza di un ricorso presentato ai sensi della legge 06.12.1971, n. 1034 , e successive modificazioni, il ricorso può essere proposto con istanza presentata al presidente e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all'amministrazione o ai controinteressati, e viene deciso con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio. La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità e negli stessi termini. Le controversie relative all'accesso ai documenti amministrativi sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice Amministrativo».
Anzitutto, appare evidente il regime «accelerato» di cui gode il rimedio in esame, che soggiace ad un termine decadenziale «breve» di trenta giorni (invero, oggi in linea con le modifiche da ultimo introdotte al Codice con la L. 53/2010), e deve essere deciso entro ulteriori trenta giorni decorrenti dalla scadenza del termine per la presentazione del ricorso (rectius, dall'ultima notifica).
Va peraltro evidenziato come l'inutile decorso del termine suddetto, precluda definitivamente all'interessato la possibilità di accedere ai documenti richiesti, in assenza di nuovi elementi giustificanti l'ulteriore richiesta.
La giurisprudenza è infatti pacifica nel ritenere che «non è consentito superare il regime decadenziale previsto dall'art. 25, l. n. 241 del 1990, semplicemente reiterando l'istanza di accesso a fronte della mancata impugnazione del silenzio serbato dall'Amministrazione sulla prima istanza di accesso, in specie allorché la nuova domanda non sia giustificata da circostanze nuove. [_] La mancata emersione e valorizzazione di circostanze nuove osta, pertanto, alla reiterazione dell'istanza ostensiva, senza che possa assumere rilievo alcuno, ai fini dell'ammissibilità del ricorso, la forma, esplicita o implicita, di reiezione dell'istanza estensiva.» (Cons. Stato, Sez. VI, sentenza 30.07.2009 n. 4810; si veda anche TAR Abruzzo-L'Aquila, sentenza 03.06.2009 n. 252, Cons. Stato, Sez. V, sentenza 12.03.2009 n. 1429).
Quanto al caso di silenzio (diniego) dell'Amministrazione, giova rilevare come in tal caso «per la formazione del silenzio impugnabile è necessario che l'Autorità chiamata a pronunciarsi mantenga, per tutto il tempo assegnatole per provvedere, un uniforme comportamento silente, in mancanza del quale costituirebbe un facile artificio prospettare l'accoglimento dell'istanza e infine negarla, invocando infine l'intervenuta decadenza per privare il richiedente del rimedio giustiziale.» (TAR Puglia-Lecce, Sez. II, sentenza 11.02.2010 n. 544).
Sotto il profilo dell'autonomia, l'azione in esame si presenta come completamente indipendente da eventuali altri giudizi incardinati tra le parti.
Il rimedio speciale previsto dall'art. 25 citato deve infatti ritenersi consentito anche in pendenza di un giudizio ordinario, all'interno del quale i documenti oggetto della domanda di accesso possono essere acquisiti, in via istruttoria, dal giudice.
Sul punto, il Giudice amministrativo è pacifico nel ritenere che «non vi sono ragioni per escludere l'ammissibilità del rimedio azionato in questa sede, con il rito speciale dell'accesso ex art. 25 l. 241/1990, anche in pendenza di ricorso giurisdizionale, in ragione tanto dell'autonomia del diritto di accesso rispetto alla pretesa azionata con il ricorso ordinario, quanto della semplice facoltatività del rimedio incidentale introdotto dalla l. 205/2000 che ha previsto la possibilità (ma non l'obbligo) di proporre il ricorso in materia di accesso anche incidentalmente all'interno del giudizio ordinario.» (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 11.01.2010 n. 5; si veda anche Cons. Stato, Sez. V, sentenza 10.02.2009 n. 741).
Peraltro, sul piano squisitamente processuale va appena osservato che l'autonomia della domanda di accesso comporta, in caso di autonomo ricorso avverso il diniego, che il giudice chiamato a decidere su tale domanda, dovrà verificare solo i presupposti legittimanti la richiesta, e non anche la rilevanza dei documenti richiesti rispetto al giudizio principale pendente.
Ciò, in quanto «il diritto alla trasparenza dell'azione amministrativa costituisce situazione attiva meritevole di autonoma protezione indipendentemente dalla pendenza e dall'oggetto di una controversia giurisdizionale e non è condizionata al necessario giudizio di ammissibilità e rilevanza cui è subordinata la positiva delibazione di istanze a finalità probatorie.» (Cons. Stato, Sez. V, sentenza 23.02.2010 n. 1067; si veda anche Cons. Stato n. 741 cit.).
Sempre sotto il profilo dell'autonomia, va da ultimo rilevato come «In tale ottica [_] il diritto di accesso non costituisce una pretesa meramente strumentale alla difesa in giudizio, essendo in realtà diretto al conseguimento di un autonomo bene della vita, così che la domanda giudiziale tesa ad ottenere l'accesso ai documenti è indipendente non solo dalla sorte del processo principale nel quale venga fatta valere l'anzidetta situazione ma anche dall'eventuale infondatezza od inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente, una volta conosciuti gli atti, potrebbe proporre. [_]Pertanto il diritto di accesso non è ostacolato dalla pendenza di un giudizio civile o amministrativo nel corso del quale gli stessi documenti potrebbero essere richiesti.» (Cons. Stato, n. 1067 cit.).
Quanto ai limiti posti alla tutela in esame, appare evidente come «il rimedio di cui all'art. 25 della l. n. 241 del 1990 non può essere utilizzato per costringere l'amministrazione a formare atti nuovi rispetto ai documenti amministrativi già esistenti, ovvero a compiere un'attività di elaborazione di dati e documenti, potendo essere impiegato esclusivamente al fine di ottenere il rilascio di copie di documenti già formati e fisicamente esistenti presso gli archivi dell'amministrazione nonché stabilmente posseduti.» (TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 09.12.2009 n. 12606).
Infine, giova analizzare brevemente le possibili correlazioni intercorrenti tra la violazione del diritto di accesso, cui il rimedio in esame presta tutela, e le eventuali istanze risarcitorie derivanti dall'illegittimo diniego.
Sul punto, il Giudice Amministrativo ha chiarito che la specialità del rito rende «[_] inammissibile la domanda di risarcimento dei danni derivanti da lesione del diritto di accesso, allorché proposta con il rito accelerato ex art. 25 L. 241/1990, anziché con il rito ordinario; [_] il rito delineato nella disposizione citata, infatti, consente soltanto la tutela giurisdizionale del diritto di accesso alla documentazione amministrativa, non ammettendo la introduzione di domande diverse da quelle dirette all'accesso stesso» (Cons. Stato, Sez. IV, sentenza 10.08.2004 n. 5514; si veda anche TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 03.12.2009 n. 12437).
Da ultimo, merita un accenno la disposizione di cui al comma 5-bis L. 241/1990: in deroga all'ordinaria necessità della difesa tecnica, nei giudizi in materia di accesso (ex art. 25 l. 241 cit.), le parti possono stare in giudizio personalmente senza l'assistenza del difensore, e l'amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente, purché in possesso della qualifica di dirigente, autorizzato dal rappresentante legale dell'ente.
Conclusioni.
Dall'esame che precede appare evidente l'eccezionalità dello speciale regime dettato dall'art. 25 L. 241/1990 a tutela del diritto di accesso.
A confronto con l'ordinario ricorso giurisdizionale, che peraltro la parte è libera di adottare anche in relazione ad impugnazioni del diniego di accesso, il procedimento in questione si caratterizza per la celerità (poco più di sessanta giorni complessivi) e la non necessarietà della assistenza del difensore (che peraltro è comunque auspicabile, stanti le peculiarità ed i tecnicismi del diritto amministrativo).
Inoltre, il ricorso ex art. 25 L. 241/1990 appare completamente autonomo da eventuali altri giudizi civili o amministrativi, tanto già incardinati quanto di futura proposizione, i quali al loro volta non scontano alcuna preclusione in pendenza della tutela in esame.
Sul piano risarcitorio, invece, il rimedio in questa sede analizzato appare invece particolarmente penalizzante, non essendo ammissibile la relativa domanda all'interno di una impugnazione ex art. 25 cit., ma potendo la stessa trovare eventuale accoglimento solo mediante di proposizione di ricorso ordinario; ed anche in tal caso scontando comunque forti limitazioni, dal momento che «al limite, connessa e consequenziale alla richiesta di accesso potrebbe ritenersi soltanto la domanda per risarcimento dei danni derivanti dalla mancata (o tempestiva) ostensione, mentre esulerebbe in ogni caso la domanda di risarcimento dei danni derivanti quale conseguenza degli effetti (non già del negato o ritardato accesso, ma) degli atti dei quali si chiede l'accesso, ritenuti illeciti e/o illegittimi, in quanto violativi del diritto alla riservatezza e alla segretezza professionale. Tali situazioni sono infatti tutelabili dinanzi al giudice naturalmente competente, il giudice civile» (Cons Stato, n. 5515 cit.) (articolo ItaliaOggi del 26.05.2010, pag. 38).

APPALTI SERVIZI: Bando di gara per l’affidamento di gestione bar in complesso sportivo comunale.
Viene richiesto a questo Servizio un parere in ordine all’affidamento della gestione di un bar ubicato in un complesso sportivo comunale (Regione Piemonte, parere n. 23/2010 - link a www.regione.piemonte.it).

APPALTI: R. De Nictolis, Il recepimento della direttiva ricorsi (link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: L. Lo Biundo, Collaudo di lavori pubblici (link a www.diritto.it).

APPALTI: Illegittima l’esclusione per omessa comunicazione dell’avvenuto versamento del contributo all’AVCP (link a www.mediagraphic.it).

LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 21 del 24.05.2010, "Determinazione delle modalità per la predisposizione del piano degli interventi per la messa in sicurezza degli edifici scolastici situati in zone soggette a rischio sismico - Fondi annualità 2009 (Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 3864 del 31.03.2010)" (deliberazione G.R. 18.05.2010 n. 29 - link a www.infopoint.it).

APPALTIAMMINISTRAZIONE CONTROLLATA.
Non può certo, in via preventiva, individuarsi una causa di esclusione per il solo fatto del trovarsi l’impresa in una situazione di amministrazione controllata, la quale non è affatto una situazione parificabile al fallimento od alle altre situazioni concorsuali, ma, al contrario, costituisce una situazione, che viene presa in considerazione dall’ordinamento al fine opposto di salvare l’impresa dalla momentanea situazione di difficoltà, per evitare la dissoluzione della medesima.

E’ quanto statuito dal Consiglio di Stato, Sez. V, nella sentenza 21.05.2010 n. 3222, ove vengono fornite importanti precisazioni in merito all’abrogato istituto dell’amministrazione controllata ed ai suoi possibili effetti ai fini dell’esclusione dalle pubbliche gare.
L’amministrazione controllata era uno strumento concesso all’imprenditore, in situazione di temporanea difficoltà di adempiere alle obbligazioni contratte (e non, dunque, in stato di insolvenza), al fine di prevenire lo stato d’insolvenza e, pertanto, il conseguente fallimento, sulla base di concrete possibilità di risanare l’impresa. In tal modo, quindi, per un periodo non superiore a due anni, si concedeva all’imprenditore una dilazione per l’estinzione dei debiti contratti, mentre l’attività aziendale proseguiva sotto il controllo di un commissario e la direzione del giudice.
A differenza delle altre procedure, quali il fallimento e la liquidazione coatta amministrativa, dirette alla liquidazione dei beni facenti parte del complesso aziendale per il soddisfacimento dei creditori, e il concordato preventivo, diretto sempre al soddisfacimento dei creditori, seppure mediante un piano di ristrutturazione, l’amministrazione controllata aveva lo scopo di salvaguardare l’attività aziendale e di favorirne il risanamento, così da consentire all’imprenditore il soddisfacimento delle obbligazioni contratte. Tale procedura è stata abrogata, come già anticipato, dalla riforma del diritto fallimentare, di cui al D.Lgs. n. 5/2006, a decorrere dal 16.07.2006, fatte salve le procedure a quella data già pendenti.
Il giudice amministrativo di appello è pienamente consapevole dell’estraneità dell’amministrazione controllata rispetto al fallimento.
Infatti, il CdS evidenzia che l’amministrazione controllata non è una vera e propria procedura concorsuale, che si introduce a seguito della fine attiva della vita di un’impresa e diretta a ripartire, in modo sostanzialmente equitativo, i beni residui dell’impresa medesima. Niente di tutto questo! L’istituto costituisce, invece, un “esperimento interlocutorio”, tramite il quale si cerca, in qualche modo, di recuperare alla vita economica attiva un’impresa, che si trova in uno stato di crisi e che necessita di essere aiutata nel risollevarsi dalla crisi medesima, che potrebbe comprometterne l’esistenza in futuro.
Per tale ragione, cioè per il fatto che l’ordinamento prevede (rectius: prevedeva) un intervento di salvaguardia per fini risanativi, non può ammettersi, contraddittoriamente con la suddetta finalità, che lo stesso ordinamento preveda, poi, che l’impresa, che si trova in uno stato di amministrazione controllata, debba essere esclusa dalla partecipazione ad una gara pubblica, il quale potrebbe garantire chances di ripresa. In altri termini, proprio la partecipazione alle procedure di scelta del contraente non può che costituire un’occasione, ovviamente in caso di vittoria in gara, per la ripresa dell’impresa in crisi.
Tuttavia, ad avviso dei giudici amministrativi di appello, l’amministrazione controllata potrebbe anche non essere considerata in modo “neutrale” in sede di gara: “Certamente, in un sistema di aggiudicazione, ove sia prevista una valutazione complessiva anche della struttura esistente delle imprese partecipanti ad una gara pubblica, può essere presa in considerazione, ai fini dell’attribuzione del punteggio, la situazione organizzativa concreta scaturente da tale situazione di precarietà, ma non può certo in via preventiva individuarsi una causa di esclusione per il solo fatto del trovarsi l’impresa in una situazione di amministrazione controllata”.
In buona sostanza, il CdS sostiene che la stazione appaltante potrebbe, utilizzando il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, prevedere un punteggio basso od anche negativo nel caso in cui l’impresa si trovi in amministrazione controllata. Questo è, in un certo senso, il limite massimo, verso cui può legittimamente indirizzarsi la discrezionalità della stazione appaltante. Oltre di ciò non è possibile andare, altrimenti verrebbe pregiudicata la ratio dell’istituto, diretto a salvare l’impresa dalla momentanea situazione di difficoltà, per evitare la dissoluzione della stessa.
Proprio per tali ragioni, il Consiglio di Stato respinge la tesi dell’Azienda speciale appellante, fondata sulla presunta necessità di avere un interlocutore affidabile. Siffatta argomentazione si scontra inequivocamente con la finalità istituzionale, prima indicata, di sostegno giuridico ed economico all’impresa in difficoltà, per cui le imprese in amministrazione controllata sono da considerare, da un punto di vista ordinamentale, “soggetti posti sotto tutela istituzionale e, conseguentemente, fin tanto che dura tale tutela, certamente affidabili” (commento tratto dalla newsletter del sito www.centrostudimarangoni.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla illegittimità dell’esclusione automatica di una impresa da una gara, disposta perché la stessa impresa si trova in stato di amministrazione controllata.
E’ illegittima l’esclusione di una impresa da una gara per l’affidamento di un appalto pubblico motivata con riferimento al fatto che l’impresa esclusa si trova in stato di amministrazione controllata.
Infatti, l’amministrazione controllata non è una vera e propria procedura concorsuale che si introduce a seguito della fine attiva della vita di un’impresa, per cui si rende necessario ripartire in modo sostanzialmente equitativo i beni residui dell’impresa medesima, ma è, al contrario, un esperimento interlocutorio, tramite il quale si cerca in qualche modo di recuperare alla vita economica attiva un’impresa che si trova in uno stato di crisi, per cui la stessa ha bisogno di essere aiutata nel risollevarsi da una crisi che potrebbe comprometterne l’esistenza in futuro; onde non può ammettersi, contraddittoriamente con la suddetta finalità, che lo stesso sistema istituzionale preveda, poi, che l’impresa che si trova in stato di amministrazione controllata debba essere automaticamente esclusa dalla gara (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.05.2010 n. 3222 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZINon è in contrasto con il principio della certezza del diritto la proroga del periodo transitorio per l’apertura alla concorrenza del mercato del gas.
Nella decisione in commento, i giudici di Palazzo Spada sono stati chiamati ad affrontare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 23 del d.l. 273/2005 che dispone una proroga del periodo transitorio per l’apertura alla concorrenza del mercato del gas stabilito dal D.Lgs. 164/2000.
Per sostenere l’illegittimità della disposizione citata il comune ne chiede la valutazione in merito alle direttive 98/30 e 2003/55 nonché alla pronuncia della Corte di Giustizia 17.07.2008 emessa nella causa C-347-2006.
Secondo il comune, le direttive sono state emanate per liberalizzare il mercato del gas rendendolo concorrenziale, l’obbiettivo era perseguibile mediante la previsione di un periodo transitorio entro il quale far cessare le vecchie concessioni di distribuzione del gas, da non vanificare con la previsione di proroghe delle scadenze.
A sostegno della propria posizione il comune richiama la sentenza della Corte di Giustizia emessa nella causa C- 347/2006 che ha stabilito che gli artt. 43, 49, 86 CE non ostano al prolungamento di un periodo transitorio, purché esso possa essere considerato necessario per permettere alle parti di sciogliere i rispettivi rapporti contrattuali a condizioni accettabili.
Secondo il Comune tale esigenza non sarebbe sussistita nel caso dell’art. 23 in quanto il periodo originario non era troppo breve. In effetti la parte sostiene che i 5 anni stabiliti dal D.Lgs. 164/2000 costituiscano un periodo congruo per consentire la risoluzione dei rapporti in essere a condizioni accettabili. Inoltre le concessioni di cui all’art. 23 essendo state affidate senza il ricorso a procedura ad evidenza pubblica non sono meritevoli di tutela.
Non hanno la stessa posizione i giudici di Palazzo Spada: a loro avviso le affermazioni della Corte di Giustizia in ordine ai requisiti legittimanti il ricorso alla proroga hanno senso solo se riferite ad un periodo di tempo significativo.
In effetti le parti attribuiscono alle parole della Corte di Giustizia un significato diverso. Secondo il Comune, essendo il termine stabilito dal decreto Letta abbastanza lungo non emergerebbero quelle esigenze che ad avviso della Corte non ostano al prolungamento del termine, secondo i Giudici quelle affermazioni hanno senso solo se riferite ad un periodo significativo atteso che un periodo di prolungamento relativamente breve, non idoneo a comportare conseguenze sfavorevoli ai singoli o alle imprese, è da considerarsi non adeguato a comportare la violazione del principio di certezza del diritto che la Corte ha stabilito che fosse meritevole di tutela.
Secondo i Giudici la disamina dell’intera normativa (decreto legislativo 164/2000, la successiva modifica apportata dalla legge 239/2004) dimostra che la proroga effettuata dal d.l. 273/2005 non varia in modo significativo il periodo transitorio stabilito dalla normativa, quindi non comporta conseguenze sfavorevoli “anche economiche, inaccettabili in capo ai singoli e alle impresa perché di entità tale da non violare il principio di certezza del diritto” (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.05.2010 n. 3216 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sul regime transitorio degli affidamenti e delle concessioni di distribuzione del gas naturale: le scadenze previste dall'art. 23, I c., del D.L. n. 273 del 2005 non violano il principio di certezza del diritto.
La Corte di Giustizia, con la decisione del 17.07.2008 nella causa C-347/2006, ha stabilito sia che la direttiva 2003/55 non osta alla fissazione da parte degli Stati membri della durata del periodo transitorio al termine del quale deve cessare anticipatamente una concessione di distribuzione del gas, sia che gli artt. 43 CE, 49 CE e 86, n. 1, CE, non ostano al prolungamento della durata di esso periodo, purché esso possa essere considerato necessario al fine di permettere lo scioglimento dei rapporti contrattuali a condizioni accettabili in funzione dello svolgimento del servizio pubblico e dal punto di vista economico, il quale ha senso solo se riferito ad un periodo di prolungamento temporale significativo, atteso che un periodo di prolungamento relativamente breve, non idoneo a comportare conseguenze sfavorevoli ai singoli o alle imprese, è da considerare anche non idoneo a comportare la violazione del principio di certezza del diritto che la Corte ha stabilito che fosse meritevole di tutela.
L'art. 23, I c., del D.L. n. 273 del 2005, ha stabilito che "Il termine del periodo transitorio previsto dall'art. 15, c., 5, del decreto legislativo 23.05.2000, n. 164, è prorogato al 31.12.2007 ed è automaticamente prolungato fino al 31.12.2009 qualora si verifichi almeno una delle condizioni indicate al c. 7 del medesimo art. 15".
Le scadenze previste per il periodo transitorio prima della emanazione del D.L. n. 273 del 2005, non sono state variate da questo in maniera tanto significativa da comportare conseguenze sfavorevoli, anche economiche, inaccettabili in capo ai singoli e alle imprese, perché di entità tale da non violare il principio di certezza del diritto che la Corte di Giustizia ha inteso tutelare con le direttive e la decisione sopra riportate.
Scopo dell' adozione dell'art. 23 del D. L. n. 273 del 2005 è stato quello di porre una disciplina unitaria in tutto il territorio nazionale in materia di regime transitorio degli affidamenti e delle concessioni di distribuzione del gas naturale, al precipuo scopo di tutelare la libera concorrenza in materia, per non ingenerare il rischio di abuso della posizione di privilegio derivante dal protrarsi dell'esercizio, in regime di monopolio, del servizio pubblico locale.
Non vi è dubbio, pertanto, che le previsioni contenute nel citato art. 23 del D. L. n. 273 del 2005, a prescindere dalla natura di dettaglio o meno, siano state dettate dallo Stato a tutela della concorrenza, in materia riservata alla propria legislazione e senza incidere sulla potestà legislativa delle Regioni in materia (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.05.2010 n. 3216 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISulla stretta interpretazione delle clausole di esclusione. Sulla valenza della dichiarazione in materia di diritto al lavoro dei disabili.
1. In materia di procedure ad evidenza pubblica, le clausole di esclusione poste dalla legge o dal bando in ordine alle dichiarazioni cui è tenuta la impresa partecipante alla gara sono di stretta interpretazione, dovendosi dare esclusiva prevalenza alle espressioni letterali in esse contenute, restando preclusa ogni forma di estensione analogica diretta ad evidenziare significati impliciti, che rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l’esigenza della più ampia partecipazione.
2. In materia di procedure ad evidenza pubblica, le norme di legge e di bando che disciplinano i requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche devono essere interpretate nel rispetto del principio di tipicità e tassatività delle ipotesi di esclusione, che di per sé costituiscono fattispecie di restrizione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Costituzione, oltre che dal Trattato comunitario.
3. Poiché nel Codice dei contratti pubblici non è presente una norma, con effetto preclusivo, che preveda nel caso di cessione d’azienda un obbligo specifico di dichiarazioni in ordine ai requisiti soggettivi della cedente riferita sia agli amministratori e direttori tecnici della cedente sia ai debiti tributari e previdenziali dalla stessa contratti, deve ritenersi che, in assenza di tale norma e per il principio di soggettività e personalità della responsabilità, non possa essere esclusa l’impresa cessionaria del ramo d’azienda che non abbia presentato le relative dichiarazioni in ordine alla posizione della cedente.
4. La dichiarazione di cui all'art. 17 della L. n. 68/1999, con la quale le imprese attestano di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, costituisce requisito di partecipazione alla gara; ne consegue che la omissione di detta dichiarazione costituisce causa di esclusione dalla gara per la forza cogente propria della legge, anche se detta dichiarazione non sia richiamata dalla lex specialis (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.05.2010 n. 3213 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: L’omissione della dichiarazione concernente il diritto al lavoro dei disabili costituisce causa di esclusione dalla gara anche se non richiamata dalla lex specialis.
Viene in rilievo l'art. 17 della L. 12.03.1999 n. 68 che prevede che le imprese, sia pubbliche sia private, qualora partecipino a bandi gare per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili.
Al riguardo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha costantemente rilevato che la dichiarazione di cui all'art. 17, l. 12.03.1999 n. 68, in materia di tutela dei disabili, costituisce requisito di partecipazione alla gara; ne consegue che la omissione di detta dichiarazione costituisce causa di esclusione per la forza cogente propria della legge, anche se non richiamata dalla lex specialis (Cons. Stato, sez. V, 10.01.2007 n. 33; V, 24.01.2007 n. 256; IV, 14.05.2004 n. 3148; V, 06.07.2002 n. 3733)
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.05.2010 n. 3213 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Le clausole di esclusione poste dalla legge o dal bando in ordine alle dichiarazioni cui è tenuta la impresa partecipante alla gara sono di stretta interpretazione dovendosi dare esclusiva prevalenza alle espressioni letterali in esse contenute restando preclusa ogni forma di estensione analogica diretta ad evidenziare significati impliciti, che rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l’esigenza della più ampia partecipazione.
Le norme di legge e di bando che disciplinano i requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche devono essere interpretate nel rispetto del principio di tipicità e tassatività delle ipotesi di esclusione che di per sé costituiscono fattispecie di restrizione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Costituzione, oltre che dal Trattato comunitario.

In ordine alla regolarità contributiva stabilisce l’art. 38, primo comma, lett. g), del d.lgs. 12.04.2006 n. 163, che “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti che hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti”.
Analoga previsione è posta all’art. 38, primo comma, lettera i), quanto alle violazioni di carattere previdenziale ed assistenziale.
In materia di procedure ad evidenza pubblica, le clausole di esclusione poste dalla legge o dal bando in ordine alle dichiarazioni cui è tenuta la impresa partecipante alla gara sono di stretta interpretazione dovendosi dare esclusiva prevalenza alle espressioni letterali in esse contenute restando preclusa ogni forma di estensione analogica diretta ad evidenziare significati impliciti, che rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l’esigenza della più ampia partecipazione (tra molte: Cons. Stato, sez. V, 28.09.2005 n. 5194; V, 13.01.2005 n. 82; IV, 15.06.2004 n. 3903; VI, 02.04.2003 n. 1709).
Pertanto le norme di legge e di bando che disciplinano i requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche devono essere interpretate nel rispetto del principio di tipicità e tassatività delle ipotesi di esclusione che di per sé costituiscono fattispecie di restrizione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Costituzione, oltre che dal Trattato comunitario (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.05.2010 n. 3213 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Gare, il cessionario non eredita gli errori. Il Cds: nessuna esclusione per il cedente.
Non può essere esclusa da un gara l'impresa che subentra ad una società che non ha adempiuto agli obblighi previdenziali, perché il codice dei contratti nulla afferma in materia di cessioni d'azienda.
La questione è stata presa in esame dal Consiglio di Stato, Sez. V, che, con la sentenza 21.05.2010 n. 3213, ha approfondito la problematica conseguente al fatto che il dlgs 163/2006, non contiene alcuna norma esplicita che preveda, in caso di cessione d'azienda, il trasferimento alla cessionaria dei requisiti soggettivi del cedente. Di conseguenza, va considerato irrilevante il fatto che il cedente dell'impresa che aveva partecipato alla gara avesse un debito tributario e previdenziale che gli avrebbe inibito la partecipazione alle gare.
Secondo il Cds, il fatto che in base al codice contratti «sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti che hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti».
Perché a tal proposito, spiega la sentenza, «in materia di procedure ad evidenza pubblica le clausole di esclusione poste dalla legge o dal bando in ordine alle dichiarazioni cui è tenuta la impresa partecipante alla gara sono di stretta interpretazione, dovendosi dare esclusiva prevalenza alle espressioni letterali in esse contenute restando preclusa ogni forma di estensione analogica diretta a evidenziare significati impliciti, che rischierebbe di vulnerare l'affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l'esigenza della più ampia partecipazione». «Pertanto, dice la sentenza 3213/2010, le norme di legge e di bando che disciplinano i requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche devono essere interpretate nel rispetto del principio di tipicità e tassatività delle ipotesi di esclusione, che di per sé costituiscono fattispecie di restrizione della libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 della Costituzione, oltre che dal Trattato Ce».
Del resto, dice il Cds, già in primo grado il Tar Campania aveva rilevato che manca nel codice appalti una norma, con effetto preclusivo, che preveda in caso di cessione d'azienda un obbligo di dichiarazioni in ordine ai requisiti soggettivi della cedente riferita sia agli amministratori e direttori tecnici della cedente sia ai debiti tributari e previdenziali dalla stessa contratti.
Ne discende che in assenza di tale norma e per il principio di personalità della responsabilità non può essere esclusa dalla gara l'impresa cessionaria del ramo d'azienda che non ha presentato le dichiarazioni sulla posizione della cedente (articolo ItaliaOggi del 25.05.2010, pag. 29).

APPALTISul principio generale del divieto di commistione tra i criteri soggettivi di pre-qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta e, in particolare, sulla legittimità o meno del criterio di valutazione delle offerte che, per un appalto del servizio di manutenzione di apparecchiature, dà rilievo alla ubicazione dell’azienda.
Costituisce principio generale regolatore delle gare pubbliche il divieto di commistione fra i criteri soggettivi di pre-qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta ai fini dell’aggiudicazione, in funzione dell’esigenza di aprire il mercato, premiando le offerte più competitive ove presentate da imprese comunque affidabili, nonché in applicazione del canone della par condicio, ostativo ad asimmetrie pregiudiziali di tipo meramente soggettivo, con la conseguente necessità di tenere separati i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara da quelli che invece attengono all’offerta e all’aggiudicazione.
Spesso il filo che separa il canone oggettivo di valutazione dell’offerta ed il requisito soggettivo delle imprese concorrenti è particolarmente sottile, attesa la potenziale idoneità dei profili di organizzazione soggettiva a riverberarsi sull’affidabilità e sull’efficienza dell’offerta e, quindi, della prestazione. Tale commistione inestricabile, viene, segnatamente, in rilievo quante volte la lex specialis valorizzi non già i requisiti soggettivi in sé intesi, bensì quei profili soggettivi diretti a riverberarsi in modo specifico sull’espletamento dell’attività appaltata, con riferimento precipuo alle caratteristiche del personale, delle attrezzature e delle strutture logistiche da adibire alle prestazioni oggetto dell’appalto.
Non comporta una indebita commistione tra soggettivi di pre-qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta la previsione, nel bando di una gara per l’affidamento del servizio di gestione e manutenzione, di durata triennale, di apparecchiature biomedicali presso presidi ospedalieri, tra i criteri tecnici di valutazione delle offerte, della "struttura, organizzazione generale ed ubicazione dell’azienda ad effettivo supporto del personale residente a garanzia della continuità del servizio" e dell’"ubicazione e logistica del magazzino ad effettivo supporto del servizio"; tale previsione infatti, lungi dal risolversi nella prescrizione di requisiti selettivi di tipo meramente soggettivo idonei a restringere la cerchia dei concorrenti –in funzione per così dire protezionistica– ad imprese territorialmente localizzate, costituisce il portato di esigenze logistiche, strutturali ed organizzative strettamente inerenti alla natura oggettiva delle prestazioni da assolvere dall’impresa aggiudicataria
(massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.05.2010 n. 3208 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'illegittimità dell'operato di una commissione giudicatrice che non abbia rispettato l'obbligo di segretezza ed integrità delle offerte presentate dai concorrenti.
E' illegittimo l'operato di una commissione giudicatrice che sia venuta meno all'obbligo di predisporre particolari cautele a tutela della integrità e della conservazione dei plichi contenenti le offerte tecniche ed economiche presentate dai concorrenti, nonché di farne esplicita menzione nel verbale di gara, in quanto pur in mancanza di espressa previsione in tal senso da parte del legislatore, l'integrità dei plichi è elemento sintomatico della segretezza delle offerte stesse e della par condicio di tutti i concorrenti, del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità cui deve conformarsi l'azione amministrativa, sanciti dall'art. 97 Cost. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.05.2010 n. 3203 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Le stazioni appaltanti non possono richiedere ai concorrenti un'attestazione di buon esito dei lavori a prova della loro capacità tecnica.
Sull'illegittimità della richiesta del fatturato globale al netto degli oneri fiscali, a riprova della capacità economico-finanziaria dei concorrenti. Sull'impossibilità di richiedere ai mandanti delle ATI di progettazione una percentuale di possesso dei requisiti minimi.

E' illegittima la richiesta di una stazione appaltante ai concorrenti di certificare, a prova della loro capacità tecnica, che i servizi portati a riprova del requisito in questione siano stati svolti anche in modo soddisfacente, in quanto alcuni incarichi svolti afferiscono ad opere in corso di esecuzione e pertanto non è possibile documentare che l'incarico di progettazione relativo a dette opere sia stato svolto in modo soddisfacente.
Peraltro, nel d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti), non è stata riproposta la norma che nel pregresso ordinamento degli appalti pubblici imponeva la certificazione dell'avvenuta esecuzione "a regola d'arte e con buon esito". Inoltre, in nessuna parte dell'art. 42 è prevista la possibilità, per la stazione appaltante, di richiedere anche l'attestazione, che i servizi siano stati svolti a regola d'arte o con buon esito; lo stesso l'art. 13 del d.lgs. 17.03.1995 in materia di appalti di servizi non abilitava l'amministrazione a richiedere ai concorrenti la suddetta certificazione.
E' illegittima la richiesta dell'indicazione del fatturato globale al netto degli oneri fiscali a riprova della capacità economica dei concorrenti, in quanto ciò non trova supporto nel dettato di cui all'art. 41 del d.lgs. n. 163/2006, come sostituito dal terzo correttivo recato con il d.lgs. n. 152/2008.
La norma stabilisce, infatti, che la prova della capacità economico-finanziaria può esser fornita mediante uno o più dei documenti menzionati nelle lettere di cui si compone la disposizione e alla lettera c) figura una "dichiarazione, sottoscritta in conformità alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28.12.2000, n. 445, concernente il fatturato globale d'impresa e l'importo relativo ai servizi o forniture nel settore oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre esercizi".
Peraltro, una simile richiesta si risolverebbe in un onere aggiuntivo, che vìola il principio di massima partecipazione alla gara, costringendo i concorrenti ad risalire al quantum del prelievo fiscale che ha colpito il fatturato negli anni di riferimento utili per la competizione ed anche anno per anno.
E' illegittima, per contrasto con la disposizione di cui all'art. 65, c. 4, ultima alinea del D.P.R. n. 554/1999 in forza del quale ai mandanti "non possono essere richiesti percentuali di possesso dei requisiti minimi", la determinazione di esclusione da una gara per l'affidamento di servizi di architettura ed ingegneria, di un raggruppamento di professionisti per non avere ciascuno dei mandanti, comprovato di possedere una data percentuale dei requisiti minimi, essendo, a monte, illegittime quelle prescrizioni della legge di gara che impongano, come nella specie, a ciascuno di essi il possesso di una percentuale di requisiti minimi (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 21.05.2010 n. 2424 - link a www.
dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISulla legittimità della clausola del bando che impone di dichiarare tutte le condanne riportate, indipendentemente dalla loro gravità e sulla doverosità dell’esclusione in caso di dichiarazione non veritiera.
Sono legittime, e non già illogiche, arbitrarie o irragionevoli, le prescrizioni di un bando di gara per l’affidamento di un appalto di ll.pp., secondo le quali spetta ai partecipanti dichiarare espressamente il possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’articolo 38 del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 e, in particolare, tra l’altro, la inesistenza di sentenze di condanna passata in giudicato, spettando poi all’Amministrazione appaltante la valutazione della gravità dei reati.
La presentazione, da parte di una ditta partecipante ad una procedura di evidenza pubblica, di una dichiarazione non veritiera ovvero falsa (indipendentemente da ogni considerazione sul fatto che essa di per sé legittimi un giudizio di inaffidabilità giustificante la esclusione dalla gara) costituisce motivo di esclusione ex se dalla procedura di gara (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, ordinanza 21.05.2010 n. 2252 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Offerta economica - Mancata allegazione del documento d’identità - Non costituisce motivo di esclusione - Ragioni.
Ove le istanze o le dichiarazioni cui allegare il documento di identità siano rese dalla stessa persona in un medesimo procedimento e fanno parte di un medesimo insieme probatorio, non è necessario che siano accompagnate, ciascuna, da una fotocopia del documento di identità, altrimenti la formalità prescritta dall’art. 38 del d.p.r. 28.12.2000, n. 445 si tramuterebbe in un formalismo senza scopo (cfr. TAR Sardegna, n. 457/2008).
In tal senso è anche il parere espresso dall’Autorità della vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture (deliberazione n. 256/2007) in cui si puntualizza che la mancata allegazione del documento d’identità all’offerta economica non può essere motivo di esclusione: il riferimento dell’Autorità è ad un orientamento giurisprudenziale che consente addirittura la sanatoria, a mezzo integrazione postuma, nelle ipotesi di omessa allegazione della copia del documento di identità, sul presupposto che la mancata allegazione alla dichiarazione sostitutiva di un atto di notorietà sottoscritta dal dichiarante della copia del documento di identità del sottoscrittore, da rendersi ai sensi dell’art. 38, comma 3, del d.p.r. 28.12.2000, n. 455, non comporta la nullità della dichiarazione stessa, piuttosto rappresentata un esempio tipo di regolarizzazione successiva, attenendo detta regolarizzazione non al contenuto del documento, ma solo alla garanzia della sua provenienza, di modo che non viene implicata alcuna lesione del principio della par condicio dei concorrenti (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 21.05.2010 n. 1972 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'aggiudicazione di una gara ad un concorrente al quale la stazione appaltante abbia concesso un ulteriore ampio termine per produrre successive giustificazioni in ordine alla propria offerta.
E' legittimo il provvedimento di aggiudicazione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un'impresa che, nel corso del provvedimento di verifica, abbia beneficiato di un lasso temporale ampio per produrre ulteriori giustificazioni relative alle proprie offerte, ciò in quanto, l'art. 88 del d.lgs n. 163/2006 (Codice dei contratti), non stabilisce, in maniera vincolante, il numero dei chiarimenti che possono essere richiesti, pertanto l'accertamento della congruità dell'offerta può svolgersi in più riprese ed attraverso una serie indefinita di integrazioni.
Quanto detto è conforme agli orientamenti giurisprudenziali espressi in sede comunitaria, secondo i quali il concorrente deve poter far valere, in contraddittorio, il proprio punto di vista su ciascuno dei vari elementi di prezzo proposti, prima ancora che l'amministrazione respinga un'offerta ritenuta anormalmente bassa.
Il procedimento di verifica di anomalia è improntato alla massima collaborazione tra stazione appaltante e offerente, onde consentire all'amministrazione di raggiungere un risultato comunque affidabile, lasciando, tuttavia, alla stessa ampia discrezionalità nel circoscrivere i termini in relazione all'oggetto dell'appalto ed alla natura delle prestazioni.
Tale impostazione è dettata nel rispetto della par condicio di tutti i concorrenti e a garanzia del pubblico interesse, assicurando, pertanto, la definizione della gara in termini rapidi e certi (TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter, sentenza 20.05.2010 n. 12518 - link a www.
dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISulla illegittimità dell’esclusione di una offerta pervenuta con il plico esterno lacerato in modo tale da consentire la visione parziale -ma non la sostituzione- dei documenti.
E’ illegittima l’esclusione da una gara di appalto di una offerta il cui plico esterno sia prevenuto lacerato, nel caso in cui tale lacerazione non sia di entità tale da consentire l’accesso alle buste contenenti le offerte tecnica ed economica se non previa apertura del plico medesimo; in tal caso, infatti, appare conforme principio di ragionevolezza ritenere che la lacerazione sia tale da non compromettere il principio di segretezza delle offerte nelle gare d'appalto; il che consente l’applicazione del criterio di massima partecipazione.
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Nella motivazione della sentenza in rassegna si ricorda che la giurisprudenza ha affermato in passato che, ai fini dell'ammissibilità dell'offerta, occorre che il plico giunga alla stazione appaltante con la sigillatura operata dal concorrente del tutto integra, per cui non rileva che gli eventi di alterazione della sigillatura siano successivi alla consegna del plico all'ufficio postale o all'agenzia di recapiti autorizzata (Cons. Stato, Sez. IV, 19.01.1999, n. 40).
Pertanto, secondo l’orientamento tradizionale, la mera circostanza che il plico sia pervenuto aperto alla Commissione implica l’esclusione, indipendentemente dal soggetto cui sia addebitabile l'erronea apertura, stante l’esigenza di assicurare la garanzia dei principi di par condicio e di segretezza delle offerte (TAR Veneto, Sez. I, 19.07.2005, n. 2867).
Secondo la giurisprudenza, è irrilevante che all'avvenuta lacerazione del plico ponga rimedio con la sua successiva spillatura il trasportatore, data la soluzione nella continuità della segretezza dell'offerta fra momento in cui è uscita dalla sfera dell'offerente ed il momento in cui è giunta nella disponibilità della p.a. (TAR Palermo, Sez. II, 13.03.2007, n. 810).
Ha osservato la sentenza in rassegna che tale rigore è senz’altro giustificato qualora il plico contenente le offerte pervenga alla Commissione di gara praticamente aperto, oppure in modo tale da non assicurare che l'apertura del plico sia effettuata dalla Commissione pubblicamente in contraddittorio ed il giorno della gara.
Di converso, deve ritenersi ammissibile l’offerta il cui plico esterno sia prevenuto lacerato, nel caso in cui tale lacerazione non sia di entità tale da consentire l’accesso alle buste contenenti le offerte tecnica ed economica se non previa apertura del plico medesimo (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 20.05.2010 n. 3179 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI:  1. Contratti della p.a. - Sedute di gara - Verbalizzazione non contestuale - Condizioni.
2. Contratti della p.a. - Gara - Valutazione delle offerte - Giudizio di anomalia - Motivazione congrua e dettagliata - Necessità - Sussiste - Sia in caso di giudizio finale negativo, sia in caso di giudizio finale positivo - Ragioni.

1. È possibile, in linea di principio, che la verbalizzazione non sia contestuale alle sedute di gara a condizione che la successiva attività di documentazione avvenga entro un termine ragionevole (Nella specie è stato ritenuto legittimo l'operato dell'Amministrazione che aveva provveduto ad effettuare l'attività di verbalizzazione a distanza di tre mesi dalla prima seduta di gara, sul presupposto che tale lasso temporale, considerevole se valutato in astratto, è stato ritenuto congruo e ragionevole essendo a cavallo della pausa estiva del mese di agosto).
2. Deve condividersi l'orientamento restrittivo secondo cui l'obbligo di una adeguata motivazione si impone non solo nel caso in cui la verifica di anomalia di un'offerta abbia esito finale negativo, ma anche nel caso di giudizio finale positivo e ciò sia in ossequio all'obbligo generale di motivazione dei provvedimenti amministrativi, sia a tutela, negli appalti, del principio di par condicio fra i concorrenti (Conf. Cons. Stato, sez. IV, 22.03.2005, n. 1231; in senso contrario si v. Cons. Stato, sez. IV, 07.09.2006, n. 5191; TAR Lombardia Milano, sez. I, 16.06.2010, n. 1885; TAR Lombardia Milano, sez. I, 18.05.2010, n. 1560) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 20.05.2010 n. 1574 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla necessità di far luogo all’esclusione dalla gara di una impresa che abbia omesso di rendere una delle dichiarazioni previste dalla lex specialis (anche nel caso in cui l’omissione sia "innocua" - nel senso che non arreca vantaggio al concorrente e non arreca danno alla stazione appaltante).
Nel caso in cui il disciplinare di gara richieda la dichiarazione di assenza di condanne penali non solo per la società e i suoi legali rappresentanti, ma anche per gli altri soggetti indicati nell’art. 38, comma 1, lett. c), del Codice dei contratti pubblici, la dichiarazione va resa anche con riferimento ai direttori tecnici dell’impresa.
Il principio generale secondo cui nelle gare di appalto non si può sanzionare con l’esclusione una omessa dichiarazione quando l’omissione sia "innocua" (nel senso che non arreca vantaggio al concorrente e non arreca danno alla stazione appaltante), non si applica nel caso in cui la “legge” di gara prescriva determinate dichiarazioni e sanzioni con l’esclusione la loro omissione, anche se l’omissione sia meramente formale (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 19.05.2010 n. 3158 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI:  1. Contratti della p.a. - Gara - Dichiarazioni ex art. 38, comma 1, lett. c), D.Lgs. 163/2006 - Precedenti penali in materia di prevenzioni di infortuni sul lavoro e lesioni personali colpose - Obbligo di dichiarazione - Sussiste in ogni caso - Esclusione dalla gara - Legittima.
2. Responsabilità aquiliana - Elemento soggettivo - Incertezza del quadro giurisprudenziale di riferimento - Esclusione.

1. L'obbligo, posto a carico soggetti individuati dall'art. 38, comma 1, lett. c), D.Lgs. 163/2006, di dichiarare tutti i provvedimenti penali subìti -ivi incluse le eventuali condanne per reati in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro e per lesioni personali colpose- risponde alla finalità di consentire all'Amministrazione la più ampia valutazione nel caso concreto, per stabilire la rilevanza o meno di una data condanna penale.
Il giudizio di rilevanza non è rimesso all'apprezzamento dell'impresa che ha, invece, l'obbligo di dichiarare tutte le sentenze emesse nei suoi confronti, con la conseguenza che l'omessa indicazione, nell'ambito di un'autocertificazione, di una sentenza di condanna, si configura come autocertificazione non veritiera cui consegue l'esclusione dalla gara.
La mancata dichiarazione, da parte dell'imprenditore, della esistenza di condanne penali a suo carico costituisce una circostanza che ha valore autonomo, e che incide sulla sua moralità professionale indipendentemente da un'espressa previsione di esclusione automatica nella lex specialis (Conf. TAR Lombardia Milano, sez. I, 19.06.2008, n. 2096).
2. Non ricorre l'elemento soggettivo dell'illecito richiesto dall'art. 2043 cod. civ. qualora si riscontrino nella fattispecie concreta particolari circostanze, come l'esistenza di un contrasto di orientamenti giurisprudenziali, che abbiano contribuito in misura determinante a condizionare negativamente l'operato dell'Amministrazione.
L'incertezza del quadro giurisprudenziale può, quindi, essere sempre valorizzato come esimente della colpa dell'Amministrazione, poiché la stessa si dimensiona, non solo nella misura oggettiva data dalla violazione della regola di comportamento precauzionale, ma anche nella misura soggettiva data dalla rimproverabilità del pur accertato scostamento dal parametro dell'agente modello, in ragione della concreta esigibilità della condotta doverosa, in termini di prevedibilità ed evitabilità della lesione arrecata (Cfr. Cass., sez. I, 21.10.2005, n. 20454; TAR Lombardia Milano, sez. III, 14.04.2010, n. 1043) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 18.05.2010 n. 1565 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: L'espressione “Stato” contenuta nell’inciso normativo di cui all'art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. 163/2006 deve essere interpretata come “stato-comunità” o meglio come Stato membro della Comunità Europea poiché le stazioni appaltanti, per valutare la moralità professionale dell'operatore economico interessato all’aggiudicazione dell'appalto, devono prendere in considerazione i reati compiuti all'interno di tutti gli Stati membri.
La necessità di dichiarare tutti i provvedimenti penali subiti, risponde alla finalità di consentire all’Amministrazione la più ampia valutazione del caso concreto, per stabilire la rilevanza o meno di una data condanna penale.
La mancata dichiarazione, da parte dell’imprenditore, della esistenza di condanne penali a suo carico costituisce una circostanza che ha valore autonomo e che incide sulla sua moralità professionale indipendentemente da un’espressa previsione di esclusione automatica nella lex specialis.

Non ha pregio la tesi sostenuta dalla difesa dell’Azienda resistente, secondo cui l’obbligo di dichiarazione dei reati commessi dovrebbe ritenersi limitata ai “reati gravi in danno dello Stato o della Comunità, che incidono sulla moralità professionale”, ex art. 38, c. 1, lett. c, D.Lgs. n. 163/2006, nell’ambito dei quali non potrebbero essere ricompresi quelli commessi dalla controinteressata.
Il Collegio ha già avuto modo di affermare che il legislatore del Codice dei contratti pubblici non ha inteso circoscrivere la facoltà di esclusione in capo alle stazioni appaltanti a determinate tipologie di reato qualificate dal soggetto passivo.
Tale conclusione è giustificata in primo luogo dal fatto che una simile restrizione non si evince dalla normativa comunitaria, di cui alla direttiva 2004/18/CE, par. 2, lett. c), inoltre va considerato che una specifica categoria di reati in danno dello Stato o in danno della Comunità non esiste nel diritto penale.
Se fosse assunta l’interpretazione prospettata dalla ricorrente la norma diverrebbe di difficile applicazione ed il suo ambito di applicazione assumerebbe confini evanescenti.
Si deve invece ritenere che il legislatore abbia inteso, con tale espressione, allargare l'area dei reati che possono essere presi in esame ai fini dell'esclusione dalle gare per pubblici appalti, consentendo alle stazioni appaltanti di valutare non solo quelli compiuti nello Stato italiano, ma anche quelli commessi sul territorio di tutta la Comunità Europea.
L'espressione “Stato” contenuta nell’inciso normativo di cui all'art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. 163/2006 deve quindi essere interpretata come “stato-comunità” o meglio come Stato membro della Comunità Europea poiché le stazioni appaltanti, per valutare la moralità professionale dell'operatore economico interessato all’aggiudicazione dell'appalto, devono prendere in considerazione i reati compiuti all'interno di tutti gli Stati membri (TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 24.10.2007 n. 6162).
La necessità di dichiarare tutti i provvedimenti penali subiti, risponde alla finalità di consentire all’Amministrazione la più ampia valutazione del caso concreto, per stabilire la rilevanza o meno di una data condanna penale.
La rilevanza o meno dei fatti oggetto delle pronunce penali ai fini della successiva valutazione del possesso dei requisiti da parte del concorrente, non è rimessa all’apprezzamento dell’impresa che ha, invece, l’obbligo di dichiarare tutte le sentenze emesse nei suoi confronti, con la conseguenza che l’omessa indicazione, nell’ambito di un’autocertificazione, di una sentenza di condanna, si atteggia come autocertificazione non veritiera cui consegue l’esclusione dalla gara (TAR Lombardia, Sez. I, 19.06.2008 n. 2096).
La mancata dichiarazione, da parte dell’imprenditore, della esistenza di condanne penali a suo carico costituisce una circostanza, che ha valore autonomo, e che incide sulla sua moralità professionale (C.S. Sez. V, 18.09.2003 n. 5320, Consiglio di Stato, Sez. V, 02/10/2009 n. 6006, Cons. Stato, Sez. V, 20.04.2009, n. 2364), indipendentemente da un’espressa previsione di esclusione automatica nella lex specialis.
In contrario non rileva neppure, come sostenuto dalla difesa dell’Azienda resistente, che i provvedimenti penali non dichiarati siano antecedenti di oltre un triennio alla pubblicazione del bando di gara. Tale limite temporale è infatti menzionato dal citato art. 38, c. 1, lett. c, solo per estendere l’obbligo di dichiarazione delle condanne subite, nei limiti del triennio, “anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica” (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 18.05.2010 n. 1565 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Verifica dell'anomalia delle offerte - Attività caratterizzata da discrezionalità tecnica - Sindacato giurisdizionale - Limiti.
2. Verifica dell'anomalia delle offerte - Onere di motivazione del giudizio di valutazione della commissione - Soltanto in caso di valutazione negativa delle giustificazioni fornite dall'impresa.

1. Il giudizio reso della stazione appaltante in ordine alle giustificazioni fornite dall'impresa nell'ambito del procedimento di verifica di anomalia dell'offerta costituisce esplicazione di discrezionalità tecnica, come tale sindacabile in sede giurisdizionale soltanto per illogicità manifesta o travisamento dei fatti.
2. L'onere di motivazione del giudizio sull'anomalia dell'offerta si impone soltanto in caso di valutazione negativa delle giustificazioni fornite dall'impresa in contraddittorio con la commissione, mentre in caso di verifica positiva l'iter logico seguito dalla commissione è arguibile dal rinvio alle giustificazioni fornite dall'offerta sottoposta a verifica (cfr. Cons. Stato, sez. V, 08.07.2008, n. 3406. Contra: TAR Lombardia, Milano, sez. I, 20.05.2010, n. 1574) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 18.05.2010 n. 1560 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIProcedure ad evidenza pubblica - Prova di resistenza - Verifica prognostica - Mancato ottenimento del bene della vita - Anche in caso di accoglimento della domanda - Effetti - Inammissibilità del gravame.
Nelle controversie aventi per oggetto procedure ad evidenza pubblica, non può prescindersi dalla verifica della c.d. prova di resistenza, con riferimento alla posizione della parte ricorrente rispetto alla procedura le cui operazioni sono prospettate come illegittime, dovendosi dichiarare inammissibile per carenza di interesse il gravame allorquando, in esito ad una verifica prognostica, risulti che la parte ricorrente non otterrebbe il bene della vita ambito nemmeno in ipotesi di accoglimento della domanda (Nella specie, il ricorso è stato dichiarato inammissibile sul presupposto che all'esito di una verifica nel Casellario Informatico delle Imprese erano risultati carichi pendenti nei confronti della ricorrente la quale, inoltre, aveva presentato un'offerta con un ribasso inferiore a quello proposto dall'aggiudicataria, che non le avrebbe permesso di conseguire alcun risultato utile quand'anche ammessa alla gara (Conf. TAR Campania Napoli, sez. VIII, 14.01.2010, n. 87; TAR Lazio Roma, sez. II, 09.12.2009, n. 12636; Cons. Stato, sez. V, 19.10.2009, n. 6406) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 18.05.2010 n. 1559 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIOpere Pubbliche - Diritti e obblighi delle parti - Causa di esclusione ex art. 38, comma 1, lett. f), D.Lgs. 163/2006 - Risoluzione del contratto d'appalto per inadempimento dell'appaltatore - Effetti - Esclusione dalla partecipazione a successive gare - Legittima - Ragioni.
La risoluzione per inadempimento degli obblighi contrattuali è circostanza di per sé idonea ad integrare la fattispecie di necessaria esclusione da una gara d'appalto per l'affidamento di contratti pubblici prevista dall'art. 38, comma 1, lett. f), D.Lgs. 163/2006 e non presuppone neanche il necessario accertamento in sede giurisdizionale del comportamento di grave negligenza tenuto dall'operatore nel corso del pregresso rapporto contrattuale, trattandosi di disposizione non avente carattere sanzionatorio, bensì posta a presidio dell'elemento fiduciario destinato a connotare, sin dal momento genetico, gli appalti pubblici (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 18.05.2010 n. 1549 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Il termine iniziale dell'interdizione annuale dalle gare per chi abbia reso false dichiarazioni ai sensi dell'art. 38, c. 1, lett. h), d.lgs. n. 163 del 2006 decorre dalla data di iscrizione nel casellario AVCP delle notizie concernenti le false dichiarazioni.
In ordine all’individuazione del termine iniziale dell’interdizione annuale dalle gare per chi abbia reso false dichiarazioni ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. h), d.lgs. nr. 163 del 2006, la Sezione IV del Consiglio di Stato reputa che l’orientamento più volte ribadito dall’Autorità (secondo cui gli effetti dell’interdizione annuale decorrono dalla data di iscrizione nel casellario delle notizie concernenti le false dichiarazioni, quale unico riferimento temporale certo e non contestabile) appaia maggiormente in linea con le richiamate esigenze di certezza e stabilità dei rapporti giuridici, e che per converso non possa assumere rilievo decisivo lo spatium temporis eventualmente intercorrente tra il momento storico della falsa dichiarazione e quello dell’iscrizione nel Casellario (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 17.05.2010 n. 3125 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI:  1. Contratti della p.a. - Gara - Art. 38 comma 1, lett. c), D.Lgs. 163/2006 - Dichiarazione su precedenti penali dichiarati estinti dall'Autorità giudiziaria - Non necessaria.
2. Giustizia amministrativa - Bando - Clausola relativa a requisiti di partecipazione - Sproporzione fra l'importo a base d'asta e l'ammontare del fatturato medio annuo minimo - Impugnazione immediata - Necessaria - A pena di irricevibilità del ricorso.

1. Nelle procedure indette per l'aggiudicazione di appalti pubblici, i reati commessi in passato dal partecipante e dichiarati estinti dalla competente Autorità giudiziaria sono ininfluenti in sede di valutazione della sua moralità professionale e non devono neppure essere dichiarati (Conf. Cons. Stato, sez. V, 19.11.2009, n. 7257).
2. E' irricevibile il gravame con cui il ricorrente assuma la sproporzione tra l'importo a base d'asta previsto dalla lex specialis di gara e l'ammontare del fatturato medio annuo minimo previsto quale requisito di partecipazione, atteso che -trattandosi di clausola immediatamente lesiva perché richiedente un requisito minimo di partecipazione alla gara- essa deve essere impugnata nel termine di decadenza decorrente dalla conoscenza della stessa (Conf. Cons. Stato, sez. V, 23.06.2008, n. 3110) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 17.05.2010 n. 1524 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Direttiva ricorsi: le prime applicazioni.
Il giudice amministrativo, a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione di una gara di appalto, può dichiarare, altresì, ai sensi dell’art. 245-ter del d.lgs. n. 163 del 2006, come introdotto dall’art. 10, comma 1, del d.lgs. 20.03.2010, n. 53, l’inefficacia del contratto stipulato nelle more del giudizio, con effetto decorrente dalla pubblicazione della sentenza.
La pronuncia n. 1524/2010 si segnala all’attenzione dell’interprete in quanto concerne le primissime applicazioni delle disposizioni del d.lgs. 53/2010 di attuazione della cd. direttiva ricorsi e, in particolare, di una delle norme che disciplina l'inefficacia del contratto a seguito dell'annullamento dell'aggiudicazione.
Capisaldi affermati dalla sentenza.
Preliminarmente, è opportuno ricordare che la novella, introdotta dal d.lgs. 53/2010, distingue:
- l'inefficacia del contratto in caso di violazioni gravi ex art. 245-bis del d.lgs. 163/2006;
- gli altri casi di inefficacia del contratto ex art. 245-ter del d.lgs. 163/2006.
La decisione del Consesso milanese riconosce, in primis, l'applicabilità temporale della disciplina dell'inefficacia del contratto contenuta nel d.lgs. 53/2010.
Il G.A. afferma, in particolare, che la nuova norma ha natura processuale e, in difetto di diversa disposizione transitoria, può ricevere applicazione anche nei giudizi instaurati in data antecedente all’entrata in vigore della stessa in base al principio tempus regit actum.
I giudici, inoltre, ricordano che la giurisdizione del giudice amministrativo sulla sorte del contratto stipulato in seguito all’aggiudicazione illegittima annullata, dopo contrastanti orientamenti giurisprudenziali, è stata affermata anche dal giudice della Nomofilachia con l’ordinanza n. 2906, resa a Sezioni Unite il 10.02.2010.
Con l’ordinanza de qua è stato statuito che l’esigenza della cognizione del G.A. sulla domanda di annullamento dell’affidamento dell’appalto, per le illegittime modalità con cui si è svolto il relativo procedimento e della valutazione dei vizi di illegittimità del provvedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta che lo stesso giudice adito per l’annullamento degli atti di gara, che abbia deciso su tale prima domanda, possa conoscere pure della domanda del contraente pretermesso illecitamente dal contratto di essere reintegrato nella sua posizione, con la privazione di effetti del contratto eventualmente stipulato dalla stazione appaltante con il concorrente alla gara scelto in modo illegittimo.
L'art. 7 del d.lgs. 53/2010, nel dare esecuzione alla direttiva ricorsi, ha aggiunto un capoverso al primo comma dell'art. 244 del d.lgs. 163/06, secondo cui “la giurisdizione esclusiva si estende alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione”.
Quanto all'applicazione temporale della norma comunitaria che impone l'unitarietà della giurisdizione avanti al giudice amministrativo, la Cassazione ha riconosciuto che l'estensione della giurisdizione amministrativa esclusiva è ormai ineludibile per tutte le controversie in cui la procedura di affidamento sia intervenuta dopo il dicembre 2007, data dell'entrata in vigore della norma comunitaria (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 17.05.2010 n. 1524 - link a www.altalex.com).

COMPETENZE PROGETTUALI - LAVORI PUBBLICIAlla luce dell’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 e alla luce del citato regolamento (ndr: art. 16 del r.d. 11.02.1929, n. 274) regolante i limiti all’esercizio della professione di geometra, poiché la progettazione dei lavori per la mitigazione del rischio idrogeologico costituisce un’opera pubblica di sostanziale importanza, implicante la risoluzione di problemi tecnici di una certa complessità, due dei membri della commissione, geometri del comune, non possono progettare i lavori in questione e conseguentemente non possono essere considerati esperti nello specifico settore oggetto del contratto e idonei a poter valutare con la dovuta cognizione e preparazione i progetti presentati.
Giusta la delicatezza e le specifiche competenze tecniche richieste nel settore del consolidamento delle aree franose, una commissione di gara composta in prevalenza da geometri, privi del necessario titolo di studio attestante il possesso delle specifiche competenze tecniche di tipo geomorfologico, geotecniche, geologiche e idrogeologiche e conseguentemente privi dell’esperienza nel settore, non può considerarsi composta da esperti e pertanto non è idonea selezionare il miglior progetto.
L’amministrazione, nel caso di specie, deve fare applicazione dell’art. 84, comma 8, del d.lgs. n. 163, del 2006, che laddove stabilisce che i commissari siano "selezionati tra i funzionari della stazione appaltante" non ha inteso privilegiare e dare priorità in senso assoluto al requisito dell'inserimento nell'organico dell'ente appaltante rispetto a quello del titolo di studio, il quale, pertanto, deve comunque essere adeguato rispetto alla prestazione oggetto della gara.

Osserva il Collegio, che l’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede che: “La commissione, nominata dall’organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto, è composta da un numero dispari di componenti, in numero massimo di cinque, esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto”.
Il Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza 14.10.2009, n. 6297 ha chiarito che: «I componenti di una Commissione giudicatrice in una gara di appalto devono essere in possesso delle capacità tecniche e professionali adeguate all'importanza dell'appalto. Essi possono essere individuati come i "periti peritorum" della materia sulla quale devono esprimere il loro delicato giudizio, anche in relazione ai concreti aspetti sui quali i medesimi devono formulare il loro giudizio. Ciò al fine di evitare che sussistano, a monte, elementi che inducano in via anticipata i consociati (ed i partecipanti alla gara, soprattutto) a dubitare dell'adeguatezza professionale di chi è chiamato a giudicare comparativamente le proposte aggiudicatarie. Ovviamente, nella impossibilità di saggiare in anticipo ed in concreto la preparazione specifica dei commissari, può farsi riferimento ad alcuni dati che, in via presuntiva, consentano una prognosi tranquillizzante sul punto. Tali dati non possono che essere due: possesso di un titolo di studio adeguato, e pregressa esperienza nel settore».
La necessità del possesso in capo ai commissari dei requisiti tecnici e della professionalità necessaria a formulare un giudizio pienamente consapevole, anche in mancanza di una specifica previsione concernente la composizione nel dettaglio della commissione giudicatrice, costituisce un canone ispirato a criteri di logicità e ragionevolezza e riveste la natura di principio immanente nell'ordinamento generale, che risponde ai criteri di rango costituzionale di buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa (in tal senso cfr. Consiglio Stato, sez. V, 18.03.2004, n. 1408).
Nel caso di specie, relativo all'affidamento della progettazione e direzione dei lavori di mitigazione del rischio idrogeologico, la Commissione giudicatrice era composta da un ingegnere e due geometri. Solo uno dei componenti la commissione, l’ingegnere, rivestiva la qualità di esperto nello specifico settore oggetto dell’appalto. I due geometri dipendenti dell’amministrazione comunale, invece, non avrebbero potuto progettare ciò su cui erano chiamati ed esprimere il proprio giudizio, non potendo essere considerati esperti nella progettazione di lavori di mitigazione del rischio idrogeologico, nel senso richiesto dall’art. 84, comma 2, del codice dei contratti pubblici, in quanto la valutazione di tale attività richiede competenze che eccedono quanto previsto dall’art. 16 del r.d. 11.02.1929, n. 274, recante il regolamento per la professione di geometra, che stabilisce proprio l’ oggetto ed i limiti dell'esercizio di tale professione. In particolare tale regolamento all’art. 16, lett. q), riconosce ai geometri la possibilità di svolgere mansioni di perito comunale, ma solo per le funzioni tecniche ordinarie nei Comuni con popolazione fino a diecimila abitanti, escludendo i progetti di opere pubbliche d'importanza o che implichino la risoluzione di rilevanti problemi tecnici.
Ne consegue che alla luce dell’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 e alla luce del citato regolamento regolante i limiti all’esercizio della professione di geometra, poiché la progettazione dei lavori per la mitigazione del rischio idrogeologico costituisce un’opera pubblica di sostanziale importanza, implicante la risoluzione di problemi tecnici di una certa complessità, due dei membri della commissione, geometri del comune, non avrebbero potuto progettare i lavori in questione e conseguentemente non avrebbero potuto essere considerati esperti nello specifico settore oggetto del contratto e idonei a poter valutare con la dovuta cognizione e preparazione i progetti presentati.
La delicatezza e le specifiche competenze tecniche richieste nel settore del consolidamento delle aree franose era d’altra parte richiesta ai concorrenti nello stesso bando di gara che al punto 4 prevede che i professionisti partecipanti debbano aver maturato un’esperienza riferibile e riconducibile al settore del consolidamento delle aree franose, con particolare riferimento alle attività di progettazione per siti similari. Sicché una commissione composta in prevalenza da geometri, privi del necessario titolo di studio attestante il possesso delle specifiche competenze tecniche di tipo geomorfologico, geotecniche, geologiche e idrogeologiche e conseguentemente privi dell’esperienza nel settore, non poteva considerarsi composta da esperti e pertanto non era idonea selezionare il miglior progetto.
L’amministrazione, quindi, avrebbe dovuto fare applicazione dell’art. 84, comma 8, del d.lgs. n. 163, del 2006, che, come pure osservato dal Consiglio di Stato con la citata sentenza n. 6297 del 2009, laddove stabilisce che i commissari siano "selezionati tra i funzionari della stazione appaltante" non ha inteso privilegiare e dare priorità in senso assoluto al requisito dell'inserimento nell'organico dell'ente appaltante rispetto a quello del titolo di studio, il quale, pertanto, deve comunque essere adeguato rispetto alla prestazione oggetto della gara.
L’art. 84, comma 8, del d.lgs. n. 163 del 2006, in primis prevede che i commissari diversi dal presidente siano selezionati tra i funzionari della stazione appaltante, ma nel caso di accertata carenza in organico di adeguate professionalità e quindi di personale munito del necessario titolo di studio, la scelta deve ricadere tra funzionari di amministrazioni aggiudicatrici, ovvero con un criterio di rotazione tra gli appartenenti alle seguenti categorie:
a) professionisti, con almeno dieci anni di iscrizione nei rispettivi albi professionali, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dagli ordini professionali;
b) professori universitari di ruolo, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dalle facoltà di appartenenza.
Per le ragioni esposte, assorbita ogni altra doglianza, atteso ché l’accoglimento della censura relativa alla illegittima composizione della commissione giudicatrice invalida in radice tutti gli atti della procedura di gara e della conclusiva aggiudicazione, il ricorso in epigrafe deve essere accolto e per l'effetto vanno annullati i provvedimenti impugnati (TAR Basilicata, Sez. I, sentenza 17.05.2010 n. 280 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: G.U. 17.05.2010 n. 113 "Regolamento sulla istruttoria dei quesiti giuridici" (Autorità per la Vigilanza su Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, provvedimento 04.05.2010).

APPALTI: Concorrenti dotate di certificazione di qualità - Riduzione della cauzione provvisoria - Presupposto - Corrispondenza tra la categoria prevalente dei lavori e quella a cui si riferisce la certificazione.
La facoltà di dimezzare la cauzione provvisoria, concessa alle concorrenti dotate di certificazione di qualità è giustificata dalla maggiore affidabilità strutturale ed operativa dell'impresa.
E’ pertanto necessario che tale requisito sia posseduto con riferimento all'oggetto specifico dell'appalto: deve ciò esservi corrispondenza tra la categoria prevalente dei lavori posti in gara e quella a cui si riferisce la certificazione di qualità (da ultimo, TAR Puglia Bari, sez. I, 03.06.2009, n. 1379 e già, perspicuamente, TAR Campania Napoli, sez. I, 28.06.2005, n. 8841) (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 14.05.2010 n. 6538 - link a www.ambientediritto.it).

LAVORI PUBBLICI: Associazione per cooptazione - Evenienza ordinaria contemplata dalla disciplina di riferimento.
In tema di appalti di lavori, la cd. associazione per cooptazione va ritenuta “evenienza positivamente contemplata dalla disciplina di riferimento”, che, come tale, “non esonda dai canoni di ordinarietà” (TAR Lazio Roma, sez. III, 11.11.2009, n. 11084).
Principio di unicità dell’impresa ausiliaria - Art. 49, c. 6 d.lgs. n. 163/2006 - Interpretazione.
L’art. 49, 6° comma d.lgs. 163/2006 (nella specie, nella sua rigida formulazione antecedente al successivo temperamento apportato con il d.lgs. n. 152 del 2008, inapplicabile ratione temporis acti) va semplicemente inteso , (in conformità al non contrastato orientamento giurisprudenziale e al diffuso intendimento dottrinario, fondato sul non equivoco tenore testuale della disposizione non meno che sulla ratio legis, intesa ad evitare l’eccessivo frazionamento dei requisiti e la consequenziale parcellizzazione delle reponsabilità: cfr., da ultimo, TAR Piemonte Torino, sez. I, 30.03.2009, n. 837) nel senso di vietare non già il ricorso ad un’unica ausiliaria per più di una categoria di qualificazione, sibbene il ricorso a più ausiliarie per un’unica categoria di qualificazione (c.d. divieto di avvalimento o -si paret - principio di unicità dell’impresa ausiliaria).
Disciplina di gara - Dichiarazione di sopralluogo - Finalità - Garanzia in favore dell’amministrazione.
Con riferimento alle clausole della disciplina di gara che prevedono apposite dichiarazioni dei concorrenti di aver visitato i luoghi di esecuzione dei lavori o dei servizi e di aver preso conoscenza delle condizioni locali che possono incidere sulla determinazione dei prezzi e delle condizioni contrattuali (già prevista, per i lavori pubblici, l’art. 1 d.p.r. 16.07.1962 n. 1063), la giurisprudenza esattamente distingue tra dichiarazione di sopralluogo a cura del partecipante e verbale di sopralluogo a cura della stazione appaltante, considerando generalmente sufficiente ai fini dell'ammissione alla gara la dichiarazione di sopralluogo a prescindere dalle modalità con cui esso sia stato eseguito, a meno che non sia espressamente richiesto anche uno specifico verbale di sopralluogo sulle relativa modalità (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 06.02.2001, n. 3063; Id., sez. V., 09.05.2000, n. 2668 e Id., sez. V, 30.06.2003, n. 2668); d’altra parte, la funzione della ridetta dichiarazione è unicamente quella di precludere all'appaltatore contestazioni basate sull'asserita mancata conoscenza dei luoghi e di ridurre al minimo le possibilità di modifiche contrattuali in sede di esecuzione, per cui l’onere posto a carico dell'impresa di visitare i luoghi dell'appalto prima di formulare la propria offerta è posto essenzialmente a garanzia dell'Amministrazione, garanzia che tale dichiarazione comunque viene ad assolvere anche nell'ipotesi cui l'impresa non avesse effettivamente preso visione delle condizioni locali dell'appalto per sua libera scelta (cfr. Cons. Stato, sez. V, 07.07.2005, n. 3729) (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 14.05.2010 n. 6537 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Appartiene alla giurisdizione esclusiva del g.a. l'impugnazione degli atti di una gara ad evidenza pubblica per la scelta del contraente cui affidare un appalto pubblico di fornitura.
La commissione di gara non può in alcun caso introdurre ulteriori elementi di valutazione delle offerte rispetto a quelli indicati nella lex specialis.

Ai sensi dell'art. 244 c. 1, d.lvo. 12.04.2006 n. 163, l'impugnazione degli atti di una procedura di una gara ad evidenza pubblica per la scelta del contraente, cui affidare un appalto pubblico di fornitura, a partire dal bando di gara fino al provvedimento di aggiudicazione definitiva, appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, cui è tuttavia preclusa ogni indagine sulla sorte del contratto conseguente all'annullamento dell'aggiudicazione.
In attuazione dei principi di legalità, buon andamento, imparzialità, par condicio e trasparenza, la commissione di gara non può in alcun caso introdurre ulteriori elementi di valutazione delle offerte rispetto a quelli indicati nella lex specialis, ovvero modificare quelli in essa contenuti (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.05.2010 n. 2959 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: In caso di modulistica non conforme al disciplinare di gara è sempre ammesso il potere di integrazione della documentazione richiesta dal bando a pena di esclusione.
L’applicazione dei principi in materia di favor partecipationis e di tutela dell’affidamento osta all’esclusione di un’impresa in caso di compilazione dell’offerta in conformità al modulo approntato dalla stazione appaltante, potendo eventuali parziali difformità rispetto al disciplinare costituire oggetto di richiesta di integrazione.
Nel caso di specie, la mancata indicazione nel fac-simile di domanda di partecipazione allegata al disciplinare di alcune delle dichiarazioni, da rendere a pena di esclusione presenti nel disciplinare, non poteva essere considerata circostanza tale da indurre in errore l’impresa partecipante, non trattandosi di un’ipotesi di contrasto tra le prescrizioni contenute nel disciplinare e quelle contenute nella allegata modulistica, ma di mancato richiamo nella seconda di dichiarazioni espressamente e chiaramente indicate come necessarie nel capitolato e presidiate dalla clausola di esclusione (TAR Molise, sentenza 14.05.2010 n. 213 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI: G. Guzzo, L’APPALTO PUBBLICO: FISIOLOGIA E PATOLOGIA DELLA VICENDA CONTRATTUALE NEL NUOVO SCHEMA LEGISLATIVO E GIURISPRUDENZIALE (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla sussistenza della giurisdizione del g.a. per la controversia relativa al recesso da parte di comune da un consorzio costituito ai sensi dell'art. 31 del d.lgs. n. 267 del 2000.
Allorché uno degli Enti locali partecipanti deliberi di recedere dal consorzio costituito ai sensi dell'art. 31 del d.lgs. n. 267 del 2000, ci si trova in presenza dell'esercizio di un potere discrezionale conferito dalla legge in capo allo stesso Ente deliberante, tale da radicare la giurisdizione del giudice amministrativo.
Il consorzio tra Comuni è una particolare forma associativa prevista dalla legge, avente natura di ente pubblico, "per la gestione associata di uno o più servizi" nonché "per l'esercizio associato di funzioni": esso è quindi preordinato alla realizzazione di un servizio o di una funzione pubblica tale da assicurare, date le circostanze del caso concreto e previa valutazione delle necessità del territorio, maggiore affidamento di riuscita rispetto ad una gestione diretta lasciata alle amministrazioni singolarmente.
La decisione di entrare a far parte di un consorzio -e, correlativamente, quella di recedervi- è quindi preordinata alla migliore gestione (o almeno, a quella discrezionalmente ritenuta tale) del servizio pubblico che di volta in volta viene in considerazione: le relative deliberazioni prese dall'Ente locale, pertanto, rappresentano una modalità di esercizio del potere discrezionale che la legge conferisce all'amministrazione locale per la migliore gestione del servizio pubblico.
Non può dunque sostenersi, che i rapporti tra il consorzio e gli enti che ne fanno parte siano da inquadrare nei binari del diritto soggettivo e non dell'interesse legittimo: ne deriva, per le relative controversie, in base ai principi generali, la giurisdizione del giudice amministrativo (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 13.05.2010 n. 2388 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: ANNULLAMENTO DELLA GARA E RISARCIMENTO DELLA LESIONE DELL'INTERESSE POSITIVO E DELL'INTERESSE NEGATIVO.
1. Giudizio amministrativo - Risarcimento danno - Prova - Della spettanza dell'aggiudicazione - Necessarietà - Al fine della tutela dell'interesse positivo - Ragioni.
2. Giudizio amministrativo - Risarcimento danno - Perdita di chance - Casi - Ragioni.
3. Responsabilità - Civile - Risarcimento danni - Responsabilità precontrattuale - Sussistenza - Ipotesi - Profili.
1.
Chi agisce a tutela del c.d. interesse positivo che assume leso dalla mancata aggiudicazione imputabile all'illegittimo svolgimento della procedura di gara da parte della stazione appaltante, deve fornire la prova circa la spettanza della aggiudicazione, nonché elementi sufficienti (rappresentati essenzialmente dai caratteri della proposta migliorativa) per consentire al giudice di formulare un giudizio di prognosi postuma favorevole in una fattispecie in cui il metodo di aggiudicazione prescelto -quello cioè dell'offerta economicamente più vantaggiosa- non consente al giudice di sostituire il proprio metro di valutazione delle offerte a quello proprio della stazione appaltante stante l'ampia opinabilità dei criteri tecnici da applicare nella formulazione dei giudizi in questione.
2. In relazione al c.d. interesse negativo, quello cioè a non vedersi coinvolta in una trattativa inutile per fatto illecito imputabile alla controparte con conseguente diritto al rimborso delle spese di partecipazione sostenute ed, eventualmente, delle mancate occasioni di guadagno, non può configurarsi un danno da perdita di chance quando l'alea oggettivamente connessa al metodo di aggiudicazione prescelto non consente di configurare in concreto alcuna ragionevole probabilità di aggiudicazione tale da assurgere a posta attiva del patrimonio dell'istante suscettibile di ristoro per equivalente in caso di sua lesione contra ius; si tratta, a ben vedere, di una mera possibilità di aggiudicazione che, in quanto statisticamente non rilevante, non assurge ad interesse meritevole di tutela per l'ordinamento ai fini della tutela aquiliana (Cass., SS.UU., n. 500/1999).
3. Meritevole di accoglimento è la domanda di risarcimento danni a titolo di responsabilità precontrattuale quando la stazione appaltante, con grave negligenza, ha posto in essere una sequenza procedimentale violativa di basilari principi di imparzialità e trasparenza, in tal modo rendendo vano l'investimento economico dell'impresa ricorrente che si è pertanto vista coinvolta in una procedura infruttuosa, con conseguente illecita lesione della propria libertà negoziale ai sensi e per gli effetti dell'art. 1337, Cod. Civ. (massima tratta da
http://mondolegale.it - TAR Molise, sentenza 12.05.2010 n. 208 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIAppalti, il negoziato è l'eccezione. Novità del procedimento che riduce la discrezionalità mantenendo la flessibilità operativa. Procedura di gara snella e innovativa a scelta del contraente.
La procedura negoziata previa pubblicazione di un bando di gara, disciplinata dall'art. 56 del D.Lgs. n. 163/2006 (così detto «Codice dei contratti pubblici»), è una procedura di scelta del contraente che costituisce una specie di spartiacque tra la rigida formalizzazione delle procedure aperte e ristrette e la maggiore snellezza operativa che invece caratterizza, sempre nel rispetto dei principi generali dell'attività contrattuale pubblica, le procedure negoziate.
Inoltre, è una procedura che si caratterizza per alcuni aspetti innovativi di grande interesse, introdotti dal legislatore comunitario e recepiti fedelmente dalla norma nazionale, che possono, però, presentare qualche difficoltà a livello operativo.
Aspetti generali. Il tratto comune della procedura negoziata preceduta da bando di gara rispetto alle altre procedure negoziate disciplinate dal Codice è che si tratta di una procedura eccezionale, utilizzabile, cioè, nei soli casi e alle condizioni specifiche espressamente previste dalla norma. Dopo le modifiche introdotte dal secondo decreto correttivo al Codice dei contratti (D.Lgs. n. 113/2007), le ipotesi di ricorso alla procedura negoziata preceduta da bando di gara sono rimaste solo due: quando, dopo l'esperimento di una procedura aperta o ristretta o di un dialogo competitivo, tutte le offerte presentate sono irregolari oppure inammissibili, in ordine a quanto disposto dal Codice in relazione ai requisiti degli offerenti e delle offerte, purché restino sostanzialmente ferme le condizioni iniziali del contratto (lettera «a del comma 1 dell'art. 56, applicabile a forniture e servizi di qualsiasi importo e a lavori fino a 1 milione di euro); nel caso di appalti di lavori pubblici realizzati unicamente a scopo di ricerca, sperimentazione o messa a punto, e non per assicurare una redditività o il recupero dei costi di ricerca e sviluppo (lettera «d» del comma 1 dell'art. 56, applicabile ai soli lavori, indipendentemente dall'importo) ... (articolo ItaliaOggi del 12.05.2010).

APPALTI: La clausola del bando che prescrive la presentazione attraverso la posta o a mezzo dei servizi privati di recapito postale ma non vieta espressamente la consegna diretta dell'offerta deve essere intesa come indicativa della possibilità di tale consegna.
La regola generale della presentazione diretta dell’offerta costituisce principio di libertà che non può essere derogata dal bando di gara, in quanto espressione dell’esigenza di rendere immuni i concorrenti dal rischio del mancato rispetto di formalità che non sono nella loro disponibilità (Consiglio Stato, sez. VI, 26.09.2003, n. 5504).
Pertanto, la clausola del bando che prescrive la presentazione attraverso la posta o a mezzo dei servizi privati di recapito postale ma non vieta espressamente la consegna diretta dell’offerta deve essere intesa come indicativa della possibilità di tale consegna (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11.05.2010 n. 2835 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'illegittimità dell'affidamento diretto a delle cooperative del servizio di igiene urbana ai sensi dell'art. 5 L. 08.11.1991, n. 381.
E' illegittimo l'affidamento diretto a delle cooperative del servizio di igiene urbana ai sensi dell'art. 5 L. 08.11.1991, n. 381.
L'art. 5, c. 1, della citata L. 38/1991 sull'inserimento lavorativo delle persone svantaggiate, infatti, nel riferirsi alla "fornitura di beni e servizi", offre agli enti pubblici e alle società di capitali a partecipazione pubblica la possibilità di stipulare, anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione, con le cooperative che svolgono attività agricole, industriali, commerciali o di servizi finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate, convenzioni aventi ad oggetto la fornitura di beni e servizi -diversi da quelli socio-sanitari ed educativi e di importo inferiore a quello preso in considerazione dalle direttive comunitarie in materia di appalti- in favore dell'amministrazione richiedente e non già l'affidamento di servizi pubblici locali, quale è quello di igiene urbana (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.05.2010 n. 2829 - link a www
.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne riportate dai concorrenti ad una gara ad evidenza pubblica ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano esclusivamente alla stazione appaltante e già al concorrente medesimo.
Questi è pertanto obbligato a indicare tutte le condanne riportate, non potendo operare alcuna selezione delle condanne eventualmente riportate ed omettendo pertanto la dichiarazione di alcune di esse sulla base meri criteri personali.
L’esistenza di false dichiarazioni sul possesso dei requisiti, quali la mancata dichiarazione di sentenze penali di condanna, si configura come causa autonoma di esclusione.

Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, da cui non vi è motivo di discostarsi, le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne riportate dai concorrenti ad una gara ad evidenza pubblica ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano esclusivamente alla stazione appaltante e già al concorrente medesimo.
Questi è pertanto obbligato a indicare tutte le condanne riportate, non potendo operare alcuna selezione delle condanne eventualmente riportate ed omettendo pertanto la dichiarazione di alcune di esse sulla base meri criteri personali (C.d.S., sez. IV, 10.02.2009, n. 740; sez. V, 06.12.2007, n. 6221).
Orbene, nel caso in esame, non vi è alcun dubbio sulla circostanza (giammai oggetto di qualsiasi contestazione) che effettivamente nella autodichiarazione resa dal legale rappresentante dell’Impresa Pietro Vitali s.r.l. ai fini della partecipazione alla gara di cui si discute era stata omessa l’indicazione delle sentenze penali di condanne pronunciante nei confronti dei signori Pietro e Mosè Vitali.
E’ stata in tal modo violata espressamente la lex specialis di gara, come ha puntualmente precisato l’amministrazione appaltante nella motivazione dell’impugnato provvedimento di decadenza dall’aggiudicazione, atteso che “…la legge –nonché il bando e il disciplinare di gara con relativi allegati– obbliga(va) i partecipanti alle gare a rendere dichiarazioni complete e veritiere, recanti l’esatta indicazioni di tutti i precedenti penali, ivi inclusi quelli per i quali sia stato concesso il beneficio della non menzione”.
Sul punto deve ricordarsi che è stato altrettanto condivisibilmente affermato che l’esistenza di false dichiarazioni sul possesso dei requisiti, quali la mancata dichiarazione di sentenze penali di condanna, si configura come causa autonoma di esclusione (sez. V, 12.04.2007, n. 1723)
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.05.2010 n. 2822 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
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Il Consiglio di Stato conferma il pronunciamento del TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 02.07.2009 n. 4257 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIVERIFICA A CAMPIONE.
In sede di verifica a campione, ai sensi dell’articolo 48 del Codice dei contratti pubblici (D.lgs n. 163/2006), il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, non può essere dimostrato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

E’ quanto significativamente affermato dal TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II, nella sentenza 11.05.2010 n. 717, ove viene fornita un’importante precisazione in merito alle modalità di comprovazione dei requisiti “speciali”, in sede di verifica a campione.
Ad avviso dei giudici calabresi, la richiesta della stazione appaltante di pretendere il deposito dell’originale o di copia autentica della documentazione, è pienamente legittima, in quanto conforme all’articolo 48. Di conseguenza, non può che palesarsi come pienamente legittimo il provvedimento di esclusione.
La tesi avanzata dal Tar è pienamente condivisibile, in virtù delle seguenti considerazioni. In primo luogo, una ragione letterale, la quale discende proprio dal mero tenore letterale dell’articolo 48 del Codice, laddove si prescrive l’obbligo di …..comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti ….., presentando la documentazione richiesta in detto bando o nella lettera di invito.
La lettera della norma sembra porre una connessione stretta fra comprovazione del possesso dei requisiti e presentazione di adeguata documentazione, in modo tale da escludere la possibilità del ricorso all’autocertificazione. In altri termini, la documentazione da presentare, la quale deve adeguatamente comprovare il possesso dei requisiti, toglie spazio all’applicazione dell’autocertificazione.
Benvero, l’articolo 48, laddove prevede le misure da applicare in caso di esito negativo della verifica, parla proprio di prova non fornita e di prova non confermante le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta. Tale prova non può ridursi ad una mera ripetizione delle dichiarazioni autocertificative effettuate in sede di gara! In secondo luogo, sussiste una ragione di ordine logico. Infatti, dato atto che, in sede di gara, il possesso dei requisiti è attestato da una serie di numerose autocertificazioni, non ha alcun senso, in sede di verifica a campione, ripetere tali dichiarazioni, senza fornire ed allegare alcuna documentazione. Una verifica siffatta non avrebbe alcun senso!
Infine, occorre considerare che proprio la norma, parlando di documentazione indicata nel bando o nella lettera di invito, fa riferimento ad un qualcosa di diverso, ad un “quid novi”, rispetto ad un ulteriore ed inutile ripetizione di dichiarazioni autocertificative. Il bando o la lettera di invito indicano precisi documenti ed è indubbio che questi debbano essere presentati, non trovando spazio alcuno il ricorso all’autocertificazione.
Invero, la plausibile tesi avanzata dal Tar Calabria risulta confortata anche dalla pregressa giurisprudenza: “L'autocertificazione di atti, fatti e qualità personali, pur costituendo principio generale nei rapporti con la Pubblica amministrazione, non è utilizzabile nell'ipotesi in cui quest'ultima, attivando lo speciale procedimento di cui all'articolo 10, comma 1-quater L. n. 109/1994, effettui verifiche a campione sull'effettivo possesso dei requisiti richiesti in capo ai partecipanti ad una gara d'appalto” (Consiglio di Stato, sez. V, n. 6768/2002).
Ancor più chiaramente: “Non appare conforme allo spirito ed alla lettera della norma la produzione di autocertificazioni, al fine di dimostrare il possesso dei requisiti; al riguardo, va preso in considerazione innanzitutto il tenore della norma. La lettera della norma sembra porre una connessione stretta fra comprovazione del possesso dei requisiti e presentazione di adeguata documentazione, in modo tale da escludere la possibilità del ricorso all’autocertificazione. In altri termini, la documentazione da presentare, la quale deve adeguatamente comprovare il possesso dei requisiti, toglie spazio all’applicazione dell’autocertificazione” (Tar Liguria, sez. II, n. 1282/2001) (commento tratto dalla newsletter del sito www.centrostudimarangoni.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: In sede di verifica a campione ex art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici), i requisiti di capacità economico-finanziaria non possono essere dimostrati mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà .
Sull'interpretazione delle sanzioni previste (incameramento della cauzione e segnalazione all'AVCP) dall'art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006.

In sede di verifica a campione ex art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici), i requisiti di capacità economico-finanziaria non possono essere dimostrati mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi dell'art. 47 del d.p.r. n. 445 del 2000. Deve rilevarsi, infatti, che nei rapporti con l'amministrazione è necessario distinguere due fasi: "quella iniziale, nella quale può farsi legittimamente uso della dichiarazione sostitutiva di atto notorio contestualmente alla presentazione della domanda di partecipazione alla gara e quella, successiva, nella quale l'attestazione del possesso dei requisiti di partecipazione deve essere necessariamente compiuta per mezzo della documentazione pubblica certificativa della qualità o dello stato richiesti e non può essere ammessa anche la modalità della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà". La regola della mancanza di validità delle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, dunque, tende ad evitare che l'impresa possa depositare in sede di verifica a campione la medesima documentazione presentata in sede di presentazione dell'offerta. Tale regola può subire delle eccezioni unicamente nei casi in cui si tratti di dimostrare il possesso di documenti che siano già in possesso dell'amministrazione o che comunque essa stessa è tenuta a certificare (cfr. art. 43 del d.p.r. n. 445 del 2000).
L'art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede che quando l'impresa non fornisce la prova dei requisiti richiesti dall'amministrazione ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell'offerta, le stazioni appaltanti procedono non soltanto all'esclusione del concorrente dalla gara, ma anche all'escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all'Autorità. Tale disposizione va, tuttavia, interpretata secondo un criterio logico e in relazione alla circostanza che non si debba trattare di una violazione lieve, tenendo conto anche della buona fede dell'impresa. Per stabilire dunque se la violazione sia stata non lieve occorre avere riguardo alla natura dell'"inadempimento" e agli effetti che ciò ha determinato sullo svolgimento della procedura di gara.
Nel caso di specie, la stazione appaltante non ha accertato la mancanza dei requisito ma ha riscontrato un'anomalia nelle modalità formali di dimostrazione del requisito richieste legittimamente dalla lex specialis. Inoltre, il comportamento dell'impresa non ha inciso negativamente sulla gara alterando il gioco della libera concorrenza. Ne consegue che deve essere parzialmente annullato l'atto con cui è stato disposto, unitamente alle "altre sanzioni", l'incameramento della cauzione provvisoria (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II, sentenza 11.05.2010 n. 717 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sui limiti del diritto di accesso agli atti di gara.
L'art. 13, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti) prevede, a tutela del diritto alla riservatezza dei partecipanti alle procedure di affidamento, l'esclusione del diritto di accesso e di ogni forma di divulgazione in ordine alle informazioni fornite dai concorrenti nell'ambito delle giustificazione delle proprie offerte, che costituiscano segreti tecnici o commerciali, ciò al fine di evitare che operatori economici in diretta concorrenza tra loro possano utilizzare l'accesso unicamente per giovarsi delle specifiche conoscenze possedute da altri, allo scopo di conseguire un indebito vantaggio commerciale all'interno del mercato.
Tuttavia, l'esclusione del diritto di accesso è subordinata alla manifestazione di interesse da parte del concorrente al quale si riferiscono i documenti cui altri intende accedere. D'altra parte, l'art. 13, d.lgs. n. 163/2006, al comma 6 consente l'accesso finalizzato alla difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell'ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso. Detta previsione sancisce la prevalenza del c.d. accesso difensivo, disposta dall'art. 24, c. 7, l. n. 241/1990 (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 10.05.2010 n. 2814 - link a www
.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIR.T.I. COSTITUENDI E INTESTAZIONE DELLA POLIZZA FIDEIUSSORIA.
1.Appalto di servizi - Cauzione - Di partecipazione - Intestazione - A tutte le imprese del R.T.I. partecipante alla gara - Non è necessaria.
1. Nel caso di partecipazione a una gara di appalto di un costituendo raggruppamento temporaneo di imprese, è necessario non tanto che la polizza fidejussoria sia intestata a tutte le imprese che vi fanno parte, quanto piuttosto che la garanzia sia operativa nei confronti di tutti i partecipanti al raggruppamento.
Ciò che rileva è che la polizza fideiussoria garantisca i rischi connessi al possibile inadempimento di tutte le imprese dell'A.T.I. costituenda (in particolare il rischio relativo alla mancata sottoscrizione del contratto d'appalto per fatto dell'aggiudicatario).
Diversamente ragionando si determinerebbe una carenza di garanzia per la stazione appaltante tante volte quante la mancata sottoscrizione non sia imputabile alla capogruppo designata ma alle mandanti; ciò, in ipotesi, in quanto:
a) sono state queste ultime a non conferire il mandato alla capogruppo designata messa così nella impossibilità di sottoscrivere il contratto;
b) le dichiarazioni non veritiere circa il possesso dei requisiti individuali di partecipazione sono state rese da una delle mandanti (peraltro non è configurabile una ipotesi di responsabilità indiretta o per fatto altrui della capogruppo che non potrebbe essere chiamata a rispondere per fatto di altro soggetto) (Cons. Stato, Ad. Plen., 04.10.2005 n. 8; Cons. Stato 21-11-2006 n. 680; TAR Lombardia Milano, sez. I, 19-04-2007 n. 1876; TAR Sardegna, sez. I, n. 1116/2008; TAR Calabria Catanzaro, sez. I, n. 317/2008; Cons. Stato, sez. V, n. 2400/2009; Cfr. TAR Emilia Romagna, sez. I, n. 617/2009) (massima tratta da http://mondolegale.it/ - TAR Veneto, Sez. I, sentenza 07.05.2010 n. 1843 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: IL GIUDICE COMPETENTE IN MATERIA DI SORTE DEL CONTRATTO.
Il Tar Veneto delinea un’esaustiva e chiara illustrazione degli sviluppi giurisprudenziali e normativi in materia di giudice competente, laddove insorga il problema dell’efficacia del contratto di appalto, a seguito dell’annullamento di una procedura di gara.
Precisamente, viene affermato che: “nell'ipotesi di contratto stipulato da una Pubblica amministrazione, sulla base di una procedura di aggiudicazione risultata poi illegittima, sussiste la giurisdizione del G.A. in merito alla pronuncia di invalidità- inefficacia del contratto medesimo. Infatti, come statuito recentemente dalla Corte di cassazione, sussiste la necessità di un esame congiunto della domanda di invalidità dell'aggiudicazione e di privazione degli effetti del contratto stipulato, nonostante l'annullamento della gara, e ciò in virtù dei principi di concentrazione, effettività e ragionevole durata del giusto processo che la normativa comunitaria impone agli Stati membri di attuare. Quanto detto risulta, inoltre, pienamente conforme al principio di effettività della tutela, previsto dagli articoli 24 e 111 Cost.”.
I giudici amministrativi veneti prendono atto, primariamente, che, a seguito dell’accoglimento di entrambi i ricorsi, principale ed incidentale, stante la partecipazione di due soli operatori economici, illegittimamente ammessi, può considerarsi del tutto inefficace il contratto di appalto stipulato. Il Tar ritiene di poter esercitare tale potere (declaratoria di inefficacia del contratto), sulla base delle statuizioni espresse dalla Suprema corte, nella sentenza Sezioni Unite, n. 2096/2010.
Invero, il Tar si rende conto che il reale problema è rappresentato dal fatto che, all’epoca del’insorgere del contenzioso (luglio 2009), non solo non era stato emanato il decreto attuativo della Direttiva ricorsi, ma non era neppure spirato il termine per la recezione medesima (20.12.2009). Infatti, prima dell’indicato intervento della Cassazione, predominava l’orientamento, secondo il quale le controversie relative ai contratti rientrano nell’alveo della giurisdizione del giudice ordinario (CdS, Ap, n. 9/2008).
Tuttavia, aderendo alle novelle statuizioni della Cassazione, il Tar ritiene che il diritto comunitario, consacrato nelle direttive, incide nel sistema giurisdizionale interno anche retroattivamente, esigendo la trattazione unitaria delle domande di annullamento del procedimento di affidamento dell'appalto e di caducazione del contratto stipulato per effetto dell'illegittima aggiudicazione.
Si tratta di una posizione, che presenta un duplice pregio. In primo luogo, appare pienamente conforme al principio costituzionale di effettività della tutela (artt. 24 e 111 Cost.). In secondo luogo, occorre prendere atto che la rilevanza della connessione, fra illegittimità della procedura di gara ed effetti sul contratto stipulato, denegata in passato per la cognizione congiunta della lesione degli interessi legittimi e dei diritti conseguenti, non è più oggi contestabile, proprio per la presenza della nuova direttiva comunitaria, “incidente sulla ermeneutica delle norme interne (art. 117), che è vincolante in tale senso per l'interprete”.
Dunque, può “farsi rientrare nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sia l'annullamento della gara e dell'aggiudicazione che la domanda di privazione degli effetti del successivo appalto concluso dalla stazione appaltante con la contraente scelta in modo illegittimo”.
La tesi, avanzata dal Tar Veneto, secondo cui sussiste la giurisdizione esclusiva del G.A., in tema di sorte del contratto, anche per le controversie antecedenti all’entrata in vigore del D.Lgs n. 53/2010, è stata propugnata anche da un altro tribunale amministrativo di primo grado.
Precisamente, il Tar Calabria, sez. Catanzaro, con la sentenza numero 457 del 12.04.2010, ha affermato che, sul piano costituzionale, la giurisdizione esclusiva estesa al contratto è compatibile con il modello di giustizia amministrativa, delineato dall'articolo 103 della Costituzione. La giurisdizione esclusiva si giustifica in ragione del “collegamento” stretto tra la fase amministrativa e la fase negoziale di conclusione del contratto. Tale collegamento deriva dal fatto che il vizio del contratto, ad avviso del Tar calabrese, è conseguenza del vizio del provvedimento. In presenza di un vizio autonomo del contratto tale nesso, viceversa, verrebbe meno.
In definitiva, osservano i giudici amministrativi veneti, la giurisdizione esclusiva si giustifica, sul piano costituzionale, non soltanto in presenza di un intreccio di interessi legittimi e diritti soggettivi, nonché di diritti soggettivi incisi dall'esercizio di un potere amministrativo (Corte cost. n. 32/2010), ma anche in presenza di interessi legittimi e diritti soggettivi “separati”, ma, nondimeno, strettamente collegati (commento tratto dalla newsletter di
www.centrostudimarangoni.it - TAR Veneto, Sez. I, sentenza 07.05.2010 n. 1838 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: L'incameramento della cauzione provvisoria in caso di mancata osservazione delle regole del patto di integrità non equivale a sanzione amministrativa.
Il Comune di Milano ha adottato un patto di integrità che racchiude regole di comportamento per le imprese, partecipanti ad una gara, già desumibili dalla disciplina positiva relativa alle procedure di evidenza pubblica e dai principi attinenti la materia.
Al momento della presentazione della domanda di partecipazione ad una gara il comune chiede la sottoscrizione del medesimo patto alle imprese. La procedura ha elevato l’accettazione di tale patto a presupposto necessario e condizionante per la partecipazione delle imprese alla specifica gara di cui trattasi.
L'impresa concorrente, inoltre, con la sottoscrizione, all’atto della presentazione della domanda, del patto d'integrità, accetta regole del bando che rafforzano comportamenti già doverosi per coloro che sono ammessi a partecipare alla gara (nella specie, la regola di non compiere atti limitativi della concorrenza) e che prevedono, in caso di violazione di tali doveri, sanzioni di carattere patrimoniale, oltre la conseguenza, ordinaria a tutte le procedure concorsuali, della estromissione dalla gara.
Viene dunque a individuarsi, quindi, innanzitutto, un onere, consistente nella sottoscrizione per adesione delle regole contenute nel Patto d'integrità, configurandosi l’accettazione delle regole in questo contenute come condizione imprescindibile per poter partecipare alla gara, e contestualmente dei doveri comportamentali , accompagnati dalla previsione di una responsabilità patrimoniale, aggiuntiva alla esclusione della gara, assunti su base pattizia rinvenendosi la loro fonte nel Patto d’integrità accettato dal concorrente con la sottoscrizione.
La previsione dei doveri stabiliti dal patto d’integrità con le correlative responsabilità di ordine patrimoniale come ulteriore prescrizione dei bandi di gara, è legittima poiché si inquadra nell’ambito dell’autonomia negoziale dell’amministrazione, nell’invito a contrattare, e di chi aspiri a diventare titolare di un futuro contratto, con l’accettazione dell’invito. Non si ravvisano preclusioni nell’ordinamento positivo soprattutto perché il patto contiene regole conformi a principi già considerati dall’ordinamento e già assistiti da responsabilità patrimoniale (quale la buona fede e la correttezza nelle trattative contrattuali).
Se questo è il quadro di riferimento l’escussione della cauzione provvisoria vale unicamente ad identificare e a quantificare fin dall’origine la conformazione e la misura della responsabilità patrimoniale del partecipante alla gara conseguente all'inadempimento dell'obbligo assunto con la sottoscrizione del patto d’integrità (l’orientamento è stato più recentemente confermato anche da Consiglio Stato, sez. V, 06.03.2006, n. 1053, secondo cui: il patto d’integrità nel suo insieme e nelle singole clausole assume il carattere di complesso di regole di comportamento per le imprese, già desumibili dalla disciplina positiva relativa alle procedure di evidenza pubblica e dai principi attinenti la materia e non già di sanzione privata incompatibile con il principio di legalità di cui all'art. 25 comma 2 cost.; ne consegue che l’incameramento della cauzione non ha carattere di sanzione amministrativa -come tale riservata alla legge e non a fonti di secondo grado o a meri atti della p.a.- ma costituisce la conseguenza dell’accettazione di regole e di doveri comportamentali, accompagnati dalla previsione di una responsabilità patrimoniale, aggiuntiva alla esclusione della gara, assunti su base pattizia, rinvenendosi la loro fonte nel patto d’integrità accettato dal concorrente con la sottoscrizione: da ultimo cfr. anche Consiglio Stato, sez. V, 08.09.2008, n. 4267) (commento tratto da www.doumnetazione.ancitel.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 07.05.2010 n. 1386 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla legittimità del provvedimento di esclusione da una gara per violazione del Patto di Integrità, allegato al bando, conseguente alla presenza di forme di collegamento sostanziale tra imprese, riconducibili ad un unico centro decisionale.
Sulla legittimità delle previsioni relative all'escussione della cauzione provvisoria, contenute nel Patto di Integrità allegato al bando di gara.

E' legittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nell'ipotesi in cui emergano elementi tali da far presumere l'esistenza di forme di collegamento sostanziale tra imprese concorrenti, riconducibili ad un unico centro di interessi, in quanto siffatta condotta vìola le prescrizioni contenute nel bando di gara, nonché nel Patto di Integrità, con cui la società si è espressamente impegnata a non accordarsi con altri partecipanti per non limitare la concorrenza; ciò, peraltro, pregiudica seriamente il corretto svolgimento della gara, anche alla luce della normativa comunitaria, secondo cui il funzionamento delle gare pubbliche è garantito soltanto nel caso in cui le imprese partecipanti si trovino in posizione di reciproca ed effettiva concorrenza.
E' legittimo il Patto di Integrità nella parte in cui prevede l'incameramento della cauzione provvisoria, ciò in quanto esso rappresenta un sistema di condizioni che rafforzano comportamenti già doverosi per i concorrenti, e che prevedono sanzioni a carattere patrimoniale, nel caso di violazione di detti doveri. Tale previsione, unitamente alle relative responsabilità di ordine patrimoniale, è da considerare pienamente legittima, giacché siffatta ipotesi va inquadrata nell'ambito dell'autonomia negoziale sia dell'amministrazione sia di chi aspiri a diventare titolare di un futuro contratto. L'escussione della cauzione provvisoria, nel caso di specie, vale unicamente a quantificare la misura della responsabilità patrimoniale del partecipante alla gara, conseguente all'inadempimento dell'obbligo assunto con la sottoscrizione del patto d'integrità, il quale assume, quindi, il carattere di un complesso di regole comportamentali per le imprese; ne consegue che l'incameramento della cauzione non ha carattere di sanzione amministrativa, come tale riservata alla legge, ma costituisce la conseguenza dell'accettazione di regole di condotta, accompagnate dalla previsione di una responsabilità patrimoniale, assunte su base pattizia (TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 07.05.2010 n. 1386 - link a www
.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Rifiuti - Affidamento servizi e forniture - Recesso dal contratto - Esecuzione del contratto - Esercizio diritto potestativo - Giurisdizione del giudice ordinario - Sussiste.
Premesso che in linea generale, nelle procedure aventi ad oggetto l'affidamento di lavori, servizi e forniture, la cognizione di comportamenti ed atti assunti prima dell'aggiudicazione e nella successiva fase compresa tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto, ivi compresa la revoca dell'aggiudicazione, spetta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre la successiva fase contrattuale, afferente all'esecuzione del rapporto, spetta alla giurisdizione del giudice ordinario, l'accordo contrattuale concluso in modo definitivo è da considerarsi efficace e sussiste, invece, la giurisdizione del giudice amministrativo nel caso in cui il recesso scaturisca da valutazioni che risultano essere espressioni di un potere pubblicistico della amministrazione (Cass., sez. un., 29.08.2008 n. 21928).
Il comune resistente recedendo dal contratto avente per oggetto la gestione del servizio di raccolta rifiuti e trasporto RSU ingombranti, ha inteso pacificamente azionare il diritto potestativo attribuito da una specifica clausola del contratto stipulato individuando nella partecipazione ad ASM PAVIA SPA e nel conseguente affidamento alla medesima del servizio rifiuti, la forma di gestione più economica e conveniente.
Appartiene alla cognizione dell'autorità giudiziaria ordinaria il giudizio introdotto con il ricorso diretto a dimostrare l'illegittimità degli atti di recesso dalla convenzione, e, in conseguenza, la permanente validità del contratto: rileva la tutela del diritto soggettivo perfetto all'esecuzione del contratto ed alle controprestazioni conseguenti. Infatti, il reale oggetto del giudizio non è l'esercizio di una pubblica funzione da parte dell'Amministrazione, ma soltanto il rapporto convenzionale intercorrente tra le parti e le relative e reciproche posizioni di diritto soggettivo e di obbligo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 07.05.2010 n. 1385 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Hanno interesse alla impugnativa di una trattativa privata i soggetti che, pur avendone i requisiti ed aspirino alla partecipazione alla trattativa stessa, non siano stati messi in grado di prendere parte alla procedura.
Il servizio "fornitura del servizio di ideazione, organizzazione, comunicazione, etc., finalizzate alla realizzazione del progetto di marketing territoriale", rientra nella tipologia di contratti elencati all'alleg. IIB del Codice dei contratti pubblici.

Le imprese operanti in un determinato settore sono legittimate ad impugnare la delibera di affidamento di un servizio a trattativa privata, ovvero le determinazioni riguardanti le modalità di conferimento e svolgimento del servizio, anche al solo fine di ottenere l'annullamento della gara ovvero dell'affidamento diretto, nonché il rinnovo della procedura a cui intendono partecipare, non avendo l'obbligo di documentare il possesso di una capacità operativa paragonabile a quella del soggetto prescelto, in quanto ciò assume rilevanza solo nella successiva fase di partecipazione alla gara e di aggiudicazione. Pertanto, hanno interesse a ricorrere avverso una trattativa privata i soggetti che, pur avendone i requisiti ed aspirando alla partecipazione alla trattativa stessa, non siano stati messi in grado di prendere parte alla procedura, anche in relazione alla mancata pubblicazione di un apposito bando di gara. (Nella specie, un soggetto associativo privo di scopo di lucro).
Il servizio "fornitura del servizio di ideazione, organizzazione, comunicazione, pubbliche relazioni ed ufficio stampa, sponsoring e fund raising finalizzate alla realizzazione del progetto di marketing territoriale", non rientra nell'ambito di applicazione delle disposizioni del d.lgs. n. 163/2006, bensì di quelle indicate all'art. 20, c. 1 del medesimo decreto, e ciò in ragione della sussumibilità dell'affidamento nella tipologia di contratti elencati all'allegato IIB del Codice dei contratti pubblici.
Tale aspetto assume rilievo alla luce art. 27, c. 1, del citato d.lgs. n. 163/2006, secondo cui: affinché l'affidamento possa avvenire in assenza di qualsivoglia procedura selettiva, esso deve essere assistito da evidenti "ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi", tali da poter affidare il contratto "unicamente ad un operatore economico determinato". Nel caso di specie, fermo restando che l'amministrazione non ha fatto riferimento a ragioni di natura artistica legittimanti l'affidamento diretto, non può ritenersi la qualificazione dell'oggetto della prestazione quale "opera dell'ingegno", in quanto è lo stesso concreto contenuto del servizio da svolgere a non rientrare nel novero delle ipotesi per le quali è ammesso l'affidamento senza gara, ancorché informale.
La circostanza che la pubblicità dei bandi di gara degli appalti di cui all'allegato II B del d.lgs. n. 163 del 2006 non sia formalmente prevista da alcuna disposizione di legge statale o regionale impedisce che la relativa omissione possa qualificarsi violazione rilevante ai sensi dell'art. 245-bis del d.lgs. n. 163 del 2006 (con conseguente, in ipotesi, dichiarazione di inefficacia del contratto), dovendo essa valutarsi limitatamente ai fini della verifica del rispetto dei principi comunitari (primo fra tutti quello di trasparenza e di economicità).
Pertanto, poiché pur sussistendo nella specie l'obbligo di esperire una procedura di gara per l'affidamento del servizio per cui è causa, non veniva in rilievo, sulla base della legislazione regionale (quanto alla pubblicazione nella G.U.R.S.) e comunitaria (quanto alla pubblicazione nella G.U.U.E.), alcun obbligo di pubblicazione, non può farsi luogo alla formale dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi dell'art. 245-bis, c. 1, lett. b) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 06.05.2010 n. 6406 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIAffidamento diretto del servizio e necessari presupposti.
Il giudice amministrativo esclude che sussistano i presupposti per dichiarare l’inefficacia del contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione, pronunciandosi così, in sede di primissima applicazione del d.lgs. n. 53 del 2010, sui presupposti che attivano il potere discrezionale del giudice di decidere sulle sorti del contratto.
Per giungere a questa conclusione il giudice considera preliminarmente che le disposizioni dell’art. 245-bis del novellato d.lgs. n. 163 del 2006, trovano applicazione anche per gli appalti di servizi di cui all’allegato II B e verifica che nessuna disposizione di legge statale o regionale prevede l’obbligo di pubblicare i bandi di gara per gli appalti di servizi in questione (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 06.05.2010 n. 6406 - link a ww
w.altalex.com).

APPALTI: Sulla legittimazione delle associazioni di categoria ad agire per l'accertamento dell'iniquità delle condizioni generali di contratto.
Una clausola del bando di gara che lasci in bianco un elemento essenziale del contratto, quale il termine di pagamento, vìola l'art. 64 del d.lgs. n. 163/06 (Codice dei contratti), in quanto rende impossibile la formulazione dell'offerta.

L'art. 8 del d.lgs. n. 231 del 2002 prevede la legittimazione delle associazioni di categoria, in rappresentanza delle imprese piccole e medie, a richiedere al giudice competente di accertare, previa eventuale pronuncia di inibitoria in via d'urgenza, la iniquità di condizioni generali di contratto ai sensi dell'art. 7 della medesima legge rispetto a clausole concernenti la data del pagamento e le conseguenze normative del ritardo nel medesimo. Le associazioni di categoria divengono così tutrici di interessi collettivi rispetto a clausole inserite nel bando o nei capitolati che possono, a causa della loro iniquità, avere un effetto dissuasivo rispetto ad una probabile e più ampia volontà di partecipazione. Si è così introdotta una forma generale di tutela collettiva contro l'utilizzazione di condizioni contrattuali inique collocata "a monte" rispetto alla tutela individuale del singolo imprenditore che abbia stipulato un contratto contenente clausole inique.
Una clausola del bando di gara che lasci "in bianco" un elemento essenziale del contratto, quale il termine di pagamento, vìola l'art. 64 del d.lgs. n. 163/06 (Codice dei contratti), in quanto rende impossibile la formulazione dell'offerta per mancanza di indicazioni relativamente ad un parametro essenziale della medesima. Il legislatore ha apprestato due livelli di tutela: uno demandato alle associazioni di categoria, al fine di inibire l'uso di condizioni generali di contratto qualora prefigurino clausole derogatorie della disciplina protettiva inique dal punto di vista commerciale; uno successivo, che consente al contrante danneggiato di chiedere l'accertamento della nullità della clausola, contrattata individualmente, qualora la medesima presenti le caratteristiche di iniquità di cui all'art. 7 del d.lgs. n. 231/2002. In relazione alla specifica clausola relativa alle condizioni di pagamento, i bandi di gara possono prefigurare la specifica regolamentazione contrattuale ovvero sollecitare l'offerta del concorrente: l'amministrazione può limitarsi a individuare una regolamentazione dei tempi e modi di pagamento ovvero invitare il concorrente a formulare, sulla base di individuati parametri, un'offerta secondo lo schema dell'invito ad offrire, fermo restando che, ai sensi del combinato disposto dell'art. 64 e dell'alleg. IX A del d.lgs. n. 163/2006, l'individuazione delle modalità di pagamento costituisce elemento primario che il bando deve prevedere espressamente in attuazione della normativa comunitaria. L'art. 8 del d.lgs. n. 231/2002, nell'approntare una tutela collettiva avanzata avverso le condizioni generali unilateralmente predisposte in deroga ai parametri di legge, prevede che le stesse possano essere sindacate preventivamente rispetto alla conclusione del contratto, su impulso delle associazioni di categoria. Il sindacato si svolge in virtù dei parametri che dettano limiti e criteri di un'eventuale deroga in sede di contrattazione bilaterale alla disciplina normativa, sanzionando con la nullità la violazione di tali limiti e criteri qualora iniquo; pertanto le associazioni di categoria hanno il potere di sollecitare un sindacato preventivo di equità della clausola predisposta, in aderenza ai parametri di legge (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 05.05.2010 n. 2346 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).
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Tempi di pagamento decisi alla stipula. Per il Tar la p.a. può rinviare i termini.
L'amministrazione può rinviare alla stipula del contratto di appalto la definizione dei termini di pagamento e degli interessi di mora, facendo riferimento alla prassi commerciale e all'oggetto del contratto; è invece illegittimo fare riferimento, in tale definizione, ai flussi finanziari di cassa e alla verifica sull'esistenza del debito.
È quanto afferma il Tar Piemonte, sezione prima, con la pronuncia del 05.05.2010 n. 2346 che prende in esame la disciplina dei termini di pagamento prevista dal decreto legislativo 231/02, alla luce di una clausola con la quale la stazione appaltante aveva stabilito che le parti, in sede di successiva stipulazione del contratto, avrebbero contrattato i termini di pagamento e il saggio degli interessi di mora, avuto riguardo alla corretta prassi commerciale, alla natura del servizio oggetto del contratto, ai flussi finanziari di cassa in entrata a disposizione dell'azienda e ai tempi tecnici necessari alle verifiche dell'esistenza del debito (liquidazione delle fatture) ... (articolo ItaliaOggi del 21.05.2010 - link a www.corteconti.it).

LAVORI PUBBLICI: E' illegittima la decisione di un comune di escludere le associazioni temporanee di impresa da un bando per la costruzione di una scuola mediante leasing finanziario ex art. 160-bis del d.lgs. n. 163 del 2006 .
E' illegittima la decisione di un comune di escludere le associazioni temporanee di impresa da un bando per la costruzione di una scuola mediante leasing finanziario per la realizzazione di opere pubbliche ex art. 160-bis del d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici), in quanto l'amministrazione ha l'obbligo di porre tutti i concorrenti su un piano di perfetta parità e di riservare loro le stesse condizioni per prendere parte alla competizione.
Il legislatore disciplina le forme di partecipazione alla selezione per l'affidamento del contratto di leasing "in costruendo", e la stazione appaltante non può a sua discrezione scegliere la soluzione ritenuta più adeguata escludendo i raggruppamenti temporanei.
L'impostazione scelta dal comune di contrarre con il solo finanziatore e la necessità di ricorrere all'avvalimento (atipico) darebbe luogo ad una sostanziale "delega ad eseguire" da parte della società finanziaria ad un imprenditore edile che, pur non avendo partecipato alla gara, nei fatti è l'unico vero esecutore dell'appalto.
E' inaccettabile, infatti, che in un appalto di lavori il committente pubblico sia espropriato di qualsiasi potere nei confronti dell'impresa esecutrice e che attività che costituiscono prerogativa tipica dell'amministrazione aggiudicatrice -come la direzione lavori, la verifica degli stati di avanzamento, il controllo del rispetto degli obblighi di legge sulla sicurezza del lavoro, dell'osservanza dei minimi contrattuali e della corretta applicazione delle regole sul subappalto- vengano traslate su un soggetto privato, che sarebbe investito indebitamente di funzioni pubbliche (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 05.05.2010 n. 1675 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).
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L'ATI va in leasing. Precisazione del Tar Lombardia sulle cause di esclusione. Impresa e finanziatore insieme in gara.
Nel leasing in costruendo è illegittimo escludere l'associazione temporanea fra costruttore e finanziatore; il costruttore non può essere oggetto di avvalimento da parte della società di leasing.
L'ha precisato il Tar Lombardia, Brescia, sezione seconda, con la sentenza del 05.05.2010 n. 1675 relativamente ad una gara per l'ampliamento di una scuola tramite leasing in costruendo dove era ammesso a partecipare il solo soggetto finanziatore che, a sua volta, era tenuto a dimostrare il possesso dei mezzi necessari a realizzare i lavori «se del caso avvalendosi delle capacità di altri soggetti».
In sostanza, il soggetto finanziatore doveva essere il dominus incontrastato dell'appalto e l'impresa di costruzione poteva rivestire l'eventuale ruolo di «società ausiliaria» di un avvalimento, non essendo peraltro ammessa neanche l'associazione temporanea. La questione consentiva quindi al Tar di affrontare una serie di profili attinenti innanzitutto ai rapporti fra la disciplina delle Ati e l'istituto del leasing in costruendo e fra quest'ultimo e il cosiddetto avvalimento.
In relazione alla normativa del codice i giudici concordano sul fatto che l'associazione prefigurata dall'articolo 160-bis fra società di leasing e costruttore risulti atipica rispetto alla disciplina generale sulle Ati (perché manca, ad esempio, quella solidarietà che, in ragione della eterogeneità delle prestazioni viene esclusa). Il problema si pone quindi rispetto all'utilizzo di una sorta di avvalimento atipico nel caso della fattispecie di leasing oggetto del giudizio, visto che l'articolo 49 del codice, per l'usuale avvalimento, prevede la responsabilità solidale fra appaltatore e società ausiliaria.
Notano infatti i giudici lombardi che «il regime della solidarietà è incompatibile con l'avvalimento atipico e, nel silenzio della norma, opera la deroga alla regola generale di cui all'art. 49, con conseguente responsabilità frazionata dei due soggetti coinvolti».
Per il Tar neanche con l'associazione fra finanziatore e costruttore prevista dall'articolo 160-bis si definisce un rapporto solidale, visto che la norma delinea un raggruppamento eterogeneo (prestazioni distinte in capo ai due soggetti coinvolti) per il quale non opera il regime di solidarietà. Se infatti ci fosse responsabilità solidale, nell'inadempimento del costruttore, la società di leasing potrebbe essere chiamata a realizzare in proprio i lavori; così come al contrario, il costruttore potrebbe essere chiamato a far fronte da sé agli stati di avanzamento lavori, mantenendo in essere ed onorando il mutuo concesso all'amministrazione in esito all'appalto. Il che non appare possibile.
Dal punto di vista dei rapporti contrattuali, inoltre, il Tar esclude che il contratto di appalto possa essere stipulato tra il finanziatore ed il costruttore: ciò significherebbe che l'amministrazione non avrebbe alcun ruolo nella fase esecutiva, anche sotto il profilo di quei controlli (sicurezza e altri) che verrebbero illegittimamente trasferiti in capo al finanziatore. I giudici quindi censurano l'esclusione dell'istituto dell'associazione temporanea e precisano che l'avvalimento non può implicare la totale espulsione dell'impresa costruttrice dalla procedura di gara e dal contratto avente ad oggetto l'esecuzione di lavori.
In sostanza si tratta sempre di realizzare un'opera pubblica in cui il soggetto (finanziatore) che comunque «non può essere il dominus dell'intera operazione, essendo del tutto estraneo alla prestazione relativa ai lavori» oltre a non essere organizzato per svolgerla (articolo ItaliaOggi del 02.06.2010, pag. 33).

LAVORI PUBBLICI: E' illegittima la decisione di un comune di escludere le associazioni temporanee di impresa da un bando per la costruzione di una scuola mediante leasing finanziario ex art. 160-bis del d.lgs. n. 163 del 2006 .
E' illegittima la decisione di un comune di escludere le associazioni temporanee di impresa da un bando per la costruzione di una scuola mediante leasing finanziario per la realizzazione di opere pubbliche ex art. 160-bis del d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici), in quanto l'amministrazione ha l'obbligo di porre tutti i concorrenti su un piano di perfetta parità e di riservare loro le stesse condizioni per prendere parte alla competizione.
Il legislatore disciplina le forme di partecipazione alla selezione per l'affidamento del contratto di leasing "in costruendo", e la stazione appaltante non può a sua discrezione scegliere la soluzione ritenuta più adeguata escludendo i raggruppamenti temporanei.
L'impostazione scelta dal comune di contrarre con il solo finanziatore e la necessità di ricorrere all'avvalimento (atipico) darebbe luogo ad una sostanziale "delega ad eseguire" da parte della società finanziaria ad un imprenditore edile che, pur non avendo partecipato alla gara, nei fatti è l'unico vero esecutore dell'appalto.
E' inaccettabile, infatti, che in un appalto di lavori il committente pubblico sia espropriato di qualsiasi potere nei confronti dell'impresa esecutrice e che attività che costituiscono prerogativa tipica dell'amministrazione aggiudicatrice -come la direzione lavori, la verifica degli stati di avanzamento, il controllo del rispetto degli obblighi di legge sulla sicurezza del lavoro, dell'osservanza dei minimi contrattuali e della corretta applicazione delle regole sul subappalto- vengano traslate su un soggetto privato, che sarebbe investito indebitamente di funzioni pubbliche (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 05.05.2010 n. 1675 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: G.U. 05.05.2010 n. 103 "Rilevazione dei prezzi medi per l’anno 2008 e delle variazioni percentuali, superiori al dieci per cento, relative all’anno 2009, ai fini della determinazione delle compensazioni dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi" (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, decreto 09.04.2010).

APPALTI: NUOVE PROCEDURE DI RICORSO NEGLI APPALTI PUBBLICI - D.LGS. N. 53 DEL 20.03.2010 DI MODIFICA DEL CODICE DEGLI APPALTI - NUOVO TESTO COORDINATO DEL D. LGS. 163/2006 (link a www.ancebrescia.it).

APPALTI: Gare d’appalto: Illegittima la clausola che favorisce “di fatto” la partecipazione delle imprese locali (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: D. Meneguzzo, L'indirizzo di posta elettronica o il numero fax sono previsti o prevedibili a pena di esclusione dalle gare? (link a http://venetoius.myblog.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla questione delle gare per il gas (link a http://venetoius.myblog.it):
3-  Ma sulle gare per il gas l'Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato dice il contrario della Corte dei Conti;
2-  D. Meneguzzo, La Corte dei Conti della Lombardia pensa che debbano essere stoppate le gare per il gas;
1-  E' competente la giunta e non il consiglio comunale per indire la gara per il gas.

APPALTI: La gestione della sicurezza negli appalti pubblici: gli atti degli incontri organizzati da ITACA.
ITACA (Istituto per l'innovazione e trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale) ha reso disponibili sul proprio sito gli atti relativi a tre incontri (Palermo, Torino, Roma) sul tema della gestione della sicurezza nei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
Il 09.03.2010, presso la Sala delle Conferenze della Camera dei Deputati a ROMA, si è tenuto l'ultimo incontro del ciclo organizzato dal Gruppo di Lavoro interregionale "Sicurezza e Appalti" di ITACA in collaborazione con le Regioni Sicilia, Piemonte e Lazio.
Sono disponibili on line gli atti di tutti gli incontri del ciclo che risultano di notevole interesse per i professionisti e le imprese che operano nell'ambito delle opere pubbliche ma anche quelle che prevalentemente operano con committenti privati.
Di seguito il dettaglio degli interventi: ... (link a www.acca.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'aggiudicazione di una gara d'appalto ad un concorrente che abbia omesso di firmare e sottoscrivere una pagina dell'allegato alla busta contenente la propria offerta.
La volontà di sanzionare con l'esclusione l'inosservanza di una specifica modalità di presentazione delle offerte deve essere chiaramente espressa nel bando di gara, sicché, in mancanza di tale univoca previsione, resta preclusa ogni diversa conclusione in ordine a non previste conseguenze sanzionatorie dell'irregolare trasmissione dei plichi.
In ogni caso, nell'"incertezza circa l'interpretazione della portata precettiva di una clausola ambigua, deve accordarsi prevalenza all'interesse pubblico alla più ampia partecipazione dei concorrenti".
Pertanto, nel caso di specie, è legittimo il provvedimento di aggiudicazione di una gara d'appalto adottato da una stazione appaltante nei confronti di un'impresa che abbia omesso di firmare una pagina dell'allegato alla busta contenente la propria offerta, dalla lettura della lex specialis risulta come l'obbligo di apporre la firma del legale rappresentante, "pena l'esclusione dalla gara", riguarda esclusivamente la stessa lettera di invito, il capitolato e lo schema di contratto, ma non anche, specificamente, gli allegati (TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 03.05.2010 n. 9134 - link a www
.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla natura non provvedimentale delle deliberazioni adottate dall'Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici.
Ha natura non provvedimentale e, in quanto tale, è priva di reale e concreta attitudine lesiva, la deliberazione assunta dall'Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici e la relativa nota di comunicazione, con cui in esito all'esame dell'accordo transattivo, intercorso tra l'amministrazione comunale e un'impresa in relazione ai lavori per la costruzione della piscina comunale, è stata sottoposta a censura la condotta del Comune per l'"eccessiva tolleranza accordata" nei rapporti con l'impresa ed è stata contestualmente disposta la segnalazione della questione alla Procura della Corte dei conti per gli eventuali accertamenti di competenza.
L'art. 4, della l. n. 109 del 1994, riconosceva all'Autorità poteri di vigilanza sull'intero sistema dei lavori pubblici. Ciò posto, il potere di vigilanza concretamente esplicato nel caso di specie non può aver prodotto conseguenze lesive della sua sfera giuridica, avendo l'Autorità espresso sostanzialmente un proprio "avviso" sulla vicenda, inidoneo, in quanto tale, a recare direttamente ed immediatamente alcun pregiudizio (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 03.05.2010 n. 2503 - link a www
.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIL'Autorità sui lavori ha le armi spuntate. Cds: delibere non impugnabili al Tar.
Le deliberazioni dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici non sono impugnabili al Tar perché mancano della natura di provvedimento amministrativo; si tratta di avvisi e pareri utili ad orientare gli operatori del settore ma che non inidonei a recare alcun pregiudizio.
Lo stabilisce il Consiglio di stato, Sez. VI, con la sentenza 03.05.2010 n. 2503, che affronta la questione dell'impugnabilità delle deliberazioni dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici.
I giudici ribaltano il giudizio di primo grado che invece aveva accolto il ricorso di un comune contro una deliberazione. La vicenda oggetto della delibera riguardava una transazione effettuata dal comune con una impresa relativamente a lavori di realizzazione di una piscina comunale. Nella delibera (del 2003) l'Autorità aveva censurato la condotta dell'amministrazione comunale ritenuta «eccessivamente tollerante» e aveva nello stesso tempo provveduto alla segnalazione della questione alla Procura della Corte dei conti. A fronte del ricorso contro la delibera, il Tar Lombardia nel 2005 aveva accolto il ricorso, respingendo l'eccezione di inammissibilità presentata dall'Autorità e dichiarando l'atto impugnato illegittimo per mancanza della comunicazione di avvio del procedimento, nonché per difetto di istruttoria.
Il Consiglio di stato riforma il giudizio di primo grado accogliendo proprio l'istanza di inammissibilità rigettata dal Tar Lombardia e puntando l'attenzione sulla natura degli atti dell'Autorità (in questo caso le deliberazioni che l'organismo emette partendo da segnalazioni di casi specifici). I giudici si esprimono infatti nel senso della natura non provvedimentale della deliberazione, ritenuta quindi «priva di reale e concreta attitudine lesiva».
La sentenza giunge a tale conclusione partendo dai contenuti dei poteri di vigilanza sull'intero sistema dei lavori pubblici che la legge (la legge Merloni, prima, e il Codice oggi, peraltro su tutta la materia dei contratti pubblici) assegna all'organismo presieduto da Luigi Giampaolino. In particolare l'Autorità deve infatti vigilare sull'osservanza della disciplina legislativa e regolamentare e verificare la regolarità delle procedure di affidamento esperite.
Lo svolgimento di questi poteri di vigilanza (che prendono le mosse da istanze e segnalazioni dei soggetti coinvolti nei procedimenti) viene messo in relazione alla necessità che l'Autorità garantisca i più generali principi di efficienza, efficacia, tempestività, trasparenza e correttezza nella materia dei lavori pubblici (oggi dei contratti pubblici in genere e quindi anche delle forniture e dei servizi). Se questa è quindi la finalità dell'attività di verifica e controllo svolta dall'Autorità, il Consiglio di stato afferma che «il potere di vigilanza concretamente esplicato nei confronti dell'appellato non può aver prodotto conseguenze lesive della sua sfera giuridica, avendo l'Autorità espresso sostanzialmente un proprio avviso sulla vicenda, inidoneo, in quanto tale, a recare direttamente ed immediatamente alcun pregiudizio».
La deliberazione dell'Autorità rimane sprovvista della natura provvedimentale anche con riguardo alla considerazione che la delibera dichiari il comportamento della stazione appaltante, nel caso esaminato, come connotato da «eccessiva tolleranza accordata» all'impresa: manca infatti, anche sotto questo profilo dichiarativo, qualsiasi «concreta determinazione incidente sia sugli atti adottati che sui comportamenti tenuti».
In conclusione, quindi, si è in presenza soltanto di «un contributo utile all'orientamento dei comportamenti degli operatori del settore dei lavori pubblici» (articolo ItaliaOggi del 08.05.2010, pag. 25).

APPALTI: Sulla legittimità dell'annullamento di un'aggiudicazione provvisoria per ragioni di pubblico interesse.
Sulla non configurabilità di alcuna responsabilità precontrattuale in capo all'amministrazione appaltante che si è motivatamente avvalsa della facoltà, prevista nel bando di gara, di non aggiudicare l'appalto per ragioni di pubblico interesse.

E' legittimo l'annullamento di un'aggiudicazione provvisoria disposto da una stazione appaltante per ragioni di superiore interesse pubblico, in quanto, come previsto dalla disciplina sulla contabilità generale della Stato, nonché per consolidata giurisprudenza, è concessa la facoltà, alla stazione appaltante, di eliminare gli atti divenuti inopportuni, laddove lo richiedano ragioni tali da giustificare il contrapposto sacrificio dell'interesse facente capo al soggetto aggiudicatario. Nel caso di specie, il superiore interesse pubblico è rappresentato dal mancato finanziamento comunitario per la realizzazione del servizio oggetto dell'appalto.
Non è configurabile la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante che si è motivatamente avvalsa della facoltà, prevista nel bando di gara, di non aggiudicare l'appalto per ragioni di pubblico interesse. Trattandosi di atto endoprocedimentale, l'aggiudicazione provvisoria determina soltanto una mera aspettativa di fatto alla conclusione del procedimento e non già una posizione giuridica qualificata che, viceversa, può solo derivare dall'aggiudicazione definitiva. Pertanto, l'aggiudicazione provvisoria, anche se individua un potenziale aggiudicatario definitivo alla gara, è un atto ancora ad effetti instabili, del tutto interinali, che determina la nascita di una mera aspettativa. Nel caso di specie, è indubbio che la riprogrammazione ed il venir meno di parte dei finanziamenti comunitari abbiano influito in misura decisiva sulle determinazioni dell'amministrazione, costituendo giustificati motivi di mancata conclusione dell'appalto. Tale circostanza è idonea ad escludere l'elemento soggettivo del dolo o della colpa, a sua volta imprescindibile per integrare gli estremi della invocata responsabilità precontrattuale che, come noto, è riconducibile alla responsabilità aquiliana di cui all'art. 2043 del codice civile (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 03.05.2010 n. 2263 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Il lucro cessante da mancata aggiudicazione può essere risarcito per intero solo quando l’impresa documenti di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l’espletamento di altre commesse. – Tar per la Puglia sede di Bari 1702/2010 
I canoni della ragionevolezza e del favor partecipationis non consentono di sanzionare con l’esclusione dalla gara i concorrenti che incorrano in incompletezze o errori lievi e meramente formali, privi di incidenza sulla par condicio e sul corretto svolgimento della procedura (cfr. Cons. Stato, sez. V, 02.12.2008 n. 5931).
Quanto alla misura del lucro cessante risarcibile, in adesione al più recente orientamento della giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13.06.2008 n. 2967; Id., sez. VI, 09.06.2008 n. 2751; Id., sez. VI, 21.05.2009 n. 3144), il Collegio ritiene che il criterio del 10% del prezzo, ai sensi dell’art. 345 della legge n. 2248 del 1865, se pure è in grado di fondare una presunzione su quello che normalmente è l’utile che una impresa trae dall’appalto, non possa essere oggetto di applicazione automatica e indifferenziata, che rischierebbe di condurre al risultato che il risarcimento dei danni è per l’imprenditore più favorevole dell’impiego del capitale. Appare allora preferibile l’indirizzo che esige la prova rigorosa, a carico dell’impresa, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell’appalto, prova desumibile in primis dall’esibizione dell’offerta economica presentata al seggio di gara.
La stessa giurisprudenza ha inoltre precisato che il lucro cessante da mancata aggiudicazione può essere risarcito per intero solo quando l’impresa documenti di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l’espletamento di altre commesse, mentre quando tale dimostrazione non sia stata offerta è da ritenere che l’impresa possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri analoghi lavori, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità e con conseguente riduzione in via equitativa del danno risarcibile, in applicazione del principio dell’aliunde perceptum. Con la specificazione che l’onere di provare l’assenza dell’aliunde perceptum grava non sull’Amministrazione, ma sull’impresa ricorrente
(TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 03.05.2010 n. 1702 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'illegittimità della ricostruzione postuma della documentazione di gara in caso di smarrimento delle buste contenenti le offerte.
E' illegittimo l'operato di una stazione appaltante che, a seguito dello smarrimento delle buste contenenti le offerte presentate dalle imprese concorrenti, abbia consentito la "ricostruzione" postuma della documentazione di gara, in quanto, per giurisprudenza consolidata, in materia di pubblici appalti il principio di conservazione degli atti giuridici ha carattere recessivo rispetto alla tutela della concorrenza e della par condicio.
Una simile prassi, infatti, porterebbe alla vanificazione del principio di trasparenza e del diritto dei concorrenti di agire in giudizio, garantito dagli artt. 24, 103, 111 e 113 Cost., nonché dalla Direttiva 1989/665/CE e successive modifiche. Inoltre la stazione appaltante, quando entra in possesso dei plichi contenenti le offerte di gara, comprese le specifiche tecniche della prestazione, diviene titolare dell'onere di custodirle con diligenza, assumendo ogni responsabilità in caso di manomissioni o smarrimento, pertanto nell'ipotesi di mancato ritrovamento degli atti di gara, la procedura non può validamente proseguire (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 03.05.2010 n. 1699 - link a www
.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Risarcimento difficile per i danni della PA. La pregiudiziale limita il numero dei ricorsi.
A dieci anni dal debutto ancora dissidi tra Consiglio di Stato e Cassazione ... (articolo Il Sole 24 Ore del 03.05.2010 - link a www.corteconti.it).

APPALTI: A. Bonanni, LA PRIMA APPLICAZIONE DELLA CAUSA DI ESCLUSIONE DI CUI ALLA LETTERA M-TER) DELL’ART. 38 DEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI (link a www.osservatorioappalti.unitn.it).

APPALTI: M. Cozzio, AGGIUDICAZIONE ILLEGITTIMA E RISARCIMENTO DEL DANNO: QUALCOSA STA CAMBIANDO? Prime osservazioni a Corte di giustizia, C-314/09, del 30.09.2010, Stadt Graz (link a www.osservatorioappalti.unitn.it).

APPALTI SERVIZI: C. Tosolini, SULL’OBBLIGO DI SPECIFICARE LE “PARTI DEL SERVIZIO” CHE SARANNO ESEGUITE DAI SINGOLI OPERATORI ECONOMICI RIUNITI IN R.T.I. - Note a sentenza del TRGA di Trento, 25.02.2009 n. 59 e del Cons. Stato, Sez. IV, 02.11.2009 n. 6787 (link a www.osservatorioappalti.unitn.it).

APPALTI: M. Cozzio, CAMBIA LA NOZIONE DI OPERATORE ECONOMICO: LA CORTE DI GIUSTIZIA CONFERMA LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE PUBBLICHE DI UNIVERSITÀ, ENTI NO PROFIT, IMPRESE SOCIALI, FONDAZIONI ED ALTRE ORGANIZZAZIONI - Nota alle sentenze della Corte di giustizia C-305/08 del 23.12.2009 e C-357/06 del 18.12.2007 (link a www.osservatorioappalti.unitn.it).

APPALTI SERVIZI: A. Santuari, LE COOPERATIVE SOCIALI E I SERVIZI PUBBLICI LOCALI: BREVI CONSIDERAZIONI SULL’AFFIDAMENTO DEI SECONDI ALLE PRIME - da Giustamm, 05.2010 (link a www.osservatorioappalti.unitn.it).

aprile 2010

APPALTI: F. Saitta, Contratti pubblici e riparto di giurisdizione: prime riflessioni sul decreto di recepimento della direttiva n. 2007/66/CE (d.lgs. 53/2010) (link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICIQuesito 5 - Quanto alla competenza della Giunta e del Consiglio Comunale in tema di programmazione delle opere pubbliche (Geometra Orobico n. 2/2010).

APPALTI1. Partecipazione alla gara da parte di imprese in rapporto di controllo - Art. 10, comma 1-bis, L. 11.02.1994, n. 109 - Ambito oggettivo di applicazione - Qualunque rapporto di controllo - Effetti - Contrarietà ai principi comunitari di parità di trattamento e trasparenza - Sussiste.
2. Partecipazione alla gara da parte di imprese in rapporto di controllo - Art. 10, comma 1-bis, L. 11.02.1994, n. 109 - Influenza sul contenuto delle rispettive offerte - Verifica in concreto - Spetta all'Amministrazione aggiudicatrice - Effetti - Esclusione dalla gara - Soltanto in caso di accertata influenza sul contenuto delle rispettive offerte.
1. L'art. 10, comma 1-bis, L. 11.02.1994, n. 109 -secondo cui «non possono partecipare alla medesima gara imprese che si trovino fra loro in una delle situazioni di controllo previste dall'articolo 2359 codice civile»- nella misura in cui estende il divieto di partecipazione ad una medesima procedura di aggiudicazione anche alle situazioni in cui il rapporto di controllo tra le imprese interessate sia ininfluente rispetto al contenuto delle offerte presentate da queste ultime, è una norma che eccede quanto necessario per conseguire l'obiettivo di garantire l'applicazione dei principi di parità di trattamento e di trasparenza previsti dall'Ordinamento comunitario.
2. Spetta all'Amministrazione aggiudicatrice verificare in concreto se un rapporto di controllo fra due o più imprese partecipanti ad una gara abbia esercitato un'influenza sul contenuto delle rispettive offerte depositate dalle imprese medesime. La constatazione di un'influenza siffatta, in qualunque forma, è condizione sufficiente per escludere tali imprese dalla procedura.
Per contro, la semplice constatazione dell'esistenza di un rapporto di controllo tra le imprese considerate, risultante dall'assetto proprietario o dal numero dei diritti di voto che possono esercitarsi nelle assemblee ordinarie, non è sufficiente affinché l'Amministrazione aggiudicatrice possa escludere automaticamente tali imprese dalla procedura di aggiudicazione dell'appalto, senza verificare se un tale rapporto abbia avuto un impatto concreto sul loro rispettivo comportamento nell'ambito di questa procedura (Conf. TAR Lombardia Milano, sez. I, 30.04.2010, n. 1201) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 30.04.2010 n. 1215 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIVerifica ad ampio raggio sulle ditte straniere negli appalti. Conclusioni dell'avvocato generale della corte UE.
È legittimo, dal punto di vista comunitario, prevedere un sistema di registrazione ai fini fiscali di concorrenti stranieri che intendano partecipare a gare di appalto; è altresì legittimo e opportuno, dal punto di vista dell'omogeneità delle valutazioni, che la verifica dei requisiti sia effettuata da un organo diverso dalla stazione appaltante.
Sono queste le conclusioni dell'avvocato generale Juliane Kokott presentate alla Corte di Giustizia il 15.04.2010 nella causa C-74/09, che ha ad oggetto una fattispecie relativa all'aggiudicazione dell'appalto dei lavori di ristrutturazione del palazzo Berlaymont di Bruxelles, sede della Commissione europea.
Era infatti successo che il consorzio aggiudicatario dei lavori avesse fra i suoi componenti alcuni soggetti non registrati ai fini fiscali in Belgio e la registrazione ai fini fiscali era richiesta dall'allora vigente normativa belga sugli appalti, oltre ad essere prevista come condizione di gara, al fine di garantire che gli offerenti avessero adempiuto e adempissero in futuro gli obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse nonché dei contributi previdenziali.
La questione affrontata nella causa era quindi quella della legittimità di tale richiesta di registrazione rispetto alla direttiva 93/37/CEE all'epoca vigente, sotto il profilo di un possibile ostacolo al principio generale della libera prestazione di servizi ... (articolo ItaliaOggi del 29.04.2010, pag. 33 - link a www.corteconti.it).

APPALTILa non esatta corrispondenza tra il contenuto della dichiarazione indicato nel disciplinare di gara e quello del modello di istanza predisposto dalla stazione appaltante è da considerarsi una svista ascrivibile al comportamento dell’amministrazione.
La non esatta corrispondenza tra il contenuto della dichiarazione indicato nel disciplinare di gara e quello del modello di istanza predisposto dalla stazione appaltante è da considerarsi una svista ascrivibile al comportamento dell’amministrazione e non può pertanto comportare l’operatività della comminatoria generale di esclusione di cui al disciplinare, in conformità ai principi di favor partecipationis e di tutela dell’incolpevole affidamento (Cons. St. Sez. VI, n. 7278/2004).
Ritiene il Collegio di attenersi all’orientamento secondo cui la semplice incompletezza delle dichiarazioni, rinvenibile nel caso di specie, è comunque suscettibile di essere superata attraverso accertamenti da parte della p.a., nell’esercizio della specifica potestà amministrativa ricorrente ogni volta sussista un’obiettiva incertezza o una sanabile incompletezza di una dichiarazione, e con la richiesta di integrazioni da parte delle interessate, in osservanza dei principi di buon andamento e di legalità sostanziale dell’azione amministrativa (Cons. St., Sez. V, 18.03.2002, n. 1558; 11.01.2006, n. 36) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza  29.04.2010 n. 2461 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Non potrà considerarsi equipollente alla chiusura del plico mediante ceralacca la chiusura con nastro adesivo e l'apposizione della ceralacca su un lato dello stesso.
 Il «sigillo con ceralacca» risponde all'esigenza di garantire che il plico non possa essere aperto se non a prezzo di manometterne visibilmente la chiusura. La conferma dell'autenticità della chiusura originaria proveniente dal mittente, garantita dalla chiusura in ceralacca, è finalizzata ad evitare manomissioni del contenuto del plico stesso e, quindi, a garantire la necessaria segretezza di tale offerta, a tutela della par condicio, nel rispetto del principio dell'integrità e imputabilità dell'offerta che governa la materia delle gare pubbliche, sicché non potrà considerarsi equipollente alla chiusura del plico mediante ceralacca la chiusura con nastro adesivo e l'apposizione della ceralacca su un lato dello stesso.
Nel caso di specie veniva esclusa dalle successive fasi della procedura una concorrente in quanto, in sede di verifica delle offerte, è risultato che il plico esterno, contenente le singole buste relative alla documentazione e alla offerta economica, recava il sigillo con ceralacca sui lembi di chiusura della scatola nella parte superiore ma non anche nella parte inferiore, come prescritto dalle modalità di presentazione delle offerte (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 29.04.2010 n. 2453 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI: Integrazione e regolarizzazione documentale - Art. 46 codice degli appalti - Limiti.
L’integrazione e la regolarizzazione documentale ai sensi dell’art. 6, legge n. 241/1990 e dell’art. 46 del codice degli appalti sono possibili purché non risulti violata la par condicio, dovendosi quindi escluderne l’utilizzazione suppletiva dell’inosservanza di adempimenti procedimentali significativi o dell’omessa produzione di documenti richiesti a pena di esclusione dalla gara (cfr.: Tar Catania, IV, n. 395/2010).
Inoltre, la regolarizzazione non può essere riferita agli elementi essenziali della domanda, salvo che gli atti tempestivamente prodotti contribuiscano a fornire ragionevoli indizi circa il possesso del requisito di partecipazione non espressamente documentato; infine, si richiede l’equivocità delle clausole del bando relative alla dichiarazione od alla documentazione da integrare o chiarire (TAR Sicilia-Catania, Sez. IV, sentenza 29.04.2010 n. 1287 - link a www.
ambientediritto.it).

APPALTI: Sulla disciplina riguardante le informative antimafia atipiche: differenze con le informative tipiche.
L'informativa antimafia atipica, a differenza di quella tipica, non ha carattere interdittivo, ma consente l'attivazione degli ordinari strumenti di discrezionalità nella valutazione dei rapporti contrattuali, alla luce dell'idoneità morale del concorrente ad assumere la posizione di contraente con la p.a.; pertanto, essa non necessita di un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per provare l'appartenenza di un soggetto ad associazioni di stampo mafioso, e si basa su indizi derivanti da particolari indagini che possono risalire anche ad eventi remoti, perché riguardano la valutazione sull'idoneità morale del concorrente e non producono l'esclusione automatica dalla gara.
Dette informative rappresentano, quindi, una sensibile anticipazione della soglia dell'autotutela amministrativa a fronte di possibili ingerenze criminali nella propria attività: ne consegue che, l'informativa prefettizia antimafia di cui all'art. 4 del d.lgs. n. 490/1994 è espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale ai fini di una tutela avanzata nel campo del contrasto con la criminalità organizzata, a prescindere da rilevanze probatorie tipiche del diritto penale.
La fase istruttoria del procedimento finalizzato a comunicare la presenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, tendenti a condizionare le scelte di un'impresa, si concreta nell'acquisizione di tutte le informazioni provenienti dalle autorità di pubblica sicurezza, al fine di effettuare una obiettiva valutazione sulla possibilità di un eventuale utilizzo distorto dei finanziamenti pubblici destinati ad iniziative private e devoluti al settore degli appalti pubblici.
Non possono tuttavia ritenersi sufficienti fattispecie fondate su mere congetture prive di riscontro fattuale, in quanto si richiede, comunque, la sussistenza di circostanze obiettivamente sintomatiche di collegamenti con le predette associazioni. Pertanto, il parametro valutativo sarà calibrato sul criterio della "qualificata probabilità".
In riferimento al caso di specie, secondo la giurisprudenza amministrativa, è illegittima l'informativa prefettizia negativa basata sul rapporto di mera parentela o affinità tra amministratori o soci di un'impresa con elementi malavitosi, essendo necessari ulteriori indizi, tali da fornire, nel loro complesso, un fondamento oggettivo al giudizio di possibilità che l'impresa possa agevolare le attività criminali, anche indirettamente (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 28.04.2010 n. 2441 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: L'Amministrazione non può legittimamente escludere un'impresa dalla procedura in presenza di una clausola di gara ambigua, incerta o comunque non univoca.
In presenza di una clausola di gara ambigua, incerta o comunque non univoca, l’Amministrazione non può legittimamente escludere un’impresa dalla procedura, ostandovi il principio del favor partecipationis nonché la tutela dell’interesse pubblico a selezionare la migliore offerta, da cui deriva la necessità di garantire la massima partecipazione possibile (TAR Lombardia Milano, sez. IV, 27.01.2010, n. 184; TAR Lazio Roma, sez. III, 01.02.2008, n. 899; TAR Liguria Genova, sez. I, 17.03.2006, n. 254; Consiglio Stato, sez. V, 18.01.2006, n. 127).
Pertanto e’ illegittimo il provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione provvisoria in favore di un costituendo r.t.i. dal momento che le motivazioni poste a fondamento di tale decisione si fondano, in parte su considerazioni estranee alla lettera della lex specialis e in parte su un’interpretazione irragionevolmente restrittiva di una clausola ambigua del disciplinare di gara; un’interpretazione, peraltro, contrastante con lo specifico chiarimento reso dalla stazione appaltante alla concorrente nel corso della procedura di gara TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 28.04.2010 n. 2088 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI1. Contratti della p.a. - Appalto - Gara - Offerta economicamente più vantaggiosa - Valutazione - Fissazione nel bando di criteri valutativi sufficientemente rigidi e precisi - Necessità per la Commissione giudicatrice di definire criteri valutativi ulteriori - Non sussiste.
2. Contratti della p.a. - Gara - Segretezza - Documenti di gara - Obbligo di custodia - Si presume assolto dalla p.a. - In assenza di specifici rilievi da parte del ricorrente.

1. Nel caso in cui, in una procedura di scelta del contraente secondo il metodo della "offerta economicamente più vantaggiosa", la lex specialis di gara già preveda criteri e sottocriteri di valutazione sufficientemente rigidi e precisi, tali da determinare una griglia di sottovoci che consenta un esercizio "guidato" e controllabile della discrezionalità tecnica ed amministrativa propria del giudizio della Commissione giudicatrice, legittimamente quest'ultima omette di stabilire criteri più dettagliati.
2. L'obbligo di custodia dei documenti di una gara pubblica da parte della stazione appaltante si presume assolto dall'Amministrazione secondo le normali garanzie di conservazione degli atti amministrativi, tali da assicurare la genuinità ed integrità dei plichi; ne consegue che è onere del ricorrente addurre elementi concreti e specifici, atti a far ritenere che possa essersi verificata la sottrazione o la sostituzione dei pieghi, la manomissione delle offerte o un altro fatto rilevante ai fini della regolarità della procedura (Conf. TAR Lombardia Milano, sez. I, 28.04.2010, n. 1177) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 28.04.2010 n. 1179 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIContratti della p.a. - Gara - Criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa - L. R. Lombardia 19 maggio 1997, n. 14 - Composizione della Commissione giudicatrice - Componenti interni/esterni - Potere di scelta della p.a. - Sussiste.
L'art. 14, comma 5, Legge Regione Lombardia 19.05.1997, n. 14 secondo cui "in caso di aggiudicazione sono costituite commissioni giudicatrici [?] con la presenza di esperti, dotati di competenza tecnica nel settore nel quale si colloca la fornitura di beni ovvero la prestazione di servizi, che valutano le offerte in seduta riservata" -non distinguendo tra componenti interni ed esterni della Commissione giudicatrice, purché siano in ogni caso esperti della materia- assegna alle stazioni appaltanti un ampio potere di scelta in ordine alla provenienza dei commissari medesimi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 28.04.2010 n. 1177 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Contratti della p.a. - Gara - Dichiarazioni ex art. 38, comma 1, lett. c) D.Lgs. 163/06 - In caso di fusione per incorporazione - Obbligo - Sussiste - Solo con riferimento agli amministratori della società risultante dalla fusione.
2. Contratti della p.a. - Gara - Offerta - Verifica di anomalia - Ampia discrezionalità tecnica - Sindacabilità - Limiti.

1. A seguito di un'operazione di fusione per incorporazione, la società incorporata cessa di far parte del mondo giuridico, dando luogo ad un nuovo soggetto con propri amministratori ai quali esclusivamente occorre fare riferimento per stabilire la sussistenza dei requisiti di moralità professionale di cui all'art. 38, comma 1, lett. c), D.Lgs. 163/2006.
2. Il procedimento di valutazione di anomalia di un'offerta è connotato dall'esercizio di discrezionalità tecnica, come tale non sindacabile dal Giudice amministrativo se non per macroscopici vizi di illogicità e irragionevolezza. La verifica dell'anomalia dell'offerta è, infatti, espressione di una potestà tecnico-discrezionale dell'Autorità amministrativa, non sindacabile in sede di legittimità se non per aspetti di manifesta illogicità, insufficiente motivazione ovvero errore di fatto.
Pertanto il Giudice in tali giudizi deve limitarsi ad un controllo formale ed estrinseco dell'iter logico seguito dall'Amministrazione (Conf., ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, 12.06.2009, n. 3769; Cons. Stato, sez. IV, 20.05.2008, n. 2348; Cons. Stato, sez. IV, 12.06.2007, n. 3097; Cons. Stato, sez. V, 11.11.2004, n. 7346) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 28.04.2010 n. 1162 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'illegittimità di un provvedimento di aggiudicazione nell'ipotesi di presentazione di un DURC relativo soltanto ad uno o più determinati ambiti territoriali.
E' illegittimo il provvedimento di aggiudicazione di un appalto adottato da un'amministrazione nei confronti di un concorrente che, ai fini dell'ammissione alla gara, abbia prodotto un DURC relativo ad un ambito territoriale determinato e non, invece, all'intero territorio nazionale.
Il documento unico di regolarità contributiva (DURC), introdotto dall'art. 2 del d.l. n. 210/2002, viene emesso dalla Cassa edile competente a condizione che la verifica della regolarità contributiva abbia dato esito positivo e che la Cassa stessa abbia verificato, "a livello nazionale", che l'impresa non rientri nel novero di quelle segnalate come irregolari; inoltre, ai fini dell'art. 19, c. 12-bis, L. n. 109/1994, non sono valide le attestazioni rilasciate dalle Casse edili se riferite a uno o più cantieri, in quanto esse hanno l'obbligo di attestare la regolarità contributiva senza limitazione a singoli appalti.
Il DURC utile ai fini dell'ammissione alle gare d'appalto, pertanto, deve poter rilevare la situazione globale dell'impresa, a prescindere dalla sua ubicazione territoriale (C.G.A.R.S., Sez. giurisdizionale, sentenza 28.04.2010 n. 635 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIGare, accesso a verbali e offerte. Il rifiuto a consultare la documentazione relativa ai concorsi è legittimo per i concorrenti esclusi. Limitazioni da parte della p.a. per tutelare il segreto industriale.
Recentemente, su queste stesse pagine, si è avuto modo di analizzare il delicato tema del diritto di accesso alle giustificazioni prezzi formulate dai concorrenti di una pubblica gara, anche alla luce della più recente giurisprudenza. Intimamente connessa con tale tema è la più ampia materia del diritto di accesso agli atti di gara, ivi inclusi i verbali della commissione giudicatrice e le offerte degli altri partecipanti, di cui appunto le giustificazioni ne costituiscono elemento di specificazione.
L'accesso a verbali e offerte degli altri concorrenti.
Il tema in esame risulta oggi disciplinato, quanto al settore degli appalti, dall'art. 13 del dlgs 12.04.2006 n. 163 «Codice dei Contratti Pubblici», e, fatte salve le deroghe sancite dalla norma medesima, dagli artt. 22 e seguenti della legge 07.08.1990 n. 241 in forza dell'espresso richiamo compiuto dal comma 1.
Per regola generale (art. 22, comma 3, legge 241/1990), e salve le limitazioni di cui a breve, «Tutti i documenti amministrativi sono accessibili», e il relativo diritto può essere esercitato (art. 23) «nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi. Il diritto di accesso nei confronti delle Autorità di garanzia e di vigilanza si esercita nell'ambito dei rispettivi ordinamenti».
Quanto all'ambito di estensione oggettiva del suddetto diritto, se da un lato questo può essere esercitato in relazione ai soli documenti in possesso della p.a., dall'altro il giudice amministrativo ha chiarito a più riprese che «l'attività amministrativa, cui gli art. 22 e 23 legge 241/1990 correlano il diritto d'accesso, ricomprende non solo quella di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, sia collegata a quest'ultima da un nesso di strumentalità derivante anche, sul versante soggettivo, dall'intensa conformazione pubblicistica» (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, sentenza 19.01.2010 n. 189; Cons. stato, Sez. IV, sentenza 12.03.2010 n. 1470).
Il diritto di accesso, si è detto, subisce talune limitazioni normativamente previste. Anzitutto, la stessa legge 241/1990 (art. 24) specificatamente esclude l'accesso: per i documenti coperti da segreto di stato ai sensi della legge 24.10.1977, n. 801; nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano; nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione; nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi.
Inoltre, il diritto di accesso deve assolutamente escludersi laddove il suo esercizio risulti preordinato a un controllo generalizzato dell'operato dell'amministrazione.
Accanto alle limitazioni, per così dire, di ordine generale, il Codice introduce propri limiti autonomi all'esercizio del diritto in esame, attraverso la previsione di particolari limiti oggettivi e soggettivi all'accessibilità degli atti concernenti le procedure di affidamento dei contratti pubblici, e mediante l'introduzione di veri e propri doveri di non divulgare il contenuto di determinati atti, assistiti da apposite sanzioni di carattere penale.
Come chiarito dalla giurisprudenza, «tale disciplina, essendo destinata a regolare in modo completo tutti gli aspetti relativi alla conoscibilità degli atti e dei documenti rilevanti nelle diverse fasi di formazione ed esecuzione dei contratti pubblici, costituisce una sorta di microsistema normativo collegato all'idea della peculiarità del settore considerato, pur all'interno delle coordinate generali dell'accesso tracciate dalla legge n. 241 del 1990» (Cons. stato, Sez. V, sentenza 09.12.2008, n. 6121).
Specificatamente l'art. 13 oltre a individuare fattispecie di differimento dell'accesso (comma 2), prevede in modo puntuale una serie di esclusioni oggettive al diritto medesimo (comma 5).
In riferimento all'accesso alle offerte degli altri concorrenti, particolarmente delicata appare la previsione di cui al comma 5, lett. a, relativa, appunto, alle informazioni fornite dagli offerenti nell'ambito delle offerte ovvero a giustificazione delle medesime, sottoposte al divieto di ostensione laddove costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali, e non ricorrano i presupposti derogatori di cui al comma 6. Si è avuto modo in altra occasione di esaminare il contenuto e la portata delle disposizioni citate in riferimento alle giustificazioni prezzi, le cui conclusioni ben trovano applicazione anche ai casi in esame.
In aggiunta , tuttavia, particolare attenzione meritano in questa sede le osservazioni compiute dal giudice amministrativo, il quale, dopo aver considerato come «la norma [art. 13, c. 6, dlgs 163/06] sembra ripetere, specificandoli, i principi dell'art. 24, legge n. 241 cit., che stabilisce una complessa operazione di bilanciamento tra gli interessi contrapposti alla trasparenza e alla riservatezza», ha evidenziato come «il linguaggio utilizzato dal codice dei contratti è però diverso: più puntuale e restrittivo, definisce esattamente l'ambito di applicazione della esclusione dall'accesso».
E in particolare, «in primo luogo, sul versante della legittimazione soggettiva attiva, la disposizione riguarda solo il concorrente che abbia partecipato alla selezione; la preclusione all'accesso è invece totale qualora la richiesta sia formulata da un soggetto terzo, che pure dimostri di avere un interesse differenziato, alla stregua della legge generale sul procedimento [_].
In secondo luogo, sul piano oggettivo, l'accesso eccezionalmente consentito è strettamente collegato alla sola esigenza di una difesa in giudizio; in questa prospettiva, quindi, la previsione è molto più restrittiva di quella contenuta nell'art. 24, legge n. 241 cit., la quale contempla un ventaglio più ampio di possibilità consentendo l'accesso ove necessario per la tutela della posizione giuridica del richiedente, senza alcuna restrizione alla sola dimensione processuale. Per non dilatare in modo irragionevole la portata della norma, si deve ritenere che essa imponga di effettuare un accurato controllo in ordine alla effettiva utilità della documentazione richiesta, alla stregua di una sorta di prova di resistenza
» (Cons. stato, n. 6121 cit.; si veda anche Cons. stato, Sez. VI, ordinanza 05.02.2010 n. 524; TAR Milano, Sez. I, sentenza 29.01.2010 n. 201).
Va precisato, peraltro, che «soltanto i soggetti utilmente ammessi alla ponderazione comparativa delle offerte (e non, quindi, quelli esclusi) si trovano destinatari di una posizione qualificata e differenziata la quale, pur nella necessaria osservanza delle modalità temporali che assistono la conoscibilità degli atti (differimento ex art. 13 dlgs 163/2006), consente ai medesimi l'esercizio del diritto di accesso relativamente alle proposte presentate dagli altri concorrenti, laddove il pregiudizio dai primi lamentati (e, conseguentemente, le esigenze di tutela che essi intendano far valere) trovi fondamento proprio nello svolgimento dell'attività di selezione e valutazione delle offerte» (TAR Roma, Sez. I, 09.07.2008 n. 6488).
Fatte tali premesse in ordine all'estensione oggettiva e soggettiva del diritto di accesso, in relazione al suo eventuale differimento opposto dalla stazione appaltante richiesta, si precisa che questo può avvenire solo nei confronti delle offerte (tecniche e economiche) presentate dagli altri concorrenti, e non già anche in riferimento ai documenti e ai verbali di gara. Sul punto, è infatti chiara la giurisprudenza nel ritenere che «il diritto di accesso può essere differito fino alla aggiudicazione solo in relazione alle offerte presentate dalle società partecipanti e non poteva viceversa essere opposto alla richiesta di documenti che aveva a oggetto i documenti attestanti i requisiti di ammissione alla gara, i verbali di gara e i provvedimenti di riammissione alla procedura delle società che in un primo tempo erano state escluse» (TAR Bari, Sez. I, sentenza 18.11.2008 n. 2612).
Quanto alle modalità dell'esercizio del diritto di accesso nei confronti degli atti e documenti di gara (ivi comprese le offerte dei concorrenti), va precisato sin d'ora che queste si estrinsecano tanto nella visione della documentazione richiesta, quanto nell'estrazione di copia della stessa.
Non sussiste, cioè, una compressione del diritto in virtù dell'oggetto della richiesta d'accesso, dovendo la p.a., salvo i divieti e le limitazioni sopra analizzate, in via generale consentire al concorrente non solo la visione dei documenti richiesti, ma anche l'estrazione di loro copia.
Ciò in quanto, «né l'art. 13, co. 6, dlgs n. 163/2006, né l'art. 24, nella formulazione risultante a seguito della legge n. 15/2005, prevedono che l'accesso cosiddetto difensivo, come tale prevalente sulle antagoniste ragioni di riservatezza o di segretezza tecnica o commerciale, possa e debba essere esercitato nella forma della sola visione, senza estrazione di copia».
Quanto alla disciplina generale, in particolare, l'intervenuta normativa di cui alla legge n. 15 del 2005, modificativa in parte qua della legge n. 241 del 1990, comporta che debba ricomprendersi nel diritto di accesso sia la visione che il rilascio di copia del documento, attesa l'abrogazione della disposizione dettata dall'art. 24, comma 2, lett. d), nella formulazione originaria della legge n. 241/1990, che prevedeva, invece, a tutela della riservatezza dei terzi, persone e imprese, la possibilità di escludere il diritto d'accesso “garantendo peraltro agli interessati la visione degli atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi giuridici”: abrogazione che fa ritenere superata ogni possibilità di distinguere tra le due indicate modalità di accesso» (Cons. Stato, Sez. VI, sentenza 19.10.2009 n. 6393; si veda anche TAR Torino, Sez. I, sentenza 08.05.2008 n. 1015; TAR Bari, Sez. I, sentenza 14.09.2006 n. 3220).
Conclusioni.
Dall'analisi che precede si è visto come il diritto d'accesso sconti alcune limitazioni sia soggettive che oggettive. Sotto il primo profilo, possono esercitare legittimamente nei confronti dei documenti di gara (e specificatamente, offerte e verbali) il diritto in esame solo i soggetti che hanno partecipato alla procedura di gara medesima, e non ne siano stati esclusi.
Sotto il secondo profilo, il diritto in questione deve ritenersi recessivo laddove sussistano comprovate esigenze di segretezza e tutela di segreti industriali, tale limitazione potendo tuttavia subire una deroga nei casi in cui l'esercizio dell'accesso sia propedeutico alla tutela giurisdizionale dei diritti del richiedente. In tal caso, l'amministrazione deve consentire l'accesso, adottando «accorgimenti utili a evitare la divulgazione di eventuali segreti tecnici o commerciali, inibendo la estrazione di copia [solo] di quelle parti dei documenti da cui potrebbero trarsi informazioni sui dati da mantenere segreti, se e nella misura in cui la loro acquisizione non risulti in ogni caso utile al ricorrente per la difesa dei propri interessi» (Cons. stato, Ord. n. 524 cit.).
Quanto alle concrete modalità di esercizio dell'accesso, questo può essere differito, nei casi e nei tempi previsti dalla legge, in riferimento alle sole offerte dei concorrenti, dovendosi invece ritenere, nel silenzio della norma, i verbali e gli atti di gara relativi alle condizioni di ammissibilità immediatamente ostensibili; e in ogni caso l'accesso deve intendersi «pieno», e cioè sia nella forma della presa visione, che dell'estrazione di copia (articolo ItaliaOggi del 28.04.2010, pag. 38).

APPALTISulla necessità che le clausole escludenti del bando di gara siano chiare e sulla possibilità o meno per la commissione di gara di fissare sub-criteri di valutazione delle offerte.
In sede di gara di appalto, le clausole previste dal bando a pena di esclusione devono essere chiare e puntuali e, nella eventuale incertezza interpretativa, deve essere favorita, anche nell'ottica della più ampia partecipazione di concorrenti, una interpretazione meno restrittiva delle stesse e che, comunque, non lede la par condicio tra i concorrenti.
La commissione di una gara di appalto, in ossequio ai principi di imparzialità e par condicio, può procedere alla predefinizione di criteri di riferimento per l'attribuzione dei punteggi ai diversi fattori ponderali delle offerte, soltanto prima dell'apertura delle buste e, cioè, nell'assoluta inconsapevolezza del loro contenuto e nell'obiettiva impossibilità di essere in qualche modo condizionata dalla preventiva avvenuta conoscenza di elementi rilevanti ai fini della valutazione delle offerte (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 27.04.2010 n. 2388 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIGare: in caso di illegittima aggiudicazione va riconosciuta la perdita di chance. Il danno è anche curriculare. Risarcimento in percentuale variabile fra l'1 e il 5%.
Il risarcimento del danno da illegittima aggiudicazione di una gara di appalto va rapportato non soltanto all'utile di impresa, ma anche al danno curriculare derivante dalla mancata acquisizione dell'appalto e alla conseguente diminuzione di peso imprenditoriale in termini di ridotto radicamento sul mercato; tale danno va riferito a una percentuale variabile fra l'1 e il 5% dell'appalto.
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza 27.04.2010 n. 2384 in merito a una fattispecie di risarcimento del danno da riconoscere a una società classificatasi al secondo posto in una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico.
L'amministrazione aveva infatti proceduto a una illegittima aggiudicazione a favore di un concorrente che aveva omesso di presentare la fotocopia del documento di identità a corredo dell'autocertificazione sulla regolarità contributiva e sull'insussistenza di cause di esclusione.
Il Consiglio di stato, dopo avere verificato la non scusabilità dell'errore dell'amministrazione (che non aveva tenuto presente quanto previsto nella disciplina sulle autocertificazioni di cui al dpr 445) e quindi la sussistenza dei presupposti per procedere al risarcimento della lesione dell'interesse legittimo, entra nel merito della quantificazione del danno da risarcire al ricorrente che, senza l'aggiudicazione illegittima, sarebbe risultato aggiudicatario. A tale riguardo i giudici in primo luogo richiamano la necessità di rapportare il quantum del risarcimento all'utile che l'impresa avrebbe conseguito a seguito dell'aggiudicazione illegittimamente negata.
La sentenza, in particolare, richiama la giurisprudenza che, facendo leva sull'articolo 122 del regolamento della legge Merloni (dpr 554/1999) e sull'articolo 37-septies, comma 1, lettera c, della citata Merloni, determina il risarcimento nella misura del 10% dell'importo dell'appalto.
I giudici però precisano che, anche in presenza di queste norme e della giurisprudenza che si sviluppò negli anni rispetto all'analoga disposizione della legge fondamentale sui lavori pubblici, il giudice deve giungere alla determinazione del valore dopo una «concreta determinazione, nei casi in cui sussistano diversi rapporti fra costi e ricavi, in termini documentabili dalla parte interessata».
La sentenza chiarisce quindi in primo luogo che non rientrano nel risarcimento del danno tutti i costi che il concorrente ha affrontato per presentare l'offerta (salvo il caso, difficilmente, se non mai, riscontrabile, in cui lo preveda la stazione appaltante). Tali costi devono essere infatti ricondotti a un investimento riferibile al «rischio dell'impresa, funzionale alla previsione di guadagno in astratto quantificata».
In secondo luogo la sentenza richiama il principio per cui il risarcimento del danno per illegittima aggiudicazione deve essere ricondotto alla cosiddetta «perdita di chance», ovvero al guadagno che l'impresa avrebbe potuto ottenere, in base a una ragionevole valutazione di probabilità e alle regole del mercato.
Inoltre i giudici aggiungono un passaggio di particolare interesse relativo alla specificazione di un ulteriore profilo che dettaglia il principio generale della perdita di chance. In particolare la sentenza precisa che «appare poi ragionevole» che nella definizione del risarcimento sia compreso quello che viene definito «danno curriculare» che si sostanzia nella riduzione («deminutio») di peso imprenditoriale della società causato dal non avere potuto aggiudicarsi la commessa che, invece, se non ci fosse stata l'illegittima aggiudicazione, sarebbe spettata.
Il Consiglio di Stato chiarisce che questa riduzione di peso imprenditoriale «può essere rapportata a un inferiore radicamento nel mercato, anche come possibile concausa di crisi economica o imprenditoriale, in termini di difficile determinazione, ma in linea di massima rapportabili a valori percentuali compresi fra l'1 e il 5% dell'importo globale del servizio da aggiudicare» (articolo ItaliaOggi del 18.08.2010, pag. 30 - link a www.corteconti.it).

APPALTIIL BANDO CAMPANILISTA VA ANNULLATO!
1- Unione europea - Norme comunitarie - Art. 85 del Trattato istitutivo della Comunità Europea - Clausole di un bando che prefigurano un vantaggio a favore di imprese radicate nel territorio - Sono in contrasto con i principi di parità di trattamento delle opportunità imprenditoriali.
2- Appalto di servizi - Bando - Requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge - Limiti - Requisito dello svolgimento del servizio in un Comune della Provincia della stazione appaltante - Illegittimità - Ragioni.
1- I concetti di esperienza ed affidabilità ("indicazione dei principali servizi prestati" ed "efficienza" cui fanno riferimento il D.Lgs. n. 163/2006 e le norme comunitarie), non vengono rapportati ad una discriminante consistenza degli insediamenti di un'impresa in un determinato territorio, posto che la complessiva ottica della norma comunitaria e delle norme dei singoli ordinamenti nazionali non può certo eludere il generale principio contenuto nell'art. 85 del Trattato istitutivo della Comunità Europea in forza del quale vige, per l'appunto il divieto di "impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune".
Ne consegue che le clausole di un bando che prefigurano un vantaggio assolutamente condizionante per l'esito del procedimento di scelta del contraente a favore di imprese particolarmente radicate in un determinato ambito territoriale, risultano ex se incompatibili con i succitati principi e norme comunitarie e si pongono anche in contraddizione con i principi di parità di trattamento delle opportunità imprenditoriali che trovano fonte negli artt. 3 e 41, Cost..
2- Se è vero che la stazione appaltante, in sede di gara, può sempre chiedere requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge, pur tuttavia tale circostanza deve sostanziarsi in richieste, comunque, non illogiche, ovvero in contrasto con norme primarie o manifestamente eterogenee rispetto allo scopo perseguito o, ancora, rispettose della par condicio dei concorrenti.
I requisiti richiesti, cioè, devono essere logici, adeguati, congrui e non suscettibili di precostituire situazioni di assoluto privilegio in favore di pochi soggetti o di determinare una preclusione insormontabile all'accesso al mercato di imprese in possesso di indici di affidabilità operativa (nella specie, il Collegio ha ritenuto quanto mai discriminante la richiesta di dimostrare l'esperienza del servizio di accertamento dei tributi, attraverso la presentazione di una referenza rilasciata obbligatoriamente da almeno un Comune della Provincia di Bari, dal momento che si creerebbero delle posizioni assolutamente dominanti nel mercato, andando a favorire gli interessi di quei pochi soggetti già presenti sul territorio, dando modo a questi ultimi di consolidare e di perpetuare la loro situazione di assoluto vantaggio, a tutto discapito degli altri concorrenti, non certo privi di esperienza, ma che vedono loro preclusa ogni chance per l'aggiudicazione del servizio) (massima tratta da http://mondolegale.it/ - TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 27.04.2010 n. 1496 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI:  Disco rosso alle gare con il filtro provinciale.
È illegittimo, dal punto di vista del diritto comunitario e nazionale, limitare l'accesso ad una gara soltanto ai soggetti che abbiano già operato nella stessa provincia in cui viene svolta la gara.

Lo afferma il TAR Puglia-Bari, Sez. I, con la sentenza 27.04.2010 n. 1496, rispetto ad una procedura aperta per l'affidamento triennale dei servizi di accertamento delle entrate tributarie (Ici e Tarsu).
In particolare, nel disciplinare di gara, era previsto che la comprova dell'esperienza del candidato nello svolgimento di servizi di accertamento congiunto di Ici e Tarsu, dovesse avvenire attraverso la «presentazione di almeno tre referenze di Comuni, di cui almeno uno nella Provincia di Bari».
L'illegittimità della prescrizione viene dichiarata dai giudici in primo luogo con riguardo ai principi di parità di trattamento e non discriminazione che il Codice dei contratti enuncia all'articolo 2 come vincolanti per l'operato delle stazioni appaltanti.
Ma la violazione viene evidenziata anche con riguardo ai principi rinvenibili nel Trattato europeo, in particolare rispetto a quello della libera prestazione dei servizi e la libera circolazione dei lavoratori che non possono essere in alcun modo limitato, dicono i giudici, attraverso l'obbligo per le imprese di avere la loro sede di attività in un determinato luogo, ovvero imponendo una determinata residenza a persone e ad imprese.
Nel diritto comunitario le limitazioni e le deroghe a questi principi possono essere eccezionalmente previste soltanto se giustificate da motivi di interesse pubblico superiore, e comunque devono risultare proporzionate rispetto al fine da perseguire.
Richiedendo quindi lo svolgimento del servizio di riscossione presso un Comune della Provincia, la stazione appaltante ha introdotto una clausola illogica e illegittima, «in quanto viene precluso l'ingresso nel mercato di nuovi soggetti, a scapito e detrimento della libera concorrenza, che come si è detto costituisce un principio cardine dell'ordinamento nazionale e comunitario».
La sentenza evidenzia anche che l'accertamento dell'esperienza del concorrente non può essere perseguito in danno del più generale principio tutelato dall'articolo 85 del Trattato (divieto di «impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune).
Nel determinare un vantaggio del tutto condizionante l'esito della gara, la stazione appaltante ha quindi introdotto un elemento in se incompatibile non soltanto con le norme comunitarie, ma anche con i principi costituzionali di parità di trattamento e di libertà dell'iniziativa economica (articoli 3 e 41 della costituzione).
La sentenza, pur non contestando il diritto per l'amministrazione di introdurre negli atti di gara requisiti anche ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge (codice dei contratti o dpr 554/99), precisa però che la giurisprudenza ha ormai chiarito che tali requisiti devono comunque essere sempre «logici, adeguati, congrui e non suscettibili di precostituire situazioni di assoluto privilegio in favore di pochi soggetti o di determinare una preclusione insormontabile all'accesso al mercato di imprese in possesso di indici di affidabilità operativa». E proprio ciò sarebbe avvenuto, con la costituzione di una posizione dominante sul mercato a vantaggio dei pochi soggetti già presenti sul territorio.
Va ricordato al riguardo che su questo tema già diversi anni fa l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (determinazione n. 3/2000) aveva censurato un bando in cui si chiedeva condizionava l'ammissione ad una gara la prova dell'iscrizione all'albo della provincia in cui aveva sede il comune che aveva bandito la gara. Evidentemente dagli errori non si impara (articolo ItaliaOggi del 30.04.2010, pag. 20).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: Contratti a due vie. Tar Toscana: status speciale per calmierare il mercato. Niente gara per la Cassa depositi.
I contratti che vengono stipulati da stato, regioni, enti pubblici, enti locali o organismi di diritto pubblico con la Cassa depositi e prestiti sono esenti dall'applicazione della normativa che impone il ricorso a forme di selezione ad evidenza pubblica.
Sono queste le conclusioni a cui è giunto il TAR Toscana, Sez. I, con sentenza 27.04.2010 n. 1042, pronunciandosi in merito ad un ricorso presentato da un istituto di credito per l'annullamento dell'atto con cui una stazione appaltante non procedeva all'aggiudicazione nei confronti dell'unico istituto partecipante in quanto, così come previsto nel disciplinare di gara, l'offerta presentata era peggiore di quella effettuata da Cassa depositi e prestiti spa.
Nello specifico la procedura aperta, con modalità telematica, riguardava l'erogazione di mutui ventennali e trentennali alle aziende e agli enti del servizio sanitario toscano, sulla base di un contratto normativo da sottoscrivere con la stazione appaltante, valido fino al 31.12.2011. L'offerta doveva esprimere due spread riferiti l'uno a mutui ventennali e l'altro a mutui trentennali, la cui media sarebbe stata assunta a base per l'assegnazione del punteggio.
Il disciplinare prevedeva che la gara non sarebbe stata aggiudicata all'offerta migliore se questa fosse risultata superiore a quella effettuata da Cassa dd.pp. In particolare il giudice amministrativo, pronunciandosi sul merito, ha respinto la tesi dell'istituto di credito, precisando che le censure della ricorrente si basano sull'assunto secondo il quale la Cassa avrebbe dovuto ricevere lo stesso trattamento di un qualunque operatore privato nell'ambito della gara in esame, non potendo la stazione appaltante prevedere un confronto finale tra l'offerta vincitrice nella procedura e quella formulata dalla Cassa perché, in tal modo, questa sarebbe stata illegittimamente sottratta alle regole dell'evidenza pubblica.
Al contrario, in base a quanto stabilito dall'art. 19, comma 2, del dlgs n. 163/06 queste non si applicano agli appalti pubblici di servizi aggiudicati da un'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore ad un'altra amministrazione aggiudicatrice in base ad un diritto esclusivo di cui essa beneficia in virtù di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, purché tali disposizioni siano compatibili con il Trattato europeo.
Per giungere a dette conclusioni il giudice ritiene opportuno definire preliminarmente il regime a cui la Cassa è sottoposta e qualificare giuridicamente detto organismo. In particolare sul primo punto, nel ricostruirne le modifiche statutarie intervenute, precisa che il comma 7 dell'art. 5 del dl n. 269/2003 (convertito nella legge n. 326/2003), individua le funzioni della Cassa tra cui proprio quella di finanziare lo stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico, utilizzando fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale, di buoni fruttiferi postali, assistiti dalla garanzia dello stato e fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie anch'essi con possibile garanzia statale.
Per quanto riguarda la qualificazione giuridica giunge alla conclusione che la Cassa possieda i requisiti propri dell'organismo di diritto pubblico, come definito dall'art. 3, comma 26, del dlgs 12.04.2006, n. 163, in quanto si tratta «di un soggetto dotato di personalità giuridica, sottoposto indubbiamente ad una influenza pubblica essendo il suo capitale in mano allo stato, e si può anche ritenere che sia istituita per soddisfare esigenze di interesse generale che non hanno carattere industriale o commerciale». Scopo della Cassa, infatti è quello di fornire provvista finanziaria alle pubbliche amministrazioni statali e locali al fine di consentire loro di svolgere le proprie funzioni istituzionali laddove, rivolgendosi al mercato, tali mezzi sarebbero reperibili a condizioni più onerose.
Sulla base di dette riflessioni il giudice ritiene di non accogliere le richieste della parte ricorrente precisando, inoltre, che il mancato assoggettamento alle procedure ad evidenza pubblica riguarda non solo le operazioni previste dall'art. 13 del dm economia del 06.10.2004 che impone la pubblicità delle condizioni generali dei prestiti di scopo mediante l'emanazione di apposite circolari da pubblicare in Gazzetta Ufficiale e nel sito telematico della Cassa, ma anche tutte le rimanenti proposte di finanziamento che Cassa può erogare in base alla sua stessa legge istitutiva, a condizioni diverse, per categorie omogenee di soggetti o di finalità, a favore di amministrazioni aggiudicatrici, per lo svolgimento di interventi di interesse pubblico.
Queste ultime, infatti, sempre a parere del Collegio, non contrastano con i principi comunitari e si inquadrano in una coerente missione istituzionale «che, con efficace espressione, è stata definita calmieramento del mercato per consentire alle amministrazioni aggiudicatrici di svolgere le proprie funzioni senza indebitarsi a condizioni gravose» (articolo ItaliaOggi del 08.05.2010, pag. 25).

APPALTI: M. Faviere, La verifica dei requisiti di gara (determinazione n. 1/2010 AVLP) (aprile 2010 - link a www.centrostudimarangoni.it).

APPALTIAppalti pubblici, mini-restyling. Entra in vigore da oggi il decreto legislativo 53/2010 che modifica il Codice dei contratti. Ricorsi in tempi ridotti. Arbitrati, tetto a 100 mila euro.
Ridotto a 30 giorni il termine per presentare ricorso nelle gare di appalto contro l'aggiudicazione definitiva e contro i bandi immediatamente lesivi; divieto di stipula del contratto fino a 35 giorni dopo la comunicazione dell'aggiudicazione definitiva; tetto massimo di 100 mila euro per gli arbitrati.

Sono queste solo alcune delle novità contenute nel decreto legislativo n. 53 del 20.03.2010, di attuazione della direttiva 2007/66/Ce, che modifica le direttive 89/665/Cee e 92/13/Cee sulle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici, pubblicato sulla gazzetta ufficiale n. 84 del 12.04.2010 e in vigore da oggi.
Fra le principali novità del decreto, che contiene diverse modifiche al Codice dei contratti pubblici (dlgs 163/2006) si segnala innanzitutto l'ampliamento del periodo di tempo intercorrente tra la comunicazione dell'aggiudicazione definitiva (da parte della stazione appaltante) e la stipulazione del contratto di appalto.
La disposizione avrà l'effetto di allungare, sia pure di poco, il tempo per la stipula del contratto: si passerà dai 30 giorni, stabiliti nell'attuale codice dei contratti pubblici all'articolo 11, comma 10, ai 35 giorni. In questo lasso di tempo i partecipanti non aggiudicatari potranno quindi esercitare un più ampio diritto di accesso ai documenti, anche finalizzato alla proposizione di ricorsi (in questi 35 giorni sarà vietata anche l'esecuzione di urgenza di cui all'articolo 11, comma 9 del Codice) ... (articolo ItaliaOggi del 27.04.2010, pag. 21 - link a www.corteconti.it).

APPALTI: ATI orizzontali - Indicazione delle parti da eseguire - Assenza di specifica previsione della lex specialis - Necessità - Esclusione.
Non è necessario, in mancanza di una previsione esplicita della lex specialis, che le ATI orizzontali indichino le parti da eseguire o le percentuali, perché la distribuzione del lavoro per ciascuna impresa non rileva all’esterno e tutte le imprese sono responsabili in solido dell’intero.
Avvalimento - Libertà di forma - Normativa comunitaria di riferimento - Principio di massima accessibilità al mercato delle commesse pubbliche - Soggetti parte di un raggruppamento costituendo - Avvalimento - Possibilità - Schema o tipo specifico di contratto di avvalimento.
Stante che nell'ordinamento interno italiano non è previsto uno schema o un tipo specifico di contratto di avvalimento tra imprese (sicché deve ritenersi che esso può rivestire qualunque forma, anche non esattamente documentale, e la sua esistenza può essere provata in qualunque modo idoneo), deve concludersi che, tenuto conto della normativa comunitaria di riferimento (artt. 47, comma 3, e 48, comma 4, dir. 2004/18/CE: “un raggruppamento di operatori economici […] può fare affidamento sulle capacità dei partecipanti al raggruppamento o di altri soggetti”) e del principio di massima accessibilità al mercato delle commesse pubbliche, vada ammessa la possibilità di avvalimento anche per i soggetti parte di un raggruppamento costituendo, e ciò non solo nei confronti dei soggetti esterni ma anche degli stessi partecipanti al raggruppamento (TAR Lazio, Sez. I, 22 maggio 2008, n. 4820) (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. I, sentenza 26.04.2010 n. 3832 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di un concorrente che abbia presentato l'offerta economica all'interno di una busta trasparente.
Il riconoscimento di vantaggi sotto il profilo fiscale e contributivo, nell'ottica di un favor legislativo per le cooperative sociali, e l'assenza di finalità di lucro non precludono alle stesse di competere nelle procedure per l'aggiudicazione degli appalti pubblici.

E' legittimo il provvedimento di esclusione adottato da una commissione nei confronti di un concorrente che abbia presentato la propria offerta economica all'interno di una busta trasparente, in quanto, per costante giurisprudenza, in una gara basata sul criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa i principi (inderogabili) della parità di condizioni tra i concorrenti e del regolare ed imparziale svolgimento della gara possono essere rispettati solo se l'offerta economica resta segreta fintanto che non siano state valutate l'ammissibilità dei concorrenti alla gara e le componenti tecnico-qualitative dell'offerta.
L'esclusione da una gara d'appalto di un soggetto che sia Cooperativa sociale e ONLUS senza fine di lucro non ha alcun fondamento testuale, dato che la normativa nazionale non ha mai richiesto tra i requisiti di partecipazione alle procedure concorsuali la qualità di impresa commerciale né il fine di lucro. D'altro canto l'introduzione di norme di favore nei confronti di tali soggetti non dà luogo ad alcuna diminuzione della loro capacità giuridica con riferimento alla partecipazione alle gare anche in virtù dell'art. 1, c. 8, della Dirett. 18/2004/CE (recepito dall'art. 3, c. 19, del D.Lgs. 163/2006) secondo il quale la locuzione "prestatore di servizi" designa "una persona fisica o giuridica ... che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di ....servizi". La direttiva europea pone quindi come condizione preliminare essenziale per poter contrattare con le stazioni appaltanti l'essere già presente sul mercato, senza alcuna limitazione alla configurazione giuridica. In definitiva, le norme generali in materia di partecipazione alle gare pubbliche non legittimano l'esclusione delle Cooperative sociali, e non residuano dubbi circa la loro possibilità di concorrere all'aggiudicazione degli appalti sopra la soglia comunitaria ai sensi della direttiva 2004/18.
Inoltre, il principio della parità di trattamento non è violato per il solo motivo che le amministrazioni ammettono la partecipazione ad un procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico di organismi che beneficiano di sovvenzioni, che consentono loro di presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli degli altri concorrenti: infatti, se il legislatore comunitario avesse avuto l'intenzione di obbligare le stazioni appaltanti ad escludere tali offerenti, l'avrebbe espressamente indicato (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. I, sentenza 26.04.2010 n. 3831 - link a www
.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa - Offerta - Requisito della segretezza - Utilizzo di busta trasparente - Agevole lettura dei prezzi - Esclusione dalla gara - Legittimità.
In una gara basata sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa i principi (inderogabili) della parità di condizioni tra i concorrenti e del regolare ed imparziale svolgimento della gara possono essere rispettati solo se l’offerta economica resta segreta fintanto che non siano state valutate l’ammissibilità dei concorrenti alla gara e le componenti tecnico-qualitative dell’offerta.
Ne deriva la legittimità dell’esclusione disposta in caso di utilizzo di una busta trasparente tale da consentire una agevole lettura dei prezzi offerti indicati nella prima pagina. Ciò che rileva infatti, al di là delle caratteristiche del contenitore, è il dato obiettivo della leggibilità, anche parziale, dell’offerta economica in un momento in cui non può essere conosciuta.
Impresa legittimamente esclusa dalla gara - Interesse a contestare l’aggiudicazione - Presupposti.
Un’impresa legittimamente esclusa da una gara d'appalto ha interesse a contestare l'aggiudicazione ad altri quando dimostri, al fine della rinnovazione della gara, che nessun altro concorrente aveva titolo a partecipare (Cons. Stato, V, n. 2871/2009; n. 2629/2008; VI n. 2016/2008).
Cooperative sociali e ONLUS senza fine di lucro - Esclusione dalle gare d’appalto - Assenza di fondamento normativo.
L'esclusione da una gara d'appalto di un soggetto che sia Cooperativa sociale e ONLUS senza fine di lucro non ha alcun fondamento testuale, dato che la normativa nazionale non ha mai richiesto tra i requisiti di partecipazione alle procedure concorsuali la qualità di impresa commerciale né il fine di lucro (cfr. Consiglio di Stato, sez. V - 08/07/2002 n. 3790; TAR Brescia, I, 27.10.2008 n. 1440).
In definitiva, le norme generali in materia di partecipazione alle gare pubbliche non legittimano l'esclusione delle Cooperative sociali, e non residuano dubbi circa la loro possibilità di concorrere all'aggiudicazione degli appalti sopra la soglia comunitaria ai sensi della direttiva 2004/18.
Ammissione alla gara di soggetti che beneficiano di sovvenzioni - Principio della parità di trattamento - Violazione - Esclusione.
Il principio della parità di trattamento non è violato per il solo motivo che le amministrazioni ammettono la partecipazione ad un procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico di organismi che beneficiano di sovvenzioni, che consentono loro di presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli degli altri concorrenti: infatti, se il legislatore comunitario avesse avuto l'intenzione di obbligare le stazioni appaltanti ad escludere tali offerenti, l'avrebbe espressamente indicato (Corte di giustizia CE, sez. VI - 7/12/2000 procedimento C-94/99) (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. I, sentenza 26.04.2010 n. 3831 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: D. Prinari, APPUNTI SUL NUOVO PREAVVISO DI RICORSO NELLA CONTRATTUALISTICA PUBBLICA ITALIANA (link a www.diritto.it).

APPALTI: Anche i consorzi ordinari possono associarsi in raggruppamenti temporanei (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: In vigore dal 27.04.2010 le modifiche al Codice degli appalti.
Il D.Lgs. 53/2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 84 del 12.04.2010, recante "Attuazione della direttiva 2007/66/CE che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici" che entrerà in vigore il 27.04.2010.
Il provvedimento apporta modifiche significative al D.Lgs. 163/2006, il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.
Le principali modifiche riguardano: ... (link a www.acca.it).

APPALTI: La stazione appaltante, in sede di gara, può chiedere requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge, sempre che tali requisiti siano logici, adeguati e congrui e non compromettano la libera concorrenza.
La stazione appaltante, in sede di gara, può sempre chiedere requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge, pur tuttavia tale circostanza deve sostanziarsi in richieste, comunque, non illogiche, ovvero in contrasto con norme primarie o manifestamente eterogenee rispetto allo scopo perseguito o, ancora, rispettose della par condicio dei concorrenti. I requisiti richiesti, cioè, devono essere logici, adeguati, congrui e non suscettibili di precostituire situazioni di assoluto privilegio in favore di pochi soggetti o di determinare una preclusione insormontabile all'accesso al mercato di imprese in possesso di indici di affidabilità operativa.
Nel caso di specie, pertanto, risulta quanto mai discriminante la richiesta di dimostrare l'esperienza del servizio di accertamento dei tributi, attraverso la presentazione di una referenza rilasciata obbligatoriamente da almeno un Comune della Provincia, dal momento che si creerebbero delle posizioni assolutamente dominanti nel mercato, andando a favorire gli interessi di quei pochi soggetti già presenti sul territorio, dando modo a questi ultimi di consolidare e di perpetuare la loro situazione di assoluto vantaggio, a tutto discapito degli altri concorrenti, non certo privi di esperienza, ma che vedono loro preclusa ogni chance per l'aggiudicazione del servizio (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 24.04.2010 n. 1496 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla legittimità della decisione con cui un comune ha negato il rinnovo della concessione demaniale ed ha deciso di bandire una gara per l'individuazione del concessionario cui assegnare il bene demaniale.
Alle concessioni di beni pubblici di rilevanza economica e, tra queste, sono specificamente ricomprese le concessioni demaniali marittime, poiché idonee a fornire un'occasione di guadagno a soggetti operanti nel libero mercato, devono applicarsi i principi discendenti dall'art. 81 del Trattato UE e dalle Direttive comunitarie in materia di appalti, quali quelli della loro necessaria attribuzione mediante procedure concorsuali, trasparenti, non discriminatorie, nonché tali da assicurare la parità di trattamento ai partecipanti. Infatti, anche nell'assegnazione di un bene demaniale occorre individuare il soggetto maggiormente idoneo a consentire il perseguimento dell'interesse pubblico, garantendo a tutti gli operatori economici una parità di possibilità di accesso all'utilizzazione dei beni demaniali.
Pertanto, è legittima la decisione con cui un comune ha negato al precedente concessionario il rinnovo della concessione demaniale ed ha deciso di bandire una gara per l'individuazione del concessionario cui assegnare il bene demaniale in questione (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 23.04.2010 n. 2085 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIContratto - appalto - gara - illegittimità aggiudicazione - conclusione contratto - inefficacia - trattazione unitaria per connessione - giurisdizione amministrativa.
Il giudice amministrativo è competente a pronunciarsi sia sulla domanda di invalidità dell'aggiudicazione che sulla privazione degli effetti del contratto concluso con l'affidatario: la loro trattazione unitaria avanti ad un medesimo giudice garantisce l'attuazione dei principi di concentrazione, effettività e ragionevole durata del giusto processo: conseguentemente la cognizione del giudice amministrativo sulla domanda di annullamento dell'affidamento di un appalto pubblico, per le illegittime modalità con cui si è svolto il relativo procedimento, comporta che lo stesso giudice adito per l'annullamento degli atti di gara -che abbia deciso su tale prima domanda- possa decidere pure sull'istanza del contraente illecitamente pretermesso dal contratto di essere reintegrato nella sua posizione, con la privazione di effetti del contratto eventualmente stipulato dall'aggiudicante con il concorrente alla gara scelto in modo illegittimo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 23.04.2010 n. 1610 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIAffidamento senza gara ad altra Amministrazione di un appalto di servizi a titolo oneroso - Legittimità.
Sulla scorta dei pronunciamenti del Giudice comunitario deve ritenersi che un'autorità pubblica possa adempiere ai compiti ad essa incombenti mediante propri strumenti o in collaborazione con altre autorità pubbliche, senza essere obbligata a far ricorso a entità esterne all'apparato pubblico (cfr. CGCE, 18.11.2008, causa C- 324/2007).
Ne deriva che, nell'ottica della più proficua collaborazione tra soggetti pubblici, è consentito alle Amministrazioni aggiudicatrici, in alternativa allo svolgimento di una procedura di evidenza pubblica di scelta del contraente, stipulare accordi a titolo oneroso con altri soggetti pubblici, cui affidare lo svolgimento di uno o più servizi (cfr. Corte di Giustizia CE, 09.06.2009, causa C-480/06, TAR Lombardia, Milano, 19.01.2010, n. 74) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 22.04.2010 n. 1123 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Procedura di gara, vincolo contrattuale e autotutela.
Come chiarito dall’art. 11, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 2006 (secondo cui "L’aggiudicazione definitiva non equivale ad accettazione dell’offerta"), il rapporto contrattuale con la P.A. non sorge con l’aggiudicazione definitiva, con la conseguenza che spetta alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo la cognizione di comportamenti ed atti assunti prima dell'aggiudicazione e nella successiva fase compresa tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.04.2010 n. 2254 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISul momento in cui, a seguito della gara, insorge il vincolo contrattuale con la P.A. e sul giudice competente a decidere una controversia concernente la revoca dell’aggiudicazione definitiva disposta successivamente alla consegna dei lavori, ma anteriormente alla stipula del contratto, per una serie di contestazioni riguardanti il progetto appaltato.
Come chiarito dall’art. 11, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 2006 (secondo cui "L’aggiudicazione definitiva non equivale ad accettazione dell’offerta"), il rapporto contrattuale con la P.A. non sorge con l’aggiudicazione definitiva, con la conseguenza che spetta alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo la cognizione di comportamenti ed atti assunti prima dell'aggiudicazione e nella successiva fase compresa tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.04.2010 n. 2254 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIContratti della p.a. - Appalto - Procedure di affidamento - Project financing - Criteri per la scelta del contraente - Elevata discrezionalità della stazione appaltante - Sindacabilità in sede giurisdizionale - Limiti.
Nel project financing, la procedura di scelta del promotore, pur articolandosi come confronto concorrenziale tra più proposte, non è soggetta, in linea generale, alle regole rigorose di una vera e propria gara, ma è caratterizzata da un elevato livello di discrezionalità dell'Amministrazione che, dopo aver valutato le proposte presentate, provvede ad individuare quella che ritiene di pubblico interesse, sulla base di valutazioni di fattibilità strettamente connesse a scelte interne di carattere economico e tecnico, sindacabili in sede giurisdizionale soltanto sotto il profilo della manifesta illogicità, irrazionalità e contraddittorietà degli errori di fatto (Conf. Cons. Stato, sez. V, 23.03.2009, n. 1741) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 21.04.2010 n. 1111 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONE - LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n. 16 del 20.04.2010, "Valori agricoli medi validi per l'anno 2010 dei terreni, considerati liberi da vincoli di contratti agrari, secondo i tipi di coltura effettivamente praticati, determinati nell'ambito delle singole regioni agrarie lombarde a norma dell'art. 41, comma 4, del dPR 08.06.2001, n. 327 e successive modifiche e integrazioni" (comunicato regionale 08.04.2010 n. 45 - link a www.infopoint.it).

APPALTII soggetti che abbiano commesso violazioni dei doveri relativi al pagamento di imposte e di tasse, definitivamente accertati, sono esclusi dalla partecipazione alle gare di appalto.
Il Collegio ritiene che il giudice di primo grado abbia correttamente fatto applicazione dei condivisibili principi contenuti nella circolare n. 34/E del 25.05.2007, con la quale l’Agenzia delle entrate ha fornito gli indirizzi operativi ai propri uffici locali in merito alle modalità di attestazione della regolarità fiscale delle imprese partecipanti a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, alla luce della nuova normativa introdotta dal d.lgs. 163/2006.
Si ricorda che sulla base dell’art. 38, comma 1, lett. g), del d.lgs. 163/2006, i soggetti che abbiano commesso violazioni dei doveri relativi al pagamento di imposte e di tasse, definitivamente accertati, sono esclusi dalla partecipazione alle gare di appalto.
Secondo la menzionata circolare vi è regolarità fiscale quando, alternativamente:
- a carico dell’impresa, non risultino contestate violazioni tributarie mediante atti ormai definitivi per decorso del termine di impugnazione, ovvero, in caso di impugnazione, qualora la relativa pronuncia giurisdizionale sia passata in giudicato;
- in caso di violazioni tributarie accertate, la pretesa dell’amministrazione finanziaria risulti, alla data di richiesta della certificazione, integralmente soddisfatta, anche mediante definizione agevolata.
La circolare precisa inoltre che non può essere considerata irregolare la posizione dell’impresa partecipante qualora sia ancora pendente il termine di sessanta giorni per l’impugnazione (o per l’adempimento) ovvero, qualora sia stata proposta impugnazione, non sia passata ancora in giudicato la pronuncia giurisdizionale (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 20.04.2010 n. 2213 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISul giudice competente a decidere una controversia relativa alla revoca dell’aggiudicazione e sulla legittimità o meno della revoca dell’aggiudicazione disposta per mancata tempestiva costituzione della cauzione definitiva.
I contratti d’appalto della P.A. si possono considerare formalmente conclusi solo quando siano state rispettate le formalità tipiche dei contratti, tra cui rientrano le relative sottoscrizioni al termine del procedimento stabilito dalla legge (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 20.04.2010 n. 2199 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla possibilità o meno di dichiarare l’aggiudicazione della gara a seguito dell’accoglimento del ricorso che ha comportato l’esclusione dalla gara di una delle due ditte ammesse.
Nel caso di gara con due soli concorrenti e che, a seguito di un giudizio innanzi al G.A., è rimasta con unico offerente, l’unica offerta rimasta in gara non deve essere necessariamente aggiudicata come effetto conformativo della decisione, ove il bando preveda che l’Amministrazione deve valutare se "aggiudicare la gara anche in presenza di una sola offerta purché ritenuta congrua" (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 19.04.2010 n. 2188 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: GARE PUBBLICHE: INTEGRAZIONE POSTUMA DELLA DOCUMENTAZIONE.
1.- Appalto di servizi - Documentazione - Lex specialis - Mancata presentazione - Esclusione - Legittimità - Integrazione postuma - Inammissibilità - Fattispecie.
2.- Appalto di servizi - Documentazione - Integrazione - Postuma - Art. 16, D.Lgs. n. 157/1995 - Ammissibilità - Limiti.
1.-
Conformemente ai principi generali dell'evidenza pubblica, la documentazione necessaria ai fini dell'ammissione alla gara deve essere introdotta secondo le modalità ed i termini previsti nella lex specialis, non assumendo alcun rilievo la circostanza che la ditta concorrente, a fronte della mancata esibizione di un documento in sede di gara, sia nella reale disponibilità dello stesso.
Ne deriva che l'impresa esclusa dalla gara non può affatto giovarsi, pena la violazione del fondamentale canone di par condicio, dell'effettivo possesso della documentazione non presentata nel corso della procedura, magari attraverso una successiva produzione integrativa (nel caso a mano, il documento prodotto formalmente dalla ricorrente non è stato ritenuto qualificabile quale "autorizzazione sanitaria", essendo privo dei requisiti essenziali perché potesse essere considerato atto promanante dall'autorità comunale.
Pertanto, ammesso che possa avere una qualche rilevanza la distinzione tra invalidità e mancanza del documento, il Collegio ha comunque ritenuto che si trattasse di una vera e propria omissione documentale, da sanzionare con l'esclusione dalla gara).
2.- Il rimedio della regolarizzazione postuma, contemplato dall'art. 16, D.Lgs. n. 157/1995, è attivabile solo nelle ipotesi di dichiarazioni, documenti e certificati non chiari o di dubbio contenuto, ma che siano pur sempre stati prodotti, e non anche laddove si sia in presenza di documentazione del tutto mancante o fisicamente incompleta (come nella fattispecie), determinandosi, in caso contrario, la compromissione della par condicio a scapito delle imprese concorrenti che abbiano rispettato la disciplina di gara.
In altri termini, la facoltà di integrazione della documentazione allegata all'offerta è consentita solo nell'eventualità in cui occorra chiarire il contenuto di una domanda presentata ritualmente e tempestivamente, ma non quando il documento prodotto sia diverso da quello richiesto dalla lex specialis, trattandosi di indebita sostituzione di documenti e non di completamento o di chiarimento di essi (massima tratta da
http://mondolegale.it - TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 19.04.2010 n. 2016 - link a  www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sul procedimento di verifica dell'anomalia delle offerte.
L'art. 88, c. 3, ultimo periodo del d.lgs. n 163/2006 (Codice di contratti), nel disporre che la stazione appaltante, avvalendosi, se del caso, di un'apposita commissione tecnica, esamina gli elementi costitutivi dell'offerta tenendo conto delle giustificazioni fornite, "e può richiedere per iscritto ulteriori chiarimenti, se resi necessari o utili a seguito di tale esame", impone che la richiesta scritta degli accennati "ulteriori chiarimenti" abbia un contenuto dettagliato e precisi l'oggetto su cui debbano vertere i chiarimenti stessi.
Ne consegue che, nel caso di specie, è illegittima l'assunzione ad uno dei motivi dell'esclusione di un'offerta siccome ritenuta non aver superato il vaglio di anomalia, di un profilo di perplessità, poi elevato a quid novi motivazionale della determinazione di esclusione, non esplicitato nelle richieste di chiarimenti e, conseguentemente, non reso oggetto di approfondimenti e controdeduzioni dell'impresa sottoposta al giudizio di congruità e rispetto al quale la concorrente non sia stata perciò posta in grado di fornire giustificazioni integrative.
Il microsistema in cui si dipana il sub procedimento di verifica dell'anomalia delle offerte è ispirato al principio dell'effettività del contraddittorio, il quale esige che l'impresa assoggettata allo scrutinio di congruità venga edotta dall'Amministrazione o dagli organi di gara di tutti gli elementi di giudizio, oltre che, dei parametri di raffronto che la commissione intenda utilizzare per la formulazione del suo sindacato e sui quali l'impresa deve poter misurare le sue stesse valutazioni ed esporre le sue controdeduzioni.
Tale specificazione è richiesta in ossequio al principio di leale collaborazione, tra concorrente e p.a., in vista del conseguimento del comune obiettivo di appurare l'affidabilità e la bontà dell'offerta, il quale non rappresenta solo lo scopo utilitaristico avuto di mira dall'impresa sottoposta a scrutinio e potenziale aggiudicataria, ma anche e principalmente un obiettivo dell'Amministrazione, la quale ha interesse ad acclarare se l'offerta in parola, risultata la migliore, è congrua ed accettabile.
Deve sussistere corrispondenza tra i profili di perplessità o di criticità di un'offerta posti a fondamento del giudizio di anomalia e gli aspetti di perplessità e problematicità della medesima evidenziati nella richiesta di giustificazioni integrative e fatti oggetto degli ulteriori chiarimenti richiesti all'impresa, non potendo la valutazione negativa di inaccettabilità per incongruità dell'offerta, fondarsi su profili che non siano stati contestati all'impresa e su cui quindi essa non abbia potuto controdedurre nella precedente fase istruttoria (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 19.04.2010 n. 1951 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: D. Argenio, Il responsabile unico del procedimento nel codice dei contratti pubblici: parte 1^ - parte 2^ - parte 3^ (01-18.04.2010 - link a www.dirittoelegge.it).

APPALTIDICITURA "ANTIMAFIA" FRA CERTIFICATO CAMERALE E INFORMATIVA PREFETTIZIA.
1- Appalto di servizi - Partecipazione e qualificazione - Requisiti generali - Antimafia - Informative del Prefetto - Requisiti - Poteri del Prefetto - Discrezionalità - Sussiste - Ratio.
2- Antimafia - Informazioni prefettizie - Art. 4, D.Lgs. n. 490/1994 - Natura - "Tentativo di infiltrazione" - Possono essere desunti anche da parametri non predeterminati normativamente - Limiti - Devono sussistere elementi che sconsigliano l'instaurazione di un rapporto dell'impresa con la p.A..
3- Antimafia - Informazioni prefettizie - Così come previsto dal D.Lgs. 8 agosto 1994 n. 490 esistono tre categorie di informative prefettizie - Informativa supplementare - Requisiti - Conseguenze - Art. 1-septies, D.L. n. 629/1982 - Poteri dell'alto commissario antimafia.
4- Antimafia - Informazioni prefettizie - Antimafia - Informazioni prefettizie - Funzioni - Grado di approfondimento probatorio - Deve essere considerato il pericolo di collegamento fra l'impresa e la criminalità organizzata - Ratio.
5- Appalto di servizi - Stazione appaltante - Discrezionalità in presenza di informative antimafia - E' estremamente ridotto - Ratio - Inibizione dell'accesso al rapporto con la p.A. - E' sufficiente l'accertamento di meri elementi di sospetto - Conseguenze - Finalità.

6- Antimafia - Informazioni prefettizie - Antimafia - Informativa prefettizia - Certificato camerale munito dell'apposita dicitura "antimafia" - Svolgono due funzioni ben distinte - Ratio - Conseguenze.
1- Le informative del Prefetto in merito alla sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nell'impresa, rese ai sensi degli artt. 4, D.Lgs. n. 490/1994 e 10, D.P.R. n. 252/1998, costituiscono condizione per la stipulazione di contratti con la pubblica amministrazione ovvero per concessioni ed erogazioni e non devono provare l'intervenuta infiltrazione -essendo questa un "quid pluris"- ma devono sufficientemente dimostrare la sussistenza di elementi dai quali è deducibile il tentativo di ingerenza (1), fermo restando che non è sufficiente il mero sospetto, ma sono necessari accertamenti fondati su oggettivi elementi, atti a far denotare il rischio concreto di condizionamenti (2).
La Prefettura, nell'istituto in esame, è titolare di un potere discrezionale, che comporta una valutazione lata di interessi contrapposti, ossia quello relativo alla libertà di impresa e quello relativo alla tutela dell'uso delle risorse pubbliche (3): siffatto potere, proprio per i delicati interessi che la materia coinvolge, va esercitato con le necessarie cautele (4).
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(1) TAR Campania Napoli, sez. III, 06-12-2007 n. 19691.
(2) TAR Calabria Reggio Calabria 06-02-2008 n. 72.
(3) TAR Calabria Reggio Calabria 28-02-2007 n. 197.
(4) Cons. Stato, sez. IV, 04-05-2004 n. 2783; Cons. Stato, sez. V, 27-06-2006 n. 4135.

2- L'informazione prefettizia di cui all'art. 4, D.Lgs. 08.08.1994 n. 490 ("Disposizioni attuative della L. 17.01.1994 n. 47, in materia di comunicazioni e certificazioni previste dalla normativa antimafia") costituisce una tipica misura cautelare di polizia, preventiva ed interdittiva, che -in ragione delle peculiarità del fenomeno mafioso- prescinde dall'accertamento, in sede penale, di uno o più reati connessi all'associazione di tipo mafioso e non postula la prova di fatti di reato, della effettiva infiltrazione mafiosa nell'impresa o dell'effettivo condizionamento delle scelte dell'impresa da parte di associazioni o soggetti mafiosi, essendo sufficiente il "tentativo di infiltrazione", avente lo scopo di condizionare le scelte dell'impresa, anche se tale scopo non si è in concreto realizzato (5).
Tale scelta è coerente con le caratteristiche fattuali e sociologiche del fenomeno mafioso, che non necessariamente si concretizza in fatti univocamente illeciti, potendo fermarsi alla soglia dell'intimidazione, dell'influenza e del condizionamento latente di attività economiche formalmente lecite.
Ed invero, i tentativi di infiltrazione mafiosa possono essere desunti anche da parametri non predeterminati normativamente, anche se, per evitare il travalicamento in uno "stato di polizia" e per salvaguardare i principi di legalità e di certezza del diritto, non possono reputarsi sufficienti fattispecie fondate sul semplice sospetto o su mere congetture prive di riscontro fattuale, occorrendo altresì l'individuazione di idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o collegamenti con le predette associazioni (6).
In definitiva, l'informativa antimafia deve fondarsi su di un quadro fattuale di elementi che, pur non dovendo assurgere necessariamente, a livello di prova (anche indiretta), siano tali da far ritenere ragionevolmente, secondo l'"id quod plerumque accidit", l'esistenza di elementi che sconsigliano l'instaurazione di un rapporto con la p.A..
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(5) Cons. Stato, sez. IV, 30-05-2005 n. 2796; Cons. Stato, sez. IV, 13-10-2003 n. 6187.
(6) TAR Sicilia Palermo, sez. III, 13-01-2006 n. 38; TAR Campania Napoli, sez. I, 19-01-2004 n. 115.

