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approfondimenti vedi anche:
A.N.AC. (già Autorità Vigilanza Contratti Pubblici)
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Partenariato Pubblico Privato - MEF/RGS
* * *
A.N.AC. (massimario
dell'Autorità) - A.N.AC. (massimario
di giurisprudenza) |
anno 2010 |
|
dicembre 2010 |
|
APPALTI:
Sul c.d. potere di
soccorso della stazione appaltante ai fini
della verifica della completezza della
documentazione.
Nel rispetto della efficienza e della
economicità dell'azione amministrativa,
sussiste il cd. potere di soccorso della
stazione appaltante nei confronti delle
offerte non conformi alla "lex specialis"
della gara, vale a dire di domandare
chiarimenti in ordine alla dichiarazione
presentata, ove sia del tutto evidente la
sua mera erroneità materiale ed il possesso
del requisito sia comunque individuabile
dagli atti depositati e occorra soltanto un
chiarimento ovvero un aggiornamento
(Consiglio Stato, sez. I, 18.03.2009, n.
701).
Pertanto, la fase di prequalifica non
consuma il potere della p.a. di valutare
anche in sede di gara la sussistenza dei
requisiti di partecipazione, anche alla luce
di eventuali sopravvenienze, sicché è
indubitabile che la documentazione in
origine acquisita non possa non essere
utilizzata anche nella fase successiva ai
fini della verifica della completezza della
documentazione (TAR Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 31.12.2010 n. 39288 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità della
clausola di un bando che prescriva, a pena
di esclusione, la mancanza di situazioni di
collegamento o di controllo tra imprese.
Una stazione appaltante può introdurre nella
lex specialis di gara clausole
escludenti relative ad altri fatti e
situazioni che, pur non integrando gli
estremi del collegamento o controllo
societario civilistico in senso stretto,
siano tuttavia idonei ad alterare la serietà
ed indipendenza delle offerte.
Tale orientamento è stato confermato anche
alla luce di una recente pronuncia della
Corte di Giustizia, secondo cui, rapporti
fra imprese partecipanti alla stessa gara
d'appalto possono condizionare i rispettivi
comportamenti e distoglierle da quel
rapporto squisitamente concorrenziale che
costituisce la stessa ragion d'essere delle
procedure di gara.
Prevale, quindi, l'esigenza di assicurare
l'effettiva ed efficace tutela della
regolarità della gara e, in particolare, la
par condicio fra tutti i concorrenti, nonché
la serietà e compiutezza delle offerte, e si
deve evitare che, attraverso meccanismi di
influenza societari, pur non integranti
collegamenti o controlli di cui all'art.
2359 cod. civ., venga alterata la
competizione, a discapito dell'interesse
pubblico alla scelta del giusto contraente
(TAR Lazio, Sez. III,
sentenza 30.12.2010 n. 39154 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Informativa antimafia -
Risultanze istruttorie a monte - Differenza
- Limitazioni all’accesso.
Ai fini dell’accesso, l’’informativa
antimafia, generalmente consistente nella
mera formula rituale con la quale il
Prefetto, sulla base delle risultanze in suo
possesso, afferma la sussistenza di elementi
interdittivi a carico dell'impresa, atto per
sua natura pienamente ostensibile, va
distinta dalle risultanze istruttorie "a
monte", cui ha attinto l'Autorità
prefettizia per pervenire al giudizio
sfavorevole formulato a carico dell'impresa
medesima, laddove l'accesso va
effettivamente escluso per tutte le parti
della documentazione in possesso
dell'Amministrazione coperte da segreto
istruttorio, in quanto afferenti a indagini
preliminari o procedimenti penali in corso,
o in quanto coinvolgenti, a qualunque
titolo, terzi soggetti interessati dalle
informative di polizia di sicurezza; ovvero,
ancora, adducendo specifici motivi ostativi
riconducibili ad imprescindibili esigenze di
tutela di accertamenti di polizia di
sicurezza e di contrasto alla delinquenza
organizzata (TAR Campania, Salerno, sentenza
n. 818/2007) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. I,
sentenza 30.12.2010 n. 14413 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Avvalimento:
caratteristiche generali.
Con due pronunce consecutive (CdS, Sez. VI,
sent. 29.12.2010 n. 9576 e CdS, Sez. VI,
sentenza 29.12.2010 n. 9577), il Consiglio
di Stato ha espresso importanti principi
riguardo l’istituto dell’avvalimento,
proseguendo a definirne progressivamente le
caratteristiche generali.
In un primo momento, infatti, con la
sentenza 29.12.2010 n. 9576, è
stato ribadito che l’avvalimento è un
istituto di carattere generale, che ha come
finalità precipua quella di consentire la
massima partecipazione possibile alle gare
ad evidenza pubblica.
Tale caratteristica ne consente
l’applicabilità anche in settori produttivi
con specifiche peculiarità.
È stato infatti sostenuto che “Attesa la
portata generale dell’istituto, e in assenza
di una espressa previsione derogatoria, non
vi sono ragioni per ritenere che l’avvalimento
non trovi applicazione per la sola ragione
che la gara in oggetto abbia ad oggetto
prestazioni (la fornitura di aiuti
alimentari) che interessano il settore
dell’agricoltura. Si tratta, invero, sempre
di una gara, che quindi soggiace ai principi
generali desumibili dalla normativa
comunitaria, tra i quali anche il principio
dell’avvalimento. Né, del resto, nell’ambito
del settore agricolo, emergono peculiarità
tali da giustificare una deroga così visto
ai principi comunitari.”
Con la seconda pronuncia,
sentenza 29.12.2010 n. 9577, i
giudici amministrativi ribadiscono quanto da
ultimo affermato a proposito della
generalità dell’istituto e, oltre a dettare
interessanti principi in materia di
subappalto, di potere di soccorso della
stazione appaltante e di continuità delle
operazioni di gara, chiariscono che l’avvalimento,
applicabile anche ai settori speciali in
virtù del rinvio operato dall’art. 233,
comma 6, del D.lgs. 163/2006, nei limiti
della compatibilità, non può essere
sottoposto ad una legge di gara che ne fissi
una disciplina più rigorosa.
Infatti, il riferimento al criterio della
compatibilità, intende evitare che ai
settori speciali siano estese norme di
eccessivo rigore, incompatibili con il
dettato comunitario.
Altra questione affrontata dai giudici
attiene alle dichiarazioni da rendere in
caso di collegamento tra le imprese e
nell’ipotesi di impresa ausiliaria estera.
Sul primo punto è stato ribadito che “Quanto
alla dichiarazione formale che deve rendere
l’impresa ausiliaria ai sensi dell’art. 49,
comma 2, lett. e), del Codice dei contratti
pubblici, di non trovarsi in una situazione
di controllo "con una delle altre imprese
che partecipano alla gara", essa va
correttamente interpretata alla luce delle
direttive comunitarie secondo cui l’avvalimento
è ammesso a prescindere dalla natura
giuridica dei legami tra impresa ausiliaria
e impresa ausiliata. Pertanto, un eventuale
rapporto di controllo tra ausiliaria e
ausiliata è giuridicamente irrilevante e non
deve essere dichiarato. Lo stesso è a dirsi
nel caso in cui il rapporto di controllo non
si ponga tra ausiliaria e ausiliata, ma tra
ausiliaria e altra impresa dello stesso
raggruppamento dell’ausiliata. Infatti in
tal caso più imprese dello stesso
raggruppamento costituiscono un medesimo
concorrente, e sono irrilevanti i rapporti
interni di controllo riferiti al medesimo
concorrente.”
Infine, con riferimento al caso dell’impresa
ausiliaria estera, il CdS ha affermato che
la stessa non sia tenuta a rendere la
dichiarazione sul possesso dei requisiti di
capacità con le forme previste per le
imprese italiane, ossia esibendo i documenti
probatori, o rendendo dichiarazione
sostitutiva.
Ciò in applicazione dell’art. 47, del D.lgs.
163/2006, il quale prevede che gli operatori
economici stabiliti in altri Paesi
dell’Unione europea si qualificano nella
singola gara che si svolge in Italia
producendo documentazione conforme alla
normativa vigente nel Paese di appartenenza,
idonea a dimostrare il possesso dei
requisiti prescritti per la qualificazione e
la partecipazione degli operatori economici
italiani alle gare.
Secondo i giudici del CdS, tale regola,
dettata per i partecipanti alla gara, non
può non essere estesa alle imprese
ausiliarie (commento tratto da
www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Esclusione da una gara
per aver commesso un "errore grave"
nell’esecuzione di un precedente appalto.
E’ legittima l’esclusione da una gara per
forniture, disposta ai sensi dell’articolo
11, comma 1, lettera c) del d.lgs.
24.07.1992, n. 358, perché la ditta esclusa
avrebbe commesso un "errore grave"
nell’esecuzione di un precedente appalto,
richiamando un procedimento penale per
truffa aggravata in danno di enti pubblici,
riferibile comunque alla ditta esclusa,
trattandosi di condotte comunque
riconducibili all’ipotesi preclusiva di cui
all’art. 11, comma 1, lett. c) d.lgs. 358
del 1992.
Infatti, la circostanza che, al momento
dell’esclusione, il procedimento penale era
ancora in corso, la sua riferibilità ad
appalti in tutto simili a quello indetto
dalla stazione appaltante e l’idoneità di
tale circostanza a compromettere la
complessiva affidabilità professionale della
ditta in questione sono state
ragionevolmente valutate
dall’Amministrazione, la quale ne ha fatto
discendere con iter logico coerente e
ragionevole una causa ostativa alla
partecipazione alla gara d’appalto ai sensi
della disposizione richiamata (massima
tratta da www.regione.piemonte.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 29.12.2010 n. 9542 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Revoca
atti di gara - Necessità di ragioni di
interesse pubblico e di vizi nella procedura
di gara - Circostanze sopravvenute -
Valutazione discrezionale della Pubblica
Amministrazione - Revoca dell'aggiudicazione
provvisoria: attiene alla fase di scelta del
concorrente - Possibilità di revoca
implicita o senza particolare motivazione.
Il potere di ritirare gli atti di gara
attraverso gli strumenti della revoca e
dell'annullamento, riconosciuto alle
stazioni appaltanti va riconosciuto,
peraltro, in presenza di adeguate ragioni di
pubblico interesse o di vizi di merito e di
legittimità, tali da rendere inopportuna o
comunque da sconsigliare la prosecuzione
della gara stessa, come ad esempio nel caso
in cui la revoca dell'aggiudicazione
provvisoria sia giustificata da un nuovo
apprezzamento della fattispecie in base a
circostanze sopravvenute, essendo collegata
ad una facoltà latamente discrezionale
dell'Amministrazione che non inerisce ad
alcun rapporto contrattuale, ma attiene
ancora alla fase della scelta del
contraente, quando, cioè, l'Amministrazione
ha la possibilità di valutare la persistenza
dell'interesse pubblico all'esecuzione delle
opere appaltate.
L'Amministrazione può, dunque, provvedere
alla revoca dell'aggiudicazione provvisoria,
anche in via implicita e senza obbligo di
particolare motivazione, anche se
l'intervento in autotutela sia basato su una
valutazione di convenienza economica, la cui
sussistenza deve essere, però, idoneamente e
inequivocamente accertata (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 29.12.2010 n. 7734 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
G.U. 29.12.2010 n. 303 "Comunicato
relativo al decreto del Presidente della
Repubblica 05.10.2010, n. 207, concernente
«Regolamento di esecuzione ed attuazione del
decreto legislativo 12.04.2006, n. 163,
recante “Codice dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture in
attuazione delle direttive 2004/17/CE e
2004/18/CE”» (Decreto pubblicato nel
Supplemento ordinario n. 270/L alla Gazzetta
Ufficiale - serie generale - n. 288 del
10.12.2010)" (errata-corrige). |
APPALTI - ENTI LOCALI - VARI: G.U.
29.12.2010 n. 303 "Proroga di termini
previsti da disposizioni legislative e di
interventi urgenti in materia tributaria e
di sostegno alle imprese e alle famiglie"
(D.L.
29.12.2010 n. 225). |
APPALTI: Codice
appalti, 2010 anno del fare. Da risolvere la
disciplina sulle opere superspecialistiche.
Approvato il nuovo regolamento del Codice
dei contratti pubblici, il 2011 vedrà il
governo impegnato nell'approvazione di
ulteriori modifiche al Codice dei contratti
pubblici, ma anche nel tentativo di
risolvere la partita sulle opere
superspecialistiche e di introdurre il
divieto di arbitrato; dovranno inoltre
essere definite alcune discipline di
dettaglio come quella sui requisiti per la
validazione dei progetti.
È così che si chiude il 2010 e si apre il
2011, con il governo che ha finalmente
portato a termine il lungo lavoro di messa a
punto del regolamento attuativo del. Codice.
Nuovo regolamento del
Codice dei contratti pubblici.
E questo infatti il risultato più importante
raggiunto dopo tre anni di iter tribolato
del provvedimento. Il dpr 05.10.2010, n. 207
entrerà in vigore l'08.06.2011, tranne le
norme sulle sanzioni per le Soa entrate in
vigore in questi giorni.
Il corposo testo, che sostituirà, fra gli
altri, il dpr 554/1999 (regolamento della
legge Merloni) e il dpr 34/2000, ha molte
novità al suo interno fra cui il performance
bond (la garanzia globale di esecuzione), la
nuova disciplina sulla validazione, i nuovi
requisiti di qualificazione, la nuova
disciplina sugli affidamenti di servizi di
ingegneria e architettura (con i limiti ai
ribassi) e sui collaudi. E' rimasta
incompiuta la disciplina sulla
qualificazione per le opere
superspecialistiche e proprio questa sarà
una delle possibili patate bollenti sulla
scrivania del ministro Matteoli già ad
inizio anno.
Ci saranno poi da definire le norme
attuative per l'accreditamento dei soggetti
valida tori dei progetti, anche questa una
normativa particolarmente delicata ... (articolo
ItaliaOggi del 29.12.2010 -
tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI FORNITURE: È
legittimo il bando di gara che consente ai
privati di sponsorizzare gli arredi
scolastici.
Tre associazioni, nella pronuncia in
commento, hanno impugnato l’avviso pubblico
di procedura di sponsorizzazione per la
fornitura di arredi scolastici negli
istituti di una Provincia pugliese,
sostenendo che sarebbero stati violati i
principi comunitari in materia di evidenza
pubblica (trasparenza, parità di
trattamento, proporzionalità) ed il
principio di neutralità che deve ispirare
l’agire della pubblica amministrazione in
quanto i messaggi pubblicitari apposti sugli
arredi scolastici potrebbero incidere
negativamente sul processo formativo della
personalità dei minori che frequentano le
aule scolastiche.
I giudici del Tribunale amministrativo di
Bari evidenziano su questo argomento che «la
sponsorizzazione di cui al gravato avviso
pubblico è espressamente disciplinata
dall’art. 43 legge n. 449/1997 (si veda in
particolare il comma 1: “Al fine di
favorire l’innovazione dell’organizzazione
amministrativa e di realizzare maggiori
economie, nonché una migliore qualità dei
servizi prestati, le pubbliche
amministrazioni possono stipulare contratti
di sponsorizzazione ed accordi di
collaborazione con soggetti privati ed
associazioni, senza fini di lucro,
costituite con atto notarile.”) e
dall’art. 119 dlgs n. 267/2000 (“1. In
applicazione dell’art. 43 della legge
27.12.1997, n. 449, al fine di favorire una
migliore qualità dei servizi prestati, i
comuni, le province e gli altri enti locali
indicati nel presente testo unico, possono
stipulare contratti di sponsorizzazione ed
accordi di collaborazione, nonché
convenzioni con soggetti pubblici o privati
diretti a fornire consulenze o servizi
aggiuntivi.”) e che pertanto
l’amministrazione evocata in giudizio si è
semplicemente avvalsa di una possibilità
prevista dalla legislazione vigente; che,
allo stato, non è possibile prevedere quale
tipo di sponsorizzazione-pubblicità verrà in
concreto apposta sugli arredi scolastici
(ciò si potrà affermare unicamente all’esito
dell’espletamento della gara, e soltanto in
caso di sponsorizzazioni concretamente
lesive della sfera di interessi
rappresentata dal relativo ente esponenziale
sarà eventualmente ipotizzabile una
legittimazione del medesimo ente
esponenziale ad agire in sede
giurisdizionale); che comunque il bando
correttamente contempla una apposita
clausola finale di salvaguardia che
impedisce le sponsorizzazioni “vietate”
riguardanti propaganda di natura politica,
sindacale, filosofica o religiosa,
pubblicità diretta o collegata alla
produzione o distribuzione di tabacco,
prodotti alcoolici, materiale pornografico o
a sfondo sessuale, messaggi offensivi
incluse le espressioni di fanatismo,
razzismo odio o minaccia» (commento tratto
da www.documentazione.ancitel.it - TAR
Puglia-Bari, Sez. II,
sentenza 28.12.2010 n. 4312 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Requisiti di
partecipazione - Fusioni, incorporazioni,
cessioni di ramo d’azienda - Utilizzo dei
requisiti tecnici e professionali delle
imprese cedute - Appalti di servizi -
Applicabilità.
Costituisce principio generale che l'impresa
che partecipa ad una gara d'appalto può
avvalersi dei requisiti posseduti dalle
imprese cedenti. Invero, la ragione delle
operazioni di fusione, incorporazione,
cessioni di ramo d'azienda ed operazioni
similari consiste proprio nella possibilità,
per la società acquirente, di utilizzare i
requisiti tecnici e professionali propri
delle imprese cedute.
Tale principio, che trova un addentellato
normativo nella disciplina sugli appalti di
lavori pubblici, attesa la sua portata
generale deve ritenersi applicabile anche
nel settore degli appalti di servizi (cfr.
TAR Campania Napoli, sez. I, 21.03.2006, n.
3108).
Iscrizione di dati nel
casellario informatico presso l’autorità di
vigilanza - Avviso di avvio del procedimento
- Obbligo.
Dell'eventuale avvio del procedimento di
iscrizione di dati nel casellario
informatico presso l'Autorità di vigilanza
deve essere notiziato l'interessato, anche
quando la trasmissione di atti al
casellario, da parte delle stazioni
appaltanti, è dovuta in adempimento di
disposizioni di legge, attese le conseguenze
rilevanti che derivano da tale iscrizione e
l'indubbio interesse del soggetto
all'esattezza delle iscrizioni, salva
l’ipotesi di atti informativi equipollenti
(C.d.S., Sez. VI, sentenza n. 3754 del
15.06.2010) (TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 27.12.2010 n. 28051 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Requisiti di capacità
tecnica e professionale - Stazione
appaltante - Natura, quantità e uso delle
forniture o dei servizi - Elenco tipologico
contenuto nell’art. 42 d.lgs. n. 163/2006 -
Successiva specificazione in sede di bando -
Principi di ragionevolezza, proporzionalità
e logicità.
I requisiti di capacità tecnica e
professionale sono stabiliti dalle stazioni
appaltanti in ragione della natura, della
quantità o dell'importanza e dell'uso delle
forniture o dei servizi e, dunque, l’elenco
tipologico contenuto nell’art. 42 del d.lgs.
163/2006 presuppone una successiva
specificazione in sede di bando e
disciplinare in funzione delle esigenze del
singolo appalto, fermo restando il rispetto
del principio di ragionevolezza, logicità e
proporzionalità rispetto all’oggetto
dell’affidamento (TAR Campania-Napoli, Sez.
I,
sentenza 27.12.2010 n. 28018 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI: Art.
38 del D.lgs. 163/2006 - Valutazione sulla
gravità del reato - Necessità di riferimento
alla connessione del reato commesso con
l'oggetto dell'appalto e al tempo intercorso
dalla condanna - Sussiste - Criteri.
La "gravità" del reato,
nell'accezione voluta dal legislatore del
codice dei contratti con l'art. 38, è un
concetto giuridico a contenuto
indeterminato, da valutarsi necessariamente
non soltanto in sé e per sé, ma di volta in
volta con riferimento ad una serie di
parametri quali la maggiore o minore
connessione con l'oggetto dell'appalto, il
lasso di tempo intercorso dalla condanna,
l'eventuale mancanza di recidiva, le ragioni
in base alle quali il giudice penale ha
commisurato in modo più o meno lieve la pena
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 27.12.2010 n. 7715 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla dichiarazione ex
art. 38 d.lgs. n. 163/2006 e sulla
valutazione della gravità del reato.
Per giurisprudenza ormai consolidata, in
tema di esclusione dalla gara per
l'affidamento di appalti pubblici, l'art. 38
del D.Lgs. n. 163/2006 costituisce presidio
dell'interesse dell'Amministrazione di non
contrarre obbligazioni con soggetti che non
garantiscano adeguata moralità
professionale; presupposti perché
l'esclusione consegua alla condanna sono la
gravità del reato e il riflesso dello stesso
sulla moralità professionale. La gravità del
reato deve, quindi, essere valutata in
relazione a quest'ultimo elemento e il
contenuto del contratto oggetto della gara
assume allora importanza fondamentale al
fine di apprezzare il grado di moralità
professionale del singolo concorrente.
In altri termini la "gravità" del
reato, nell'accezione voluta dal legislatore
del codice dei contratti con il citato art.
38, è un concetto giuridico a contenuto
indeterminato, da valutarsi necessariamente
non soltanto in sé e per sé, ma di volta in
volta con riferimento ad una serie di
parametri quali la maggiore o minore
connessione con l'oggetto dell'appalto, il
lasso di tempo intercorso dalla condanna,
l'eventuale mancanza di recidiva, le ragioni
in base alle quali il giudice penale ha
commisurato in modo più o meno lieve la
pena.
Ai sensi dell'art. 38 del D.Lgs. n.
163/2006, il potere di stabilire quali reati
siano da indicare nella dichiarazione
attestante il possesso dei requisiti
richiesti per l'ammissione alla gara, in
quanto possano incidere, per la loro
gravità, sulla sua moralità professionale
spetta al dichiarante con la conseguenza
che, essendo tale valutazione rimessa alla
stazione appaltante solo in sede di
eventuale controllo, il concorrente può
legittimamente non fare menzione dei
precedenti penali non risultanti dal
certificato del casellario giudiziale e da
lui ritenuti non idonei a compromettere,
secondo l'id quod plerumque accidit,
la sua moralità professionale; pertanto va
escluso che possa qualificarsi come "falsa"
dichiarazione quella contenente una
valutazione soggettiva del concorrente
stesso, che potrebbe semmai non essere
condivisa, ma non certo determinarne
l'esclusione dalla gara (TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 27.12.2010 n. 7715 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Dichiarazione ex art. 38
d.lgs. n. 163/2006 - Gravità del reato -
Concetto a contenuto indeterminato.
La “gravità” del reato,
nell’accezione voluta dal legislatore del
codice dei contratti con l’art. 38, è un
concetto giuridico a contenuto
indeterminato, da valutarsi necessariamente
non soltanto in sé e per sé, ma di volta in
volta con riferimento ad una serie di
parametri quali la maggiore o minore
connessione con l’oggetto dell’appalto, il
lasso di tempo intercorso dalla condanna,
l’eventuale mancanza di recidiva, le ragioni
in base alle quali il giudice penale ha
commisurato in modo più o meno lieve la
pena.
Dichiarazione ex art. 38
d.lgs. n. 163/2006 - Reati non idonei ad
incidere sulla moralità professionale -
Mancata indicazione - Irrilevanza.
Ai sensi dell'art. 38 del codice dei
contratti, il potere di stabilire quali
reati siano da indicare nella dichiarazione
attestante il possesso dei requisiti
richiesti per l'ammissione alla gara, in
quanto possano incidere, per la loro
gravità, sulla sua moralità professionale
spetta, in prima battuta, al dichiarante con
la conseguenza che, essendo tale valutazione
rimessa alla stazione appaltante solo in
sede di eventuale controllo, il concorrente
può legittimamente non fare menzione dei
precedenti penali non risultanti dal
certificato del casellario giudiziale e da
lui ritenuti non idonei a compromettere,
secondo l'id quod plerumque accidit,
la sua moralità professionale; pertanto va
escluso che possa qualificarsi come “falsa”
dichiarazione quella contenente una
valutazione soggettiva del concorrente
stesso, che potrebbe semmai non essere
condivisa, ma non certo determinarne
l'esclusione dalla gara (Cons. Stato, sez.
V, 19.06.2009, n. 4082; anche: TAR Sardegna
Cagliari, sez. I, 09.10.2009, n. 1525; Cons.
Stato, sez. V, 19.06.2009, n. 4082; id.
08.09.2008, n. 4244; TAR Sicilia Catania,
sez. IV, 25.02.2010, n. 395).
Una diversa lettura dell'art. 38 del D.Lgs.
n. 163 del 2006 apparirebbe legittima
soltanto nel caso in cui il bando, invece di
limitarsi a chiedere una generica
dichiarazione di insussistenza delle cause
di esclusione, avesse imposto, e sanzionato
con l'esclusione in caso di omissione, una
dichiarazione dal contenuto più ampio
rispetto a quanto ivi prescritto al fine di
riservare alla stazione appaltante, fin
dalla prima fase di gara, la valutazione
della gravità o meno dell'illecito e anche
di ogni omessa dichiarazione.
Solo in siffatta ipotesi, dunque, potrebbe
integrare una legittima causa di esclusione,
oltre all’esistenza di una violazione penale
grave, ma la mancata dichiarazione nei
puntuali termini prescritti dal bando (TAR
Trentino Alto Adige Trento, sez. I,
07.06.2010, n. 151) (TAR Lombardia-Milano,
Sez. I,
sentenza 27.12.2010 n. 7715 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI: Potere
della p.a. di stabilire rigorosi requisiti
selettivi di partecipazione - Sussiste -
Limiti - Oggetto dell'appalto e rispetto del
principio di proporzionalità.
Sebbene la stazione appaltante abbia il
potere discrezionale di fissare requisiti di
partecipazione ad una gara ad evidenza
pubblica ristretti e selettivi, tale potere
è correttamente esercitato soltanto quando
detti criteri rispondano ad esigenze
oggettive dell'Amministrazione e non
appaiano sproporzionati rispetto all'oggetto
dell'appalto e all'esigenza di non ridurre,
oltre lo stretto indispensabile, la platea
dei potenziali concorrenti e di non
precostituire situazioni di privilegio (cfr.
TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 29.11.2010,
n. 7404; adde Cons. Stato, sez. V,
04.08.2010, n. 5201) (Nella fattispecie
il TAR - considerato che l'oggetto
dell'appalto era costituito dai "servizi di
vigilanza armata"- ha ritenuto censurabile
la previsione, contenuta nel bando di gara,
che richiedeva, tra i requisiti di
partecipazione previsti a pena di
esclusione, la dichiarazione «di essere in
possesso dei certificati di conformità del
sistema di qualità alle norme europee UNI EN
ISO 9001:2004 e della certificazione
ambientale ISO 14001:2004 rilasciate da
soggetti accreditati ai sensi delle norme
europee») (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 27.12.2010 n. 7710 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
F. Degni,
PRESUPPOSTI DI URGENZA PER L’INDIZIONE DI
UNA PROCEDURA NEGOZIATA SENZA PUBBLICAZIONE
DEL BANDO (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 10.11.2010 n. 8006)
(link a
www.amministrazioneincammino.luiss.it). |
APPALTI SERVIZI:
L. Lo Biundo,
Presupposti e limiti della partecipazione
dei partecipazione dei comuni in società ed
altri organismi (link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI: Niente
fondi alle opere lumaca. Definanziati i
lavori che non iniziano nei tempi previsti.
Le novità in un dlgs approvato dal cdm. Via
alla banca dati degli appalti pubblici.
Automatico
definanziamento in caso di mancato avvio dei
lavori nei tempi previsti; creazione di una
banca dati presso il ministero dell'economia
e la ragioneria generale dello stato che
garantirà il monitoraggio costante di tutte
le opere finanziate con risorse pubbliche;
obbligo di indicazione del Cup e del Cig per
la tracciabilità dei flussi finanziari.
Sono questi alcuni dei punti qualificanti
dello schema di decreto legislativo
approvato in via preliminare dal consiglio
dei ministri del 22 dicembre, che attua la
delega (di cui all'articolo 30 della legge
196/2009) al governo a emanare una
disciplina per la razionalizzazione, la
trasparenza, l'efficacia e l'efficienza
delle procedure di spesa concernenti i
finanziamenti in conto capitale destinati
alla realizzazione di opere pubbliche.
L'obiettivo è quello di effettuare un
monitoraggio costante, anche sugli aspetti
di dettaglio, dell'iter di realizzazione
delle opere pubbliche, con particolare
riguardo all'avanzamento finanziario, fisico
o procedurale degli interventi; tale
monitoraggio sarà a sua volta utile per
valutare il grado di raggiungimento degli
obiettivi previsti negli strumenti di
pianificazione e programmazione.
Per realizzare ciò si stabilisce che vi
siano sistemi gestionali ad hoc con uno
standard informativo minimo che tutte le
amministrazioni e gli enti aggiudicatori
dovranno garantire rispetto a ogni
intervento in corso di realizzazione. In
particolare le stazioni appaltanti dovranno
creare sistemi informatizzati di
registrazione e conservazione dei dati
contabili relativi a ogni transazione posta
in essere anche al fine della tracciabilità
dei flussi finanziari; le amministrazioni
saranno inoltre tenute a prevedere specifici
vincoli tesi ad assicurare ... (articolo
ItaliaOggi del 24.12.2010 -
tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI:
Sull'interpretazione
delle disposizioni della direttiva
2004/18/CE, in relazione all'affidamento di
un appalto pubblico ad una società mista,
senza indizione di gara.
La direttiva 2004/18/CE, relativa al
coordinamento delle procedure di
aggiudicazione degli appalti pubblici di
lavori, forniture e servizi, deve essere
interpretata nel senso che, qualora
un'amministrazione aggiudicatrice concluda
con una società privata, da essa
indipendente, un contratto che preveda la
costituzione di un'impresa comune, sotto
forma di società per azioni, ed il cui
oggetto consista, come nel caso di specie,
nella fornitura di servizi sanitari e
preservazione del benessere sul luogo di
lavoro, l'attribuzione da parte della
predetta amministrazione dell'appalto
relativo ai servizi destinati ai propri
dipendenti, per un valore superiore alla
soglia prevista dalla direttiva in parola, e
scindibile dal contratto costitutivo di tale
società, deve osservare le disposizioni
della suddetta direttiva applicabili ai
servizi rientranti nell'allegato II B.
La direttiva 2004/18 non opera una
distinzione tra gli appalti pubblici
conclusi da un'amministrazione
aggiudicatrice per il soddisfacimento di
bisogni di interesse generale e gli appalti
pubblici non correlati a tale missione, come
la necessità di soddisfare, come nel caso di
specie, un obbligo che le incombe quale
datore di lavoro nei confronti dei suoi
dipendenti.
L'applicazione del diritto dell'Unione in
materia di appalti pubblici è esclusa nel
caso in cui, nel contempo, l'amministrazione
aggiudicatrice eserciti, sull'ente
aggiudicatario, un controllo analogo a
quello da esso esercitato sui propri
servizi. Tuttavia, il fatto che un soggetto
privato ed un'amministrazione aggiudicatrice
cooperino nell'ambito di un'entità a
capitale misto, non può giustificare il
mancato rispetto, in sede di aggiudicazione
di concessioni a tale soggetto privato o
all'entità a capitale misto, delle
disposizioni in materia di appalti pubblici.
L'intenzione delle parti contraenti di
considerare gli elementi costitutivi di un
contratto misto come inseparabili, deve
poggiare su dati oggettivi atti a
giustificarla ed a fondare la necessità di
concludere un unico contratto.
Conformemente alla giurisprudenza della
Corte, l'attribuzione di un appalto pubblico
ad una società mista pubblico-privata, senza
indizione di gara, pregiudicherebbe
l'obiettivo di una concorrenza libera ed il
principio della parità di trattamento, nella
misura in cui una procedura siffatta
offrirebbe ad un'impresa privata un maggior
vantaggio rispetto ai suoi concorrenti
(Corte di Giustizia europea, Sez. III,
sentenza 22.12.2010 n. C-215/09 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Aumentano
le tasse sulle gare. Per la fascia alta del
mercato adeguamenti fino al doppio.
Dal 1° gennaio aumenta la tassa sugli
appalti: per i contratti minori si tratta di
piccoli ritocchi, per la fascia alta del
mercato si arriva anche al raddoppio. In
nome della tracciabilità finanziaria poi
tutte le stazioni appaltanti dovranno
richiedere il Cig (codice identificativo di
gara), senza più soglie di esenzione: il Cig
infatti non è più solo lo strumento che
consente di versare la tassa sulle gare,
quanto il sistema che consente di abbinare i
bonifici e i pagamenti a ogni appalto e
quindi deve esser richiesto per tutti i
contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture, senza distinzione di importo.
Fanno eccezione solo gli appalti per le armi
e il materiale bellico e le gare per
l'acquisto di energia elettrica e gas. Gli
aumenti e le indicazioni sul Cig sono
contenuti in un decreto del presidente del
Consiglio del 3 dicembre 2010, che fissa
appunto la decorrenza degli aumenti dal l
gennaio.
A richiederli è stata la stessa Autorità di
vigilanza sui contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture che ormai -dopo il
taglio dei fondi pubblici- trae la sua
principale fonte di fmanziamento proprio dal
contributo chiesto a operatori e
amministrazioni del mercato degli appalti
sui cui è chiamata a vigilare.
Oltre ad aumentare, gli importi 2011 saranno
anche rimodulati con l'istituzione di
scaglioni: ... (articolo
Il Sole 24 Ore del 22.12.2010 -
tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI: Contratti
della p.a. - Gara - Determinazione della
soglia di anomalia - Taglio delle ali -
Esclusione delle offerte che presentano
ribassi identici - illegittimità.
Ai fini della determinazione della soglia di
anomalia delle offerte nelle gare
aggiudicate con il criterio del prezzo più
basso, ove nel corso delle operazioni
relative al c.d. taglio delle ali (ossia
all'esclusione del 10% delle offerte di
maggior ribasso e del 10% delle offerte di
minor ribasso, arrotondato all'unità
superiore) si verifichi il caso che, per
effetto di ribassi identici, rientrino,
nell'una o nell'altra ala, offerte in numero
superiore al predetto limite del 10%, non si
procede all'esclusione di quelle che
presentano la stessa percentuale di ribasso,
perché, diversamente operando, si violerebbe
il dettato letterale della norma che limita
l'esclusione automatica a detta percentuale
(10%), si falserebbe il successivo calcolo
della media aritmetica e di quella ponderale
(Nella sentenza il TAR dà correttamente
atto che vi è un diverso filone
giurisprudenziale secondo il quale, ai fini
del taglio delle ali e del calcolo della
media dei ribassi, ove siano presentate due
(o più) offerte di pari ribasso, si procede
all'esclusione delle 2 (o più) offerte
identiche in quanto le stesse devono essere
considerate "unitariamente", vale a dire
come se si trattasse di una sola offerta.
Cfr. Cons. Stato, sez. V, 03.06.2002, n.
3068) (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 20.12.2010 n. 7610 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Contratti
della p.a. - Appalto - Interventi di
ristrutturazione edilizia, recupero di
sottotetti e riqualificazione di spazi -
Gara - Art. 86, D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 -
Offerte - Verifica di anomalia delle offerte
- Valutazione discrezionale della p.a. -
Esclusione - Legittima.
Secondo quanto disposto dall'art. 86, D.Lgs.
12.04.2006, n. 163 le stazioni appaltanti
possono sottoporre alla verifica di
congruità l'offerta dell'aggiudicataria che,
in base a particolari elementi, sia
sospettata di essere particolarmente bassa,
posto che è rimessa alla valutazione
spiccatamente discrezionale della p.a. la
scelta in merito all'opportunità di
sottoporre o meno l'offerta
dell'aggiudicataria alla verifica di
anomalia (Nella fattispecie l'offerta è
stata ritenuta anomala in ragione
dell'elevata percentuale di sconto offerto
dalla ricorrente rispetto alla base d'asta,
pari al 31,771 %, anche in considerazione
della notevole complessità dell'intervento
consistente in lavori di ristrutturazione
edilizia, recupero di sottotetti a uso
abitativo e riqualificazione di spazi per
servizi e attività) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 20.12.2010 n. 7609 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Contratti
della p.a. - Art. 51 D.Lgs. 163/2005 -
Affitto di ramo d'azienda - Intervenuto
prima dell'aggiudicazione - Verifica
immediata dei requisiti in capo all'impresa
subentrante - Obbligo in capo alla stazione
appaltante - Sussiste - Ratio.
L'art. 51 D.Lgs. 163/2005 (nel prevedere la
possibilità di una modifica soggettiva dei
partecipanti alla gara, a seguito di
cessioni o affitti di azienda (o di rami di
azienda), trasformazione, fusione o
scissione di società, superando così il
tradizionale principio della
immodificabilità delle imprese concorrenti)
impone alle stazioni appaltanti, nelle
ipotesi di modificazioni soggettive ivi
previste, l'immediata verifica dei requisiti
generali e speciali in capo al nuovo
soggetto, senza alcuna dilazione.
Ciò risulta coerente con la stessa ratio
della disposizione, ispirata ad un giusto
contemperamento tra principio della massima
partecipazione alla gara, cui è preordinata
la modificazione soggettiva, e par condicio
fra i concorrenti, da garantirsi mediante
l'immediata verifica dei requisiti anche del
nuovo soggetto subentrante (Fattispecie
nella quale la modificazione soggettiva
realizzatasi a seguito di affitto di ramo
d'azienda da parte di un'impresa concorrente
era sopravvenuta mentre era ancora in corso
la fase di valutazione delle offerte, con la
conseguenza che la verifica in merito
all'esistenza dei requisiti generali e
speciali in capo all'impresa affittuaria
avrebbe dovuto precedere -e non seguire-
l'aggiudicazione) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 20.12.2010 n. 7600 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: G.U.
20.12.2010 n. 296 "Trasmissione dei dati
dei contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture - settori ordinari e speciali ed
estensione della rilevazione ai contratti di
importo inferiore o uguale ai 150.000 euro,
ai contratti «Esclusi» di cui agli articoli
19, 20, 21, 22, 23, 24 e 26 del d.lgs. n.
163/2006, di importo superiore ai 150.000
euro, e agli accordi quadro e fattispecie
consimili" (Autorità per la Vigilanza
sui Contratti Pubblici di lavori, servizi e
forniture,
comunicato 14.12.2010). |
APPALTI: Contratti
della p.a. - Danno da illegittima mancata
aggiudicazione - Quantificazione - Utile non
conseguito - È indice presuntivo -
Conseguenze - Possibile riduzione in via
equitativa del danno risarcibile - Sussiste
- In caso di mancata dimostrazione di un
danno effettivo.
L'imprenditore, in quanto soggetto che
esercita professionalmente una attività
economica organizzata finalizzata alla
produzione di utili, normalmente non rimane
inerte in caso di mancata aggiudicazione di
un appalto, ma si procura prestazioni
contrattuali alternative dalla cui
esecuzione trae utili.
Ciò implica che il danno derivante ad una
impresa dall'illegittimo mancato affidamento
di un appalto è quantificabile nella misura
dell'utile non conseguito, soltanto se
l'impresa possa documentare di non aver
potuto utilizzare mezzi e maestranze,
lasciati disponibili, per l'espletamento di
altri servizi, mentre qualora tale
dimostrazione non sia stata offerta è da
ritenere che l'impresa possa avere
ragionevolmente riutilizzato mezzi e
manodopera per lo svolgimento di altri,
analoghi servizi, così vedendo in parte
ridotta la propria perdita di utilità, con
conseguente riduzione in via equitativa del
danno risarcibile (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 18.12.2010 n. 7591 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Lex
specialis di gara - Impugnazione immediata -
In presenza di clausole discriminatorie
immediatamente lesive - Interesse a
ricorrere - Sussiste indipendentemente dalla
presentazione della domanda di
partecipazione.
Qualora la lex specialis di gara
contenga clausole discriminatorie e comunque
ostative alla partecipazione, per cui la
presentazione della domanda di
partecipazione da parte di un'impresa si
risolverebbe in un adempimento formale
inevitabilmente seguito da un atto di
esclusione, sussiste l'onere di impugnazione
immediata delle clausole della lex
specialis preclusive della
partecipazione.
In tale contesto, pertanto, l'interesse ad
impugnare il bando sussiste a prescindere
dalla mancata presentazione della domanda
(cfr. sul punto, Cons. Stato, Sez. V,
09.04.2010, n. 1999; id. Sez. V, 19.03.2009,
n. 1624; id. Sez. IV, 30.05.2005, n. 2804.
In senso opposto v. Cons. Stato, Sez. V,
03.01.2002, n. 6) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 18.12.2010 n. 7590 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
G.U. 18.12.2010 n. 295 "Testo del
decreto-legge 12.11.2010, n. 187 coordinato
con la legge di conversione 17.12.2010, n.
217, recante: «Misure urgenti in
materia di sicurezza»". |
APPALTI:
Sulla legittimità del
provvedimento di esclusione di un
concorrente disposto per la omessa
apposizione del sigillo con ceralacca sulla
busta contenente l'offerta economica.
Nel caso in cui il bando di gara commini
espressamente l'esclusione obbligatoria,
quale conseguenza di talune specifiche
violazioni, la stazione appaltante è tenuta
a dare precisa ed incondizionata esecuzione
a tale previsione, restando preclusa, per
l'interprete, qualsiasi diversa valutazione
relativamente all'inadempimento.
Pertanto, nel caso di specie, è legittimo il
provvedimento di esclusione di un
concorrente disposto per la omessa
apposizione del sigillo con ceralacca sulla
busta contenente l'offerta economica, in
quanto nelle gare indette per
l'aggiudicazione di un appalto con la p.a.
il sigillo con ceralacca del plico
contenente le offerte, richiesto a pena di
esclusione dal bando, risponde all'esigenza
di garantire che il plico non possa essere
aperto se non a prezzo di manometterne
visibilmente la chiusura (TAR
Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 17.12.2010 n. 27650 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI: Nel
corso di un procedimento volto alla
realizzazione di un’opera pubblica il comune
deve e ben può variare il progetto già
approvato con altro progetto che prevede
l’ubicazione dell’opera in zona diversa da
quella già prescelta, nel caso in cui detta
modifica si renda necessaria a seguito di
giustificato riesame dei profili funzionali
dell’opera in relazione alle esigenze socio
urbanistiche palesatesi successivamente
all’approvazione dell’originario progetto.
Posto che al progetto preliminare manca il
necessario carattere della complessiva ed
immodificabile configurazione dell’opera,
soltanto al progetto definitivo resta
attribuita, ai fini istruttori, la capacità
di rendere immodificabile l’intervento
approvato, sicché le garanzia di
partecipazione prescritte dagli artt. 7 e
ss. L. n. 241/1990, sono propedeutiche
all’approvazione del progetto definitivo e
non anche del progetto preliminare.
La dichiarazione di pubblica utilità
consegue (soltanto) all’approvazione del
progetto definitivo, il quale è quello che
possiede i caratteri complessivi e non più
modificabili dell’opera, mentre quello
preliminare è ancora un progetto
abbisognevole di modificazioni e quello
esecutivo è un complesso di specificazioni
meramente operative e così dettagliatamente
(e voluminosamente) determinato da non poter
dare neppure una precisa idea complessiva
della natura dell’intervento, se non a
soggetti operanti professionalmente nel
settore ingegneristico.
Secondo la giurisprudenza, nel corso di un
procedimento volto alla realizzazione di
un’opera pubblica il comune deve e ben può
variare il progetto già approvato con altro
progetto che prevede l’ubicazione dell’opera
in zona diversa da quella già prescelta, nel
caso in cui detta modifica si renda
necessaria a seguito di giustificato riesame
dei profili funzionali dell’opera in
relazione alle esigenze socio urbanistiche
palesatesi successivamente all’approvazione
dell’originario progetto: e tale scelta può
essere sindacata dal G.A. proprio in caso di
omessa motivazione delle ragioni di pubblico
interesse che la sottendono nel caso di
rigetto delle osservazioni di privati incisi
ovvero nell’ipotesi di una valutazione
tecnica inficiata da errori di fatto o da
vizi di illogicità o contraddittorietà (Cfr:
TAR Basilicata, 06.12.1982, n. 165).
Invero, fermo restando che il merito della
scelta relativa alla localizzazione di
un’opera pubblica resta sottratta di massima
al sindacato del giudice amministrativo, con
le note eccezioni della illogicità, del
travisamento dei fatti e della
contraddittorietà, è anche vero che
l’amministrazione è tenuta a dare conto,
dell’avvenuta valutazione e considerazione
di tutti gli interessi coinvolti e,
segnatamente, di quelli sacrificati, e che
sotto il profilo dell’adeguato apprezzamento
delle posizioni interessate dall’ubicazione
dell’opera, le delibere che ne approvano il
progetto risultano sicuramente sindacabili
(Cfr: C. di S., sez. IV, 20.09.2005, n.
4849).
Inoltre il contenuto dell’obbligo
motivazionale sotto il profilo da ultimo
illustrato, e la latitudine del relativo
sindacato giurisdizionale sono destinati ad
ampliarsi nei casi nei quali risulti
rilevato uno stato di fatto, in sede di
progettazione preliminare, che non sia più
al corrente con quello esistente all’atto
dell’apposizione del vincolo ablatorio e di
tanto la P.A. sia stata resa edotta, dovendo
perciò provvedere alla modifica dei progetti
con conseguente obbligo di riconsiderare le
posizioni soggettive (Cfr: C. di S., sez.
IV, 20.09.2005, n. 4849; 15.06.2004, n.
4018; 03.11.1999, n. 1654).
In materia di espropriazione per p.u., posto
che al progetto preliminare manca il
necessario carattere della complessiva ed
immodificabile configurazione dell’opera,
soltanto al progetto definitivo resta
attribuita, ai fini istruttori, la capacità
di rendere immodificabile l’intervento
approvato, sicché le garanzia di
partecipazione prescritte dagli artt. 7 e
ss. L. n. 241/1990, sono propedeutiche
all’approvazione del progetto definitivo e
non anche del progetto preliminare (Cfr: TAR
Lombardia, Milano sez II, 26.05.2003, n.
2280; C. di S., sez. IV, 11.05.2004, n.
2930).
Nell’art. 16 della L. 11.02.1994, n. 109 è
stato stabilito che per qualsiasi opera
pubblica vi fosse la necessità della
redazione, in progresso temporale, di tre
distinte fasi progettuali, denominate
progetto preliminare, progetto definitivo e
progetto esecutivo, individuando (all’art.
14 della legge stessa) proprio nel progetto
definitivo l’atto capace di contenere quella
specifica dichiarazione di pubblica utilità,
unica idonea a dare inizio alla procedura
espropriativa.
Appena è il caso di rilevare che i tre stadi
progettuali non possono essere confusi fra
loro, essendo specificati per ciascuno di
essi le caratteristiche ed i gradi di
approfondimento dell’indagine progettuale;
infatti il progetto preliminare è una
indagine operativa che abbisogna ancora di
specifiche puntualizzazioni in ordine alle
caratteristiche dell’opera, il progetto
definitivo determina la precisa
configurazione dell’opera, mentre quello
esecutivo è il progetto con le “specifiche”,
vale a dire con tutti i dettagli operativi,
tanto che nella pratica è spesso denominato
“cantierabile”, e cioè consegnabile
agli addetti al cantiere per la pedissequa
esecuzione.
Si intuisce, quindi, agevolmente la ratio
che sottostante al fatto che la
dichiarazione di pubblica utilità consegua
(soltanto) all’approvazione del progetto
definitivo, il quale è quello che possiede i
caratteri complessivi e non più modificabili
dell’opera, mentre quello preliminare è
ancora un progetto abbisognevole di
modificazioni e quello esecutivo è un
complesso di specificazioni meramente
operative e così dettagliatamente (e
voluminosamente) determinato da non poter
dare neppure una precisa idea complessiva
della natura dell’intervento, se non a
soggetti operanti professionalmente nel
settore ingegneristico (Cfr: C. di S., sez.
IV, 11.05.2004, n. 2930) (TAR
Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 17.12.2010 n. 27621 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Non è necessario che i
requisiti di partecipazione siano già
disponibili all'epoca della gara, mentre
sono indispensabili al momento della stipula
del contratto e della successiva esecuzione
degli impegni negoziali.
La motivazione del giudizio di verifica
della congruità di un'offerta anomala deve
essere rigorosa ed analitica soltanto nel
caso del "giudizio negativo".
Un'interpretazione finalistica e teleologica
delle disposizioni in tema di requisiti di
partecipazione alla gara, di cui è
espressione anche il principio di
avvalimento ora fissato dalle direttive UE
n. 17 e 18 del 2004, porta a ritenere che,
in sede di gara, possa essere fornita
dimostrazione in ordine al possesso, certo
ed incondizionato, al momento della stipula
del contratto e della successiva esecuzione,
dei requisiti e dei mezzi all'uopo
necessari.
Non è, in definitiva, necessario che i mezzi
siano già disponibili all'epoca della
procedura, mentre è invece necessario che
nel corso della procedura si dimostri che
essi saranno disponibili al momento
dell'assunzione e dell'esecuzione degli
impegni negoziali.
---------------
E' generale l'affermazione in giurisprudenza
che la ritenuta "congruità delle offerte"
non necessita di particolare motivazione,
richiesta invece nel caso in cui sia
espresso dalla Commissione di gara un
giudizio di "non congruità dell'offerta"
e quindi di insufficienza e/o inidoneità
delle giustificazioni a spiegare l'anomalia.
In quel caso, la motivazione si impone
perché si perviene all'esclusione
dell'offerta anomala in contraddittorio con
l'offerente.
La motivazione del giudizio di verifica
della congruità di un'offerta anomala deve
essere rigorosa ed analitica soltanto nel
caso del "giudizio negativo", mentre
nel caso di "giudizio positivo" non è
necessario che la relativa determinazione
sia fondata su un'articolata motivazione
ripetitiva delle medesime giustificazioni
ritenute accettabili o espressiva di
ulteriori apprezzamenti, con la conseguenza
che il giudizio favorevole di non anomalia
dell'offerta non richiede puntualità di
argomentazioni, essendo sufficiente anche
una motivazione "per relationem" alle
stesse giustificazioni presentate dal
concorrente sottoposto al relativo obbligo
(TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 17.12.2010 n. 2818 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità
dell'esclusione da una gara di un
concorrente che abbia tempestivamente
effettuato il versamento dovuto all'AVCP,
anche se con modalità differenti rispetto a
quelle contemplate dalla lex specialis di
gara.
E' illegittimo il provvedimento di
esclusione adottato da una stazione
appaltante nei confronti di un'impresa che
abbia provveduto tempestivamente ad
effettuare il versamento dovuto all'AVCP,
secondo, tuttavia, modalità differenti
rispetto a quelle prescritte dal
disciplinare di gara, in quanto ciò vìola il
principio di proporzionalità in materia di
appalti pubblici; quest'ultimo, elaborato
dalla dottrina e dalla giurisprudenza
tedesche, e successivamente assunto come
principio generale del diritto comunitario,
trova ingresso e rilievo anche nel nostro
ordinamento, in specie per il richiamo ad
esso effettuato dagli artt. 2, 27 e 30 del
d.lgs. n. 163/2006.
Peraltro, ai sensi dell'art. 23 L. n.
262/2005, detto principio va inteso quale
criterio di esercizio del potere adeguato al
raggiungimento del fine, con il minor
sacrificio degli interessi dei destinatari.
Infatti, la verifica del rispetto del
principio di proporzionalità deve svolgersi,
da un lato, accertando la funzionalità della
determinazione amministrativa agli obiettivi
perseguiti dalla p.a.; dall'altro, vagliando
se essa non risulti spropositata rispetto al
perseguimento dell'interesse pubblico
primario, e tale da sacrificare gli
ulteriori interessi coinvolti nella
procedura amministrativa (TAR Toscana, Sez.
I,
sentenza 16.12.2010 n. 6770 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: G.U.
15.12.2010 n. 292 "Comunicato relativo al
decreto del Presidente della Repubblica
05.10.2010, n. 207, riguardante:
«Regolamento di esecuzione ed attuazione del
decreto legislativo 12.04.2006, n. 163,
recante “Codice dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture in
attuazione delle direttive 2004/17/CE e
2004/18/CE”». (Decreto pubblicato nel
supplemento ordinario n. 270/L alla Gazzetta
Ufficiale - serie generale - n. 288 del
10.12.2010)" (errata-corrige). |
APPALTI:
Contratti pubblici nulli senza tracciabilità
dei pagamenti.
Tutti i contratti di fornitura di beni e
servizi, nonché gli appalti di opere
pubbliche, stipulati dal 07.09.2010 in poi
tra un imprenditore e una pubblica
amministrazione devono contenere
l'indicazione del conto dedicato sul quale
transiteranno i relativi pagamenti,
attraverso bonifico bancario o postale o
altri strumenti di pagamento, idonei a
consentire la tracciabilità delle
operazioni.
Sono state emanate dall'Autorità di
vigilanza sui contratti pubblici, le linee
guida relative all'operatività della
normativa, per dare indicazioni puntuali
sulla concreta applicabilità degli obblighi
legislativi.
I soggetti sottoposti alle norme sulla
tracciabilità sono obbligati: ad utilizzare
conti correnti bancari o postali dedicati
alle commesse pubbliche, anche in via non
esclusiva; ad effettuare movimenti
finanziari relativi alle medesime commesse
pubbliche esclusivamente con bonifico
bancario o postale o con altri strumenti di
pagamento idonei a consentire la
tracciabilità delle operazioni; a indicare,
negli strumenti di pagamento relativi ad
ogni transazione, il codice identificativo
di gara e, ove obbligatorio ai sensi
dell’articolo 11 della legge 16.01.2003, n.
3, il codice unico di progetto.
La tracciabilità dei flussi finanziari trova
applicazione nei seguenti contratti:
contratti di appalto di lavori, servizi e
forniture; concessioni di lavori pubblici e
di servizi; contratti di partenariato
pubblico-privato, compresi i contratti di
locazione finanziaria; di subappalto e
subfornitura; contratti in economia,
compresi gli affidamenti diretti (link a
www.governo.it). |
APPALTI:
Sull'inammissibilità di
una domanda di risarcimento per equivalente
per mancanza del danno ingiusto.
E' infondata la domanda di risarcimento per
equivalente, esperita per l'annullamento di
una delibera con la quale l'amministrazione
comunale abbia annullato la gara indetta per
la manutenzione dell'impianto di pubblica
illuminazione, nel caso in cui sia
intervenuto l'annullamento giurisdizionale
del provvedimento di autotutela
amministrativa adottato dall'ente comunale.
Tale annullamento, consentendo al ricorrente
di partecipare alla procedura di affidamento
del contratto e quindi la reintegrazione in
forma specifica nella posizione giuridica
lesa, comporta l'inammissibilità della
domanda di risarcimento per equivalente per
mancanza del danno ingiusto (TAR
Calabria-Catanzaro, Sez. II,
sentenza 14.12.2010 n. 2942 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Il testo integrale della deliberazione della
Corte dei Conti sui rilievi che hanno
condotto alla non ammissione al visto alcuni
articoli del DPR n. 207/2010 (Regolamento
codice contratti pubblici) (Corte dei Conti,
Sez. Centrale di Controllo di Legittimità,
deliberazione 14.12.2010 n. 28). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'esclusione di un concorrente che abbia
presentato la dichiarazione relativa al
possesso dei requisiti di capacità
economico-finanziaria oltre il termine di 10
giorni dalla richiesta inoltrata dalla
stazione appaltante.
E' legittimo il provvedimento di esclusione
adottato da una stazione appaltante nei
confronti di un concorrente che, sorteggiato
a campione per il controllo in ordine al
possesso dei requisiti di capacità
economico-finanziaria e
tecnico-organizzativa, ne abbia presentato
la relativa dichiarazione oltre il termine
di dieci giorni dalla richiesta, in quanto,
secondo un consolidato principio
giurisprudenziale, ai sensi dell'art. 48, c.
1, d.lgs. n. 163/2006, il predetto termine
entro cui l'impresa è tenuta ad ottemperare
alla richiesta della stazione appaltante, ha
natura perentoria; inoltre, la non
applicabilità delle sanzioni conseguenti
alla sua inosservanza, od un'eventuale
proroga dello stesso, si giustificano nei
soli casi di comprovata ed oggettiva
impossibilità.
Peraltro, il termine di cui sopra non può
ritenersi eccessivamente breve, giacché
rientra nella normale diligenza di ciascun
concorrente il dovere di attivarsi
tempestivamente al fine di procurarsi la
necessaria documentazione da esibire per
tempo, allorquando, dopo il sorteggio,
sopravvenga una richiesta in tal senso da
parte della stazione appaltante (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 13.12.2010 n. 8739 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sul diritto alla
liquidazione e corresponsione delle somme
spettanti a titolo di revisione periodica
del prezzo del contratto di appalto in
materia di rifiuti.
Ai sensi
dell'art. 6, L. n. 537/1993, tutti i
contratti ad esecuzione periodica o
continuativa devono recare una clausola di
revisione periodica del prezzo.
La predetta norma ha carattere imperativo,
come tale non suscettibile di deroga
pattizia, atteso che la sua finalità
primaria è quella di salvaguardare
l'interesse pubblico a che le prestazioni di
beni e servizi alla P.A. non subiscano, con
il tempo, una diminuzione qualitativa per
eccessiva onerosità sopravvenuta della
prestazione e della conseguente incapacità
del fornitore di farvi fronte; pertanto, una
eventuale deroga ad opera delle parti
contraenti deve considerarsi nulla.
Le norme concernenti la revisione dei prezzi
in materia di appalti di servizi,
costituendo una disciplina specifica di
settore, prevalgono sul regime generale di
cui all'art. 1664 c.c.; ne consegue che le
clausole difformi sono nulle, pur se la
nullità non investe l'intero contratto, in
applicazione del principio utile per
inutile non vitiatur.
Nel caso di specie, il contratto costituisce
applicazione dell'art. 4, comma 4, della
legge n. 724/1994, il quale dispone che
tutti i contratti ad esecuzione periodica o
continuativa debbono recare una clausola di
revisione periodica del prezzo, prevedendo
espressamente che la revisione dei prezzi
del contratto avvenga mediante le rilevate
variazioni ISTAT (TAR Puglia-Lecce, Sez.
III,
sentenza 13.12.2010 n. 2826 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Appalti,
progetti con il bollino blu. Livelli più
definiti e verifica affidabile anche a terzi
con gara.
Al via la verifica dei
progetti anche affidabile a terzi con gara;
maggiore definizione nei livelli
progettuali, nel documento preliminare alla
progettazione e negli studi di fattibilità;
applicabilità alle regioni di tutte le norme
del regolamento, tranne quelle
sull'organizzazione amministrativa oggetto
di competenza regionale: sono queste alcune
delle maggiori novità contenute nel
regolamento del codice dei contratti
pubblici, pubblicato sul supplemento
all'ordinario alla Gazzetta ufficiale n. 288
del 10/12/2010.
Si conclude così un iter durato più di tre
anni e si potrà mandare in soffitta
l'attuale dpr 554/1999 (nonché altri
numerosi provvedimenti fra cui anche il dpr
34/2000 sulla qualificazione Soa, tutti
inglobati nel nuovo regolamento), a sua
volta nato come regolamento dell'ormai
abrogata legge Merloni, oggi sostituita dal
Codice dei contratti pubblici (digs
163/2006).
Ambito di applicazione.
Sul piano soggettivo il regolamento si
applica ai contratti delle amministrazioni
ed enti statali, ma anche, relativamente
agli ambiti indicati nell'articolo 4, comma
3, del codice e rientranti in materie di
competenza legislativa esclusiva dello stato
ai sensi dell'articolo 117, comma 2, della
Costituzione, ai contratti di altre
amministrazioni o soggetti equiparati.
Nei riguardi delle regioni e province
autonome la fonte regolamentare fissa quali
disposizioni siano applicabili anche alle
regioni. Nella sostanza, in relazione ai
contenuti specifici del regolamento, risulta
attratta nella competenza esclusiva statale
la totalità della disciplina prevista dal
regolamento, ad esclusione delle
disposizioni relative agli organi del
procedimento e alla programmazione nei
contratti relativi a lavori, servizi e
forniture che rimane attratta nella
competenza delle regioni. Responsabile del
procedimento. ... (articolo
ItaliaOggi del 13.12.2010 -
tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI: Piccoli
affidamenti, Più trasparenza.
Gare di progettazione
con tetto al ribasso; scelta del progettista
con il criterio dell'offerta economicamente
più vantaggiosa; nuova formula per
attribuire i punteggi per le offerte
economiche; più trasparenza per i piccoli
affidamenti; nell'appalto integrato
obbligatoria la qualificazione progettuale e
maggiori tutele per il pagamento del
compenso del progettista.
Sono questi alcuni dei punti di maggiore
rilievo contenuti nel regolamento del Codice
dei contratti pubblici.
Le gare di progettazione.
Uno degli elementi di maggiore rilievo è
l'obbligo per le stazioni appaltanti di
indicare un limite massimo ai ribassi sul
prezzo; l'effetto sarà quello di rendere
tale elemento ininfluente rimanendo la
scelta del progettista fondata su
valutazioni di tipo prevalentemente
qualitativo.
Le amministrazioni potranno stabilire nel
bando che l'apertura delle buste economiche
avvenga soltanto a condizione che il
concorrente abbia superato un determinato
valore del punteggio per la parte tecnica.
L'aggiudicazione degli incarichi per servizi
di ingegneria e architettura verrà
effettuata con il criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, anche se il
Codice prevede anche il massimo ribasso.
Viene introdotta una nuova formula per
attribuire i punteggi all'elemento prezzo
quando si aggiudica con il criterio
dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
che avrà l'effetto di limitare i ribassi
eccessivi attribuendo in maniera non lineare
i punteggi. ... (articolo
ItaliaOggi del 13.12.2010 -
tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI:
Sull'esclusione dalla
partecipazione alle procedure di affidamento
delle concessioni e degli appalti pubblici
dei soggetti che hanno commesso violazioni,
definitivamente accertate, rispetto agli
obblighi di pagamento delle imposte e tasse.
Il disposto normativo di cui all'art. 38,
comma primo, lett. g), del Codice dei
Contratti Pubblici (D.Lgs. n. 163 del 2006),
nella parte in cui dispone l'esclusione
dalla partecipazione alle procedure di
affidamento delle concessioni e degli
appalti pubblici dei soggetti che hanno
commesso violazioni, definitivamente
accertate, rispetto agli obblighi di
pagamento delle imposte e tasse, tende a
porre sul medesimo piano ontologico tutte le
condotte comunque finalizzate all'evasione
dell'imposta, senza alcuna distinzione in
ordine agli strumenti ed agli eventuali
raggiri adoperati e, dunque, al grado di
pericolosità delle condotte poste in essere.
Ciò che rileva in materia, invero, non è la
tutela del corretto prelievo fiscale come
previsto nell'ordinamento tributario, ma
soltanto l'affidabilità dei soggetti che
contrattano con l'amministrazione,
affidabilità che viene meno tanto nel caso
di omessi e ritardati pagamenti quanto nel
caso di sottrazione di materia imponibile
caratterizzata da artifici e raggiri
contabili e quale che sia l'entità
dell'evasione accertata (TAR Emilia
Romagna-Bologna, Sez. I,
sentenza 10.12.2010 n. 8108 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: G.U.
10.12.2010 n. 288, suppl. ord. n. 270/L, "Regolamento
di esecuzione ed attuazione del decreto
legislativo 12.04.2006, n. 163, recante
«Codice dei contratti pubblici relativi a
lavori, servizi e forniture in attuazione
delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»"
(D.P.R. 05.10.2010 n. 207):
-
1^ parte -
2^ parte -
3^ parte.
---------------
ATTENZIONE:
in vigore dall'08.06.2011 e NON dal
09.06.2011 (siccome evidenziato qua e là nel
web ...). |
APPALTI:
Sulla esclusione della
possibilità di partecipare alla gara in più
di un raggruppamento temporaneo o consorzio
ordinario di concorrenti ovvero in forma
individuale qualora il medesimo soggetto
abbia partecipato alla medesima gara in
raggruppamento o consorzio ordinario.
Il divieto di cui all'art. 37, comma 7, del
D.Lgs. n. 163 del 2006 -che esclude la
possibilità di partecipare alla gara in più
di un raggruppamento temporaneo o consorzio
ordinario di concorrenti, ovvero, ancora, in
forma individuale qualora il medesimo
soggetto abbia partecipato alla medesima
gara in raggruppamento o consorzio
ordinario- non può trovare applicazione
rispetto a quelle gare caratterizzate dalla
divisione dell'appalto in più lotti, con la
facoltà, per gli eventuali concorrenti, di
partecipare anche per un singolo lotto
risultando ammissibile, quindi, che di
questi possa avere un diverso
aggiudicatario.
In tali ipotesi, nelle quali si può
affermare che il bando di gara sia un atto
ad oggetto plurimo (più gare, tante quante
sono i lotti, svolte nell'ambito del
medesimo contesto temporale), venuta meno
l'unitarietà della gara, nulla impedisce ad
una impresa di partecipare in forma singola
per determinati lotti ed in raggruppamento
temporaneo per altri escludendo, in tal
senso, l'applicabilità della norma sopra
richiamata.
In tema di appalti pubblici, costituiscono
elementi sintomatici della circostanza che
la gara indetta non abbia carattere unitario
ma si caratterizzi, piuttosto, quale
pluralità di gare svolte nel medesimo
contesto temporale, da un lato, la
suddivisione dell'appalto in singoli lotti
caratterizzati da autonoma aggiudicabilità
-ovvero dal fatto che le procedure
concorsuali siano dirette alla conclusione
di tanti contratti di appalto quanti sono i
lotti- e dall'altro lato, come riscontro
esterno a siffatto regime, la formazione di
distinte graduatorie in relazione ad ognuno
dei lotti.
In siffatta ipotesi, posto che l'offerta
relativa ad un lotto non è in grado di
interferire con le offerte riguardanti gli
altri lotti e, quindi, di inficiare il
risultato della procedura con violazione
della concorrenza, deve essere esclusa
l'applicabilità dell'art. 37, comma 7, del
D.Lgs. n. 163 del 2006 (TAR Lazio-Roma, Sez.
I-ter,
sentenza 09.12.2010 n. 35960 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
E’ illegittima
l’adozione di atto comportante dichiarazione
di pubblica utilità, che non sia stata
preceduta dalla comunicazione di avvio del
procedimento ai proprietari dell’area
interessata dalla costruzione, non potendosi
ritenere sufficiente la comunicazione
dell’avvio per la fase successiva.
La reiterazione di un vincolo preordinato
all’esproprio finalizzato ad uno specifico
intervento, poiché destinato ad incidere su
una posizione giuridica determinata, deve
essere preceduto dall’avviso di avvio del
procedimento (Adunanza Plenaria Consiglio di
Stato, n. 7 del 2007).
Tale obbligo di comunicare l’avvio del
procedimento non può considerarsi superfluo,
in via di fatto, neanche se afferente ad una
procedura di rinnovazione di precedente
progetto di opera pubblica o di
dichiarazione di pubblica utilità stante la
precedente conoscenza da parte dei
proprietari di una precedente procedura
ablatoria.
Quando l’amministrazione attivi una nuova
procedura ablatoria (rinnovo della
dichiarazione di pubblica utilità e vincoli
decaduti) deve indefettibilmente comunicare
l’avviso di inizio del procedimento, per
stimolare l’eventuale apporto collaborativo
del privato (così, Consiglio di Stato, IV,
17.04.2003, n. 2004 e Plenaria n. 7/2007).
La comunicazione di avvio del procedimento
deve avvenire non al momento dell'adozione
del decreto di occupazione di urgenza, ma in
relazione ai precedenti atti di approvazione
del progetto e di dichiarazione della
pubblica utilità dell'opera. Quando ciò non
avviene, anche il decreto di occupazione di
urgenza è viziato per illegittimità
derivata, essendo necessario che la
partecipazione degli interessati sia
garantita già nell'ambito del pregresso
procedimento autorizzatorio, in cui vengono
assunte le determinazioni discrezionali in
ordine all'approvazione del progetto
dell'opera e alla localizzazione della
stessa (così, per esempio, Consiglio Stato,
sez. IV, 18.03.010, n. 1616).
Inoltre, anche nella ipotesi in cui fosse
ancora efficace il vincolo preordinato, ma
fossero venuti meno gli effetti della
dichiarazione di pubblica utilità, per il
rinnovo di questa occorrerebbe il rispetto
della normativa riguardante tale specifica
fase del procedimento, possibile solo
consentendo una rinnovata partecipazione
dell'espropriando nel rispetto dei principi
desumibili dal t.u. 08.06.2001 n. 327 e
dall'art. 7, l. 07.08.1990 n. 241 (Consiglio
Stato , sez. IV, 12.05.2009, n. 2931).
La dichiarazione di pubblica utilità non è
un subprocedimento del procedimento
espropriativo ma costituisce un procedimento
autonomo che si conclude con un atto di
natura provvedimentale, che incide
direttamente sulla sfera giuridica del
proprietario ed è immediatamente lesivo, con
la conseguenza che appare necessaria la
partecipazione degli interessati, nel corso
della fase che precede la dichiarazione di
pubblica utilità, avendo il fine di
consentire la rappresentazione degli
interessi privati coinvolti prima che sia
disposta la dichiarazione di pubblica
utilità per realizzare una ponderata
valutazione degli interessi in conflitto
(così Consiglio Stato, sez. III, 07.04.2009,
n. 479 e Adunanza Plenaria n. 7 del 2007 su
menzionata).
Costituisce principio generale ed
inderogabile dell'ordinamento vigente che al
privato, proprietario di un'area sottoposta
a procedimento espropriativo per la
realizzazione di un'opera pubblica, deve
essere garantita, mediante la formale
comunicazione dell'avviso di avvio del
procedimento, la possibilità di interloquire
con l'amministrazione procedente sulla sua
localizzazione e, quindi, sull'apposizione
del vincolo, prima della dichiarazione di
pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza
e, quindi, dell'approvazione del progetto
definitivo, né sarebbe invocabile come
esimente dal dovere in questione il disposto
dell'art. 13, comma 1, l. 07.08.1990 n. 241,
in quanto detta norma si riferisce ai soli
atti a contenuto generale (Consiglio Stato,
sez. IV, 29.07.2008, n. 3760) (commento
tratto da www.documentazione.ancitel.it -
Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 09.12.2010 n. 8688 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Gara
- Clausole del bando di gara di dubbia
interpretazione - Ammissione di tutte le
offerte - Legittima -Applicazione del
principio del "Favor partecipationis".
In presenza di clausole del bando di dubbia
interpretazione e, come tali, idonee ad
indurre in errore i concorrenti, è legittimo
il comportamento dell'Amministrazione che
ammette alla procedura selettiva tutte le
imprese che hanno presentato l'offerta, in
applicazione del principio di matrice
comunitaria del favor partecipationis (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 09.12.2010 n. 7479 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Appalti pubblici,
regolamento in Gazzetta il 10 dicembre.
Il regolamento del Codice dei contratti
pubblici sarà pubblicato sulla gazzetta
Ufficiale del 10.12.2010 e il testo entrerà
in vigore il 09.06.2011, cioè 180 gg. dopo
la pubblicazione in gazzetta.
Il corposo testo regolamentare verrà
pubblicato in un supplemento ordinario alla
gazzetta di venerdì p.v. con le note
normative ... (articolo
ItaliaOggi dell'08.12.2010 - link
a www.ecostampa.com). |
APPALTI:
Nell'ipotesi in cui
concorrente di una gara d'appalto sia un
RTI, è sufficiente che il possesso della
certificazione ISO 14001 sia valutato con
riferimento alla sola impresa capogruppo.
Sull'illegittimità della specificazione dei
sub-criteri e sub-punteggi svolta da una
commissione di gara, in assenza di
un'espressa previsione del bando in tal
senso.
Nell'ipotesi in cui, in materia di appalti
pubblici, concorrente sia un raggruppamento
temporaneo di imprese, la valutazione
relativa ai requisiti di idoneità tecnica ed
economica può farsi cumulando i connotati
posseduti da ciascuna impresa, salvo si
tratti di requisiti che, per prescrizione di
legge, o espressa disposizione della
normativa di gara o, ancora, per loro
intrinseca natura, debbano essere
necessariamente posseduti da ciascuna delle
concorrenti riunite. Dette forme di
aggregazione di imprese mirano ad ampliare
la dinamica concorrenziale, consentendo di
sommare tra loro i requisiti posseduti dai
singoli membri del raggruppamento. Nel caso
di specie, ai fini del possesso della
certificazione ISO 14001, è sufficiente
valutarne la sussistenza in capo alla sola
capogruppo mandataria, in mancanza di una
specifica previsione.
E' illegittima l'attività di articolazione e
specificazione dei sub-pesi e sub-punteggi,
svolta dalla commissione di gara, in quanto
la stessa vìola l'art. 83 del d.lgs. n.
163/2006; la Commissione CE ha aperto, sul
punto, una procedura d'infrazione nei
confronti dell'Italia, in quanto ha ritenuto
che la predetta norma sia incompatibile con
le direttive comunitarie, secondo cui i
criteri di aggiudicazione dell'appalto,
nonché la relativa ponderazione ed il loro
ordine di importanza, devono essere
espressamente prescritti dal bando e dalla
documentazione di gara (TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 07.12.2010 n. 6717 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Le valutazioni in ordine
alla gravità delle condanne e alla loro
incidenza sulla moralità professionale
spettano esclusivamente alla stazione
appaltante.
La mancata allegazione di un documento o di
una dichiarazione previsti a pena di
esclusione non può considerarsi alla stregua
di un’irregolarità sanabile e, quindi, non
ne è permessa l’integrazione o la
regolarizzazione postuma, non trattandosi di
rimediare a vizi puramente formali, tanto
più quando non sussistano equivoci o
incertezze generati dall’ambiguità di
clausole della legge di gara, sicché la
fattispecie normativa di cui all’art. 46 del
d.lgs. n. 163 del 2006 non può servire a
sopperire alla carenza di un documento o di
una dichiarazione sostitutiva, pena la
violazione della par condicio tra i
concorrenti.
La comunicazione all’Autorità va fatta non
solo nel caso di riscontrato difetto dei
requisiti di ordine speciale in sede di
controllo a campione, ma anche in caso di
riscontrato difetto dei requisiti di ordine
generale senza necessità quindi di una
particolare motivazione per un onere di
natura vincolata, espressione dell’obbligo
di segnalazione all’Autorità di Vigilanza
sui contratti pubblici di tutte le false
dichiarazioni rese in sede di gara, ivi
comprese quelle relative ai requisiti di
carattere generale.
La giurisprudenza ha ripetutamente rilevato
che, per avere corredato l’offerta di
un’attestazione falsa o comunque non
conforme al modello imposto dalle norme di
gara, la ditta è per ciò solo soggetta
all’esclusione, posto che la mancata
dichiarazione incide non già sugli effetti
delle condanne taciute quanto piuttosto
sulla situazione di infedeltà, reticenza o
inaffidabilità della ditta stessa (v., da
ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 08.10.2010 n.
7349).
Né ostava all’esclusione dalla gara
l’asserita circostanza che il pregresso
illecito penale fosse intrinsecamente
inidoneo ad incidere sulla moralità
professionale della concorrente.
Ribadito che l’esistenza di false
dichiarazioni circa i precedenti penali si
configura come causa autonoma di esclusione,
va altresì ricordato che, per costante
giurisprudenza (v., ex multis, Cons.
Stato, Sez. V, 11.05.2010 n. 2822), le
valutazioni in ordine alla gravità delle
condanne e alla loro incidenza sulla
moralità professionale spettano
esclusivamente alla stazione appaltante e
non già all’impresa, la quale è pertanto
obbligata ad indicare tutte le condanne
riportate, senza poterne autonomamente
operare una selezione sulla base di meri
criteri personali; è necessario, in altri
termini, che gli offerenti rendano
dichiarazioni complete e veritiere, con
l’esatta indicazione di tutti i precedenti
penali –salvo quelli espressamente esclusi
dalla lex specialis di gara–, in modo
da mettere la stazione appaltante in
condizione di svolgere la prescritta
valutazione sulla moralità professionale
dell’impresa concorrente.
Il che è tanto più vero, così escludendo
anche eventuali incertezze in chi è chiamato
a compilare il modello, quando –come nella
fattispecie– le norme di gara specifichino,
con apposita clausola, che vanno dichiarate
tutte le condanne penali e che è riservato
alla stazione appaltante ogni apprezzamento
in merito alla rilevanza degli illeciti
accertati dal giudice penale, onde il
silenzio del concorrente diviene causa di
estromissione dalla gara perché frutto
dell’inosservanza di una prescrizione della
lex specialis posta a pena di
esclusione (v. Cons. Stato, Sez. VI,
24.06.2010 n. 4019).
Né si tratta,
del resto, di prescrizione illegittima,
anche se impone ai concorrenti di informare
l’Amministrazione di qualsiasi precedente
penale, indipendentemente dalla natura del
reato e della pena irrogata.
Come la giurisprudenza ha avuto occasione di
precisare, simili disposizioni si presentano
ragionevoli, proporzionate e non
discriminatorie, perché mirano ad accelerare
la procedura di gara e a dare alla stazione
appaltante la certezza che non vengano
commesse omissioni che rischiano se non
altro di ritardare il corso del procedimento
e di aumentare il contenzioso, neppure
potendosi ipotizzare un contrasto con il
diritto comunitario –secondo il quale è
causa di esclusione solo la condanna per
gravi reati incidenti sulla moralità
professionale–, per non ostare il diritto
comunitario a che ulteriori cause di
esclusione siano previste dal legislatore
nazionale o dal bando di gara, purché
proporzionate e ragionevoli, e a che la
lex specialis imponga adempimenti
formali a pena di esclusione in funzione di
accelerazione della procedura di gara (v.
Cons. Stato, Sez. VI, n. 4019/2010 cit.).
-------------
Non ha poi ragione la ricorrente di invocare
la facoltà di cui all’art. 46 del d.lgs. n.
163 del 2006, e quindi l’indebita omessa sua
ammissione a fornire chiarimenti o a
completare la dichiarazione presentata in
sede di gara. Ed invero –come è stato ancora
di recente osservato (v. Cons. Stato, Sez.
V, 02.08.2010 n. 5084)– la mancata
allegazione di un documento o di una
dichiarazione previsti a pena di esclusione
non può considerarsi alla stregua di
un’irregolarità sanabile e, quindi, non ne è
permessa l’integrazione o la
regolarizzazione postuma, non trattandosi di
rimediare a vizi puramente formali, tanto
più quando non sussistano equivoci o
incertezze generati dall’ambiguità di
clausole della legge di gara, sicché la
fattispecie normativa di cui all’art. 46 del
d.lgs. n. 163 del 2006 non può servire a
sopperire alla carenza di un documento o di
una dichiarazione sostitutiva, pena la
violazione della par condicio tra i
concorrenti.
---------------
Le restanti censure investono la
segnalazione all’Autorità di Vigilanza sui
contratti pubblici e l’escussione della
garanzia provvisoria, misure che la
ricorrente ritiene prive di copertura
normativa o comunque non assistite da idonea
motivazione.
Sennonché, quanto alla prima, è stato già
rilevato che la comunicazione all’Autorità
va fatta non solo nel caso di riscontrato
difetto dei requisiti di ordine speciale in
sede di controllo a campione, ma anche in
caso di riscontrato difetto dei requisiti di
ordine generale (v. Cons. Stato, Sez. VI,
04.08.2009 n. 4907), senza necessità quindi
di una particolare motivazione per un onere
di natura vincolata, espressione
dell’obbligo di segnalazione all’Autorità di
Vigilanza sui contratti pubblici di tutte le
false dichiarazioni rese in sede di gara,
ivi comprese quelle relative ai requisiti di
carattere generale (v. TAR Valle d’Aosta
10.03.2010 n. 21); quanto alla seconda,
invece, va ricordato che la possibilità di
incamerare la cauzione discende direttamente
dall’art. 75, comma 6, del d.lgs. n. 163 del
2006, a tenore del quale la cauzione copre “…la
mancata sottoscrizione del contratto per
fatto dell’affidatario …”, posto che è
da considerare tale qualunque ostacolo alla
stipulazione riconducibile all’impresa, e
quindi non solo il rifiuto di stipulare o il
difetto di requisiti speciali, ma anche il
difetto di requisiti generali (v. Cons.
Stato, Sez. VI, n. 4907/2009 cit.; v.,
inoltre, TAR Umbria 26.06.2009 n. 361)
(TAR Emilia
Romagna-Parma,
sentenza 07.12.2010 n. 523 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sul divieto di
avvalimento a cascata.
E' legittimo il provvedimento di esclusione
adottato da una stazione appaltante nei
confronti di un concorrente che, al fine di
integrare il possesso dei requisiti
richiesti dal bando di gara, sia ricorso ad
un soggetto che, a sua volta, abbia fatto
riferimento ad un altro, in quanto ciò
realizza una fattispecie vietata di
avvalimento a cascata.
Nel caso di specie, l'impresa ausiliaria ha
indicato i servizi svolti da un'altra
società, che, a sua volta, ha usufruito dei
requisiti posseduti da un soggetto
giuridicamente distinto, ma ad essa
collegata da vincoli di gruppo societario.
L'ordinamento prevede il collegamento
societario quale presupposto per
l'avvalimento, da parte di un concorrente,
dei requisiti posseduti da un altro
soggetto. In siffatta ipotesi, l'art. 49 del
d.lgs. n. 163/2006 consente di provare la
sussistenza del vincolo giuridico mediante
una dichiarazione di appartenenza al gruppo
societario, dispensando l'ausiliata dalla
produzione di apposito contratto di
avvalimento.
Il collegamento societario non si cumula con
l'avvalimento, ma ne rappresenta un
possibile fattore, atto a dimostrare una
comunanza di interessi fra i due soggetti
ricorrenti al prestito dei requisiti (TAR
Campania, Napoli, Sez. I,
sentenza 06.12.2010 n. 26798 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Inadempimento
contrattuale della P.A. Si alla liquidazione
della svalutazione monetaria.
Nell’ipotesi di impresa illegittimamente
pretermessa e che sicuramente sarebbe
divenuta l’aggiudicataria dell’appalto, va
riconosciuto il lucro cessante, rapportato
all’utile che l’impresa avrebbe conseguito
ove vi fosse stata l’aggiudicazione in suo
favore, da determinarsi in via equitativa
nella misura del 10% dell’offerta effettuata
dalla ricorrente, comprensiva sia dei costi
affrontati dalla società per la
presentazione dell’offerta, sia della
diminuzione del peso imprenditoriale della
società per omessa acquisizione
dell’appalto, tenendo conto della mancata
dimostrazione da parte della ricorrente di
non aver potuto utilizzare mezzi e
maestranze.
In tali casi la quantificazione deve
necessariamente fondarsi sul criterio
equitativo e presuntivo, non potendosi a
fornire principi di prova diversi da quelli,
fondamentali, dell’offerta effettuata nella
procedura di gara e dal fatto di esercitare
professionalmente attività d’impresa.
Il risarcimento dei danni da inadempimento
contrattuale, cui va ricondotta la
fattispecie in esame, costituisca un debito
non di valuta ma di valore. Pertanto, deve
tenersi conto della svalutazione monetaria
intervenuta, senza la necessità di
dimostrare il danno maggiore. Sulla somma
rivalutata decorrono gli interessi, che non
costituiscono una duplicazione risarcitoria,
atteso che la rivalutazione e gli interessi
adempiono funzioni diverse (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 06.12.2010 n. 8549 -
link a www.litis.it). |
APPALTI SERVIZI: GARA
DISTRIBUZIONE GAS NATURALE.
L’affidamento della
concessione del servizio di distribuzione
del gas naturale non può essere effettuato
attraverso una procedura negoziata, senza
previa pubblicazione di bando di gara, in
quanto il comma 4° dell’articolo 30 del
Codice dei contratti (D.Lgs n. 163/2006), in
tema di concessione di servizi, fa
espressamente salve discipline specifiche,
che prevedono forme più ampie di tutela
della concorrenza quali, appunto, quelle di
cui al D.Lgs. n. 164/2000. Il Collegio
riconosce che l'articolo 14 del citato
D.Lgs. n. 164/2000 si riferisce
genericamente a “gare”, senza specificarne
la tipologia (aperta, ristretta o
negoziata), ma osserva che lo stesso
articolo, al comma 5°, introduce principi di
concorrenza e di ampia partecipazione, che
lasciano intendere il disfavore del
Legislatore verso affidamenti diretti o a
mezzo di procedure non ad evidenza pubblica.
E’ quanto statuito dal TAR Marche, Sez. I,
nella
sentenza 06.12.2010 n. 3412, ove
si affronta in modo compiuto la delicata
problematica della corretta tipologia di
gara per il conferimento del servizio di
distribuzione gas naturale.
Nell’attesa della concreta attivazione degli
A.TE.M., che dovrà comportare l’obbligo di
gara su unico bacino, è insorto il delicato
problema se i Comuni possano indire la
procedura di gara, tenendo conto anche delle
indicate scadenze al 31.12.2010 e 2012.
Secondo un primo orientamento, patrocinato
soprattutto dalla Corte dei conti (parere
sez. Lombardia, n. 225 del 17.02.2010),
l’indizione di singole gare, da parte dei
Comuni, pregiudicherebbe ed indebolirebbe la
concreta attivazione del nuovo sistema,
fondato sugli Ambiti Territoriali Minimi.
Viceversa, secondo un’oramai corposa
giurisprudenza (Tar Brescia, nn. 266/2008,
662/2008 e 1221/2009) è ben possibile
l’indizione di gara, anche nell’attesa
dell’entrata in operatività degli A.TE.M.,
primariamente al fine di non vanificare i
principi comunitari di apertura al mercato e
di promozione della competizione
concorrenziale. Secondo tale secondo
indirizzo, il principio comunitario di
concorrenza non può che prevalere sulle pur
corrette esigenze di razione istituzione ed
attivazione dei bacini.
Orbene, se i Comuni, in forma singola od
associata (art. 14, comma 1°, D.Lgs n.
164/2000), in aderenza al secondo
orientamento, desiderano procedere ad una
selezione, quale tipologia di “gara”
deve essere indetta? Una procedura aperta,
ristretta o negoziata?
Come si è anticipato, il decreto Letta,
all’articolo 14, parla di “gara”,
senza, tuttavia, specificarne la tipologia.
Ora, l’articolo 30 del Codice dei contratti
pubblici, cui ha fatto riferimento il Comune
di Ascoli Piceno, disciplina le concessioni
di servizi ed, al comma 3°, stabilisce che:
“la scelta del concessionario deve
avvenire nel rispetto dei principi
desumibili dal Trattato e dei principi
generali relativi ai contratti pubblici e,
in particolare, dei principi di trasparenza,
adeguata pubblicità, non discriminazione,
parità di trattamento, mutuo riconoscimento,
proporzionalità, previa gara informale a cui
sono invitati almeno cinque concorrenti, se
sussistono in tale numero soggetti
qualificati in relazione all'oggetto della
concessione, e con predeterminazione dei
criteri selettivi”.
Il Comune di Ascoli Piceno ha ritenuto di
utilizzare il predetto articolo 30, sulla
base della considerazione, non contestata
dal Tar, che il servizio di distribuzione
gas naturale dia luogo ad una concessione di
servizi. Il problema, ad avviso del Tar, non
risiede nella qualificazione giuridica, ma
nella corretta interpretazione ed
applicazione dell’articolo 30.
Ad avviso dei giudici amministrativi
marchigiani, oltre l’indicato comma 3°, il
quale prevede sicuramente la procedura
negoziata senza previo bando di gara
(utilizzata dal Comune), occorre tener conto
anche del successivo comma 4°. Tale
disposizione normativa stabilisce che “sono
fatte salve discipline specifiche che
prevedono forme più ampie di tutela della
concorrenza”. Ora, secondo il Tar
Marche, non vi è dubbio che tali “discipline
specifiche” debbano essere individuate
nel decreto Letta.
Infatti, se è vero che il D.Lgs. n. 164/2000
si riferisce genericamente a “gare”,
senza specificarne la tipologia (aperta,
ristretta o negoziata), occorre, ad ogni
modo, tener conto del fatto che il comma 5°
dell’articolo 14 introduce principi di
concorrenza e di ampia partecipazione, “che
lasciano intendere il disfavore del
legislatore, nel settore in esame, verso
affidamenti diretti o a mezzo di procedure
non ad evidenza pubblica, che vanno quindi
intese come eventuale eccezione alla regola
generale dell'affidamento mediante procedura
aperta o ristretta previa pubblicazione di
un bando”.
La soluzione interpretativa del Tar Marche
può essere accolta, in quanto, al di là di
un precedente giurisprudenziale in tal
senso, invero antecedente al Codice
(Consiglio di Stato, sez. V, n. 4322/2003),
si palesa conforme all’articolo 54 del
Codice, secondo il quale procedura aperta e
procedura ristretta costituiscono e
rappresentano gli ordinari modelli di scelta
del contraente, mentre le negoziate possono
essere utilizzate solo alle “condizioni
specifiche espressamente previste”
(commento tratto dalla newsletter di
www.centrostudimarangoni.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sì al regolamento
appalti.
Via libera
della Corte dei conti al Regolamento appalti
che però bocciando alcuni articoli del testo
riapre la partita della qualificazione per i
lavori specialistici. Il testo di attuazione
del codice degli appalti si avvia così verso
la pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale»
che potrebbe già avvenire nel corso della
settimana.
La Corte però non ha ammesso a registrazione
una delle norme più controverse del
Regolamento: l'articolo 79, comma 21. Si
tratta di quella disposizione inserita dopo
lo stralcio dell'allegato A1, che conteneva
l'elenco di attrezzature obbligatorie per
qualificarsi nei lavori specialistici.
Il tentativo di mettere un freno alla
possibilità anche per le imprese generali di
ottenere la qualificazione nelle
specialistiche si era arenato, un po' per le
proteste dei costruttori generali di Ance e
Agi, un po' per i rilievi dell'Autorità di
vigilanza sui contratti. Matteoli aveva
stralciato l'allegato e rinviato la
difficile partita a un successivo decreto.
Ma i giudici contabili non hanno accettato
un ulteriore rinvio.
Pollice verso anche per un altro articolo
del testo, quello che apriva la possibilità
ai tecnici degli enti locali di essere
remunerati con le tariffe professionali. ...
(articolo
Il Sole 24 Ore del 06.12.2010 -
tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI:
Art. 38 e doveri della
stazione appaltante.
La stazione appaltante ha il dovere di
esprimere un giudizio rispetto alle condanne
dichiarate dai concorrenti in sede di gara.
Così ha deciso il Consiglio di Stato, Sez.
V, con la
sentenza 03.12.2010 n. 8535.
Nel caso di specie, relativo all’affidamento
dei lavori di rifacimento di un tratto
stradale, uno dei concorrenti aveva
impugnato l’esclusione dalla gara comminata
per violazione dell’articolo 38 del Codice
dei contratti.
I giudici di Palazzo Spada affrontando la
questione, posta all’esame del Tar Piemonte
in primo grado, affermano un principio
fondamentale per l’agire delle stazioni
appaltanti.
Mettendo in luce la discrezionalità delle
amministrazioni nella valutazione delle
condanne riportate dai concorrenti “fermo
restando, pertanto, il dovere dei
concorrenti di dichiarare lealmente tutte le
condanne subite”, si sostiene che da
questo principio “non può non discendere
il dovere della stazione appaltante di
motivare in maniera congrua il proprio
giudizio, non solo quando questo propenda
per il carattere ostativo delle eventuali
condanne, ma anche nella diversa ipotesi in
cui una condanna penale –pur sussistente–
sia reputata irrilevante e comunque non
incidente sull’affidabilità del concorrente.”
La decisione della stazione appaltante circa
l’incisione o meno della condanna dichiarata
dal concorrente sulla sua moralità
professionale deve essere necessariamente
supportata da un giudizio conoscibile per
coloro che interagiscono con
l’amministrazione, “il problema, infatti,
non è la logicità o meno del giudizio nella
specie espresso dalla stazione appaltante,
ma la mancanza di tale giudizio, ossia
l’impossibilità di interpretare in un senso
o nell’altro il silenzio serbato sulla
condanna riportata da uno dei concorrenti.”.
In conclusione, il dovere per le
amministrazioni aggiudicatrici, illustrato
nella sentenza, discende da elementari
principi di trasparenza e par condicio, in
quanto deve essere tutelato l’interesse
degli altri concorrenti a conoscere il
perché determinati pregiudizi penali siano
giudicati ostativi ed altri no (commento
tratto da
www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Massimo
ribasso cum grano salis. Sentenza del
Consiglio di stato sugli appalti.
Illegittimo prevedere
nelle gare d'appalto il criterio di
aggiudicazione del massimo ribasso, se le
prestazioni previste nel capitolato non
siano standardizzate, ma richiedano
completamenti o miglioramenti da parte delle
ditte offerenti. In questo caso, infatti, è
illogico riferirsi solo al prezzo e risulta,
simmetricamente, necessario utilizzare il
criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa.
Lo dice il Consiglio di stato, Sez. V, nella
sentenza 03.12.2010 n. 8408.
Palazzo Spada non nega che la scelta del
criterio di aggiudicazione da utilizzare per
ogni singola gara rientri nel pieno
apprezzamento discrezionale di ciascuna
amministrazione, considerando che, ai sensi
della normativa comunitaria e del d.lgs
163/2006 il massimo ribasso e l'offerta
economicamente più vantaggiosa sono
equiordinati.
Esiste, tuttavia, un principio di logica
tecnica al quale riferirsi.
Il criterio del prezzo più basso è
caratterizzato da un notevole automatismo ed
è l'unico elemento preso in considerazione
per l'aggiudicazione: si presta, dunque, a
un utilizzo coerente se le obbligazioni
contrattuali siano univocamente considerate.
L'offerta economicamente più vantaggiosa si
basa su una pluralità di elementi variabili
(prezzo, qualità, pregio tecnico, servizi
successivi) ed è più idonea per prestazioni
non precisamente individuate in modo
immodificabile e chiuso dal capitolato.
Pertanto, laddove la legge speciale della
gara attribuisca particolare rilievo ad
aspetti qualitativi e variabili
dell'offerta, la scelta del criterio del
massimo ribasso appare illogica e, come
tale, illegittima.
Nel caso esaminato dalla sentenza,
l'amministrazione appaltante aveva scelto il
criterio del massimo ribasso per un noleggio
di attrezzature informatiche, arricchito da
servizi di manutenzione, rifacimento di
locali e impiantistica, assistenza tecnica e
formazione professionale. Il capitolato per
molte delle voci componenti la prestazione
ha previsto che le specifiche tecniche
descritte fossero soltanto soluzioni «minime»,
soggette a miglioramento progettuale, da
parte degli offerenti; oppure, il capitolato
richiedeva agli offerenti di proporre
soluzioni tecniche alternative e
migliorative di quelle indicate.
Pertanto, il capitolato ha descritto in modo
analitico le specifiche tecniche, ma non le
ha considerate fisse o «standard»,
richiedendo espressamente addirittura
migliorie progettuali o qualitative (articolo
ItaliaOggi del 10.12.2010 -
tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI:
Limiti alla scelta del
criterio di aggiudicazione.
La scelta del criterio di aggiudicazione
–prezzo più basso o offerta economicamente
più vantaggiosa– rientra tra i poteri
discrezionali della stazione appaltante che
si determina a ciò in base alle
caratteristiche dell’appalto, avendo di mira
unicamente il rispetto del principio di
libera concorrenza e della selezione della
migliore offerta (Corte di Giustizia C.E.
sent. 7 ottobre causa C- 247/02, Cons. St.
Sez. IV, 23.09.2008, n. 4613, Sez. VI,
03.06.2009, n. 3404).
Se dunque i criteri sono astrattamente
equiordinati, la scelta deve orientarsi
tenendo presente l’unicità e l’automatismo
del criterio del prezzo più basso e la
pluralità e variabilità dei criteri
dell’offerta economicamente più vantaggiosa,
quali il prezzo, la qualità, il pregio
tecnico, il servizio successivo alla
vendita, l’assistenza tecnica, ecc..
Ricorda il Consiglio di Stato, Sez. V, con
la recente
sentenza 03.12.2010 n. 8408 che,
il criterio così prescelto
dall’amministrazione appaltante, può essere
oggetto di sindacato solo in caso di
manifesta illogicità, inadeguatezza o
travisamento.
Ed è manifestamente illogica la scelta del
criterio di aggiudicazione del prezzo più
basso, quando la lex specialis di
gara conferisce rilievo ad aspetti
qualitativi variabili dell’offerta, in
riferimento al particolare valore
tecnologico delle prestazioni, al loro
numero, al livello quantitativo e
qualitativo dei servizi di formazione del
personale e di manutenzione delle
apparecchiature.
In questi casi, infatti, la pluralità di
elementi presi in considerazione si pone in
contrasto con la caratteristica unicità del
criterio del prezzo più basso, comportando
la violazione degli articoli 81 e 82 del
d.lgs. n. 163 del 2006.
Nel caso di specie, il collegio ha avuto
modo di ribadire che la scelta del criterio
del prezzo più basso, non può giustificarsi
facendo riferimento ad esigenze di
contenimento della spesa pubblica; tale
motivazione non consente infatti di superare
il principio di adeguatezza del criterio di
aggiudicazione rispetto alle caratteristiche
dell’oggetto dell’appalto sancito dall’art.
81, c. 2 del Codice dei contratti (cfr.
Cons. Stato, Sez. V, 26.02.2010 n. 1154)
(commento tratto da
www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Soggetto legittimamente
escluso dalla gara - Fasi ulteriori della
procedura concorsuale - Deduzione di vizi -
Legittimazione - Esclusione - Ragioni.
Sulla scorta dei principi espressi nell’A.P.
n. 1/2010, il soggetto legittimamente
escluso dalla gara risulta privo di
legittimazione e/o carente di interesse con
riferimento alla deduzione dei vizi relativi
alle ulteriori fasi della procedura
concorsuale in quanto, tenuto conto che
l'accoglimento del ricorso con riferimento
al provvedimento di aggiudicazione
definitiva in favore dell'impresa
controinteressata comporterebbe non già
l'aggiudicazione dell'appalto in favore
della ricorrente, ma la ripetizione della
gara, l'interesse strumentale alla
rinnovazione della gara può essere
perseguito soltanto dall'impresa che non è
stata esclusa dalla gara: l'offerente che è
stato legittimamente escluso dalla
selezione, infatti, non può vantare
un'aspettativa giuridica diversa e più
qualificata di quella che si può riconoscere
ad un qualunque altro soggetto che non abbia
partecipato alla selezione stessa e che
aspira ad eseguire l'appalto, previa
partecipazione ad una successiva gara e sua
conseguente aggiudicazione(cfr. TAR Veneto,
I, n. 2313/2010 e n. 6015/2010) (TAR Veneto,
Sez. I,
sentenza 03.12.2010 n. 6340 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sussiste l'obbligo, in
capo ad un RTI, di indicare le parti del
servizio che saranno eseguite da ciascuna
delle imprese associate.
In materia di gare pubbliche per
l'affidamento di un appalto di servizi, ai
sensi dell'art. 37, c. 4, d.lgs. n.
163/2006, sussiste l'obbligo, in capo ad un
RTI, di indicare nella propria offerta le
parti del servizio che saranno eseguite da
ciascuna delle imprese facenti parte del
raggruppamento, trattandosi, per la stazione
appaltante, di un dato conoscitivo
essenziale al fine di verificare il possesso
dei richiesti requisiti di idoneità.
La ratio del predetto obbligo
consiste nel consentire una maggiore
speditezza nella fase di esecuzione del
contratto, essendo in tal modo più agevole
individuare il responsabile della
prestazione delle singole parti dell'appalto
(TAR Sicilia-Catania, Sez. III,
sentenza 03.12.2010 n. 4613 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
SERVIZI PUBBLICI LOCALI/
Dismissione delle partecipate, il termine
del 31/12 è ordinatorio. Per l'associazione
dei comuni basta che la procedura venga
avviata entro fine anno.
Dismissione delle
società a partecipazione comunale che
producono beni o servizi non strettamente
necessari al perseguimento delle finalità
istituzionali da deliberare entro il
31.12.2010.
In vista dell'imminente scadenza
l'Associazione nazionale comuni italiani
(Anci), con una circolare del 3 novembre
scorso, fa il punto sul divieto previsto
dall'art. 3, comma 27, della legge 244/2007
in materia di società partecipate dagli enti
locali.
Come noto l'art. 3 della Finanziaria 2008 ha
stabilito dei limiti alla costituzione e
alla partecipazione in società per le
amministrazioni pubbliche, introducendo il
divieto di «costituire società aventi per
oggetto attività di produzione di beni e di
servizi non strettamente necessarie per il
perseguimento delle proprie finalità
istituzionali» e di «assumere o
mantenere direttamente partecipazioni, anche
di minoranza, in tali società» e
prevedendo, al tempo stesso, nel successivo
comma 29, il predetto termine del 31
dicembre per la cessione delle
partecipazioni vietate.
Per prima cosa la circolare si sofferma
sull'esame della norma in questione
preoccupandosi di definirne l'ambito di
applicazione e illustrando le deroghe
previste dalla stessa. ... (articolo
ItaliaOggi del 03.12.2010 - link
a www.ecostampa.com). |
APPALTI:
Sull'omissione
dell'adempimento prescritto dall'art. 79,
d.lgs. n. 163/2006, che obbliga di
comunicare l'avvenuta aggiudicazione
definitiva al secondo classificato prima di
stipulare il contratto.
Sulle false dichiarazioni rese in fase di
gara e sul giudizio di congruità
dell'offerta.
L'omissione dell'adempimento prescritto
dall'art. 79, d.lgs. n. 163/2006, che impone
di comunicare l'avvenuta aggiudicazione
definitiva al secondo classificato prima di
stipulare il contratto, non incide sulla
legittimità dell'aggiudicazione ma
semplicemente sulla decorrenza del termine
per l'impugnazione anche in ragione della
natura ordinatoria del termine previsto dal
citato art. 79 ult. comma.
---------------
Le false dichiarazioni rese in fase di gara
e rilevanti ai fini dell'adozione delle
misure sanzionatorie di cui all'art. 75 dpr
554/1999, recepito nell'attuale art. 38 del
d.lgs. n. 163/2006, sono solo quelle
relative al possesso dei requisiti di
partecipazione, sia di carattere speciale
che di carattere generale; mentre, nel caso
di specie, la presunta falsa dichiarazione
riguarda soltanto, relativamente all'offerta
tecnica, l'impiego di personale rilevante ai
fini dell'attribuzione di un maggior
punteggio.
Peraltro, l'eventuale mancata indicazione,
in sede di giustificativi, dei costi
relativi ad alcune voci dell'offerta, non
costituisce elemento da cui potere dedurre
la falsità della dichiarazione contenuta
nell'offerta tecnica, potendo piuttosto
assumere rilevanza soltanto in seno alla
procedura di verifica della congruità
complessiva dell'offerta.
---------------
Ai sensi dell'art. 86 del d.lgs. n.
163/2006, nelle gare indette per
l'aggiudicazione di appalti con la P.A., le
offerte debbono essere corredate, sin dalla
presentazione, delle giustificazioni di cui
al successivo art. 87, c. 2, relative alle
voci di prezzo che concorrono a formare
l'importo complessivo, e se queste non sono
ritenute sufficienti ad escludere
l'incongruità dell'offerta, la stazione
appaltante provvede a richiedere
l'integrazione dei documenti giustificativi,
procedendo all'esclusione solo all'esito
dell'ulteriore verifica, da svolgersi in
contraddittorio con l'impresa interessata;
nella valutazione dei giustificativi,
l'amministrazione è tenuta a considerare
l'affidabilità complessiva dell'offerta, e
non già a limitarsi ad aspetti risultanti da
singole voci che, in ipotesi, si discostino
dai valori medi di mercato.
La verifica di congruità dell'offerta,
quindi, è espressione di un potere
discrezionale del committente, sindacabile
entro limiti segnati dalla manifesta
illogicità, erroneità o travisamento dei
fatti, e si sostanzia in un giudizio globale
e sintetico sulla serietà o meno
dell'offerta nel suo insieme.
La sua motivazione, pertanto, non deve
essere puntuale ed analitica nel caso di
offerta ritenuta congrua, essendo
sufficiente che la stessa sia sintetica ed
espressa "per relationem" alle
giustificazioni rese dall'impresa
interessata.
Quindi, qualora l'Amministrazione ritenga
convincenti le giustificazioni fornite,
incombe, sul concorrente che contesta
l'aggiudicazione, l'onere di individuare
specifici elementi da cui il G.A. possa
evincere che la valutazione effettuata dalla
P.A. sia manifestamente irragionevole (TAR
Lazio-Roma, Sez. II,
sentenza 02.12.2010 n. 35031 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Offerte anomale - RUP -
Pronuncia sull’anomalia dell’offerta -
Incompetenza.
Non è compito del RUP pronunciare
sull’anomalia dell’offerta di gara: la
Commissione deve operare un proprio, diretto
apprezzamento della relazione tecnica
redatta dal RUP e degli specifici contenuti
di essa.
L’ufficio (anche se competente nel settore
al quale attiene l’oggetto della gara) può,
infatti, dare pareri d’ordine tecnico,
ragguagli ed altri elementi utili alla
valutazione delle offerte presentate in sede
di gara con aggiudicazione all’offerta più
vantaggiosa, ma non può essere rimesso allo
stesso il giudizio definitivo sulla
congruità delle offerte allorché sia stata
costituita un’apposita Commissione
valutatrice, la cui semplice presa d’atto
dell’attività compiuta dal RUP non soddisfa
all’esigenza che la valutazione delle
offerte non venga -nei suoi contenuti
concreti e, in special modo, nelle sue
tematiche di rilevanza
giuridico-interpretativa- sottratta al
vaglio dell’organo specificamente deputato a
valutare i contenuti delle offerte stesse.
Attraverso la valutazione dell’anomalia,
infatti, viene posta in essere una concreta
attività valutativa dei contenuti
dell’offerta non di carattere comparativo,
ma pur sempre preordinata ad indagare sugli
specifici contenuti dell’offerta stessa,
sulla sua affidabilità e sulla piena
rispondenza, a questo stesso fine, delle
giustificazioni addotte originariamente o di
quelle integrative eventualmente richieste
(Consiglio di Stato, sez. VI, 15.07.2010, n.
4584) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 02.12.2010 n. 14243 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
La valutazione di
congruità di un'offerta può essere motivata
per relationem.
Il giudizio di anomalia dell'offerta
richiede una motivazione rigorosa ed
analitica ove si concluda in senso negativo;
nel caso, invece, di valutazione di
congruità dell'offerta anomala, non occorre
che la relativa determinazione sia fondata
su un'articolata motivazione ripetitiva
delle medesime giustificazioni ritenute
accettabili o espressiva di ulteriori
apprezzamenti, essendo sufficiente anche una
motivazione espressa per relationem
alla giustificazioni rese dall'impresa
vincitrice, sempre che queste siano a loro
volta congrue ed adeguate (TAR Piemonte,
Sez. I,
sentenza 02.12.2010 n. 4370 -
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APPALTI:
Anomalia dell’offerta -
Giudizio di congruità - Motivazione per
relationem alle giustificazioni presentate
dall’offerente - Legittimità.
Il giudizio di non anomalia, ovvero di
congruità dell’offerta non richiede, di
regola, una motivazione puntuale ed
analitica, poiché le giustificazioni
presentate dall’offerente possono costituire
per relationem la motivazione del
provvedimento.
Si impone invece una valutazione
particolarmente diffusa ed analitica nel
caso di giudizio di anomalia, che porta a
non procedere all’aggiudicazione (TAR
Piemonte, Sez. I, 01.11.2008, n. 2858;
Consiglio di Stato, Sez. VI, 03.11.2010, n.
7759; in terminis anche Consiglio di
Stato, Sez. V, 22.2.2010, n. 1029) (TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 02.12.2010 n. 4370 -
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APPALTI:
Sull'illegittimità
dell'esclusione di un concorrente che abbia
omesso di rispettare una procedura meramente
formale con riguardo alla produzione dei
documenti richiesti dalla legge di gara.
In materia di appalti pubblici sussiste
l'obbligo, in capo alla stazione appaltante,
di invitare il concorrente ad integrare la
documentazione prodotta, nell'ipotesi di
mera irregolarità della stessa.
E' illegittimo il provvedimento di
esclusione adottato da una stazione
appaltante nei confronti di un concorrente
che pur avendo presentato la documentazione
richiesta dalla lex specialis di
gara, abbia tuttavia omesso di allegarla
all'offerta secondo le modalità previste dal
bando, ciò in quanto, se, da un lato, per
pacifica giurisprudenza, la presenza di
un'espressa comminatoria di esclusione della
domanda di partecipazione, a fronte del
mancato rispetto di determinate
prescrizioni, impone l'esecuzione
incondizionata della previsione, d'altra
parte, qualora la formulazione letterale del
bando risulti dubbia, va prescelta
l'interpretazione più favorevole ad
agevolare la massima partecipazione alla
gara, anche alla luce dei principi
comunitari in detta materia.
Peraltro, in base all'interpretazione
letterale e logica, la predetta clausola,
nella parte in cui abbia previsto una causa
di esclusione, non può riguardare anche le
modalità di presentazione della
documentazione.
-------------
E' illegittimo l'operato di una stazione
appaltante che, a fronte di una mera
irregolarità da parte di un concorrente,
abbia omesso di inoltrare l'invito ad
integrare la documentazione, in applicazione
dell'art. 76 del d.lgs. n. 163/2006, ciò in
quanto la L. n. 241/1990 tende a
semplificare al massimo il procedimento
amministrativo e le sue formalità e, quindi,
a rendere sanabili tutte le irregolarità
documentali non espressamente sanzionate dal
bando e non incidenti sul procedimento,
ovvero sulla par condicio di coloro che vi
partecipano.
E ciò, tanto più nell'ipotesi in cui tali
irregolarità appaiano riconducibili ad una
non perspicua formulazione delle regole del
procedimento da parte dell'Amministrazione
appaltante (TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter,
sentenza 01.12.2010 n. 34856 -
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APPALTI:
Non è necessaria la
previa comunicazione di avvio del
procedimento nell'ipotesi di emissione di
informativa interdittiva.
Sulla portata della norma introduttiva
dell'informativa prefettizia, in riferimento
alla tutela anticipata nella lotta alla
criminalità organizzata, al fine di cogliere
l'affidabilità dell'impresa aggiudicataria
di un appalto pubblico. In particolare: sul
potere discrezionale del Prefetto in ordine
all'accertamento dell'infiltrazione mafiosa.
Secondo un consolidato orientamento
giurisprudenziale, in materia di procedure
per l'affidamento di appalti pubblici, non
si ravvisa la necessità della previa
comunicazione di avvio del procedimento
nell'ipotesi di emissione dell'informativa
interdittiva e delle conseguenti delibere
incidenti sul rapporto concessorio e/o
contrattuale, in quanto trattasi di
procedimenti in materia di tutela antimafia,
come tali caratterizzati intrinsecamente da
riservatezza ed urgenza.
-------------
Secondo consolidata giurisprudenza,
l'istituto dell'informativa prefettizia, di
cui agli artt. 4 del d.lgs. n. 490/1994 e 10
del D.P.R. n. 252/1998, è una tipica misura
cautelare di polizia, preventiva ed
interdittiva, che prescinde
dall'accertamento, in sede penale, di uno o
più reati connessi all'associazione di tipo
mafioso; non occorre la prova dell'effettiva
infiltrazione mafiosa all'interno
dell'impresa, né del reale condizionamento
delle scelte del concorrente da parte di
soggetti mafiosi; è, invero, sufficiente il
"tentativo di infiltrazione"; tale
scelta è coerente con le caratteristiche del
fenomeno mafioso, il quale non
necessariamente si concreta in fatti
univocamente illeciti, potendosi arrestare
alla soglia dell'intimidazione; la
formulazione generica del tentativo di
infiltrazione mafiosa, rilevante ai fini del
diritto, comporta l'attribuzione, in capo al
Prefetto, di un ampio margine discrezionale
in sede di accertamento; ne consegue che la
valutazione prefettizia è sindacabile in
sede giurisdizionale solo nell'ipotesi di
manifesti vizi di eccesso di potere per
illogicità, irragionevolezza e travisamento
dei fatti.
Tuttavia, al fine di salvaguardare i
principi di legalità e certezza del diritto,
non possono reputarsi sufficienti
fattispecie fondate su mere congetture prive
di riscontro fattuale, occorrendo invece
l'individuazione di circostanze sintomatiche
di concreti collegamenti con la criminalità
organizzata (TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 01.12.2010 n. 26527 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Informativa antimafia -
Comunicazione di avvio del procedimento -
Necessità - Esclusione.
Non è richiesto il previo intervento della
comunicazione di avvio del procedimento in
occasione dell’emissione dell’informativa
interdittiva e dei conseguenti provvedimenti
incidenti sul rapporto concessorio e/o
contrattuale, poiché si tratta di
procedimenti in materia di tutela antimafia,
come tali caratterizzati intrinsecamente da
riservatezza ed urgenza (cfr. Consiglio di
Stato, Sez. VI, 29.02.2008 n. 756; Consiglio
di Stato, Sez. V, 12.06.2007 n. 3126 e
28.02.2006 n. 851).
Informativa antimafia -
Artt. 4 del d.lgs. n. 490/1994 e 10 d.PP.R.
n. 252/1998 - Elementi caratterizzanti -
Sufficienza del tentativo di infiltrazione -
Ampia discrezionalità di apprezzamento.
I tratti caratterizzanti l’istituto
dell’informativa prefettizia, di cui agli
artt. 4 del d.lgs. n. 490/1994 e 10 del
d.P.R. n. 252/1998, ruotano intorno ai
seguenti concetti:
- si tratta di una tipica misura cautelare
di polizia, preventiva e interdittiva, che
si aggiunge alle misure di prevenzione
antimafia di natura giurisdizionale e che
prescinde dall’accertamento in sede penale
di uno o più reati connessi all’associazione
di tipo mafioso; non occorre né la prova di
fatti di reato, né la prova dell’effettiva
infiltrazione mafiosa nell’impresa, né la
prova del reale condizionamento delle scelte
dell’impresa da parte di associazioni o
soggetti mafiosi;
- è sufficiente il “tentativo di
infiltrazione” avente lo scopo di
condizionare le scelte dell’impresa, anche
se tale scopo non si è in concreto
realizzato (cfr. Consiglio di Stato, Sez.
IV, 30.05.2005 n. 2796 e 13.10.2003 n.
6187);
- tale scelta è coerente con le
caratteristiche fattuali e sociologiche del
fenomeno mafioso, che non necessariamente si
concreta in fatti univocamente illeciti,
potendo fermarsi alla soglia
dell’intimidazione, dell’influenza e del
condizionamento latente di attività
economiche formalmente lecite;
- la formulazione generica, più sociologica
che giuridica, del tentativo di
infiltrazione mafiosa rilevante ai fini del
diritto comporta l’attribuzione al Prefetto
di un ampio margine di accertamento e di
apprezzamento;
- l’ampia discrezionalità di apprezzamento
riservata al Prefetto genera, di
conseguenza, che la valutazione prefettizia
è sindacabile in sede giurisdizionale solo
in caso di manifesti vizi di eccesso di
potere per illogicità, irragionevolezza e
travisamento dei fatti (cfr. Consiglio di
Stato, Sez. VI, 17.05.2006 n. 2867 e n.
1979/2003).
Informativa antimafia -
Valutazioni discrezionali non ancorate a
presupposti tipizzati - Parametri non
determinati normativamente - Necessità di
idonei e specifici elementi di fatto
rivelatori di concrete connessioni o
collegamenti con la criminalità organizzata.
Poiché le informative antimafia di cui
all’art. 10, comma 7, lettera c), del d.P.R.
n. 252/1998 sono fondate su valutazioni
discrezionali non ancorate a presupposti
tipizzati, i tentativi di infiltrazione
mafiosa possono essere desunti anche da
parametri non predeterminati normativamente;
tuttavia, per salvaguardare i principi di
legalità e di certezza del diritto, non
possono reputarsi sufficienti fattispecie
fondate sul semplice sospetto o su mere
congetture prive di riscontro fattuale,
occorrendo l’individuazione di idonei e
specifici elementi di fatto, obiettivamente
sintomatici e rivelatori di concrete
connessioni o collegamenti con la
criminalità organizzata (cfr. TAR Sicilia
Palermo, Sez. III, 13.01.2006 n. 38; TAR
Campania Napoli, Sez. I, 19.01.2004 n. 115;
Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2867/2006)
(TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 01.12.2010 n. 26527 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'esclusione di un'impresa risultata
inadempiente, dopo l'aggiudicazione
provvisoria della gara, in ordine agli
obblighi contributivi di cui all'art. 38 del
d.lgs. n. 163/2006.
La regolarità contributiva delle imprese che
partecipano a gare pubbliche è requisito
indispensabile non solo per la
partecipazione, ma soprattutto ai fini della
stipulazione del contratto d'appalto, sicché
l'impresa è tenuta ad essere in regola con
gli obblighi contributivi dall'istanza di
partecipazione e per tutto il periodo di
esecuzione del contratto, essendo siffatta
regolarità sicuro indice della correttezza
dell'impresa nei rapporti con le maestranze.
Inoltre, è irrilevante un eventuale
adempimento tardivo dell'obbligazione
contributiva, pur se ricondotto,
retroattivamente, al momento della scadenza
del termine di pagamento, posto che ciò
gioverebbe soltanto nell'ambito delle
reciproche relazioni sottostanti al rapporto
obbligatorio, e non già nei confronti della
stazione appaltante, in relazione alla quale
rileva, per contro, soltanto l'esigenza di
un puntuale rispetto degli obblighi
incombenti sull'appaltatore, per effetto di
parametri normativi e/o contrattuali
espressione di affidabilità dell'impresa.
Ne consegue che, è legittimo il
provvedimento di esclusione adottato da una
stazione appaltante nei confronti di
un'impresa risultata inadempiente nei
confronti degli obblighi contributivi ai
sensi dell'art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, a
seguito di verifica effettuata
successivamente all'aggiudicazione
provvisoria della gara. Peraltro, il bando
di gara imponeva alla P.A. di non
considerare rilevanti eventuali
regolarizzazioni successive del DURC (TAR
Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 01.12.2010 n. 2768 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
novembre 2010 |
|
APPALTI:
P. Michielan,
Il debutto del preavviso di ricorso
giurisdizionale negli appalti pubblici
(link a http://venetoius.myblog.it). |
APPALTI:
M. Faviere, Il nuovo Regolamento al codice
dei Contratti pubblici:
slides (novembre 2010 - link a
www.centrostudimarandoni.it). |
APPALTI:
M. Alesio, Il nuovo Regolamento al codice
dei Contratti pubblici:
commento (novembre 2010 - link a
www.centrostudimarandoni.it). |
APPALTI:
M. Alesio,
Le ultime novità in materia di contratti
pubblici. La tracciabilità dei flussi
finanziari alla luce delle prime ed
informali indicazioni dell'Autorità
(novembre 2010 - link a
www.centrostudimarandoni.it). |
APPALTI:
C. Rapicavoli,
D.L. 12.11.2010 n. 187 - Tracciabilità dei
flussi finanziari - Nota illustrativa
dell'ANCI (link a
www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Il termine di impugnazione decorre dalla
comunicazione del provvedimento lesivo nella
sua forma integrale (link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI: «Sì»
della Corte dei conti al regolamento
appalti. La Corte dei conti approva il
regolamento sul codice degli appalti.
Provvedimento atteso da tre anni.
La Corte dei conti ha dato ieri l'ultimo via
libera al regolamento del Codice degli
appalti. Si chiude il lungo iter di questo
provvedimento, atteso da tre anni e rimasto
incagliato proprio alla Corte dei conti
nella sua prima versione firmata dall'allora
ministro delle Infrastrutture, Antonio Di
Pietro.
Uno scenario che per un momento si è temuto
si ripetesse anche con la versione rivista
dal ministro Altero Matteoli: la sezione
della Corte dei conti distaccata alle
Infrastrutture aveva licenziato il
regolamento per le sezioni riunite con
corpose osservazioni. Che ieri però, dopo
l'intervento dei tecnici di Matteoli, sono
state in gran parte superate.
A questo punto manca soltanto la
pubblicazione in Gazzetta (attesa fra
qualche settimana), e una lunga vacatio
di 180 giorni per avere tutta la normativa
sugli appalti racchiusa in un testo unico,
anche se con più di 700 articoli.
Ma sul punto che ha tenuto bloccato il
regolamento per mesi (il conflitto tra
imprese generali civili e imprese
specialistiche per l'accesso al mercato) la
Corte dei conti ieri non ha messo la parola
fine. ... (articolo
Il Sole 24 Ore del 30.11.2010 -
tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI: Appalti,
ecco la riforma.
Al via il pei forformance bond oltre i Z5
milioni di euro, le norme sulla validazione
dei progetti, i limiti ai ribassi nelle gare
di progettazione.
Al via il performance
bond nei lavori oltre 75 milioni, le norme
sulla validazione dei progetti, i limiti ai
ribassi nelle gare di progettazione, i nuovi
requisiti di qualificazione delle imprese;
bloccata e inattuata la disciplina sulle
opere superspecialistiche.
È questo l'effetto della registrazione,
avvenuta ieri da parte della Corte dei conti
a sezioni riunite, dello schema di
regolamento del codice dei contratti
pubblici che adesso andrà in Gazzetta
Ufficiale per la pubblicazione (a norma di
legge deve avvenire entro un mese dall'invio
del testo) ... (articolo
ItaliaOggi del 30.11.2010 -
tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI:
Sull'ambito di
applicazione dell'obbligo previsto dall'art.
38, c. 1, lett. b) e c), del d.lgs. n.
163/2006, nell'ipotesi di cessione d'azienda
o di un ramo di essa.
Sull'illegittimità dell'ammissione di
un'impresa ad una gara d'appalto,
nell'ipotesi in cui la stessa abbia omesso
di rendere la dichiarazione relativa ad una
eventuale fusione, incorporazione od
acquisizione totale o parziale, a "qualsiasi
titolo", di altra impresa.
Le dichiarazioni di cui all'art. 75 del
D.P.R. n. 554/1999, trasposto nel d.lgs. n.
163/2006, riguardando la soggettività,
affidabilità e serietà del dichiarante,
devono coinvolgere anche l'imprenditore
cedente, il quale è assoggettato ai medesimi
oneri declaratori degli amministratori e
direttori tecnici cessati; tuttavia, in
difetto di una previsione legislativa in tal
senso o della stessa lex specialis, i
suddetti obblighi non possono imputarsi
anche alle altre imprese che, in quanto
interessate da siffatti mutamenti in via
indiretta, non sono da considerarsi "cessionarie".
---------------
E' illegittima l'ammissione di un
concorrente ad una gara, nell'ipotesi in cui
lo stesso abbia omesso di rendere la
dichiarazione relativa ad un'eventuale
fusione, incorporazione od acquisizione
totale o parziale, a qualsiasi titolo, di
altra impresa, ciò in quanto, qualora la
lex specialis preveda l'obbligo di
rilasciare la predetta dichiarazione a pena
di esclusione, nonché i nominativi dei
soggetti tenuti alla dichiarazione di cui
all'art. 38, comma 1, lett. b) e c), del
d.lgs. n. 163/2006, con riferimento al
triennio antecedente la data di
pubblicazione del bando, tale obbligo
assumerà rilievo anche in ordine alle
acquisizioni di aziende, o rami di esse,
avvenute per effetto della partecipazione a
procedure fallimentari di vendita coattiva.
A maggior ragione nell'ipotesi in cui, come
nel caso di specie, l'avvenuta acquisizione
del ramo d'azienda abbia dato luogo ad un
vero e proprio trasferimento di proprietà
(TAR Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 29.11.2010 n. 14196 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Nel
bando di gara possono essere previsti
requisiti di partecipazione ristretti e
selettivi solo quando tali criteri
rispondano ad esigenze oggettive
dell'Amministrazione e non appaiano
sproporzionati, specie avuto riguardo
all’oggetto dell’appalto e all'esigenza di
non ridurre, oltre lo stretto
indispensabile, la platea dei potenziali
concorrenti e di non precostituire
situazioni di privilegio.
E' vero che
la stazione appaltante ha il potere
discrezionale di fissare i requisiti di
partecipazione ad una gara, ma tale potere
va esercitato secondo criteri di
ragionevolezza, parità di trattamento ed
efficienza della azione amministrativa,
nonché dei principi, di derivazione
comunitaria, di concorrenza ed apertura del
mercato degli appalti pubblici (TAR
Lombardia Milano, sez. III, 27.08.2006, n.
1877).
Ne deriva che possono essere previsti
requisiti di partecipazione ristretti e
selettivi solo quando tali criteri
rispondano ad esigenze oggettive
dell'Amministrazione e non appaiano
sproporzionati, specie avuto riguardo
all’oggetto dell’appalto e all'esigenza di
non ridurre, oltre lo stretto
indispensabile, la platea dei potenziali
concorrenti e di non precostituire
situazioni di privilegio (TAR Lombardia,
Milano, Sez. I, 18.06.2007, n. 5269; cfr.,
più di recente: Cons. Stato, sez. V,
04.08.2010, n. 5201) (TAR Lombardia-Milano,
Sez. I,
sentenza 29.11.2010 n. 7404 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Le
quote di partecipazione devono essere
indicate già al momento della presentazione
della domanda.
La legittimazione di un’impresa ad eseguire
l’appalto deve essere tale da garantire
affidabilità e professionalità mediante il
possesso di requisiti di capacità tecnica,
organizzativa e finanziaria adeguati e
corrispondenti ai servizi (o lavori) da
svolgere; tale garanzia viene invece ad
essere disattesa ove si opini diversamente
in omaggio a criteri che privilegino
l’unicità dell’ATI, unicità che invece
risulta irrilevante quando vi è il
frazionamento delle prestazioni fra le varie
imprese componenti della stessa, salvo il
riferimento alla flessibilità organizzativa
propria dell’avvalimento, istituto
ammissibile solo in presenza di particolari
condizioni, nella specie insussistenti.
Tale regola si pone a presidio della
garanzia che le commesse pubbliche vengano
affidate a persone fisiche o giuridiche che
dimostrino affidabilità e professionalità
commisurate all’entità dei lavori o dei
servizi che devono svolgere, in ossequio ai
principi di buon andamento, efficienza ed
efficacia dell’azione amministrativa, sicché
non vi è ragione per ritenere tale garanzia
non necessaria negli appalti di servizi,
tanto più ove gli stessi riguardino attività
di rilevante e preminente interesse
pubblico, ove vengono in gioco interessi e
diritti primari della collettività.
L'indicazione delle quote di partecipazione
si rivela dunque requisito di ammissione
alla gara e deve quindi provvedersi a tale
incombente nella domanda di partecipazione
alla gara e non in sede di esecuzione del
contratto (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR
Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 29.11.2010 n. 2733 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Dall’Autorità le regole per l’affidamento
dei contratti pubblici mediante procedura
negoziata.
Il Codice dei Contratti (D.Lgs. 163/2006)
limita il ricorso alla procedura negoziata,
in particolare quella senza previa
pubblicazione di un bando di gara, a
situazioni ben definite che possono
definirsi “eccezionali”.
Dall’esame degli elementi acquisiti
nell’ambito dell’attività dell'Autorità per
la Vigilanza sui Contratti Pubblici (AVCP),
sono emersi -secondo quanto evidenziato
dalla stessa Autorità- dati preoccupanti
circa il ricorso “disinvolto” allo
strumento della procedura negoziata
effettuato da alcune stazioni appaltanti.
In particolare sono state evidenziate
problematiche relative:
- all’obbligatorietà della motivazione;
- all’artificioso frazionamento dell’importo
degli appalti;
- all’insussistenza dei motivi d’urgenza
assunti a fondamento del ricorso alla
procedura negoziata ex articolo 57, comma 2,
lettera c;
- alla gestione delle gare con modalità non
conformi alle disposizioni del Codice.
Data la rilevanza dell’argomento l'Autorità
ha predisposto
un vademecum (29.11.2010) per
l’affidamento di appalti sotto soglia con
procedura negoziata,
approfondendo gli aspetti di maggior
rilievo, tra i quali:
- le modalità di selezione degli operatori
economici da invitare a presentare
un’offerta;
- il significato da attribuire
all’espressione “indagine di mercato”;
la necessità o meno di motivare
espressamente il ricorso alla procedura
negoziata;
- le forme di pubblicità da seguire per
ampliare la possibilità di accesso alle
commesse pubbliche.
Entro il 14.12.2010 è possibile inviare
osservazioni e/o segnalazioni di difficoltà
applicative all’Autorità (link a
www.acca.it). |
APPALTI: Appalti
pubblici, corsa ai ritocchi. Le imprese
dovranno integrare i contratti. Pena la
nullità.
Le stazioni appaltanti è opportuno che
adeguino i contratti di appalto, i
subappalti e i subcontratti in essere
(stipulati prima del 07.09.2010) con
l'inserimento della clausola di
tracciabilità; prevista la nullità dei
contratti non adeguati entro il 07.03.2011;
l'applicazione degli obblighi di
tracciabilità riguarda anche professionisti
e studi professionali; la tracciabilità vale
per tutti i subappalti e i subcontratti
necessari all'esecuzione dell'appalto a
prescindere dal grado di affidamento o sub
affidamento.
Sono questi alcuni dei suggerimenti e delle
indicazioni, già operative e applicabili,
fornite dall'Autorità per la vigilanza sui
contratti pubblici con la determinazione n.
8 del 18.11.2010 sulle disposizioni in
materia di tracciabilità dei flussi
finanziari (legge 136/2010 come modificata e
integrata dal decreto legge n. 187 sulla
sicurezza del 12.11.2010).
I contratti da tracciare.
Uno dei punti più delicati della normativa è
quello dell'individuazione dei contratti da
tracciare. Gli articoli 3 e 6 della legge
136/2010 prescrivono l'obbligo di effettuare
pagamenti su conti dedicati, tramite
bonifico bancario o postale, con riguardo a
soggetti quali «gli appaltatori, i
subappaltatori e i subcontraenti della
filiera delle imprese, nonché i
concessionari di finanziamenti pubblici
anche europei a qualsiasi titolo interessati
ai lavori, ai servizi e alle forniture
pubblici».
La determina elenca le figure contrattuali
... (articolo
ItaliaOggi del 29.11.2010 -
tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI SERVIZI: D.
Argenio,
Gli appalti riservati ex art. 52 D.LGS. 163/2006 e la
definizione dei c.d. "laboratori protetti"
(26.11.2010 - link a www.dirittoelegge.it). |
APPALTI SERVIZI: La
procedura competitiva è la via ordinaria per
l’affidamento dei servizi pubblici locali.
Il caso in oggetto attiene ad un affidamento
di servizio pubblico locale quand’era ancora
vigente l’ormai abrogato art. 113 D.Lgs
267/2000. Nello specifico si è trattato
dell’affidamento diretto a Enel del servizio
di illuminazione delle strade comunali.
Servizio che attiene al novero dei servizi
pubblici locali: già storicamente la
pubblica illuminazione era, infatti, inclusa
fra i servizi pubblici comunali ex art. 1,
lett. c), r.d. n. 2578/1925 e nel t.u.l.c.p.
n. 383/1934 -e ribadito dal divieto di
cessione della proprietà degli impianti,
delle reti e delle altre dotazioni destinati
all'esercizio dei servizi pubblici,
introdotto nell'art. 113 del T.U.E.L.
267/2000 (l. n. 448/2001 e d.l. n.
269/2003).
Alla luce dei principi comunitari che
informano la materia, la regola della
selezione competitiva costituisce l’opzione
naturale e primaria (art. 113, comma 5,
lett. a) alla quale è possibile derogare nei
soli casi espressamente previsti dalla
legge.
Alla luce di detti principi, da ultimo
recepiti dall’art. 23-bis, comma 11, del
d.l. n. 112/2008, conv. dalla legge n.
133/2008, deve accedersi ad
un’interpretazione restrittiva
dell’eccezione contemplata dal richiamato
art. 113, comma 14, laddove si consente (rectius,
si consentiva, prima dell’abrogazione della
norma disposta per effetto dell’ art. 12 del
d.P.R. 07.09.2010, n. 168) l’affidamento
diretto del servizio in favore del
proprietario dei beni strumentali necessari
ai fini dell’erogazione del servizio
pubblico.
Detta norma, ratione temporis
vigente, va interpretata nel senso di
consentire l’affidamento diretto solo
nell’ipotesi in cui i beni strumentali siano
integralmente nella proprietà di soggetto
privato diverso dall’amministrazione locale.
Nel caso, oggetto della sentenza, in cui i
beni patrimoniali siano invece solo in parte
nella proprietà di soggetto diverso
dall’amministrazione locale, si riespande la
regola generale in forza della quale, ove il
Comune intenda affidare il servizio nella
sua unitarietà senza procedere ad un
frazionamento (ammesso dal testo del comma
14 cit. prima della sua abrogazione), non è
percorribile la via dell’affidamento diretto
ma occorre seguire la via ordinaria della
procedura competitiva (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 25.11.2010 n. 8232 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Le imprese operanti in
un determinato settore sono legittimate ad
impugnare la delibera di affidamento di un
servizio a trattativa privata ovvero le
determinazioni che riguardano le modalità di
conferimento e di svolgimento del servizio,
e ciò anche al fine di soddisfare
l’interesse strumentale all’indizione o alla
ripetizione di una procedura di gara al fine
di spendere, in seno alla medesima, le
proprie chance competitive.
Alla stregua di un pacifico e condivisibile
principio giurisprudenziale, le imprese
operanti in un determinato settore sono
legittimate ad impugnare la delibera di
affidamento di un servizio a trattativa
privata ovvero le determinazioni che
riguardano le modalità di conferimento e di
svolgimento del servizio, e ciò anche al
fine di soddisfare l’interesse strumentale
all’indizione o alla ripetizione di una
procedura di gara al fine di spendere, in
seno alla medesima, le proprie chances
competitive
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 25.11.2010 n. 8232 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
L’affidamento del
compito di provvedere alla messa a norma del
servizio d’illuminazione delle strade
comunali soggiace alla disciplina dettata
dell’art. 113 del T.U. Enti Locali.
Secondo la
condivisibile interpretazione già offerta
in subiecta materia da questa Sezione
(decisione 16.12.2004, n. 8090) il servizio
di illuminazione delle strade comunali ha
carattere di servizio pubblico locale. Ne
deriva che l’affidamento del compito di
provvedere alla messa a norma, alla
manutenzione ed alla gestione degli impianti
di illuminazione delle pubbliche vie si
sostanza nell’affidamento di un servizio
pubblico locale che soggiace alla disciplina
dettata dal richiamato art. 113 del T.U.
Enti Locali approvato con il d.lgs n.
267/2000.
La Sezione ha nell’occasione osservato che
sono indifferentemente servizi pubblici
locali, ai sensi dell'art. 112, T.U.E.L. n.
267/2000, quelli di cui i cittadini
usufruiscano uti singuli e come
componenti la collettività, purché rivolti
alla produzione di beni e utilità per
obiettive esigenze sociali.
Il Consiglio ha altresì osservato che la
subordinazione al pagamento di un
corrispettivo, rilevante nella prospettiva
abbracciata dal codice dei contratti
pubblici in sede di distinzione tra la
figura dell’appalto e quella della
concessione (art. 2, comma 12) dipende dalle
caratteristiche tecniche del servizio e
della volontà "politica" dell'ente,
ma non incide sulla sua qualifica di
servizio pubblico locale ai fini
dell’applicazione della disciplina di cui al
T.U.E.L.
Relativamente ai servizi pubblici locali,
l'art. 117 T.U.E.L. n. 267/2000 precisa che
la tariffa ne costituisce il corrispettivo
ma non ne definisce il contenuto,
determinato dalla possibilità concreta
dell'ente di dividere sui singoli l'onere
della gestione ed erogazione della
prestazione.
Che lo stesso Titolo V del T.U.E.L. n.
267/2000 disciplini anche i criteri per la
determinazione e la riscossione delle
tariffe non esclude dall'ambito dei servizi
pubblici locali quelli erogati senza un
corrispettivo, sempre che le prestazioni
siano strumentali all'assolvimento delle
finalità sociali dell'ente, come avviene per
il servizio di pubblica illuminazione.
Sul piano interpretativo, il carattere di
servizio pubblico locale dell'illuminazione
delle strade comunali è confermato dai
richiami "storici" -la pubblica
illuminazione era, infatti, inclusa fra i
servizi pubblici comunali ex art. 1, lett.
c), r.d. n. 2578/1925 e nel t.u.l.c.p. n.
383/1934- e ribadito dal divieto di cessione
della proprietà degli impianti, delle reti e
delle altre dotazioni destinati
all'esercizio dei servizi pubblici,
introdotto nell'art. 113 del T.U.E.L.
267/2000 (l. n. 448/2001 e d.l. n. 269/2003)
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 25.11.2010 n. 8232 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
L’annullamento del
provvedimento di esclusione di un offerente
dalla gara, avvenuto dopo la cognizione
delle offerte degli altri offerenti, implica
la rinnovazione della gara sin dalla
presentazione delle offerte.
Secondo orientamento consolidato di questo
Consiglio, condiviso dal Collegio, nei casi
di procedura ad evidenza pubblica improntata
a criteri di valutazione tecnica di natura
discrezionale in ordine alla qualità delle
offerte –quale quella sub iudice, da
svolgere secondo il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa–, a
differenza dalle procedure di aggiudicazione
c.d. automatiche, caratterizzate
dall’assenza in capo alla Commissione di
gara di profili di discrezionalità tecnica o
amministrativa, l’annullamento del
provvedimento di esclusione di un offerente
dalla gara, intervenuto successivamente alla
fase di integrale presa di cognizione e
valutazione delle offerte tecniche ed
economiche degli altri offerenti, implichi
la necessità di una rinnovazione della gara
sin dalla fase della presentazione delle
offerte, a tutela della par condicio
dei concorrenti e dell’imparzialità e
obbiettività del giudizio della Commissione
giudicatrice, potendo invero la conoscenza
del prezzo influenzare i componenti della
commissione nella formazione dei giudizi,
improntati a discrezionalità, sulla qualità
delle offerte tecniche, nonché a garanzia
dell’esigenza di contestualità del giudizio
comparativo, attesa la possibilità –sia pure
astratta– che la ditta riammessa alla gara
abbia a modificare la propria offerta una
volta presa cognizione delle offerte
avversarie (v., ex plurimis, C.d.S.,
Sez. V, 09.03.2009, n. 368; C.d.S., Sez. V,
28.10.2008, n. 5378; C.d.S., Sez. V,
28.03.2008, n. 1296; C.d.S., Sez. V,
03.02.2000, n. 661) (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 25.11.2010 n. 8230 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La condotta gravemente
colpevole di false dichiarazioni può essere
ravvisata solo a fronte di comportamenti
posti in essere al fine di ottenere un
vantaggio in termini competitivi.
La giurisprudenza ha affermato, per le
società, che il principio
(dichiarazione/esclusione) debba estendersi
nei confronti di tutti i soggetti muniti di
concreti poteri di amministrazione.
Sussistono peraltro casi di attenuazione del
rigore della formalità, ove
l’Amministrazione nel predisporre i moduli
di partecipazione induca in qualche modo in
errore il partecipante (con conseguente
ammissibilità di facoltà di regolarizzazione
successiva) –cfr. Tar Sardegna 2273 del
28.08.2010-.
L’orientamento decisamente prevalente -per i
contratti (ordinari)- è nel senso, invece,
che l’obbligo di rendere la dichiarazione
sussiste anche per vicepresidente (cfr.
Consiglio Stato, sez. V, 15.01.2008, n. 36;
TAR Emilia Romagna Bologna, sez. I,
22.04.2010, n. 3795; TAR Campania Napoli,
sez. I, 27.05.2010, n. 9649 e 01.03.2010, n.
1206; TAR Calabria Catanzaro, sez. II,
08.03.2010, n. 311; TAR Sicilia Palermo,
sez. III, 14.12.2009, n. 1910).
Il Tar Lazio 2007 n. 4315 ha sostenuto
invece che “in assenza d'una rigorosa e
specifica norma della lex specialis nei
riguardi pure dei soggetti vicari, non
sussiste alcun obbligo di formulare detta
dichiarazione anche per costoro i cui poteri
siano meramente eccezionali ed occasionali”.
Ma anche il Tar Basilicata, ancor più
recentemente, nella pronunzia sez. I,
22.04.2009, n. 131, ha articolato un
distinguo analogo, sostenendo che “fra
gli amministratori muniti di potere di
rappresentanza rientrano anche i Vice
Presidenti o gli amministratori che
esercitano il potere di rappresentanza in
funzione vicaria, <ma solo quando lo statuto
della persona giuridica li abilita a
sostituire in qualsiasi momento e per
qualsiasi atto il legale rappresentante
della persona giuridica, senza
intermediazione di autorizzazione o di
investitura ulteriore e senza controllo
sull'effettività dell'impedimento e
dell'assenza del legale rappresentante della
persona giuridica>, in quanto l'esercizio
della funzione vicaria conferita al Vice
Presidente può avvenire in qualsiasi momento.”
---------------
La predisposizione di un Modello (incompleto
nelle indicazioni delle dichiarazioni da
rendere –da parte di altri soggetti, oltre
al legale rappresentante-) non può
determinare l’esclusione del concorrente che
si è attenuto a tali indicazioni, in quanto
va riconosciuto sussistente un affidamento
(meritevole di tutela) del partecipante che
ha agito coerentemente alle prescrizioni.
L’omessa indicazione (nel bando e nel
modello) di tutti i soggetti che dovevano
compiere la dichiarazione non può ricadere
in danno al partecipante, con conseguente
ammissibilità della verifica/controllo
successivo, come in effetti è stato
richiesto, in questo caso, fra
aggiudicazione provvisoria e aggiudicazione
definitiva.
Se è vero che la norma di legge può
integrare il bando (integrazione automatica)
non può ignorarsi l’affidamento che questo
crea in ordine alle modalità di redazione
della domanda e delle autodichiarazioni
espressamente contemplate e riportate nel
modulo di partecipazione (che andava solo “completato”
e sottoscritto dalla parte, indicata quale “legale
rappresentante” della Cooperativa
sociale).
L'applicazione dei principi in materia di
favor partecipationis e di tutela
dell'affidamento osta all'esclusione di un
impresa in caso di compilazione dell'offerta
in conformità al facsimile all'uopo
approntato dalla stazione appaltante (cfr.
CS, sez. VI, 10.11.2004, n. 7278).
Peraltro va segnalato che recentemente lo
stesso Consiglio di Stato (cfr. CS, VI,
22.02.2010 n. 1017) esaminando
approfonditamente la reale portata
(sostanziale) della norma (art. 38), in
materia di omessa/erronea dichiarazione e
conseguente rilevanza o meno –a fini
escludenti immediati-, ha inteso aderire
(riconoscendo la sussistenza di pronunzie
non univoche sul punto dello stesso organo
d’appello) ad un orientamento meno
formalistico e più sostanzialistico,
riformando una sentenza del TAR Lombardia,
Brescia, del 2009 n. 1499 (che aveva,
invece, applicato in modo classico e
tradizionale l’art. 38, annullando
l’aggiudicazione per avere l’aggiudicataria
omesso, in sede di domanda di
partecipazione, di rendere in modo integrale
una delle dichiarazioni di cui all’art. 38)
e valorizzando i seguenti aspetti:
- preferendo il diverso orientamento secondo
cui una dichiarazione resa ai sensi della
lettera c) del comma 1 dell’art. 38, d.lgs.
163 anche se radicalmente omessa (ovvero,
non corrispondente alla realtà sottostante)
<non comporti comunque l’esclusione dalla
gara dell’impresa interessata quando non
sussistano in concreto situazioni ostative
alla partecipazione>;
- riconoscendo la necessità di assicurare
che le ipotesi di esclusione vengano
ispirate al canone della tassatività e che
le relative previsioni rispondano ad
effettive esigenze di interesse pubblico, a
fronte di inequivoche previsioni normative;
- attribuendo valore e rilievo all’elemento
che la stessa lex specialis di gara
non prevedeva in alcun modo che la
dichiarazione relativa ai fatti e alle
circostanze di cui all’art. 38, comma 1,
lettera c) del ‘codice’ fosse richiesta a
pena di esclusione.
Ciò significa che lo stesso Consiglio di
Stato ha ritenuto di dover ridurre
drasticamente l’area dell’esclusione
automatica, richiamando anche la figura del
falso innocuo, affrontando la problematica
in termini più sostanzialistici e meno
formalistici, sulla base di una attenta
lettura delle norme, “abbandonando”
l’orientamento tradizionale (dello stesso CS
Sez. V, sent. 3742/2009) che voleva che “il
carattere obbligatorio della dichiarazione
comporterebbe in via necessaria l’esclusione
dalla gara quale mera conseguenza
dell’omessa dichiarazione, a prescindere da
qualunque vaglio in concreto in ordine alla
sussistenza o meno dei requisiti di ordine
generale sottesi alla dichiarazione omessa o
non conforme al vero”.
Spingendosi a sostenere che “trattandosi
di <falso innocuo>, privo di qualsivoglia
offensività rispetto agli interessi
presidiati dalle regole che governano la
procedura di evidenza pubblica, come tale
non è sanzionabile con l’esclusione (Cons.
Stato, Sez. V, sent. 829/2009)” (così CS
2010 n. 1017).
In tale pronunzia il CS ha affermato inoltre
che “un rilevante argomento in favore
della tesi qui condivisa viene fornito dal
diritto comunitario, e segnatamente dalla
previsione di cui all’art. 45 della
direttiva 2004/18/CE in tema di appalti nei
c.d. ‘settori classici’. Secondo la
disposizione da ultimo richiamata, infatti,
il rimedio dell’esclusione dalla gara è
offerto solo in danno dei soggetti i quali
si siano resi ‘gravemente colpevoli di false
dichiarazioni nel fornire le informazioni’
rilevanti ai fini della partecipazione alla
gara. Il che, com’è evidente, depone
univocamente nel senso che la condotta
gravemente colpevole di false dichiarazioni
possa essere ravvisata solo a fronte di
comportamenti posti in essere al fine di
ottenere un vantaggio in termini
competitivi, e non anche in caso di condotte
verosimilmente poste in essere (come nel
caso di specie) per mera dimenticanza o
disattenzione o per inesatta interpretazione
della disposizione, le quali nulla abbiano
arrecato in termini di vantaggio al soggetto
agente, il quale risultava in possesso dei
necessari requisiti di partecipazione, pure
a prescindere dal contenuto (in ipotesi, non
conforme alla realtà sottostante) delle
dichiarazioni in concreto rese” (TAR
Sardegna, Sez. I,
sentenza 25.11.2010 n. 2626 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
Contratti della p.a. - Omessa presentazione
della dichiarazione ex art. 38 D.Lgs.
163/2005 - Conseguenze - Esclusione -
Limiti.
2. Contratti della p.a. - Gara - Offerte -
Tutela della segretezza - Tenuta dei plichi
- Obbligo per la stazione appaltante di
predisporre adeguate cautele - Sussiste -
Omissione - Effetti - Invalidità della gara.
3. Contratti della p.a. - Tenuta della
documentazione di gara - Inosservanza di
norme precauzionali da parte della p.a. -
Rischio di manomissione - Effetti -
Invalidità delle operazioni di gara -
Sussiste.
1.
Deve condividersi l'orientamento
maggioritario secondo il quale l'omessa
presentazione della dichiarazione ex art. 38
D.Lgs. 163/2005 da parte di un'impresa
concorrente non comporta la sua esclusione,
a condizione che non ricorrano in concreto
situazioni ostative alla partecipazione e
salvo che la stazione appaltante,
nell'esercizio del proprio potere
discrezionale, non ritenga di ricollegare
l'adozione del provvedimento di esclusione
alla mera omissione della dichiarazione
(conf. v. Cons. Stato, Sez. VI, 22.02.2010,
n. 1017).
2.
Sulla Commissione giudicatrice grava un
preciso dovere di predisporre idonee cautele
nella conservazione dei plichi a tutela
della loro integrità che devono, altresì,
risultare da apposita verbalizzazione, la
cui omissione comporta l'invalidità della
gara, senza che assumano rilevanza eventuali
tardive dichiarazioni circa le concrete
modalità di custodia dei plichi (conf. v.
Cons. Stato, Sez. V, 12.12.2009, n. 7804).
3.
Qualora dalle risultanze processuali emerga
che, per inosservanza di norme
precauzionali, la documentazione di gara sia
rimasta esposta al rischio di manomissione,
devono ritenersi invalide le operazioni di
gara, senza che a carico dell'interessato
possa configurarsi un onere - del resto
impossibile da adempiere - di provare un
concreto evento di danno (conf. v. Cons. di
stato, Sez. V, 21.05.2010, n. 3203) (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 24.11.2010 n. 7353 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Controversie in materia
di appalto pubblico - Giurisdizione.
Ai fini del riparto della giurisdizione tra
g.o. e g.a., rileva non tanto la
prospettazione compiuta dalle parti, quanto
il "petitum" sostanziale, che va
identificato soprattutto in funzione della "causa
petendi", ossia dell'intrinseca natura
della posizione dedotta in giudizio,
(Cassazione civile, sez. un., 25.06.2010 n.
15323), ne consegue che, qualora il
petitum sostanziale azionato sia una
domanda diretta ad accertare la corretta
esecuzione del contratto di appalto,
l'illegittimità dell'atto di risoluzione e
la persistente vigenza delle obbligazioni
reciprocamente assunte, l'oggetto della
controversia, concentrandosi inequivocamente
sulla disposta risoluzione del contratto,
rientra nella sfera di cognizione del
giudice ordinario.
È pacifica, infatti, l'appartenenza alla
giurisdizione del giudice ordinario delle
controversie in tema di appalto pubblico,
aventi ad oggetto la risoluzione del
contratto con l'appaltatore e l'accertamento
del diritto di quest'ultimo a proseguire il
rapporto con l'Amministrazione committente,
ancorché l'atto rescissorio della P.A. sia
rivestito dalla forma dell'atto
amministrativo, perché è al giudice
ordinario che spetta verificare la
conformità alla normativa positiva delle
regole attraverso cui i contraenti hanno
disciplinato i loro contrapposti interessi e
delle relative condotte attuative (ex
plurimis, TAR Campania Napoli, sez. VII,
05.06.2009 n. 3110; TAR Abruzzo Pescara,
sez. I, 14.07.2009 n. 511; Consiglio Stato,
sez. V, 17.10.2008 n. 5071; Consiglio Stato,
sez. V, 28.12.2006 n. 8070) (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza 24.11.2010 n. 7346 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Le operazioni di esame
delle offerte tecniche ed economiche devono
essere concentrate in una sola seduta, senza
soluzione di continuità.
In base a piani principi, al fine di
assicurare imparzialità, pubblicità,
trasparenza e speditezza all’azione
amministrativa, le sedute di una commissione
di gara devono ispirarsi al principio di
concentrazione e di continuità.
In particolare, le operazioni di esame delle
offerte tecniche ed economiche devono essere
concentrate in una sola seduta, senza
soluzione di continuità, al precipuo fine di
scongiurare possibili influenze esterne ed
assicurare l’assoluta indipendenza di
giudizio dell’organo incaricato della
valutazione (Cons. St. Sez. VI, 16.11.2000,
n. 6128).
Il principio di continuità e di
concentrazione della gara non è
assolutamente insuscettibile di eccezioni,
potendo verificarsi situazioni particolari
che obiettivamente impediscano
l’espletamento delle operazioni in unica
seduta (Cons. St. Sez. V, 18.11.2002, n.
6388, 03.01.2002, n. 5).
Tra queste possono in effetti annoverarsi la
particolare complessità delle valutazioni da
svolgere o l’elevato numero delle offerte da
giudicare.
In tali casi, tuttavia, l’esigenza di
continuità impone comunque l’osservanza,
nello svolgimento delle operazioni, del
minimo intervallo temporale tra una seduta e
l’altra e delle massime garanzie di
conservazione dei plichi contenenti le
singole offerte (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 23.11.2010 n. 8155 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sul principio di
concentrazione e continuità delle operazioni
di gara in materia di appalti pubblici.
Gli adempimenti concernenti la verifica
dell'integrità dei plichi contenenti
l'offerta devono svolgersi in seduta
pubblica.
Al fine di assicurare imparzialità,
pubblicità, trasparenza e speditezza
all'azione amministrativa, le sedute di una
commissione di gara devono ispirarsi al
principio di concentrazione e di continuità.
La fase di valutazione delle offerte
tecniche ed economiche deve essere
concentrata in un'unica seduta, onde poter
scongiurare possibili influenze esterne ed
assicurare l'assoluta indipendenza di
giudizio dell'organo incaricato dell'esame.
Il principio di continuità e concentrazione
della gara è suscettibile di eccezioni,
potendo verificarsi particolari circostanze
che, in concreto, impediscano l'espletamento
delle operazioni nel breve termine, tra cui
la complessità delle valutazioni da svolgere
o l'elevato numero delle offerte da
giudicare. In siffatte ipotesi, tuttavia,
l'esigenza di continuità impone comunque
l'osservanza del minimo intervallo temporale
tra una seduta e l'altra e delle massime
garanzie di conservazione dei plichi
contenenti le singole offerte.
---------------
Devono svolgersi in seduta pubblica gli
adempimenti concernenti la verifica
dell'integrità dei plichi contenenti
l'offerta, sia che si tratti di
documentazione amministrativa sia che si
tratti di documentazione afferente l'offerta
tecnica (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 23.11.2010 n. 8155 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'esclusione di un concorrente per omessa
allegazione della copia fotostatica del
documento d'identità all'offerta economica.
E' legittimo il provvedimento di esclusione
adottato da una stazione appaltante nei
confronti di un concorrente che abbia omesso
di allegare, alla busta contenente l'offerta
economica, copia fotostatica del documento
di identità, come prescritto dal bando di
gara, in quanto nelle gare pubbliche le
regole stabilite dalla lex specialis
vincolano rigidamente la stazione
appaltante, la quale è tenuta ad applicarle
senza alcun margine di discrezionalità nella
loro interpretazione, a tutela della par
condicio ed in virtù del principio generale
che vieta la disapplicazione del bando,
quale atto con cui l'amministrazione si sia,
in origine, autovincolata. A maggior ragione
la commissione non può interpretare
discrezionalmente le norme di gara qualora
le stesse, come nel caso di specie,
contengano espresse clausole "a pena di
esclusione".
Infatti, nell'ipotesi in cui il bando
commini espressamente l'esclusione
obbligatoria in conseguenza di determinate
violazioni, anche soltanto formali,
l'amministrazione è tenuta a dare precisa ed
incondizionata esecuzione a tali previsioni,
senza alcuna possibilità di valutazione
discrezionale circa la rilevanza
dell'inadempimento, l'incidenza di questo
sulla regolarità della procedura selettiva e
la congruità della sanzione contemplata
nella lex specialis.
Peraltro, la giurisprudenza ha chiarito che
deve ritenersi indefettibile la produzione
della copia fotostatica del documento
d'identità nel caso in cui si tratti di
supportare la più importante delle
dichiarazioni di volontà che intervengono
nella procedura concorsuale, vale a dire
l'offerta economica, stante che la
prescritta formalità assolve all'essenziale
funzione di ricondurre al suo autore
l'autenticità dell'apposta sottoscrizione
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 23.11.2010 n. 8152 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: 1.
Contratti della p.a. - Appalto - Gara -
Commissione - Composizione - Art. 84, comma
2, D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 - Esperienza
dei componenti - Interpretazione - Va
valutata in capo alla Commissione nel suo
complesso.
2. Contratti della p.a. - Appalto - Gara -
Offerte - Valutazione - Espressa mediante
voto numerico - Sufficienza - Obbligo di
giustificazione del punteggio attribuito -
Non sussiste.
3. Contratti della p.a. - Appalto - Gara -
Principio di concentrazione e di continuità
- Ratio - Indipendenza della Commissione da
influenze esterne - Violazione - Effetti -
Invalidità della procedura - Sussiste -
Limiti.
1.
Il requisito generale dell'esperienza «nello
specifico settore cui si riferisce l'oggetto
del contratto» previsto, dall'art. 84,
comma 2, D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, per i
componenti della Commissione giudicatrice di
una gara per l'affidamento di un appalto
pubblico, deve essere inteso gradatamente e
in modo coerente con la poliedricità delle
competenze di volta in volta richieste in
relazione alla complessiva prestazione da
affidare; non è necessario, pertanto, che
l'esperienza professionale di ciascun
componente copra tutti i possibili ambiti
oggetto di gara, in quanto è la Commissione,
unitariamente considerata, che deve
garantire quel grado di conoscenze tecniche
richiesto nel caso specifico, in ossequio al
principio di buon andamento della pubblica
amministrazione (conf. v. TAR Sardegna
Cagliari, sez. I, 04.06.2008, n. 1126).
2.
Ai fini della legittima valutazione delle
offerte presentate in occasione di una gara
di appalto è sufficiente l'attribuzione di
un punteggio numerico sulla base di criteri
predeterminati e sufficientemente specifici,
non sussistendo in capo alla Commissione
giudicatrice l'obbligo di giustificare con
espressa motivazione i punti attribuiti per
differenziare le diverse proposte, dovendosi
ritenere l'obbligo della motivazione
soddisfatto dal solo voto numerico (conf. v.
TAR Lombardia Milano, sez. III, 25.02.2008,
n. 424).
3.
Il principio della continuità e della
concentrazione della gara, espressione della
più generale regola della imparzialità e
della par condicio fra i concorrenti, mira
ad assicurare l'indipendenza di giudizio di
chi presiede la gara ed a sottrarlo a
possibili influenze esterne e la sua
violazione può comportare l'invalidità della
procedura soltanto nell'ipotesi in cui il
lasso di tempo che intercorre tra una seduta
e l'altra sia irragionevole e assolutamente
non giustificabile (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 23.11.2010 n. 7320 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Interventi edilizi con
finalità pubblica - Permesso di costruire -
Esclusione - Obbligo di rispettare le regole
e le procedure poste a tutela del territorio
e dell'ambiente - Sussiste - Ente comunale -
Valutazione e verifiche - Attribuzioni e
potestà dell'ente - artt. 10, 14 e 20 D.P.R.
n. 380/2001.
Per i beni e le opere caratterizzati da
finalità pubblica è esclusa la necessità che
gli interventi siano preceduti dal permesso
di costruire (Cass. Penale, Sez. III,
09/05/2008, sent. n. 18900, Vinci e altri).
Tale conclusione non comporta affatto che al
Comune sia sottratto l'esercizio delle
prerogative che discendono dalla legge e
venga meno l'obbligo di rispettare le regole
e le procedure poste a tutela del territorio
e dell'ambiente.
L'ente comunale, nell'approvare i progetti
di intervento proposti dal concessionario
dovrà, tra le altre valutazioni di utilità e
di coerenza con gli interessi pubblici,
effettuare una verifica del rispetto delle
regole in vigore, comprese quelle fissate ai
fini urbanistici e ambientali.
Spetterà, peraltro, al consiglio comunale e
gli organismi preposti dell'ente adottare
eventuali interventi correttivi e
integrativi delle regole che si assuma
necessario aggiornare o modificare nei
limiti delle attribuzioni e delle potestà
dell'ente (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 22.11.2010 n. 41033 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
R. Camporesi,
Holding comunali, attività finanziaria e
modelli di governance (link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
S. Sileoni e L. Archimi,
Le partecipazioni dei comuni nelle società
che gestiscono i servizi pubblici locali
aventi rilevanza economica. L'art. 14, c.
32, del d.l. 78/2010 ed il principio di
specialità dell'art. 23-bis, c. 2, lett. b)
e c. 3 del d.l. 112/2008 in subiecta
materia (link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Progetto approvato in
variante urbanistica - Modifiche di minima
rilevanza - Art. 35 d.P.R. n. 554/1999.
Le modifiche di minima rilevanza per un
tracciato stradale (nella specie,
sostituzione di una rotatoria con un
incrocio a T), che non incidono su alcuna
area esterna rispetto a quella del progetto
approvato in variante urbanistica, devono,
ritenersi senz’altro ammissibili in sede di
predisposizione ingegneristica del progetto
esecutivo, in base all’art. 35 del d.P.R.
21.12.1999, n. 554 (cfr. Cons. Stato, Sez.
IV, 05.09.2003, n. 4970) (Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 19.11.2010 n. 8113 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
Negli appalti di servizi
di ingegneria e architettura la stazione
appaltante non può richiedere che i singoli
mandanti siano in possesso di una
percentuale minima predeterminata di
requisiti di qualificazione superiore a
quella di volta in volta commisurata al
segmento di attività di rispettiva
competenza.
Da una lettura coordinata degli articoli 65,
comma 4, del D.P.R. 554/1999 e 37, comma 13,
del Codice dei Contratti, deve evincersi il
principio per cui, nel caso di
raggruppamenti temporanei tra progettisti
finalizzati all’espletamento di servizi
attinenti all’architettura e all’ingegneria
anche integrata, la stazione appaltante può
richiedere, in capo a ciascuno dei detti
raggruppamenti, il concorso dei seguenti
requisiti:
a) che il mandatario sia in possesso dei
requisiti finanziari e tecnici in misura non
superiore al 60%;
b) che la restante parte sia posseduta
cumulativamente dalla parte mandante;
c) che i singoli mandanti siano in possesso
di una quota di requisiti commisurata alla
quota individuale di partecipazione al
raggruppamento e alla corrispondente quota
di esecuzione dei lavori o del servizio.
La stazione appaltante non può invece
richiedere che i singoli mandanti siano in
possesso di una percentuale minima
predeterminata di requisiti di
qualificazione superiore a quella di volta
in volta commisurata al segmento di attività
di rispettiva competenza (TAR Piemonte, Sez.
I,
sentenza 19.11.2010 n. 4155 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità del
provvedimento di esclusione di un
concorrente per anomalia dell'offerta
presentata, nell'ipotesi in cui lo stesso si
giustifichi in base ad una motivazione c.d.
"per relationem".
Il giudizio di non anomalia, ovvero di
congruità dell'offerta, non richiede, di
regola, una motivazione puntuale ed
analitica, poiché le giustificazioni
presentate dall'offerente possono
costituire, per relationem, la
motivazione stessa del provvedimento.
E' fatto, invero, obbligo, in capo alla
stazione appaltante, di motivare
puntualmente il provvedimento conclusivo
nell'ipotesi di giudizio di anomalia, che
porti ad escludere l'impresa offerente che
abbia formulato il migliore ribasso.
Considerato che, nel caso di specie, recante
esclusione per ritenuta anomalia, il
suddetto provvedimento risulta motivato
per relationem, mediante richiamo ai
verbali della commissione tecnica incaricata
dello scrutinio dell'anomalia, che
esplicitano compiutamente le ragioni del
giudizio di incongruità dell'offerta; ed
applicando i comuni principi vigenti in tema
di motivazione dei provvedimenti per
relationem, ai sensi del'art. 3, c. 2,
della L. n. 241/1990, è da ritenere
legittimo un provvedimento di esclusione di
un'offerta dall'ulteriore corso di una
pubblica gara in virtù della ritenuta
anomalia, che sia motivato con riferimento a
valutazioni e giudizi adeguatamente espressi
in precedenti atti valutativi promananti da
un organo tecnico della stazione appaltante,
anche qualora si tratti di una apposita
sottocommissione tecnica, nonché assunti in
esito al contraddittorio effettuato con
l'impresa stessa (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 19.11.2010 n. 4152 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Non può procedersi
all'esclusione di un'impresa nel caso in cui
questa abbia compilato l'offerta in
conformità al fac-simile all’uopo approntato
dalla stazione appaltante.
La giurisprudenza amministrativa ha chiarito
che, in applicazione dei principi di
favor partecipationis, e di tutela
dell'affidamento, non può procedersi
all'esclusione di un'impresa nel caso in cui
questa abbia compilato l'offerta in
conformità al fac-simile all’uopo approntato
dalla stazione appaltante (C.d.S. n. 7278,
10.11.2004) (TAR Lazio-Latina,
sentenza 19.11.2010 n. 1902 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Responsabilità della
P.A.: paga i danni il Comune che omette di
segnalare l'instabilità di un tombino.
In tema di responsabilità per danni da beni
di proprietà della Pubblica Amministrazione,
qualora non sia applicabile la disciplina di
cui all'art. 2051 c.c., in quanto sia
accertata in concreto l'impossibilità
dell'effettiva custodia del bene, a causa
della notevole estensione dello stesso e
delle modalità di uso da parte di terzi,
l'ente pubblico risponde dei pregiudizi
subiti dall'utente secondo la regola
generale dell'art. 2043 c.c., la quale non
limita la responsabilità della P.A. per
comportamento colposo alle sole ipotesi di
esistenza di un'insidia o di un
trabocchetto.
Conseguentemente, secondo i principi che
governano l'illecito aquiliano, graverà sul
danneggiato l'onere della prova
dell'anomalia del bene, che va considerata
fatto di per sé idoneo -in linea di
principio- a configurare il comportamento
colposo della P.A., mentre spetterà a
quest'ultima dimostrare i fatti impeditivi
della propria responsabilità, quali la
possibilità in cui l'utente si sia trovato
di percepire o prevedere con l'ordinaria
diligenza la suddetta anomalia o
l'impossibilità di rimuovere, adottando
tutte le misure idonee, la situazione di
pericolo (Corte di Cassazione, Sez. III
civile,
sentenza 18.11.2010 n. 23277 -
link a www.eius.it). |
APPALTI: G.U.
18.11.2010 n. 270 "Indicazione delle
attività che sono escluse dall’applicazione
del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163
(codice dei contratti pubblici) a norma
dell’articolo 219 dello stesso decreto
legislativo" (Presidenza del Consiglio
dei Ministri, Dipartimento per il
Coordinamento delle Politiche Comunitarie,
D.M. 05.08.2010). |
APPALTI SERVIZI: Il
divieto posto dal Decreto Bersani non opera
nel caso di società a partecipazione
pubblica che producono beni o servizi per il
pubblico (consumatori o utenti), in regime
di concorrenza.
L’interessante sentenza tratta
dell’applicazione di una delle tante norme
che disciplinano le partecipazioni
societarie delle pubbliche amministrazioni.
In questa nota si è ritenuto di dover
riportare integralmente i passaggi più
rilevanti in ragione della particolare
chiarezza del testo della sentenza: “Ai
sensi di quanto disposto dal comma 1
dell’art. 13 del D.L. 04.07.2006 n. 223,
convertito in legge 04.08.2006, n. 248 e
s.m.i., le società a capitale interamente
pubblico o misto –costituite dalle
amministrazioni pubbliche regionali e locali
per la produzione di beni e servizi
strumentali all'attività di tali enti,
nonché, nei casi consentiti dalla legge, per
lo svolgimento di funzioni amministrative di
loro competenza– devono operare
esclusivamente con gli enti costituenti ed
affidanti, non possono svolgere prestazioni
a favore di altri soggetti pubblici o
privati, né in affidamento diretto né con
gara, e non possono partecipare ad altre
società o enti.
L’art. 13 del d.l. 04.07.2006, n. 223,
nell’imporre tali limiti alle società a
capitale interamente pubblico o misto,
costituite o partecipate dalle
amministrazioni pubbliche regionali o
locali, come affermato anche dalla Corte
Costituzionale con la sentenza n. 326
dell'01.08.2008, ha il fine di evitare
alterazioni o distorsioni della concorrenza
e del mercato e di assicurare la parità
degli operatori ed ha quindi lo scopo di
impedire che soggetti intrinsecamente
connessi all’espletamento di funzioni della
Pubblica Amministrazione possano, in forza
della propria rendita di posizione, agire
sul libero mercato (Consiglio di Stato, Sez.
IV, 05.03.2008, n. 946; Sez. V, 07.07.2009
n. 4346).
Il divieto introdotto dall’art. 13 non è
rivolto in via generale a tutte le società
costituite o comunque partecipate da
amministrazioni locali (come si era in un
primo momento da alcuni ritenuto: cfr. anche
il parere dell’Autorità per la vigilanza sui
contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture n. 135 del 2007), ma riguarda solo
quelle società che possono definirsi
“strumentali”, vale a dire quelle società
costituite o partecipate per la produzione
di beni e servizi strumentali all’attività
dell’amministrazione regionale o locale in
funzione della medesima e con esclusione dei
servizi pubblici locali (Consiglio di Stato,
Sez. V, 12.06.2009 n. 3767).
La giurisprudenza ha quindi distinto due
diverse categorie di società a
partecipazione pubblica ed ha ritenuto
necessario ed indefettibile per
l’applicazione della norma contenuta nel
decreto Bersani che la società sia
strumentale perché destinata a produrre beni
e servizi finalizzati a soddisfare
l’esigenza dell’ente pubblico partecipante,
mentre la disposizione non può trovare
applicazione quando le società a
partecipazione pubblica sono esercitate
secondo modelli paritetici e il ruolo degli
enti territoriali non si differenzia da
quello dell’azionista di una società per
azioni (Consiglio di Stato, Sez. IV,
05.03.2008, n. 946 cit.).
Infatti il divieto che colpisce le società
strumentali è giustificato dalla circostanza
che esse costituiscono una longa manus delle
amministrazioni pubbliche ed operano quindi
essenzialmente per queste ultime e non già
per il pubblico (Consiglio di Stato, Sez. V,
n. 1282 del 05.03.2010; Sez. V, n. 3766 del
12.06.2009). In altre parole il divieto
trova applicazione quando le società sono
state costituite e svolgono la loro attività
per l’esercizio dell’attività amministrativa
in forma privatistica e le società di
capitali operano per conto di una pubblica
amministrazione; il divieto non opera invece
nel caso di società a partecipazione
pubblica che producono beni o servizi per il
pubblico (consumatori o utenti), in regime
di concorrenza.
Di recente questa Sezione, con la citata
sentenza n. 1282 del 05.03.2010, dopo aver
ricordato che il divieto di partecipazione a
gare pubbliche previsto dall’art. 13 del
D.L. 04.07.2006, n. 223, convertito dalla L.
04.08.2006, n. 248 e s.m.i. per le società,
a capitale interamente pubblico o misto,
costituite o partecipate dalle
amministrazioni pubbliche regionali e locali
per la produzioni di beni e servizi
strumentali alla loro attività, ha lo scopo
(rilevato anche dalla Corte Costituzionale
con la sentenza 01.08.2008, n. 326) di
evitare che soggetti dotati di privilegi
operino in mercati concorrenziali,
costituendo fattori distorsivi della
concorrenza, ha in proposito affermato che è
<>, concludendo che <>.
Per concludere sul punto si può quindi
affermare che è solo la specifica missione
strumentale della società rispetto all’ente
che l’ha costituita ovvero la partecipa a
giustificare il divieto legislativo di
operare per altri soggetti pubblici o
privati, in modo che tale società non possa
godere della posizione privilegiata sul
mercato che è determinata proprio dalla
predetta strumentalità ritenuta dal
legislatore fonte di alterazione o di
distorsione della concorrenza e di
violazione del principio di parità degli
operatori.
La specialità della norma in questione poi
non ne consente, per giurisprudenza
pacifica, l’interpretazione analogica e
l’applicazione a casi diversi da quelli
espressamente previsti (Consiglio di Stato,
Sez. V, n. 1282 del 05.03.2010 cit.)”
(massima tratta da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 16.11.2010 n. 8069 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: L’art.
36, comma 5, del codice dei contratti
pubblici non è applicabile alla materia
dell’avvalimento.
Estrapoliamo dalla pronuncia in rassegna una
rilevante problematica interpretativa: si
pone la questione della applicabilità
dell’art. 36, comma 5, del codice dei
contratti pubblici (d.lgs. 12.04.2006, n.
163), alla materia dell’avvalimento.
Nell’impianto del codice dei contratti
pubblici, secondo i giudici del Consiglio di
Stato, una soluzione del quesito in senso
positivo non sembra ammissibile sia per
ragioni testuali, ove si tenga conto che
l’art. 36, comma 5, ha come destinatari
esclusivi i soggetti che formulano
l’offerta; sia per ragioni sistematiche, in
quanto, quando il legislatore ha voluto
equiparare la disciplina delle imprese
offerenti e delle imprese ausiliarie, ha
provveduto espressamente (come nel caso, di
cui si dirà più avanti, della dichiarazione
dei requisiti di ordine generale di cui
all’art. 38, che l’art. 49, comma 2, lettera
c), del codice dei contratti pubblici,
estende alle imprese ausiliarie).
Ad avviso dei giudici di Palazzo Spada una
diversa soluzione non potrebbe argomentarsi
nemmeno sul presupposto della responsabilità
in solido della impresa ausiliaria (di cui
all’art. 49, comma 4, e all’art. 50, comma
3, del codice dei contratti pubblici).
L’obbligazione solidale comporta
indubbiamente la facoltà
dell’amministrazione appaltante di
pretendere l’adempimento delle prestazioni
contrattuali da parte dell’impresa
ausiliaria, ma questo non dimostra che
l’impresa ausiliaria debba essere
assoggettata ai medesimi oneri
procedimentali cui sono sottoposte le
imprese partecipanti alla gara (a meno che
in tal senso non disponga espressamente la
legge, come visto).
In tal caso, allorché l’amministrazione
intendesse rivolgersi all’impresa ausiliaria
per l’adempimento delle prestazioni
contrattuali, e si tratti della esecuzione
di lavori, dovrà previamente verificare il
possesso in capo all’impresa ausiliaria
della qualificazione necessaria (posto che,
indiscutibilmente, l’art. 40 impone che “i
soggetti esecutori a qualsiasi titolo di
lavori pubblici devono essere qualificati …”).
L’applicabilità dell’art. 36, comma 5,
concludono gli stessi giudici, deve essere
esclusa anche alla luce della ratio
sottesa alla prescrizione, imposta ai
consorzi stabili, di indicare espressamente,
in sede di offerta, le imprese consorziate
per i quali concorrono, e al “divieto di
partecipare, in qualsiasi altra forma, alla
medesima gara” per i consorziati
indicati. Ratio da identificare nella
tutela della trasparenza della gara,
evitando la presentazione di offerte
coordinate tra i diversi concorrenti, il che
influirebbe sulla scelta del contraente da
parte della stazione appaltante.
Tuttavia, l’art. 49, comma 2, lettera e),
già prevede l’obbligo di rendere “una
dichiarazione sottoscritta dall'impresa
ausiliaria con cui questa attesta che non
partecipa alla gara in proprio o associata o
consorziata ai sensi dell’art. 34”.
Lo scopo di impedire la contemporanea
partecipazione alla gara del consorzio
stabile, in proprio, e delle singole imprese
consorziate, è raggiunto dal legislatore,
anche in questa particolare ipotesi,
attraverso una norma espressa (confermando
l’esistenza di un principio di tendenziale
distinzione tra la disciplina dettata per le
imprese offerenti e quella dedicata alle
imprese ausiliarie in regime di avvalimento,
per cui l’ambito di applicazione della prima
non può essere automaticamente esteso alla
seconde) (massima tratta da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 16.11.2010 n. 8059 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla possibilità, ai
sensi dell'art. 46 del d.lgs. n. 163/2006,
di regolarizzare una dichiarazione non
pienamente conforme a quella richiesta dal
bando di gara.
Sulla mancata soggezione, al giudizio di
verifica di anomalia di un'offerta, in
materia di affidamento del servizio
farmaceutico e sul potere di una stazione
appaltante di definire i criteri relativi
alla valutazione delle offerte.
E' legittimo l'affidamento del servizio di
gestione di una farmacia ad un concorrente
che abbia presentato un'offerta priva della
dichiarazione, richiesta a pena di
esclusione dal bando di gara, avente ad
oggetto l'impegno alla prestazione della
garanzia definitiva, in caso di
aggiudicazione del contratto, in quanto, nel
caso di specie, l'affidatario ha dichiarato
di "essere in possesso di una solidità
economica e finanziaria che sarà
successivamente dimostrata e garantita
mediante dichiarazioni bancarie";
infatti, sussiste la possibilità, ove la
commissione nutra dubbi circa il carattere
impegnativo della dichiarazione ovvero la
sua piena conformità alla legge di gara, di
richiedere una regolarizzazione, in virtù
dell'art. 46 del d.lgs. n. 163/2006, senza
che ciò integri violazione della parità di
trattamento, dato che la dichiarazione,
ancorché non identica a quella del bando, è
stata comunque presentata.
In materia di procedure per l'affidamento
del servizio farmaceutico, la mancata
soggezione della relativa offerta al
giudizio di verifica dell'anomalia non
integra violazione degli artt. 86, 87 e 88
del d.lgs. n. 163/2006; la gara in
contestazione, infatti, non è diretta a
consentire all'amministrazione di acquisire
un servizio, con conseguente obbligo a suo
carico di pagare, per esso, un corrispettivo
all'aggiudicatario; trattasi, invero, di una
concessione di pubblico servizio in cui, a
fronte dell'attribuzione, al concessionario,
del diritto di gestire autonomamente e a
proprio rischio il servizio, erogato al
pubblico, appropriandosi dei risultati di
tale gestione, egli si assume l'obbligo di
corrispondere all'amministrazione un canone.
Il fatto che la disciplina che impone alla
stazione appaltante di procedere
obbligatoriamente alla verifica
dell'anomalia non sia direttamente
applicabile alla procedura in oggetto, non
implica che alla stessa non siano
applicabili i principi generali in materia
di gare, in particolare quello che obbliga
la commissione a verificare che l'offerta
sia seria e remunerativa. Tuttavia, nel caso
di specie, non sussiste alcun elemento tale
da far ritenere l'offerta non idonea a
garantire una gestione in utile della
farmacia e per la quale, pertanto, la
commissione avrebbe dovuto pretendere una
giustificazione.
L'operato di una stazione appaltante che
abbia definito, in via discrezionale, i
criteri di valutazione relativi alle offerte
presentate dai concorrenti, non integra
alcuna violazione dell'art. 83 del d.lgs. n
163/2006, in quanto, benché il testo
attualmente vigente della predetta
disposizione abbia soppresso siffatto
potere, tuttavia la regola in essa contenuta
non vale come principio generale in materia
di affidamento del servizio farmaceutico,
come si può desumere dalla circostanza che,
sino alle modifiche da ultimo introdotte,
l'art. 83 riconosceva alla commissione
giudicatrice il potere di stabilire criteri
di valutazione e la giurisprudenza aveva
sino ad allora sempre ritenuto che ciò fosse
possibile e persino auspicabile nell'ottica
di una limitazione, sulla base di parametri
predefiniti, della soggettività dei giudizi
delle commissioni (TAR Lazio-Latina,
sentenza 16.11.2010 n. 1890 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
E' legittimo il
provvedimento di decadenza dell'attestazione
S.O.A. rilasciata sulla base di falsa
documentazione, nonostante la falsità non
sia imputabile all'impresa che l'ha
conseguita.
Nell'ipotesi di un'attestazione S.O.A.
rilasciata sulla base di falsa
documentazione, sussiste la responsabilità
dell'impresa che, al fine di ottenere la
suddetta certificazione, abbia delegato
l'intera attività procedurale ad un
professionista esterno, in quanto ciò che
rileva in vista dell'annullamento
dell'attestazione in siffatte ipotesi, è la
circostanza oggettiva della falsità dei
documenti sulla base dei quali essa è stata
conseguita, a prescindere da qualsivoglia
ricerca sulla imputabilità soggettiva del
falso.
In altre parole, rileva la nozione oggettiva
di imputabilità, per la quale la colpa deve
consistere nell'inosservanza della normale
diligenza, intesa come sforzo volitivo e
tecnico da parametrare ad obiettivi canoni
sociali e professionali di condotta; la
circostanza di aver fatto ricorso ad un
professionista esterno per la cura del
rilascio di un'attestazione non può
rappresentare, per la società richiedente,
un motivo di esonero da un eventuale
controllo in ordine alle modalità con cui il
terzo esegue la suddetta attività, e ciò in
virtù della facoltà di controllo prevista
dall'art. 2224 c.c. in materia di contratto
d'opera, applicabile alla prestazione di
opera intellettuale in forza del rinvio di
cui all'art. 2230 c.c..
Pertanto, nel caso di specie, è legittimo il
provvedimento di decadenza
dell'attestazione, nonostante la falsità non
sia imputabile all'impresa che l'ha
conseguita (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 15.11.2010 n. 8054 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Contratti pubblici:
l'impresa cessionaria di ramo d'azienda non
è tenuta a rendere le dichiarazioni ex art.
38 d.lgs. 163/2006 anche con riferimento
all'impresa cedente.
L'art. 38 del d.lgs. 163/2006 richiede il
possesso e la dimostrazione dei requisiti
generali di partecipazione solamente in capo
all'impresa concorrente, mentre non
contempla alcuna norma, con effetto
preclusivo, la quale preveda, per il caso di
cessione d'azienda antecedente alla
partecipazione alla gara, un obbligo
specifico di dichiarazione in ordine ai
requisiti soggettivi dell'impresa cedente.
Ne discende che -in assenza di tale norma e
poiché la cessione d'azienda comporta non
una successione a titolo universale del
cessionario al cedente, bensì una
successione nelle posizioni attive e passive
relative all'azienda tra soggetti che
conservano distinta personalità giuridica-
non può essere esclusa dalla gara l'impresa
cessionaria del ramo d'azienda che non abbia
presentato le relative dichiarazioni in
ordine alla posizione della cedente
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 15.11.2010 n. 8044 -
link a www.eius.it). |
APPALTI: Contratti
della p.a. - Appalto - Gara - Perdita del
rapporto di fiducia - Esclusione - In caso
di indizione di una nuova gara - Legittima.
In forza del principio ricavabile dall'art.
38, comma 1, lett. f), D.Lgs. 12.04.2006, n.
163 la stazione appaltante, in caso di
indizione di nuova gara, ha la facoltà di
non invitare il soggetto che in precedenza
abbia svolto un servizio, qualora ritenga
compromesso il rapporto fiduciario tra le
parti (conf. v. Cons. Stato, Sez. V,
29.12.2009, n. 8913) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 12.11.2010 n. 7248 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
Contratti della p.a. - Appalto - Gara -
Verifica di anomalia dell'offerta - Modalità
- Obbligo di verificare l'inesattezza delle
singole voci - Non sussiste - Valutazione
complessiva dell'offerta - Legittima.
2. Contratti della p.a. - Appalto - Gara -
Offerte - Art. 88, comma 7, D.Lgs.
12.04.2006, n. 163 - Verifica di anomalia -
Finalità - Massima collaborazione -
Modificabilità delle giustificazioni - È
ammessa - Limiti - Affidabilità complessiva
dell'offerta.
1.
Il giudizio di anomalia non ha per oggetto
la ricerca di specifiche e singole
inesattezze dell'offerta economica mirando,
invece, ad accertare se l'offerta, nel suo
complesso, sia attendibile o inattendibile
e, dunque, se dia o meno serio affidamento
circa la corretta esecuzione dell'appalto
(conf. v. Cons. Stato, sez. VI, 21.05.2009,
n. 3146).
2.
In base al tenore letterale dell'art. 88,
comma 7, D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, che
esprime la finalità della verifica di
anomalia, possono trarsi i seguenti
princìpi: il procedimento di verifica è
avulso da ogni formalismo inutile ed è
invece improntato alla massima
collaborazione tra stazione appaltante e
offerente; il contraddittorio deve essere
effettivo; non vi sono preclusioni alla
presentazione di giustificazioni, ancorate
al momento della scadenza del termine di
presentazione delle offerte; mentre
l'offerta è immodificabile, modificabili
sono le giustificazioni e sono ammesse
giustificazioni sopravvenute e compensazioni
tra sottostime e sovrastime, purché
l'offerta risulti nel suo complesso
affidabile al momento dell'aggiudicazione
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 12.11.2010 n. 7246 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
L. Manassero,
Soggetti legittimati alla partecipazione
alle gare per il servizio di distribuzione
del gas nel periodo transitorio e...oltre?
(link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
G.U. 12.11.2010 n. 265 "Misure urgenti in
materia di sicurezza" (D.L.
12.11.2010 n. 187).
---------------
Dispone modifiche alla
L. 13.08.2010 n. 136 in materia di
tracciabilità dei flussi finanziari. |
APPALTI:
Sull'inapplicabilità
della disciplina di cui al d.p.c.m. n.
117/1999, richiamata dall'art. 83, c. 5, del
d.lgs. n. 163/2006, alla gara avente ad
oggetto l'affidamento di servizi di raccolta
e trasporto rifiuti da raccolta
differenziata sul territorio .
Nelle gare governate dal criterio
dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
i metodi di attribuzione del punteggio
possono essere i più disparati.
Alla gara avente ad oggetto "affidamento
di servizi di raccolta e trasporto rifiuti
da raccolta differenziata sul territorio
della Provincia" non è direttamente
applicabile la disciplina di cui al d.p.c.m.
n. 117 del 1999, richiamata dall'art. 83,
quinto comma, del d.lgs. n. 163 del 2006, in
quanto il decreto è riferibile ai soli
appalti di pulizia degli edifici ed il
richiamo operato dal Codice dei contratti
pubblici è finalizzato esclusivamente a
fornire un indirizzo operativo in sede di
disciplina dell'emanando regolamento, non
già a generalizzarne l'ambito di efficacia.
---------------
Nelle gare governate dal criterio
dell'offerta economicamente più vantaggiosa
-in mancanza di parametri rigidi ed
ineludibili- i metodi di attribuzione del
punteggio possono essere i più disparati -da
quelli proporzionali a quelli progressivi,
secondo differenti curve di progressività- e
sono suscettibili -de plano- a
condurre a risultati affatto diversi tra di
loro: sempreché -come accaduto nella specie-
venga assicurato, in relazione al tipo di
gara, un equilibrato rapporto tra offerta
economica ed offerta tecnica, evitando, in
particolare, di assegnare un peso
determinante a quest'ultima, mediante una
compressione assolutamente sproporzionata ed
illogica del punteggio per il ribasso
percentuale (TAR Friuli Venezia Giulia,
sentenza 11.11.2010 n. 751 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Diritto di accesso alla
documentazione posta a corredo dell’offerta
presentata in una gara pubblica nel caso in
cui la ditta accedente abbia fatto senza
successo ricorso giurisdizionale avverso la
propria esclusione dalla gara medesima.
E’ legittimo il rigetto di una istanza
ostensiva avanzata da una ditta concorrente
ad una gara, tendente ad ottenere copia
della documentazione posta a corredo
dell’offerta tecnico-progettuale ed
economico-finanziaria presentata da un altro
concorrente, ove la ditta accedente abbia
coltivato, senza successo, il ricorso
giurisdizionale avverso la propria
esclusione dalla stessa gara; infatti,
l’esaurimento dei mezzi di tutela
giurisdizionale a disposizione del
concorrente escluso da una procedura di
evidenza pubblica, priva detto concorrente
di quel nesso diretto che lega l’interesse
all’accesso ai documenti amministrativi alla
situazione giuridicamente rilevante
sottostante all’interesse all'accesso
medesimo (Cfr. TAR Liguria, Sez. II,
04.02.2004, n. 122.
Ha osservato, in particolare, il TAR Liguria
con la sentenza in rassegna, che
l’esclusione dalla gara ormai definitiva
aveva privato quindi la ricorrente di quella
posizione differenziata e qualificata che
sola avrebbe potuto fondare il diritto
all’accesso ai documenti di gara: infatti la
Società che aveva chiesto il rilascio degli
atti non poteva ormai vantare la possibilità
di ricorrere avverso la mancata esclusione
di altro concorrente dalla procedura, in
particolare di altra ditta, unico
concorrente rimasto, poiché del tutto priva
di titoli per avanzare in giudizio simili
pretese) (massima tratta da
www.regione.piemonte.it - TAR Liguria, Sez.
II,
sentenza 10.11.2010 n. 10262 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Ai
fini della costituzione del raggruppamento
l’impegno a conferire il mandato collettivo
speciale con rappresentanza è componente
indefettibile dell’offerta.
Nella pronuncia in commento due imprese
S.r.l. avevano chiesto di partecipare alla
gara “come A.T.l. di tipo verticale”
da costituirsi in caso di aggiudicazione. In
sede di prequalifica, le due ditte
ricorrenti hanno chiarito che avrebbero
partecipato in A.T.I. verticale, l’una, come
“capogruppo mandataria” e l’altra,
come “mandante”.
Nella documentazione prodotta in sede di
partecipazione alla gara la prima ditta non
ha tuttavia prodotto l’impegno a conferire
il mandato irrevocabile alla seconda ai fini
della costituzione del raggruppamento,
pertanto i giudici del Consiglio di Stato
hanno ribadito il provvedimento di
esclusione adottato dalla stazione
appaltante. L’art. 37, comma 8, del D.Lgs.
n. 163 del 2006, infatti, impone ai soggetti
di cui all’art. 34, comma 1, lett. d) ed e),
l’impegno, in sede di offerta, a rilasciare
un mandato collettivo speciale con
rappresentanza ad una componente del
raggruppamento per il caso di
aggiudicazione.
La formulazione di tale impegno è una
componente indefettibile dell’offerta
richiesta da una norma primaria puntuale che
non necessita della mediazione data dalla
lex specialis.
I giudici d’appello ricordano che l’impegno
a conferire il mandato collettivo speciale
con rappresentanza e, quindi, a costituire
il raggruppamento, ha natura negoziale, ed è
elemento essenziale della «espressione
della volontà contrattuale» del
concorrente in sede di gara. Segnatamente,
continuano gli stessi giudici, se la
sottoscrizione congiunta dell'offerta
risponde all'esigenza di assicurare la
contitolarità del rapporto contrattuale tra
le imprese concorrenti, l'esigenza che,
nell'ipotesi di imprese associate, queste si
presentino unitariamente nei confronti della
controparte pubblica, resterebbe
insoddisfatta in difetto dell'impegno, da
assumere contestualmente all'offerta, a
rilasciare un mandato collettivo speciale
con rappresentanza ad una di esse per il
caso di aggiudicazione (così Consiglio
Stato, sez. V, 19.06.2003, n. 3657).
In definitiva, detto impegno mira a
garantire alla stazione appaltante la
serietà della partecipazione alla procedura
di raggruppamenti formalmente non ancora
costituiti, in guisa da garantire la
stazione appaltante in ordine all’effettiva
costituzione del soggetto collettivo
chiamato alla stipulazione del contratto a
seguito dell’aggiudicazione.
Il soddifacimento di tale interesse
richiede, in definitiva, l’assunzione di un
impegno formale giuridicamente vincolante
nei termini richiesti dalla normativa
primaria –ossia un contratto preliminare di
mandato condizionato all’aggiudicazione-
come tale non sostituibile con dichiarazioni
di altro tenore che consentano di desumere
aliunde l’intenzione di costituire il
raggruppamento temporaneo senza avere eguale
portata giuridicamente impegnativa.
Va soggiunto, concludono i giudici di
Palazzo Spada, che, nella vicenda in
rassegna, detto impegno non è stato prodotto
neanche in sede di prequalifica, pertanto,
vertendosi in tema di deficienza sostanziale
di un documento teleologicamente essenziale
e non di mera irregolarità della
documentazione, non sussistono, alla luce
del principio della par condicio. i
presupposti per la regolarizzazione della
documentazione mediante il cd. dovere di
soccorso amministrativo (massima tratta da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 10.11.2010 n. 7996 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'esclusione di una costituenda A.T.I.
verticale che abbia omesso di produrre
l'impegno a rilasciare un mandato collettivo
speciale con rappresentanza ad una
componente del raggruppamento per il caso di
aggiudicazione.
L'art. 37, c. 8, del D.Lgs. n. 163 del 2006,
impone ai soggetti di cui all'art. 34, c. 1,
lett. d) ed e), l'impegno, in sede di
offerta, a rilasciare un mandato collettivo
speciale con rappresentanza ad una
componente del raggruppamento per il caso di
aggiudicazione.
La formulazione di tale impegno è una
componente indefettibile dell'offerta
richiesta da una norma primaria puntuale che
non necessita della mediazione data dalla
lex specialis; inoltre, l'impegno a
conferire il mandato collettivo speciale con
rappresentanza e, quindi, a costituire il
raggruppamento, ha natura negoziale, ed è
elemento essenziale della "espressione
della volontà contrattuale" del
concorrente in sede di gara.
Detto impegno mira a garantire alla stazione
appaltante la serietà della partecipazione
alla procedura di raggruppamenti formalmente
non ancora costituiti, in guisa da garantire
la stazione appaltante in ordine
all'effettiva costituzione del soggetto
collettivo chiamato alla stipulazione del
contratto a seguito dell'aggiudicazione.
Pertanto, nel caso di specie, è legittimo il
provvedimento di esclusione adottato da una
stazione appaltante nei confronti di una
costituenda A.T.I. "verticale", la
cui impresa mandante, in sede di
prequalifica, abbia omesso di produrre
l'impegno a rilasciare un mandato collettivo
speciale con rappresentanza ad una
componente del raggruppamento, in vista di
una eventuale, futura aggiudicazione.
Va aggiunto che il suddetto impegno non è
stato prodotto neanche in sede di
prequalifica e che, vertendosi in tema di
deficienza sostanziale di un documento
teleologicamente essenziale e non di mera
irregolarità della documentazione, non
sussistono, alla luce del principio della
par condicio, i presupposti per la
regolarizzazione della documentazione
mediante il cd. dovere di soccorso
amministrativo (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 10.11.2010 n. 7996 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Codice del processo amministrativo:
annullamento del contratto d'appalto per
gravi violazioni.
Il TAR Toscana, Sez. I, con
sentenza 10.11.2010 n. 6570 ha
-tra le altre cose- dichiarato inefficace
con effetto retroattivo un contratto
stipulato per la fornitura di servizi
editoriali e di prodotti per la
comunicazione istituzionale, facendo
applicazione dell'articolo 121 del Codice
del processo amministrativo (Inefficacia del
contratto nei casi di gravi violazioni).
Nella fattispecie il contratto di cottimo
fiduciario era stato stipulato a distanza di
nove giorni dal provvedimento di
aggiudicazione, con violazione del termine
dilatorio (di 35 giorni) stabilito dall’art.
11, comma 10, del decreto legislativo
12.04.2006, n. 163 (Codice dei contratti).
Il che a dire, come evidenzia il TAR, che se
nell'articolo 122 la decisione circa
l'inefficacia del contratto é rimessa alla
valutazione discrezionale del Collegio,
qualora ci si imbatta in una delle
fattispecie elencate del'articolo 121
l'esito è obbligato.
Nessuna nuova, dunque, dalla decisione, che
merita invece di essere segnalata per
l'applicazione anche alle procedure di
affidamento mediante cottimo fiduciario
delle disposizioni di cui al citato art. 11,
comma 10, del codice dei contratti, che a
sua volta richiama l’art. 79 del codice dei
contratti pubblici, riguardante gli obblighi
informativi che gravano sulle stazioni
appaltanti in ordine all'esito dei
procedimenti di aggiudicazione degli
appalti.
Dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. n.
53/2010 -afferma il TAR- l'obbligo di
comunicazione del provvedimento di
aggiudicazione definitiva ex art. 79, comma
5, lett. a), e la clausola standstill
cui al citato (e novellato) art. 11, comma
10, sono divenuti funzionali a garantire
la tempestività e dunque l'efficacia
dell'esercizio del diritto di agire in
giudizio da parte dei concorrenti che si
ritengano ingiustamente pregiudicati
dall'esito della gara; e poiché tale
obiettivo è privilegiato dall'ordinamento
nazionale ed europeo rispetto alla celerità
nella conclusione del contratto, appare
logico ritenere che tanto i menzionati
obblighi informativi ex art. 79 quanto la
clausola standstill ex art. 11, comma 10,
sono applicabili anche al cottimo
fiduciario, perché finalizzati ad assicurare
l’effettività di un principio fondamentale e
generale nel settore dei contratti pubblici,
che oltretutto non attiene specificamente
alle modalità di svolgimento della procedura
di affidamento, a cui fa riferimento il
comma 11 dell’art. 125.
Nel caso di specie la clausola in questione
è rimasta inosservata e ciò ha privato il
ricorrente della possibilità di proporre
ricorso a questo TAR prima della
stipulazione del contratto.
Risulta quindi concretata la fattispecie di
cui all’art. 121, comma 1, lett. c), del
codice del processo amministrativo, così che
il TAR -dopo aver annullato l'aggiudicazione
definitiva impugnata- si è visto tenuto a
dichiarare l'inefficacia del contratto in
questione non ravvisandosi (e non essendo
neppure state prospettate) esigenze di segno
contrario, ai sensi del comma 2 del citato
art. 121 (e risultando irrilevante il
richiamo contenuto nella memoria conclusiva
della controinteressata, a pretese ragioni
di urgenza, genericamente affermate, che
giustificherebbero l'inosservanza della
clausola standstill) (commento tratto e
link a http://studiospallino.blogspot.com -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
DIRITTO PROCESSUALE
AMMINISTRATIVO - Artt. 121 e 122 codice del
processo amministrativo - Annullamento
dell’aggiudicazione - Dichiarazione di
inefficacia del contratto - “Casi di gravi
violazioni” - “Altri casi”.
Gli artt. 121 e 122 del codice del processo
amministrativo attribuiscono al giudice che
annulla l'aggiudicazione il potere di
dichiarare l'inefficacia del contratto e
distinguono i "casi di gravi violazioni"
(in cui la conseguenza dell'inefficacia
costituisce la regola, salvo eccezioni)
dagli "altri casi" (in cui la
decisione circa l'inefficacia è rimessa alla
valutazione del giudice stesso).
Obblighi informativi ex
art. 79 codice dei contratti pubblici -
Clausola standstill ex art. 10, c. 11 -
Applicabilità al cottimo fiduciario -
Fondamento - Fattispecie - Stipulazione del
contratto - Mancata osservanza del termine
dilatorio di trentacinque giorni
dall’aggiudicazione.
Tanto gli obblighi informativi che gravano
sulle stazioni appaltanti in ordine
all'esito dei procedimenti di aggiudicazione
degli appalti ex art. 79 del codice dei
contratti pubblici, quanto la clausola
standstill ex art. 11, comma 10, sono
applicabili anche al cottimo fiduciario,
perché finalizzati ad assicurare
l’effettività di un principio fondamentale e
generale nel settore dei contratti pubblici
(nel caso di specie, il termine dilatorio di
trentacinque giorni di cui al citato art.
11, c. 10, è rimasto inosservato, avendo
l’amministrazione stipulato il contratto a
distanza di nove giorni dall’aggiudicazione,
con ciò integrando un caso di grave
violazione ex art. 121, c. 1, lett. c), del
codice del processo amministrativo) (TAR
Toscana, Sez. I,
sentenza 10.11.2010 n. 6570 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'esclusione dalla gara di un concorrente
che abbia omesso di rendere la dichiarazione
relativa alla sussistenza di una pronuncia
ex art. 444 c.p.p.
Sul potere della stazione appaltante di
richiedere ai concorrenti, ai fini della
partecipazione ad una gara, dichiarazioni
ulteriori e più restrittive rispetto a
quelle previste dall'art. 38 del d.lgs. n.
163/2006.
E' legittimo il provvedimento di esclusione
adottato da una stazione appaltante nei
confronti di un concorrente che abbia omesso
la dichiarazione relativa ad una sentenza
penale di condanna pronunciata, ai sensi
dell'art. 444 c.p.p., a carico di un
amministratore non più socio dell'impresa, e
ciò in violazione di quanto prescritto dalla
lex specialis di gara, in quanto
detta mancanza integra una dichiarazione
mendace. Inoltre, l'eventuale decorso del
termine, prescritto dall'art. 445 comma 2
c.p.p ai fini dell'estinzione del reato, non
opera automaticamente, ma necessita di una
pronuncia del giudice dell'esecuzione che
accerti concretamente la sussistenza dei
presupposti, cui la norma subordina
l'effetto estintivo.
---------------
La stazione appaltante ha il potere di
richiedere ai concorrenti, ai fini della
partecipazione ad una gara pubblica,
dichiarazioni più specifiche e maggiormente
restrittive rispetto a quelle prescritte
dall'art. 38 del d.lgs. n. 163/2006; essa,
infatti, può imporre il rilascio di una
dichiarazione relativa a tutte le condanne
penali, anche a quelle per le quali le
imprese partecipanti abbiano usufruito del
beneficio della non menzione.
L'incompletezza di tali dichiarazioni
integra la violazione, da un lato, di una
prescrizione imposta dalla disciplina di
gara, dall'altro del più generale obbligo di
rendere autodichiarazioni veritiere, il che
legittima, di conseguenza, un provvedimento
di esclusione dalla gara.
Peraltro, spetta all'Amministrazione
appaltante, e non già al concorrente,
valutare la gravità del reato e la sua
incidenza sul requisito della moralità
professionale (TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 10.11.2010 n. 6569 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Estinzione del reato -
Art. 445, c. 2 cpp - Effetto estintivo
automatico - Esclusione - Omessa
dichiarazione circa l’esistenza di una
sentenza di condanna ex art. 444 c.p.p. -
<revoca dell’aggiudicazione provvisoria -
Legittimità.
L'estinzione ex art. 445, comma 2, c.p.p.
non opera automaticamente, ma necessita di
una pronuncia del giudice dell'esecuzione
che deve accertare la sussistenza dei
presupposti a cui la norma subordina
l'effetto estintivo (in tal senso Cass.
Penale, Sez. I, 24.11.2009 n. 49987;
conforme è anche l'orientamento del Giudice
amministrativo: cfr. Consiglio di Stato,
Sez. VI, 24.06.2010 n. 4019; TAR Liguria,
Sez. II, 18.02.2009 n. 233; TAR Piemonte,
Sez. I, 10.10.2008 n. 2568).
E’ pertanto legittimo il provvedimento di
decadenza dell’aggiudicazione provvisoria,
ove la stazione appaltante abbia accertato
l’esistenza di una sentenza ex art. 444
c.p.p. passata in giudicato e non
dichiarata.
Condanne - Art. 38 del
codice dei contratti pubblici - Stazione
appaltante - Richiesta di dichiarazioni più
specifiche e dettagliate - Legittimità.
La stazione appaltante può richiedere, in
ordine ai profili di cui all’art. 38 del
Codice dei contratti pubblici, dichiarazioni
più specifiche e dettagliate di quelle
prescritte dalla norma; in particolare, per
quanto riguarda il comma 1, lett. c), può
imporre di dichiarare tutte le condanne
penali o equiparate (Consiglio di Stato,
Sez. VI, 24.06.2010 n. 4019 e 04.08.2009 n.
4905).
L'incompletezza di tali dichiarazioni
concreta la violazione, da un lato, di un
obbligo prescritto dalla disciplina di gara,
dall'altro del più generale obbligo di
rendere autodichiarazioni veritiere (TAR
Toscana, Sez. I,
sentenza 10.11.2010 n. 6569 -
link a www.ambientediritto.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Infrastrutture
strategiche di interesse nazionale - Artt.
165 e 166 d.lgs. n. 163/2006 - Progetto
preliminare - Coinvolgimento delle autonomie
locali - Esplicitazione del consenso o del
motivato dissenso - Principio di
intangibilità - Localizzazione e
caratteristiche essenziali delle opere.
In tema di infrastrutture strategiche di
interesse nazionale, a mente degli artt. 165
e 166 del d.lgs. n. 163/2006, il
coinvolgimento del sistema delle autonomie
locali è assicurato attraverso la
trasmissione del progetto preliminare alle
Regioni o province autonome competenti per
territorio, enti esponenziali delle comunità
locali interessate dall’opera pubblica.
Detta partecipazione, oltreché tradursi
nella espressione interlocutoria di “proprie
valutazioni al Ministero”, in
accoglimento delle quali può prodursi
l’effetto di una rimodulazione del progetto
- può culminare nella esplicitazione di un
consenso ovvero nella formulazione di un
motivato dissenso della Regione al progetto
preliminare.
La formulazione del motivato dissenso da
parte della Regione in ordine al progetto
preliminare introduce un sub-procedimento
variamente strutturato in rapporto alla
tipologia di opera pubblica in discussione,
atto a comporre il dissenso medesimo e a
ricercare una soluzione condivisa sul piano
tecnico. Invece, la manifestazione del
consenso sul progetto preliminare ne
determina l’intangibilità.
Il principio dell’intangibilità del progetto
preliminare è peraltro circoscritto
significativamente alla localizzazione e
alle caratteristiche essenziali delle opere,
posto che la Regione, non diversamente dalle
altre amministrazioni interessate alla
realizzazione dell’opera, ben può elaborare
motivate proposte di adeguamento, richieste
di prescrizioni per il progetto definitivo o
varianti migliorative.
Infrastrutture
strategiche di interesse nazionale - Artt.
161 e 162 d.lgs. n. 163/2006 - Approvazione
del progetto - CIPE allargato -
Manifestazione del dissenso con modalità
atipiche - Effetti - Limiti.
Le disposizioni di cui agli artt. 161 e 162
del d.lgs. n. 163/2006 prevedono la
approvazione dei progetti nella sede
istituzionale del CIPE allargato, ossia di
un comitato interministeriale che registra,
al suo interno, la presenza dei vertici
istituzionali degli enti locali interessati
dalle infrastrutture strategiche in corso di
approvazione. Anche il dissenso deve essere
manifestato esclusivamente nella sede
istituzionale appropriata, quale è quella
del CIPE allargato.
La esternazione del dissenso con modalità
atipiche e cioè distanti da quelle previste
dal legislatore attraverso appositi schemi
di manifestazione di volontà provvedimentale
normativamente contemplati non può pertanto
conseguire gli effetti divisati dall’ente
dissenziente (TAR Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 10.11.2010 n. 2634 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
L'omessa dichiarazione
sul possesso dei requisiti ex art. 38 d.lgs.
n.163/06 non può dar luogo ad esclusione
dalla gara nel caso in cui il bando non
preveda puntuali prescrizioni sulle modalità
e sull'oggetto della dichiarazione.
Sulla discrezionalità della commissione di
gara in sede di valutazione dell'offerta
tecnica e di attribuzione dei punteggi.
Secondo un orientamento giurisprudenziale
l'art. 38, c. 1, del d.lgs. n. 163/2006,
ricollega l'esclusione dalla gara al dato
sostanziale del mancato possesso dei
requisiti indicati, mentre il c. 2 non
prevede analoga sanzione per l'ipotesi della
mancata o non perspicua dichiarazione. Da
ciò discende che solo la sussistenza, in
concreto, delle cause di esclusione previste
dal citato art. 38 comporta, ope legis,
l'automatico effetto espulsivo.
Quando, al contrario, il partecipante sia in
possesso di tutti i requisiti richiesti e la
lex specialis non preveda
espressamente a pena di esclusione puntuali
prescrizioni sulle modalità e sull'oggetto
della dichiarazione, facendo generico
richiamo all'assenza delle cause impeditive
di cui all'art. 38, come nel caso di specie,
in cui nessuna condanna è stata contestata
ai quattro soggetti cessati, l'omissione non
produce alcun pregiudizio agli interessi
presidiati dalla norma, ricorrendo
un'ipotesi di "falso innocuo", come
tale insuscettibile, in carenza di una
espressa previsione legislativa o della
legge di gara, a fondare l'esclusione, le
cui ipotesi sono tassative.
In senso conforme alla prospettata soluzione
depone anche l'art. 45 della direttiva
2004/18/CE che ricollega l'esclusione alle
sole ipotesi di grave colpevolezza di false
dichiarazioni nel fornire informazioni, non
rinvenibile nel caso in cui il concorrente
non consegua alcun vantaggio in termini
competitivi, essendo in possesso di tutti i
requisiti previsti.
---------------
In sede di valutazione dell'offerta tecnica
e di attribuzione dei punteggi, la
commissione di gara dispone di margini di
discrezionalità, entro determinati limiti
stabiliti dalla legge di gara, correlata
all'apprezzamento degli aspetti tecnici e
sottratta, pertanto, al sindacato del G.A.
Ciò, però, a patto che non emergano
violazioni dei parametri indicati nel bando,
ovvero profili di illogicità della
valutazione (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 09.11.2010 n. 7973 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
L’incameramento della
cauzione provvisoria è sempre possibile non
solo per la mancata stipula del contratto,
ma anche per dichiarazioni comunque non
veritiere.
Il TAR ha giustamente rammentato, sul piano
generale, che l’incameramento della cauzione
provvisoria è sempre possibile non solo per
la mancata stipula del contratto, ma anche
per dichiarazioni comunque non veritiere “poiché
la cauzione provvisoria si profila come
garanzia del rispetto dell’ampio patto
d’integrità cui si vincola chi partecipa a
gare pubbliche” (cfr. Cons. St., Sez. V,
06.04.2009, n. 2140; Sez. IV, 20.07.2007, n.
4098).
Il TAR, inoltre, altrettanto correttamente
ha ritenuto legittima la segnalazione
all'Autorità di Vigilanza, trattandosi,
anche questo, di adempimento vincolato ai
sensi dell’art. 48, 1° comma, D.Lgs. n.
163/2006, in conseguenza della omessa
dimostrazione dei requisiti di
partecipazione alla gara (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 09.11.2010 n. 7963 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
E' legittima la
determinazione con la quale
l'amministrazione non ha approvato
l'aggiudicazione provvisoria dalla gara per
l'affidamento del servizio di trasporto
scolastico per le dichiarazioni non
veritiere sulla disponibilità degli
automezzi.
Sulla legittimità dell'incameramento della
cauzione e della segnalazione all'Autorità
di Vigilanza per le dichiarazioni non
veritiere.
E' legittima la determinazione con la quale
la stazione appaltante non ha approvato
l'aggiudicazione nei confronti della società
aggiudicataria provvisoria della gara per
l'affidamento del servizio di trasporto
scolastico, poiché alla data di scadenza del
termine per la presentazione delle offerte,
la stessa non disponeva, diversamente da
quanto da essa dichiarato, degli automezzi
necessari allo svolgimento del servizio
oggetto della gara.
Nel diritto pubblico e, segnatamente, nella
delicata materia delle gare d'appalto,
rilevano eminentemente i rapporti giuridici
definiti e tipici e non le situazioni di
mero fatto, ancorché rivenienti da accordi
fra privati i quali ben possono regolare i
loro rapporti con modalità atipiche e
flessibili, inibite invece alle pubbliche
amministrazioni.
Pertanto, nel caso di specie, correttamente
l'amministrazione, sul piano sostanziale, ha
considerato non veritiere le dichiarazioni
rese in sede di gara circa la disponibilità
degli automezzi per l'assenza di un valido
titolo giuridico essendo scaduto il
contratto di leasing in capo alla sua dante
causa (cessionaria del ramo d'azienda) e ciò
era più che sufficiente per non approvare
l'aggiudicazione.
Inoltre, è legittimo, nel caso di specie,
l'incameramento della cauzione provvisoria,
in quanto l'incameramento si applica anche
per le dichiarazioni non veritiere,
profilandosi come garanzia del rispetto
dell'ampio patto d'integrità cui si vincola
chi partecipa a gare pubbliche, e
altrettanto legittima è la segnalazione
all'Autorità di Vigilanza, trattandosi,
anche questo, di adempimento vincolato ai
sensi dell'art. 48, 1° c. del D.Lgs. n.
163/2006, in conseguenza della omessa
dimostrazione dei requisiti di
partecipazione alla gara (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 09.11.2010 n. 7963 -
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LAVORI PUBBLICI: Project
financing - Asta - Proroga del termine di
presentazione delle offerte - Condizioni e
presupposti - Comunicazione a tutte le
imprese partecipanti - Necessità -
Violazione del principio di par condicio -
Non sussiste.
Nel caso in cui la stazione appaltante
disponga la proroga del termine per la
presentazione delle offerte, non risulta
violato il principio di par condicio tra i
concorrenti qualora la proroga medesima sia
stata comunicata alle imprese invitate,
dando a queste ultime la possibilità di
migliorare l'offerta già presentata, essendo
rimessa, in tal caso, alla stazione
appaltante la valutazione motivata in merito
all'opportunità della proroga medesima
(Fattispecie relativa ad una procedura di
project financing per affidamento in
concessione della progettazione,
ristrutturazione e successiva gestione
funzionale ed economica di un fabbricato)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 09.11.2010 n. 7214 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità della
proroga del termine relativo alla
presentazione delle offerte, qualora lo
stesso sia stato comunicato a tutti i
concorrenti prima della scadenza del termine
originario.
E' legittimo e, pertanto, non integra
violazione della par condicio dei
concorrenti, l'operato di una stazione
appaltante che abbia concesso una proroga
del termine relativo alla presentazione
delle offerte, previa comunicazione della
stessa ai concorrenti interessati, prima
della scadenza del termine originario, in
quanto secondo un consolidato orientamento
della giurisprudenza amministrativa, non
risulta violato il suddetto principio,
allorquando la proroga sia stata comunicata
espressamente alle imprese invitate,
consentendo loro, in tal modo, di migliorare
l'offerta già presentata; in siffatta
ipotesi, è rimessa alla discrezionalità
della stazione appaltante la valutazione
motivata della opportunità della proroga del
termine; nel caso di specie, la stazione
appaltante, avendo ricevuto numerose istanze
di proroga motivate con la difficoltà della
predisposizione del progetto ed avendo
riscontrato il mancato arrivo di offerte per
la gara, si è legittimamente determinata nel
senso della proroga, e ciò a tutela
dell'interesse pubblico ed in omaggio al
principio della massima partecipazione alla
procedura concorsuale (TAR Lombardia-Milano,
Sez. I,
sentenza 09.11.2010 n. 7214 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Termine per la
presentazione delle offerte - Proroga -
Violazione della par condicio - Esclusione -
Comunicazione alle imprese invitate.
Non risulta violato il principio di "par
condicio" tra i concorrenti quando la
proroga del termine di presentazione delle
offerte è stata comunicata alle imprese
invitate, dando così ad esse la possibilità
di migliorare eventualmente l'offerta già
presentata, essendo rimessa, in tal caso,
alla stazione appaltante la valutazione
motivata della opportunità della proroga
(TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 09.11.2010 n. 7214 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI: Contratti
della p.a. - Controversie in tema di
procedure ad evidenza pubblica - Prova di
resistenza - Mancato superamento -
Conseguenze - Inammissibilità del gravame -
Per carenza di interesse - Sussiste.
È inammissibile per carenza di interesse il
ricorso proposto avverso la procedura di
selezione per la scelta di un contraente,
qualora a priori risulti con certezza che il
ricorrente, anche in caso di annullamento
degli atti impugnati, non potrebbe risultare
vincitore, stante la mancata dimostrazione
del superamento della c.d. prova di
resistenza (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 09.11.2010 n. 7211 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Taglio delle ali - Art.
86, c. 1, d.lgs. n. 163/2006 - Nozione -
Finalità - Individuazione della soglia di
anomalia - Esclusione automatica delle
offerte marginali - Illegittimità.
Ai sensi dell’art. 86, comma 1, del d.lgs.
n. 163 del 2006, il cd. “taglio delle ali”,
vale a dire l’esclusione dal computo della
media aritmetica del dieci per cento,
arrotondato all’unità superiore,
rispettivamente delle offerte di maggior
ribasso e di quelle di minor ribasso,
incrementata dello scarto medio aritmetico
dei ribassi percentuali che superano la
predetta media, è operazione virtuale,
finalizzata unicamente all’individuazione
della soglia di anomalia e non invece
all’esclusione automatica delle offerte
marginali (cfr. Tar Liguria Genova, II,
21.11.2006, n. 1554; Consiglio Stato, V,
30.08.2004, n. 5656) (TAR Puglia-Lecce, Sez.
III,
sentenza 09.11.2010 n. 2629 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
E' legittimo il
provvedimento che ha disposto la decadenza
di una società dall'aggiudicazione
provvisoria del servizio di mensa scolastica
per dichiarazioni non veritiere in ordine al
possesso dei requisiti di cui all'art. 38,
lett. g), d.lgs.163/2006.
E' legittimo il provvedimento con cui il
responsabile dell'ufficio segreteria ha
disposto la decadenza di una società
dall'aggiudicazione provvisoria del servizio
di mensa scolastica, adottato a seguito
delle verifiche sulla veridicità della
dichiarazione resa per l'ammissione alla
gara, da cui è emerso, contrariamente a
quanto dichiarato, che la medesima si
trovava nella condizione di cui all'art. 38,
lett. g), del d.lgs. n. 163/2006 (soggetti
che hanno commesso violazioni,
definitivamente accertate, rispetto agli
obblighi relativi al pagamento delle imposte
e tasse, secondo la legislazione italiana o
quella dello Stato in cui sono stabiliti),
così come attestato dall'Agenzia delle
entrate che comunicava l'esistenza di una
cartella esattoriale insoluta.
Secondo un consolidato orientamento
giurisprudenziale, non può ammettersi che,
attraverso lo strumento
dell'autocertificazione, si possa
agevolmente eludere l'obbligo di
rappresentare con fedeltà, diligenza e
trasparenza la reale situazione in cui
l'impresa versa ai fini della verifica in
ordine al possesso dei requisiti di
partecipazione alla gara. Di conseguenza, la
falsa dichiarazione resa in sede di
autocertificazione costituisce, di per se,
causa oggettiva di esclusione, a prescindere
da ogni indagine sulla gravità della
irregolarità sottaciuta, nonché sulla
sussistenza dell'elemento psicologico del
dolo o della colpa all'atto della
dichiarazione.
Del resto la ratio
dell'autocertificazione è proprio quella di
semplificare i rapporti con
l'amministrazione responsabilizzando però
l'utenza, per cui, di fronte a una
dichiarazione non veritiera (perché
obiettivamente in contrasto con la realtà),
l'amministrazione deve prenderne atto per i
conseguenti provvedimenti amministrativi
senza dover svolgere alcuna verifica di
natura soggettiva (che rileva solo in campo
penale per l'accertamento di eventuali reati
di falso).
Peraltro, indipendentemente dai profili
riguardanti la falsità della dichiarazione,
l'impedimento di cui all'art. 38, lett. g),
del D.Lgs. n. 163/2006 sussisteva sia alla
data della domanda di partecipazione alla
gara che alla data di aggiudicazione
provvisoria, e ciò costituiva "ex se"
motivo ostativo all'aggiudicazione
definitiva (TAR Marche,
sentenza 08.11.2010 n. 3382 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla natura del
giudizio di verifica dell'anomalia delle
offerte.
Nelle procedure indette per l'aggiudicazione
di appalti pubblici, la verifica
dell'anomalia dell'offerta è espressione di
una potestà tecnico-discrezionale
dell'autorità amministrativa, non
sindacabile in sede di legittimità, a meno
di essere viziata da profili di manifesta
illogicità, insufficiente motivazione,
ovvero errore di fatto.
Peraltro, il giudizio di verifica della
congruità di un'offerta anomala ha natura
globale e sintetica sulla serietà, o meno,
dell'offerta nel suo complesso, e l'art. 88,
c. 7, del d.lgs. n. 163/2006, nella parte in
cui prevede che, all'esito del procedimento
di verifica dell'anomalia, la stazione
appaltante dichiara l'eventuale esclusione
dell'offerta che risulta, "nel suo
complesso", inaffidabile, va inteso nel
senso che la valutazione
dell'Amministrazione deve verificare
l'affidabilità globale dell'offerta, e
l'esito della gara può essere travolto dalla
pronuncia del G.A. solo allorquando il
giudizio negativo sul piano
dell'attendibilità riguardi voci che rendano
l'intera operazione economica non plausibile
e, dunque, non suscettibile di accettazione
da parte della stazione appaltante.
Nel caso di specie, le censure proposte
dalla ricorrente non hanno evidenziato,
nell'ambito del suboprocedimento di verifica
di anomalia dell'offerta aggiudicataria,
vizi di manifesta illogicità, di
travisamento del fatto o di insufficiente
istruttoria. Al contrario, il procedimento
in esame è stato condotto con rigoroso
approfondimento istruttorio e si è concluso
con la formulazione di un giudizio coerente,
logico e ragionevole (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 05.11.2010 n. 4085 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Il
termine di 10 giorni previsto dall'art. 48
d.lgs. 12.04.2006 n. 163 deve considerarsi
perentorio, legittimando l'esclusione dalla
gara del concorrente che fornisca la
documentazione del possesso dei requisiti
prescritti nel bando oltre tale termine, in
ossequio ad esigenze di celerità e alla
necessità di chiusura del procedimento nel
più breve tempo possibile.
Secondo l’interpretazione maggioritaria
condivisa dal Collegio in materia di
pubblici appalti, il termine di 10 giorni
previsto dall'art. 48, d.lgs. 12.04.2006 n.
163, deve considerarsi perentorio,
legittimando l'esclusione dalla gara del
concorrente che fornisca la documentazione
del possesso dei requisiti prescritti nel
bando oltre tale termine, in ossequio ad
esigenze di celerità e alla necessità di
chiusura del procedimento nel più breve
tempo possibile (TAR Lazio Roma, sez. III,
23.07.2009, n. 7493) (TAR Lazio-Latina, Sez.
I,
sentenza 05.11.2010 n. 1864 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Tracciabilità
degli appalti a due vie. Conti dedicati e
pagamenti sotto esame per i nuovi contratti.
Oggi in Cdm il decreto legge sicurezza, che
consente di adeguare i vecchi accordi entro
marzo 2011.
Dal 07.09.2010 la
tracciabilità dei flussi finanziari è
applicabile per tutti i contratti,
subappalti e subcontratti di appalto
stipulati dopo il sette settembre 2010 e per
tutti i concessionari di finanziamenti
pubblici. Entro il 07.03.2011, invece,
dovranno essere adeguati agli obblighi di
tracciabilità i contratti, subappalti e
subcontratti stipulati prima del 07.09.2010.
È quanto prevede lo schema di decreto legge
in materia di sicurezza che contiene anche
le disposizioni in materia di tracciabilità
dei flussi finanziari, integrative e
attuative delle disposizioni della legge
136/2010.
Il provvedimento andrà stamane al vaglio del
consiglio dei ministri.
Le due norme dedicate al tema della
tracciabilità non comprendono quindi alcuna
sospensione dell'efficacia dell'obbligo
previsto dall'articolo 3 della legge
136/2010 (fortemente richiesta dalle
organizzazioni imprenditoriali «per tutti
i contratti», con un comunicato
confindustriale emesso martedì): l'efficacia
delle norme è quindi piena anche se con
regimi differenziati a seconda della data
della stipula dei contratti; prevede invece
chiarimenti e integrazioni alla disciplina
varata nei mesi scorsi con la legge 136.
Infatti, il decreto conferma che la
tracciabilità opera per i contratti
stipulati successivamente al sette settembre
2010, nonché ai relativi subcontratti e
subappalti, e per i concessionari di
finanziamenti pubblici; per i contratti (e
relativi subappalti e subcontratti)
stipulati prima del 7 settembre il decreto
legge consentirà l'adeguamento di tutti i
contratti e dei subcontratti alle
disposizioni sulla tracciabilità previste
dalla legge 136 e dal decreto legge stesso,
entro 180 giorni, cioè entro il 07.03.2011.
Una delle novità è la soppressione del
rinvio al dpcm che avrebbe dovuto dettare
entro sei mesi ulteriori norme attuative da
seguire. Nella sostanza il decreto legge
chiude a ogni possibile integrazione
successiva e offre un quadro di riferimento
finalmente chiaro e univoco anche per quel
che attiene alle sanzioni da irrogare e ai
sistemi alternativi al bonifico bancario o
postale che gli operatori potranno
utilizzare.
Su quest'ultimo punto viene chiarito che per
i pagamenti destinati a dipendenti,
consulenti e fornitori di beni e servizi
rientranti tra le spese generali, nonché per
i pagamenti destinati all'acquisto di
immobilizzazioni tecniche, nonché per il
pagamento di spese estranee a lavori,
forniture e servizi che necessitano di somme
provenienti dai «conti dedicati»,
sarà possibile utilizzare, oltre al bonifico
bancario o postale, anche altri strumenti di
pagamento idonei a consentire la piena
tracciabilità delle operazioni, per l'intero
importo dovuto.
Un'altra novità è rappresentata dal fatto
che gli strumenti di pagamento (bonifici,
Rid ecc.) dovranno indicare in relazione ad
ogni transazione finanziaria il Codice
identificativo di gara (Cig) assegnato
dall'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici e, soltanto nei casi in cui ciò sia
obbligatoriamente previsto dalla legge
2/2003, il Codice unico di progetto (Cup),
che quindi, in queste ipotesi, si
aggiungerebbe al Cig.
Viene poi soppressa la norma che imponeva
alla stazione appaltante di chiedere il Cup
al dipartimento competente della presidenza
del consiglio. Viene confermata la
definizione di «filiera delle imprese» con
riguardo (oltre ai contratti principali) ai
subappalti e ai subcontratti stipulati «per
l'esecuzione anche non esclusiva del
contratto»; si tratta di un chiarimento
che sembra ricomprendere anche i fornitori
dei subappaltatori, laddove la fornitura non
sia generica, ma preordinata alla specifica
esecuzione del contratto.
Il decreto chiarisce che l'utilizzo «anche
in via non esclusiva» di un conto
dedicato per i pagamenti relativi a commesse
pubbliche, consente di utilizzare il o i
conti dedicati (bancari o postali) «anche
promiscuamente per più commesse, purché per
ciascuna commessa sia effettuata la
comunicazione alla stazione appaltante»;
in sostanza si potranno su questi conti
effettuare anche operazioni estranee alle
commesse pubbliche comunicate.
Per quel che riguarda le sanzioni per
violazione degli obblighi di legge saranno i
prefetti della provincia dove ha sede la
stazione appaltante o concedente i
finanziamenti pubblici (articolo
ItaliaOggi del 05.11.2010 -
tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI:
Non è consentito
demandare a soggetti esterni alla
commissione di gara le valutazioni tecniche
delle offerte presentate dalle ditte
partecipanti alla procedura.
L'art. 84, c. 2, del d.lgs. n. 163/2006,
prevede che la commissione sia composta da
esperti nello specifico settore cui si
riferisce l'oggetto dell'appalto e che la
stessa sia nominata dall'organo della
stazione appaltante competente ad effettuare
la scelta del soggetto affidatario.
E' evidente che la norma preveda come le
specifiche professionalità necessarie ad
effettuare le valutazioni delle offerte
tecniche debbano rintracciarsi all'interno
della stessa commissione e, pertanto, non è
consentito demandare sostanzialmente a
soggetti esterni alla commissione di gara le
valutazioni tecniche poste alla base della
scelta e nemmeno influire in qualche modo su
di esse.
In ogni caso la scelta degli "esperti",
ammesso e non concesso che possano essere
individuati all'esterno della commissione
stessa, non potrà mai essere effettuata
dalla medesima commissione, in quanto la
norma ne demanda l'individuazione all'organo
competente ad effettuare la scelta del
soggetto affidatario.
Ne consegue che, nel caso di specie, è
illegittimo l'operato di una commissione di
gara, regolarmente nominata dalla stazione
appaltante, per essersi avvalsa di "esperti"
esterni alla commissione stessa per valutare
l'offerta tecnica delle ditte partecipanti
(TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater,
sentenza 04.11.2010 n. 33183 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Nell’ambito
di una gara, che come la presente si svolga con il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le valutazioni
tecniche delle commissioni di gara sono espressione di ampia
discrezionalità, suscettibili di sindacato solo nei limiti
della manifesta illogicità.
Nello stesso ambito, la commissione ben può esprimere le
proprie valutazioni attribuendo ai vari profili rilevanti
dell’offerta un punteggio numerico, purché ciò faccia
attraverso “criteri prefissati di valutazione…
sufficientemente dettagliati”, tali “da consentire di
comprendere l'iter logico attraverso il quale
l'amministrazione è giunta ad un certo grado di giudizio”.
In termini generali, è pacifico in giurisprudenza che,
nell’ambito di una gara che come la presente si svolga con
il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, “le
valutazioni tecniche delle commissioni di gara sono
espressione di ampia discrezionalità, suscettibili di
sindacato solo nei limiti della manifesta illogicità”:
così espressamente, da ultimo, C.d.S. sez. V 14.09.2010 n.
6686.
E’ poi parimenti noto che, nello stesso ambito, la
commissione ben può esprimere le proprie valutazioni
attribuendo ai vari profili rilevanti dell’offerta un
punteggio numerico, purché ciò faccia attraverso “criteri
prefissati di valutazione… sufficientemente dettagliati”,
tali “da consentire di comprendere l'iter logico
attraverso il quale l'amministrazione è giunta ad un certo
grado di giudizio”: così per tutte, sempre nella
giurisprudenza recente, C.d.S. sez. V 01.10.2010 n. 7266
(TAR Lombardia-Brscia, Sez. II,
sentenza 04.11.2010 n. 4554 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Non sussiste l'obbligo,
in capo alla stazione appaltante, di
comunicare l'avvio del procedimento di
autotutela nell'ipotesi di annullamento
dell'aggiudicazione provvisoria.
Sulle differenze tra oggetto sociale ed
attività effettivamente esercitata da
un'impresa.
In caso di annullamento dell'aggiudicazione
provvisoria di una gara d'appalto, non
sussiste l'obbligo, in capo alla stazione
appaltante, di comunicare alla concorrente
interessata l'avvio del procedimento in
autotutela secondo il disposto di cui
all'art. 7 della legge n. 241/1990, in
quanto siffatto adempimento si rende
superfluo, in virtù della natura meramente
endoprocedimentale dell'atto di
aggiudicazione provvisoria, il quale si
inserisce nell'iter di scelta del contraente
come momento necessario ma non decisivo,
giacché l'individuazione finale
dell'affidatario dell'appalto si
cristallizza soltanto nell'aggiudicazione
definitiva; pertanto, vantando in tal caso
l'aggiudicatario provvisorio solo una mera
aspettativa alla conclusione del
procedimento, la stazione appaltante non è
onerata di comunicare l'avvio del
procedimento di annullamento in autotutela.
---------------
L'oggetto sociale ancorché segni il campo
delle attività che un'impresa può
astrattamente svolgere, sul piano della
capacità di agire dei suoi legali
rappresentanti, non equivale ad attestare,
in alcun modo, il prescritto esercizio in
concreto di detta attività.
Oggetto sociale e attività effettivamente
esercitata, quest'ultima da comprovare
mediante la prescritta dichiarazione
verificabile in base alla certificazione
camerale, infatti, non possono essere
considerati come concetti coincidenti,
atteso che un'attività può ben essere
prevista nell'oggetto sociale -risultante
dall'iscrizione sotto la voce "dati
identificativi dell'impresa"- senza
essere attivata poi in concreto.
La prescrizione della lex specialis
della gara, con la quale si richiede ai
concorrenti, ai fini della partecipazione,
l'iscrizione alla Camera di Commercio per
una definita attività da appaltare, non può
perciò che essere finalizzata a selezionare
ditte che abbiano una esperienza specifica
nel settore interessato: in caso contrario
la prescrizione avrebbe ad oggetto la mera
iscrizione alla CCIAA, ovvero richiederebbe
un'attestazione della camera di commercio
riferita solo all'inclusione del servizio da
appaltare nell'oggetto sociale, ma ciò la
clausola dovrebbe fare in modo esplicito,
tale cioè da escludere il significato
normale altrimenti attribuibile alla chiara
lettera della stessa, predisposta come di
prassi.
È ovvio, quindi, che - salvo voler privare
la clausola della lettera d'invito di
significato - nessun rilievo possa
attribuirsi all'oggetto sociale
dell'impresa, il quale abilita quest'ultima
a svolgere quella determinata attività, ma
nulla dice sull'effettivo svolgimento della
stessa (TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 02.11.2010 n. 22122 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Il sindaco con ordinanza
può assicurare la prosecuzione del servizio
di raccolta e smaltimento dei rifiuti
mediante l'affidamento di questo al
precedente affidatario ma deve rivalutare il
corrispettivo economico fissato con il
precedente contratto.
E' illegittima l'ordinanza emessa ai sensi
dell'art. 38, c. 2, l. 08.06.1990 n. 142,
con cui il sindaco assicura la prosecuzione
del servizio di raccolta e smaltimento dei
rifiuti mediante l'affidamento di questo al
precedente affidatario, nella parte in cui
mantiene il corrispettivo economico fissato
col precedente contratto, dovendo in ogni
caso essere rispettata l'esigenza di
arrecare il minor sacrificio possibile al
privato destinatario dell'ordinanza e quindi
di non imporre corrispettivi raccordati a
valori risalenti nel tempo e senza verifica
della loro idoneità a remunerare con
carattere di effettività il servizio reso
(TAR Sicilia-Catania, Sez. III,
sentenza 02.11.2010 n. 4316 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
ottobre 2010 |
|
APPALTI:
M. Beoni,
Accesso agli atti di gara e tutela dei
segreti commerciali delle imprese a seguito
del Codice dei contratti pubblici - D.Lgs.
n. 163 del 2006 (link a
www.altalex.com). |
APPALTI:
Contratti pubblici: dal
TAR Piemonte un'interessante pronuncia sulla
quantificazione del danno da "perdita di
chance".
In materia di affidamento di contratti
pubblici, allorché si tratti di quantificare
il danno subito da un'impresa per perdita di
chance, occorre distinguere la fattispecie
in cui il ricorrente riesce a dimostrare
che, in mancanza dell'adozione del
provvedimento illegittimo, avrebbe vinto la
gara (ad esempio perché, se non fosse stato
indebitamente escluso, sarebbe stata
selezionata la sua offerta) dalla
fattispecie in cui non è possibile acquisire
alcuna certezza su quale sarebbe stato
l'esito della procedura in mancanza della
violazione riscontrata.
La dimostrazione della spettanza
dell'appalto all'impresa danneggiata risulta
configurabile nei soli casi in cui il
criterio di aggiudicazione si fonda su
parametri vincolati e matematici (come, ad
esempio, nel caso del massimo ribasso in un
pubblico incanto in cui l'impresa vincitrice
avrebbe dovuto essere esclusa), mentre si
rivela impossibile là dove la selezione del
contraente viene operata sulla base di un
apprezzamento tecnico-discrezionale
dell'offerta (come nel caso dell'offerta
economicamente più vantaggiosa).
Nella prima ipotesi, all'impresa danneggiata
spetta un risarcimento pari al 10% del
valore dell'appalto (come ribassato dalla
sua offerta), ferma restando la possibilità
di conseguire una somma superiore, in
presenza della dimostrazione che il margine
di utile sarebbe stato maggiore di quello
presunto. Viceversa, quando il ricorrente
allega solo la perdita di una chance a
sostegno della pretesa risarcitoria (e cioè
quando non riesce a provare che
l'aggiudicazione dell'appalto spettava
proprio a lui, secondo le regole di gara),
la somma commisurata all'utile d'impresa
deve essere proporzionalmente ridotta in
ragione delle concrete possibilità di
vittoria risultanti dagli atti della
procedura.
Al fine di operare tale decurtazione vanno
valorizzati tutti gli indici significativi
delle potenzialità di successo del
ricorrente, quali, ad esempio, il numero di
concorrenti, la configurazione della
graduatoria eventualmente stilata ed il
contenuto dell'offerta presentata
dall'impresa danneggiata (TAR Piemonte, Sez.
II,
sentenza 29.10.2010 n. 3939 -
link a www.eius.it). |
APPALTI:
I debiti fuori
bilancio derivanti da sentenze esecutive, per i quali è
consentito il riconoscimento da parte del Consiglio Comunale
ai sensi dell’art. 194, lett. a), del D.Lgs. 18/08/2000 n.
267, conseguono all’imperatività del provvedimento
giudiziale e pertanto come rilevato, al punto 101 dal
principio contabile n. 2 redatto dall’Osservatorio per la
Finanza e la Contabilità degli Enti locali in data
18/11/2008, il significato del provvedimento del Consiglio
Comunale non è quello di riconoscere una legittimità del
debito che già esiste, ma di ricondurre al sistema di
bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria che è maturato
all’esterno di esso.
Sussiste,
pertanto, in
presenza di una sentenza munita della formula esecutiva,
l’obbligo di procedere con tempestività alla convocazione
del Consiglio Comunale per provvedere al riconoscimento del
debito al fine di impedire il maturare di interessi,
rivalutazione monetaria ed ulteriori spese legali generate
da eventuali azioni esecutive.
D’altronde, come precisato dal successivo punto 102 del su
richiamato principio contabile n. 2: “il riconoscimento
della legittimità del debito fuori bilancio derivante da
sentenza esecutiva non costituisce acquiescenza alla stessa
e pertanto non esclude l’ammissibilità dell’impugnazione. Il
medesimo riconoscimento, pertanto, deve essere accompagnato
dalla riserva di ulteriori impugnazioni ove possibili e
opportune”.
Con il provvedimento consiliare di
riconoscimento del debito fuori bilancio devono
necessariamente individuarsi le fonti di
finanziamento rilevata la sussistenza dell’obbligo di
copertura finanziaria gravante sui provvedimenti di spesa
sancita dall’art. 191 del D.Lgs. n. 267/2000.
Infatti, come noto, la fattispecie del
debito fuori bilancio costituisce un’obbligazione pecuniaria
dell’Ente locale perfezionatasi giuridicamente ma assunta in
violazione delle norme giuscontabili che regolano
l’assunzione di impegni di spesa ed il provvedimento del
Consiglio Comunale di riconoscimento del debito consente di
ricondurre l’obbligazione nell’osservanza delle norme di
contabilità mediante la individuazione delle risorse per
farvi fronte.
Invero, deve dedursi dalla
ratio del sistema normativo nel suo insieme che il
debito, una volta riconosciuto dall’Ente, deve essere
finanziato ed adempiuto con necessaria celerità nel rispetto
degli equilibri di bilancio anche al fine di evitare
ulteriore aggravio per le finanze pubbliche.
Deve, inoltre, aggiungersi che le linee guida per la
predisposizione delle relazioni ai bilanci di previsione
2010 a cui devono attenersi gli Organi di Revisione
Contabile degli Enti locali, approvate con la deliberazione
della Sezione Autonomie n. 9/AUT/2010 depositata il
16/04/2010, richiedono, alla domanda preliminare n. 13), se
sono previsti stanziamenti per il finanziamento di debiti
fuori bilancio ancora non riconosciuti dal Consiglio
Comunale manifestando particolare attenzione anche alle
potenziali passività affinché gli Enti predispongano
adeguati accantonamenti che permettano la copertura dei
futuri debiti.
La Sezione ritiene, quindi, opportuno precisare che qualora il Giudice di Appello disponesse la
sospensione dell’esecutività della sentenza con il
conseguente venire meno dell’obbligo di provvedere al
riconoscimento del debito da parte del Consiglio Comunale,
l’Ente potrebbe accantonare in via prudenziale e nel
rispetto dei principi di una sana e corretta gestione
finanziaria, idonee risorse atte a garantire la copertura
del debito in caso di eventuale soccombenza.
---------------
Il Sindaco del Comune di Castrignano del Capo (LE), con la
nota riportata in epigrafe, illustra che l’Ente, risultato
soccombente in un giudizio civile, è stato condannato al
pagamento della somma di €. 2.700.000,00 circa con sentenza
provvisoriamente esecutiva ai sensi dell’art. 282 del codice
di procedura civile.
Il Sindaco evidenzia che il Comune ha tempestivamente
affidato al proprio difensore l’incarico di proporre il
giudizio di appello con contestuale istanza di sospensione
dell’esecutività della sentenza considerando “le
gravissime ripercussioni” sul bilancio dell’Ente.
Pertanto, il Sindaco espone alla Sezione i seguenti quesiti
al fine di conoscere:
- se sussista l’obbligo per la Giunta Comunale di
sottoporre immediatamente all’esame del Consiglio il
riconoscimento del debito fuori bilancio derivante dalla
sentenza provvisoriamente esecutiva o se tale obbligo
scaturisca soltanto con la notifica all’Ente della sentenza
munita della formula esecutiva;
- e se il Consiglio Comunale possa limitarsi a prendere
atto del debito e dell’istanza di sospensione
dell’esecutività riservandosi all’esito dell’udienza o in
seguito all’attivazione della procedura di esecuzione
forzata di individuare le fonti di finanziamento del debito
in sede di salvaguardia degli equilibri di bilancio.
...
Il Collegio evidenzia che i debiti fuori
bilancio derivanti da sentenze esecutive, per i quali è
consentito il riconoscimento da parte del Consiglio Comunale
ai sensi dell’art. 194, lett. a), del D.Lgs. 18/08/2000 n.
267, conseguono all’imperatività del provvedimento
giudiziale e pertanto come rilevato, al punto 101 dal
principio contabile n. 2 redatto dall’Osservatorio per la
Finanza e la Contabilità degli Enti locali in data
18/11/2008, il significato del provvedimento del Consiglio
Comunale non è quello di riconoscere una legittimità del
debito che già esiste, ma di ricondurre al sistema di
bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria che è maturato
all’esterno di esso.
Sussiste,
pertanto, ad avviso della Sezione, in
presenza di una sentenza munita della formula esecutiva,
l’obbligo di procedere con tempestività alla convocazione
del Consiglio Comunale per provvedere al riconoscimento del
debito al fine di impedire il maturare di interessi,
rivalutazione monetaria ed ulteriori spese legali generate
da eventuali azioni esecutive.
D’altronde, come precisato dal successivo punto 102 del su
richiamato principio contabile n. 2: “il riconoscimento
della legittimità del debito fuori bilancio derivante da
sentenza esecutiva non costituisce acquiescenza alla stessa
e pertanto non esclude l’ammissibilità dell’impugnazione. Il
medesimo riconoscimento, pertanto, deve essere accompagnato
dalla riserva di ulteriori impugnazioni ove possibili e
opportune”.
Con il provvedimento consiliare di
riconoscimento del debito fuori bilancio devono
necessariamente individuarsi,
ad avviso del Collegio, le fonti di
finanziamento rilevata la sussistenza dell’obbligo di
copertura finanziaria gravante sui provvedimenti di spesa
sancita dall’art. 191 del D.Lgs. n. 267/2000.
Infatti, come noto, la fattispecie del
debito fuori bilancio costituisce un’obbligazione pecuniaria
dell’Ente locale perfezionatasi giuridicamente ma assunta in
violazione delle norme giuscontabili che regolano
l’assunzione di impegni di spesa ed il provvedimento del
Consiglio Comunale di riconoscimento del debito consente di
ricondurre l’obbligazione nell’osservanza delle norme di
contabilità mediante la individuazione delle risorse per
farvi fronte.
Come precisato dalla Sezione Regionale di Controllo per
l’Emilia Romagna con la deliberazione n. 20/2007 depositata
in data 03/04/2007, deve dedursi dalla
ratio del sistema normativo nel suo insieme che il
debito, una volta riconosciuto dall’Ente, deve essere
finanziato ed adempiuto con necessaria celerità nel rispetto
degli equilibri di bilancio anche al fine di evitare
ulteriore aggravio per le finanze pubbliche.
Deve, inoltre, aggiungersi che le linee guida per la
predisposizione delle relazioni ai bilanci di previsione
2010 a cui devono attenersi gli Organi di Revisione
Contabile degli Enti locali, approvate con la deliberazione
della Sezione Autonomie n. 9/AUT/2010 depositata il
16/04/2010, richiedono, alla domanda preliminare n. 13), se
sono previsti stanziamenti per il finanziamento di debiti
fuori bilancio ancora non riconosciuti dal Consiglio
Comunale manifestando particolare attenzione anche alle
potenziali passività affinché gli Enti predispongano
adeguati accantonamenti che permettano la copertura dei
futuri debiti.
La Sezione ritiene, quindi, opportuno precisare che
qualora il Giudice di Appello disponesse la
sospensione dell’esecutività della sentenza con il
conseguente venire meno dell’obbligo di provvedere al
riconoscimento del debito da parte del Consiglio Comunale,
l’Ente potrebbe accantonare in via prudenziale e nel
rispetto dei principi di una sana e corretta gestione
finanziaria, idonee risorse atte a garantire la copertura
del debito in caso di eventuale soccombenza
(Corte dei Conti, Sez. controllo Puglia,
parere 29.09.2010 n. 93). |
LAVORI PUBBLICI:
Rotatorie, niente
pubblicità.
Nel centro delle rotonde stradali e attorno
a questi diffusi manufatti non è possibile
posizionare cartelli pubblicitari. Si tratta
infatti di intersezioni a raso dove secondo
il codice stradale è vietato applicare
qualsiasi distrazione per l'utente
motorizzato.
Lo ha ribadito il Ministero dei Trasporti
con il parere 09.09.2010 n. 72763.
La città di Aosta ha richiesto chiarimenti
circa la diffusa realizzazione di rotatorie
stradali sponsorizzate da soggetti privati
con marchi, insegne e informazioni
pubblicitarie.
Questa pratica è vietata, ha spiegato il
ministero, in quanto le rotatorie, anche se
non vengono citate dal codice della strada,
sono tecnicamente definibili come delle
intersezioni a raso su cui si applica il
conseguente divieto di posizionamento di
impianti pubblicitari previsto dall'art. 51
del regolamento stradale.
In buona sostanza, sono fuori legge tutte le
iniziative locali che hanno ricercato
sponsor per contribuire alla realizzazione
dei diffusi manufatti stradali posizionando
le pubblicità dell'azienda privata nel bel
mezzo della rotonda.
Questi impianti possono infatti creare
distrazione e ingenerare pericolo per la
circolazione (articolo ItaliaOggi del
29.10.2010, pag. 22). |
LAVORI PUBBLICI:
Categoria OG11 -
Categorie specialistiche - Principio di
assorbenza - Operatività - Esclusione -
Difetto del requisito specifico di
qualificazione nella categoria specialistica
richiesta dal bando - Qualificazione nella
categoria generale - Sanatoria - Esclusione.
La qualificazione nella categoria OG11 non
ricomprende ed assorbe necessariamente anche
le qualificazioni singolarmente previste
nelle categorie specialistiche (OS3, OS5,
OS28 e OS30): pertanto, per un verso un
bando di gara può legittimamente richiedere
la qualificazione in una delle predette
categorie specialistiche e, per altro verso,
il difetto del requisito specifico della
qualificazione nella categoria speciale, in
presenza di tale lex specialis, non
può essere sanato con la sola qualificazione
per la categoria generale OG11 (Consiglio di
Stato, sez. V, 30.10.2003, n. 6760) (TAR
Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 28.10.2010 n. 21850 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Revoca attestazione SOA
- Possesso dei requisiti - False
attestazione - Non imputabilità della
falsità all'impresa - Effetti - Richiesta di
nuova attestazione - Verifica.
L'attestazione di qualificazione rilasciata
sulla base di falsi documenti va annullata
anche se in ipotesi la falsità non sia
imputabile all'impresa che ha conseguito
l'attestazione, d’altra parte, la non
imputabilità della falsità all'impresa che
ha conseguito l'attestazione acquista
rilevanza in sede di e ai fini del rilascio
di nuova attestazione. Pertanto, in caso di
falso non imputabile sussiste il requisito
di ordine generale di non aver reso false
dichiarazioni circa il possesso dei
requisiti richiesti per l'ammissione agli
appalti e per il conseguimento
dell'attestazione di qualificazione (Cons.
Stato, sez. VI, n 128/2005; Id., 04/02/2010,
n. 515).
Ciò comporta, tuttavia, che, nel definire il
procedimento avviato con la richiesta di
nuova attestazione presentata da soggetto
che, in passato, ha già conseguito
attestazione di qualificazione fornendo dati
oggettivamente falsi, il soggetto preposto
alla definizione dell’istanza non può
omettere di verificare l’imputabilità o meno
al soggetto istante della pregressa falsità.
Né d’altra parte la non imputabilità può
dirsi esclusa per il solo fatto che la
falsità ha nel caso di specie involto
certificazioni rilasciate da un ente
pubblico, in specie dalla Provincia di
Imperia: dato, questo, da sé solo non
dirimente in sede di verifica
dell’imputabilità, al soggetto che ha
chiesto il rilascio dell’attestazione, della
falsità del dato prodotto con l’esibizione
della certificazione (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 28.10.2010 n. 7646 -
link a www.ambientediritto.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Chiesa demolita? Ne
risponde il comune. Per l'amministrazione
culpa in vigilando e in eligendo.
E' responsabile, per cattiva scelta e
mancato controllo, il comune che ha
appaltato l'allargamento di una strada a una
società di costruzioni che nel corso dei
lavori ha demolito un immobile sottoposto a
vincolo storico-artistico.
Così ha deciso il Consiglio di Stato, Sez.
VI, con
sentenza 28.10.2010 n. 7635, che
ha stabilito le linee della responsabilità
del comune quando agisce come stazione
appaltante ... (articolo
Il Sole 24 Ore del 06.12.2010 -
link a www.ecostampa.com). |
APPALTI:
Esecuzione dell’appalto
- Danni derivati a terzi - Responsabilità
del committente - Colpa “in eligendo” e di
omesso controllo - Artt. 2043 e 2049 c.c. -
Immobile dichiarato di interesse
storico-artistico - Demolizione non
autorizzata - Fattispecie - Art. 160 D.Lgs.
n. 42/2004.
La responsabilità del committente (nella
specie il comune di Bitonto) per danni
derivati a terzi dall’appalto non si basa
soltanto sull’art. 2049 c.c., secondo cui la
particolare autonomia contrattuale di cui
gode l’appaltatore esclude la possibilità di
configurare in genere la esistenza di un
rapporto di preposizione che
giustificherebbe la responsabilità del
committente stesso (il quale non risponde,
quindi, normalmente, dei danni cagionati a
terzi dall’appaltatore), ma si basa, in
talune ipotesi, come appunto quella in
esame, sulla clausola generale dell’art.
2043 c.c.; e cioè sulla c.d. colpa “in
eligendo”, potendo il committente essere
eccezionalmente corresponsabile in via
diretta con l’appaltatore per i danni
derivati a terzi dall’esecuzione
dell’appalto. Fattispecie: totale
distruzione di un bene assoggettato a
vincolo storico-artistico (Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 28.10.2010 n. 7635 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sui limiti del sindacato
del giudice amministrativo in materia di
valutazione dell'anomalia delle offerte.
La motivazione del giudizio formulato in
merito all'anomalia delle offerte in una
gara d'appalto di opera pubblica costituisce
elemento decisivo ai fini della verifica
giurisdizionale, in quanto consente un
controllo sulla ratio dello stesso,
non potendo il giudice sostituirsi alla p.a.
o entrare nel merito dell'azione
amministrativa.
Il sindacato del G.A. sulle valutazioni
espressione di discrezionalità tecnica deve
limitarsi al controllo formale dell'iter
logico seguito nell'attività amministrativa;
peraltro, esso deve involgere
l'attendibilità delle operazioni tecniche,
sotto il profilo della loro correttezza con
riferimento ai criteri tecnici e relativo
procedimento applicativo, ma esula dalla sua
sfera di competenza il riesame delle
autonome valutazioni dell'interesse
pubblico, compiute dalla p.a. sulla base
delle cognizioni tecniche acquisite.
Pertanto, compito del giudice è verificare
se il potere amministrativo sia stato
tecnicamente esercitato in modo conforme ai
criteri di logicità, congruità, razionalità
e corretto apprezzamento dei fatti; tuttavia
gli è preclusa la possibilità di sovrapporre
la sua idea tecnica al giudizio non erroneo
né illogico formulato dall'organo
amministrativo, cui la legge attribuisca la
tutela dell'interesse pubblico
nell'apprezzamento del caso concreto.