3- In base alla normativa vigente (D.Lgs. 08.08.1994 n. 490, recante "Disposizioni attuative della L. 17.01.1994 n. 47, in materia di comunicazioni e certificazioni previste dalla normativa antimafia"; D.P.R. 03.06.1998 n. 252, recante "Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia"), vengono individuate tre categorie di informative prefettizie: la prima, ricognitiva di cause di divieto, di per sé interdittiva, ai sensi dell'art. 4 co. 4, D.Lgs. n. 490/1994; la seconda, relativa ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o delle imprese interessate, la cui efficacia interdittiva è correlata alla valutazione del prefetto; la terza, costituita dalle informative supplementari (o atipiche), previste dall'art. 1-septies, D.Lgs. 06.09.1982 n. 629, convertito con modificazioni dalla L. 12.10.1982 n. 726, ed aggiunto dall'art. 2, L. 15.11.1988 n. 486, inerente ai poteri già dell'Alto Commissario Antimafia, il cui effetto interdittivo è dipendente da una valutazione discrezionale dell'amministrazione destinataria dell'informativa stessa, in via autonoma e discrezionale (7), alla luce dell'idoneità morale del partecipante alla gara di assumere la posizione di contraente con la p.A.: pertanto, essa non necessita di un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l'appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso e si basa su indizi ottenuti con l'ausilio di particolari indagini che possono risalire anche ad eventi verificatisi a distanza di tempo perché riguardano la valutazione sull'idoneità morale del concorrente e non producono l'esclusione automatica dalla gara (8).
Invero, l'informativa supplementare si caratterizza per il fatto di essere fondata sull'accertamento di elementi che, pur evidenziando pericolo di collegamenti fra l'impresa e la criminalità organizzata, non raggiungono un livello tale da esplicare efficacia interdittiva automatica.
Pertanto, essa non assume carattere vincolante e lascia un margine, benché molto ridotto, alla discrezionalità dell'amministrazione aggiudicatrice, che è chiamata a valutarne l'incidenza: ciò implica la necessità di una motivazione, che dovrà essere particolarmente ampia nel caso in cui si decida di instaurare o proseguire il rapporto con l'impresa pur a seguito dell'informativa, ma che non può, comunque, mancare anche nel caso opposto, in cui l'amministrazione decida di non instaurare o non proseguire il rapporto (9).
Essa è fondata sull'accertamento di elementi che, pur denotanti il pericolo di collegamenti tra l'impresa e la criminalità mafiosa, non raggiungono la soglia di gravità prevista dal citato art. 4, co. 4, D.Lgs. n. 490/1994, vuoi perché carenti di alcuni requisiti soggettivi od oggettivi pertinenti alle cause di divieto o sospensione, vuoi perché non integranti appieno il tentativo di infiltrazione.
La comunicazione, pertanto, non produrrebbe il divieto automatico di contrarre, ma si limiterebbe a fornire all'amministrazione interessata elementi utili per l'esercizio di ogni eventuale potere discrezionale.
Questo potere trova fondamento positivo nell'art. 1-septies, D.L. 06.09.1982 n. 629, convertito in legge, con modificazioni. con l'art. 1, L. 12.10.1982 n. 726, ai sensi del quale l'Alto commissario antimafia (le cui competenze sono state nelle more devolute ai Prefetti) può "comunicare alle autorità competenti al rilascio di licenze, autorizzazioni, concessioni in materia di armi ed esplosivi e per lo svolgimento di attività economiche ... elementi di fatto ed altre indicazioni utili alla valutazione, nell'ambito della discrezionalità ammessa dalla legge, dei requisiti soggettivi richiesti per il rilascio, il rinnovo, la sospensione o la revoca delle licenze, autorizzazioni e degli altri titoli menzionati".
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(7) Cons. Stato, sez. IV, 15-11-2004 n. 7362.
(8) Cons. Stato, sez. V, 31-12-2007 n. 6902.
(9) TAR Lazio, sez. III, 12-05-2008 n. 3832; Cons. Stato, sez. VI, 03-05-2007 n. 1948; TAR Lazio, sez. II, 20-04-2006 n. 2876; TAR Campania Napoli, sez. I, 08-02-2006 n. 1791.

4- Nell'ottica del legislatore, le informative prefettizie rappresentano una sensibile anticipazione della soglia dell'autotutela amministrativa a fronte di possibili ingerenze criminali nella propria attività: da tale impostazione, si è fatta discendere la conseguenza che l'informativa prefettizia antimafia di cui all'art. 4, D.Lgs. 08.08.1994 n. 490 e all'art. 10, D.P.R. 03.06.1998 n. 252 è espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale ai fini di una tutela avanzata nel campo del contrasto con la criminalità organizzata, e prescinde, quindi, da rilevanze probatorie tipiche del diritto penale, per cercare di cogliere l'affidabilità dell'impresa affidataria dei lavori complessivamente intesa (10).
Conseguentemente, sotto il profilo del grado di approfondimento probatorio, si ritiene che l'art. 4, D.Lgs. 08.08.1994 n. 490, costituendo una misura di tipo preventivo, intesa a contrastare l'azione del crimine organizzato, può ben dare rilievo anche ad elementi che costituiscono solo indizi (che comunque non devono costituire semplici sospetti o congetture privi di riscontri fattuali) del rischio di coinvolgimento associativo con la criminalità organizzata delle imprese partecipanti al procedimento di evidenza pubblica (11).
Ed invero, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, anche in caso di proscioglimento, i fatti oggetto di un processo penale non perdono la loro idoneità a fungere da validi elementi di sostegno per un'informativa antimafia sfavorevole, in considerazione della maggiore incidenza probatoria degli indizi necessari a confortare l'ipotesi di un mero tentativo di infiltrazione mafiosa, e, quindi, tendenti a garantire la tutela dell'interesse sociale protetto nella sua massima soglia di anticipazione (12).
Detto in altri termini, gli elementi che denotano il pericolo di collegamento fra l'impresa e la criminalità organizzata, oggetto dell'informativa antimafia, hanno un mero valore sintomatico ed indiziario, non dovendo necessariamente assurgere a livello di prova, anche indiretta (13).
Pertanto, nell'ottica della tutela preventiva avanzata, il mancato intervento di una condanna penale non può valere ad escludere un quadro indiziario significativo, rimesso al prudente apprezzamento dell'autorità prefettizia, per conclusioni da rapportare sia alle difficoltà connesse all'accertamento di reati, spesso coperti dall'omertà o dal timore dei soggetti passivi coinvolti, sia alla dichiarata prevalenza -sul piano legislativo- dell'interesse pubblico ad approntare rimedi preventivi, nei confronti di ampi e notori fenomeni di criminalità organizzata, colpendo gli interessi economici della associazioni mafiose, a prescindere dal concreto accertamento in sede penale di uno o più reati (14).
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(10) Cons. Stato, sez. VI, 17-05-2006 n. 2867.
(11) Cons. Stato, sez. VI, 02-10-2007 n. 5069.
(12) TAR Campania Napoli, sez. I, 18-05-2005 n. 6504.
(13) Cons. Stato, sez. IV, 29-04-2004 n. 2615.
(14) Cons. Stato, sez. VI, 16-04-2003 n. 19797.

5- Sul tema dell'ampiezza del potere discrezionale riconosciuto alla stazione appaltante in presenza di informative antimafia (con particolare riguardo alle fattispecie tipiche di natura successiva ed a quelle supplementari atipiche), la giurisprudenza (15) ha evidenziato come questo sia estremamente ridotto, trattandosi di un potere esercitatile solo in presenza di situazioni che, pur sussistendo controindicazioni antimafia, inducano comunque ad instaurare o proseguire il rapporto contrattuale o concessorio.
Pertanto, va considerato sufficiente l'accertamento di meri elementi di sospetto per far scattare il meccanismo di salvaguardia del sistema attraverso l'inibizione dell'accesso al rapporto con la p.A. per l'impresa sospettata di contiguità mafiosa, con la conseguenza che la facoltà di non inibire il vincolo esistente funge da contraltare a tale rigido meccanismo inibitorio, a presidio di interessi contingenti, che inducono a ritenere la prevalenza di questo sulle esigenze di tutela antimafia: è, quindi, in tal senso che s'impone all'Amministrazione di giustificare una scelta siffatta, che -ponendosi in antinomia con le esigenze che il legislatore ha voluto tutelare nella massima forma di anticipazione compatibile con i valori costituzionali di riferimento- si caratterizza per la sua natura eccezionale e richiede, all'uopo, una puntuale motivazione, per esplicitare le ragioni di deroga alla logica di un suo ordinario sviluppo, mediante l'adozione della misura inibitoria.
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(15) TAR Campania Napoli, sez. I, 28-02-2005 n. 1319; TAR Campania Napoli, sez. I, 28-02-2005 n. 1320.
6- A fronte di un'informativa prefettizia, in ordine alla valenza della certificazione negativa antimafia rilasciata dalla competente Camera di Commercio, ai sensi degli artt. 6 e 9, D.P.R. 03.06.1998 n. 252, va precisato che non possono essere assimilate, sul piano giuridico, due distinte fattispecie, preordinate ad assolvere a funzioni diverse, consistenti, rispettivamente, la certificazione della Camera di Commercio nell'accertamento della sussistenza o meno delle situazioni ostative di cui all'art. 10, L. 31.05.1965 n. 575 (decadenza, sospensione o divieto determinati dalla definitiva applicazione di misure di prevenzione antimafia, da sentenze penali di condanna o da altri provvedimenti del tribunale) e l'informativa antimafia nell'acquisizione di notizie inerenti ai tentativi di infiltrazione mafiosa.
Ed invero, il certificato camerale munito dell'apposita dicitura "antimafia" (al pari delle comunicazioni prefettizie alle quali è assimilato per legge) è idoneo a garantire l'insussistenza delle sole situazioni ostative contemplate dall'art. 10, L. n. 575/1965, ma giammai può estendere la sua efficacia fino ad assicurare l'inesistenza di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa, accertati mediante ulteriori indagini istruttorie, il cui esito è riportato nell'informativa prefettizia.
Invero, le valutazioni demandate alla competenza della Prefettura, al fine di verificare l'assenza di tentativi di infiltrazioni mafiose, involgono profili non coincidenti con quelli posti a base della certificazione camerale e possono comportare che l'informativa prefettizia abbia contenuti non favorevoli per la ditta interessata anche a fronte di una negativa certificazione antimafia.
In definitiva, la circostanza che il certificato camerale rechi la dicitura "antimafia", volta ad attestare l'inesistenza delle situazioni ostative di cui all'art. 10, L. n. 575/1965, non può assumere alcun rilievo per ritenere insussistente o contraddittoria la diversa ed autonoma situazione ostativa, costituita dall'esistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa, riportata nell'apposita informativa prefettizia (massima tratta da http://mondolegale.it/ - TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 16.04.2010 n. 480 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Direttiva ricorsi, i Tar si portano avanti.
Il 27 aprile entrerà in vigore il decreto legislativo n. 53/2010 che ha recepito la 2007/66/CE (cd direttiva ricorsi); i bandi pubblicati dopo tale data avranno, come primo effetto, la sicurezza che i relativi contratti saranno eseguiti senza il dubbio di eventuali ricorsi pendenti.
Ma che cosa sta avvenendo in questo momento nelle aule dei nostri Tar per controversie relative ad aggiudicazioni avvenute dopo il dicembre 2007 (momento dell'entrata in vigore della normativa europea)?
È oramai orientamento giurisprudenziale consolidato che i nostri giudici amministrativi possano già decidere sulle sorti del contratto stipulato a seguito di una illegittima aggiudicazione. E in tale senso si è mosso anche il Tar Calabria, Catanzaro (sentenza numero 457 del 12.04.2010) che sancisce, senza ombra di dubbio, la nullità di un contratto di appalto, in parte già eseguito In prima battuta, il Collegio giudicante ritiene illegittimo il comportamento di una stazione appaltante per violazione della regola generale di scelta del contraente che è rappresentata dalla procedura aperta volta ad assicurare, mediante la più ampia partecipazione degli operatori economici, la tutela della concorrenza e i valori a essa sottesi e cioè, sul piano comunitario, la libera circolazione delle persone e delle merci, sul piano costituzionale, il buon andamento e l'imparzialità dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.) in relazione all'interesse pubblico finale e concreto che deve essere perseguito, nonché la libera iniziativa economica degli imprenditori di settore (art. 41 Cost.).
Nel caso in esame, infatti, l'adito giudice reputa che l'amministrazione abbia violato i predetti principi in quanto, estendendo la portata di una precedente gara mediante la modifica del suo ambito e dell'importo pattuito, ha di fatto affidato un nuovo servizio senza ricorrere alle procedure di garanzie che devono, come già sottolineato, essere finalizzate ad assicurare la massima partecipazione degli operatori economici. Poiché nella specifica fattispecie «il ricorrente non ha dimostrato in alcun modo l'esistenza del fatto illecito e della sua potenzialità dannosa, essendosi limitato a provare la illegittimità dell'atto e non la illiceità della condotta», non viene riconosciuto un risarcimento del danno ingiusto ma viene invece accettata e accertata la giurisdizione del giudice amministrativo relativamente alla richiesta di dichiarazione di inefficacia del contratto medio tempore stipulato.
I giudici calabresi nel ricordare che «la Corte di cassazione, sezioni unite, con ordinanza 10.02.2010, n. 2906, mutando orientamento, ha ritenuto che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di procedure di gara si estende anche al contratto» sostengono che sul piano costituzionale, la giurisdizione esclusiva estesa al contratto è compatibile con il modello delineato dall'art. 103 della Costituzione.
Successivamente ribadiscono che si giustifica la giurisdizione esclusiva in ragione del «collegamento» stretto tra la fase amministrativa e la fase negoziale di conclusione del contratto. Tale collegamento deriva dal fatto che il vizio del contratto è conseguenza del vizio del provvedimento. In presenza di un vizio autonomo del contratto tale nesso viene meno.
In definitiva, la giurisdizione esclusiva si giustifica, sul piano costituzionale, non soltanto in presenza di un intreccio di interessi legittimi e diritti soggettivi, nonché di diritti soggettivi incisi dall'esercizio di un potere amministrativo (Corte cost. n. 32 del 2010), ma anche in presenza di interessi legittimi e diritti soggettivi «separati» ma, nondimeno, strettamente collegati.
In conclusione quindi il giudice amministrativo conferma la inefficacia del contratto, non sussistendo «esigenze imperative» che impongono il mantenimento del rapporto contrattuale in atto anche perché, come sottolineato, il servizio oggetto dell'appalto era comunque assicurato sia pure secondo modalità diverse (articolo ItaliaOggi del 16.04.2010, pag. 40).

APPALTI: Sulla non applicabilità dell'abbreviazione dei termini prevista all'art 23-bis, c. 2, L. n. 1034/1971, in riferimento alla proposizione dei motivi aggiunti.
Sulla legittimazione ad impugnare gli atti di gara in capo ad un'impresa mandataria di un r.t.i.
E' da ritenersi inapplicabile l'abbreviazione dei termini prevista dall'art. 23-bis comma 2, della L. n. 1034/1971, in riferimento alla proposizione dei motivi aggiunti, ciò in quanto la ratio alla base della scelta normativa di non estendere il dimezzamento al termine di notifica dell'atto introduttivo del giudizio riposa sull'esigenza di garantire il pieno esercizio del diritto di difesa garantito dalla Costituzione, che risulterebbe eccessivamente compresso per effetto dell'abbreviazione anche del termine de quo. Tale esigenza sussiste anche nell'ipotesi in cui il ricorrente debba articolare nuove censure attraverso i motivi aggiunti, non potendo attribuirsi rilevanza decisiva alla diversità di situazioni, consistente nel fatto che in tal caso il ricorrente ha già conferito il mandato ad un difensore, pertanto, i tempi necessari per l'esercizio del diritto di difesa dovrebbero essere considerati "al netto" del tempo necessario alla ricerca di un difensore. Nella fissazione dei termini per l'esercizio delle attività processuali, infatti, si dovrebbe prescindere dal rapporto interno tra parte e difensore, attivandosi unicamente a prevedere tempi idonei a consentire all'interessato la piena esplicazione del suo diritto di difesa, ai sensi dell'art. 24 Cost.
Secondo giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, non si contrappone al diritto comunitario una normativa nazionale che consenta a ciascuna impresa -membro di una a.t.i.- priva di personalità giuridica, che abbia preso parte ad una gara d'appalto, di impugnare singolarmente gli atti della procedura stessa, ciò in quanto la legittimazione individuale delle imprese associate in r.t.i. trae la sua fonte dai comuni principi del diritto interno in tema di legittimazione processuale e personalità giuridica; peraltro, è pacifico l'assunto secondo cui un r.t.i. non dà luogo ad un'entità giuridica autonoma che escluda la soggettività delle singole imprese che lo compongono (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 15.04.2010 n. 2155 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: Sui requisiti necessari per partecipare ad una procedura indetta secondo le modalità di project financing.
L'operazione di project financing è diretta a realizzare una serie di interventi attraverso il concorso di risorse pubbliche e private; a tale risultato, sul piano procedurale, corrisponde la sovrapposizione di più modelli negoziali, i quali conservano la propria autonomia, pur essendo connessi in vista del raggiungimento di un unico risultato economico. All'interno esso consta di una fase preliminare relativa alla individuazione del promotore, ed una successiva di tipo selettivo, finalizzata all'affidamento della concessione: quest'ultima consiste in una gara, come tale soggetta ai principi comunitari e nazionali in materia di evidenza pubblica; viceversa la scelta del promotore è connotata da ampia discrezionalità amministrativa, in quanto intesa alla valutazione dell'esistenza stessa di un interesse pubblico che giustifichi l'accoglimento della proposta formulata dal promotore.
Nella fattispecie, la causa di esclusione esistente in capo al r.t.i. concerne i requisiti soggettivi di ordine generale richiesti dalla legge, pertanto vale il principio secondo cui essi devono essere posseduti dai concorrenti al momento della domanda di partecipazione alla gara, e permanere fino alla stipulazione del contratto, oltreché documentati da ciascuna delle imprese partecipanti al raggruppamento; inoltre, l'accertamento dei requisiti soggettivi va effettuato con riferimento al momento della domanda di partecipazione alla stessa (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 15.04.2010 n. 2155 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: I concorrenti debbono possedere le qualificazioni richieste dal bando di gara non solo alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, ma in ogni successiva fase del procedimento di evidenza pubblica e per tutta la durata dell'appalto.
In materia di accertamento dei requisiti di ordine speciale per il conseguimento degli appalti di lavori pubblici, vige il principio secondo cui le qualificazioni richieste dal bando debbono essere possedute dai concorrenti non soltanto alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, ma in ogni successiva fase del procedimento di evidenza pubblica e per tutta la durata dell'appalto, ciò nel rispetto dell'esigenza di certezza e funzionalità del regime di qualificazione obbligatoria, imperniato sul rilascio, da parte degli organismi di attestazione, di certificati che costituiscono condizione necessaria per l'idoneità all'esecuzione dei lavori pubblici.
Le stazioni appaltanti non possono essere esposte all'alea della perdita e del successivo riacquisto in corso di gara, da parte delle ditte offerenti, della qualificazione SOA. L'impresa che partecipa alla procedura selettiva deve, dunque, curarsi di possedere, dalla presentazione dell'offerta fino all'eventuale fase di esecuzione dell'appalto, la qualificazione tecnico-economica richiesta dal bando.
Siffatto principio si applica anche agli appalti rientranti nei settori speciali, per i quali l'art. 232 del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici) autorizza la creazione di sistemi autonomi di qualificazione da parte degli enti aggiudicatori (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 14.04.2010 n. 1334 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Offerta, il prezzo si giustifica dopo. Il Codice dei contratti prevede che sia l'ente appaltante a chiedere di integrare la proposta economica. La verifica dell'anomalia va fatta insieme al concorrente.
In materia di appalti la redditività dell'offerta economica è stata da sempre oggetto di particolare attenzione da parte del legislatore, che ha fin da principio cercato di evitare la presentazione di offerte eccessivamente basse, tali da rendere inattendibile la stessa e dunque da far dubitare circa la corretta esecuzione dell'appalto.
Già la legge quadro sui Lavori pubblici (leggi 109/1994) si occupava della verifica dell'anomalia e delle eventuali giustificazioni da richiedere (art. 21 c. 1-bis); la disposizione è poi confluita nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici, che disciplina la materia agli artt. 86 e seguenti.
Anomalia e giustificazioni dei prezzi.
La recente modifica al Codice dei Contratti operata con il decreto legge 01.07.2009 n. 78, convertito con modifiche in legge 03.08.2009 n. 102 ha eliminato l'obbligo di corredare l'offerta con le giustificazioni dei prezzi.
Conseguentemente, nell'attuale sistema le giustificazioni dell'offerta economica sono presentate solo successivamente, su richiesta della stazione appaltante laddove riscontri elementi di sospetto nella formulazione del prezzo.
La lettera dell'art. 87, comma 1, è infatti chiara nel disporre «Quando un'offerta appaia anormalmente bassa, la stazione appaltante richiede all'offerente le giustificazioni relative alle voci di prezzo che concorrono a formare l'importo complessivo posto a base di gara, nonché, in caso di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, relative agli altri elementi di valutazione dell'offerta, procedendo ai sensi dell'articolo 88. All'esclusione può provvedersi solo all'esito dell'ulteriore verifica, in contraddittorio».
A mente dell'art. 88, comma 5, «la stazione appaltante sottopone a verifica la prima migliore offerta, se la stessa appaia anormalmente bassa, e, se la ritiene anomala, procede nella stessa maniera progressivamente nei confronti delle successive migliori offerte, fino ad individuare la migliore offerta non anomala. In alternativa, la stazione appaltante, purché si sia riservata tale facoltà nel bando di gara, nell'avviso di gara o nella lettera di invito, può procedere contemporaneamente alla verifica di anomalia delle migliori offerte, non oltre la quinta, fermo restando quanto previsto ai commi da 1 a 5. All'esito del procedimento di verifica la stazione appaltante dichiara le eventuali esclusioni di ciascuna offerta che, in base all'esame degli elementi forniti, risulta, nel suo complesso, inaffidabile, e procede, nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 11 e 12, all'aggiudicazione definitiva in favore della migliore offerta non anomala».
La stazione appaltante procede sostanzialmente in contraddittorio con la parte interessata, eventualmente richiedendo precisazioni ad integrazione delle giustificazioni presentate (art. 88 comma 1-bis), e comunque convocando la parte a fornire personalmente ogni elemento utile alla valutazione dell'anomalia prima di disporne l'esclusione (art. 88, comma 4).
Ciò, in quanto «nel giudizio di anomalia, è fondamentale che ciascun offerente abbia la possibilità di far valere il suo punto di vista e di fornire ogni più utile e completa spiegazione a sostegno dei diversi elementi che compongono la propria offerta»; e per tali ragioni «in generale, sono possibili integrazioni e modificazioni successive [delle giustificazioni allegate a corredo dell'offerta], purché non venga modificata l'offerta stessa, la quale attenendo alla par condicio della gara, è intangibile una volta presentata». (Tar Toscana, 26.03.2009, n. 507).
Quanto alle giustificazioni, anche nel novellato panorama legislativo i principi di fondo in riferimento all'istituto in esame (pure dettati in vigenza del vecchio testo), possono comunque trovare (almeno parziale) applicazione.
In particolare, sul punto si rileva quanto segue.
Gli elementi oggetto di giustificazione sono descritti dall'art. 87 comma 2, riguardando «a titolo esemplificativo» l'economia del procedimento di costruzione, del processo di fabbricazione, del metodo di prestazione del servizio (lett. a); le soluzioni tecniche adottate (lett. b); le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone l'offerente per eseguire i lavori, per fornire i prodotti, o per prestare i servizi (lett. c); l'originalità del progetto, dei lavori, delle forniture, dei servizi offerti (lett. d); l'eventualità che l'offerente ottenga un aiuto di Stato (lett. f) ovvero il costo del lavoro come determinato periodicamente in apposite tabelle dal ministro del lavoro e delle politiche sociali (lett. g).
La non tassatività di tali elementi, oltre che discendere dall'inciso della lettera di legge, è confermata dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui «l'elenco della documentazione che può essere richiesta, contenuto nel successivo art. 87 comma 2, è fatto solo «a titolo esemplificativo» e ciò significa che le amministrazioni restano libere di stabilire altra documentazione da richiedere [a pena di esclusione a preventiva giustificazione dell'anomalia dell'offerta]», purché nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità (Cons. stato, sez. VI, 06.03.2009, n. 1348; Tar Calabria, 04.11.2009, n. 1166).
La presentazione delle giustificazioni deve avvenire per iscritto, e le stesse «debbono consistere in elaborati più o meno completi [_], riportanti la scomposizione dell'offerta economica nelle varie voci che la compongono, i quali però, per essere ritenuti fondati, non debbono risolversi in asserzioni meramente apodittiche (del tipo «l'offerta è congrua perché io dico che è congrua») e fare generico riferimento a benefici fiscali e contributivi, a favorevoli condizioni di mercato, e così via. [_] le giustificazioni possono essere ritenute sufficienti quando esse dimostrino l'affidabilità nel suo complesso dell'offerta, per cui è da ritenere di massima legittimo il giudizio favorevole anche nel caso in cui restino parzialmente non giustificate voci meno importanti dell'offerta» (Tar Marche, 30.11.2009, n. 1427; Tar Marche 08.07.2009, n. 776; Tar Emilia Romagna (Bologna), 21.04.2009, n. 505).
Particolarmente delicato il tema in esame sotto il profilo del diritto di accesso.
L'art. 13, comma 5 lett. a), esclude espressamente il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione «alle informazioni fornite dagli offerenti nell'ambito delle offerte ovvero a giustificazione delle medesime, che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali»; il successivo comma 6 tuttavia ne ammette eccezionalmente l'esercizio anche in tali casi laddove il concorrente lo chieda «in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell'ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso».
Già in passato il giudice amministrativo, chiamato a pronunciarsi sul tema, aveva chiarito come «l'interesse alla riservatezza, tutelato dalla normativa mediante una limitazione del diritto di accesso [_], deve considerarsi recessivo quando l'accesso stesso sia esercitato [_] per la difesa di un interesse giuridico, nei limiti in cui esso è necessario alla difesa di quell'interesse» (Cons. stato, sez. VI, 20.04.2006, n. 2223; si veda anche Tar Lombardia (Milano), sez. III, 21.03.2005, n. 620).
Più di recente, il Consiglio di stato ha avuto modo di spiegare che la norma in esame «sembra ripetere, specificandoli, i principi dell'art. 24, legge n. 241 cit., che stabilisce una complessa operazione di bilanciamento tra gli interessi contrapposti alla trasparenza ed alla riservatezza. [_] Per non dilatare in modo irragionevole la portata della norma, si deve ritenere che essa imponga di effettuare un accurato controllo in ordine alla effettiva utilità della documentazione richiesta, alla stregua di una sorta di prova di resistenza; [_] In definitiva, dal combinato disposto dei commi 5 e 6, dell'art. 13, dlgs n. 163 del 2006, discende che non è consentito esercitare l'accesso alla documentazione posta a corredo dell'offerta selezionata, ove l'impresa aggiudicataria abbia dichiarato che sussistano esigenze di tutela del segreto tecnico o commerciale, ed il richiedente non abbia dimostrato la concreta necessità di utilizzare tale documentazione in uno specifico giudizio». (Cons. stato, sez. V, 09.12.2008, n. 6121).
Conclusioni.
Come si è visto, la verifica dell'anomalia dell'offerta economica è volta a escludere quelle offerte che, non trovando idonea giustificazione, rendano sostanzialmente inattendibile l'offerta medesima e dunque facciano presumere l'inaffidabilità nell'esecuzione dell'appalto.
Tale verifica deve avvenire solo successivamente alla presentazione delle offerte, in contraddittorio con la parte o le parti interessate e secondo la precisa procedura di cui all'art. 88 del Codice. L'esclusione può essere comminata solo laddove le giustificazioni presentate, ed eventualmente integrate, non siano idonee a dissipare il sospetto di anomalia, e comunque solo dopo aver convocato (e sentito, ove la stessa si presenti) personalmente la parte. Il concorrente può esercitare l'accesso alla documentazione di gara degli altri concorrenti anche in relazione alle giustificazioni purché non sussistano comprovate e motivate esigenze di tutela del segreto tecnico o commerciale, e comunque vi sia la concreta necessità di utilizzare tale documentazione in uno specifico giudizio (articolo ItaliaOggi del 14.04.2010, pag. 38).

APPALTI: Legittimo il provvedimento di esclusione se il collegamento sostanziale è accertato dalla sussistenza di indizi sintomatici e complessivamente significativi.
In presenza di indizi sintomatici, purché complessivamente significativi, il rischio di una intesa preventiva può ragionevolmente tradursi in una legittima presunzione che le offerte dei diversi concorrenti siano riconducibili al medesimo centro decisionale, con conseguente obbligo per la commissione di escludere dalla gara le imprese nei cui confronti sia stata accertata la presenza di indici rilevatori di un collegamento sostanziale.
Nel caso di specie, erano stati ritenuti elementi indiziari idonei a provare tale unicità di centro decisionale l’ubicazione della sede amministrativa delle imprese in un medesimo stabile, l’identità di data e luogo di spedizione dei plichi, il fatto che la cauzione provvisoria sia stata rilasciata da un medesimo assicuratore nello stesso giorno e con numerazione progressiva, l’identità grafica di documenti allegati all’offerta, il rapporto di parentela tra gli amministratori delle suddette società, l’esistenza di intrecci azionari tra di esse, ecc.
Si tratta di elementi che, soprattutto ove sussistenti in tutto o anche in parte contestualmente, possono essere ragionevolmente assunti come indici rivelatori di accordi tra i concorrenti al fine di alterare la regolarità della gara.
In tal caso veniva giustificato l’incameramento della cauzione provvisoria, in quanto correlato alla violazione dell’obbligo di diligenza e di produzione documentale nelle trattative precontrattuali, che grava su ciascun concorrente sin dalla fase di partecipazione alla gara e di presentazione dell’offerta (TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter, sentenza 13.04.2010 n. 6696 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTISui presupposti necessari e sufficienti per disporre l’esclusione dalla gara per grave negligenza o malafede commessa in precedenti appalti e sulla sussistenza o meno di una responsabilità precontrattuale della P.A. nel caso in cui la P.A. appaltante abbia negato l’approvazione del contratto dopo oltre un anno.
L’approvazione e il diniego di approvazione del contratto da parte della P.A. hanno natura provvedimentale, costituendo esercizio di potere discrezionale e autoritativo, ed a fronte di tali atti le posizioni soggettive dei soggetti privati coinvolti hanno consistenza di interessi legittimi, sindacabili dal giudice amministrativo.
Costituisce principio risalente nella disciplina dei contratti con la P.A. quello della perdita della capacità di contrarre, da parte delle imprese private, quando esse siano incorse in negligenza o malafede nell’esecuzione di altra prestazione con la P.A., trovando riscontro già negli artt. 3, comma 3, del R.D. n. 2240 del 1923 e 68, comma primo, del R.D. n. 827 del 1924.
Il principio è stato sostanzialmente confermato anche dalla legislazione più recente, come si evince dal testo dell’art. 75, comma 1, lett. f), del D.P.R. n. 554 del 1999 e ora da quello di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del D.Lgs. n. 163 del 2006 (secondo cui "sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti", tra gli altri, "che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante").
Ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), del D.Lgs. n. 163 del 2006, la pregressa  grave negligenza in altro rapporto contrattuale, impedisce non solo la partecipazione alle procedure di gara per l’affidamento di lavori pubblici, ma la stessa possibilità di "stipulare i relativi contratti".
Deve ritenersi quindi che la grave negligenza dell’impresa in sede di esecuzione di un contratto ben possa rilevare ostativamente anche nella fase di approvazione di altro contratto (ai fini del diniego dell’approvazione stessa), quando essa sia emersa o sia stata accertata dopo la conclusione del contratto medesimo e nelle more del perfezionamento della sua efficacia (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 13.04.2010 n. 6643 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Bando di gara - Doglianza per la previsione di clausole che gli impediscono la partecipazione alla procedura - Immediata impugnazione.
Le clausole dei bandi, indetti dalle ASL per il conferimento ai medici di incarichi libero professionali finalizzati all'effettuazione degli accertamenti medico legali di controllo sullo stato di inabilità temporanea dei lavoratori dipendenti, che prevedono ipotesi di esclusione dalla procedura selettiva sono immediatamente lesive e, per questa ragione, debbono essere tempestivamente impugnate (cfr. TAR Lombardia Milano, sez. III, 26.05.2009 n. 3845).
Si tratta peraltro dell'applicazione al caso specifico di un principio più volte ribadito in giurisprudenza, secondo il quale, il bando di gara, nonostante la sua natura di atto generale, necessita di immediata impugnazione allorquando il ricorrente si dolga per la previsione in esso di clausole che gli impediscono la partecipazione alla procedura (cfr. Consiglio Stato ad. plen., 29.01.2003, n. 1) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 13.04.2010 n. 1036 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sulle conseguenze delle modifiche apportate alle disposizioni di un contratto di concessione di servizi.
Sull'interpretazione degli artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE, del principio della parità di trattamento e del divieto di discriminazione in base alla nazionalità, nonché dell'obbligo di trasparenza che ne deriva in rapporto all'aggiudicazione delle concessioni di servizi.

Qualora le modifiche apportate alle disposizioni di un contratto di concessione di servizi presentino caratteristiche sostanzialmente diverse da quelle che abbiano giustificato l'aggiudicazione del contratto di concessione iniziale e siano, di conseguenza, idonee a dimostrare la volontà delle parti di rinegoziare i termini essenziali di tale contratto, devono essere concessi, conformemente all'ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato, tutti i provvedimenti necessari per reintrodurre la trasparenza nel procedimento, ivi compresa anche la possibilità un nuovo procedimento di aggiudicazione. All'occorrenza, il nuovo procedimento di aggiudicazione dovrà essere organizzato secondo modalità adeguate alle specificità della concessione di servizi di cui trattasi e permettere che un'impresa avente sede sul territorio di uno Stato membro possa avere accesso ad adeguate informazioni relative a detta concessione prima che essa sia aggiudicata.
Qualora un'impresa concessionaria concluda un contratto relativo a servizi rientranti nell'ambito della concessione affidatale da un ente locale, l'obbligo di trasparenza derivante dagli artt. 43 CE e 49 CE nonché dai principi della parità di trattamento e dal divieto di discriminazione in base alla nazionalità non si applica qualora tale impresa:
- sia stata costituita da detto ente locale allo scopo dell'eliminazione dei rifiuti e della pulizia della rete viaria, ma sia al tempo stesso attiva sul mercato;
- sia detenuta dall'ente locale medesimo nella misura del 51%, ma le decisioni di gestione possano essere adottate soltanto a maggioranza dei tre quarti dei voti dell'assemblea generale di tale impresa;
- abbia soltanto un quarto dei membri del consiglio di vigilanza incluso il presidente, nominato dallo stesso ente locale, e
-tragga più della metà del proprio fatturato da contratti sinallagmatici relativi all'eliminazione dei rifiuti ed alla pulizia della rete viaria sul territorio di tale ente locale, contratti che quest'ultimo finanzi mediante imposte locali versate dai suoi amministrati.
Il principio della parità di trattamento e il divieto di discriminazione in base alla nazionalità, sanciti agli artt. 43 CE e 49 CE, nonché l'obbligo di trasparenza che ne deriva non impongono alle autorità nazionali di risolvere un contratto né ai giudici nazionali di concedere un'ingiunzione in ogni caso di asserita violazione di detto obbligo all'atto dell'aggiudicazione delle concessioni di servizi. Spetta all'ordinamento giuridico interno disciplinare le vie di ricorso idonee a garantire la salvaguardia dei diritti che i singoli possono vantare in base a tale obbligo in modo che tali vie di ricorso non siano meno favorevoli delle analoghe vie di ricorso di natura interna, né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio di tali diritti. L'obbligo di trasparenza deriva direttamente dagli artt. 43 CE e 49 CE, che hanno un effetto diretto negli ordinamenti giuridici interni degli Stati membri e prevalgono su qualsiasi disposizione contraria dei diritti nazionali (Corte di giustizia europea, Grande Sezione, sentenza 13.04.2010 n. C-91/08 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: C. Bibi, Holding e avvalimento infragruppo (13.04.2010 - link a www.dirittoelegge.it).

APPALTI: Riceviamo, e pubblichiamo, dall'Avv. Andrea BULLO di Milano (che ringraziamo) l'interessate disamina di sintesi del recentissimo "D.Lgvo 20.03.2010, n. 53, pubblicato nella G.U.R.I. 12.04.2010 (attuazione alla direttiva 2007/66/CE che modifica le direttive 89/665CEE e 92/13/CEE in tema di procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici)" recante MODIFICHE IN TEMA DI CONTENZIOSO NEGLI APPALTI PUBBLICI (circolare 13.04.2010).
L'elaborato ha un mero scopo divulgativo ed è scevro di ambizioni di completezza.

APPALTI: I. Alizzi, Procedure ad evidenza pubblica: quando la stazione appaltante può decidere di non procedere all’aggiudicazione della gara? (nota a TAR Calabria–Catanzaro, sentenza 25.05.2009 n. 511) (link a www.filodiritto.com).

APPALTI: F. De Sanctis, Annullamento dell'aggiudicazione e contratto: una connessione finalmente rilevante (nota a Corte di Cassazione, Sezz. Unite Civili, ordinanza 10.02.2010 n. 2906) (link a www.filodiritto.com).

APPALTI: G.U. 12.04.2010 n. 84 "Attuazione della direttiva 2007/66/CE che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici" (D.Lgs. 20.03.2010 n. 53).

APPALTI: Sulla natura eccezionale della procedura negoziata.
La procedura negoziata ha natura eccezionale ed in quanto tale è ammissibile soltanto nei casi tassativamente previsti dalla legge.
In particolare, l’art. 57, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163 prevede che si può scegliere la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, tra l’altro, «nella misura strettamente necessaria, quando l’estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara. Le circostanze invocate a giustificazione della estrema urgenza non devono essere imputabili alle stazioni appaltanti».
Nella fattispecie in esame la generica e astratta affermazione secondo cui occorre fare «fronte alle esigenze degli utenti bisognosi di ossigeno medicinale presso il proprio domicilio in quanto affetti da gravi patologie respiratorie» non è idonea ad integrare il predetto presupposto contemplato dall’art. 56. Non sussiste, pertanto, una “estrema urgenza” connessa all’esigenza di tutelare la salute degli utenti, in quanto il fine perseguito è stato quelle di ottenere «un notevole risparmio economico relativo all’approvvigionamento e distribuzione a domicilio di ossigeno medicinale».
In altri termini, lo scopo perseguito è perfettamente «compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara» (cit. art. 57, comma 2, lettera c) (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II, sentenza 12.04.2010 n. 457 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: Le stazioni appaltanti possono apportare modifiche alle formule matematiche in caso di difficoltà applicative.
E’ possibile per le stazioni appaltanti introdurre dei correttivi alle formule matematiche previste dal disciplinare di gara quando si verificano delle difficoltà pratiche nella loro rigida applicazione; ciò a condizione che il correttivo utilizzato risponda ad un criterio di proporzionalità e di ragionevolezza volto a salvaguardare gli interessi delle amministrazioni (Cons. Stato, Sez. VI, n. 5583/2009; VI, n. 8146 del 2004; V n. 3435/2007; V, n. 1194/2006) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 09.04.2010 n. 2004 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: Quando la partecipazione alla procedura è preclusa dallo stesso bando sussiste l'interesse a gravare la relativa determinazione a prescindere dalla mancata presentazione della domanda.
Nella pronuncia in commento i giudici del Consiglio di Stato hanno considerato infondato un motivo di gravame con il quale si sosteneva l’inammissibilità dei ricorsi di primo grado per il fatto che le due società in causa non avessero presentato domanda di partecipazione alla gara.
Al riguardo i giudici di Palazzo Spada osservano che, secondo un condivisibile indirizzo giurisprudenziale, quando la partecipazione alla procedura è preclusa dallo stesso bando, come nel caso di specie, sussiste l'interesse a gravare la relativa determinazione a prescindere dalla mancata presentazione della domanda, posto che la presentazione della stessa si risolve in un adempimento formale inevitabilmente seguito da un atto di esclusione, con un risultato analogo a quello di un'originaria preclusione e perciò privo di una effettiva utilità pratica (Cons. Stato, Sez. V, 08.08.2005 n. 4207 e 4208; V, n. 7341, 11.11.2004; V, 11.02.2005 n. 389; IV, 30.05.2005 n. 2804).
In tal senso deve ricordarsi anche la decisione 12.02.2004 - C 230/02 della Corte di Giustizia C.E., ad avviso della quale, nell'ipotesi in cui un'impresa non abbia presentato un'offerta a causa della presenza di specifiche che asserisce discriminatorie nei documenti relativi al bando di gara o nel disciplinare, le quali le avrebbero impedito di essere in grado di fornire l'insieme delle prestazioni richieste, essa può presentare ricorso direttamente avverso tali specifiche e ciò prima ancora che si concluda il procedimento di aggiudicazione dell'appalto pubblico interessato: ciò in quanto è eccessivo esigere che un'impresa che asserisca di essere lesa da clausole discriminatorie contenute nei documenti relativi al bando di gara, prima di poter utilizzare le procedure di ricorso previste dalla direttiva 89/665 contro tali specifiche, debba presentare un'offerta nell'ambito del procedimento di aggiudicazione dell'appalto di cui trattasi, quando le probabilità che le venga aggiudicato tale appalto sarebbero nulle a causa dell'esistenza delle dette specifiche (in tal senso da ultimo, anche C.d.S., sez. V, 19.03.2009, n. 1624) (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez, V, sentenza 09.04.2010 n. 1999 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Gara - Revoca - Giustificazione - Interesse pubblico - Potere - Sussiste - Fondamento - Individuazione.
Come è confermato dalla disciplina dell’attuale art. 11 del Codice dei contratti pubblici (dlgs 163/2006) deve ritenersi che non sia precluso alla stazione appaltante di procedere alla revoca od all'annullamento dell'aggiudicazione allorché la gara stessa non risponda più alle esigenze dell'ente e sussista un interesse pubblico, concreto ed attuale, all'eliminazione degli atti divenuti inopportuni, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse dell'aggiudicatario nei confronti dell'Amministrazione; un tale potere, in precedenza, si fondava, oltre che sulla disciplina di contabilità generale dello Stato -che consente il diniego di approvazione per motivi di interesse pubblico (art. 113, r.d. 23.05.1924 n. 827)- anche sul principio generale dell'autotutela della P.A., che rappresenta una delle manifestazioni tipiche del potere amministrativo, direttamente connesso ai criteri costituzionali di imparzialità e buon andamento della funzione pubblica.
Aggiudicazione provvisoria - Natura interinale - Posizione dell’aggiudicatario - Aspettativa di mero fatto - Comunicazione dell’avviso di inizio del procedimento - Non occorre.
L'aggiudicazione provvisoria è un atto ancora ad effetti instabili, del tutto interinali, che determina la nascita di una mera aspettativa, anche se individua un potenziale aggiudicatario definitivo, e determina nell’aggiudicatario soltanto una aspettativa di mero fatto e non già un affidamento qualificato.
Di conseguenza, ove la P.A. decida di revocare, in sede di autotutela, il provvedimento di aggiudicazione provvisoria, l’avvio del relativo provvedimento non dovrà essere notificato al soggetto provvisoriamente aggiudicatario.
Aggiudicazione provvisoria - Revoca - Per sopravvenute ragioni di opportunità - Adozione all'uopo di un atto meramente soprassessorio - Affidamento dell'aggiudicatario provvisorio - Cessazione.
Per recidere la situazione di aspettativa dell'aggiudicatario provvisorio è in ogni caso sufficiente la mera adozione di un atto soprassessorio che si inserisca nel procedimento ad evidenza pubblica, tra la fase dell'aggiudicazione provvisoria e quella dell'aggiudicazione definitiva, essendo sufficiente la comunicazione della stazione appaltante ad es. di non poter dar corso all'esecuzione dei lavori per cause non dipendenti dalla propria volontà e di essere intenzionata a procedere all'annullamento della gara d'appalto a suo tempo esperita, con ciò preannunciando la revoca degli atti di gara, con atto idoneo a concretare un avviso alla aggiudicataria.
Appalto di servizi - Gara - Revoca - Motivazione - Riferimento alla necessità di gestire in proprio il servizio - Legittimità - Fattispecie.
E’ legittima la revoca di una gara per l’affidamento del servizio di gestione parcheggi situati nel Comune disposta dopo l’apertura delle offerte e l'aggiudicazione provvisoria, motivata con l’esigenza di modificare la metodologia di presenziamento dei parcheggi del Comune per sopravvenute mutate esigenze aziendali, volte ad un più ampio, nuovo, riassetto societario, correlate alla necessità di ottemperare agli accordi nel frattempo intercorsi con i sindacati, nonché all’obbligo per legge l. n. 68/1999) di assumere personale rientrante nelle categorie protette (personale privilegiato), atteso che la stazione appaltante è libera, fino al momento dell’aggiudicazione definitiva, di privilegiare la scelta dell’autoproduzione del servizio se questa non trova controindicazioni (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 09.04.2010 n. 1997 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Rientra nella potestà discrezionale della p.a. disporre la revoca del bando di gara e degli atti successivi, in presenza di concreti motivi di interesse pubblico, fino a quando non sia intervenuta l'aggiudicazione.
In materia di evidenza pubblica, fino a quando non sia intervenuta l'aggiudicazione rientra nella potestà discrezionale della p.a. disporre la revoca del bando di gara e degli atti successivi, in presenza di concreti motivi di interesse pubblico, tali da rendere inopportuna o anche solo da sconsigliare la prosecuzione della gara. L'aggiudicazione provvisoria determina nell'aggiudicatario soltanto una aspettativa di mero fatto e non già un affidamento qualificato. Di conseguenza, ove la p.a. decida di revocare, in sede di autotutela, il provvedimento di aggiudicazione provvisoria, l'avvio del relativo provvedimento non dovrà essere notificato al soggetto provvisoriamente aggiudicatario.
L'aggiudicazione provvisoria, in conclusione, è un atto ancora ad effetti instabili, del tutto interinali, che determina la nascita di una mera aspettativa, anche se individua un potenziale aggiudicatario definitivo, legittima la partecipazione di questi alle valutazioni discrezionali dell'amministrazione preordinate all'adozione dell'aggiudicazione definitiva e/o all'approvazione degli atti di gara o del contratto.
Inoltre, per recidere tale posizione giuridica è sufficiente la mera adozione di un atto soprassessorio della stazione appaltante che si inserisca nel procedimento ad evidenza pubblica, tra la fase dell'aggiudicazione provvisoria e quella dell'aggiudicazione definitiva e della stipula contrattuale, senza richiedere un autonomo avvio di procedimento, né una particolare motivazione, risultando sufficiente la comunicazione ad es. di non poter dar corso all'esecuzione dei lavori per cause non dipendenti dalla propria volontà e di essere intenzionato a procedere all'annullamento della gara d'appalto a suo tempo esperita, con ciò preannunciando l'"annullamento" (rectius revoca) degli atti di gara, con atto sufficiente a concretare un avviso alla aggiudicataria (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 09.04.2010 n. 1997 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI1. Contratti pubblici - Appalto - Gara - Aggiudicazione provvisoria - Natura di atto endo-procedimentale - Termine per l'impugnazione - Decorre dall'aggiudicazione definitiva.
2. Contratti pubblici - Appalto - Gara - Anomalia dell'offerta - Discrezionalità tecnica dell'amministrazione - Sindacabile in sede giurisdizionale - Solo per manifesta irrazionalità ed evidente travisamento dei fatti.
3. Contratti pubblici - Gara - Anomalia dell'offerta - Valutazione di non anomalia - Annullamento in sede giurisdizionale - Obbligo per l'amministrazione di rinnovare la procedura.

1. L'aggiudicazione provvisoria di una gara d'appalto ha natura di atto endo-procedimentale, inidoneo a produrre una definitiva lesione nella sfera giuridica dell'impresa che non è diventata vincitrice.
Il termine per impugnare i risultati della gara -e per far valere anche i vizi dell'aggiudicazione provvisoria- decorre pertanto dall'aggiudicazione definitiva, che consolida il pregiudizio in capo ai concorrenti non dichiarati affidatari dell'appalto.
2. Con riferimento alla verifica dell'anomalia di un'offerta, il giudice amministrativo non può sovrapporre la sua idea tecnica al giudizio formulato dall'organo competente, al quale la legge attribuisce -nell'apprezzamento del caso concreto- l'approfondimento del sapere specialistico ai fini della tutela dell'interesse pubblico.
Dopo la verifica dell'anomalia, pertanto, l'esito della gara può essere travolto dalla pronuncia giurisdizionale allorquando l'indagine compiuta dalla stazione appaltante, attraverso il controllo formale ed estrinseco dell'iter logico, evidenzi profili di manifesta irrazionalità ed evidente travisamento dei fatti; il potere di annullamento può essere altresì esercitato ove il giudizio di attendibilità investa voci che -per la loro rilevanza ed incidenza complessiva- rendano l'intera operazione economica non plausibile e, per l'effetto, non suscettibile di accettazione da parte della stazione appaltante.
3. Quando la normativa attribuisce all'autorità pubblica il potere di formulare una valutazione opinabile in base alla scienza del settore, anche ove siano dedotte le più articolate censure, il giudice non può sostituire la propria valutazione a quella effettuata in sede amministrativa.
Se questa risulta viziata (per un vizio procedimentale, ovvero per un profilo di eccesso di potere, anche di inadeguata motivazione in ordine ad uno degli elementi rilevanti), il giudice amministrativo può annullare il provvedimento impugnato, con salvezza degli atti ulteriori, ma non può sostituire la propria valutazione a quella rimessa dalla norma alla competenza della autorità amministrativa.
Questi principi rilevano anche quando si tratti di esprimersi sull'attendibilità della valutazione effettuata da una Commissione di gara sull'anomalia di un'offerta, e comportano che dall'annullamento degli atti impugnati scaturisce per l'amministrazione l'obbligo di rinnovare la procedura emendandola dai vizi rilevati, restando sconosciuto al momento l'esito della riedizione dell'attività di verifica.
Al contempo non può, allo stato, riconoscersi un danno, poiché l'aggiudicazione alla ricorrente non costituisce effetto automatico di questa pronuncia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 08.04.2010 n. 1528 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'illegittimità dell'annullamento dell'aggiudicazione di una gara di appalto disposto sulla base di una informativa antimafia atipica.
Sull'illegittimità del provvedimento di esclusione di un concorrente per presunto collegamento tra l'impresa aggiudicataria ed altro partecipante alla medesima gara, che non sia stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento.

E' illegittimo l'annullamento di un provvedimento di aggiudicazione disposto sulla base di un'informativa antimafia emessa ai sensi dell'art. 1-septies del d.l. n. 629/1982, c.d. atipica, in quanto affinché l'informativa atipica possa costituire valido presupposto per l'adozione di un provvedimento di esclusione, essa deve basarsi su elementi circostanziati e completi, tali da consentire alla stazione appaltante di esprimere un giudizio valutativo in merito alla concreta esistenza di elementi ostativi. Nel caso di specie, detto requisito di completezza non appare soddisfatto, ciò che induce alla declaratoria di illegittimità dell'informativa stessa e, quindi, delle determinazioni di annullamento dell'aggiudicazione.
E' illegittimo l'operato di una stazione appaltante che abbia escluso da una gara un concorrente, aggiudicatario provvisorio, per via di un presunto collegamento tra questi ed altra impresa partecipante alla medesima gara, senza che il provvedimento espulsivo sia stato preceduto da una comunicazione di avvio del procedimento, in quanto l'acquisizione di elementi nuovi impone alla stazione appaltante di riaprire il confronto con l'impresa interessata mettendola in condizioni di conoscere le ragioni di tale "revirement".
La semplice constatazione dell'esistenza di un rapporto di controllo tra le imprese concorrenti non è sufficiente affinché la stazione appaltante possa disporne l'esclusione automatica dalla procedura di aggiudicazione, senza verificare se un tale rapporto abbia avuto un impatto concreto sul loro rispettivo comportamento nell'ambito della procedura; da qui l'esigenza, nel caso di specie, che, ai fini della riapertura dell'indagine relativa al collegamento e controllo tra imprese, fosse offerta alla concorrente, a mezzo di comunicazione ai sensi dell'art. 7 della legge n. 241/1990, la possibilità di controdedurre a quanto dalla stazione appaltante posto in evidenza sulla base dei nuovi elementi acquisiti (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 07.04.2010 n. 1967 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: I consorzi stabili per partecipare a gare d'appalto per l'aggiudicazione di contratti della pubblica Amministrazione sono tenuti a dimostrare, nei termini stabiliti dal bando, l'affidabilità morale degli organi di vertice delle imprese consorziate.
L'art. 35 del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, stabilisce che anche i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l'ammissione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici dei consorzi di cui al c. 1, lett. b) e c), dell'art. 34 devono essere posseduti e comprovati dagli stessi, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera, nonché all'organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate.
La "ratio" delle citate disposizioni è ben evidente in quanto consentendo ad imprese diverse di confondere i rispettivi requisiti di affidabilità morale nell'ambito del consorzio questo costituirebbe uno strumento a disposizione degli imprenditori meno affidabili, tra i quali si possono trovare imprese collegate alla criminalità organizzata, le quali potrebbero indirettamente partecipare a gare d'appalto, condizionandole.
Pertanto, i consorzi stabili per partecipare a gare d'appalto per l'aggiudicazione di contratti della pubblica Amministrazione sono tenuti a dimostrare, nei termini stabiliti dal bando, l'affidabilità morale degli organi di vertice delle imprese consorziate (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 07.04.2010 n. 1964 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: Sulla procedura di project financing e sulla facoltà per l'Amministrazione procedente di escludere una proposta perché non corrispondente al superiore interesse pubblico.
L'istituto del "project financing" introdotto dall'art. 37-bis e ss. della L. n. 109/1994, prevede due fasi distinte: la prima, definita della "promozione di opera pubblica" in cui la P. A., sulla base del progetto presentato da un promotore, valuta la fattibilità della proposta e la rispondenza al pubblico interesse; la seconda, del vero e proprio "project financing", contempla il rapporto intercorrente tra la stessa P.A. e il soggetto aggiudicatario, in regime di concessione ai sensi dell'art. 19, c. 2, della suddetta legge.
Con riguardo alla prima fase, il legislatore ha disciplinato i criteri di valutazione delle proposte, prevedendo che le amministrazioni aggiudicatrici valutano la fattibilità delle proposte presentate, verificano l'assenza di elementi ostativi alla loro realizzazione e provvedono ad individuare quelle che ritengono di pubblico interesse; dunque, la valutazione dell'Amministrazione si articola in una duplice fase: una valutazione di idoneità tecnica della proposta, e, all'esito, una valutazione di rispondenza della stessa al pubblico interesse.
La giurisprudenza ha sottolineato quanto, in questa seconda fase, sia ampio il margine di discrezionalità riservato alla P.A., trattandosi di giudizio coinvolgente la valutazione comparativa degli interessi che essa ritiene rilevanti in un dato momento storico; pertanto una proposta, pur ritenuta idonea sotto il profilo tecnico, potrà essere respinta in quanto giudicata non conforme al pubblico interesse, a seguito della predetta valutazione comparativa.
Quindi nella procedura di project financing si apprezza l'alto grado di discrezionalità che compete al gestore del programma, nella valutazione della rispondenza della proposta al pubblico interesse, pertanto, spetta all'Amministrazione procedente valutare se il progetto proposto abbia i contenuti necessari a soddisfare l'interesse pubblico in funzione del quale il programma dei lavori possa avere attuazione; ne deriva che essa può esercitare il potere, riconosciutole dalla legge, di richiedere -in corso di procedura- integrazioni e chiarimenti alle imprese concorrenti, nel rispetto dei principi di par condicio e trasparenza, ed ai sensi dell'art. 37-bis della L. n. 109/1994; d'altra parte, l'art. 37-ter prevede la possibilità di un apporto collaborativo dei proponenti che ne facciano richiesta.
Nelle procedure di affidamento di lavori mediante il sistema del "project financing" il nucleo centrale dell'offerta va individuato nella coerenza e sostenibilità del piano economico finanziario, la cui congruenza è indispensabile per il giudizio di affidabilità della proposta nel suo complesso. Ne consegue che, l'Amministrazione procedente ha facoltà di escludere una proposta perché non corrispondente al superiore interesse pubblico (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 07.04.2010 n. 1295 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: Project financing - Discrezionalità del gestore del programma - Rispondenza al pubblico interesse - Coerenza e sostenibilità del piano finanziario - Amministrazione procedente - Giudizio di affidabilità della proposta - Richiesta di integrazioni e chiarimenti.
Nella procedura di project financing si apprezza l’alto grado di discrezionalità che compete al gestore del programma, nella valutazione della rispondenza della proposta al pubblico interesse; è quindi compito dell'Amministrazione procedente valutare se il progetto proposto abbia i contenuti necessari a soddisfare l'interesse pubblico in funzione del quale il programma dei lavori non definito nei suoi contenuti progettuali possa avere attuazione di talché la non coerenza del piano finanziario determina l'irrealizzabilità della proposta da valutare, rendendola inidonea allo scopo; ne deriva che essa può esercitare il potere, riconosciutole dalla legge, di chiedere in corso di procedura integrazioni e chiarimenti a tutte le proponenti nel rispetto dei principi di par condicio e trasparenza, atteso che l'art. 37-bis della legge n. 109 del 1994, come modificato dalla legge n. 166 del 2002, al comma 2-ter lett. b), consente espressamente all’Amministrazione di chiedere una «[...] dettagliata richiesta di integrazione [...]» alle proponenti; e dall'altro, l'art. 37-ter contempla la possibilità di un apporto collaborativo anche spontaneo dei proponenti che ne facciano richiesta (sul punto cfr. anche TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 05.10.2007 n. 1597).
Nelle procedure di affidamento di lavori mediante il sistema del project financing va quindi individuato nella coerenza e sostenibilità del piano economico finanziario il nucleo centrale dell'offerta, la cui congruenza è indispensabile per il giudizio di affidabilità della proposta nel suo complesso (sul punto cfr. anche TAR Puglia, Bari, Sez. I, 19.04.2007 n. 1087) (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 07.04.2010 n. 1295 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Natura imperativa - Rinegoziazione del rapporto contrattuale - Rilevanza - Mera proroga del contratto - Differenza.
La natura imperativa dell'art. 6 l. n. 537/1993, nel testo sostituito dall’art. 44 della l. n. 724/1994 (ora art. 115 d.lvo 163/2006) e la sua capacità d'imporsi ai patti contrari non può comportare l'assoluta irrilevanza degli eventuali successivi accordi delle parti che, rinegoziando volontariamente e nuovamente l'originario assetto del rapporto contrattuale, rinnovino le condizioni del contratto originario (TAR Campania-Salerno n. 2956/2007; TAR Sardegna n. 45/2007).
Diversamente opinando verrebbe vanificata la "ratio" dell'art. 6 l. n. 537/1993 che è quella di adeguare il prezzo determinato nell'originario rapporto per finalità di conservazione del livello qualitativo delle prestazioni dell'appaltatore, finalità di conservazione che non sussistono allorquando il rapporto è consensualmente rinegoziato.
La rinegoziazione, pertanto, deve ritenersi distinta dalla mera proroga del rapporto contrattuale, in quanto, nella prima, il rapporto si rinnova parzialmente con la riconsiderazione degli elementi essenziali (tutti o in parte) del negozio, ivi compreso il prezzo, laddove nella seconda vi è un mero differimento del termine di durata del rapporto sul presupposto dell'invarianza degli altri elementi dello stesso.
Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Periodo temporale di riferimento - Annualità contrattuali successive alla prima.
L'art. 6 l. n. 537/1993 (ora 115 del d.lvo 163/2006) ha ad oggetto la "revisione periodica del prezzo" di talché l'aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ivi previsto, non riguarda, per sua stessa natura, il primo periodo temporale di riferimento della prestazione contrattuale posta a carico dell'Amministrazione.
In altri termini, la revisione del prezzo opera con periodicità annuale e, quindi, in relazione al corrispettivo riferibile alle annualità contrattuali successive alla prima (TAR Lazio Roma, sez. I, 02.04.2009 , n. 3571).
Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Assenza di un contratto perfetto ed efficace - Mancanza della forma scritta “ad substantiam” - Diritto alla revisione del prezzo - Inconfigurabilità.
L'assenza di un contratto perfetto ed efficace (nella specie, per mancanza della forma scritta, richiesta, nei contratti della pubblica amministrazione, “ad substantiam”), ovvero di un presupposto essenziale richiesto dall'art. 6, comma 4°, l. n. 537/1993 (che parla di "contratti ad efficacia periodica e continuativa"), rende inconfigurabile il diritto alla revisione del prezzo.
Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Natura imperativa - Modifica e integrazione della volontà delle parti - Nullità delle clausole difformi - Principio dell’”utile per inutile non vitiatur” - Indici di riferimento - Mancata attuazione della disciplina legale - Ricorso all’indice FOI - Determinazione tecnico-discrezionale dell’amministrazione appaltante.
L'articolo 6 della legge 24.12.1993, n. 537, ora art. 115 del d.lvo 163/2006, detta una disciplina speciale, circa il riconoscimento della revisione prezzi nei contratti stipulati dalla p.a. che prevale su quella generale di cui all'articolo 1664 c.c. (Consiglio di Stato, Sez. V, 09.06.2008, n. 2786; Sez. V, 14.12.2006, n. 7461; Sez. V, 16.06.2003, n. 3373; Sez. V, 08.05.2002, n. 2461).
Tale disciplina ha natura imperativa e s’impone nelle pattuizioni private modificando ed integrando la volontà delle parti contrastante con la stessa; ne consegue che le clausole difformi sono nulle nella loro globalità, anche se la nullità non investe l'intero contratto, in applicazione del principio “utile per inutile non vitiatur”, sancito dall'articolo 1419 c.c..
Poiché però la disciplina legale dettata dall'articolo 6, commi 4 e 6 cit., non è mai stata attuata nella parte in cui prevede l'elaborazione, da parte dell'ISTAT, di particolari indici concernenti il miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle aggiudicazioni di appalti di beni e servizi, rilevate su base semestrale, la lacuna può essere colmata mediante il ricorso all'indice F.O.I. (indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati), mensilmente pubblicato dall’ISTAT, con la precisazione che l'utilizzo di tale parametro non esime la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto al fine di esprimere la propria determinazione tecnico-discrezionale, ma segna il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall'impresa, non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 15.05.2009 n. 3003; Sez. V, 09.06.2008 n. 2786, 20.08.2008 n. 3994 e 09.06.2009 n. 3569).
Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Finalità dell’istituto - Tutela della P.A. - Tutela mediata dell’impresa appaltatrice.
L'istituto della revisione è preordinato alla tutela dell'esigenza dell'Amministrazione di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto.
La clausola di revisione periodica di tali contratti, in particolare, ha lo scopo di tenere indenni gli appaltatori della P.A. da quegli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione che, incidendo sulla percentuale di utile stimata al momento della formulazione dell’offerta, potrebbero indurli a svolgere il servizio o ad eseguire la fornitura a condizioni deteriori rispetto a quanto pattuito o a rifiutarsi di proseguire nel rapporto, con inevitabile compromissione degli interessi della P.A..
Solo in via mediata l'istituto tutela l'interesse dell'impresa a non subire l'alterazione dell'equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che si verifichino durante l'arco del rapporto (così TAR Puglia, Bari, Sez. I, n. 925/2006; Consiglio Stato, Sez. V, 09.06.2008 n. 2786; TAR Puglia, Bari, Sez. I, 06.04.2007 n. 1047; 14.08.2008 n. 1970; 25.11.2008 n. 2666; 07.07.2009 n. 1751, 02.12.2009 n. 2997).
Soltanto in frangenti del tutto eccezionali l’istituto della revisione prezzi può fuoriuscire dalla mera esigenza dell’Amministrazione aggiudicante di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo e tutelare -quindi- il contrapposto interesse dell’impresa (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 09.06.2008 n. 2786).
Tale eccezionalità -che conseguentemente legittima una quantificazione del compenso revisionale mediante il ricorso a differenti parametri statistici- va comunque intesa come ricorrenza di circostanze impreviste e imprevedibili, ossia non sussistenti al momento della sottoscrizione del contratto e delle quali non era prevedibile l’avveramento (TAR Veneto, sez. I, 01.02.2010 n. 236).
Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Disciplina - prevalenza sulla disciplina generale ex art. 1664 c.c. - Contratti pubblici - Previsione di un’alea a danno dell’appaltatore, conformemente alla disciplina civilistica - Nullità.
La disciplina in materia di revisione dei prezzi degli appalti pubblici ad esecuzione periodica o continuata -fissata dall’art. 115 del D.Lgs. n. 163/2006- prevale su quella generale di cui all’art. 1664 c.c., dal che discende la nullità delle clausole dei contratti pubblici che, pur contemplando la revisione dei prezzi prevedano, conformemente alla disciplina civilistica, anche in forma indiretta, un’alea a danno dell’appaltatore (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2786/2008, TAR Puglia, Lecce, nn. 2958/2006, 4027/2006, 4111/2007, 3521/2008) (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 07.04.2010 n. 898 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: I concorrenti ad una gara di appalto devono dichiarare oltre alla mancanza delle sentenze di condanna definitiva anche l'assenza di sentenze di condanna con il beneficio della non menzione, nonché l'assenza di sentenze patteggiate.
Sull'obbligo del partecipante ad una gara d'appalto di dichiarare anche le condanne che riguardano la vita personale.

Poiché anche le sentenze di condanna con il beneficio della non menzione nel certificato del casellario giudiziale o le sentenze patteggiate potrebbero incidere sulla moralità professionale e perciò potrebbero costituire un ostacolo all'ammissione ad un procedimento di evidenza pubblica, i concorrenti ad una gara di pubblico appalto devono attestare con apposita autodichiarazione, oltre alla mancanza delle sentenze di condanna definitiva che vengono indicate nel certificato del casellario giudiziale a richiesta dei privati (cioè di una dichiarazione sostitutiva del certificato del casellario giudiziale), anche l'assenza di sentenze definitive di condanna con il beneficio della non menzione, nonché,come nel caso di specie, l'assenza di sentenze patteggiate (per le quali non è stata ottenuta l'amnistia, la riabilitazione o l'estinzione e artt. 167 o 445 C.P.P. per decorso del tempo senza aver commesso un altro reato) e l'assenza di reati puniti con la sola pena pecuniaria, in quanto deve essere consentita all'Amministrazione appaltante la possibilità di effettuare una valutazione anche della rilevanza di tali condanne sull'affidabilità morale e professionale di ogni partecipante ad un procedimento di evidenza pubblica.
Per cui l'attestazione sui requisiti di moralità professionale, che non contenga il riferimento ad una sentenza di patteggiamento, va equiparata alla stregua di una falsa dichiarazione, che ai sensi dell'art. 17, c. 1, lett. m), DPR n. 34/2000 va sanzionata con l'esclusione dalla gara.
La giurisprudenza al riguardo afferma -se si eccettuano i reati relativi a condotte delittuose individuate dalla normativa antimafia- in assenza di parametri normativi fissi e predeterminati, la verifica dell'incidenza dei reati commessi dal legale rappresentante dell'impresa sulla moralità professionale della stessa attiene all'esercizio del potere discrezionale della P.A. e deve essere valutata attraverso la disamina in concreto delle caratteristiche dell'appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato.
Il partecipante ad una gara d'appalto ha l'obbligo di dichiarare alla p.a. qualsiasi elemento utile al fine di valutare la sussistenza di possibili cause di esclusione, ivi compresi i fatti che pertengano non già alla vita professionale, ma a quella personale del partecipante.
Ne consegue che, legittimamente la p.a., in sede di autotutela, annulla d'ufficio l'aggiudicazione di un appalto, allorché venga a sapere che l'aggiudicatario abbia sottaciuto alla p.a. di avere riportato una condanna penale (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 06.04.2010 n. 1909 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISulla necessità o meno di comunicazione dell’avvio del procedimento nel caso di annullamento dell’aggiudicazione provvisoria e sulla legittimità o meno dell’annullamento dell’aggiudicazione perché la ditta aggiudicataria si è resa responsabile, nell’esecuzione di altra commessa, di negligenza o malafede.
La possibilità che ad un'aggiudicazione provvisoria, naturalmente temporanea, possa non far seguito, in ragione del negativo riscontro sui requisiti posseduti dall'aggiudicatario, l'affidamento definitivo del contratto è un evento del tutto fisiologico e positivamente disciplinato dagli artt. 11 comma 11, 12 e 48 comma 2, d.lgs. 12.04.2006 n. 163, inidoneo di per sé a ingenerare un qualunque affidamento tutelabile, qualora difetti, ovviamente, l'illegittimità dell'operato dell'amministrazione aggiudicatrice, ed un obbligo risarcitorio.
L’aggiudicazione provvisoria ha natura di atto endoprocedimentale ed il suo annullamento da parte della stazione appaltante è un atto assimilabile all’atto di mero ritiro, piuttosto che ad un vero e proprio compiuto atto di autotutela, tanto che non necessita nemmeno di comunicazione di avvio del procedimento. Tale annullamento è infatti inidoneo a produrre la definitiva lesione della ditta non risultata aggiudicataria, che si verifica solo con l'aggiudicazione definitiva, che non costituisce atto meramente confermativo della prima ed in riferimento esclusivamente alla quale, quindi, va verificata la tempestività del ricorso.
In sede di controllo sull’aggiudicazione provvisoria, non avente altro effetto che quello di far sorgere una mera aspettativa, è ben possibile che l’Amministrazione si determini a non aggiudicare l’appalto ove scopra che un concorrente si è reso responsabile, nell’esecuzione di altra commessa, di negligenza o malafede e sia quindi non idoneo a contrarre con l’amministrazione appaltante
(massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 06.04.2010 n. 1907 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Non si può utilizzare l'istituto dell'avvalimento per dimostrare di possedere il requisito soggettivo della certificazione di qualità.
La certificazione di qualità costituisce un requisito di natura soggettiva delle imprese per il quale non appare possibile utilizzare l'istituto dell'avvalimento disciplinato dall'art. 49 del d.lgs. 12.04.2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici).
E' stato sottolineato, sia dalla giurisprudenza, sia, in sede consultiva, dall'Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici, che l'avvalimento è stato previsto limitatamente alla "richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA".
La certificazione di qualità è, invece, da ritenersi requisito soggettivo dell'impresa, preordinato a garantire all'amministrazione appaltante la qualità dell'esecuzione delle prestazioni contrattuali dovute. Obiettivo che, per essere effettivamente perseguito, richiede necessariamente che la certificazione di qualità riguardi direttamente l'impresa appaltatrice.
Con riferimento ai raggruppamenti temporanei di imprese, il requisito della certificazione di qualità eventualmente richiesto dal bando deve essere posseduto singolarmente da ciascuna impresa del raggruppamento, quantomeno nelle associazioni (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 06.04.2010 n. 665 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: AVVALIMENTO E CERTIFICAZIONE DI QUALITA'.
1. Appalto pubblico (in generale) - Sistema di Qualità - Certificazione - Avvalimento - E' impossibile - Ragioni - Conseguenza.
2. Appalto pubblico (in generale) - Sistema di Qualità - Certificazione - Possesso - Raggruppamento temporaneo d'impresa - Disciplina.

1. La certificazione di qualità costituisce un requisito di natura soggettiva delle imprese per il quale non appare possibile utilizzare l'istituto dell'avvalimento disciplinato dall'art. 49 del Codice dei Contratti Pubblici. Ciò in quanto l'avvalimento è stato previsto limitatamente alla "richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione S.O.A."; la certificazione di qualità è, invece, da ritenersi requisito soggettivo dell'impresa, preordinato a garantire all'amministrazione appaltante la qualità dell'esecuzione delle prestazioni contrattuali dovute.
Obiettivo che, per essere effettivamente perseguito, richiede necessariamente che la certificazione di qualità riguardi direttamente l'impresa appaltatrice (sul punto cfr. TAR Sardegna, sez. I, 27-03-2007 n. 556, nonché parere 10.12.2008 n. 254 dell'Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici).
2. Con riferimento ai raggruppamenti temporanei di imprese il requisito della certificazione di qualità eventualmente richiesto dal bando deve essere posseduto singolarmente da ciascuna impresa del raggruppamento, quantomeno nelle associazioni orizzontali (Cons. Stato, sez. V, 15-06-2001 n. 3188) (massima tratta da
http://mondolegale.it - TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 06.04.2010 n. 665 - link a  www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Gare d’appalto: Precisazioni sui requisiti morali (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: L. Bellagamba, LA CAUSA DI ESCLUSIONE DELL’INIDONEITÀ PROFESSIONALE (link a www.linobellagamba.it).

APPALTI: E. De Falco, Contratti pubblici sotto soglia comunitaria (Quaderni di Legislazione Tecnica, n. 1/2010).

LAVORI PUBBLICI: Quali rimedi ha il cittadino nel caso in cui il Comune non provveda a eseguire la manutenzione delle strade? Distinzione tra strade normali e strade vicinali.
Ci giungono frequentemente quesiti riguardanti i rimedi a disposizione del cittadino nel caso in cui il Comune non provveda a effettuare la manutenzione delle strade.
Pubblichiamo una nota dell'avv. Marta Bassanese, che approfondisce la questione, distinguendo a seconda che si tratti delle normali strade pubbliche oppure delle strade vicinali (private oppure di uso pubblico), dato che vengono in rilievo normative differenti (link a
http://venetoius.myblog.it).

APPALTI: L. Bellagamba, AVVALIMENTO – L’istituto è inutilizzabile per comprovare il possesso di un’autorizzazione amministrativa (link a www.linobellagamba.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: L. Bellagamba, Poiché quello dell’avvalimento costituisce principio generale ed ordinario, a maggior ragione per un raggruppamento orizzontale non può essere imposto il principio della corrispondenza sostanziale fra quote di qualificazione e quote di esecuzione (link a www.linobellagamba.it).

APPALTI: L. Bellagamba, Il problema se il beneficio del “quinto” giovi a raggiungere le quote “minime” di qualificazione previste per i raggruppamenti orizzontali - La tesi positiva sostenuta dal Consiglio di Stato (link a www.linobellagamba.it).

APPALTI: LEGITTIMA REVOCA E POSSIBILE RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE.
Il Tar Lazio conferma, anche attraverso nuove e convincenti argomentazioni, il recente indirizzo, secondo il quale è possibile la configurazione di una responsabilità precontrattuale della stazione appaltante, pur in presenza di una legittima revoca della gara: “La responsabilità per la revoca della gara, non ancora conclusa da parte dell'Amministrazione, seppure formalmente legittima, può ritenersi tuttavia configurabile quando il fine pubblico è stato attuato attraverso un comportamento obiettivamente lesivo dei doveri di lealtà. Dunque, anche la revoca legittima degli atti della procedura di gara può infatti integrare una responsabilità della pubblica amministrazione, seppure precontrattuale, nel caso di affidamenti suscitati nell’impresa dagli atti della procedura di evidenza pubblica, poi rimossi. In altri termini, si è in presenza di una scissione fra la legittima determinazione di revocare l'aggiudicazione della gara ed il complessivo tenore del comportamento, tenuto dalla medesima Amministrazione nella sua veste di controparte negoziale, non informato alle generali regole di correttezza e buona fede, che devono essere osservate dall'Amministrazione anche nella fase precontrattuale”.
Nella concreta vicenda, il Ministero aveva presentato a sostegno della propria decisione di revoca, una pluralità di ragioni, fra cui la dimostrata inidoneità della procedura di gara precedentemente indetta e la parimenti dimostrata economia di spese, ottenibile attraverso una diversa e nuova procedura di selezione.
Avverso tale condotta, l’impresa partecipante avanzò una serie di precise censure:
a) mancato avvio del procedimento, con connessa carente istruttoria;
b) mancata previsione dell’obbligo di indennizzo;
c) mancata dimostrazione di valide ragioni di revoca;
d) illegittimo richiamo, da parte della stazione appaltante, ad una più che dubbia clausola del bando, prevedente “l’insindacabile potere di non aggiudicare la gara, di annullarla o di revocarla”;
e) violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nella fase antecedente l’aggiudicazione, con conseguente configurazione della responsabilità precontrattuale.
Il Tar procede all’esame della vicenda e delle avanzate censure, ponendosi un chiaro quesito: qual è la posizione dell’impresa partecipante alla gara?
Al riguardo, i giudici laziali assumono una posizione inequivoca, ritenendo che l’operatore economico, concorrente ad una gara, è “titolare di un interesse a che l’attività amministrativa avvenga secondo i canoni dell’imparzialità e del buon andamento”. Infatti, si fa osservare che il provvedimento, diretto ad interrompere, per ragioni di opportunità, lo svolgimento della procedura di gara avviata, seppure non ancora giunta neanche all’aggiudicazione provvisoria, non può qualificarsi come un mero ritiro, in quanto priva il concorrente anche solo della possibilità di conseguire l’aggiudicazione.
Dunque, si è in presenza di una posizione, in capo al partecipante, di “aspettativa qualificata”, che determina una diretta ed immediata valenza lesiva della posizione soggettiva di potenziale aggiudicatario, “che è comunque giuridicamente tutelata dall’ordinamento, almeno sotto il profilo della perdita di chance o del ristoro del danno per l’impegno economico profuso ai fini della partecipazione”.
Siffatta riflessione assume maggiore rilievo allorquando la stazione appaltante non si limita, come nella concreta fattispecie, a richiedere un prezzo, ma pone in essere procedure particolarmente onerose per i concorrenti. Infatti, è stato posto a carico dei concorrenti l’integrale onere della progettazione esecutiva e ciò comporta, senza alcun dubbio, l’insorgere di spese non certo modeste. Pertanto, la conclusione è chiara: l’impresa ricorrente, in qualità anche di sola partecipante alla gara è “titolare di una posizione soggettiva che la legittima a proporre ricorso”.
Chiarita tale importante questione, il Tar Lazio procede ad esaminare le illustrate censure.
Per quanto concerne il mancato avvio del procedimento (“a”), i giudici laziali assumono una posizione negativa, affermando che “non può essere condivisa l’affermazione, per cui il procedimento di revoca imponga, in ogni caso, l'obbligo di comunicarne l'avvio, in special modo laddove si tratti di revoca di una gara d'appalto ancora in corso di svolgimento”. Ciò, perché, proprio in questo caso, nessuno dei partecipanti ha acquisito, in relazione allo stato della procedura, una posizione di vantaggio concreta e, comunque, tale da far sorgere “un interesse qualificato e differenziato e quindi meritevole di tutela attraverso detta comunicazione”.
Ancòra, il Tar ritiene che tale assunto sia valido anche perché la revoca, come nella concreta vicenda, è stata determinata da valutazioni tutte interne a distinte amministrazioni, alcune delle quali subentrate nell’apportare esigenze pubbliche di coordinamento di interventi complessi, implicanti valutazioni e “bilanciamenti tra interessi che travalicano quello posto a base della gara in corso”.
Sia consentito di dissentire solo su questo punto, che poi costituisce l’unico elemento di non condivisione della corretta analisi, posta in essere dal Tar. Infatti, oltre a ricordare che, sempre il Tar Lazio, sez. II, nella pregressa sentenza n. 5540/2006, aveva affermato il contrario, occorre tener conto del fatto che, in caso di revoca, l’avvio di un procedimento amministrativo si impone per due precise ragioni.
In primo luogo, in quanto tutti i provvedimenti di autotutela, alla cui categoria appartiene la revoca, in quanto atti di secondo grado, debbono essere emanati al termine di un apposito procedimento amministrativo di valutazione. In tal senso, la giurisprudenza (Tar Lazio, sez. Latina, n. 146/2002) ha, addirittura, affermato che, pur se il provvedimento di revoca, è collegato ad una specifica clausola inserita nell’atto revocato, la Pa non è, per questo, esonerata dall’obbligo di dare avviso dell’inizio del relativo procedimento, non essendo l’esercizio del potere di avvalersi della clausola inconciliabile con la comunicazione di avvio. In altri termini, la puntuale previsione di una clausola di revoca non elimina l’obbligo dell’apertura del procedimento.
In secondo luogo, il procedimento si impone in vista del necessario esame di tutti gli interessi (pubblici, privati, collettivi, etc.) in gioco, che devono essere apprezzati e comparati proprio all’interno della struttura procedimentale, consentendo, dunque, l’espletamento di una congrua istruttoria. A ben vedere, appare evidente che la motivazione della revoca deve dar conto dell’intera attività istruttoria effettuata e, primariamente, della valutazione di tutti gli interessi coinvolti. In altri termini, la motivazione deve delineare fedelmente anche lo svolgimento del procedimento di valutazione, che non può, ovviamente, mancare.
Per quanto concerne la censura sub “b”, il Tar Lazio fa correttamente osservare che la mancata previsione dell’obbligo di indennizzo, nel caso di revoca, come poi concretamente avvenuto, non può costituire vizio di legittimità, in quanto l’indennizzo può sussistere, in ogni caso, se ricorrono i doverosi presupposti.
In merito alle ragioni di revoca (censura “c”), il tribunale laziale non condivide le doglianze avanzate, in quanto le argomentazioni contenute nel provvedimento di revoca sono valide ed esaustivamente espresse. In particolare, appare ben ragionevole l’argomentazione afferente la non idoneità dell’indetta procedura a perseguire correttamente il fine pubblica in esame, costituito dalla piena utilizzabilità del complesso monumentale, attraverso una gestione comune da parte dei degli enti pubblici coinvolti.
Parimenti, non appare convincente la censura (“d”) dell’illegittimo richiamo alla clausola, prevedente “l’insindacabile potere di non aggiudicare la gara, di annullarla o di revocarla”. Infatti. Il Tar fa, persuasivamente, osservare che la prescrizione, pur dubbia e vessatoria, non può inficiare il legittimo provvedimento di revoca posto in essere.
Viceversa, la censura “e” di violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nella fase antecedente l’aggiudicazione, con conseguente configurazione della responsabilità precontrattuale, viene integralmente accolta.
Il Tar fa osservare, in merito, che il Ministero si è reso colpevole di “condotte scorrette”, quali:
1) la colpevole e coeva adozione di scelte oggettivamente contraddittorie, che si sono sostanziate in intese operative, in spregio dei più elementari oneri di programmazione annuale e pluriennale dell’Amministrazione;
2) gli ingiustificati ritardi di conduzione del procedimento stesso;
3) la considerazione che la revoca è stata adottata e comunicata ben molto oltre il termine dei 180 giorni, che era previsto dalla lex specialis di gara;
4) l’evidente mancanza del necessario ed indispensabile flusso di comunicazione tra i diversi enti pubblici coinvolti;
5) la mancata comunicazione agli interessati della possibilità, in via di maturazione, di una diversa realizzazione di interessi pubblici in parte interferenti con l’oggetto della gara, anche solo al fine di consentire loro di riadeguare le proprie strategie aziendali al possibile esito infruttuoso del procedimento.
Al riguardo, va osservato che proprio tale condivisibile riflessione del Tar getta una luce di implausibilità e, fors’anche di contraddizione, con la precedente asserzione di non necessari età della comunicazione di avvio.
Ad ogni modo, tutti i predetti elementi integrano un chiaro comportamento colposo dell’Amministrazione e fanno concludere che la pur legittima revoca della procedura di gara, è stata attuata in un quadro d’azione, i cui dati oggettivi inducono alla doverosa configurazione di una responsabilità precontrattuale (commento tratto dalla newsletter di
www.centrostudimarangoni.it - TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater, sentenza 02.04.2010 n. 5621 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di un concorrente per non conformità al regolamento allegato al bando di gara delle giustificazioni preventive a corredo dell'offerta.
E' legittimo un provvedimento di esclusione adottato nei confronti di un'impresa concorrente per non conformità delle giustificazioni preventive, a corredo dell'offerta, al regolamento allegato al bando di gara, senza previa verifica in contraddittorio dell'eventuale anomalia.
L'art. 86, c. 5, del dlgs. n. 163/06 (Codice dei contratti), nel testo vigente ratione temporis, prevedendo che le offerte siano corredate sin dalla loro presentazione da giustificazioni, infatti, demandava al bando o alla lettera invito la possibilità di precisare le modalità di presentazione delle giustificazioni, così autorizzando i bandi anche a prevedere la sanzione di esclusione.
La sanzione di esclusione, nel caso di specie, appare, pertanto, ragionevole rispondendo a esigenze di accelerazione e semplificazione, e non è in contrasto con il diritto comunitario.
La previsione in questione, infatti, non esclude la garanzia della fase della valutazione della anomalia in contraddittorio, ma specifica la prescrizione di cui all'art 86, c.5, citato, prevedendo la sanzione dell'esclusione per la sua violazione (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 02.04.2010 n. 1893 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: La p.a. non decide quando pagare. Dal Consiglio di stato un giro di vite contro i ritardi nella liquidazione dei compensi ai fornitori. Vietato modificare in modo unilaterale termini e interessi.
Sempre più strette le maglie contro la pubblica amministrazione lumaca nei pagamenti.
Il Consiglio di Stato, Sez. V, mediante la sentenza 01.04.2010 n. 1885 rafforza l'orientamento secondo il quale le amministrazioni appaltanti non possono in via autoritativa ed unilaterale modificare i termini di pagamento e la misura degli interessi di mora, stabiliti dal dlgs 231/2002.
Alle disposizioni del decreto legislativo, che ha recepito, come è noto, le prescrizioni sulla tutela dei fornitori disposte dall'Unione europea, è possibile derogare, spiega palazzo Spada, non già per atto unilaterale ed autoritativo della stazione appaltante, ma solo per effetto di un accordo o comunque libera accettazione delle parti interessate.
Ma l'accordo deve essere effettivo: cioè è necessario che la pubblica amministrazione ponga in essere una concreta e reale negoziazione, libera e senza imposizioni, su termini di pagamento e quantificazione degli interessi di mora ... (articolo ItaliaOggi del 09.04.2010 - link a www.corteconti.it).

marzo 2010

APPALTI: SOTTOSCRIZIONE DOCUMENTI GARA.
Il Consiglio di Stato ribadisce un preciso indirizzo giurisprudenziale, in tema di sottoscrizione dei documenti in sede di gara: “E' legittimo il provvedimento di esclusione, adottato da una stazione appaltante nei confronti di un'impresa, per la mancata sottoscrizione della domanda di partecipazione ad una gara d'appalto, e ciò anche nel caso in cui la suddetta domanda rechi il timbro della società dichiarante. Ciò, in quanto la mancata sottoscrizione di un atto, che costituisce uno dei documenti integranti la domanda di partecipazione alla gara, da parte di un concorrente, non integra una irregolarità formale, sanabile in corso di esecuzione, giacché fa venir meno la certezza della paternità e della piena assunzione di responsabilità circa i contenuti della dichiarazione medesima, creando perplessità in ordine alla volontà concreta del concorrente. Nella concreta fattispecie, la sottoscrizione era stata espressamente prevista a pena di esclusione, a garanzia della completezza e veridicità delle dichiarazioni, dal bando di gara”.
Come noto, le offerte, unitamente alla documentazione richiesta ai fini della gara, devono essere sottoscritte dal rappresentante legale dell’impresa concorrente. A tal riguardo, l’articolo 74, comma 1°, del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs n. 163/2006) stabilisce che “le offerte sono sottoscritte con firma manuale o digitale”. Purtroppo, non costituisce caso infrequente la mancata sottoscrizione dei documenti di gara. Tale fattispecie determina l’insorgere di delicate problematiche, che conducono ad indagare in merito al ruolo ed alle funzioni della sottoscrizione.
In primo luogo, occorre osservare che la sottoscrizione di un documento costituisce lo strumento, mediante il quale l’autore fa propria la dichiarazione contenuta nel documento medesimo. Da un punto di vista sostanziale, la sottoscrizione, comunemente intesa come scrittura manuale del proprio nome e cognome in calce ad un documento, consente di risalire alla paternità dell’atto e di ricondurre al suo autore tutti gli effetti, che l’ordinamento indirizza verso la sfera giuridica dello stesso.
In secondo luogo, occorre osservare che la certa e sicura riconducibilità di tutti gli elementi costitutivi l’offerta, anche di quelli che possano apparire prima facie non essenziali o puramente formali, al soggetto autore, garantisce la serietà e l’affidabilità dell’offerta medesima, intesa quale dichiarazione del partecipante alla gara, finalizzata alla costituzione di un rapporto contrattuale. Infine, la sottoscrizione esplica una funzione di chiusura e di immodificabilità del documento, in modo tale da non consentire riaperture di ulteriori trattative negoziali.
Il Consiglio di Stato è perfettamente consapevole degli orientamenti ora illustrati e principia la sua analisi evidenziando e ricordando che il bando di gara risulta essere ben chiaro al riguardo, in quanto contiene una chiara prescrizione di obbligatorietà della sottoscrizione. Il punto III. 2.1. richiede, espressamente, la presentazione di una dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante dell’impresa, con cui doveva essere attestato il possesso dei requisiti soggettivi per la partecipazione alla gara. Orbene, nella concreta vicenda, la specifica dichiarazione, presentata dall’impresa esclusa, è composta di cinque pagine, di cui le prime quattro sono sottoscritte dall’Amministratore Unico, mentre la quinta, ed ultima, è priva di sottoscrizione e reca solo il timbro della Società dichiarante.
A solo scopo conoscitivo e di completezza, i giudici di appello fanno rilevare l’importanza delle dichiarazioni, contenute nell’ultima pagina non sottoscritta:
- due riferimenti espliciti a certificazioni già prodotte;
- l’indicazione dei requisiti di natura “penale”, ai sensi dell’articolo 38, 1° comma, lettera “c”, del Codice;
- la precisazione del possesso della qualificazione necessaria per le sole attività di costruzione, con l’individuazione dei soggetti, di cui la società intendeva avvalersi per la progettazione;
- la manifestazione di volontà di eseguire i lavori nel limite del 20%.
A fronte di tale situazione, il CdS ricorda, conformemente agli illustrati indirizzi, che la mancata sottoscrizione di un atto, che costituisce uno dei documenti integranti la domanda di partecipazione alla gara, non può essere considerata una’irregolarità formale, sanabile nel corso del procedimento, perché fa venire meno la certezza della provenienza e della piena assunzione di responsabilità in ordine ai contenuti della dichiarazione nel suo complesso.
Pertanto, in punto di fatto, non può non rilevarsi che la sottoscrizione della dichiarazione sul possesso dei requisiti, costituente un documento unitario, manca e non può essere sostituita dalla sottoscrizione solo parziale delle pagine precedenti quella conclusiva della dichiarazione medesima.
La sottoscrizione in calce alla lunga dichiarazione non è intervenuta e non si è realizzata la condizione prevista dal bando di gara, come necessaria per il legittimo accesso alla gara (commento tratto dalla newsletter di
www.centrostudimarangoni.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 31.03.2010 n. 1832 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di un concorrente che abbia omesso di sottoscrivere la domanda di partecipazione ad una gara.
E' legittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un'impresa per la mancata sottoscrizione della domanda di partecipazione ad una gara d'appalto, e ciò anche nel caso in cui la suddetta domanda rechi il timbro della società dichiarante, ciò in quanto la mancata sottoscrizione di un atto che costituisce uno dei documenti integranti la domanda di partecipazione alla gara da parte di un concorrente non integra una irregolarità formale sanabile in corso di esecuzione, giacché fa venir meno la certezza della paternità e della piena assunzione di responsabilità circa i contenuti della dichiarazione stessa, creando perplessità in ordine alla volontà concreta del concorrente.
Nella fattispecie la sottoscrizione era stata espressamente prevista a pena di esclusione, a garanzia della completezza e veridicità delle dichiarazioni (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 31.03.2010 n. 1832 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISulla illegittimità della composizione della commissione giudicatrice di una gara da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ove un componente esterno sia stato nominato dalla P.A. senza richiedere preventivamente al competente Ordine professionale e/o all’Università degli Studi l’indicazione della "rosa dei candidati".
Deve ritenersi illegittimamente costituita la commissione giudicatrice di una gara per l’affidamento di un appalto da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa nel caso in cui uno dei componenti esterni della commissione medesima sia stato nominato dalla P.A. senza l’osservanza dei criteri imposti dall’art. 84 del D.Lgs. 12.04.2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici), e, in particolare, senza che la stazione appaltante abbia preventivamente inoltrato agli Ordini professionali e/o all’Università degli Studi, specifica richiesta di indicazione delle "rose di candidati" da cui trarre il nominativo del componente esterno (alla stregua del principio nella specie è stata ritenuta illegittima la composizione della commissione giudicatrice, atteso che la stazione appaltante aveva provveduto a nominare componente esterno, in qualità di esperto, un avvocato, senza richiedere preventivamente al competente Ordine professionale l’indicazione della "rosa dei candidati").
La norma individua quindi una ben definita cerchia di "esperti", nell'ambito della quale deve essere effettuata la scelta del "componente" esterno; trattasi di una qualificazione normativa ex ante, in funzione di preventiva garanzia della competenza professionale e della terzietà del componente, la cui tassatività non lascia spazio ad ulteriori designazioni.
Nella specie, quindi, la stazione appaltante, per nominare un componente esterno, avrebbe dovuto richiedere preventivamente agli Ordini professionali (e alle Facoltà universitarie) le "rose di candidati" da cui trarre il nominativo del componente. Era stato nominato invece un avvocato, senza ottenere preventivamente dall'Ordine professionale di appartenenza la rosa dei candidati.
E’ stata ritenuta irrilevante la tesi della difesa erariale secondo cui l’Amministrazione non aveva potuto ottemperare al disposto della lettera a) cit. perché il competente Ordine professionale degli avvocati non aveva provveduto a predisporre e quindi a fornire le "rose" dei candidati necessari per la formazione degli elenchi, non evadendo la richiesta formulata dall’Amministrazione; gli elenchi con le segnalate "rose" di nomi peraltro non risulterebbero –secondo la detta difesa– essere state istituite neppure successivamente; si tratterebbe quindi di un caso di oggettiva impossibilità a provvedere derivante da forza maggiore.
Ha osservato al riguardo la sentenza in rassegna che, in disparte l’annotazione che l’Amministrazione ben avrebbe potuto formulare analoga richiesta anche all’Università degli studi, in ogni caso non vi era prova dell’avvenuta richiesta, né del fatto che la stessa fosse rimasta "inevasa"; nel corso della discussione in udienza pubblica era stato solo affermato che la stazione appaltante si era limitata ad effettuare una "telefonata", di cui peraltro non vi era traccia in sede probatoria
(massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 31.03.2010 n. 1830 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Appalti, la trattativa è l'eccezione. Procedure per le aggiudicazioni previste dal codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. L'estrema urgenza deve essere adeguatamente motivata.
Nell'attuale sistema della contrattualistica pubblica, così come delineato dal dlgs 12.04.2006 n. 163, l'affidamento di lavori, nonché l'acquisizione di servizi e forniture da parte delle stazioni appaltanti (nell'ampia accezione stabilita dal citato testo regolamentare), può avvenire mediante una delle quattro procedure previste dal Codice dei contratti. E segnatamente: procedure aperte, in cui ogni operatore economico interessato può presentare un'offerta; procedure ristrette, caratterizzate dall'invito a formulare un'offerta rivolto dalla stazione appaltante a una selezionata rosa di operatori economici; dialogo competitivo, nella quale «la stazione appaltante, in caso di appalti particolarmente complessi, avvia un dialogo con i candidati ammessi a tale procedura, al fine di elaborare una o più soluzioni atte a soddisfare le sue necessità e sulla base della quale o delle quali i candidati selezionati saranno invitati a presentare le offerte» (secondo la definizione di cui all'art. 3 comma 39 del Codice); procedure negoziate, in cui le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell'appalto.
Si è avuto già modo di evidenziare, su queste pagine, lo spiccato favore del legislatore comunitario, e, di riflesso, di quello nazionale, per le procedure aperte, garanti, almeno sul piano teorico, della più ampia imparzialità e concorrenzialità.
Egualmente, si era rilevato come le procedure negoziate (cosiddetti affidamenti a trattativa privata) siano da considerarsi marginali, il ricorso alle quali avendo carattere di eccezionalità e dovendo le stesse avere una giustificazione oggettiva.
Nel presente articolo, si cercherà di illustrare quali siano le condizioni che consentano il ricorso a procedure negoziate, anche alla luce della recente giurisprudenza amministrativa ... (articolo ItaliaOggi del 31.03.2010 - link a www.corteconti.it).

APPALTISui casi in cui può ritenersi ammissibile un ricorso proposto avverso il bando di gara.
Solo nel caso di impugnazione della lex specialis di gara da parte di un’impresa che già in base alle prescrizioni del bando (ritenute illegittime) verrebbe esclusa, non occorre -ai fini dell’ammissibilità del ricorso- che l’impresa stessa sia poi tenuta a presentare domanda di partecipazione alla gara.
In tal caso, infatti, l’ammissibilità del ricorso viene in considerazione investendo una clausola del bando che richiede un requisito di ammissione alla procedura non posseduto dalla parte ricorrente, di talché, in tale evenienza, la presentazione della domanda di partecipazione verrebbe a risolversi in un inutile formalismo.
E’ ammissibile l'impugnazione del bando di gara, anche nel caso di mancata presentazione della domanda di partecipazione alla gara di appalto, laddove si censuri che il tempo previsto per la compilazione del progetto esecutivo e di altri documenti attinenti l'offerta tecnica è tanto breve da non rendere effettivamente possibile presentare l'offerta.
Occorre, tuttavia, all’uopo una apposita dimostrazione circa l'esiguità dei tempi per la predisposizione e formulazione dell'offerta, onde, in mancanza di tale dimostrazione, il ricorso proposto avverso il bando, ma non seguito dalla presentazione dell’istanza di partecipazione, deve ritenersi inammissibile
(massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 30.03.2010 n. 5073 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'illegittimità della clausola di un capitolato speciale che non contempli puntualmente le caratteristiche oggettive dell'oggetto d'appalto.
E' illegittimo l'operato di una stazione appaltante che non abbia previsto, nel capitolato speciale del bando di gara, le caratteristiche oggettive dell'appalto, in quanto siffatta omissione vìola l'art. 68, commi 2 e 3, lett. b), del d. lgv. n. 163/2006 (Codice dei contratti), a norma del quale le specifiche tecniche devono essere sufficientemente puntuali da consentire alle imprese concorrenti di determinare l'oggetto dell'appalto, e alle stazioni appaltanti di aggiudicare l'appalto stesso.
Ne deriva l'obbligo, in capo alla stazione appaltante, di fissare nel bando e negli altri documenti di gara le caratteristiche oggettive dell'appalto, in modo da permettere a ciascun concorrente di valutare la convenienza dell'affidamento al fine di formulare la migliore offerta possibile.
Nel caso di specie, è illegittima la clausola di un capitolato speciale che facoltizzi la stazione appaltante a modificare il punto di raccolta dei rifiuti oggetto del servizio di ritiro, trasporto e smaltimento di rifiuti sanitari pericolosi, in quanto ciò non permette al concorrente di predeterminare i costi del servizio.
Invero, la modifica del punto di raccolta dei rifiuti, scelto unilateralmente dalla stazione appaltante in corso di esecuzione, incidendo sull'oggetto della prestazione dedotta in contratto, rende ab origine indeterminata la prestazione stessa. impedendo di prevedere il costo futuro del servizio (TAR Lazio, Sez. II-ter, sentenza 30.03.2010 n. 5045 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla nullità della clausola del bando e del disciplinare di gara nelle parti richiedenti la presenza, nel contenuto dell'offerta, del certificato d'iscrizione alla C.c.i.a.a..
L'art. 3, c. 1, del d.l. 4.7.2006 n. 223, conv. in l. 04.08.2006 n. 248, alla rubrica "Regole di tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale", dispone che, ai sensi delle disposizioni dell'ordinamento comunitario, in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di concorrenza, secondo condizioni di pari opportunità, ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell'art. 117, c. 2, lettere e) ed m), Cost., le attività commerciali, come individuate nel d.lgs. 31.03.1998 n. 114, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: iscrizione a registri abilitanti ovvero possesso di soggettivi requisiti professionali per l'esercizio di attività commerciali, fatti comunque salvi quelli riguardanti il settore alimentare e della somministrazione degli alimenti e delle bevande.
Pertanto, nel caso di specie, è nulla la clausola del bando e del disciplinare di gara nelle parti richiedenti la presenza, nel contenuto dell'offerta, pure del certificato d'iscrizione alla C.c.i.a.a. di data non anteriore a sei mesi (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 30.03.2010 n. 1817 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: L'esame dell'incidenza del CCNL proposto da un concorrente sulla congruità e affidabilità dell'offerta deve essere svolto dimostrando come il trattamento economico previsto nel contratto sia o meno conforme al precetto dell'art. 36, Cost..
Nell'ordinamento attuale, venuto meno il contenuto normativo dell'art. 2070, c.c., vige il principio per il quale, se il datore di lavoro non aderisce al sindacato imprenditoriale firmatario dell'accordo collettivo della cui applicazione si tratti, non vi è un obbligo giuridico per l'imprenditore stesso di applicare il contratto corrispondente all'effettiva attività economica esercitata (cfr. Sez. un. civ., sent. 26.03.1997 n. 2665; Cass. civ., sez. lav., sent. 13.07.2009 n. 16340)
Anche l'art. 118, c. 6, d.lgs. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici), quando pone il problema d'individuare quale sia il contratto collettivo di lavoro "in vigore nel settore", deve essere interpretato nel quadro dei principi derivanti dall'orientamento ormai costante della Cassazione: il che comporta, che l'esame dell'incidenza del CCNL proposto da un concorrente (nella specie CCNL metalmeccanici) sulla congruità e affidabilità dell'offerta deve essere svolto dimostrando come il trattamento economico previsto nel contratto sia o meno conforme al precetto dell'art. 36, Cost. (tenuto conto anche di quanto previsto, in tema di verificazione delle offerte anomale, dall'art 87, c. 3, codice dei contratti pubblici, con la conseguenza che l'offerta economica non rispettosa dei concordati minimi salariali dev'essere, in tali casi, automaticamente esclusa dalla gara) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 30.03.2010 n. 1813 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISulla legittimità o meno della clausola del bando che impone di dichiarare tutte le condanne penali riportate, anche se per esse sia stato accordato il beneficio della non menzione e sulla necessità o meno di escludere una ditta che ha omesso di dichiarare una condanna per la quale era stato accordato detto beneficio.
Nel caso in cui la lex specialis preveda l’obbligo nei confronti delle ditte concorrenti di dichiarare la sussistenza di tutti i requisiti di ordine generale per la partecipazione alla gara previsti dall’articolo 38 del d.lgs. 163 del 2006 (Codice dei Contratti pubblici), indicando anche le eventuali condanne per le quali sia stato concesso il beneficio della non menzione con riferimento al possesso dei requisiti di cui al comma 1, lettera c), è legittima l’esclusione dalla gara di una impresa il cui legale rappresentante abbia omesso di dichiarare una sentenza di condanna, divenuta irrevocabile, per la quale era stato concesso il beneficio della non menzione.
Non inficia la validità di una dichiarazione sostitutiva la circostanza che la dichiarazione stessa sia stata inserita in un unico documento contenente le dichiarazioni di altri soggetti. La presentazione di un unico documento non esclude, infatti, che sotto il profilo giuridico, si debba qualificare detto documento come contenente una serie di atti plurimi imputabili ai singoli soggetti che hanno sottoscritto la dichiarazione.
D’altra parte, non vi è alcuna disposizione che vieti di concentrare in un unico documento le dichiarazioni sostitutive rese da più soggetti, quanto meno nei casi in cui sia agevolmente ravvisabile una oggettiva e soggettiva connessione tra le dichiarazioni stesse, anche in funzione della loro destinazione (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 30.03.2010 n. 1795 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'applicabilità al servizio di illuminazione votiva cimiteriale dell'art. 113, c. 15-bis, T.U.E.L., che stabilisce la scadenza automatica delle concessioni di servizi pubblici locali affidate senza gara.
Il comune che si avvalga dell'opera di un privato, per le attività connesse all'illuminazione votiva cimiteriale, pone di regola in essere una concessione di pubblico servizio e non di opera pubblica, poiché normalmente detto impianto costituisce un semplice strumento rispetto all'esigenza prioritaria di consentire il culto dei defunti, anche attraverso la gestione del servizio di illuminazione.
Il d.m. 31.12.1983 classifica in modo espresso, come servizio pubblico locale, l'illuminazione votiva nel proprio articolo unico, al punto 18, ultima parte, per cui, nel caso di specie, correttamente l'ente locale ha ritenuto la concessione in esame come sottoposta alla previsione normativa di cui l'art. 113, c. 15-bis, t.u.e.l, contemplante la scadenza delle concessioni di servizi pubblici locali non affidate mediante gara, senza in alcun modo considerare le ragioni per le quali a suo tempo non si sarebbe fatto ricorso alla gara, prendendo atto di quanto disposto legislativamente e senza necessità di un apposito procedimento (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 29.03.2010 n. 1790 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Ai sensi dell'art. 57, comma 2, lett. c), d.lgs. 12.04.2006 n. 163 la procedura negoziata, senza pubblicazione di bando, può essere utilizzata nella misura strettamente necessaria, ai fini dell'affidamento di un appalto con la pubblica amministrazione, quando l'estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti e non da situazioni soggettive, contingibili, prevedibili e ad esse imputabili, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara.
Come evidenziato dalla costante giurisprudenza amministrativa, anche di questo Tribunale, “Ai sensi dell'art. 57, comma 2, lett. c), d.lgs. 12.04.2006 n. 163 la procedura negoziata, senza pubblicazione di bando, può essere utilizzata nella misura strettamente necessaria, ai fini dell'affidamento di un appalto con la pubblica amministrazione, quando l'estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti e non da situazioni soggettive, contingibili, prevedibili e ad esse imputabili, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara” (TAR Piemonte Torino, sez. I, 24/11/2008, n. 2943; TAR Molise Campobasso, sez. I, 16/07/2008, n. 689) (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 26.03.2010 n. 1597 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: PUBBLICI APPALTI E AVVALIMENTO.
1. Appalto pubblico (in generale) - Criteri e principi - Massima partecipazione - Avvalimento - Disciplina.
2. Appalto pubblico (in generale) - Criteri e principi - Massima partecipazione - Istituto dell'avvalimento - Ratio - Normativa comunitaria.

1. Per l'utilizzazione dell'istituto dell'avvalimento -che consente ad un'impresa (concorrente alla gara) di ricorrere alle referenze di un'altra impresa (ausiliaria), al fine di dimostrare il possesso dei requisiti di capacità economica, finanziaria, tecnica, organizzativa necessari per partecipare ad una gara- occorre che il partecipante alla gara dimostri di disporre effettivamente dei requisiti di capacità economica, finanziaria, tecnica e organizzativa del soggetto di cui intende avvalersi (V. Cons. Stato, sez. VI, 22-04-2008 n. 1856).
2. Nell'avvalimento, quale ricavabile dalla sua genesi comunitaria, sussiste l'irrilevanza per la stazione appaltante dei rapporti sottostanti esistenti fra il concorrente e il soggetto "avvalso", essendo indispensabile unicamente che il primo dimostri di poter disporre dei mezzi del secondo, in adesione all'attuale normativa comunitaria (artt. 47 e 48 Direttiva n. 118/2004/CE ed art. 54 Direttiva n. 17/2004/CE), la quale espressamente prevede che un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con quest'ultimi (Cons. Stato, sez. 17-03-2009 n. 1589) (massima tratta da
http://mondolegale.it - TAR Veneto, Sez. I, sentenza 26.03.2010 n. 1011 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Servizio di illuminazione votiva. 
Il servizio di illuminazione votiva è affidato alla gestione di terzi attraverso lo strumento della concessione di servizio pubblico, per la quale trova applicazione l'art. 23-bis, del D.L. 25.06.2008, n. 112 (parere 25.03.2010 n. 4925 di prot. - link a http://autonomielocali.regione.fvg.it).

APPALTI: Il diritto di accesso prevale sulla segretezza tecnica o commerciale.
Il diritto di accesso agli atti di una gara di appalto va concesso anche quando vi è l’opposizione di altri partecipanti controinteressati in tutela di segreti tecnici e commerciali, in quanto esso è prevalente rispetto l’esigenza di riservatezza o di segretezza tecnica o commerciale (TAR Campania-Napoli, Sez. VI, sentenza 25.03.2010 n. 1657 - link a www.altalex.com).

APPALTI: 1. Requisiti generali - Moralità dell'impresa - Valutazione dei precedenti penali - Spetta all'amministrazione.
2. Requisiti generali - Precedenti penali risalenti nel tempo - Obbligo di dichiarazione - Sussiste.

1. Per giurisprudenza pacifica la valutazione di incidenza della fattispecie penale consumata sulla moralità professionale dell'impresa appartiene esclusivamente all'amministrazione appaltante, rientrando nella sua discrezionalità ritenere o meno sussistente siffatta incidenza (cfr. TAR Lombardia Milano, sez. I, 19.05.2009, n. 3768 e Cons. Stato, sez. V, 22.02.2007, n. 945).
2. In tema di verifica del possesso dei requisiti generali di partecipazione ad una gara di appalto pubblico, la risalenza nel tempo dei fatti e della condanna penale riportata non è idonea a precludere la valutazione della stazione appaltante (e il correlato obbligo di dichiarazione da parte dei concorrenti), attesa la ratio della verifica intesa ad un giudizio di affidabilità in ordine alla moralità professionale dell'aspirante contraente (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19.10.2007, n. 5470) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 25.03.2010 n. 729 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'esclusione dalle gare per false dichiarazioni.
Il momento da cui decorre, per le Stazioni Appaltanti, l'obbligo (e non solo la facoltà) di escludere dalle gare chi le ha rese, non è quello dell'annotazione nel Casellario Informatico, bensì quello della sentenza che accerta in modo definitivo la sussistenza della causa di esclusione di cui all'art. 38, lett. h).
L'art. 38, c. 1, lett. h), del D.Lg. 163/2006, dispone che vanno esclusi dalle gare quei partecipanti che "nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara hanno reso false dichiarazioni in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara e per l'affidamento dei subappalti, risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio"
La contestazione in giudizio da parte di un concorrente della propria esclusione per aver reso false dichiarazioni ex art. 38, lett. h), annotata nel Casellario, "congela" gli effetti dell'annotazione medesima sino a quando non sia emessa sentenza definitiva sulla questione, e solo da tale data ricomincia a decorrere il periodo interdittivo previsto dalla legge (tesi minoritaria) (TAR Friuli Venezia Giulia, sentenza 25.03.2010 n. 198 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISul principio del formalismo che domina le gare di appalto e sulla legittimità o meno dell’esclusione di alcune ditte che hanno omesso di indicare il corrispettivo per talune voci unitarie previste nello schema di offerta allegato al bando.
Nel caso in cui nel corso di una gara di appalto si riscontino delle lacune nella domanda di partecipazione alla gara o nella allegata documentazione, la stazione appaltante è tenuta ad applicare in modo rigoroso ed incondizionato le clausole inserite nella "lex specialis" relative ai requisiti, formali e sostanziali, di partecipazione, ovvero alle cause di esclusione, atteso che la disciplina delle procedure di gara è caratterizzata dal formalismo, rispondendo tale principio, per un verso, ad esigenze pratiche di certezza e celerità e, per altro verso, alla necessità di garantire l'imparzialità dell'azione amministrativa e la parità di condizioni tra i ricorrenti.
In sede di verifica delle offerte anomale, è necessario che la commissione di gara fornisca una plausibile e convincente motivazione in ordine all’effettuata verifica degli elementi forniti dall’impresa a supporto della propria offerta; ciò proprio al fine di limitare il più possibile e riportare nei confini della legalità quell’ampia discrezionalità di cui gode la stazione appaltante; tale discrezionalità, altrimenti, rischierebbe di trasmodare in determinazioni ermetiche e perciò soggettive, arbitrarie e potenzialmente clientelari (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 23.03.2010 n. 1700 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Annullamento degli atti di gara - Cognizione del Giudice amministrativo - Investe anche il contratto medio tempore stipulato.
La cognizione del Giudice amministrativo ha ad oggetto non soltanto la domanda di annullamento degli atti di gara e dell'aggiudicazione definitiva di un appalto pubblico ma si estende altresì alla domanda del contraente pretermesso illecitamente dalla gara, e quindi privato della possibilità di stipulare il relativo contratto con l'amministrazione, di essere reintegrato nella sua posizione, con la privazione di effetti del contratto medio tempore stipulato dalla stazione appaltante con altro concorrente (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., ordinanza n. 2906 del 10.02.2010) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 23.03.2010 n. 708 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Annullamento dell'aggiudicazione provvisoria in autotutela - Avvio del procedimento - Non è necessario.
2. Annullamento dell'aggiudicazione provvisoria - Rinnovazione integrale della gara - E' legittimo ove sia stata riscontrata la violazione del principio di segretezza delle offerte.

1. Secondo orientamento costante, ove l'amministrazione intenda esercitare il proprio potere di autotutela rispetto all'aggiudicazione provvisoria (atto avente natura endoprocedimentale e non conclusivo del procedimento), non è tenuta a dare previa comunicazione dell'avvio del relativo procedimento versandosi ancora nell'unico procedimento iniziato con l'istanza di partecipazione alla gara, vantando l'aggiudicatario provvisorio una mera aspettativa di fatto alla conclusione del procedimento (cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. V, 12.02.2010, n. 743).
2. E' legittimo il provvedimento con cui l'amministrazione, avendo espletato una gara d'appalto il cui vincitore è risultato illegittimamente ammesso, disponga la rinnovazione integrale della gara in conseguenza dall'accertamento del vizio radicale riscontrato in relazione alla violazione del principio della segretezza delle offerte durante lo svolgimento della procedura selettiva (cfr. Cons. Stato, sez. V, 06.03.2002, n. 1367) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 23.03.2010 n. 707 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Esclusione dalla procedura e contestuale aggiudicazione provvisoria ad altro concorrente - Impugnazione - Ricorso giurisdizionale - Deve essere notificato al controinteressato aggiudicatario provvisorio a pena di inammissibilità.
2. Appalti pubblici - Mancata notifica del ricorso principale al controinteressato - Inammissibilità - Proposizione di motivi aggiunti - improcedibilità per carenza d'interesse.

1. L'aggiudicatario provvisorio assume la veste di controinteressato nel ricorso proposto dal concorrente escluso dalla procedura ad evidenza pubblica quando l'esclusione e l'aggiudicazione siano avvenute contestualmente, ossia senza soluzione di continuità, potendo la ditta esclusa rendersi perfettamente conto che l'impugnativa incide sulla posizione, differenziata e giuridicamente protetta, di altro soggetto privato.
Di conseguenza la mancata notifica al medesimo del relativo gravame ne determina l'inammissibilità (Cons. Stato, Sez. VI 10.10.2002 n. 5453).
2. La mancata notifica del ricorso principale al controinteressato determina l'inammissibilità dello stesso e rende improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse gli ulteriori motivi aggiunti (Consiglio Stato Sez. VI, 23.06.2006, n. 4012) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 23.03.2010 n. 706 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Società cessionaria del ramo d'azienda - Obbligo di produrre le dichiarazioni di moralità riferite anche degli amministratori dell'impresa cedente - Non sussiste se non previsto dal bando.
Laddove il bando di gara nulla prescriva, non sussiste in capo all'impresa cessionaria del ramo d'azienda necessario per la partecipazione alla gara, l'obbligo di presentare in sede di offerta le dichiarazioni di moralità di cui all'art. 38, co. 1, lett. c), anche relativamente agli amministratori e ai direttori generali dell'impresa cedente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 23.03.2010 n. 705 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILa valutazione circa l’esistenza di violazioni in materia contributiva e previdenziale costituisce oggetto di autonoma valutazione da parte della stazione appaltante, rispetto alla quale le risultanze del documento unico di regolarità contributiva si pongono come elementi indiziari, da cui non si può prescindere, ma che comunque non esauriscono l’ambito di accertamento circa la sussistenza di una violazione grave e definitivamente accertata.
Il rapporto che sussiste tra documento unico di regolarità contributiva e valutazione finale circa il possesso del requisito generale di partecipazione in questione è, dunque, nel senso che la stazione appaltante è comunque vincolata alle risultanze del d.u.r.c., in ragione della sua natura di dichiarazione di scienza, da collocarsi fra gli atti di certificazione o di attestazione redatti da un pubblico ufficiale ed aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso della pubblica amministrazione, assistito da pubblica fede ai sensi dell'articolo 2700 c.c., facente pertanto prova fino a querela di falso.

Sebbene sulla questione non vi sia uniformità di vedute, il Collegio ritiene di aderire all’orientamento prospettato anche in ricorso, secondo cui la valutazione circa l’esistenza di violazioni in materia contributiva e previdenziale costituisce oggetto di autonoma valutazione da parte della stazione appaltante, rispetto alla quale le risultanze del documento unico di regolarità contributiva si pongono come elementi indiziari, da cui non si può prescindere, ma che comunque non esauriscono l’ambito di accertamento circa la sussistenza di una violazione grave e definitivamente accertata (in termini Cons. St., III, 29.09.2009 n. 2345/2009; VI, 04.08.2009 n. 4907; V, 23.03.2009 n. 1755; Tar Napoli, I, 11.01.2010 n. 51; Tar Bari, I, 16.07.2008 n. 1755).
Il rapporto che sussiste tra documento unico di regolarità contributiva e valutazione finale circa il possesso del requisito generale di partecipazione in questione è, dunque, nel senso che la stazione appaltante è comunque vincolata alle risultanze del d.u.r.c., in ragione della sua natura di dichiarazione di scienza, da collocarsi fra gli atti di certificazione o di attestazione redatti da un pubblico ufficiale ed aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso della pubblica amministrazione, assistito da pubblica fede ai sensi dell'articolo 2700 c.c., facente pertanto prova fino a querela di falso (Cons. St., IV, 12.03.2009 n. 1458).
Tuttavia, una volta acquisito il documento unico di regolarità contributiva, spetta alla stazione appaltante decidere se le risultanze ivi contenute, oggettivamente non controvertibili, siano idonee e sufficienti anche a giustificare un giudizio in termini di gravità di una violazione che sia emersa dal d.u.r.c..
In altri termini, un conto è la regolarità contributiva formale rimessa al potere di accertamento e di valutazione dell’Istituto previdenziale, un conto è la gravità di una violazione in materia contributiva e previdenziale ai fini dell’aggiudicazione di un contratto, che impone un’ulteriore delibazione da parte della stazione appaltante, non poggiante solo su dati rigorosamente numerici, come invece, stabilisce il D.M. 24.10.2007.
Spetta, dunque, alla stazione appaltante verificare che eventuali situazioni dall’INPS ritenute come condizioni di irregolarità contributiva, certamente rilevanti e costituenti un grave indizio, ai fini dell'art. 38, co. 1, lett. i), codice appalti, possano, in concreto e al di fuori di ogni automatismo, giustificare l’estromissione dalla gara.
Può aggiungersi che se l’accertamento del requisito dell’art. 38 lett. i), fosse da rimettere agli Istituti previdenziali attraverso il rilascio del DURC secondo i parametri fissati dal Ministero del Lavoro, si darebbe luogo anche ad una disparità di trattamento e ad un’alterazione della concorrenza tra le imprese con sede in Italia e quelle degli altri Stati membri, non necessariamente dotate di documento equivalente al DURC (tanto che la norma reputa per esse sufficiente una dichiarazione giurata: vd. art. 38, ult. co.), e non si spiegherebbe conseguentemente il preciso richiamo che proprio la lett. i) dell’art. 38 contiene –in coerenza con la discrezionalità della valutazione della sussistenza del requisito- alla legislazione italiana o dello Stato in cui eventualmente i partecipanti sono stabiliti (TAR Calabria-Reggio Calabria,  sentenza 23.03.2010 n. 291 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla necessità di comunicare l’avvio del procedimento in caso di revoca degli atti di indizione della gara e sull’inapplicabilità dell’art. 21-octies.
1. E’ illegittima la revoca degli atti indittivi di una gara, disposta nel corso del suo espletamento, che non sia stata preceduta dalla comunicazioni di avvio del procedimento alle ditte partecipanti alla gara, a tutela dell'affidamento riposto da queste ultime nella conclusione del procedimento stesso; né tale vizio, nel caso di revoca, può essere sanato sostenendo che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, con conseguente applicazione dell'art. 21-octies della legge n. 241/1990, atteso che il legislatore, con quest’ultima disposizione, ha escluso l'annullabilità del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento solo quando esso abbia "natura vincolata" e non può quindi essere diverso, mentre la revoca di una gara già bandita è chiaramente espressione di un potere discrezionale della P.A..
2. Anche se sussiste la possibilità dell’Amministrazione di mutare legittimamente il proprio orientamento circa le migliori modalità di perseguimento dell’interesse pubblico affidato anche in mancanza di sopravvenienze, revocando una gara di appalto in precedenza indetta, salva la tutela del pregiudizio (per responsabilità precontrattuale) arrecato ai privati interessati, deve ritenersi illegittima la revoca della procedura di gara motivata facendo esclusivo riferimento alla possibilità di provvedere alla gestione diretta da parte degli uffici comunali dei servizi per i quali è stata indetta la gara, senza alcuna previsione circa l’impatto sulle competenze e gli assetti gestionali interni e senza alcuna stima circa la compatibilità con le risorse umane, organizzative e finanziarie disponibili (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 22.03.2010 n. 4489 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: La qualificazione differenziale tra attività strumentali e gestione di servizi pubblici ai fini dell'applicazione dell'art. 13 dl n. 223/2006 deve essere riferita non all'oggetto della gara, bensì all'oggetto sociale delle imprese partecipanti ad essa.
Sul divieto alla partecipazione alle gare dei gestori di servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto: disciplina di cui all'art. 113, commi 6 e 15-quater TUEL ed all'art. 23-bis, c. 9, e s.m.i. della legge n. 133/2009. La configurazione del servizio pubblico è compatibile con diversi schemi giuridici e con differenti modalità di remunerazione della prestazione.

L'enunciato dell'art. 13 del d.l. n. 223/2006 (c.d. decreto Bersani), nel porre un divieto di partecipazione alle gare pubbliche per le società strumentali degli enti locali, evidenzia che la limitazione della legittimazione negoziale delle società strumentali si riferisce a qualsiasi prestazione a favore di soggetti terzi rispetto agli enti costituenti, partecipanti o affidanti, senza che a nulla rilevi la qualificazione di tali attività.
La qualificazione differenziale tra attività strumentali e gestione di servizi pubblici deve essere riferita non all'oggetto della gara, bensì invece all'oggetto sociale delle imprese partecipanti ad essa. Il divieto di fornire prestazioni a enti terzi, infatti, colpisce le società pubbliche strumentali alle amministrazioni regionali o locali, che esercitano attività amministrativa in forma privatistica, non anche le società destinate a gestire servizi pubblici locali, che esercitano attività d'impresa di enti pubblici: esso è posto al fine di separare le due sfere di attività per evitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d'impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto pubblica amministrazione.
Il divieto di cui al c. 6 dell'art. 113 t.u.e.l. si applica a decorrere dal 1° gennaio 2007, "salvo nei casi in cui si tratti dell'espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa" (c. 15-quater dell'art. 113 t.u.e.l). I servizi messi a gara devono essere, perché operi la deroga, proprio quelli che le società fornivano all'amministrazione che ha indetto la gara. La sua ragion d'essere è quella di evitare che le società che forniscono servizi ad un'amministrazione ed hanno pertanto acquisito esperienza "sul territorio" siano automaticamente estromesse dalle gare per l'affidamento concorrenziale di quei servizi: non già, invece, quello di elargire agli attuali affidatari diretti una moratoria generalizzata a tutte le prime gare rispetto al termine del 1° gennaio 2007. Tutti questi elementi inducono ad affermare che la deroga deve intendersi ristretta alle società che gestivano i servizi oggetto della gara con affidamento diretto da parte dell'amministrazione che la indice.
Costrutto ben diverso da quello successivamente esibito dal c. 9 dell'art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 conv. dalla l. n. 133 del 2008, modificato dall'art. 15, c. 1, lett. d), del d.l. n. 135 del 2009 convertito dalla l. n. 166 del 2009: "I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti", in cui il riferimento a "tutto il territorio nazionale" e alla "prima gara successiva alla cessazione del servizio" designa un diverso punto di rilevanza ermeneutica: quello dell'impresa affidataria.
La nozione di servizio pubblico prescelta dal legislatore, quella oggettiva, si fonda su due elementi:
1) la preordinazione dell'attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti;
2) la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l'espletamento dell'attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico-professionale e qualità.
Ne consegue che, fermi gli elementi essenziali sopra menzionati, la configurazione del servizio pubblico è compatibile con diversi schemi giuridici e con differenti modalità di remunerazione della prestazione.
Pertanto, nel caso di specie, a nulla rileva che oggetto dell'affidamento fosse soltanto la raccolta dei rifiuti e non l'intero servizio dell'igiene ambientale, così come non rileva che il gestore fosse remunerato dal soggetto aggiudicatore: quel che conta, infatti, è che l'attività del gestore fosse diretta ad una platea indifferenziata di utenti e che esso fosse destinatario di obblighi funzionali alla destinazione al pubblico dell'attività dovuta (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.03.2010 n. 1651 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Il divieto di partecipare alle gare per l’affidamento di un servizio pubblico sussiste anche quando abbia ad oggetto un segmento dello stesso servizio.
La controversia in esame era incentrata, sostanzialmente, sulla violazione dell’art. 113 t.u.e.l.: il comma 6 dello stesso dispone che non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che, in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto.
Tra gli argomenti degli appellanti diretti ad escludere l’applicabilità in diritto alle imprese in causa della predetta disposizione esaminiamo quella secondo cui il divieto (di cui al comma 6 predetto) di partecipare alle gare per l’affidamento di un servizio pubblico non sussisterebbe nel caso di specie, venendo in considerazione non la titolarità (ex comma 5) di un servizio pubblico ma la gestione di un segmento di servizio pubblico.
Ma tali argomenti, secondo i giudici del Consiglio di Stato, non hanno pregio: sotto il primo profilo, il servizio pubblico postula per sua natura che l’amministrazione ne dia in affidamento a terzi la gestione, conservandone la titolarità.
L’enunciato: “conferimento della titolarità del servizio” di cui al comma 5 citato, quindi, altro non è che un termine atecnico per designare la gestione del servizio: esso non può essere interpretato in maniera letterale -ma asistematica- per escludere che il caso di specie sia sussumibile nella fattispecie legale. Sotto il secondo profilo, il fatto che l’affidamento in esame abbia ad oggetto prestazioni specificamente determinate (la sola raccolta dei rifiuti), ovvero un segmento del servizio pubblico a nulla rileva per escludere l’applicabilità del divieto di cui al comma 6.
La nozione di servizio pubblico prescelta dal legislatore, infatti, quella oggettiva, si fonda su due elementi:
1) la preordinazione dell’attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti;
2) la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l’espletamento dell’attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico-professionale e qualità (sez. V, 12.10.2004, n. 6574).
Ne consegue che, fermi gli elementi essenziali sopra menzionati, la configurazione del servizio pubblico è compatibile con diversi schemi giuridici e con differenti modalità di remunerazione della prestazione.
A nulla quindi rileva che oggetto dell’affidamento fosse soltanto la raccolta dei rifiuti e non l’intero servizio dell’igiene ambientale, così come non rileva che il gestore fosse remunerato dal soggetto aggiudicatore: quel che conta, infatti, è che l’attività del gestore fosse diretta ad una platea indifferenziata di utenti e che esso fosse destinatario di obblighi funzionali alla destinazione al pubblico dell’attività dovuta (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.03.2010 n. 1651 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La dichiarazione ex art. 38, lett. c), d.lgs. n. 163/2006, non è richiesta nei riguardi di quegli amministratori che non siano titolati a stipulare contratti per conto dell'impresa e a rappresentarla all'esterno nei rapporti negoziali.
La valutazione di non gravità di un reato può anche essere implicita, esternata per il tramite dell'ammissione dell'impresa alla gara.

La voluntas legis sottesa al disposto dell'art. 38, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006, va correttamente rinvenuta nell'esigenza di garantire l'Amministrazione, attraverso la dichiarazione impegnativa dell'insussistenza di condanne penali, ancorché a pena patteggiata ma non estinte, che sono immuni da pregiudizi penali tutti gli amministratori della società che possano entrare in contatto con la stazione appaltante in virtù dei loro poteri di firma e di rappresentanza effettiva dell'appaltatore.
Ne consegue che, non è richiesta la produzione di siffatte dichiarazioni nei riguardi di quegli amministratori che in forza delle pattuizioni sociali non siano titolati a stipulare contratti per conto dell'impresa e a rappresentarla all'esterno nei rapporti negoziali.
La valutazione di gravità o meno di un reato e la sua incisione sulla moralità professionale dell'appaltatore mettono capo all'espressione di un giudizio discrezionale che pertiene unicamente alla stazione appaltante. Si precisa, inoltre, che in conformità ai principi generali sulla motivazione dei provvedimenti ampliativi, che predicano la dequotazione dell'obbligo di motivazione per l'adozione di atti ampliativi della sfera giuridica del destinatario, qualora l'amministrazione ritenga il precedente penale dichiarato dal concorrente, non incisivo della sua moralità professionale, non è tenuta ed esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto suo convincimento, potendo la motivazione di non gravità del reato risultare anche implicita o per facta concludentia, ossia attraverso l'ammissione alla gara dell'impresa stessa. È la valutazione di gravità, invece, che richiede l'assolvimento di un particolare onere motivazionale.
E' illegittima la norma del bando che commina l'esclusione automatica per l'omessa allegazione all'offerta delle giustificazioni dell'anomalia del prezzo offerto.
Il Codice dei Contratti (d.lgs. n. 163/2006), prevede che a fronte di un'offerta anomala che sia stata corredata delle giustifiche preventive, qualora queste non siano ritenute sufficiente a pervenire ad un giudizio di congruità, l'Amministrazione deve procedere ai sensi dell'art. 88, ossia convocare l'offerente e consentirgli di presentare elementi integrativi di giudizio ed ulteriori giustificazioni. Ha poi subito precisato, il c. 1 dell'art. 87, che "all'esclusione può provvedersi solo all'esito dell'ulteriore verifica, in contraddittorio" (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 22.03.2010 n. 1555 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).
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Gare pubbliche, paletti sui requisiti morali. Tar Piemonte: solo per amministratori con poteri di firma.
Negli appalti dichiarazioni sui requisiti morali solo per gli amministratori dotati di poteri di firma ed esclusione delle offerte anomale solo dopo avere dato alla ditta la possibilità di difendersi. Inoltre la esclusione dalle gare per condanne penali degli amministratori va disposta solo per reati gravi, secondo una valutazione discrezionale della p.a..
I principi, che disegnano i contorni del giusto procedimento nelle gare pubbliche, sono stati formulati dal Tar Piemonte (sezione prima, sentenza depositata il 22/03/2010 n. 1555, estensore Alfonso Graziano, presidente Paolo Lotti)
Nel caso specifico a una società, arrivata seconda in una gara, è stato contestato di non avere inserito, tra i documenti da presentare alla stazione appaltante, la dichiarazione di moralità (insussistenza di condanne penali) sul conto di un amministratore, al quale, tuttavia, sono state assegnate deleghe limitate al settore della sicurezza sui cantieri. Tale amministratore, invece, non aveva il potere di rappresentare la società nei confronti delle amministrazioni, di assumere somministrazioni e appalti di qualunque tipo, ricevere commissioni da pubbliche amministrazione, stipulare e firmare contratti.
Il Tar Piemonte ha sostenuto che, in tale caso, non va resa alcuna dichiarazione di moralità. Nella sentenza, infatti, si spiega che, con l'articolo 38, lettera c), del dlgs. n. 163/2006 (codice contratti), le ditte partecipanti devono dimostrare che sono immuni da pregiudizi penali tutti gli amministratori della società, ma solo quelli che possano entrare in contatto con la stazione appaltante, perché titolari dei poteri di firma e di rappresentanza effettiva dell'appaltatore.
Non è, quindi, richiesta la produzione delle dichiarazioni di moralità nei riguardi di quegli amministratori che in forza delle pattuizioni sociali non siano titolati a stipulare contratti per conto dell'impresa e a rappresentarla all'esterno nei rapporti negoziali.
Una seconda questione affrontata dal Tar è relativa alla possibile esclusione e relative formalità procedurali per condanne penali subite dagli amministratori. Nel caso specifico il Tar è stato chiamato a decidere se doveva essere esclusa una ditta, il cui amministratore era stato condannato anni prima al pagamento di una sanzione pecuniaria per violazione delle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. Il Tar ha sottolineato che la valutazione di gravità o meno di un reato e la sua incisione sulla moralità professionale dell'appaltatore è riservata al giudizio discrezionale della stazione appaltante. Inoltre se l'amministrazione ritiene il precedente penale dichiarato dal concorrente non ostativo alla partecipazione alla gara, allora non è tenuta ed esplicitare in maniera analitica questa sua decisione, potendo la motivazione di non gravità del reato risultare anche implicita, attraverso l'ammissione alla gara dell'impresa stessa.
La terza questione, risolta dalla sentenza, concerne la procedura di giustificazione delle offerte.
Nel caso in esame una ditta è stata esclusa per non avere inserito la documentazione giustificativa dell'offerta prescritta, in quel caso, a pena di esclusione dal disciplinare di gara.
In casi di questo tipo la stazione appaltante non può escludere automaticamente la partecipante, ma deve effettuare una verifica in contraddittorio con l'impresa.
Infatti è illegittima una norma di gara che impone a pena di esclusione di corredare le offerte delle analisi giustificative del prezzo, a pena di esclusione.
Infatti il Codice dei contratti prevede che, a fronte di un'offerta anomala, anche corredata da giustificazioni, l'amministrazione deve procedere ai sensi dell'articolo 88 dello stesso codice a convocare l'offerente e consentirgli di presentare ulteriori giustificazioni.
Quindi la stazione appaltante non può escludere solo sulla base delle giustificazioni preventive ritenute non congrue.
All'esclusione può provvedersi, dunque, solo all'esito dell'ulteriore verifica in contraddittorio, da cui venga confermata la valutazione di inaffidabilità dell'offerta (articolo ItaliaOggi del 02.04.2010, pag. 20).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: C. Contessa, L’offerta economicamente più vantaggiosa: brevi note su un istituto ancora in cerca di equilibri (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: G.U. 20.03.2010 n. 66, suppl. ord. n. 56 (Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture):
- "Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture" (deliberazione 02.03.2010);
- "Regolamento per la pubblicazione sul sito web degli atti dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture" (deliberazione 16.02.2010);
- "Requisiti di ordine generale per l’affidamento di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ai sensi dell’articolo 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché per gli affidamenti di subappalti. Profili interpretativi ed applicativi" (determinazione 12.01.2010).

APPALTI: La verifica della legittimità delle operazioni compiute dalla Commissione di gara rientra nella competenza della stazione appaltante.
Costituisce un obbligo per la p.a. procedere all'incameramento della cauzione provvisoria nel caso in cui l'impresa partecipante non soddisfi la richiesta da parte della stazione appaltante di comprovare il possesso dei requisiti richiesti.

E' giurisprudenza del tutto pacifica quella secondo cui la verifica della legittimità delle operazioni compiute dalla Commissione di gara rientra nella competenza della stazione appaltante e ha lo scopo di “suggellare” gli esiti dell’attività svolta da quest’ultima.
La Commissione è, infatti, un organo straordinario e temporaneo dell'amministrazione la cui attività acquisisce rilevanza esterna solo in quanto recepita ed approvata dai competenti organi della stazione appaltante Sotto altro profilo, la “sanzione” dell’incameramento della cauzione provvisoria è correlata alla violazione dell’obbligo di diligenza e dell’esatta e veritiera produzione documentale nelle trattative precontrattuali, che grava su ciascun concorrente sin dalla fase di partecipazione e di presentazione delle offerte.
Ne consegue che nei casi in cui, come nella fattispecie, l’impresa partecipante non soddisfi la richiesta da parte della stazione appaltante di comprovare il possesso dei requisiti richiesti, detto incameramento costituisce un obbligo per la p.a. (TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 19.03.2010 n. 4321 - link a www
.mediagraphic.it).

APPALTI: E' principio inderogabile in qualunque tipo di gara quello secondo cui devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta.
E’ principio inderogabile in qualunque tipo di gara quello secondo cui devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta, sia che si tratti di documentazione amministrativa che di documentazione riguardante l'offerta tecnica ovvero l'offerta economica, e conseguentemente è illegittima l'apertura in segreto di plichi.
La mancata pubblicità delle sedute di gara per l'aggiudicazione di contratti con la pubblica amministrazione comporta l'invalidità di tutti gli atti della procedura selettiva, compreso il provvedimento finale di aggiudicazione, trattandosi di adempimento posto a tutela non solo della parità di trattamento tra i concorrenti, ma anche dell'interesse pubblico alla trasparenza ed all'imparzialità dell'azione amministrativa (TAR Lombardia-Milano, sez. I, 28.07.2008, n. 3046) (TAR Sardegna, sentenza 19.03.2010 n. 345 - link a www
.mediagraphic.it).

APPALTI: La mancata pubblicità delle sedute di gara comporta l'invalidità di tutti gli atti della procedura selettiva, compreso il provvedimento finale di aggiudicazione.
E' principio inderogabile in qualunque tipo di gara quello secondo cui devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta, sia che si tratti di documentazione amministrativa che di documentazione riguardante l'offerta tecnica ovvero l'offerta economica, e conseguentemente è illegittima l'apertura in segreto di plichi.
Il predetto principio di pubblicità delle gare pubbliche impone che il materiale documentario trovi correttamente ingresso con le garanzie della seduta pubblica; ciò anche in applicazione del più generale principio di imparzialità dell'azione amministrativa, che ha ricevuto esplicito riconoscimento sin dall'art. 89, r.d. 23.05.1924 n. 827, rappresentando uno strumento di garanzia a tutela dei singoli partecipanti, affinché sia assicurato a tutti i concorrenti di assistere direttamente alla verifica di integrità dei documenti e all'identificazione del loro contenuto (ex plurimis, Consiglio Stato , sez. VI, 22.04.2008, n. 1856).
In definitiva, la mancata pubblicità delle sedute di gara per l'aggiudicazione di contratti con la pubblica amministrazione comporta l'invalidità di tutti gli atti della procedura selettiva, compreso il provvedimento finale di aggiudicazione, trattandosi di adempimento posto a tutela non solo della parità di trattamento tra i concorrenti, ma anche dell'interesse pubblico alla trasparenza ed all'imparzialità dell'azione amministrativa (TAR Lombardia Milano, sez. I, 28.07.2008, n. 3046) (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 19.03.2010 n. 345 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: In sede di gara, l'unica verbalizzazione riferita a più sedute non è illegittima quando segua il compimento delle attività rappresentate entro un termine ragionevolmente breve.
L'unica verbalizzazione riferita a più sedute, non è di per sé illegittima a condizione che la verbalizzazione non contestuale segua il compimento delle attività rappresentate entro un termine ragionevolmente breve, tale da scongiurare gli effetti negativi della naturale tendenza alla dispersione degli elementi informativi; in ogni caso, sul giudicante grava sempre l'obbligo di verificare, previo esame della fattispecie concreta, se la verbalizzazione unica e differita abbia determinato un vulnus apprezzabile degli interessi in gioco (Cons. Stato, V, 278/2009; V, 4463/2005) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.03.2010 n. 1589 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

INCARICHI PROGETTAZIONEIncarichi di progettazione ai raggi X. Devono essere valutati dai revisori e trasmessi ai giudici contabili
Soggetti alla valutazione del collegio dei revisori dei conti e all'invio alla sezione regionale della Corte dei conti anche gli incarichi di progettazione e quelli conferiti alle persone giuridiche.

Lo ha stabilito la Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo del Piemonte, col parere 18.03.2010 n. 23/2010, che contiene argomentazioni, tuttavia, difficilmente condivisibili.
Secondo i magistrati contabili, le disposizioni dell'articolo 1, comma 42, della legge 311/2004 sono ancora vigenti. Tuttavia, esse non fondano più l'obbligo da parte delle amministrazioni locali di chiedere ai revisori dei conti una valutazione preventiva sul rispetto del presupposto dell'assenza di professionalità interne, allo scopo di assicurare la legittimità degli incarichi di collaborazione esterna ... (articolo ItaliaOggi del 30.04.2010, pag. 32 - link a www.corteconti.it).

APPALTISulla legittimità di un provvedimento che dispone la revoca senza prevedere l’indennizzo e sulla spettanza o meno dell’indennizzo nel caso di mancata approvazione dell’aggiudicazione provvisoria.
Non può ritenersi illegittima la revoca di un provvedimento amministrativo (nella specie si trattava dell’aggiudicazione di una gara) nel caso in cui non sia stato contestualmente previsto un indennizzo, atteso che la mancata previsione dell’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, in un provvedimento di revoca, non ha efficacia viziante o invalidante di quest’ultima, ma semplicemente legittima il privato ad azionare la pretesa patrimoniale innanzi al giudice amministrativo che potrà scrutinarne i presupposti.
L’indennizzo spetta sempre che la revoca, legittima (altrimenti vi sarebbe materia per il risarcimento), incida su rapporti di durata (su un provvedimento amministrativo ad efficacia durevole), che sia determinata da sopravvenuti motivi di pubblico interesse, dal mutamento della situazione di fatto o da una nuova valutazione dell’interesse pubblico. Se invece il ritiro dell’atto è dipeso unicamente da un palese errore materiale o il danno è stato prodotto da un colpevole comportamento del privato, allora nessun indennizzo è dovuto.
L’indennizzo previsto per i provvedimenti di revoca non è dovuto per il caso di non approvazione dell’aggiudicazione provvisoria oggetto di una specifica disciplina nell’ambito della normativa sull’evidenza pubblica.
In materia di contratti della P.A., il potere di negare l'approvazione dell'aggiudicazione per ragioni di pubblico interesse ben può trovare fondamento, in via generale, in specifiche ragioni di pubblico interesse e non trova ostacoli nell'esistenza dell'avvenuta aggiudicazione definitiva o provvisoria; pertanto è illegittimo l'atto di revoca dell'aggiudicazione che non sia motivato in base ad un pubblico interesse idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto diritto dell'aggiudicatario nei confronti dell'amministrazione.
Va considerato assolutamente fisiologico che all'aggiudicazione provvisoria, naturalmente temporanea, possa non far seguito, in ragione della valutazione negativa sulla permanente utilità del contratto, l'affidamento definitivo del contratto. Ciò perché il controllo sull’aggiudicazione provvisoria è un evento positivamente disciplinato dagli artt. 11 comma 11, 12 e 48 comma 2, d.lgs. 12.04.2006 n. 163, inidoneo di per sé a ingenerare un qualunque affidamento tutelabile (qualora difetti, ovviamente, l'illegittimità dell'operato dell'amministrazione aggiudicatrice) ed un obbligo.
Non può essere accolta una domanda tendente ad ottenere il risarcimento dei danni a seguito del legittimo annullamento dell’aggiudicazione provvisoria, costituente specifica espressione del potere di controllo sugli atti di gara della P.A. appaltante.
Non può essere accolta una domanda tendente ad ottenere l’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies  della legge n. 241 del 1990 nel caso di mero ritiro di un’aggiudicazione provvisoria (atto avente per sua natura efficacia interinale e non idonea a creare affidamenti) e non di una revoca di un atto amministrativo ad effetti durevoli, come previsto dall’art. 21-quinquies per l’indennizzabilità della revoca
(massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 17.03.2010 n. 1554 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIA differenza dei casi di autoannullamento degli atti di gara per motivi di legittimità degli stessi, nel caso in cui si discute dell’opportunità amministrativa della revoca, i partecipanti alla gara non sono né cointeressati e né controinteressati necessari, per cui per la legittimità del procedimento non è necessario alcun contraddittorio.
La responsabilità per la revoca della gara da parte dell'Amministrazione, seppure oggettivamente legittima, si costituisce quando il fine pubblico è tuttavia attuato attraverso un comportamento obiettivamente lesivo dei doveri di lealtà. In tale scia anche la revoca legittima degli atti della procedura di gara può infatti integrare una responsabilità della pubblica amministrazione per responsabilità precontrattuale nel caso di affidamenti suscitati nell’impresa dagli atti della procedura di evidenza pubblica poi rimossi.
Non può condividere l’affermazione per cui il procedimento di revoca implichi l'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento di revoca di una gara d'appalto ancora in corso di svolgimento in quanto, in questo caso, nessuno dei partecipanti ha acquisito, in relazione allo stato della procedura, una posizione di vantaggio concreta, e comunque tale da far sorgere, nel contesto del porocedimento amministrativo in corso, un interesse qualificato e differenziato e quindi meritevole di tutela attraverso detta comunicazione.
E ciò specie quando, come nel caso in esame, la revoca sia stata determinata da valutazioni tutte interne all'amministrazione, in ordine alle quali nessun reale apporto conoscitivo può essere offerto dalle parti private (cfr. TAR Lazio Latina, 26.01.2006, n. 86).
In altre parole, a differenza dei casi di autoannullamento degli atti di gara per motivi di legittimità degli stessi, nel caso in cui si discute dell’opportunità amministrativa della revoca, i partecipanti alla gara non sono né cointeressati e né controinteressati necessari, per cui per la legittimità del procedimento non è necessario alcun contraddittorio.
La responsabilità per la revoca della gara da parte dell'Amministrazione, seppure oggettivamente legittima, si costituisce quando il fine pubblico è tuttavia attuato attraverso un comportamento obiettivamente lesivo dei doveri di lealtà. In tale scia anche la revoca legittima degli atti della procedura di gara può infatti integrare una responsabilità della pubblica amministrazione per responsabilità precontrattuale nel caso di affidamenti suscitati nell’impresa dagli atti della procedura di evidenza pubblica poi rimossi (cfr. Consiglio Stato , sez. V, 08.10.2008, n. 4947).
Tale orientamento in sostanza ha operato una scissione fra la legittima determinazione di revocare l'aggiudicazione della gara ed il complessivo tenore del comportamento tenuto dalla medesima Amministrazione nella sua veste di controparte negoziale, non informato alle generali regole di correttezza e buona fede che devono essere osservate dall'Amministrazione anche nella fase precontrattuale (in tal senso: Cons. Stato, Ad. Plen., n. 6 cit.; Cons. Stato Sez. V, 30.11.2007, n. 6137; id., Sez. V, 14.03.2007, n. 1248).
Le medesime categorie giuridiche ben possono essere estese anche al caso della procedura di gara revocata per motivi di opportunità amministrativa in una fase antecedente alla aggiudicazione provvisoria.
Sulla scia della giurisprudenza più avvertita, il Collegio ritiene infatti che possa configurarsi una responsabilità di carattere precontrattuale in capo all'Amministrazione nelle ipotesi (quale quella oggetto della presente controversia) in cui nel complesso delle circostanze si possa obiettivamente riscontrare il mancato rispetto dei generali canoni di correttezza in contraendo.
Come è stato affermato in un caso analogo, costituisce una violazione del canone di correttezza, la circostanza che l’amministrazione, non appena venuta a conoscenza della nuova circostanza che può legittimare la revoca, non si sia posta il problema degli affidamenti creati nei concorrenti e non abbia proceduto quanto meno alla immediata motivata sospensione degli atti di gara, in attesa di ogni definitiva decisione al riguardo, soprattutto nel caso in cui i concorrenti abbiano affrontato notevoli spese ed eventualmente perso altre possibilità di guadagno (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 11.12.2007, n. 6405) (TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 16.03.2010 n. 4175 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILe Amministrazioni restano libere di stabilire altra documentazione da richiedere, a pena di esclusione, a preventiva giustificazione dell'anomalia dell'offerta.
Osserva la Sezione che le regole della gara sono dettate dalla lex specialis e che una clausola di richiesta di giustificazioni preventive, anche ulteriori rispetto a quelle indicate nell’ art. 86 e 87 del codice degli appalti, come recentemente rilevato da questo Consiglio di Stato, non si pone, per quel che qui rileva, in contrasto con alcuna disposizione normativa, interna o comunitaria (Cons. Stato, Sez. VI, 06.03.2009 n. 1348).
In particolare, l'art. 86, comma 5, del codice degli appalti, nella formulazione vigente al momento del bando di gara prevede la presentazione da parte delle imprese di giustificazioni sin dalla formulazione dell'offerta e l'elenco della documentazione che può essere richiesta, contenuto nel successivo art. 87 comma 2, è fatto solo "a titolo esemplificativo".
Ciò significa che le Amministrazioni restano libere di stabilire altra documentazione da richiedere, a pena di esclusione, a preventiva giustificazione dell'anomalia dell'offerta.
Come rilevato dalla giurisprudenza, la presentazione preventiva di giustificazioni risponde a finalità di semplificazione ed accelerazione della procedura di gara essendo garanzia di serietà della offerta, scongiurando il pericolo che le giustificazioni vengano ricostruite solo ex post anziché essere realmente esistenti al momento della formulazione della offerta (cfr. Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. n. 399/2006).
La ragionevolezza della prescrizione risiede nel fatto che solo l’offerente che abbia esposto con completezza i costi delle singole voci che compongono la lavorazione dimostra di avere la piena consapevolezza dell’impegno che assume presentando l’offerta.
Né le giustificazioni delle offerte possono consistere nelle semplici indicazione dei prezzi rappresentando invece una elaborazione concettuale da documentare debitamente riferita alle singole voci di spesa.
D’altro canto la clausola di esclusione, una volta entrata a far parte della lex specialis, non può essere disapplicata con l’effetto che sussiste l’obbligo per la stazione appaltante di escludere dalla procedura di gara l’impresa che non l’abbia rispettata.
Ed invero l’impresa che ha presentato una offerta non corredata dalle giustificazioni per oltre 300 voci di prezzo dimostra di non avere analizzato con sufficiente attenzione il lavoro da eseguire e l’onere che esso comporta e ciò indipendentemente dal fatto che tale prezzo, ad una successiva ipotetica verifica, possa rilevarsi congruo.
Infine è vero che, nella normativa qui applicabile, le giustificazioni a corredo della offerta hanno natura diversa da quelle previste in sede di verifica della anomalia, ma è altrettanto vero che ciò non giustifica la violazione della norma della lex specialis (con la presentazione di giustificazioni iniziali gravemente carenti) e la conseguente vincolata esclusione dalla gara, tanto più se la verifica di anomalia, come nella specie, risulti facoltativa (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.03.2010 n. 1530 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: E' illegittima l'esclusione da una gara di un'impresa che abbia presentato, in sede di presentazione delle offerte, una cauzione provvisoria di durata inferiore a quella prescritta nel disciplinare di gara.
E’ illegittima l’esclusione da una gara di un’impresa che abbia presentato, in sede di presentazione delle offerte, una cauzione provvisoria di durata inferiore a quella prescritta nel disciplinare di gara.
Nel caso in esame, il contratto fideiussorio era stipulato su un modulo predisposto da una sola parte e cioè dalla compagnia di assicurazione, prevedendo una polizza con durata di 180, inferiore ai 240 giorni previsti nel disciplinare.
Tale clausola, proprio perché posta in deroga a quanto previsto dal modulo predisposto da una delle parti, non può essere qualificata quale mera clausola di stile, giacché da un lato non è affatto generica atteso che prevede la maggiore durata della garanzia con riferimento ad un termine ben preciso determinato dal bando, d’altro canto, ponendo una deroga alle condizioni generali del contratto, prevale sul contenuto del modulo.
In particolare non è dubbio che tale clausola sia stata oggetto della volontà negoziale delle parti atteso che essa evidenzia una precisa volontà di deroga di quanto previsto nel modulo prestampato della compagnia di assicurazione estendendo la durata della polizza oltre i 180 giorni previsti nelle condizioni generali predisposte dalla compagnia (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.03.2010 n. 1528 -
link a www.mediagraphic.it).

APPALTISulla legittimità dell’esclusione da una gara pubblica dell’impresa capogruppo e mandataria di una a.t.i., che, ai fini della dimostrazione del requisito della moralità professionale, ha omesso di produrre il certificato del casellario giudiziale od una dichiarazione sostitutiva autenticata.
Qualora il bando di una gara di appalto commini l'esclusione obbligatoria in conseguenza di determinate violazioni, anche soltanto formali, l'Amministrazione è tenuta a dare precisa ed incondizionata esecuzione a tali previsioni, senza alcuna possibilità di valutazione discrezionale circa la rilevanza dell'inadempimento e l'incidenza di questo sulla regolarità della procedura selettiva o ancora sulla congruità della sanzione contemplata nella lex specialis, alla cui osservanza la stessa Amministrazione si è autovincolata al momento dell'adozione del bando.
Il certificato del casellario giudiziale costituisce elemento necessario per comprovare il possesso dei requisiti di moralità professionale necessari per legittimare la contrattazione tra la pubblica amministrazione ed il privato. La sua produzione è prescritta allo scopo di consentire all’amministrazione l’immediato accertamento della idoneità morale del contraente evitando di esperire indagini di ufficio ovvero di chiedere la documentazione idonea in un momento successivo, onde deve ritenersi che la mancata produzione del certificato stesso comporta l’esclusione della impresa inottemperante.
Nel caso in cui la lettera invito richieda che debba prodursi anche il "certificato generale del casellario giudiziale di data non anteriore a sei mesi da quella fissata per la licitazione o dichiarazione sostitutiva", va esclusa dalla gara una ditta che non abbia prodotto il certificato del casellario giudiziale, ovvero una dichiarazione sostitutiva (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.03.2010 n. 1513 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla legittimità o meno dell’esclusione da una gara pubblica dell’impresa capogruppo e mandataria di una a.t.i., che, ai fini della dimostrazione del requisito della moralità professionale, ha omesso di produrre il certificato del casellario giudiziale od una dichiarazione sostitutiva autenticata riferita al Presidente del Consiglio di Amministrazione.
Qualora il bando di una gara di appalto commini l'esclusione obbligatoria in conseguenza di determinate violazioni, anche soltanto formali, l'Amministrazione è tenuta a dare precisa ed incondizionata esecuzione a tali previsioni, senza alcuna possibilità di valutazione discrezionale circa la rilevanza dell'inadempimento e l'incidenza di questo sulla regolarità della procedura selettiva o ancora sulla congruità della sanzione contemplata nella lex specialis, alla cui osservanza la stessa Amministrazione si è autovincolata al momento dell'adozione del bando.
Nel caso in cui la lettera invito relativa ad una gara di appalto richieda che, tra la documentazione di gara, debba ricomprendersi anche il "certificato generale del casellario giudiziale di data non anteriore a sei mesi da quella fissata per la licitazione o dichiarazione sostitutiva autenticata con le modalità di cui all’art. 20 della legge n. 15 del 1968 riferito a tutti gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza", va esclusa dalla gara una ditta il cui legale rappresentante non abbia prodotto nella documentazione di gara il certificato del casellario giudiziale, ovvero una dichiarazione sostitutiva ex lege n. 15 del 1968
(massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.03.2010 n. 1513 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICIL’occupazione senza titolo di un terreno di un privato rappresenta un illecito permanente, dal quale non può decorrere il termine quinquennale di prescrizione del diritto al risarcimento del danno.
Si chiedeva, nella controversia in esame, la restituzione delle aree occupate da un Comune sardo per la realizzazione del campo di calcio comunale ed in via subordinata il risarcimento per equivalente ed il risarcimento di tutti i danni connessi all’illegittima occupazione.
Il Comune, al contrario, si opponeva alla restituzione dell’area in quanto sulla stessa era stata oramai realizzata l’opera pubblica, ritenendo che ai sensi dell’articolo 43 del DPR 08.06.2001 n. 327, gli interessati potessero ottenere soltanto il risarcimento dei danni.
Il principio dell’occupazione acquisitiva, per effetto della realizzazione di un’opera pubblica sul terreno occupato, è stato riconsiderato dal Consiglio di Stato con le sentenze A.P., 29.04.2005 n. 2 e sez. IV, 21.05.2007 n. 2582, che il Tribunale Amministrativo per la Sardegna condivide, nella quale ultima è stato ribadito che tale modalità di acquisto della proprietà “non è conforme ai principi della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo, che hanno una diretta rilevanza nell’ordinamento interno, poiché:
- per l’art. 117, primo comma, della Costituzione, le leggi devono rispettare i “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”;
- per l’art. 6 (F) del Trattato di Maastricht (modificato dal Trattato di Amsterdam), «l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ... in quanto principi generali del diritto comunitario»;
- per la pacifica giurisprudenza della CEDU (che ha più volte riaffermato i principi enunciati dalla Sez. II, 30.05.2000, ric. 31524/96, già segnalata in data 29.03.2001 dall’Adunanza Generale di questo Consiglio, con la relazione illustrativa del testo unico poi approvato con il d.P.R. n. 327 del 2001), si è posta in diretto contrasto con l’art. 1, prot. 1, della Convenzione la prassi interna sulla ‘espropriazione indiretta’, secondo cui l’Amministrazione diventerebbe proprietaria del bene, in assenza di un atto ablatorio (cfr. CEDU, Sez. IV, 17.05.2005; Sez. IV, 15.11.2005, ric. 56578/2000; Sez. IV, 20.04.2006).
Nella sentenza, segnalano i giudici isolani, si afferma anche che “dalla Convenzione europea e dal diritto comunitario già emerge il principio che preclude di ravvisare una ‘espropriazione indiretta’ o ‘sostanziale’, pur in assenza di un idoneo titolo, previsto dalla legge.”
L’acquisto della proprietà del terreno occupato, precisa il Consiglio di Stato, può quindi avvenire in forza dell’art. 43 del D.P.R. 08.06.2001 n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) che al primo comma così dispone: “Valutati gli interessi in conflitto, l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso vada acquisito al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario vadano risarciti i danni”.
Dalla riportata disposizione emerge il principio per il quale l’occupazione sine titulo, costituisce un illecito che obbliga il responsabile a restituire il suolo ed a risarcire il danno cagionato, salvo il potere dell’Amministrazione di adottare un provvedimento di acquisizione del bene al proprio patrimonio, per sottrarsi all’obbligo di restituzione. In alternativa, ai sensi del 3° comma dell’art. 43, l'amministrazione può chiedere in giudizio che il giudice amministrativo disponga la condanna al risarcimento del danno, con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo.
In altri termini, precisa il Consiglio, “a parte l’applicabilità della disciplina civile sull’usucapione (per la quale il possesso ultraventennale fa acquistare all’Amministrazione il diritto di proprietà pur in assenza dell’atto di natura ablatoria), l’art. 43 testualmente preclude che l’Amministrazione diventi proprietaria di un bene in assenza di un titolo previsto dalla legge”.
L’occupazione senza titolo di un terreno di un privato rappresenta un illecito permanente, da cui non può, quindi, conseguire il passaggio della proprietà in capo all’Ente Pubblico e conseguentemente non può decorrere il termine quinquennale di prescrizione del diritto al risarcimento del danno.
Pertanto, concludono i giudici sardi, ancorché l’occupazione del terreno dei ricorrenti risalga ad anni antecedenti l’entrata in vigore del T.U. sulle espropriazioni, i riportati principi desumibili dall’art. 43, si applicano anche al caso di specie.
Infatti l’art. 43 “si riferisce a tutti i casi di occupazione sine titulo, anche a quelle sussistenti alla data di entrata in vigore del testo unico” (cfr. Cons. stato 2582/2007 cit.) (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 16.03.2010 n. 303 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla legittimità dell’esclusione di una ditta che ha omesso di dichiarare un grave inadempimento in un contratto di appalto con una P.A. diversa da quella appaltante.
E’ legittima l’esclusione dalla gara disposta ex art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. 12.04.2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici), facendo riferimento al fatto che l’impresa esclusa ha omesso di dichiarare l’intervenuta risoluzione di un precedente contratto stipulato con Amministrazioni pubbliche, a nulla rilevando che detta risoluzione di contratto sia stata disposta da una Amministrazione pubblica differente dalla stazione appaltante che ha indetto la gara; infatti, la dichiarazione prevista dalla seconda parte della suddetta norma consente all'Amministrazione di valutare i precedenti professionali delle imprese concorrenti e quindi di tenere conto anche di rapporti contrattuali intercorsi con Amministrazioni diverse, al fine di stabilire il grado di capacità tecnico professionale nella esecuzione della fornitura (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.03.2010 n. 1550 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIE' legittimo il provvedimento di esclusione adottato da una Stazione Appaltante nei confronti della concorrente che si sia resa inadempiente nell'ambito di una precedente gara e non l'abbia dichiarato ai sensi dell'art. 38, comma 1, D.Lgs. 163/2006.
E’ legittimo il provvedimento di esclusione adottato dalla Stazione Appaltante nei confronti della concorrente che, pur avendo presentato le dichiarazioni di cui all’art. 38, comma 1, D.Lgs. 163/2006, attestando così il possesso pieno dei requisiti di ordine professionale morale economico e tecnico amministrativo, aveva omesso di comunicare gravi inadempienze commesse nell'ambito di una precedente gara, indetta da una diversa amministrazione.
L'articolo 38, comma 1, lettera e), stabilisce che “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti … e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti … f) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso un grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”.
Nel caso di specie, la concorrente esclusa aveva omesso di dichiarare di aver subìto, in qualità di aggiudicataria di una precedente gara, la risoluzione del contratto stipulato con l’Ente amministratore, per essersi resa gravemente inadempiente degli obblighi derivanti dal contratto, in quanto aveva fornito materiale difforme dalle campionature previste
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.03.2010 n. 1500 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI SERVIZI: Procedura di gara - avvenuta esclusione di alcuni operatori economici - obbligo di comunicazione - mera trasmissione del verbale della seduta in cui è avvenuta l'esclusione - presenza alle sedute di gara dei legali rappresentanti delle società escluse - dies a quo di decorrenza del termine per la presentazione del ricorso giurisdizionale avverso l'esclusione medesima.
1) Dall'art. 79, c. 5, d.lgs. 163/2006, emerge l'obbligo, per la pubblica amministrazione appaltante, di comunicare, da subito, ai soggetti interessati, l'avvenuta esclusione dalla gara.
2) Al fine dell'individuazione dell'atto da portare a conoscenza dell'operatore economico escluso, per una sua eventuale impugnazione, si ritiene sufficiente la comunicazione di quegli atti endoprocedimentali rappresentati dai verbali redatti dalla commissione di gara.
Il solo verbale di gara, senza necessità di alcuna approvazione da parte della stazione appaltante, debitamente redatto e comunicato, è sufficiente a garantire quei profili di certezza connessi alla conoscenza dell'atto di esclusione, al fine della tutela giurisdizionale da azionarsi, eventualmente, da parte dell'operatore economico pretermesso.
3) Secondo l'orientamento giurisprudenziale maggioritario, la partecipazione dei legali rappresentanti delle società concorrenti alla seduta in cui è avvenuta l'esclusione vale quale termine a quo, al fine del decorso dei sessanta giorni per la presentazione del ricorso al giudice amministrativo (parere 12.03.2010 n. 4085 di prot. - link a http://autonomielocali.regione.fvg.it).

APPALTI: Contratto di avvalimento - Oggetto - Non soltanto le referenze maturate ma anche il complesso di beni organizzato (azienda) per l'esercizio dell'attività di impresa da parte dell'impresa ausiliaria.
La finalità dell'istituto dell'avvalimento é quella di consentire la massima partecipazione alle gare ad evidenza pubblica permettendo alle imprese non in possesso dei requisiti tecnici, di sommare, unicamente per la gara in espletamento, le proprie capacità tecniche ed economico-finanziarie a quelle di altre imprese.
L'avvalimento non è dunque una modalità associativa ma uno strumento di utilizzo delle risorse altrui nell'esecuzione del contratto e per tale ragione oggetto del contratto di avvalimento non può pertanto essere soltanto la referenza maturata in passato dall'impresa ausiliaria ma l'azienda, vale a dire, il complesso di beni organizzato per l'esercizio delle attività di impresa (cfr. TAR Veneto Venezia, sez. I, 06.11.2008, n. 3451 e Autorità Vigilanza sui Contratti Pubblici, parere n. 155 del 20.12.2007) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 12.03.2010 n. 613 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: L’approvazione del progetto preliminare di un’opera pubblica non è atto direttamente lesivo e non è dunque autonomamente impugnabile, mentre lo è l’approvazione del progetto definitivo, che –contenendo la dichiarazione di pubblica utilità– imprime al bene privato quella particolare qualità o utilità pubblica che lo rende assoggettabile alla procedura espropriativa, sì che solo esso rende attuale l’eventuale lesione derivata da vizi riferibili all’approvazione del progetto preliminare.
Per costante giurisprudenza, l’approvazione del progetto preliminare di un’opera pubblica non è atto direttamente lesivo e non è dunque autonomamente impugnabile, mentre lo è l’approvazione del progetto definitivo, che –contenendo la dichiarazione di pubblica utilità– imprime al bene privato quella particolare qualità o utilità pubblica che lo rende assoggettabile alla procedura espropriativa, sì che solo esso rende attuale l’eventuale lesione derivata da vizi riferibili all’approvazione del progetto preliminare (v., ex multis, TAR Campania, Salerno, Sez. I, 09.11.2007 n. 2482) (TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 12.03.2010 n. 82 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI - URBANISTICA: E' da condividersi l'estensione della portata del principio affermato dal giudice comunitario (fatto proprio dal legislatore nazionale prima con l’art. 7 della legge n. 166 del 2002 e poi, anche per gli interventi di valore inferiore alla soglia comunitaria, con l’art. 32 del d.lgs. n. 163 del 2006) a tutti i piani urbanistici e accordi convenzionali, comunque denominati, che nell’ambito di intese tra privati e Amministrazione, preordinate a regolare l’assetto del territorio, prevedano l’esecuzione di opere destinate a confluire nel patrimonio pubblico.
In tutti questi casi, infatti, il necessario rispetto della fondamentale regola comunitaria della tutela della concorrenza opera anche quando la finalità di riorganizzazione urbanistica ha importanza pari o superiore rispetto all’esigenza di eseguire opere pubbliche, onde la trasformazione urbanistica si separa dall’utilità economica corrispondente all’esecuzione dei lavori, nel senso che la prima (trasformazione urbanistica) rimane in capo al partner individuato senza gara dall’Amministrazione mentre la seconda (utilità economica corrispondente all’esecuzione dei lavori) diviene un bene autonomo da attribuire mediante gara pubblica.
Ha ben ragione di dolersi il ricorrente di un intervento urbanistico che, attraverso la localizzazione di un’opera pubblica su area di proprietà dello stesso e la successiva occupazione del bene, ha sacrificato il diritto dominicale del privato nell’esercizio di funzioni amministrative viziate dall’inosservanza dell’obbligo di indizione della gara per l’affidamento dell’incarico di progettazione dell’opera e per l’assegnazione dell’appalto dei relativi lavori.
Chi è leso dall’effettuazione di un’opera pubblica ha titolo a lamentare che il procedimento concorsuale di scelta dell’esecutore sia mancato, nel senso che sussiste un interesse di natura strumentale alla proposizione dell’impugnativa avverso l’atto di affidamento dei lavori senza gara, in ragione delle varie conseguenze favorevoli che deriverebbero al ricorrente dall’eventuale caducazione dei relativi atti.

Vanno in proposito ricordate le conclusioni cui è pervenuta l’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (v. determ. n. 4 del 02.04.2008).
Muovendo, in particolare, dal rilievo che nel sistema nazionale di governo del territorio sono stati da tempo introdotti strumenti convenzionali di regolazione dei rapporti tra soggetti pubblici e privati –con attribuzione a questi ultimi di un ruolo attivo nelle operazioni di trasformazione territoriale–, si è rilevato:
● che in simili casi l’accordo si fonda sostanzialmente su di uno “scambio di prestazioni”, onde al riconoscimento al privato di diritti edificatori corrisponde la cessione al soggetto pubblico di aree e/o la realizzazione di opere di adeguamento infrastrutturale e di variazione del territorio;
● che, pertanto, a compenso di benefici conseguiti dal privato, questo si impegna a realizzare, quale controprestazione in favore dell’Amministrazione, determinate opere di pubblico interesse;
● che si tratta di accordi formalmente inquadrabili nelle c.d. “convenzioni urbanistiche”, da iscriversi a pieno titolo nell’alveo dell’amministrazione negoziata, ove l’esercizio del potere viene canalizzato nello schema dell’accordo con i destinatari dei suoi effetti;
● che, in materia di esecuzione di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione, la Corte di Giustizia europea (Sez. VI, causa C-399/98 del 12.07.2001) ne ha già sancito la riconducibilità al genus degli “appalti pubblici di lavori”, in presenza –tra l’altro– della natura contrattuale del rapporto instaurato tra le parti con la convenzione di lottizzazione e della natura onerosa di un accordo che, attraverso la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione, fa conseguire al privato l’estinzione del debito correlato all’importo dovuto all’Amministrazione a titolo di contributo;
● che, in ragione di ciò, si era concluso per la sussistenza dell’obbligo di esperire le procedure ad evidenza pubblica, secondo la normativa comunitaria, ben potendo la progettazione e l’esecuzione delle opere essere affidate ad un soggetto terzo, anche attraverso l’impiego dell’istituto del “mandato”, e cioè con il conferimento dei poteri relativi all’espletamento della gara allo stesso privato lottizzante;
● che in termini non dissimili va regolata la realizzazione di ogni altra opera pubblica prevista a carico di un privato nell’ambito di accordi convenzionali stipulati con le Amministrazioni locali per il governo del territorio, sempre che detti accordi disciplinino il rapporto tra le parti con valore vincolante, sulla base di uno scambio sinallagmatico, dovendo il carattere oneroso della prestazione ritenersi sussistere in qualunque caso in cui, a fronte di una prestazione, vi sia il riconoscimento di un corrispettivo che può essere, a titolo esemplificativo, in denaro, ovvero nel riconoscimento del diritto di sfruttamento dell’opera, o ancora mediante la cessione in proprietà o in godimento di beni, se è vero che il vantaggio economico posto a fondamento della scelta del privato di addivenire al negozio non deve obbligatoriamente essere limitato ad una corresponsione in denaro, ma ben può consistere in un riconoscimento di diritti suscettibili di valutazione economica;
● che, in altri termini, la realizzazione di opere da parte del privato avviene sulla base di accordi convenzionali conclusi dallo stesso con l’Amministrazione per il raggiungimento di un proprio interesse patrimoniale, che è dunque la ragione per la quale il privato assume su di sé l’obbligo di eseguire le opere in questione;
● che, in definitiva, le convenzioni urbanistiche mediante le quali i privati si obbligano a realizzare opere pubbliche presentano elementi e natura tali da dover essere ricondotte le relative fattispecie alla categoria degli “appalti pubblici di lavori”, da ciò derivando, come necessario corollario, il necessario affidamento della progettazione e dell’esecuzione delle opere secondo procedure ad evidenza pubblica.
Più di recente, l’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha ribadito che le ragioni individuate dalla giurisprudenza comunitaria per l’applicazione della regola della gara pubblica sono valide anche per l’affidamento dei servizi di ingegneria e di architettura (v. determ. n. 7 del 16.07.2009).
Il Collegio condivide simili argomentazioni, risoltesi nell’estendere la portata del principio affermato dal giudice comunitario (fatto proprio dal legislatore nazionale prima con l’art. 7 della legge n. 166 del 2002 e poi, anche per gli interventi di valore inferiore alla soglia comunitaria, con l’art. 32 del d.lgs. n. 163 del 2006) a tutti i piani urbanistici e accordi convenzionali, comunque denominati, che nell’ambito di intese tra privati e Amministrazione, preordinate a regolare l’assetto del territorio, prevedano l’esecuzione di opere destinate a confluire nel patrimonio pubblico.
In tutti questi casi, infatti, il necessario rispetto della fondamentale regola comunitaria della tutela della concorrenza opera anche quando la finalità di riorganizzazione urbanistica ha importanza pari o superiore rispetto all’esigenza di eseguire opere pubbliche, onde la trasformazione urbanistica si separa dall’utilità economica corrispondente all’esecuzione dei lavori, nel senso che la prima (trasformazione urbanistica) rimane in capo al partner individuato senza gara dall’Amministrazione mentre la seconda (utilità economica corrispondente all’esecuzione dei lavori) diviene un bene autonomo da attribuire mediante gara pubblica (v. TAR Lombardia, Brescia, 15.01.2008 n. 7).
Nella presente fattispecie, allora, ha ben ragione di dolersi il ricorrente di un intervento urbanistico che, attraverso la localizzazione di un’opera pubblica su area di proprietà dello stesso e la successiva occupazione del bene, ha sacrificato il diritto dominicale del privato nell’esercizio di funzioni amministrative viziate dall’inosservanza dell’obbligo di indizione della gara per l’affidamento dell’incarico di progettazione dell’opera e per l’assegnazione dell’appalto dei relativi lavori.
In effetti, l’accordo stipulato tra il Comune di Parma e la Sviluppi Immobiliari Parmensi S.p.A., ai sensi dell’art. 18 della legge reg. n. 20 del 2000, si inquadra in quegli strumenti di c.d. “pianificazione urbanistica negoziata” che si è visto non potersi sottrarre alle procedure ad evidenza pubblica nella parte relativa alla realizzazione delle opere pubbliche il cui onere finanziario viene assunto dal privato quale controprestazione dei benefici accordati dall’ente locale in sede convenzionale, benefici nella circostanza individuabili nei vantaggi economici obiettivamente legati alla riqualificazione urbanistica –con conseguenti nuove destinazioni funzionali– del comparto di pertinenza del soggetto attuatore dell’accordo ex art. 18 della legge reg. n. 20 del 2000; il rilievo, poi, che l’opera pubblica abbia un valore complessivo pari € 22.000.000,00 (v. atto di approvazione del progetto preliminare) ne evidenzia la riconducibilità alla disciplina inerente gli appalti di lavori di importo superiore alla soglia comunitaria –ove pure se ne dovesse frazionare l’esecuzione tra più soggetti–, sì da risultare di fatto ininfluente quale normativa interna si applichi alle varie fasi del procedimento (iniziato nella vigenza della legge n. 109 del 1994 e proseguito nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006).
Né, del resto, si può disconoscere al ricorrente la legittimazione a far valere un simile vizio, seppure non si tratta di soggetto che aspiri al conseguimento dell’incarico di progettazione o dell’esecuzione dell’appalto; come la giurisprudenza ha avuto occasione di osservare, invero, chi è leso dall’effettuazione di un’opera pubblica ha titolo a lamentare che il procedimento concorsuale di scelta dell’esecutore sia mancato, nel senso che sussiste un interesse di natura strumentale alla proposizione dell’impugnativa avverso l’atto di affidamento dei lavori senza gara, in ragione delle varie conseguenze favorevoli che deriverebbero al ricorrente dall’eventuale caducazione dei relativi atti (v. Cons. Stato, Sez. V, 04.11.1994 n. 1257)
(TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 12.03.2010 n. 82 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISui limiti delle stazioni appaltanti, negli appalti di forniture, di individuare particolari caratteristiche tecniche dei prodotti da fornire e sulle modalità di determinazione del danno da perdita di chance.
La motivazione del provvedimento non può essere integrata nel corso del giudizio con la specificazione di elementi di fatto, dovendo la motivazione precedere e non seguire ogni provvedimento amministrativo.
Negli appalti pubblici non possono essere introdotte specifiche tecniche che menzionino prodotti di una fabbricazione o di una provenienza determinata o procedimenti particolari aventi l'effetto di favorire o eliminare talune imprese, a meno che tali specifiche tecniche siano giustificate dall'oggetto dell'appalto.
In tema di appalti di forniture, l'Amministrazione può legittimamente individuare particolari caratteristiche tecniche, ma a condizione che la loro specificazione sia effettuata con riferimento ad elementi in grado distinguere nettamente l'oggetto della fornitura, senza determinare alcuna discriminazione nei confronti delle imprese di settore; di conseguenza, è vietato prevedere specifiche tecniche, che indichino prodotti di una determinata fabbricazione o provenienza, a meno di non inserire la clausola di equivalenza, ammissibile quando le stazioni appaltanti non possano fornire una descrizione dell'oggetto dell'appalto mediante specifiche tecniche sufficientemente precise.
E’ illegittimo l’operato di una commissione di una gara per l’appalto di forniture di apparecchiature elettromedicali da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa nel caso in cui, dopo la presentazione delle offerte, la commissione stessa abbia inserito quale ulteriore criterio -oltre quelli contenuti nel bando in ordine decrescente di importanza e i sub criteri specificati in quest’ultimo- quello "dell’omogeneità con le apparecchiature esistenti", atteso che, anche in base ai principi affermati dalla giurisprudenza comunitaria, sussiste il divieto di introdurre ex post elementi che, se fossero stati noti al momento della preparazione delle offerte, avrebbero potuto influenzare la detta preparazione.
In sede di risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi, mentre non è ravvisabile il necessario presupposto della colpa della P.A. allorché quest'ultima abbia conformato la propria azione a consolidate interpretazioni giurisprudenziali, di converso deve ritenersi che, salvo casi eccezionali, colpa possa ravvisarsi allorché la condotta dell’Amministrazione si sia posta in termini collidenti ed antitetici rispetto a plurime e consolidate interpretazioni giurisprudenziali.
Il risarcimento dei danni per perdita di chance va quantificato con la tecnica della determinazione dell'utile che sarebbe stato possibile conseguire in caso di vittoria, scontato percentualmente in base al numero dei partecipanti alla gara, posto che tale tipo di danno -non potendo essere provato nel suo preciso ammontare- deve essere quantificato in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.c. (in applicazione del principio nella specie l'ammontare del risarcimento è stato fissato nella percentuale del 5% del prezzo offerto- per la perdita di chance, comprensiva dell’ipotizzato e richiesto "danno curricolare"; è stato precisato che tale ammontare va maggiorato degli interessi legali decorrenti dal momento della presentazione della domanda giudiziale ed eventualmente dell’ulteriore rivalutazione monetaria, ove superiore a tale saggio) (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11.03.2010 n. 1443 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sul potere delle Stazione Appaltante in ordine al giudizio di congruità dell'offerta anomala.
Il giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme e costituisce espressione di un potere tecnico-discrezionale dell'Amministrazione di per sé insindacabile in sede di legittimità, salva l'ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione o affette da errori di fatto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.03.2010 n. 1414 -
link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: Molti lavori in un unico appalto. Il Tar Puglia ha dato il via libera all'unione di più interventi teoricamente separabili. Legittimo l'accorpamento per accelerare i tempi e risparmiare.
Legittimo l'accorpamento in un unico appalto di più interventi, anche teoricamente scindibili; l'unicità del lotto si impone, anche per ragioni di economicità e celerità dell'azione amministrativa, quando vi siano ragioni di stretto coordinamento dei lavori da effettuare contemporaneamente e non è tale da restringere la concorrenza.
È quanto afferma il TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza  11.03.2010 n. 891 in ordine ad un appalto bandito nell'ambito dei settori speciali (trasporto ferroviario) che prevedeva l'utilizzo del sistema di qualificazione gestito da Rfi ... (articolo ItaliaOggi del 09.04.2010 - link a www.corteconti.it).

APPALTI: E' legittima la scelta di una stazione appaltante di procedere ad un appalto unitario invece che a separati appalti contemporanei.
Sulla base del quadro normativo nazionale e comunitario non esiste alcuna specifica disposizione che precluda la possibilità di cumulare in un'unica procedura di gara più interventi ancorché teoricamente scindibili. Anzi, è logico e coerente con i principi di economicità e celerità dell'azione amministrativa che la stazione appaltante concentri in un unico procedimento di gara l'aggiudicazione di vari servizi caratterizzati da una reciproca connessione.
Ne consegue che, nel caso di specie, relativo ad una procedura indetta per l'affidamento di una serie di interventi da effettuarsi lungo una linea ferroviaria, è legittima la scelta della stazione appaltante di procedere ad un appalto unitario invece che a separati appalti contemporanei, scelta che è stata preceduta da un apposito studio di verifica che ha concluso per l'accorpamento di tutti i lotti (sette lotti) in considerazione della necessità di strettissimo coordinamento di interventi da compiere contemporaneamente sulla medesima linea (ciascuno dei quali ostacola e condiziona gli altri) e dall'evidente vantaggio di gestirli attraverso un appalto unico (TAR Puglia, Bari, Sez. I, sentenza 11.03.2010 n. 891 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Spetta alla p.a. dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, nel caso in cui il privato danneggiato dall'illegittimo esercizio dell'azione amministrativa invochi, ai fini della prova della colpa della p.a., l'illegittimità del provvedimento.
Laddove il privato danneggiato dall'illegittimo esercizio dell'azione amministrativa invochi, ai fini della prova della colpa della p.a., l'illegittimità del provvedimento quale indice presuntivo della colpa o alleghi circostanze ulteriori idonee a dimostrare che si è trattato di un errore non scusabile, spetta alla p.a. dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, configurabile in caso di contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata, etc. (TAR Calabria-Reggio Calabria, sentenza 11.03.2010 n. 249 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISulla legittimità dell’esclusione da una gara di una ditta che ha presentato una polizza fideiussoria d'importo di 20 centesimi di euro inferiore rispetto a quello previsto dal bando.
E’ legittimo il provvedimento con il quale la P.A. ha escluso da una gara di appalto una ditta, motivato con riferimento al fatto che la ditta esclusa ha presentato una polizza fideiussoria di importo inferiore rispetto a quello dovuto e richiesto dal bando, sia pure di soli 20 centesimi di Euro, nel caso in cui il bando di gara contenga una chiara ed inequivoca indicazione della somma su cui calcolare l’importo della cauzione; né tale esigua differenza può avere rilevanza per giustificare una regolarizzazione postuma della documentazione, atteso che la garanzia provvisoria risulta finalizzata a fornire un’adeguata tutela delle ragioni creditorie della P.A., senza che possa ritenersi residuare nei confronti dell’offerente alcun margine di incertezza e di opinabilità, o comunque
residuare alcuna discrezionalità da parte della stazione appaltante in ordine all’accettazione di un importo inferiore a quello richiesto (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Basilicata, Sez. I, sentenza 11.03.2010 n. 109 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Il corriere privato costituisce un mezzo alternativo alla spedizione postale, ma non è equivalente ad essa.
Le censure delle ricorrenti incidentali colgono nel segno, atteso che il disciplinare di gara -alla sezione 4 punto 4.6, recante le modalità di collazione, sigillatura e spedizione del plico generale e delle buste- dispone testualmente che <<a pena di esclusione, il plico generale dovrà pervenire esclusivamente a mezzo di raccomandata del servizio postale…>>.
La modalità scelta dalla ricorrente De Francesco Costruzioni s.a.s. di inviare il plico di gara con un corriere privato non risponde alla prescrizione dell’utilizzo esclusivo della raccomandata postale per l’invio del plico dell’offerta.
Invero, il corriere privato costituisce un mezzo alternativo alla spedizione postale, ma non è equivalente ad essa, in quanto il servizio di Poste Italiane offre la certificazione legale dell’avvenuta spedizione, che è particolarmente adatta per gli usi amministrativi e giudiziari.
La prescrizione in parola ha l’ulteriore ragion d’essere di uniformare tra loro le modalità di spedizione, per evitare che vettori diversi, con tempi e tecniche operative diverse, possano recare disguidi nella raccolta dei plichi delle offerte e, più in generale, nell’organizzazione della gara.
Il fatto che la prescrizione sia prevista a pena di esclusione la rende cogente e inderogabile e non consente che la ditta ricorrente esclusa sia riammessa in gara, senza che ne sia turbato l’intero andamento, avendone particolare detrimento la “par condicio” dei concorrenti
(commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Molise, sentenza 10.03.2010 n. 172 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sussiste l'obbligo di dichiarazione ex art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, non solo da parte di chi rivesta formalmente la carica di amministratore, ma anche da parte di colui che abbia la titolarità di ampi poteri di rappresentanza dell'impresa.
L'art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, nella parte in cui elenca le dichiarazioni di sussistenza dei requisiti morali e professionali richiesti ai fini della partecipazione alle procedure di gara, assume come destinatari tutti coloro che, in quanto titolari della rappresentanza dell'impresa, siano in grado di trasmettere, con il proprio comportamento, la riprovazione dell'ordinamento nei riguardi della loro personale condotta, al soggetto rappresentato.
Deve, pertanto, ritenersi sussistente l'obbligo di dichiarazione non soltanto da parte di chi rivesta formalmente la carica di amministratore, ma anche da parte di colui che, in qualità di procuratore ad negotia, abbia ottenuto il conferimento di poteri consistenti nella rappresentanza dell'impresa e nel compimento di atti decisionali (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 09.03.2010 n. 1373 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'obbligo di una stazione appaltante di revisionare il contratto adeguandolo ai costi del servizio a causa di un provvedimento autoritativo dell'autorità statale.
In un appalto per il servizio di nettezza urbana, l'obbligo di conferimento in nuovi siti di discarica dei rifiuti solidi urbani, diversi da quello indicato nel contratto di appalto, avvenuto in forza di provvedimenti autoritativi dell'autorità statale costituisce un evento straordinario, imprevedibile, non riconducibile ad una condotta colposa della società affidataria del servizio ed incidente in maniera rilevante e sostanziale sul sinallagma contrattuale.
Pertanto, anche in presenza di una clausola preclusiva alla revisione dei prezzi, deve ritenersi, che la suddetta clausola vada riferita alla normale alea contrattuale, ossia a quel rischio presente in tutti i contratti di durata a prestazione corrispettive, legato alle fluttuazioni fisiologiche del mercato ed agli effetti che possono derivare dal decorso del tempo.
Certamente esulano dall'alea contrattuale i fattori di costo sopportati dall'imprenditore cagionati dall'adozione di provvedimenti autoritativi che determinato un abnorme aggravio di costi. Una diversa interpretazione della clausola, se intesa come escludente in radice la possibilità di revisione periodica dei prezzi imposta dalla legge,ne comporterebbe la nullità ex art. 1339 c.c..
Conseguentemente, l'amministrazione comunale ha l'obbligo di revisionare il contratto adeguandolo ai costi del servizio, tenuto conto della nuova situazione contingente delineatasi, che non è imputabile certamente alla società (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.03.2010 n. 1333 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: A. Barbiero, Partecipate di terzo livello: insuperabile la costituzione di società mista non conforme ai principi comunitari del PPPI (link a www.albertobarbiero.net).

APPALTI: La capacità economica e finanziaria negli appalti pubblici di servizi: profili interpretativi (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: La dichiarazione sostitutiva di un atto di notorietà non è idonea a comprovare la conformità di un documento all’originale.
Dall’esame complessivo delle clausole del bando è agevole evincere che, ai fini dell’ammissione alla procedura selettiva, ogni aspirante al contributo dovesse effettuare distinti adempimenti formali, tra i quali la predisposizione della domanda e la compilazione di una scheda tecnica, corredate dalle impegnative dichiarazioni rese secondo le modalità tipiche delle “autocertificazioni” disciplinate dal testo unico della documentazione amministrativa.
La produzione dei documenti in originale, recanti i preventivi di spesa degli interventi oggetto del richiesto finanziamento, è considerata dal bando quale autonomo e ulteriore requisito formale di partecipazione.
Non vi è alcun dato letterale o sistematico della lex specialis della procedura che permetta di considerare “assorbita” o surrogata la prescritta produzione documentale mediante le semplici autodichiarazioni degli interessati.
Il valore di autocertificazione e di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà attribuita alla domanda e ai relativi allegati va spiegata, agevolmente, in considerazione del contenuto complesso di tali atti, che si riferiscono ad una pluralità di fatti e di stati posti a diretta conoscenza del dichiarante.
In termini generali, del resto, è pacifico che la dichiarazione sostitutiva di un atto di notorietà non è idonea a comprovare la conformità di un documento all’originale. In concreto, poi, non risulta affatto che la dichiarazione presentata dall’odierna appellante contenga tale riferimento. A tutto concedere, la dichiarazione sostitutiva presentata potrebbe riguardare la veridicità dei contenuti di quanto esposto nella scheda tecnica.
Ma il bando della procedura non ritiene sufficiente un’autodichiarazione relativa ai preventivi di spesa, esigendo, al contrario, una apposita documentazione, proveniente dai soggetti interessati.
Ed è appena il caso di osservare che non presenta i caratteri dell’autodichiarazione la firma autografa del rappresentante legale della società Deck sul frontespizio dell’allegato C, relativo alle copie dei preventivi di spesa.
È evidente, poi, che le dichiarazioni sostitutive dell’interessata non rientrano nemmeno nel raggio di applicazione dell’articolo 19 del testo unico della documentazione amministrativa (rubricato Modalità alternative all'autenticazione di copie).
Secondo tale previsione, “la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà di cui all'articolo 47 può riguardare anche il fatto che la copia di un atto o di un documento conservato o rilasciato da una pubblica amministrazione, la copia di una pubblicazione ovvero la copia di titoli di studio o di servizio sono conformi all'originale. Tale dichiarazione può altresì riguardare la conformità all'originale della copia dei documenti fiscali che devono essere obbligatoriamente conservati dai privati”.
Ora, questa previsione restringe l’ambito operativo della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà a ben delimitate ipotesi, tra le quali non rientra, certamente, la fattispecie della attestazione di conformità all’originale di documenti provenienti da soggetti privati, non aventi carattere fiscale.
Né risulta convincente l’affermazione della parte appellante, secondo la quale l’amministrazione regionale, attraverso le regole indicate nel bando, avrebbe inteso allargare il novero degli atti indicati dall’articolo 19, suscettibili di essere autocertificati.
È vero, invece, che l’amministrazione regionale ha espressamente richiesto di dimostrare l’entità e i contenuti dei preventivi di spesa mediante l’esclusivo strumento della esibizione degli atti originali.
La portata “generale” del principio dell’autocertificazione, sostenuta dall’appellante, infatti, è indiscussa, ma essa opera in conformità alle regole legislative che la disciplinano e nell’ambito dei margini di scelta riconosciuti dalla legge alle singole amministrazioni che ne fanno applicazione.
Dunque, se è inesatta, nella sua assolutezza, l’affermazione del TAR, secondo il quale la domanda dell’interessata non conterrebbe alcuna autodichiarazione o dichiarazione sostituiva, perché, in effetti, esistono due dichiarazioni rese dall’interessata, pienamente conformi alle prescrizioni del bando, va però precisato che esse, certamente, non si riferiscono alla riconosciuta conformità delle copie prodotte agli originali dei preventivi di spesa.
Va osservato, ancora, che la previsione del bando risulta formulata in modo espresso ed inequivoco, indicando con chiarezza la conseguenza della mancata produzione dei preventivi di spesa in originale, sanzionata con l’inammissibilità della domanda (art. 8, comma 2, punto V, lett. D: «la domanda di contributo…deve essere corredata, a pena di inammissibilità, della seguente documentazione completa in ogni sua parte:…preventivi di spesa in originale…»).
Dunque, l’utilizzazione di modalità diverse di dimostrazione delle spese preventivate non risulta ammessa dalla disciplina speciale della procedura selettiva.
Nel caso in esame, poi, non possono trovare applicazione i principi normativi e giurisprudenziali del cosiddetto “dovere di soccorso”, che impongono all’amministrazione di richiedere ai partecipanti a concorsi o gare le necessarie integrazioni documentali e gli opportuni chiarimenti, prima di procedere alla esclusione delle domande di ammissione, per carenze di carattere essenzialmente formale.
Infatti, nella vicenda in oggetto, mentre non operano le norme richiamate dall’appellante, espressamente riferite alle procedure contrattuali, l’integrazione ipotizzata non riguarda un aspetto parziale o formale della domanda, ma proprio la produzione di un documento originale, ritenuto essenziale nell’istruttoria delle istanze.
L’ammissione di una produzione tardiva, nel contesto di una disciplina concorsuale molto precisa e non particolarmente gravosa degli allegati alla domanda, poi, comporterebbe una evidente violazione della par condicio tra gli aspiranti al finanziamento, a tutto vantaggio dei partecipanti meno diligenti, i quali non abbiano rispettato scrupolosamente le chiare regole della procedura.
Le censure proposte contro la clausola del bando non sono fondate nel merito.
Al riguardo, non è condivisibile l’affermazione del TAR, secondo il quale sussisterebbe “la inammissibilità per tardività della impugnativa, tenuto conto del fatto che la lesività della stessa sul punto in discussione –comunque ragionevole in quanto risponde ad un’esigenza di certezza e di immediata verificabilità delle opere da finanziare– era immediatamente percepibile, proprio in virtù del suo inequivoco tenore, sin dalla pubblicazione del bando.”
Infatti, l’onere di immediata impugnazione delle clausole del bando sussiste solo per le prescrizioni “escludenti”, vale a dire per quelle disposizioni che indicano i requisiti soggettivi di ammissione alla procedura.
Tuttavia, nel merito, non sussistono le lamentate illegittimità.
Non vi è, in primo luogo, alcuna puntuale regola legislativa che imponga di ammettere, in ogni caso e senza eccezioni, modalità di produzione documentale di atti privati mediante l’esibizione di copie non autentiche.
Sul piano della ragionevolezza e della logicità intrinseca della contestata prescrizione formale, inoltre, occorre considerare che, nell’ambito della procedura selettiva in esame, è comprensibile l’esigenza dell’amministrazione di avere la massima certezza in ordine alla formulazione di preventivi di spesa elaborati da soggetti privati.
Proprio sulla base delle cifre indicate e delle correlate prestazioni di servizi e forniture, infatti, l’amministrazione può effettuare le necessarie e approfondite valutazioni delle istanze di ammissione ai richiesti finanziamenti.
La richiesta degli originali dei preventivi, dunque, si colloca nel novero del legittimo apprezzamento discrezionale dell’amministrazione, a nulla rilevando che i preventivi esibiti potrebbero non essere definitivamente vincolanti per le parti. Infatti, si tratta, in ogni caso, degli atti che giustificano l’entità della richiesta formulata dagli aspiranti al finanziamento, in funzione del progetto di intervento proposto.
Contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante, poi, in relazione ad atti formati da soggetti privati, la richiesta degli originali consente, obiettivamente, di ottenere un maggior grado di certezza in ordine alla genuinità della documentazione prodotta (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 05.03.2010 n. 1290 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISui limiti della facoltà delle P.A. appaltanti di introdurre nei bandi di gara requisiti ulteriori non previsti dalla vigente legislazione.
I bandi di gara possono prevedere requisiti di partecipazione più rigorosi di quelli fissati normativamente, potendo in particolare richiedere l'attestazione di requisiti di capacità diversi ed ulteriori rispetto a quelli richiesti per la iscrizione in albi o elenchi, purché tali requisiti ulteriori non siano discriminanti ed abnormi rispetto alle regole proprie del settore.
Il sindacato del giudice sulla proporzionalità dei bandi di gara non impinge nel merito amministrativo, in quanto la libertà della stazione appaltante di valutare discrezionalmente le esigenze da porre a base dell'affidamento dell'appalto ed i conseguenti requisiti da richiedere ai concorrenti va contemperata con il rispetto dei principi fondamentali che presidiano le procedure ad evidenza pubblica, quali la concorrenza e il favor partecipationis, sicché la violazione dei relativi principi comporta la illegittimità dell’azione amministrativa.
E’ illegittimo, per violazione dei principi di proporzionalità, libertà di concorrenza e favor partecipationis, e per ingiustificata restrizione del numero dei partecipanti, il bando di una gara -indetta da un Comune di piccole dimensioni- per l’affidamento in concessione del servizio di gestione, riscossione ed accertamento della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche temporanea e permanente, dell'imposta comunale sulla pubblicità, e dei diritti sulle pubbliche affissioni, che preveda, quali requisiti di partecipazione -oltre alla iscrizione all’albo di cui all’art. 53 del D. Lgs. 15.12.1997 n. 446 (albo nazionale dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e delle altre entrate delle Province e dei Comuni)- anche la dimostrazione di aver svolto, per almeno un triennio continuativo nell’ultimo quinquennio antecedente la data della gara, il servizio di liquidazione, accertamento e riscossione dei servizi oggetto del bando in forma congiunta ed in almeno due Comuni con popolazione superiore a 90.000 abitanti, nonché di aver conseguito un fatturato, nel triennio precedente, per un importo, per aggi, non inferiore ad euro 8.000.000,00 al netto di IVA (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 03.03.2010 n. 677 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIIllegittima la clausola di un bando di gara che introduca requisiti ulteriori e sproporzionati rispetto a quelli previsti dalla legislazione.
Costituisce ius receptum l'affermazione secondo cui i bandi di gare d'appalto possono prevedere requisiti di partecipazione più rigorosi di quelli fissati normativamente purché non discriminanti ed abnormi rispetto alle regole proprie del settore. Nel caso di specie la ricorrente sosteneva l’abnormità dei requisiti di ammissione richiesti, rilevando che l’iscrizione nell’albo dei riscossori, integrante la condicio sine qua non ai fini dell’acquisizione dei servizi in questione, costituisse da sé presunzione di idoneità delle imprese alla gestione del servizio.
Infatti, per un comune con circa 90.000 abitanti, l’aver richiesto lo svolgimento continuativo nell’ultimo quinquennio, e per almeno un triennio, del servizio di liquidazione, accertamento e riscossione dei servizi oggetto del bando in forma congiunta ed in almeno due Comuni con popolazione superiore a 90.000 abitanti, risultava certamente eccessivo, ove si consideri che, in Italia su oltre 8.000 comuni, solo cinquantasei hanno un numero di abitanti superiore a 90.000 (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 03.03.2010 n. 677 -
link a www.mediagraphic.it).

APPALTIGara d'appalto - Concorrente legittimamente escluso - Ricorso per motivi aggiunti - Inammissibilità per carenza d'interesse - Mancanza dell'interesse alla riedizione della gara e alla partecipazione.
E' inammissibile la censura formulata con motivi aggiunti, da un soggetto escluso legittimamente dalla procedura di gara, riguardo ai successivi atti della procedura. Il problema che viene in esame è quello della sussistenza o meno di un interesse a ricorrere, in capo al concorrente legittimamente escluso da una procedura di evidenza pubblica, che chieda l'annullamento di atti successivi ed ulteriori rispetto alla propria esclusione.
Se di regola è sufficiente l'interesse strumentale del partecipante ad una gara pubblica di appalto, onde ottenere la riedizione della gara stessa, deve in ogni caso ritenersi che un tale interesse non sussista in capo al soggetto legittimamente escluso, dato che tale soggetto, per effetto dell'esclusione, rimane privo non soltanto del titolo legittimante a partecipare alla gara, ma anche a contestarne gli esiti e la legittimità delle distinte scansioni procedimentali (la fattispecie in esame è identica a quella affrontata da C.S. 26.11.2009 n. 7443, nella quale è stata affermata la compatibilità del predetto orientamento, con i principi scaturenti dalla pronuncia dell'Adunanza Plenaria n. 11 del 2008; vedi anche C.S. Sez. V 29.12.2009 n. 8969) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 03.03.2010 n. 514 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di un concorrente dalla gara disposta sulla base della violazione dell'art. 48 del D.Lgs. n. 163 del 2006 per non aver prodotto in tempo utile la documentazione richiesta ai fini dell'ammissione alla procedura.
E' legittima l'esclusione di un concorrente dalla gara a procedura aperta per la copertura assicurativa triennale delle polizze infortuni degli amministratori e dipendenti della polizia stradale, disposta sulla base della violazione dell'art. 48 del D.Lgs. n. 163 del 2006 per non aver prodotto in tempo utile la documentazione richiesta ai fini dell'ammissione alla procedura, in quanto nel caso di specie, la stazione appaltante aveva concesso al ricorrente un termine superiore a quello minimo previsto dall'art. 48 c. 1 D.Lgs. n. 163/2006 per la produzione documentale.
Inoltre, la giurisprudenza maggioritaria riconosce natura perentoria al predetto termine ricollegando al suo decorso le conseguenze previste dalla norma citata, perciò, è onere del concorrente produrre la documentazione atta a comprovare il possesso dei requisiti autocertificati, non dovendo la stessa essere acquisita d'ufficio dalla stazione appaltante. Il concorrente doveva, quindi, attivarsi per tempo, onde ottenere i documenti necessari, che infatti vanno espressamente indicati nel bando di gara (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 03.03.2010 n. 514 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Valutazione dell'offerta anomala - Spese generali - Elemento ad incidenza variabile - Natura globale e sintetico del giudizio sull'anomalia dell'offerta - Necessità.
Ai fini della verifica dell'anomalia dell'offerta in una gara d'appalto le percentuali per spese generali non sono incomprimibili, trattandosi di elementi la cui incidenza è variabile da impresa ad impresa (TAR Liguria, Sez. II, 06.04.2009 n. 615, TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 05.09.2007 n. 1393).
La giurisprudenza ha ritenuto anomale le offerte che prevedessero spese generali pari a zero (TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 26.06.2007 n. 1098), diversamente dalla fattispecie concreta, in cui il loro valore medio non è irrilevante (6,8%). Costituisce principio consolidato quello secondo cui il giudizio di anomalia di un'offerta ha natura globale e sintetica e deve risultare da un'analisi di carattere tecnico delle singole componenti in cui l'offerta si scompone e della relativa incidenza sulla medesima offerta considerata nel suo insieme, al fine di valutare se l'anomalia delle dette componenti si traduca nell'inattendibilità dell'offerta complessiva stessa.
Il giudizio finale deve quindi essere un giudizio globale e sintetico dell'attendibilità dell'offerta nel suo insieme (TAR Lazio Roma, sez. III, 10.01.2007 n. 92), come risulta effettuato nella fattispecie concreta, a prescindere dall'esiguità, tuttavia non irrilevante, delle spese generali (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 03.03.2010 n. 511 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Art. 38, comma 3, DPR 445/2000 - Autodichiarazione - Non sussiste equiparazione tra dichiarazione originale e fotocopia della stessa.
2. Bando - Mancata produzione di un documento previsto a pena di esclusione - Produzione postuma del documento - Inammissibile.

1. L'art. 38, comma 3, del DPR n. 445/2000, in base al quale "le istanze e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà da produrre agli organi della amministrazione pubblica o ai gestori o esercenti di pubblici servizi sono sottoscritte dall'interessato in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore, la copia fotostatica del documento è inserita nel fascicolo", non possa essere interpretato nel senso di una sostanziale equivalenza della dichiarazione originale a quella in fotocopia.
La norma richiamata prevede una duplice modalità di formazione della autodichiarazione riconoscendo ad entrambe la medesima efficacia. In particolare, riconosce all'allegazione della fotocopia del documento di identità una funzione di attribuzione certa della paternità della sottoscrizione al pari della apposizione della medesima innanzi al pubblico ufficiale senza, con ciò, introdurre ulteriori possibilità quanto alla tipologia di sottoscrizione che deve, in entrambi i casi essere apposta in originale.
Nessun elemento testuale depone nel senso di una equiparazione fra la dichiarazione sottoscritta in originale e la fotocopia della sottoscrizione.
2. La mancata produzione di un documento previsto dal Bando a pena di esclusione determina l'esclusione del concorrente, senza possibilità di integrazione successiva poteva essere consentita in quanto, coma la giurisprudenza ha ripetutamente precisato, "la produzione postuma di un documento, come sempre avviene nelle pubbliche gare, non ha mai l'effetto di sanare retroattivamente la causa di esclusione giacché ciò darebbe luogo ad una non consentita disapplicazione di regole poste a garanzia dell'imparzialità del procedimento e finirebbe con lo snaturare la stessa fisionomia delle pubbliche gare" (Cons. stato, Sez. V, 31.10.2008, n. 5458) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 03.03.2010 n. 501 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla legittimità del provvedimento con il quale la P.A. appaltante ha autorizzato tutte le imprese a produrre ex post il certificato circa il rispetto sulle norme a tutela dei disabili.
Legittimamente la stazione appaltante ha invitato tutte le ditte concorrenti ad una gara di appalto ad integrare la documentazione già prodotta, con il certificato sul diritto al lavoro dei disabili di cui all’art. 17 della L. 23.03.1999, n. 68, nel caso in cui nessuna delle ditte concorrenti abbia prodotto tale certificato in sede di presentazione dell’offerta; in tal caso, infatti, la mancata osservanza dell’art. 17 della legge 23.03.1999, n. 68 (secondo cui grava su tutte le imprese che entrano in rapporto con la P.A. l’obbligo di dimostrare, sin dalla presentazione dell’offerta, che l’impresa è in regola con la normativa sull’avviamento al lavoro dei disabili), applicabile ex lege senza che sia necessario prevedere il suddetto obbligo nel bando di gara, avrebbe comportato l’esclusione di tutte le ditte e la conseguente necessità del rifacimento della gara, senza nessun vantaggio per l'Amministrazione e per i concorrenti (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.03.2010 n. 1207 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Chiusura delle buste di gara - Mancanza della ceralacca - Altra modalità idonea a garantirne la riservatezza e la segretezza - Esclusione dalla gara - E' illegittima.
E' illegittimo il provvedimento di esclusione da una procedura ad evidenza pubblica disposta dalla stazione appaltante nei confronti di un'impresa per aver violato le prescrizioni del bando e della lex specialis di gara, laddove tali violazioni non abbiano inciso in alcun modo sull'interesse pubblico protetto dalle norme sull'evidenza pubblica (cfr. TAR Calabria Reggio Calabria, 22.02.2006 n. 326) (fattispecie nella quale il Collegio ha annullato il provvedimento di esclusione di un concorrente da una gara disposta dall'amministrazione sul rilievo che la busta contenente l'offerta economica non era sigillata con la ceralacca come prescriveva il bando di gara ma chiusa con modalità alternative tali comunque da garantirne la riservatezza e la segretezza) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 02.03.2010 n. 483 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'illegittimità dell'esclusione di un concorrente per violazione dell'obbligo di chiusura del plico contenente l'offerta economica.
Le formalità imposte dalla lex specialis relativamente alla sigillatura dei vari plichi di cui si compone l'offerta, sono state poste a presidio della loro segretezza, della garanzia dell'identità dell'offerente, e contro il rischio di una loro manomissione.
Nel caso di specie, le finalità sottese al predetto obbligo di sigillatura sono state comunque raggiunte, giacché la busta contenente l'offerta economica si trovava all'interno di un plico correttamente sigillato, aperto in seduta pubblica e contestualmente inserita entro un ulteriore plico, parimenti sigillato, il che ha impedito la manomissione del contenuto della busta economica, garantendone la riconducibilità all'impresa offerente.
Pertanto, è illegittimo il provvedimento di esclusione adottato nei confronti di un concorrente che abbia presentato la propria offerta economica all'interno di una busta priva dei sigilli di ceralacca, come prescritto dalla lex specialis di gara, ciò in quanto la violazione formale delle clausole di un bando, allorquando non abbiano avuto alcun tipo di incidenza sull'interesse pubblico tutelato dalle norme sull'evidenza pubblica, non è sufficiente ad integrare una causa di esclusione (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 02.03.2010 n. 483 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Il lodo arbitrale è insuscettibile di esecuzione attraverso lo speciale rimedio del ricorso per ottemperanza.
Il lodo arbitrale è insuscettibile di esecuzione attraverso lo speciale rimedio del ricorso per ottemperanza, in quanto, data la sua connotazione in termini negoziali, gli è estranea la possibilità di conseguire quella particolare qualità o stabilità consistente nella immutabilità dell'accertamento, ossia il "far stato tra le parti" previsto per le sentenze dall'art. 2909 c.c., che è proprio ed esclusivo delle sentenze che provengono dall'autorità giurisdizionale statuale.
Si può, dunque, affermare che sebbene il lodo abbia "efficacia di sentenza", l'assimilazione del lodo alla sentenza può riguardare soltanto gli effetti processuali della decisione e il suo regime di impugnazione, non potendo valere a fare acquisire al lodo, data la propria inidoneità in tal senso, l'autorità di cosa giudicata ex art. 2909 c.c., ancorché non più impugnabile per nullità (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 01.03.2010 n. 1213 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: M. Alesio, Le procedure negoziate e la “Lex Specialis” di gara: natura, tipologie e problematiche (3° modulo - marzo 2010) (link a http://doc.sspal.it).

febbraio 2010

APPALTI: M. Alesio, Le procedure negoziate e la “Lex Specialis” di gara: natura, tipologie e problematiche (2° modulo - febbraio 2010) (link a http://doc.sspal.it).

APPALTI: M. Alesio, Le procedure negoziate e la “Lex Specialis” di gara: natura, tipologie e problematiche (1° modulo - febbraio 2010) (link a http://doc.sspal.it).

LAVORI PUBBLICI: G. Guzzo, Le nuove regole del Project Financing: corsi e ricorsi storici (link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Sicurezza cantieri: arriva la guida interattiva.
Pubblicato un vademecum basato su domande e risposte e rivolto al committente e al responsabile lavori del cantiere
Con l’intento di fornire ai Committenti e ai Responsabili dei Lavori, uno strumento operativo (interattivo), basato su domande e risposte, che li supporti nell’ottemperare agli obblighi previsti dalla legge, è stato preparato un vademecum redatto in collaborazione tra Ordini e Collegi Professionali, Collegio Costruttori Edili dell’Associazione Industriali, SPSAL AUSL, Comune di Reggio Emilia–Servizio Edilizia Privata, Provincia di Reggio Emilia ... (link a
www.ediliziaurbanistica.it).

APPALTI: Stop agli affidamenti senza gara tra P.A. (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: Sull'illegittimità della clausola di un bando di gara che demandi l'esclusione di un concorrente ad un organo monocratico.
E' illegittima la clausola di un bando che consenta l'adozione di un provvedimento di esclusione da parte del solo Presidente della commissione di gara, anziché dall'intero collegio giudicante, ciò in quanto, ai sensi dell'art. 84 del d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti), nel caso in cui la scelta dell'aggiudicatario avvenga con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la valutazione è demandata ad una commissione giudicatrice, che opera secondo le norme stabilite dal regolamento, e la verifica in ordine alla regolarità dei plichi ed alla sussistenza dei requisiti per la partecipazione alla gara, nonché le determinazioni di ammissione o di esclusione dei concorrenti, costituiscono attività avente carattere decisorio, che rientra, quindi, nei compiti della commissione di gara, da svolgersi in composizione plenaria, nel pieno rispetto del c.d. principio della "collegialità perfetta" (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 26.02.2010 n. 1195 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Contratti della P.a. - Appalto - Esclusione - Impugnazione successiva ad aggiudicazione provvisoria - Notifica ricorso all'aggiudicatario quale controinteressato - Necessità.
Se la notifica del ricorso di impugnazione dell'esclusione da una gara d'appalto interviene dopo l'individuazione dell'aggiudicatario provvisorio la formale notifica si impone anche nei confronti dello stesso, pena l'inammissibilità del ricorso avendo acquisito l'aggiudicatario provvisorio la qualifica di controinteressato quale titolare di interesse differenziato e qualificato al permanere del provvedimento impugnato   (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 26.02.2010 n. 1008 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: La disciplina legale della revisione dei prezzi prevale sulla quella pattizia in caso di contrasto.
Sulla base di questo principio, il Tar per la Puglia si è espresso in ordine ad una controversia tra comune e gestore del servizio smaltimento rifiuti.
Primo motivo di dibattito è stata la definizione della natura del rapporto contrattuale in corso e per il quale si chiede la revisione dei prezzi; dalla soluzione della diatriba si decide se è applicabile il codice dei contratti pubblici, nello specifico l’art. 115 del medesimo.
Non c’è dubbio per i giudici che il caso trattato sia quello di un appalto di servizi, in quanto la ditta ha assunto in forza di un rapporto contrattuale una prestazione dietro pagamento di un corrispettivo che è totalmente a carico della stazione appaltante su cui ricade il rischio finanziario della gestione. Posto che la fattispecie è quella di appalto di servizi, risulta evidentemente applicabile l’art. 115 del D.Lgs 163/2006 che stabilisce non solo la necessità di una clausola revisionale ma fissa anche i criteri che devono essere inderogabilmente osservati per un corretto adeguamento del corrispettivo.
A proposito i giudici rammentano che, ai sensi dell’art. 6 comma 4 della L. 537/1993, come novellato dall’art. 44 della legge n. 724/1994 (normativa applicabile ratione temporis alla fattispecie oggetto del giudizio secondo la tesi del Comune e comunque riproposta nelle linee essenziali, quelle che qui vengono in considerazione, dal codice dei contratti pubblici), tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo, che viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati fissati con la medesima normativa.
Considerato che l’art. 6 della legge n. 537/1993 è norma imperativa, non suscettibile di essere derogata pattiziamente (la sua finalità primaria è quella di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non possano col tempo subire una diminuzione qualitativa a causa della eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte), ne consegue che le disposizioni negoziali contrastanti con la disposizione legislativa non solo sono colpite dalla nullità ai sensi dell’art. 1419 cod. civ., ma sostituite de iure, ex art. 1339 cod. civ., dalla disciplina imperativa di legge.
Nel caso, quindi, la disciplina legale in materia di revisione prezzi si inserisce automaticamente e prevale sulla previsione pattizia, assunta in contratto (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 25.02.2010 n. 680 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTINel passaggio dalla fase di aggiudicazione provvisoria a quella definitiva il dirigente non può procedere alla riapertura della gara.
La ditta ricorrente, nella pronuncia in commento, contesta l’operato del dirigente nelle operazioni di gara: in quanto egli non si limita ad una verifica dell’operato della Commissione, come passaggio tipico dalla fase di aggiudicazione provvisoria a quella definitiva, bensì procede ad una sorta di riapertura della gara e ripetizione della stessa, riesaminando la documentazione, peraltro in seduta non pubblica, e riattribuendo punteggi, con ciò perpetrando una violazione delle più elementari regole di trasparenza dell’azione amministrativa.
Sul punto il Tribunale amministrativo di Cagliari ritiene opportuno segnalare che il principio di pubblicità delle sedute della commissione di gara è funzionale al rispetto delle esigenze di imparzialità e trasparenza che sono proprie di ogni attività amministrativa, sicché la pubblicità delle sedute assurge a principio generale della materia dei contratti pubblici (Consiglio Stato, sez. V, 12.11.2009, n. 7042).
Tali principi, secondo i giudici isolani, non possono essere violati mediante un’irrituale ripetizione della gara con totale ribaltamento dei risultati, nel passaggio dalla aggiudicazione provvisoria a quella definitiva. Come ha già avuto modo di precisare la stessa Sezione (TAR Sardegna, Sezione I, 09.10.2009 n. 1537), il legislatore del Codice non ha affatto inteso assegnare alle amministrazioni aggiudicatrici una facoltà, bensì ha elevato a principio generale un modo di procedere, volto a far prevalere, entro certi limiti, la sostanza sulla forma. Tale impostazione, discende direttamente dalla applicazione di due principi tradizionalmente fissati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia: quello di proporzionalità e quello del dovere dell’Amministrazione di ascoltare i privati prima di assumere decisioni.
E’ fuor di dubbio che l’esclusione dalla gara per dubbi in ordine alla effettiva sussistenza di un requisito in capo ad un partecipante determina un forte scostamento del provvedimento amministrativo rispetto alla scopo della fase di qualificazione alla gara pubblica. Quando la ditta partecipante incorre in un errore nell’allegazione di un certificato o, in ogni caso, quando il contenuto di un documento non soddisfa appieno le necessità istruttorie dell’Amministrazione, il principio generale è che questi aspetti devono essere oggetto di chiarimenti ed integrazioni. Ciò in quanto quell’operatore economico potrebbe risultare in concreto il migliore contraente per soddisfare le necessità per cui è stata bandita la gara.
L’esclusione della ditta, disposta con la determinazione impugnata, quindi, oltre ad urtare contro le risultanze documentali e le disposizioni del bando, viola precise regole poste a presidio della regolarità delle procedure ad evidenza pubblica. L’asserita incompletezza documentale, non rilevata dalla Commissione, poteva, al più essere oggetto di richiesta di integrazione in sede di gara, non certo di esclusione nella fase dell’aggiudicazione definitiva. A tal proposito, data la peculiarità della vicenda, i giudici sardi, chiariscono i rapporti tra aggiudicazione provvisoria e definitiva alla luce della disciplina contenuta nel codice dei contratti. Fino all'entrata in vigore del d.lgs. n. 163 del 2006, l'aggiudicazione provvisoria, quale atto terminale del subprocedimento di selezione dell'offerta migliore, non era normativamente prevista, risultando un istituto introdotto dalla prassi e variamente regolato dagli ordinamenti delle singole amministrazioni.
Il combinato disposto degli artt. 11, comma 4, e 12, comma 1 del Codice ha comportato una previsione espressa dell'istituto, configurando la selezione della migliore offerta quale atto provvisorio, che deve essere sottoposto a verifica obbligatoria. Il controllo dell'aggiudicazione provvisoria, infatti, è affidato ad un organo diverso da quello che l'ha dichiarata, organo che è individuato dall'“ordinamento delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori, ovvero degli altri soggetti aggiudicatori, ...”.
Rispetto all'aggiudicazione provvisoria, quella definitiva non è atto meramente confermativo o esecutivo, ma atto che, anche quando recepisce in toto i risultati dell'aggiudicazione provvisoria, chiude la fase pubblicistica della gara ed accerta l'idoneità dell'offerta sulla base di predeterminati elementi oggettivi, comportando comunque, un'autonoma valutazione. Attualmente l'aggiudicazione definitiva è disciplinata dall'art. 11 del Codice, che, tuttavia, al comma 7, nonostante il dichiarato e riconosciuto carattere di definitività, statuisce che l'aggiudicazione «non equivale ad accettazione dell'offerta», risultando necessaria la verifica del possesso dei requisiti prescritti (art. 11, comma 8).
In linea di principio, quindi, la decisione di non confermare l'aggiudicazione provvisoria e conseguentemente di non procedere all'aggiudicazione definitiva, deve configurarsi non quale atto di autotutela decisoria, revoca o annullamento d'ufficio, ma in termini di potere intrinseco al procedimento concorsuale. L'instabilità propria dell'aggiudicazione provvisoria, atto non definitivo e non idoneo a radicare consolidate aspettative, rende quindi legittima la sua caducazione da parte di un atto soprassessorio che deve essere, però, congruamente motivato sotto il profilo del pubblico interesse.
Deve essere in definitiva precisato, che il potere di verifica in capo al dirigente, non consiste nella celebrazione di una nuova gara, bensì in un controllo circa la correttezza dell’operato della commissione, che, se negativo, legittima lo stesso soggetto a non procedere all’aggiudicazione definitiva e, se del caso, alla indizione di una nuova gara (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 25.02.2010 n. 224 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Appalti, più concorrenza sulle opere specialistiche. Parere positivo di palazzo spada sullo schema di regolamento.
Parere positivo del Consiglio di stato sullo schema di regolamento del Codice dei contratti pubblici, ma la disciplina sui requisiti per l'esecuzione delle opere cosiddette superspecialistiche deve essere rivista alla luce dei principi di non discriminazione e di proporzionalità per non restringere la concorrenza; il limite ai ribassi nelle gare di progettazione viene ritenuto in contrasto con il principio della derogabilità dei minimi. Deve essere precisato che il regolamento non è vincolante per le regioni a statuto speciale e per le province autonome; sono inammissibili i compensi a tariffa per i dipendenti pubblici che partecipano a commissioni di collaudo miste. Da rivedere alcune norme sulla qualificazione e sulle Soa.

Sono questi i principali punti sui quali si sofferma il parere 24.02.2010 n. 313 del Consiglio di Stato, sezione consultiva per gli atti normativi (presieduta da Giancarlo Coraggio), che ha preso in esame lo schema di regolamento di attuazione ed esecuzione del codice dei contratti pubblici (dlgs 12.04.2006, n. 163).
In merito alla struttura dello schema il Consiglio di stato, analogamente a quanto fatto dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (vedi ItaliaOggi del 3 marzo), ha espresso una certa perplessità sull'estremo dettaglio delle norme e sulla loro natura integrativa più che attuativa ed esecutiva del Codice, mettendo in luce che «mai come in questo caso, la semplificazione e il principio del minimo mezzo si rendono indispensabili, sia sul piano formale, sia su quello sostanziale». Conseguentemente la sezione rileva come «probabilmente il nuovo schema di regolamento avrebbe potuto evitare alcuni eccessi normativistici, fermo comunque che esso appare suscettibile di un giudizio globalmente positivo».
Per quel che riguarda l'applicabilità delle norme regolamentari il Consiglio di stato richiede di specificare che esse si applichino soltanto alle regioni a statuto ordinario. Secondo i giudici, infatti, in base alle pronunce della Corte costituzionali, il Codice e la maggior parte del regolamento (ad esclusione delle norme sulla programmazione, gli organi del procedimento e le commissioni giudicatrici), incidendo sulla materia della concorrenza, sono riservate al legislatore statale.
In riferimento alla disciplina della verifica dei progetti si segnala come non debba essere previsto un compenso ulteriore, rispetto alla retribuzione, per i dipendenti pubblici che dovessero svolgere tale attività, in quanto si determinerebbe una disparità di trattamento con gli altri dipendenti pubblici. Per quel che riguarda la disciplina degli affidamenti di progettazione le critiche si appuntano sulla norma che prevede l'obbligo di stabilire un tetto ai ribassi (in contrasto con la normativa primaria che stabilisce la derogabilità dei minimi professionali) e sull'altra norma che richiama soltanto il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, «quasi che questo criterio sia il solo possibile», «mentre invece si pone in alternativa con il prezzo più basso». Il Consiglio di stato critica, sulla scia dell'Autorità, la possibilità di affidamento all'esterno di attività promozionali.
Sulla rivalutazione dei lavori eseguiti, ai fini della qualificazione delle imprese costruzioni, si critica l'esclusione dei lavori privati o eseguiti in proprio; perplessità (anche di ordine comunitario) sulla norma che ammette che l'impresa si qualifichi con i lavori affidati in subappalto anche per categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria (con il limite del 10%): tale possibilità deve essere esclusa, dovendo rimanere soltanto i limiti del 30 e 40% del subappalto ai fini dell'utilizzabilità dell'intero importo dei lavori.
Sull'allegato A1 in materia di requisiti per le opere superspecialistiche, dopo avere dato conto delle opposte posizioni espresse da Agi (Associazione Imprese generali) e da Finco, il parere precisa che, «fermo restando che l'individuazione in concreto dei requisiti di specializzazione rientra nell'apprezzamento di merito amministrativo riservato al ministero, la scelta di merito deve essere tale da acclarare quale sia la effettiva esigenza di qualità per le stazioni appaltanti in relazione alle opere superspecialistiche”. Ma ciò deve avvenire tenendo conto della necessità di evitare restrizioni alla concorrenza (che l'Autorità di vigilanza nel suo parere ha chiaramente riscontrato) e garantire il potenziale accesso al mercato di tutti gli operatori in grado di eseguirle2, inoltre, nota il parere, «requisiti sproporzionati rischiano di restringere la concorrenza e porsi in contrasto con il diritto comunitario e nazionale». Sarà quindi il ministero a dovere rivalutare la questione.
Come l'Autorità, anche il Consiglio di stato boccia l'ipotesi di attribuire un compenso stabilito secondo le tariffe professionali ai dipendenti che fanno parte delle commissioni di collaudo miste, dal momento che essi «percepiscono lo stipendio e l'incentivo» e che da ciò deriverebbero oneri aggiuntivi per l'amministrazione (articolo ItaliaOggi del 06.03.20010, pag. 23).

APPALTI: Sul requisito di capacità economico e finanziaria ex art. 41 d.lvo n. 163/2006; sull'irrilevanza delle condanne estinte in sede di dichiarazioni ex art. 38, lett. c), d.lvo. 163/2006; sulle valutazioni svolte dalla p.a. in ordine alla congruità delle offerte.
La disposizione contenuta nell'art. 41 del d.lvo 12.04.2006, n. 163 (codice dei contratti), consente all'amministrazione appaltante di inserire nel bando di gara la richiesta della prova della capacità economica e finanziaria attraverso una dichiarazione che riguardi sia il fatturato globale, sia il fatturato del settore oggetto dell'appalto, ma solo la dichiarazione del primo dato è indispensabile ai fini della legittimità del bando, laddove la richiesta del secondo dato è rimessa alla discrezionalità dell'amministrazione, il cui concreto esercizio, sfugge al sindacato di legittimità allorquando non risulti essere manifestamente illogica, arbitraria, irragionevole o irrazionale (profili questi che non sussistono nel caso di specie e che, anzi, non sono stati neppure evidenziati). E', pertanto, errato ritenere illegittima la clausola di un bando di gara che preveda, ai fini della dimostrazione della capacità economico-finanziaria delle imprese, la dichiarazione relativa al solo fatturato globale di impresa realizzato nell'ultimo triennio; ciò che rileva è che il fatturato corrisponda, come nel caso di specie, a servizi effettivamente resi.
E' principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui sono irrilevanti le condanne ormai estinte, con conseguente non necessità della loro indicazione in sede di dichiarazioni ex art. 38, lett. c), del dlvo 12.04.2006, n. 163 (codice dei contratti), con la conseguenza che non viene meno, in capo alle stesse, il requisito di moralità professionale prescritto ai fini dell'ammissione alla gara.
Le valutazioni svolte dall'amministrazione appaltante in ordine alla congruità delle offerte presentate ovvero relativamente alla valutazione delle offerte anomale sono espressione della discrezionalità tecnica e come tale sfuggono al sindacato di legittimità, se adeguatamente motivate, salvo che non siano manifestamente irragionevoli, irrazionali, illogiche, arbitrarie ovvero se si fondano su di un evidente travisamento di fatti (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.02.2010 n. 1040 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla necessità per le imprese associate in A.T.I. partecipanti ad una gara di appalto di rendere note le quote di partecipazione di ciascuna di esse e sulla regolarizzabilità dell'omissione di tale dichiarazione.
Costituisce causa di esclusione il mancato adempimento dell'obbligo di dichiarare, in caso di imprese associate in A.T.I., le quote di partecipazione all'interno della compagine; obbligo imposto al fine di assicurare che la stazione appaltante possa in concreto verificare il possesso dei requisiti di qualificazione da parte delle singole imprese per l'effettiva parte di lavori che ciascuna deve espletare. Ne consegue che, nel caso di specie, è illegittimo il provvedimento di riammissione delle offerte di una RTI esclusa per mancata dichiarazione della quota dei lavori di ciascuna partecipante.
La regolarizzazione documentale è consentita nell'ipotesi di vizi puramente formali o imputabili a mero errore materiale, purché inerenti a dichiarazioni o documenti non richiesti a pena di esclusione, non essendo, in tal caso, consentite la sanatoria o l'integrazione postuma, che verrebbero in tal modo a configurare una violazione dei termini ultimi di presentazione dell'offerta, nonché della "par condicio" dei concorrenti.
Inoltre, ai sensi dell'art. 46 d.lgs 163/2006 (Codice dei contratti), i criteri disposti ai fini dell'integrazione documentale riguardano: il semplice chiarimento di un documento incompleto, ovvero un documento relativo a requisiti di partecipazione, e non all'offerta. Nella fattispecie la questione della integrazione è stata posta in relazione alla dichiarazione della quota di partecipazione, inerente l'offerta ed incidente sulle modalità di esecuzione della prestazione (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.02.2010 n. 1038 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISulla legittimità dell’esclusione di una ditta il cui legale rappresentante ha omesso di sottoscrivere ogni pagina della lista delle categorie di lavorazioni e forniture.
E’ legittima l'esclusione da una gara pubblica di una impresa il cui legale rappresentante ha omesso di sottoscrivere, in ogni pagina, la lista delle categorie di lavorazioni e forniture previste per la esecuzione dei lavori, nel caso in cui tale sottoscrizione sia prescritta come obbligatoria dalla lex specialis a pena di esclusione; infatti, essendo le liste delle lavorazioni finalizzate ad evidenziare che il concorrente ha avuto piena contezza delle quantità e dei prezzi delle lavorazioni, l’omessa sottoscrizione delle stesse determina -a maggior ragione se l’omissione sia sanzionata dal bando con la espulsione dalla gara- la scelta obbligata dell’esclusione, in osservanza del principio di parità
di trattamento (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.02.2010 n. 1035 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla illegittimità dell'esclusione da una gara di una ditta che abbia riportato in maniera erronea il codice fiscale sulla ricevuta del versamento del contributo dovuto all'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici.
E' illegittimo il provvedimento di esclusione adottato da un'amministrazione regionale nei confronti di una società che abbia indicato sulla ricevuta del versamento dovuto all'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) non il proprio codice fiscale ma quello di un'altra impresa, (non partecipante alla gara ma controllante al 100% della medesima), in quanto il relativo disciplinare di gara non contiene una specifica comminatoria di esclusione riferita alla erronea indicazione del codice fiscale.
Tale esclusione è, invece, prevista dalla medesima disposizione per la diversa ipotesi dell'omesso pagamento del contributo e della "mancata o errata indicazione del CIG", conformemente alle stesse prescrizioni dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, la quale ha in più occasioni sottolineato che l'erronea indicazione del codice fiscale non è causa di esclusione dell'impresa dalla gara, essendo requisito di partecipazione alle gare unicamente la dimostrazione del pagamento del prescritto contributo (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 17.02.2010 n. 918 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Nullo l'appalto frutto di tangente. La Cassazione ha riconosciuto il ristoro a una Asl i cui funzionari erano stati corrotti. E la p.a. ha diritto al risarcimento del danno all'immagine.
È nullo il contratto di appalto aggiudicato da una società che ha corrisposto delle tangenti a funzionari della pubblica amministrazione. Non solo. Questa ha diritto al risarcimento del danno all'immagine, «per il discredito sociale subito», e a non pagare il corrispettivo del contratto.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Sez. III civile, sentenza 16.02.2010 n. 3672, che ha confermato definitivamente il risarcimento del danno in favore di una Asl (ormai in liquidazione) coinvolta in un appalto assegnato a un'azienda che aveva dato delle tangenti ad alcuni funzionari.
È successo a Milano. I vertici di un'impresa avevano corrotto dei funzionari pubblici per aggiudicarsi, nel corso degli anni, una serie di appalti. Ma l'affare illecito era stato scoperto ed era subito scattato un procedimento penale. Dopo le condanne per corruzione il liquidatore dell'Asl aveva chiesto che l'appalto fosse dichiarato nullo. Non solo. Aveva chiesto inoltre il risarcimento del danno all'immagine. Il tribunale e la Corte d'appello lombardi avevano risposto positivamente soltanto alla prima istanza. Così il liquidatore ha proposto ricorso principale in Cassazione e i vertici dell'azienda hanno proposto ricorso incidentale, chiedendo che fosse annullato il risarcimento del danno all'immagine dell'amministrazione.
La terza sezione civile ha accolto, in parte, il gravame dell'Asl sostenendo, prima di tutto che in caso di tangenti l'appalto è nullo. In proposito si legge in un passaggio chiave delle lunghe motivazioni che «l'elusione delle garanzie di sistema a presidio dell'interesse pubblico prescritte dalla legge per l'individuazione del contraente privato più affidabile e più tecnicamente organizzato per l'espletamento dei lavori, comporta la nullità del contratto per contrasto con le relative norme inderogabili. Se poi la violazione è stata altresì preordinata alla conclusione di un contratto le cui reciproche prestazioni sono illecite e la cui condotta è assolutamente vietata alle parti e penalmente sanzionata nell'interesse pubblico generale, che nel reato di corruzione è il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione, la nullità per contrasto con norme imperative sussiste anche sotto tale ulteriore profilo, e deve esser dichiarata onde impedire che dalla commissione del reato derivino ulteriori conseguenze».
Ma non è ancora tutto. Secondo gli Ermellini, che hanno risposto negativamente alla domanda presentata dai vertici aziendali contro la decisione della Corte d'appello di Milano di accordare all'amministrazione il risarcimento del danno all'immagine, l'Asl ha diritto anche al ristoro non patrimoniale.
«In caso di pagamento di tangenti», hanno messo nero su bianco i giudici del Palazzaccio, «per l'assegnazione di appalti per opere pubbliche, tali enti hanno diritto al risarcimento del danno non patrimoniale derivato dalla lesione della propria immagine a causa dal discredito sociale degli stessi nella considerazione collettiva in conseguenza della violazione del bene giuridico, costituzionalmente tutelato, dell'imparzialità e del buon andamento dell'amministrazione, leso da provvedimenti adottati per interessi privati anziché della collettività, in violazione dei doveri di ufficio e di norme penali».
In sentenza viene affrontato anche un altro aspetto di non poco conto: il concorso di colpa dell'amministrazione per il comportamento dei suoi funzionari. Un dato, questo, che ha inciso sulla misura del danno calcolata dai magistrati meneghini. E su questo punto la Cassazione non ha avuto obiezioni da sollevare. Gli Ermellini hanno infatti respinto il ricorso del liquidatore dell'Asl che aveva chiesto un nuovo calcolo (in difetto) del danno.
La procura generale della Cassazione aveva concluso, nell'udienza svoltasi al Palazzaccio lo scorso 10 dicembre, nel senso di accogliere parte del ricorso dell'Asl, sul punto della nullità dell'appalto. Mentre aveva sollecitato il collegio a confermare il danno all'immagine dell'amministrazione e a respingere dunque il ricorso incidentale dell'impresa (articolo ItaliaOggi del 19.02.2010, pag. 35).

APPALTI: Contratti della P.A. - Appalto - Gara - Concorrenti - Art. 37, co. 4, D.Lgs. 163/2006 - Obbligo di indicare le parti del servizio che saranno assunte da ciascuna impresa - Sussiste sia per i raggruppamenti di tipo verticale che per quelli di tipo orizzontale.
La ratio dell'art. 37, co. 4, D.Lgs. 163/2006 deve rinvenirsi nella tendenza ad escludere, sin dalla fase di celebrazione della gara -e non solo nel suo momento esecutivo- partecipazioni fittizie o di comodo e, dunque, ad evitare che alla spendita dei requisiti di partecipazione non corrisponda un identico impegno in sede di esecuzione del servizio.
Di conseguenza, l'obbligo di indicare le parti del servizio che saranno assunte da ciascun componente sussiste sia nelle ipotesi di Ati verticali, che di Ati orizzontali, per la ragione essenziale che tale disposizione non distingue fra le due tipologie di associazioni e che non vale richiamare, in senso contrario, la regola della responsabilità solidale prevista per le sole Ati orizzontali (cfr. conf. TAR Lazio Roma, sez. III-ter, 04.12.2008, n. 11006; in senso contrario, si v. TAR Calabria Reggio Calabria, 27.02.2009, n. 113) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 18.02.2010 n. 417 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Procedura di gara - Diritto di accesso agli atti - Rapporto con il diritto riservatezza e alla tutela dei segreti industriali dell'impresa aggiudicataria - Prevalenza del diritto di accesso - Sussiste - Limiti e modalità.
Il diritto di accesso ai documenti amministrativi di una procedura di gara deve ritenersi prevalente rispetto all'interesse alla tutela della riservatezza e del segreto industriale dell'impresa aggiudicataria, con la precisazione che l'accesso in favore del partecipante alla gara risultato non aggiudicatario è limitato a quei documenti -o parti di essi- valutati dall'Amministrazione per l'ammissione alla procedura, per la verifica della sussistenza dei requisiti di partecipazione e per la valutazione, anche in punto di congruità, dell'offerta e l'attribuzione dei punteggi.
Spetta quindi alla stazione appaltante l'adozione di adeguate misure di tutela della riservatezza -quali, ad esempio, cancellature o omissis- in relazione alle eventuali parti del progetto idonee a rivelare i segreti industriali e che non siano state in alcun modo prese in considerazione in sede di gara (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 18.02.2010 n. 416 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Il Sindaco del comune di San Giacomo delle Segnate (MN) ha chiesto alla Sezione di rendere parere in merito alla possibilità di proseguire la procedura di gara d’appalto per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, avviata in seguito alla scadenza del precedente contratto, o se debba, invece, alla luce della normativa vigente, considerare legittima la tesi del blocco delle gare fino alla data di creazione degli ATEM (Ambiti Territoriali Minimi), da realizzarsi a cura del Governo entro la data del 31/12/2012.
... In conclusione, il comune di San Giacomo Delle Segnate in materia di erogazione del servizio pubblico di distribuzione del gas, dovrà applicare le norme speciali previste dal D.Lgs. 146/2000 (e sue successive modifiche ed integrazioni); la disciplina degli affidamenti del servizio è contenuta negli artt. 14 e 15 del D.Lgs. 164/2000 (c.d. decreto Letta), che regola la sorte delle gestioni in essere durante il periodo transitorio, nonché i rapporti economici fra
gestori temporalmente contigui e fra gestori ed ente locale, ferma rimanendo la discrezionalità dell’ente di procedere al riscatto diretto delle reti e di stabilire le modalità di allocazione dei costi di transizione, mediante la predisposizione di
apposite clausole convenzionali nel successivo bando di gara.
In attesa della determinazione governativa degli ATEM entro il termine legislativamente previsto, appare preferibile la tesi della sospensione temporanea di nuove gare per l’affidamento del servizio, con conseguente prorogatio delle gestioni precedenti (
Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 17.02.2010 n. 225).

APPALTI: Sulla ratio della norma posta a base dell'art. 38 d.lgs. n. 163/2006, con particolare riferimento alle cause di esclusione di cui alle lett. b) e c).
La ratio della norma posta a base dell'art. 38 d.lgs. n. 163/2006, con particolare riferimento alle cause di esclusione di cui alle lett. b) e c), risiede nell'esigenza di verificare la affidabilità complessivamente considerata dell'operatore economico scelto per la stipula del contratto e dunque il possesso dei requisiti in capo ai soggetti dotati di potere di rappresentanza che, conseguentemente, sono in grado di manifestare all'esterno la volontà dell'impresa.
Destinatari delle disposizioni sono, pertanto, tutte le persone fisiche che, essendo titolari di poteri di rappresentanza, siano in grado di trasmettere, con il proprio personale comportamento, la riprovazione dell'ordinamento al soggetto rappresentato. L'obbligo per ciascun soggetto dotato di poteri di rappresentanza di dimostrare i requisiti di moralità è connesso alla necessità di dover garantire l'affidabilità dell'intera impresa che entrerà in rapporto con l'amministrazione.
Pertanto, nel caso di specie, è legittima l'esclusione dalla gara per la selezione di un socio privato di minoranza della società mista per la gestione del servizio di farmacia comunale di una società in nome collettivo, il cui legale rappresentante nel presentare la domanda di partecipazione alla gara, completa di tutte le altre dichiarazioni richieste dal bando, abbia omesso di dichiarare l'insussistenza delle clausole di esclusione di cui alle lettere b), c) ed m) del citato art. 38,
E ammessa la facoltà di integrazione della documentazione allegata all'offerta solo nelle ipotesi in cui occorra chiarire il contenuto di una domanda o di una dichiarazione ritualmente e tempestivamente presentata, non potendo essa sopperire ad una carenza od omissione (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.02.2010 n. 870 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: La proroga consensuale di un contratto originariamente affidato con una procedura competitiva è da equiparare ad un affidamento senza gara.
All'affidamento senza una procedura competitiva deve essere equiparato il caso in cui ad un affidamento con gara segua, dopo la sua scadenza, un regime di proroga diretta che non trovi fondamento nel diritto comunitario. Infatti, le proroghe dei contratti affidati con gara sono consentite se già previste ab origine, e comunque entro termini determinati. Una volta che il contratto scada e si proceda ad una sua proroga senza che essa sia prevista ab origine, o oltre i limiti temporali consentiti, la proroga è da equiparare ad un affidamento senza gara (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 16.02.2010 n. 850 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: P. Cena, La gestione del contratto: consegna dei lavori, esecuzione, varianti, riserve, quinto d’obbligo, revisione prezzi, collaudo tecnico ed amministrativo (16.02.2010 e 02.03.2010 - link a http://doc.sspal.it).

APPALTI: Sono vincolanti, per le imprese riunite, gli obblighi di specificazione delle parti delle prestazioni che saranno eseguite da ciascuna di esse e delle quote di partecipazione.
Si dibatteva, nella causa in rassegna, sull’applicabilità diretta dell’art. 37, d.lgs. n. 163 del 2006 a una gara per la scelta del concessionario di pubblico servizio: i giudici del Consiglio di Stato non hanno dato credito alla tesi della stazione appaltante atteso il puntuale richiamo che a questo articolo, nella sua interezza, hanno effettuato il punto III.1.3) del bando ed il punto J del disciplinare di gara.
Riportiamo, per chiarezza espositiva, le norme di cui si lamenta la violazione da parte dell’impresa aggiudicataria. Il 4° comma del menzionato articolo 37 così recita: "Nel caso di forniture o servizi nell’offerta devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati". Il comma 13 del medesimo articolo statuisce che: "I concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento".
La chiarezza del tenore letterale delle riportate disposizioni, secondo i giudici di Palazzo Spada, impone di considerare vincolanti, per le imprese riunite, gli obblighi di specificazione delle parti delle prestazioni che saranno eseguite da ciascuna di esse e delle quote di partecipazione. Tale obbligo, continuano gli stessi giudici, è espressione di un principio generale che prescinde dall’assoggettamento della gara alla disciplina comunitaria e non consente distinzioni legate alla natura morfologica del raggruppamento (verticale o orizzontale), o alla tipologia delle prestazioni (principali o secondarie, scorporabili o unitarie, cfr. Cons. St., sez. V, 18.08.2009, n. 5098; sez. VI, 04.05.2009, n. 2783; sez. V, 14.01.2009, n. 98, rese su fattispecie governate dalle analoghe, ma non identiche, disposizioni sancite dal d.lgs. n. 157 del 1995).
In conclusione, i giudici d’appello, sanciscono che dal punto di vista sostanziale la necessità di indicare nell’offerta le parti del servizio che saranno eseguite dalle singole imprese risponde alle seguenti esigenze pubbliche:
a) conoscenza preventiva, da parte della stazione appaltante, di chi sarà il soggetto che esegue il servizio e la parte specifica del servizio ripartito e svolto dalle singole imprese al fine di rendere più spedita l’esecuzione del rapporto individuando il responsabile;
b) agevole verifica, da parte del responsabile del procedimento, della competenza tecnica dell’esecutore comparata con la documentazione prodotta in sede di gara;
c) rendere effettiva la composizione del raggruppamento e rispondente alle esigenze di unire insieme capacità tecniche e finanziarie integrative e complementari e non a coprire la partecipazione di imprese non qualificate, aggirando così le norme di ammissione stabilite dal bando (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.02.2010 n. 744 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: In ordine alle verifica delle offerte anomale.
Il giudizio che conclude il sub procedimento di verifica delle offerte anomale, costituisce espressione di un potere tecnico discrezionale dell’amministrazione, di per sé insindacabile, salva l’ipotesi in cui le valutazioni ad esso sottese non siano abnormi o manifestamente illogiche o affette da errori di fatto; il giudizio conclusivo ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell’offerta nel suo insieme; conseguentemente la relativa motivazione deve essere rigorosa in caso di esito negativo; invece la positiva valutazione di congruità della presunta offerta anomala è sufficientemente espressa anche con motivazione per relationem alle giustificazioni rese dall’impresa offerente (cfr. ex plurimis e da ultimo Cons. St., sez. V, 10.02.2009, n. 748; sez. V, 20.05.2008, n. 2348) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.02.2010 n. 741 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Non sussiste il diritto di accesso alle relazioni riservate del direttore dei lavori e dell'organo di collaudo.
Il Tar Puglia-Lecce ha emanato la sentenza secondo la quale devono ritenersi sottratte all'accesso le relazioni riservate del direttore dei lavori e dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve dell'impresa, in forza dell'art. 10 del D.P.R. 21.12.1999 n. 554.
Tale articolo stabiliva che: "Ai sensi dell'articolo 24 della legge 07.08.1990, n. 241 sono sottratte all'accesso le relazioni riservate del direttore dei lavori e dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve dell'impresa". Esso. però, è stato abrogato dal codice degli appalti pubblici.
La sentenza applica tale articolo perché si riferisce a una controversia del 1996.
La disposizione oggi applicabile è l'articolo 13, comma 5, lettera d), del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, il quale stabilisce che sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione alle relazioni riservate del direttore dei lavori e dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto (TAR Puglia-Lecce, Sez. II, sentenza 11.02.2010 n. 549 - link a
http://venetoius.myblog.it).

APPALTI: Definizione dei requisiti di partecipazione - Ampia discrezionalità da parte dell'amministrazione - Limiti - Adeguatezza, non eccessività rispetto alla prestazione, ragionevolezza e principi comunitari.
La stazione appaltante gode di ampia discrezionalità nella fissazione dei requisiti di partecipazione ad una gara, purché tale operazione avvenga conformemente ai criteri di ragionevolezza, parità di trattamento ed efficienza della azione amministrativa. Ne deriva che possono essere previsti requisiti di partecipazione ristretti e selettivi solo quando tali criteri rispondano ad esigenze oggettive dell'amministrazione in relazione al tipo di prestazione oggetto dell'appalto.
Deve quindi trattarsi di requisiti adeguati, non eccessivi rispetto a dette esigenze e commisurati all'effettivo valore della prestazione, in base alla specificità del servizio oggetto dell'appalto ed alle speciali caratteristiche della prestazione e della struttura in cui deve svolgersi, nel rispetto dei principi di ragionevolezza ed imparzialità dell'azione amministrativa e nel rispetto dei principi, di derivazione comunitaria ed immanenti nell'ordinamento nazionale, di concorrenza ed apertura del mercato degli appalti pubblici (cfr. TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 18.06.2007, n. 5269) (fattispecie nella quale il Collegio ha annullato il bando di gara laddove richiedeva ai concorrenti un fatturato globale, su base annuale, pari a circa 15 volte l'importo posto a base di gara, in quanto tale requisito è stato ritenuto sproporzionato in relazione alla funzione di garanzia e affidabilità che assolve il requisito di capacità economica e finanziaria di cui all'art. 41 del d.lgs. n. 163/2006) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 11.02.2010 n. 371 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: In ordine all’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria.
L’aggiudicazione provvisoria ha natura di atto endoprocedimentale, ancora ad effetti instabili, del tutto interinali, inserendosi nell’ambito della procedura di scelta del contraente come momento necessario, ma non decisivo, atteso che la definitiva individuazione del contraente risulta consacrata soltanto con l’aggiudicazione definitiva.
Ne discende che, allorquando l’amministrazione intenda esercitare il proprio potere di autotutela rispetto all’aggiudicazione provvisoria, non è tenuta a dare comunicazione dell’avvio del relativo procedimento iniziato con l’istanza di partecipazione alla gara (cfr. Cons. di Stato, sez. IV, 25.07.2021, n. 4065; 29.10.2002, n. 5903 e 31.10.2006, n. 6456); ciò in quanto l’aggiudicatario provvisorio vanta una mera aspettativa alla conclusione del procedimento, non sussumibile al rango di posizione differenziata tale da comportare la titolarità di un interesse procedimentale distinto da quello degli altri partecipanti.
Solo l’aggiudicazione definitiva induce la titolarità di una posizione giuridica qualificata tale da comportare la necessaria interlocuzione con la pubblica amministrazione nel caso di procedimenti di secondo grado (cfr. Cons. di Stato, sez. IV, 31.10.2006, n. 6456)
(TAR Abruzzo-l'Aquila, sentenza 11.02.2010 n. 89 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla stringente interpretazione del bando di gara.
Nelle procedure per l’aggiudicazione dei contratti della P.A., il bando va interpretato in modo formale, dato che ciò risponde, da un lato, ad esigenze pratiche di certezza e celerità, e, dall’altro, alla necessità di garantire l’imparzialità dell’azione amministrativa e la parità di condizioni tra i concorrenti; soltanto nel varco aperto da un’equivoca formulazione della lettera d’invito o del bando può trovare applicazione il principio di massima partecipazione, secondo cui, cioè, va data preferenza all’interpretazione del bando che consente la più ampia ammissione degli aspiranti (cfr. Cons. di Stato, 17.12.2001, n. 6250) (TAR Abruzzo-l'Aquila, sentenza 11.02.2010 n. 89 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla legittimità, o meno, della riapertura della fase di gara.
La riapertura della gara è stata determinata non già da uno spontaneo “ripensamento” da parte della Commissione ma da una nota circostanziata pervenuta all’Amministrazione da parte della controinteressata (cfr. doc. n. 2 in produzione di parte resistente), di cui è stata data immediata contezza alla ricorrente (cfr. doc. n. 3 in produzione di parte ricorrente), che evidenziava l’irritualità dell’esclusione alla stregua della lex specialis di cui al bando.
Sembra pertanto al Collegio che la “riverifica”, in presenza di detta situazione, e in un momento nel quale gli esiti della gara non erano stati, come sopra detto, ancora consacrati e consolidati in un’aggiudicazione definitiva, fosse non solo opportuna, ma addirittura doverosa al fine di prevenire possibili contenziosi, oltre che al fine di individuare con assoluta correttezza il legittimo contraente, in osservanza del principio costituzionale di buon andamento che impegna la pubblica Amministrazione ad adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 22.10.2004, n. 6931, ex pluris)
(TAR Abruzzo-l'Aquila, sentenza 11.02.2010 n. 89 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione da una gara di una società per aver violato quanto previsto dalla lex specialis che imponeva la carenza di qualsivoglia collegamento tra le imprese partecipanti.
La lex specialis della gara imponeva la carenza di qualsivoglia collegamento tra le imprese partecipanti.
Per contro l’odierna appellante:
- operava con altra impresa partecipante in unico locale, in condizioni che evidentemente non consentono alcuna riservatezza e con l’effetto altamente probabile, della reciproca conoscenza delle condizioni dell’offerta tale da alterare assai gravemente l’equilibrio delle proposte contrattuali a vantaggio delle imprese allocate nella medesima sede;
- indicava numero telefonico e fax di riferimento per le comunicazioni identico a quello dell’altra impresa concorrente ed allocata nella stessa sede;
- presentava, unitamente all’altra impresa, polizze fideiussorie stipulate con identico soggetto e con numerazione in gran parte progressiva.
Tanto si rileva, in disparte la pur rilevante constatazione dei vincoli parentali che intercorrono tra amministratori e rappresentanti delle due società.
Gli elementi appena indicati sono univoci nel rappresentare l’unicità del centro decisionale o di imputazione o, quanto meno, un sostanziale collegamento di fatto (oltre che per vincoli di parentela) tra gli esponenti delle due imprese.
Quanto sostenuto dall’appellante circa una effettiva estraneità tra i due soggetti e sulla autonomia degli stessi in senso imprenditoriale non appare convincente sotto alcun profilo, posto che gli elementi sopra rilevati non sono stati smentiti in fatto, anche se si è tentato di dare agli stessi una coloritura meno decisa in ordine alla compresenza di due imprese nello stesso stabile ed operanti con lo stesso apparecchio telefonico e con lo stesso fax.
Il collegamento in senso sostanziale tra le stesse è del tutto palese. Comunque, trattandosi di una valutazione di merito operata dalla Commissione di gara, non sindacabile in sede di legittimità se non per manifesta irrazionalità, tale irrazionalità deve per quanto sopra detto sicuramente essere esclusa (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.02.2010 n. 685 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: In materia di avvalimento l'impresa ausiliante deve impegnarsi formalmente a mettere a disposizione i propri (specificati) mezzi per tutto l'arco temporale di esecuzione dell'appalto.
La dimostrazione delle condizioni per l’avvalimento dei requisiti non può essere desunta dal mero dato fattuale dell’esistenza di un contratto di consorzio, di per sé non comprovante la disponibilità dei mezzi propri del consorzio stesso.
E’ invero necessario che il soggetto terzo (ausiliante) si impegni formalmente a mettere a disposizione i propri (specificati) mezzi per tutto l’arco temporale di esecuzione dell’appalto in caso di aggiudicazione, senza che possa assumere un rilievo sostituivo, sul versante probatorio, la sola esistenza di un "rapporto di gruppo” (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 09.02.2010 n. 641 - link a www.mediagraphic.it).

LAVORI PUBBLICI - URBANISTICA: Realizzazione parcheggio - Variante vincolo scaduto.
Secondo quanto stabilito dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza n. 7 del 2007, occorre la motivazione della reiterazione del vincolo, trattandosi di reiterazione relativa ad una singola area.
Altresì, la motivazione che deve supportare la rinnovazione del vincolo, come di recente ribadito dal Supremo Consesso, deve far emergere con chiarezza e precisione gli accertamenti effettuati e le finalità di interesse pubblico concretamente perseguite (Cons. Stato 26/02/2008 n. 683).
La delibera impugnata che ha approvato il progetto definitivo ed esecutivo per la realizzazione del parcheggio con contestuale adozione di variante del vincolo scaduto, contiene, tuttavia, una enunciazione esaustiva delle attuali ragioni di pubblico interesse che hanno indotto l'amministrazione a localizzare nuovamente il parcheggio sull'area di proprietà dei ricorrenti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 09.02.2010 nn. 315 e 316 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Gara - Offerte - Possibilità di modifica del progetto da parte dell'offerente - Non sussiste.
La determinazione delle caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori e delle specifiche prestazioni da fornire da parte dell'offerente rientra nelle competenze della Stazione appaltante ed ogni modifica al progetto predisposto va necessariamente ad incidere sulle valutazioni tecniche di quest'ultima circa le modalità di realizzazione dell'opera medesima.
Ne deriva che il progetto esecutivo posto a base della gara non può essere alterato o modificato dal concorrente al quale è consentito unicamente individuare le modalità di realizzazione dello stesso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 08.02.2010 n. 290 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Garanzia provvisoria - Deve essere prestata dagli intermediari abilitati di cui all'art. 107 del d.lgs. n. 385/1993 - Violazione - Illegittimità - Equipollenza della garanzia prestata dagli intermediari di cui all'art. 107 del d.lgs. n. 385/1993 - Esclusione.
Laddove la lex specialis richiede espressamente che la garanzia provvisoria sia presentata, a pena di esclusione, ai sensi dell'art. 75 del D.Lgs. n. 163/2006, vale a dire "dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie, a ciò autorizzati dal Ministero dell'economia e delle finanze", la violazione di tale disposizione determina l'immediata esclusione dalla procedura selettiva senza che venga in rilievo il dato che la garanzia provenga da un diverso intermediario finanziario (Nella fattispecie il ricorrente aveva invece presentato una fideiussione proveniente da un soggetto iscritto nell'elenco di cui all'art. 106 del d.lgs. n. 385/1993 e non nell'elenco di cui all'art. 107, con ciò contravvenendo l'art. 75 del D.Lgs. n. 163/2006, la cui osservanza era richiesta a pena di esclusione da parte della lex specialis) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 08.02.2010 n. 286 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Requisiti di partecipazione più rigorosi di quelli previsti dalla legge - legittimità - Limiti.
Per giurisprudenza ormai consolidata, l'amministrazione aggiudicatrice gode di un ampio potere discrezionale nella fissazione dei requisiti di partecipazione ad una singola gara, con la conseguenza che la stessa può legittimamente prevedere requisiti di partecipazione anche più rigorosi di quelli indicati dalla legge, purché essi non siano discriminanti ed abnormi rispetto alle regole proprie del settore (cfr. ex multis: Cons. Stato, sez. V, 19.11.2009, n. 7247) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 08.02.2010 n. 285 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: Appaltatori comunali esenti.
Non paga il tributo l'appaltatore dei lavori comunali. Con le nuove norme sulla Tosap, infatti, chi si aggiudica i lavori per conto del comune non deve pagare l'imposta per l'occupazione del suolo pubblico.

A mettere la parola fine a questa diatriba è stata la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 17719 di luglio 2009, ha messo nero su bianco che «anche dopo l'entrata in vigore del dlgs 15.11.1993, n. 507, l'occupazione di suolo comunale da parte di una impresa appaltatrice di lavori per conto del comune, limitata al tempo e allo spazio strettamente necessari per il compimento dei medesimi lavori, non è assoggettabile alla tassa per l'occupazione di spazi e aree pubbliche (Tosap) per difetto del presupposto impositivo, in quanto la sottrazione all'uso pubblico si compie, non per il vantaggio particolare derivante al singolo dal suo utilizzo, ma proprio per la realizzazione dell'opera commissionata dal titolare di quegli spazi, i quali devono essere messi a disposizione della controparte per il tempo necessario ai lavori» (articolo ItaliaOggi dell'08.02.2010, pag. 13).

APPALTI: Sul collegamento sostanziale tra due imprese partecipanti ad una gara sulla base di elementi oggettivi e concordanti.
Deve ritenersi sussistente il collegamento sostanziale tra due imprese partecipanti ad una gara qualora venisse riscontrato: che le rispettive offerte sono state spedite nello stesso giorno e ora, con le medesime modalità e dallo stesso ufficio postale; che è stata costituita la cauzione con polizze fideiussorie rilasciate dalla stessa compagnia, in sequenza, in pari data e con identica autentica notarile; la comunanza di sedi delle due imprese.
In questo quadro il Collegio ritiene che correttamente la stazione appaltante ha ritenuto che il caso rientrasse nella fattispecie del collegamento sostanziale dovendosi ritenere gli elementi suddetti oggettivi e concordanti (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 05.02.2010 n. 530 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI SERVIZI: Appalti con il Ccnl scaduto. L'Anci analizza la recente sentenza del Consiglio di stato in materia. E' legittima l'applicazione del vecchio contratto.
Se il bando di gara prevede, ai fini della determinazione del costo della mano d'opera, il riferimento a un Ccnl che viene rinnovato anche nella sua parte economica successivamente alla data ultima di presentazione delle offerte, non rilevano le nuove tabelle retributive, continuando a valere quelle precedenti.
Pur in evidente conformità alle vigenti disposizioni, la sentenza del Consiglio di stato che si è così espressa, merita di essere segnalata per le conseguenze sul piano pratico che un simile sistema normativo rischia di generare. Due società impugnava la sentenza con la quale il Tar aveva respinto il ricorso avverso la graduatoria provvisoria redatta dalla stazione appaltante, nella quale risultava aggiudicataria una cooperativa, avendo presentato l'offerta economicamente più vantaggiosa. Indirizzavano le ricorrenti le proprie censure in particolare al computo dei costi del personale dipendente derivanti dall'applicazione del Ccnl di categoria.
Sulla questione, il Comune appaltante aveva già condotto una verifica sulla anomalia dell'offerta, ritenendo poi valide le giustificazioni fornite. In sostanza, si sosteneva nel ricorso, ai fini della determinazione dei costi andava fatto riferimento al Ccnl rinnovato poco dopo la presentazione delle offerte (che prevedeva anche un nuovo adeguamento retributivo) e non a quello precedente, ormai scaduto. Diversamente sosteneva l'aggiudicataria che le nuove tabelle retributive erano state recepite con il decreto ministeriale pubblicato ben oltre la data ultima di offerta, e quindi non materialmente adottabili ai fini della partecipazione alla gara.
Contrariamente a quanto ritenuto dal Tar che sul punto ha condiviso l'assunto delle imprese ricorrenti, ha deciso il Consiglio di stato, ai fini della verifica della anomalia dell'offerta dell'aggiudicataria non rileva il Ccnl rinnovato.
Occorre tenere conto che la materia della «valutazione dei costi del lavoro e della sicurezza nelle gare di appalto» risale all'articolo unico della legge n. 327/2000 che prima della sua abrogazione per effetto del codice dei contratti pubblici (dlgs 163 del 2006) prevedeva che la valutazione dell'anomalia delle offerte concorsuali dovesse essere condotta con riferimento, non già ai contratti collettivi nazionali di lavoro, ma «alle apposite tabelle predisposte e approvate dal ministero del lavoro».
Tali tabelle infatti sono predisposte in funzione di semplificazione e di accelerazione dell'azione amministrativa affinché la amministrazione possa agevolmente effettuare la verifica della anomalia senza addentrarsi nella ricerca e nella valutazione della congerie di previsioni contrattuali collettive. Nel caso di specie le tabelle di riferimento per la verifica di anomalia erano quelle vigenti all'epoca della gara, ed espressamente richiamate dal disciplinare di gara. Non poteva quindi rilevare, ai fini della decisione della controversia, la variazione tabellare intervenuta con un successivo dm non solo perché tale Decreto è stato pubblicato oltre il termine ultimo di presentazione delle offerte, ma anche e soprattutto perché la lex specialis faceva specifico riferimento al costo medio della manodopera di cui precedente decreto ministero del lavoro.
In sostanza la nuova variazione contrattuale non doveva essere considerata poiché le imprese partecipanti alla gara dovevano formulare le loro offerte sulla base delle tabelle ministeriali vigenti, richiamate nel bando di gara, sicché non sarebbe stato consentito alla stazione appaltante applicare tabelle approvate e pubblicate in epoca successiva. Respinte quindi sul punto le eccezioni delle ricorrenti. Ora, la riflessione attiene all'effettivo impatto di tali motivazioni, pur obiettivamente ineccepibili, sulla esecuzione degli appalti.
C'è inizialmente da chiedersi se gli stessi criteri posti a tutela generale dei lavoratori negli appalti pubblici e privati, come peraltro avviene in materia di sicurezza sul lavoro, non debba essere apprestata anche alle garanzie retributive dei medesimi lavoratori nello svolgimento dell'appalto. La risposta è certamente positiva, dato anche che in tema di appalti vige la cosiddetta responsabilità solidale, tanto a garanzia degli enti assicurativo e previdenziali, quanto a tutela dei lavoratori.
Sarebbe sufficiente una norma che prevedesse l'obbligo di riapertura dei termini di presentazione delle offerte, ove intervenga nelle more della aggiudicazione definitiva, un rinnovo contrattuale. Nell'attuale sistema, invece, l'aggiudicataria è legittimata ad esporre retribuzioni tabellari superate, che peraltro non potrà minimamente avere titolo ad applicare, stante l'intervenuto rinnovo ed adeguamento economico. Con l'ulteriore effetto, che nel reale svolgimento dell'appalto, si avrà un costo del lavoro superiore e difforme da quello dichiarato, peraltro non verificato dalla stazione appaltante. E, non ultima, l'eventualità del carico amministrativo ulteriore in caso di legittima richiesta di revisione prezzi connessa al rinnovo contrattuale (articolo ItaliaOggi del 05.02.2010, pag. 29).

APPALTI: ATI e quote “qualificate”: obbligatorie anche negli appalti di servizi (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI SERVIZI: L. Bellagamba, L’amministrazione diretta come scelta del legislatore nazionale: il caso dell’illuminazione votiva e quello del servizio della mensa (link a www.linibellagamba.it).

APPALTI: Sulla prorogabilità del termine di 10 giorni per la dimostrazione del possesso dei requisiti previsto dall'art. 48 del d.lgs n. 163/2006 (Codice dei contratti), nel caso di verifica a campione.
Sulla possibilità di non rendere note le sedute della commissione giudicatrice in fase di valutazione delle offerte economiche.

Il termine di 10 giorni previsto dall'art. 48, c. 1, del d.lgs n. 163/2006 può essere legittimamente prorogato nell'ipotesi in cui, come nel caso di specie, l'impossibilità di adempiere tempestivamente agli obblighi dimostrativi dipenda da cause non imputabili alla condotta dell'impresa concorrente.
L'obbligo di rendere pubbliche le sedute di una commissione di gara si riferisce unicamente alla fase di apertura dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e l'offerta economica e non anche al momento di apertura e valutazione delle offerte tecniche (TAR Puglia-Lecce, Sez. II, ordinanza 04.02.2010 n. 83 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Le cauzioni in tribunale. Disamina delle sentenze emesse dai giudici amministrativi sul tema delle garanzie nelle gare. Sotto la lente: funzioni, importi, requisiti, scadenze, intestazioni.
La cauzione negli appalti pubblici: nonostante il tema sia già stato affrontato in altri articoli apparsi su questo giornale, si rende necessario fare il punto sulle decisioni del giudice amministrativo emesse nello scorso anno sulla cauzione provvisoria e la cauzione definitiva.
In via preliminare è da chiarire la diversa funzione delle due cauzioni: «La cauzione provvisoria e la cauzione definitiva assolvono a funzioni diverse e comunque indispensabili a garantire il corretto svolgersi della procedura concorsuale. Sicché la fase dell'impegno a promettere la prestazione della cauzione definitiva, che deve essere contestuale alla prestazione della cauzione provvisoria, va distinta dall'effettivo impegno alla cauzione definitiva, che anche nell'importo può essere definita solo dopo l'aggiudicazione, ed è esclusivamente finalizzata a garantire il pubblico interesse che tale definitivo impegno sia poi effettivamente sottoscritto» (Tar Lazio, sez. III-quater 12.01.2009 n. 106).
In particolare, «la cauzione provvisoria è prevista a garanzia della serietà dell'impegno del contraente e deve garantire l'amministrazione dal rischio dell'inutile svolgimento della gara» (Cons. di stato, sez. V, 03.09.2009, n. 5171). Essa è «in via generale, da riportarsi alla caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.), sia perché si tratta di confermare la serietà di un impegno da assumere in futuro, sia perché tale qualificazione risulta più coerente con l'esigenza, rilevante contabilmente (e si consideri che la normativa contabilistica è la matrice di questa disciplina contrattuale), di non vulnerare l'interesse dell'amministrazione a pretendere il maggior danno» (Tar Lazio, sez. II, 06.03.2009 n. 2341).
In relazione all'importo della cauzione provvisoria, l'art. 75 del dlgs 163/2006 prevede che l'offerta ... (articolo ItaliaOggi del 03.02.2010 - tratto da
http://rassegnastampa.formez.it).

APPALTI: Sulle clausole soggette all'onere di immediata impugnazione; sull'illegittimità dell'esclusione da una gara per clausole non univoche; sul valore dei formulari di autocertificazione; sul principio di pubblicità delle sedute.
La giurisprudenza, in tema di clausole soggette all'onere di immediata impugnazione e clausole la cui impugnazione può invece essere differita al momento dell'aggiudicazione, si è uniformata nel precisare che tra le prime vanno annoverate quelle che disciplinano i requisiti di partecipazione prevedendone taluni che non siano posseduti dal ricorrente e quelle che prescrivono ai fini della partecipazione alla gara oneri talmente gravosi da rendere la stessa impossibile, laddove le altre clausole e, segnatamente, quelle che definiscono la composizione della commissione il suo modus operandi, possono essere censurate unitamente al provvedimento conclusivo del procedimento di gara, in quanto evidenziano la loro portata lesiva solo per via dell'applicazione che di esse faccia l'organo di gara. Ne consegue che, le disposizioni della lex specialis, quali quelle del caso di specie, che non conterrebbero menzione della data, dell'ora e del luogo della gara, esprimendo la loro attitudine lesiva solo a seguito del materiale svolgimento delle operazioni di gara, non sono soggette all'onere di immediata impugnazione, la quale, anzi, se interposta prima dell'adozione del provvedimento terminale della gara, sarebbe per il vero inammissibile per carenza di attualità della lesione. Siffatte clausole vanno, dunque, impugnate solo in uno con l'impugnazione del provvedimento di aggiudicazione ad altra impresa, o del provvedimento che determini un arresto procedimentale ai danni dell'impresa ricorrente, ossia dell'esclusione dalla gara.
A fronte di una clausola di gara ambigua, incerta o comunque non univoca, l'amministrazione non può legittimamente escludere l'impresa dalla competizione, ostandovi la tutela del principio del favor admissionis e dell'interesse pubblico a reperire la migliore offerta, obiettivo conseguibile solo per il tramite della massima partecipazione alle gare.
L'art. 73, c. 4, del d.lgs. n. 163/2006, stabilisce che la presentazione di moduli e i formulari predisposti dalla stazione appaltante a beneficio dei concorrenti, "non può essere imposta a pena di esclusione", infatti, la messa a disposizione dei partecipanti ad una gara di moduli mediante i quali essi possono formulare domande ed autocertificazioni è adempimento che sottende la finalità di agevolare la partecipazione alle gare, avvantaggiando i concorrenti, non potendo peraltro risolversi in loro danno.
È principio inderogabile in qualunque tipo di gara quello secondo cui devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta, sia che si tratti di documentazione amministrativa che di documentazione riguardante l'offerta tecnica ovvero l'offerta economica, e conseguentemente è illegittima l'apertura in segreto di plichi. Il predetto principio di pubblicità delle gare pubbliche impone che il materiale documentario trovi correttamente ingresso con le garanzie della seduta pubblica; ciò anche in applicazione del più generale principio di imparzialità dell'azione amministrativa. Pertanto, nel caso di specie, anche ove la lex specialis nulla avesse prescritto sul punto, l'apertura dei plichi avrebbe dovuto essere effettuata in seduta pubblica e non in seduta privata, come ha invece operato l'amministrazione (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 03.02.2010 n. 184 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Dichiarazione ex art. 38 Codice Appalti - Indicazione precedenti penali - Beneficio della non menzione - Obbligo - Sussiste.
In tema di esclusione dalle gare per omessa indicazione, nella dichiarazione rilevante agli effetti dell'art. 38 del Codice degli Appalti Contratti, di precedenti condanne assistite dal beneficio della non menzione, il citato art. 38 "impone ai partecipanti alle gare di appalto di dichiarare, a pena di esclusione dalla gara, non già solamente reati gravi, ma tutti quelli ascritti in via definitiva ai soggetti ivi contemplati", con la conseguenza che "i partecipanti alle gare sono tenuti a rendere dichiarazioni complete e veritiere e, quindi, recanti l'esatta indicazione di tutti i precedenti penali, ivi inclusi quelli per i quali sia stato concesso il beneficio della non menzione" potendo queste ultime incidere sull'accertamento dei requisiti di moralità del legale rappresentante dell'impresa, ed a fronte della perentorietà di tale principio, a nulla valgono argomentazioni circa l'animus del dichiarante e la scusabilità del suo errore (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 02.02.2010 n. 534 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISono nulle le clausole contrattuali che prevedono: il pagamento del corrispettivo a 60 giorni dal ricevimento della fattura, anziché ai 30 giorni, previsti dall’art. 4 del D.Lgs. 231 del 2002; la decorrenza degli interessi moratori dal 180° giorno anziché dal 30° giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento, previsto dall’articolo 4; il saggio di interesse dell’1% anziché dell’8% (1% tasso BCE, più 7 punti di maggiorazione) previsto dall’art. 5.
L’amministrazione pubblica non ha il potere di stabilire unilateralmente le conseguenze del proprio stesso inadempimento contrattuale (come gli interessi moratori o le conseguenze del ritardato pagamento) né potrebbe subordinare la possibilità di partecipare alle gare alla accettazione di clausole aventi simili contenuti, se non a costo di ricadere sotto le sanzioni di invalidità, per iniquità, vessatorietà, mancanza di specifica approvazione a seguito di trattative, sanzioni sopra descritte.
Vale il principio per cui il contratto obbliga le parti non solo alle regole previste dal medesimo, ma anche al rispetto delle regole imperative e a tutto ciò che deriva dalla legge, dagli usi o dalla equità (articoli 1339, 1419, 1418 e 1374 del codice civile). Le norme imperative hanno pertanto un valore anche sostitutivo (artt. 1339 e 1419 c.c.) di quanto previsto in violazione di esse.
Non è accoglibile la censura, consistente nel sostenere una pretesa inapplicabilità della direttiva in questione, sulla celerità dei pagamenti nelle transazioni commerciali, alla pubblica amministrazione.
Anzi, vale il richiamo specifico dell’articolo 2 del D.Lgs. 231/2002, che definisce la nozione di pubblica amministrazione, ritenendo anche essa imprenditore forte ai sensi e per i fini del medesimo decreto.
Inoltre, proprio la presenza di alcune clausole contrattuali contrastanti con le previsioni imperative della direttiva e in conflitto con lo spirito del D.Lgs. 231 del 2002, che tutela la posizione presuntivamente debole dei creditori fornitori della P.A., dimostra come la fattispecie si attagli alla situazione di “esorbitanza” di poteri, tipica del soggetto che si pone in modo autoritativo (autorità pubblica o privata che sia).
In effetti tale condotta dell’amministrazione (che può essere contestata dai partecipanti sia nella fase antecedente che in quella del rapporto contrattuale e che nella specie viene contestata in via preventiva ai sensi del citato articolo 8 da associazioni rappresentative di imprese medie e piccole) integra e concreta proprio uno di quei comportamenti abusivi della parte contrattualmente più forte che il legislatore ha inteso contrastare attraverso la introduzione di un “diritto diseguale”, mirante a stabilire un equilibrio giuridico antitetico rispetto al potere reale dei paciscenti (in tal senso, Consiglio di Stato, V, 11.01.2006, n. 43).
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Con riguardo all’altra deduzione del Ministero appellante, il Collegio osserva che non può sostenersi, come pretende l’amministrazione, che tali regole imperative sarebbero derogabili e che sarebbe consentito un diverso accordo, rinvenibile, nella specie, nella presentazione della offerta, che implicherebbe acquiescenza-accettazione alla sostanziale iniquità.
L’amministrazione pubblica, infatti, non ha il potere di stabilire unilateralmente le conseguenze del proprio stesso inadempimento contrattuale (come gli interessi moratori o le conseguenze del ritardato pagamento) né potrebbe subordinare la possibilità di partecipare alle gare alla accettazione di clausole aventi simili contenuti, se non a costo di ricadere sotto le sanzioni di invalidità, per iniquità, vessatorietà, mancanza di specifica approvazione a seguito di trattative, sanzioni sopra descritte (in tal senso, Consiglio Stato, V, 30.08.2005, n. 3892).
Non può sostenersi la prevalenza di tali clausole rispetto a quanto previsto dal decreto legislativo di recepimento della direttiva comunitaria: a parte il valore di supremazia della disciplina di derivazione comunitaria, oltre che della normativa nazionale imperativa, vale il principio per cui il contratto obbliga le parti non solo alle regole previste dal medesimo, ma anche al rispetto delle regole imperative e a tutto ciò che deriva dalla legge, dagli usi o dalla equità (articoli 1339, 1419, 1418 e 1374 del codice civile). Le norme imperative hanno pertanto un valore anche sostitutivo (artt. 1339 e 1419 c.c.) di quanto previsto in violazione di esse.
Conseguentemente:
1) è invalida ogni clausola contrattuale che preveda regole diverse e inique rispetto alle regole imperative, che automaticamente si sostituiscono a quelle invalide;
2) sarebbe illegittima ogni esclusione basata sulla non-accettazione o sull’espresso dissenso, da parte di una partecipante, di una clausola contrattuale iniqua;
3) in sede di esecuzione contrattuale, le clausole invalide si porrebbero nel nulla a richiesta di parte o di ufficio (ai sensi del terzo comma dell’art. 7 il giudice dichiara anche di ufficio la nullità e applica i termini di legge o riconduce ad equità il contenuto dell’accordo medesimo: si tratta di una cosiddetta nullità speciale di derivazione comunitaria);
4) infine, e ciò rileva nel caso di specie, in caso di azione inibitoria intentata da associazioni di categoria a tutela di interessi collettivi le clausole da ritenersi inique sono poste nel nulla e quindi non applicabili, anche se comunque mantiene la sua funzione l’ordine inibitorio, a causa dell’effetto dissuasivo che tali clausole inique, per quanto insuscettibili di produrre effetti, potrebbero avere sulla volontà a partecipare delle imprese medie e piccole.
Lo scopo del particolare strumento di tutela individuato dalla legge è quello di impedire l’inserimento di tali clausole, prima ancora della loro applicazione o invalidazione.
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Le clausole contestate e ritenute nulle perché inique dal primo giudice riguardano: il pagamento del corrispettivo a 60 giorni dal ricevimento della fattura, anziché ai 30 giorni, previsti dall’art. 4 del D.Lgs. 231 del 2002; la decorrenza degli interessi moratori dal 180° giorno anziché dal 30° giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento, previsto dall’articolo 4; il saggio di interesse dell’1% anziché dell’8% (1% tasso BCE, più 7 punti di maggiorazione) previsto dall’art. 5.
Le clausole suddette si pongono in diretta violazione degli articolo 4 e 5 del D.Lgs. 231 del 2002, la cui deroga non è ammessa dalla legge né nella presentazione della offerta può rinvenirsi il diverso accordo contrattato dalle parti solo a seguito di apposita contrattazione e trattativa sul punto, che evoca un concetto di contatto di tipo pararapportuale (o precontrattuale) che non può rinvenirsi certo nel binomio “bando-presentazione dell’offerta”, che già integra (quantomeno in parte) la conclusione del contratto.
Inoltre, tali clausole si pongono in modo indubbio nel senso di introdurre un ingiustificato vantaggio per la amministrazione predisponente, concretandosi nella aperta violazione della disciplina di riequilibrio delle diverse posizioni di forza, la cui tutela la direttiva comunitaria è proprio diretta a rafforzare (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 02.02.2010 n. 469 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di un'impresa il cui amministratore ha esplicitamente dichiarato che nei suoi confronti non era stata pronunciata sentenza penale di condanna.
E' legittimo il provvedimento di esclusione adottato nei confronti di un'impresa il cui amministratore ha esplicitamente dichiarato che nei suoi confronti non era stata pronunciata sentenza di condanna ai sensi dell'art. 444 del c.p.p., in quanto il giudizio sulla gravità del reato è rimesso solo e soltanto all'amministrazione committente. La dichiarazione di assenza di carichi penali, poi, risultanti dai controlli effettuati dall'Amministrazione, integra un'autonoma causa di esclusione dalla gara.
Deve, inoltre, ritenersi in contrasto coi principi che informano le procedure ad evidenza pubblica l'assunto secondo cui è necessario che la stazione appaltante, quando si avveda della presenza di reati commessi e non dichiarati dal concorrente, formuli comunque il giudizio di gravità richiesto dalla lettera del c. 1, lett. e), dell'art. 38 del D.Lgs. 163/2006: al di là dell'omessa dichiarazione, costituente autonoma fattispecie, è di palmare evidenza la considerazione per cui si consentirebbe, in tal modo, il superamento della fase di ammissione dei concorrenti alla gara vera e propria falsando tutto il procedimento, con violazione della par condicio dei partecipanti.
Né, nel caso di specie, pare potersi affermare l'oggettiva oscurità delle clausole del bando o la portata non sostanziale dell'adempimento omesso dal concorrente. L'oscurità, poi, non può dirsi sussistente laddove il bando o la lettera di invito richiamino espressamente una norma di legge imperativa (quali sono pressoché tutte quelle che regolano le procedure ad evidenza pubblica) perché in questo caso è onere del concorrente andare a verificare che cosa quella norma prevede e regolarsi di conseguenza (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.02.2010 n. 428 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla legittimità della scelta di un'amministrazione aggiudicatrice di limitare ad imprese di grandi dimensioni l'accesso ad una gara d'appalto.
Sulla finalità della richiesta del possesso in capo alle imprese di uno specifico requisito economico-finanziario.

- Le rilevanti dimensioni del luogo ove debbono essere svolti i servizi oggetto dell'appalto implicano la necessità di selezionare un contraente dotato di comprovata esperienza nell'amministrazione del servizio in grandi strutture e, quindi, di restringere l'accesso dell'affidamento del relativo appalto alle sole imprese capaci, per la specifica esperienza acquisita nel settore, di garantire una corretta gestione della complessa attività organizzativa ed operativa presupposta dalla regolare esecuzione delle prestazioni richieste.
Le amministrazioni aggiudicatrici, infatti, hanno il potere discrezionale di fissare requisiti di partecipazione ad una singola gara anche più rigorosi e restrittivi rispetto a quelli ex lege previsti, in relazione alle peculiari caratteristiche dei servizio da appaltare.
In particolare, detto potere discrezionale, lungi dall'essere espressione di mero arbitrio dell'amministrazione aggiudicatrice, costituisce in realtà precipua attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e di buon andamento dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.), e si sostanzia, quindi, nel potere-dovere, assegnato all'amministrazione, di apprestare (proprio attraverso la specifica individuazione degli specifici requisiti di ammissione e di partecipazione ad una gara) gli strumenti e le misure più adeguati, opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell'interesse pubblico concreto, oggetto dell'appalto da affidare.
Sotto tale profilo, non possono essere utilmente sottoposte al sindacato del g.a. le scelte operate dall'amministrazione aggiudicatrice nel fissare specifici requisiti di partecipazione, salvo che questi non siano manifestamente irragionevoli, irrazionali od illogici rispetto al fine pubblico della gara. Nel caso di specie, dunque, le previsioni del bando risultano congrue e proporzionali rispetto allo specifico oggetto della gara ed alla sua rilevanza economica, nonché adeguate rispetto all'interesse pubblico perseguito. Pertanto, sono prive di fondamento le contestazioni in ordine alla scelta di limitare ad imprese di grandi dimensioni l'accesso alla gara de qua.
La "ratio" della previsione di siffatto requisito è, infatti, quella di individuare un unico soggetto, sia che partecipi alla gara individualmente, sia in ATI e/o in Consorzio, che abbia la competenza e la professionalità idonee ed adeguate allo svolgimento del servizio oggetto dell'affidamento.
- La richiesta del possesso in capo alle imprese di uno specifico requisito economico-finanziario (di aver realizzato negli ultimi esercizi finanziari un fatturato medio non inferiore a quello presunto del lotto o dei lotti per i quali l'impresa concorre) è finalizzato alla scelta del concorrente che dia prova di adeguata affidabilità nell'espletamento del servizio da affidare per aver svolto un'attività di corrispondente valore finanziario nell'ultimo triennio, così che la relativa scelta è del tutto coerente, logica ed adeguata in relazione allo specifico oggetto della gara di appalto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.02.2010 n. 426 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: In tema di valutazione del costo del lavoro e della sicurezza a nulla rileva la variazione tabellare intervenuta successivamente al termine ultimo di presentazione delle offerte.
Com’è noto, prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 163/2006 la valutazione dei costi del lavoro e della sicurezza nelle gare d’appalto avveniva non già con riferimento ai contratti collettivi nazionali del lavoro, ma in base ad apposite tabelle predisposte ed approvate dal Ministero del Lavoro.
Il caso sottoposto al vaglio del Consiglio di Stato verteva sull’applicabilità di una variazione tabellare intervenuta successivamente al termine di presentazione delle offerte. In proposito, il Consesso stabiliva che a nulla rileva la variazione tabellare intervenuta successivamente al termine ultimo di presentazione delle offerte, laddove la lex specialis faceva specifico riferimento al costo medio della manodopera relativo al Decreto Ministero del Lavoro vigente al momento della sua indizione.
In sostanza, la nuova variazione contrattuale non doveva essere considerata poiché le imprese partecipanti alla gara dovevano formulare le loro offerte sulla base delle tabelle ministeriali richiamate nel bando di gara, sicché non sarebbe stato consentito alla stazione appaltante applicare tabelle approvate e pubblicate in epoca successiva (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.02.2010 n. 425 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI: Violazione dei principi della continuità e della concentrazione delle sedute di gara: Invalidità della procedura Pubblicità delle sedute di gara: Principio inderogabile.
Nelle gare pubbliche, il principio della continuità e della concentrazione della gara costituisce espressione delle regole dell’imparzialità e della par condicio in quanto mira ad assicurare l’indipendenza di giudizio di chi presiede la gara ed a sottrarlo a possibili influenze esterne. Eccezioni al principio operano soltanto in particolari situazioni che impediscano obiettivamente la conclusione delle operazioni di gara in una sola seduta, ad esempio a causa della complessità dell’istruttoria. La violazione del principio in parola, senza giusta causa, comporta l’invalidità della procedura.
E’ principio inderogabile, in qualunque tipo di gara, quello secondo cui gli adempimenti concernenti la verifica dell’integrità dei plichi contenenti l’offerta debbano svolgersi in seduta pubblica, sia che si tratti di documentazione amministrativa che di documentazione riguardante l’offerta tecnica ovvero l’offerta economica. Conseguentemente è illegittima l’apertura in segreto dei plichi, fermo restando che ultimate le fasi preliminari pubbliche di verifica e riscontro dei plichi e dei documenti in essi contenuti, la valutazione tecnico-qualititativa dell’offerta vada effettuata invece in seduta riservata al fine di evitare influenze esterne sui giudizi dei membri della commissione giudicatrice (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 02.02.2010 n. 244 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI: Gare pubbliche - Principio della continuità e concentrazione della gara - Violazione - Invalidità della procedura.
Nelle gare pubbliche, il principio della continuità e della concentrazione della gara costituisce espressione della più generale regola della imparzialità e della par condicio, in quanto mira ad assicurare l’indipendenza di giudizio di chi presiede la gara ed a sottrarlo a possibili influenze esterne (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 16.11.2000 n. 6128; TAR Umbria, 03.10.1990 n. 348), la sua violazione comporta l’invalidità della procedura a prescindere dalla verifica delle conseguenze pratiche (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15.07.1992 n. 689) ed esso subisce eccezioni soltanto in particolari situazioni, che obiettivamente impediscano la conclusione delle operazioni di gara in una sola seduta (Cons. Stato, sez. IV, 05.10.2005 n. 5360; Id., sez. V, 03.01.2002 n. 5).
Gare pubbliche - Verifica delle offerte - Complessità dell’istruttoria - Impiego di tempo - Custodia degli atti di gara - Obiettiva certezza di autenticità ed integrità.
L’impiego di un tempo eccessivo per la verifica della documentazione amministrativa e delle offerte presentate, anche se giustificato dalla complessità dell’istruttoria ovvero da fattori eccezionali, vizia in ogni caso l’intera procedura allorquando non venga assicurata medio tempore la custodia degli atti di gara, con modalità che diano oggettiva certezza, alla ripresa delle operazioni, della loro autenticità ed integrità (cfr. tra molte Cons. Stato, sez. IV, 04.12.1998 n. 1603; Id., sez. V, 07.05.1994 n. 442).
Verifica dell’integrità dei plichi contenenti l’offerta - Seduta pubblica - Principio inderogabile - Valutazione tecnico-qualitativa - Seduta riservata.
E’ principio inderogabile in qualunque tipo di gara quello secondo cui gli adempimenti concernenti la verifica dell’integrità dei plichi contenenti l’offerta devono svolgersi in seduta pubblica, sia che si tratti di documentazione amministrativa che di documentazione riguardante l’offerta tecnica ovvero l’offerta economica, e conseguentemente è illegittima l’apertura in segreto dei plichi, fermo restando che, ultimate le fasi preliminari pubbliche di verifica e riscontro dei plichi e dei documenti in essi contenuti, la valutazione tecnico-qualitativa dell’offerta va invece effettuata in seduta riservata, al fine di evitare influenze esterne sui giudizi dei membri della commissione giudicatrice (cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. VI, 22.04.2008 n. 1856; Id., sez. IV, 08.10.2007 n. 5217; Id., sez. V, 27.04.2006 n. 2370) (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 02.02.2010 n. 244 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Appalti, accordo bonario d'obbligo. Parere del Consiglio di stato sullo schema di decreto attuativo della direttiva ricorsi. Per riserve superiori al 10%. Meno deroghe al rito speciale.
Rendere sempre obbligatorio l'accordo bonario in caso di riserve superiori al 10% dell'importo dei lavori, limitare le deroghe previste per il rito speciale nei ricorsi al Tar in materia di appalti; tariffe per gli arbitrati di competenza del ministero e non «legificati».
Sono questi alcuni dei rilievi formulati dal Consiglio di Stato, Commissione speciale, con il parere 01.02.2010 n. 368/2010 sullo schema di decreto di attuazione della direttiva 2007/66 («ricorsi») emanato in attuazione dell'art. 44, della legge 07.07.2009, n. 80.
Il copioso parere (71 pagine), intende in primo luogo evidenziare che si eviti di codificare, con specifico riguardo al settore degli appalti, principi generali ampiamente consolidati nella giurisprudenza, che potranno essere eventualmente codificati in sede di predisposizione dell'emanando Codice del processo amministrativo (attuativo a sua volta dell'articolo 44 della legge n. 69/2009).
Il Consiglio di stato chiede poi, fra le diverse cose, che sia meglio chiarita la norma che prevede il divieto di esecuzione anticipata del contratto «perché non sembra sufficiente il richiamo ai principi riguardanti la diretta e obbligatoria applicabilità delle direttive comunitarie, anche in mancanza di esplicito recepimento».
Sull'accesso ai documenti il parere individua diverse «criticità, che potrebbero consigliarne l'espunzione dal testo o il radicale ridimensionamento». Ad avviso dei giudici «è dubbio che la legge di delega contempli tra i propri oggetti anche quello della disciplina dell'accesso ai documenti» e quindi, anche per altri aspetti, «ritiene che occorra una profonda riflessione sulla utilità della disposizione, nella sua attuale espressione».
Per quel che concerne l'accordo bonario, premessa la necessità di valutare se la sostituzione del responsabile del procedimento con il mediatore unico possa determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il parere chiede al governo di recepire le osservazioni formulate di recente dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici e di estendere a tutti gli appalti e concessioni la previsione dell'avvio obbligatorio del procedimento (cioè a prescindere da ogni valutazione in merito al 10%) sulle riserve presenti in contabilità a fine lavori, previsione che oggi sembrerebbe operante solo per gli appalti inferiori a 10 milioni di euro.
Sugli arbitrati si critica la scelta di sottrarre la determinazione delle tariffe alla competenza ministeriale e di trasferirla al potere legislativo; ciò potrebbe precludere la modifica o l'aggiornamento delle tariffe senza passare per una modifica legislativa del testo normativa. Inoltre l'attribuzione di rilevanti effetti al deposito presso la camera arbitrale viene valutata come «una deroga ingiustificata ai principi generali in materia di arbitrato».
Sul procedimento di precontenzioso previsto dal decreto i giudici rilevano che nel contesto di una nuova disciplina che prevede il brevissimo termine di trenta giorni per i ricorsi al Tar, la comunicazione preventiva dell'intenzione di proporre ricorso è oggettivamente e realisticamente destinata a giocare un ruolo molto marginale in funzione deflativa del contenzioso.
Per quel che attiene al rito speciale previsto per i ricorsi al Tar in materia di appalti l'invito è a «limitare al minimo le deroghe rispetto alla già vigente disciplina speciale ex art. 23-bis della legge sui Tar» e a considerare che le esigenze di accelerazione del giudizio vadano condivise ma non fino al punto di prevedere per tutti i processi in materia di appalto un udienza di merito in un termine molto breve, compromettendo il rispetto del principio del giusto processo (articolo ItaliaOggi del 05.02.2010, pag. 35).

APPALTI: Sulla discrezionalità di non aggiudicazione della gara.
Correttamente la stazione appaltante si sia avvalsa della facoltà di non procedere all’aggiudicazione della gara all’offerta del raggruppamento ricorrente, pur essendo l’unica valida, in quanto presentava “carenze progettuali e qualitative tali da renderla non idonea rispetto alle esigenze dell’Amministrazione e, comunque, non conveniente dal punto di vista economico”.
Invero, in primo luogo, nel caso di specie sussistevano i presupposti per l’esercizio da parte della stazione appaltante del potere discrezionale in questione (ex art. 81, comma 3, D.Lgs. n. 163/2006), in quanto la circostanza che l’offerta tecnica della ricorrente avesse superato il preliminare vaglio di corrispondenza ai requisiti qualitativi indicati come soglia minima nel disciplinare, non configura un vincolo per la stazione appaltante in ordine alla valutazione definitiva delle offerte, ma in realtà rappresenta soltanto il riscontro del raggruppamento di un livello qualitativo “sufficiente” da parte delle varie soluzioni progettuali elaborate dalle imprese concorrenti.
Pertanto non appare suffragata sotto il profilo né testuale né sistematico l’interpretazione elaborata dalla ricorrente secondo cui, in presenza di soglie minime di requisiti qualitativi stabilite nella lex specialis di gara, l’esercizio –da parte della stazione appaltante– del potere, di cui all’art. 81, comma 3, D.Lgs. n. 163/2006, sarebbe di fatto circoscritto al sopravvenire di circostanze imprevedibili all’atto di indizione della gara; la discrezionalità di non aggiudicare la gara, invece, concerne la valutazione complessiva dell’offerta (nella sua interezza) come non rispondente alle esigenze della stazione appaltante e, pertanto, si pone su un piano generale nel quale va ricompreso, quale singolo aspetto, il superamento di un preliminare scrutinio di qualità minima da parte delle offerte in gara (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater, sentenza 01.02.2010 n. 1258 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Gara per l'affidamento in concessione di un'area per la realizzazione di un impianto sportivo - Presentazione del progetto relativo all'impianto -Difformità rispetto agli strumenti urbanistici vigenti - Esclusione dalla gara - Legittima anche ove il bando nulla disponga.
E' legittima l'esclusione da una gara ad evidenza pubblica per l'affidamento in concessione di un'area per la realizzazione e la gestione di un impianto sportivo laddove il relativo progetto edilizio si ponga in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti per l'area considerata (nella fattispecie con le norme tecniche d'attuazione - NTA) e ciò anche laddove il bando non preveda espressamente l'esclusione a fronte di tale tipologia di violazioni (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23.01.2006, n. 204) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 01.02.2010 n. 213 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Contratti della P.A. - Vincolatività della lex specialis - Ius superveniens - Contrasto delle disposizioni del bando con prescrizioni normative sopravvenute - Effetti - Caducazione - Con il limite delle fasi già concluse.
Nonostante una parte della giurisprudenza, in ossequio al principio del "tempus regit actum", abbia ritenuto sussistente il principio della vincolatività della lex specialis di gara anche nelle ipotesi in cui la stessa contrasti con prescrizioni normative sopravvenute, deve ritenersi "tamquam non esset" la disposizione del bando di gara che contrasti con norme imperative ed inderogabili sia "ab origine", che a seguito di "ius superveniens" nel corso della gara. Nei contratti ad evidenza pubblica, infatti, tutte le fasi di gara in cui la procedura si scompone assumono un ruolo interno, progressivo e preordinato all'atto di aggiudicazione ed hanno carattere strettamente preparatorio della determinazione finale di scelta del contraente: determinazione che non può mai prescindere dall'applicazione della legge in quel momento in vigore, indipendentemente dal fatto che le fasi già concluse possano restare regolate dalla vecchia legge (conf. Cons. Stato, sez. VI, 25.09.2007, n. 4937; TAR Lombardia Milano, sez. III, 26.08.1998, n. 2031) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 01.02.2010 n. 210 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'illegittimità della clausola di un bando che preveda, a pena di esclusione, l'obbligo di comunicare alla Autorità di Vigilanza il versamento del contributo ad essa dovuto.
In materia di procedure per l'affidamento di appalti pubblici, è da ritenersi illegittimo il disciplinare di gara nella parte in cui prevede che la mancata prova dell'avvenuto versamento e della relativa comunicazione all'Autorità per la Vigilanza integra una causa di esclusione dalla gara, ciò in quanto non è ravvisabile, in capo alla stazione appaltante, alcun interesse degli estremi del versamento ad essa dovuto, giacché siffatto adempimento non incide in alcun modo sul regolare andamento della gara, né sulla par condicio dei concorrenti.
La stessa Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici, nel rispondere ad alcuni quesiti posti alla stessa, ha escluso che le stazioni appaltanti possano escludere per un motivo del genere il soggetto partecipante alla gara (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 01.02.2010 n. 58 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

gennaio 2010

APPALTILa caratteristica dell’ATI mista è quella di combinare il modello dell’ATI verticale con quello dell’ATI orizzontale, sicché all’interno della prima sono possibili ulteriori sub-raggruppamenti orizzontali che frazionino tra loro o la prestazione della mandataria o la prestazione della mandante.
Proprio la struttura dell’ATI mista consente il sub-raggruppamento orizzontale e quello verticale, purché nell’ambito della prestazione principale resti ferma la regola del solo raggruppamento orizzontale.

La caratteristica dell’ATI mista è quella di combinare il modello dell’ATI verticale con quello dell’ATI orizzontale, sicché all’interno della prima sono possibili ulteriori sub-raggruppamenti orizzontali che frazionino tra loro o la prestazione della mandataria (sicché si avrà un’ATI orizzontale per la prestazione principale e una verticale che separa la prestazione secondaria) o la prestazione della mandante (che svolge la prestazione “secondaria”, separabile in ATI verticale, ma che a sua volta può essere un’ATI orizzontale che nel complesso svolge la prestazione secondaria). In pratica, ferma la massima flessibilità che consente la combinazione dei due modelli, resta dovuto il rispetto del limite di legge per cui il segmento di ATI verticale, che realizza lo scorporo, non può coinvolgere la prestazione principale (sul punto particolarmente chiara e con considerazioni tuttora valide Cons. St. sez. IV 09.07.1998 n. 702).
Come già evidenziato in termini generali, proprio la struttura dell’ATI mista consente il sub-raggruppamento orizzontale e quello verticale, purché nell’ambito della prestazione principale resti ferma la regola del solo raggruppamento orizzontale. Ciò che la legge vieta è in definitiva che tutto ciò che la stazione appaltante ha qualificato principale venga svolto in esclusiva da una mandante. D’altro canto sulle prestazioni eseguite in ATI orizzontale sono obbligate in solido tutte le componenti dell’ATI e vi è comunque (in virtù della suddivisione pro quota e non per tipo) anche una effettiva partecipazione all’attività della mandataria, interlocutore diretto della stazione appaltante; per contro nell’ATI verticale sono necessariamente responsabili in solido verso la stazione appaltante della parte di servizio scorporata solo la mandante verticale e la mandataria, che risponde dell’attività della mandante ma dichiaratamente non vi prende in alcun modo parte. L’effetto che il divieto di scorporo vuole dunque evitare è duplice: l’esonero di responsabilità delle restanti mandanti oltre che la responsabilità in assenza di partecipazione all’attività da parte della mandataria (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 29.01.2010 n. 454 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIContratti della p.a. - affidamento servizio - cottimo - pubblicità - controllo documentazione - seduta pubblica - necessità.
Ex art. 125 del d.lgs. 163/2006 si applica anche al cottimo di importo inferiore a € 20.000,00 il principio di dare adeguata pubblicità al procedimento: è, pertanto, necessaria la comunicazione ai partecipanti in ordine alla data di svolgimento della seduta pubblica per l'esame della documentazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 29.01.2010 n. 434 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Concessione servizi - predeterminazione criteri selettivi - valutazione offerta - diversità.
In fattispecie di concessione di servizi, gli elementi attinenti alla capacità del prestatore di eseguire i servizi da affidare -ed in particolare l'esperienza pregressa-, possono essere utilizzati unicamente ai fini della selezione dei concorrenti e non quali elementi di valutazione dell'offerta in termini di affidabilità del concorrente in quanto lesivo dei principi di trasparenza e non discriminazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 29.01.2010 n. 430 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Servizio ristorazione - offerta - valutazione - pregio tecnico - requisiti di ammissione - elementi di valutazione - diversità - temperamento in rapporto ai singoli appalti - certificazione di qualità - indicatore di pregio - rilevanza.
La P.A. non può, in linea di principio, in sede di valutazione delle offerte valorizzare elementi indicativi di una generale ed astratta capacità operativa di impresa i quali, in sé e per sé considerati, nulla dicano sulla maggiore o minore qualità della prestazione, mentre potrebbe prevedere gli stessi elementi come requisiti di ammissione dei partecipanti.
Tale principio va temperato in rapporto ai casi concreti, dato che fra i possibili requisiti di ammissione e i possibili criteri valutativi non vi è una divisione netta, valida una volta per tutte.
La certificazione di qualità è un indicatore di pregio del servizio offerto, in quanto consiste nell'affermazione, fatta dal certificatore, ovvero da un soggetto terzo e qualificato, secondo la quale la ditta svolge l'attività certificata secondo i migliori criteri disponibili allo stato dell'arte (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 29.01.2010 n. 429 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Stipulazione contratto - discrimine competenza - conclusione - aggiudicazione definitiva.
Prima della stipulazione del contratto (discrimine tra ambito di competenza del giudice amministrativo e ordinario) e comunque dell'aggiudicazione definitiva, si controverte ancora nell'ambito del procedimento di aggiudicazione dell'appalto con conseguente giurisdizione del g.a. (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 29.01.2010 n. 428 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIPROCEDURE NEGOZIATE.
Il Tar Puglia precisato, in materia di procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando di gara, che “l’articolo 57, comma 2°, lettera “b” del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs n. 163/2006) prevede la procedura negoziata, senza previa pubblicazione di un bando di gara, quale ipotesi di deroga al principio generale della gara pubblica, nel caso in cui “per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato”. Ricorre tale fattispecie, in relazione ad un sistema di telegestione e di risparmio energetico sugli impianti di pubblica illuminazione, laddove l’impresa, in ragione anche dei brevetti insiti nella sua proposta progettuale, si ponga come “unico interlocutore” per la fornitura del sistema medesimo”.
In riferimento ad una peculiare fattispecie, il Tar ha evidenziato che il procedimento di individuazione dell’operatore unico determinato, così come posto in essere, appare corretto e pienamente condivisibile.
Infatti, in primo luogo, la stazione appaltante, in qualità di Pubblica amministrazione, deve porsi il problema di individuare con precisione l’interesse o, rectius, l’esigenza pubblica da soddisfare.
Si tratta di un importante elemento, la cui corretta individuazione è decisiva, in quanto imprecise ricognizioni condizioneranno negativamente e, sovente, in modo irreparabile, l’agire futuro. Individuata correttamente l’esigenza, è possibile pervenire alla definizione tecnica del servizio, da ricercare sul mercato.
E’ evidente che l’identificazione del servizio e delle sue peculiari e, talora, esclusive caratteristiche, deve avvenire con estremo rigore da parte della Pubblica amministrazione, in modo da poter comprendere e, poi, dimostrare, la possibilità, o meno del ricorso al mercato, cioè alla gara pubblica, oppure la necessità di contrattare con un unico operatore economico. Solo a questo punto, cioè dopo aver individuato il “bisogno pubblico” e definito il servizio nei suoi elementi tecnici, è possibile valutare l'eventuale sussistenza di "motivi di natura tecnica", implicanti la contrattazione con un solo soggetto, cioè l'affidamento senza gara.
In buona sostanza, la precisa qualificazione del servizio, a seguito della ricognizione delle pubbliche esigenze, si rivela estremamente importante ai fini della trasparenza e della correttezza dell’azione amministrativa, in quanto si pone come decisivo discrimen fra la “regola” della gara pubblica e la sua antitetica “eccezione”, rappresentata dalla procedura negoziata. Solo dopo tale "percorso", appare corretta e legittima la procedura negoziata.
La stazione appaltante deve illustrare tale intero percorso procedurale, con adeguata ed esaustiva motivazione, affinché il suo agire possa essere sottoposto ad un controllo, invero delicato, in quanto si ha a che fare con il risultato di una valutazione di discrezionalità tecnica.
E’ ben evidente che solo la puntuale illustrazione di tale percorso consentirà al giudice di non travalicare i suoi limiti, verificando la plausibilità logica dell’agire complessivo (commento tratto dalla newsletter di
www.centrostudimarangoni.it - TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 29.01.2010 n. 372 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Illuminazione pubblica, telegestione e risparmio energetico, affidamento diretto.
Ai sensi del Codice dei contratti pubblici, deve ritenersi legittima la delibera di affidamento diretto e senza gara dell’appalto per la realizzazione di un sistema di telegestione e di risparmio energetico sugli impianti di illuminazione pubblica comunale (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 29.01.2010 n. 372 - link a www.altalex.com).

LAVORI PUBBLICI: E' legittima la delibera con la quale un comune ha affidato, mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, alla Telecom Italia s.p.a. l'appalto per la realizzazione di un sistema di telegestione e di risparmio energetico.
L'art. 57 del D.lgs. 163/2006, prevede che le stazioni appaltanti possono aggiudicare contratti pubblici mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara in ipotesi predeterminate, dandone conto con adeguata motivazione nella delibera o nella determina a contrarre.
Tra le ipotesi di deroga al principio generale della gara pubblica la stessa disposizione, al c. 2 lett. b), contempla il caso in cui "per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato".
Pertanto, nel caso di specie, è legittima la delibera con la quale un comune ha affidato, mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, alla Telecom Italia s.p.a. l'appalto per la realizzazione di un sistema di telegestione e di risparmio energetico sugli impianti di illuminazione pubblica, in quanto Telecom Italia risulta, in ragione dei propri diritti esclusivi sul sistema Mynos e tutelato dai brevetti europei certificati, l'unico operatore economico in grado di garantire gli obiettivi fissati dall'amministrazione, rappresentati dal conseguimento di risparmi energetici e manutentivi attraverso moduli di telegestione e telecontrollo e, contestualmente, dalla possibilità di integrare nella rete pubblica di illuminazione una rete informativa cittadina per sviluppare la capacità e la funzionalità dei servizi comunali.
Il progetto presenta, dunque, un quid pluris che costituisce una peculiarità -fondata su determinati diritti di esclusiva- rispetto ad un tradizionale impianto di pubblica illuminazione (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 29.01.2010 n. 372 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'affidamento di un appalto ex art. 57, comma 2, lett. b), del Codice degli Appalti all'unica impresa idonea a soddisfare l'interesse pubblico.
Ben può un’amministrazione comunale affidare l’appalto per la realizzazione di un sistema di telegestione e di risparmio energetico sugli impianti di illuminazione pubblica comunale se sussistono le condizioni richieste dall’art. 57, comma 2, lett. b) del D.Lgs. 163/2006, nel caso in cui “per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato”.
Nel caso di specie, il Comune di Ugento aveva affidato l’appalto, utilizzando una procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando, individuando nella Telecom s.p.a una tecnologia che consentisse risparmi relativi all’impianto di pubblica illuminazione sia in termini di costi energetici che in termini di costi di esercizio. D’altro canto, l’affidataria restava l’unica interlocutrice idonea a soddisfare l’interesse pubblico, non avendo l’impresa ricorrente dato alcuna prova dell’esistenza di un sistema alternativo che potesse soddisfare le esigenze pubbliche esternate nella delibera comunale (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 29.01.2010 n. 372 - link a
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APPALTI: 1. Esclusione dalla procedura selettiva - Accesso agli atti in vista della difesa in giudizio - Diniego ai sensi dell'art. 13, co. 5 del d.lgs. n. 163/2006 - Illegittimo.
2. Accesso agli atti - Intenzione di agire in giudizio per ottenere l'annullamento degli atti gara - Interesse all'accesso - Sussiste.

1. Secondo giurisprudenza costante, l'esclusione dall'accesso nelle ipotesi di cui all'art. 13, comma 5 (vale a dire, ove riguardi documenti contenenti "informazioni fornite dagli offerenti nell'ambito delle offerte, ovvero a giustificazione delle medesime") non è sempre radicale ed assoluta.
Ai sensi del successivo co. 6, infatti, deve essere comunque consentito l'accesso al concorrente che lo richieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto alla quale ha preso parte (Cfr. Cons. Stato, sez. V, 09.12.2008, n. 6121).
2. Sussiste l'interesse concreto e specifico all'accesso da parte dell'impresa che abbia partecipato alla gara per l'affidamento di un contratto pubblico e che non sia risultata aggiudicataria, non essendo necessario che al momento della richiesta di accesso sia già instaurato il giudizio avverso l'annullamento dell'aggiudicazione o degli atti di gara; è infatti sufficiente che la lite sia anche solo potenziale (CGA Sicilia, Sez. Giur., 05.12.2007, n. 1087) (nella fattispecie, il Collegio ha statuito che ha un interesse concreto ed attuale, tale da sorreggere l'istanza presentata, la ricorrente che ha partecipato con esisto sfavorevole alla procedura e che ha manifestato l'intenzione di agire in giudizio per ottenere l'annullamento degli atti gara) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenze 29.01.2010 n. 199 e 201 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'interpretazione dell'art. 1, n. 1, della direttiva 89/665/CEE, per quanto riguarda la data in cui inizia a decorrere il termine per proporre ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici.
L'art. 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 21.12.1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18.06.1992, 92/50/CEE, esige che il termine per proporre un ricorso diretto a far accertare la violazione della normativa in materia di aggiudicazione di appalti pubblici ovvero ad ottenere un risarcimento dei danni per la violazione di detta normativa decorra dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della violazione stessa.
L'art. 1, n. 1, della direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 92/50, osta a una disposizione nazionale, quale quella di cui trattasi nella causa principale, che consente a un giudice nazionale di dichiarare irricevibile un ricorso diretto a far accertare la violazione della normativa in materia di aggiudicazione di appalti pubblici ovvero ad ottenere il risarcimento dei danni per la violazione di detta normativa in applicazione del criterio, valutato discrezionalmente, secondo il quale siffatti ricorsi devono essere proposti senza indugio.
La direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 92/50, impone al giudice nazionale di prorogare il termine di ricorso, esercitando il proprio potere discrezionale, in maniera tale da garantire al ricorrente un termine pari a quello del quale avrebbe usufruito se il termine previsto dalla normativa nazionale applicabile fosse decorso dalla data in cui egli era venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della violazione della normativa in materia di aggiudicazione di appalti pubblici.
Qualora le disposizioni nazionali relative ai termini di ricorso non si dovessero prestare ad un'interpretazione conforme alla direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 92/50, il giudice nazionale sarebbe tenuto a disapplicarle, al fine di applicare integralmente il diritto comunitario e di proteggere i diritti che questo attribuisce ai singoli (Corte di giustizia europea, Sez. III, sentenza 28.01.2010 n. C-406/08 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).
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Ricorsi, più tempo. Sentenza della Corte di giustizia europea. Conta il momento della violazione.
Il termine per proporre ricorso contro una esclusione da un appalto deve decorrere dal momento in cui si è venuti a conoscenza della violazione della normativa e non dal momento in cui la violazione è avvenuta; il giudice deve disapplicare norme che prevedano termini di decorrenza diversi.
Lo afferma la Corte di Giustizia Europea, sez. III, con la sentenza del 28.01.2010 (nella causa C-406/08) con riferimento ad un appalto pubblico in cui si discuteva sulla decorrenza dei termini per presentare ricorso giurisdizionale.
In particolare la Corte di giustizia era chiamata a decidere se il termine per proporre un ricorso in materia di appalti, dovesse decorrere dalla data della violazione della normativa ovvero dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della violazione stessa. Il giudice europeo, in primo luogo, afferma che la finalità della direttiva 89/665 è quella di garantire che le decisioni illegittime delle amministrazioni aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e quanto più rapido possibile.
Partendo da questo presupposto, la sentenza precisa che il fatto che un concorrente sia venuto a conoscenza del rigetto della sua candidatura o della sua offerta, di per se non gli consente di proporre ricorso in modo efficace, perché egli dispone di informazioni insufficienti per scoprire l'eventuale esistenza di un'illegittimità impugnabile con ricorso. Invece è soltanto dopo essere venuto a conoscenza dei motivi per i quali è stato escluso che il soggetto «potrà formarsi un'idea precisa in ordine all'eventuale esistenza di una violazione delle disposizioni in materia di appalti pubblici e sull'opportunità di proporre ricorso». Pertanto il termine deve decorrere dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della violazione stessa e, quindi, dei suoi motivi.
Per quel che attiene poi alla discrezionalità che spetta al giudice in questo campo, la Corte censura tutte quelle norme che consentono a un giudice nazionale di dichiarare irricevibile un ricorso in applicazione del criterio, valutato discrezionalmente, secondo il quale siffatti ricorsi devono essere proposti senza indugio. Viceversa, la direttiva 665 «impone al giudice nazionale di prorogare il termine di ricorso, esercitando il proprio potere discrezionale, in maniera tale da garantire al ricorrente un termine pari a quello del quale avrebbe usufruito se il termine previsto dalla normativa nazionale applicabile fosse decorso dalla data in cui egli era venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della violazione» (articolo ItaliaOggi del 30.01.2010, pag. 25).

APPALTI: Impugnazione dell'aggiudicazione da parte di un'impresa che non ha partecipato alla gara - Ricorso inammissibile.
E' inammissibile per carenza di legittimazione ad agire e interesse il ricorso proposto avverso l'aggiudicazione di un pubblico appalto da parte di un'impresa che non ha partecipato alla gara relativa, potendo la stessa impugnare soltanto le disposizioni della lex specialis che ne abbiano in ipotesi impedito la partecipazione alla procedura selettiva (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 28.01.2010 n. 197 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Nelle more della individuazione del gestore unico del servizio idrico integrato (S.I.I.), permane la gestione preesistente alla costituzione dell'Ente d'Ambito.
I singoli comuni, fino all'effettivo subentro del nuovo gestore del servizio idrico integrato (S.I.I.), individuato dall'Ente d'Ambito, continuano ad espletare il servizio attraverso le forme di gestione preesistenti e possono appaltare all'esterno servizi già svolti da ditte esterne nonché appaltare lavori di straordinaria manutenzione di cui le reti idrica e fognaria urgentemente necessitano (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.01.2010 n. 299 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Legittimo il provvedimento di esclusione adottato dalla S.A. nei confronti della concorrente che abbia commesso gravi negligenze nei confronti della P.A..
Si appalesa legittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nei confronti di una concorrente che sia incorsa nella violazione di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del D. Lgs. 163/2006, ovvero abbia commesso gravi negligenze o agito con malafede durante l’esecuzione di precedenti contratti con la medesima amministrazione.
Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, l'esclusione della ditta che sia incorsa in grave negligenza o malafede nell'esecuzione di lavori affidati dalla Stazione appaltante non presuppone il definitivo accertamento di tale comportamento, essendo sufficiente la valutazione fatta dalla stessa amministrazione col richiamo per relationem all'atto con cui, in altro rapporto contrattuale di appalto, la stessa amministrazione aveva provveduto alla risoluzione per inadempimenti contrattuali. (cfr. Cons. Stato, IV 3092 del 2007; VI Sez. n. 1071 del 2004 e IV Sez. n. 4999 del 2006) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.01.2010 n. 296 - link a
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APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di un concorrente resosi responsabile di negligenze e malafede nell'esecuzione di precedenti prestazioni.
Ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti) è legittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un'impresa concorrente che abbia commesso gravi negligenze o agito in malafede durante l'esecuzione di precedenti contratti, intercorsi con la medesima Amministrazione committente che ha bandito la gara.
La predetta disposizione da un lato preclude la partecipazione alle -gare d'appalto- ai soggetti che si siano resi responsabili di gravi inadempienze nell'esecuzione di precedenti contratti, denotando, quindi, un'inidoneità "tecnico-morale" a contrarre con la P.A., e d'altra parte cristallizza il duplice principio secondo cui: la sussistenza di tali situazioni ostative può essere desunta da qualsiasi mezzo di prova; il relativo provvedimento di esclusione necessita, invece, di adeguata motivazione.
Alla luce di consolidata opinione del Consiglio di Stato, ai fini dell'esclusione della ditta incorsa in grave negligenza o malafede nell'esecuzione di lavori precedentemente affidati dalla Stazione appaltante, non si rende necessario un accertamento definitivo in ordine ad un siffatto comportamento, essendo sufficiente la valutazione, operata dalla stessa amministrazione, mediante richiamo per relationem all'atto con cui, in altro rapporto contrattuale, la stessa amministrazione aveva provveduto alla risoluzione per inadempimenti contrattuali, come nel caso di specie.
In detta ipotesi il provvedimento di esclusione, lungi dal rivestire carattere sanzionatorio, assume valenza di presidio dell'elemento fiduciario destinato a connotare, fin dall'inizio, i rapporti contrattuali di appalto pubblico. E' da ritenersi quindi sufficiente, ai fini dell'esclusione del concorrente, un accertamento in sede amministrativa degli inadempimenti di cui sopra (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.01.2010 n. 296 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).
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Appalti, esclusa l'impresa recidiva.
L'impresa inadempiente in un precedente contratto è esclusa a priori dalla partecipazione ad un nuovo appalto con la stessa pubblica amministrazione. Il principio vale anche nel caso in cui le gravi negligenze non siano state definitivamente accertate, essendo sufficiente l'accertamento in sede amministrativa della causa di risoluzione.
Lo chiarisce la sentenza n. 296 del 27.01.2010 del Consiglio di stato, sez. V.
L'articolo 38, comma 1, lett. f), del dlgs n. 163/2006 prevede che sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti, né possono essere affidatari di subappalti i soggetti che, secondo una motivata valutazione dell'ente appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stessa stazione appaltante o che hanno commesso errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte dell'ente.
Per orientamento giurisprudenziale consolidato, l'esclusione dalle gare pubbliche per grave negligenza o malafede commessa nel corso di precedenti contratti pubblici può essere pronunciata automaticamente soltanto quando tale comportamento è stato posto in essere in occasione di un pregresso rapporto negoziale intercorso con la stessa stazione appaltante che indice la gara. Nel caso, invece, l'inaffidabilità di una società partecipante venga desunta dagli errori gravi commessi nella precedente attività svolta, è necessario valutare l'incapacità tecnico professionale dell'impresa concorrente.
La stazione appaltante, in questa seconda ipotesi, deve valutare i motivi della risoluzione del precedente contratto con altra stazione appaltante, nonché la gravità dell'inadempienza compiuta dall'impresa e rendere una motivazione adeguata delle proprie scelte. Non è sufficiente un richiamo per relationem della risoluzione disposta da un altro ente -e rilevato nel casellario informatico- dovendosi valutare la condotta dell'impresa, in termini di inadeguatezza del proprio comportamento rispetto all'esigenza di dimostrare la sua affidabilità professionale. Nella sentenza in commento, la provincia di Brindisi ha chiesto la riforma del pronunciamento del Tar Puglia con il quale la società E. aveva ottenuto l'annullamento del provvedimento di esclusione da una gara indetta dalla provincia, esclusione decretata in quanto alla società era stato risolto, per gravi inadempienze e ritardi, un precedente contratto con lo stesso ente.
Il Tar ha accolto la domanda della società E. basandosi sul principio che non è legittima l'esclusione dalla gara nel caso in cui l'atto relativo all'accertamento delle precedenti violazioni sia oggetto di contestazione.
L'argomentazione del giudice di prime cure non è condivisa dal Consiglio di stato il quale afferma che la disposizione è stata chiarita dalla giurisprudenza dello stesso organo che ha rilevato che l'esclusione della ditta, incorsa in grave negligenza o malafede nell'esecuzione di lavori affidati dalla stessa stazione appaltante, non presuppone il definitivo accertamento del comportamento. È sufficiente, in questo caso, la valutazione fatta dalla stessa amministrazione, richiamando per relationem, l'atto con il quale in un altro rapporto contrattuale la stessa amministrazione ha effettuato la risoluzione per inadempimento.
L'esclusione, continua il giudice amministrativo, non ha carattere sanzionatorio, poiché è a presidio dell'elemento fiduciario destinato a connotare, sin dal momento genetico, i rapporti contrattuali di appalto pubblico e l'esigenza da salvaguardare è la fiducia, venuta meno a seguito della grave, precedente, negligenza dell'impresa partecipante. L'orientamento trova supporto da un punto di vista esegetico, laddove è lo stesso articolo 38 che richiama espressamente il definitivo accertamento –nella lett. g)– o il passaggio in giudicato della sentenza –nella lettera c)– potendosi quindi ritenere sufficiente, con un'interpretazione al contrario, l'accertamento in sede amministrativa della causa di esclusione invocata nel caso in esame. Per tali ragioni il Consiglio di stato accoglie il ricorso della provincia (articolo ItaliaOggi del 12.02.2010, pag. 36).

APPALTI: Disposizioni del bando contrarie a norme imperative sopravvenute - Illegittimità - Devono considerarsi non apposte - Sono automaticamente sostituite da quelle cogenti entrate in vigore.
Le disposizioni del bando di gara che contrastano con norme inderogabili -sia "ab origine" che a seguito di "ius superveniens" nel corso della gara- equivalgono a richiami normativi erronei o non più attuali. Esse sono da considerarsi "tamquam non essent" e devono essere sostituite dalle corrispondenti previsioni cogenti.
Nei contratti ad evidenza pubblica, infatti, tutte le fasi di gara in cui la procedura si scompone assumono una funzione preordinata all'atto di aggiudicazione che, in quanto atto conclusivo (e in senso stretto provvedimentale), deve essere necessariamente conforme al dato normativo in quel momento in vigore (cfr. TAR Lombardia, sez. III, 26.08.1998, n. 2031; nello stesso senso vedi, altresì, Cons. Stato, sez. VI, n. 4937/2007) (fattispecie nella quale il Collegio, dopo aver dato atto di un orientamento contrario (cfr. TAR Piemonte, 04.09.2009 n. 2260) ha ritenuto legittimo il provvedimento dell'Amministrazione di esclusione dalla procedura selettiva di una società che in base ad una normativa sopravvenuta non aveva più i requisiti -misura del capitale sociale- per poter partecipare alla gara) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenze 27.01.2010 nn. 185 e 186 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: R. De Nictolis, LA QUALIFICAZIONE NEL NUOVO REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE DEL CODICE DEGLI APPALTI PUBBLICI - Intervento al Convegno: Un regolamento per ogni decennio? Il DPR 207/2010: prime riflessioni - organizzato da IGI in Roma, 27.01.2011 (link a www.osservatorioappalti.unitn.it).

APPALTI: B. Veca, RIFLESSIONI A MARGINE DEL NUOVO REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE DEL CODICE DEGLI APPALTI PUBBLICI - Intervento al Convegno: Un regolamento per ogni decennio? Il DPR 207/2010: prime riflessioni - organizzato da IGI in Roma, 27.01.2011 (link a www.osservatorioappalti.unitn.it).

APPALTILegittima la costituzione in ATI con società colpita da provvedimento antimafia se il "collegamento mafioso" non risulta sufficientemente provato.
La costituzione in ATI con una società che è stata colpita da provvedimento antimafia emanato dopo più di un anno dalla cessazione dell’ATI stessa e dopo più anni dalla sua costituzione, e che ha dato vita a una società con un soggetto in precedenza oggetto di pregiudizi dopo l’assoluzione di questi, non determina la risoluzione del contratto per il pericolo di “collegamenti” di tipo mafioso, essendo ritenuti tali elementi insufficienti a configurare indizi oggettivamente sintomatici del pericolo di infiltrazioni, mancando elementi ulteriori, significativi a tal fine, quali, ad esempio, la partecipazione del suo amministratore unico in attività economiche svolte con soggetti in atto indagati o imputati, in particolare per reati di stampo mafioso o il carattere plurimo e stabile della sua frequentazione con soggetti malavitosi (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 25.01.2010 n. 250 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI: Gare d’appalto: non sono ammissibili offerte condizionate.
L’offerta condizionata non può costituire per la Pubblica Amministrazione offerta suscettibile di valutazione, meritando pertanto di essere esclusa dalla procedura, posto che essa non può essere ritenuta offerta attendibile, univoca e idonea a manifestare una volontà certa ed inequivoca dell’impresa di partecipazione alla gara (Cons. Stato, sez. V, 25.02.1991, n. 192; Cons. Stato, Sez. V, 23.08.2004, n. 5583) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 25.01.2010 n. 248 - link a www.altalex.com).

APPALTI: L'amministrazione non può escludere dalla gara imprese tra loro collegate senza verificare che tale rapporto abbia avuto un impatto concreto sul rispettivo comportamento nell'ambito della procedura.
In questa contesto, secondo i giudici della sesta sezione del Consiglio di Stato, assume particolare rilievo la recente sentenza della Corte di Giustizia, sez. IV, 19.05.2009, C-538/2007.
Tale sentenza, ricordano gli stessi giudici, ha chiaramente affermato che il diritto comunitario osta ad una disposizione nazionale che, pur perseguendo gli obiettivi legittimi di parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza nell'ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, stabilisca un divieto assoluto, a carico di imprese tra le quali sussista un rapporto di controllo o che siano tra loro collegate, di partecipare in modo simultaneo e concorrente ad una medesima gara d'appalto, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non ha influito sul loro rispettivo comportamento nell'ambito di tale gara.
La motivazione della citata sentenza comunitaria si snoda in particolare lungo i seguenti passaggi. “E’ giocoforza constatare che la normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale, nella misura in cui estende il divieto di partecipazione ad una medesima procedura di aggiudicazione alle situazioni in cui il rapporto di controllo tra le imprese interessate rimane ininfluente sul comportamento di queste ultime nell'ambito di siffatte procedure, eccede quanto necessario per conseguire l'obiettivo di garantire l'applicazione dei principi di parità di trattamento e di trasparenza” (punto 29). “Una tale normativa, basata su una presunzione assoluta secondo cui le diverse offerte presentate per un medesimo appalto da imprese collegate si sarebbero necessariamente influenzate l'una con l'altra, viola il principio di proporzionalità, in quanto non lascia a tali imprese la possibilità di dimostrare che, nel loro caso, non sussistono reali rischi di insorgenza di pratiche atte a minacciare la trasparenza e a falsare la concorrenza tra gli offerenti” (punto 30). “A tale riguardo va sottolineato che i raggruppamenti di imprese possono presentare forme e obiettivi variabili, e non escludono necessariamente che le imprese controllate godano di una certa autonomia nella gestione della loro politica commerciale e delle loro attività economiche, in particolare nel settore della partecipazione a pubblici incanti. Del resto, come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, i rapporti tra imprese di un medesimo gruppo possono essere disciplinati da disposizioni particolari, ad esempio di tipo contrattuale, atte a garantire tanto l'indipendenza quanto la segretezza in sede di elaborazione di offerte che vengano poi presentate contemporaneamente dalle imprese in questione nell'ambito di una medesima gara d'appalto” (punto 31”). “In tale contesto, il compito di accertare se il rapporto di controllo in questione abbia esercitato un'influenza sul contenuto delle rispettive offerte depositate dalle imprese interessate nell'ambito di una stessa procedura di aggiudicazione pubblica richiede un esame e una valutazione dei fatti che spetta alle amministrazioni aggiudicatrici effettuare. La constatazione di un'influenza siffatta, in qualunque forma, è sufficiente per escludere tali imprese dalla procedura di cui trattasi. Per contro, la semplice constatazione dell'esistenza di un rapporto di controllo tra le imprese considerate, risultante dall'assetto proprietario o dal numero dei diritti di voto che possono esercitarsi nelle assemblee ordinarie, non è sufficiente affinché l'amministrazione aggiudicatrice possa escludere automaticamente tali imprese dalla procedura di aggiudicazione dell'appalto, senza verificare se un tale rapporto abbia avuto un impatto concreto sul loro rispettivo comportamento nell'ambito di questa procedura” (commento tratto da www.doumentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 25.01.2010 n. 247 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La pubblicità delle sedute di gara: contrasti giurisprudenziali in attesa del nuovo regolamento (link a www.mediagraphic.it).

LAVORI PUBBLICI: L. Bellagamba, La manutenzione stradale come possibile concessione di servizio (link a www.linobellagamba.it).

LAVORI PUBBLICI: L. Bellagamba, Il fotovoltaico, il finanziamento tramite terzi e l’equivoco dell’art. 15 del D.Lgs. 115/2008: il contratto è di lavori e non di servizio, di concessione e non di appalto.
Può configurarsi un appalto, tuttavia, laddove il comune costituisca ad hoc una società in house – Non è affatto rilevante la qualificazione nazionale data al contratto pubblico di cui si tratti (link a www.linobellagamba.it).

APPALTI SERVIZI: G. Scarafiocca, La nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: 1. Concessione distribuzione gas - scadenza  - proroga - disciplina applicabilità
2. Concessione distribuzione gas - convenzione - facoltà di ritenzione impianti - vincolatività - non sussiste.

1. Con l'emanazione degli artt. 15 comma 5, 6, 7, 8, d.lgs. 164/2000, art. 1 comma 69 l. 239/2004 e art. 23 comma 1 d.l. 273/2005 (convertito in l. 51/2006) il legislatore ha voluto creare un limite di certezza (31/12/2007) oltre il quale non è consentito procrastinare l'attuazione dei nuovi principi che presidiano l'attività di distribuzione del gas nell'osservanza delle regole concorrenziali.
In questo quadro la facoltà di proroga per motivi di pubblico interesse costituisce, a sua volta, un'ipotesi residuale ed atipica da esercitarsi discrezionalmente ed unilateralmente dall'Ente locale.
2. La norma convenzionale che prevede l'esercizio della facoltà di ritenzione degli impianti da parte del concessionario, prevista contrattualmente sotto il vecchio regime, non è vincolante e se ne statuisce la cedevolezza di detta clausola nei confronti degli interessi tutelati dalla normativa sopravvenuta (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 22.01.2010 n. 218 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Ancor prima dell'attuazione delle linee di indirizzo necessarie per favorire l'aggregazione tra comuni in merito alla distribuzione del gas, i comuni possono indire gare pubbliche per l'affidamento medio tempore del servizio relativo.
Il collegio dei giudici lombardi, nell'affrontare la complessa materia delle proroghe e scadenze in tema di distribuzione del Gas, offre un'interpretazione orientata alla piena attuazione del principio del ricorso al mercato e della concorrenza.
Il quadro normativo di cui si tenterà di fornire un quadro riassuntivo, così come tracciato dai magistrati stessi richiede uno sforzo d'interpretazione che i giudici bresciani hanno assunto pervenendo all'affermazione contenuta nel titolo del presente commento.
La disciplina del mercato interno del Gas naturale è dettata in Italia dal D.lgs 164/2000 che attua la direttiva 98/30/CE. La disposizione del decreto, maggiormente esposta ad interventi normativi, è quella che regolamenta il periodo transitorio ed è contenuta nell'art. 15 del medesimo.
L'art. 15, commi 5, 6, 7 e 8 del D. Lgs. 164/2000 stabilisce: “5. Per l'attività di distribuzione del gas, gli affidamenti e le concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché quelli alle società derivate dalla trasformazione delle attuali gestioni, proseguono fino alla scadenza stabilita, se compresa entro i termini previsti dal comma 7 per il periodo transitorio. Gli affidamenti e le concessioni in essere per i quali non è previsto un termine di scadenza o è previsto un termine che supera il periodo transitorio, proseguono fino al completamento del periodo transitorio stesso. In quest'ultimo caso, ai titolari degli affidamenti e delle concessioni in essere è riconosciuto un rimborso, a carico del nuovo gestore ai sensi del comma 8 dell'art. 14, calcolato nel rispetto di quanto stabilito nelle convenzioni o nei contratti e, per quanto non desumibile dalla volontà delle parti, con i criteri di cui alle lettere a) e b ) dell'art. 24 del regio decreto 15.10.1925, n. 2578. Resta sempre esclusa la valutazione del mancato profitto derivante dalla conclusione anticipata del rapporto di gestione.
6. Decorso il periodo transitorio, l'ente locale procede all'affidamento del servizio secondo le modalità previste dall'art. 14.
7. Il periodo transitorio di cui al comma 5 è fissato in cinque anni a decorrere dal 31.12.2000. Tale periodo può essere incrementato, alle condizioni sotto indicate, in misura non superiore a: a) un anno nel caso in cui, almeno un anno prima dello scadere dei cinque anni, si realizzi una fusione societaria che consenta di servire un'utenza complessivamente non inferiore a due volte quella originariamente servita dalla maggiore delle società oggetto di fusione; b) due anni nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a), l'utenza servita risulti superiore a centomila clienti finali, o il gas naturale distribuito superi i cento milioni di metri cubi all'anno, ovvero l'impresa operi in un ambito corrispondente almeno all'intero territorio provinciale; c) due anni nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a ), il capitale privato costituisca almeno il 40% del capitale sociale.
8. Ove ricorra più di una delle condizioni indicate al comma 7 i relativi incrementi possono essere sommati
”.
In data 28/09/2004 è entrata in vigore la Legge n. 239 del 2004, il cui art. 1 comma 69 recita: "La disposizione di cui all'articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 23.05.2000, n. 164, relativa al regime transitorio degli affidamenti e delle concessioni in essere al 21.06.2000, data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, va interpretata nel senso che è fatta salva la facoltà di riscatto anticipato, durante il periodo transitorio, se stabilita nei relativi atti di affidamento o di concessione. Tale facoltà va esercitata secondo le norme ivi stabilite. Le gare sono svolte in conformità all'articolo 14 del decreto legislativo 23.05.2000, n. 164. Il periodo transitorio di cui al citato articolo 15, comma 5, termina entro il 31.12.2007, fatta salva la facoltà per l'ente locale affidante o concedente di prorogare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, per un anno la durata del periodo transitorio, qualora vengano ravvisa te motivazioni di pubblico interesse. Nei casi previsti dall'articolo 15, comma 9, del decreto legislativo 23.05.2000, n. 164, il periodo transitorio non può comunque terminare oltre il 31.12.2012. È abrogato il comma 8 dell'articolo 15 dello stesso decreto legislativo n. 164 del 2000”.
Il panorama normativo si è infine arricchito con l'art. 23, comma 1, del D.L. 30/12/2005 n. 273, convertito con modificazioni nella L. 23/02/2006 n. 51.
La disposizione recita testualmente: “1. Il termine del periodo transitorio previsto dall'articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 23.05.2000, n. 164, è prorogato al 31.12.2007 ed è automaticamente prolungato fino al 31.12.2009 qualora si verifichi almeno una delle condizioni indicate al comma 7 del medesimo articolo 15.
2. I termini di cui al comma 1 possono essere ulteriormente prorogati di un anno, con atto dell'ente locale affidante o concedente, per comprovate e motivate ragioni di pubblico interesse. 3. Sono fatte salve le disposizioni di cui al comma 9 dell'articolo 15 del decreto legislativo 23.05.2000, n. 164, nonché la facoltà di riscatto anticipato durante il periodo transitorio, di cui al comma 1, se prevista nell'atto di affidamento o di concessione
.”
Secondo i giudici bresciani, il combinato di tali disposizioni palesa che la chiusura del periodo transitorio è stabilita dal legislatore al 31/12/2005. Il legislatore fissa la scadenza naturale al 31/12/2005; entro il 31/12/2007 e non già il 31/12/2007 deve concludersi il periodo transitorio: con tale disposizione contempla la possibilità che ci si avvalga delle facoltà di incremento previste dalle lettere a), b) e c) del comma 7 dell'art. 15 che, non più cumulabili in forza dell'intervenuta abrogazione del successivo comma 8, le possibilità d'incremento non possono andare oltre i due anni complessivi (nel caso delle fattispecie di cui alle lettere b. e c.), determinando così lo slittamento del termine naturale del 31/12/2005 al 31/12/2007. Nel caso in cui ricorra la sola ipotesi di cui alla lett. a), l'incremento del periodo transitorio è di un solo anno, con slittamento del termine naturale del 31/12/2005 al 31/12/2006.
In sostanza, la fascia biennale dall'01.01.2006 al 31.12.2007 rappresenta il segmento temporale entro il quale deve avere termine il periodo transitorio in relazione al tipo di incremento di cui ricorrono i presupposti. La data del 31/12/2007 costituisce pertanto la barriera oltre la quale il periodo transitorio non può essere incrementato o prorogato (cfr. per tutte sentenza TAR Brescia 06/05/2005 n. 411). In tale contesto la proroga ulteriore stabilita dal dl 273/2005 è ammessa solo su scelta unilaterale dell'ente: tale incremento rappresenta un'ipotesi residuale ed atipica da esercitarsi discrezionalmente ed unilateralmente dall'ente locale.
Pertanto non si consolida alcuna aspettativa nei confronti della concessionaria e ciò tanto meno in ordine alla concreta applicazione dell'art. 46-bis d.l. 159/2007 che, prima della conversione del decreto, recava la seguente dicitura "al fine di incentivare le operazioni di aggregazione di cui al comma 2, sono prorogati di due anni i termini del 31.12.2007 e del 31.12.2009 stabiliti dall'articolo 23, comma 1, del DL 273/2005 (comma 3)" non ripetuta nella versione della conversione.
D'altro canto gli stessi giudici si erano già espressi sull'argomento: (sentenza 16/06/2008 n. 662), che "la …. pretesa della ricorrente, focalizzata sulla normativa in vigore tra il 1 e il 31.12.2007, non può trovare accoglimento ….. …. la sola disciplina rilevante è quella che si collega al momento della scadenza del periodo transitorio e ne regola l’eventuale prosecuzione. Dunque non possono essersi consolidate aspettative in capo alla ricorrente circa la proroga al 31.12.2011, sulla base della prima versione dell’art. 46-bis comma 3 del DL 159/2007, perché il passaggio dal 31.12.2007 all'01.01.2008 è regolato dalla legge 244/2007, ossia dalla seconda versione dell’art. 46-bis, comma 3, del DL 159/2007”.
L'attuale disciplina stabilita dall'art. 46-bis è volta esclusivamente a favorire l'aggregazione dei comuni in bacini di utenza, ciò però ad avviso dei giudici bresciani non priva i comuni del potere di indire medio tempore (finché non siano dettate le linee di indirizzo per la costituzione dei bacini) delle gare pubbliche per l'affidamento del servizio per il solo fatto che le linee dovranno essere emanate nel giro di due anni.
Pertanto correttamente ed anche in linea con la disciplina comunitaria, l'ente della decisione in commento ha bandito gare pubbliche per l'affidamento del servizio. L'intento del legislatore in effetti non è mai stato quello di procrastrinare l'apertura del mercato interno del Gas (commento tratto da www.doumentazione.ancitel.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 22.01.2010 n. 218 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla qualifica della gestione del servizio di bar all'interno di un ospedale, nonché sulla disciplina dell'anomalia delle offerte, sull'obbl. di dichiarare le pronunce per le quali sia intervenuta la riabilitazione e omessa dichiarazione dei proc. speciali.
Secondo l'opinione, ormai consolidata, di matrice comunitaria il criterio distintivo tra concessione di servizi ed appalto deve essere ricercato nel differente destinatario della prestazione e nella diversa allocazione del rischio di gestione del servizio. In particolare, può parlarsi di concessione se il servizio è rivolto al pubblico, e non direttamente all'Amministrazione, e se (almeno per la parte prevalente) la remunerazione del concessionario derivi dalla gestione del servizio. In coerenza con tale elaborazione, l'art. 30 del d.lgs 12.04.2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici), al secondo comma, stabilisce che "nella concessione di servizi la controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio".
Pertanto, nel caso di specie, va qualificato come concessione di servizi il rapporto con cui è stato affidato da una Azienda sanitaria ad un privato la gestione di un servizio bar e ristorazione all'interno di un complesso ospedaliero, in quanto, sussistono entrambi i requisiti contenutistici: il servizio di gestione del bar interno è reso ad un pubblico di utenti del presidio ospedaliero, ed il rischio di gestione del servizio ricade sull'aggiudicatario, che non è dunque remunerato dall'Amministrazione, ma si rifà sugli utenti. Né può indurre ad una diversa soluzione la circostanza che, in correlazione anche con l'affidamento in uso di locali dell'Azienda ospedaliera, sia previsto dal bando di gara il versamento, da parte del concessionario, di un canone annuo, come pure l'obbligo dello stesso di svolgere i lavori di predisposizione e di adeguamento funzionale dei locali.
Tali elementi non sono tali da modificare il profilo causale della concessione di servizi; ed anzi, seppure con altra finalità, l'art. 32, c.1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede la possibilità che il concessionario di servizi pubblici sia chiamato a svolgere lavori strettamente strumentali alla gestione del servizio, che divengono di proprietà della Amministrazione aggiudicatrice.
A norma dell'art. 30 del d.lgs 12.04.2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici), le disposizioni in esso contenute non si applicano alle concessioni di servizi, salvo quelle della Parte IV (sul contenzioso), e l'art. 143, comma 7, in quanto compatibile; corollario di tale norma è che la disciplina sull'anomalia delle offerte non si estende alle concessioni di servizi.
Sono irrilevanti, ai fini dell'apprezzamento della moralità professionale di un'impresa concorrente in una gara di appalto, le condanne seguite da riabilitazione, con conseguente esclusione della necessità di dichiarare le pronunce per le quali sia intervenuta la riabilitazione, proprio per la ragione che la conoscenza di detta circostanza non risponde ad alcun apprezzabile interesse della stazione appaltante.
E' legittima l'omessa dichiarazione dell'inesistenza delle cause di esclusione di cui all'art. 38 del codice dei contratti pubblici, con riguardo a soggetti dipendenti dell'impresa partecipante alla gara, i quali, pur muniti di procura, siano però titolari di poteri circoscritti, che incontrano un preciso limite nelle strategie aziendali compiute a monte dagli organi effettivamente dotati di poteri decisionali, e che siano privi di poteri decisionali in ordine alla partecipazione alla gara ed alla formulazione dell'offerta (TAR Umbria, Sez. I, sentenza 21.01.2010 n. 26 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: La documentazione di gara può essere integrata solo dove la stessa non abbia il requisito dell'essenzialità.
La documentazione di gara può essere integrata solo dove la stessa non abbia il requisito dell’essenzialità. In altre parole, la regolarizzazione non può essere formulata dalla stazione appaltante se è indirizzata ad integrare documenti che in base a previsioni univoche del bando o della lettera di invito avrebbero dovuto essere prodotte a pena di esclusione, già in sede di offerta.
Nel caso specifico, il bando di gara aveva previsto, a pena d’esclusione, l’allegazione alla documentazione di gara dell’attestazione (SOA) di cui al d.P.R. 34/2000 regolarmente autorizzata e in corso di validità. In presenza di una prescrizione tassativa imposta a tutti i concorrenti a pena di esclusione, la stazione appaltante ha escluso le concorrenti, che hanno omesso tale documento, non consentendo quindi regolarizzazioni postume (TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 20.01.2010 n. 626 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: Sul giudizio di anomalia dell'offerta nelle gare d'appalto.
La funzione del giudizio di anomalia dell'offerta è quella di garantire un equilibrio tra la convenienza della p.a. ad affidare l'appalto al prezzo più basso e l'esigenza di evitarne l'esecuzione con un ribasso che si attesti al di là del ragionevole limite dettato dalle leggi di mercato. In particolare il sub-procedimento di verifica dell'anomalia non tende a selezionare l'offerta che è più conveniente per la stazione appaltante, la ratio cui è preordinato l'indicato meccanismo di controllo consiste, invece, nell'assicurare la piena affidabilità della proposta contrattuale.
E' corretta la valutazione operata dall'amministrazione sull'anomalia di una offerta formulata in una gara d'appalto, fondata sull'analisi dei prezzi unitari, sui preventivi dei fornitori, sull'indicazione dei tempi di esecuzione dei lavori in relazione a quelli ritenuti ordinariamente necessari. A tal fine l'amministrazione gode di potere discrezionale nel determinare su quali prezzi fondare il proprio giudizio di congruità per escludere l'anomalia. Pertanto, l'amministrazione, per verificare l'anomalia dell'offerta, può indagare sui rapporti a monte e sulle condizioni dei fornitori di parte offerente, anche con riferimento all'approvvigionamento di beni da parte di questi ultimi (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 19.01.2010 n. 188 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 3 del 19.01.2010 (link a www.infopoint.it):
- "Criteri per l'accesso ai contributi in conto interessi per la realizzazione di impianti sportivi di uso pubblico (legge regionale 08.10.2002, n. 26 - art. 4, commi 1, lettera d), 3, 4, e articolo 10, commi 1, lettera a) e 3)" (deliberazione G.R. 02.12.2009 n. 10697);
- "Approvazione iniziativa anno 2009/2010 per l'accesso ai contributi in conto interessi a valere sui mutui dell'Istituto per il Credito Sportivo per la realizzazione di impianti sportivi di uso pubblico" (decreto D.S. 21.12.2009 n. 14302).

LAVORI PUBBLICI: Asfaltatura manto stradale - Riscossione coattiva somme - Ingiunzione di pagamento - Onere della P.A. di dimostrare il fondamento giuridico della pretesa - Necessità.
In materia di riscossione coattiva di somme di denaro pretese dalla P.A. a titolo di contributo per la riasfaltatura della sede stradale, che l'amministrazione assuma avere eseguito in sostituzione del privato, è illegittima la relativa ingiunzione di pagamento ogni qualvolta il Comune non assolva l'onere probatorio posto a suo carico di dimostrare il fondamento giuridico della propria pretesa (nel caso di specie la P.A. non cita legge, né provvedimento, né convenzione, né statuizione giudiziale da cui possa dedursi l'esistenza, a carico della ricorrente e della sua dante causa, dell'obbligo di contribuire all'asfaltatura del manto stradale; obbligo in assenza del quale non hanno pregio né l'avvenuto pagamento da parte di altri residenti, né la modesta entità del preteso contributo) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.01.2010 n. 96 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Non menzione di un precedente grave errore professionale - Non costituisce falsa dichiarazione ove l'errore non sia stato definitivamente accertato.
In mancanza di un provvedimento emanato in sede giurisdizionale passato in giudicato o in sede amministrativa (purché definitivo), che accerti il compimento di un grave errore professionale, non può essere considerata falsa la dichiarazione resa in sede di gara dal concorrente che ne ometta la segnalazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.01.2010 n. 76 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: False dichiarazioni in merito ai requisiti di gara - Precludono la stipula del contratto.
L'art. 38, comma 1, lett. h), del d.lgs. n. 163/2006, laddove dispone che sono esclusi dalle procedure selettive "i soggetti che nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara hanno reso false dichiarazioni in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara e per l'affidamento dei subappalti, risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio", è norma suscettibile di trovare applicazione anche in fasi successive a quella iniziale di ammissione alla procedura producendo effetti preclusivi in ordine alla stipula del contratto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.01.2010 n. 69 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: AUTENTICAZIONE SOTTOSCRIZIONE FIDEJUSSORI.
Il Tar Lazio ha affermato che “la clausola della lettera di invito, che prevede l’autenticazione della sottoscrizione della fideiussione, deve ritenersi meritevole di tutela, in quanto garantisce la provenienza del documento in maniera più forte rispetto all’uso della modulistica della banca o dell’assicurazione, anche se si tratti di soggetti sottoposti alla vigilanza ed all’iscrizione in un apposito albo”. Il Tar Lazio si inserisce nel dibattito giurisprudenziale in materia, conferendo spunti sicuramente innovativi.
Primariamente, i giudici laziali prendono atto, come censurato da parte dell’impresa ricorrente esclusa, che la prescrizione non trova fondamento nella legge, nel senso che non è contemplata in alcuna disposizione normativa. Tuttavia, ciò non vuol dire che essa sia priva di ragionevolezza: “non può, infatti, ritenersi in contrasto con la disciplina legislativa, che non lo prevede espressamente, ma neppure lo esclude”.
Invero, la mancanza di apposita previsione legislativa non può condurre, di per sé, a ritenere la clausola vietata dall’ordinamento. Di conseguenza, si deve verificare, se tale clausola possa, comunque, essere inserita dalle stazioni appaltanti nell’ambito della discrezionalità, attribuita loro quali amministrazioni pubbliche o nell’ ambito dell’autonomia privata, quali contraenti di diritto privato. In tale ultimo senso, il Tar Lazio dà luogo a spunti innovativi.
Viene significativamente rilevato che, nell’ambito dei rapporti di diritto privato, le parti hanno un’ampia autonomia anche nella determinazione della forma del contratto. L’articolo 1352 del codice civile attribuisce alle parti l’autonomia di regolare la forma di un successivo contratto da stipulare. Il comma 4° dell’articolo 1326 prevede che il proponente possa richiedere un determinata forma per l’accettazione della proposta.
In particolare, nella fideiussione, in considerazione della particolare gravosità dell’impegno del garante, l’autonomia della parti si esplica, ad esempio, nella stipulazione del beneficio della preventiva escussione del debitore, beneficio che, peraltro, è previsto espressamente nella disciplina codicistica (art. 75, comma 4°, per la cauzione provvisoria e 113, comma 2°, per l’aggiudicazione definitiva). Dunque, non vi è alcun dubbio che la stazione appaltante possa espressamente richiedere, nelle prescrizioni del bando o della lettera di invito, ulteriori prescrizioni.
A ben vedere, la richiesta di una determinata forma per il rilascio della fideiussione (scrittura privata autenticata, art. 2703 c.c.), deve essere ricondotta all’autonomia privata, diversamente dalla richiesta di dichiarazioni e certificazioni per le quali valgono i principi di semplificazione a cui effettivamente l’ordinamento della pubblica amministrazione è informato. In tale ambito, la clausola in esame appare, secondo il Tar, meritevole di tutela, in quanto garantisce la provenienza del documento in maniera più forte rispetto all’uso della modulistica della banca o dell’assicurazione, anche se si tratti di soggetti sottoposti alla vigilanza ed all’iscrizione in un apposito albo (commento tratto dalla newsletter di
www.centrostudimarangoni.it - TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 15.01.2010 n. 280 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: È corretto il procedimento nel quale la ritenuta anomalia di voci significative di prezzo è sufficiente per inferirne l’inaffidabilità complessiva dell’offerta.
L’esclusione della ricorrente è avvenuta in esito ad un contraddittorio prolungato ed analitico; la ricorrente si è vista richiedere per due volte integrazioni documentali e quindi è stata invitata ad un incontro deputato al vaglio delle contestazioni di anomalia mosse.
E’ dirimente che i giustificativi richiesti non hanno avuto riguardo indiscriminatamente ad ogni voce di prezzo (la gara ne contemplava 186), bensì a 14 voci specifiche e predeterminate dal bando, selezionate proprio in ragione del particolare peso specifico che ciascuna di esse aveva (superiore all’1,5%) nella formulazione dell’offerta.
Tale scelta da parte della stazione appaltante non solo non è penalizzante per i concorrenti ma se mai è sintomo di trasparenza (poiché è preannunciato chiaramente su cosa verterà la verifica di anomalia) e consente ai concorrenti di meglio predisporre l’offerta e connesse giustificazioni; la predefinizione in sede di bando dei parametri soggetti a valutazione non ha compresso né limitato il giudizio di anomalia, svoltosi anzi con estrema analiticità e ampia possibilità di contraddire da parte della ricorrente.
Ne risulta evidente che, qualora all’esito del contraddittorio, non siano giustificate, come accaduto nel caso di specie, nove delle voci di prezzo indicate dal bando, il peso specifico complessivo di tali voci sull’intera offerta è agevolmente desumibile dalla mera combinazione aritmetica della percentuale di incidenza già enunciata in sede di bando e il numero delle voci ritenute ingiustificate; né è sostenibile, se non con esasperato formalismo, che il giudizio di sintesi è mancante solo perché all’esito dell’analitico contraddittorio, e dopo aver individuato le voci ritenute “complessivamente non giustificate”, la stazione appaltante non ha redatto un prospetto riassuntivo di espressa combinazione delle percentuali già indicate dal bando con le voci considerate non attendibili.
La correttezza di un procedimento nel quale la ritenuta anomalia di voci significative di prezzo è sufficiente per inferirne l’inaffidabilità complessiva dell’offerta è stata più volte affermata dal supremo consesso amministrativo, secondo cui “il provvedimento finale che abbia argomentatamente dedotto l'insufficienza dei chiarimenti forniti, poiché muove dal presupposto della significatività delle voci di prezzo contestate, non deve diffondersi anche in una valutazione d'insieme dell'offerta, con una ulteriore e formalmente autonoma sua valutazione globale (Cons. St., sez. V. 18.09.2008, n. 4493).
Con l'enucleazione delle voci di prezzo più significative, la disarticolazione dell'offerta risulta solo apparente, in quanto è da presumere che quelle voci incidano sulla serietà ed affidabilità dell'intera offerta, di modo che, accertata l'incongruità degli elementi giustificativi presentati e di conseguenza delle sottostanti voci di prezzo, non occorre che quel giudizio di incongruità sia anche suffragato da un ulteriore, separato, giudizio di incongruità della globalità dell'offerta (Cons. St., sez. VI, 17.05.2006, n. 2879; Cons, St., sez. IV, 30.07.2003, n. 4409).
” (Cons. St., sez. V, 12.06.2009, n. 3688)
(TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 15.01.2010 n. 225 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Un’impresa che ottenga la certificazione di qualità non può “prestare” indefinitamente tale certificazione a chiunque, senza contestualmente rendere parti di servizio né mettere a disposizione strutture organizzative.
Riassumiamo brevemente la vicenda considerata nella intricata pronuncia in esame: la controinteressata pacificamente non possiede la certificazione UNI- EN-ISO–9001 che, altrettanto pacificamente, è prescritta dal bando a pena di esclusione.
La controinteressata, in sede di offerta, ha dichiarato di avvalersi della certificazione di altra ditta; quest’ultima, nel contratto di avvalimento, si è impegnata a mettere a disposizione “la sua certificazione di qualità UNI-EN-ISO 9001”.
Il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 49 del d.lgs. n. 163 del 2006, sia in quanto la certificazione di qualità in questione sarebbe un requisito soggettivo “non prestabile” in sede di avvalimento, sia in quanto il contratto di avvalimento non sarebbe conforme al disposto normativo, poiché la legge prescrive la responsabilità solidale delle imprese ausiliaria e ausiliata in relazione alle “prestazioni oggetto del contratto”, mentre il contratto in atti dichiara una responsabilità relativamente alla “parte di opera oggetto della certificazione di qualità e dell’autorizzazione ministeriale”, non identificabile. Tale dichiarazione ingenera incertezza sull’oggetto della suddetta responsabilità solidale, non essendo dato comprendere quale sarebbe la parte di opera oggetto della certificazione.
Quanto a tale motivo di ricorso si deve rilevare, secondo il Tribunale amministrativo di Torino, che la questione della “prestabilità” delle certificazioni di qualità non pare risolvibile, né aderendo in toto alla tesi di parte ricorrente, che ne afferma la “strutturale” riconducibilità a requisiti soggettivi mai prestabili, né seguendo la tesi prospettata da parte resistente, secondo cui, essendo (come è) l’avvalimento un principio di derivazione comunitaria, immanente alla disciplina nazionale degli appalti, ogni tipo di certificazione sarebbe sempre suscettibile di prestito in quanto tale, trattandosi di un requisito sempre tecnico-organizzativo.
E’ certamente condivisibile, spiegano i giudici torinesi, l’assunto per cui l’avvalimento è un principio di carattere generale di derivazione comunitaria e le limitazioni a tale facoltà originariamente previste dall’art. 49 del d.lgs. n. 163/2006 sono state ritenute in contrasto con le direttive comunitarie in materia di appalti.
Come chiarito da Cds. sez. VI, 22.04.2008 n. 1956 la nota della Commissione delle Comunità europee n. 2007/2309/C(2208)0108 in data 30.01.2008, con cui si era iniziata una procedura di infrazione ai sensi dell’art. 226 del Trattato, rilevava che le limitazioni al diritto di avvalersi della capacità di altri soggetti, previste dall’art. 49, commi 6 e 7 del d.lgs. n. 163/2006, erano in contrasto con le disposizioni delle direttive appalti pubblici, in considerazione del fatto che le direttive comunitarie riconoscono agli operatori economici il diritto di avvalersi della capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei loro legami e senza alcuna limitazione. La sola condizione, si precisava, era quella di permettere all’amministrazione aggiudicatrice di verificare che il candidato/offerente disporrà delle capacità richieste per l’esecuzione dell’appalto.
Si è poi adeguato il legislatore con le modifiche apportate agli artt. 49 e 50 del d.lgs. n. 163/2006 con il d.lgs. n. 152/2008, disciplinando espressamente l’avvalimento in relazione ai sistemi di attestazione e qualificazione (SOA e non solo), nel rispetto tuttavia del prerequisito in fatto, imprescindibile proprio alla luce della giurisprudenza comunitaria, della effettiva disponibilità da parte del candidato offerente delle capacità richieste per eseguire l’appalto. Il supremo consesso amministrativo, dopo aver dapprima sostenuto che le certificazioni di qualità fossero requisiti tout court soggettivi, ancorché tecnici, non suscettibili di prestito, al pari dei requisiti morali di cui all’art. 76 del d.lgs. n. 163/2006 (Cds. sez. V, n. 5517/2001), si è adeguato agli o rientamenti comunitari.
Tuttavia questi ultimi, così come la più recente giurisprudenza amministrativa, vanno intesi nel loro effettivo significato, correttamente recepito dal legislatore. Nel disciplinare l’avvalimento delle attestazioni e certificazioni tecniche e/o di qualità la legge prescrive, al co. 2 dell’art. 49, lett. d), che l’impresa ausiliaria dichiari di obbligarsi a “mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente” (e non certo a mettere a disposizione la certificazione avulsa dalle risorse); ancora l’art. 50, il cui ultimo comma è espressamente riferito ai sistemi di attestazione e qualificazione nei servizi e nelle forniture, al co. 1, lett. b), impone identico obbligo di mettere a disposizione le “risorse oggetto di avvalimento” (commento tratto da www.doumentazione.ancitel.it - TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 15.01.2010 n. 224 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Affidamento Servizi - Procedura Negoziata - rotazione fornitori - obbligo invito a precedente gestore - non sussiste.
Alla luce dell'art. 125 del D.Lgs. n. 163/2006 e dei principi da esso desumibili e genericamente applicabili alla procedura negoziata, che prevedono, tra gli altri, il criterio della "rotazione" tra gli operatori economici in possesso dei prescritti requisiti di idoneità e di capacità tecnico-economico-professionale, non può essere riconosciuta, in capo al precedente gestore di un servizio (specie se affidatario a seguito di procedura negoziata), alcuna pretesa qualificata ad essere ulteriormente invitato alla successiva procedura negoziata ovvero a conoscere le ragioni dell'omesso invito (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 15.01.2010 n. 65).

APPALTI: Bando di gara - clausola di esclusione automatica per documentazione incompleta - illegittimità.
E' illegittima la clausola della legge di gara, che preveda l'esclusione automatica in base alla ritenuta incompletezza e non esaustività di documenti giustificativi preventivi, atteso che la funzione di questi è solo quella di far avere alla stazione appaltante una prima indicazione relativamente alla congruità del prezzo offerto.
Attraverso la richiesta di chiarimenti e la verifica/valutazione degli stessi, si attua il rispetto dei principi comunitari della libertà di concorrenza e della par condicio dei concorrenti, nonché di quelli della legalità, imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa, di cui all'art. 97 Cost., nell'ambito dei quali trovano adeguata tutela anche gli interessi delle ditte le cui offerte sono state sospettate di anomalia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 15.01.2010 n. 58 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla legittimità dell'esclusione di un concorrente che abbia rilasciato dichiarazioni mendaci in ordine alla regolarità della propria posizione contributiva.
E' legittimo il provvedimento di esclusione da una gara adottato da una stazione appaltante nei confronti di un concorrente che abbia presentato un'autocertificazione contenente false dichiarazioni in ordine al regolare versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, e ciò anche nel caso in cui l'escluso abbia provveduto a regolarizzare la propria posizione in una fase successiva alla verifica della suddetta inadempienza, ciò in quanto, alla luce di un consolidato principio giurisprudenziale, la possibilità, concessa ai concorrenti, di presentare un'autocertificazione inerente al possesso dei requisiti di ammissione alla gara, costituisce un atto di fiducia da parte della stazione appaltante e che, come tale, richiede serietà ed onestà da parte del concorrente che redige la dichiarazione sostitutiva. Pertanto, nell'ipotesi di dichiarazioni non veritiere, venendo meno il rapporto di fiducia il provvedimento di esclusione quale sanzione nei confronti di chi ha violato il dovere di correttezza richiesto in fase precontrattuale diventa una conseguenza necessaria.
Del pari legittimi sono l'escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione del fatto all'Autorità di Vigilanza, come è anche legittima la disposta cancellazione della società ricorrente dall'Albo dei professionisti del comune in cui ha la sede, essendo l'iscrizione condizionata al puntuale adempimento degli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 14.01.2010 n. 49 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: E' legittima la realizzazione di una piazzola ecologica, in difetto di qualsivoglia opera edilizia, nell'ambito della fascia di rispetto cimiteriale e di rispetto stradale.
Le isole ecologiche sono aree pubbliche sulle quali sono collocati a cielo aperto i contenitori (amovibili) per i rifiuti urbani, per cui deve essere condivisa l’obiezione addotta dal difensore del Comune, secondo cui non si tratta di opere o di manufatti che, in quanto tali, non potrebbero essere collocati nelle aree di rispetto cimiteriale e nelle fasce di rispetto stradale.
Le vigenti prescrizioni urbanistiche locali sono chiare, infatti, nel far divieto di realizzazione nelle aree ricadenti in fascia di rispetto cimiteriale unicamente per quei manufatti che, per durata, inamovibilità ed incorporazione al suolo, possano qualificarsi come costruzioni edilizie. Solo queste, infatti, sono incompatibili con la natura insalubre dei luoghi e con l'eventuale futura espansione del cimitero.
Alcun rischio del tipo considerato si profila al contrario per le viste isole ecologiche, di cui è da ritenere legittima la realizzazione in difetto di qualsivoglia opera edilizia (cfr., per una fattispecie analoga: TAR Lombardia, Milano, sez. II, 12.10.1990, n. 837)
(TRGA Trentino Alto Adige-Trento, sentenza 14.01.2010 n. 20 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Nel caso di partecipazione di un rti ad una gara d'appalto, la polizza fideiussoria deve essere intestata non solo alla società capogruppo, ma anche alle mandanti.
L'obbligo di dichiarazione nei confronti degli amministratori cessati dalla carica nel triennio precedente la data di pubblicazione del bando di gara ex art. 38, lett. c), del DLgs n. 163/2006, si applica anche in mancanza di un suo espresso richiamo nel disciplinare di gara.
Nel caso di partecipazione di un costituendo raggruppamento temporaneo di imprese ad una gara di appalto, la polizza fideiussoria, mediante la quale viene costituita la cauzione provvisoria, deve essere intestata non solo alla società capogruppo, ma anche alle mandanti che sono individualmente responsabili delle dichiarazioni rese per la partecipazione alla gara, ciò al fine di evitare il configurarsi di una carenza di garanzia per la stazione appaltante con riferimento a quei casi in cui l'inadempimento non dipenda dalla capogruppo designata ma dalle mandanti.
L'estensione dell'obbligo di dichiarazione anche nei confronti dei soggetti che sono cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara prevista dall'art. 38, lett. c), del DLgs n. 163/2006, si applica anche in mancanza di un suo espresso richiamo nel disciplinare di gara, in quanto tale disposizione ha la evidente finalità di interesse pubblico di impedire alle società i cui titolari fossero incorsi nelle cause di esclusione soggettiva di eludere il divieto di partecipazione alle gare modificando l'assetto societario poco prima di presentare una domanda di partecipazione.
Va comunque chiarito che, l'obbligo della dichiarazione sussiste solo qualora vi siano, in concreto, amministratori cessati nel triennio precedente, dovendosi invece escludere, nel silenzio della legge e in mancanza di diverse disposizioni delle norme di gara, la necessità di una espressa dichiarazione circa l'inesistenza di tali soggetti (TAR Valle d'Aosta, sentenza 14.01.2010 n. 6 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'applicabilità dell'istituto dell'avvalimento anche in assenza di una specifica previsione del bando di gara.
Sulla discrezionalità delle stazioni appaltanti di verificare le offerte anomale, pur in assenza di una specifica previsione nel bando.

E' legittima l'applicazione dell'avvalimento previsto dall'art. 49 dlgs 163/2009 (Codice dei contratti) anche nell'ipotesi in cui il ricorso all'istituto de quo non sia espressamente richiamato dal bando di gara, ciò in quanto, anche alla luce di consolidata giurisprudenza in ordine alla relativa disciplina sia comunitaria che nazionale, l'avvalimento, in materia di procedura di gara per l'affidamento di appalti pubblici, ha carattere generale, e come tale trova applicazione senza la necessità di una specifica previsione in tal senso.
E' legittimo l'operato di una stazione appaltante che abbia omesso di verificare l'anomalia dell'offerta presentata da una delle concorrenti in sede di gara, sussistendo in capo ad essa un potere discrezionale in ordine all'attivazione, o meno, del suddetto procedimento di verifica, ciò in quanto, ai sensi dell'art. 86 c.3 dlgs 163/2006, l'amministrazione appaltante può stabilire, anche laddove il bando non lo preveda espressamente, i casi in cui procedere alla verifica delle offerte anomale, in virtù della distinzione tra obbligo di procedere alla verifica nei casi di anomalia individuati dalla legge e la facoltà riservata all'amministrazione di ipotizzare casi di anomalia diversi da quelli prestabiliti (TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 12.01.2010 n. 153 - link a www.
dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Nel caso in cui la stazione appaltante introduca nel bando dei requisiti più stringenti rispetto a quelli minimi indicati dalla legge, non sussiste nessuna discrezionalità in capo alla commissione di gara nell'accertamento del possesso di tali requisiti.
Sulla possibilità per un concorrente escluso da una gara di richiedere il ristoro del danno c.d. "curriculare".

Rientra nell'esercizio della discrezionalità delle stazioni appaltanti, nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, introdurre requisiti più stringenti, rispetto a quelli minimi indicati dalla legge (art. 41 del D.lgs. n. 163/2006), ovvero richiedere una dimostrazione più puntuale dei requisiti prescritti.
Nel caso di specie, poiché la stazione appaltante si è avvalsa di tale facoltà, richiedendo la produzione del certificato camerale attestante l'iscrizione della ditta per l'attività di trasporto e/o distribuzione valori, generi di monopolio e/o titoli di viaggio, nessuna discrezionalità residuava alla commissione di gara nell'attività di accertamento del possesso, in capo alle concorrenti, del requisito in parola, dovendo il seggio di gara limitarsi a verificare che il certificato camerale presentasse la iscrizione per la indicata attività.
E' legittima la richiesta risarcitoria formulata in merito al danno c.d. "curriculare", che consiste nel pregiudizio subito dall'impresa concorrente esclusa, a causa del mancato arricchimento del proprio curriculum professionale, per non poter indicare in esso l'avvenuta esecuzione dell'appalto non ottenuto a causa del comportamento illegittimo dell'Amministrazione. La predetta voce di danno è stata riconosciuta come risarcibile dalla giurisprudenza amministrativa, tuttavia, data la difficoltà di fornire la prova del quantum, la quantificazione della stessa viene liquidata dal giudice amministrativo in via equitativa, riconoscendo una somma pari ad una percentuale (variabile dall'1% al 5%) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 11.01.2010 n. 231 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: 1. Gara - esclusione automatica delle offerte ex art. 122 D.Lgs 163/2006 - Riferimento palese - Necessità.
2. Contratti della p.a. - Aggiudicazione - Annullamento - Contratto stipulato - E' caducato - Rinnovazione della gara - Necessità.

1. La stazione appaltante può intraprendere la procedura di esclusione automatica delle offerte ai sensi dell'art. 122 del D. Lgs. 163/2006 solamente facendolo risultare dal bando in modo inequivoco, ossia con riferimento palese a tale disposizione
2. L'annullamento dell'aggiudicazione è costitutivo di un vincolo permanente e puntuale sulla successiva attività dell'amministrazione, il cui contenuto non può prescindere dall'effetto caducatorio del contratto stipulato.
In sede di esecuzione della sentenza, pertanto, l'amministrazione non può non rilevare la sopravvenuta caducazione del contratto conseguente all'annullamento dell'aggiudicazione, pertanto, anche nell'emanare i provvedimenti ulteriori che conseguono all'effetto caducatorio dell'annullamento dell'aggiudicazione della gara, l'amministrazione deve tenere conto dei principi enunciati nella sentenza di annullamento e delle conseguenze giuridiche determinate dal suo contenuto ed orientare conseguentemente la sua ulteriore azione: in definitiva la stazione appaltante è tenuta a disporre la rinnovazione parziale della gara, sottoponendo a verifica l'offerta sospettata di anomalia e, in caso di esito positivo per la ricorrente, a trarre le conseguenze sopra descritte sulla sorte del contratto già stipulato con la controinteressata (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 11.01.2010 n. 16 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICIATTESTAZIONE SOA: POSSIBILITA’ DI ULTERIORI REQUISITI IN SEDE DI GARA.
Il Consiglio di Stato ha affrontato il delicato problema della discussa legittimità, per una stazione appaltante, di poter introdurre requisiti ultronei rispetto all’attestazione SOA, in materia di appalto di lavori.
In merito, ha statuito che: “Non appare ragionevole la clausola del bando di gara, che, ai fini del possesso di un dato requisito, ulteriore rispetto all’attestazione SOA, equipara la fattispecie di “avere in corso di esecuzione i lavori” alla distinta situazione di “aver già eseguito i lavori”.
Infatti, è evidente la differenza e la conseguente irragionevolezza dell’equiparazione, tra la situazione di una impresa, che ha correttamente realizzato determinati lavori per un certo importo e chi, come l’aggiudicataria, ha solo ricevuto la consegna o, comunque, iniziato dei lavori, potendo pregiarsi, in sostanza, solo di essersi aggiudicata una gara.
Siffatti lavori, solo iniziati e non ultimati, non esprimono alcuna valenza per l’affidabilità dell’impresa
” (commento tratto dalla newsletter di
www.centrostudimarangoni.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11.01.2010 n. 14 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Procedura di gara - apertura dei plichi - Principio di pubblicità della seduta della commissione - Inderogabilità - Necessità di trasparenza e imparzialità - Appalto di servizi ai sensi dell'art. 20 e All. II B del D.lgs. 163/2006 - Seduta pubblica - Necessità.
Il principio di pubblicità delle sedute della Commissione, "quanto meno per ciò che riguarda la fase di verifica della integrità dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e l'offerta economica e di apertura dei plichi stessi, è inderogabile" (Cons. Stato, Sez. V, 07.11.2006, n. 6529).
L'esigenza è espressione dei principi di trasparenza e imparzialità che devono presiedere all'esplicazione dell'attività amministrativa in materia di pubbliche gare (Cons. Stato, Sez.V, 09.10.2002, n. 5421) "in quanto trattasi di un adempimento posto a tutela anche dell'interesse pubblico alla trasparenza ed all'imparzialità dell'azione amministrativa, le cui conseguenze negative sono difficilmente apprezzabili "ex post", una volta rotti i sigilli ed aperti i plichi, in mancanza di un riscontro immediato (ad es., regolarità della chiusura dei plichi, data di ricevimento dei plichi, regolarità e completezza della documentazione prodotta, lettura del prezzo offerto)" (Cons. stato, Sez.V, 18.03.2004, n. 1427).
Nessun rilievo può assumere la circostanza che la procedura ricada nell'ambito di applicazione dell'art. 20 del D. L.vo n. 163/2006 in quanto é pacificamente riconosciuto in giurisprudenza che la riconducibilità del servizio appaltato all'All. II B non esonera le amministrazioni aggiudicatici dall'applicazione dei principi generali in materia di affidamenti pubblici desumibili dalla normativa comunitaria e nazionale, con particolare riferimento, per quanto qui rileva, al principio di pubblicità, espressione dei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 Cost. (Cons. Stato, Sez. VI, 03.12.2008, n. 5943; 22.04.2008, n. 1856; 08.10.2007, n. 5217; 22.03.2007, n. 1369; TAR Lazio, Sez. III-ter, 05.02.2008, n. 951).
Ne deriva che "è principio inderogabile in qualunque tipo di gara quello secondo cui devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta, sia che si tratti di documentazione amministrativa che di documentazione riguardante l'offerta tecnica ovvero l'offerta economica, e conseguentemente è illegittima l'apertura in segreto dei plichi" (Cons. Stato: sez. IV, 08.10.2007, n. 5217; sez. VI, 22.03.2007, n. 1369; sez. V, 27.04.2006, n. 2370, 11.01.2006, n. 28 e 30.08.2005, n. 3966; sez. VI, 09.06.2005, n. 3030; sez. V, 16.03.2005, n. 1077, 11.02.2005, n. 388, 18.03.2004, n. 1427 e 09.10.2002, n. 5421, Cons. Stato, Sez. VI, 22.04.2008, n. 1856) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 11.01.2010 n. 11 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: E' principio inderogabile in qualunque tipo di gara quello secondo cui devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta.
E' pacificamente riconosciuto in giurisprudenza che la riconducibilità del servizio appaltato all'All. II B del D. L.vo n. 163/2006, non esonera le amministrazioni aggiudicatici dall'applicazione dei principi generali in materia di affidamenti pubblici desumibili dalla normativa comunitaria e nazionale, con particolare riferimento, per quanto qui rileva, al principio di pubblicità, espressione dei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 Cost..
Ne deriva che è principio inderogabile in qualunque tipo di gara quello secondo cui devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta, sia che si tratti di documentazione amministrativa che di documentazione riguardante l'offerta tecnica ovvero l'offerta economica, e conseguentemente è illegittima l'apertura in segreto dei plichi (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 11.01.2010 n. 11 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: La volontà di partecipazione al raggruppamento e alla gara di ogni singola impresa associanda deve risultare anche attraverso l’espletamento di rigidi adempimenti formali, da parte di ciascuna componente.
Dalla suddetta domanda di partecipazione, risulta inequivocabilmente che il legale rappresentante di A.S.D. Navile Lame Volley non ha apposto la propria firma nella pagina 3 di tale documento.
Il Collegio osserva che tale omissione, pur non essendo prevista dal bando quale causa di esclusione, si pone comunque in contrasto con le norme ed i principi di cui sono espressione gli artt. 34, comma 1, lett. d), e 37, comma 8, del D.Lgs. n. 163 del 2006, che disciplinano, in materia di gare pubbliche, la partecipazione dei concorrenti alle stesse in forma di costituendi Raggruppamenti Temporanei di Imprese.
Le suddette disposizioni impongono, infatti, all’evidente fine di meglio tutelare e garantire le pubbliche amministrazioni banditrici in caso di insorgenza di eventuali questioni e/o controversie riguardo all’effettivo coinvolgimento delle singole componenti del R.T.I. nella gara, ma, soprattutto, nelle successive obbligazioni contrattuali, che la volontà di partecipazione al raggruppamento e alla gara di ogni singola impresa associanda risulti espressa in modo inequivocabile e, pertanto, anche attraverso l’espletamento di rigidi adempimenti formali, da parte di ciascuna componente.
Nella specie, invece, mancando proprio uno di questi adempimenti formali richiesti dall’avviso di gara, non può esservi certezza circa l’effettiva volontà di una delle componenti il R.T.I. di dar vita all’associazione temporanea e di adempiere alle obbligazioni nascenti dal contratto da stipulare in gaso di aggiudicazione della gara (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 11.01.2010 n. 10 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Una società mista operativa sia nel settore dei servizi pubblici locali, sia in quello dei servizi strumentali a favore dell'ente pubblico partecipante ricade nel divieto di partecipazione di cui all'art. 13 D.L. n. 223/2006 (decreto Bersani).
Le società miste che nel loro oggetto sociale abbiano incluso sia servizi strumentali che servizi pubblici locali ricadono nel divieto di partecipazione di cui all'art. 13 del D.L. n. 223/2006 (decreto Bersani). La giurisprudenza ha chiarito, infatti, che anche le società miste che hanno per oggetto la gestione dei servizi pubblici locali, pur non rientrando in via diretta nell'ambito di applicazione del c. 2 dell'art. 13, devono avere oggetto sociale esclusivo. Se, infatti, sono assoggettate a tale prescrizione le società di cui al c. 1, ossia le società che svolgono (attività di produzione di beni e) servizi strumentali, le quali pertanto non possono comprendere nel loro oggetto sociale lo svolgimento di servizi pubblici locali, ne deriva come conseguenza che anche le società miste, le quali intendano dedicarsi alla gestione di questi ultimi, devono prevedere quale loro oggetto sociale esclusivo la gestione dei servizi pubblici locali.
Del resto, ove non si ritenga condivisibile tale soluzione interpretativa, occorrerebbe ammettere che il divieto introdotto dal c. 1 dell'art. 13 sarebbe inapplicabile in tutte le ipotesi di società miste che nel loro oggetto sociale abbiano incluso sia servizi strumentali che servizi pubblici locali. In tale prospettiva, la semplice presenza di tale ultima attività renderebbe operante l'eccezione al divieto (di cui all'inciso "con esclusione dei servizi pubblici locali"). Ma questa appare una lettura inaccettabile poiché priva la disposizione in esame di qualsiasi significato normativo (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 11.01.2010 n. 8 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Pendenza di un giudizio - Ricorso contro gli atti di gara - Ricorso contro il diniego di accesso - Compatibilità con il rito ex art. 25 L. 241/90 - Interesse alla protezione dei segreti tecnici - Art. 13 D.lgs. 163/06 - Tutela dei propri interessi in giudizio - Prevale.
Non vi sono ragioni per escludere l'ammissibilità del rimedio azionato (ricorso contro il diniego espresso di accesso agli atti), con il rito speciale dell'accesso ex art. 25 l. 241/1990, anche in pendenza di ricorso giurisdizionale (impugnazione dell'aggiudicazione), in ragione tanto dell'autonomia del diritto di accesso rispetto alla pretesa azionata con il ricorso ordinario, quanto della semplice facoltatività del rimedio incidentale introdotto dalla l. 205/2000 che ha previsto la possibilità (ma non l'obbligo) di proporre il ricorso in materia di accesso anche incidentalmente all'interno del giudizio ordinario (cfr. Cons. St., VI, n. 14/2004).
Piuttosto, la proposizione del ricorso giurisdizionale ordinario avverso gli atti di gara rende attuale, per la ricorrente, "la difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell'ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso".
A fronte di tale difesa l'interesse della controinteressata alla protezione dei segreti tecnici e commerciali racchiusi nella propria offerta diventa recessivo, a norma dell'art. 13, co. 6, d.lgs. 163/2006 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 11.01.2010 n. 5 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Gara d’appalto e obbligo di dichiarazione per gli institori.
L’obbligo di fornire dichiarazioni posto a carico degli institori appare corretta applicazione del principio, così emergente dalla legge e dell’orientamento giurisprudenziale, per il quale l’obbligo di dichiarazione di cui all’art. 38 vige per i titolari del potere di rappresentanza della persona giuridica, pur se lo stesso venga ad espletarsi in un limitato ambito territoriale (Consiglio di Stato, Sez. IV, ordinanza 09.01.2010 n. 43 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Approvato in via preliminare il testo del nuovo Regolamento di esecuzione del Codice dei Contratti (Consiglio dei Ministri del 17.12.2009).
Il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera, con l'approvazione preliminare (il 17 dicembre scorso) al nuovo schema di regolamento di attuazione ed esecuzione del Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (link a www.giurdanella.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: A. Barbiero, I requisiti di partecipazione ed i criteri di valutazione nelle gare per appalti di beni e servizi (differenze tra requisiti e criteri, definizione nel rispetto dei principi dell’ordinamento comunitario) (link a www.albertobarbiero.net).

APPALTI SERVIZI: A. Barbiero, Le Società partecipate di “terzo livello”: note sui rapporti e sui vincoli per la scelta del socio privato in caso di partenariato pubblico-privato di tipo istituzionale (link a www.albertobarbiero.net).

APPALTI: L. Bellagamba, Cottimo “fiduciario” e offerta economicamente più vantaggiosa (link a www.linobellagamba.it).

APPALTI SERVIZI: C. Tessarolo, Il regime transitorio nel nuovo sistema dei servizi pubblici locali (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: D. Argenio, Attestazioni di qualificazione delle SOA e poteri sanzionatori dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (art. 40 d.lgs. 163/2006) (07.01.2010 - link a www.dirittoelegge.it).

APPALTIServe una bussola per gli appalti, Codice dei contratti: modifiche mentre si vara il regolamento.
Il 2010 vedrà il via libera al regolamento del codice dei contratti pubblici, ma fra modifiche in corso e richieste di revisione complessiva del Codice dei contratti pubblici, il quadro normativo subirà ulteriori cambiamenti destinati a disorientare ulteriormente amministrazioni e operatori del settore.
È questo quanto potrebbe accadere se si analizza lo stato dell'arte dei principali provvedimenti in materia di appalti pubblici ... (articolo ItaliaOggi del 06.01.2010 - tratto da http://rassegnastampa.formez.it).

APPALTI: Sull'inapplicabilità del divieto di partecipazione alle gare previsto dall'13 d.l. n. 223 del 2006 (c.d. decreto Bersani), nel caso di una società indirettamente partecipata da enti locali.
L'art. 13 d.l. n. 223 del 2006, (c.d. decreto Bersani), norma derogatoria del principio generale di libertà di iniziativa economica, e pertanto di stretta interpretazione, vieta l'attività extra moenia alle società costituite o partecipate dalle amministrazione pubbliche regionali o locali "per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali".
Il divieto previsto dal suddetto art. 13, non è applicabile alle società "di terza generazione", ovvero alle società indirettamente partecipate dagli enti locali. Laddove, infatti, il legislatore ha inteso estenderlo oltre il predetto ambito lo ha fatto espressamente (art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, convertito dalla l. n. 133 del 2008).
Pertanto, nel caso di specie, non si applica il citato art. 13, in quanto la società indirettamente partecipata da enti locali non è diretta promanazione degli enti locali, e non può essere sussunta tra le società a partecipazione pubblica strumentali degli enti locali e regionali soci, cui è inibita l'attività extra moenia.
La società, infatti, che svolge attività (gestione, riqualificazione e valorizzazione di complessi di stazioni e infrastrutture nodali di trasporto), risulta priva dei vincoli della strumentalità e della funzionalità con le amministrazioni indirettamente partecipanti al capitale sociale, e non può, pertanto, essere considerata società produttrice di beni e servizi strumentali ai sensi dell'art. 13, c. 1, del citato d.l. n. 223 del 2006 (TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 05.01.2010 n. 36 - link a www.
dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: M. Bassanese, Dopo il 2009 i Comuni sono ancora tenuti a partecipare alle spese per la manutenzione delle strade vicinali? (link a http://venetoius.myblog.it).

LAVORI PUBBLICI: L. Bellagamba, Lavori pubblici: il problema se il beneficio del “quinto” giovi a raggiungere le quote “minime” di qualificazione previste per i raggruppamenti orizzontali (link a www.linobellagamba.it).

APPALTI: L. Bellagamba, L’offerta economicamente più vantaggiosa e l’organo di gara competente in materia di “criteri di valutazione” di natura quantitativa (link a www.linobellagamba.it).

anno 2009
dicembre 2009

APPALTI SERVIZI: C. Tosolini, QUALCHE CONSIDERAZIONE SULL’ART. 13 DEL D.L. 223/2006 (DECRETO BERSANI) - Note alla sentenza del TRGA di Trento, 14.09.2009 n. 239 (link a www.osservatorioappalti.unitn.it).

LAVORI PUBBLICI: E. De Falco, Subappalti nei lavori pubblici - I presupposti per il ricorso al subappalto dei lavori pubblici alla luce dell'art. 118 del d.lgs. 163/2006 e del nuovo Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice dei contratti pubblici (Quaderni di Legislazione Tecnica n. 4/2009).

APPALTI: S. Ruscica, Appalti pubblici: la "rivoluzione" attuata dalla Direttiva n. 66/2007 (link a www.altalex.com).

APPALTI: A. Gurrieri, L’“estate legislativa 2009” e le modifiche al Codice dei Contratti Pubblici (link a www.diritto.it).

APPALTI: Torna l’arbitrato negli appalti pubblici (link a www.mediagraphic.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenze (DUVRI): Linee Guida per la redazione dalla Regione Lombardia.
Con il decreto D.G. 29.12.2009 n. 14521 la Direzione Generale Sanità della Regione Lombardia ha approvato "Linee di indirizzo per la redazione del documento unico di valutazione dei rischi da interferenza".
Il documento descrive le azioni che devono intraprendere, in occasione della stipula di contratti (d'appalto di lavori, servizi, fornitura, e di somministrazione di lavoro) le funzioni aziendali responsabili della redazione del Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenti (DUVRI).
Un ampia parte del documento è dedicata agli obblighi relativi alla gestione degli appalti, mentre un capitolo è dedicato gli aspetti riguardanti la stipula di appalti per la realizzazione di opere edili che comportino la nomina del coordinatore per la sicurezza e la redazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento (P.S.C.) ... (link a www.acca.it).

APPALTI: Aggiudicazione provvisoria - lesione ditta aggiudicataria - azione di autotutela - assenza di onere di motivazione - requisito soddisfacente: l'indicazione degli elementi concreti ed obiettivi in base ai quali ha ritenuto di non procedere all'aggiudicazione - salvaguardia pubblico interesse.
L’aggiudicazione provvisoria di un appalto pubblico ha natura di atto endoprocedimentale, ad effetti ancora instabili e del tutto interinali. Essa pertanto, per un verso, è inidonea a produrre la lesione della ditta non risultata aggiudicataria, che può concretamente verificarsi solo con l’aggiudicazione definitiva, che non costituisce atto meramente confermativo della prima (ex multis, C.d.S., sez. V, 20.07.2009, n. 4527; 14.11.2008, n. 5691; sez. VI, 25.09.2007, n. 4937), e d’altra parte è parimenti inidonea a generare nella ditta provvisoriamente aggiudicataria una posizione di vantaggio ovvero un ragionevole (ed incolpevole) affidamento in ordine al provvedimento di aggiudicazione definitiva ed alla conseguente stipulazione del contratto, con la conseguenza che l’amministrazione che intende esercitare il proprio potere di autotutela proprio rispetto all’aggiudicazione provvisoria non ha uno specifico onere di motivazione circa le ragioni di interesse pubblico che lo hanno determinato, essendo sufficiente che sia reso palese il ragionamento seguito per giungere alla determinazione negativa, attraverso l’indicazione degli elementi concreti ed obiettivi in base ai quali ha ritenuto di non procedere all’aggiudicazione (C.d.S., sez. IV, 31.05.2007, n. 2838), potendo anche tener conto delle preminenti ragioni poste dalla esigenza di salvaguardia del pubblico interesse (C.d.S., sez. IV 15.09.2006, n. 5374) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 29.12.2009 n. 8966 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI SERVIZILombardia, Per l'affidamento della gestione degli impianti sportivi, in ogni caso va posta in essere dall’ente locale una procedura di evidenza pubblica, anche se semplificata, pure per gli impianti privi di rilevanza economica.
La necessità della procedura di evidenza pubblica per l'affidamento della gestione degli impianti sportivi comunali discende, nel caso di specie, dall'art. 2 L.R. Lombardia 24.12.2006 n. 27, il quale consente agli enti territoriali di differenziare la procedura di selezione in relazione alla rilevanza economica o meno dell'impianto, ma nel contempo stabilisce che vanno comunque rispettati i principi di trasparenza, correttezza, imparzialità ed adeguata pubblicizzazione e che la proposta deve essere individuata secondo i criteri ivi indicati. Per cui in ogni caso va posta in essere dall'ente locale una procedura di evidenza pubblica anche se semplificata pure per gli impianti privi di rilevanza economica.
La normativa vigente non preclude alle stazioni appaltanti la possibilità di chiedere requisiti ulteriori, logicamente connessi all'oggetto dell'appalto. Per cui nel bando di gara l'amministrazione appaltante può di certo autolimitare il proprio potere discrezionale di apprezzamento mediante apposite clausole, rientrando nella sua discrezionalità la fissazione di requisiti di partecipazione ad una gara d'appalto diversi, ulteriori e più restrittivi di quelli legali, salvo però il limite della logicità e ragionevolezza dei requisiti richiesti e della loro pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito. Nel caso di specie, però la richiesta di un'attività decennale per partecipare alla gara appare sproporzionata per una corretta gestione degli impianti anche in considerazione del fatto che in sede locale esistevano solo due associazioni sportive dilettantistiche di cui una sola costituita da più di dieci anni per cui le relative previsioni del bando debbono ritenersi in contrasto con il principio di parità di trattamento
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 29.12.2009 n. 8914 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: E' corretta la decisione di una stazione appaltante di non inoltrare l'invito per l'affidamento di un appalto al precedente affidatario, in considerazione delle inadempienze commesse dal medesimo nello svolgimento del pregresso servizio.
Un'amministrazione, in caso di indizione di nuova gara, ha facoltà di non invitare il soggetto che in precedenza abbia svolto il servizio, qualora ritenga compromesso il rapporto fiduciario tra le parti. Tale principio, viene ribadito dall'art. 38 del codice dei contratti (D. Lvo 12.04.2006 n. 163 e ss.mm.), stabilisce che sono esclusi dalla gara, tra le altre ipotesi, coloro che "secondo motivata valutazione della stazione appaltante hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara".
Ne consegue che, nel caso di specie, è corretta la decisione di un Consorzio di non invitare alla gara ufficiosa per l'affidamento del servizio di cassa, un Istituto bancario precedente affidatario, in considerazione delle inadempienze commesse dal medesimo nello svolgimento del pregresso servizio.
Il mancato rispetto degli obblighi contrattuali, poiché le operazioni sarebbero state eseguite senza la osservanza dei termini e delle condizioni pattuite (un solo addetto al servizio, che spesso si assentava; la lentezza nell'emissione di assegni circolari; la frammentarietà ed il notevole ritardo delle comunicazioni di avvenuto incasso; l'invio degli estratti conto con cadenza trimestrale, anziché mensile; i costanti ed immotivati ritardi nelle valute di accredito degli stipendi), infatti, assumono una rilevante incidenza negativa sul rapporto fiduciario tra l'Ente e l'affidatario, giustificando, pertanto, la decisione della stazione appaltante di non inoltrare l'invito al soggetto inadempiente (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 29.12.2009 n. 8913 - link a www.
dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla finalità della cauzione provvisoria in caso di raggruppamento costituendo.
E' illegittima l'ammissione di un r.t.i., ad una gara per l'affidamento di un servizio dal momento che in alcuna parte della polizza fideiussoria è indicato che i rischi garantiti riguardano il raggruppamento, né è menzionata la mandante, anzi la polizza stessa risulta rilasciata per la partecipazione alla gara della S.p.A. quale impresa singola.
La cauzione provvisoria, infatti, è destinata a garantire, in caso di raggruppamento costituendo, non solo l'adempimento degli obblighi derivanti dalla partecipazione alla gara da parte dell'impresa predetta, bensì l'adempimento degli stessi obblighi da parte di tutte le altre imprese, primo fra tutti quello di costituirsi in raggruppamento (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 29.12.2009 n. 8907 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: 1. Aggiudicazione di contratti pubblici - Avvisi di avvio del procedimento nel corso della procedura per ogni tipologia di provvedimento - Non occorre.
2. Prescrizioni contenute negli atti delle procedure concorsuali - Dovere di osservanza da parte dei concorrenti - Inosservanza - Esclusione.

1. I procedimenti volti all'aggiudicazione dei contratti pubblici hanno carattere unitario, e tutti i provvedimenti adottati dalle stazioni appaltanti in tale ambito scaturiscono quindi dall'unica procedura amministrativa instaurata; ne discende che non occorre inviare singoli avvisi di avvio del procedimento per ogni tipologia di provvedimento che l'amministrazione intende adottare nel corso dell'espletamento della procedura, giacché i partecipanti alla gara, in quanto tali, sanno ovviamente che la procedura è in corso, e sanno anche che, accanto al provvedimento finale di aggiudicazione, possono scaturire dal procedimento altre figure provvedimentali, quali gli eventuali atti che dispongono l'esclusione di singoli concorrenti le cui offerte non siano confacenti agli atti di gara (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 19.03.2001, n. 1642; TAR Campania Napoli, sez. I, 05.08.2004 , n. 11089)
2. Le prescrizioni contenute negli atti delle procedure concorsuali, che individuano le caratteristiche essenziali del bene oggetto del futuro contratto da stipularsi con la pubblica amministrazione, debbono essere necessariamente rispettate dai concorrenti di gara e determinano, in caso di loro inosservanza, l'esclusione del partecipante, anche quando il bando o la lettera di invito non dispongono espressamente in tal senso.
La ragione sottesa a questa disciplina è che tali prescrizioni, da un lato, proprio perché tese a delimitare l'oggetto della prestazione che l'amministrazione si attende, sono intima espressione dell'interesse che quest'ultima intende soddisfare con il contratto (e che solo essa può definire ed apprezzare), di tal ché l'offerta di una prestazione a loro non conforme determinerebbe il mancato soddisfacimento di quell'interesse; dall'altro lato, è ovvio che se si ammettesse che un partecipante alla gara possa offrire prodotti con caratteristiche diverse da quelle indicate negli atti della procedura, verrebbe violato il principio della par condicio dei concorrenti.
Ne consegue che è addirittura precluso all'amministrazione di formulare giudizi di equipollenza (cfr. TAR Sicilia Catania, sez. III, 06.09.2006, n. 1383; id, 05.04.2006, n. 531; TAR Veneto, sez. I, 18.07.2003 , n. 3818) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 29.12.2009 n. 6235 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla legittimità del provvedimento di esclusione di un'impresa concorrente adottato nell'ambito di un procedimento del quale non sia stato dato avviso all'interessata.
Sulla legittimità del provvedimento di esclusione di un concorrente che abbia presentato un'offerta non conforme ai requisiti prescritti dal bando di gara.

E' legittimo l'operato di una stazione appaltante che abbia adottato il provvedimento di esclusione di un concorrente da una gara, omettendo di rendere noto, all'interessato, l'avvio del relativo procedimento. E' pacifico, infatti, che i procedimenti volti all'aggiudicazione dei contratti pubblici abbiano carattere unitario, pertanto tutti i provvedimenti adottati dalle stazioni appaltanti in tale ambito scaturiscono dall'unica procedura amministrativa ab origine instaurata; di conseguenza, non occorre inoltrare i singoli avvisi di avvio del procedimento per ogni tipologia di provvedimento che l'amministrazione intende adottare, giacché i concorrenti già sanno che è in corso la procedura e che, accanto al provvedimento finale di aggiudicazione della gara, possono scaturire ulteriori atti a carattere decisorio, quali quelli che dispongono, come nel caso di specie, l'esclusione del concorrente che abbia presentato un'offerta non conforme ai requisiti prescritti dal bando.
E' legittimo il provvedimento di esclusione di un'impresa concorrente che abbia presentato un'offerta avente ad oggetto un bene con caratteristiche non conformi rispetto a quelle prescritte dagli atti di gara, anche nell'ipotesi in cui il prodotto offerto risulti qualitativamente superiore a quello previsto dal bando ai fini dell'aggiudicazione dell'appalto, ciò in quanto, da un lato le prescrizioni formulate dalla stazione appaltante delimitano l'interesse che questa intende soddisfare con l'eventuale futuro contratto, per cui un'offerta difforme determinerebbe il mancato soddisfacimento di quell'interesse; dall'altro lato, aggiudicare la gara sulla base di un'offerta avente ad oggetto un bene che presenti caratteri diversi da quelli richiesti violerebbe il principio della par condicio dei concorrenti (TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 29.12.2009 n. 6235 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIBando di gara - Lex specialis di gara - Limitazione alla possibilità di presentare offerte eccedenti un determinato rialzo - Offerta con rialzo pari al limite previsto - Non costituisce offerta anomala.
Nel caso in cui la stazione appaltante abbia già ex ante delimitato l'ambito delle offerte accettabili (la stazione appaltante aveva limitato la possibilità per i concorrenti di presentare offerte eccedenti a un determinato rialzo, 45%) ritenendo a contrario che il suo superamento ponesse l'Amministrazione di fronte a rischi legati ad un'esecuzione del contratto poco remunerativa per l'aggiudicatario, la controinteressata che ha proposto un'offerta pari al predetto limite del 45%, non può ritenersi anomalo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 23.12.2009 n. 6073 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Bando - Requisiti soggettivi - Impugnazione immediata - Necessità.
2. Bando - Requisiti soggettivi - Associazione professionale - Imprenditore legittimato a partecipare alle pubbliche.
3. Gara - Annullamento in s.g. - Inefficacia del contratto stipulato - Rinnovo del procedimento dal suo inizio.

1. Del bando vanno immediatamente impugnate le clausole che riguardano i requisiti soggettivi dei partecipanti, e quindi li ammettono o escludono in via diretta dalla gara
2. Si intende per imprenditore qualsiasi soggetto che eserciti attività economica, a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità di finanziamento, intendendosi per attività economica quella con scopo di lucro ovvero quella che, pur senza scopo di lucro, si pone sul mercato in concorrenza con quelle lucrative.
Quindi va ritenuta imprenditore legittimato a partecipare alle pubbliche gare anche un'associazione professionale, che senza dubbio offre sul mercato un particolare servizio ed esercita attività economica, nel senso che si propone di ricavarne un utile.
3. In caso di annullamento degli atti di gara l'amministrazione nel prosieguo della propria attività dovrà tener conto dell'inefficacia del contratto già stipulato, ed ove non lo faccia potrà esservi costretta in sede di ottemperanza.
Trattandosi di gara con il metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa ed essendo già state aperte, come da verbali di gara successivi, le offerte dei concorrenti, l'amministrazione dovrà rinnovare il procedimento di gara dal suo inizio, in base al bando originario (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 23.12.2009 n. 2606 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sul diritto di recesso esercitato da un comune, in persona del sindaco, dalla società affidataria del servizio di gestione rifiuti.
E' illegittimo il recesso esercitato da un comune, in persona del sindaco, dalla società a cui ha revocato contestualmente l'affidamento del servizio di gestione rifiuti, a causa dell'ampliamento dell'oggetto sociale deliberato dall'assemblea straordinaria della s.p.a, in quanto la modifica statutaria, nel caso di specie, non ha in concreto comportato lo snaturamento dell'attività e dello scopo sociale richiesto dalla giurisprudenza per poter legittimamente esercitare il diritto di recesso ex art. 2437 cod. civ..
Inoltre, il consiglio comunale ha impropriamente provveduto alla ratifica di un atto affetto da vizio di incompetenza relativa, quale la manifestazione di volontà di recesso del sindaco e quindi insuscettibile della ratifica (in quanto strumento per fare proprio l'atto adottato da un organo competente a porlo in essere solo in via d'urgenza e salvo ratifica) in considerazione del fatto che l'art. 42 del T.U.E.L. non prevede un potere d'urgenza del sindaco quale quello esercitato nel caso di specie (TAR LombardiaBrescia, Sez. II, sentenza 23.12.2009 n. 2605 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sul divieto di partecipazione allo stesso appalto, in modo concorrente, di un consorzio stabile e di una società facente parte dello stesso.
Il diritto comunitario dev'essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nella causa principale, che dispone, in occasione della procedura di assegnazione di un appalto pubblico il cui importo non raggiunge la soglia di cui all'art. 7, n. 1, lett. c), della direttiva 2004/18/CE, ma che riveste un interesse transfrontaliero certo, l'esclusione automatica dalla partecipazione a detta procedura e l'irrogazione di sanzioni penali sia del consorzio stabile quanto delle imprese che ne sono membri, quando queste ultime hanno presentato offerte concorrenti a quella di detto consorzio nell'ambito dello stesso procedimento, anche qualora l'offerta di detto consorzio non sia stata presentata per conto e nell'interesse di tali imprese (Corte di giustizia europea, Sez. IV, sentenza 23.12.2009 n. C-376/08 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: I soggetti che non perseguono un preminente scopo di lucro, come le università e gli istituti di ricerca, possono partecipare ad un appalto pubblico di servizi.
Le disposizioni della direttiva 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, ed in particolare quelle che si riferiscono alla nozione di "operatore economico", devono essere interpretate nel senso che consentono a soggetti che non perseguono un preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa di un'impresa e non assicurano una presenza regolare sul mercato, quali le università e gli istituti di ricerca nonché i raggruppamenti costituiti da università e amministrazioni pubbliche, di partecipare ad un appalto pubblico di servizi.
La direttiva 2004/18 dev'essere interpretata nel senso che essa osta all'interpretazione di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale che vieti a soggetti che, come le università e gli istituti di ricerca, non perseguono un preminente scopo di lucro di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, benché siffatti soggetti siano autorizzati dal diritto nazionale ad offrire sul mercato i servizi oggetto dell'appalto considerato (Corte di giustizia europea, Sez. IV, sentenza 23.12.2009 n. C-305/08 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: COTTIMO FIDUCIARIO – PROCEDURA NEGOZIATA.
Il TAR Toscana, pur partendo da corrette premesse, perviene ad un inquadramento del cottimo fiduciario non convincente e, soprattutto, non in linea con la chiara disciplina del Codice: “Il cottimo fiduciario, di cui all’articolo 125 del D.Lgs n. 163/2006, costituisce una procedura negoziata, in cui le acquisizioni avvengono mediante affidamento a terzi (comma 4°), nelle quali l’affidamento avviene nel rispetto dei principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento, previa consultazione di almeno cinque operatori” (comma 11°), senza che invece risulti una generale applicabilità delle singole norme del Codice dei contratti pubblici, proprie dell’evidenza pubblica comunitaria. Siamo, quindi, in presenza di una procedura negoziata la quale, pur procedimentalizzata, non richiede, tuttavia, il necessario rispetto dello specifico assetto disciplinare predisposto dal Codice per le procedure aperte e ristrette”.
Le statuizioni del Tar non appaiono integralmente persuasive.
In primo luogo, occorre principiare da una ragione di ordine sistematico. Il comma 1° dell’articolo 121, disciplinante i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di importo inferiore alla soglia comunitaria, stabilisce che “ai contratti pubblici aventi per oggetto lavori, servizi, forniture, di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, si applicano oltre alle disposizioni della parte I, della parte IV e della parte V, anche le disposizioni della parte II, in quanto non derogate dalle norme del presente titolo”.
Al fine di chiarire il significato dell’importante disposizione normativa, è possibile far ricorso al seguente schema:
- Parte I: Principi e disposizioni comuni e contratti esclusi in tutto o in parte dall'ambito di applicazione del codice; articoli 1-27;
- Parte II: Contratti pubblici relativi a lavori servizi e forniture nei settori ordinari; articoli 28-205;
- Parte III: Contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori speciali; articoli 206-238;
- Parte IV: Contenzioso; articoli 239-246;
- Parte V: Disposizioni di coordinamento finali e transitorie – abrogazioni; articoli 247-257.
Dunque, al cottimo fiduciario, quale procedura negoziata per i “contratti sotto soglia comunitaria”, come nella concreta fattispecie, si applicano le parti I, IV e V, in modo integrale e la parte II “in quanto non derogata dalle norme del presente titolo”.
Ora, gli articoli 83 (Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa) ed 84 (Commissione di nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa) sono entrambi collocati nella parte seconda, per cui occorre verificare se, nel titolo in esame (artt. 121-125), sussiste una deroga alle disposizioni dei due predetti articoli. Ebbene, da un rapido esame del titolo ed, in particolare dell’articolo 125, si deduce che tale deroga non sussiste. In altri termini, non esiste una deroga espressa alle regole contenute nei predetti articoli. Di conseguenza, le indicate disposizioni normative con le loro peculiari regole (divieto di integrazione del bando, da parte della commissione; nomina della commissione dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte) trovano piena applicazione in sede di cottimo fiduciario.
Venendo, poi, al merito pieno delle già ricordate disposizioni normative, occorre osservare che il terzo decreto correttivo (D.Lgs n. 152/2008; in vigore dal 17.10.2008) ha disposto la modificazione del comma 4° dell’articolo 83. Precisamente, con la riforma, viene implicitamente sancito che ogni criterio o sub-criterio di giudizio deve essere predeterminato a monte, cioè in sede di stesura del bando di gara o della lettera di invito. La commissione di gara non può aggiungere o modificare alcunché, nemmeno determinare i criteri motivazionali. Ora, appare ben chiaro che l’indicato divieto di integrazione e di modifica trova applicazione in sede di cottimo fiduciario, anche in ragione del principio di trasparenza, richiamato nel comma 11°, dell’articolo 125, il quale esige una preventiva e non più mutabile fissazione dei criteri di valutazione e dei pesi.
Per quanto concerne, invece, il comma 10°, dell’articolo 84 (nomina della commissione dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte), occorre porre in evidenza la ratio: evitare che le imprese, che intendono partecipare alla gara, conoscano, prima della presentazione della loro offerta, i nominativi dei componenti della commissione. Se conoscessero tali nominativi prima, potrebbero "orientare", "articolare" la loro offerta in relazione ai commissari prescelti.
Orbene, tale ratio può avere un senso solo se trova applicazione il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, indipendentemente dalla procedura di scelta del contraente prescelta. Infatti, in tali fattispecie, la commissione di gara è titolare un potere di discrezionalità tecnica indubbiamente forte, in quanto deve esprimere puntuali valutazioni e giudizi tecnici, in relazione a diversi elementi: la qualità, il pregio tecnico, le caratteristiche estetiche e funzionali, etc.
In tali gare, conoscere prima il nominativo, può comportare il rischio di un potenziale inquinamento della gara in duplice senso: orientare la propria offerta, in relazione alle note preferenze tecniche di un commissario, oppure, ancor peggio, contattare preventivamente i commissari, commettendo illecito penale. Ovviamente, tali pericoli di inquinamento della gara sussistono in ogni procedura di selezione.
Dunque, appare chiaro che il cottimo fiduciario, proprio in quanto “procedura negoziata”, è sottoposto in modo tendenziale all’integrale disciplina del Codice, a meno che non vi siano chiare ed esplicite deroghe (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it -  TAR Toscana, Sez. I, sentenza 22.12.2009 n. 3988 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Appalti, qualità da non trascurare. Il Tar Piemonte ha bocciato un disciplinare che dava troppo spazio alla componente economica. La p.a. non deve privilegiare oltremodo il criterio del prezzo.
Negli appalti da aggiudicare all'offerta migliore (e non solo al prezzo più basso) stop a formule che finiscono per privilegiare il prezzo più contenuto a discapito della qualità dell'offerta.

Lo ha affermato il TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 21.12.2009 n. 3718, che ha bocciato un disciplinare di gara, che ha scelto il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, articolata però in 40 punti per la componente economica e 60 per quella qualitativa dell'offerta. In sostanza si è dato più peso al fattore prezzo rispetto alla qualità dell'offerta. Tra l'altro questo effetto non è risultato in linea con il particolare oggetto dell'appalto riguardante servizi socio assistenziali, per i quali rileva più la qualità della prestazione che non il suo costo economico.
Nel caso di specie è stata riscontrata anche un'altra sostanziale anomalia del bando di gara. Il disciplinare ha previsto l'applicazione di una formula particolare per la formulazione della graduatoria. La formula è ribasso offerto dalla singola concorrente moltiplicato per 40 e diviso per il ribasso massimo. È stato, infatti, contestato che il divisore dovesse essere il ribasso offerto e non il ribasso massimo. Utilizzando la formula del disciplinare ne è derivato che a fronte di differenze minime di ribasso offerto il divario del punteggio assegnato si sia dilatato ingiustificatamente.
L'applicazione della formula aritmetica, che prevede come divisore il prezzo massimo offerto anziché quello proposto dalla impresa considerata, è stato contestata, perché in contrasto con il dpr n. 117/1999, richiamato dall'articolo 83 del Codice dei contratti (dlgs 163/2006).
L'effetto della formula è stato bocciato dal Tar Piemonte perché porta a conseguenze ritenute aberranti e contraddittori con la preminenza assegnata dal bando di gara al merito tecnico delle offerte; non a caso per il progetto era prevista l'attribuzione di ben 60 punti contro i 40 riconoscibili per la componente economica.
Il Tar Piemonte ha, quindi, accertato un sostanziale disequilibrio e a una vistosa sproporzione tra merito tecnico e prezzo, a detrimento del primo.
La sentenza formula, dunque, il principio secondo il quale nelle gare al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, improntato alla ricerca di un costante equilibrio, ispirato a criteri di ragionevolezza, tra l'elemento economico e la componente qualitativa delle offerte, se la p.a. si autovincoli nel bando di gara annettendo preminente rilievo al merito tecnico, non può poi adoperare formule aritmetiche e automatiche la cui applicazione conduca al contraddittorio risultato di privilegiare l'elemento prezzo, pena l'infrazione dei canoni di ragionevolezza, proporzione e coerenza interna.
Quindi nel criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa non è certo illegittima la valutazione dell'elemento prezzo con criterio matematico, ma questo non deve portare a risultati sproporzionati.
In esecuzione della sentenza il Tar ha ordinato all'amministrazione di sciogliere il contratto di appalto e di pronunciare nuovamente l'aggiudicazione del servizio a favore della seconda classificata (articolo ItaliaOggi del 19.02.2009, pag. 36).

APPALTI: Sull'esclusione da una gara per mancata allegazione della copia del d.i. del sottoscrittore ad una o più dichiarazioni sostitutive qualora esse siano inserite nella stessa busta dove sono state poste altre dichiarazioni corredate della copia del d.i..
Non è necessario che in una gara d'appalto per la quale il bando richieda più dichiarazioni sostitutive distinte, ciascuna di esse sia accompagnata dalla copia fotostatica del documento di identità del sottoscrittore, dovendosi invece ritenere conforme alla lettera dell'art. 38 D.P.R. n. 445/2000 (e rispondente alla finalità dallo stesso perseguita) la circostanza che sia stata inserita nella busta contenente le dichiarazioni, una sola copia fotostatica del documento di identità del dichiarante.
Pertanto, è illegittima l'esclusione di un'impresa che abbia omesso di corredare una o più delle dichiarazioni sostitutive prescritte, qualora queste ultime siano inserite nella stessa busta contenente una o più dichiarazioni sostitutive debitamente corredate della copia del documento di identità del sottoscrittore, non potendo revocarsi in incertezza in tal caso la paternità della sottoscrizione apposta sulla dichiarazione carente della copia del documento di identità del rilasciante (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 21.12.2009 n. 3717 - link a www.
dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Art. 48 d.lgs. n. 163/2006 - Irrogazione della triplice sanzione - Requisiti di ordine speciale - Art. 38 d.lgs. n. 163/2006 - Carenza dei requisiti di ordine generale - Esclusione del concorrente dalla gara.
L’irrogazione della triplice sanzione (esclusione dalla gara, escussione della cauzione provvisoria, segnalazione all’Autorità di vigilanza) si riferisce alle sole irregolarità accertate con riferimento ai requisiti di ordine speciale di cui all’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006, e non anche a quelle relative ai requisiti di ordine generale ex art. 38, essendo queste ultime sanzionabili solo con l’esclusione dalla gara.
L'ipotesi di carenza dei requisiti di carattere generale, infatti, è compiutamente regolata dall'art. 38 del Codice dei contratti che prevede, in tal caso, solo l'esclusione del concorrente dalla gara e costituisce situazione ontologicamente diversa dal mancato possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, disciplinata dall'art. 48 del medesimo Codice che riconnette a tale circostanza, oltre all'esclusione del concorrente dalla gara, anche l'escussione della relativa cauzione provvisoria e la segnalazione del fatto all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici. L’evidente natura sanzionatoria del citato art. 48, d’altronde, la rende norma di stretta interpretazione e, quindi, non estendibile ad ipotesi diverse da quelle tassativamente previste (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 21.12.2009 n. 3709 - link a
www.ambientediritto.it).

APPALTI: CARENZA DEI REQUISITI GENERALI.
Il TAR Piemonte ha manifestato adesione ad un orientamento in tema di conseguenza sanzionatorie, a carico dell’aggiudicatario provvisorio, a seguito di accertata carenza dei requisiti generali.
Precisamente, si è affermato che: “Non può essere accolta la tesi dell’applicabilità delle sanzioni previste dall’articolo 48 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs n. 163/2006), in tema di requisiti economico-finanziari e tecnico organizzativi, anche alle ipotesi di carenze afferenti i requisiti generali, di cui all’articolo 38. In primo luogo, si trascura la circostanza che l’articolo 48 medesimo si applica limitatamente ai soli predetti requisiti speciali, trattandosi di misure sanzionatorie e, quindi, di stretta interpretazione. Inoltre, non può esplicare alcuna efficacia la disciplina in materia di cauzione provvisoria (art. 75, comma 6°, Codice), in relazione alla mancata stipula del contratto, che fa riferimento ad una fase diversa del procedimento, quella, appunto, della stipula del contratto”.
Siffatto orientamento, seppur supportato da diverse pronunce, non appare caratterizzato da sufficiente persuasività. Infatti, occorre prendere atto che sussiste un altro orientamento, il quale delinea una diversa ricostruzione della problematica in esame. Primariamente, occorre rilevare che oggetto dell’analisi non deve essere l’articolo 48, che disciplina, appunto, con un puntuale corredo sanzionatorio, la carenza dei “requisiti speciali”, ma altri articoli del Codice.
Innanzitutto, l’articolo 75, disciplinante la cauzione provvisoria. Al riguardo, occorre ricordare che, nella versione originaria della legge n. 109/1994, la cauzione provvisoria era finalizzata a garantire la mancata sottoscrizione del contratto per “volontà” dell’aggiudicatario. Nella versione successiva, avutasi in seguito alla legge 415/1998 (cd. Merloni ter), il termine "volontà" venne sostituito dal termine "fatto". In tal modo, fu ampliata l'operatività della garanzia, nel senso che la mancata sottoscrizione del contratto non risulta essere più legata ad un elemento di volontarietà dell'aggiudicatario, ma a qualunque fatto, a lui imputabile. Il Codice, pur abrogando la legge n. 109/1994, ha confermato la disciplina preesistente, prevedendo, appunto, che la cauzione provvisoria “copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario”.
Quindi, nella disciplina attuale, la responsabilità precontrattuale dell’aggiudicatario provvisorio rimane svincolata completamente dall'elemento soggettivo, essendo sufficientemente integrata da qualunque evento, ancorché non intenzionale o colposo, collegato al comportamento dell'aggiudicatario medesimo. Inoltre, accanto all’articolo 75, comma 6°, che giustifica l’escussione della cauzione, occorre tener presente anche l’articolo 6, disciplinante i poteri e le funzioni dell’Autorità di vigilanza. Al riguardo, la medesima Autorità, nella determinazione n. 5/2009, ben chiarisce che la stazione appaltante, laddove accerti la carenza dei requisiti generali falsamente autodichiarati, “procederà all’esclusione dalla gara per l'operatore inadempiente, alla denuncia dei fatti costituenti reato ed alla segnalazione all’Autorità per l'iscrizione nel casellario informatico, secondo le modalità previste nella Determinazione n. 1 approvata dal Consiglio della Autorità il 10.01.2008. Solo nel caso di carenza dei requisiti generali in capo all' aggiudicatario provvisorio, la stazione appaltante oltre alla revoca dell' aggiudicazione, procederà all'incameramento della cauzione, ma ciò non quale conseguenza dell'articolo 48, ma dell'articolo 75, comma 6, del codice che prevede tale sanzione per mancata stipula del contratto per fatto dell'affidatario”.
Orbene, sembra essere chiaro che il fondamento del potere di segnalazione va correttamente rinvenuto proprio nell’articolo 6 e, precisamente, nei commi 7° (potere di vigilanza dell’Autorità), 9° (potere dell’Autorità di richiedere documenti ed informazioni) ed 11° (sanzioni per omesso invio di documenti ed informazioni).
In buona sostanza, accertata la falsità dell’autodichiarazione, la stazione appaltante deve ottemperare al suo obbligo di segnalazione, il quale riceve la sua disciplina dalla determinazione n. 1/2008, ma conosce la sua base normativa proprio nei tre predetti commi: affinché l’Autorità possa esercitare il suo potere di vigilanza, la stazione appaltante segnala i “fatti accaduti”, ai fini dell’inserimento dei medesimi nel Casellario informatico.
Ciò, ovviamente, nel rispetto di un congruo contraddittorio procedimentale (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 21.12.2009 n. 3699 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'insindacabilità del tempo impiegato da una commissione di gara per valutare le offerte.
In sede di verifica delle offerte anomale, il giudizio di congruità dell'offerta, non richiede di regola una motivazione puntuale e analitica.

Costituisce ius receptum l'affermazione per la quale il tempo impiegato da una commissione per la correzione degli elaborati scritti dei candidati ad un pubblico concorso o per il vaglio delle offerte tecniche in un appalto pubblico attiene all'esercizio di discrezionalità tecnica e come tale è insindacabile se non emergono profili di assoluta arbitrarietà o illogicità.
Il giudizio tecnico sulla qualità di un elaborato concorsuale o di un'offerta tecnica concorrente ad una gara può essere espresso in chiave alfanumerica quando il bando di gara o il disciplinare rechino criteri di valutazione dettagliati ed espressi in termini sufficientemente precisi, idonei come tali ad arginare il percorso valutativo e la discrezionalità della commissione giudicatrice.
In sede di verifica delle offerte anomale, il giudizio di non anomalia, ovverosia di congruità dell'offerta, non richiede di regola una motivazione puntuale e analitica, essendo sufficiente anche un rinvio alle argomentazioni e alle giustificazioni della parte che ha formulato l'offerta sottoposta a verifica con esito positivo; è viceversa necessaria una motivazione particolarmente diffusa ed analitica nel caso di giudizio di anomalia che porta a non procedere all'aggiudicazione a favore dell'impresa che abbia formulato il migliore ribasso (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 21.12.2009 n. 3697 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: D. Argenio, L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici: vecchi e nuovi compiti dopo il Codice De Lise (21.12.2009 - link a www.dirittoelegge.it).

APPALTI: La richiesta di integrazione documentale può riguardare soltanto documenti già prodotti in gara.
Non può essere formulata dalla Stazione Appaltante la richiesta di regolarizzazione volta ad integrare documenti la cui produzione veniva richiesta in maniera univoca e a pena di esclusione dalla lex specialis.
Invero, potrà riguardare solo quei documenti già presentati in sede di gara, non potendosi mai determinare un’alterazione della par condicio delle imprese (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 18.12.2009 n. 8386 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla necessità di procedere mediante gara pubblica nel caso di aumento di capitale per l'ingresso di socio privato operativo in una società per azioni a capitale pubblico affidataria di un servizio e sulla sussistenza della giurisdizione del g.a..
L'art. 1, c. 2, del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), secondo il quale la scelta di socio privato di società miste, a partecipazione pubblica anche minoritaria, che siano affidatarie di servizi pubblici, deve sempre avvenire con procedure di evidenza pubblica, si applica anche nell'ipotesi in cui una società mista, ove pure non originariamente tale, apra il proprio capitale all'apporto di un socio privato industriale attraverso un'operazione straordinaria di vendita di quote o di aumento di capitale, cosicché risulti modificato, per effetto di detta operazione, l'assetto soggettivo della gestione.
Ogniqualvolta -attraverso il ricorso ad operazioni di carattere straordinario destinate a mutare la compagine di una società che abbia ottenuto l'affidamento diretto o tramite gara di un servizio pubblico- si pervenga al risultato di dar vita a una società mista oppure, alternativamente, al risultato di modificare il profilo soggettivo del gestore del servizio pubblico già affidato (mediante l'associazione al capitale e alla gestione di nuove figure imprenditoriali o la sostanziale sostituzione delle imprese originariamente affidatarie), allora si realizza in via derivata anche un diverso affidamento del servizio pubblico.
L'affidamento di un servizio, quand'anche realizzato attraverso la costituzione, originaria o successiva, di una società mista con socio privato operativo, è un'attività sempre connotata da autoritatività a fronte della quale si stagliano interessi legittimi dei soggetti coinvolti e, come tale, esso soggiace anche all'osservanza delle regole pubblicistiche e si deve necessariamente svolgere attraverso procedure di evidenza pubblica, governate dai principi del diritto interno e sovranazionale.
Sulle vicende descritte nei precedenti punti, la giurisdizione spetta al g.a., in quanto giudice naturale di tutte le attività amministrative autoritative -qualunque siano gli strumenti giuridici utilizzati- seppure poste in essere per tramite di soggetti formalmente privati, ma controllati o dominati da pubbliche amministrazioni;
Esorbita invece dalla giurisdizione amministrativa, non configurandosi come un PPPI, ogni altra vicenda in cui una società affidataria di un servizio riceva apporti al proprio capitale da parte di soggetti privati che siano meri finanziatori, ossia non aventi le caratteristiche di soci industriali, o i quali comunque non partecipino direttamente alla gestione o allo svolgimento del servizio affidato (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.12.2009 n. 8376 - link a www.
dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICIAvvio dal 1° gennaio 2010 della trasmissione informatizzata della notifica preliminare di avvio lavori nei cantieri - Decreto del Direttore Generale Sanità n. 9056 del 14.09.2009 (Regione Lombardia, Direzione Generale Sanità, nota 18.12.2009 n. 44462 di prot.).

APPALTI: Gara di appalto - Interventi di manutenzione straordinaria su pavimentazione - Condanna penale degli amministratori per reato di lesioni personali colpose - Valutazione di gravità del reato - Discrezionalità della stazione appaltante - Esclusione ai sensi dell'articolo 38, comma 1, lett. C) ed E), D.Lgs. 163/2006 - Legittima.
In assenza di parametri legislativi fissi e predeterminati, il richiamo alla "gravità" del reato contemplato dall'articolo 38, comma 1, lett. C), D.Lgs. 163/2006, lascia alla stazione appaltante un ampio spazio valutativo.
L'apprezzamento della gravità non può, in ogni caso, prescindere dalla considerazione di alcuni indici fondamentali, quali la pena prevista e/o in concreto irrogata per il reato e la natura del bene protetto dalla norma incriminatrice, tenuto conto anche dell'oggetto e delle caratteristiche dell'appalto (nella specie, il TAR ha ritenuto legittima l'esclusione dalla gara di un'impresa partecipante -i cui amministratori erano stati condannati per il reato di lesioni colpose conseguenti alla violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro- in considerazione delle caratteristiche dell'appalto, avente ad oggetto lavori di manutenzione straordinaria su pavimentazione il cui affidamento richiedeva una garanzia piena sull'osservanza della normativa antinfortunistica da parte dell'appaltatore) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenze 17.12.2009 nn. 5593 e 5594 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Gara di appalto - Affidamento lavori - Art. 38, comma 1, lett. I), D.Lgs. 163/2006 - Irregolarità contributiva dell'impresa aggiudicataria maturata dopo l'aggiudicazione - Successiva regolarizzazione - Irrilevante - Effetti - Decadenza dall'aggiudicazione.
La regolarità contributiva dell'impresa partecipante ad una gara deve sussistere non solo alla data di presentazione della domanda, ma deve permanere anche durante lo svolgimento della procedura e l'esecuzione del contratto; né può rilevare, in senso retroattivo, la successiva regolarizzazione, con la conseguenza che, legittimamente, la stazione appaltante può disporre la decadenza dal provvedimento di aggiudicazione definitiva (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 17.12.2009 n. 5592 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Gara di appalto - Affidamento di servizi - Offerta tecnica - Caratteristiche - Valutazione da parte della stazione appaltante - Criteri di valutazione.
2. Contratti della P.A. - Commissione giudicatrice - Esercizio, da parte di un commissario, di funzioni amministrative ulteriori nell'ambito della medesima procedura - Incompatibilità ex art. 84, comma 4, D.Lgs. 163/2006 - Non sussiste.

1. L'offerta tecnica non si sostanzia in un progetto o in un prodotto, ma nella descrizione di un facere che può essere valutato unicamente sulla base di criteri qualitativi e quantitativi, fra i quali ben può rientrare la considerazione della pregressa esperienza dell'operatore, come anche della solidità ed estensione della sua organizzazione d'impresa.
2. Nelle procedure per l'aggiudicazione di appalti con la Pubblica amministrazione l'esercizio, da parte di un componente della commissione aggiudicatrice, di ulteriori funzioni amministrative per conto e nell'interesse dell'amministrazione appaltante, relative alla medesima procedura di gara, non integra di per sé la causa di incompatibilità prevista dall'art. 84, comma 4, D.Lgs. 163/2006, atteso che tale disposizione ha la finalità di impedire la partecipazione alla commissione di soggetti che, nell'interesse proprio o privato di alcuna delle imprese concorrenti, abbiano assunto o possano assumere compiti di progettazione, di esecuzione o di direzione relativamente ai lavori oggetto della procedura di gara (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 17.12.2009 n. 5591 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Gara - Affidamento di un pubblico servizio - Impugnazione - Interesse al ricorso - Sussiste - Anche in caso di vantaggio successivo ed eventuale all'annullamento della procedura di affidamento.
2. Gara - Impugnazione del bando da parte di un concorrente che non abbia partecipato alla gara - Interesse al ricorso - Sussiste.
3. Contratti della P.A. - Convenzioni per l'espletamento di un servizio socio sanitario - Riserva in favore di organizzazioni di volontariato e cooperative sociali - Compatibilità con il diritto comunitario e costituzionale - Sussiste.