Di conseguenza, la pronuncia del G.A. può
travolgere l'esito della gara, solo
allorquando il giudizio negativo sul piano
dell'attendibilità riguardi voci che rendano
l'intera operazione economica non plausibile
e non suscettibile di accettazione da parte
della stazione appaltante, a causa dei dubbi
inerenti l'idoneità dell'offerta a garantire
l'efficace perseguimento dell'interesse
pubblico (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 28.10.2010 n. 7631 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Offerta anomala -
Verifica - Artt. 87 e 88, d.lgs. n.
163/2006.
La verifica dell’anomalia, alla stregua dei
parametri di riscontro di cui agli artt. 87
e 88, del d.lgs. n. 163/2006, deve
svolgersi, con valutazione globale previa
attendibilità dell’analisi dei prezzi
redatta dall’interessata offerente.
Di regola, la verifica dell'offerta anomala
si estrinseca in un sub-procedimento
formalmente distinto rispetto a quello ad
evidenza pubblica diretto
all'aggiudicazione, anche se ad esso
collegato (C.S., sez. VI, 03/04/2002 n.
1853).
Gara d’appalto di opera
pubblica - Anomalia delle offerte - Verifica
giurisdizionale dell'anomalia - D.L.vo n.
163/2006.
La motivazione della valutazione effettuata
circa l'anomalia delle offerte in una gara
d’appalto di opera pubblica costituisce
l'elemento decisivo ai fini della verifica
giurisdizionale, in quanto permette un
controllo sulla logicità della stessa, senza
possibilità per il giudice di sostituirsi
alla p.a. o trasmodare nelle determinazioni
che appartengono al merito dell'azione
amministrativa.
Pertanto, in tema di anomalia, compito
primario del giudice è quello di verificare
se il potere amministrativo sia stato
tecnicamente esercitato in modo conforme ai
criteri di logicità, congruità, razionalità
e corretto apprezzamento dei fatti.
Sicché, nella verifica dell'anomalia,
l'esito della gara può essere travolto dalla
pronuncia del giudice amministrativo solo
quando il giudizio negativo sul piano
dell'attendibilità riguardi voci che, per la
loro rilevanza ed incidenza complessiva,
rendano l'intera operazione economica non
plausibile e, per l'effetto, non
suscettibile di accettazione da parte della
stazione appaltante, a causa dei residui
dubbi circa l'idoneità dell'offerta,
insidiata da indici strutturali di carente
affidabilità, a garantire l'efficace
perseguimento dell'interesse pubblico (C.S.,
sez. VI, dec. 03/05/2002 n. 2334) (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 28.10.2010 n. 7631 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI - COMPETENZE GESTIONALI: La
Giunta Comunale è incompetente alla adozione
di atti di natura gestionale quali quelli
oggetto della controversia in esame, ossia
la nomina della commissione di gara e la
scelta del soggetto contraente.
L'articolo 107 del d.lgs. n. 267/2000 (Testo
unico enti locali) attribuisce ai dirigenti,
ovvero ai responsabili dei servizi, in via
esclusiva, la gestione amministrativa,
tecnica e finanziaria, specificando altresì
(art. 107, comma 3) che è loro attribuita la
responsabilità delle procedure di appalto e
la stipulazione dei contratti.
Nell'ambito delle procedure di affidamento
dei contratti pubblici rientrano sia la fase
(o subprocedimento) di predisposizione e
approvazione dell'avviso o del bando con il
quale si dà avvio alla procedura stessa, sia
la fase di nomina della commissione
giudicatrice, sia la fase conclusiva di
aggiudicazione definitiva del contratto (o
della concessione o della convenzione).
La Giunta Comunale, i cui compiti
-essenzialmente residuali (rispetto, da un
lato, ai dirigenti [art. 107 cit.]; e,
dall'altro lato, al Consiglio Comunale [art.
42 TUEL])- sono ricavabili dall'art. 48 del
T.U.E.L. cit., è conseguentemente
incompetente alla adozione di atti di natura
gestionale quali quelli oggetto della
controversia in esame, ossia la nomina della
commissione di gara (avvenuta con la
deliberazione n. 27 del 21.02.2001) e la
scelta del soggetto contraente (avvenuta con
deliberazione della medesima Giunta, n. 110
del 04.06.2001) (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 28.10.2010 n. 2350 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità della
segretezza in sede di apertura delle buste
contenenti le offerte nell'ambito di una
procedura di cottimo fiduciario.
E' legittimo l'operato di una commissione
giudicatrice che abbia proceduto
all'apertura delle buste, contenenti le
offerte, in seduta segreta, in quanto ai
sensi dell'art. 125 del d.lgs. n. 163/2006
(Codice dei contratti), in materia di
cottimo fiduciario, non è previsto il
rispetto di forme particolari, trattandosi
di una gara informale, né il principio di
pubblicità delle gare (TAR Friuli Venezia
Giulia,
sentenza 28.10.2010 n. 716 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Il servizio di verifica
(cosiddette "ispezioni") sugli impianti
termici siti negli stabili esistenti nei
territori dei comuni della provincia con
popolazione fino a 40.000 abitanti non è un
servizio pubblico locale.
Sull'applicabilità del divieto di cui
all'art. 13 del d.l. n. 223/2006, solo per
le società che svolgono servizi strumentali
agli enti pubblici da cui sono partecipate.
La vigente normativa in materia di esercizio
e manutenzione di impianti termici obbliga i
comuni (con più di quarantamila abitanti) e
le province (per comuni con meno abitanti)
ad "effettuare i controlli necessari e
verificare con cadenza almeno biennale
l'osservanza delle norme relative al
rendimento di combustione "anche avvalendosi
di organismi esterni aventi specifica
competenza tecnica, con onere a carico degli
utenti".
Tale attività oggetto dell'affidamento, nel
caso di specie, pertanto, non consiste in
una prestazione resa "a favore" della
collettività locale o di singoli utenti,
interessi sociali che l'ente locale s'è
assunto per realizzare fini di promozione
dello sviluppo economico e civile (cd.
funzione di promozione), ma consiste
piuttosto in una tipica funzione pubblica
(cd. funzione di ordine) -esercitabile dagli
enti locali direttamente o mediante
organismi esterni dotati di specifiche
competenze tecniche, ma mantenendone
comunque la titolarità- che consiste
nell'esercizio di un'attività di controllo e
vigilanza su beni appartenenti a privati
-che sono tenuti, in quanto conduttori di
impianti potenzialmente pericolosi per
l'ambiente, a subirli- al fine di
verificare, nel superiore interesse pubblico
alla salubrità dell'aria ed alla sicurezza
ambientale, che questi rispettino gli
standard previsti dalla legge a tutela della
salute pubblica ed all'ambiente.
In altri termini, si tratta, evidentemente,
di un compito che l'ente locale non ha
assunto per libera scelta, ma che
costituisce un obbligo imposto dal
legislatore nazionale; dal canto loro, i
privati, che tali verifiche sono tenuti a
subire, si vengono a trovare nella posizione
non già di "beneficiari" delle
prestazioni erogate dall'ente esponenziale,
bensì nello stato di soggezione alle
verifiche effettuate dall'autorità investita
delle funzioni di controllo o dal soggetto
da questa "delegato".
Ne consegue che, la natura del "servizio"
in questione -rilevante in quanto
determinativa della disciplina applicabile-
non sia quella di "servizio pubblico
locale".
---------------
Nel caso di specie, è legittimo l'operato
della commissione aggiudicatrice che, ha
respinto la richiesta di esclusione della
società ai sensi dell'art. 13 del D.L.
4-7-2006 n. 223, convertito con
modificazioni in L. 04.08.2006, n. 248, in
quanto la suddetta società non è soggetto
che "svolge servizi strumentali agli enti
pubblici da cui è partecipata".
Non si ravvisano, infatti, la sussistenza
dei caratteri di strumentalità e
funzionalità, che devono sussistere per
l'applicabilità del divieto di cui all'art.
13 del D.L. n. 223/2006, in considerazione
dell'oggetto sociale della medesima e del
prospetto sintetico delle attività svolte
-che indica un'attività di natura
imprenditoriale, diversificata sia per sua
natura sia per clienti destinatari- nonché
della partecipazione minoritaria degli enti
territoriali interessati e della sostanziale
mancanza di influenza sulle decisioni
societarie.
Dalla documentazione prodotta, la suddetta
società non risulta essere stata costituita
come società strumentale, non ha ad oggetto
specifico ed esclusivo lo svolgimento di
servizi strumentali agli enti pubblici da
cui è partecipata, ma si rivolge ad operare
sul mercato come imprenditore privato, con
indubbia "vocazione commerciale",
anche al fine di occupare lavoratori
specializzati provenienti da diversi settori
produttivi e svolge attività operativa in
diversi settori, che vanno da servizi di
varia natura, destinati a clienti pubblici e
privati, alla formazione del personale,
all'attività di controllo ambientale; sotto
il profilo dei soggetti destinatari,
inoltre, si rivolge non solo ad enti
pubblici, ma anche a favore di soggetti
privati.
Né risulta che l'attività svolta a favore
dell'ente locale ne costituisca la parte
principale, né prevalente, tanto da
consentirle di sfruttare la derivante "rendita
di posizione" per acquisire commesse
ulteriori a danno degli altri operatori sul
mercato (TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater,
sentenza 27.10.2010 n. 33046 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Società miste e
partecipazione alle gare.
La deroga al principio della libera
concorrenza degli operatori economici nel
mercato, prevista a carico delle società a
capitale interamente pubblico o misto
secondo le previsioni dell’art. 13 del D.L.
04.07.2006 n. 223, e s.m.i., non può essere
oggetto di applicazione analogica.
Così ha stabilito il TAR Lazio-Roma, Sez.
II-quater, con la
sentenza 27.10.2010 n. 33046,
affrontando un caso relativo all’
affidamento di servizi da parte di un ente
pubblico.
Nel caso di specie una delle imprese
concorrenti aveva impugnato l’aggiudicazione
della gara ad una società mista, affidataria
in via diretta di servizi pubblici locali
per di Genova.
I giudici amministrativi, accertata la
risoluzione del rapporto tra
l’aggiudicataria e l’amministrazione
provinciale in un periodo antecedente alla
gara, concentrano la propria attenzione
sulla possibilità per una società a
partecipazione pubblico-privata di
partecipare ad una procedura ad evidenza
pubblica e concorrere in condizioni di
parità con gli altri operatori economici.
I magistrati del Tar delineando la portata
dell’art. 13 del D.L. 04.07.2006 n. 223,
affermano che la norma “si applica nel
caso in cui le società abbiano come oggetto
sociale la produzione di beni e servizi
strumentali all’attività degli enti
(costituenti o partecipanti o affidanti) in
funzione della loro attività oppure lo
svolgimento esternalizzato di funzioni
amministrative di competenza degli enti
proprietari”.
Questa disposizione, quindi, “introduce
una disciplina speciale consistente in una
serie di limitazioni della loro autonomia
negoziale, che da un lato restringono
l’ordinaria capacità di agire delle società
strumentali, limitandone l’attività
operativa sotto il profilo dei soggetti
destinatari e, quindi, incidendo
pesantemente sull’autonomia negoziale della
società – imponendo alle stesse di operare
in esclusiva con gli enti costituenti e
partecipanti o affidanti e precludendo la
possibilità di rendere prestazioni a favore
di altri soggetti pubblici o
privati…..dall’altro costringendone
pesantemente l’autonomia statutaria.”
All’interno di questo tema tanto discusso in
dottrina e giurisprudenza la sentenza in
esame conclude ribadendo il principio per
cui, al fine dell’applicazione del divieto
sopra citato, va verificato caso per caso se
una società presenti i caratteri di
strumentalità e funzionalità rispetto
all’ente pubblico oppure si caratterizzi per
operare nel mercato in diretta concorrenza
con le altre imprese pubbliche o private,
con il conseguente riconoscimento di agire
in regime di parità di trattamento (si
vedano altresì Cds sez. V, 22.03.2010, n.
1651; Tar Lazio sez. II, 05.06.2007, n.
5192).
Saranno, dunque, elementi dirimenti, la
valutazione dell’oggetto sociale, del
prospetto sintetico delle attività svolte
nonché la quota societaria detenuta dagli
enti pubblici e la loro effettiva influenza
sulle decisioni societarie (commento tratto
da www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
L'esame delle offerte
economiche prima di (o contestualmente a)
quelle tecniche costituisce una palese
violazione dei principi inderogabili di
trasparenza e di imparzialità che devono
presiedere le gare pubbliche.
Nella questione in esame si contesta
l’omessa previsione, nella lettera d’invito,
dell’invio in buste separate dell’offerta
economica e della documentazione relativa ai
profili qualitativi dell’offerta, in
violazione dei principi di imparzialità,
trasparenza e buon andamento.
Infatti, costituisce jus receptum il
principio per cui, nelle procedure indette
per l'aggiudicazione di appalti con la
Pubblica amministrazione sulla base del
criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, la commissione di gara è tenuta
a valutare prima i profili tecnici delle
offerte e, successivamente, le offerte
economiche.
A tal fine è irrilevante che il bando rechi
una specifica disposizione per stabilire
quale delle due deve essere esaminata con
priorità sull'altra, atteso che l'esame
delle offerte economiche prima di (o
contestualmente a) quelle tecniche
costituisce una palese violazione dei
principi inderogabili di trasparenza e di
imparzialità che devono presiedere le gare
pubbliche, giacché la conoscenza preventiva
dell'offerta economica consente di modulare
il giudizio sull'offerta tecnica in modo non
conforme alla parità di trattamento dei
concorrenti e tale possibilità, ancorché
remota ed eventuale, inficia la regolarità
della procedura (Cons. Stato, sez. V,
25.05.2009, n. 3217; TAR Sardegna, sez. I,
14.03.2009, n. 311; TAR Campania, Napoli,
sez. I, 06.02.2008, n. 573) (TAR Toscana,
Sez. II,
sentenza 27.10.2010 n. 6532 -
link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Nelle procedure indette
per l'aggiudicazione di appalti con la p.a.
sulla base del criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, la
commissione di gara è tenuta a valutare
prima i profili tecnici delle offerte.
Costituisce jus receptum il principio
per cui, nelle procedure indette per
l'aggiudicazione di appalti con la p.a.
sulla base del criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, la
commissione di gara è tenuta a valutare
prima i profili tecnici delle offerte e,
successivamente, le offerte economiche.
A tal fine è irrilevante che il bando rechi
una specifica disposizione per stabilire
quale delle due deve essere esaminata con
priorità sull'altra, atteso che l'esame
delle offerte economiche prima di (o
contestualmente a) quelle tecniche
costituisce una palese violazione dei
principi inderogabili di trasparenza e di
imparzialità che devono presiedere le gare
pubbliche, giacché la conoscenza preventiva
dell'offerta economica consente di modulare
il giudizio sull'offerta tecnica in modo non
conforme alla parità di trattamento dei
concorrenti e tale possibilità, ancorché
remota ed eventuale, inficia la regolarità
della procedura.
E' necessario, dunque, che le modalità di
presentazione dell'offerta recate nella
lex specialis di gara rechino
prescrizioni adeguate ad evitare che il
contenuto dell'offerta economica sia reso
conoscibile alla commissione anteriormente
all'esame dell'aspetto tecnico della
medesima, in quanto anche la sola
possibilità della conoscenza dell'entità
dell'offerta economica anteriormente alle
caratteristiche di quella tecnica mette in
pericolo la garanzia dell'imparzialità
dell'operato dell'organo valutativo.
Ne discende, nel caso di specie, che non
avendo la lettera d'invito stabilito
modalità adeguate ad impedire la
contemporanea conoscibilità dell'offerta
economica e di quella tecnica la procedura
di gara ne resta irrimediabilmente viziata
(TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 27.10.2010 n. 6532 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sull'applicabilità dei
soli artt. 68, 65 e 225 del d.lgs. 163/2006,
per gli appalti riconducibili tra quelli di
cui al n. 23 dell'allegato II B.
Non può essere esclusa da una gara l'impresa
cessionaria del ramo d'azienda che non abbia
presentato le relative dichiarazioni in
ordine alla posizione della cedente -
Sull'illegittimità della clausola di un
bando di gara che richieda la fornitura di
un prodotto di determinata una marca.
Agli appalti che rientrano tra quelli di cui
al n. 23 dell'allegato II B, si applicano
solo gli artt. 68, 65 e 225 del d.lgs.
163/2006, nonché i soli principi generali in
materia di affidamenti pubblici desumibili
dalla normativa comunitaria e nazionale. Ne
discende che, nel caso di specie, mancando
una esplicita previsione in tal senso da
parte della disciplina di gara, la norma di
cui all'art. 75 d.lgs. 163/2006 deve
ritenersi inapplicabile con conseguente
idoneità della fideiussione rilasciata a
favore della sola mandataria a consentire la
partecipazione alla gara del costituendo
raggruppamento.
Manca nel codice appalti una norma, con
effetto preclusivo, che preveda, in caso di
cessione d'azienda, un obbligo specifico di
dichiarazioni in ordine ai requisiti
soggettivi della cedente, riferito sia agli
amministratori e direttori tecnici della
cedente sia ai debiti tributari e
previdenziali dalla stessa contratti, mentre
l'art. 51 del d.lgs. 163/2006 si occupa
della sola ipotesi di cessione del ramo di
azienda successiva alla aggiudicazione della
gara. Ne discende che, in assenza di tale
norma e per il principio di soggettività e
personalità della responsabilità, non può
essere esclusa l'impresa cessionaria del
ramo d'azienda che non abbia presentato le
relative dichiarazioni in ordine alla
posizione della cedente.
L'art. 68 d.lgs. 163/2006, che vieta
l'introduzione nelle clausole contrattuali
di specifiche tecniche che menzionano
prodotti di una determinata fabbricazione o
l'indicazione di un'origine o di una
produzione determinata, costituisce, in
virtù della sua finalità intrinseca di
tutela dei principi della libera concorrenza
e di non discriminazione, principio di
generale applicazione e di diretta
derivazione comunitaria; pertanto,
l'eventuale indicazione nel bando di marchi
o prodotti deve essere necessariamente
collegata a diciture o clausole del tipo "o
equivalente" o "tipo" che rendano
manifesta la volontà dell'amministrazione di
utilizzare il marchio o la denominazione del
prodotto solo a titolo esemplificativo, per
meglio individuare le caratteristiche del
bene richiesto (TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 26.10.2010 n. 7069 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Noleggio di macchine con
conducente: le responsabilità individuate
dalla Corte di Cassazione.
Il nolo di macchine operatrici a Caldo,
ovvero con conducente, è una circostanza
ricorrente nei cantieri edili. Come sono
attribuite le responsabilità in materia di
sicurezza in tali casi?
Alcuni chiarimenti giungono dalla Corte di
Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza n. 1514/2010.
La sentenza è relativa ad un infortunio
occorso ad un lavoratore rimasto mortalmente
folgorato mentre operava su una pompa
autocarrata presa a noleggio ed utilizzata
per la posa del calcestruzzo, pompa venuta
in contatto di una linea elettrica
sovrastante il mezzo e posta ad una distanza
risultata non regolare.
In primo grado sono stati condannati (per il
delitto di omicidio colposo in danno del
lavoratore infortunato) il responsabile
legale della società che ha noleggiato la
macchina, il datore di lavoro dell'impresa
che l'ha presa a noleggio ed il coordinatore
per la sicurezza in fase di esecuzione.
In appello è stata confermata la condanna
degli imputati riducendo la pena del solo
noleggiatore.
Contro la sentenza di secondo grado ha
proposto ricorso il solo responsabile legale
dell'impresa che aveva dato a noleggio
l'attrezzatura.
La Corte di Cassazione ha rigettato il
ricorso (link a www.acca.it). |
APPALTI:
UE: 30 giorni alle Pubbliche Amministrazioni
per pagare le imprese.
Via libera del Parlamento Europeo alla
direttiva sui ritardi delle Pubbliche
Amministrazioni nei pagamenti alle aziende
private fornitrici di beni e servizi.
In base alla nuova normativa, il limite
massimo di tempo per la liquidazione delle
fatture sarà di 30 giorni, prorogabile a 60
giorni per il settore sanitario o casi
eccezionali.
Oltre tali termini scatteranno gli interessi
di mora in misura (annua) pari all'8% più il
tasso di riferimento della BCE.
Per i pagamenti tra aziende private, la
direttiva stabilisce che le fatture dovranno
essere liquidate entro 60 giorni salvo
diversi accordi tra le parti.
La direttiva dovrà essere approvata
definitivamente dal Consiglio e dal
Parlamento UE (entro la fine di ottobre),
entrerà in vigore 20 giorni dopo la
pubblicazione sulla G.U.C.E. e dovrà essere
recepita dai singoli stati membri nei
successivi 24 mesi.
La direttiva lascia gli stati membri della
Ue liberi di mantenere o adottare
disposizioni più favorevoli al creditore:
non impedisce l'adozione di termini di
pagamento più brevi o sanzioni più severe.
Secondo l'ANCE, nel settore delle
costruzioni, il 44% delle imprese edili
subisce ritardi superiori ai 4 mesi oltre i
termini contrattuali (quindi vengono pagate
dopo più di sei mesi e mezzo dai lavori),
con punte che arrivano anche a 24 mesi, in
un quadro di costante e progressivo
peggioramento (link a www.acca.it). |
APPALTI SERVIZI:
G. Guzzo,
LE NUOVE REGOLE DEI SPL (Servizi Pubblici
Locali) ALLA LUCE DELLA DISCIPLINA ATTUATIVA
INTRODOTTA DAL D.P.R. N. 168/2010
(link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
In caso di mancata aggiudicazione di un
appalto il danno risarcibile va sempre
provato (link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI - ATTI AMMINISTRATIVI:
I. Calcopietro,
Risarcibile l'imprenditore leso nella
propria immagine da provvedimento
illegittimo dell'Amministrazione - Nota a
TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenze
30.08.2010, nn. 31996 e 31994
(link a www.filodiritto.com). |
APPALTI:
R. Politi,
Il contenzioso in materia di appalti: dal
recepimento della Direttiva ricorsi al
Codice del processo amministrativo
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI: M.
Simonetto,
Attribuzione degli oneri della sicurezza
negli appalti pubblici di servizi e
forniture (link a
www.altalex.com). |
APPALTI:
E. De Falco,
Contratti pubblici: fasi delle procedure di
affidamento - Commento all’art. 11 «Fasi
delle procedure di affidamento» del
D.leg.vo 163/2006 come modificato dal d.lgs.
20.03.2010 n. 53 (Quaderni di
legislazione tecnica n. 3/2010). |
APPALTI:
Inesistenza di condanne
a carico di amministratori e direttori
tecnici - Dichiarazione sostitutiva ex art.
47, c. 2, d.P.R. n. 445/2000 -
Puntualizzazione “per quanto a mia
conoscenza” - Mancanza di vera e propria
assunzione di responsabilità - Validità -
Esclusione.
La puntualizzazione del tipo "per quanto
a mia conoscenza" inserita in una
dichiarazione sostitutiva, resa ai sensi
dell’art. 47, co. 2, del D.P.R. n. 445/2000,
relativa all’inesistenza di condanne nei
confronti di amministratori e direttori
tecnici cessati dalla carica, rende del
tutto priva di valore e tamquam non esset
la dichiarazione rilasciata, venendo a
mancare una vera e propria assunzione di
responsabilità insita, invece, in tale tipo
di dichiarazione e alla base
dell’affidamento che è chiamata a riporvi
l’amministrazione appaltante. (C.G.A.,
06.09.2010, n. 1153; Cons. Stato, V,
27.01.2009, n. 375; cfr. TAR Sicilia,
Catania, 07.04.2010, n. 1029) (TAR
Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 22.10.2010 n. 13015 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Le imprese consorziate
per le quali il consorzio ha dichiarato di
concorrere devono possedere una
qualificazione minima pari almeno al 10% di
quella richiesta nel complesso per
partecipare ai lavori.
Secondo la tesi dell’impresa appellante il
d.lgs. n. 163 del 2006, nell’art. 36, impone
ai consorzi stabili di indicare in sede di
offerta per quali consorziati concorrano,
vietando a questi di partecipare in altra
forma alla stessa gara; che in esso si
rinvia all’emanando regolamento per la
fissazione delle condizioni e limiti alla
facoltà del consorzio di eseguire
prestazioni tramite i consorziati e che,
negli articoli 253 e 256, si stabilisce, in
attesa del detto regolamento, che continua
ad applicarsi il d.P.R. n. 554 del 1999, nei
limiti di compatibilità con il Codice, non
disponendosi, infine, l’abrogazione gli
articoli 95 e 97 del detto d.P.R.; ne
consegue l’erroneità della tesi per cui
l’indicazione della consorziata designata
per l’esecuzione dell’opera è atto a mera
rilevanza interna, poiché così si equipara
l’ipotesi del consorzio stabile impegnato ad
eseguire direttamente l’opera con quella del
consorzio che, invece, designi a tale fine
una consorziata, laddove, come visto, il
citato art. 36 espressamente richiama per
l’affidamento delle prestazioni a singoli
consorziati un quadro di condizioni e
limiti, dovendosi perciò ritenere vigenti
quelli già posti con gli articoli 95 e 97
citati, secondo il principio della garanzia
della qualità delle prestazioni che informa
la normativa del d.lgs. n. 163 del 2006.
Ad avviso dei giudici del Consiglio di Stato
è da ritenere fondato tale motivo di
appello: l’art. 36 del d.lgs. n. 163 del
2006 stabilisce che i consorzi stabili si
qualificano cumulando le qualificazioni
delle singole consorziate; ai sensi
dell’art. 253, comma 3, dello stesso d.lgs.
il d.P.R. n. 554 del 1999 continua ad
applicarsi ai lavori pubblici, fino
all’approvazione del nuovo regolamento, “nei
limiti di compatibilità con il presente
codice”; l’art. 97, comma 2, del detto
d.P.R. (non abrogato dall’art. 256 del
d.lgs. n. 163 del 2006) dispone che i
consorzi stabili “conseguono la
qualificazione a seguito di verifica
dell’effettiva sussistenza in capo alle
singole consorziate dei corrispondenti
requisiti”: A sua volta il medesimo art.
97 del d.P.R. n. 554 del 1999 prescrive,
nella seconda parte del comma 4 (anche non
abrogato dal d.lgs. n. 163 del 2006), che “alle
singole imprese consorziate si applicano le
disposizioni previste per le imprese
mandanti dei raggruppamenti temporanei di
imprese”; le disposizioni cui così si
rinvia sono quelle recate dall’art. 95,
comma 2, dello stesso d.P.R. (altresì non
abrogato dal d.lgs. n. 163 del 2006) in base
al quale, in sintesi (come ivi previsto per
i raggruppamenti temporanei di imprese) le
imprese consorziate per le quali il
consorzio ha dichiarato di concorrere devono
possedere una qualificazione minima pari
almeno al 10%% di quella richiesta nel
complesso per partecipare ai lavori; i
giudici di Palazzo Spada ritengono che tale
prescrizione sia tuttora vigente per due
concorrenti motivi, testuale e connesso alla
ratio della normativa.
Per il primo profilo emerge con chiarezza,
dall’insieme delle norme sopra richiamate,
che la seconda parte del comma 4 dell’art.
97 ed il comma 2 dell’art. 95 del d.P.R. n.
554 del 1999 non risultano abrogati dal
d.lgs. n. 163 del 2006, che pure reca un
articolo (256) in cui le abrogazioni sono
espresse e disposte perciò con puntuale
individuazione di ciascuna disposizione
abrogata; ciò che si riscontra, per quanto
qui interessa in particolare, riguardo al
d.P.R. n. 554 del 1999 i cui articoli e
commi abrogati sono elencati con precisione
(come è per i commi 5, 6 e 7 dell’art. 95),
e ciò, come anche visto, nel contesto della
conferma espressa dell’applicabilità del
d.P.R. n. 554 del 1999, nelle more
dell’approvazione del nuovo regolamento.
La attuale permanenza della previsione del
requisito minimo di qualificazione per le
consorziate risulta sorretta, peraltro, da
una ragionevole motivazione sostanziale, che
avvalora il dato formale ora esposto e
perciò la non incompatibilità della
previsione con il sistema normativo del
d.lgs. n. 163 del 2006.
Pur restando infatti l’autonomia soggettiva
del consorzio stabile a fronte del
committente è non di meno congruo ritenere
che la qualificazione dell’impresa
consorziata rivesta un rilievo specifico per
la stazione appaltante, nel momento in cui
la consorziata è indicata come soggetto per
cui si concorre ed esecutrice di lavori, al
fine della garanzia per l’ente appaltante
della necessaria competenza tecnica per la
corretta esecuzione dell’intervento
assicurato da tale impresa (commento tratto
da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio
di Stato, Sez. VI,
sentenza 22.10.2010 n. 7609 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI - ATTI AMMINISTRATIVI:
Allegazione della copia
fotostatica del documento di identità -
Artt. 38, c. 3 e 47, c. 1, d.P.R. n.
445/2000 - Forma essenziale ex lege -
Applicazione in concreto - Principio della
massima partecipazione alle procedure
competitive.
Ai sensi degli artt. 38, comma 3, e 47,
comma 1, del d.P.R. n. 445 del 2000,
l’allegazione della copia fotostatica del
documento di identità…costituisce un
fondamentale onere del sottoscrittore,
conferendo legale autenticità alla sua
sottoscrizione e configurandosi come
elemento della fattispecie normativa diretta
a comprovare, oltre alle generalità del
dichiarante, l’imprescindibile nesso di
imputabilità soggettiva della dichiarazione
ad una determinata persona fisica (Cons.
Stato, Sez. VI, n. 4420 del 2009),
trattandosi perciò di un caso di forma
essenziale stabilita dalla legge (Cons.
Stato, Sez. V, n. 3690 del 2009).
Questa, pure essenziale, prescrizione di
carattere formale deve però essere applicata
verificando se nel contesto dei singoli casi
lo scopo della normativa non sia comunque
raggiunto, evitando interpretazioni che in
concreto possano risultare di sproporzionato
e perciò inutile rigore, venendo con ciò a
ledere, per converso, l’altresì rilevante
principio della massima partecipazione alle
procedure competitive (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 22.10.2010 n. 7608 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI - ATTI AMMINISTRATIVI:
Sull'allegazione della
copia fotostatica del documento di identità
da parte dei soggetti che partecipano alle
procedure competitive.
L'allegazione della copia fotostatica del
documento di identità, ai sensi degli artt.
38, co. 3, e 47, c. 1, del d.P.R. n. 445 del
2000, costituisce un fondamentale onere del
sottoscrittore, conferendo legale
autenticità alla sua sottoscrizione e
configurandosi come elemento della
fattispecie normativa diretta a comprovare,
oltre alle generalità del dichiarante,
l'imprescindibile nesso di imputabilità
soggettiva della dichiarazione ad una
determinata persona fisica, trattandosi
perciò di un caso di forma essenziale
stabilita dalla legge.
Questa, pure essenziale, prescrizione di
carattere formale deve però essere applicata
verificando se nel contesto dei singoli casi
lo scopo della normativa non sia comunque
raggiunto, evitando interpretazioni che in
concreto possano risultare di sproporzionato
e perciò inutile rigore, venendo con ciò a
ledere, per converso, l'altresì rilevante
principio della massima partecipazione alle
procedure competitive (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 22.10.2010 n. 7608 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Devono essere dichiarate
tutte le condanne riportate e non solo
quelle incidenti sulla moralità
professionale poiché la valutazione di
gravità compete unicamente
all'amministrazione appaltante.
La sanzione accessoria della segnalazione
all'Autorità di vigilanza sui contratti
pubblici è illegittima ove il dichiarante
versi in situazione di buona fede.
La non veridicità della dichiarazione circa
la sussistenza di condanne penali ex art.
38, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006,
integra una autonoma causa di esclusione
dalla gara, a prescindere dalla valutazione
in ordine all'idoneità della condanna
riportata ad incidere la moralità
professionale dell'impresa, la quale compete
unicamente all'Amministrazione appaltante.
Inoltre, anche le sentenze assistite dal
beneficio della non menzione nel casellario
giudiziale e quelle a pena patteggiata vanno
dichiarate dal concorrente e che la "non
veridicità di quanto dichiarato dal
partecipante a gara d'appalto in ordine
all'assenza di condanne penali a suo carico
rileva sotto un profilo oggettivo e conduce
alla decadenza dai benefici ottenuti con
l'autodichiarazione non veritiera
indipendentemente da ogni indagine della
stazione appaltante sull'elemento soggettivo"
essendo le conseguenze decadenziali "legate
solo alla obiettiva non veridicità
dell'autodichiarazione resa".
Sono soggette, altresì, all'obbligo della
dichiarazione tutte le sentenze e i decreti
penali di condanna divenuti irrevocabili e
non estinte con formale provvedimento
dell'Autorità Giudiziaria in veste di
Giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art.
445 c.p.p..
---------------
La sanzione accessoria della segnalazione
del fatto all'Autorità di vigilanza sui
contratti pubblici è illegittima allorché
l'impresa concorrente sia stata esclusa per
aver dichiarato di possedere un requisito
poi accertato insussistente, versando in
situazione soggettiva di sostanziale buona
fede, nella misura in cui essa non era a
conoscenza dell'irrilevanza del mero decorso
del tempo ai fini del maturarsi
dell'estinzione del reato senza il
provvedimento ancorché dichiarativo del
Giudice penale dell'esecuzione (TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 22.10.2010 n. 3738 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
La mancata dichiarazione
ex art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 non può
comportare di per sé l'esclusione dalla
gara.
L'art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, richiede
che la dichiarazione in ordine all'assenza
di condanne penali sia rilasciata, nel caso
di società di capitali, dai direttori
tecnici e dagli amministratori muniti di
poteri di rappresentanza.
Quest'ultima locuzione è costantemente
interpretata nel senso di includere, data
l'ampia formulazione utilizzata, nell'ambito
di applicazione della relativa norma tutte
le persone fisiche che, essendo titolari del
potere di rappresentanza della persona
giuridica, risultano comunque in grado di
trasmettere, con il proprio comportamento,
la riprovazione dell'ordinamento nei
riguardi della loro personale condotta al
soggetto rappresentato.
Nel caso di specie, i contenuti della delega
rilasciata ad uno dei rappresentanti della
società fanno sì che lo stesso risulti
titolare di una posizione di amministratore
munito di poteri di rappresentanza, quindi
da annoverarsi tra i soggetti tenuti alla
dichiarazione ex art. 38 cit..
Tuttavia, l'omissione della suddetta
dichiarazione non comporta l'esclusione
dalla gara dell'impresa interessata, sempre
che non sussistano in concreto ragioni
ostative alla partecipazione. Pertanto, la
mancata dichiarazione ex art. 38 non può
comportare di per sé l'esclusione dalla
gara, fatto salvo, ovviamente, il caso in
cui detta omissione sottenda l'assenza in
concreto dei requisiti di partecipazione
nonché l'ulteriore ipotesi in cui la legge
di gara contenga puntuali prescrizioni le
quali comportano l'esclusione del
concorrente che ha omesso la dichiarazione
(ovvero reso una dichiarazione non conforme
alla situazione sottostante) (TAR Piemonte,
Sez. I,
sentenza 22.10.2010 n. 3736 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sull'istanza per il
riconoscimento del compenso revisionale ex
art. 115 del d.lgs. 163/2006.
Ai sensi del vigente art. 115 del d.lgs.
163/2006 la revisione prezzi è demandata ad
una istruttoria condotta dai dirigenti
responsabili della acquisizione di beni e
servizi, sulla base di dati che sono ora
forniti dalla sezione centrale
dell'Osservatorio dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture e
dall'ISTAT (art. 7, c. 4 lett. c) e c. 5,
d.lgs. 163/2006). Una volta avviato con
istanza di parte, tale procedimento deve
essere concluso mediante l'adozione di un
provvedimento espresso, di contenuto
positivo o negativo.
Pertanto, nel caso di specie, sussiste
l'obbligo del comune di pronunciarsi sulla
istanza formulata dalla cooperativa di
riconoscimento del compenso revisionale del
canone di affidamento dei servizio
cimiteriali pervenutagli il 20.07.2009 entro
il termine di 120 giorni dalla comunicazione
della presente sentenza o dalla sua notifica
a cura di parte ricorrente se anteriore e
con riserva di nominare un commissario ad
acta in caso di inosservanza del
suddetto termine. In tale sede, in cui
conserva un indubbio margine di potere
discrezionale nelle valutazioni, il comune
potrà alternativamente riconoscere la
revisione o negarla, motivando in base agli
esiti dell'istruttoria ed alle eventuali
eccezioni impeditive o estintive che dovesse
ritenere dirimenti (TAR Campania-Napoli,
Sez. I,
sentenza 21.10.2010 n. 20632 -
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APPALTI:
L'onere per l'impresa di
impugnare tempestivamente gli atti della
procedura di evidenza pubblica sorge solo a
seguito dell'emanazione del provvedimento di
aggiudicazione definitiva.
Il Collegio osserva che la res
controversa possa essere definita facendo
puntuale applicazione del consolidato (e qui
condiviso) orientamento giurisprudenziale
secondo cui l’aggiudicazione provvisoria di
un appalto pubblico ha natura di atto
endoprocedimentale, ad effetti ancora
instabili e del tutto interinali, sicché è
inidonea a produrre la definitiva lesione
dell’impresa non risultata aggiudicataria,
che si verifica solo con l'aggiudicazione
definitiva, la quale non costituisce atto
meramente confermativo della prima ed in
riferimento esclusivamente alla quale,
quindi, va verificata la tempestività del
ricorso.
Di conseguenza, l'onere per l'impresa di
impugnare tempestivamente gli atti della
procedura di evidenza pubblica, ad eccezione
dell'esclusione dalla stessa e delle
clausole del bando che rendano impossibile
la partecipazione alla gara, sorge solo a
seguito dell'emanazione del provvedimento di
aggiudicazione definitiva (in tal senso –ex
plurimis-: Cons. Stato, Sez. V, sent.
12.07.2010, n. 4483; id., Sez. VI, sent.
06.04.2010, n. 1907; id., Sez. I, sent.
14.11.2008, n. 5691) (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 20.10.2010 n. 7586 -
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APPALTI:
Per la partecipazione
alla gara l’identificazione delle persone
fisiche munite di potere di rappresentanza
deve essere effettuata anche alla stregua
dei poteri sostanziali attribuiti.
a)
ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. b) e
c), del D.L.gs. 163/2006, dell’art. 26,
comma 1, lett. b) e c) della Legge Regionale
della Campania n. 3 del 2007, nonché degli
artt. 13, lett. c), e 15 del bando di gara,
le società di capitali concorrenti erano
tenute, a pena di esclusione, a presentare
una dichiarazione attestante la sussistenza
dei requisiti morali e professionali delle
persone fisiche munite di potere di
rappresentanza;
b)
alla stregua del prevalente orientamento
giurisprudenziale, al quale questo Collegio
presta adesione, l’identificazione di detti
ultimi soggetti deve essere effettuata non
solo in base alle qualifiche formali
rivestite ma anche alla stregua dei poteri
sostanziali attribuiti, con conseguente
inclusione, nel novero dei soggetti muniti
di poteri di rappresentanza, delle persone
fisiche in grado di impegnare la società
verso i terzi e dei procuratori ad
negotia laddove, a dispetto del nomen,
l’estensione dei loro poteri conduca a
qualificarli come amministratori di fatto;
c)
detta interpretazione estensiva del dettato
di legge affonda le sue radici nell’esigenza
di evitare la partecipazione alle gare
pubbliche di soggetti che non diano le
garanzie di affidabilità morale e
professionale necessarie ai fini della piena
tutela dell’interesse pubblico;
d)
l’applicazione di dette coordinate
ermeneutiche conduce a ritenere che la detta
dichiarazione dovesse essere resa dalla
società risultata aggiudicataria anche con
riguardo al procuratore ..., investito di
ampi poteri gestori, incidenti sulla
dimensione economico-finanziaria della
società (“aprire ed estinguere conti
bancari, operare sugli stessi, richiedere
affidamenti bancari ed emettere i relativi
assegni, sottoscrivere per girata assegni
bancari e circolari e quanto altro
necessario; acquistare e vendere merci;
richiedere e riscuotere pagamenti, quietanze
e fatture; richiedere fidi, fideiussioni,
mutui ed altre operazioni, concedere
ipoteche nonché sottoscrivere contratti per
la somministrazione di servizi”), sulla
gestione amministrativa della stessa sul
duplice versante dell’iniziativa economica e
dell’autonomia negoziale (“concludere
rapporti con enti pubblici al fine della
presentazione e del ritiro di concessioni
edilizie nonché al fine della partecipazione
a gare od appalti, anche effettuando
sopralluoghi e prendendo visione dei
capitolati d’appalti; acquistare e vendere
beni mobili ed immobili, rinunciando
all’ipoteca legale; acquistare o vendere
aziende orami d’aziende, concludere
contratti di affitto di azienda o di ramo di
azienda sia nella parte di concedente sia
nella parte di affittuario convenendo
modalità, patti e canoni; nominare direttori
tecnici, consulenti vari, avvocati e
procuratori legali"), e, infine, sulle
vicende societarie (“costituire società,
partecipare a consorzi, convenire tutti gli
atti e modalità relative, compreso recesso,
cambiamento della ragione sociale, della
sede, dell’oggetto della società, della
durata dello statuto sociale, intervenire
alle assemblee con pieno diritto di voto;
procedere alla trasformazione, fusione,
scissione e liquidazione della società;
vendere o acquistare quote sociali”).
e)
l’ampiezza, temporalmente illimitata, dei
poteri, comprensivi degli atti fondamentali
della vita societaria, porta a concludere
che si tratta di soggetto al quale è stato
di fatto conferito l’esercizio continuativo
e generale delle funzioni sostanziali di
amministratore, in ordine al quale andava
quindi resa la dichiarazione di sussistenza
dei requisiti morali e professionali di cui
all’art. 38 cit.;
f)
è pertanto da condividere l’annullamento
dell’aggiudicazione definitiva disposta in
favore dell’odierna ricorrente nonostante la
sussistenza della causa di esclusione data
dalla mancata produzione della dichiarazione
di che trattasi (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 20.10.2010 n. 7578 -
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APPALTI SERVIZI:
Il possesso di
un'impresa da parte di una amministrazione
pubblica è solo uno degli elementi per
verificarne l'assoggettabilità obbligatoria
alle procedure di evidenza pubblica, essendo
decisiva la qualificazione del suo scopo
sociale.
Il possesso di un'impresa da parte di una
amministrazione pubblica è solo uno degli
elementi per verificarne l'assoggettabilità
obbligatoria alle procedure di evidenza
pubblica, essendo decisiva la qualificazione
del suo scopo sociale.
Nel caso di specie, relativa all'impugnativa
di una procedura selettiva indetta dalla
società intimata (costituita in forma di
società a responsabilità con unico socio, il
quale ultimo è identificabile nella Investia
s.r.l. il cui capitale appartiene a sua
volta al Comune) per acquisire i servizi
necessari alla gestione di due teatri, uno
di sua proprietà e un altro in proprietà del
Comune, lo scopo sociale dell'intimata
consiste nell'acquisto, gestione e
amministrazione di sale cinematografiche per
pubblici spettacoli nonché nella
compravendita e conduzione di terreni
agricoli; tali attività sono dirette alla
produzione di servizi e beni destinati ad
essere collocati sul mercato in regime di
libera concorrenza e pertanto l'intimata non
può qualificarsi come organismo di diritto
pubblico, né può comunque reputarsi tenuta
al rispetto delle procedure di evidenza
pubblica ai sensi dell'art. 32, comma 1,
lett. c), del d.lgs. 12.04.2006, n. 163.
Pertanto, sussiste, nel caso di specie,
difetto di giurisdizione a favore del
giudice ordinario ex art. 131, c. 1, lett.
e), del d.lgs. 02.07.2010 n. 104 (TAR
Toscana, Sez. I,
sentenza 20.10.2010 n. 6473 -
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APPALTI:
Verifica dell’offerta
tecnica - Seduta riservata - Offerta
economica e verifica del plico - Seduta
pubblica.
In tema di gare di appalti, la seduta
riservata pare limitata alla sola verifica
dell’offerta tecnica, richiedendosi per
l’offerta economica e per la verifica della
sussistenza nel plico delle tre buste
-amministrativa, tecnica economica- la
seduta pubblica (TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 20.10.2010 n. 5525 -
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APPALTI: Non
è configurabile alcun onere di partecipare
alla gara di un appalto a carico di un
soggetto la cui partecipazione viene ad
essere preclusa direttamente dallo stesso
bando di gara.
Appartiene alla discrezionalità della
stazione appaltante fissare i requisiti di
partecipazione alla singola gara, anche
superiori rispetto a quelli previsti dalla
legge alla luce del suo potere-dovere di
apprestare gli strumenti più adeguati ai
fini del perseguimento dell'interesse
pubblico concreto, oggetto dell'appalto da
affidare, e che unico limite alla
insindacabilità che l’esercizio di tale
potere incontra è legato alla una
valutazione di manifesta irragionevolezza di
quanto richiesto in correlazione al valore
dell'appalto.
Il collegio ritiene di condividere in via di
principio l’orientamento (cfr. Consiglio
Stato, sez. V, 02.08.2010, n. 5069;
09.04.2010, n. 1999; 19.03.2009, n. 1624),
che sembra consolidarsi dopo Corte giustizia
CE, sez. VI, 12.02.2004, nel procedimento
C-230/02, secondo cui non è configurabile
alcun onere di partecipare alla gara di un
appalto a carico di un soggetto la cui
partecipazione viene ad essere preclusa
direttamente dallo stesso bando di gara.
La lesione dell’interesse non può essere
infatti derivare da un atto che si
risolverebbe in un mero adempimento formale,
atteso l'esito scontato di esclusione dalla
gara, non essendo il bando suscettibile di
disapplicazione (cfr. TAR Lazio, sez.
II-ter, 08.03.2006, n. 1775 e giurisprudenza
ivi citata).
---------------
Va ricordato
che appartiene alla discrezionalità della
stazione appaltante fissare i requisiti di
partecipazione alla singola gara, anche
superiori rispetto a quelli previsti dalla
legge alla luce del suo potere-dovere di
apprestare (attraverso la specifica
individuazione dei requisiti di ammissione e
di partecipazione ad una gara) gli strumenti
più adeguati ai fini del perseguimento
dell'interesse pubblico concreto, oggetto
dell'appalto da affidare (ex multis
Cons. Stato, 37 del 2007) e che unico limite
alla insindacabilità che l’esercizio di tale
potere incontra è legato alla una
valutazione di manifesta irragionevolezza di
quanto richiesto in correlazione al valore
dell'appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V,
14.12.2006 n. 7460; Cons. Stato, sez. V,
13.12.2005 n. 7081).
Più in particolare “il potere delle
stazioni appaltanti di stabilire i requisiti
di partecipazione, e tra questi anche il
livello del fatturato richiesto nell'ultimo
triennio, è sindacabile solo in caso di
scelte che appaiono, "ictu oculi",
irrazionali, fondate su errori di fatto o
sproporzionate in relazione alla rilevanza
economica del contratto da stipulare”
(Consiglio Stato, sez. V, 23.01.2006, n.
206).
In ordine al requisito, in parola viene
evidenziato (cfr. TAR Emilia Romagna
Bologna, sez. I, 11.04.2008, n. 1424) che
l'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture
(cfr. deliberazione 24.01.2007, n. 20), che
svolge (anche) una funzione di
interpretazione e orientamento per le
stazioni appaltanti, ha, al riguardo,
rilevato come il giudice amministrativo
abbia ritenuto immotivata la fissazione, per
un appalto di pulizie, dell'iscrizione al
registro delle imprese per un importo
superiore a cinque volte il valore
dell'appalto, ovvero, in relazione al
fatturato, per un importo nove volte
superiore al valore dell'appalto, mentre
(cfr. Cons. Stato, Sez. V, 31.01.2006, n.
348 ) si è ritenuta non incongrua né
limitativa dell'accesso alla gara la
richiesta di un fatturato, nel triennio
pregresso, sino al doppio dell'importo posto
a base della stessa.
Lo stesso G.A. stima, invece, irrazionale,
eccessiva e sproporzionata, la richiesta di
un importo eccedente di circa sette volte
l'oggetto del contratto (si veda la
decisione coeva e della stessa Sez. V,
23.01.2006, n. 206); ovvero illegittima la
clausola del bando di gara che prevede, a
dimostrazione del possesso del requisito di
capacità economico-finanziaria, un fatturato
dell'ultimo triennio che si attesti su una
soglia minima pari a più di quindici volte
l'ammontare dell'importo posto a base
dell'appalto (TAR Lecce, sez. II,
02.01.2008, n. 1).
D’altra parte, TAR Lazio, Roma, sez. II,
08.03.2006 n. 1775, richiamata in ricorso,
in fattispecie analoga alla presente ha
ritenuto incongrua la richiesta di un
fatturato dell’ultimo triennio pari a tre
volte l’importo a base d’asta
(TAR
Abruzzo-L'Aquila,
sentenza 20.10.2010 n. 710 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: L’integrazione
documentale deve riferirsi alla sola
“documentazione attestante il possesso dei
requisiti di partecipazione”, per cui non è
possibile rettificare o comunque modificare
gli elementi costitutivi dell'offerta
tecnica.
La possibilità di chiedere la
regolarizzazione delle dichiarazioni
lacunose e della documentazione incompleta
non è un dovere assoluto ed incondizionato,
ma incontra i seguenti precisi limiti
applicativi: a) l'inderogabile necessità del
rispetto della par condicio, in quanto
l'art. 6 della L. n. 241 del 1990, non può
essere invocato per supplire
all'inosservanza di adempimenti
procedimentali significativi o all'omessa
produzione di documenti richiesti a pena di
esclusione dalla gara; b) il c.d. limite
degli elementi essenziali, nel senso che la
regolarizzazione non può essere riferita
agli elementi essenziali della domanda,
salvo che gli atti tempestivamente prodotti
contribuiscano a fornire ragionevoli indizi
circa il possesso del requisito di
partecipazione non espressamente
documentato; c) l'ammissibilità nei casi di
equivoche clausole del bando relative alla
dichiarazione od alla documentazione da
integrare o chiarire.
I chiarimenti tecnici sull’offerta possono
essere “necessari a dirimere alcuni dubbi
emersi nel corso dell'esame dei progetti
presentati dai raggruppamenti concorrenti,
poiché, attraverso tali modalità, la
stazione appaltante riesce a contemperare il
rispetto del principio di segretezza con le
esigenze di partecipazione.
Sul potere-dovere della stazione appaltante
di chiedere chiarimenti, la giurisprudenza
amministrativa ha spesso affermato che
l’integrazione documentale debba riferirsi
alla sola “documentazione attestante il
possesso dei requisiti di partecipazione”,
per cui non è possibile rettificare o
comunque modificare gli elementi costitutivi
dell'offerta tecnica.
In tal senso, il Consiglio di Stato ha
sostenuto che “la possibilità di chiedere
la regolarizzazione delle dichiarazioni
lacunose e della documentazione incompleta
non è un dovere assoluto ed incondizionato,
ma incontra i seguenti precisi limiti
applicativi: a) l'inderogabile necessità del
rispetto della par condicio, in quanto
l'art. 6 della L. n. 241 del 1990, non può
essere invocato per supplire
all'inosservanza di adempimenti
procedimentali significativi o all'omessa
produzione di documenti richiesti a pena di
esclusione dalla gara; b) il c.d. limite
degli elementi essenziali, nel senso che la
regolarizzazione non può essere riferita
agli elementi essenziali della domanda,
salvo che gli atti tempestivamente prodotti
contribuiscano a fornire ragionevoli indizi
circa il possesso del requisito di
partecipazione non espressamente
documentato; c) l'ammissibilità nei casi di
equivoche clausole del bando relative alla
dichiarazione od alla documentazione da
integrare o chiarire” (cfr, C.d.S., sez.
V, 27.03.2009, n. 1840).
La giurisprudenza amministrativa ha tuttavia
anche osservato che i chiarimenti tecnici
sull’offerta possono essere “necessari a
dirimere alcuni dubbi emersi nel corso
dell'esame dei progetti presentati dai
raggruppamenti concorrenti, poiché,
attraverso tali modalità, la stazione
appaltante riesce a contemperare il rispetto
del principio di segretezza con le esigenze
di partecipazione” (cfr., TAR Lombardia,
Milano, sez. III, 30.06.2004, n. 2670)
(TRGA
Trentino Alto Adige-Trento,
sentenza 19.10.2010 n. 199 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI: In
caso di raggruppamento temporaneo di imprese
cosiddetto orizzontale, nel quale tutti gli
operatori economici concorrono
all'esecuzione della medesima prestazione
oggetto di appalto, i requisiti di capacità
tecnica ed economica devono essere posseduti
da ciascuna impresa in R.T.I., “quantomeno
in una misura minima giuridicamente
apprezzabile, non essendo sufficiente il
possesso di tali requisiti unicamente da
parte di una sola delle imprese riunite”.
La valutazione dell'idoneità tecnica,
finanziaria ed economica dei raggruppamenti,
quando si riferisce ad aspetti di carattere
oggettivo, va effettuata, in via di
principio, cumulativamente, tenendo conto
della sommatoria dei mezzi e delle qualità
che fanno capo a tutte le imprese
raggruppate.
Il principio di corrispondenza sostanziale,
già in fase di offerta, tra quote di
qualificazione e quote di partecipazione
all'A.T.I. e tra quote di partecipazione e
quote di esecuzione, da tempo affermatosi in
materia di lavori e sancito nell'art. 37,
comma 6, D.Lgs. n. 163 del 2006, non è
estensibile agli appalti di servizi (per i
quali, come è noto, il nostro ordinamento
non contempla un rigido sistema normativo di
qualificazione dei soggetti esecutori) in
cui è riconosciuta alle Amministrazioni
aggiudicatrici una più ampia discrezionalità
nell'individuazione dei requisiti di
capacità tecnica e nella correlazione di
questi con l'istituto del raggruppamento di
imprese.
La
giurisprudenza amministrativa ha
concordemente affermato che in caso di
raggruppamento temporaneo di imprese
cosiddetto orizzontale, nel quale tutti gli
operatori economici concorrono
all'esecuzione della medesima prestazione
oggetto di appalto, i requisiti di capacità
tecnica ed economica devono essere posseduti
da ciascuna impresa in R.T.I., “quantomeno
in una misura minima giuridicamente
apprezzabile, non essendo sufficiente il
possesso di tali requisiti unicamente da
parte di una sola delle imprese riunite”
(cfr., TAR Lombardia, Milano, sez. I,
07.04.2009, n. 3227).
In tal senso, è stata considerata legittima
l'esclusione da una gara d'appalto di
un’associazione concorrente composta da
imprese parzialmente prive dei requisiti di
capacità tecnica richiesti dal bando ai fini
della partecipazione alla gara, “atteso
che, per costante orientamento
giurisprudenziale, non è sufficiente la
dimostrazione del possesso di detti
requisiti da parte dell'associazione nel suo
complesso, occorrendo invece la
dimostrazione da parte di ciascuna impresa
raggruppata” (cfr., TAR Lazio, Roma,
sez. III, 01.04.2003, n. 2878).
Sul punto, deve essere ancora osservato che,
nel vigente quadro normativo, le forme di
aggregazione dei soggetti aspiranti
all'affidamento di appalti pubblici hanno
essenzialmente lo scopo di aprire la
dinamica concorrenziale, consentendo la
coalizione di imprese di minori dimensioni
per favorire la loro crescita e soprattutto
l'ingresso su mercati più estesi.
In questa prospettiva, i raggruppamenti
temporanei sono comunque assoggettati ad un
trattamento tendenzialmente uguale, o
comunque non deteriore, rispetto a quello
previsto, in generale, per i soggetti che
partecipano alla gara singolarmente. “Pertanto,
relativamente ai requisiti per l'accesso
alla gara, salvo che non si tratti di
condizioni soggettive che, per prescrizione
di legge o per espressa disposizione di
bando, devono essere necessariamente
possedute singolarmente da ciascuna delle
imprese riunite, la valutazione
dell'idoneità tecnica, finanziaria ed
economica dei raggruppamenti, quando si
riferisce ad aspetti di carattere oggettivo,
va effettuata, in via di principio,
cumulativamente, tenendo conto della
sommatoria dei mezzi e delle qualità che
fanno capo a tutte le imprese raggruppate”
(cfr., TAR Campania, Napoli, sez. I,
14.07.2006, n. 7509).
Tuttavia, proprio per impedire che si
verifichino situazioni distorsive degli
assetti concorrenziali, è imprescindibile
l'esigenza di non trasformare la riunione di
imprese in uno strumento elusivo delle
regole impositive di un livello minimo di
capacità per la partecipazione agli appalti.
“Tale esigenza si presenta ancora più
impellente nel caso di raggruppamento
temporaneo orizzontale, nel quale tutti gli
operatori economici concorrono
all'esecuzione della medesima prestazione
oggetto di appalto, con la conseguenza che
analogo rigore deve essere osservato sia in
presenza di requisiti non frazionabili che
di quelli frazionabili, quali la capacità
tecnica ed economica. Ne deriva che,
nell'ipotesi di requisito frazionabile, esso
deve essere posseduto da ciascuna impresa in
A.T.I. nella misura prescritta dalla legge o
dal bando e, in mancanza, almeno in una
misura minima giuridicamente apprezzabile”
(cfr., TAR Campania, Napoli, sez. I,
07.10.2008, n. 13437).
Sull’ulteriore questione della
corrispondenza, perfetta o imperfetta, tra
requisiti per l’accesso alla gara e
ripartizione dei servizi futuri, il Collegio
fa propria la recente considerazione della
giurisprudenza amministrativa volta ad
osservare che “il principio di
corrispondenza sostanziale, già in fase di
offerta, tra quote di qualificazione e quote
di partecipazione all'A.T.I. e tra quote di
partecipazione e quote di esecuzione, da
tempo affermatosi in materia di lavori e
sancito nell'art. 37, comma 6, D.Lgs. n. 163
del 2006, non è estensibile agli appalti di
servizi (per i quali, come è noto, il nostro
ordinamento non contempla un rigido sistema
normativo di qualificazione dei soggetti
esecutori) in cui è riconosciuta alle
Amministrazioni aggiudicatrici una più ampia
discrezionalità nell'individuazione dei
requisiti di capacità tecnica e nella
correlazione di questi con l'istituto del
raggruppamento di imprese” (cfr., TAR
Sicilia, Catania, sez. III, 27.02.2009, n.
423).
Negli stessi termini è stato altresì
osservato che l'art. 37, comma 4, del
decreto legislativo n. 163 del 2006 “si
limita a stabilire che le associazioni
temporanee di imprese devono specificare le
parti del servizio che saranno eseguite da
ciascun singolo operatore, mentre il
successivo art. 42 nulla dispone in merito
al rapporto tra requisiti di capacità
tecnica e quota di partecipazione
all'associazione temporanea”, e che
pertanto, “in ipotesi di affidamento di
appalti di servizi ovvero di forniture”,
le ditte riunite in raggruppamento è
sufficiente che dimostrino “ai fini della
partecipazione e dell'ammissione delle
domande, il possesso dei requisiti indicati
nel bando e corrispondenti al tipo di
servizio o di fornitura da eseguirsi”
(cfr., TAR Lazio, Roma, sez. II, 09.10.2009,
n. 9861)
(TRGA
Trentino Alto Adige-Trento,
sentenza 19.10.2010 n. 199 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: La
legittimazione a rendere la dichiarazione
del possesso dei requisiti di cui all'art.
38 D.Lgs. 163/2006 spetta al legale
rappresentante dell’impresa ed essa assume
come destinatari "tutti coloro che, in
quanto titolari della rappresentanza
dell'impresa, siano in grado di trasmettere,
con il proprio comportamento, la
riprovazione dell'ordinamento nei riguardi
della loro personale condotta, al soggetto
rappresentato".
Il requisito della moralità professionale
deve essere valutato in capo ai soggetti che
svolgono funzioni rappresentative delle
ditte concorrenti nella gare pubbliche,
avuto riguardo alle funzioni sostanziali di
essi più che alle qualifiche formali e,
quindi, al concreto esercizio del potere di
rappresentanza della persona giuridica.
L’invocato art. 38 stabilisce, in
particolare, che devono essere esclusi dalla
partecipazione alle procedure pubbliche di
affidamento di lavori, forniture e servizi
le imprese con amministratori muniti del
potere di rappresentanza e direttore
tecnico, sia in carica che cessati nel
triennio antecedente la data di
pubblicazione del bando, nei cui confronti
sia stata pronunciata sentenza di condanna
passata in giudicato, o emesso decreto
penale di condanna divenuto irrevocabile,
oppure sentenza di applicazione della pena
su richiesta, per reati gravi in danno dello
Stato o della Comunità che incidono sulla
moralità professionale.
La legittimazione a rendere la dichiarazione
del possesso dei requisiti di cui al citato
art. 38 spetta dunque al legale
rappresentante dell’impresa ed essa assume
come destinatari, secondo la giurisprudenza
del Consiglio di Stato che il Collegio
condivide, “tutti coloro che, in quanto
titolari della rappresentanza dell'impresa,
siano in grado di trasmettere, con il
proprio comportamento, la riprovazione
dell'ordinamento nei riguardi della loro
personale condotta, al soggetto
rappresentato” (cfr., C.d.S., sez. V,
09.03.2010, n. 1373).
Non ignora il Tribunale il complesso
dibattito sviluppatosi sulla portata del
menzionato art. 38, le disposizioni del
quale possono essere integrate anche in
relazione alle ulteriori disposizioni
integrative contenute nei bandi di gara,
tema sul quale la giurisprudenza
amministrativa non ha ancora trovato
soluzioni unanimi. In proposito, questo
Tribunale ha già avuto occasione per
affermare che sussiste detto obbligo di
dichiarazione nei confronti “di chi
rivesta (o abbia rivestito) la carica di
amministratore, ma anche di colui che, in
qualità di vice presidente vicario, o di
institore, o di procuratore ad negotia,
abbia ottenuto il conferimento di poteri
consistenti nella rappresentanza
dell'impresa e nel compimento di atti
decisionali”.
In definitiva, valorizzando più
l’effettività del potere che la mera
titolarità, “il requisito della moralità
professionale deve essere valutato in capo
ai soggetti che svolgono funzioni
rappresentative delle ditte concorrenti
nella gare pubbliche, avuto riguardo alle
funzioni sostanziali di essi più che alle
qualifiche formali e, quindi, al concreto
esercizio del potere di rappresentanza della
persona giuridica” (cfr., T.R.G.A.,
24.06.2010, n. 162 e la giurisprudenza ivi
richiamata).
Il Tribunale ha precisato, altresì, che
presupposto indefettibile per l’esclusione
dalla gara, ai sensi del solo art. 38, è,
peraltro, la sussistenza di precedenti
penali per gravi reati in danno dello Stato
o della Comunità che incidano sulla moralità
professionale, mentre non assume alcun
rilievo, in assenza di una specifica
disposizione nella normativa di gara, “il
mero dato formale della non veridicità della
dichiarazione circa i soggetti che abbiano
ricoperto le cariche rilevanti nel periodo
di tempo all'uopo preso in considerazione
dalla disciplina normativa”.
Nella specie, nemmeno in corso di giudizio
alcun principio di prova è stato offerto
sull’esistenza o meno di precedenti penali a
carico dei nominati amministratori. Deve
pertanto concludersi che, in mancanza di
prove dirette ad evidenziare che le
dichiarazioni sul pregiudizio penale carenti
della specificazione di amministratori che
abbiano ricoperto cariche rilevanti abbiano
attribuito una posizione di vantaggio, anche
solo per il profilo morale, al concorrente
che le ha prodotte (e che quindi esse, anche
potenzialmente, abbiano inciso sul
procedimento fuorviando le statuizioni della
stazione appaltante - cfr., in termini,
C.d.S., sez. VI, 08.07.2010, n. 4436), debba
essere fatta applicazione del cosiddetto
falso innocuo.
Trattasi, in definitiva, “per mutuare
categorie penalistiche, di un falso privo di
qualsivoglia offensività rispetto agli
interessi presidiati dalle regole che
governano la procedura di evidenza pubblica,
come tale non stigmatizzabile con la
sanzione dell'esclusione” (cfr., C.d.S.,
sez. V, 13.02.2009, n. 829 e, in termini,
T.R.G.A. Trento, 07.10.2009, n. 251) (TRGA
Trentino Alto Adige-Trento,
sentenza 19.10.2010 n. 199 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sui limiti
dell'affidamento diretto alle società miste
ai sensi dell'art. 113, c. 5, lett. b), del
D.Lvo 267/2000.
Premesso
che il principio generale è sempre quello
della gara, e che l'affidamento diretto è
sempre una deroga a tale principio, deroga
consentita in casi di stretta
interpretazione, la società mista si
giustifica quale forma di partenariato
pubblico-privato costituito per la gestione
di uno specifico servizio per un tempo
determinato.
In altri termini, non si ha in questi casi
una esenzione dal principio della gara, ma
muta l'oggetto della gara, che deve sempre
essere esperita ma non più per trovare il
terzo gestore del servizio, bensì il partner
privato con cui gestire il servizio.
E' evidente quindi che le società miste
cosiddette aperte, costituite cioè per
finalità specifiche ma indifferenziate, non
possono essere affidatarie dirette in quanto
non soddisfano le condizioni a cui è
ancorata la deroga.
Pertanto, l'acquisizione nel caso di specie
di una partecipazione azionaria di una
società costituita in precedenza, ancorché
avente ad oggetto la gestione dei rifiuti,
non era sufficiente a legittimare
l'affidamento diretto e ad escludere la
necessità della gara (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 15.10.2010 n. 7533 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Le società miste
cosiddette "aperte" non possono essere
affidatarie dirette in quanto non soddisfano
le condizioni a cui è ancorata la deroga.
L’Adunanza Plenaria n. 1 del 2008 ha
chiarito i limiti dell’affidamento diretto
alle società miste ai sensi dell’art 113,
comma 5, lett. b), del D.Lvo 267/2000.
Premesso che il principio generale è sempre
quello della gara, e che l’affidamento
diretto è sempre una deroga a tale
principio, deroga consentita in casi di
stretta interpretazione, la società mista si
giustifica quale forma di partenariato
pubblico-privato costituito per la gestione
di uno specifico servizio per un tempo
determinato.
In altri termini, non si ha in questi casi
una esenzione dal principio della gara, ma
muta l’oggetto della gara, che deve sempre
essere esperita ma non più per trovare il
terzo gestore del servizio, bensì il partner
privato con cui gestire il servizio.
E’ evidente quindi che le società miste
cosiddette aperte, costituite cioè per
finalità specifiche ma indifferenziate, non
possono essere affidatarie dirette in quanto
non soddisfano le condizioni a cui è
ancorata la deroga. Pertanto, l’acquisizione
nel caso di specie di una partecipazione
azionaria di una società costituita in
precedenza, ancorché avente ad oggetto la
gestione dei rifiuti, non era sufficiente a
legittimare l’affidamento diretto e ad
escludere la necessità della gara (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 15.10.2010 n. 7533 -
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APPALTI:
Sui requisiti necessari
affinché possa configurarsi un consorzio
avente carattere di stabilità.
Sulla legittimità del
provvedimento di aggiudicazione adottato da
una stazione appaltante nei confronti di un
consorzio che, ai fini della partecipazione
ad una gara d'appalto, abbia scelto, quali
esecutrici dei lavori, imprese dotate di
requisiti tecnico-finanziari non
corrispondenti ai propri.
In ordine all'individuazione dei requisiti
necessari al fine di attribuire ad un
consorzio il carattere di stabilità che gli
consenta, peraltro, di usufruire delle
relative agevolazioni di settore, ai sensi
dell'art. 36, comma I, del d.lgs. n.
163/2006 (Codice dei contratti), non occorre
un atto che formalizzi l'autonomia della
struttura d'impresa, né la decisione, da
parte delle singole consorziate, di agire
congiuntamente, ma è sufficiente che dallo
statuto e dall'atto costitutivo emerga, come
nel caso di specie, la presenza di una
dimensione organizzativa compatibile con il
modello giuridico-formale in questione.
E' legittimo il provvedimento di
aggiudicazione adottato da una stazione
appaltante nei confronti di un consorzio
che, in sede di partecipazione, abbia
indicato, quali sue ausiliarie ai fini
dell'esecuzione dei lavori, imprese in
possesso di requisiti non corrispondenti ai
propri, ciò in quanto, ai sensi dell'art. 12
della L. n. 109/1994, nonché dell'art. 36
del d.lgs. n. 163/2006, il consorzio e le
singole imprese consorziate, pur conservando
una autonoma soggettività giuridica, sono
legate tra loro da un rapporto di tipo
organico, in virtù del quale parte
contraente resta il consorzio, il solo
competente nell'esecuzione dell'appalto, il
quale stipula in nome proprio, ma per conto
delle stesse singole imprese; pertanto, è ai
requisiti di idoneità tecnico-finanziaria da
esso posseduti che occorre fare riferimento
in sede di valutazione dei presupposti
necessari ai fini della partecipazione alla
gara (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 15.10.2010 n. 7524 -
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APPALTI:
Consorzi - Art. 36
d.lgs. n. 163/2006 - Partecipazione alla
gara - Istituzione formale - Necessità -
Esclusione.
L’art. 36, I c., del D.Lgs. n. 163 del 2006
stabilisce che “Si intendono per consorzi
stabili quelli, in possesso, a norma
dell'articolo 35, dei requisiti previsti
dall'articolo 40, formati da non meno di tre
consorziati che, con decisione assunta dai
rispettivi organi deliberativi, abbiano
stabilito di operare in modo congiunto nel
settore dei contratti pubblici di lavori,
servizi, forniture, per un periodo di tempo
non inferiore a cinque anni, istituendo a
tal fine una comune struttura di impresa”.
La norma non prevede espressamente che la
autonoma struttura di impresa debba essere
formalmente istituita, né che la decisione
delle imprese consorziate di operare in modo
congiunto debba essere formalizzata in un
atto all’uopo redatto. In base al principio
del favor partecipationis essa
disposizione va quindi interpretata nel
senso che consenta la più larga
partecipazione possibile alla gara.
Consorzi -
Partecipazione alle procedure di evidenza
pubblica - Requisiti soggettivi.
In tema di requisiti soggettivi di
partecipazione dei Consorzi alle procedure
di evidenza pubblica, la giurisprudenza è
orientata nel senso che, una volta che il
Consorzio abbia superato la preselezione
valendosi anche della somma dei requisiti
delle ditte consorziate, non può più
richiedersi ad esso l'esecuzione da parte di
una singola consorziata anche se è tale
ditta che assicura la presenza dei requisiti
soggettivi richiesti per l'ammissione alla
gara, essendo l'esecuzione dell'appalto di
competenza del Consorzio, che potrà
adempiere secondo le regole contrattuali che
sono a fondamento della sua costituzione e
del suo funzionamento, sempre che non siano
richiesti requisiti soggettivi che attestino
una capacità tecnica specifica che
l'ordinamento riconosca solo ad alcuni
soggetti con una regolamentazione a livello
normativo delle modalità di conseguimento di
tale idoneità, come l’iscrizione in albi,
elenchi speciali ovvero conseguimento di
particolari abilitazioni (Consiglio Stato,
sez. V, 29.11.2004, n. 7765).
Il Consorzio stipula quindi il contratto in
nome proprio ma per conto delle imprese
consorziate, alle quali poi assegna i
lavori, senza che sia obbligato a rispettare
l’assegnazione originaria, anche perché il
D.P.R. n. 34 del 2000 non prevede la
coincidenza tra le qualificazioni delle
singole imprese consorziate e la
qualificazione SOA del Consorzio (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 15.10.2010 n. 7524 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Il Consorzio in possesso
della qualificazione per i lavori appaltati
può affidare l’esecuzione degli stessi anche
ad una impresa priva dei requisiti di
adeguata qualificazione.
Con una delle numerose doglianze presenti
nella sentenza in commento si è argomentato
che un Consorzio avrebbe dovuto essere
escluso dalla gara avendo designato per la
esecuzione dei lavori una impresa
qualificata per la esecuzione di lavori
nella categoria OG2, classifica III, priva
dei requisiti di capacità tecnica per la
esecuzione dei lavori di categoria OG2,
classifica IV.
Il TAR, al contrario, avrebbe affermato che
il Consorzio era in possesso della
qualificazione e quindi poteva affidare
l’esecuzione dei lavori anche ad una impresa
priva dei requisiti di adeguata
qualificazione. Viceversa, contestano i
ricorrenti, il Consorzio, che non ha una sua
struttura di impresa e non esegue
direttamente i lavori, non poteva affidare
la esecuzione dei lavori ad imprese prive
dei requisiti di capacità economica, tecnica
e finanziaria, perché la costituzione dei
Consorzi non può risolversi in espediente
per aggirare le norme sulla qualificazione.
Va rilevato al riguardo, ad avviso dei
giudici del Consiglio di Stato, che il TAR
ha in proposito considerato che sulla base
della definizione che dei consorzi stabili
danno sia l'art. 12 della legge 11.02.1994,
n. 109, che l’art. 36 del D.Lgs. n. 163 del
2006, si evince che, sebbene tanto il
Consorzio stabile quanto le imprese
consorziate conservino la loro autonoma
soggettività giuridica, tuttavia sussiste
tra esse un legame ben più stretto di ogni
altra forma di collegamento già raffigurata
dalla legge qualificabile quale rapporto di
tipo organico, sicché unico soggetto
interlocutore dell'Amministrazione
appaltante è il Consorzio stesso, che
assumerà la veste di parte del contratto,
con la relativa assunzione in proprio di
tutti gli obblighi, gli oneri e le
responsabilità.
Ha pertanto rilevato il Giudice di prime
cure che ”sia dagli atti di causa che
nella domanda di partecipazione alla gara,
che risulta speso lo status di Consorzio e,
quale soggetto esecutore, è stata designata
l'Impresa <…>, potendo i consorzi stabili
far eseguire i lavori appaltati alle imprese
consorziate, senza che da ciò possa
configurarsi l'istituto del subappalto,
proprio perché legati da un rapporto interno
di tipo organico. È stato, altresì,
comprovato, con il deposito
dell'attestazione SOA, il possesso della
qualificazione alla realizzazione dei lavori
di cui alla categoria OG2 classifica IV, di
tal che la censura deve essere disattesa”.
Osserva al riguardo il giudice d’appello
che, in tema di requisiti soggettivi di
partecipazione dei Consorzi alle procedure
di evidenza pubblica, la giurisprudenza è
orientata nel senso che, una volta che il
Consorzio abbia superato la preselezione
valendosi anche della somma dei requisiti
delle ditte consorziate, non può più
richiedersi ad esso l'esecuzione da parte di
una singola consorziata anche se è tale
ditta che assicura la presenza dei requisiti
soggettivi richiesti per l'ammissione alla
gara, essendo l'esecuzione dell'appalto di
competenza del Consorzio, che potrà
adempiere secondo le regole contrattuali che
sono a fondamento della sua costituzione e
del suo funzionamento, sempre che non siano
richiesti requisiti soggettivi che attestino
una capacità tecnica specifica che
l'ordinamento riconosca solo ad alcuni
soggetti con una regolamentazione a livello
normativo delle modalità di conseguimento di
tale idoneità, come l’iscrizione in albi,
elenchi speciali ovvero conseguimento di
particolari abilitazioni (Consiglio Stato,
sez. V, 29.11.2004, n. 7765).
Il Consorzio stipula quindi il contratto in
nome proprio ma per conto delle imprese
consorziate, alle quali poi assegna i
lavori, senza che sia obbligato a rispettare
l’assegnazione originaria, anche perché il
D.P.R. n. 34 del 2000 non prevede la
coincidenza tra le qualificazioni delle
singole imprese consorziate e la
qualificazione SOA del Consorzio.
Ciò non costituisce un espediente per
aggirare le norme sulla qualificazione,
atteso che, come già evidenziato, è il
Consorzio e non le singole imprese
consorziate che è dotato di soggettività
giuridica nel partecipare alla gara ed è ai
requisiti di idoneità tecnica e finanziaria
posseduti e comprovati da esso, mediante il
cumulo dei requisiti posseduti dalle singole
consorziate, che occorre far riferimento nel
valutare i requisiti di partecipazione alla
gara (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 15.10.2010 n. 7524 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
È idoneo a radicare la
legittimazione al ricorso anche l’interesse
strumentale alla riedizione integrale della
procedura.
In applicazione delle coordinate sancite
dalla decisione n. 11/2008 dell’Adunanza
Plenaria di questo Consiglio, in materia di
rapporti tra ricorso principale e ricorso
incidentale, si deve infatti convenire che è
idoneo a radicare la legittimazione al
ricorso anche l’interesse strumentale alla
riedizione integrale della procedura.
Si deve, in particolare, rimarcare che, in
una prospettiva coerente con i principi di
pienezza ed effettività della tutela
giurisdizionale, costituisce bene della vita
meritevole di protezione giurisdizionale
anche la chance di aggiudicazione
derivante dalla partecipazione alla nuova
procedura, sempre che l’impresa abbia
differenziato, con la domanda di
partecipazione, la propria posizione
rispetto al quisque de populo e che
non sussistano preclusioni soggettive alla
partecipazione alla nuova procedura
(Consiglio Stato, sez. V, 01.02.2010, n.
417; Consiglio Stato ad. plen., 15.04.2010,
n. 1, che mette l’accento proprio sul dato
discriminante dato dalla possibilità, per
l’impresa esclusa, di partecipare ad
un'eventuale nuova gara bandita dalla
stazione appaltante) (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 15.10.2010 n. 7515 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Lex specialis di gara -
Costituisce autovincolo per
l'Amministrazione che non può discostarsi da
quanto in essa stabilito, a pena di
illegittimità del suo operato (ipotesi di
esclusione dalla gara).
Le ipotesi di espressa comminatoria di
esclusione dalla procedura selettiva
contenuta nel bando o più in generale negli
atti recanti la lex specialis di gara
hanno valore di autovincolo per
l'Amministrazione procedente, chiamata poi
ad applicare puntualmente le disposizioni in
essa contenute.
Ciò implica che la stessa non può poi
ritornare sui suoi passi ed agire in termini
difformi rispetto a quanto stabilito negli
atti normativi di gara, a pena di
illegittimità del suo operato (cfr. TAR
Liguria, Genova, sez. II, 13.05.2010, n.
2534) (massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 15.10.2010 n. 6961 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Partecipazione
di un raggruppamento temporaneo di imprese -
Garanzia fideiussoria - Intestazione sia
della capogruppo che delle mandanti.
Nel caso di partecipazione ad una gara di
appalto di un raggruppamento temporaneo di
imprese, la polizza fideiussoria mediante la
quale viene costituita la cauzione
provvisoria deve essere necessariamente
intestata, a pena di esclusione, non già
alla solita capogruppo designata, ma anche
alle mandanti (Consiglio Stato , sez. V,
26.10.2009, n. 6533).
Ciò non solo per gli appalti di lavori
regolati dalla disciplina previgente al
D.Lgs. n. 163 del 2006, ma anche per quelli
di servizi regolati dal D.Lgs. n. 157 del
1995, stante l'esigenza di assicurare in
modo pieno l'operatività della garanzia
fideiussoria di fronte ai possibili
inadempimenti (Consiglio di Stato, sez. V,
26.10.2009, n. 6533) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza 15.10.2010 n. 4058 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Principio di pubblicità
delle sedute - Verifica preliminare ed
esterna della regolarità dei plichi - Seduta
pubblica - Necessità - Esame degli elementi
valutativi delle offerte - Seduta riservata
- Ragioni.
Il principio di pubblicità delle sedute, nel
corso delle quali vengono svolti gli
adempimenti connessi alla verifica della
regolarità della documentazione richiesta
dalle regole di gara, ai fini della
ammissibilità delle offerte, è applicazione
del più generale principio di pubblicità e
trasparenza dell’azione amministrativa (art.
97 Cost.), ed è posto a garanzia, oltre che
degli interessi pubblici richiamati, anche
dei privati che partecipano alle procedure
contrattuali pubbliche, i quali in tal modo
sono posti in condizione di verificare la
correttezza dell’attività amministrativa
nelle singole gare.
La seduta pubblica deve essere adottata
anche quando si tratti della verifica
preliminare ed esterna della regolarità dei
plichi contenenti la documentazione
dell’offerta tecnica oggetto di valutazione
da parte della commissione giudicatrice;
l’esame degli elementi valutativi delle
offerte tecniche deve essere invece
effettuato in seduta riservata , al fine di
evitare i condizionamenti che possono
derivare dalla presenza dei concorrenti
diretti interessati (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 15.10.2010 n. 2299 -
link a www.ambientediritto.it). |
LAVORI PUBBLICI: LEASING
IN COSTRUENDO.
La Corte dei Conti, Sez. regionale di
controllo per la Lombardia, con il
parere 14.10.2010 n. 953, ha dato
luogo ad un interessante analisi
dell’istituto del leasing in costruendo,
intrattenendosi, in particolare, sulle
modalità di classificazione contabile. Si
tratta di un importante provvedimento di
chiarificazione dell’istituto e dei suoi
rapporti con le analoghe figure.
Primariamente, i giudici contabili
riconoscono l’insopprimibile valenza
dell’autonomia privata, intesa quale insieme
dei poteri e delle facoltà, attribuite ad
ogni soggetto giuridico, tendenti a dare
assetto a interessi individuali e di gruppo.
Precisamente, la Corte parla “capacità di
costituire, modificare o estinguere rapporti
giuridici di tipo patrimoniale, nonché della
capacità di porre in essere atti negoziali
anche atipici”.
Ovviamente, l'autonomia privata trova il suo
fondamento normativo nella Costituzione ed,
in particolare, negli articoli 2 e 41. Il
primo, nel riconoscere e garantire i diritti
inviolabili dell'uomo sia come singolo sia
nelle formazioni sociali, dove si svolge la
sua personalità, implicitamente afferma il
potere di autodeterminazione dei privati in
ordine agli interessi di natura personale.
L'articolo 41 Cost., inoltre, nell'ammettere
la libertà di iniziativa economica,
attribuisce ai privati la facoltà di porre
da sé regole in funzione del soddisfacimento
dei propri interessi patrimoniali. Al
riguardo, occorre osservare che autonomia
privata ed autonomia contrattuale non sono
termini equivalenti. Infatti, quest'ultima
si esplica prevalentemente, ma non
esclusivamente, nella libertà contrattuale,
sia pure estesa al diritto di famiglia e al
diritto successorio.
Sono espressione di autonomia contrattuale
il testamento, la procura e la remissione
del debito; non lo sono gli atti
unilaterali, perché questi sono rigidamente
disciplinati dal codice civile e non c'è
alcuno spazio per la libertà dei soggetti di
modificare gli schemi tipici al fine di
adeguarli alle proprie esigenze personali. A
ben vedere, l'autonomia privata esprime una
fenomenologia molto più articolata, che
investe anche attività extra-negoziali (ad
esempio, ricreative, educative, etc.),
poteri di normazione privata (ad esempio,
sistemi sanzionatori privati) e libertà
matrimoniale.
Tuttavia, l’autonomia privata incontra dei
limiti di carattere generale, consistenti
nella meritevolezza degli interessi e nella
liceità della causa, nonché nel rispetto dei
principi costituzionali di legalità e
imparzialità e di doverosa finalizzazione
dell’attività o del negozio al perseguimento
dei fini istituzionali predeterminati dalla
legge. I giudici contabili fanno osservare
che sussistono altre peculiari disposizioni
normative, che limitano e regolano la
capacità giuridica di diritto privato e si
rinvengono, precisamente:
- nel vetusto sistema di contabilità
pubblica;
- nella disciplina dell’indebitamento degli
enti locali;
- nei principi dell’evidenza pubblica, in
sede di scelta del miglior contraente e
formazione dei contratti;
- nella disciplina comunitaria e nazionale
in materia di contratti pubblici.
Ora, occorre presta massima attenzione al 2°
comma, dell’articolo 1322 del codice civile,
il quale stabilisce che “le parti possono
anche concludere contratti che non
appartengano ai tipi aventi una disciplina
particolare, purché siano diretti a
realizzare interessi meritevoli di tutela
secondo l'ordinamento giuridico”. Si
tratta, come noto, dell’importante
disposizione civilistica, che consacra il
principio della possibile atipicità dei
contratti. Proprio in forza di tale
principio, fa osservare la Corte dei conti,
il contratto di leasing in costruendo ha
ricevuto piena legittimazione e disciplina
nel settore pubblico.
Tale “riconoscimento pubblico”,
possibile proprio in virtù dell’indicato
principio, si è avuto con l’articolo 160-bis
del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n.
163/2006), modificato ed integrato ad opera
del terzo decreto correttivo al Codice
medesimo. Siffatta disposizione normativa
ha, sostanzialmente, reso operativo lo
strumento, ampliandone l’oggetto che può,
ora, riguardare la realizzazione,
l’acquisizione ovvero il completamento,
conformemente alle indicazioni del
committente, di opere pubbliche o di
pubblica utilità.
Entrando nel “cuore” dell’istituto,
la Corte dei conti ha riconosciuto, in
generale, l’ammissibilità del leasing in
costruendo nell’ambito della capacità
negoziale di diritto privato della Pubblica
amministrazione. Tuttavia, tale
ammissibilità deve rispettare alcuni
imprescindibili profili di azione, tipici di
ogni Pubblica amministrazione e,
precisamente:
a) l’assoggettamento alle regole
dell’evidenza pubblica, secondo le tipologie
dei beni e dell’importo del contratto.
b) la necessità di una congrua motivazione
in merito agli aspetti relativi alla
convenienza economica dell’operazione, anche
sul versante dell’efficiente ed efficace
perseguimento del pubblico interesse.
c) l’esigenza di un’analisi costi-benefici,
estesa alle altre possibili forme di
finanziamento (dal mutuo
all’autofinanziamento, all’apertura di
credito etc.), per verificare anche
l’impatto in termini di sostenibilità per il
bilancio dell’ente delle diverse opzioni.
In altri termini, occorrerà porre in essere
un’analisi comparativa fra i diversi sistemi
di finanziamento-realizzazione di un’opera
pubblica, al fine di individuarne il
migliore.
d) La causa di finanziamento e di
indebitamento del contratto deve rispettare
i principi espressi dall’articolo 119 Cost.,
ai fini dell’ammissibilità della spesa.
Ciò che deve essere inequivocabilmente
chiaro, ad avviso dei giudici contabili, è
che gli strumenti di leasing, compreso
quello in costruendo, non possono, in ogni
caso, essere utilizzati per eludere le
regole di azione ora indicate. In
particolare, assumono peculiare rilievo:
- il rispetto dei vincoli di destinazione
dei proventi, derivanti dall’alienazione del
patrimonio pubblico;
- il divieto di ricorrere all’indebitamento,
per finanziare spese diverse da quelle di
investimento;
- le disposizioni normative, sancite dagli
articoli 202- 204 del D.Lgs. n. 167/2000, in
merito alla disciplina ed ai limiti
dell’indebitamento;
- la necessità di tenere conto anche delle
forme di garanzia, eventualmente richieste
all’ente pubblico, per il corretto
assolvimento delle obbligazioni contrattuali
(commento tratto dalla newsletter di
www.centrostudimarangoni.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
L’avvenuta costituzione
dell’associazione temporanea non priva le
singole imprese facenti parte della stessa
associazione di legittimazione processuale
attiva.
L’avvenuta costituzione dell’associazione
temporanea non priva le singole imprese
facenti parte della stessa associazione di
legittimazione processuale attiva, atteso
che il conferimento del mandato speciale
all’impresa capogruppo (riguardante
l’a.t.i.) non preclude la facoltà delle
singole imprese di agire singulatim,
mancando un’espressa previsione in tal senso
nella normativa sia comunitaria che
nazionale (cfr. Cons. St., sez. VI,
25.11.2008 n. 5773, nonché sez. V,
28.12.2007 n. 6689 e 23.10.2007 n. 5577;
cfr., altresì, Corte giust. CE, ord.
04.10.2007 resa nella causa C-492/06);
altrettanto è, dunque, anche circa la
speculare legittimazione passiva di dette
singole imprese (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 13.10.2010 n. 7467 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla ratio di cui al c.
15-quater dell'art. 113 t.u.e.l. e
differenze con il c. 9 dell'art. 23-bis del
d.l. n. 112 del 2008, conv. dalla l. n. 133
del 2008.
La ratio di cui al c. 15-quater
dell'art. 113 t.u.e.l. dell'esonero delle
prime gare dall'applicazione del divieto
cristallizzato dal c. 6, risiede
nell'esigenza di consentire alle imprese
affidatarie, in virtù di affidamenti
diretti, che si erano date una struttura per
porsi in concorrenza sul libero mercato, di
non dissipare i notevoli investimenti cui
avevano dato luogo.
Posto, infatti, che a regime tali imprese
non possono godere, in virtù dei principi
comunitari in materia di tutela effettiva
della concorrenza e di apertura reale del
mercato, della contestuale possibilità di
ottenere affidamenti diretti e di
partecipare a gare in libero mercato, si è
reputato che l'immediata esclusione dei
soggetti in parola dalle gare indette dalle
amministrazioni per le quali erogavano i
servizi oggetto della gara, avrebbe creato
una improvvisa soluzione di continuità,
foriera di una disparità di trattamento alla
rovescia, con la cancellazione ex abrupto
degli investimenti effettuati proprio
nell'ambito territoriale di riferimento.
E' ragionevole, quindi, nell'ambito di
discrezionalità che gli compete, che il
legislatore, statale e regionale, abbia
previsto il termine in questione, al fine di
consentire alle imprese, operanti in virtù
di precedenti affidamenti diretti, di
riorganizzarsi per competere nei rispettivi
ambiti di interesse.
Tale ratio consente di limitare
l'eccezione ai soli casi in cui vi sia una
perfetta identità territoriale, oltre che
settoriale, dell'oggetto della gara e del
previo affidamento diretto. Di qui la non
operatività di detto regime transitorio di
favore per le gare indette da un Comune
diverso da quelli presso i quali la società
in esame gode di affidamenti diretti.
A sostegno dell'assunto vi è anche la
considerazione sistematica della portata
derogatoria di detta disposizione rispetto
ai principi comunitari contrari
all'alterazione delle dinamiche
concorrenziali innescata dalla possibilità
che un'impresa possa lucrare della rendita
di posizione insita in un affidamento
anti-competitivo al fine di concorrere in
altri contesti territoriali o settoriali.
La dizione letterale del c. 15-quater,
dell'art. 113 t.u.e.l. si incentra
sull'enunciato: "...le prime gare aventi
ad oggetto i servizi forniti dalle società
partecipanti alla gara", dunque non
genericamente "servizi identici" o
"analoghi": ciò lascia intendere che i
servizi messi a gara devono essere, perché
operi la deroga, proprio quelli che le
società fornivano all'amministrazione che ha
indetto la gara. Inoltre, l'enunciato
normativo collega implicitamente in un unico
"insieme" i concetti di "prime gare",
"servizi forniti" e "società partecipanti
alla gara".
Costrutto ben diverso da quello
successivamente esibito dal c. 9 dell'art.
23-bis del d.l. n. 112 del 2008 conv. dalla
l. n. 133 del 2008, modificato dall'art. 15,
c. 1, lett. d), del d.l. n. 135 del 2009
convertito dalla l. n. 166 del 2009: "I
soggetti affidatari diretti di servizi
pubblici locali possono comunque concorrere
su tutto il territorio nazionale alla prima
gara successiva alla cessazione del
servizio, svolta mediante procedura
competitiva ad evidenza pubblica, avente ad
oggetto i servizi da essi forniti", in
cui il riferimento a "tutto il territorio
nazionale" e alla "prima gara
successiva alla cessazione del servizio"
designa un diverso punto di rilevanza
ermeneutica: quello dell'impresa
affidataria.
Del resto, il carattere derogatorio, dunque
eccezionale, della norma, ne impone una
interpretazione restrittiva. La sua ragion
d'essere è plausibilmente quella di evitare
che le società che forniscono servizi ad
un'amministrazione ed hanno pertanto
acquisito esperienza "sul territorio"
siano automaticamente estromesse dalle gare
per l'affidamento concorrenziale di quei
servizi: non già, invece, quello di elargire
agli attuali affidatari diretti una
moratoria generalizzata a tutte le prime
gare rispetto al termine dell'01.01.2007.
Tutti questi elementi inducono ad affermare
che la deroga deve intendersi ristretta alle
società che gestivano i servizi oggetto
della gara con affidamento diretto da parte
dell'amministrazione che la indice.
Pertanto, nel caso di specie, è legittima
l'esclusione disposta dal comune, posto che
per l'ente locale la gara indetta non era la
prima successiva alla cessazione del regime
di affidamento diretto e che, all'atto
dell'indizione della gara, la società godeva
di persistenti affidamenti diretti in altri
ambiti territoriali (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 12.10.2010 n. 7401 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Art. 90 D.P.R. n.
554/1999 - Prezzo o ribasso - Indicazione in
lettere e in cifre - Discordanza -
Discordanza tra ribasso e prezzo
complessivo.
La lettera e la ratio della norma di
cui all'art. 90 del D.P.R. n. 554/1999,
nella parte in cui stabilisce la prevalenza
del ribasso percentuale indicato in lettere,
essendo improntata ad un'esigenza di
conservazione, non consente di limitarne
l'operatività ai soli casi di discordanza
tra cifra e lettera del prezzo o del
ribasso, venendo tale prescrizione in
rilievo anche in caso di discordanza tra
ribasso e prezzo complessivo (Cons. Stato,
Sez. V, 13.06.2008, n. 2976) (TAR Toscana,
Sez. II,
sentenza 12.10.2010 n. 6450 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sul divieto di
partecipazione alle gare per l'affidamento
del servizio di distribuzione del gas
naturale previsto dall'art. 14, c. 5, del
d.lgs. n. 164/2000.
L'art. 14, c. 5, del d.lgs. n. 164/2000,
impedisce la partecipazione alle gare per
l'affidamento del servizio di distribuzione
del gas naturale "delle società, delle
loro controllate, controllanti e controllate
da una medesima controllante, che, in Italia
o in altri Paesi dell'Unione europea,
gestiscono di fatto, o per disposizioni di
legge, di atto amministrativo o per
contratto, servizi pubblici locali in virtù
di affidamento diretto o di una procedura
non ad evidenza pubblica".
Pertanto, nel caso di specie, la società
aggiudicataria della concessione per la
realizzazione della rete del gas dei centri
abitati dei comuni appartenenti al Bacino
avrebbe dovuto essere esclusa dalla
procedura di gara di cui trattasi, avendo in
affidamento diretto, mediante una
controllata, il servizio di distribuzione
del gas in un altro ente locale (TAR
Sardegna, Sez. I,
sentenza 12.10.2010 n. 2293 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI: G.U.
12.10.2010 n. 239 "Regolamento in materia
di servizi pubblici locali di rilevanza
economica, a norma dell’articolo 23 -bis ,
comma 10, del decreto-legge 25.06.2008, n.
112, convertito, con modificazioni, dalla
legge 06.08.2008, n. 133" (D.P.R.
07.09.2010 n. 168). |
APPALTI SERVIZI:
Gli elementi invocabili
a sostegno di un’offerta anormalmente bassa
per essere ritenuti fondati, non devono
risolversi in asserzioni meramente
apodittiche.
Rammenta invero al riguardo la Sezione che
l’insieme delle giustificazioni, che
peraltro l’art. 87 del Codice annovera in
maniera non tassativa, che un’impresa può
addurre a suffragio della sua offerta
indubitata di anomalia devono connotarsi per
intrinseci caratteri di obiettività e
riscontrabilità e possono consistere in
specifiche modalità di prestazione del
servizio, in originalità delle soluzioni
proposte dall’offerente, in condizioni
eccezionalmente favorevoli di cui egli goda
o in eventuali agevolazioni fiscali o in
aiuti di stato.
In ogni caso, giova ribadire, deve trattasi
di elementi obiettivi, documentati e
pertanto riscontrabili.
La giurisprudenza, del resto, ha già avuto
modo di chiarire sul punto che gli elementi
invocabili a sostegno di un’offerta
anormalmente bassa per essere ritenuti
fondati, non devono risolversi in asserzioni
meramente apodittiche e/o fare generico
riferimento a benefici fiscali e/o
contributivi, a favorevoli condizioni di
mercato (TAR Marche, 30.11.2009, n. 1427).
L’offerta dell’aggiudicataria, pertanto,
essendo notevolmente inferiore, quanto ai
servizi a richiesta, ai minimi fissati per
la retribuzione oraria sia dal CCNL vigente
per il personale impiegato negli istituti di
vigilanza privata che da D.M. Lavoro
08.07.2009, infrange l’art. 87 del codice
dei contratti, il quale stabilisce che "Non
sono ammesse giustificazioni in relazione a
trattamenti salariali minimi inderogabili
stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate
dalla legge".
Sul punto la giurisprudenza predica la
stessa inammissibilità delle giustificazioni
con cui l’impresa tenti di motivare la
violazione dei predetti minimi salariali,
avendo condivisibilmente precisato che “In
tema di offerte anormalmente basse, l'art.
87, d.lgs. 12.04.2006 n. 163, va
interpretato nel senso che non può aversi
l'allegazione da parte delle imprese
partecipanti a gare pubbliche di
giustificazioni sulla remuneratività
dell'offerta riferite alle tariffe sul costo
del lavoro, con la conseguenza che le p.a.
non possono tenere conto di quelle
eventualmente prodotte” (TAR
Sicilia-Palermo, sez. II, 28.11.2007, n.
3223) (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 11.10.2010 n. 3730 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Dal 25.09.2010 nuove regole per gli accessi
ai cantieri di Lavori Pubblici.
Il D.P.R. n. 150 del 02.08.2010, pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale n. 212 del
10.09.2010, ridefinisce la disciplina di
accessi ed accertamenti presso i cantieri
delle imprese interessate all'esecuzione di
lavori pubblici per contrastare le
infiltrazioni mafiose.
Il Decreto si applica, dal 25.09.2010, a
tutti i soggetti che intervengono a
qualunque titolo nel ciclo di realizzazione
dell'opera, anche con appalti di modesta
entità (noli e forniture di beni e
prestazioni di servizi, ivi compresi quelli
di natura intellettuale, qualunque sia
l'importo dei relativi contratti o dei
subcontratti).
Il provvedimento prevede l’esecuzione di
controlli effettuati da un gruppo interforze
che sarà composto da funzionari della
polizia di stato, dell'arma dei carabinieri,
della guardia di finanza, della Dia, del
provveditorato alle opere pubbliche e da un
rappresentante della Direzione provinciale
del lavoro (link a www.acca.it). |
APPALTI:
Dall'01.11.2010 CIG obbligatorio.
Con un Comunicato del 1° ottobre scorso
l'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture ha
precisato che a decorrere dall'01.11.2010 le
Stazioni Appaltanti che richiedono la
pubblicazione di bandi e avvisi sulla
Gazzetta Ufficiale devono indicare
obbligatoriamente il codice CIG (codice
identificativo gara) rilasciato
dall'Autorità.
Pertanto, da tale data, il formulario di
richiesta di inserzione sulla GURI sarà
modificato con l’indicazione del CIG o della
causa di esclusione dall'obbligo di
richiesta del medesimo (nei casi individuati
con delibera dell'Autorità).
Con una nota dello scorso 7 settembre
l'Autorità aveva comunicato che a decorrere
dal 15.10.2010 le operazioni connesse al
rilascio del codice CIG a mezzo del SIMOG
saranno consentite esclusivamente al
Responsabile del Procedimento (art. 10,
commi 1 e 9, D.Lgs. 163/2006) (link a
www.acca.it). |
APPALTI:
F. Armenante,
Rassegna giurisprudenziale sulle procedure
ad evidenza pubblica (link a
http://doc.sspal.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Trasmissione informatizzata della
notifica preliminare di avvio lavori nei
cantieri - Decreto del Direttore Generale
Sanità n. 9056 del 14.09.2009 e Decreto del
Direttore Regionale del Lavoro n. 117 del
23.09.2009 (Regione Lombardia, Direzione
Generale Sanità, Governo della Prevenzione e
Tutela Sanitaria, Prevenzione Ambienti di
Vita e di Lavoro,
nota 08.10.2010 n. 33248 di prot.). |
APPALTI:
Tacere sulle condanne
riportate comporta l’esclusione dalla gara
di appalto.
Gli oneri posti a carico del partecipante ad
una gara di appalto, tra qui quello di
dichiarare, sotto pena di falso, tutte le
condanne riportate -con esclusione di quelle
per cui vi sia stata riabilitazione o non
menzione- costituiscono “lex specialis”.
Essi rientrano tra i criteri applicativi e
non possono ritenersi illegittimi laddove
non dispongono l’estromissione immediata
della società partecipante alla gara ma
prevedono la avocazione alla stazione
appaltante di ogni valutazione in merito
alla rilevanza dei requisiti richiesti
(nella specie, rilevanza delle condanne in
relazione all’incidenza sulla affidabilità
morale e professionale).
L’irrilevanza delle condanne, con
riferimento al giudizio di affidabilità
morale o professionale dei partecipanti alla
gara può sempre essere sottoposta al vaglio
di legittimità innanzi al Giudice
amministrativo.
Ciò che rileva nella fattispecie, invece, è
il fatto che tutte le sentenze di condanna,
fatte salve quelle pronunce per le quali
fosse intervenuto formale provvedimento di
riabilitazione o fosse stata dichiarata
l’estinzione, dovevano essere espressamente
indicate, comprese quelle per le quali era
stato concesso il beneficio della non
menzione.
La mancata dichiarazione da parte del
partecipante alla gara di appalto di tutte
le sentenze di condanna, fatte salve quelle
pronunce per le quali fosse intervenuto
formale provvedimento di riabilitazione,
estinzione, o non menzione, incide non già
sugli effetti di tali condanne, ma sulla
situazione di infedeltà, reticenza o
inaffidabilità della società che ha
dichiarato un fatto non vero correlando
così, la propria offerta, con
un’attestazione falsa.
Alla violazione degli obblighi dichiarativi
consegue la legittima l’esclusione dalla
gara della società partecipante, non potendo
aver rilievo l’indagine sui motivi che
avevano indotto a sottacere tali condanne o
l’insussistenza del dolo o della colpa (C.S.
n. 4906/2009, n. 353/2002, n. 3183/2002)
(massima tratta da www.litis.it - Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 08.10.2010 n. 7349 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La mancata dichiarazione
circa l'esistenza di condanne penali a
carico di due rappresentanti legali della
società incide, non già sugli effetti di
tali condanne, ma sulla situazione di
infedeltà, reticenza o inaffidabilità della
società che ha dichiarato un fatto non vero
(l'assenza di condanne) correlando, così, la
propria offerta con un'attestazione falsa.
La società ricorrente in primo grado veniva
esclusa dalla gara per non aver dichiarato,
nella domanda di partecipazione, l'esistenza
di condanne penali a carico di due
rappresentanti legali della società, come
accertato dall'amministrazione a seguito di
verifiche effettuate presso il casellario
giudiziario.
Secondo i giudici di Palazzo Spada, la
mancata dichiarazione da parte della
ricorrente in primo grado incide non già
sugli effetti di tali condanne, ma sulla
situazione di infedeltà, reticenza o
inaffidabilità della società che, per motivi
che non hanno rilievo di questa sede, ha
dichiarato un fatto non vero (l'assenza di
condanne) correlando così, la propria
offerta, con un'attestazione falsa.
Pertanto, l’esclusione ha correttamente
inciso sulla violazione degli obblighi
dichiarativi perché l’attestazione allegata
all'offerta risultava, di per sé, falsa e,
comunque, non conforme al modello imposto
dal bando, con la conseguenza di dover
ritenere legittima l'esclusione dalla gara
della società ricorrente, non potendo aver
rilievo, nella fattispecie, l’indagine sui
motivi che avevano indotto a sottacere tali
condanne o l'insussistenza del dolo o della
colpa (C.S. n. 4906/2009, n. 353/2002, n.
3183/2002) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.10.2010 n. 7349 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI SERVIZI:
Quando oggetto
dell'appalto è un servizio di cui
all'allegato II B, si applicano i soli artt.
65, 68 e 225 del D.Lgs. n. 165/2006 (Codice
dei contratti pubblici).
Agli appalti di servizi compresi
nell'allegato II B del D.Lgs. n. 165/2006
(Codice dei contratti pubblici), si
applicano i soli artt. 65, 68 e 225 del
citato D.Lgs. n. 165/06 (analogamente a
quanto disposto dall'art. 20 della dir. CE
n. 18/04).
Pertanto, nel caso di specie, riguardante
l'affidamento del "servizio di assistenza
domiciliare" ad un Consorzio non va
applicato l'art. 35 del D.Lgs. n. 165/2006,
ma la disciplina specialistica (art. 8 L. n.
381/1991), a prescindere da qualsivoglia
rapporto di avvalimento atteso che, si è in
presenza di un rapporto organico in
conseguenza del quale l'attività posta in
essere da ciascuna cooperativa, nella sua
qualità di consorziata, è immediatamente
imputabile al Consorzio, con conseguente
irrilevanza della mancanza dei requisiti di
capacità tecnica e di fatturato nell'ultimo
triennio in capo al Consorzio, atteso il
possesso di tali requisiti da parte delle
consorziate.
Deve ritenersi, infatti, che la normativa
applicabile alla fattispecie rende
possibile, senza limitazioni, il cumulo dei
requisiti, in forza del rapporto organico
che regola le società cooperative (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 08.10.2010 n. 7346 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI -
SICUREZZA LAVORO:
Cantieri, coordinatore
sempre obbligatorio in presenza di più
imprese.
La normativa italiana in materia di salute e
sicurezza nei cantieri trae origine dalla
direttiva comunitaria 92/57/CEE, recepita
inizialmente in Italia con il D.Lgs. 494/96
e successivamente confluita nel D.Lgs.
81/2008 (Testo Unico Sicurezza).
Recentemente la Corte di Giustizia
dell´Unione Europea è intervenuta con una
sentenza sulla normativa italiana di
recepimento della direttiva citata.
La sentenza verte su un procedimento penale
avviato contro un committente a seguito di
un’ispezione presso un cantiere edile per il
rifacimento della copertura del tetto di una
casa di abitazione ad un'altezza di circa
6-8 metri. Nella circostanza gli ispettori
avevano rilevato che parapetto, autogru e
manodopera erano forniti da tre imprese
diverse presenti contemporaneamente nel
cantiere e che il coordinatore della
sicurezza non era stato designato.
Il rilascio di un permesso di costruire non
era richiesto ai sensi della legislazione
italiana.
Il Tribunale di Bolzano, nutrendo dubbi
riguardo alle deroghe del diritto italiano
in relazione all'obbligo di designare un
coordinatore per la sicurezza, si rivolse
all'UE.
Ora la Corte di Giustizia dell'Unione
Europea, Sez. V, con
sentenza 07.10.2010, ha affermato
che il comma 1 dell’articolo 3 della
direttiva 92/57/CEE esclude che una
normativa nazionale consenta di derogare
all’obbligo (del committente o del
responsabile dei lavori) di nominare un
coordinatore per la sicurezza, nel caso di
un cantiere di lavori privati non soggetti a
permesso di costruire e nel quale sono
presenti più imprese.
Nella direttiva (articolo 3, paragrafo 1)
non è ammessa alcuna deroga a tale obbligo
e, pertanto, un coordinatore in materia di
sicurezza e di salute deve essere sempre
nominato, per qualsiasi cantiere in cui sono
presenti più imprese, al momento della
progettazione o, comunque, prima dell´inizio
dei lavori, indipendentemente dalla
circostanza che i lavori siano soggetti o
meno a permesso di costruire ovvero che tale
cantiere possa comportare rischi
particolari.
Occorre precisare che la normativa italiana,
già con la versione originaria del D.Lgs.
81/2008, ancor prima delle modifiche
apportate con il D.Lgs. 106/2009, prevedeva
la nomina del coordinatore in presenza di
più imprese; l’unica deroga ammessa dal
D.Lgs. 81/2008 (art. 90 comma 11), nella
prima versione, era la possibilità di
nominare, per i lavori privati, il
coordinatore prima dell’esecuzione e non in
fase di progettazione.
Con il D.Lgs. 494/1996, la nomina del
coordinatore era invece obbligatoria in
presenza di più imprese solo per lavori di
entità superiore a 200 uomini-giorno o in
presenza di rischi particolari.
La versione attualmente vigente del Testo
Unico della Sicurezza (aggiornata dal D.Lgs.
106/2009) prevede la nomina del coordinatore
contestualmente a quella del progettista con
la possibilità, per i lavori privati di
importo inferiore a 100.000 euro non
soggetti a permesso di costruire, di
nominare solo il coordinatore per la
sicurezza in fase di esecuzione che deve
provvedere, prima dell’inizio dei lavori, a
redigere P.S.C. e Fascicolo (link a
www.acca.it). |
APPALTI:
Asta pubblica ed
esclusione per errore di inserimento nella
busta della ricevuta di cauzione.
Sebbene nella disciplina di gara, asta
pubblica al prezzo più alto, è previsto che
la busta contenente l’offerta deve essere
sigillata ed inserita, insieme ad altra
documentazione (compresa la ricevuta del
prescritto deposito cauzionale) nella busta
contenitore più grande anch’essa sigillata,
non è comminata espressamente l’esclusione
della gara per il caso in cui la ricevuta
del deposito cauzionale venga posta nella
busta contenente l’offerta invece che nella
busta contenitore, prevedendosi invece
l’esclusione per il mancato versamento del
deposito cauzionale (massima tratta da
www.litis.it - Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 06.10.2010 n. 7335 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
L’indennizzo spettante
al soggetto direttamente pregiudicato dalla
revoca di in provvedimento va circoscritto
al “danno emergente”.
Non pregiudica il diritto dell’impresa a
conseguire il risarcimento del danno la
clausola dell’avviso in cui si stabilisce
che “la presentazione della proposta,
peraltro, non vincola in alcun modo
l’Amministrazione, nemmeno sotto il profilo
della responsabilità precontrattuale ex art.
1337 c.c.; essa quindi resterà libera di
decidere di realizzare l’opera in maniera
diversa, senza cioè ricorrere al project
financing, di non riconoscere il pubblico
interesse nei confronti di tutte le proposte
pervenute, di non dar corso alla successiva
fase di aggiudicazione della concessione,
ovvero di non realizzare l’opera, e ciò
senza che i privati promotori possano nulla
pretendere a qualsiasi titolo o ragione nei
confronti di questo Comune”.
Detta clausola, come precisato dal TAR, deve
considerarsi nulla ai sensi dell'art. 1355
c.c. (condizione meramente potestativa)
poiché subordina qualsiasi responsabilità
dell’Amministrazione alla mera volontà
dell'amministrazione medesima (Cfr. la
decisione di questa Sezione 07.09.2009 n.
5245; Cass. S.U. 16.10.2007 n. 8951).
Peraltro, la confermata legittimità del
provvedimento di autotutela fa venire meno
il presupposto su cui è stata fondata la
domanda risarcitoria, costituito appunto
dall'illegittimità provvedimentale.
Ciò comporta che l'amministrazione è tenuta
a corrispondere il solo indennizzo ex art.
21-quinquies L. n. 241/1990, e non
l'integrale risarcimento del danno.
Come è noto, fino ad epoca recente
l’orientamento prevalente era nel senso di
escludere qualsiasi indennizzo per il
soggetto nei cui confronti intervenisse la
revoca in modo legittimo di un precedente
provvedimento amministrativo vantaggioso per
il privato (V. la decisione di questo
Consiglio, sez. VI, 06.06.1969, n. 266) o
per lo meno un indennizzo veniva ammesso
solo in casi particolari (V. Cass. S.U.
02.04.1959, n. 672).
Attualmente la materia è regolata
dall’articolo 21-quinquies legge 07.08.1990,
n. 241, aggiunto dall’art. 14 legge
11.02.2005, n. 15, ed integrato dal comma
1-bis introdotto dall’art. 13 D. L.
31.01.2007, n. 7, (convertito dalla legge
02.04.2007, n. 40), sulla cui base il
presupposto dell’attribuzione
dell’indennizzo a favore del soggetto che
direttamente subisce il pregiudizio
presuppone innanzitutto la legittimità del
provvedimento di revoca (c.d. responsabilità
della P.A. per atti legittimi), come nella
fattispecie in esame, atteso che in caso di
revoca illegittima subentra eventualmente un
problema di risarcimento del danno (V. le
decisioni di questo Consiglio, sez. V,
14.04.2008, n. 1667; sez. VI, 08.09.2009,
n.5266).
Inoltre, non venendo in rilievo nel
menzionato art. 21-quinquies un risarcimento
del danno per responsabilità contrattuale,
precontrattuale o extracontrattuale, ove la
colpa del danneggiante è comunque essenziale
salvo un diverso regime probatorio in
relazione a ciascun tipo di responsabilità
civile (V. le decisioni di questo Consiglio,
sez. V, 20.10.2008, n. 5124; Sez. VI,
21.05.2009, n. 3144; Cass. Sez. Lav.,
14.04.2008, n. 9817), non occorre neppure
accertare la presenza di colpa nell’apparato
amministrativo (Cfr. la decisione della
Sezione 10.02.2010 n. 671) , contrariamente
a quanto sostenuto dall’appellante.
L’indennizzo spettante al soggetto
direttamente pregiudicato dalla revoca di in
provvedimento va circoscritto al “danno
emergente”, come espressamente stabilito
nel comma 1-bis dell’art. 21-quinquies L. n.
241/1990, ma nel danno emergente debbono
essere indubbiamente incluse le spese di
partecipazione alla procedura per lesione
della pretesa a non essere coinvolto in
trattative inutili (V. le decisioni di
questo Consiglio, sez. IV, 04.10.2007, n.
5179; Sez. VI 21.05.2009, n. 3144).
Dette spese, che sono state indicate nel
ricorso originario in euro 215.000,00, per
essere rimborsabili debbono essere
adeguatamente documentate, essere necessarie
in relazione alla specifica procedura e
rispettose dei correnti prezzi di mercato.
Sulle singole spese rimborsabili, che sono
debiti di valore, spettano altresì la
rivalutazione monetaria compete la
rivalutazione monetaria secondo gli indici
ISTAT, dalla data di effettuazione della
spesa fino alla data di deposito della
presente decisione; sulla somma così
rivalutata si computeranno gli interessi
legali calcolati dalla data di deposito
della presente decisione fino all'effettivo
soddisfo (Cfr. Cons. Stato, Sez, VI,
21.05.2009, n. 3144) (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 06.10.2010 n. 7334 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Ricorso avverso
l'esclusione da una procedura di gara -
Mancata impugnazione dell'aggiudicazione
definitiva sopravvenuta in corso di giudizio
- Improcedibilità del ricorso.
La mancata impugnazione da parte del
ricorrente che contesti la propria
esclusione dalla gara del provvedimento di
aggiudicazione definitiva di una gara di
appalto, con ricorso autonomo o con ricorso
per motivi aggiunti, depositato nel corso
del giudizio dall'Amministrazione
resistente, determina l'improcedibilità per
carenza d'interesse del ricorso proposto
(cfr. TAR Toscana, Sez. II, 24.01.2003 n.
55) (massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 06.10.2010 n. 6879 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Commissione di gara - La
valutazione dell'offerta tecnica non deve
essere influenzata dalla conoscenza degli
elementi dell'offerta economica -
Inserimento di dati economici nell'offerta
tecnica - Esclusione del concorrente dalla
gara - Legittimità.
Secondo giurisprudenza pacifica, la
Commissione di gara preposta alla
valutazione delle offerte non deve essere
influenzata nell'ambito del giudizio sulla
componente tecnica dell'offerta, dalla
conoscenza degli elementi dell'offerta
economica, dovendosi pertanto disporre
l'esclusione a carico del concorrente che
inserisce nella busta contenente l'offerta
tecnica del progetto i dati relativi
all'offerta economica (cfr. da ultimo, Cons.
Stato, Sez. V, 09.06.2009 n. 3575) (Nella
fattispecie il Collegio ha ritenuto
legittima l'esclusione disposta dalla
Commissione di gara in quanto la società
ricorrente aveva inserito nella busta
recante l'offerta tecnica anche l'offerta
economica e le giustificazioni a corredo
della stessa) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 06.10.2010 n. 6878 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla identificazione
giuridica di un servizio pubblico.
Sulla natura di servizio pubblico
dell'attività di bonifica e messa in
sicurezza di siti inquinati.
Per identificare giuridicamente un servizio
pubblico, non è indispensabile a livello
soggettivo la natura pubblica del gestore,
mentre è necessaria la vigenza di una norma
legislativa che, alternativamente, ne
preveda l'obbligatoria istituzione e la
relativa disciplina oppure che ne rimetta
l'istituzione e l'organizzazione
all'amministrazione.
Oltre alla natura pubblica delle regole che
presiedono allo svolgimento delle attività
di servizio pubblico e alla doverosità del
loro svolgimento, è ancora necessario, nella
prospettiva di una definizione oggettiva
della nozione, che le suddette attività
presentino un carattere economico e
produttivo (e solo eventualmente
costituiscano anche esercizio di funzioni
amministrative) e che le utilità da esse
derivanti siano dirette a vantaggio di una
collettività, più o meno ampia, di utenti
(in caso di servizi divisibili) o comunque
di terzi beneficiari (in caso di servizi
indivisibili).
Le coordinate qualificatorie del servizio
pubblico ben si attagliano al caso delle
attività di bonifica e di messa in sicurezza
dei siti inquinati disciplinate dall'art.
242 del D.Lgs. 03.04.2006, n. 152. Difatti
le procedure di messa in sicurezza e di
bonifica sono obbligatorie ex lege al
ricorrere di determinati presupposti di
fatto, sono disciplinate da fonti di rango
primario, sono svolte (anche) a favore di
una collettività indeterminata di
beneficiari (gli abitanti di una zona
inquinata), mirano al perseguimento di un
interesse pubblico (alla salubrità
ambientale e al ripristino del
bene-interesse violato dagli inquinamenti)
e, infine, consistono in attività produttive
e di rilievo economico.
La circostanza che per tali attività non sia
prevista l'erogazione di un corrispettivo da
parte dei beneficiari (come si verifica
invece per la normale attività di
depurazione) non inficia i riferiti
connotati dell'attività quale attività di
servizio pubblico e ciò perché, in via
generale, la previsione di un corrispettivo
(così come di un profitto del gestore del
servizio) non è essenziale sul piano della
qualificazione giuridica delle attività di
servizio pubblico; inoltre, dal punto di
vista strettamente economico, l'utilità dei
soggetti tenuti alla messa in sicurezza e
alla bonifica di siti inquinati è
all'evidenza rappresentata dal vantaggio che
costoro (o i loro danti causa) hanno
conseguito precedentemente attraverso la
socializzazione dei costi (id est
l'inquinamento) relativi a oneri del
processo produttivo (ossia quelli connessi
al corretto smaltimento degli agenti
inquinanti) che sarebbero dovuti rimanere a
carico delle stesse imprese inquinatrici:
attraverso le procedure di bonifica e messa
in sicurezza tali costi vengono nuovamente
internalizzati, peraltro in misura inferiore
al vantaggio ottenuto dalle imprese
obbligate (non essendo integralmente
risarciti i danni, individuali e collettivi,
alla salute medio tempore verificatisi).
Nel caso di specie, per di più, le acque
emunte dalle falde sotterranee sono state
comunque trattate, sia pur provvisoriamente,
nell'ambito del normale funzionamento del
servizio di convogliamento e di depurazione
dei reflui, non soltanto industriali, svolto
dalla struttura consortile e, quindi,
rientrano a tutti gli effetti nell'oggetto
di quel servizio (C.G.A.R.S.,
sentenza 06.10.2010 n. 1266 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Servizio pubblico -
Identificazione giuridica - Coordinate
qualificatorie.
Per identificare giuridicamente un servizio
pubblico, non è indispensabile a livello
soggettivo la natura pubblica del gestore,
mentre è necessaria la vigenza di una norma
legislativa che, alternativamente, ne
preveda l’obbligatoria istituzione e la
relativa disciplina oppure che ne rimetta
l’istituzione e l’organizzazione
all’amministrazione.
Oltre alla natura pubblica delle regole che
presiedono allo svolgimento delle attività
di servizio pubblico e alla doverosità del
loro svolgimento, è ancora necessario, nella
prospettiva di una definizione oggettiva
della nozione, che le suddette attività
presentino un carattere economico e
produttivo (e solo eventualmente
costituiscano anche esercizio di funzioni
amministrative) e che le utilità da esse
derivanti siano dirette a vantaggio di una
collettività, più o meno ampia, di utenti
(in caso di servizi divisibili) o comunque
di terzi beneficiari (in caso di servizi
indivisibili) (C.G.A.R.S.,
sentenza 06.10.2010 n. 1266 -
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APPALTI:
Il dovere di soccorso
istruttorio e il generale favore per la
partecipazione trovano un limite
invalicabile nell'esigenza di garantire la
"par condicio" dei concorrenti.
Nelle procedure di gara il dovere di
soccorso istruttorio e il generale favore
per la partecipazione trovano un limite
invalicabile nell’esigenza di garantire la “par
condicio” dei concorrenti.
È, infatti, indubbio che il principio della
“par condicio” risulterebbe
platealmente violato se le opportunità di
regolarizzazione, chiarimento o integrazione
documentale, si traducessero in occasione di
aggiustamento postumo di irregolarità gravi
e non sanabili, cioè in espediente per
eludere le conseguenze associate dalla legge
o dal bando all’inosservanza di prescrizioni
tassative, imposte a tutti i concorrenti a
pena di esclusione (Consiglio Stato, sez.
IV, 26.11.2009, n. 7443).
Nella fattispecie, il cronoprogramma era
sicuramente un documento fondamentale ai
fini della valutazione dei progetti la cui
produzione doveva avvenire a pena di
esclusione entro i termini decadenziali di
presentazione delle domande ai sensi del
bando (TAR Campania-Napoli, Sez. III,
sentenza 04.10.2010 n. 17582 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Lo scopo dell'art. 38,
c. 1, lett. m-ter) del d.lvo 12.04.2006, n.
163, è quello di escludere dagli appalti
pubblici gli imprenditori che non hanno
avuto il coraggio di denunciare i fatti
commessi in loro danno.
L'art. 38, c. 1, lett. m-ter) d.lvo
12.04.2006, n. 163, (lett. inserita con la
l. 15.07.2009, n. 94), si applica ai
soggetti elencati alla lett. b), i quali
devono essere esclusi dalle gare nel caso in
cui non abbiano denunciato all'autorità
giudiziaria di essere stati vittime dei
reati di concussione (art. 317 c.p.) o
estorsione aggravata (art. 629 c.p.). Scopo
della norma è dunque quello di escludere
dagli appalti pubblici gli imprenditori
onesti che non hanno avuto il coraggio di
denunciare i fatti commessi in loro danno.
In altre parole, la causa di esclusione
opera con riferimento a imprenditori "puliti"
che non hanno denunciato, pur non avendo
nulla a che fare con la criminalità
organizzata; l'ipotesi in questione,
infatti, rimane assolutamente distante e
distinta rispetto a tutte quelle forme di
concorso o connivenza tra imprenditori e
associazioni criminali.
La rilevanza dell'omissione della denuncia
di reati è di certo funzionale al contrasto
del fenomeno criminale mafioso, ma mira a
garantire la libera concorrenza e
trasparenza nel settore dei pubblici
appalti, considerando inaffidabile il
contraente che non abbia denunciato le
illecite richieste subite dalla criminalità
organizzata.
Del resto nei protocolli di legalità
sottoscritti tra enti aggiudicatori e
stazioni appaltanti è reso evidente come
l'obbligo di denuncia di ogni tentativo di
estorsione, intimidazione o condizionamento
di natura criminale sia funzionale a
garantire la parità di trattamento e la
trasparenza negli appalti pubblici (TAR
Veneto, Sez. I,
sentenza 04.10.2010 n. 5269 -
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APPALTI:
Sui presupposti
necessari per far ricorso alla procedura
negoziata senza previa pubblicazione di un
bando di gara (ex art. 57 del d.lvo n.
163/2006).
L'art. 57 del d.lvo n. 163 del 2006, le
stazioni appaltanti possono aggiudicare
contratti pubblici mediante procedura
negoziata senza previa pubblicazione di un
bando di gara, dandone comunque adeguata
motivazione nella delibera o determina
contrarre, nel caso in cui (c. 2, lett. b) "per
ragioni di natura tecnica o attinenti alla
tutela dei diritti esclusivi, il contratto
possa essere affidato unicamente a un
operatore economico determinato".
Dunque, perché sia giustificata la procedura
di cui al detto articolo:
- devono sussistere oggettivi motivi di
natura tecnica o la protezione dei diritti
esclusivi che non consentono l'apertura
dell'appalto a un confronto concorrenziale e
che impongono la cosiddetta trattativa
diretta con un unico operatore economico;
- deve essere dimostrabile, con
l'effettuazione di una preventiva indagine
di mercato, l'oggettiva esistenza dell'unico
operatore economico potenziale espressamente
individuato.
Di conseguenza, nella obbligatoria
motivazione di cui dovrà dar conto ai sensi
del citato art. 57, c. 1, la determina o
delibera contrarre, si dovrà richiamare
l'indagine di mercato effettuata e la
documentazione o certificazione, da tenersi
agli atti, che attesti la sussistenza di una
privativa industriale di un brevetto (tutela
di diritti esclusivi) o le ragioni di natura
tecnica che impongono di rivolgersi a quel
determinato operatore economico (TAR Veneto,
Sez. I,
sentenza 04.10.2010 n. 5267 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: E’
annullabile il provvedimento di
aggiudicazione definitiva se sussiste un
interesse pubblico (link
a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Tracciabilità dei flussi finanziari e CUP.
L'entrata in vigore della Legge 136/2010 ha
esteso l'obbligo di richiesta del CUP anche
ai contratti diversi da quelli di
investimento, che vi erano già soggetti ex
legge 16.01.2003, n. 3.