1. L'interesse al ricorso nell'ambito di una procedura di affidamento di un servizio pubblico sussiste non solo nel caso in cui dall'annullamento derivi un vantaggio diretto ed immediato in capo al ricorrente, ma anche nel caso in cui il vantaggio sia meramente successivo ed eventuale, dovendosi dichiarare l'inammissibilità del ricorso solo laddove risulti che la parte ricorrente non possa, in nessun caso, risultare aggiudicataria nell'ipotesi di accoglimento del ricorso.
2. Non difetta dell'interesse ad impugnare una procedura ad evidenza pubblica il ricorrente che non abbia partecipato alla gara, nell'ipotesi in cui la censura abbia ad oggetto i requisiti del bando, in quanto ritenuti discriminatori e tali da precludere la partecipazione alla gara medesima, atteso che -se effettivamente la preclusione alla partecipazione deriva dal bando- non può pretendersi la previa domanda di partecipazione alla gara, che risulterebbe inutiliter proposta.
3. In virtù dell'articolo 20, D.Lgs. n. 163/2006 e del principio di sussidiarietà orizzontale sancito dall'art. 118, ult. co. della Costituzione, deve ritenersi compatibile con i principi e le norme del diritto comunitario e costituzionale, un sistema fondato sulla convezione per l'affidamento di un servizio socio sanitario che sia riservato ad organizzazioni di volontariato e cooperative sociali (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 16.12.2009 n. 5357 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

INCARICHI PROGETTUALI: Gare, chiarimento sui requisiti. In G.U. la circolare del ministero delle infrastrutture sull'articolo 253 del dlgs 163/2006. Conta il fatturato quinquennale e l'organico medio del triennio.
Per le gare di ingegneria e architettura, fino a fine dicembre 2010, la norma del Codice che consente di dimostrare i requisiti di ammissione alla gara su un arco temporale più ampio è applicabile soltanto al fatturato quinquennale e all'organico medio annuo del triennio, ma non ai requisiti decennali sui servizi svolti e sui servizi «di punta».
È quanto ha chiarito il ministero delle infrastrutture, con la circolare del 12.11.2009, n. 4649 firmata dal direttore generale per la regolamentazione dei contratti pubblici, Bernadette Veca, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 274 del 24.11.2009.
Il chiarimento riguarda l'art. 253, comma 15-bis del dlgs. 163/2006 che consente fino al 31.12.2010 di documentare i requisiti per l'accesso alle gare di servizi di ingegneria e architettura, con riguardo ai migliori tre anni del quinquennio e ai migliori cinque anni del decennio.
La circolare, dopo avere riconosciuto che «l'ampliamento dell'arco temporale utilizzabile per la dimostrazione del possesso dei requisiti minimi introduce una maggiore flessibilità per la qualificazione dei concorrenti», anche «al fine di contrastare gli effetti della crisi economica del mercato che hanno investito anche il settore dei contratti pubblici», chiarisce che il comma 15-bis riguarda i requisiti previsti per i servizi di ingegneria e architettura dal dpr 554/1999, ritenendo tali norme (art. 66, comma 1, del dpr 554/1999), «di dettaglio», implicitamente compatibili con il Codice dei contratti pubblici.
Le stazioni appaltanti devono quindi fare riferimento, nell'applicazione della disposizione agevolativa del «terzo correttivo», ai requisiti del regolamento articolati su base triennale, quinquennale e decennale e non ai requisiti generali del Codice (artt. 41 e 42) che riguardano, per tutti i tipi di appalto, soltanto l'ultimo triennio.
Ciò detto, il ministero specifica che la norma a sua volta non si applica a tutti i quattro requisiti previsti dalla disposizione regolamentare, ma «incide sui soli requisiti di cui alle lettere a) e d) del comma 1 dell'art. 66 del dpr 554/1999 per i quali la dimostrazione del possesso è richiesta rispettivamente su base quinquennale e su base triennale». Pertanto relativamente al fatturato quinquennale «globale», cioè per servizi di ingegneria e architettura, dovranno chiedersi requisiti dei migliori cinque anni del decennio precedente (per il ministero «si consente di individuare su base decennale il requisito quinquennale previsto dalla normativa regolamentare»). Per il requisito triennale dell'organico medio annuo dei tecnici, nei bandi si dovrà consentirne la prova facendo riferimento ai tre migliori anni del quinquennio precedente (secondo la circolare: «Si consente di individuare su base quinquennale il requisito triennale previsto dalla normativa regolamentare»).
Per gli altri due requisiti (espletamento nel decennio di servizi di ingegneria e architettura relativi ai lavori da progettare e due servizi «di punta» di cui alle lettere b e c del comma 1 dell'articolo 66), il ministero afferma che la norma del Codice risulta inapplicabile, «in quanto la riduzione del periodo decennale (si passerebbe ai cinque migliori anni del decennio, ndr) determinerebbe una restrizione della possibilità di partecipare alle gare, in contrasto con la ratio ispiratrice della norma transitoria, introdotta con il precipuo intento di ampliare la concorrenza».
Viene anche chiarito che la norma «incide esclusivamente rispetto all'attività espletata da prendere in considerazione ai fini della stima dell'importo», che non può essere limitata ai soli «lavori da progettare», ma si riferisce anche ad altri servizi di architettura e di ingegneria, a seconda del tipo di incarico da affidare (articolo ItaliaOggi del 16.12.2009, pag. 48).

LAVORI PUBBLICILa delibera di approvazione di un progetto definitivo di un’opera pubblica o di pubblica utilità ovvero anche l’atto di programmazione di opere pubbliche non può valere quale variante allo strumento urbanistico, anche nel senso della rinnovazione dei vincoli preordinati all’esproprio che fossero scaduti per il decorso del quinquennio, se non adottata nelle forme e nei modi prescritti dall’art. 10 D.P.R. n. 327/2001 assicurando, comunque, la partecipazione degli interessati giusta la prescrizione del successivo art. 11.
La delibera di approvazione di un progetto definitivo di un’opera pubblica o di pubblica utilità ovvero anche l’atto di programmazione di opere pubbliche non può valere quale variante allo strumento urbanistico, anche nel senso della rinnovazione dei vincoli preordinati all’esproprio che fossero scaduti per il decorso del quinquennio, se non adottata nelle forme e nei modi prescritti dall’art. 10 D.P.R. n. 327/2001 (<<1. Se la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità non è prevista dal piano urbanistico generale, il vincolo preordinato all’esproprio può essere disposto, ove espressamente se ne dia atto, su richiesta dell’interessato, ai sensi dell’art. 14, comma 4, della legge 07.08.1990, n. 241, ovvero su iniziativa dell’amministrazione competente all’approvazione del progetto, mediante (………) un altro atto, anche di natura terri-toriale, che in base alla legislazione vigente comporti la variante del piano urbanistico (…….)>>), assicurando, comunque, la partecipazione degli interessati giusta la prescrizione del successivo art. 11 (TAR Campania-Napoli, Sez. V, sentenza 15.12.2009 n. 8746 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: COMMISSIONI GARA.
Il Tar Lombardia-Milano ha esaminato in modo chiaro, la non infrequente prassi, da parte di talune stazioni appaltanti, di nominare, inutilmente e confusamente, due commissioni di gara.
Al riguardo, ha puntualmente affermato che: “Risulta violato il principio di collegialità della commissione di gara, non essendo ammissibile che le offerte economiche vengano valutate da un organo sostanzialmente monocratico (il direttore amministrativo dell’Azienda Ospedaliera, assistito da due testimoni). Inoltre, non appare ammissibile che, nelle procedure da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la valutazione delle offerte tecniche e di quelle economiche venga affidata a commissioni diverse, dovendo la valutazione essere effettuata dalla medesima commissione giudicatrice, salva restando la possibilità di incaricare un seggio di gara della sola preliminare valutazione dell’ammissibilità della documentazione amministrativa, ai fini dell’ammissione delle offerte”.
Il pregio della pronuncia risiede anche nell’aver collocato la problematica dell’illegittima prassi delle doppie commissioni nell’alveo della disciplina codicistica.
Precisamente, Codice dei contratti pubblici (D.Lgs n. 163/2006) contiene una puntuale disciplina della commissione di gara, in riferimento all’eventualità in cui si utilizzi il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 84), ed in tema di concorso di progettazione (articolo 106).
Ai sensi dell’articolo 84, la commissione di gara:
- viene nominata dalla stazione appaltante (organo competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto);
- è composta da un numero dispari di componenti, in numero massimo di cinque, esperti nello specifico settore cui si riferisce l'oggetto del contratto;
- è presieduta di norma da un dirigente della stazione appaltante e, in caso di mancanza in organico, da un funzionario della stazione appaltante incaricato di funzioni apicali, nominato dall'organo competente.
Occorre osservare che i commissari, diversi dal presidente, non devono aver svolto né possono svolgere alcun'altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta.
Orbene, dai pochi cenni di disciplina delineati, appare chiaro che il Codice esige l’obbligatorietà della commissione solo laddove si utilizzi il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Viceversa, laddove si utilizzi il diverso criterio del prezzo più basso, la commissione non è obbligatoria, per cui il responsabile della stazione appaltante può ben procedere, solitariamente, all’aggiudicazione provvisoria, cioè all’individuazione della migliore offerta.
Allora, se la commissione è obbligatoria solo in taluni casi, perché non ritenerne semplificante la presenza, laddove necessario, di una sola, a cui sono attribuiti tutti e tre i poteri: - verifica della regolarità della documentazione amministrativa; - valutazione dei profili economici; - valutazione dei profili tecnici.
La pluralità di competenze è in ogni caso garantita, in quanto l’articolo 84 esige la presenza di “membri esperti nello specifico settore cui si riferisce l'oggetto del contratto” (comma 2°) e la presenza, con funzioni di presidenza, di un “dirigente della stazione appaltante o di un funzionario” (comma 3°): ciò vuol dire che il presidente-funzionario è competente almeno per ciò che concerne la verifica della regolarità documentale, mentre gli altri membri garantiscono conoscenze specifiche di settore, per la valutazione dei profili economici e tecnici.
Dunque, un’unica commissione, in linea con la normativa codicistica, titolare delle necessarie e plurime conoscenze ed esplicante tutti i poteri. Appare ben evidente che, in tal modo, si eviterebbero, in maniera ancor più radicale, perniciose confusioni e la creazione di organismi superflui (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 15.12.2009 n. 5346 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla necessità o meno, per disporre l’esclusione ex art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006, di una valutazione sulla gravità del reato.
L’art. 38, comma 1, lett. c), del codice dei contratti (il quale preclude la partecipazione alle gare ai soggetti "nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale"), richiede, per la sua applicazione, un’attività valutativa in ordine alla gravità del reato, finalizzata a verificare se lo stesso possa o non incidere sulla moralità professionale del concorrente.
L’ambito operativo dell’art. 27, comma 2, lett. q), del D.P.R. n. 34/2000 (a mente del quale sono inserite nel casellario "eventuali sentenze di condanna passate in giudicato o di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale a carico dei legali rappresentanti, degli amministratori delegati o dei direttori tecnici per reati contro la pubblica amministrazione, l’ordine pubblico, la fede pubblica o il patrimonio"), non coincide con quello del citato art. 38; è pertanto illegittima l’annotazione nel casellario informatico di una esclusione da una gara per la omessa dichiarazione condanna di patteggiamento per tentato furto - reato contro il patrimonio, alla quale sia stata aggiunta che l’esclusione è stata disposta ai sensi del citato art. 38, nel caso in cui manchi, nel provvedimento espulsivo assunto dalla stazione appaltante, qualsiasi apprezzamento sulla gravità del reato taciuto (e sulla sua incidenza sulla moralità professionale) (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 12.12.2009 n. 12837 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla revocazione di una sentenza che ha ritenuto illegittima l’esclusione di una ditta, per mancanza del requisito della moralità professionale, ritenendo erroneamente che l’amministratore della società esclusa fosse stato condannato per un reato ormai depenalizzato.
Va revocata una sentenza che, per effetto di un errore di fatto, ha ritenuto illegittima l’esclusione da una gara di appalto per mancanza del requisito della moralità professionale, di una impresa, ritenendo erroneamente che l’amministratore della società esclusa aveva riportato solo una condanna per un reato ormai depenalizzato (dall’art. 25 del d.lgs. n. 74/2000), senza considerare che lo stesso amministratore aveva altresì riportato una condanna per altro reato (nella specie si trattava del reato di cui al n. 7 dello stesso art. 4, comma 1, della l. n. 516/1982) ancora previsto dall’ordinamento, sia pure da una disposizione formalmente diversa.
L'estinzione del reato già oggetto di sentenza di patteggiamento in conseguenza del verificarsi delle condizioni previste dall'art. 445, comma 2, c.p.p., (e cioè la mancata commissione nel termine previsto -cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione- di un delitto ovvero di una contravvenzione della stessa indole) non opera "ipso iure", ma richiede una formale pronuncia da parte del giudice dell'esecuzione (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 10.12.2009 n. 7740 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La valutazione circa la sussistenza del requisito della moralità professionale spetta alla stazione appaltante e non al concorrente, in quanto quest'ultimo non ha il potere di anticipare tale giudizio omettendo di dichiarare dati penalmente rilevanti
L'estinzione del reato ex art. 455 cpp non opera "ipso iure" essendo necessaria una formale pronuncia da parte del giudice dell'esecuzione.

Le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne riportate dai concorrenti ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano alla stazione appaltante e non al concorrente medesimo, il quale è pertanto tenuto a indicare tutte le condanne riportate, non potendo operare a monte alcun "filtro", omettendo la dichiarazione di alcune di esse sulla base di una selezione compiuta secondo criteri personali.
L'estinzione del reato già oggetto di sentenza di patteggiamento in conseguenza del verificarsi delle condizioni previste dall'art. 445 c.p.p., c. 2 (e cioè la mancata commissione nel termine previsto -cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione- di un delitto ovvero di una contravvenzione della stessa indole) non opera "ipso iure", ma richiede una formale pronuncia da parte del giudice dell'esecuzione (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 10.12.2009 n. 7740 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Divieto di partecipazione statuito dall'art. 13 D.L. 223/2006 - Applicazione alle società non partecipate da un ente locale ed il cui capitale, pur se interamente pubblico, sia interamente posseduto da altra società partecipata da ente locale - Legittimità.
L'art. 13 del D.L. n. 223/2006 convertito con modificazioni nella Legge n. 248/2006, testualmente recita: "Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti. Le società che svolgono l'attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o enti. Le società di cui al comma 1 sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui al comma 1. Al fine di assicurare l'effettività delle precedenti disposizioni, le società di cui al comma 1 cessano entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le attività non consentite. A tale fine possono cedere, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, le attività non consentite a terzi ovvero scorporarle, anche costituendo una separata società. I contratti relativi alle attività non cedute o scorporate ai sensi del periodo precedente perdono efficacia alla scadenza del termine indicato nel primo periodo del presente comma. I contratti conclusi, dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, in violazione delle prescrizioni dei commi 1 e 2 sono nulli. Restano validi, fatte salve le prescrizioni di cui al comma 3, i contratti conclusi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, ma in esito a procedure di aggiudicazione bandite prima della predetta data".
Il comma 1 del citato articolo contempla pacificamente un divieto: le Società ivi puntualmente enucleate non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, ma debbono espletare la loro attività unicamente a vantaggio degli Enti costituenti o partecipanti alle stesse.
Il divieto sancito dalla norma in questione rafforza peraltro la regola dell'esclusività evitando che dopo l'affidamento del servizio la Società possa andare a fare altro. Esso rimarca la differenza tra concorrenza «per» il mercato e concorrenza «nel» mercato disvelando le sue plurime rationes essendi: tutela dell'imprenditoria privata e della leale concorrenza, repressione della greppia partitica e burocratica.
Tale norma, attuando l'art. 41 Cost. in relazione ai principi comunitari sulla tutela della concorrenza, sul divieto di aiuti di Stato e sul principio di sussidiarietà, esprime quindi un precetto di ordine pubblico economico che si impone inderogabilmente a tutte le stazioni appaltanti, tenute ad applicarlo quale che sia la fase del procedimento.
Se dunque la ratio è quella di tutelare i principi di concorrenza e di trasparenza nonché quello di libertà di iniziativa economica -che risulterebbero turbati dalla presenza (diretta o indiretta) della mano pubblica la quale provoca un'elusione del rischio d'impresa- devono considerarsi partecipate da amministrazioni pubbliche regionali o locali anche le Società partecipate da Società intermedie controllate da dette amministrazioni: il divieto previsto dall'art. 13, in altri termini, deve ritenersi applicabile ad un'impresa partecipata da un'altra impresa, che a sua volta è controllata da amministrazioni pubbliche locali (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 09.12.2009 n. 2511 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Clausola del bando precludente la limitazione alla competizione - Deve essere impugnata - Provvedimento di esclusione - Non deve esser impugnato.
2. Contestazione delle modalità di svolgimento della gara - In esito alla infruttuosa partecipazione alla stessa - Possibilità - Acquiescenza - Non si verifica - Onere di immediata impugnazione - Inerisce le sole clausole del bando escludenti la possibilità di partecipazione.
3. Contestazione delle modalità di svolgimento della gara, idonee a caducare l'intera competizione - Da parte del partecipante dichiarato escluso - E' possibile.

1. Quale atto meramente consequenziale, l'esclusione è destinata a venir meno con l'annullamento della contestata disposizione della lex specialis: secondo il principio dell'invalidità derivata, la caducazione dell'atto "a monte" che costituisce il presupposto unico e determinante colpisce e travolge automaticamente le determinazioni "a valle" anche in assenza di apposita pronuncia in merito, e dunque non può essere affermata l'esigenza della necessaria impugnazione di provvedimenti sopravvenuti, pur se lesivi.
2. La partecipazione alla gara per l'aggiudicazione di contratti pubblici e la presentazione dell'offerta nelle forme imposte dal bando non implicano acquiescenza e non impediscono successivamente la proposizione di un'eventuale gravame.
L'onere di immediata impugnazione investe peraltro le clausole riguardanti i requisiti soggettivi di partecipazione -che inibiscono all'interessato l'ammissione alla selezione- ma non anche quelle che riguardano le modalità di svolgimento della procedura, poiché in tali ipotesi anche il concreto svolgimento della gara e delle relative operazioni, nonché l'adozione delle valutazioni all'uopo necessarie, producono l'effetto lesivo ricollegabile all'astratta previsione contenuta nel bando.
L'onere di immediata impugnazione della lex specialis riguarda le sole clausole -esattamente identificate, preesistenti alla gara e non condizionate dal suo svolgimento- che regolano i requisiti di ammissione, qualora siano idonee a ledere immediatamente l'interesse sostanziale degli aspiranti concorrenti in quanto preclusive della loro partecipazione; l'onere predetto sussiste anche per le prescrizioni che impongono oneri incomprensibili o manifestamente sproporzionati, e come tali direttamente ostativi all'ammissione alla selezione.
3. Secondo un primo orientamento giurisprudenziale un tale interesse non potrebbe sussistere, dato che l'impresa destinataria del provvedimento sfavorevole rimane priva del titolo legittimante a partecipare alla procedura selettiva ed anche a contestare i suoi esiti e la legittimità delle distinte scansioni procedimentali: la sua posizione è qualificabile come mero interesse di fatto, che non si distingue da quello di qualsiasi operatore del settore che -non avendo preso parte al confronto- non avrebbe titolo ad impugnarne gli atti, pur essendo titolare di un'aspirazione (non protetta) alla caducazione dell'intera selezione al fine di poter presentare la propria offerta nell'ipotesi di nuova gara.
In definitiva l'esclusione legittima conclude, per l'aspirante, il procedimento di gara, e la sua posizione -rispetto al bene della vita cui aspira- non assume altra configurazione che quella di interesse di mero fatto, del tutto priva di rilevanza e tutela giuridica.
Secondo un più recente filone interpretativo, ritenuto meritevole di maggior condivisione, l'interesse del soggetto legittimamente escluso dalla selezione non può invece ritenersi insussistente, con riferimento alle censure suscettibili di caducare l'intera competizione.
In tal caso il fatto della partecipazione (ancorché non legittima) alla selezione fonda il titolo impugnatorio in vista della soddisfazione dell'interesse strumentale alla riedizione della gara e traccia la differenza rispetto al non concorrente, che di quel titolo è pacificamente sfornito (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 09.12.2009 n. 2510 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIL'imposizione da parte dell'amministrazione di clausole recanti condizioni di pagamento per la fornitura di beni e servizi notevolmente peggiorative rispetto alla disciplina legale, costituisce abuso della posizione dominante e lesione della libertà contrattuale, in violazione dell'art. 4, d.lgs. n. 231 del 2002; di conseguenza, va accertata la grave iniquità delle clausole stesse e pronunciata l'inibitoria del loro uso in futuro.
E' illegittimo l'avviso di gara che prevede condizioni più favorevoli per il debitore senza determinare il caso del possibile accordo tra i contraenti, per delineare un regolamento negoziale più consono alla situazione finanziaria del debitore.
Per poter parlare di accordo tra le parti, è necessario che la formazione della volontà contrattuale sia libera per entrambi i contraenti, il che deve escludersi ove le clausole peggiorative, oltre che essere state unilateralmente predisposte da una delle parti, siano state imposte all’altra quali condizioni di partecipazione alla gara.

La giurisprudenza amministrativa è orientata nel ritenere le disposizioni sul ritardo dei pagamenti nelle transazioni commerciali di cui al d.lgs. n. 231/2002, attuativo della Direttiva n. 2000/35 CE, direttamente applicabili alle prestazioni da fornire alle PP.AA., avendo precisato che “la ricomprensione operata dalla normativa comunitaria dei soggetti quali sono le Asl nell'ambito degli operatori economici ha fatto si che la giurisprudenza italiana ritenesse da subito le disposizioni denunciate applicabili anche alle amministrazione. Gli art. 4 e 5 del d.lgs. dispongono in merito ai tempi del pagamento ed alle conseguenze della violazione di tali norme: è illegittimo l'avviso di gara che prevede condizioni più favorevoli per il debitore senza determinare il caso del possibile accordo tra i contraenti, per delineare un regolamento negoziale più consono alla situazione finanziaria del debitore” (TAR Liguria, Sez. II, 01.02.2005, n. 126).
Recente autorevole giurisprudenza, nel confermare l’applicabilità del d.lgs. n. 231/2002 alle forniture pubbliche, ha sancito che “Nelle gare relative a pubbliche forniture in relazione alla data di pagamento e alle conseguenze del relativo ritardo, costituisce grave iniquità delle condizioni generali di contratto la mancanza di qualsiasi giustificazione che renda costantemente e reiteratamente possibili termini di pagamento, decorrenza degli interessi moratori e saggio degli interessi diversi da quelli stabiliti negli artt. 4 e 5, d.lgs. n. 231 del 2002; ciò anche in base agli artt. 1 e 2 dello stesso decreto e in linea con la giurisprudenza che ha ritenute applicabili alle pubbliche forniture il d.lgs. n. 231 del 2002” (TAR Lazio - Roma, Sez. III, 22.12.2008, n. 12229).
Questo Tribunale ha di recente statuito che “L'imposizione da parte dell'amministrazione di clausole recanti condizioni di pagamento per la fornitura di beni e servizi notevolmente peggiorative rispetto alla disciplina legale, costituisce abuso della posizione dominante e lesione della libertà contrattuale, in violazione dell'art. 4, d.lgs. n. 231 del 2002; di conseguenza, va accertata la grave iniquità delle clausole stesse e pronunciata l'inibitoria del loro uso in futuro” (TAR Piemonte, Sez. II, 26.10.2007, n. 3292).
L’art. 4, comma 4, del d.lgs. 231/2002 stabilisce che “Le parti, nella propria libertà contrattuale, possono stabilire un termine superiore rispetto a quello legale di cui al comma 3 a condizione che le diverse pattuizioni siano stabilite per iscritto e rispettino i limiti concordati nell'ambito di accordi sottoscritti, presso il Ministero delle attività produttive, dalle organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale della produzione, della trasformazione e della distribuzione per categorie di prodotti deteriorabili specifici.” Detta norma non appare applicabile al caso in esame, caratterizzato dall’assenza di libertà contrattuale e dall’imposizione unilaterale, nella lex specialis, delle condizioni e dei termini di pagamento del corrispettivo contrattuale.
Sempre questo Tribunale ha precisato che “per poter parlare di accordo tra le parti, è necessario che la formazione della volontà contrattuale sia libera per entrambi i contraenti, il che deve escludersi ove le clausole peggiorative, oltre che essere state unilateralmente predisposte da una delle parti, siano state imposte all’altra quali condizioni di partecipazione alla gara” (TAR Piemonte, Sez. II, 26.10.2007, n. 3292) conseguendone l’inconfigurabilità della deroga nei casi di deroga apportata con atti unilaterali dell’Amministrazione, quali i bandi o i disciplinari di pubbliche gare (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 04.12.2009 n. 3260 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Il ricorso incidentale quando è di tipo paralizzante deve essere trattato per primo.
Le imprese partecipanti a una gara di appalto devono essere messe al corrente, anticipatamente, di quelli che sono i criteri e sub criteri di attribuzione del punteggio, al fine di poter articolare specificatamente la propria offerta.

- Qualora in una gara d'appalto alla quale prendano parte e siano ammesse più di due imprese, la controinteressata interponga un ricorso incidentale inteso a conseguire la declaratoria di illegittimità della partecipazione e presupposta ammissione alla gara dell'impresa che riveste la posizione processuale di ricorrente principale, il gravame incidentale deve necessariamente essere scrutinato con priorità rispetto al ricorso principale, in quanto ove ne sia delibata la fondatezza, il ricorso principale diviene inammissibile per difetto di legittimazione a ricorrere della ricorrente principale, a motivo dell'annullamento ex tunc della sua ammissione alla gara, il quale importa la privazione ab origine, in capo a quest'ultima del titolo processuale a dolersi dell'aggiudicazione della gara alla controinteressata.
Nel caso in cui, invece, alla gara partecipino due sole imprese nessuna priorità può predicarsi a vantaggio del gravame incidentale, poiché l'ordinamento costituzionale non ritaglia a favore del ricorrente incidentale alcuna iperprotezione, sorgendo quindi per il Giudicante l'esigenza di giustizia di esaminare, comunque, anche il ricorso principale, ancorché si prospetti fondato il mezzo incidentale e dovendo in tali evenienze procedersi all'annullamento giurisdizionale dell'intera procedura concorsuale.
- L'art. 83 del dlgs 163/2006 (Codice dei contratti), obbliga espressamente le stazioni appaltanti ad indicare con precisione i criteri di valutazione nonché a prevedere, ove necessario, i sub-criteri e i sub-pesi o i sub punteggi che ritenuti necessari ai fini della valutazione dell'aspetto tecnico delle offerte e dell'espressione del punteggio.
La ratio sottesa alla norma di cui all'art. 83, c. 4 del Codice e mutuata dalla giurisprudenza comunitaria è che le imprese concorrenti devono essere messe, ex ante, al corrente di tutti i criteri e sub criteri di attribuzione del punteggio, al fine di poter articolare specificatamente la propria offerta, presentando aspetti o particolari della stessa atti a conseguire specifici sub-punteggi in definiti dalla legge di gara. Difettando, come è avvenuto, nel caso di specie, siffatta conoscenza iniziale, ne risulta violato l'affidamento dei partecipanti ed il principio generale della par condicio competitorum.
Inoltre, tutti gli elementi presi in considerazione dall'autorità aggiudicatrice per identificare l'offerta economicamente più vantaggiosa e la loro importanza relativa devono essere noti ai potenziali offerenti sin dal momento della presentazione delle offerte. Pertanto, un'amministrazione aggiudicatrice non può applicare regole di ponderazione o sottocriteri di aggiudicazione che non abbia preventivamente portato a conoscenza degli offerenti (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 04.12.2009 n. 3255 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Avvalimento - Esclusa menzione della impresa ausiliaria nella cauzione provvisoria - Irrilevanza per la Stazione Appaltante del rapporto intercorrente tra impresa concorrente impresa ausiliaria.
Se al fine della partecipazione ad una procedura di gara un’impresa decide di avvalersi dei requisiti di altro soggetto non è necessario che la polizza menzioni anche l’impresa ausiliaria.
L'art. 49 del Codice de Lise prevede che il concorrente che decida di ricorrere all’avvalimento alleghi un contratto con il quale l'impresa ausiliaria si obbliga nei confronti di quest’ultimo a fornire i requisiti ed a mettere a disposizione le risorse necessarie. Tale documento è sufficiente a garantire la Stazione Appaltante circa l’esecuzione dell’oggetto dell’appalto, gli obblighi interni tra l'avvalente e l'avvalso sono del tutto irrilevanti ai fini della partecipazione e dell'aggiudicazione della gara.
E’ sufficiente che la Stazione Appaltante sia posta in condizione di acquisire piena certezza in ordine alla disponibilità dei requisiti tecnici e organizzativi ed economico-finanziari apportati al concorrente mediante l'avvalimento (TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 03.12.2009 n. 12455 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI: CUSTODIA PLICHI GARA.
In assenza di una specifica previsione normativa, relativa alle specifiche modalità di custodia, durante la gara, dei plichi consegnati dalle imprese offerenti, il generale principio di riservatezza non può di per sé ritenersi violato per il sol fatto che siffatte specifiche modalità non siano state adottate sua sponte dalla stazione appaltante. Ciò, primariamente, perché sarebbe, comunque, incerto il livello e la qualità delle misure sufficienti a garantire la segretezza e, poi, perché il mero rischio di violazione non può assurgere a violazione, sia pur sub specie di legittima suspicione, in assenza di elementi o indizi circa il verificarsi di concrete anomalie, a siffatto rischio riconducibili.

E’ quanto affermato dal TAR Calabria-Reggio Calabria che offre un importante contributo per il consolidamento di un orientamento meno formalistico, in materia di obbligo di custodia della documentazione, contenuta nelle offerte in sede di gara.
La pronuncia, aderendo al non minoritario orientamento sostanzialista (CdS, sez. V, n. 4973/2001; CdS, sez. V, n. 5/2002; CdS, sez. IV, n. 5360/2005; TAR Lombardia, sez. Brescia I, n. 507/2007; TAR Puglia, sez. Bari I, n. 2624/2007; TAR Sicilia, sez. Catania IV, n. 106/2009; oltre alle già richiamate sentenze), consolida il medesimo, ponendo, correttamente in giusta evidenza che, in assenza di una puntuale previsione normativa, relativa alle specifiche modalità di custodia, sussiste, nell’attuale ordinamento, solo un generale obbligo di custodia e di riservatezza.
Infatti, occorre tener conto che il 2° comma, dell’articolo 229 del Codice stabilisce espressamente che le “informazioni” cioè i documenti, relativi alle gare, devono essere conservati per almeno quattro anni dalla data di aggiudicazione dell'appalto, affinché, durante tale periodo, la stazione appaltante possa fornirle alla commissione su richiesta di quest'ultima, nonché a chiunque ne abbia diritto.
Dunque, la vigente normativa non sembra, affatto, richiedere una formale verbalizzazione delle misure di custodia, ma esige che la documentazione sia conservata. Fra l’altro, argomento non affatto secondario, l’articolo 78 del Codice, in tema di disciplina dei verbali, non fa alcuna menzione, proprio in riferimento all’obbligo di minima ed obbligatoria verbalizzazione (comma 2°), alla necessità di verbalizzare le misure di custodia (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR Calabria-Reggio Calabria, Sez. I, sentenza 03.12.2009 n. 1191 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: In tema di responsabilità dell'ingegnere capo ufficio tecnico di un ente locale per danno indiretto cagionato allo stesso derivante da transazione intervenuta tra ditta appaltatrice e amministrazione locale (Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. d'appello Sicilia, sentenza 03.12.2009 n. 355 - link a www.corteconti.it).

APPALTI: D. Scalera, Considerazioni al documento base dell’autorità di vigilanza sui contratti pubblici sul tema: requisiti di ordine generale per la partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi (link a www.amministrazioneincammino.luiss.it).

APPALTI: Illegittima la clausola che impone un’evidente ed irragionevole aggravamento procedimentale alle imprese partecipanti alla gara (link a www.mediagraphic.it).

APPALTILA P.A. DEVE INOLTRARE LA RICHIESTA DI ACCESSO AL FONDO PER L’ADEGUAMENTO DEI PREZZI DEI MATERIALI DA COSTRUZIONE ENTRO IL 16.12.2009 - D.M. 19.08.2009 (link a www.ancebrescia.it).

APPALTI: R. Caponigro, Annullamento dell’aggiudicazione ed effetti sul contratto (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: G.U.U.E. 01.12.2009 n. L 314/64 "REGOLAMENTO (CE) N. 1177/2009 DELLA COMMISSIONE del 30.11.2009 che modifica le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/17/CE, 2004/18/CE e 2009/81/CE riguardo alle soglie di applicazione in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti" (link a http://eur-lex.europa.eu).

APPALTI: Sul potere della stazione appaltante di disciplinare la presentazione delle offerte imponendo delle modalità specifiche.
La stazione appaltante ha sicuramente il potere di disciplinare la presentazione delle offerte, imponendo delle modalità specifiche, che, comunque, non devono rappresentare un inutile e ingiustificato aggravio procedimentale e non devono essere illogiche.
Pertanto, nel caso di specie, l'aver richiesto, a pena di esclusione, che l'offerta fosse "corredata su ciascuna facciata di timbro e firma per esteso leggibile, del suo legale rappresentante" non costituisce evidentemente un onere aggiuntivo qualificabile come gravoso (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 01.12.2009 n. 2972 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa - Possibilità di presentare varianti progettuali in sede di offerta - Art. 76 d.lgs. n. 163/2006 - Normativa comunitaria - Proposta tecnica migliorativa rispetto al progetto base.
La previsione esplicita della possibilità di presentare varianti progettuali in sede di offerta è oggi generalizzata dall'art. 76, del d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici) per qualsivoglia appalto, come derivante dalle direttive comunitarie 2004/17 e 2004/18. La scelta del legislatore comunitario riposa sulla circostanza che, allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la stazione appaltante gode di maggiore discrezionalità e soprattutto sceglie il contraente valutando non solo criteri matematici, ma la complessità dell'offerta proposta.
In altri termini, deve ritenersi insito nella scelta di tale criterio selettivo che sia consentito alle imprese proporre quelle variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche, purché non vengano alterati i caratteri essenziali delle prestazioni richieste dalla lex specialis, a condizione cioè che non venga stravolto l'oggetto del contratto e che la proposta tecnica risulti migliorativa rispetto al progetto base, nel rispetto delle esigenze della pubblica amministrazione (tra le tante, TAR Calabria Catanzaro, sez. II, 29.10.2008, n. 1480) (TAR Abruzzo-Pescara, Sez. I, sentenza 01.12.2009 n. 1096 - link a
www.ambientediritto.it).

novembre 2009

APPALTI SERVIZI: M. Alesio, I servizi pubblici locali dopo il D.L. 135/2009 - I SERVIZI PUBBLICI LOCALI NELL’ULTIMO AMBIZIOSO TENTATIVO DI MICRORIFORMA (novembre 2009 - link a www.centrostudimarangoni.it).

APPALTI: Appalti, ricorsi al Tar in 30 giorni. Il consiglio dei ministri ha approvato lo schema di decreto che recepisce la direttiva ricorsi. Spazio agli accordi bonari e agli arbitrati (con costi ridotti).
Ricorsi al Tar per appalti e concessioni entro 30 giorni, con limitazioni delle sospensive e tempi più rapidi; introduzione del «mediatore unico» nell'accordo bonario; possibilità di ottenere l'annullamento di un provvedimento emesso in sede di gara, attraverso una nuova procedura di precontenzioso da chiudere entro dieci giorni dalla richiesta; eliminazione della possibilità di ricorso straordinario al capo dello stato, riduzione dei costi per accordi bonari e arbitrati; divieto di stipula del contratto prima di 40 giorni dall'aggiudicazione definitiva.
Sono queste alcune delle principali novità contenute nello schema di decreto delegato attuativo dell'articolo 44 della legge 88/2008 (legge comunitaria per il 2008), approvato in via preliminare dal consiglio dei ministri di ieri che reca diverse modifiche al codice dei contratti pubblici (dlgs 163/2006), anticipato su ItaliaOggi del 25/11/2009.
Il provvedimento, nel recepire la «direttiva ricorsi» (2007/66/Ce), introduce nel nostro ordinamento una nuova procedura di precontenzioso che consentirà al concorrente di comunicare alla stazione appaltante che proporrà ricorso su un determinato provvedimento indicando i motivi della censura. Su questa informativa entro 5 giorni il responsabile del procedimento dovrà formulare le sue deduzioni al dirigente competente il quale; nei successivi 5 giorni, deciderà se intervenire in sede di autotutela, annullando il provvedimento contestato. L'informativa non inciderà, in ogni caso, sul termine per la stipula del contratto né su altri termini anche processuali.
Una delle ulteriori e numerose novità previste dal decreto delegato è rappresentata dalla sostituzione del responsabile del procedimento che deve formulare la proposta di accordo bonario ai sensi dell'articolo 240, comma 13 del codice, con la figura del «mediatore unico», scelto d'intesa tra le parti o, in difetto, nominato dal tribunale competente»; questa figura deve comunque essere scelta fra magistrati amministrativi o contabili, tra gli avvocati dello stato o i componenti del consiglio superiore dei lavori pubblici, ovvero tra avvocati in possesso dei requisiti richiesti dall'articolo 241, comma 5 del codice per la nomina a presidente del collegio arbitrale. Non sarà quindi più il responsabile del procedimento, bensì il mediatore unico a formulare la proposta di accordo bonario entro 60 giorni.
Il decreto stabilisce che si potrà fare luogo ad arbitrato ovvero a giudizio ordinario, solo in caso di mancato raggiungimento dell'accordo bonario, a seguito di un effettivo esperimento dello stesso e di una effettiva trattativa tra le parti e non più, quindi, in caso di inerzia delle parti in fase di accordo bonario.
Vengono poi ridotti dal 50 al 25% dei minimi tariffari i compensi per la commissione di accordo bonario e si vietano espressamente gli incrementi. Per gli arbitrati viene anche ammesso che il concorrente che abbia rinunciato ad esercitare la facoltà di declinare la clausola compromissoria possa indicare, separatamente, una percentuale di ribasso sul prezzo in ragione dei minori oneri finanziari derivanti dalla maggiore celerità di risoluzione delle eventuali controversie relative all'esecuzione del contratto. Si potrà anche evitare di nominare il segretario e si dispone il divieto di incremento dei compensi «per qualsivoglia ragione»; viene anche espressamente abrogata la previsione dell'incremento dei massimi tariffari.
Sarà inoltre ammessa l'impugnazione del lodo per motivi di diritto secondo quanto prescritto dal c.p.c. e verranno ridotti i costi per segretario e consulenti tecnici (equiparati agli ausiliari del magistrato). Viene poi firmata la procedura di ricorso al Tar, nella sostanza introducendo un rito speciale connotato da una più rapida scansione processuale e da immediatezza della decisione di merito. Il ricorso sarà possibile entro 30 giorni e non sarà più ammesso anche il ricorso straordinario al presidente della repubblica.
È previsto l'effetto sospensivo automatico connesso alla sola impugnazione dell'aggiudicazione definitiva e non dei bandi inviti ed esclusioni dalla gara. I bandi, se immediatamente lesivi, si impugneranno autonomamente entro 30 giorni; quelli non immediatamente lesivi e tutti gli altri provvedimenti compresi l'aggiudicazione provvisoria si impugneranno con l'aggiudicazione definitiva. Il decreto fa poi divieto alle amministrazioni di stipulare il contratto prima di quaranta giorni decorrenti dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva (articolo ItaliaOggi del 28.11.2009, pag. 28).

APPALTI1. Commissione di gara composta da un numero pari di componenti - Illegittimità - Sussiste.
2. Stipulazione del contratto d'appalto - Domanda di annullamento al Giudice amministrativo - Difetto di giurisdizione a favore del Giudice ordinario.

1. Costituisce un principio generale a presidio dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa quello per cui tutte le commissioni di gara, al pari di ogni collegio amministrativo, debbano essere composte da un numero dispari di membri al fine di assicurare la funzionalità del principio maggioritario (Cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 2143/2009).
2. Ogni questione in merito alla sorte del contratto d'appalto a seguito di annullamento degli atti di gara e dell'aggiudicazione della procedura è sottratta alla giurisdizione, ancorché esclusiva, del giudice amministrativo e devoluta a quella del giudice ordinario (cfr. Cass. Civ. SS.UU., n. 10443/2008 e 27169/2007 e Cons. Stato, Ad. Plen., nn. 9 e 12/2008).
A tale riguardo la domanda andrà riassunta entro tre mesi con salvezza degli effetti sostanziali e processuali a norma dell'art. 59 della l. n. 69/2009 e ciò in attesa del completo recepimento della Direttiva 2007/CE/66 che sembra devolvere allo stesso Giudice che ha disposto l'annullamento dell'aggiudicazione anche la cognizione delle questioni relative alla "sorte del contratto" (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 27.11.2009 n. 5200 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: CADUCAZIONE DEL CONTRATTO D'APPALTO E RISARCIMENTO DEL DANNO.
1.- Appalto di lavori - Aggiudicazione - Annullamento - Giudiziale - Contratto - Giurisdizione - Ordinaria.
2.- Appalto di lavori - Aggiudicazione - Annullamento - Giudiziale - Sorte contratto - Caducazione automatica.
3.- Appalto di lavori - Partecipazione e qualificazione - Requisiti generali - Dichiarazione ex art. 38, D.Lgs. n. 163/2006 - Da rendere personalmente da ciascuno dei soggetti indicati alla lettera c) - Obbligatorietà - Non sussiste.
4.- Appalto di lavori - Aggiudicazione - Annullamento - Giudiziale - Risarcimento del danno - All'impresa non aggiudicataria - Prova rigorosa della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito - Sussiste.
5.- Appalto pubblico (in generale) - Gara - Commissione - Componenti - Numero dispari - Necessità.

1.- Quanto alla domanda di annullamento del contratto stipulato, deve ribadirsi -allo stato- il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo a pronunciarsi con efficacia di giudicato su tali profili, riservati invece alla giurisdizione del Giudice Ordinario -dinanzi al quale la domanda andrà riassunta antro tre mesi, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali a norma dell'art. 59, L. n. 69/2009.
2.- In sede di esecuzione della sentenza, l'amministrazione non potrà non rilevare la sopravvenuta caducazione del contratto conseguente all'annullamento dell'aggiudicazione (fatte sempre salve le prestazioni già eseguite, trattandosi in questo caso di un rapporto di durata), similmente a quanto avviene nel caso di annullamento di una graduatoria di un pubblico concorso che comporta la caducazione degli effetti del contratto di lavoro su di essa fondato, ovvero di annullamento di una concessione di un bene che comporta la caducazione degli effetti dell'accordo accessivo, o ancora di annullamento dell'affidamento di un pubblico servizio disposto senza gara che comporta, non di meno, la sopravvenuta caducazione del successivo contratto.
3.- Nessuna norma di legge impone che la dichiarazione sui requisiti di ordine generale di cui all'art. 38, D.Lgs. n. 163/2006 sia resa personalmente, di proprio pugno, da ciascuno dei soggetti indicati alla lettera c), ovvero in caso di s.r.l., tanto dal legale rappresentante quanto dal direttore tecnico della società.
E' vero piuttosto il contrario, nel senso della possibilità che uno solo dei soggetti "rilevanti" renda la dichiarazione relativamente ai requisiti propri e di tutti. Sicché il legale rappresentante, agendo a nome dell'ente, rendere tutte le dichiarazioni circa la moralità dei suoi amministratori e direttori tecnici.
4.- Ai fini del risarcimento del danno causato all'impresa risultata non aggiudicataria della gara sarà necessaria una prova rigorosa a carico dell'impresa medesima, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, desumibile in via principale dall'esibizione dell'offerta economica presentata in sede di gara.
5.- Tutte le commissioni di gara (non solo quelle giudicatrici disciplinate dall'art. 84, D.Lgs. n. 163/2006), al pari di ogni collegio amministrativo, debbono essere composte da un numero dispari di membri al fine di assicurare la funzionalità del principio maggioritario (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 27.11.2009 n. 5200 - link a http://mondolegale.it).

APPALTI SERVIZI: Sulle norme statali e regionali, segnatamente L. 289/2002 e L.R. Puglia 33/2006, che prevedono l'affidamento di impianti sportivi comunali "in via preferenziale" a società sportive.
In tema di concessione di servizi ex art. 30 dlgs. 163/2006, non è precluso all'Amministrazione di di avvalersi della gara pubblica.

L'art. 90, c. 25, della L. 289/2002, e l'art 19 della L.R. Puglia 33/2006, prevedono che nei casi in cui un comune non intenda gestire direttamente gli impianti sportivi, la gestione è affidata "in via preferenziale" a società e associazioni sportive, tuttavia, le disposizioni richiamate, contraddistinte entrambe dal termine "preferenziale", impongono di prevedere agevolazioni o punteggi aggiuntivi per i soggetti favoriti ma non proibiscono ad altri organismi di partecipare alla gara.
Lo schema della gara informale, richiamato dall'art. 30 d.lgs. 163/2006, in tema di concessione di servizi, costituisce un modulo procedimentale caratterizzato da ampia discrezionalità dell'amministrazione; di conseguenza, nella fissazione delle regole della selezione concorsuale -al fine di realizzare "i principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici"- l'Amministrazione ben può scegliere di avvalersi di un modello predefinito, quale quello della gara pubblica, che lo stesso legislatore ha tipizzato come espressione massima dei principi di trasparenza e concorrenzialità. L'esigenza della gara informale corrisponde infatti alla ratio di garantire uno standard minimo di concorrenzialità ma non inibisce all'Amministrazione il ricorso a procedure maggiormente aperte e trasparenti; tale ratio è confermata dallo stesso art. 30, quarto comma, dove sono fatte salve "discipline specifiche che prevedono forme più ampie di tutela della concorrenza" (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 27.11.2009 n. 2868 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISui presupposti necessari per applicare la sanzione dell'esclusione dalle gare prevista dall'art. 38, lett. f, del Codice dei contratti pubblici.
Ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006 (secondo cui sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti che, "secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante"), il mancato invito o l'esclusione di un concorrente, e, successivamente, la mancata aggiudicazione di una gara, possono essere determinati dalla malafede e la negligenza contrattuale per le quali sia stata anche eventualmente adottata la risoluzione contrattuale; in tale ipotesi si manifesta infatti il prioritario interesse pubblico ad evitare di intrattenere rapporti contrattuali con un soggetto inadempiente in relazione al quale sussiste la ragionevole possibilità che si determini ancora detta sfavorevole evenienza.
La prescritta esclusione non ha carattere sanzionatorio, essendo la stessa prevista a presidio dell'elemento fiduciario destinato a connotare, sin dal momento genetico, i rapporti contrattuali di appalto pubblico.
La causa di esclusione prevista dal citato art. 38, non presuppone il necessario accertamento in sede giurisdizionale del comportamento di grave negligenza o malafede tenuto dall'aspirante aggiudicatario nel corso di un pregresso rapporto contrattuale intercorso con la stazione appaltante, essendo invece sufficiente la valutazione che la stessa Amministrazione abbia fatto, in sede per l'appunto amministrativa, del comportamento tenuto in altri e precedenti rapporti contrattuali dal soggetto che chiede di partecipare alla nuova procedura selettiva (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter, sentenza 26.11.2009 n. 11789 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Offerta rappresentata da un facere - Criteri di aggiudicazione - Anche pregressa esperienza e solidità economica - Legittimità.
Negli appalti di servizi, ove l'offerta tecnica non si sostanzia in un progetto o in un prodotto ma nella descrizione di un facere valutabile unicamente sulla base di criteri quali-quantitativi (nella fattispecie servizi di guardiania), la stessa potrà essere legittimamente valutata anche alla stregua dei parametri della pregressa esperienza dell'impresa nel settore oggetto dell'appalto e della solidità ed estensione della sua organizzazione aziendale; in tali ipotesi non potrà dunque essere invocato il vizio di commistione tra criteri soggettivi di qualificazione e criteri di aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 5808/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 26.11.2009 n. 5165 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Giudizio sull'anomalia dell'offerta - Obbligo di motivazione - Sussiste sia in caso di valutazione positiva che negativa.
2. Interesse dell'Amministrazione alla regolare esecuzione del contratto affidato - Prevalenza rispetto all'interesse dell'impresa a eseguire un appalto non produttivo di utili.

1. All'esito della valutazione dell'anomalia dell'offerta, incorre sulla stazione appaltante l'obbligo di un'adeguata motivazione non solo qualora il giudizio finale sia negativo (vale a dire quando l'offerta sia ritenuta anomala) ma anche in caso di giudizio positivo e ciò in ossequio al principio generale di motivazione dei provvedimenti amministrativi e di rispetto della par condicio tra i concorrenti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1231/2005).
2. L'interesse dell'amministrazione committente alle regolare e puntuale esecuzione del contratto aggiudicato all'esito di una gara ad evidenza pubblica deve ritenersi prevalente rispetto a quello dell'impresa ad eseguire comunque un appalto al fine di acquisire esperienza professionale e fatturato da utilizzare in vista della partecipazione a future commesse (cfr. TAR Piemonte, sez. II, n. 2217/2997) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 26.11.2009 n. 5164 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla violazione dell'art. 38, c. 1, lett. i), dlgs 163/2006 in materia di regolarità contributiva nell'ipotesi in cui il predetto requisito difetti in capo all'impresa ausiliaria.
Sull'adempimento tardivo gli obblighi contributivi.

Nell'ambito delle procedure di affidamento relative ad appalti di lavori, servizi e forniture, è legittima l'esclusione di un concorrente che abbia commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme dettate in materia di contributi previdenziali ed assistenziali, ai sensi dell'art. 38, c. 1, lett. i), d.lgs 163/2006 (Codice dei contratti pubblici) anche laddove, come nel caso di specie, la suddetta violazione sia stata commessa dall'impresa di cui la concorrente si è avvalsa ai sensi dell'art. 49 dlgs 163/2006.
E legittima l'esclusione di un concorrente per violazione delle norme sui contributi previdenziali ed assistenziali, anche nell'ipotesi in cui l'operatore escluso dalla gara abbia adempiuto alle proprie obbligazioni soltanto in un momento successivo, giacché l'affidabilità di un'impresa è provata, tra le altre, da una regolarità contributiva che si mantenga costante per tutta la durata dello svolgimento della gara.
Difetta, in capo alla stazione appaltante, il potere di verifica in ordine alla regolarità contributiva dei concorrenti, in quanto siffatta attività rientra nella competenza degli enti previdenziali, le cui risultanze assumono valore di dichiarazioni di scienza, rientrando, in tal modo, nel novero delle attestazioni redatte da un pubblico ufficiale, e per le quali la P.A. non ha alcun autonomo potere di valutazione in ordine al relativo contenuto (TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter, sentenza 24.11.2009 n. 11599 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISull’illegittimità di una commissione di gara che, in violazione di quanto previsto dall’art. 84 del Codice dei contratti pubblici, non è composta da "esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto".
E’ da ritenere illegittimamente composta, ai sensi dell’art. 84, 2° comma, del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici), la commissione giudicatrice di una gara di appalto, da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, nel caso in cui siano stati nominati, quali componenti, soggetti privi di adeguata qualificazione professionale idonea alle valutazioni tecnico-discrezionali e alle scelte da effettuare in relazione all’oggetto dell’appalto (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 24.11.2009 n. 7353 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIIndicazione esplicita degli oneri di sicurezza - Necessità - Sussiste.
Secondo la costante giurisprudenza amministrativa, ai sensi degli artt. 86 e 87 del d.lgs. n. 163/2006, ogni impresa partecipante alle procedure di affidamento di pubblici contratti è tenuta, pena l'esclusione dalla gara, all'esplicitazione degli oneri di sicurezza allo scopo di consentire alla stazione appaltante di verificarne la congruità e l'attendibilità, tenuto conto dell'interesse pubblico a garantire la sicurezza nell'esecuzione dell'appalto.
Conseguentemente, la quantificazione degli oneri in questione deve essere chiara e non può esser né incerta, né indeterminata, né tantomeno può tradursi nell'inclusione dei relativi costi in una voce ampia e generica (fattispecie nella quale il concorrente principale aveva inserito tali voci di costo nella sezione "spese generali", senza alcuna ulteriore specificazione) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 24.11.2009 n. 5136 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIRequisiti di ordine generale - Dichiarazione di inesistenza di cause di esclusione - Deve essere resa da tutti i soggetti titolari della legale rappresentanza e dai direttori tecnici.
Secondo l'orientamento della costante giurisprudenza amministrativa, oltre che dell'Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici (cfr. parere n. 5 del 2009), in caso di società, di consorzi o di cooperative, la dichiarazione circa l'inesistenza delle cause di esclusione previste dall'art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 deve essere resa, ai sensi del comma 1, lett. b) e c), della stessa disposizione normativa, da tutti i soggetti investiti del potere di legale rappresentanza dell'ente secondo le disposizioni statutarie, oltre che dai direttori tecnici (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15.01.2008, n. 38 e Cons. Stato, sez. V, 20.09.2005, n. 4856) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 24.11.2009 n. 5133 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: In tema di responsabilità di amministratori locali e dipendente comunale per danno erariale della P.A. derivante dalla trasformazione di suoli privati mediante l'esecuzione di opere pubbliche in assenza di legittima procedura espropriativa (nella fattispecie la Sezione ha ritenuto il danno non attuale non essendo ancora intervenuto il passaggio in giudicato della sentenza civile) (Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Calabria, sentenza 24.11.2009 n. 714 - link a www.corteconti.it).

LAVORI PUBBLICI: Le relazioni del convegno sul leasing per realizzare opere pubbliche.
Pubblichiamo il testo della relazione sui profili generali del leasing per realizzare opere pubbliche, tenuta dal prof. Bruno Barel dell'Università di Padova al convegno di Montecchio Maggiore del giorno 19.11.2009, ringraziando sentitamente l'autore per il suo prestigioso intervento.
Allo stesso modo ringraziamo gli altri relatori, il dott. Francesco Pastore e il dott. Andrea Albensi, e pubblichiamo le slides dei loro interventi (link a http://venetoius.myblog.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - APPALTI: G.U. 24.11.2009 n. 274, suppl. ord. n. 215/L, "L. 20.11.2009 n. 166:
- "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25.09.2009, n. 135, recante disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee;
- Testo del decreto-legge 25.09.2009, n. 135, coordinato con la legge di conversione 20.11.2009, n. 166, recante: «Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee»".

APPALTI: G.U. 24.11.2009 n. 274 "Chiarimenti in ordine all’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 253, comma 15 -bis, del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163" (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, circolare 12.11.2009 n. 4649).

EDILIZIA PRIVATALombardia, Online l’invio della notifica preliminare inizio lavori in cantiere.
La Regione Lombardia e la Direzione Regionale del Lavoro per la Lombardia hanno disposto che la trasmissione della notifica preliminare inizio lavori in cantiere e dei suoi aggiornamenti avvenga tramite sistema informatizzato (http://www.previmpresa.servizirl.it/cantieri).
L’inserimento della notifica preliminare online garantisce la trasmissione all’ASL e alla Direzione Provinciale del Lavoro (DPL) competente e permette la stampa dell’atto utile per l’affissione presso il cantiere.
L’utilizzo della modalità di invio informatizzata è raccomandato a partire dal mese di ottobre 2009 e diverrà obbligatorio a partire dall'01.01.2010 (ASL di Bergamo, nota 23.11.2009 n. 173485 di prot.).

APPALTISulla necessità o meno di comunicare l’avvio del procedimento in caso di esclusione.
Il provvedimento di esclusione dalle gare pubbliche non deve essere preceduto dall'avviso dell'inizio del procedimento nei confronti dell’impresa interessata (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter, sentenza 23.11.2009 n. 11482 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Appalti di servizi e di forniture devono avere autonoma capacità finanziaria e non possono avvalersi dei requisiti finanziari delle imprese consorziate.
E' legittima l'esclusione di un consorzio stabile da una gara per l'affidamento del servizio di pulizia di alcuni immobili in quanto il consorzio, oltre a non aver indicato le imprese in nome e per conto delle quali ha partecipato alla gara, ha indicato "quale requisito economico del fatturato globale e specifico, la sommatoria dei fatturati delle proprie consorziate e non il proprio".
I consorzi che partecipano alle gare pubbliche per l'affidamento di appalti di servizi e di forniture devono avere autonoma capacità finanziaria e non possono avvalersi dei requisiti finanziari delle imprese consorziate.
L'art. 36 del D.L.vo n. 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici), che prevede la possibilità di avvalersi dei requisiti finanziari delle consorziate, si riferisce, infatti, alle sole gare per l'affidamento di appalti di lavori, mentre negli altri casi (appalti servizi e forniture) si applica il precedente art. 35 del codice dei contratti secondo cui i requisiti di idoneità tecnica per l'ammissione alle gare devono essere posseduti e comprovati dai consorzi, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera e all'organico medio annuo, i quali solo sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole consorziate (TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter, sentenza 23.11.2009 n. 11482 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Dagli ingegneri di Milano le indicazioni sul comportamento da adottare nel corso di ispezioni o controlli.
L'Ordine degli Ingegneri di Milano ha curato la redazione di un documento dal titolo "NORME DI COMPORTAMENTO DA ADOTTARE NEL CORSO DI UNA ISPEZIONE O CONTROLLO" rivolto a tutte le aziende (edili e non) contenente tutte le indicazioni sui comportamenti da tenere in caso di ispezioni degli organi di vigilanza.
Il documento chiarisce che le ispezioni o sopralluoghi (in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro) possono essere attuati dai diversi organi di vigilanza e controllo (ASL, Direzione Provinciale del Lavoro, Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco) (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Da Reggio Emilia una guida per il committente e per il responsabile lavori.
La Commissione Sicurezza Interordini coordinata dal Collegio Costruttori Edili di Industriali Reggio Emilia e con la collaborazione di Provincia, Comune e AUSL ha predisposto un documento dal titolo "Guida per committente e responsabile dei lavori".
La guida analizza i ruoli e le responsabilità del committente sia nell'ambito degli appalti pubblici che nell'ambito delle opere private illustrando dettagliatamente gli obblighi e le problematiche che da affrontare nell'organizzazione e gestione del cantiere (link a www.acca.it).

LAVORI PUBBLICI: PERCENTUALI MINIME AL FINE DELLA QUALIFICAZIONE IN CASO DI RAGGRUPPAMENTI ORIZZONTALI.
1.- Appalto di lavori - Associazione temporanea - Mandatario - Art. 95 co. 2, D.P.R. n. 554/1999 - Requisito di ammissibilità - 40% dell'importo complessivo dell'appalto - Applicazione art. 3, D.P.R. n. 34/2000 - Non sussiste.
2.-
Appalto di lavori - Aggiudicazione - Contratto a favore di una associazione temporanea di imprese - Impugnazione - Notifica - Alla sola società mandataria - Ammissibilità.
1.- In base all'art. 95, co. 2, D.P.R. n. 554/1999, che regola il rapporto percentuale che deve intercorrere, in sede di qualificazione, tra le imprese mandanti e l'impresa mandataria, l'associazione risulta validamente costituita e può essere ammessa se la mandataria possiede almeno il 40% dell'importo complessivo dell'appalto e le mandanti almeno il 10%, ma detta soglia minima ai fini della qualificazione deve sussistere a prescindere dal ricorso al beneficio dell'incremento del quinto, di cui all'art. 3 co. 2, D.P.R. n. 34/2000.
2.- In caso di impugnativa dell'atto di aggiudicazione di un contratto a favore di una associazione temporanea di imprese, l'onere di notifica al controinteressato deve intendersi assolto con la notificazione alla sola società mandataria, quale punto di riferimento unitario del costituendo raggruppamento, idoneo come tale, grazie allo speciale potere di rappresentanza attribuito alla capogruppo, a rendere idonea l'instaurazione del giudizio nei confronti di tutte le imprese associate (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 20.11.2009 n. 2961 - link a http://mondolegale.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla questione di legittimità costituzionale dell'art. 49, c. 1 e 4, della L.R. Lombardia n. 26/2003 (Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale), modificata dalla L.R. Lombardia n. 18/2006, in materia di servizio idrico integrato.
E' costituzionalmente illegittimo l'art. 49, c.1, della L.R Lombardia n. 26/2003, (Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche), come sostituito dall'art. 4, c. 1, lett. p), della L.R. Lombardia 18.08.2006, n. 18, in quanto ponendo il principio della separazione delle gestioni, violava specificamente la competenza statale in materia di funzioni fondamentali dei comuni, laddove, in contrasto con la disciplina statale, consentiva ed anzi imponeva una separazione non coordinata tra la gestione della rete e l'erogazione del servizio idrico integrato.
Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 49, c. 4, della L.R. Lombardia n. 26 del 2003, come sostituito dall'art. 4, c. 1, lett. p), della l. R. Lombardia n. 18 del 2006, sollevate, in riferimento agli artt. 117, c. 2, lettere e) e p) della Costituzione, in relazione all'art. 148, c. 5, del d.lvo 03.04.2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), in quanto il suddetto comma stabilendo che l'affidamento del servizio di erogazione possa avvenire solo con la modalità della gara pubblica, detta una disciplina più rigorosa, approntando una più ampia ed efficace tutela della concorrenza; materia -quest'ultima- rientrante, comunque, nella competenza residuale delle Regioni (Corte Costituzionale, sentenza 20.11.2009 n. 307 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: F. Del Deo, Affidamento di servizi ed associazioni di volontariato (20.11.2009 - link a www.dirittoelegge.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: I chiarimenti del Ministero del Lavoro sulla sospensione dell’attività imprenditoriale prevista dal Testo Unico della Sicurezza (D.Lgs. 81/2008).
La Direzione generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro, con circolare n. 33/2009, fornisce alcuni chiarimenti sul provvedimento di sospensione della attività imprenditoriale previsto dall’articolo 14 del D.Lgs. 81/2008 e recentemente modificato dal D.Lgs. n. 106/2009.
La Circolare individua le condizioni in presenza delle quali è possibile per gli organi di vigilanza sospendere l’attività di impresa.
In particolare, si chiarisce che la sospensione dell'attività imprenditoriale può essere adottata non solo se si assumono lavoratori non regolari, ma anche in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro (link a www.acca.it).

APPALTISul potere delle stazioni appaltanti di richiedere, in sede di redazione del bando, requisiti ulteriori e più restrittivi rispetto a quelli previsti dalla legge.
I bandi di gara possono prevedere requisiti di partecipazione più rigorosi rispetto a quelli richiesti dalla legge, purché non discriminanti ed abnormi rispetto alle regole proprie del settore.
Le scelte così operate, ampiamente discrezionali, impingono nel merito dell’azione amministrativa e si sottraggono, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi manifestamente irragionevoli, irrazionali, arbitrarie o sproporzionate, specie avuto riguardo alla specificità dell’oggetto ed all’esigenza di non restringere, oltre lo stretto indispensabile, la platea dei potenziali concorrenti e di non precostituire situazioni di privilegio (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 19.11.2009 n. 7247 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla possibilità, per la stazione appaltante, di prevedere requisiti di partecipazione ulteriori e più rigorosi di quelli prescritti dalla legge.
In materia di gare d'appalto ed affidamento di servizi pubblici, è legittima la clausola di un bando che, ai fini dell'aggiudicazione della gara, prescriva il possesso -in capo ai concorrenti- di requisiti di partecipazione più rigidi rispetto a quelli indicati dalla legge, purché gli stessi non risultino discriminanti e sproporzionati rispetto alla normativa di settore; ciò in quanto le previsioni contenute nella legislazione di settore stabiliscono una semplice presunzione circa il possesso dei requisiti richiesti ai fini della partecipazione alla gara e che, quindi, ben possono essere derogati ed incrementati dalla stazione appaltante, in virtù delle peculiari caratteristiche del servizio affidato; pertanto, nel caso di specie, il potere discrezionale così esercitato dall'Amministrazione committente è da ritenersi pienamente legittimo (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 19.11.2009 n. 7247 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'illegittimità della clausola di un bando di gara che, per lo svolgimento del servizio di smaltimento dei rifiuti in un'area portuale, prescriva, in capo ai concorrenti, il solo requisito dell'iscrizione nel registro delle imprese di pulizia.
Sulla possibilità, per un'impresa concorrente, di attestare il possesso dei requisiti di idoneità, professionalità e ed esperienza successivamente al termine di scadenza fissato dal bando per la presentazione delle offerte.

In materia di appalti per l'affidamento dei servizi di pulizia e smaltimento rifiuti da eseguirsi presso aree esterne (nella specie: area portuale di Brindisi), è illegittima la clausola del bando che preveda, quale requisito essenziale ai fini della partecipazione alla gara, la sola iscrizione dell'impresa concorrente al registro delle pulizie; ciò in quanto i servizi aventi ad oggetto attività di pulizia da svolgersi in ambienti esterni sono da ricondursi alla categoria "gestione dei rifiuti", settore per il quale, ai sensi dell'art. 212 del d.lvo n. 152/2006, c.d. codice ambientale,le pubbliche amministrazioni devono affidarsi ad operatori dotati di competenza ed affidabilità tali da consentire un'adeguata tutela dell'ambiente; garanzia minima di un buon livello di professionalità è data dall'iscrizione delle concorrenti nell'apposito albo dei gestori ambientali.
E' inammissibile la presentazione tardiva, da parte di un'impresa concorrente, della documentazione necessaria ad identificarne il possesso dei requisiti richiesti ai fini della partecipazione alla gara, giacché i criteri di selezione stabiliti dal bando devono risultare sussistenti già nella fase precedente alla valutazione delle offerte, onde consentire all'amministrazione committente di accertare la potenziale idoneità dei concorrenti ad eseguire la prestazione oggetto dell'appalto (TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 19.11.2009 n. 2799 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sulle modalità di organizzazione e di gestione del servizio idrico integrato.
Il D. Lgs. 03/04/2006 n. 152 (c.d. codice dell'ambiente) in materia di servizio idrico integrato, completando il percorso delineato dai precedenti provvedimenti legislativi mediante il riconoscimento della personalità giuridica in capo all'Autorità d'Ambito, prevede la partecipazione obbligatoria degli Enti locali del territorio (salvo per i Comuni con popolazione inferiore a 1000 abitanti facenti parte di una Comunità montana) e l'espresso trasferimento all'Autorità delle competenze spettanti ai Comuni in materia di programmazione delle infrastrutture e di gestione delle risorse idriche (art. 148 c. 1). Spetta invece alle Regioni e alle Province autonome la disciplina delle forme e dei modi della cooperazione tra gli Enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, assolto l'obbligo di costituire l'Autorità "cui è demandata l'organizzazione, l'affidamento e il controllo della gestione del servizio idrico integrato" (art. 148, c. 2).
Lo strumento cui avvalersi per la programmazione degli interventi anche sotto il profilo economico-finanziario e per la definizione del modello gestionale e organizzativo è il Piano d'ambito, approvato dall'Autorità ai sensi dell'art. 149 del citato D. Lgs. n. 152/2006. In definitiva la scelta del legislatore statale e regionale è quella di superare le frammentazioni e di attribuire ad un unico Ente l'esercizio delle funzioni in materia di servizio idrico integrato, secondo le regole proprie della collegialità elaborate dalla Regione (art. 48 c. 3 L.R. Lombardia 26/2003 così come modificato dalla L.R. 18/2006).
Pertanto, non può essere riconosciuto ad alcun Comune il potere di autodeterminarsi sull'organizzazione e sulla gestione del servizio idrico integrato, in quanto ogni decisione in tal senso deve avvenire all'interno dell'Autorità d'ambito e secondo le sue regole di funzionamento: in buona sostanza le determinazioni dell'Autorità assumono portata vincolante sull'intero territorio provinciale in virtù di una precisa scelta legislativa.
La singola amministrazione locale non può, dunque, intraprendere percorsi autonomi e scegliere modalità di gestione diverse da quelle individuate dall'Autorità: per questo motivo, ove non aderisca, esso non ha interesse a contestare le determinazioni da quest'ultima legittimamente assunte né può far valere un interesse di tipo strumentale, avendo assunto sotto la propria responsabilità la decisione espressa di non farne parte e pertanto non potendo pretendere di imputare all'Ente sovracomunale le conseguenze di una propria autonoma scelta (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 19.11.2009 n. 2238 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: Sulla possibilità, per l'impresa aggiudicataria di una gara pubblica, di subappaltare i lavori laddove la stessa difetti delle qualifiche necessarie ai fini dell'esecuzione di opere ad alto contenuto tecnologico.
Nell'ipotesi di un bando di gara avente ad oggetto l'esecuzione di opere ad elevato contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, è fatto divieto -all'impresa aggiudicataria della gara- di subappaltare l'esecuzione dei lavori per ovviare alla carenza delle necessarie qualifiche all'uopo richieste, laddove il subappalto oltrepassi i limiti quantitativi prescritti dall'art. 37, c. 11 del dlgs 163/2006, come modificato dal correttivo ex dlgs 152/2008.
La predeterminazione legale di un limite quantitativo per il ricorso al subappalto nelle categorie specializzate corrisponde ad un'equa tutela dell'esigenza di controllo della qualità degli operatori economici, in relazione a prestazioni particolarmente significative, di cui è portatrice la stazione appaltante (TAR Calabria-Reggio Calabria, sentenza 18.11.2009 n. 1048 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

INCARICHI PROGETTAZIONE: Appalti, niente affidamenti diretti tra la Asl e l'Università. L'Oice ha presentato ricorso alla Ue alla Corte dei Conti e all'Authority di vigilanza. Gli atenei non possono partecipare alle gare di progettazione: il caso dell'ospedale di Lecce.
Devono essere dichiarati illegittimi gli affidamenti di progettazione disposti in via diretta a favore di una Università da parte di una Asl; le Università non possono progettare né partecipare a gare, ma devono limitarsi a svolgere le loro attività istituzionali di ricerca scientifica e di insegnamento.
E' quanto ha chiesto l'Oice, l'Associazione delle società di ingegneria e architettura, con un ricorso presentato al Tar Puglia di Lecce, unitamente a tre società associate, con il patrocinio di Angelo Clarizia.
Il ricorso, che fa seguito ad un esposto presentato dalla stessa Associazione alla Commissione europea, alla Corte dei Conti e all'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, sarà esaminato giovedì 19 in sede cautelare e ha ad oggetto la legittimità di due affidamenti disposti dalla ASL Lecce il 7 ottobre scorso a favore dell'Università del Salento.
Il primo affidamento, beneficiaria l'Università del Salento di Lecce per una progettazione definitiva di una struttura ospedaliera, prevede 676.000 euro di onorari, ai quali la stazione appaltante prevede di aggiungere un incremento del 13% per «attività conto terzi», oltre alla possibilità di un successivo affidamento della progettazione esecutiva e della direzione dei lavori.
Il secondo affidamento riguarda un contratto di consulenza per l'effettuazione di verifiche sismiche pari a 200.000 euro, disposto dalla stessa Asl di Lecce a favore del Dipartimento di ingegneria dell'innovazione sempre dell'Università del Salento.
L'Oice, così come gli ordini provinciali degli ingegneri e degli architetti che hanno a loro volta presentato autonomi ricorsi contro gli stessi affidamenti, censura l'affidamento diretto di attività che dovevano invece essere messe sul mercato con una regolare gara, peraltro anche di rilievo comunitario. «Si tratta», ha detto il presidente dell'Oice, Oddi Baglioni, «di affidamenti avvenuti, a nostro avviso, in evidente violazione di legge e in contrasto con quanto l'Autorità ha autorevolmente affermato negli ultimi anni, con riferimento alla tematica del ruolo delle Università in questo settore».
Ma l'obiettivo del ricorso, oltre a vedere dichiarata l'illegittimità degli affidamenti, è anche quello di ottenere una pronuncia che esamini a fondo il ruolo delle Università in questo settore: «L'affidamento de quo», si legge nel ricorso, «è senz'altro illegittimo perché le funzioni ed i compiti istituzionali dell'Università consistono esclusivamente nella promozione della ricerca scientifica e nell'offerta didattica; l''attività di progettazione esula in toto dai fini istituzionali dell'Ateneo in quanto attiene ad un'attività economica -ai sensi della normativa comunitaria- di natura tecnica che non riguarda la ricerca scientifica e l'insegnamento».
In passato l'Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici (delibera 119/2007) aveva stabilito che le università non potessero svolgere attività di progettazione, né partecipare a gare per tali affidamenti; soltanto società di ingegneria cosiddette di spin off, costituite dalle Università, ma autonome e operanti sul mercato, potrebbero partecipare alle gare» (articolo ItaliaOggi del 18.11.2009, pag. 43).

LAVORI PUBBLICI: Richiesta di parere dal Sindaco del Comune di Villa d'Adda (Bg) - "L'ente può procedere alla realizzazione di un'opera il cui costo complessivo (compresa iva) è superiore a 100.000 euro solo previa approvazione della variazione del piano delle opere pubbliche (in cui l'opera deve essere inserita ai sensi dell'art. 128 d.d.vo n. 163/2006) e del bilancio preventivo" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 17.11.2009 n. 1025 - link a www.corteconti.it).

APPALTI: Varianti migliorative dell’offerta e regole di operatività per l’offerta anomala.
Non è possibile predicare un implicita integrazione delle prescrizioni tecniche del bando di gara per la definizione degli aspetti progettuali, in ossequio a un canone di tassatività e al “clare loqui” –che deve ispirare le tecnica redattiva delle regole di gara che le stazioni appaltanti predispongono e proprio in omaggio al quale, del resto, apprestano per i concorrenti e mettono loro a disposizione modelli prestampati e preconfezionati di documenti di gara (moduli per la formulazione dell’offerta, per la redazione di autocertificazioni, disciplinari ed allegati tecnici ai progetti, etc.)– e in ossequio al principio dell’affidamento, che impone che le regole della gara siano rese note in maniera chiara e intellegibile a tutti i partecipanti o gli interessati alla gara.
La giurisprudenza ha attinto il principio per cui non sussiste, in generale in siffatte evenienze, un generalizzato divieto di varianti migliorative ove la gara venga espletata secondo il criterio di selezione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dovendo ritenersi insito nella scelta del criterio selettivo dell'offerta economicamente più vantaggiosa, anche quando il progetto posto a base di gara sia definitivo, la possibilità per le imprese di proporre quelle variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche, purché non si alterino i caratteri essenziali delle prestazioni richieste dalla lex specialis onde non ledere la par condicio.
La norma che scaturisce dalla lettura coordinata della prima e della seconda parte del comma 9 dell’art. 121 del Codice dei contratti è la regola che nei contratti sotto soglia comunitaria, quando la gara è espletata al prezzo più basso, la stazione appaltante ha la mera facoltà di prestabilire nella lex specialis e più precisamente nel bando di gara, che si avvarrà della facoltà di procedere all’esclusione automatica delle offerte che presentino una ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia determinata con il noto sistema della media dei ribassi incrementata della media degli scarti che superano la prima e previa il parimenti noto “taglio delle ali”, facoltà che peraltro non può comunque essere esercitata, ancorché contemplata nel bando, qualora il numero delle offerte ammessa sia inferiore a 5 (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 16.11.2009 n. 2553 - link a www.altalex.com).

APPALTI: D. Argenio, Il responsabile unico del procedimento nel Codice dei contratti pubblici (link a www.diritto.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: G. Lodato, Il provvedimento di sospensione della attività imprenditoriale, adottato dagli organi di vigilanza del ministero del lavoro alla luce delle modifiche normative introdotte all’art. 14 d.leg.vo 81/2008 dal d.leg.vo 106/2009, anche con riferimento al profilo sanzionatorio (link a www.diritto.it).

APPALTI SERVIZI: G. Nicoletti, La battaglia dell'acqua: PRIVATIZZAZIONE SI, PRIVATIZZAZIONE NO (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Illegittima la clausola contenuta nella lex specialis che non consente alle imprese concorrenti la produzione del certificato di qualità in copia conforme all’originale (link a www.www.mediagraphic.it).

APPALTI: Riapertura del procedimento di gara - Potere di autotutela - Procedimento unico - Comunicazione della riapertura - Necessità - Esclusione.
La riapertura del procedimento di gara ai fini dell'esercizio del potere di autotutela volto ad eliminare illegittimità precedentemente verificatesi non costituisce un nuovo procedimento amministrativo, essendo unico il procedimento di gara per la scelta del contraente nei pubblici appalti che ha inizio con il bando di gara e si conclude solo con l'aggiudicazione definitiva, con la conseguenza che non è necessaria la comunicazione della riapertura del procedimento di gara e delle successive attività della commissione ma solo la comunicazione della data in cui la commissione procede al riesame (Consiglio Stato, sez. IV, 05.10.2005, n. 5360).
Commissione di gara - Organo straordinario e temporaneo - Attività - Rilevanza esterna - Approvazione da parte degli organi competenti dell’amministrazione aggiudicatrice - Aggiudicazione definitiva - Potere di autotutela.
La commissione di gara è un organo straordinario e temporaneo dell'amministrazione aggiudicatrice (C.d.S., sez. IV, 04.02.2003, n. 560; C.G.A., 06.09.2000, n. 413) e non già una figura organizzativa autonoma e distinta rispetto ad essa (C.d.S., sez. V, 14.04.1997, n. 358), la cui attività acquisisce rilevanza esterna solo in quanto recepita e approvata dagli organi competenti della predetta amministrazione appaltante. Infatti, essa svolge compiti di natura essenzialmente tecnica, con funzione preparatoria e servente, rispetto all'amministrazione appaltante, essendo investita della specifica funzione di esame e valutazione delle offerte formulate dai concorrenti, finalizzata alla individuazione del miglior contraente possibile, attività che si concreta nella c.d. aggiudicazione provvisoria.
La funzione di detta commissione si esaurisce soltanto con l'approvazione del proprio operato da parte degli organi competenti dell'amministrazione appaltante e, cioè, con il provvedimento di c.d. aggiudicazione definitiva: nel periodo intercorrente tra tali atti non può fondatamente negarsi il potere della stessa commissione di riesaminare nell'esercizio del potere di autotutela il procedimento di gara già espletato, anche riaprendo il procedimento di gara per emendarlo da errori commessi e da illegittimità verificatesi, anche in relazione all'eventuale illegittima ammissione o esclusione dalla gara di un'impresa concorrente (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.11.2009 n. 7042 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTISul divieto di motivazione postuma e sui limiti alla previsione di specifiche tecniche.
La motivazione del provvedimento non può essere integrata nel corso del giudizio con la specificazione di elementi di fatto, dovendo la motivazione precedere e non seguire ogni provvedimento amministrativo, individuando con ciò il fondamento dell'illegittimità della motivazione postuma nella tutela del buon andamento amministrativo e nell'esigenza di delimitazione del controllo giudiziario.
Anche antecedentemente al c.d. "Codice degli appalti" di cui al D.L.vo n. 163 del 2006, alla stregua di quanto previsto dall'art. 19, comma 5, del D.L.vo n. 158 del 1995, doveva ritenersi che, nei bandi di gara relativi a forniture, non potevano essere introdotte specifiche tecniche che menzionino prodotti di una fabbricazione o di una provenienza determinata o procedimenti particolari aventi l'effetto di favorire o eliminare talune imprese, a meno che tali specifiche tecniche non siano giustificate dall'oggetto dell'appalto (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 12.11.2009 n. 6997 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: SPECIFICHE TECNICHE.
La stazione appaltante può, in sede di gara per un appalto di fornitura, individuare particolari caratteristiche tecniche dei prodotti, ritenuti idonei allo svolgimento delle attività, cui destinare le forniture; ma, ciò, invero, all'unico scopo di garantirsi l'aggiudicazione di beni e servizi di migliore qualità ad un minore prezzo.
Quindi, è necessario che l'individuazione di tali specifiche caratteristiche sia effettuata facendo riferimento ad elementi davvero significativi, per distinguere nettamente l'oggetto della fornitura. Infine, deve essere recisamente escluso, in via di principio, che un prodotto migliorativo sotto il profilo tecnico, possa essere giudicato inadeguato, perché non rispettoso di specifiche tecniche, a loro volta non “essenziali”.

E’ quanto affermato dal Consiglio di Stato, nella sentenza n. 6997/2009, la quale si palesa di notevole interesse, in quanto contiene importanti statuizioni e precisazioni in materia di “specifiche tecniche” nei pubblici appalti (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 12.11.2009 n. 6997 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: Nell’importo complessivo del debito fuori bilancio sono comprese sia le somme relative ai lavori pubblici sia altri oneri non strettamente connessi alle opere realizzate, ma conseguenti al comportamento del comune, quali interessi legali, gli oneri di fideiussione e gli onorari agli arbitri.
Ai fini dell’imputazione in bilancio vanno distinte le somme relative alle opere pubbliche da annoverare tra le spese in conto capitale dagli altri oneri che vanno invece allocati tra le spese di parte corrente.
Pertanto, a parere di questa Sezione, le somme corrisposte dall’ente, derivanti da un debito fuori bilancio per effetto di sentenza esecutiva (nel caso di specie lodo arbitrale), limitatamente alle spese per lavori pubblici, possono essere imputate come spese di capitale e, a tale titolo, possono concorrere a determinare, in termini di cassa, i risultati del saldo utile ai fini del rispetto dell’obiettivo del Patto di stabilità interno.

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Il Sindaco del Comune di Muggiò (MB) ha posto alla Sezione un quesito concernente l’imputazione della spesa derivante da un debito fuori bilancio per effetto di sentenza esecutiva (lodo arbitrale).
In particolare viene richiesto se sia possibile considerare il debito riconoscibile ai sensi dell’art. 194, comma 1, lettera a, del D.Lgs n. 267/2000, come spesa in conto capitale, poiché l’oggetto del contratto, da cui è derivato il contenzioso e dunque la sentenza di condanna, attiene a lavori di realizzazione di una strada provinciale.
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Dalla documentazione acquisita, a seguito di formale richiesta istruttoria, si evince che nell’importo complessivo del debito fuori bilancio sono comprese sia le somme relative ai lavori pubblici sia altri oneri non strettamente connessi alle opere realizzate, ma conseguenti al comportamento del comune, quali interessi legali, gli oneri di fideiussione e gli onorari agli arbitri.
Ai fini dell’imputazione in bilancio vanno distinte le somme relative alle opere pubbliche da annoverare tra le spese in conto capitale dagli altri oneri che vanno invece allocati tra le spese di parte corrente.
Pertanto, a parere di questa Sezione,
le somme corrisposte dall’ente, derivanti da un debito fuori bilancio per effetto di sentenza esecutiva (nel caso di specie lodo arbitrale), limitatamente alle spese per lavori pubblici, possono essere imputate come spese di capitale e, a tale titolo, possono concorrere a determinare, in termini di cassa, i risultati del saldo utile ai fini del rispetto dell’obiettivo del Patto di stabilità interno (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 12.11.2009 n. 1002).

APPALTI: Sull'illegittimità dell'iscrizione di un'impresa nel Casellario Informatico presso l'Osservatorio dei contratti pubblici, laddove la AVPC abbia omesso di instaurare il dovuto contraddittorio con l'impresa suddetta.
Nell'ipotesi di esclusione di un'impresa, da una gara d'appalto, per via di dichiarazioni mendaci rese in ordine alla sussistenza di precedenti condanne penali gravanti sulla stessa, è da ritenersi illegittima l'iscrizione della concorrente nel Casellario Informatico presso l'Osservatorio dei contratti pubblici, qualora l'AVPC non abbia instaurato il contraddittorio con l'impresa omettendo, peraltro, di procedere alla valutazione del mendacio sotto il profilo soggettivo (TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 11.11.2009 n. 11068 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISulla natura dell’aggiudicazione provvisorie e sui presupposti per l’eventuale revoca.
L'aggiudicazione provvisoria di una gara di appalto è un atto ad effetti instabili, del tutto interinali, a fronte del quale non possono configurarsi situazioni di vantaggio stabili in capo al beneficiario.
In attesa dell'aggiudicazione definitiva e del concreto inizio del servizio non vi è infatti alcuna posizione consolidata dell'impresa concorrente che possa postulare il riferimento in sede di revoca dell'aggiudicazione ad un interesse pubblico giustificativo del sacrificio del privato e l'Amministrazione ha altresì il potere di provvedere all'annullamento dell'aggiudicazione provvisoria in via implicita e senza obbligo di particolare motivazione.
E’ legittima la revoca dell'aggiudicazione provvisoria giustificata da un nuovo apprezzamento della fattispecie in base a circostanze sopravvenute, essendo collegata ad una facoltà insindacabile dell'Amministrazione che non si inserisce in alcun rapporto contrattuale, ma attiene ancora alla fase di scelta del contraente, in cui l'Amministrazione ha la possibilità di valutare la persistenza dell'interesse pubblico all'esecuzione delle opere appaltate.
La P.A. può provvedere all'annullamento dell'aggiudicazione provvisoria, anche in via implicita e senza obbligo di particolare motivazione, specialmente se l'intervento in autotutela di tipo caducatorio è basato su una valutazione di convenienza economica.
E’ idonea a supportare la legittimità di un provvedimento di revoca in autotutela
dell’aggiudicazione provvisoria di una gara pubblica, la considerazione postuma, effettuata dalla stazione appaltante, in ordine alla possibilità di reperire nel mercato offerte migliori rispetto a quelle emerse nel corso della gara.
L'obbligo generale di indennizzo delle situazioni di pregiudizio arrecate ai soggetti interessati in conseguenza della revoca di atti amministrativi sussiste esclusivamente in caso di revoca di provvedimenti ad efficacia durevole e non anche in caso di revoca di atti ad effetti instabili ed interinali, qual è l'aggiudicazione provvisoria (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 09.11.2009 n. 10991 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Revocabile l'aggiudicazione provvisoria.
L'aggiudicazione provvisoria nelle gare d'appalto è atto a efficacia del tutto precaria, vincolante solo per la ditta provvisoriamente aggiudicataria, ma non per l'ente appaltante. Per tale ragione, l'ente può revocare o annullare l'aggiudicazione provvisoria nell'esercizio di una facoltà insindacabile, senza motivazioni particolari, purché sia indicato l'interesse pubblico ad adottare l'atto in autotutela. E tra tali motivazioni, legittimamente possono rientrare nuove e diverse valutazioni tecniche, in merito alla congruità economica delle offerte.

È il TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 09.11.2009 n. 10991 a chiarire in maniera esemplare la funzione ed il ruolo dell'aggiudicazione provvisoria.
È, infatti, ancora dibattuta in dottrina la natura dell'aggiudicazione provvisoria. Secondo alcuni, essa determina la costituzione di una posizione differenziata in capo all'azienda individuata come migliore offerente dalla commissione, tale da costituire qualcosa di più di una mera aspettativa.
In questo caso, dunque, qualsiasi atto di autotutela o la mancata attribuzione della definitività all'aggiudicazione determinerebbe una lesione dell'impresa vincitrice. Del resto, secondo questa tesi, quando l'impresa vincitrice è individuata la gara, intesa come competizione concorrenziale, è da considerare terminata, sicché occorre solo effettuare i controlli, acquisendo a tale scopo i documenti necessari. Per tale ragione, l'impresa prescelta a seguito dell'aggiudicazione provvisoria deve adempiere a una serie di obblighi, come esibire determinati documenti, produrre le previste forme di garanzia, scaturenti proprio dalla sua posizione differenziata.
Il Tar Lazio smentisce definitivamente tale approccio.
Secondo il Tar il verbale di aggiudicazione provvisoria produce impegni nei soli confronti della società aggiudicataria ma non nei riguardi dell'ente appaltante. Questo, infatti, ai sensi del combinato disposto degli articoli 11 e 12 del dlgs 163/2006 è obbligato, nella fase di approvazione dell'aggiudicazione provvisoria, a svolgere ulteriori e diverse valutazioni di opportunità in merito all'offerta considerata aggiudicataria provvisoria. Ciò implica il dovere di effettuare verifiche in ordine alla regolarità della procedura e all'opportunità e convenienza , nel quadro dell'interesse pubblico, della scelta operata dalla commissione di gara. Con la possibilità, dunque, di rivedere gli esiti dell'operato della commissione, tanto da annullare la gara svolta.
Il Tar sottolinea che l'approvazione dell'aggiudicazione provvisoria non è affatto un atto vincolato; si può aggiungere che non si tratta neanche di atto meramente confermativo o esecutivo, perché comunque è un provvedimento che, anche quando recepisca i risultati dell'aggiudicazione provvisoria, comporta una nuova ed autonoma valutazione degli interessi pubblici sottostanti.
Ecco, dunque, che l'aggiudicazione provvisoria va considerata atto ad effetti instabili che produce effetti altrettanto caduchi in capo al beneficiario. Per cui, finché non sia giunta l'aggiudicazione definitiva l'impresa non può vantare alcuna posizione giuridica particolare; anzi, l'amministrazione appaltante dispone del potere di annullare l'aggiudicazione provvisoria in via implicita e senza obbligo di particolare motivazione. Per altro, aggiunge la sentenza, l'aggiudicazione provvisoria non si inserisce in alcun rapporto contrattuale, ma attiene ancora alla fase di scelta del contraente: cioè è ancora un atto della commissione, che non conclude il procedimento di gara.
Circostanze sopravvenute, dunque, consentono alle amministrazioni di valutare diversamente sul piano del merito l'opportunità di procedere ad affidare l'appalto e, dunque, di annullare o revocare la procedura essendo collegata a una facoltà insindacabile dell'amministrazione che non si inserisce in alcun rapporto contrattuale, ma attiene ancora alla fase di scelta del contraente, in cui l'amministrazione ha la possibilità di valutare la persistenza dell'interesse pubblico all'esecuzione delle opere appaltate.
L'amministrazione può provvedere all'annullamento dell'aggiudicazione provvisoria, in via implicita e senza obbligo di motivazione, se l'intervento in autotutela è basato su una valutazione di convenienza (articolo ItaliaOggi del 14.11.2009, pag. 26).

APPALTISulla legittimità o meno di una clausola del bando di un appalto di servizi che impone di dimostrare la capacità tecnica mediante servizi analoghi in precedenza svolti e sulla possibilità o meno di differire la dimostrazione del requisito in parola al momento del periodo di prova.
E’ legittimo il bando di gara indetto per l'affidamento di un appalto di servizi nella parte in cui richiede ai partecipanti, quale requisito di capacità tecnica, quello afferente ai servizi in precedenza prestati ad amministrazioni e/o enti pubblici o a privati, atteso che l'art. 42, comma 1, lett. a), d.lgs. 12.04.2006 n. 163, rimette alla discrezionalità della stazione appaltante l'individuazione nella lex specialis di gara di «uno o più» dei modi di dimostrazione della capacità tecnica, fra quelli elencati dalla medesima norma, e la scelta di uno solo di essi non è irragionevole se rapportata all'oggetto dell'appalto e alle sue peculiarità.
Va esclusa dalla gara di appalto una impresa che abbia omesso, così come invece previsto dal bando, di dichiarare i servizi analoghi effettuati ad amministrazioni e/o enti pubblici o a privati negli ultimi tre anni, con indicazione degli importi delle date e dei destinatari.
D’altra parte, deve ritenersi che, se la ditta partecipante non può dimostrare di aver svolto servizi analoghi, può dimostrare altrimenti la propria capacità tecnica, ma non può pretendere, né l'Amministrazione può consentire (come invece era stato fatto nella specie) che la verifica di tale capacità sia omessa e spostata al momento del periodo di prova (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 09.11.2009 n. 1721 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: - Sulla legittimità della clausola di un bando di gara che prescrive di dimostrare le capacità tecnico-professionali delle concorrenti mediante attestazione di servizi in precedenza resi in settori analoghi.
- Sulla possibilità di verificare il requisito di cui sopra durante il periodo di prova.

- In materia di appalti di servizi, è legittima la clausola di un bando che, ai fini dell'aggiudicazione della gara, impone alle concorrenti dei allegare, unitamente all'offerta economicamente più vantaggiosa, documenti che attestino il possesso della capacità tecnica sulla base di un elenco di analoghi servizi precedentemente svolti presso amministrazioni e/o enti pubblici e privati, con specifiche indicazioni riguardo ad importi, date e destinatari, come prescritto dall'art. 42 del Codice dei contratti.
- In conformità al dettato normativo del dlgs 163/2006, la stazione appaltante non può consentire che la verifica della sussistenza della capacità tecnica, in capo alle concorrenti, sia omessa e differita al successivo periodo di prova (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 09.11.2009 n. 1721 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: - Sull'applicabilità del divieto disposto dall'art. 13 del d.l. 04.07.2006, n. 223, (c.d. decreto Bersani) alle sole società caratterizzate dalla strumentalità.
- Sull'ambito applicativo dell'art. 3, c. 27, della l. n. 244 del 2007, rispetto a quello dell'art. 13 del d.l. n. 223/2006, (decreto Bersani).

- L'art. 13 del d.l. 04.07.2006, n. 223, (c.d. decreto Bersani) convertito in l. 04.08.2006, n. 248, si applica alle sole società a capitale interamente pubblico o misto, caratterizzate dalla strumentalità all'attività degli enti e dall'essere moduli organizzativi interni delle amministrazioni affidanti.
Nel caso di specie, la società controinteressata, indirettamente partecipata da enti pubblici, è tuttavia priva dei vincoli della strumentalità e della funzionalità con l'ente pubblico, e si caratterizza, invece, dall'operare nel mercato in diretta concorrenza con le altre imprese pubbliche o private, pertanto, sfugge all'applicazione del divieto previsto dal citato art. 13 del decreto Bersani, poiché essa non svolge alcuna attività di supporto all'amministrazione territoriale e, quindi, non può sfruttare la posizione di privilegio che caratterizza le società pubbliche allorché operino quale "ente strumentale" del soggetto pubblico di riferimento a discapito di operatori privati.
- L'ambito applicativo dell'art. 3, c. 27, della l. n. 244 del 2007, che vieta alle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, c.2, del d. lvo n. 165 del 2001, di partecipare in società aventi per oggetto la produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, vietando, altresì, di assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche in minoranza, in tali società, è diverso rispetto a quello dell'art. 13 del d.l. n. 223/2006, (decreto Bersani).
Invero, mentre l'art. 13 citato riduce ex lege la capacità di agire di una società-veicolo, imponendo una esclusività dell'attività svolta in favore dell'ente di riferimento; l'art. 3, c. 27, della l. n. 244 del 2007 delimita la capacità di agire dell'ente titolare della partecipazione sociale a quelli che dovrebbero essere i suoi propri confini (TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter, sentenza 06.11.2009 n. 10891 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI Non sussiste la necessità, giustificata da una nuova ed autonoma valutazione, di impugnare l'aggiudicazione definitiva sopravvenuta all'impugnata aggiudicazione provvisoria nel caso in cui l'aggiudicazione definitiva recepisca integralmente i risultati di quella provvisoria.
È utile approfondire, nella controversia in rassegna, il tema contenuto nell’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa del Comune in relazione alla ritenuta mancata impugnazione dell’aggiudicazione “definitiva”.
La giurisprudenza in tale materia è piuttosto rigorosa nell’affermare che: ”l'aggiudicazione provvisoria di un appalto pubblico ha natura di atto endoprocedimentale, ad effetti ancora instabili e del tutto interinali, sicché è inidonea a produrre la definitiva lesione della ditta non risultata aggiudicataria, che si verifica solo con l'aggiudicazione definitiva, che non costituisce atto meramente confermativo della prima; la lesione si verifica soltanto con l'aggiudicazione definitiva, per cui la concorrente non aggiudicataria ha non l'onere, bensì la mera facoltà di impugnare immediatamente l'aggiudicazione provvisoria, salvo l'onere di impugnare la successiva aggiudicazione definitiva; ne consegue che, una volta che questa sia intervenuta, l'interesse idoneo a sorreggere l'impugnativa si sposta dal giudizio sull'aggiudicazione provvisoria a quello sull'aggiudicazione definitiva, ed è nell'ambito di quest'ultimo giudizio che il concorrente può utilmente ottenere la tutela della propria posizione soggettiva” (Consiglio Stato, sez. V, 20.07.2009, n. 4527 e, sez. V, 14.11.2008, n. 5691).
Sia la giurisprudenza di primo che di secondo grado si è consolidata nell’affermare, in sintesi, che ”l'aggiudicazione provvisoria è atto facoltativamente impugnabile, mentre il provvedimento di aggiudicazione definitiva è atto che, dotato di propria autonomia valutativa, è conclusivo del procedimento.” A livello di effetti processuali si è affermato che “l'omessa o tardiva impugnazione dell'aggiudicazione definitiva, a conclusione di una gara pubblica, rende improcedibile per sopravvenuto difetto d'interesse il ricorso già proposto avverso l'esclusione ovvero avverso l'aggiudicazione provvisoria, non potendo il ricorrente trarre alcun concreto vantaggio dall'eventuale annullamento di quest'ultima, dovendosi ritenere che è venuta meno la possibilità per la ricorrente di conseguire il bene della vita sperato, e cioè l'appalto” (TAR Piemonte Torino, sez. I, 07.07.2009, n. 2000).
E’ stata dunque posta, in generale, una linea di demarcazione fra le due distinte ipotesi di effetti dell’impugnazione del bando di gara (effetto caducante di diritto) e impugnazione della sola fase provvisoria (improcedibilità): ”il principio secondo cui chi abbia impugnato l'aggiudicazione provvisoria ha effettivamente l'onere di impugnare anche quella definitiva a pena di improcedibilità della prima impugnazione non trova applicazione anche nei rapporti tra (impugnazione del) bando di gara e aggiudicazione; si tratta, infatti, di atti che si pongono in rapporto di vera e propria "presupposizione" cosicché l'annullamento del bando di gara ha efficacia caducante di tutti gli atti successivi del procedimento e dell'aggiudicazione definitiva.”
In sostanza, secondo questa giurisprudenza, l’aggiudicazione definitiva non va considerata atto meramente confermativo o esecutivo ma provvedimento che, anche quando recepisca meramente i risultati dell'aggiudicazione provvisoria, comporta comunque una nuova ed autonoma valutazione degli interessi pubblici sottostanti; coerentemente si ritiene, così, necessaria l'impugnativa autonoma dell'aggiudicazione definitiva nonostante la precedente contestazione giudiziale dell'aggiudicazione provvisoria, che è meramente facoltativa, ovvero del provvedimento di esclusione dalla gara. Quindi il ricorso proposto avverso l'aggiudicazione provvisoria, in quanto atto endoprocedimentale non lesivo, e non avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva, che non costituisce atto meramente consequenziale ma trattasi di provvedimento conclusivo del procedimento di gara, dotato di autonoma valenza valutativa e pertanto lesivo, è inammissibile per difetto di interesse a ricorrere.
In tale materia, peraltro, va segnalato che esiste un diverso orientamento recentissimo, più possibilista e valutativo, espresso dal Consiglio di Stato che ammette, rivedendo in sostanza il precedente consolidato orientamento, anche l’esistenza di differenti ipotesi di giudizio. In particolare è stato affermato che: “Non sussiste la necessità, giustificata da una nuova ed autonoma valutazione, di impugnare l'aggiudicazione definitiva sopravvenuta all'impugnata aggiudicazione provvisoria nel caso in cui l'aggiudicazione definitiva recepisca integralmente i risultati di quella provvisoria” (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 16.06.2009, n. 3908, con le ivi richiamate pronunzie analoghe intervenute).
Dunque il Consiglio Stato con la sentenza n. 2089 della sez. V del 07.05.2008 ricostruisce la fattispecie, alla luce delle norme del Codice degli appalti, affermando espressamente che va disattesa la necessità, giustificata dalla nuova ed autonoma valutazione rispetto alla stessa (richiamando i propri precedenti Cons. Stato, V, 21.11.2007, n. 5925; V, 09.10.2007, n. 5253; V, 09.10.2006, n. 6957; IV, 14.09.2005, n. 4769; V, 02.09.2005, n. 4464), dell'autonoma impugnazione dell'aggiudicazione definitiva, anche se è già stata impugnata quella provvisoria, quando l'aggiudicazione definitiva (Cons. Stato, V, 12.10.2004, n. 6568; V, 04.04.2006, n. 1753); Il Tribunale amministrativo di Cagliari, a fronte di tale panorama giurisprudenziale “variegato” ritiene quindi doveroso valutare caso per caso le situazioni senza poter affermare l’esistenza di principi assoluti e trancianti (in termini di rito) nella soluzione di tali controversie, ben consapevole che una decisione di solo rito deve raggiungere margini di certezza ed inequivocabilità, pena una sostanziale negata giustizia (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 06.11.2009 n. 1690 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: PROCEDURE NEGOZIATE.
La stazione appaltante ha individuato gli operatori economici da consultare, conformemente al dettato della norma, di cui all’articolo 57, comma sesto, del D.Lgs. 163/2006, vale a dire sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economico-finanziaria e tecnico-organizzativa desunte dal mercato, selezionando un numero di soggetti idonei non inferiore a cinque (art. 122, comma 7-bis).
I principi di trasparenza, proporzionalità e imparzialità, al cui rispetto l’Amministrazione è tenuta anche quando procede all’aggiudicazione di lavori in via semplificata e negoziata, non risultano violati, atteso che essa ha dimostrato nel giudizio di essersi attenuta, nella scelta delle ditte offerenti, ad un meccanismo di rotazione, che in passato ha consentito anche alla ditta ricorrente di partecipare a gare analoghe.

E’ quanto statuito dal TAR Molise, nella sentenza n. 700/2009, ove viene analizzata la condotta della stazione appaltante, a fronte della nuova ipotesi di procedura negoziata, introdotta dalla legge n. 201/2008, mediante l’inserimento del novello comma 7-bis all’articolo 122 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006).
In particolare, il Tar Molise evidenzia che la stazione appaltante ha dimostrato in giudizio di aver osservato, nella delicata fase di scelta delle imprese da invitare, un “meccanismo di rotazione”, che, nelle precedenti gare, ha consentito anche all’impresa ricorrente di partecipare a analoghe selezioni.
In relazione a siffatto “meccanismo”, occorre prendere atto che la novella normativa non richiama il principio di rotazione, invocato, invece, proprio dal comma 6°, dell’articolo 57. In relazione a ciò, va osservato che non è possibile considerare, comunque, sussistente il principio di rotazione, in virtù della sua presenza nel comma 6°, in quanto il rinvio al citato comma è riferito alla sola “procedura”, cioè alla selezione ad inviti, e non ai principi, che debbono governare la selezione medesima. Infatti, i principi sono già espressamente indicati nella novella normativa, la quale non fa riferimento alcuno alla “rotazione”.
Cosa vuol dire tale assenza? Cosa può comportare tale assenza? Formulare una convincente risposta non è facile.
Ad un primario esame, si potrebbe ritenere che tale assenza comporta un maggior spazio di azione per la stazione appaltante, la quale sembrerebbe non obbligata a far “ruotare” le imprese. Ad ogni modo, i richiamati principi di non discriminazione e parità di trattamento dovrebbero costituire un sicuro argine contro condotte irrazionali ed arbitrarie.
In tal senso, la sentenza del Tar Molise offre un importante ausilio ermeneutico. Infatti, per i giudici molisani non vi è dubbio che un sistema di rotazione debba presiedere alla scelta delle imprese da invitare, nel senso ovvio, ma rilevante, che deve essere fornita ad ogni impresa di settore la possibilità di poter prender parte alle procedure negoziate (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR Molise, Sez. I, sentenza 06.11.2009 n. 700 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Procedura negoziata: Impugnazione procedura - Ammissibilità del ricorso nella parte in cui si richiede l’annullamento della procedura negoziata - Inammissibilità del ricorso nella parte in cui si richiede l’ammissione alla procedura negoziata.
La ditta ricorrente, non essendo stata invitata a partecipare alla procedura negoziata, ha certamente interesse e legittimazione ad impugnare la procedura medesima nella sua interezza, non già ad impugnare la mancata ammissione al gruppo delle ditte offerenti.
Infatti, il ricorso avverso il provvedimento di scelta della modalità di gara e di aggiudicazione è ammissibile, atteso che la mancata partecipazione della ricorrente alla gara deriva proprio dalle specifiche disposizioni della "lex specialis", ritenute discriminatorie o, comunque, tali da impedire l’utile presentazione dell’offerta (cfr.: Cons. Stato V, 19.03.2009 n. 1624; TAR Cagliari II, 12.06.2009 n. 972). Viceversa, la mancata partecipazione alla procedura, essendo conforme alle regole della "lex specialis", priva la ricorrente dell’interesse e della legittimazione ad impugnare l’atto di esclusione da esso (Cons. Stato IV, 14.06.2005 n. 3113; TAR Napoli I, 11.12.2007 n. 16106; TAR Lecce II, 05.09.2003 n. 5804).
Pertanto, il ricorso è ammissibile solo nella parte in cui chiede l’annullamento della procedura negoziata, non già nella parte in cui chiede l’ammissione al confronto di offerte (TAR Molise, sentenza 06.11.2009 n. 700 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTISulla natura di collegio perfetto delle commissioni di gara, sulla partecipazione di supplenti e sulla derogabilità o meno del principio di continuità delle operazioni di gara.
La commissione giudicatrice di una gara di appalto costituisce un collegio perfetto che deve operare con il plenum e non con la semplice maggioranza dei suoi componenti. La natura di collegio perfetto della suddetta commissione non è inficiata dalla nomina di supplenti, ma, anzi, ne è confermata. Infatti il plenum dei componenti del collegio perfetto va riferito alla contestuale presenza del numero di componenti previsto, e non alla necessaria identità fisica delle persone che compongono il collegio.
Lo scopo della supplenza, nel caso di commissioni di gara, è quello, da un lato, di garantire che il collegio possa operare con il plenum anziché con la sola maggioranza, in caso di impedimento di taluno dei membri effettivi, e dall'altro lato che la commissione svolga le sue operazioni con continuità e tempestività, senza che il suo agire sia impedito o ritardato dall'impedimento di taluno dei suoi componenti.
Ai fini della legittimità dell'intervento del supplente in una commissione di gara, non è indispensabile che nel verbale si dia atto dell'impedimento del componente effettivo, atteso che, stante la legittimazione istituzionale del supplente a sostituire il membro effettivo per ogni suo impedimento, anche temporaneo, la verbalizzazione espressa dell'impedimento si tradurrebbe in una mera clausola di stile.
Il principio di continuità delle gare di appalto, secondo cui le gare stesse devono svolgersi in unica seduta, o in più sedute consecutive, costituisce un principio tendenziale, che deve applicarsi per soddisfare due esigenze fondamentali:
a) garantire la celerità delle operazioni, in ossequio al principio del buon andamento e di efficienza dell'amministrazione, per un verso, e, per altro verso, l'assoluta indipendenza di giudizio di chi presiede la gara onde sottrarlo a possibili influenze esterne;
b) impedire che i criteri di valutazione delle offerte vengano formulati dopo la conoscenza delle stesse.
Il principio di continuità della gara, in concreto, non viene violato se:
1) le operazioni di gara si svolgano con ragionevole celerità, anche se non in un unico giorno o in pochi giorni consecutivi;
2) la fissazione dei criteri di valutazione delle offerte preceda la conoscenza delle offerte medesime;
3) venga rispettato il principio di segretezza delle operazioni di gara fino alla enunciazione dell'esito della stessa.
In termini più generali, inoltre, il principio di continuità della gara può essere derogato qualora si verifichino situazioni particolari che obiettivamente impediscano la concentrazione e la conclusione delle operazioni di gara in un numero ristretto di sedute (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 05.11.2009 n. 10878 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: COMMISSIONI GARA.
Lo scopo della supplenza, nel caso di commissioni di gara, è proprio quello, da un lato, di garantire che il collegio possa operare con il plenum anziché con la sola maggioranza, in caso di impedimento di taluno dei membri effettivi, e dall'altro lato che la commissione svolga le sue operazioni con continuità e tempestività, senza che il suo agire sia impedito o ritardato dall'impedimento di taluno dei suoi componenti. Sicché, la necessità che il collegio perfetto operi con il plenum dei suoi componenti non è contraddetta dalla nomina di supplenti. Infatti il plenum dei componenti del collegio perfetto va riferito alla contestuale presenza del numero di componenti previsto, e non alla necessaria identità fisica delle persone che compongono il collegio.

E’ quanto affermato dal TAR Lazio-Roma, nella sentenza n. 10878/2009, ove si è affrontata, in modo analitico e convincente, la problematica dei membri supplenti nelle commissioni di gara.
Ad avviso del Tar Lazio, la funzione della supplenza è duplice:
a) garantire che il collegio possa operare con il plenum, anziché con la sola maggioranza, in caso di impedimento di taluno dei membri effettivi;
b) assicurare che la commissione di gara possa svolgere le sue operazioni e la sua complessiva attività con continuità e tempestività, senza che il suo agire venga impedito o ritardato dall'impedimento di taluno dei suoi componenti.
Dunque, l’istituto della supplenza dei componenti delle commissioni sembra costituire, non senza ragione, un principio immanente delle procedure di gara.
Per quanto riguarda, poi, la censura di carenza motivazionale, cioè la mancata indicazione delle ragioni delle sostituzioni, il Tar parte da un assunto indiscutibile: il provvedimento di nomina della commissione di gara ha previsto la possibilità di sostituzione dei membri effettivi con i supplenti.
Quindi, un’espressa e chiara previsione, a fronte della quale non appare indispensabile che, in sede di verbale di gara, venissero indicate le puntuali ragioni delle sostituzioni. Infatti, il tribunale amministrativo laziale ben osserva, al riguardo, che la legittimazione del componente supplente a partecipare alle sedute ed alle operazioni di gara deriva dalla mera presa d’atto dell'assenza del componente effettivo.
Tuttavia, il Tar non si limita ad un’analisi di tipo formale, ma va oltre, in quanto si pone il problema di comprendere le eventuali ragioni di una puntuale motivazione in tal senso. L’analisi ha un esito negativo. Non è indispensabile che, nel verbale si illustrino con dovizia le cause dell'impedimento del componente effettivo, in quanto, stante la predetta formale legittimazione, siffatta illustrazione si tradurrebbe in una mera clausola di stile (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 05.11.2009 n. 10878 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: PUBBLICITA’ SEDUTE GARA.
Il principio di pubblicità delle sedute trova immediata applicazione, indipendentemente da una sua espressa previsione nell'ambito della lex specialis di gara, atteso che costituisce una regola generale, riconducibile direttamente ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento, di cui all'articolo 97 Cost.. Siffatto principio trova applicazione pure in sede di procedura negoziata, non potendo costituire deroga un’ordinanza commissariale, legittimante solo alla trattativa privata anche per importi superiori a quelli previsti dalle disposizioni di legge.
Infine, la pubblicità trova esplicazione nella fase di verifica della documentazione amministrativa ed in quella di apertura delle buste contenenti le offerte economiche, potendo la stazione appaltante procedere in forma riservata solo laddove debba compiere operazioni di valutazione di carattere tecnico-discrezionale in ordine alle offerte presentate.

E’ quanto affermato dal TAR Sardegna, nella sentenza n. 1609/2009, ove vengono forniti importanti chiarimenti in tema di pubblicità delle gare nei pubblici contratti (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 05.11.2009 n. 1609 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISul diritto di accesso e segreti tecnici o commerciali.
L’art. 13 del D.Lgs. n. 163/2006, nel prevedere il divieto di accesso alle "informazioni fornite dagli offerenti nell’ambito delle offerte ovvero a giustificazione delle medesime, che costituiscono, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali", non prevede un divieto assoluto, in quanto lo stesso articolo consente l'accesso "al concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell’ambito del quale viene formulata la richiesta di accesso" (c.d. accesso difensivo).
Tale norma, pertanto, impone alla stazione appaltante di effettuare un accurato controllo in ordine alla effettiva utilità della documentazione richiesta, alla stregua di una sorta di prova di resistenza (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Umbria, Sez. I, sentenza 05.11.2009 n. 662 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: Sull'obbligo in capo alle imprese che operano esclusivamente nel settore dei lavori pubblici, di osservare la clausola del bando che impone di indicare, pena l'esclusione dalla gara, il nominativo del direttore tecnico nel certificato camerale.
In ordine ai requisiti di partecipazione ad una gara pubblica, la clausola che impone di indicare il nominativo del direttore tecnico all'interno del certificato camerale, è da ritenersi obbligatoria esclusivamente nei confronti delle imprese che operano nell'ambito dei lavori pubblici e non di quelle il cui regolamento aziendale non prescrive la necessità della presenza, all'interno della propria struttura, di un siffatto organo tecnico-organizzativo.
Pertanto, nel caso di specie, è illegittima l'esclusione dalla gara di una costituenda ATI raggruppante tre imprese, una della quali, operando esclusivamente nel settore dei servizi informatici, risultava sfornita della figura del direttore tecnico (TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 04.11.2009 n. 10833 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISulla possibilità o meno, per la commissione di gara di specificare i criteri di valutazione delle offerte, sulla legittimità o meno della valutazione in forma numerica delle offerte, sull’ammissibilità o meno di referenze bancarie rilasciate prima della pubblicazione del bando.
Prima dell’entrata in vigore del D.L.vo n. 163 del 2006, si era consolidato il principio secondo il quale, nel caso di gara da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, eventuali specificazioni o integrazioni dei criteri di valutazione indicati dal bando di gara o dalla lettera d'invito ben potevano essere configurati dalle commissioni giudicatrici, seppure soltanto prima della apertura delle buste relative alle offerte e ciò indipendentemente dalla circostanza che i componenti la commissione avevano concretamente preso conoscenza delle offerte stesse.
A seguito all’entrata in vigore dell’art. 83, quarto comma, del D.L.vo n. 163 del 2006, nel caso di gara da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, non sussiste più la discrezionalità della commissione di gara nella specificazione dei criteri, dovendosi escludere che la commissione stessa abbia facoltà di integrare il bando, dovendo quest'ultimo prevedere e specificare gli eventuali sottocriteri; ne consegue l'illegittimità di una lex specialis che, pur richiamando il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, nulla preveda in ordine agli elementi dell'offerta da considerare ed all'attribuzione dei punteggi.
Nelle procedure di gara pubblica con il criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, la valutazione dell’offerta tecnica può essere considerata correttamente effettuata, mediante l'attribuzione di un mero punteggio numerico, allorquando nel bando di gara siano stati preventivamente e puntualmente prefissati dei criteri sufficientemente dettagliati, con la individuazione del punteggio minimo e massimo attribuibile alle specifiche singole voci e sottovoci comprese nel paradigma di valutazione e costituenti i diversi parametri indicatori della valenza tecnica dell'offerta; per cui ciascun punteggio è correlato ad un parametro tecnico-qualitativo precostituito, in grado di per sé di dimostrare la logicità e la congruità del giudizio tecnico espresso dalla commissione giudicatrice, al punto da non richiedere una ulteriore motivazione, esternandosi in tal caso compiutamente il giudizio negli stessi punteggi e nella loro graduatoria.
Legittimamente vengono ritenute valide le referenze bancarie prodotte da una impresa, anche se esse recano una data anteriore a quella di pubblicazione del bando, atteso che ciò che conta, per le referenze bancarie, è il dato sostanziale relativo alla loro idoneità ad attestare l’affidabilità dell’impresa concorrente (nella specie, peraltro, la lex specialis di gara richiedeva solo che le referenze bancarie fossero "idonee", così come previsto dall’art. 41 del Codice dei contratti pubblici, senza affatto stabilire una soglia cronologica di attendibilità).
Poiché le giustificazioni preventive consistono in elaborati che i concorrenti hanno l'onere di allegare già all'offerta, al fine di accelerare la verifica della congruità delle offerte anomale, nel caso in cui esse siano previste è possibile per la stazione appaltante stabilire la congruità dell'offerta se essa risulti già dai documenti prodotti, non sussistendo in tale ipotesi la necessità di aprire il sub-procedimento di verifica, con conseguente risparmio di tempo e di energie, sia per l'Amministrazione che per l'aggiudicatario.
La motivazione del giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala deve essere rigorosa ed analitica soltanto nel caso di giudizio negativo, mentre nel caso di giudizio positivo non è necessario che la relativa determinazione sia fondata su un'articolata motivazione ripetitiva delle medesime giustificazioni ritenute accettabili o espressiva di ulteriori apprezzamenti, con la conseguenza che il giudizio favorevole di non anomalia dell'offerta non richiede puntualità di argomentazioni, essendo sufficiente anche una motivazione per relationem alle stesse giustificazioni presentate dal concorrente sottoposto al relativo obbligo.
Il giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme e costituisce espressione paradigmatica di un potere tecnico-discrezionale dell'Amministrazione di per sé insindacabile in sede di legittimità, salva l'ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche o affette da errori di fatto. Questo significa che in ogni gara pubblica l'attendibilità dell'offerta va valutata nella sua globalità; del resto, lo stesso art. 88, comma 7, del Codice dei contratti, stabilisce che, all'esito del procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta, la stazione appaltante dichiara l'eventuale esclusione dell'offerta che risulta, "nel suo complesso", inaffidabile (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter, sentenza 04.11.2009 n. 10828 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Offerte negli appalti pubblici valide solo se in tempo. I termini indicati nei bandi di gara hanno carattere perentorio e non possono essere derogati.
I termini indicati nei bandi delle gare pubbliche per la presentazione delle garanzie delle offerte hanno carattere perentorio e non possono essere derogati, pena l’esclusione dalla procedura di gara.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha così accolto il ricorso di un’impresa contro la Regione Lazio che aveva aggiudicato la gara di appalto, avente ad oggetto l'affidamento dei lavori di ristrutturazione della rete fognaria presso la sede della giunta regionale, ad un’altra società concorrente che era in ritardo.
Per l’impresa ricorrente, arrivata seconda nella procedura di gara, l’aggiudicazione decisa non sarebbe regolare poiché la stazione appaltante, nell’affidare l’appalto, non avrebbe tenuto conto delle regole relative ai termini di presentazione delle garanzie delle offerte richieste alle imprese partecipanti, presenti nel bando di gara, che costituisce la legge speciale della procedura e come tale deve essere rispettato non soltanto dalle imprese che partecipano alla procedura, ma anche dalla stessa stazione appaltante che ha emanato il bando.
Secondo i giudici amministrativi il ricorso è fondato in quanto, considerato che “nelle gare pubbliche il termine fissato dal bando per la presentazione delle offerte ha carattere perentorio, con la conseguenza che il mancato rispetto dello stesso comporta l'esclusione dalla procedura comparativa, superabile solo in caso di illegittimo rifiuto da parte della stazione appaltante ad accettare la domanda tempestivamente presentata”, la stazione appaltante non poteva aggiudicare la gara alla società che aveva prodotto l’ estensione della validità della polizza fideiussoria oltre il termine previsto dal momento che si trattava di un termine che aveva carattere perentorio e che quindi non poteva essere derogato.
Nel caso in esame il carattere perentorio del termine stabilito nel bando si evince anche dalla circostanza che si prevede che la mancata presentazione nei termini dei documenti richiesti avrebbe comportato l’esclusione delle imprese dalla procedura comparativa. Da ciò ne consegue che l’aggiudicazione definitiva non è valida e pertanto deve essere annullata (TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter, sentenza 04.11.2009 n. 10828 - link a www.aziendalex.kataweb.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla illegittimità della clausola di un bando di gara per l'affidamento del servizio di refezione scolastica che prescriva quale requisito inderogabile di partecipazione il possesso di un centro di cottura localizzato nel comune committente.
E' illegittima una clausola di un bando di gara per l'affidamento del servizio di refezione scolastica che prescriva quale requisito inderogabile di partecipazione il possesso di un centro di cottura localizzato nel territorio del comune committente, in quanto da un lato, manifestamente sproporzionata e distorsiva della concorrenza e, dall'altro, non utile ai fini della individuazione del miglior contraente, né giustificabile con addotte finalità di controllo dell'attività di confezionamento.
Distorsiva della concorrenza, in quanto la summenzionata clausola nel pretendere la presenza nel comune o l'acquisizione, dei locali di confezionamento dei cibi, importa l'imposizione di un dispendio economico e organizzativo, per i potenziali concorrenti, del tutto sproporzionato e incoerente con qualsiasi canone di economicità e di risparmio su scala aziendale, determinando un indubbio favoritismo per quei pochi soggetti -o quell'unico soggetto, come nella specie- che sono presenti in quel preciso ambito territoriale.
Inoltre, una clausola che prescriva quale requisito inderogabile di partecipazione il possesso di un centro di cottura localizzato nel territorio del comune committente appare di per sé irragionevole ed eccedente le finalità di selezione del miglior contraente, poiché l'ubicazione della struttura nella quale vengono preparati i pasti è sì legittimamente valutabile da parte dell'amministrazione, ma ciò non può che avvenire in relazione alla distanza chilometrica dalle scuole ed al tempo medio di percorrenza stradale, onde garantire la freschezza dei pasti consegnati alle scuole, senza che assurga a fattore discriminante la circostanza che il centro cottura ricada o meno nei confini comunali  (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 03.11.2009 n. 2602 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

ottobre 2009

APPALTI: M. Faviere, Appalti pubblici: le novità legislative (ottobre 2009 - link a www.centrostudimarangoni.it).

APPALTISui casi in cui l’erroneità o l’incompletezza della dichiarazione circa il subappalto può comportare esclusione dalla gara, sulla sindacabilità in s.g. del giudizio di congruità delle offerte nel caso in cui esso risulti immotivato ed "ictu oculi" ingiustificato, e sulla possibilità o meno di escludere le offerte nel caso di mancata presentazione delle c.d. giustificazioni preventive.
L’attribuzione dei punteggi nelle gare d’appalto è espressione di discrezionalità non solo tecnica, ma anche amministrativa, e -come tale- soggetta a sindacato giurisdizionale per eccesso di potere sotto il profilo delle figure sintomatiche del difetto di motivazione, dell’illogicità manifesta, dell’erroneità dei presupposti di fatto e di incoerenza dell’iter valutativo e dei relativi esiti; il che comporta che il giudice può verificare "ab externo" la congruità e la non contraddittorietà dell’istruttoria compiuta e della valutazione esternata, senza però che gli sia consentito sostituirsi all’Amministrazione nella valutazione dell’offerta.
Tali principi vanno applicati con ancor maggiore rigore nel campo della valutazione del giudizio di anomalia delle offerte, laddove la scelta del legislatore comunitario e nazionale, in diretta applicazione di fondamentali principi di trasparenza e non discriminazione, è stata nel senso di rafforzare il contraddittorio procedimentale e preprocessuale.
In virtù della ratio e della finalità deflattiva del meccanismo normativo di verifica della congruità dell’offerta, non possono essere articolate per la prima volta in sede giurisdizionale giustificazioni che non siano state proposte nell’ambito del subprocedimento amministrativo svoltosi dinanzi alla stazione appaltante.
Le giustificazioni preventive delle offerte non assurgono a requisito di partecipazione alla gara a pena di esclusione, venendo in rilievo la mancata documentazione solo in via eventuale, nella fase successiva di verifica dell’anomalia e se ed in quanto l’offerta ne risulti sospetta. La prescrizione ex art. 87, comma 5, del d.lgs. 163/2006 e s.m.i., comportante l’obbligo di presentazione delle giustificazioni unitamente alle offerte, ha infatti come scopo quello di accelerare il procedimento e consentire alla stazione appaltante una valutazione contestuale dell’insieme delle offerte; la prescrizione in questione dunque impone alle imprese un mero onere di collaborazione, in funzione di accelerazione della successiva fase di verifica delle offerte anomale (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 30.10.2009 n. 6708 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Limite all’esercizio della facoltà del subappalto previsto nel bando ma dichiarato erroneamente in sede di gara – Sindacato del Giudice nella valutazione delle offerte anomale.
Il Consiglio di Stato ha statuito che l’incompleta o erronea dichiarazione di un concorrente relativa all’esercizio della facoltà di subappalto è suscettibile di comportare l’esclusione dello stesso solo nel caso in cui questi non possieda in proprio la qualificazione per le lavorazioni che intendeva subappaltare. Il soggetto, in questo caso, dovrà eseguire in proprio l’opera oggetto del mancato subappalto.
Nella stessa Sentenza la Corte ha stabilito, altresì, che il Giudice non possa sostituirsi all’Amministrazione nella valutazione dell’offerta nel merito. La Stazione Appaltante è obbligata ad effettuare la verifica di congruità delle offerte, sopratutto in relazione alla valutazione dell’anomalia delle stesse.
L’attribuzione dei punteggi nelle gare d’appalto deve essere espressione non solo tecnica ma anche amministrativa e, pertanto, la valutazione delle offerte sarà soggetta a sindacato giurisdizionale solo per eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione, dell’illogicità manifesta, dell’erroneità dei presupposti di fatto e di incoerenza dell’iter valutativo e dei relativi esiti (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 30.10.2009 n. 6708 - link a www.
www.mediagraphic.it).

APPALTI: AUTENTICAZIONE DOCUMENTI GARA.
Una pluralità di dichiarazioni, sottoscritte in uno stesso foglio o più fogli, ma inserite in una unica busta, possono essere corredate da una unica copia del documento di identità, ai fini autenticativi, perché l'unicità della busta consente di riferire la copia del documento ad ogni dichiarazione , sicché, per ognuna di esse, sussistono i due elementi, cui è riconnessa l'assunzione di responsabilità penale e ,quindi, la garanzia della provenienza e della veridicità della dichiarazione stessa.
Se, invece, le dichiarazioni sono inserite in più buste, viene meno il legame fisico, che consente di riferire a tutte la copia del documento di identità inserito in una delle buste, cioè di ritenere che, anche per quelle inserite in una busta senza il corredo dell'anzidetta copia, vi sia la concorrenza dei due elementi, che determinano l'assunzione di responsabilità penale e, quindi, la garanzia non solo della provenienza ma anche della veridicità della dichiarazione.

E’ quanto affermato dal TAR Puglia-Lecce, nella sentenza n. 2357/2009, ove vengono avanzate statuizioni, sicuramente corrette, ma non conformi ad un più innovativo approccio sostanzialistico, che dovrebbe contraddistinguere la celebrazione delle pubbliche gare.
Infatti, appare evidente che il Tar Lecce compie un indubbio sforzo semplificativo, in quanto, in buona sostanza, afferma che, se più autodichiarazioni sono contenute in un’unica busta, è sufficiente, al fine di autenticare le relative sottoscrizioni, una sola fotocopia del documento di identità. Ciò che non convince è l’identificazione del “legame fisico”. Ad avviso del Tar, siffatto legame è rappresentato dalla busta “piccola”, ove vengono inserite talune autodichiarazioni.
Al riguardo, appare necessaria una breve precisazione, afferente la prassi delle pubbliche gare. Di norma, le stazioni appaltanti, in sede di bando di gara o di lettera di invito, prevedono il seguente generale adempimento: inserire in un plico “grande” le buste “piccole” (busta “a”, “b”, “c”, etc.) , ove sono contenuti diversi documenti e diverse dichiarazioni.
Ad esempio: nella busta “a”, si richiede di inserire le autodichiarazioni, afferenti i requisiti di ordine generale, ai sensi dell’articolo 38 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs n. 163/2006), oltre la cauzione provvisoria; nella busta “b”, si richiede di inserire le autodichiarazioni, afferenti i requisiti speciali; nella busta “c”, si richiede di inserire l’offerta economica; etc..
Orbene, secondo l’illustrata impostazione del Tar Lecce, è necessaria una fotocopia del documento identificativo per ogni busta. In tal modo, il predetto legame fisico è individuato nella busta o, più correttamente, nel rapporto trilatere fra busta, dichiarazione sottoscritta e fotocopia autenticativa. In altri termini, la fotocopia autentica tutte le dichiarazioni contenute in una busta, ma non può andare oltre. Ecco, proprio tale punto appare ancora eccessivamente severo.
Infatti, come accaduto nella concreta vicenda, se il soggetto sottoscrittore (ed autore delle dichiarazioni sostitutive) era uno solo, perché occorre fare esclusivo riferimento alle buste e non al plico grande? In altri termini, se sussiste una sola fotocopia autenticativa, indifferentemente collocata in modo libero nel plico grande oppure in una delle “buste piccole”, perché non conferirgli efficacia generale?
Se il sottoscrittore è unico, se cioè il soggetto che deve rilasciare più dichiarazioni, da inserire in più buste, è sempre il medesimo, l’adempimento autenticativo può conoscere una ragionevole semplificazione: il sottoscrittore allega una sola fotocopia autenticativa. In tal caso, il “legame fisico” è rappresentato non dal predetto rapporto trilatere (busta, dichiarazione sottoscritta e fotocopia autenticativa), ma da un nuovo rapporto, sempre trilatere, ove cambia, il modo decisivo, il primo elemento. In luogo della busta, tale primo elemento è costituito dal plico grande, per cui la relazione è: plico grande, dichiarazione sottoscritta e fotocopia autenticativa.
In termini più semplici, se il soggetto sottoscrittore è unico, può essere presentata una sola fotocopia autenticata (ovunque sia collocata), la quale può ben riferirsi a tutte le dichiarazioni contenute in tutte le buste. Non sembra sussistere pericolo di errore o di confusione: il soggetto sottoscrittore è sempre lo stesso. Dunque, una sola fotocopia, riferita ai dati identificatiti dell’unico sottoscrittore della pluralità di autodichiarazioni.
Tale soluzione appare ragionevole, per due ragioni. In primo luogo, semplifica gli adempimenti, evitando la produzione di inutili fotocopie. In secondo luogo, consente, in modo congruo e non sproporzionato, di evitare un improduttivo “formalismo senza scopo” (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 29.10.2009 n. 2357 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Gara d’appalto - Dichiarazioni sostitutive e allegazione della copia fotostatica del documento di riconoscimento del sottoscrittore: Elemento indefettibile anche in caso di pluralità di dichiarazioni contenute in unica busta.
L’allegazione della copia fotostatica del documento di identità ai fini delle autocertificazioni di cui all’art. 38, comma 3, T.U. 28.12.2000 n. 445, assolve alla duplice funzione di comprovare il nesso di imputabilità della dichiarazione ad una determinata persona, nonché a garantire, attraverso l’assunzione delle responsabilità penali, la veridicità delle dichiarazioni ivi contenute.
Il TAR pugliese precisa, altresì, che in caso di pluralità di dichiarazioni, anche se contenute su più fogli, purché inserite all’interno di una busta unica, possono essere corredate da una unica copia del documento di identità (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 29.10.2009 n. 2357 - link a www.
www.mediagraphic.it).

APPALTI: 1. Capitolato speciale - lex specialis.
2. Gara deserta - conseguenze - libertà di scelta della p.a.
3. Verifica congruità offerta.

1. La regola del capitolato speciale di appalto che prescrive il completo anonimato dell'elaborato (inserito in busta e integrante l'offerta tecnica, accompagnato da una seconda busta chiusa contenente gli estremi identificativi del concorrente) è da ritenersi prescrizione rispondente ad un particolare interesse dell'amministrazione appaltante o posta a garanzia della 'par condicio' dei concorrenti, evidenziandosi come un evidente e del tutto ammissibile sviluppo del principio di segretezza che vige in materia di appalti aggiudicati secondo il metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa e che è posto al fine di garantire l'imparzialità del giudizio
2. In caso di gara di rilievo comunitario per il servizio di raccolta rifiuti urbani, indetta da un Comune sussiste la sostanziale libertà di scelta dell'Amministrazione, in ordine alla modalità di affidamento del servizio, una volta andata deserta la gara (comunitaria) bandita: dall'esperimento di una nuova procedura di appalto, alla trattativa privata, all'affidamento in house. Dette scelte si sottraggono al sindacato di legittimità.
3. Il giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme e costituisce espressione paradigmatica di un potere tecnico-discrezionale dell'amministrazione di per sé insindacabile in sede di legittimità, salva l'ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione o affette da errori di fatto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 28.10.2009 n. 1780 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Appalto gestione micro-nido. Affidamento.
Il sindaco del Comune di (omissis) riferisce che l’ente ha proceduto, nell’aprile 2008, ad appaltare, per la durata di cinque anni, ad una cooperativa, la gestione di un micro-nido.
L’appaltatore, pare, voglia adesso recedere dal contratto ed intende subappaltare al 100% il servizio alle due maestre che attualmente lavorano presso il nido. In alternativa la cooperativa sarebbe disponibile a supportare le due maestre, previa loro costituzione in soggetto avente i requisiti dettati dall’art. 34 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, approvato con D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 e s.m.i. (di seguito: Codice dei contratti), in una eventuale gara, fornendo con l’istituto dell’avvalimento, i requisiti necessari.
Il sindaco chiede se sia legittimo il subappalto al 100%, se sia legittimo l’avvalimento proposto e se sia possibile continuare il servizio in capo alle attuali maestre (Regione Piemonte, parere n. 99/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

APPALTI: Escluso dalle gare d’appalto chi non denuncia il racket (link a www.mediagraphic.it).

LAVORI PUBBLICI: Certificazioni Soa con meno paletti. Tar: documenti anche non in originale.
Illegittime clausole dei bandi che obblighino le imprese partecipanti a gare di appalto di produrre a pena di esclusione il certificato di qualità e dell'attestazione Soa, esclusivamente mediante documento originale o in copia autentica.
Il TAR Piemonte, Sez. I, con la sentenza 26.10.2009 n. 2334 torna sulla possibilità di presentare dichiarazioni sostitutive dei certificati Soa, affermando la contrarietà a legge di regole dei bandi che impongano a presentare documenti originali.
Sottolinea la sentenza che l'illegittimità di tale pretesa non è causata dal solo, oggettivo, appesantimento burocratico derivante da un «eccesso di scrupolo» della stazione appaltante; nella realtà, l'illegittimità deriva dall'aver previsto a carico delle imprese partecipanti un adempimento considerato «gravoso, inutile e contrastante con i principi di semplificazione». In effetti, simili clausole pongono nel nulla le previsioni contenute nel dpr 445/2000 e, in particolare, l'articolo 77 come novellato dall'articolo 15 della legge 3/2003.
Tale norma, anche se nella realtà non ve n'era bisogno, ha esteso esplicitamente gli effetti ed i benefici della semplificazione amministrativa alle procedure di gara per l'affidamento di appalti, servizi e forniture. Il sistema delle dichiarazioni sostitutive, dunque, anche nell'ambito delle procedure di appalto ha valenza e portata generale non derogabile, sicché qualsiasi limitazione imposta dalla p.a. a tale semplificazione si pone in contrasto un principio considerato ormai ius receptum nell'ordinamento.
Il Tar Piemonte giunge ad evidenziare che le ditte possono autodichiarare praticamente tutti i requisiti di partecipazione. Del resto, nei confronti dell'aggiudicatario e del secondo la normativa sugli appalti prevede penetranti controlli, incidenti sull'efficacia stessa dell'aggiudicazione definitiva e, dunque, sulla stessa possibilità di stipulare il contratto.
D'altra parte, il dpr 445/2000 all'articolo 1, lettera f) stabilisce che è certificato «il documento rilasciato da un'amministrazione pubblica avente funzione di ricognizione, riproduzione e partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche».
I certificati, dunque, possono consistere in dichiarazioni di scienza, con le quali determinati fatti sono accertati non solo da amministrazioni pubbliche in senso soggettivo, ma anche da soggetti «titolari di funzioni pubbliche»: In effetti, le Soa sono «organismi di diritto privato», come tali disciplinate dalla legge.
Le Soa sono titolari della funzione pubblica di attestare il possesso della qualificazione in capo alle ditte appaltatrici; spetta, dunque, alle Soa accertare la capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa necessaria per partecipare alle gare e per ottenere l'affidamento di appalti.
Si tratta di una funzione pubblica perché garantisce l'attuazione del fine pubblico previsto dall'articolo 40 del dlgs 163/2006, ai sensi del quale i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici devono essere qualificati ed improntare la loro attività ai principi della qualità, della professionalità e della correttezza. E' per questa ragione che l'attestazione rilasciata dalle Soa può considerarsi come certificato e, come tale, è sostituibile con le dichiarazioni di cui agli art. 46 e 47 del dpr 445/2000 (articolo ItaliaOggi del 10.11.2009, pag. 30).

APPALTI: Il rispetto delle regole di gara da parte dei concorrenti, e ancor prima da parte del soggetto che le ha dettate, è un valore ex se, che prescinde dalla circostanza che le eventuali violazioni risultino, ex post, inoffensive.
Nell'ipotesi di "rivendita" conseguente a dismissioni dei beni del patrimonio di un ente (nella fattispecie: l'Azienda farmaceutica appartenente alla Fondazione Ordine Mauriziano), è illegittimo il provvedimento di aggiudicazione in favore del soggetto concorrente che abbia violato l'obbligo, a pena di inammissibilità, di formulare la propria offerta avvalendosi dell'apposito modello depositato presso il responsabile del procedimento.
La scelta di "salvare" un'offerta formulata in violazione di prescrizioni di bando a pena espressa di inammissibilità (ancorché più vantaggiosa) in base alla sostanziale "inoffensività" dell'omissione delle prescritte dichiarazioni integra, infatti, una contraddizione nella condotta della Fondazione, tenuta alla coerenza nella gestione della gara con le regole dalla medesima dettate, pena la violazione della par condicio dei concorrenti.
Il rispetto delle regole di gara da parte dei concorrenti, e ancor prima da parte del soggetto che le ha dettate, è un valore ex se, che prescinde dalla circostanza che le eventuali violazioni risultino, ex post, inoffensive (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 26.10.2009 n. 2333 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Decorrenza del termine per proporre ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento di aggiudicazione nelle gare "a cottimo fiduciario".
Nell'ipotesi di gara in forma di "cottimo fiduciario", il termine di 60 gg. previsto dall'art. 21 L. 1034/1971 (Legge TAR) per impugnare il provvedimento amministrativo di aggiudicazione decorre dal giorno in cui si sia avuta piena conoscenza, oltre al dispositivo, anche della motivazione dell'atto.
Nella gara di "cottimo fiduciario, trattandosi di procedura finalizzata all'acquisizione di servizi a costi contenuti, il criterio di assegnazione riferito al prezzo d0offerta più basso deve ritenersi determinante ai fini dell'aggiudicazione stessa" (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 26.10.2009 n. 2331 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla sussistenza o meno dell'obbligo, in capo alle stazioni appaltanti, di aggiornare il prezzo-base della gara al tariffario adottato annualmente dalla Giunta Regionale.
Sulla legittimazione, in capo alla associazioni di categoria, ad impugnare il bando di gara anche laddove lo stesso riguardi gli interessi dei singoli operatori economici iscritti.
In materia di appalti pubblici, non sussiste legittimazione a ricorrere in capo alle imprese che non abbiano partecipato alla gara.

- In materia di procedura ad evidenza pubblica, ai sensi dell'art. 133 c.8 dlgs 163/2006, il prezzo posto a base della gara d'appalto deve conformarsi al tariffario regionale adottato annualmente con delibera della Giunta. Nel caso di specie l'operato dell'Amministrazione comunale, stazione appaltante, pur contravvenendo al principio di cui sopra, risulta tuttavia legittimo in quanto la stessa si è avvalsa di una deroga all'obbligo di aggiornamento, espressamente contemplata dalla fonte normativa recante l'approvazione dei nuovi tariffari regionali, la quale si prospetta cedevole ove la committente alleghi specifico documento di analisi dei diversi prezzi, redatto da un progettista all'uopo incaricato e riportante i relativi articoli di riferimento.
- Le associazioni di categoria sono legittimate ad impugnare le clausole del bando di gara inerenti a prezzi e tariffe, purché gli interessi tutelati siano riferibili a tutti gli operatori economici iscritti e non creino posizioni disomogenee all'interno della categoria stessa.
- Le imprese che non abbiano partecipato alla gara non sono legittimate a ricorrere avverso quelle clausole del bando che importino, come nel caso di specie, profili differenti rispetto ai requisiti richiesti ai fini della partecipazione alla gara (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 26.10.2009 n. 2330 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: D. Argenio, Servizi sociali e codice De Lise: Gli appalti di servizi dell’allegato II B esclusi dal D.Lgs. 163/2006 (26.10.2009 - link a www.dirittoelegge.it).

APPALTI: DIVIETO DI VARIAZIONE SOGGETTIVA DEI RAGGRUPPAMENTI.
1. Associazione temporanea - Requisiti associati - Verifica da parte dell'amministrazione - Nel caso di variazione soggettiva dei raggruppamenti - Necessarietà.
2. Aggiudicazione - Verifica dei requisiti - Necessaria - Casi - Ratio dell'istituto.
3. Documentazione - Rispetto di requisiti minimi ed ulteriori - Si configura - Condizioni.

1. Il principio sotteso al divieto posto dall'art. 37, co. 9, del codice dei contratti, è quello di evitare che l'amministrazione aggiudicatrice concluda il contratto con operatori economici i quali non abbiano partecipato alla gara e nei confronti dei quali, in particolare, non sia stata effettuata la verifica del possesso dei requisiti di ordine generale e di ordine economico-finanziario. Il divieto di variazione soggettiva dei raggruppamenti non opera, conseguentemente, in tutte le ipotesi in cui l'amministrazione aggiudicatrice verifichi, prima dell'aggiudicazione o della stipulazione del contratto, la sussistenza dei requisiti nei confronti del nuovo soggetto che si aggiunga ai componenti originari del raggruppamento temporaneo o che ne sostituisca alcuno (Cfr. sul punto, in senso conforme, Cons. Stato, sez. VI, 06-04-2006 n. 1873; Cons. Stato, sez. V, 03-08-2006 n. 5081; Cons. Stato, sez. IV, 23-07-2007 n. 4101; Cons. Stato, sez. VI, 13-05-2009 n. 2964).
2. La necessità della verifica dei requisiti per l'aggiudicazione è particolarmente rilevante nel caso delle associazioni temporanee di imprese. Infatti, ove si tenga conto che si tratta di uno strumento giuridico che ha la finalità principale di consentire la partecipazione ai pubblici appalti avvalendosi della somma dei requisiti delle singole imprese associate (o associande), il recesso da parte di una di loro comporta naturalmente la necessità di verificare se le imprese rimanenti abbiano da sole i requisiti prescritti.
3. Le amministrazioni possono richiedere alle imprese requisiti di partecipazione ad una gara d'appalto più rigorosi e restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla legge, purché tali ulteriori prescrizioni si rivelino rispettose dei principi di proporzionalità e adeguatezza e siano giustificate da specifiche esigenze imposte dal peculiare oggetto dell'appalto (Cons. Stato, sez. V, 23-12-2008 n. 6534) (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 24.10.2009 n. 1569 - link a
http://mondolegale.it).

APPALTI: Clausole “escludenti” del bando di gara e principio di proporzionalità.
E' illegittima la clausola della lettera d'invito di una gara di appalto che impone -a pena di esclusione- di indicare sul plico generale contenente l’offerta e sui plichi interni, il codice fiscale, la partita IVA e l’indirizzo di ciascuna impresa, atteso che tale clausola deve ritenersi in contrasto con i principi di proporzionalità e di non aggravamento del procedimento di cui agli artt. 2 e 74 del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 e s.m., in quanto non comporta alcun effettivo vantaggio né per la stazione appaltante, né per l’interesse pubblico alla scelta dell’offerta più idonea alla realizzazione dei lavori da appaltare (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater, sentenza 23.10.2009 n. 10361 - link a www.altalex.com).

APPALTI1. Partecipazione in RTI costituito o costituendo - Esclusione dalla procedura selettiva - Legittimazione ad agire sia dell'impresa mandataria che delle mandati - Sussiste.
2. Offerta economicamente più vantaggiosa - Mancata puntuale fissazione dei criteri di valutazione da parte del bando di gara -Definizione di obiettivi criteri di massima da parte della Commissione prima dell'apertura delle offerte - Necessità.

1. In caso di esclusione di un raggruppamento temporaneo di imprese (RTI) da una procedura per l'aggiudicazione di un pubblico appalto sussiste la legittimazione attiva dell'impresa singola facente parte del RTI sia che quest'ultimo si sia già costituito al momento della presentazione dell'offerta, sia che debba costituirsi all'esito dell'aggiudicazione, atteso che il conferimento del mandato speciale all'impresa capogruppo non preclude la facoltà delle singole imprese di agire singulatim, mancando un'espressa previsione in tal senso nella normativa sia comunitaria che nazionale (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 25.11.2008 n. 5773).
2. In sede di attribuzione dei punteggi in una gara da aggiudicare con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, caratterizzata da ampia discrezionalità tecnica, la commissione di gara è tenuta al rispetto dei criteri fissati dal bando di gara.
Ove tuttavia questo non disciplini, in modo puntuale, l'attribuzione dei punteggi ai concorrenti, in base al principio di trasparenza al quale l'intera attività amministrativa deve conformarsi, essa è tenuta a prefissare oggettivi criteri di massima, così autolimitando il proprio potere di apprezzamento, oppure a chiarire con idonea motivazione le ragioni dell'attribuzione di ciascun punteggio, quanto meno mediante taluni elementi che concorrano ad integrare e chiarire la valenza del punteggio in relazione all'apprezzamento sinteticamente espresso con l'indicazione numerica (Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 22.03.2004, n. 1458) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 22.10.2009 n. 4878 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: OFFERTA ECONOMICAMENTE PIU' VANTAGGIOSA: CRITERI PER L'AGGIUDICAZIONE DELLA GARA PUBBLICA.
1.- Aggiudicazione - Offerta economicamente più vantaggiosa - Rispetto dei criteri fissati dal bando - Assenza - Soluzioni alternative.
2.- Aggiudicazione - Offerta economicamente più vantaggiosa - Motivazione - Valutazione numerica - Inammissibilità.
3.- Impugnativa della procedura per l'aggiudicazione - Impresa facente parte del raggruppamento - Legittimazione ad agire - Sussiste.

1.- In sede di attribuzione dei punteggi in una gara da aggiudicare con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, caratterizzata da ampia discrezionalità tecnica, la commissione di gara è tenuta al rispetto dei criteri fissati dal bando di gara, ma ove questo non disciplini, in modo puntuale, l'attribuzione dei punteggi ai concorrenti, in base al principio di trasparenza al quale l'intera attività amministrativa deve conformarsi, essa è tenuta a prefissare oggettivi criteri di massima, così autolimitando il proprio potere di apprezzamento, oppure a chiarire con idonea motivazione le ragioni dell'attribuzione di ciascun punteggio entro i limiti previsti; ciò, se non attraverso diffuse esternazioni, quanto meno mediante taluni elementi che concorrano ad integrare e chiarire la valenza del punteggio in relazione all'apprezzamento sinteticamente espresso con l'indicazione numerica.
2.- La mera valutazione numerica non può rappresentare una motivazione sufficiente, in quanto inidonea a consentire la ricostruzione dell'iter logico-giuridico mediante cui l'amministrazione si è determinata ad adottare un atto, al fine di controllare il corretto esercizio del potere, onde poter far valere, eventualmente, le proprie ragioni.
3.- Nel caso di impugnativa di una procedura per l'aggiudicazione di un appalto con la p.a. sussiste la legittimazione attiva dell'impresa singola facente parte di un raggruppamento temporaneo di imprese sia che quest'ultimo si sia già costituito al momento della presentazione dell'offerta, sia che debba costituirsi all'esito dell'aggiudicazione, atteso che il conferimento del mandato speciale all'impresa capogruppo non preclude la facoltà delle singole imprese di agire singulatim, mancando un'espressa previsione in tal senso nella normativa sia comunitaria che nazionale (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 22.10.2009 n. 4878 - link a
http://mondolegale.it).

APPALTI: Operazioni di gara - Verbalizzazione - Illegittimità dell'integrazione del verbale successivo alla sua chiusura.
La descrizione delle operazioni valutative trova la propria sede naturale nel verbale di gara i cui contenuti non sono in alcun modo integrabili in epoca successiva alla loro chiusura e sottoscrizione, nemmeno ad opera degli stessi verbalizzanti (cfr. TAR Milano, sez. I, n. 3786/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 22.10.2009 n. 4876 - link a www.giustizia-amministrativa.it).).

APPALTI: A. Borroni, IL DANNO DA INADEMPIMENTO DEL COMMITTENTE: PER UNA RICOSTRUZIONE EVOLUTIVA DELL’INADEMPIMENTO DELL’OBBLIGAZIONE PECUNIARIA. SPUNTI DI DIRITTO COMUNITARIO E COMPARATO (link a www.osservatorioappalti.unitn.it).

APPALTI: M. Cozzio e L. Ghezzo, LA TUTELA CAUTELARE ANTE CAUSAM NEL CODICE DEGLI APPALTI PUBBLICI: ORIGINI COMUNITARIE ALLA BASE DI UNO STRUMENTO ANCORA POCO UTILIZZATO - estratto da Informator, 3, 2009 (link a www.osservatorioappalti.unitn.it).

APPALTI: L. V. Moscarini, RIFLESSIONI SUL NUOVO DIRITTO DEI CONTRATTI PUBBLICI (A MARGINE DI UNA RACCOLTA DI SCRITTI IN MEMORIA DI MICHELE PALLOTTINO) - Intervento al Convegno organizzato da IGI in Roma, 22.10.2009 (link a www.osservatorioappalti.unitn.it).

APPALTI1. Domanda di annullamento del contratto - Domanda di risarcimento in forma specifica - Competenza esclusiva del G.O. - Verifica ex art. 44, comma 3, lett. h, della L. 88/2009 (Legge comunitaria per l'anno 2010).
2. Annullamento dell'aggiudicazione - Caducazione del contratto - Necessità per la P.A. di prendere le necessarie determinazioni conseguenti all'annullamento della gara e della caducazione del contratto - Comportamento omissivo della P.A. - Giudizio di ottemperanza - Sindacato pieno e completo del G.A.
3. Quantificazione del danno - Ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. - Obbligo del ricorrente di allegare circostanze ed elementi precisi.
4. Quantificazione del lucro cessante - 10% della base d'asta - Criterio favorevole all'imprenditore - Sproporzione con il danno concretamente dimostrabile dall'imprenditore.

1. In merito alle domande di annullamento del contratto stipulato e di risarcimento in forma specifica, attraverso il subentro nel rapporto contrattuale già in corso, deve ribadirsi, sulla scorta dell'orientamento di Cass. SS.UU n. 27169/2007 in seguito ribadito da Cass. SS.UU. n. 10433/2008 cui ha aderito anche il Consiglio di Stato con le Adunanze Plenarie n. 9 e 12/2008, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a pronunciarsi con efficacia di giudicato su tali profili, riservati invece alla giurisdizione del giudice ordinario -dinanzi al quale la domanda andrà riassunta antro tre mesi, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali a norma dell'art. 59 l. 69/2009- in attesa del completo recepimento della direttiva 2007/CE/66 in forza delle delega al Governo racchiusa ora nell'art. 44 della l. 88/2009 (legge comunitaria per il 2008) il cui co. 3, lett. h), sembrerebbe devolvere allo stesso giudice che annulla l'aggiudicazione anche la cognizione delle questioni inerenti "la sorte del contratto".
2. La stazione appaltante non potrà, tuttavia, non rilevare la sopravvenuta caducazione del contratto conseguente all'annullamento dell'aggiudicazione (fatte sempre salve le prestazioni già eseguite nei rapporti di durata), similmente a quanto avviene nel caso di annullamento di una graduatoria di un pubblico concorso che comporta la caducazione degli effetti del contratto di lavoro su di essa fondato, ovvero di annullamento di una concessione di un bene che comporta la caducazione degli effetti dell'accordo accessivo, o ancora di annullamento dell'affidamento di un pubblico servizio disposto senza gara che comporta, non di meno, la sopravvenuta caducazione del successivo contratto (nel senso che "la caducazione della procedura di affidamento travolge automaticamente il contratto per il venir meno del presupposto" v., dopo la citata pronuncia delle SS.UU., Cass, sez, lav., n. 28456/2008).
Rispetto a tali successive e conseguenti determinazioni dell'amministrazione, ovvero a fronte di comportamenti omissivi che disattendano l'effetto conformativo della sentenza, il sindacato del giudice amministrativo, in sede di ottemperanza, è pieno e completo, potendo adottare tutte le misure (direttamente o per il tramite di un commissario) necessarie ed opportune per dare esatta ed integrale esecuzione alla sentenza e per consentire una corretta riedizione del potere amministrativo.
3. Per quanto attiene alla quantificazione del danno, in linea generale, nel rispetto del principio di cui all'art. 2697 c.c., è onere del ricorrente allegare e provare l'entità del pregiudizio subito e il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c., seppure consentito, non dispensa il ricorrente dall'obbligo di allegare, a monte, circostanze ed elementi di fatto precisi.
4. Per quanto specificamente attiene al risarcimento del lucro cessante, pur dando atto dell'esistenza di un orientamento prevalente secondo cui al fine di quantificare il lucro cessante subito dall'impresa per la mancata aggiudicazione di un appalto (ovvero il mancato utile che avrebbe ritratto dal contratto), in caso di pronuncia che riconosca la lesione di interessi legittimi pretensivi c.d. "a risultato garantito", sarebbe ammissibile liquidare, a titolo di danno presunto ed in via equitativa, una percentuale pari al 10% del prezzo a base d'asta, ai sensi dell'art. 345, l. n. 2248 del 1865 All. F., il Collegio ritiene di doversene discostare in considerazione del fatto che simile criterio conduce di regola al risultato che il risarcimento dei danni è per l'imprenditore ben più favorevole dell'impiego del capitale, ove lo stesso non dimostri di non aver potuto utilizzare diversamente le maestranze ed i propri mezzi per l'espletamento di altri servizi (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 21.10.2009 n. 4845 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIPartecipazione alle gare - Decorrenza del periodo interdittivo di un anno - Iscrizione dell'annotazione nel casellario informatico - La data di iscrizione fa fede per la decorrenza del termine.
Un orientamento giurisprudenziale riconosce valenza costitutiva all'iscrizione nel casellario informatico, da cui decorrono gli effetti interdittivi, reputando insuperabile il dato letterale secondo cui le false dichiarazioni debbono risultare "dai dati in possesso dell'osservatorio" (v. C.G.A., n. 777/2008; Tar Palermo, III, n. 813/2009; Tar Catania, I, n. 1631/2008). Nel senso che "l'anno di sospensione decorre dalla data di inserimento nel Casellario informatico della relativa annotazione" si è espressa anche l'Autorità di Vigilanza, con la Determinazione n. 1/2008.
Ciò posto, [?], il casellario informativo previsto dall'art. 27 d.p.r. 34/2000 rappresenta uno strumento imprescindibile per mezzo del quale tutte le stazione appaltanti sono, o dovrebbero essere, in grado di sapere se un'impresa possa legittimamente contrarre con la pubblica amministrazione.
La soluzione appena richiamata, che non ammette equipollenti alla necessaria iscrizione nel casellario informatico, ai fini della decorrenza del periodo interdittivo di un anno, rappresenta anche una maggiore garanzia per le imprese, tanto più avvertita quanto più si consideri la rilevanza degli effetti, non solo ai fini della partecipazione alla gare ma anche sul piano dell'immagine commerciale, che discendono dall'iscrizione delle comunicazioni delle stazioni appaltanti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 21.10.2009 n. 4842 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Diritto d'accesso senza limitazioni sugli atti di gara.
Il diritto di accesso deve essere esercitato in maniera piena e illimitata. Sono illegittimi provvedimenti che consentono di prendere solo visione di documenti amministrativi, ma non di estrarne copia.

L'importante principio è stato fissato dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza 19.10.2009 n. 6393, molto rilevante sia perché riforma la decisione di primo grado, sia perché è riferita all'accesso agli atti delle procedure di gara, regolata dall'articolo 13 del dlgs n. 163/2006. Inoltre, palazzo Spada mostra di aver del tutto superato la tesi della possibilità di consentire l'accesso per sola visione, ritenuta possibile, per esempio, nella sentenza della sezione VI, 07.06.2006, n. 3418.
Il citato articolo 13 del dlgs n. 163/2006, mentre rinvia alla disciplina generale dell'accesso fissata negli articolo 22 e seguenti della legge n. 241/1990, al comma 5 esclude il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione «alle informazioni fornite dagli offerenti nell'ambito delle offerte ovvero a giustificazione delle medesime, che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali».
Si tratta di una disposizione piuttosto controversa, la cui ratio consiste nella volontà del legislatore di escludere dal diritto di accesso la documentazione prodotta dalle aziende nelle gare d'appalto, dalla quale possa derivare una lesione al proprio diritto alla riservatezza sui sistemi di produzione, se suscettibile di rivelare il proprio know-how industriale.
È, nella sostanza, la previsione espressa ad un'eccezione al diritto di accesso, considerato sempre preminente; tale eccezione, comunque, può costituire ostacolo all'esercizio del diritto di accesso a condizione che l'impresa alla quale sono riferiti i documenti comprovi all'ente appaltante che essi contengono informazioni integranti segreti tecnici o commerciali.
Infatti, In assenza di tale dichiarazione o di carenza della motivazione, la causa di esclusione dall'esercizio del diritto di accesso non opera.
Il comma 6 dell'articolo 13 del dlgs n. 163/2006 aggiunge, per altro, che l'accesso è in ogni caso consentito «al concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell'ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso». Il legislatore, dunque, ha voluto affermare espressamente la prevalenza generale dell'accesso difensivo, strumentale, cioè, alla tutela di diritti in giudizio da parte del richiedente, del resto disposta dall'articolo 24, comma 7, della legge n. 241/1990.
Molte amministrazioni, allo scopo di contemperare esigenze di riservatezza (nel caso di specie, di un'azienda che partecipa ad una gara di appalto) e di garanzia dell'esercizio del diritto di accesso, sono solite consentire una forma attenuata di accesso, limitata alla sola esibizione dei documenti, senza la possibilità di estrarne copia.
Osserva, però, il Consiglio di stato che né l'articolo 13, comma 6, del codice dei contratti né l'articolo 24 della legge n. 241/1990 prevedono che l'accesso «difensivo», in quanto tale prevalente sulle antagoniste ragioni di riservatezza o di segretezza tecnica o commerciale, possa e debba essere esercitato nella forma della sola presa visione, ad esclusione dell'estrazione di copia.
Nel precedente regime normativo era l'articolo 9, comma 5, lettera d), ultimo periodo, del dpr n. 352/1992, che poteva fondare la sola esibizione dei documenti, poiché disponeva che, laddove vi fossero ragioni di tutela della riservatezza di terzi «deve comunque essere garantita ai richiedenti la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro stessi interessi giuridici».
Ma, oggi, l'insieme delle disposizioni vigenti rivela l'illegittimità di simile modo di procedere. Infatti, l'articolo 25, comma 1, della legge n. 241/1990 dispone che l'accesso si esercita mediante esame e contemporanea estrazione di copia dei documenti; inoltre, il dpr n. 184/2006, all'articolo 7, comma 5, nel disciplinare l'accesso formale mediante esame dei documenti, prevede che «l'interessato può prendere appunti e trascrivere in tutto o in parte i documenti presi in visione».
Conclude, dunque, inevitabilmente palazzo Spada che è illegittimo il provvedimento con cui si è limita il diritto di accesso all'offerta tecnica presentata dalla ditta aggiudicataria, consentendone la sola visione e non anche l'estrazione di copia (articolo ItaliaOggi del 24.10.2009, pag. 253).

APPALTI: Esclusione - false dichiarazioni.
L'art. 38 d.lgs. 163/2006 ed espressamente richiamata dall'art. 4 del Disciplinare dei Fornitori di Poste Italiane che regola l'iscrizione nell'elenco dei fornitori -la quale disciplina le ipotesi di esclusione dei concorrenti- prevede un preciso iter che passa attraverso l'accertamento della falsità della dichiarazione, l'esclusione dalla gara per tale specifica motivazione, la segnalazione dell'esclusione all'Autorità di Vigilanza per l'inclusione nel casellario informatico; adempimento quest'ultimo a decorrere dal quale opera il divieto per la ditta di partecipare ad altre gare per il periodo di un anno.
Nel caso di specie l'esclusione è stata comminata in ragione del rilievo di elementi che hanno indotto la stazione appaltante a presumere l'esistenza di una situazione di collegamento tra due aziende partecipanti alla gara: ne discende che alla controinteressata non è mai stato contestato il ricorso a false dichiarazioni, con la conseguenza che non poteva ritenersi integrata la condizione che avrebbe escluso la possibilità di iscrizione nell'elenco dei fornitori e quindi, analogamente, neanche quella che avrebbe determinato la sua cancellazione per mancanza di un requisito necessario per l'iscrizione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 16.10.2009 n. 1756).

APPALTI: Chi ha commesso violazioni fiscali va escluso, nessuna discrezionalità.
Ai fini della configurabilità del requisito della regolarità fiscale non può che essere escluso ogni rilievo alla modestia dell’entità del debito definitivamente accertato, non essendo in proposito previsto da parte della stazione appaltante alcun apprezzamento discrezionale della gravità e del sottostante elemento psicologico della violazione.
Il cit. art. 38, lett. g), dispone infatti che sono esclusi dalla partecipazione alle gare pubbliche coloro che “hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte ...”; dunque ogni violazione, anche di importo esiguo, senza che sia consentito all’amministrazione che ha bandito la gara, e tanto meno al concorrente, valutarne la rilevanza e la buona o mala fede del contribuente, giacché tale valutazione -diversamente dalle ipotesi di cui alle lett. e) ed f)- è stata evidentemente effettuata dal legislatore in ragione dello scopo della norma di garantire non solo l’affidabilità dell’offerta e nell’esecuzione del contratto, ma anche la correttezza e la serietà del concorrente (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.10.2009 n. 6325 - link a www.altalex.com).

APPALTIDichiarazione di cui all'art. 38, comma 1, lett. b, del D.lgs. 163/2006 - Società per azioni - Soggetti tenuti alla dichiarazione - Necessità di verificare le funzioni svolte concretamente.
L'art. 38, comma 1, lett. b), del D.L.vo n. 163/2006, con riferimento alla società per azioni, individua i soggetti tenuti a rilasciare la prescritta dichiarazione negli amministratori muniti di poteri di rappresentanza o nel direttore tecnico.
Nonostante la specifica previsione normativa, parte della giurisprudenza, ispirata dalla ratio sottesa alla norma "di verificare la affidabilità complessivamente considerata dell'operatore economico che andrà a stipulare il contratto di appalto con la stazione appaltante" individuando coloro che effettivamente "sono in grado di manifestare all'esterno al volontà dell'azienda" (Cons. Stato, Sez. V, n. 375/2009), ha ricercato, in via interpretativa, di ampliare l'ambito di applicazione della disposizione includendo nel novero dei necessari dichiaranti anche soggetti che, pur non ricoprendo le specifiche cariche indicate, siano, tuttavia, titolari di ampi poteri decisionali tali da consentire di determinare gli indirizzi di gestione dell'impresa.
Secondo il richiamato orientamento occorrerebbe "avere riguardo alle funzioni sostanziali del soggetto, più che alle qualifiche formali, altrimenti la ratio legis potrebbe venire agevolmente elusa e dunque vanificata" (Cons. Stato, Sez. VI, n. 523/2007 - nella fattispecie concreta il Tribunale ha attribuito valore dirimente alla titolarità, in capo ai soggetti tenuti alla dichiarazione, del potere decisionale in ordine alla partecipazione alla gara ed alla formulazione dell'offerta: potere che non risulta essere stato delegato ai suindicati procuratori) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 15.10.2009 n. 4802 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sui soggetti tenuti a rendere la dichiarazione di cui all'art. 38, c. 1, lett. b), del D. L.vo n. 163/2006.
Un reato di lieve entità è oggettivamente inidoneo ad incidere sul giudizio di affidabilità morale e professionale del concorrente.

- L'art. 38, c. 1, lett. b), del D. L.vo n. 163/2006, con riferimento alla società per azioni, individua i soggetti tenuti a rilasciare la prescritta dichiarazione negli amministratori muniti di poteri di rappresentanza o nel direttore tecnico.
Nonostante la specifica previsione normativa, parte della giurisprudenza, ispirata dalla ratio sottesa alla norma "di verificare la affidabilità complessivamente considerata dell'operatore economico che andrà a stipulare il contratto di appalto con la stazione appaltante" individuando coloro che effettivamente "sono in grado di manifestare all'esterno al volontà dell'azienda", ha ampliato l'ambito di applicazione della disposizione includendo nel novero dei necessari dichiaranti anche soggetti che, pur non ricoprendo le specifiche cariche indicate, siano, tuttavia, titolari di ampi poteri decisionali tali da consentire di determinare gli indirizzi di gestione dell'impresa.
Secondo il richiamato orientamento occorrerebbe "avere riguardo alle funzioni sostanziali del soggetto, più che alle qualifiche formali, altrimenti la ratio legis potrebbe venire agevolmente elusa e dunque vanificata".
L'elemento formale dell'investitura nella carica sociale dovrebbe, quindi, essere integrato da un'analisi nel concreto dei poteri effettivamente conferiti al fine di individuare, e sottoporre ai prescritti oneri dichiarativi, anche i soggetti che, indipendentemente dalla carica ricoperta, risultino essere titolari di poteri decisionali al pari di un amministratore o di un direttore tecnico.
- Nel caso in cui il fatto reato in relazione al quale è intervenuta una condanna sia di lieve entità esso è oggettivamente inidoneo ad incidere sul giudizio di affidabilità morale e professionale del concorrente (TAR Lombardia, Milano, Sez. I, sentenza 15.10.2009 n. 4802 - link a www.
dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI1. Art. 97 Cost. - Allegato II B del D.lgs. 163/2006 - Applicazione del principio di pubblicità, imparzialità e buon andamento dell'azione pubblica - Necessità.
2. Principio di pubblicità - Regola generale ex art. 97 Cost. - Necessità della pubblicità della sedute di apertura dei plichi - Violazione del principio - Illegittimità dell'intera gara.

1. La riconducibilità del servizio appaltato all'All. II B del Codice dei Contratti pubblici non esonera le amministrazioni aggiudicatici dall'applicazione dei principi generali in materia di affidamenti pubblici, desumibili dalla normativa comunitaria e nazionale e, in particolare, del principio di pubblicità, espressione dei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 Cost. (Cons. Stato, Sez. VI, 03.12.2008, n. 5943; 22.04.2008, n. 1856; 08.10.2007, n. 5217; 22.03.2007, n. 1369; TAR Lazio, Sez. III-ter, 05.02.2008, n. 951).
2. Il principio di pubblicità delle sedute trova immediata applicazione indipendentemente da una sua espressa previsione nell'ambito della lex specialis di gara, atteso che costituisce una regola generale riconducibile direttamente ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 Cost., trovando, di conseguenza, immediata e piena cittadinanza in quella azione amministrativa specificamente volta alla scelta del miglior contraente (TAR Lombardia, Milano,I Sez., 21.02.2007, n. 335; così anche Tar Lombardia, sez. III, 26.07.2004, n. 3179).
Il rispetto del principio in disamina impone la necessaria pubblicità delle sedute di gara dedicate alla apertura dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e l'offerta economica, trattandosi di fasi concorsuali in cui non ricorre alcuna esigenza di riservatezza (TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 11.03.2003, n. 436).
Per tali ragioni la violazione del principio di pubblicità integra un profilo di illegittimità tale da travolgere l'intera procedura di gara (Cons. Stato, Sez. V, 07.11.2006, n. 6529) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 15.10.2009 n. 4801 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla necessità o meno di escludere una impresa che abbia inserito ulteriore documentazione, sulla possibilità o meno di prevedere una seduta segreta per alcune fasi di gara, sulla legittimità o meno della valutazione in forma numerica delle offerte nel caso in cui sia previsto il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e sul metodo del c.d. confronto a coppie.
Il principio secondo cui l’onere di impugnazione si concretizza per l’interessato nel momento in cui esso viene escluso, non si applica anche nel caso di omessa esclusione di altro concorrente; per tale ipotesi, invece, continua a valere il principio generale secondo il quale la lesione diventa attuale e definitiva soltanto con l’aggiudicazione.
I principi di pubblicità e trasparenza delle sedute della commissione di gara non sono assoluti, ma sono derogabili dalla "lex specialis", la quale, ove trattisi di gara svolta con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ben può prevedere la valutazione in seduta riservata dell'offerta tecnica e, per esigenze di economicità della procedura, anche che tanto sia effettuato previa apertura delle relative buste nel corso della seduta stessa: l’obbligo di pubblicità delle sedute delle commissioni di gara riguarda esclusivamente la fase dell’apertura dei plichi contenenti la documentazione e l’offerta economica dei partecipanti, e non anche la fase di apertura e valutazione delle offerte tecniche.
Con riguardo all’apertura dell’offerta economica, non esiste alcuna regola espressa, e nemmeno alcuna pronuncia della Corte di Giustizia, circa l'obbligo incondizionato delle stazioni appaltanti di assicurare sempre la pubblicità di tale operazione, che può avvenire in seduta non pubblica qualora la gara comporti, come nel caso del metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa, una comparazione di più fattori.
Il verbale della gara di appalto è dotato, sul piano probatorio, di una forza privilegiata tale che esso fa piena prova, fino a querela di falso, oltre che della sua provenienza e delle dichiarazioni delle parti, degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti; ne consegue che il verbale di gara non può essere oggetto di impugnazione per la materiale operazione di verifica del contenuto delle buste presentate dai concorrenti, cioè per la mera attività di verbalizzazione di fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale, attività che non consente margine di apprezzamento discrezionale e la cui contestazione non può che assumere la forma della querela di falso.
Secondo l’orientamento ormai prevalente, il punteggio numerico può essere considerato sufficiente a motivare gli elementi dell'offerta economicamente più vantaggiosa soltanto nell'ipotesi in cui il bando di gara abbia espressamente predefinito specifici, obiettivi e puntuali criteri di valutazione, visto che tale criterio di aggiudicazione svincola l'amministrazione da una valutazione meccanica, attribuendole un potere fortemente discrezionale.
Tale esigenza risponde al principio di correttezza dell'azione amministrativa, ineludibile per tutte le procedure ad evidenza pubblica, a garanzia dell'imparziale svolgimento di tali procedimenti ed al fine di consentire la verifica dell'operato della P.A., sia da parte del privato interessato che del Giudice amministrativo, il quale deve poter ricostruire l'iter logico seguito dalla stazione appaltante (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.10.2009 n. 6311 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTICONTESTAZIONE DEL BANDO DI GARA SENZA DOMANDA DI PARTECIPAZIONE: QUANDO E' CONSENTITA...
1. Bando - Impugnazione - Da parte di impresa non partecipante alla gara - Possibilità - Casi - Ragioni.
2. Criteri e principi - Aggiudicazione - Impugnazione - Interesse ad agire - Soggetti titolari - Disciplina - Ragioni.
3. Bando - Assenza di pubblicazione - Legittimità - Condizioni e presupposti necessari.

1. In caso di impugnazione della lex specialis di gara da parte di un'impresa appartenente al settore coinvolto dalla procedura, che già in base alle prescrizioni del bando (ritenute illegittime) verrebbe esclusa, non è richiesto che tale soggetto sia poi tenuto a presentare domanda di partecipazione alla gara al fine di potere contestare le clausole del bando per lui lesive.
Ciò in quanto ogni impresa operante in un determinato settore ha un interesse tutelato a contestare anche la scelta della P.A. di non procedere all'indizione di una procedura di gara pubblica a tutela del principio della libera concorrenza e del criterio di effettività del diritto alla tutela giurisdizionale, atteso che la mancata indizione di una procedura di evidenza pubblica lede il suo interesse sostanziale a competere, secondo pari opportunità, ai fini dell'ottenimento di commesse da aggiudicarsi secondo le prescritte procedure.
Inoltre, non è necessario che essa dimostri di possedere tutti i requisiti tecnici e finanziari occorrenti per partecipare alla gara, risultando l'interesse fatto valere indirizzato a censurare la soluzione organizzativa adottata e non già a riportarne l'aggiudicazione, atteso che con l'accoglimento del ricorso viene soddisfatto l'interesse strumentale tendente alla rimessa in discussione del rapporto controverso (Cons. Stato, sez. V, 16-06-2009 n. 3891).
2. Tutte le imprese operanti nell'ambito dei lavori o dei servizi da aggiudicare hanno un interesse qualificato ad impugnare l'atto con cui la P.A. decida di aggiudicare il contratto a trattativa privata (Cons. Stato, sez. V, 16-06-2009 n. 3903), poiché tutti gli operatori economici del settore sono titolari di un interesse strumentale alla effettuazione della gara, in quanto aspiranti partecipanti alla stessa.
Né a tal fine risulta necessario che l'impresa del settore ricorrente dimostri di possedere tutti i requisiti tecnici e finanziari occorrenti per partecipare alla gara, atteso che con l'accoglimento del ricorso viene soddisfatto l'interesse strumentale tendente alla rimessa in discussione del rapporto controverso e alla possibilità di partecipare alla gara per l'affidamento dei lavori, servizio o fornitura, nella cui futura ed eventuale sede l'Amministrazione potrà verificare se l'impresa possiede in concreto i requisiti per prendervi parte (Cons. Stato, sez. V, 24-11-2008 n. 5693).
3. Il ricorso alla procedura senza pubblicazione del bando di cui all'art. 57 comma 2, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006 trova fondamento nella presenza di circostanze eccezionali che non consentano l'indugio degli incanti e della licitazione privata, a condizione però che l'estrema urgenza risulti da eventi imprevedibili per la stazione appaltante e non dipenda invece da un ritardo di attivazione dei procedimenti ad essa imputabile e solo quando l'estrema urgenza non sia compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara (TAR Lazio Roma, sez. I, 18-02-2009 n. 1656; TAR Piemonte, sez. I, 24-11-2008 n. 2943) (TAR Abruzzo-Pescara, Sez. I, sentenza 14.10.2009 n. 589 - link a http://mondolegale.it).

APPALTI: S. Cresta, Gare d’appalto: le novità in tema di controllo e collegamento tra concorrenti (link a www.altalex.com).

APPALTI: M. Sperduti, Il requisito della moralità professionale di cui all’art. 38, c. 1, lett. c), del D.lgs. n. 163 del 2006 alla luce della recente giurisprudenza amministrativa (link a www.diritto.it).

APPALTI: G. Lucarini, L’arbitrato in materia di lavori pubblici tra schizofrenia legislativa e preesistenti profili di incostituzionalità (link a www.diritto.it).

APPALTI: I. Filippetti, Prime note a margine della “norma antiracket” contenuta nella lettera m-ter) dell’articolo 38 del Codice dei contratti pubblici (link a www.amministrazioneincammino.luiss.it).

APPALTI: S. Cresta, La nuova causa di esclusione dalle gare ex art. 38 del Codice degli appalti introdotta dal c.d. pacchetto sicurezza (L. 15.07.2009, n. 94) (link a www.altalex.com).

APPALTI: L. Bellagamba, La leggerezza interpretativa del Consiglio di Stato: sarebbe legittimo prevedere l’«esperienza maturata» come parametro di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in quanto da essa possono trarsi «indici significativi (…) dell’affidabilità dell’impresa»! (link a www.linobellagamba.it).

APPALTIRisulta necessario, ai fini dell'applicazione della (pesante) sanzione generale dell'esclusione nelle gare pubbliche, che il precedente penale rinvenuto sia inquadrabile, nell'ambito di un coerente apprezzamento della graduazione, in termini di <grave lesione> della moralità professionale.
La gravità del reato è, dunque, presupposto necessario per poter pronunziare la conseguente sanzione. Qualora invece il precedente penale (dichiarato o non) abbia un grado di lesività di tipo lieve o ordinario l'amministrazione, dopo averlo valutato nella sua sostanza, non può porlo a fondamento di una decisione di esclusione dalla partecipazione alla gara.

La questione controversa, che ha determinato l'esclusione dalla gara successivamente alla già disposta aggiudicazione provvisoria, si concentra sulla portata della dichiarazione concernente i “gravi reati che incidono sulla moralità professionale” prevista all'articolo 38 del Codice dei contratti pubblici.
L’art. 38 del D. Lgs. 163/2006, stabilisce, al punto c), che “Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti:…………..c) nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, <per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale>; è comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all'articolo 45, paragrafo 1, direttiva Ce 2004/18; l'esclusione e il divieto operano se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti: del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale; del socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o consorzio.”
Il punto 2B del Bando, dopo aver riportato per esteso il testo della norma (art. 38) ha precisato, ulteriormente, che la dichiarazione deve contenere tutti i provvedimenti emessi a carico degli interessati, compresi quelli che non risultano nel certificato del casellario ordinario.
L’ing. .............. (direttore Tecnico della società ricorrente) ha compiuto la dichiarazione il 09.01.2009 in termini negativi, utilizzando, peraltro, il modello fornito dalla stessa Amministrazione, barrando le caselle A e B (cfr. doc. 2 del fascicolo Avvocatura comunale).
L'Amministrazione in sede di verifica ha riscontrato l'esistenza a suo carico di un decreto penale di condanna del 2000 per lire 350.000 di ammenda, per ritardo nella comunicazione di informazioni/documentazione all’ufficio del lavoro (contravvenzione contemplata all’art. 4 della L. 22.07.1961 n. 628).
Il Collegio ritiene che, a prescindere dalla circostanza che successivamente è stata dichiarata dal giudice dell’esecuzione di Oristano (il 02.04.2009) l’estinzione del reato ex art. 460 comma 5° c.p.p. (post 2 anni, in caso di contravvenzione), l’omessa dichiarazione, in sede di gara, non può rientrare nella fattispecie normativa in quanto essa, indubbiamente, non coinvolge un “grave reato” incidente la moralità professionale.
Risulta cioè necessario, ai fini dell'applicazione della (pesante) sanzione generale dell'esclusione nelle gare pubbliche, che il precedente penale rinvenuto (e nel ns. caso non dichiarato) sia inquadrabile, nell'ambito di un coerente apprezzamento della graduazione, in termini di <grave lesione> della moralità professionale. La gravità del reato è, dunque, presupposto necessario per poter pronunziare la conseguente sanzione. Qualora invece il precedente penale (dichiarato o non) abbia un grado di lesività di tipo lieve o ordinario l'amministrazione, dopo averlo valutato nella sua sostanza, non può porlo a fondamento di una decisione di esclusione dalla partecipazione alla gara.
La valutazione che l'amministrazione deve compiere deve avvenire nel merito, sia nel caso di dichiarato precedente che in caso di dichiarata assenza.
In sostanza, qualora il soggetto interessato abbia compiuto, come nel caso di specie, una dichiarazione negativa, l'amministrazione non può sostenere che la semplice omissione dell’ indicazione del precedente rappresenti una violazione della norma, trattandosi, in questo caso, semmai di mero falso innocuo. Semmai potrebbe aversi (teoricamente) una difforme valutazione nel giudizio di rilevanza, ma non una dichiarazione mendace.
Non può quindi condividersi una lettura puramente formalistica della disposizione sanzionatoria.
Ed in ogni caso va considerato che il soggetto dichiarante ha attestato l'insussistenza di “condanne per gravi reati in danno dello Stato o della comunità che incidono sulla moralità professionale” (e non l’inesistenza di precedenti in generale), elemento che si è rivelato corretto in considerazione della lievità del precedente penale in questione (decreto penale).
In particolare va evidenziato che l’Autorità di vigilanza lavori pubblici ritiene particolarmente complessa l’individuazione dei reati che sono considerati incidenti sull’affidabilità morale e professionale dell’imprenditore e delle modalità attraverso le quali può essere dimostrata la mancata ricorrenza della condizione in esame (cfr. determinazione 15.07.2003 n. 13). Sicuramente “influiscono sull’affidabilità morale e professionale del contraente i reati contro la pubblica amministrazione, l’ordine pubblico, la fede pubblica ed il patrimonio, se relativi a fatti la cui natura e contenuto siano idonei ad incidere negativamente sul rapporto fiduciario con le stazioni appaltanti per la loro inerenza alle specifiche obbligazioni dedotte in precedenti rapporti con le stesse. La mancanza, tuttavia, di parametri fissi e predeterminati e la genericità della prescrizione normativa lascia un ampio spazio di valutazione discrezionale per la stazione appaltante che consente alla stessa margini di flessibilità operativa al fine di un apprezzamento delle singole concrete fattispecie, con considerazione di tutti gli elementi delle stesse che possono incidere sulla fiducia contrattuale, quali ad. es. l’elemento psicologico, la gravità del fatto, il tempo trascorso dalla condanna, le eventuali recidive” (così si è espressa l’Autorità con determinazione n. 56 del 13.12.2000). Tutti elementi, dunque, che debbono essere valutati dall’Amministrazione.
E la giurisprudenza, in questa precisa materia, ha espressamente affermato, in un caso del tutto analogo a quello oggi in esame, che “è illegittima la determinazione della P.A. di non convalidare l’aggiudicazione provvisoria disposta in favore dell’impresa, a causa della mancata dichiarazione, senza previo apprezzamento in ordine alla capacità di detta condanna di incidere sulla moralità professionale dell’impresa” (TAR Lazio, sez. II, n. 3984 del 20.04.2009).
Né si può sostenere che il bando abbia esteso l’ambito dell’obbligo di dichiarazione delle condanne (con la precisazione aggiunta al punto 2B) in quanto l’Amministrazione non può sostituirsi al legislatore ampliando le fattispecie e/o imponendo obblighi ulteriori, non funzionali all’analisi ed alla pronunzia di esclusione ben definita dall’art. 38 del Codice (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 09.10.2009 n. 1525 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: ATI - Art. 37 d.lgs. n. 163/2006 - Quota di partecipazione -Definizione - Proposta contrattuale - Momento genetico del rapporto.
Dall’art. 37 del d.lgs. n. 163/2006 (che, quanto al settore lavori, è ricognitiva dei principi già desumibili dall’art. 13 della L. 109/1994 e dall’art. 19, commi 3 e 4, della L. 55/1990) risulta chiaramente che deve sussistere una perfetta simmetria tra quota di lavori e quota di effettiva partecipazione al raggruppamento e, ancor prima, che la quota di partecipazione deve essere stabilita e manifestata dai componenti del raggruppamento in uno alla partecipazione alla gara.
La definizione delle quote di partecipazione ad un’ATI non riguarda infatti la fase esecutiva del rapporto sebbene il suo momento genetico; cosicché è nella proposta contrattuale della parte che deve risultare esplicitata l’identità del soggetto contraente ossia, nel caso appunto di partecipazione in associazione temporanea, le quote attribuite a ciascun componente (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 08.10.2009 n. 5196 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: All’Amministrazione è precluso il restringere il numero dei partecipanti alle gare fino al punto da non assicurare una reale concorrenza fra gli stessi. La stazione appaltante può ovviamente elevare la soglia dei requisiti idoneativi al fine di assicurarsi un livello qualitativo adeguato all’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto ma deve tuttavia farlo procedendo ad un equo bilanciamento dei diversi interessi.
Deve aderirsi all’indirizzo giurisprudenziale, anche di questo TAR (fra le ultime, TAR Puglia Lecce, I, 01.07.2008, n. 2017), il quale -sulla scia di importanti pronunce della Corte di Giustizia CE: v. in particolare sent. n. 299 del 14.10.2004; n. 210 del 14.12.2004; n. 463 del 13.05.2003- ritiene all’Amministrazione precluso il restringere il numero dei partecipanti alle gare fino al punto da non assicurare una reale concorrenza fra gli stessi. La stazione appaltante, la quale può ovviamente elevare la soglia dei requisiti idoneativi al fine di assicurarsi un livello qualitativo adeguato all’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto, deve tuttavia farlo procedendo ad un equo bilanciamento dei diversi interessi, non relegando ad un ruolo marginale la tutela della concorrenza e il favor partecipationis, e ciò anche in relazione al disposto dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. 163/2006 (riproduttivo dell’art. 44, comma 3, Direttiva CE 31.03.2005 18/04/CE), secondo cui le informazioni sulla capacità tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori dei servizi non possono eccedere l’oggetto dell’appalto.
Le amministrazioni, in definitiva, ben possono richiedere alle imprese requisiti di partecipazione ad una gara d’appalto più rigorosi e restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla legge, purché però tali ulteriori prescrizioni si rivelino rispettose dei principi di proporzionalità e adeguatezza e siano giustificate da specifiche esigenze imposte dal peculiare oggetto dell’appalto (cfr. TAR Lecce, III, n. 590/2009): il requisito relativo alla certificazione ISO 14001 previsto nel caso in esame, dunque, risultava illegittimo appunto perché non ragionevolmente calibrato con riferimento alle caratteristiche di un appalto rispetto al quale, come scritto, il profilo della tutela ambientale non era presente in modo particolarmente significativo.
Questo è tanto più esatto ove si tenga conto che l’art. 44 del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede che le stazioni appaltanti possano richiedere l’indicazione delle misure di gestione ambientale che l’operatore potrà applicare durante l’esecuzione del contratto “unicamente nei casi appropriati” e che tali casi devono essere previsti mediante regolamento, ai sensi dell’art. 42, primo comma, lett. f, del medesimo testo (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 06.10.2009 n. 2247 - link a
www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla legittimità della disdetta da parte di un sindaco di un rapporto concessorio con la società che gestiva il servizio di illuminazione votiva nel cimitero comunale.
E' legittimo l'atto con cui un sindaco ha comunicato la volontà dell'ente di interrompere il rapporto in corso con la società che gestiva il servizio di illuminazione votiva nel cimitero comunale, nonostante fosse previsto in una clausola del capitolato che la concessione avesse durata di 25 anni e che la stessa fosse tacitamente rinnovabile di anno in anno, salvo regolare disdetta da inviare almeno 6 mesi prima.
La suddetta clausola stipulata prima della legge n. 537 del 1993, pur valida al momento della sua adozione, deve ritenersi inefficace in ragione del chiaro divieto normativo vigente al momento dell'asserita verificazione della rinnovazione tacita. In altri termini, l'incidenza su un rapporto di durata di un divieto normativo intervenuto successivamente alla stipulazione della concessione determina la privazione di efficacia del rapporto stesso.
Si puntualizza che non è corretto qualificare il precetto contenuto nella concessione come nullo, atteso che la nullità attiene ad un vizio strutturale della fattispecie non essendo configurabile una nullità sopravvenuta (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II, sentenza 06.10.2009 n. 1023 - link a www.
dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'obbligo ex art. 38 dlgs. 163/2006 dei partecipanti alle gare di appalto di dichiarare, non già solamente reati gravi, ma tutti quelli ascritti in via definitiva ivi inclusi quelli per i quali sia stato concesso il beneficio della non menzione.
L'art. 38 dlgs. 163/2006 impone ai partecipanti alle gare di appalto di dichiarare, a pena di esclusione dalla gara, non già solamente reati gravi, ma tutti quelli ascritti in via definitiva ai soggetti ivi contemplati, con la conseguenza che "i partecipanti alle gare sono tenuti a rendere dichiarazioni complete e veritiere e, quindi, recanti l'esatta indicazione di tutti i precedenti penali, ivi inclusi quelli per i quali sia stato concesso il beneficio della non menzione".
Né ha pregio alcuno la tesi per la quale, decorso il periodo previsto dalla disciplina penale senza ulteriori condanne, le condanne riportate ex art. 444 cpp perderebbero ipso facto rilevanza agli effetti della ammissione alle pubbliche gare.
A prescindere dal dato che la giurisprudenza ricollega l'effetto estintivo ad una formale pronuncia in tal senso ad opera del Giudice penale (della quale non vi è traccia nella specie), è assorbente la considerazione che le imprese in questione, nella specie, non si sono attenute all'obbligo del clare loqui avendo utilizzato l'espressione "nulla" nella dichiarazione prevista dall'allegato 2 al disciplinare di gara (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.10.2009 n. 6006 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZISulla possibilità, nel caso di appalti di servizi, di valutare la pregressa esperienza delle imprese e sulla necessità o meno di menzionare nei verbali le modalità di conservazione dei plichi.
Il divieto generale di commistione tra le caratteristiche oggettive dell'offerta ("criteri di selezione dell’offerta") e i requisiti soggettivi dell'impresa concorrente ("criteri di selezione dell’offerente"), conosce un’applicazione attenuata nel settore dei servizi, laddove l’offerta tecnica non si sostanzia in un progetto o in un prodotto, ma nella descrizione di un facere che può essere valutato unicamente sulla base di criteri qualiquantitativi, fra i quali ben può rientrare la considerazione della pregressa esperienza dell’operatore, come anche della solidità ed estensione della sua organizzazione d’impresa. Dalla considerazione dell’esperienza maturata da una concorrente possono trarsi indici significativi della qualità delle prestazioni e dell’affidabilità dell’impresa, qualora tali aspetti non risultino preponderanti nella valutazione complessiva dell’offerta.
E’ irrilevante, ai fini della legittimità delle operazioni di gara, il fatto che nei verbali non siano state precisate le modalità con le quali sono stati custoditi i plichi contenenti le offerte, nel caso in cui risulti comunque che i plichi contenenti le offerte siano stati aperti in seduta pubblica, previo controllo della loro integrità e risulti altresì che l’organo di gara ha usato alcune cautele nella custodia degli atti (depositandoli in una stanza apposita).
A fronte di tali circostanze, infatti, per fare ritenere illegittime le operazioni, occorre offrire almeno un principio di prova idoneo a far sospettare l’avvenuta alterazione indebita dei pieghi o, comunque, si deve indicare un elemento concreto dal quale desumere l’irregolare svolgimento, sotto questo profilo, della procedura (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.10.2009 n. 6002 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Bando - Requisiti di partecipazione - Valutazione in concreto.
L'adeguatezza e proporzionalità dei requisiti richiesti dal bando va valutata con riguardo all'oggetto in concreto dell'appalto ed alle sue specifiche peculiarità.
La richiesta di un determinato fatturato pregresso per servizi identici va commisurata al concreto interesse della stazione appaltante a una certa affidabilità del proprio interlocutore contrattuale, avuto riguardo alle prestazioni oggetto di affidamento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 02.10.2009 n. 1728 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Contratti della p.a. - Gara - Sigillatura e controfirma buste - Unico lato non preincollato.
2. Contratti della p.a. - Gara - Bando lex specialis - Sigillatura e controfirma buste - Tre lati.
3. Giustizia amministrativa - Esclusione vincitore - mancato ricorso incidentale - aggiudicazione gara al secondo classificato.
4. Giustizia amministrativa - Domanda risarcitoria.

1. L'adempimento formale di sigillatura e controfirma delle buste che compongono le offerte, in linea generale può essere limitato al lembo della busta che viene chiuso da chi la utilizza, con esclusione dei lembi preincollati dal fabbricante
2. In presenza di previsione del bando di gara per cui ciascuna busta, a pena di esclusione, deve essere "debitamente sigillata e controfirmata sui lembi di chiusura", la peculiare 'lex specialis' deve essere interpretata nel senso che tutti i lembi delle buste vanno necessariamente sigillati e controfirmati dai concorrenti, quale garanzia certa e incontrovertibile dell'inalterabilità dell'offerta.
3. Esclusa la vincitrice controinteressata per mancato rispetto del bando, la ricorrente, classificatasi seconda in graduatoria senza contestazioni, non avendo la controinteressata proposto in merito alcun ricorso incidentale, deve necessariamente essere dichiarata vincitrice.
4. In caso di declaratoria di inefficacia del contratto concluso con vincitrice esclusa in esecuzione dell'annullata aggiudicazione, l'amministrazione deve stipulare un nuovo contratto con la nuova vincitrice della gara, per la durata in origine stabilita dalla gara per cui è causa, decorrente però dal momento in cui venga data esecuzione esecuzione.
In tal modo, infatti, alla vincitrice verrà garantito in modo pieno il bene della vita che avrebbe conseguito se la gara si fosse svolta in modo legittimo, sì che, per altro verso, non vi è luogo a riconoscere in suo favore alcun ulteriore e distinto risarcimento pecuniario (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 02.10.2009 n. 1722 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: BANDO DI GARA: PRESENTAZIONE DEL PLICO.
Bando - Lex specialis - Richiesta determinati requisiti - Fattispecie.
La norma del bando di gara, peculiare "lex specialis", che preveda particolari prescrizioni in ordine alle modalità di presentazione dell'offerta (contenuta in un plico debitamente sigillato e controfirmato sui lembi di chiusura), non può non essere interpretata nel senso che tutti i lembi delle buste vanno necessariamente sigillati e controfirmati dai concorrenti, quale garanzia certa e incontrovertibile dell'inalterabilità dell'offerta, uscita dalla loro disponibilità (nel caso concreto, la controinteressata ha adoperato proprio una busta con tre lembi preincollati su quattro, del tipo appena descritto, ma si è limitata, a differenza di quanto ha fatto la ricorrente, a sigillarne con nastro adesivo firmato il solo lembo non preincollato e chiuso al momento dell'utilizzo. Non rispettando la previsione letterale e la ratio del bando, si sarebbe quindi dovuta escludere) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 02.10.2009 n. 1722 - link a
http://mondolegale.it).

APPALTI: D. Argenio, Il subappalto nel nuovo codice dei contratti (01.10.2009 - link a www.dirittoelegge.it).

APPALTI: D. Argenio, I lavori in economia del D.Lgs. 163/2006: amministrazione diretta e cottimo fiduciario (01.10.2009 - link a www.dirittoelegge.it).

APPALTI: D. Argenio  e F. Del Deo, I lavori sotto soglia comunitaria nel codice dei contratti pubblici (01.10.2009 - link a www.dirittoelegge.it).

settembre 2009

APPALTI: L. Bellagamba, La questione del ricalcolo della soglia di anomalia, per difetto di requisiti morali (link a www.linobellagamba.it).

APPALTI: L. Bellagamba, Il difficile problema dell’avvalimento della certificazione di qualità - Quando il bando di gara non è lo schema acquistato al supermercato o scopiazzato da internet … (link a www.linobellagamba.it).

APPALTI: Nelle gare conta il “curriculum” (link a www.mediagraphic.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Testo Unico della Sicurezza: disponibile la tabella di sintesi degli adempimenti per i cantieri e il testo vigente completo degli allegati  (link a www.acca.it).

APPALTI SERVIZI: G. Nicoletti, La riforma dei servizi pubblici locali; prime valutazioni sul D.L. 25.09.2009 n. 135 (link a www.dirittodeiservizipubbli.it).

APPALTI: CONTRATTI - LAVORI DI SOMMA URGENZA.
La norma –applicabile “ratione temporis” al caso esaminato- dell'art. 23, comma 3, del decreto-legge 02.03.1989, n. 66, convertito, con modificazioni, nella legge n. 144 del 1989, secondo cui per i lavori di somma urgenza stabiliti dalle amministrazioni comunali e provinciali l'ordinazione fatta a terzi deve essere regolarizzata improrogabilmente entro trenta giorni e comunque entro la fine dell’esercizio, a pena di decadenza, è applicabile non solo ai contratti di fornitura ma anche ai contratti di appalto di lavori pubblici.
La regolarizzazione, che corrisponde ad un preciso obbligo della P.A., la cui violazione può essere fatta valere non solo dal terzo contraente, ma anche dalla stessa Amministrazione e, se del caso, dall’amministratore o dal funzionario che vi abbia interesse, e che è finalizzata ad evitare l'accumularsi di debiti fuori bilancio, deve intervenire necessariamente nel termine sopra indicato; in mancanza, non può ritenersi sussistente un valido rapporto obbligatorio tra l'Amministrazione ed il terzo (Corte di Cassazione, Sez. III civile, sentenza 28.09.2009 n. 20763 - link a www.cortedicassazione.it).

APPALTI E’ legittima l’esclusione dell’ATI quando non indichi le rispettive quote di partecipazione dei concorrenti riuniti.
E’ obbligo previsto dalla legge quello di indicare, in caso di associazione temporanea di imprese, le quote di partecipazione delle singole imprese partecipanti all’associazione. Si tratta della previsione posta dall’art. 37 comma 13 del Codice dei Contratti Pubblici e si tratta di obbligo che si applica a tutte le tipologie di appalti e quindi anche agli appalti pubblici di lavori.
Poiché questo articolo stabilisce che i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento, è evidente che deve sussistere una perfetta corrispondenza tra quota di lavori e quota di effettiva partecipazione al raggruppamento e che vi è la necessità che la quota di partecipazione debba essere stabilita e manifestata dai componenti del raggruppamento all’atto della partecipazione alla gara (Cons. St., V Sez., 07.05.2008, n. 2079).
Tali considerazioni evidenziamo l’importanza dell’informazione circa le quote: si tratta di un requisito di ammissione alla gara. Si deve provvedere ad esso già nella domanda di partecipazione alla gara e non in sede di esecuzione del contratto.
L’obbligo di comunicazione delle quote non impatta sul principio di matrice comunitaria secondo il quale vige il divieto di imporre alle ATI costituende forme giuridiche determinate: difatti l’obbligo di indicare le quote di partecipazione delle imprese singole non configura l’esigenza di una forma giuridica particolare in quanto riguarda esclusivamente la distribuzione fra le imprese dei lavori in appalto. Un tale obbligo dunque riguarda un dato obiettivo che non incide sulla configurazione giuridica delle imprese associate.
Infine, la richiesta di siffatto adempimento è in linea con il rispetto del principio di proporzionalità, in quanto la sua esecuzione da parte delle partecipanti permette all’amministrazione di valutare fin dall’inizio i requisiti dei componenti l’associazione in relazione alla parte di appalto di pertinenza (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.09.2009 n. 5817 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIAccesso agli atti - Art. 13, comma 6, D.lgs. 163/2006 - Art. 22 e ss. L. 241/1990 - Richiesta della documentazione tecnica degli altri concorrenti - Tutela dei propri interessi in sede giudiziaria - Diritto alla riservatezza degli altri concorrenti - Prevalenza del diritto di accesso.
Considerato che, ai sensi dell'art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 163/2006, è consentito l'accesso al concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell'ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso e che, ai sensi degli artt. 22 e ss. della legge n. 241/1990, l'accesso agli atti è consentito al fine di tutelare un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l'accesso (considerato, inoltre, che, nella fattispecie in questione, la ricorrente ha richiesto l'accesso alla documentazione tecnica delle altre partecipanti alla gara, ed in particolar modo dell'aggiudicataria, per controllare la rispondenza di tale documentazione tecnica alle specifiche richieste dalla lex specialis di gara, al fine ultimo della tutela dei propri interessi giuridici in sede giudiziaria), va concluso che la ricorrente vanti un interesse giuridicamente rilevante ad ottenere l'accesso alla documentazione tecnica oggetto dell'istanza in questione, prevalendo, dunque, il diritto di accesso della stessa sull'esigenza di riservatezza degli altri partecipanti alla gara ed in particolare dell'aggiudicataria (sul punto cfr. la sentenza del medesimo Collegio n. 4730/2009, in cui il Tribunale, pur condividendo i principi sopra enunciati, non ha riconosciuto in capo al ricorrente l'esistenza di un interesse giuridicamente rilevante) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 25.09.2009 n. 4729 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: GARA D'APPALTO - OFFERTE ANOMALE - GIUSTIFICAZIONI PREVENTIVE A CORREDO DELL'OFFERTA - INCOMPLETEZZA - ESCLUSIONE DALLA GARA - ILLEGITTIMITA' - CONTRADDITTORIO SUCCESSIVO - NECESSITA'.
In tema di offerte anomale, il contraddittorio successivo deve consentire alle imprese partecipanti, le cui offerte siano sospettate di anomalia, la piena facoltà di far valere le proprie ragioni e di esporre i chiarimenti necessari, posto che funzione dei giustificativi richiesti in sede preliminare è solo quella di far avere alla stazione appaltante una prima indicazione relativamente alla congruità del prezzo offerto. Ne consegue che le clausole del bando di gara, che contemplino la presentazione di giustificazioni a corredo dell’offerta, costituiscono strumenti di celerità e semplificazione del procedimento; pertanto l’eventuale incompletezza dei giustificativi richiesti preliminarmente non esonera l’Amministrazione dall’espletamento della successiva fase in contraddittorio. La richiesta dei giustificativi,anche se formulata dalle regole della gara ai fini della partecipazione alla stessa,non costituisce un elemento dell’offerta richiesto ai fini dell’ammissione, ma un corredo dell’offerta funzionale alla verifica di anomalia.
La prescrizione del bando che impone la presentazione delle giustificazioni unitamente all’offerta al fine di accelerare l’iter del procedimento va correlata alle esigenze essenziali dello stesso, quali chiarite dall’interpretazione del giudice comunitario. L’assenza o l’incompletezza delle giustificazioni presentate ex ante non influisce sulla regolarità della gara perché non altera la par condicio,né si può ritenere che rientri nei poteri della stazione appaltante di richiedere il relativo adempimento a pena di esclusione.
La necessità,più volte ribadita dal giudice comunitario,che la valutazione di anomalia avvenga in base ad un completo contraddittorio con l’impresa interessata,porterebbe infatti alla disapplicazione della prescrizione, perché contrastante con la disciplina comunitaria.
L’Amministrazione avrebbe dunque dovuto, considerando i giustificativi insufficienti, procedere al riesame degli stessi in contraddittorio con l’impresa interessata, essendo impedito alla Amministrazione di procedere ex abrupto all’esclusione del concorrente per incompletezza dei giustificativi.
In altri termini, la Commissione di gara, prima di formulare qualsivoglia definitivo giudizio di anomalia dell’offerta, doveva richiedere le giustificazioni ulteriori prescritte dai successivi art. 87 e 88 del citato D.lgs. 163/2006 in contraddittorio (art. 87, “quando un’offerta appaia anormalmente bassa, la stazione appaltante richiede all’offerente le giustificazioni, eventualmente necessarie in aggiunta a quelle già presentate a corredo dell’offerta, ritenute pertinenti in merito agli elementi costitutivi dell’offerta medesima”) (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 24.09.2009 n. 2186 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI: Offerta economicamente più vantaggiosa - Rilevanza del profilo tecnico-qualitativo rispetto a quello economico - Determinazione - Discrezionalità amministrativa - Attribuzione del punteggio numerico - Sufficienza - Sindacato del giudice - Limiti.
Quando il criterio di aggiudicazione di un appalto sia quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, rientra nella discrezionalità della stazione appaltante determinare la rilevanza del profilo tecnico-qualitativo rispetto a quello economico; in tali casi la valutazione tecnica espressa dalla Commissione di gara che consiste nell’attribuzione di un semplice punteggio numerico nell’ambito della forcella prestabilita è idonea ad assolvere all’onere di motivazione e non è sindacabile da parte del giudice amministrativo, tramite consulenza tecnica, salvo il caso in cui presenti profili di illogicità, irragionevolezza o travisamento (Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 22.11.2006, n. 6835 e 18.12.2006, n. 7578; Sez. V, 28.12.2006, n. 8076 e 25.07.2006, n. 4657) (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, sentenza 24.09.2009 n. 683 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTICessione del ramo d'azienda - Obbligo di produrre le dichiarazioni di moralità riferite anche degli amministratori dell'impresa cedente - Non sussiste se non previsto dal bando.
Laddove il bando di gara nulla prescriva, non sussiste in capo all'impresa cessionaria del ramo d'azienda necessario per la partecipazione alla gara, l'obbligo di presentare in sede di offerta le dichiarazioni di moralità di cui all'art. 38, co. 1, lett. c), anche relativamente agli amministratori dell'impresa cedente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 23.09.2009 n. 4722 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Annullamento dell'aggiudicazione - Risarcimento del danno - Colpa dell'Amministrazione - Presunzione - Scusabilità - Distribuzione dell'onere della prova.
2. Risarcimento del danno (lucro cessante) - Prova del quantum a carico dell'impresa.

1. Secondo l'orientamento prevalente, al privato non è chiesto un particolare sforzo probatorio per dimostrare la colpa dell'Amministrazione potendo invocare l'illegittimità del provvedimento quale presunzione (semplice) della colpa.
Spetterà a quel punto all'amministrazione dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, configurabile in caso di contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata (Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 03.06.2006 n. 3981).
2. La quantificazione del lucro cessante (mancato utile che l'impresa avrebbe ritratto dal contratto) per la mancata aggiudicazione di un appalto esige la prova rigorosa a carico dell'impresa della percentuale di utile effettivo che essa avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria del contratto, desumibile in via principale dall'esibizione dell'offerta economica prestata in sede di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 1563/2005 e Cons. Stato, sez. IV, n. 478/2003) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 23.09.2009 n. 4721 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: R. De Nictolis, LE NOVITÀ DELL’ESTATE IN MATERIA DI OFFERTE ANOMALE - Intervento al Convegno organizzato da IGI in Roma, 23.09.2009 (link a www.osservatorioappalti.unitn.it).

APPALTI: F. A. Caputo, MANCATA SPECIFICAZIONE DEI SUB-CRITERI: IMPUGNABILITÀ IMMEDIATA? - Intervento al Convegno organizzato da IGI in Roma, 23.09.2009 (link a www.osservatorioappalti.unitn.it).

APPALTI: M. De Vita, LA CESSIONE DEL CREDITO ED I RIMEDI PER I RITARDI NEI PAGAMENTI DELLA PA. ELEMENTI NORMATIVI GIURISPRUDENZIALI E DI PRASSI - Intervento al Convegno organizzato da IGI in Roma, 23.09.2009 (link a www.osservatorioappalti.unitn.it).

APPALTIANNOTAZIONI PRESSO L'OSSERVATORIO DEI CONTRATTI PUBBLICI RELATIVI A LAVORI, SERVIZI E FORNITURE.
1.- Partecipazione e qualificazione - Requisiti generali - Mancanza - Esclusione - Comunicazione all'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.
2.- Partecipazione e qualificazione - Requisiti generali - Mancanza - Comunicazione all'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Funzione - Discrezionalità - Non sussiste.
3.- Partecipazione e qualificazione - Requisiti generali - Mancanza - Impugnazione atto esclusione dalla gara - Interesse - Sussiste.
4.- Partecipazione e qualificazione - Requisiti generali - Mancanza - Atto di esclusione dalla gara - Presupposto all'iscrizione nel Casellario informatico - Onere di impugnazione - Sussiste - Fattispecie.

1.- L'esclusione da una pubblica gara per l'affidamento di appalto per dichiarazione mendace nel corso della stessa, oltre a determinare l'estromissione dalla gara, fa sorgere, altresì, l'obbligo per le stazioni appaltanti di comunicazione all'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui all'art. 7, codice degli appalti, che riceve tutte le notizie che riguardino le imprese qualificate e le gare cui esse partecipino, il che è condizione sufficiente per l'attivazione del procedimento che si conclude con l'annotazione nel Casellario informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture istituito presso l'Osservatorio ai sensi del citato art. 7 co. 10; per tale ultimo aspetto, se da un lato assume importanza fondamentale per l'impresa conoscere le ragioni in forza delle quali è stata disposta l'esclusione, dall'altro è indubitabile come la stessa, avuta contezza di ciò, se ritiene priva di fondamento giuridico, oltre che fattuale, la rilevata violazione, non possa fare altro che attivare i rimedi previsti dall'ordinamento per la rimozione degli effetti di tale esclusione, in quanto gli stessi non sono circoscrivibili alla sola espulsione dalla procedura concorsuale, ma estensibili anche agli ulteriori effetti che l'ordinamento stesso ha previsto.
2.- La natura dell'attività posta in essere dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture in sede di inserimento dei dati nel casellario informatico sulla base delle segnalazioni pervenute, è da considerarsi meramente esecutiva, con la conseguenza che, nella struttura della norma dell'art. 27, D.P.R. 25.01.2000 n. 34, non compete all'Autorità una verifica preliminare dei contenuti sostanziali delle segnalazioni, ad eccezione della verifica di riconducibilità delle stesse alle ipotesi tipiche elencate dalla norma medesima ; peraltro, mancando ogni discrezionalità in capo all'Autorità, è escluso, altresì, l'obbligo di motivazione e l'applicazione di istituti partecipativi (comunicazione di avvio, contraddittorio).
3.- Il concorrente in una gara d'appalto è titolare di un vero e proprio interesse sostanziale a non subire i pregiudizi derivanti dalla segnalazione all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ed alla successiva annotazione nel casellario informatico della sua esclusione, sempre che abbia assolto l'onere di impugnare il provvedimento di esclusione da cui sia evincibile la ragione a supporto della relativa adozione.
4.- Rispetto all'accertamento ed ai contenuti propri dell'atto di revoca, i successivi provvedimenti dell'amministrazione costituiscono espressione di attività vincolata, con la conseguenza che non è possibile indirizzare verso gli stessi censure che logicamente andavano rivolte verso l'atto presupposto, con conseguente declaratoria di inammissibilità del gravame non proposto anche avverso l'atto lesivo (la società ricorrente, pertanto, non poteva considerarsi esonerata dall'onere di impugnazione dell'atto lesivo, anche al fine di evitare l'ulteriore effetto della annotazione nel Casellario informatico, in base al solo fatto che la Stazione appaltante ha ritenuto per ragioni di opportunità, e comunque del tutto estranee alla odierna ricorrente, di annullare la gara, dovendo considerarsi perdurante l'interesse ad impugnare l'esclusione, proprio al fine di far valere le ragioni che oggi, invece, adduce avverso i soli atti consequenziali alla determinazione espulsiva) (TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter, sentenza 21.09.2009 n. 9039 - link a
http://mondolegale.it).

APPALTIViolazione delle disposizioni che disciplinano la partecipazione alla gara - Esclusione dalla procedura selettiva - Prescrizione espressa - Necessità.
La violazione degli adempimenti imposti alle imprese partecipanti ai pubblici appalti dalla legge e dalla documentazione di gara è causa di esclusione dalla procedura selettiva soltanto ove tale conseguenza sia espressamente prevista nella lex specialis (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. I, n. 5673/2008) (nella fattispecie il Collegio ha ritenuto che l'obbligo di presentazione in sede di offerta del cronoprogramma, così come previsto dal bando, non fosse assistito da una specifica sanzione e quindi che, nel silenzio della legge di gara, non si imponesse l'esclusione a carico delle imprese inadempienti) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 21.09.2009 n. 4688 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: ADEMPIMENTI PER LA PARTECIPAZIONE ALLA GARA.
1.- Bando - Legge di gara - Eterointegrazione con le norme di legge - Mancata produzione di un documento - Esclusione dalla gara - Non sussiste
2.- Codice dei contratti pubblici - Limiti alle cause di esclusione dei partecipanti - Sussistono.

1.- Nonostante nel nostro ordinamento viga il principio della eterointegrazione della legge di gara -(che nel caso di specie non prevedeva nulla in ordine al deposito del crono-programma delle lavorazioni unitamente all'offerta)- ad opera delle prescrizioni normative che impongono un determinato adempimento (artt. 42 co. 2, D.P.R. n. 554/1999 e 73 D.P.R. n. 170/2005 secondo cui "nei casi di appalto-concorso e di appalto di progettazione esecutiva ed esecuzione, il crono-programma è presentato dall'appaltatore unitamente all'offerta"), tale assunto, non può tuttavia essere spinto sino al punto da teorizzare l'esclusione dalla gara quale conseguenza del mancato adempimento della prescrizione, per la ragione che vige in materia, in omaggio al canone generale del favor partecipationis, il principio della necessaria tipicità delle cause di esclusione e che non ogni inadempimento alle prescrizioni di gara comporta, per ciò stesso, tale esito definitivo.
2.- Il Codice dei contratti contiene prescrizioni e modalità procedimentali la cui violazione non sempre comporta, quale conseguenza, l'esclusione dalla gara. Se da un lato, quindi, la violazione degli adempimenti di cui all'art. 38 comporta, nella generalità dei casi, l'esclusione dalla gara, vi sono alcuni casi nei quali, la violazione dell'obbligo di legge non implica una sanzione così severa, come avviene ad esempio laddove sia violato l'obbligo di produzione delle giustificazioni preventive relative alle voci di prezzo, a corredo dell'offerta economica, prescritto dagli artt. 86 co. 5 e 87 co. 2. (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 21.09.2009 n. 4688 - link a
http://mondolegale.it).

APPALTIReati gravi che incidono sulla moralità professionale - Non annotati nel casellario giudiziale - Valutazione - Discrezionalità dell'amministrazione.
Ai sensi dell'art. 38 del d.lgs. 12.04.2006 n. 163 spetta al concorrente, nella dichiarazione sostitutiva attestante il possesso dei requisiti richiesti per l'ammissione alla gara, stabilire quali reati non annotati nel casellario giudiziale possano incidere, per la loro gravità, sulla sua moralità professionale.
Tuttavia, la valutazione in concreto della rilevanza dei precedenti penali non annotati nel casellario sotto il profilo della effettiva incisione della "moralità professionale" dell'imprenditore, in assenza di parametri posti dal predetto art. 38 del Codice degli appalti pubblici, è affidata alla discrezionalità dell'Amministrazione appaltante in sede di controllo e per tal via è sindacabile da parte del Giudice amministrativo soltanto per travisamento dei fatti ed errore nei presupposti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 21.09.2009 n. 4687 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIFalsa dichiarazione del possesso dei requisiti generali ex art. 38 d.lgs. n. 163/2006 - Escussione della fideiussione provvisoria e segnalazione all'Autorità - Legittima.
L'aver reso dichiarazioni non veritiere in sede di gara in merito al possesso dei requisiti di ordine generale di cui all'art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 comporta, oltre all'immediata esclusione dalla procedura selettiva, anche l'escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione all'Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici da parte dell'Amministrazione aggiudicatrice, giusta il generale disposto dell'art. 6, co. 11, del d.lgs. n. 163/2006 e dell'art. 27, co. 1, del D.P.R. n. 34/2000 (nella fattispecie l'Amministrazione, successivamente all'aggiudicazione provvisoria, aveva avuto evidenza di pregresse irregolarità contributive definitivamente accertate commesse dall'impresa) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 21.09.2009 n. 4686 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZINelle gare conta il curriculum. Il Consiglio di stato interpreta la giurisprudenza comunitaria in materia di valutazione delle offerte. Legittimo valutare elementi soggettivi del concorrente.
In sede di valutazione delle offerte di un appalto è legittimo valutare elementi soggettivi del concorrente, legati ai servizi analoghi già svolti, se essi sono strettamente attinenti all'oggetto dell'appalto e se consentono una valutazione sulla qualità della prestazione che dovrà essere fornita; l'avvalimento al 100% non è ammesso.
È quanto afferma, interpretando la giurisprudenza comunitaria, il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza del 18.09.2009 n. 5626 rispetto ad una gara di appalto per la valorizzazione e manutenzione di aree a verde.
Il bando chiedeva la qualificazione Soa nella categoria Os 24, ma precisava che avrebbe costituito elemento valutativo dell'offerta l'iscrizione nella categoria «Os25: Scavi archeologici», trattandosi per la quasi totalità di interventi sui parchi archeologici di Roma (Palatino Foro Romano, Terme di Diocleziano, Parco delle Tombe Latine, Terme di Caracolla).
Per il Consiglio di Stato si trattava quindi di valutare se la scelta dell'amministrazione (che premia il possesso della Os 25 in sede di valutazione delle offerte) fosse legittima, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia che ha tenuto sempre ben separate le fasi della qualificazione alla gara e della valutazione delle offerte, vietando l'utilizzo di elementi soggettivi in fase di aggiudicazione.
A tale proposito i giudici danno conto di due orientamenti: un primo filone che, passando attraverso una rigida interpretazione letterale dei principi enunciati in sede comunitaria, ritiene illegittima ogni commistione tra elementi propri dell'offerta e requisiti di capacità dell'offerente; un secondo per il quale legittimamente l'Amministrazione appaltante può, nel bando di gara, privilegiare le imprese che abbiano svolto attività identiche a quella oggetto dell'appalto, attribuendo loro uno specifico punteggio utile ai fini dell'aggiudicazione. In questo caso lo svolgimento di servizi analoghi a quelli oggetto della gara può costituire un adeguato indice rilevatore dell'affidabilità e quindi della «qualità».
La sentenza sposa quest'ultimo orientamento legittimando l'utilizzo di elementi di carattere soggettivo legittimo, nella misura in cui questi aspetti dell'attività dell'impresa possano illuminare la qualità dell'offerta e siano strettamente legati all'oggetto dell'appalto. Si deve trattare, in altre parole, di «elementi attinenti alle imprese concorrenti che si riverberano, senza incertezze (e purché ad essi non sia attribuito un peso, in termini di punteggio, preponderante) sulla qualità del servizio oggetto della procedura evidenziale».
Ecco, allora, che lo svolgimento di servizi analoghi (svolti nell'ambito archeologico) a quelli oggetto della gara può costituire un adeguato indice rilevatore dell'affidabilità e quindi della «qualità»; altro sarebbe se vi fosse un riferimento al pregresso limitato ai soli aspetti quantitativi perché si introdurre un «fattore limitativo della concorrenza sfavorendo l'entrata sul mercato nuovi imprenditori».
Dalla sentenza risulta quindi del tutto legittimato l'elemento del «merito tecnico» utilizzato nella valutazione degli aspetti «professionali e tecnici» dell'offerta, sia nel dpr 554/1999, sia nello schema di regolamento del Codice.
La sentenza affronta poi anche il profilo dell'avvalimento rispetto al merito tecnico, affermando che «l'istituto dell'avvalimento, quale disciplinato dall'art. 49, dlgs n. 163 del 2006, non può consentire la surroga assoluta nei requisiti attinenti all'imprenditore che partecipa alla gara”. Viceversa la ratio dell'istituto è quella di operare, sul piano dell'esecuzione dei lavori o del servizio, agli effetti dell'integrazione dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico ed organizzativo.
È quindi legittimo, dice la sentenza, che una amministrazione, constatato che l'avvalente possedeva ex se tutti i requisiti partecipativi, ha escluso che si potesse ricorrere all'avvalimento per giovarsene sotto il profilo dell'incremento del punteggio concernente il merito tecnico (articolo ItaliaOggi del 25.09.2009, pag. 15).

APPALTI: Sulla possibilità per l'amministrazione di disporre l'esclusione di offerte che presentino all'evidenza aspetti di inattendibilità.
In capo all'Amministrazione residua sempre, a prescindere da una regola esterna dettata da disposizioni di legge, di regolamento o rinvenibile nel bando di gara, un margine di discrezionalità tecnica che, nel prudente apprezzamento della stazione appaltante, può investire le componenti dell'offerta nella loro serietà e congruità -in relazione all'oggetto della gara ed alle modalità di esecuzione del contratto- e che consente di disporre l'esclusione di offerte che presentino all'evidenza aspetti di inattendibilità.
Una mancanza per dir così strutturale, in quanto connessa all'intero svolgimento del servizio, ben difficilmente può essere superata attraverso una richiesta integrativa da parte della Commissione, che finirebbe per conculcare, per altra via, il principio della par condicio dei partecipanti alla procedura (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.09.2009 n. 5597 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla verifica dell'anomalia dell'offerta.
L'anomalia dell'offerta impone una fase di contraddittorio con l'impresa. In base a tale parametro non v'è dubbio che una esclusione dalla gara sulla sola base dell'anomalia dell'offerta non sottoposta a verifica in alcun modo e senza che il concorrente abbia modo di presentare le proprie giustificazioni si porrebbe in evidente contrasto con le indicazioni sopra richiamate.
Il giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme e costituisce espressione paradigmatica di un potere tecnico-discrezionale dell'amministrazione di per sé insindacabile in sede di legittimità, salva l'ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione o affette da errori di fatto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.09.2009 n. 5589 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Bando di gara - Previsioni equivoche - Principio della massima partecipazione.
In caso di previsione equivoca del bando di gara o di difforme interpretazione non è possibile procedere alla esclusione della ditta che sarebbe incorsa in errore, dovendosi invece favorire la massima partecipazione alla gara intendendosi in tal modo raggiunto l'obiettivo dell'interesse pubblico che è volto a confrontarsi con la platea quanto più vasta possibile di soggetti economicamente idonei a rendere il servizio richiesto.
Somministrazione di lavoro - D.Lgs. n. 276/2003 - Lavoratore somministrato - Procedura selettiva per appalti pubblici - Computo entro la consistenza organizzativa dell’imprenditore - Fondamento.
Secondo il decreto legislativo n. 276 del 2003 la somministrazione di lavoro è posta in essere attraverso la stipulazione di due contratti, distinti ma collegati: il contratto di somministrazione di lavoro concluso tra il somministratore e l’utilizzatore, il contratto di lavoro concluso tra somministratore e lavoratore; il contratto può essere sia a tempo determinato che a tempo indeterminato.
Ora, è vero che il lavoratore in somministrazione non è computato nell'organico dell'utilizzatore ai fini dell'applicazione di normativa di legge o di contratto collettivo, fatta eccezione per quelle relative alla materia dell'igiene e della sicurezza sul lavoro; tuttavia il lavoratore somministrato lavora per tutta la durata del rapporto sotto le direttive e nell'interesse dell'utilizzatore, ragion per cui detti lavoratori ben potranno essere computati ai fini della valutazione della consistenza organizzativa dell'imprenditore quale requisito di carattere tecnico nell'ambito di una procedura selettiva per appalti pubblici (cfr. circolare 22.02.2005 n. 7 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali).
Verifica dell’anomalia dell’offerta - Finalità.
La finalità della verifica dell'anomalia dell'offerta è quella di evitare che offerte troppo basse espongano l'amministrazione al rischio di esecuzione della prestazione in modo irregolare e qualitativamente inferiore a quella richiesta e con modalità esecutive in violazione di norme con la conseguenza di far sorgere contestazioni e ricorsi.
L'amministrazione deve infatti aggiudicare l'appalto a soggetti che abbiano presentato offerte che, avuto riguardo alle caratteristiche specifiche della prestazione richiesta, risultino complessivamente proporzionate sotto il profilo economico all'insieme dei costi, rischi ed oneri che l'esecuzione della prestazione comporta a carico dell'appaltatore con l'aggiunta del normale utile d'impresa affinché la stessa possa rimanere sul mercato.
Occorre quindi contemperare l'interesse del concorrente a conseguire l'aggiudicazione formulando un'offerta competitiva con quello della stazione appaltante ad aggiudicare al minor costo senza rinunciare a standard adeguati ed al rispetto dei tempi e dei costi contrattuali.
Anomalia dell’offerta - Elementi di possibile giustificazione - Tipizzazione normativa - Esclusione.
La verifica di anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, mirando, invece, ad accertare se l'offerta, nel suo complesso, sia attendibile o inattendibile, e dunque se dia o meno serio affidamento circa la corretta esecuzione dell'appalto.
Non esiste quindi una tipizzazione normativa "chiusa" degli elementi di possibile giustificazione, valendo semmai un limite logico-sistematico desumibile dalla formula dell'articolo 87 comma l, del D. Lgs. 163/2006.
Giudizio di anomalia -Giudizio positivo - Giudizio negativo - Motivazione - Differenza.
La motivazione del giudizio di anomalia dev'essere rigorosa ed analitica soltanto nel caso di giudizio negativo, mentre, nel caso di giudizio positivo, ovvero di valutazione di congruità dell'offerta anomala, non è necessario che la relativa determinazione sia fondata su un'articolata motivazione ripetitiva delle medesime giustificazioni ritenute accettabili o espressiva di ulteriori apprezzamenti, con la conseguenza che il giudizio favorevole di non anomalia dell'offerta non richiede puntualità di argomentazioni, essendo sufficiente anche una motivazione per relationem alle stesse giustificazioni presentate dal concorrente sottoposto al relativo obbligo.
Commissione giudicatrice - Natura di collegio perfetto - Supplenza - Finalità.
La commissione giudicatrice di una gara di appalto costituisce un collegio perfetto che deve operare con il plenum e non con la semplice maggioranza dei suoi componenti. La natura di collegio perfetto non è contraddetta dalla nomina di supplenti, ma, anzi, ne è confermata.
Lo scopo della supplenza, nel caso di commissioni di gara , è proprio quello, da un lato, di garantire che il collegio possa operare con il plenum anziché con la sola maggioranza, in caso di impedimento di taluno dei membri effettivi e, dall'altro lato, che la commissione svolga le sue operazioni con continuità e tempestività, senza che il suo agire sia impedito o ritardato dall'impedimento di taluno dei suoi componenti.
Infatti, il plenum dei componenti del collegio perfetto va riferito alla contestuale presenza del numero di componenti previsto e non alla necessaria identità fisica delle persone che lo compongono. L’istituto della supplenza, anche ove non previsto espressamente nel bando, deve intendersi implicito nel sistema (TAR Veneto,  Sez. I, sentenza 18.09.2009 n. 2416 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: 1. GARA D'APPALTO - CRITERIO OFFERTA ECONOMICAMENTE PIU' VANTAGGIOSA - FORMULA MATEMATICA ATTRIBUZIONE PUNTEGGIO VOCI PREZZO - OFFERTA PARI A ZERO PER UNA VOCE DI PREZZO - APPLICAZIONE FORMULA - VA DISPOSTA CON ADATTAMENTI IDONEI A CONSENTIRNE OPERATIVITA' - FATTISPECIE.
2. GARA D'APPALTO - OBBLIGO DI RIDETERMINAZIONE PUNTEGGIO OFFERTA ECONOMICA DOPO AGGIUDICAZIONE PROVVISORIA - NON SUSSISTE - INEFFICACIA AGGIUDICAZIONE PROVVISORIA - AGGIUDICAZIONE AL SECONDO CLASSIFICATO - VA DISPOSTA - RAGIONI.

1. La formula matematica prevista dal bando per l’assegnazione del punteggio relativo alle varie voci di prezzo va applicata, quando si pongano delle difficoltà pratiche, secondo un criterio di ragionevolezza volto a salvaguardare l’interesse della p.a. senza comportare illegittime esclusioni dalla gara non previste dal bando; ciò in applicazione del principio secondo cui le clausole del bando ambigue vanno applicate in modo da conseguire un risultato utile; in mancanza di un’esplicita previsione del disciplinare che sanzionasse a pena di inammissibilità la presentazione di un’offerta pari a zero per una delle voci, la stazione appaltante non avrebbe potuto disporre l’esclusione dell’offerta ovvero omettere di applicare la formula matematica prescritta; era quindi ragionevole, a fronte di voci di prezzo pari a zero, applicare comunque la formula matematica, sostituendo il prezzo zero con un prezzo infinitesimale che consentiva l’operatività della formula, senza snaturare l’offerta più vantaggiosa.
2. Nessuna norma impone di rifare il conteggio dei punti dell’offerta economica quando la procedura è ormai conclusa con l’aggiudicazione provvisoria della gara; anzi è previsto che la valutazione dell’efficacia di quella aggiudicazione sia subordinata a determinati accertamenti; in caso di esito negativo, la stazione appaltante è tenuta ad aggiudicare alla seconda classificata e ciò per un principio di economia degli atti e delle procedure, di concentrazione delle operazioni di gara, nonché per l’interesse pubblico alla sollecita conclusione delle procedure selettive. Soltanto ove sia il primo che il secondo classificato risultino carenti dei requisiti prescritti, da accertarsi nel momento conclusivo della gara, la stazione appaltante è tenuta a formare una nuova graduatoria con l’esclusione dei primi due (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza  17.09.2009 n. 5583 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI: QUANDO LA FORMA EQUIVALE ALLA SOSTANZA.
1. Bando - Interpretazione - Regole formali - Osservanza - Necessarietà - Ragioni.
2. Criteri e principi - Massima partecipazione - Non è invocabile - Casi - Ragioni.

1. Allorquando la normativa di gara preveda l'esclusione dalla procedura selettiva per l'inosservanza di previsioni anche di carattere solo formale, la stazione appaltante è tenuta al rispetto delle norme a cui si è autovincolata e che essa stessa ha emanato sulla base di un giudizio discrezionale d'utilità procedimentale; peraltro il rispetto delle norme discende dall'imperatività delle stesse (nella specie, non era stata rispettata la specifica formalità di apposizione del timbro di congiunzione tra i fogli della documentazione presentata, come stabilito dal bando di gara che prevedeva l'esclusione dalla procedura selettiva per l'inosservanza di previsioni anche di carattere solo formale) (Cons. Stato, sez. V, 19-02-2008 n. 567; Cons. Stato, sez. IV, 30-12-2006 n. 8262; TAR Campania Salerno, sez. I, 14-01-2007 n. 747; TAR Campania Salerno, sez. I, 09-10-2008 n. 3389).
2. Il potere d'integrazione documentale (riconosciuta da diverse norme e, da ultimo, dall'art. 46, D.Lgs. n. 163/2006), quando riguardi dichiarazioni o documenti la cui presentazione è imposta dalla lex specialis a pena di esclusione, deve arrestarsi se violi la par condicio dei concorrenti e costituisca un mezzo per supplire all'omissione del partecipante, con l'ulteriore conseguenza che in tali ipotesi non è invocabile il principio del favor participationis (Cons. Stato, sez. V, 25-06-2007 n. 3645; TAR Sardegna, sez. I, 23-06-2008 n. 1253) (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 17.09.2009 n. 4975 - link a http://mondolegale.it).

APPALTI: EQUIPOLLENZA TRA POSTA CELERE E POSTA RACCOMANDATA.
Domanda di partecipazione – Presentazione – Invio mediante posta celere o posta raccomandata – Equipollenza – Sussiste.
Sono da considerarsi equipollenti, al fine della partecipazione ad una procedura concorsuale, la posta celere ed la posta raccomandata (cfr. C.d.S. V n. 6322 del 15/10/2003): invero al plico spedito per “pacco celere” viene attribuito un numero che consente di seguirne il percorso; esso, infine, viene consegnato con modalità simili a quelle della raccomandata per avviso di ricevimento, di guisa che non solo rimane una documentazione in ordine al giorno, all’ora ed alla persona che materialmente riceve il plico, ma é anche previsto che in caso di assenza del destinatario l’agente postale lasci un avviso sulla porta del destinatario assente.
Trattasi di modalità assolutamente analoghe a quelle che assistono l’invio tramite raccomandata, di guisa che i due sistemi possono considerarsi assolutamente equivalenti.
Il partecipante alla gara deve quindi ritenersi libero di servirsi della posta celere indipendentemente dalla ricorrenza di situazioni che rendano il servizio della posta raccomandata oggettivamente inutilizzabile (dimensioni o peso del plico, orari di accettazione, e simili) (TAR Puglia-Bari, Sez. II, sentenza 17.09.2009 n. 2085 - link a http://mondolegale.it).

LAVORI PUBBLICI: Il risarcimento del danno relativo all'illegittima occupazione di aree prive di disciplina urbanistica a seguito della decadenza del vincolo preordinato all'esproprio non può che essere parametrato al valore agricolo medio dell'area.
Dall’esame della documentazione acquisita nel corso del giudizio di primo grado (cfr. ordinanza istruttoria nr. 248 del 25.03.2002), emerge che all’epoca dell’illegittima occupazione i suoli in proprietà della signora Ciferri, sulla base del P.R.G. del Comune di Porto San Giorgio approvato nel 1975, erano destinati a “strada comunale”, e quindi non avevano vocazione edificatoria: ciò rende evidente, al di là del silenzio sul punto serbato dalla sentenza impugnata, la insussistenza nella specie dei requisiti per l’applicabilità del ridetto art. 5-bis d.l. nr. 333 del 1992.
Il dato fattuale evidenziato dall’Amministrazione non è contestato da parte appellata, che ad esso però contrappone innanzi tutto il rilievo che il vincolo espropriativo connesso alla destinazione suindicata è scaduto per decorrenza del termine quinquennale di durata, e in secondo luogo la necessità di tener conto, ai fini dell’individuazione del “regime” dell’area, del contesto urbanistico circostante, che nella specie è caratterizzato da diffuse e consistenti edificazioni.
Alla prima osservazione può replicarsi che l’intervenuta scadenza del vincolo espropriativo, come è noto, produce l’effetto di rendere il suolo non specificamente pianificato: la circostanza è ammessa dalla stessa appellata, la quale però argomenta dalla natura temporanea di tale regime “ex lege”, destinato a valere solo nelle more della formazione di un nuovo strumento urbanistico, per sostenere che l’inedificabilità temporanea a esso connessa sarebbe –se ben si comprende– superabile attraverso una qualificazione della vocazione del suolo che tenga conto delle sue caratteristiche oggettive.
Il rilievo così formulato non può essere condiviso, in quanto il regime delle aree non pianificate (già previsto dall’art. 4, ultimo comma, della legge n. 10 del 1977, trasfuso nel testo unico sull’edilizia), ancorché previsto dal legislatore come transitorio, è certamente tale da escludere una destinazione edificatoria, circostanza della quale non può non tenersi conto nello stimare il valore di mercato di un suolo che a tale regime risulti soggetto; col che si replica anche alla seconda osservazione di parte appellata, dal momento che nella fattispecie non v’è questione di una possibile “riqualificazione” della destinazione del suolo “de quo”, dovendosi unicamente stimarne il valore di mercato alla data dell’occupazione ai fini della quantificazione del danno risarcibile.
Le considerazioni che precedono (e che tengono conto dei dati di fatto esposti dalle parti e desumibili dalla documentazione acquisita) inducono a ritenere corretto l’avviso dell’Amministrazione appellante, secondo cui nel caso che occupa il valore dell’area occupata va determinato escludendo il carattere edificatorio dell’area e secondo il criterio di cui all’art. 16 della legge 22.10.1971, nr. 865, ossia tenendo conto dei valori agricoli medi della Regione Marche: in questo senso va rettificata la pronuncia impugnata con riguardo ai criteri per la quantificazione del danno, ferme restando le ulteriori statuizioni in essa contenute (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 15.09.2009 n. 5523 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Offerta economicamente più vantaggiosa - Specificazione dei criteri di valutazione - Discrezionalità tecnico-amministrativa - Ponderazione relativa attribuita a ciascun criterio - Onere motivazionale - Art. 83 d.lgs. n. 163/2006.
In materia di specificazione dei criteri per la valutazione delle offerte secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa l’art. 83 del D.L.vo 12.04.2006 n. 163 riconosce all’Amministrazione che indice la gara un’ampia discrezionalità tecnico-amministrativa al fine di definire nell’ambito della lex specialis gli elementi di giudizio dell’offerta tecnica: discrezionalità che non può essere oggetto di sindacato giurisdizionale se non in presenza di macroscopiche irrazionalità e incongruenze (TAR Calabria, Catanzaro, Sez. II, 29.10.2008 n. 1480).
Rimane comunque ferma la necessità che l’Amministrazione aggiudicante predefinisca il peso che ciascuno degli elementi di valutazione da essa predeterminati assumerà nel giudizio finale dell’offerta tecnica, anche non necessariamente abbinandovi un punteggio determinato in modo assoluto, ma quantomeno individuando la rispettiva incidenza che il singolo parametro avrà rispetto agli altri e nel giudizio complessivo: a tale obbligo corrisponde un onere sul piano della motivazione del giudizio della commissione di gara, occorrendo che la stazione appaltante chiarisca la composizione analitica della sua valutazione per ciascuna voce, indicando quale sia il peso specifico che il singolo elemento ha avuto nella valutazione dell'offerta relativa a quella voce (così Cons. Stato, Sez. V, 27.12.2007 n. 6683).
L’art. 83, comma 2, del D.L.vo 163 del 2006 rende invero obbligatoria l’indicazione, da parte della lex specialis di gara, dei criteri di valutazione, precisando “la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi, anche mediante una soglia espressa con un valore numerico determinato in cui lo scarto tra il punteggio della soglia e quello massimo relativo all’elemento cui si riferisce la soglia deve essere appropriato” (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 15.09.2009 n. 2404 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: A. Barbiero, Le principali novità in materia di DUVRI e costi per la sicurezza negli appalti in base al d.lgs. n. 106/2009 (link a www.albertobarbiero.net).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: TESTO UNICO IN MATERIA DI SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO - D.LGS. 09.04.2008, N. 81 - MODIFICHE - D.LGS. 03.08.2009, N. 106.
Schema predisposto da ANCE esplicativo degli interventi del Legislatore, apportati al Titolo IV (link a www.ancebrescia.it).

APPALTI: Le più recenti modifiche al Decreto Legislativo n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture).
D.Lgs. n. 152/2008, Legge n. 201/2008 di conversione del D.L. n. 162/2008 e L. n. 2/2009 di conversione del D.L. n. 185/2008.
Le ultime innovazioni, oltre ad interessare la definizione dei compensi da porre a base d’asta per i bandi di progettazione, riguardano in particolare l’istituto del Project Finance il quale, di fatto, è stato uniformato al modello utilizzato in ambito anglosassone (link a www.centrostudicni.it).

APPALTI: ANCHE LE FONDAZIONI POSSONO PARTECIPARE ALLE PROCEDURE DI GARA (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: C. Ferro, L’avvalimento (link a www.diritto.it).

APPALTI SERVIZI: G. Palliggiano, LA RIFORMA DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI DI RILEVANZA ECONOMICA - L’evoluzione legislativa della gestione dei servizi pubblici locali dalla legge Giolitti al Testo unico degli enti locali (link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: DISCIPLINA DEI LAVORI PUBBLICI - LE VARIANTI IN CORSO D’OPERA (link a www.regione.piemonte.it).

APPALTIIn materia di contratti della pubblica amministrazione è sufficiente che l'adempimento formale imposto al concorrente venga limitato al lembo della busta che viene chiuso da chi la utilizza, con esclusione dei lembi preincollati dal fabbricante.
In materia di contratti della pubblica amministrazione, per lembo di chiusura di un plico deve intendersi il lembo ancora aperto, costituente l'imboccatura della busta stessa e soggetto ad operazione di chiusura a sé stante, che va ad aggiungersi a quelli già chiusi dal fabbricante del plico stesso mediante operazione di preincollatura, sicché è sufficiente che l'adempimento formale imposto al concorrente venga limitato al lembo della busta che viene chiuso da chi la utilizza, con esclusione dei lembi preincollati dal fabbricante (cfr. TAR Campania Napoli, sez. I, 12.09.2008, n. 10097; TAR Molise, 01.07.2008, n. 651; TAR Valle d'Aosta Aosta, 11.07.2007, n. 91; Consiglio Stato, sez. VI, 04.06.2007, n. 2946, Sez. V, 20.09.2005 n. 4856, Sez. IV, 12.06.2002, n. 3269; TAR Sardegna, 19.05.2003 n. 627) (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. I, sentenza 11.09.2009 n. 1391 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla struttura bifasica della procedura di gara e sulla necessità di apposita motivazione sull’interesse pubblico nel caso di annullamento o revoca dell’aggiudicazione di una gara.
1. Quantunque nei contratti della P.A. l’aggiudicazione, quale atto conclusivo del procedimento di scelta del contraente, segni di norma il momento dell’incontro della volontà della stessa Amministrazione di concludere il contratto e del privato, manifestata con l’individuazione dell’offerta ritenuta migliore, non è tuttavia precluso all’Amministrazione di procedere, con atto successivo, purché adeguatamente motivato con richiamo ad un preciso e concreto interesse pubblico, alla revoca d’ufficio o all’annullamento dell’aggiudicazione, fondandosi detta potestà di annullamento in autotutela sul principio costituzionale di buon andamento che impegna la P.A. ad adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire.
2. E’ illegittimo il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione di una gara di appalto (nella specie si trattava di un appalto del servizio di trasporto scolastico), motivato non già con riferimento ad elementi, preesistenti alla procedura di gara o sopravvenuti nelle more della stipula del contratto riguardanti la ditta aggiudicataria (quali per esempio la obiettiva carenza o l’inidoneità dei mezzi indicati per l’espletamento della gara, ovvero la mancanza delle autorizzazioni di legge all’esercizio del trasporto di studenti, ovvero la sopravvenuta incapacità finanziaria), quanto piuttosto ad un giudizio prognostico, ma meramente ipotetico, di incapacità dell’aggiudicataria di espletare il servizio aggiudicato a causa delle irregolarità ed inadempienze nel periodo di prova.
Le eventuali inadempienze od irregolarità nel periodo di prova, infatti, appartengono alla fase di esecuzione del rapporto, così che esse possono dar luogo alla risoluzione contrattuale e non già all’esercizio di poteri pubblicistici di revoca dell’aggiudicazione (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez V, sentenza 10.09.2009 n. 5427 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla natura eccezionale della procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando e sulla illegittimità del ricorso ad essa nel caso di urgenza derivante da carenza di adeguata organizzazione o programmazione ovvero da mera inerzia o responsabilità della P.A..
1. Il ricorso al sistema di scelta del contraente mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, previsto dall’art. 55, comma 2, lett. c), del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, il quale si sostanzia in una vera e propria trattativa privata, rappresenta un’eccezione al principio generale della pubblicità e della massima concorsualità tipica della procedura aperta, con la conseguenza che i presupposti fissati dalla legge per la sua ammissibilità devono essere accertati con il massimo rigore e non sono suscettibili di interpretazione estensiva.
2. Ai fini di poter fare ricorso legittimamente al sistema della procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, previsto dall’art. 55, comma 2, lett. c), del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, in considerazione dell’urgenza di provvedere, occorre che tale urgenza non sia addebitabile in alcun modo all’Amministrazione per carenza di adeguata organizzazione o programmazione ovvero per sua inerzia o responsabilità (alla stregua del principio è stato ritenuto illegittimo il ricorso al suddetto sistema, atteso che non erano stati indicati eventi oggettivamente imprevedibili, risultando per contro che il ricorso alla procedura negoziata era addebitabile esclusivamente alla lentezza ed alla farraginosità dell’azione amministrativa; d’altra parte, il riferimento alla ricorrenza del periodo feriale e dunque ad una minore operatività degli uffici, non costituiva fatto imprevedibile, idoneo a legittimare l’utilizzo di un sistema eccezionale di scelta del contraente) (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.09.2009 n. 5426 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIFormulazione ambigua della lex specialis - Principio del favor partecipationis - Più interpretazioni possibili della disciplina di gara - Ammissione del concorrente altrimenti escluso.
A fronte di una ambigua formulazione della disciplina di gara il Collegio non può che applicare il principio del "favor partecipationis" che impone, in presenza di più letture, tutte ugualmente compatibili con il dato testuale, della disciplina di gara, di aderire a quella che garantisce il massimo confronto concorrenziale consentendo la partecipazione dell'impresa altrimenti esclusa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 10.09.2009 n. 4631 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: ONERI FORMALI PREVISTI DA UN BANDO DI APPALTO DI LAVORI.
Appalto di lavori – Bando – Stazione appaltante - Requisiti richiesti – Oneri formali e sostanziali.
Nel caso in cui il bando di gara di un appalto di lavori impone ai partecipanti, a pena di esclusione, determinati oneri formali deve ritenersi che la stessa stazione appaltante ha inteso dare prevalenza al principio di formalità collegato alla garanzia della par condicio, che per l'effetto non può essere superato dall'opposto principio del favor partecipationis, fondato su considerazioni di carattere sostanziale (cfr. per l’enunciazione dello stesso principio Consiglio di Stato sent. 3690/2009, 1822/2009, 567/2008),sempre che il possesso dei requisiti richiesti non risulti dal complesso della documentazione presentata dal concorrente ai fini della partecipazione alla gara TAR Puglia-Legge, Sez. III, sentenza 10.09.2009 n. 2108 - (link a http://mondolegale.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla nozione di «concessione di servizi» ai sensi della direttiva 2004/17/CE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali.
Nel caso di un contratto avente ad oggetto servizi, il fatto che la controparte contrattuale non sia direttamente remunerata dall'amministrazione aggiudicatrice, ma abbia il diritto di riscuotere un corrispettivo presso terzi, è sufficiente per qualificare quel contratto come "concessione di servizi" ai sensi dell'art. 1, n. 3, lett. b), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31.03.2004, 2004/17/CE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali, dal momento che il rischio di gestione corso dall'amministrazione aggiudicatrice, per quanto considerevolmente ridotto in conseguenza della configurazione giuspubblicistica dell'organizzazione del servizio, è assunto dalla controparte contrattuale a carico completo o pressoché completo (Corte di giustizia europea, Sez. III, sentenza 10.09.2009 n. C-206/08 - link a www.
dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: STIPULA DEL CONTRATTO D'APPALTO DALL'A.T.I. COSTITUENDA.
1. Associazione temporanea - Mandato - Con rappresentanza -Dalle associande alla mandataria - Necessarietà - Finalità - Stipula del contratto post-aggiudicazione.
2. Associazione temporanea - Mancata sottoscrizione del contratto dopo l'aggiudicazione - Per fatto dell'affidatario - Conseguenze.
3. Criteri e principi - Principio della concorrenza - Rilevanza rispetto al tradizionale interesse pubblico di carattere economico-finanziario - Limiti.

1. In presenza di una A.T.I. non ancora costituita, grava su tutte le imprese associande l'obbligo di conferire, alla capogruppo, dopo l'intervenuta aggiudicazione, il mandato collettivo speciale con rappresentanza che consentirà alla mandataria di stipulare il contratto con la stazione appaltante, poiché dall'adempimento, o meno, di tale obbligo da parte delle imprese della costituenda A.T.I., dipende la stipula del contratto. Tale circostanza giustifica l'estensione alle stesse della copertura del relativo rischio (Cons. Stato, Ad. Plen., 04-10-2005 n. 8).
2. L'articolo 75 co. 6 del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 12.04.2006 n. 163, enuncia un criterio di responsabilità per cui, la mancata sottoscrizione del contratto deve essersi verificata per fatto dell'affidatario; poiché, nel caso di aggiudicazione a favore di A.T.I. costituenda, affidatarie sono tutte le imprese componenti il raggruppamento, ne deriva che la garanzia provvisoria deve operare con riguardo ai comportamenti lesivi posti in essere da ciascuna di esse, e non solo a quelli della (futura) capogruppo.
3. Il principio di concorrenza illumina oggi l'intera materia degli appalti pubblici, nell'ambito della quale tendenzialmente perde rilievo anche il tradizionale interesse pubblico di carattere economico-finanziario, vale a dire l'interesse ad individuare l'offerta migliore per la p.A. sotto il profilo della convenienza economica. La più ampia concorrenzialità nella fase della scelta del contraente può avere come effetto la riduzione dei costi del contratto da affidare ma questo non è un risultato che necessariamente consegue all'affermazione di quel principio; il quale pertanto, nella contrapposizione con l'interesse patrimoniale, finisce col prevalere.
L'art. 2 del codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 12.04.2006 n. 163) ha positivamente previsto che l'affidamento dei contratti pubblici debba avvenire nel rispetto del principio della libera concorrenza. Tuttavia non si può prescindere dal presupposto che nella indicazione delle esigenze, cui far fronte con il contratto oggetto della gara, l'amministrazione è titolare di ampi margini di discrezionalità. Si tratta di potere discrezionale in senso proprio, di cui l'amministrazione fa uso nel momento in cui individua, e fissa nel regolamento contrattuale oggetto della procedura di affidamento, le prestazioni corrispondenti ai bisogni e agli interessi curati dall'amministrazione stessa.
Ed è appena il caso di sottolineare come, nell'esercizio di tale potere, l'amministrazione debba necessariamente muovere da una situazione data, sul piano di fatto. Di conseguenza non si può pretendere -in nome della tutela della concorrenza- di prescindere dalla regola fondamentale secondo cui l'oggetto del contratto si modula sulla scorta delle concrete esigenze dell'amministrazione, perché ciò, oltre che manifestamente irragionevole, sarebbe anche contrario al principio costituzionale di buon andamento (argomentando anche dall'art. 1, co. 1, L. n. 241/1990, che richiama il principio dell'economicità dell'azione amministrativa) (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 08.09.2009 n. 1471 - link a
http://mondolegale.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla natura del servizio pubblico di illuminazione votiva dei cimiteri comunali.
E' illegittimo l'affidamento di un servizio pubblico a rilevanza economica da parte di un comune per non aver di trasmesso gli atti all'Autorità garante della concorrenza e del mercato al fine di acquisirne il prescritto parere.

Il servizio pubblico di illuminazione votiva dei cimiteri comunali è un servizio pubblico locale a rilevanza economica e fruizione individuale, poiché richiede che il concessionario impieghi capitali, mezzi, personale da destinare ad un'attività economica rilevante in quanto suscettibile, quanto meno potenzialmente, di produrre un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull'assetto concorrenziale del mercato di settore. Pertanto, nella caso di specie è viziata la delibera con cui il comune ha affidato in toto, alla società concessionaria, il servizio di illuminazione votiva, richiamando l'art. 113-bis del t.u.e.l. (d.lgs. n. 267/2000), sull'erroneo presupposto che il servizio di cui trattasi costituisca "servizio pubblico privo di rilevanza economica".
Gli affidamenti in deroga disciplinati dall'art. 23-bis, c.3, del d.l. 25.06.2008 n. 112, convertito in l. 06.08.2008 n. 133, devono avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria; pertanto, l'ente locale che intenda affidare un servizio pubblico locale ai sensi della suddetta disposizione, deve presentare una richiesta di parere, corredata dalle informazioni e dai documenti rilevanti, all'Agcm, prima di adottare la deliberazione di affidamento del servizio e, in ogni caso, in tempo utile per il rilascio del prescritto parere. In particolare, l'ente locale deve fornire alla predetta Autorità: una relazione contenente gli esiti delle indagini di mercato, da cui risulti la convenienza dell'affidamento diretto rispetto all'esperimento di una procedura ad evidenza pubblica; informazioni circa le modalità con le quali sono stati resi pubblici gli elementi di cui sopra; tutte le indicazioni soggettive relativa all'impresa interessata. L'autorità quindi rilascia il parere previsto, ma in caso di incompletezza delle informazioni può fissare un termine per il completamento della richiesta di parere. All'esito della procedura, l'ente locale deve tener conto del parere rilasciato.
Conseguentemente, nel caso di specie, è illegittimo il provvedimento del comune che ha stabilito la gestione diretta del servizio di illuminazione votiva del cimitero comunale e ha affidato la riscossione dei proventi ad una società interamente partecipata dal comune, in quanto è stato adottato in violazione dell'art. 23-bis d.l. n. 112/2008, non essendo stato adempiuto l'obbligo di trasmettere gli atti all'Autorità al fine di acquisirne il prescritto parere (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 08.09.2009 n. 1430 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISui presupposti per la configurabilità della responsabilità precontrattuale della P.A. (fattispecie relativa alla revoca dell’aggiudicazione di una gara di appalto).
Ai fini della configurabilità della responsabilità precontrattuale della P.A. non si deve tener conto della legittimità dell’esercizio della funzione pubblica cristallizzato nel provvedimento amministrativo, ma della correttezza del contegno tenuto dall’ente pubblico durante la fase delle trattative e della formazione del contratto, alla luce dell’obbligo delle parti paciscenti di comportarsi secondo buona fede in forza di quanto stabilito dall’art. 1337 del codice civile; tanto è vero che l’applicabilità dell’art. 1337 c.c. non è preclusa dall’intervenuta stipulazione del contratto.
Con riferimento alle procedure di gara, la responsabilità precontrattuale della P.A. può configurarsi sia in presenza del preventivo annullamento per illegittimità di atti, sia nell’assodato presupposto della loro validità ed efficacia, ed in particolare:
a) nel caso di revoca dell’indizione della gara e dell’aggiudicazione per esigenze di una ampia revisione del progetto, disposta vari anni dopo l’espletamento della gara;
b) per impossibilità di realizzare l’opera prevista per essere mutate le condizioni dell’intervento;
c) nel caso di annullamento d’ufficio degli atti di gara per un vizio rilevato dall’amministrazione solo successivamente all’aggiudicazione definitiva o che avrebbe potuto rilevare già all’inizio della procedura;
d) nel caso di revoca dell’aggiudicazione, o rifiuto a stipulare il contratto dopo l’aggiudicazione, per mancanza dei fondi.
Non è configurabile la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante che si sia motivatamente e tempestivamente avvalsa della facoltà, prevista nel bando di gara, di non aggiudicare l’appalto per ragioni di pubblico interesse comportanti variazioni agli obiettivi perseguiti; in tal caso, infatti, all’Amministrazione non è contestabile alcun comportamento lesivo dell’affidamento dei partecipanti.
Tale principio, tuttavia, è applicabile nel caso di diniego di aggiudicazione e non è applicabile al caso di ritiro di una precedente aggiudicazione (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.09.2009 n. 5245 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull’annullamento dell’aggiudicazione di una gara a trattativa privata in quanto la ditta aggiudicataria era diversa da quella invitata alla trattativa.
1.
Il nostro ordinamento prevede che vi sia un principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche, così da consentire all’Amministrazione la conoscenza dei requisiti di idoneità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti.
Tale principio nasce dall'esigenza di assicurare alle Amministrazioni aggiudicatrici un controllo preliminare dei requisiti dei concorrenti e di impedire che tale verifica venga vanificata o elusa con modificazioni soggettive in corso di gara delle imprese candidate.
2. E’ legittima la delibera con la quale la P.A. appaltante, dopo essersi resa conto che la ditta cui era stata aggiudicata la gara di appalto non corrispondeva alla ditta destinataria dell’invito alla gara mediante trattativa privata, ha disposto l’annullamento dell’aggiudicazione e del relativo contratto.
E’ irrilevante a tal fine la circostanza che si trattava di trattativa privata, atteso che l’Amministrazione comunque aveva previamente selezionato le ditte da invitare, apprezzandone i requisiti di capacità tecnica, solidità, economica, serietà, affidabilità e che, pertanto, non poteva ritenersi ammessa la partecipazione alla gara di una ditta non invitata (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.09.2009 n. 5224 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIGara a trattativa privata: legittimità dell'annullamento dell'aggiudicazione.
Si deve ritenere previsto nell'ordinamento, in materia di gare pubbliche, il principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti così da dare conoscenza all'Amministrazione dei requisiti di idoneità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti.
Detto principio, nasce dalla esigenza di assicurare alle amministrazioni aggiudicatrici un controllo preliminare dei requisiti dei concorrenti e di impedire che tale verifica venga vanificata o elusa con modificazioni soggettive in corso di gara dalle imprese candidate.
Va considerato legittimo, quindi, l'annullamento dell'aggiudicazione di una gara, a trattativa privata, all'impresa non invitata ma che per errore (dalla stessa indotto, e determinatosi per il fatto che, sia l'offerta che tutta la documentazione relativa erano state redatte su carta intestata ad entrambe le società) si è ritenuta essere una di quelle invitate, che sia oltretutto priva della necessaria autorizzazione per lo svolgimento di una parte del lavoro da affidare, e ciò anche in mancanza di un'esplicita previsione, in tale senso, nel capitolato d'appalto.
Invero, la circostanza che l'Amministrazione abbia previamente selezionato le ditte da invitare apprezzandone i requisiti di capacità tecnica, solidità economica, serietà, affidabilità, implica una valutazione fatta a monte che comporta logicamente la non necessità di una previsione analoga nel capitolato; ed è, infatti, proprio per questo che non si è previsto, nel capitolato, per la partecipazione, la subordinazione al possesso di autorizzazioni logicamente necessarie, appunto perché la verifica del possesso dei requisiti è stata data, pacificamente, per presupposta.
Logico, quindi, l'annullamento dell'aggiudicazione intervenuta a favore del soggetto diverso da quello invitato, non conosciuto dall'Amministrazione, privo delle necessarie autorizzazioni ministeriali, e che abbia dichiarato di avvalersi, in maniera peraltro parziale, delle capacità tecniche di una terza ditta anch'essa non conosciuta (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.09.2009 n. 5224 - link a www.
giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Impugnazione degli atti di gara - Domanda di partecipazione - Non necessaria solo se il bando preclude in radice la partecipazione.
Alla regola per cui per avere interesse all'impugnazione degli atti di una gara è necessario avervi presentato domanda di partecipazione si deroga nel solo caso in cui il bando sia formulato in maniera tale da precludere in radice la partecipazione della ricorrente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 04.09.2009 n. 1586).

APPALTI: Regolarizzazione documentale.
In presenza di documentazione del tutto mancante, o fisicamente incompleta, o assolutamente inidonea, o non corrispondente a quella prevista (“aliud pro alio”), ovvero ancora, in caso di mancanza delle prescritte sottoscrizioni, non è consentita la regolarizzazione o l’integrazione della documentazione, atteso che, in caso contrario, si verrebbe a realizzare una palese violazione della par condicio rispetto alle imprese concorrenti, che abbiano, invece, puntualmente rispettato la disciplina prevista dalla lex specialis.

E’ quanto statuito dal TAR Bolzano, nella pronuncia n. 308/2009, ove si ripropone un’interpretazione restrittiva del potere di “regolarizzazione documentale” in sede di gara.
L’importanza della sentenza risiede nel fatto che l’orientamento severo, assunto dalla giurisprudenza, viene confermato, pur in presenza di una disposizione normativa (art. 46, Codice dei contratti, D.Lgs. n. 163/2006), che sembrerebbe implicare maggiori possibilità di sanatoria nei confronti di documentazioni o dichiarazioni irregolari.
Il Tar Bolzano, aderendo all’attuale orientamento restrittivo, afferma che il potere di regolarizzazione costituisce:
a) una facoltà insindacabile della stazione appaltante;
b) il suo esercizio deve rispettare il generale principio di par condicio;
c) non può dar luogo ad alcuna attività integrativa;
d) deve esplicarsi entro il termine di presentazione delle offerte;
e) deve avere a fondamento incertezze o equivoci rinvenibili nel disciplinare di gara;
f) può essere legittimamente esercitato solo in presenza di vizi puramente formali o chiaramente imputabili a errore solo materiale, e non ad elementi essenziali dell’offerta (commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TRGA Trentino Alto Adige-Bolzano, Sez. I, sentenza 04.09.2009 n. 308 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla portata del favor partecipationis e sulla possibilità di integrazione.
1.
Il favor partecipationis ed il c.d. dovere di soccorso recedono a fronte di una
specifica disposizione della legge di gara che prevede un adempimento a pena di esclusione, dovendo in tal caso far prevalere il diritto alla parità di trattamento; in particolare, va disposta l’esclusione dalla gara di una ditta che ha prestato una cauzione provvisoria d’importo inferiore a quello previsto dal bando a pena di esclusione, non essendo consentito in tale ipotesi alla stazione appaltante formulare una richiesta di integrazione della documentazione, trattandosi di adempimento univocamente previsto dal bando con espressa comminatoria.
2. L'esclusione dalla gara dell'aggiudicataria provvisoria in conseguenza della verifica del possesso dei requisiti autocertificati non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, atteso che tale verifica rientra nell'unitario procedimento di gara già in corso e del quale i partecipanti sono già a conoscenza (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 03.09.2009 n. 5171 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE GESTIONALI - LAVORI PUBBLICIPf, l'ok spetta ai dirigenti. La giunta decide l'inserimento in programmazione. Il Cds: negli enti pubblici la valutazione delle proposte è di competenza dirigenziale.
Nel project financing l'unica fase di natura «politica», rimessa al consiglio comunale, è quella attinente all'inserimento in programmazione degli interventi; la successiva fase di valutazione delle proposte è di competenza dirigenziale e non della giunta trattandosi di valutazioni tecniche e di attività gestionale.
Lo afferma il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza 01.09.2009 n. 5136 che riforma una pronuncia del Tar Toscana; in primo grado era stato accolto un ricorso contro il provvedimento dirigenziale di non accoglimento di una proposta di «project financing», con la motivazione che il provvedimento era stato emanato da un dirigente comunale e non dalla giunta municipale.
I giudici di palazzo Spada bocciano la decisione del Tar affermando che «la valutazione in ordine alla congruità del progetto presentato era (e non poteva che essere) del dirigente preposto all'apposito settore».
La sentenza giunge a questa conclusione esaminando i passaggi della procedura delineata dalle normativa sulla finanza di progetto nel Codice dei contratti pubblici, anche con riferimento alle modifiche del terzo decreto correttivo del settembre 2008.
Dalla lettura di queste norme il Consiglio di stato ricava che la scelta di natura «politica» avviene nella fase in cui l'ente pubblico individua, nell'ambito del programma triennale dei lavori, di competenza del consiglio comunale, gli interventi da finanziare mediante l'apporto dei privati.
A questa fase «politica» segue poi una fase procedimentale caratterizzata da più momenti: presentazione di un progetto completo, sua valutazione, inserimento a base d'asta, selezione successiva e infine aggiudicazione della concessione e di esercizio al promotore finanziario prescelto.
Questa seconda fase (articolata ma ritenuta in altre pronunce dello stesso Consiglio di stato comunque «unitaria») viene considerata dai giudici come «attività di gestione, vale a dire attività di valutazione tecnica consequenziale a quella scelta che, coerentemente e necessariamente, ai sensi del decreto legislativo n. 267 del 2000, è nella esclusiva competenza dei dirigenti».
In questa seconda fase la competenza, tranne eccezioni contenute negli statuti comunali o in norme specifiche, è quindi del dirigente e non della giunta che, invece, ha una competenza residuale: è titolare di tutte quelle attività che non sono attribuite alla competenza di altri organi, tra cui i dirigenti (articolo ItaliaOggi del 11.08.2010, pag. 28 - link a www.corteconti.it).

agosto 2009

APPALTI: Sul divieto di commistione fra i criteri soggettivi di pre-qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta.
1. Costituisce principio generale regolatore delle gare pubbliche il divieto di commistione fra i criteri soggettivi di pre-qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta ai fini dell’aggiudicazione.
Tale principio, che affonda le sue radici nell’esigenza di aprire il mercato premiando le offerte più competitive ove presentate da imprese comunque affidabili, unitamente al canone di par condicio che osta ad asimmetrie pregiudiziali di tipo meramente soggettivo, trova il suo sostanziale supporto logico nel bisogno di tenere separati i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara da quelli che invece attengono all'offerta e all'aggiudicazione.
2. E’ illegittimo un bando di gara di appalto, da aggiudicare con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa, nella parte in cui ha attribuito rilevanza, in sede di assegnazione del punteggio, ai requisiti soggettivi in sé considerati, ossia avulsi dalla valutazione dell’incidenza dell’organizzazione sullo specifico espletamento del servizio da aggiudicare (nella specie si attribuiva rilievo al possesso di certificazioni di qualità ed all’attività di intermediazione svolta negli ultimi tre anni, ossia ad aspetti che non attengono all’organizzazione specifica concreta bensì alle qualità soggettive astratte).
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Secondo il Giudice amministrativo il filo che separa il canone oggettivo di valutazione dell’offerta ed il requisito soggettivo del competitore è particolarmente sottile, stante la potenziale idoneità dei profili di organizzazione soggettiva a riverberarsi sull’affidabilità e sull’efficienza dell’offerta e, quindi, della prestazione.
Tale commistione apparentemente inestricabile, che rende in concreto non pertinente il principio astratto fin qui enucleato, viene tuttavia in rilievo quante volte la lex specialis valorizzi non già i requisiti soggettivi in sé intesi bensì quei profili soggettivi diretti a riverberarsi in modo specifico sull’espletamento dell’attività appaltata, con riferimento precipuo alle caratteristiche del personale e delle attrezzature da adibire alle prestazioni interessate dell’appalto
(massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.08.2009 n. 5105 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla necessità, ai fini della dimostrazione del requisito della moralità professionale dell’impresa, di dichiarare anche le condanne non menzionate nel casellario giudiziale, le sentenze patteggiate e le condanne per reati puniti con la sola pena pecuniaria.
Il Consiglio di Stato ha di recente espresso in materia la condivisibile opinione che l'esistenza di false dichiarazioni sul possesso dei requisiti, quali la mancata dichiarazione di sentenze penali di condanna, si configura come causa autonoma di esclusione dalla gara (Consiglio Stato, Sez. V, 12.04.2007, n. 1723; in termini, anche Consiglio di Stato, Sez. V, 06.06.2002, n. 3183) perché la valutazione circa la sussistenza del requisito della moralità professionale spetta alla stazione appaltante e non al concorrente, sicché quest'ultimo non ha il potere di anticipare tale giudizio omettendo nella sua dichiarazione dati penalmente rilevanti (Consiglio Stato, sez. V, 06.12.2007, n. 6221).
Le considerazioni in precedenza svolte e la circostanza che art. 38, II c., del D.Lgs. n. 163 del 2006 stabilisce che il concorrente deve attestare il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in cui deve indicare anche le eventuali condanne per le quali abbia beneficiato della non menzione, comportano che non può essere condiviso il minoritario orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, Sez. V, 08.09.2008, n. 4244), peraltro relativo alla precedente normativa al riguardo, secondo cui "il partecipante alla gara può operare un giudizio di rilevanza sulle condanne subite e ritenere che i relativi fatti non incidano sulla moralità professionale, senza incorrere nella sanzione della esclusione per dichiarazione non veritiera perché il difetto del requisito della moralità professionale non concerne tutti i reati commessi dall'imprenditore indipendentemente dal tipo e dalla gravità del reato commesso, ma solo quelli che siano in grado di incidere in concreto sull'interesse collettivo alla realizzazione dell'opera pubblica”.
Esattamente in termini è la sentenza nella quale si sostiene che “anche le sentenze di condanna con il beneficio della non menzione nel certificato del Casellario giudiziale potrebbero incidere sulla moralità professionale e costituire ostacolo all'ammissione ad un procedimento di evidenza pubblica, sicché i concorrenti ad una gara di pubblico appalto devono attestare con apposita autodichiarazione, oltre alla mancanza delle sentenze di condanna definitiva che vengono indicate nel certificato del Casellario giudiziale a richiesta dei privati anche l'assenza di sentenze definitive di condanna con il beneficio della non menzione, l'assenza di sentenze patteggiate (per le quali non è stata ottenuta l'amnistia, la riabilitazione o l'estinzione e artt. 167 o 445 c.p.p. per decorso del tempo senza aver commesso un altro reato) e l'assenza di reati puniti con la sola pena pecuniaria, atteso che deve essere consentita all'Amministrazione appaltante la possibilità di effettuare una valutazione anche della rilevanza di tali condanne sull'affidabilità morale e professionale di ogni partecipante per reati che incidono sulla moralità professionale, e l’omissione va equiparata alla stregua di una falsa dichiarazione, che ai sensi dell'art. 17 comma 1, lett. m), d.P.R 25.01.2000 n. 34 e va sanzionata con l'esclusione dalla gara” (TAR Basilicata Potenza, sez. I, 27.06.2008, n. 344).
Va, inoltre, osservato che l'autodichiarazione sul possesso di propri requisiti non è una generica attestazione «de scientia», ma una dichiarazione «de veritate» su ciò che si dice e su ciò che si afferma possedere (TAR Lazio Roma, sez. III, 10.10.2007, n. 9925) con la conseguenza che ove le affermazioni in essa contenute, siano contrarie alla verità dei fatti dichiarati, l’autodichiarazione oltre a poter essere rilevante su altri piani mina il rapporto di fiducia che deve intercorrere tra stazione appaltante ed aggiudicatario (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater, sentenza 27.08.2009 n. 8304 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sul servizio di distribuzione del gas naturale: affidamento preceduto da gara, perseguimento di una pluralità di nuovi interessi pubblici, destinazione dei beni ad un servizio pubblico, subentro del nuovo affidatario nei rapporti in corso.
Nell'attuale sistema normativo che vieta la gestione diretta del servizio di distribuzione del gas naturale, il passaggio ai nuovi affidamenti preceduti da gara è un obiettivo che l'art. 15 del d.lvo 164/2000, persegue in vista di una pluralità di nuovi interessi pubblici a cui è stato dato rilievo, ossia nell'interesse del mercato (liberalizzazione), dei comuni (maggiori canoni annui) e degli utenti (migliore qualità del servizio e contenimento dei prezzi). In proposito si è ad esempio ritenuto che la facoltà di ritenzione degli impianti prevista contrattualmente sotto il vecchio regime sia cedevole nei confronti degli interessi tutelati dalla normativa.
L'esistenza di una controversia tra il comune e il gestore uscente per la definizione del quantum dovuto non modifica la situazione: se una controversia sulla quantificazione del rimborso potesse mantenere nel possesso il gestore uscente si realizzerebbe un prolungamento del rapporto concessorio (ed anche del nuovo periodo transitorio introdotto) per un arco temporale del tutto incerto ed esclusivamente per volontà di una delle parti, senza oggettive ragioni di interesse pubblico. Peraltro, una volta riconosciuta la legittimità del riscatto e delle operazioni di gara per l'individuazione del nuovo gestore, l'acquisizione della disponibilità dell'impianto costituisce atto consequenziale e dovuto dell'amministrazione, che è tenuta a consegnare l'intero apparato al nuovo gestore.
In ragione della destinazione dei beni ad un servizio pubblico, non vi è dubbio che il comune può adottare l'ordine di rilascio degli impianti in presenza dei presupposti necessari per esercitare tale potere: nella specie l'intimazione a consegnare è stato emanata in forza delle disposizioni di cui agli artt. 822 e ss. c.c. che, come riconosciuto dalla giurisprudenza, costituisce uno strumento alternativo di tutela rispetto ai mezzi ordinari di difesa, oltre che del diritto di proprietà, anche delle situazioni di possesso (ovvero di detenzione "qualificata").
L'assoggettabilità degli impianti di distribuzione del gas al regime di autotutela previsto dall'art. 823 c.c. è confermato dall'art. 826, c. 3, secondo cui "fanno parte del patrimonio indisponibile...gli altri beni destinati a un pubblico servizio".
Sulla questione del passaggio del personale nella transizione dalla vecchia gestione a quella nuova, si è già osservato che, il subentro del nuovo affidatario nei rapporti in corso è limitato ai casi previsti dall'art. 14 c. 8 del d.lvo 164/2000. Non è coerente con la normativa di settore, e neppure ragionevole, che il gestore subentrante si accolli obbligazioni estremamente onerose come quelle relative al personale del gestore uscente. Il peso che ne deriverebbe costituisce un ostacolo alla concorrenza, in quanto disincentiverebbe la partecipazione alle gare a beneficio del gestore uscente, per il quale non vi sarebbe alcun aggravio nei costi organizzativi essendo il personale già alle proprie dipendenze. Peraltro, la disciplina dettata dall'art. 3 del D.P.R. 902/1986 -che prevede il passaggio alle dipendenze dei Comuni del personale delle Società concessionarie- è riferita all'ipotesi in cui la concessione sia sostituita dall'assunzione diretta del servizio da parte degli Enti locali, mentre quando l'assunzione diretta è vietata (come nel settore della distribuzione del gas) e ad un soggetto economico ne subentra un altro scelto tramite gara la situazione è radicalmente diversa, perché ogni imprenditore ha una propria organizzazione e ne dispone in piena autonomia (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 24.08.2009 n. 1564 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: LIBERALIZZAZIONE DEL SERVIZIO DI DISTRIBUZIONE DEL GAS NATURALE.
1- Appalto pubblico – Criteri e principi - Impianti per l’erogazione del servizio di distribuzione del gas naturale – Liberalizzazione – Affidamenti – Operazioni di gara per l’individuazione del nuovo gestore – Consegna dell’apparato.
2- Appalto pubblico – Criteri e principi - Impianti per l’erogazione del servizio di distribuzione del gas naturale - Subentro del nuovo affidatario nei rapporti in corso - Assunzione diretta del servizio - Passaggio del personale – Divieto – Legittimità – Sussiste – Ratio.

1- Nell’attuale sistema normativo, che vieta la gestione diretta, il passaggio ai nuovi affidamenti degli impianti per l’erogazione del servizio di distribuzione del gas naturale preceduti da gara è un obiettivo che l’articolo 15 del decreto legislativo 164/2000 persegue in vista di una pluralità di nuovi interessi pubblici a cui è stato dato rilievo, ossia nell’interesse del mercato (liberalizzazione), dei Comuni (maggiori canoni annui) e degli utenti (migliore qualità del servizio e contenimento dei prezzi).
In proposito si è ad esempio ritenuto che la facoltà di ritenzione degli impianti prevista contrattualmente sotto il vecchio regime sia cedevole nei confronti degli interessi tutelati dalla normativa sopravvenuta (TAR Lombardia-Brescia, 16.06.2008 n. 662; 10.02.2006 n. 183).
L’esistenza di una controversia tra il Comune e il gestore uscente per la definizione del quantum dovuto non modifica la situazione: se una controversia sulla quantificazione del rimborso potesse mantenere nel possesso il gestore uscente si realizzerebbe un prolungamento del rapporto concessorio (ed anche del nuovo periodo transitorio introdotto) per un arco temporale del tutto incerto ed esclusivamente per volontà di una delle parti, senza oggettive ragioni di interesse pubblico (TAR Lombardia-Brescia 662/2006 citata).
Peraltro val la pena di soggiungere che –una volta riconosciuta la legittimità del riscatto e delle operazioni di gara per l’individuazione del nuovo gestore– l’acquisizione della disponibilità dell’impianto costituisce atto consequenziale e dovuto dell’amministrazione, che è tenuta a consegnare l’intero apparato al nuovo gestore.
2- A seguito del subentro del nuovo affidatario nei rapporti in corso di impianti per l’erogazione del servizio di distribuzione del gas naturale il passaggio del personale nella transizione dalla vecchia gestione a quella nuova è limitato ai casi previsti dall’articolo 14, comma 8, del decreto legislativo 164/2000.
Non risulta coerente con la normativa di settore, e neppure ragionevole, che il gestore subentrante si accolli obbligazioni estremamente onerose come quelle relative al personale del gestore uscente. Il peso che ne deriverebbe costituisce un ostacolo alla concorrenza, in quanto disincentiverebbe la partecipazione alle gare a beneficio del gestore uscente, per il quale non vi sarebbe alcun aggravio nei costi organizzativi essendo il personale già alle proprie dipendenze (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 29.03.2005 n. 205).
Peraltro la disciplina dettata dall’articolo 3 del D.P.R. 902/1986 –che prevede il passaggio alle dipendenze dei Comuni del personale delle Società concessionarie– è riferita all’ipotesi in cui la concessione sia sostituita dall’assunzione diretta del servizio da parte degli Enti locali, mentre quando l’assunzione diretta è vietata (come nel settore della distribuzione del gas) e ad un soggetto economico ne subentra un altro scelto tramite gara la situazione è radicalmente diversa, perché ogni imprenditore ha una propria organizzazione e ne dispone in piena autonomia (TAR Lombardia-Brescia, 05.04.2007 n. 361; 12.06.2009 n. 1221) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 24.08.2009 n. 1564 - link a
http://mondolegale.it).

APPALTI: G.U. 22.08.2009 n. 194 "Determinazione per il periodo 01.01.2009-31.12.2009, delle misura del tasso di interesse di mora da applicare ai sensi e per gli effetti dell’art. 133 del Codice dei contratti pubblici di lavoro, servizi, forniture, approvato con decreto legislativo 12.04.2006 n. 163" (D.M. 04.08.2009).

APPALTI: Sul presupposto della colpa della P.A. necessario per riconoscere il risarcimento dei danni, nel caso di violazione delle regole partecipative di cui agli artt. 7 e segg. della L. n. 241 del 1990 e sulla quantificazione del danno nel caso di illegittima aggiudicazione di una gara di appalto.
1.
L’omesso rispetto delle regole partecipative di cui agli artt. 7 e segg. della legge n. 241 del 1990, anche alla luce del principio comunitario di tutela del legittimo affidamento (cd. legittimate expectation), integra gli estremi dell’errore qualificato e caratterizzato, e, in definitiva, sostanzia la nozione normativa di "colpa" che viene in rilievo ai fini del risarcimento dei danni prodotti dalla P.A. per lesione di interessi legittimi.
2. Nel caso di illegittima aggiudicazione di una gara di appalto di lavori pubblici (nella specie si trattava di lavori stradali), aggiudicazione alla quale la ricorrente vittoriosa avrebbe avuto diritto, appare equo quantificare il danno, in ossequio ad una consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato e in considerazione delle caratteristiche dell’appalto, nella misura del 10% dell’offerta economica presentata dalla parte ricorrente.
Su detta somma andranno computati gli interessi legali dalla data di pubblicazione della decisione fino al soddisfo (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.08.2009 n. 5004 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: CODICE DEGLI APPALTI PUBBLICI - D.LGS. 163/2006 - TESTO COORDINATO CON LE MODIFICHE APPORTATE DALLE LEGGI 94 E 102 DEL 2009:
1) MODIFICHE ALLE PROCEDURE DI PRESENTAZIONE E VALUTAZIONE DELLE GIUSTIFICAZIONI A CORREDO DELL’OFFERTA;
2) NUOVA CAUSA DI ESCLUSIONE DAI PUBBLICI APPALTI (link a www.ancebrescia.it).

APPALTI: GARA D'APPALTO - OFFERTE ANOMALE - VERIFICA ANOMALIA - FINALITA' - ACCERTAMENTO ATTENDIBILITA' OFFERTA NEL SUO COMPLESSO.
Secondo consolidata giurisprudenza, essenziale nel giudizio di anomalia è la verifica finale della affidabilità/inaffidabilità dell’offerta nel suo complesso, al di là di singole inesattezze, verifica che deve essere scevra da formalismi di sorta (massima consolidata: <<la verifica di anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando, invece, ad accertare se l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile o inattendibile, e dunque se dia o meno serio affidamento circa la corretta esecuzione dell’appalto>>) (Cons. St., sez. VI, 11.12.2001 n. 6217; Cons. St., sez. V, 29.07.2003 n. 4323; Cons. St., sez. VI, 20.04.2009 n. 2384) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11.08.2009 n. 4934 - link a www.
mediagraphic.it).

APPALTI: 1. GARA D'APPALTO - COLLEGAMENTO SOSTANZIALE TRA IMPRESE - DISCIPLINA EX ART. 34, C. 2, DLGS. 163/2006 - FINALITA' - INDIVIDUAZIONE - OPERATIVITA' DELLA PRESUNZIONE - DEVE ESSERE VALUTATA CONSIDERANDO I SINGOLI ELEMENTI RISCONTRATI DALLA COMMISSIONE DI GARA NELLA LORO VALENZA COMPLESSIVA.
2. GARA D'APPALTO - COLLEGAMENTO SOSTANZIALE TRA IMPRESE - PRESENZA DI SERIE DI INIZI UNIVOCI E CONCORDANTI - SUSSISTENZA - FATTISPECIE.

1. Il comma 2 dell’art. 34 del D. L.vo n. 163/2006, prescrive che "le stazioni appaltanti escludono altresì dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi".
La norma, ispirata dall’esigenza di tutelare la corretta esplicazione del confronto concorrenziale, non richiede l’accertamento di fatti dotati, di per sé, di sicura valenza probatoria, così come non fornisce alcuna analitica elencazione degli elementi cui ancorare il giudizio in ordine alla sussistenza della situazione preclusiva in essa contemplata.
Il legislatore, come evidenzia la formulazione del precetto, ha demandato all’apprezzamento dell’interprete la specificazione, nel concreto, delle circostanze suscettibili di esplicare una portata indiziante limitandosi ad esigere unicamente la ricostruzione di un contesto fattuale caratterizzato da elementi gravi, precisi e concordanti tali da ingenerare, secondo l’id quod plerumque accidit un pericolo per il rispetto dei principi di segretezza, serietà ed indipendenza delle offerte (TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2931/2006).
L’operatività della presunzione deve essere valutata considerando i singoli elementi riscontrati dalla Commissione di gara nella loro valenza complessiva (Cons. Stato, Sez. IV, 19.09.2007, n. 4835).
2. E' legittima l'esclusione per collegamento sostanziale tra due imprese in presenza dei seguenti indizi univoci e concordanti:
a) le buste contenenti le offerte e la documentazione di gara erano state consegnate alla medesima ora dello stesso giorno;
b) le buste riportavano la medesima etichettatura;
c) vi era una identità dell’impostazione grafica delle dichiarazioni e della documentazione;
d) il bollettino di versamento del contributo all’Autorità di Vigilanza era stato compilato con identiche modalità e grafia ed il suo pagamento era stato effettuato presso lo stesso ufficio postale, il medesimo giorno e con numerazione immediatamente progressiva;
e) il titolare di una impresa era il padre del titolare dell’altra;
f) vi era coincidenza del numero del fax indicato nelle domande di partecipazione;
g) l’attestazione SOA era stata rilasciata dalla medesima società;
h) la polizza fideiussoria di entrambe le imprese era stata rilasciata dalla stessa agenzia.
Nella fattispecie in esame, l’Amministrazione, ha rilevato una pluralità di elementi di fatto certi ed incontestati, nessuno dei quali di per sé idoneo a supportare con certezza le conclusioni raggiunte dalla Commissione di gara, ma tali, nel loro insieme, da soddisfare pienamente il dettato normativo.
Ricorrono, pertanto, in relazione al quadro indiziario prospettato, i caratteri della gravità, precisione e concordanza stante la correttezza del processo logico deduttivo posto in essere dalla stazione appaltante che pone in una situazione di complessiva coerenza le conclusioni cui è pervenuta con le premesse fattuali accertate.
Che gli specifici elementi posti a fondamento del provvedimento di esclusione esplichino una portata indiziante, oltre che conforme al costante orientamento della Sezione (TAR Milano, Sez. I, 07.05.2008, n. 1356 e 08.05.2008, n. 1412), è pacificamente riconosciuto dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato che, in presenza di elementi di fatto analoghi a quelli evidenziati nel provvedimento oggetto del presente giudizio, è pervenuta alle medesime conclusioni rilevando come "gli indizi posti in luce dalla commissione nel caso in trattazione depongano univocamente…per la riconducibilità delle due imprese ad un unico centro decisionale e, di qui, ad una reciproca conoscibilità delle offerte…" (Cons. Stato, Sez. V, 06.04.2009 n. 2139) (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 10.08.2009 n. 4578 - link a www.
mediagraphic.it).

APPALTIRaggruppamento temporaneo costituendo - Non costituisce centro di imputazione distinto dalle singole imprese - Art. 75 D.lgs. 163/2006 - Il termine offerente si riferisce alle singole imprese - Necessità che la cauzione provvisoria sia intestata a tutte le singole imprese.
Non v'è dubbio che, in presenza di un raggruppamento non ancora costituito, non esista un soggetto distinto dalle singole imprese suscettibile di essere individuato quale centro di imputazione delle situazioni giuridiche connesse all'assunzione della qualità di concorrente.
Ne deriva che utilizzando la terminologia dell'art. 75 del D.lgs. 163/2006, "offerente", sino alla costituzione del raggruppamento, non possono che essere le singole imprese, future mandataria e mandante, con conseguente necessità di riferire a tutte loro ogni singolo adempimento che la legge o la disciplina di gara riferiscono a detta figura.
Ciò comporta che come la giurisprudenza ha avuto modo di precisare, la cauzione provvisoria dovesse necessariamente essere intestata ad entrambe le componenti del costituendo raggruppamento essendo, gli eventuali inadempimenti agli obblighi connessi alla partecipazione alla gara, ed in vista dei quali la garanzia viene richiesta, potenzialmente ascrivibili ad ogni singolo soggetto (nel caso di specie la cauzione provvisoria presentata dalle ricorrenti era intestata alla sola futura mandataria e non anche alla futura mandante) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 10.08.2009 n. 4568 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla portata della dichiarazione dell’insussistenza delle cause di esclusione previste dall’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006.
1.
Nel caso in cui il bando non si limiti a chiedere una generica dichiarazione di
insussistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, ma specifichi che vanno dichiarate tutte le condanne penali, o tutte le violazioni contributive, si richiede una dichiarazione dal contenuto più ampio e più puntuale rispetto a quanto prescritto dall’art. 38 del Codice, all’evidente fine di riservare alla stazione appaltante la valutazione di gravità o meno dell’illecito, al fine dell’esclusione.
In siffatta ipotesi, la causa di esclusione non è solo quella, sostanziale, dell’essere stata commessa una grave violazione, ma anche quella, formale, di aver omesso una dichiarazione prescritta dal bando.
2. Nel caso in cui il bando di gara richieda una dichiarazione da cui risulti "l’insussistenza, ai sensi dell’art. 38, c. 1, del d.lgs. 163/2006, di una delle cause di esclusione dalle gare di appalto", non costituisce di per sé dichiarazione falsa, e non dà luogo ad autonoma causa di esclusione, la omessa menzione di condanne penali non gravi e la omessa menzione di violazioni contributive che non sono gravi o non sono state definitivamente accertate, atteso che, nell’ipotesi in questione, il bando, per come è formulato, non impone di dichiarare qualsivoglia condanna penale o violazione contributiva, tenuto conto peraltro del fatto che le cause di esclusione dalle gare sono da ritenere tassative, e che va applicato il principio di massima partecipazione alle gare (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 04.08.2009 n. 4906 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILaddove il bando richiede genericamente una dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione dell’art. 38, del codice dei contratti, esso giustifica una valutazione di gravità/non gravità compiuta dal concorrente, sicché il concorrente non può essere escluso per il solo fatto dell’omissione formale, cioè di non aver dichiarato tutte le condanne penali o tutte le violazioni contributive; andrà escluso solo ove la stazione appaltante ritenga che le condanne o le violazioni contributive siano gravi e definitivamente accertate.
Diverso discorso deve essere fatto quando il bando sia più preciso, e non si limiti a chiedere una generica dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38, codice, ma specifichi che vanno dichiarate tutte le condanne penali, o tutte le violazioni contributive: in tal caso, il bando esige una dichiarazione dal contenuto più ampio e più puntuale rispetto a quanto prescritto dall’art. 38 codice, all’evidente fine di riservare alla stazione appaltante la valutazione di gravità o meno dell’illecito, al fine dell’esclusione. In siffatta ipotesi, la causa di esclusione non è solo quella, sostanziale, dell’essere stata commessa una grave violazione, ma anche quella, formale, di aver omesso una dichiarazione prescritta dal bando.
L’art. 38, d.lgs. n. 163/2006 menziona i c.d. requisiti di ordine morale, aventi carattere generale, nel senso che devono essere posseduti da tutti i concorrenti in qualsivoglia gara di appalto.
Essi differiscono dai requisiti c.d. speciali, che riguardano non il profilo <<morale>>, ma la capacità tecnico-professionale o economico-finanziaria, e che variano a seconda del tipo di appalto e di oggetto della prestazione.
La mancanza dei requisiti generali si traduce in altrettante cause di esclusione.
L’art. 38 elenca da un lato requisiti (e conseguenti cause di esclusione) il cui accertamento è <<oggettivo>>, e non implica valutazione alcuna, ad es. il fallimento, la pendenza di un procedimento di prevenzione, e dall’altro lato requisiti (e conseguenti cause di esclusione), il cui accertamento implica una valutazione da parte della stazione appaltante: ad es. la condanna per reati <<gravi>> incidenti sulla <<moralità professionale>>, la <<grave negligenza>> nell’esecuzione di precedenti contratti, le violazioni <<gravi>> in materia previdenziale.
In relazione ai requisiti per i quali occorre compiere non un accertamento vincolato, ma una valutazione, si pone la questione, che ha avuto finora soluzione non univoca, di come debba essere formulata la dichiarazione del concorrente, in ordine al possesso dei requisiti.
Su come vada formulata la dichiarazione, non può tuttavia disquisirsi in astratto, in quanto occorre avere riguardo alla legge speciale di gara (bando e disciplinare), e dunque verificare quale contenuto il bando attribuisce a tale dichiarazione.
Non di rado i bandi richiedono, genericamente, che il concorrente dichiari di non trovarsi in una delle situazioni che sono causa di esclusione ai sensi dell’art. 38, codice.
Ora, l’art. 38, considera causa di esclusione l’aver riportato condanna penale per <<reati gravi>> incidenti sulla moralità professionale; ovvero l’aver commesso violazioni <<gravi>> alle norme in materia di contributi previdenziali o assistenziali.
La valutazione di <<gravità>> implica un apprezzamento che può essere compiuto diversamente dal concorrente e dalla stazione appaltante.
Sicché, se il bando indica genericamente di dichiarare l’insussistenza di una causa di esclusione, esso, di fatto, legittima il concorrente che abbia riportato condanne penali, o commesso violazioni in materia contributiva, a compiere una valutazione di gravità/non gravità.
Si pone pertanto la questione se possa considerarsi <<falsa>> una dichiarazione del concorrente, con cui si afferma di non aver riportato condanne per gravi reati incidenti sulla moralità professionale, ovvero di non aver commesso gravi violazioni in materia contributiva, laddove sussistano condanne o violazioni in materia contributiva, ma esse si prestino a una valutazione opinabile di gravità/non gravità.
Un orientamento di questo Consesso, che il Collegio condivide e fa proprio, ha ritenuto che laddove il bando richiede genericamente una dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione dell’art. 38, codice, esso giustifica una valutazione di gravità/non gravità compiuta dal concorrente, sicché il concorrente non può essere escluso per il solo fatto dell’omissione formale, cioè di non aver dichiarato tutte le condanne penali o tutte le violazioni contributive; andrà escluso solo ove la stazione appaltante ritenga che le condanne o le violazioni contributive siano gravi e definitivamente accertate.
La dichiarazione del concorrente, in tale caso, non può essere ritenuta <<falsa>> (Cons. St., sez. V, 08.09.2008 n. 4244; Cons. St., sez. V, 07.10.2008 n. 4897; Cons. St., sez. V, 22.02.2007 n. 945, che osserva testualmente che ove il bando richieda genericamente una dichiarazione circa la insussistenza delle cause di esclusione legali, il bando di fatto demanda <<al singolo concorrente il giudizio circa l’incidenza sull’affidabilità morale e professionale di eventuali reati dal medesimo commessi>> sicché <<è da escludere che possa qualificarsi falsa dichiarazione una valutazione soggettiva del concorrente stesso (la quale potrà tutt’al più non essere condivisa,ma giammai potrà essere ritenuta falsa, e cioè non corrispondente ad un dato oggettivamente riscontrabile). Diversa sarebbe stata la situazione se fosse stato imposto al concorrente di dichiarare tutti i reati per i quali fossero intervenute sentenze di condanna passate in giudicato o applicazione della pena a richiesta ex art. 444 del codice di procedura penale,affidando poi all’amministrazione ogni valutazione in proposito. In tal caso infatti, qualora il concorrente avesse omesso di dichiarare taluno di tali reati, si sarebbe potuta configurare una falsa autocertificazione, con conseguente esclusione dalla gara>>).
Diverso discorso deve essere fatto quando il bando sia più preciso, e non si limiti a chiedere una generica dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38, codice, ma specifichi che vanno dichiarate tutte le condanne penali, o tutte le violazioni contributive: in tal caso, il bando esige una dichiarazione dal contenuto più ampio e più puntuale rispetto a quanto prescritto dall’art. 38 codice, all’evidente fine di riservare alla stazione appaltante la valutazione di gravità o meno dell’illecito, al fine dell’esclusione.
In siffatta ipotesi, la causa di esclusione non è solo quella, sostanziale, dell’essere stata commessa una grave violazione, ma anche quella, formale, di aver omesso una dichiarazione prescritta dal bando (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 04.08.2009 n. 4906 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla differenza tra appalto e concessione di servizi e sulla necessità per le amministrazioni pubbliche qualora debbano affidare servizi o beni pubblici di individuare i propri contraenti attraverso procedimenti di tipo concorsuale.
Secondo la giurisprudenza la differenza tra appalto di servizi e concessione di servizi sta nel fatto che nell'appalto di servizi le prestazioni vengono rese in favore dell'Amministrazione, mentre nella concessione di servizi si instaura un rapporto trilaterale, tra Amministrazione, concessionario ed utenti. In particolare nella concessione di servizi il costo del servizio grava sugli utenti, mentre nell'appalto di servizi spetta all'Amministrazione compensare l'attività svolta dal privato e secondo cui, più specificamente, nell'affidamento della gestione degli spazi pubblicitari non può ravvisarsi un appalto, bensì una concessione di servizi, instaurandosi il rapporto trilaterale anzidetto; sicché, una volta affidata la gestione degli spazi, il concessionario agisce in luogo dell'Amministrazione cedendo gli spazi stessi a terzi, dietro compenso, e, nei confronti dell'Amministrazione medesima è tenuto al pagamento di un canone.
Le Amministrazioni pubbliche qualora debbano affidare servizi o beni pubblici debbono individuare in ogni caso i propri contraenti attraverso procedimenti di tipo concorsuale (acquisizione giurisprudenziale questa che vale anche in materia di concessioni di beni pubblici), con la conseguenza che ogni diversa modalità che consente di escludere tale procedura è da considerarsi eccezionale e tipica, e che fa sì che la trattativa privata costituisca in definitiva un sistema di deroga eccezionale rispetto al regime di gara per la scelta del contraente a cui ricorrere solo provando che sussista una delle condizioni giustificate nell'ordinamento (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 04.08.2009 n. 4890 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: 1. Appalto pubblico (in generale) - Criteri e principi - Evidenza pubblica - Pubblicità della gara - Indegorabilità.
2. Appalto pubblico (in generale) - Criteri e principi - Principio di pubblicità - In sede d'apertura delle buste contenenti le offerte - Necessarietà - Sussistenza - Ragioni - Conseguenze.
3. Appalto pubblico (in generale) - Gara - Partecipazione - Termini - Proroga - Legittimità - Condizioni.

1. Il principio della pubblicità delle seduta di gara per la scelta del contraente è da considerare inderogabile in ogni tipo di gara per quanto attiene l'apertura dei plichi contenenti la documentazione e le offerte economiche (TAR Campania Napoli, sez. I, 18-03-2008 n. 1373; TAR Marche, 06-03-2006 n. 59; TAR Lombardia Brescia 05-12-2006 n. 1541; TAR Toscana, sez. II, 06-09-2005 n. 2; Cons. Stato, sez. V, 07-11-2006 n. 6529; TAR Lazio Roma, sez. III, 05-02-2008 n. 951).
Tale principio, espresso dagli artt. 74 e ss., RR.DD. 23.05.1924 n. 827, è stato ritenuto applicabile a tutte le gare, in quanto esprimente una regola essenziale delle leggi di contabilità generale dello Stato e derivante direttamente dal principio di buon andamento ed imparzialità della p.A. (Cfr. TAR Liguria, sez. I, 01-04-2004 n. 313).
2. Il principio di pubblicità deve necessariamente connotare la seduta fissata per l'apertura della buste contenenti le offerte economiche del partecipanti alla gara, di tal che è obbligo del seggio di gara garantire ai concorrenti l'effettiva possibilità di presenziare allo svolgimento delle operazioni di apertura dei plichi pervenuti alla stazione appaltante.
Ed invero, tale effettiva possibilità di partecipazione alla seduta del seggio di gara costituisce garanzia posta a tutela, nel contempo, dell'interesse pubblico e di quello dei singoli partecipanti, i quali devono poter assistere direttamente allo svolgimento delle operazioni di verifica dell'integrità dei plichi ed all'identificazione del loro contenuto, e ciò a conferma della serietà della procedura concorsuale (Cfr. TAR Basilicata Potenza, sez. I, 28-03-2008 n. 72).
3. Tutti i termini di una pubblica selezione possono ben essere prorogati ove l'Amministrazione esterni ragioni di pubblico interesse e purché ciò avvenga in favore di tutti i partecipanti (Cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 2179/2002; C.G.A. n. 451/1998, ex pluris) (TAR Abruzzo-L'Aquila, sentenza 03.08.2009 n. 363 - link a
http://mondolegale.it).

luglio 2009

APPALTI: C. Buonauro, La nomina della commissione di gara nelle procedure ad evidenza pubblica (luglio 2009) (link a http://doc.sspal.it).

APPALTI: M. Alesio, LE PROCEDURE NEGOZIATE ALLA LUCE DELLE ULTIME NOVITA’ (luglio 2009 - link a www.centrostudimarangoni.it).

APPALTI: Sui limiti del potere delle Stazioni appaltanti di prevedere condizioni di partecipazione più restrittive rispetto a quelle stabilite dal Codice dei contratti.
1.
Il Codice dei contratti pubblici (D.L.vo 12.04.2006 n. 163), con le norme in esso contenute, non ha inteso introdurre la possibilità in favore delle stazioni appaltanti di prevedere disposizioni nella lex specialis di gara volte a ridurre, ingiustificatamente, la platea dei potenziali concorrenti, relegando al contrario la possibilità per l’Amministrazione di introdurre delle “clausole-ostacolo” nel bando o nel capitolato solo laddove tali disposizioni siano motivate espressamente e trovino ragione nelle peculiarità dell’oggetto dell’appalto da affidarsi (tanto che l’art. 74, comma 5, del Codice dei contratti pubblici impone alle stazioni appaltanti di richiedere alle concorrenti, nel confezionare l’offerta, di corredarla dei soli elementi essenziali prescritti dallo stesso Codice, nonché degli altri elementi e documenti necessari o utili, ma pur sempre "nel rispetto del principio di proporzionalità in relazione all’oggetto del contratto e alle finalità dell’offerta").
2. L'art. 46 del D.L.vo n. 163 del 2006, nel disporre che le Amministrazioni invitano, se necessario, le ditte partecipanti a gare per l'aggiudicazione di appalto di servizi a fornire chiarimenti e ad integrare la carente documentazione presentata, non ha inteso assegnare alle stesse una mera facoltà o un potere eventuale, ma piuttosto codificare un ordinario modo di procedere, volto a far valere, entro certi limiti e nel rispetto della par condicio dei concorrenti, la sostanza sulla forma, orientando l'azione amministrativa sulla concreta verifica dei requisiti di partecipazione e della capacità tecnica ed economica, coerentemente con la disposizione di carattere generale contenuta nell'art. 6 della L. 07.08.1990 n. 241 (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 30.07.2009 n. 7706 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: In tema di spese degli enti locali effettuate senza il rispetto delle condizioni di cui all'art. 23, commi 3 e 4, d.l. 02.03.1989, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 24.04.1959, n. 144, e riprodotto, senza sostanziali modifiche, prima dall'art. 35 d.lgs. n. 77 del 1995 e poi dall'art. 191 d.lgs. n. 267 del 2000, l'insorgenza del rapporto obbligatorio, ai fini del corrispettivo, direttamente con l'amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, determina l'impossibilità di esperire nei confronti del Comune l'azione di arricchimento senza causa, stante il difetto del necessario requisito della sussidiarietà.
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Il ricorso è inammissibile.
Invero la ratio decidendi della sentenza impugnata è basata sulla inammissibilità della domanda in quanto il rapporto contrattuale si era concretizzato esclusivamente con l'Assessore dei lavori Pubblici, che aveva commissionato oralmente i lavori senza rispettare le disposizioni dall'art. 23 della legge 144/1999 onde la domanda doveva essere proposta nei confronti di quest'ultima non sussistendo di conseguenza il requisito di sussidiarietà di cui all'art. 2042 della P.A. disponendo il ricorrente di azione diretta di risarcimento nei confronti del citato assessore.
Tale ratio, che è di per sé decisiva, risulta del tutto conforme all'orientamento ripetutamente espresso da questa Corte, secondo cui in tema di spese degli enti locali effettuate senza il rispetto delle condizioni di cui all'art. 23, commi 3 e 4, d.l. 02.03.1989, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 24.04.1959, n. 144, e riprodotto, senza sostanziali modifiche, prima dall'art. 35 d.lgs. n. 77 del 1995 e poi dall'art. 191 d.lgs. n. 267 del 2000, l'insorgenza del rapporto obbligatorio, ai fini del corrispettivo, direttamente con l'amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, determina l'impossibilità di esperire nei confronti del Comune l'azione di arricchimento senza causa, stante il difetto del necessario requisito della sussidiarietà (Cass. 15296/2007, Cass. 10640/2007) (Corte di Cassazione, Sez. I civile, sentenza 29.07.2009 n. 17550).

APPALTI: 1. GARA D'APPALTO - PARTECIPAZIONE DI RTI - IMPUGNAZIONE ATTI DI GARA - LEGITTIMAZIONE ATTIVA DI CIASCUNA IMPRESA PARTE DEL RTI - SUSSISTENZA.
2. GARA D'APPALTO - MODALITA' DI PRESENTAZIONE DELLE OFFERTE - LEX SPECIALIS - PREVISIONE CONSEGNA MEDIANTE RACCOMANDATA O CORRIERE ESPRESSO - CONSEGNA DIRETTA - ESCLUSIONE - ILLEGITTIMITA' – RAGIONI.

1. L’ATI non è un soggetto giuridico e nemmeno un centro d’imputazione di atti e rapporti giuridici distinto ed autonomo rispetto alle imprese raggruppate, sicché ciascun’impresa, già associata o ancora da associare, è titolare d’un autonomo interesse legittimo a conseguire l'aggiudicazione, e quindi la legittimazione deve riconoscersi in capo all'impresa singola facente parte dell'ATI stessa, non importando se questa sia già costituita al momento della presentazione dell'offerta o che si debba costituire all'esito dell'aggiudicazione (cfr. Cons. St., V, 12.02.2007 n. 593; id., 28.12.2007 n. 6689). Tanto nella considerazione che il conferimento del mandato speciale collettivo irrevocabile gratuito all'impresa capogruppo attribuisce al legale rappresentante di quest'ultima la rappresentanza processuale nei confronti della stazione appaltante e delle imprese controinteressate, senza con ciò precludere a tutte le imprese in sé d’agire in giudizio singulatim.
È appena da osservare, inoltre, che non solo manca un’espressa previsione nella normativa tanto comunitaria, quanto nazionale che precluda tal facoltà (cfr. Cons. St., V, 23.10.2007, n. 5577), ma che soprattutto la Corte del Lussemburgo ha confermato la piena legittimità, a livello comunitario, della disciplina normativa nazionale che abiliti le singole imprese componenti di un’ATI a proporre autonomo ricorso avverso gli atti d’aggiudicazione d’una gara ad evidenza pubblica (cfr., per tutti, C. giust. CE, ord.za 04.10.2007, resa nella causa C-492/06). Ma, a tutto concedere –ove, cioè, si volesse ritenere che tal principio serve alle imprese mandanti e non anche alla mandataria–, ciò non è così, posto che sussiste sempre la legittimazione anche dell'impresa mandataria di un’ATI costituenda a proporre, come nella specie, un autonomo ricorso contro gli atti e i risultati della gara (di recente, cfr. Cons. St., VI, 23.07.2008 n. 3652; id., 06.03.2009 n. 1346).
2. Se è vero che sussiste una certa discrezionalità, da parte della stazione appaltante, di prediligere di volta in volta il mezzo più acconcio per realizzare il bene giuridico protetto –ossia la serietà della volontà dell’impegno e la recettizietà della dichiarazione negoziale–, ciò va circoscritto negli ovvi limiti della ragionevolezza e della proporzionalità, nel senso, cioè, che il mezzo prescelto non deve assurgere a limite preclusivo ultra vires della possibilità d’effettiva partecipazione alla gara.
Infatti, tal discrezionalità non è solo rimessa al limite interno della ragionevole coerenza dello strumento prescelto all’obiettivo da raggiungere, nel qual caso, il servizio postale di fatto sarebbe sempre da preferire, perché è un mezzo noto, generale ed abbastanza (ma non del tutto) sicuro per presentare le domande de quibus. Essa soggiace pure a quelli ex art. 77, commi 4 e 7, del D.lgs. 12.04.2006 n. 163, in virtù dei quali non solo non v’è un mezzo predefinito a priori che obblighi l’impresa partecipante a produrre la propria domanda nell’ambito d’un novero ristretto di mezzi di presentazione, ma le stazioni appaltanti possono acconsentire alla produzione diretta delle domande stesse ai propri uffici. Tanto con il solo limite della non esclusività –in caso contrario, la presentazione diretta incappando nei medesimi rilievi oggidì recati contro il bando della gara de qua–, nonché della salvaguardia della integrità della documentazione e della riservatezza dell’offerta.
Anche l’ammissione della produzione diretta è facoltativa, ma è del pari vero che tal facoltà non deve intendersi elisa ed inutilizzabile, una volta prescelta un’altra modalità. Al contrario, l’art. 77, c. 7, nel replicare tutti i mezzi di presentazione delle domande e delle offerte indicati nell’art. 42, §6) della dir. n. 2004/18/CE, fa salvo proprio il precedente c. 4, ossia la regola della produzione diretta. Sicché i due gruppi di modalità si devono intendere tra loro normalmente e facilmente integrabili, tranne che la stazione appaltante non dimostri che quella ex c. 4 alteri le inderogabili esigenze di protezione dell’integrità e della riservatezza delle offerte, o che tal modalità le avrebbe consentito facilmente d’apprenderne il contenuto prima della scadenza del termine previsto per la loro presentazione (TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 29.07.2009 n. 7689 - link a www.
mediagraphic.it).

APPALTI: Lex specialis e criteri di valutazione.
Si conferma l’opinione giurisprudenziale in base alla quale, nel caso in cui, in una procedura di scelta del contraente secondo il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la lex specialis di gara già preveda criteri e sottocriteri di valutazione sufficientemente rigidi e precisi, tali da determinare una griglia di sottovoci che consenta un esercizio «guidato» e controllabile della discrezionalità tecnica ed amministrativa propria del giudizio della commissione giudicatrice, legittimamente quest'ultima omette di stabilire criteri più dettagliati (TAR Lomabrdia-Milano, Sez. I, sentenza 29.07.2009 n. 4545 - link a
www.cameramministrativacomo.it).

APPALTI1. Aggiudicazione provvisoria - Atto interno alla procedura di gara - Impugnazione dell'aggiudicazione provvisoria - Successiva impugnazione dell'aggiudicazione definitiva - Improcedibilità per carenza d'interesse all'impugnazione dell'aggiudicazione provvisoria.
2. Responsabile unico del procedimento - Funzioni di coordinamento e di monitoraggio - Cumulo delle funzioni di r.u.p. e di quelle di approvazione dei relativi atti - Ammissibilità - Facoltatività.

1. L'atto di aggiudicazione definitiva priva il ricorrente dell'interesse ad ottenere una pronuncia su quello rivolto avverso l'atto di aggiudicazione provvisoria.
Per giurisprudenza pacifica si ritiene infatti che "l'aggiudicazione provvisoria, pur essendo impugnabile, costituisce pur sempre un atto interno della procedura di gara e segnatamente quello con cui viene individuata la migliore offerta, mentre è solo con l'aggiudicazione definitiva che la stazione appaltante conclude il procedimento e si concreta la scelta del futuro contraente; pertanto, pur ammettendosene l'immediata ricorribilità (?), l'aggiudicazione provvisoria ritorna ad assumere il suo ruolo di atto endoprocedimentale una volta adottata l'aggiudicazione definitiva, che assume il ruolo di provvedimento concretamente lesivo che assume in sé tutti i vizi della procedura" (TAR Campania Napoli, sez. I, 10.11.2005, n. 18837).
Parimenti non sussiste alcun interesse ad esaminare le eccezioni preliminari rivolte avverso il ricorso contro l'aggiudicazione provvisoria, atteso che il loro accoglimento non comporterebbe alcuna conseguenza paralizzante sullo scrutinio del successivo ricorso contro l'aggiudicazione definitiva. Il ricorso contro l'aggiudicazione provvisoria va dunque dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
2. Il sistema tratteggiato dal quadro normativo prevede che il r.u.p. svolga principalmente funzioni interne, di monitoraggio e coordinamento nei confronti dei vari organi dell'Amministrazione, interessati dallo svolgimento delle diverse fasi dell'appalto. Conseguentemente, si richiede un forte legame tra la persona fisica incaricata delle predette funzioni, ed il complessivo apparato amministrativo di cui la stessa si avvale, onde conferire la prescritta unitarietà all'iter realizzativo dell'appalto.
La normativa di cui alla L. n. 241/1990 e quella di cui al D.Lgs. n. 163/2006 prevedono la possibilità di allocare le funzioni di r.u.p. in capo ad un soggetto differente da quello che ne approva i relativi atti, o al contrario di cumularle in capo ad un'unica persona fisica in possesso dei requisiti previsti, senza mai tuttavia prevedere come obbligatoria una tale commistione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.07.2009 n. 4527 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIGara - Requisito di partecipazione - Livello di fatturato - Elemento rilevante per l'apprezzamento della esperienza del professionista - Paternità del progetto attribuita solamente con la sottoscrizione - Collaborazione - Non sufficiente.
Il requisito richiesto ai fini della partecipazione (nel caso di specie una soglia minima di fatturato) rileva in punto di qualificazione del professionista chiamato ad eseguire la specifica prestazione oggetto dell'appalto. Il livello del fatturato, il cui ammontare è discrezionalmente fissato dalla Stazione appaltante, è elemento rilevante ai fini dell'apprezzamento della esperienza ed affidabilità del professionista che dimostra in tal modo di aver già effettuato, ed in una misura ritenuta congrua dall'Amministrazione, prestazioni analoghe.
La funzione assolta dalla prescrizione di gara, nel caso di specie violata, richiede pertanto, pena lo svuotamento di qualsivoglia significato della medesima, che il requisito sia necessariamente, ed in modo inequivoco, riferibile al professionista che se ne avvale. Nel senso è orientata la prevalente giurisprudenza secondo la quale è "indubbio che l'effettiva paternità di un progetto si acquista solo con la sua sottoscrizione che la mera collaborazione alla predisposizione di un progetto non è equiparabile all'attività di progettazione" (Cons. Stato, Sez. V, 29.01.1999, n. 83) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.07.2009 n. 4526 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIArt. 87, comma 2, D.lgs. 163/2006 - Offerta anormalmente bassa - Possibilità per l'offerente di presentare giustificazioni - Esclusione automatica per l'offerta inferiore ai limiti retributivi tabellari - Illegittimità - Esclusione automatica in caso di violazione della disciplina inderogabile sui minimi salariali - Legittimità.
I dati (sul costo medio orario del lavoro) risultanti dalle tabelle FISE (Federazione delle Imprese di Servizi) non costituiscono parametri inderogabili, ma si configurano quali indici del giudizio di adeguatezza dell'offerta. "Deve pertanto ritenersi, in adesione all'orientamento formatosi sul punto, che non possa disporsi l'esclusione di un'offerta sul presupposto dell'inderogabilità dei minimi tabellari di cui trattasi, dovendosi consentire all'impresa di rendere giustificazioni in ordine ai costi della manodopera inferiori ai minimi retributivi tabellari, rimettendo al giudizio della commissione la stima della congruità di tali giustificazioni (cfr. CdS V 11.10.2002 n. 5497)" (TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 3972/2005).
Sul piano normativo l'assunto trova conferma nel dettato dell'art. 87. co. 2°, lett. g), del D. L.vo n. 163/2006 che contempla, per le concorrenti che abbiano presentato offerte anormalmente basse anche in virtù della componente relativa al costo del lavoro, la possibilità di produrre giustificazioni. L'esclusione automatica della partecipante è, infatti, legittima unicamente quando l'offerta violi la disciplina inderogabile sui minimi salariali (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.07.2009 n. 4525 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Art. 41, comma 3, D.lgs. 163/2006 - Inizio attività da meno di tre anni - Impossibilità di provare la capacità economico finanziaria - Possibilità di provare il requisito con diversi documenti.
2. Raggruppamento temporaneo di imprese - Requisito del fatturato specifico - Elemento significativo per valutare l'affidabilità del concorrente - Requisito in capo all'impresa che esegue la prestazione principale - Necessità.

1. Il comma 3 dell'art. 41 del D.lgs. 163/06 stabilisce che "se il concorrente non è in grado, per giustificati motivi, ivi compreso quello concernente la costituzione o l'inizio dell'attività da meno di tre anni, di presentare le referenze richieste, può provare la propria capacità economica e finanziaria mediante qualsiasi altro documento considerato idoneo dalla stazione appaltante".
La norma, lungi dal consentire la mancata prova del requisito, come deriva dall'inequivoco dato letterale, si limita unicamente a riconoscere la possibilità di provare in diverso modo "la propria capacità economica e finanziaria mediante qualsiasi altro documento considerato idoneo dalla stazione appaltante".
Tale possibilità, peraltro, é riconosciuta in presenza di giustificati motivi fra i quali, a titolo meramente esemplificativo, viene indicata la costituzione o l'inizio dell'attività del soggetto concorrente da meno di tre anni.
2. Il fatturato specifico, ancorché sia un elemento espresso con una grandezza finanziaria, consentendo di apprezzare i volumi di produzione e commercializzazione del manufatto, fornisce alla Stazione appaltante elementi altamente significativi ai fini dell'apprezzamento dell'affidabilità tecnica del concorrente.
Risponde quindi a canoni di assoluta ragionevolezza richiedere il requisito economico finanziario in capo a chi dovrà eseguire la prestazione principale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.07.2009 n. 4515 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTINecessità dell'apertura delle buste contenenti le offerte economiche successivamente alla valutazione delle offerte tecniche - Deroga solamente nei casi in cui si tratti di verificare la presenza dei requisiti di ammissione o di attribuire punteggi rigidamente vincolati a criteri predeterminati.
Sulla scorta del consolidato orientamento giurisprudenziale sul tema, la valutazione delle offerte, sotto il profilo tecnico, deve sempre precedere l'apertura delle buste contenenti le offerte economiche, al fine evidente di prevenire che (la conoscenza di) queste ultime possa influenzare la complessa valutazione dei profili attinenti alla qualità.
La possibilità di esaminare la documentazione tecnica, ad offerte economiche già cognite, può considerarsi ammessa nei limitati casi in cui si tratti di verificare la presenza dei requisiti di ammissione o di attribuire punteggi rigidamente vincolati a criteri predeterminati e non, come nel caso di specie, ove l'offerta tecnica formi oggetto di valutazione ampiamente discrezionale e sia suscettibile di graduazioni in relazione alla qualità dei vari elementi che connotano il bene richiesto per la fornitura (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.07.2009 n. 4512
).

APPALTI: In qualunque tipo di gara, devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti quanto meno la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta.
In qualunque tipo di gara devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti quanto meno la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta, che si tratti sia di documentazione amministrativa, sia di documentazione riguardante l'offerta tecnica, ovvero l'offerta economica, distinguendosi però tra procedure di aggiudicazione automatica, in cui il principio della pubblicità è generalmente totale nel senso che si applica anche all'apertura dei plichi, e procedure di aggiudicazione implicanti valutazioni tecnico-discrezionali per la scelta dell'offerta più vantaggiosa per l'Amministrazione sulla base di una pluralità di elementi tecnici ed economici, come nella specie, in cui all'apertura dell'offerta tecnica può procedersi in seduta riservata (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 04.03.2008, n. 901 e TAR Sicilia, Catania, sez. II, 10.02.2009, n. 290) (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 28.07.2009 n. 2124 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: SMARRITI I DOCUMENTI: GARA SOSPESA (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: CODICE DEGLI APPALTI PUBBLICI – D.LGS. 163/2006 – MODIFICHE APPORTATE DALLE LEGG1 94 E 102 DEL 2009 (link a www.ancebrescia.it).

APPALTI: G. Gentilini, Gli enti non profit nella codificazione dei contratti pubblici di forniture di lavori, servizi e forniture - Consiglio di Stato, sezione VI, con la sentenza 16.06.2009 n. 3897 (link a www.diritto.it).

APPALTI: Contratti pubblici - Procedure di gara - Requisiti di partecipazione - Requisiti soggettivi - Assenza di condanne penali - Condanne penali risalenti per reati depenalizzati - Condanne irrilevanti.
L’esclusione subita dall’appellante è illegittima. Premessa, ad avviso del Collegio, l’evidente tenuità delle tre vicende oggetto di depenalizzazione (conclusesi circa 35 anni fa con l’irrogazione di ammende di modesta consistenza) e premesso, altresì, che già da tale dato si può trarre la difformità dell’esclusione in parola rispetto all’archetipo normativo giusta il principio del c.d. falso innocuo (cfr. Cons. St., Sez. V, 13.02.2009, n. 829), assorbente risulta il dato che si tratta di vicende la cui rilevanza penale è stata esclusa ora per allora (in base al principio del favor rei) da altrettanti provvedimenti legislativi. Il che, appunto, esclude in radice che tali vicende potessero essere validamente considerate ai fini di un’esclusione, la quale, viceversa, postula l’attuale ascrivibilità al concorrente di condotte tuttora penalmente rilevanti e per di più gravi (cfr. Cons. St., Sez. IV, 18.05.2004, n. 3185).
L’esclusione che ha colpito l’appellante è, pertanto, indebita, giacché, attesa l’irrilevanza delle vicende coperte da depenalizzazione, per le altre risultava intervenuto formale provvedimento di estinzione, senza che a quest’ultimo proposito si potesse distinguere, agli effetti qui considerati, tra estinzione dichiarata ai sensi dell’art. 445 c.p.p. ed estinzione pronunziata ex art. 460 c.p.p. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.07.2009 n. 4594 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: L’impresa illegittimamente privata dell’esecuzione di un appalto può rivendicare a titolo di lucro cessante anche la perdita della possibilità di arricchire il proprio curriculum professionale.
Il tutto, secondo un criterio equitativo, per un importo che nel caso di specie il Collegio stima giusto riconoscere nella misura pari al 10% del prezzo a base d’asta (arg. ex art. 345, l. n. 2248 del 1865 All. F).

A
lla ditta ingiustamente esclusa da una gara d'appalto va, comunque, risarcito il danno, certo ed ingiusto, che essa ha già subito a causa della illegittima e qui annullata esclusione, sia in termini di perdita di altre gare (circostanza documentata in giudizio), sia in termini di lesione della reputazione professionale (cfr. Cons. St., Sez. V, 12.02.2008, n. 491; Cass., 04.06.2007, n. 12929), sia in termini di c.d. danno curriculare.
Come rilevato da questo Consiglio (cfr. Cons. St., Sez. VI, 09.06.2008, n. 2751), il fatto stesso di eseguire un appalto pubblico (anche a prescindere dal lucro che l’impresa ne ricava grazie al corrispettivo pagato dalla stazione appaltante), può essere comunque fonte per l’impresa di un vantaggio economicamente valutabile, perché accresce la capacità di competere sul mercato e quindi la chance di aggiudicarsi ulteriori e futuri appalti. In linea di massima, allora, deve ammettersi che l’impresa illegittimamente privata dell’esecuzione di un appalto possa rivendicare a titolo di lucro cessante anche la perdita della possibilità di arricchire il proprio curriculum professionale.
Il tutto, secondo un criterio equitativo, per un importo che nel caso di specie il Collegio stima giusto riconoscere nella misura pari al 10% del prezzo a base d’asta (arg. ex art. 345, l. n. 2248 del 1865 All. F).
Trattandosi di debito di valore, all’appellante spetta anche la rivalutazione monetaria sino alla pubblicazione della presente de-cisione (a decorrere da tale momento, in conseguenza della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta).
Spettano, inoltre, gli interessi nella misura legale dalla data della pubblicazione della presente decisione e fino all’effettivo soddisfo
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.07.2009 n. 4594 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Non sussiste la necessità di indicare le condanne ormai estinte in sede di dichiarazioni ex art. 38, lett. c), del D.Lgs. 163/2006.
L'art. 38, lett. c), del D.Lgs. n. 163/2006, nel prescrivere l'obbligo di esclusione dalle gare per i soggetti condannati con sentenze passate in giudicato per reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari all'art. 45, par. 1, direttiva CE 2004/18, fa comunque salva l'applicazione dell'art. 178 c.p. e dell'art. 445, c. 2, del c.p.p..
La scelta legislativa, dunque, è nel senso di ritenere irrilevanti le condanne ormai estinte, con conseguente non necessità della loro indicazione in sede di dichiarazioni ex art. 38 lett. c) del D.Lgs. 163/2006. Ne consegue che, nel caso di specie, il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione è illegittimo, e debba essere pertanto annullato. essendo ormai le condanne estinte ex art. 445 c. 2 c.p.p., ed avendo il legislatore stesso ritenuto i reati estinti non ostativi alla stipulazione di contratti con la P.A..
La stazione appaltante, in assenza di una qualunque altra clausola del bando diretta a prevedere la dichiarazione anche per detti reati, infatti, non disponeva di alcun margine di discrezionalità sulla ricorrenza dei requisiti di moralità in capo al legale rappresentante della società: pertanto, l'omessa dichiarazione su dette condanne non assume alcun rilievo e non può costituire motivo per disporre la revoca dell'aggiudicazione (TAR Lazio, Sez. II-quater, sentenza 22.07.2009 n. 7483 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI1. Partecipazione alle procedure di affidamento da parte di fondazioni e enti pubblici. Ammissibile previa verifica della compatibilità del loro status con i principi a tutela della concorrenza;
2. Domanda di annullamento degli atti di gara e del contratto già stipulato. Giurisdizione del giudice amministrativo. Non sussiste;
3. Aggiudicazione illegittima. Quantificazione del danno a titolo di lucro cessante. Prova del quantum a carico dell'impresa.

1. In linea di principio deve essere consentita la partecipazione alle procedure per l'affidamento di contratti pubblici anche alle fondazioni ed agli enti pubblici, con riserva dell'amministrazione di verificare la compatibilità di eventuali agevolazioni (specie fiscali) concesse a tali soggetti con i principi posti a tutela della concorrenza ad in tema di aiuti di Stato (cfr. CGCE, 10.01.2006 in causa C-222/04 e Cass. Civ., SS.UU., n. 27619/2006);
2. Ogni questione in merito alla sorte del contratto d'appalto a seguito di annullamento (nella specie in autotutela) degli atti di gara e dell'aggiudicazione della procedura ad evidenza pubblica è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario e sottratta a quella, ancorché esclusiva, del giudice amministrativo (cfr. Cass. Civ. SS.UU., n. 10443/2008 e 27169/2007 e Cons. Stato, Ad. Plen., nn. 9 e 12/2008);
3. La quantificazione del lucro cessante (mancato utile che l'impresa avrebbe ritratto dal contratto) per la mancata aggiudicazione di un appalto esige la prova rigorosa a carico dell'impresa della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria del contratto, desumibile in via principale dall'esibizione dell'offerta economica prestata in sede di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 1563/2005 e Cons. Stato, sez. IV, n. 478/2003) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 20.07.2009 n. 4500 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla possibilità di annullare l’aggiudicazione quando i lavori siano in corso.
Sussiste il potere della P.A. appaltante di disporre l’annullamento d’ufficio in autotutela dell’aggiudicazione, pur se in epoca successiva alla stipulazione del contratto di appalto con l’aggiudicatario, persino quando siano in corso i lavori; né costituisce di per sé un ostacolo all'esercizio del generale potere di riesame in un momento successivo alla conclusione del procedimento la presenza, nel procedimento di aggiudicazione degli appalti pubblici, di strumenti tipici di verifica immediata dell'attività compiuta dall’amministrazione, come, ad es., l'approvazione degli atti di gara e l'eventuale controllo (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 20.07.2009 n. 4398 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Annullamento in autotutela dell'aggiudicazione dopo la stipula del contratto. Legittimità;
2. Annullamento in autotutela dell'aggiudicazione. Compimento di atti di verifica/controllo dell'attività compiuta in sede di gara. Non costituisce ostacolo al potere di riesame;
3. Annullamento degli atti di gara. Sorte del contratto già stipulato. Giurisdizione del giudice amministrativo. Non sussiste.

1. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, sussiste in capo all'amministrazione il potere di annullare in autotutela l'aggiudicazione definitiva di un appalto di lavori anche in epoca successiva alla stipulazione del contratto e, in astratto, anche quando siano già in corso i lavori (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 3997/2002).
2. Non costituisce un ostacolo all'esercizio del generale potere di riesame la presenza, nel procedimento di aggiudicazione, di atti di verifica immediata dell'attività compiuta dall'amministrazione quali, ad esempio, l'approvazione degli atti di gara e l'eventuale controllo (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 661/2000).
3. Ogni questione in merito alla sorte del contratto d'appalto a seguito di annullamento (nella specie in autotutela) degli atti di gara e dell'aggiudicazione della procedura è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario e sottratta a quella, ancorché esclusiva, del giudice amministrativo (cfr. Cass. Civ. SS.UU., n. 10443/2008 e 27169/2007 e Cons. Stato, Ad. Plen., nn. 9 e 12/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 20.07.2009 n. 4398 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Dichiarazione di non presenza di condanne penali ed automatica esclusione.
Nell’attuale contesto normativo le imprese partecipati ad una gara d’appalto hanno l’obbligo di attestare, tra le altre, anche l’assenza della causa ostativa consistente nel non aver riportato condanne penali definitive assistite dal beneficio della non menzione nel certificato generale del casellario giudiziale spedito a richiesta privata condanne che, com’è noto, appaiono invece nel certificato predetto ove richiesto (e rilasciato) da Ente pubblico o concessionario di pubblico servizio.
La non veridicità della dichiarazione circa la sussistenza di emergenze penali integra una autonoma causa di esclusione dalla gara, a prescindere dalla valutazione in ordine all’idoneità della condanna riportata ad incidere la moralità professionale dell’impresa; tanto vale anche per fattispecie compiutasi nel previgente regime (nel quale non erano da dichiarare le condanne non menzionate) in virtù della cogenza del successivo accertamento, attraverso il controllo d’ufficio ex art. 75, D.P.R. n. 445/2000, della risultanza della condanna stessa dal certificato del Casellario giudiziale rilasciato alla P.A.
(TAR Piemonte, Sez. I, ordinanza 20.07.2009 n. 601 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Sul divieto di introdurre nuovi criteri o sub-criteri di valutazione delle offerte e sulla determinazione dei danni nel caso di illegittima aggiudicazione di una gara.
1.
Nel caso di gare svolte secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, deve escludersi la possibilità dell’introduzione da parte della commissione di nuovi criteri o sub criteri oltre quelli già fissati e indicati nel bando, dovendosi limitare al massimo la discrezionalità della medesima commissione, atteso peraltro che l’introduzione di nuovi criteri di valutazione delle offerte si porrebbe in contrasto con il principio di parità di trattamento e di par condicio tra imprese.
2. Il risarcimento del danno per illegittima aggiudicazione è riferito sostanzialmente alla "perdita di chance", ovvero al guadagno che l'impresa avrebbe potuto ottenere, in base ad una ragionevole valutazione di probabilità e alle regole del mercato.
3. In sede di risarcimento del danno arrecato dalla illegittimità della mancata aggiudicazione, il "lucro cessante" può essere direttamente rapportato all'utile che l'impresa avrebbe conseguito a seguito dell'aggiudicazione illegittimamente negata, che la prevalente giurisprudenza mutua dall'art. 345 della legge 20.03.1865, n. 2248, all. F, nella misura del 10% dell'importo dell'appalto.
La somma risultante deve considerarsi compensativa anche del "danno emergente", identificato nel costo affrontato dalla società per la presentazione dell'offerta.
4. In linea di massima deve ammettersi che una impresa illegittimamente privata dell'esecuzione di un appalto possa rivendicare, a titolo di lucro cessante, anche la perdita della possibilità di arricchire il proprio curriculum professionale (c.d. "danno curriculare"), che consiste nel pregiudizio subito dall'impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum professionale per non poter indicare in esso l'avvenuta esecuzione dell'appalto sfumato a causa del comportamento illegittimo dell'Amministrazione.
La quantificazione di tale voce di danno va operata in via equitativa, riconoscendo una somma pari ad una percentuale (variabile dall'1% al 5%) applicata sulla somma già liquidata a titolo di lucro cessante (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater, sentenza 18.07.2009 n. 7103 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla possibilità per le fondazioni private di partecipare a gare di appalto.
Una fondazione può partecipare ad una gara di appalto, atteso che la legislazione nazionale (art. 3, punto 19, del D. Lgs. 12.04.2006 n. 163) riferisce i termini di imprenditore, fornitore e prestatore di servizi ad "una persona fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalità giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE) costituito ai sensi del decreto legislativo 23.07.1991, n. 240, che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi"; parimenti la norma comunitaria (art. 1, par. 8, della direttiva n. 2004/18/CE) indica che "i termini «imprenditore», «fornitore» e «prestatore di servizi» designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti o servizi".
Non v’è quindi ragione di escludere che anche soggetti economici senza scopo di lucro, quali le fondazioni, possano soddisfare i necessari requisiti ed essere qualificati come "imprenditori", "fornitori" o "prestatori di servizi" ai sensi della citata normativa (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 16.06.2009 n. 3897 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Il procedimento di verifica delle offerte anormalmente basse con particolare riferimento al criterio del prezzo più basso (determinazione 16.07.2009 n. 6 - link a massimario.avlp.it).
... IL CONSIGLIO:
- Ritiene che, al fine di rispettare i principi di legittimità, trasparenza e correttezza, nonché le indicazioni della giurisprudenza, i documenti di gara debbano essere predisposti e le verifiche effettuate nel rispetto delle indicazioni riportate nelle sopra esposte considerazioni.
- Ritiene ammissibile che le singole fasi istruttorie della verifica di anomalia siano svolte in contemporanea; ossia l'esame delle giustificazioni, a partire dalla migliore offerta, può essere svolto contemporaneamente all'avvio dei sub-procedimenti delle altre offerte, anche se non ancora concluse le precedenti, secondo l'ordine progressivo dei ribassi offerti.

APPALTI: LINEE GUIDA PER L'APPLICAZIONE DELL'ART. 48 DEL D. LGS. N. 163/2006 (determinazione 16.07.2009 n. 5 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Sulla competenza degli enti proprietari e non dei comuni di rimuovere i rifiuti abbandonati lungo le strade pubbliche e sull'art. 2, c. 12, del d.l. 90/2008 che prevede un'attività sostitutiva del commissario nel caso di inerzia da parte dei comuni.
L'art. 14 del d.lgs. n. 285/1992, recante nuovo codice della strada, prevede che gli enti proprietari delle strade, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, devono provvedere alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi. La giurisprudenza amministrativa ha sempre interpretato, con riferimento alla fattispecie di insistenza dei rifiuti abbandonati sull'area di sedime di una strada, questa norma come speciale rispetto all'art. 198 del d.lgs. 152/2006 che, in materia di gestione di rifiuti urbani e assimilati, sancisce la competenza dei comuni per la raccolta, trasporto e avvio a smaltimento dei rifiuti urbani. Secondo la giurisprudenza, infatti la pulizia della strada, interferendo direttamente con la stessa funzionalità dell'infrastruttura e con la sicurezza della viabilità, non può non fare capo direttamente al soggetto gestore (proprietario, concessionario o comunque affidatario della gestione del bene), sul quale gravano speciali doveri di vigilanza, controllo e conservazione, doveri che rivestono carattere di oggettività e prescindono dai profili di dolo o colpa..
L'art. 14 del codice della strada, dunque, costituisce anche una norma speciale rispetto alla previsione di cui all'art. 192 del d.lgs. n. 152/2006 che, in materia di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo, prevede l'obbligo di provvedere all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi non solo in capo agli autori dell'illecito, ma anche, in solido con essi, del proprietario e del titolare di diritti reali o personali di godimento sull'area, purché tale violazione sia loro imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo.
L'art. 2, c. 12, del d.l. 90/2008 prevede un'attività sostitutiva del commissario nel caso di inerzia da parte dei comuni (e dunque in relazione all'ambito di competenze definito dall'art. 198 del d.lgs. 152/2006), tanto è vero che è previsto un diritto di rivalsa sulle risorse dei comuni; detta norma, però, non può essere applicata nella diversa ipotesi in cui nessuna inerzia possa essere imputata ai comuni, in quanto l'obbligo di provvedere alla pulizia delle strade, delle loro pertinenze grava sull'ente proprietario del raccordo autostradale. La previsione di un potere di rivalsa sulle risorse del comune, da parte dell'art. 2, c. 12, del d.l. 90/2008 rende palese che il potere straordinario di intervento della struttura del sottosegretariato possa essere finanziato dalle risorse comunali già destinate alla gestione dei rifiuti solo in caso di indisponibilità del servizio di raccolta e trasporto rifiuti di competenza dei comuni (TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 16.07.2009 n. 7027 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: G. Naimo, Collegamento e controllo societario: normativa di riferimento, orientamenti giurisprudenziali e conformità della normativa interna alla disciplina comunitaria (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: P. M. Zerman, Annullamento dell’aggiudicazione illegittima ed effettività della tutela giurisdizionale: la sorte del contratto medio tempore stipulato (commento alla decisione del Consiglio di Stato, Sez. V, 19.05.2009 n. 3070) (link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 28 del 13.07.2009, "Determinazioni in merito alle modalità per il finanziamento degli oneri di progettazione relativi alla realizzazione di opere pubbliche da parte dei Comuni aventi popolazione residente non superiore a 2000 abitanti, loro Unioni e Comunità montane se delegate (art. 4, l.r. 5/2009)" (deliberazione G.R. 30.06.2009 n. 9761 - link a www.infopoint.it).

LAVORI PUBBLICIOpere pubbliche - Impianto stradale di distribuzione carburante - Procedura espropriativa - Comunicazione di avvio del procedimento - Necessita.
Non risulta che l'amministrazione abbia posto in essere le disposizioni relative alla comunicazione dell'avvio del procedimento di approvazione del progetto di un'opera pubblica cui si correla un'implicita dichiarazione di pubblica utilità, nel senso di orientare all'applicazione analogica della disciplina sulla partecipazione dettata per la dichiarazione di pubblica utilità esplicita e strutturata, ai sensi degli artt. 10 e 11 della legge 1971 n. 865, sull'attività di deposito e notificazione del progetto, presentazione di osservazioni da parte degli interessati e pronuncia dell'amministrazione sulle osservazioni medesime (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Pl., 15.09.1999 n. 14; Consiglio di Stato, Ad. Pl., 24.01.2000 n. 2; nonché tra le tante TAR Campania Napoli, sez. V, 29.01.2004 n. 851; TAR Calabria Reggio Calabria, 22.03.2007, n. 243).
Ciononostante il privato non può limitarsi a censurare la mancata comunicazione di avvio del procedimento, ma per ottenere l'annullamento dell'atto deve quantomeno indicare o allegare quali sono gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento qualora avesse ricevuto la comunicazione.
A questo punto l'amministrazione sarà gravata dal ben più consistente onere di dimostrare che il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe mutato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 13.07.2009 n. 4354 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICIStazione appaltante - Lo stravolgimento dell'oggetto del contratto - Non sussiste.
Non può ritenersi che le varianti approvate dalla Stazione appaltante abbiano sforato la soglia del quinto d'obbligo stravolgendo l'oggetto del contratto. Una parte consistente dell'importo costituente il corrispettivo elle maggiori opere introdotte dalla variante è dovuta alla sopravvenuta necessità di procedere ad un rafforzamento delle fondazioni a causa della "sorpresa geologica".
Pertanto il costo non può essere conteggiato ai fini del computo della soglia del quinto (ex art. 10, comma 5, D.M. 245/2000) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 10.07.2009 n. 4346 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La costituzione di un'A.T.I. lascia impregiudicato l'assetto dei rapporti interni fra le imprese riunite, i quali, dunque, continuano ad essere disciplinati secondo le regole generali in materia di mandato.
L'associazione temporanea di due o più imprese nell'aggiudicazione ed esecuzione di un contratto di appalto è fondata su di un rapporto di mandato con rappresentanza, gratuito ed irrevocabile, conferito da una o più imprese, collettivamente, ad altra impresa capogruppo legittimata a compiere, nei rapporti con l'amministrazione, ogni attività giuridica connessa o dipendente dall'appalto e produttiva di effetti giuridici direttamente nei confronti delle imprese mandanti sino all'estinzione del rapporto, salva restando l'autonomia negoziale delle imprese riunite per quanto concerne la gestione a ciascuna di esse affidati ed i rapporti con i terzi. La costituzione di un'A.T.I. lascia impregiudicato l'assetto dei rapporti interni fra le imprese riunite, i quali, dunque, continuano ad essere disciplinati secondo le regole generali in materia di mandato.
Conseguentemente, nel caso in cui la società mandante di un'A.T.I. agisca in giudizio nei confronti della società mandataria per l'adempimento degli obblighi contrattuali derivanti dal mandato (fra i quali, quello di rimetterle le somme incassate in qualità di capogruppo), essa mandante deve provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto di credito ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, gravando poi sulla mandataria, presunta debitrice, l'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa (TRIBUNALE civile e penale di Bari, Sez. II civile, sentenza 10.07.2009 n. 2350 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sui compiti spettanti all'Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici e sulla natura degli atti della medesima Autorità.
All'Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici spetta il compito di assicurare il corretto esercizio della funzione pubblica in materia di contratti pubblici, e non già quello, più specifico, di verificare che l'attività posta in essere dalle stazioni appaltanti sia coerente e rispettosa della disciplina positiva stabilita dal legislatore: essa è, cioè, titolare di funzioni irriducibili a quelle di Amministrazione attiva e di controllo, con la conseguenza che i suoi atti di vigilanza sono privi del valore di manifestazione della volontà, che è proprio degli atti aventi natura provvedimentale.
Gli atti di vigilanza dell'Autorità di Vigilanza per i lavori pubblici costituiscono la manifestazione di opinioni dotate di indiscutibile autorevolezza, in ragione della particolare competenza dell'organo, che possono anche conseguire un apprezzabile effetto di uniformità e di chiarezza nell'applicazione della legge, ma che restano pur sempre pronunciamenti insuscettibili di vincolare, nello svolgimento delle procedure concorsuali, le amministrazioni aggiudicatici, le quali possono da essi discostarsi, ove li reputino contra legem o, comunque, inconferenti (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 08.07.2009 n. 3823 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Gare revocabili solo per esigenze pubbliche. L’adozione di nuovi criteri di valutazione delle offerte non giustifica l'annullamento degli appalti.
La pubblica amministrazione non può revocare una gara a procedura aperta in assenza di un interesse pubblico che giustifichi l’esercizio del potere di revoca (TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 03.07.2009 n. 6443 - link a www.cittadinolex.kataweb.it).

APPALTI: Nel sistema di contrattazione a trattativa privata la stazione appaltante conserva fino alla stipulazione del contratto la possibilità di recedere dal procedimento.
La giurisprudenza in merito al rapporto tra aggiudicazione e stipulazione del contratto nel caso di trattativa privata accompagnata da gara ufficiosa, è univoca nel ritenere che, nel sistema di contrattazione a trattativa privata, sia pure preceduta da una gara ufficiosa, diritti ed obblighi per la p.a. ed il privato contraente scaturiscono solo dalla formale stipulazione del contratto, non potendo attribuirsi all'atto di aggiudicazione il valore di conclusione del contratto, bensì, semplicemente, l'effetto di individuazione dell'offerta migliore, cui segue la fase delle trattative precontrattuali.
L'individuazione dell'offerta migliore resta, pertanto, un atto sostanzialmente discrezionale, al di fuori di ogni automatismo, con la conseguenza che non può assumere il valore di conclusione del contratto. L'amministrazione, dunque, anche a seguito della individuazione della offerta apparentemente più conveniente non è vincolata, almeno in ordine all'an, a procedere in un momento successivo alla stipulazione del contratto definitivo. La stazione appaltante può, pertanto, valutare discrezionalmente la vantaggiosità dell'offerta, sebbene individuata quale la migliore presentata in sede di gara ufficiosa.
In particolare, si ritiene che "l'Amministrazione che persegua l'affidamento di un contratto mediante trattativa privata conserva fino alla sua stipulazione la possibilità di recedere dal procedimento anche per ragioni di mera opportunità (non potendo dirsi consolidato sino ad allora alcun diritto soggettivo), dovendo dare solo una legittima motivazione della propria scelta, senza che in tali casi possa sorgere nel privato neppure un diritto al risarcimento del danno" TAR Campania, Napoli, Sez. I, sentenza 03.07.2009 n. 3705 - (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIL’impresa che partecipa ad una gara d'appalto ha l’obbligo di dichiarare tutte le sentenze emesse nei suoi confronti; con la conseguenza che l’omessa indicazione, nell’ambito di un’autocertificazione, di una sentenza di condanna si atteggia come autocertificazione non veritiera cui consegue l’esclusione dalla gara.
Il reato non dichiarato per violazione delle direttive comunitarie in materia di rifiuti è idoneo ad incidere sulla moralità professionale e comporta l'esclusione dalla gara d'appalto.

Il Collegio ha già avuto modo di affermare che per quanto riguarda la richiesta di indicare -in sede di gara- le sentenze (o in genere, i provvedimenti) di condanna, la necessità di dichiarare tutti i provvedimenti subiti risponda alla finalità di consentire all’Amministrazione la più ampia valutazione del caso concreto, per stabilire la rilevanza o meno di una data condanna penale.
Ne esce quindi confermato che la rilevanza o meno dei fatti (oggetto delle pronunce penali) ai fini della successiva valutazione del possesso dei requisiti da parte del concorrente, non è rimessa all’apprezzamento dell’impresa che ha, invece, l’obbligo di dichiarare tutte le sentenze emesse nei suoi confronti; con la conseguenza che l’omessa indicazione, nell’ambito di un’autocertificazione, di una sentenza di condanna si atteggia come autocertificazione non veritiera cui consegue l’esclusione dalla gara.
La possibilità di presentare la dichiarazione sostitutiva, costituisce un atto di fiducia nei confronti del concorrente, al quale in cambio dell’oneroso reperimento ex ante di tutta la documentazione necessaria per la partecipazione alla gara, viene consentito, sotto la propria responsabilità di dichiarare la sussistenza di requisiti richiesti.
Il sistema richiede pertanto la massima serietà ed onestà da parte del concorrente nel redigere l’autocertificazione, conseguentemente, rendere una dichiarazione incompleta, non può che far legittimamente dubitare della moralità professionale del dichiarante. Ed è questa la ragione per cui, in caso di dichiarazione non veritiera, la sanzione della esclusione dalla gara diventa conseguenza necessaria, essendo venuto meno quel rapporto di fiducia basato sulla presunzione della reciproca correttezza che deve sussistere anche nella fase precontrattuale (sent. n. 2096 del 19.06.2008).
Anche volendo aderire all’orientamento invocato dalla ricorrente, secondo cui il predetto obbligo di dichiarazione dei provvedimenti penali a carico dei concorrenti, sussisterebbe solo per quelle vicende che abbiano inciso sulla “moralità professionale”, il ricorso andrebbe comunque respinto.
Tra i reati non dichiarati rientra infatti anche quello per violazione delle direttive comunitarie in materia di rifiuti, che non può certamente ritenersi in astratto inidoneo ad incidere sulla moralità professionale, come peraltro già ritenuto da C.S. Sez. V 27.03.2000 n. 1770, dovendo pertanto essere dichiarato alla stazione appaltante, per la valutazione di propria competenza (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 02.07.2009 n. 4257 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIDichiarazioni non veritiere rese in sede di gara. Esclusione. Legittimità.
Secondo la giurisprudenza maggioritaria, le stazioni appaltanti sono tenute a comminare la necessaria esclusione dalla procedura selettiva nei confronti delle imprese che hanno reso dichiarazioni non veritiere in sede di offerta; l'esclusione è dovuta, essendo venuto meno il rapporto di fiducia basato sulla presunzione della reciproca correttezza che deve sussistere anche nella fase precontrattuale (cfr. TAR Lombardia, sez. I, 19.06.2008, n. 2096) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 02.07.2009 n. 4257 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Nelle situazioni di estrema ed evidente emergenza, sono legittimi gli svolgimenti di gara in assenza di pubblicazione del bando per l'appalto. E non è nemmeno necessario motivare l'assenza dell'indizione di bando.
Può essere derogato, dunque, il d.lgs. 163/2006 (articolo 57, comma 1). Che, ai fini dello svolgimento di una pubblica procedura di selezione senza previa indizione di bando nelle ipotesi consentite, richiede l’esplicitazione del relativo apparato motivazionale ovvero, l’indicazione delle ragioni che hanno indotto la procedente autorità a valersi di tale facoltà.

L’art. 57 del D.Lgs. 12.04.2006 n. 163 stabilisce (comma 1) che le stazioni appaltanti possono aggiudicare contratti pubblici mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara in talune ipotesi, dandone conto con adeguata motivazione nella delibera o determina a contrarre; ricomprendendo nel novero delle relative fattispecie (comma 2, lett. c) la ricorribilità all’anzidetta procedura “nella misura strettamente necessaria, quando l'estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara” (a tale riguardo precisandosi come la disposizione in rassegna soggiunga che “le circostanze invocate a giustificazione della estrema urgenza non devono essere imputabili alle stazioni appaltanti”).
Ora, se è ben vero che lo svolgimento di una pubblica procedura di selezione senza previa indizione di bando postula, per espressa contemplazione normativa, l’esplicitazione del relativo apparato motivazionale (ovvero, l’indicazione delle ragioni che hanno indotto la procedente Autorità a valersi di tale facoltà), va dato atto che nella fattispecie in esame la presenza di siffatte ragioni è in re ipsa, atteso che la connotazione (come sopra esposto) emergenziale della situazione da fronteggiare relativamente alle attività di raccolta/stoccaggio/smaltimento rifiuti nella Regione Campania è eloquentemente (quanto inequivocabilmente) comprovata dal succedersi di disposizioni urgenti veicolate dallo strumento dell’ordinanza presidenziale e, ulteriormente, dal ricorso alla decretazione d’urgenza, alla luce di quanto sopra indicato.
Se, conseguentemente, l’obbligo motivazionale che si assume non esternato rivela carattere immanente (anche relativamente alla procedura de qua) con riferimento al complesso di attività strumentalmente preordinate alla definizione della situazione emergenziale sopra indicata, va ulteriormente osservato come lo stesso decreto-legge 90/2008 abbia espressamente indicato (art. 18) fra le disposizioni del Codice degli appalti suscettibili di deroga (quantunque limitando tale collocazione parentetica del vigente quadro normativo al perseguimento delle finalità di cui al presente decreto e fermo restando il rispetto dei principi dell'ordinamento comunitario e dei principi fondamentali in materia di tutela della salute, della sicurezza sul lavoro, dell'ambiente e del patrimonio culturale) proprio l’art. 57 in rassegna; e, ulteriormente, il precedente art. 54, il cui comma 4 prevede che “nei casi e alle condizioni specifiche espressamente previste, le stazioni appaltanti possono aggiudicare i contratti pubblici mediante una procedura negoziata, con o senza pubblicazione del bando di gara
(TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 01.07.2009 n. 6346 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta, sia che si tratti di documentazione amministrativa che di documentazione riguardante l'offerta tecnica ovvero l'offerta economica: dimostrandosi, conseguentemente, illegittima l'apertura in segreto dei plichi.
Rappresenta principio inderogabile in qualunque tipo di gara quello secondo cui devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta, sia che si tratti di documentazione amministrativa che di documentazione riguardante l'offerta tecnica ovvero l'offerta economica: dimostrandosi, conseguentemente, illegittima l'apertura in segreto dei plichi (cfr. Cons. Stato: sez. VI, 22.04.2008 n. 1856; sez. IV, 08.10.2007, n. 5217; sez. VI, 22.03.2007, n. 1369; sez. V, 27.04.2006, n. 2370, 11.01.2006, n. 28 e 30.08.2005, n. 3966; sez. VI, 09.06.2005, n. 3030; sez. V, 16.03.2005, n. 1077, 11.02.2005, n. 388, 18.03.2004, n. 1427 e 09.10.2002, n. 5421).
Il citato principio di pubblicità delle gare pubbliche impone che il materiale documentario trovi correttamente ingresso con le garanzie della seduta pubblica (Cons. Stato, sez. VI, 18.12.2006, n. 7578), anche in applicazione del più generale principio di imparzialità dell'azione amministrativa, che ha ricevuto esplicito riconoscimento sin dall'art. 89 del R.D. 23.05.1924 n. 827, rappresentando uno strumento di garanzia a tutela dei singoli partecipanti, affinché sia assicurato a tutti i concorrenti di assistere direttamente alla verifica dell'integrità dei documenti e all'identificazione del loro contenuto (Cons. Stato, sez. IV, 11.10.2007, n. 5354).
Se, ai fini dell’applicazione del principio di pubblicità delle sedute occorre distinguere tra procedure di aggiudicazione automatica e procedure che richiedano una valutazione tecnico-discrezionale per la scelta dell'offerta più vantaggiosa (per le prime di esse la pubblicità delle sedute essendo generalmente totale al fine di consentire il controllo delle varie fasi di svolgimento della gara da parte dei concorrenti; mentre per le seconde la valutazione tecnico-qualititativa dell'offerta va effettuata in seduta riservata al fine di evitare influenze esterne sui giudizi dei membri della commissione giudicatrice: cfr. Cons. Stato, sez. V, 11.05.2007, n. 2355, 19.04.2007, n. 1790, 10.01.2007, n. 45 e 07.11.2006, n. 6529; Cons. Stato, sez. VI, 11.04.2006, n. 2012; Cons. Stato, sez. V, 20.03.2006, n. 1445, 16.06.2005, n. 3166 e 18.03.2004, n. 1427; Cons. Stato, sez. IV, 06.10.2003, n. 5823; Cons. Stato, sez. V, 09.10.2002, n. 5421; Cons. Stato, sez. VI, 14.02.2002, n. 846; Cons. Stato, sez. V, 14.04.2000, n. 2235), va rilevato, in generale, come la ratio ispirativa del principio di pubblicità delle sedute di gara –comune ai vari metodi di aggiudicazione– sia preordinata ad un’esigenza di garanzia della trasparenza e dell’imparzialità che devono orientare lo svolgimento dell’attività amministrativa in materia.
D’altro canto, i principi di pubblicità e di trasparenza dell'azione amministrativa costituiscono principi cardine del diritto comunitario degli appalti (Cons. Stato, sez. V, 16.06.2005, n. 3166) e il principio della pubblicità delle sedute di gara per la scelta del contraente è conforme alla normativa comunitaria in materia, la quale è orientata a privilegiare i principi di concorrenza, pubblicità e trasparenza nella scelta del contraente delle pubbliche amministrazioni (Cons. Stato, sez. V, 18.03.2004, n. 1427), come anche dei soggetti alla stessa equiparati
(TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 01.07.2009 n. 6346 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La derogabilità della regola generale della pubblicità della gara, segnatamente con riguardo al momento dell'apertura delle buste, può trovare applicazione relativamente alla procedura negoziata, la quale conserva margini di snellezza e di elasticità che giustificano la sottrazione a regole formali operanti con riferimento alle gare sottoposte ad un più intenso tasso di pubblicità e di formalismo.
Sul versante comunitario, “il principio generale della trasparenza delle amministrazioni è certamente enunciato con enfasi, ma, nella sua ampiezza e generalità, … indica una regola che attiene, nel complesso, alla esigenza di definire preventivamente le modalità di valutazione delle offerte e di garantire, ex post, la leggibilità delle decisioni assunte dalla stazione appaltante”: con ciò escludendosi l’esistenza di alcuna regola espressa (e, vieppiù, di pronunzie della Corte di Giustizia) che affermi l'obbligo incondizionato delle stazioni appaltanti di assicurare sempre (anche nelle ipotesi di procedure con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa) la pubblicità della fase di apertura dell'offerta economica.
E, d’altro canto, se i generali principi di trasparenza e partecipazione dell'attività amministrativa, stabiliti dalla legge 241/1990 (e, in alcuni casi, da particolari leggi di settore, a partire dai lavori pubblici), non si accompagnano alla previsione di regole che impongano, in modo costante e inderogabile, la verificabilità immediata delle operazioni compiute dall'Amministrazione, va poi tenuto conto che:
- nel sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la segretezza di alcune fasi è imposta dalla stessa necessità di permettere la maggiore serenità di giudizio della commissione di gara;
- e che, comunque, il valore della trasparenza amministrativa, lungi dall’assumere carattere dogmatico, deve essere opportunamente coordinato con l'esigenza di evitare inopportuni aggravamenti del procedimento, che lo stesso art. 1 della legge n. 241/1990 vieta.
Le considerazioni sopra riportate meritano, ad avviso del Collegio, piena condivisione; dovendosi soggiungere a quanto precedentemente esposto che anche la VI Sezione del Consiglio di Stato (sentenza 22.04.2008 n. 1856) ha avuto modo di affermare (ribadendo quanto dalla stessa Sezione già sostenuto con le decisioni 09.06.2005, n. 3030 e 04.11.2002, n. 6004) che la derogabilità della “regola generale della pubblicità della gara, segnatamente con riguardo al momento dell'apertura delle buste” può trovare applicazione relativamente alla procedura negoziata, la quale “conserva margini di snellezza e di elasticità che giustificano la sottrazione a regole formali operanti con riferimento alle gare sottoposte ad un più intenso tasso di pubblicità e di formalismo
(TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 01.07.2009 n. 6346 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La giustizia amministrativa innova. Rassegna degli orientamenti giurisprudenziali sui contratti pubblici, adeguamenti e correttivi. Codice appalti: il Cds e il Tar ispirano l'aggiornamento.
Nei sistemi romanistici, nei quali la lettera della legge costituisce il fondamento del diritto, la capacità di una norma di adeguarsi alle mutate esigenze della prassi mediante interpretazione giurisprudenziale è elemento essenziale per assicurare l'armonia tra la pratica concreta e la previsione astratta della legge.
Tale evoluzione è poi particolarmente importante in un ambito come quello dei contatti pubblici, che tanta importanza hanno nell'economia del nostro paese e che coinvolgono una larga parte delle imprese nostrane.
Tramite la giurisprudenza del Consiglio di stato e dei Tribunali amministrativi regionali, dunque, la legislazione «vive» e si adatta alla domanda di giustizia in costante evoluzione.
Di seguito, si illustrano alcuni recenti orientamenti della giurisprudenza amministrativa.
Limiti al subappalto.
Con la pronuncia del Tar Friuli-Venezia Giulia del 9 giugno scorso, il giudice amministrativo ha nuovamente affrontato il problema posto dall'obbligo di presentare in sede di gara, insieme all'offerta, la dichiarazione precisa e dettagliata contenente la volontà di avvalersi del subappalto.
La pronuncia prende le mosse dalla contestazione, sollevata nei confronti dell'aggiudicataria, di mancata indicazione in maniera esatta e minuziosa, in sede di offerta, delle lavorazioni oggetto di subappalto, essendosi la stessa limitata alla generica manifestazione della volontà di avvalersi del subappalto nei limiti di legge.
In assenza di apposita prescrizione di legge, deve ritenersi che una tale richiesta sia nelle facoltà della stazione appaltante, che è dunque libera di inserire la stessa nel regolamento della gara (bando e/o disciplinare), prevedendo anche le sanzioni in caso di mancata o incompleta dichiarazione.
Il Tribunale adito, rilevata tale prescrizione nel caso concreto, ha tuttavia evidenziato come eventuali irregolarità nell'indicazione formulata dal concorrente non fossero sanzionate dall'automatica esclusione dalla gara.
Sulla scorta di tale inciso, il Collegio, conformemente all'orientamento prevalente, ha confermato il principio per cui l'eventuale genericità o incompletezza della dichiarazione circa il subappalto non può determinare la conseguenza dell'automatica esclusione dalla gara in assenza di apposita previsione, ma soltanto l'impossibilità per l'impresa aggiudicataria di avvalersi del subappalto, con conseguente obbligo della stessa di portare a termine in proprio tutti i lavori appaltati, sempreché sia qualificata per ciascuna di esse, potendosi in tal caso procedere ad esclusione del concorrente solo laddove lo stesso sia carente della prescritta qualificazione.
Tale principio ha peraltro trovato ulteriore conferma, a pochi giorni di distanza, in una decisione del Consiglio di stato (12.06.2009 n. 3696), chiamato a pronunciarsi, tra i vari motivi, su analogo gravame
Il giudice d'appello, ha così confermato che l'incompletezza della documentazione relativa all'identità e alla qualificazione dei subappaltatori indicati in sede di domanda di partecipazione, preclude la possibilità di avvalersi del subappalto medesimo, non comportando la automatica esclusione dell'offerente se non per difetto di qualificazione di quest'ultimo in relazione ai lavori interessati dal subappalto escluso.
Analogamente, il Consiglio di stato ha quindi sancito che il superamento dei limiti massimi di subappalto previsti nella gara specifica, ovvero fissati in via generale normativamente, non comporta l'esclusione del concorrente, ma bensì l'esclusione del subappalto in caso di aggiudicazione.
Offerta economicamente più vantaggiosa.
È un fatto che il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa si sta imponendo con sempre maggior frequenza nelle gare pubbliche, in sostituzione di quello del massimo ribasso utilizzato in passato, ponendo problematiche del tutto nuove.
Nella sentenza del 03.06.2009 n. 3404 il Consiglio di stato si è pronunciato sul tema della valutazione dell'anomalia e dei parametri utilizzati per l'attribuzione del punteggio in caso di gara aggiudicata appunto secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
In particolare, già in primo grado il ricorrente aveva censurato la manifesta illogicità dei criteri di valutazione dell'offerta economica, che avevano condotto all'attribuzione, in sede di gara, di un maggior punteggio, al prezzo più alto anziché all'offerta più bassa, nonostante lo scarto rilevante tra le due offerte.
Avverso la sentenza del Tar, che aveva accolto il ricorso, l'aggiudicataria e la stazione appaltante proponevano appello, sostenendo l'errata valutazione compiuta dal giudice di prime cure stante la discrezionalità del potere, esistente in capo all'amministrazione, di fissare i criteri di valutazione delle offerte, che dunque risultano insindacabili se non in caso di manifesta illogicità.
Il giudice d'appello, pur riconoscendo la sussistenza di una ampia discrezionalità dell'amministrazione, ha tuttavia ritenuto infondata tale censura ritenendo nel caso di specie sussistente proprio quella manifesta illogicità che giustifica l'intervento giurisdizionale.
Ciò, in quanto, a seguito del recepimento nell'ordinamento dei principi posti dal diritto comunitario, deve ritenersi oggi precluso, nella valutazione del prezzo, qualunque criterio che si basi su medie matematiche o criteri forfettari, nel caso di specie utilizzati per il calcolo e la valutazione della c.d. soglia di anomalia che ha portato all'attribuzione di un punteggio minore all'offerta più bassa.
Su tale inciso, il Consiglio di stato ha quindi stabilito che la valutazione di anomalia debba essere successiva alla fase di attribuzione del punteggio per le offerte, per contro non potendo essere incorporata nella stessa, specie mediante automatismi; conseguentemente, i criteri di distribuzione del punteggio, ancorché possano essere suddivisi in diverse sub categorie, devono comunque risultare strutturati in modo tale da premiare l'offerta più bassa, dovendosi per contro riconoscere l'illogicità di quei criteri, come nel caso in esame, che abbiano come risultato l'attribuzione di un maggiore punteggio complessivo ad un offerta economica più elevata di altre.
Affidamenti mediante trattativa privata.
Con la sentenza 16.06.2009 n. 3903 il Consiglio di stato è stato chiamato a pronunciarsi sull'annosa questione della legittimità degli affidamenti mediante trattativa privata.
Nel caso sottoposto all'esame della Corte, veniva contestata la legittimità della condotta dell'amministrazione, sfociata in un provvedimento di affidamento a trattativa privata senza previo esperimento, motivato dalla incompatibilità dei tempi di esperimento di una procedura ad evidenza pubblica con la necessità dell'Ente di assicurare il servizio oggetto dell'affidamento.
Il Supremo collegio, nel respingere l'appello proposto, ha evidenziato come la stazione appaltante avesse affidato mediante trattativa privata la fornitura del servizio per l'intera durata pluriennale del contratto, e non già per il tempo strettamente necessario all'indizione di apposita gara.
Interpretando la lettera della legge, il Consiglio di stato ha quindi rilevato come la tutela dei principi della concorrenza e della evidenza pubblica non possano arretrare se non di fronte ad una impellente urgenza determinata da avvenimenti imprevedibili per l'amministrazione aggiudicatrice, e comunque con il limite della misura strettamente necessaria a far fronte a tale urgenza; elementi entrambi assenti nel caso in esame.
Conseguentemente, il Consiglio di stato ha riconosciuto l'illegittimità del provvedimento di affidamento del servizio mediante trattativa privata non già per un periodo limitato, ma per tutta la durata pluriennale del contratto.
Raggruppamenti temporanei e concorrenza.
Da ultimo, si segnala la sentenza della Sezione sesta del Consiglio di stato del 19.06.2009 n. 4145, in materia di raggruppamenti temporanei e concorrenza.
Nel caso sottoposto all'esame del giudice amministrativo si lamentava l'illegittimità di alcune previsioni del bando e del disciplinare di gara che non consentivano la partecipazione in raggruppamento temporaneo di due o più imprese che fossero in grado di soddisfare singolarmente i requisiti economici e tecnici richiesti, con specifico riferimento al lotto di importo superiore tra quelli cui il raggruppamento partecipa.
Il Collegio ha tuttavia ritenuto priva di fondamento la censura, rilevando all'uopo come tale clausola del bando recepisse la posizione espressa dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, a mente della quale deve riconoscersi in capo alle stazioni appaltanti la facoltà di adottare limitazioni alla possibilità di associarsi in Ati per le imprese che siano in grado di partecipare alla gara anche singolarmente. Conseguentemente il giudice amministrativo ha ritenuto corretta la valutazione operata dalla stazione appaltante che, vietando la possibilità di raggruppamento temporaneo di quelle imprese in grado di partecipare singolarmente alla gara, ha cercato di evitare una restrizione del numero di partecipanti e, dunque, una alterazione della dinamica concorrenziale.
Il Consiglio di stato si è quindi pronunciato in favore della legittimità del bando impugnato, stabilendo il principio per cui, ogni volta che le specifiche caratteristiche del mercato oggetto della procedura di gara comportino di per sé particolari limitazioni alla concorrenza, in forza del numero e delle dimensioni degli operatori esistenti, al fine di assicurare comunque uno standard competitivo minimo sono possibili limitazioni alla facoltà di raggruppamento tra imprese, laddove queste siano in grado di partecipare singolarmente alla gara medesima.
Aspettiamo i commenti e le repliche dei lettori a: matteoufficiostampa@bentleysoa.com oppure al numero verde 800540340 (articolo ItaliaOggi dell'01.07.2009, pag. 15).

giugno 2009

APPALTIFissazione dei criteri motivazionali ex art. 83 co. 4 del d.lgs. n. 163/2006. Non necessaria se la lex specialis è dettagliata.
Il mancato rispetto della previsione dell'art. 83, co. 4, del d.lgs. n. 163/2006 (ora abrogato), che impone(va) all'amministrazione la fissazione dei c.d. "criteri motivazionali" precedentemente all'apertura delle offerte tecniche, non determina l'illegittimità dell'operato della commissione (e quindi dell'intera procedura selettiva) ove la definizione in termini chiari, obiettivi e puntuali dei criteri di valutazione dell'offerta tecnica sia già contenuta nella lex specialis di gara e sia idonea a delimitare la discrezionalità della commissione aggiudicatrice (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 30.06.2009 n. 4216 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: Intervento di riqualificazione area antistante stazione ferroviaria.
Il sindaco del Comune (omissis) intende eseguire un intervento di riqualificazione in una area antistante la stazione ferroviaria, di proprietà della società RFI. La spesa preventivabile è stata stimata in circa 50.000 euro.
La società proprietaria del terreno, come controprestazione per l’intervento sulla propria area, dichiara la disponibilità a concedere la stessa in comodato, per un massimo di dieci anni.
La motivazione che giustificherebbe l’imputazione della spesa in capo al bilancio del Comune risiede nell’essere l’Ente una importante località turistica lacuale e la sistemazione dell’area consentirebbe ai turisti una migliore godibilità della stessa (Regione Piemonte, parere n. 56/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: QUESITI SUL DECRETO LEGISLATIVO 81/2008 (sicurezza sui cantieri).
Al fine di fornire un contributo alla necessità di approfondimento sulla materia, il Gruppo di lavoro "Numero Verde" regionale per la sicurezza del lavoro ha raccolto i quesiti finora pervenuti nel presente opuscolo (link a www.regione.piemonte.it).

APPALTI: NO ALL’ESCLUSIONE AUTOMATICA PER LE SOCIETÀ CONTROLLATE (link a www.mediagraphic.it).

LAVORI PUBBLICI: L. Bellagamba, La valutazione delle offerte anomale nei lavori pubblici e la simulazione di due casi concreti: opere edili e opere stradali - Dopo il terzo decreto correttivo al codice e in attesa del regolamento attuativo (link a www.linobellagamba.it).

APPALTI: G. Lentini, L’inosservanza dei termini procedimentali da parte della pubblica amministrazione nella legge 69/2009 di modifica della legge 241/1990. Breve esame e considerazioni alla luce della proposta di decreto legislativo di attuazione della legge 15/2009 (link a www.diritto.it).

APPALTI: A. Gurrieri, Differimento e divieto di divulgazione nelle procedure di gara: l’art. 13 commi 2-4 del D. Lgs. 163/2006 (link a www.diritto.it).

APPALTI: S. Cresta, La semplificazione introdotta dalla L. 69/2009 sull’affidamento dei "piccoli appalti" (link a www.altalex.com).

LAVORI PUBBLICI: CONSORZI STABILI - DAL 1° LUGLIO 2009 NEGLI APPALTI SOTTO 1.000.000 DI EURO, DIVIETO DI PARTECIPAZIONE CONGIUNTA LIMITATO AI SOLI CONSORZIATI INDICATI QUALI ESECUTORI (link a www.ancebrescia.it).

APPALTI: Nelle gare d’appalto è illegittimo prevedere come requisito di partecipazione il possesso di una sede operativa nel comune della stazione appaltante; è invece legittimo richiederlo in caso di aggiudicazione (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: Sulle prescrizioni dettate dalle Autorità di vigilanza nei confronti degli enti vigilati in ordine ad azioni ancora da intraprendere.
E' precluso all'Autorità (nel caso di specie quella sui contratti pubblici) di imporre scelte o in generale di impartire prescrizioni alle amministrazioni pubbliche (nella fattispecie un comune) circa i comportamenti legittimi da intraprendere e la reiterata richiesta di informazioni sulle "misure future da adottare" esorbita dalle attribuzioni dell'Autorità, assumendo il chiaro scopo di indurre l'Ente locale ad emanare atti amministrativi aventi un preciso e determinato contenuto (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 29.06.2009 n. 1349 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: 1.- Partecipazione e qualificazione - Requisiti generali - Requisiti ex art. 17, L. n. 68/1999 - Necessità - Sussiste.
2.-
Partecipazione e qualificazione - Requisiti generali - Requisiti ex art. 17, L. n. 68/1999 - Imprese esentate - Dichiarazione inapplicabilità normativa - Obbligo presentazione - Sussiste.
1.- Anche i Consorzi di cooperative devono dimostrare il possesso dei requisiti di carattere generale, morale e di ordine pubblico in capo alle società designate quali esecutrici dei lavori o dei servizi e tra detti requisiti rientra quello di cui all'art. 17, L. n. 68/1999, relativo alla tutela dei disabili, poiché detto requisito qualifica la moralità dell'impresa assuntrice dell'appalto sotto il profilo della puntuale osservanza degli obblighi di solidarietà sociale posti dal legislatore ed inerente a profili di organizzazione imprenditoriale direttamente incidenti sulla rituale esecuzione dell'appalto. La norma ha un chiaro contenuto di ordine pubblico e il rispetto della normativa sulla tutela dei disabili deve essere dichiarato al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara.
2.- Le imprese concorrenti non tenute all'osservanza della normativa in questione sono comunque tenute a dichiarare la inapplicabilità all'impresa della normativa a tutela dei disabili, senza essere esonerati dal comunicare all'Amministrazione la propria posizione nei riguardi di detta disciplina. Diversamente opinando, l'Amministrazione dovrebbe essa andare a verificare, di volta in volta, se l'impresa occupi un numero di lavoratori tale da renderla esente dall'obbligo dell'assunzione dei disabili. Ciò non è conforme al dettato di cui all'art. 17, nonché ai principi di economicità ed efficacia dell'attività amministrativa (TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter, sentenza 22.06.2009 n. 5979 - link a http://mondolegale.it).

APPALTI: Anche i consorzi di cooperative devono dimostrare di essere in regola con la normativa sulla tutela dei disabili ex art. 17 della l. n. 68/1999.
Sulla ratio dell'art. 17 della l. n. 68/1999.

Deve essere escluso da una gara per l'affidamento del servizio di autonoleggio con conducente per le esigenze aziendali di una S.p.a., per carenza di requisiti di carattere generale, un consorzio in quanto né il medesimo consorzio né i consorzi designati quali esecutori del servizio hanno reso la dichiarazione in forma espressa di essere in regola con la normativa in materia di diritto al lavoro dei disabili di cui all'art. 17 della l. n. 68 del 1999. Anche i consorzi di cooperative, infatti, devono dimostrare il possesso dei requisiti di carattere generale, morale e di ordine pubblico in capo alle società designate quali esecutrici dei lavori o dei servizi e tra detti requisiti rientra quello di cui all'art. 17 della l. n. 68/1999, relativo alla tutela dei disabili, poiché detto requisito qualifica la moralità dell'impresa assuntrice dell'appalto sotto il profilo della puntuale osservanza degli obblighi di solidarietà sociale posti dal legislatore e inerente a profili di organizzazione imprenditoriale direttamente incidenti sulla rituale esecuzione dell'appalto. Trattasi, dunque, di requisito che deve essere verificato nei confronti dell'imprenditore chiamato ad eseguire effettivamente il contratto e non soltanto nei confronti del consorzio, poiché il ruolo di questo si esaurisce per legge nella fase prodromica di partecipazione alla gara. Nel caso di specie, risulta dalla documentazione che le dichiarazioni rese dal consorzio e dalle sue consorziate risultano insanabilmente incomplete in ordine al requisito di cui alla lett. l) dell'art. 38 del d. lvo n. 163 del 2006 e tale incompletezza avrebbe dovuto comportare l'esclusione del predetto consorzio dalla gara.
Il rispetto della normativa sulla tutela dei disabili (art. 17 della l. n. 68/1999) deve essere dichiarato al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara e le imprese concorrenti non tenute all'osservanza della normativa in questione sono comunque tenute a dichiarare la inapplicabilità all'impresa della normativa a tutela dei disabili, senza essere esonerati dal comunicare all'Amministrazione la propria posizione nei riguardi di detta disciplina. La ratio della disposizione non è solo quella di garantire l'Amministrazione nella conclusione del contratto stipulato con una impresa che osserva la normativa sul diritto del lavoro dei disabili, ma anche quella di imporre il rispetto di essa, finalità che si perseguono imponendo l'obbligo di dichiarazione "di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili" anche se l'impresa non rientra nei casi previsti dall'art. 3 della l. n. 68 del 1999 (TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter, sentenza 22.06.2009 n. 5979 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: Progetto definitivo - Approvazione - Mancanza parere favorevole impatto acustico - Illegittimità.
E' illegittima la delibera di approvazione del progetto definitivo di opera pubblica in assenza del parere favorevole dell'a.r.p.a. di impatto acustico e nonostante lo studio preliminare e previsionale di impatto acustico, commissionato ad una società privata, avesse evidenziato la sussistenza di un impatto acustico pienamente compatibile con quanto previsto dalla normativa vigente solo per le sorgenti fisse (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.06.2009 n. 4071
).

APPALTI SERVIZI1. PATRIMONIO DELLA P.A. – CONCESSIONI - TRATTATIVE - VIOLAZIONE PRINCIPI DI BUONA FEDE EX ART. 1337 C.C. - ILLEGITTIMITÀ - FATTISPECIE.
2. PATRIMONIO DELLA P.A. – CONCESSIONI - RISPETTO PRINCIPI DI EVIDENZA PUBBLICA - NECESSITÀ.

1. E’ illegittimo l’operato dell'amministrazione, la quale, dopo aver portato avanti le trattative per l'assegnazione di una concessione, ha deciso, a fronte di un'offerta più conveniente, di emanare la concessione a favore di altra impresa, per l’asserita maggiore convenienza dell’offerta presentata dalla impresa intervenuta in un secondo momento, senza considerare che la prima impresa era disponibile ad offrire altrettanto; l'Amministrazione, nella sua veste di contraente, non ha in tal caso osservato la regola, valevole anche per i soggetti pubblici, di cui all’art. 1337 del codice civile –secondo cui il contraente si deve comportare secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto– laddove ha interrotto la trattativa con la prima impresa senza fornire alcuna giustificazione, sebbene vi fosse la prova che quest’ultima era disposta ad accettare le stesse condizioni offerte dall’altra impresa. Sicché, vi è stata da parte dell'Amministrazione la lesione dell’affidamento che la prima impresa aveva riposto sulla conclusione della negoziazione a suo favore.
2. Il comportamento dell'amministrazione, laddove non ha tenuto il contegno proprio del buon contraente, ridonda anche sulla validità del provvedimento concessorio.
Infatti, sulla base dei principi elaborati dalla Sezione e affermati anche nella sentenza impugnata, l'amministrazione è tenuta a privilegiare l'applicazione dei principi -di derivazione comunitaria e costantemente applicati dalla Corte di giustizia europea- di concorrenza, di parità di trattamento, di trasparenza, di non discriminazione, di mutuo riconoscimento e proporzionalità.
Tali principi, anche in virtù dell'articolo 1 della legge n. 241 del 1990, non solo si applicano direttamente nel nostro ordinamento, ma debbono informare il comportamento dell'amministrazione, anche quando non è tenuta ad azionare formalmente la procedura dell'evidenza pubblica.
Infatti, il Consiglio di Stato ha ritenuto applicabili detti principi anche alle concessioni di beni pubblici, ponendo in rilievo che "la sottoposizione ai principi di evidenza trova il suo presupposto sufficiente nella circostanza che con la concessione di area demaniale si fornisce un'occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato, tale da imporre una procedura competitiva ispirata ai ricordati principi di trasparenza e non discriminazione" (decisione n. 168 del 2005, ma in via generale vedasi anche sez. VI, 15.02.2002 n. 934) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 19.06.2009 n. 4035 - link a
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APPALTIGARA D’APPALTO – COMUNICAZIONE AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA – TRASMISSIONE VIA FAX – IDONEITA’ A DETERMINARE LA DECORRENZA TERMINI IMPUGNATORI – VA AFFERMATA – RAGIONI.
La comunicazione dell’aggiudicazione definitiva trasmessa a mezzo fax è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione, nel caso in cui l'uso del fax sia previsto dalla lex specialis di gara e l’impresa destinataria della comunicazione abbia indicato in precedenza all'Amministrazione il proprio numero telefonico abilitato per la ricezione di comunicazioni inerenti la gara.
Il fax rappresenta uno dei modi in cui può concretamente svolgersi la cooperazione tra i soggetti, in quanto essa viene attuata mediante l'utilizzo di un sistema basato su linee di trasmissione di dati ed apparecchiature che consentono di poter documentare sia la partenza del messaggio dall'apparato trasmittente che, attraverso il cosiddetto rapporto di trasmissione, la ricezione del medesimo in quello ricevente. Tali modalità, garantite da protocolli universalmente accettati, indubbiamente ne fanno uno strumento idoneo a garantire l'effettività della comunicazione. In tal senso, infatti, si muove la normativa più recente (d.P.R. 28.12.2000, n. 445) che consente un uso generalizzato del fax nel corso dell'istruttoria, sia per la presentazione di istanze e dichiarazioni da parte dei privati (articolo 38, comma 1) che per l'acquisizione d'ufficio da parte dell'amministrazione di certezze giuridiche (articolo 43, comma 3). Tanto è vero che "i documenti trasmessi da chiunque ad una pubblica amministrazione tramite fax, o un altro mezzo telematico o informatico idoneo ad accertarne la fonte di provenienza, soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale" (articolo 43, comma 6).
Posto quindi che gli accorgimenti tecnici che caratterizzano il sistema garantiscono, in via generale, una sufficiente certezza circa la ricezione del messaggio, ne consegue non solo l'idoneità del mezzo a far decorrere termini perentori, ma anche che un fax deve presumersi giunto al destinatario quando il rapporto di trasmissione indica che questa è avvenuta regolarmente, senza che colui che ha inviato il messaggio debba fornire alcuna ulteriore prova. Semmai la prova contraria può solo concernere la funzionalità dell'apparecchio ricevente; ma questa non può che essere fornita da chi afferma la mancata ricezione del messaggio (cfr. in tal senso Cons. Stato, sez. V, 24.04.2002, n. 2202) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 19.06.2009 n. 4032 - link a
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APPALTI: La dichiarazione sul rispetto della disciplina del diritto al lavoro dei disabili costituisce un dovere dei partecipanti alle gare indipendentemente dalla sua specifica menzione nella disciplina di gara.
La dichiarazione circa il rispetto della disciplina del diritto al lavoro dei disabili, prescritta dall'art. 17 della l. n. 68/1999, costituisce un dovere dei partecipanti indipendentemente dalla sua specifica menzione nella disciplina di gara. Ne consegue che, nel caso di specie, deve essere escluso l'aggiudicatario del servizio di refezione nelle scuole materne statali ricadenti nel territorio del Comune per aver omesso di presentare la dichiarazione in materia di lavoro dei disabili (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 19.06.2009 n. 4028 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'illegittimità dell'ammissione ad una gara per l'affidamento di servizi per violazione dell'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 (c.d. Decreto Bersani).
E' illegittima l'ammissione in una gara per l'affidamento dei servizi di assistenza tecnica integrata per la redazione del programma strategico per la valorizzazione urbanistica, economica, sociale e direzionale, di una ATI per violazione dell'art. 13 del d.l. 04.07.2006 n. 223 (c.d. Decreto Bersani), poi convertito in legge con modificazioni con la l. 296/2006, in quanto tra i componenti dell'ATI, figura in qualità di mandante una società che fra l'altro è partecipata dalla Provincia Regionale, da un Consorzio provinciale e da un altro Comune, oltre che dal Comune che ha indetto la gara e svolge, in base al suo stesso oggetto sociale, molteplici "attività strumentali" in favore degli stessi enti pubblici che ne detengono il capitale sociale (Tar Sicilia-Catania, Sez. III, sentenza 18.06.2009 n. 1161 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).
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Società miste out. Il Tar Sicilia ha escluso un raggruppamento di imprese. Vietato affiancarle in una gara.
Un concorrente ad una gara di appalto non può presentarsi in raggruppamento con una società mista perché a queste ultime è vietata la partecipazione alle gare; in questi casi la stazione appaltante non deve ammettere il raggruppamento alla gara; il divieto previsto dalla legge Bersani è oggettivo e imperativo, oltre che legittimato dalla Corte costituzionale. È quanto afferma il Tar Sicilia, sezione terza, con la sentenza del 18.06.2009, n. 1161, che prende in esame la questione della partecipazione delle società miste alle gare di appalto, con argomentazioni che si caratterizzano per la loro completezza e chiarezza e che prendono in esame profili di diritto nazionale e comunitario.
La vicenda riguardava una gara bandita dal comune di Messina per l'affidamento del servizi di ingegneria e architettura di importo presunto pari a 500 mila euro.
La procedura di verifica dei requisiti, condotta sui primi due in graduatoria è stata negativa, pertanto il comune ha aggiudicato l'appalto alla terza classificata, dopo regolare verifica sui requisiti dichiarati. Il primo in graduatoria impugna l'aggiudicazione ma il Tar censura a monte il fatto che il ricorrente sia stato ammesso a partecipare alla gara.
Infatti, il concorrente si presentava in raggruppamento con una società partecipata, fra l'altro, dalla provincia regionale di Messina, dal Consorzio Asi della provincia di Messina, dal comune di Milazzo, oltre che dallo stesso comune di Messina che bandiva la gara.
Il raggruppamento, quindi, proprio in virtù della partecipazione della spa mista a fianco del progettista, non doveva neanche essere ammesso a partecipare alla procedura di affidamento, anche perché sarebbe incorso nella connessa incapacità legale e a contrarre prevista dall'articolo 13 del decreto legge n. 223 del 2006, come modificato e convertito dalla legge n. 296/2006 (legge Bersani).
La sentenza entra quindi nel merito della ratio della norma prendendo innanzitutto le mosse dall'orientamento della Corte di giustizia ed evidenziando come essa abbia considerato le società miste «un elemento di disturbo del mercato privato», puntando alla tendenziale esclusività della attività economica a favore dell'azionista. La nostra giurisprudenza, sottolinea la sentenza dei giudici siciliani, si è espressa analogamente ponendo in luce il rischio che la partecipazione della spa mista determini situazioni di privilegio per alcune imprese, quando queste ultime usufruiscano, sostanzialmente, di un aiuto di stato, vale a dire di una provvidenza economica pubblica atta a diminuirne o coprirne i costi.
Si tratta, dice la sentenza, di un privilegio che non deriva tanto da un contributo diretto, quanto da una «posizione di mercato avvantaggiata rispetto alle altre imprese».
In altre parole, avendo la spa mista una partecipazione sul mercato garantita e sicura è come se disponesse di una sorta di minimo garantito che consente alla società di essere competitiva nelle gare pubbliche oltre che sul mercato privato. Il Tar afferma che in questo modo si «induce e incoraggia il capitalismo di stato» e si determina «l'espulsione delle imprese private marginali».
In questo quadro di tendenziale disfavore che vedeva le spa miste partecipare a gare previa verifica da parte delle commissioni giudicatrici del fatto che esse non avessero distolto risorse e mezzi per i servizi da rendere alla collettività di riferimento, si inserisce la norma del 2006 che introduce una violazione oggettiva e «imperativa», come di recente ha affermato la giurisprudenza amministrativa.
La norma della legge Bersani, sottolinea il Tar Sicilia, ha anche superato il vaglio di costituzionalità (Corte costituzionale, 01.08.2008, n. 236) dal momento che è stato riconosciuto che norme come quella sul divieto di extraterritorialità «rientrano nella competenza esclusiva del legislatore statale perché funzionali alla definizione dei confini tra l'attività amministrativa e l'attività di impresa soggetta alle regole del mercato».
La ratio delle limitazioni per le società miste risiede quindi proprio nella tutela dell'interesse pubblico su quello privato, «rafforzando e tutelando il libero gioco della concorrenza, assicurando una parità effettiva fra tutti gli operatori economici» (articolo ItaliaOggi del 10.07.2009, pag. 12).

APPALTI SERVIZI: Sull'impossibilità di riferire i ribassi d'asta ad eventi futuri e incerti, come le agevolazioni contributive che la ditta spera di ottenere ad aggiudicazione ottenuta.
Le motivazioni che le ditte partecipanti ad una gara d'appalto adducono per giustificare i ribassi d'asta devono riferirsi a fatti certi ed attuali, e non a eventi futuri e incerti.
Pertanto, è legittima la revoca di un'aggiudicazione in via provvisoria di un appalto per il servizio di pulizia degli uffici dell'Ufficio Provinciale del Lavoro e Massima Occupazione in quanto l'offerta è anomala, perché la ditta, per affrontare il costo del personale necessario per attuale il servizio di pulizie, e per giustificare il ribasso praticato rispetto al prezzo a base d'asta, ha inteso usufruire degli sgravi contributivi offerti dalla legge 407/1990.
Inoltre, le norme che tali agevolazioni prevedono "favoriscono solamente le imprese che effettuano nuove assunzioni, fra le quali non possono essere ricomprese quelle munite di sufficiente personale, come la ditta, precedente gestore del servizio, che non necessita di incrementare il proprio organico" (Tar Sicilia-Catania, Sez. III, sentenza 18.06.2009 n. 1141 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Moralità professionale delle imprese.
La non veridicità della dichiarazione circa la sussistenza di provvedimenti giurisdizionali penali (sentenza passata in giudicato, sentenza patteggiata o decreto penale irrevocabile) integra un’autonoma causa di esclusione dalla gara, a prescindere dalla valutazione in ordine all’idoneità della condanna riportata ad incidere sulla moralità professionale dell’impresa

Il TAR Marche è ritornato sulla controversa problematica della verifica del requisito della “moralità professionale delle imprese, di cui all’articolo 38, comma 1°, lettera c), del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006).
Precisamente, il tribunale amministrativo marchigiano è intervenuto nella questione se costituisca autonoma causa di esclusione la dichiarazione inveritiera, indipendentemente dalla valutazione di incidenza sulla moralità professionale, da parte della stazione appaltante.
Al riguardo, il Tar afferma che “è legittimo il provvedimento di esclusione di un’impresa da una procedura di gara per omessa dichiarazione, da parte del titolare dell’impresa medesima, di due condanne penali, spettando la valutazione della loro incidenza sulla moralità professionale all’amministrazione aggiudicatrice”. Occorre ricordare che, in merito all’indicata problematica, si contendono il campo due distinti indirizzi.
Secondo un primo indirizzo, cui aderisce il Tar Marche nella pronuncia in esame, la non veridicità della dichiarazione circa la sussistenza di provvedimenti giurisdizionali penali (sentenza passata in giudicato, sentenza patteggiata o decreto penale irrevocabile) integra un’autonoma causa di esclusione dalla gara, a prescindere dalla valutazione in ordine all’idoneità della condanna riportata ad incidere sulla moralità professionale dell’impresa.
Il problema, invero, sorge perché il dichiarante (legale rappresentante dell’impresa, amministratore, direttore tecnico) potrebbe essere indotto (talora in buona fede, ma sovente, no) a ritenere che, siccome la valutazione discrezionale, di competenza della commissione di gara, deve vertere sull’incidenza dei reati sulla moralità professionale, allora l’imprenditore potrebbe dichiarare solo quei reati che, a suo parere, possano avere un profilo di incidenza.
In altri termini, l’imprenditore si sostituisce alla commissione, non dichiara tutti i reati, per i quali ha subito condanne, ma solo quelli che, secondo la sua personale opinione, possano essere oggetto di valutazione di incidenza. Orbene, secondo un primo orientamento, il soggetto obbligato deve dichiarare tutti i reati, acclarati con provvedimento giudiziario definitivo. Se viene meno a tale obbligo (cd. obbligo di dichiarazione dei reati), l’impresa deve essere esclusa immediatamente ed indipendentemente dalla possibile incidenza dei reati commessi.
Secondo un diverso orientamento, la sola dichiarazione inveritiera non può comportare l’esclusione, occorre la valutazione di incidenza.
A sostegno di tale tesi, vengono evidenziate due ragioni:
a) la necessità di valutare la positiva incidenza, ai fini dell’esclusione, in conformità ai principi comunitari in materia;
b) la necessaria applicazione dell’articolo 46 del Codice, secondo cui nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45, le stazioni appaltanti invitano le imprese a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati.
Tale indirizzo, sempre minoritario, ha conosciuto un momento di ripresa, grazie ad alcune recenti pronunce: Consiglio di Stato, sez. V, n. 829/2009; Tar Lazio, sez. Roma II, n. 3984/2009. Il primo orientamento, oltre ad essere confermato dal Tar Marche, ha conosciuto anche l’adesione da parte di altre sentenze: Tar Lazio, Sez. Roma III, nn. 1541/2009 e 3215/2009 (commento tratto da www.centrostudimarangoni.it - TAR Marche, Sez. I, sentenza 17.06.2009 n. 594 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Enti senza scopo di lucro, come fondazioni e Onlus, possono legittimamente partecipare alle gare d'appalto.
Sulla legittimità ad accedere ai contratti pubblici anche per le fondazioni. L'elencazione di cui art. 34 del D.Lgs. n. 163 del 2006, sui soggetti a cui possono essere affidati i contratti pubblici non è tassativa.

Anche i soggetti economici senza scopo di lucro, quali le fondazioni, possono soddisfare i necessari requisiti ed essere qualificati come "imprenditori", "fornitori" o "prestatori di servizi" ai sensi delle disposizioni vigenti in materia, e dunque essere soggetti legittimati ad accedere ai contratti pubblici, attese la personalità giuridica che le fondazioni vantano e la loro capacità di esercitare anche attività di impresa, qualora funzionali ai loro scopi e sempre che quest'ultima possibilità trovi riscontro nella disciplina statutaria del singolo soggetto giuridico.
L'elencazione dell'art. 34 del D.Lgs. n. 163 del 2006, codice dei contratti pubblici, non è, infatti, tassativa e tale conclusione trova conforto in altre norme del codice degli appalti che definiscono la figura dell'imprenditore o fornitore o prestatore di servizi nell'ambito degli appalti pubblici (art. 3, commi 19 e 20) e nelle disposizioni comunitarie le quali (art. 1, c. 8, 4 e 44 della direttiva 2004/18/CE) indicano che il soggetto abilitato a partecipare alle gare pubbliche è l'"operatore economico" che offre sul mercato lavori, prodotti o servizi, secondo un principio di libertà di forme (persone fisiche o persone giuridiche).
La giurisprudenza comunitaria ha affermato che per "impresa", pur in mancanza di una sua definizione nel Trattato, va inteso qualsiasi soggetto che eserciti attività economica, a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità di finanziamento; che costituisce attività economica qualsiasi attività che consiste nell'offrire beni o servizi su un determinato mercato; che l'assenza di fine di lucro non esclude che un soggetto giuridico che esercita un'attività economica possa essere considerato impresa. Pertanto, la definizione comunitaria di impresa non discende da presupposti soggettivi, quali la pubblicità dell'ente o l'assenza di lucro, ma da elementi puramente oggettivi quali l'offerta di beni e servizi da scambiare con altri soggetti, nell'ambito quindi di un'attività di impresa anche quando non sia l'attività principale dell'organizzazione.
Inoltre, non è rilevante il fatto che una fondazione goda di un regime fiscale di favore perché il regime fiscale di favore assiste anche altri soggetti, quali le cooperative, senza che si possa sostenere che queste siano escluse dagli appalti pubblici (anzi sono espressamente contemplate nell'art. 34 del codice), ovvero le ONLUS che secondo la recente giurisprudenza amministrativa possono essere ammesse alle gare pubbliche quali "imprese sociali", cui il d.lgs. 24.03.2006 n. 155 ha riconosciuto la legittimazione ad esercitare in via stabile e principale un'attività economica organizzata per la produzione e lo scambio di beni o di servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità d'interesse generale, anche se non lucrativa (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 16.06.2009 n. 3897 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: GARA D'APPALTO - PROCEDURA APERTA PER L'AFFIDAMENTO IN CONCESSIONE DEL SERVIZIO GESTIONE DELLE AREE DI SOSTA A PAGAMENTO - MANCATA SPECIFICAZIONE DELLA DATA E ORA PER L'APERTURA DEI PLICHI - VIOLA L'INDEROGABILE PRINCIPIO DI PUBBLICITÀ DELLE SEDUTE DI GARA.
Le carenze degli atti di gara in punto di specificazione della data e dell’ora fissata per l’apertura dei plichi e per l’esame dei requisiti d’ammissione alla procedura finiscono per rendere riservata, anziché pubblica, la prima seduta della Commissione. Detta condotta integra la denunciata violazione dell’inderogabile pubblicità delle sedute di gara.
Segnatamente, anche ad accedere alla tesi secondo cui, vertendosi in tema di concessione di servizi, non troverebbe applicazione il disposto letterale dell’art. 64, comma 4, del codice dei contratti pubblici, deve comunque ritenersi che venga in rilievo, anche per dette procedure, il principio generale, sotteso a tale norma, che impone un’adeguata comunicazione delle notizie relative a data, luogo ed ora delle operazioni, sì da consentire l’effettiva pubblicità e la concreta possibilità di partecipazione da parte dei soggetti interessati.
Detti parametri di adeguatezza e proporzionalità delle misure informative non risultano nella specie rispettate per effetto della mera affissione all’albo pretorio. In disparte il difetto della relativa prova, deve infatti ritenersi che detta misura generale di pubblicità, non presenti la stesso grado di conoscibilità della lex specialis. In assenza di un rinvio a detta formalità da parte degli atti di gara ed in mancanza di indicazioni puntuali in seno a detti ultimi, si deve opinare che solo un atto avente la medesima pubblicità del bando ovvero una comunicazione personalizzata avrebbe potuto rispettare il principio generale di trasparenza sotteso alla normativa primaria.
Si deve soggiungere che non assume rilievo alcuno il dato della presenza dei rappresentanti di due delle quattro imprese partecipanti, posto che, al contrario, proprio l’assenza di due dei quattro soggetti interessati dimostra l’insussificienza delle misure comunicative adottate.
La violazione del principio della pubblicità delle fondamentali fasi della gara rende conseguentemente invalidi tutti gli atti della procedura selettiva, senza che rilievi l’assenza di prova dell’effettiva lesione sofferta dai concorrenti, trattandosi di adempimento posto a tutela non solo della parità di trattamento tra gli stessi, ma anche dell’interesse pubblico alla trasparenza ed all’imparzialità dell’azione amministrativa, le cui conseguenze negative non sono apprezzabili ex post (vedi Consiglio Stato , sez. V, 04.03.2008, n. 901) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.06.2009 n. 3884 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI: Interpretazione del bando, regolarizzazione documentale e ipotesi di esclusione.
L’esclusione di un’impresa da una gara di appalto costituisce un provvedimento eccezionale, che contraddice il favor partecipationis e la libera concorrenza, e che può essere adottato solo in presenza di cause certe e tassativamente previste (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.06.2009 n. 3878 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: In tema di concessione di servizi non si applica l'art. 64, c. 4, d.lvo n. 163/2006, ciò nonostante, anche per dette procedure è necessaria un'adeguata comunicazione delle notizie relative a data, luogo ed ora delle operazioni.
In tema di concessione di servizi, non si applica il disposto letterale dell'art. 64, c. 4, del D.lvo 12.04.2006, n. 163 - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, tuttavia, anche per dette procedure, si ricorre, al principio generale, sotteso a tale norma, che impone un'adeguata comunicazione delle notizie relative a data, luogo ed ora delle operazioni, sì da consentire l'effettiva pubblicità e la concreta possibilità di partecipazione da parte dei soggetti interessati.
Nel caso di specie detti parametri di adeguatezza e proporzionalità delle misure informative non risultano rispettate per effetto della mera affissione all'albo pretorio, deve, infatti, ritenersi che tale misura generale di pubblicità, non presenti la stesso grado di conoscibilità della lex specialis. In assenza di un rinvio a detta formalità da parte degli atti di gara ed in mancanza di indicazioni puntuali in seno a detti ultimi, si deve ritenere che solo un atto avente la medesima pubblicità del bando ovvero una comunicazione personalizzata avrebbe potuto rispettare il principio generale di trasparenza sotteso alla normativa primaria (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.06.2009 n. 3844 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla dichiarazione generica di assenza di cause di esclusione ex art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. 163/2006.
Il Tar Palermo -delineata la disciplina normativa relativa alle cause di esclusione delle imprese dalle gare, incentrata sulla conoscenza completa, da parte della stazione appaltante, di tutte le sentenze e decreti di condanna eventualmente esistenti a carico dei concorrenti alle gare d’appalto, per le conseguenti valutazioni circa la loro rilevanza ostativa o meno ai fini della partecipazione- ritiene di dover condividere l'interpretazione dell'articolo 38, comma 1, lett. c), del D.lgs 163/2006 dedotta dal ricorrente.
Afferma così il principio secondo cui la norma in questione, laddove dispone che è comunque causa di esclusione la condanna per i reati di partecipazione ad un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, non sta ad indicare tipologie di reati diversi da quelli ostativi genericamente indicati nella prima parte della norma (“reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”), quanto piuttosto dei reati, in ordine ai quali la stazione appaltante è priva di qualsiasi potere discrezionale di valutazione, nel senso che alle sentenze di condanna per uno o più degli stessi si connette un effetto automatico di preclusione della partecipazione ai pubblici appalti (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 15.06.2009 n. 1076 - link a www.giurdanella.it).

LAVORI PUBBLICI: G.U. 15.06.2009 n. 136 "Regolamento concernente la disciplina dei criteri per la tutela e il funzionamento dell’elenco previsto dall’articolo 95, comma 2, del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163" (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, decreto 20.03.2009 n. 60).

APPALTI1. Appalto concorso - Commissione giudicatrice - Presidente della Commissione - Legittimazione passiva - Esclusa.
2. Progettazione esecutiva - Carenza nell'offerta - Può seguire l'esclusione dalla gara.

1. Così come per la Commissione, quale organo collegiale, anche per il suo Presidente va esclusa la legittimazione passiva, in quanto gli atti alla cui formazione egli ha partecipato in veste di componente della Commissione sono direttamente imputabili all'amministrazione, la quale è l'unico soggetto legittimato a contraddire (cfr. in argomento C.d.S., sez. IV, 30.12.2003 n. 9189; TAR Lazio, sez. II, 07.11.2001, n. 9049; TAR Sicilia Palermo, sez. I, 09.11.2005, n. 4992).
2. Alla riscontrata carenza nell'offerta presentata da un partecipante dei tratti propri della progettazione esecutiva, secondo quanto stabilito dall'art. 16, comma 5, della legge 1994 n. 109, dall'art. 35 e seguenti del d.p.r. 1999 n. 554 e dalla lex specialis, può seguire un provvedimento di esclusione dalla gara, atteso che non devono necessariamente essere assorbiti nella valutazione tecnica correlata all'attribuzione dei punteggi i difetti che "implicano una vera e propria inadeguatezza del progetto, collocandolo al disotto di una soglia minima di idoneità tecnica" (cfr. così testualmente C.d.S., sez. V, 06.12.1999, n. 812; in argomento si vedano anche C.d.S., sez. VI, 24.05.1996, n. 731; C.d.S., sez. V, 03.03.2004, n. 1040; TAR Sardegna Cagliari, sez. I, 10.12.2007, n. 2227) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 12.06.2009 n. 3983 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: 1. L'art. 13 d.l. n. 223 del 2006 (c.d.d. Bersani) nell'escludere dalle attività strumentali affidate i servizi pubblici locali, non ha fatto alcuna distinzione tra concessioni e appalti.
2. Non è oggetto di valutazione da parte della commissione giudicatrice di una gara la prova circa la sussistenza del requisito soggettivo di partecipazione della capacità di una società mista ad assumere l'impegno extra moenia senza pregiudizio della collettività di riferimento.

1. L'art. 13 d.l. n. 223 del 2006 vieta l'attività extra moenia alle società costituite o partecipate dalle amministrazione pubbliche regionali o locali "per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali".
La suddetta norma, nell'escludere dalle attività strumentali affidate i servizi pubblici locali, non ha operato alcuna distinzione tra concessioni e appalti, una distinzione che, del resto, sotto il profilo della soggezione ai principi del Trattato UE in materia di libera concorrenza, ha perduto concreta rilevanza (v. d.lgs. n. 163 del 2006, art. 30). Nell'appalto come nella concessione, se l'affidatario è una società a capitale pubblico o misto, tanto il concessionario quanto l'appaltatore verrebbero a fruire di quella posizione di vantaggio che viene ricondotta alla utilizzazione di risorse della collettività locale, di cui non fruisce il concorrente a capitale interamente privato.
2. La prova circa la sussistenza del requisito soggettivo di partecipazione della capacità di una società mista ad assumere l'impegno extra moenia senza pregiudizio della collettività di riferimento, non è oggetto di prodromica valutazione da parte dei preposti alla gara. La commissione giudicatrice di una pubblica gara, infatti, deve curare l'interesse, di cui è portatore l'ente che bandisce la gara, a che le concorrenti propongano di svolgere il servizio da appaltare secondo offerte che ne garantiscano una perfetta esecuzione.
Ciò comporta che, la attribuzione di un qualche rilievo seppure "residuale", al profilo del rischio che la partecipazione alla gara di una società mista determini una inaccettabile sottrazione di risorse alla collettività di riferimento, si rivela non funzionale ai (e coerente con) i compiti tipici della commissione di gara, che attengono alla cura dell'interesse dell'ente affidante, dai quali certamente esula l'apprezzamento degli eventuali riflessi negativi che l'assunzione del nuovo servizio da parte della società mista determinerebbe per la collettività di riferimento.
In altri termini, appare arduo rinvenire un qualche valido titolo giuridico che, in assenza di una previsione di legge generale o di lex specialis, abiliti l'ente affidante, e per esso la commissione di gara, ad esprimere una qualche valutazione sul rapporto, cui è estraneo, tra l'ente (o gli enti) costituenti o partecipanti e la società mista, e sulla capacità di questa di rispettare gli impegni assunti con l'area di riferimento. Né potrebbe ritenersi legittima, e conforme al principio del buon andamento, ossia agli interessi della comunità di cui l'ente affidante è esponente, una determinazione di inammissibilità di una offerta avanzata da società mista che, alla stregua del bando e del capitolato, risulti conveniente, plausibile e non anomala, e la cui esclusione sia giustificata con la sottrazione di risorse in danno degli enti che hanno proposto l'offerta, i quali, a loro volta, nell'interesse delle comunità di riferimento, hanno ritenuto utile partecipare alla gara (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.06.2009 n. 3767 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sul divieto previsto dall'art. 13 c. 1, d.l. 04.07.2006 n. 223 e sulla definizione di attività strumentali.
Il divieto di svolgere attività per soggetti diversi dall'ente costituente o partecipante prescritto dall'art. 13 c. 1, d.l. 04.07.2006 n. 223, convertito con modificazioni nella l. 04.08.2006 n. 248, non opera nei confronti della società a capitale pubblico affidataria di servizi pubblici locali.
Possono definirsi strumentali all'attività delle amministrazioni pubbliche regionali e locali, con esclusione dei servizi pubblici locali, tutti quei beni e servizi erogati da società a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica di cui resta titolare l'ente di riferimento e con i quali lo stesso ente provvede al perseguimento dei suoi fini istituzionali.
Le società strumentali sono, quindi, strutture costituite per svolgere attività strumentali rivolte essenzialmente alla pubblica amministrazione e non al pubblico, come invece quelle costituite per la gestione dei servizi pubblici locali che mirano a soddisfare direttamente ed in via immediata esigenze generali della collettività (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.06.2009 n. 3766 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Subappalto.
L’eventuale genericità o incompletezza della dichiarazione circa il subappalto non può determinare la conseguenza dell’automatica esclusione dalla gara in assenza di apposita previsione, ma soltanto l’impossibilità, per l’impresa aggiudicataria, di avvalersi del subappalto.

Il Consiglio di Stato offre un importante chiarimento, in materia subappalto, laddove l’impresa concorrente non indichi in modo sufficiente ed adeguato l’impresa subbappaltatrice.
Il CdS afferma che “l’eventuale genericità o incompletezza della dichiarazione circa il subappalto non può determinare la conseguenza dell’automatica esclusione dalla gara in assenza di apposita previsione, ma soltanto l’impossibilità, per l’impresa aggiudicataria, di avvalersi del subappalto. Di conseguenza, l’impresa appaltatrice è obbligata a portare a termine in proprio tutti i lavori appaltati, sempreché sia qualificata per ciascuna di esse, potendosi, in tal caso, procedere all’esclusione del concorrente solo laddove il medesimo sia carente della prescritta qualificazione”.
Sulla stregua di tali asserzioni, il Consiglio di Stato ha puntualizzato che il superamento dei limiti massimi di subappalto, previsti nella gara specifica, ovvero fissati in via generale dalla legge, non comporta l’esclusione dell’impresa concorrente, ma solo l’impossibilità di autorizzare il subappalto in caso di aggiudicazione (commento tratto da www.centrostudimarangoni.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.06.2009 n. 3696 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Contratti pubblici: illegittimo il bando di gara che non riporta il CIG.
In materia di procedure per l'affidamento di contratti pubblici, è illegittimo il bando di gara che non riporta il relativo codice di identificazione (CIG), avendo la stazione appaltante omesso di richiedere l'accreditamento al sistema informativo dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.06.2009 n. 3685 - link a www.eius.it).

APPALTI SERVIZI: Sul servizio di distribuzione del gas naturale: nullità degli atti aggiuntivi per contrarietà a norme imperative; interpretazione dell'art. 2, c. 175, della l. n. 244/2007; possibilità del Comune di accollarsi l'onere del rimborso al gestore uscente.
E' nullo l'atto aggiuntivo con il quale un Comune ha pattuito con il concessionario del servizio di distribuzione del gas naturale una scadenza della concessione già in essere determinata in accordo dalle parti in ragione di una serie di circostanze particolari, ovvero di una serie di investimenti che nel caso di specie, la concessionaria si impegnava ad effettuare, e così determinando una scadenza del periodo transitorio al 31.12.2012. L'accordo in questione, infatti, prescinde in modo completo dalla complessa normativa in tema di apertura alla concorrenza del settore della distribuzione del gas naturale ai clienti finali, pretendendo di pattuire per l'apertura alla concorrenza della distribuzione del gas nel Comune, una scansione temporale diversa da quella fissata in via autoritativa dalla legge, che nel suo prevedere scadenze rigide e ipotesi tassative di proroga non avrebbe senso alcuno ove si ritenesse liberamente derogabile fra le parti. Peraltro, l'accordo in esame contrasta con le norme imperative anche sotto un profilo ulteriore, ovvero nella parte in cui pretende di paralizzare sino alla sua scadenza la possibilità del Comune di indire una pubblica gara per affidare il servizio.
L'art. 2, c. 175, della l. 24.12.2007 n. 244 prevede, alla lettera, che le pubbliche gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale verranno indette dopo la definizione di appositi ambiti territoriali ottimali per ciascun bacino di utenza, definizione per cui sono fissati termini evidentemente ordinatori, dato che per la loro inosservanza non vi sono sanzioni. La norma stessa quindi, secondo parte della dottrina, si risolverebbe in una sostanziale abolizione di tutto il meccanismo del decreto Letta, perché rinvierebbe senza un termine preciso l'apertura del settore alla concorrenza ad un futuro del tutto indeterminato. Di conseguenza, gli affidamenti in essere potrebbero, senza l'intervento di fatti nuovi, proseguire secondo le originarie concessioni. Tale indirizzo non è condivisibile, per le ragioni riassumibili così come segue. In primo luogo, come argomento logico, tale interpretazione si porrebbe in netto contrasto con il principio comunitario di concorrenza, la cui attuazione sarebbe rinviata senza termini certi, con un risultato che nell'ambiguità del testo normativo va fin quando possibile evitato, anche perché potrebbe condurre ad una responsabilità dello Stato italiano verso l'Unione. In secondo luogo, tale interpretazione contrasta con la lettera dell'art. 46-bis del d.l. n. 159/2007, ovvero con la norma che l'art. 2, c. 175, va a modificare, là dove essa prevede incentivi ai Comuni i quali decidano di aggregarsi per formare un ambito ottimale. In terzo luogo, e in via sistematica, tale interpretazione contrasta anche con il successivo art. 23-bis, c. 7, del d.l. 25.06.2008 n. 112 convertito nella l. 06.08.2008 n. 133, che nel dettare la disciplina generale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica prevede la determinazione di bacini di gara ottimali sempre come facoltativa. Pertanto, i Comuni in generale possono attualmente indire la pubblica gara per affidare il servizio in questione, ed anzi sono in certo senso tenuti a farlo, là dove si ritenga che l'omessa tempestiva acquisizione del canone, che dal concessionario vincitore della gara l'ente ricaverà, possa rilevare a carico degli amministratori del Comune come ipotesi di responsabilità erariale.
Nessuna norma, né nel d.lgs. 23.05.2000 n. 164, cd decreto Letta né altrove, preclude che dell'indennizzo da corrispondere al concessionario uscente si faccia carico il Comune, per rendere l'offerta più appetibile agli occhi degli aspiranti nuovi concessionari. In secondo luogo, il subentro del nuovo affidatario nei rapporti in corso è limitato a quelli previsti dall'art. 14, c. 8, del decreto Letta, né appare ragionevole estenderlo in via interpretativa ad altri, quali quelli facenti capo al personale del concessionario uscente, poiché ciò si risolverebbe in un cospicuo disincentivo a partecipare alla gara per soggetti diversi dal concessionario uscente medesimo, unico che da tale onere non sarebbe pregiudicato, avendo già i lavoratori in parola alle proprie dipendenze (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 12.06.2009 n. 1221 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Offerte - Discordanza tra l’importo in cifre e quello in lettere - Prevalenza di quest’ultimo - Art. 90 D.P.R. n. 554/1999 - Ratio.
L’art. 90 del D.P.R. 554/1999, prevede in termini molto chiari un criterio legale di interpretazione delle offerte, e in caso di discordanza fra l’importo in cifre e quello in lettere fa prevalere quest’ultimo; ciò non per una scelta di carattere arbitrario -per quanto sia dato di comune esperienza che scrivere un importo in lettere richiede maggiore applicazione, e quindi è statisticamente meno soggetto ad errore- ma per un coordinamento con la norma successiva dello stesso articolo, secondo la quale, dopo l’aggiudicazione, la commissione procede al controllo dei prezzi offerti e corregge eventuali errori di calcolo proprio in base alla percentuale di ribasso indicata in lettere (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 12.06.2009 n. 1220 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZI: L'attività di illuminazione pubblica di un comune è un servizio pubblico locale.
Sull' illegittimità della partecipazione di una società alla gara indetta dal comune per l'affidamento dell'appalto della gestione del servizio di illuminazione per violazione dell'art. 113, c. 6, del d.lgs. n. 267/00, in quanto la società è già affidataria diretta di servizi pubblici locali in diversi comuni.

L'attività di illuminazione pubblica di un comune è un servizio pubblico locale: infatti, "la qualificazione di servizio pubblico locale spetta a quelle attività caratterizzate sul piano oggettivo dal perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della società civile, selezionate in base a scelte di carattere eminentemente politico quanto alla destinazione delle risorse economicamente disponibili ed all'ambito di intervento e su quello soggettivo dalla riconduzione diretta o indiretta ad una figura soggettiva di rilievo pubblico". Nel caso di specie, il comune ha assunto come servizi pubblici locali quelli di manutenzione delle strade, degli impianti di illuminazione pubblica e del verde pubblico ... Tanto è sufficiente per concludere che si tratta senz'altro di servizi pubblici locali ricadenti nel campo di applicazione del titolo V del d.lgs. 18.08.2000, n. 267 (T.U.E.L.).
Ne consegue che, è illegittima la partecipazione di una società alla gara indetta dal comune per l'affidamento dell'appalto della gestione integrata del servizio di illuminazione pubblica e realizzazione di interventi di efficienza energetica e di adeguamento normativo sugli impianti comunali, e conseguentemente l'aggiudicazione del servizio di pubblica illuminazione a favore dell'A.T.I. tra la stessa società e un'altra ditta, per violazione dell'art. 113, c. 6, del d.lgs. 18.08.2000, n. 267, in quanto la società è già affidataria diretta di servizi pubblici locali in diversi comuni.
L'art. 113, c. 6, cit., nel testo applicabile ratione temporis al caso di specie, prevede infatti il divieto di partecipazione delle società affidatarie dirette dei servizi pubblici locali, che abbraccia, anche sul piano strettamente semantico, l'ipotesi di cui all'art. 113, c. 14, in base alla quale l'ente locale autorizza i soggetti proprietari "a gestire i servizi o loro segmenti". Il divieto di partecipazione posto dall'art. 113, c. 6, trova, tuttavia, un limite nella norma di cui al c. 15-quater del medesimo articolo, ai sensi del quale esso non si applica alle "prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa", ma riguarda le società già affidatarie dirette del servizio posto in gara. Con la conseguenza che se la società, come accade nel caso di specie, non è stata affidataria diretta del servizio e, nel momento della presentazione delle offerte, risulta (ancora) affidataria diretta di servizi pubblici locali presso altri enti, deve essere esclusa per effetto della norma più volte citata (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 11.06.2009 n. 966 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: A. Scuderi - G. Spoto Puleo - M. Manola - A. Vindigni - G. Sciangula, L'ANNULLAMENTO DEL PROVVEDIMENTO DI AGGIUDICAZIONE DI GARA PUBBLICA E GLI EFFETTI SUL CONTRATTO NELLE MORE GIA' STIPULATO (link a http://mondolegale.it).

APPALTI: A. Rinaldi, Appalto, la disciplina della revisione dei prezzi (link a www.greenlex.it).

APPALTI: LEGGITTIMA L'ESCLUSIONE SE NON VIENE RISPETTATO ALLA LETTERA IL DISCIPLINARE DI GARA (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: S. Lazzini, In merito all’articolo 48 del codice dei contratti (ndr: comprova possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa) (link a www.diritto.it).

APPALTI: C. Ferro, Il contrasto giurisprudenziale sulla natura della DIA Decisione del C.d.S n. 717, sezione VI, del 2009 e 5811, sezione IV, del 2008 (link a www.diritto.it).

APPALTI: Sul divieto di rendere nota l’offerta economica.
1.
Nella procedura dell’appalto-concorso, connotata da una netta separazione tra le fasi di valutazione dell’offerta tecnica e dell’offerta economica, il principio di segretezza dell'offerta economica impone che sia interdetto al seggio di gara, finché non sia stata ultimata la valutazione delle offerte tecniche, la conoscenza delle percentuali di ribasso offerte dai concorrenti, onde scongiurare che il seggio di gara sia influenzato, nella valutazione dell’offerta tecnica, dalla conoscenza di elementi dell’offerta economica; alla eventuale violazione del principio di segretezza dell'offerta economica consegue necessariamente l’esclusione del concorrente dalla gara, anche in assenza di espresse previsioni della lex specialis.
2. Va esclusa una ditta che ha violato il principio di segretezza dell’offerta economica, inserendo all’interno del plico contenente l’offerta tecnica anche il computo metrico estimativo, in tal modo palesando al seggio di gara, prima dell’apertura della busta con l’offerta economica, i termini economici della stessa (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 09.06.2009 n. 3575 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla responsabilità pre-contrattuale della P.A..
1.
E’ configurabile una responsabilità precontrattuale della P.A. nel caso di ingiustificata interruzione delle trattative, atteso che l’esistenza di un procedimento amministrativo non esclude l’autonomia del momento procedimentale negoziale nel corso del quale la P.A. è obbligata ad osservare le regole di condotta della buona fede e della diligenza in relazione alle quali non sussistono limiti di sindacato connessi allo status pubblicistico di una delle parti.
Inoltre, la presenza di un modello formativo della volontà negoziale predeterminato nei suoi profili procedimentali mediante la scansione degli atti, che vede normalmente la presenza di più soggetti potenzialmente interessati al contratto, non rappresenta un ostacolo all’applicazione delle regole della responsabilità precontrattuale.
2. Affinché possa dirsi integrata la fattispecie di cui all’art. 1337 cod. civ., occorre che sussistano due elementi: uno positivo, rappresentato dall’affidamento senza colpa ingenerato nella controparte dal comportamento del soggetto recedente; l’altro negativo, rappresentato dalla mancanza di una giusta causa.
In altri termini, il recesso dalle trattative determina responsabilità precontrattuale quando le stesse sono interrotte in assenza di una giusta causa, con lesione dell’affidamento creato nell’altro contraente.
3. Non è sufficiente ad esonerare da responsabilità precontrattuale la P.A. ed a ritenere specularmente non meritevole di protezione l’affidamento del privato la
circostanza che con l’avviso pubblico i partecipanti alla procedura concorsuale erano stati informati circa la necessità che il "progetto esecutivo" oggetto della gara avrebbe dovuto essere sottoposto a tutte le "necessarie approvazioni".
4. In materia di responsabilità precontrattuale è risarcibile il solo interesse negativo e cioè l’interesse a non intraprendere o proseguire trattative inutili.
Più precisamente, è risarcibile sia il danno emergente, rappresento dalla spese inutilmente sostenute, sia il lucro cessante, rappresento dalle altre occasioni favorevoli perse. La prova di tali danni spetta, in linea con l’inquadramento di tale responsabilità nell’ambito della responsabilità civile, alla parte lesa.
5. In sede di determinazione del danno derivante da responsabilità precontrattuale della P.A., non può applicarsi in via equitativa il metodo di determinazione del danno rappresentato dalla liquidazione forfettaria di una somma pari al 10% dell’ammontare dell’offerta.
Tale metodo, infatti, è astrattamente utilizzabile, con i dovuti correttivi di natura equitativa, soltanto per la definizione delle misure risarcitorie da lesione dell’interesse positivo.
6. In sede di determinazione del danno derivante da responsabilità precontrattuale della P.A., occorre fornire la prova del danno derivante dalle occasioni di lavoro perse a causa dell’impegno profuso nello svolgimento di trattative rilevatesi poi inutili, essendo il danneggiato onerato a provare, sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, il nesso causale tra la condotta lesiva e il vantaggio alternativo perduto (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II, sentenza 09.06.2009 n. 627 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla distinzione tra informative antimafia "atipiche" e "tipiche", sul carattere vincolante di queste ultime e sui presupposti per la loro adozione.
1.
Mentre mediante l’informativa antimafia "atipica" viene inviata all’amministrazione destinataria dell’informativa stessa una raccolta di elementi di fatto rimessi alla sua valutazione in vista dell’adozione di determinazioni di sua esclusiva competenza, nel caso di informativa "tipica" viene espresso direttamente, da parte della stessa autorità prefettizia il maturato convincimento circa la reale sussistenza del pericolo di infiltrazioni mafiose o della criminalità organizzata; con la conseguenza che l’amministrazione destinataria dell’informativa tipica non può non tenerne conto ed adottare gli atti conseguenziali, in altre parole, vincolati al giudizio circa il pericolo di infiltrazione maturato dal Prefetto.
2. L’adozione di una informativa antimafia "tipica" non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certo sull’esistenza della contiguità con organizzazioni malavitose e del condizionamento in atto dell’attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici ed indiziari da cui emergano gli elementi di pericolo di dette evenienze e non necessita, quindi, di dimostrazione nell’attualità delle infiltrazioni mafiose.
3. L’informativa antimafia tipica non deve provare l'intervenuta infiltrazione, essendo questa un quid pluris non richiesto, ma deve solo sufficientemente dimostrare la sussistenza di elementi dai quali è deducibile il tentativo di ingerenza (alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto che costituivano sufficienti indizi delle infiltrazioni le frequentazioni tra un socio della società ed esponenti di primo piano di un clan camorristico e la rilevata presenza, all’interno della cava di cui disponeva la società di un pluripregiudicato per mafia, omicidio volontario, porto e detenzione di armi etc.; con la conseguenza che il reputato pericolo di infiltrazione mafiosa appariva sorretto da elementi non privi di consistenza) (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 08.06.2009 n. 3491 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. GARA D’APPALTO - VALUTAZIONE CONGRUITÀ OFFERTA – IN CASO DI MANCATO SUPERAMENTO DELLA SOGLIA DI ANOMALIA - AVVIO SUB-PROCEDIMENTO DI VERIFICA- COSTITUISCE MERA FACOLTÀ.
2. GARA D’APPALTO – CRITERIO OFFERTA ECONOMICAMENTE PIÙ VANTAGGIOSA – FISSAZIONE POSTUMA CRITERI MOTIVAZIONALI - ABROGAZIONE ART. 83, COMMA 4, ULTIMO PERIODO, D.LGS. N. 163/2006 - FINALITÀ.

1. Le stazioni appaltanti non sono tenute ad avviare il sub procedimento di verifica laddove non sia attinta la soglia di cui allo stesso art. 86, commi 1 e 2, il che è dimostrato dalla chiara formulazione della norma, che al riguardo prevede la mera facoltà e non già l’obbligo di attivare il procedimento di verifica (“In ogni caso le stazioni appaltanti possono valutare la congruità di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”).
2. L’abrogazione dell’art. 83, comma 4, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 163/2006 ad opera del c.d. terzo correttivo è stata disposta al fine di ricondurre la norma a compatibilità comunitaria, visto che la stessa, nella formulazione originaria, era passibile di un’interpretazione contraria ai principi enunciati ai commi 2 e 4 dello stesso art. 86 (i quali prescrivono rispettivamente che “Il bando di gara ovvero, in caso di dialogo competitivo, il bando o il documento descrittivo, elencano i criteri di valutazione e precisano la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi, anche mediante una soglia, espressa con un valore numerico determinato, in cui lo scarto tra il punteggio della soglia e quello massimo relativo all’elemento cui si riferisce la soglia deve essere appropriato” e che “Il bando per ciascun criterio di valutazione prescelto prevede, ove necessario, i sub - criteri e i sub-pesi o i sub–punteggi”) (TAR Marche, Sez. I, sentenza 06.06.2009 n. 575 - link a
www.mediagraphic.it).

APPALTI: Le disposizioni di un bando di gara che impongano all'aggiudicatario oneri ritenuti eccessivamente gravosi integrano una lesione attuale dell'interesse dell'impresa concorrente.
Le disposizioni di un bando di gara che impongano all’aggiudicatario oneri ritenuti eccessivamente gravosi integrano una lesione attuale dell’interesse dell’impresa concorrente, in quanto non è possibile per essa sottrarsi all’osservanza delle disposizioni e presentare una propria offerta che disattenda l’obbligo imposto dalla stazione appaltante, sicché devono essere impugnate tempestivamente, prima che sia conclusa la fase di scelta del contraente (cfr. TAR Veneto, sez. I, 28.10.2008, n. 3377) (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 05.06.2009 n. 1407 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Bandi di gara, requisiti ulteriori e onere di immediata impugnazione.
La normativa vigente non preclude alle Stazioni appaltanti la possibilità di chiedere con i bandi di gara requisiti ulteriori, logicamente connessi all'oggetto dell'appalto. Per cui nel bando di gara l'Amministrazione appaltante può di certo autolimitare il proprio potere discrezionale di apprezzamento mediante apposite clausole, rientrando nella sua discrezionalità la fissazione di requisiti di partecipazione ad una gara d'appalto diversi, ulteriori e più restrittivi di quelli legali, salvo però il limite della logicità e ragionevolezza dei requisiti richiesti e della loro pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito.
In materia di requisiti di ammissione alle gare di appalto della Pubblica amministrazione, difatti, le norme regolatrici, sia comunitarie che interne, prevedono fattispecie elastiche, strutturate su concetti non tassativi, ma indeterminati, che implicano, per la loro definizione da parte dell'interprete, un rinvio alla realtà sociale (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 04.06.2009 n. 3448 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Autocertificazione e requisiti morali.
In base al combinato-disposto degli artt. 21, comma 1 e 38, commi 2-3 del d.P.R. n. 445 del 2000, nel caso di dichiarazioni sostitutive, l'allegazione della copia fotostatica, sia pure non autenticata, del documento di identità dell'interessato vale a conferire legale autenticità alla sottoscrizione apposta in calce ad una istanza o ad una dichiarazione, e non rappresenta un vuoto formalismo ma semmai si configura come l'elemento della fattispecie normativa diretto a comprovare, oltre alle generalità del dichiarante, l'imprescindibile nesso di imputabilità soggettiva della dichiarazione ad una determinata persona fisica; tale incombente riveste natura nodale, ed è insuscettibile di regolarizzazione.
Le autocertificazioni, necessitano, per la loro giuridica esistenza ed efficacia, della sottoscrizione del legale rappresentante del dichiarante, resa in presenza di un dipendente addetto, ovvero dell'allegazione di copia fotostatica, ancorché non autenticata, di un documento del sottoscrittore; va, pertanto, disposta l'esclusione dalla gara di appalto della P.A. per la mancata allegazione, da parte del concorrente, della fotocopia del documento di riconoscimento alla dichiarazione sostitutiva ed ai documenti prodotti in fotocopia autocertificata, atteso che l'obbligo di produrre copia del documento di identità risulta inderogabile in considerazione della sua introduzione quale forma di semplificazione, né è data possibilità di regolarizzazione o integrazione del documento mancante, nel rispetto anche della "par condicio" tra i concorrenti (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 04.06.2009 n. 3445 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Bandi di gara, requisiti ulteriori e onere di immediata impugnazione.
L’onere di immediata impugnazione delle clausole del bando di gara sussiste solo in relazione a:
a) clausole che impediscono la partecipazione del concorrente, ad es. prescrivendo requisiti che il concorrente non possiede;
b) clausole manifestamente incomprensibili o implicanti oneri per la partecipazione del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della gara (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 03.06.2009 n. 3404 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: Contratti pubblici: illegittima la valutazione di anomalia delle offerte economiche effettuata con formule matematiche nella stessa fase di attribuzione del punteggio.
Nelle procedure di gara per l'affidamento di contratti pubblici, allorché l'aggiudicazione abbia luogo secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la valutazione di anomalia non può essere incorporata, attraverso l'adozione di formule matematiche, nell'operazione di attribuzione del punteggio alle singole offerte, ma deve essere sempre successiva a quest'ultima (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 03.06.2009 n. 3404 - link a www.eius.it).

APPALTI: Appalti, vale il prezzo più basso. Nella valutazione dell'offerta no a medie o criteri forfettari.
Pronuncia del Consiglio di stato: illegittime le formule che appiattiscono la distribuzione dl punteggio.