Di conseguenza, la stazione appaltante dovrà
richiedere il CUP anche per gli appalti di
servizi e forniture (link a
www.cipecomitato.it). |
APPALTI SERVIZI:
E' illegittima
l'ammissione della Croce Rossa italiana
(C.R.I.) alla procedura di gara bandita
dalla Prefettura per l'affidamento della
gestione del Centro di identificazione ed
espulsione.
Il d.l. n. 276/2004 (conv. in l. n. 1/2005)
ha introdotto con l'art. 2 del d.lvo n.
613/1980, la previsione per cui compete alla
Croce Rossa italiana (C.R.I.), fra l'altro,
"svolgere (...) i servizi sociali ed
assistenziali indicati dallo statuto della
Croce Rossa italiana".
Mentre l'art. 5 del suddetto d.lvo n.
613/1980 dispone che la C.R.I. "può
svolgere attività o servizi attinenti alle
proprie finalità istituzionali per conto
dello Stato, delle regioni e di altri enti
pubblici, da regolarsi mediante convenzioni".
L'ente C.R.I. sembra, dunque, avere la
capacità giuridica di assumere la veste di
parte in un rapporto instaurato con un altro
soggetto pubblico. Tenuto, però, conto che
lo statuto usa il termine "convenzioni",
deve escludersi che, all'instaurazione di un
tale rapporto, si possa giungere in esito ad
una procedura di evidenza pubblica.
Come osservato dal Consiglio di Stato, non
può, infatti, ritenersi che la convenzione "sia
il genus nel quale possa rientrare anche
l'appalto di servizi, potendo il rapporto
convenzionale configurarsi in vari modi, ma
non come appalto di servizi, postulante una
natura imprenditoriale estranea alla Croce
Rossa (che non ha scopo di lucro ed ignora
il rischio d'impresa)".
Da ciò consegue, nel caso di specie, che
l'ammissione della C.R.I. alla procedura di
gara bandita dalla Prefettura per
l'affidamento della gestione del Centro di
identificazione ed espulsione è illegittima,
potendosi semmai ammettere che le peculiari
caratteristiche dell'ente C.R.I. legittimino
l'affidamento diretto del servizio (TAR
Lazio-Roma, Sez. I-ter,
sentenza 01.10.2010 n. 32649 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Verifica della
sussistenza dei requisiti di ammissibilità -
Valutazione delle offerte economiche -
Rigida separazione - Garanzia di
imparzialità e buon andamento.
In tema di gare pubbliche, la rigida
separazione fra la fase di verifica della
sussistenza dei requisiti di ammissibilità
per la partecipazione alla procedura e la
fase di vera e propria valutazione delle
offerte economiche e degli altri titoli
prodotti, costituisce una garanzia
fondamentale d'imparzialità e di buon
andamento dell'attività amministrativa
pubblica, nella scelta del contraente, da
parte della stazione appaltante.
Art. 48, c. 1, d.lgs. n.
163/2006 - Verifica dei requisiti
economico-finanziari - Preventiva
all’aggiudicazione - Verifica a campione -
Successiva all’aggiudicazione - Primo e
secondo graduato.
La verifica dei requisiti
economico-finanziari e tecnico-organizzativi
deve essere, se preventiva, a campione (arg.
ex art. 48, 1° comma, d.lgs. n. 163/2006),
laddove -se successiva alla disposta
aggiudicazione- deve riguardare solo il
primo ed il secondo graduato (art. 48, 2°
comma cit.), e non la generalità degli
offerenti (TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 01.10.2010 n. 11309 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI SERVIZI: E'
illegittima l'offerta che risulta aver
violato il principio di intangibilità del
costo di sicurezza sancito dall'art. 86,
comma terzo, del decreto legislativo
163/2006 e della lex specialis.
Il disciplinare di gara sancisce
espressamente per l'intero quadriennio un
importo, per quanto concerne gli oneri di
sicurezza di 170.460 €, non soggetto a
ribasso. Tali oneri di sicurezza, ripartiti
su base annua, comportano un importo annuale
di € 42.660, che per espressa statuizione
normativa sono intangibili e non possono
essere ribassati.
Invece, nella fattispecie in esame, il
consorzio ricorrente ha indicato un costo di
sicurezza su base annua di € 8.400, che è
nettamente inferiore a quello previsto dal
bando di gara, non suscettibile di
riduzione.
Pertanto l'offerta del consorzio ricorrente
risulta illegittima per violazione del
principio di intangibilità del costo di
sicurezza sancito dall'art. 86, comma terzo,
del decreto legislativo 163/2006 e della
lex specialis (TAR Campania-Salerno,
Sez. I,
sentenza 01.10.2010 n. 11289 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: Rimessa
alla Adunanza Plenaria la questione circa la
natura di atto meramente endoprocedimentale
dell’individuazione del promotore nella
procedura di project financing.
La controversa in rassegna concerne la
legittimità del procedimento e del
successivo provvedimento con cui un Comune
ha individuato di pubblico interesse la
proposta formulata da una A.T.I. per la
realizzazione e la gestione di un
parcheggio, attribuendo a detta A.T.I. il
titolo di “promotore ai sensi e per gli
effetti di cui all’art. 37-ter Legge
109/1994, ora art. 154 del D.Lgs. 163/2006”.
La prospettazione dell’A.T.I. si fonda sulla
assoluta autonomia ed indipendenza della
fase di selezione del promotore rispetto
all'intero procedimento di project
financing, così da determinare
l'immediata lesività ed impugnabilità della
individuazione del progetto dichiarato di
pubblico interesse, indipendentemente dalla
conclusione del procedimento stesso (e
quindi dall'aggiudicazione della
concessione).
Sennonché, ricordano i giudici del Consiglio
di Stato, la giurisprudenza (C.d.S., sez. V,
25.01.2005, n. 142) ha rilevato che
l'interesse a veder prescelto il proprio
progetto di opera pubblica, e quindi
l’interesse ad assumere la posizione del
promotore nella relativa procedura, ancorché
sia individuabile concettualmente come
distinto dall'interesse alla concessione di
eseguire l'opera stessa, contiene ed implica
anche l'interesse all'aggiudicazione della
concessione che, in definitiva, rappresenta
il vero "bene della vita" cui tende
il presentatore del progetto.
Si è in presenza, secondo tale indirizzo
giurisprudenziale, di un procedimento
contraddistinto da una indiscutibile
unitarietà, logico-giuridica (del tutto
coerente e ragionevole con la stessa natura
del project financing, quale tecnica
finanziaria che consente la realizzazione di
opere pubbliche senza oneri finanziari per
la pubblica amministrazione e che si
sostanzia in un'operazione
economico-finanziaria idonea ad assicurare
utili che consentono il rimborso del
prestito e/o finanziamento e gestione
proficua dell'attività, così C.d.S., sez.
VI, 09.06.2005, n. 3043), che non consente
di poter applicare in modo automatico e
semplicistico l'indirizzo giurisprudenziale
che ammette l'immediata impugnazione di
qualsiasi atto endoprocedimentale che
determini in danno di un concorrente un
arresto procedimentale: in realtà nel caso
di specie, anche a voler ammettere in
ipotesi che la dichiarazione di interesse
pubblico di una certa proposta di un
concorrente determini un vulnus nei
confronti di un altro concorrente,
l'attualità e la lesività di tale vulnus
potrà apprezzarsi solo all'esito del
successivo procedimento di gara e
dell'eventuale aggiudicazione, tanto più che
al concorrente che ha presentato la proposta
non selezionata come progetto di pubblico
interesse non risulta affatto impedita la
partecipazione alla gara successiva per
l'individuazione dell'offerta economicamente
più vantaggiosa (in termini anche C.d.S.,
Sez. IV, 26.01.2009, n. 391; C.d.S., sez. V,
28.05.2009, n. 3319).
I giudici di Palazzo Spada rilevano,
tuttavia, la sussistenza di un indirizzo
giurisprudenziale, ancorché minoritario,
proprio della giurisprudenza di primo grado
(TAR Sicilia, sez. IV, 06.05.2010, n. 1297;
TAR Lazio, sez. III, 09.09.2008, n. 8194),
secondo cui nelle procedure di project
financing il promotore assume una
posizione di assoluta preminenza, sia per la
conoscenza anticipata del progetto
preliminare posto a base di gara, sia per la
possibilità di conseguire in ogni caso
l’aggiudicazione, previo adeguamento della
propria proposta a quella ritenuta più
conveniente dall’amministrazione, così che
non potrebbe dubitarsi dell’ammissibilità
del ricorso proposto avverso gli atti con
cui l’amministrazione individua il promotore
da chi non sia stato prescelto come
promotore, stante la concretezza e
l’attualità della lesione derivante proprio
dalla mancata individuazione come promotore.
Al riguardo, ad avviso degli stessi giudici,
il principio di effettività della tutela
giurisdizionale, predicato dall’articolo 24
della Costituzione, e quello della
sindacabilità di tutti gli atti della
pubblica amministrazione, contenuto
nell’articolo 113 della Costituzione,
sembrerebbero ostare alla delineata
ricostruzione della sostanziale
inammissibilità dell’immediata impugnazione
del provvedimento di individuazione del
promotore finanziaria.
Del resto, sotto un primo profilo, può
facilmente osservarsi che differire
l’impugnazione del provvedimento di
individuazione del promotore finanziario al
momento finale della procedura con cui si
scegli il soggetto che dovrà realizzare
l’opera pubblica (concessionario) pone
evidentemente il concorrente, che pur ha
partecipato alla fase di individuazione del
promotore finanziario, senza essere stato
scelto come tale, in una posizione di
svantaggio rispetto al soggetto individuato
come promotore, in quanto è proprio il
progetto di quest’ultimo che costituisce
oggetto della gara per la scelta del
concessionario: pertanto, seppure può
condividersi, secondo una visione
finalistica dell’istituto, che l’interesse
sostanziale che si fa valere in questo caso
è l’interesse (finale) a conseguire la
concessione, non è tuttavia irragionevole
ritenere che possa sussistere un interesse
strumentale (ma non per questo non autonomo
e non meritevole di tutela) ad ottenere un
immediato giudizio sul provvedimento di
scelta del promotore, potendo non sussistere
il successivo interesse (finale) alla
concessione; ciò tanto più che non sembra
possa ragionevolmente dubitare
dell’interesse alla scelta del proprio
progetto (come promotore) da porre a base
della successiva gara di scelta del
concessionario, proprio per la particolare
posizione di vantaggio o di preminenza di
cui gode il promotore (anche ai fini della
successiva scelta come concessionario).
Sotto altro profilo, il differimento
dell’impugnazione del provvedimento di
scelta del promotore al momento finale di
individuazione del concessionario non solo
rischia di sottrarre di fatto al sindacato
giurisdizionale proprio il provvedimento di
scelta del promotore (in palese violazione
dell’articolo 113 della Costituzione, tanto
più che si tratta di un provvedimento
caratterizzato da un amplissimo grado di
discrezionalità), ma soprattutto rischia di
rendere farraginosa la stessa attività
amministrativa, con palese violazione dei
principi di imparzialità e buon andamento
predicati dall’articolo 97 della
Costituzione, allorquando il più volte
ricordato provvedimento di individuazione
del promotore dovesse essere effettivamente
ritenuto viziato solo con l’impugnazione del
provvedimento terminale del procedimento di
project financing.
Secondo i giudici d’appello, in realtà, il
collegamento sussistente tra i due
sub–procedimenti in cui si articola la
procedura di project financing (l’uno
di selezione del progetto di pubblico
interesse; l’altro di gara ad evidenza
pubblica sulla base del progetto dichiarato
di pubblica utilità, a sua volta articolata
in due sub fasi, la prima di individuazione
delle due offerte economicamente più
vantaggiose, l’altra di procedura negoziata
tra tali due offerte) riguarda solo il
profilo peculiare economico e di tecnica
finanziaria dell’istituto (che, com’è noto,
consente la realizzazione di opere pubbliche
senza oneri finanziari per la pubblica
amministrazione), ma non sembra escludere
con certezza l’autonomia giuridica delle due
fasi ed in particolare non sembra consentire
di poter ritenere che la individuazione del
promotore possa essere considerato un atto
meramente endoprocedimentale, incapace di
produrre autonomi effetti lesivi e come tale
incapace di arrecare pregiudizio immediato e
concreto a chi non sia stato scelto come
promotore (elementi soli che potrebbero
sicuramente giustificare il differimento
della tutela al momento di emanazione
dell’atto finale dell’intero procedimento).
In presenza di tali dubbi ricostruttivi,
trattandosi di un punto di diritto idonei a
dar luogo a contrasti giurisprudenziali, la
V Sezione del Consiglio di Stato ritiene di
dover rimettere l’affare alla Adunanza
Plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi
dell’articolo 45, comma 2, del R.D.
26.06.1924, n. 1054 (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 01.10.2010 n. 7277 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Offerente - Principio
dell’immodificabilità soggettiva -
Superamento giurisprudenziale e normativo -
Art. 51 d.lgs. n. 163/2006.
Il principio dell’immodificabilità
soggettiva dell’offerente, delineato nella
previsione di cui all’articolo 23 del d.lgs.
17.03.1995, n. 158, è stato progressivamente
ridimensionato dalla giurisprudenza
amministrativa anche sotto l’influenza del
diritto comunitario, tant’è che l'art. 51
del d.lgs. 12.04.2006, n. 163, proprio in
relazione alle vicende soggettive dei
soggetti partecipanti ad una gara ad
evidenza pubblica, ha previsto che "qualora
i candidati o i concorrenti, singoli,
associati o consorziati, cedano, affittino
l'azienda o un ramo d'azienda, ovvero
procedano alla trasformazione, fusione o
scissione della società, il cessionario,
l'affittuario, ovvero il soggetto risultante
dall'avvenuta trasformazione, fusione o
scissione, sono ammessi alla gara,
all'aggiudicazione, alla stipulazione,
previo accertamento sia dei requisiti di
ordine generale, sia di ordine speciale,
nonché dei requisiti necessari in base agli
eventuali criteri selettivi utilizzati dalla
stazione appaltante ai sensi dell'articolo
62, anche in ragione della cessione, della
locazione, della fusione, della scissione e
della trasformazione previsti dal presente
codice".
Le cautele di cui il legislatore nazionale
ha circondato l'istituto della fusione, con
l'adeguamento, alla normativa comunitaria,
delle norme contenute nel codice civile, e
la disciplina stabilita in tema di pubblici
appalti non contraddicono, ma evidenziano,
al contrario, il generale favore che
l'ordinamento interno, non meno di quello
comunitario, riservano all'istituto.
Del resto, il principio della
immodificabilità assoluta dell’offerente,
caratterizzata da un fondamentale elemento
di staticità, mal si concilia con il
carattere dinamico della vita delle imprese
e con la loro intrinseca necessità di
adeguare costantemente le loro stesse
strutture organizzative alle vicende del
mercato per poter conseguire i propri fini
sociali ed essere così anche elemento di
sviluppo e di crescita economica per
l’intera collettività, tanto più che le
esigenze pubbliche sottese allo stesso
procedimento ad evidenza pubblica, quali
l’affidabilità, oggettiva e soggettiva
-anche sotto il profilo della sussistenza
dei necessari requisiti di moralità
pubblica- dei soggetti che concorrono per
l’affidamento di appalti pubblici sono
sufficientemente assicurate dagli obblighi
che tali soggetti hanno nei confronti della
pubblica amministrazione di comunicare le
avvenute trasformazioni, onde consentire
proprio l’esercizio dei necessari poteri di
controllo e verifica.
Società partecipante
alla gara - Fusione - Successione a titolo
universale della società derivante dalla
fusione.
La fusione della società che ha partecipato
alla gara d'appalto con altra società
comporta una successione a titolo universale
della società che ne deriva nei rapporti
giuridici di quella incorporata o fusa, e
cioè il pieno e completo trasferimento di
diritti ed obblighi delle Società
preesistenti nella titolarità della nuova
società o della incorporante, con
sostanziale continuità dei rapporti
giuridici in atto tra questa società e
l'Amministrazione appaltante, che si trova,
in effetti, a proseguire il rapporto in
essere con un soggetto diverso per
denominazione o forma societaria, ma nei cui
confronti il rapporto giuridico instaurato
con la partecipazione alla gara delle
società incorporate o fuse continua senza
alcuna modifica sostanziale (cfr. Cons.
Stato, Sez, V, n. 487 del 10.02.2004)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 01.10.2010 n. 7276 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sul principio
dell'immodificabilità soggettiva
dell'offerente: non si concilia con il
carattere dinamico della vita delle imprese
e con la loro intrinseca necessità di
adeguare costantemente le loro stesse
strutture organizzative alle vicende del
mercato.
Il principio della immodificabilità assoluta
dell'offerente, caratterizzata da un
fondamentale elemento di staticità, mal si
concilia con il carattere dinamico della
vita delle imprese e con la loro intrinseca
necessità di adeguare costantemente le loro
stesse strutture organizzative alle vicende
del mercato per poter conseguire i propri
fini sociali ed essere così anche elemento
di sviluppo e di crescita economica per
l'intera collettività, tanto più che le
esigenze pubbliche sottese allo stesso
procedimento ad evidenza pubblica, quali
l'affidabilità, oggettiva e soggettiva
-anche sotto il profilo della sussistenza
dei necessari requisiti di moralità
pubblica- dei soggetti che concorrono per
l'affidamento di appalti pubblici sono
sufficientemente assicurate dagli obblighi
che tali soggetti hanno nei confronti della
pubblica amministrazione di comunicare le
avvenute trasformazioni, onde consentire
proprio l'esercizio dei necessari poteri di
controllo e verifica (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 01.10.2010 n. 7276 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
La fusione della società
che ha partecipato alla gara d'appalto con
altra società comporta una successione a
titolo universale della società che ne
deriva nei rapporti giuridici di quella
incorporata o fusa.
È stata contestata, nella pronuncia in
commento, l’erronea infondatezza del ricorso
con cui era stata dedotta la violazione
dell’articolo 23 del decreto legislativo
17.03.1995, n. 158, stante la pacifica, ma
inammissibile, modificazione soggettiva del
raggruppamento temporaneo di imprese
aggiudicataria, intervenuta dopo la
presentazione dell’offerta.
Secondo gli appellanti, infatti, la
specialità della disciplina degli appalti
riguardanti i settori esclusi, in cui
s’iscriveva l’appalto in questione,
escludeva in radice la correttezza
dell’assunto dei primi giudici che avevano
ritenuto applicabile al caso di specie un
più recente, ma non condivisibile, indirizzo
giurisprudenziale teso a superare il
principio della immodificabilità assoluta
dell’offerente.
Secondo i giudici del Consiglio di Stato,
come hanno correttamente rilevato i primi
giudici, il principio dell’immodificabilità
soggettiva dell’offerente, delineato
nell’invocata previsione di cui all’articolo
23 del decreto legislativo 17.03.1995, n.
158, è stato progressivamente ridimensionato
dalla giurisprudenza amministrativa anche
sotto l’influenza del diritto comunitario,
tant’è che l'art. 51 del decreto legislativo
12.04.2006, n. 163, proprio in relazione
alle vicende soggettive dei soggetti
partecipanti ad una gara ad evidenza
pubblica, ha previsto che "qualora i
candidati o i concorrenti, singoli,
associati o consorziati, cedano, affittino
l'azienda o un ramo d'azienda, ovvero
procedano alla trasformazione, fusione o
scissione della società, il cessionario,
l'affittuario, ovvero il soggetto risultante
dall'avvenuta trasformazione, fusione o
scissione, sono ammessi alla gara,
all'aggiudicazione, alla stipulazione,
previo accertamento sia dei requisiti di
ordine generale, sia di ordine speciale,
nonché dei requisiti necessari in base agli
eventuali criteri selettivi utilizzati dalla
stazione appaltante ai sensi dell'articolo
62, anche in ragione della cessione, della
locazione, della fusione, d ella scissione e
della trasformazione previsti dal presente
codice".
Benché tale ultima disposizione, ratione
temporis, non sia direttamente
applicabile alla fattispecie in esame, i
giudici di Palazzo Spada rilevano che il
diverso –e condivisibile- principio della
modificabilità della compagine soggettiva
che ha presentato l’offerta in una procedura
di gara si può ricavare dalle disposizioni
già contenute negli articoli 35 e 36 della
legge 11.02.1994, n. 109, che, secondo un
prevalente indirizzo giurisprudenziale,
costituiscono espressione di un principio
generale applicabile non solo agli appalti
di lavori pubblici, ma anche a quelli di
fornitura di beni e servizi, non essendoci
peraltro alcun elemento, normativo o
fattuale, che ne impedisca l’applicazione
anche agli appalti c.d. esclusi, di cui al
decreto legislativo 17.03.1995, n. 158.
Le cautele di cui il legislatore nazionale
ha circondato l'istituto della fusione, con
l'adeguamento, alla normativa comunitaria,
delle norme contenute nel codice civile, e
la disciplina stabilita in tema di pubblici
appalti (anch'essa coerente con le direttive
comunitarie) non contraddicono, ma
evidenziano, al contrario, il generale
favore che l'ordinamento interno, non meno
di quello comunitario, riservano
all'istituto, che non può essere,
surrettiziamente, ostacolato da una
interpretazione che riconduce il fenomeno
nell'alveo della immutabilità del soggetto
ammesso alla partecipazione alla gara.
Nelle linee generali, la quinta Sezione ha
avuto modo, anche di recente (Sez. V, n. 487
del 10.02.2004), di chiarire che la fusione
della società che ha partecipato alla gara
d' appalto con altra società comporta una
successione a titolo universale della
società che ne deriva nei rapporti giuridici
di quella incorporata o fusa, e cioè il
pieno e completo trasferimento di diritti ed
obblighi delle Società preesistenti nella
titolarità della nuova società o della
incorporante, con sostanziale continuità dei
rapporti giuridici in atto tra questa
società e l'Amministrazione appaltante, che
si trova, in effetti, a proseguire il
rapporto in essere con un soggetto diverso
per denominazione o forma societaria, ma nei
cui confronti il rapporto giuridico
instaurato con la partecipazione alla gara
delle società incorporate o fuse continua
senza alcuna modifica sostanziale.
Del resto, ad avviso degli stessi giudici,
il principio della immodificabilità assoluta
dell’offerente, caratterizzata da un
fondamentale elemento di staticità, mal si
concilia con il carattere dinamico della
vita delle imprese e con la loro intrinseca
necessità di adeguare costantemente le loro
stesse strutture organizzative alle vicende
del mercato per poter conseguire i propri
fini sociali ed essere così anche elemento
di sviluppo e di crescita economica per
l’intera collettività, tanto più che le
esigenze pubbliche sottese allo stesso
procedimento ad evidenza pubblica, quali
l’affidabilità, oggettiva e soggettiva
–anche sotto il profilo della sussistenza
dei necessari requisiti di moralità
pubblica- dei soggetti che concorrono per
l’affidamento di appalti pubblici sono
sufficientemente assicurate dagli obblighi
che tali soggetti hanno nei confronti della
pubblica amministrazione di comunicare le
avvenute trasformazioni, onde consentire
proprio l’esercizio dei necessari poteri di
controllo e verifica (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 01.10.2010 n. 7276 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
La mera circostanza
della prossimità all'opera pubblica da
realizzare non è di per sé idonea a radicare
un interesse all'impugnazione in assenza
della congrua dimostrazione del danno che
deriverebbe dall'impianto.
Se è vero che la giurisprudenza ha affermato
che la mera circostanza della prossimità
all'opera pubblica da realizzare non è di
per sé idonea a radicare un interesse
all'impugnazione in assenza della congrua
dimostrazione del danno che deriverebbe
dall'impianto (Cons. St., Sez. VI,
18.07.1995 n. 754; Sez. V 13.07.1998 n.
1088; 31.01.2001 n. 358; 20.05.2002 n. 2714;
16.04.2003 n. 1948), nel caso in esame,
diversamente da quanto ex adverso
eccepito, risulta adeguatamente indicato e
sufficiente provato il danno astrattamente
derivante dalla realizzazione dell’impianto
di termovalorizzatore, sotto il duplice
profilo di danno alla salute e danno al
patrimonio, il che radice, al di là di ogni
ragionevole dubbio, la legittimazione e
l’interesse ad agire dei ricorrenti in primo
grado, odierni appellanti (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 01.10.2010 n. 7274 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Nel procedimento di
verifica della anomalia della offerta, la
stazione appaltante ha l’obbligo di motivare
in maniera approfondita solo in caso in cui
esprima un giudizio negativo che fa venire
meno la aggiudicazione.
Costituisce pacifico orientamento
giurisprudenziale che nel procedimento di
verifica della anomalia della offerta, la
stazione appaltante ha l’obbligo di motivare
in maniera approfondita solo in caso in cui
esprima un giudizio negativo che fa venire
meno la aggiudicazione non richiedendosi,
invece, che la motivazione sia
particolarmente analitica e puntuale nel
caso di esito positivo della verifica di
anomalia che confermi la già disposta
aggiudicazione, potendo in tale caso trovare
sostegno per relationem nelle stesse
giustificazioni presentate dal concorrente
(Cons. Stato, Sez. VI, 08.07.2003 n. 7275;
V, 05.03.2001 n. 1247) (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 01.10.2010 n. 7266 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
L'art. 83, c. 4, del
d.lvo n. 163/2006, prevede che sia il bando
di gara a individuare i sub-criteri, i
sub-pesi ed i sub-punteggi, eliminando in
proposito ogni margine di discrezionalità in
capo alla commissione giudicatrice.
L'art. 83, c. 4, del d.lvo n. 163 del 2006
(c.d. Codice degli appalti) porta
all'estremo la limitazione della
discrezionalità della commissione
giudicatrice nella specificazione dei
criteri, escludendone ogni facoltà di
integrare il bando, e quindi facendo obbligo
a quest'ultimo [cioè al bando] di prevedere
e specificare gli eventuali sottocriteri.
Dunque, il potere della commissione
giudicatrice di suddividere i criteri in
dettagliati sottopunteggi è precluso dalle
disposizioni del citato art. 83, il quale
prevede che sia il bando di gara a
individuare i sub-criteri, i sub-pesi ed i
sub-punteggi, eliminando in proposito ogni
margine di discrezionalità in capo alla
commissione giudicatrice.
In buona sostanza, la mancata specificazione
già nel bando di tutti i criteri e
sub-criteri di valutazione dell'offerta (e
dei corrispondenti punteggi e sub-punteggi)
deve considerarsi illegittima (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 01.10.2010 n. 7256 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
settembre 2010 |
|
APPALTI:
Arbitrato: è valida la
clausola compromissoria contenuta in un
documento diverso dal contratto a cui si
riferisce.
In materia di arbitrato, il requisito della
forma scritta ad substantiam,
richiesto dall'art. 807 c.p.c., è
soddisfatto ogniqualvolta la volontà
negoziale di compromettere la causa sia
contenuta in un atto scritto e non postula
indefettibilmente che essa sia espressa in
un unico documento, avuto riguardo
all'autonomia di detta clausola rispetto al
contratto cui essa accede (Corte di
Cassazione, Sez. I civile,
sentenza 30.09.2010 n. 20504 -
link a www.eius.it). |
APPALTI: La
clausola del bando di gara che impone la
contestuale disponibilità di più forme di
ricezione concernenti le comunicazioni di
gara (ossia domicilio, fax e posta
elettronica certificata) è in contrasto con
le previsioni di cui all’art. 79 del codice
degli appalti il quale individua mezzi
alternativi (e non cumulativi) di
comunicazione.
Trattandosi di appalto sottosoglia come tale
non è soggetto alla pubblicazione in G.U. ai
sensi dell’art. 66, comma 8, del codice
degli appalti e, dunque, sottratto al più
breve termine decadenziale di cui all’art.
8, comma 2-quinquies, lettera a), del
decreto legislativo n. 53 del 2010.
La clausola del bando di gara che impone la
contestuale disponibilità di più forme di
ricezione concernenti le comunicazioni di
gara (ossia domicilio, fax e posta
elettronica certificata), oltre a non
apparire giustificata dalla presenza di
particolari situazioni organizzative
dell’ente, sembra porsi in contrasto con le
previsioni di cui all’art. 79 del codice
degli appalti, come da ultimo modificato dal
decreto legislativo n. 53 del 2010, il quale
individua mezzi alternativi (e non
cumulativi) di comunicazione, e ciò anche
alla luce della normativa di settore (cfr.
decreto-legge n. 185 del 2008) che impone
alle società già operanti di munirsi di un
indirizzo PEC non prima del mese di novembre
2011 (TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
ordinanza 30.09.2010 n. 736 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Per i contratti della
P.A. è necessaria la forma scritta "ad
substantiam".
La Pubblica Amministrazione non può assumere
impegni né può stipulare contratti se non in
forma scritta, a pena di nullità assoluta
dell'atto, rilevabile dal giudice anche
d'ufficio (Corte di Cassazione, Sez. III
civile,
sentenza 28.09.2010 n. 20340 -
link a www.giustizia-eius.it). |
APPALTI:
La valutazione
dell'offerta tecnica nelle procedure di gara
con il criterio dell'offerta economicamente
più vantaggiosa può essere effettuata
mediante l'attribuzione di un mero punteggio
numerico: presupposti.
Nelle procedure per l'aggiudicazione di una
gara pubblica con il criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, la
valutazione dell'offerta tecnica può essere
effettuata, mediante l'attribuzione di un
mero punteggio numerico, allorquando nel
bando di gara siano stati preventivamente e
puntualmente prefissati, come nel caso di
specie, dei criteri sufficientemente
dettagliati, con l'individuazione del
punteggio minimo e massimo attribuibile alle
specifiche singole voci e sottovoci comprese
nel giudizio valutativo e costituenti i
diversi parametri indicatori della valenza
tecnica dell'offerta (TAR Puglia-Lecce, Sez.
III,
sentenza 28.09.2010 n. 2034 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa - Valutazione
dell’offerta tecnica - Attribuzione di un
mero punteggio numerico - Preventiva
fissazione di criteri dettagliati nel bando.
Nelle procedure per l'aggiudicazione di una
gara pubblica con il criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, la
valutazione dell'offerta tecnica può essere
effettuata, mediante l'attribuzione di un
mero punteggio numerico, allorquando nel
bando di gara siano stati preventivamente e
puntualmente prefissati, come nel caso di
specie, dei criteri sufficientemente
dettagliati, con l'individuazione del
punteggio minimo e massimo attribuibile alle
specifiche singole voci e sottovoci comprese
nel giudizio valutativo e costituenti i
diversi parametri indicatori della valenza
tecnica dell'offerta (TAR Puglia-Lecce, Sez.
III,
sentenza 28.09.2010 n. 2034 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Codice dei Contratti, il nuovo Regolamento
alla firma del Presidente Napolitano.
Il Regolamento di Attuazione del Codice dei
Contratti Pubblici di lavori servizi e
forniture (D.Lgs. 163/2006), approvato dal
Consiglio dei Ministri in a definitiva il 18
giugno scorso, è stato vistato dalla
Ragioneria Generale dello Stato il 13
settembre scorso.
Il testo definitivo è ora stato inviato al
Capo dello Stato per la firma, che dovrebbe
avvenire entro la prossima settimana.
Dopo la firma del Capo dello Stato il
provvedimento sarà inviato alla Corte dei
Conti per la registrazione; superato
quest’ultimo step avverrà la pubblicazione
in Gazzetta Ufficiale, conclusiva di tutto
l’iter di approvazione del provvedimento che
entrerà in vigore solo dopo 6 mesi dalla
stessa (in attuazione dell´articolo 5 del
D.Lgs. n. 163 del 2006), ad esclusione delle
disposizioni relative alle sanzioni alle
imprese e alle SOA, che saranno vigenti
quindici giorni dopo la pubblicazione del
regolamento.
In assenza di ulteriori "intoppi" la
pubblicazioni del provvedimento potrebbe
avvenire entro la fine del prossimo mese di
ottobre (link a www.acca.it). |
APPALTI:
Antimafia: i nuovi adempimenti operativi.
Il 07.09.2009 è entrata in vigore la Legge
n. 136 del 13.08.2010, recante il "Piano
straordinario contro le mafie, nonché la
delega al Governo in materia di normativa
antimafia", pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale n. 196 del 23.08.2010.
Il provvedimento introduce la tracciabilità
dei pagamenti negli appalti pubblici e
alcuni ulteriori adempimenti per il
trasporto dei materiali nei cantieri e le
tessere di riconoscimento (D.Lgs.
09/04/2008, n. 81) degli addetti nei
cantieri.
Sull’argomento abbiamo già riportato il
parere dell’ANCE e la nota esplicativa del
Ministero dell’Interno; questa volta
proponiamo un approfondimento a cura della
Direzione Provinciale del Lavoro di Modena
dal titolo “Antimafia: i nuovi
adempimenti operativi”.
L’autore individua gli ambiti applicativi
dei nuovi adempimenti introdotti dalla L.
136/2010 evidenziando anche le sanzioni
applicabili in caso di inadempienza (link a
www.acca.it). |
APPALTI:
A. Barbiero,
Tracciabilità dei flussi finanziari relativi
agli appalti ed ai finanziamenti pubblici
(link a www.albertobarbiero.net). |
APPALTI:
Offerta pari a zero: La formula matematica
va modificata per la salvaguardia
dell’interesse della p.a. (link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
A. Barbiero,
Tracciabilità dei flussi finanziari relativi
agli appalti ed ai finanziamenti pubblici
(link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Le relazioni tecniche
identiche non costituiscono una situazione
di collegamento tra imprese tale da
determinare l’esclusione dalla gara.
Il consorzio ricorrente, nella pronuncia in
commento, aveva ricevuto dal presidente
della Commissione giudicatrice la
comunicazione della sua esclusione da una
pubblica gara per la sola circostanza,
accertata nel corso della procedura ad
evidenza pubblica, dovuta alla presentazione
di una relazione tecnica identica nei
contenuti e nella impostazione grafica a
quelle presentate da altre due ditte
partecipanti alla gara stessa.
Contro questa determinazione il
summenzionato Consorzio ha proposto
opposizione ritenendo che il fatto come
accertato non fosse di per sé sufficiente
per dimostrare l’esistenza di un
collegamento funzionale e sostanziale tra le
ditte medesime riconducibile alla previsione
dell’art. 2359 del c.c., espressamente
richiamato dall’art. 2, lett. g) del bando
di gara. Sul punto il Tribunale
amministrativo di Roma richiama la
giurisprudenza ricordando che, al riguardo,
si è gradualmente affermato un orientamento
favorevole alla possibilità di individuare
ipotesi di "collegamento sostanziale"
tra imprese, con la puntualizzazione che,
mentre nel caso del "controllo" opera
un meccanismo di presunzione iuris et de
iure circa la sussistenza di un’ipotesi
di turbativa del corretto svolgimento della
procedura concorsuale (e quindi dei principi
di segretezza, serietà delle offerte e par
condicio tra i concorrenti), nel caso del
c.d. "collegamento sostanziale" deve
essere provata in concreto l’esistenza di
elementi oggettivi e concordanti che siano
tali da ingenerare pericolo per il rispetto
dei richiamati principi.
E’ palese, spiegano i giudici capitolini,
che la correttezza e la trasparenza della
gara vengono pregiudicate dalla
presentazione di offerte che, seppure
provenienti da imprese diverse, siano
riconducibili ad un medesimo centro di
interessi.
Ciò anche alla luce della disciplina
comunitaria, secondo cui il sistema delle
gare pubbliche può funzionare solo se le
imprese partecipanti si trovino in posizione
di reciproca ed effettiva concorrenza. Si
considera, pertanto, consentito alla
stazione appaltante prevedere l’esclusione
delle offerte quando specifici elementi
oggettivi e concordanti inducano a ritenere
la sussistenza di situazioni (ulteriori
rispetto alle forme di collegamento
societario di cui all’art. 2359 Cod. civ.)
capaci di alterare la segretezza, la serietà
e l’indipendenza delle offerte, purché
l’individuazione non oltrepassi il limite
della ragionevolezza e della logicità
rispetto alla tutela avuta di mira e
consistente nell’autentica concorrenza tra
le offerte.
Inoltre, la giurisprudenza, tenendo conto
che si tratta dell’esigenza di assicurare
l’effettiva ed efficace tutela della
regolarità della gara, ha ritenuto che,
anche in assenza di specifiche previsioni
nella lex specialis, la stazione
appaltante debba comunque disporre
l’esclusione di offerte contenenti indizi di
una concordata modalità di presentazione e
formulazione, ovvero della provenienza da un
unico centro decisionale.
La giurisprudenza ha invero rilevato che tra
le cause di esclusione dalle gare vi sono,
oltre ai casi di cui all’art. 2359 c.c., le
ipotesi non codificate di "collegamento
sostanziale", le quali, attestando la
riconducibilità dei soggetti partecipanti
alla procedura a un unico centro
decisionale, causano la vanificazione dei
principi generali in tema di par condicio,
segretezza delle offerte e trasparenza della
competizione (cfr., da ultimo, CdS, V,
07.10.2008 n. 4850).
Sulla problematica in esame è ora
intervenuto il D.Lgs. 12.04.2006 n. 163
(Codice dei contratti pubblici, relativi a
lavori, servizi e forniture), che ha
attributo espressamente rilevanza al
collegamento sostanziale tra imprese.
Invero, l’art. 34, in riferimento
all’affidamento dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture, ha
disposto che "non possono partecipare
alla medesima gara concorrenti che si
trovino fra di loro in una delle situazione
di controllo di cui all’art. 2359 del codice
civile", precisando poi, nel periodo
successivo, che "le stazioni appaltanti
escludono altresì dalla gara i concorrenti
per i quali accertano che le relative
offerte sono imputabili ad un unico centro
decisionale, sulla base di univoci elementi".
Orbene, tali univoci elementi sono stati
rinvenuti dalla giurisprudenza nelle
modalità con cui vengono formate e fatte
pervenire le offerte di gara: in
particolare, nella indicazione, nelle stesse
buste spedite dalle imprese, della medesima
sede amministrativa; nella spedizione degli
stessi plichi dal medesimo ufficio postale,
nello stesso giorno e con le stesse
modalità; nel rilascio delle polizze
fideiussorie, presentate come cauzione, da
parte della stessa compagnia e agenzia di
assicurazioni, nella medesima data e con
numero progressivo successivo; nella
coincidenza del numero di fax e
dell’indirizzo di posta elettronica, nei
rapporti di parentela tra gli amministratori
di tali società e gli intrecci azionari
esistenti e facenti capo agli stessi
soggetti; etc..
In tema di appalti pubblici,
l'individuazione di una situazione di
collegamento tra imprese deve essere
comunque effettuata secondo indici rigorosi
e soltanto qualora emergano segni
inequivocabili, deducibili da indizi gravi,
precisi e concordanti circa la provenienza
delle offerte da un unico centro decisionale
è possibile escludere il concorrente dalla
gara. Ne consegue che tutte le ipotesi
indicate ed individuate dalla giurisprudenza
come sintomatiche vanno vagliate in concreto
e non possono da sole giustificare un
provvedimento di esclusione.
Di tali principi, che costituiscono, come
ricordato, ius receptum nella
giurisprudenza amministrativa, deve farsi
applicazione anche nel caso di specie, dove
l’unico elemento riscontrato consiste nella
identicità delle relazioni tecniche allegate
alle offerte di tre ditte partecipanti
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR
Lazio-Roma, Sez. II-ter,
sentenza 24.09.2010 n. 32435 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Possesso della
certificazione di qualità - Attestazione
S.O.A. - Ricorso all’autocertificazione -
Possibilità - Esclusione.
Il possesso della certificazione del sistema
di qualità deve essere in ogni caso provato
attraverso l'attestazione della S.O.A,
restando per tal via precluso il ricorso a
forme alternative di dimostrazione del
requisito, ivi compreso il ricorso
all'autocertificazione da parte delle
imprese offerenti, e ciò perché nel nuovo “sistema
unico di qualificazione” delle imprese,
disciplinato dal d.P.R. 25.01.2000 n. 34,
soltanto i previsti organismi di diritto
privato (S.O.A.) sono competenti al rilascio
dell'attestazione di qualificazione, che
comporta la verifica, da parte di detti
organismi, della sussistenza dei requisiti
di qualificazione richiesti alle imprese che
intendano concorrere per l'esecuzione di
lavori pubblici (cfr. TAR Puglia Bari, sez.
I, 13.03.2009, n. 580).
Attestazione S.O.A.
triennale scaduta al momento della
pubblicazione del bando - Esclusione dalla
gara - Legittimità.
L’impresa in possesso di una attestazione
S.O.A. triennale già scaduta al momento
della pubblicazione di un bando, per la
quale non operi alcuna disposizione
transitoria di protrazione degli effetti e
che non abbia richiesto la verifica per
l’estensione quinquennale di validità, va
necessariamente esclusa dalla gara (cfr.
Cons. Stato, sez. V, 12.06.2009 , n. 3742)
(TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 23.09.2010 n. 11116 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulle disposizioni del
d.lgs. n. 152/2006 (c.d. codice
dell'ambiente) riguardanti il servizio di
gestione integrata dei rifiuti.
L'art. 204, 1° c., d.lgs. n. 152/2006, non
prevede la proroga ex lege delle gestioni
esistenti.
Il d.lgs. n. 152/2006 (c.d. codice
dell'ambiente) ha radicalmente innovato la
materia dei rifiuti, attraverso
l'introduzione del modulo gestionale del
ciclo integrato, in ambiti territoriali.
Dal complesso delle disposizioni (artt. 198,
200, 202 e 204) del citato d.lgs. n.
152/2006 che regolano la materia emerge che:
a)
l'Autorità d'Ambito ha la titolarità delle
funzioni nella materia dei rifiuti e procede
all'affidamento della gestione del ciclo
integrato con procedura di evidenza pubblica
ovvero nelle diverse forme previste dalla
normativa regionale di attuazione del TUA;
b)
che i Comuni, nelle more dell'operatività
del nuovo regime di gestione, conservano la
competenza in materia e, quindi, la
legittimazione ad affidare il servizio,
ovviamente con procedura di evidenza
pubblica, in conformità alla disciplina
nazionale e comunitaria di settore;
c)
le gestioni esistenti, alla data
dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 152
(29.04.2006), proseguono, sempre che le
stesse siano state affidate con procedura
concorsuale, fermo restando la loro
cessazione, anche in via anticipata, nel
caso di affidamento al gestore unico;
d)
che gli affidamenti diretti, senza gara,
invece, sono regolati dall'art. 204, 2° c.,
come risulta testualmente dal richiamo
all'art. 113, c. 15-ter del d.lgs. n.
267/2000 (che è la norma sulla cessazione
delle gestioni instaurate al di fuori del
modulo concorsuale);
e)
che per tali affidamenti diretti non solo il
legislatore non ha previsto alcun periodo
transitorio, con consequenziale slittamento
del termine di decadenza ex lege del
31.12.2006, ma ha anzi confermato la
predetta scadenza, avendo espressamente
sancito l'obbligo di procedere a nuovi
affidamenti in conformità a quanto previsto
dal d.lgs. n. 152/2006.
L'art. 204, 1° c., d.lgs. n. 152/2006, non
ha previsto la proroga ex lege degli
affidamenti in corso che, altrimenti, si
tradurrebbe in una spoliazione immediata
delle competenze dei Comuni, non prevista e
non voluta dal legislatore, ed in una
temporanea incompetenza assoluta in
subiecta materia, per vuoto di
attribuzione.
La norma citata, si è limitata a sancire la
"permanenza" dei contratti in corso,
stipulati all'esito di procedure di evidenza
pubblica, secondo il proprio regime
temporale, fermo restando la cessazione
ex lege, anche anticipata, con
l'operatività del nuovo gestore:
interpretazione che trova conferma
nell'ultimo comma dell'art. 204, che parla
di "scadenza", escludendo così la
possibilità di una proroga ex lege.
Del resto quand'anche l'art. 204 cit.
dovesse essere interpretato nel diverso
senso per cui lo stesso prefigurasse la
proroga dei contratti in corso alla data del
29.04.2006, si dovrebbe comunque limitare la
proroga ai soli affidamenti del servizio
effettuati con procedura concorsuale.
La normativa sulla decadenza dei contratti,
conclusi senza gara, in quanto diretta a
conformarsi all'ordinamento comunitario,
infatti, integra sicuramente un regime
speciale, prevalente rispetto alla
(asserita) proroga degli affidamenti
ordinari fino alla operatività del gestore
unico dell'A.T.O. (TAR Campania-Salerno,
Sez. I,
sentenza 23.09.2010 n. 11099 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
È irragionevole un
sistema sanzionatorio che ponga a carico del
gestore del servizio di raccolta dei rifiuti
differenziati un obbligo di raggiungere gli
obiettivi di raccolta differenziata.
La P.A. nella predisposizione del bando di
gara esercita un potere attinente al merito
amministrativo laddove inserisce
disposizioni ulteriori rispetto al contenuto
minimo ex lege previsto; queste
ultime, quindi, saranno censurabili in sede
giurisdizionale allorché appaiano viziate da
eccesso di potere, ad esempio per
illogicità, irragionevolezza od incongruenza
rispetto al fine pubblico della gara.
Nel caso di specie, le clausole impugnate
con le quali l’amministrazione ha preteso di
addossare all’appaltatore l’obbligo di
conseguire il risultato di determinate
percentuali di raccolta differenziata, di
per sé non impedivano la partecipazione alla
gara, risolvendosi, piuttosto, in clausole,
ritenute illogiche ed ingiustamente onerose,
che manifestano la loro potenzialità lesiva
soltanto dopo l’aggiudicazione ed ancor più
dopo la stipula del contratto di appalto.
Sotto tale profilo, poiché il ricorso è
stato spedito per la notifica il 23.09.2004,
dopo aver conosciuto l’esito di gara con la
determinazione del responsabile di settore
n. 35/2004 del 10.08.2008, deve essere
affermata la tempestività ed ammissibilità
dell’impugnazione delle clausole del bando,
che hanno manifestato la propria lesività
proprio a seguito della conclusione del
procedimento di gara (cfr. Cons. St., Sez.
V, 18.10.2002, n. 5776; id, 15.11.2001, n.
5840; id., 28.08.2001, n. 4529; id,
27.06.2001, n. 3507; C.G.A., 03.12.2001, n.
6351).
Quanto poi alla formulazione dell’offerta
malgrado le onerose condizioni derivanti
dalle clausole impugnate, secondo il
costante orientamento della giurisprudenza
la partecipazione alla gara non comporta
acquiescenza alle clausole illegittime.
Nella specie la ricorrente ha formulato la
propria offerta sul presupposto di far
valere in sede giudiziaria l’illegittimità
delle clausole impugnate ove fosse risultata
aggiudicataria, come in effetti è avvenuto.
Né si può sostenere che la partecipazione
alla gara abbia comportato l’acquiescenza
delle clausole impugnate (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 21.09.2010 n. 7031 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Contratti pubblici: le
"circostanze speciali" che consentono il
ricorso alla trattativa privata non possono
basarsi meramente sulla presunta maggiore
convenienza tecnico-economica
dell'intervento.
Anche nel caso di concessione di pubblici
servizi, il ricorso alla trattativa privata
deve ritenersi circoscritto ai soli casi di
impossibilità di far luogo ad una pubblica
gara in ragione dell'estrema urgenza, ovvero
della sussistenza di presupposti d'ordine
tecnico tali da impedire, se non al prezzo
di costi sproporzionati, la ricerca di altre
soluzioni basate sul previo confronto
concorrenziale (massima tratta da
www.eius.it
- Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 21.09.2010 n. 7024 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Nel caso di concessione
di pubblici servizi, il ricorso alla
trattativa privata deve ritenersi
circoscritto ai casi di impossibilità di
fare ricorso a pubbliche gare.
In tema di affidamento di servizi pubblici
di rilevanza comunitaria, mediante
concessione, i principi fondamentali
dell'ordinamento comunitario (di cui agli
arti. 43 e 49 del Trattato C.E.), nonché
quelli che governano la materia dei
contratti pubblici, impongono alle
amministrazioni di procedere salvaguardano
la pubblicità degli affidamenti e la non
discriminazione delle imprese, "mediante
l'utilizzo di procedure competitive
selettive". Per contro, le "circostanze
speciali" che consentono il ricorso alla
trattativa privata non possono essere quelle
connesse alla mera presunta maggiore
convenienza tecnico-economica
dell'intervento proposto.
Pertanto, anche nel caso di concessione di
pubblici servizi, il ricorso alla trattativa
privata deve ritenersi circoscritto ai casi
di impossibilità di fare ricorso a pubbliche
gare in ragione dell'estrema urgenza, ovvero
della sussistenza di presupposti d'ordine
tecnico tali da impedire, se non al prezzo
di costi sproporzionati, la ricerca di altre
soluzioni basate sul previo confronto
concorrenziale (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 21.09.2010 n. 7024 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Risarcimento sempre più
basso.
Il Consiglio di Stato afferma che il mancato
utile dalla negata aggiudicazione
(riconosciuto in misura pari al 10% in
analogia a quanto avviene per i casi di
risoluzione del contratto) deve essere
ulteriormente decurtato del 50%, in
relazione all'"aliunde perceptum vel
percipiendum", ossia alla facoltà, per
l'impresa, di impiegare utilmente la propria
organizzazione in altre attività
remunerative.
Si tratta di un criterio molto discutibile,
visto che mancando l'aggiudicazione
l'impresa è costretta ad utilizzare il
proprio apparato in altre commesse, mentre
invece, ove si aggiudicasse il contratto,
potrebbe decidere di potenziarlo,
incrementando così l'utile complessivo.
Il criterio dell'"aliunde perceptum",
se può valere nel diritto del lavoro (ove il
singolo lavoratore dispone di energie
limitate e non moltiplicabili) non sembra
costituire criterio razionale di riduzione
del risarcimento del danno nei rapporti con
imprese (commento tratto da
www.amministrativistimonzabrianza.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 21.09.2010 n. 7004 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
In caso di fusione o di
altra operazione che comporti il
trasferimento di azienda o di un suo ramo,
al nuovo soggetto è consentito di avvalersi
dei requisiti posseduti dall'impresa
cedente, anche in assenza di una specifica
previsione del bando.
Secondo un consolidato orientamento
giurisprudenziale in caso di fusione o di
altra operazione che comporti il
trasferimento di azienda o di un suo ramo,
al nuovo soggetto è consentito di avvalersi,
ai fini della qualificazione, dei requisiti
posseduti dall'impresa cedente.
Nelle gare indette per l'aggiudicazione di
appalti con la pubblica amministrazione,
l'istituto dell'avvalimento, infatti, ha
portata generale ai fini della dimostrazione
del possesso dei requisiti di partecipazione
ed è, quindi, utilizzabile anche in assenza
di una specifica previsione del bando,
restando peraltro ferma la necessità, in
ogni caso, di un vincolo giuridico,
preesistente all'aggiudicazione della gara.
Pertanto, nel caso di specie, nessun
addebito può muoversi sotto tale profilo
alla Commissione giudicatrice, che ha
riconosciuto il possesso della capacità
professionale alla società aggiudicataria
attribuendo validità alla dichiarazione
rilasciata da un Comune in considerazione
della fusione avvenuta ai sensi dell'art.
2501-ter c.c. della società capogruppo con
la società aggiudicataria del servizio
oggetto di gara presso il Comune (TAR
Abruzzo, Sez. I,
sentenza 20.09.2010 n. 668 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
La regola generale della
pubblicità della gara, segnatamente con
riguardo al momento dell'apertura delle
buste, può essere derogata dalla prevalente
legislazione speciale operante nei settori
ex esclusi (oggi speciali).
Non è principio inderogabile, in qualunque
tipo di gara, quello secondo cui devono
svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti
concernenti la verifica dell’integrità dei
plichi contenenti l’offerta, sia che si
tratti di documentazione amministrativa che
di documentazione riguardante l’offerta
tecnica ovvero l’offerta economica, e
conseguentemente non è sempre illegittima
l’apertura dei plichi in sede non pubblica.
Ai fini dell'applicazione del principio di
pubblicità delle sedute occorre distinguere
tra le procedure di aggiudicazione
automatica e quelle che richiedano una
valutazione tecnico-discrezionale, per la
scelta dell'offerta più vantaggiosa per
l'amministrazione, sulla base di una
pluralità di elementi tecnici ed economici;
per le prime la pubblicità delle sedute è
generalmente totale, per consentire il
controllo delle varie fasi di svolgimento
della gara da parte dei concorrenti, non
sussistendo alcuna valutazione
tecnico-discrezionale da effettuare; per le
seconde occorre tenere presente che, a
seguito delle fasi preliminari pubbliche di
verifica e riscontro dei plichi presentati e
dei documenti in essi contenuti, interviene
la valutazione tecnico-qualititativa
dell'offerta, la quale va effettuata in
seduta riservata al fine di evitare
influenze esterne sui giudizi dei membri
della commissione giudicatrice.
La regola generale della pubblicità della
gara, segnatamente con riguardo al momento
dell’apertura delle buste, può essere
derogata dalla prevalente legislazione
speciale operante nei settori ex esclusi
(oggi speciali) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 17.09.2010 n. 6939 -
link a www.mediagraphic.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
OSSERVATORIO VIMINALE/
Strade vicinali.
Quale disciplina è applicabile ai consorzi
di strade vicinali, già esistenti, in
considerazione dell'abrogazione del dlgs n.
1446/1918, disposta dall'art. 2 del dl n.
200/2008?
La Corte dei conti, sezione regionale Emilia
Romagna, con deliberazione n. 244/2009, ha
affermato che «l'abrogazione della norma
sopra citata (dlgs n. 1446/1918) non può
aver influito sulla sorte dei soggetti già
esistenti», proprio in considerazione
della particolare connotazione formale che
caratterizza i consorzi riguardanti le
strade vicinali di uso pubblico, quali
soggetti dotati di personalità giuridica
(articolo ItaliaOggi del 17.09.2010, pag.
37). |
LAVORI PUBBLICI: B.U.R.
Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 37 del
16.09.2010, "Programma Operativo
Regionale FESR 2007-2013 della Regione
Lombardia, Asse 2 «Energia» - Approvazione
del Bando per la presentazione della domanda
sulla Linea di Intervento 2.1.1.2 «Incentivi
per la realizzazione di sistemi di
climatizzazione per il soddisfacimento dei
fabbisogni termici di edifici pubblici,
attraverso pompe di calore»" (decreto
D.S. 08.09.2010 n. 8413 - link a
www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Quali sono gli obblighi del datore di lavoro
in ordine alle modalità di tenuta e
vidimazione del registro infortuni? Risponde
il Ministero del Lavoro.
Nell’apposita sezione FAQ del proprio sito
internet il Ministero del Lavoro il
Ministero del Lavoro ha fornito le
istruzioni sulla modalità di tenuta e
vidimazione del Registro infortuni.
Il registro infortuni deve essere redatto
conformemente al modello approvato con D.M.
12.09.1958 (come modificato dal D.M.
05.12.1996), istitutivo dello stesso e
tuttora in vigore, vidimato presso l’A.S.L.
competente per territorio e conservato, a
disposizione dell’organo di vigilanza, sul
luogo di lavoro.
Nel caso di attività di breve durata,
caratterizzata da mobilità, o svolta in sedi
con pochi lavoratori e prive di adeguate
strutture amministrative, l'obbligo in
questione si ritiene assolto anche
nell'ipotesi in cui il registro in esame sia
tenuto nella sede centrale dell'impresa,
sempre che tali attività non siano dislocate
oltre l'ambito provinciale.
Nel caso in cui, invece, si tratti di
imprese che svolgono attività
prevalentemente fuori della propria sede per
un periodo non breve ogni unità produttiva
deve conservare un proprio registro che deve
far vidimare dall’A.S.L. territorialmente
competente (link a www.acca.it). |
LAVORI PUBBLICI - SICUREZZA LAVORO:
I costi della sicurezza comprendono i costi
per la pulizia e il riscaldamento dei “baraccamenti”.
Il Ministero del Lavoro ha risposto ad un
nuovo quesito sul tema dei costi della
sicurezza posto dall’ANCE, l’Associazione
Nazionale dei Costruttori Edili.
Il quesito riguarda i "baraccamenti"
di cantiere, ovvero "... gabinetti;
locali per lavarsi, spogliatoi, refettori
locali di ricovero e di riposo"
apprestamenti generalmente realizzati
mediante utilizzo di monoblocchi
prefabbricati.
Si chiedeva, in particolare, se tra i costi
della sicurezza, possano essere ricomprese,
oltre alle spese di installazione iniziale
degli apprestamenti citati, anche quelle
relative a riscaldamento/condizionamento,
pulizia e manutenzioni.
Nella risposta al quesito il Ministero
richiamando il punto 4.3.3 dell’All. XV al
D.Lgs. 81/2008 "Le singole voci dei costi
della sicurezza vanno calcolale considerando
il costo di utilizzo per il cantiere
interessato che comprende, quando
applicabile, la posa in opera ed il
successivo smontaggio, l'eventuale
manutenzione e l'ammortamento" chiarisce
che le spese di manutenzione dei suddetti "baraccamenti"
sono ricomprese tra i costi della sicurezza.
Parimenti le spese di
riscaldamento/condizionamento nonché dì
pulizia, risultando necessarie per il
corretto utilizzo degli stessi baraccamenti,
dovranno essere ricomprese tra i suddetti
costi della sicurezza (link a www.acca.it). |
APPALTI: Appalti,
modifiche anti-ricorsi. Come la riforma
della giustizia amministrativa peserà sui
contratti. Le procedure del Codice de Lise
saranno ridisegnate dalle nuove norme in
vigore da giovedì.
Il 07 luglio scorso è stato pubblicato in
Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo
02.07.2010 n. 104, recante il «Codice del
processo amministrativo» che, a partire
dal 16.09.2010, disciplinerà, riscrivendolo,
il giudizio avanti il giudice
amministrativo.
L'intervento normativo, di largo respiro e
volto a codificare le norme processuali
proprie della giurisdizione in questione
anche alla luce dell'evoluzione
giurisprudenziale registrata nel corso degli
anni, si presenta particolarmente importante
anche con riguardo al mondo dei contratti
pubblici disciplinati dal cosiddetto Codice
de Lise.
A pochi mesi, infatti, dall'entrata in
vigore del D.Lgs. 53/2010, recante
l'attuazione della cosiddetta Direttiva
ricorsi, il Codice del processo va ad
incidere e a modificare nuovamente le
disposizioni contenute nel Codice dei
contratti, e già oggetto di intervento in
sede di recepimento del diritto comunitario.
Di seguito si cercherà di dare un breve
resoconto delle novità più spiccatamente
connesse con il mondo degli appalti ... (articolo
ItaliaOggi del 15.09.2010). |
APPALTI:
Autocertificazione e
requisiti morali.
La mera sussistenza di una condanna
definitiva per reati astrattamente incidenti
sulla moralità professionale delle imprese,
non vale a integrare la causa di esclusione
di cui all'art. 38, c. 1°, lett. c), del
D.Lgs. n. 163 del 2006, occorrendo invece
una concreta valutazione da parte della
stazione appaltante della gravità di tale
condanna.
Non può dirsi insussistente il requisito
della moralità professionale dell’impresa
nel caso in cui il legale rappresentante di
una delle imprese sia stato condannato, con
sentenza irrevocabile, per violazione delle
norme in materia di controllo dell’attività
urbana edilizia ex art. 20, l. n. 47 del
1985, per un reato non connesso all’attività
professionale svolta e non grave (massima
tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 14.09.2010 n. 6694 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla valutazione da
parte della stazione appaltante della
rilevanza di un precedente penale ai fini
dell'accertamento della effettività della
incisione sulla moralità professionale
dell'imprenditore.
La dissociazione dalla condotta penalmente
sanzionata di un cessato legale
rappresentante può aver luogo in svariate
forme, purché risulti esistente, univoca e
completa.
Ai sensi dell'art. 38, I c., lett. c), del
D.Lgs. n. 163 del 2006, la causa di
esclusione dalla partecipazione a gare
pubbliche dei soggetti nei cui confronti sia
stata pronunciata sentenza di condanna o
emanato un decreto penale opera solo se
siano stati irrogati in relazione a reati
gravi in danno della Comunità o dello Stato,
incidenti sulla moralità professionale. La
gravità e incidenza sulla moralità
professionale dell'imprenditore dei reati
diversi da quelli specificamente indicati
dall'art. 45, prg. 2, direttiva 2004/18/Ce e
comportanti l'esclusione dalla
partecipazione a gare pubbliche, in assenza
di parametri normativi fissi e
predeterminati, deve essere accertata dalla
stazione appaltante con la disamina in
concreto delle caratteristiche dell'appalto,
del tipo di condanna, della natura e delle
concrete modalità di commissione del reato.
La valutazione in concreto della rilevanza
dei riscontrati precedenti penali ai fini
dell'accertamento della effettività della
incisione della moralità professionale
dell'imprenditore, in assenza di parametri
posti dall'art. 38 del D.Lgs. n. 163 del
2006, è affidata quindi alla discrezionalità
dell'Amministrazione. Inoltre, la mera
sussistenza di una condanna definitiva per
reati astrattamente incidenti sulla moralità
professionale non vale a integrare la causa
di esclusione di cui all'art. 38 del D.Lgs.
n. 163 del 2006, occorrendo una concreta
valutazione della gravità di tali
precedenti.
Il concorrente a una gara d'appalto, al fine
di dimostrare di avere adottato le misure di
completa dissociazione dalla condotta
penalmente sanzionata di un cessato legale
rappresentante, può limitarsi a dichiarare
che quest'ultimo si è dimesso dall'incarico
e che l'impresa ne ha preso atto, purché
risulti da verbale dell'assemblea della
società, oppure da altro atto in cui sia
chiaramente indicata la volontà di
dissociazione, senza necessità che tale
volontà, per essere idoneamente dimostrata,
debba essere suffragata anche dalla prova
dell'instaurazione di una causa civile di
responsabilità nei confronti dell'ex legale
rappresentante. Detto verbale ed ogni altro
atto recante chiara indicazione della
volontà di dissociazione fanno infatti piena
fede circa la sussistenza di tale volontà
della impresa ed è quindi non necessario far
ricorso anche alla instaurazione di un
giudizio civile per dimostrarla, atteso che
la dissociazione, non trattandosi di
istituto giuridico codificato, può aver
luogo in svariate forme, purché risulti
esistente, univoca e completa (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 14.09.2010 n. 6694 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Interpretazione del
bando, regolarizzazione documentale e
ipotesi di esclusione.
Costituisce principio generale quello che
afferma l’equipollenza della spedizione
postale alla presentazione diretta; tale
principio, che può essere desunto da
numerose disposizioni di legge, è inteso a
sollevare il privato dal rischio di
disfunzioni del servizio postale ed a
consentirgli l’integrale disponibilità del
termine.
Pertanto, in mancanza di una regola diversa
fissata nella lex specialis di una
procedura ad evidenza pubblica, il termine
finale per la presentazione della domanda
del privato alla pubblica amministrazione
deve considerarsi osservato ove tale domanda
sia inoltrata in tempo utile a mezzo
raccomandata, rilevando in tal caso la data
di spedizione e non quella di ricezione da
parte della destinataria (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 14.09.2010 n. 6678 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI - APPALTI:
La spedizione postale
equivale alla presentazione diretta.
E' notorio il consolidato orientamento
espresso dalla giurisprudenza sia
amministrativa, sia civile, sia contabile,
pienamente condiviso dal Collegio, col quale
è stato affermato che l’equipollenza della
spedizione postale alla presentazione
diretta costituisce principio generale,
desunto da numerose disposizioni di legge,
inteso a sollevare il privato dal rischio di
disfunzioni del servizio postale ed a
consentirgli l’integrale disponibilità del
termine (cfr., tra le tante, Cons. St., sez.
V, 10.02.2010 n. 655; Cass. civ., sez. II,
05.05.2008 n. 11028; C. Conti reg. Toscana,
sez. giurisd., 19.04.1996 n. 199);
Invero, secondo tale principio, in mancanza
di una regola diversa fissata nella lex
specialis della procedura, il termine
finale per la presentazione della domanda
del privato alla pubblica amministrazione
deve considerarsi osservato ove tale domanda
sia inoltrata in tempo utile a mezzo
raccomandata, rilevando in tal caso la data
di spedizione e non quella di ricezione da
parte della destinataria (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 14.09.2010 n. 6678 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Aumento dei prezzi dei
materiali di costruzione - Istanza di
compensazione - Termine di 30 giorni dalla
pubblicazione del decreto ministeriale di
rilevazione delle variazioni - Data di
spedizione - Principio generale di
equipollenza della spedizione alla
presentazione diretta.
L’art. 1, c. 4, del d.l. n. 162/2008, in
tema di istanza di compensazione per
l’aumento dei prezzi dei materiali di
costruzione, non può che essere interpretato
alla luce del principio generale di
equipollenza della spedizione postale alla
presentazione diretta: in mancanza di una
regola diversa fissata nella lex
specialis della procedura, va pertanto
ritenuto che il termine finale di 30 giorni
(dalla pubblicazione del decreto
ministeriale di rilevazione delle variazioni
percentuali dei prezzi) per la presentazione
della domanda del privato alla pubblica
amministrazione sia osservato ove tale
domanda sia inoltrata in tempo utile a mezzo
raccomandata, rilevando in tal caso la data
di spedizione e non quella di ricezione da
parte della destinataria (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 14.09.2010 n. 6678 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI: Nei
contratti ad evidenza pubblica
l’Amministrazione aggiudicatrice non è
obbligata a stipulare il contratto con
l’impresa aggiudicataria.
La medesima Amministrazione ben può, quindi,
rimuovere gli effetti dell’atto di
aggiudicazione provvisoria e –ove
necessario– anche dei suoi atti presupposti,
nonché dell’atto di aggiudicazione
definitiva, purché la conseguente azione
amministrativa sia condotta nei necessari
crismi della legittimità: ossia il potere
discrezionale riconosciuto in capo
all’Amministrazione medesima deve essere
esercitato in conformità ai principi di
legalità, di economicità e di razionalità,
nonché nel rispetto della c.d. “buona fede
etica”.
Nel caso di illegittimità del procedimento
di scelta del contraente dovrà pertanto
inderogabilmente trovare applicazione l’art.
21-nonies della L. 241 del 1990 come
aggiunto dall’art. 14 della L. 15 del 2005,
con il conseguente annullamento d’ufficio
del provvedimento di aggiudicazione
definitiva; viceversa, nel caso di revoca
del medesimo provvedimento di aggiudicazione
definitiva troverà altrettanto necessitata
applicazione l’art. 21-quinquies della
medesima L. 241 del 1990, parimenti
introdotto per effetto dell’art. 14 della L.
15 del 2005.
Ove l’annullamento o la revoca riguardi
l’aggiudicazione definitiva, deve essere
inderogabilmente e previamente comunicato
alla parte interessata l’avvio del relativo
procedimento a’ sensi dell’art. 7 e ss.
della medesima L. 241 del 1990, mentre nel
caso in cui deve essere annullata o revocata
l’aggiudicazione provvisoria, non sussiste
l’esigenza di acquisire la partecipazione
degli interessati, trattandosi di atto
endoprocedimentale, “ad effetti instabili ed
interinali”, “certamente necessario ma non
decisivo, ed ancora attinente all’unico
procedimento iniziato con l’istanza di
partecipazione alla gara”.
In linea di principio nei contratti ad
evidenza pubblica l’Amministrazione
aggiudicatrice non è obbligata a stipulare
il contratto con l’impresa aggiudicataria.
La medesima Amministrazione ben può, quindi,
rimuovere gli effetti dell’atto di
aggiudicazione provvisoria e –ove
necessario– anche dei suoi atti presupposti,
nonché dell’atto di aggiudicazione
definitiva, purché la conseguente azione
amministrativa sia condotta nei necessari
crismi della legittimità: ossia il potere
discrezionale riconosciuto in capo
all’Amministrazione medesima deve essere
esercitato in conformità ai principi di
legalità, di economicità e di razionalità,
nonché nel rispetto della c.d. “buona
fede etica”
Come è ben noto, a’ sensi dell’art. 11 del
D.L.vo 163 del 2006 il procedimento di
scelta del contraente per l’affidamento di
una commessa pubblica si conclude soltanto
nel momento in cui la stazione appaltante
adotta il provvedimento di aggiudicazione
definitiva: e di ciò ne è prova la
circostanza per cui, ove l’Amministrazione
aggiudicatrice intenda esercitare il proprio
potere di rimozione degli effetti
dell’aggiudicazione definitiva da essa
precedentemente disposta, in applicazione
del rinvio di carattere generale contenuto
nell’art. 2, comma 3, del medesimo D.L.vo
163 del 2006 dovrà comunque attenersi al
riguardo alle disposizioni contenute nel
corpus della L. 07.08.1990 n. 241.
Nel caso di illegittimità del procedimento
di scelta del contraente dovrà pertanto
inderogabilmente trovare applicazione l’art.
21-nonies della L. 241 del 1990 come
aggiunto dall’art. 14 della L. 15 del 2005,
con il conseguente annullamento d’ufficio
del provvedimento di aggiudicazione
definitiva; viceversa, nel caso di revoca
del medesimo provvedimento di aggiudicazione
definitiva troverà altrettanto necessitata
applicazione l’art. 21-quinquies della
medesima L. 241 del 1990, parimenti
introdotto per effetto dell’art. 14 della L.
15 del 2005.
Va opportunamente rimarcato che -anche a
prescindere dalla sopradescritta sistematica
“interazione” tra la disciplina
contenuta nel D.L.vo 163 del 2006 e quella
contenuta nella L. 241 del 1990, garantita
dalla testé ricordata “clausola generale”
contenuta nell’art. 3, comma 2, del medesimo
D.L.vo 163 del 2006- pure in epoca
precedente all’entrata in vigore del Codice
dei contratti pubblici il medesimo risultato
era inderogabilmente assicurato mediante
l’applicazione in via precettiva del
principio di buon andamento e di
imparzialità della funzione pubblica,
discendente dall’art. 97 Cost (cfr., ad es.,
Cons. Stato, Sez. V, 20.01.2004 n. 156),
nonché del principio di diritto comune
contenuto nell’art. 1328 c.c., in forza del
quale la proposta di concludere il contratto
(quale è l’atto di indizione della gara,
ancorché espresso in forma pubblicistica e
subordinata all’osservanza delle regole
procedimentali per la scelta del contraente)
è sempre revocabile fino a che il contratto
non sia concluso (cfr. sul punto Cons.
Stato, Sez. VI, 05.08.2004 n. 5448).
Risulta altrettanto assodato che, ove
l’annullamento o la revoca riguardi
l’aggiudicazione definitiva, deve essere
inderogabilmente e previamente comunicato
alla parte interessata l’avvio del relativo
procedimento a’ sensi dell’art. 7 e ss.
della medesima L. 241 del 1990, mentre nel
caso in cui deve essere annullata o revocata
l’aggiudicazione provvisoria, non sussiste
l’esigenza di acquisire la partecipazione
degli interessati, trattandosi di atto
endoprocedimentale, “ad effetti instabili
ed interinali” (così TAR Lombardia,
Milano, Sez. III, 19.04.2007 n. 1874), “certamente
necessario ma non decisivo, ed ancora
attinente all’unico procedimento iniziato
con l’istanza di partecipazione alla gara”
(cfr. sul punto, ad es., e tra le più
recenti, Cons. Stato, Sez. V, 12.11.2009 n.
7042).
Si reputa, infatti, che l’aggiudicatario
provvisorio sia titolare di una mera
aspettativa di fatto alla conclusione del
procedimento, mentre in presenza di un
provvedimento di aggiudicazione definitiva
l’aggiudicatario ha conseguito una posizione
giuridica qualificata e, per tale ragione,
meritevole della garanzia di poter
interloquire con l’Amministrazione
aggiudicatrice, rappresentando fatti e
prospettando osservazioni e valutazioni
finalizzate alla migliore individuazione
dell’interesse pubblico, concreto ed
attuale, alla cui unica cura deve essere
indirizzata l’azione dell’Amministrazione
medesima.
Da ciò discende –altresì- che l’azione
amministrativa deputata all’eventuale revoca
dell’aggiudicazione provvisoria in pendenza
del procedimento finalizzato all’adozione
del provvedimento di aggiudicazione
definitiva non può mai risolversi
nell’esercizio arbitrario del potere
attribuito all’Amministrazione
aggiudicatrice e che la posizione
dell’aggiudicatario provvisorio non può non
essere adeguatamente tutelata
dall’ordinamento giuridico, dovendo il
potere predetto essere puntualmente e
motivatamente esercitato non solo nell’an,
ma anche nel quam, nel quando e nel
quomodo.
Se, dunque, il provvedimento di revoca
dell’aggiudicazione definitiva di una
commessa pubblica per certo costituisce
estrinsecazione di un potere connotato da
amplissima discrezionalità e caratterizzato
da una valutazione di pura opportunità
amministrativa, dinanzi al quale il
sindacato del giudice amministrativo non può
oltrepassare il confine della verifica circa
la congruità, la logicità e la razionalità
della scelta operata dalla stazione
appaltante, allo stesso tempo non può non
considerarsi che va comunque accordata una
tutela alla posizione soggettiva del
destinatario del provvedimento medesimo,
soprattutto sotto il profilo del corretto
bilanciamento degli interessi coinvolti,
nonché in ordine alla reale sussistenza dei
presupposti che inducono l’Amministrazione
aggiudicatrice, dopo aver bandito una
selezione e definito un apprezzabile tratto
della relativa procedura, a verificare la
perdurante attualità della rispondenza di
tali atti al pubblico interesse (TAR Veneto,
Sez. I,
sentenza 14.09.2010 n. 4745 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla revoca, in
autotutela, del contratto d'appalto già
stipulato.
La giurisprudenza ha distinto le ipotesi in
cui, successivamente alla stipulazione del
contratto, l'amministrazione, nell'esercizio
dei propri poteri di autotutela, abbia
rimosso gli atti dell'evidenza pubblica
dalle ipotesi di recesso o risoluzione del
contratto per fatti verificatisi in costanza
di rapporto.
La cognizione delle vicende riconducibili
alla prima ipotesi è attribuita alla
giurisdizione del giudice amministrativo, la
cognizione delle vicende riconducibili alla
seconda ipotesi è attribuita alla
giurisdizione del giudice ordinario.
In particolare si è affermato che
l'autotutela dell'amministrazione
appaltante, che -nella specie, per vizi
della procedura riguardanti la composizione
della commissione aggiudicatrice, rilevati
in sede cautelare dal giudice
amministrativo- sospenda gli effetti del
contratto già concluso, disponendo una nuova
gara, non attiene all'esecuzione del
contratto di diritto privato stipulato
successivamente agli atti di evidenza
pubblica, ma riguarda solo tali atti
prodromici, di modo che riguardo
all'esercizio dell'autotutela è
configurabile la giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo, in base all'art. 6
l. 21.07.2000 n. 205 (Cass., sez. un.,
01.03.2006, n. 4508).
Per quanto attiene invece alla diversa
ipotesi dell'esercizio del diritto di
recesso è stato affermato che spetta alla
giurisdizione del giudice ordinario la
controversia avente ad oggetto
l'accertamento della legittimità del recesso
di una p.a. da un contratto di affidamento
di pubblici servizi (C.S. V 13.07.2006 n.
4440). E, più in generale, si è affermato
che le questioni nascenti da un contratto di
appalto di lavori pubblici, dunque recesso ,
rescissione nonché risoluzione unilaterale
del rapporto, investono in via diretta ed
immediata posizioni di diritto soggettivo
scaturenti da un rapporto giuridico ormai
perfezionato ed operativo, onde non può
dubitarsi che ricadano nella giurisdizione
del giudice ordinario. Le suddette questioni
si collocano, infatti, nella fase di
esecuzione del contratto di appalto
(successiva a quella della scelta del
contraente) e gli atti posti in essere dalla
p.a. in tal frangente si caratterizzano per
l'evidente natura negoziale (C.S. V
30.01.2002 n. 515).
Si noti, ad abundantiam, che
l'amministrazione resistente ha utilizzato
nella specie un rimedio, quello del recesso
dal contratto d'opera ex art. 2237 c.c.,
riconosciuto dall'ordinamento in capo a
tutti i soggetti che hanno stipulato
contratti d'opera.
Nel caso di specie, pertanto,
l'Amministrazione non ha esercitato alcun
potere autoritativo.
In ogni caso deve rilevarsi come la
giurisdizione del giudice ordinario sulle
controversie inerenti ai diritti e agli
obblighi derivanti da un contratto di
appalto di opere o di servizi pubblici non
resta esclusa per il fatto che il
committente si sia avvalso della facoltà,
prevista dal contratto o dalla legge, di
rescindere il rapporto, attesa l'inidoneità
dell'atto rescindente ad incidere sulle
posizioni soggettive nascenti dal contratto
ed aventi, per ciò stesso, consistenza di
diritti soggettivi. Di conseguenza detto
provvedimento, ancorché rivestito delle
forme dell'atto amministrativo, non cessa di
operare nell'ambito delle paritetiche
posizioni contrattuali, onde le
contestazioni che investono tale forma di
autotutela appartengono alla giurisdizione
del giudice ordinario (Cass. sez. un. 5
giugno 2006 n. 13170) (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 14.09.2010 n. 3548 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Il potere della
commissione di stabilire criteri di
valutazione non comporta l’introduzione di
elementi di specificazione e di integrazione
dei criteri generali di valutazione delle
offerte già indicati nella lettera di
invito.
Il potere della commissione di stabilire i
criteri di valutazione, ove consentito, al
fine di evitare distorsioni del meccanismo
concorrenziale sotteso all’evidenza
pubblica, deve, infatti, essere circondato
da peculiari cautele e limiti, tra i quali è
indubbiamente, la preclusione di introdurre
elementi di specificazione e di integrazione
dei criteri generali di valutazione delle
offerte già indicati nella lettera di
invito, oppure fissare sottocriteri o regole
specifiche sulle modalità di valutazione,
una volta che sia sopravvenuta l’apertura
delle buste recanti le offerte stesse (cfr.
tra le tante, Cons. Stato, sez. V,
30.08.2006, n. 5082) (TAR Puglia-Bari, Sez.
I,
sentenza 14.09.2010 n. 3475 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Nel
caso di revoca d’ufficio dell’aggiudicazione
provvisoria, non è richiesta alcuna
comunicazione di avvio del procedimento,
mentre la stazione appaltante è obbligata al
rispetto delle garanzie partecipative quando
l’esercizio del potere di autotutela abbia
ad oggetto l’aggiudicazione definitiva, in
ragione della posizione di vantaggio che
solo quest’ultima costituisce in capo
all’impresa aggiudicataria.
Non costituisce ostacolo al riconoscimento
della responsabilità pre-contrattuale
dell’ente la reiezione della domanda di
annullamento del provvedimento di revoca,
poiché è provato che l’elusione delle
aspettative della ricorrente, seppure non
intenzionale, è colposa e contraria ai
canoni di correttezza e buona fede nella
formazione del contratto. La responsabilità
pre-contrattuale per la revoca della gara
non ancora conclusa può infatti sempre
ritenersi configurabile, quando il fine
pubblico venga attuato attraverso un
comportamento obbiettivamente lesivo dei
doveri di lealtà, sicché anche dalla revoca
legittima degli atti di gara può scaturire
l’obbligo di risarcire il danno, nel caso di
affidamento suscitato nell’impresa.
La giurisprudenza ha ripetutamente chiarito
che, nel caso di revoca d’ufficio
dell’aggiudicazione provvisoria, non è
richiesta alcuna comunicazione di avvio del
procedimento, mentre la stazione appaltante
è obbligata al rispetto delle garanzie
partecipative quando l’esercizio del potere
di autotutela abbia ad oggetto
l’aggiudicazione definitiva, in ragione
della posizione di vantaggio che solo
quest’ultima costituisce in capo all’impresa
aggiudicataria (in questo senso, tra molte,
Cons. Stato, sez. V, 21.11.2007 n. 5925;
Id., sez. V, 13.07.2006 n. 4426).
L’aggiudicazione provvisoria di un appalto
pubblico ha infatti natura di atto
endoprocedimentale, ad effetti ancora
instabili e del tutto interinali.
Essa pertanto è inidonea a generare nella
ditta provvisoriamente aggiudicataria una
posizione consolidata di vantaggio, con la
conseguenza che sull’Amministrazione che
intende esercitare il potere di autotutela
rispetto all’aggiudicazione provvisoria
incombe un onere di motivazione fortemente
attenuato, circa le ragioni di interesse
pubblico che lo hanno determinato, essendo
sufficiente che sia reso palese il
ragionamento seguito per giungere alla
determinazione negativa, attraverso
l’indicazione degli elementi concreti ed
obiettivi in base ai quali essa si ritiene
di non procedere all’aggiudicazione (cfr.
Cons. Stato, sez. IV, 31.05.2007 n. 2838;
Id., sez. V, 29.12.2009 n. 8966).
Più in generale, con riguardo allo ius
poenitendi riconosciuto alla stazione
appaltante, si è da tempo affermato che
l’Amministrazione conserva il potere di
revocare il bando di gara ovvero
l’aggiudicazione di un appalto, per
sopravvenute ragioni di interesse pubblico
ovvero per la sopravvenuta riconsiderazione
di situazioni preesistenti, purché l’atto di
autotutela sia adeguatamente motivato con
richiamo ad un preciso e concreto interesse
pubblico alla revoca d’ufficio; la potestà
di ritiro si fonda sul principio
costituzionale di buon andamento che, com’è
noto, impegna l’Amministrazione ad adottare
atti il più possibile rispondenti ai fini da
conseguire (cfr., tra molte, Cons. Stato,
sez. IV, 22.10.2004 n. 6931; Id., sez. V,
20.09.2001 n. 4973) e trova oggi positivo
riconoscimento nella previsione dell’art.
21-quinquies della legge n. 241 del 1990.
Non costituisce
ostacolo al riconoscimento della
responsabilità pre-contrattuale dell’ente la
reiezione della domanda di annullamento del
provvedimento di revoca, poiché è provato
che l’elusione delle aspettative della
ricorrente, seppure non intenzionale, è
colposa e contraria ai canoni di correttezza
e buona fede nella formazione del contratto.
La responsabilità pre-contrattuale per la
revoca della gara non ancora conclusa può
infatti sempre ritenersi configurabile,
quando il fine pubblico venga attuato
attraverso un comportamento obbiettivamente
lesivo dei doveri di lealtà, sicché anche
dalla revoca legittima degli atti di gara
può scaturire l’obbligo di risarcire il
danno, nel caso di affidamento suscitato
nell’impresa (in tal senso la più recente
giurisprudenza amministrativa: Cons. Stato,
Ad. plen., 05.09.2005 n. 6; Id., sez. V,
30.11.2007 n. 6137; Id., sez. V, 08.10.2008,
n. 4947; TAR Campania, Napoli, sez. I,
08.02.2006 n. 1794; TAR Lazio, sez.
II-quater, 02.04.2010 n. 5621).
Ai fini della commisurazione del danno
risarcibile, deve aversi riguardo al solo
interesse negativo, ossia alle spese
effettivamente sostenute in vista della
conclusione dell’affare (danno emergente) ed
alle occasioni contrattuali perse per aver
confidato nell’impegno assunto (lucro
cessante). Resta invece escluso il
risarcimento dell’utile che si sarebbe
conseguito con l’esecuzione del contratto
(cfr. Cons Stato, sez. IV, 04.10.2007 n.
5179; TAR Puglia, Bari, sez. I, 16.02.2008
n. 249)
(TAR
Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 14.09.2010 n. 3459 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulle spese sostenute
dalle imprese per la partecipazione alle
gare d'appalto.
La partecipazione alle gare d'appalto
comporta per le imprese dei costi che,
ordinariamente, restano a loro carico anche
in caso di mancata aggiudicazione.
Detti costi sono risarcibili, a titolo di
danno emergente, solo qualora l'impresa
subisca una illegittima esclusione, perché
in tal caso viene in considerazione il
diritto soggettivo del contraente a non
essere coinvolto in trattative inutili.
Per converso, nel caso in cui l'impresa
ottenga il risarcimento del danno per
mancata aggiudicazione (o per la perdita
della possibilità di aggiudicazione), non vi
è spazio per il risarcimento per equivalente
dei costi di partecipazione alla gara (TAR
Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 14.09.2010 n. 3458 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Appalti,
tracciabilità da settembre. Il vincolo di
trasparenza sui flussi finanziari non è
retroattivo. Lo prevede la bozza di linee
guida sulla legge antimafia. Ma resta
l'ipotesi di un decreto di sospensione.
Conferma dell'obbligo di tracciabilità dei
flussi finanziari per i contratti
sottoscritti dopo il 7 settembre, anche se
il bando di gara è precedente a tale data;
obbligo di indicare nel contratto tutti i
rapporti contrattuali relativi alla
specifica commessa; le comunicazioni sulla
tracciabilità dovranno essere effettuate dai
legali rappresentanti; il Cup (Codice
unitario progetto) corrispondente al
contratto dovrà essere citato unitamente al
Cig (Codice identificativo gara) e sarà
rilasciato anche per forniture e servizi.
Sono questi alcuni dei punti contenuti nel
documento base che l'Autorità ha messo a
punto per la determinazione contenente le
linee guida relative all'applicazione
dell'articolo 3 della legge 136/2010; ma
l'ipotesi di un decreto legge che rinvii
l'applicazione della disposizione per
definire con maggiore calma e accuratezza le
modalità applicative dell'obbligo, è aperta
e potrebbe realizzarsi entro venerdì ... (articolo
ItaliaOggi del 14.09.2010 -
tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI -
ATTI AMMINISTRATIVI: OGGETTO:
Accesso alla documentazione amministrativa
relativa al rilascio di una informazione
antimafia.
Con nota del 18.08.2010 la Prefettura di
Udine ha comunicato che una ditta
appaltatrice, avendo appreso, da un
certificato antimafia che le era stato
rilasciato, che in fase istruttoria era
stato acquisito un rapporto della DIA, ha
presentato domanda di accesso a tale
rapporto. Ciò premesso l’Amministrazione ha
chiesto se, a parere di questa Commissione,
sia opportuno concedere tale accesso.
Al riguardo si fa presente che l’art. 3 del
D.M. 10.06.1994 n. 415, come integrato dal
D.M. 17.11.1996 n. 508, nelle categorie dei
“documenti inaccessibili per motivi di
ordine e sicurezza pubblica ovvero ai fini
di prevenzione e repressione della
criminalità” comprende, al punto b), le
“relazioni di servizio ed altri atti o
documenti presupposto per…. adempimenti
istruttori relativi a licenze, concessioni
od autorizzazioni comunque denominate ….che
contengono notizie relative a situazioni di
interesse per l’ordine e la sicurezza
pubblica e all’attività di prevenzione e
repressione della criminalità salvo che, per
disposizioni di legge o di regolamento, ne
siano previste particolari forme di
pubblicità o debbano essere uniti a
provvedimenti o atti soggetti a pubblicità”.
Ora è indubbio che il rapporto in questione
sia un adempimento istruttorio che contiene
notizie relative a situazioni di interesse
per l’ordine e la sicurezza pubblica e
all’attività di prevenzione e repressione
della criminalità; e che quindi sia
sottratto all’accesso ai sensi della citata
disposizione regolamentare.
Né a diversa conclusione può indurre l’art.
7, comma 2, del regolamento di cui al dPR
12.04.2006 n. 184, che prevede che
l’accoglimento della domanda d’accesso “comporta
anche la facoltà di accesso agli altri
documenti nello stesso richiamati e
appartenenti al medesimo procedimento, fatte
salve le eccezioni di legge o di regolamento”.
Infatti nel caso in esame ricorre appunto
l’eccezione prevista dal citato art. 3 del
D.M. n. 415/1994, dal momento che nessuna
norma prevede che il rapporto della DIA sia
soggetto a particolari forme di pubblicità o
debba essere unito all’autorizzazione
antimafia.
Si esprime pertanto il parere che domanda
d’accesso non debba essere accolta
(Presidenza
del Consiglio dei Ministri, Commissione per
l'accesso ai documenti amministrativi,
risposta del Plenum in
seduta del 14.09.2010 - link a
www.commissioneaccesso.it). |
APPALTI: Appalti
p.a., niente salti nel buio. Arriveranno
martedì le linee guida dell'Authority
ll.pp.. L'organismo guidato da Giuseppe
Brienza al lavoro sul testo. L'Ance: serve
una moratoria.
Arriveranno martedì le linee guida
esplicative per l'applicazione della legge
sulla tracciabilità dei pagamenti negli
appalti pubblici (legge n. 136/2010, in
vigore da martedì).
La determina che sta scrivendo l'Autorità di
vigilanza sui lavori pubblici metterà fine,
è l'intento, all'impasse che si è
determinata nei rapporti tra pubblica
amministrazione e mondo delle imprese in
relazione ai contratti per gli appalti
pubblici.
Situazione che ha portato di fatto al blocco
dei pagamenti da parte delle stazioni
appaltanti. A scrivere le linee guida
applicative, che arrivano in differita
rispetto all'entrata in vigore della legge,
martedì 07.09.2010, è ora l'Autorità per la
vigilanza sui lavori pubblici cui il
ministero dell'interno ha delegato il
compito, dopo aver precisato, giovedì sera,
con una circolare inviata a tutti i
prefetti, che l'applicazione dell'articolo 3
della legge 136/2010 sulla tracciabilità dei
pagamenti non ha valore retroattivo.
Interpretazione accolta dall'Authority che
ieri ha ribadito che la norma sulla
tracciabilità dei pagamenti non si applica
ai contratti in essere, ma soltanto ai
contratti stipulati dopo l'entrata in vigore
della legge. (si veda articolo qui a
fianco).
Ancora, l'Autorità ha fatto sapere di
essersi impegnata a licenziare a tambur
battente la determina con il regolamento che
illustra operativamente come dovranno essere
applicate le norme contenute nella legge che
fa parte del pacchetto normativo antimafia
messo a punto dal governo nella lotta contro
le infiltrazioni della criminalità
organizzata negli appalti pubblici.
La determina dell'Autorità guidata dal
senatore Giuseppe Brienza, che dal 2 luglio
ha assunto l'incarico di facente funzioni
dell'organismo per la sorveglianza sugli
appalti pubblici, in sostituzione dell'ex
presidente Luigi Giampaolino, sarà emanata
martedì, secondo quanto ha annunciato
Brienza specificando che alla stesura del
provvedimento stanno ancora lavorando in
queste ore i suoi uffici.
Inoltre, il numero uno dell'organismo di via
di Ripetta, ha dichiarato che lo schema di
regolamento con le linee guida, che tiene
conto delle esigenze espresse dagli
operatori dell'industria delle costruzioni e
dell'edilizia, saranno discusse nella
riunione che l'Authority ha già convocato
per lunedì.
Al tavolo siederanno i rappresentanti delle
associazioni imprenditoriali interessate,
dell'Anci, Upi, Avvocatura generale dello
stato, stazioni appaltanti come l'Anas e
ministeri competenti (infrastrutture e
giustizia). In quella sede l'Authority
sottoporrà alle parti il testo «che
chiarirà», ha spiegato Brienza, «i nodi
applicativi sollevati dagli operatori nella
riunione, mercoledì scorso, al ministero
dell'interno».
«Faremo chiarezza sul problema dei conti
correnti dedicati ad ogni singolo appalto,
sui codici identificativi dei progetti cui
dovranno dotarsi i comuni (cup) e
l'Authority (cig) ai fini della
tracciabilità dei pagamenti negli appalti
pubblici», ha specificato Brienza, «dopo
l'approvazione del documento al tavolo di
lunedì, martedì' il consiglio dell'Autorità
approverà la determina che verrà emanata
immediatamente».
In questa situazione, secondo l'Authority di
Brienza non sarà necessario il decreto di
sospensione temporanea della legge, così
come era stato richiesto dall'Ance e dalle
associazioni imprenditoriali. Ma ancora ieri
sera, il presidente nazionale dei
costruttori, Paolo Buzzetti (Ance), ha
insistito sulla necessità di una moratoria «pur
apprezzando il lodevolissimo sforzo in atto
e dopo il chiarimento in merito alla non
retroattività della legge n. 136/2010 sugli
appalti in essere. La sospensione
sull'applicabilità del provvedimento»,
ha spiegato, «è necessaria per capire in
maniera inequivoca tutti i nodi applicativi
della legge» (articolo
ItaliaOggi dell'11.09.2010, pag. 31
- link a www.corteconti.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità
dell'aggiudicazione della gara per
l'affidamento del servizio rilascio dei
certificati digitali negli atenei alla
Infocert s.p.a., società informatica
strumentale delle Camere di commercio
italiane.
Lo scorporo delle attività da parte delle
società strumentali mediante la costituzione
di una separata società interrompe il
divieto di cui all'art. 13 del d.l. n. 223
del 2006, solo se la nuova società sia
effettivamente "separata" e cioè autonoma e
indipendente rispetto alla società
strumentale.
E' illegittima l'aggiudicazione della gara
per l'affidamento del servizio rilascio dei
certificati digitali negli atenei alla
Infocert s.p.a., società informatica
strumentale delle Camere di commercio
italiane (considerate ormai pacificamente
amministrazioni pubbliche locali), in quanto
la medesima utilizza un capitale
appartenente al 100% ad una società
(Infocamere) cui è precluso -in osservanza
del principio di par condicio, consacrato
nel d.l. Bersani all'art. 13 del d.l. n. 223
del 2006, convertito nella legge n. 240 del
2006 e poi esteso dalla legge finanziaria n.
244 del 2007- di svolgere attività per enti
diversi da quelli che l'hanno costituita e
di partecipare ad altre società o enti.
Le amministrazioni pubbliche locali, e
quindi anche le Camere di commercio, possono
impiegare propri capitali per costituire
società al fine di ottenere l'affidamento di
servizi di utilità generale, concorrendo
liberamente in una gara ad evidenza
pubblica; ma tale iniziativa non può essere
perseguita mediante la costituzione di una
società partecipata al 100% da una loro
società strumentale, perché in tal modo
verrebbe ad essere eluso, sia pure
indirettamente, il divieto di svolgere
attività diverse da quelle espressamente
consentite ai soggetti che godono del
beneficio del minimo garantito.
Lo scorporo delle attività da parte delle
società strumentali mediante la costituzione
di una separata società in tanto interrompe
il divieto di cui all'art. 13 del d.l. n.
223 del 2006 in quanto la nuova società sia
effettivamente "separata" e cioè
autonoma e indipendente rispetto alla
società strumentale. Autonomia e
indipendenza che, nel caso di specie, è
insussistente in Infocert rispetto ad
Infocamere ed alle Camere di commercio dal
momento che Infocamere (società strumentale
delle Camere di commercio) è socio unico di
Infocert (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 10.09.2010 n. 6527 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: La
tracciabilità dei pagamenti si applica ai
nuovi contratti.
Inapplicabile ai
contratti in corso la tracciabilità dei
flussi finanziari prevista dalla legge 136 e
relativa agli appalti pubblici.
Lo afferma il ministero dell'interno nella
lettera 09.09.2010, prot. 13001/118/Gab,
dal gabinetto del ministro Roberto Maroni ai
prefetti per risolvere l'immediato problema
operativo. Sarà invece l'Autorità per la
vigilanza sui contratti pubblici, con una
apposita determina che sarà emanata la
prossima settimana, a chiarire i profili
applicativi della disposizione di cui dovrà
essere assicurata la piena effettività per
tutta la cosiddetta filiera delle imprese
coinvolte nei lavori, nelle forniture e nei
servizi.
L'ipotesi di un decreto legge sembra però
ancora aperta, sia per la valenza giuridica
della nota, sia perché il settore
imprenditoriale rimane comunque preoccupato
per l'effetto di blocco dei pagamenti e
delle attività di tutta la filiera
produttiva. L'intervento del Viminale fa
seguito ad una apposita riunione svoltasi
nei giorni scorsi con i rappresentanti delle
imprese, con l'Avvocatura generale, la
procura Antimafia e con l'Autorità di
vigilanza sui contratti pubblici e non
assume neanche la forma di una vera e
propria circolare, trattandosi di una
lettera indirizzata ai prefetti e ai
commissari governativi di Trento e Bolzano e
alla prefettura di Aosta.
La lettera afferma che l'articolo 3 della
legge 136/2010 sull'obbligo di effettuare
pagamenti tramite bonifico bancario o
postale su conti dedicati, deve applicarsi
soltanto «ai contratti sottoscritti
successivamente alla data di entrata in
vigore della legge», cioè a tutti i
contratti posti in essere dopo il
07.09.2010. La motivazione sottesa a questo
chiarimento è duplice: in primo luogo si
sostiene che, laddove il legislatore abbia
inteso applicare le norme da esso dettate ai
rapporti negoziali già in essere «lo ha
sancito espressamente».
A conferma di ciò, si cita la norma della
stessa legge che, con riguardo alla banca di
dati nazionale unica della documentazione
antimafia, prevede l'immediata efficacia
delle informative negative «con
riferimento a tutti i rapporti, anche già in
essere, con la pubblica amministrazione».
La seconda ragione addotta dal ministero
afferisce a un profilo di merito e
applicativo: si dice infatti che
l'applicazione della tracciabilità anche ai
contratti in essere si porrebbe in
violazione delle norme civilistiche in
materia di autonomia negoziale, dal momento
che inciderebbe in modo sostanziale
sull'assetto del rapporto contrattuale.
Il pericolo, in questa (denegata) ipotesi
sarebbe quello di contenziosi che avrebbero
pesanti conseguenze per le stazioni
appaltanti e per le imprese coinvolte. La
nota ministeriale ribadisce invece che
rimane ferma l'efficacia della disposizioni
sulla tracciabilità dei flussi finanziari
previste da leggi speciali come quelle per
l'Abruzzo e per l'Expo 2015; per questi
contratti, in essere o ancora da stipulare,
nulla cambia.
Nel frattempo la palla è passata
all'Autorità di via di Ripetta che sta
lavorando ad una bozza di determina che
dovrebbe essere pronta la prossima
settimana. E proprio per definire i
contenuti del provvedimento la presidenza
dell'Autorità ha convocato per lunedì
pomeriggio una riunione con tutti i soggetti
interessati (articolo ItaliaOggi
dell'11.09.2010, pag. 31). |
APPALTI:
Non può essere esclusa
l’impresa cessionaria del ramo d’azienda che
non abbia presentato le relative
dichiarazioni in ordine alla posizione della
cedente.
Con la sentenza in commento il TAR
Lombardia, con riferimento ad una gara in
cui erano state ammesse tre imprese, ha
accolto il ricorso incidentale
dell’aggiudicataria ed ha respinto il
ricorso principale della società cooperativa
appellante avverso una determinazione
dirigenziale del comune di Milano di
affidamento del servizio di attacchinaggio
su impianti di proprietà comunale.
Il Consiglio di Stato, nel considerare
l’appello infondato, ha ritenuto priva di
pregio, in particolare, la doglianza con la
quale si sostiene che l’aggiudicataria
avrebbe dovuto dichiarare nella domanda di
partecipazione, a pena di esclusione,
l’intenzione di avvalersi dei requisiti
acquisiti per effetto della cessione del
ramo d’azienda stipulata anteriormente alla
procedura.
Occorre osservare, spiegano i giudici
d’appello, che in materia di procedure ad
evidenza pubblica le clausole di esclusione
poste dalla legge o dal bando in ordine alle
dichiarazioni cui è tenuta la impresa
partecipante alla gara sono di stretta
interpretazione dovendosi dare esclusiva
prevalenza alle espressioni letterali in
esse contenute restando preclusa ogni forma
di estensione analogica diretta ad
evidenziare significati impliciti, che
rischierebbe di pregiudicare l’affidamento
dei partecipanti, la par condicio dei
concorrenti e l’esigenza della più ampia
partecipazione (V. le decisioni di questo
Consiglio sez. V, 28.09.2005 n. 5194 e
13.01.2005 n. 82; Sez. IV, 15.06.2004 n.
3903; VI, 02.04.2003 n. 1709).
Inoltre, al fine di integrare i requisiti di
partecipazione ad una gara di appalto ed a
prescindere da un’espressa previsione del
bando, sono certamente riconducibili al
patrimonio di una società o di un
imprenditore cessionari prima della
partecipazione alla gara di un ramo
d’azienda i requisiti posseduti dal soggetto
cedente, giacché essi devono considerarsi
compresi nella cessione in quanto
strettamente connessi all'attività propria
del ramo ceduto. In tal caso infatti nessuna
norma del Codice dei contratti impone al
cessionario di dichiarare espressamente,
nella domanda, di partecipare alla gara
grazie ai requisiti acquisiti con la
precedente cessione; né varrebbe richiamare
gli artt. 51 e 49, dal momento che si
riferiscono rispettivamente alle diverse
ipotesi nelle quali la cessione sia avvenuta
nel corso della gara ovvero il concorrente
ricorra ad imprese ausiliarie mediante
l’avvalimento al fine di integrare i propri
requisiti per partecipare alla gara.
L’orientamento sopra indicato è stato
recentemente confermato dalla quinta Sezione
(decisione 21.05.2010 n. 3213), rilevandosi
che manca nel Codice appalti una norma, con
effetto preclusivo, che preveda in caso di
cessione d’azienda antecedente alla
partecipazione alla gara un obbligo
specifico di dichiarazioni in ordine ai
requisiti soggettivi della cedente riferita
sia agli amministratori e direttori tecnici
in quanto l’art. 51 del Codice si occupa
della sola ipotesi di cessione del ramo di
azienda successiva alla aggiudicazione della
gara.
Ne discende che in assenza di tale norma e
siccome la cessione di azienda comporta non
una successione a titolo universale del
cessionario al cedente bensì invece una
successione nelle posizioni attive e passive
relative all’azienda tra soggetti che
conservano distinta personalità giuridica,
non può essere esclusa l’impresa cessionaria
del ramo d’azienda che non abbia presentato
le relative dichiarazioni in ordine alla
posizione della cedente, con conseguente
infondatezza, concludono gli stessi giudici,
della doglianza avanzata dall’appellante
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 10.09.2010 n. 6550 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Le amministrazioni
pubbliche, in alternativa allo svolgimento
di una procedura di evidenza pubblica di
scelta del contraente, possono stipulare con
altra amministrazione pubblica un accordo a
titolo oneroso cui affidare il servizio.
Il diritto comunitario non impone in alcun
modo alle autorità pubbliche di ricorrere ad
una particolare forma giuridica per
assicurare in comune le loro funzioni di
servizio pubblico, consentendo, invece, alle
amministrazioni aggiudicatrici, in
alternativa allo svolgimento di una di
procedura di evidenza pubblica di scelta del
contraente, di stipulare un accordo a titolo
oneroso con altra amministrazione pubblica,
cui affidare il servizio (sentenza CGE
09.06.2009, C-480/06, par. n. 47).
Una cooperazione del genere tra autorità
pubbliche non può rimettere in questione
l'obiettivo principale delle norme
comunitarie in materia di appalti pubblici,
vale a dire la libera circolazione dei
servizi e l'apertura alla concorrenza non
falsata in tutti gli Stati membri, poiché
l'attuazione di tale cooperazione è retta
unicamente da considerazioni e prescrizioni
connesse al perseguimento di obiettivi
d'interesse pubblico e poiché viene
salvaguardato il principio della parità di
trattamento degli interessati di cui alla
direttiva 92/50, cosicché nessun impresa
privata viene posta in una situazione
privilegiata rispetto ai suoi concorrenti
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 10.09.2010 n. 6548 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Nell’ambito del criterio
selettivo dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, anche quando il progetto posto
a base di gara è definitivo, è consentito
alle imprese di proporre le variazioni
migliorative rese possibili dal possesso di
peculiari conoscenze tecnologiche.
La giurisprudenza sottolinea costantemente
la naturale vocazione del metodo
dell’offerta economicamente più vantaggiosa
a recepire i suggerimenti innovativi
provenienti dall’esperienza e dalla capacità
tecnica delle imprese concorrenti.
La Sezione ha affermato infatti: “E’
insito nella scelta del criterio selettivo
dell'offerta economicamente più vantaggiosa
che, anche quando il progetto posto a base
di gara è definitivo, deve ritenersi
consentito alle imprese di proporre le
variazioni migliorative rese possibili dal
possesso di peculiari conoscenze
tecnologiche, purché non si alterino i
caratteri essenziali delle prestazioni
richieste” (Consiglio Stato, sez. V,
16.06.2010, n. 3806; 12.02.2010, n. 743;
17.09.2008 n. 4398; 11.07.2008 n. 3481)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 10.09.2010 n. 6545 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI FORNITURE:
E' legittima la
prescrizione del disciplinare di gara,
stabilita a pena di esclusione, relativa
all'allegazione della duplice certificazione
di qualità per il fabbricante, qualora le
due certificazioni assolvano tra di loro una
funzione complementare.
E' legittima la prescrizione del
disciplinare di gara, stabilita a pena di
esclusione, relativa all’allegazione della
duplice certificazione di qualità per il
fabbricante, qualora le due certificazioni
assolvano tra di loro una funzione
complementare.
Nel caso di specie, il disciplinare
richiedeva a pena di esclusione, per una
gara per la fornitura di guanti, il possesso
del certificato di conformità alle norme UNI
EN ISO 13485/2004, con specifico riferimento
ai dispositivi medici, ed il certificato
generico di conformità alle norme ISO
9001:2000 per il fabbricante (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 10.09.2010 n. 6530 -
link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla legittimità
dell'affidamento del servizio di refezione
scolastica di un comune attraverso il
modello della gestione associata tra comuni
e gestione del servizio condotta a mezzo di
una istituzione.
Ai fini della distinzione tra servizi
pubblici locali di rilevanza economica e
servizi privi di tale rilevanza è necessario
far ricorso ad un criterio relativistico che
tenga conto delle peculiarità del caso
concreto.
Le istituzioni, seppure dotate di autonomia
gestionale, quali organismi strumentali sono
soggetti istituzionalmente dipendenti dagli
enti locali e sono parte dell'apparato
amministrativo che fa capo al Comune; come
tali, le stesse possono, nell'ambito degli
speciali moduli convenzionali o consorziali
tra enti locali previsti dalle norme
legislative e regolamentari, essere
affidatarie di servizi pubblici sociali
privi di rilevanza economica per la gestione
comune tra più enti locali. Pertanto, non
sussistono, nel caso di specie, ostacoli
normativi al ricorso da parte di un comune,
per la gestione del servizio di refezione
scolastica, al ricorso al modulo della
gestione associata ex art. 30 d.lgs. n.
18.08.2000, n. 267, tramite convenzione col
limitrofo comune, avvalendosi quest'ultimo
per la gestione del servizio, di una
istituzione proprio organismo strumentale,
considerato che si tratta di un servizio
privo di rilevanza economica.
Ai fini della distinzione tra servizi
pubblici locali di rilevanza economica e
servizi pubblici locali privi di tale
rilevanza, a fronte della rilevata
inidoneità di criteri distintivi di natura
astratta, sostanzialistica e/o ontologica,
occorre far ricorso ad un criterio
relativistico, che tenga conto delle
peculiarità del caso concreto, quali la
concreta struttura del servizio, le concrete
modalità del suo espletamento, i suoi
specifici connotati economico-organizzativi,
la natura del soggetto chiamato ad
espletarlo, la disciplina normativa del
servizio.
Pertanto, applicando siffatto criterio
relativistico e contestualizzante al caso di
specie, riguardante l'assegnazione del
servizio di refezione scolastica nelle
scuole del territorio comunale attraverso il
modulo della gestione associata ex art. 30
d.lgs. n. 18.08.2000, n. 267, a mezzo di una
Istituzione, si giunge alla conclusione che
si versi in fattispecie di servizio in
concreto privo di rilevanza economica
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 10.09.2010 n. 6529 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'esclusione di un concorrente da una
gara per omessa dichiarazione circa la
condanna penale subita dal rappresentante
della mandante, essendo irrilevante, ai fini
dell'esclusione, la sua ignoranza o buona
fede.
L'art. 38, c. 1, lett. c) e c. 2 del D.lgs.
n. 163/2006, richiede che le imprese
partecipanti ad una gara d'appalto
dichiarino le condanne subite per i reati
ivi specificatamente elencati nonché quelle
conseguenti a reati gravi in danno dello
Stato o della Comunità incidenti sulla
moralità professionale.
Inoltre, l'Autorità di Vigilanza, con il
parere di cui alla Determinazione n. 1/2010,
ha precisato che "Gli operatori economici
hanno l'obbligo di dichiarare qualsiasi
condanna o violazione relativa alle
fattispecie indicate alla lett. c)", in
quanto "la valutazione della gravità
della condanna dichiarata, e della sua
incidenza sulla "moralità professionale",
non è rimessa all'apprezzamento dell'impresa
concorrente ma alla valutazione della
stazione appaltante".
Pertanto, nel caso di specie, poiché è stata
omessa la dichiarazione circa la condanna
subita dal rappresentante della mandante,
condanna che, rientrando fra quelle
individuate dal citato art. 38, non riguarda
un reato nelle more estinto, essendo
irrilevante ai fini dell'esclusione, la sua
ignoranza o buona fede, è legittimo il
provvedimento di esclusione, nonché
l'irrogazione delle sanzioni accessorie, la
cui applicazione interviene anche in caso di
omessa dichiarazione in ordine ai requisiti
di carattere generale (TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 10.09.2010 n. 4681 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI: G.U.
10.09.2010 n. 212 "Regolamento recante
norme relative al rilascio delle
informazioni antimafia a seguito degli
accessi e accertamenti nei cantieri delle
imprese interessate all’esecuzione di lavori
pubblici" (D.P.R.
02.08.2010 n. 150). |
APPALTI: L'agenzia
delle entrate ci ripensa. Carichi pendenti,
solo accertamenti definitivi.
I certificati dei
requisiti fiscali emessi a norma dell'art.
38 del Codice dei contratti pubblici, non
devono tener conto degli accertamenti ancora
pendenti e pertanto non definitivi.
Questo è il senso di una recentissima
circolare dell'Agenzia delle entrate –
Direzione centrale normativa, che ha
parzialmente modificato una precedente
impostazione della stessa amministrazione
finanziaria.
La circolare in esame (la
n. 41/E del 03.08.2010), concerne
alcuni aspetti legati alla «certificazione
dei requisiti fiscali richiesti per la
partecipazione alle procedure di affidamento
delle concessioni e degli appalti di lavori,
forniture e servizi e relativi subappalti,
di cui al decreto legislativo 12.04.2006 n.
163, recante Codice dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture in
attuazione delle direttive 2004/17/Ce e
2004/18/Ce».
Infatti da più parti vi erano stati
interrogativi sulla portata applicativa, in
special modo, dell'art. 38 della norma in
esame.
L'articolo 38 del dlgs 12/04/2006 n. 163,
infatti, dispone l'esclusione dalla
partecipazione alle citate procedure di
affidamento per i soggetti «che hanno
commesso violazioni, definitivamente
accertate, rispetto agli obblighi relativi
al pagamento delle imposte e tasse, secondo
la legislazione italiana o quella dello
Stato in cui sono stabiliti».
La stessa norma impone infatti che
l'attestazione del possesso dei requisiti
ora ricordati, possa essere fornita anche
mediante dichiarazione sostitutiva, in
conformità alle disposizioni del dpr
28.12.2000 n. 45.
Le dichiarazioni rese dai soggetti
interessati, naturalmente possono essere
poste al vaglio del controllo
dell'Amministrazione finanziaria, e punite
secondo le leggi vigenti in caso di
dichiarazioni mendaci.
È sempre possibile richiedere, a cura di chi
effettua la dichiarazione sostitutiva,
all'Amministrazione finanziaria per i
tributi su cui ha la competenza esclusiva, «conferma
scritta della corrispondenza di quanto
dichiarato con le risultanze dei registri da
questa custoditi».
La relativa modulistica, è quella prevista
dal Provvedimento dell'Agenzia delle entrate
del 25/06/2001, relativa alla «certificazione
dei carichi pendenti risultanti al sistema
informativo dell'anagrafe tributaria.»
La circolare chiarisce, in modo chiaro e
inequivocabile, che come espressamente
previsto dal citato art. 38 del Codice dei
contratti pubblici, l'irregolarità fiscale
rilevante ai fini dell'esclusione delle
procedure di affidamento può dirsi integrata
qualora in capo al contribuente sia stata
definitivamente accertata una qualunque
violazione relativa agli obblighi di
pagamento di tributi di competenza
dell'Agenzia delle entrate. Del pari non si
può considerarsi causa ostativa dalla
partecipazione di procedure pubbliche di
affidamento di lavori e appalti, nel caso in
cui al momento della richiesta della
certificazione, il contribuente abbia
integralmente soddisfatto la pretesa
dell'Amministrazione finanziaria, anche
mediante definizione agevolata.
Inoltre, e questo è il chiarimento più
significativo fornito nella Circolare del 3
agosto scorso, la definitività
dell'accertamento, consegue al decorso del
termine per l'impugnazione senza che venga
proposto ricorso o istanza per
l'accertamento con adesione.
Ovvero, qualora sia presentata impugnazione,
che sia passata in giudicato la pronuncia
giurisdizionale.
Pertanto gli Uffici locali dell'Agenzia
dovranno iscrivere nella certificazione in
argomento, solo esclusivamente le violazione
definitivamente accertate in relazione al
pagamento di tributi. In particolare, la
circolare riferisce che è stato evidenziato
che potrebbero determinarsi disparità di
trattamento con riferimento alle ipotesi in
cui alla gara partecipino anche soggetti non
stabiliti nel territorio dello Stato, per i
quali tale certificazione non viene
rilasciata dall'Agenzia delle entrate.
Appare chiaro che questi soggetti esteri
potrebbero risultare favoriti nella
partecipazione alle procedure di affidamento
rispetto a soggetti stabiliti in Italia,
qualora le informazioni in merito al
requisito della regolarità fiscale rese
dalle loro Amministrazioni fiscali fossero
più scarne rispetto a quelle relative ai
concorrenti nazionali.
Tenuto conto che la valutazione della
sussistenza del requisito della regolarità
fiscale spetta, comunque, alla stazione
appaltante, occorre garantire l'uniformità
dell'attività degli uffici dell'Agenzia
incaricati della redazione dei suddetti
modelli di certificazione in senso più
strettamente corrispondente ai requisiti
prescritti dal Codice dei contratti
pubblici, coerentemente con quanto sopra
argomentato in merito alle certificazioni
rilasciate dalle amministrazioni fiscali di
soggetti esteri.
Pertanto l'Agenzia, concludendo la
circolare, ribadisce che nel certificato dei
requisiti fiscali, devono essere indicate
esclusivamente le violazioni definitivamente
accertate (articolo ItaliaOggi del
10.09.2010, pag. 40). |
APPALTI SERVIZI:
La circostanza che un
prestatore dei servizi non sia retribuito
direttamente dalla p.a. con cui ha una
relazione contrattuale implica di per sé,
che il contratto debba essere qualificato
come concessione di servizi.
L'assenza di remunerazione diretta del
prestatore del servizio ad opera
dell'amministrazione pubblica che gli ha
attribuito un servizio costituisce un
criterio sufficiente al fine della
qualificazione del contratto come
concessione di servizi, ai sensi dell'art.
1, n. 4, della direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio, 31.03.2004,
2004/18/CE, relativa al coordinamento delle
procedure di aggiudicazione degli appalti
pubblici di lavori, di forniture e di
servizi.
A questo riguardo, non importa sapere, in
primo luogo, chi versi la remunerazione
dovuta per i servizi prestati, ammesso che
si tratti di un organismo sufficientemente
distinto ed indipendente
dall'amministrazione che ha attribuito il
servizio in questione, né, in secondo luogo,
quali siano le modalità del pagamento della
remunerazione, né, in terzo luogo, se il
rischio d'impresa collegato al servizio in
questione sia, sin dall'inizio, limitato
(Avvocato Generale J. Mazak,
conclusioni 09.09.2010 n. C-274/09
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
La stazione appaltante è
tenuta ad autorizzare il subappalto anche di
singole prestazioni: condizioni.
Deve essere annullato il provvedimento di
diniego opposto da una stazione appaltante
relativamente all'istanza con cui la società
ricorrente aveva chiesto di poter
subappaltare una delle prestazioni (posa in
opera) ricomprese in una delle lavorazioni
(fornitura di materiale e relativa posa in
opera) facenti parte dell'appalto di cui era
risultata aggiudicataria in quanto, se da un
lato le limitazioni imposte dalla legge alla
possibilità di accedere al subappalto
rispondono all'esigenza di evitare che siano
affidati in subappalto a prezzi troppo
bassi, l'esecuzione di lavorazioni o
prestazioni facenti parte delle lavorazioni
previste dal bando, dall'altro neppure si
può precludere la possibilità di farvi
ricorso limitatamente all'esecuzione di
alcune prestazioni.
Pertanto, perché possa farsi ricorso a
siffatta forma contrattuale, è necessario
scomporre il prezzo unitario delle singole
lavorazioni indicando i prezzi unitari delle
prestazioni ricomprese nelle suddette
lavorazioni al fine di consentire alla
stazione appaltante di verificare il
rispetto del limite previsto dal c. 4
dell'art. 118 del d.lgvo n.163/2006, che
impone all'appaltatore di praticare al
subappaltatore gli stessi prezzi del
contratto di appalto con un ribasso che non
risulti superiore al 20%.
In altre parole, deve ritenersi che qualora
l'affidatario intenda subappaltare singole
prestazioni contrattuali, il limite del 20%
deve essere riferito al prezzo di queste
ultime come specificatamente indicato in
sede di offerta, per cui in presenza di tale
presupposto e delle altre condizioni
indicate dal c. 2, dell'art. 118 del d.lgvo
n. 163/2006, la stazione appaltante è tenuta
ad autorizzare il subappalto anche di
singole prestazioni (TAR Lazio-Roma, Sez.
III,
sentenza 08.09.2010 n. 32140 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
L’escussione della
cauzione provvisoria, disciplinata
dall’articolo 48 del codice dei contratti
pubblici, ha carattere tassativo e non può
essere estesa ad altre ipotesi diverse.
L’escussione della cauzione provvisoria è
disciplinata dall’articolo 48 del codice dei
contratti pubblici. Tale norma prevede, al
comma 1, che “1. Le stazioni appaltanti
prima di procedere all'apertura delle buste
delle offerte presentate, richiedono ad un
numero di offerenti non inferiore al 10 per
cento delle offerte presentate, arrotondato
all'unità superiore, scelti con sorteggio
pubblico, di comprovare, entro dieci giorni
dalla data della richiesta medesima, il
possesso dei requisiti di capacità
economico-finanziaria e
tecnico-organizzativa, eventualmente
richiesti nel bando di gara, presentando la
documentazione indicata in detto bando o
nella lettera di invito. Quando tale prova
non sia fornita, ovvero non confermi le
dichiarazioni contenute nella domanda di
partecipazione o nell'offerta, le stazioni
appaltanti procedono all'esclusione del
concorrente dalla gara, all’escussione della
relativa cauzione provvisoria e alla
segnalazione del fatto all'Autorità per i
provvedimenti di cui all'art. 6 comma 11.
L’Autorità dispone altresì la sospensione da
uno a dodici mesi dalla partecipazione alle
procedure di affidamento.”
La disposizione prevede l’incameramento
della cauzione come misura sanzionatoria
correlata all’accertata difformità tra le
dichiarazioni e gli accertamenti effettuati,
ma non specifico riguardo ai requisiti di
capacità economico-finanziaria e
tecnico-organizzativa. Nel caso di specie,
invece, la riscontrata divergenza tra la
dichiarazione contenuta nell’offerta e la
successiva verifica riguarda determinati
aspetti dell’offerta, destinati ad essere
valutati per l’attribuzione dei punteggi e
non considerati quali “requisiti” di
partecipazione.
Né la lex specialis di gara prevede
l’estensione della misura sanzionatoria
dell’incameramento della cauzione ad altre
fattispecie diverse da quelle espressamente
considerate dal citato articolo 48.
La Sezione, pertanto, ritiene di confermare
il consolidato indirizzo interpretativo,
secondo cui la previsione dell’articolo 48
ha carattere tassativo e non può essere
estesa ad altre ipotesi diverse (TAR per il
Veneto, Sezione I, sentenza n. 3013 del
23.09.2008; TAR Piemonte, Sez. I, 21/12/2009
n. 3709) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.09.2010 n. 6519 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Bandi di gara, requisiti
ulteriori e onere di immediata impugnazione.
Non possono ritenersi illegittime le regole
delle procedure ad evidenza pubblica
richiedenti, a pena di esclusione, la
presentazione delle giustificazioni
preventive, pure ulteriori rispetto a quelle
indicate dagli artt. 86 e 87 del Codice dei
contratti pubblici, giacché tale richiesta
non si pone in contrasto con alcuna
disposizione normativa, sia nazionale che
comunitaria. Anzi la stessa richiesta è
ragionevole, non comporta un onere
documentale incongruo ed eccessivo e
risponde a finalità di accelerazione e
semplificazione della procedura, essendo
garanzia di serietà dell’offerta,
scongiurando il pericolo che le
giustificazioni vengano ricostruite solo
ex post, anziché essere realmente
esistenti al momento della formulazione
dell’offerta.
Nel caso in cui il bando di gara richieda, a
pena di esclusione, la presentazione di
giustificazioni preventive delle offerte, va
disposta l’estromissione dalla gara di una
ditta che non abbia rispettato tale
clausola, indipendentemente dal fatto che il
prezzo offerto possa rivelarsi congruo ad
una successiva ed ipotetica verifica.
In tal caso, peraltro, la esclusione va
disposta senza la necessità di instaurazione
del previo contraddittorio, trattandosi di
una fase anteriore a quella di verifica
delle offerte sospettate di essere
anomale (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 08.09.2010 n. 6518 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'obbligo del
versamento del contributo in favore
dell'Autorità di vigilanza sui contratti
pubblici e conseguenze nel caso di
versamento inferiore all'importo previsto
(fattispecie riguardante una gara per
l'affidamento del servizio di tesoreria).
L'obbligo del versamento generalizzato del
contributo all'Autorità di vigilanza sui
contratti pubblici a tutti gli operatori
economici che intendano partecipare a
procedure di scelta del contraente, si fonda
sull'art. 1, c. 67, della l. n. 266 del
2005, che è stato regolato con deliberazione
10.01.2007, art. 1, lett. b), dell'Autorità
di vigilanza sui contratti pubblici. Ciò
implica il superamento di ogni distinzione
tra i vari tipi di affidamento previsti dal
codice dei contratti pubblici (d.lgvo
12.04.2006, n. 163) in tutti i casi nei
quali sia prevista una procedura comparativa
o comunque selettiva.
L'estensione dei compiti di vigilanza
attribuiti all'Autorità per la Vigilanza sui
contratti pubblici,infatti, ha comportato
anche l'ampliamento del novero dei soggetti
tenuti al pagamento del contributo in suo
favore, nel settore dei servizi e delle
forniture, perché sottoposti comunque alla
vigilanza dell'organo di controllo,
concernendo quindi anche i contratti in
tutto o in parte esclusi dall'ambito di
applicazione del Codice dei contratti, in
quanto soggetti al potere di vigilanza
dell'Autorità.
Ne consegue che, nel caso di specie, è
necessario il versamento del contributo
previsto in favore della predetta Autorità
di vigilanza nel caso di gara per
l'affidamento del servizio di tesoreria
comunale, sebbene il contratto di tesoreria
sia del tutto gratuito. Inoltre, il
pagamento del contributo costituisce una
condizione di ammissibilità dell'offerta
così che un versamento in misura non
corrispondente a quella dovuta implica
l'inammissibilità della proposta
contrattuale (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.09.2010 n. 6515 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Esame delle offerte e
anomalie.
L'esame delle offerte economiche prima di
quelle tecniche costituisce una palese
violazione dei principi inderogabili di
trasparenza e di imparzialità che devono
presiedere le gare pubbliche, in quanto la
conoscenza preventiva dell'offerta economica
consente di modulare il giudizio
sull'offerta tecnica in modo non conforme
alla parità di trattamento dei concorrenti e
tale possibilità, ancorché remota ed
eventuale, inficia la regolarità della
procedura.
Anche la sola possibilità della conoscenza
dell'entità dell'offerta economica e delle
caratteristiche di quella tecnica mette in
pericolo la garanzia dell'imparzialità
dell'operato dell'organo valutativo,
comportando il rischio che i criteri siano
plasmati ed adattati alle offerte in modo
che ne sortisca un effetto potenzialmente
premiante nei confronti di una di esse; è
pertanto legittima l’esclusione dalla gara
di appalto di una impresa che abbia inserito
nel documento informatico dell’offerta
tecnica il computo metrico estimativo
corredato dai relativi prezzi, rendendo così
esplicito, nell’ambito della documentazione
di tipo tecnico, l’incidenza dei costi
sull’offerta economica (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 08.09.2010 n. 6509 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Si ritiene conforme alla
disciplina legislativa e di gara
l'esclusione del raggruppamento che,
nell'offerta tecnica in versione informatica
(ma non in quella cartacea), aveva corredato
di prezzi il computo metrico estimativo,
rendendo così esplicito nell'ambito della
documentazione di tipo tecnico, l'incidenza
dei costi per oltre il nove per cento del
totale.
Si ritiene conforme alla disciplina
legislativa e di gara l’esclusione del
raggruppamento che, nell’offerta tecnica in
versione informatica (ma non in quella
cartacea), aveva corredato di prezzi il
computo metrico estimativo, rendendo così
esplicito nell’ambito della documentazione
di tipo tecnico, l’incidenza dei costi per
oltre il nove per cento del totale.
Infatti, l'esame delle offerte economiche
prima di quelle tecniche costituisce una
palese violazione dei principi inderogabili
di trasparenza e di imparzialità che devono
presiedere le gare pubbliche in quanto la
conoscenza preventiva dell'offerta economica
consente di modulare il giudizio
sull'offerta tecnica in modo non conforme
alla parità di trattamento dei concorrenti e
tale possibilità, ancorché remota ed
eventuale, inficia la regolarità della
procedura (C.d.S., V, 25.05.2009, n. 3217)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.09.2010 n. 6509 -
link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Bandi di gara, requisiti
ulteriori e onere di immediata impugnazione.