Sono illegittime le formule per attribuire i punteggi ancorate a medie se non attribuiscono il punteggio più alto all'offerta di maggiore ribasso.
È quanto afferma il Consiglio di stato, sezione VI, con la sentenza del 03.06.2009 n. 3404 sull'applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa per un appalto pubblico.
La vicenda vedeva ricorrere un'impresa che contestava la manifesta illogicità dei criteri di valutazione dell'offerta economica, che avrebbero condotto al risultato di attribuire un maggior punteggio, per l'elemento prezzo, all'offerta economica più alta anziché all'offerta più bassa, nonostante che tra i prezzi offerti dalle due concorrenti vi fosse una notevole differenza economica. In particolare si denunciava che nell'attribuire il punteggio per il prezzo non si era tenuto conto delle singole offerte, ma del prezzo medio delle offerte, così provocando un ingiustificato appiattimento tra le offerte stesse, che impedisce di tener conto dei ribassi e di premiare i ribassi medesimi.
Il Consiglio di stato innanzitutto precisa la differenza del rilievo dell'elemento prezzo a seconda dei criteri di aggiudicazione utilizzati, affermando che nel criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, vanno separatamente valutate l'offerta economica e l'offerta tecnica, «ma quanto alla valutazione dell'offerta economica, il criterio non può che essere quello del prezzo più basso, senza medie o criteri forfetari». Invece, il criterio del prezzo più basso, «nella sua chiara e univoca applicazione, non può che condurre al risultato di premiare l'offerta di prezzo più basso, e non può pervenire al risultato di premiare un'offerta di prezzo più alta di altre».
Nel caso dell'offerta economicamente più vantaggiosa, però, il Consiglio di stato precisa che «i criteri di distribuzione del punteggio per l'offerta economica, previa suddivisione di essa in vari sub-elementi, devono comunque essere strutturati in modo tale da condurre al risultato per cui l'offerta economica complessivamente inferiore deve riportare un punteggio, per il prezzo, complessivamente superiore».
Viene quindi criticato ogni metodo che, riferendosi a medie, finisce per non attribuire tutti i punteggi disponibili. In particolare i giudici (relatore Rosanna de Nictolis), affermano che nel vigente ordinamento sono stati banditi tutti i criteri di valutazione delle offerte di prezzo basati su medie e che di media si può parlare soltanto ai fini dell'individuazione delle offerte sospette da sottoporre a verifica di anomalia. In altre parole, dicono i giudici, «se si fissa come soglia la media dei ribassi offerti in gara, comunque questo non autorizza ad appiattire il punteggio per i ribassi che sono più bassi rispetto a quello che risulta dalla media dei ribassi offerti».
Formule che appiattiscono la distribuzione del punteggio, attraverso il ricorso a medie, finiscono per essere illegittime perché attribuiscono al di sotto del prezzo minimo o della media delle offerte lo stesso punteggio a tutte le offerte, anche più basse di quella media o minima. Se quindi si ritiene che oltre la media le offerte prendano tutte lo stesso punteggio, si opera illegittimamente perché «si impedisce di valutare ciascuna offerta per ciò che essa è effettivamente, eguagliandola in automatico a un prezzo medio; in tal modo, il punteggio attribuito diventa forfetario e disancorato dall'effettiva offerta».
La sentenza del Consiglio di stato mette quindi in crisi quanto previsto dallo schema di regolamento del Codice dei contratti pubblici laddove viene prevista una formula (Ri/R medio) che finisce per attribuire sempre lo stesso punteggio alle offerte di ribasso superiore alla media (articolo ItaliaOggi del 20.08.2009, pag. 11).

LAVORI PUBBLICI: Amianto (contratti pubblici).
L'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali è regolata dall’articolo 212 del decreto legislativo 03.04.2006 n. 152. Per la specifica categoria 10, la disciplina contiene una serie di particolarità quanto alle garanzie economiche e di professionalità, giustificate dalla pericolosità di tale tipo di attività.
È infatti imposto (v. deliberazione 30.03.2004 n. 1 del Comitato nazionale dell’Albo) alle imprese il possesso (ovvero la “piena ed esclusiva disponibilità”) delle attrezzature minime, specificamente individuate nella tipologia e nel loro valore, e la presenza di responsabili tecnici con precisi requisiti professionali.
A norma del terzo comma dell’articolo 59-quaterdecies (“Formazione dei lavoratori”) del decreto legislativo 19.09.1994 n. 626, introdotto dall’articolo 2 del decreto legislativo 25.07.2006 n. 257 (“Attuazione della direttiva 2003/18/CE relativa alla protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall'esposizione all'amianto durante il lavoro"); inoltre, “Possono essere addetti alla rimozione e smaltimento dell'amianto e alla bonifica delle aree interessate i lavoratori che abbiano frequentato i corsi di formazione professionale di cui all'articolo 10, comma 2, lettera h), della legge 27.03.1992, n. 257”.
Per quanto riguarda la disciplina dei contratti pubblici, d’altro canto, bisogna ricordare che mentre la qualificazione SOA è normalmente oggetto di avvalimento, come risulta dagli articoli 49 e 50 del decreto legislativo 12.04.2006 n. 163, altrettanto non può dirsi (nonostante la giurisprudenza parli senza troppi distinguo del carattere generale del meccanismo dell’avvalimento) per gli altri "sistemi legali vigenti di attestazione o di qualificazione nei servizi e forniture" per i quali le disposizioni dell'articolo 50 “si applicano, in quanto compatibili” (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 03.06.2009 n. 1379 - link a www.lexambiente.it).

maggio 2009

APPALTI: Appalto pubblico (in generale) - Criteri e principi - Segretezza - Rispetto - Sussistenza - Casi - Ragioni.
Il procedimento di gara e la sottesa istruttoria devono essere ispirati a parametri di razionalità tecnica e che gli adempimenti e le formalità richieste ai concorrenti devono risultare adeguati anche in riferimento alla tipologia di scelta del contraente per la quale l'Amministrazione ha optato. L'imposizione ai partecipanti di oneri e formalismi non necessari, a pena di esclusione, contrasta con il principio di ragionevolezza allorquando tali prescrizioni non comportano alcun effettivo vantaggio per l'Amministrazione(Nel caso all'attenzione del collegio, la natura informale della gara e le modalità con le quali doveva essere celebrata, hanno fatto sì che il TAR ritenesse esclusa qualsiasi possibilità di manomissione del plico interno, contenente l'offerta, che era debitamente sigillato con ceralacca e controfirmato, ma non recava la ceralacca sui lembi preincollati dal fabbricante; cfr. Cons. Stato, sez. V, 18-03-2004 n. 1411) (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 29.05.2009 n. 809 - link a http://mondolegale.it).

APPALTI: Ai fini dell'esclusione dalla gara, in assenza di parametri normativi fissi e predeterminati, la verifica dell'incidenza dei reati commessi dal legale rappresentante dell'impresa sulla moralità professionale della stessa attiene all'esercizio del potere discrezionale della P.A..
Come ha avuto modo di affermare, ormai in diverse occasioni, la giurisprudenza formatasi al riguardo (cfr. Cons. St., sez. V, 12.04.2007, n. 1723, nonché sez. V, 31.01.2006, n. 349, richiamata anche da parte ricorrente; in precedenza Cons. St., sez. V, 18.10.2001, n. 5517; id., 25.11.2002, n. 6482) “in assenza di parametri normativi fissi e predeterminati, la verifica dell'incidenza dei reati commessi dal legale rappresentante dell'impresa sulla moralità professionale della stessa attiene all'esercizio del potere discrezionale della P.A. e deve essere valutata attraverso la disamina in concreto delle caratteristiche dell'appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato” (così la citata Cons. St., sez. V, n. 1723/2007).
Dalla lettura della nota impugnata (24.06.2008, prot. n. 17229, del Presidente della Commissione giudicatrice) emerge, peraltro, che tale valutazione è stata del tutto omessa.
Ne deriva come conseguenza l’illegittimità del provvedimento di esclusione disposto nei confronti della ricorrente, per la manifesta violazione dell’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 29.05.2009 n. 808 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione da una gara di appalto di una a.t.i. per aver omesso di produrre il verbale di avvenuto sopralluogo richiesto dal bando.
L'esclusione da una gara d'appalto per ragioni formali può essere disposta sulla base di inequivocabili precetti contenuti negli atti di gara (bando, lettera di invito), come la scrupolosa indicazione dell'adempimento formalmente richiesto e l'altrettanto precisa indicazione della sanzione comminata, per cui, solo in mancanza di una sufficiente chiarezza nei dati in questione, risulterebbe illegittima l'esclusione di un'impresa disposta dall'amministrazione appaltante, dovendo semmai questa disporre un'integrazione documentale al fine di verificare il possesso dei requisiti richiesti a pena di esclusione, poiché, una volta inserita una determinata clausola in un bando di gara, la p.a. non può esimersi dal rispettarla, dovendo garantire la par condicio per tutti i concorrenti: quando gli oneri di produzione documentale siano richiesti a pena di esclusione dalla lex specialis di gara, una volta constatatane l'omissione, la stazione appaltante deve trarne le conseguenze in punto di esclusione del soggetto cui esse siano addebitabili.
Ne consegue che, nel caso di specie, l'a.t.i. deve essere esclusa dalla gara di appalto per aver omesso di produrre l'attestato di avvenuto sopralluogo richiesto dal bando (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.05.2009 n. 3320 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: Sulla legittimità del diniego di accesso ai progetti proposti dalle imprese partecipanti ad una procedura di project financing in quanto la società richiedente l'accesso è stata esclusa dalla procedura.
E' legittimo il diniego di accesso opposto da un comune alla richiesta di visione ed estrazione di copia dei progetti proposti dalle ditte partecipanti ad una procedura di project financing, poiché la società richiedente l'accesso era stata esclusa.
In tema di project financing, soltanto i soggetti utilmente ammessi alla ponderazione comparativa delle offerte (e non, quindi, quelli esclusi) si trovano destinatari di una posizione qualificata e differenziata, la quale, pur nella necessaria osservanza delle modalità temporali che assistono la conoscibilità degli atti (differimento ex art. 13 D.Lgs. 163/2006), consente ai medesimi l'esercizio del diritto di accesso relativamente alle proposte presentate dagli altri concorrenti, laddove il pregiudizio dai primi lamentati (e, conseguentemente, le esigenze di tutela che essi intendano far valere) trovi fondamento proprio nello svolgimento dell'attività di selezione e valutazione delle offerte (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.05.2009 n. 3319 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: S. Cacace, L’ART. 38 DEL CODICE 163: DUBBI DI COSTITUZIONALITÀ E DI CONFORMITÀ COMUNITARIA. FALSI CERTIFICATI E FALSE DICHIARAZIONI: FATTISPECIE E SANZIONI - Intervento al Convegno organizzato da IGI in Roma, 28.05.2009 (link a www.osservatorioappalti.unitn.it).

APPALTI: Sul principio di proporzionalità ed adeguatezza dei requisiti di partecipazione richiesti nei bandi di gara dalle stazioni appaltanti.
Sulla dimostrazione della capacità tecnica dei concorrenti ex art. 42 del d.lgs. n. 163/2006.

La facoltà delle stazioni appaltanti di richiedere nel bando di gara requisiti di partecipazione e di qualificazione ulteriori rispetto a quelli espressamente stabiliti dalla legge trova un limite nel principio di proporzionalità e ragionevolezza, nonché nel divieto di inutile aggravamento del procedimento di cui all'art. 1, c. 2, l. n. 241 del 1990. Pertanto, la previsione dei requisiti di ammissione alle procedure di evidenza pubblica -rientrante nella sfera di discrezionalità dell'amministrazione- oltre a rispettare i principi di proporzionalità ed adeguatezza alla tipologia ed oggetto della prestazione per la quale è stata indetta la gara, non deve tradursi in un'indebita limitazione dell'accesso delle imprese interessate presenti sul mercato.
Ai sensi dell'art. 42 d.lg. n. 163 del 2006, l'elenco dei principali servizi prestati negli ultimi tre anni costituisce il primo (c. 1, lett. a) ma non certo il solo elemento in base al quale è possibile fornire la dimostrazione della capacità tecnica dei concorrenti; pertanto, appare manifestamente irragionevole e viziato in termini di violazione del principio di proporzionalità porre un elevato ed insuperabile parametro quantitativo relativo a tale elemento, senza consentire di dimostrare altrimenti il possesso di capacità proporzionate al servizio da affidare, sia attraverso il riferimento agli altri elementi di cui alla norma richiamata, sia attraverso la valutazione dello svolgimento di più servizi nell'ultimo triennio e non di uno solo (TAR Liguria, Sez. II, sentenza 27.05.2009 n. 1238 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Gara - Integrazione documentale - Incompletezza o non conformità alle prescrizioni di gara dell'offerta tecnica ed economica - Inammissibilità.
L'integrazione documentale ammissibile in sede di gara su richiesta della stazione appaltante -allo scopo di far prevalere la sostanza sulla forma- si rivela finalizzata unicamente ad ottenere precisazioni in ordine alla documentazione prodotta, in vista della sanatoria di eventuali irregolarità formali; una tale facoltà non può estendersi al caso in cui l'incompletezza o la non conformità alle prescrizioni di gara riguardi l'offerta tecnica ed economica, perché altrimenti verrebbe ad essere violato il principio della par condicio dei concorrenti mediante la modificazione postuma dell'offerta, con conseguente inammissibile incidenza sulla sostanza e non più solo sulla forma, non è, pertanto, possibile specificare, rettificare o precisare e, sostanzialmente, cambiare, gli elementi negoziali costitutivi dell'offerta (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 27.05.2009 n. 1073 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Deve essere escluso dalla gara il concorrente privo del requisito della regolarità contributiva solamente se la medesima regolarità sia stata definitivamente accertata e si tratti di una violazione grave.
La regolarità contributiva è requisito indispensabile non solo per la stipulazione del contratto, ma anche per la stessa partecipazione alla gara, per cui l'impresa deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla presentazione della domanda e conservare tale regolarità per tutto lo svolgimento della procedura, essendo tale requisito indice rivelatore della correttezza dell'impresa nei rapporti con le proprie maestranze.
A seguito dell'entrata in vigore della disciplina sul certificato di regolarità contributiva dettata dagli artt. 2 del DL n. 210/2002 e 3, VIII c., lett. b-bis) del d.lgs. n. 494/1996, la verifica della regolarità contributiva non è più di competenza delle stazioni appaltanti, ma degli enti previdenziali, le cui certificazioni si impongono alle stazioni appaltanti che non possono sindacarne il contenuto.
In base alla nuova normativa introdotta dall'art. 38, lett. i), del DLgs n. 163/2006 sono esclusi dalla partecipazione alla gara quei soggetti "che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti". La formulazione della suddetta disposizione impone che il provvedimento di esclusione dalla gara per irregolarità contributiva sia congruamente motivato dall'Amministrazione procedente con riguardo alla sussistenza delle condizioni di gravità e definitività della violazione. Nel caso di specie, non ricorre, la causa di esclusione prevista dal citato art. 38 in quanto non si tratta di violazione grave, né di violazione definitivamente accertata (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 26.05.2009 n. 1601 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull’illegittima valutazione delle offerte economiche prima di quelle tecniche.
L'esame da parte della commissione delle offerte economiche prima di quelle tecniche costituisce una palese violazione dei principi di trasparenza e di imparzialità che devono presiedere le gare (cfr. art. 91 del D.P.R. n. 554 del 1999), in quanto la conoscenza preventiva dell'offerta economica consente di modulare il giudizio sull'offerta tecnica in modo non conforme alla parità di trattamento dei concorrenti e tale possibilità, ancorché remota, inficia la della procedura (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 25.05.2009 n. 3217 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: A. Barbiero, Problematiche relative alla procedura negoziata con gara informale utilizzabile per l’affidamento di appalti di lavori pubblici di valore compreso tra 100.000 e 500.000 euro (link a www.albertobarbiero.net).

APPALTI: Sulla portata e natura dell’istituto dell’avvalimento e sul corredo documentale da produrre da parte dell’impresa.
1.
Gli artt. 31 e 32 della direttiva del Consiglio 18.06.1992, 92/50 CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, vanno interpretata nel senso che consentono ad un concorrente, per comprovare il possesso dei requisiti economici, finanziari e tecnici di partecipazione ad una gara d'appalto ai fini dell'aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi, di far riferimento alle capacità di altri soggetti, qualunque sia la natura giuridica dei vincoli che ha con essi, a condizione che sia in grado di provare di disporre effettivamente dei mezzi di tali soggetti necessari all'esecuzione dell'appalto.
2. In materia di requisiti di partecipazione alle gare pubbliche, la potestà di avvalimento costituisce un principio di fonte comunitaria non limitato al solo settore degli appalti di servizi, ma di portata generale.
3. La potestà di avvalimento delle ditte partecipanti alle gare pubbliche, costituisce un principio di fonte comunitaria di portata generale, il che consente di trarre il significativo corollario che dall'ambito di applicazione del principio di avvalimento non possono implicitamente ritenersi esclusi gli affidamenti per i quali la lex specialis di gara non abbia stabilito una disciplina derogatoria in alcun senso, ogni eventuale ipotesi di esclusione dell'applicazione di detto principio (anche a volerne per ipotesi ammettere la praticabilità) non potendo che rivestire i caratteri espressi dell'eccezionalità specificamente motivata.
4. Ai fini dell’applicabilità dell’istituto dell’avvalimento non è sufficiente una semplice proposta, ma occorre che siano prodotti appositi documenti probatori costituiti non solo dall'impegno (in forma scritta) della impresa ausiliaria nei confronti sia dell'impresa ausiliata che della stazione appaltante, ma anche dal contratto tra quest'ultima e l'impresa ausiliata che preveda l'obbligo sinallagmatico di corrispondere all'impresa ausiliaria il corrispettivo dovuto per le sue prestazioni, anche in ciò potendosi agevolmente individuare un rafforzamento della garanzia per la stazione appaltante del buon esito dell'appalto nella parte di questo da eseguirsi a cura dell'impresa ausiliaria.
5. Nel caso di mancata produzione di documenti probatori idonei atti a dimostrare l’avvalimento, le carenze documentali non possono formare oggetto di richiesta di chiarimenti ai sensi dell'art. 46 del D. l.vo n. 163/2006; infatti, nell’ipotesi considerata, l'unica possibile integrazione sarebbe non già la semplice regolarizzazione formale di un documento per il resto esistente, quanto la sostituzione integrale di un documento da ritenersi radicalmente privo di validità alcuna in mancanza di una conforme e definitiva volontà in tal senso da parte dei due contraenti, il che costituirebbe una sicura violazione della par condicio tra i partecipanti (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 22.05.2009 n. 2852 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sul procedimento di verifica dell’offerta anomala.
1.
Nelle gare di appalto il procedimento di verifica delle offerte anomale non ha
per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica,
mirando, invece, ad accertare se l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile o inattendibile, e dunque se dia o meno serio affidamento circa la corretta esecuzione dell’appalto.
Tale principio, già affermato dalla giurisprudenza nel vigore della l. n. 109/1994, risulta ora codificato dall’art. 88, comma 7, del d.lgs. n. 163/2006.
2. Il procedimento di verifica delle offerte anomale è avulso da ogni formalismo
inutile ed è invece improntato alla massima collaborazione tra stazione appaltante e offerente; in esso il contraddittorio deve essere effettivo e non vi sono preclusioni alla presentazione di giustificazioni ancorate al momento della scadenza del termine di presentazione delle offerte; mentre l’offerta è immodificabile, modificabili sono le giustificazioni, e sono ammesse giustificazioni sopravvenute e compensazioni tra sottostime e sovrastime, purché l’offerta risulti nel suo complesso affidabile al momento dell’aggiudicazione, e a tale momento dia garanzia di una seria esecuzione del contratto.
3. In sede di procedimento di verifica delle offerte anomale, deve ritenersi possibile che, a fronte di determinate voci di prezzo giudicate eccessivamente basse e dunque inattendibili, l’impresa dimostri che, per converso, altre voci di prezzo sono state inizialmente sopravvalutate, e che in relazione alle stesse è in grado di conseguire un concreto, effettivo, documentato e credibile risparmio che compensa il maggior costo di altre voci.
4. Occorre nettamente distinguere tra modifica dell’offerta nel suo complesso, inammissibile, e modifica delle giustificazioni, invece ammissibile; infatti, la presenza, nella fase del contraddittorio successivo, di eventuali significativi elementi di novità e di difformità rispetto alla prima e preventiva giustificazione non comporta una inammissibile modifica dell’offerta originaria, dovendosi in proposito distinguere tra immodificabilità dell’offerta e parametri dimostrativi della affidabilità e remuneratività dell’offerta, che non possono certo dirsi predeterminati e fissati una volta per tutte con la presentazione della stessa, essendo essi influenzati da una molteplicità di elementi per loro natura variabili (condizioni di mercato delle materie prime e dei semilavorati, credito contrattuale, andamento del mercato del lavoro, economie di scala, costi di mano d’opera, legislazione fiscale e previdenziale, ecc.) (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 21.05.2009 n. 3146 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sul presupposto della colpa della P.A..
1.
In sede di risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi, ai fini della
dimostrazione del necessario presupposto della colpa della P.A., non è comunque richiesto al privato danneggiato un particolare impegno probatorio, potendo quest’ultimo invocare l’illegittimità del provvedimento quale indice presuntivo della colpa o anche allegare circostanze ulteriori, idonee a dimostrare che si è trattato di un errore non scusabile.
Spetterà a questo punto alla P.A. dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, configurabile in caso di contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata.
2. Nel caso di annullamento in sede giurisdizionale di una gara, non spetta all’impresa ricorrente, a titolo di risarcimento dei danni, il rimborso dei costi di partecipazione alla gara, atteso che mediante il risarcimento non può farsi conseguire all’impresa un beneficio maggiore di quello che deriverebbe dall’aggiudicazione.
3. Nel caso di annullamento in sede giurisdizionale dell’aggiudicazione di una gara di appalto, va riconosciuto a titolo di lucro cessante il profitto che l’impresa avrebbe ricavato dall’esecuzione dell’appalto.
La quantificazione di tale danno non può essere effettuata applicando, in maniera automatica e indifferenziata, il criterio (spesso utilizzato dalla giurisprudenza amministrativa) del 10% del prezzo a base d’asta, ai sensi dell’art. 345, l. n. 2248 del 1865 All. F.
In tal modo, infatti, il ricorrente non ha più interesse a provare in modo puntuale il danno subito quanto al lucro cessante, perché presumibilmente otterrebbe di meno.
Appare allora preferibile l’indirizzo che esige la prova rigorosa, a carico dell’impresa, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell’appalto; prova desumibile, in primis, dall’esibizione dell’offerta economica presentata al seggio di gara.
4. In sede di risarcimento del danno derivante da mancata aggiudicazione di una gara di appalto, l’onere di provare (l’assenza del) l’aliunde perceptum grava non sull’Amministrazione, ma sull’impresa.
In sede di quantificazione del danno, pertanto, spetterà all’impresa dimostrare, anche mediante l’esibizione all’Amministrazione di libri contabili, di non aver eseguito, nel periodo che sarebbe stato impegnato dall’appalto in questione, altre attività lucrative incompatibili con quella per la cui mancata esecuzione chiede il risarcimento del danno.
5. In sede di risarcimento del danno derivante da illegittima aggiudicazione di una gara, può riconoscersi anche il c.d. danno curriculare; infatti, il fatto stesso di eseguire un appalto (anche a prescindere dal lucro che l’impresa ne ricava grazie al corrispettivo pagato dalla stazione appaltante), può essere comunque fonte per l’impresa di un vantaggio economicamente valutabile, perché accresce la capacità di competere sul mercato e, quindi, la chance di aggiudicarsi ulteriori appalti (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 21.05.2009 n. 3144 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZIContratti della p.a. - Procedura di scelta del contraente - Servizi ricompresi nell'Allegato II B, D.Lgs., 12.04.2006, n. 163 - Applicabilità delle disposizioni relative alle modalità di pubblicazione dei bandi e ai relativi tempi - Esclusa.
Le procedure di scelta del contraente relative a servizi rientranti nelle previsioni di cui all'Allegato II B del Codice dei Contratti (refezione, servizi sociali, culturali e ricreativi, formazione, ecc.) sono sottratte all'integrale applicazione della disciplina codicistica e, in particolare, alle disposizioni riguardanti le modalità di pubblicazione del bando (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.05.2009 n. 3786 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Requisiti di partecipazione - Moralità professionale -Dichiarazione dell'aggiudicataria di assenza di cause di esclusione - Impiego della formula "per quanto a nostra conoscenza" - Dichiarazione inefficace.
2. Requisiti di moralità professionale - Omessa dichiarazione di condanne subite - Esclusione - Legittima.
3. Gara - Offerta presentata da soggetto privo di rappresentanza legale - Integrazione documentale in sanatoria - Inammissibile.

1. La puntualizzazione "per quanto a nostra conoscenza", contenuta nella dichiarazione di assenza di sentenze di condanna passate in giudicato e/o pronunzie emesse ai sensi dell'art. 444 c.p.p. a carico dei soggetti cessati dalle cariche sociali nell'ultimo triennio, rende del tutto priva di valore e tamquam non esset la dichiarazione rilasciata, ponendosi in contrasto con le norme in materia di dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà di cui al D.P.R., 28.12.2000, n. 445, venendo a mancare una vera e propria assunzione di responsabilità insita, invece, in tale tipo di dichiarazione e alla base dell'affidamento che è chiamata a riporvi l'Amministrazione.
2. Costituisce causa di esclusione dalla gara l'omessa dichiarazione dell'esistenza di condanne a carico dei soggetti a ciò tenuti per reati che incidono sulla moralità professionale, atteso che ciascuna impresa concorrente è tenuta a dichiarare qualsiasi condanna a carico dei propri rappresentanti, a nulla rilevando il tipo di reato, la gravità e il tempo trascorso.
3. Il sottoscrittore dell'offerta deve essere fornito dei necessari poteri di rappresentanza e gli stessi devono risultare dalla documentazione da allegare all'offerta, non potendosi ipotizzare alcuna integrazione documentale a sanatoria, che deve considerarsi non irregolare ma inesistente, pena la violazione della par condicio fra i concorrenti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.05.2009 n. 3768 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Bando di gara - Servizio di ristorazione scolastica - Mancata aggiudicazione - Annullamento in autotutela dell'avviso di gara in corso di giudizio - Sopravvenuta carenza di interesse - Effetti - Improcedibilità.
2. Giustizia amministrativa - Sopravvenuta carenza di interesse - Presupposti - Sussistenza - Declaratoria d'improcedibilità del ricorso.
3. Giustizia amministrativa - Adozione di un nuovo atto sostitutivo del provvedimento impugnato - Sopravvenuta carenza di interesse - Improcedibilità del ricorso.

1. L'interesse a ricorrere deve sussistere, a pena d'improcedibilità, non solo al momento della proposizione dell'impugnativa, ma anche in epoca successiva, in base al principio che le condizioni dell'azione debbono permanere sino al momento del passaggio in decisione della controversia (ipotesi in cui la stazione appaltante, in corso di giudizio, ha annullato in autotutela una gara per la gestione del servizio di ristorazione scolastica).
2. La declaratoria d'improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse può derivare o da un mutamento della situazione di fatto o di diritto presente al momento della presentazione del ricorso, oppure dall'adozione da parte dell'Amministrazione di un provvedimento idoneo a ridefinire gli interessi in gioco -ancorché non pienamente satisfattivo per il ricorrente- tale da rendere certa e definitiva l'inutilità del giudizio di merito della pretesa azionata (Cfr., Cons. St., sez. IV, 19.02.2008, n. 532).
3. L'improcedibilità del ricorso può conseguire anche all'adozione di un nuovo atto che, pur non avendo efficacia pienamente satisfattiva nei confronti dell'attore, sostituisca il provvedimento originariamente impugnato ed oneri, per ciò stesso, la parte a proporre nei suoi confronti un nuovo gravame (Cfr., Cons. St., sez. VI, 17.02.2004, n. 660) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.05.2009 n. 3756 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla legittimità della scelta di un'amministrazione di non invitare alla trattativa privata per l'affidamento provvisorio del servizio nettezza urbana, la società che era in precedenza affidataria dell'appalto.
E' legittima la scelta di una amministrazione di non invitare alla trattativa privata per l'affidamento provvisorio del servizio nettezza urbana, la società che era in precedenza affidataria dell'appalto, in quanto tale trattativa si è svolta immediatamente dopo e per effetto dell'avvenuta risoluzione per inadempimento nei confronti della medesima società. Né, la procedura posta in essere era tale da obbligare l'amministrazione a trattare con chiunque avesse fatto domanda di partecipazione, trattandosi di una trattativa privata negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara avviata ai sensi dell'art. 7, c. 2, lett. d, del d.l.vo 17.03.1995 n. 157 (all'epoca vigente), il quale appunto consente all'amministrazione di invitare un numero ristretto di Ditte (almeno in numero di tre) "nella misura strettamente necessaria, qualora, per impellente urgenza determinata da avvenimenti imprevedibili per l'amministrazione aggiudicatrice, non possano essere osservati i termini, di cui agli articoli 8, 9 e 10, per il pubblico incanto, la licitazione privata, l'appalto concorso o la trattativa privata con pubblicazione di un bando; le circostanze addotte per giustificare tale impellente urgenza non devono essere imputabili alla stazione appaltante" (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 19.05.2009 n. 3080 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISulla valenza dei processi verbali e sulla comunicazione di avio del procedimento di annullamento della procedura.
1.
Nelle gare pubbliche, i processi verbali di aggiudicazione, qualora si riferiscano ad un’aggiudicazione pura e semplice (come quella avvenuta ordinariamente, in assenza di riserve espresse o di rinvio a successive gare da effettuarsi in completamento), si qualificano come processi verbali di aggiudicazione definitiva.
2. L’aggiudicazione provvisoria crea immediatamente obblighi contrattuali vincolanti a carico del privato contraente, mentre non è efficace per l’amministrazione finché non intervenga l’approvazione (art. 19 R.D. n. 2440/1923: c.d. efficacia claudicante).
3. E’ illegittimo l’annullamento dell’intera procedura (dal bando di gara all’atto finale di aggiudicazione) ed il diniego di approvazione del verbale d’asta, ove non siano stati preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della L. n. 241 del 1990 al soggetto che, in buona fede, aveva formulato una valida offerta e si era aggiudicato la gara (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 19.05.2009 n. 3064 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sul contrasto con la normativa comunitaria dell’esclusione doverosa delle imprese collegate.
1.
L’art. 29, c. 1, della direttiva del Consiglio 18.06.1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro, in aggiunta alle cause di esclusione contemplate da tale disposizione, preveda ulteriori cause di esclusione finalizzate a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, a condizione che tali misure non eccedano quanto necessario per conseguire la suddetta finalità.
2. Il diritto comunitario osta ad una disposizione nazionale che stabilisca un divieto assoluto, a carico di imprese tra le quali sussista un rapporto di controllo o che siano tra loro collegate, di partecipare in modo simultaneo e concorrente ad una medesima gara d’appalto, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non ha influito sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di tale gara (massima tratta da http://doc.sspal.it - Corte di Giustizia CE, Sez. IV, sentenza 19.05.2009 n. C-538/07 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'interpretazione dell'art. 29, c. 1, della direttiva del Consiglio 92/50/CEE, che contiene un elenco tassativo delle cause di esclusione dalla partecipazione ad un appalto di servizi.
E' incompatibile con il diritto comunitario una normativa nazionale che non autorizza la partecipazione ad una medesima procedura di aggiudicazione, in modo concorrente, società aventi fra loro un rapporto di controllo o d'influenza notevole.

- L’art. 29, c. 1, della direttiva del Consiglio 18.06.1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro, in aggiunta alle cause di esclusione contemplate da tale disposizione, preveda ulteriori cause di esclusione finalizzate a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, a condizione che tali misure non eccedano quanto necessario per conseguire la suddetta finalità.
- Il diritto comunitario osta ad una disposizione nazionale che, pur perseguendo gli obiettivi legittimi di parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, stabilisca un divieto assoluto, a carico di imprese tra le quali sussista un rapporto di controllo o che siano tra loro collegate, di partecipare in modo simultaneo e concorrente ad una medesima gara d’appalto, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non ha influito sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di tale gara (Corte di giustizia europea, Sez. IV, sentenza 19/05/2009 n. C-538/07 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: Un progetto definitivo di opera pubblica stradale, incidente in misura rilevante sulla viabilità esistente, non può essere approvato senza essere preceduto da uno studio di tipo ambientale anche di natura acustica.
Considerando anzitutto la disciplina generale di attuazione della legge quadro sui lavori pubblici (D.P.R. n. 554 del 1999), è ben chiaro che nell’elaborazione e nella approvazione dei progetti preliminari e definitivi di opere pubbliche occorre comunque uno studio di prefattibilità ambientale. Studio che deve essere logicamente effettuato in via preventiva anche quando ai sensi della normativa vigente non è necessaria una specifica procedura di V.I.A. (valutazione di impatto ambientale). In particolare, la rilevanza e l’importanza cronologica di tale studio sono essenzialmente giustificate e giustificabili non solo dal fatto che esso deve in via preventiva riguardare fra l’altro i prevedibili effetti della realizzazione dell’intervento e del suo esercizio sulle componenti ambientali e sulla salute dei cittadini ma anche dal fatto che il contenuto del successivo progetto esecutivo deve limitarsi a riprodurre pedissequamente e fedelmente le prescrizioni già elaborate e già approvate nell’ambito della progettazione preliminare e definitiva (cfr. artt. 18, 21, 29, 2^ co., e 35 del citato D.P.R.).
Considerando poi la disciplina nazionale in materia di inquinamento acustico (L. n. 447 del 1995), è da notare che essa contiene principi fondamentali vincolanti (ai sensi e per gli effetti dell’art. 117 della Costituzione) non solo per la tutela dell’ambiente esterno ma anche per l’ambiente abitativo delle popolazioni interessate; ambiente quest’ultimo che nella progettazione di un’opera pubblica stradale (come nel caso di specie) deve essere studiato in via preventiva proprio al fine di proteggerlo adeguatamente dall’introduzione di rumori tali da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane e quindi tali da costituire pericolo per la salute umana (sulla necessità di una documentata, approfondita ed attenta valutazione e quantificazione preventiva dei livelli di emissioni sonore con riferimento all’art. 8, 4° co., della citata L. n. 447/1995 ed al D.P.C.M. 01.03.1991, cfr. la sentenza di questo Tribunale n. 25 del 25.01.2008 laddove è stata esaminata e decisa una questione non dissimile alla presente di omessa acquisizione della documentazione di impatto acustico correlata ad una procedura amministrativa mirata all’insediamento di un impianto industriale da porre nelle vicinanze di una abitazione) (TAR Umbria, sentenza 19.05.2009 n. 256 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'istituto compensativo previsto dal III c. dell'art. 133 del d.lgs. 163/2006 (già art. 26 L. 109/1994) negli appalti a prezzo chiuso.
Sulla legittimità della scelta del decreto ministeriale che, per la rilevazione dell'aumento dei prezzi, fa riferimento all'indice FOI, redatto annualmente dall'ISTAT.

Nell'appalto a prezzo chiuso il meccanismo di adeguamento del prezzo contrattuale previsto dal III c. dell'art. 133 del d.lgs. 163/2006 (già art. 26 L. 109/1994), la finalità principale dell'istituto compensativo oltre che della stabilizzazione della spesa pubblica, attraverso l'ancoraggio del prezzo contrattuale alla indicata soglia di inflazione, è stata quella di prevedere un meccanismo di normale rivalutazione del prezzo contrattuale, al fine di mantenere pressoché inalterato nel tempo il potere d'acquisto della moneta nello stesso espressa.
Il legislatore ha rimesso alla potestà del Ministero delle infrastrutture di rilevare annualmente lo scostamento tra tasso d'inflazione programmato e tasso di inflazione reale, senza altro aggiungere in ordine ai parametri cui far riferimento per tale determinazione. Nel silenzio sul punto della legge appare non irragionevole la scelta ministeriale di legare detto tasso inflattivo ad un parametro di indubbia rilevanza generale, in quanto utilizzato dall'ISTAT per rilevare l'andamento della inflazione reale del Paese; e cioè l'indice FOI, espressivo dell'andamento dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati e degli operai (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 15.05.2009 n. 3003 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'interpretazione dell'art. 13, c. 4, del cd. decreto Bersani (d.l. 04.07.2006 n. 223).
L'art. 13 del dl. 223/2006, ha implicitamente sancito, con carattere generale, che le società miste devono necessariamente operare intra moenia.

- La sanzione della nullità prevista nell'art. 13, c. 4, del d.l. n. 223/2006 (c.d. decreto Bersani), colpisce i contratti scaturiti da una procedura ad evidenza pubblica svoltasi in epoca in cui era già cogente il divieto normativo, altrimenti non troverebbe giustificazione plausibile la previsione di cui al c. 3 del citato art. 13, la quale delinea un procedimento di graduale conformazione da compiersi a mezzo della cessione a terzi delle attività non consentite, ovvero la costituzione di separate società da allocare sul mercato. La lettura interpretativa dell'art. 13, c. 4, del d.l. n. 223/2006, nel senso anzidetto si evince, inoltre, dal contenuto della modifica apportata al c. 4 dell'art. 13 dal c. 720 dell'art.1 della l. 27.12.2006 n. 296, secondo cui "restano validi, fatte salve le prescrizioni di cui al c. 3, i contratti conclusi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, ma in esito a procedure di aggiudicazione bandite prima della predetta data". E' evidente, infatti, che il legislatore ha inteso far chiarezza una volta per tutte introducendo una disposizione che, in quanto di natura interpretativa, ha efficacia retroattiva e dunque si applica a tutte le fattispecie -ivi comprese quella che forma oggetto del caso di specie- in cui le procedure sono state bandite prima ma i relativi contratti sono stati stipulati dopo l'entrata in vigore del decreto suddetto.
- L'art. 13 del dl. 223/2006, nel rendere definitivamente cogente per le società miste il principio di esclusività nel rapporto di committenza con gli enti costituenti o affidanti, ha implicitamente suggellato, con carattere generale, il suo corollario, e cioè che le stesse devono necessariamente operare intra moenia (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.05.2009 n. 3001 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: E' legittima la scelta di una società a capitale pubblico di escludere l'aggiudicataria provvisoria dalla gara per la cessione del ramo di attività relativo alla vendita del gas metano ai clienti finali.
E' legittima la scelta di una società a capitale pubblico di escludere l'aggiudicataria provvisoria dalla gara ad evidenza pubblica per la cessione del ramo di attività relativo alla vendita del gas metano ai clienti finali, in quanto destinataria di un provvedimento dall'Autorità garante dell'energia elettrica e del gas, per aver emesso bollette per forniture ad uso domestico non conformi ai criteri della stessa Autorità, e per non aver garantito ai clienti finali la necessaria trasparenza sull'identità "del soggetto utente del trasporto e del dispacciamento per il punto di prelievo", poiché il bando di gara prevedeva una garanzia di rispetto delle norme dettate dall'Autorità.
Nel caso di specie, il contratto da aggiudicare con la gara, aveva per oggetto la "cessione del ramo di attività relativo alla vendita del gas metano ai clienti finali", e non la gestione del servizio di distribuzione: si tratta quindi inequivocabilmente non di un contratto di durata come l'appalto di servizi, ma di un contratto ad esecuzione istantanea, assimilabile alla vendita di un ramo di azienda. Pertanto, trovano applicazione gli artt. 1367 e 1369 c.c., per cui il testo contrattuale va inteso nel senso in cui possa avere qualche effetto, e non in senso che non ne abbia alcuno, e va inteso comunque in modo coerente con la natura e l'oggetto del contratto. Infatti, in un contratto ad esecuzione istantanea come la vendita, dopo che il passaggio della titolarità del diritto ceduto ha avuto luogo di regola impegni esecutivi non ne residuano, e quindi un impegno a garantire nei confronti dei clienti facenti parte del portafoglio ceduto un dato comportamento non ha significato alcuno, non essendovi verso il cedente alcun impegno a gestire nel tempo un servizio da rendere a terzi secondo certi livelli qualitativi. Per evitare una interpretazione abrogatrice della clausola contrattuale in esame, è quindi necessario costruirla come requisito di partecipazione, espressivo di una volontà della società a capitale pubblico di cedere solo a una controparte dotata di certi requisiti di affidabilità e correttezza commerciale (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 15.05.2009 n. 1046 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICISulla competenza ad approvare ed aggiornare il programma triennale delle opere pubbliche.
Per le amministrazioni comunali l’approvazione dello schema del programma triennale e del suo aggiornamento annuale, quale atto di proposta e di impulso, ben rientra nelle competenze della giunta municipale, ai sensi dell’articolo 48 del D. Lgs. 18.08.2000 n. 267, mentre è competente per l’approvazione definitiva del programma e dell’elenco annuale delle opere da realizzare soltanto il consiglio comunale ai sensi dell’articolo 42 del ricordato decreto legislativo, trattandosi in ultima analisi di un atto di programmazione e di indirizzo (cfr. IV Sezione n. 6917 del 2002) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12.05.2009 n. 2910 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICISulla mancata comunicazione dell'avvio del procedimento per l'esecuzione di un'opera pubblica.
Quanto al profilo della violazione dell’articolo 7 della legge 07.08.1990 n. 241 per la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento culminata nella dichiarazione implicita di pubblica utilità dell’intervento da realizzare, come tale immediatamente e direttamente lesiva degli interessi della parte ricorrente in primo grado, osserva la Sezione che non vi è dubbio che tale obbligo sussista, come precisato dalla giurisprudenza di questo consesso.
Tuttavia, nel caso di specie, non si è avuta la dichiarazione di pubblica utilità implicita nell'approvazione del progetto delle opere da realizzare, perché essa consegue ope legis alla sola approvazione del progetto definitivo delle opere da realizzare, come stabilisce il comma 13 dell'articolo 14 della legge 11.02.1994, n. 109, laddove con la impugnata delibera consiliare n. 28 del 20.12.1991 è stato approvato soltanto il progetto preliminare.
Non essendoci in realtà alcuna valida ed utile dichiarazione di pubblica utilità e questa non potendo conseguire ex lege all'approvazione del progetto preliminare, non sussisteva alcun obbligo da parte della amministrazione comunale di comunicare alla parte ricorrente l'esistenza del procedimento relativo alla realizzazione dei lavori
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12.05.2009 n. 2910 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla cauzione provvisoria in tema di appalti pubblici.
Con riguardo alla finalità della cauzione provvisoria, il G.A. ritiene che negli appalti pubblici la cauzione provvisoria abbia una duplice finalità.
- di garantire la stazione appaltante della mancata sottoscrizione del contratto da parte dell’aggiudicatario;
- di assicurare l’affidabilità e la serietà dell’offerta presentata.
Sostanzialmente, ha una funzione indennitaria dei danni cagionati dall’eventuale rifiuto di stipulare il contratto e sanzionatoria degli inadempimenti procedimentali relativi alla veridicità delle dichiarazioni fornite in ordine al possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa richiesti dalla lex specialis (cfr. Cons. St., Sez. V, 30.06.2003, n. 3866; Sez. IV, 20.07.2007, n. 4098).
Conseguentemente, la natura provvisoria della cauzione provvisoria e la sua specifica funzione comportano che la sua durata non può prescindere dalla durata di validità dell’offerta, risultandone diversamente pregiudicata la stessa ratio legis dell’istituto.
A tal fine, nel Codice dei Contratti pubblici, il legislatore ha normativamente equiparato il termine minimo di irrevocabilità dell’offerta alla durata minima della cauzione, prevedendolo, in entrambi i casi, in 180 gg. dalla scadenza del termine per la presentazione dell’offerta, tranne termini più ampi previsti dal bando di gara (artt. 11, comma 6 e 75, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006).
In relazione al caso di specie, il Supremo Consesso afferma che va esclusa da una gara di appalto una ditta che, in violazione del bando e del principio della par condicio, ha presentato una cauzione provvisoria di durata inferiore a quella minima richiesta dal bando stesso.
Data la chiarezza e non equivocità delle norme di gara, imposte a pena di esclusione, non appare, dunque, corretto il richiamo del TAR alla necessità di interpretare tali norme in senso conservativo, dal momento che in subjecta materia il rispetto della par condicio deve ritenersi prevalente sul principio del favor partecipationis (cfr. C.G.A.R.S., dec. n. 85/2007; Cons. St., Sez. IV, 31.01.2005, n. 231).
Infatti, mentre il bando di gara prevedeva una durata minima di 250 giorni per la cauzione provvisoria, è stata, invece, prodotta una cauzione di durata di 180 giorni, rinnovabili per altri 180 giorni su richiesta della stazione appaltante, nel caso in cui al momento della scadenza non fosse ancora intervenuta l’aggiudicazione.
Infine, conformemente agli orientamenti giurisprudenziali più recenti, viene ribadita la giurisdizione dell’A.G.O. per le questioni relative alla sorte del contratto di appalto stipulato dall’Amministrazione a seguito dell’annullamento in sede giurisdizionale dell’aggiudicazione.
Tuttavia, è da considerarsi ammissibile una cognizione incidentale in sede di giudizio di ottemperanza della sentenza di annullamento finalizzato ad ottenere la ripetizione della procedura o l’aggiudicazione della gara (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 30.07.2008, n. 9)
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.05.2009 n. 2885 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Costituisce un preciso dovere delle stazioni appaltanti, volto a garantire anche la posizione dei partecipanti alle pubbliche gare, la previa definizione dell'oggetto della gara.
La pubblica amministrazione, al pari di qualsiasi altro contraente, allorché si rivolge al mercato (impegnandosi nei confronti dei soggetti che vi operano) deve aver preventivamente chiarito l'ambito dei bisogni da soddisfare. Ciò tanto più ove si consideri che il meccanismo privilegiato di scelta del contraente (la gara aperta) non consente aggiustamenti della domanda nel corso della procedura ed è anzi presidiato dal principio di immodificabilità dell'offerta, che ovviamente presuppone altrettanta tendenziale rigidità sul piano della domanda. Pertanto, non v'è dubbio che quello della previa definizione dell'oggetto della gara sia un preciso dovere delle stazioni appaltanti, volto a garantire anche la posizione dei partecipanti alle pubbliche gare. Ciò ovviamente non significa che sia radicalmente esclusa la possibilità di revoca in ragione di superiori (e normalmente sopravvenute) esigenze di interesse pubblico. Vuol dire soltanto che il sistema impone che la revoca (costituendo un evento non conforme alla fisiologia del contrarre) costituisca davvero un'eccezione alla regola, il che non può appunto essere se il mutamento di avviso ha luogo a causa di una non meditata previa definizione dell'oggetto del contrarre (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.05.2009 n. 2882 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTILa stazione appaltante può derogare alla procedura semplificata.
In una gara di appalto pubblico la stazione appaltante può imporre la produzione di documenti al posto delle autocertificazioni; così facendo ottiene una più sicura efficacia probatoria e si libera dell'aggravio derivante dalla verifica delle autodichiarazioni.

E’ ben consapevole la Sezione che, nelle procedure di affidamento degli appalti pubblici, il principio che ravvisa nel rispetto puntuale delle formalità prescritte dalla lex specialis un efficace presidio a garanzia della par condicio tra i partecipanti può essere oggetto di temperamenti, perché del formalismo procedurale che sorregge il sistema delle gare d’appalto va scongiurata un’applicazione meccanica che contraddica, alla luce delle specifiche circostanze del caso concreto, la fondamentale ed immanente esigenza di ragionevolezza dell’attività amministrativa, finendo così per porsi in contrasto con le stesse finalità di tutela cui sono preordinati i generali canoni applicativi delle regole della contrattualistica pubblica (in tal senso, Consiglio di Strato, V, 22.06.2004, n. 4347).  
L’applicazione indiscriminata alle gare d’appalto della normativa in materia di semplificazione amministrativa può infatti portare ad una inammissibile violazione del principio della par condicio competitorum le quante volte gli atti generali che compendiano le regole di gara non abbiano espressamente previsto (anche a mezzo di generica dichiarazione di equipollenza) la possibilità di attingere a tale modalità semplificata ai fini della dimostrazione di fatti rilevanti ai fini partecipativi. Il meccanismo competitivo proprio della gara d’appalto è infatti tale per cui la lettera della lex specialis non è passibile di interpretazioni estensive, dato che le stesse si tradurrebbero in una violazione procedimentale in danno di quei concorrenti che si sono allineati alla legge di gara in modo pedissequo, osservandone alla lettera le prescrizioni. Se il capitolato d’appalto prescrive, come appunto nello specifico, che la potenza dei mezzi può essere provata soltanto con la produzione di determinati documenti, ammettere la dichiarazione sostitutiva di atto notorio (peraltro a prescindere da una specifica impugnativa avverso la clausola di lex specialis prescrittiva dell’obbligo incondizionato e dal conseguente giudizio sulla ragionevolezza di detta clausola) significherebbe forzare inammissibilmente il meccanismo delle regole di gara.
Peraltro, la scelta della stazione appaltante di non contemplare tra la documentazione di gara le dichiarazioni sostitutive –nella specie <di fatto notorio>, ai sensi dell’art. 47 DPR cit.- potrebbe iscriversi in una ragionevole logica di speditezza procedimentale. Non si dubita, infatti, che la dichiarazione sostitutiva impone un controllo postumo (quantomeno a campione) su quanto dichiarato dal concorrente, che diviene obbligatorio e puntuale nella ipotesi in cui quest’ultimo viene ad assumere, in esito alla gara, le vesti dell’aggiudicatario. Ora, non par dubbio che tanto costituisca un aggravamento degli oneri procedimentali e che ragionevolmente la stazione appaltante, nell’esercizio dei margini di discrezionalità propri della fase della fissazione delle regole di gara, potrebbe orientarsi per una limitazione del ricorso alle dichiarazioni sostitutive, proprio a mezzo di previsioni imponenti la esibizione fin da subito di documentazione dalla più sicura efficacia probante
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.05.2009 n. 2872 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla legittimazione, o meno, della ditta legittimamente esclusa, ad impugnare gli atti di gara.
Il tema è quello, ampiamente noto in giurisprudenza, dell’interesse ad impugnare gli atti di gara (ed in primis, l’aggiudicazione ad altri) da parte del soggetto che sia stato legittimamente escluso dalla gara.
Secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato (v. per tutte, Consiglio di Stato, V, 13.09.2005 n. 4692; Consiglio di Stato, V, 21.11.2007 n. 5925) un tale interesse non potrebbe sussistere in capo al soggetto legittimamente escluso, dato che quest’ultimo all’esito dell’accertamento in ordine alla legittimità della sua esclusione, rimane privo non soltanto del titolo legittimante a partecipare alla gara ma anche a contestarne gli esiti e la legittimità delle distinte scansioni procedimentali; il suo interesse, da qualificare quale interesse di mero fatto, non sarebbe diverso, secondo tale approccio interpretativo, a quello di qualsiasi operatore del settore che, non avendo partecipato alla gara, non avrebbe titolo ad impugnarne gli atti, pur essendo titolare di un interesse (di mero fatto) alla caducazione dell’intera selezione, al fine di poter presentare la propria offerta in ipotesi di nuova gara.
Secondo un più recente approccio interpretativo (Consiglio di Stato, V, 04.06.2008 n. 2629) l’interesse del soggetto legittimamente escluso dalla selezione non potrebbe invece ritenersi insussistente, quantomeno in ordine alla prospettazione di quelle censure che potrebbero portare a travolgere l’intera competizione. In tal caso il fatto della partecipazione (ancorché non legittima) alla selezione vale a fondare il titolo impugnatorio in vista della soddisfazione dell’interesse strumentale alla riedizione della gara nonché a rimarcare la differenza rispetto al non partecipante (che di quel titolo è pacificamente sfornito).
Ma anche in tale ultima prospettiva interpretativa, e salvo il caso in cui vengano dedotti vizi inficianti l’intera procedura di gara (in cui l’interesse strumentale alla rinnovazione della competizione emerge in modo appariscente), è chiaro che l’impresa legittimamente esclusa da una gara d’appalto, intanto può avere interesse, nell’ottica della rinnovazione della selezione, a contestare l’aggiudicazione ad altri dell’appalto, in quanto dimostri che nessun altro concorrente aveva titolo a parteciparvi e/o a restarne aggiudicatario.
Tuttavia nella specie ciò non si è verificato, dato che l’appellante si è limitata a reiterare censure (involgenti il preteso difetto di titolo partecipativo o comunque la inidoneità a risultare aggiudicatari) all’indirizzo dei singoli soggetti vincitori della selezione in relazione ai distinti settori in cui l’appalto è stato suddiviso; ma tanto non è certamente sufficiente, per quel che si è detto, a dimostrare l’interesse alla renovatio della intera procedura di gara, attesa -a tacer d’altro– la mancata estensione di tale impugnativa a tutti gli altri concorrenti, aventi gradatamente titolo a subentrare nella posizione dell’aggiudicatario eventualmente rimosso
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.05.2009 n. 2872 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla portata vincolante delle formalità previste dal bando.
1.
Nelle procedure di affidamento degli appalti pubblici, il principio che ravvisa nel rispetto puntuale delle formalità prescritte dalla lex specialis un efficace presidio a garanzia della par condicio tra i partecipanti può essere oggetto di temperamenti, perché del formalismo procedurale che sorregge il sistema delle gare d'appalto va scongiurata un'applicazione meccanica che contraddica, alla luce delle specifiche circostanze del caso concreto, la fondamentale ed immanente esigenza di ragionevolezza dell'attività amministrativa, finendo così per porsi in contrasto con le stesse finalità di tutela cui sono preordinati i generali canoni applicativi delle regole della contrattualistica pubblica.
2. E’ legittima la clausola di un bando che preveda la produzione di apposita documentazione, non prevedendo nel contempo che tale documentazione possa essere surrogata mediante dichiarazione sostitutiva ai sensi degli artt. 43, 46 e 47 del DPR 445/2000.
Infatti, l’applicazione indiscriminata alle gare d’appalto della normativa in materia di semplificazione amministrativa può portare ad una inammissibile violazione del principio della par condicio competitorum tutte le volte che gli atti generali che compendiano le regole di gara non abbiano espressamente previsto (anche a mezzo di generica dichiarazione di equipollenza) la possibilità di attingere a tale modalità semplificata ai fini della dimostrazione di fatti rilevanti ai fini partecipativi.
Il meccanismo competitivo proprio della gara d’appalto è infatti tale per cui la lettera della lex specialis non è passibile di interpretazioni estensive, dato che le stesse si tradurrebbero in una violazione procedimentale in danno di quei concorrenti che si sono allineati alla legge di gara in modo pedissequo, osservandone alla lettera le prescrizioni.
Se il capitolato d’appalto prescrive, come appunto nello specifico, che la potenza dei mezzi può essere provata soltanto con la produzione di determinati documenti, ammettere la dichiarazione sostitutiva di atto notorio (peraltro a prescindere da una specifica impugnativa avverso la clausola di lex specialis prescrittiva dell’obbligo incondizionato e dal conseguente giudizio sulla ragionevolezza di detta clausola) significherebbe forzare inammissibilmente il meccanismo delle regole di gara (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.05.2009 n. 2871 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'inapplicabilità alle gare indette per la concessione di servizi della disciplina dettata all'art. 70 del Codice dei contratti pubblici sul termine per la presentazione delle offerte per le procedure di gara per l'affidamento di appalti pubblici.
L'art. 30, c. 1, del d. lgs. 12.04.2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici) stabilisce, che "Salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi". Pertanto, nel caso di specie, è erronea l'applicazione analogica della disciplina dettata all'art. 70 del Codice dei contratti pubblici sul termine per la presentazione delle offerte concernente le procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando di gara in materia di appalti alla diversa materia delle concessioni di servizi, in palese violazione della previsione racchiusa nell'art. 30, c. 1, del medesimo Codice dei contratti pubblici (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.05.2009 n. 2864 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISulle modalità di composizione della composizione della Commissione di gara e sulla professionalità dei singoli componenti.
1.
La nomina dei componenti della commissione di una gara d’appalto può essere sindacata solo qualora ricada su soggetti palesemente privi dei requisiti minimi.
2. L’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 -il quale impone, nella formazione delle commissioni di gara, la nomina di "esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto dell’appalto"- richiede, al fine di potersene assumere la violazione, un giudizio condotto non ex post, ma affidandosi ad una valutazione c.d. ex ante; e cioè ad una valutazione da collocarsi idealmente in una fase anteriore alla conoscenza concreta dei progetti tecnici al fine di appurare se, già in tale fase, la lettura della lex specialis e del relativo capitolato deponevano inequivocamente per la natura ed il tenore tecnico dei progetti sui quali la commissione è chiamata ad esprimersi.
3. L’art. 84, comma 8, del d.lgs. n. 163 del 2006 impone alle stazioni appaltanti che i membri delle commissioni, con la sola eccezione del presidente, siano selezionati tra propri funzionari.
Solo in caso di accertata carenza in organico di tali professionalità, ne è consentita la ricerca all’esterno, secondo le indicazioni fornite nel secondo periodo del medesimo comma 8 dell’art. 84 del Codice.
4. L’art. 84, comma 2, del Codice degli appalti pubblici va interpretato secondo un criterio logico, non potendosi pretendere il possesso, da parte di ogni membro, delle cognizioni tecnico-scientifiche per valutare ogni aspetto, potenzialmente includibile nell’ambito di un progetto che richiede, primariamente, per il tema affrontato e trattato, cognizioni e conoscenze del tutto diverse.
E ciò anche perché rimane sempre aperta la possibilità per la stazione appaltante di affiancare, all’uopo, la commissione con uno o più esperti esterni con funzioni di consulenza e di assistenza professionale nel circoscritto settore in cui l’organo collegiale viene eventualmente a necessitare di supporto (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter, sentenza 08.05.2009 n. 5035 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'illegittimità di un'aggiudicazione di una gara ad un'ATI, per violazione dell'art. 13 della l. n. 248/2006 (Bersani), essendo una delle società che fanno parte dell'associazione, partecipata indirettamente dalla regione.
E' illegittima l'aggiudicazione di una gara a inviti bandita da una Autorità Portuale per la redazione di uno studio sulle potenzialità del relativo porto in materia di traffico container, ad una A.t.i. in quanto una delle società che fanno parte dell'associazione temporanea è partecipata indirettamente dalla regione e produce servizi strumentali all'attività della regione e di soggetti pubblici alla medesima riconducibili, per violazione dell'art. 13 del d.l. 04.07.2006 n. 223, convertito nella l. 04.08.2006 n. 248. Alla luce della ratio sottesa all'art. 13 d.l. n. 223 del 2006, infatti, volto a tutelare i principi di concorrenza e di trasparenza nonché quello di libertà di iniziativa economica, che risulterebbero turbati dalla presenza di soggetti che proprio per la presenza -diretta o indiretta- della mano pubblica finiscono in sostanza per eludere il rischio d'impresa, devono considerarsi società partecipate da amministrazioni pubbliche regionali o locali anche quelle società che sono partecipate da società intermedie controllate da dette amministrazioni: il divieto previsto dall'art. 13, dunque, deve ritenersi applicabile ad un'impresa partecipata da un'altra impresa, controllata da altra impresa ancora che a sua volta è controllata da un'amministrazione pubblica regionale. Inoltre, la ratio della prescrizione conserva integra la sua validità anche nei casi in cui la strumentalità non sia ristretta all'attività interna della p.a. (TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 06.05.2009 n. 908 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Raggruppamento temporaneo di imprese - Polizza fideiussoria - Intestazione a tutte le partecipanti al raggruppamento - Necessità - Esclusione - Sufficienza dell’operatività nei loro confronti.
Nel caso di partecipazione ad una gara di appalto di un costituendo raggruppamento temporaneo di imprese è necessario non tanto che la polizza fidejussoria sia intestata a tutte le imprese che vi fanno parte, quanto piuttosto che la garanzia sia operativa nei confronti di tutti i partecipanti al raggruppamento (TAR Emilia-Romagna-Bologna, Sez. I, sentenza 06.05.2009 n. 617 - link a www.ambientediritto.it).

aprile 2009

APPALTI: Sull’illegittimità della composizione preventiva della Commissione di gara.
1.
In base ai principi desumibili dall’ordinamento, è da ritenere illegittimo l’affidamento della conduzione della procedura di gara non già ad un organo tecnico straordinario e temporaneo, appositamente costituito, bensì ad una commissione stabile e permanente, costituita prima dell’indizione della gara.
2. E’ illegittima una commissione di una gara di appalto nel caso in cui i membri esterni chiamati a farne parte non siano stati scelti sulla base di specifiche competenze rapportate alla complessità dei problemi di tipo tecnico, ma siano in possesso solo di una generica esperienza (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 30.04.2009 n. 2761 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La verbalizzazione delle operazioni svolte in precedenti commissioni di gara deve rispettare un termine ragionevolmente breve.
Anche se, in mancanza di specifiche indicazione della normativa di settore e della disciplina di gara, deve escludersi la necessità di redigere contestuali e distinti verbali per ciascuna seduta della commissione di gara, è necessario comunque che nell’unico verbale di tutte o di parte delle operazioni compiute, ancorché relativo a più giornate, avvenga una corretta rappresentazione documentale dello svolgimento della procedura e purché la verbalizzazione non contestuale segua il compimento delle attività rappresentate entro un termine ragionevolmente breve, tale da scongiurare gli effetti negativi della naturale tendenza alla dispersione degli elementi informativi (decisione n. 4463 del 02.09.2005) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 29.04.2009 n. 2748 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Raggruppamento temporaneo di imprese - Mandato collettivo speciale - Dichiarazione indefettibile a pena di esclusione - Art. 37, c. 8 D.Lgs. n. 163/2006.
L’art. 37, comma 8, del D.Lgs. n. 163 del 2006 impone un preciso impegno, da assumere in sede di offerta, per i soggetti di cui all’art. 34, comma 1, lett. d) ed e) del medesimo decreto: quello di rilasciare un mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una componente del Raggruppamento per il caso di aggiudicazione: trattasi di un requisito generale (ed indefettibile) per la partecipazione alle gare dei raggruppamenti (Cfr. Cons. St., V, n. 3657/2003 e IV, n. 623/2004), che non richiede una espressa menzione negli atti inditivi delle gare (in questi termini, da ultimo, TAR Lazio, III-quater, n. 106/2009).
 Questo impegno deve formare oggetto di una espressa dichiarazione, non sostituibile con altre dichiarazioni, eppertanto non desumibile aliunde dalla documentazione dei concorrenti: una dichiarazione, cioè, indefettibile a pena di esclusione, non passibile di integrazione, pena la violazione del principio della par condicio (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, sentenza 24.04.2009 n. 284 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Avvalimento - Art. 49, c. 2, lett. a), d.lgs. n. 163/2006 - Controllo sul possesso dei requisiti di partecipazione - Specificazione dettagliata di tutti i requisiti di cui l’impresa ausiliata intende avvalersi - Necessità.
L’art. 49, comma 2, lett. a), del D.Lgs. n. 163/2006 deve essere interpretato coerentemente con la ratio, sottesa alla normativa in tema di controllo sul possesso dei requisiti di partecipazione (art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006), della agevole verificazione, da parte della stazione appaltante, di quanto dichiarato in sede di gara, soprattutto quando i requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico ed organizzativo risultino distribuiti tra impresa concorrente ed impresa ausiliaria. Ne discende che la specificazione dei requisiti, contenuta nella dichiarazione di avvalimento, non può essere resa per il tramite di un generico rinvio a tutti i requisiti “economico finanziari e tecnico organizzativi necessari per la partecipazione alla gara”, ma deve indicare, in maniera dettagliata, i singoli requisiti (fatturato globale, fatturato specifico, risorse organizzative ed umane) di cui l’impresa ausiliata intende avvalersi; ciò al fine di consentire un efficace controllo incrociato sul possesso dei requisiti nei confronti sia della ditta concorrente sia di quella ausiliaria (cfr. in tal senso TAR Piemonte, Sez. II, 17.03.2008 n. 430).
Atti prodotti dai partecipanti - Istituto della regolarizzazione postuma - Applicabilità - Limiti.
Il rimedio della regolarizzazione postuma degli atti prodotti dai partecipanti alla gara è attivabile solo nelle ipotesi di dichiarazioni, documenti e certificati non chiari o di dubbio contenuto, ma che siano pur sempre stati presentati, e non anche laddove si sia in presenza di documentazione del tutto mancante o fisicamente incompleta, risolvendosi in caso contrario in una palese violazione della par condicio rispetto alle imprese concorrenti che abbiano invece puntualmente rispettato la disciplina prevista dalla lex specialis (cfr. TAR Sicilia Catania, Sez. III, 17.05.2007 n. 846; TAR Trentino Alto Adige Trento, 04.12.2006 n. 390 e TAR Calabria Catanzaro, Sez. II, 07.02.2006 n. 127) (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 23.04.2009 n. 2148 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZIAffidamento del servizio di pulizia, sanificazione, raccolta e trasporto di rifiuti di presidi ospedalieri. Requisiti di partecipazione. Moralità professionale. Dimostrazione della sussistenza. Grava sul singolo partecipante alla gara. Esclusione. Legittima.
E' onere del partecipante alla gara dimostrare alla stazione appaltante il possesso dei requisiti prescritti dalla legge, tra i quali rientra anche l'assenza di condanne in capo ai soggetti indicati nell'art. 38, comma 1, lett. c), D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, ovvero la dimostrazione di aver adottato atti o misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata.
E' pertanto legittima l'esclusione di un'impresa concorrente in caso di mancata dimostrazione dell'idoneità delle misure di dissociazione adottate (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 22.04.2009 n. 3503 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Contratti della p.a. Requisiti di partecipazione. Moralità professionale. Reati pregressi. Contro uno Stato membro della Comunità Europea. Rilevanza. Esclusione. Legittima.
2. Contratti della p.a. - Gara - Esclusione - Previa comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Esclusa.
3. Contratti della p.a. - Appalto di opere pubbliche - Procedura di affidamento - Esclusione - Comunicazione dell'avvio del procedimento - Insussistenza dell'obbligo.

1. L'espressione «reati contro lo Stato» contenuta nell'inciso normativo di cui all'art. 38, comma 1, D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, al fine di individuare i reati ostativi alla partecipazione alle gare di pubblici appalti deve essere interpretata come «reati contro uno Stato membro della Comunità europea», poiché le stazioni appaltanti, per valutare la moralità professionale dell'operatore interessato all'aggiudicazione, devono prendere in considerazione i reati compiuti dal medesimo all'interno di qualsiasi Stato dell'Unione europea.
2. L'esclusione dalla gara di un concorrente non costituisce autonomo procedimento, distinto da quello concorsuale nel quale si inserisce come fase interna della procedura di gara, per cui non necessita di previa comunicazione di avvio del procedimento.
3. Nel caso in cui, nell'ambito di una procedura per l'affidamento di un appalto pubblico, la commissione di gara abbia prima ammesso talune imprese e successivamente le abbia escluse dalla gara, la stazione appaltante non è tenuta alla comunicazione dell'avvio del procedimento, ove l'esclusione intervenga prima dell'aggiudicazione definitiva, atteso che il procedimento di scelta del contraente privato, sebbene articolato in varie fasi, presenta carattere unitario e si conclude soltanto a seguito dell'aggiudicazione definitiva (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 22.04.2009 n. 3500 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZIAffidamento del servizio di trascrizione. Contratti esclusi. Procedura di cottimo fiduciario in economia. Apertura delle buste contenenti le offerte di gara. Seduta pubblica. Necessità.
Con riferimento alle procedure di cottimo fiduciario in economia aventi per oggetto lavori, servizi e forniture -di importo prossimo alla soglia comunitaria- ed esclusi dall'applicazione del Codice dei Contratti, ai sensi dell'art. 27, D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, deve ritenersi comunque sussistente l'obbligo per l'Amministrazione di procedere all'apertura delle buste contenenti le offerte di gara mediante seduta pubblica, nel rispetto dei princìpi di trasparenza e di proporzionalità (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 22.04.2009 n. 3498 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIContratti della p.a. Appalto. Legge sul procedimento amministrativo. Esclusione dal procedimento. Applicabilità dell'art. 7, L. 07.08.1990, n. 241. Solo per nuovi procedimenti correlati.
Nelle procedure d'appalto il "procedimento amministrativo" consiste nella stessa procedura di scelta del contraente, disciplinata dalla normativa settoriale e dalla lex specialis, ed in cui le esigenze partecipative sono particolarmente tutelate mediante un sistema specifico, che garantisce l'incidenza ed il diretto coinvolgimento degli interessati nel sistema di scelta del contraente (TAR Valle d'Aosta, 07.01.2003 n. 1).
Solo l'apertura di nuovi procedimenti ad esso correlati comporta l'applicazione delle norme di cui alla L. 07.08.1990, n. 241 sulla partecipazione, come accade nei casi di autotutela, in cui è peraltro incerto se l'art. 7 debba essere applicato anche nei confronti dell'aggiudicatario provvisorio, o solo rispetto a quello definitivo. L'estraneità delle regole partecipative alle procedure d'appalto è anche confermata dal legislatore con riferimento all'art. 10-bis (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 22.04.2009 n. 3497 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: L'istituto dell'avvalimento è utilizzabile anche in assenza di una specifica previsione del bando di gara.
La giurisprudenza, pacifica sul punto, afferma che, nelle gare indette per l'aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione l'istituto dell'avvalimento ha portata generale ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione, ed è quindi utilizzabile anche in assenza di una specifica previsione del bando, restando peraltro ferma la necessità, in ogni caso, di un vincolo giuridico, preesistente all'aggiudicazione della gara (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.04.2009 n. 2401 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: La mancata dichiarazione di una condanna penale, in sede di dimostrazione del requisito della moralità professionale dell'impresa, non determina ex se esclusione dalla gara ove manchi una valutazione della P.A..
La mancata dichiarazione da parte del rappresentante legale di una ditta concorrente circa un precedente penale che non abbia alcun riflesso negativo sul requisito della "moralità professionale", non può determinare -ex se ed in assenza di invito, da parte della stazione appaltante, alla integrazione documentale ovvero a fornire chiarimenti- l'esclusione della concorrente dalla selezione ovvero (come è avvenuto nel caso di specie) la non aggiudicazione definitiva in suo favore (per quell'unica ragione).
L'indagine a cura della stazione appaltante avente ad oggetto il rilievo del precedente penale ascritto al rappresentante legale della ditta concorrente sulla "moralità professionale" deve essere motivata e, siccome la motivazione, ai sensi dell'art. 3 della l. n. 241 del 1990, è fondata sulle risultanze dell'istruttoria, cioè su un accertamento di fatto concreto, dette valutazioni non andranno espresse su categorie astratte di reati, ma tenendo conto delle circostanze in cui un reato è stato commesso, per dedurne un giudizio di affidabilità o inaffidabilità (TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 20.04.2009 n. 3984 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: La p.a. è legittimata ad introdurre, nella lex specialis della gara d'appalto che intende indire, disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti onde consentire la partecipazione alla gara stessa di soggetti particolarmente qualificati.
Costituisce ius receputm il principio secondo il quale l'amministrazione è legittimata ad introdurre, nella lex specialis della gara d'appalto che intende indire, disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti onde consentire la partecipazione alla gara stessa di soggetti particolarmente qualificati, specie per ciò che attiene al possesso di requisiti di capacità tecnica e finanziaria, tutte le volte in cui tale scelta non sia eccessivamente quanto irragionevolmente limitativa della concorrenza, specie se destinata a predeterminare, in linea di fatto, il ventaglio dei possibili partecipanti. Nel caso di specie, avendo la P.A. comunale richiesto per tutti i partecipanti la dimostrazione del previo esercizio dell'attività di trasporto scolastico deve riconoscersi, più che la ragionevolezza dei requisiti richiesti, la necessità che gli stessi siano posseduti dalle imprese partecipanti alla gara, non potendosi ammettere che l'amministrazione pubblica affidi un servizio a soggetti privi di qualsiasi esperienza nello svolgimento dello stesso in quanto non operanti nello specifico settore (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 15.04.2009 n. 724 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Salute e sicurezza nel lavoro: controlli mirati e sanzioni più efficaci.
Approvato dal Consiglio dei ministri del 27.03.2009 uno schema di decreto legislativo, presentato dai Ministri del Lavoro, salute e politiche sociali, Maurizio Sacconi, delle Infrastrutture, Altero Matteoli, e dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, che modifica e integra la vigente normativa in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro.
Il provvedimento apporta alcune significative modifiche che recepiscono le criticità emerse nei primi mesi di applicazione del Testo unico e migliora le regole sulla sicurezza in un'ottica che tende a favorire la chiarezza del dato normativo quale presupposto per favorirne l'applicazione corretta ed efficace.
Le principali novità introdotte consistono, oltre che nella semplificazione formale di alcuni documenti fondamentali (per es., la valutazione dei rischi), in una generalizzata razionalizzazione delle sanzioni penali ed amministrative conseguenti alle violazioni degli obblighi da parte di datori di lavoro, dirigenti e personale preposto; nella migliore definizione del ruolo degli organismi paritetici e nel potenziamento del ruolo degli enti bilaterali che, in quanto espressione di competenze tecniche adeguate, certificano i modelli di organizzazione della sicurezza in azienda, al fine di incentivare la diffusione di tali strumenti di tutela della salute e della sicurezza.
Il testo, che sarà sottoposto alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, riceverà quindi il parere della Conferenza Stato-Regioni e delle Commissioni parlamentari (link a www.governo.it).

LAVORI PUBBLICI: Procedura negoziata nei ll.pp. sino a 500.000 €: come scegliere le ditte da invitare (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: L. Bellagamba, Il problema della mancata presentazione delle giustificazioni preventive di anomalia: una recentissima pronuncia del Consiglio di Stato in apparente controtendenza rispetto alla giurisprudenza dominante (link a www.linobellagamba.it).

LAVORI PUBBLICI: G.U. 10.04.2009 n. 84 "Criteri per la comunicazione di informazioni relative al partenariato pubblico-privato ai sensi dell’articolo 44, comma 1-bis del decreto-legge 31.12.2007, n. 248 convertito, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1 della legge 28.02.2008, n. 31" (Presidenza Consiglio dei Ministri, circolare 27.03.2009).

APPALTI: Trattativa privata per l'affidamento di lavori - Varianti necessarie per modifiche al progetto superiori al 20% dell'importo del contratto - Recesso del Comune - Violazione art. 25, c. 4, L. 109/1994 - Mancata impugnazione del recesso - Inammissibile.
Nel caso di contratto per l'esecuzione di lavori affidati al privato ricorrente in relazione al quale, in seguito alla necessità di modificare il progetto con varianti superiori al quinto dell'importo originario dei lavori, il Comune ha receduto per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, non è ammissibile il vizio di violazione dell'art. 25, c. 4, L. 109/1994 per non aver il Comune provveduto a disporre al risoluzione del contratto (in seguito all'accertamento che le varianti necessarie per le modifiche del progetto superavano il quinto dell'importo) e ad indire una nuova gara invitando l'aggiudicatario iniziale, in quanto il ricorrente non ha impugnato l'atto di recesso del Comune -per sopravvenuti motivi di interesse pubblico- ma ha, al contrario, accettato e riscosso l'indennizzo fornito dall'Amministrazione, non potendo con ciò successivamente contestare la corretta qualificazione del rapporto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.04.2009 n. 3257).

APPALTI: Sulla decadenza di una società dalla procedura di aggiudicazione per non aver costituito il deposito cauzionale.
E' legittimo il provvedimento dell'ufficio Territoriale del Governo (U.T.G.) che ha dichiarato la società aggiudicataria di un immobile comunale appartenente al Fondo Edifici di Culto, decaduta dalla procedura di aggiudicazione sul rilievo che, in base al principio "quod sine die debetur statim debetur" la società predetta era tenuta a costituire il deposito cauzionale senza ritardo, fin dal momento della ricezione della richiesta formulata con lettera raccomandata, e ciò indipendentemente da ogni ulteriore atto di diffida dell'Amministrazione. In presenza dell'inerzia nell'assolvimento anche di detto adempimento, protrattasi per circa tre mesi, la determinazione dell'Amministrazione confermativa della decadenza dall'aggiudicazione si sottrae alle censure di eccesso di potere nei profili del difetto di motivazione e dello sviamento, trovando giustificazione nell'esigenza già posta in rilievo nel primo atto di decadenza di prevenire ogni danno patrimoniale per il mancato versamento dei canoni di locazione e configurandosi, inoltre, rivolta alla cura dell' interesse pubblico di utilizzo del bene appartenente al patrimonio dell'ente secondo criteri di economicità ed in condizioni vantaggiose per l'erario (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 09.04.2009 n. 2197 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Contratti pubblici: il principio della pubblicità delle sedute di gara vale anche per le procedure in economia.
Il principio di pubblicità costituisce principio inderogabile in qualunque tipo di gara, ivi comprese quelle in economia, ed impone che il materiale documentario trovi correttamente ingresso con le garanzie della seduta pubblica; e ciò, anche in applicazione del più generale principio di imparzialità dell'azione amministrativa, rappresentando esso uno strumento di garanzia a tutela dei singoli partecipanti, affinché sia assicurato a tutti i concorrenti di assistere direttamente alla verifica di integrità dei documenti e all'identificazione del loro contenuto (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 09.04.2009 n. 986 - link a www.eius.it).

APPALTIÈ principio inderogabile in qualunque tipo di gara quello secondo cui devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta, sia che si tratti di documentazione amministrativa che di documentazione riguardante l'offerta tecnica ovvero l'offerta economica, e conseguentemente è illegittima l'apertura in segreto di plichi.
La "ratio" ispiratrice del principio di pubblicità delle sedute di gara è comune ai vari metodi di aggiudicazione ed è rivolta a tutelare le esigenze di trasparenza e imparzialità che devono guidare l'attività amministrativa in tale materia.
Il principio di pubblicità delle sedute di gara si applica a prescindere da un'espressa previsione al riguardo da parte delle prescrizioni di gara, anche in difformità di diversa disposizione regolamentare dell’Amministrazione, che andrebbe disapplicata.
Il mancato rispetto del principio di pubblicità delle sedute della commissione, con riguardo alla fase dell'apertura dei plichi contenenti le offerte e delle buste contenenti le offerte economiche dei partecipanti, integra un vizio del procedimento e comporta l'invalidità derivata di tutti gli atti di gara.

Come ha già statuito questa Sezione, il principio di pubblicità e trasparenza nelle operazioni di svolgimento di pubbliche gare trova applicazione nella fase della verifica della documentazione presentata dai concorrenti e della conseguente ammissione degli stessi all'esame della documentazione tecnica per l'attribuzione dei punteggi, mentre il suddetto principio non è violato soltanto se la commissione riservi alla seduta segreta la valutazione delle offerte stesse previo controllo dell'anonimato degli elaborati previsti dal capitolato di gara, controllo da effettuarsi necessariamente in sede di specifica valutazione delle offerte già ammesse, al fine di eliminare qualsiasi possibilità di riferire l'offerta al concorrente che ne è autore (cfr. TAR Piemonte, sez. I, 13.12.2006, n. 4627).
È principio inderogabile in qualunque tipo di gara, infatti, quello secondo cui devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta, sia che si tratti di documentazione amministrativa che di documentazione riguardante l'offerta tecnica ovvero l'offerta economica, e conseguentemente è illegittima l'apertura in segreto di plichi. Il predetto principio di pubblicità delle gare pubbliche impone che il materiale documentario trovi correttamente ingresso con le garanzie della seduta pubblica; ciò anche in applicazione del più generale principio di imparzialità dell'azione amministrativa, che ha ricevuto esplicito riconoscimento sin dall'art. 89, r.d. 23.05.1924 n. 827, rappresentando uno strumento di garanzia a tutela dei singoli partecipanti, affinché sia assicurato a tutti i concorrenti di assistere direttamente alla verifica di integrità dei documenti e all'identificazione del loro contenuto (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 22.04.2008, n. 1856, Consiglio di Stato, sez. VI, 18.12.2006, n. 7578, Consiglio di Stato, sez. IV, 11.10.2007, n. 5354).
Per l'applicazione del principio di pubblicità delle sedute occorre distinguere tra procedure di aggiudicazione automatica e quelle che richiedono una valutazione tecnico-discrezionale per la scelta dell'offerta più vantaggiosa per l'Amministrazione sulla base di una pluralità di elementi tecnici ed economici.
Per le prime, la pubblicità delle sedute è generalmente totale al fine di consentire il controllo delle varie fasi di svolgimento della gara da parte dei concorrenti, non sussistendo alcuna valutazione tecnico-discrezionale da effettuare.
Per le seconde, occorre tenere presente che, a seguito delle fasi preliminari pubbliche di verifica e riscontro dei plichi presentati e dei documenti in essi contenuti, interviene la valutazione tecnico-qualititativa dell'offerta, la quale va effettuata in seduta riservata al fine di evitare influenze esterne sui giudizi dei membri della commissione giudicatrice (Consiglio di Stato, sez. V, 11.05.2007, n. 2355, 19.04.2007, n. 1790, 10.01.2007, n. 45 e 07.11.2006, n. 6529; Consiglio di Stato, sez. VI, 11.04.2006, n. 2012; Consiglio di Stato, sez. V, 20.03.2006, n. 1445, 16.06.2005, n. 3166 e 18.03.2004, n. 1427; Consiglio di Stato, sez. IV, 06.10.2003, n. 5823; Consiglio di Stato, sez. V, 09.10.2002, n. 5421; Consiglio di Stato, sez. VI, 14.02.2002, n. 846; Consiglio di Stato, sez. V, 14.04.2000, n. 2235);
La "ratio" ispiratrice del principio di pubblicità delle sedute di gara è comune ai vari metodi di aggiudicazione ed è rivolta a tutelare le esigenze di trasparenza e imparzialità che devono guidare l'attività amministrativa in tale materia (Consiglio di Stato, sez. V, 07.11.2006, n. 6529); infatti, i principi di pubblicità e di trasparenza dell'azione amministrativa costituiscono principi cardine del diritto comunitario degli appalti (Consiglio di Stato, sez. V, 16.06.2005, n. 3166) e il principio della pubblicità delle sedute di gara per la scelta del contraente è conforme alla normativa comunitaria in materia, la quale è orientata a privilegiare i principi di concorrenza, pubblicità e trasparenza nella scelta del contraente delle pubbliche amministrazioni (Consiglio di Stato, sez. V, 18.03.2004, n. 1427), come anche dei soggetti alla stessa equiparati (si veda pure l'art. 2, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 163/2006, il quale, ai sensi del successivo art. 206, comma 1, si applica ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori speciali di rilevanza comunitaria).
I principi del Trattato dell'Unione europea (U.E.), tra cui vi sono quelli di trasparenza e adeguata pubblicità, i quali hanno trovato anche recepimento espresso nel diritto interno (artt. 27, comma 1, 30, comma 3, e 91, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006), si elevano a principi generali di tutti i contratti pubblici e sono direttamente applicabili, a prescindere dalla ricorrenza di specifiche norme comunitarie o interne e in modo prevalente su eventuali disposizioni interne di segno contrario (da ultimo, Consiglio di Stato, Ad. Plen., 03.03.2008, n. 1).
Infatti, la regola generale della pubblicità della gara, segnatamente con riguardo al momento dell'apertura delle buste, non è nemmeno derogata dalla prevalente legislazione speciale operante nei settori ex esclusi (oggi speciali) ai sensi del d.lgs. 17.03.1995, n. 158 per le procedure negoziate ex art. 12 del d.lgs. n. 158/1995; procedura, solo questa, la quale conservava margini di snellezza e di elasticità che avrebbero potuto giustificare la sottrazione a regole formali operanti con riferimento alle gare sottoposte ad un più intenso tasso di pubblicità e di formalismo" (in tal senso si era espressa la citata decisione del Consiglio di Stato n. 6004/2002).
La circostanza per cui, nei settori speciali, l'art. 226 del d.lgs. n. 163/2006, il quale stabilisce i contenuti dell'invito a presentare offerte o a negoziare, non prevede alcuna forma di pubblicità delle sedute, non esclude il rispetto del principio di pubblicità, atteso che la ratio ispiratrice della pubblicità delle sedute di gara è comune in ogni procedura concorsuale di scelta del contraente relativa a qualsiasi contratto pubblico di lavori, servizi e forniture, ed è rivolta a tutelare le esigenze di trasparenza e imparzialità che devono guidare l'attività amministrativa e che caratterizzano tutta la disciplina dell'evidenza pubblica (art. 97, comma 1, della cost. e art. 1, commi 1 e 1-ter, della l. 07.08.1990, n. 241).
Infatti, ai sensi dell'art. 1, comma 1-ter, della l. n. 241/1990, i soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei principi di cui al comma 1, il quale prevede, tra i criteri che reggono l'attività amministrativa, quelli di pubblicità e di trasparenza e, ai sensi dell'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006, tra i principi che devono essere rispettati (nell'affidamento di opere e lavori pubblici, servizi e forniture) vi sono quelli di trasparenza e di pubblicità.
Quanto disposto dall'art. 91, comma 3, del d.p.r. 21.12.1999, n. 554 (in tema di pubblicità delle sedute nei settori ordinari) è, peraltro, espressione del principio di cui si è detto in tutta la materia degli appalti pubblici, qualsiasi forma procedurale sia prescelta per la selezione del contraente, comprese le procedure in economia, come nella specie.
Né può sostenersi che la mancata pubblicità delle sedute di gara non rileverebbe di per sé come vizio della procedura occorrendo un'effettiva lesione della trasparenza della gara e della par condicio tra i concorrenti, trattandosi di adempimento posto a tutela non solo della parità di trattamento dei partecipanti alla gara, ma anche dell'interesse pubblico alla trasparenza e all'imparzialità dell'azione amministrativa; le cui conseguenze negative sono difficilmente apprezzabili ex post, una volta rotti i sigilli e aperti i plichi, in mancanza di un riscontro immediato (Consiglio di Stato, sez. V, 07.11.2006, n. 6529, 20.03.2006, n. 1445 e 18.03.2004, n. 1427); infatti, non è necessaria la prova di un'effettiva manipolazione della documentazione prodotta, poiché si risolverebbe in una manifesta petizione di principio accollare, al soggetto deducente la violazione in questione, l'onere dell'impossibile dimostrazione di un fatto (ossia l'alterazione dei plichi) unicamente verificabile attraverso il rispetto della formalità sostanziale (ossia, l'apertura pubblica delle buste) in concreto omessa (Consiglio di Stato, sez. V, 11.01.2006, n. 28).
Neppure è applicabile l'art. 21-octies, comma 2, primo periodo, della l. n. 241/1990, secondo cui non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, anche perché non si è in presenza di attività vincolata dell'amministrazione.
Il principio di pubblicità delle sedute di gara si applica a prescindere da un'espressa previsione al riguardo da parte delle prescrizioni di gara, anche in difformità di diversa disposizione regolamentare dell’Amministrazione, che andrebbe disapplicata (e, in ogni caso, è stato impugnata).
Pertanto, il mancato rispetto del principio di pubblicità delle sedute della commissione, con riguardo alla fase dell'apertura dei plichi contenenti le offerte e delle buste contenenti le offerte economiche dei partecipanti, integra un vizio del procedimento e comporta l'invalidità derivata di tutti gli atti di gara (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 09.04.2009 n. 986 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI:  1. ATI di tipo orizzontale - Principio del favor partecipationis - Non derogabilità al principio di possesso di requisiti minimi di partecipazione in capo a tutti i partecipanti all'ATI.
2. Appalto - Interesse a ricorrere - Interesse strumentale all'annullamento di tutti gli atti di gara - Sussiste l'interesse a ricorrere.
3. Mancanza di previsioni espresse nella lex specialis circa l'avvalimento - Ricorso all'avvalimento - Legittimo.
4. Prova dell'avvalimento - Presentazione in sede di gara della dichiarazione di avvalimento (impresa ausiliata) e del formale impegno dell'impresa ausiliaria - Necessità.

1. Il favor partecipationis, pur costituendo un condivisibile principio di carattere generale, non vale tuttavia a sovvertire le regole impositive che prescrivono un livello minimo di capacità per la partecipazione agli appalti. Tale esigenza è particolarmente impellente al cospetto di un raggruppamento temporaneo di tipo orizzontale, nel quale tutti gli operatori coinvolti concorrono all'esecuzione della medesima prestazione oggetto dell'appalto e nel quale, perciò, i requisiti di capacità tecnica ed economica debbono essere posseduti da ciascuna impresa in ATI quanto meno in una misura minima giuridicamente apprezzabile, non essendo sufficiente il possesso (ovvero la prova del possesso) di tali requisiti in capo unicamente ad una sola delle imprese riunite (TAR Campania - Napoli, sez. I, n. 1343/2008).
2. In termini generali, la giurisprudenza amministrativa ha precisato da tempo che un'impresa è titolare di un interesse a ricorrere non solo quando mira ad ottenere l'aggiudicazione della gara cui abbia partecipato, ma anche quando, quale titolare di un interesse strumentale, mira ad ottenere l'annullamento di tutti gli atti, affinché la gara sia ripetuta con l'indizione di un ulteriore bando (Cons. St., Ad. Plen. 11/2008, Cons. St., sez. V, n. 2629/2008, Tar Lombardia-Milano, sez. III, n. 112/2002).
3. Non può essere posta in dubbio la possibilità che l'avvalimento trovi applicazione anche in mancanza di alcuna indicazione (confermativa o restrittiva) espressamente riportata dal bando, avendo le norme comunitarie, in virtù della loro supremazia e portata precettiva, un'efficacia integrativa automatica delle previsioni del bando di gara, anche laddove non vi sia un espresso richiamo, per cui l'assenza di espresse previsioni nella lex specialis di gara non costituisce motivo di impedimento al suo utilizzo, ma al contrario legittima i concorrenti a far uso della facoltà prevista dalla norma nella sua più ampia portata.
4. Anche se il diritto comunitario non richiede, in omaggio al favor partecipationis e alla massima apertura ai mercati, formule sacramentali, non sembra al Collegio che si possa seriamente dubitare della necessità che una dichiarazione di avvalimento sia comunque presentata in sede di gara e che, nella stessa sede, l'impresa avvalente dimostri alla stazione appaltante che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione del formale impegno dell'impresa ausiliaria (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 07.04.2009 n. 3227 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull’illegittima commistione tra requisiti di partecipazione e criteri di valutazione. Sui criteri di interpretazione della clausola equivoca del bando.
1. In tema di gare di appalto, è illegittima la commistione fra requisiti di ammissione delle domande e valutazione di merito ed in particolare tra elementi soggettivi di qualificazione del concorrente ed elementi oggettivi attinenti alla qualità dell’offerta.
In particolare, è illegittima la previsione di un rilevante punteggio per elementi che nulla hanno a che vedere con il merito tecnico dell’offerta e che attengano, invece, all’esperienza professionale acquisita dal concorrente (es. curriculum, licenze o certificazioni di qualità ovvero servizi analoghi prestati in precedenza).
2. In base al principio di parità di trattamento degli operatori economici e per l’obbligo di trasparenza, un’amministrazione aggiudicatrice non può applicare regole di ponderazione e sottocriteri per i criteri di aggiudicazione che non abbia preventivamente portato a conoscenza degli offerenti (alla stregua del principio nella specie è stata ritenuta illegittima l’introduzione ad opera dell’organo istruttore di nuovi criteri rispetto a quelli previsti nel bando).
3. Il difetto di chiarezza di una clausola del bando impone un’interpretazione nel senso dell’ammissione del maggior numero di concorrenti e, viceversa, nel senso della non legittimità dell’esclusione delle imprese.
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Nella motivazione della sentenza in rassegna si ricorda che la confusione fra i requisiti soggettivi di partecipazione alla gara e gli elementi oggettivi di valutazione dell’offerta è stata di recente stigmatizzata dalla circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Politiche Comunitarie 01.03.2007 (recante "Principi da applicare, da parte delle stazioni appaltanti, nella scelta dei criteri di selezione e di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi") pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 111 del 15.05.2007.
L’Autorità per la vigilanza sui contratti, con deliberazione n. 209 del 27.06.2007, evidenzia che in un precedente intervento dell’Autorità (deliberazione n. 30/2007) era stato precisato che la stazione appaltante, nell’individuare i punteggi da attribuire nel caso di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, non deve confondere i requisiti soggettivi di partecipazione alla gara, con gli elementi oggettivi di valutazione dell’offerta.
Per giurisprudenza costante della Corte di Giustizia, la distinzione tra criteri di idoneità, ovvero di "selezione dell’offerente", e criteri di aggiudicazione e quindi di "selezione dell’offerta" è rigorosa. Quando l’aggiudicazione è a favore dell’offerta economicamente più vantaggiosa, possono essere utilizzati diversi criteri variabili, ma collegati sempre ed esclusivamente all’oggetto dell’appalto. La scelta, in tal caso, è limitata e può riguardare soltanto i criteri effettivamente volti ad individuare l’offerta economicamente più vantaggiosa e non quelli relativi alla capacità del prestatore.
L’offerta deve, invece, essere valutata in base a criteri che hanno una diretta connessione con l’oggetto dell’appalto e che servono a misurare il valore, ciò che esclude che si possa fare riferimento alle qualità soggettive dell’offerente; per alcune recenti applicazioni
(massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.04.2009 n. 2147 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: G.U. 06.04.2009 n. 80 "Regolamento in materia di attività di vigilanza e accertamenti ispettivi di competenza dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all’articolo 8, comma 3, del decreto legislativo n. 163/2006" (Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, servizi e forniture, provvedimento 15.01.2009).

APPALTI: G.U. 03.04.2009 n. 78 "Regolamento recante disposizioni in materia di intermediari finanziari di cui agli articoli 106, 107, 113 e 155, commi 4 e 5 del decreto legislativo 01.09.1993, n. 385" (Ministero dell'Economia e delle Finanze, decreto 17.02.2009 n. 29).

marzo 2009

APPALTI: La procedura negoziata (corso di formazione ed aggiornamento marzo 2009):
1- M. Alesio, Le procedure negoziate alla luce delle ultime novità;
2- modello di lettera di invito;
3- slide (link a
www.centrostudimarangoni.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla illegittimità della clausola di un bando di un appalto di servizi che prevede un diritto di prelazione in favore del precedente concessionario del servizio.
Viola i principi generali della tutela dell'affidamento e di parità di trattamento, promananti entrambi del "secondo considerando" della direttiva 2004/18/CE, nonché dall'obbligo dell'imparzialità dell'azione amministrativa, una clausola della lex specialis di una gara bandita da un comune e avente per oggetto l'aggiudicazione del servizio dello sport per il periodo di tre anni che stabilisce che"l'aggiudicazione definitiva è condizionata all'eventuale diritto di prelazione esercitato dall'attuale concessionario a parità di condizioni" (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 31.03.2009 n. 1030 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIQualora la documentazione prodotta da un concorrente ad una pubblica gara sia presente ma carente di taluni elementi formali l’Amministrazione non può pronunciare l’esclusione dalla procedura ma è tenuta a richiedere al partecipante di integrare o chiarire il contenuto di un documento già presente, costituendo siffatta attività acquisitiva un ordinario modus procedendi, ispirato all’esigenza di far prevalere la sostanza sulla forma.
Qualora la documentazione prodotta da un concorrente ad una pubblica gara sia presente ma carente di taluni elementi formali, di guisa che sussista un indizio del possesso del requisito richiesto, l’Amministrazione non può pronunciare l’esclusione dalla procedura ma è tenuta a richiedere al partecipante di integrare o chiarire il contenuto di un documento già presente, costituendo siffatta attività acquisitiva un ordinario modus procedendi, ispirato all’esigenza di far prevalere la sostanza sulla forma.
Segnala il Collegio che la V Sezione del Consiglio ha infatti di recente statuito che “la facoltà di integrazione dell'offerta e della documentazione allegata è consentita solo nelle ipotesi in cui occorra chiarire il contenuto di una domanda presentata ritualmente e tempestivamente.” (Consiglio Stato, Sez. V, 25.08.2008, n. 4047). Già in precedenza, nel vigore del più generico regime antecedente il varo del Codice dei contratti, la medesima V Sezione aveva chiarito che “l'art. 16, d.lg. 17.03.1995 n. 157, nel disporre che le amministrazioni invitano, se necessario, le ditte partecipanti a gare per l'aggiudicazione di appalto di servizi a fornire chiarimenti e ad integrare la carente documentazione presentata, non ha inteso assegnare alle stesse una mera facoltà o un potere eventuale, ma piuttosto codificare un ordinario modo di procedere, volto a far valere, entro certi limiti e nel rispetto della par condicio dei concorrenti, la sostanza sulla forma, orientando l'azione amministrativa sulla concreta verifica dei requisiti di partecipazione e della capacità tecnica ed economica, coerentemente con la disposizione di carattere generale contenuta nell'art. 6, l. 07.08.1990 n. 241” (Consiglio Stato, Sez. V, 26.06.2007, n. 3656).
Nello stesso periodo il TAR centrale aveva con completezza ben definito condizioni, ratio e presupposti del potere–dovere di integrazione documentale nelle gare d’appalto, puntualizzando che “l'integrazione dei documenti e dei certificati prodotti dal partecipante ad una gara costituisce, nella fase di valutazione dei requisiti di partecipazione, un ordinario modus procedendi al quale le Amministrazioni devono attenersi, tendente a far prevalere la sostanza sulla forma, e la cui applicazione è da escludere solo ove si possa tramutare in una lesione del principio di parità di trattamento dei concorrenti. Tale principio va coniugato con la precisazione che, nel caso in esame, la regolarizzazione che avrebbe potuto (rectius: dovuto) essere richiesta dalla stazione appaltante non si sarebbe sostanziata nella (inammissibile) produzione di un documento mancante, quanto, piuttosto, nella semplice integrazione di un documento già presente agli atti di gara, attraverso l'inserimento dell'autenticazione di una sottoscrizione (già peraltro presente) volta a conferire certezza alla soggettiva promanazione della polizza fideiussoria di che trattasi” (TAR Lazio Roma, Sez. I, 09.07.2008, n. 6518).
Non sfugge certo alla Sezione il travaglio che ha attraversato la giurisprudenza negli ultimi anni in punto di limiti e precauzioni all’affermazione del principio dell’integrazione documentale in materia di pubbliche gare, dovendosi il descritto canone ermeneutico coniugare e misurare anche con la valenza dei altri pregnanti principi di pari se non superiore livello, promananti dal diritto comunitario, quali il principio della par condicio competitorum e dell’auto responsabilizzazione dei concorrenti, atteso che la dilatazione del potere–dovere di integrazione documentale può collidere talora con la salvaguardia dei predetti concorrenti principi.
Ma ritiene pure la Sezione che il caso all’esame rientra nei più sicuri confini disegnati dalla giurisprudenza e dallo stesso art. 46 del d.lgs. n. 163/2006 all’integrazione documentale, posto che nella specie trattavasi unicamente di invitare la Cabinet a chiarire il contenuto (rectius, il significato linguistico) di certificazioni e attestazioni già tempestivamente prodotte in gara.
L’integrazione documentale, riferita alla spiegazione lessicale del contenuto di una certificazione di requisiti tecnico –economici prodotta in lingua diversa dall’italiano, rientra pleno iure a parere del Tribunale, nel chiaro disposto dell’art. 46 del Codice dei contratti, a mente del quale “le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati” e si impone anche in virtù degli obblighi di istruttoria procedimentale gravanti sul responsabile del procedimento in forza dell’art. 6 della L. 07.08.1990, n. 241.
E’ appena il caso di precisare che ad avviso della Sezione l’inciso “se necessario” di cui alla riportata norma del Codice, non introduce alcuna deroga alla valenza e alla cogenza del principio di integrazione documentale, dovendosi annettere alla locuzione il significato di “se necessario in dipendenza della situazione di fatto”, ovverosia che il dovere di integrazione va esercitato solo se la fattispecie concreta ne renda necessario l’esercizio, evidenziando la carenza di taluni elementi formali nella documentazione presentata dai o da taluno dei concorrenti (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 30.03.2009 n. 837 - sentenza link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILa mancata vidimazione dei moduli predisposti dall’amministrazione appaltante non costituisce un vizio procedurale di cui può dolersi altra impresa concorrente, trattandosi di prescrizione formale posta a favore della sola amministrazione e non si traduce in alcuna compromissione dei principi della par condicio e della segretezza.
La giurisprudenza ha da tempo chiarito che le norme che prescrivono oneri di mera forma afferenti alla sottoscrizione e convalida da parte dei concorrenti dei moduli di offerta predisposti dall’amministrazione non radicano alcun interesse differenziato e qualificato in capo agli altri concorrenti a dolersi della loro inosservanza, non essendo poste nell’interesse dei partecipanti ma dell’Amministrazione appaltante, in quanto intese ad assicurare la provenienza delle relative dichiarazioni dagli offerenti. E’ stato infatti condivisibilmente precisato che “la mancata vidimazione dei moduli predisposti dall’amministrazione appaltante non costituisce un vizio procedurale di cui può dolersi altra impresa concorrente, trattandosi di prescrizione formale posta a favore della sola amministrazione e non si traduce in alcuna compromissione dei principi della par condicio e della segretezza” (TAR Toscana, Sez. II, 17.09.1997, n. 596) (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 30.03.2009 n. 837 - sentenza link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILa mancata sottoscrizione di ogni pagina di ciascun documento, in presenza, peraltro della firma regolarmente apposta in calce allo stesso, non toglie efficacia al documento medesimo nella sua interezza e non è atta a generare dubbi sulla provenienza di esso; pertanto, ingiustificato si presenta il comportamento della commissione di gara che con l'interpretazione restrittiva delle disposizioni del bando di gara ha violato i principi di buon andamento e di ragionevolezza dell'azione amministrativa e di massima partecipazione alle gare d'appalto nell'interesse della p.a. a che l'aggiudicazione dell'appalto avvenga a favore della impresa che ha fornito la migliore offerta.
Si è efficacemente precisato in caso di documento composto da più pagine, come l’offerta tecnica qui in contestazione, che “la mancata sottoscrizione di ogni pagina di ciascun documento, in presenza, peraltro della firma regolarmente apposta in calce allo stesso, non toglie efficacia al documento medesimo nella sua interezza e non è atta a generare dubbi sulla provenienza di esso; pertanto, ingiustificato si presenta il comportamento della commissione di gara che con l'interpretazione restrittiva delle disposizioni del bando di gara ha violato i principi di buon andamento e di ragionevolezza dell'azione amministrativa, costituzionalmente garantiti, e di massima partecipazione alle gare d'appalto nell'interesse della p.a. a che l'aggiudicazione dell'appalto avvenga a favore della impresa che ha fornito la migliore offerta, anche in considerazione del fatto che, in presenza di dubbi o incertezze, avrebbe potuto farsi ricorso alla richiesta di integrazione documentale e non certo alla esclusione dei concorrenti” (TAR Sicilia-Catania, Sez. I, 19.05.2003, n. 815).
Sempre in tema di mancata sottoscrizione di tutte le pagine di un’offerta tecnica voluminosa, quale quella oggi all’attenzione del Collegio, più di recente lo stesso TAR centrale si è posto sulle riferite linee ermeneutiche, avendo chiarito che “La mancata sottoscrizione di alcune pagine di una voluminosa offerta tecnica da parte del legale rappresentante di una società concorrente in una gara d'appalto sotto forma di Ati non incrina la certezza della provenienza della documentazione e non lede gli interessi dell'amministrazione; cosicché appare legittima la mancata esclusione del predetto raggruppamento non già facendo ricorso ad un'interpretazione funzionale del bando, quanto piuttosto invocando il generale principio di ragionevolezza dell'azione amministrativa, che si traduce nell'adeguatezza e proporzionalità dell'azione amministrativa rispetto allo scopo perseguito” (TAR Lazio-Roma, Sez. III, 19.01.2005, n. 390).
Va pertanto predicata a parere della Sezione, l’impossibilità di escludere da una pubblica gara un’ATI qualora la stessa non abbia sottoscritto l’indicazione delle parti di servizio che saranno eseguite dalla singole sue componenti ai sensi dell’art. 37, comma 4, del d.lgs. n. 163/2006 ma tale indicazione sussista comunque nell’offerta tecnica, firmata sul solo frontespizio, atteso che essendo detta prescrizione intesa a rendere edotta l’Amministrazione della provenienza dell’indicazione de qua dall’ATI concorrente, la firma del frontespizio dell’offerta tecnica consente di ricondurre anche l’indicazione delle parti di servizio eseguende dalle singole imprese, all’ATI che nel complesso ha sottoscritto il frontespizio dell’offerta tecnica. Ciò anche in considerazione del fatto che “la mancata sottoscrizione di una dichiarazione prescritta dal bando, inclusa nel plico contenente l'offerta, non può costituire causa di esclusione dalla gara dato che, trovandosi il documento non sottoscritto nel plico controfirmato dall'interessato sui lembi di chiusura, non possono sussistere dubbi sulla provenienza della dichiarazione stessa” (TAR Campania-Napoli, sez. I, 04.05.2007, n. 4729)
(TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 30.03.2009 n. 837 - sentenza link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIL'avvalimento non fa sconti - Dichiarazione di avvalimento necessaria anche per le società infragruppo - L'appartenenza a uno stesso gruppo non comporta automatismi per i requisiti richiesti dagli appalti pubblici.
Conviene ricostruire, con l’ausilio della più significativa giurisprudenza, i tratti fondanti sul piano sostanziale la nozione di avvalimento, per poi procedere anche all’illustrazione delle condizioni formali, richieste dall’art. 49 del d.lgs. 16.04.2006, n. 163 onde configurare legittimamente la facoltà di ricorso all’avvalimento dei requisiti soggettivi di qualificazione.
Rimarca al riguardo fin da subito la Sezione che lo “zoccolo duro” dell’istituto dell’avvalimento –da non confondersi con il fenomeno istituzionale contermine, denominato “avvalersi”, noto alla legislazione sulla contabilità dello Stato, operante solo tra figure soggettive pubbliche, in base al quale un organo si avvale per l’esercizio di talune sue funzioni istituzionali afferenti al settore dei lavori pubblici, degli uffici di un altro ente: solitamente lo Stato che si serviva in passato di alcuni uffici di amministrazioni locali – è stato sin dall’origine e dalla sua genesi pretoria, additato nella effettiva disponibilità di risorse, mezzi e requisiti di altri operatori economici, i quali rendevano disponibili quelle risorse ad un’impresa partecipante a una gara pubblica.
Correlativamente, l’ordinamento comunitario che ha generato la pratica dell’avvalimento, ha sin dall’inizio dichiarato la sua sostanziale indifferenza verso la natura e la forma dei legami giuridici in virtù dei quali si produceva l’indicato fenomeno della messa a disposizione effettiva delle risorse a favore del concorrente.
Ha peraltro subito fatto da contraltare e contrappeso alla cennata indifferenza e da presupposto del suindicato ineludibile zoccolo duro della effettiva disponibilità, l’affermazione, poi stratificatasi nella giurisprudenza, della necessità di un rigoroso accertamento di queste condizioni da parte del Giudice, da svolgersi previa la parimenti necessaria dimostrazione delle stesse, il cui onus probandi incumbit in capo all’impresa concorrente.
Rammenta in proposito la Sezione che già la prima storica decisione della Corte del Lussemburgo, resa in materia di appalti pubblici di servizi, che ha elaborato la teorica dell’avvalimento, rimarcava le due suindicate condizioni sostanziali e il correlativo loro snodo processuale.
Invero “La direttiva del Consiglio 18.06.1992 n. 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, va interpretata nel senso che consente ad un prestatore, per comprovare il possesso dei requisiti economici, finanziari e tecnici di partecipazione ad una gara d'appalto ai fini dell'aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi, di far riferimento alle capacità di altri soggetti, qualunque sia la natura giuridica dei vincoli che ha con essi, a condizione che sia in grado di provare di disporre effettivamente dei mezzi di tali soggetti necessari all'esecuzione dell'appalto (…). Spetta al giudice nazionale, dinanzi al quale è sollevata la questione relativa all'ammissibilità dell'offerta alla gara per l'aggiudicazione dell'appalto pubblico, valutare se il concorrente abbia fornito la prova della disponibilità effettiva dei mezzi che ne attestano la capacità a concorrere, pur se appartenenti a soggetti distinti da esso” (Corte Giustizia CE, Sez. V, 02.12.1999, n. 176).
Appartiene poi al Giudice amministrativo nazionale la notazione secondo la quale “considerato che la facoltà di avvalimento costituisce una rilevante eccezione al principio generale che impone che i concorrenti ad una gara pubblica possiedano in proprio i requisiti di qualificazione (cfr. gli art. da 12 a 17 d.lg. n. 157 del 1995), la prova circa l'effettiva disponibilità dei mezzi dell'impresa avvalsa deve essere fornita in modo rigoroso, mediante la presentazione di un apposito impegno da parte di quest'ultima, riferito allo specifico appalto e valido per tutta la durata della prestazione dedotta in gara, e che non sia sufficiente -a tal fine- la mera allegazione dei legami societari che avvincono i due soggetti, non fosse altro che per l'autonomia contrattuale di cui godono le singole società del gruppo” (TAR Liguria, Sez. II, 20.06.2007, n. 1125).
Secondo altra puntuale affermazione “il principio dell'"avvalimento", enucleato dalla sentenza Corte giustizia Ce, sez. V, 02.12.1999 in causa n. 176/1998, non può essere applicato in modo meccanico ed automatico ma presuppone che l'impresa la quale intende farne applicazione indichi in maniera specifica e concreta, in un arco temporale necessariamente anteriore a quello di presentazione dell'offerta, i soggetti esterni che effettueranno la prestazione in oggetto, i quali sono altresì tenuti a rendere dichiarazione in ordine alla propria disponibilità, a garanzia della serietà della stessa offerta nonché del principio di "par condicio" fra i concorrenti” (TAR Puglia-Bari, sez. I, 06.06.2007, n. 1464).
In termini generali il Collegio è dell’avviso che l’avvalimento sia ormai divenuto un istituto ad automatica applicazione nel settore delle pubbliche gare e che, come la Sezione ha già chiarito sia pure in sede cautelare, conducendo anche all’autoannullamento del bando impugnato da parte dell’Amministrazione resistente prima della pubblica Udienza, “l’istituto dell’avvalimento –ontologicamente, formalmente ed operativamente nettamente diverso da quello del raggruppamento temporaneo di concorrenti– è il precipitato normativo di principi comunitari aventi matrice nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, apparendo dunque illegittima una previsione di gara che lo vieti (Autorità di Vigilanza dei LL. PP, Parere del 28.11.2007, n. 135, reso in sede di c.d. precontenzioso) e potendo al più la stazione appaltante, solo limitarne l’estensione, nei casi tassativi contemplati dall’art. 49” (TAR Piemonte, Sez. I, 19.07.2008, n. 936, Ord.). Nello stesso senso si è posto del resto anche il Giudice d’appello (Consiglio Stato, Sez. VI, 11.07.2008, n. 3499).
Deve tuttavia la Sezione aggiornare la riferita predetta precisazione circa la possibilità di deroga –mediante limitazione– alla generalità dell’istituto in esame, in quanto il comma 7 dell’art. 49 del Codice, che consentiva all’Amministrazione di circoscrivere nel bando di gara l’avvalimento in relazione alla natura e all’importo dell’appalto, è stato abrogato dall'articolo 1, comma 1, lettera n), numero 2), del D.Lgs. 11.09.2008 , n. 152, entrato in vigore il 17.10.2008.
Nel ribadire l’assunto riportato, deve, peraltro, precisare la Sezione, condividendo le coordinate ermeneutiche tracciate dalla giurisprudenza appena richiamata in punto di dimostrazione della effettiva disponibilità delle risorse e dei mezzi delle imprese ausiliarie da parte dell’impresa avvalsa, che il Giudice deve sempre procedere ad un rigoroso accertamento della cennata effettiva disponibilità, posto che l’istituto dell’avvalimento sostanzia una significativa deroga al principio di personalità dei requisiti di qualificazione.
La giurisprudenza, anche di recente ha infatti opportunamente e condivisibilmente posto in luce, al riguardo, che “la facoltà di avvalimento, nei pubblici appalti, costituisce un'eccezione al principio generale che impone che i concorrenti ad una gara pubblica possiedano in proprio i requisiti di qualificazione” (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, 07.05.2008, n. 1353; in terminis, TAR Liguria, Sez. II, 20.06.2007, n. 1125).
Va in proposito anche precisato che l’accertamento demandato al Giudice deve in particolare dirigersi verso il possesso da parte dell’impresa avvalsa, dell’effettiva disponibilità delle risorse di altri soggetti avvalenti o ausiliari.
Ricorda sul punto la Sezione che la giurisprudenza del Tribunale ha già significativamente di recente sottolineato la divisata esigenza di indagine, evidenziando che “l'utilizzazione dell'istituto dell'avvalimento -che consente ad un'impresa di ricorrere alle referenze tecniche, economiche e finanziarie di un'altra impresa c.d. ausiliaria, al fine di dimostrare il possesso dei requisiti di capacità economica, finanziaria, tecnica, organizzativa necessari per partecipare ad una gara- è subordinata alla dimostrazione dell'effettiva possibilità giuridica da parte del prestatore di servizi di utilizzare detta capacità mediante la presentazione dell'impegno a tal fine di detto soggetto” (TAR Piemonte, Sez. II, 17.03.2008, n. 430).
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E’ incontestabile che la prova della possibilità giuridica di poter utilizzare risorse, mezzi e qualificazioni di imprese avvalenti o ausiliarie, che per la giurisprudenza sopra ricordata deve essere fornita dall’impresa concorrente avvalsa all’Amministrazione appaltante nella sede ad al momento della verifica del possesso dei requisiti autodichiarati, essendo l’Amministrazione il primo giudice della qualificazione delle imprese partecipanti a gare d’appalto. L’accertamento che poi, in sede di giudizio su ricorso è chiamato ad effettuare il Giudice dell’Amministrazione, al quale già la Corte del Lussemburgo nel fondamentale leading case di cui a Corte di Giustizia CE, Sez. V, 02.12.1999, n. 176 poi seguita dalla giurisprudenza nazionale, demanda il compito di acclarare la disponibilità delle risorse delle ausiliarie da parte dell’impresa concorrente, non può che avere ad oggetto il quadro documentale e fattuale già prodotto all’Amministrazione nei tempi stabiliti dalla lex specialis in armonia con le disposizioni del d.lgs. n. 63/2006.
Invero, un’eventuale dimostrazione della delineata disponibilità giuridica, fornita con documentazione postuma rispetto alla tempistica di gara non può validamente assolvere all’onere probatorio gravante sui concorrenti, ostandovi i principi generali in materia di procedure concorsuali e in particolare quello della par condicio e del divieto di integrazione postuma del materiale documentario di gara, derogabile solo ai fini della prova della natura non anomala di un’offerta. La data della verifica dei requisiti ex art. 48 del d.lgs. n. 163/2006 cristallizza e delimita temporalmente anche l’accertamento dell’effettiva disponibilità demandato al Giudice.
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Il presupposto principe dell’avvalimento, collocabile ad un livello formale ma con indubbie ricadute sostanziali e non a caso enunciato alla lettera a) dell’art. 49, comma 2 del Codice, è la dichiarazione verificabile ai sensi dell’art. 48, attestante l’avvalimento dei requisiti necessari per la partecipazione alla gara, con specifica indicazione dei requisiti stessi e dell’impresa ausiliaria.
Questa dichiarazione, che come si desume con evidenza dalla notazione contenuta nella norma, per la quale essa è oggetto di successiva verifica ex art. 48, si situa nella fase dell’ammissione alla gara e al livello delle altre autocertificazioni, si profila di fondamentale rilievo nell’economia delle attestazioni e delle altre autocertificazioni inerenti al possesso dei requisiti di qualificazione.
La centralità della dichiarazione di avvalimento discende dal rilievo che, come più volte precisato dalla recente giurisprudenza, l’avvalimento integra una rilevante eccezione ed una deroga a quello che più sopra il Collegio ha definito principio di personalità dei requisiti di qualificazione.
In siffatta ottica si apprezza l’importanza formale e documentale della principe dichiarazione di avvalimento, non a caso enumerata alla lettera a) dall’art. 49 comma 2, che è atta a rappresentare alla stazione appaltante la peculiarità dello scenario documentale concernente la capacità economico–finanziaria che viene prospettato all’Amministrazione e agli organi di gara qualora l’impresa concorrente intenda presentarsi alla selezione non uti singula ma ricorrendo alle risorse di operatori economici ausiliari. La dichiarazione di avvalimento di cui alla lettera a) dà dunque la stura al composito insieme documentario mediante il quale si formalizza lo strumento comunitario dell’avvalimento.
In difetto di detta fondamentale dichiarazione, ad avviso della Sezione l’Amministrazione non può presumere alcuna deroga al principio di personalità dei requisiti di qualificazione, deroga alla quale è nella facoltà dell’impresa concorrente appellarsi e ricorrere, ma che è anche suo onere annunciare ed allegare in sede di partecipazione alla gara. Altrimenti viene anche, del resto, ostacolato e reso ingiustamente gravoso l’obbligo della stazione appaltante e per essa degli organi di gara, di accertare il possesso dei requisiti soggettivi di partecipazione.
Ne consegue che in mancanza della dichiarazione de qua, l’impresa concorrente non può pretendere che la Commissione di gara, attraverso un’iniziativa accertativa officiosa dai contorni e limiti non ben definiti, giunga ad acclarare requisiti di capacità tecnico–economica di altre imprese, magari genericamente solo indicate dal partecipante e poi ad imputare ed attribuire quei requisiti al patrimonio di qualificazione dell’impresa concorrente.
Ecco perché la norma di cui alla lettera a) dell’art. 49, comma 2, del Codice impone anche che nella dichiarazione di voler ricorrere all’avvalimento il concorrente indichi anche specificamente:
1) i requisiti che intende fare oggetto di avvalimento;
2) l’impresa ausiliaria delle cui risorse intende avvalersi.
Ritiene la Sezione che la ratio della specifica indicazione dei requisiti di avvalimento e dell’impresa ausiliaria risponda sia all’esigenza di agevolare e delimitare l’oggetto dell’accertamento della stazione appaltante, sia all’istanza di auotoresponsabilizzaione dell’impresa partecipante alla gara: quest’ultima, infatti, indicando requisiti e impresa ausiliaria compie un gesto significativo e importante nei confronti dell’Amministrazione, dichiarando che per specifici requisiti utilizzerà la capacità di un altro soggetto, capacità della quale in ultima analisi si assume la responsabilità contrattuale nei confronti dell’ente pubblico committente, ad ogni effetto.
Invero, le conseguenze dell’eventuale incapacità esecutiva dell’impresa ausiliaria ricadono sì su quest’ultima in prima persona, ma in pari grado anche sull’impresa concorrente, che risponde in solido con l’ausiliaria nei confronti della stazione appaltante ai sensi dell’art. 49, coma 4 del d.lgs. n. 163/2206.
Ragion per cui in ultima analisi, come avvertito, l’impresa partecipante si assume nei riguardi dell’ente committente la responsabilità della condotta contrattuale non solo propria, ma anche dell’impresa ausiliaria, benché in concorso solidale con quest’ultima, potendo conseguentemente l’Amministrazione rivalersi contro ciascuna delle due imprese, a sua scelta, dell’inadempimento o inesatto adempimento della prestazione contrattuale posto in essere sia dall’impresa avvalsa che dall’avvalente o ausiliaria.
Tracciate le illustrate coordinate ermeneutiche, precisa peraltro la Sezione che è d’uopo rifuggire da rigidi e sterili formalismi, specie al cospetto dell’attuale realtà della moderna impresa, sempre più tecnicizzata e globalizzata, ciò che impone anche un’attenuazione del rigore formale affinché non scada nel formalismo giuridico.
E pertanto ritiene il Collegio che la formale dichiarazione di avvalimento, là dove alla gara partecipi un soggetto con plurime gemmazioni imprenditoriali sub specie di gruppo di imprese, possa legittimamente essere surrogata da una dichiarazione di partecipazione alla gara come gruppo, purché detta dichiarazione contenga le specificazioni menzionate dalla lettera a) dell’art. 49, ossia i requisiti oggetto di avvalimento e l’impresa ausiliaria.
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Conviene premettere in puncto iuris che già la sentenza della Corte di Giustizia n. 176/1999 ebbe a sancire un regime di sostanziale indifferenza per i vincoli giuridici che sottendono la disponibilità delle risorse altrui in capo al concorrente, a condizione che l’impresa partecipante “sia in grado di provare di disporre effettivamente dei mezzi di tali soggetti necessari all'esecuzione dell'appalto”.
La cennata indifferenza per il regime formale dei vincoli e dei titoli giuridici da cui scaturisca la facoltà di avvalersi dei mezzi di altre imprese è stato poi affermata più volte dal giudice amministrativo per essere stata recentissimamente ribadita dalla V Sezione del Consiglio di Stato, che ha avuto cura di ricordare che “nell’avvalimento sono irrilevanti per la stazione appaltante i rapporti sottostanti esistenti tra il concorrente e il soggetto avvalso, essendo indispensabile unicamente che il primo dimostri di poter disporre dei mezzi del secondo, in adesione all’attuale normativa comunitaria” (Consiglio di Stato, Sez. V, 17.03.2009, n. 1589). Si era infatti già affermato dal giudice di prime cure che l’istituto de quo “non incontra limiti applicativi di sorta se non di natura probatoria” (TAR Lombardia-Milano, Sez. III, 24.01.2008, n. 168).
La Sezione, che condivide tale assunto, si era già motu proprio attestata sulla medesima rammentata ermeneusi, ravvisando solo l’esigenza di accertare se la controinteressata avesse dimostrato documentalmente alla Stazione appaltante in sede di verifica del possesso dei requisiti autodichiarati ai sensi dell’art. 48 del Codice, di potere fruire di una giuridica disponibilità, concetto già enunciato, come ricordato, dal Tribunale (TAR Piemonte, Sez. II, 17.03.2008, n. 430) dei mezzi, delle risorse e della qualificazione delle altre imprese componenti il gruppo di cui essa è parte.
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E’ stata in proposito da poco confermata dal Consiglio di Stato la necessità che l’impresa dimostri in modo rigoroso l’effettiva disponibilità di risorse, mezzi e qualificazione dei soggetti avvalenti in forza di un “vincolo giuridico, che obblighi il soggetto terzo a fornire al concorrente i requisiti, di cui non dispone direttamente e la cui titolarità, in forza di detto vincolo, viene ad essere riferita al soggetto che partecipa alla gara. Il vincolo stesso deve inoltre preesistere alla data di aggiudicazione della gara, in funzione della necessità di garantire oltre che la par condicio tra i concorrenti, il corretto esercizio delle potestà di controllo spettanti all’Amministrazione in ordine alla sussistenza in capo all’aggiudicataria, dei requisiti soggettivi abilitanti” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 20.11.2008, n. 5742).
La necessaria preesistenza del vincolo e l’impossibilità che lo stesso venga a formarsi dopo la fase della partecipazione alla gara, condizioni considerate dalla Sezione già in sede di redazione dell’Ordinanza di verificazione n. 64/2008, sono state efficacemente enunciate dalla predetta decisione del Consiglio, che ne ha anche enucleato la ratio: “né la effettiva possibilità giuridica di avvalimento può essere legittimamente posposta ad un momento successivo, posto che una siffatta eventualità rimetterebbe alla fase dell’adempimento del contratto la necessaria presenza di tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti ai partecipanti alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, riservata dal sistema al momento competitivo” (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5742/2008, cit.).
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La necessità della dimostrazione della effettiva e giuridica disponibilità da parte dell’impresa avvalsa, delle risorse e dei requisiti di qualificazione tecnico–economica dell’impresa ausiliaria, non può subire un’attenuazione nemmeno nell’ipotesi in cui l’impresa partecipante alla gara sia parte di un gruppo societario.
Invero, come pure la Sezione aveva già presupposto, in tali casi il Consiglio di Stato con la decisione appena citata ha statuito che non è “sufficiente la mera allegazione dei legami societari che avvincono i due soggetti, non fosse altro che per l’autonomia contrattuale di cui godono le singole società del gruppo” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 20.11.2008, n. 5742).
Rammenta del resto la Sezione che già nel vigore della pregressa disciplina sugli appalti pubblici di servizi di cui alla Direttiva n. 92/50 CEE, la quale tratteggiava in termini sostanzialmente non difformi dalle attuali Direttive del 2004 recepite nel Codice De Lise, i termini di fondo dell’istituto dell’avvalimento, il Consiglio di Stato aveva evidenziato l’insufficienza dei meri legami di gruppo ai fini della prova del requisito della effettiva disponibilità delle altrui risorse.
Si era infatti statuito che “la direttiva del Consiglio 18.06.1992 n. 92/50/Cee, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, va interpretata nel senso che consente ad un prestatore, per comprovare il possesso dei requisiti economici, finanziari e tecnici di partecipazione ad una gara d'appalto ai fini dell'aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi, di far riferimento alle capacità di altri soggetti, qualunque sia la natura giuridica dei vincoli che ha con essi, a condizione che sia in grado di provare di disporre effettivamente dei mezzi di tali soggetti necessari all'esecuzione dell'appalto, il che esclude che la sola situazione di controllo ravvisabile fra la capogruppo e le sue controllate possa "ex se" provare specificamente l'effettiva disponibilità delle capacità tecniche altrui, non fosse altro che per l'evidente autonomia contrattuale di cui godono le società controllate, che ben potrebbero assumere impegni negoziali in radicale contrasto con le determinazioni della capogruppo (fattispecie anteriore all'entrata in vigore della direttiva del 31.03.2004 n. 18/2004/Ce)” (Consiglio Stato, Sez. IV, 14.02.2005, n. 435; in terminis, Tar Lazio, Roma, sez. II, 25.02.2004 n. 1768)
(TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 30.03.2009 n. 837 - sentenza link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull’esclusione per ragioni formali e sul ricorso all’avvalimento.
Non può essere esclusa da una gara di appalto una impresa per il fatto che ha prodotto alcune referenze in lingua francese non accompagnate da traduzione. Infatti, in base al disposto di cui all’art. 46 del Codice dei contratti pubblici e del principio di integrazione documentale ivi scolpito, qualora la documentazione prodotta da un concorrente ad una pubblica gara sia presente, ma carente di taluni elementi formali, di guisa che sussista un indizio del possesso del requisito richiesto, l’Amministrazione non può pronunciare l’esclusione dalla procedura, ma è tenuta a richiedere al partecipante di integrare o chiarire il contenuto di un documento già presente, costituendo siffatta attività acquisitiva un ordinario modus procedendi, ispirato all’esigenza di far prevalere la sostanza sulla forma.
Nel caso di offerta tecnica composta da più pagine, la mancata sottoscrizione di ogni pagina, in presenza, peraltro della firma regolarmente apposta in calce alla stessa, non toglie efficacia al documento medesimo nella sua interezza e non è atta a generare dubbi sulla provenienza di esso; pertanto, ingiustificato si presenta il comportamento della commissione di gara che dispone in tal caso l’esclusione dell’offerta.
La facoltà di avvalimento costituisce una rilevante eccezione al principio generale che impone che i concorrenti ad una gara pubblica possiedano in proprio i requisiti di qualificazione; pertanto la prova circa l'effettiva disponibilità dei mezzi dell'impresa avvalsa deve essere fornita in maniera rigorosa, mediante la presentazione di un apposito impegno da parte di quest'ultima, riferito allo specifico appalto e valido per tutta la durata della prestazione dedotta in gara, non essendo sufficiente -a tal fine- la mera allegazione dei legami societari che avvincono i due soggetti, non fosse altro che per l'autonomia contrattuale di cui godono le singole società del gruppo.
Non è sufficiente un’eventuale dimostrazione della delineata disponibilità giuridica, fornita con documentazione postuma rispetto alla tempistica di gara, la quale non può validamente assolvere all’onere probatorio gravante sui concorrenti, ostandovi i principi generali in materia di procedure concorsuali e in particolare quello della par condicio e del divieto di integrazione postuma del materiale documentario di gara, derogabile solo ai fini della prova della natura non anomala di un’offerta.
La necessità della dimostrazione della effettiva e giuridica disponibilità da parte dell’impresa avvalsa, delle risorse e dei requisiti di qualificazione tecnico-economica dell’impresa ausiliaria, non può subire un’attenuazione nemmeno nell’ipotesi in cui l’impresa partecipante alla gara sia parte di un gruppo societario, non essendo a tal fine sufficiente la mera allegazione dei legami societari che avvincono i due soggetti, non fosse altro che per l’autonomia contrattuale di cui godono le singole società del gruppo.
Nel caso di avvalimento, anche in ipotesi di partecipazione alla gara di un gruppo di imprese di qualsivoglia natura, il concorrente che intenda avvalersi delle referenze e dei requisiti soggettivi di altre imprese non può omettere di produrre all’Amministrazione appaltante, oltre alla certificazione SOA propria e dell’impresa avvalente, anche la dichiarazione indicata alla lettera c) dell’art. 49 del D.Lgs. n. 163/2006, resa dall’impresa ausiliaria avvalente e attestante il suo possesso dei requisiti generali di affidabilità morale e professionale definiti all’art. 38 del Codice del contratti pubblici.
L’art. 49, comma 6, del Codice dei contratti pubblici, il quale originariamente disponeva che "il concorrente può avvalersi di una sola impresa ausiliaria per ciascun requisito o categoria", prevedendo in tal modo il divieto di avvalimento plurimo, è stato sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera n), numero 1), del D.Lgs. 11.09.2008, n. 152 (secondo cui "Per i lavori, il concorrente può avvalersi di una sola impresa ausiliaria per ciascuna categoria di qualificazione. Il bando di gara può ammettere l'avvalimento di più imprese ausiliarie in ragione dell'importo dell'appalto o della peculiarità delle prestazioni"). E’ quindi solo con l’entrata in vigore delle modifiche recate dal c.d. terzo correttivo al Codice contratti, e cioè per i bandi di gara pubblicati a partire dal 17.10.2008, che il divieto di avvalimento plurimo, ossia di più di una impresa per ciascuna categoria di qualificazione, vige solo limitatamente ai lavori ed è stato invece espunto per gli appalti di servizi e di forniture
(TAR Piemonte, sez. I, sentenza 30.03.2009 n. 837 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Contratti pubblici: inammissibile l'offerta economica non sottoscritta in ogni suo foglio.
In materia di procedure di gara per l'affidamento di contratti pubblici, deve ritenersi inammissibile l'offerta economica che non sia stata sottoscritta in ogni suo foglio, ma soltanto sulla prima e sull'ultima pagina, essendo tale obbligo di sottoscrizione funzionale alla tutela della buona fede e dell'affidamento nella fase prenegoziale, in quanto costituisce l'indiretta dimostrazione della consapevolezza del concorrente sui singoli elementi che concorrono a formare la propria proposta contrattuale (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater, sentenza 27.03.2009 n. 3232 - link a www.eius.it).

LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 13 del 30.03.2009, "Approvazione del bando per la concessione di contributi per attività di diagnosi e progettazione di interventi di riqualificazione energetica relative ad edifici di proprietà pubblica individuati dalla Giunta Regionale, in attuazione della d.g.r. n. 8294/2008" (decreto D.G. 23.03.2009 n. 2790 - link a www.infopoint.it).

APPALTI SERVIZI: G.U. 27.03.2009 n. 72, suppl. ord. n. 38, "Determinazione del costo medio orario del lavoro dei dipendenti da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi" (D.M. 25.02.2009).

APPALTI SERVIZI: Non è sufficiente per escludere il carattere imprenditoriale di una ONLUS nell'ambito dell'attività di prestazione di servizi l'assenza dell'iscrizione al registro delle imprese, del possesso di partita IVA e di posizioni INPS e INAIL attive.
L'assenza dell'iscrizione al registro delle imprese, del possesso di partita IVA e di posizioni INPS e INAIL attive non è sufficiente per escludere il carattere imprenditoriale di una ONLUS nell'ambito dell'attività di prestazione di servizi.
A tal proposito, la giurisprudenza comunitaria ha affermato che in ambito europeo la nozione di impresa "comprende qualsiasi entità che esercita un'attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento", mentre l'attività economica consiste nell'offerta di beni o servizi su un determinato mercato contro retribuzione e con assunzione dei rischi finanziari connessi, anche se non viene perseguito uno scopo di lucro.
La nozione di impresa fornita a livello comunitario ha, pertanto, parametri molto ampi, che prescindono da una particolare fattispecie organizzativa, essendo sufficiente l'esercizio di un'attività economica che sia ricollegabile al dato obiettivo inerente all'attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro (che riguarda il movente soggettivo che induce l'imprenditore ad esercitare la sua attività): il carattere imprenditoriale dell'attività va, invece, escluso nel caso in cui essa sia svolta in modo del tutto gratuito, atteso che non può essere considerata imprenditoriale l'erogazione gratuita dei beni o servizi prodotti.
Il Consiglio di Stato, dal canto suo, ha affermato la sussistenza di una nozione di "impresa" più ampia di quella sottesa all'art. 2082 c.c.: nozione che, "alla luce del principio comunitario dell'effetto utile, non può che sussumere nell'ambito delle attività di impresa, ai fini dell'applicazione della disciplina della concorrenza, a prescindere dalla qualifica formale del soggetto che la svolge, qualsiasi attività di natura economica tale da poter ridurre, anche solamente in potenza, la concorrenza nel mercato. Ai predetti fini possono essere considerate imprese tutti i soggetti, comunque strutturati ed organizzati, che compiano atti a contenuto economico idonei a restringere la concorrenza" (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 26.03.2009 n. 881 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIIn assenza di parametri normativi fissi e predeterminati, la verifica dell'incidenza dei reati sulla moralità professionale della stazione appaltante attiene all'esercizio del potere discrezionale della P.A.. E deve essere operata attraverso la disamina in concreto delle caratteristiche dell’appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato.
E' pacifico orientamento giurisprudenziale che, eccettuati i reati indicati testualmente [decreto penale di condanna divenuto irrevocabile per il delitto, ritenuto incidente sulla moralità professionale, di cui all’art. 590, co. 3, c.p. a carico dell’amministratore delegato con delega alla sicurezza –e direttore tecnico- della società, avendo il medesimo, in qualità di datore di lavoro, cagionato per colpa lesioni personali gravi riportate dalla persona offesa in un incidente occorsole in cantiere. Tale decreto penale di condanna era stato menzionato ed allegato dalla concorrente in sede di dichiarazione resa ai fini della partecipazione alle gare, con l’indicazione “relativo a fattispecie ritenuta non grave”], circa i restanti, in assenza di parametri normativi fissi e predeterminati, la verifica della loro incidenza sulla moralità professionale attiene all’esercizio del potere discrezionale della p.a. e deve essere operata attraverso la disamina in concreto delle caratteristiche dell’appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato (cfr., tra le più recenti, Cons. St., sez. V, 12.04.2007 n. 1723).
Ricordato che il ripetuto art. 38, co. 1, lett. c), annovera espressamente il decreto penale di condanna divenuto irrevocabile tra i provvedimenti pronunziati a carico del soggetto che, se concernenti i detti reati gravi incidenti sulla moralità professionale, comportano l’esclusione dal partecipare a gare pubbliche e dal contrarre, va ribadito che, nella specie, l’Amministrazione ha valutato tutti gli elementi inerenti in concreto il reato commesso dal signor Cerutti, quali la tipologia dell’appalto, il bene leso con il comportamento delittuoso, la specificità, l’epoca e le circostanze del fatto, così correttamente concludendo per la gravità e l’incidenza della condanna sull’affidabilità contrattuale in relazione ai lavori da affidare, quindi per l’insussistenza del requisito in argomento.
In particolare, la commissione aggiudicatrice ha considerato che il decreto penale, divenuto esecutivo il 01.10.2005, riguarda il reato di lesioni personali colpose commesso in data 16.07.2003, che si tratta di un incidente occorso in cantiere, dal quale è derivata una malattia del corpo, con incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per oltre 40 giorni, e che la colpa consiste in negligenza, imprudenza, imperizia e violazione delle norme per la prevenzione, non avendo l’amministratore delegato, con delega alla sicurezza, e datore di lavoro adottato nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica del lavoratore, precisando altresì che tale condotta è violativa di norme imperative e specifiche del settore.
Dunque, ha dato conto puntualmente dell’esistenza di un reato specifico connesso al tipo di attività che il soggetto sarebbe chiamato a svolgere, non risalente nel tempo, la cui gravità viene correlata non solo e non tanto alla gravità delle lesioni procurate alla persona offesa, quanto anche alla circostanza che l’accertata condotta consiste nell’inosservanza di norme basilari ed inderogabili in materia antinfortunistica (la cui violazione nel reato in parola comporta, significativamente ai fini in questione, un aggravamento della pena rispetto a quella comminata in assenza di ciò: cfr. cit. art. 590, co. 3, c.p.); inosservanza proprio da parte del soggetto su cui, all’epoca dei fatti, incombeva l’obbligo giuridico di assicurare la sicurezza nel cantiere
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.03.2009 n. 1736 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Appalto pubblico (in generale) - Gara - Rinnovazione parziale - Derivante da pronuncia giurisdizionale - Limiti - Individuazione - Eccezione.
2. Appalto pubblico (in generale) - Gara - Rinnovazione parziale - Derivante da provvedimento giurisdizionale - Opportunità e fattibilità in concreto - Va valutata.
3. Appalto pubblico (in generale) - Offerta - Valutazione - Criteri - Richiamo ai criteri di valutazione indicati dal bando - Insufficienza.
4. Appalto pubblico (in generale) - Gara - Valutazioni della commissione - Nell'ambito della discrezionalità tecnica - Rientrano - Ragioni - Insindacabilità - Limiti.
5. Appalto pubblico (in generale) - Offerta - Valutazione - Giudizio - Irripetibilità - Natura.
6. Appalto pubblico (in generale) - Offerta - Valutazione - In sede di gara e in sede giudiziaria - Differenze - Conseguenze.
7. Appalto pubblico (in generale) - Criteri e principi - Aggiudicazione - Annullamento - Reintegrazione in forma specifica - Spetta - Ipotesi.
8. Appalto pubblico (in generale) - Gara - Contratto - Impugnazione - Successiva alla scadenza del termine per l'impugnazione degli atti di gara - Possibilità - Sussiste - Ipotesi - Giudice Amministrativo - Poteri.

9. Giurisdizione amministrativa - Appalto pubblico - Giurisdizione esclusiva - Sulla legittimità degli atti di gara e sulla spettanza del diritto a contrarre - Sussiste - Conseguenze - Declaratoria di caducazione del contratto - Possibilità.

1. Nel caso delle procedure ad evidenza pubblica, è certamente ostativo alla rinnovazione parziale della gara il fatto che il giudice abbia ritenuto fondato un motivo di ricorso teso a travolgere ab imis la procedura (illegittimità dei criteri di valutazione delle offerte; illegittima apposizione di una clausola impeditiva della partecipazione; etc.).
2. Qualora, come solitamente avviene, la pronuncia del giudice sull'annullamento di una procedura ad evidenza pubblica, intervenga in un momento in cui sono già note le offerte tecniche ed economiche (e non si tratti di appalto da aggiudicare con sistemi c.d. aritmetici), pur potendo ritenersi impossibile la rinnovazione parziale della gara, essendo ormai "inquinata" la serenità di giudizio della commissione chiamata a valutare le offerte (e ciò sia nel caso in cui essa operi nella medesima composizione originaria, sia nel caso in cui essa venga rinnovata nella composizione), l'opportunità e la fattibilità della rinnovazione parziale di una gara, a seguito di una pronuncia giurisdizionale che abbia dichiarato l'illegittimità della procedura, va valutata in concreto, non potendosi escludere in assoluto la legittimità di un siffatto modus operandi (2). In tali casi invero l'attività valutativa affidata alla commissione in sede di rinnovazione parziale è limitata dalla pronuncia del giudice, nel senso che la commissione deve tenere in considerazione i motivi di ricorso che l'organo giudicante ha ritenuto fondati; per altro verso ancora, il principio di segretezza delle offerte non è in assoluto inderogabile, dovendo essere coordinato con altri principi di pari rilevanza, quali, ad esempio, l'effettività della tutela giurisdizionale (effettività che verrebbe ad essere vanificata se l'interesse "diretto" ad ottenere l'appalto,interesse tutelato dal Giudice Amministrativo con l'accoglimento del ricorso, non potesse trovare soddisfazione per l'impedimento alla rinnovazione delle operazioni di gara costituito dalla intervenuta valutazione tecnica ed economica delle offerte). A ciò si aggiunga che, la possibilità di rinnovazione parziale delle operazioni di gara è subordinata alla condizione indefettibile, che il provvedimento terminale contenga una motivazione molto più ampia ed articolata rispetto all'ordinario (questo è ovviamente un dazio che la stazione appaltante deve pagare se vuole evitare la caducazione totale della gara, ed esso è giustificato proprio dalla circostanza che la valutazione riguarda offerte già note.
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(2) Cons. Stato, sez. VI, n. 6457/2004.
3. Nell'ambito di una procedura ad evidenza pubblica, ai fini della valutazione delle offerte, non è sufficiente il richiamo ai criteri di valutazione indicati dal bando. La commissione di gara deve, in sede di motivazione, dimostrare di avere correttamente applicato i criteri previsti dal bando, altrimenti il tutto si risolverebbe in un formale richiamo alla lex specialis.
4. Le valutazioni di una commissione di gara o di concorso rientrano nell'ambito della discrezionalità tecnica, visto che da un lato le commissioni di gara debbono quasi sempre esprimere giudizi di natura tecnica, dall'altro lato esse non possono discrezionalmente orientare l'esito di una gara (dovendo aggiudicare l'appalto all'impresa che ha ottenuto il maggior punteggio in applicazione dei criteri di valutazione previsti dal bando). Peraltro, il problema che sorge nelle procedure concorsuali attiene non tanto all'insindacabilità in assoluto delle valutazioni espresse dalla commissione, quanto alla soggettività ed alla irripetibilità dei giudizi (fermo restando che, in caso di errores in procedendo -errata applicazione dei criteri previsti dal bando- o di manifesta ingiustizia delle valutazioni, il giudice deve inesorabilmente annullare l'aggiudicazione o, al limite, correggere i punteggi) (3).
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(3) TAR Puglia Lecce n. 2286/2008.
5. Nelle procedure selettive, il giudizio della commissione è in qualche misura irripetibile, essendo condizionato, oltre che dai convincimenti individuali dei commissari (i quali non possono essere coartati da nessuno, fermi restando sempre i limiti di cui si è detto in precedenza), dal confronto fra i vari concorrenti e dal livello complessivo delle offerte. Nelle procedure selettive, cioè, il giudizio della Commissione è sempre relativo, dipendendo esso, oltre che dal valore assoluto delle singole offerte, anche dall'inevitabile paragone che deve essere fatto fra esse. Se, ad esempio, il livello qualitativo delle offerte è nel complesso molto alto, un'offerta che si discosta anche di poco dall'optimum rischia di essere penalizzata nel punteggio, il che però fa parte delle regole del gioco e non è di per sé contrario ad alcuna norma o principio.
6. La commissione di gara è tenuta a leggere per intero l'offerta tecnica (il che consente di valutarne il livello complessivo) e i singoli commissari possono anche utilizzare al riguardo le proprie conoscenze personali della materia (la c.d. scienza privata), in sede giudiziaria dell'offerta aggiudicataria vengono "selezionati" e portati all'esame del giudice solo i passaggi che adducono elementi a sostegno della tesi del ricorrente, in tal modo spezzando quella che è l'unitarietà dell'offerta. Al giudice, inoltre, è precluso il ricorso alla c.d. scienza privata, potendo la decisione fondarsi solo sul materiale probatorio regolarmente acquisito agli atti del giudizio (4).
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(4) TAR Puglia Lecce, sez. II, n. 3721/2004.
7. La reintegrazione in forma specifica equivale alla declaratoria di spettanza dell'aggiudicazione, che però il Giudice Amministrativo non potrebbe pronunciare se, nelle more del giudizio, è stato stipulato il contratto con un altro concorrente (che non ne aveva diritto a causa dell'illegittimità dell'aggiudicazione). Questo perché, ovviamente, fino a che rimane in vita il contratto, l'avente diritto non potrebbe subentrare nell'appalto, visto che la posizione dell'aggiudicatario illegittimo poggerebbe su un negozio giuridico valido ed efficace e che non ci possono essere contemporaneamente due soggetti chiamati ad eseguire lo stesso appalto (5).
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(5) Cass., SS.UU., ord. n. 27169/2007; Corte Costituzionale n. 204/2004; Corte Costituzionale n. 191/2006.
8. Fermo restando che il contratto stipulato a seguito di procedura ad evidenza pubblica può essere impugnato di fronte al giudice civile anche successivamente alla scadenza del termine decadenziale previsto per l'impugnazione degli atti di gara (configurandosi un'ipotesi di doppia tutela, non infrequente nel nostro ordinamento), sia deducendone la nullità o l'annullabilità in base ai canoni civilistici, sia deducendone la caducazione per vizi afferenti la fase dell'evidenza pubblica, se (e solo se) nell'ambito del giudizio impugnatorio promosso per contestare gli atti di gara viene proposta la domanda di reintegrazione in forma specifica, il Giudice Amministrativo, laddove ritenga accoglibile tale domanda, deve necessariamente pronunciarsi sul contratto stipulato nelle more (ciò anche in applicazione dell'art. 1421, Cod. Civ., atteso che il potere del giudice di rilevare d'ufficio la nullità implica l'attribuzione al giudice del potere di percorrere le tappe necessarie per giungere alla pronuncia richiesta, nella specie la reintegrazione in forma specifica) (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 23.03.2009 n. 492 - link a http://mondolegale.it).

APPALTI: Sulla differenza tra il "responsabile del procedimento" ex L. 241/1990 ed il “responsabile del procedimento” in materia di appalti pubblici ex L. 109/1994.
-- La nuova figura del “responsabile del procedimento” introdotta dall’art. 7, comma 2 e 3, della citata L. n. 109, è stata ispirata dall’intento del legislatore di unificare in un unico soggetto compiti di “progettazione, affidamento ed esecuzione” dei lavori, che prima erano di competenza di organi diversi. Tuttavia, nella sua formulazione originaria, i principi innovativi ivi contenuti che hanno trovato applicazione a prescindere dall’emanazione del successivo regolamento, hanno previsto compiti che non si discostavano di molto da quelli che già erano contemplati dall’omologa figura del “responsabile del procedimento” introdotta dalla legge sul procedimento amministrativo, essendo le funzioni di tale soggetto limitate a controlli di tipo formale sulla procedura di affidamento dei lavori e dei conseguenti impegni di spesa. Con la modifica introdotta dalla L. n. 415/1998, i compiti di tale nuova figura sono stati potenziati per quanto riguarda la “predisposizione del programma triennale delle opere pubbliche” (art. 7, comma 3, della L. n. 109), mentre la definizione delle singole funzioni sono state rinviate, ancora una volta, al regolamento di attuazione.
-- Nella configurazione della L. n. 241/1990, il responsabile del procedimento è il soggetto che, in primo luogo, valuta le condizioni d’ammissibilità e di legittimità per l’emanazione del provvedimento finale della quale può anche avere assunto la competenza; segue lo svolgersi dell’istruttoria, richiedendo eventuali dichiarazioni o sollecitando la correzione di quelle già presentate; cura le pubblicazioni previste da leggi o regolamenti; infine indice la conferenza dei servizi di cui all’art. 14 della medesima legge n. 241, nel caso in cui più enti siano coinvolti nel procedimento. Trattasi, invero, di un’elencazione a carattere tassativo, non essendo prevista alcuna competenza residuale.
-- Il responsabile del procedimento di cui al Regolamento della legge sui lavori pubblici, come ha affermato un’autorevole dottrina, dovrebbe più propriamente essere definito “responsabile dell’intervento”, giacché tale soggetto cumula tutti gli adempimenti necessari acciocché, dalla progettazione preliminare al collaudo dell’opera, tutte le fasi del procedimento si svolgano, non solo nel rispetto della legalità ma anche dei princìpi di economicità, efficienza e trasparenza dell’azione amministrativa. In altri termini, in tale nuova figura è possibile individuare funzioni di iniziativa procedimentale e di istruttoria tecnica, funzioni di verifica preventiva di legittimità, di vigilanza sulle procedure tese alla realizzazione dell’intervento, nonché di conduzione dei lavori e di rappresentanza negoziale.
Sotto tale ultimo profilo –per quel che qui rileva ai soli fini di un’ipotetica individuazione dei compiti specifici di tale figura al caso che qui occupa– il responsabile del procedimento configurato dal Regolamento n. 554/1999, provvede: all’acquisizione dell’attestazione da parte del direttore dei lavori in merito alla realizzabilità del progetto anche in relazione al terreno, al tracciamento, al sottosuolo ed a quanto altro occorre per l’esecuzione dei lavori (art. 71, comma 1, lett. c); al coordinamento dell’attività progettuale, secondo tre progressivi livelli di definizione: preliminare, definitivo ed esecutivo (art. 15); alla concessione di proroghe del termine di ultimazione dei lavori (art. 111); all’emissione di ordini di servizio (art. 128), agli ordini di sospensione e ripresa dei lavori (art. 133); all’approvazione delle perizie di variante (art. 134); alla risoluzione in via amministrativa delle controversie (art. 137).
Nessuna di dette competenze è invece ravvisabile in capo al responsabile del procedimento di cui alla L. n. 241/1990, la cui ratio è unicamente quella di assicurare la presenza di un unico soggetto che assicuri la sussistenza delle condizioni di legittimità dell’intervento, curi l’andamento del procedimento amministrativo e si ponga quale referente dell’Amministrazione nei confronti dei terzi.

Come è noto, la L. n. 109/1994, denominata Legge quadro in materia di lavori pubblici (così come modificata ed integrata dalla L. n. 216/1995, nonché dai decreti legislativi di recepimento delle direttive comunitarie degli appalti nei settori esclusi, D.lgs. n. 158/1995 e degli appalti dei servizi, D.lgs. n. 157/1995 ed alla legge n. 415/1998, nota come Merloni-ter) ha totalmente ridisegnato l’assetto normativo dell’appalto di opere pubbliche, il cui impianto originario risaliva alla L. n. 2248/1865 all. F, al regolamento sui lavori pubblici di cui al R.D. n. 350/1895 ed al capitolato generale delle opere pubbliche.
Tuttavia tale legge, come si evince dalla sua intitolazione, oltre che dalla lettura dell’art. 1, si è proposta l’individuazione dei soli principi fondamentali in materia di lavori pubblici, lasciando poi al potere regolamentare del Governo la concreta attuazione di tali principi.
Per quanto qui rileva ai fini della definizione della posizione dell’ing. Cocco, la nuova figura del “responsabile del procedimento” introdotta dall’art. 7, comma 2 e 3, della citata L. n. 109, è stata ispirata dall’intento del legislatore di unificare in un unico soggetto compiti di “progettazione, affidamento ed esecuzione” dei lavori, che prima erano di competenza di organi diversi. Tuttavia, nella sua formulazione originaria, i principi innovativi ivi contenuti che hanno trovato applicazione a prescindere dall’emanazione del successivo regolamento, hanno previsto compiti che non si discostavano di molto da quelli che già erano contemplati dall’omologa figura del “responsabile del procedimento” introdotta dalla legge sul procedimento amministrativo, essendo le funzioni di tale soggetto limitate a controlli di tipo formale sulla procedura di affidamento dei lavori e dei conseguenti impegni di spesa.
Con la modifica introdotta dalla L. n. 415/1998, i compiti di tale nuova figura sono stati potenziati per quanto riguarda la “predisposizione del programma triennale delle opere pubbliche” (art. 7, comma 3, della L. n. 109), mentre la definizione delle singole funzioni sono state rinviate, ancora una volta, al regolamento di attuazione.
Il regolamento che ne è seguito, e cioè il d.P.R. 21.12.1999 n. 554 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 28.04.2000, n. 98) è stato espressione del processo che è stato definito di delegificazione, che consiste nel trasferimento di intere materie, purché non coperte da riserva assoluta di legge, alla normazione secondaria del Governo, secondo il dettato dell’art. 17, comma 2, della L. 23.08.1988 n. 400, che disciplina siffatto processo ed il relativo riparto di competenze.
Proprio in attuazione di detto riparto di competenze, l’art. 3 della L. n. 109 ha individuato espressamente le materie affidate alla potestà regolamentare del Governo. Per quanto più specificamente attiene al caso all’esame, come più sopra detto, i lavori pubblici di che trattasi, per effetto di un differimento del termine finale di esecuzione, erano ancora in corso alla data di entrata in vigore del regolamento (28.07.2000); e poiché detto atto di normazione secondaria ha disciplinato aspetti che –come si vedrà meglio nel prosieguo della trattazione– attengono direttamente alla posizione del convenuto si pone il problema se esso abbia trovato applicazione per i contratti in corso di esecuzione.
Ebbene, la risposta al quesito è stata data dall’art. 232 del regolamento stesso, il quale ha stabilito che sono di immediata applicazione ai rapporti in corso di esecuzione le “disposizioni che disciplinano l’organizzazione ed il funzionamento della stazione appaltante (comma 1)” ed anche “le norme residue”, purché non incidano sul “modo o il contenuto delle obbligazioni del contratto”. Tale delimitazione trova spiegazione per il fatto che le disposizioni amministrative che attengono all’organizzazione del soggetto pubblico del rapporto contrattuale, e cioè la stazione appaltante, nel caso di un contratto d’appalto in corso, non possono incidere, né direttamente né mediatamente, sull’altro soggetto contrattuale, in applicazione del principio tempus regit actum. Ne deriva che, in materia di danno derivante da inadempimento contrattuale, le procedure di accertamento e di commisurazione dello stesso danno devono essere effettuate secondo le regole vigenti al momento della stipula del contratto (Cass, sez. I, n. 17906 del 04.09.2004; Consiglio di Stato, sez. I, parere n. 1235 del 17.01.2001).
Per contro, per quanto concerne l’assetto della stazione appaltante, la nuova normativa è di immediata applicazione: in particolare, per quel che qui precipuamente interessa, essa disciplina con immediatezza anche le figure professionali appartenenti all’amministrazione (in specie, il responsabile del procedimento, la cui posizione, più propriamente, deve essere riguardata nel presente giudizio di responsabilità amministrativa).
Tuttavia, come non ha mancato di osservare la circolare del Ministero dei lavori pubblici n. 1329 del 07.09.2000, l’immediata applicabilità di detta normativa agli appalti in corso d’essere alla data di entrata in vigore del Regolamento n. 554/1999 ha posto indubbi problemi operativi, dal momento che tutta l’attività preliminare alla stipula del contratto e parte di quella esecutiva sono state svolte nel vigore della previdente disciplina.
In particolare, ai sensi della L.R. n. 24/1987, in assenza di disposizioni di segno contrario impartite dal comune, il direttore dei lavori, all’atto della sua nomina, ha assommato anche le funzioni di ingegnere capo; mentre il responsabile del procedimento era tale unicamente in forza della previsione di cui all’art. 6 della L. n. 241/1990. E dal momento che ben diversi sono i compiti assegnati alla nuova figura del responsabile del procedimento ai sensi della citata legge n. 241 rispetto a quelle del Regolamento n. 554 (con conseguente contrazione delle funzioni del direttore dei lavori) non sembra né ragionevole né giuridicamente possibile che le funzioni originariamente assolte dai soggetti coinvolti nel presente giudizio potessero essere diversamente definite in assenza di uno specifico provvedimento dell’Amministrazione: in questo senso è, oltre alla circolare del Ministero dei Lavori pubblici citata, anche la determinazione dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici n. 54 del 07.12.2000, la quale ultima propone anche taluni criteri per l’individuazione del nuovo responsabile del procedimento.
E poiché risulta incontrovertibilmente dagli atti che nessun atto dell’Amministrazione ha mutato i compiti originariamente fissati in capo all’ing. Pisano ed all’ing. Cocco, le singole responsabilità devono essere definite alla luce della normativa applicabile antecedentemente all’avvento della L. n. 109/1994: per il direttore dei lavori, come si è visto in precedenza, il citato regolamento n. 350/1895 ed il capitolato generale d’appalto per le opere pubbliche (d.P.R. n. 1063/1962), che del resto, hanno trovato applicazione anche per la definizione del lodo arbitrale relativo alla controversia tra il comune di Assemini e l’appaltatore; per il responsabile del procedimento, l’art. 6 della L. n. 241/1990.
Le considerazioni più innanzi svolte inducono dunque ad avvalorare la tesi del patrono del convenuto secondo la quale l’ing. Cocco –oltre che le funzioni di responsabile del servizio dei lavori pubblici- ha assunto il compito di “responsabile del procedimento” ai sensi dell’art. 6 della L. 07.08.1990 n. 241, e non anche l’omologa funzione così come delineata dall’art. 8 del regolamento n. 554/1999. La differenza non è di poco momento, ove si consideri la differente disciplina che governa le due figure.
Ed invero, nella configurazione della L. n. 241/1990, il responsabile del procedimento è il soggetto che, in primo luogo, valuta le condizioni d’ammissibilità e di legittimità per l’emanazione del provvedimento finale della quale può anche avere assunto la competenza; segue lo svolgersi dell’istruttoria, richiedendo eventuali dichiarazioni o sollecitando la correzione di quelle già presentate; cura le pubblicazioni previste da leggi o regolamenti; infine indice la conferenza dei servizi di cui all’art. 14 della medesima legge n. 241, nel caso in cui più enti siano coinvolti nel procedimento. Trattasi, invero, di un’elencazione a carattere tassativo, non essendo prevista alcuna competenza residuale.
Per contro, il responsabile del procedimento di cui al Regolamento della legge sui lavori pubblici, come ha affermato un’autorevole dottrina, dovrebbe più propriamente essere definito “responsabile dell’intervento”, giacché tale soggetto cumula tutti gli adempimenti necessari acciocché, dalla progettazione preliminare al collaudo dell’opera, tutte le fasi del procedimento si svolgano, non solo nel rispetto della legalità ma anche dei princìpi di economicità, efficienza e trasparenza dell’azione amministrativa. In altri termini, in tale nuova figura è possibile individuare funzioni di iniziativa procedimentale e di istruttoria tecnica, funzioni di verifica preventiva di legittimità, di vigilanza sulle procedure tese alla realizzazione dell’intervento, nonché di conduzione dei lavori e di rappresentanza negoziale.
Sotto tale ultimo profilo –per quel che qui rileva ai soli fini di un’ipotetica individuazione dei compiti specifici di tale figura al caso che qui occupa– il responsabile del procedimento configurato dal Regolamento n. 554/1999, provvede: all’acquisizione dell’attestazione da parte del direttore dei lavori in merito alla realizzabilità del progetto anche in relazione al terreno, al tracciamento, al sottosuolo ed a quanto altro occorre per l’esecuzione dei lavori (art. 71, comma 1, lett. c); al coordinamento dell’attività progettuale, secondo tre progressivi livelli di definizione: preliminare, definitivo ed esecutivo (art. 15); alla concessione di proroghe del termine di ultimazione dei lavori (art. 111); all’emissione di ordini di servizio (art. 128), agli ordini di sospensione e ripresa dei lavori (art. 133); all’approvazione delle perizie di variante (art. 134); alla risoluzione in via amministrativa delle controversie (art. 137).
Nessuna di dette competenze è invece ravvisabile in capo al responsabile del procedimento di cui alla L. n. 241/1990, la cui ratio è unicamente quella di assicurare la presenza di un unico soggetto che assicuri la sussistenza delle condizioni di legittimità dell’intervento, curi l’andamento del procedimento amministrativo e si ponga quale referente dell’Amministrazione nei confronti dei terzi. Per le quali ragioni può senz’altro pervenirsi alla conclusione che, nell’ambito di tali più contenute funzioni, nessuna censura possa essere mossa all’ing. Cocco, tale da indurre ad una sua affermazione di responsabilità.
A ciò, tuttavia, deve aggiungersi che, ai sensi dell’art. 45 del Regolamento comunale concernente l’organizzazione degli uffici, l’ing. Cocco è stato preposto alla direzione del servizio dei lavori pubblici: pertanto su di lui incombevano certamente compiti di vigilanza ed impulso sulle opere pubbliche in corso. Tale conclusione discende certamente anche dalla forza precettiva dell’art. 7 della L. n. 109/1994 che ha disciplinato, per grandi linee, le nuove funzioni del responsabile del procedimento; ma poiché, come si è detto, tale precettività, in attesa dell’emanazione del regolamento attuativo, era assai limitata, deve ritenersi che detti compiti di vigilanza e di impulso dovessero (e debbano ora) essere desunti alla stregua degli ordinari principi che regolano l’assetto dell’apparato amministrativo dell’ente locale (Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Sardegna, sentenza 20.03.2009 n. 593 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: Relazioni della Direzione Lavori e accesso agli atti.
L’accesso non può estendersi anche alle relazioni riservate del collaudatore e del direttore dei lavori sulle domande iscritte a riserva dall’impresa sui registri contabili.
L’art. 9 del D.P.R. 24.04.2006, n. 184, circoscrive in ben definiti e tassativi ambiti i casi in cui la richiesta di accesso può essere differita, individuandoli nel riferimento alle categorie di atti di cui all’art. 24 della legge 07.08.1990, n. 241 e sempreché il differimento stesso sia funzionale agli interessi di cui al comma 6 dell’art. 24 citato, ovvero ad ulteriori esigenze da riconnettere e ricondurre solo ai documenti la cui conoscenza possa compromettere il buon andamento dell’azione amministrativa, prevalentemente nella fase preparatoria di provvedimenti.
La mole della documentazione richiesta non può costituite ostacolo all’accesso, potendo, in tal caso l’Amministrazione, richiedere la corresponsione dei costi di riproduzione e copia dei documenti, ma non certo differirne l’accesso per esigenze organizzative, né tento meno per la imminenza del periodo feriale.
Il diritto di accesso è pieno e investe tanto la visione quanto l’estrazione di copia, posto che l’esame e l’estrazione di copia sono previste come modalità congiunte dell'esercizio del diritto, senza deroghe o eccezioni di sorta, mentre i casi di impedimento al diritto di accesso sono, invece, ricondotti solo all'esclusione o al differimento (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 16.03.2009 n. 754 - link a www.altalex.com).

LAVORI PUBBLICIL'art. 13, d.lgs. n. 163 del 2006, nel vietarne l'accesso ed ogni altra forma di divulgazione, equipara le relazioni del direttore dei lavori e del collaudatore ai «pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all'applicazione del presente codice» anch'essi non ostensibili, perché riferiti ad un contenzioso potenziale o attuale con l'appaltatore e investiti dalle stesse esigenze di riservatezza che tutelano le ragioni di ordine patrimoniale della stazione appaltante.
E’ noto sul punto il dibattito e il contrasto di giurisprudenza che ha attraversato le Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, il cui conflitto è stato recentemente composto dall’Adunanza Plenaria, la quale ha statuito che “L'art. 10 D.P.R. n. 554/1999 non è stato implicitamente abrogato dalle modifiche apportate all'art. 31-bis L. n. 109/1994 dalla L. n. 166/2002. Ne consegue che le relazioni del direttore dei lavori e del collaudatore sulle riserve avanzate dall'esecutore di lavori pubblici sono rimaste sottratte all'accesso anche durante la vigenza dell'art. 31-bis della L. n. 109/1994 nel testo risultante dall'emendamento introdotto dall'art. 7, L. n. 166/2002. Del pari, è rimasto confermato l'intento del legislatore di ricondurre tali relazioni ai casi di "divieto di divulgazione altrimenti previsti dall'ordinamento" di cui all'art. 24, comma 1, L. n. 241/1990” (Cons. Stato. Ad. Plen., 13-09-2007, n. 11; Cons. Stato Sez. V, 10-12-1999, n. 814).
L’Adunanza Plenaria ha, con la stessa decisione, ulteriormente suffragato l’assunto appena riportato, confrontandosi con le nuove disposizioni specifiche contenute nel Codice dei Contratti di cui al d.lgs. 16.04.2006, n. 163 e statuendo al riguardo che “l'art. 13, d.lg. n. 163 del 2006, nel vietarne l'accesso ed ogni altra forma di divulgazione, equipara le relazioni del direttore dei lavori e del collaudatore ai «pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all'applicazione del presente codice» anch'essi non ostensibili, perché riferiti ad un contenzioso potenziale o attuale con l'appaltatore e investiti dalle stesse esigenze di riservatezza che tutelano le ragioni di ordine patrimoniale della stazione appaltante” (Consiglio Stato Adunanza Plenaria, 13.09.2007, n. 11).
Del resto anche il Giudice di prime cure aveva precisato che le relazione riservate del direttore dei lavori sono ostensibili solo ai consiglieri comunali, il cui diritto d’acceso è pieno, e che sono tenuti al segreto d’ufficio in forza del loro mandato, ma non possono essere concesse in visione (o in estrazione di copia) ad altri soggetti. Si è al riguardo stabilito, infatti, che “in forza dell'art. 43, d.lg. 18.08.2000 n. 267, i consiglieri comunali possono accedere anche ad atti per i quali è generalmente precluso ai terzi l'esercizio del diritto di accesso per ragioni di riservatezza, quali sono le relazioni riservate del direttore dei lavori e del collaudatore ai sensi dell'art. 13 comma 5, lett. d), d.lg. 12.04.2006 n. 163, in quanto, al diritto di accesso dei consiglieri comunali a tutti gli atti e documenti in possesso della p.a. non possono essere opposte esigenze di riservatezza dei terzi, dato che queste sono tutelate attraverso l'imposizione in capo ai consiglieri dell'obbligo di mantenere il segreto nei casi determinati dalla legge” (TAR Abruzzo-L'Aquila, Sez. I, 31.07.2007, n. 492).
Deve sul punto il Tribunale convenire con l’orientamento giurisprudenziale appena rassegnato, posto che le relazioni riservate del direttore dei lavori e dell’organo di collaudo sono atti che il Codice dei contratti espressamente e specificamente esclude dall’accesso e da ogni forma di divulgazione a terzi. Dirimente appare infatti la norma di cui all’art. 13, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006 che dispone: “Fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti segretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione (…) d) alle relazioni riservate del direttore dei lavori e dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto
(TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 16.03.2009 n. 754 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Carenza di interesse a ricorrere per il soggetto legittimamente escluso.
Il concorrente legittimamente escluso da una gara pubblica non ha interesse processuale a ricorrere contro i provvedimenti adottati nelle ulteriori fasi della procedura ed, in particolare, contro quello di aggiudicazione ad altra impresa partecipante, posto che l’eventuale accoglimento del gravame nessun vantaggio recherebbe alla sua sfera giuridica, restando invulnerata la sua esclusione dalla gara (TAR Piemonte, Sez. I, ordinanza 16.03.2009 n. 237 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Criterio del prezzo più basso - Calcolo della soglia di anomalia - Art. 86 d.lgs. n. 163/2006 - Stazione appaltante - Det. 26.10.1999 dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici - Sequenza di calcolo.
Quando il criterio di aggiudicazione dell’appalto è quello del prezzo più basso, il calcolo della soglia di anomalia è dato dal “ribasso pari o superiore alla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento, arrotondato all’unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e di quelle di minor ribasso, incrementata dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la predetta media” (art. 86 del DLgs n. 163/2006).
Sul punto, con determinazione 26.10.1999 l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici ha precisato analiticamente la sequenza da rispettare a cura della stazione appaltante:
1) si forma l’elenco delle offerte ammesse disponendole in ordine crescente di ribasso;
2) si calcola il 10% del numero delle offerte ammesse e lo si arrotonda all’unità superiore;
3) si escludono fittiziamente dall’elenco un numero di offerte di minor ribasso pari al numero di cui al punto 2), nonché un numero di offerte di maggior ribasso di cui al punto 2) (c.d. taglio delle ali);
4) si calcola la media aritmetica dei ribassi delle offerte che restano dopo l’operazione di esclusione fittizia di cui al punto 3);
5) si calcola -sempre con riguardo alle offerte che rimangono dopo l’operazione di esclusione fittizia di cui al punto 3)- lo scarto dei ribassi superiori alla media di cui al punto 4), e, cioè, la differenza tra tali ribassi (superiori alla media) e la suddetta media;
6) si calcola la media aritmetica degli scarti e cioè la media delle differenze;
7) si somma la media di cui sub 4) con la media di cui sub 6): tale somma costituisce la soglia di anomalia (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 13.03.2009 n. 602 - link a www.ambientediritto.it).

LAVORI PUBBLICI: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Riccione (RN) riguardante "la legittimità dell'inserimento nei contratti di appalto di lavori pubblici di clausole che prevedano il riconoscimento di interessi per ritardati pagamenti" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Emilia Romagna, parere 13.03.2009 n. 5 - link a www.corteconti.it).

APPALTI: Appalti pilotati, mini sanzioni.
Condanne meno severe per gli appalti pilotati. Infatti i giri di mazzette avvenuti prima della pubblicazione del bando di gara non integrano il reato di turbata libertà degli incanti.
Il reato di turbata libertà degli incanti non si configura, neanche nella forma del tentativo, prima che la procedura sia iniziata ossia prima che il bando relativo sia stato pubblicato (Corte di Cassazione, Sez. VI penale, sentenza 12.03.2009 n. 11005).

APPALTIContratti pubblici. Accordi di sponsorizzazione. Contratti attivi. Non rientrano nell'ambito di applicazione del d.lgs. n. 163/2006.
Gli accordi di sponsorizzazione pur essendo necessariamente diretti al perseguimento di pubblici interessi restano fuori dall'ambito della disciplina comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici in quanto non sono qualificabili come "contratti passivi", bensì come "contratti attivi" in quanto comportano un vantaggio economico e patrimoniale direttamente quantificabile da parte dell'amministrazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 12.03.2009 n. 1894).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: A. Gurrieri, Il Responsabile del procedimento negli appalti di beni e servizi (link a www.diritto.it).

APPALTI: IL CONTRATTO DI AVVALIMENTO (link a www.mediagraphic.it).

LAVORI PUBBLICI: A. Serravezza, La finanza di progetto dopo il terzo decreto correttivo del Codice degli Appalti (link a www.altalex.com).

LAVORI PUBBLICI: R. Greco, LA NATURA GIURIDICA DELLE PROCEDURE DI PROJECT FINANCING DOPO IL TERZO DECRETO CORRETTIVO AL CODICE DEGLI APPALTI (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: R. Giovagnoli, LA RESPONSABILITÀ DELLA STAZIONE APPALTANTE PER LA VIOLAZIONE DELLE REGOLE DELL'EVIDENZA PUBBLICA: IL PROBLEMA DELLA QUANTIFICAZIONE DEL DANNO E LA POSSIBILITÀ PER L'IMPRESA PRETERMESSA DI SUBENTRARE NEL RAPPORTO CONTRATTUALE (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: D. Zonno, ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE E SORTE DEL CONTRATTO: LE NUOVE FRONTIERE DELLA “TUTELA REALE” DINANZI A GIUDICE AMMINISTRATIVO (nota a TAR Molise 24.09.2008 n. 719) (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla legittimazione a ricorrere delle imprese del settore nel caso in cui una p.a. decida di procedere alla stipulazione di un contratto con un determinato imprenditore a seguito di trattativa privata.
Qualora una p.a. decida di procedere alla stipulazione di un contratto con un determinato imprenditore a seguito di trattativa privata, va riconosciuta la legittimazione a ricorrere, avverso la decisione suddetta, agli altri operatori economici del settore, poiché titolari di un interesse strumentale alla effettuazione della gara, in quanto aspiranti partecipanti alla stessa. Pertanto, nel caso di specie, la società ricorrente era legittimata ad impugnare l'indizione della trattativa privata in quanto indetta in palese contrasto con l'art. 6 del D.lgvo n. 157/1995, essendo l'appalto in questione di importo superiore a 200.000 ECU, e pertanto lo stesso doveva essere affidato, non mediante trattativa privata, bensì per pubblico incanto o mediante licitazione privata (TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 09.03.2009 n. 2369 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sul principio dell'invariabilità soggettiva del concorrente ad una gara d'appalto.
In materia di appalti pubblici vige il principio dell'invariabilità soggettiva del concorrente, in quanto il bando di gara prevede la verifica dei requisiti dei partecipanti, con conseguente impossibilità di variazioni soggettive nelle varie fasi della gara, fatta salva la previsione (eccezionale) di cui all'art. 51 del D.L.vo. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici) che, peraltro, fa salvo l'accertamento dei requisiti di ammissione e partecipazione in capo al cessionario. Conseguentemente, la giurisprudenza sul punto ritiene che, in caso di cessione del ramo d'azienda, l'ammissione del subentrante è subordinata a due condizioni: che gli atti di cessione siano comunicati alla stazione appaltante e che questa abbia verificato l'idoneità soggettiva ed oggettiva del subentrante.
Nel caso di specie mancando la comunicazione, da parte della società cedente, della nuova situazione alla stazione appaltante, il procedimento necessario per rendere efficace la variazione soggettiva del concorrente nei confronti della stazione appaltante, disciplinato dall'art. 51 del codice dei contratti pubblici non si è potuto perfezionare, pertanto la nuova società, non avendo partecipato alla gara, non può comunque risultare aggiudicataria (TAR Emilia-Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 06.03.2009 n. 228 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, 4° suppl. straord. al n. 9 del 06.03.2009, "Valori agricoli medi validi per l'anno 2009 dei terreni, considerati liberi da vincoli di contratti agrari, secondo i tipi di coltura effettivamente praticati, determinati nell'ambito delle singole regioni agrarie lombarde a norma dell'art. 41, comma 4, del d.P.R. 08.06.2001, n. 327 e successive modificazioni ed integrazioni" (comunicato regionale 25.02.2009 n. 28 - link a www.infopoint.it).

ESPROPRIAZIONE: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 9 del 06.03.2009, "Norme regionali in materia di espropriazione per pubblica utilità" (L.R. 04.03.2009 n. 3 - link a www.infopoint.it).

APPALTI: Sulla possibilità di modificazione soggettiva nelle gare d'appalto ex art. 51 del d.lgs. 23.04.2006, n. 165 e sulla regolarità contributiva.
L'art. 51 del c.d. nuovo codice degli appalti (d.lgs. 23.04.2006, n. 165), in riconoscimento dell'autonomia organizzativa degli operatori economici che concorrono alla gara, ha consentito, per ogni tipo di appalto, la modificazione soggettiva degli stessi, sia con riferimento alla fase dell'offerta, che a quella dell'aggiudicazione e della stipulazione del contratto, con conseguente vincolo per la stazione appaltante di ammettere alle distinte fasi della procedura concorsuale i soggetti subentranti, previo accertamento in capo a essi dei requisiti previsti per la partecipazione alla gara. Il superamento in subiecta materia del "dogma" della immodificabilità soggettiva risponde all'esigenza, già avvertita dalla giurisprudenza prima dell'avvento codicistico, di garantire la libertà contrattuale dell'impresa (valore costituzionalmente garantito ex art. 41 Cost.), nel senso che questa deve poter procedere alla riorganizzazione aziendale senza che possa esserle di pregiudizio lo svolgimento delle gare alle quali abbia partecipato. E' però estraneo alle disposizioni dell'art. 51 del codice l'intento di limitare la fase accertativa del possesso dei requisiti di partecipazione alla gara nei riguardi della sola impresa subentrante (nel caso di specie: società beneficiaria della scissione) e di escludere la necessità di operare la medesima verifica nei riguardi dell'impresa, soggetta a vicenda modificativa (nella specie: società scissa).
In proposito va evidenziato che la codificazione, ad opera dell'art. 51 del Codice, dell'opponibilità alla stazione appaltante del nuovo soggetto subentrante (nelle distinte fasi e vicende modificative enumerate dalla norma) non può essere considerato come una deroga alle regole proprie dell'evidenza pubblica, che esigono la permanenza comunque, in capo alle imprese partecipanti alla gara, dei requisiti di ordine generale e speciale necessari per l'ammissione alla procedura concorsuale.
La regolarità contributiva e fiscale per la partecipazione alle selezione per l'aggiudicazione di un appalto pubblico è richiesta come requisito indispensabile per la partecipazione alla gara, con le conseguenti e connesse puntualizzazioni che non può riconoscersi alcuna valenza alla regolarizzazione spontanea del relativo debito, intervenuta successivamente alla data di autodichiarazione di correttezza contributiva e che costituisce ex se motivo di esclusione dalla gara il fatto che l'autodichiarazione presentata dall'impresa, al fine della dimostrazione della posizione di regolarità contributiva, sia risultata non veritiera (TAR Lazio, Sez. III-bis, sentenza 05.03.2009 n. 2279 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Presentazione dell’offerta - Utilizzo del nastro adesivo al posto della ceralacca - Equivalenza - Esclusione.
La mancata presentazione dell’offerta in una busta sigillata con ceralacca e controfirmata sui lembi di chiusura, prevista a pena di esclusione, va sanzionata con l’esclusione dalla gara del partecipante (cfr. Consiglio di Stato, V, 08.07.2008, n. 3400; 22.12.2005, n. 7330). Il mancato rispetto di tale prescrizione non può essere surrogato dall’utilizzo di una modalità ritenuta, dall’interessato, equipollente rispetto a quella espressamente richiesta. Infatti, in mancanza di una clausola di equivalenza contenuta nel bando, oppure di un previsione normativa che provveda -sulla base di caratteristiche tecniche generalmente riconosciute- ad equiparare i sistemi di chiusura delle buste al fine di evitare la manomissione del loro contenuto, non sarebbe consentito all’interprete procedere ad una (arbitraria) equiparazione dei diversi sistemi esistenti (fattispecie relativa alla chiusura con nastro adesivo trasparente: modalità che consente, a giudizio del TAR, la manomissione della busta) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 04.03.2009 n. 460 - link a www.
ambientediritto.it).

APPALTI: La mancanza di una dichiarazione prevista ex lege comporta esclusione.
La mancata dichiarazione -indipendentemente dalla circostanza che il bando o lo schema della domanda di partecipazione predisposti dall’Amministrazione lo prevedessero esplicitamente- avrebbe dovuto condurre all’esclusione dell’impresa inottemperante al predetto obbligo.
L’art. 17 della legge n. 68 del 1999 è una disposizione con un chiaro contenuto di ordine pubblico e la sua applicazione non viene fatta dipendere dall’inserimento o meno dell’obbligo ivi previsto fra le specifiche clausole di concorso delle singole gare; logica conseguenza è che il bando che non contenga alcun riferimento agli obblighi derivanti dalla norma legislativa anzidetta, deve intendersi dalla stessa comunque integrato
(TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 04.03.2009 n. 457 - link a www.altalex.com).

APPALTI1. Approvazione capitolato tecnico da parte della giunta comunale - Illegittimità - Sussiste.
2. Offerta economicamente più vantaggiosa - Potere della commissione di gara di specificare i sottocriteri e derogare ai parametri valutativi specificati dal bando - Non sussiste.

1. L'approvazione del capitolato tecnico di un appalto da parte della Giunta comunale è illegittima per incompetenza e tale vizio si trasmette su tutti gli atti successivi, parimenti meritevoli di annullamento, che dal primo traggono fondamento. Come stabilito dall'art. 107 commi 2 e 3 del Testo Unico degli Enti Locali e come confermato dalla giurisprudenza, infatti, le determinazioni riguardanti la fase esecutiva dell'affidamento di un pubblico contratto, che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, devono essere adottate dal competente dirigente comunale e non già dalla Giunta.
2. Prima dell'apertura dell'offerta tecnica e della relativa valutazione, alla commissione aggiudicatrice è consentito soltanto fissare criteri motivazionali che, comunque, non possono derogare ai parametri fissati dal bando di gara né possono incidere sui pesi dallo stesso attribuiti; in ossequio al consolidato orientamento della giurisprudenza comunitaria, infatti, alla commissione di gara non è consentito introdurre elementi che, se noti al momento della redazione dell'offerta, avrebbero potuto influenzarne la relativa formulazione (cfr. CGCE, sez. II, n. 331/2004) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 03.03.2009 n. 1731).

APPALTI: G.U. 02.03.2009 n. 50 "Determinazione per il periodo 01.01.2008-31.12.2008, della misura del tasso di interesse di mora da applicare ai sensi e per gli effetti dell’articolo 133 del codice dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture" (D.M. 19.02.2009).

APPALTI: Informative prefettizie antimafia: l'amministrazione è esonerata dall'obbligo di comunicazione di cui all'art. 7, l. 07.08.1990 n. 241
Sull'inapplicabilità dell'art. 12 del DPR 252/1998 agli appalti di servizi e di forniture.

L'amministrazione è esonerata dall'obbligo di comunicazione di cui all'art. 7, l. 07.08.1990 n. 241, relativamente all'informativa antimafia ed al successivo provvedimento di revoca un'aggiudicazione rilasciata, atteso che si tratta di procedimento in materia di tutela antimafia, come tale intrinsecamente caratterizzato da profili di urgenza
La scelta normativa di non estendere l'art. 12 del DPR 252/1998 anche agli appalti di servizi, pur se opinabile, non risulta irragionevole alla luce delle più cospicue garanzie ratione temporis predisposte in tema di appalti di lavori (si pensi all'albo costruttori e, quindi, all'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici ed al sistema di qualificazione SOA), idonee a garantire un controllo sull'affidabilità delle imprese operanti in questo settore, più penetrante rispetto al campo degli appalti di servizi e di forniture (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.03.2009 n. 1148 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

febbraio 2009

APPALTI: GARA D'APPALTO - PUBBLICITA' SEDUTE DI GARA - INDEROGABILITA' PER LE FASI DI VERIFICA DOCUMENTAZIONE AMMINISTRATIVA - FASE VALUTAZIONE TECNICO-QUALITATIVA OFFERTE - VA EFFETTUATA IN SEDUTA RISERVATA.
Il principio generale di pubblicità delle sedute di gara deve ritenersi inderogabile, in ogni tipo di gara, almeno per quanto concerne le fasi di verifica dell'integrità dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e di apertura dei plichi medesimi a differenza della differente fase inerente alla valutazione tecnico-qualitativa dell'offerta che non può che essere svolta in seduta riservata al fine di evitare possibili influenze sui componenti della commissione giudicatrice (TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter, sentenza 27.02.2009 n. 2104 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI SERVIZI: Esclusione automatica di un'offerta - Prima che la Stazione appaltante richieda le precisazioni ritenute utili in merito alla composizione della stessa - Non può essere disposta - Valore del D.M. di determinazione periodica del costo del lavoro.
E' ormai pacifico che il principio di esclusione automatica non può trovare applicazione negli appalti (di qualsiasi natura), retti dal principio secondo cui l'amministrazione -prima di poter rifiutare un'offerta- richiede le precisazioni che ritiene utili in merito alla composizione della stessa e la sottopone a verifica tenendo conto delle giustificazioni fornite.
In tale quadro, quindi, il decreto ministeriale di determinazione periodica del costo del lavoro assume valore essenzialmente ricognitivo del costo del lavoro formatosi in un certo settore merceologico sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva, e non è diretto ad incidere sulle regole di apertura al mercato nell'aggiudicazione degli appalti pubblici, imponendo a tutte le imprese il rispetto di certi parametri nella formulazione delle offerte.
Il Codice dei contratti non ha infatti previsto che nell'ipotesi di un seppur minimo contrasto con le tabelle predisposte dal Ministero del Lavoro l'offerta debba essere automaticamente considerata anomala, ma ha ben diversamente imposto alla stazione appaltante di valutare le giustificazioni fornite dalla partecipante e di considerare l'offerta anormalmente bassa solo ove si discosti in modo evidente dai parametri fissati con il decreto ministeriale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 27.02.2009 n. 474).

APPALTI SERVIZI: Parere richiesto dal Sindaco del comune di Agerola (Na) sulla possibilità di conoscere se qualora all'atto dell'instaurazione di un contratto di servizi non sia stato possibile determinare preventivamente l'ammontare della spesa e l'Ente abbia provveduto ad assumere un impegno rivelatosi insufficiente a coprire il costo finale dell'intera prestazione l'Amministrazione possa assumere un impegno suppletivo per il pagamento della differenza dovuta, oppure si renda necessaria la procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio.
La regola generale fissata dall’art. 191 del TUEL n. 267/2000 è che gli enti locali possono effettuare spese solo quando sussista la regolare assunzione dell’impegno contabile, registrato sul competente intervento di bilancio e sia stata emessa la prescritta attestazione di copertura della spesa da parte del Dirigente del Servizio finanziario. L’inosservanza di questo fondamentale precetto determina, come conseguenza, l’insorgenza dei debiti fuori bilancio, dei quali, com’è noto, soltanto alcuni, contemplati dall’art. 194 del TUEL, sono riconoscibili.
Occorre distinguere, in astratto, tre possibili fattispecie.
La prima concerne l’ipotesi in cui l’impegno suppletivo debba essere assunto nel medesimo esercizio cui l’impegno contrattuale si riferisce. In tal caso nulla osterebbe all’assunzione di un impegno suppletivo sullo stanziamento di bilancio del medesimo esercizio.
La seconda ipotesi è che si tratti di spese previste nel bilancio pluriennale. Anche in tal caso possono essere assunti impegni suppletivi, sempre che gli stessi siano compresi nel bilancio pluriennale e nel limite delle previsioni in esso contenute (altrimenti il debito residuo costituirebbe un debito fuori bilancio).
L’ultima ipotesi -nella quale rientra la fattispecie ipotizzata nella richiesta di parere- riguarda il caso in cui la somma necessaria al pagamento del saldo riguardi importi non impegnati entro l’esercizio in cui si è perfezionato il contratto. Diversamente da quanto accade per le due ipotesi precedenti, in questa ipotesi non è possibile far luogo ad impegni suppletivi in quanto detti provvedimenti devono essere adottati entro il termine dell’esercizio finanziario cui l’impegno si riferisce ed oltre tale termine anche le eventuali prenotazioni perdono qualsiasi efficacia, con la conseguenza che le relative somme vanno in economia. In tal caso, avendo il Comune impegnato e coperto finanziariamente solo una parte della spesa e non tutta quella dell’importo contrattuale, risulterebbe violato il procedimento prescritto dagli articoli 183 e 191, primo comma, del TUEL n. 267/2000; conseguentemente, la spesa eccedente l’impegno assunto verrebbe a configurare un debito fuori bilancio, per il cui riconoscimento va adottata la procedura prevista dall’art. 194, lett. e) del TUEL citato (cfr. ex plurimis, Sezioni riunite per la Regione siciliana in sede consultiva Del.ni n. 9/2005 e n. 2/2007)
(Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Campania, parere 26.02.2009 n. 9 - link a www.corteconti.it).

APPALTI: Sull'illegittimità dell'operato di una commissione di gara che prima dichiara di volere specificare e precisare i criteri di valutazione delle offerte e che poi, invece, ometta tale adempimento.
Sull'esclusione di un concorrente da una gara qualora la busta contenente l'offerta sia stata aperta, sia pure per errore, dall'ufficio protocollo, prima di essere consegnata alla commissione di gara.

A prescindere dalle soggettive valutazioni circa la necessità, o meno, di un intervento integrativo di una commissione di gara per predeterminare o specificare i criteri da seguire in sede di valutazione delle offerte, è illegittima la condotta di una commissione che prima dichiara di volere specificare e precisare i criteri di valutazione delle offerte e che poi, invece, ometta tale adempimento.
Deve essere esclusa da una procedura di gara la concorrente la cui domanda di partecipazione contenente l'offerta sia stata aperta, sia pure per errore, dall'ufficio protocollo, prima di essere consegnata alla commissione di gara. È sufficiente, infatti, il mero fatto oggettivo dell'apertura di una domanda di partecipazione prima del momento in cui la commissione debba avere cognizione dei relativi contenuti, perché tale offerta vada definitivamente esclusa dal seguito della gara; essendo invece del tutto irrilevante, quand'anche pienamente comprovata e verbalizzata, la circostanza che la commissione non abbia mai preso cognizione del relativo contenuto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 25.02.2009 n. 1134 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: U.T.F.P.: 100 DOMANDE E RISPOSTE - Edizione aggiornata alle modifiche di cui al d.lgs. 11.09.2008 n. 152 (edizione febbraio 2009 - link a www.utfp.it).

LAVORI PUBBLICI: S. Glinianski, Le nuove forme di partenariato pubblico privato: la locazione finanziaria di opera pubblica leasing in costruendo (link a www.lexitalia.it).

APPALTI: RIEPILOGO DELLA DISCIPLINA E DEGLI ASPETTI FISCALI E GESTIONALI DELLE ASSOCIAZIONI TEMPORANEE DI IMPRESE (23.02.2009 - link a www.ancebrescia.it).

APPALTI: Non ha carattere perentorio il termine concesso dall'amministrazione ai partecipanti ad una gara per i chiarimenti ai fini del giudizio di anomalia.
Il termine concesso dall'amministrazione ai soggetti che partecipano alla gara al fine di fornire i chiarimenti ai fini del giudizio di anomalia, non ha carattere oggettivamente perentorio.
Pertanto, in assenza di specifica comminatoria in tal senso in seno alla legge ed alla lex specialis, l'amministrazione ha il potere discrezionale di prorogare il termine originariamente concesso ovvero di chiedere ulteriori approfondimenti.
Come chiarito dallo stesso art. 88 del codice dei contratti pubblici, la concessione all'aggiudicataria di un termine ulteriore costituisce facoltà dell'amministrazione che non integra in sé violazione dei principi che informano lo svolgimento della procedura di evidenza pubblica (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 20.02.2009 n. 1018 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla disapplicazione dell'art. 23, c. 1, del D.L. n. 273/2005 che prevede l'ulteriore prolungamento del periodo transitorio del servizio di distribuzione di gas naturale.
In tema di servizio di distribuzione di gas naturale la disposizione di cui all'art. 23, c. 1, del D.L. 30/12/2005 n. 273, convertito con modificazioni nella L. 23/02/2006 n. 51, deve essere disapplicata, nel caso di specie, in quanto in contrasto con il diritto comunitario. La suddetta disposizione produce, infatti, una compressione ulteriore, sia pur temporalmente circoscritta, alla libera prestazione di servizi e alla libertà di stabilimento, in quanto non permette alle imprese interessate - stabilite in altri Stati membri - l'accesso alle concessioni affidate o rinnovate.
Se il D. Lgs. 164/2000, come modificato dalla L. 239/2004, contempera in modo equilibrato le esigenze dei concessionari con l'obiettivo di attivare i meccanismi competitivi, l'ulteriore prolungamento del periodo transitorio non è sorretto da imperiose ragioni di interesse pubblico: in particolare non risulta rispettato il principio di stretta proporzionalità che deve assistere le deroghe in materia, poiché il legislatore ha ulteriormente ritardato la piena apertura al mercato malgrado le ragioni delle Società concessionarie fossero già state congruamente apprezzate e valorizzate con i precedenti provvedimenti legislativi.
Nel caso di specie, inoltre, non è possibile riconoscere una posizione di affidamento qualificato in capo all'impresa concessionaria in quanto il rinnovo della concessione è stato disposto nel 1995, quando il quadro normativo nazionale e comunitario era assolutamente univoco nell'indicare la procedura ad evidenza pubblica quale sistema ordinario di aggiudicazione dei contratti delle amministrazioni (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 20.02.2009 n. 322 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sul procedimento relativo ad un'istanza tesa ad ottenere il riconoscimento della salvaguardia della gestione del servizio idrico ex art. 113 c. 15-bis tuel.
E' illegittimo il provvedimento con cui l'amministrazione provinciale ha negato l'efficacia delle convenzioni concernenti l'affidamento del servizio idrico, sulla scorta della disciplina sopravvenuta di cui all'art. 113 c. 15-bis tueell, respingendo la domanda del gestore tesa ad ottenere la salvaguardia della gestione.
A fronte di un'istanza tesa ad ottenere il riconoscimento della salvaguardia della gestione del servizio idrico, nell'esercizio di un potere evidentemente connotato da discrezionalità in ordine alla verifica della sussistenza dei relativi presupposti, il relativo procedimento, infatti, avrebbe dovuto svolgersi nel pieno rispetto degli obblighi fondamentali dettati dalla legge generale del procedimento a garanzia della completezza dell'istruttoria e del contraddittorio, non solo formale ma anche sostanziale sulle ragioni sottese alla determinazione conclusiva; quest'ultima poi avrebbe dovuto fare capo all'organo competente ad esprimere la determinazione finale. Pertanto, l'A.T.O. ha violato l'art. 10-bis della L. n. 241/1990 per non avere previamente comunicato alla società ricorrente i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza di salvaguardia delle proprie gestioni; invero, il carattere discrezionale della valutazione rimessa all'amministrazione e la rilevanza delle questioni svolte fa apparire indispensabile in via anche sostanziale quel supplemento istruttorio imposto in via formale dalla legge a garanzia delle posizioni coinvolte.
La decisione circa la salvaguardia delle gestioni esistenti spetta allo stesso organo che ha deliberato la forma di gestione del servizio, id est la conferenza dei rappresentanti degli enti locali dell'A.T.O. (cfr. gli artt. 4, 9 e 10 della convenzione di cooperazione stipulata il 21.6.2002 tra la provincia e gli enti locali ricadenti nell'AT.O.), le cui decisioni, ex art. 10 della convenzione, debbono essere sottoposte all'approvazione degli enti locali convenzionati (TAR Liguria, Sez. II, sentenza 19.02.2009 n. 254 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Partecipazione in ATI. Impugnazione di atti della procedura di gara. Legittimazione ad impugnare di ogni singola impresa del raggruppamento costituito o costituendo. Sussiste.
Qualora sia necessario impugnare gli atti di una procedura di selezione del contraente (nel caso di specie, l'esclusione dalla gara), sussiste la legittimazione attiva di ciascuna delle imprese partecipanti in ATI, sia che il raggruppamento risulti già costituito al momento della presentazione dell'offerta, sia che questo debba costituirsi all'esito della eventuale aggiudicazione del contratto di appalto (cfr. ex multis: Cons. Stato, sez. V, 30.08.2004, n. 5646 e Cons. Stato, sez. V, 15.04.2004, n. 2148, TAR Lombardia, Milano, sez. III, 13.12.2006, n. 4958) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 17.02.2009 n. 1242).

APPALTI: GARA D'APPALTO - CRITERI DI VALUTAZIONE DELLE OFFERTE - ESPERIENZE PREGRESSE - AMMISSIBILITA' - CONDIZIONI - PREPONDERANZA DEL PUNTEGGIO NELLA VALUTAZIONE DELL'OFFERTA TECNICA - ILLEGITTIMITA' - FATTISPECIE.
La giurisprudenza che ammette la facoltà della stazione appaltante di prevedere nel bando di gara anche elementi di valutazione dell'offerta tecnica di tipo soggettivo concernenti, cioè, la specifica attitudine del concorrente - anche sulla base di analoghe esperienze pregresse -a realizzare lo specifico progetto oggetto di gara, è ferma nel ritenere “ciò legittimo, nella misura in cui aspetti dell'attività dell'impresa possano illuminare la qualità dell'offerta“ (Consiglio Stato, sez. VI, 09.06.2008, n. 2770).
E, di certo, non è questo il caso, laddove il fatturato degli ultimi tre esercizi, anche se accompagnato da certificati di buona esecuzione, ha un peso predominante nell’attribuzione del punteggio all’offerta tecnica (20 punti, su 50 complessivi) e perché la prestazione ( somministrazione di lavoro temporaneo) non evidenzia un servizio connotato da particolari conoscenze tecniche od organizzative nelle quali possa aver giocato un ruolo determinante la pregressa esperienza professionale (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.02.2009 n. 837 - link a www.mediagraphic.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICILe Sezioni Riunite di questa Corte muovendo dall’affermazione che la colpa grave consiste nella evidente e marcata trasgressione di obblighi di servizio o di regole di condotta, che si sostanzia nell’inosservanza di quel minimo di diligenza richiesto nel caso concreto, o in una marchiana imperizia o una irrazionale imprudenza, hanno individuato la fattispecie trasgressiva laddove, nel caso di illecito che si concreti in comportamento omissivo, questo sia pervicace ed ingiustificato, tale da rendere ostensiva la volontà del soggetto di disinteressarsi deliberatamente di adempimenti che gli fanno carico.
La colpa consiste nell'avere violato un criterio medio di diligenza, il quale deve essere più o meno elastico per adattarsi alla circostanze del caso concreto e, nel caso di colpa professionale, la limitazione al dolo e alla colpa grave si giustifica proprio perché si impone all'agente un rischio che egli non si assumerebbe se sapesse di dover rispondere per colpa lieve. In conseguenza, la limitazione delle responsabilità ai casi di dolo o colpa grave va visto come la realizzazione di un principio di ragionevolezza consistente nel fatto che la forma di colpa alla quale si deve riferire è quella in concreto cioè quella che si accerta in base ai criteri della prevedibilità ed evitabilità della serie causale produttiva del danno. Ciò comporta che la colpa grave nella responsabilità amministrativa va individuata in relazione ai poteri e alle funzioni attribuite ai convenuti nella fattispecie concreta.

Il direttore dei lavori per conto del committente presta un’opera professionale in esecuzione di una obbligazione di mezzi e non di risultati, ma, essendo chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l’impiego di particolari e peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della “diligentia quam” in concreto”. Egli “è tenuto ad effettuare una ricognizione del luogo sul quale verrà effettuata l'opera pubblica. Se da tale omissione, e da carenze nell'attività progettuale, derivano sospensioni dei lavori e difformità dal progetto originario, questi risponde dei conseguenti oneri”.
Premesso che non ogni comportamento censurabile può integrare gli estremi della colpa grave, ma solo quelli contraddistinti da precisi elementi qualificanti, che –nella inconfigurabilità di un criterio generale– vanno accertati caso per caso dal giudice in relazione alle modalità del fatto, all’ atteggiamento soggettivo dell’autore, nonché al rapporto tra tale atteggiamento e l’evento dannoso, occorre rammentare che le Sezioni Riunite di questa Corte muovendo dall’affermazione che la colpa grave consiste nella evidente e marcata trasgressione di obblighi di servizio o di regole di condotta, che si sostanzia nell’inosservanza di quel minimo di diligenza richiesto nel caso concreto, o in una marchiana imperizia o una irrazionale imprudenza (Corte conti Sezioni Riunite 10.06.1997 n. 56/A), hanno individuato la fattispecie trasgressiva laddove, nel caso di illecito che si concreti in comportamento omissivo, questo sia pervicace ed ingiustificato, tale da rendere ostensiva la volontà del soggetto di disinteressarsi deliberatamente di adempimenti che gli fanno carico.
In altri termini, secondo l’orientamento più di recente espresso dalle Sezioni d’Appello di questa Corte, (cfr. Corte Conti, II^ app. n. 8/2007) la colpa grave consiste in un giudizio di rimproverabilità per l'atteggiamento antidoveroso della volontà che era possibile non assumere; trattasi di concetto normativo che esprime il rapporto di contraddizione tra la volontà del soggetto e la norma. Il fatto colposo è un fatto involontario che non si sarebbe dovuto produrre e tale tesi non solo fonda o esclude la responsabilità, ma la gradua secondo criteri di valore.
In sostanza, la colpa consiste nell'avere violato un criterio medio di diligenza, il quale deve essere più o meno elastico per adattarsi alla circostanze del caso concreto e, nel caso di colpa professionale, la limitazione al dolo e alla colpa grave si giustifica proprio perché si impone all'agente un rischio che egli non si assumerebbe se sapesse di dover rispondere per colpa lieve. In conseguenza, la limitazione delle responsabilità ai casi di dolo o colpa grave va visto come la realizzazione di un principio di ragionevolezza consistente nel fatto che la forma di colpa alla quale si deve riferire è quella in concreto cioè quella che si accerta in base ai criteri della prevedibilità ed evitabilità della serie causale produttiva del danno. Ciò comporta che la colpa grave nella responsabilità amministrativa va individuata in relazione ai poteri e alle funzioni attribuite ai convenuti nella fattispecie concreta” (Corte Conti, II^ app. n. 8/2007).
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Come è ben noto, il Direttore dei Lavori è una figura professionale scelta dal committente proprio con lo scopo di seguire l'andamento regolare del cantiere tanto che esso svolge, per conto di questi, un’ opera di controllo e verifica della regolarità e del buon andamento dell’opera e rappresenta la cd. longa manus dell’amministrazione. Una volta nominato, diviene, da un lato, il fiduciario del committente per gli aspetti di carattere tecnico e, dall’altro, il garante, nei confronti del medesimo, dell’osservanza e del rispetto dei contenuti dei titoli abilitativi all’esecuzione dei lavori. L’obbligazione a cui egli è tenuto nei confronti del committente costituisce un'obbligazione di mezzi “in quanto ha per oggetto la prestazione di un'opera intellettuale che non si estrinseca in un risultato di cui si possa cogliere tangibilmente la consistenza”. (Cass. sent. n. 3264/1995).
Al Direttore dei lavori fanno capo una serie di responsabilità -delineate nell’art. 124 del DPR n. 554/1999- nonché tutte le attività ed i compiti normativamente previsti. In particolare deve curare che i lavori cui è preposto siano eseguiti a regola d’arte ed in conformità al progetto e al contratto, è responsabile del coordinamento e della supervisione dell'attività di tutto l'ufficio di direzione dei lavori, e interloquisce in via esclusiva con l’appaltatore in merito agli aspetti tecnici ed economici del contratto.
All’uopo “il direttore dei lavori per conto del committente presta un’opera professionale in esecuzione di una obbligazione di mezzi e non di risultati, ma, essendo chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l’impiego di particolari e peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della “diligentia quam” in concreto” (Cass. sent. n. 10728/2008).
Egli “è tenuto ad effettuare una ricognizione del luogo sul quale verrà effettuata l'opera pubblica. Se da tale omissione, e da carenze nell'attività progettuale, derivano sospensioni dei lavori e difformità dal progetto originario, questi risponde dei conseguenti oneri” (Corte dei conti, Sez. Giurisd. Veneto, sent. n. 530/2004)
(Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Veneto, sentenza 13.02.2009 n. 121 - link a www.corteconti.it).

APPALTI - INCENTIVO PROGETTAZIONE: Sin dal momento della designazione del responsabile unico del procedimento (RUP), l’Ente deve procedere all’assunzione di un regolare impegno di spesa (per la liquidazione dell'incentivo alla progettazione interna) rilevato che risultano già noti l’importo massimo della spesa e le somme a disposizione dell’Amministrazione per la realizzazione del progetto.
La mancata assunzione dell’impegno di spesa determina, inevitabilmente, un debito fuori bilancio che deve essere tempestivamente evidenziato e sottoposto alla valutazione discrezionale dell’Organo Consiliare per l’eventuale riconoscimento.
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Nel caso di riconoscimento di debiti fuori bilancio per l’acquisizione di beni e servizi senza impegno di spesa, ai sensi del’art. 194, lett. e), del TUEL, l’Organo Consiliare deve valutare, mediante specifica e motivata deliberazione che accerti anche l’eventuale prescrizione, che la spesa rientri tra quelle disposte per l’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza dell’Ente nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento.
Il Collegio ritiene, quindi, che per gli Enti locali corrisponde a principi di prudenza e di sana gestione finanziaria procedere ad un’attenta pianificazione di bilancio che consenta la determinazione, almeno presunta, delle somme da corrispondere a terzi al fine di adottare i dovuti adempimenti contabili di impegno di spesa e di evitare l’insorgenza di debiti fuori bilancio.
Le eventuali passività insorte durante la gestione assumono, quindi, carattere eccezionale e devono essere tempestivamente segnalate per garantirne la copertura mediante i provvedimenti di riconoscimento di debito fuori bilancio in presenza dei presupposti sanciti dall’art. 194 del TUEL.

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Il Sindaco del Comune di Castellaneta (TA), con la nota indicata in epigrafe, richiede il parere della Sezione sull’esatta procedura contabile da applicare nel caso di debito gravante sull’Ente per il pagamento degli incentivi sulla progettazione interna previsti dall’art. 92 del D.Lgs. 12/04/2006 n. 163 e spettanti al responsabile del procedimento ed ai dipendenti incaricati del progetto di un’opera pubblica.
Il Sindaco, dopo aver illustrato che il Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica ed il Comune di Castellaneta avevano sottoscritto, in data 26/03/1998, apposita convenzione per la realizzazione di opere infrastrutturali di adeguamento del sistema idrico, precisa che, come richiesto dal Ministero, con deliberazione della Giunta Municipale n. 205 del 06/04/1998 era stata effettuata la designazione del responsabile unico del procedimento ma non era stato previsto alcun formale impegno di spesa.
Tuttavia, l’allora vigente art. 18 della L. n. 109/1994 poi trasfuso nell’art. 92 del D.Lgs. n. 163/2006 prevedeva, in favore del responsabile del procedimento e degli incaricati del progetto, la corresponsione di una somma non superiore all’1,5% dell’importo posto a base di gara da ripartire secondo i criteri assunti in un regolamento effettivamente adottato dall’Ente con deliberazione della Giunta Municipale n. 62 del 25/03/2003.
Il Sindaco ritiene che il responsabile del procedimento, coadiuvato dai funzionari amministrativi, designati con ordine di servizio del 29/10/1998, abbia svolto le proprie funzioni sino al collaudo delle opere avvenuto in data 30/01/2003 e pertanto richiede il parere della Sezione sull’esatta natura del debito per accertare se le somme spettanti debbano essere ascritte tra i debiti fuori bilancio del Comune o se ne sia consentita direttamente la liquidazione da parte del dirigente del Settore.
...
Il debito fuori bilancio costituisce, come noto, un’obbligazione pecuniaria dell’Ente locale assunta in violazione delle norme giuscontabili che regolano l’assunzione di impegni di spesa.
L’art. 194 del D.Lgs. 18/08/2000 n. 267, recante il Testo Unico degli Enti Locali, consente il riconoscimento di debiti fuori bilancio soltanto in ipotesi espressamente e tassativamente determinate rilevato che costituisce regola generale, sancita dall’art. 191 del TUEL, che gli Enti locali effettuino spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo di bilancio ed in presenza di formale attestazione della copertura finanziaria.
La Sezione evidenzia che l’ordinamento contabile degli Enti locali è improntato a principi di universalità e di veridicità che impongono la completa rappresentazione in bilancio di tutte le entrate e di tutte le spese in modo veritiero ed attendibile.
Pertanto,
sin dal momento della designazione del responsabile unico del procedimento, l’Ente avrebbe dovuto procedere all’assunzione di un regolare impegno di spesa rilevato che risultavano già noti l’importo massimo della spesa e le somme a disposizione dell’Amministrazione per la realizzazione del progetto.
La mancata assunzione dell’impegno di spesa ha, quindi, inevitabilmente determinato un debito fuori bilancio che doveva essere tempestivamente evidenziato e sottoposto alla valutazione discrezionale dell’Organo Consiliare per l’eventuale riconoscimento atteso che il completamento ed il collaudo delle opere è avvenuto sin dall’esercizio 2003.
La disciplina per la salvaguardia degli equilibri di bilancio, prevista dall’art. 193, comma 2, del TUEL impone, infatti, che almeno annualmente entro il 30 settembre, l’Organo Consiliare adotti i provvedimenti necessari per il ripiano di eventuali debiti fuori bilancio.
Trattasi di normativa di peculiare rilevanza poiché la mancata adozione di tali provvedimenti comporta, ai sensi dell’art. 191, comma 5, del TUEL, il divieto di assumere impegni e pagare spese per servizi non espressamente previsti dalla legge.
La Sezione precisa, inoltre, che
nel caso di riconoscimento di debiti fuori bilancio per l’acquisizione di beni e servizi senza impegno di spesa, ai sensi del’art. 194, lett. e), del TUEL, l’Organo Consiliare deve valutare, mediante specifica e motivata deliberazione che accerti anche l’eventuale prescrizione, che la spesa rientri tra quelle disposte per l’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza dell’Ente nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento.
Il Collegio ritiene, quindi, che
per gli Enti locali corrisponde a principi di prudenza e di sana gestione finanziaria procedere ad un’attenta pianificazione di bilancio che consenta la determinazione, almeno presunta, delle somme da corrispondere a terzi al fine di adottare i dovuti adempimenti contabili di impegno di spesa e di evitare l’insorgenza di debiti fuori bilancio.
Le eventuali passività insorte durante la gestione assumono, quindi, carattere eccezionale e devono essere tempestivamente segnalate per garantirne la copertura mediante i provvedimenti di riconoscimento di debito fuori bilancio in presenza dei presupposti sanciti dall’art. 194 del TUEL
(Corte dei Conti, Sez. controllo Puglia, parere 12.02.2009 n. 6).

APPALTI: Lo schema di "Regolamento di esecuzione del Codice dei Contratti Pubblici" (articolo 5 decreto legislativo 163/2006) nel testo ricevuto dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (link a www.giurdanella.it).

LAVORI PUBBLICI: G.U. 10.02.2009 n. 33 "Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 05.06.2003, n. 131, tra il Governo, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, le autonomie locali sugli «indirizzi per prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di rischio connesse alla vulnerabilità di elementi anche non strutturali negli edifici scolastici» (4.13/2008/19 CU). (Repertorio atti n. 7/CU del 28 gennaio 2009)" (Conferenza Unificata Stato-Regioni, provvedimento 28.01.2009).

APPALTITRASMISSIONE DEI DATI RELATIVI AI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SERVIZI E FORNITURE NEI SETTORI ORDINARI E SPECIALI DI IMPORTO SUPERIORE AI 150.000,00 € (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: Regole di gara - Documento difforme dal paradigma prefigurato - Documento non prodotto.
Un documento prodotto in copia informale nell'ambito di una procedura di gara in cui risulta stabilita la produzione in originale o in copia autentica, è semplicemente un documento non prodotto, senza che sia possibile per la stazione appaltante indagare sulle ragioni di una simile difformità nei confronti del paradigma prefigurato, ed a fronte della mancata impugnazione della clausola di gara che prescriveva siffatta formalità: clausola che, perciò, è indubbio dovesse essere osservata (C.d.S., Sez. V, 31.10.2008, n. 5458).
La produzione postuma di un documento non ha mai l'effetto di sanare in via retroattiva la causa di esclusione, in quanto altrimenti si darebbe luogo ad una non consentita disapplicazione di regole dettate a garanzia dell'imparzialità della procedura e si snaturerebbe la stessa fisionomia delle pubbliche gare (C.d.S., Sez. V, n. 5458/2008, cit.).
Come infatti già osservato, il documento difforme dal paradigma prefigurato dalle regole di gara è un documento non prodotto, senza che siano indagabili le ragioni della difformità. In ciò non si annida una concezione formalistica dell'esercizio dei poteri pubblici, giacché è proprio la particolare struttura dei procedimenti concorsuali ad impedire di accedere ad un'impostazione partecipativa dell'azione amministrativa, tanto è vero che in simili casi non sono esperibili né il rimedio dell'integrazione -che non si dà nell'ipotesi di documentazione mancante- né quello dell'acquisizione in via ufficiale tra Amministrazioni, che non opera nei procedimenti concorsuali, poiché in questi l'onere di provare il possesso dei requisiti di partecipazione grava sulla parte (C.d.S., Sez V, n. 5458/2008 cit.) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 10.02.2009 n. 1235 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Il concorrente ad una gara d'appalto che intende avvalersi dei requisiti di un altro soggetto deve produrre il contratto di avvalimento.
Ai sensi dell'art. 49 D.L.vo n. 163/2006, l'avvalimento di altro soggetto è subordinato, tra l'altro, alla produzione del contratto in virtù del quale l'impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti ed a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell'appalto, per cui se non è necessaria una particolare forma del contratto di avvalimento comunque occorre che un contratto del genere sia accertabile e veritiero. Pertanto, nel caso di specie, è legittima l'esclusione di un concorrente dalla gara, che si avvaleva dei requisiti di un altro soggetto, per non aver prodotto un contratto del genere, atteso che il disciplinare di gara, in conformità a quanto previsto dal citato art. 49 del d.L.vo n. 163/2006, stabilisce che il concorrente può avvalersi dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico ed organizzativo di altro soggetto, ma in tal caso è tenuto ad allegare alla propria domanda di partecipazione, tra l'altro, in originale o copia autentica, il contratto in virtù del quale l'impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti ed a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell'appalto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.02.2009 n. 743 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: S. Lazzini, Dossier sull’impegno ad emettere la cauzione definitiva abbinato alla cauzione provvisoria e le clausole di cui al dm 123/2004 (link a www.diritto.it).

APPALTINota ANCI sulle novità introdotte dal decreto n. 152/2008.
Una nota elaborata dall’ANCI contiene tutte le novità introdotte dal decreto legislativo n. 152/2008. Il decreto in questione, entrato in vigore il 17.10.2008 (è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 231 del 02.10.2008), proseguendo la graduale revisione del Codice dei Contratti (decreto legislativo n. 163/2006) consentita dalla legge delega n. 62/2005, lo integra e modifica in modo sostanziale.
In particolare, la nota ANCI evidenzia tutte le novità più significative per le amministrazioni comunali, soffermando l’attenzione su quelle disposizioni dove si sono riscontrate maggiori criticità di attuazione
(link a www.anci.it).

APPALTI1. Appalto pubblico (in generale) - Gara - Revoca - Acquiescenza - Insussistenza - Casi - Ragioni
2. Atto amministrativo - Acquiescenza - Sussistenza - Condizioni - Conseguenze.
1.
In caso di revoca di una gara precedentemente bandita e di indizione di una nuova procedura, la presentazione di una domanda di partecipazione alla nuova gara riflette semplicemente l'interesse della ricorrente ad ottenere l'aggiudicazione dell'appalto oggetto della stessa, che, evidentemente, stante l'efficacia della determinazione di revoca della gara precedentemente bandita, può essere conseguita, allo stato, solo partecipando alla relativa procedura. La domanda di partecipazione alla nuova gara non è dunque in sé indice significativo della volontà di accettare gli effetti della revoca, in quanto la partecipazione alla nuova procedura è del tutto compatibile con la volontà di contestare la decisione di revocare quella precedente, atteso che solo partecipando alla nuova gara la società può ottenere l'aggiudicazione dell'appalto cui essa di riferisce.
2. L'acquiescenza, quale accettazione espressa o tacita del provvedimento lesivo determinante l'estinzione del diritto di azione, con conseguente inammissibilità del ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento medesimo, si configura solo in presenza di una condotta da parte dell'avente titolo all'impugnazione che sia libera e inequivocabilmente diretta ad accettare l'assetto di interessi definito dall'amministrazione attraverso gli atti oggetto di impugnazione sicché tutti i dati fattuali devono indicare senza incertezze, la presenza di una chiara intenzione definitiva di non contestare l'atto lesivo (C.d.S., sez. IV, 27.06.2008, n. 3255 C.d.S., sez. V, 28.12.2001, n. 6431) (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 07.02.2009 n. 367 - link a http://mondolegale.it).

APPALTI: Sul divieto di partecipazione a gara da parte di imprese collegate.
L
a correttezza e la trasparenza della gara vengono pregiudicate dalla presentazione di offerte che, seppure provenienti da imprese diverse, siano riconducibili ad un medesimo centro di interessi. Ciò anche alla luce della disciplina comunitaria, secondo cui il sistema delle gare pubbliche può funzionare solo se le imprese partecipanti si trovino in posizione di reciproca ed effettiva concorrenza .
Orbene, anche prima dell’entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici, ed anche in assenza di specifiche previsioni nella lex specialis, la stazione appaltante deve disporre l’esclusione di offerte in ipotesi di "collegamento sostanziale" tra imprese, diverse e ulteriori rispetto a quelle espressamente indicate all’art. 10, comma 1-bis, l. n. 109 del 1994, in caso di sussistenza di indizi di una concordata modalità di presentazione e formulazione, ovvero della provenienza delle offerte da un unico centro decisionale.
Difatti, in considerazione della peculiarità della materia e degli interessi pubblici tutelati, sarebbe irragionevole e contraddittorio richiedere nel bando la tipizzazione del fatto del collegamento o del controllo societario diverso da quello di cui all'articolo 2359 c.c., dal momento che tale previsione farebbe refluire il perseguimento dell’interesse pubblico alla scelta del “giusto” contraente nel mero controllo della regolarità formale del procedimento, esponendo l’interesse protetto al pericolo di situazioni concrete di fenomeni di effettivo controllo o di altre situazioni societari capaci di alterare la gara, non facilmente prevedibili o ipotizzabili.
Pertanto, è legittimo il provvedimento di esclusione dalla gara di due imprese nel caso in cui, sulla scorta degli elementi raccolti nel corso dell’istruttoria procedimentale, siano emersi univoci elementi indiziari che dimostrano un collegamento sostanziale tra le imprese stesse, ostativo alla presentazione di offerte distinte nella medesima gara
(TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 04.02.2009 n. 1100 - link a www.altalex.com).

APPALTI: 1. Correttezza e trasparenza - Gara pregiudicata - Imprese diverse, ma con medesimo centro di interessi.
2. Controllo ex art. 2359 c.c. - Presunzione iuris et de iure circa la sussistenza di un'ipotesi turbativa del corretto svolgimento della procedura concorsuale - Collegamento sostanziale - L'amministrazione è onerata di provare in concreto l'esistenza di elementi oggettivi e concordanti, che siano tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti.

1. La correttezza e la trasparenza della gara vengono pregiudicate dalla presentazione di offerte che, seppure provenienti da imprese diverse, siano riconducibili ad un medesimo centro di interessi. Ciò anche alla luce della disciplina comunitaria, secondo cui il sistema delle gare pubbliche può funzionare solo se le imprese partecipanti si trovino in posizione di reciproca ed effettiva concorrenza.
2. La giurisprudenza si è sempre orientata in senso favorevole alla possibilità di individuare ipotesi di "collegamento sostanziale" tra imprese, diverse e ulteriori rispetto a quelle espressamente indicate all'art. 10, comma 1-bis l. n. 109 del 1994 ("imprese che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all'art. 2359 c.c."), norma in questa sede applicabile ratione temporis. Mentre nel caso di "controllo" ai sensi dell'art. 2359 c.c., opera un meccanismo di presunzione iuris et de iure circa la sussistenza di un'ipotesi turbativa del corretto svolgimento della procedura concorsuale (e quindi dei principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti), nel caso di sussistenza del c.d. "collegamento sostanziale", l'amministrazione è onerata di provare in concreto l'esistenza di elementi oggettivi e concordanti, che siano tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei richiamati principi (cfr. ex plurimis Cons. Stato, V, 22.04.2004 n. 2317; Cons. Stato, VI, 07.02.2002, n. 685; V, 15.02.2002, n. 923; IV, 27.12.2001, n. 6424).
Anche in assenza di specifiche previsioni nella lex specialis, la stazione appaltante deve disporre l'esclusione di offerte contenenti gli indizi di una concordata modalità di presentazione e formulazione, ovvero della provenienza da un unico centro decisionale. Difatti, in considerazione della peculiarità della materia e degli interessi pubblici tutelati, sarebbe irragionevole e contraddittorio richiedere nel bando la tipizzazione del fatto del collegamento o del controllo societario diverso da quello di cui all'articolo 2359 c.c., dal momento che tale previsione farebbe refluire il perseguimento dell'interesse pubblico alla scelta del "giusto" contraente nel mero controllo della regolarità formale del procedimento, esponendo l'interesse protetto al pericolo di situazioni concrete di fenomeni di effettivo controllo o di altre situazioni societari capaci di alterare la gara, non facilmente prevedibili o ipotizzabili. Ciò in quanto la tutela apprestata all'interesse pubblico alla corretta e regolare scelta del "giusto" contraente è finalizzata ad evitare che il relativo bene giuridico sia addirittura messo in pericolo: infatti, quand'esso fosse già stato leso o vulnerato, sarebbe molto difficile, se non addirittura impossibile una restitutio in integrum, salva l'ipotesi dell'annullamento della gara e la sua rinnovazione, che però in ogni caso comporterebbe, per il tempo occorrente e per le risorse umane e finanziarie da impiegare e riallocare, un'offesa non riparabile ai principi di economicità, speditezza, celerità ed adeguatezza dell'azione amministrativa (cfr. Cons. Stato VI, 13.06.2005, n. 3089; 23.06.2006, n. 4012; Sez. V, 09.12.2004, n. 7894). Sarebbe, comunque, preferibile che il divieto fosse esemplificato attraverso clausole del bando di gara (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 04.02.2009 n. 1100 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIL’eccessiva onerosità del prezzo indicato nell'offerta risultata aggiudicataria provvisoria costituisce grave motivo di interesse pubblico tale da giustificare il diniego di approvazione dell'aggiudicazione definitiva.
L’eccessiva onerosità del prezzo indicato nell’offerta risultata aggiudicataria provvisoria costituisce grave motivo di interesse pubblico, tale da giustificare il diniego di approvazione dell’aggiudicazione definitiva, specie in mancanza di risorse finanziarie; circostanza, questa, già idonea di per sé ad integrare una motivazione congrua e sufficiente alla stregua dei principi fondamentali del corretto svolgimento dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost. e dell’adeguata copertura finanziaria di contabilità pubblica di ogni provvedimento comportante una spesa, riconducibile all’art. 81 Cost. (cfr., Cons. St., sez. IV, 31.05.2007 n. 2838, nonché cit. Cons. St., sez. IV, n. 1457/2003) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.02.2009 n. 526 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla insussistenza dell’obbligo dell’amministrazione di comunicare agli interessati l’avvio del procedimento in caso di mancata approvazione di una aggiudicazione provvisoria.
L’eccessiva onerosità del prezzo indicato nell’offerta risultata aggiudicataria provvisoria costituisce grave motivo di interesse pubblico, tale da giustificare il diniego di approvazione dell’aggiudicazione definitiva.

Non sussiste l’obbligo dell’amministrazione di comunicare agli interessati l’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della l. n. 241 del 1990, in caso di mancata approvazione di una aggiudicazione provvisoria, giacché il procedimento è già stato avviato con l’atto di indizione della gara; procedimento al cui interno si colloca, appunto, l’aggiudicazione provvisoria e che è destinato a concludersi positivamente, con l’aggiudicazione definitiva, ovvero –com’è accaduto sostanzialmente nel caso di specie– negativamente, con il diniego di aggiudicazione definitiva .
Inoltre, non si applica l’art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990 (nel testo di cui all’art. 14, co. 1, della legge 11.02.2005 n. 15, all’epoca vigente nel caso di specie) in quanto non vi era ancora il "provvedimento amministrativo ad efficacia durevole", richiesto da tale norma per l’insorgenza dell’obbligo dell’amministrazione di corrispondere l’indennizzo al privato direttamente interessato.
L’eccessiva onerosità del prezzo indicato nell’offerta risultata aggiudicataria provvisoria costituisce grave motivo di interesse pubblico, tale da giustificare il diniego di approvazione dell’aggiudicazione definitiva, specie in mancanza di risorse finanziarie; circostanza, questa, già idonea di per sé ad integrare una motivazione congrua e sufficiente alla stregua dei principi fondamentali del corretto svolgimento dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost. e dell’adeguata copertura finanziaria di contabilità pubblica di ogni provvedimento comportante una spesa, riconducibile all’art. 81 Cost. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.02.2009 n. 526 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla discrezionalità della stazione appaltante nel fissare i requisiti di partecipazione alla singola gara, in modo più rigoroso ed anche in numero superiore rispetto a quelli minimi previsti dalla legge.
La stazione appaltante dispone di una certa discrezionalità nel fissare i requisiti di partecipazione alla singola gara, in modo più rigoroso ed anche in numero superiore rispetto a quelli minimi previsti dalla legge. Perciò, l’Amministrazione è legittimata ad introdurre, nella lex specialis della gara d’appalto che intende indire, disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti onde consentire la partecipazione alla gara stessa di soggetti particolarmente qualificati, specie per ciò che attiene al possesso di requisiti di capacità tecnica e finanziaria, tutte le volte in cui tale scelta non sia eccessivamente quanto irragionevolmente limitativa della concorrenza . Inoltre, la relativa scelta può essere sindacata dal giudice amministrativo in sede di legittimità solo in quanto sia manifestamente irragionevole, irrazionale, arbitraria, sproporzionata, illogica o contraddittoria (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.02.2009 n. 525 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISulla discrezionalità della stazione appaltante nel fissare i requisiti di partecipazione alla singola gara, in modo più rigoroso ed anche in numero superiore rispetto a quelli minimi previsti dalla legge.
La stazione appaltante dispone di una certa discrezionalità nel fissare i requisiti di partecipazione alla singola gara, in modo più rigoroso ed anche in numero superiore rispetto a quelli minimi previsti dalla legge. Perciò, l’Amministrazione è legittimata ad introdurre, nella lex specialis della gara d’appalto che intende indire, disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti onde consentire la partecipazione alla gara stessa di soggetti particolarmente qualificati, specie per ciò che attiene al possesso di requisiti di capacità tecnica e finanziaria, tutte le volte in cui tale scelta non sia eccessivamente quanto irragionevolmente limitativa della concorrenza. Inoltre, la relativa scelta può essere sindacata dal giudice amministrativo in sede di legittimità solo in quanto sia manifestamente irragionevole, irrazionale, arbitraria, sproporzionata, illogica o contraddittoria (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.02.2009 n. 525 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: Linee guida per la lotta contro le turbative d'asta begli appalti pubblici (OECD, febbraio 2009).

gennaio 2009

ATTI AMMINISTRATIVI - APPALTIDocumenti amministrativi – Diritto di accesso – Casi di esclusione e di differimento – Apprezzamento discrezionale della P.A. – Limiti.
La partecipazione ad una gara d'appalto comporta che l'offerta tecnico-progettuale presentata fuoriesce dalla sfera di dominio riservato dell'impresa per porsi sul piano della valutazione comparativa rispetto alle offerte presentate da altri concorrenti, con la conseguenza che la società non aggiudicataria ha interesse ad accedere alla documentazione afferente le offerte presentate in vista della tutela dei propri interessi giuridici.

Com’è noto l’art. 25 della legge 07.08.1990 nr. 241 ha introdotto una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva del G.A., con uno speciale rito abbreviato, per la tutela del diritto di accesso ai documenti amministrativi il quale, anche a seguito delle recenti modifiche introdotte al testo originario della L. n. 241/1990 (L. n. 15/2005 e L. n. 80/2005), è esercitabile con le seguenti modalità:
- nel caso in cui l’accesso riguardi documenti contenenti dati sensibili riferiti a soggetti terzi, questi ultimi devono essere evocati in giudizio e l’accesso può essere negato laddove si ritenga prevalente il diritto alla riservatezza (art. 24, comma 6, lett. d) della L. n. 241/1990);
- l’accesso, però, deve essere in ogni caso consentito (con opportune cautele) quando la visione della documentazione è necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici (art. 24, comma 7, della L. n. 241/1990);
- quando, infine, non sussiste alcun problema di segretezza della documentazione e/o di tutela della riservatezza, l’accesso deve essere sempre consentito.
In ogni caso, la puntuale disciplina normativa dei presupposti di esercizio della posizione giuridica e dei casi di esclusione e di differimento escludono, con ogni evidenza, che l’Amministrazione disponga di una qualsivoglia sfera di apprezzamento discrezionale, dovendo quest’ultima limitarsi a consentire l’esame del documento e l’estrazione di copia purché l’interessato lo giustifichi in relazione alla prospettazione di un interesse conoscitivo personale specifico e concreto e salva la sussistenza dei presupposti oggettivi che escludono l’accesso (art. 24 comma secondo lett. a), b) e c) legge nr. 241/1990 e art. 8 commi secondo e quinto lett. a), b), c), d) D.P.R. nr. 352/1992) o ne consentono il differimento.
Con particolare riferimento alla natura del documento oggetto dell’istanza estensiva (offerta tecnica) il Consiglio di Stato ha evidenziato che la partecipazione ad una gara comporta, tra l'altro, che l'offerta tecnico progettuale presentata fuoriesca dalla sfera di dominio riservato dell'impresa per porsi sul piano della valutazione comparativa rispetto alle offerte presentate da altri concorrenti, con la conseguenza che la società non aggiudicataria ha interesse ad accedere alla documentazione afferente le offerte presentate in vista della tutela dei propri interessi giuridici (Cons. Stato, IV, n. 4078/2002).
In altri termini, in presenza di una offerta vincente, non può negarsi ad altra impresa partecipante l'accesso agli atti necessari alle finalità di controllo dei requisiti tecnici e di tutte le altre caratteristiche del prodotto, oggetto della fornitura, minuziosamente contemplati nel relativo bando di gara (per l'affermazione del principio in relazione ad una procedura di appalto concorso, vedi Cons. Stato, V, n. 518/1999).
Pertanto, l'impresa partecipante ad una procedura concorsuale per l'aggiudicazione di un appalto pubblico può accedere nella forma più ampia agli atti del procedimento di gara (ancorché ufficiosa), ivi compresa l'offerta presentata dalla impresa risultata aggiudicataria, senza che possano essere opposti motivi di riservatezza, sia perché una volta conclusasi la procedura concorsuale i documenti prodotti dalle ditte partecipanti assumono rilevanza esterna, sia in quanto la documentazione prodotta ai fini della partecipazione ad una gara di appalto indetta dalla Pubblica Amministrazione esce dalla sfera esclusiva delle imprese per formare oggetto di valutazione comparativa essendo versata in un procedimento caratterizzato dai principi di concorsualità e trasparenza (ex multis: Consiglio di Stato, VI Sezione, 07.06.2006 n. 3418; TAR Lazio Roma, III Sezione, 04.04.2006 n. 2212; TAR Puglia Bari, II Sezione, 06.03.2003 n. 1086; TAR Campania Napoli, V Sezione, 27.03.2003 n. 3032) (TAR Puglia-Lecce, Sez. II, sentenza 31.01.2009 n. 166 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Offerta - Data - Mancata apposizione - Esclusione - E' sproporzionata - Protocollo dell'Amministrazione aggiudicatrice - E' sufficiente.
La decisione di escludere dalla gara un concorrente per la dimenticanza (o l'incompletezza) della data posta in calce alla domanda di partecipazione e all'offerta economica è una misura sproporzionata. L'incompletezza della data non ha alcun valore al riguardo, in quanto l'unica data che rileva è quella di pervenimento dell'offerta, e sotto questo profilo fa fede soltanto il protocollo dell'amministrazione aggiudicatrice alla quale l'offerta è stata consegnata. Tutti i dati e la stessa manifestazione di volontà dei concorrenti circa la partecipazione si intendono attualizzati a tale data. Poiché i dubbi sulla data sono superati attraverso il protocollo, ossia per effetto di un elemento procedurale che opera allo stesso modo per l'insieme dei concorrenti e offre a tutti le medesime garanzie, non può esservi il sospetto di violazione della par condicio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 30.01.2009 n. 217 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTINelle trattative private non c'è l'obbligo di aprire in seduta pubblica le buste contenenti le offerte economiche.
Sulla violazione dei principi di pubblicità e trasparenza delle sedute di gara si osserva che:
a) come affermato dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 04.11.2002, n. 6004), il principio di pubblicità della gara può essere derogato, in relazione alla apertura dei plichi contenenti la documentazione di gara e le offerte, nell’ambito delle procedure regolate dal criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, stante la necessità per la commissione giudicatrice di procedere ad una specifica valutazione tecnica delle offerte (Cons. Stato, sez. V, 14.04.2000, n. 2235; sez. V, 23.08.2000, n. 4577; CGARS, 28.01.2002, n. 58);
b) in ogni caso, la procedura negoziata, pur divergendo in modo sensibile dal modello della tradizionale trattativa privata integralmente deproceduralizzata, conserva margini di snellezza e di elasticità che giustificano la sottrazione a regole formali operanti con riferimento alle gare sottoposte ad un più intenso tasso di pubblicità e di formalismo (Cons. Stato, sez. VI, 04.11.2002, n. 6004);
c) in questa direzione, anche a voler ritenere applicabili alla specie i principi –pure tutelati a livello comunitario– di pubblicità e trasparenza, il riferimento a tali concetti assume un significato ben preciso e circoscritto, non coincidente con quello elaborato nel diritto interno. Esso non indica, infatti, l’obbligo della stazione appaltante di consentire la fisica presenza alle operazioni di gara dei rappresentanti di tutti i concorrenti, ma prescrive a ciascuna amministrazione, da un lato, di rendere previamente nota la propria intenzione di contrarre e di definire, sempre ex ante, le modalità di valutazione delle offerte; dall’altro lato, di garantire ex post la leggibilità delle decisioni assunte dalla medesima stazione appaltante (Cons. Stato, sez. V, 19.09.2008, n. 4520). Requisiti che nella specie senz’altro ricorrono dal momento che è stata assicurata: la massima pubblicità alla procedura, anche attraverso l’elaborazione di un bando; la segretezza delle offerte (non altrimenti contestata, in concreto, dalla parte ricorrente); la tempestiva informazione dello stato del procedimento e l’integrale accesso a tutti gli atti di gara;
d) non esistono regole od affermazioni giurisdizionali secondo cui la pubblicità delle operazioni di apertura della offerta economica, ossia la verificabilità immediata delle operazioni compiute dall’amministrazione, costituisca un obbligo incondizionato per le stazioni appaltanti. Del resto, la normativa di contabilità generale del 1924 prescrive tale forma per le aste pubbliche e le licitazioni private, non anche per le trattative private (Cons. Stato, sez. V, 19.09.2008, n. 4520);
e) per la stessa giurisprudenza, non è da trascurare la circostanza secondo cui anche il valore della trasparenza amministrativa debba comunque essere adeguatamente coordinato con l’esigenza di evitare inopportuni aggravamenti del procedimento, in dispregio del principio consacrato nell’art. 1 della legge n. 241 del 1990 (Cons. Stato, sez. V, 19.09.2008, n. 4520) (TAR Puglia-Lecce, Sez. II, sentenza 29.01.2009 n. 128 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZISulla verifica della congruità dell'offerta e del margine di utile (gara affidamento servizio igiene urbana).
La prevalente giurisprudenza, in tema di congruità dell'offerta, ha ritenuto che la stessa, oltre che nei suoi singoli elementi, deve essere valutata globalmente, al fine di apprezzarne l'attendibilità complessiva, non essendo fondamentale la tenuità dell'utile che il concorrente si prefigge di conseguire, sempre che ci sia un margine di utile, dal momento che elementi rilevanti sono, sia la certezza che l'offerta sia seria, nel senso che il concorrente non abbia intenzione di trarre lucro dal futuro inadempimento delle obbligazioni contrattuali, sia i vantaggi indiretti che l'appalto può procurare in termini di prestigio, di entità del fatturato e di prequalificazione per i successivi appalti.
In relazione a ciò, la motivazione della Commissione, che si è limitata a definire “non congrua” l'offerta della ricorrente, risulta affetta da carenza di motivazione che si riflette anche sul secondo motivo di appello, atteso che la marginalità dell'utile di impresa, pur se risultando da meri calcoli matematici, deve, pur sempre, essere esplicitamente contestata, in espressa applicazione dei criteri sopra evidenziati, al fine di poter verificare le eventuali giustificazioni, che potrebbero dimostrare il bilanciamento tra l'utile esiguo e i vantaggi derivanti, all'impresa, dall’aggiudicazione e dallo svolgimento del servizio (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.01.2009 n. 466 - link a www.giurdanella.it).

APPALTI: Contratti pubblici: l'esiguità dell'utile d'impresa non giustifica automaticamente l'esclusione dalla gara.
Nelle procedure di gara per l'aggiudicazione di contratti pubblici, ai fini della valutazione della congruità (e, quindi, dell'attendibilità) dell'offerta, è necessario che quest'ultima venga apprezzata non soltanto nei suoi singoli elementi, ma anche globalmente, non essendo determinante la tenuità dell'utile che il concorrente si prefigge di conseguire (sempreché un utile vi sia), dal momento che elementi rilevanti sono sia la certezza che l'offerta risulti seria, nel senso che il concorrente non abbia intenzione di trarre lucro dal futuro inadempimento delle obbligazioni contrattuali, sia i vantaggi indiretti che l'appalto può procurare in termini di prestigio, di entità del fatturato e di prequalificazione per i successivi appalti; con la conseguenza che la marginalità dell'utile, pur risultando da meri calcoli matematici, dev'essere sempre esplicitamente contestata all'impresa concorrente, allo scopo di consentire alla stessa di fornire giustificazioni che potrebbero dimostrare il bilanciamento tra l'utile esiguo e i vantaggi derivanti dall'aggiudicazione e dallo svolgimento del servizio (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.01.2009 n. 466 - link a www.eius.it).

APPALTI: Esclusione per aver reso dichiarazioni asseritamente non veritiere - Mancata impugnazione nei termini - L'asserito mendacio assume la dimensione di un fatto storico non più sindacabile.
La mancata impugnazione del provvedimento di esclusione da una procedura selettiva determina la legittimità sia della segnalazione all'Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici che l'incameramento della cauzione provvisoria in conseguenza delle dichiarazioni non veritiere rese in sede di presentazione dell'offerta. Per tale ragione la definitività dell'esclusione inibisce ogni ulteriore accertamento sul fondamento del relativo impianto motivazionale conferendo al mendacio la dimensione di un fatto storico non più sindacabile (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. I, 19.11.2008, n. 5474) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 16.01.2009 n. 159).

LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 4 del 26.01.2009, "Approvazione del bando per la concessione di contributi in conto capitale per l'installazione di pannelli fotovoltaici di potenza non inferiore a 5 kWp sulle scuole pubbliche e paritarie della Regione Lombardia, in attuazione della d.g.r. 8294/2008" (decreto D.G. 16.01.2009 n. 203 - link a www.infopoint.it).

LAVORI PUBBLICI - VARI: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 4 del 26.01.2009, "Approvazione del bando per la concessione di contributi in conto capitale per l'installazione di sistemi di contabilizzazione diretta o indiretta della quantità di calore consumata in impianti termici centralizzati e abbinamento a sistemi di termoregolazione in attuazione della d.g.r. 8294/2008" (decreto D.G. 16.01.2009 n. 202 - link a www.infopoint.it).

APPALTI: S. Lazzini, Facoltà di avvalersi dei requisiti di ordine speciale: dal mancato richiamo del bando di gara a quest’ultima possibilità non può farsi discendere il divieto per i concorrenti di utilizzarla (link a www.diritto.it).

LAVORI PUBBLICI: A. Barbiero, La definizione della procedura negoziata per appalti di lavori pubblici di valore compreso tra i 100.000 ed i 500.000 euro (link a www.albertobarbiero.net).

APPALTIPUBBLICITA’ E TERMINI PER GLI APPALTI PUBBLICI (26.01.2009 - link a www.ancebrescia.it).
All'interno un'utilissima tabella riepilogativa relativamente alle tre tipologie di appalti: forniture, servizi, lavori pubblici.

APPALTI: LA NORMATIVA ANTIMAFIA NEGLI APPALTI PUBBLICI (26.01.2009 - link a www.ancebrescia.it).

APPALTI: LA DISCIPLINA DEL SUBAPPALTO (26.01.2009 - link a www.ancebrescia.it).

LAVORI PUBBLICI: V. Latorraca e M. Luraghi, Dal progetto esecutivo alla cantierizzazione (link a www.lavatellilatorraca.it).

APPALTI: La Direzione Regionale del Veneto dei lavori pubblici, per il tramite dell’Osservatorio Regionale degli Appalti, ha raccolto i quesiti attinenti all’entrata in vigore della nuova legge quadro in materia di lavori pubblici.
Di questi quesiti si è creato un massimario indicizzato che consente a tutti gli operatori del settore lavori pubblici di poter accedere in modo sistematico alle risposte formulate dagli esperti della Direzione Regionale lavori pubblici (link a www.regione.veneto.it).

APPALTI SERVIZIAffidamento servizio (negoziato o ad evidenza pubblica).
Il sindaco del Comune (omissis) segnala che il suo ente, dopo aver affidato a terzi, per 10 anni, il servizio di pubblicità ed affissioni ha ritenuto, a scadenza contratto, economicamente più vantaggioso gestire il servizio in forma diretta.
Tale decisione era, però, subordinata ad un periodo di sperimentazione della durata di un anno, considerato necessario e per la carenza di personale nell’ufficio tributi dell’ente e per svolgere un censimento della pubblicità permanente presente sul territorio.
Per il predetto periodo transitorio l’amministrazione ha deciso di avvalersi di una società che la supportasse nella gestione del tributo, affidando alla stessa anche l’individuazione di un soggetto che materialmente procedesse all’affissione dei manifesti.
L’attività di supporto è stata affidata ad una società che collabora da parecchi anni con il Comune per l’accertamento di tributi comunali e per la gestione del contenzioso.
In ordine al compenso, non avendo altri parametri, l’ente ha deciso di corrispondere per l’attività di supporto una percentuale sugli incassi.
In conclusione il sindaco chiede se la procedura seguita sia legittima e se, in futuro, l’affidatario possa essere individuato con procedura negoziata, ovvero se sussista la necessità della procedura ad evidenza pubblica (Regione Piemonte, parere 30/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

LAVORI PUBBLICI: Insidia: il Comune è responsabile anche se appalta la manutenzione delle strade.
L'affidamento della manutenzione stradale in appalto ad imprese esterne non vale ad escludere la responsabilità del Comune committente nei confronti degli utenti delle singole strade a titolo di responsabilità per danni cagionati da cose in custodia (Corte di Cassazione, Sez. III civile, sentenza 23.01.2009 n. 1691 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Rimozione contratto - Criterio di selezione delle offerte - Mancanza di buona fede - Rileva.
Tenuto conto che la rimozione dei provvedimenti amministrativi che costituiscono il presupposto di un contratto stipulato dalla p.a. determina il venir meno dell'efficacia di quest'ultimo (cfr. Cass. Civ., sez. I, 15/04/2008 n. 9906; C.d.S. ad. plen., 30/07/2008 n. 9; C.d.S. sent. N. 490/1998 cit.) e degli gli artt. 1337 e 1338 c.c. (il primo stabilisce che le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede; il secondo obbliga la parte che conoscendo, o dovendo conoscere, l'esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all'altra parte a risarcire i danni da questa subiti per aver confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto) nel caso specifico (diritto della società ricorrente alla liquidazione di un giusto ed adeguato indennizzo a fronte della disposta "rimozione in via di autotutela" della aggiudicazione della gara) tali norme non trovano applicazione.
Infatti, seppure l'amministrazione abbia posto in essere un bando di gara del tutto illegittimo (in quanto prevedeva un criterio di aggiudicazione irragionevole che privilegiava in sostanza le offerte per essa meno convenienti), dunque la colpa della stazione appaltante deve ritenersi sussistente, non avendo dimostrato l'esistenza di situazioni particolari che possano far ritenere scusabile l'errore commesso (Cds., sez. VI, 25/01/2008 n. 213; id. sez. VI, 09/03/2007 n. 1114), rileva la mancanza di buona fede della controparte poiché il criterio di selezione delle offerte approntato dalla stazione appaltante era del tutto irragionevole: la fornitura si suddivideva in due articolazioni, delle quali l'una di importo pari a più di venti volte quello dell'altra (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 22.01.2009 n. 187 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISul giudizio di congruità dell'offerta e sul termine per la presentazione delle offerte nelle procedure ristrette.
L'art. 86, c. 3, d. lgs. 163/2006, attribuisce alla stazione appaltante la possibilità "in ogni caso", ovvero al di fuori dei casi previsti ai precedenti commi 1 e 2, in cui, invece, tale verifica è senz'altro obbligata, di valutare la congruità "di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa". Ne consegue che, è legittimo nel caso di specie, il sub procedimento volto a verificare la congruità dell'offerta, sebbene non previsto dalla lex specialis di gara, in quanto la P.A. ha attivato il sub procedimento volto ad accertare l'effettiva consistenza dell'offerta risultata essere la migliore in relazione ai parametri indicati nel bando di gara, ma non sufficientemente credibile quanto a remunerabilità, al fine di soddisfare l'ineludibile esigenza di acquisire, previa verifica istruttoria degli elementi giustificativi dei ribassi offerti, una sufficiente, quanto soddisfacente dimostrazione dei dati sui quali la società ricorrente ha basato il prezzo offerto.
L'art. 70, c. 4, del d. lgs. n. 163 del 2006, prevede: "Nelle procedure ristrette, il termine per la ricezione delle offerte non può essere inferiore a quaranta giorni dalla data di invio dell'invito a presentare le offerte." La prescrizione di un intervallo minimo da lasciare ai concorrenti per la presentazione delle offerte risponde all'esigenza di consentire agli stessi di approntare la documentazione che il bando richiede ai fini della qualificazione alla gara e di formulare un'offerta sufficientemente ponderata ed idonea a conseguire l'aggiudicazione.
Ne deriva che, qualora non ricorrano le condizioni di urgenza che possono consentire la riduzione del termine ordinario, come nel caso di specie, la stazione appaltante deve consentire un margine di tempo non inferiore a quello normativamente previsto -nella specie di 40 giorni- per permettere ai concorrenti la presentazione di un'offerta, non solo valida ed adeguatamente documentata, ma anche potenzialmente suscettibile di conseguire l'aggiudicazione in quanto "economicamente più vantaggiosa". La violazione del suddetto limite temporale, posto a presidio non solo dell'interesse delle partecipanti ai pubblici appalti, ma anche dell'interesse pubblico dell'Amministrazione a ricevere offerte adeguatamente soppesate in relazione alle esigenze rappresentate con le norme concorsuali, incrina inesorabilmente i detti principi, a nulla rilevando eventuali considerazioni in fatto, spendibili solo ex post, circa l'irrilevanza nel caso concreto della abbreviazione dei termini (TAR Lazio-Roma, Sez. I-bis, sentenza 15.01.2009 n. 196 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTISul giudizio di congruità dell'offerta e sul termine per la presentazione delle offerte nelle procedure ristrette.
L'art. 86, c. 3, d. lgs. 163/2006, attribuisce alla stazione appaltante la possibilità "in ogni caso", ovvero al di fuori dei casi previsti ai precedenti commi 1 e 2, in cui, invece, tale verifica è senz'altro obbligata, di valutare la congruità "di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa". Ne consegue che, è legittimo nel caso di specie, il sub procedimento volto a verificare la congruità dell'offerta, sebbene non previsto dalla lex specialis di gara, in quanto la P.A. ha attivato il sub procedimento volto ad accertare l'effettiva consistenza dell'offerta risultata essere la migliore in relazione ai parametri indicati nel bando di gara, ma non sufficientemente credibile quanto a remunerabilità, al fine di soddisfare l'ineludibile esigenza di acquisire, previa verifica istruttoria degli elementi giustificativi dei ribassi offerti, una sufficiente, quanto soddisfacente dimostrazione dei dati sui quali la società ricorrente ha basato il prezzo offerto.
L'art. 70, c. 4, del d.lgs. n. 163 del 2006, prevede: "Nelle procedure ristrette, il termine per la ricezione delle offerte non può essere inferiore a quaranta giorni dalla data di invio dell'invito a presentare le offerte." La prescrizione di un intervallo minimo da lasciare ai concorrenti per la presentazione delle offerte risponde all'esigenza di consentire agli stessi di approntare la documentazione che il bando richiede ai fini della qualificazione alla gara e di formulare un'offerta sufficientemente ponderata ed idonea a conseguire l'aggiudicazione. Ne deriva che, qualora non ricorrano le condizioni di urgenza che possono consentire la riduzione del termine ordinario, come nel caso di specie, la stazione appaltante deve consentire un margine di tempo non inferiore a quello normativamente previsto -nella specie di 40 giorni- per permettere ai concorrenti la presentazione di un'offerta, non solo valida ed adeguatamente documentata, ma anche potenzialmente suscettibile di conseguire l'aggiudicazione in quanto "economicamente più vantaggiosa". La violazione del suddetto limite temporale, posto a presidio non solo dell'interesse delle partecipanti ai pubblici appalti, ma anche dell'interesse pubblico dell'Amministrazione a ricevere offerte adeguatamente soppesate in relazione alle esigenze rappresentate con le norme concorsuali, incrina inesorabilmente i detti principi, a nulla rilevando eventuali considerazioni in fatto, spendibili solo ex post, circa l'irrilevanza nel caso concreto della abbreviazione dei termini (TAR Lazio-Roma, Sez. I-bis, sentenza 15.01.2009 n. 196 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: E' legittima l'impugnazione immediata del bando di gara soltanto in presenza di clausole escludenti ma occorre comunque presentare la domanda di partecipazione.
La giurisprudenza amministrativa di primo e secondo grado è tuttora prevalentemente orientata nel senso che solo con la presentazione della domanda di partecipazione alla gara d'appalto l'impresa assume una situazione giuridica differenziata rispetto a quella delle altre ditte presenti sul mercato, ergendosi solo in tal caso essa a titolare di un interesse legittimo giudizialmente tutelato, che la abilita a sindacare la legittimità del bando di gara alla quale ha dimostrato in concreto di voler partecipare (cfr. fra le recenti, oltre a Cons. St., A.P. 29.01.2003 n. 1, Cons. St., V Sez., 04.04.2004 n. 2705 e 23.08.2004 n. 5572).
Il Collegio condivide tale orientamento giurisprudenziale tenuto conto che i bandi di gara e le lettere di invito vanno di regola impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell'interessato; a fronte della clausola illegittima del bando di gara o del concorso, il partecipante alla procedura concorsuale non è, di norma, ancora titolare di un interesse attuale all'impugnazione, dal momento che egli non sa ancora se l'astratta e potenziale illegittimità della predetta clausola si risolverà in un esito negativo della sua partecipazione alla procedura concorsuale, e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva, che solo da tale esito può derivare.
Se il ricorrente avverso una gara d'appalto non ha presentato domanda di partecipazione alla gara stessa il ricorso medesimo deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse e di legittimazione attiva. Aggiungasi che la mancata partecipazione al procedimento concorsuale rende inammissibile per carenza di interesse il ricorso contro le clausole del bando di gara o contro gli esiti della selezione, anche nell'ipotesi in cui costituisca oggetto di impugnazione la previsione di requisiti di partecipazione di cui il ricorrente sia privo, in quanto l'eventuale annullamento delle clausole del bando relative a tali requisiti, non rimetterebbe il ricorrente in termini per proporre la domanda di partecipazione originariamente non presentata (TAR Sardegna, 11.06.2003, n. 737) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.01.2009 n. 102 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISull'inapplicabilità dell'art. 13 del cd. decreto Bersani (d.l. 04.07.2006 n. 223) nel caso di un'aggiudicazione provvisoria disposta prima dell'entrata in vigore del suddetto decreto.
Sulla possibilità per le società pubbliche di svolgere attività extraterritoriale.

Il divieto sancito dall'art. 13 del d.l. 04.07.2006 n. 223, cd. decreto Bersani, poi convertito con l. 04.08.2006 n. 248, non è applicabile nel caso di un'aggiudicazione provvisoria disposta prima dell'entrata in vigore del suddetto decreto.
L'art. 113 del d.lvo n. 267 del 2000, prevede la possibilità per le società pubbliche di svolgere attività in ambiti territoriali diversi da quelli dell'ente locale di riferimento solo nell'ipotesi in cui tale attività non ridondi in maggiori costi per la collettività di riferimento e comunque sia collegata al soddisfacimento di una qualche esigenza di quest'ultima. La disciplina dell'art. 113, avente ad oggetto le modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali, non è applicabile, nel caso di specie, al servizio oggetto della gara in quanto concernente la realizzazione di un sistema informativo interno alla Regione e volto alla gestione del proprio personale dipendente. Non si tratta, pertanto, di una gara relativa a servizi pubblici locali (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.01.2009 n. 101 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: L'alterazione della par condicio dei concorrenti si verifica se le offerte provengono da un medesimo centro decisionale o, comunque, provengono da due o più imprese collegate e sussistano elementi tali da far ritenere che si tratti di offerte previamente conosciute, anche se non concordate dalle partecipanti.
L'esclusione dalla gara d'appalto per collegamento sostanziale può configurarsi solo previo accertamento della presenza di una pluralità di indizi gravi, precisi e concordanti univocamente volti a configurare il presupposto applicativo della esclusione. Tali indici rivelatori (Tar Lazio, III, 08.05.2007, n. 4096; Tar Lombardia, Milano, III, 04.04.2006, n. 896), alla stregua dell'insegnamento giurisprudenziale, devono essere tali "da ingenerare il più che ragionevole sospetto che l'accordo tra le partecipanti possa pregiudicare l'imparzialità e la regolarità della gara" (CdS, IV, 15.02.2002, n. 949).
In particolare, quanto all'individuazione degli elementi univoci indicatori della riconducibilità delle offerte a un unico centro decisionale, la giurisprudenza ha desunto la sussistenza del collegamento da una serie di elementi indiziari, ritenuti espressivi della comunanza delle imprese interessate, sulla base di una nutrita esemplificazione cui ha fatto peraltro puntualmente riferimento lo stesso ricorrente (indicazione nelle stesse buste spedite dalle imprese dalla medesima sede amministrativa; spedizione degli stessi plichi dal medesimo ufficio postale, nello stesso giorno e con le stesse modalità; rilascio delle polizze fideiussorie, presentate come cauzione, da parte della stessa compagnia e agenzia di assicurazioni, nella medesima data e con numero progressivo successivo; coincidenza del numero di fax e dell'indirizzo di posta elettronica; rapporti di parentela tra gli amministratori unici di suddette società e gli intrecci azionari esistenti e facenti capo agli stessi soggetti; ecc.).
L'alterazione della par condicio dei concorrenti e la violazione dei principi di concorrenza e di segretezza dell'offerta possono ritenersi provate qualora ricorrano elementi di fatto dai quali possano trarsi indizi gravi, precisi e concordanti, che inducano a ritenere verosimile, secondo l'id quod pleriumque accidit, il venir meno della correttezza della gara. Ciò si verifica se le offerte provengono da un medesimo centro decisionale o, comunque, provengono da due o più imprese collegate e sussistano elementi tali da far ritenere che si tratti di offerte previamente conosciute, anche se non concordate dalle partecipanti (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 14.01.2009 n. 99 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La giustificazione dell’anomalia può essere successiva al momento dell’offerta.
Il principio della impossibilità di procedere all’esclusione automatica delle imprese che non abbiano supportato l’offerta delle giustificazioni preventive richieste dal bando di gara è acquisito nelle Sezioni V e VI del Consiglio di Stato, per cui deve fornirsi alla norma di cui all’art. 86, comma 5, del Codice dei contratti un’interpretazione conforme alla normativa comunitaria, potendosi annettere rilievo all’omessa allegazione delle giustificazioni preventive, solo “nella fase successiva a quella di verifica dell’anomalia e se ed in quanto l’offerta ne risulti sospetta”, dovendosi per l’effetto predicare l’irragionevolezza e l’illogicità di una clausola che comini l’esclusione immediata del concorrente per omessa allegazione all’offerta delle giustificazioni preventive.
La ratio del microsistema dell’analisi di anomalia o di congruità va individuata nell’esigenza di assicurare l’attuazione del principio di remuneratività delle offerte, sotteso all’impalcatura giuridica del ridetto sistema e inteso a preservare l’Amministrazione dal rischio di affidare le commesse pubbliche ad imprese che, pur di accaparrarsi affidamenti, non siano poi in grado di sostenerne i costi e di condurre ad esecuzione l’appalto, a tutto detrimento dell’interesse pubblico alla corretta e puntuale realizzazione di opere o fornitura di servizi (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 14.01.2009 n. 83 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Contratti pubblici: il principio di pubblicità delle sedute vale per qualunque tipo di gara.
Il principio di pubblicità delle sedute di gara per la scelta del contraente è inderogabile per tutti i tipi di gara (ivi comprese quelle di carattere informale), almeno per quanto riguarda la fase di verifica dell'integrità dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e l'offerta economica e di apertura dei plichi stessi, a pena di invalidità dell'intera procedura selettiva, compreso il provvedimento terminale di aggiudicazione, anche ove non sia comprovata l'effettiva lesione sofferta dai concorrenti, poiché il ridetto adempimento è predisposto a tutela non solo della "par condicio" ma anche dell'interesse pubblico alla trasparenza e all'imparzialità dell'azione amministrativa (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 14.01.2009 n. 82 - link a www.eius.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'annullamento di una clausola di un bando di gara per l'affidamento del servizio di refezione scolastica per restrizione della concorrenza fra le imprese del settore.
Deve essere annullata la clausola di un bando di gara per l'affidamento del servizio di refezione scolastica, nella parte in cui esso prescrive, fra i requisiti di ammissione alla gara, il possesso della certificazione UNI EN ISO 9001:2000 anche per il settore EA03 (oltre che per il settore EA30) in quanto la previsione del suddetto requisito di capacità tecnica restringe eccessivamente la concorrenza fra le imprese del settore (senza arrecare particolare beneficio alla stazione appaltante), il che è contrario alla normativa sugli appalti pubblici. Difatti, sebbene il servizio in questione (destinato ad un'utenza "sensibile", ossia gli alunni delle scuole dell'infanzia) deve essere svolto da imprese che diano la massima garanzia circa il rispetto delle norme igienico-sanitarie, cionondimeno il requisito richiesto dal bando appare esorbitante rispetto all'obiettivo perseguito dal Comune (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 14.01.2009 n. 45 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Servizi pubblici - Concessione del servizio di distribuzione gas - Riscatto anticipato da parte del Comune - Termini per l'esercizio.
In materia di riscatto anticipato del servizio di distribuzione del gas, è da condividere l'orientamento più volte espresso dal Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14.12.2006, n. 7437; Cons. Stato, sez. V, 07.07.2005, n. 3748) secondo il quale la regola generale fissata dall'art. 24, r.d. 15.10.1925, n. 2578 è che il diritto al riscatto da parte del Comune sorge quando sia decorso un terzo della durata complessiva della concessione e comunque almeno un quinquennio e così, in seguito, di cinque in cinque anni.
A questa, non si sovrappone la regola sussidiaria, prevista dall'art. 24, comma 1, r.d. 15.10.1925, n. 2578, secondo la quale il Comune ha sempre diritto al riscatto quando siano trascorsi venti anni dall'effettivo inizio del servizio; ma in ogni caso il Comune non può esercitarlo prima che ne siano passati dieci (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 14.01.2009 n. 19).

APPALTI: 1. Bando di gara - Esclusione. Interpretazione univoca delle clausole del bando - Inapplicabilità del principio del favor partecipationis - Par condicio tra i partecipanti alla procedura concorsuale.
2. Appalto pubblico - Prescrizioni del bando relative alle modalità di presentazione dell'offerta - Mancata osservanza - Esclusione.
3. Contratti della P.A. - Immediata lesività di clausole del bando - Impugnazione del bando di gara - Necessità.
1.
Secondo l'orientamento costante della giurisprudenza, è inapplicabile il principio del favor partecipationis nelle ipotesi in cui la lex specialis di gara risulti di univoca interpretazione, nel rispetto della par condicio fra i partecipanti alla procedura concorsuale.
2. La mancata osservanza, da parte di un concorrente, delle prescrizioni del bando o della lettera d'invito, attinenti alle modalità di presentazione dell'offerta, comporta l'esclusione dalla gara, nel caso in cui tale provvedimento sia stabilito espressamente dalla lex specialis; in tal caso, invero, l'Amministrazione deve dare precisa e incondizionata esecuzione alla clausola, senza margini di valutazione discrezionale in merito alla rilevanza dell'inadempimento del concorrente e, solo ove la clausola sia formulata in maniera equivoca, può adottarsi un'interpretazione idonea a consentire il favor partecipationis degli aspiranti alla gara.
3. L'onere di immediata impugnazione del bando di gara sussiste nel caso in cui questo arrechi un'immediata lesione per i contenuti concernenti i requisiti di partecipazione, che siano tali da precludere ex ante la proposizione, con esito favorevole, della domanda di ammissione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 14.01.2009 n. 17).

APPALTISull'illegittimità di una lex specialis che, pur richiamando il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, nulla preveda in ordine alle modalità di concreta attribuzione dei sub criteri e sub punteggi.
Nelle gare pubbliche indette con il metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa la necessità di stabilire ulteriori sub-criteri, sub-pesi o sub-punteggi deve essere valutata di volta in volta in relazione all'analiticità dei criteri principali, all'idoneità di questi ad assicurare il rispetto del principio di trasparenza e ai poteri integrativi riconosciuti alla Commissione giudicatrice. A detta Commissione è quindi inibito integrare i criteri di valutazione dell'offerta tecnica (individuando sub-criteri e sub-punteggi, che devono invece essere indicati nel capitolato d'oneri); l'importanza relativa delle sottovoci deve, infatti, essere rese nota ai potenziali concorrenti già al momento della produzione delle loro offerte, alfine di evitare il pericolo che la Commissione possa orientare a proprio piacimento ed a posteriori l'attribuzione di tale determinante punteggio e, quindi, all'esito della gara dopo averne conosciuto gli effettivi concorrenti. La violazione di detta regola innovativa posta dall'art. 83 del Codice dei contratti (D.Lgs. n. 163 del 2006) può infatti astrattamente contrastare con il principio della par condicio, nella misura in cui altera gli elementi di valutazione in relazione ai quali tutti i concorrenti hanno potuto predisporre la propria offerta tecnica.
A tanto consegue l'illegittimità di una lex specialis che, pur richiamando il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, nulla preveda in ordine alle modalità di concreta attribuzione dei sub criteri e sub punteggi, nell'ipotesi che la loro fissazione sia necessaria o prevista dalla normativa di gara (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater, sentenza 09.01.2009 n. 82 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZISull'illegittimità di una lex specialis che, pur richiamando il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, nulla preveda in ordine alle modalità di concreta attribuzione dei sub criteri e sub punteggi.
Nelle gare pubbliche indette con il metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa la necessità di stabilire ulteriori sub-criteri, sub-pesi o sub-punteggi deve essere valutata di volta in volta in relazione all'analiticità dei criteri principali, all'idoneità di questi ad assicurare il rispetto del principio di trasparenza e ai poteri integrativi riconosciuti alla Commissione giudicatrice. A detta Commissione è quindi inibito integrare i criteri di valutazione dell'offerta tecnica (individuando sub criteri e sub punteggi, che devono invece essere indicati nel capitolato d'oneri); l'importanza relativa delle sottovoci deve, infatti, essere rese nota ai potenziali concorrenti già al momento della produzione delle loro offerte, alfine di evitare il pericolo che la Commissione possa orientare a proprio piacimento ed a posteriori l'attribuzione di tale determinante punteggio e, quindi, all'esito della gara dopo averne conosciuto gli effettivi concorrenti. La violazione di detta regola innovativa posta dall'art. 83 del Codice dei contratti (D.Lgs. n. 163 del 2006) può infatti astrattamente contrastare con il principio della par condicio, nella misura in cui altera gli elementi di valutazione in relazione ai quali tutti i concorrenti hanno potuto predisporre la propria offerta tecnica.
A tanto consegue l'illegittimità di una lex specialis che, pur richiamando il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, nulla preveda in ordine alle modalità di concreta attribuzione dei sub criteri e sub punteggi, nell'ipotesi che la loro fissazione sia necessaria o prevista dalla normativa di gara (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater, sentenza 09.01.2009 n. 82 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Possesso “condizionato” o “posteriore” di requisiti ed effetti ai fini di gara.
Quando è dimostrato in atti che un titolo o requisito risulta acquisito dal concorrente, anche in maniera condizionata, solo successivamente all’apertura delle buste, sussiste la palese violazione della regola secondo cui i requisiti per l’attribuzione dei singoli punteggi devono essere posseduti al momento di presentazione della domanda.
Va respinta l’eccezione secondo cui il ricorso è inammissibile quando proposto da una sola delle imprese raggruppate in ATI, posto che, nel caso in cui alla gara partecipi una associazione temporanea, ciascuno dei componenti è dotato di autonoma legittimazione ad impugnare i provvedimenti della relativa procedura
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.01.2009 n. 33 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Mancata aggiudicazione e quantificazione dell’utile di impresa.
L’utile economico che sarebbe derivato dall’esecuzione dell’appalto, che sarebbe spettato sicuramente all’impresa ricorrente e che la giurisprudenza riconosce nella misura del 10%, è applicabile solo nel caso in cui l’impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare le maestranze ed i mezzi, lasciati disponibili, per l’espletamento di altri servizi. Nel caso in cui, invece, tale dimostrazione non sia offerta è da ritenere che l’impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri analoghi lavori o di servizi o di forniture, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità; in tale ipotesi il risarcimento può essere ridotto in via equitativa, in misura pari al 5% dell’offerta dell’impresa (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.01.2009 n. 23 - link a www.altalex.com).

LAVORI PUBBLICILa mera trasformazione di un bene, seppur finalizzata al suo uso pubblico, non ne comporta la sua acquisizione al patrimonio dell’ente pubblico che lo utilizza, che ne può divenire proprietario solo ove esperisca il particolare procedimento previsto dall’art. 43 D.P.R. n. 327/2001.
Il Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire che “L'istituto giurisprudenziale dell'occupazione espropriativa -secondo il quale, anche in assenza di un atto di natura ablatoria, l'amministrazione acquisirebbe a titolo originario la proprietà dell'area altrui, quando su di essa ha realizzato in tutto o in parte un'opera pubblica, in attuazione della dichiarazione della pubblica utilità, con conseguente decorso, dalla data in cui si verifica tale acquisto, del termine quinquennale per il risarcimento del danno- non può ritenersi vigente, sia in quanto non è conforme ai principi della convenzione europea del diritti dell'uomo e del diritto comunitario, che precludono di ravvisare un'espropriazione "indiretta" o "sostanziale" in assenza di un idoneo titolo legale, sia in quanto è incompatibile con l'art. 43 d.P.R. 327/2001, che attribuisce all'amministrazione il potere discrezionale di acquisire in sanatoria, con atto ablativo formale, la proprietà delle aree occupate nell'interesse pubblico in carenza di titolo, escludendo così che una simile acquisizione possa avvenire in via di mero fatto” (Consiglio Stato, sez. IV, 21.05.2007, n. 2582).
Conseguentemente la mera trasformazione di un bene, seppur finalizzata al suo uso pubblico, non ne comporta la sua acquisizione al patrimonio dell’ente pubblico che lo utilizza, che ne può divenire proprietario solo ove esperisca il particolare procedimento previsto dall’art. 43 D.P.R. n. 327/2001 (Cons. di Stato. A.P. n. 2/2005; Cons. di Stato, IV, 16.11.2007 n. 5830 e Cons. di Stato, IV, 27.06.2007 n. 3752) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 08.01.2009 n. 10 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Impianti sportivi - Rilevanza economica - Affidamento diretto - Illegittimità.
L'art. 5 L.R. 27/2006 configura come residuale l'affidamento diretto, ovvero senza una procedura a pubblica evidenza, degli impianti sportivi da parte dei Comuni, e lo consente, del resto in accordo con i principi del diritto comunitario, solo per gli impianti privi di rilevanza economica, definita all'art. 1 della legge stessa come la qualità di quegli impianti che "per caratteristiche, dimensioni e ubicazione sono improduttivi di utili o produttivi di introiti esigui, insufficienti a coprire i costi di gestione", qualità che secondo logica deve essere dimostrata nella motivazione della delibera di affidamento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 08.01.2009 n. 4 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Aggiudicazione - Criteri - Formulati dopo l'apertura delle buste - Illegittimità.
E' illegittimo il provvedimento di aggiudicazione che ha assegnato il punteggio relativo alla offerta economica tenendo conto di un criterio, non previsto dal bando, formulato dopo l'apertura delle buste (nel caso di specie si trattava di una gara di appalto per l'affidamento del servizio di distributori automatici di bevande e snack in cui era stato assegnato il punteggio relativo alla offerta economica tenendo conto non solo del contributo riconosciuto alla stazione appaltante, ma anche del prezzo di vendita all'utente del prodotto offerto).
Tale operazione appare illegittima quale che ne sia la qualificazione giuridica. Infatti, se si ritenesse trattarsi di introduzione di un nuovo criterio di aggiudicazione, come si può argomentare dalla lettera del bando, che come detto a proposito dell'offerta economica valorizza il solo contributo in danaro contante all'istituto, si tratterebbe di pacifica violazione del criterio della parità di condizioni fra i concorrenti. Non diversamente però si dovrebbe ritenere qualificando il criterio come sottocriterio specificativo del bando. Infatti, secondo l'art. 83 del codice del contratti il bando di gara deve indicare all'origine eventuali sottocriteri di valutazione, e quindi non sussiste facoltà alcuna della commissione di procedere in tal senso, facoltà che comunque, anche ammettendola, andrebbe esercitata prima dell'apertura delle buste, sempre in ossequio al criterio di parità di condizioni fra i concorrenti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 08.01.2009 n. 3 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Non aggiudicazione ed annullamento della gara: occorre la previa comunicazione.
Posto che l’amministrazione ha annullato in autotutela la gara dopo che erano state espletate le formalità di apertura delle offerte e la committente aveva avuto conoscenza delle ditte partecipanti alla procedura, con la presentazione della domanda di partecipazione e, ancor più, con la predisposizione e l’inoltro dell’offerta, i soggetti concorrenti assumono una posizione differenziata e qualificata che giustifica la posizione di controinteressati ai quali è necessario comunicare l’avviso di avvio del procedimento ai sensi della legge sulla trasparenza amministrativa al fine di consentire la difesa del bene della vita dato dalla chance di aggiudicazione. Detti principi sono aderenti alla fattispecie in parola, posto che l’amministrazione ha annullato in autotutela la gara dopo che erano state espletate le formalità di apertura delle offerte e la committente aveva avuto conoscenza delle ditte partecipanti alla procedura.
E’ illegittimo il provvedimento di annullamento che richiama la sussistenza di errori e discrepanze senza evidenziarle in modo puntuale e, soprattutto, senza motivare in modo idoneo in merito alla loro incidenza negativa sul corretto dispiegarsi della procedura di gara
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.01.2009 n. 17 - link a www.altalex.com).

APPALTI: E' illegittimo l'annullamento di un appalto per la sussistenza di errori nelle versioni italiana e tedesca della documentazione del bando, senza motivare in modo idoneo in merito alla loro incidenza negativa sul corretto dispiegarsi della gara.
E' illegittimo l'annullamento in via di autotutela di una gara di appalto senza comunicare l'avvio del relativo procedimento alle imprese partecipanti, disposto per la presenza di errori nelle versioni italiana e tedesca della documentazione del bando dell'appalto-concorso, senza precisare l'incidenza di tali errori sulla regolarità della gara. Il provvedimento di annullamento richiama infatti la sussistenza di errori e discrepanze nelle versioni italiana e tedesca del documento denominato elenco della prestazioni facente parte del progetto preliminare, senza evidenziarle in modo puntuale e, soprattutto, senza motivare in modo idoneo in merito alla loro incidenza negativa sul corretto dispiegarsi della procedura di gara. Manca in definitiva una puntuale indicazione della natura, della gravità e dell'incidenza delle anomalie che, sola, avrebbe giustificato, alla luce della comparazione dell'interesse pubblico con le contrapposte posizioni consolidatesi in capo alle ditte partecipanti alla procedura, l'annullamento integrale degli atti di gara. Del pari fa difetto una congrua esplicitazione delle ragioni per le quali il progetto a base di gara non rispondeva più alle esigenze tecnico-funzionali dell'amministrazione (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.01.2009 n. 17 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Se la stazione appaltante prevede una validità minima delle offerte di 180 giorni e gli offerenti non dichiarano, decorso tale termine, che la loro offerta deve intendersi ritirata, le offerte stesse sono valide e non devono essere escluse.
La questione principale posta con l’appello in esame consiste nello stabilire se le offerte presentate dai concorrenti, che precedevano l’attuale appellante nella graduatoria della gara in contestazione, dovevano essere prese in considerazione, nonostante che detti concorrenti avessero dichiarato che le offerte sarebbero state valide per 180 giorni e che tale termine fosse ormai scaduto al’atto dell’apertura delle buste.
Tale termine di validità era stato opposto in quanto il bando pubblicato sulla G.U.R.I. stabiliva che “L’offerente è vincolato dalla propria offerta per 180 giorni dalla scadenza fissata per la ricezione delle offerte” ed il bando pubblicato sulla G.U.C.E. nonché il capitolato (art. 10) prevedevano che l’offerta economica doveva avere validità “minima” di 180 giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione delle offerte.
La ratio delle disposizioni del bando è evidentemente quella di mantenere ferma l’offerta per tutto il periodo di presumibile durata della gara e non quella di limitare nel tempo la validità (o meglio l’efficacia) dell’offerta, non corrispondendo certamente tale limitazione ad un interesse dell’amministrazione.
Il che significa che le offerte in contestazione, una volta scaduto il termine di validità opposto in ossequio alle disposizioni degli atti di gara, non potevano, in assenza di una univoca manifestazione di volontà in tal senso da parte degli interessati, considerarsi private di ogni efficacia.
Ben ha fatto dunque l’amministrazione a valutare tali offerte e si appalesano pertanto infondate le censure mosse dall’appellante nei confronti dell’operato dell’amministrazione medesima (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.01.2009 n. 9 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: B. Spatola, Annullamento della aggiudicazione e sorte del contratto: dopo le SS.UU. della Cassazione si pronuncia l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (nota a A.P. Cons. di Stato n. 9/2008) (link a www.diritto.it).

APPALTI: F. Gaboardi, Note interpretative e di commento al d.lgs. n. 163/2006 (Codice degli appalti pubblici) (link a www.diritto.it).

anno 2008

APPALTIPartecipazione impresa ad appalto pubblico.
Il Sindaco del Comune di XXX chiede se, in presenza di contenzioso con una impresa in materia di abusi edilizi e di lavori pubblici, sia legittimo non ammettere a gara l’impresa con cui si contende, pur avendo quest’ultima i requisiti di legge per partecipare ad appalti pubblici di lavori (Regione Piemonte, parere n. 191/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

LAVORI PUBBLICIRecesso contrattuale.
Il sindaco del Comune di XXX pone una serie di questioni connesse al recesso contrattuale.
In particolare, per un secondo lotto di lavori relativi a rifacimento pavimentazione di strade, piazze e arredo urbano nel borgo storico, la popolazione ha testimoniato forte opposizione per l’eccessiva rumorosità al passaggio di autoveicoli, per le difficoltà di movimento per le carrozzelle di disabili e per le carrozzine degli infanti, per le difficoltà di deambulazione degli anziani.
Il sindaco chiede:
a) se le motivazioni espresse dalla popolazione siano sufficienti per motivare l’atto di recesso;
b) in caso di responsabilità contabile, chi debba risponderne;
c) se eventuale referendum tra la popolazione possa essere motivo di esimente dalla responsabilità;
d) se una variante in corso d’opera, superiore al 50% dell’importo contrattuale, per sostituire la pietra di luserna con altre tipologie di pavimentazione, sia legittima o se, in ogni caso, bisogna prima recedere dal contratto originario (Regione Piemonte, parere n. 178/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

APPALTI SERVIZIPossibilità gestione in economia di servizio appaltato.
Il sindaco del Comune di XXX, in riferimento al servizio di raccolta e trasporto rifiuti solidi urbani, chiede se sia possibile espletare per un ente consorziato autonoma gara d’appalto per l’affidamento della gestione del servizio a terzi.
Il sindaco lamenta che il Consorzio di bacino che opera nel territorio comunale ha affidato, senza gara, a società pubblica, la gestione del servizio e che, operando la suddetta società in regime di monopolio, senza un confronto concorrenziale, i costi subiscono incrementi anomali non verificati dal mercato, su semplice richiesta del soggetto gestore.
Stante l’attuale crisi finanziaria degli enti, il sindaco chiede se sia possibile gestire autonomamente il servizio in oggetto (Regione Piemonte, parere n. 135/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

APPALTICodice contratti pubblici (valore dell’appalto).
Il sindaco della città XXX chiede chiarimenti sull’art. 29 –comma 10– del D.Lgs. n. 163/2006 –Codice dei contratti pubblici– ed in particolare interroga sulle modalità di calcolo per stimare il valore dell’appalto (Regione Piemonte, parere n. 71/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

LAVORI PUBBLICIConvenzionamento realizzazione opere pubbliche.
Il Sindaco del Comune XXX riferisce che il suo Comune ha ricevuto un contributo statale per realizzare opere di difesa spondale.
In sede di conferenza di servizi è stato richiesto di coinvolgere un Comune confinante, per estendere le opere di difesa anche in un modesto tratto di quel territorio.
Il Comune confinante interpellato, ha dichiarato la non disponibilità di risorse finanziarie per l’esecuzione delle opere di sua competenza.
Il Ministero erogatore del contributo si è dichiarato disponibile a consentire l’utilizzo del ribasso d’asta, registrato a seguito di pubblico concorso di progettazione, per fronteggiare le opere connesse all’intervento sul territorio del Comune confinante.
Chiede il sindaco se sia possibile utilizzare l’istituto della convenzione per realizzare congiuntamente l’opera e come il Comune confinante possa restituire “l’acconto” ricevuto.
La seconda parte del quesito, in verità, è di difficile comprensione, perché dovrebbe trattarsi di intervento assistito da contributo statale in conto capitale. Se così fosse nessun acconto dovrebbe essere restituito, non trattandosi di anticipazione. Se si trattasse di contributo in conto interessi, sarebbe necessario, invece, contrarre mutuo e, neanche in questo caso, il quantum ricevuto dovrebbe essere oggetto di restituzione (Regione Piemonte, parere n. 53/2008 - link a www.regione.piemonte.it).

APPALTI1. Annullamento dell'aggiudicazione di un appalto dopo la stipula del contratto - Sussistenza dei presupposti per il ricorso all'autotutela.
2. Annullamento dell'aggiudicazione in via di autotutela - Giurisdizione G.A.
3. Accertamento dell'anomalia dell'offerta - Anche in via di autotutela - Valutazione degli elementi costitutivi "originari" della proposta contrattuale formulata in sede di partecipazione alla gara.

1. La giurisprudenza amministrativa, infatti, riconosce pacificamente alla p.a. il potere di annullare l'aggiudicazione di un appalto pubblico anche dopo la stipulazione del contratto qualora sussistano i presupposti del ricorso alla cd. "autotutela", comunemente ravvisati nella illegittimità dell'atto annullato e nella sussistenza di un interesse pubblico da compararsi con quello del privato che abbia riposto un legittimo affidamento sulla stabilità dei suoi effetti (Cons. Stato, IV, 21/10/2006 n. 6456; TAR Puglia, Bari, 29/03/2007 n. 944; discorso diverso andrebbe fatto con riguardo alla revoca della aggiudicazione per motivi di opportunità e convenienza la quale, qualora intervenga dopo la costituzione del rapporto contrattuale, pare difficilmente distinguibile dal recesso). Tale regola vale anche con riguardo all'accertamento relativo alla anomalia delle offerte, che, qualora viziato da profili di illegittimità, può essere rivisto in un momento successivo alla stipulazione del contratto, posto che, anche dopo tale momento (e specie se l'appalto è ancora nella fase iniziale) la p.a conserva il proprio interesse ad evitare che l'eccessivo ribasso del corrispettivo offerto influisca negativamente sulla corretta esecuzione del servizio.
2. La giurisdizione sull'annullamento in autotutela della aggiudicazione spetta al GA in quanto si tratta di un provvedimento che la p.a. adotta nell'esercizio di poteri di supremazia relativi alla fase della scelta del contraente e non nell'ambito della gestione paritetica del rapporto contrattuale (Cons. Stato; V, 05/05/1998 n. 677 ma si veda sul punto anche Cass. S.U. 28/08/2008 n. 21928).
3. L'accertamento della anomalia dell'offerta, ancorché possa essere effettuato in via di autotutela anche dopo la stipulazione del contratto, deve comunque avere esclusivo riguardo agli elementi costitutivi "originari" della proposta contrattuale formulata in sede di partecipazione alla gara, e giammai può tenere in considerazione elementi di fatto successivi attinenti la fase di esecuzione del contratto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 29.12.2008 n. 6171 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'illegittimità di un bando per l'affidamento dei servizi di parcheggi pubblici per l'inconferenza del previsto requisito di ammissione rispetto all'oggetto della gara.
E' illegittimo un bando di gara indetto da un comune per l'affidamento dei servizi di parcheggi pubblici senza custodia e di pulizia dei bagni pubblici ed il relativo disciplinare, nella parte in cui prescrivono quale requisito di ammissione alla procedura l'iscrizione all'albo dei soggetti abilitati all'attività di liquidazione ed accertamento dei tributi e delle entrate delle province e dei comuni istituito presso il ministero dell'economia e delle finanze. Va escluso, infatti, che, nel caso di specie, vi sia un'attività concernente l'accertamento, la liquidazione e la riscossione di entrate comunali, per la quale l'art. 52 del d.lgs. 15.12.1997 n. 446, richiede che, qualora non esercitata direttamente dall'ente locale, sia affidata a "soggetti iscritti all'albo di cui" al precedente art. 53.
Inoltre, il bando suddetto contravviene al divieto di cui all'art. 42, co. 3, del d.lgs. 12.04.2006 n. 163, secondo cui le richieste della stazione appaltante "non possono eccedere l'oggetto dell'appalto", stante l'inconferenza del previsto requisito di ammissione rispetto all'oggetto della gara, oltre che l'abnorme sproporzione rispetto alle finalità perseguite; requisito la cui prescrizione conseguentemente si traduce in una ingiustificata compressione della platea dei possibili concorrenti e, di qui, in un'altrettanto ingiustificata limitazione dell'interesse pubblico alla selezione della migliore offerta che il settore di mercato realmente interessato possa esprimere (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.12.2008 n. 6534 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIE' illegittimo il bando di gara che prevede termini di pagamento, decorrenza degli interessi moratori e saggio degli interessi diversi da quelli stabiliti negli artt. 4 e 5 del decreto legislativo n. 231/2002.
Nella fattispecie non può parlarsi di accordo, in quanto l’Amministrazione impone autoritativamente le condizioni relative ai termini di pagamento ed alle conseguenze del ritardo, talché cade il presupposto del convergere di due volontà per la formazione delle quali è necessaria l’indagine complessiva di cui al citato art. 7.
D’altra parte le amministrazioni resistenti affermano di avere inserito le clausole contrattuali in base a normativa statale (l. 833/1978) o regionale (L.r. Lazio n. 22/1989); ma al riguardo è agevole evidenziare come tali disposizioni risultino superate sia dalla normativa specifica comunitaria che da quella statale, peraltro successive, che disciplinano puntualmente la fattispecie (cfr. sul punto Cons. di Stato sez. V. 12.04.2005 n. 1638).
In definitiva la grave iniquità deriva dalla mancanza di qualsiasi giustificazione che renda costantemente e reiteratamente possibili termini di pagamento, decorrenza degli interessi moratori e saggio degli interessi diversi da quelli stabiliti negli artt. 4 e 5 del decreto legislativo n. 231/2002, la cui applicabilità alla fattispecie non è posta in discussione, e deriva dalla lettura degli artt. 1 e 2 dello stesso decreto e dalla costante giurisprudenza che ha ritenute applicabili alle pubbliche forniture il decreto L.gvo n. 231/2002 (oltre quelle citate cfr. anche Cons. di St. sez. V 30.08.2005 n. 3982).
Il ricorso deve essere accolto e considerarsi accertata la grave iniquità delle clausole generali di contratto inserite dalle strutture sanitarie intimate negli atti di gara per pubbliche forniture, con conseguente ordine di conformarsi a quanto previsto negli artt. 4 e 5 del decreto legislativo n. 231/2002 (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater, sentenza 22.12.2008 n. 12229 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICILa certificazione SOA è sufficiente a dimostrare l'adeguatezza tecnica e finanziaria dell'impresa che vuole partecipare ad una gara per l'affidamento di lavori pubblici.
E' illegittimo un bando di gara per l'affidamento di attività di manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti trasportatori: scale mobili, ascensori, nei fabbricati e nelle stazioni delle linee metroferroviarie nella parte in cui prescrive ai fini della partecipazione alla procedura ulteriori requisiti finanziari oltre a quelli previsti implicitamente con la richiesta di attestazione SOA. Infatti, la richiesta e la presentazione della certificazione SOA è necessaria, ma soprattutto sufficiente a dimostrare l'adeguatezza tecnica e finanziaria dell'impresa che vuole partecipare ad una gara per l'affidamento di lavori pubblici. L'art. 1, c. 3, del d.P.R. n. 34/2000, prevede espressamente che l'attestazione SOA "costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell'esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell'affidamento dei lavori pubblici". Pertanto, è illegittima nel caso di specie la richiesta da parte della stazione appaltante di ulteriori requisiti finanziari rispetto a quelli fissati dalla legge (TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 22.12.2008 n. 12218 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

ESPROPRIAZIONENon sussiste un obbligo, per la amministrazione che procede alla realizzazione di un’opera pubblica, di depositare, già al momento in cui sottopone il progetto per la approvazione definitiva e per la dichiarazione di pubblica utilità, l’elenco dei terreni soggetti ad occupazione temporanea finalizzata alla corretta esecuzione dei terreni.
Il piano particellare delle aree soggette ad occupazione temporanea non è elemento necessario per la valida approvazione del progetto definitivo e non sussiste l’obbligo di comunicare, ai proprietari delle aree medesime, l’avvio del procedimento finalizzato alla approvazione dell’opera pubblica o la avvenuta approvazione del progetto definitivo.

Allo stato attuale della legislazione, non si può affermare che sussista un obbligo, per la amministrazione che procede alla realizzazione di un’opera pubblica, di depositare, già al momento in cui sottopone il progetto per la approvazione definitiva e per la dichiarazione di pubblica utilità, l’elenco dei terreni soggetti ad occupazione temporanea finalizzata alla corretta esecuzione dei terreni.
Infatti, l’art. 16 d.p.r. 327/2001 statuisce che l’autorità espropriante, al fine di promuovere la adozione della dichiarazione di pubblica utilità, deve depositare, oltre agli elaborati progettuali, tutti gli atti utili e necessari a descrivere la natura e lo scopo delle opere da eseguire e “in ogni caso lo schema dell’atto di approvazione del progetto deve richiamare gli elaborati contenenti la descrizione dei terreni e degli edifici di cui é prevista l’espropriazione, con l’indicazione dell’estensione e dei confini, nonché possibilmente dei dati identificativi catastali e con il nome e cognome dei proprietari iscritti nei registri catastali” (art. 16 comma 2 d.p.r. 327/2001). Dalla norma citata si evince, dunque, che solo relativamente alle aree soggette a esproprio vi é l’obbligo di depositare l’elencazione dei terreni.
Tale impostazione trova conferma nell’art. l’art. 13 dell’allegato tecnico al codice dei contratti pubblici, approvato con D. L.vo 163/2006, il quale statuisce oggi, a differenza dell’art. 33 D.P.R. 554/1999, che “1. Il piano particellare degli espropri, degli asservimenti e delle interferenze con i servizi é redatto in base alle mappe catastali aggiornate, e comprende anche le espropriazioni e gli asservimenti necessari per gli attraversamenti e le deviazioni di strade e corsi d’acqua e le altre interferenze che richiedono espropriazioni. 2…….3. Il piano é corredato dall’elenco delle ditte che in catasto risultano proprietarie dell’immobile da espropriare e asservire, ed é corredato dalla indicazione di tutti i dati castali nonché delle superfici interessate”. Come si vede, dalla norma confluita nell’allegato tecnico al codice dei contratti pubblici, é stato espunto ogni riferimento alle aree soggette ad occupazione temporanea.
Si evidenzia, dunque, una chiara tendenza del legislatore ad alleggerire gli oneri a carico delle autorità esproprianti, tra l’altro anche mediante il venir meno degli obblighi correlati alla immediata individuazione delle c.d. aree di cantiere. Tale considerazione conferma che l’art. 16 d.p.r. 327/01 deve essere letto esattamente nel senso che impone, al fine della approvazione del progetto definitivo, solo il deposito del piano particellare delle aree ad espropriare, e non anche delle aree soggette ad occupazione temporanea.
Allo stesso modo gli artt. 16 e 17 d.p.r. 327/01 prevedono l’obbligo di dare comunicazione, rispettivamente dell’avvio del procedimento e della avvenuta approvazione del progetto definitivo, al “proprietario dell’area ove é prevista la realizzazione dell’opera”, locuzione questa che può ragionevolmente riferirsi solo al proprietario di aree da espropriare: ciò si desume chiaramente dagli artt. 16 comma 11 e 17 comma 3, i quali sottendono entrambi la qualità di soggetto ad espropriazione nel “proprietario dell’area “: nel primo caso, infatti, la norma facoltizza tale soggetto a “chiedere che l’espropriazione riguardi anche le frazioni residue dei suoi beni”, mentre nel secondo caso gli conferisce la possibilità di interloquire sul valore dell’area ai fini della determinazione della indennità di esproprio.
Si deve pertanto ritenere che il piano particellare delle aree soggette ad occupazione temporanea non sia elemento necessario per la valida approvazione del progetto definitivo e che, correlativamente non sussista l’obbligo di comunicare, ai proprietari delle aree medesime, l’avvio del procedimento finalizzato alla approvazione dell’opera pubblica o la avvenuta approvazione del progetto definitivo.
Peraltro, l’art. 49 d.p.r. 327/2001 statuisce che l’autorità espropriante può disporre l’occupazione temporanea di aree non soggette al procedimento espropriativo “se ciò risulta necessario per la corretta esecuzione dei lavori previsti”.
La norma limita quindi la discrezionalità della amministrazione procedente, statuendo che alla occupazione temporanea di aree si possa far luogo solo in caso di bisogno effettivo della cui ricorrenza l’Amministrazione procedente deve evidentemente –onde evitare che la disposizione in esame venga sistematicamente disapplicata- dare conto nella motivazione del provvedimento che dispone la occupazione temporanea. Si noti che l’art. 49, comma 1, d.p.r. 327/2001 legittima l’occupazione temporanea non in relazione ad una necessità qualsiasi, ma solo in relazione alla necessità di eseguire correttamente le opere. Si deve quindi ritenere, ad esempio, che un’area privata possa essere occupata temporaneamente per la necessità di collocarvi ponteggi o altri macchinari necessari per dar corso a opere collocate in prossimità del confine, ma non anche per disporre, in prossimità di un cantiere, di un deposito di materiali facilmente trasportabili. L’Amministrazione, in altre parole, deve organizzare i cantieri in modo da non arrecare alcun disturbo quantomeno a chi non sia soggetto ad espropriazione, e quindi il decreto che dispone l’occupazione temporanea deve essere motivato specificamente a dimostrazione della sussistenza delle ragioni che la legittimano.
Va preliminarmente rilevato che l’occupazione temporanea priva il proprietario, sia pur transitoriamente, del godimento dell’area, e quindi incide fortemente nella di lui sfera giuridica. E’ quindi essenziale, onde assicurare un effettivo ed equo contemperamento tra l’interesse pubblico e quello del privato che deve subìre l’occupazione temporanea, che tale indennizzo venga offerto, e quindi quantificato, contestualmente al decreto che dispone l’occupazione temporanea, allo stesso modo in cui l’indennità di esproprio deve essere offerta e quantificata con il decreto che dispone l’espropriazione o l’occupazione anticipata preordinata all’esproprio: in altre parole, il privato ha diritto a conoscere da subito l’esatto ammontare che gli viene offerto a titolo di indennizzo, onde essere messo in grado di valutare quali azioni intraprendere a tutela dei propri diritti (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 17.12.2008 n. 2891 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZILa stazione appaltante deve tener conto, ai fini della determinazione del corrispettivo dell'appalto, del costo del lavoro come indicato nelle tabelle ministeriali.
La Sezione anche in questa sede richiama l’orientamento del TAR Lombardia, secondo il quale la P.A. “nel procedere alla determinazione delle condizioni economiche da porre a base d’asta, è tenuta a garantire un livello idoneo a consentire il rispetto del costo del lavoro risultante dalla contrattazione collettiva di categoria, riferito alle imprese che esercitano ordinariamente l’attività che costituisce oggetto dell’appalto”, in quanto “l’obbligo di assicurare parità di condizioni a tutti i partecipanti, impedisce di allestire un bando di gara che lasci liberi i concorrenti di formulare l’offerta facendo riferimento ad un CCNL di propria scelta” (TAR Lombardia–Milano, Sez. III, 06.11.2006, n. 2102).
Opina il Collegio di dover far propria siffatta tesi rilevando che irrefutabile è il dato che le società cooperative, a norma della lex specialis, erano ammesse a partecipare alla gara. Ne deriva che l’Amministrazione doveva tenere nel debito conto il costo del lavoro stabilito dalla contrattazione collettiva applicabile alle cooperative, non potendo consentire al singolo partecipante, di scegliersi il contratto collettivo, per poi parametrare il costo minimo e quindi il prezzo a base di gara, sul costo della manodopera stabilito dal contratto collettivo prescelto dal singolo concorrente, come nella specie vorrebbe il Comune.
Siffatta opzione introdurrebbe nel settore delle pubbliche gara un quoziente di disomogeneità ed aleatorietà, finendo per alterare sensibilmente la par condicio.
Tanto più ove si consideri che nel caso all’esame il costo del lavoro prescritto dalla contrattazione per le cooperative sociali è anche vantaggioso per l’Amministrazione, posto che le cooperative sociali beneficiano delle agevolazioni fiscali stabilite dalla legge (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 11.12.2008 n. 3130 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: S. Lazzini, La facoltà delle stazioni appaltanti di richiedere nel bando di gara requisiti di partecipazione e di qualificazione ulteriori rispetto a quelli espressamente stabiliti dalla legge rientra nella piena discrezionalità dell’amministrazione con l’unico limite della propor-zionalità e della ragionevolezza.
In tema di dimostrazione dei requisiti speciali per un appalto di lavori inferiore ai 150.000 euro in assenza di certificazione SOA.
In ordine alla violazione e falsa applicazione dell’art. 28 del DPR 34/2000 va detto che, in effetti, l'articolo 28 del d.P.R. sulla qualificazione, invocato dalla ricorrente (relativo ai requisiti per lavori pubblici di importo pari o inferiore a 150.000 euro), esso si limita a richiedere -quale requisito tecnico-organizzativo- l'aver eseguito lavori nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando per un importo non inferiore a quello del contratto da stipulare, senza richiedere che tali pregressi lavori appartengano alla categoria o alle categorie di lavori oggetto di appalto, invece la previsione generale, di cui all’art. 18, del citato DPR, si esprime in modo da rendere di norma necessaria tale corrispondenza di categoria (v. art. 18 comma 5: “La adeguata idoneità tecnica è dimostrata: . . .b) dall'esecuzione di lavori, realizzati in ciascuna delle categorie oggetto della richiesta, di importo non inferiore al 90% di quello della classifica richiesta; l'importo è determinato secondo quanto previsto dall'articolo 22; c) dall'esecuzione di un singolo lavoro, in ogni singola categoria oggetto della richiesta, di importo non inferiore al 40% dell'importo della qualificazione richiesta, ovvero, in alternativa, di due lavori, nella stessa singola categoria, di importo complessivo non inferiore al 55% dell'importo della qualificazione richiesta, ovvero, in alternativa, di tre lavori, nella stessa singola categoria, di importo complessivo, non inferiore al 65% dell'importo della qualificazione richiesta; gli importi sono determinati secondo quanto previsto dall'articolo 22").
Ritiene, inoltre, il Collegio che la previsione di cui all’art. 28 dpr 34/2000 non si traduca in un divieto per le stazioni appaltanti di prevedere requisiti più specificamente miranti alla verifica della idoneità dell'impresa a svolgere i lavori oggetto dell'appalto e che, nella fattispecie, la previsione di cui al punto 11 del bando (che estende in sostanza la previsione generale di cui al citato articolo 18) non si ponga in termini di illogicità o palese sproporzione, dovendosi sotto tale profilo giudicare esente dalle censure di eccesso di potere in proposito sollevate (TAR Calabria-Reggio Calabria, sentenza 05.12.2008 n. 1618 - link a www.diritto.it).

APPALTI: Gara pubblica - Esclusione dell'offerta contenente indicazioni contrastanti - Legittimità anche in assenza di espressa comminatoria nel bando - Divieto dell'amministrazione di scegliere fra le varie interpretazioni - Violazione della par condicio.
L'obbligo di esclusione di un'offerta contenente una pluralità di indicazioni contrastanti deve essere disposto, anche in assenza di comminatoria di esclusione da parte della lex specialis in tal senso, atteso il generale divieto per l'amministrazione di scegliere una delle varie opzioni astrattamente possibili nell'offerta. Nel caso di specie è di tutta evidenza l'incertezza contenuta nell'offerta economica, nella parte relativa ai tempi di esecuzione, come dimostrato dalla circostanza che la stazione appaltante è intervenuta per ben tre volte sulla questione, adottando determinazioni differenti, proprio in considerazione delle potenziali pluralità di letture cui la stessa dava luogo. Oltre alle ragioni sottese all'interesse pubblico, depongono anche aspetti legati alla tutela della par condicio, quanto meno nei casi in cui tali operazioni interpretative vengono effettuate a buste aperte, con l'astratta possibilità di favorire, mediante l'adozione di un certo canone ermeneutica, un determinato concorrente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 03.12.2008 n. 5680).

APPALTI SERVIZI: 1. Servizi pubblici locali - Gara pubblica per l'affidamento del servizio - Ricorso al modello dell'in house - Eccezione.
2. Nomina del commissario ad acta - Caratteri dell'indipendenza e della terzietà - Natura di organo paragiurisdizionale.
3. Commissario ad acta - Fraintendimento del suo incarico - Diretta e immediata esecuzione del giudicato - Obbligo.

1. In tema di affidamento di servizi pubblici locali, il ricorso alla gara pubblica -ovvero l'integrale ricorso al mercato da parte dell'amministrazione nell'affidamento del servizio- deve essere la regola e di contro l'utilizzo di altri modelli di gestione (per quanto riguarda nel caso in esame, quello dell'in house) deve essere l'eccezione.
2. L'imparzialità dell'amministrazione, affermata sul piano generale dall'art. 97 della Cost., assume peraltro, nell'ipotesi di specie del commissario ad acta nominato dal giudice dell'ottemperanza, i crismi di una vera e propria terzietà ed indipendenza. Entrambi questi caratteri sono infatti mutuati dall'autorità che procede alla nomina e sono un portato della natura di organo paragiurisdizionale, ausiliario del giudice e non dell'amministrazione inadempiente, generalmente riconosciuta al commissario).
3. Il Commissario che, anziché provvedere personalmente e tempestivamente a compiere tutti gli atti necessari all'espletamento di una procedura ad evidenza pubblica, abbia invece delegato tale compito all'amministrazione soccombente e già sul punto inadempiente, ha frainteso il suo incarico, tanto nel metodo, quanto nel merito. Nel metodo, poiché , anziché dare immediata e diretta esecuzione al giudicato (o in via meramente subordinata, fornire prescrizioni puntuali e circostanziate), ha lasciato che tale compito fosse assolto dall'amministrazione comunale con assoluta libertà di manovra e secondo i suoi originali intendimenti; nel merito, perché l'incarico aveva ad oggetto l'esecuzione della sentenza secondo le indicazioni provenienti dalla stessa senza che fosse richiesta o consentita una propria interpretazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 03.12.2008 n. 5676).

APPALTI: Gli appalti pubblici dopo il D.Lgs. n. 152/2008: slide (ottobre/novembre 2008 - link a www.centrostudimarangoni.it).

APPALTI: 1. Aggiudicazione provvisoria - Mancata aggiudicazione definiva e revoca dell'aggiudicazione provvisoria - Domanda risarcitoria - Giurisdizione del giudice amministrativo.
2. Aggiudicazione provvisoria - Mancata aggiudicazione definiva e revoca dell'aggiudicazione provvisoria - Improvvisa e immotivata interruzione delle trattative negoziali - Diritto al risarcimento del danno.

1. Ha giurisdizione esclusiva il giudice amministrativo in ipotesi - come nella fattispecie in esame - in cui il ricorrente abbia proposto una domanda risarcitoria in conseguenza dalla revoca dell'aggiudicazione provvisoria e della mancata aggiudicazione definiva in virtù dell'intrecciarsi di posizioni di diritto soggettivo e di interesse legittimo (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 15.09.2005, n. 6).
2. L'amministrazione al pari di ogni soggetto privato, nello svolgimento della sua attività di ricerca del contraente, è tenuta a rispettare non soltanto le norme dettate a tutela dell'interesse pubblico (la cui violazione implica l'annullamento o la revoca dell'attività autoritativa) ma anche le norme di correttezza di cui all'art. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune (nel fattispecie il Collegio ha quindi condannato l'amministrazione al risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale avendo ingiustificatamente interrotto le trattative negoziali senza alcun preavviso) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 20.11.2008 n. 5481).

APPALTI: Dichiarazioni asseritamente non veritiere - Esclusione - Mancata impugnazione nei termini - Inammissibilità del successivo ricorso contenente domanda di risarcimento e di cancellazione dell'iscrizione della causa di esclusione presso il casellario informatico.
L'omessa impugnazione nei termini di legge del provvedimento di esclusione di un'impresa dalla procedura di gara per aver reso dichiarazioni non veritiere determina l'impossibilità per il giudice amministrativo, in sede di successivo ricorso tardivo, di disapplicare il provvedimento di esclusione che ha costituito motivo di iscrizione della causa di esclusione nel casellario informatico. La mancata impugnazione tempestiva ha infatti comportato la sostanziale acquiescenza nei confronti del provvedimento di esclusione; per tale ragione anche la domanda risarcitoria, del pari di quella di disapplicazione del provvedimento di esclusione, è dunque inammissibile (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.11.2008 n. 5474).

APPALTI: 1. Offerta economicamente più vantaggiosa - Art. 10, co. 2, L.R. lombardia n. 14/1997 - Interpretazione.
2. Bando di gara - Interesse all'impugnazione - Ove le disposizioni precludano la partecipazione o la formulazione di un'offerta in termini ragionevoli e logici.

1. In tema di aggiudicazione di pubblici appalti con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, l'art. 10 co. 2 della L.R. Lombardia n. 14/1997, laddove prevede che all'elemento prezzo deve "di norma" attribuirsi un peso non inferiore al 50% del punteggio, deve essere interpretato nel senso che compete all'amministrazione aggiudicatrice, di volta in volta, stabilire il peso di ciascuna componente dell'offerta e, dunque, il relativo punteggio per il prezzo e gli elementi qualitativi (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 04.09.2006, n. 5100).
2. Secondo giurisprudenza consolidata, sussiste l'interesse all'impugnazione del bando di gara e/o della lettera d'invito soltanto ove questi ultimi contengano prescrizioni tali da precludere la partecipazione alla procedura selettiva di scelta del pubblico contraente, ovvero non consentano ai potenziali concorrenti di formulare un'offerta in termini ragionevoli e logici, per tal via ingenerando scarso interesse alla partecipazione alla gara (cfr. ex multis: Cons. Stato, Ad. Plen., 29.01.2003, n. 1 e TAR Lombardia, Milano, sez. I, 13.11.2006, n. 2168) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.11.2008 n. 5472).

APPALTI: 1. Lex specialis del bando - Impugnabilità delle clausole che non consentono una valida formulazione dell'offerta - Impossibilità di determinare l'offerta su elementi certi - Illegittimità del bando - Violazione del principio di concorrenzialità.
2. Bando di gara - Possibilità di introdurre migliorie al progetto - Attribuzione di un punteggio aggiuntivo per le soluzioni migliorative.

1. Devono ritenersi immediatamente impugnabili le clausole di un bando illegittime che costringono il partecipante a formulare un offerta di contenuto diversa rispetto a quella che avrebbe potuto formulare in base ad una lex specialis legittima. Le valutazioni dell'offerente in ordine alla formulazione dell'offerta, infatti, sono influenzate in modo specifico e determinante dalle clausole della lex specialis, sicché l'illegittimità di tale disciplina comporta anche una violazione del principio di concorrenzialità, poiché è evidente che, sulla base della disciplina di gara, l'impresa esegue valutazioni tecniche ed economiche tese alla formulazione di un'offerta concorrenziale potenzialmente in grado di garantire l'aggiudicazione (Tar Lombardia, sez. III, 12.05.2004, n. 1684). L'immediata impugnazione delle clausole del bando deve ritenersi consentita quando le stesse clausole sono irragionevoli, tali da non consentire una valida formulazione dell'offerta, per essere da esse reso impossibile quel calcolo di convenienza economica che ogni impresa deve essere in grado di poter effettuare all'atto di valutare se partecipare o meno ad una gara pubblica. In tale ipotesi, l'onere di immediata impugnazione entro il termine decadenziale decorrente dalla loro conoscenza viene giustificato per l'obiettivo ostacolo che una clausola di tal genere pone alla formulazione dell'offerta sulla base di elementi prevedibili e non assolutamente aleatori (Tar Lazio, sez. II, 24.07.2006, n. 6295).
2. Nel caso in cui l'amministrazione abbia stimolato l'introduzione di varianti al progetto elaborato dal comune, deve ritenersi quanto mai opportuna, al fine di assicurare un criterio logico di comparazione dei vari progetti offerta presentati, la determinazione di procedere al confronto delle offerte con riferimento alla lista delle lavorazioni previste dal progetto comunale, attribuendo un punteggio aggiuntivo per le soluzioni migliorative ritenute effettivamente tali ed ammissibili dalla commissione, senza, correlativamente, penalizzare gli aumenti di prezzo che la realizzazione di tali migliorie avrebbe potuto comportare, essenzialmente in considerazione del carattere meramente eventuale e non attuale e necessario delle medesime soluzioni migliorative e dei relativi costi (CdS, 07.04.1995, n. 536) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.11.2008 n. 5471).

LAVORI PUBBLICI: Project financing - Procedura ex art. 37-bis l. 109/1994 - Possibilità per la stazione appaltante di chiedere alcune precisazioni su elementi oggetto della proposta - Sussiste.
E' legittimo l'operato della stazione appaltante che in una procedura di valutazione della proposta di project financing richieda al soggetto offerente una serie di precisazioni su elementi già presenti nella documentazione che ha formato oggetto della proposta.
Tale interpretazione, fedele al dettato letterale dell'art. 37-bis co. 2-ter della l. n. 109/1994, è fatta propria dalla giurisprudenza maggioritaria che espressamente riconosce l'esercizio di tale facoltà con una certa ampiezza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10.11.2005, n. 6287 e Autorità lavori pubblici, determinazione del 04.10.2001, n. 20) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.11.2008 n. 5468).

APPALTIRisultano inammissibili, per intervenuta acquiescenza, le censure proposte con il ricorso giurisdizionale da un partecipante ad una gara a trattativa privata, nel caso in cui il ricorrente, da un lato, abbia posto a base di tali censure la contestazione dell’utilizzo di un siffatto strumento di selezione del contraente, per difetto di condizioni legittimanti la scelta del tipo di gara, e, dall’altro, lo stesso partecipante dichiari di avere presentato domanda di partecipazione alla gara in questione, evidenziando, chiaramente ed univocamente, la volontà di accettare la tipologia di gara prescelta dall’Amministrazione procedente.
Il sindacato giurisdizionale esperibile in ordine agli apprezzamenti tecnico-discrezionali effettuati dalla Commissione di gara in sede di valutazione comparativa delle offerte non può che limitarsi alla verifica della sussistenza o meno di indici sintomatici di non corretto esercizio del potere discrezionale, sub specie di difetto di motivazione, illogicità manifesta, erroneità dei presupposti di fatto, incoerenza della procedura valutativa e dei relativi esiti.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, risultano inammissibili, per intervenuta acquiescenza, le censure proposte con il ricorso giurisdizionale da un partecipante ad una gara a trattativa privata, nel caso in cui il ricorrente, da un lato, abbia posto a base di tali censure la contestazione dell’utilizzo di un siffatto strumento di selezione del contraente, per difetto di condizioni legittimanti la scelta del tipo di gara, e, dall’altro, lo stesso partecipante dichiari di avere presentato domanda di partecipazione alla gara in questione, evidenziando, chiaramente ed univocamente, la volontà di accettare la tipologia di gara prescelta dall’Amministrazione procedente (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 09.10.2003, n. 6072).
Il sindacato giurisdizionale esperibile in ordine agli apprezzamenti tecnico-discrezionali effettuati dalla Commissione di gara in sede di valutazione comparativa delle offerte non può che limitarsi alla verifica della sussistenza o meno di indici sintomatici di non corretto esercizio del potere discrezionale, sub specie di difetto di motivazione, illogicità manifesta, erroneità dei presupposti di fatto, incoerenza della procedura valutativa e dei relativi esiti (C.d.S., Sez. V, 12.10.2004, n. 6566) (TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 19.11.2008 n. 5442 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIProcedura evidenza pubblica - Nuova procedura - Revoca precedente gara.
Nelle procedure ad evidenza pubblica il venir meno dell'aggiudicazione, per decisione giurisdizionale o in via di autotutela, restituisce all'amministrazione la piena potestà di diritto pubblico di determinarsi nel modo che ravvisa più opportuno per la cura del pubblico interesse e, pertanto, anche di non avvalersi degli atti legittimi della procedura espletata e di revocare gli atti che vi hanno dato luogo; di conseguenza, è legittimo il provvedimento con cui l'amministrazione, a seguito della revoca della precedente gara, abbia ritenuto opportuno rinnovare integralmente la procedura ricorrendo a un diverso criterio di scelta del contraente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 19.11.2008 n. 5450 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: S. Lazzini, Attenzione alla differenza fra requisiti di ordine morale e requisiti di ordine speciale (il cui mancato possesso presuppone l’escussione della cauzione provvisoria).
La regolarità del pagamento delle imposte e tasse non è un requisito di ordine speciale per il quale va fatto il sorteggio di cui all’articolo 48 del codice dei contratti.
Il “certificato rilasciato dalla competente Agenzia delle Entrate, attestante la posizione di regolarità con il pagamento delle imposte e tasse secondo la legislazione italiana” serve a comprovare un requisito di ordine generale e di idoneità morale (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 13.11.2008 n. 2593 - link a www.diritto.it).

LAVORI PUBBLICIAppalto di lavoro - Somministrazione di manodopera - Nozione e differenze - Mancanza di conferimento dei mezzi - Ammissibilità.
Può sussistere appalto di lavoro per i servizi ai sensi dell'art. 29 comma 1 del Dlgs. 276/2003 anche in mancanza di conferimento di mezzi: l'appalto di lavoro si caratterizza, in effetti, per l'organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio dedotti in contratto, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa. Gli elementi necessari perché vi sia appalto di lavoro sono quindi l'organizzazione dei mezzi e l'assunzione del rischio di impresa.
L'organizzazione dei mezzi non coincide con il diretto e personale conferimento delle attrezzature destinate al servizio ma principalmente con l'assunzione e la direzione degli operatori impiegati (in base al comma 3-bis dell'art. 29 del Dlgs. 276/2003 qualora vi fosse interposizione fittizia i lavoratori interessati potrebbero chiedere al giudice ordinario la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze al soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione lavorativa).
I mezzi materiali possono essere perciò forniti anche dal soggetto che riceve il servizio, purché la responsabilità del loro utilizzo rimanga in capo all'appaltatore e purché attraverso la fornitura di tali mezzi non sia invertito il rischio di impresa, che deve in ogni caso gravare sull'appaltato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 13.11.2008 n. 1627 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: OGGETTO: Quesito concernente l’applicazione dell’art. 10, comma 6, della legge 05.02.1992, n. 104.
Il Comune -con richiesta di parere inoltrata al Servizio attività istituzionali, legislative e legali e da questo trasmessa, per competenza, allo scrivente Servizio Governo del territorio- chiede “di esprimersi in merito all’applicazione dell’articolo 10, comma 6, della L. 104/1992” di cui riporta il testo e, in particolare, se il termine “immobile” utilizzato dalla norma “si riferisce ad edifici esistenti ed aree libere o soltanto ad edifici esistenti” e se sia da considerarsi legittima la variante urbanistica automatica che essa prevede “alla luce della recente sentenza (Corte Cost. n. 401 del 23/11/2007) che ha sostanzialmente dichiarato illegittima la norma prevista dall’art. 98, comma 2, del Dlgs. n. 163/2006 la quale prevede l’approvazione di progetti definitivi e la contestuale variante allo strumento urbanistico da parte del Consiglio comunale per gli interventi infrastrutturali viari” (Regione Marche, parere 13.11.2008 n. 101/2008).

APPALTI: Le gare di appalto sono governate anche da alcuni principi generali, i quali operano a prescindere dall’espresso richiamo contenuto nel bando di gara.
Sulla
sussistenza di forme di "collegamento sostanziale" tra le imprese partecipanti alla medesima procedura, anch'esse ritenute idonee a violare i principi di segretezza e, come tali, cause di esclusione dagli appalti.
La giurisprudenza ha chiarito che le gare di appalto sono governate anche da alcuni principi generali, i quali operano a prescindere dall’espresso richiamo contenuto nel bando di gara; fra questi principi, viene in evidenza quello di segretezza delle offerte, funzionale ad evitare che alcune imprese possano formulare la propria offerta dopo aver conosciute le altre offerte oppure che più imprese, facenti capo agli stessi centri decisionali, possano accordarsi fra loro per fare in modo che l’appalto sia aggiudicato a condizioni sfavorevoli per la P.A. (cfr. tra le tante TAR Puglia - Lecce, sez. II, 25.10.2005 n. 4618).
Del resto, l’art. 10, comma 1-bis, della legge 1994 n. 109, nel prevedere l’esclusione delle imprese tra le quali esista una situazione di controllo, detta una regola espressiva del principio generale della segretezza e della par condicio, impedendo la partecipazione alle gare di concorrenti tra i quali sussistano legami tali da consentire la reciproca conoscenza delle offerte.
Proprio la circostanza che la norma in esame esprima un principio generale ne consente l’applicazione anche nelle procedure di gara non relative a lavori, ma ad appalti di altro tipo, come nel caso di specie.
Invero, la giurisprudenza ritiene che la disciplina degli appalti di servizi e forniture è suscettibile di essere integrata in via analogica con le norme della legge 1994 n. 109, che siano espressive di principi generali (cfr. in proposito a mero titolo esemplificativo, Consiglio di stato, sez. VI, 20.12.2004, n. 8145; Consiglio di Stato, sez. VI - sentenza 13.06.2005 n. 3089 – dove si precisa che l’art. 10, comma 1-bis, è una norma di ordine pubblico - TAR Sardegna Cagliari, sez. I, 15.05.2007, n. 904; TAR Lazio Roma, sez. I, 01.09.2004, n. 8229; TAR Marche Ancona, 28.10.2003, n. 1281; TAR Veneto Venezia, sez. I, 08.11.2006, n. 3738), precisando poi che l’art. 10, comma 1-bis, della legge 1994 n. 109 deve essere interpretato in modo estensivo, proprio al fine di garantire la segretezza nelle gare d’appalto.
Ne deriva che “il collegamento fra le imprese che osta alla loro partecipazione alle gare non è solo quello previsto dall'art. 2359 c.c. richiamato dall'art. 10, comma 1-bis, della legge n. 109/1994, atteso che la previsione della norma civilistica si basa su una presunzione che non può escludere la sussistenza di altre ipotesi di collegamento o controllo societario atte ad alterare le gare di appalto” (cfr. ex plurimis C.d.S., sez. V, 22.04.2004 n. 2317).
Di conseguenza, non sussiste “alcun dubbio sulla rilevanza del collegamento c.d. "sostanziale" ai fini dell'escludibilità delle imprese, anche al di là della testuale previsione dell'art. 2359 cod. civ. per l'esigenza di garantire il costante rispetto in sede di gara della segretezza e della par condicio" (cfr. Consiglio di Giustizia Amministrativa, sez. Giurisdizionale, 06.05.2008 n. 412; C.d.S., sez. VI, 14.06.2006, n. 3500).
In altre parole, seppure l’art. 10, comma 1-bis, legge n. 109 del 1994 si limita a richiamare solo l'ipotesi delle «società controllate» prevista e disciplinata dall'art. 2359 Cod. civ. al fine di disporre la necessaria e automatica esclusione delle offerte dalla gara, tuttavia la giurisprudenza è venuta valorizzando, accanto al "controllo" previsto dalla richiamata disposizione, anche la sussistenza di forme di "collegamento sostanziale" tra le imprese partecipanti alla medesima procedura, anch'esse ritenute idonee a violare i principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio posti a garanzia della correttezza della procedura. In tal senso è da condividere l'orientamento giurisprudenziale favorevole alla possibilità di individuare ipotesi di collegamento sostanziale tra imprese, diverse da quelle indicate dal citato art. 10, comma 1-bis, legge n. 109 del 1994 e ciò nondimeno idonee a giustificare l'esclusione dalle relative gare (cfr. C.d.S., sez. VI, 07.02.2002 n. 685; C.d.S., sez. V, 15.02.2002 n. 923; C.d.S., sez. IV, 27.12.2001 n. 6424; TAR Lombardia Milano, sez. III, 13.12.2006, n. 2933).
Si tratta di ipotesi in cui l’esclusione si correla alla riconducibilità di due o più imprese partecipanti alla gara ad un unico centro di interessi sulla base di elementi oggettivi e concordanti tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei principi di segretezza, di par condicio e di serietà delle offerte (cfr. C.d.S., sez. V, 01.02.2002, n. 3601; C.d.S., sez. V, 26.06.2001 n. 6372; C.d.S., sez. VI, 23.06.2006, n. 4012; Tar Lazio - Roma, sez. III-bis, 30.03.2004 n. 2955; TAR Lazio Roma, sez. III, 08.05.2007, n. 4096) (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 04.11.2008 n. 2739 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Per l'informazione "antimafia" sono sufficienti elementi indiziari.
La riduzione del potere discrezionale riconosciuto alla stazione appaltante in presenza di informative antimafia a carattere interdittivo deriva dall’esigenza di tutelare in via preferenziale la trasparenza e l’immunità del settore dei pubblici appalti rispetto a possibili fenomeni invasivi da parte della criminalità organizzata. È questo il principio in base al quale il TAR Campania ha rigettato il ricorso elevato avverso un’informativa prefettizia a carattere “interdittivo”, resa ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 490/1994, con la quale era stato segnalato il pericolo di condizionamento mafioso di un operatore economico cui era stata affidata la realizzazione di alcuni lavori pubblici (TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 22.10.2008 n. 19674 - link a www.altalex.com).

LAVORI PUBBLICI: Il progetto definitivo non è suscettibile di modificazione in sede di progetto esecutivo in quelle parti che determinano il concreto assetto del territorio.
E’ stato affermato che il progetto definitivo “contenendo la dichiarazione di p.u., indifferibilità ed urgenza, imprime al bene privato (previa, si ricordi, la necessaria comunicazione dell’avvio del relativo procedimento nei confronti del proprietario dell’area interessata) quella particolare qualità, che lo rende assoggettabile alla procedura espropriativa (v. Cons. St., sez. IV, 06.06.2001, n. 3033 e 13.12.2001, n. 6238);  …la veduta, specifica, clausola legislativa (di cui all’art. 14, comma 13 della legge 11.02.1994, n. 109) –prosegue la motivazione- che disciplina l’approvazione del progetto definitivo conferendole gli effetti propri di quanto già previsto dall’art. 1 della legge 03.01.1978, n. 1, implica che l’assetto del territorio debba ritenersi definitivamente conformato alla stregua di quanto previsto nello stesso progetto (cosicché nessuna variazione di tale assetto può poi conseguire dalla successiva approvazione del progetto esecutivo: v. Cons. St., sez. V, 08.10.2002, n. 5301)”.
La decisione, in altri termini, e condivisibilmente, ha affermato che il progetto definitivo non è suscettibile di modificazione in sede di progetto esecutivo in quelle parti che determinano il concreto assetto del territorio: (salve, naturalmente, le eventuali, successive, puntualizzazioni dell’òpera, cui è specificamente finalizzato il progetto esecutivo medesimo. E ciò, in particolare, -è stato asserito- per quanto concerne la concreta definizione delle opere da realizzare e delle aree all’uopo necessarie; sì che nella fase successiva non saranno poi introducibili mutamenti della localizzazione dell’opera, tali da incidere sulle posizioni degli interessati in maniera diversa da quanto non abbia già previsto il progetto definitivo (v. Tribunale sup.re acque, 04.03.2002, n. 27).
In adesione alle richiamate proposizioni è possibile affermare che in sede di progetto esecutivo è precluso introdurre quelle modificazioni al progetto definitivo che mutino il tipo di opera dallo stesso approvata, o incidano su soggetti diversi da quelli già contemplati o aggravino il pregiudizio imposto ai privati coinvolti nei loro beni dall’opera pubblica; ciò vuol dire che il progetto definitivo non è un documento cristallizzato ed assolutamente immodificabile, ben potendo sopportare tutte quelle variazioni che incrementino l’efficienza dell’opera o ne riducano i costi in termini di sacrificio di valori giuridici protetti dall’ordinamento.
La giurisprudenza ha infatti riconosciuto che “è consuetudine che, in sede autorizzativa, l’Amministrazione detti alcune prescrizioni da porre in essere in fase esecutiva, senza che per questo il progetto perda le sue caratteristiche di progetto definitivo.
Realizzare un’opera pubblica di particolare complessità …necessita inevitabilmente di ottimizzazioni che non possono che interessare la fase esecutiva e che, in sede di autorizzazione, non possono che essere contemplate per mezzo di prescrizioni la cui effettiva esecuzione potrà essere garantita, come nel caso di specie, per mezzo del collaudo e del monitoraggio “(Cons. St., Sez. IV, 03.05.2005 n. 2136)
” (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 17.10.2008 n. 5093 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIGara - Seduta di apertura delle buste - Principio di pubblicità - Necessità - Mancata comunicazione - Non è sanabile.
Il principio di pubblicità delle operazioni di gara deve necessariamente connotare la seduta fissata per l'apertura delle buste contenenti le offerte dei partecipanti alla gara stessa. Di conseguenza è obbligo del seggio di gara garantire ai concorrenti l'effettiva possibilità di presenziare allo svolgimento delle operazioni di apertura dei plichi pervenuti alla stazione appaltante. Tale effettiva possibilità di partecipazione alla seduta del seggio di gara costituisce garanzia posta a tutela, nel contempo, dell'interesse pubblico e di quello dei singoli partecipanti, i quali devono poter assistere direttamente allo svolgimento delle operazioni di verifica dell'integrità dei plichi ed all'identificazione del loro contenuto, e ciò a conferma della serietà della procedura concorsuale, ne consegue che, anche in assenza di specifiche previsioni della lex specialis, la violazione del principio di pubblicità indotta dalla mancata comunicazione ad uno o più concorrenti della data di svolgimento delle operazioni di apertura dei plichi contenenti le offerte costituisce vizio insanabile della procedura, il quale si ripercuote sul provvedimento finale di aggiudicazione, invalidandolo, anche ove non sia comprovata l'effettiva lesione sofferta dai concorrenti, trattandosi, come si è detto, di adempimento posto a tutela non solo della parità di trattamento tra gli stessi, ma anche dell'interesse pubblico alla trasparenza ed all'imparzialità dell'azione amministrativa, le cui conseguenze negative sono difficilmente apprezzabili ex post (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 16.10.2008 n. 1329).

APPALTIIn caso di partecipazione a gara d’appalto la sottoscrizione a margine non equivale a quella in calce, il che comporta l'esclusione dalla gara.
La giurisprudenza, lungi dall’attestarsi in materia su una posizione di rigido formalismo, è incline a ritenere che, al di là delle modalità concretamente utilizzate, ciò che conta è il raggiungimento dello scopo presidiato dalla sanzione di esclusione, sicché se questo comunque si realizza l’esclusione si traduce in una misura priva di significato.
Correttamente, dunque, la sentenza (del TAR adito) ha indagato per verificare se in presenza di una dichiarazione sottoscritta a margine di ogni suo foglio si potesse dire che il concorrente, anche in mancanza di una formale sottoscrizione, aveva comunque reso la sottoscrizione imposta dal bando e dalla disciplina di riferimento.
L’errore della sentenza (del TAR) non risiede, quindi, nell’approccio metodologico alla questione ma nella sua concreta soluzione. Ad avviso del Collegio, infatti, l’errore sta nell’aver considerato equipollente ad una sottoscrizione in calce una sottoscrizione a margine di tutti i fogli. In un tale caso, invero, non si può escludere che manchi la consapevolezza dell’impegno in capo all’autore della sottoscrizione e non si può neppure escludere che le sottoscrizioni seriali siano state apposte su fogli in bianco prima della loro compilazione.
Tanto basta all’accoglimento dell’appello giacché se è vero, come detto, che per condurre all’esclusione il mancato adempimento alle clausole di gara deve realmente sussistere (o, il che è lo stesso, non deve risultare surrogato da altri adempimenti), è anche certo che, per poter impedire l’esclusione, l’equipollenza dell’adempimento reso rispetto a quello omesso deve risultare in maniera oggettiva e univoca e, quindi, non suscettibile di opposte interpretazioni (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.10.2008 n. 4959 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: S. Lazzini, Non è consentito all’impresa cessionaria l’automatico subentro nei contratti stipulati dall’impresa cedente ancorché non abbiano carattere personale.
Cessione intera di Azienda, è vero che automaticamente l’impresa acquirente subentra anche nei contratti pubblici in essere? O invece è corretto che la Stazione appaltante rescinda dal proprio obbligo e aggiudichi l’appalto ad altra impresa, in osservanza del capitolato speciale, che stabilisce il divieto di cessione del contratto?
La società cessionaria di azienda non può subentrare automaticamente nella posizione della società cedente, per le caratteristiche di infungibilità del contraente in quanto individuato attraverso un procedimento concorsuale di tipo garantistico, volto a selezionare, attraverso l’ampia partecipazione delle imprese interessate, il soggetto più qualificato sulla base dei requisiti soggettivi ed oggettivi posseduti.
Da ciò la corretta interpretazione dell’art. 32 del capitolato, il cui contenuto, preclusivo di ogni tipo di cessione, è desumibile, oltretutto, anche dal suo contenuto letterale, (divieto di cessione da parte della ditta aggiudicataria “neanche parzialmente”), espressione che preclude ogni interpretazione che lasci spazio a qualsivoglia autonomo effetto traslativo della posizione contrattuale.
Non rileva, infine, l’asserito vizio di difetto di partecipazione, in quanto il richiamato divieto di effetti traslativi del contratto preclude la necessità di qualsivoglia obbligo partecipativo in favore dell’appellante in ordine all’ulteriore affidamento del servizio nei confronti di altra società (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.10.2008 n. 4865 - link a www.diritto.it).

APPALTI: S. Lazzini, E’ consentita la richiesta di sottoscrizione per accettazione del capitolato speciale, da parte dei legali rappresentanti di tutte le imprese raggruppate,con la previsione dell’obbligo di provvedere alla sottoscrizione di ogni pagina in aggiunta alla sottoscrizione in calce ed in calce ai sensi dell’art. 1341, capoverso, c.c.(cd clausole vessatorie).
E’ illegittima l’ammissione alla procedura di un raggruppamento, constando in atti che la sottoscrizione delle singole pagine del capitolato speciale è stata effettuata esclusivamente dall’impresa capogruppo del raggruppamento costituendo mentre le mandanti hanno provveduto alle sole sottoscrizioni in calce che si è visto essere inidonee a rispettare la lettera delle regole di gara ed a soddisfare la ratio che le anima?

Il raggruppamento andava escluso: la Sezione reputa quindi fondato il motivo di ricorso incidentale con il quale si lamenta la violazione da parte della ricorrente principale, delle prescrizioni recate dalla disciplina di gara che impongono la sottoscrizione del capitolato speciale di appalto per accettazione, da parte di ogni impresa facente parte di un raggruppamento temporaneo, in ogni pagina, in calce nonché in calce ai sensi dell’art. 1341 del codice civile.
La Sezione osserva infatti che l’obbligo, a pena di esclusione, della sottoscrizione in ogni pagina del capitolato da parte di tutte le imprese facenti pari del raggruppamento è, in termini non equivoci, desumibile dal combinato disposto del par. 4, punto V, del disciplinare, che sanziona con la non ammissione la mancata sottoscrizione del capitolato, e del par. 1, punto A2, dello stesso disciplinare, ove, in sede di declinazione delle modalità di presentazione delle offerte, si stabiliscono le modalità di sottoscrizione per accettazione da parte dei legali rappresentanti di tutte le imprese raggruppate con la previsione dell’obbligo di provvedere alla sottoscrizione di ogni pagina in aggiunta alla sottoscrizione in calce ed il calce ai sensi dell’art. 1341, capoverso, c.c.. [In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità (1229), facoltà di recedere dal contratto (1373) o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze (2964 e seguenti), limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni (1462), restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi (1379, 2557, 2596), tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie (Cod. Proc. Civ. 808) o deroghe (Cod. Proc. Civ. 6) alla competenza dell'autorità giudiziaria] (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.10.2008 n. 4862 - link a www.diritto.it).

LAVORI PUBBLICISindaci fuori strada - Niente manutenzione? C’è lesione. Cassazione sulle responsabilità per i danni a persone.
La Cassazione responsabilizza le amministrazioni locali e chiede maggiore attenzione sulla sicurezza nelle strade comunali. Rischiano infatti una condanna
per lesioni colpose, nel caso qualche cittadino si sia ferito su una strada priva di
manutenzione, il sindaco e il responsabile dell’ufficio tecnico dell’ente locale che non fanno niente per verificare la situazione.
Non che «debbano effettuare ronde» ma «è sicuramente doveroso il loro attivarsi per avere attraverso le varie articolazioni operative dei competenti uffici, le informazioni necessarie sullo stato delle strade comunali nonché per adottare i provvedimenti organizzativi specifici per l’eliminazione dei pericoli».
Il monito dei giudici di «Piazza Cavour» è contenuto nella sentenza 23.09.2008 n. 36475.
In particolare la quarta sezione penale ha respinto il ricorso presentato dall’allora sindaco di Taormina (con delega ai lavori pubblici) e dall’allora responsabile dell’ufficio tecnico comunale che erano stati condannati, prima dal
giudice di pace e poi dal tribunale di Messina, per lesioni personali colpose (in concorso fra loro) dal momento che nel centro della cittadina siciliana una signora era inciampata «su un dislivello privo di segnalazione» davanti a un negozio.
Contro questa condanna i due hanno fatto ricorso in Cassazione, ma hanno perso: la quarta sezione penale ha infatti condiviso la sentenza del tribunale, perché, ha scritto, «correttamente i giudici di merito hanno ritenuto di affermare la responsabilità dei due imputati per causa della loro qualità».
Non basta. Con una sentenza importante sotto tanti profili, non ultimo forse la prima o una delle pochissime a responsabilizzare le amministrazioni locali sulla manutenzione delle strade, è stato anche precisato che «la posizione di garanzia che il sindaco e il responsabile dell’ufficio tecnico del comune assumono sulla base di una generale norma di diligenza che impone agli organi dell’amministrazione comunale, rappresentativi o tecnici che siano, di vigilare nell’ambito delle rispettive competenze per evitare situazioni di pericolo ai cittadini, situazioni di pericolo derivanti dalla non adeguata manutenzione e dal non adeguato controllo dello stato delle strade comunali».
Fra l’altro all’interno del «Palazzaccio» la decisione non ha trovato il favore di tutti.
Infatti la procura generale ha sollecitato un annullamento e non una conferma della decisione con la quale il primo cittadino era stato condannato (articolo ItaliaOggi del 24.09.2008, pag. 39).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: S. Lazzini, A sua discrezione la stazione appaltante può scegliere fra il prezzo più basso e l’offerta economicamente più vantaggiosa: devono sempre però essere rispettata la realizzazione di una effettiva concorrenza tra i partecipanti alle gare pubbliche, giusta l’evoluzione della giurisprudenza comunitaria.
Se una Stazione appaltante decide, per un appalto da affidarsi con il criterio del prezzo più basso, di affidare comunque l’aggiudicazione ad un’apposita Commissione, valgono comunque le norme di cui all’articolo 84 del Codice dei contratti pubblici (che invero si occupa degli appalti da affidare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa)?

Appare consequenziale che solo all’esercizio della discrezionalità tecnica valutativa propria del sistema della “offerta economicamente più vantaggiosa” deve ritenersi correlata la prescrizione cautelativa del comma 10 dell’art. 84 cost. in ordine alla costituzione della Commissione dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte, non configurandosi tale esigenza per il sistema del “prezzo più basso” in ragione della rilevata automaticità della scelta, che rende indifferente, ai fini della regolarità della procedura concorsuale, il momento di nomina della Commissione giudicatrice, ferma restando la necessaria applicazione dei principi generali di buon andamento e imparzialità dell’attività della Commissione e di indulgenza dei componenti della stessa.
La precitata disposizione dell’articolo 84, comma 10, deve essere quindi riferita esclusivamente allo specifico sistema di gara e non può, in ragione della sua specificità e della conseguente sua natura di stretta interpretazione, assumere valenza di principio generale in materia. Né il fatto che l’Amministrazione abbia ritenuto di nominare una Commissione giudicatrice –pur non essendo nella specie a ciò tenuta– comporta, ex se, la consequenziale applicazione della disciplina introdotta dalla speciale procedura postulata dall’articolo 84, operando implicitamente i soli canoni generali di regolazione dei procedimenti concorsuali  (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 23.09.2008 n. 4613 - link a www.diritto.it).

LAVORI PUBBLICI: S. Lazzini, In caso di falsi certificati di lavori, e’ inevitabile l’invalidità dell’attestazione SOA, a prescindere dall’accertamento delle responsabilità eventualmente sussistenti al riguardo.
E’ l’irrilevanza l’eventuale estraneità dell’impresa alla falsificazione dei documenti al fine di scongiurare l’annullamento della certificazione Soa l’impresa ha diritto a riqualificarsi?

la falsa dichiarazione (o certificazione) ricadente sui requisiti per il conseguimento dell’attestazione di qualificazione è un fatto di tale gravità da essere di per sé ostativo all’ottenimento (o mantenimento) dell’attestazione. Pertanto, nell’ambito del procedimento di controllo ex art. 14 del D.P.R. n. 34/2000, sono irrilevanti eventuali deduzioni delle imprese tese a sostenere l’ininfluenza dei certificati lavori non confermati dai soggetti emittenti nonché, in ogni caso, l’estraneità all’alterazione dei certificati stessi. Infatti, ciò che rileva nel procedimento di controllo de quo, è il fatto oggettivo della falsità dei documenti sulla base dei quali è stata conseguita la qualificazione, indipendentemente dal numero e dalla entità dei falsi e da ogni ricerca sulla imputabilità soggettiva dell’alterazione.
Invero, l’attestazione deve basarsi su documenti autentici e non può rimanere in vita se basata su atti falsi, quali che siano i soggetti che hanno dato causa alla falsità; in tali circostanze l’attestazione va, dunque, annullata la non imputabilità della falsità all’impresa che ha conseguito l’attestazione, se non rileva ai fini del mantenimento dell’attestazione stessa comunque oggettivamente invalida per falsità dei presupposti, acquista invece rilevanza ai fini del rilascio di una nuova attestazione, in quanto “in caso di falso non imputabile, ai sensi dell’art. 17, lett. m), D.P.R. n. 34 del 2000, sussisterà il requisito di ordine generale di non aver reso false dichiarazioni circa il possesso dei requisiti richiesti per l'ammissione agli appalti e per il conseguimento dell'attestazione di qualificazione” (TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 16.09.2008 n. 8349 - link a www.diritto.it).

APPALTI: S. Lazzini, Risulta doverosa l’esclusione di un’impresa la cui offerta è pervenuta in una scatola il cui lato sottostante si presenta chiuso mediante intersecazione dei lembi di cartone della scatola stessa, per cui la confezione è praticamente aperta?
A fronte della prescrizione di gara secondo la quale “Per essere ammessa a gara la concorrente dovrà presentare all’indirizzo e nei termini innanzi indicati un plico ermeticamente sigillato con ceralacca e firmato sui lembi di chiusura” risulta doverosa l’esclusione dell’impresa in quanto "i lembi sottostanti della scatola, non essendo stati preincollati in sede di fabbricazione ma semplicemente sovrapposti per intersecazione, devono essere riguardati come lembi ancora aperti, da richiudere mediante sigillatura a cura del concorrente" in adesione al consolidato orientamento giurisprudenziale, che in materia di contratti della pubblica amministrazione, per lembi di chiusura di un plico devono intendersi i lembi ancora aperti, che vanno ad aggiungersi a quelli (eventualmente) già chiusi dal fabbricante del plico stesso mediante operazione di preincollatura (TAR Campania-Napoli, Sez. III, sentenza 12.09.2008 n. 10097 - link a www.diritto.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: S. Lazzini, Aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa: è più corretto fare riferimento alla “offerta maggiore”, e non all’incremento maggiore.
Anche ammettendo che l’art. 83, comma 5, del D. Lgs. n. 163/2006 lasci libertà alle stazioni appaltanti di stabilire il criterio di valutazione dell’offerta economica, in conformità con quanto previsto dal considerando 46 della Dir. n. 2004/18/CE, va rilevato che in una gara in cui il prezzo a base d’asta non è elevato (54.000,00 Euro) risulta più ragionevole un metodo di calcolo del punteggio per l’offerta economica che non comporti una posizione eccessivamente recessiva della valutazione del progetto tecnico: il metodo utilizzato dalla commissione comporta rilevanti differenze di punteggio a fronte di non rilevanti differenze di prezzo ed, in presenza di una disposizione di non chiara lettura, è preferibile optare per una interpretazione che conduce ad un criterio di valutazione più ragionevole e maggiormente conforme alle richiamate norme di legge (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11.09.2008 n. 4348 - link a www.diritto.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, offerta economica e tecnica.
Anche ammettendo che l’art. 83, comma 5, del D.Lgs. n. 163/2006 lasci libertà alle stazioni appaltanti di stabilire il criterio di valutazione dell’offerta economica, in conformità con quanto previsto dal considerando 46 della Dir. n. 2004/18/CE, va rilevato che in una gara in cui il prezzo a base d’asta non è elevato (54.000,00 Euro) risulta più ragionevole un metodo di calcolo del punteggio per l’offerta economica che non comporti una posizione eccessivamente recessiva della valutazione del progetto tecnico.
Come dimostrato dagli esempi illustrati dalla ricorrente di primo grado, il metodo utilizzato dalla commissione comporta rilevanti differenze di punteggio a fronte di non rilevanti differenze di prezzo ed, in presenza di una disposizione di non chiara lettura, è preferibile optare per una interpretazione che conduce ad un criterio di valutazione più ragionevole e maggiormente conforme alle richiamate norme di legge, oltre che al dato testuale del punto 1 del citato art. 7
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11.09.2008 n. 4348 - link a www.altalex.com).

APPALTI: S. Lazzini, Il parere del TAR Milano sulla necessità di impugnare gli atti amministrativi al fine di ottenere il risarcimento del danno in caso di dichiarata loro illegittimità (cd pregiudiziale amministrativa”).
La domanda risarcitoria per lesione di interessi legittimi può essere esperita anche a prescindere dall’impugnazione dell’atto amministrativo lesivo? In altri termini, la domanda risarcitoria relativa alla illegittima aggiudicazione del quinto lotto del servizio di assistenza domiciliare ad altra impresa può essere ritenuta fondata a prescindere dalla impugnazione della aggiudicazione di tale lotto e del suo conseguente annullamento giurisdizionale?
Il Tar Milano non ha dubbi e conferma l’idea che la domanda risarcitoria sia consequenziale all’accertamento in via principale della illegittimità dell’atto che avviene nell’ambito del giudizio di annullamento (TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 12.08.2008 n. 3647 - link a www.diritto.it).

APPALTI: DURC, DUVRI e regolarità contributiva: i controlli  (giugno/luglio 2008 - link a www.centrostudimarangoni.it):
- slide;
- esempio DUVRI.

EDILIZIA PRIVATA: S. Lazzini, Qual'è la finalità di una garanzia fideiussoria presentata a fronte della richiesta di una concessione edilizia?
Va nel contempo ricordato, sulla portata della polizza fideiussoria, che essa non ha certamente valenza sostitutiva degli obblighi di cessione gratuita di aree ed oneri di urbanizzazione bensì la naturale finalità di garanzia per la effettiva realizzazione degli interventi prescritti (e cioè, per la “realizzazione del piano esecutivo convenzionato di libera iniziativa a destinazione residenziale) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 31.07.2008 n. 3836 - link a www.diritto.it).

APPALTI: La verifica delle offerte anormalmente basse, sulla base delle giustificazioni presentate dai concorrenti, è compito che spetta alla Commissione giudicatrice, chiamata dall’amministrazione a valutare le varie offerte e ad aggiudicare la gara e non ad un ufficio dell'Amministrazione, anche se tale ufficio risulta competente nel settore al quale attiene l'oggetto della gara.
L'ufficio può, infatti, dare pareri di ordine tecnico, ragguagli ed altri elementi utili alla valutazione delle offerte, ma non può essere rimesso allo stesso il giudizio definitivo sulla congruità delle offerte, allorché sia costituita una apposita Commissione.
Pertanto la procedura in esame deve ritenersi viziata nella parte in cui la verifica dell'anomalia è stata rimessa e decisa da un dirigente del Comune e non dalla commissione esaminatrice.

Nell’esame dell’appello proposto dalla Società San Giorgio va accolto il primo motivo, che reitera una censura già formulata con il ricorso originario, con il quale l’appellante ha dedotto l’illegittimità della verifica dell'offerta anomala della controinteressata in quanto non effettuata dalla Commissione di gara ma dal Dirigente del Settore finanziario del Comune che ha valutato la relazione trasmessa dalla G.O.SAF. e ha anche disposto la successiva aggiudicazione della gara a detta società.
Infatti, la verifica delle offerte anormalmente basse, sulla base delle giustificazioni presentate dai concorrenti, è compito che spetta alla Commissione giudicatrice, chiamata dall’amministrazione a valutare le varie offerte e ad aggiudicare la gara e non ad un ufficio dell'Amministrazione, anche se tale ufficio risulta competente nel settore al quale attiene l'oggetto della gara.
L'ufficio può, infatti, dare pareri di ordine tecnico, ragguagli ed altri elementi utili alla valutazione delle offerte, ma non può essere rimesso allo stesso il giudizio definitivo sulla congruità delle offerte, allorché sia costituita una apposita Commissione.
Pertanto la procedura in esame deve ritenersi viziata nella parte in cui la verifica dell'anomalia è stata rimessa e decisa da un dirigente del Comune e non dalla commissione esaminatrice (Cons. St., V Sez., 23.05.2002, n. 2579) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.06.2008 n. 3108 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Le imprese, le quali intendano partecipare alle pubbliche gare d’appalto, hanno l’onere, allorché rendono le autodichiarazioni previste dalla legge o dal bando, di rendersi particolarmente diligenti nel verificare preliminarmente (attraverso la documentazione in loro possesso o anche accedendo ai dati dei competenti uffici) che tali autodichiarazioni siano veritiere. La falsa o incompleta attestazione dei requisiti di partecipazione ha rilevanza oggettiva, sicché il relativo inadempimento non tollera ulteriori indagini da parte dell’Amministrazione in ordine all’elemento psicologico (se cioè la reticenza sia dovuta a dolo o colpa dell’imprenditore) e alla gravità della violazione.
Come ripetutamente rilevato dalla giurisprudenza, in un contesto di positivo rinnovamento della legislazione in tema di rapporti tra cittadino e pubblici poteri, e quindi in tema di certificazioni e di autocertificazione, è indispensabile che il cittadino stesso sia anche responsabile (e responsabilizzato) delle dichiarazioni che rilascia, all’evidente scopo di evitare che un importante strumento di civiltà giuridico-amministrativa, quale l’autocertificazione, possa finire con l’essere comodo mezzo per aggirare ben precisi precetti di legge (TAR Sicilia, Palermo, sez. III, 15.09.2005 n. 1590).
Da ciò si ricava che le imprese, le quali intendano partecipare alle pubbliche gare d’appalto, hanno l’onere, allorché rendono le autodichiarazioni previste dalla legge o dal bando, di rendersi particolarmente diligenti nel verificare preliminarmente (attraverso la documentazione in loro possesso o anche accedendo ai dati dei competenti uffici) che tali autodichiarazioni siano veritiere.
La falsa o incompleta attestazione dei requisiti di partecipazione ha rilevanza oggettiva, sicché il relativo inadempimento non tollera ulteriori indagini da parte dell’Amministrazione in ordine all’elemento psicologico (se cioè la reticenza sia dovuta a dolo o colpa dell’imprenditore) e alla gravità della violazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17.04.2003 n. 2081; Id., 09.12.2002 n. 6768).
Con specifico riguardo alla dichiarazione di regolarità nel versamento di imposte e tasse, deve perciò distinguersi. E’ illegittima l’esclusione quando l'impresa abbia tempestivamente impugnato, prima della pubblicazione del bando, la richiesta di pagamento del tributo, ma a diversa conclusione si perviene nel caso in cui l’impresa abbia dichiarato espressamente, nella domanda di partecipazione, di essere in regola con i doveri contributivi e fiscali, nonostante l’effettiva presenza di carichi pendenti: in tal caso infatti la dichiarazione, a pena di esclusione, deve essere completa dell’indicazione del contenzioso pendente (in questo senso Cons. Giust. Amm. Sicilia, 28.07.2006 n. 470)
(TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 12.06.2008 n. 1479 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: L'onere d'immediata impugnazione di un bando di gara per un appalto pubblico, da parte delle imprese partecipanti, si pone soltanto per le clausole immediatamente lesive, quali, per esempio, quelle che comportino l'immediata esclusione dell'aspirante dalla partecipazione, mentre per le altre clausole, ivi compresa quella che ponga un'illegittima composizione della commissione giudicatrice, l’incidenza lesiva sorge soltanto a conclusione della gara stessa e per le imprese che non sono risultate vincitrici, all'evidente scopo -connaturato con le esigenze del diritto alla difesa e dell'efficienza dell'agire amministrativo- di evitare la contestazione necessariamente preventiva di tutte le clausole reputate illegittime.
Secondo un consolidato principio giurisprudenziale (Cons. Stato A.P. 1/2003), l'onere d'immediata impugnazione di un bando di gara per un appalto pubblico, da parte delle imprese partecipanti, si pone soltanto per le clausole immediatamente lesive, quali, per esempio, quelle che comportino l'immediata esclusione dell'aspirante dalla partecipazione, mentre per le altre clausole, ivi compresa quella che ponga un'illegittima composizione della commissione giudicatrice, l’incidenza lesiva sorge soltanto a conclusione della gara stessa e per le imprese che non sono risultate vincitrici, all'evidente scopo -connaturato con le esigenze del diritto alla difesa e dell'efficienza dell'agire amministrativo- di evitare la contestazione necessariamente preventiva di tutte le clausole reputate illegittime (sullo specifico punto, TAR Lazio II sez. 607/2008) (TAR Abruzzo-L'Aquila, sentenza 12.06.2008 n. 691 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: S. Lazzini, Per i giudici di appello siciliani, va eliminata la clausola di una polizza cauzioni provvisoria per la quale “se il contraente non risulta aggiudicatario … la società si intende senz’altro liberata".
Richiesta di durata di garanzia provvisoria fino a 30 giorni dopo l’aggiudicazione: è legittimo escludere un’impresa la cui cauzione provvisoria preveda <Se il contraente non risulta aggiudicatario dell’appalto indicato in polizza, la Società si intende senz’altro liberata dagli obblighi assunti ed il premio pagato resterà integralmente acquisito alla Società>? E' sufficiente che la garanzia preveda la propria operatività < garanzia opera sino alla liberazione del contraente>?
La polizza non è conforme alla richieste della lex specialis di gara. Brevemente occorre ricordare che la fidejussione provvisoria ha la funzione di garantire la Stazione appaltante nei confronti di qualsiasi ragione di danno emergente nella fase della procedura e, secondo il DM n. 123 del 2000, sino a trenta giorni dopo l’aggiudicazione. Ciò non significa che la Stazione, ove lo ritenga, cioè ove non ravvisi ragioni di danno nei confronti dei partecipanti non aggiudicatari, non possa liberarli, rectius possa rinunciare alla garanzia, anche prima dei trenta giorni e, dunque, prima della scadenza dell’impegno contrattale del fidejussore.
Tale liberazione, tuttavia, è appunto discrezionale, vale a dire costituisce una scelta della Stazione effettuata dopo avere valutato se, concretamente, i partecipanti siano incorsi in fatti illeciti che abbiano causato un danno. Il fatto concreto che la ricorrente non si trovasse nelle condizioni di essere aggredita per un risarcimento, e che dunque sia stata liberata al pari degli altri partecipanti, costituisce un fatto dipendente dalla volontà della Stazione nella gestione delle proprie ragioni creditorie che non incide sulla funzionalità del contratto fidejussorio, e quindi sulle caratteristiche che esso doveva avere al momento della partecipazione alla gara.
Conducendo alle estreme conseguenze paradossali il ragionamento dell’appellante, si dovrebbe ammettere che, anche in totale mancanza della polizza fidejussoria, se la procedura si concludesse senza alcuna ragione di danno da parte della Stazione appaltante, il partecipante privo della polizza potrebbe affermare la legittimità del suo comportamento perché, di fatto, la garanzia non ha avuto modo di operare. Il che è palesemente assurdo e induce l’infondatezza della prospettazione dell’appellante. Resta definitivamente accertato, quindi, che la validità della fidejussione deve essere giudicata in astratto ed indipendentemente dalle effettive vicende contrattuali successive.
Sotto altro profilo l’articolo 2.1 delle condizioni generali di polizza, nel precisare che la garanzia opera sino alla liberazione del contraente, non è sufficiente per attribuire all’obbligo contrattuale della Società una scansione temporale ulteriore rispetto alla aggiudicazione, atteso che la successiva clausola 2.2, come si è visto, esplicitamente lega la scadenza dell’obbligo alla non aggiudicazione.
Le due clausole, lette congiuntamente, possono essere interpretate nel senso che la seconda limiti la prima, anche in virtù della natura evidentemente speciale del punto 2.2 rispetto al punto 2.1. Del resto, se tale non fosse stata la volontà contrattuale della società assicuratrice, non vi sarebbe stato alcun bisogno di introdurre la dizione “Se il contraente non risulta aggiudicatario … la Società si intende senz’altro liberata” atteso che, anche in mancanza di tale dizione, l’obbligo contrattuale sarebbe rimasto inalterato sino alla “liberazione del contraente” (clausola 2.1) e comunque nei limiti temporali e nei limiti sostanziali del danno cagionato durante le procedure di gara. Sembra quindi evidente che la clausola, per non risultare priva di alcun significato, debba essere interpretata nel senso dello spirare dell’obbligo al momento della aggiudicazione ad altro concorrente. La capziosità di essa, lungi dal richiedere un chiarimento da parte della Stazione durante le fasi concorsuali, consiglierebbe piuttosto la sua espunzione de futuro (C.G.A.R.S., sentenza 11.06.2008 n. 517 - link a www.diritto.it).

APPALTIIl potere di annullamento degli atti amministrativi può essere sempre esercitato parzialmente, nel senso che possono essere annullati solo alcuni atti del procedimento, mantenendosi validi ed efficaci gli atti anteriori, qualora, rispetto a questi, non sussistano ragioni demolitorie.
Nel caso di invalidità di una gara per l'aggiudicazione di un contratto della p.a. per la illegittima esclusione di alcune ditte offerenti non occorre disporre la rinnovazione integrale della procedura (con la riapertura cioè, della stessa fase di presentazione delle offerte) ma può legittimamente mantenersi fermo il subprocedimento di presentazione delle offerte e disporre la rinnovazione solo della fase dell'esame comparativo delle offerte già pervenute.

Secondo principi generali del diritto amministrativo, il potere di annullamento degli atti amministrativi può essere sempre esercitato parzialmente, nel senso che possono essere annullati solo alcuni atti del procedimento, mantenendosi validi ed efficaci gli atti anteriori, qualora, rispetto a questi, non sussistano ragioni demolitorie.
Nel caso di invalidità di una gara per l'aggiudicazione di un contratto della p.a. per la illegittima esclusione di alcune ditte offerenti non occorre disporre la rinnovazione integrale della procedura (con la riapertura cioè, della stessa fase di presentazione delle offerte) ma può legittimamente mantenersi fermo il subprocedimento di presentazione delle offerte e disporre la rinnovazione solo della fase dell'esame comparativo delle offerte già pervenute.
Ma ciò nelle sole procedure di aggiudicazione "automatiche" nelle quali l'accertamento dei vizi concernenti l'ammissione o l'esclusione dei concorrenti non comporta la necessità di rinnovare la procedura sin dal momento della presentazione delle offerte, perché il criterio oggettivo e vincolato dell'aggiudicazione priva di qualsiasi rilevanza l'intervenuta conoscenza, da parte della commissione giudicatrice dei contenuti delle altre offerte già ammesse.
Solo quando si debbano effettuare apprezzamenti di discrezionalità tecnica o amministrativa, con attribuzione di punteggi legati a valutazioni di ordine tecnico (licitazione privata col metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa, appalto concorso), l'illegittima esclusione di un concorrente, se accertata dopo l’esame delle offerte, rende necessario il rinnovo dell'intero procedimento a partire dalla stessa fase di presentazione delle offerte.
La riammissione delle concorrenti originariamente escluse, infatti, impedirebbe di effettuare una valutazione delle loro offerte rispettando i principi della "par condicio" tra i concorrenti e della necessaria contestualità del giudizio comparativo, perché la seconda valutazione risulterebbe oggettivamente condizionata dall'intervenuta conoscenza delle precedenti offerte e dall'attribuzione del punteggio (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 09.06.2008 n. 2843- link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILa motivazione viene richiesta rigorosa ed analitica nel caso di giudizio negativo sull’anomalia; in caso, invece, di giudizio positivo, ovvero di valutazione di congruità dell’offerta anomala, non occorre che la relativa determinazione sia fondata su un'articolata motivazione ripetitiva delle medesime giustificazioni ritenute accettabili o espressiva di ulteriori apprezzamenti.
La giurisprudenza di questo Consiglio è costante nel ritenere che il giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell’offerta nel suo insieme ed esso costituisce espressione di un potere tecnico-discrezionale dell'amministrazione, di per sé insindacabile in sede di legittimità, salva l'ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione o affette da errori di fatto (Sez. IV, n. 435 del 14.02.2005 e n. 3097 dell’08.06.2007; sez. V, n. 4856 del 20.09.2005; sez. VI, n. 5191 del 07.09.2006).
Inoltre, per quanto riguarda la sufficienza o meno della motivazione sul giudizio di anomalia dell’offerta, il Collegio condivide l’orientamento secondo cui la motivazione viene richiesta rigorosa ed analitica nel caso di giudizio negativo sull’anomalia; in caso, invece, di giudizio positivo, ovvero di valutazione di congruità dell’offerta anomala, non occorre che la relativa determinazione sia fondata su un'articolata motivazione ripetitiva delle medesime giustificazioni ritenute accettabili o espressiva di ulteriori apprezzamenti. Pertanto, il giudizio favorevole di non anomalia dell' offerta in una gara d'appalto non richiede una motivazione puntuale ed analitica, essendo sufficiente anche una motivazione espressa "per relationem" alle giustificazioni rese dall'impresa vincitrice, sempre che queste siano a loro volta congrue ed adeguate (sez. IV n. 1658 dell’11.04.2007; sez. V, n. 5314 del 05.10 2005 e n. 4949 del 23.08.2006; sez. VI n. 5191 del 07.09.2006) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 20.05.2008 n. 2348 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIAll’interno della procedura di gara i partecipanti accettano il rischio di far conoscere ai concorrenti la propria offerta tecnica avendo come contropartita la possibilità di esercitare un identico diritto di accesso per conseguire o difendere l’aggiudicazione. Nei confronti dei soggetti rimasti estranei alla gara i concorrenti riacquistano però un diritto pieno alla riservatezza.
Per superare tale diritto è necessario che sia dimostrato come attraverso la tutela della riservatezza sia in realtà garantita una situazione di abuso. In altri termini la richiesta di accesso non può essere fondata semplicemente sull’esigenza esplorativa di verificare se vi sia stata violazione della proprietà intellettuale ma di tale violazione devono essere forniti indizi significativi.

Mentre per i concorrenti che si confrontano nella procedura di gara vale il principio di reciproca trasparenza ora codificato dall’art. 13, comma 6, del Dlgs. 12.04.2006 n. 163, in base al quale le offerte tecniche sono sempre conoscibili in tutti gli aspetti rilevanti ai fini dell’aggiudicazione, per i soggetti che come il ricorrente non hanno partecipato alla gara il diritto di difesa non può beneficiare di una tutela altrettanto vasta.
In effetti, all’interno della procedura di gara i partecipanti accettano il rischio di far conoscere ai concorrenti la propria offerta tecnica avendo come contropartita la possibilità di esercitare un identico diritto di accesso per conseguire o difendere l’aggiudicazione. Nei confronti dei soggetti rimasti estranei alla gara i concorrenti riacquistano però un diritto pieno alla riservatezza.
Per superare tale diritto è necessario che sia dimostrato come attraverso la tutela della riservatezza sia in realtà garantita una situazione di abuso. In altri termini la richiesta di accesso non può essere fondata semplicemente sull’esigenza esplorativa di verificare se vi sia stata violazione della proprietà intellettuale ma di tale violazione devono essere forniti indizi significativi.
Sulla base di queste considerazioni deve essere esclusa la possibilità per il ricorrente di accedere direttamente all’offerta tecnica della controinteressata mentre gli deve essere consentito di ricercare eventuali indizi di abuso presenti nei restanti atti della procedura. Sono quindi accessibili non soltanto le lettere di invito e i provvedimenti di aggiudicazione ma anche i verbali delle commissioni giudicatrici. Questi ultimi normalmente contengono riferimenti descrittivi dell’offerta tecnica senza tuttavia esporre nel dettaglio l’intero progetto di gestione.
Da questi riferimenti un soggetto che opera nello stesso settore, e quindi dotato di adeguata professionalità, può desumere se vi siano elementi che corrispondono alla propria metodologia. L’accesso ai verbali (senza allegati documentali) può quindi essere considerato un ragionevole equilibrio tra le esigenze di accesso e quelle di riservatezza (anche ai sensi dell’art. 13 comma 7 del Dlgs. 163/2006 per quanto riguarda i contratti nei settori speciali).
Se da questa forma parziale di accesso emergessero elementi ulteriori a sostegno del sospetto di utilizzazione abusiva della proprietà intellettuale potrebbe poi essere formulata una nuova e motivata istanza all’ente aggiudicatore (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 20.05.2008 n. 521 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: F. Decli, Esclusione automatica dalle gare d'appalto per anomalia dell'offerta. Due sentenze rilevanti (14.05.2008 - link a www.dirittoelegge.it).

APPALTIL’assenza nel bando di gara di una previsione volta a consentire l’avvalimento non può essere certo intesa nel senso di escludere l’utilizzo di questo istituto, ma, al contrario, in quello di ammetterlo nella portata più ampia.
Al fine di dimostrare il possesso dei requisiti necessari per la partecipazione ad una gara d'appalto non è ammissibile un “doppio avvalimento”.

L’assenza nel bando di gara di una previsione volta a consentire l’avvalimento non può essere certo intesa nel senso di escludere l’utilizzo di questo istituto, ma, al contrario, in quello di ammetterlo nella portata più ampia (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 22.04.2008, n. 1856), non ravvisandosi del resto alcuna ragione, di ordine giuridico o fattuale, atta a sostenere la tesi dell’amministrazione secondo cui l’avvalimento sarebbe incompatibile con il contratto di “concessione di lavori” .
Al fine di dimostrare il possesso dei requisiti necessari per la partecipazione ad una gara d'appalto non è ammissibile un “doppio avvalimento” (cfr. art. 49, comma 6, d.lgs. n. 163/2006: “il concorrente può avvalersi di una sola impresa ausiliaria per ciascun requisito o categoria”) (TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 12.05.2008 n. 3875 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILe disposizioni di dettaglio contenute nell’art. 21 della legge nr. 109 del 1994, in materia di nomina e composizione delle Commissioni di gara negli appalti di lavori, non sono automaticamente applicabili a quelli di servizi e forniture.
Non è sempre e comunque necessario che la Commissione di gara operi in composizione plenaria, ben potendo ciò non avvenire allorché la Commissione svolga una attività meramente preparatorie o istruttorie, ferma restando la necessità del plenum tutte le volte che debba procedersi a valutazioni o comunque ad attività decisorie.

Il Collegio non ravvisa ragioni che autorizzino a discostarsi dal consolidato orientamento secondo cui le disposizioni di dettaglio contenute nell’art. 21 della legge nr. 109 del 1994, in materia di nomina e composizione delle Commissioni di gara negli appalti di lavori, non sono automaticamente applicabili a quelli di servizi e forniture (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 19.06.2006, nr. 3579; sez. VI, 22.11.2005, nr. 6519; id. 12.11.2003, nr. 7251; sez. V, 10.06.2002, nr. 3207; sez. VI, 03.12.1998, nr. 1648).
Ciò discende, secondo l’avviso di gran lunga prevalente, dal carattere eccezionale delle disposizioni in oggetto (sia quelle relative al numero e alle modalità di scelta dei componenti la Commissione, sia quella che impone che detta nomina avvenga dopo la presentazione delle offerte da parte dei concorrenti): e, difatti, anche laddove il citato art. 21 è stato considerato espressione di un principio generale, ciò si è fatto limitatamente alla disposizione secondo cui i membri della Commissione devono essere in maggioranza esperti del settore cui afferisce l’oggetto di gara, e non certo anche in riferimento alle ulteriori disposizioni di dettaglio contenute nella medesima norma.
Occorre richiamare il consolidato insegnamento secondo cui non è sempre e comunque necessario che la Commissione di gara operi in composizione plenaria, ben potendo ciò non avvenire allorché la Commissione svolga una attività meramente preparatorie o istruttorie, ferma restando la necessità del plenum tutte le volte che debba procedersi a valutazioni o comunque ad attività decisorie (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 06.06.2006, nr. 3386; id. 27.12.2000, nr. 6875; sez. IV, 07.07.2000, nr. 3819) (cfr. ad esempio Cons. Stato, sez. V, 18.04.2004, nr. 1408) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12.05.2008 n. 2188 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Divieto di collegamento fra imprese, effetti, potere di accertamento.
E’ pacifico che, anche qualora nel bando di gara non sia inserita un’apposita clausola, in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti che attestino la provenienza delle offerte da un unico centro decisionale deve procedersi all’esclusione delle imprese interessate dal collegamento perché è ragionevole presumere che si sia potuta verificare l’alterazione della par condicio dei concorrenti. A maggior ragione, ciò è ancor più vero laddove bando di gara prescriva, a pena di esclusione, che nella domanda di partecipazione le imprese dichiarino, fra l'altro, l'inesistenza di forme di controllo con altre imprese concorrenti ai sensi dell’art. 2359 c.c..
E’ costante l’indirizzo giurisprudenziale che afferma che il divieto di partecipare alle gare per gli appalti pubblici per le imprese che siano tra loro in condizioni di collegamento opera indipendentemente dall’accertamento che la stazione appaltante abbia condotto sul punto o dal non essere la stessa stata posta in condizioni di effettuarlo; resta, in ogni caso, fermo che spetta al giudice e non all’amministrazione “conoscere della doglianza” con la quale viene dedotta la violazione di detto divieto.
E’ lasciata alla stazione appaltante (od, in suo difetto, al giudice amministrativo) di valutare anche senza la previa tipizzazione di fatti e situazioni, i vari fenomeni di collegamento suscettibili comunque di intaccare i principi che presiedono allo svolgimento delle gare pubbliche tra i quali la segretezza delle offerte e la par condicio dei concorrenti
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.05.2008 n. 2087 - link a www.altalex.com).

APPALTIIl collegamento fra le imprese che osta alla loro partecipazione alle gare non è solo quello previsto dall'art. 2359 richiamato dall'art. 10 comma 1-bis della legge n. 109/1994, atteso che la previsione della norma civilistica si basa su una presunzione che non può escludere la sussistenza di altre ipotesi di collegamento o controllo societario atte ad alterare le gare di appalto.
Al di fuori dei casi di cui all’art. 2359 c.c. nei quali il controllo sussiste per definizione, il collegamento tra imprese deve essere accertato attraverso la valutazione di specifici indizi gravi, precisi e concordanti, trattandosi di una prova presuntiva disciplinata dall’art. 2729 cod. civ..

E' ius receptum nella giurisprudenza del Consiglio di Stato che il collegamento fra le imprese che osta alla loro partecipazione alle gare non è solo quello previsto dall'art. 2359 richiamato dall'art. 10, comma 1-bis, della legge n. 109/1994, atteso che la previsione della norma civilistica si basa su una presunzione che non può escludere la sussistenza di altre ipotesi di collegamento o controllo societario atte ad alterare le gare di appalto (ex plurimis CdS V 22.04.2004 n. 2317; CdS IV n. 5792 del 2004).
Non v'è alcun dubbio sulla rilevanza del collegamento c.d. "sostanziale" ai fini dell'escludibilità delle imprese, anche al di là della testuale previsione dell'art. 2359 cod. civ. per l'esigenza di garantire il costante rispetto in sede di gara della segretezza e della par condicio (così C.d.S., VI, 14.06.2006, n. 3500).
Il Collegio –nel ribadire che, al di fuori dei casi di cui all’art. 2359 c.c. nei quali il controllo sussiste per definizione, il collegamento tra imprese deve essere accertato attraverso la valutazione di specifici indizi gravi, precisi e concordanti, trattandosi di una prova presuntiva disciplinata dall’art. 2729 cod. civ.– ritiene tuttavia di concordare con la valutazione di sussistenza, nel caso di specie, di sufficienti indici di collegamento sostanziale tra le altre due cooperative sociali presenti in gara, che è stata operata dal primo giudice (C.G.A.R.S., sentenza 06.05.2008 n. 412 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILa regola secondo la quale va esclusa dalla gara di appalto l’impresa che si sia resa responsabile di errore professionale grave nella esecuzione di un contratto pubblico, non può ritenersi abbia introdotto nell’ordinamento una sorta di incapacità a contrattare con le Pubbliche Amministrazioni, ma deve essere intesa nel senso che essa vale unicamente se il grave errore sia stato commesso nei rapporti intercorsi con la stessa Amministrazione aggiudicatrice.
La valutazione in sede amministrativa delle gravi precedenti inadempienze contrattuali cui collegare l’esclusione delle imprese concorrenti a gare pubbliche, deve essere sempre motivata, essendo la stessa connessa a nozioni ampie e generiche quali quelle della grave negligenza e malafede che richiedono una adeguata indagine sulle fattispecie concrete dalle quali viene desunto il giudizio di scarsa affidabilità del soggetto partecipante, di cui bisogna dare conto con la esternazione delle ragioni che hanno giustificato un eventuale giudizio negativo sulla professionalità dell’impresa esclusa.

La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che la regola secondo la quale va esclusa dalla gara di appalto l’impresa che si sia resa responsabile di errore professionale grave nella esecuzione di un contratto pubblico, non può ritenersi abbia introdotto nell’ordinamento una sorta di incapacità a contrattare con le Pubbliche Amministrazioni, ma deve essere intesa nel senso che essa vale unicamente se il grave errore sia stato commesso nei rapporti intercorsi con la stessa Amministrazione aggiudicatrice (Cons. St., Sez. V, 22.08.2003, n. 4570; 19.06.2006, n. 3591).
Ciò comporta quindi che, stante la previsione della norma sopra richiamata come interpretata dalla giurisprudenza, l’esclusione dalle gare pubbliche per inaffidabilità delle imprese concorrenti per grave negligenza e malafede commessa nel corso di esecuzione di precedenti contratti pubblici, può essere pronunciata in termini di automaticità soltanto quando il comportamento di deplorevole trascuratezza e slealtà sia stato posto in essere in occasione di un pregresso rapporto negoziale intercorso con la stessa stazione appaltante che indice la gara.
Qualora, invece, il giudizio di inaffidabilità professionale su un’impresa partecipante ad una gara pubblica venga desunto da gravi errori professionali e tecnici commessi dall’impresa nella sua pregressa attività imprenditoriale, la norma di legge richiamata (art 38, comma 1, lett. f) del D.lgs. n. 163 del 2006) per come formulata, consente di valorizzare i precedenti professionali delle imprese concorrenti nel loro complesso, con la possibilità quindi di valorizzare e tenere conto anche di rapporti contrattuali intercorsi con amministrazioni appaltanti diverse da quella che indice la gara, in esecuzione dei quali da parte degli organi competenti sia stato acclarato una incapacità tecnico-professionale alla esecuzione dei lavori pubblici oggetto di precedenti affidamenti.
La valutazione in sede amministrativa delle gravi precedenti inadempienze contrattuali cui collegare l’esclusione delle imprese concorrenti a gare pubbliche, deve essere sempre motivata, essendo la stessa connessa a nozioni ampie e generiche quali quelle della grave negligenza e malafede che richiedono una adeguata indagine sulle fattispecie concrete dalle quali viene desunto il giudizio di scarsa affidabilità del soggetto partecipante, di cui bisogna dare conto con la esternazione delle ragioni che hanno giustificato un eventuale giudizio negativo sulla professionalità dell’impresa esclusa (Cons. St., Sez. VI, 11.04.2006, n. 2001; Sez. IV, 30.06.2006, n. 4231; TAR Friuli, 10.05.2007, n. 330) (TAR Marche, sentenza 21.04.2008 n. 244 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIIl privato titolare di interesse pretensivo ha titolo al risarcimento del danno ove, sussistendo tutti i requisiti dell’illecito (colpa, nesso di causalità, ...), riesca a dimostrare che la propria aspirazione al provvedimento era destinata, secondo un criterio di normalità, ad un esito favorevole, con la conseguenza che la protezione risarcitoria dell’interesse pretensivo può esser accordata, quindi, soltanto in presenza di un giudizio prognostico sulla spettanza definitiva del bene collegato a tale interesse che, tuttavia, nella vicenda di cui è causa, allo stato, non risulta in alcun modo comprovato, determinando pertanto la inammissibilità della domanda risarcitoria avanzata dalla parte ricorrente che potrà essere proposta soltanto all’esito del nuovo esercizio del potere da parte dell’Amministrazione.
Ritiene il Collegio, in adesione al prevalente orientamento della giurisprudenza, che il privato titolare di interesse pretensivo ha titolo al risarcimento del danno ove, sussistendo tutti i requisiti dell’illecito (colpa, nesso di causalità, ...), riesca a dimostrare che la propria aspirazione al provvedimento era destinata, secondo un criterio di normalità, ad un esito favorevole, con la conseguenza che la protezione risarcitoria dell’interesse pretensivo può esser accordata, quindi, soltanto in presenza di un giudizio prognostico sulla spettanza definitiva del bene collegato a tale interesse che, tuttavia, nella vicenda di cui è causa, allo stato, non risulta in alcun modo comprovato, determinando pertanto la inammissibilità della domanda risarcitoria avanzata dalla parte ricorrente che potrà essere proposta soltanto all’esito del nuovo esercizio del potere da parte dell’Amministrazione (Cons. St., Sez. VI, 11.04.2006, n. 2001; Sez. IV, 30.06.2006, n. 4231; TAR Friuli, 10.05.2007, n. 330) (TAR Marche, sentenza 21.04.2008 n. 244 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI - URBANISTICASecondo quanto dispone il nuovo Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 34, l’accordo di programma è lo strumento “per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti”. In tali casi “il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento”.
L’accordo si sviluppa secondo un modulo procedimentale prima istruttorio e poi determinativo.
Infatti “per verificare la possibilità di concordare l'accordo di programma, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate” (comma 3), dopo di che “l'accordo, consistente nel consenso unanime” di tutte le amministrazioni partecipanti “è approvato con atto formale del presidente della Regione o del presidente della provincia o del sindaco ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione”.
Quanto agli effetti determinativi lo stesso articolo stabilisce (comma 4) che “l'accordo, qualora adottato con decreto del presidente della Regione, produce gli effetti della intesa di cui all'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24.07.1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l'assenso del comune interessato”. In tal caso, quando cioè l'accordo comporti varianti agli strumenti urbanistici, l'adesione prestata dal sindaco all’accordo “deve essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza”.
Le disposizioni della legge nazionale sono state riprese, in Lombardia, dalla L.R. 14.03.2003, n. 2, relativa alla "Programmazione negoziata regionale", il cui articolo 6, dopo avere minuziosamente disciplinato gli aspetti procedimentali e contenutistici dell’accordo, assicurando la partecipazione di tutti i soggetti interessati con la preventiva pubblicazione della proposta di accordo approvata dalla Giunta regionale sul BURL proprio “per consentire a qualunque soggetto portatore di interessi pubblici o privati di presentare eventuali osservazioni o proposte”, ribadisce che (comma 11) “Qualora l'accordo di programma comporti varianti agli strumenti urbanistici, il progetto di variante deve essere depositato nella segreteria comunale per quindici giorni consecutivi, durante i quali chiunque può prenderne visione. Nei successivi quindici giorni chiunque ha facoltà di presentare osservazioni. Le osservazioni presentate sono controdedotte dal consiglio comunale in sede di ratifica ai sensi dell'articolo 34 del d.lgs. 267/2000".
L'accordo di programma, dunque, persegue la finalità di semplificare ed accelerare l'azione amministrativa mediante un esame contestuale dei vari interessi pubblici di volta in volta coinvolti e consiste, come visto, nel consenso unanime delle amministrazioni o enti interessati circa un quid (opera, progetto o intervento) da realizzare.
Tale consenso, come già osservato, si forma progressivamente attraverso fasi successive, che, a partire dalla fase della "promozione" dell'accordo (spettante al presidente della regione o al presidente della provincia o al sindaco, "in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento”), sono normalmente scandite da atti o deliberazioni degli organi degli enti e delle amministrazioni interessati e si perfeziona con la conclusione (ossia con la sottoscrizione) dell'accordo di programma, che può dirsi così completo e perfetto.
Trattasi, dunque, di atto di programmazione attuativa, finalizzato alla definizione ed attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento, che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata di comuni, province e regioni (e, eventualmente, anche di altri soggetti pubblici o privati).
L’accordo non è dunque un semplice modulo procedimentale di semplice concertazione formale, che deve essere seguita dall’adozione dei provvedimenti tipici spettanti a ciascuna amministrazione partecipante. L'accordo, invece, si configura come espressione dei poteri pubblicistici facenti capo agli stessi soggetti partecipanti, la cui attività amministrativa viene così resa più snella, celere, efficiente, efficace, razionale ed adeguata alla cura degli interessi a ciascuno di essi assegnata dall'ordinamento, in ossequio ai principi fissati nell'articolo 97 della Costituzione.
Un problema di competenza, suscettibile di refluire sulla legittimità dell'accordo conclusivo, si pone quindi solo se e nella misura in cui l'autorità effettivamente competente non risulti tra i soggetti sottoscrittori dell'accordo stesso, sì che, anche laddove possa dubitarsi della competenza "primaria o prevalente" dell'autorità che abbia assunto l'iniziativa procedimentale di cui trattasi, la partecipazione al procedimento, la successiva sottoscrizione dell'accordo e, laddove prevista, la definitiva approvazione del medesimo da parte della diversa autorità effettivamente competente in relazione al detto criterio individuato dal legislatore vale sicuramente a sanare il vizio di competenza eventualmente sussistente nella fase dell'iniziativa.
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Lo scopo dell’accordo, secondo le finalità tracciate dal legislatore nazionale e regionale, è proprio quello di assicurare un esercizio agevolato e concentrato dei poteri pubblicistici facenti capo alle amministrazioni e soggetti partecipanti, la cui attività amministrativa viene così resa più snella, celere, efficiente, efficace, razionale ed adeguata alla cura degli interessi a ciascuno di essi assegnata dall'ordinamento, in ossequio ai principi fissati nell'articolo 97 della Costituzione.
Di qui la possibilità che l’accordo possa costituire e sostituire, come è stato nella specie, il procedimento di approvazione definitiva di variante al PRG.
Né può fondatamente sostenersi che attraverso la procedura di accordo si sia violato il momento partecipativo dei privati.
Già si è detto, infatti, che la L.R. Lombardia 14.03.2003, n. 2, relativa alla “Programmazione negoziata regionale“, all’articolo 6 ha minuziosamente disciplinato gli aspetti procedimentali e contenutistici dell’accordo, assicurando, tra l’altro e anzitutto, la partecipazione di tutti i soggetti interessati attraverso la preventiva pubblicazione della proposta di accordo approvata dalla Giunta regionale sul BURL; ciò al fine dichiarato dal legislatore, di “consentire a qualunque soggetto portatore di interessi pubblici o privati di presentare eventuali osservazioni o proposte”.
Il medesimo articolo 6 stabilisce, poi, al comma 11, che “Qualora l'accordo di programma comporti varianti agli strumenti urbanistici, il progetto di variante deve essere depositato nella segreteria comunale per quindici giorni consecutivi, durante i quali chiunque può prenderne visione. Nei successivi quindici giorni chiunque ha facoltà di presentare osservazioni. Le osservazioni presentate sono controdedotte dal consiglio comunale in sede di ratifica ai sensi dell'articolo 34 del d.lgs. 267/2000".
Quindi il momento partecipativo, nel caso di varianti agli strumenti urbanistici viene assicurato in ben due fasi procedimentali.
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Pur nel rispetto della discrezionalità di scelta delle aree su cui far sorgere l’opera pubblica, nella fattispecie emergono certamente dubbi sulla razionalità, logicità e coerenza con il principio di buon andamento.
Si tratta tuttavia di dubbi che non possono trovare collocazione e soluzione in questa sede.
Sul punto vale ulteriormente osservare che, anche per infrangere il velo della discrezionalità amministrativa tipicamente ricollegata alle scelte urbanistiche e di localizzazione delle opere pubbliche e per consentire al giudice di verificare la bontà sostanziale delle stesse scelte in conformità al precetto costituzionale di buon andamento, per contrastare episodi di mala gestione dell’interesse pubblico, occorre che chi contesta il cattivo esercizio dei predetti poteri discrezionali fornisca quanto meno un indizio di prova che le ubicazioni delle opere pubbliche siano state effettuate in spregio ad ogni criterio di logicità, coerenza, oculata gestione del denaro pubblico.
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Quanto, poi, alla mancanza di V.I.A. lamentata, è da osservare che tale momento di valutazione dell’impatto ambientale dell’opera va compiuto nell’ambito del procedimento progettuale dell’opera stessa e non in momento anteriore, come è l’accordo di programma qui impugnato, relativo alla semplice individuazione delle caratteristiche fondamentali dell’intervento, demandando ad una fase successiva, rimessa essenzialmente all’azienda ospedaliera S. Anna, le procedure di progettazione e realizzazione dell’intervento.
Sarà quindi nella fase di progettazione che dovrà essere affrontata e verificata la problematica relativa alla VIA:
- art. 16, comma 4, della legge n. 109/1994 (oggi art. 166 del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 12.04.2006 n. 163 ), per cui “Il progetto definitivo individua compiutamente i lavori da realizzare, nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle indicazioni stabiliti nel progetto preliminare e …..consiste …….nello studio di impatto ambientale ove previsto…..”;
- art. 25 del regolamento di attuazione della citata legge 11.02.1994, n. 109, emanato con D.P.R. 21.12.1999 n. 554, che fra i documenti componenti il progetto definitivo indica espressamente (comma 2, lett. f) “studio di impatto ambientale ove previsto dalle vigenti normative ovvero studio di fattibilità ambientale“;
- D.P.R. 12.04.1996 (oggi abrogato dall’articolo 48 del D.Lgs. 03.04.2006, n. 152, codice dei contratti pubblici), recante “Atto di indirizzo e coordinamento per l'attuazione dell'art. 40, comma 1, della L. 22.02.1994, n. 146 (legge comunitaria)", concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale (si vedano in particolare gli artt. 5, 6 e 7, nonché gli allegati al decreto, ecc.).
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Può passarsi all’esame dei motivi di ricorso.
Con il primo le associazioni ricorrenti lamentano che tra delibere comunali di adozione di semplice progetto della variante al PRG, osservazioni dei privati e accordo di programma non è intervenuto l’atto consiliare di definitiva adozione. In tal modo verrebbe alterato l’ordine delle competenze in materia di pianificazione urbanistica rimesse dal TUEL all’esclusiva attribuzione del consiglio comunale. In subordine viene sollevata eccezione di illegittimità della l.r. Lombardia n. 2 del 2003.
Il motivo è infondato.
Vale ricordare che secondo quanto dispone il nuovo Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 34 (corrispondente all'art. 27 della L. 08.06.1990, n. 142, ormai abrogata) l’accordo di programma è lo strumento “per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti”. In tali casi “il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento”.
L’accordo si sviluppa secondo un modulo procedimentale prima istruttorio e poi determinativo.
Infatti “per verificare la possibilità di concordare l'accordo di programma, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate” (comma 3), dopo di che “l'accordo, consistente nel consenso unanime” di tutte le amministrazioni partecipanti “è approvato con atto formale del presidente della Regione o del presidente della provincia o del sindaco ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione”.
Quanto agli effetti determinativi lo stesso articolo stabilisce (comma 4) che “l'accordo, qualora adottato con decreto del presidente della Regione, produce gli effetti della intesa di cui all'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24.07.1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l'assenso del comune interessato”. In tal caso, quando cioè l'accordo comporti varianti agli strumenti urbanistici, l'adesione prestata dal sindaco all’accordo “deve essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza”.
Le disposizioni della legge nazionale sono state riprese, in Lombardia, dalla L.R. 14.03.2003, n. 2, relativa alla "Programmazione negoziata regionale", il cui articolo 6, dopo avere minuziosamente disciplinato gli aspetti procedimentali e contenutistici dell’accordo, assicurando la partecipazione di tutti i soggetti interessati con la preventiva pubblicazione della proposta di accordo approvata dalla Giunta regionale sul BURL proprio “per consentire a qualunque soggetto portatore di interessi pubblici o privati di presentare eventuali osservazioni o proposte”, ribadisce che (comma 11) “Qualora l'accordo di programma comporti varianti agli strumenti urbanistici, il progetto di variante deve essere depositato nella segreteria comunale per quindici giorni consecutivi, durante i quali chiunque può prenderne visione. Nei successivi quindici giorni chiunque ha facoltà di presentare osservazioni. Le osservazioni presentate sono controdedotte dal consiglio comunale in sede di ratifica ai sensi dell'articolo 34 del d.lgs. 267/2000".
L'accordo di programma, dunque, persegue la finalità di semplificare ed accelerare l'azione amministrativa mediante un esame contestuale dei vari interessi pubblici di volta in volta coinvolti e consiste, come visto, nel consenso unanime delle amministrazioni o enti interessati circa un quid (opera, progetto o intervento) da realizzare (v. Cons. St., IV, 01.08.2001, n. 4206 e 17.06.2003, n. 3403).
Tale consenso, come già osservato, si forma progressivamente attraverso fasi successive, che, a partire dalla fase della "promozione" dell'accordo (spettante al presidente della regione o al presidente della provincia o al sindaco, "in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento”), sono normalmente scandite da atti o deliberazioni degli organi degli enti e delle amministrazioni interessati e si perfeziona con la conclusione (ossia con la sottoscrizione) dell'accordo di programma, che può dirsi così completo e perfetto (Cons. St., IV, n. 3403/2003, cit.).
Trattasi, dunque, di atto di programmazione attuativa, finalizzato alla definizione ed attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento, che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata di comuni, province e regioni (e, eventualmente, anche di altri soggetti pubblici o privati).
L’accordo non è dunque un semplice modulo procedimentale di semplice concertazione formale, che deve essere seguita dall’adozione dei provvedimenti tipici spettanti a ciascuna amministrazione partecipante. L'accordo, invece, si configura come espressione dei poteri pubblicistici facenti capo agli stessi soggetti partecipanti (v. Cass. Civ., sez. un., 04.01.1995, n. 91), la cui attività amministrativa viene così resa più snella, celere, efficiente, efficace, razionale ed adeguata alla cura degli interessi a ciascuno di essi assegnata dall'ordinamento, in ossequio ai principi fissati nell'articolo 97 della Costituzione (Cons. St., IV, 27.05.2002, n. 2909).
Un problema di competenza, suscettibile di refluire sulla legittimità dell'accordo conclusivo, si pone quindi solo se e nella misura in cui l'autorità effettivamente competente non risulti tra i soggetti sottoscrittori dell'accordo stesso, sì che, anche laddove possa dubitarsi della competenza "primaria o prevalente" dell'autorità che abbia assunto l'iniziativa procedimentale di cui trattasi, la partecipazione al procedimento, la successiva sottoscrizione dell'accordo e, laddove prevista, la definitiva approvazione del medesimo da parte della diversa autorità effettivamente competente in relazione al detto criterio individuato dal legislatore vale sicuramente a sanare il vizio di competenza eventualmente sussistente nella fase dell'iniziativa; vizio, che, peraltro, sia nel procedimento amministrativo che nel processo nel quale si controverta della legittimità degli atti del primo, solo l'Amministrazione "espropriata" del potere di iniziativa avrebbe interesse a far valere.
In conclusione, la tesi proposta con il primo motivo circa la necessità di adottare la variante allo strumento urbanistico secondo le regole proprie del procedimento di adozione ed approvazione di quest’ultimo è priva di pregio alla luce della riportata normativa, rispetto alla quale ogni profilo di incostituzionalità è –a tacere d’ogni altra considerazione– non prospettabile in sede di ricorso straordinario, per consolidato insegnamento della Corte Costituzionale, cui la Sezione non può sottrarsi.
Sulla base delle predette considerazioni si rivela del tutto infondato il secondo motivo, con cui si lamenta il distorto utilizzo dell’accordo di programma, che nella specie non era utilizzabile, l’unico ente competente alla realizzazione del futuro ospedale essendo l’Amministrazione ospedaliera.
La profonda erroneità dell’assunto si rivela dalla sua intima contraddittorietà con quanto sostenuto dalle stesse ricorrenti, le quali, con il ricorso, lamentano che l’opera andrebbe ad incidere su valori ben diversi da quello puramente sanitario affidato alla competenza dell’amministrazione ospedaliera: valori di assetto e pianificazione del territorio (tanto che occorre adottare una variante al PRG), valori idrogeologici, ecc..
Del pari privo di ogni consistenza è l’assunto dedotto con lo stesso secondo motivo, secondo cui l’accordo in questione sarebbe “una rapida scorciatoia a ipotesi di localizzazione di opere nemmeno progettate” (pag. 11 ricorso). In realtà, lo scopo dell’accordo, secondo le finalità tracciate dal legislatore nazionale e regionale, è proprio quello di assicurare un esercizio agevolato e concentrato dei poteri pubblicistici facenti capo alle amministrazioni e soggetti partecipanti, la cui attività amministrativa viene così resa più snella, celere, efficiente, efficace, razionale ed adeguata alla cura degli interessi a ciascuno di essi assegnata dall'ordinamento, in ossequio ai principi fissati nell'articolo 97 della Costituzione. Di qui la possibilità che l’accordo possa costituire e sostituire, come è stato nella specie, il procedimento di approvazione definitiva di variante al PRG (cfr., per una fattispecie analoga: Consiglio di stato, sez. IV, 28.12.2006, n. 8047; id., 22.06.2006, n. 3889).
Né può fondatamente sostenersi che attraverso la procedura di accordo si sia violato il momento partecipativo dei privati. Già si è detto, infatti, che la L.R. Lombardia 14.03.2003, n. 2, relativa alla “Programmazione negoziata regionale“, all’articolo 6 ha minuziosamente disciplinato gli aspetti procedimentali e contenutistici dell’accordo, assicurando, tra l’altro e anzitutto, la partecipazione di tutti i soggetti interessati attraverso la preventiva pubblicazione della proposta di accordo approvata dalla Giunta regionale sul BURL; ciò al fine dichiarato dal legislatore, di “consentire a qualunque soggetto portatore di interessi pubblici o privati di presentare eventuali osservazioni o proposte”.
Il medesimo articolo 6 stabilisce, poi, al comma 11, che “Qualora l'accordo di programma comporti varianti agli strumenti urbanistici, il progetto di variante deve essere depositato nella segreteria comunale per quindici giorni consecutivi, durante i quali chiunque può prenderne visione. Nei successivi quindici giorni chiunque ha facoltà di presentare osservazioni. Le osservazioni presentate sono controdedotte dal consiglio comunale in sede di ratifica ai sensi dell'articolo 34 del d.lgs. 267/2000". Quindi il momento partecipativo, nel caso di varianti agli strumenti urbanistici viene assicurato in ben due fasi procedimentali.
D’altra parte, la pretestuosità, oltre che l’erroneità in punto di fatto, della censura si rende ulteriormente manifesta dalla circostanza che, in concreto, le ricorrenti hanno presentato agli enti locali interessati dettagliate ed articolate osservazioni ben prima della data di sottoscrizione dell’accordo qui impugnato (13.12.2003), altrettanto analiticamente vagliate dalle stesse amministrazioni.
Con il terzo motivo si lamenta la mancata valutazione, prima della sottoscrizione dell’accordo di programma, dei molteplici vincoli di natura ambientale, artistica, vulnerabilità geologica ed idraulica, nonché dei problemi di drenaggio dell’area: problemi evidenziati dalla stesso comune di Montano Lucino nelle valutazioni geologiche preliminari per lo studio di fattibilità del nuovo ospedale (pagg. 6-7, 10-11), nonché dallo studio di fattibilità prodromici all’accordo (pag. 47).
Il motivo è di tutta evidenza inammissibile.
Esso contesta, infatti, la localizzazione dell’opera ospedaliera in zona incongrua sotto i molteplici profili denunciati: paesaggistico, ambientale, idrogeologico, geologico, ecc.. Ora, non v’è dubbio che dai documenti versati in atti emergono motivi di perplessità in ordine alla scelta delle aree su cui realizzare l’opera.
Si legge infatti nello “studio di fattibilità” redatto dall’Azienda ospedaliera S. Anna di Como, con riferimento al regime idrografico ed idrogeologico (pag. 46 e seg., che “il tentativo progettuale consiste nel controllo e nello spostamento della zona a maggior energia potenziale della confluenza dei due alvei e del tratto del Val grande, che in relazione al regime torrentizio dell’intero reticolo potrebbe assumere livelli di pericolosità elevati…”; che “le valutazioni geologiche preliminari………hanno permesso di verificare la presenza di falde acquifere sospese superficiali che danno livelli medi d’acqua a circa 2 metri”, con conseguente necessità di “progettazione dei presidi tecnici di messa in sicurezza dei manufatti, di impermeabilizzazione e soprattutto di drenaggio…..”. Inoltre, si evidenzia la necessità di uno “spostamento parziale dell’alveo del Val Grande ...per la risoluzione di problematiche di messa in sicurezza della struttura ospedaliera”.
Anche nella relazione generale allegata alla delibera del c.c. di Como n. 66 del 18.12.2003, con cui è stato ratificato l’accordo di programma, si prospettano esigenze di “intervenire sul reticolo idrografico” (paragr. 2.3), di “controllo della regimazione delle acque …in relazione alla messa in sicurezza del nuovo organismo ospedaliero” (paqr. 3.2), di interventi sulle sponde e sugli alvei (par. 3.3.1), si evidenziano rischi di “asportazione/detrazione di elementi naturali, biodiversità e funzionalità ecologica” (par. 3.3.1).
In definitiva, pur nel rispetto della discrezionalità di scelta delle aree su cui far sorgere l’opera pubblica, emergono certamente dubbi sulla razionalità, logicità e coerenza con il principio di buon andamento.
Si tratta tuttavia di dubbi che non possono trovare collocazione e soluzione in questa sede.
Infatti, secondo quanto risulta dallo stesso preambolo dell’accordo di programma e dal citato studio di fattibilità, la determinazione di realizzare il nuovo ospedale sull’area in questione, cioè Villa Giulini in località Tre Camini, risale al lontano 2002 per effetto di due delibere della provincia di Como, le nn. 74 e 77, nonché in sede di determinazioni della Segreteria tecnica dell’accordo di programma, indicati a pag. 2 delle responsabili controdeduzioni della Regione Lombardia. Atti non impugnati neppure in questa sede, nonostante essi fossero agevolmente conoscibili dalle ricorrenti, le quali non possono tardivamente formulare appunti contro scelte di localizzazione non imputabili agli atti qui impugnati ma a provvedimenti precedenti e presupposti.
Sul punto vale ulteriormente osservare che, anche per infrangere il velo della discrezionalità amministrativa tipicamente ricollegata alle scelte urbanistiche e di localizzazione delle opere pubbliche e per consentire al giudice di verificare la bontà sostanziale delle stesse scelte in conformità al precetto costituzionale di buon andamento, per contrastare episodi di mala gestione dell’interesse pubblico, occorre che chi contesta il cattivo esercizio dei predetti poteri discrezionali fornisca quanto meno un indizio di prova che le ubicazioni delle opere pubbliche siano state effettuate in spregio ad ogni criterio di logicità, coerenza, oculata gestione del denaro pubblico.
Nella specie, invece, le ricorrenti si sono limitate a contestare, del tutto genericamente, che il nuovo ospedale sorgerà su “un’area naturale incontaminata, pur in presenza di una rilevante estensione di aree dimesse (quali?, n.d.r.) nella provincia di Como”, senza peraltro indicare dove fossero quelle aree e la loro idoneità ad allocare, per estensione e posizione, il nuovo polo ospedaliero.
Naturalmente, tutto ciò non toglie che in sede di progettazione ed esecuzione dell’opera le amministrazioni competenti debbano osservare le regole procedimentali e sostanziali per assicurare i numerosi aspetti critici insiti nella realizzazione dell’opera in questione; ma si tratta di aspetti successivi ed eventuali al presente contenzioso, che potranno semmai essere fatti valere nei tempi, nelle sedi e con gli strumenti giurisdizionali più opportuni.
Quanto, poi, alla mancanza di VIA lamentata con lo stesso terzo motivo, è da osservare che tale momento di valutazione dell’impatto ambientale dell’opera va compiuto nell’ambito del procedimento progettuale dell’opera stessa e non in momento anteriore, come è l’accordo di programma qui impugnato, relativo alla semplice individuazione delle caratteristiche fondamentali dell’intervento, demandando ad una fase successiva, rimessa essenzialmente all’azienda ospedaliera S. Anna, le procedure di progettazione e realizzazione dell’intervento (cfr. art. 9 dell’accordo).
Sarà quindi nella fase di progettazione che dovrà essere affrontata e verificata la problematica relativa alla VIA:
- art. 16, comma 4, della legge n. 109/1994 (oggi art. 166 del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 12.04.2006 n. 163 ), per cui “Il progetto definitivo individua compiutamente i lavori da realizzare, nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle indicazioni stabiliti nel progetto preliminare e …..consiste …….nello studio di impatto ambientale ove previsto…..”;
- art. 25 del regolamento di attuazione della citata legge 11.02.1994, n. 109, emanato con D.P.R. 21.12.1999 n. 554, che fra i documenti componenti il progetto definitivo indica espressamente (comma 2, lett. f) “studio di impatto ambientale ove previsto dalle vigenti normative ovvero studio di fattibilità ambientale“;
- D.P.R. 12.04.1996 (oggi abrogato dall’articolo 48 del D.Lgs. 03.04.2006, n. 152, codice dei contratti pubblici), recante “Atto di indirizzo e coordinamento per l'attuazione dell'art. 40, comma 1, della L. 22.02.1994, n. 146 (legge comunitaria)", concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale (si vedano in particolare gli artt. 5, 6 e 7, nonché gli allegati al decreto, ecc.) (Consiglio di Stato, Sez. II, parere 09.04.2008 n. 93 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIL’obbligo di predisporre cautele a tutela dell’integrità delle buste concernenti le offerte delle imprese partecipanti, in mancanza di apposita previsione da parte del legislatore, discende necessariamente dalla stessa ratio che sorregge e giustifica il ricorso alla gara pubblica per l’individuazione del contraente nei contratti delle pubblica amministrazione, in quanto l’integrità dei plichi contenenti le offerte delle imprese partecipanti all’incanto è uno degli elementi sintomatici della segretezza delle offerte e della par condicio di tutti i concorrenti, assicurando il rispetto dei principi -consacrati dall’art. 97 della Costituzione- di buon andamento ed imparzialità cui deve uniformarsi l’azione amministrativa.
In concreto, delle misure cautelari adottate deve essere data menzione nel verbale di gara, proprio al fine di assicurare l’effettivo ed ordinato svolgimento del prosieguo delle operazioni.
Gli atti relativi alle offerte presentate dalle singole imprese devono essere adeguatamente conservati in modo da garantire l’inalterabilità del loro contenuto, considerato che, “a tal fine non è sufficiente l’affermazione che gli atti sono stati conservati in luogo sicuro, accessibile solo ai membri della Commissione ma è invece necessario che, ultimate le operazioni di gara, la Commissione precisi le modalità di conservazione delle offerte e dei documenti ad esse allegati e specifichi se le buste contenenti le une e gli altri sono state adeguatamente richiusi”.

Il Collegio -pur essendo consapevole dell’orientamento giurisprudenziale che considera irrilevante la doglianza con cui si lamenta, in una gara d’appalto pubblico, l’inadeguata custodia delle buste contenenti un’offerta presentata, quando non sia proposto alcun elemento atto a far ritenere che possa essersi verificata la sottrazione o la sostituzione dei plichi o un qualche altro fatto rilevante ai fini della regolarità della procedura di gara a causa di tale asserito difetto di custodia (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 20.09.2001, n. 4973)- ritiene più rispondente all’esigenza di tutela della segretezza delle offerte, in una procedura concorsuale ad evidenza pubblica, il diverso indirizzo della giurisprudenza amministrativa secondo cui “l’obbligo di predisporre cautele a tutela dell’integrità delle buste concernenti le offerte delle imprese partecipanti, in mancanza di apposita previsione da parte del legislatore, discende necessariamente dalla stessa ratio che sorregge e giustifica il ricorso alla gara pubblica per l’individuazione del contraente nei contratti delle pubblica amministrazione, in quanto l’integrità dei plichi contenenti le offerte delle imprese partecipanti all’incanto è uno degli elementi sintomatici della segretezza delle offerte e della par condicio di tutti i concorrenti, assicurando il rispetto dei principi -consacrati dall’art. 97 della Costituzione- di buon andamento ed imparzialità cui deve uniformarsi l’azione amministrativa.” (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. V, 06.03.2006, n. 1068).
E non può, del resto, revocarsi in dubbio che “in concreto, delle misure cautelari adottate deve essere data menzione nel verbale di gara, proprio al fine di assicurare l’effettivo ed ordinato svolgimento del prosieguo delle operazioni.” (cfr. C.S., V, n. 1068/2006, cit.).
Né vale ad escludere la illegittimità del comportamento tenuto dall’amministrazione la considerazione che non si sarebbe concretamente verificata alcuna manomissione dei plichi contenenti le buste, atteso che la tutela giuridica dell’interesse pubblico al corretto svolgimento delle gare pubbliche, secondo i principi di cui all’art. 97 della Costituzione, deve essere assicurata in astratto e preventivamente e non può essere considerata soddisfatta sulla base della mera situazione di fatto del mancato verificarsi di eventi dannosi” (cfr. C.S., V, n. 1068/2006, cit. e giurisprudenza ivi richiamata: C.S., IV, n. 1612/2002).
Gli atti relativi alle offerte presentate dalle singole imprese devono essere adeguatamente conservati in modo da garantire l’inalterabilità del loro contenuto, considerato che, “a tal fine non è sufficiente l’affermazione che gli atti sono stati conservati in luogo sicuro, accessibile solo ai membri della Commissione ma è invece necessario che, ultimate le operazioni di gara, la Commissione precisi le modalità di conservazione delle offerte e dei documenti ad esse allegati e specifichi se le buste contenenti le une e gli altri sono state adeguatamente richiusi”.
In ogni caso, all’atto del riesame, l’organo competente “deve dare conto in modo esauriente e dettagliato delle effettive condizioni di conservazione delle singole offerte e specificare se le buste risultano adeguatamente richiuse oppure aperte.” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 03.02.2000, n. 661)
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 20.03.2008 n. 1219 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2007

APPALTI: G.U.U.E. 20.12.2007 n. L 335, "DIRETTIVA 2007/66/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell’11.12.2007 che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici" (link a http://eur-lex.europa.eu).

LAVORI PUBBLICIPur dovendosi la progettazione articolare in tre distinti livelli, ciascuno con una sua precipua finalità, la norma non esclude in via di principio che le fasi progettuali o alcune di esse siano elaborate in un unico contesto quando i lavori abbiano carattere di urgenza e indifferibilità e a condizione che la concentrazione delle fasi non si risolva in lacune o imprecisioni.
E’ stato chiarito in giurisprudenza che, pur dovendosi la progettazione articolare in tre distinti livelli, ciascuno con una sua precipua finalità, la norma non esclude in via di principio che le fasi progettuali o alcune di esse siano elaborate in un unico contesto quando i lavori abbiano carattere di urgenza e indifferibilità e a condizione che la concentrazione delle fasi non si risolva in lacune o imprecisioni (C.S., sez. IV, 27.03.2002, n. 1742).
E’ stato anche affermato che l’accorpamento delle fasi può risolversi in una mera irregolarità che non ridonda in un profilo di illegittimità dell’atto, salvo che nel ricorso non siano dedotte le finalità, oggetto di tutela, che siano state effettivamente messe a repentaglio a seguito dell’unificazione di qualcuna delle fasi (TAR Lombardia, MI, sez. II, 28.01.2005, n. 164) (TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 24.11.2007 n. 901 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: D. Chitò, BASTA IL “NUDO” PUNTEGGIO NUMERICO PER AGGIUDICARE UN APPALTO PUBBLICO? (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 4543 del 31.08.2007) (link a www.iussit.eu).

APPALTIE' illegittimo il provvedimento di esclusione di una ditta che sia fondato sulla mancata sottoscrizione della clausola del capitolato speciale contenente una deroga unilaterale ai termini di pagamento e agli interessi moratori per ritardato pagamento, fissati dagli art. 4 e 5 del predetto D.lgs. 09.10.2002 n. 231.
E' consolidata la giurisprudenza (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 12.04.2005, n. 1638) che considera illegittimi la lettera d’invito ed il capitolato normativo nella parte in cui impongono, a pena di esclusione, l’accettazione della clausola che prevede il pagamento “entro 120 giorni decorrenti dalla data di ricevimento della fattura”.
È stato chiarito, infatti, che, nell’ipotesi di gara per l’aggiudicazione della fornitura di beni ad una pubblica Amministrazione, è illegittimo il provvedimento di esclusione di una ditta che sia fondato sulla mancata sottoscrizione della clausola del capitolato speciale contenente una deroga unilaterale ai termini di pagamento e agli interessi moratori per ritardato pagamento, fissati dagli art. 4 e 5 del predetto D.lgs. 09.10.2002 n. 231.
A norma del comma 4 del citato art. 4 “le parti, nella propria libertà contrattuale, possono stabilire un termine superiore rispetto a quello legale di cui al comma 3 a condizione che le diverse pattuizioni siano stabilite per iscritto e rispettino i limiti concordati nell'ambito di accordi sottoscritti, presso il Ministero delle attività produttive, dalle organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale della produzione, della trasformazione e della distribuzione per categorie di prodotti deteriorabili specifici”; cosicché la deroga ai termini di pagamento e agli interessi moratori per ritardato pagamento, fissati dalle menzionate disposizioni del predetto D.lgs. 09.10.2002 n. 231, è consentita solo previo accordo liberamente sottoscritto dalle parti (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 12.04.2005, n. 1638).
L’imposizione dell’aumento dei termini per il pagamento rispetto ai 30 giorni fissati dal decreto, senza un accordo tra i contraenti inteso a delineare un regolamento negoziale più consono alla situazione finanziaria del debitore, sulla base dei parametri indicati (ossia corretta prassi commerciale, natura dei beni o servizi, condizione dei contraenti e rapporti commerciali tra i medesimi), in realtà introduce un vantaggio per l’Amministrazione che deve considerarsi “indebito”, atteso che la decorrenza degli interessi moratori segue il meccanismo automatico stabilito dall’art. 4 del D.Lgs. n. 231/2002, senza che neppure sia necessaria la costituzione in mora.
Alla luce di quanto sinora esposto, del tutto inconferente è il richiamo operato dall’appellante alla circolare n. 1 del 14.01.2003 promulgata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, in quanto essa non giustifica l’imposizione di termini più lunghi rispetto a quelli prescritti dal ricevimento della fattura o della richiesta di pagamento.
Le statuizioni previste dalla menzionata circolare n. 1, poste a salvaguardia delle amministrazioni dalle conseguenze dell’indisponibilità della provvista finanziaria, infatti, non sono di per sé idonee a giustificare il ritardo nel pagamento del prezzo rispetto ai termini prescritti dal D.Lgs. 231/2002, in quanto, ai fini della correttezza nei pagamenti, gli organismi pubblici e quelli privati sono in toto parificati.
Deve, in conclusione, riconoscersi che l’introduzione della clausola impugnata nel capitolato d’appalto, senza adeguata giustificazione, è illegittimità, anche perché comporta l’anticipazione, in sede di procedura di scelta del contraente, di un’inaccettabile sperequazione fra le posizioni delle parti nell’esecuzione del rapporto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.09.2007 n. 4996 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZIE' legittimo l'affidamento della gestione della pubblicità all'interno di uno stadio, unitamente alla concessione in uso dello stadio stesso, dal momento che esso non può essere qualificato come appalto di un servizio pubblico (per il quale occorre esperire la procedura dell’evidenza pubblica), nel caso in cui l'amministrazione abbia inteso frazionare l'uso pubblicitario dell'impianto sportivo, considerando la gestione della pubblicità come facoltà accessoria alla concessione di uso predetta.
Pertanto, è legittima la scelta del comune di non svolgere più la gestione dell'utilizzazione pubblicitaria di uno spazio pubblico, né tramite proprie strutture, né tramite appalto, poiché ai sensi dell'art. 5 d.lgs. 17.03.1995 n. 157, le norme del citato decreto non si applicano ai contratti aventi ad oggetto la locazione di edifici o altri immobili pubblici o i diritti ad essi inerenti.

Le considerazioni che si sono espresse sopra sono utili al fine di ritenere infondato anche il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 81 del Trattato UE, dell’art. 3 del R.D. n. 2440/1924, dell’art. 41 del R.D. n. 827/1924, del d.lgs. n. 157 del 1995, dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990, difetto assoluto di motivazione, carenza di istruttoria ed eccesso di potere, perché se è vero che prevalenti ragioni di interesse pubblico giustificano la concessione degli impianti sportivi alla maggiore squadra cittadina mediante affidamento diretto, tuttavia ciò non vale per quanto riguarda le attività commerciali e di sfruttamento economico previste nella convenzione e non attinenti allo spettacolo sportivo, rispetto alle quali non sarebbe giustificata la deroga dalla regola della procedura concorsuale.
In sostanza, il ricorrente non si duole dell’affidamento diretto dello stadio alla maggiore squadra cittadina, ma sostiene che per lo svolgimento delle attività commerciali all’interno delle stadio, nonché per la gestione della pubblicità, il comune avrebbe dovuto procedere ad una gara pubblica.
Della questione si è già occupato questo Tar nonché, in senso conforme, il Consiglio di Stato, cosicché questo collegio non vede ragione per discostarsi dalle conclusioni cui è già giunta la giurisprudenza amministrativa.
Si è affermato infatti in quella occasione che è legittimo l'affidamento della gestione della pubblicità all'interno di uno stadio, unitamente alla concessione in uso dello stadio stesso, dal momento che esso non può essere qualificato come appalto di un servizio pubblico (per il quale occorre esperire la procedura dell’evidenza pubblica), nel caso in cui l'amministrazione abbia inteso frazionare l'uso pubblicitario dell'impianto sportivo, considerando la gestione della pubblicità come facoltà accessoria alla concessione di uso predetta.
Pertanto, è legittima la scelta del comune di non svolgere più la gestione dell'utilizzazione pubblicitaria di uno spazio pubblico, né tramite proprie strutture, né tramite appalto, poiché ai sensi dell'art. 5 d.lgs. 17.03.1995 n. 157, le norme del citato decreto non si applicano ai contratti aventi ad oggetto la locazione di edifici o altri immobili pubblici o i diritti ad essi inerenti (Tar Napoli, I sez., n. 960/1998 e Consiglio Stato , sez. V, 17.10.2002 , n. 5671).
E’ opportuno ripercorrere brevemente i tratti essenziali della motivazione delle menzionate pronunce.
La citata giurisprudenza muove dall’assunto che gli impianti sportivi di proprietà comunale appartengono al patrimonio indisponibile del comune ai sensi dell'art. 826 comma ultimo c.c. essendo destinati al soddisfacimento dell'interesse proprio dell'intera collettività allo svolgimento delle attività sportive che in essi hanno luogo.
In questo quadro, la scelta del comune di Napoli di concedere unitamente allo stadio anche la gestione pubblicitaria dell'impianto sportivo, sempre se ed in quanto collegata allo specifico uso convenuto, fa sì che la fattispecie non possa essere qualificata in termini di appalto di un servizio pubblico, posto che il comune si è determinato nel senso di considerare la gestione della pubblicità come facoltà accessoria alla concessione di uso dello stadio comunale, nella specie alla SS Calcio Napoli, per le manifestazioni dalla stessa organizzate, nel quadro di una convenzione ad oggetto misto.
Pertanto, è legittima la concessione in uso dell'impianto, appartenente al patrimonio indisponibile, alla maggiore squadra cittadina, includendo in tale convenzione anche lo sfruttamento a fini pubblicitari degli spazi a tal fine disponibili, limitatamente alle manifestazioni sportive di cui la società sarà protagonista, ferma ed impregiudicata la potestà dello stesso Comune di disporre diversamente per le manifestazioni diverse da tali partite di calcio, presumibilmente affidate ad altri privati interessati.
Infatti, per espressa disposizione dell'art. 5 del d.lgs. n. 157 del 1995, le norme del detto decreto non si applicano ai contratti aventi ad oggetto la locazione di edifici o altri immobili pubblici o i diritti ad essi inerenti. Ne consegue che per l’attribuzione al concessionario dell'immobile pubblico di una facoltà ad esso inerente e compatibile con la destinazione dell'impianto, qual è lo sfruttamento a fini pubblicitari della spazio concesso, e per il tempo in cui è stato concesso, non doveva procedersi secondo le norme del d.lgs. n. 157 del 1995.
Peraltro, anche qualora si volesse ritenere, come non sembra condivisibile, che la facoltà concessa, senza l'espletamento di una procedura concorsuale, riguardasse comunque un servizio pubblico, la legittimità del provvedimento impugnato troverebbe comunque sostegno anche nella normativa che regge specificamente la materia delle concessioni di servizi. L'art. 267 del R.D. 14.09.1931 n. 1175, infatti, ammette che l'affidamento di servizi a trattativa privata quando "circostanze speciali in rapporto alla natura dei servizi lo consigliano".
Tali considerazioni, svolte in materia di gestione del servizio pubblicitario, e pienamente condivise dal collegio, possono essere sicuramente estese anche alle altre attività commerciali (servizio bouvette, ecc.).
Il motivo, per tutte queste ragioni, deve essere respinto
(TAR Campania-Napoli, Sez. III, sentenza 19.09.2007 n. 7878 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZIServizi cimiteriali.
Il Comune XXX richiede un parere su tre articoli di un capitolato di appalto per servizi cimiteriali (Regione Piemonte, parere n. 86/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

LAVORI PUBBLICIProcedura affidamento opere e lavori pubblici.
La prima riflessione da proporre in ordine al quesito del Comune XXX è l’invito ad interpretare le norme nel loro contesto e non mediante estrapolazione dei singoli commi, che letti separatamente inducono a conclusioni sbagliate.
L’art. 2 del Codice appalti recita:
L’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del presente codice, deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza; l’affidamento deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice”.
L’art. 27 ribadisce per i contratti esclusi che:
L’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall’applicazione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di  economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. L’affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto” ... (Regione Piemonte, parere n. 80/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

LAVORI PUBBLICIRichiesta autorizzazione ANAS per lavoro pubblico comunale.
Il Comune XXX chiede se un ente locale, con popolazione inferiore a 10.000 abitanti, debba o meno, nel caso abbia necessità di costruire un impianto semaforico o una rotatoria lungo una strada statale attraversante il proprio territorio, richiedere preventiva autorizzazione all’A.N.A.S. (Regione Piemonte, parere n. 60/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

APPALTIL’impresa che si rende aggiudicataria di un appalto deve non solo essere in regola con gli obblighi previdenziali ed assistenziali sulla stessa gravanti fin dal momento della presentazione della domanda, ma deve conservare la correttezza contributiva per tutto lo svolgimento del rapporto contrattuale.
L’impresa che si rende aggiudicataria di un appalto deve non solo essere in regola con gli obblighi previdenziali ed assistenziali sulla stessa gravanti fin dal momento della presentazione della domanda, ma deve conservare la correttezza contributiva per tutto lo svolgimento del rapporto contrattuale (cfr. sul punto, ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 30.01.2006 n. 288), con l’ovvia conseguenza che l’eventuale accertamento di una pendenza di carattere previdenziale o assistenziale in capo all’impresa pur dichiarata aggiudicataria dell’appalto prodottasi anche in epoca successiva alla scadenza del termine per partecipare al procedimento di scelta del contraente implica, a seconda dei casi, l’impossibilità per l’amministrazione appaltante di stipulare il contratto con l’impresa medesima, ovvero la risoluzione dello stesso.
Inoltre, viene ragionevolmente a porsi come del tutto irrilevante un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva quand’anche ricondotto retroattivamente, quanto ad efficacia, al momento della scadenza del termine di pagamento, posto che ciò gioverebbe soltanto nell’ambito delle reciproche relazioni di credito e di debito tra i soggetti del rapporto obbligatorio e non già nei confronti dell’Amministrazione appaltante, nei confronti della quale rileva -per contro- soltanto l’esigenza di un puntuale rispetto degli obblighi incombenti sull’appaltatore per effetto di parametri normativi e/o contrattuali che si configurano quale espressione di affidabilità dell’impresa (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, dec. 288 del 2006 cit.).
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Come ha ben rilevato TAR Puglia, Sez. I, 25.01.2005 n. 218, “l’essere in regola, ovvero l’essere regolare e cioè l’esser conforme a una regola o alle regole, al regolamento o alle disposizioni di legge, alle norme e alle prescrizioni” (lemma “regolare” del “Vocabolario della lingua italiana”, edito dall’Istituto dell’enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Milano, 1991) rinvia ad una percezione non “atomistica e puntuale” della posizione previdenziale e assistenziale dell’impresa, sebbene “globale e sincronica”, come si comprende bene nelle esemplificazioni relative all’uso del lemma “regolarità” (“la condizione e la qualità di ciò che è regolare”) proprio in riferimento a pagamenti (“con riferimento al succedersi periodico di certi fatti; le raccomando la regolarità nei pagamenti”).
In altri termini, il legislatore nazionale, opportunamente e secondo una valutazione di discrezionalità che gli era senz’altro consentita dalla direttiva comunitaria, ha inteso mettere in rilievo più e oltre che la condizione “statica” dell’impresa ad un certo momento temporale anche la sua posizione “dinamica” nel rapporto giuridico previdenziale e assistenziale, (che com’è ovvio comprende, in quanto estensiva, la prima), coerente alla natura di durata del rapporto e ai flussi di debiti (ed eventuali crediti) che si generano nel medesimo.
Con questa precisazione appare corretta l’espressione, invalsa nell’uso comune, di “correntezza contributiva”, che sta ad indicare appunto l’essere in regola, o “al passo”, con le periodiche scadenze delle obbligazioni previdenziali e assistenziali quanto al loro pagamento (in modo efficace è stato osservato che “la correntezza contributiva non costituisce un dato che possa essere temporaneamente frazionato in quanto attiene alla diligente condotta dell’impresa … in riferimento a tutte le obbligazioni contributive relative a periodi precedenti e non solo, quindi, a quelle maturate nel periodo in cui è stata espletata la gara (e) deve, pertanto, poter essere apprezzata in relazione ai periodi (anche pregressi) durante i quali l’impresa stessa era tenuta ad effettuare i relativi versamenti”: cfr. TAR Basilicata, 27.08.2001, n. 667).
In questa chiave, tra l’altro, proprio il richiamo alla regolarità rispetto agli obblighi relativi al pagamento non consente di affermare e porre in valore la distinzione invocata dalla società cooperativa ricorrente tra il mancato pagamento dei contributi e l’omesso versamento delle c.d. sanzioni civili, ovvero di quelle obbligazioni pecuniarie accessorie connesse alla scadenza del termine d’adempimento, posto che esse sono conseguenza immediata e diretta proprio dell’irregolarità ovvero del non esser stata l’impresa “al corrente”, “al passo” con le scadenze temporali fissate per l’adempimento dell’obbligazione contributiva (principale) periodica.
Sotto altro profilo, poi, la nozione di irregolarità della posizione assicurativa previdenziale (e/o assistenziale), nei sensi dianzi posti in luce appare meglio correlata ai fini di interesse pubblico, diretti e indiretti, perseguiti dal legislatore comunitario e recepiti da quello nazionale. E’ evidente, infatti, che soltanto l’accertamento della regolarità nel tempo del versamento dei contributi previdenziali e assistenziali e quindi della capacità dell’impresa di far fronte alle relative obbligazioni (che sono contrassegnate da inconfondibili “stimmate” pubblicistiche quali prestazioni imposte ex art. 23 Cost., ciò che le differenzia in modo significativo dalle “comuni” obbligazioni civili) è idoneo a soddisfare l’interesse pubblico “primario” che viene in rilievo nelle gare d’appalto, incentrato sull’affidabilità dell’impresa concorrente attraverso l’indice rivelatore della sua più efficiente ed efficace gestione economico-produttiva (col conseguente condivisibile rilievo secondo il quale la regolarità contributiva “…non rileva quale espressione di un mero rapporto obbligatorio tra due soggetti, ma come qualificazione soggettiva dell’impresa in termini di rispetto degli obblighi normativi e, dunque, espressione di affidabilità, costituente presupposto per la partecipazione alla procedura concorsuale”: cfr. TAR Campania, Salerno, Sez. I, 07.03.2001, n. 227).
Trasparente è, nello stesso tempo, il coordinamento della disposizione comunitaria e nazionale all’interesse pubblico secondario relativo alla più piena e penetrante tutela della posizione assicurativa previdenziale e assistenziale dei lavoratori dipendenti delle imprese interessate alla partecipazione alle gare d’appalto, anche in una chiave volta ad assicurare l’effettività della concorrenza, che sarebbe frustrata qualora talune di esse potessero “giovarsi” della propria posizione d’irregolarità contributiva per proporre prezzi più bassi rispetto alle altre in regola, conseguendo “economie” di spese generali e gestionali proprio attraverso la violazione degli obblighi contributivi e assistenziali (discorso sostanzialmente analogo, salvo l’interesse pubblico ulteriore di natura fiscale, va fatto per la regolarità tributaria).
Nella prospettiva da ultimo segnalata, si comprende anche perché l’accertamento dell’inesistenza del requisito di partecipazione alla gara possa e debba essere svolto dall’amministrazione appaltante anche in momento successivo all’aggiudicazione, non potendosi ammettere che il mero fattore temporale “consolidi” una posizione soggettiva che, ab initio, avrebbe dovuto condurre all’esclusione e che, in quanto indice rivelatore di una gestione economico-produttiva non efficiente né efficace, propostasi in passato e riproponibile in futuro, riverbera i suoi effetti negativi al di là del momento storico-temporale nel quale si è situata la situazione d’irregolarità (sul potere di rivalutare anche dopo l’aggiudicazione la posizione d’irregolarità contributiva dell’impresa vedi Cons. Stato, Sez. V, 11.06.2001, n. 3130 … risultando quindi errato l’opposto orientamento di cui a TAR Lazio, Roma, Sez. I, 20.09.2001, n. 7686; sull’afferenza del requisito soggettivo della regolarità contributiva e tributaria alla sfera dei requisiti di partecipazione alla gara e quindi sulla sua necessaria compresenza al momento della domanda di partecipazione o dell’offerta e sino al momento, quantomeno, dell’aggiudicazione cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 27.12.2004, n. 8215 ).
Così delineata la nozione di regolarità contributiva, è evidente che i cc.dd. certificati di regolarità (o correntezza) contributiva rilasciati dagli istituti che gestiscono le assicurazioni sociali (I.N.P.S. e I.N.A.I.L.) -ora confluiti nel documento unico di regolarità contributiva o D.U.R.C., rilasciato in base a convenzioni tra i due istituti ai sensi dell’art. 2 comma 2 del D.L. 25.09.2002, n. 210 (recante “Disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a tempo parziale” e convertito nella L. 22.11.2002 n. 266), il cui comma 1 ha peraltro ribadito l’obbligo delle imprese affidatarie di appalti pubblici di presentare certificazione relativa alla regolarità contributiva a pena di “revoca dell’affidamento”- vanno qualificati tra le “dichiarazioni di scienza”.
L’amministrazione appaltante non ha alcun autonomo potere, né di accertamento né di valutazione ed apprezzamento del contenuto delle cc.dd. certificazioni di regolarità contributiva e tributaria (si rinvia a Cons. Stato, Sez. V, 03.06.2002, n. 3061 e Sez. VI, 01.12.2000, n. 6231, ordinanza), che sono dichiarazioni di scienza, incontestabili in sé e per sé e la cui efficacia vincolante rispetto all’amministrazione appaltante può essere superata soltanto dal positivo accertamento dell’inesistenza della posizione debitoria tributaria.
Se di tale potere, dunque, l’amministrazione è carente, non può esercitarne, sotto altre spoglie, in sede di considerazione dell’interesse pubblico all’annullamento di un’ammissione alla gara (e conseguente aggiudicazione) che sia radicalmente viziata in riferimento alla obiettiva carenza del requisito soggettivo di partecipazione (costituito dalla regolarità della posizione contributiva o tributaria).
Non può, in altri termini, ritenersi consentita in un momento successivo, e solo per effetto della circostanza che sia trascorso un intervallo temporale più o meno casualmente lungo, quella valutazione della sussistenza (e ancor meno della “consistenza”) del requisito soggettivo di partecipazione … che era preclusa al momento dell’aggiudicazione.
L’interesse pubblico sotteso al requisito soggettivo di partecipazione, che si collega anche al puntuale rispetto del principio generale della par condicio tra i partecipanti alla gara, e che, come visto, attiene anche all’effettiva garanzia della piena concorrenza tra le imprese, è per dir così immanente e permanente ed il fattore temporale non è in grado di “consolidare” gli effetti della sua violazione, almeno quando, come nella specie, residui un apprezzabile intervallo temporale sino alla conclusione del rapporto.
D’altro canto l’introduzione, sia pure con riferimento all’esercizio dei poteri di autotutela, di una sfera di “discrezionalità” in ordine all’apprezzamento dell’incidenza della carenza del requisito di partecipazione sull’interesse pubblico può finire per frustrare la stessa effettività delle disposizioni comunitaria e nazionale che, giova ribadire, non attribuiscono alle amministrazioni aggiudicatici alcun potere di giudizio in ordine alla sussistenza/insussistenza dei requisiti ivi stabiliti, ivi compresi quelli di “correntezza” previdenziale e tributaria.
A minor ragione, poi, può ammettersi una valutazione quali-quantitativa della gravità della posizione debitoria previdenziale e tributaria, posto che il requisito di partecipazione può solo essere sussistente o insussistente, come fatto storico cui si riconnettono le conseguenze giuridiche ineludibili stabilite dalle disposizioni comunitaria e nazionale, che non assegnano alcun rilievo (né correlativamente alcuna sfera di apprezzamento discrezionale) alla “importanza” e “gravità” del difetto del requisito (che costituirebbe contraddizione in termini, poiché il requisito c’è o non c’è, non potendoci essere in misura più o meno “sufficiente”); senza dire che per tale via si finirebbe per riconoscere un potere di valutazione svincolato da parametri certi ed obiettivi che comprometterebbe l’effettività dei principi di trasparenza delle gare e di par condicio tra i concorrenti”
(TAR Veneto, Sez. I, sentenza 17.05.2007 n. 1507 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'illegittimità della risoluzione di un contratto di subappalto per infiltrazione mafiosa.
L'adozione della misura interdittiva di cui all'art. 4 D.Lgs. n. 490/1994, con la quale si esclude dal mercato dei pubblici appalti l'imprenditore che sia sospettato di legami o condizionamenti mafiosi è preordinata all'obbiettivo di mantenere un atteggiamento intransigente contro rischi di infiltrazione mafiosa per contrastare un eventuale utilizzo distorto delle risorse pubbliche. Secondo l'indirizzo della giurisprudenza, la informativa non deve dimostrare l'intervenuta infiltrazione, essendo sufficiente la sussistenza di elementi dai quali sia deducibile il tentativo di ingerenza.
Ciò nondimeno la stessa giurisprudenza ha più volte ribadito come il delicato equilibrio tra gli opposti interessi che fanno capo, da un lato, alla presunzione di innocenza di cui all'art. 27 Cost. ed alla libertà d'impresa costituzionalmente garantita e, dall'altro, alla efficace repressione della criminalità organizzata, comporta che l'interpretazione della normativa in esame debba essere improntata a necessaria cautela); e che l'esigenza di contrastare i tentativi di infiltrazione mafiosa nel modo più efficace non esclude che la determinazione prefettizia (pur se espressione di un ampia discrezionalità) possa essere assoggettata al sindacato giurisdizionale sotto il profili della sua logicità e dell'accertamento dei fatti rilevanti.
E' certamente arbitrario presumere che valutazioni e comportamenti riferibili alla famiglia di appartenenza o a singoli membri della stessa diversi dall'interessato debbano essere automaticamente trasferiti all'interessato medesimo. In difetto dunque di riscontri oggettivi che comprovino l'esistenza in concreto di comportamenti e situazioni dai quali possa desumersi il condizionamento mafioso, deve concludersi che l'informativa prefettizia non può trovare una valida giustificazione con il solo riferimento al richiamato legame di "parentela".
Ne consegue che, è illegittima la risoluzione di un contratto di subappalto per infiltrazione mafiosa in quanto l'informativa prefettizia non può trovare una valida giustificazione con il solo riferimento al richiamato legame di "parentela" (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 02.05.2007 n. 1916 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Facoltà di ritirare l'offerta sino all'inizio delle operazioni di gara.
Sussiste fino all'inizio delle operazioni di gara la possibilità di ritirare le offerta, anche se il bando preveda un periodo minimo in cui le stesse devono essere tenute ferme.
E' questo il principio con cui il TAR Lecce ha respinto il ricorso proposto da un ATI partecipante ad una gara d'appalto, statuendo che "In aderenza sia alle regole civilistiche di cui agli artt. 1326 e seguenti Cod. civ., sia alla regola speciale di cui all'art. 75, comma 7, del R.D. 23.05.1924, n. 827, deve ritenersi che un'impresa partecipante ad una gara d'appalto possa ritirare la propria offerta fino a quando le operazioni di gara non siano iniziate e ciò anche nel caso in cui il bando preveda un periodo minimo in cui le offerte debbono essere tenute ferme".
Ha poi aggiunto il TAR salentino che "In materia di gare pubbliche, la stazione appaltante, decorso -per causa ad essa imputabile- il termine indicato nel bando durante il quale le offerte debbono essere tenute ferme, deve correttamente interpellare i concorrenti ammessi alla procedura, per verificare la sussistenza del loro interesse all'eventuale aggiudicazione, e ciò soprattutto nei casi in cui, nelle more del procedimento, ci siano state significative variazioni dei costi dei fattori della produzione relativi all'appalto; l'omesso interpello delle imprese concorrenti, tuttavia, non determina ex se l'invalidità sopravvenuta delle offerte per scadenza del termine, in quanto (fermo restando che le offerte conformi al bando non possono essere considerate ad tempus) la persistenza dell'interesse all'aggiudicazione si può desumere anche per facta concludentia (ad esempio dalla circostanza che il concorrente aggiudicatario accetti di rendere le giustificazioni dell'offerta anomala o si presenti per la stipula del contratto, senza formulare riserve o eccezioni)".
Tuttavia si deve segnalare, l'orientamento opposto del massimo organo della Giustizia amministrativa nella materia (cfr. da ult. Cons. Stato, Sez. V, 19.04.2007 n. 1786).
Nello stesso senso, invece, TAR Puglia-Lecce, Sez. II, 18.02.2006, n. 950; sentenza questa recentemente riformata dal Consiglio di Stato in aderenza al richiamato orientamento (TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 02.05.2007 n. 1790 - massima tratta e link a www.filodiritto.com).