E’ illegittima la clausola della lex
specialis di una gara di appalto che, in
contrasto con i principi di ragionevolezza e
proporzionalità che presiedono le procedure
di gara, impone, a pena di esclusione,
l’indicazione dell’oggetto della gara, oltre
che sul plico contenente l’offerta, anche
sulla busta interna a detto plico, recante
in separati involucri la documentazione
amministrativa e l’offerta economica; è
conseguentemente illegittimo il
provvedimento di esclusione adottato in
applicazione della suddetta clausola del
bando nei confronti di una ditta che ha
presentato l’offerta con l’indicazione
dell’oggetto della gara solo sul plico
esterno e non anche sulla busta
interna (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 08.09.2010 n. 6507 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sono ammesse varianti
migliorative riguardanti le modalità
esecutive dell’opera o del servizio, purché
non si traducano in una diversa ideazione
dell’oggetto del contratto, che si ponga
come del tutto alternativo rispetto a quello
voluto dalla p.a..
La Sezione ritiene che, nei limiti in cui
–come correttamente ha evidenziato il TAR–
sia sindacabile la valutazione della
stazione appaltante in ordine alla
sussistenza di inammissibile variante
essenziale ovvero di variante non essenziale
quindi consentita, in assenza di ulteriori
specificazioni da parte del bando non sia
manifestamente illogico definire quella in
parola quale elemento migliorativo, o,
meglio, di somma di elementi migliorativi
del viadotto, costituente a sua volta parte
dell’oggetto del contratto ed il cui assetto
planimetrico rimane invariato, mutando
invece unicamente le modalità tecniche
quali-quantitative e visive di
realizzazione.
In altri termini, non si tratta di opera
completamente diversa da quella voluta
dall’amministrazione, bensì della stessa
opera, con evidenti miglioramenti, sul piano
sia tecnico che estetico, e conseguenti
ovvie ricadute positive sulla sicurezza e
sull’incidenza ambientale, articolatamente
motivate dall’offerente. Ne deriva che la
medesima variante ed il positivo
apprezzamento che di essa ha operato il
Comune di Benevento collimano pienamente con
i criteri-guida elaborati dalla
giurisprudenza amministrativa in materia in
materia (cfr. Cons. Stato, sez. V,
19.02.2003, n. 923; sez. V, 09.02.2001, n.
578; sez. IV, 02.04.1997, n. 309), che così
possono riassumersi:
- sono ammesse varianti migliorative
riguardanti le modalità esecutive dell’opera
o del servizio, purché non si traducano in
una diversa ideazione dell’oggetto del
contratto, che si ponga come del tutto
alternativo rispetto a quello voluto dalla
p.a.;
- è essenziale che la proposta tecnica sia
migliorativa rispetto al progetto base, che
l’offerente dia contezza delle ragioni che
giustificano l’adattamento proposto e le
variazioni alle singole prescrizioni
progettuali, che si dia la prova che la
variante garantisca l’efficienza del
progetto e le esigenze della p.a. sottese
alla prescrizione variata;
- la commissione giudicatrice ha ampio
margine di discrezionalità, trattandosi di
valutazione dell’offerta economicamente più
vantaggiosa.
D’altro canto, la Sezione ha già affermato
che la ratio della scelta normativa
comunitaria, tradottasi nel cit. art. 76 del
d.lgs. n. 163 del 2006, di consentire in via
generale –se, come qui previsto, autorizzate
dalla stazione appaltante e nei limiti
dell’autorizzato– nelle gare col criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa
la presentazione di varianti riposa sulla
circostanza che, allorquando il sistema di
selezione delle offerte sia basato su detto
criterio, la stazione appaltante ha maggiore
discrezionalità e soprattutto sceglie il
contraente valutando non solo criteri
matematici ma la complessità dell’offerta
proposta, sicché nel corso del procedimento
di gara potrebbero rendersi necessari degli
aggiustamenti rispetto al progetto base
elaborato dall’amministrazione (cfr. Cons.
St., sez. V, 11.07.2008 n. 3481) (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 08.09.2010 n. 6500 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Procedura di gara,
vincolo contrattuale e autotutela.
Non può essere accolta la domanda di
risarcimento del danno avanzata da un
concorrente ad una gara pubblica, derivante
da asserita responsabilità precontrattuale
della P.A., ex art. 1337 c.c., per avere la
stazione appaltante dapprima indetto una
gara e, successivamente, revocato in
autotutela i relativi atti, a causa della
carenza di disponibilità finanziaria, ed al
fine di svolgere in economia i servizi da
appaltare, nel caso in cui la revoca sia
intervenuta in costanza del termine di
scadenza per la presentazione delle domande
di partecipazione alla gara (massima tratta
da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 08.09.2010 n. 6489 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Deve ritenersi che non
abbia titolo ad essere risarcita ex articolo
1337 c.c. l'impresa che abbia presentato
domanda di partecipazione a una procedura ad
evidenza pubblica, che la stazione
appaltante abbia revocato in costanza del
termine per scadenza delle domande di
partecipazione.
Deve ritenersi che non abbia titolo ad
essere risarcita ex articolo 1337 c.c.
l’impresa che abbia presentato domanda di
partecipazione a una procedura ad evidenza
pubblica, che la stazione appaltante abbia
revocato in costanza del termine per
scadenza delle domande di partecipazione
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.09.2010 n. 6489 -
link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
SUBAPPALTO.
Il comma 2°, dell'articolo 118 del Codice
dei contratti pubblici (D.Lgs n. 163/2006),
il quale stabilisce che tutte le
prestazioni, nonché le lavorazioni a
qualsiasi categoria appartengono, sono
subappaltabili ed affidabili in cottimo,
data la sua estrema genericità, non sembra
in alcun modo supportare la tesi, che
restringe la possibilità di subappaltare
solamente le lavorazioni o parti delle
stesse integralmente considerate.
E’ quanto statuito dal Tar Lazio-Roma, Sez.
III, nella
sentenza 07.09.2010 n. 32134, ove
viene affrontata una peculiare problematica:
la subappaltabilità delle singole
prestazioni, costituenti mere parti di una
lavorazione, indicata, in sede di gara, come
suscettibile di richiesta autorizzatoria.
Il principale pregio della sentenza in esame
è, sicuramente, costituito dallo sforzo,
posto in essere dai giudici amministrativi,
volto alla puntuale identificazione
dell’oggetto del subappalto, cioè di “cosa”
sia subappaltabile, in aderenza alla vigente
ed illustrata normativa codicistica.
Secondo la stazione appaltante, come prima
illustrato, non è possibile subappaltare
singole prestazioni facenti parti di
complesse lavorazioni, soprattutto laddove,
in sede di offerta, si sia indicata la sola
lavorazione.
Tale prospettazione non viene accolta dal
Tar, in quanto ritenuta, come giustamente
vedremo fra breve, non rispondente alla
disciplina del Codice dei contratti
pubblici.
L’analisi dei giudici amministrativi laziali
prende le mosse, come doverosamente ovvio,
dal fondamentale principio, di cui al comma
2°, cioè la regola generale della
subappaltabilità di tutte le prestazioni e
lavorazioni, appartenenti a qualsiasi
categoria, ad eccezione dei casi
normativamente previsti. Secondo il Tar, in
considerazione dell’estrema genericità di
tale principio, non appare possibile, in
alcun modo, avvalorare tesi restrittive,
come quella propugnata dall’ANAS, escludenti
la possibilità di subappaltare solamente le
lavorazioni o parti delle stesse
integralmente considerate.
Infatti, il subappalto costituisce una
possibilità dell’impresa appaltatrice, un
suo diritto, ovviamente esercitabile in
presenza dei legali presupposti. Orbene, se
analizziamo tali presupposti, cioè le
condizioni applicative prima illustrate,
appare evidente che, fra queste, non è
affatto contemplata alcuna particolare
limitazione relativa all’oggetto. L’articolo
118, comma 2°, punto 1, del Codice, fa
riferimento, quale oggetto a indicare in
sede di offerta, a “lavori o parti di
opere”: di conseguenza, le singole
prestazioni di una più articolata
lavorazione possono, senza alcun dubbio,
rientrare fra le “parti di opere”, di
cui alla riportata disposizione normativa
del Codice. Parti di opere possono essere,
dunque, anche singole prestazioni!
Secondo il Tar, gli unici limiti al
subappalto ed al suo oggetto non possono che
essere rinvenuti solo, ed esclusivamente,
nelle già indicate condizioni applicative.
In presenza di queste, non contemplanti
(come ora esposto) limiti alle singole
prestazioni, l'autorizzazione al subappalto
costituisce un atto dovuto, “essendo
escluso qualsivoglia profilo di
discrezionalità da parte della staziona
appaltante nell'adottare il relativo
provvedimento autorizzatorio, dovendo
quest'ultima limitarsi a svolgere una
funzione meramente ricognitiva in ordine
alla sussistenza delle condizioni di cui al
predetto comma 2°”.
Il Tar Lazio esamina anche la seconda
ragione di diniego, fondata, in modo non
convincente, sulla disciplina legale dei
prezzi del subappalto.
Come già anticipato, ai sensi del comma 4°,
l’impresa appaltatrice deve praticare, per
le prestazioni affidate in subappalto, gli
stessi prezzi unitari risultanti
dall'aggiudicazione, con ribasso non
superiore al venti per cento. La ratio
di tale disposizione è diretta, secondo la
corretta analisi dei giudici, ad evitare che
siano affidati in subappalto a prezzi troppo
bassi lavorazioni o prestazioni facenti
parte del contratto di appalto, onde
assicurare la corretta esecuzione delle
medesime.
Orbene, tale ratio, se rettamente
intesa, non può di per sé precludere la
possibilità di ricorrere al subappalto
solamente per delle prestazioni facenti
parte delle lavorazioni previste nel bando.
A tal riguardo, secondo il Tar non si può
che ricorrere alla seguente semplice ed
ovvia operazione aritmetica: scomporre il
prezzo unitario delle singole lavorazioni,
indicando i prezzi unitari delle prestazioni
che erano ricomprese nelle medesime
lavorazioni. In tal modo, la stazione
appaltante può verificare il rispetto della
previsione del Codice, relativa ai prezzi
delle prestazioni subappaltate.
In altri termini, non può che essere
evidente quanto segue: qualora l’impresa
appaltatrice intenda subappaltare singole
prestazioni contrattuali, il limite del 20%
deve essere riferito al prezzo di queste
ultime, come specificatamente indicato in
sede di offerta, per cui in presenza di tale
presupposto e delle altre condizioni
indicate dal secondo comma, la stazione
appaltante è obbligata ad autorizzare il
subappalto anche di singole prestazioni
(commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it). |
APPALTI:
CONSEGNA PLICHI DI GARA.
LA RESPONSABILITA’ DEL VETTORE.
La mancata consegna in tempo utile del plico
di partecipazione ad una gara, per
l’aggiudicazione di un appalto, determina,
in capo al vettore, una grave
responsabilità, idonea ad interrompere
qualsiasi preesistente nesso causale. Di
conseguenza, insorge, in favore dell’impresa
danneggiata, un diritto al risarcimento del
danno, correlato alla perdita di chance,
intesa quale perdita della mera possibilità
di conseguire un vantaggio futuro
(l’aggiudicazione dell’appalto), secondo una
valutazione ex ante, da ricondursi,
diacronicamente, al momento in cui il
comportamento illecito ha inciso su tale
possibilità, in termini di conseguenza
dannosa potenziale.
E’ quanto affermato dalla Corte di
Cassazione, Sez. III, nella sentenza n.
20808/2010, ove viene affrontata, in
un’ottica sincretica civil-amministrativa,
la problematica della responsabilità per
intempestiva consegna dei plichi di gara.
Il vettore ha contestato, fra l’altro, la
liquidazione del danno, correlato alla
perdita di chance di vittoria in gara,
evidenziando che sussiste, in fatto, la
certezza che l’impresa N.A. non avrebbe
potuto aggiudicarsi l’appalto, avendo
offerto un prezzo superiore a quello degli
altri operatori economici concorrenti.
La Cassazione respinge tale insidiosa
censura, ricordando che “la perdita di
chance, costituita dalla privazione della
possibilità di vincere un concorso,
configura un danno attuale e risarcibile,
consistente nella perdita della mera
possibilità di conseguire un vantaggio
economico, secondo una valutazione ex ante”.
Proprio tale ultimo punto, cioè la
necessaria correlazione della perdita di
chance ad una valutazione ex ante, e
non a posteriori, deve essere posto in forte
evidenza, al fine di evitare facili
equivoci. La perdita di chance non può
essere correlata ad eventi successivi
(scoperta di offerte migliori), ma deve
essere ancorata alla situazione storica in
cui si produce, proprio perché costituisce
un pregiudizio della “possibilità” di
conseguire un vantaggio (l’aggiudicazione
dell’appalto). Al riguardo, deve essere
segnalato che l’ambito semantico-giuridico
del termine chance, è da ricondurre al
diritto romano. Infatti, la parola “chance”
deriva, etimologicamente, dall’espressione
latina cadentia, la quale sta ad
indicare il “cadere dei dadi”, e
significa “buona probabilità di riuscita”.
Si tratta, dunque, di una situazione,
teleologicamente orientata verso il
conseguimento di un’utilità o di un
vantaggio e caratterizzata da una
possibilità di successo presumibilmente non
priva di consistenza. Nell’importante
sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n.
5323/2006, si evidenzia, appunto, che, per
comprendere in modo pieno il concetto di
danno da perdita di chance, occorre tener
conto che "la lesione dell’entità
patrimoniale chance formerà oggetto di
valutazione, ai fini del riconoscimento di
un risarcimento del danno, in termini di
probabilità, definitivamente perduta, a
causa di una condotta illecita altrui, senza
dovere fare alcun riferimento al risultato
auspicato e non più realizzabile ed alla
consistenza del suo assetto potenziale”.
Pertanto, a nulla vale far riferimento ad
offerte migliori, che avrebbero impedito la
vittoria in gara. Ciò che interessa, ai fini
del danno in esame (danno da perdita di
chance) è la perdita della teorica
possibilità di vincere una gara, nella
prospettazione temporale della
partecipazione. L’intempestiva consegna del
plico ha impedito all’impresa N.A. di
partecipare alla gara e, quindi, di poter
coltivare il potenziale vantaggio della
possibile vittoria (commento tratto dalla
newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it). |
APPALTI:
Contratti pubblici:
l'Amministrazione non può disattendere il
bando neppure in caso di "ius superveniens".
Nell'espletamento di una procedura di gara,
l'Amministrazione è tenuta ad applicare le
regole contenute nel bando anche nel caso in
cui sopravvenga l'abrogazione o la modifica
della disciplina vigente al momento della
sua adozione (massima tratta da
www.eius.it
- Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 07.09.2010 n. 6485 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Stipula del contratto -
Discrezionalità dell’amministrazione -
Limite dei principi di buona fede e
correttezza - Tutela dell’affidamento del
privato - Responsabilità precontrattuale -
Art. 1337 c.c. - Fattispecie: omessa
verifica della copertura finanziaria.
Se è vero che deve riconoscersi la libertà
dell'Amministrazione di non dare corso
all'aggiudicazione con la stipula del
contratto (Cfr. Tar Basilicata n. 829/2004;
Tar Napoli 3258/2002; Tar Salerno 163/2004),
è pur vero che l'insindacabilità della
discrezionalità dell'Amministrazione
incontra, pur sempre, un limite insuperabile
nei principi di buona fede e correttezza di
cui all’art. 1337 c.c., alla cui puntuale
osservanza è tenuta anche la P.A., e nella
tutela dell'affidamento ingenerato nel
privato.
Segnatamente, realizza un comportamento
divergente dalle menzionate regole di buona
fede e correttezza l’amministrazione che,
nel porre in essere una procedura di
affidamento di lavori, non addivenga alla
stipula del contratto per l’omessa verifica
e vigilanza sulla sussistenza della relativa
copertura finanziaria.
E’ onere dell’amministrazione che ha indetto
la gara, infatti, vigilare sulla
sussistenza, prima, e sulla permanenza, poi,
dei presupposti finanziari necessari alla
stipula del contratto ed alla sua esecuzione
(TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 07.09.2010 n. 2167 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI: In
vigore la legge antimafia. Stretta sui
cantieri. Arriva un nuovo reato sulla scelta
dei contraenti. Pagamenti pedinati negli
appalti. Da oggi flussi finanziari
tracciabili. Il bonifico unica possibilità.
Da oggi i flussi
finanziari di chi partecipa alle gare di
appalto e quelli di chi beneficia di
finanziamenti pubblici devono essere
pedinabili. Cioè tracciabili, mediante conti
correnti dedicati. E tutte le transazioni
dovranno essere effettuate mediante
bonifico. Nessun'altra forma di pagamento o
di intermediazione sarà tollerata Qualora
ciò non avvenga, chi incapperà nelle
sanzioni, potrebbe vedersi comminare una
multa compresa tra il 2 e il 10% del valore
della transazione effettuata.
A disporre il tutto è la legge n. 136 del
13.08.2010, recante il «piano
straordinario contro le mafie, nonché la
delega al governo in materia di normativa
antimafia», entrata oggi in vigore.
Si tratta di una normativa approvata a
inizio agosto (si veda ItaliaOggi del
6/6/2010) e pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale n. 197 del 23/08/2010. Con essa
viene anche introdotto il meccanismo di
stazione unica appaltante su scala
regionale, vengono modificate al rialzo le
pene legate al reato di turbativa d'asta
(reclusione da sei mesi a cinque anni) e si
delinea una nuova fattispecie di reato:
turbativa del procedimento di scelta del
contraente. La normativa, comunque, non si
ferma qui.
La legge dispone una stretta sui cantieri,
imponendo controlli aggiuntivi e consegna
alle mani dell'esecutivo il compito di
scrivere la riforma della normativa
antimafia, mediante delega. Il governo, in
particolare, avrà il compito di licenziare
due decreti legislativi: uno contenente il
codice delle leggi antimafia e delle misure
di prevenzione e un altro finalizzato al
restyling di tutta la documentazione
antimafia ...
La stretta sui flussi finanziari. Mettendo a
regime quanto già previsto per la
ricostruzione in Abruzzo e per l'Expo 2015,
la legge stabilisce che gli operatori
economici coinvolti in appalti pubblici e i
soggetti destinatari di finanziamenti
pubblici, utilizzino obbligatoriamente conti
correnti bancari o postali dedicati.
L'obbligo di prevedere la tracciabilità è
legato alla firma del contratto di appalto,
che privo di questa clausola è nullo. Non
solo. La tracciabilità riguarda tutti gli
operatori in cantiere, siano essi fornitori,
subappaltatori, dipendenti e consulenti.
Cioè, tutti coloro che devono essere pagati
tramite bonifico bancario e postale.
La norma si applica anche ai «concessionari
di finanziamenti pubblici anche europei, a
qualsiasi titolo interessati a lavori,
servizi e forniture pubblici». Tra
l'altro, il vincolo esclusivo di bonifico
quale strumento di pagamento non convince
l'Associazione nazionale delle pmi edili
(Aniem) della Confai; il suo presidente,
Dino Piacentini, pur apprezzando «misure
che vanno nella direzione auspicata di lotta
al lavoro sommerso, di qualificazione dei
rapporti con i subcontraenti e di
valorizzazione delle imprese sane»,
segnala «l'esigenza di non restringere
eccessivamente le procedure di pagamento,
ritenendo ammissibili procedure analoghe al
bonifico, come ad esempio il Rid bancario,
che possono garantire comunque un controllo
sui flussi finanziari».
Comunque, in attesa di una «circolare
esplicativa che possa fornire chiarimenti
interpretativi», l'Aniem già «prende le
distanze da un'applicazione retroattiva
della norma, proposta dall'Autorità di
vigilanza per i contratti pubblici». In
merito, l'unica apertura dell'associazione è
su una retroattività riferita ai soli
«contratti in corso che abbiano una durata
prolungata nel tempo». Come quelli «la cui
durata va oltre due anni dall'entrata in
vigore della legge».
Tornando ai conti correnti dedicati, va
detto che le uniche transazioni che non
incappano nell'obbligo di pagamento tramite
bonifico bancario o postale, sono i
pagamenti in favore di enti previdenziali,
assicurativi e istituzionali, quelli
effettuati da fornitori e gestori di
pubblici servizi, nonché i pagamenti
relativi ai tributi. Tali adempimenti
potranno essere soddisfatti pagando con
altre modalità, oltre al bonifico. Se poi,
come detto, verranno violate le norme sulla
tracciabilità, potranno essere irrogate
sanzioni da un minimo del 2 a un massimo del
10% del valore della transazione.
Cantieristica. A riguardo la legge prevede
che:
- per il controllo degli automezzi adibiti
al trasporto materiali, la bolla di consegna
indichi il numero di targa e il nominativo
del proprietario degli automezzi
interessati;
- le tessere degli addetti ai cantieri,
siano integrate da informazioni aggiuntive,
per facilitare il loro riconoscimento;
- le verifiche sul patrimonio possano
riguardare la posizione fiscale, economica e
patrimoniale del soggetto sottoposto a
controllo.
È stato, poi, introdotto il reato di «turbata
libertà del procedimento di scelta del
contraente», che ricorre nella condotta
di chi, con violenza o minaccia, doni,
promesse, collusioni o altri mezzi
fraudolenti, turba il procedimento
amministrativo diretto a stabilire il
contenuto del bando per condizionare le
modalità di scelta del contraente da parte
della pubblica amministrazione. Il reato
viene punito con la reclusione da sei mesi a
cinque anni e la multa da euro 130 a 1.032
euro.
Infine, la legge prevede l'istituzione, in
ambito regionale, di una Stazione unica
appaltante (Sua), ma potranno anche essere
più d'una in ogni regione. L'obiettivo è
garantire trasparenza, regolarità ed
economicità nella gestione degli appalti
pubblici e prevenire, così, infiltrazioni
malavitose (articolo
ItaliaOggi del 07.09.2010, pag. 25
- link a www.corteconti.it). |
APPALTI:
Collegamento tra
imprese.
E’ illegittima l’esclusione da una gara di
appalto di due o più imprese per la
sussistenza di un collegamento "sostanziale"
tra le stesse ove tale collegamento sia
stato desunto dalla presenza di intrecci
societari tra le imprese interessate, che
non siano indicativi di una situazione di
collegamento sostanziale tra le stesse
imprese, nel caso in cui la clausola di
esclusione prevista dal bando faccia
riferimento, in base ai principi che la
legittimano, unicamente al collegamento tra
le società e alla connessa influenza
decisionale tra le stesse, rispetto alla
quale la mera presenza di soci comuni non
ha, di per sé, valore dirimente (massima
tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 06.09.2010 n. 6469 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Nel caso di collegamento
sostanziale, deve essere provata in concreto
l'esistenza di elementi oggettivi e
concordanti, tali da ingenerare pericolo per
il rispetto dei principi di segretezza,
serietà delle offerte e par condicio tra i
concorrenti.
La segretezza e la serietà delle offerte
sono la traduzione e la garanzia del
perseguimento dell’interesse pubblico.
Poiché segretezza e serietà possono essere
aggirate anche mediante situazioni di
collegamento tra imprese, l’esigenza della
tutela di tale interesse consente
l’esclusione di offerte che provengano da
concorrenti tra loro collegate, non solo e
non tanto per tale situazione in sé
considerata, ma per gli effetti che essa
effettivamente produce sulle regole del
confronto pubblico.
Nella sentenza in commento si evidenzia che
nel caso di collegamento sostanziale deve
essere provata in concreto l’esistenza di
elementi oggettivi e concordanti, tali da
ingenerare pericolo per il rispetto dei
principi di segretezza, serietà delle
offerte e par condicio tra i concorrenti. Di
conseguenza, è consentito alla stazione
appaltante prevedere e comminare
l’esclusione delle offerte quando specifici
elementi oggettivi e concordanti inducano a
ritenere la sussistenza di situazioni, non
riconducibili alle forme di collegamento
societario di cui all’art. 2359 cod. civ.,
capaci di alterare la segretezza, la serietà
e l’indipendenza delle offerte, purché
l’individuazione non oltrepassi il limite
della ragionevolezza e della logicità
rispetto alla tutela avuta di mira e
consistente nella autentica concorrenza tra
le offerte.
Nel caso di specie, la situazione di
collegamento è stata riscontrata dalla
commissione di gara innanzitutto sulla base
di elementi desunti dalle modalità di
presentazione delle offerte (buste spedite
lo stesso giorno e dal medesimo ufficio
postale, garanzia fideiussoria rilasciata
dalla medesima agenzia e con polizze emesse
in sequenza e lo stesso giorno, somiglianza
della veste grafica e coincidenza tra le
residenze anagrafiche dei legali
rappresentanti) che, di per sé, non sono
tali da far necessariamente presumere una
situazione di collegamento (Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 06.09.2010 n. 6469 -
link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Il collegamento tra
imprese legittima l’esclusione dalla gara
quando altera l’indipendenza delle offerte.
Se è vero che il collegamento -così come il
controllo- tra imprese è di per sé
legittimo, è altrettanto incontestabile che
ben può e deve l’Amministrazione, a tutela
della regolarità ed effettività della
competizione, evitare situazioni distorsive
del confronto mediante l’esclusione dalla
gara delle offerte che risultino frutto di
accordi tesi ad influenzarne il risultato.
In altre parole, l’ordinamento, che consente
e prevede il controllo tra imprese, quale
espressione della libertà di iniziativa
economica, vieta espressamente alle società
controllate di partecipare alle gare: ciò
significa che diversi sono i piani sui quali
agiscono le diverse norme, e diverse sono le
sfere di interessi dei quali sono posti a
presidio, rimanendo fermo che, nel campo
delle gare pubbliche, la segretezza e la
serietà delle offerte sono la traduzione e
la garanzia del perseguimento dell’interesse
pubblico.
E poiché segretezza e serietà possono essere
aggirate anche mediante situazioni di
collegamento tra imprese, il medesimo
principio consente l’esclusione di offerte
che provengano da concorrenti tra loro
collegate, non solo e non tanto per tale
situazione in sé considerata, ma per gli
effetti che essa effettivamente produce
sulle regole del confronto pubblico.
E’ dunque consentito alla stazione
appaltante prevedere e comminare
l’esclusione delle offerte quando specifici
elementi oggettivi e concordanti inducano a
ritenere la sussistenza di situazioni, non
riconducibili alle forme di collegamento
societario di cui all’art. 2359 cod. civ.,
capaci di alterare la segretezza, la serietà
e l’indipendenza delle offerte, purché
l’individuazione non oltrepassi il limite
della ragionevolezza e della logicità
rispetto alla tutela avuta di mira e
consistente nella autentica concorrenza tra
le offerte (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 06.09.2010 n. 6469 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sul diritto di accesso
in materia di appalti pubblici.
Il diritto di accesso è riconosciuto dagli
artt. 22 e ss. della l. n. 241 del
07.08.1990, come fondamentale presidio a
salvaguardia delle esigenze di tutela dei
soggetti destinatari dell'azione
amministrativa nonché come strumento
essenziale al perseguimento della
trasparenza e dell'imparzialità nella
pubblica amministrazione, a chiunque abbia
un interesse personale e concreto.
L'interesse che sorregge il diritto di
accesso è quello concretamente collegato
alle esigenze specifiche del richiedente,
vale a dire agli atti che direttamente lo
riguardino o siano, in ogni caso, pertinenti
con le particolari ragioni esposte a
sostegno dell'istanza. Ne consegue, che, nel
caso di specie la ricorrente, avendo
partecipato alla selezione pubblica ed
avendo intenzione di impugnarne le
risultanze, ha un interesse giuridicamente
rilevante a conoscere compiutamente
l'offerta prodotta dalla controinteressata
vincitrice e quindi sussistono le condizioni
richieste dalla legge per l'esercizio del
diritto di accesso.
In materia di procedure concorsuali,
qualunque sia il procedimento selettivo
usato, il candidato è portatore di un
interesse qualificato alla conoscenza degli
atti e documenti della commissione
giudicatrice e comunque di tutti quelli
della procedura -compresi quelli dei
concorrenti che lo precedono nella
graduatoria finale- atteso che tali atti per
pacifica giurisprudenza esulano dal diritto
alla riservatezza. In particolare per i
pubblici appalti va osservato che
l'applicazione generalizzata dell'esclusione
dall'accesso prevista dall'art. 13, c. 5,
del codice di cui al d.lgs. 163/2006 a
tutela del segreto d'impresa, nel senso di
riferirla (non solo ai terzi non concorrenti
ma) anche alle altre imprese partecipanti
alla procedura di affidamento, comporterebbe
un'intollerabile compromissione della
necessaria trasparenza delle gare di appalto
e delle possibilità di tutela
giurisdizionale di chi intenda contestare
l'esito della gara. D'altra parte il
medesimo art. 13 al c. 6 del d.lgs. 163/2006
stabilisce che, anche in relazione
all'ipotesi di ricorrenza di segreti
industriali o commerciali, "è comunque
consentito l'accesso al concorrente che lo
chieda in vista della difesa in giudizio dei
propri interessi in relazione alla procedura
di affidamento del contratto nell'ambito
della quale viene formulata la richiesta di
accesso";
Con la partecipazione alla gara di appalto
il concorrente accetta implicitamente le
regole di trasparenza ed imparzialità che
caratterizzano la selezione, per cui non
potrebbe dedurre la tutela alla riservatezza
a discapito della trasparenza della gara di
appalto, fermo restando l'obbligo, per la
parte richiedente l'accesso documentale, di
impegnarsi a non divulgare in alcun modo la
documentazione acquisita e di utilizzare i
documenti acquisiti esclusivamente per la
cura e la difesa dei suoi interessi
giuridici; in altri termini l'esigenza di
riservatezza è, quindi, recessiva di fronte
all'accesso laddove il diritto sia
esercitato per la difesa di un interesse
giuridico, nei limiti in cui esso è
necessario alla difesa di quell'interesse;
al più, l'Amministrazione potrà intervenire
con opportuni accorgimenti (cancellature o
omissis) in relazione alle eventuali parti
dell'offerta idonee a rivelare i segreti
industriali a condizione che queste ultime "non
siano state in alcun modo prese in
considerazione in sede di gara" (TAR
Campania-Napoli, Sez. VI,
sentenza 03.09.2010 n. 17286 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Nelle gare d’appalto la
regolarizzazione documentale può essere
consentita allorché i vizi siano puramente
formali o chiaramente imputabili ad errore
solo materiale.
Una clausola della lex specialis che
prevede un incombente a pena di esclusione
non può essere surrogata da una “dichiarazione
di accettazione” di ampio e non
specifico contenuto, per quanto redatta in
conformità delle norme in materia di
dichiarazioni sostitutive.
In presenza di una regola della lex
specialis chiara ed univoca, che
stabilisca la necessità di una determinata
dichiarazione a pena di esclusione, ove
questa manchi, l’esclusione costituisce atto
dovuto, in quanto ogni ulteriore
apprezzamento circa l’ordine di prevalenza
degli interessi pubblici in gioco (quali la
certezza delle regole, la par condicio, il
favor partecipationis) è stato
risolto “a monte”, con l’adozione del
bando di gara, che peraltro, nella vicenda
in esame, non è neppure stato fatto oggetto
di gravame.
Secondo il
costante indirizzo giurisprudenziale, nelle
gare per l’aggiudicazione dei contratti
dell’Amministrazione è preclusa alla
Commissione giudicatrice la possibilità di
consentire l’integrazione successiva di
documenti non allegati all’offerta, la cui
presentazione è fissata dalla lex
specialis a pena di esclusione, essendo
tale facoltà consentita solo con riguardo a
documenti presentati tempestivamente, sia
pure incompleti, e non per rimediare alla
loro mancata presentazione nei termini, con
irrimediabile violazione della par condicio
(in termini, ex multis, TAR Friuli
Venezia Giulia, 26.01.2006, n. 46; TAR
Sardegna, Sez. I, 23.06.2008, n. 1253).
In altri termini, un conto è la
regolarizzazione del documento già
presentato, altro conto è l’integrazione
documentale, che non può essere invocata per
supplire all’inosservanza di adempimenti
procedimentali significativi, in quanto si
risolverebbe in un effettivo vulnus
del principio di parità di trattamento.
Da ultimo, è stato ribadito in
giurisprudenza, con una statuizione
pienamente condivisa dal Collegio, che nelle
gare d’appalto la regolarizzazione
documentale può essere consentita allorché i
vizi siano puramente formali o chiaramente
imputabili ad errore solo materiale, e
sempre che riguardino dichiarazioni o
documenti che non sono richiesti a pena di
esclusione, non essendo, in quest’ultima
ipotesi, consentita la sanatoria o
l’integrazione postuma, che si tradurrebbero
in una violazione dei termini massimi di
presentazione dell’offerta ed, in
definitiva, in una violazione della par
condicio.
Sanatorie documentali sono possibili,
dunque, con la possibilità di integrare
successivamente la documentazione prodotta
con la domanda di partecipazione alla gara,
o comunque con l’offerta, con un duplice
limite:
a) la regolarizzazione deve riferirsi a
carenze puramente formali od imputabili ad
errori solo materiali;
b) la regolarizzazione non può mai
riguardare produzioni documentali violative
di prescrizioni della lex specialis
presidiate dalla comminatoria di esclusione
(così Cons. Stato, Sez. V, 22.02.2010, n.
1038)
(TAR
Umbria,
sentenza 02.09.2010 n. 450 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Integrazione documentale
- Art. 46 Codice dei Contratti - Atti
tempestivamente depositati - Violazione
formale - Mancata alterazione della par
condicio.
L’art. 46 del Codice dei Contratti è
espressione, nel settore degli appalti
pubblici, dei principi che sovrintendono
l’istruttoria procedimentale, consacrati
nell’art. 6 della L. 241 del 1990.
La disposizione deve essere intesa nel senso
che l’Amministrazione deve disporre la
regolarizzazione quando gli atti,
tempestivamente depositati, contengano
elementi che possano costituire un indizio e
rendano ragionevole ritenere sussistenti i
requisiti di partecipazione.
Quindi, quando il documento è già stato
presentato in sede di gara, anche se
parzialmente, è consentita la sua
regolarizzazione se la violazione è
squisitamente formale ed il rimedio, in
concreto, non altera la par condicio tra i
concorrenti (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 01.09.2010 n. 2163 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sulla regolarizzazione
della documentazione di gara di cui all'art.
46 del d.lgs. 163 del 2006.
L'art. 46 del d.lgs. 163 del 2006, deve
essere inteso nel senso che
l'Amministrazione deve disporre la
regolarizzazione quando gli atti,
tempestivamente depositati, contengano
elementi che possano costituire un indizio e
rendano ragionevole ritenere sussistenti i
requisiti di partecipazione. La ratio
va ricercata nella esigenza di assicurare la
massima partecipazione alle gare di appalto,
evitando che l'esito delle stesse possa
essere alterato da carenze di ordine
meramente formale nella documentazione
comprovante il possesso dei requisiti dei
partecipanti.
Pertanto, quando il documento è già stato
presentato in sede di gara, anche se
parzialmente, è consentita la sua
regolarizzazione se, come nel caso di
specie, la violazione è squisitamente
formale ed il rimedio, in concreto, non
altera la par condicio tra i concorrenti.
Tale impostazione, discende direttamente
dalla applicazione di due principi
tradizionalmente fissati dalla
giurisprudenza della Corte di Giustizia:
quello di proporzionalità e quello del
dovere dell'Amministrazione di ascoltare i
privati prima di assumere decisioni (TAR
Sardegna, Sez. I,
sentenza 01.09.2010 n. 2163 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: L'azione
amministrativa deve essere orientata sulla
concreta verifica dei requisiti di
partecipazione coerentemente con la
disposizione di carattere generale contenuta
nell'art. 6, l. 07.08.1990 n. 241.
Nella pronuncia in commento il ricorrente ha
partecipato alla gara indetta da un Comune
per l’affidamento dei servizi di
progettazione dei lavori di “stabilizzazione
tramite muri in cemento armato rivestiti in
pietrame” da aggiudicarsi con il
criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa.
Il Comune richiedeva a tutti i partecipanti
alla selezione di produrre “le
dichiarazioni inerenti i requisiti di ordine
generale prescritti dall’art. 38 comma 1
lettera m-bis), m-ter) ed m-quater del
codice dei contratti pubblici” da
rendersi a pena di esclusione.
Il raggruppamento ricorrente ometteva di
rendere la dichiarazione di cui alla lettera
m-bis) e, per tale motivo, veniva escluso.
Il mandatario del raggruppamento presentava
quindi istanza volta ad ottenere, in
autotutela, la riammissione alla gara.
L’istanza veniva rigettata determinando il
ricorso in commento, ritenuto fondato dal
Tribunale amministrativo per la Sardegna.
Secondo gli stessi giudici deve essere,
anzitutto, chiarita una circostanza di fatto
rilevante per la risoluzione della vicenda
controversa: i soggetti facenti parte del
costituendo raggruppamento sono tutti liberi
professionisti oltre ad una società di
ingegneria. Nessuno di questi soggetti era
esecutore di lavori pubblici.
Come correttamente affermato dalla difesa
del ricorrente, spiegano i giudici isolani,
al caso di specie va applicato l’art. 46 del
d.lgs. 163 del 2006. La stessa sezione ha
già avuto modo di affermare con sentenza n.
1537 del 09.10.2009 che il principio della
integrazione documentale è anzitutto sancito
in via generale dall'art. 6, comma 1,
lettera b), della L. n. 241 del 1990. L'art.
46 costituisce inoltre attuazione della
corrispondente disposizione contenuta nella
Direttiva 2004/18/CE.
La ratio va ricercata nella esigenza
di assicurare la massima partecipazione alle
gare di appalto, evitando che l'esito delle
stesse possa essere alterato da carenze di
ordine meramente formale nella
documentazione comprovante il possesso dei
requisiti dei partecipanti. L'art. 46 ha il
delicato compito di contemperare principi
talvolta in antitesi come quello del
favor partecipationis e quello della par
condicio tra i concorrenti. Il punto di
equilibrio deve essere trovato nella
distinzione tra il concetto di
regolarizzazione e quello di integrazione
documentale.
La regolarizzazione dei documenti è sempre
possibile, mentre non sempre lo è
l'integrazione che si risolverebbe in una
lesione della parità di trattamento tra i
partecipanti. Il legislatore del Codice, non
ha affatto inteso assegnare alle
amministrazioni aggiudicatrici una facoltà,
bensì ha elevato a principio generale un
modo di procedere, volto a far prevalere,
entro certi limiti, la sostanza sulla forma.
In definitiva, l'art. 46 del Codice dei
Contratti, è espressione, nel settore degli
appalti pubblici, dei principi che
sovrintendono l'istruttoria procedimentale,
consacrati nell'art. 6 della L. 241 del
1990.
La disposizione deve essere intesa nel senso
che l'Amministrazione deve disporre la
regolarizzazione quando gli atti,
tempestivamente depositati, contengano
elementi che possano costituire un indizio e
rendano, come è palese nel caso oggetto
della presente vicenda controversa,
ragionevole ritenere sussistenti i requisiti
di partecipazione. Quindi, quando il
documento è già stato presentato in sede di
gara, anche se parzialmente, è consentita la
sua regolarizzazione se, come nel caso di
specie, la violazione è squisitamente
formale ed il rimedio, in concreto, non
altera la par condicio tra i concorrenti.
Tale impostazione, discende direttamente
dalla applicazione di due principi
tradizionalmente fissati dalla
giurisprudenza della Corte di Giustizia:
quello di proporzionalità e quello del
dovere dell'Amministrazione di ascoltare i
privati prima di assumere decisioni.
È fuor di dubbio che l'esclusione dalla gara
per dubbi in ordine alla effettiva
sussistenza di un requisito in capo ad un
partecipante, determina un forte scostamento
del provvedimento amministrativo rispetto
alla scopo della fase di qualificazione alla
gara pubblica. Quando la ditta partecipante
incorre in un errore nell'allegazione di un
certificato o, in ogni caso, quando il
contenuto di un documento non soddisfa
appieno le necessità istruttorie
dell'Amministrazione, il principio generale
è che questi aspetti devono essere oggetto
di chiarimenti ed integrazioni. Ciò in
quanto quell'operatore economico potrebbe
risultare in concreto il migliore contraente
per soddisfare le necessità per cui è stata
bandita la gara.
La combinazione del principio di
proporzionalità con quello del dovere di
introdurre nel processo decisionale pubblico
le manifestazioni di interesse dei privati,
determinano che l'esclusione dalla gara per
motivi di carattere squisitamente formale
deve costituire eccezione e non regola. Essa
deve essere disposta solo quando appare
chiaro che consentire al concorrente utili
chiarimenti ai fini di un più completo
accertamento dei fatti da parte
dell'Amministrazione aggiudicatrice,
determinerebbe una lesione della par
condicio tra i concorrenti.
I giudici sardi richiamano quindi i principi
già espressi dalla Sezione ricordando anche
che la integrazione documentale prevista
dall'art. 46 del Codice degli appalti
pubblici è ammissibile nei casi di equivoche
clausole del bando relative alla
dichiarazione od alla documentazione da
integrare o chiarire e che (nei limiti sopra
ampiamente esposti) la sostanza deve
prevalere sulla forma.
La conseguenza di tale impostazione è che
l'azione amministrativa deve essere
orientata sulla concreta verifica dei
requisiti di partecipazione coerentemente
con la disposizione di carattere generale
contenuta nell'art. 6, l. 07.08.1990 n. 241
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR
Sardegna, Sez. I,
sentenza 01.09.2010 n. 2163 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
agosto 2010 |
|
APPALTI SERVIZI:
Sulla proroga del
servizio di distribuzione del gas naturale
di cui all'art. 15, c. 7, d.lgs. 164/2000
(c.d. decreto Letta).
A differenza della proroga del periodo
transitorio degli affidamenti del servizio
di distribuzione del gas naturale prevista
dalla l. n. 239/2004 (c.d. legge Marzano)
per motivi di interesse pubblico, avente
carattere eminentemente discrezionale, la
proroga di cui all'art. 15, c. 7, del d.lgs.
n. 164/2000 (c.d. decreto Letta), non è il
frutto dell'esercizio di una facoltà
dell'ente locale, ma è legata a presupposti
tipizzati, che garantiscono un automatica
prosecuzione del rapporto, salvo che l'ente
locale non motivi in modo specifico sulla
effettiva necessità di procedere ad una
liberalizzazione immediata.
Gli incrementi di cui al predetto art. 15,
c. 7, non sono il risultato di una
negoziazione fra il comune ed il
concessionario, né costituiscono una
concessione a titolo grazioso, ma concretano
un'aspettativa tutelata del concessionario
che non può essere negata se non valutando
la sua posizione, il sacrificio ed i danni
che deriverebbero dalla mancata concessione
del prolungamento del periodo transitorio,
nonché la necessità e le effettive ragioni,
per l'amministrazione, di procedere ad
un'immediata liberalizzazione. In sostanza
non può affermarsi nell'applicazione
dell'art. 15 c. 7 alcuna cieca prevalenza
dell'interesse pubblico sulla posizione dei
concessionari.
Pertanto, nel caso di specie, è illegittima
la delibera consiliare con la quale si
statuiva di porre definitivamente termine,
con effetto dal 31.12.2005, alla concessione
del servizio di distribuzione di gas
naturale e di procedere all'indizione di una
gara pubblica per l'individuazione del nuovo
gestore, per aver omesso di tenere in
adeguata considerazione, ai fini del
decidere, il carattere automatico degli
incrementi temporali di cui al c. 7
dell'art. 15, d.lgs. 164/2000, cit.
nell'ambito del quadro normativo esistente
al momento di adozione della medesima
delibera (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 27.08.2010 n. 5984 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Bandi di gara, requisiti
ulteriori e onere di immediata impugnazione.
In tema di requisiti di partecipazione alle
gare pubbliche, deve ritenersi che,
nonostante la discrezionalità che
caratterizza la previsione, da parte della
stazione appaltante, di tali requisiti nella
stesura del bando, tale scelta non è
insindacabile ogni volta che trascenda i
principi della razionalità e
proporzionalità, traducendosi in un’indebita
restrizione della concorrenza.
E’ illegittimo, in quanto eccessivamente
restrittivo per la partecipazione delle
ditte concorrenti ed in contrasto con i
principi nazionali e comunitari di libera
concorrenza, razionalità e proporzionalità,
un bando di gara per l’affidamento di un
appalto di servizi di ristorazione, per un
limitato periodo di tempo (nella specie, si
trattava di un anno) che contenga la
previsione secondo la quale le ditte
partecipanti devono necessariamente
possedere la certificazione di qualità
rispetto ad una prestazione meramente
accessoria quale la pulizia e sanificazione
delle stoviglie e dei locali, e secondo la
quale tali certificazioni di qualità debbano
essere possedute da almeno cinque anni; tali
requisiti, infatti, devono ritenersi
sproporzionati, anche in relazione al
modesto importo del contratto posto a base
di gara, determinato dalla breve durata del
servizio (massima tratta da
http://doc.sspal.it - TAR Lombardia-Brescia,
Sez. II,
sentenza 27.08.2010 n. 3262 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla possibilità per le
associazioni di volontariato di partecipare
alle gare di appalto sebbene non perseguano
preminente scopo di lucro e non siano
iscritte alla Camera di Commercio o al
registro delle imprese.
La Corte di Giustizia CE con la sentenza del
23.12.2009, C 305/08, ha ribadito che le
disposizioni della direttiva 2004/08 devono
essere interpretate "nel senso che
consentono a soggetti che non perseguono
preminente scopo di lucro, non dispongono
della struttura organizzativa di un'impresa
e non assicurano una presenza regolare sul
mercato… di partecipare ad un appalto
pubblico di servizi" e che tale
direttiva osta all'interpretazione di una
normativa nazionale che vieti a soggetti che
"non perseguono preminente scopo di lucro
di partecipare ad una procedura di
aggiudicazione di un appalto pubblico".
Pertanto, l'assenza di fini di lucro non
esclude che le associazioni di volontariato
possano esercitare un'attività economica, né
rileva la carenza di iscrizione alla Camera
di Commercio o al registro delle imprese,
che non costituiscono requisito
indefettibile di partecipazione alle gare di
appalto né, nel caso di specie, ciò era
espressamente stabilito dalle norme di gara
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 26.08.2010 n. 5956 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Le
misure del piano straordinario antimafia per
prevenire le infiltrazioni criminali. Nulli
i contratti non tracciabili. Pagamenti delle
commesse pubbliche solo su conti dedicati.
A rischio di nullità i contratti di appalto
delle commesse pubbliche qualora i relativi
pagamenti non risultino canalizzati. Tale
tracciabilità obbligatoria dei flussi
finanziari viene estesa a tutta la filiera
degli appalti e dei concessionari di
finanziamenti pubblici.
Pesanti sanzioni ad hoc per tutte le ipotesi
di inosservanza delle regole di
tracciabilità.
È quanto deriva da alcune delle previsioni
della legge 13/8/2010, n. 136 recante:
«Piano straordinario contro le mafie, nonché
delega al governo in materia di normativa
antimafia», pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale n. 196 del 23/8/2010 il cui testo
entrerà in vigore dal 7/9/2010.
La verifica dei flussi
finanziari.
Sempre più
stringenti i cosiddetti controlli antimafia
per prevenire ogni possibile infiltrazione
di tipo criminale nella contrattualistica
pubblica (sul tema si veda ItaliaOggi del
24/8/2010). Da ciò deriva l'obbligo,
introdotto dall'art. 3 della legge 136/2010,
della tracciabilità dei flussi finanziari a
carico di appaltatori, subappaltatori e
subcontraenti della filiera, per le
transazioni relative a lavori, servizi,
forniture pubbliche e gestione dei
finanziamenti.
In particolare, la legge impone agli
operatori delle imprese a qualsiasi titolo
interessate ai citati contratti, ad
utilizzare uno o più conti correnti bancari
o postali dedicati alle pubbliche commesse.
Sulla scorta anche dell'esperienza del
decreto legge per la ricostruzione in
Abruzzo (dl 139/2009, convertito nella legge
77/2009) la norma prevede che su detti conti
devono essere appoggiati tutti i movimenti
finanziari (incassi e pagamenti), di
qualsiasi importo (fatta eccezione per le
piccole spese di cantiere di importo
giornaliero di massimo 500 euro), da e verso
altri conti, connessi all'esecuzione del
contratto, sub-contratto o affidamento e
finalizzati alla realizzazione
dell'intervento.
Sul punto occorre precisare due aspetti. Per
il primo, si rileva che i conti devono
essere dedicati, ma possono esserlo: «Anche
non in via esclusiva alle commesse pubbliche»,
ossia gli stessi potrebbero essere impiegati
anche per transazioni che non rientrino
nell'oggetto del contratto di appalto,
tuttavia, il successivo comma 4 ha cura di
precisare che ove per il pagamento di spese
estranee ai lavori, ai servizi e alle
forniture in commento, sia necessario il
ricorso a somme provenienti da conti
dedicati, questi ultimi possono essere
successivamente reintegrati mediante
bonifico bancario o postale. Mentre, ciò che
non appare assolutamente ammissibile è il
pagamento, anche solo «provvisoriamente», di
operazioni attinenti i citati contratti con
fondi provenienti da conti diversi da quelli
dedicati o con metodi alternativi ai
bonifici.
In merito al secondo, si fa notare che i
conti dedicati possono essere accesi
esclusivamente presso banche o presso la
società Poste italiane s.p.a. e non invece,
presso tutti i soggetti definiti «intermediari
finanziari e altri soggetti esercenti
attività finanziaria» ai fini della
normativa antiriciclaggio, dall'art. 11 del
decreto legislativo 231/2001.
Unica eccezione prevista all'impiego dello
strumento del bonifico si rinviene nella
possibilità, fermo restando l'obbligo di
documentazione della spesa, di pagamenti in
favore di enti previdenziali, assicurativi,
istituzionali e quelli in favore di gestori
e fornitori di pubblici servizi, ovvero
quelli riguardanti tributi, nonché per le
piccole spese giornaliere, di importo fino a
500 euro, salvo ribadire, tuttavia per
queste ultime, il divieto di impiego del
contante.
I presìdi per il
monitoraggio.
Tutte le movimentazioni relative al
contratto di appalto, ai fini della
tracciabilità dei flussi, dovranno essere
appositamente targati riportando nella
causale del bonifico bancario o postale
l'indicazione del Cup ossia del codice unico
di progetto relativo all'investimento
pubblico sottostante. Articolata la
procedura di rilascio del Cup che deve
essere richiesto alla Stazione unica
appaltante (Sua) che opera da tramite fra il
Dipartimento per la programmazione della
politica economica e gli appaltatori i quali
comunicano alla stessa gli estremi
identificativi dei conti correnti dedicati
entro sette giorni dalla loro accensione,
nonché le generalità e il codice fiscale
delle persone delegate ad operare su di
essi.
La Sua, che ricalca le centrali di
committenza previste dall'art. 33 del Codice
degli appalti (dlgs. 163/2006), verrà
istituita in ambito regionale con un decreto
del presidente del consiglio dei ministri,
da adottare entro sei mesi dall'entrata in
vigore del provvedimento in oggetto.
Interessante segnalare, in proposito, che la
regione Calabria è stata la prima ad
adottare tale sistema centralizzato
istituendo la propria Sua, che è già
operativa con legge regionale 7/12/2007, n.
26.
Nullità dei contratti e
clausola risolutiva espressa.
Viene prevista una doppia barriera difensiva
per i contratti in commento che sono
sottoposti a nullità assoluta qualora non
prevedano la clausola di assunzione
dell'obbligo di tracciabilità e a
risoluzione espressa dell'accordo qualora le
transazioni finanziarie siano eseguite senza
avvalersi di banche o Poste Italiane spa.
Molto efficaci, in ottica giuridica, quindi,
le tutele poste all'osservanza delle norme
sulla tracciabilità in aggiunta alle
previsioni sanzionatorie. Si tratta, in
pratica, del vincolo di inserire, da parte
della Sua, nei contratti sottoscritti con
gli appaltatori, una specifica clausola di
assunzione dell'obbligo di tracciabilità dei
flussi.
Detta clausola agisce a pena di nullità
assoluta del contratto, ossia comporta una
invalidità a monte del contratto, insanabile
e nei confronti di tutti i soggetti ai sensi
dell'articolo 1418 c.c. Inoltre, il
contratto deve essere munito, della clausola
risolutiva espressa ai sensi dell'art. 1456
c.c. che preveda la risoluzione immediata
dello stesso allorché le transazioni
finanziarie siano state eseguite senza
avvalersi di banche o Poste. Per di più la
norma precisa che qualsiasi soggetto che
abbia notizia dell'inadempimento della
propria controparte agli obblighi di
tracciabilità deve procedere all'immediata
risoluzione del rapporto contrattuale,
informandone contestualmente la Sua e la
prefettura-ufficio territoriale del governo
territorialmente competente.
Le medesime regole devono essere osservate
anche nei contratti sottoscritti con i
subappaltatori e i subcontraenti della
filiera delle imprese a qualsiasi titolo
interessate ai lavori.
Le sanzioni.
Per i contratti che superano la prova della
nullità e della risoluzione, la norma
ipotizza una serie di deterrenti ad hoc a
salvaguardia della trasparenza delle
movimentazioni e della correttezza
nell'aggiudicazione degli appalti che
consistono sia in sanzioni amministrative
pecuniarie ai sensi dell'art. 6 (per le
quali si paventa, tuttavia, la possibilità
di pagamento in misura ridotta con
applicazione dell'oblazione di cui all'art.
16 della legge 689/1981), sia in apposite
previsioni del codice penale, riepilogate
nella tabella in pagina (articolo
ItaliaOggi del 26.08.2010, pag. 27
- link a www.corteconti.it). |
APPALTI: In
Gazzetta la legge sulla normativa antimafia.
Nuovi reati e stazione appaltante unica in
regione. Appalti, flussi finanziari
pedinabili. Conti dedicati obbligatori e
tracciabilità di compensi e incentivi.
I flussi finanziari di
chi partecipa alle gare di appalto e quelli
di chi beneficia di finanziamenti pubblici
devono essere pedinabili. Cioè tracciabili,
attraverso conti correnti dedicati. In caso
contrario le sanzioni che scatteranno
potranno andare dal 2 al 10% del valore
della transazione.
Viene, inoltre, introdotto il meccanismo
della stazione unica appaltante a livello
regionale, cambiano al rialzo le pene
relative al reato di turbativa d'asta
(reclusione da sei mesi a cinque anni) e
arriva una nuova fattispecie di reato, in
relazione alla turbativa del procedimento di
scelta del contraente.
È quanto prevede la nuova legge n. 136 del
13.08.2010, recante il «piano
straordinario contro le mafie, nonché la
delega al governo in materia di normativa
antimafia»; legge approvata a inizio
agosto (si veda ItaliaOggi del 6/6/2010) e
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 197
del 23/08/2010.
La normativa dispone maggiori controlli sul
cantiere e, come detto, reca deleghe al
governo per riformare la normativa e la
documentazione antimafia. In particolare,
prevede che l'esecutivo emani due
provvedimenti: un decreto legislativo
recante il codice delle leggi antimafia e
delle misure di prevenzione e un decreto di
riordino della documentazione antimafia.
Il ministro dell'interno, Roberto Maroni,
considera il Piano un passo in avanti verso
la sconfitta definitiva delle mafie. «Sono
convinto», ha detto in proposito, «che
lo straordinario programma-progetto di
sconfiggere la criminalità organizzata entro
i prossimi tre anni, possa essere raggiunto.
Questo provvedimento», ha chiosato, «si
aggiunge a quelli approvati negli ultimi due
anni, che hanno portato a risultati
straordinari» sul piano del contrasto
alle mafie.
Numeri, che a inizio agosto il governo
quantificava in 26 dei 30 latitanti più
pericolosi catturati e nel sequestro e
confisca di beni per oltre 13 miliardi di
euro. Del resto, la legge, nota come «Piano
antimafie» detta importanti norme di
immediata applicazione; quella sulla
tracciabilità dei flussi finanziari è solo
una, anche se tra le più efficaci. In
particolare, mettendo a regime quanto già
previsto per l'Abruzzo e l'Expo 2015, la
legge stabilisce che gli operatori economici
coinvolti in appalti pubblici e i soggetti
destinatari di finanziamenti pubblici
utilizzino obbligatoriamente conti correnti
bancari o postali dedicati.
L'obbligo di prevedere la tracciabilità è
legato alla firma del contratto di appalto,
che privo di questa clausola è nullo. La
tracciabilità colpisce tutti gli operatori
in cantiere, siano essi fornitori,
subappaltatori, dipendenti e consulenti. In
sostanza, tutti coloro che vengono pagati
con bonifico bancario e postale.
Non solo. La norma si applica anche ai «concessionari
di finanziamenti pubblici anche europei, a
qualsiasi titolo interessati a lavori,
servizi e forniture pubblici». I conti
dedicati potranno essere accesi
esclusivamente presso le banche o presso la
società Poste italiane spa e tutti i
movimenti dovranno essere effettuati solo
tramite bonifico bancario o postale. Restano
esclusi dalla stretta i pagamenti in favore
di enti previdenziali, assicurativi e
istituzionali, quelli di fornitori e gestori
di pubblici servizi, nonché i pagamenti
riguardanti tributi.
Per questi adempimenti si potrà pagare con
altre modalità, oltre al bonifico. Se, poi,
verranno violate le norme sulla
tracciabilità, potranno essere irrogate
sanzioni che andranno da un minimo del 2 a
un massimo del 10% del valore della
transazione. Per quel che concerne, invece,
il controllo degli automezzi adibiti al
trasporto dei materiali, si prevede che la
bolla di consegna del materiale impiegato
nei cantieri indichi il numero di targa e il
nominativo del proprietario degli automezzi
adibiti al trasporto del materiale medesimo.
Sono inoltre previste disposizioni volte ad
agevolare l'identificazione degli addetti
nei cantieri, integrando il contenuto delle
tessere di riconoscimento di cui al dlgs
09/04/2008, n. 81. La legge introduce anche
norme tese ad ampliare la platea dei
soggetti sottoposti alle verifiche e tenuti
all'obbligo di comunicare le variazioni
nell'entità e nella composizione del
patrimonio. Le verifiche potranno riguardare
sia la posizione fiscale sia la posizione
economica e patrimoniale del soggetto. E
avranno l'obiettivo di accertare illeciti
valutari, societari o di altro tipo, in
materia economica e finanziaria.
E' stato quindi inasprito il regime
sanzionatorio per il reato di «turbata
libertà degli incanti». Così, attraverso
una novella all'art. 353, primo comma, del
codice penale: si introduce il minimo
edittale di sei mesi di reclusione (il
massimo passa invece da due a cinque anni).
Viene poi introdotto il reato di «turbata
libertà del procedimento di scelta del
contraente», che ricorre nella condotta
di chi, con violenza o minaccia, o con doni,
promesse, collusioni o altri mezzi
fraudolenti, turba il procedimento
amministrativo diretto a stabilire il
contenuto del bando o di altro atto
equipollente al fine di condizionare le
modalità di scelta del contraente da parte
della amministrazione.
Il reato viene punito con la reclusione da
sei mesi a cinque anni e la multa da euro
130 a 1.032 euro. Si prevede infine
l'istituzione, in ambito regionale, di una
Stazione unica appaltante (Sua), ma potranno
anche essere più d'una in ogni regione, al
fine di garantire trasparenza, regolarità ed
economicità nella gestione degli appalti
pubblici di lavori e servizi e prevenire, in
tal modo, le infiltrazioni di natura
malavitosa.
Infine, con un decreto da emanare entro sei
mesi, dovrà essere stabilito quali enti,
organismi e società potranno aderire alla
Sua, quali saranno le attività e i servizi
svolti dalla Sua ai sensi dell'art. 33 del
Codice dei contratti (la Sua sarà nella
sostanza una centrale di committenza) e
quale sarà il contenuto delle convenzioni
che la Sua stipulerà con gli enti che
intendono aderire (articolo
ItaliaOggi del 24.08.2010, pag. 19
- link a www.corteconti.it). |
APPALTI:
Interpretazione del
bando, regolarizzazione documentale e
ipotesi di esclusione.
La stazione appaltante è tenuta ad applicare
in modo rigoroso ed incondizionato le
clausole inserite nella "lex specialis"
relative ai requisiti, formali e
sostanziali, di partecipazione, ovvero alle
cause di esclusione, atteso che proprio il
formalismo caratterizza la disciplina delle
procedure di gara, rispondendo esso, per un
verso, ad esigenze pratiche di certezza e
celerità e, per altro verso, alla necessità
di garantire l'imparzialità dell'azione
amministrativa e la parità di condizioni.
Non può ritenersi irrazionale le modalità di
presentazione delle offerte comprendenti sia
la sigillatura con la ceralacca sia la
controfirma del rappresentante dell’impresa
sui lembi di chiusura, in quanto mirano ad
assicurare l’autenticità dell’offerta e,
comunque, non appaiono particolarmente
gravosi per i partecipanti alla procedura di
gara.
Pertanto deve ritenersi legittima
l’esclusione di una ditta nel caso in cui
abbia presentato un plico sigillato con
ceralacca ma privo della controfirma sui
lembi di chiusura, in contrasto con
un’espressa previsione del bando (massima
tratta da http://doc.sspal.it - TAR Emilia
Romagna-Parma,
sentenza 23.08.2010 n. 430 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Nuove norme antimafia.
E' stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale
(serie generale n. 196 del 23.08.2010) la
legge 10.08.2010 n. 136, recante "Piano
straordinario contro le mafie, nonché delega
al Governo in materia di normativa
antimafia".
Segnaliamo, in particolare, le seguenti
disposizioni ... (link a
http://venetoius.myblog.it). |
APPALTI: G.U.
23.08.2010 n. 196 "Piano straordinario
contro le mafie, nonché delega al Governo in
materia di normativa antimafia" (L.
13.08.2010 n. 136). |
APPALTI:
Accesso agli atti e
comunicazioni.
Una comunicazione effettuata dalla stazione
appaltante ad una impresa, dell’avvenuta
esclusione dell’impresa stessa da una gara
pubblica, trasmessa a mezzo fax, è idonea a
far decorrere il termine per l’impugnazione,
nel caso in cui l'uso del fax sia
sostanzialmente previsto dalla lex
specialis di gara e l’impresa
destinataria della comunicazione abbia di
fatto accettato le precedenti
comunicazioni della P.A. a mezzo fax (nella
specie, si trattava di comunicazioni sul
controllo dei requisiti) al numero indicato
in precedenza all'Amministrazione per la
ricezione di comunicazioni inerenti la gara;
infatti, la previsione da parte della lex
specialis di tale mezzo di trasmissione
rende idonea la comunicazione via fax anche
dell’atto di esclusione, ai fini della piena
cognizione del contenuto del provvedimento,
e risulta rispettosa dell’art. 77 del d.lgs.
n. 163 del 2006, il quale stabilisce la
facoltà per le stazioni appaltanti e per gli
operatori economici di inviare le
comunicazioni via telefax, purché di ciò si
dia comunicazione nel bando o
nell’invito (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 18.08.2010 n. 5845 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: La
previsione da parte della lex specialis
rende idonea la comunicazione via fax anche
dell’atto di esclusione ai fini della piena
cognizione del contenuto del provvedimento.
La dita appellante, nella pronuncia in
rassegna, ha partecipato alla gara bandita
dal Comune in causa per l’aggiudicazione di
appalto di lavori di riqualificazione ed
ampliamento dell’area esterna di scuola
materna ed annesso asilo nido.
L’amministrazione ha escluso l’offerta dalla
gara per avere rinvenuto, tra i dati
pubblicati nel casellario informatico
dell’Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture,
annotazione di revoca dell’attestazione SOA
disposta a seguito di accertamento di
rilascio di attestazione sulla base di
documenti privi di riscontro oggettivo in
atti o attestazioni di pubbliche
amministrazioni e di tanto ha dato
comunicazione alla stessa Autorità .
L’appellante lamenta che erroneamente il Tar
avrebbe considerato irricevibile il proprio
ricorso, facendo decorrere il termine di
decadenza dalla data di ricezione via fax
del provvedimento di esclusione, così
contravvenendo ai principi in materia di
notificazione degli atti delle pubbliche
amministrazioni, di decorrenza del termine
dalla piena conoscenza dell’atto lesivo, di
necessità di prova della ricezione nonché
dando errata applicazione dell’art. 77
D.Lgs. 163/2006.
Il Consiglio di Stato, tuttavia, ha ritenuto
che tali tesi non possano trovare
accoglimento va in primo luogo considerato,
infatti, che, in base a lineari principi, in
materia di impugnazione di provvedimenti
amministrativi in relazione agli atti in cui
sia richiesta la notifica individuale, come
quelli di esclusione e revoca
dell’aggiudicazione di gare, si applica la
regola generale della piena conoscenza di
cui all’art. 21 L. n. 1034/1971, laddove il
termine decorre dalla notificazione o dalla
comunicazione individuale all’interessato
(Cons. St. Sez. V, 22.03.2010, n. 1661,
15.09.2009, n. 5503, 24.03.2006, n. 1534).
E’ quindi sufficiente, in assenza di
notificazione (nel qual caso soltanto si
applica la disciplina sulle notifiche
richiamata da parte appellante), perché
comunque decorra il termine di impugnazione,
che l’interessato abbia avuto piena
cognizione, mediante comunicazione
individuale, del provvedimento e della sua
natura lesiva.
La questione all’esame è, quindi, spiegano i
i giudici d’appello, se tale cognizione
possa considerarsi realizzata, come ritenuto
dal TAR, attraverso la trasmissione
dell’atto di esclusione via fax,
conformemente alle forme di comunicazione di
cui agli articoli 77 e 79 D.Lgs. n.
163/2006. In base alla più recente normativa
(particolarmente d.P.R. 28.12.2000, n. 445),
il fax è considerato un ordinario mezzo di
comunicazione nel corso dell’istruttoria,
sia per la presentazione di istanze di
privati (art. 38, comma 1), che acquistano
efficacia con la trasmissione, sia per la
comunicazione di documenti di cui tale mezzo
soddisfa sia la forma scritta che la fonte
di provenienza. In forza dell’art. 43, comma
6, un fax deve presumersi giunto al
destinatario quando il rapporto di
trasmissione indica che questa è avvenuta
regolarmente.
Più in generale, va considerato che
l’ordinamento in numerosi casi conferisce
certezza alle comunicazioni effettuate via
fax: l’art. 136 del codice di procedura
civile ammette la comunicazione per telefax
nel rispetto della normativa sulla
trasmissione dei documenti teletrasmessi,
così come la legge fallimentare,al terzo
comma dell’art. 26, dispone la completa
equiparazione, ai fini della decorrenza del
termine per il reclamo contro i decreti del
giudice delegato e del tribunale, della
comunicazione mediante lettera raccomandata
con avviso di ricevimento e di quella
attraverso telefax, stabilendo che la
garanzia di avvenuta ricezione in base al
d.P.R. n. 445/2000 equivale a notificazione.
Parimenti, l’art. 77 D.Lgs. n. 163/2006
stabilisce la facoltà per le stazioni
appaltanti e per gli operatori economici di
inviare le comunicazioni via telefax, purché
di ciò si dia comunicazione nel bando o
nell’invito. L’adeguamento rispetto
all’innovazione delle tecnologie di
trasmissione e comunicazione riposa sulla
circostanza che il fax utilizza un sistema
di linee di trasmissione e dati e di
apparecchiature che consente di poter
documentare sia la partenza del messaggio
dall’apparato trasmittente che, attraverso
il rapporto di trasmissione, la ricezione da
parte di quello ricevente, dando altrettanta
certezza rispetto all’avviso di ricevimento
della raccomandata della ricezione del
messaggio.
Coerentemente, la giurisprudenza
amministrativa ha stabilito che il rapporto
di trasmissione fa presumere la prova
dell’avvenuta ricezione spettando al
destinatario la prova contraria concernente
la mancata funzionalità dell’apparecchio
(Cons. St. Sez. V, 24.04.2002, n. 2202, Sez.
VI, 04.06.2007, n. 2951, 19.6.2009, n. 4151,
03.02.2009 n. 578).
L’idoneità della comunicazione mediante fax
è avvalorata, nella specie, dalla
circostanza che il disciplinare di gara
abbia disposto che le imprese partecipanti
indicassero il proprio numero di fax al
quale l’amministrazione potesse far
pervenire la richiesta ex art. 48 D.Lgs.
163/2006 ed a tanto l’appellante abbia
provveduto accettando la comunicazione via
fax sul controllo del possesso dei
requisiti, conclusosi poi negativamente con
il provvedimento di esclusione (in linea,
quindi, anche con i commi 5-bis e
5-quinquies dell’art. 79 introdotti dal
d.lgs. n. 53/2010, pur se inapplicabili
ratione temporis alla controversia de
qua).
La previsione da parte della lex
specialis di tale mezzo di trasmissione
rende, pertanto, idonea la comunicazione via
fax anche dell’atto di esclusione ai fini
della piena cognizione del contenuto del
provvedimento e risulta rispettosa dell’art.
77 d. lgs n. 163 (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 18.08.2010 n. 5845 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Esame delle offerte e
anomalie.
E’ legittima l’esclusione di una ditta da
una gara per l’affidamento di un appalto
pubblico, che sia motivata con riferimento
all’anomalia e/o all’incongruità
dell’offerta presentata dalla ditta esclusa,
nel caso in cui tale ditta abbia dichiarato
(applicando conseguentemente i relativi
minori costi) di voler prendere in
considerazione, per il trattamento economico
dei propri dipendenti, durante il corso
dell’espletamento dell’appalto, i dati di un
contratto collettivo nazionale di lavoro
diverso da quello relativo al settore di
attività oggetto dell’appalto e, pertanto,
inapplicabile al medesimo appalto, nonché di
gran lunga economicamente più favorevole
all’impresa, in quanto comportante costi del
personale fortemente meno onerosi per
l’impresa stessa (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 18.08.2010 n. 5820 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
G.U. 18.08.2010 n. 192, suppl. ord. n. 196:
- "Linee guida per l’affidamento dei
servizi attinenti all’architettura ed
all’ingegneria" (Autorità per la
Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori,
servizi e forniture,
determinazione 27.07.2010 n. 5);
- "Modelli di segnalazione all’Autorità
per le comunicazioni ai fini
dell’inserimento di notizie nel casellario
informatico riferite a Operatori Economici
nei cui confronti sussistono cause di
esclusione ex art. 38 del decreto
legislativo 12.04.2006, n. 163, ovvero per
l’inserimento di notizie utili nonché per
l’applicazione di sanzioni ex art. 48 del
decreto legislativo n. 163/2006"
(Autorità per la Vigilanza sui Contratti
Pubblici di lavori, servizi e forniture,
comunicato del Presidente 29.07.2010). |
APPALTI:
Esame delle offerte e
anomalie.
E’ legittimo il giudizio di anomalia
espresso dalla P.A. in sede di verifica
delle offerte nel caso in cui risulti che il
prezzo offerto non avrebbe superato il solo
costo della manodopera e non sia stata
fornita dal concorrente alcuna prova che gli
operai addetti al servizio, al momento dello
svolgimento della gara, fossero in possesso
dei requisiti necessari (requisito di
iscrizione, come disoccupati, da almeno due
anni presso il competente Centro
dell’impiego e quello del reddito annuale da
lavoro, inferiore al limite degli 8.000,00
euro) per poter godere degli sgravi
contributivi previsti dalla legge n. 407 del
1990 (massima tratta da http://doc.sspal.it
- Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 11.08.2010 n. 5638 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI - COMPETENZE GESTIONALI: L’assegnazione
alla competenza consiliare
dell’organizzazione e dell’affidamento dei
servizi pubblici locali è costantemente
giustificata dal fatto che le scelte ad esse
sottese si connettono all’esercizio dei
poteri di indirizzo e di controllo
politico-amministrativo, caratterizzante
entrambi i momenti in cui si articola la
scelta ricadente, appunto, sul modulo e
sulle modalità di assegnazione del servizio.
L’assegnazione alla competenza consiliare
(cfr. C.S., sezione V, dec. 9301/2003)
dell’organizzazione e dell’affidamento dei
servizi pubblici locali è costantemente
giustificata dal fatto che le scelte ad esse
sottese si connettono all’esercizio dei
poteri di indirizzo e di controllo
politico-amministrativo, caratterizzante
entrambi i momenti in cui si articola la
scelta ricadente, appunto, sul modulo e
sulle modalità di assegnazione del servizio.
Gli elementi che devono poi confluire
nell’opzione sono stati, in materia di
servizi pubblici locali, fissati dall’art.
113, commi 5, 7 e 11, relativo ai soggetti
ai quali conferire il servizio, agli
elementi sull’espletamento delle gare ad
evidenza pubblica ed ai parametri di
controllo, costituenti oggetto del contratto
di servizio, quale fonte di disciplina dei
rapporti tra enti locali e società di
erogazione del servizio (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 11.08.2010 n. 5636 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Le
novità di immediata applicazione del ddl
antimafia approvato in via definitiva dal
senato. Appalti, in gara con conti ai raggi
X. Tracciabilità dei flussi finanziari.
Stretta sulla turbativa d'asta.
Tracciabilità dei flussi
finanziari per tutti i partecipanti a gare
di appalto e per i beneficiari di
finanziamenti pubblici; introduzione della
stazione unica appaltante a livello
regionale; inasprimento del reato di
turbativa d'asta (con reclusione da sei mesi
a cinque anni) e introduzione di una nuova
fattispecie penale con riguardo alla
turbativa del procedimento di scelta del
contraente; maggiori controlli sul cantiere;
deleghe per riformare la normativa e la
documentazione antimafia.
È quanto stabilisce il disegno di legge
recante il «piano straordinario contro le
mafie, nonché la delega al governo in
materia di normativa antimafia»
approvato in via definitiva dal senato
martedì ... (articolo
ItaliaOggi del 06.08.2010, pag. 31
- link a www.corteconti.it). |
APPALTI:
L'affidamento ad una
società mista con gara ad evidenza pubblica
per la selezione del socio, non costituisce
affidamento diretto.
La sussistenza di un interesse di una
società mista alla partecipazione ad una
gara in ambito extra territoriale non può
che essere valutata dall'ente esponenziale
della comunità di riferimento, ossia il
Comune che ha costituito la società.
L'affidamento di un servizio pubblico ad una
società mista appositamente costituita con
un socio privato operativo, scelto mediante
procedura ad evidenza pubblica, è da
equiparare all'affidamento mediante gara.
Tale procedura garantisce, infatti, il
rispetto dei principi comunitari in tema di
libero mercato, in quanto non si realizza un
affidamento diretto alla società, ma
piuttosto un affidamento con procedura di
evidenza pubblica dell'attività operativa
della società mista al partner privato,
tramite la stessa gara volta
all'individuazione di quest'ultimo.
Il modello, in altre parole, trae la propria
peculiarità dalla circostanza che la gara ad
evidenza pubblica per la scelta del socio
privato abbia ad oggetto, al tempo stesso,
l'attribuzione dei compiti operativi e
quella della qualità di socio (nella
specie, è stato ritenuto legittimo, sulla
base di dette considerazioni, l'affidamento
del servizio relativo alla gestione della
farmacia comunale ad una società mista, in
cui il socio privato di minoranza è stata
effettuata mediante procedura ad evidenza
pubblica).
La sussistenza di un interesse della società
mista alla partecipazione ad una gara in
ambito extra territoriale non può che essere
valutata dall'ente esponenziale della
comunità di riferimento, ossia il Comune che
ha costituito la società. Ne deriva che, ove
il Comune, che detiene la quota
maggioritaria del capitale sociale,
autorizzi una modificazione statutaria
finalizzata a consentire la partecipazione
alla gara in questione, non sembra si possa
dubitare che abbia ritenuto la gestione di
una nuova farmacia come rispondente
all'interesse della comunità di riferimento
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 04.08.2010 n. 5214 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sull'impugnazione
immediata delle disposizioni della
disciplina di gara che limitano
illegittimamente il diritto alla
partecipazione di un concorrente.
I requisiti di partecipazione alle gare
d'appalto possono essere anche più rigorosi
e restrittivi rispetto a quelli ex lege
previsti, in relazione alle peculiari
caratteristiche del servizio da appaltare.
Nel caso in cui le disposizioni della
disciplina di gara limitano illegittimamente
il diritto alla partecipazione di un
concorrente, esso deve impugnare
immediatamente la disciplina di gara e non
attenderne l'esito, essendo la lesività di
un atto aspetto oggettivo e indipendente dai
requisiti posseduti dagli altri partecipanti
alla gara.
---------------
I bandi di gare d'appalto pubblico possono
prevedere requisiti di partecipazione più
rigorosi di quelli indicati dalla legge
purché non discriminanti ed abnormi rispetto
alle regole proprie del settore e che
possano pertanto pretendere l'attestazione
di requisiti di capacità diversi ed
ulteriori dalla semplice iscrizione in albi
o elenchi.
Le previsioni recate nelle relative
disposizioni normative di settore sono volte
a stabilire una semplice presunzione di
possesso dei requisiti minimi per la
partecipazione alla gara, che pertanto ben
possono essere derogati (o meglio
incrementati, sotto l'aspetto qualitativo e
quantitativo) dall'amministrazione in
relazione alle peculiari caratteristiche del
servizio da appaltare.
Le scelte così operate, ampiamente
discrezionali, impingono nel merito
dell'azione amministrativa e si sottraggono,
pertanto, al sindacato del giudice
amministrativo, salvo che non siano ictu
oculi manifestamente irragionevoli,
irrazionali, arbitrarie o sproporzionate,
specie avuto riguardo alla specificità
dell'oggetto ed all'esigenza di non
restringere, oltre lo stretto
indispensabile, la platea dei potenziali
concorrenti e di non precostituire
situazioni di privilegio.
Pertanto, nel caso di specie non è
irragionevole, sproporzionata o
discriminatoria la richiesta di specifici
requisiti di esperienza nella gestione di
piscine pubbliche, trattandosi
dell'affidamento in concessione
dell'impianta natatorio comunale (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 04.08.2010 n. 5201 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Bandi di gare d'appalto
pubblico - Requisiti minimi o più rigorosi
di partecipazione - Presupposti e limiti -
Sindacato del giudice amministrativo -
Limiti - Fattispecie: Aggiudicazione gara
per gestione piscina comunale - Risarcimento
danni.
I bandi di gare d'appalto pubblico possono
prevedere requisiti di partecipazione più
rigorosi di quelli indicati dalla legge
purché non discriminanti ed abnormi rispetto
alle regole proprie del settore e che
possano pertanto pretendere l'attestazione
di requisiti di capacità diversi ed
ulteriori dalla semplice iscrizione in albi
o elenchi.
Le previsioni recate nelle relative
disposizioni normative di settore sono volte
a stabilire una semplice presunzione di
possesso dei requisiti minimi per la
partecipazione alla gara, che pertanto ben
possono essere derogati (o meglio
incrementati, sotto l'aspetto qualitativo e
quantitativo) dall'amministrazione in
relazione alle peculiari caratteristiche del
servizio da appaltare (Cons. St., sez. V,
06/04/2009, n. 2138; C.d.S. 19/11/2009 n.
7247; C.d.S. sez. IV, 12/06/2007, n. 3103;
C.d.S. sez. VI, 10/01/2007, n. 37).
Le scelte così operate, ampiamente
discrezionali, impingono nel merito
dell'azione amministrativa e si sottraggono,
pertanto, al sindacato del giudice
amministrativo, salvo che non siano ictu
oculi manifestamente irragionevoli,
irrazionali, arbitrarie o sproporzionate,
specie avuto riguardo alla specificità
dell'oggetto ed all'esigenza di non
restringere, oltre lo stretto
indispensabile, la platea dei potenziali
concorrenti e di non precostituire
situazioni di privilegio.
Fattispecie: impugnazione
dell’aggiudicazione della gara per la
gestione di una piscina comunale e richiesta
di risarcimento danni.
Disciplina di gara -
Diritto alla partecipazione - Disposizione e
lesività dell’atto - Impugnazione immediata
senza attenderne l’esito - Necessità.
In materia di appalti pubblici, quando si
ritiene che le disposizione della disciplina
di gara limitano illegittimamente il proprio
diritto alla partecipazione, l’interessato
deve impugnare immediatamente la disciplina
di gara e non attenderne l’esito, essendo la
lesività di un atto aspetto oggettivo e
indipendente dai requisiti posseduti dagli
altri partecipanti alla gara (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 04.08.2010 n. 5201 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI: Appalti,
stop a segnalazioni di violazioni non
definitive.
Stop alla segnalazione delle violazioni
fiscali non ancora definitive: nelle
certificazioni rilasciate all'ente
appaltante ai fini della partecipazione
delle imprese agli appalti pubblici, gli
uffici dell'agenzia delle entrate dovranno
indicare soltanto le infrazioni degli
obblighi di pagamento definitivamente
accertate.
E' quanto stabilisce la
circolare 03.08.2010 n. 41/E
dell'Agenzia delle Entrate, concernente
l'attestazione dei requisiti fiscali
richiesti per la partecipazione alle
procedure di affidamento delle concessioni e
degli appalti e subappalti di lavori,
forniture e servizi di cui al dlgs 163/2006
(c.d. codice dei contratti pubblici).
L'art. 38, comma 1, lettera g) del codice
esclude dalla partecipazione i soggetti che
hanno commesso violazioni, definitivamente
accertate, degli obblighi relativi al
pagamento delle imposte e tasse, secondo la
legislazione italiana o quella dello stato
in cui sono stabiliti. Il comma successivo
prevede che il possesso dei requisiti
richiesti possa essere attestato mediante
dichiarazione sostitutiva ai sensi del dpr
445/2000, fatto salvo il potere di controllo
delle amministrazioni procedenti.
In merito ai requisiti fiscali, con la
circolare 25.05.2007 n. 34/E
l'Agenzia delle Entrate ha fornito
istruzioni sui compiti degli uffici,
chiarendo che, qualora la stazione
appaltante richieda il controllo
dell'autocertificazione, gli uffici devono
utilizzare il modello approvato con
provvedimento del 25.06.2001, segnalando
anche le eventuali violazioni non
definitivamente accertate, in modo da
fornire al richiedente ogni elemento utile a
valutare la sussistenza del requisito della
regolarità fiscale.
Nella nuova circolare, tuttavia, viene
osservato che, in base al citato art. 38,
l'irregolarità fiscale può dirsi integrata
qualora sia stata definitivamente accertata
una qualunque violazione relativa agli
obblighi di pagamento di imposte e tasse, e
deve considerarsi venuta meno nel caso in
cui, alla data di richiesta della
certificazione, il contribuente abbia
integralmente soddisfatto la pretesa del
fisco, anche mediante definizione agevolata.
Tanto premesso, modificando le precedenti
indicazioni in senso più aderente alla
norma, anche al fine di non pregiudicare le
imprese nazionali rispetto a quelle estere,
l'agenzia ha ora stabilito che gli uffici
devono indicare nella certificazione
esclusivamente le violazioni di pagamento
definitivamente accertate, circostanza che
si realizza con l'inutile decorso dei
termini di impugnativa o a seguito di
sentenza definitiva (articolo
ItaliaOggi del 04.08.2010, pag. 20
- link a www.corteconti.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Dichiarazione implicita
di pubblica utilità - Obbligo di comunicare
l’avvio del procedimento - Fattispecie:
approvazione progetto tecnico di variante
lavori sistemazione ed occupazione urgenza -
Art. 7, L. n. 241/1990.
Ai sensi dell’articolo 7 della legge
07.08.1990 n. 241, sussiste l’obbligo di
comunicare l’avvio del procedimento
culminante nella dichiarazione implicita di
pubblica utilità dell’intervento da
realizzare, in quanto immediatamente e
direttamente lesivo di potenziali interessi
(C.d.S., A.P., n. 14/1999 ).
Nel caso di specie, tuttavia, non si è avuta
la dichiarazione di pubblica utilità
implicita nell'approvazione del progetto
delle opere da realizzare, perché essa
consegue ope legis alla sola
approvazione del progetto definitivo delle
opere da realizzare, come stabilisce il
comma 13 dell'articolo 14 della legge
11.02.1994, n. 109, laddove con la impugnata
delibera consiliare n. 27 del 1998 è stato
approvato soltanto il progetto di massima
(CdS Sez. IV, n. 3364/09).
Pertanto, non essendoci alcuna valida ed
utile dichiarazione di pubblica utilità e
questa non potendo conseguire ex lege
all'approvazione del progetto preliminare,
non sussisteva alcun obbligo da parte della
amministrazione comunale di comunicare ai
ricorrenti l'esistenza del procedimento
relativo alla realizzazione dei lavori per
cui è causa (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 03.08.2010 n. 5155 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
L’art. 5, co. 1, della
legge 381/1991 non consente di utilizzare le
convenzioni ivi previste per l’affidamento
di servizi pubblici locali quale il servizio
di scuolabus.
L’art. 5, co. 1, della legge 08.11.1991 n.
381, in materia di cooperative sociali,
consente agli enti pubblici ed alle società
di capitali a partecipazione pubblica di
stipulare “anche in deroga alla
disciplina in materia di contratti della
pubblica amministrazione” apposite
convenzioni con le cooperative sociali come
definite dal precedente art. 1, ovvero con i
corrispondenti organismi operanti negli
altri Stati membri della Comunità europea,
per la fornitura di “beni o servizi”
diversi da quelli socio-sanitari ed
educativi il cui importo stimato sia
inferiore alla c.d. soglia comunitaria e
purché tali convenzioni siano finalizzate
alla creazione di opportunità di lavoro per
le persone svantaggiate.
La norma non consente, perciò, di utilizzare
le convenzioni ivi previste per
l’affidamento di servizi pubblici locali,
quale deve considerarsi il servizio di
scuolabus di cui qui si discute.
Non v’è dubbio infatti, a tal riguardo, che
il detto servizio si inquadri perfettamente
nel concetto di servizio pubblico locale
come qualificato dall’art. 112 del t.u.e.l.
di cui al d.lgs. 18.08.2000 n. 267, ai sensi
del quale “gli enti locali, nell’ambito
delle rispettive competenze, provvedono alla
gestione dei servizi pubblici che abbiano
per oggetto produzione di beni ed attività
rivolte a realizzare fini sociali e a
promuovere lo sviluppo economico e civile
delle comunità locali”.
Tanto sul piano sia soggettivo, essendo il
ripetuto servizio riconducibile alla
competenza comunale, che oggettivo, attese
le finalità sociali a favore della
collettività dell’attività svolta, le quali
caratterizzano e distinguono appunto il
servizio pubblico rispetto alla fornitura di
servizi, diretta a soddisfare esigenze
dell’amministrazione pubblica e che questa
ha facoltà, a termine del cit. art. 5, co.
1, della legge n. 381 del 1991, di
procurarsi tramite convenzione diretta, in
deroga alle norme in materia di contratti
dell’amministrazione pubblica, con le
cooperative sociali ove tale convenzione sia
volta allo scopo di creare opportunità di
lavoro per le persone svantaggiate (cfr., in
fattispecie analoga riguardante il servizio
pubblico di raccolta e trasporto di rifiuti
urbani, la decisione sull’appello reg. gen.
n. 5394/2009 assunta alla camera di
consiglio del 09.02.2010, in corso di
pubblicazione).
Il detto art. 5, co. 3, prevede una mera
facoltà di deroga all’evidenza pubblica da
parte dell’ente pubblico o società di
capitali a partecipazione pubblica, ossia
una mera volontà della stazione appaltante,
sicché la scelta di procedere mediante gara
e, conseguentemente, di negare il
convenzionamento non solo è insindacabile,
ma pure, come affermato dal TAR, non
necessita di alcuna specifica motivazione
(ben altrimenti che nel caso di adesione
alla proposta di deroga) se non, come fatto
nella specie, la semplice enunciazione
dell’aver seguito la regola e senza che
l’intento di procedervi debba essere
preannunciato prima della relativa
determinazione.
In ciò non diversamente, in tema di concorsi
a posti alle dipendenze di amministrazioni
pubbliche, dalla nomina degli idonei in
posti vacanti che, com’è noto, costituisce
una facoltà e non un obbligo, trattandosi di
potere che rientra nella discrezionalità
dell’ente, fatte salve situazioni
particolari in cui il legislatore abbia
espressamente disposto l’obbligo per le
amministrazioni di procedere allo
scorrimento delle graduatorie ancora valide
(cfr., in materia, Cons. St., sez. V,
18.12.2009 n. 8369) (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 02.08.2010 n. 5100 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Interpretazione del
bando, regolarizzazione documentale e
ipotesi di esclusione.
L’omessa allegazione di un documento o di
una dichiarazione previsti a pena di
esclusione non può considerarsi alla stregua
di un’irregolarità sanabile e, quindi, non
ne è permessa l’integrazione o la
regolarizzazione postuma, non trattandosi di
rimediare a vizi puramente formali; ciò
tanto più quando non sussistano equivoci o
incertezze generati dall’ambiguità di
clausole della legge di gara.
In presenza di una prescrizione chiara,
infatti, la regolarizzazione costituirebbe
violazione della par condicio fra i
concorrenti.
Ai sensi dell’art. 46 del D.Lgs. n. 163/2006
(Codice dei contratti pubblici), i criteri
esposti ai fini dell’integrazione
documentale riguardano semplici chiarimenti
di un documento incompleto, ma non possono
servire a sopperire la mancanza di un
documento (quali, ad esempio, la
certificazione dei carichi pendenti o la
dichiarazione sostitutiva) (massima tratta
da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez V,
sentenza 02.08.2010 n. 5084 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: Impianti
illuminazione pubblica - Concessione -
Diritto di riscatto - Ordine di rilascio -
Legittimità - Diritto di ritenzione del
gestore - Escluso.
A seguito dell'esercizio da parte del Comune
del diritto di riscatto del rapporto
concessorio in precedenza instaurato, è
legittimo l'ordine di rilascio degli
impianti e il relativo provvedimento con cui
è stata disposta l'acquisizione al
patrimonio del Comune, in quanto né la
normativa di settore, né la concessione,
prevedono alcun diritto di ritenzione a
favore del gestore uscente (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
Sez. II,
sentenza 02.08.2010 n. 2618 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Impianti di
illuminazione - Comuni - R.D. 15.10.1925 e
D.L. n. 902/1986 - Riscatto - Implicita
abrogazione ex T.U. n. 267/2000 -
Inconfigurabilità.
La normativa in materia di riscatto degli
impianti di cui al R.D. 15.10.1925, n. 1568
ed al D.L. n. 902/1986 non risulta
implicitamente abrogata per effetto della
sopravvenuta disciplina poi recepita dal
T.U. n. 267/2000 nella misura in cui mira
all’assicurazione in capo agli enti locali,
della proprietà degli impianti costituente
presupposto indefettibile per l’indizione
della procedura per l’affidamento del
servizio pubblico ovvero per la relativa
assunzione in house (ordinanza Consiglio di
Stato, V, n. 6639/2008 del 12.12.2009).
Ne discende che deve ritenersi sussistere,
in capo agli enti locali, l’astratta
possibilità di riscattare la proprietà degli
impianti di illuminazione pubblica
realizzati da Enel, quale concessionario di
servizio (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 02.08.2010 n. 2612 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
B. Colombo e V. Latorraca
Le modifiche introdotte ai ricorsi
giurisdizionali in materia di contratti
pubblici dal D.Lgs. n. 53/2010
(link a www.lavatellilatorraca.it). |
APPALTI:
L. Bellagamba,
La questione della pubblicità della seduta
di gara a procedura ristretta, nella
sub-fase della prequalificazione, in
rapporto all’art. 13, comma 2, lett. b), del
codice dei contratti - I
paradigmi normativi della procedura
ristretta semplificata nei lavori e della
c.d. forcella nei servizi di progettazione
(link a www.linibellagamba.it). |
APPALTI SERVIZI:
C. Rapicavoli,
L’affidamento dei servizi pubblici locali -
Il regolamento attuativo (link a
www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
M. Fracanzani,
Annullamento dell’aggiudicazione e sorte del
contratto nel nuovo processo amministrativo:
dall’onere di impugnazione alla pronuncia di
inefficacia (link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
G. Guzzo,
GIUSTIFICAZIONE PREVENTIVA ED ANOMALIA DELLE
OFFERTE: EVOLUZIONE LEGISLATIVA E PROFILI
GIURISPRUDENZIALI (link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
luglio 2010 |
|
APPALTI SERVIZI:
G.U. 31.07.2010 n. 177 "Trasmissione dei
dati relativi ad affidamenti a Cooperative
sociali, ex articolo 5 della legge n.
381/1991" (Autorità per la Vigilanza sui
Contratti Pubblici di Lavoro, Servizi e
Forniture,
comunicato).
IL PRESIDENTE
- Visto l’art. 7, comma 8, del decreto
legislativo n. 163/2006 che prevede che le
stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori
sono tenuti a comunicare all’Osservatorio
per contratti di importo superiore alla
soglia dei 150.000 euro dati informativi sui
contratti pubblici;
- Visto il Comunicato del Presidente del
04.04.2008, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 94 del 21.04.2008 con il quale
si definiscono le modalità telematiche per
la trasmissione dei dati dei contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture, di
importo superiore alla soglia dei 150.000
euro;
- Viste le istruzioni relative alle
contribuzioni dovute, ai sensi dell’art. 1,
comma 67, della legge 23.12.2005, n. 266, di
soggetti pubblici e privati in vigore
dall'01.05.2010;
- Visto l’art. 5 della legge n. 381/91 che
prevede la possibilità per i soggetti
aggiudicatori di stipulare convenzioni con
le cooperative sociali di cui all’art. 1,
comma 1, lett. b (cooperative che svolgono
attività agricole, industriali, commerciali
o di servizi diverse dalla gestione di
servizi socio-sanitari ed educativi e
finalizzate all’inserimento lavorativo di
persone svantaggiate) anche in deroga alla
disciplina in materia di contratti della
pubblica amministrazione;
Considerato che le disposizioni sulle
comunicazioni di dati all’Osservatorio sono
preordinate al rispetto dei principi
fondamentali di matrice comunitaria in
materia di contratti pubblici tra i quali
quelli di trasparenza, correttezza, parità
di trattamento e non discriminazione;
- Ritenuto che la deroga prevista dall’art.
5, legge n. 381/1991, deve considerarsi
riferita alle procedure di affidamento, ma
non ai suddetti principi comunitari;
COMUNICA
- Che le stazioni appaltanti che procedono
ad affidamenti ai sensi dell’art. 5, della
legge n. 381/1991, sono tenute ad effettuare
le comunicazioni all’Osservatorio dei
contratti pubblici, con le seguenti
modalità:
* convenzioni di importo superiore alla
soglia dei 150.000 euro: secondo quanto
specificato nel Comunicato del Presidente
del 04.04.2008, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 94 del 21.04.2008;
* convenzioni di importo inferiore alla
soglia dei 150.000 euro: limitatamente alla
sola acquisizione del codice CIG, fino a
quando non verranno rese note con ulteriori
comunicazioni le relative modalità di
trasmissione dei dati.
- Che non possono essere stipulate
convenzioni ai sensi dell’art. 5, comma 1,
legge n. 381/1991 per la fornitura di
servizi socio-sanitari ed educativi (art. 1,
comma 1, lett. a). |
APPALTI:
Accesso agli atti e
comunicazioni.
L’art. 13, c. 6°, del D.lgs. n. 163/2006,
non costituisce una previsione derogatoria
di carattere generale, ma piuttosto
un’ipotesi di speciale deroga, da applicare
esclusivamente nei casi in cui l’accesso sia
inibito in ragione della tutela di segreti
tecnici o commerciali motivatamente
evidenziati dall’offerte in sede di
presentazione dell’offerta.
Il carattere segreto delle informazioni
tecniche e commerciali -che deve risultare
da motivata dichiarazione dell’offerente
prodotta in sede di presentazione
dell’offerta- non può costituire ostacolo
alla esibizione della restante
documentazione di gara nei confronti dei
terzi contro interessati, potendo, tutt’al
più, consentirne lo stralcio dalla
documentazione da esibire, con facili
accorgimenti tecnici (ad esempio “omissis”)
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 30.07.2010 n. 5062 - -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'obbligo del
responsabile dell'istruttoria di una gara di
appalto di svolgere ogni tipo di attività
volta all'accertamento dei fatti oggetto del
procedimento.
Sussiste l'obbligo preciso del responsabile
dell'istruttoria svolgere ogni tipo di
attività volta all'accertamento dei fatti
oggetto del procedimento, è se per tale
necessità sono opportune più istanze
istruttorie, non è violato il principio di
non aggravamento del procedimento le quante
volte tali istanze siano giustificate
dall'esigenza di procedere.
Di conseguenza, nel caso di specie, l'errore
materiale in cui è incorsa la cooperativa,
la quale ha nei termini previsti prodotto la
documentazione richiesta, ben avrebbe potuto
indurre il responsabile del procedimento a
richiedere la rettifica di istanze erronee o
incomplete nella esplicazione di quel
principio di regolarizzazione degli atti che
si affianca a quello acquisitivo proprio
dell'iniziativa di ufficio della fase
istruttoria, sicché ne deriva che a fronte
di documentazione ritenuta inidonea è onere
dell'amministrazione completare
l'istruttoria richiedendo all'interessato
quanto necessario a tal fine.
Il principio secondo il quale il
responsabile del procedimento amministrativo
è tenuto a indicare o rettificare eventuali
irregolarità formali è applicabile anche al
procedimento di gara pubblica, a condizione
che non sia turbata la par condicio dei
concorrenti e non vi sia una modificazione
del contenuto della documentazione
presentata (TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 30.07.2010 n. 3305 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI - ATTI AMMINISTRATIVI:
SUL C.D. "SOCCORSO
ISTRUTTORIO".
1. Appalto pubblico (in
generale) - Documentazione - Errore
materiale - Rettifica - Obblighi della
stazione appaltante.
2. Procedimento amministrativo -
Responsabile del procedimento - Istruttoria
- Doveri - Profili.
1.
In caso di errore materiale di una
cooperativa, la quale ha nei termini
previsti prodotto la documentazione
richiesta dal bando di gara, è obbligo del
responsabile del procedimento richiedere la
rettifica di istanze erronee o incomplete
nella esplicazione di quel principio di
regolarizzazione degli atti che si affianca
a quello acquisitivo proprio dell'iniziativa
di ufficio della fase istruttoria, sicché ne
deriva che a fronte di documentazione
ritenuta inidonea è onere
dell'amministrazione completare
l'istruttoria richiedendo all'interessato
quanto necessario a tal fine, e il principio
secondo il quale il responsabile del
procedimento amministrativo è tenuto a
indicare o rettificare eventuali
irregolarità formali è applicabile anche al
procedimento di gara pubblica, a condizione
che non sia turbata la par condicio dei
concorrenti e non vi sia una modificazione
del contenuto della documentazione
presentata (confronta fra le tante Cons.
Stato, sez. V, 03-09-2001 n. 4586).
2.
E' obbligo preciso del responsabile
dell'istruttoria svolgere ogni tipo di
attività volta all'accertamento dei fatti
oggetto del procedimento, e se per tale
necessità sono opportune più istanze
istruttorie, non è violato il principio di
non aggravamento del procedimento, quante
volte tali istanze siano giustificate
dall'esigenza di procedere (TAR Veneto, Sez.
I,
sentenza 30.07.2010 n. 3305 -
link a
http://mondolegale.it). |
APPALTI:
Concorrente ad una gara
pubblica - Dichiarazioni - Falso innocuo -
Nozione.
Il falso dichiarato da un concorrente ad una
gara pubblica può ritenersi innocuo, e,
quindi, non idoneo a giustificare un
provvedimento di esclusione dalla gara,
quando non è in grado di influenzare lo
svolgimento e l’esito della gara stessa.
Pertanto, non rientrano nella categoria
penalistica del “falso innocuo”
quelle omissioni e difformità, attuate dai
concorrenti, in grado di incidere
direttamente sui requisiti e sulle
condizioni di partecipazione alla gara e
sulla possibilità di addivenire più
agevolmente all’aggiudicazione della stessa,
anche sotto il profilo inerente la
valutazione morale della concorrente (Cons.
Stato, V, 13.02.2009, n. 829; cfr. Cass.
penale, V, 02.10.2008, n. 39432; 07.11.2007,
n. 3564).
Dichiarazione di non
essersi avvalsi dei piani di emersione del
lavoro irregolare - Sanzione dell’esclusione
- Espressa previsione del bando - Necessità
- Obbligo di fornire la dichiarazione -
Discrezionalità dell’amministrazione.
Per poter determinare l’esclusione dalla
gara, la dichiarazione di non essersi
avvalsi dei piani di emersione del lavoro
irregolare, di cui alla L. 383/2001, deve
essere espressamente richiesta dal bando, ed
a pena di esclusione. Se così non è, essa
viene a costituire solo un’eteronoma ragione
impeditiva dell’aggiudicazione, che la P.A.
dovrà valutare successivamente alla
conclusione della gara stessa.
Né può ritenersi illegittimo il bando, nella
parte in cui non prevede debba essere resa
dai concorrenti la dichiarazione di non
essersi avvalsi dei piani di emersione, dato
che appartiene alla discrezionalità
dell’Amministrazione imporre ex ante agli
stessi l’obbligo di fornire la
dichiarazione, ovvero valutare ex post la
situazione di fatto. (TAR Friuli Venezia
Giulia, I, 08.02.2008, n. 112).
Fatti costituenti reato
- Incidenza sulla moralità professionale -
Artt. 75 D.P.R. n. 554/1999 e 38 D.lgs. n.
163/2006 - Valutazione della natura ostativa
- Stazione appaltante - Esclusione o
ammissione - Adeguata motivazione -
Necessità.
Nell’ambito dei reati che, a norma dell’art.
75, comma 1, lett. c), del D.P.R. n.
554/1999 e dell’art. 38 del D.lgs. n.
163/2006, possono incidere sull’affidabilità
morale dei partecipanti alle gare sono
certamente da includere quelli in materia di
prevenzione degli infortuni sul lavoro; la
valutazione della natura ostativa, o no, di
fatti costituenti reato è tuttavia rimessa
esclusivamente alla stazione appaltante la
quale, di volta in volta, in considerazione
di tutte le circostanze concretamente
rilevanti nei singoli casi, è chiamata a
verificare l’effettiva incidenza delle
condanne sul vincolo fiduciario destinato a
instaurarsi con l’impresa aggiudicataria
(C.G.A. 01.06.2010, n. 806; Cons. Stato, V,
02.02.2010, n. 428; 31.01.2006, n. 349;
28.04.2003, n. 2129).
Di siffatta valutazione l’Amministrazione
appaltante deve dare contezza attraverso
un’esaustiva motivazione pure nell’ipotesi
in cui, in luogo dell’esclusione, ci sia una
determinazione di ammissione alla gara e si
sia alla presenza di fattispecie delittuose
(C.G.A. 04.02.2010, n. 101).
In questo caso, infatti, si radica
l’interesse degli altri concorrenti (in
particolare, del secondo classificato) a
conoscere le ragioni della disposta
ammissione, sicché l’amministrazione
appaltante è tenuta, in ossequio al generale
obbligo di motivazione, almeno a dar conto
dell’avvenuta presa in considerazione dei
precedenti penali dichiarati dal
concorrente, appunto al fine di escluderne,
se del caso, l’incidenza sulla moralità
professionale (cfr. TAR Lazio, Roma, III,
11.11.2009, n. 11084).
Contratto concluso a
seguito di illegittima aggiudicazione -
Domanda di annullamento Giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo -
Direttiva 2007/66/CE - D.lgs. n. 53/2010.
La domanda di annullamento del contratto non
presuppone l’impugnazione dello stesso in
senso proprio, dato che questo non ha natura
di provvedimento amministrativo, bensì di
quelli unilateralmente posti dalla PA nella
formazione della sua volontà di addivenirne
alla conclusione mediante l’individuazione
del miglior contraente; prima ancora
dell’entrata in vigore del decreto
legislativo 20.03.2010, n. 53, è stato
affermato dalle Sezioni unite della Corte di
Cassazione (ordinanza 10.02.2010, n. 2906)
che per effetto della Direttiva del
Parlamento Europeo e del Consiglio
dell'11.12.2007, n. 66, secondo una
interpretazione costituzionalmente e
comunitariamente (art. 117 Cost.) orientata
delle norme in materia, per le gare bandite
sin dalla data di entrata in vigore di essa,
è necessario l'esame congiunto della domanda
di invalidità dell'aggiudicazione e di
privazione degli effetti del contratto
concluso, prima o dopo la decisione del
giudice adito, in ragione dei principi di
concentrazione, effettività e ragionevole
durata del giusto processo disegnato nella
Carta costituzionale.
Per effetto della Direttiva in questione,
pertanto, anche prima del termine indicato
per la sua trasposizione nel diritto
interno, si configura la giurisdizione
(esclusiva) del giudice amministrativo
estesa agli effetti ed alla sorte del
contratto concluso a seguito di illegittima
aggiudicazione (TAR Sicilia-Palermo, Sez.
III,
sentenza 29.07.2010 n. 9057 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Appalti di servizi di
cui all'All. IIB del D.lgs. 163/2006 - Art.
245, comma 2-quinquies - Comunicazione
individuale ai sensi dell'art. 79 -
Decorrenza del termine per l'impugnazione -
Piena conoscenza dell'atto - Sussiste anche
in caso di accesso fruttuoso agli atti e di
impugnazione di diverso lotto della medesima
aggiudicazione.
Al di là della formula letterale impiegata
nell'art. 245, co. 2-quinquies (che
considera, quale dies a quo, per la
decorrenza del termine per l'impugnazione,
la data della sola comunicazione individuale
ai sensi dell'art. 79), secondo un principio
processuale consolidato (anche nel diritto
dell'Unione europea, cfr. art. 230 Trattato
CE, ora art. 263 TFUE) il termine di
impugnazione (in questo caso di 30 giorni)
deve intendersi decorrere, oltre che dalla
ricezione della comunicazione (che, sulla
scorta della regola generale di cui all'art.
1335 c.c., assicura una presunzione di
conoscenza, ovvero di conoscibilità, che
potrebbe non tradursi in una conoscenza
effettiva), anche e soprattutto dalla piena
conoscenza dell'atto; opinando altrimenti,
per gli appalti di servizi elencati
nell'allegato II B, ai quali, alla stregua
dell'art. 20 non dovrebbero applicarsi gli
obblighi informativi di cui all'art. 79, si
giungerebbe alla conclusione paradossale di
escludere, per gli stessi, la decorrenza del
termine di impugnazione di cui all'art. 245,
co. 2-quinquies; che, nel caso di specie
(servizio di manutenzione ordinaria del
verde pubblico), la piena ed effettiva
conoscenza dell'esito della gara e del nome
dell'aggiudicatario può desumersi (oltre che
dall'accesso fruttuosamente esperito, quale
modalità equivalente di comunicazione
dell'esito della procedura) anche dal fatto
che avverso la stessa procedura in oggetto e
la medesima delibera di aggiudicazione, la
ricorrente avesse già presentato analogo
ricorso (sebbene relativamente ad un lotto
diverso) in quel caso proposto nel pieno
rispetto del termine decadenziale di 30
giorni, il che vale anche ad escludere, nel
presente caso, il beneficio dell'errore
scusabile (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 29.07.2010 n. 3271 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Autocertificazione e
requisiti morali.
Ai fini della ricorrenza causa di esclusione
dalle gare di cui all’art. 38, comma 1,
lett. f), del D.L.vo n. 163 del 2006, non è
necessario che il comportamento di grave
negligenza o mala fede sia accertato in sede
giurisdizionale, essendo sufficiente la
valutazione che la stessa Amministrazione
abbia fatto in sede amministrativa del
comportamento tenuto in precedenti rapporti
contrattuali.
L’art. 38, comma 1, lett. f), citato, nel
prevedere l’esclusione dalle gare di appalto
dell’impresa che ha commesso grave
negligenza o malafede nell’esecuzione di
precedenti appalti, non ha carattere
sanzionatorio, ma contempla una misura a
presidio dell’elemento fiduciario, che
esclude di per sé qualsiasi automatismo,
perché l’esclusione deve essere il risultato
di una "motivata valutazione"; la
motivazione, tuttavia, può essere costituita
dal riferimento all’episodio contestato, in
base ad un’attività di mero riscontro della
fattispecie concreta con quella astratta
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 28.07.2010 n. 5030 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla conformità alla
normativa comunitaria della proroga del
periodo transitorio per la cessazione
anticipata di una concessione di
distribuzione del gas naturale.
La normativa comunitaria, secondo la Corte
di Giustizia, non osta a che la normativa
nazionale preveda il prolungamento della
durata del periodo transitorio per la
cessazione anticipata di una concessione di
distribuzione del gas naturale purché tale
proroga possa essere considerata necessaria
(tale è la prospettiva sottostante alla
previsione legislativa di un periodo
transitorio) a permettere di sciogliere i
rapporti contrattuali a condizioni
accettabili sia dal punto di vista delle
esigenze del servizio pubblico, sia dal
punto di vista economico (cfr. Corte
giustizia CE, sez. II, 17.07.2008, n. 347).
La pronunzia della Corte di Giustizia ha
risolto quindi il dubbio sulla compatibilità
della normativa comunitaria con la normativa
nazionale e la previsione in questa ultima
di un periodo transitorio riconoscendo ai
vari soggetti interessati un periodo di
tempo adeguato per ammortizzare gli effetti
negativi derivanti dalla risoluzione dei
rapporti concessori in essere e per
predisporre gli atti di gare ad evidenza
pubblica (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 26.07.2010 n. 4873 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Se la fase pubblicistica
della gara ha profili di illegittimità,
appalto annullabile anche dopo
l'aggiudicazione. Potestà in autotutela
prima della firma del contratto.
La stazione appaltante può
sempre incidere con determinazioni
unilaterali sugli esiti della fase
pubblicistica della gara d'appalto qualora
essi siano ritenuti affetti da profili di
illegittimità, anche all'esito del
provvedimento di aggiudicazione definitiva,
atto conclusivo del procedimento di scelta
del contraente.
In altri termini, secondo la
sentenza 26.07.2010 n. 4864 della
Sez. VI del Consiglio di Stato,
l'annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione
di una gara, prima che sia sottoscritto il
contratto d'appalto vero e proprio, è sempre
possibile, ricorrendo tuttavia un preciso e
concreto interesse pubblico (nonostante
l'articolo 6, quarto comma, del Rd 2440
dell'08.11.1923 equipari i processi verbali
di aggiudicazione al contratto).
Una potestà di annullamento in autotutela,
dunque, che si può esercitare sul principio
di buon andamento della Pa, se per sono
chiaramente fornite adeguate motivazioni sui
presupposti di caducazione delle posizioni
dei partecipanti alla gara, consolidatesi
con l'aggiudicazione definitiva. Tale fase
della procedura, infatti, secondo il
collegio, non può essere equiparata - non
avendo la citata norma del Rd 2440/1923
natura automatica e obbligatoria alla
costituzione del vincolo contrattuale, che
si ha unicamente al momento della
stipulazione dell'accordo.
La vicenda esaminata dal collegio riguardava
un bando pubblico per la stipula di un
contratto di vendita di un suolo dell'ente,
che prevedeva come corrispettivo un importo
in denaro e alcuni immobili a uso
residenziale in permuta ...
(articolo
Il Sole 24 Ore del 20.09.2010 -
tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI:
I. Boccuzzi,
Il recepimento della direttiva ricorsi: il
decreto legislativo 53/2010 (link
a www.amministrazioneincammino.luiss.it). |
APPALTI:
G. Bartoli,
L’introduzione delle clausole sociali negli
appalti riservati (link a
www.amministrazioneincammino.luiss.it). |
APPALTI:
F. Lo Gerfo,
Il mistero della quarta busta: effetti del
correttivo 2009 sulla disciplina delle
offerte anomale nel codice dei contratti
pubblici. questioni aperte di diritto
transitorio (link a
www.diritto.it). |
APPALTI: Tributi
e contributi, se in regola ok
all'aggiudicazione dell'appalto.
È la conclusione a cui è pervenuta la Corte
di Giustizia con la sentenza che vede
coinvolte tre diverse società.
La normativa di riferimento in ambito
comunitario è costituita dalla direttiva
93/37, come medio tempore sostituita dalla
direttiva del 31.03.2004, 2004/18/CE di cui
interessano, in particolare, gli articoli
che vanno dal 24 al 29.
L'articolo 24 fissa le cause di esclusione
di un imprenditore nella partecipazione a
gare di appalto. In particolare le lettere
e) ed f) di dette clausole di esclusione
riguardano il corretto versamento non
soltanto dei contributi previdenziali ma
anche di tasse e imposte compresa l'Iva.
Inoltre, all'ultimo comma si stabilisce che
gli Stati membri hanno il compito di
designare autorità e organismi competenti
per il rilascio della documentazione
necessaria che attesti il possesso dei
requisiti da parte degli imprenditori
interessati alla partecipazione all'appalto
... (link a
www.nuovofiscooggi.it). |
APPALTI:
RAGGRUPPAMENTI
TEMPORANEI E VERIFICA DEI REQUISITI DI
PARTECIPAZIONE ALLA GARA D'APPALTO.
1. Associazione
temporanea - Requisiti associati - Requisiti
soggettivi e requisiti oggettivi - Cumulo.
2. Associazione temporanea - Ratio - Limiti.
3. Appalto pubblico (in generale) - Criteri
e principi - Massima partecipazione - In
relazione al servizio richiesto.
4. Associazione temporanea - Requisiti
associati - A.T.I. orizzontale - Affidamento
del servizio di vigilanza - Aggiudicazione -
Disciplina.
5. Pubblica sicurezza - Istituti vigilanza -
Tariffe - Prefettizie - Carattere vincolante
- Non sussiste - Ragioni.
1.
I raggruppamenti temporanei di imprese non
costituiscono autonomi centri di imputazione
giuridica ma mere aggregazioni finalizzate
ad agevolare (grazie alla sommatoria dei
requisiti degli aderenti) il dispiegarsi del
gioco della concorrenza. In altri termini,
non danno luogo ad un soggetto autonomo e
distinto dalle imprese che li compongono, né
ad un loro rigido collegamento strutturale.
Da ciò consegue che i requisiti prescritti
nel bando devono essere posseduti dalle
imprese raggruppate -le quali conservano
intatte le rispettive autonomie formali e
sostanziali- secondo le regole che governano
la materia, tendenti a distinguere tra
requisiti soggettivi di capacità tecnica ed
economica e requisiti oggettivi, per i quali
è consentito il "cumulo" (Cfr., tra
le altre, Cons. Stato., sez. V, 21-11-2007
n. 5906; Cons. Stato, sez. V, 15-05-2001 n.
2713; cfr. Cons. Stato, sez. V, 18-10-2001
n. 5517).
2.
I raggruppamenti temporanei di imprese -i
quali costituiscono un istituto di matrice
comunitaria- tendono ad estendere la
partecipazione alle gare anche ad imprese
che, singolarmente, non sarebbero in grado
di sostenere l'onere dell'appalto e, dunque,
ad ampliare la dinamica concorrenziale,
consentendo la coalizione di imprese di
minori dimensioni per favorirne la crescita
e l'ingresso su mercati più estesi.
Nel contempo, consentono di realizzare lo
scopo di assicurare, attraverso il concorso
degli apporti di più imprese, il buon
andamento del risultato finale dei lavori o
dei servizi appaltati, i quali, altrimenti,
potrebbero essere compromessi dalla
inadeguatezza dei mezzi tecnici e finanziari
propri di ciascuna singola impresa.
L'unico limite nell'utilizzo di tale forma
di aggregazione va riscontrato nell'esigenza
di non trasformare la riunione di imprese in
uno strumento elusivo delle regole
impositive di un livello minimo di capacità
per la partecipazione agli appalti, il quale
-di regola- deve essere fissato nel bando
(Cfr. tra le altre, TAR Campania Napoli,
sez. I, 07-10-2008 n. 13437; TAR Puglia
Lecce, sez. I, 06-03-2007 n. 800; Cfr. TAR
Piemonte, sez. II, 02-05-2000 n. 573).
3.
I bandi di gara devono assicurare la massima
partecipazione, al fine di perseguire
l'interesse pubblico a che la scelta
dell'impresa affidataria avvenga nel più
ampio ventaglio possibile di offerte sulla
base di criteri che debbono essere redatti
esclusivamente in funzione delle
caratteristiche economiche e tecniche del
bene o del servizio richiesto.
4.
Nell'eventualità si sia in presenza di
un'A.T.I. c.d. orizzontale è consentito che
i requisiti soggettivi di capacità tecnica
ed economica siano posseduti da ciascuna
impresa quanto meno in una misura minima
giuridicamente apprezzabile.
Si può, pertanto, affermare che, in presenza
di un raggruppamento di imprese partecipante
ad una gara per l'affidamento di un servizio
di vigilanza, non è imposto -in capo ad
ognuna delle imprese- il possesso
dell'autorizzazione per tutti i siti da
vigilare, bensì è sufficiente
l'autorizzazione anche solo per alcuni di
quest'ultimi, sempre che la disamina delle
autorizzazioni di tutte le imprese aderenti
all'ATI e, dunque, l'esame del contributo
che ognuna di esse è in grado ad offrire
conduca a rilevare la sussistenza delle
condizioni necessarie per il completo e
corretto espletamento del servizio (Cfr.,
tra le altre, TAR Lombardia Milano, sez. I,
07-04-2009 n. 3227; TAR Calabria Reggio
Calabria 06-03-2007 n. 206).
5.
Le tariffe fissate dal Prefetto per i
servizi di vigilanza -specie ove considerate
sotto il profilo dei c.d. "minimi"-
non sono né inderogabili né vincolanti.
In particolare -in linea con le precisazioni
rese dalla Corte di Giustizia CE (sent.
13.09.2007, nella causa C465/05, Commissione
Italia)- l'attribuzione di un carattere
vincolante a dette tariffe, realizzando una
ingiustificata restrizione della libera
prestazione dei servizi e, dunque, ponendosi
in contrasto con il principio comunitario
dell'art. 49, Trattato CE, non può trovare
spazio nel nostro ordinamento (Cfr., tra le
altre, Cons. Stato, sez. V, 29-12-2009 n.
8867; TAR Sardegna Cagliari, sez. I,
23-06-2008 n. 1253; TAR Campania Napoli,
sez. I, 17-06-2008 n. 5966; C.G.E.
13-09-2007 nella causa C465/05, Commissione
Italia) (massima tratta da
http://mondolegale.it/ - TAR Lazio-Roma,
Sez. I-ter,
sentenza 16.07.2010 n. 26337 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla natura dei
raggruppamenti temporanei di imprese
(fattispecie relativa ad una gara di appalto
per l'affidamento del servizio di
vigilanza).
Le tariffe fissate dal Prefetto per i
servizi di vigilanza - specie ove
considerate sotto il profilo dei c.d.
"minimi" - non sono né inderogabili né
vincolanti.
I raggruppamenti temporanei di imprese non
costituiscono autonomi centri di imputazione
giuridica ma mere aggregazioni finalizzate
ad agevolare (grazie alla sommatoria dei
requisiti degli aderenti) il dispiegarsi del
gioco della concorrenza. In altri termini,
non danno luogo ad un soggetto autonomo e
distinto dalle imprese che li compongono, né
ad un loro rigido collegamento strutturale.
Da ciò consegue che i requisiti prescritti
nel bando devono essere posseduti dalle
imprese raggruppate -le quali conservano
intatte le rispettive autonomie formali e
sostanziali- secondo le regole che governano
la materia (tendenti a distinguere tra
requisiti soggettivi di capacità tecnica ed
economica e requisiti oggettivi, per i quali
è consentito il "cumulo").
E', dunque, evidente, nel caso di specie,
riguardante una gara di appalto per
l'affidamento del servizio di vigilanza, che
la pretesa del possesso dell'autorizzazione
prefettizia in capo al raggruppamento
temporaneo è priva di pregio giuridico.
I raggruppamenti temporanei di imprese -i
quali costituiscono un istituto di matrice
comunitaria- tendono ad estendere la
partecipazione alle gare anche ad imprese
che, singolarmente, non sarebbero in grado
di sostenere l'onere dell'appalto e, dunque,
ad ampliare la dinamica concorrenziale,
consentendo la coalizione di imprese di
minori dimensioni per favorirne la crescita
e l'ingresso su mercati più estesi. Nel
contempo, consentono di realizzare lo scopo
di assicurare, attraverso il concorso degli
apporti di più imprese, il buon andamento
del risultato finale dei lavori o dei
servizi appaltati, i quali, altrimenti,
potrebbero essere compromessi dalla
inadeguatezza dei mezzi tecnici e finanziari
propri di ciascuna singola impresa.
L'unico limite nell'utilizzo di tale forma
di aggregazione va riscontrato nell'esigenza
di non trasformare la riunione di imprese in
uno strumento elusivo delle regole
impositive di un livello minimo di capacità
per la partecipazione agli appalti, il quale
-di regola- deve essere fissato nel bando.
Appare, pertanto, ragionevole affermare che
si tratta di un istituto che, oltre ad
essere espressamente riconosciuto ed ammesso
da prescrizioni di legge, è considerato con
favore dall'ordinamento, in quanto
-fondamentalmente- opera a salvaguardia
della parità di trattamento e del principio
di buon andamento.
Nell'eventualità si sia in presenza di
un'A.T.I. c.d. orizzontale, come nel caso di
specie, è consentito che i requisiti
soggettivi di capacità tecnica ed economica
siano posseduti da ciascuna impresa quanto
meno in una misura minima giuridicamente
apprezzabile.
Si può, pertanto, affermare che, in presenza
di un raggruppamento di imprese partecipante
ad una gara per l'affidamento di un servizio
di vigilanza, non è imposto -in capo ad
ognuna delle imprese- il possesso
dell'autorizzazione per tutti i siti da
vigilare, bensì è sufficiente
l'autorizzazione anche solo per alcuni di
quest'ultimi, sempre che la disamina delle
autorizzazioni di tutte le imprese aderenti
all'ATI e, dunque, l'esame del contributo
che ognuna di esse è in grado ad offrire
conduca a rilevare la sussistenza delle
condizioni necessarie per il completo e
corretto espletamento del servizio.
Le tariffe fissate dal Prefetto per i
servizi di vigilanza -specie ove considerate
sotto il profilo dei c.d. "minimi"-
non sono né inderogabili né vincolanti. In
particolare -in linea con le precisazioni
rese dalla Corte di Giustizia CE (sent.
13.09.2007, nella causa C465/05, Commissione
Italia)- l'attribuzione di un carattere
vincolante a dette tariffe, realizzando una
ingiustificata restrizione della libera
prestazione dei servizi e, dunque, ponendosi
in contrasto con il principio comunitario
dell'art. 49, Trattato CE, non può trovare
spazio nel nostro ordinamento (TAR
Lazio-Roma, Sez. I-ter,
sentenza 16.07.2010 n. 26337 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Rotatorie creative al
bando.
Divieto assoluto di posizionare cartelli,
insegne di esercizio ed altri mezzi
pubblicitari sulle rotonde stradali. Si
tratta infatti di intersezioni a raso dove
secondo il codice stradale è vietato
posizionare qualsiasi distrazione per
l'utente motorizzato.
Lo ha chiarito il ministero dei trasporti
con il parere 19.04.2010 n. 34023.
La provincia di Milano ha richiesto
chiarimenti circa la diffusa realizzazione
di rotatorie stradali sponsorizzate da
soggetti privati con marchi, insegne ed
informazioni pubblicitarie.
Questa pratica è vietata, ha spiegato il
ministero, in quanto le rotatorie, anche se
non vengono citate dal codice della strada,
sono tecnicamente definibili come delle
intersezioni a raso su cui si applica il
conseguente divieto di posizionamento di
impianti pubblicitari previsto dall'art. 51
del regolamento stradale.
In buona sostanza sono fuori legge tutte le
iniziative locali che hanno ricercato
sponsor posizionando le pubblicità
dell'azienda privata nel bel mezzo della
rotonda (articolo ItaliaOggi del 16.07.2010,
pag. 39). |
APPALTI:
Esame delle offerte e
anomalie.
Nelle gare di appalto, in sede di verifica
delle offerte anomale, il responsabile unico
del procedimento (RUP) non è competente ad
esprimere un giudizio definitivo sul
carattere o meno anomalo delle offerte, a
nulla rilevando che tale giudizio sia stato
seguito dalla presa d’atto da parte della
commissione di gara; il RUP (anche se
competente nel settore al quale attiene
l’oggetto della gara) può, infatti, dare
pareri d’ordine tecnico, ragguagli ed altri
elementi utili alla valutazione delle
offerte presentate in sede di gara con
aggiudicazione all’offerta più vantaggiosa,
ma non può essere rimesso allo stesso il
giudizio definitivo sulla congruità delle
offerte allorché sia stata costituita
un’apposita Commissione valutatrice.
Sono pertanto illegittime le valutazioni
espresse dal RUP, poi fatte proprie dalla
Commissione valutatrice della gara con una
semplice presa d’atto (che non risulta avere
effettuato alcuna autonoma valutazione), con
le quali è stato escluso, a seguito di
apposita verifica, che l’offerta
dell’impresa aggiudicataria fosse affetta da
anomalia (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 15.07.2010 n. 4584 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Articoli 3, comma 7, e
14 del D.lgs. 163/2006 - Progettazione
esecutiva ed esecuzione delle opere -
Contratti misti - Attestazione SOA -
Richiesta di ulteriori requisiti più
stringenti - Legittimità - Condizioni -
Impugnabilità - Limiti.