APPALTINel caso di partecipazione ad una gara di appalto di un raggruppamento temporaneo di imprese la cauzione provvisoria deve essere necessariamente intestata, a pena di esclusione, non già alla sola capogruppo designata, ma anche alle mandanti.
Nel caso in cui una costituenda riunione temporanea di imprese venga a costituire con la fideiussione la cauzione provvisoria, il soggetto garantito non è l'associazione temporanea di impresa (a.t.i.) nel suo complesso (non essendo ancora costituita) e non è neppure la sola capogruppo designata. Garantite, invece, sono tutte le imprese associande che, durante la gara, operano individualmente e responsabilmente nell'assolvimento degli impegni connessi alla partecipazione alla gara, ivi compreso, in caso di aggiudicazione, quello (per le future mandanti) di conferire il mandato collettivo all'impresa designata capogruppo che stipulerà il contratto con l'amministrazione.
Il fidejussore, inoltre, per assicurare in modo pieno l'operatività della garanzia di fronte ai possibili inadempimenti (coperti dalla cauzione provvisoria), deve richiamare la natura collettiva della partecipazione alla gara di più imprese, identificandole singolarmente e contestualmente e deve dichiarare di garantire con la cauzione provvisoria non solo la mancata sottoscrizione del contratto, ma anche ogni altro obbligo derivante dalla partecipazione alla gara, pena l'esclusione dal procedimento.
Pertanto, è illegittima l'ammissione di una A.T.I., avendo la stessa presentato come cauzione provvisoria una fideiussione bancaria rilasciata esclusivamente a garanzia delle obbligazioni di un'impresa all'epoca sprovvista dei poteri rappresentativi dell'altra partecipante, perché l'A.T.I. non si era ancora costituita, fideiussione nella quale, oltretutto, non si rinveniva alcun riferimento nemmeno all'A.T.I. costituenda (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 19.04.2007 n. 1876 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZISull'applicabilità dell'art. 75 del d.lvo n. 163/06 (Codice dei contratti pubblici) all'appalto del servizio di trasporto scolastico.
E' legittima l'esclusione da parte di un comune di un concorrente da una gara per l'affidamento dell'appalto del servizio di trasporto scolastico, in quanto la cauzione provvisoria non è stata costituita con le modalità di cui all'art. 75 del d.lgs. 163/2006 come previsto dall'art. 9 del bando di gara; in particolare, l'assegno circolare presentato come cauzione provvisoria non era corredato dall'impegno di un fideiussore a rilasciare la garanzia fideiussoria per l'esecuzione del contratto. L'obbligo per i concorrenti alla gara di presentare l'impegno suddetto va desunto per diretta applicazione dell'art. 75, c. 8, del d.lgs. 163/2006.
Il decreto in questione infatti detta la disciplina generale dei contratti pubblici, ed essendo norma di rango legislativo si applica a tutte le relative fattispecie, a prescindere dal rinvio che ad esso possano fare oppure no le norme del bando. Ritenuta applicabile in via diretta al caso di specie la norma dell'art. 75, c. 8, d.lgs. 163/2006, va poi affermato che la sua inosservanza, anche se il testo dell'articolo citato tace sul punto, è stata correttamente considerata dal Comune intimato motivo di esclusione. Per costante giurisprudenza, infatti, in tema di bandi di gara si considerano previsti a pena di esclusione sia gli adempimenti per i quali ciò sia espressamente previsto, con criterio formale, ma anche, con criterio sostanziale, quegli adempimenti non sanzionati in modo espresso, che tuttavia rispondano ad un particolare interesse della p.a. appaltante.
A tale ultimo criterio risponde all'evidenza la previsione in esame, dato che è di preminente rilievo per l'amministrazione garantirsi il corretto e continuo espletamento del servizio attraverso la garanzia fideiussoria prestata dall'aggiudicatario (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 19.04.2007 n. 410 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISul potere discrezionale della p.a. nel caso l'oggetto contrattuale sia mutato di decidere se indire subito una gara per concludere il contratto relativo ovvero soprassedere.
In presenza di un oggetto contrattuale mutato è apprezzamento ampiamente discrezionale della p.a. decidere se indire subito una gara per concludere il contratto relativo ovvero soprassedere, e tale ultima decisione non può dirsi di per sé illogica ovvero contraria al pubblico interesse, a meno che essa non appaia affetta da evidenti contraddizioni logiche.
Pertanto, in tale caso, ricorre uno dei casi che ai sensi dell'art. 21-quinquies l. 241/1990 legittimano la revoca del provvedimento, cioè il mutamento della situazione di fatto (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 19.04.2007 n. 408 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sui presupposti necessari affinché sia legittimo un affidamento diretto.
Le direttive del Consiglio 18.06.1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, 14.06.1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, e 14.06.1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, non ostano ad un regime giuridico quale quello di cui gode la Transformación Agraria SA, che le consente, in quanto impresa pubblica operante in qualità di strumento esecutivo interno e servizio tecnico di diverse amministrazioni pubbliche, di realizzare operazioni senza essere assoggettata al regime previsto dalle direttive in parola, dal momento che, da un lato, le amministrazioni pubbliche interessate esercitano su tale impresa un controllo analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi e che, dall’altro, la detta impresa realizza la parte più importante della sua attività con le amministrazioni di cui trattasi (Corte di Giustizia Europea, Sez. II,
sentenza 19.04.2007 n. C-295/05 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: In tema di valutazione dell'anomalia dell'offerta il potere tecnico discrezionale è sindacabile dal giudice amministrativo attraverso il controllo sulla sufficienza della motivazione resa.
La giurisprudenza, in tema di valutazione dell'anomalia dell'offerta, è costante nel ritenere si tratti di un apprezzamento squisitamente tecnico, che riguarda dunque il merito dell'azione amministrativa e si sottragga, pertanto, al sindacato di legittimità del giudice amministrativo se non in limiti ristretti; il subprocedimento di verifica della congruità di un'offerta anomala costituisce, infatti, espressione di un potere tecnico-discrezionale, insindacabile in sede giurisdizionale, salva l'ipotesi in cui le giustificazioni formulate siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione.
Tale potere tecnico discrezionale è sindacabile dal giudice amministrativo attraverso il controllo sulla sufficienza della motivazione resa; in particolare la motivazione viene richiesta rigorosa e analitica nel caso di giudizio negativo sull'anomalia; in caso, invece, di giudizio positivo, ovvero di valutazione di congruità dell'offerta anomala, non occorre che la relativa determinazione sia fondata su un'articolata motivazione ripetitiva delle medesime giustificazioni ritenute accettabili o espressiva di ulteriori apprezzamenti.
Pertanto, il giudizio favorevole di non anomalia dell' offerta in una gara d'appalto non richiede una motivazione puntuale ed analitica, essendo sufficiente una motivazione espressa "per relationem" alle giustificazioni rese dall'impresa vincitrice, sempre che queste siano a loro volta congrue ed adeguate (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 17.04.2007 n. 1774 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: Localizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità - Disposizioni a contenuto espropriativo e disposizioni urbanistiche - Differenze ed effetti - Durata.
Le aree oggetto di localizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità, sono assoggettate dal piano a vincolo preordinato all’esproprio che ha la durata di cinque anni, ed in tale termine può essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere (art. 9 D.P.R. 08.06.2001, n. 327) (TAR Campania-Napoli, Sez. III,
sentenza 12.04.2007 n. 3452 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Nel caso di ambiguità delle previsioni della lex specialis deve a pena di illegittimità preferirsi l'opzione che consente la maggiore partecipazione.
Nell'ambiguità delle previsioni della lex specialis, deve a pena di illegittimità (non già degli atti di gara ma della loro applicazione) preferirsi l'opzione che consente la maggiore partecipazione; nonché la conservazione degli stessi atti indittivi là dove una opzione interpretativa diversa li collochi nell'alveo della illegittimità.
Pertanto, nel caso di giudizio proposto avverso il bando di gara, avente per oggetto la fornitura di un autoveicolo da adibire a scuolabus, ritenuto illegittimo perché indicava espressamente la marca ed il tipo del veicolo da fornire, pur dinanzi alla indicazione di specifiche caratteristiche del mezzo, deve attribuirsi prevalenza e decisività alla prevista ammissibilità di mezzi equivalenti; risultando altrimenti illegittima la lex specialis diversamente interpretata nel senso di lasciare priva di effetti la consentita equivalenza, e compromesso il favor partecipationis.
Sicché, alla luce dei richiamati principi, la lex specialis doveva e deve interpretarsi nel senso dell'ammissibilità dell'offerta costituita da veicolo "equivalente" e ciò anche a prescindere dalla ulteriore circostanza afferente all'esito della gara che si è conclusa per sorteggio tra due offerte economiche equiordinate (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 12.04.2007 n. 1725 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di un'impresa da una gara per non aver dichiarato che il legale rappresentante della società aveva riportato una condanna penale.
E' legittima l'esclusione da una gara di un'impresa per aver omesso di dichiarare che il legale rappresentante della società aveva riportato una condanna penale.
La giurisprudenza al riguardo afferma che, se si eccettuano i reati relativi a condotte delittuose individuate dalla normativa antimafia, in assenza di parametri normativi fissi e predeterminati, la verifica dell'incidenza dei reati commessi dal legale rappresentante dell'impresa sulla moralità professionale della stessa attiene all'esercizio del potere discrezionale della P.A. e deve essere valutata attraverso la disamina in concreto delle caratteristiche dell'appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato.
Pertanto, l'esistenza di false dichiarazioni sul possesso dei requisiti, quali la mancata dichiarazione di sentenze penali di condanna, si configura come causa autonoma di esclusione dalla gara (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 12.04.2007 n. 1723 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: La verifica dell’incidenza dei reati commessi dal legale rappresentante dell’impresa sulla moralità professionale della stessa attiene all’esercizio del potere discrezionale della P.A. e deve essere valutata attraverso la disamina in concreto delle caratteristiche dell’appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato.
E' legittimo il provvedimento di esclusione da una gara in relazione ad una sentenza di condanna con sentenza passata in giudicato per delitto che incide sul rapporto fiduciario che si deve instaurare con la P.A..
L’esistenza di false dichiarazioni sul possesso dei requisiti, quali la mancata dichiarazione di sentenze penali di condanna, si configura come causa autonoma di esclusione dalla gara.
La giurisprudenza afferma, –se si eccettuano i reati relativi a condotte delittuose individuate dalla normativa antimafia– in assenza di parametri normativi fissi e predeterminati, che la verifica dell’incidenza dei reati commessi dal legale rappresentante dell’impresa sulla moralità professionale della stessa attiene all’esercizio del potere discrezionale della P.A. e deve essere valutata attraverso la disamina in concreto delle caratteristiche dell’appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato (cfr. Cons. St., sez. V, 18.10.2001, n. 5517; id., 25.11.2002, n. 6482). 
La giurisprudenza di questo Consiglio ritiene legittimo il provvedimento di esclusione da una gara in relazione ad una sentenza di condanna con sentenza passata in giudicato per delitto che incide sul rapporto fiduciario che si deve instaurare con la P.A. (cfr. Cons. St., sez. IV, 20.01.2004, n. 2358).
La giurisprudenza è pressoché unanime nell’affermare che l’esistenza di false dichiarazioni sul possesso dei requisiti, quali la mancata dichiarazione di sentenze penali di condanna, si configura come causa autonoma di esclusione dalla gara. Questo Giudice (cfr. Cons. St., sez. V, 06.06.2002, n. 3183) ha, infatti, sostenuto che, ai sensi dell’art. 17, lett. m) del D.P.R. n. 34 del 2000, l’esistenza di false dichiarazioni sul possesso dei requisiti per l’ammissione agli appalti si configura come causa di esclusione (cfr., con riferimento alla omessa dichiarazione delle sentenze di condanna riportate, Cons. St., sez. V, 25.01.2003, n. 352; Cons. St., sez. VI, 05.09.2002, n. 4483).
La ratio dell’art. 75, lett. c), del D.P.R. n. 554/1999 è, infatti, quella di assicurare che la pubblica amministrazione contragga con società i cui titolari, amministratori e direttori tecnici siano persone affidabili moralmente e professionalmente (cfr. Cons. St., sez. V, 12.10.2002, n. 5523) (Cons. Stato, Sez. V, sentenza 12.04.2007 n. 1723 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Non costituisce una causa di inammissibilità dell'offerta il mancato versamento del contributo all'Autorità di vigilanza per il 2006 (Consiglio di Stato, Sez. VI, ordinanza 03.04.2007 n. 1725).
(cfr. in senso contrario: TAR Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 21.03.2007 n. 2454; TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 11.12.2006 n. 3888 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Obbligo di gara pubblica per affidare i restauri. Il Comune non può affidare i lavori di manutenzione dei beni culturali a proprie società.
Il Comune non può affidare i lavori di manutenzione dei beni culturali a società sulle quali abbia il controllo (cosiddetto affidamento “in house”), ma deve ricorrere a procedure ad evidenza pubblica (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 03.04.2007 n. 1514 - link a www.aziendalex.kataweb.it).

APPALTI SERVIZI: Codice degli appalti e termine per la presentazione delle offerte.
Quando oggetto dell'appalto è un servizio di refezione scolastica non si applicano gli artt. 66 e 70 del D.Lgs. 163/2006 concernenti le modalità di pubblicazione dei bandi e i relativi tempi stabiliti per la presentazione delle offerte (TAR Puglia-Lecce, Sez. II, sentenza 30.03.2007 n. 1333 - link a www.altalex.com).

APPALTI: 1. Sull'interpretazione da parte di una commissione giudicatrice di offerte lacunose rispetto alle prescrizioni del bando.
2. Sull'impugnazione postuma da parte di un concorrente degli atti di gara.

1. E' legittimo il comportamento di una commissione giudicatrice, che trovandosi di fronte ad offerte tutte affette da lacune ed omissioni (rispetto alle prescrizioni del bando e degli altri atti di gara), piuttosto che procedere ad una esclusione generalizzata dei concorrenti, ha, al contrario, privilegiato la generalizzata ammissione, con salvezza e contemperamento dell'interesse degli aspiranti a partecipare alla procedura, in vista dell'aggiudicazione e dell'interesse dell'amministrazione alla stipula del contratto per l'espletamento del servizio.
In caso di clausole equivoche o di dubbio significato, infatti, deve preferirsi l'interpretazione che favorisca la massima partecipazione alla gara (piuttosto che quella che la ostacoli), e quella che sia meno favorevole alle formalità inutili, ciò anche al fine di ottenere le prestazioni richieste ad un prezzo quanto più vantaggioso, in termini qualitativi e quantitativi per l'amministrazione.
2. Una volta che il concorrente abbia partecipato alla gara, scegliendo la via dell'impugnazione postuma degli atti generali, a seguito della sua non favorevole collocazione in graduatoria, la legittimità delle regole concorsuali non può essere valutata in astratto, ma deve essere sempre considerata in rapporto alla illegittimità della lesione che si è verificata nella sfera giuridica dell'interessato, il quale ha l'onere di dimostrare come, in concreto, la lesione della sua personale sfera giuridica si ponga in qualche modo, in rapporto alla posizione fatta all'aggiudicatario, in una relazione di causa/effetto, rispetto alla illegittimità della clausola (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 28.03.2007 n. 1441 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: In tema di appalti pubblici di servizi è consentita la partecipazione sia di associazioni in raggruppamento orizzontale che verticale.
Negli appalti pubblici di servizi, comprendenti categorie plurime e scorporabili di servizi è consentita la partecipazione di associazioni riunite sia in via orizzontale sia in linea verticale e non può escludersi che, nell'ambito di un medesimo raggruppamento, talune parti del servizio siano eseguite da singole imprese, mentre una determinata parte sia eseguita da più imprese, fra quelle raggruppate.
L'art. 11 del D.Lgs. n. 157 del 1995, che ammette a presentare offerte imprese appositamente e temporaneamente raggruppate, non distingue espressamente fra associazione orizzontale e associazione verticale, prescrive che "l'offerta congiunta e deve specificare le parti del servizio che saranno eseguite dalle singole imprese" (c. 2); stabilisce che "l'offerta congiunta comporta la responsabilità solidale nei confronti dell'amministrazione di tutte le imprese raggruppate" (c. 3).
La norma deve essere interpretata nel senso di ammettere la possibilità di partecipazione sia in raggruppamento orizzontale, sia in raggruppamento verticale, e di non escludere la possibilità che, solo per una determinata parte, il servizio sia eseguito da più di una impresa della medesima associazione (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 28.03.2007 n. 1440 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sui requisiti di di capacità economica e finanziaria ed in particolare sulle referenze bancarie: interpretazione dell'art. 41 del D.Lgs. n. 163/2006.
Secondo il disposto dell'art. 41, c. 1, D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, i requisiti di capacità economica e finanziaria possano essere dimostrati per il tramite della presentazione di "uno o più dei seguenti documenti:
a) idonee dichiarazioni bancarie;
b) bilanci o estratti dei bilanci dell'impresa;
c) dichiarazione concernente il fatturato globale d'impresa e l'importo relativo ai servizi o forniture nel settore oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre esercizi
"; in particolare, quanto alle idonee dichiarazioni bancarie, l'art. 41, c. 4, precisa che tale requisito è comprovato con dichiarazione di almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati.
La fissazione, ad opera del legislatore, delle modalità relative alla dimostrazione della capacità economica e finanziaria, peraltro, appare temperata dalla previsione dell'art. 41, c. 3, D.Lgs. n. 163/2006 secondo cui "se il concorrente non è in grado, per giustificati motivi, ivi compreso quello concernente la costituzione o l'inizio dell'attività da meno di tre anni, di presentare le referenze richieste, può provare la propria capacità economica e finanziaria mediante qualsiasi altro documento considerato idoneo dalla stazione appaltante".
Non v'è dubbio che tale ultima previsione sia da riferire all'intero disposto del c. 1 dell'art. 41 D.Lgs. n. 163/2006 e, conseguentemente, anche alle dichiarazioni bancarie indicate nell'art. 41, c. 1, lett. a), e c. 4, D.Lgs. n. 163/2006. Pertanto, la presentazione di idonee referenze bancarie comprovate dalla dichiarazione di "almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati", non può considerarsi quale requisito "rigido", dovendosi conciliare l'esigenza della dimostrazione dei requisiti partecipativi con il principio della massima partecipazione alle gare di appalto, con conseguente necessità di prevedere dei temperamenti rispetto a quelle imprese che non siano in grado, per giustificati motivi, di presentare le referenze indicate (TAR Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 27.03.2007 n. 2661 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione da una gara di un consorzio per violazione della disciplina di gara che richiedeva espressamente, per i consorzi partecipanti alla gara, l'obbligo per ogni consorziato di produrre la certificazione di qualità.
Per consolidata giurisprudenza, la certificazione di qualità diretta a garantire che un'impresa è in grado di svolgere la sua attività secondo un livello minimo di qualità accertato da un organismo a ciò preposto è un requisito che, allorquando vi è una ripartizione percentuale del servizio tra le associate, dev'essere posseduto da tutte le imprese chiamate a svolgere prestazioni fungibili.
Pertanto, nel caso di specie è legittima l'esclusione dalla procedura concorsuale di un consorzio per violazione degli obblighi di gara, e precisamente per non aver prodotto nei termini richiesti dal bando la copia fotostatica della certificazione di qualità conforma alle norme europee UNI CEI ISO 9000 con riferimento a tutte le imprese aderenti al predetto consorzio.
Non appare decisivo, in contrario, il richiamo alla giurisprudenza, che consente di provare il possesso dei requisiti tecnici e finanziari mediante le referenze di un altro soggetto di cui si dichiari la disponibilità giacché, anche a prescindere dalla dubbia applicabilità di tale principio con riguardo ai requisiti di carattere soggettivo cui sono da taluni ricondotte le certificazioni di qualità, non risulta che in sede di gara il consorzio abbia esercitato tale opzione partecipativa.
Neppure il richiamo all'art. 49 del D.Lgvo n. 163 del 12.04.2006 si rivela fondato, non risultando che il consorzio abbia allegato in gara le dichiarazioni di cui all'art. 49, comma 2°, del D.Lgvo n. 163/2006 necessarie ai fini dell'avvalimento (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 27.03.2007 n. 556 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'illegittimità di un affidamento in via esclusiva e senza gara del servizio idrico integrato comunale ad una società a partecipazione pubblica, di cui il comune è socio minoritario.
In base alla normativa europea gli affidamenti di opere e servizi, in via diretta e senza gara, erano e sono consentiti, solo a condizione che gli stessi avvengano "in house", ossia in favore di società a partecipazione pubblica totalitaria, le quali realizzino la parte più importante della propria attività con l'ente pubblico che le controlla e sulle quali quest'ultimo eserciti un controllo analogo a quello esercitato sui propri apparati burocratici.
Il giudice comunitario ha, di recente, escluso che il richiesto "controllo analogo" possa sussistere in presenza di una partecipazione, anche minoritaria, di un'impresa privata al capitale della società pubblica affidataria. Pertanto, è illegittimo l'affidamento in via esclusiva e senza gara del servizio idrico integrato comunale ad una società a partecipazione pubblica, di cui il comune è socio minoritario, per violazione della normativa comunitaria (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 27.03.2007 n. 549 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZINel caso di trattativa privata relativa ad un appalto di servizio di valore eccedente la soglia comunitaria la procedura deve essere preceduta dalla pubblicazione di un bando di gara.
In una procedura in cui il valore dell'appalto di servizi eccede la soglia comunitaria si applica il disposto di cui all'art. 7 del d.lgs. 17.03.1995, n. 157, secondo cui anche nel caso di trattativa privata la procedura deve essere preceduta dalla pubblicazione di un bando di gara con il rispetto, quindi, delle disposizioni relative alla sua pubblicazione e dei termini fissati dal legislatore comunitario (direttiva 92/50/CEE) e recepiti con il decreto legislativo anzidetto.
Nel caso di specie, ciò è del tutto mancato, con il conseguente pregiudizio per le concorrenti di dover formulare offerte in termini molto inferiori rispetto a quelli previsti dalla norma primaria e senza possibilità, quindi (anche per l'assenza di criteri valutativi preventivamente definiti) di formulare offerte sufficientemente meditate (laddove, peraltro, una delle concorrenti era, invece, da tempo in possesso di tutti i dati conoscitivi utili alla formulazione di un'offerta completa).
Pertanto, è illegittimo l'affidamento a trattativa privata del servizio di telefonia disposto da un comune ad una società in quanto la procedura in questione non avrebbe potuto essere sottratta alla pubblicizzazione mediante apposito bando di gara essendo il valore dell'appalto eccedente la soglia comunitaria (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 22.03.2007 n. 1369 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISulla legittimità dell'esclusione di un'impresa da una gara per l'appalto di lavori pubblici nel caso in cui non abbia allegato all'offerta la documentazione che dimostri l'avvenuto pagamento del contributo all'Autorità per la vigilanza sui LL.PP..
In via generale, l'esclusione da una gara d'appalto per ragioni di carattere formale può essere disposta sulla base di inequivocabili precetti contenuti negli atti di gara (bando, lettera di invito): la precisa indicazione dell'adempimento formale richiesto e l' altrettanto precisa indicazione della sanzione comminata; cosicché solo in mancanza di una sufficiente chiarezza nei dati formali in questione, è illegittima l'esclusione di un'impresa disposta dall'amministrazione appaltante, dovendo semmai questa disporre un'integrazione documentale al fine di verificare il possesso dei requisiti richiesti a pena di esclusione.
Nel caso di specie non sono ravvisabili incertezze nelle prescrizioni di gara. Ne consegue che, è legittima l'esclusione di un'impresa da una gara per l'appalto di lavori pubblici nel caso in cui l'impresa stessa non abbia presentato, in allegato all'offerta, la documentazione che dimostri l'avvenuto pagamento del contributo all'Autorità per la vigilanza sui Lavori Pubblici, previsto dall'art. 1, commi 65 e 66 della legge n. 266 del 2005 e dalla successiva deliberazione dell'Autorità di vigilanza del 26.01.2006 e riportato nel bando di gara ai punti E e 9 (TAR Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 21.03.2007 n. 2454 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZISulla partecipazione delle società miste comunali alle gare di appalto di servizi pubblici indette da altri enti.
La giurisprudenza amministrativa nell'esame della questione relativa alla partecipazione delle società miste comunali alle gare di appalto di servizi pubblici indette da altri enti, si è attestata sul principio in base al quale tali società, pur legittimate in via di principio a svolgere la propria attività anche al fuori del territorio del Comune dal quale sono state costituite, in quanto munite dal legislatore di capacità imprenditoriale, sono pur sempre tenute, per il vincolo genetico funzionale che le lega all'ente di origine, a perseguire finalità di promozione dello sviluppo della comunità locale di emanazione. Il vincolo funzionale che la norma istitutiva ha implicitamente imposto alle imprese miste va confrontato con l'impegno extraterritoriale richiesto in concreto e inibisce tale attività quando diventino rilevanti le risorse e i mezzi eventualmente distolti dalla attività riferibile alla collettività di riferimento senza apprezzabili utilità per queste ultime.
Si tratta, in definitiva, di verificare che l'impegno da assumere non comporti una distrazione di mezzi e risorse tali da arrecare pregiudizio alla predetta collettività, in sostanza la necessità di una concreta verifica intesa ad accertare se l'impegno extraterritoriale eventualmente non distolga, e in caso positivo in che rilevanza, risorse e mezzi, senza apprezzabili ritorni di utilità (anch'essi da valutarsi in relazione all'impegno profuso e agli eventuali rischi finanziari) per la collettività di riferimento. Tale verifica non può che ritenersi rimessa alle commissioni giudicatrici delle gare quando a queste chiedano di partecipare società miste.
La capacità, in termini di mezzi tecnici e finanziari, della società mista ad assumere, in aggiunta a quelle derivanti dal servizio svolto per l'ente di riferimento, anche il servizio oggetto della specifica gara alla quale chiede di partecipare, attiene alla legittimazione della società a partecipare alla gara ed assume quindi la valenza di un requisito soggettivo che, in quanto tale, deve essere assoggettato a verifica come avviene per altri requisiti soggettivi. La prova di tale requisito soggettivo, secondo i principi stessi della partecipazione alle gare, incombe sull'aspirante (C.G.A.R.S., Sez. giurisdizionale,
sentenza 21.03.2007 n. 197 - link a www.dirittodeiservizipubblici).

APPALTIOfferta anormalmente bassa - Esclusione dalla gara - Verifica dell’attendibilità dell’offerta - Criterio del prezzo più basso - Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa - Aggiudicazione - Dir. 93/37/CEE - Dir. 92/50/CEE - L. n. 109/1994 e s.m. - D.P.R. n. 554/1999.
In materia di appalti di servizi pubblici, ai sensi dell’art. 30, comma 4, della Direttiva 93/37/CEE, come pure dall’art. 37 della Direttiva 92/50/CEE, si evince con sufficiente chiarezza che il diritto comunitario si limita a prescrivere l’obbligo dell’Amministrazione di procedere, prima di escluderla dalla gara, alla verifica dell’attendibilità di una offerta che risulti anormalmente bassa, senza peraltro imporre procedure o modalità di determinazione (in tal senso, Cons. St., Sez. IV, 12.01.2005 n. 43).
Quanto alla materia dei lavori pubblici l’art. 21, comma 1-bis, della legge n. 109 del 1994 e s.m., in sede di recepimento delle dette Direttive, prevede che, negli appalti da aggiudicare con il criterio del prezzo più basso, si considerino anormalmente basse, e quindi siano da sottoporre a verifica, le offerte che presentino un ribasso pari o superiore ad una determinata media aritmetica, minutamente disciplinata.
Quanto agli appalti in cui l’aggiudicazione avviene con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il Regolamento di attuazione di cui al d.P.R. n. 554 del 1999, stabilisce, all’art. 91, comma 4, che la stazione appaltante “può” procedere alla verifica di cui all’art. 64, comma 6, dello stesso decreto, che, a sua volta, dispone che la verifica della congruità dell’offerta “può” essere prevista dal bando quando “i punti relativi al prezzo e la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione sono pari o superiori a quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara”.
Sistema dell’offerta più vantaggiosa - Verifica dell’anomalia - Modalità di verifica più idonee - Discrezionalità dell’Amministrazione.
L’interpretazione sistematica del quadro normativo nazionale e comunitario, esclude che la verifica dell’anomalia, in caso di aggiudicazione con il sistema dell’offerta più vantaggiosa, sia soggetta a condizioni che ne limitino l’esercizio e ne fissino inderogabilmente le modalità. L’Amministrazione, infatti, ha la facoltà, almeno nel sistema dell’offerta più vantaggiosa, di individuare le offerte che ritenga anormalmente basse secondo le modalità che considera più idonee.
Verifica dell’attendibilità di un’offerta - Potestà Amministrativa - Nuova disciplina D.Lgs. n. 163/2006 “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”.
In merito alla verifica dell’attendibilità di una offerta che risulti anormalmente bassa, la normativa regolamentare rimette alla discrezionalità dell’Amministrazione di prevedere nella lex specialis il controllo dell’anomalia nei casi in cui si verifichino le circostanze contenute nel Regolamento di attuazione in sede di recepimento delle Direttive in materia.
Tuttavia, deve essere escluso che detta normativa possa assumere il significato di impedire all’Amministrazione di individuare l’anomalia adottando altro criterio di valutazione che meglio si attagli alle peculiarità della gara bandita. (Il metodo di individuazione dell’anomalia alla specificità della gara, trova conferma nella nuova disciplina della materia dettata dal d.lgs. 12.04.2006 n. 163, di attuazione delle Direttive 2004/17CE e 2004/18/CE, sebbene non in vigore all’epoca dei fatti).
Codice dei contratti pubblici - Individuazione di casi di anomalia diversi da quelli prestabiliti - Facoltà all’Amministrazione - Sussistenza.
La nuova disciplina dettata dal d.lgs. 12.04.2006 n. 163, di attuazione delle Direttive 2004/17CE e 2004/18/CE, “Codice dei contratti pubblici” riserva la facoltà all’Amministrazione di ipotizzare autonomamente, “in base ad elementi specifici”, casi di anomalia diversi da quelli prestabiliti.
Offerta anomala - Argomentazioni chiarificatrici - Sottoposizione allo stesso organo tecnico - Necessità.
Le argomentazioni chiarificatrici fornite dall’Impresa devono essere sottoposte allo stesso organo tecnico che, a norma dell’art. 21, comma 4, della legge n. 109/1994, è deputato alla valutazione delle offerte, in quanto dotato delle necessarie competenze tecniche (Consiglio di Stato Sez. V, 28.06.2002 n. 3566).
Nella specie, l’Impresa è stata messa nelle condizioni di esporre compiutamente le proprie ragioni, sicché la pretesa di ottenere un nuovo colloquio, rimasta insoddisfatta, non può determinare un vizio della procedura.
Verifica di anomalia - Aggiudicazione definitiva - Commissione giudicatrice e P.A. - Compiti.
Una volta esaurito il compito tecnico rimesso alla commissione giudicatrice, l’Amministrazione non può riaprire l’istruttoria, per compiere nuove ed autonome valutazioni di merito, contrastando con l’impianto stesso delle procedure ad evidenza pubblica.
Sicché, in sede di aggiudicazione definitiva, l’Amministrazione, eseguito un controllo sulla regolarità formale degli atti di gara, deve soltanto esprimere la volontà di procedere, ovvero non procedere all’adozione dell’atto conclusivo, che assume rilevanza proprio ed esclusivamente per tale preciso contenuto.
Ribadendo, che le valutazioni assunte in sede di esame delle giustificazioni delle concorrenti, la cui offerta è sottoposta a verifica di anomalia, costituiscono esercizio di discrezionalità tecnica non suscettibile di sindacato giurisdizionale, salvo i casi di macroscopico errore o grave illogicità (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 20.03.2007 n. 1343 - link a www.ambientediritto.it).
LAVORI PUBBLICI: Sulla facoltà per l'amministrazione, in un appalto da aggiudicare con il sistema della offerta più vantaggiosa, di individuare le offerte che ritenga anormalmente basse secondo le modalità che considera più idonee.
La verifica dell'anomalia, in caso di aggiudicazione con il sistema dell'offerta più vantaggiosa, non è soggetta a condizioni che ne limitino l'esercizio e ne fissino inderogabilmente le modalità. L'Amministrazione ha la facoltà, almeno nel sistema dell'offerta più vantaggiosa, di individuare le offerte che ritenga anormalmente basse secondo le modalità che considera più idonee.
Negli appalti in cui l'aggiudicazione avviene con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, il Regolamento di attuazione di cui al d.P.R. n. 554 del 1999, stabilisce, all'art. 91, c. 4, che la stazione appaltante "può" procedere alla verifica di cui all'art. 64, c. 6, dello stesso decreto, che, a sua volta, dispone che la verifica della congruità dell'offerta "può" essere prevista dal bando quando "i punti relativi al prezzo e la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione sono pari o superiori a quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara.".
Appare evidente che, nel silenzio della legge sul punto, la normativa regolamentare rimetta alla discrezionalità dell'Amministrazione di prevedere nella lex specialis di dar corso alla verifica dell'anomalia quando si verifichino le circostanze sopra illustrate, ma la detta normativa non può assumere il significato di impedire all'Amministrazione di individuare l'anomalia adottando altro criterio di valutazione che meglio si attagli alle peculiarità della gara bandita (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 20.03.2007 n. 1343 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).
APPALTI SERVIZI: La valutazione dell'incidenza dei reati finanziari sulla moralità professionale di un partecipante ad un appalto, non è rimessa alla valutazione della stazione appaltante, ma è espressamente definita dal legislatore.
L'incidenza dei reati finanziari, sulla moralità professionale del soggetto che aspira ad essere parte di un contratto di appalto di servizi con l'Amministrazione pubblica, non è rimessa alla valutazione della stazione appaltante, ma è espressamente definita, a priori, dalla stesso legislatore, che ascrive alla particolare natura del reato, sotto l'aspetto sostanziale, una tale lesività degli interessi collettivi, da non consentire che il servizio sia affidato a coloro che li hanno commessi.
Pertanto, è legittima l'esclusione dalla gara di una ATI conseguente agli accertati precedenti penali a carico del Presidente del consiglio di amministrazione e procuratore della società mandante (fra l'altro, sentenza di condanna ex artt. 444 c.p.p., per la commissione, di un reato finanziario non dichiarato estinto) di cui non era stata fatta menzione nella apposita dichiarazione resa all'atto della partecipazione alla gara, con la quale, al contrario, la concorrente aveva dichiarato l'insussistenza di alcuna delle cause di esclusione di cui all'art. 12 D.Lgs. 157/1995 (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 20.03.2007 n. 1331 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZISull'illegittimità della previsione in un bando per l'appalto di servizi di progettazione, della prestazione in sede di gara di una cauzione provvisoria e di una cauzione definitiva, oltre alla polizza di responsabilità civile professionale.
E' illegittima la previsione contenuta in un bando di gara relativo ad un appalto-servizio indetto da una regione, avente ad oggetto il servizio di progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, nella parte in cui prescrive, ai fini dell'ammissione, oltre alla presentazione di una polizza di responsabilità civile e professionale, anche il versamento di una cauzione provvisoria pari al 2% della base d'asta e di una cauzione definitiva del 10% dell'importo contrattuale, in quanto il comma 5 del art. 30 della l. 11.02.1994, n. 109 prescrive l'obbligo in capo al progettista unicamente della presentazione di una polizza assicurativa di responsabilità civile professionale per i rischi derivanti dallo svolgimento della propria attività.
Il sistema delle garanzie previsto dalla legge non è suscettibile, invero, di interpretazioni estensive e, d'altro canto, l'attività amministrativa deve essere incentrata sul principio di non aggravamento del procedimento; in tal senso, la richiesta della cauzione nei confronti del progettista si risolverebbe in un ulteriore onere economico a carico del progettista medesimo, la cui eventuale responsabilità, invece, si concretizza in un momento successivo a quello della partecipazione alla gara e riguarda specificamente il risultato ancora da compiersi, la progettazione, nel caso in cui si evidenzino degli errori e/o omissioni nella redazione dei progetti.
La richiesta delle due tipologie di cauzioni, provvisoria e definitiva, in aggiunta alla polizza di cui all'art. 30, comma 5, della legge quadro, determinerebbe, pertanto, un aggravamento degli oneri di accesso alla gara di appalto a carico del progettista del tutto ingiustificato (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 13.03.2007 n. 1231 - link a www.dirittodesiervizipubblici.it).

APPALTI SERVIZIAttività contrattuale della PA: inderogabilità ai principi dell’evidenza pubblica.
Per l’affidamento dei servizi pubblici locali, l’obbligo di seguire le procedure concorsuali pubbliche discende direttamente dalle norme e dai principi desumibili dagli artt. 3 e 6 del regio-decreto n. 2440 del 1923 e dall'art. 41 del regio-decreto n. 827 del 1924.
Le disposizioni de quibus impongono, per ogni attività contrattuale della P.A., il ricorso a procedure concorsuali aperte ai soggetti idonei per eseguire opere o servizi e per fornire beni alle amministrazioni stesse.
Ciò, in ossequio ai principi costituzionali di imparzialità e di buon andamento dell'azione amministrativa ed ai i principi comunitari di trasparenza e di libera concorrenza.
E’, infatti, da escludere che un ritardo imputabile alla stessa amministrazione possa giustificare la deroga ai principi dell'evidenza pubblica ed il ricorso alla trattativa privata.
Pertanto, la possibilità dell’affidamento diretto a trattativa privata è circoscritta ad alcune condizioni eccezionali, la cui sussistenza deve essere provata e giustificata debitamente e specificamente dall’amministrazione procedente
(TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 12.03.2007 n. 1781 - link a www.altalex.com).
APPALTI SERVIZI: L'affidamento dei servizi pubblici locali mediante trattativa privata è circoscritta ad alcune condizioni eccezionali, la cui sussistenza deve essere provata e giustificata dall'amministrazione procedente.
L'obbligo di seguire le procedure concorsuali pubbliche per l'affidamento dei servizi pubblici locali, discende direttamente dalle norme e dai principi desumibili dagli artt. 3 e 6 del r.d. n. 2440 del 1923, e dall'art. 41 del r.d. n. 827 del 1924.
Tali disposizioni (coerentemente con i principi costituzionali di imparzialità e di buon andamento dell'azione amministrativa, nonché con i principi comunitari di trasparenza e di libera concorrenza) impongono, per ogni attività contrattuale della pubblica amministrazione, il ricorso a procedure concorsuali aperte ai soggetti idonei per eseguire opere o servizi e per fornire beni alle amministrazioni stesse. A fronte di ciò la possibilità dell'affidamento diretto a trattativa privata è circoscritta ad alcune condizioni eccezionali, la cui sussistenza deve essere provata e giustificata dall'amministrazione procedente.
L'urgenza derivante dalla inadeguatezza del servizio svolto dalla precedente società affidataria del servizio dimostra semmai l'inerzia del comune nell'adottare tempestivamente le iniziative appropriate per risolvere i problemi connessi allo svolgimento di questo servizio.
Pertanto, è da escludere che un ritardo imputabile alla stessa amministrazione possa giustificare la deroga ai principi dell'evidenza pubblica ed il ricorso alla trattativa privata (TAR Campania, Napoli, Sez. I,
sentenza 12.03.2007 n. 1781 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZISu alcune questioni relative all'affidamento di un servizio pubblico a mezzo trattativa privata.
In base ai principio di libera concorrenza, di legalità e di buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa, l'impresa operante in un settore economico è legittimata ad impugnare il provvedimento con cui l'amministrazione disponga la stipula di un contratto a trattativa privata riferito allo stesso settore e non abbia posto in essere la scelta del contraente con le debite procedure ad evidenza pubblica
Un comune non può motivare l'affidamento di un servizio pubblico a mezzo trattativa privata, facendo riferimento alle pretese ragioni di urgenza gravanti sull'ente pubblico all'indomani della scadenza del contratto col precedente gestore: la scadenza del precedente rapporto, infatti, è un dato ben noto all'Amministrazione, che avrebbe potuto (e dovuto) attivarsi per tempo ai fini dell'individuazione del successivo gestore del servizio (soprattutto nel caso in cui si tratti di un servizio di routine, caratterizzato dalla continuatività e non occasionalità).
La giurisprudenza individua l'elemento distintivo tra concessioni di servizi pubblici ed appalti di pubblici servizi nell'eventuale incidenza dell'onere economico a carico dell'ente pubblico appaltante o concedente. Più in particolare: è elemento tipico dell'appalto di servizi pubblici l'obbligo per la stazione appaltante di corrispondere al gestore del servizio una utilità economica, quale corrispettivo per la fornitura del servizio all'ente stesso o alla comunità da esso rappresentata (per esempio, appalto del servizio di pulizia degli uffici comunali; appalto del servizio pubblico di scuolabus per gli alunni delle scuole elementari). Viceversa, nella concessione di servizio pubblico il concessionario ritrae il proprio guadagno direttamente dal pagamento di una tariffa posta a carico degli utenti del servizio stesso (per esempio, servizio di trasporto urbano affidato a soggetti terzi che gestiscono "a proprio rischio"). In breve, con l'appalto di servizio l'ente pubblico si procura una utilità diretta e ne paga il relativo costo; con la concessione, invece, esso trasla su soggetti terzi (piuttosto che fornirlo in prima persona) la gestione di un servizio, destinato a favore di una platea più o meno ampia di utenti, e consente al gestore di ricavarne un utile attraverso la percezione del corrispettivo pagato dai fruitori.
Anche l'affidamento in concessione di un pubblico servizio non sfugge all'applicazione dei principi comunitari in tema di pubblicità della gara, concorrenzialità e non discriminazione, previsti per la materia degli appalti pubblici, pena la creazione di una "zona franca" che -sotto l'ombra di un diverso nomen iuris- consenta agli enti pubblici di eludere le disposizioni comunitarie in un settore in cui sussistono le medesime esigenze (Tar Sicilia-Catania, Sez. II,
sentenza 12.03.2007 n. 461 - link a www.dirittodeiservizipubblici).

APPALTISull'illegittimità di una informativa antimafia basata sul fatto che il coniuge del titolare dell'impresa è imparentato con esponenti della camorra.
La misura interdittiva conseguente ad una informativia antimafia di cui all'art. 4 D.Lgs. n. 490/1994, con la quale si esclude dal mercato dei pubblici appalti l'imprenditore che sia sospettato di legami o condizionamenti mafiosi, ha lo scopo di mantenere un atteggiamento intransigente contro rischi di infiltrazione mafiosa per contrastare un eventuale utilizzo distorto delle risorse pubbliche. Secondo l'indirizzo della giurisprudenza, la informativa non deve dimostrare l'intervenuta infiltrazione, essendo sufficiente dimostrare la sussistenza di elementi dai quali sia deducibile il tentativo di ingerenza.
Tuttavia, la stessa giurisprudenza ha più volte ribadito come il delicato equilibrio tra gli opposti interessi che fanno capo, da un lato, alla presunzione di innocenza di cui all'art. 27 Cost. ed alla libertà d'impresa costituzionalmente garantita e, dall'altro, alla efficace repressione della criminalità organizzata, comporta che l'interpretazione della normativa in esame debba essere improntata a necessaria cautela. In definitiva l'esigenza di contrastare i tentativi di infiltrazione mafiosa nel modo più efficace, e dunque anche nel caso in cui sussistano anche semplici elementi indiziari, non esclude che la determinazione prefettizia (pur se espressione di un ampia discrezionalità) possa essere assoggettata al sindacato giurisdizionale sotto il profilo della sua logicità e dell'accertamento dei fatti rilevanti.
Ciò posto, deve ritenersi che nella fattispecie in esame non sia idonea a sorreggere l'impugnato provvedimento prefettizio la sussistenza di legami di parentela con esponenti di clan camorristici. La circostanza infatti che il titolare della impresa sia imparentato (tramite la moglie) con esponenti della camorra non può essere di per sé prova sufficiente di infiltrazione mafiosa nella gestione dell'impresa ove a tale dato anagrafico non si accompagni una acclarata frequentazione e comunanza di interessi con tali ambienti, di cui non v'è traccia nel provvedimento impugnato (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 07.03.2007 n. 1056 - link a www.dirittodesiervizipubblici.it).

APPALTI: Il Consiglio di Stato rimette alla Corte di Giustizia delle Comunità europee la questione se il riconoscimento in capo alle imprese costituite in ATI ad impugnare in via autonoma l'aggiudicazione contrasti con le direttive comunitarie.
La Corte di Giustizia delle Comunità europee deve risolvere la questione se l'art. 1 della direttiva del Consiglio 21.12.1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18.06.1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, debba essere interpretato nel senso che osta a che, secondo il diritto nazionale, il ricorso contro una decisione di aggiudicazione di un appalto possa essere proposto a titolo individuale da uno solo dei membri di un'associazione temporanea priva di personalità giuridica, che ha partecipato in quanto tale ad una procedura d'aggiudicazione di un appalto pubblico e non si è vista attribuire il detto appalto (cfr. CdS, sez. V, 14/11/2006, n. 6677) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 06.03.2007 n. 1042 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI1. Per la proposizione di una impugnativa contro clausole del bando che precludono la partecipazione, non è necessaria la domanda di partecipazione alla gara.
2. Sull'illegittimità di una clausola contenuta in un bando di gara che prescrive che non sono ammesse a partecipare alla procedura le ATI.

1. Non è necessaria la domanda di partecipazione alla gara quale condizione per la proposizione di una impugnativa avverso clausole del bando tali da precludere in maniera assoluta e certa la partecipazione alla gara del soggetto aspirante, poiché detta domanda si risolverebbe in un mero adempimento formale inevitabilmente seguito da un atto di estromissione, e perciò privo di un'effettiva utilità pratica.
2. La "ratio" dell'istituto del raggruppamento temporaneo di imprese non è soltanto quella di consentire la partecipazione alle gare pubbliche di imprese che, singolarmente considerate, non potrebbero essere ammesse perché carenti dei requisiti economici, tecnici ed organizzativi indispensabili per la partecipazione, ma anche quella ulteriore di poter utilizzare un'opzione operativa di sinergia strategica tra soggetti già capaci di concorrere singolarmente.
Pertanto, è illegittima la prescrizione contenuta nel bando della gara ufficiosa (appalto concorso) indetta da un comune, secondo cui sono ammesse alla partecipazione singole società in possesso delle prescrizioni indicate e non sono ammesse a partecipare le A.T.I. (TAR Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 06.03.2007 n. 800 - link a www.dirittodesiervizipubblici.it).

APPALTI: Sull'obbligo per le ATI, costituite o costituende, di dichiarare sempre e comunque le relative quote di partecipazione prima dell'aggiudicazione.
La legge impone alle a.t.i., costituite o costituende, di dichiarare le quote di partecipazione sempre e comunque prima dell'aggiudicazione. Le fonti del principio si rinvengono nell'art. 13, c. 5-bis, della l. n. 109 del 1994, laddove dispone che: "E' vietata qualsiasi modificazione alla composizione delle associazioni temporanee e dei consorzi di cui all'art. 10, c. 1, lettere d) ed e), rispetto a quella risultante dall'impegno presentato in sede di offerta". Ed inoltre nell'art. 93, c. 4, del d.P.R. n. 554 del 1999, laddove dispone che: "Le imprese riunite in associazione temporanea devono eseguire i lavori nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento".
La prima norma testé richiamata, introdotta dall'art. 9 della l. n. 415 del 1998, dopo la caduta del divieto originariamente previsto di costituire associazioni temporanee e consorzi concomitanti o successivi all'aggiudicazione di gara, non prevede espressamente il momento in cui la partecipante è tenuta a dichiarare l'importo dei lavori del raggruppamento in relazione alle singole compartecipazioni, ossia se sin dall'ammissione alla gara o successivamente all'aggiudicazione.
Tuttavia lascia deporre a favore della necessità della dichiarazione (e del possesso dei requisiti) sin dall'ammissione alla gara il fatto che il legislatore, nel ridisciplinare l'art. 13 richiamato, non abbia modificato il primo comma, laddove subordina la partecipazione alla procedura concorsuale delle associazioni temporanee alla condizione che la mandataria e le altre imprese del raggruppamento siano già in possesso dei requisiti di qualificazione per la rispettiva quota percentuale, con ciò evidentemente riaffermando la necessità della previa indicazione delle quote di partecipazione. Infatti aver conservato tale norma anche nell'attuale sistema, dove è possibile costituire raggruppamenti, significa che il legislatore ha ritenuto necessaria la preventiva verifica dei requisiti in relazione alle singole quote di partecipazione anche nel nuovo regime (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 01.03.2007 n. 1001 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISulla fondatezza di una domanda di risarcimento dei danni proposta dalla seconda classificata nella procedura concorsuale, derivante da illegittima aggiudicazione dell'appalto.
E' fondata la richiesta di risarcimento dei danni di una società, quale seconda classificata in una procedura concorsuale espletata da un comune, derivante dall'illegittima aggiudicazione dell'appalto per l'esecuzione del servizio elettrico votivo nel civico cimitero, nonché per la sua manutenzione, in favore di una ditta carente del requisito dell'abilitazione ex lege n. 46/1990, e che ha omesso d'indicare, nella documentazione allegata all'offerta, un responsabile tecnico avente i requisiti prescritti dalla legge.
Il vizio dell'attività, illegittimamente posta in essere dal comune, si pone come particolarmente evidente, integrando senz'altro, quanto meno, l'elemento della colpa, che per la Cassazione va riferita all'Amministrazione intesa come apparato (piuttosto che al singolo funzionario agente), ed è presente quando "l'adozione e l'esecuzione dell'atto illegittimo (lesivo dell'interesse del danneggiato) sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione alle quali l'esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi … in quanto si pongono come limiti esterni alla discrezionalità".
E' chiaro, infatti, che nel caso di specie non sembra potersi ravvisare alcun errore scusabile, il cui accertamento impedirebbe, secondo parte della dottrina e della giurisprudenza che s'è occupata dell'argomento, di poter qualificare la condotta della P.A., nel suo complesso, come colposa (TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 12.02.2007 n. 973 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTISull'illegittimità dell'aggiudicazione di una gara per mancata dichiarazione del collegamento sostanziale, in una gara precedente, accertato mediante annotazione nel Casellario informatico.
La mancata dichiarazione del "collegamento sostanziale" tra imprese, in quanto accertato mediante annotazione nel Casellario informatico, nei confronti delle imprese partecipanti alla gara e non dichiarato dalle stesse, costituisce una non veritiera indicazione delle condizioni previste per la partecipazione alla gara, ai sensi dell'art. 75 del d.p.r. n. 554/1999, lett. h, ed essendo tale dichiarazione precedente alla gara stessa, costituisce, di per sé, motivo di esclusione, indipendentemente dalla rilevanza che tale collegamento potrebbe avere sulla gara (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 12.02.2007 n. 554 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Il termine previsto dall'articolo 113, c. 15-bis, del Dlvo 267/2000 per le concessioni di servizi pubblici non si applica per l'affidamento a seguito di licitazione privata.
L'art. 113, c. 15-bis, del D.Lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall'art. 14, 1 c., del D.L. n. 269 del 2003 e poi dall'art. 4, c. 234, della L. n. 350 del 2003, prevede che "Nel caso in cui le disposizioni previste per i singoli settori non stabiliscano un congruo periodo di transizione, ai fini dell'attuazione delle disposizioni previste nel presente articolo, le concessioni rilasciate con procedure diverse dall'evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del 31.12.2006, relativamente al solo servizio idrico integrato al 31.12.2007, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante".
Sono da annoverarsi tra quelle ad "evidenza pubblica" le procedure, sia aperte come l'appalto concorso, che ristrette come la licitazione privata, precedute da un bando sufficientemente aperto alla libera concorrenza. Pertanto, non si applica il suddetto art. 113, c. 15-bis, del D.Lgs. n. 267 del 2000 alle concessioni affidate mediante licitazione privata (TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter,
sentenza 06.02.2007 n. 905 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIPresenza alla seduta di gara e decorrenza dei termini di impugnazione.
Secondo l'orientamento meno recente, la presenza di un rappresentante della ditta partecipante alla gara d'appalto nel corso della quale la commissione giudicatrice ha ritenuto di escludere la ditta medesima dalla gara non comporta ex se piena conoscenza dell'atto di esclusione ai fini della decorrenza del termine di impugnazione, qualora non risulti che il rappresentante fosse effettivamente tale perché munito di mandato ad hoc ovvero in base alla carica rivestita e che quindi la conoscenza dal medesimo avuta fosse riferibile alla società. Tale orientamento è stato però oggetto di rielaborazione, non essendosi potuto condividere che il rappresentante debba necessariamente essere munito di mandato ad hoc.
Diverso è invece l’attuale orientamento.
Ai fini del decorso del termine per l'impugnazione in tema di contratti della pubblica amministrazione, la presenza di rappresentanti delle imprese concorrenti alle sedute di gara integra gli estremi della piena conoscenza in capo alle imprese medesime degli atti che vengono adottati durante le sedute, essendo sufficiente la presenza di un soggetto che si qualifichi e sia indicato nel verbale come rappresentante della ditta partecipante, tanto più quando tale partecipazione si giustifichi con il compito di adottare specifiche iniziative per tutelare le ragioni dell'impresa nell'immediatezza dello svolgimento delle singole fasi di gara, attraverso la presentazione di osservazioni o di contestazioni rispetto a specifiche determinazioni assunte dall'organo di gara
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 31.01.2007 n. 400 - link a www.altalex.com).

LAVORI PUBBLICI: S. Lazzini, In tema di appalti pubblici, l’art. 10 della legge 11.02.1994, n. 109 (ora articolo 48 del codice di contratti), in caso di mancata prova del possesso dei requisiti prescritti per la partecipazione alla gara, non distingue tra inadempimento formale (per errore ed altro) ed inadempimento sostanziale (mancanza dei requisiti per partecipare alla gara), con la conseguenza che non solo l’esclusione dalla gara, ma anche l’incameramento della cauzione e la segnalazione del fatto all’Autorità di vigilanza conseguono automaticamente.
Legittima escussione della cauzione provvisoria di un’impresa per aver partecipato alla gara in due diverse AA.TT.II., pur avendo dichiarato di non partecipare alla gara in più di una ATI o Consorzio.
Poiché la ricorrente ha falsamente dichiarato di non partecipare alla gara in più di una ATI o Consorzio, e tenuto conto che tale dichiarazione rifluisce, almeno indirettamente, sugli elementi relativi al possesso, in capo alle due AA.TT.II. dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, richiesti nel bando di gara; risulta corretta l’esclusione e l’escussione della cauzione provvisoria in quanto è pur vero che l’art. 10 comma 1-quater (ora articolo 48 del codice dei contratti), prevede una disciplina sanzionatoria con riferimento specifico alla seconda fase della gara, ossia dopo che sono state operate le esclusioni e le ammissioni dei partecipanti, e cioè quando, prima di procedere all’apertura delle buste, l’Ente richiede “ad un numero di offerenti non inferiore al 10% delle offerte presentate … di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti …” ma è altrettanto vero che sul piano logico non si vede ragione per escludere una medesima potestà in capo ella Amministrazione ove la erroneità delle dichiarazioni sia verificabile a priori senza dovere procedere alla verifica ex lege (CGARS, sentenza 29.01.2007 n. 8 - link a www.diritto.it).

APPALTI: Sull'impugnazione delle clausole illegittime di un bando di gara.
Una stazione appaltante può stabilire autonomamente criteri di valutazione delle offerte diversi da quelli previsti dall'art. 23, c. 1, d.lvo 157/1995.
Le clausole illegittime degli atti regolatori di una gara vanno impugnate unitamente al provvedimento di aggiudicazione, salve le ipotesi in cui impediscano o rendano difficoltosa la partecipazione del ricorrente, provocando una lesione immediata per la sua posizione di interesse.
In relazione al criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa ex art. 23 comma 1 d.lgs 157/1995, tale norma indica, a titolo esemplificativo, alcuni dei parametri che possono essere presi in considerazione ai fini della valutazione qualitativa delle offerte, ma non esclude che la singola amministrazione possa autonomamente stabilire, per ogni singola gara, parametri per la valutazione delle offerte, sempre che questi rimangano riferiti alle specifiche caratteristiche oggettive dell'offerta e delle modalità attraverso le quali viene reso il servizio, e non alla complessiva organizzazione imprenditoriale del soggetto partecipante (C.G.A. per la Regione Siciliana, Sez. giurisdizionale,
sentenza 29.01.2007 n. 6 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla nozione di appalto pubblico di lavori e sulla modalità di calcolo del valore dell'appalto.
L'amministrazione aggiudicatrice non è esonerata dal fare ricorso alla gara ai sensi della direttiva 93/37, per il fatto che la normativa nazionale limita la conclusione della convenzione solo con determinate persone giuridiche.
Una convenzione con cui una prima amministrazione aggiudicatrice affida ad una seconda amministrazione aggiudicatrice la realizzazione di un'opera costituisce un appalto pubblico di lavori ai sensi dell'art. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 14.06.1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13.10.1997, 97/52/CE, indipendentemente dal fatto che sia previsto o no che la prima amministrazione aggiudicatrice sia o divenga proprietaria, in tutto o in parte, di tale opera.
Per determinare il valore di un appalto ai fini dell'art. 6 della direttiva 93/37, come modificata dalla direttiva 97/52, occorre prendere in considerazione il valore totale dell'appalto di lavori dal punto di vista di un potenziale offerente, il che include non soltanto l'insieme degli importi che l'amministrazione aggiudicatrice dovrà pagare, ma anche tutti gli introiti che proverranno da terzi.
Un'amministrazione aggiudicatrice non è dispensata dal fare ricorso alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori previste dalla direttiva 93/37, come modificata dalla direttiva 97/52, per il fatto che, in conformità al diritto nazionale, tale convenzione può essere conclusa soltanto con determinate persone giuridiche, che abbiano esse stesse lo status di amministrazione aggiudicatrice e che saranno tenute, a loro volta, ad applicare le dette procedure per aggiudicare eventuali appalti susseguenti (Corte di giustizia europea, Sez. I,
sentenza 18.01.2007 n. C-220/05 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'illegittimità di una procedura negoziata per la mancata consultazione con tutti gli offerenti prevista dal c. 40 dell'art. 3 del d.lgs. n. 163 del 2006.
Deve essere annullata l'intera procedura di gara in quanto è illegittimo il procedimento seguito dalla stazione appaltante, la quale dopo aver ha indetto una procedura negoziata, non ha proceduto alla negoziazione con tutti gli offerenti, violando così la disciplina della normativa negoziata, ponendo in essere una procedura anomala, tipica della cd. procedura aperta.
La disciplina della procedura negoziata, dettata dal d.lgs. n. 163 del 2006, presuppone che si svolga una negoziazione che non può essere riservata al solo concorrente che abbia proposto, sin dall'inizio, il prezzo più basso, ma deve svolgersi tra l'ente aggiudicatore e i vari concorrenti al fine di arrivare alla scelta del prezzo più conveniente per la fornitura del servizio.
La negoziazione con tutti gli offerenti costituisce quindi, un elemento essenziale della procedura negoziata; al riguardo è opportuno precisare che, poiché il c. 40 dell'art. 3 del d.lgs. n. 163 del 2006, usa l'espressione negoziano con uno o più di essi, è anche possibile che la negoziazione avvenga con uno solo degli offerenti, ma ciò può avvenire solo quando una simile possibilità sia stata espressamente prevista nel bando (TAR Lombardia, Milano, Sez. I,
sentenza 11.01.2007 n. 8 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTILettera di invito a gara di appalto: i canoni interpretativi dei contenuti.
I canoni di interpretazione di una lettera di invito, così come delle clausole dei bandi di concorso, non sono quelli delle fonti indicate negli artt. 12 e segg. delle disposizioni sulla legge in generale (preliminari al codice civile), bensì quelli desunti dagli artt. 1362 e segg. del codice anzidetto, attesa la natura della volontà espressa, assumibile nella nozione generale del negozio giuridico, cui le norme anzidette trovano applicazione.
Invero non trova applicazione, alla clausola in questione, neppure la c.d. interpretazione autentica (quale, nella specie, derivante dalla precisazione postuma dell’Azienda, secondo cui la clausola doveva essere interpretata alla lettera e cioè nel senso che la copertura assicurativa doveva essere posseduta da ciascun offerente al momento dell’offerta e che non fosse equivalente l’impegno a costituirla in caso di aggiudicazione).
Soccorrono, dunque, specificamente, gli artt. 1362, 1366, 1367, 1368 , 1369, 1370, 1371 c.c., in ciascuno dei quali sono da rinvenire, analiticamente, i canoni interpretativi ai quali è stato fatto ricorso, con la decisione di accoglimento, che deve essere interamente condivisa.
Ecco, dunque, la necessità di attribuire alla clausola il significato “più conveniente alla natura e all'oggetto del contratto” (art. 1369 c.c.)
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.01.2007 n. 37 - link a www.altalex.com).

APPALTI SERVIZI: L'affidamento del servizio illuminazione elettrica votiva aree cimiteriali è una concessione di un pubblico servizio.
Non possono partecipare alle gare per l'affidamento del servizio di illuminazione votiva le società di persone.

L'affidamento del servizio illuminazione elettrica votiva aree cimiteriali è una concessione di un pubblico servizio come riconosciuto dal Consiglio Stato che, con sentenza 07.04.2006, n. 1893, ha espressamente affermato che tra i servizi pubblici locali, "rientra pacificamente quello diretto ad assicurare la illuminazione votiva dei cimiteri".
Poiché, infatti, il servizio di cui si tratta è a carico degli utenti, si applica nella specie la differenza elaborata fra appalto e concessione di pubblici servizi e consistente nel fatto che mentre nel primo si prevede un corrispettivo che è pagato direttamente dall'amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi; nella concessione la remunerazione del prestatore di servizi proviene non già dall'autorità pubblica interessata, bensì dagli importi versati dai terzi per l'utilizzo del servizio, con la conseguenza che il prestatore assume il rischio della gestione dei servizi in questione;
Peraltro, in tal caso, ai sensi dell'art. 113, c. 5, lett. a), del d.lgs. n. 267 del 2000. il "conferimento della titolarità del [pubblico] servizio può avvenire esclusivamente:
a) a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;
b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;
c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano"
.
Nella caso di specie la ricorrente, essendo una società di persone, non rientrava in alcuna delle tre ipotesi previste dal richiamato comma 5, lett. a), dell'art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000 e, conseguentemente non avrebbe potuto essere ammessa alla gara (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 09.01.2007 n. 4 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Carenza di interesse alla decisione del ricorso - Dichiarazione d’ufficio - Presupposti.
La carenza di interesse alla decisione del ricorso, proposto contro l’atto di aggiudicazione di una gara di appalto, può essere dichiarata d’ufficio quando il ricorrente non potrebbe, comunque, risultare aggiudicatario dell’appalto, anche nel caso di annullamento degli atti di gara (cfr. Cons. St., sez. V, 15.04.2004, n. 2138; Cons. St., sez. VI, 30.05.2003, n. 2994; Cons. St., sez. V, 25.01.2003, n. 355; Cons. St., sez. IV, 11.12.1998, n. 1629; Cons. St., sez. VI, 07.07.1995, n. 661).
Impresa priva di requisito - Esclusione - Clausole del bando - Requisiti finanziari e professionali - Par condicio tra i concorrenti.
Deve essere esclusa dalla selezione l’impresa priva del requisito, relativo al “possesso dei requisiti finanziari e professionali necessari per potere essere ammessa alla fase concorrenziale di attribuzione dei punteggi”, requisito richiesto dal bando a pena di esclusione (Cons. St., sez. IV, 12.06.2003, n. 3310).
La P.A. è, vincolata a dare attuazione alle clausole del bando, né nella specie poteva venire, comunque, in considerazione la possibilità di una successiva integrazione della dichiarazione, stanti, appunto, la dichiarazione resa dalla impresa e la previsione del bando a pena di esclusione.
Assenza dei requisiti di partecipazione - Soggetto legittimamente escluso - Interesse all’impugnazione - Annullamento degli atti di gara - Esclusione.
In materia di appalti, il soggetto legittimamente escluso o non ammesso ad una pubblica gara per l’assenza dei requisiti di partecipazione, non ha interesse all’impugnazione, in quanto non ha interesse a contestare l’aggiudicazione, non potendo trarre alcun vantaggio o beneficio dall’annullamento degli atti di gara e, pertanto, dedurre vizi attinenti la posizione dell’aggiudicatario (cfr. Cons. St., sez. VI; 10.10.2002, n. 5442; Cons. St., sez. V, 21.06.2002, n. 3391; Cons. St., sez. V, 17.04.2002, n. 2017; Cons. St., sez. V, n. 3166/2005) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.01.2007 n. 16 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICIRotatorie - Nozione - Soluzione per inconvenienti di visibilità e intersezioni stradale - Assimilazioni in via analogica agli incroci - Art. 24 c.d.s. D.L.vo n. 285/1992 e art. 60 reg. att..
Le rotatorie costituiscono una soluzione tecnica per ovviare proprio agli inconvenienti dalle intersezioni stradali e da quelle condizioni che ostacolano la visibilità da parte degli utenti della strada.
Tale diversa natura, pertanto, impedisce che, ai fini dell’applicazione delle regole sulla costruzione e sicurezza delle strade, le rotatorie vengano assimilate, in via di applicazione analogica, agli incroci (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.01.2007 n. 13 - link a www.ambientediritto.it).

LAVORI PUBBLICI: Partecipanti alla gara - Errore da fatto imputabile alla stazione appaltante - Condizione del bando o del disciplinare di gara - Processo di eterointegrazione - Attestazione SOA - Fattispecie - Lavori di urbanizzazione primaria - Art. 30 L. n. 109/1994.
In materia di appalti è illegittima l’esclusione quando l’errore in cui incorrono alcuni partecipanti alla gara non deriva da incuria dei medesimi ma da fatto imputabile alla stazione appaltante che non ha indicato quest’ultima condizione nel bando o nel disciplinare di gara.
Nella specie, l’onere che grava sulla stazione appaltante di indicare con chiarezza i termini e le condizione per la partecipazione alla gara non consente di pervenire ad una interpretazione del bando secondo la quale l’omissione sarebbe colmata, mediante un processo di eterointegrazione, con rinvio alla norma di legge (art. 30 della legge n. 109 del 1994) che circoscrive la facoltà di rilascio di cauzioni, nell’ambito delle procedure di affidamento di lavori pubblici, ai soli intermediari finanziari autorizzati.
L’omissione, semmai, rende illegittimo il bando di gara per violazione di una norma imperativa di legge. Ed è appunto a tale illegittimità che l’Amministrazione intimata ha inteso rimediare con un atto che, sia pur sotto la veste formale della richiesta di integrazione documentale, in realtà ha la sostanza di un atto di annullamento d’ufficio, che ha investito solo parzialmente gli atti di gara, cui, nel rispetto dei principi di economia procedimentale e di conservazione dei valori giuridici, è seguito l’invito a produrre la documentazione inizialmente non richiesta. Fattispecie: aggiudicazione della gara per la realizzazione dei lavori di urbanizzazione primaria (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.01.2007 n. 12 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sulla facoltà della stazione appaltante di richiedere una integrazione documentale ai partecipanti alla gara non in regola.
L'Amministrazione può invitare le imprese con la documentazione non in regola (nel caso di specie, una polizza fideiussoria), a produrre una nuova e diversa cauzione, nel caso in cui l'omissione dei partecipanti alla gara ( presentazione di cauzione rilasciata da un intermediario finanziario iscritto nell'elenco speciale di cui all'art. 107 del d.lgs. 01.09.1993, n. 385, ma non autorizzato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze) non è dovuta da incuria dei medesimi ma da fatto imputabile alla stazione appaltante che non aveva indicato quest'ultima condizione nel bando o nel disciplinare di gara.
Peraltro, l'onere che grava sulla stazione appaltante di indicare con chiarezza i termini e le condizione per la partecipazione alla gara non consente di pervenire ad una interpretazione del bando secondo la quale l'omissione sarebbe colmata, mediante un processo di eterointegrazione, con rinvio alla norma di legge (art. 30 della legge n. 109 del 1994) che circoscrive la facoltà di rilascio di cauzioni, nell'ambito delle procedure di affidamento di lavori pubblici, ai soli intermediari finanziari autorizzati.
L'omissione, semmai, rende illegittimo il bando di gara per violazione di una norma imperativa di legge (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.01.2007 n. 12 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICIControversia richiesta di interessi moratori in ambito appalto lavori pubblici. Possibilità di transazione. Pagamento somme A.T.C. per annualità pregresse relativo alla gestione alloggi comunali.
Quesito proposto concernente la possibilità di procedere mediante transazione alla definizione di una controversia avente per oggetto la richiesta di interessi moratori nell’ambito di un appalto di lavori pubblici (Regione Piemonte, parere n. 9/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

APPALTISoglia di anomalia offerte per aggiudicazione appalti.
L’art. 124, comma 8, del D. Lgs. 12.04.2006, n. 163 prevede che la stazione appaltante, quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso, può prevedere nel bando di gara l’esclusione automatica delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia, individuata ai sensi dell’art. 86 del sopra citato decreto.
Non c’è dubbio, pertanto, che qualora si voglia ancora applicare, per gli appalti sotto soglia, la procedura di esclusione automatica, tale facoltà deve essere esplicitamente prevista nel bando di gara ... (Regione Piemonte, parere n. 1/2007 - link a www.regione.piemonte.it).

anno 2006

APPALTI1. Decorrenza del termine per impugnare - Piena conoscenza dell'atto lesivo - Notifica.
2. Appalto concorso - Discrezionalità della P.A. nella valutazione delle proposte - Limiti del sindacato del Giudice amministrativo.
1.
Per la decorrenza del termine per l'impugnazione di un atto o provvedimento amministrativo, non può essere sufficiente la probabilità che l'interessato in un determinato momento abbia avuto cognizione dell'atto contro il quale ha prodotto ricorso (Consiglio di Stato, Sez. V, 14.04.1993, n. 490), altrimenti risulterebbero violati i principi costituzionali stabiliti dagli art. 24 e 113, secondo cui tutti possono agire in giudizio contro gli atti della pubblica amministrazione a tutela dei propri diritti e interessi legittimi (fattispecie in cui il provvedimento impugnato non risultava notificato né comunicato direttamente all'interessata).
2. L'appalto concorso si caratterizza per l'ampia discrezionalità attribuita all'amministrazione nella valutazione delle singole proposte avanzate dai concorrenti e per una certa libertà progettuale che viene lasciata ai partecipanti nei limiti delle indicazioni di massima stabilite nel bando di gara (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 30.08.2005, n. 4413; idem, Sez. IV, n. 651 del 19.08.1994; idem, Sez. IV, n. 1212 del 10.07.1999; idem, Sez. V, n. 1233 dell'11.10.1996).
Sotto tale profilo le valutazioni della Commissione giudicatrice in ordine alla conformità del progetto (definitivo) elaborato dai singoli partecipanti ad una gara rispetto a quello predisposto dalla stazione appaltante sono espressione di un apprezzamento di natura tecnico-discrezionale e, come tali, sono sottratte al sindacato del giudice amministrativo laddove non vengano in rilievo indici sintomatici di eccesso di potere per manifesta illogicità o contraddittorietà (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 27.12.2006 n. 3111 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIAppalti settori esclusi - Raggruppamenti di imprese - Forma giuridica determinata - limiti.
In materia di appalti di lavori la normativa comunitaria (ed, in particolare, l'art. 21 della direttiva 93/37/CEE, il quale stabilisce che ai raggruppamenti di imprenditori partecipanti a gare d'appalto non può essere richiesta per la presentazione dell'offerta "...la trasformazione ... in una forma giuridica determinata...") vieta alle Amministrazioni aggiudicatici di imporre alle imprese che decidono di partecipare insieme ad una gara d'appalto una forma giuridica specifica fino alla definitiva aggiudicazione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 05.02.2002, n. 4468; idem, 09.06.2003, n. 3657; idem, 24.03.2001, n. 1708).
Alle medesime conclusioni sopra rassegnate è possibile giungere anche relativamente alle procedure di appalto nei settori esclusi -come quello oggetto della controversia che attiene alla erogazione e distribuzione di gas metano- di cui al D.lgs. 158 del 1995, attuativo della direttiva 93/38/CEE, il cui art. 33, paragrafo 1, (ora sostituito dall'art. 11 della direttiva 2004/17/CEE, che ne riproduce il contenuto in modo pressoché identico), afferma che "non può essere richiesta a tali associazioni la trasformazione in una forma giuridica determinata per proporre un'offerta o per negoziare, ma l'associazione prescelta può essere obbligata a subire tale trasformazione quando le è stato aggiudicato l'appalto, nella misura in cui detta trasformazione è necessaria per la buona esecuzione dell'appalto stesso", con una formula che ricalca, quindi, quanto previsto dal citato art. 21 della direttiva 93/37CEE per gli appalti di lavori e dall'art. 26 della direttiva 92/50/CEE per gli appalti di servizi (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 27.12.2006 n. 3101 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La commissione di gara non deve motivare le ragioni del punteggio numerico attribuito.
Il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, come disciplinato dalla normativa comunitaria e nazionale, non presuppone inderogabilmente una puntualizzazione dei criteri di valutazione delle offerte a tal punto dettagliati da predeterminare in maniera rigida e stringente il giudizio sulle singole voci, quasi a trasformarsi, anche con riferimento alla valutazione del merito tecnico, in un criterio automatico di selezione.
Il fatto che i criteri di valutazione siano stabiliti in maniera più o meno dettagliata non può avere alcuna interferenza con la modalità dell'espressione della motivazione, dato che il valore dei punteggi numerici non può variare a seconda della maggiore o minore specificità dei criteri di selezione adottati.
Ne consegue che la commissione di gara non deve motivare le ragioni del punteggio numerico attribuito (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 18.12.2006 n. 7578 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI1. Contratti della P.A. - Appalti - Bando - Termine per la presentazione delle offerte - Ratio.
2. Contratti della P.A. - Appalti - Bando - Termine per la presentazione delle offerte - Derogabilità - Avviso pubblico di preinformazione - Necessità.

1. Il termine minimo di 52 giorni, previsto ex art. 6 D.Lgs. 358/1992, art. 9 D.Lgs. 157/1995 e art. 70 D.Lgs. 163/2006 per la ricezione delle offerte, risponde all'esigenza di consentire ai concorrenti di approntare la documentazione che il bando richiede ai fini della qualificazione alla gara e di formulare un'offerta sufficientemente ponderata e idonea a conseguire l'aggiudicazione.
2. Tale termine può essere suscettibile di deroga da parte delle stazioni appaltanti solo previo apposito procedimento di pubblicazione di un avviso di preinformazione: in mancanza di ciò il bando è illegittimo e deve essere annullato (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 13.12.2006 n. 2953 - massima tratta da www.solom.it).

LAVORI PUBBLICIArt. 10, comma 1-bis, L. 109/1994 - Società controllate - Collegamento sostanziale - Differenze probatorie nella turbativa della procedura concorsuale.
L'art. 10, comma 1-bis, legge n. 109 del 1994 si limita a richiamare solo l'ipotesi delle «società controllate» prevista e disciplinata dall'art. 2359 Cod. civ. al fine di disporre la necessaria e automatica esclusione delle offerte dalla gara.
La giurisprudenza ha individuato, tuttavia, ipotesi di "collegamento sostanziale" tra imprese, diverse da quelle indicate dal citato art. 10, comma 1-bis, legge n. 109 del 1994 e ciò nondimeno idonee a giustificare l'esclusione dalle relative gare (Cons. Stato, VI Sez., 07.02.2002 n. 685; Cons. Stato, V Sez., 15.02.2002 n. 923; Cons. Stato, IV Sez., 27.12.2001 n. 6424, in Cons. Stato 2002, I, 267, 337 e 2001, I, 2735; per la giurisprudenza della Sezione si richiamano le sentenze 06.02.2003, n. 203, 17.07.2003, n. 3632, 27.01.2003, n. 177, 28.11.2002, n. 4698).
Con la precisazione che mentre nel caso della sussistenza dell'ipotesi del "controllo" di cui all'art. 10, comma 1-bis, opera un meccanismo di presunzione iuris et de iure circa la sussistenza di una ipotesi perturbativa del corretto svolgimento della procedura concorsuale (e quindi dei principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti), nel caso di sussistenza del c.d. "collegamento sostanziale" dovrà essere provato nello specifico e in concreto l'esistenza di elementi oggettivi e concordanti tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei richiamati principi (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 13.12.2006 n. 2932 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Verifica offerte - Mancanza di contestazioni e ammissione dell'offerta - Completezza documentale - Si presume.
2. Verifica offerte - Completezza documentale - Verifica supplementare successiva all'apertura delle buste - Possibilità - Limiti.

1. Poiché il momento rilevante della verifica delle offerte coincide con la formale operazione di apertura delle buste innanzi al seggio di gara, la mancanza di contestazioni al riguardo e l'ammissione dell'offerta ne fa presumere la completezza documentale.
2. A fronte dell'attestazione, contenuta nei verbali di gara, della completezza della documentazione allegata alle offerte, già verificata in seduta pubblica, una successiva verifica dei documenti è possibile, nel contraddittorio dei concorrenti, solo in presenza di determinate condizioni che garantiscano il rigore formale della gara, prima fra tutte l'adeguata conservazione degli atti concernenti le offerte delle diverse imprese secondo modalità di conservazione delle offerte e dei documenti allegati (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 13.12.2006 n. 2928 - massima tratta da www.solom.it e link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIL’esclusione negli appalti pubblici per errore grave.
La normativa avente ad oggetto l’errore grave ha la finalità di voler assicurare all’amministrazione appaltante garanzie sulla piena affidabilità dell’impresa.
La sentenza in commento rileva che tale profilo deve essere accertato in maniera particolarmente rigorosa tramite un giudizio complessivo che valuti l’affidabilità e la capacità tecnica dell’impresa.
Tale giudizio deve essere validamente motivato, poiché la partecipazione alle gare rientra tra le fattispecie inerenti a diritti garantiti la cui compressione può avvenire solamente limitando la discrezionalità dell’amministrazione, conseguentemente per tale ragione è richiesta una motivazione adeguata ed appropriata ... (
TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter, sentenza 12.12.2006 n. 14212 - link a www.altalex.com).

LAVORI PUBBLICIContratti della P.A. - Associazione temporanea di imprese - Ammissione alla gara - Incremento ex art. 3, D.P.R. 34/2000 - Applicazione a tutte le imprese associate - Possibilità - Non sussiste.
In caso di partecipazione di una Ati alla gara per l'affidamento di un appalto di lavori pubblici, va esclusa la possibilità di applicare a tutte le imprese associate l'incremento del quinto della classifica posseduta quando esse non sono qualificate per una classifica pari ad almeno 1/5 dell'importo dei lavori a base di gara, atteso che ex art. 3 D.P.R. 34/2000 l'aumento di 1/5 riguarda non il raggruppamento, ma le imprese in sé considerate, le quali beneficiano dell'aumento a condizione che siano qualificate per una classifica pari ad almeno un quinto dell'importo dei lavori a base di gara (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 12.12.2006 n. 2927 - massima tratta da www.solom.it e link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI1. Contratti della P.A. - Servizi pubblici - Affidamento in house - E' fattispecie residuale ed eccezionale.
2. Contratti della P.A. - Servizi pubblici - Affidamento in house - Elementi necessari.

1. L'affidamento "in house" è fattispecie residuale ed eccezionale rispetto all'ipotesi normale rappresentata dall'affidamento della concessione di pubblico servizio mediante procedura ad evidenza pubblica, in ossequio ai princìpi di trasparenza, pubblicità e concorrenza vigenti nella materia.
2. Tre sono gli elementi che devono cumulativamente concorrere per consentire l'eccezionale affidamento in house: il capitale interamente pubblico della Società affidataria; l'esercizio, da parte degli Enti Locali soci, di un controllo sulla Società analogo a quello esercitato sui propri servizi; la realizzazione, da parte della Società, della quota più importante della propria attività con l'Ente o con gli Enti Pubblici che la controllano (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 12.12.2006 n. 2920 - massima tratta da www.solom.it e link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI1. Contratti della P.A. - Appalti - Divieto di subappalto - Ambito di applicazione - Categorie OG.
2. Contratti della P.A. - Appalti - Divieto di subappalto - Facoltà della P.A. di subappaltare - Limiti.

1. Il divieto di subappalto di cui all'art. 13, comma 7, Legge 109/1994 si applica alle categorie generali OG in forza del loro essere categorie caratterizzate dalla medesima specializzazione delle categorie speciali OS e quindi una sommatoria di opere speciali.
2. Le amministrazioni possono, tuttavia, contemplare nei bandi di gara la possibilità di subappaltare la categoria generale scorporata, verificando l'operatività del divieto in relazione alla singola categoria di opera speciale in essa compresa; dunque in presenza di più opere speciali il divieto di affidamento in subappalto si applica alle sole opere altamente specializzate, indicate nel bando come scorporabili, le quali abbiano singolarmente valore superiore al 15% dell'importo totale dei lavori, senza bisogno che, qualora vi siano altre categoria altamente specializzate, anche le altre -singolarmente considerate - siano tutte di importo superiore al 15% del valore complessivo dell'intervento (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 12.12.2006 n. 2912 - massima tratta da www.solom.it e link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI1. Autorizzazione e concessione - Concessione di servizi pubblici e contratto di appalto di servizi - Criteri distintivi.
2. Autorizzazione e concessione - Concessione di servizi pubblici - Soggetti legittimati al conferimento - Società di persone - Esclusione.

1. Il tratto distintivo delle concessioni di servizi pubblici rispetto agli appalti di servizi consiste nel fatto che, mentre nell'appalto si prevede un corrispettivo pagato direttamente dall'amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi, nella concessione la remunerazione del prestatore di servizi proviene non già dall'autorità pubblica interessata, ma dagli importi versati dai terzi per l'utilizzo del servizio;
2. Ai sensi dell'art. 113 D.Lgs. 267/2000, la gestione delle reti e l'erogazione dei servizi pubblici di rilevanza economica può essere affidato esclusivamente a società di capitali aventi determinate caratteristiche, con esclusione delle società di persone (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 12.12.2006 n. 2908 - massima tratta da www.solom.it e link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICIArt. 10, comma 1-ter, L. 109/1994 - Appalti - Assegnazione del contratto per il completamento delle opere al secondo classificato - limiti.
L'art. 10, comma 1-ter, della legge n. 109/1994, che stabilisce la possibilità per le stazioni appaltanti di "prevedere nel bando la facoltà, in caso di fallimento o di risoluzione del contratto per grave inadempimento dell'originario appaltatore, di interpellare il secondo classificato al fine di stipulare un nuovo contratto per il completamento dei lavori alle medesime condizioni economiche già proposte in sede di offerta" (omissis), è una norma di stretta interpretazione, poiché si pone in termini derogatori rispetto ad un ordinamento (sia interno che comunitario) ispirato a garantire la massima apertura degli appalti pubblici alla concorrenza effettiva fra le imprese (cfr. TAR, Campania-Salerno, n. 1503/2001) e che, quindi, non può essere estesa ad ipotesi diverse da quella in essa direttamente contemplate (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 12.12.2006 n. 2900 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIGare d’appalto: le buste si aprono dopo la fissazione dei criteri.
E’ noto, in materia di gare pubbliche, l’orientamento costante della giurisprudenza che riconnette valenza di vizio procedimentale insanabile (anche a prescindere dall’esame delle ricadute concrete sull’attribuzione del punteggio alle ditte offerenti, salva la prova della resistenza) alla interversione delle operazioni di apertura delle buste contenenti la offerta tecnica rispetto alla fissazione dei criteri o sub-criteri valutativi da parte dell’Organo tecnico chiamato ad elaborarli.
In tale evenienza, infatti, è fin troppo evidente che nella formulazione dei criteri valutativi i membri del Seggio di gara possono essere influenzati dalla conoscenza previa delle effettiva consistenza delle offerte delle ditte, sì da orientare la selezione e la stessa graduazione dei sub-criteri tra i partecipanti in funzione della differente modulazione di ciascuna offerta, in modo da condizionare l’esito della gara
(TAR Puglia-Lecce, Sez. II, sentenza 11.12.2006 n. 5845 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Ha valenza di vizio procedimentale insanabile l'apertura delle buste contenenti la offerta tecnica prima della fissazione dei criteri di valutazione.
Ha valenza di vizio procedimentale insanabile (anche a prescindere dall'esame delle ricadute concrete sull'attribuzione del punteggio alle ditte offerenti, salva la prova della resistenza) la interversione delle operazioni di apertura delle buste contenenti la offerta tecnica rispetto alla fissazione dei criteri o subcriteri valutativi da parte dell'Organo tecnico chiamato ad elaborarli.
In tale evenienza, infatti, è fin troppo evidente che nella formulazione dei criteri valutativi i membri del Seggio di gara possono essere influenzati dalla conoscenza previa delle effettiva consistenza delle offerte delle ditte, sì da orientare la selezione e la stessa graduazione dei subcriteri tra i partecipanti in funzione della differente modulazione di ciascuna offerta, in modo da condizionare l'esito della gara (TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 11.12.2006 n. 5845 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'avvalimento negli appalti pubblici: allegazioni necessarie in sede di gara.
Negli appalti pubblici, al fine di dimostrare il requisito richiesto in sede di gara, è possibile l'avvalimento soltanto qualora l'impresa alleghi le dichiarazioni previste dalle disposizioni di cui alla direttiva CE-18/2004 e alla Direttiva CE-17/2004.
In ogni caso, in un appalto di fornitura l'avvalimento avrebbe ragione di essere nei confronti di una ditta ausiliaria che abbia svolto in passato attività di fornitura (e non di intermediazione fra produttore e utilizzatore finale) non nei confronti di una ditta ausiliaria produttrice (TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 11.12.2006 n. 5841 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICIMancata notifica individuale del provvedimento di ampliamento del cimitero e contestuale riduzione fascia di rispetto a chi risiede in immobile vicino al cimitero - Termine di impugnativa del provvedimento - Non decorre.
Verifica esistenza del nuovo muro di cinta del cimitero - Termine di impugnativa del provvedimento di ampliamento del cimitero - Non decorre.

Obbligo di rispetto della fascia di rispetto cimiteriale - Mancata identificazione di "centro abitato" - Esistenza di numerosi edifici che costituiscono un "abitato" - Sussiste.
Chi risiede in un immobile a breve distanza dal cimitero è direttamente interessato dal progetto di ampliamento e dalla conseguente riduzione della fascia di rispetto, e pertanto ha titolo alla notificazione individuale del provvedimento di ampliamento e di sistemazione del cimitero, che riducono la profondità della fascia di rispetto al di sotto del minimo legale, in mancanza di tale notificazione individuale, salva l'acquisizione aliunde della piena conoscenza del provvedimento, il termine per impugnare non decorre.
Tale termine non decorre nemmeno dalla verifica dell'esistenza del nuovo muro di cinta del cimitero, trattandosi di fatto di per sé inidoneo a determinare la conoscenza dei provvedimenti atti a legittimare l'ampliamento del cimitero.
In assenza di una identificazione di "centro abitato", per il quale vige normalmente l'obbligo di rispetto della fascia di rispetto cimiteriale, deve considerarsi tale, anche l'esistenza di numerosi edifici che di per sé costituiscono un "abitato" (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 04.12.2006 n. 2856 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Mancanza della procedura ad evidenza pubblica - Interesse ad agire.
2. Iscrizione all'albo dei soggetti abilitati all'accertamento e alla riscossione dei tributi - Gestione aree di parcheggio - Artt. 52 e 53 D.Lgs. 446/1997 - interpretazione.
1.
È evidente come l'affidamento di un appalto, avvenuto senza il preventivo esperimento di una procedura ad evidenza pubblica leda le aspettative delle imprese operanti nel settore, le quali hanno interesse ad ottenere l'annullamento dell'assegnazione e a far seguire l'indizione di una procedura pubblica. In questo senso, l'impresa ricorrente appare titolare di un interesse processualmente rilevante a conseguire l'annullamento dell'attribuzione, posto che da questo trarrebbe quantomeno il significativo vantaggio, sufficiente a sostenere la procedibilità del ricorso, di ottenere la possibilità di partecipare ad una gara per l'aggiudicazione dell'appalto.
2. L'iscrizione all'albo di cui agli art. 52 e 53 del D.lgs. 446/1997, disciplinata in dettaglio dal D.M. 11.09.2000 n. 289, può trovare giustificazione nell'interesse pubblico ad affidare la gestione delle entrate a soggetti particolarmente controllati e affidabili, qualora il gestore sia investito di potestà tipicamente pubblicistiche, quali la determinazione dell'ammontare del credito, la verifica dei presupposti per la riscossione e l'utilizzo della procedura di riscossione coattiva (cfr. TAR Lombardia Brescia, 17.10.2005, n. 986).
Quando tuttavia il contenuto dell'appalto ha natura essenzialmente commerciale, come nel caso della semplice fornitura di parcometri e nella gestione di aree di parcheggio, che avviene in forma non coattiva, la riserva a favore dei soggetti iscritti all'albo costituirebbe soltanto un oggettivo ostacolo alla concorrenza.
Da ciò consegue che l'interpretazione dell'art. 52 del D.lgs. 446/1997 non può essere estesa fino a conseguire un risultato incompatibile con la disciplina comunitaria, che vieta qualsiasi discriminazione tra gli operatori economici (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 30.11.2006 n. 2854 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIContratti della P.A. - Appalto in generale - Gara - Ammissione - Soggetto pubblico - Esclusione - Legittimità.
Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, è fatto divieto alle società a capitale interamente pubblico o misto costituite dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti di svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici, né in affidamento diretto né con gara, né le stesse possono partecipare ad altre società o enti (il TAR ha dichiarato l'illegittimità dell'aggiudicazione ad un'Azienda Ospedaliera toscana di una gara di appalto bandita dalla Regione Lombardia) (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 24.11.2006 n. 2840 - massima tratta da www.solom.it e link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Contratti della P.A. - Licitazione privata - Offerte anomale - Giustificazioni - Mera allegazione parere del legale della P.A. e delle osservazioni della controinteressata - Illegittimità.
2. Ricorso giurisdizionale - Risarcimento danni - Annullamento atto amministrativo - Permanenza del potere rinnovatorio della P.A. - Esclude il risarcimento.

1. La valutazione sull'anomalia dell'offerta presentata da un concorrente non può essere ricavata per relationem dalla mera allegazione al provvedimento di aggiudicazione delle giustificazioni fornite dal concorrente stesso e del parere reso dal legale della stazione appaltante.
2. Non vi sono i presupposti per disporre il risarcimento del danno derivante dall'emanazione di un provvedimento illegittimo laddove il suo annullamento lasci spazi all'attività rinnovatoria della Amministrazione e questa sia caratterizzata da margini di discrezionalità (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 13.11.2006 n. 2180 - massima tratta da www.solom.it e link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIContratti della P.A. - Bando di gara - Licitazione privata -Sostituzione tardiva dell'offerta economica - Illegittimità.
Le disposizioni del regolamento per l'amministrazione del patrimonio e la contabilità generale dello Stato contenute nel R.D. 827/1994, richiamate nella lettera di invito di una licitazione privata, che consentono la sostituzione dell'offerta delle imprese partecipanti alla gara oltre la scadenza dei termini per la presentazione dei plichi contenenti le offerte, o persino dopo l'apertura degli stessi, devono ritenersi superate dalla normativa successiva e incompatibili con i princìpi inderogabili della par condicio tra i concorrenti e del regolare, trasparente e imparziale svolgimento della gara, vigenti in tema di procedure ad evidenza pubblica.
Pertanto la sostituzione dell'offerta economica oltre i termini per la presentazione dei plichi contenenti le offerte ed addirittura dopo l'apertura degli stessi, è illegittima (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 13.11.2006 n. 2179 - massima tratta da www.solom.it e link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Interesse all'impugnazione - Bando - Clausole impeditive della partecipazione in via di fatto - Impugnazione immediata - Sussiste.
2. Contratti della P.A. - Appalto di servizi - Settori esclusi - Valutazione delle offerte - Art. 14 d.lgs. n. 164/2000 - Interpretazione.

1. L'interesse, rectius l'onere della immediata impugnazione del bando e della lettera di invito prima dell'aggiudicazione sussiste non solo ove questi contengano clausole escludenti, le quali, richiedendo determinati requisiti per l'ammissione alla procedura che l'impresa interessata non possiede, precluderebbero immediatamente la partecipazione (Cons. St., Ad. Plen. 29.01.2003 n. 1), ma anche ove le modalità stabilite nel bando o nella lettera d'invito per la presentazione dell'offerta siano illogici e non consentano di formulare una proposta logica e razionale.
Ciò in quanto tali previsioni ledono immediatamente la posizione dell'impresa, rendendo difficoltoso o addirittura impedendo la partecipazione alla gara con la formulazione di una corretta proposta contrattuale. Si tratta di un impedimento realizzantesi sul piano di fatto e non di diritto, ma che non per questo è meno incisivo e idoneo ad esplicitare effetti anticoncorrenziali, perché l'impresa che non è in grado di formulare un'offerta ragionevole sarà indotta a non partecipare alla gara (cfr. TAR Milano, Sez. III, 14.10.2005 n. 3793).
2. L'art. 14 del d.lgs. 23.05.2000 n. 164 non reca indicazioni circa il peso da attribuire ai singoli elementi da prendere in considerazione ai fini della valutazione delle offerte.
La norma di bando che attribuisce maggior peso ponderale al canone, favorendo di conseguenza i concorrenti che formuleranno la migliore offerta economica, a discapito della qualità del servizio e delle finalità sottese alla riforma del settore, appare frutto di ragionevole, e come tale insindacabile, esercizio di discrezionalità (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 13.11.2006 n. 2168 - massima tratta da www.solom.it e link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI1. Definizione degli elementi indicativi di capacità tecnica e organizzativa per partecipare alla gara - Indeterminatezza degli elementi del rapporto contrattuale - Non sussiste.
2. Proposizione ricorso per motivi aggiunti - Mancata partecipazione alla gara - Inammissibilità del ricorso.
1.
La stazione appaltante è titolare del potere di modulare discrezionalmente il contenuto della lex specialis, in funzione degli obiettivi di sviluppo, affidabilità e miglioramento della qualità dei servizi di trasporto pubblico locale da rendere nel territorio, al fine di delineare -attraverso l'individuazione degli elementi indicativi di capacità tecnica e organizzativa- il profilo delle imprese potenzialmente idonee per affidabilità economica, finanziaria e tecnica a realizzare il programma d'esercizio conformemente all'interesse pubblico.
Ne deriva che, ove il capitolato speciale ponga carico delle imprese l'obbligo di assicurare l'espletamento del servizio mediante un proprio parco autobus adeguato alla realizzazione del programma e rispondente agli standard minimi e agli obiettivi di qualità, lo stesso adempie all'obbligo di precisare gli elementi necessari alla corretta formulazione dell'offerta e tali da garantire l'assolvimento dei compiti derivanti dall'aggiudicazione.
2. Ai fini dell'ammissibilità della impugnazione degli atti di aggiudicazione, è necessaria la partecipazione alla gara o alla procedura concorsuale in quanto è proprio la presentazione dell'offerta, nell'evidenziare l'interesse concreto all'impugnazione, che fa del soggetto che ha provveduto a tale adempimento un destinatario identificato, direttamente inciso dagli esiti della procedura concorsuale.
Solo con la presentazione dell'offerta, l'impresa assume una situazione giuridica differenziata rispetto a quella delle altre ditte presenti sul mercato di riferimento, ergendosi solo in tale caso essa a titolare di un interesse legittimo giudizialmente tutelato, che la abilita a sindacare la legittimità degli esiti della gara alla quale ha dimostrato in concreto di voler prendere parte. (cfr. C.d.S. V Sez., 23.08.2004 n. 5572; id., 04.05.2004 n. 2705; id., TAR Milano sez. III, 17.05.2004 n. 1713) (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 08.11.2006 n. 2108 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Esclusione per aver formulato un'offerta più alta rispetto al prezzo a base d'asta - Impugnazione - Carenza di interesse - Non sussiste - Direttiva 89/665 - Interpretazione della Corte di Giustizia CEE.
2. Prezzo a base d'asta - Garanzia di rispetto del costo del lavoro - Necessità;
3. Annullamento procedura concorsuale - Risarcimento in forma specifica - Rinnovazione procedure di gara.
1.
Non può essere considerato inammissibile per difetto di interesse il ricorso proposto da un concorrente contro la determinazione di esclusione da una gara per aver presentato un'offerta più alta rispetto al prezzo posto a base d'asta. A tal proposito, la Corte di giustizia CEE ha infatti statuito che, ai sensi dell'art. 1, n. 3, della direttiva 89/665, gli Stati membri sono tenuti a garantire che le procedure di ricorso da essa previste siano accessibili "per lo meno" a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto pubblico e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata del diritto comunitario in materia di appalti pubblici o delle disposizioni nazionali che attuano tale diritto (cfr. sentenza 12.02.2004 resa nel procedimento C 230/02).
Ha altresì osservato, sempre con riguardo all'art. 1, n. 3, della direttiva 89/665, che la partecipazione ad un procedimento di aggiudicazione di un appalto può, in linea di principio, validamente costituire una condizione sufficiente a dimostrare che il ricorrente ha interesse all'aggiudicazione dell'appalto di cui trattasi.
2. Alla stregua della disciplina di cui all'art. 1 della legge 07.11.2000 n. 327, la stazione appaltante nel procedere alla determinazione delle condizioni economiche da porre a base d'asta è tenuta a garantire un livello idoneo a consentire il rispetto del costo del lavoro risultante dalla contrattazione collettiva. Inoltre, per procedere all'individuazione del prezzo base per valutare l'attendibilità delle offerte, deve farsi riferimento ad un unico contratto di categoria e, in particolare, a quello direttamente applicabile al settore di pertinenza dell'appalto, ovvero, ma solo in mancanza di questo, a quello del settore più affine.
3. La pronuncia di annullamento della procedura concorsuale, da cui deriva l'obbligo dell'amministrazione di procedere all'indizione di una nuova procedura per l'affidamento del servizio appaltato, assicura la reintegrazione in forma specifica nella situazione soggettiva lesa dai provvedimenti impugnati, per cui non deve riconoscersi alcuna altra forma di risarcimento per equivalente (cfr C.d.S. VI 04.09.2002 n. 4435) (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 06.11.2006 n. 2102 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Bando di gara - Clausole immediatamente lesive - Onere di tempestiva impugnazione;
2. Esclusione da gara prima della sua ultimazione - Impugnazione esclusione - Obbligo notifica ai partecipanti - Non sussiste;
3. Mancata enunciazione chiara nella lex specialis delle clausole di esclusione - Illegittimità dell'esclusione.

1. Costituisce principio di diritto consolidato che le clausole del bando, per le quali sussiste un onere di immediata impugnazione, sono quelle che contemplano requisiti soggettivi di partecipazione alla procedura selettiva e che, come tali, impediscano in via immediata la concreta partecipazione dell'impresa alla gara (cfr. C.d.S., Ad. Plen., 29.01.2003, n. 1).
In questa categoria di clausole non può farsi rientrare la prescrizione contenuta in un bando di gara che, posta a base della esclusione da parte dell'amministrazione appaltante, prevedeva "che i concorrenti, con la richiesta di invito, produrranno una dichiarazione di Banca o di Assicurazione operante in Italia disponibile a rilasciare una garanzia provvisoria (al concorrente) per la partecipazione alla gara pari al 5% del valore complessivo dell'appalto, nonché, una garanzia definitiva (all'aggiudicatario) pari a euro (.?)", senza tuttavia statuire che tale documentazione dovesse essere prodotta a pena di non ammissione alla gara.
2. Un consolidato orientamento giurisprudenziale esclude che, nella fase antecedente lo sviluppo della gara e l'individuazione dei soggetti (o del soggetto) aggiudicatari, i soggetti terzi (concorrenti) abbiano un qualificato interesse alla sua positiva evoluzione e, pertanto, siano qualificabili come controinteressati (cfr. TAR Puglia Lecce, sez. II, 18.10.2003, n. 6953; TAR Abruzzo L'Aquila, 08.07.1999, n. 437). Invero, il provvedimento di esclusione inerisce esclusivamente al rapporto tra l'amministrazione ed il soggetto escluso, con la conseguenza che gli altri partecipanti non assumono la veste di contraddittori necessari.
3. La sanzione della esclusione da una procedura di evidenza pubblica per la mancata produzione di documenti di gara deve essere espressamente enunciata nelle disposizioni della lex specialis o in una norma di legge o di regolamento avente portata imperativa, in conformità al principio di trasparenza ed al fine di evitare possibili violazioni del principio della par condicio tra le imprese partecipanti. Per giurisprudenza pacifica (ex multis: TAR Piemonte Torino, sez. II, 08.11.2005, n. 3442; TAR Molise Campobasso, 16.06.2005, n. 745) il rigore della sanzione dell'esclusione esige che la stessa sia esplicitata dall'amministrazione con formule univoche.
Altrettanto pacifica è la giurisprudenza nell'affermare che, qualora il contenuto di una clausola del bando sia equivoco, esso debba essere interpretato nel senso di privilegiare la più ampia partecipazione alla gara (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 13.01.2005, n. 82; TAR Sicilia-Palermo, sez. III, 27.12.2005, n. 8432) (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 23.10.2006 n. 2067 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICIContratto di appalto e profili di responsabilità in capo al committente dei lavori.
In presenza di fatto illecito posto in essere nell’esecuzione di lavori dedotti in un contratto di appalto, il soggetto committente non è esente da responsabilità concorrente con quella dell’impresa appaltante ove risulti che l’appaltatore abbia dovuto eseguire un progetto predisposto dal committente sotto la sua diretta sorveglianza, e che il committente si sia ingerito nella realizzazione dell’opera, riducendo l’autonomia dell’appaltatore (Tribunale Vibo Valentia, sentenza 23.10.2006 n. 669 - link a www.altalex.com).

APPALTIOperatività del principio favor partecipationis. Mancanza dei presupposti. Illegittimità.
Il principio del favor partecipationis alle gare pubbliche, inizialmente teorizzato dalla dottrina e successivamente tipizzato dall'art. 6 della legge n. 241 del 1990 è subordinato alla ricorrenza di precisi presupposti di fatto in quanto il dovere di soccorso incombente sulla commissione di gara non è un dovere assoluto ed incondizionato. Secondo la giurisprudenza la possibilità di regolarizzare le dichiarazioni e la documentazione mancante incontra i seguenti limiti applicativi:
1) l'inderogabile necessità del rispetto della par condicio;
2) il c.d. limite degli elementi essenziali, nel senso che la regolarizzazione non può essere riferita agli elementi essenziali della domanda a meno che gli atti tempestivamente prodotti e già in possesso dell'amministrazione costituiscano ragionevole indizio del possesso del requisito di partecipazione non espressamente documentato;
3) la regolarizzazione della documentazione dei requisiti di partecipazione è ammessa solo nei casi di equivocità della clausola del bando relativa alla dichiarazione o alla documentazione da integrare o chiarire (cfr. C.d.S., sez. V, 06.03.2006, n. 1068) (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 17.10.2006 n. 2011 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Appalti di servizi in ATI - Scostamento dai minimi tabellari relativi al costo della manodopera - Mancata esclusione - Legittimità.
2. Giudizio di non anomalia dell'offerta - Motivazione per relationem - Sufficiente.
3. Continuità delle procedure concorsuali - Deroghe - Ammissibilità.
4. Cooperative sociali - Deroghe in peius trattamento economico soci lavoratori - Inammissibilità.
5. Principio di territorialità previdenziale - Derogabilità a favore delle cooperative sociali - Inammissibile per violazione principio di libera concorrenza.
6. Procedura selettiva - Mancata predeterminazione criteri di valutazione - Obbligo p.a. di palesare iter logico seguito per l'attribuzione del punteggio.
7. ATI - Requisiti tecnici - Valutazione del raggruppamento nel suo complesso.
8. Modalità conservazione buste contenenti offerte economiche - Custodia del pubblico ufficiale.
1.
L'eventuale scostamento dai minimi tabellari concernenti i costi della manodopera indicati nelle tabelle FISE (Federazione imprese di servizi) non costituisce ex se motivo di automatica esclusione dell'offerta ove, ai sensi dell'art. 1 della l. 327/2000, le condizioni economiche poste a base di gara risultino adeguate rispetto al costo del lavoro come determinato periodicamente dal Ministro del lavoro sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali; tuttavia, la stessa norma dispone, al quarto comma, che solo uno scostamento evidente dai parametri stabiliti nelle tabelle FISE possa determinare l'inaccettabilità dell'offerta che esponga valori ad essi inferiori.
Ne deriva che i dati risultanti dalle tabelle FISE non costituiscono misure inderogabili, ma si configurano quali indici del giudizio di adeguatezza dell'offerta, cui la stazione appaltante è tenuta a procedere in contraddittorio con l'impresa interessata.
Non può disporsi l'esclusione di un'offerta sul presupposto dell'inderogabilità dei minimi tabellari di cui trattasi, dovendosi consentire all'impresa di rendere giustificazioni in ordine ai costi della manodopera inferiori ai minimi retributivi tabellari, rimettendo al giudizio della commissione la stima della congruità di tali giustificazioni (cfr. C.d.S. V 11.10.2002 n. 5497).
2. Il giudizio favorevole di non anomalia non richiede una motivazione puntuale ed analitica, essendo sufficiente una motivazione espressa per relationem con rinvio alle giustificazioni fornite dall'offerente (ex multis: C.d.S. IV, 15.11.2004 n. 7364; VI, 08.03.2004, n. 1080; id., 06.08.2002, n. 4094; id., 03.04.2002, n. 1853).
3. Il principio di continuità delle procedure concorsuali di cui all'art. 71 RD n. 827/1924, esige che le gare di appalto siano espletate in unica seduta o in più sedute immediatamente consecutive al fine di assicurare l'assoluta indipendenza di giudizio della commissione di gara sottraendola a possibili influenze esterne ed impedire che i criteri di valutazione delle offerte vengano formulati dopo la conoscenza delle stesse.
Tuttavia, il principio non viene violato, se le operazioni di gara si svolgono con ragionevole celerità, anche se non in un unico giorno o in pochi giorni consecutivi, purché la fissazione dei criteri di valutazione delle offerte preceda la conoscenza delle offerte medesime e venga rispettato il principio di segretezza delle operazioni di gara fino alla enunciazione dell'esito della stessa (cfr. C.d.S. VI, 16.11.2000 n. 6128; id., 02.02.2004 n. 324).
4. Ai sensi dell'art. 6 della l. 03.04.2001 n. 142, il regolamento interno della cooperativa può contenere disposizioni derogatorie in peius rispetto alle previsioni dei contratti collettivi applicabili ai soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato, salva comunque l'osservanza del trattamento economico complessivo minimo non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine previsto dall'art. 3, primo comma, della stessa legge, con espressa sanzione di nullità delle clausole derogatorie contrarie.
Come precisato nella circolare del Ministero del Lavoro 18.03.2004 n. 10, al socio lavoratore inquadrato con rapporto di lavoro subordinato deve essere garantito un compenso non inferiore ai minimi contrattuali non solo per quanto riguarda la retribuzione di livello (tabellare o di qualifica, contingenza, EDR), ma anche con riferimento alle altre norme del contratto che prevedano voci retributive fisse.
Ne deriva che l'indennità integrativa di malattia, prevista dall'art. 51 CCNL Multiservizi, non essendo una voce che concorre a definire il trattamento economico minimo di cui all'articolo 3, può formar oggetto di deroghe in peius, ragion per cui non può considerarsi nulla la previsione relativa al "trattamento economico malattia maternità infortunio", contenuta nel regolamento interno di una società cooperativa, nella parte in cui riconosce agli aventi diritto esclusivamente l'anticipazione delle indennità a carico degli enti previdenziali e assicurativi, senza prevedere alcuna integrazione a carico della cooperativa stessa.
5. Il principio di territorialità, cui è improntato il sistema previdenziale, impone di applicare il regime normativo del luogo dove la prestazione è svolta (cfr. Cass. Sez. Lav., 28.06.2004 n. 11979).
6. In tema di attribuzione di punteggi numerici, la più recente giurisprudenza ha ritenuto che, in base al principio di trasparenza cui l'intera attività amministrativa deve conformarsi, nel caso in cui in una procedura selettiva non siano stati predeterminati rigidamente i criteri di valutazione delle offerte, deve essere imposto alle commissioni giudicatrici, a pena di illegittimità, di rendere percepibile l'iter logico seguito nell'attribuzione del punteggio, se non attraverso diffuse esternazioni relative al contenuto delle valutazioni, quanto meno mediante taluni elementi che concorrano ad integrare e chiarire la valenza del punteggio, esternando le ragioni dell'apprezzamento sinteticamente espresso con l'indicazione numerica (cfr., per il principio, C.d.S. VI 30.04.2003 n. 2331; id., 22.03.2004 n. 1458).
7. Il requisito di capacità tecnica deve essere valutato con riferimento all'intero raggruppamento e non alle sue singole componenti. Infatti, l'art. 15, co. 9, del D.P.R. n. 34/2000, in caso di fusione o di altra operazione che comporti il trasferimento di azienda o di un suo ramo, consente al nuovo soggetto di avvalersi, ai fini della qualificazione, dei requisiti posseduti dall'impresa cedente.
In tale quadro, deve trovare quindi applicazione il principio secondo cui, qualora la cessione del ramo d'azienda intervenga prima della presentazione dell'offerta, i requisiti necessari per la partecipazione alla gara devono essere verificati con riferimento esclusivo all'impresa cessionaria (TAR Lombardia, Milano, sez. III, 16.03.2005 n. 611).
8. L'affidamento della custodia ad un pubblico ufficiale, stanti i penetranti obblighi di sorveglianza che il munus impone, è misura idonea, in linea generale, a proteggere il compendio consegnato dal pericolo di indebita interferenza esterna (cfr. C.d.S. V, 02.09.2005 n. 4463) (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 10.10.2006 n. 1983 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILesività della determina e termine per impugnare l'aggiudicazione.
Alla seduta in cui è stata effettuata la aggiudicazione provvisoria era presente il rappresentante del Consorzio ricorrente e tale aggiudicazione era stata effettuata fatte salve le risultanze della verifica di anomalia riguardante le prime due classificate e non era quindi ancora efficace.
Tale verifica era stata poi completata nella stessa giornata, con esito positivo per entrambe le concorrenti classificatesi per prime: non risulta però che quest’ultima fase della seduta fossero presenti i rappresentanti delle concorrenti o che le ditte stesse abbiano avuto in seguito conoscenza della operatività della aggiudicazione provvisoria.
Oltre tutto avverso la aggiudicazione provvisoria, era stato proposto reclamo da altra concorrente, sicché in conclusione, nella specie, l’atto concretamente lesivo risulta essere la determina, con la quale il Dirigente del Comune aveva preso atto del verbale della seduta ed aveva disposto l’aggiudicazione definitiva dell’appalto alla costituenda ATI
(C.G.A., Sez. giurisdizionale, sentenza 21.09.2006 n. 519 - link a www.altalex.com).

ATTI AMMINISTRATIVI - APPALTIGara d'appalto e diritto di accesso ai curricula professionali dei concorrenti.
Già in precedenza, questo Consiglio di Stato ha evidenziato che la partecipazione ad una gara comporta, tra l'altro, che l'offerta tecnico progettuale presentata fuoriesca dalla sfera di dominio riservato dell'impresa per porsi sul piano della valutazione comparativa rispetto alle offerte presentate da altri concorrenti, con la conseguenza che la società non aggiudicataria ha interesse ad accedere alla documentazione afferente le offerte presentate in vista della tutela dei propri interessi giuridici.
In altri termini, in presenza di una offerta vincente, non può negarsi ad altra impresa partecipante l'accesso agli atti necessari alle finalità di controllo dei requisiti tecnici e di tutte le altre caratteristiche del prodotto, oggetto della fornitura, minuziosamente contemplati nel relativo bando di gara.
Il bilanciamento tra il diritto di accesso degli interessati e il diritto alla riservatezza dei terzi non è stato rimesso alla potestà regolamentare o alla discrezionalità delle singole amministrazioni, ma è stato compiuto direttamente dalla legge che, nel prevedere la tutela della riservatezza dei terzi, ha fatto salvo il diritto degli interessati alla visione degli atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Il concetto di difesa degli interessi giuridici assume un carattere generale, comprensivo sia della difesa tecnica processuale, sia della difesa procedimentale.
A tal fine, con particolare riguardo alle procedure di evidenza pubblica, la difesa degli interessi giuridici del partecipante alla gara, risultato non aggiudicatario, va limitata a quei documenti o parti di essi valutati dall’amministrazione per l’ammissione alla procedura, per la verifica della sussistenza dei requisiti di partecipazione e per la valutazione dell’offerta e l’attribuzione dei punteggi
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 07.06.2006 n. 3418 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Oggetto: Presidenza del Consiglio dei Ministri - Schema di decreto legislativo recante il "Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture", ai sensi dell'art. 25 della legge 18.04.2005, n. 62 (Consiglio di Stato, Sez. consultiva per gli atti normativi, parere 06.02.2006 n. 355/2006).

anno 2005

COMPETENZE GESTIONALI - LAVORI PUBBLICIL'atto di approvazione dello schema triennale di opere pubbliche comunali e del suo aggiornamento annuale rientra nelle competenze della Giunta, ai sensi dell'art. 48 T.U. 18.08.2000 n. 267, mentre l'approvazione definitiva del programma e dell'elenco annuale delle opere da realizzare spetta al Consiglio, a norma dell'art. 42 stesso T.U. n. 267, trattandosi di un atto di programmazione e di indirizzo.
L'atto di approvazione dello schema triennale di opere pubbliche comunali e del suo aggiornamento annuale rientra nelle competenze della Giunta, ai sensi dell'art. 48 T.U. 18.08.2000 n. 267, mentre l'approvazione definitiva del programma e dell'elenco annuale delle opere da realizzare spetta al Consiglio, a norma dell'art. 42 stesso T.U. n. 267, trattandosi di un atto di programmazione e di indirizzo (cfr., CdS, Sez. IV n. 6917 del 14.12.2002) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 25.05.2005 n. 2718 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La deroga ai termini di pagamento e agli interessi moratori per ritardato pagamento, fissati dalle disposizioni del D.lgs. 09.10.2002 n. 231, è consentita solo previo accordo liberamente sottoscritto dalle parti.
La sentenza va anzitutto confermata per l’illegittimità dell’aumento a 90 giorni del termine per pagare le forniture: la relativa clausola introduce un indebito vantaggio per l’Amministrazione dato l’automatismo della decorrenza degli interessi di mora stabilito dall’art. 4 del D.Lgs. n. 231/2002.
Va precisato, al proposito, che il riferimento ivi contenuto al termine di pagamento stabilito dal contratto concerne l’automatica decorrenza degli interessi di mora e non al termine di pagamento in sé considerato, la cui congruità va valutata parametrandolo con la corretta prassi commerciale, con la natura dei beni o servizi, con la condizione dei contraenti ed i rapporti commerciali tra i medesimi di cui al successivo art. 7 del D.Lgs., che stabilisce la nullità del relativo accordo se gravemente iniquo perché ingiustificato da ragioni oggettive.
Siffatte ragioni non possono essere ravvisate nell’art. 50 della legge regionale Toscana n. 22/2000 che stabilisce in 90 giorni il termina massimo per la dilazione nei pagamenti delle forniture.
La legge ha infatti carattere cedevole rispetto alla direttiva 2000/35/CE, di cui il decreto legislativo in esame rappresenta attuazione e pertanto non giustifica l’imposizione di termini più lunghi rispetto ai 30 giorni dal ricevimento della fattura o richiesta di pagamento prescritto dall’art. 4, comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 231/2002. Oltre ad essere contrari al buon funzionamento del mercato interno salvaguardato dall'art. 14 del Trattato, il ritardo nel pagamento del prezzo rispetto ai 30 giorni non trova nessuna giustificazione nella circolare del Ministero dell’economia e delle finanze 14.01.2003, n. 1, la cui salvaguardia delle amministrazioni dalle conseguenze dell’indisponibilità della provvista finanziaria non si concilia con le regole del mercato che ai fini della correttezza nei pagamenti parificano gli organismi pubblici a quelli privati (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.04.2005 n. 1638 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZIE' legittimo l'operato di un comune che, dopo aver espletato la gara del servizio nettezza urbana e risultata deserta, è ricorso allo strumento dell'ordinanza contingibile ed urgente -a ridosso della scadenza del contratto d'appalto vigente- al fine di prevenire eventuali ipotesi di emergenze sanitarie e di igiene pubblica.
Il contratto scaduto non conteneva alcuna clausola di rinnovo e -come è noto- il principio della sussistenza di un pactum renovandi implicito, tendenzialmente non è applicabile ai contratti della Pubblica Amministrazione.

Ritiene il Collegio di dovere evidenziare, nella fattispecie in esame, i seguenti importanti punti di fatto e princìpi di diritto:
a) l’esecuzione del servizio pubblico di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani deve, in generale, essere svolto con efficacia ed immediatezza a tutela del bene pubblico indicato dalla legge; pertanto qualora la necessità di provvedere si appalesi imperiosa -specie al fine di prevenire eventuali ipotesi di emergenze sanitarie e di igiene pubblica- il Sindaco può legittimamente ricorrere allo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente, ai sensi dell’art. 50, comma 5, del dec. leg.vo 18.08.2000, n. 267, anche se sussiste una apposita disciplina che regoli, in via ordinaria, la materia;
b) nel caso di specie, la gara per l’affidamento del servizio de quo era andata deserta e la mancata partecipazione ad essa del gestore uscente può avere legittimato nell’Amministrazione procedente la convinzione che siffatto comportamento denotasse scarso interesse allo svolgimento del servizio di cui trattasi;
c) il contratto scaduto non conteneva alcuna clausola di rinnovo e -come è noto- il principio della sussistenza di un pactum renovandi implicito, tendenzialmente non è applicabile ai contratti della Pubblica Amministrazione (art. 6, comma 2, l. 24.12.1993, n. 537);
d) trattandosi di un servizio, il Comune -nell’ambito dei poteri ad esso riservati- doveva effettuare la sua acquisizione al miglior prezzo di mercato (art. 6, c. 5, della citata l. n. 537/1993) ed in termini generali, le ragioni del risparmio e della convenienza economica ben possono prevalere sulla eventuale conferma di un canone più oneroso in favore del gestore uscente;
e) il Comune, nel caso, non era tenuto ad effettuare alcuna gara informale preventiva al fine di individuare il soggetto onerato della prestazione d’urgenza e, pertanto, il contatto informale effettuato nei confronti delle due menzionate ditte non doveva sottostare ad alcuna particolare procedura. né rispettare le regole tipiche delle procedure concorsuali (CGARS, sentenza 27.01.2005 n. 21 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: E' illegittima la clausola del bando di gara la quale (uniformandosi al bando tipo regionale) disponga che in caso di offerte uguali si procede al sorteggio e non alla procedura di presentazione di offerte migliorative, in quanto in contrasto con l’articolo 77 del R.D. n. 827 del 1924, contenuto in un corpo normativo (il regolamento di contabilità generale dello Stato) che trova applicazione generalizzata indipendentemente dal suo richiamo negli atti (compresi i bandi di gara) della pubblica Amministrazione.
In sede di predisposizione del bando di gara l'amministrazione può motivatamente integrare o sostituire le clausole contenute negli schemi di bandi-tipo nel caso di lacune nello schema o difformità rispetto alla normativa, ovvero qualora si tratti di appalti di opere atipiche, con il concorso di due condizioni: - che non sia vulnerato il principio della par condicio dei concorrenti; - che le prescrizioni richieste siano pertinenti rispetto al fine di garantire la maggiore serietà del procedimento di gara, senza peraltro imporre ai concorrenti compiti troppo gravosi.

Osserva il Collegio che (come già ritenuto con sentenza di questo Tribunale amministrativo regionale n. 2055 del 05.08.2004) è illegittima la clausola del bando di gara la quale (uniformandosi al bando tipo regionale) disponga che in caso di offerte uguali si procede al sorteggio e non alla procedura di presentazione di offerte migliorative, in quanto in contrasto con l’articolo 77 del R.D. n. 827 del 1924, contenuto in un corpo normativo (il regolamento di contabilità generale dello Stato) che trova applicazione generalizzata indipendentemente dal suo richiamo negli atti (compresi i bandi di gara) della pubblica Amministrazione non è stato né implicitamente né esplicitamente abrogato dalla legge Merloni in atto vigente ed a tutte le norme di contabilità generale dello stato fa espresso riferimento l'art. 21, ultimo comma, della legge regionale n. 47 del 1977, contenente norme in materia di bilancio e di contabilità della Regione siciliana (Consiglio di Stato VI, 03.12.1998 n. 1648).
E' utile richiamare il costante indirizzo giurisprudenziale secondo il quale in sede di predisposizione del bando di gara l'amministrazione può motivatamente integrare o sostituire le clausole contenute negli schemi di bandi-tipo nel caso di lacune nello schema o difformità rispetto alla normativa (anche quale interpretata dalla giurisprudenza), ovvero qualora si tratti di appalti di opere atipiche, con il concorso di due condizioni:
- che non sia vulnerato il principio della par condicio dei concorrenti;
- che le prescrizioni richieste siano pertinenti rispetto al fine di garantire la maggiore serietà del procedimento di gara, senza peraltro imporre ai concorrenti compiti troppo gravosi (Cons. giust. amm. sic., sez. consult., 08-09-1989, n. 421/1989, in Giur. amm. sic., 1990, 32, cft. C.S., Sez. V, 18.10.1974 n. 411; Sez. VI, 17.02.1988 n. 188; C.G.A. 10.05.1988 n. 86, par. Sez. riunite 10.04.1990 n. 133; TAR Sicilia-Palermo, Sez. 1^, 29.05.1987 n. 322, 10.05.1988 n. 86, 15.07.1991 n. 450; TAR Sicilia-Catania, Sez. 1^, 02.04.1992 n. 251, Sez. 3^, 28.05.1991 n. 217
(TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 11.01.2005 n. 19 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2004

APPALTI: La clausola del bando di gara secondo cui “L’Ente appaltante si riserva la facoltà di interrompere o annullare in qualsiasi momento la gara in base a valutazioni di propria, esclusiva competenza, senza che i concorrenti possano vantare diritti e/o aspettative di sorta. Inoltre, l’Ente appaltante si riserva la facoltà di non procedere all’aggiudicazione dell’appalto in tutto o in parte ovvero di procedervi anche nel caso di una sola offerta” non può ritenersi conforme all'ordinamento.
Una clausola di tal genere configurerebbe in pratica una condizione meramente potestativa e come tale sarebbe affetta da nullità: violerebbe, infatti, sia il principio civilistico di buona fede -consentendo in pratica il recesso ingiustificato dalle trattative con esonero da responsabilità ex art. 1337 c.c.-, sia il principio pubblicistico di imparzialità e buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost., consentendo ad un soggetto destinatario delle norme in tema di evidenza pubblica, di agire senza rendere conto delle proprie scelte.
La clausola quindi non può che essere interpretata conformemente alle norme di cui agli artt. 1362 e seguenti del codice civile. Pertanto, facendo applicazione degli artt. 1366 e 1367 c.c., deve ritenersi che l’ente appaltante possa sì decidere di sospendere la procedura ovvero di non aggiudicare l’appalto, ma di detta scelta debba rendere conto, fornendo adeguata motivazione. La clausola, infatti, non attribuisce alla stazione appaltante il diritto di decidere arbitrariamente, ma le consente soltanto di operare delle scelte discrezionali, che come tali devono essere motivate.

La clausola contenuta al punto VI.4.5 del bando di gara disponeva che “L’Ente appaltante si riserva la facoltà di interrompere o annullare in qualsiasi momento la gara in base a valutazioni di propria, esclusiva competenza, senza che i concorrenti possano vantare diritti e/o aspettative di sorta”; detta clausola però prevedeva inoltre che “l’Ente appaltante si riserva la facoltà di non procedere all’aggiudicazione dell’appalto in tutto o in parte ovvero di procedervi anche nel caso di una sola offerta”.
Pertanto, la clausola in questione prevedeva la facoltà per la stazione appaltante di sospendere il procedimento, di annullare la gara, di non procedere all’aggiudicazione ovvero di procedervi anche in caso di una sola offerta lasciando quindi all’Ente un ventaglio di possibilità tutte ugualmente utilizzabili.
Si tratta pertanto di valutare, in via generale, se una clausola di tale natura –qualora interpretata nel senso propugnato dalla stessa stazione appaltante (e cioè come piena libertà di decisione senza dover rendere conto delle proprie scelte)- possa ritenersi conforme all’ordinamento.
Una clausola di tal genere, come ha correttamente rilevato parte ricorrente, configurerebbe in pratica una condizione meramente potestativa e come tale sarebbe affetta da nullità (cfr. Cons. Stato Sez. VI 30/09/1997 n. 1418): violerebbe, infatti, sia il principio civilistico di buona fede -consentendo in pratica il recesso ingiustificato dalle trattative con esonero da responsabilità ex art. 1337 c.c.-, sia il principio pubblicistico di imparzialità e buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost., consentendo ad un soggetto destinatario delle norme in tema di evidenza pubblica, di agire senza rendere conto delle proprie scelte.
La clausola quindi non può che essere interpretata conformemente alle norme di cui agli artt. 1362 e seguenti del codice civile.
Pertanto, facendo applicazione degli artt. 1366 e 1367 c.c., deve ritenersi che l’ente appaltante possa sì decidere di sospendere la procedura ovvero di non aggiudicare l’appalto, ma di detta scelta debba rendere conto, fornendo adeguata motivazione.
La clausola, infatti, non attribuisce alla stazione appaltante il diritto di decidere arbitrariamente, ma le consente soltanto di operare delle scelte discrezionali, che come tali devono essere motivate.
Peraltro, essendo prevista nella stessa clausola di cui al punto VI.4.5. del bando la facoltà per la stazione appaltante di procedere all’aggiudicazione anche in caso di unica offerta, non può condividersi la tesi propugnata da parte resistente secondo cui – trattandosi di unica offerta – la sospensione del procedimento sarebbe stata disposta in applicazione dell’art. 69 del R.D. n. 642/24 e come tale non sarebbe stata necessaria alcuna motivazione.
La tesi della resistente sarebbe stata condivisibile ove non fosse stata prevista espressamente la facoltà per la stazione appaltante di procedere all’aggiudicazione in presenza di unica offerta, perché la sospensione del procedimento sarebbe stata imposta dalla previsione del regolamento di contabilità pubblica: in presenza però di una clausola che consente la facoltà di aggiudicazione anche in presenza di offerta unica, ritiene il Collegio che qualunque decisione avesse adottato la società A.D.R. avrebbe dovuto essere congruamente motivata, dovendosi fare applicazione dei comuni principi valevoli in tema di esercizio di poteri discrezionali, applicabili alla società intimata in quanto soggetto destinatario delle norme in tema di evidenza pubblica.
Ne consegue che il ricorso risulta fondato essendo il provvedimento impugnato affetto da carenza di motivazione.
L’annullamento per difetto di motivazione di detto atto riverbera i suoi effetti sul successivo bando, con il quale la società A.D.R. ha indetto la nuova gara per l’espletamento del medesimo servizio, di durata questa volta, annuale (TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter, sentenza 14.10.2004 n. 10952 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIL’aggiudicazione provvisoria ha natura di atto endoprocedimentale e produce effetti meramente prodromici all’adozione della determinazione conclusiva; da qui le coerenti conseguenze, sul piano processuale, che la sua impugnazione è meramente facoltativa e non obbligatoria, che il termine per impugnare la definizione di un procedimento ad evidenza pubblica per la scelta del contraente decorre dalla piena conoscenza dell’aggiudicazione definitiva e che, in occasione dell’impugnazione di quest’ultima, possono farsi valere anche i vizi propri di quella provvisoria.
La necessità di una motivazione enunciata in termini descrittivi si configura tipicamente per gli atti aventi natura provvedimentale che esprimono una determinazione di volontà ed implicano scelte discrezionali, il cui esercizio deve emergere con chiarezza dalle risultanze dell’istruttoria anche al fine di consentirne il successivo sindacato.
Anche in presenza di criteri di massima, la commissione di gara è comunque chiamata ad esprimere le proprie valutazioni mediante giudizi di valore sorretti da una motivazione enunciata in termini discorsivi e non semplicemente numerici.
E’ necessaria una motivazione, che pur non dovendo necessariamente consistere nella minuziosa descrizione delle attività svolte in sede di gara, né riportare le singole opinioni espresse, deve essere proporzionata ed adeguata rispetto all’attività esercitata, e, quindi, in relazione all’esistenza di ampi poteri discrezionali di valutazione delle offerte tecniche, deve dare conto con economia di mezzi, ma compiutamente, dell’iter logico seguito nell’attribuzione dei punteggi, senza limitarsi, come nel caso in esame, alla sola indicazione di questi ultimi.
L’omessa indicazione degli elementi valutativi che hanno determinato il formarsi della volontà collegiale di gara non costituisce una mera irregolarità formale suscettibile di successiva sanatoria, ma un vizio sostanziale di legittimità che riguarda propriamente un elemento costitutivo della verbalizzazione, con riflessi invalidanti sulla successiva determinazione amministrativa.
Qualora la redazione del verbale di gara non avvenga in immediata contestualità allo svolgimento delle singole operazioni compiute dalla commissione o quantomeno non intervenga in un momento immediatamente successivo tale da escludere l’insorgenza di errori od omissioni nella ricostruzione dell’iter valutativo, viene con ciò meno la stessa idoneità del verbale ad assolvere la funzione sua propria di garanzia della formazione di uno strumento documentale che consenta la verifica della regolarità delle operazioni compiute, delle scelte valutative compiute e di ogni altro giudizio espresso.
In sede di gara d’appalto, l’aggiudicazione provvisoria ha natura di atto endoprocedimentale e produce effetti meramente prodromici all’adozione della determinazione conclusiva; da qui le coerenti conseguenze, sul piano processuale, che la sua impugnazione è meramente facoltativa e non obbligatoria, che il termine per impugnare la definizione di un procedimento ad evidenza pubblica per la scelta del contraente decorre dalla piena conoscenza dell’aggiudicazione definitiva e che, in occasione dell’impugnazione di quest’ultima, possono farsi valere anche i vizi propri di quella provvisoria (cfr., ex plurimis, CdS V, 29.07.2003 n. 4327).
In linea generale, la necessità di una motivazione enunciata in termini descrittivi si configura tipicamente per gli atti aventi natura provvedimentale che esprimono una determinazione di volontà ed implicano scelte discrezionali, il cui esercizio deve emergere con chiarezza dalle risultanze dell’istruttoria anche al fine di consentirne il successivo sindacato (cfr., CdS V 13.02.1998 n. 163).
E’ altresì noto il principio secondo cui nelle procedure indette per l’aggiudicazione mediante metodi selettivi non automatici, come nel caso dell’appalto concorso o delle gare dirette a selezionare l’offerta più vantaggiosa, il bando e la lettera d’invito devono definire i criteri generali di valutazione, potendosi riconoscere alla commissione di gara unicamente l’esercizio della facoltà di introdurre elementi di specificazione e puntualizzazione dei criteri generali medesimi.
La predeterminazione dei parametri di valutazione tecnica risponde all’esigenza di garantire l’imparzialità e la trasparenza delle operazioni concorsuali, al suo esercizio connettendosi essenzialmente la funzione di consentire agli interessati e al giudice della legittimità il sindacato sulla coerenza logica delle scelte e soluzioni adottate, con i criteri fissati nel bando.
Da ciò la conseguenza che, anche quando questi ultimi siano sufficientemente specifici, quell’esigenza di controllo resta comunque affidata all’espressione dei giudizi di valore in termini non esclusivamente numerici ma con il supporto di adeguata motivazione, che consenta la percezione degli elementi e delle ragioni che hanno orientato le scelte effettuate dalla commissione di gara.
In sostanza, seppure sia vero che la previsione di criteri preventivi per l’attribuzione dei singoli punteggi riduca sensibilmente i margini di apprezzamento rimessi all’organo collegiale e, con essi, anche l’esigenza di una motivazione particolarmente dettagliata e diffusa, deve comunque ritenersi necessaria l’esternazione quanto meno dei principali elementi giudicati determinanti per l’aggiudicazione della gara, sui quali si è concentrata la valutazione dei progetti posti a confronto.
La più recente giurisprudenza ha ritenuto, in tema di punteggi numerici, che, in base al principio di trasparenza, cui l’intera attività amministrativa deve conformarsi, nel caso in cui in una procedura selettiva non siano stati predeterminati rigidamente i criteri di valutazione delle offerte, deve essere imposto alle commissioni giudicatrici, a pena di illegittimità, di rendere percepibile l’iter logico seguito nell’attribuzione del punteggio, se non attraverso diffuse esternazioni relative al contenuto delle valutazioni, quanto meno mediante taluni elementi che concorrano ad integrare e chiarire la valenza del punteggio, esternando le ragioni dell’apprezzamento sinteticamente espresso con l’indicazione numerica. Invero, l’obbligo imposto alla commissione di gara di applicare i criteri di valutazione delle offerte, così autolimitando il proprio potere di apprezzamento degli aspetti tecnici che vengono in considerazione, non avrebbe ragion d’essere se non fosse parimenti -e conseguentemente- imposto di motivare, sia pure in modo sintetico, le modalità di concreta applicazione dei criteri stessi (cfr., per il principio, CdS VI 30.04.2003 n. 2331; id., 22.03.2004 n. 1458).
Deve quindi concludersi che, anche in presenza di criteri di massima, la commissione è comunque chiamata ad esprimere le proprie valutazioni mediante giudizi di valore sorretti da una motivazione enunciata in termini discorsivi e non semplicemente numerici.
Nella vicenda in esame i suindicati criteri di valutazione risultano ben lungi dall’essere estremamente dettagliati e tali da predeterminare in maniera rigida e stringente il giudizio sulle singole voci che compongono l’offerta tecnica. In tale quadro, che si connota invece per la genericità e indeterminatezza del criterio di assegnazione del punteggio, deve escludersi che l’obbligo motivazionale possa ritenersi assolto mediante l’indicazione di un punteggio meramente numerico (cfr., CdS V 06.10.2003 n. 5899).
E’ invece necessaria una motivazione, che pur non dovendo necessariamente consistere nella minuziosa descrizione delle attività svolte, né riportare le singole opinioni espresse, deve essere proporzionata ed adeguata rispetto all’attività esercitata, e, quindi, in relazione all’esistenza di ampi poteri discrezionali di valutazione delle offerte tecniche, deve dare conto con economia di mezzi, ma compiutamente, dell’iter logico seguito nell’attribuzione dei punteggi, senza limitarsi, come nel caso in esame, alla sola indicazione di questi ultimi.
L’omessa indicazione degli elementi valutativi che hanno determinato il formarsi della volontà collegiale non costituisce infatti una mera irregolarità formale suscettibile di successiva sanatoria, ma un vizio sostanziale di legittimità che riguarda propriamente un elemento costitutivo della verbalizzazione, con riflessi invalidanti sulla successiva determinazione amministrativa.
Qualora la redazione del verbale non avvenga in immediata contestualità allo svolgimento delle singole operazioni compiute dalla commissione o quantomeno non intervenga in un momento immediatamente successivo tale da escludere l’insorgenza di errori od omissioni nella ricostruzione dell’iter valutativo, venga con ciò meno la stessa idoneità del verbale ad assolvere la funzione sua propria di garanzia della formazione di uno strumento documentale che consenta la verifica della regolarità delle operazioni compiute, delle scelte valutative compiute e di ogni altro giudizio espresso.
Ma, anche a prescindere da tali considerazioni e a voler ritenere non necessaria alcuna contestualità tra la seduta della commissione e la formazione del relativo verbale, deve comunque ritenersi che la redazione di quanto ha formato oggetto di inserimento nel documento divenga definitiva con l’approvazione del verbale; il che esclude la possibilità di attribuire postuma rilevanza a minutazioni non utilizzate nell’originaria stesura del verbale medesimo
(TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 11.10.2004 n. 5521).

APPALTINei procedimenti di aggiudicazione di gare pubbliche, la fase di verifica della documentazione amministrativa e quella di apertura delle offerte economiche debbano avvenire in seduta pubblica, potendo l'Amministrazione procedere in forma riservata solo laddove debba compiere operazioni di valutazione di carattere tecnico-discrezionale in ordine alle offerte presentate.
Le ragioni dell'affermazione di tale principio generale risiedono nell'esigenza di assicurare la trasparenza delle operazioni della Commissione ed una sorta di tutela "anticipata" della par condicio tra i concorrenti (sotto forma di controllo esercitabile da parte delle singole imprese), come corollario dei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 della Costituzione.
Il principio in questione assume, inoltre, portata generale, atteso che le precitate esigenze si pongono per tutti i tipi di gara pubblica, mentre una possibile deroga trova giustificazione, come visto, solo per quelle fasi di valutazione dell'offerta che, implicando un giudizio di carattere tecnico, non necessitano di una garanzia di pubblicità delle operazioni della Commissione.
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In primo luogo, va ribadito come quello di pubblicità costituisca un principio generale volto alla tutela di esigenze di trasparenza e par condicio che sono comuni a tutte quelle fasi dei procedimenti per l'aggiudicazione di appalti pubblici in cui si deve procedere all'espletamento di attività implicanti la garanzia di un controllo, come quelle di verifica della documentazione amministrativa e di apertura delle offerte economiche.
In secondo luogo, le richiamate esigenze di trasparenza e par condicio ricorrono tutte le volte in cui la scelta del contraente avvenga mediante l'espletamento di uno specifico procedimento di gara in cui le regole siano state in precedenza formalizzate dall'Amministrazione.
Si manifesta, pertanto, irrilevante l'argomentazione per cui, trattandosi di una trattativa privata, non era assolutamente necessario che le operazioni di apertura delle offerte si svolgessero in seduta pubblica; infatti, ci si trova pur sempre nell'ambito di un procedimento di evidenza pubblica di scelta del contraente rispetto al quale non possono ritenersi estranee le già richiamate esigenze di trasparenza e par condicio.
Inoltre, il principio di pubblicità delle sedute trova immediata applicazione indipendentemente da una sua espressa previsione nell'ambito della lex specialis di gara, atteso che costituisce una regola generale riconducibile direttamente ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 Cost., trovando di conseguenza immediata e piena cittadinanza in quella azione amministrativa specificamente volta alla scelta del miglior contraente.
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Non sussistendo una specifica normativa di dettaglio in merito alla composizione della Commissione nei casi della specie, valgono i generali principi desumibili dall’art. 97 Cost. e dal capo I della legge n. 241/1990 nel senso che la composizione delle Commissioni giudicatrici deve sempre assicurare un adeguato livello di professionalità dei suoi componenti. Tuttavia, la scelta discrezionale della stazione appaltante circa l’effettiva composizione della Commissione di gara deve essere valutata secondo criteri di logicità e proporzionalità.
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Deve escludersi la sussistenza di un particolare onere di motivazione della stazione appaltante sulla scelta dei componenti della predetta Commissione, dall’altro non può a priori escludersi l’idoneità rispetto a tale ufficio di soggetti che svolgono l’attività di Comandanti della Polizia locale avendo l’appalto ad oggetto il sistema di videosorveglianza territoriale di vari Comuni della zona.

Passando al merito della vicenda, la ricorrente, con il primo motivo, censura il fatto che l’apertura dei plichi contenenti le offerte, sebbene si tratti di trattativa privata preceduta da gara informale, non sia stata effettuata in seduta pubblica.
La doglianza è fondata confermandosi quanto già espresso in sede di cognizione sommaria.
Sul punto la giurisprudenza amministrativa (per tutte, TAR Piemonte, II sez., 19.12.2002, n. 2089) ha affermato che, nei procedimenti di aggiudicazione di gare pubbliche, la fase di verifica della documentazione amministrativa e quella di apertura delle offerte economiche debbano avvenire in seduta pubblica, potendo l'Amministrazione procedere in forma riservata solo laddove debba compiere operazioni di valutazione di carattere tecnico-discrezionale in ordine alle offerte presentate.
Le ragioni dell'affermazione di tale principio generale risiedono nell'esigenza di assicurare la trasparenza delle operazioni della Commissione ed una sorta di tutela "anticipata" della par condicio tra i concorrenti (sotto forma di controllo esercitabile da parte delle singole imprese), come corollario dei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 della Costituzione (Consiglio di Stato, V Sez., 19.03.2002, n. 5421; Consiglio di Stato, IV Sez., 27.03.2002, n. 1726; Consiglio di Stato, V Sez., 30.05.1997, n. 576; Consiglio di Stato, VI Sez., 14.02.2002, n. 846; Consiglio di Stato, V Sez., 14.04.2000, n. 2235).
Il principio in questione assume, inoltre, portata generale, atteso che le precitate esigenze si pongono per tutti i tipi di gara pubblica, mentre una possibile deroga trova giustificazione, come visto, solo per quelle fasi di valutazione dell'offerta che, implicando un giudizio di carattere tecnico, non necessitano di una garanzia di pubblicità delle operazioni della Commissione.
La difesa resistente ha sostenuto l'inapplicabilità del principio di pubblicità in quanto, trattandosi di una procedura indetta con il sistema della trattativa privata, sarebbe rimessa alla discrezionalità dell'Amministrazione l'individuazione delle regole di svolgimento della gara e, pertanto, soltanto un'espressa previsione di celebrazione delle sedute della Commissione in forma pubblica avrebbe potuto costituire un vincolo la cui violazione avrebbe potuto integrare un vizio di legittimità del procedimento.
Ancora, ha osservato la difesa dell'Amministrazione come non vi erano stati artifizi o comportamenti tali da danneggiare concretamente la società ricorrente, di talché alcuna incidenza negativa sostanziale avrebbe potuto assumere la circostanza per cui le operazioni di gara si erano svolte in seduta non pubblica.
Tali osservazioni non sono condivisibili.
In primo luogo, va ribadito come quello di pubblicità costituisca un principio generale volto alla tutela di esigenze di trasparenza e par condicio che sono comuni a tutte quelle fasi dei procedimenti per l'aggiudicazione di appalti pubblici in cui si deve procedere all'espletamento di attività implicanti la garanzia di un controllo, come quelle di verifica della documentazione amministrativa e di apertura delle offerte economiche.
In secondo luogo, le richiamate esigenze di trasparenza e par condicio ricorrono tutte le volte in cui la scelta del contraente avvenga mediante l'espletamento di uno specifico procedimento di gara in cui le regole siano state in precedenza formalizzate dall'Amministrazione.
Si manifesta, pertanto, irrilevante l'argomentazione per cui, trattandosi di una trattativa privata, non era assolutamente necessario che le operazioni di apertura delle offerte si svolgessero in seduta pubblica; infatti, ci si trova pur sempre nell'ambito di un procedimento di evidenza pubblica di scelta del contraente rispetto al quale non possono ritenersi estranee le già richiamate esigenze di trasparenza e par condicio.
Inoltre, il principio di pubblicità delle sedute trova immediata applicazione indipendentemente da una sua espressa previsione nell'ambito della lex specialis di gara, atteso che costituisce una regola generale riconducibile direttamente ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 Cost., trovando di conseguenza immediata e piena cittadinanza in quella azione amministrativa specificamente volta alla scelta del miglior contraente.
Deve invece essere disattesa, per genericità, l’ulteriore profilo di doglianza contenuto nel primo motivo di ricorso e concernente l’asserita mancanza di professionalità in capo ai componenti della Commissione giudicatrice.
Al riguardo, va evidenziato che, non sussistendo una specifica normativa di dettaglio in merito alla composizione della Commissione nei casi della specie, valgono i generali principi desumibili dall’art. 97 Cost. e dal capo I della legge n. 241/1990 nel senso che la composizione delle Commissioni giudicatrici deve sempre assicurare un adeguato livello di professionalità dei suoi componenti (cfr. Consiglio di Stato, V sez., 07.09.2001 n. 4673). Tuttavia, la scelta discrezionale della stazione appaltante circa l’effettiva composizione della Commissione di gara deve essere valutata secondo criteri di logicità e proporzionalità.
Nel caso di specie, non emergono elementi di convincimento idonei a fondare la censura di parte ricorrente.
Le doglianze si palesano, come detto, piuttosto generiche poiché, da un lato, deve escludersi la sussistenza di un particolare onere di motivazione della stazione appaltante sulla scelta dei componenti della predetta Commissione, dall’altro non può a priori escludersi l’idoneità rispetto a tale ufficio di soggetti che svolgono l’attività di Comandanti della Polizia locale avendo l’appalto ad oggetto il sistema di videosorveglianza territoriale di vari Comuni della zona (TAR Lombardia, Sez. III, sentenza 26.07.2004 n. 3179 - link a www.giustizia-amministrativa).

APPALTI: Nel sistema dell’art. 77 del R.D. 23.05.1924 n. 827 il sorteggio assume un carattere meramente residuale, trovando applicazione solo nel caso in cui nessuno dei presentatori di offerte eguali sia presente ovvero, se i presenti non vogliano migliorare la propria proposta negoziale, nel corso di una apposita fase procedimentale all’uopo indetta dal seggio di gara.
Pertanto, si tratta di stabilire se con con la locuzione “i presenti” -ex art. 77 R.D. 827/1924- il legislatore abbia inteso riferirsi a tutti indistintamente i concorrenti che hanno presentato offerte uguali ovvero anche ad alcuni soltanto di essi. La norma è nel senso che la richiesta di miglioramento dell’offerta deve essere fatta ai presenti, siano essi tutti o alcuni soltanto di “coloro che fecero offerte uguali”. D’altra parte, non è priva di significato la circostanza che, qualora fosse stata ritenuta necessaria, al fine di esperire la licitazione migliorativa, la presenza di tutti i concorrenti che avevano presentato uguale offerta, il riferimento sarebbe stato certamente a tutti i concorrenti che fecero offerte uguali e non ai soli presenti. Pertanto, ove i migliori offerenti siano solo due, va da sé che “i presenti” debbano essere identificati in uno solo dei due offerenti, al quale va, quindi, chiesto, prima di procedere al ballottaggio, se intenda migliorare l’offerta.
L’art. 77 del R.D. 23.05.1924 n. 827 così dispone: “Quando nelle aste ad offerte segrete due o più concorrenti, presenti all’asta, facciano la stessa offerta ed essa sia accettabile, si procede nella medesima adunanza ad una licitazione fra essi soli, a partiti segreti o ad estinzione di candela vergine, ... Colui che risulta migliore offerente è dichiarato aggiudicatario.
Ove nessuno di coloro che fecero offerte uguali sia presente, o i presenti non vogliano migliorare l’offerta, ..., la sorte decide chi debba essere l’aggiudicatario
”.
Nella specie, si è verificata l’ipotesi di cui al primo comma, avendo le soc. ... e ... presentato la migliore uguale offerta.
Pertanto, la Commissione ha ritenuto che, nell’impossibilità di esperire la licitazione tra i due migliori concorrenti, essendo presente solo uno di loro, l’aggiudicazione dovesse essere affidata al ballottaggio, ai sensi di quanto disposto dal secondo comma.
La norma, come giustamente ha osservato il TAR, prendendo, peraltro, atto dell’esistenza di un non univoco indirizzo giurisprudenziale in materia, non è stata correttamente interpretata ed applicata.
E’ innegabile che nel sistema dell’art. 77 il sorteggio assume un carattere meramente residuale, trovando applicazione solo nel caso in cui nessuno dei presentatori di offerte eguali sia presente ovvero, se i presenti non vogliano migliorare la propria proposta negoziale, nel corso di una apposita fase procedimentale all’uopo indetta dal seggio di gara.
Si tratta, quindi, di stabilire se con con la locuzione “i presenti” il legislatore abbia inteso riferirsi a tutti indistintamente i concorrenti che hanno presentato offerte uguali (i quali, come si evince dal primo comma, possono essere anche più di due), ovvero anche ad alcuni soltanto di essi.
La norma, che non si presta ad interpretazioni che vadano oltre la sua stessa lettera, attesa la sua chiarezza e la evidente finalità di cercare di conseguire un esito migliore della gara, prima di ricorrere al ballottaggio, ad avviso del Collegio, è nel senso che la richiesta di miglioramento dell’offerta deve essere fatta ai presenti, siano essi tutti o alcuni soltanto di “coloro che fecero offerte uguali”.
D’altra parte, non è priva di significato la circostanza che, qualora fosse stata ritenuta necessaria, al fine di esperire la licitazione migliorativa, la presenza di tutti i concorrenti che avevano presentato uguale offerta, il riferimento sarebbe stato certamente a tutti i concorrenti che fecero offerte uguali e non ai soli presenti.
Pertanto, ove i migliori offerenti siano solo due, va da sé che “i presenti” debbano essere identificati in uno solo dei due offerenti, al quale va, quindi, chiesto, prima di procedere al ballottaggio, se intenda migliorare l’offerta.
Né tale conclusione appare in contrasto con i principi che regolano le gare e, in particolare, con quello della parità dei concorrenti -che secondo l’accennato contrario orientamento giurisprudenziale sarebbe violato, essendo data la possibilità di migliorare l’offerta ad alcuni o anche ad uno solo di essi- perché, nei casi in cui trova applicazione l’art. 77 (come nella specie, in quanto nel bando è stato espressamente richiamato con caratteri in grassetto), i concorrenti sono consapevoli delle modalità di aggiudicazione previste da questa norma nell’eventualità, rara ma non impossibile, di parità di offerte e, pertanto, pur non essendo la loro presenza obbligatoria, è una loro libera scelta di partecipare o non partecipare alle operazioni di gara e, nel secondo caso, correre l’alea di non poter proporre una offerta migliorativa (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.06.2004 n. 4362 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE GESTIONALI - LAVORI PUBBLICINel caso di costruzione di nuovi cimiteri o di ampliamento di quelli esistenti, la competenza all’approvazione dei relativi progetti appartiene in ogni caso al Consiglio Comunale, e ciò sia se l’opera sia esterna alla fascia di rispetto dei 200 metri, e quindi nell’ipotesi di localizzazione ordinaria, sia se venga ubicata ad una distanza a questa inferiore, ben potendo, tra l’altro, lo stesso organo consiliare ridurre addirittura la fascia di rispetto medesima.
La ratio ispiratrice di una competenza speciale dell’organo consiliare in materia di approvazione di progetti di opere cimiteriali deve essere individuata nell’esigenza di sottoporre alla discussione democratica ed al controllo da parte dell’organo rappresentativo di tutta la comunità locale l’opportunità circa la realizzazione di strutture che assumono particolare rilevanza, sia in riferimento ad esigenze di tutela igienico-sanitaria che di valore ambientale, oltre che per quanto concerne non secondari aspetti di natura affettiva e morale appartenenti all’intera collettività.
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Analogamente a quanto avviene per il progetto, anche gli studi di fattibilità (per l'ampliamento del cimitero comunale) devono essere preventivamente sottoposti all’esame del Consiglio Comunale e non anche della Giunta.
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La competenza a procedere sia a modificazioni del Programma Triennale che all’aggiornamento dell’elenco annuale –come nel caso di specie in cui la realizzazione dell’opera pubblica in questione era stata anticipata nell’anno 2003 in luogo della originaria previsione per il 2004– appartiene al Consiglio Comunale e non anche alla Giunta, secondo il chiaro tenore letterale dell’art. 42, secondo comma, lett. b), del D.Lgs. 18.08.2000 n. 267.

L’art. 55 del D.P.R. 10.09.1990 n. 285 stabilisce che “I progetti di ampliamento dei cimiteri esistenti e di costruzione dei nuovi devono essere preceduti da uno studio tecnico delle località, specialmente per quanto riguarda l'ubicazione, l'orografia, l'estensione dell'area e la natura fisico-chimica del terreno, la profondità e la direzione della falda idrica e devono essere deliberati dal consiglio”.
Inoltre, l’art. 28 della legge 01.08.2002 n. 166, modificativo dell’art. 338 R.D. 24.07.1934, n. 1265, prevede che i cimiteri debbano essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato; detta norma prevede, inoltre, che “il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, due condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
b) l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari
”.
Infine, ai fini che qui interessano, la medesima norma stabilisce che “per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici”.
Da tale complesso normativo discende che, nel caso di costruzione di nuovi cimiteri o di ampliamento di quelli esistenti, la competenza all’approvazione dei relativi progetti appartiene in ogni caso al Consiglio Comunale, e ciò sia se l’opera sia esterna alla fascia di rispetto dei 200 metri, e quindi nell’ipotesi di localizzazione ordinaria, sia se venga ubicata ad una distanza a questa inferiore, ben potendo, tra l’altro, lo stesso organo consiliare ridurre addirittura la fascia di rispetto medesima.
La ratio ispiratrice di una competenza speciale dell’organo consiliare in materia di approvazione di progetti di opere cimiteriali deve essere individuata nell’esigenza di sottoporre alla discussione democratica ed al controllo da parte dell’organo rappresentativo di tutta la comunità locale l’opportunità circa la realizzazione di strutture che assumono particolare rilevanza, sia in riferimento ad esigenze di tutela igienico-sanitaria che di valore ambientale, oltre che per quanto concerne non secondari aspetti di natura affettiva e morale appartenenti all’intera collettività.
Con riferimento al caso di specie, si tratta della realizzazione di un ampliamento del cimitero comunale rientrante entro la fascia di rispetto dei 200 metri, circostanza non contestata dall’Amministrazione resistente e risultante dalla documentazione tecnica depositata agli atti del giudizio; inoltre, la deliberazione di Giunta Municipale n. 81 dell’11.04.2003 di approvazione del progetto preliminare, la cui adozione era stata giustificata da esigenze di rinnovazione procedimentale, si caratterizza per la sua autonomia rispetto ai precedenti provvedimenti approvativi del progetto preliminare dell’opera (ossia la deliberazione di Giunta n. 328 del 03.11.1999, annullato in sede di autotutela, e quella di Consiglio n. 7 dell’11.02.1998 avente ad oggetto la progettazione originaria), per cui non vi è dubbio alcuno che, ratione temporis, il regime giuridico che deve essere considerato ai fini della corretta individuazione del procedimento da seguire è quello introdotto dall’art. 338 T.U.L.S. come modificato dall’art. 28 della legge 01.08.2002 n. 166.
In conclusione, non solo la competenza in merito all’approvazione dei progetti relativi alle opere cimiteriali de quibus apparteneva al Consiglio Comunale (TAR Campania, V Sezione, 03.07.2003 n. 9298) e non anche alla Giunta, ma l’Amministrazione avrebbe dovuto anche specificamente seguire il procedimento previsto dall’art. 338 T.U.L.S. come modificato dall’art. 28 della legge 01.8.2002 n. 166.
In tal senso parimenti fondata è la doglianza, contenuta nel quinto motivo di ricorso, relativa al dedotto vizio di incompetenza ascrivibile alla violazione dell’art. 55 del D.P.R. 10.09.1990 n. 285, posto che, analogamente a quanto avviene per il progetto, anche gli studi di fattibilità avrebbero dovuto essere preventivamente sottoposti all’esame del Consiglio Comunale e non anche della Giunta.
Deve, pertanto, concludersi per l’accoglimento del primo e quinto motivo di ricorso, con consequenziale annullamento della deliberazione di Giunta Municipale n. 81 dell’11.04.2003 avente ad oggetto l’approvazione del progetto preliminare dell’opera pubblica de qua, nonché per invalidità derivata, di quelle n. 99 del 05.05.2003 e n. 116 del 14.05.2003, rispettivamente di approvazione dei progetti definitivo ed esecutivo della medesima, oltre che dell’impugnato decreto di occupazione di urgenza e comunicazione di presa di possesso e redazione dello stato di consistenza, con assorbimento del secondo, quarto, sesto motivo di censura e restanti profili del primo.
Parimenti fondato è il terzo motivo di censura con cui parte ricorrente ha impugnato la deliberazione n. 94 del 28.04.2003 con cui la Giunta Municipale di Barano d’Ischia aveva modificato l’elenco dei lavori da realizzare nell’anno 2003 in riferimento al Programma Triennale dei Lavori Pubblici per il triennio 2003/2005.
Infatti, la competenza a procedere sia a modificazioni del Programma Triennale che all’aggiornamento dell’elenco annuale –come nel caso di specie in cui la realizzazione dell’opera pubblica in questione era stata anticipata nell’anno 2003 in luogo della originaria previsione per il 2004– appartiene al Consiglio Comunale e non anche alla Giunta, secondo il chiaro tenore letterale dell’art. 42, secondo comma, lett. b), del D.Lgs. 18.08.2000 n. 267.
Deve pertanto concludersi per la fondatezza del motivo di ricorso con consequenziale annullamento della deliberazione della Giunta Municipale di Barano d’Ischia n. 94 del 28.04.2003 (TAR Campania-Napoli, Sez. V, sentenza 21.01.2004 n. 228 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2003

COMPETENZE GESTIONALI - LAVORI PUBBLICIE' illegittima, per incompetenza, la deliberazione di Giunta Comunale circa l'approvazione del progetto esecutivo per l’ampliamento del cimitero.
Sul punto non è superfluo rilevare che la disposizione in questione (art. 55, comma 1, del D.P.R. 10.09.1990, n. 285 - Approvazione del regolamento di polizia mortuaria) costituisce una norma speciale, mai abrogata, che deroga in modo specifico alla competenza generale di tipo residuale stabilita dall’articolo 35 della legge 08.06.1990 n. 142, abrogato dall'articolo 274 del d.lgs. 18.08.2000 n. 267 e riprodotto nell'articolo 48 di quest’ultimo.
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L’inserimento di un’opera pubblica nell’elenco annuale delle opere pubbliche da realizzare non equivale certo alla approvazione del relativo progetto preliminare: una cosa è il progetto preliminare di un’opera (che deve rispettare le prescrizioni dell’articolo 16 della legge n. 109 citata) e una cosa è il suo inserimento nell’elenco annuale delle opere da realizzare.
Del resto la stessa disposizione invocata dal comune prescrive che l’inserimento dell’opera nell’elenco presuppone che il relativo progetto preliminare sia stato previamente approvato.
... per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione della disposizione del dirigente del servizio tecnico normalità del comune di Napoli prot. n. 10 dell'08.10.2002, recante autorizzazione all’occupazione in via d’urgenza di suolo della ricorrente, delle delibere G.M. n. 3116 del 02.08.2002 e n. 3219 del 06.09.2002, recanti approvazione del progetto esecutivo per l’ampliamento del cimitero di Secondigliano e di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente.
...
Fondato e assorbente risulta il terzo motivo di gravame con cui viene dedotta la violazione dell’articolo 55, comma 1, del D.P.R. 10.09.1990, n. 285 (Approvazione del regolamento di polizia mortuaria), cioè l’incompetenza della giunta comunale all’approvazione del progetto.
Il motivo è fondato.
La disposizione del citato articolo 55 dispone infatti testualmente che “i progetti di ampliamento dei cimiteri esistenti e di costruzione dei nuovi devono essere preceduti da uno studio tecnico delle località, specialmente per quanto riguarda l'ubicazione, l'orografia, l'estensione dell'area e la natura fisico-chimica del terreno, la profondità e la direzione della falda idrica e devono essere deliberati dal consiglio comunale”.
Nel caso in esame il progetto definitivo dell’opera –non impugnato dalla ricorrente, non depositato agli atti di causa e semplicemente citato dalle delibere di approvazione del progetto esecutivo– è stato adottato dalla giunta, al pari delle impugnate delibere di approvazione in linea tecnica ed economica del progetto esecutivo.
Appare quindi sussistente la violazione della disposizione dell’articolo 55.
Sul punto non è superfluo rilevare che la disposizione in questione –come del resto già affermato in giurisprudenza– costituisce una norma speciale, mai abrogata, che deroga in modo specifico alla competenza generale di tipo residuale stabilita dall’articolo 35 della legge 08.06.1990 n. 142, abrogato dall'articolo 274 del d.lgs. 18.08.2000 n. 267 e riprodotto nell'articolo 48 di quest’ultimo (TAR Umbria 07.02.2002, n. 75, TAR Umbria 06.03.1998, n. 190).
Deve poi aggiungersi che non persuasiva è la difesa articolata sul punto dal comune: questo infatti sostiene che il Consiglio comunale –con delibera n. 268 del 02.08.2002 (che ha ratificato la delibera G.M. n. 2864 del 26.07.2002)– ha inserito il progetto per cui è causa nel programma triennale e nell’elenco annuale dei lavori pubblici; poiché l’articolo 14, comma 6, della legge 11.02.1994, n. 109 dispone che “l'inclusione di un lavoro nell'elenco annuale … è subordinata alla previa approvazione della progettazione preliminare”, il comune sembra sostenere che la delibera n. 268 contiene l’approvazione del progetto preliminare e che tanto basterebbe a garantire l’osservanza della disposizione dell’articolo 55.
In realtà l’inserimento di un’opera pubblica nell’elenco annuale delle opere pubbliche da realizzare non equivale certo alla approvazione del relativo progetto preliminare: una cosa è il progetto preliminare di un’opera (che deve rispettare le prescrizioni dell’articolo 16 della legge n. 109 citata) e una cosa è il suo inserimento nell’elenco annuale delle opere da realizzare.
Del resto la stessa disposizione invocata dal comune prescrive che l’inserimento dell’opera nell’elenco presuppone che il relativo progetto preliminare sia stato previamente approvato.
A ciò si aggiunge che –seguendo la tesi del comune– si avrebbe una scansione temporale del procedimento di approvazione del progetto a dir poco anomala dato che la (implicita) approvazione del progetto preliminare da parte del consiglio sarebbe posteriore di quasi tre anni all’approvazione del progetto definitivo da parte della giunta (avvenuta il 03.11.1999 a mezzo della delibera n. 4009) e sarebbe contemporanea alla approvazione in linea tecnica del progetto esecutivo (la delibera n. 268 del consiglio comunale reca infatti la medesima data del 02.08.2002 della delibera della giunta di approvazione in linea tecnica del progetto esecutivo).
La riconosciuta fondatezza del vizio di incompetenza è preclusiva dell’esame degli ulteriori motivi dedotti che risultano pertanto assorbiti.
Il ricorso deve dunque essere accolto: le delibere G.M. n. 3116 del 02.08.2002 e n. 3219 del 06.09.2002 devono pertanto essere annullate per incompetenza; parimenti deve essere annullata in via di illegittimità derivata la disposizione del dirigente del servizio tecnico normalità del comune di Napoli prot. n. 10 dell'08.10.2002 (TAR Campania-Napoli, Sez. V, sentenza 21.07.2003 n. 9298 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2002

LAVORI PUBBLICI: L’approvazione dello schema del programma triennale e del suo aggiornamento annuale ben rientra nelle competenze della giunta municipale mentre è competente per l’approvazione definitiva del programma e dell’elenco annuale delle opere da realizzare soltanto il consiglio comunale trattandosi, in ultima analisi, di un atto di programmazione e di indirizzo.
La redazione dello schema del programma triennale e del suo aggiornamento annuale (predisposto sulla base delle proposte, delle informazioni, dei dati e delle esigenze prospettate dal responsabile del procedimento) ha la natura di un atto di impulso e di proposta, destinato proprio a sollecitare la valutazione dell'interesse pubblico concreto ed effettivo al fine di scegliere fra i vari interventi proposti quelli necessari, sotto il profilo dell'opportunità e dell'adeguatezza; si tratta perciò di un mero intendimento unilaterale che, per poter assurgere a programma definitivo di opere da realizzare (non è un caso che la legge preveda espressamente l'approvazione dell'elenco annuale degli interventi da effettuare), deve poter essere sottoposto al giudizio ed al controllo della stessa collettività, finalità che si realizza in modo diffuso attraverso la sua pubblicità mediante affissione nella sede dell'amministrazione (ovvero all'albo pretorio nel caso del Comune) e mediante la predisposizione delle altre forme di pubblicità ritenute adeguate dall'amministrazione stessa.
L'approvazione definitiva del programma dei lavori, unitamente all'elenco annuale, non costituisce, d'altra parte, una mera presa d'atto dello schema originariamente proposto, ma implica da parte dell'organo competente la valutazione delle proposte risultanti dallo schema, previo confronto con le osservazioni eventualmente formulate dagli interessati grazie alla pubblicità dello schema, per giungere quindi alla "giusta" e legittima individuazione e determinazione delle opere da realizzare nell'anno.
Ad avviso della Sezione, con riferimento ad un’amministrazione comunale, l’approvazione dello schema del programma triennale e del suo aggiornamento annuale, quale atto di proposta e di impulso, ben rientra nelle competenze della giunta municipale, ai sensi dell’articolo 48 del D. Lgs. 18.08.2000 n. 267, mentre è competente per l’approvazione definitiva del programma e dell’elenco annuale delle opere da realizzare soltanto il consiglio comunale ai sensi dell’articolo 42 del ricordato decreto legislativo, trattandosi in ultima analisi di un atto di programmazione e di indirizzo.
Peraltro una simile ripartizione di competenze ben si attaglia allo stesso schema procedimentale sopra esaminato, spettando solo all’organo consiliare la valutazione delle proposte operate dalla giunta municipale e delle osservazioni svolte dagli interessati, per giungere alla concreta individuazione dei bisogni della collettività e alla loro corretta soddisfazione, che deve avvenire nella contrapposizione dialettica tra maggioranza e opposizione che solo nella sede consiliare può realizzarsi (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 14.12.2002 n. 6917 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: Oggetto: Interpello ……./2001 Articolo 11, legge 27.07.2000 n. 212. Ministero della Difesa Direzione generale del Demanio e della Difesa (Agenzia delle Entrate, risoluzione 27.03.2002 n. 97/E).
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QUESITO sull’applicazione dell’imposta di bollo dei seguenti documenti in materia di realizzazione opere pubbliche: contratto di appalto ed eventuali atti aggiuntivi; capitolati di oneri e relative tariffe; verbale di concordamento nuovi prezzi; progetti, disegni, computi metrici, relazioni tecniche, planimetrie; piano di sicurezza; tariffe; giornale del direttore dei lavori; verbali di consegna, di sospensione, di ripresa e di ultimazione lavori; verbali di constatazione delle misure, libretto delle misure, note settimanali, registro delle misure, certificati di acconto, conto finale; certificato di collaudo e certificato di regolare esecuzione.

anno 2001

APPALTI FORNITURE E SERVIZI:  1. Bando - Onere di immediata impugnazione - Quando sussiste.
2. - Bando - Mancata tempestiva impugnazione di una clausola che prevede la contaminazione tra fase di qualificazione e fase di valutazione delle offerte - Eccezioni di tardività e inammissibilità del ricorso - Infondatezza.
3. - Servizi - Progettazione - Procedura ex art. 23 D.Lgs 157/1995 - Sommatoria dei punteggi ottenuti in sede di prequalificazione ed in sede di gara vera e propria - Illegittimità.
4. - Servizi - Progettazione - Procedura ex art. 23 D.Lgs 157/1995 - Definizione dei criteri di individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa - Previsioni del D.P.C.M. 27.02.1997 n. 116 - Dubbia compatibilità con il diritto comunitario.
5. - Servizi - Progettazione - Determinazioni dell'Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici - Efficacia - Determinazione n. 6 dell'08.11.1999 dell'Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici - Conferma del principio giuridico ivi affermato.
6. - Servizi - Progettazione - Annullamento del bando nella parte in cui suddivide il concorso in due fasi - Domanda di risarcimento del danno in forma specifica proposta dal ricorrente secondo classificato, ex art. 35 D.Lgs 80/1998, mediante l'accertamento e la dichiarazione del suo diritto all'aggiudicazione della gara d'appalto - Insussistenza.

1. - Il tradizionale principio per cui il bando di gara non è autonomamente lesivo e, quindi, non è impugnabile se non unitamente ai provvedimenti concreti che ne facciano applicazione, soffre di alcune eccezioni, ricorrendo le quali il bando deve essere tempestivamente impugnato.
In particolare, il bando di gara deve essere tempestivamente impugnato qualora:
a) le clausole censurate impediscano la partecipazione alla gara fissando particolari requisiti soggettivi dei concorrenti;
b) le clausole siano ritenute irragionevoli al punto da non consentire la stessa formulazione dell'offerta e, quindi, rendano impossibile quel calcolo di convenienza tecnica ed economica che ogni concorrente deve poter effettuare all'atto in cui decide se partecipare o meno ad una gara;
c) le prescrizioni del bando impongano determinati oneri formali alle imprese partecipanti, a pena di esclusione (es.: esibizione di documenti o certificati);
d) le clausole censurate siano relative al modus operandi fissato per il funzionamento della commissione giudicatrice (es.: operazioni da svolgere in seduta pubblica o segreta).
Più in generale, come anche affermato dalla più recente giurisprudenza (sentenze 2884/2000 e 2990/2000 del Consiglio di Stato), l'immediata impugnazione del bando di gara è subordinata ad un'accurata analisi della singola fattispecie che metta in luce, fra l'altro, i seguenti aspetti:
a) il contenuto della clausola del bando sospetta di illegittimità;
b) il tipo di vizio dedotto dalla parte ricorrente;
c) l'interesse manifestato dall'impresa;
d) l'attitudine della partecipazione alla procedura selettiva a manifestare univocamente l'acquiescenza alle regole della gara;
e) l'influenza della regola fissata dal bando sui comportamenti dei concorrenti e sulla condotta della stazione appaltante;
f) l'incidenza della clausola sullo svolgimento concreto della gara e sui suoi esiti.
2. - L'asserita illegittimità di una clausola del bando di gara nella parte in cui dispone la valutazione dei titoli di ammissione attraverso la scissione della procedura di gara in due fasi distinte, indica una lesione solo potenziale al momento dell'adozione dell'atto che può divenire attuale, eventualmente, all'esito della gara.
Pertanto l'interesse all'impugnazione del bando, in relazione alla suddetta clausola, è strettamente connesso alla non irragionevole possibilità -valutabile solo ex post, all'esito della gara- che il ricorrente, secondo una procedura legittima, avrebbe ottenuto l'affidamento dell'incarico nell'ambito di una selezione incentrata sulla valutazione dell'offerta (II fase), senza rilievo determinante dei requisiti di idoneità soggettiva (I fase).
Ne consegue l'ammissibilità e la tempestività del ricorso ritualmente proposto contro il bando e contro l'atto di affidamento dell'incarico.
3. - E' illegittimo il bando di gara nella parte in cui viene prevista, ai fini della formazione della conclusiva graduatoria dei partecipanti alla selezione, la sommatoria dei punteggi agli stessi attribuiti nella fase di prequalificazione con quelli conseguiti in sede di procedura ristretta vera e propria, in quanto la valutazione del percorso professionale dei concorrenti (compiuta nella prima fase di preselezione), proprio perché preordinata alla qualificazione nell'ambito della gara, non può legittimamente riflettersi anche sull'individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa (effettuata nella seconda fase).
Una volta riconosciuta l'astratta idoneità dei concorrenti che abbiano superato la prima fase di prequalificazione, questi sono posti in posizione di assoluta parità, in applicazione dei principi concorrenziali del diritto comunitario ed il contratto (o il servizio) deve essere affidato al soggetto che presenta l'offerta economicamente migliore, non rilevando il precedente curriculum professionale, salvo l'apprezzamento del merito tecnico, il quale peraltro rappresenta solo uno degli elementi valutabili e non può mai assumere rilievo eccessivo almeno in relazione alle pregresse esperienze professionali dei concorrenti.
4. - Pur se allo stato il contenzioso comunitario non è definito, appare di dubbia compatibilità con il diritto comunitario (come già rilevato dalla Commissione nell'atto del 27.09.1998 che ha avviato una procedura di infrazione contro lo Stato Italiano) la scelta del legislatore interno (D.P.C.M. 27.02.1997 n. 116) di attribuire rilevanza -sia pure parziale- ai fini dell'individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ad elementi già valutati in sede di prequalificazione.
5. - Le determinazioni dell'Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici, di cui all'art. 4 della L. 109/1994, relative all'illegittimità di atti e provvedimenti dell'Amministrazione, non spiegano alcuna efficacia vincolante nei giudizi in corso aventi ad oggetto detti provvedimenti, né determinano sul piano sostanziale un obbligo di adeguamento a carico della stessa Amministrazione, ma costituiscono comunque un contributo utile a delineare alcuni aspetti della questione all'esame dell'organo giurisdizionale.
Va confermato il principio indicato nell'atto di determinazione n. 6 dell'08.11.1999 di separatezza tra la fase della qualificazione e quella di valutazione dell'offerta; principio tanto più valido per la procedura del concorso di progettazione la quale è diretta alla scelta della migliore tra le prestazioni già rese e offerte alla valutazione dell'Amministrazione, anziché all'individuazione del concorrente più idoneo a rendere, alle migliori condizioni, la futura prestazione.
6. - Le clausole del bando di gara concernenti la suddivisione del concorso in due distinte fasi assumono un rilievo essenziale nell'ambito della intera procedura, per cui l'accertamento dell'illegittimità delle suddette clausole non può determinare, in nessun caso, una sorta di integrazione della lex specialis di gara, imponendo invece all'Amministrazione di rivalutare ex novo tutti i presupposti della gara, anche in relazione alla fissazione di nuovi criteri di ammissione e di valutazione delle offerte.
Pertanto, non può trovare accoglimento la domanda di risarcimento in forma specifica prospettata dal secondo classificato, mediante l'accertamento del suo diritto all'aggiudicazione dell'appalto (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.06.2001 n. 3187 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2000

APPALTI FORNITURE E SERVIZIAppalti e forniture - Servizi - Concorso di progettazione - Divieto ex art. 23, IV comma, D.lgs. 157/1995 - Applicabilità - Ambito.
La disposizione di cui all'art. 23, IV comma, del D.lgs. 17.03.1995, n. 157 -secondo la quale l'affidamento della progettazione non è compatibile con l'aggiudicazione, a favore dello stesso affidatario, degli appalti pubblici relativi ai lavori e ai servizi progettati- deve intendersi riferito alla sola ipotesi in cui l'Amministrazione decida di fare ricorso ai concorsi di progettazione previsti e disciplinati dall'art. 26 del citato decreto legislativo al fine di garantire, così, la par condicio dei concorrenti (che risulterebbe violata nel caso in cui alla gara per l'affidamento del servizio potesse partecipare anche il soggetto che aveva precedentemente redatto il progetto ritenuto più meritevole dall'amministrazione appaltante) (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. II, sentenza 27.12.2000 n. 2689).

APPALTI FORNITURE E SERVIZIOfferte anomale ex art. 25 D.lgs. 157/1995 - Giustificazioni verbali - Aggiudicazione - Illegittimità - Giustificazioni scritte - Necessità - Conseguenza - Rinnovo della verifica.
1. - Poiché l'art. 25 del D.lgs. 17.03.1995, n. 157 prevede espressamente che le giustificazioni riguardo alle offerte anomale debbano essere richieste e rese per iscritto, deve ritenersi nullo il provvedimento di aggiudicazione alla ditta che in tale sede abbia espresso meri chiarimenti verbali dovendo, pertanto, essere rinnovato il sub-procedimento per la verifica dell'eventuale anomalia dell'offerta.
_________________
1. - In tema, cfr. TAR Veneto, 02.07.1996, n. 1257 in Rass. TAR, 1996, 3161 e Cons. Stato, sez. V, 26.06.1993, n. 753, in Rass. Cons. Stato, 1993, 702, citate nel testo (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. II, sentenza 27.12.2000 n. 2686).

APPALTI SERVIZI:  1. - Bando di gara per l'affidamento del servizio di tesoreria - Clausola che richiede l'erogazione di contributi e sponsorizzazioni - Contenuto estraneo al servizio - Illegittimità.
2. - Bando - Criteri di valutazione delle offerte - Inscindibilità - Illegittimità di alcuni criteri - Conseguenze - Illegittimità integrale della gara.

1. - Costituisce violazione del principio della par condicio tra le imprese concorrenti l'inserimento, nel bando di gara per l'affidamento del servizio di tesoreria, di clausole concernenti la richiesta di erogazione di contributi e di sponsorizzazioni, attesa l'assoluta estraneità di tali prestazioni rispetto al costo e all'efficienza del servizio.
2. - Posto che i criteri prefissati nel bando di gara per la valutazione delle offerte nonché quelli per la valutazione di elementi aggiuntivi (nella specie consistenti nella disponibilità o meno ad erogare contributi e sponsorizzazioni), costituiscono un corpus unico preordinato a scegliere l'offerta più vantaggiosa, la riconosciuta illegittimità di taluni dei criteri comporta l'annullamento integrale del bando in quanto, diversamente, allorché il giudice eliminasse i soli aspetti ritenuti viziati, risulterebbe arbitrariamente alterata la logica sottesa alla procedura stessa secondo la quale spetta unicamente all'amministrazione, a seguito dell'annullamento degli atti compiuti, porre nuovi criteri, conformi a parametri di legittimità (nella fattispecie è stato precisato che la procedura dovrà essere riaperta dalla fase della presentazione delle domande, limitatamente ai soggetti che erano già stati ammessi a partecipare alla gara stessa).
_________________
1. - In tal senso anche Cons. Stato, sez. V, 20.08.1996, n. 937, in Rass. Cons. Stato, 1996, I, 1181 e TAR Toscana, II sezione, 18.12.1998, n. 1077 in Rass. TAR, 1999, I, 626.
2. - In materia vedi la sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 05.11.1999, n. 1745, in Rass. Cons. Stato, 1999, I, 1915, in motivazione pag. 1917
(massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. II, sentenza 27.10.2000 n. 2215 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIAggiudicazione - Offerta economicamente più vantaggiosa - Identificazione - Valutazioni dell'Amministrazione procedente - Sindacato del G.A. - Merito - Esclusione - Risarcimento del danno - Impossibilità.
1. - In sede di aggiudicazione di un appalto, ai fini dell'identificazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, non è consentito al giudice amministrativo (una volta rilevata la non correttezza della metodologia seguita dall'organo di gara ai fini dell'attribuzione dei citati "punteggio di preferenza" e aver disposto l'annullamento delle operazioni di gara) sindacare nel merito i singoli apprezzamenti effettuati dall'organo di gara -nella specie, l'attribuzione dei punteggi nel cd. "confronto a coppie"- né rinnovarne così la valutazione; sarà l'Amministrazione interessata che dovrà procedere alla rinnovazione della procedura di selezione dei partecipanti (con il carattere vincolante conseguente alla valenza "conformativa" insita nella pronuncia di legittimità accanto al suo contenuto più propriamente "demolitorio") e la complessiva graduazione delle offerte, in difetto della quale (e, quindi, della attuale individuabilità dell'offerta concretamente "preferibile" ai fini dell'aggiudicazione dell'appalto in questione) non è possibile, allo stato, procedere alla positiva disamina della formulata istanza di risarcimento del danno.
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1. - In merito al criterio del "confronto a coppie" cfr. TAR Veneto, sez. I, 21.10.1997, n. 1480, in Rass. TAR, 1997, 4384 (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. II, sentenza 25.10.2000 n. 2185 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZIGara - Termine per la presentazione delle domande di partecipazione - Natura decadenziale - Termine di ricezione e non di spedizione - Art. 10 del d.lgs n. 157 del 1995.
Il termine fissato per la presentazione delle domande di partecipazione a una gara pubblica ha natura decadenziale, anche in caso di assenza di espressa comminatoria, a garanzia della par condicio e della trasparenza dell'azione amministrativa.
E' legittima quindi l'esclusione da una gara ove la domanda sia pervenuta, tramite raccomandata espresso, alla sede della stazione appaltante con il ritardo di un giorno; il fatto che nel bando sia stato previsto come unico mezzo quello della raccomandata espresso e che il plico sia stato consegnato alle poste sette giorni prima della data di scadenza non induce a diverse conclusioni (anche in relazione all'art. 10 del d.lgs n. 157 del 1995 che prevede un "termine di ricezione" e non di spedizione), salva comunque l'attivazione, nelle sedi competenti, delle forme di responsabilità del servizio postale in ipotesi di colpevole ritardo (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. I, sentenza 02.10.2000 n. 2045 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI FORNITURE1. - Bando - Adempimenti formali - Indagine sulle finalità - Inammissibilità.
2. - Risarcimento del danno - Liquidazione - Criteri - Art. 345 della L. n. 2248 del 1865 All. F.

1. - Una volta che una determinata clausola o prescrizione sia inserita nella lettera d'invito, l'Amministrazione non può esimersi dal rispettarla, né può modificarla nel corso della gara stessa successivamente alla presentazione delle offerte.
Pertanto nel caso in cui nella lettera d'invito si richiedano adempimenti formali, pena in contrario l'inammissibilità dell'offerta, non appare possibile, attraverso un'indagine sulla finalità di detti adempimenti, accertare se l'ottemperanza a questi ultimi sia o meno essenziale per il corretto svolgimento della gara; infatti il giudizio sull'essenzialità ed inderogabilità delle modalità di presentazione è già stato effettuato a priori dalla stessa p.a. nel momento in cui predispone la disciplina di gara.
2. - Ritenuto ininfluente in relazione al petitum sostanziale il formale annullamento degli atti impugnati (non essendo state contestate nella fattispecie le scelte e le valutazione tecniche operate dalla commissione bensì l'attività pregressa finalizzata all'ammissione dei plichi pervenuti e nella ragionevole previsione che la fornitura sia stata ormai eseguita), il risarcimento dei danni per l'illegittima conduzione della gara, richiesto e dovuto ai sensi dell'art. 35 del d.lgs del 1998, è liquidato facendo riferimento per la sua concreta quatificazione all'art. 345 della legge generale sui lavori pubblici (n. 2248 del 1865, All. F) e cioè nella misura di un decimo del valore dell'appalto negli importi quantificati per i singoli lotti al momento della relativa aggiudicazione (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. I, sentenza 02.10.2000 n. 2041 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI - ATTI AMMINISTRATIVIAtto amministrativo - Vizi - Incompetenza - Atto vincolato - Irrilevanza - In tema di appalto.
L'incompetenza deve configurarsi come vizio rilevante solo a carico dei provvedimenti di natura discrezionale, la cui rimeditazione da parte di autorità differente potrebbe legittimamente condurre a differenti determinazioni, non così per gli atti il cui contenuto risulti vincolato, per effetto della legge o di pronunzia giurisdizionale che essa espliciti.
Deve ritenersi pertanto legittimo il provvedimento di esclusione dell'offerta adottato in una procedura di appalto dal Dirigente (il quale ha altresì presieduto la commissione di gara) anziché dalla Giunta -come invece previsto dall'art. 30 del regolamento comunale sui contratti- ove, verificata in sede giurisdizionale la legittimità della procedura selettiva sotto il profilo del rispetto delle norme che ne regolano i meccanismi, la verifica in sede amministrativa (cui assolve l'atto di approvazione) non potrebbe avere alla luce della legge esito differente se ad essa procedesse un diverso organo dell'Ente o diversa autorità a ciò preposta dall'ordinamento (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. II, sentenza 20.07.2000 n. 1731 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI1. - Concorso di progettazione - Procedura ristretta ex D.Lgs. 157/1995 - Criteri - Sommatoria dei punteggi ottenuti in sede di prequalificazione ed in sede di gara vera e propria - Illegittimità.
2. - Servizi - Concorso di progettazione - D.Lgs. 157/1995 - Criteri - Principio generale di netta separazione tra fase di qualificazione e fase di valutazione delle offerte - Sussistenza.
3. - Processo amministrativo - Impugnazione - Interesse - Appalti e forniture - Servizi - Bando - Dies a quo - Individuazione.
4. - Risarcimento del danno - Annullamento giurisdizionale della lex specialis, "in parte qua", e della conseguente aggiudicazione - Accoglimento della domanda di risarcimento del danno in forma specifica proposta dal ricorrente secondo classificato, ex art. 35 D.Lgs. 80/1998 - Accertamento e dichiarazione del diritto del ricorrente all'aggiudicazione della gara d'appalto - Sussistenza.

1. - E' illegittimo il bando di gara nella parte in cui viene prevista, ai fini della formazione della conclusiva graduatoria dei partecipanti alla selezione, la sommatoria dei punteggi agli stessi attribuiti sia nella fase di prequalificazione, che in sede di valutazione comparativa dei progetti esaminati.
2. - All'interno del sistema delineato dal D.Lgs 157/1995 è chiaramente individuabile un principio di netta separazione fra la fase della qualificazione (disciplinata quanto ai relativi requisiti, dagli artt. 12-17) e quella della valutazione dell'offerta (in ordine alla quale gli elementi rilevanti vengono individuati dall'art. 23).
3. - L'interesse all'impugnazione del bando di gara, nella parte in cui prevede, ai fini della formazione della conclusiva graduatoria dei partecipanti alla selezione, la sommatoria dei punteggi da ciascuno di essi conseguiti nella fase di prequalificazione e nella fase di gara vera e propria, assume il necessario carattere di concretezza ed attualità solo al momento ed in conseguenza dell'approvazione della conclusiva graduatoria e dell'accessiva aggiudicazione, atteso che la valenza pregiudizievole di tale disposizione della "lex specialis" della gara, è venuta ad emersione in conseguenza e per l'effetto dell'attribuzione (operata nei confronti del controinteressato raggruppamento) di un punteggio complessivo che ha a quest'ultimo consentito di conseguire un poziore collocamento nella conclusiva graduatoria.
4. - Per effetto dell'annullamento del bando di gara "in parte qua" (ovvero, nella specie, limitatamente alla previsione, in esso contenuta, della sommatoria dei punteggi conseguiti dai partecipanti alla selezione ai fini della formazione della graduatoria finale) e del conclusivo provvedimento di aggiudicazione, è accoglibile la domanda di risarcimento in forma specifica, svolta ai sensi dell'art. 35 D.Lgs 80/1998 (nel caso di specie, il giudice amministrativo ha accertato e dichiarato il diritto del ricorrente all'aggiudicazione della gara d'appalto, in ragione del maggior punteggio da questi conseguito in sede di valutazione delle soluzioni progettuali presentate).
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1. - 2. - Con espresso riferimento al caso di specie, si vedano altresì le seguenti determinazioni dell'Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici: n. 9/99 dell'08.11.1999 (in G.U. 107 del 10.05.2000) e n. 17/2000 dell'05.04.2000 (in G.U. 120 del 25.05.2000) (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. II, sentenza 12.07.2000 n. 1640 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. - Contratti - Concessione - Gestione di teatro comunale - Attinenza ad un bene pubblico - Convenzione - Disciplina degli obblighi e delle condizioni per l'esercizio dell'attività.
2. - Contratti - Concessione - Rinnovo condizionato - Atto unilaterale della p.a. - Accordo dei contraenti in ordine alle condizioni essenziali - Necessità.
3. - Contratti - Concessione condizionata - Interruzione delle trattative da parte della p.a. - Interesse del privato - Sussistenza - Tutelabilità davanti al G.A.
4. - Contratti - Concessione - Rinnovo - Modifiche alla convenzione - Richiesta del concessionario - Mancato perfezionamento di un elemento essenziale del contratto - Conclusione delle trattative - Esclusione.
5. - Atto amministrativo - Comunicazione di avvio del procedimento - Contratti - Partecipazione del privato alla trattativa - Non occorre.

1. - Il rapporto che ha per oggetto la concessione ad un privato della gestione di un teatro comunale deve qualificarsi come concessione che attiene ad un bene pubblico e all'attività riferibile all'ente locale; alla concessione accede la convenzione che disciplina gli obblighi e le condizioni per l'esercizio dell'attività.
2. - Nel caso che l'Amministrazione deliberi di procedere al rinnovo della concessione anche per l'anno successivo "alle stesse condizioni, con i medesimi prezzi e medesimi patti", tale provvedimento costituisce un atto unilaterale della P.A. ed il rinnovo deve considerarsi subordinato al raggiungimento dell'accordo tra i contraenti in ordine a dette condizioni essenziali, tra cui anche la definizione del programma della stagione teatrale.
3. - Nell'ambito del sistema della concessione-convenzione e dello specifico strumento della concessione condizionata, deve ritenersi sussistente l'interesse del privato, tutelabile dinanzi al Giudice Amministrativo, a sentire accertare la legittimità dell'atto con cui l'Amministrazione comunale dichiara interrotte le trattative e delibera di iniziare nuove trattative con soggetti diversi.
4. - La richiesta del concessionario della gestione del teatro di stralciare dalla bozza di convenzione predisposta dal Comune alcune previsioni relative al piano finanziario dell'attività e dal programma della stagione, senza fare proposte concrete in vista del raggiungimento dell'accordo, impedisce -per libera scelta dello stesso concessionario- il perfezionarsi di uno degli elementi essenziali dello stipulando contratto (art. 1325 C. civ.) e comporta che le trattative non possano ritenersi concluse.
5. - Non sussiste l'obbligo di informare il privato dell'avvio di un procedimento che si conclude con l'atto che dichiara terminata la trattativa con il privato stesso, qualora quest'ultimo abbia attivamente partecipato alla trattativa (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. I, sentenza 11.07.2000 n. 1615 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICIImpugnazione - Decorrenza del termine - Opere pubbliche - Approvazione progetto - Persone direttamente contemplate - Dies a quo - Notificazione - Soggetti non destinatari del provvedimento - Decorrenza dalla pubblicazione.
1. - Il termine per impugnare la delibera di approvazione di un progetto di opera pubblica decorre per le persone direttamente interessate dal procedimento di espropriazione dal momento della notifica dell'atto, mentre nei confronti di tutti gli "altri soggetti" -ossia per quelli che non sono destinatari del provvedimento e per i quali, conseguentemente, non occorra la comunicazione individuale del medesimo- il termine per la proposizione del ricorso decorre dalla pubblicazione dell'atto, a condizione che questa sia espressamente prevista ed avvenga nei modi indicati (nella fattispecie mediante affissione all'albo pretorio).
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1. - Conforme Tar Toscana II Sez. 14.02.2000 n. 174 (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. II, sentenza 23.05.2000 n. 943 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI1. - Risarcimento del danno - Illegittimità dell'aggiudicazione per contraddittorietà ed ingiustizia e disparità di trattamento - Colpa della P.A. - Sussistenza.
2. - Risarcimento del danno - Esclusione illegittima - Mancata aggiudicazione - Risarcimento automatico - Impossibilità - Onere della prova - Contenuto.
3. - Risarcimento del danno - Esclusione illegittima - Criterio ex art. 345 L. 20.3.1865 n. 2248 all. F - Impossibilità.
4. - Lavori - Risarcimento del danno - Esclusione illegittima - Perdita di chance - Determinazione - Criteri.
5. - Risarcimento del danno - Esclusione illegittima - Perdita di chance - Liquidazione del danno - Metodo - Prova del danno - Criterio.
6. - Risarcimento del danno - Esclusione illegittima - Responsabilità precontrattuale - Risarcibilità dell'interesse negativo - Criterio.
7. - Processo amministrativo - Risarcimento del danno - Domanda (solo) per mancata aggiudicazione - Interpretazione da parte del giudice come domanda di risarcimento per perdita di chance - Impossibilità - Ragioni - Risarcimento per responsabilità precontrattuale - Impossibilità per le stesse ragioni.
8. - Lavori - Risarcimento del danno - Prescrizione - Decorrenza del termine.

1. - Nel caso di accertata illegittimità dell'aggiudicazione dell'appalto (con sentenza passata in giudicato), su impugnativa di un concorrente escluso, per "contradddittorietà ed ingiustizia" e per "disparità di trattamento" devono ravvisarsi sussistenti i profili di colpa della P.A. giustificativi dell'imputabilità ad essa dell'evento dannoso, ritenendosi violate le regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione alle quali l'esercizio della funzione pubblica deve ispirarsi.
2. - La concorrente illegittimamente esclusa da una gara per l'aggiudicazione di un contratto della P.A., ai fini dell'accoglimento della domanda di risarcimento del danno per mancata aggiudicazione, deve provare il proprio "diritto all'aggiudicazione" ossia la sicura aggiudicabilità dell'appalto in suo favore e la diminuzione dell'integrità patrimoniale subita per effetto degli atti illegittimamente posti in essere dalla P.A., non conseguendo questo automaticamente dall'accoglimento del ricorso proposto avverso l'esclusione riconosciuta illegittima.
3. - Ai fini della quantificazione del risarcimento, nell'ipotesi di concorrente illegittimamente esclusa da una gara per l'aggiudicazione di un contratto della P.A., non può invocarsi la disposizione di cui all'art. 345 della l. 20.03.1865, n. 2248, all. F (che, nel dare atto della facoltà della P.A. "di risolvere in qualunque tempo il contratto", ricongiunge l'esercizio di tale potere "al pagamento dei lavori eseguito e del valore dei materiali utili esistenti in cantiere, oltre al decimo dell'importare delle opere non eseguite") che presuppone un illegittimo esercizio del potere di revoca del bando di gara che, intervenuto successivamente all'aggiudicazione della gara, si riveli assimilabile ad un atto di "recesso".
4. - Nell'ipotesi di concorrente illegittimamente escluso da una gara per l'aggiudicazione di un contratto della P.A., il risarcimento del danno (che non possa essere integrato dal danno per la mancata aggiudicazione, nella specie per difetto di prova del "diritto all'aggiudicazione") può configurarsi in relazione alla c.d. "perdita di chance", riferita alla possibilità di conseguire un risultato utile (chance), la cui risarcibilità è conseguenza del verificarsi di un danno emergente da perdita di possibilità attuale e non di un futuro risultato utile.
5. - Il danno da "perdita di chance" va liquidato assumendo come parametro di valutazione l'utile economico complessivamente realizzabile dal danneggiato, diminuito di un coefficiente di riduzione proporzionato al grado di possibilità di conseguirlo; ovvero, ove tale metodologia risulti di difficilmente applicazione, con ricorso al criterio equitativo ex art. 1226 c.c..
Al fine di ottenere il risarcimento per perdita di una chance, è necessario che il danneggiato dimostri (anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate) la sussistenza di un valido nesso causale tra il danno e la ragionevole probabilità della verificazione futura del danno e provi quindi la realizzazione in concreto almeno di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta.
6. - La responsabilità precontrattuale viene in considerazione laddove sia dimostrata l'esistenza di una perdita patrimonialmente rilevante connessa alle spese incontrate per prendere parte ad una gara per l'aggiudicazione di un contratto di appalto, aggiudicazione alla quale la parte non abbia potuto concretamente essere posta in condizione di aspirare per fatto imputabile a comportamento dalla P.A. assunto in violazione degli obblighi di affidamento ex art. 1337 c.c..
In caso di lesione dell'interesse giuridico al corretto svolgimento delle trattative, il danno risarcibile (liquidabile anche in via equitativa) si sostanzia unicamente nelle perdite derivate dall'aver fatto affidamento nella conclusione del contratto e nei mancati guadagni verificatisi in conseguenza delle altre occasioni contrattuali perdute
7. - In presenza di una domanda di parte concernente il (solo) danno da mancata aggiudicazione, non è dato al Giudice operare una "modificazione" (quasi a realizzare una "mutatio", o, quantomeno, una "emendatio libelli" d'ufficio) dell'originaria pretesa, ammettendo a delibazione (e, nel caso di dimostrata fondatezza della domanda, a risarcimento) l'inammissibile tipologia di illecito riveniente dalla perdita di chance.
Infatti, la pretesa dedotta, presupponendo la certezza dell'esito favorevole della procedura, non è in alcun modo assimilabile alla diversa domanda con la quale, in relazione alla mera probabilità di esito favorevole della selezione, venga invocato il risarcimento del pregiudizio da perdita di chance.
Le medesime considerazioni precludono la delibabilità della proposta pretesa risarcitoria sotto profilo -pur astrattamente ipotizzabile- del risarcimento per culpa in contrahendo (c.d. responsabilità precontrattuale), costituito dalle spese inutilmente effettuate in vista della conclusione del contratto, sia dalla perdita di ulteriori occasioni contrattuali, ugualmente o maggiormente vantaggiose.
8. - Il termine prescrizionale per l'esercizio della pretesa risarcitoria del concorrente escluso da una gara d'appalto decorre dal passaggio in giudicato della decisione giurisdizionale di illegittimità delle determinazioni con le quali l'Amministrazione ha disposto l'aggiudicazione dell'appalto (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. II, sentenza 13.04.2000 n. 660 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Una condanna per il reato previsto dall’art. 25 del D.P.R. n. 915/1982, recante sanzioni per l’attività di smaltimento di rifiuti tossici e nocivi svolta in violazione delle norme poste dettate dallo stesso decreto in attuazione delle direttive CEE n. 75/422, n. 76/403 e n. 78/319, incide sulla moralità professionale ed è causa di esclusione.
Secondo l’art. 11, lett. b), del D.Lgs. n. 358/1992, le cui norme trovano applicazione anche in materia di appalti di servizi per il richiamo operato dall’art. 12 del D. Lgs. 157/1995, “sono esclusi dalla partecipazione alla gara i fornitori…nei cui confronti sia stata pronunciata una condanna, con sentenza passata in giudicato, per qualsiasi reato che incida sulla loro moralità professionale o per delitti finanziari”.
La norma citata nega, in sostanza, la capacità di assumere la gestione del servizio di smaltimento a chi abbia tenuto comportamenti puniti con sanzione penale e lesivi di regole che disciplinano l’esercizio di tale specifica attività.
Il sig. ... si trovava in questa situazione, giacché, come risulta dal certificato del casellario giudiziale presentato a suo tempo all’amministrazione comunale, aveva subìto una condanna per il reato previsto dall’art. 25 del D.P.R. n. 915/1982, recante sanzioni per l’attività di smaltimento di rifiuti tossici e nocivi svolta in violazione delle norme poste dettate dallo stesso decreto in attuazione delle direttive CEE n. 75/422, n. 76/403 e n. 78/319.
Nell’appello si replica che, in considerazione della levità della pena inflitta, la condanna sarebbe “certamente inidonea a ledere gravemente la moralità professionale della ditta nello svolgimento dei lavori cui risulta abilitata”.
L’obiezione muove da un equivoco, poiché nel citato art. 11, lett. b, nulla lascia intendere che si sia inteso dare rilievo all’entità della pena o che debba risultarne “gravemente” lesa la moralità professionale. Al contrario, la formulazione della norma, che collega l’esclusione alla generalità delle trasgressioni (“ogni reato”) in materia di attività di smaltimento dei rifiuti, a differenza di quelle inerenti alla materia finanziaria (“delitti”), indica che nella considerazione del legislatore è qualificante non la gravità della sanzione, ma la natura del reato sotto l’aspetto sostanziale.
In sostanza, si è voluto evitare l’affidamento del servizio a coloro che abbiano commesso reati lesivi degli stessi interessi collettivi che, nella veste di aggiudicatari, sarebbero chiamati a tutelare. Pertanto, con ragione la società appellata ritiene che l’indicato precedente penale fosse ostativo dell’ammissione della ditta ... alla licitazione privata (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.03.2000 n. 1770 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI1. - Processo amministrativo - Impugnabilità dell'atto - Aggiudicazione - Aggiudicazione provvisoria - Consegna e svolgimento del servizio - Immediata lesività - Impugnabilità.
2. - Gara - Certificato di qualità - Criteri di attribuzione del punteggio - Determinazione prima della conoscenza dell'offerta - Necessità.

1. - E' suscettibile di impugnazione immediata l'aggiudicazione provvisoria di una gara per l'affidamento di un appalto -indipendentemente dall'esistenza o meno di un vero e proprio provvedimento di approvazione della stazione appaltante- in caso di consegna e svolgimento del servizio e stipulazione del contratto, atteso che l'immediata attività esecutiva posta in essere dall'Amministrazione la rende idonea a ledere immediatamente la sfera giuridica dei terzi.
2. - Incorre nella violazione del principio generale della predeterminazione dei criteri di valutazione delle offerte, l'Amministrazione che non esplicita puntualmente i criteri di attribuzione del punteggio concernente il certificato di qualità della ditta invitata alla gara prima dell'apertura della busta contenente l'offerta economica e la relazione progettuale e cioè, in sostanza, prima di conoscere tutti i dati dell'offerta (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. II, sentenza 15.03.2000 n. 450 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIAppalto concorso - Rinnovazione della gara - Precedente aggiudicataria non invitata - Intervenuta esecuzione dei lavori da parte di altra ditta aggiudicataria - Carenza d’interesse.
Deve ritenersi inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso proposto, avverso la delibera di rinnovo della procedura di appalto concorso, dalla precedente ditta aggiudicataria non invitata dato che, essendo l’appalto in questione già stato eseguito da altra ditta aggiudicataria, non è ravvisabile un interesse di carattere sostanziale allo svolgimento dei lavori o di carattere strumentale alla ripetizione della gara né, tantomeno, un interesse di natura morale - ideale all’annullamento dell’atto impugnato (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. I, sentenza 23.02.2000 n. 328 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. - Appalto concorso - Aggiudicazione - Revoca - Rinnovazione - Precedente aggiudicataria non invitata - Intervenuta esecuzione dei lavori da parte di altra ditta aggiudicataria - Interesse morale - Sussiste.
2. - Capitolato programma – Eventuale contenuto vessatorio - Interpretazione - Criterio.

1. - Ancorché sia già intervenuta l’esecuzione dell’appalto da parte di altra ditta risultata aggiudicataria nella procedura rinnovata, ben può la precedente ditta aggiudicataria ricorrere avverso la delibera di revoca dell’aggiudicazione in quanto è innegabile la persistenza (oltre che dell’interesse materiale alla restituzione della cauzione incamerata) di un interesse "morale" alla definizione della causa, anche sotto l’aspetto della tutela dell’"immagine" della ditta, atteso che il provvedimento chiaramente preludeva a possibili misure sanzionatorie (eventuale perdita dei requisiti per l’iscrizione all’Albo Nazionale Costruttori).
2. - Poiché nell’interpretazione dell’atto amministrativo si deve privilegiare quella che ne consenta il riconoscimento di legittimità, ne deriva che le disposizioni del capitolato di programma che prevedano la possibilità di modifiche progettuali e conseguenti maggiori oneri a carico dell’aggiudicataria, devono intendersi riferite ad ipotesi di accorgimenti tecnici e di modifiche compatibili col progetto originario (e non a varianti sostanziali o rilevanti) oppure a variazioni concordate ed accettate o, al limite, a modifiche che risultino necessarie in sede esecutiva; ciò per evitare di avallare la prospettazione di un Capitolato d’appalto illegittimo e vessatorio che, costringendo la parte privata a subire qualsiasi richiesta modificativa dell’Amministrazione senza avere la possibilità di concordare il relativo corrispettivo o di ritirare l’offerta, incorrerebbe nella violazione del principio di libertà contrattuale nonché delle caratteristiche di corrispettività e commutatività del contratto di appalto (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. I, sentenza 23.02.2000 n. 327 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICIComunicazione di avvio del procedimento - Dichiarazione di pubblica utilità implicita nell’approvazione del progetto - Occorre comunicazione.
1. - Incorre nella violazione dell'art. 7 della L. 241/1990 il Comune che, in caso di approvazione di un progetto che equivale a dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza ed indifferibilità dell’opera ai sensi dell’art. 1, I comma, della L. 1/1978, omette di comunicare agli interessati espropriandi l’avvio del procedimento; data l’idoneità della dichiarazione di pubblica utilità ad incidere direttamente sulla sfera giuridica del destinatario determinandone la lesione immediata, deve essere assicurato il contraddittorio con gli interessati fin dal momento in cui la pubblica amministrazione si determina alla realizzazione di un’opera pubblica e quindi prima della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e dell’approvazione del progetto (tanto più quando la previsione e la localizzazione dell’opera pubblica è contestuale al progetto medesimo).
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1. - Cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 15.09.1999 n. 14 in Rass. Cons. Stato 1999, pag. 1297 (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. I, sentenza 23.02.2000 n. 319 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIAggiudicazione con il criterio del prezzo più basso da indicare in percentuale - Indicazione in valore assoluto invece che in percentuale - Mera irregolarità.
Il mancato rispetto della clausola del bando che richiede l’espressa indicazione del ribasso in percentuale, ancorché prescritta a pena di esclusione, costituisce mera irregolarità, allorché il ribasso sia stato indicato nel suo preciso ammontare (ancorché non percentualmente espresso), emergendo comunque il dato richiesto da un semplice calcolo matematico e quindi perfettamente conoscibile e percepibile dall’Amministrazione e dovendosi interpretare il bando secondo il comune canone di ragionevolezza, con esclusione di valutazioni formalistiche che non rispondano ad alcun interesse pubblico, né all’esigenza di garantire la par condicio (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. II, sentenza 15.02.2000 n. 185 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICIProcesso amministrativo - Impugnazione - Decorrenza del termine - Opere pubbliche - Approvazione progetto - Persone direttamente contemplate - Dies a quo - Notificazione - Soggetti non destinatari del provvedimento - Decorrenza dalla pubblicazione.
Il termine per impugnare la delibera di approvazione di un progetto di opera pubblica decorre per le persone direttamente interessate dal procedimento di espropriazione dal momento della notifica dell'atto, mentre nei confronti di tutti gli "altri soggetti" -ossia per quelli che non sono destinatari del provvedimento e per i quali, conseguentemente, non occorra la comunicazione individuale del medesimo- il termine per la proposizione del ricorso decorre dalla pubblicazione dell'atto, a condizione che questa sia espressamente prevista ed avvenga nei modi indicati (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. II, sentenza 14.02.2000 n. 174 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI1. - Offerta con costo orario della manodopera inferiore ai minimi salariali - Aggiudicazione - Illegittimità - Ragioni.
2. - Risarcimento danni - Utilità ancora astrattamente conseguibile – Esclusione.

1. - E’ illegittima l’aggiudicazione, a seguito di licitazione privata per affidamento di servizi di pulizia di immobili comunali, alla ditta che abbia presentato un’offerta evidenziante un costo orario della manodopera inferiore ai minimi salariali fissati dalla contrattazione collettiva.
Costituiscono, infatti, norme inderogabili quelle poste da leggi o da contratti collettivi in materia di minimi retributivi, nonché in materia di obblighi previdenziali ed assistenziali, con la conseguenza che la violazione di tali disposizioni ha rilevanza diretta sui contratti di appalto pubblici, non solo in forza di clausole specifiche delle norme di gara, ma anche della normativa di settore; inoltre il carattere inderogabile della normativa in questione rileva anche con riferimento alle prescrizioni sulle offerte anormalmente basse, dalle cui giustificazioni sono esclusi elementi i cui valori minimi sono stabiliti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, ovvero i cui valori risultano da atti ufficiali.
2. - E’ esclusa la risarcibilità del danno quando l’utilità materiale perseguita (nella specie: aggiudicazione della gara e svolgimento del servizio) è tuttora astrattamente suscettibile di conseguimento in relazione all’adozione da parte dell’Amministrazione di eventuali successive effusioni provvedimentali conseguenti alla pronuncia giurisdizionale di annullamento degli atti della procedura di gara (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. II, sentenza 14.02.2000 n. 173 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI:  Contratti – Gara per l’acquisto di proprietà immobiliare - Aggiudicazione – Rinuncia – Aggiudicazione alla seconda migliore offerta - Diniego - Nuova procedura di gara – Legittimità.
In caso di rinuncia da parte dell’aggiudicatario originario è legittimo il provvedimento con il quale la P.A., avvalendosi dei suoi poteri discrezionali, decide di non procedere all’aggiudicazione alla seconda migliore offerta e di indire una nuova gara, piuttosto che procedere allo scorrimento della graduatoria, previsto espressamente come semplice facoltà dal bando (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. III, sentenza 11.02.2000 n. 160 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

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