Ai sensi dell'art. 3, comma 7, del D. Lgs.
n. 163/2006, sono appalti di lavori quelli "aventi
per oggetto l'esecuzione o, congiuntamente,
la progettazione esecutiva e l'esecuzione,
ovvero, previa acquisizione in sede di
offerta del progetto definitivo, la
progettazione esecutiva e l'esecuzione,
relativamente a lavori o opere rientranti
nell'allegato I" e che i lavori oggetto
dell'affidamento in disamina (appalto
integrato per l'affidamento del servizio di
progettazione definitiva ed esecutiva e per
l'esecuzione dei lavori di ammodernamento di
un impianto funicolare) non rientrano fra
quelli contemplati nel citato allegato, ne
deriva che la specificazione della
prestazione dedotta in contratto nei
suindicati termini evidenzia come l'appalto
di cui si controverte, indipendentemente
dalla denominazione utilizzata, debba essere
qualificato come appalto misto di lavori e
fornitura ex art. 14 del Codice dei
contratti a norma del quale sono da
considerarsi "contratti misti" i "contratti
pubblici aventi per oggetto: lavori e
forniture; lavori e servizi; lavori, servizi
e forniture" [?]. Ne deriva la piena
applicabilità della disciplina contenuta
negli artt. 41 e 42 del D. L.vo 163/2006,
con conseguente legittimità della richiesta
di requisiti ulteriori rispetto alla sola
attestazione SOA.
Deve, inoltre, evidenziarsi come la
giurisprudenza ha, in ogni caso, fatta salva
la possibilità, da parte delle Stazioni
appaltanti, di richiedere ulteriori e più
stringenti requisiti rispetto a quelli
legalmente richiesti con il solo limite che
siano giustificati dalla particolare natura
dell'oggetto contrattuale e che siano
rispettosi dei limiti imposti dai principi
di ragionevolezza e proporzionalità.
"La P.A., infatti, nella predisposizione
del bando, esercita un potere attinente al
merito amministrativo, laddove inserisce
disposizioni ulteriori rispetto al contenuto
minimo ex lege previsto; queste ultime,
quindi, saranno censurabili in sede
giurisdizionale, solo allorché appaiano
viziate da eccesso di potere, ad esempio per
illogicità o per incongruenza rispetto al
fine pubblico della gara" (Cons. St.,
Sez. V, n. 7139/2005; nel senso, anche TAR
Lazio Roma, sez. I, 18.05.2006 , n. 3572).
Tale possibilità si giustifica sulla base
della diversità fra le esigenze tutelate
attraverso la previsione dell'attestazione
SOA e quelle tutelabili mediante la
previsione di fatturati specifici e
pregresse esperienze analoghe (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 15.07.2010 n. 2998 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
L’indicazione delle
quote di partecipazione è necessaria anche
con riferimento agli appalti di servizi.
Punto di imprescindibile partenza è il
disposto normativo di cui all’art. 37, comma
4, del d.lgs. n. 163 del 2006 a mente del
quale “nel caso di forniture o servizi
nell’offerta devono essere specificate le
parti del servizio o della fornitura che
saranno eseguite dai singoli operatori
economici riuniti o consorziati” (cui si
correla il successivo comma 13 dello stesso
art. 37 nel senso che “i concorrenti
riuniti in raggruppamento temporaneo devono
eseguire le prestazioni nella percentuale
corrispondente alla quota di partecipazione
al raggruppamento”). Si tratta di
disposto normativo chiaro ed esplicito, che
non sembra lasciar dubbi alla conseguente
necessità che costituisce causa di
esclusione dalla gara il mancato adempimento
dell’obbligo di dichiarare le quote di
partecipazione all’interno della compagine
(cfr. Cons. Stato, sez. V, 22.02.2010, n.
1038).
Non può avere alcun rilievo il fatto che il
disposto dell’art. 37, comma 4, d.lgs. n.
163 del 2006 non sia stato richiamato nel
bando di gara. Infatti si tratta di norma di
rilievo pubblicistico di chiara natura
imperativa che è volta a porre la stazione
appaltante nelle migliori condizioni per
verificare i requisiti di tutti i soggetti
partecipanti alle procedure di evidenza
pubblica, con la naturale conclusione che la
sua cogenza è piena a prescindere da un
necessario richiamo negli atti di gara.
Né sembra cogliere nel segno il rilievo
secondo cui la regola invocata dalla
ricorrente incidentale varrebbe solo per gli
appalti di lavori. Può ben essere che la
previsione di esatta indicazione delle quote
di partecipazione assuma ancor maggiore
pregnanza con riferimento agli appalti di
lavori, stante il particolare regime di
qualificazione che li caratterizza, ma ciò
non toglie che regola del tutto analoga vale
anche con riferimento agli appalti di
servizi, come testimonia il chiaro tenore
letterale dell’art. 37, comma 4, cit..
D’altra parte la giurisprudenza ha già avuto
modo di affermare esplicitamente la
necessità di indicazione delle quote di
partecipazione con riferimento agli appalti
di servizi (TAR Genova, sez. II, 03.02.2010,
n. 237; TAR Palermo, sez. III, 14.12.2009,
n. 1910; TAR Torino, sez. II, 08.04.2008, n.
603).
Il disposto letterale dell’art. 37, comma 4,
cit. non consente neppure di ritenere la
regola da esso posta valida solo per un
certo tipo di RTI, cioè per quelli verticali
e non per quelli orizzontali,
interpretazione che non sembra trovare nel
disposto letterale della norma alcun
aggancio e che è stata esclusa dalla
giurisprudenza (TAR Genova, sez. II;
03.02.2010, n. 237).
Infine ritiene il Collegio che “è
sicuramente compatibile con la specificità
dell’appalto di progettazione la previsione
di cui all’art. 37 commi 2 e 4 d.lgs. n. 137
del 2006, dettata per gli appalti di
servizi, in tema di raggruppamenti di
concorrenti e di specificazione delle parti
di servizio o di fornitura eseguite dai
singoli operatori economici riuniti o
consorziati” (TAR Genova, sez. II,
29.05.2008, n. 1150) (TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 15.07.2010 n. 2807 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. Gara ad evidenza
pubblica - Impugnazione dell'esclusione -
Notifica al controinteressato - Necessaria
solo se al momento dell'esclusione è noto il
beneficiario dell'aggiudicazione.
2. Procedura ad evidenza pubblica -
Dichiarazione incompleta richiesta dalla lex
specialis - Assenza della clausola "a pena
di esclusione" - Presa visione del codice
etico - Mera irregolarità - Illegittimità
dell'esclusione.
1.
In generale, l'impugnativa proposta contro
l'esclusione da una gara ad evidenza
pubblica non ha di fronte controinteressati
ai quali occorre notificare il ricorso, non
essendo onere del ricorrente seguire gli
sviluppi del procedimento ed impugnare atti
conseguenti, ricercando i controinteressati
successivi. Occorre invece notificare il
ricorso almeno ad un controinteressato, a
pena di inammissibilità, se al momento della
proposizione del ricorso avverso il
provvedimento di esclusione, siano noti al
soggetto escluso, i beneficiari della
procedura (TAR Lazio, sez. II, 05.03.2004 n.
2140).
L'aggiudicatario provvisorio assume quindi
la veste di controinteressato nel ricorso
proposto dalla concorrente esclusa, solo
quando l'esclusione e l'aggiudicazione siano
avvenute contestualmente, ossia senza
soluzione di continuità, potendo la ditta
esclusa rendersi perfettamente conto che
l'impugnativa incide sulla posizione,
differenziata e giuridicamente protetta, di
altro soggetto privato (Cons. Stato, Sez. VI
10.10.2002 n. 5453).
2.
(Fattispecie nella quale la stazione
appaltante ha disposto l'esclusione del
concorrente che ha tempestivamente
rilasciato la dichiarazione richiesta,
relativa alla presa visione ed accettazione
del codice etico della stazione appaltante,
seppure incompleta, e mancando nella lex
specialis la clausola "a pena di
esclusione").
La richiesta di regolarizzazione non deve
essere formulata dalla stazione appaltante,
se vale ad integrare documenti che in base a
previsioni univoche del bando o della
lettera di invito avrebbero dovuto essere
prodotte "a pena di esclusione"
(Consiglio Stato Sez. V, 15.09.2009 n.
5503).
In assenza di una siffatta sanzione è invece
illegittimo il provvedimento di esclusione
da una gara pubblica di un concorrente,
disposta sulla base di mere irregolarità,
sanabili con una integrazione successiva
(TAR Lazio, Sez. III, 02.04.2003 n. 2975)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 14.07.2010 n. 2987 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Procedura ad evidenza
pubblica - dimostrazione della moralità
professionale del concorrente - precedente
penale - Valutazione della Stazione
appaltante di non gravità - Motivazione
implicita o per facta concludentia -
Ammissibilità.
La stazione appaltante che ritenga il
precedente penale dichiarato dal concorrente
non incisivo della sua moralità
professionale anche sotto il profilo della
gravità, da valutarsi in relazione
all'oggetto specifico dell'appalto, non è
tenuta ed esplicitare in maniera analitica
le ragioni di siffatto suo convincimento,
potendo la motivazione di non gravità del
reato risultare anche implicita o per
facta concludentia, ossia con
l'ammissione alla gara dell'impresa stessa;
è invece la valutazione di gravità al
diverso fine dell'esclusione che richiede
l'assolvimento di un particolare onere
motivazionale (TAR Lombardia Milano, sez. I,
16.06.2010, n. 1883) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 14.07.2010 n. 2986 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
È illegittima la lex
specialis che preveda l’assegnazione di una
quota rilevante di punteggio per l’elemento
costituito dalla qualità organizzativa.
Il Collegio ricorda che la formulazione dei
giudizi e la determinazione dei punteggi,
affidati alla discrezionalità tecnica della
Commissione di gara, non sono censurabili
nel merito e sono immuni da vizi sul piano
della legittimità, ove siano sorrette da
valutazioni che non si rivelino
manifestamente irragionevoli o
sproporzionate (ex multis TAR
Campania-Napoli, sez. I, 18.03.2008, n.
1377).
Costituisce erronea applicazione
dell'articolo 83 del d.lgs. 163 del 2006 la
commistione fra requisiti soggettivi di
partecipazione ed elementi oggettivi di
valutazione dell'offerta che si verifica
quando elementi di valutazione specificati
nel disciplinare riguardano caratteristiche
organizzative e soggettive della
concorrente, che afferiscono all'esperienza
pregressa maturata dalla concorrente ed al
suo livello dì capacità tecnica e
specializzazione professionale, ovvero ad
aspetti che, in quanto tali, possono
legittimamente rilevare solo in sede di
qualificazione alla gara, e quindi solo
quali criteri di ammissione alla stessa e
non di valutazione dell'offerta (TAR Sicilia
Catania, sez. III, 05.05.2008 , n. 735).
Va ricordato che la questione della
distinzione tra requisiti di idoneità degli
offerenti ad eseguire l’appalto ed elementi
qualitativi dell’offerta è stata affrontata
anche dalla giurisprudenza comunitaria che
ha ricondotto l’indeterminatezza dei criteri
di aggiudicazione a comportamenti dei
soggetti aggiudicatari difformi dagli
obblighi di adeguata pubblicità e di parità
di condizioni fra tutte le imprese
concorrenti. La Corte ha affermato che “la
Direttiva del Consiglio 14.06.1993
93/36/CEE…osta a che, nell’ambito di una
procedura di aggiudicazione di un appalto
pubblico di forniture, l’Amministrazione
aggiudicatrice tenga conto delle diverse
referenze relative ai prodotti proposti
dagli offerenti ad altri clienti non già
come criterio di verifica dell’idoneità dei
primi ad eseguire l’appalto di cui si
tratta, bensì come criterio di
aggiudicazione dell’appalto stesso”
(Corte di Giustizia 19.06.2003 causa C
315/01).
In definitiva, deve considerarsi illegittima
la lex specialis di una gara da
aggiudicarsi con il sistema dell’offerta
economicamente più vantaggiosa che preveda
l’assegnazione di una quota rilevante di
punteggio per l’elemento costituito dalla
qualità organizzativa, quindi per un aspetto
che non concerne concrete modalità di
svolgimento del servizio ma, invece, un
requisito di capacità tecnica del soggetto
partecipante.
Tale principio è stato peraltro già
affermato da questa Sezione che con sentenza
n. 1674 del 20.07.2007 ha statuito che “il
criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa di cui all'art. 83, d.lgs.
12.04.2006 n. 163 (Codice dei contratti
pubblici) mira a premiare il merito tecnico
dell'offerta oggettivamente considerata, per
cui la sua corretta applicazione richiede
che gli elementi di valutazione prescelti
siano tali da evidenziare un maggior pregio
della proposta contrattuale presentata in
sede di partecipazione alla gara;
contraddice, quindi, tale logica ed è,
pertanto, illegittima la previsione della
lex specialis che attribuisca un rilevante
punteggio ad elementi estranei al merito
tecnico dell'offerta ed attinenti, invece,
all'esperienza professionale acquisita dal
concorrente” (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 14.07.2010 n. 1887 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Le valutazioni in ordine
alla gravità delle condanne riportate dai
concorrenti ad una gara ad evidenza pubblica
ed alla loro incidenza sulla moralità
professionale spettano esclusivamente alla
stazione appaltante.
Secondo un consolidato indirizzo
giurisprudenziale, dal quale il Consiglio di
Stato ritiene di non discostarsi, le
valutazioni in ordine alla gravità delle
condanne riportate dai concorrenti ad una
gara ad evidenza pubblica ed alla loro
incidenza sulla moralità professionale
spettano esclusivamente alla stazione
appaltante e non già al concorrente
medesimo.
Questi, spiegano i giudici della Quinta
sezione, è pertanto obbligato a indicare
tutte le condanne riportate, non potendo
operare alcuna selezione delle condanne
eventualmente riportate ed omettendo
pertanto la dichiarazione di alcune di esse
sulla base meri criteri personali (C.d.S.,
sez. IV, 10.02.2009, n. 740; sez. V,
06.12.2007, n. 6221).
In ordine al rispetto della precisa
identificazione del contenuto dell’obbligo
della dichiarazione delle cause di
esclusione di cui all’articolo 38 del
decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, ed
in particolare della esistenza di sentenze
penali di condanna, la giurisprudenza ha
osservato (C.d.S., sez. VI, 04.08.2009, n.
4905) che solo laddove il bando di gara
richieda genericamente una dichiarazione di
insussistenza delle predette cause di
esclusione può essere giustificata una
valutazione da parte dei concorrenti della
gravità delle eventuali condanne riportate
(con conseguente mancanza di falsità della
dichiarazione sul punto reticente o
incompleta), mentre a diversa conclusione
deve giungersi quando il bando abbia
previsto espressamente una puntuale
dichiarazione delle sentenze penali di
condanne riportate (all’evidente fine di
riservare alla stazione appaltante la
valutazione sulla gravità degli eventuali
illeciti), perché in tali casi la causa di
esclusione non è solo quella, sostanziale,
dell’essere stata commessa una grave
violazione, ma anche quella, formale, di
aver omesso la dichiarazione espressamente
prevista.
A ciò deve ancora aggiungersi che le false
dichiarazioni sul possesso dei requisiti,
quali la mancata dichiarazione di sentenze
penali di condanna, si configurano come
causa autonoma di esclusione (sez. V,
12.06.2009, n. 3742; 12.04.2007, n. 1723).
Nel caso in esame, non vi è alcun dubbio
sulla circostanza che effettivamente le
dichiarazioni rese dal legale
rappresentante, amministratore e direttore
tecnico, non contenessero alcuna indicazione
delle sentenze penali di condanna, anche ex
artt. 444 C.P.P., emerse a seguito degli
accertamenti d’ufficio: ciò di per sé
costituisce giusto motivo di esclusione
dalla gara, sia con riguardo alla precisione
disposizione contenuta nell’articolo 38 del
D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, sia con
riferimento alle specifiche richiamate
disposizione della lex specialis di
gara, con conseguente legittimità del
provvedimento impugnato.
Ciò esclude, secondo i giudici del Consiglio
di Stato, qualsiasi rilevanza della
suggestiva prospettazione della società
appellante, secondo cui il provvedimento
impugnato sarebbe illegittimo per la omessa
valutazione da parte dell’amministrazione
appaltante della rilevanza delle accertate
sentenze penali di condanna, non potendo il
solo mero fatto dell’esistenza dei
precedenti penali giustificare l’esclusione
automatica dalla gara (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 13.07.2010 n. 4520 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'inapplicabilità
alle concessioni di servizi delle
disposizioni del codice dei contratti
pubblici (d.lvo 12.04.2006, n. 163).
Per esplicita previsione legislativa (art.
30 del d.lvo 12.04.2006, n. 163) alle
concessioni di servizi non si applicano le
disposizioni del codice dei contratti
pubblici, salvo quanto disposto nel medesimo
art. 30.
Ne consegue che, nel caso di specie,
riguardante la concessione del servizio di
accertamento, liquidazione e riscossione
dell'imposta comunale sulla pubblicità e dei
diritti sulle pubbliche affissioni per la
quale un Comune ha bandito una procedura
selettiva, è erronea, l'applicazione
analogica della disciplina dettata dagli
artt. 70 e 75 del Codice dei contratti
pubblici in materia di gare per
l'affidamento di appalti pubblici alla
diversa materia delle concessioni di
servizi, in palese violazione della
previsione racchiusa nell'art. 30, c. 1, del
medesimo Codice dei contratti pubblici.
Diversamente opinando, l'intero corpus del
citato codice sarebbe di fatto applicabile
alle concessioni di servizi, rendendo del
tutto superflui i precetti dettati nel
citato art. 30.
Nel caso di specie, peraltro, il bando della
gara informale nulla disponeva in proposito
perciò, nessun onere di prestazione di
garanzia fideiussoria poteva insorgere nei
partecipanti alla procedura né tanto meno
poteva imporsi il principio di etero
integrazione che vale evidentemente per le
fattispecie (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 13.07.2010 n. 4510 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
L’impresa il cui debito
tributario sia stato rateizzato o oggetto di
condono fiscale deve essere considerata in
regola ai fini della presentazione della
domanda di partecipazione alla gara.
Condizione necessaria affinché l’impresa
possa considerarsi fiscalmente in regola,
pur in presenza di inadempienze fiscali in
essere, è quella secondo cui gli eventi
sopra richiamati che pongono nuovamente
l’impresa stessa in condizione di regolarità
devono essersi verificati entro la scadenza
del termine di presentazione della domanda
di partecipazione alla gara.
Il che significa, per ciò che nella presente
causa più rileva, che l’impresa deve aver
ottenuto entro tale data la concessione
della rateizzazione del debito (in tal
senso, esplicitamente, la determinazione
dell’Autorità di Vigilanza n. 1 del 2010
sopra richiamata) (TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 13.07.2010 n. 2529 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
L'impresa che abbia
usufruito di un condono fiscale o abbia
ottenuto una rateizzazione del debito
tributario deve essere considerata in regola
ai fini della presentazione della domanda di
partecipazione ad una gara di appalto.
L'impresa che abbia usufruito di un condono
fiscale o abbia ottenuto una rateizzazione
del debito tributario deve essere
considerata in regola ai fini della
presentazione della domanda di
partecipazione alla gara, stante il valore
novativo che tali atti assumono.
Tuttavia, perché l'impresa possa
considerarsi fiscalmente in regola, gli
eventi sopra richiamati devono essersi
verificati entro la scadenza del termine di
presentazione della domanda di
partecipazione alla gara. Il che significa,
nel caso di specie, che l'impresa deve aver
ottenuto entro tale data la concessione
della rateizzazione del debito (in tal
senso, esplicitamente, la determinazione
dell'Autorità di Vigilanza n. 1 del 2010).
Nella specie è pacifico, invece, che
l'assentimento alla rateizzazione sia
intervenuto dopo la presentazione della
domanda di partecipazione alla gara e dopo
la scadenza del termine di presentazione
delle domande di partecipazione alla gara.
Ne consegue che, non può dirsi in posizione
di regolarità fiscale, alla luce del
disposto dell'art. 38, c. 1, lett. g), del
d.lgs. n. 163 del 2006, l'impresa che al
momento della presentazione della domanda di
partecipazione ad una procedura di gara
abbia presentato istanza di pagamento
rateizzato in relazione ad una propria
inadempienza fiscale ma non ancora ottenuto
l'assentimento al pagamento dilazionato
stesso, il quale ultimo interverrà solo
successivamente alla scadenza del termine di
presentazione della domanda di
partecipazione alla gara (TAR Toscana, Sez.
I,
sentenza 13.07.2010 n. 2529 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
A fronte
dell'inesattezza contributiva causata dalla
scarsa chiarezza della formulazione degli
atti di gara, l'amministrazione, in ossequio
ai principi di buona fede e di tutela del
legittimo affidamento, avrebbe dovuto
consentire l'integrazione dell'importo entro
un termine perentorio, senza adottare,
omisso medio, la sanzione dell'immediata
esclusione.
Le disposizioni con le quali siano
prescritti particolari adempimenti per
l’ammissione alla gara, ed in particolar
modo le clausole di esclusione dalla gara
vanno interpretate nel senso più favorevole
all’ammissione degli aspiranti,
corrispondendo all’interesse pubblico
l’esigenza di assicurare un ambito più vasto
di valutazioni e, quindi, un’aggiudicazione
alle condizioni migliori possibili.
Pertanto, a fronte dell’inesattezza
contributiva causata dalla scarsa chiarezza
della formulazione degli atti di gara,
l’amministrazione, in ossequio ai principi
di buona fede e di tutela del legittimo
affidamento, avrebbe dovuto consentire
l’integrazione dell’importo entro un termine
perentorio, senza adottare, omisso medio,
la sanzione dell’immediata esclusione
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 12.07.2010 n. 4478 - link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla legittimità della
scelta di un sindaco di assicurare la
continuità del servizio di igiene nel
territorio comunale, mediante un
provvedimento extra ordinem, a fronte del
diniego del gestore del servizio.
E' legittima la scelta di un sindaco di
assicurare la continuità del servizio di
igiene nel territorio comunale, mediante un
provvedimento extra ordinem, a fronte
della nuova posizione assunta dal gestore
del servizio, non più disponibile alla
prosecuzione del servizio in regime di
ulteriore proroga.
Sebbene, siano legittime le ragioni
esternate dal gestore del servizio che ha
denegato la propria disponibilità alla
proroga, onde non ricadere nella fattispecie
prevista dall'art. 23-bis del D.L. n.
112/2008, che, sul presupposto elaborato
dalla giurisprudenza in sede interpretativa
dell'assimilazione del regime di proroga
all'affidamento diretto, impedisce agli
affidatari diretti la partecipazione alle
gare per l'acquisizione di nuovi servizi, è
indubitabile che il servizio de quo sia di
carattere essenziale e come tale non possa
subire interruzioni.
Pertanto, in considerazione dell'importanza
ed essenzialità del servizio da rendere alla
collettività, sussistono le condizioni e i
presupposti per legittimare l'ordinanza
sindacale contingibile ed urgente, onde
assicurare comunque, senza il ricorso ad una
nuova ed ulteriore proroga, la continuità
del servizio nelle more della
predisposizione degli atti necessari per il
nuovo affidamento.
Tuttavia, l'avvenuto affidamento, per il
semestre considerato, del servizio alla
ricorrente per effetto di un provvedimento
extra ordinem, assunto sulla base di
presupposti di diritto del tutto diversi da
quelli in base ai quali in via ordinaria si
procede mediante proroga dell'affidamento in
corso, non è assimilabile a tale ultima
ipotesi e quindi non può costituire per la
società istante impedimento per l'eventuale
partecipazione ad altre gare (TAR Veneto,
Sez. I,
sentenza 09.07.2010 n. 2906 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Autocertificazione e
requisiti morali.
Sussiste il falso innocuo quando esso si
riveli in concreto inidoneo a ledere
l'interesse tutelato dalla genuinità dei
documenti e cioè quando non abbia la
capacità di conseguire uno scopo
antigiuridico, nel senso che l'infedele
attestazione o la compiuta alterazione
appaiano del tutto irrilevanti ai fini del
significato dell'atto e del suo valore
probatorio e, pertanto, inidonee al
conseguimento delle finalità che con l'atto
falso si intendevano raggiungere; in tal
caso, infatti, la falsità non esplica
effetti sulla funzione documentale che
l'atto è chiamato a svolgere, che è quella
di attestare i dati in esso indicati, con la
conseguenza che l'innocuità non deve essere
valutata con riferimento all'uso che
dell'atto falso venga fatto (massima tratta
da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 08.07.2010 n. 4436 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Esame delle offerte e
anomalie.
Nel caso di procedura di gara indetta
secondo il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, la
valutazione dell’anomalia non si limita
all’elemento prezzo, ma è rivolta anche agli
elementi qualitativi dell’offerta, nonché al
rapporto tra le due componenti, in presenza
di un significativo scarto tra ridotto
prezzo offerto ed elevato standard
qualitativo delle prestazioni.
Le operazioni di verifica delle offerte
anomale vanno compiute normalmente dalla
stessa commissione di gara fino alla formale
chiusura della gara pubblica, in difetto di
una disposizione normativa ovvero di una
espressa previsione che disponga in senso
contrario (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 08.07.2010 n. 4434 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La pronuncia può
rovesciare l’esito della gara solo quando
riguardi voci che, per la loro rilevanza ed
incidenza complessiva, rendano l'intera
operazione economica implausibile.
La possibilità del sindacato
giurisdizionale, seppure non esclusa, deve
normalmente limitarsi al mero controllo di
legittimità dell’atto adottato
dall’amministrazione all’esito del
procedimento di valutazione delle
giustificazioni, e che il relativo giudizio
può essere censurato in sede di legittimità
solo ove se ne possa desumere in maniera
indubitabile la illogicità , l’incoerenza o
l’erroneità (V. Cons. Stato, sez. V,
07.10.2008, n. 4847, 11.07.2008, n. 3481;
sez. VI, 25.09.2007, n. 4933; sez. IV,
22.03.2005, n. 1231 e 30.10.2009 n. 5708).
Nella verifica dell'anomalia, pertanto,
l'esito della gara può essere travolto dalla
pronuncia del giudice amministrativo solo
allorquando il giudizio negativo sul piano
dell'attendibilità riguardi voci che, per la
loro rilevanza ed incidenza complessiva,
rendano l'intera operazione economica
implausibile e, per l'effetto, non
suscettibile di accettazione da parte della
stazione appaltante, e ciò a causa della
presenza di dubbi circa l'idoneità
dell'offerta minata da spie strutturali di
inaffidabilità, a garantire l'efficace
perseguimento dell'interesse pubblico (Cons.
Stato, Sez. VI, 03.05.2002, n. 2334)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.07.2010 n. 4434 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Anche l'institore deve
dichiarare l'assenza delle cause di
esclusione di cui all'art. 75 del d.P.R. n.
554/1999.
L'institore è titolare di una posizione
corrispondente a quella di un vero e proprio
amministratore, munito di poteri di
rappresentanza, di conseguenza deve anche
essere annoverato fra i soggetti tenuti alla
dichiarazione di assenza delle cause di
esclusione di cui all'art. 75 del d.P.R. n.
554 del 1999.
Inoltre, non è solo il rapporto che, in
concreto, i singoli rappresentati avranno
con la p.a. a determinare l'obbligo di
dimostrare il possesso dei requisiti di
moralità ma tale obbligo sorge dalla
necessità di dovere dimostrare
l'affidabilità dell'intera impresa che
entrerà in rapporto con l'amministrazione.
Diversamente, non avrebbe alcun senso
l'obbligo imposto ai soggetti cessati dalla
carica di dimostrare i requisiti di moralità
atteso che gli stessi non hanno più modo di
entrare in contatto con la stazione
appaltante.
Peraltro, conta la titolarità del potere e
non anche il suo concreto esercizio tanto
più quando lo stesso statuto abilita il
soggetto a sostituire in qualsiasi momento e
per qualsiasi atto il titolare principale
della rappresentanza senza intermediazione o
investitura ulteriore e, sostanzialmente,
senza controllo sulla effettività
dell'impedimento e della assenza (TAR
Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 06.07.2010 n. 8268 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
La lex specialis di gara
può prevedere che le giustificazioni debbano
essere inserite in una busta chiusa, che
dovrà essere aperta solo per le offerte
sospette di anomalia.
La presentazione preventiva di
giustificazioni a corredo e garanzia
dell’offerta, lungi dal poter essere
interpretata nel senso che la stazione
appaltante deve verificare ex ante e
per tutte le offerte, se le giustificazioni
sono state presentate –con conseguente
esclusione del concorrente che non le ha
presentate– deve essere letta nel senso che
la verifica della sussistenza delle
giustificazioni va fatta solo per le offerte
che risultino sospette di anomalia.
Infatti, la mancata presentazione delle
giustificazioni non può assurgere a generale
causa di esclusione anche ove le offerte si
collochino al di sotto della soglia di
anomalia.
Pertanto, nel caso di specie, contrariamente
rispetto a quanto argomentato nel primo
motivo di ricorso, la presentazione di
giustificazioni a corredo dell’offerta “a
pena di esclusione” va interpretata nel
senso che l’esclusione è comminata solo nei
riguardi delle offerte sospette di anomalia,
prive di giustificazioni preventive.
E’ quindi legittimo che la lex specialis
di gara abbia previsto che le
giustificazioni devono essere inserite in
una busta chiusa , che dovrà essere aperta
solo per le offerte sospette di anomalia.
Ciò è conforme al diritto comunitario per il
quale un onere di giustificazione si impone
solo per le offerte sospette (TAR Emilia
Romagna-Parma,
sentenza 06.07.2010 n. 348 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità del
provvedimento di esclusione dalla gara di un
concorrente, adottato sul presupposto che
non risultava regolarmente ceralaccato uno
dei lembi della busta contenente l'offerta.
La previsione di un bando di gara relativa
all'impiego della ceralacca non può essere
intesa quale formalità fine a se stessa, ma
risponde concretamente all'esigenza di
impedire abusive manomissioni delle buste
con eventuali indebite sostituzioni del loro
contenuto originario.
Pertanto, nel caso di specie, è illegittimo
il provvedimento di esclusione dalla
procedura di gara di un concorrente adottato
sul presupposto delle imperfette modalità di
chiusura del plico contenente l'offerta, in
quanto la circostanza per cui uno dei
sigilli di ceralacca apposti sui lembi della
busta contenente l'offerta non ne scavalchi
(per una distanza, si ribadisce, veramente
irrisoria) i lembi laterali, non configura
un inadempimento essenziale rispetto alla
previsione del bando, dal momento che la
presenza sulla busta di altri sigilli
debitamente impressi e, soprattutto, la
regolare apposizione della controfirma sugli
stessi lembi rendevano sostanzialmente
indiscussa la perfetta integrità del plico.
La presenza della controfirma (nonché del
timbro ad inchiostro spontaneamente apposto
dalla concorrente sullo stesso lembo della
busta) costituiva, infatti, di per sé
cautela atta ad impedire ogni tentativo di
apertura del plico, se non a prezzo di
renderne evidente la manomissione.
Nel caso concreto, quindi, l'amministrazione
ha dato luogo ad una applicazione
restrittiva o formalistica della
prescrizione della lex specialis
inerente la duplice modalità di chiusura dei
lembi della busta che non corrispondeva
all'interesse pubblico di garantire la
massima partecipazione alla procedura
selettiva né a criteri di tutela della
parità tra i concorrenti (TAR Piemonte, Sez.
I,
sentenza 05.07.2010 n. 2985 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Offerta - Busta -
Sigilli di ceralacca - Sigillo non
perfettamente apposto - Presenza di altri
sigilli debitamente impressi - Sufficienza -
Integrità del plico.
La previsione del bando relativa all’impiego
della ceralacca non può essere intesa quale
formalità fine a se stessa, ma risponde
concretamente all’esigenza di impedire
abusive manomissioni delle buste con
eventuali indebite sostituzioni del loro
contenuto originario.
In tale contesto, la circostanza per cui uno
dei sigilli di ceralacca apposti sui lembi
della busta contenente l’offerta non ne
scavalchi (per una distanza irrisoria) i
lembi laterali, non configura un
inadempimento essenziale rispetto alla
previsione del bando, dal momento che la
presenza sulla busta di altri sigilli
debitamente impressi e la regolare
apposizione della controfirma sugli stessi
lembi rendono sostanzialmente indiscussa la
perfetta integrità del plico (TAR Piemonte,
Sez. I,
sentenza 05.07.2010 n. 2985 -
link a www.ambientediritto.it). |
COMPETENZE GESTIONALI - APPALTI SERVIZI:
E' illegittima la
deliberazione della giunta comunale con cui
ha affidato la gestione di un centro
sportivo comunale ad una associazione, in
quanto la competenza spetta al consiglio
comunale.
L'art. 42 del D.Lgs. 18.08.2000, n. 267
attribuisce in modo tassativo al consiglio
comunale, quale organo di indirizzo e di
controllo politico-amministrativo dell'ente,
le competenze tra cui figurano gli "acquisti
e alienazioni immobiliari, relative permute,
appalti e concessioni che non siano
espressamente previsti in atti fondamentali
del consiglio e che, comunque, non rientrino
nella ordinaria amministrazione di funzioni
e servizi di competenza della giunta, del
segretario o di altri funzionari".
L'organo elettivo è chiamato ad esprimere
gli indirizzi politici ed amministrativi di
rilievo generale, che si traducono in atti
fondamentali di natura programmatoria o
aventi elevato contenuto di indirizzo
politico, tassativamente elencati, per cui
deve affermarsi la competenza consiliare in
materia di servizi pubblici, in ordine
all'organizzazione dei servizi stessi ed
agli atti espressione della funzione di
governo, con esclusione di quelli
gestionali.
In caso di dubbio circa la ripartizione
delle competenze, prevale la competenza
dell'organo sovraordinato fornito di
competenza generale nella materia e, cioè,
il consiglio comunale. Ne consegue che, nel
caso di specie, è illegittima la
deliberazione della giunta comunale con cui
ha affidato la gestione di un centro
sportivo comunale ad una associazione, in
quanto la competenza a provvedere è
attribuita al consiglio comunale.
La suddetta fattispecie è, inoltre,
inquadrabile nella "concessione di
pubblico servizio", posto che, sul piano
oggettivo, per pubblico servizio deve
intendersi un'attività economica esercitata
per erogare prestazioni volte a soddisfare
bisogni collettivi ritenuti indispensabili
in un determinato contesto sociale, come si
può desumere anche dallo stesso All.2 al
D.L.vo 17.03.1995 n. 157, che, in materia di
appalti pubblici di servizi, espressamente
contempla, tra gli altri, "i servizi
ricreativi, culturali e sportivi".
Ammettendo, altresì, che l'elencazione dei
pubblici servizi, che i comuni possono
assumere in gestione diretta, salvo poi il
potere di affidarli in concessione,
contenuta nell'art. 1 R.D. 15.10.1925 n.
2578, non sia tassativa, per la concessione
alla "industria privata" di detti
servizi, i comuni, di regola, si devono
avvalere dell'asta pubblica, ai sensi
dell'art. 267 del R.D. 14.09.1931 n. 1176
nonché dell'art. 3 R.D. 18.11.1923 n. 2440 e
dell'art. 37 del R.D. 23.05.1924 n. 827 (che
prevedono la regola generale dei pubblici
incanti per i contratti delle
amministrazioni statali) (TAR
Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 01.07.2010 n. 1419 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
giugno 2010 |
|
APPALTI: F.
Barchielli,
LE GARANZIE FIDEIUSSORIE NEGLI APPALTI
PUBBLICI E PRIVATI - Fideiussioni bancarie,
assicurative, degli intermediari finanziarie
e dei Confidi (link a www.urbanisticaitaliana.it). |
APPALTI: R.
De Nictolis,
Il recepimento della direttiva ricorsi nel
codice appalti e nel nuovo codice del
processo amministrativo (link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Uguali offerte: La sorte decide una volta
sola (link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI SERVIZI:
M. F. Panaro,
Il divieto di partecipazione alle gare per i
soggetti che gestiscono servizi pubblici in
affidamento diretto (link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
M. Alesio,
IL RECEPIMENTO DELLA “DIRETTIVA RICORSI”
E LE CONNESSE MODIFICAZIONI AL CODICE DEI
CONTRATTI PUBBLICI (giugno 2010 -
link a
www.centrostudimarangoni.it). |
APPALTI: 1.
Impugnazione dell'aggiudicazione definitiva
che ha recepito i risultati di quella
provvisoria già oggetto di precedente
ricorso giurisdizionale definito in senso
sfavorevole al ricorrente - Necessità -
Sussiste in quanto l'aggiudicazione
definitiva ha carattere costitutivo.
2. Specificazione dei criteri di valutazione
delle offerte da parte della Commissione di
gara - Legittimità - Condizioni.
3. Sindacato giurisdizionale sulle
valutazioni tecnico discrezionali - E'
limitato alle ipotesi di palese illogicità e
travisamento dei fatti.
1.
In materia di procedure per l'affidamento di
pubblici appalti, sussiste la necessità di
autonoma impugnazione dell'aggiudicazione
definitiva, anche ove la stessa recepisca
integralmente i risultati di quella
provvisoria già oggetto di precedente
ricorso giurisdizionale definito in senso
sfavorevole al ricorrente, in quanto
soltanto l'aggiudicazione definitiva ha
natura costitutiva (Fattispecie nella quale
il Collegio ha respinto l'eccezione
dell'amministrazione resistente di
inammissibilità del ricorso per violazione
del principio del ne bis in idem.
Cfr. sul punto, anche TAR Lazio, Roma, sez.
III, 02.02.2010, n. 1376).
2.
La Commissione giudicatrice in una gara
d'appalto può introdurre elementi di
specificazione e integrazione dei criteri
generali di valutazione delle offerte già
indicati nel bando di gara o nella lettera
d'invito, a condizione però che vi provveda
prima dell'apertura delle buste recanti le
offerte stesse e che non introduca nuovi
elementi di valutazione non previsti dal
bando (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22.02.2010,
n. 1029).
3.
Secondo un principio ormai consolidato, le
valutazioni compiute dalla commissione di
gara frutto di apprezzamento tecnico
discrezionale sono sindacabili in sede
giurisdizionale limitatamente alle ipotesi
di palese illogicità e travisamento dei
fatti (TAR Calabria, Catanzaro, sez. II,
13.01.2010, n. 13) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 30.06.2010 n. 2670 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'incompatibilità con
i principi di parità di trattamento e di non
discriminazione ogni modifica dei criteri di
aggiudicazione che avvenga nel corso di una
procedura di aggiudicazione di un appalto
pubblico.
Il diritto dell'Unione europea, come
interpretato dalla Corte di giustizia,
considera incompatibile con i principi di
parità di trattamento e di non
discriminazione ogni modifica dei criteri di
aggiudicazione che avvenga nel corso di una
procedura di aggiudicazione di un appalto
pubblico.
Pertanto, l'Irlanda modificando il peso
attribuito ai criteri per l'aggiudicazione
di un appalto di servizi di traduzione -per
i quali la direttiva 2004/18/CE prevede
soltanto l'obbligo di precisare le
specifiche tecniche del servizio e quello di
pubblicare un avviso di avvenuta
aggiudicazione, successivamente ad un primo
esame delle offerte presentate- è venuta
meno agli obblighi ad essa incombenti ai
sensi dei principi di parità di trattamento,
di non discriminazione e di trasparenza
(Avvocato Generale Paolo Mengozzi,
29.06.2010 n. C-226/09 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
On line "Il mercato degli appalti",
il primo volume della
Guida pratica per i contratti pubblici di
servizi e forniture nei settori ordinari,
che recepisce le più recenti disposizioni
normative e i principali orientamenti
giurisprudenziali in materia di contratti
pubblici.
Elaborata da un gruppo di docenti ed esperti
con il coordinamento del Dipartimento per le
politiche di gestione e sviluppo delle
risorse umane e dell’Ufficio bilancio e
ragioneria, la guida costituisce il primo
manuale operativo emanato ai sensi dell’art.
2, comma 2 del DPCM 09.12.2002
sull’autonomia finanziaria e contabile della
Presidenza del Consiglio dei Ministri.
La stesura del volume è precedente
all’approvazione del Regolamento di
attuazione del Codice dei contratti da parte
del Consiglio dei Ministri il 18.06.2010. Il
testo pertanto sarà aggiornato a cura degli
autori nelle parti interessate dalle
disposizioni di dettaglio contenute nel
Regolamento (link a www.governo.it). |
APPALTI SERVIZI:
S. Di Giovanni e R. Favoino,
L’art. 23-bis, c. 9, non si applica alle
società miste pubblico-private costituite ai
sensi del c. 2, lett. b - Nota a Tar
Calabria-Reggio Calabria 16.06.2010 n. 561
(link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Sulla legittimità, in
materia di project financing,
dell'esclusione del progetto presentato da
una società promotrice sulla base della
valutazione negativa anche di uno solo dei
parametri indicati dal bando di gara.
In materia di project financing è
legittima la esclusione del progetto
presentato da una società promotrice sulla
base della valutazione negativa anche di uno
solo dei parametri indicati.
Ed infatti una valutazione comparativa delle
varie proposte, con applicazione di principi
che reggono le procedure concorsuali nel
caso che si presentino più proposte, non
esclude che l'amministrazione debba valutare
ogni singola proposta ed eventualmente
scartarla se essa, singolarmente
considerata, non sia rispondente ai
parametri di valutazione indicati dal bando
essendo compito dell'amministrazione di
valutare se il progetto proposto abbia i
contenuti necessari a soddisfare l'interesse
pubblico in funzione del quale il programma
dei lavori possa avere attuazione.
Nella procedura di project financing
la commissione di gara deve accertare la
coerenza e sostenibilità economica
dell'offerta procedendo all'esame del piano
economico finanziario sotto il profilo dei
ricavi attesi e del relativi flussi di cassa
in rapporto ai costi di produzione e
gestione. Il piano economico finanziario,
infatti, rappresenta il nucleo centrale
degli interventi di project financing
e della sostenibilità della proposta di
iniziativa privata di intervento nella
realizzazione e gestione di infrastrutture
di rete (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 25.06.2010 n. 4084 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla legittimità di una
prescrizione contenuta in un bando di gara
per l'affidamento del servizio di
distribuzione di gas naturale di imporre
l'ammortamento accelerato in 12 anni.
Sulla discrezionalità della p.a. nel
determinare il valore ponderale da
attribuire all'elemento qualità ed
all'elemento prezzo delle offerte per
l'affidamento del servizio di distribuzione
del gas. Sulla legittimità del bando di gara
nella parte in cui ha inserito, tra gli
elementi di valutazione dell'offerta
l'apertura di uno sportello utenti.
E' legittima l'imposizione contenuta nel
bando di gara per l'affidamento del servizio
di distribuzione di gas naturale nell'ambito
del territorio comunale, con cui si
prevedono piani di ammortamento degli
investimenti sulla rete di distribuzione
tali da concentrare l'ammortamento stesso
nel breve periodo di 12 anni di affidamento
del servizio, in quanto l'art. 14, c. 7, del
decreto legislativo n. 164/2000 non vieta
all'ente locale di introdurre prescrizioni
sui contenuti dell'offerta relativi
all'ammortamento e consente agli offerenti
di modulare l'ammortamento degli
investimenti secondo le proprie strategie
tecnico-economiche. Tale essendo la corretta
esegesi del dato normativo, la scelta
adottata, in seno al combinato disposto del
bando di gara e della lettera di invito, di
imporre l'ammortamento accelerato in 12
anni, non incorre in un giudizio negativo
sul piano della ragionevolezza e della
congruità avuto riguardo, alle circostanze
specifiche che connotano la procedura in
parola. Se ne desume che non risulta neanche
sotto questo aspetto censurabile la
decisione dell'amministrazione di prevedere
un limite temporale agli ammortamenti
ammissibili che non è assoluto e,
soprattutto, non irragionevole alla luce
delle condizioni dell'impianto e della
possibilità di incentivare la
partecipazione, con offerte competitive,
alla procedura selettiva.
Il legislatore non ha predeterminato il
valore ponderale da attribuire,
rispettivamente, all'elemento qualità ed
all'elemento prezzo delle offerte per
l'affidamento del servizio di distribuzione
del gas naturale, lasciando spazio alla
discrezionalità della pubblica
amministrazione da esplicare alla luce degli
interessi da perseguire e delle circostanze
specifiche della singola procedura in
relazione alle condizioni della rete.
E' legittimo il bando di gara per
l'affidamento del servizio di distribuzione
di gas naturale nella parte in cui ha
inserito, tra gli elementi di valutazione
dell'offerta l'apertura di uno sportello
utenti in quanto l'apertura di uno sportello
utenti può ritenersi un elemento qualitativo
dell'erogazione del servizio i cui oneri
possono farsi rientrare fra quelli del
canone annuo che il singolo concorrente
intende offrire (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 23.06.2010 n. 3975 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Il segretario comunale
può partecipare ai lavori della commissione
di gara in qualità di componente.
Il fatto che il segretario comunale abbia
partecipato ai lavori della commissione di
gara in qualità di componente, esperto nello
specifico settore cui si riferisce l’oggetto
del contratto (art. 84, comma 2, della legge
n. 163/2006), non sembra nella specie
assumere un rilievo invalidante.
Posto che la commissione aggiudicatrice è
tenuta ad affrontare e risolvere problemi di
varia natura, anche giuridici e
amministrativi, ne consegue, quindi, che,
una volta assicurata la prevalenza tecnica
in seno alla commissione, la stessa può
ritenersi legittimamente composta anche ove
nel suo ambito sia prevista la presenza di
un esperto anzitutto in procedure
amministrative, qual è il segretario
comunale, non estraneo però alle
problematiche tecniche connesse
all’esercizio di funzioni comunali
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 23.06.2010 n. 3967 -
link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI: La
commissione aggiudicatrice è tenuta ad
affrontare e risolvere problemi di varia
natura, anche giuridici e amministrativi. Ne
consegue, quindi, che, una volta assicurata
la prevalenza tecnica in seno alla
commissione la stessa può ritenersi
legittimamente composta anche ove nel suo
ambito sia prevista la presenza di un
esperto anzitutto in procedure
amministrative, qual è il segretario
comunale, non estraneo però alle
problematiche tecniche connesse
all’esercizio di funzioni comunali.
Il fatto che il segretario comunale abbia
partecipato ai lavori della commissione di
gara in qualità di componente, esperto nello
specifico settore cui si riferisce l’oggetto
del contratto (art. 84, comma 2, della legge
n. 163/2006), non sembra nella specie
assumere un rilievo invalidante.
Va in proposito considerato il comma 8 dello
stesso articolo, a norma del quale (nel
testo vigente pro tempore) i commissari
diversi dal presidente sono anzitutto
selezionati tra i funzionari delle stazioni
appaltanti.
Ora non sembra dubbio che il segretario
comunale, ancorché dipendente dall'Agenzia
autonoma per la gestione dell'albo dei
segretari comunali e provinciali (quanto al
rapporto di impiego), relativamente al
rapporto di servizio svolga funzioni presso
il Comune, di cui è quindi funzionario (cfr.
art. 97 legge n. 267/2000).
Deve poi ritenersi che tra tali funzioni sia
configurabile anche quella di componente di
una commissione di gara, stante la
previsione dell’art. 97, comma 4, lett. d)
citato, in forza del quale il segretario
comunale esercita ogni altra funzione
attribuitagli dallo statuto o dai
regolamenti, o comunque conferitagli dal
sindaco .
Quanto alla sua competenza di settore,
analoga a quella delle altre categorie
citate all’art. 84, comma 8, del d.lgs. n.
163/2006, essa non impone l’appartenenza ad
una delle categorie professionali citate
nella seconda alinea di tale comma, ma
demanda alla autorità che procede alla
nomina di valutare la sussistenza del
requisito di cui trattasi.
A tale fine occorre tenere presente che la
commissione aggiudicatrice è tenuta ad
affrontare e risolvere problemi di varia
natura, anche giuridici e amministrativi. Ne
consegue, quindi, che, una volta assicurata
(come nella specie non contestato) la
prevalenza tecnica in seno alla commissione
la stessa può ritenersi legittimamente
composta anche ove nel suo ambito sia
prevista la presenza di un esperto anzitutto
in procedure amministrative, qual è il
segretario comunale, non estraneo però alle
problematiche tecniche connesse
all’esercizio di funzioni comunali (cfr.
art. 97 comma 4 del d.lgs. n. 267, a norma
del quale il segretario sovrintende allo
svolgimento delle funzioni dei dirigenti e
ne coordina l'attività,) La valutazione
tecnica-professionale, sottostante alla
nomina, comprende poi anche le esperienze
comunque acquisite dall’interessato e allo
stato degli atti non appare incongrua
rispetto al curriculum del segretario
comunale
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 23.06.2010 n. 3967 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: La
valutazione dei progetti sulla base del solo
punteggio numerico non è altro che la
sintesi plastica e rappresentativa di una
attenta valutazione delle singole componenti
dei vari progetti (secondo i parametri
qualitativi indicati nel bando) e, in
mancanza di una patente illogicità, deve
considerarsi metodo correttamente posto in
essere.
Infondato è
anche il motivo relativo alla mancanza nel
bando di criteri di specificazione in ordine
all’attribuzione dei punteggi.
Vengono in rilievo i commi 1, 2 e 4
dell’art. 83 del d.lgs. n. 163/2006 secondo
cui:
1. Quando il contratto è affidato con il
criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa, il bando di gara stabilisce i
criteri di valutazione dell’offerta,
pertinenti alla natura, all’oggetto e alle
caratteristiche del contratto, quali, a
titolo esemplificativo ...
2. Il bando di gara ovvero, in caso di
dialogo competitivo, il bando o il documento
descrittivo, elencano i criteri di
valutazione e precisano la ponderazione
relativa attribuita a ciascuno di essi, …
4. Il bando per ciascun criterio di
valutazione prescelto prevede, ove
necessario, i sub-criteri e i sub-pesi o i
sub-punteggi……. [La commissione
giudicatrice, prima dell’apertura delle
buste contenenti le offerte, fissa in via
generale i criteri motivazionali cui si
atterrà per attribuire a ciascun criterio e
subcriterio di valutazione il punteggio tra
il minimo e il massimo prestabiliti dal
bando] (periodo ora soppresso dalla lettera
u del comma 1 dell’art. 1, D.Lgs.
11.09.2008, n. 152 ).
In proposito va osservato che negli atti
recanti la disciplina di gara, venivano
chiaramente individuati e descritti nei loro
contenuti cinque elementi di valutazione
della qualità del progetto, per un totale di
75 punti e con precisazione per ciascuno di
essi del punteggio massimo attribuibile.
Il che appare sufficiente ad indirizzare la
valutazione della Commissione di gara,
tenuto conto che alla stregua dell’art. 83,
comma 2, d.lgs. n. 163/2006 la fissazione
nel bando di sub criteri, sub pesi e sub
punteggi nel bando è discrezionale e che il
metodo di confronto a coppie consentiva
l’attribuzione di un punteggio numerico per
ognuno dei cinque elementi indicati nel
bando.
Infondato dunque è, come affermato dalla
giurisprudenza amministrativa (cfr. C.S.,
VI, n. 7578/2006), anche il motivo che
censura la valutazione dei progetti sulla
base del solo punteggio numerico; nella
specie questo, infatti, non è altro che la
sintesi plastica e rappresentativa di una
attenta valutazione delle singole componenti
dei vari progetti (secondo i parametri
qualitativi indicati nel bando) e, in
mancanza di una patente illogicità, deve
considerarsi metodo correttamente posto in
essere.
Per il resto, il metodo del confronto a
coppie e la valutazione riservata alle varie
componenti del punteggio rappresenta una
manifestazione della discrezionalità di
scelta dell’Amministrazione e anche esso, se
non illogico, non è soggetto a censure
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 23.06.2010 n. 3967 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'interpretazione
dell'art. 38, c. 1, lett. f), del d.lgs. n.
163/2006 (Codice dei contratti pubblici) e
sulle differenze con l'art. 1453 c.c..
L'art. 38, c. 1, lett. f), del d.lgs. n.
163/2006 (Codice dei contratti pubblici),
prevede che: "sono esclusi dalla
partecipazione alle procedure di affidamento
delle concessioni e degli appalti di lavori,
forniture e servizi, né possono essere
affidatari di subappalti, e non possono
stipulare i relativi contratti i soggetti
che, secondo motivata valutazione della
stazione appaltante, hanno commesso grave
negligenza o malafede nell'esecuzione delle
prestazioni affidate dalla stazione
appaltante che bandisce la gara; o che hanno
commesso un errore grave nell'esercizio
della loro attività professionale, accertato
con qualsiasi mezzo di prova da parte della
stazione appaltante".
Tale disposizione da un lato, preclude la
partecipazione alle gare d'appalto agli
operatori economici che si sono resi
responsabili di gravi inadempienze
nell'esecuzione di precedenti contratti, con
ciò denotando quindi un'inidoneità "tecnico-morale"
a contrarre con la P.A., dall'altro, fissa
il duplice principio secondo cui la
sussistenza di tali situazioni ostative può
essere desunta da qualsiasi mezzo di prova,
mentre il provvedimento di esclusione deve
essere motivato congruamente.
In sostanza, a differenza di altre ipotesi
di esclusione previste dallo stesso art. 38,
c. 1, che richiedono espressamente il
definitivo accertamento (lett. g) o il
passaggio in giudicato della sentenza (lett.
c), nella fattispecie prevista nella lett.
f), di cui al citato art. 38, è necessario
che vi sia un'adeguata prova
dell'inadempimento e che lo stesso rilevi
sul piano della menomazione
dell'affidabilità dell'impresa privata nei
confronti della medesima amministrazione.
La particolarità, che vale a distinguere
l'ipotesi di grave negligenza di cui
all'art. 38, c. 1, lett. f), del Codice dei
contratti pubblici, da quella di cui
all'art. 1453 c.c., è che in quest'ultimo
caso la gravità dell'inadempimento deve
essere valutata in relazione all'interesse
all'esecuzione dedotto nel contratto (in
ultima analisi, in relazione alla
realizzazione della specifica e concreta
causa di esso).
Nel suddetto art. 38, invece, la gravità ha
una rilevanza, per così dire, esterna, nel
senso che deve essere idonea ad influire
sull'interesse (pubblico)
dell'amministrazione a stipulare un nuovo
contratto con l'impresa privata; non a
liberarsi dal precedente rapporto, come nel
caso della risoluzione.
Ne consegue che, la gravità della generica
negligenza o dell'inadempimento a specifiche
obbligazioni contrattuali non va commisurata
all'idoneità della medesima a pregiudicare
la realizzazione dello specifico interesse
dedotto nella causa del contratto
irregolarmente eseguito; ma va commisurata
al pregiudizio arrecato alla fiducia,
all'affidamento che la stazione appaltante
deve poter riporre, ex ante,
nell'impresa cui decide di affidare
l'esecuzione di un nuovo rapporto
contrattuale.
Pertanto, la valutazione assume un aspetto
più soggettivo (di affidabilità) che
oggettivo (il pregiudizio al concreto
interesse all'esecuzione della specifica
prestazione inadempiuta) (TAR Molise,
sentenza 23.06.2010 n. 236 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: AFFIDAMENTO
DI SERVIZI CIMITERIALI E REQUISITI DI
IDONEITA' TECNICO-MORALE A CONTRARRE CON LA
P.A..
1. Appalto pubblico (in
generale) - Gara - Esclusione - In caso di
pregresse inadempienze contrattuali -
Sussistenza - Ragioni - Interpretazione
dell'art. 38, D.Lgs. n. 163/2006.
2. Appalto pubblico (in generale) - Gara -
Esclusione - Ex art. 38, D.Lgs. n. 163/2006
- Differenze con l'art. 1453, Cod. Civ. -
Conseguenze.
1.
L'articolo 38, co. 1, lett. f), D.Lgs. n.
163/2006, vale a dire la contestazione di
negligenza e grave irregolarità
nell'esecuzione di un precedente rapporto
contrattuale, da un lato, preclude la
partecipazione alle gare d'appalto agli
operatori economici che si sono resi
responsabili di gravi inadempienze
nell'esecuzione di precedenti contratti, con
ciò denotando quindi un'inidoneità "tecnico-morale"
a contrarre con la p.A., dall'altro, fissa
il duplice principio secondo cui la
sussistenza di tali situazioni ostative può
essere desunta da qualsiasi mezzo di prova,
mentre il provvedimento di esclusione deve
essere motivato congruamente.
In sostanza, a differenza di altre ipotesi
di esclusione previste dallo stesso articolo
38 primo comma, che richiedono espressamente
il definitivo accertamento (lett. g) o il
passaggio in giudicato della sentenza (lett.
c), nella fattispecie in questione è
necessario che vi sia un'adeguata prova
dell'inadempimento e che lo stesso rilevi
sul piano della menomazione
dell'affidabilità dell'impresa privata nei
confronti della medesima amministrazione
(Cons. Stato 27-01-2010 n. 296).
2.
La particolarità, che vale a distinguere
nettamente l'ipotesi di negligenza grave di
cui all'art. 38 del Codice degli Appalti, da
quella di cui all'art. 1453, Cod. Civ., è
che in quest'ultimo caso la gravità
dell'inadempimento (secondo la prevalente
tesi oggettiva) deve essere valutata in
relazione all'interesse all'esecuzione
dedotto nel contratto (in ultima analisi, in
relazione alla realizzazione della specifica
e concreta causa di esso).
Nell'articolo 38 suddetto, invece, la
gravità ha una rilevanza, per così dire,
esterna, nel senso che deve essere idonea ad
influire sull'interesse (pubblico)
dell'amministrazione a stipulare un nuovo
contratto con l'impresa privata; non a
liberarsi dal precedente rapporto, come nel
caso della risoluzione.
Ne consegue che la gravità della generica
negligenza o dell'inadempimento a specifiche
obbligazioni contrattuali non va commisurata
all'idoneità della medesima a pregiudicare
la realizzazione dello specifico interesse
dedotto nella causa del contratto
irregolarmente eseguito; ma va commisurata
al pregiudizio arrecato alla fiducia,
all'affidamento che la stazione appaltante
deve poter riporre, ex ante, nell'impresa
cui decide di affidare l'esecuzione di un
nuovo rapporto contrattuale.
Ecco che la valutazione assume un aspetto
più soggettivo (di affidabilità) che
oggettivo (il pregiudizio al concreto
interesse all'esecuzione della specifica
prestazione inadempiuta) (massima tratta da
http://mondolegale.it - TAR Molise,
sentenza 23.06.2010 n. 236 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Comunicazione
dati dei contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture ai sensi degli artt. 6 e
7 del D.Lgs. 163/2006 "Codice dei Contratti
Pubblici" (Regione Lombardia, Direzione
Generale Infrastrutture e Mobilità,
Infrastrutture Viarie e Aeroportuali, Opere
Pubbliche,
nota 23.06.2010 n. 43217 di prot.). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Quando si monta il
ponteggio è obbligatoria la presenza del
preposto.
II datore di lavoro è tenuto a garantire,
durante il montaggio di un ponteggio, la
presenza di un preposto incaricato
specificatamente di sovrintendere alle
operazioni.
Questo, in sintesi, il contenuto della
sentenza della Cassazione n. 23936 del
23.06.2010.
La sentenza riguarda il caso di un
lavoratore che, intento al montaggio di un
ponteggio in un cantiere edile, è caduto
dall'altezza del quarto piano dello stabile
rovinando sul balcone del piano inferiore.
Secondo la sentenza appellata,
l’amministratore unico della società non
aveva assicurato la presenza di un preposto
incaricato di controllare le operazioni di
montaggio alle quali era intento il
lavoratore. L'imputato ha fatto ricorso alla
Corte di Cassazione sostenendo che non era
stato tenuto conto che in cantiere fosse
presente un responsabile della sicurezza.
La Corte ha concluso ritenendo "non
pertinente, ....,il riferimento del
ricorrente alla presenza di un incaricato
della sicurezza del cantiere; costui,
invero, ha compiti diversi rispetto al
soggetto preposto alla direzione dei
predetti lavori che, secondo il dettato
legislativo (Decreto del Presidente della
Repubblica n. 164 del 1956, articolo 17 -
n.d.r. ora art. 123 D.Lgs. 81/2008,), devono
essere eseguiti sotto la diretta e costante
sorveglianza del preposto" (Corte di
Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 23.06.2010 n. 23936 -
link a www.acca.it). |
APPALTI:
QUESTION-TIME del
23.06.2010 alla Camera dei Deputati sul
Regolamento di esecuzione del codice dei
contratti.
(Interrogazione
parlamentare sulla "Recente approvazione del
regolamento di esecuzione del codice dei
contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e forniture - n. 3-01139").
Il testo dell'interrogazione:
"Il Consiglio dei ministri del 18 giugno
scorso ha approvato un regolamento che
contiene la disciplina esecutiva ed
attuativa del codice dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture. Con
tale approvazione il provvedimento termina
un lungo iter istruttorio che lo ha
sottoposto a pareri molteplici del Consiglio
di Stato, della Conferenza unificata e
dell'Autorità di vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture. In
considerazione di quanto sopra
quali sono i fattori innovativi
del provvedimento e in quale arco temporale
lo stesso sarà concretamente operativo?"
Risposta del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, Altero
Matteoli:
"Con
l'approvazione definitiva da parte del
Governo del regolamento di attuazione del
codice dei contratti pubblici di lavoro e
forniture le innumerevoli disposizioni
normative di rango regolamentare in materia
sono racchiuse in un unico testo (fino ad
oggi erano sparse in una miriade di testi).
Si tratta di un provvedimento dalla portata
innovativa, atteso dagli operatori
economici, i quali ora potranno avvalersi di
un valido strumento di supporto che mira a
rendere più trasparenti le procedure
d'appalto, più efficienti i controlli e le
verifiche delle varie fasi progettuali e di
cantiere, e che riordina e semplifica
l'intera normativa di settore armonizzandola
con quella comunitaria, anche allo scopo di
favorire la concorrenza negli appalti.
Ricordo solo le innovazioni maggiormente
significative.
In
primo luogo, ricordo, fra tutte, le
disposizioni relative al responsabile del
procedimento dei lavori il quale deve essere
un tecnico, in servizio presso le
amministrazioni aggiudicatrici, con idonea
professionalità.
Il nuovo regolamento, inoltre, disciplina,
per la prima volta, in maniera organica, la
materia della verifica del progetto dettando
disposizioni atte ad accertare la
rispondenza della progettazione ad una serie
di requisiti che ne garantiscano
l'appaltabilità e la conseguente
realizzazione rispetto ai tempi, ai costi,
alla qualità e alla sicurezza, con la
minimizzazione dei rischi derivanti
dall'introduzione di varianti e sospensioni
anche in termini di contenzioso.
Considerato, poi, il primato comunitario
dell'Italia relativo al contenzioso, spesso
riconducibile a problemi progettuali, si
tratta di norme che si auspica possano
inaugurare un circolo virtuoso: più qualità
progettuale, più opere di qualità, meno
contenzioso.
Nell'ambito del sistema di qualificazione
SOA sono previste disposizioni tese, nel
loro insieme, a perseguire una maggiore
trasparenza e qualità nel mercato degli
operatori economici esecutori di lavori
pubblici, anche attraverso l'introduzione di
norme moralizzatrici e di un più rigoroso
sistema di vigilanza da parte delle
autorità.
Attraverso la regolamentazione del sistema
di garanzia globale di esecuzione diviene
operativo, per la prima volta, nel nostro
ordinamento, uno strumento a garanzia
dell'effettiva realizzazione dell'opera
pubblica secondo procedure assicurative già
consolidate in altri Paesi europei,
svolgendo una funzione di selezione
qualitativa delle imprese.
È importante sottolineare che nel settore
dei servizi è stata introdotta, in modo
inedito, la disciplina della finanza di
progetto con procedure semplificate che
consentiranno di attivare risorse private
per la prestazione di pubblici servizi.
Per quanto attiene
all'operatività temporale del regolamento,
questo entrerà in vigore 180 giorni dopo la
data di pubblicazione, fatte salve le
disposizioni relative alle sanzioni alle
imprese e alla SOA che, invece, entrano in
vigore il giorno successivo alla
pubblicazione".
Roma, Camera dei Deputati, 23.06.2010 (link
a www.giurdanella.it). |
APPALTI:
Controlli antimafia preventivi nelle
attività "a rischio" di infiltrazione da
parte delle organizzazioni criminali
(Ministro dell'Interno,
nota 23.06.2010 n. 4610 di prot.). |
APPALTI:
Appalti, il ricorso va
comunicato. Le nuove norme sul processo
amministrativo prevedono la riduzione a 30
giorni del termine per opporsi.
L'impugnazione blocca la firma del contratto
fino alla sentenza.
Il recepimento della «direttiva ricorsi»:
le nuove norme sul processo amministrativo
(II parte). Il decreto legislativo
20.03.2010 n. 53 pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale n. 84 del 12.04.2010 (in vigore
dal 27.04.2010) attuativo della legge delega
modifica anche le norme processuali.
Preliminarmente, la parte che intende
proporre un ricorso giurisdizionale nelle
materie relative alle controversie nelle
procedure di affidamento di lavori, servizi
e forniture, svolte da soggetti tenuti nella
scelta del contraente o socio
all'applicazione della normativa comunitaria
o al rispetto dei procedimenti ad evidenza
pubblica, deve informarne il responsabile
del procedimento.
L'informativa ai sensi dell'art. 243-bis del
dlgs 163/2006 deve essere effettuata
mediante comunicazione scritta o espressa
oralmente nel corso di una seduta della
commissione di gara e inserita nel verbale.
Essa deve contenere i motivi di ricorso che
si intendono articolare in giudizio, salva
in ogni caso la facoltà di proporre motivi
diversi o ulteriori ... (articolo
ItaliaOggi del 23.06.2010 - link
a www.corteconti.it). |
APPALTI:
Commissione di gara -
Organi ordinari dell’amministrazione
appaltante - Competenza - Discrimine -
Principi generali - Formale chiusura della
gara pubblica.
In difetto di una disposizione normativa
ovvero di una espressa previsione della
lex specialis della gara che disponga in
senso contrario la questione della
competenza della Commissione di gara va
risolta in base ai principi generali che ne
regolano i compiti, per cui il discrimine
tra la competenza della commissione di gara
e quella degli organi ordinari
dell'amministrazione appaltante è segnato
dalla formale chiusura della gara pubblica e
che, pertanto, prima di tale momento, è il
suddetto organo temporaneo e straordinario a
dover provvedere a tutti gli adempimenti
necessari, ivi compresa la verifica delle
offerte sospette di anomalia.
Il momento della formale chiusura della gara
può identificarsi con quello in cui la
stazione appaltante, appropriandosi degli
atti posti in essere, ne suggella gli esiti
con l'approvazione e con l'aggiudicazione
definitiva (Cons. Giust. Amm. Sicilia, Sez.
giurisd, n. 413/2000; Consiglio di Stato,
Sezione V, n. 661/2000; Tar Campania,
Napoli, sez. II, n. 5891/2007; Tar Trentino
Alto-Adige, Bolzano, n. 146/2009) (TAR
Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 22.06.2010 n. 19954 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI: I
SOLITI SOSPETTI: QUANDO TUTTI INDICANO LA
STESSA IMPRESA SUBAPPALTATRICE.
1.- Subappalto -
Indicazione della medesima impresa
subappaltatrice da parte di più imprese -
Indizio sulla riconducibilità ad unico
centro decisionale - Gravità.
2.- Subappalto - Errore sulla dichiarazione
- Caso in cui il concorrente sia sfornito
della qualificazione - Esclusione dalla gara
- Legittimità.
3.- Giurisdizione amministrativa -
Controversie sulla sussistenza della
condizioni previste dall'art. 118, D.lgs.
12.04.2006 n. 163 - Sussiste.
1.-
E' gravemente indiziante che una stessa
impresa subappaltatrice compaia in un ruolo
"strategico", quale indispensabile
esecutrice delle opere di una selettiva
categoria per più partecipanti, innestando
un ragionevole dubbio sulla messa in opera
di un tentativo di "bloccare" la
scelta della principale impresa
subappaltatrice nella gara de qua, con la
teorica riconducibilità di un certo numero
di offerte ad un unico centro decisionale,
con grave violazione dei princìpi di
trasparenza e di libera concorrenza.
2.-
L'incompleta o erronea dichiarazione del
concorrente relativa all'esercizio della
facoltà di subappalto è suscettibile di
comportare l'esclusione dello stesso dalla
gara nel caso in cui questi risulti sfornito
in proprio della qualificazione per le
lavorazioni che ha dichiarato di voler
subappaltare.
3.-
Rientrano nella giurisdizione generale di
legittimità del giudice amministrativo le
controversie aventi ad oggetto la
sussistenza della condizioni previste
dall'art. 118, D.lgs. 12.04.2006 n. 163 per
il ricorso al subappalto da parte
dell'aggiudicatario della gara pubblica,
atteso che dette condizioni non sono intese
unicamente a tutelare l'interesse
dell'Amministrazione committente
all'immutabilità dell'affidatario, ma
tendono essenzialmente ad evitare che nella
fase esecutiva del contratto si pervenga,
con modifiche sostanziali dell'assetto
d'interessi scaturito dalla gara pubblica, a
vanificare proprio quell'interesse pubblico
che ha imposto lo svolgimento di una
procedura selettiva e legittimato
l'individuazione di una determinata offerta
come la più idonea a soddisfare le esigenze
della collettività cui l'appalto è
preordinato (massima tratta da
http://mondolegale.it - TAR Campania-Napoli,
Sez. VIII,
sentenza 22.06.2010 n. 15567 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Il
giudizio di verifica della congruità di
un'offerta anomala ha natura globale e
sintetica sulla serietà o meno dell'offerta
nel suo insieme e costituisce espressione di
un potere tecnico-discrezionale
dell'amministrazione di per sé insindacabile
in sede di legittimità, salva l'ipotesi in
cui le valutazioni siano manifestamente
illogiche o fondate su insufficiente
motivazione o affette da errori di fatto.
Non può poi
accogliersi la censura di incompatibilità ex
art. 84 D.L.vo n. 163/2006 dell’ing.
Marfurt, quale componente esterno della
Commissione, in quanto in precedenza
incaricato di predisporre la documentazione
di gara.
La norma invocata stabilisce che “i
commissari diversi dal presidente non devono
aver svolto né possono svolgere alcuna altra
funzione o incarico tecnico o amministrativo
relativamente al contratto del cui
affidamento si tratta”, mentre nel caso
in esame vi è stata solo attività di
consulenza sulla documentazione di gara e
non sul contratto da stipulare.
Neppure vale sostenere che la competenza sul
giudizio di anomalia spetta alla Stazione
appaltante e non alla commissione di gara,
che nella specie invece l’aveva svolto
direttamente.
E’ pur vero che l’art. 88 D.L.vo n.
163/2006, richiamato dal bando di gara,
nello stabilire che “la Stazione
appaltante, se del caso mediante specifica
commissione, esamina gli elementi
costitutivi del’offerta, tenendo conto delle
giustificazioni fornite..”, attribuisce
alla Stazione appaltante il potere di
verificare ed escludere le offerte
anormalmente basse , ma dalla menzionata
disposizione non è dato desumere una
competenza esclusiva al riguardo, dovendosi
tener conto anche dell’art. 84 dello stesso
decreto in base al quale “quando la
scelta della migliore offerta avviene con il
criterio del’offerta economicamente più
vantaggiosa, la valutazione è demandata ad
una commissione giudicatrice…”. Per cui
in tra i poteri spettanti alla commissione
di gara può ritenersi implicitamente
compresa, in mancanza nel caso in esame di
contraria disciplina di gara, anche la
valutazione delle offerte sospettate di
anomalia al fine di poter determinare la
migliore tra le offerte.
D’altra parte, nella specie, le valutazioni
effettuate dalla Commissione di gara, che è
pur sempre un organo straordinario
dell’Amministrazione, sono state poi fatte
proprie dalla Stazione appaltante mediante
l’approvazione degli atti di gara con
determinazione dirigenziale del 14.08.2008.
Prive di pregio sono infine le doglianze
della seconda classificata con riferimento
al giudizio sulla non anomalia dell’offerta
dell’aggiudicataria espresso dalla
commissione di gara e convalidato dal
responsabile del procedimento.
Invero, tenuto presente l’indirizzo
giurisprudenziale (che il Collegio
condivide) secondo il quale il giudizio di
verifica della congruità di un'offerta
anomala ha natura globale e sintetica sulla
serietà o meno dell'offerta nel suo insieme
e costituisce espressione di un potere
tecnico-discrezionale dell'amministrazione
di per sé insindacabile in sede di
legittimità, salva l'ipotesi in cui le
valutazioni siano manifestamente illogiche o
fondate su insufficiente motivazione o
affette da errori di fatto (C.d.S., IV,
20.05.2008, n. 2348; Sez. V 18.09.2009 e
Sez. VI, 25.09.2007, n. 4933) il giudizio di
attendibilità sull’offerta presentata da
Gritti GAS (e relative giustificazioni)
appare sufficientemente motivato da parte
della commissione di gara, la quale ha
evidenziato tra l’altro i seguenti aspetti,
che non appaiono irragionevoli al Collegio e
precisamente:
- il valore del canone di affidamento a
favore del Comune è allineato con quello
offerto da altri gestori della zona;
- l’impresa ha già personale disponibile in
zona per il servizio di pronto intervento e
per l’attività di manutenzione ordinaria;
- l’attività di manutenzione straordinaria è
alquanto limitata tenuto conto del buono
stato in cui si trova la rete distributiva;
- la quota di margine di profitto spettante
al gestore anche se non elevata (circa euro
132.000 annui) non è del tutto evanescente
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 22.06.2010 n. 3890 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Il singolo comune può
bandire isolatamente la propria procedura ad
evidenza pubblica di affidamento del
servizio distribuzione gas naturale anche in
assenza della previa identificazione dei
bacini ottimali di utenza.
Con la sentenza in rassegna il Consiglio di
Stato ha risolto una controversia tra tre
società e un comune veneto in merito agli
atti di gara per l’affidamento del servizio
distribuzione gas naturale nel territorio
dello stesso.
Tra le numerose censure dedotte in questa
complessa vicenda le società avevano
rimarcato, soprattutto, la violazione
dell’art. 46-bis D.L. 01.10.2007 n. 159
(convertito dalla L. 29.11.2007 n. 222),
come modificato dall’art. 2, comma 175, L.
24.12.2007 n. 244, sul presupposto che
l’Amministrazione non avrebbe potuto indire
la gara per l’affidamento del servizio senza
previa individuazione dei criteri di gara e
di valutazione delle offerte, nonché degli
ambiti territoriali ottimali di utenza da
parte dei Ministri dello sviluppo economico
e per gli affari regionali, sentita la
Conferenza unificata e su parere
dell’Autorità per l’energia elettrica.
Ma tale tesi, secondo i giudici d’appello, è
infondata sotto molteplici aspetti: invero,
la stessa sezione ha già evidenziato, con
orientamento che è condiviso dai giudici in
causa, che dalle menzionate disposizioni non
può desumersi l’introduzione di una
moratoria sine die delle procedure di
gara nel settore della distribuzione del gas
naturale. Tanto più che finora non sono
stati ancora individuati i bacini ottimali
di utenza e i criteri di selezione,
nonostante siano abbondantemente scaduti i
termini, previsti dall’art. 46-bis cit., per
lo svolgimento dei relativi adempimenti (V.
la citata decisione n. 5217/2009).
Tale conclusione è confortata dalla
necessità di rispettare i principi
comunitari in materia di tutela della
concorrenza e libertà di prestazione dei
servizi (cfr. in termini Cons. St., sez. V,
30.09.2008, n. 5213/ord.), nonché le stesse
finalità descritte dal comma 1° dell’art.
46-bis di “garantire al settore della
distribuzione di gas naturale maggiore
concorrenza e livelli minimi di qualità dei
servizi essenziali”.
Inoltre, occorre considerare, come rilevato
dal Comune, che i singoli comuni non
sembrano obbligati ad aderire ad un
determinato bacino ai fini dell’indizione
della gara essendo necessaria una specifica
scelta in tal senso, come emerge dal
complesso delle disposizioni di cui al
menzionato art. 46-bis nelle parti in cui si
prevedono da parte del Ministri competenti
misure di incentivazione delle operazioni di
aggregazioni (comma 2) e la facoltà dei
comuni interessati alle nuove gare per il
bacino di utenza ottimale di incrementare il
canone di concessione entro i limiti
indicati dalla norma stessa (comma 4).
Di conseguenza, concludono i giudici di
Palazzo Spada, il singolo comune può
legittimamente bandire isolatamente la
propria procedura ad evidenza pubblica di
affidamento del servizio anche in assenza
dei criteri di gara e di valutazione
dell'offerta e della previa identificazione
dei bacini ottimali di utenza di cui al
richiamato art. 46-bis (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 22.06.2010 n. 3890 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Nelle gare per
l'affidamento del servizio di distribuzione
del gas naturale, spetta alla p.a. un'ampia
discrezionalità nel determinare gli elementi
di valutazione dell'offerta economicamente
più vantaggiosa.
Sulla legittimità dell'indizione di una gara
anche in assenza dei criteri di gara e di
valutazione dell'offerta e della previa
identificazione dei bacini ottimali di
utenza di cui all'art. 46-bis del d. l.
01.10.2007, n. 159. E' legittima la
composizione di una commissione giudicatrice
presieduta dallo stesso soggetto che poi ha
approvato gli atti di gara.
Nelle gare per l'affidamento del servizio di
distribuzione del gas naturale, spetta alla
pubblica amministrazione un'ampia
discrezionalità nel determinare gli elementi
di valutazione dell'offerta economicamente
più vantaggiosa alla luce degli interessi da
perseguire e delle circostanze specifiche
della singola procedura in relazione alle
condizioni della rete, salvo macroscopica
irragionevolezza dei relativi criteri. Alla
luce del combinato disposto degli artt. 14
del D. L.vo n. 164/2000 e 83 del D. L.vo n.
163/2000, si desume che il legislatore non
ha inteso predeterminare il valore ponderale
da attribuire, rispettivamente, all'elemento
qualità ed all'elemento prezzo delle offerte
per l'affidamento del servizio di
distribuzione del gas naturale, lasciando
spazio alla discrezionalità della pubblica
amministrazione da esplicare alla luce degli
interessi da perseguire e delle circostanze
specifiche della singola procedura in
relazione alle condizioni della rete. In tal
senso del resto depone anche il
"considerando" 46 della direttiva CEE
2004/18, il quale con riguardo
all'aggiudicazione con il criterio
dell'offerta economicamente più vantaggiosa
espressamente riconosce che la concreta
determinazione dei relativi criteri
economici e qualitativi "dipende
dall'oggetto dell'appalto".
Un singolo comune può legittimamente bandire
isolatamente la propria procedura ad
evidenza pubblica di affidamento del
servizio anche in assenza dei criteri di
gara e di valutazione dell'offerta e della
previa identificazione dei bacini ottimali
di utenza di cui all'art. 46-bis del d.l.
01.10.2007, n. 159, convertito dalla l.
29.11.2007 n. 222.
Nell'ambito degli enti locali non sussiste
un rigido divieto di partecipazione dei
dirigenti alle commissioni di gara. Infatti,
il rafforzamento del modello della
responsabilità dirigenziale innescato dal
processo di privatizzazione del pubblico
impiego, sottolinea l'opposta esigenza che
il dirigente segua direttamente le procedure
del cui risultato è tenuto a rispondere. In
questa logica va annoverato il disposto
dell'art. 107 del D. L.vo n. 267/2000, che
prevede tra le attribuzioni di competenza
dirigenziale il potere di presiedere le
commissioni di gara e di stipulare i
contratti in correlazione con la
responsabilità per l'esito delle gare
medesime.
Così come non vi è incompatibilità tra le
funzioni di presidente della commissione di
gara e quella di responsabile del
procedimento, analogamente deve ritenersi
nel caso in cui al dirigente di un ente
locale che ha svolto le funzioni di
presidente del seggio e di responsabile del
procedimento sia stato anche attribuito il
compito di approvare gli atti della
commissione di gara, atteso che detta
approvazione non può essere ricompresa nella
nozione di controllo in senso stretto, ma si
risolve in una revisione interna della
correttezza del procedimento connessa alla
responsabilità unitaria del procedimento
spettante alla figura dirigenziale
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 22.06.2010 n. 3890 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
E' illegittima la
clausola con la quale viene richiesta, alle
ditte partecipanti, la disponibilità di un
centro di cottura nel territorio comunale,
in quanto ritenuta in contrasto con i
principi della libera concorrenza, massima
partecipazione alla gara ed economicità
dell'azione amministrativa.
La clausola con la quale viene richiesta,
alle ditte partecipanti, la disponibilità di
un centro di cottura nel territorio
comunale, si ritiene in contrasto con i
principi della libera concorrenza, massima
partecipazione alla gara ed economicità
dell'azione amministrativa, dovendo
considerarsi sufficiente, per le specifiche
finalità dell’amministrazione, la clausola
che stabilisce i tempi massimi di trasporto
dei pasti e la possibilità, da parte
dell'amministrazione, di verificare il loro
rispetto.
Pertanto, deve considerarsi infondata la
censura con cui si sostiene la possibilità
di poter ottenere, in via contrattuale, la
disponibilità di un centro di cottura nel
territorio del comune in quanto, a
prescindere dalla effettiva sussistenza di
tale possibilità in relazione alla
necessaria osservanza di specifiche norme
sanitarie che disciplinano la materia, va
considerato che tale rapporto obbligatorio,
in quanto aggiuntivo rispetto alle capacità
organizzative dell'azienda, potrebbe
comunque costituire, per la sua onerosità,
un elemento di distorsione dei costi
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 22.06.2010 n. 3887 -
link a
www.mediagraphic.it). |
LAVORI PUBBLICI:
G.U. 22.06.2010 n. 143 "Determinazione,
per il periodo 01.01.2010-31.12.2010, della
misura del tasso d’interesse di mora da
applicare ai sensi dell’articolo 30 del
Capitolato generale d’appalto dei lavori
pubblici" (Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti,
decreto 14.06.2010). |
APPALTI:
L. M. Delfino,
La tela di Penelope dell’arbitrato delle
opere pubbliche. Il Decreto Legislativo
20.03.2010 n. 53: Ulisse non è ancora giunto
ad Itaca! (link a
www.filodiritto.com). |
LAVORI PUBBLICI:
La falsità in ordine
alle dichiarazioni effettuate o alla
documentazione prodotta per ottenere la
attestazione SOA non può essere esposta a
margini di incertezza o ad accertamenti
relativi alla responsabilità soggettiva.
Il sistema di qualificazione dei lavori
pubblici è basato sulla attività di verifica
e controllo svolta dalle Società Organismi
di attestazione, sottoposte alla vigilanza
della Autorità per i contratti pubblici. Con
il rilascio della attestazione per
determinate categorie, l’impresa può
partecipare alle gare che prevedono il
possesso della qualificazione per quelle
categorie senza dimostrare ulteriori
requisiti. La verifica circa il possesso dei
requisiti è attribuita alle Soa al momento
del rilascio della attestazione.
Perché tale sistema garantisca la
correttezza e la professionalità di tutti
coloro che partecipano alle gare di lavori
pubblici, è necessaria una penetrante
verifica da parte delle Soa e da parte della
Autorità di Vigilanza sia sugli operatori
economici che sulle Soa.
Il sistema di qualificazione proprio per gli
effetti che produce circa la partecipazione
alle gare, deve essere incentrato al massimo
rigore e alla massima certezza per
l’ordinamento. Poiché il rilascio
dell’attestazione costituisce il momento
determinante di verifica dei requisiti, che
si impone alle stazioni appaltanti, la
falsità in ordine alle dichiarazioni
effettuate o alla documentazione prodotta
per ottenere la attestazione non può essere
esposta a margini di incertezza o ad
accertamenti relativi alla responsabilità
soggettiva, che peraltro rimarrà oggetto di
accertamenti nell’eventuale sede penale (TAR
Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 21.06.2010 n. 19443 -
link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Nuntio vobis
gaudium magnum: mortis voluntariae studium
RUP
iterum sanctum est
(Vi annuncio una grande gioia: l'istigazione
al suicidio del RUP è stata ri-decretata)
(i latinisti "puri" ci perdoneranno
eventuali strafalcioni ...).
E così il Governo ci ha preso gusto ... e
già, perché legiferare in maniera dissennata
e sulle spalle altrui, di fatto, non costa
niente!!
Che c'è
da lamentarsi ancora ... state dicendo,
forse??
Venerdì 18 giugno scorso
il Consiglio dei Ministri ha dato il via
libera all'approvazione
definitiva del Regolamento di attuazione del
codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n.
163/2006).
La bozza definitiva di regolamento approvata
è scaricabile qui:
file 1 -
file 2.
Ebbene, oggi come oggi quel "poveretto"
del RUP (Responsabile Unico del
Procedimento) in materia di lavori pubblici
ha -ben definiti ed elencati uno di seguito
all'altro- n. 24 adempimenti da curare
personalmente (cfr. art. 8 del D.P.R. n.
554/1999) mentre col nuovo regolamento ne
avrà solo uno in più: ovverosia un totale di
venticinque (cfr. art. 10 dell'emanando
regolamento). Senza contare, poi, un'altra
miriade di adempimenti sparsi qua e là nel
regolamento, sia vigente che futuro di
prossima pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale.
Ma allora,
"in illo
tempore" qualcuno disse che "Errare
humanum est, perseverare autem diabolicum"
ovverosia "commettere errori è umano, ma
perseverare [nell'errore] è diabolico"
... Quindi?? Nel Consiglio dei Ministri
siedono persone "diaboliche"?? Ebbene
SI'!!
Come si
fa, per decreto, a riconfermare il carico
-su una sola persona- di tali e tante
incombenze (rogne??) per miserabili 1.300,00
€ (di media) mensili??
Ma i soldi, invero, nella vita non sono
tutto, basta la salute ...
ma come si fa a
dormire sonni tranquilli, a discapito
ovviamente della salute, se manco si sa dove
trovare un'Assicurazione che certamente Ti
possa mettere al riparo da possibili danni
d'ogni sorta, opera pubblica facendo, poiché
alla prima sfortunata circostanza che
-disgraziatamente- ti capita "tra capo e
collo" trovano cavilli giuridici d'ogni
genere per non pagare??
E non ci vengano a dire che l'incentivo alla
progettazione interna è stato "finalmente"
ripristinato al 2% [... prossimamente: cfr.
Collegato lavoro
(ddl S.1167-B/BIS)] perché con
tale "miseria" non si va da nessuna
parte e tale "miseria" -soprattutto-
non riconosce affatto la professionalità dei
Tecnici della Pubblica Amministrazione
locale. Ma scusate:
val la pena di
assumersi tutte quelle 25 rogne innanzi
citate, e tutte le altre non menzionate, per
pochi spiccioli in più all'anno??
Bisognerebbe avere il coraggio di rifiutare
la nomina a RUP, ammesso che sia possibile,
oppure di reagire con determinazione sia con
l'Amministrazione di appartenenza sia con i
Governanti nazionali pro-tempore. Ma questa
è un'altra e triste storia ...
Al
Parlamento vuoi che non sieda alcun tecnico
di pubblica amministrazione -in aspettativa
o meno- che conosca bene la condizione
lavorativa dei Tecnici Comunali e, comunque,
alcun tecnico libero professionista che
abbia retto l'ufficio tecnico di un piccolo
comune e sappia, quindi, con quali problemi
si ha a che fare??
Ebbene, abbiamo dato una sbirciata sul sito
della Camera e del Senato e, da informazioni
apprese anche dai mass media,
qualcuno c'è:
e questi cosa
fanno?? Dormono?? Evidentemente SI',
poiché nessuno s'è degnato di alzare la
mano, in Parlamento o Commissione che sia,
per chiedere la parola e dire:
... scusate,
vorrei dire anzi acclarare che c'è qualcosa
che non quadra ... i Tecnici Comunali hanno
ragioni di che lamentarsi!!
A questi Parlamentari -pochi o tanti che
siano, che hanno cognizione di causa sulla
effettiva condizione lavorativa del tecnico
comunale addetti ai lavori pubblici e,
comunque, agli appalti in genere- non
possiamo far altro che augurare (e
augurarci) -di cuore- di tornare al più
presto a rioccupare quella scrivania
comunale lasciata frettolosamente e
temporaneamente per un lustro o due di
attività alternativa (mica faranno i
Privilegiati a vita!!) ... a quel punto, si
lamentino pure che è insostenibile fare il
RUP e noi vedremo di consolarli al meglio
...
Tuttavia, anche in questo caso giochiamo
d'azzardo come una settimana fa: invitiamo
almeno un Parlamentare, che avrà il coraggio
di farlo, a contattarci
affinché
soggiorni una settimana nel miglior albergo
del nostro Comune, ovviamente a nostre
spese, affinché condivida la vita lavorativa
settimanale (e le notti insonni, per il
tramite della propria badante fornita dalla
ASL ...) di un Tecnico Comunale -addetto
agli appalti pubblici- di un paese tipo (di
circa 5.000 anime) e veda coi propri occhi
di quante "rogne" è caricato il RUP
... poi,
legiferi con scienza e coscienza!!
Pertanto, restiamo nell'attesa -al più
presto- di essere contattati all'indirizzo:
info.ptpl@tiscali.it.
21.06.2010 - LA SEGRETERIA PTPL. |
APPALTI: Valutazione
dei precedenti penali che incidono sulla
moralità professionale - Non deve basarsi su
criteri astratti ma essere parametrata alla
specificità dell'appalto da aggiudicare.
La valutazione preordinata
all'individuazione dei reati che incidono
sulla moralità professionale, e che pertanto
conducono all'esclusione dalla procedura
selettiva ai sensi dell'art. 38, c. 1, lett.
c, d.lgs. n. 163/2006, non deve
cristallizzarsi in criteri astratti ed
automatici, ma deve essere parametrata alle
peculiarità dell'appalto da aggiudicare
(Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 25.11.2002 n.
6482, TAR Sicilia Palermo, sez. II,
29.03.2004 n. 606) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 17.06.2010 n. 1926 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: False
dichiarazioni rese in sede di gara -
Interdizione annuale dalle gare pubbliche -
Decorrenza - Annotazione nel casellario da
parte dell'Autorità di Vigilanza sui
Contratti pubblici.
Secondo un recente orientamento
giurisprudenziale, il termine iniziale
dell'interdizione annuale dalle gare
pubbliche per chi ha reso false
dichiarazioni in sede di svolgimento delle
operazioni concorsuali, ai sensi dell'art.
38 comma 1 lett. h, del d.lgs. 12.04.2006 n.
163, decorre dalla data in cui le stesse
sono state certificate dall'Autorità di
vigilanza sui Contratti pubblici con
l'annotazione nel Casellario (cfr. Cons.
Stato, sez. IV, 17.05.2010, n. 3125)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 17.06.2010 n. 1924 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Nelle gare pubbliche il
tempo dedicato dalla commissione
giudicatrice alle operazioni di scrutinio
non è un presupposto che possa invalidare i
giudizi conclusivi.
Secondo consolidata giurisprudenza in
materia (Consiglio Stato, sez. V,
12.06.2009, n. 3768) nelle gare pubbliche il
tempo dedicato dalla commissione
giudicatrice alle operazioni di scrutinio
non è un presupposto che possa invalidare i
giudizi conclusivi, la cui logicità e
ragionevolezza devono essere valutate sulla
base di quanto oggettivamente espresso negli
atti contestati.
Rispetto alla conclusione della procedura
valutativa rileva infatti non il tempo
dedicato all'esame delle offerte e della
allegata documentazione, ma la verifica
della correttezza dei risultati alla stregua
dei consueti parametri di legittimità
dell'azione amministrativa, rispetto ai
quali l'elemento "tempo" rimane un
fattore estrinseco, che può assumere una
ipotetica rilevanza solo nel caso in cui
alla brevità delle operazioni concorsuali si
accompagni un esito irrazionale e illogico
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.06.2010 n. 3806 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
Gara pubblica - Offerta anomala - Contratti
di lavoro a progetto del personale - Costo
del lavoro inferiore alle tabelle
ministeriali - Possibilità.
2. Sindacato giurisdizionale sull'anomalia -
Verifica sulla correttezza del criterio
tecnico e del procedimento applicativo -
Verifica dell'anomalia in sede di gara -
Giudizio di natura tecnico-discrezionale -
Giudizio della commissione sull'anomalia -
Necessità di motivazione analitica solamente
in caso di giudizio negativo.
1.
Non può essere ritenuta anomala l'offerta
dell'aggiudicataria di un pubblico incanto
che, ancorché consideri un costo del lavoro
inferiore alla tabella ministeriale,
legittimamente non preveda alcune voci di
spesa previste dalla tabella, relative a
oneri pensionistici e indennità, non dovute
o dovute in ammontare inferiore al proprio
personale, né può essere in sé considerato
illegittimo l'impiego di lavoratori con
contratto a progetto, essendo ammissibili in
ogni caso rapporti di lavoro autonomo
fondati sulla collaborazione coordinata e
continuativa, genus cui detto tipo di
rapporto appartiene (TAR Friuli Venezia
Giulia Trieste, 23.02.2006, n. 144).
Peraltro, nel caso di specie, la ricorrente
non ha posto in dubbio la legittimità del
ricorso a siffatta forma flessibile di
lavoro essendosi limitata a censurare la
presunta erroneità dell'operato della
commissione di gara in sede di verifica di
anomalia dell'offerta.
2.
Il sindacato giurisdizionale sull'esito
favorevole della verifica dell'anomalia
dell'offerta può anche spingersi, ove ciò
sia necessario, al profilo della correttezza
quanto a criterio tecnico e procedimento
applicativo, fermo restando che esula dal
compito del giudice il riesame delle
autonome valutazioni dell'interesse pubblico
compiute dall'amministrazione; invero,
l'apprezzamento svolto in sede di verifica
dell'anomalia dell'offerta è di natura
tecnico-discrezionale, sindacabile soltanto
per manifesta illogicità, errore di fatto,
insufficiente motivazione (TAR Liguria
Genova, sez. II, 03.02.2010, n. 233).
La motivazione del giudizio di verifica
della congruità di un'offerta anomala deve
essere rigorosa ed analitica soltanto nel
caso di giudizio negativo, mentre nel caso
di giudizio positivo non è necessario che la
relativa determinazione sia fondata su
un'articolata motivazione ripetitiva delle
medesime giustificazioni ritenute
accettabili o espressiva di ulteriori
apprezzamenti, con la conseguenza che il
giudizio favorevole di non anomalia
dell'offerta non richiede puntualità di
argomentazioni, essendo sufficiente anche
una motivazione per relationem alle
stesse giustificazioni presentate dal
concorrente sottoposto al relativo obbligo
(TAR Trentino Alto Adige-Bolzano, sez. I,
26.06.2009, n. 230; in senso contrario vedi
Tar Milano, sez. I, 20.05.2010, n. 1575)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 16.06.2010 n. 1885 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Gara
pubblica - Moralità professionale -
Valutazione di non gravità di un precedente
penale - Motivazione implicita attraverso
l'ammissione alla gara - Sufficienza.
La stazione appaltante che ritenga il
precedente penale dichiarato dal concorrente
non incisivo della sua moralità
professionale, non è tenuta ed esplicitare
in maniera analitica le ragioni di siffatto
suo convincimento, potendo la motivazione di
non gravità del reato risultare anche
implicita o per facta concludentia,
ossia con l'ammissione alla gara
dell'impresa stessa; è invece la valutazione
di gravità che richiede l'assolvimento di un
particolare onere motivazionale (TAR
Piemonte Torino, sez. I, 22.03.2010, n.
1555; TAR Liguria Genova, sez. II,
20.12.2005, n. 1774) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 16.06.2010 n. 1883 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Contratti
pubblici - Informativa antimafia della
Prefettura - Art. 10 della L. 575/1965 -
Cause ostative per i soggetti condannati -
Automaticità dell'effetto interdittivo -
Art. 4 del D.lgs. 490/1994 - Divieto di
contrattazione in presenza di tentativi di
infiltrazione mafiosa - Necessità di
accertamenti - Presupposto.
L'art. 10 della L. n. 575, ai commi 1, 2 e
4, prevede una serie di misure interdittive
a carico di soggetti assoggettati a misura
di prevenzione e dispone, al comma 5-ter,
che "le disposizioni dei commi 1, 2 e 4
si applicano anche nei confronti delle
persone condannate con sentenza definitiva
o, ancorché non definitiva, confermata in
grado di appello, per uno dei delitti di cui
all'articolo 51, comma 3- bis , del codice
di procedura penale".
L'art. 4 del D. L.vo n. 490, al comma 1,
stabilisce che "le pubbliche
amministrazioni, gli enti pubblici e gli
altri soggetti di cui all'art. 1, devono
acquisire le informazioni di cui al comma 4
prima di stipulare, approvare o autorizzare
i contratti e subcontratti".
Il richiamato comma 4 prescrive che "il
prefetto trasmette alle amministrazioni
richiedenti, nel termine massimo di quindici
giorni dalla ricezione della richiesta, le
informazioni concernenti la sussistenza o
meno, a carico di uno dei soggetti indicati
nelle lettere d) ed e) dell'allegato 4,
delle cause di divieto o di sospensione dei
procedimenti indicate nell'allegato 1,
nonché le informazioni relative ad eventuali
tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti
a condizionare le scelte e gli indirizzi
delle società o imprese interessate.
A tal fine il prefetto, anche avvalendosi
dei poteri di accesso e di accertamento
delegati dal Ministro dell'interno, dispone
le necessarie verifiche nell'ambito della
provincia e, ove occorra, richiede ai
prefetti competenti che le stesse siano
effettuate nelle rispettive province".
A norma del comma 6 del medesimo articolo, "quando,
a seguito delle verifiche disposte a norma
del comma 4, emergono elementi relativi a
tentativi di infiltrazione mafiosa nelle
società o imprese interessate", le
amministrazioni cui sono fornite le relative
informazioni dal prefetto, non possono
stipulare, approvare o autorizzare i
contratti o subcontratti, né autorizzare,
rilasciare o comunque consentire le
concessioni e le erogazioni.
Le due norme (art. 10 e art. 4), come si
evince in tutta evidenza dal confronto dei
testi sopra riportati, disciplinano dunque
due ipotesi diverse: l'art. 10 della L. n.
575 prevede cause ostative che operano nei
confronti di soggetti condannati ai sensi di
fattispecie penali espressamente
individuate, mentre l'art. 4 del D.L.vo n.
490, pone un divieto di contrattazione in
presenza di accertati "tentativi di
infiltrazione mafiosa nella società tendenti
a condizionare le scelte e gli indirizzi
delle società".
Dalla prima fattispecie discende, in via
automatica, l'effetto interdittivo, mentre
la seconda presuppone una serie di
accertamenti finalizzati all'accertamento di
attività di condizionamento poste in essere
da organizzazioni mafiose, o da loro
esponenti, tendenti ad incidere sulla
gestione della società (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 16.06.2010 n. 1849 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: Servizi
locali, società miste in gara. Il Tar
Calabria interpreta a maglie larghe una
delle norme più controverse della riforma
delle utility. Se il privato è stato scelto
con procedura a doppio oggetto.
Le società miste in cui
il socio privato sia stato selezionato con
gara «a doppio oggetto» possono ampliare il
proprio giro d'affari, acquisendo la
gestione di ulteriori servizi pubblici
locali anche in ambiti territoriali diversi.
Il divieto previsto dall'art. 23-bis, comma
9 del dl 112/2008 così come modificato dalla
riforma Fitto (dl 135/2009 convertito nella
legge 166/2009) non può essere esteso a
questa particolare tipologia di società
miste. E se lo fosse sarebbe «irragionevole
e immotivato anche alla luce dei principi
dettati dall'Unione europea in materia di
partenariato pubblico-privato».
Ad affermarlo è il TAR Calabria-Reggio
Calabria che con la
sentenza 16.06.2010 n. 561 ha
fornito la prima interpretazione
chiarificatrice di una delle più controverse
disposizioni del dl 135. Confermando sul
punto tutti i dubbi sollevati dall'Anci
all'indomani dell'approvazione della legge.
La riforma messa a punto dal ministro per
gli affari regionali allo scopo di aprire
alla concorrenza e al mercato il settore
delle utility ha affermato il principio
generale dell'obbligatorietà delle gare per
gli affidamenti.
Un principio il cui necessario corollario
porta a vietare alle società che gestiscono
servizi locali in virtù di affidamenti
diretti o procedure non ad evidenza pubblica
la possibilità di acquisire ulteriori
concessioni o ampliare il proprio giro
d'affari in ambiti territoriali diversi (per
esempio al di fuori del comune di
appartenenza).
Secondo una prima interpretazione del
decreto, tale divieto dovrebbe essere esteso
anche alle società miste (a partecipazione
pubblica e privata) in cui la scelta del
socio privato sia avvenuta attraverso una
particolare tipologia di gara, anch'essa
introdotta dal dl, definita «a doppio
oggetto» perché oltre alla qualità di
socio al privato vengono attribuiti
specifici compiti operativi connessi alla
gestione del servizio. Oltre a una
partecipazione al capitale sociale che non
può essere inferiore al 40%.
Il Tar Calabria ammette che tale
interpretazione è consentita dalla lettera
del dl 135, ma non la condivide. «L'affidamento
a società mista costituita con le modalità
indicate dal comma 2, lettera b) dell'art.
23-bis (gara a doppio oggetto ndr)»,
scrivono i giudici amministrativi calabresi,
«si appalesa, ai fini della tutela della
concorrenza e del mercato, del tutto
equivalente a quello mediante pubblica gara,
sicché risulterebbe irragionevole e
immotivata, anche alla luce dei principi
dettati dall'Unione europea in materia di
partenariato pubblico-privato,
l'applicazione del divieto di partecipazione
alle gare bandite per l'affidamento di
servizi diversi da quelli in esecuzione».
Il Tar propende invece per
un'interpretazione più morbida «pure
consentita dalla lettera» della legge,
che porta ad applicare il divieto di
partecipazione alle gare solo alle società
che già gestiscono servizi pubblici locali
sulla base di un affidamento diretto o,
comunque, a seguito di procedura non a
evidenza pubblica.
Via libera dunque alle società miste
costituite con gara a doppio oggetto perché
questa rientra a pieno titolo tra le
procedure a evidenza pubblica. Tali società
potranno quindi partecipare alle gare perché
non ledono i principi di libera concorrenza.
Il Tar Calabria ha dunque sposato in toto le
tesi dell'Anci che più volte si è espressa a
favore dell'esclusione delle società miste
dal divieto.
Ora non resta che attendere che
l'interpretazione del Tar si consolidi nella
giurisprudenza (articolo
ItaliaOggi del 20.07.2010, pag. 30
- link a www.corteconti.it). |
APPALTI SERVIZI:
Il divieto di cui al c.
9 dell'art. 23-bis del D.L. n. 112/2008,
convertito con L. n. 133/2008 e ss.mm., non
si applica alle società miste previste dal
c. 2, lett. b), del medesimo articolo.
L'affidamento a società mista costituita con
le modalità indicate dal c. 2, lett. b),
dell'art. 23-bis del D.L. n. 112/2008,
convertito con Legge n. 133/2008 e ss.mm.,
si appalesa, ai fini della tutela della
concorrenza e del mercato, del tutto
equivalente a quello mediante pubblica gara,
sicché risulterebbe irragionevole ed
immotivata -anche alla luce dei principi
dettati dall'Unione Europea in materia di
partenariato pubblico privato (v.
Comunicazione interpretativa della
Commissione sull'applicazione del diritto
comunitario degli appalti pubblici e delle
concessioni ai partenariati pubblico-privati
istituzionalizzati (PPPI) 2008/C91/02 in
G.U.C.E. del 12.04.2008- l'applicazione nei
confronti di società della specie del
divieto di partecipazione alla gare bandite
per l'affidamento di servizi diversi da
quelli in esecuzione.
Va dunque preferita l'interpretazione della
disposizione -pure consentita dalla sua
lettera- nel senso che il divieto in parola
si applica solamente alle società che già
gestiscono servizi pubblici locali a seguito
di affidamento diretto o comunque a seguito
di procedura non ad evidenza pubblica, con
la precisazione che rientrano nel concetto
di evidenza pubblica ("ovvero") anche
le società previste dal c. 2, lett. b),
dell'art. 23-bis, cit. (TAR Calabria-Reggio
Calabria,
sentenza 16.06.2010 n. 561 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla necessità che i
consorzi concorrenti in una gara d'appalto
dimostrino il possesso dei requisiti di
partecipazione in capo alle imprese ad essi
consorziate.
Nei contratti c.d. esclusi può non esigersi
il medesimo rigore formale di cui all'art.
38 d.lgs. n. 163/2006 e gli stessi vincoli
procedurali, ma resta inderogabile la
sostanza, ossia il principio che i soggetti
devono avere i requisiti morali, e che il
possesso di tali requisiti va verificato.
Tutti i consorzi, a prescindere dalla loro
natura devono dimostrare il possesso dei
requisiti di tutti i consorziati che vengono
individuati come esecutori delle prestazioni
scaturenti dal contratto. In termini più
generali, tutti i soggetti che a qualunque
titolo concorrono all'esecuzione di pubblici
appalti, vuoi in veste di affidatari, vuoi
in veste di subaffidatari, vuoi in veste di
prestatori di requisiti nell'ambito del c.d.
avvalimento, devono essere in possesso dei
requisiti morali di cui all'art. 38, d.lgs.
n. 163/2006. Il che risponde ad elementari
ragioni di trasparenza e di tutela effettiva
degli interessi sottesi alle cause di
esclusione di cui all'art. 38, d.lgs. n.
163/2006. Occorre, infatti, che tutti gli
operatori economici che, a qualunque titolo,
eseguono prestazioni di lavori, servizi e
forniture abbiano i requisiti morali di cui
all'art. 38 citato.
La disciplina dei consorzi, e dunque l'onere
di indicare in gara i consorziati per cui
concorrono, e per l'effetto di dichiarare i
requisiti generali anche per i consorziati
individuati come esecutori delle
prestazioni, è dettata dal d.lgs. n.
163/2006 (codice dei contratti pubblici) con
specifico riferimento agli appalti
sottoposti al suo ambito applicativo. Nel
caso di specie, si discorre, invece, di un
appalto di servizi di cui all'allegato II-B,
soggetto ad un limitato numero di regole del
codice, tra cui non rientrano quelle sui
requisiti di partecipazione. La succitata
disciplina non è pertanto direttamente
applicabile. Tuttavia, l'art. 27, d.lgs. n.
163/2006, dispone che nei contratti esclusi,
in tutto o in parte, dall'applicazione del
codice, devono comunque osservarsi i
principi di tutela della concorrenza, tra
cui vengono qui in rilievo quello di
imparzialità, efficacia, par condicio.
La regola su enunciata secondo cui tutti
coloro che prendono parte all'esecuzione di
pubblici appalti devono essere in possesso
dei requisiti morali indicati nell'art. 38,
può essere considerato un principio di
tutela della par condicio, dell'imparzialità
e efficacia dell'azione amministrativa, per
cui deve trovare applicazione anche nei
contratti esclusi in tutto o in parte
dall'applicazione del codice, quali i
servizi dell'allegato II-B. Nei contratti
c.d. esclusi può non esigersi il medesimo
rigore formale di cui all'art. 38 citato e
gli stessi vincoli procedurali, ma resta
inderogabile la sostanza, ossia il principio
che i soggetti devono avere i requisiti
morali, e che il possesso di tali requisiti
va verificato (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 15.06.2010 n. 3759 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'iscrizione nel casellario informatico,
relativa al provvedimento di esclusione di
un concorrente, per asserito collegamento
sostanziale con altra impresa.
Sulla necessità di assicurare garanzie
partecipative in ordine al procedimento di
iscrizione presso il casellario informatico.
La notizia relativa all'esclusione di alcune
imprese, in quanto legate da un collegamento
sostanziale che rivela l'imputazione delle
relative offerte ad un unico centro
decisionale, merita di essere annotata e
pubblicata, per mezzo della sua iscrizione,
ex art. 27, d.P.R. n. 34/2000, nel
casellario informatico in quanto idonea a
segnalare una circostanza di estrema
rilevanza per la corretta conduzione delle
procedure di affidamento dei lavori
pubblici. L'esclusione di due o più imprese
per collegamento sostanziale è oggetto di
interesse ai fini dell'inserimento di tali
dati nel casellario informatico, ai sensi
dell'art. 27, c. 2, lett. t), d.P.R. n.
34/2000, in quanto consente alle stazioni
appaltanti di escludere, in via di
autotutela, dalle proprie gare, le imprese
oggetto di annotazione, qualora ricorrano
oggettivi dubbi sulla serietà e indipendenza
delle offerte, valutazione che, ovviamente,
non può che essere effettuata a posteriori.
La soluzione a cui è pervenuta in via
esegetica la giurisprudenza amministrativa,
in applicazione dell'art. 27, d.P.R. n.
34/2000, trova conferma nello schema di
regolamento, che, nell'indicare i dati da
iscrivere nel casellario informatico, sia
per le imprese qualificate con il sistema
SOA, sia per le altre imprese, menziona i <provvedimenti
di esclusione dalle gare, ai sensi delle
vigenti disposizioni in materia>, senza
alcuna distinzione di tipologia (art. 8, c.
2, lett. r, schema di regolamento).
In tema di garanzie partecipative quanto al
procedimento di iscrizione nel casellario
informatico, la giurisprudenza ha affermato
che esse sono, in linea di principio, sempre
dovute, salvo ad ammettere equipollenti
quando la segnalazione da parte della
stazione appaltante e la conseguente
iscrizione sono un atto dovuto. Si è infatti
affermato che dell'avvio del procedimento di
iscrizione di dati nel casellario
informatico presso l'Autorità di vigilanza
deve essere notiziato l'interessato, anche
quando la trasmissione di atti al
casellario, da parte delle stazioni
appaltanti, è dovuta in adempimento di
disposizioni di legge, attese le conseguenze
rilevanti che derivano da tale iscrizione e
l'indubbio interesse del soggetto
all'esattezza delle iscrizioni.
Invero, né dalla l. n. 241/1990, né dal
sistema della legislazione sui pubblici
appalti, si desume una deroga al principio
generale dell'avviso di avvio del
procedimento, quanto allo specifico
procedimento di iscrizione dei dati nel
casellario informatico presso
l'Osservatorio. Anzi, una conferma della
necessità di garantire la partecipazione
(mediante avviso di avvio del procedimento e
mediante contraddittorio) nel procedimento
di iscrizione di dati e notizie nel
casellario informatico si desume proprio
dalla determinazione n. 1/2008 dell'Autorità
di vigilanza sui contratti pubblici, che ha
istituito il casellario informatico per
servizi e forniture (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 15.06.2010 n. 3754 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Nel
bando di gara l'Amministrazione appaltante
può autolimitare il proprio potere
discrezionale di apprezzamento mediante
apposite clausole, rientrando nella sua
discrezionalità la fissazione di requisiti
di partecipazione ad una gara d'appalto
diversi, ulteriori e più restrittivi di
quelli legali, salvo però il limite della
logicità e ragionevolezza dei requisiti
richiesti e della loro pertinenza e
congruità a fronte dello scopo perseguito.
L'amministrazione appaltante può
legittimamente inserire nel disciplinare di
gara, quale requisito di partecipazione, la
presentazione di referenze bancarie
rilasciate da almeno due istituti di credito
di rilevanza nazionale per determinare in
concreto la capacità economica e finanziaria
delle imprese concorrenti: è infatti
pacifico il non limitato potere
discrezionale delle pubbliche
amministrazioni nel fissare i requisiti di
partecipazione a una gara per
l'aggiudicazione di lavori, servizi o
forniture in modo più stringente o in numero
maggiore di quelli fissati dalla legge,
sempre che non siano irragionevoli o in
violazione di principi generali o della
stessa legge.
“Le clausole dei bandi di concorso che
prevedono requisiti soggettivi di
partecipazione sono immediatamente lesive e
devono essere impugnate immediatamente dai
soggetti interessati, senza attendere
l'adozione di appositi provvedimenti di
esclusione del concorrente. Questa regola,
tuttavia, presuppone che la disposizione del
bando sia assolutamente chiara ed univoca
nel suo contenuto precettivo e non richieda
alcuna significativa attività interpretativa
né dei destinatari del bando, né degli
organi dell'amministrazione che ne debbano
fare applicazione” (Consiglio Stato,
sez. V, 07.11.2007, n. 5776).
Come è noto, la normativa vigente non
preclude alle Stazioni appaltanti la
possibilità di chiedere requisiti ulteriori,
logicamente connessi all'oggetto
dell'appalto. Per cui nel bando di gara
l'Amministrazione appaltante può di certo
autolimitare il proprio potere discrezionale
di apprezzamento mediante apposite clausole,
rientrando nella sua discrezionalità la
fissazione di requisiti di partecipazione ad
una gara d'appalto diversi, ulteriori e più
restrittivi di quelli legali, salvo però il
limite della logicità e ragionevolezza dei
requisiti richiesti e della loro pertinenza
e congruità a fronte dello scopo perseguito
(cfr., ex plurimis, Consiglio Stato,
sez. IV, 15.09.2006 n. 5377).
In materia di requisiti di ammissione alle
gare di appalto della Pubblica
amministrazione, difatti, le norme
regolatrici, sia comunitarie che interne,
prevedono fattispecie elastiche, strutturate
su concetti non tassativi, ma indeterminati,
che implicano, per la loro definizione da
parte dell'interprete, un rinvio alla realtà
sociale. Ma ferma restando la possibilità di
prevedere (purché non in termini illogici ed
abnormi tali da finire per restringere
oltremodo il principio volto a favorire la
concorrenza e la massima partecipazione alle
gare) requisiti partecipativi più stringenti
("l'amministrazione appaltante può
legittimamente inserire nel disciplinare di
gara, quale requisito di partecipazione, la
presentazione di referenze bancarie
rilasciate da almeno due istituti di credito
di rilevanza nazionale per determinare in
concreto la capacità economica e finanziaria
delle imprese concorrenti: è infatti
pacifico il non limitato potere
discrezionale delle pubbliche
amministrazioni nel fissare i requisiti di
partecipazione a una gara per
l'aggiudicazione di lavori, servizi o
forniture in modo più stringente o in numero
maggiore di quelli fissati dalla legge,
sempre che non siano irragionevoli o in
violazione di principi generali o della
stessa legge" Consiglio Stato, sez. VI,
22.05.2006, n. 2959).
Deve ribadirsi
che (salva espressa difforme prescrizione di
legge: si veda, ad esempio, l’art. 11 del
d.lgs. n. 498 del 1992 comma 5-ter) il
punteggio relativo ai vari criteri in caso
di aggiudicazione secondo il metodo
dell'offerta economicamente più vantaggiosa
non possa che essere attribuito in rapporto
ed in funzione della valutazione
dell'offerta concernente in termini concreti
ciò che viene messo a disposizione per
l'espletamento del servizio nei confronti
della stazione appaltante, con esclusione di
qualsiasi considerazione estesa ex se
alle qualità generali dei partecipanti: sia
per la necessità di adeguare i criteri al
mero oggetto di gara e quindi di contratto
(come desumibile dall'interpretazione
conforme a ragionevolezza dell'art. 83
codice dei contratti, laddove precisa che i
criteri di valutazione dell'offerta debbano
essere pertinenti alla natura, all'oggetto e
alle caratteristiche del contratto), sia in
quanto, altrimenti opinando, si avrebbe una
predeterminazione degli esiti di gara in
favore delle imprese di più rilevanti
dimensioni, in violazione di principi
basilari e fondamentali come la tutela della
par condicio e la tutela della concorrenza.
Anche gli arresti giurisprudenziali che in
passato hanno affermato che è legittimo
prevedere l'attribuzione di punteggi alle
esperienze pregresse ai fini della
valutazione dell'offerta, hanno precisato
che ciò sarebbe possibile soltanto a
condizione che tale criterio non abbia
influenza decisiva sull'affidamento
dell'appalto (in tal senso, espressamente,
TAR Lazio, III, 06.07.2005, n. 5553; nello
stesso senso cfr. TAR Sicilia, 06.06.2007,
n. 1590) e che tale esperienza “valutabile”
debba porsi qual elemento che finisce con il
ridondare sulla qualità del servizio offerto
(Consiglio
di Stato, Sez. VI,
sentenza 15.06.2010 n. 3740 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: PROROGA
DELLA CAUZIONE PROVVISORIA: NATURA
RICOGNITIVA O NOVAZIONE DELL'ATTO?
1. Cauzione - Di
partecipazione - Appendice della polizza -
Rilasciata oltre il termine di presentazione
delle offerte - Natura - Novazione oggettiva
del contratto - Esclusione.
2. Cauzione - Di partecipazione - Durata di
180 giorni - Interpretazione.
1.
Ove una stazione appaltante, a fronte di una
polizza fideiussoria recante la cauzione
provvisoria che si presti a qualche dubbio
in ordine alla sua durata, richieda un
chiarimento e il concorrente fornisca
un'appendice di polizza che venga rilasciata
dal garante in una data successiva al
termine ultimo di presentazione delle
offerte ma con l'inequivoca precisazione che
egli si impegna a rinnovare la garanzia per
ulteriori 90 giorni a richiesta della
stazione appaltante ove al momento della sua
scadenza non sia ancora intervenuta
l'aggiudicazione definitiva, siffatto atto
del fideiussore ha natura meramente
ricognitiva o dichiarativa e non costituisce
novazione oggettiva del contratto di
garanzia precedentemente stipulato con il
contraente e da questi prodotto in gara, a
nulla valendo che l'appendice precisi che la
sua decorrenza parte dalle ore 24 del giorno
del suo rilascio, trattandosi di espressioni
gergali ordinariamente in uso nella pratica
assicurativa e originanti dal dato empirico
che le appendici de quibus sono
materialmente confezionate in una data
successiva alla scadenza del termine di
presentazione delle offerte.
2.
Le clausole delle polizze fideiussorie
recanti la cauzione provvisoria, che
solitamente si esprimono nei termini secondo
cui la garanzia ha validità di almeno 180
giorni, vanno interpretate nel senso che la
durata delle polizze stesse non è affatto
limitata a 180 giorni, che costituiscono
invece solo la durata minima, ma si estende
temporalmente fino all'integrale svolgimento
delle operazioni di aggiudicazione della
gara (massima tratta da
http://mondolegale.it - TAR Piemonte, Sez.
I,
sentenza 15.06.2010 n. 2856 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: LUMI
SULL'OPERATIVITA' DEL MECCANISMO DI
REVISIONE DEL PREZZO.
1. Giurisdizione
amministrativa - Esclusiva - Appalti
pubblici - Revisione del prezzo - Diritto
soggettivo - Applicabilità dei termini
decadenziali di impugnazione - Esclusione.
2. Contratti della p.A. - Concessione di
costruzione e gestione - Clausola di
revisione del prezzo - Natura imperativa -
Previsioni contrattuali difformi - Nullità.
3. Appalto pubblico (in generale) - Criteri
e principi - Stipulazione di una clausola
contrattuale nulla - Violazione del canone
di buona fede da parte dell'appaltatore - In
caso di natura non escludente della clausola
- Non sussiste.
4. Contratti della p.A.
- Concessione di costruzione e gestione -
Clausola di revisione del prezzo -
Sostituzione automatica della clausola nulla
contenuta nel bando - Lesione della
concorrenza - Insussistenza - Ragioni.
5. Contratti della p.A.
- Concessione di costruzione e gestione -
Clausola di revisione del prezzo - In
mancanza delle rilevazioni Istat sui prezzi
di mercato dei principali beni e servizi
acquisiti dalle pubbliche amministrazioni -
Si applica l'indice sull'aumento medio dei
prezzi - Interessi legali - Calcolo.
1.
Le controversie concernenti l'individuazione
del termine dal quale deve trovare
applicazione l'istituto della revisione dei
prezzi contrattuali nell'ambito di un
appalto di servizi, riguardano il criterio
di quantificazione di un compenso dovuto
ex lege e attengono pertanto a diritti
soggettivi dell'impresa, la cui cognizione è
rimessa alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo ai sensi
dell'articolo 244 decreto legislativo n.
163/2006.
Ne consegue che la relativa azione
giurisdizionale, avente ad oggetto
l'accertamento di un rapporto di credito,
non è soggetta alla regola dell'impugnazione
nei termini di decadenza degli atti
amministrativi illegittimi.
2.
L'articolo 115 del Codice dei Contratti ha
natura imperativa, tutelando l'interesse
pubblico a che, nei contratti ad esecuzione
periodica o continuativa, le prestazioni
degli appaltatori delle amministrazioni
pubbliche non subiscano nel tempo una
diminuzione qualitativa a causa degli
aumenti dei prezzi dei fattori della
produzione i quali, incidendo sulla
percentuale di utile considerata in sede di
formulazione dell'offerta, comportino
l'incapacità dell'appaltatore di far fronte
compiutamente alle prestazioni a suo carico.
Ne discende la nullità delle clausole
contrattuali in contrasto con essa e
l'automatica sostituzione di dette clausole
ai sensi dell'articolo 1339, Codice Civile
(cfr. Cons. Stato, sezione V, 02-11-2009
numero 6709).
Pertanto deve escludersi l'ammissibilità di
qualsivoglia previsione pattizia che escluda
l'applicabilità della revisione prezzi sia
per le variazioni inferiori ad una
determinata misura percentuale o per le
variazioni intervenute nel primo periodo di
attuazione del rapporto, con la conseguente
declaratoria di nullità.
3.
Deve escludersi che l'appaltatore,
stipulando consapevolmente una clausola
contrattuale ritenuta nulla, abbia violato
il canone di buona fede precontrattuale
allorché la natura non escludente di detta
clausola la rendeva insuscettibile di
immediata impugnazione e la
predeterminazione unilaterale delle
condizioni del contratto non lasciava
opzioni alternative all'impresa interessata
a contrattare con la pubblica
amministrazione (nella fattispecie, la
clausola sottoscritta nulla escludeva
l'operatività dell'istituto della revisione
del prezzo nei primi cinque anni di
esecuzione del contratto).
4.
L'inserimento automatico di una clausola di
revisione prezzi diversa per contenuto da
quella posta in gara e recepita nel
contratto non è lesiva delle regole della
concorrenza per attribuire al contraente un
diritto aggiuntivo rispetto a quelli
prospettati dall'amministrazione a tutti i
concorrenti atteso che la sostituzione
automatica della clausola fissata
dall'amministrazione deriva
dall'applicazione di una norma imperativa di
legge che, in quanto tale, è conoscibile da
tutti i concorrenti e suscettibile di
interessare la posizione di ogni potenziale
contraente.
Il meccanismo della revisione prezzi
disegnato dal legislatore interno non limita
in alcun modo, d'altronde, il dispiegarsi
del confronto concorrenziale, ma al
contrario, essendo ancorato a criteri
oggettivi che consentono di conservare
l'equilibrio del sinallagma contrattuale,
può rafforzare la par condicio dei
concorrenti e favorire la partecipazione di
imprese meno capaci di sopportare
l'alterazione degli oneri che dovesse
intervenire nel corso dell'esecuzione di un
rapporto di lunga durata.
5.
In mancanza delle rilevazioni da parte
dell'Istat dei prezzi del mercato dei
principali beni e servizi acquisiti dalle
pubbliche amministrazioni, dovrà farsi
inevitabilmente riferimento al più generale
indice sull'aumento medio dei prezzi (indice
Istat F.O.I.) che costituisce strumento atto
a rilevare gli incrementi del tasso generale
di inflazione e, quindi, idoneo parametro di
valutazione dell'incremento di prezzo (cfr.
Consiglio di Stato, sezione V, 14-12-2006 n.
7461).
Sulle somme così risultanti dovranno essere
applicati gli interessi con le modalità e
secondo i saggi previsti dagli artt. 4 e 5,
D.Lgs. 09.10.2002, contenenti norme
imperative, applicabili anche alle pubbliche
amministrazioni, che non presuppongono la
sussistenza di un colpevole ritardo nel
pagamento del corrispettivo e possono essere
derogate solo per effetto di un accordo
liberamente sottoscritto dalle parti (cfr.
Consiglio di Stato, sezione V, 01-04-2010 n.
1885) (massima tratta da
http://mondolegale.it - TAR Piemonte, Sez.
I,
sentenza 15.06.2010 n. 2849 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità del
provvedimento di aggiudicazione di una gara
adottato nei confronti di una cooperativa
che si sia avvalsa dei requisiti posseduti
da una società di capitali.
Nelle gare "sotto soglia" riservate
-in via eccezionale- alle cooperative
sociali, l'istituto dell'avvalimento non può
essere utilizzato ove esso si risolva nella
possibilità di usufruire dei requisiti di
società di capitali, non ricomprese nel
novero delle cooperative sociali.
Ciò anche in considerazione di quanto
espresso nel parere n. 38/2009 dell'Autorità
di Vigilanza sui Contratti Pubblici, che
evidenzia come in tal caso verrebbe falsata
la selezione comparativa e pregiudicata la
finalità solidaristica della disciplina in
questione.
Pertanto, nel caso di specie, è illegittimo
il provvedimento di aggiudicazione adottato
da una stazione appaltante nei confronti di
una cooperativa che, per partecipare
all'appalto si sia avvalsa dei requisiti
economico-finanziari e tecnici posseduti da
una società di capitali.
Ove, infatti. si consentisse alle
cooperative sociali di partecipare tramite
tale forma di avvalimento agli appalti ad
esse riservati, ne risulterebbe alterata la
par condicio del relativo settore, con
conseguente rilevante pregiudizio dello
stesso imparziale perseguimento delle
finalità sociali e solidaristiche
perseguite, nel senso che non sarebbe
garantita "ex ante" una uniforme
possibilità di ampliamento delle possibilità
partecipative alle gare (TAR Lazio-Roma,
Sez. II-bis,
sentenza 15.06.2010 n. 1762 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Gara
pubblica - Art. 83 D.lgs. 163/2006 - Criteri
di valutazione delle offerte - Pertinenza
diretta con l'oggetto del contratto -
Necessità.
Ai sensi dell'art. 83, d.lgs. 12.04.2006 n.
163, "i criteri di valutazione
dell'offerta delle imprese partecipanti
devono essere riferiti direttamente ed
esclusivamente alle prestazioni che formano
oggetto specifico dell'appalto, nel senso
che devono essere pertinenti alla natura,
all'oggetto e al contenuto del contratto"
(Consiglio Stato Sez. V, 21.11.2007 n.
5911), attesa la necessità di adeguare i
criteri al mero oggetto di gara, e quindi di
contratto (TAR Liguria Genova, sez. II,
27.02.2008 n. 335) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 14.06.2010 n. 1828 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Divieti
di partecipazione alle gare pubbliche - Art.
38, comma 1, lett. f del D.lgs. 163/2006 -
Gravi inadempienze in precedenti contratti -
Valutazione discrezionale della P.A. -
Vincolo della motivazione - Sufficienza del
richiamo per relationem al precedente atto
di risoluzione contrattuale per
inadempimenti del concorrente.
L'art. 38, comma 1, lett. f), del D.lgs.
163/2006 preclude la partecipazione alle
gare d'appalto agli operatori economici che
si sono resi responsabili di gravi
inadempienze nell'esecuzione di precedenti
contratti sancendo il principio per cui la
sussistenza di tali situazioni ostative può
essere desunta da qualsiasi mezzo di prova
sulla base di una valutazione della Stazione
appaltante circa l'incidenza del fatto sul
rapporto fiduciario che deve necessariamente
legare la medesima all'aggiudicatario.
Ne deriva che l'Amministrazione, in materia,
agisce nell'esercizio della propria
discrezionalità dovendosi ritenere vincolata
al solo obbligo di motivazione che,
peraltro, data l'ampiezza del potere
esercitato, può risolversi in un semplice
richiamo a vicende incidenti
sull'affidabilità del contraente.
L'esclusione ex art. 38, comma 1, lett. f),
come la giurisprudenza ha avuto modo di
precisare, non "presuppone il definitivo
accertamento di tale comportamento, essendo
sufficiente la valutazione fatta dalla
stessa amministrazione col richiamo per
relationem all'atto con cui, in altro
rapporto contrattuale di appalto, la stessa
amministrazione aveva provveduto alla
risoluzione per inadempimenti contrattuali.
(cfr. Cons. Stato, IV 3092 del 2007; VI Sez.
n. 1071 del 2004 e IV Sez. n. 4999 del 2006)"
(Cons. Stato, Sez. V, 27.01.2010, n. 296)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 14.06.2010 n. 1822 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
Responsabilità civile della P.A. - Schema
generale della responsabilità aquiliana -
Riconoscimento del danno al privato -
necessità di tutti gli elementi dell'art.
2043 c.c. - Antigiuridicità del
comportamento e nesso di causalità.
2. Responsabilità della P.A. - Annullamento
giurisdizionale del provvedimento impugnato
- Condizione non sufficiente per il
risarcimento del danno - Dimostrazione del
danno e del nesso causale - Necessità -
Presenza degli elementi della colpa grave,
dell'imperizia e della negligenza.
1.
Secondo l'ormai prevalente orientamento
della giurisprudenza amministrativa la
responsabilità civile della pubblica
amministrazione, pur presentando
connotazioni di specialità sia in relazione
alla qualificazione pubblica ed autoritativa
del soggetto agente che in considerazione
della natura pubblica degli interessi
sottesi all'esplicazione della funzione
amministrativa, deve essere ricompresa nello
schema generale della responsabilità civile
aquiliana (cfr., sul punto, Cons. Stato,
sez. VI, 11.01.2010, n. 14, ove si citano
numerose pronunce in senso conforme).
Per poter riconoscere come responsabile
della lesione inferta alla posizione del
privato e, quindi, obbligata al risarcimento
del danno l'amministrazione, devono
sussistere, dunque, tutti gli elementi
costitutivi dell'illecito extracontrattuale
ai sensi dell'art. 2043 c.c.:
antigiuridicità del comportamento -che si
identifica con l'illegittimità dell'atto
amministrativo- danno provocato al singolo
mediante tale comportamento, nesso di
causalità tra il comportamento antigiuridico
ed il danno, elemento soggettivo.
2.
Il risarcimento del danno non è una
conseguenza automatica dell'annullamento
giurisdizionale del provvedimento impugnato,
richiedendosi la positiva verifica di tutti
i requisiti previsti, e cioè la lesione
della situazione soggettiva tutelata, la
colpa dell'amministrazione, l'esistenza di
un danno patrimoniale e la sussistenza di un
nesso causale tra l'illecito ed il danno
subito e, riguardo all'elemento soggettivo,
è indispensabile accedere ad una nozione di
tipo oggettivo, che tenga conto dei vizi che
inficiano il provvedimento, nonché, in
conformità con quanto emerge dalle
indicazioni della giurisprudenza
comunitaria, della gravità della violazione
commessa dall'amministrazione, anche alla
luce dell'ampiezza delle valutazioni
discrezionali ad essa rimesse, dei
precedenti giurisprudenziali, delle
condizioni concrete e dell'apporto dato dai
privati nel procedimento.
La responsabilità va, dunque, affermata
quando la violazione risulti grave e
commessa in un contesto di circostanze di
fatto e in un quadro di riferimenti
normativi e giuridici tale da palesare la
negligenza e l'imperizia dell'organo
nell'assunzione del provvedimento viziato;
viceversa, va negata quando l'indagine
conduca al riconoscimento di un errore
scusabile, per la sussistenza di contrasti
giurisprudenziali, per l'incertezza del
quadro normativo di riferimento o per la
complessità della situazione di fatto
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 14.06.2010 n. 1811 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
ESCLUSIONE PER MANCANZA
DEL REQUISITO DELLA REGOLARITA' FISCALE:
QUANDO E' LEGITTIMA?
1. Giudizio
amministrativo - Procedura - Ricorso -
Inammissibilità - In caso di petitum
generico - Insussistenza - Ragioni.
2. Appalto di lavori - Partecipazione e
qualificazione - Interpretazione art. 75,
co. 1, lett e), D.P.R. 21.12.1999 n. 554 -
Conseguenze - Esclusione - Gara - Solo se le
infrazioni sono accertate in modo definitivo
- Ragioni.
1.
Alla stregua dell'art. 6, co. 1, n. 3, R.D.
642/1907 (richiamato dall'art. 19 della L.
TAR) che impone precisi oneri formali nella
redazione del ricorso, e delle disposizioni
di cui agli artt. 21-septies e nonies, L. n.
241/1990 che distinguono i vizi comportanti
la "nullità" da quelli causa di "annullabilità",
non può essere qualificato inammissibile il
gravame redatto con un petitum ampio
nel quale si chieda genericamente al giudice
di accertare l'invalidità (quale categoria
generale) dell'atto impugnato, disponendone
contestualmente la rimozione dal mondo
giuridico, senza specificare se l'effetto
demolitivo della sentenza debba essere
ricondotto alla sussistenza di cause di
"nullità" o di "annullabilità" dell'atto
stesso.
2.
Le infrazioni agli obblighi derivanti dalle
norme a disciplina dei rapporti di lavoro
-come a quelli sulla sicurezza o in materia
di imposte e tasse- possono giustificare
l'esclusione da una gara d'appalto sole se
accertate in modo "definitivo", tale
dovendosi intendersi l'espressione "debitamente
accertate" di cui all'art. 75, co. 1,
lett. e), D.P.R. 21.12.1999 n. 554,
dovendosi altrimenti dubitare della
conformità della disposizione in esame ai
principi di cui agli art. 3 e 97, Cost., sia
perché inspiegabilmente diversa
dall'ipotesi, sostanzialmente identica, di
cui alla successiva lett. d), sia per
violazione del principio di legalità ed
imparzialità dell'azione amministrativa, dal
momento che sarebbero sottoposti a "preventiva"
esclusione comportamenti che ben possono,
poi, risultare non solo affatto illeciti, ma
anche "indebitamente" accertati (TAR
Marche Ancona n. 292/2005; TAR Campania
Salerno n. 2176/2008; TAR Lazio Roma n.
7842/2008) (massima tratta da
http://mondolegale.it -
TAR
Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza 11.06.2010 n. 2285 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla illegittimità
dell'esclusione di un concorrente per
asserita carenza del requisito della
"regolarità fiscale", nell'ipotesi in cui
risulti che il predetto debito sia soggetto
a procedura di "sgravio".
Sulla sussistenza del requisito di
regolarità fiscale nell'ipotesi di pendenze
non ancora accertate in via definitiva.
E' illegittimo il provvedimento di
esclusione adottato da una stazione
appaltante nei confronti di un concorrente
per asserita mancanza del requisito della
cd. "regolarità fiscale" di cui
all'art. 75, c. 1, lett. g, del D.P.R.
554/1999, ciò in quanto, nel caso di specie,
dalla attestazione proveniente dall'Agenzia
delle Entrate risulta che il predetto debito
è stato assoggettato a procedura di "sgravio"
a seguito del pagamento effettuato,
dall'impresa esclusa, nel periodo
antecedente alla partecipazione della stessa
alla gara.
Nell'ipotesi in cui, a carico di un'impresa
concorrente, pendano precedenti debiti non
ancora accertati in via definitiva, ciò non
inficia la sussistenza del requisito di
regolarità fiscale, in quanto, secondo un
consolidato orientamento giurisprudenziale,
ai fini della disposizione di cui all'art.
75, c. 1, lett. g, del D.P.R. 554/1999, sono
irrilevanti i debiti non ancora muniti del
carattere della definitività, dovendosi
altrimenti dubitare della conformità della
disposizione in esame ai principi di cui
agli artt. 3 e 97 cost.; peraltro, un
eventuale provvedimento di esclusione, in
siffatta ipotesi, violerebbe il principio di
legalità ed imparzialità dell'azione
amministrativa, poiché sarebbero sottoposti
a "preventiva" esclusione
comportamenti che, successivamente,
potrebbero risultare leciti o indebitamente"
accertati (TAR Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza 11.06.2010 n. 2285 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
LE IMPRESE PARTECIPANTI
A UNA GARA DEVONO SAPERE PRIMA COME SARA'
VALUTATA LA LORO OFFERTA?
Appalto pubblico (in
generale) - Criteri e principi - Necessaria
predeterminazione dei criteri selettivi ex
art. 30, co. 3, D.Lgs. n. 163/2006 -
Interpretazione - Relativi sia alla
qualificazione dell'offerente che alla
valutazione della relativa offerta -
Ragioni.
L'articolo 30, co. 3, del D.Lgs. n.
163/2006, che ribadisce la necessaria
predeterminazione dei criteri selettivi, va
inteso nel senso che essi sono non solo
quelli relativi alla qualificazione
dell'offerente, ma anche alla valutazione
della relativa offerta, trattandosi pur
sempre di attività selettiva.
In ordine ai poteri di cui dispone, al
riguardo, la commissione aggiudicatrice,
occorre evidenziare che il diritto
comunitario non osta a che una commissione
aggiudicatrice attribuisca un peso relativo
ai sub elementi di un criterio di
aggiudicazione, purché tale criterio sia
stato stabilito precedentemente, effettuando
una ripartizione tra questi ultimi del
numero di punti già previsti per il detto
criterio dall'amministrazione aggiudicatrice
al momento della redazione del capitolato
d'oneri o del bando di gara (Cfr. C.G.E.,
sez. II, 24-11-2005 in C-331/04; C.G.E.,
sez. I, 06-04-2006 n. 410; vedi anche TAR
Lombardia Brescia, sez. I, 18-10-2007 n.
908) (nel caso di specie, il Collegio ha
ritenuto che, mancando ogni
predeterminazione (in sede di bando) dei
punteggi relativi ai criteri di valutazione,
è evidente la violazione del principio di
trasparenza, contenendo, l'atto della
Commissione, elementi che, se fossero stati
noti al momento della preparazione delle
offerte, avrebbero sicuramente influenzato
dette offerte) (massima tratta da
http://mondolegale.it -
TAR
Piemonte, Sez. II,
sentenza 10.06.2010 n. 2751 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
OFFERTA TECNICA:
ESCLUSIONE PER CARENZE DOCUMENTALI?
1. Verifica della
documentazione amministrativa e verifica
della documentazione tecnica: differenze e
conseguenze.
2. Appalto di servizi - Documentazione -
Sommaria verifica sulla presenza o meno
della documentazione tecnica - Rende
illegittimo il provvedimento di esclusione.
1.
La commissione di gara ha indubbiamente la
facoltà di escludere da una licitazione
privata una società per aver ritenuto che
l'offerta tecnica presentata dalla medesima
fosse mancante della documentazione che
specifichi il sistema organizzativo di
erogazione del servizio per tutte le
tipologie di aree e gli indici di rischio,
quando sia concretamente riscontrabile una
carenza essenziale del contenuto o delle
modalità di presentazione dell'offerta
tecnica.
L'esclusione tuttavia presuppone
necessariamente un'approfondita e diffusa
valutazione dell'offerta, nella sua
globalità, al fine di accertare l'effettiva
insussistenza di quei requisiti minimi di
valutabilità, che non la rendono meritevole
di partecipare al procedimento concorsuale
atteso che la decisione, rimessa alla
discrezionalità tecnica della commissione,
richiede un accertamento diverso e ben più
approfondito di quello che di norma, è
necessario per verificare il possesso o meno
in capo ai candidati che hanno presentato
offerta dei requisiti soggettivi di
partecipazione.
Le operazioni di verifica della
documentazione amministrativa si sostanziano
infatti, in mero accertamento di carattere
vincolato. Al contrario, quelle di verifica
della documentazione tecnica, al fine di
riscontrarne la completezza del contenuto e
di conseguenza la sua rispondenza ai
requisiti della lex specialis,
implicano valutazioni che pur non essendo
ancora mirate ad apprezzarne la qualità, si
sostanziano tuttavia in operazioni tecniche
preordinate a collocare il progetto proposto
al di sopra o al di sotto di una soglia
minima di idoneità tecnica.
Tali valutazioni sono quindi connotate dal
requisito della opinabilità e censurabili in
sede giurisdizionale per irragionevolezza,
illogicità, incongruità ed erroneità dei
presupposti di fatto.
2.
In sede di gara per l'aggiudicazione di un
appalto di servizi, la decisione di
escludere un'impresa per carenza essenziale
del contenuto dell'offerta non può essere
sbrigativamente emessa all'esito di una
sommaria e superficiale verifica della
presenza o meno nella busta contente la
documentazione tecnica, della relazione
tecnica sul sistema organizzativo di
erogazione del servizio.
Il provvedimento di esclusione implica
invece l'integrale lettura di tutta la
documentazione ivi contenuta, viepiù quando
le modalità della sua composizione non sono
tassativamente stabilite a pena
d'esclusione, ma unicamente indicate onde
facilitarne l'esame e la valutazione da
parte della commissione (massima tratta da
http://mondolegale.it -
TAR
Piemonte, Sez. II,
sentenza 10.06.2010 n. 2740 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Documentazione prodotta
- Integrazione ammissibile - Limiti.
L’integrazione ammissibile in sede di gara
su richiesta della stazione appaltante -allo
scopo di far prevalere la sostanza sulla
forma- si rivela finalizzata unicamente ad
ottenere precisazioni in ordine alla
documentazione prodotta, in vista della
sanatoria di eventuali irregolarità formali;
una tale facoltà non può estendersi al caso
in cui l’incompletezza o la non conformità
alle prescrizioni di gara riguardi l’offerta
tecnica ed economica, perché altrimenti
verrebbe ad essere violato il principio
della par condicio dei concorrenti mediante
la modificazione postuma dell’offerta, con
conseguente inammissibile incidenza sulla
sostanza e non più solo sulla forma (TAR
Emilia Romagna Parma, sez. I - 06/02/2008 n.
90; Consiglio di Stato, sez. V - 11/12/2007
n. 6403) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 10.06.2010 n. 2305 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'esclusione di un concorrente per
accertata irregolarità fiscale, nonostante
la modesta entità dell'importo dovuto.
E' legittimo il provvedimento di esclusione
adottato da una stazione appaltante nei
confronti di un'impresa concorrente resasi
inadempiente in relazione al saldo di una
cartella di pagamento nonostante la modesta
entità dell'importo dovuto, in quanto ai
sensi dell'art. 38, c. 1, lett. g), del
d.lgs. n 163/2006 (Codice dei contratti),
sono esclusi dalla partecipazione alle gare
e non possono stipulare i relativi contratti
i soggetti che abbiano commesso violazioni,
definitivamente accertate, rispetto agli
obblighi relativi al pagamento delle imposte
e tasse.
La disposizione citata, infatti, fa
riferimento a qualsivoglia violazione, anche
di importo esiguo, senza che sia consentito
alla stazione appaltante che ha bandito la
gara, valutarne la rilevanza e la buona o
mala fede del contribuente, giacché tale
valutazione è stata effettuata dal
legislatore al fine di garantire
l'affidabilità dell'offerta e
nell'esecuzione del contratto, nonché la
correttezza e serietà del concorrente;
diversamente, si avrebbe il conferimento
all'amministrazione di un potere
discrezionale di apprezzamento della gravità
dell'infrazione anche in aree in cui è
positivamente esclusa (TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 10.06.2010 n. 1803 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla possibilità per un
concorrente, cessionario di un ramo
d'azienda, di avvalersi dei requisiti
posseduti dall'impresa cedente.
Deve essere escluso da una gara d'appalto
per l'affidamento del servizio di refezione
scolastica, il concorrente che non disponga
di un centro di cottura autorizzato per la
preparazione di pasti per mense. Sulla
facoltà concessa al g.a. di indicare una
decorrenza dell'inefficacia del contratto
d'appalto in virtù del superiore interesse
pubblico, nel caso di annullamento
dell'intera procedura di gara.
Per giurisprudenza pacifica è consentito,
all'impresa che abbia acquisito un ramo di
azienda, di avvalersi, ai fini della
qualificazione ad una gara d'appalto, dei
requisiti posseduti dall'impresa cedente, in
quanto l'istituto dell'avvalimento ha
portata generale, ed inoltre l'art. 51 del
d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti),
disciplinando le vicende soggettive
dell'offerente e del candidato, compresa la
cessione di ramo d'azienda, conferma
siffatta interpretazione; ciò a condizione
che la concorrente, nella domanda di
partecipazione, dichiari di avvalersi dei
requisiti dell'impresa cedente, e ne
dimostri l'effettivo possesso in capo alla
stessa.
E' illegittima l'ammissione alla gara per
l'affidamento di un appalto di refezione
scolastica di una ditta, priva del
requisito, fissato a pena di esclusione dal
bando di gara, di un centro di cottura
regolarmente autorizzato per la preparazione
di pasti per mense, in quanto la concorrente
disponeva soltanto di un centro di cottura
autorizzato per l'esercizio dell'attività di
bar, pizzeria, tavola calda, come risulta
dall'autorizzazione sanitaria rilasciata
dalla USL.
Ai sensi dell'art. 245-ter del D.Lgs n.
163/2006 (Codice dei contratti pubblici), il
g.a., annullato il provvedimento illegittimo
di aggiudicazione definitiva, ha un potere
discrezionale di valutazione in ordine
all'opportunità, o meno, di dichiarare
l'inefficacia del contratto. La norma deve
essere interpretata in combinato disposto
con l'art. 245-bis, c. 2, che consente di
limitare la declaratoria di inefficacia del
contratto alle prestazioni ancora da
eseguire. Inoltre, ai sensi dell'art.
245-bis, c.1, è possibile preservare
l'efficacia del contratto qualora lo
richiedano esigenze imperative connesse ad
un interesse generale.
Nel caso di specie, è consentito al giudice
di indicare una decorrenza dell'inefficacia
conforme all'interesse pubblico, il quale
esige la preservazione della continuità del
servizio di refezione fino al termine
dell'anno scolastico (TAR
Calabria-Catanzaro, Sez. II,
sentenza 10.06.2010 n. 1107 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Gare, trucchi in vista.
Ok della camera al ddl Brunetta. A rischio
la concorrenza. Obbligatorio interpellare
gli esclusi.
Possibili
combine nelle gare di appalto con l'obbligo
per la stazione appaltante di interpellare i
primi cinque classificati dopo
l'aggiudicatario, in caso di risoluzione del
contratto o di fallimento.
È questo il possibile effetto della modifica
al Codice dei contratti pubblici (l'ennesima
di questi ultimi mesi) disposta dal ddl
semplificazione approvato ieri dalla camera
con 265 sì, 213 no (Pd e Idv) e 40 astenuti
(Udc).
L'articolo 140 del dlgs 163/2006, ad oggi,
stabilisce che le stazioni appaltanti
prevedono nel bando di gara la facoltà di
interpellare i cinque concorrenti che
seguono in graduatoria l'aggiudicatario
dell'appalto nel caso in cui si pervenga
alla risoluzione del contratto per grave
impedimento o si verifichi il fallimento
dell'impresa.
In questi casi quindi l'amministrazione può
(ma non deve) sentire i concorrenti
classificati dal secondo al sesto posto,
scorrendo quindi la graduatoria
progressivamente, e stipulare con uno di
essi un nuovo contratto alle stesse
condizioni di quello inizialmente stipulato
con l'appaltatore fallito o gravemente
inadempiente ... (articolo
ItaliaOggi del 10.06.2010, pag. 28
- link a www.corteconti.it). |
APPALTI:
Modifiche al Codice in
tema di comunicazione introdotte dal dlgs
che recepisce la 2° direttiva ricorsi Ue.
Appalti, certezza impugnazioni.
Dall’aggiudicazione sale a 35 giorni il
termine per il contratto.
Il decreto legislativo 20.03.2010 n. 53
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 84
del 12.04.2010 (in vigore dal 27.04.2010)
realizza il definitivo recepimento
nell’ordinamento italiano della direttiva
ricorsi n. 2007/66/CE dell’11.12.2007 del
Parlamento europeo e del Consiglio, la
cosiddetta seconda direttiva ricorsi.
Il decreto legislativo di recepimento
introduce numerose modifiche, sia nel campo
sostanziale che processuale, al codice dei
contratti pubblici (dlgs 163/2006) ... (articolo
ItaliaOggi del 09.06.2010, pag. 38). |
APPALTI:
Art. 34 d.lgs. n.
163/2006 - Società semplici - Partecipazione
alle gare di appalti pubblici - Preclusione
- Contrasto con il diritto comunitario -
Esclusione - Ragioni.
L’art. 10, l. n. 109/1994 e l’art. 34, lett.
a), d.lgs. n. 163/2006, laddove non
consentono alle società semplici la
partecipazione alle gare di appalti
pubblici, non contrastano con il diritto
comunitario dei pubblici appalti che, pur
affermando il principio di libertà di forma
del concorrente, tuttavia non impedisce agli
Stati membri di regolare la capacità
giuridica dei soggetti diversi dalle persone
fisiche, e di vietare a determinate
categorie di persone giuridiche di offrire
lavori, beni o servizi sul mercato.
Invero, la regola contenuta nel c.c. secondo
cui la società semplice non può svolgere
attività commerciale, è coerente con l’art.
4, par. 1, direttiva 2004/18/CE che lascia
agli Stati membri la possibilità di
autorizzare o meno determinate categorie di
soggetti a offrire prestazioni sul mercato
e, in definitiva, di riconoscere o meno a
determinati soggetti la relativa capacità
giuridica (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 08.06.2010 n. 3638 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'esclusione di una società semplice da
una gara d'appalto.
E' legittimo il provvedimento di esclusione
adottato nei confronti di un'impresa
concorrente che rivesta la forma giuridica
di società semplice, adottato ai sensi
dell'art. 10, L. n. 109/1994, nonché
dell'art. 34, lett. a) del d.lgs. n.
163/2006 (Codice dei contratti), ciò in
quanto le predette disposizioni normative
non contrastano con i principi comunitari di
libera concorrenza e massima partecipazione,
i quali consentono comunque, ai Paesi membri
dell'Unione, di valutare l'opportunità di
affidare la realizzazione di lavori e
servizi a determinate categorie di imprese;
d'altro canto, la disposizione di cui
all'art. 2249 c.c., che esclude la
possibilità, per le società semplici, di
svolgere un'attività commerciale, appare
ragionevole e non discriminatoria, in virtù
del peculiare regime di responsabilità della
società semplice verso i terzi, rispetto a
quello che connota , viceversa, le altre
categorie sociali.
Peraltro la regola contenuta nel c.c. è
coerente con l'art. 4, par. 1, direttiva
2004/18/CE che lascia agli Stati membri la
possibilità di riconoscere o meno a
determinati soggetti la relativa capacità
giuridica (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 08.06.2010 n. 3638 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Collegamento tra
imprese.
Ai fini di escludere due o più imprese da
una gara di appalto per la sussistenza tra
loro di un collegamento sostanziale, sono da
ritenere insufficienti eventuali comunanze a
livello strutturale tra le imprese, essendo
necessario verificare se tale comunanza
abbia avuto un impatto concreto sul
rispettivo comportamento nell’ambito della
gara, con l’effetto di determinare la
presentazione di offerte riconducibili ad un
unico centro decisionale; inoltre, agli
stessi fini, la sola somiglianza della veste
formale delle offerte non dimostra
l’identità del centro decisionale, che
invece postula una somiglianza del contenuto
sostanziale delle offerte (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 08.06.2010 n. 3637 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Eventuali comunanze a
livello strutturale sono di per sé
insufficienti a determinare la
riconducibilità delle offerte ad un unico
centro decisionale, essendo necessario
verificare se tale comunanza abbia avuto un
impatto concreto sul rispettivo
comportamento nell'ambito della gara.
Eventuali comunanze a livello strutturale
sono di per sé insufficienti a determinare
la riconducibilità delle offerte ad un unico
centro decisionale, essendo necessario
verificare se tale comunanza abbia avuto un
impatto concreto sul rispettivo
comportamento nell’ambito della gara.
Pertanto, difettano gli elementi univoci per
ritenere sussistente un rapporto di
collegamento sostanziale tra le due società,
e in particolare per ritenere che le offerte
fossero espressione di un unico centro
decisionale, cosa che può essere accertata
mediante un attento esame del contenuto
delle offerte (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 08.06.2010 n. 3637 -
link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Il potere-dovere di
integrazione in sede di gara non può
risolversi nel rimediare alla produzione di
un documento mancante e non può essere
esercitato in sede di offerta.
Il
potere-dovere di integrazione in sede di
gara è doverosamente circoscritto, sotto il
profilo oggettivo, al materiale documentale,
potendo essere esercitato, sempreché non
venga violata la par condicio, come avviene
quando si pretenda di supplire all'omesso
assolvimento di un onere sancito a pena di
esclusione, solo per sopperire a carenze
documentali, ossia ad omessa
rappresentazione del contenuto di elementi
documentali e non può risolversi nel
rimediare alla produzione di un documento
mancante, quanto, piuttosto, nella semplice
integrazione di un documento già presente
agli atti di gara. Siffatto principio è
stato positivizzato in norma dall'art. 46
del d.lgs. 16.04.2006, n. 163, ma è pur
sempre temporalmente limitato alla fase
della procedura di gara preordinata alla
verifica dei requisiti soggettivi di
partecipazione.
Inoltre, fermo il delineato limite oggettivo
e temporale, non è consentito alla
commissione di gara esercitare un potere di
integrazione, mediante richiesta di
chiarimenti o altro, quando la procedura sia
pervenuta alla fase dell'offerta, sussiste
una norma di gara chiara e dettagliata nel
prescrivere un determinato contenuto o
requisito dell'offerta stessa e quando la
deviazione della composizione e/o
rappresentazione di una delle offerte in
gara dalla norma stabilita al riguardo dalla
lex specialis, sia marcata, come nel
caso di specie, contraddistinto
dall'analiticità e chiarezza della
disposizione capitolare violata dalla
ricorrente con la confezione di un'offerta
nettamente divergente dalla prescrizione
stessa, dando luogo ad un accentuato quantum
di deviazione dalla prescrizione della
lex specialis.
In siffatti casi, qualunque intervento da
parte della commissione sull'offerta non si
arresterebbe ad un'opera interpretativa -
che pure è di dubbia ammissibilità - ma
sostanzierebbe una sostituzione dell'organo
di gara all'offerente, con evidente
alterazione della par condicio (TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 08.06.2010 n. 2722 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
E' illegittima
l'applicazione delle sanzioni accessorie
(escussione della cauzione provvisoria e
segnalazione all'Avcp) qualora l'impresa
abbia dichiarato il possesso dei requisiti
ma non li abbia comprovati per errore di
interpretazione del bando.
Qualora un'impresa abbia dichiarato di
possedere un requisito che successivamente
risulti invece carente ma a quella
dichiarazione sia stata indotta da errore
interpretativo in ordine alla portata delle
disposizioni della lex specialis,
l'esclusione dalla gara è legittima, ma non
può essere comminata anche l'escussione
della cauzione provvisoria e la segnalazione
del fatto espulsivo all'Autorità di
vigilanza sui contratti pubblici.
Si è infatti precisato che "in tali
evenienze, nelle quali l'impresa non ha
dichiarato nulla di diverso e di più di ciò
di cui è realmente in possesso, ma ha errato
nel valutare sufficiente il requisito
posseduto, non ha senso irrogare sanzioni
che vadano oltre la fisiologica esclusione
dell'impresa dalla gara".
Tale l'opzione esegetica dell'art. 48, c. 1,
del d.lgs. n. 163/2006, trova conforto in
una decisione del Consiglio di Stato, resa
sull'omologa norma previgente (art. 10, c.
1-quater della L. 11.02.1994, n. 109), che
ha predicato l'inapplicabilità delle
sanzioni nei casi in cui un'impresa in buona
fede abbia errato in ordine
all'interpretazione del bando e della
normativa generale ed abbia ritenuto di
avere il requisito in realtà carente o
contestato (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 08.06.2010 n. 2721 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla necessità per un
consorzio di dimostrare di poter
effettivamente disporre dei mezzi di altri
soggetti necessari alla esecuzione di un
appalto.
Secondo l'art. 47, secondo comma della
direttiva 2004/18/CE, "un operatore
economico può, se del caso e per un
determinato appalto", fare affidamento
sulle capacità di altri soggetti, a "prescindere
dalla natura giuridica dei suoi legami con
questi ultimi. In tal caso deve dimostrare
all'amministrazione aggiudicatrice che
disporrà dei mezzi necessari, ad esempio
mediante presentazione dell'impegno a tal
fine di questi soggetti": in definitiva,
per potersi avvalere di mezzi di altri,
occorre comprovarne l'effettiva
disponibilità, spettando al "giudice
nazionale valutare se tale prova sia fornita
nella fattispecie di cui alla causa a qua"
(cfr., sentenza 02.12.1999, in causa
C-176/98, cit.).
Il detto indirizzo è stato condiviso dal
Consiglio di Stato, che ha considerato a tal
fine documento appropriato un atto
unilaterale di impegno, irrevocabile e
incondizionato, assunto da una società, con
il quale il personale di essa, nella misura
necessaria ad assicurare il rispetto del
requisito, è stato messo a disposizione di
altra società per l'esecuzione dei servizi
oggetto della procedura di gara, pur nel
concorso dell'identica composizione
societaria, il che ha reso ulteriormente "palese
la realizzazione di un unitario e comune
centro di interessi tra le due società"
(cfr., C.d.S., sez. V, 15.12.2005, n. 7134).
Detta prova ha fatto, peraltro, palesemente
difetto nel caso di specie, non essendo
stato documentato che i soggetti terzi
rispetto alla gara, ma proprietari dei
ridetti mezzi, si fossero formalmente
obbligati a porli a disposizione del
consorzio partecipante alla gara per l'arco
temporale di esecuzione del servizio, a
nulla rilevando che i detti proprietari
avessero consegnato a quest'ultimo i
rispettivi libretti di circolazione,
consegna che, a tale scopo, non può assumere
il valore di un impegno, sostanziale e
formale, circa il loro utilizzo, pur in
presenza di un generico "rapporto di
gruppo" (cfr., in termini, C.d.S., sez.
VI, 09.02.2010, n. 641 e TAR Lazio, Roma,
sez. III-ter, 25.08.2006, n. 7515) (TRGA
Trentino Alto Adige-Trento,
sentenza 07.06.2010 n. 151 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
E' legittima
l'esclusione da una gara per l'affidamento
del servizio di ristorazione di un
concorrente, disposta a causa del decreto
penale emesso nei confronti del rappr. leg.
per violaz. delle norme sulla disc. igienica
delle sostanze alimentari.
L'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 dispone
l'esclusione dalla gara per l'affidamento di
appalti pubblici del soggetto nei cui
confronti sia stata pronunciata sentenza di
condanna passata in giudicato, o emesso
decreto penale di condanna divenuto
irrevocabile, oppure sentenza di
applicazione della pena su richiesta, ai
sensi dell'articolo 444 del c.p.p., per
reati gravi in danno dello Stato o della
Comunità che incidono sulla moralità
professionale.
Condizioni perché l'esclusione consegua alla
condanna sono la gravità del reato, e il
riflesso dello stesso sulla moralità
professionale. La gravità del reato deve,
quindi, essere valutata in relazione a
quest'ultimo elemento, ed il contenuto del
contratto oggetto della gara assume allora
importanza fondamentale al fine di
apprezzare il grado di "moralità
professionale" del singolo concorrente.
Pertanto, è legittimo il provvedimento di
esclusione dalla procedura di gara indetta
per l'affidamento del servizio di
ristorazione della sede centrale e dei
distaccamenti del comando dei vigili del
fuoco disposta nei confronti di un
concorrente a causa della condanna del
rappresentante legale per violazione delle
norme sulla disciplina igienica della
produzione e della vendita di sostanze
alimentari e di bevande, in quanto la norma
citata ha lo scopo di evitare che la P.A.
contragga obbligazioni con soggetti che non
garantiscano adeguata moralità
professionale.
Non è dubbio, infatti, nel caso di specie,
che la condanna per violazione delle norme
sulla disciplina igienica della produzione e
della vendita di sostanze alimentari
costituisca di per sé, in relazione
all'oggetto del contratto per il quale è
stata indetta la gara, grave reato che
incide sulla moralità professionale
(oltretutto negato in sede di attestazione
dei requisiti generali per la preselezione)
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 04.06.2010 n. 3560 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla necessità della
forma scritta per i contratti conclusi dalle
PP.AA..
Come ripetutamente sostenuto dalla Corte di
Cassazione, per il perfezionamento dei
contratti stipulati dalle amministrazioni
pubbliche è necessaria una manifestazione
documentale della volontà negoziale da parte
dell'organo rappresentativo abilitato a
concludere, in nome e per conto dell'ente
pubblico, negozi giuridici, mentre devono
ritenersi, all'uopo, inidonee le
deliberazioni adottate da organi collegiali
deliberativi, attesane la caratteristica di
atti interni, di natura meramente
preparatoria della successiva manifestazione
esterna della volontà negoziale, di talché
un contratto non potrà dirsi legittimamente
perfezionato ove la volontà di addivenire
alla sua stipula non sia, nei confronti
della controparte, esternata, in nome e per
conto dell'ente pubblico, da quell'unico
organo autorizzato a rappresentarlo.
Ne consegue che la normativa speciale
dettata in tema di contratti della p.a.
prevale sulla diversa disciplina dei
rapporti tra privati, quale, ad esempio,
quella dettata in tema di conferimento di
incarichi professionali, in tema di stipula
di locazioni e contratti agrari
ultranovennali, in tema di rinnovo tacito
del contratto di locazione (inconfigurabile,
se il locatore sia un ente pubblico,
nonostante il comportamento asseritamene
concludente si sia, come nella specie,
protratto per anni) (Cass. 26.06.2008, n.
17550; 08.01.2005, n. 258) (massima tratta
da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 03.06.2010 n. 3507 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla necessità di
rendere la dichiarazione relativa
all'assenza di sentenze penali anche non
definitive, nel caso in cui ciò sia
richiesto dal bando di gara a pena di
esclusione.
In materia di appalti pubblici vige
l'obbligo, in capo al legale rappresentante
di un'impresa concorrente, di presentare la
dichiarazione relativa all'assenza di
sentenze, ancorché non definitive, relative
ai reati che precludano la partecipazione
alle gare, e ciò nell'ipotesi in cui detta
prescrizione sia imposta, come nel caso di
specie, dal bando di gara, in quanto,
secondo il consolidato orientamento della
giurisprudenza amministrativa, le
valutazioni effettuate dalle commissioni in
sede di giudizio sono strettamente vincolate
al rispetto delle clausole del bando
stabilite espressamente a pena di
esclusione, dal momenti che, in tali
ipotesi, la rigida applicazione della lex
specialis garantisce la parità di
trattamento tra tutti i partecipanti, al
fine di scongiurare eventuali atteggiamenti
arbitrari da parte delle commissioni stesse
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 03.06.2010 n. 1352 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Servitù di passaggio per
l’accesso ad un impianto sportivo comunale.
Il quesito posto attiene alla situazione
giuridica derivante dalla esistenza di una
strada su terreno di proprietà di terzi
costituente accesso ad un impianto sportivo
(Regione Piemonte,
parere n. 47/2010 - link a
www.regione.piemonte.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Verifica preliminare di
interesse archeologico per un progetto di
scavi stradali in un Comune privo di aree di
tutela archeologica.
Viene
chiesto parere al Servizio scrivente in
ordine alla necessità di sottoporre
preliminarmente un progetto relativo ad una
attività di scavo per la costruzione di
strade, fognature, acquedotti o altre opere,
al parere della Soprintendenza per i beni
archeologici, indipendentemente
dall’esistenza o meno di un’area di
interesse archeologico.
Il Comune richiedente aggiunge che il Piano
Regolatore Generale Comunale vigente non
individua aree di tutela archeologica nel
territorio comunale.
Vengono inoltre richiamate due norme di
riferimento per la fattispecie in oggetto e
segnatamente: l’art. 95 del D.lgs. 163/2006
–Verifica preventiva dell’interesse
archeologico in sede di progetto
preliminare– e l’art. 28 del D.lgs. 42/2004
–Misure cautelari e preventive- (Regione
Piemonte,
parere n. 41/2010 - link a
www.regione.piemonte.it). |
APPALTI:
V. Lopilato,
CATEGORIE CONTRATTUALI, CONTRATTI PUBBLICI E
I NUOVI RIMEDI PREVISTI DAL DECRETO
LEGISLATIVO N. 53 DEL 2010 DI ATTUAZIONE
DELLA DIRETTIVA RICORSI (link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Partecipazione a gare d’appalto: Le
situazioni di esclusione non si trasmettono
all’impresa cessionaria (link a
www.mediagraphic.it). |
maggio 2010 |
|
APPALTI:
La p.a. lumaca paga. Una
circolare Assonime illustra una sentenza del
Cds. Ritardi, no a modifiche unilaterali.
Sono illegittime le
clausole, contenute in un bando di gara, con
cui la pubblica amministrazione apporta
modifiche unilaterali alla disciplina dei
ritardi di pagamento che siano difformi da
quelle previste dal dlgs n. 231/2002. Le
deroghe alla norma, infatti, devono
risultare da accordi espliciti tra le parti.
Inoltre, anche le associazioni di categoria,
pur non essendo imprese che partecipano alla
gara, sono legittimate ad agire in giudizio
in tali casi. Queste, infatti, tutelano
interessi collettivi rispetto a clausole
contrattuali che, a causa della loro
iniquità, possono avere avuto un effetto
dissuasivo nei confronti di altri possibili
partecipanti.
È quanto ricorda l'Associazione fra le
società italiane per azioni (Assonime) nella
sua
circolare 31.05.2010 n. 19, con
la quale riprende i rilevanti contenuti
della sentenza n. 469/2010 emessa dal
Consiglio di Stato in tema di bandi di gara
della pubblica amministrazione e disciplina
dei ritardi di pagamento.
Un documento, quello pubblicato da Assonime,
che vuole essere un vero e proprio
vademecum per le imprese che si
apprestano a partecipare a bandi di gara
emessi da stazioni appaltanti pubbliche,
sottolineando gli indirizzi
giurisprudenziali più recenti che possono
tutelare le imprese partecipanti.
Sulla scorta pertanto della pronuncia di
Palazzo Spada, che ha respinto l'appello del
Ministero della Giustizia in ordine a
clausole contenute in un proprio bando di
gara, Assonime ricorda che la deroga agli
articoli 4 e 5 del citato dlgs n. 231/2002
(norme, queste, che prevedono il pagamento
del corrispettivo a 30 giorni e, in caso di
ritardo, il pagamento degli interessi nella
misura dell'8%) «è ammessa solo
attraverso un accordo esplicito tra le parti
a seguito di apposita contrattazione e
trattativa sul punto».
In sostanza, si legge nel documento, le
stazioni appaltanti non possono
autoritativamente inserire nei bandi di
gara, clausole che prevedono il pagamento in
un termine superiore a quello previsto dalla
disposizione normativa, ovvero una misura
degli interessi che sia «difforme» da
quanto ivi previsto, a meno che esse non
siano il frutto di «un accordo o comunque
una esplicita e libera accettazione delle
parti interessate».
In particolare, la p.a. non ha il potere di
stabilire in modo unilaterale le conseguenze
del proprio inadempimento contrattuale (come
gli interessi o l'allungamento della propria
obbligazione a pagare), a meno che essa «non
voglia ricadere sotto le sanzioni di
invalidità per iniquità e vessatori età».
Infine, la circolare di Assonime ricorda
come nella sentenza in esame, il collegio di
Palazzo Spada abbia sancito, in particolare,
la legittimazione ad agire da parte delle
associazioni di categoria e tutela degli
interessi collettività, pur non essendo
imprese partecipanti alla gara.
Il Consiglio, infatti, ha rilevato che
l'oggetto del giudizio non era il bando «bensì
le clausole inique in esso contenute».
Ed è pacifico che le associazioni di
categoria tutelano interessi collettivi
rispetto a clausole contrattuali inserite
nei bandi che possono, a causa della loro
iniquità, avere un effetto dissuasivo nei
confronti di una più ampia platea di
possibili partecipanti (articolo ItaliaOggi
dell'01.06.2010, pag. 21). |
APPALTI:
L. D'Angelo,
Divagazioni sull’accesso immediato nei
procedimenti di gara (link a
www.altalex.com). |
APPALTI: Sulle
modalità di presentazione dell’offerta e
sull’interpretazione della clausole del
bando.
E’ legittima l’ammissione ad una gara di
appalto per l’affidamento di un servizio
pubblico, di una ditta che ha presentato la
propria offerta, nel termine previsto dalla
lex specialis, a mezzo del servizio
postale, non già con raccomandata con avviso
di ricevimento -come espressamente richiesto
dal bando a pena di esclusione- bensì a
mezzo posta prioritaria in autoprestazione
ex art. 8, d.lgs. n. 261/1999, nel caso in
cui una clausola contenuta nelle avvertenze
generali del medesimo bando, si limiti a
precisare che non si sarebbe dato corso
all’apertura dei soli plichi non ricevuti
per il tramite del servizio postale; in tal
caso, infatti, l’equivoca articolazione
della formulazione del bando di gara, deve
indurre a ritenere prevalente il principio
del "favor partecipationis" e,
conseguentemente, a non escludere dalla gara
il plico presentato a mezzo posta
prioritaria in autoprestazione ex art. 8
citato, in quanto comunque transitato per il
tramite del servizio postale, e
tempestivamente recapitato entro il termine
prescritto nel bando, con la consegna in
autoprestazione, prevista da una puntuale
norma di legge di settore.
-------------------------------------------
Ha osservato, in particolare la sentenza in
rassegna, che la "ratio"della
clausola che impone a pena di esclusione
l’utilizzo del servizio pubblico postale era
intuitivamente quella di ottenere la
certezza della data di spedizione e di
recapito nonché, già in detta fase, la prova
oggettiva della integrità della busta
contenente l’offerta; ciò, anche al fine di
evitare sospetti e/o dubbi di possibili
manipolazioni delle buste in ipotesi
verificabili negli stessi uffici, nel caso
di consegna diretta e personale (massima
tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 28.05.2010 n. 3398 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La responsabilità
precontrattuale della pubblica
amministrazione non è configurabile
anteriormente alla scelta del contraente.
La responsabilità precontrattuale della
pubblica amministrazione ai sensi dell’art.
1337 c.c. si ricollega alla violazione della
regola di condotta stabilita a tutela del
corretto svolgimento dell’iter di formazione
del contratto e presuppone che tra le parti
siano intercorse trattative per la sua
conclusione (ex multis, Cass. Civ.
sez I, 18.06.2005, n. 13164).
Secondo un consolidato orientamento, dal
quale il Collegio non ritiene di discostarsi
(Cass. Civ. Sez. I, 18.06.2005, n. 13164;
Cons. St. A.P. 05.09.2005, n. 6; Sez. IV,
11.11.2008, n. 5633), essa non è
configurabile anteriormente alla scelta del
contraente, nella fase, cioè, in cui gli
interessati non hanno ancora la qualità di
futuri contraenti, ma soltanto quella di
partecipanti alla gara e vantano
esclusivamente una posizione di interesse
legittimo al corretto esercizio dei poteri
della pubblica amministrazione, mentre non
sussiste una relazione specifica di
svolgimento delle trattative (Cass. S.U.
26.05.1997, n. 4673) (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 28.05.2010 n. 3393 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Risarcimento
del danno - Spese sostenute per la
partecipazione alla gara - Risarcibilità
ammessa solo in caso di illegittima
esclusione da una gara di appalto -
Risarcibilità in caso di mancata
aggiudicazione - Non sussiste - Condizioni.
Le spese sostenute da un'impresa per la
partecipazione alla gara (versamenti in
favore dell'Autorità di Vigilanza, costi
gestionali interni e di consulenza per
l'approntamento dell'offerta) rappresentano
costi qualificabili come danno emergente
unicamente in caso di illegittima
esclusione, perché solo in tale ipotesi si
palesa una lesione del diritto soggettivo
della partecipante a non essere coinvolta in
inutili trattative (Cons. Stato, Sez. VI,
04.09.2002, n. 4435), mentre in caso di
mancata aggiudicazione trovano ristoro
mediante il rinnovo delle operazioni di gara
residuando la possibilità di un risarcimento
per equivalente unicamente nel caso in cui
tale rinnovo non sia possibile (Cons. Stato,
Sez. VI, 09.06.2008, n. 2751) (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 28.05.2010 n. 1705 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: 1.
Contratti della p.a. - Impugnazione proposta
da un'impresa esclusa da una gara pubblica -
Controinteressati - Onere di notifica alla
ditta aggiudicataria provvisoria - Sussiste
solo se l'esclusione è contestuale
all'aggiudicazione provvisoria.
2. Opere pubbliche - Gara - Procedura di
project financing - Proposta - Disamina -
Piano economico e finanziario "PEF" -
Rilevanza prioritaria.
3. Contratti della p.a. - Project financing
- Gara - Concorrenti - Richiesta di
chiarimenti o integrazioni - Limiti -
Rispetto della par condicio dei concorrenti.
4. Aggiudicazione provvisoria - Riesame -
Previa comunicazione ex art. 7 L. 7 agosto
1990, n. 241 - Necessità - Non sussiste -
Neppure nell'ipotesi di procedura di
affidamento attraverso project financing.
1.
L'aggiudicatario, anche in via provvisoria,
di una gara di appalto indetta dalla p.a.
assume la veste di soggetto
controinteressato al quale deve essere
notificato il ricorso proposto dal
concorrente escluso, solo se l'esclusione e
l'aggiudicazione siano avvenute
contestualmente, nella stessa seduta di
gara, potendo la ditta esclusa rendersi
conto del fatto che la sua impugnativa
incide sulla posizione di altro soggetto
privato.
2.
Nella procedura di project financing
il piano economico finanziario "PEF"
rappresenta il nucleo centrale degli
interventi, anche perché consente di
verificare la sostenibilità della proposta
di iniziativa privata da parte del promotore
sotto il profilo dei ricavi e dei relativi
flussi di cassa attesi in rapporto ai costi
di produzione e gestione.
3.
La facoltà riconosciuta alle stazioni
appaltanti di richiedere chiarimenti e
integrazioni ai concorrenti non può supplire
ad errori o dimenticanze imputabili
unicamente agli stessi -qual è la mancata
indicazione nel piano economico finanziario
"PEF" di un project financing
dei costi del personale- né consente
interventi radicalmente modificativi dei
termini negoziali dell'offerta, pena una
inammissibile violazione del principio della
par condicio dei concorrenti.
4.
Il principio consolidato in tema di
procedura ad evidenza pubblica -secondo cui
stante la natura di atto endoprocedimentale
dell'aggiudicazione provvisoria, per il suo
riesame non occorre la previa comunicazione
di cui all'art. 7, L. 07.08.1990, n. 241,
versandosi ancora nell'unico procedimento
iniziato con l'istanza di partecipazione
alla gara- deve ritenersi applicabile anche
nel procedimento preordinato all'affidamento
in concessione di un'autostrada attraverso
la finanza di progetto, sul presupposto
della natura unitaria della relativa
procedura (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 28.05.2010 n. 1701 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità
dell'avviso di gara nella parte in cui
prevede l'esclusione dei concorrenti che si
trovino in causa con l'Ente appaltante.
E' illegittima la clausola dell'avviso di
gara con la quale venga comminata
l'esclusione nei confronti dei concorrenti
che abbiano in corso con l'Ente appaltante
contestazioni per altri contratti dello
stesso genere, o che si trovino comunque in
causa con l'Ente, ciò in quanto la stessa si
pone in contrasto con l'art. 24 cost., che
riconosce la piena tutela in giudizio dei
diritti ed interessi, nonché con i principi
di iniziativa economica e libertà d'impresa
garantiti dall'art. 41cost..
Peraltro, la clausola vìola il principio di
più ampia partecipazione agli appalti
pubblici, applicabile anche nell'ambito dei
contratti attivi come nel caso di specie,
riducendo l'effettiva concorrenza fra le
imprese del settore, senza che a ciò faccia
riscontro una vera tutela di un interesse
pubblico.
Infatti la semplice esistenza d'un
contenzioso in atto non è d'inaffidabilità
dell'impresa, potendosi la controversia
risolvere a favore della stessa; pertanto,
la suddetta clausola sanzionatoria non
conduce a una selezione qualitativa dei
partecipanti, ma solo ad un'evidente
finalità di penalizzazione (TAR Basilicata,
sentenza 28.05.2010 n. 325 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Avviso di gara -
Clausola di esclusione di coloro che si
trovino in causa con l’Ente appaltante -
Illegittimità - Contrasto con gli artt. 24 e
41 Cost.
E’ illegittima la clausola dell’avviso di
gara con la quale venga comminata
l’esclusione nei confronti di coloro che si
trovino in causa con l’Ente appaltante, dato
che la stessa si pone in contrasto con
l’art. 24 della Costituzione che riconosce
la piena tutela in giudizio dei diritti ed
interessi nonché con i diritti di iniziativa
economica e di libertà d’impresa garantiti
dall’art. 41 della Costituzione (cfr. TAR
Calabria, Reggio Calabria, n. 1277/2007).
La clausola “de qua” restringe la
facoltà di esercizio del diritto di impresa
e riduce l’effettiva concorrenza fra le
imprese del settore, senza che a ciò faccia
riscontro una vera tutela di un interesse
pubblico.
Infatti la semplice esistenza d’un
contenzioso in atto non è di per sé indice
d’inaffidabilità dell’impresa, potendosi la
lite chiudere a favore della stessa, ragion
per cui la disposizione impugnata non
conduce a una selezione qualitativa dei
partecipanti, non avendo alcun riflesso
sull’efficacia dell’azione amministrativa,
ma solo un’evidente e univoca finalità di
penalizzazione (TAR Basilicata, Sez. I,
sentenza 28.05.2010 n. 325 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla illegittimità di
una procedura per l'affidamento in
concessione di campi sportivi, nell'ipotesi
in cui il bando consenta la partecipazione
alle sole associazioni dilettantistiche
presenti sul territorio comunale.
E' legittima la revoca della selezione
pubblica indetta per l'affidamento in
concessione di campi sportivi e della
relativa aggiudicazione, adottata da una
amministrazione comunale motivata col fatto
che l'avvenuta limitazione della possibilità
di partecipazione alla gara alle sole
associazioni dilettantistiche presenti sul
territorio comunale non avrebbe soddisfatto
l'esigenza di garantire trasparenza,
imparzialità e parità di trattamento nella
scelta del concessionario.
Se da un lato, infatti, l'individuazione dei
criteri di accesso alle procedure selettive
rientra nel potere discrezionale
dell'amministrazione, tuttavia siffatta
limitazione avrebbe vìolato i summenzionati
principi nella scelta del concessionario
(TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 27.05.2010 n. 9742 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: CLAUSOLE
RESTRITTIVE DELLA CONCORRENZA E REVOCA
DELL'AGGIUDICAZIONE.
1.- Appalto di servizi -
Bando - Affidamento a privati di impianti
sportivi - Clausola limitativa ai
partecipanti con sede nel comune appaltante
- Illegittimità - Ragioni - Invocabilità
dell'art. 90, co. 25, L. n. 289/2002 - Non
sussiste.
1.-
E' illegittima la clausola di un bando per
l'affidamento di impianti sportivi che
limiti la partecipazione alla gara ai soli
soggetti con sede del territorio comunale.
Ed infatti, se è vero che l'individuazione
dei criteri di accesso alle procedure
selettive rientra di norma nella sfera
discrezionale dell'amministrazione, è vero
anche che la clausola che restringe il
novero dei possibili concorrenti alle sole
associazioni sportive aventi sede sul
territorio comunale si presenta
irragionevole e discriminatoria, violando i
principi di imparzialità, parità di
trattamento e di massima partecipazione. Non
vale, in contrario, sostenere che solo le
associazioni presenti sul territorio
comunale avrebbero avuto interesse alla
gestione dell'impianto, dovendosi in
contrario osservare che spetta soltanto ai
potenziali concorrenti valutare la
convenienza di partecipare o meno alla gara.
Neppure l'art. 90 co. 25, L. 27.12.2002 n.
289, che concerne l'affidamento della
gestione degli impianti sportivi a società,
associazioni ed enti privati qualora l'ente
territoriale non intenda procedervi
direttamente, fa menzione alcuna di
associazioni sportive a base territoriale
per fondarne un privilegio nell'affidamento
degli impianti in questione; tale legge,
invero, menziona le società e le
associazioni sportive dilettantistiche con
sede locale soltanto nel successivo comma 26
e soltanto al fine di stabilire che le
palestre, le aree di gioco e gli impianti
sportivi scolastici devono essere posti a
disposizione (compatibilmente con taluni
limiti) di società e associazioni sportive
dilettantistiche aventi sede nel medesimo
comune in cui ha sede l'istituto scolastico
ovvero, vi si aggiunge, in comuni confinanti
(massima tratta da http://mondolegale.it -
TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 27.05.2010 n. 9742 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Dichiarazione circa
l’assenza di pregiudizi penali - Art. 38
d.lgs. n. 163/2006 - Dichiarazione del
legale rappresentante con riguardo ai terzi
- Assolvimento dell’obbligo - Fondamento.
Dichiarazione circa l’assenza di pregiudizi
penali - Art. 38 d.lgs. n. 163/2006 -
Mancata allegazione - Sanatoria tramite
regolarizzazione documentale - Esclusione.
L'obbligo di dichiarare l'assenza dei c.d. "pregiudizi
penali", di cui all’art. 38, d.lgs.
12.04.2006 n. 163, può ritenersi assolto dal
legale rappresentante dell'impresa anche
avuto riguardo ai terzi (direttori tecnici o
altri soggetti comunque muniti di poteri di
rappresentanza anche se cessati dalla carica
nel triennio antecedente), tanto nel
presupposto che anche in questo caso operino
le previsioni di responsabilità penale ed il
potere di verifica da parte della stazione
appaltante (cfr. da ultimo C.d.S., sez. V,
19.11.2009, n. 7244; C.d.S., sez. V,
07.10.2009, n. 6114; Cons. giust. amm.,
11.04.2008, n. 312).
La mancata allegazione, nel termine di
scadenza fissato dal bando, delle
dichiarazioni inerenti i soggetti previsti
dall’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 non può
essere sanata per il tramite dell’istituto
della regolarizzazione documentale di cui
all’art. 46 del codice dei contratti
pubblici, atteso che tale rimedio non si
applica al caso in cui l’impresa concorrente
abbia integralmente omesso la produzione
documentale prevista dall’art. 38 dello
stesso codice (cfr. TAR Lazio Roma, Sez. II,
22.09.2008 n. 8425) (TAR Campania-Napoli,
Sez. I,
sentenza 27.05.2010 n. 9649 -
link a www.ambientediritto.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Pubblica
Amministrazione, cose in custodia, strade,
riparto dell’onere probatorio.
In tema di
responsabilità per danni da beni di
proprietà della Pubblica Amministrazione,
qualora non sia applicabile la disciplina di
cui all’art. 2051 c.c., in quanto sia
accertata in concreto l’impossibilità
dell’effettiva custodia del bene, a causa
della notevole estensione dello stesso e
delle modalità di uso di terzi, l’ente
pubblico risponde dei pregiudizi subiti
dall’utente, pur sempre la regola generale
dell’art. 2043 c.c.
(TRIBUNALE
Napoli, Sez. III civile,
sentenza 27.05.2010 n. 6229 -
link a www.altalex.com). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'esclusione di un concorrente che abbia
omesso di indicare il nominativo del proprio
Direttore tecnico, nonché di allegare le
relative dichiarazioni.
E' legittimo il provvedimento di esclusione
adottato da una stazione appaltante nei
confronti di un'impresa che, nell'ambito di
una procedura per l'affidamento del servizio
di igiene ambientale, abbia omesso di
indicare il nominativo del proprio direttore
tecnico, ciò in quanto, ai sensi dell'art.
26 del d.P.R. n. 34/2000, è fatto obbligo,
anche alle imprese partecipanti ad un
appalto di servizi, come nel caso di specie,
di munirsi, in aggiunta al responsabile
tecnico, di un direttore dei lavori, a cui
competono, ai sensi del primo comma dello
stesso articolo, gli adempimenti di
carattere tecnico ed organizzativo necessari
nella successiva fase deputata
all'esecuzione dei lavori (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 26.05.2010 n. 3364 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sul riscatto esercitato
da un comune della proprietà degli impianti
di illuminazione pubblica.
Il comune che esercita il riscatto della
proprietà degli impianti di illuminazione
deve subentrare nei contratti in essere,
quantomeno fino all'indizione di una nuova
gara per l'affidamento del servizio.
E' legittimo il provvedimento con il quale
il comune ha legittimamente ordinato il
rilascio degli impianti di illuminazione
pubblica insistenti sul territorio comunale,
esso si qualifica, infatti, come mezzo di
autotutela, adottato ai sensi dell'823 del
cod. civ., in ragione della scelta operata
di riscattare i suddetti impianti.
Secondo la giurisprudenza, infatti, "l'assoggettabilità
degli impianti di distribuzione del gas al
regime di autotutela previsto dall'art. 823
c.c. è confermato dall'art. 826, c. 3,
secondo cui fanno parte del patrimonio
indisponibile...gli altri beni destinati a
un pubblico servizio".
Dato tale principio, e considerato che anche
l'impianto di illuminazione pubblica è
senz'altro riconducibile alla categoria dei
beni destinati a un pubblico servizio, anche
in relazione a quest'ultimo risulta pertanto
possibile il ricorso allo speciale potere di
autotutela, che, per giurisprudenza
costante, non può essere limitato alla
tutela dei beni appartenenti al demanio, ma
deve essere esteso anche a quelli
patrimoniali indisponibili. Ne consegue che,
per gli impianti di illuminazione pubblica
può essere fatto ricorso al potere di
autotutela di cui agli art. 823 del cod.
civ.
Tra il riscatto degli impianti e successivo
affidamento del servizio mediante gara, non
può non frapporsi un periodo di "raccordo",
nel quale il Comune deve garantirsi gli
strumenti per poter assicurare che non
intervenga alcuna interruzione
nell'erogazione del servizio, a tutela da un
lato dei terzi e dall'altro della continuità
del servizio. Ed è proprio questa ragione a
giustificare il subentro, nelle more
dell'espletamento della gara, nei contratti
già in essere con il gestore uscente per il
mantenimento del funzionamento della rete
(cfr. le sentenze n. 2162 e n. 2166 del
medesimo Tar) (TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza 27.05.2010 n. 2165 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sul divieto previsto
dall'art. 13 del D.L. 04/07/2006 n. 223,
conv. in L. 04/08/2006 n. 248. Sulla
qualificazione del servizio di igiene urbana
come servizio pubblico.
Il divieto
previsto dall'art. 13 del D.L. 04/07/2006 n.
223, conv. in L. 04/08/2006 n. 248, investe
le società costituite per la produzione di
beni e servizi strumentali all'attività
degli Enti, mentre sono escluse dal divieto
quelle istituite per gestire servizi
pubblici locali.
La qualificazione differenziale tra attività
strumentali e gestione di servizi pubblici
deve essere, invece, riferita non
all'oggetto della gara, bensì invece
all'oggetto sociale delle imprese
partecipanti ad essa.
Il divieto di fornire prestazioni a enti
terzi, infatti, colpisce le Società
pubbliche strumentali alle amministrazioni
regionali o locali -che esercitano attività
amministrativa in forma privatistica- ma non
si estende alle Società destinate a gestire
servizi pubblici locali, che esercitano
attività d'impresa: esso è introdotto al
fine di separare le due sfere di attività
per evitare che un soggetto, che svolge
attività amministrativa, eserciti allo
stesso tempo attività d'impresa,
beneficiando dei privilegi dei quali esso
può godere in quanto Ente pubblico.
La giurisprudenza ha affermato che il
servizio pubblico è quello che consente al
Comune di realizzare fini sociali e di
promuovere lo sviluppo civile della comunità
locale ai sensi dell'art. 112 del D. Lgs.
267/2000, in quanto preordinato a soddisfare
i bisogni della cittadinanza
indifferenziata: tale è indubbiamente il
servizio di igiene urbana, il quale richiede
che il concessionario impieghi capitali,
mezzi e personale da destinare ad
un'attività economica suscettibile, quanto
meno potenzialmente, di produrre un utile di
gestione e, quindi, di riflettersi
sull'assetto concorrenziale del mercato di
settore.
Né a conclusioni diverse si deve pervenire
per il fatto che l'onere di remunerare
l'attività svolta dal privato è assunto
(talvolta) direttamente
dall'amministrazione.
E' infatti noto che per l'erogazione del
servizio R.S.U. i Comuni sono tenuti ad
istituire la tariffa da praticare ai
cittadini -nuclei familiari ed imprese-
secondo criteri omogenei e con l'obbligo di
provvedere all'integrale copertura dei
costi.
Se è dunque vero che il compenso del gestore
è erogato periodicamente dal Comune, è
altrettanto vero che il costo del servizio è
ripartito tra gli utenti secondo parametri
predeterminati, come ad es. l'estensione
dell'unità abitativa e il numero dei
componenti del nucleo familiare (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 27.05.2010 n. 2164 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Il diniego d'accesso si
paga caro. Procedimento rapido contro la
pubblica amministrazione previsto dal codice
dei contratti pubblici. Da impugnare la non
trasparenza sui documenti di gara.
In occasione delle precedenti uscite, su
queste pagine si è affrontato il tema del
diritto di accesso nel settore degli appalti
pubblici.
In particolare, si è avuto modo di esaminare
il contenuto di tale diritto, spettante a
ciascun concorrente, l'oggetto dello stesso
nonché le limitazioni cui è sottoposto il
suo esercizio.
Sotto tale ultimo profilo, si erano chiarite
le motivazioni che fondano il diniego da
parte dell'Amministrazione richiesta, senza
che ciò ne comporti l'illegittimità del
provvedimento.
Di seguito, a completamento dell'analisi del
tema, si cercherà di delineare i rimedi
esperibili laddove tali giustificazioni non
sussistano, e dunque l'azione amministrativa
risulti viziata.
I rimedi giurisdizionali
avverso il diniego implicito o esplicito.
L'art. 13, comma 1, D.Lgs. 12.04.2006 n. 163
(Codice dei Contratti Pubblici), pur facendo
salve le disposizioni specifiche dettate dal
Codice stesso, rinvia alle norme sul diritto
di accesso dettate dalla Legge 07.08.1990 n.
241.
In virtù di tale richiamo, ed in assenza di
specifiche disposizioni deroganti, dunque,
il ricorso avverso il diniego dell'accesso
deve essere proposto nei modi e nei termini
di cui all'art. 25 della legge da ultimo
citata.
Il procedimento impugnatorio ivi descritto
presenta alcune peculiarità che lo
distinguono nettamente dall'ordinario
ricorso ex l. 1034/1971, tanto da dare
origine ad una autonoma procedura
accelerata.
L'art. 25 comma 4 prevede in particolare che
«Decorsi inutilmente trenta giorni dalla
richiesta, questa si intende respinta. In
caso di diniego dell'accesso, espresso o
tacito, o di differimento dello stesso ai
sensi dell' articolo 24 , comma 4, il
richiedente può presentare ricorso al
tribunale amministrativo regionale ai sensi
del comma 5 [_]», a mente del quale «Contro
le determinazioni amministrative concernenti
il diritto di accesso e nei casi previsti
dal comma 4 è dato ricorso, nel termine di
trenta giorni, al tribunale amministrativo
regionale, il quale decide in camera di
consiglio entro trenta giorni dalla scadenza
del termine per il deposito del ricorso,
uditi i difensori delle parti che ne abbiano
fatto richiesta. In pendenza di un ricorso
presentato ai sensi della legge 06.12.1971,
n. 1034 , e successive modificazioni, il
ricorso può essere proposto con istanza
presentata al presidente e depositata presso
la segreteria della sezione cui è assegnato
il ricorso, previa notifica
all'amministrazione o ai controinteressati,
e viene deciso con ordinanza istruttoria
adottata in camera di consiglio. La
decisione del tribunale è appellabile, entro
trenta giorni dalla notifica della stessa,
al Consiglio di Stato, il quale decide con
le medesime modalità e negli stessi termini.
Le controversie relative all'accesso ai
documenti amministrativi sono attribuite
alla giurisdizione esclusiva del giudice
Amministrativo».
Anzitutto, appare evidente il regime «accelerato»
di cui gode il rimedio in esame, che
soggiace ad un termine decadenziale «breve»
di trenta giorni (invero, oggi in linea con
le modifiche da ultimo introdotte al Codice
con la L. 53/2010), e deve essere deciso
entro ulteriori trenta giorni decorrenti
dalla scadenza del termine per la
presentazione del ricorso (rectius,
dall'ultima notifica).
Va peraltro evidenziato come l'inutile
decorso del termine suddetto, precluda
definitivamente all'interessato la
possibilità di accedere ai documenti
richiesti, in assenza di nuovi elementi
giustificanti l'ulteriore richiesta.
La giurisprudenza è infatti pacifica nel
ritenere che «non è consentito superare
il regime decadenziale previsto dall'art.
25, l. n. 241 del 1990, semplicemente
reiterando l'istanza di accesso a fronte
della mancata impugnazione del silenzio
serbato dall'Amministrazione sulla prima
istanza di accesso, in specie allorché la
nuova domanda non sia giustificata da
circostanze nuove. [_] La mancata emersione
e valorizzazione di circostanze nuove osta,
pertanto, alla reiterazione dell'istanza
ostensiva, senza che possa assumere rilievo
alcuno, ai fini dell'ammissibilità del
ricorso, la forma, esplicita o implicita, di
reiezione dell'istanza estensiva.»
(Cons. Stato, Sez. VI,
sentenza 30.07.2009 n. 4810; si
veda anche TAR Abruzzo-L'Aquila,
sentenza 03.06.2009 n. 252, Cons.
Stato, Sez. V,
sentenza 12.03.2009 n. 1429).
Quanto al caso di silenzio (diniego)
dell'Amministrazione, giova rilevare come in
tal caso «per la formazione del silenzio
impugnabile è necessario che l'Autorità
chiamata a pronunciarsi mantenga, per tutto
il tempo assegnatole per provvedere, un
uniforme comportamento silente, in mancanza
del quale costituirebbe un facile artificio
prospettare l'accoglimento dell'istanza e
infine negarla, invocando infine
l'intervenuta decadenza per privare il
richiedente del rimedio giustiziale.»
(TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 11.02.2010 n. 544).
Sotto il profilo dell'autonomia, l'azione in
esame si presenta come completamente
indipendente da eventuali altri giudizi
incardinati tra le parti.
Il rimedio speciale previsto dall'art. 25
citato deve infatti ritenersi consentito
anche in pendenza di un giudizio ordinario,
all'interno del quale i documenti oggetto
della domanda di accesso possono essere
acquisiti, in via istruttoria, dal giudice.
Sul punto, il Giudice amministrativo è
pacifico nel ritenere che «non vi sono
ragioni per escludere l'ammissibilità del
rimedio azionato in questa sede, con il rito
speciale dell'accesso ex art. 25 l.
241/1990, anche in pendenza di ricorso
giurisdizionale, in ragione tanto
dell'autonomia del diritto di accesso
rispetto alla pretesa azionata con il
ricorso ordinario, quanto della semplice
facoltatività del rimedio incidentale
introdotto dalla l. 205/2000 che ha previsto
la possibilità (ma non l'obbligo) di
proporre il ricorso in materia di accesso
anche incidentalmente all'interno del
giudizio ordinario.» (TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 11.01.2010 n. 5; si veda
anche Cons. Stato, Sez. V,
sentenza 10.02.2009 n. 741).
Peraltro, sul piano squisitamente
processuale va appena osservato che
l'autonomia della domanda di accesso
comporta, in caso di autonomo ricorso
avverso il diniego, che il giudice chiamato
a decidere su tale domanda, dovrà verificare
solo i presupposti legittimanti la
richiesta, e non anche la rilevanza dei
documenti richiesti rispetto al giudizio
principale pendente.
Ciò, in quanto «il diritto alla
trasparenza dell'azione amministrativa
costituisce situazione attiva meritevole di
autonoma protezione indipendentemente dalla
pendenza e dall'oggetto di una controversia
giurisdizionale e non è condizionata al
necessario giudizio di ammissibilità e
rilevanza cui è subordinata la positiva
delibazione di istanze a finalità probatorie.»
(Cons. Stato, Sez. V,
sentenza 23.02.2010 n. 1067; si veda
anche Cons. Stato n. 741 cit.).
Sempre sotto il profilo dell'autonomia, va
da ultimo rilevato come «In tale ottica
[_] il diritto di accesso non costituisce
una pretesa meramente strumentale alla
difesa in giudizio, essendo in realtà
diretto al conseguimento di un autonomo bene
della vita, così che la domanda giudiziale
tesa ad ottenere l'accesso ai documenti è
indipendente non solo dalla sorte del
processo principale nel quale venga fatta
valere l'anzidetta situazione ma anche
dall'eventuale infondatezza od
inammissibilità della domanda giudiziale che
il richiedente, una volta conosciuti gli
atti, potrebbe proporre. [_]Pertanto il
diritto di accesso non è ostacolato dalla
pendenza di un giudizio civile o
amministrativo nel corso del quale gli
stessi documenti potrebbero essere richiesti.»
(Cons. Stato, n. 1067 cit.).
Quanto ai limiti posti alla tutela in esame,
appare evidente come «il rimedio di cui
all'art. 25 della l. n. 241 del 1990 non può
essere utilizzato per costringere
l'amministrazione a formare atti nuovi
rispetto ai documenti amministrativi già
esistenti, ovvero a compiere un'attività di
elaborazione di dati e documenti, potendo
essere impiegato esclusivamente al fine di
ottenere il rilascio di copie di documenti
già formati e fisicamente esistenti presso
gli archivi dell'amministrazione nonché
stabilmente posseduti.» (TAR Lazio-Roma,
Sez. I,
sentenza 09.12.2009 n. 12606).
Infine, giova analizzare brevemente le
possibili correlazioni intercorrenti tra la
violazione del diritto di accesso, cui il
rimedio in esame presta tutela, e le
eventuali istanze risarcitorie derivanti
dall'illegittimo diniego.
Sul punto, il Giudice Amministrativo ha
chiarito che la specialità del rito rende «[_]
inammissibile la domanda di risarcimento dei
danni derivanti da lesione del diritto di
accesso, allorché proposta con il rito
accelerato ex art. 25 L. 241/1990, anziché
con il rito ordinario; [_] il rito delineato
nella disposizione citata, infatti, consente
soltanto la tutela giurisdizionale del
diritto di accesso alla documentazione
amministrativa, non ammettendo la
introduzione di domande diverse da quelle
dirette all'accesso stesso» (Cons.
Stato, Sez. IV,
sentenza 10.08.2004 n. 5514; si
veda anche TAR Lazio-Roma, Sez. II,
sentenza 03.12.2009 n. 12437).
Da ultimo, merita un accenno la disposizione
di cui al comma 5-bis L. 241/1990: in deroga
all'ordinaria necessità della difesa
tecnica, nei giudizi in materia di accesso
(ex art. 25 l. 241 cit.), le parti possono
stare in giudizio personalmente senza
l'assistenza del difensore, e
l'amministrazione può essere rappresentata e
difesa da un proprio dipendente, purché in
possesso della qualifica di dirigente,
autorizzato dal rappresentante legale
dell'ente.
Conclusioni.
Dall'esame che precede appare evidente
l'eccezionalità dello speciale regime
dettato dall'art. 25 L. 241/1990 a tutela
del diritto di accesso.
A confronto con l'ordinario ricorso
giurisdizionale, che peraltro la parte è
libera di adottare anche in relazione ad
impugnazioni del diniego di accesso, il
procedimento in questione si caratterizza
per la celerità (poco più di sessanta giorni
complessivi) e la non necessarietà della
assistenza del difensore (che peraltro è
comunque auspicabile, stanti le peculiarità
ed i tecnicismi del diritto amministrativo).
Inoltre, il ricorso ex art. 25 L. 241/1990
appare completamente autonomo da eventuali
altri giudizi civili o amministrativi, tanto
già incardinati quanto di futura
proposizione, i quali al loro volta non
scontano alcuna preclusione in pendenza
della tutela in esame.
Sul piano risarcitorio, invece, il rimedio
in questa sede analizzato appare invece
particolarmente penalizzante, non essendo
ammissibile la relativa domanda all'interno
di una impugnazione ex art. 25 cit., ma
potendo la stessa trovare eventuale
accoglimento solo mediante di proposizione
di ricorso ordinario; ed anche in tal caso
scontando comunque forti limitazioni, dal
momento che «al limite, connessa e
consequenziale alla richiesta di accesso
potrebbe ritenersi soltanto la domanda per
risarcimento dei danni derivanti dalla
mancata (o tempestiva) ostensione, mentre
esulerebbe in ogni caso la domanda di
risarcimento dei danni derivanti quale
conseguenza degli effetti (non già del
negato o ritardato accesso, ma) degli atti
dei quali si chiede l'accesso, ritenuti
illeciti e/o illegittimi, in quanto
violativi del diritto alla riservatezza e
alla segretezza professionale. Tali
situazioni sono infatti tutelabili dinanzi
al giudice naturalmente competente, il
giudice civile» (Cons Stato, n. 5515
cit.) (articolo ItaliaOggi del 26.05.2010,
pag. 38). |
APPALTI SERVIZI:
Bando di gara per
l’affidamento di gestione bar in complesso
sportivo comunale.
Viene richiesto a questo Servizio un parere
in ordine all’affidamento della gestione di
un bar ubicato in un complesso sportivo
comunale (Regione Piemonte,
parere n. 23/2010 - link a
www.regione.piemonte.it). |
APPALTI:
R. De Nictolis,
Il recepimento della direttiva ricorsi
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
L. Lo Biundo,
Collaudo di lavori pubblici (link
a www.diritto.it). |
APPALTI:
Illegittima l’esclusione per omessa
comunicazione dell’avvenuto versamento del
contributo all’AVCP (link a
www.mediagraphic.it). |
LAVORI PUBBLICI: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 21 del
24.05.2010, "Determinazione delle
modalità per la predisposizione del piano
degli interventi per la messa in sicurezza
degli edifici scolastici situati in zone
soggette a rischio sismico - Fondi annualità
2009 (Ordinanza della Presidenza del
Consiglio dei Ministri n. 3864 del
31.03.2010)" (deliberazione
G.R. 18.05.2010 n. 29 - link a
www.infopoint.it). |
APPALTI: AMMINISTRAZIONE
CONTROLLATA.
Non può certo, in via preventiva,
individuarsi una causa di esclusione per il
solo fatto del trovarsi l’impresa in una
situazione di amministrazione controllata,
la quale non è affatto una situazione
parificabile al fallimento od alle altre
situazioni concorsuali, ma, al contrario,
costituisce una situazione, che viene presa
in considerazione dall’ordinamento al fine
opposto di salvare l’impresa dalla
momentanea situazione di difficoltà, per
evitare la dissoluzione della medesima.
E’ quanto statuito dal Consiglio di Stato,
Sez. V, nella
sentenza 21.05.2010 n. 3222, ove
vengono fornite importanti precisazioni in
merito all’abrogato istituto
dell’amministrazione controllata ed ai suoi
possibili effetti ai fini dell’esclusione
dalle pubbliche gare.
L’amministrazione controllata era uno
strumento concesso all’imprenditore, in
situazione di temporanea difficoltà di
adempiere alle obbligazioni contratte (e
non, dunque, in stato di insolvenza), al
fine di prevenire lo stato d’insolvenza e,
pertanto, il conseguente fallimento, sulla
base di concrete possibilità di risanare
l’impresa. In tal modo, quindi, per un
periodo non superiore a due anni, si
concedeva all’imprenditore una dilazione per
l’estinzione dei debiti contratti, mentre
l’attività aziendale proseguiva sotto il
controllo di un commissario e la direzione
del giudice.
A differenza delle altre procedure, quali il
fallimento e la liquidazione coatta
amministrativa, dirette alla liquidazione
dei beni facenti parte del complesso
aziendale per il soddisfacimento dei
creditori, e il concordato preventivo,
diretto sempre al soddisfacimento dei
creditori, seppure mediante un piano di
ristrutturazione, l’amministrazione
controllata aveva lo scopo di salvaguardare
l’attività aziendale e di favorirne il
risanamento, così da consentire
all’imprenditore il soddisfacimento delle
obbligazioni contratte. Tale procedura è
stata abrogata, come già anticipato, dalla
riforma del diritto fallimentare, di cui al
D.Lgs. n. 5/2006, a decorrere dal
16.07.2006, fatte salve le procedure a
quella data già pendenti.
Il giudice amministrativo di appello è
pienamente consapevole dell’estraneità
dell’amministrazione controllata rispetto al
fallimento.
Infatti, il CdS evidenzia che
l’amministrazione controllata non è una vera
e propria procedura concorsuale, che si
introduce a seguito della fine attiva della
vita di un’impresa e diretta a ripartire, in
modo sostanzialmente equitativo, i beni
residui dell’impresa medesima. Niente di
tutto questo! L’istituto costituisce,
invece, un “esperimento interlocutorio”,
tramite il quale si cerca, in qualche modo,
di recuperare alla vita economica attiva
un’impresa, che si trova in uno stato di
crisi e che necessita di essere aiutata nel
risollevarsi dalla crisi medesima, che
potrebbe comprometterne l’esistenza in
futuro.
Per tale ragione, cioè per il fatto che
l’ordinamento prevede (rectius:
prevedeva) un intervento di salvaguardia per
fini risanativi, non può ammettersi,
contraddittoriamente con la suddetta
finalità, che lo stesso ordinamento preveda,
poi, che l’impresa, che si trova in uno
stato di amministrazione controllata, debba
essere esclusa dalla partecipazione ad una
gara pubblica, il quale potrebbe garantire
chances di ripresa. In altri termini,
proprio la partecipazione alle procedure di
scelta del contraente non può che costituire
un’occasione, ovviamente in caso di vittoria
in gara, per la ripresa dell’impresa in
crisi.
Tuttavia, ad avviso dei giudici
amministrativi di appello, l’amministrazione
controllata potrebbe anche non essere
considerata in modo “neutrale” in
sede di gara: “Certamente, in un sistema
di aggiudicazione, ove sia prevista una
valutazione complessiva anche della
struttura esistente delle imprese
partecipanti ad una gara pubblica, può
essere presa in considerazione, ai fini
dell’attribuzione del punteggio, la
situazione organizzativa concreta scaturente
da tale situazione di precarietà, ma non può
certo in via preventiva individuarsi una
causa di esclusione per il solo fatto del
trovarsi l’impresa in una situazione di
amministrazione controllata”.
In buona sostanza, il CdS sostiene che la
stazione appaltante potrebbe, utilizzando il
criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa, prevedere un punteggio basso od
anche negativo nel caso in cui l’impresa si
trovi in amministrazione controllata. Questo
è, in un certo senso, il limite massimo,
verso cui può legittimamente indirizzarsi la
discrezionalità della stazione appaltante.
Oltre di ciò non è possibile andare,
altrimenti verrebbe pregiudicata la ratio
dell’istituto, diretto a salvare l’impresa
dalla momentanea situazione di difficoltà,
per evitare la dissoluzione della stessa.
Proprio per tali ragioni, il Consiglio di
Stato respinge la tesi dell’Azienda speciale
appellante, fondata sulla presunta necessità
di avere un interlocutore affidabile.
Siffatta argomentazione si scontra
inequivocamente con la finalità
istituzionale, prima indicata, di sostegno
giuridico ed economico all’impresa in
difficoltà, per cui le imprese in
amministrazione controllata sono da
considerare, da un punto di vista
ordinamentale, “soggetti posti sotto
tutela istituzionale e, conseguentemente,
fin tanto che dura tale tutela, certamente
affidabili” (commento tratto dalla
newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
illegittimità dell’esclusione automatica di
una impresa da una gara, disposta perché la
stessa impresa si trova in stato di
amministrazione controllata.
E’ illegittima l’esclusione di una impresa
da una gara per l’affidamento di un appalto
pubblico motivata con riferimento al fatto
che l’impresa esclusa si trova in stato di
amministrazione controllata.
Infatti, l’amministrazione controllata non è
una vera e propria procedura concorsuale che
si introduce a seguito della fine attiva
della vita di un’impresa, per cui si rende
necessario ripartire in modo sostanzialmente
equitativo i beni residui dell’impresa
medesima, ma è, al contrario, un esperimento
interlocutorio, tramite il quale si cerca in
qualche modo di recuperare alla vita
economica attiva un’impresa che si trova in
uno stato di crisi, per cui la stessa ha
bisogno di essere aiutata nel risollevarsi
da una crisi che potrebbe comprometterne
l’esistenza in futuro; onde non può
ammettersi, contraddittoriamente con la
suddetta finalità, che lo stesso sistema
istituzionale preveda, poi, che l’impresa
che si trova in stato di amministrazione
controllata debba essere automaticamente
esclusa dalla gara (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 21.05.2010 n. 3222 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: Non
è in contrasto con il principio della
certezza del diritto la proroga del periodo
transitorio per l’apertura alla concorrenza
del mercato del gas.
Nella decisione in commento, i giudici di
Palazzo Spada sono stati chiamati ad
affrontare la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 23 del d.l.
273/2005 che dispone una proroga del periodo
transitorio per l’apertura alla concorrenza
del mercato del gas stabilito dal D.Lgs.
164/2000.
Per sostenere l’illegittimità della
disposizione citata il comune ne chiede la
valutazione in merito alle direttive 98/30 e
2003/55 nonché alla pronuncia della Corte di
Giustizia 17.07.2008 emessa nella causa
C-347-2006.
Secondo il comune, le direttive sono state
emanate per liberalizzare il mercato del gas
rendendolo concorrenziale, l’obbiettivo era
perseguibile mediante la previsione di un
periodo transitorio entro il quale far
cessare le vecchie concessioni di
distribuzione del gas, da non vanificare con
la previsione di proroghe delle scadenze.
A sostegno della propria posizione il comune
richiama la sentenza della Corte di
Giustizia emessa nella causa C- 347/2006 che
ha stabilito che gli artt. 43, 49, 86 CE non
ostano al prolungamento di un periodo
transitorio, purché esso possa essere
considerato necessario per permettere alle
parti di sciogliere i rispettivi rapporti
contrattuali a condizioni accettabili.
Secondo il Comune tale esigenza non sarebbe
sussistita nel caso dell’art. 23 in quanto
il periodo originario non era troppo breve.
In effetti la parte sostiene che i 5 anni
stabiliti dal D.Lgs. 164/2000 costituiscano
un periodo congruo per consentire la
risoluzione dei rapporti in essere a
condizioni accettabili. Inoltre le
concessioni di cui all’art. 23 essendo state
affidate senza il ricorso a procedura ad
evidenza pubblica non sono meritevoli di
tutela.
Non hanno la stessa posizione i giudici di
Palazzo Spada: a loro avviso le affermazioni
della Corte di Giustizia in ordine ai
requisiti legittimanti il ricorso alla
proroga hanno senso solo se riferite ad un
periodo di tempo significativo.
In effetti le parti attribuiscono alle
parole della Corte di Giustizia un
significato diverso. Secondo il Comune,
essendo il termine stabilito dal decreto
Letta abbastanza lungo non emergerebbero
quelle esigenze che ad avviso della Corte
non ostano al prolungamento del termine,
secondo i Giudici quelle affermazioni hanno
senso solo se riferite ad un periodo
significativo atteso che un periodo di
prolungamento relativamente breve, non
idoneo a comportare conseguenze sfavorevoli
ai singoli o alle imprese, è da considerarsi
non adeguato a comportare la violazione del
principio di certezza del diritto che la
Corte ha stabilito che fosse meritevole di
tutela.
Secondo i Giudici la disamina dell’intera
normativa (decreto legislativo 164/2000, la
successiva modifica apportata dalla legge
239/2004) dimostra che la proroga effettuata
dal d.l. 273/2005 non varia in modo
significativo il periodo transitorio
stabilito dalla normativa, quindi non
comporta conseguenze sfavorevoli “anche
economiche, inaccettabili in capo ai singoli
e alle impresa perché di entità tale da non
violare il principio di certezza del diritto”
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 21.05.2010 n. 3216 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sul regime transitorio
degli affidamenti e delle concessioni di
distribuzione del gas naturale: le scadenze
previste dall'art. 23, I c., del D.L. n. 273
del 2005 non violano il principio di
certezza del diritto.
La Corte di Giustizia, con la decisione del
17.07.2008 nella causa C-347/2006, ha
stabilito sia che la direttiva 2003/55 non
osta alla fissazione da parte degli Stati
membri della durata del periodo transitorio
al termine del quale deve cessare
anticipatamente una concessione di
distribuzione del gas, sia che gli artt. 43
CE, 49 CE e 86, n. 1, CE, non ostano al
prolungamento della durata di esso periodo,
purché esso possa essere considerato
necessario al fine di permettere lo
scioglimento dei rapporti contrattuali a
condizioni accettabili in funzione dello
svolgimento del servizio pubblico e dal
punto di vista economico, il quale ha senso
solo se riferito ad un periodo di
prolungamento temporale significativo,
atteso che un periodo di prolungamento
relativamente breve, non idoneo a comportare
conseguenze sfavorevoli ai singoli o alle
imprese, è da considerare anche non idoneo a
comportare la violazione del principio di
certezza del diritto che la Corte ha
stabilito che fosse meritevole di tutela.
L'art. 23, I c., del D.L. n. 273 del 2005,
ha stabilito che "Il termine del periodo
transitorio previsto dall'art. 15, c., 5,
del decreto legislativo 23.05.2000, n. 164,
è prorogato al 31.12.2007 ed è
automaticamente prolungato fino al
31.12.2009 qualora si verifichi almeno una
delle condizioni indicate al c. 7 del
medesimo art. 15".
Le scadenze previste per il periodo
transitorio prima della emanazione del D.L.
n. 273 del 2005, non sono state variate da
questo in maniera tanto significativa da
comportare conseguenze sfavorevoli, anche
economiche, inaccettabili in capo ai singoli
e alle imprese, perché di entità tale da non
violare il principio di certezza del diritto
che la Corte di Giustizia ha inteso tutelare
con le direttive e la decisione sopra
riportate.
Scopo dell' adozione dell'art. 23 del D. L.
n. 273 del 2005 è stato quello di porre una
disciplina unitaria in tutto il territorio
nazionale in materia di regime transitorio
degli affidamenti e delle concessioni di
distribuzione del gas naturale, al precipuo
scopo di tutelare la libera concorrenza in
materia, per non ingenerare il rischio di
abuso della posizione di privilegio
derivante dal protrarsi dell'esercizio, in
regime di monopolio, del servizio pubblico
locale.
Non vi è dubbio, pertanto, che le previsioni
contenute nel citato art. 23 del D. L. n.
273 del 2005, a prescindere dalla natura di
dettaglio o meno, siano state dettate dallo
Stato a tutela della concorrenza, in materia
riservata alla propria legislazione e senza
incidere sulla potestà legislativa delle
Regioni in materia (Consiglio di Stato, Sez.
V,
sentenza 21.05.2010 n. 3216 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Sulla
stretta interpretazione delle clausole di
esclusione. Sulla valenza della
dichiarazione in materia di diritto al
lavoro dei disabili.
1.
In materia di procedure ad evidenza
pubblica, le clausole di esclusione poste
dalla legge o dal bando in ordine alle
dichiarazioni cui è tenuta la impresa
partecipante alla gara sono di stretta
interpretazione, dovendosi dare esclusiva
prevalenza alle espressioni letterali in
esse contenute, restando preclusa ogni forma
di estensione analogica diretta ad
evidenziare significati impliciti, che
rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei
partecipanti, la par condicio dei
concorrenti e l’esigenza della più ampia
partecipazione.
2.
In materia di procedure ad evidenza
pubblica, le norme di legge e di bando che
disciplinano i requisiti soggettivi di
partecipazione alle gare pubbliche devono
essere interpretate nel rispetto del
principio di tipicità e tassatività delle
ipotesi di esclusione, che di per sé
costituiscono fattispecie di restrizione
della libertà di iniziativa economica
tutelata dall’art. 41 della Costituzione,
oltre che dal Trattato comunitario.
3.
Poiché nel Codice dei contratti pubblici non
è presente una norma, con effetto
preclusivo, che preveda nel caso di cessione
d’azienda un obbligo specifico di
dichiarazioni in ordine ai requisiti
soggettivi della cedente riferita sia agli
amministratori e direttori tecnici della
cedente sia ai debiti tributari e
previdenziali dalla stessa contratti, deve
ritenersi che, in assenza di tale norma e
per il principio di soggettività e
personalità della responsabilità, non possa
essere esclusa l’impresa cessionaria del
ramo d’azienda che non abbia presentato le
relative dichiarazioni in ordine alla
posizione della cedente.
4.
La dichiarazione di cui all'art. 17 della L.
n. 68/1999, con la quale le imprese
attestano di essere in regola con le norme
che disciplinano il diritto al lavoro dei
disabili, costituisce requisito di
partecipazione alla gara; ne consegue che la
omissione di detta dichiarazione costituisce
causa di esclusione dalla gara per la forza
cogente propria della legge, anche se detta
dichiarazione non sia richiamata dalla
lex specialis (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 21.05.2010 n. 3213 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
L’omissione della
dichiarazione concernente il diritto al
lavoro dei disabili costituisce causa di
esclusione dalla gara anche se non
richiamata dalla lex specialis.
Viene in
rilievo l'art. 17 della L. 12.03.1999 n. 68
che prevede che le imprese, sia pubbliche
sia private, qualora partecipino a bandi
gare per appalti pubblici o intrattengano
rapporti convenzionali o di concessione con
pubbliche amministrazioni, sono tenute a
presentare preventivamente alle stesse la
dichiarazione del legale rappresentante che
attesti di essere in regola con le norme che
disciplinano il diritto al lavoro dei
disabili.
Al riguardo la giurisprudenza di questo
Consiglio di Stato ha costantemente rilevato
che la dichiarazione di cui all'art. 17, l.
12.03.1999 n. 68, in materia di tutela dei
disabili, costituisce requisito di
partecipazione alla gara; ne consegue che la
omissione di detta dichiarazione costituisce
causa di esclusione per la forza cogente
propria della legge, anche se non richiamata
dalla lex specialis (Cons. Stato,
sez. V, 10.01.2007 n. 33; V, 24.01.2007 n.
256; IV, 14.05.2004 n. 3148; V, 06.07.2002
n. 3733)
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 21.05.2010 n. 3213 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Le clausole di
esclusione poste dalla legge o dal bando in
ordine alle dichiarazioni cui è tenuta la
impresa partecipante alla gara sono di
stretta interpretazione dovendosi dare
esclusiva prevalenza alle espressioni
letterali in esse contenute restando
preclusa ogni forma di estensione analogica
diretta ad evidenziare significati
impliciti, che rischierebbe di vulnerare
l’affidamento dei partecipanti, la par
condicio dei concorrenti e l’esigenza della
più ampia partecipazione.
Le norme di legge e di bando che
disciplinano i requisiti soggettivi di
partecipazione alle gare pubbliche devono
essere interpretate nel rispetto del
principio di tipicità e tassatività delle
ipotesi di esclusione che di per sé
costituiscono fattispecie di restrizione
della libertà di iniziativa economica
tutelata dall’art. 41 della Costituzione,
oltre che dal Trattato comunitario.
In ordine alla regolarità contributiva
stabilisce l’art. 38, primo comma, lett. g),
del d.lgs. 12.04.2006 n. 163, che “sono
esclusi dalla partecipazione alle procedure
di affidamento delle concessioni e degli
appalti di lavori, forniture e servizi, né
possono essere affidatari di subappalti, e
non possono stipulare i relativi contratti i
soggetti che hanno commesso violazioni,
definitivamente accertate, rispetto agli
obblighi relativi al pagamento delle imposte
e tasse secondo la legislazione italiana o
dello Stato in cui sono stabiliti”.
Analoga previsione è posta all’art. 38,
primo comma, lettera i), quanto alle
violazioni di carattere previdenziale ed
assistenziale.
In materia di procedure ad evidenza
pubblica, le clausole di esclusione poste
dalla legge o dal bando in ordine alle
dichiarazioni cui è tenuta la impresa
partecipante alla gara sono di stretta
interpretazione dovendosi dare esclusiva
prevalenza alle espressioni letterali in
esse contenute restando preclusa ogni forma
di estensione analogica diretta ad
evidenziare significati impliciti, che
rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei
partecipanti, la par condicio dei
concorrenti e l’esigenza della più ampia
partecipazione (tra molte: Cons. Stato, sez.
V, 28.09.2005 n. 5194; V, 13.01.2005 n. 82;
IV, 15.06.2004 n. 3903; VI, 02.04.2003 n.
1709).
Pertanto le norme di legge e di bando che
disciplinano i requisiti soggettivi di
partecipazione alle gare pubbliche devono
essere interpretate nel rispetto del
principio di tipicità e tassatività delle
ipotesi di esclusione che di per sé
costituiscono fattispecie di restrizione
della libertà di iniziativa economica
tutelata dall’art. 41 della Costituzione,
oltre che dal Trattato comunitario
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 21.05.2010 n. 3213 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Gare, il cessionario non
eredita gli errori. Il Cds: nessuna
esclusione per il cedente.
Non può essere esclusa
da un gara l'impresa che subentra ad una
società che non ha adempiuto agli obblighi
previdenziali, perché il codice dei
contratti nulla afferma in materia di
cessioni d'azienda.
La questione è stata presa in esame dal
Consiglio di Stato, Sez. V, che, con la
sentenza 21.05.2010 n. 3213, ha
approfondito la problematica conseguente al
fatto che il dlgs 163/2006, non contiene
alcuna norma esplicita che preveda, in caso
di cessione d'azienda, il trasferimento alla
cessionaria dei requisiti soggettivi del
cedente. Di conseguenza, va considerato
irrilevante il fatto che il cedente
dell'impresa che aveva partecipato alla gara
avesse un debito tributario e previdenziale
che gli avrebbe inibito la partecipazione
alle gare.
Secondo il Cds, il fatto che in base al
codice contratti «sono esclusi dalla
partecipazione alle procedure di affidamento
delle concessioni e degli appalti di lavori,
forniture e servizi, né possono essere
affidatari di subappalti, e non possono
stipulare i relativi contratti i soggetti
che hanno commesso violazioni,
definitivamente accertate, rispetto agli
obblighi relativi al pagamento delle imposte
e tasse secondo la legislazione italiana o
dello Stato in cui sono stabiliti».
Perché a tal proposito, spiega la sentenza,
«in materia di procedure ad evidenza
pubblica le clausole di esclusione poste
dalla legge o dal bando in ordine alle
dichiarazioni cui è tenuta la impresa
partecipante alla gara sono di stretta
interpretazione, dovendosi dare esclusiva
prevalenza alle espressioni letterali in
esse contenute restando preclusa ogni forma
di estensione analogica diretta a
evidenziare significati impliciti, che
rischierebbe di vulnerare l'affidamento dei
partecipanti, la par condicio dei
concorrenti e l'esigenza della più ampia
partecipazione». «Pertanto, dice
la sentenza 3213/2010, le norme di legge
e di bando che disciplinano i requisiti
soggettivi di partecipazione alle gare
pubbliche devono essere interpretate nel
rispetto del principio di tipicità e
tassatività delle ipotesi di esclusione, che
di per sé costituiscono fattispecie di
restrizione della libertà di iniziativa
economica tutelata dall'art. 41 della
Costituzione, oltre che dal Trattato Ce».
Del resto, dice il Cds, già in primo grado
il Tar Campania aveva rilevato che manca nel
codice appalti una norma, con effetto
preclusivo, che preveda in caso di cessione
d'azienda un obbligo di dichiarazioni in
ordine ai requisiti soggettivi della cedente
riferita sia agli amministratori e direttori
tecnici della cedente sia ai debiti
tributari e previdenziali dalla stessa
contratti.
Ne discende che in assenza di tale norma e
per il principio di personalità della
responsabilità non può essere esclusa dalla
gara l'impresa cessionaria del ramo
d'azienda che non ha presentato le
dichiarazioni sulla posizione della cedente
(articolo ItaliaOggi del 25.05.2010, pag.
29). |
APPALTI: Sul
principio generale del divieto di
commistione tra i criteri soggettivi di
pre-qualificazione e quelli oggettivi
afferenti alla valutazione dell’offerta e,
in particolare, sulla legittimità o meno del
criterio di valutazione delle offerte che,
per un appalto del servizio di manutenzione
di apparecchiature, dà rilievo alla
ubicazione dell’azienda.
Costituisce principio generale regolatore
delle gare pubbliche il divieto di
commistione fra i criteri soggettivi di
pre-qualificazione e quelli oggettivi
afferenti alla valutazione dell’offerta ai
fini dell’aggiudicazione, in funzione
dell’esigenza di aprire il mercato,
premiando le offerte più competitive ove
presentate da imprese comunque affidabili,
nonché in applicazione del canone della par
condicio, ostativo ad asimmetrie
pregiudiziali di tipo meramente soggettivo,
con la conseguente necessità di tenere
separati i requisiti richiesti per la
partecipazione alla gara da quelli che
invece attengono all’offerta e
all’aggiudicazione.
Spesso il filo
che separa il canone oggettivo di
valutazione dell’offerta ed il requisito
soggettivo delle imprese concorrenti è
particolarmente sottile, attesa la
potenziale idoneità dei profili di
organizzazione soggettiva a riverberarsi
sull’affidabilità e sull’efficienza
dell’offerta e, quindi, della prestazione.
Tale commistione inestricabile, viene,
segnatamente, in rilievo quante volte la
lex specialis valorizzi non già i
requisiti soggettivi in sé intesi, bensì
quei profili soggettivi diretti a
riverberarsi in modo specifico
sull’espletamento dell’attività appaltata,
con riferimento precipuo alle
caratteristiche del personale, delle
attrezzature e delle strutture logistiche da
adibire alle prestazioni oggetto
dell’appalto.
Non comporta una indebita commistione tra
soggettivi di pre-qualificazione e quelli
oggettivi afferenti alla valutazione
dell’offerta la previsione, nel bando di una
gara per l’affidamento del servizio di
gestione e manutenzione, di durata
triennale, di apparecchiature biomedicali
presso presidi ospedalieri, tra i criteri
tecnici di valutazione delle offerte, della
"struttura, organizzazione generale ed
ubicazione dell’azienda ad effettivo
supporto del personale residente a garanzia
della continuità del servizio" e dell’"ubicazione
e logistica del magazzino ad effettivo
supporto del servizio"; tale previsione
infatti, lungi dal risolversi nella
prescrizione di requisiti selettivi di tipo
meramente soggettivo idonei a restringere la
cerchia dei concorrenti –in funzione per
così dire protezionistica– ad imprese
territorialmente localizzate, costituisce il
portato di esigenze logistiche, strutturali
ed organizzative strettamente inerenti alla
natura oggettiva delle prestazioni da
assolvere dall’impresa aggiudicataria
(massima
tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 21.05.2010 n. 3208 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità
dell'operato di una commissione giudicatrice
che non abbia rispettato l'obbligo di
segretezza ed integrità delle offerte
presentate dai concorrenti.
E' illegittimo l'operato di una commissione
giudicatrice che sia venuta meno all'obbligo
di predisporre particolari cautele a tutela
della integrità e della conservazione dei
plichi contenenti le offerte tecniche ed
economiche presentate dai concorrenti,
nonché di farne esplicita menzione nel
verbale di gara, in quanto pur in mancanza
di espressa previsione in tal senso da parte
del legislatore, l'integrità dei plichi è
elemento sintomatico della segretezza delle
offerte stesse e della par condicio di tutti
i concorrenti, del rispetto dei principi di
buon andamento e imparzialità cui deve
conformarsi l'azione amministrativa, sanciti
dall'art. 97 Cost. (Consiglio di Stato, Sez.
V,
sentenza 21.05.2010 n. 3203 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Le stazioni appaltanti
non possono richiedere ai concorrenti
un'attestazione di buon esito dei lavori a
prova della loro capacità tecnica.
Sull'illegittimità della richiesta del
fatturato globale al netto degli oneri
fiscali, a riprova della capacità
economico-finanziaria dei concorrenti.
Sull'impossibilità di richiedere ai mandanti
delle ATI di progettazione una percentuale
di possesso dei requisiti minimi.
E' illegittima la richiesta di una stazione
appaltante ai concorrenti di certificare, a
prova della loro capacità tecnica, che i
servizi portati a riprova del requisito in
questione siano stati svolti anche in modo
soddisfacente, in quanto alcuni incarichi
svolti afferiscono ad opere in corso di
esecuzione e pertanto non è possibile
documentare che l'incarico di progettazione
relativo a dette opere sia stato svolto in
modo soddisfacente.
Peraltro, nel d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei
contratti), non è stata riproposta la norma
che nel pregresso ordinamento degli appalti
pubblici imponeva la certificazione
dell'avvenuta esecuzione "a regola d'arte
e con buon esito". Inoltre, in nessuna
parte dell'art. 42 è prevista la
possibilità, per la stazione appaltante, di
richiedere anche l'attestazione, che i
servizi siano stati svolti a regola d'arte o
con buon esito; lo stesso l'art. 13 del
d.lgs. 17.03.1995 in materia di appalti di
servizi non abilitava l'amministrazione a
richiedere ai concorrenti la suddetta
certificazione.
E' illegittima la richiesta dell'indicazione
del fatturato globale al netto degli oneri
fiscali a riprova della capacità economica
dei concorrenti, in quanto ciò non trova
supporto nel dettato di cui all'art. 41 del
d.lgs. n. 163/2006, come sostituito dal
terzo correttivo recato con il d.lgs. n.
152/2008.
La norma stabilisce, infatti, che la prova
della capacità economico-finanziaria può
esser fornita mediante uno o più dei
documenti menzionati nelle lettere di cui si
compone la disposizione e alla lettera c)
figura una "dichiarazione, sottoscritta
in conformità alle disposizioni del decreto
del Presidente della Repubblica 28.12.2000,
n. 445, concernente il fatturato globale
d'impresa e l'importo relativo ai servizi o
forniture nel settore oggetto della gara,
realizzati negli ultimi tre esercizi".
Peraltro, una simile richiesta si
risolverebbe in un onere aggiuntivo, che
vìola il principio di massima partecipazione
alla gara, costringendo i concorrenti ad
risalire al quantum del prelievo fiscale che
ha colpito il fatturato negli anni di
riferimento utili per la competizione ed
anche anno per anno.
E' illegittima, per contrasto con la
disposizione di cui all'art. 65, c. 4,
ultima alinea del D.P.R. n. 554/1999 in
forza del quale ai mandanti "non possono
essere richiesti percentuali di possesso dei
requisiti minimi", la determinazione di
esclusione da una gara per l'affidamento di
servizi di architettura ed ingegneria, di un
raggruppamento di professionisti per non
avere ciascuno dei mandanti, comprovato di
possedere una data percentuale dei requisiti
minimi, essendo, a monte, illegittime quelle
prescrizioni della legge di gara che
impongano, come nella specie, a ciascuno di
essi il possesso di una percentuale di
requisiti minimi (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 21.05.2010 n. 2424 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità della clausola del bando che
impone di dichiarare tutte le condanne
riportate, indipendentemente dalla loro
gravità e sulla doverosità dell’esclusione
in caso di dichiarazione non veritiera.
Sono legittime, e non già illogiche,
arbitrarie o irragionevoli, le prescrizioni
di un bando di gara per l’affidamento di un
appalto di ll.pp., secondo le quali spetta
ai partecipanti dichiarare espressamente il
possesso dei requisiti di ordine generale di
cui all’articolo 38 del D.Lgs. 12.04.2006,
n. 163 e, in particolare, tra l’altro, la
inesistenza di sentenze di condanna passata
in giudicato, spettando poi
all’Amministrazione appaltante la
valutazione della gravità dei reati.
La presentazione, da parte di una ditta
partecipante ad una procedura di evidenza
pubblica, di una dichiarazione non veritiera
ovvero falsa (indipendentemente da ogni
considerazione sul fatto che essa di per sé
legittimi un giudizio di inaffidabilità
giustificante la esclusione dalla gara)
costituisce motivo di esclusione ex se
dalla procedura di gara (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
ordinanza 21.05.2010 n. 2252 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Offerta economica -
Mancata allegazione del documento d’identità
- Non costituisce motivo di esclusione -
Ragioni.
Ove le istanze o le dichiarazioni cui
allegare il documento di identità siano rese
dalla stessa persona in un medesimo
procedimento e fanno parte di un medesimo
insieme probatorio, non è necessario che
siano accompagnate, ciascuna, da una
fotocopia del documento di identità,
altrimenti la formalità prescritta dall’art.
38 del d.p.r. 28.12.2000, n. 445 si
tramuterebbe in un formalismo senza scopo
(cfr. TAR Sardegna, n. 457/2008).
In tal senso è anche il parere espresso
dall’Autorità della vigilanza sui contratti
pubblici di lavori servizi e forniture
(deliberazione n. 256/2007) in cui si
puntualizza che la mancata allegazione del
documento d’identità all’offerta economica
non può essere motivo di esclusione: il
riferimento dell’Autorità è ad un
orientamento giurisprudenziale che consente
addirittura la sanatoria, a mezzo
integrazione postuma, nelle ipotesi di
omessa allegazione della copia del documento
di identità, sul presupposto che la mancata
allegazione alla dichiarazione sostitutiva
di un atto di notorietà sottoscritta dal
dichiarante della copia del documento di
identità del sottoscrittore, da rendersi ai
sensi dell’art. 38, comma 3, del d.p.r.
28.12.2000, n. 455, non comporta la nullità
della dichiarazione stessa, piuttosto
rappresentata un esempio tipo di
regolarizzazione successiva, attenendo detta
regolarizzazione non al contenuto del
documento, ma solo alla garanzia della sua
provenienza, di modo che non viene implicata
alcuna lesione del principio della par
condicio dei concorrenti (TAR Puglia-Bari,
Sez. I,
sentenza 21.05.2010 n. 1972 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'aggiudicazione di una gara ad un
concorrente al quale la stazione appaltante
abbia concesso un ulteriore ampio termine
per produrre successive giustificazioni in
ordine alla propria offerta.
E' legittimo il provvedimento di
aggiudicazione adottato da una stazione
appaltante nei confronti di un'impresa che,
nel corso del provvedimento di verifica,
abbia beneficiato di un lasso temporale
ampio per produrre ulteriori giustificazioni
relative alle proprie offerte, ciò in
quanto, l'art. 88 del d.lgs n. 163/2006
(Codice dei contratti), non stabilisce, in
maniera vincolante, il numero dei
chiarimenti che possono essere richiesti,
pertanto l'accertamento della congruità
dell'offerta può svolgersi in più riprese ed
attraverso una serie indefinita di
integrazioni.
Quanto detto è conforme agli orientamenti
giurisprudenziali espressi in sede
comunitaria, secondo i quali il concorrente
deve poter far valere, in contraddittorio,
il proprio punto di vista su ciascuno dei
vari elementi di prezzo proposti, prima
ancora che l'amministrazione respinga
un'offerta ritenuta anormalmente bassa.
Il procedimento di verifica di anomalia è
improntato alla massima collaborazione tra
stazione appaltante e offerente, onde
consentire all'amministrazione di
raggiungere un risultato comunque
affidabile, lasciando, tuttavia, alla stessa
ampia discrezionalità nel circoscrivere i
termini in relazione all'oggetto
dell'appalto ed alla natura delle
prestazioni.
Tale impostazione è dettata nel rispetto
della par condicio di tutti i concorrenti e
a garanzia del pubblico interesse,
assicurando, pertanto, la definizione della
gara in termini rapidi e certi (TAR
Lazio-Roma, Sez. III-ter,
sentenza 20.05.2010 n. 12518 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Sulla
illegittimità dell’esclusione di una offerta
pervenuta con il plico esterno lacerato in
modo tale da consentire la visione parziale
-ma non la sostituzione- dei documenti.
E’ illegittima l’esclusione da una gara di
appalto di una offerta il cui plico esterno
sia prevenuto lacerato, nel caso in cui tale
lacerazione non sia di entità tale da
consentire l’accesso alle buste contenenti
le offerte tecnica ed economica se non
previa apertura del plico medesimo; in tal
caso, infatti, appare conforme principio di
ragionevolezza ritenere che la lacerazione
sia tale da non compromettere il principio
di segretezza delle offerte nelle gare
d'appalto; il che consente l’applicazione
del criterio di massima partecipazione.
----------------------------------------
Nella motivazione della sentenza in rassegna
si ricorda che la giurisprudenza ha
affermato in passato che, ai fini
dell'ammissibilità dell'offerta, occorre che
il plico giunga alla stazione appaltante con
la sigillatura operata dal concorrente del
tutto integra, per cui non rileva che gli
eventi di alterazione della sigillatura
siano successivi alla consegna del plico
all'ufficio postale o all'agenzia di
recapiti autorizzata (Cons. Stato, Sez. IV,
19.01.1999, n. 40).
Pertanto, secondo l’orientamento
tradizionale, la mera circostanza che il
plico sia pervenuto aperto alla Commissione
implica l’esclusione, indipendentemente dal
soggetto cui sia addebitabile l'erronea
apertura, stante l’esigenza di assicurare la
garanzia dei principi di par condicio e di
segretezza delle offerte (TAR Veneto, Sez.
I, 19.07.2005, n. 2867).
Secondo la giurisprudenza, è irrilevante che
all'avvenuta lacerazione del plico ponga
rimedio con la sua successiva spillatura il
trasportatore, data la soluzione nella
continuità della segretezza dell'offerta fra
momento in cui è uscita dalla sfera
dell'offerente ed il momento in cui è giunta
nella disponibilità della p.a. (TAR Palermo,
Sez. II, 13.03.2007, n. 810).
Ha osservato la sentenza in rassegna che
tale rigore è senz’altro giustificato
qualora il plico contenente le offerte
pervenga alla Commissione di gara
praticamente aperto, oppure in modo tale da
non assicurare che l'apertura del plico sia
effettuata dalla Commissione pubblicamente
in contraddittorio ed il giorno della gara.
Di converso, deve ritenersi ammissibile
l’offerta il cui plico esterno sia prevenuto
lacerato, nel caso in cui tale lacerazione
non sia di entità tale da consentire
l’accesso alle buste contenenti le offerte
tecnica ed economica se non previa apertura
del plico medesimo (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 20.05.2010 n. 3179 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
Contratti della p.a. - Sedute di gara -
Verbalizzazione non contestuale -
Condizioni.
2. Contratti della p.a. - Gara - Valutazione
delle offerte - Giudizio di anomalia -
Motivazione congrua e dettagliata -
Necessità - Sussiste - Sia in caso di
giudizio finale negativo, sia in caso di
giudizio finale positivo - Ragioni.
1.
È possibile, in linea di principio, che la
verbalizzazione non sia contestuale alle
sedute di gara a condizione che la
successiva attività di documentazione
avvenga entro un termine ragionevole
(Nella specie è stato ritenuto legittimo
l'operato dell'Amministrazione che aveva
provveduto ad effettuare l'attività di
verbalizzazione a distanza di tre mesi dalla
prima seduta di gara, sul presupposto che
tale lasso temporale, considerevole se
valutato in astratto, è stato ritenuto
congruo e ragionevole essendo a cavallo
della pausa estiva del mese di agosto).
2.
Deve condividersi l'orientamento restrittivo
secondo cui l'obbligo di una adeguata
motivazione si impone non solo nel caso in
cui la verifica di anomalia di un'offerta
abbia esito finale negativo, ma anche nel
caso di giudizio finale positivo e ciò sia
in ossequio all'obbligo generale di
motivazione dei provvedimenti
amministrativi, sia a tutela, negli appalti,
del principio di par condicio fra i
concorrenti (Conf. Cons. Stato, sez. IV,
22.03.2005, n. 1231; in senso contrario si
v. Cons. Stato, sez. IV, 07.09.2006, n.
5191; TAR Lombardia Milano, sez. I,
16.06.2010, n. 1885; TAR Lombardia Milano,
sez. I, 18.05.2010, n. 1560) (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 20.05.2010 n. 1574 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla necessità di far
luogo all’esclusione dalla gara di una
impresa che abbia omesso di rendere una
delle dichiarazioni previste dalla lex
specialis (anche nel caso in cui l’omissione
sia "innocua" - nel senso che non arreca
vantaggio al concorrente e non arreca danno
alla stazione appaltante).
Nel caso in cui il disciplinare di gara
richieda la dichiarazione di assenza di
condanne penali non solo per la società e i
suoi legali rappresentanti, ma anche per gli
altri soggetti indicati nell’art. 38, comma
1, lett. c), del Codice dei contratti
pubblici, la dichiarazione va resa anche con
riferimento ai direttori tecnici
dell’impresa.
Il principio generale secondo cui nelle gare
di appalto non si può sanzionare con
l’esclusione una omessa dichiarazione quando
l’omissione sia "innocua" (nel senso
che non arreca vantaggio al concorrente e
non arreca danno alla stazione appaltante),
non si applica nel caso in cui la “legge”
di gara prescriva determinate dichiarazioni
e sanzioni con l’esclusione la loro
omissione, anche se l’omissione sia
meramente formale (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 19.05.2010 n. 3158 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
Contratti della p.a. - Gara - Dichiarazioni
ex art. 38, comma 1, lett. c), D.Lgs.
163/2006 - Precedenti penali in materia di
prevenzioni di infortuni sul lavoro e
lesioni personali colpose - Obbligo di
dichiarazione - Sussiste in ogni caso -
Esclusione dalla gara - Legittima.
2. Responsabilità aquiliana - Elemento
soggettivo - Incertezza del quadro
giurisprudenziale di riferimento -
Esclusione.
1.
L'obbligo, posto a carico soggetti
individuati dall'art. 38, comma 1, lett. c),
D.Lgs. 163/2006, di dichiarare tutti i
provvedimenti penali subìti -ivi incluse le
eventuali condanne per reati in materia di
prevenzione degli infortuni sul lavoro e per
lesioni personali colpose- risponde alla
finalità di consentire all'Amministrazione
la più ampia valutazione nel caso concreto,
per stabilire la rilevanza o meno di una
data condanna penale.
Il giudizio di rilevanza non è rimesso
all'apprezzamento dell'impresa che ha,
invece, l'obbligo di dichiarare tutte le
sentenze emesse nei suoi confronti, con la
conseguenza che l'omessa indicazione,
nell'ambito di un'autocertificazione, di una
sentenza di condanna, si configura come
autocertificazione non veritiera cui
consegue l'esclusione dalla gara.
La mancata dichiarazione, da parte
dell'imprenditore, della esistenza di
condanne penali a suo carico costituisce una
circostanza che ha valore autonomo, e che
incide sulla sua moralità professionale
indipendentemente da un'espressa previsione
di esclusione automatica nella lex
specialis (Conf. TAR Lombardia Milano,
sez. I, 19.06.2008, n. 2096).
2.
Non ricorre l'elemento soggettivo
dell'illecito richiesto dall'art. 2043 cod.
civ. qualora si riscontrino nella
fattispecie concreta particolari
circostanze, come l'esistenza di un
contrasto di orientamenti giurisprudenziali,
che abbiano contribuito in misura
determinante a condizionare negativamente
l'operato dell'Amministrazione.
L'incertezza del quadro giurisprudenziale
può, quindi, essere sempre valorizzato come
esimente della colpa dell'Amministrazione,
poiché la stessa si dimensiona, non solo
nella misura oggettiva data dalla violazione
della regola di comportamento precauzionale,
ma anche nella misura soggettiva data dalla
rimproverabilità del pur accertato
scostamento dal parametro dell'agente
modello, in ragione della concreta
esigibilità della condotta doverosa, in
termini di prevedibilità ed evitabilità
della lesione arrecata (Cfr. Cass., sez. I,
21.10.2005, n. 20454; TAR Lombardia Milano,
sez. III, 14.04.2010, n. 1043) (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 18.05.2010 n. 1565 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
L'espressione “Stato”
contenuta nell’inciso normativo di cui
all'art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs.
163/2006 deve essere interpretata come
“stato-comunità” o meglio come Stato membro
della Comunità Europea poiché le stazioni
appaltanti, per valutare la moralità
professionale dell'operatore economico
interessato all’aggiudicazione dell'appalto,
devono prendere in considerazione i reati
compiuti all'interno di tutti gli Stati
membri.
La necessità di dichiarare tutti i
provvedimenti penali subiti, risponde alla
finalità di consentire all’Amministrazione
la più ampia valutazione del caso concreto,
per stabilire la rilevanza o meno di una
data condanna penale.
La mancata dichiarazione, da parte
dell’imprenditore, della esistenza di
condanne penali a suo carico costituisce una
circostanza che ha valore autonomo e che
incide sulla sua moralità professionale
indipendentemente da un’espressa previsione
di esclusione automatica nella lex
specialis.
Non ha pregio la tesi sostenuta dalla difesa
dell’Azienda resistente, secondo cui
l’obbligo di dichiarazione dei reati
commessi dovrebbe ritenersi limitata ai “reati
gravi in danno dello Stato o della Comunità,
che incidono sulla moralità professionale”,
ex art. 38, c. 1, lett. c, D.Lgs. n.
163/2006, nell’ambito dei quali non
potrebbero essere ricompresi quelli commessi
dalla controinteressata.
Il Collegio ha già avuto modo di affermare
che il legislatore del Codice dei contratti
pubblici non ha inteso circoscrivere la
facoltà di esclusione in capo alle stazioni
appaltanti a determinate tipologie di reato
qualificate dal soggetto passivo.
Tale conclusione è giustificata in primo
luogo dal fatto che una simile restrizione
non si evince dalla normativa comunitaria,
di cui alla direttiva 2004/18/CE, par. 2,
lett. c), inoltre va considerato che una
specifica categoria di reati in danno dello
Stato o in danno della Comunità non esiste
nel diritto penale.
Se fosse assunta l’interpretazione
prospettata dalla ricorrente la norma
diverrebbe di difficile applicazione ed il
suo ambito di applicazione assumerebbe
confini evanescenti.
Si deve invece ritenere che il legislatore
abbia inteso, con tale espressione,
allargare l'area dei reati che possono
essere presi in esame ai fini
dell'esclusione dalle gare per pubblici
appalti, consentendo alle stazioni
appaltanti di valutare non solo quelli
compiuti nello Stato italiano, ma anche
quelli commessi sul territorio di tutta la
Comunità Europea.
L'espressione “Stato” contenuta
nell’inciso normativo di cui all'art. 38,
comma 1, lett. c), del d.lgs. 163/2006 deve
quindi essere interpretata come “stato-comunità”
o meglio come Stato membro della Comunità
Europea poiché le stazioni appaltanti, per
valutare la moralità professionale
dell'operatore economico interessato
all’aggiudicazione dell'appalto, devono
prendere in considerazione i reati compiuti
all'interno di tutti gli Stati membri (TAR
Lombardia, Milano, Sez. I, 24.10.2007 n.
6162).
La necessità di dichiarare tutti i
provvedimenti penali subiti, risponde alla
finalità di consentire all’Amministrazione
la più ampia valutazione del caso concreto,
per stabilire la rilevanza o meno di una
data condanna penale.
La rilevanza o meno dei fatti oggetto delle
pronunce penali ai fini della successiva
valutazione del possesso dei requisiti da
parte del concorrente, non è rimessa
all’apprezzamento dell’impresa che ha,
invece, l’obbligo di dichiarare tutte le
sentenze emesse nei suoi confronti, con la
conseguenza che l’omessa indicazione,
nell’ambito di un’autocertificazione, di una
sentenza di condanna, si atteggia come
autocertificazione non veritiera cui
consegue l’esclusione dalla gara (TAR
Lombardia, Sez. I, 19.06.2008 n. 2096).
La mancata dichiarazione, da parte
dell’imprenditore, della esistenza di
condanne penali a suo carico costituisce una
circostanza, che ha valore autonomo, e che
incide sulla sua moralità professionale
(C.S. Sez. V, 18.09.2003 n. 5320, Consiglio
di Stato, Sez. V, 02/10/2009 n. 6006, Cons.
Stato, Sez. V, 20.04.2009, n. 2364),
indipendentemente da un’espressa previsione
di esclusione automatica nella lex
specialis.
In contrario non rileva neppure, come
sostenuto dalla difesa dell’Azienda
resistente, che i provvedimenti penali non
dichiarati siano antecedenti di oltre un
triennio alla pubblicazione del bando di
gara. Tale limite temporale è infatti
menzionato dal citato art. 38, c. 1, lett.
c, solo per estendere l’obbligo di
dichiarazione delle condanne subite, nei
limiti del triennio, “anche nei confronti
dei soggetti cessati dalla carica” (TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 18.05.2010 n. 1565 -
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APPALTI: 1.
Verifica dell'anomalia delle offerte -
Attività caratterizzata da discrezionalità
tecnica - Sindacato giurisdizionale -
Limiti.
2. Verifica dell'anomalia delle offerte -
Onere di motivazione del giudizio di
valutazione della commissione - Soltanto in
caso di valutazione negativa delle
giustificazioni fornite dall'impresa.
1.
Il giudizio reso della stazione appaltante
in ordine alle giustificazioni fornite
dall'impresa nell'ambito del procedimento di
verifica di anomalia dell'offerta
costituisce esplicazione di discrezionalità
tecnica, come tale sindacabile in sede
giurisdizionale soltanto per illogicità
manifesta o travisamento dei fatti.
2.
L'onere di motivazione del giudizio
sull'anomalia dell'offerta si impone
soltanto in caso di valutazione negativa
delle giustificazioni fornite dall'impresa
in contraddittorio con la commissione,
mentre in caso di verifica positiva l'iter
logico seguito dalla commissione è arguibile
dal rinvio alle giustificazioni fornite
dall'offerta sottoposta a verifica (cfr.
Cons. Stato, sez. V, 08.07.2008, n. 3406.
Contra: TAR Lombardia, Milano, sez. I,
20.05.2010, n. 1574) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 18.05.2010 n. 1560 -
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APPALTI: Procedure
ad evidenza pubblica - Prova di resistenza -
Verifica prognostica - Mancato ottenimento
del bene della vita - Anche in caso di
accoglimento della domanda - Effetti -
Inammissibilità del gravame.
Nelle controversie aventi per oggetto
procedure ad evidenza pubblica, non può
prescindersi dalla verifica della c.d. prova
di resistenza, con riferimento alla
posizione della parte ricorrente rispetto
alla procedura le cui operazioni sono
prospettate come illegittime, dovendosi
dichiarare inammissibile per carenza di
interesse il gravame allorquando, in esito
ad una verifica prognostica, risulti che la
parte ricorrente non otterrebbe il bene
della vita ambito nemmeno in ipotesi di
accoglimento della domanda (Nella specie,
il ricorso è stato dichiarato inammissibile
sul presupposto che all'esito di una
verifica nel Casellario Informatico delle
Imprese erano risultati carichi pendenti nei
confronti della ricorrente la quale,
inoltre, aveva presentato un'offerta con un
ribasso inferiore a quello proposto
dall'aggiudicataria, che non le avrebbe
permesso di conseguire alcun risultato utile
quand'anche ammessa alla gara (Conf. TAR
Campania Napoli, sez. VIII, 14.01.2010, n.
87; TAR Lazio Roma, sez. II, 09.12.2009, n.
12636; Cons. Stato, sez. V, 19.10.2009, n.
6406) (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 18.05.2010 n. 1559 -
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APPALTI: Opere
Pubbliche - Diritti e obblighi delle parti -
Causa di esclusione ex art. 38, comma 1,
lett. f), D.Lgs. 163/2006 - Risoluzione del
contratto d'appalto per inadempimento
dell'appaltatore - Effetti - Esclusione
dalla partecipazione a successive gare -
Legittima - Ragioni.
La risoluzione per inadempimento degli
obblighi contrattuali è circostanza di per
sé idonea ad integrare la fattispecie di
necessaria esclusione da una gara d'appalto
per l'affidamento di contratti pubblici
prevista dall'art. 38, comma 1, lett. f),
D.Lgs. 163/2006 e non presuppone neanche il
necessario accertamento in sede
giurisdizionale del comportamento di grave
negligenza tenuto dall'operatore nel corso
del pregresso rapporto contrattuale,
trattandosi di disposizione non avente
carattere sanzionatorio, bensì posta a
presidio dell'elemento fiduciario destinato
a connotare, sin dal momento genetico, gli
appalti pubblici (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 18.05.2010 n. 1549 -
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APPALTI:
Il termine iniziale
dell'interdizione annuale dalle gare per chi
abbia reso false dichiarazioni ai sensi
dell'art. 38, c. 1, lett. h), d.lgs. n. 163
del 2006 decorre dalla data di iscrizione
nel casellario AVCP delle notizie
concernenti le false dichiarazioni.
In ordine all’individuazione del termine
iniziale dell’interdizione annuale dalle
gare per chi abbia reso false dichiarazioni
ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. h),
d.lgs. nr. 163 del 2006, la Sezione IV del
Consiglio di Stato reputa che l’orientamento
più volte ribadito dall’Autorità (secondo
cui gli effetti dell’interdizione annuale
decorrono dalla data di iscrizione nel
casellario delle notizie concernenti le
false dichiarazioni, quale unico riferimento
temporale certo e non contestabile) appaia
maggiormente in linea con le richiamate
esigenze di certezza e stabilità dei
rapporti giuridici, e che per converso non
possa assumere rilievo decisivo lo
spatium temporis eventualmente
intercorrente tra il momento storico della
falsa dichiarazione e quello dell’iscrizione
nel Casellario (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 17.05.2010 n. 3125 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI: 1.
Contratti della p.a. - Gara - Art. 38 comma
1, lett. c), D.Lgs. 163/2006 - Dichiarazione
su precedenti penali dichiarati estinti
dall'Autorità giudiziaria - Non necessaria.
2. Giustizia amministrativa - Bando -
Clausola relativa a requisiti di
partecipazione - Sproporzione fra l'importo
a base d'asta e l'ammontare del fatturato
medio annuo minimo - Impugnazione immediata
- Necessaria - A pena di irricevibilità del
ricorso.
1.
Nelle procedure indette per l'aggiudicazione
di appalti pubblici, i reati commessi in
passato dal partecipante e dichiarati
estinti dalla competente Autorità
giudiziaria sono ininfluenti in sede di
valutazione della sua moralità professionale
e non devono neppure essere dichiarati
(Conf. Cons. Stato, sez. V, 19.11.2009, n.
7257).
2.
E' irricevibile il gravame con cui il
ricorrente assuma la sproporzione tra
l'importo a base d'asta previsto dalla
lex specialis di gara e l'ammontare del
fatturato medio annuo minimo previsto quale
requisito di partecipazione, atteso che
-trattandosi di clausola immediatamente
lesiva perché richiedente un requisito
minimo di partecipazione alla gara- essa
deve essere impugnata nel termine di
decadenza decorrente dalla conoscenza della
stessa (Conf. Cons. Stato, sez. V,
23.06.2008, n. 3110) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 17.05.2010 n. 1524 -
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APPALTI:
Direttiva ricorsi: le
prime applicazioni.
Il giudice amministrativo, a seguito
dell’annullamento dell’aggiudicazione di una
gara di appalto, può dichiarare, altresì, ai
sensi dell’art. 245-ter del d.lgs. n. 163
del 2006, come introdotto dall’art. 10,
comma 1, del d.lgs. 20.03.2010, n. 53,
l’inefficacia del contratto stipulato nelle
more del giudizio, con effetto decorrente
dalla pubblicazione della sentenza.
La pronuncia n. 1524/2010 si segnala
all’attenzione dell’interprete in quanto
concerne le primissime applicazioni delle
disposizioni del d.lgs. 53/2010 di
attuazione della cd. direttiva ricorsi e, in
particolare, di una delle norme che
disciplina l'inefficacia del contratto a
seguito dell'annullamento
dell'aggiudicazione.
Capisaldi affermati dalla
sentenza.
Preliminarmente, è opportuno ricordare che
la novella, introdotta dal d.lgs. 53/2010,
distingue:
- l'inefficacia del contratto in caso di
violazioni gravi ex art. 245-bis del d.lgs.
163/2006;
- gli altri casi di inefficacia del
contratto ex art. 245-ter del d.lgs.
163/2006.
La decisione del Consesso milanese
riconosce, in primis, l'applicabilità
temporale della disciplina dell'inefficacia
del contratto contenuta nel d.lgs. 53/2010.
Il G.A. afferma, in particolare, che la
nuova norma ha natura processuale e, in
difetto di diversa disposizione transitoria,
può ricevere applicazione anche nei giudizi
instaurati in data antecedente all’entrata
in vigore della stessa in base al principio
tempus regit actum.
I giudici, inoltre, ricordano che la
giurisdizione del giudice amministrativo
sulla sorte del contratto stipulato in
seguito all’aggiudicazione illegittima
annullata, dopo contrastanti orientamenti
giurisprudenziali, è stata affermata anche
dal giudice della Nomofilachia con
l’ordinanza n. 2906, resa a Sezioni Unite il
10.02.2010.
Con l’ordinanza de qua è stato statuito che
l’esigenza della cognizione del G.A. sulla
domanda di annullamento dell’affidamento
dell’appalto, per le illegittime modalità
con cui si è svolto il relativo procedimento
e della valutazione dei vizi di
illegittimità del provvedimento di
aggiudicazione di un appalto pubblico,
comporta che lo stesso giudice adito per
l’annullamento degli atti di gara, che abbia
deciso su tale prima domanda, possa
conoscere pure della domanda del contraente
pretermesso illecitamente dal contratto di
essere reintegrato nella sua posizione, con
la privazione di effetti del contratto
eventualmente stipulato dalla stazione
appaltante con il concorrente alla gara
scelto in modo illegittimo.
L'art. 7 del d.lgs. 53/2010, nel dare
esecuzione alla direttiva ricorsi, ha
aggiunto un capoverso al primo comma
dell'art. 244 del d.lgs. 163/06, secondo cui
“la giurisdizione esclusiva si estende
alla dichiarazione di inefficacia del
contratto a seguito di annullamento
dell'aggiudicazione”.
Quanto all'applicazione temporale della
norma comunitaria che impone l'unitarietà
della giurisdizione avanti al giudice
amministrativo, la Cassazione ha
riconosciuto che l'estensione della
giurisdizione amministrativa esclusiva è
ormai ineludibile per tutte le controversie
in cui la procedura di affidamento sia
intervenuta dopo il dicembre 2007, data
dell'entrata in vigore della norma
comunitaria (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 17.05.2010 n. 1524 -
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COMPETENZE PROGETTUALI - LAVORI PUBBLICI: Alla
luce dell’art. 84, comma 2, del d.lgs. n.
163 del 2006 e alla luce del citato
regolamento (ndr: art. 16 del r.d.
11.02.1929, n. 274) regolante i limiti
all’esercizio della professione di geometra,
poiché la progettazione dei lavori per la
mitigazione del rischio idrogeologico
costituisce un’opera pubblica di sostanziale
importanza, implicante la risoluzione di
problemi tecnici di una certa complessità,
due dei membri della commissione, geometri
del comune, non possono progettare i lavori
in questione e conseguentemente non possono
essere considerati esperti nello specifico
settore oggetto del contratto e idonei a
poter valutare con la dovuta cognizione e
preparazione i progetti presentati.
Giusta la delicatezza e le specifiche
competenze tecniche richieste nel settore
del consolidamento delle aree franose, una
commissione di gara composta in prevalenza
da geometri, privi del necessario titolo di
studio attestante il possesso delle
specifiche competenze tecniche di tipo
geomorfologico, geotecniche, geologiche e
idrogeologiche e conseguentemente privi
dell’esperienza nel settore, non può
considerarsi composta da esperti e pertanto
non è idonea selezionare il miglior
progetto.
L’amministrazione, nel caso di specie, deve
fare applicazione dell’art. 84, comma 8, del
d.lgs. n. 163, del 2006, che laddove
stabilisce che i commissari siano
"selezionati tra i funzionari della stazione
appaltante" non ha inteso privilegiare e
dare priorità in senso assoluto al requisito
dell'inserimento nell'organico dell'ente
appaltante rispetto a quello del titolo di
studio, il quale, pertanto, deve comunque
essere adeguato rispetto alla prestazione
oggetto della gara.
Osserva il Collegio, che l’art. 84, comma 2,
del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede che: “La
commissione, nominata dall’organo della
stazione appaltante competente ad effettuare
la scelta del soggetto affidatario del
contratto, è composta da un numero dispari
di componenti, in numero massimo di cinque,
esperti nello specifico settore cui si
riferisce l’oggetto del contratto”.
Il Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza
14.10.2009, n. 6297 ha chiarito che: «I
componenti di una Commissione giudicatrice
in una gara di appalto devono essere in
possesso delle capacità tecniche e
professionali adeguate all'importanza
dell'appalto. Essi possono essere
individuati come i "periti peritorum" della
materia sulla quale devono esprimere il loro
delicato giudizio, anche in relazione ai
concreti aspetti sui quali i medesimi devono
formulare il loro giudizio. Ciò al fine di
evitare che sussistano, a monte, elementi
che inducano in via anticipata i consociati
(ed i partecipanti alla gara, soprattutto) a
dubitare dell'adeguatezza professionale di
chi è chiamato a giudicare comparativamente
le proposte aggiudicatarie. Ovviamente,
nella impossibilità di saggiare in anticipo
ed in concreto la preparazione specifica dei
commissari, può farsi riferimento ad alcuni
dati che, in via presuntiva, consentano una
prognosi tranquillizzante sul punto. Tali
dati non possono che essere due: possesso di
un titolo di studio adeguato, e pregressa
esperienza nel settore».
La necessità del possesso in capo ai
commissari dei requisiti tecnici e della
professionalità necessaria a formulare un
giudizio pienamente consapevole, anche in
mancanza di una specifica previsione
concernente la composizione nel dettaglio
della commissione giudicatrice, costituisce
un canone ispirato a criteri di logicità e
ragionevolezza e riveste la natura di
principio immanente nell'ordinamento
generale, che risponde ai criteri di rango
costituzionale di buon andamento ed
imparzialità dell'azione amministrativa (in
tal senso cfr. Consiglio Stato, sez. V,
18.03.2004, n. 1408).
Nel caso di specie, relativo all'affidamento
della progettazione e direzione dei lavori
di mitigazione del rischio idrogeologico, la
Commissione giudicatrice era composta da un
ingegnere e due geometri. Solo uno dei
componenti la commissione, l’ingegnere,
rivestiva la qualità di esperto nello
specifico settore oggetto dell’appalto. I
due geometri dipendenti dell’amministrazione
comunale, invece, non avrebbero potuto
progettare ciò su cui erano chiamati ed
esprimere il proprio giudizio, non potendo
essere considerati esperti nella
progettazione di lavori di mitigazione del
rischio idrogeologico, nel senso richiesto
dall’art. 84, comma 2, del codice dei
contratti pubblici, in quanto la valutazione
di tale attività richiede competenze che
eccedono quanto previsto dall’art. 16 del
r.d. 11.02.1929, n. 274, recante il
regolamento per la professione di geometra,
che stabilisce proprio l’ oggetto ed i
limiti dell'esercizio di tale professione.
In particolare tale regolamento all’art. 16,
lett. q), riconosce ai geometri la
possibilità di svolgere mansioni di perito
comunale, ma solo per le funzioni tecniche
ordinarie nei Comuni con popolazione fino a
diecimila abitanti, escludendo i progetti di
opere pubbliche d'importanza o che
implichino la risoluzione di rilevanti
problemi tecnici.
Ne consegue che alla luce dell’art. 84,
comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 e alla
luce del citato regolamento regolante i
limiti all’esercizio della professione di
geometra, poiché la progettazione dei lavori
per la mitigazione del rischio idrogeologico
costituisce un’opera pubblica di sostanziale
importanza, implicante la risoluzione di
problemi tecnici di una certa complessità,
due dei membri della commissione, geometri
del comune, non avrebbero potuto progettare
i lavori in questione e conseguentemente non
avrebbero potuto essere considerati esperti
nello specifico settore oggetto del
contratto e idonei a poter valutare con la
dovuta cognizione e preparazione i progetti
presentati.
La delicatezza e le specifiche competenze
tecniche richieste nel settore del
consolidamento delle aree franose era
d’altra parte richiesta ai concorrenti nello
stesso bando di gara che al punto 4 prevede
che i professionisti partecipanti debbano
aver maturato un’esperienza riferibile e
riconducibile al settore del consolidamento
delle aree franose, con particolare
riferimento alle attività di progettazione
per siti similari. Sicché una commissione
composta in prevalenza da geometri, privi
del necessario titolo di studio attestante
il possesso delle specifiche competenze
tecniche di tipo geomorfologico,
geotecniche, geologiche e idrogeologiche e
conseguentemente privi dell’esperienza nel
settore, non poteva considerarsi composta da
esperti e pertanto non era idonea
selezionare il miglior progetto.
L’amministrazione, quindi, avrebbe dovuto
fare applicazione dell’art. 84, comma 8, del
d.lgs. n. 163, del 2006, che, come pure
osservato dal Consiglio di Stato con la
citata sentenza n. 6297 del 2009, laddove
stabilisce che i commissari siano "selezionati
tra i funzionari della stazione appaltante"
non ha inteso privilegiare e dare priorità
in senso assoluto al requisito
dell'inserimento nell'organico dell'ente
appaltante rispetto a quello del titolo di
studio, il quale, pertanto, deve comunque
essere adeguato rispetto alla prestazione
oggetto della gara.
L’art. 84, comma 8, del d.lgs. n. 163 del
2006, in primis prevede che i
commissari diversi dal presidente siano
selezionati tra i funzionari della stazione
appaltante, ma nel caso di accertata carenza
in organico di adeguate professionalità e
quindi di personale munito del necessario
titolo di studio, la scelta deve ricadere
tra funzionari di amministrazioni
aggiudicatrici, ovvero con un criterio di
rotazione tra gli appartenenti alle seguenti
categorie:
a) professionisti, con almeno dieci anni di
iscrizione nei rispettivi albi
professionali, nell’ambito di un elenco,
formato sulla base di rose di candidati
fornite dagli ordini professionali;
b) professori universitari di ruolo,
nell’ambito di un elenco, formato sulla base
di rose di candidati fornite dalle facoltà
di appartenenza.
Per le ragioni esposte, assorbita ogni altra
doglianza, atteso ché l’accoglimento della
censura relativa alla illegittima
composizione della commissione giudicatrice
invalida in radice tutti gli atti della
procedura di gara e della conclusiva
aggiudicazione, il ricorso in epigrafe deve
essere accolto e per l'effetto vanno
annullati i provvedimenti impugnati (TAR
Basilicata, Sez. I,
sentenza 17.05.2010 n. 280 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: G.U.
17.05.2010 n. 113 "Regolamento sulla
istruttoria dei quesiti giuridici"
(Autorità per la Vigilanza su Contratti
Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture,
provvedimento 04.05.2010). |
APPALTI:
Concorrenti dotate di
certificazione di qualità - Riduzione della
cauzione provvisoria - Presupposto -
Corrispondenza tra la categoria prevalente
dei lavori e quella a cui si riferisce la
certificazione.
La facoltà di dimezzare la cauzione
provvisoria, concessa alle concorrenti
dotate di certificazione di qualità è
giustificata dalla maggiore affidabilità
strutturale ed operativa dell'impresa.
E’ pertanto necessario che tale requisito
sia posseduto con riferimento all'oggetto
specifico dell'appalto: deve ciò esservi
corrispondenza tra la categoria prevalente
dei lavori posti in gara e quella a cui si
riferisce la certificazione di qualità (da
ultimo, TAR Puglia Bari, sez. I, 03.06.2009,
n. 1379 e già, perspicuamente, TAR Campania
Napoli, sez. I, 28.06.2005, n. 8841) (TAR
Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 14.05.2010 n. 6538 -
link a www.ambientediritto.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Associazione per
cooptazione - Evenienza ordinaria
contemplata dalla disciplina di riferimento.
In tema di appalti di lavori, la cd.
associazione per cooptazione va ritenuta “evenienza
positivamente contemplata dalla disciplina
di riferimento”, che, come tale, “non
esonda dai canoni di ordinarietà” (TAR
Lazio Roma, sez. III, 11.11.2009, n. 11084).
Principio di unicità
dell’impresa ausiliaria - Art. 49, c. 6
d.lgs. n. 163/2006 - Interpretazione.
L’art. 49, 6° comma d.lgs. 163/2006 (nella
specie, nella sua rigida formulazione
antecedente al successivo temperamento
apportato con il d.lgs. n. 152 del 2008,
inapplicabile ratione temporis acti)
va semplicemente inteso , (in conformità al
non contrastato orientamento
giurisprudenziale e al diffuso intendimento
dottrinario, fondato sul non equivoco tenore
testuale della disposizione non meno che
sulla ratio legis, intesa ad evitare
l’eccessivo frazionamento dei requisiti e la
consequenziale parcellizzazione delle
reponsabilità: cfr., da ultimo, TAR Piemonte
Torino, sez. I, 30.03.2009, n. 837) nel
senso di vietare non già il ricorso ad
un’unica ausiliaria per più di una categoria
di qualificazione, sibbene il ricorso a più
ausiliarie per un’unica categoria di
qualificazione (c.d. divieto di avvalimento
o -si paret - principio di unicità
dell’impresa ausiliaria).
Disciplina di gara -
Dichiarazione di sopralluogo - Finalità -
Garanzia in favore dell’amministrazione.
Con riferimento alle clausole della
disciplina di gara che prevedono apposite
dichiarazioni dei concorrenti di aver
visitato i luoghi di esecuzione dei lavori o
dei servizi e di aver preso conoscenza delle
condizioni locali che possono incidere sulla
determinazione dei prezzi e delle condizioni
contrattuali (già prevista, per i lavori
pubblici, l’art. 1 d.p.r. 16.07.1962 n.
1063), la giurisprudenza esattamente
distingue tra dichiarazione di sopralluogo a
cura del partecipante e verbale di
sopralluogo a cura della stazione
appaltante, considerando generalmente
sufficiente ai fini dell'ammissione alla
gara la dichiarazione di sopralluogo a
prescindere dalle modalità con cui esso sia
stato eseguito, a meno che non sia
espressamente richiesto anche uno specifico
verbale di sopralluogo sulle relativa
modalità (cfr. Cons. Stato, sez. IV,
06.02.2001, n. 3063; Id., sez. V.,
09.05.2000, n. 2668 e Id., sez. V,
30.06.2003, n. 2668); d’altra parte, la
funzione della ridetta dichiarazione è
unicamente quella di precludere
all'appaltatore contestazioni basate
sull'asserita mancata conoscenza dei luoghi
e di ridurre al minimo le possibilità di
modifiche contrattuali in sede di
esecuzione, per cui l’onere posto a carico
dell'impresa di visitare i luoghi
dell'appalto prima di formulare la propria
offerta è posto essenzialmente a garanzia
dell'Amministrazione, garanzia che tale
dichiarazione comunque viene ad assolvere
anche nell'ipotesi cui l'impresa non avesse
effettivamente preso visione delle
condizioni locali dell'appalto per sua
libera scelta (cfr. Cons. Stato, sez. V,
07.07.2005, n. 3729) (TAR Campania-Salerno,
Sez. I,
sentenza 14.05.2010 n. 6537 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Appartiene alla
giurisdizione esclusiva del g.a.
l'impugnazione degli atti di una gara ad
evidenza pubblica per la scelta del
contraente cui affidare un appalto pubblico
di fornitura.
La commissione di gara non può in alcun caso
introdurre ulteriori elementi di valutazione
delle offerte rispetto a quelli indicati
nella lex specialis.
Ai sensi dell'art. 244 c. 1, d.lvo.
12.04.2006 n. 163, l'impugnazione degli atti
di una procedura di una gara ad evidenza
pubblica per la scelta del contraente, cui
affidare un appalto pubblico di fornitura, a
partire dal bando di gara fino al
provvedimento di aggiudicazione definitiva,
appartiene alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo, cui è tuttavia
preclusa ogni indagine sulla sorte del
contratto conseguente all'annullamento
dell'aggiudicazione.
In attuazione dei principi di legalità, buon
andamento, imparzialità, par condicio e
trasparenza, la commissione di gara non può
in alcun caso introdurre ulteriori elementi
di valutazione delle offerte rispetto a
quelli indicati nella lex specialis,
ovvero modificare quelli in essa contenuti
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 14.05.2010 n. 2959 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
In caso di modulistica
non conforme al disciplinare di gara è
sempre ammesso il potere di integrazione
della documentazione richiesta dal bando a
pena di esclusione.
L’applicazione dei principi in materia di
favor partecipationis e di tutela
dell’affidamento osta all’esclusione di
un’impresa in caso di compilazione
dell’offerta in conformità al modulo
approntato dalla stazione appaltante,
potendo eventuali parziali difformità
rispetto al disciplinare costituire oggetto
di richiesta di integrazione.
Nel caso di specie, la mancata indicazione
nel fac-simile di domanda di partecipazione
allegata al disciplinare di alcune delle
dichiarazioni, da rendere a pena di
esclusione presenti nel disciplinare, non
poteva essere considerata circostanza tale
da indurre in errore l’impresa partecipante,
non trattandosi di un’ipotesi di contrasto
tra le prescrizioni contenute nel
disciplinare e quelle contenute nella
allegata modulistica, ma di mancato richiamo
nella seconda di dichiarazioni espressamente
e chiaramente indicate come necessarie nel
capitolato e presidiate dalla clausola di
esclusione (TAR Molise,
sentenza 14.05.2010 n. 213 - link
a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
G. Guzzo,
L’APPALTO PUBBLICO: FISIOLOGIA E PATOLOGIA
DELLA VICENDA CONTRATTUALE NEL NUOVO SCHEMA
LEGISLATIVO E GIURISPRUDENZIALE
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla sussistenza della
giurisdizione del g.a. per la controversia
relativa al recesso da parte di comune da un
consorzio costituito ai sensi dell'art. 31
del d.lgs. n. 267 del 2000.
Allorché uno degli Enti locali partecipanti
deliberi di recedere dal consorzio
costituito ai sensi dell'art. 31 del d.lgs.
n. 267 del 2000, ci si trova in presenza
dell'esercizio di un potere discrezionale
conferito dalla legge in capo allo stesso
Ente deliberante, tale da radicare la
giurisdizione del giudice amministrativo.
Il consorzio tra Comuni è una particolare
forma associativa prevista dalla legge,
avente natura di ente pubblico, "per la
gestione associata di uno o più servizi"
nonché "per l'esercizio associato di
funzioni": esso è quindi preordinato
alla realizzazione di un servizio o di una
funzione pubblica tale da assicurare, date
le circostanze del caso concreto e previa
valutazione delle necessità del territorio,
maggiore affidamento di riuscita rispetto ad
una gestione diretta lasciata alle
amministrazioni singolarmente.
La decisione di entrare a far parte di un
consorzio -e, correlativamente, quella di
recedervi- è quindi preordinata alla
migliore gestione (o almeno, a quella
discrezionalmente ritenuta tale) del
servizio pubblico che di volta in volta
viene in considerazione: le relative
deliberazioni prese dall'Ente locale,
pertanto, rappresentano una modalità di
esercizio del potere discrezionale che la
legge conferisce all'amministrazione locale
per la migliore gestione del servizio
pubblico.
Non può dunque sostenersi, che i rapporti
tra il consorzio e gli enti che ne fanno
parte siano da inquadrare nei binari del
diritto soggettivo e non dell'interesse
legittimo: ne deriva, per le relative
controversie, in base ai principi generali,
la giurisdizione del giudice amministrativo
(TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 13.05.2010 n. 2388 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
ANNULLAMENTO DELLA GARA
E RISARCIMENTO DELLA LESIONE DELL'INTERESSE
POSITIVO E DELL'INTERESSE NEGATIVO.
1. Giudizio
amministrativo - Risarcimento danno - Prova
- Della spettanza dell'aggiudicazione -
Necessarietà - Al fine della tutela
dell'interesse positivo - Ragioni.
2. Giudizio amministrativo - Risarcimento
danno - Perdita di chance - Casi - Ragioni.
3. Responsabilità - Civile - Risarcimento
danni - Responsabilità precontrattuale -
Sussistenza - Ipotesi - Profili.
1.
Chi agisce a tutela del c.d. interesse
positivo che assume leso dalla mancata
aggiudicazione imputabile all'illegittimo
svolgimento della procedura di gara da parte
della stazione appaltante, deve fornire la
prova circa la spettanza della
aggiudicazione, nonché elementi sufficienti
(rappresentati essenzialmente dai caratteri
della proposta migliorativa) per consentire
al giudice di formulare un giudizio di
prognosi postuma favorevole in una
fattispecie in cui il metodo di
aggiudicazione prescelto -quello cioè
dell'offerta economicamente più vantaggiosa-
non consente al giudice di sostituire il
proprio metro di valutazione delle offerte a
quello proprio della stazione appaltante
stante l'ampia opinabilità dei criteri
tecnici da applicare nella formulazione dei
giudizi in questione.
2.
In relazione al c.d. interesse negativo,
quello cioè a non vedersi coinvolta in una
trattativa inutile per fatto illecito
imputabile alla controparte con conseguente
diritto al rimborso delle spese di
partecipazione sostenute ed, eventualmente,
delle mancate occasioni di guadagno, non può
configurarsi un danno da perdita di chance
quando l'alea oggettivamente connessa al
metodo di aggiudicazione prescelto non
consente di configurare in concreto alcuna
ragionevole probabilità di aggiudicazione
tale da assurgere a posta attiva del
patrimonio dell'istante suscettibile di
ristoro per equivalente in caso di sua
lesione contra ius; si tratta, a ben
vedere, di una mera possibilità di
aggiudicazione che, in quanto
statisticamente non rilevante, non assurge
ad interesse meritevole di tutela per
l'ordinamento ai fini della tutela aquiliana
(Cass., SS.UU., n. 500/1999).
3.
Meritevole di accoglimento è la domanda di
risarcimento danni a titolo di
responsabilità precontrattuale quando la
stazione appaltante, con grave negligenza,
ha posto in essere una sequenza
procedimentale violativa di basilari
principi di imparzialità e trasparenza, in
tal modo rendendo vano l'investimento
economico dell'impresa ricorrente che si è
pertanto vista coinvolta in una procedura
infruttuosa, con conseguente illecita
lesione della propria libertà negoziale ai
sensi e per gli effetti dell'art. 1337, Cod.
Civ. (massima tratta da
http://mondolegale.it -
TAR Molise,
sentenza 12.05.2010 n. 208 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Appalti,
il negoziato è l'eccezione. Novità del
procedimento che riduce la discrezionalità
mantenendo la flessibilità operativa.
Procedura di gara snella e innovativa a
scelta del contraente.
La procedura negoziata previa pubblicazione
di un bando di gara, disciplinata dall'art.
56 del D.Lgs. n. 163/2006 (così detto «Codice
dei contratti pubblici»), è una
procedura di scelta del contraente che
costituisce una specie di spartiacque tra la
rigida formalizzazione delle procedure
aperte e ristrette e la maggiore snellezza
operativa che invece caratterizza, sempre
nel rispetto dei principi generali
dell'attività contrattuale pubblica, le
procedure negoziate.
Inoltre, è una procedura che si caratterizza
per alcuni aspetti innovativi di grande
interesse, introdotti dal legislatore
comunitario e recepiti fedelmente dalla
norma nazionale, che possono, però,
presentare qualche difficoltà a livello
operativo.
Aspetti generali.
Il tratto comune della procedura negoziata
preceduta da bando di gara rispetto alle
altre procedure negoziate disciplinate dal
Codice è che si tratta di una procedura
eccezionale, utilizzabile, cioè, nei soli
casi e alle condizioni specifiche
espressamente previste dalla norma. Dopo le
modifiche introdotte dal secondo decreto
correttivo al Codice dei contratti (D.Lgs.
n. 113/2007), le ipotesi di ricorso alla
procedura negoziata preceduta da bando di
gara sono rimaste solo due: quando, dopo
l'esperimento di una procedura aperta o
ristretta o di un dialogo competitivo, tutte
le offerte presentate sono irregolari oppure
inammissibili, in ordine a quanto disposto
dal Codice in relazione ai requisiti degli
offerenti e delle offerte, purché restino
sostanzialmente ferme le condizioni iniziali
del contratto (lettera «a del comma 1
dell'art. 56, applicabile a forniture e
servizi di qualsiasi importo e a lavori fino
a 1 milione di euro); nel caso di appalti di
lavori pubblici realizzati unicamente a
scopo di ricerca, sperimentazione o messa a
punto, e non per assicurare una redditività
o il recupero dei costi di ricerca e
sviluppo (lettera «d» del comma 1 dell'art.
56, applicabile ai soli lavori,
indipendentemente dall'importo) ... (articolo
ItaliaOggi del 12.05.2010). |
APPALTI:
La clausola del bando
che prescrive la presentazione attraverso la
posta o a mezzo dei servizi privati di
recapito postale ma non vieta espressamente
la consegna diretta dell'offerta deve essere
intesa come indicativa della possibilità di
tale consegna.
La regola generale della presentazione
diretta dell’offerta costituisce principio
di libertà che non può essere derogata dal
bando di gara, in quanto espressione
dell’esigenza di rendere immuni i
concorrenti dal rischio del mancato rispetto
di formalità che non sono nella loro
disponibilità (Consiglio Stato, sez. VI,
26.09.2003, n. 5504).
Pertanto, la clausola del bando che
prescrive la presentazione attraverso la
posta o a mezzo dei servizi privati di
recapito postale ma non vieta espressamente
la consegna diretta dell’offerta deve essere
intesa come indicativa della possibilità di
tale consegna (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 11.05.2010 n. 2835 -
link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'illegittimità
dell'affidamento diretto a delle cooperative
del servizio di igiene urbana ai sensi
dell'art. 5 L. 08.11.1991, n. 381.
E' illegittimo l'affidamento diretto a delle
cooperative del servizio di igiene urbana ai
sensi dell'art. 5 L. 08.11.1991, n. 381.
L'art. 5, c. 1, della citata L. 38/1991
sull'inserimento lavorativo delle persone
svantaggiate, infatti, nel riferirsi alla "fornitura
di beni e servizi", offre agli enti
pubblici e alle società di capitali a
partecipazione pubblica la possibilità di
stipulare, anche in deroga alla disciplina
in materia di contratti della pubblica
amministrazione, con le cooperative che
svolgono attività agricole, industriali,
commerciali o di servizi finalizzate
all'inserimento lavorativo di persone
svantaggiate, convenzioni aventi ad oggetto
la fornitura di beni e servizi -diversi da
quelli socio-sanitari ed educativi e di
importo inferiore a quello preso in
considerazione dalle direttive comunitarie
in materia di appalti- in favore
dell'amministrazione richiedente e non già
l'affidamento di servizi pubblici locali,
quale è quello di igiene urbana (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 11.05.2010 n. 2829 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Le valutazioni in ordine
alla gravità delle condanne riportate dai
concorrenti ad una gara ad evidenza pubblica
ed alla loro incidenza sulla moralità
professionale spettano esclusivamente alla
stazione appaltante e già al concorrente
medesimo.
Questi è pertanto obbligato a indicare tutte
le condanne riportate, non potendo operare
alcuna selezione delle condanne
eventualmente riportate ed omettendo
pertanto la dichiarazione di alcune di esse
sulla base meri criteri personali.
L’esistenza di false dichiarazioni sul
possesso dei requisiti, quali la mancata
dichiarazione di sentenze penali di
condanna, si configura come causa autonoma
di esclusione.
Secondo un consolidato indirizzo
giurisprudenziale, da cui non vi è motivo di
discostarsi, le valutazioni in ordine alla
gravità delle condanne riportate dai
concorrenti ad una gara ad evidenza pubblica
ed alla loro incidenza sulla moralità
professionale spettano esclusivamente alla
stazione appaltante e già al concorrente
medesimo.
Questi è pertanto obbligato a indicare tutte
le condanne riportate, non potendo operare
alcuna selezione delle condanne
eventualmente riportate ed omettendo
pertanto la dichiarazione di alcune di esse
sulla base meri criteri personali (C.d.S.,
sez. IV, 10.02.2009, n. 740; sez. V,
06.12.2007, n. 6221).
Orbene, nel
caso in esame, non vi è alcun dubbio sulla
circostanza (giammai oggetto di qualsiasi
contestazione) che effettivamente nella
autodichiarazione resa dal legale
rappresentante dell’Impresa Pietro Vitali
s.r.l. ai fini della partecipazione alla
gara di cui si discute era stata omessa
l’indicazione delle sentenze penali di
condanne pronunciante nei confronti dei
signori Pietro e Mosè Vitali.
E’ stata in tal modo violata espressamente
la lex specialis di gara, come ha
puntualmente precisato l’amministrazione
appaltante nella motivazione dell’impugnato
provvedimento di decadenza
dall’aggiudicazione, atteso che “…la
legge –nonché il bando e il disciplinare di
gara con relativi allegati– obbliga(va) i
partecipanti alle gare a rendere
dichiarazioni complete e veritiere, recanti
l’esatta indicazioni di tutti i precedenti
penali, ivi inclusi quelli per i quali sia
stato concesso il beneficio della non
menzione”.
Sul punto deve ricordarsi che è stato
altrettanto condivisibilmente affermato che
l’esistenza di false dichiarazioni sul
possesso dei requisiti, quali la mancata
dichiarazione di sentenze penali di
condanna, si configura come causa autonoma
di esclusione (sez. V, 12.04.2007, n. 1723)
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 11.05.2010 n. 2822 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).
---------------
Il Consiglio di Stato conferma il
pronunciamento del TAR Lombardia-Milano,
Sez. I,
sentenza 02.07.2009 n. 4257 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: VERIFICA
A CAMPIONE.
In sede di verifica a campione, ai sensi
dell’articolo 48 del Codice dei contratti
pubblici (D.lgs n. 163/2006), il possesso
dei requisiti di capacità
economico-finanziaria e
tecnico-organizzativa, eventualmente
richiesti nel bando di gara, non può essere
dimostrato mediante la dichiarazione
sostitutiva di atto di notorietà.
E’ quanto significativamente affermato dal
TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II, nella
sentenza 11.05.2010 n. 717, ove
viene fornita un’importante precisazione in
merito alle modalità di comprovazione dei
requisiti “speciali”, in sede di
verifica a campione.
Ad avviso dei giudici calabresi, la
richiesta della stazione appaltante di
pretendere il deposito dell’originale o di
copia autentica della documentazione, è
pienamente legittima, in quanto conforme
all’articolo 48. Di conseguenza, non può che
palesarsi come pienamente legittimo il
provvedimento di esclusione.
La tesi avanzata dal Tar è pienamente
condivisibile, in virtù delle seguenti
considerazioni. In primo luogo, una ragione
letterale, la quale discende proprio dal
mero tenore letterale dell’articolo 48 del
Codice, laddove si prescrive l’obbligo di
…..comprovare, entro dieci giorni dalla data
della richiesta medesima, il possesso dei
requisiti ….., presentando la documentazione
richiesta in detto bando o nella lettera di
invito.
La lettera della norma sembra porre una
connessione stretta fra comprovazione del
possesso dei requisiti e presentazione di
adeguata documentazione, in modo tale da
escludere la possibilità del ricorso
all’autocertificazione. In altri termini, la
documentazione da presentare, la quale deve
adeguatamente comprovare il possesso dei
requisiti, toglie spazio all’applicazione
dell’autocertificazione.
Benvero, l’articolo 48, laddove prevede le
misure da applicare in caso di esito
negativo della verifica, parla proprio di
prova non fornita e di prova non confermante
le dichiarazioni contenute nella domanda di
partecipazione o nell’offerta. Tale prova
non può ridursi ad una mera ripetizione
delle dichiarazioni autocertificative
effettuate in sede di gara! In secondo
luogo, sussiste una ragione di ordine
logico. Infatti, dato atto che, in sede di
gara, il possesso dei requisiti è attestato
da una serie di numerose autocertificazioni,
non ha alcun senso, in sede di verifica a
campione, ripetere tali dichiarazioni, senza
fornire ed allegare alcuna documentazione.
Una verifica siffatta non avrebbe alcun
senso!
Infine, occorre considerare che proprio la
norma, parlando di documentazione indicata
nel bando o nella lettera di invito, fa
riferimento ad un qualcosa di diverso, ad un
“quid novi”, rispetto ad un ulteriore
ed inutile ripetizione di dichiarazioni
autocertificative. Il bando o la lettera di
invito indicano precisi documenti ed è
indubbio che questi debbano essere
presentati, non trovando spazio alcuno il
ricorso all’autocertificazione.
Invero, la plausibile tesi avanzata dal Tar
Calabria risulta confortata anche dalla
pregressa giurisprudenza: “L'autocertificazione
di atti, fatti e qualità personali, pur
costituendo principio generale nei rapporti
con la Pubblica amministrazione, non è
utilizzabile nell'ipotesi in cui
quest'ultima, attivando lo speciale
procedimento di cui all'articolo 10, comma
1-quater L. n. 109/1994, effettui verifiche
a campione sull'effettivo possesso dei
requisiti richiesti in capo ai partecipanti
ad una gara d'appalto” (Consiglio di
Stato, sez. V, n. 6768/2002).
Ancor più chiaramente: “Non appare
conforme allo spirito ed alla lettera della
norma la produzione di autocertificazioni,
al fine di dimostrare il possesso dei
requisiti; al riguardo, va preso in
considerazione innanzitutto il tenore della
norma. La lettera della norma sembra porre
una connessione stretta fra comprovazione
del possesso dei requisiti e presentazione
di adeguata documentazione, in modo tale da
escludere la possibilità del ricorso
all’autocertificazione. In altri termini, la
documentazione da presentare, la quale deve
adeguatamente comprovare il possesso dei
requisiti, toglie spazio all’applicazione
dell’autocertificazione” (Tar Liguria,
sez. II, n. 1282/2001) (commento tratto
dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
In sede di verifica a
campione ex art. 48 del d.lgs. n. 163 del
2006 (Codice dei contratti pubblici), i
requisiti di capacità economico-finanziaria
non possono essere dimostrati mediante la
dichiarazione sostitutiva di atto di
notorietà .
Sull'interpretazione delle sanzioni previste
(incameramento della cauzione e segnalazione
all'AVCP) dall'art. 48 del d.lgs. n. 163 del
2006.
In sede di verifica a campione ex art. 48
del d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei
contratti pubblici), i requisiti di capacità
economico-finanziaria non possono essere
dimostrati mediante la dichiarazione
sostitutiva di atto di notorietà ai sensi
dell'art. 47 del d.p.r. n. 445 del 2000.
Deve rilevarsi, infatti, che nei rapporti
con l'amministrazione è necessario
distinguere due fasi: "quella iniziale,
nella quale può farsi legittimamente uso
della dichiarazione sostitutiva di atto
notorio contestualmente alla presentazione
della domanda di partecipazione alla gara e
quella, successiva, nella quale
l'attestazione del possesso dei requisiti di
partecipazione deve essere necessariamente
compiuta per mezzo della documentazione
pubblica certificativa della qualità o dello
stato richiesti e non può essere ammessa
anche la modalità della dichiarazione
sostitutiva di atto di notorietà". La
regola della mancanza di validità delle
dichiarazioni sostitutive di atto di
notorietà, dunque, tende ad evitare che
l'impresa possa depositare in sede di
verifica a campione la medesima
documentazione presentata in sede di
presentazione dell'offerta. Tale regola può
subire delle eccezioni unicamente nei casi
in cui si tratti di dimostrare il possesso
di documenti che siano già in possesso
dell'amministrazione o che comunque essa
stessa è tenuta a certificare (cfr. art. 43
del d.p.r. n. 445 del 2000).
L'art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede
che quando l'impresa non fornisce la prova
dei requisiti richiesti dall'amministrazione
ovvero non confermi le dichiarazioni
contenute nella domanda di partecipazione o
nell'offerta, le stazioni appaltanti
procedono non soltanto all'esclusione del
concorrente dalla gara, ma anche
all'escussione della relativa cauzione
provvisoria e alla segnalazione del fatto
all'Autorità. Tale disposizione va,
tuttavia, interpretata secondo un criterio
logico e in relazione alla circostanza che
non si debba trattare di una violazione
lieve, tenendo conto anche della buona fede
dell'impresa. Per stabilire dunque se la
violazione sia stata non lieve occorre avere
riguardo alla natura dell'"inadempimento" e
agli effetti che ciò ha determinato sullo
svolgimento della procedura di gara.
Nel caso di specie, la stazione appaltante
non ha accertato la mancanza dei requisito
ma ha riscontrato un'anomalia nelle modalità
formali di dimostrazione del requisito
richieste legittimamente dalla lex
specialis. Inoltre, il comportamento
dell'impresa non ha inciso negativamente
sulla gara alterando il gioco della libera
concorrenza. Ne consegue che deve essere
parzialmente annullato l'atto con cui è
stato disposto, unitamente alle "altre
sanzioni", l'incameramento della cauzione
provvisoria (TAR Calabria-Catanzaro, Sez.
II,
sentenza 11.05.2010 n. 717 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sui limiti del diritto
di accesso agli atti di gara.
L'art. 13, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006
(Codice dei contratti) prevede, a tutela del
diritto alla riservatezza dei partecipanti
alle procedure di affidamento, l'esclusione
del diritto di accesso e di ogni forma di
divulgazione in ordine alle informazioni
fornite dai concorrenti nell'ambito delle
giustificazione delle proprie offerte, che
costituiscano segreti tecnici o commerciali,
ciò al fine di evitare che operatori
economici in diretta concorrenza tra loro
possano utilizzare l'accesso unicamente per
giovarsi delle specifiche conoscenze
possedute da altri, allo scopo di conseguire
un indebito vantaggio commerciale
all'interno del mercato.
Tuttavia, l'esclusione del diritto di
accesso è subordinata alla manifestazione di
interesse da parte del concorrente al quale
si riferiscono i documenti cui altri intende
accedere. D'altra parte, l'art. 13, d.lgs.
n. 163/2006, al comma 6 consente l'accesso
finalizzato alla difesa in giudizio dei
propri interessi in relazione alla procedura
di affidamento del contratto nell'ambito
della quale viene formulata la richiesta di
accesso. Detta previsione sancisce la
prevalenza del c.d. accesso difensivo,
disposta dall'art. 24, c. 7, l. n. 241/1990
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 10.05.2010 n. 2814 -
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APPALTI: R.T.I.
COSTITUENDI E INTESTAZIONE DELLA POLIZZA
FIDEIUSSORIA.
1.Appalto di servizi -
Cauzione - Di partecipazione - Intestazione
- A tutte le imprese del R.T.I. partecipante
alla gara - Non è necessaria.
1.
Nel caso di partecipazione a una gara di
appalto di un costituendo raggruppamento
temporaneo di imprese, è necessario non
tanto che la polizza fidejussoria sia
intestata a tutte le imprese che vi fanno
parte, quanto piuttosto che la garanzia sia
operativa nei confronti di tutti i
partecipanti al raggruppamento.
Ciò che rileva è che la polizza fideiussoria
garantisca i rischi connessi al possibile
inadempimento di tutte le imprese
dell'A.T.I. costituenda (in particolare il
rischio relativo alla mancata sottoscrizione
del contratto d'appalto per fatto
dell'aggiudicatario).
Diversamente ragionando si determinerebbe
una carenza di garanzia per la stazione
appaltante tante volte quante la mancata
sottoscrizione non sia imputabile alla
capogruppo designata ma alle mandanti; ciò,
in ipotesi, in quanto:
a) sono state queste ultime a non conferire
il mandato alla capogruppo designata messa
così nella impossibilità di sottoscrivere il
contratto;
b) le dichiarazioni non veritiere circa il
possesso dei requisiti individuali di
partecipazione sono state rese da una delle
mandanti (peraltro non è configurabile una
ipotesi di responsabilità indiretta o per
fatto altrui della capogruppo che non
potrebbe essere chiamata a rispondere per
fatto di altro soggetto) (Cons. Stato, Ad.
Plen., 04.10.2005 n. 8; Cons. Stato
21-11-2006 n. 680; TAR Lombardia Milano,
sez. I, 19-04-2007 n. 1876; TAR Sardegna,
sez. I, n. 1116/2008; TAR Calabria
Catanzaro, sez. I, n. 317/2008; Cons. Stato,
sez. V, n. 2400/2009; Cfr. TAR Emilia
Romagna, sez. I, n. 617/2009) (massima
tratta da http://mondolegale.it/ - TAR
Veneto, Sez. I,
sentenza 07.05.2010 n. 1843 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
IL GIUDICE COMPETENTE IN
MATERIA DI SORTE DEL CONTRATTO.
Il Tar Veneto delinea un’esaustiva e chiara
illustrazione degli sviluppi
giurisprudenziali e normativi in materia di
giudice competente, laddove insorga il
problema dell’efficacia del contratto di
appalto, a seguito dell’annullamento di una
procedura di gara.
Precisamente, viene affermato che: “nell'ipotesi
di contratto stipulato da una Pubblica
amministrazione, sulla base di una procedura
di aggiudicazione risultata poi illegittima,
sussiste la giurisdizione del G.A. in merito
alla pronuncia di invalidità- inefficacia
del contratto medesimo. Infatti, come
statuito recentemente dalla Corte di
cassazione, sussiste la necessità di un
esame congiunto della domanda di invalidità
dell'aggiudicazione e di privazione degli
effetti del contratto stipulato, nonostante
l'annullamento della gara, e ciò in virtù
dei principi di concentrazione, effettività
e ragionevole durata del giusto processo che
la normativa comunitaria impone agli Stati
membri di attuare. Quanto detto risulta,
inoltre, pienamente conforme al principio di
effettività della tutela, previsto dagli
articoli 24 e 111 Cost.”.
I giudici amministrativi veneti prendono
atto, primariamente, che, a seguito
dell’accoglimento di entrambi i ricorsi,
principale ed incidentale, stante la
partecipazione di due soli operatori
economici, illegittimamente ammessi, può
considerarsi del tutto inefficace il
contratto di appalto stipulato. Il Tar
ritiene di poter esercitare tale potere
(declaratoria di inefficacia del contratto),
sulla base delle statuizioni espresse dalla
Suprema corte, nella sentenza Sezioni Unite,
n. 2096/2010.
Invero, il Tar si rende conto che il reale
problema è rappresentato dal fatto che,
all’epoca del’insorgere del contenzioso
(luglio 2009), non solo non era stato
emanato il decreto attuativo della Direttiva
ricorsi, ma non era neppure spirato il
termine per la recezione medesima
(20.12.2009). Infatti, prima dell’indicato
intervento della Cassazione, predominava
l’orientamento, secondo il quale le
controversie relative ai contratti rientrano
nell’alveo della giurisdizione del giudice
ordinario (CdS, Ap, n. 9/2008).
Tuttavia, aderendo alle novelle statuizioni
della Cassazione, il Tar ritiene che il
diritto comunitario, consacrato nelle
direttive, incide nel sistema
giurisdizionale interno anche
retroattivamente, esigendo la trattazione
unitaria delle domande di annullamento del
procedimento di affidamento dell'appalto e
di caducazione del contratto stipulato per
effetto dell'illegittima aggiudicazione.
Si tratta di una posizione, che presenta un
duplice pregio. In primo luogo, appare
pienamente conforme al principio
costituzionale di effettività della tutela
(artt. 24 e 111 Cost.). In secondo luogo,
occorre prendere atto che la rilevanza della
connessione, fra illegittimità della
procedura di gara ed effetti sul contratto
stipulato, denegata in passato per la
cognizione congiunta della lesione degli
interessi legittimi e dei diritti
conseguenti, non è più oggi contestabile,
proprio per la presenza della nuova
direttiva comunitaria, “incidente sulla
ermeneutica delle norme interne (art. 117),
che è vincolante in tale senso per
l'interprete”.
Dunque, può “farsi rientrare nell’ambito
della giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo sia l'annullamento della gara
e dell'aggiudicazione che la domanda di
privazione degli effetti del successivo
appalto concluso dalla stazione appaltante
con la contraente scelta in modo illegittimo”.
La tesi, avanzata dal Tar Veneto, secondo
cui sussiste la giurisdizione esclusiva del
G.A., in tema di sorte del contratto, anche
per le controversie antecedenti all’entrata
in vigore del D.Lgs n. 53/2010, è stata
propugnata anche da un altro tribunale
amministrativo di primo grado.
Precisamente, il Tar Calabria, sez.
Catanzaro, con la sentenza numero 457 del
12.04.2010, ha affermato che, sul piano
costituzionale, la giurisdizione esclusiva
estesa al contratto è compatibile con il
modello di giustizia amministrativa,
delineato dall'articolo 103 della
Costituzione. La giurisdizione esclusiva si
giustifica in ragione del “collegamento”
stretto tra la fase amministrativa e la fase
negoziale di conclusione del contratto. Tale
collegamento deriva dal fatto che il vizio
del contratto, ad avviso del Tar calabrese,
è conseguenza del vizio del provvedimento.
In presenza di un vizio autonomo del
contratto tale nesso, viceversa, verrebbe
meno.
In definitiva, osservano i giudici
amministrativi veneti, la giurisdizione
esclusiva si giustifica, sul piano
costituzionale, non soltanto in presenza di
un intreccio di interessi legittimi e
diritti soggettivi, nonché di diritti
soggettivi incisi dall'esercizio di un
potere amministrativo (Corte cost. n.
32/2010), ma anche in presenza di interessi
legittimi e diritti soggettivi “separati”,
ma, nondimeno, strettamente collegati
(commento tratto dalla newsletter di
www.centrostudimarangoni.it -
TAR Veneto,
Sez. I,
sentenza 07.05.2010 n. 1838 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
L'incameramento della
cauzione provvisoria in caso di mancata
osservazione delle regole del patto di
integrità non equivale a sanzione
amministrativa.
Il Comune di Milano ha adottato un patto di
integrità che racchiude regole di
comportamento per le imprese, partecipanti
ad una gara, già desumibili dalla disciplina
positiva relativa alle procedure di evidenza
pubblica e dai principi attinenti la
materia.
Al momento della presentazione della domanda
di partecipazione ad una gara il comune
chiede la sottoscrizione del medesimo patto
alle imprese. La procedura ha elevato
l’accettazione di tale patto a presupposto
necessario e condizionante per la
partecipazione delle imprese alla specifica
gara di cui trattasi.
L'impresa concorrente, inoltre, con la
sottoscrizione, all’atto della presentazione
della domanda, del patto d'integrità,
accetta regole del bando che rafforzano
comportamenti già doverosi per coloro che
sono ammessi a partecipare alla gara (nella
specie, la regola di non compiere atti
limitativi della concorrenza) e che
prevedono, in caso di violazione di tali
doveri, sanzioni di carattere patrimoniale,
oltre la conseguenza, ordinaria a tutte le
procedure concorsuali, della estromissione
dalla gara.
Viene dunque a individuarsi, quindi,
innanzitutto, un onere, consistente nella
sottoscrizione per adesione delle regole
contenute nel Patto d'integrità,
configurandosi l’accettazione delle regole
in questo contenute come condizione
imprescindibile per poter partecipare alla
gara, e contestualmente dei doveri
comportamentali , accompagnati dalla
previsione di una responsabilità
patrimoniale, aggiuntiva alla esclusione
della gara, assunti su base pattizia
rinvenendosi la loro fonte nel Patto
d’integrità accettato dal concorrente con la
sottoscrizione.
La previsione dei doveri stabiliti dal patto
d’integrità con le correlative
responsabilità di ordine patrimoniale come
ulteriore prescrizione dei bandi di gara, è
legittima poiché si inquadra nell’ambito
dell’autonomia negoziale
dell’amministrazione, nell’invito a
contrattare, e di chi aspiri a diventare
titolare di un futuro contratto, con
l’accettazione dell’invito. Non si ravvisano
preclusioni nell’ordinamento positivo
soprattutto perché il patto contiene regole
conformi a principi già considerati
dall’ordinamento e già assistiti da
responsabilità patrimoniale (quale la buona
fede e la correttezza nelle trattative
contrattuali).
Se questo è il quadro di riferimento
l’escussione della cauzione provvisoria vale
unicamente ad identificare e a quantificare
fin dall’origine la conformazione e la
misura della responsabilità patrimoniale del
partecipante alla gara conseguente
all'inadempimento dell'obbligo assunto con
la sottoscrizione del patto d’integrità
(l’orientamento è stato più recentemente
confermato anche da Consiglio Stato, sez. V,
06.03.2006, n. 1053, secondo cui: il patto
d’integrità nel suo insieme e nelle singole
clausole assume il carattere di complesso di
regole di comportamento per le imprese, già
desumibili dalla disciplina positiva
relativa alle procedure di evidenza pubblica
e dai principi attinenti la materia e non
già di sanzione privata incompatibile con il
principio di legalità di cui all'art. 25
comma 2 cost.; ne consegue che
l’incameramento della cauzione non ha
carattere di sanzione amministrativa -come
tale riservata alla legge e non a fonti di
secondo grado o a meri atti della p.a.- ma
costituisce la conseguenza dell’accettazione
di regole e di doveri comportamentali,
accompagnati dalla previsione di una
responsabilità patrimoniale, aggiuntiva alla
esclusione della gara, assunti su base
pattizia, rinvenendosi la loro fonte nel
patto d’integrità accettato dal concorrente
con la sottoscrizione: da ultimo cfr. anche
Consiglio Stato, sez. V, 08.09.2008, n.
4267) (commento tratto da
www.doumnetazione.ancitel.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 07.05.2010 n. 1386 -
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APPALTI:
Sulla legittimità del
provvedimento di esclusione da una gara per
violazione del Patto di Integrità, allegato
al bando, conseguente alla presenza di forme
di collegamento sostanziale tra imprese,
riconducibili ad un unico centro
decisionale.
Sulla legittimità delle previsioni relative
all'escussione della cauzione provvisoria,
contenute nel Patto di Integrità allegato al
bando di gara.
E' legittimo il provvedimento di esclusione
adottato da una stazione appaltante
nell'ipotesi in cui emergano elementi tali
da far presumere l'esistenza di forme di
collegamento sostanziale tra imprese
concorrenti, riconducibili ad un unico
centro di interessi, in quanto siffatta
condotta vìola le prescrizioni contenute nel
bando di gara, nonché nel Patto di
Integrità, con cui la società si è
espressamente impegnata a non accordarsi con
altri partecipanti per non limitare la
concorrenza; ciò, peraltro, pregiudica
seriamente il corretto svolgimento della
gara, anche alla luce della normativa
comunitaria, secondo cui il funzionamento
delle gare pubbliche è garantito soltanto
nel caso in cui le imprese partecipanti si
trovino in posizione di reciproca ed
effettiva concorrenza.
E' legittimo il Patto di Integrità nella
parte in cui prevede l'incameramento della
cauzione provvisoria, ciò in quanto esso
rappresenta un sistema di condizioni che
rafforzano comportamenti già doverosi per i
concorrenti, e che prevedono sanzioni a
carattere patrimoniale, nel caso di
violazione di detti doveri. Tale previsione,
unitamente alle relative responsabilità di
ordine patrimoniale, è da considerare
pienamente legittima, giacché siffatta
ipotesi va inquadrata nell'ambito
dell'autonomia negoziale sia
dell'amministrazione sia di chi aspiri a
diventare titolare di un futuro contratto.
L'escussione della cauzione provvisoria, nel
caso di specie, vale unicamente a
quantificare la misura della responsabilità
patrimoniale del partecipante alla gara,
conseguente all'inadempimento dell'obbligo
assunto con la sottoscrizione del patto
d'integrità, il quale assume, quindi, il
carattere di un complesso di regole
comportamentali per le imprese; ne consegue
che l'incameramento della cauzione non ha
carattere di sanzione amministrativa, come
tale riservata alla legge, ma costituisce la
conseguenza dell'accettazione di regole di
condotta, accompagnate dalla previsione di
una responsabilità patrimoniale, assunte su
base pattizia (TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza 07.05.2010 n. 1386 -
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APPALTI SERVIZI:
Rifiuti - Affidamento
servizi e forniture - Recesso dal contratto
- Esecuzione del contratto - Esercizio
diritto potestativo - Giurisdizione del
giudice ordinario - Sussiste.
Premesso che in linea generale, nelle
procedure aventi ad oggetto l'affidamento di
lavori, servizi e forniture, la cognizione
di comportamenti ed atti assunti prima
dell'aggiudicazione e nella successiva fase
compresa tra l'aggiudicazione e la stipula
del contratto, ivi compresa la revoca
dell'aggiudicazione, spetta alla
giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, mentre la successiva fase
contrattuale, afferente all'esecuzione del
rapporto, spetta alla giurisdizione del
giudice ordinario, l'accordo contrattuale
concluso in modo definitivo è da
considerarsi efficace e sussiste, invece, la
giurisdizione del giudice amministrativo nel
caso in cui il recesso scaturisca da
valutazioni che risultano essere espressioni
di un potere pubblicistico della
amministrazione (Cass., sez. un., 29.08.2008
n. 21928).
Il comune resistente recedendo dal contratto
avente per oggetto la gestione del servizio
di raccolta rifiuti e trasporto RSU
ingombranti, ha inteso pacificamente
azionare il diritto potestativo attribuito
da una specifica clausola del contratto
stipulato individuando nella partecipazione
ad ASM PAVIA SPA e nel conseguente
affidamento alla medesima del servizio
rifiuti, la forma di gestione più economica
e conveniente.
Appartiene alla cognizione dell'autorità
giudiziaria ordinaria il giudizio introdotto
con il ricorso diretto a dimostrare
l'illegittimità degli atti di recesso dalla
convenzione, e, in conseguenza, la
permanente validità del contratto: rileva la
tutela del diritto soggettivo perfetto
all'esecuzione del contratto ed alle
controprestazioni conseguenti. Infatti, il
reale oggetto del giudizio non è l'esercizio
di una pubblica funzione da parte
dell'Amministrazione, ma soltanto il
rapporto convenzionale intercorrente tra le
parti e le relative e reciproche posizioni
di diritto soggettivo e di obbligo (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 07.05.2010 n. 1385 -
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APPALTI:
Hanno interesse alla
impugnativa di una trattativa privata i
soggetti che, pur avendone i requisiti ed
aspirino alla partecipazione alla trattativa
stessa, non siano stati messi in grado di
prendere parte alla procedura.
Il servizio "fornitura del servizio di
ideazione, organizzazione, comunicazione,
etc., finalizzate alla realizzazione del
progetto di marketing territoriale", rientra
nella tipologia di contratti elencati
all'alleg. IIB del Codice dei contratti
pubblici.
Le imprese operanti in un determinato
settore sono legittimate ad impugnare la
delibera di affidamento di un servizio a
trattativa privata, ovvero le determinazioni
riguardanti le modalità di conferimento e
svolgimento del servizio, anche al solo fine
di ottenere l'annullamento della gara ovvero
dell'affidamento diretto, nonché il rinnovo
della procedura a cui intendono partecipare,
non avendo l'obbligo di documentare il
possesso di una capacità operativa
paragonabile a quella del soggetto
prescelto, in quanto ciò assume rilevanza
solo nella successiva fase di partecipazione
alla gara e di aggiudicazione. Pertanto,
hanno interesse a ricorrere avverso una
trattativa privata i soggetti che, pur
avendone i requisiti ed aspirando alla
partecipazione alla trattativa stessa, non
siano stati messi in grado di prendere parte
alla procedura, anche in relazione alla
mancata pubblicazione di un apposito bando
di gara. (Nella specie, un soggetto
associativo privo di scopo di lucro).
Il servizio "fornitura del servizio di
ideazione, organizzazione, comunicazione,
pubbliche relazioni ed ufficio stampa,
sponsoring e fund raising finalizzate alla
realizzazione del progetto di marketing
territoriale", non rientra nell'ambito
di applicazione delle disposizioni del
d.lgs. n. 163/2006, bensì di quelle indicate
all'art. 20, c. 1 del medesimo decreto, e
ciò in ragione della sussumibilità
dell'affidamento nella tipologia di
contratti elencati all'allegato IIB del
Codice dei contratti pubblici.
Tale aspetto assume rilievo alla luce art.
27, c. 1, del citato d.lgs. n. 163/2006,
secondo cui: affinché l'affidamento possa
avvenire in assenza di qualsivoglia
procedura selettiva, esso deve essere
assistito da evidenti "ragioni di natura
tecnica o artistica ovvero attinenti alla
tutela di diritti esclusivi", tali da
poter affidare il contratto "unicamente
ad un operatore economico determinato".
Nel caso di specie, fermo restando che
l'amministrazione non ha fatto riferimento a
ragioni di natura artistica legittimanti
l'affidamento diretto, non può ritenersi la
qualificazione dell'oggetto della
prestazione quale "opera dell'ingegno",
in quanto è lo stesso concreto contenuto del
servizio da svolgere a non rientrare nel
novero delle ipotesi per le quali è ammesso
l'affidamento senza gara, ancorché
informale.
La circostanza che la pubblicità dei bandi
di gara degli appalti di cui all'allegato II
B del d.lgs. n. 163 del 2006 non sia
formalmente prevista da alcuna disposizione
di legge statale o regionale impedisce che
la relativa omissione possa qualificarsi
violazione rilevante ai sensi dell'art.
245-bis del d.lgs. n. 163 del 2006 (con
conseguente, in ipotesi, dichiarazione di
inefficacia del contratto), dovendo essa
valutarsi limitatamente ai fini della
verifica del rispetto dei principi
comunitari (primo fra tutti quello di
trasparenza e di economicità).
Pertanto, poiché pur sussistendo nella
specie l'obbligo di esperire una procedura
di gara per l'affidamento del servizio per
cui è causa, non veniva in rilievo, sulla
base della legislazione regionale (quanto
alla pubblicazione nella G.U.R.S.) e
comunitaria (quanto alla pubblicazione nella
G.U.U.E.), alcun obbligo di pubblicazione,
non può farsi luogo alla formale
dichiarazione di inefficacia del contratto
ai sensi dell'art. 245-bis, c. 1, lett. b)
(TAR Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 06.05.2010 n. 6406 -
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APPALTI: Affidamento
diretto del servizio e necessari
presupposti.
Il giudice amministrativo esclude che
sussistano i presupposti per dichiarare
l’inefficacia del contratto a seguito
dell’annullamento dell’aggiudicazione,
pronunciandosi così, in sede di primissima
applicazione del d.lgs. n. 53 del 2010, sui
presupposti che attivano il potere
discrezionale del giudice di decidere sulle
sorti del contratto.
Per giungere a questa conclusione il giudice
considera preliminarmente che le
disposizioni dell’art. 245-bis del novellato
d.lgs. n. 163 del 2006, trovano applicazione
anche per gli appalti di servizi di cui
all’allegato II B e verifica che nessuna
disposizione di legge statale o regionale
prevede l’obbligo di pubblicare i bandi di
gara per gli appalti di servizi in questione
(TAR Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 06.05.2010 n. 6406 -
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APPALTI:
Sulla legittimazione
delle associazioni di categoria ad agire per
l'accertamento dell'iniquità delle
condizioni generali di contratto.
Una clausola del bando di gara che lasci in
bianco un elemento essenziale del contratto,
quale il termine di pagamento, vìola l'art.
64 del d.lgs. n. 163/06 (Codice dei
contratti), in quanto rende impossibile la
formulazione dell'offerta.
L'art. 8 del d.lgs. n. 231 del 2002 prevede
la legittimazione delle associazioni di
categoria, in rappresentanza delle imprese
piccole e medie, a richiedere al giudice
competente di accertare, previa eventuale
pronuncia di inibitoria in via d'urgenza, la
iniquità di condizioni generali di contratto
ai sensi dell'art. 7 della medesima legge
rispetto a clausole concernenti la data del
pagamento e le conseguenze normative del
ritardo nel medesimo. Le associazioni di
categoria divengono così tutrici di
interessi collettivi rispetto a clausole
inserite nel bando o nei capitolati che
possono, a causa della loro iniquità, avere
un effetto dissuasivo rispetto ad una
probabile e più ampia volontà di
partecipazione. Si è così introdotta una
forma generale di tutela collettiva contro
l'utilizzazione di condizioni contrattuali
inique collocata "a monte" rispetto
alla tutela individuale del singolo
imprenditore che abbia stipulato un
contratto contenente clausole inique.
Una clausola del bando di gara che lasci "in
bianco" un elemento essenziale del
contratto, quale il termine di pagamento,
vìola l'art. 64 del d.lgs. n. 163/06 (Codice
dei contratti), in quanto rende impossibile
la formulazione dell'offerta per mancanza di
indicazioni relativamente ad un parametro
essenziale della medesima. Il legislatore ha
apprestato due livelli di tutela: uno
demandato alle associazioni di categoria, al
fine di inibire l'uso di condizioni generali
di contratto qualora prefigurino clausole
derogatorie della disciplina protettiva
inique dal punto di vista commerciale; uno
successivo, che consente al contrante
danneggiato di chiedere l'accertamento della
nullità della clausola, contrattata
individualmente, qualora la medesima
presenti le caratteristiche di iniquità di
cui all'art. 7 del d.lgs. n. 231/2002. In
relazione alla specifica clausola relativa
alle condizioni di pagamento, i bandi di
gara possono prefigurare la specifica
regolamentazione contrattuale ovvero
sollecitare l'offerta del concorrente:
l'amministrazione può limitarsi a
individuare una regolamentazione dei tempi e
modi di pagamento ovvero invitare il
concorrente a formulare, sulla base di
individuati parametri, un'offerta secondo lo
schema dell'invito ad offrire, fermo
restando che, ai sensi del combinato
disposto dell'art. 64 e dell'alleg. IX A del
d.lgs. n. 163/2006, l'individuazione delle
modalità di pagamento costituisce elemento
primario che il bando deve prevedere
espressamente in attuazione della normativa
comunitaria. L'art. 8 del d.lgs. n.
231/2002, nell'approntare una tutela
collettiva avanzata avverso le condizioni
generali unilateralmente predisposte in
deroga ai parametri di legge, prevede che le
stesse possano essere sindacate
preventivamente rispetto alla conclusione
del contratto, su impulso delle associazioni
di categoria. Il sindacato si svolge in
virtù dei parametri che dettano limiti e
criteri di un'eventuale deroga in sede di
contrattazione bilaterale alla disciplina
normativa, sanzionando con la nullità la
violazione di tali limiti e criteri qualora
iniquo; pertanto le associazioni di
categoria hanno il potere di sollecitare un
sindacato preventivo di equità della
clausola predisposta, in aderenza ai
parametri di legge (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 05.05.2010 n. 2346 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it).
---------------
Tempi di pagamento
decisi alla stipula. Per il Tar la p.a. può
rinviare i termini.
L'amministrazione può rinviare alla stipula
del contratto di appalto la definizione dei
termini di pagamento e degli interessi di
mora, facendo riferimento alla prassi
commerciale e all'oggetto del contratto; è
invece illegittimo fare riferimento, in tale
definizione, ai flussi finanziari di cassa e
alla verifica sull'esistenza del debito.
È quanto afferma il Tar Piemonte, sezione
prima, con la pronuncia del 05.05.2010 n.
2346 che prende in esame la disciplina dei
termini di pagamento prevista dal decreto
legislativo 231/02, alla luce di una
clausola con la quale la stazione appaltante
aveva stabilito che le parti, in sede di
successiva stipulazione del contratto,
avrebbero contrattato i termini di pagamento
e il saggio degli interessi di mora, avuto
riguardo alla corretta prassi commerciale,
alla natura del servizio oggetto del
contratto, ai flussi finanziari di cassa in
entrata a disposizione dell'azienda e ai
tempi tecnici necessari alle verifiche
dell'esistenza del debito (liquidazione
delle fatture) ... (articolo
ItaliaOggi del 21.05.2010 - link
a www.corteconti.it). |
LAVORI PUBBLICI:
E' illegittima la
decisione di un comune di escludere le
associazioni temporanee di impresa da un
bando per la costruzione di una scuola
mediante leasing finanziario ex art. 160-bis
del d.lgs. n. 163 del 2006 .
E' illegittima la decisione di un comune di
escludere le associazioni temporanee di
impresa da un bando per la costruzione di
una scuola mediante leasing finanziario per
la realizzazione di opere pubbliche ex art.
160-bis del d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice
dei contratti pubblici), in quanto
l'amministrazione ha l'obbligo di porre
tutti i concorrenti su un piano di perfetta
parità e di riservare loro le stesse
condizioni per prendere parte alla
competizione.
Il legislatore disciplina le forme di
partecipazione alla selezione per
l'affidamento del contratto di leasing "in
costruendo", e la stazione appaltante
non può a sua discrezione scegliere la
soluzione ritenuta più adeguata escludendo i
raggruppamenti temporanei.
L'impostazione scelta dal comune di
contrarre con il solo finanziatore e la
necessità di ricorrere all'avvalimento
(atipico) darebbe luogo ad una sostanziale "delega
ad eseguire" da parte della società
finanziaria ad un imprenditore edile che,
pur non avendo partecipato alla gara, nei
fatti è l'unico vero esecutore dell'appalto.
E' inaccettabile, infatti, che in un appalto
di lavori il committente pubblico sia
espropriato di qualsiasi potere nei
confronti dell'impresa esecutrice e che
attività che costituiscono prerogativa
tipica dell'amministrazione aggiudicatrice
-come la direzione lavori, la verifica degli
stati di avanzamento, il controllo del
rispetto degli obblighi di legge sulla
sicurezza del lavoro, dell'osservanza dei
minimi contrattuali e della corretta
applicazione delle regole sul subappalto-
vengano traslate su un soggetto privato, che
sarebbe investito indebitamente di funzioni
pubbliche (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza
05.05.2010 n. 1675 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it).
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L'ATI va in leasing.
Precisazione del Tar Lombardia sulle cause
di esclusione. Impresa e finanziatore
insieme in gara.
Nel leasing in
costruendo è illegittimo escludere
l'associazione temporanea fra costruttore e
finanziatore; il costruttore non può essere
oggetto di avvalimento da parte della
società di leasing.
L'ha
precisato il Tar Lombardia, Brescia, sezione
seconda, con la sentenza del 05.05.2010 n.
1675 relativamente ad una gara per
l'ampliamento di una scuola tramite leasing
in costruendo dove era ammesso a partecipare
il solo soggetto finanziatore che, a sua
volta, era tenuto a dimostrare il possesso
dei mezzi necessari a realizzare i lavori «se
del caso avvalendosi delle capacità di altri
soggetti».
In sostanza, il soggetto finanziatore doveva
essere il dominus incontrastato dell'appalto
e l'impresa di costruzione poteva rivestire
l'eventuale ruolo di «società ausiliaria» di
un avvalimento, non essendo peraltro ammessa
neanche l'associazione temporanea. La
questione consentiva quindi al Tar di
affrontare una serie di profili attinenti
innanzitutto ai rapporti fra la disciplina
delle Ati e l'istituto del leasing in
costruendo e fra quest'ultimo e il
cosiddetto avvalimento.
In relazione alla normativa del codice i
giudici concordano sul fatto che
l'associazione prefigurata dall'articolo
160-bis fra società di leasing e costruttore
risulti atipica rispetto alla disciplina
generale sulle Ati (perché manca, ad
esempio, quella solidarietà che, in ragione
della eterogeneità delle prestazioni viene
esclusa). Il problema si pone quindi
rispetto all'utilizzo di una sorta di
avvalimento atipico nel caso della
fattispecie di leasing oggetto del giudizio,
visto che l'articolo 49 del codice, per
l'usuale avvalimento, prevede la
responsabilità solidale fra appaltatore e
società ausiliaria.
Notano infatti i giudici lombardi che «il
regime della solidarietà è incompatibile con
l'avvalimento atipico e, nel silenzio della
norma, opera la deroga alla regola generale
di cui all'art. 49, con conseguente
responsabilità frazionata dei due soggetti
coinvolti».
Per il Tar neanche con l'associazione fra
finanziatore e costruttore prevista
dall'articolo 160-bis si definisce un
rapporto solidale, visto che la norma
delinea un raggruppamento eterogeneo
(prestazioni distinte in capo ai due
soggetti coinvolti) per il quale non opera
il regime di solidarietà. Se infatti ci
fosse responsabilità solidale,
nell'inadempimento del costruttore, la
società di leasing potrebbe essere chiamata
a realizzare in proprio i lavori; così come
al contrario, il costruttore potrebbe essere
chiamato a far fronte da sé agli stati di
avanzamento lavori, mantenendo in essere ed
onorando il mutuo concesso
all'amministrazione in esito all'appalto. Il
che non appare possibile.
Dal punto di vista dei rapporti
contrattuali, inoltre, il Tar esclude che il
contratto di appalto possa essere stipulato
tra il finanziatore ed il costruttore: ciò
significherebbe che l'amministrazione non
avrebbe alcun ruolo nella fase esecutiva,
anche sotto il profilo di quei controlli
(sicurezza e altri) che verrebbero
illegittimamente trasferiti in capo al
finanziatore. I giudici quindi censurano
l'esclusione dell'istituto dell'associazione
temporanea e precisano che l'avvalimento non
può implicare la totale espulsione
dell'impresa costruttrice dalla procedura di
gara e dal contratto avente ad oggetto
l'esecuzione di lavori.
In sostanza si tratta sempre di realizzare
un'opera pubblica in cui il soggetto
(finanziatore) che comunque «non può
essere il dominus dell'intera operazione,
essendo del tutto estraneo alla prestazione
relativa ai lavori» oltre a non essere
organizzato per svolgerla (articolo
ItaliaOggi del 02.06.2010, pag. 33). |
LAVORI PUBBLICI:
E' illegittima la
decisione di un comune di escludere le
associazioni temporanee di impresa da un
bando per la costruzione di una scuola
mediante leasing finanziario ex art. 160-bis
del d.lgs. n. 163 del 2006 .
E' illegittima la decisione di un comune di
escludere le associazioni temporanee di
impresa da un bando per la costruzione di
una scuola mediante leasing finanziario per
la realizzazione di opere pubbliche ex art.
160-bis del d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice
dei contratti pubblici), in quanto
l'amministrazione ha l'obbligo di porre
tutti i concorrenti su un piano di perfetta
parità e di riservare loro le stesse
condizioni per prendere parte alla
competizione.
Il legislatore disciplina le forme di
partecipazione alla selezione per
l'affidamento del contratto di leasing "in
costruendo", e la stazione appaltante
non può a sua discrezione scegliere la
soluzione ritenuta più adeguata escludendo i
raggruppamenti temporanei.
L'impostazione scelta dal comune di
contrarre con il solo finanziatore e la
necessità di ricorrere all'avvalimento
(atipico) darebbe luogo ad una sostanziale "delega
ad eseguire" da parte della società
finanziaria ad un imprenditore edile che,
pur non avendo partecipato alla gara, nei
fatti è l'unico vero esecutore dell'appalto.
E' inaccettabile, infatti, che in un appalto
di lavori il committente pubblico sia
espropriato di qualsiasi potere nei
confronti dell'impresa esecutrice e che
attività che costituiscono prerogativa
tipica dell'amministrazione aggiudicatrice
-come la direzione lavori, la verifica degli
stati di avanzamento, il controllo del
rispetto degli obblighi di legge sulla
sicurezza del lavoro, dell'osservanza dei
minimi contrattuali e della corretta
applicazione delle regole sul subappalto-
vengano traslate su un soggetto privato, che
sarebbe investito indebitamente di funzioni
pubbliche (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza
05.05.2010 n. 1675 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI: G.U.
05.05.2010 n. 103 "Rilevazione dei prezzi
medi per l’anno 2008 e delle variazioni
percentuali, superiori al dieci per cento,
relative all’anno 2009, ai fini della
determinazione delle compensazioni dei
singoli prezzi dei materiali da costruzione
più significativi" (Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti,
decreto 09.04.2010). |
APPALTI:
NUOVE PROCEDURE DI RICORSO NEGLI APPALTI
PUBBLICI - D.LGS. N. 53 DEL 20.03.2010 DI
MODIFICA DEL CODICE DEGLI APPALTI - NUOVO
TESTO COORDINATO DEL D. LGS. 163/2006
(link a www.ancebrescia.it). |
APPALTI:
Gare d’appalto: Illegittima la clausola che
favorisce “di fatto” la partecipazione delle
imprese locali (link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
D. Meneguzzo,
L'indirizzo di posta elettronica o il numero
fax sono previsti o prevedibili a pena di
esclusione dalle gare? (link a
http://venetoius.myblog.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla questione delle gare per il gas (link
a
http://venetoius.myblog.it):
3-
Ma sulle gare per il gas l'Autorità Garante
per la Concorrenza e il Mercato dice il
contrario della Corte dei Conti;
2-
D. Meneguzzo,
La Corte dei Conti della Lombardia pensa che
debbano essere stoppate le gare per il gas;
1-
E' competente la giunta e non il consiglio
comunale per indire la gara per il gas. |
APPALTI:
La gestione della sicurezza negli appalti
pubblici: gli atti degli incontri
organizzati da ITACA.
ITACA (Istituto per l'innovazione e
trasparenza degli appalti e la compatibilità
ambientale) ha reso disponibili sul proprio
sito gli atti relativi a tre incontri
(Palermo, Torino, Roma) sul tema della
gestione della sicurezza nei contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture.
Il 09.03.2010, presso la Sala delle
Conferenze della Camera dei Deputati a ROMA,
si è tenuto l'ultimo incontro del ciclo
organizzato dal Gruppo di Lavoro
interregionale "Sicurezza e Appalti"
di ITACA in collaborazione con le Regioni
Sicilia, Piemonte e Lazio.
Sono disponibili on line gli atti di
tutti gli incontri del ciclo che risultano
di notevole interesse per i professionisti e
le imprese che operano nell'ambito delle
opere pubbliche ma anche quelle che
prevalentemente operano con committenti
privati.
Di seguito il dettaglio degli interventi:
... (link a www.acca.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'aggiudicazione di una gara d'appalto ad
un concorrente che abbia omesso di firmare e
sottoscrivere una pagina dell'allegato alla
busta contenente la propria offerta.
La volontà di sanzionare con l'esclusione
l'inosservanza di una specifica modalità di
presentazione delle offerte deve essere
chiaramente espressa nel bando di gara,
sicché, in mancanza di tale univoca
previsione, resta preclusa ogni diversa
conclusione in ordine a non previste
conseguenze sanzionatorie dell'irregolare
trasmissione dei plichi.
In ogni caso, nell'"incertezza circa
l'interpretazione della portata precettiva
di una clausola ambigua, deve accordarsi
prevalenza all'interesse pubblico alla più
ampia partecipazione dei concorrenti".
Pertanto, nel caso di specie, è legittimo il
provvedimento di aggiudicazione di una gara
d'appalto adottato da una stazione
appaltante nei confronti di un'impresa che
abbia omesso di firmare una pagina
dell'allegato alla busta contenente la
propria offerta, dalla lettura della lex
specialis risulta come l'obbligo di
apporre la firma del legale rappresentante,
"pena l'esclusione dalla gara",
riguarda esclusivamente la stessa lettera di
invito, il capitolato e lo schema di
contratto, ma non anche, specificamente, gli
allegati (TAR Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 03.05.2010 n. 9134 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla natura non
provvedimentale delle deliberazioni adottate
dall'Autorità per la Vigilanza sui Lavori
Pubblici.
Ha natura non provvedimentale e, in quanto
tale, è priva di reale e concreta attitudine
lesiva, la deliberazione assunta
dall'Autorità per la Vigilanza sui Lavori
Pubblici e la relativa nota di
comunicazione, con cui in esito all'esame
dell'accordo transattivo, intercorso tra
l'amministrazione comunale e un'impresa in
relazione ai lavori per la costruzione della
piscina comunale, è stata sottoposta a
censura la condotta del Comune per l'"eccessiva
tolleranza accordata" nei rapporti con
l'impresa ed è stata contestualmente
disposta la segnalazione della questione
alla Procura della Corte dei conti per gli
eventuali accertamenti di competenza.
L'art. 4, della l. n. 109 del 1994,
riconosceva all'Autorità poteri di vigilanza
sull'intero sistema dei lavori pubblici. Ciò
posto, il potere di vigilanza concretamente
esplicato nel caso di specie non può aver
prodotto conseguenze lesive della sua sfera
giuridica, avendo l'Autorità espresso
sostanzialmente un proprio "avviso"
sulla vicenda, inidoneo, in quanto tale, a
recare direttamente ed immediatamente alcun
pregiudizio (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 03.05.2010 n. 2503 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: L'Autorità
sui lavori ha le armi spuntate. Cds:
delibere non impugnabili al Tar.
Le deliberazioni
dell'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici non sono impugnabili al Tar perché
mancano della natura di provvedimento
amministrativo; si tratta di avvisi e pareri
utili ad orientare gli operatori del settore
ma che non inidonei a recare alcun
pregiudizio.
Lo stabilisce il Consiglio di stato, Sez.
VI, con la
sentenza 03.05.2010 n. 2503, che
affronta la questione dell'impugnabilità
delle deliberazioni dell'Autorità per la
vigilanza sui contratti pubblici.
I giudici ribaltano il giudizio di primo
grado che invece aveva accolto il ricorso di
un comune contro una deliberazione. La
vicenda oggetto della delibera riguardava
una transazione effettuata dal comune con
una impresa relativamente a lavori di
realizzazione di una piscina comunale. Nella
delibera (del 2003) l'Autorità aveva
censurato la condotta dell'amministrazione
comunale ritenuta «eccessivamente
tollerante» e aveva nello stesso tempo
provveduto alla segnalazione della questione
alla Procura della Corte dei conti. A fronte
del ricorso contro la delibera, il Tar
Lombardia nel 2005 aveva accolto il ricorso,
respingendo l'eccezione di inammissibilità
presentata dall'Autorità e dichiarando
l'atto impugnato illegittimo per mancanza
della comunicazione di avvio del
procedimento, nonché per difetto di
istruttoria.
Il Consiglio di stato riforma il giudizio di
primo grado accogliendo proprio l'istanza di
inammissibilità rigettata dal Tar Lombardia
e puntando l'attenzione sulla natura degli
atti dell'Autorità (in questo caso le
deliberazioni che l'organismo emette
partendo da segnalazioni di casi specifici).
I giudici si esprimono infatti nel senso
della natura non provvedimentale della
deliberazione, ritenuta quindi «priva di
reale e concreta attitudine lesiva».
La sentenza giunge a tale conclusione
partendo dai contenuti dei poteri di
vigilanza sull'intero sistema dei lavori
pubblici che la legge (la legge Merloni,
prima, e il Codice oggi, peraltro su tutta
la materia dei contratti pubblici) assegna
all'organismo presieduto da Luigi
Giampaolino. In particolare l'Autorità deve
infatti vigilare sull'osservanza della
disciplina legislativa e regolamentare e
verificare la regolarità delle procedure di
affidamento esperite.
Lo svolgimento di questi poteri di vigilanza
(che prendono le mosse da istanze e
segnalazioni dei soggetti coinvolti nei
procedimenti) viene messo in relazione alla
necessità che l'Autorità garantisca i più
generali principi di efficienza, efficacia,
tempestività, trasparenza e correttezza
nella materia dei lavori pubblici (oggi dei
contratti pubblici in genere e quindi anche
delle forniture e dei servizi). Se questa è
quindi la finalità dell'attività di verifica
e controllo svolta dall'Autorità, il
Consiglio di stato afferma che «il potere
di vigilanza concretamente esplicato nei
confronti dell'appellato non può aver
prodotto conseguenze lesive della sua sfera
giuridica, avendo l'Autorità espresso
sostanzialmente un proprio avviso sulla
vicenda, inidoneo, in quanto tale, a recare
direttamente ed immediatamente alcun
pregiudizio».
La deliberazione dell'Autorità rimane
sprovvista della natura provvedimentale
anche con riguardo alla considerazione che
la delibera dichiari il comportamento della
stazione appaltante, nel caso esaminato,
come connotato da «eccessiva tolleranza
accordata» all'impresa: manca infatti,
anche sotto questo profilo dichiarativo,
qualsiasi «concreta determinazione
incidente sia sugli atti adottati che sui
comportamenti tenuti».
In conclusione, quindi, si è in presenza
soltanto di «un contributo utile
all'orientamento dei comportamenti degli
operatori del settore dei lavori pubblici»
(articolo ItaliaOggi del 08.05.2010, pag.
25). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'annullamento di un'aggiudicazione
provvisoria per ragioni di pubblico
interesse.
Sulla non configurabilità di alcuna
responsabilità precontrattuale in capo
all'amministrazione appaltante che si è
motivatamente avvalsa della facoltà,
prevista nel bando di gara, di non
aggiudicare l'appalto per ragioni di
pubblico interesse.
E' legittimo l'annullamento di
un'aggiudicazione provvisoria disposto da
una stazione appaltante per ragioni di
superiore interesse pubblico, in quanto,
come previsto dalla disciplina sulla
contabilità generale della Stato, nonché per
consolidata giurisprudenza, è concessa la
facoltà, alla stazione appaltante, di
eliminare gli atti divenuti inopportuni,
laddove lo richiedano ragioni tali da
giustificare il contrapposto sacrificio
dell'interesse facente capo al soggetto
aggiudicatario. Nel caso di specie, il
superiore interesse pubblico è rappresentato
dal mancato finanziamento comunitario per la
realizzazione del servizio oggetto
dell'appalto.
Non è configurabile la responsabilità
precontrattuale della stazione appaltante
che si è motivatamente avvalsa della
facoltà, prevista nel bando di gara, di non
aggiudicare l'appalto per ragioni di
pubblico interesse. Trattandosi di atto
endoprocedimentale, l'aggiudicazione
provvisoria determina soltanto una mera
aspettativa di fatto alla conclusione del
procedimento e non già una posizione
giuridica qualificata che, viceversa, può
solo derivare dall'aggiudicazione
definitiva. Pertanto, l'aggiudicazione
provvisoria, anche se individua un
potenziale aggiudicatario definitivo alla
gara, è un atto ancora ad effetti instabili,
del tutto interinali, che determina la
nascita di una mera aspettativa. Nel caso di
specie, è indubbio che la riprogrammazione
ed il venir meno di parte dei finanziamenti
comunitari abbiano influito in misura
decisiva sulle determinazioni
dell'amministrazione, costituendo
giustificati motivi di mancata conclusione
dell'appalto. Tale circostanza è idonea ad
escludere l'elemento soggettivo del dolo o
della colpa, a sua volta imprescindibile per
integrare gli estremi della invocata
responsabilità precontrattuale che, come
noto, è riconducibile alla responsabilità
aquiliana di cui all'art. 2043 del codice
civile (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 03.05.2010 n. 2263 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Il lucro cessante da
mancata aggiudicazione può essere risarcito
per intero solo quando l’impresa documenti
di non aver potuto utilizzare mezzi e
maestranze, lasciati disponibili, per
l’espletamento di altre commesse.
– Tar per la Puglia sede di Bari 1702/2010
I canoni della ragionevolezza e del favor
partecipationis non consentono di
sanzionare con l’esclusione dalla gara i
concorrenti che incorrano in incompletezze o
errori lievi e meramente formali, privi di
incidenza sulla par condicio e sul corretto
svolgimento della procedura (cfr. Cons.
Stato, sez. V, 02.12.2008 n. 5931).
Quanto alla
misura del lucro cessante risarcibile, in
adesione al più recente orientamento della
giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, sez. V,
13.06.2008 n. 2967; Id., sez. VI, 09.06.2008
n. 2751; Id., sez. VI, 21.05.2009 n. 3144),
il Collegio ritiene che il criterio del 10%
del prezzo, ai sensi dell’art. 345 della
legge n. 2248 del 1865, se pure è in grado
di fondare una presunzione su quello che
normalmente è l’utile che una impresa trae
dall’appalto, non possa essere oggetto di
applicazione automatica e indifferenziata,
che rischierebbe di condurre al risultato
che il risarcimento dei danni è per
l’imprenditore più favorevole dell’impiego
del capitale. Appare allora preferibile
l’indirizzo che esige la prova rigorosa, a
carico dell’impresa, della percentuale di
utile effettivo che avrebbe conseguito se
fosse risultata aggiudicataria dell’appalto,
prova desumibile in primis dall’esibizione
dell’offerta economica presentata al seggio
di gara.
La stessa giurisprudenza ha inoltre
precisato che il lucro cessante da mancata
aggiudicazione può essere risarcito per
intero solo quando l’impresa documenti di
non aver potuto utilizzare mezzi e
maestranze, lasciati disponibili, per
l’espletamento di altre commesse, mentre
quando tale dimostrazione non sia stata
offerta è da ritenere che l’impresa possa
avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e
manodopera per lo svolgimento di altri
analoghi lavori, così vedendo in parte
ridotta la propria perdita di utilità e con
conseguente riduzione in via equitativa del
danno risarcibile, in applicazione del
principio dell’aliunde perceptum. Con
la specificazione che l’onere di provare
l’assenza dell’aliunde perceptum
grava non sull’Amministrazione, ma
sull’impresa ricorrente
(TAR
Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 03.05.2010 n. 1702 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità della
ricostruzione postuma della documentazione
di gara in caso di smarrimento delle buste
contenenti le offerte.
E' illegittimo l'operato di una stazione
appaltante che, a seguito dello smarrimento
delle buste contenenti le offerte presentate
dalle imprese concorrenti, abbia consentito
la "ricostruzione" postuma della
documentazione di gara, in quanto, per
giurisprudenza consolidata, in materia di
pubblici appalti il principio di
conservazione degli atti giuridici ha
carattere recessivo rispetto alla tutela
della concorrenza e della par condicio.
Una simile prassi, infatti, porterebbe alla
vanificazione del principio di trasparenza e
del diritto dei concorrenti di agire in
giudizio, garantito dagli artt. 24, 103, 111
e 113 Cost., nonché dalla Direttiva
1989/665/CE e successive modifiche. Inoltre
la stazione appaltante, quando entra in
possesso dei plichi contenenti le offerte di
gara, comprese le specifiche tecniche della
prestazione, diviene titolare dell'onere di
custodirle con diligenza, assumendo ogni
responsabilità in caso di manomissioni o
smarrimento, pertanto nell'ipotesi di
mancato ritrovamento degli atti di gara, la
procedura non può validamente proseguire
(TAR Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 03.05.2010 n. 1699 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Risarcimento difficile
per i danni della PA. La pregiudiziale
limita il numero dei ricorsi.
A dieci anni dal debutto ancora dissidi tra
Consiglio di Stato e Cassazione ... (articolo
Il Sole 24 Ore del 03.05.2010 -
link a www.corteconti.it). |
APPALTI: A.
Bonanni,
LA PRIMA APPLICAZIONE DELLA CAUSA DI
ESCLUSIONE DI CUI ALLA LETTERA M-TER)
DELL’ART. 38 DEL CODICE DEI CONTRATTI
PUBBLICI (link a
www.osservatorioappalti.unitn.it). |
APPALTI: M.
Cozzio,
AGGIUDICAZIONE ILLEGITTIMA E RISARCIMENTO
DEL DANNO: QUALCOSA STA CAMBIANDO?
Prime osservazioni a Corte di giustizia,
C-314/09, del 30.09.2010, Stadt Graz (link a
www.osservatorioappalti.unitn.it). |
APPALTI SERVIZI: C.
Tosolini,
SULL’OBBLIGO DI SPECIFICARE LE “PARTI DEL
SERVIZIO” CHE SARANNO ESEGUITE DAI
SINGOLI OPERATORI ECONOMICI RIUNITI IN
R.T.I. - Note a sentenza del TRGA
di Trento, 25.02.2009 n. 59 e del Cons.
Stato, Sez. IV, 02.11.2009 n. 6787 (link a
www.osservatorioappalti.unitn.it). |
APPALTI: M.
Cozzio,
CAMBIA LA NOZIONE DI OPERATORE ECONOMICO: LA
CORTE DI GIUSTIZIA CONFERMA LA
PARTECIPAZIONE ALLE GARE PUBBLICHE DI
UNIVERSITÀ, ENTI NO PROFIT, IMPRESE SOCIALI,
FONDAZIONI ED ALTRE ORGANIZZAZIONI
- Nota alle sentenze della Corte di
giustizia C-305/08 del 23.12.2009 e C-357/06
del 18.12.2007 (link a
www.osservatorioappalti.unitn.it). |
APPALTI SERVIZI: A.
Santuari,
LE COOPERATIVE SOCIALI E I SERVIZI PUBBLICI
LOCALI: BREVI CONSIDERAZIONI
SULL’AFFIDAMENTO DEI SECONDI ALLE PRIME
- da Giustamm, 05.2010 (link a
www.osservatorioappalti.unitn.it). |
aprile 2010 |
|
APPALTI:
F. Saitta,
Contratti pubblici e riparto di
giurisdizione: prime riflessioni sul decreto
di recepimento della direttiva n. 2007/66/CE
(d.lgs. 53/2010) (link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Quesito 5 -
Quanto alla competenza della Giunta e del
Consiglio Comunale in tema di programmazione
delle opere pubbliche (Geometra
Orobico n. 2/2010). |
APPALTI: 1.
Partecipazione alla gara da parte di imprese
in rapporto di controllo - Art. 10, comma
1-bis, L. 11.02.1994, n. 109 - Ambito
oggettivo di applicazione - Qualunque
rapporto di controllo - Effetti -
Contrarietà ai principi comunitari di parità
di trattamento e trasparenza - Sussiste.
2. Partecipazione alla
gara da parte di imprese in rapporto di
controllo - Art. 10, comma 1-bis, L.
11.02.1994, n. 109 - Influenza sul contenuto
delle rispettive offerte - Verifica in
concreto - Spetta all'Amministrazione
aggiudicatrice - Effetti - Esclusione dalla
gara - Soltanto in caso di accertata
influenza sul contenuto delle rispettive
offerte.
1.
L'art. 10, comma 1-bis, L. 11.02.1994, n.
109 -secondo cui «non possono partecipare
alla medesima gara imprese che si trovino
fra loro in una delle situazioni di
controllo previste dall'articolo 2359 codice
civile»- nella misura in cui estende il
divieto di partecipazione ad una medesima
procedura di aggiudicazione anche alle
situazioni in cui il rapporto di controllo
tra le imprese interessate sia ininfluente
rispetto al contenuto delle offerte
presentate da queste ultime, è una norma che
eccede quanto necessario per conseguire
l'obiettivo di garantire l'applicazione dei
principi di parità di trattamento e di
trasparenza previsti dall'Ordinamento
comunitario.
2.
Spetta all'Amministrazione aggiudicatrice
verificare in concreto se un rapporto di
controllo fra due o più imprese partecipanti
ad una gara abbia esercitato un'influenza
sul contenuto delle rispettive offerte
depositate dalle imprese medesime. La
constatazione di un'influenza siffatta, in
qualunque forma, è condizione sufficiente
per escludere tali imprese dalla procedura.
Per contro, la semplice constatazione
dell'esistenza di un rapporto di controllo
tra le imprese considerate, risultante
dall'assetto proprietario o dal numero dei
diritti di voto che possono esercitarsi
nelle assemblee ordinarie, non è sufficiente
affinché l'Amministrazione aggiudicatrice
possa escludere automaticamente tali imprese
dalla procedura di aggiudicazione
dell'appalto, senza verificare se un tale
rapporto abbia avuto un impatto concreto sul
loro rispettivo comportamento nell'ambito di
questa procedura (Conf. TAR Lombardia
Milano, sez. I, 30.04.2010, n. 1201)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 30.04.2010 n. 1215 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Verifica
ad ampio raggio sulle ditte straniere negli
appalti. Conclusioni dell'avvocato generale
della corte UE.
È legittimo, dal punto
di vista comunitario, prevedere un sistema
di registrazione ai fini fiscali di
concorrenti stranieri che intendano
partecipare a gare di appalto; è altresì
legittimo e opportuno, dal punto di vista
dell'omogeneità delle valutazioni, che la
verifica dei requisiti sia effettuata da un
organo diverso dalla stazione appaltante.
Sono queste le conclusioni dell'avvocato
generale Juliane Kokott presentate alla
Corte di Giustizia il 15.04.2010 nella causa
C-74/09, che ha ad oggetto una fattispecie
relativa all'aggiudicazione dell'appalto dei
lavori di ristrutturazione del palazzo
Berlaymont di Bruxelles, sede della
Commissione europea.
Era infatti successo che il consorzio
aggiudicatario dei lavori avesse fra i suoi
componenti alcuni soggetti non registrati ai
fini fiscali in Belgio e la registrazione ai
fini fiscali era richiesta dall'allora
vigente normativa belga sugli appalti, oltre
ad essere prevista come condizione di gara,
al fine di garantire che gli offerenti
avessero adempiuto e adempissero in futuro
gli obblighi relativi al pagamento delle
imposte e delle tasse nonché dei contributi
previdenziali.
La questione affrontata nella causa era
quindi quella della legittimità di tale
richiesta di registrazione rispetto alla
direttiva 93/37/CEE all'epoca vigente, sotto
il profilo di un possibile ostacolo al
principio generale della libera prestazione
di servizi ... (articolo
ItaliaOggi del 29.04.2010, pag. 33
- link a www.corteconti.it). |
APPALTI: La
non esatta corrispondenza tra il contenuto
della dichiarazione indicato nel
disciplinare di gara e quello del modello di
istanza predisposto dalla stazione
appaltante è da considerarsi una svista
ascrivibile al comportamento
dell’amministrazione.
La non esatta corrispondenza tra il
contenuto della dichiarazione indicato nel
disciplinare di gara e quello del modello di
istanza predisposto dalla stazione
appaltante è da considerarsi una svista
ascrivibile al comportamento
dell’amministrazione e non può pertanto
comportare l’operatività della comminatoria
generale di esclusione di cui al
disciplinare, in conformità ai principi di
favor partecipationis e di tutela
dell’incolpevole affidamento (Cons. St. Sez.
VI, n. 7278/2004).
Ritiene il
Collegio di attenersi all’orientamento
secondo cui la semplice incompletezza delle
dichiarazioni, rinvenibile nel caso di
specie, è comunque suscettibile di essere
superata attraverso accertamenti da parte
della p.a., nell’esercizio della specifica
potestà amministrativa ricorrente ogni volta
sussista un’obiettiva incertezza o una
sanabile incompletezza di una dichiarazione,
e con la richiesta di integrazioni da parte
delle interessate, in osservanza dei
principi di buon andamento e di legalità
sostanziale dell’azione amministrativa
(Cons. St., Sez. V, 18.03.2002, n. 1558;
11.01.2006, n. 36)
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 29.04.2010 n. 2461 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Non potrà considerarsi
equipollente alla chiusura del plico
mediante ceralacca la chiusura con nastro
adesivo e l'apposizione della ceralacca su
un lato dello stesso.
Il «sigillo con ceralacca» risponde
all'esigenza di garantire che il plico non
possa essere aperto se non a prezzo di
manometterne visibilmente la chiusura. La
conferma dell'autenticità della chiusura
originaria proveniente dal mittente,
garantita dalla chiusura in ceralacca, è
finalizzata ad evitare manomissioni del
contenuto del plico stesso e, quindi, a
garantire la necessaria segretezza di tale
offerta, a tutela della par condicio, nel
rispetto del principio dell'integrità e
imputabilità dell'offerta che governa la
materia delle gare pubbliche, sicché non
potrà considerarsi equipollente alla
chiusura del plico mediante ceralacca la
chiusura con nastro adesivo e l'apposizione
della ceralacca su un lato dello stesso.
Nel caso di specie veniva esclusa dalle
successive fasi della procedura una
concorrente in quanto, in sede di verifica
delle offerte, è risultato che il plico
esterno, contenente le singole buste
relative alla documentazione e alla offerta
economica, recava il sigillo con ceralacca
sui lembi di chiusura della scatola nella
parte superiore ma non anche nella parte
inferiore, come prescritto dalle modalità di
presentazione delle offerte (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 29.04.2010 n. 2453 -
link a
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APPALTI:
Integrazione e
regolarizzazione documentale - Art. 46
codice degli appalti - Limiti.
L’integrazione e la regolarizzazione
documentale ai sensi dell’art. 6, legge n.
241/1990 e dell’art. 46 del codice degli
appalti sono possibili purché non risulti
violata la par condicio, dovendosi quindi
escluderne l’utilizzazione suppletiva
dell’inosservanza di adempimenti
procedimentali significativi o dell’omessa
produzione di documenti richiesti a pena di
esclusione dalla gara (cfr.: Tar Catania,
IV, n. 395/2010).
Inoltre, la regolarizzazione non può essere
riferita agli elementi essenziali della
domanda, salvo che gli atti tempestivamente
prodotti contribuiscano a fornire
ragionevoli indizi circa il possesso del
requisito di partecipazione non
espressamente documentato; infine, si
richiede l’equivocità delle clausole del
bando relative alla dichiarazione od alla
documentazione da integrare o chiarire (TAR
Sicilia-Catania, Sez. IV,
sentenza 29.04.2010 n. 1287 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sulla disciplina
riguardante le informative antimafia
atipiche: differenze con le informative
tipiche.
L'informativa antimafia atipica, a
differenza di quella tipica, non ha
carattere interdittivo, ma consente
l'attivazione degli ordinari strumenti di
discrezionalità nella valutazione dei
rapporti contrattuali, alla luce
dell'idoneità morale del concorrente ad
assumere la posizione di contraente con la
p.a.; pertanto, essa non necessita di un
grado di dimostrazione probatoria analogo a
quello richiesto per provare l'appartenenza
di un soggetto ad associazioni di stampo
mafioso, e si basa su indizi derivanti da
particolari indagini che possono risalire
anche ad eventi remoti, perché riguardano la
valutazione sull'idoneità morale del
concorrente e non producono l'esclusione
automatica dalla gara.
Dette informative rappresentano, quindi, una
sensibile anticipazione della soglia
dell'autotutela amministrativa a fronte di
possibili ingerenze criminali nella propria
attività: ne consegue che, l'informativa
prefettizia antimafia di cui all'art. 4 del
d.lgs. n. 490/1994 è espressione della
logica di anticipazione della soglia di
difesa sociale ai fini di una tutela
avanzata nel campo del contrasto con la
criminalità organizzata, a prescindere da
rilevanze probatorie tipiche del diritto
penale.
La fase istruttoria del procedimento
finalizzato a comunicare la presenza di
tentativi di infiltrazione mafiosa, tendenti
a condizionare le scelte di un'impresa, si
concreta nell'acquisizione di tutte le
informazioni provenienti dalle autorità di
pubblica sicurezza, al fine di effettuare
una obiettiva valutazione sulla possibilità
di un eventuale utilizzo distorto dei
finanziamenti pubblici destinati ad
iniziative private e devoluti al settore
degli appalti pubblici.
Non possono tuttavia ritenersi sufficienti
fattispecie fondate su mere congetture prive
di riscontro fattuale, in quanto si
richiede, comunque, la sussistenza di
circostanze obiettivamente sintomatiche di
collegamenti con le predette associazioni.
Pertanto, il parametro valutativo sarà
calibrato sul criterio della "qualificata
probabilità".
In riferimento al caso di specie, secondo la
giurisprudenza amministrativa, è illegittima
l'informativa prefettizia negativa basata
sul rapporto di mera parentela o affinità
tra amministratori o soci di un'impresa con
elementi malavitosi, essendo necessari
ulteriori indizi, tali da fornire, nel loro
complesso, un fondamento oggettivo al
giudizio di possibilità che l'impresa possa
agevolare le attività criminali, anche
indirettamente (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 28.04.2010 n. 2441 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
L'Amministrazione non
può legittimamente escludere un'impresa
dalla procedura in presenza di una clausola
di gara ambigua, incerta o comunque non
univoca.
In presenza di una clausola di gara ambigua,
incerta o comunque non univoca,
l’Amministrazione non può legittimamente
escludere un’impresa dalla procedura,
ostandovi il principio del favor
partecipationis nonché la tutela
dell’interesse pubblico a selezionare la
migliore offerta, da cui deriva la necessità
di garantire la massima partecipazione
possibile (TAR Lombardia Milano, sez. IV,
27.01.2010, n. 184; TAR Lazio Roma, sez.
III, 01.02.2008, n. 899; TAR Liguria Genova,
sez. I, 17.03.2006, n. 254; Consiglio Stato,
sez. V, 18.01.2006, n. 127).
Pertanto e’ illegittimo il provvedimento di
annullamento dell’aggiudicazione provvisoria
in favore di un costituendo r.t.i. dal
momento che le motivazioni poste a
fondamento di tale decisione si fondano, in
parte su considerazioni estranee alla
lettera della lex specialis e in
parte su un’interpretazione
irragionevolmente restrittiva di una
clausola ambigua del disciplinare di gara;
un’interpretazione, peraltro, contrastante
con lo specifico chiarimento reso dalla
stazione appaltante alla concorrente nel
corso della procedura di gara TAR Piemonte,
Sez. II,
sentenza 28.04.2010 n. 2088 -
link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI: 1.
Contratti della p.a. - Appalto - Gara -
Offerta economicamente più vantaggiosa -
Valutazione - Fissazione nel bando di
criteri valutativi sufficientemente rigidi e
precisi - Necessità per la Commissione
giudicatrice di definire criteri valutativi
ulteriori - Non sussiste.
2. Contratti della p.a. - Gara - Segretezza
- Documenti di gara - Obbligo di custodia -
Si presume assolto dalla p.a. - In assenza
di specifici rilievi da parte del
ricorrente.
1.
Nel caso in cui, in una procedura di scelta
del contraente secondo il metodo della "offerta
economicamente più vantaggiosa", la
lex specialis di gara già preveda
criteri e sottocriteri di valutazione
sufficientemente rigidi e precisi, tali da
determinare una griglia di sottovoci che
consenta un esercizio "guidato" e
controllabile della discrezionalità tecnica
ed amministrativa propria del giudizio della
Commissione giudicatrice, legittimamente
quest'ultima omette di stabilire criteri più
dettagliati.
2.
L'obbligo di custodia dei documenti di una
gara pubblica da parte della stazione
appaltante si presume assolto
dall'Amministrazione secondo le normali
garanzie di conservazione degli atti
amministrativi, tali da assicurare la
genuinità ed integrità dei plichi; ne
consegue che è onere del ricorrente addurre
elementi concreti e specifici, atti a far
ritenere che possa essersi verificata la
sottrazione o la sostituzione dei pieghi, la
manomissione delle offerte o un altro fatto
rilevante ai fini della regolarità della
procedura (Conf. TAR Lombardia Milano, sez.
I, 28.04.2010, n. 1177) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 28.04.2010 n. 1179 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Contratti
della p.a. - Gara - Criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa - L. R.
Lombardia 19 maggio 1997, n. 14 -
Composizione della Commissione giudicatrice
- Componenti interni/esterni - Potere di
scelta della p.a. - Sussiste.
L'art. 14, comma 5, Legge Regione Lombardia
19.05.1997, n. 14 secondo cui "in caso di
aggiudicazione sono costituite commissioni
giudicatrici [?] con la presenza di esperti,
dotati di competenza tecnica nel settore nel
quale si colloca la fornitura di beni ovvero
la prestazione di servizi, che valutano le
offerte in seduta riservata" -non
distinguendo tra componenti interni ed
esterni della Commissione giudicatrice,
purché siano in ogni caso esperti della
materia- assegna alle stazioni appaltanti un
ampio potere di scelta in ordine alla
provenienza dei commissari medesimi (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 28.04.2010 n. 1177 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
Contratti della p.a. - Gara - Dichiarazioni
ex art. 38, comma 1, lett. c) D.Lgs. 163/06
- In caso di fusione per incorporazione -
Obbligo - Sussiste - Solo con riferimento
agli amministratori della società risultante
dalla fusione.
2. Contratti della p.a. - Gara - Offerta -
Verifica di anomalia - Ampia discrezionalità
tecnica - Sindacabilità - Limiti.
1.
A seguito di un'operazione di fusione per
incorporazione, la società incorporata cessa
di far parte del mondo giuridico, dando
luogo ad un nuovo soggetto con propri
amministratori ai quali esclusivamente
occorre fare riferimento per stabilire la
sussistenza dei requisiti di moralità
professionale di cui all'art. 38, comma 1,
lett. c), D.Lgs. 163/2006.
2.
Il procedimento di valutazione di anomalia
di un'offerta è connotato dall'esercizio di
discrezionalità tecnica, come tale non
sindacabile dal Giudice amministrativo se
non per macroscopici vizi di illogicità e
irragionevolezza. La verifica dell'anomalia
dell'offerta è, infatti, espressione di una
potestà tecnico-discrezionale dell'Autorità
amministrativa, non sindacabile in sede di
legittimità se non per aspetti di manifesta
illogicità, insufficiente motivazione ovvero
errore di fatto.
Pertanto il Giudice in tali giudizi deve
limitarsi ad un controllo formale ed
estrinseco dell'iter logico seguito
dall'Amministrazione (Conf., ex plurimis,
Cons. Stato, sez. V, 12.06.2009, n. 3769;
Cons. Stato, sez. IV, 20.05.2008, n. 2348;
Cons. Stato, sez. IV, 12.06.2007, n. 3097;
Cons. Stato, sez. V, 11.11.2004, n. 7346)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 28.04.2010 n. 1162 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità di un
provvedimento di aggiudicazione nell'ipotesi
di presentazione di un DURC relativo
soltanto ad uno o più determinati ambiti
territoriali.
E' illegittimo il provvedimento di
aggiudicazione di un appalto adottato da
un'amministrazione nei confronti di un
concorrente che, ai fini dell'ammissione
alla gara, abbia prodotto un DURC relativo
ad un ambito territoriale determinato e non,
invece, all'intero territorio nazionale.
Il documento unico di regolarità
contributiva (DURC), introdotto dall'art. 2
del d.l. n. 210/2002, viene emesso dalla
Cassa edile competente a condizione che la
verifica della regolarità contributiva abbia
dato esito positivo e che la Cassa stessa
abbia verificato, "a livello nazionale",
che l'impresa non rientri nel novero di
quelle segnalate come irregolari; inoltre,
ai fini dell'art. 19, c. 12-bis, L. n.
109/1994, non sono valide le attestazioni
rilasciate dalle Casse edili se riferite a
uno o più cantieri, in quanto esse hanno
l'obbligo di attestare la regolarità
contributiva senza limitazione a singoli
appalti.
Il DURC utile ai fini dell'ammissione alle
gare d'appalto, pertanto, deve poter
rilevare la situazione globale dell'impresa,
a prescindere dalla sua ubicazione
territoriale (C.G.A.R.S., Sez.
giurisdizionale,
sentenza 28.04.2010 n. 635 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Gare,
accesso a verbali e offerte. Il rifiuto a
consultare la documentazione relativa ai
concorsi è legittimo per i concorrenti
esclusi. Limitazioni da parte della p.a. per
tutelare il segreto industriale.
Recentemente, su queste stesse pagine, si è
avuto modo di analizzare il delicato tema
del diritto di accesso alle giustificazioni
prezzi formulate dai concorrenti di una
pubblica gara, anche alla luce della più
recente giurisprudenza. Intimamente connessa
con tale tema è la più ampia materia del
diritto di accesso agli atti di gara, ivi
inclusi i verbali della commissione
giudicatrice e le offerte degli altri
partecipanti, di cui appunto le
giustificazioni ne costituiscono elemento di
specificazione.
L'accesso a verbali e
offerte degli altri concorrenti.
Il tema in esame risulta oggi disciplinato,
quanto al settore degli appalti, dall'art.
13 del dlgs 12.04.2006 n. 163 «Codice dei
Contratti Pubblici», e, fatte salve le
deroghe sancite dalla norma medesima, dagli
artt. 22 e seguenti della legge 07.08.1990
n. 241 in forza dell'espresso richiamo
compiuto dal comma 1.
Per regola generale (art. 22, comma 3, legge
241/1990), e salve le limitazioni di cui a
breve, «Tutti i documenti amministrativi
sono accessibili», e il relativo diritto
può essere esercitato (art. 23) «nei
confronti delle pubbliche amministrazioni,
delle aziende autonome e speciali, degli
enti pubblici e dei gestori di pubblici
servizi. Il diritto di accesso nei confronti
delle Autorità di garanzia e di vigilanza si
esercita nell'ambito dei rispettivi
ordinamenti».
Quanto all'ambito di estensione oggettiva
del suddetto diritto, se da un lato questo
può essere esercitato in relazione ai soli
documenti in possesso della p.a., dall'altro
il giudice amministrativo ha chiarito a più
riprese che «l'attività amministrativa,
cui gli art. 22 e 23 legge 241/1990
correlano il diritto d'accesso, ricomprende
non solo quella di diritto amministrativo,
ma anche quella di diritto privato posta in
essere dai soggetti gestori di pubblici
servizi che, pur non costituendo
direttamente gestione del servizio stesso,
sia collegata a quest'ultima da un nesso di
strumentalità derivante anche, sul versante
soggettivo, dall'intensa conformazione
pubblicistica» (ex multis, Cons.
Stato, Sez. VI,
sentenza 19.01.2010 n. 189; Cons.
stato, Sez. IV,
sentenza 12.03.2010 n. 1470).
Il diritto di accesso, si è detto, subisce
talune limitazioni normativamente previste.
Anzitutto, la stessa legge 241/1990 (art.
24) specificatamente esclude l'accesso: per
i documenti coperti da segreto di stato ai
sensi della legge 24.10.1977, n. 801; nei
procedimenti tributari, per i quali restano
ferme le particolari norme che li regolano;
nei confronti dell'attività della pubblica
amministrazione diretta all'emanazione di
atti normativi, amministrativi generali, di
pianificazione e di programmazione, per i
quali restano ferme le particolari norme che
ne regolano la formazione; nei procedimenti
selettivi, nei confronti dei documenti
amministrativi contenenti informazioni di
carattere psicoattitudinale relativi a
terzi.
Inoltre, il diritto di accesso deve
assolutamente escludersi laddove il suo
esercizio risulti preordinato a un controllo
generalizzato dell'operato
dell'amministrazione.
Accanto alle limitazioni, per così dire, di
ordine generale, il Codice introduce propri
limiti autonomi all'esercizio del diritto in
esame, attraverso la previsione di
particolari limiti oggettivi e soggettivi
all'accessibilità degli atti concernenti le
procedure di affidamento dei contratti
pubblici, e mediante l'introduzione di veri
e propri doveri di non divulgare il
contenuto di determinati atti, assistiti da
apposite sanzioni di carattere penale.
Come chiarito dalla giurisprudenza, «tale
disciplina, essendo destinata a regolare in
modo completo tutti gli aspetti relativi
alla conoscibilità degli atti e dei
documenti rilevanti nelle diverse fasi di
formazione ed esecuzione dei contratti
pubblici, costituisce una sorta di
microsistema normativo collegato all'idea
della peculiarità del settore considerato,
pur all'interno delle coordinate generali
dell'accesso tracciate dalla legge n. 241
del 1990» (Cons. stato, Sez. V,
sentenza 09.12.2008, n. 6121).
Specificatamente l'art. 13 oltre a
individuare fattispecie di differimento
dell'accesso (comma 2), prevede in modo
puntuale una serie di esclusioni oggettive
al diritto medesimo (comma 5).
In riferimento all'accesso alle offerte
degli altri concorrenti, particolarmente
delicata appare la previsione di cui al
comma 5, lett. a, relativa, appunto, alle
informazioni fornite dagli offerenti
nell'ambito delle offerte ovvero a
giustificazione delle medesime, sottoposte
al divieto di ostensione laddove
costituiscano, secondo motivata e comprovata
dichiarazione dell'offerente, segreti
tecnici o commerciali, e non ricorrano i
presupposti derogatori di cui al comma 6. Si
è avuto modo in altra occasione di esaminare
il contenuto e la portata delle disposizioni
citate in riferimento alle giustificazioni
prezzi, le cui conclusioni ben trovano
applicazione anche ai casi in esame.
In aggiunta , tuttavia, particolare
attenzione meritano in questa sede le
osservazioni compiute dal giudice
amministrativo, il quale, dopo aver
considerato come «la norma [art. 13, c.
6, dlgs 163/06] sembra ripetere,
specificandoli, i principi dell'art. 24,
legge n. 241 cit., che stabilisce una
complessa operazione di bilanciamento tra
gli interessi contrapposti alla trasparenza
e alla riservatezza», ha evidenziato
come «il linguaggio utilizzato dal codice
dei contratti è però diverso: più puntuale e
restrittivo, definisce esattamente l'ambito
di applicazione della esclusione
dall'accesso».
E in particolare, «in primo luogo, sul
versante della legittimazione soggettiva
attiva, la disposizione riguarda solo il
concorrente che abbia partecipato alla
selezione; la preclusione all'accesso è
invece totale qualora la richiesta sia
formulata da un soggetto terzo, che pure
dimostri di avere un interesse
differenziato, alla stregua della legge
generale sul procedimento [_].
In secondo luogo, sul piano oggettivo,
l'accesso eccezionalmente consentito è
strettamente collegato alla sola esigenza di
una difesa in giudizio; in questa
prospettiva, quindi, la previsione è molto
più restrittiva di quella contenuta
nell'art. 24, legge n. 241 cit., la quale
contempla un ventaglio più ampio di
possibilità consentendo l'accesso ove
necessario per la tutela della posizione
giuridica del richiedente, senza alcuna
restrizione alla sola dimensione
processuale. Per non dilatare in modo
irragionevole la portata della norma, si
deve ritenere che essa imponga di effettuare
un accurato controllo in ordine alla
effettiva utilità della documentazione
richiesta, alla stregua di una sorta di
prova di resistenza» (Cons. stato, n.
6121 cit.; si veda anche Cons. stato, Sez.
VI,
ordinanza 05.02.2010 n. 524; TAR
Milano, Sez. I,
sentenza 29.01.2010 n. 201).
Va precisato, peraltro, che «soltanto i
soggetti utilmente ammessi alla ponderazione
comparativa delle offerte (e non, quindi,
quelli esclusi) si trovano destinatari di
una posizione qualificata e differenziata la
quale, pur nella necessaria osservanza delle
modalità temporali che assistono la
conoscibilità degli atti (differimento ex
art. 13 dlgs 163/2006), consente ai medesimi
l'esercizio del diritto di accesso
relativamente alle proposte presentate dagli
altri concorrenti, laddove il pregiudizio
dai primi lamentati (e, conseguentemente, le
esigenze di tutela che essi intendano far
valere) trovi fondamento proprio nello
svolgimento dell'attività di selezione e
valutazione delle offerte» (TAR Roma,
Sez. I, 09.07.2008 n. 6488).
Fatte tali premesse in ordine all'estensione
oggettiva e soggettiva del diritto di
accesso, in relazione al suo eventuale
differimento opposto dalla stazione
appaltante richiesta, si precisa che questo
può avvenire solo nei confronti delle
offerte (tecniche e economiche) presentate
dagli altri concorrenti, e non già anche in
riferimento ai documenti e ai verbali di
gara. Sul punto, è infatti chiara la
giurisprudenza nel ritenere che «il
diritto di accesso può essere differito fino
alla aggiudicazione solo in relazione alle
offerte presentate dalle società
partecipanti e non poteva viceversa essere
opposto alla richiesta di documenti che
aveva a oggetto i documenti attestanti i
requisiti di ammissione alla gara, i verbali
di gara e i provvedimenti di riammissione
alla procedura delle società che in un primo
tempo erano state escluse» (TAR Bari,
Sez. I,
sentenza 18.11.2008 n. 2612).
Quanto alle modalità dell'esercizio del
diritto di accesso nei confronti degli atti
e documenti di gara (ivi comprese le offerte
dei concorrenti), va precisato sin d'ora che
queste si estrinsecano tanto nella visione
della documentazione richiesta, quanto
nell'estrazione di copia della stessa.
Non sussiste, cioè, una compressione del
diritto in virtù dell'oggetto della
richiesta d'accesso, dovendo la p.a., salvo
i divieti e le limitazioni sopra analizzate,
in via generale consentire al concorrente
non solo la visione dei documenti richiesti,
ma anche l'estrazione di loro copia.
Ciò in quanto, «né l'art. 13, co. 6, dlgs
n. 163/2006, né l'art. 24, nella
formulazione risultante a seguito della
legge n. 15/2005, prevedono che l'accesso
cosiddetto difensivo, come tale prevalente
sulle antagoniste ragioni di riservatezza o
di segretezza tecnica o commerciale, possa e
debba essere esercitato nella forma della
sola visione, senza estrazione di copia».
Quanto alla disciplina generale, in
particolare, l'intervenuta normativa di cui
alla legge n. 15 del 2005, modificativa in
parte qua della legge n. 241 del 1990,
comporta che debba ricomprendersi nel
diritto di accesso sia la visione che il
rilascio di copia del documento, attesa
l'abrogazione della disposizione dettata
dall'art. 24, comma 2, lett. d), nella
formulazione originaria della legge n.
241/1990, che prevedeva, invece, a tutela
della riservatezza dei terzi, persone e
imprese, la possibilità di escludere il
diritto d'accesso “garantendo peraltro
agli interessati la visione degli atti
relativi ai procedimenti amministrativi, la
cui conoscenza sia necessaria per curare o
per difendere i loro interessi giuridici”:
abrogazione che fa ritenere superata ogni
possibilità di distinguere tra le due
indicate modalità di accesso» (Cons.
Stato, Sez. VI,
sentenza 19.10.2009 n. 6393; si
veda anche TAR Torino, Sez. I,
sentenza 08.05.2008 n. 1015; TAR
Bari, Sez. I,
sentenza 14.09.2006 n. 3220).
Conclusioni.
Dall'analisi che precede si è visto come il
diritto d'accesso sconti alcune limitazioni
sia soggettive che oggettive. Sotto il primo
profilo, possono esercitare legittimamente
nei confronti dei documenti di gara (e
specificatamente, offerte e verbali) il
diritto in esame solo i soggetti che hanno
partecipato alla procedura di gara medesima,
e non ne siano stati esclusi.
Sotto il secondo profilo, il diritto in
questione deve ritenersi recessivo laddove
sussistano comprovate esigenze di segretezza
e tutela di segreti industriali, tale
limitazione potendo tuttavia subire una
deroga nei casi in cui l'esercizio
dell'accesso sia propedeutico alla tutela
giurisdizionale dei diritti del richiedente.
In tal caso, l'amministrazione deve
consentire l'accesso, adottando «accorgimenti
utili a evitare la divulgazione di eventuali
segreti tecnici o commerciali, inibendo la
estrazione di copia [solo] di quelle parti
dei documenti da cui potrebbero trarsi
informazioni sui dati da mantenere segreti,
se e nella misura in cui la loro
acquisizione non risulti in ogni caso utile
al ricorrente per la difesa dei propri
interessi» (Cons. stato, Ord. n. 524
cit.).
Quanto alle concrete modalità di esercizio
dell'accesso, questo può essere differito,
nei casi e nei tempi previsti dalla legge,
in riferimento alle sole offerte dei
concorrenti, dovendosi invece ritenere, nel
silenzio della norma, i verbali e gli atti
di gara relativi alle condizioni di
ammissibilità immediatamente ostensibili; e
in ogni caso l'accesso deve intendersi «pieno»,
e cioè sia nella forma della presa visione,
che dell'estrazione di copia (articolo
ItaliaOggi del 28.04.2010, pag. 38). |
APPALTI: Sulla
necessità che le clausole escludenti del
bando di gara siano chiare e sulla
possibilità o meno per la commissione di
gara di fissare sub-criteri di valutazione
delle offerte.
In sede di gara di appalto, le clausole
previste dal bando a pena di esclusione
devono essere chiare e puntuali e, nella
eventuale incertezza interpretativa, deve
essere favorita, anche nell'ottica della più
ampia partecipazione di concorrenti, una
interpretazione meno restrittiva delle
stesse e che, comunque, non lede la par
condicio tra i concorrenti.
La commissione di una gara di appalto, in
ossequio ai principi di imparzialità e par
condicio, può procedere alla predefinizione
di criteri di riferimento per l'attribuzione
dei punteggi ai diversi fattori ponderali
delle offerte, soltanto prima dell'apertura
delle buste e, cioè, nell'assoluta
inconsapevolezza del loro contenuto e
nell'obiettiva impossibilità di essere in
qualche modo condizionata dalla preventiva
avvenuta conoscenza di elementi rilevanti ai
fini della valutazione delle offerte
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 27.04.2010 n. 2388 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Gare:
in caso di illegittima aggiudicazione va
riconosciuta la perdita di chance. Il danno
è anche curriculare. Risarcimento in
percentuale variabile fra l'1 e il 5%.
Il risarcimento del
danno da illegittima aggiudicazione di una
gara di appalto va rapportato non soltanto
all'utile di impresa, ma anche al danno
curriculare derivante dalla mancata
acquisizione dell'appalto e alla conseguente
diminuzione di peso imprenditoriale in
termini di ridotto radicamento sul mercato;
tale danno va riferito a una percentuale
variabile fra l'1 e il 5% dell'appalto.
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, Sez.
VI, con la
sentenza 27.04.2010 n. 2384 in
merito a una fattispecie di risarcimento del
danno da riconoscere a una società
classificatasi al secondo posto in una
procedura di aggiudicazione di un appalto
pubblico.
L'amministrazione aveva infatti proceduto a
una illegittima aggiudicazione a favore di
un concorrente che aveva omesso di
presentare la fotocopia del documento di
identità a corredo dell'autocertificazione
sulla regolarità contributiva e
sull'insussistenza di cause di esclusione.
Il Consiglio di stato, dopo avere verificato
la non scusabilità dell'errore
dell'amministrazione (che non aveva tenuto
presente quanto previsto nella disciplina
sulle autocertificazioni di cui al dpr 445)
e quindi la sussistenza dei presupposti per
procedere al risarcimento della lesione
dell'interesse legittimo, entra nel merito
della quantificazione del danno da risarcire
al ricorrente che, senza l'aggiudicazione
illegittima, sarebbe risultato
aggiudicatario. A tale riguardo i giudici in
primo luogo richiamano la necessità di
rapportare il quantum del risarcimento
all'utile che l'impresa avrebbe conseguito a
seguito dell'aggiudicazione illegittimamente
negata.
La sentenza, in particolare, richiama la
giurisprudenza che, facendo leva
sull'articolo 122 del regolamento della
legge Merloni (dpr 554/1999) e sull'articolo
37-septies, comma 1, lettera c, della citata
Merloni, determina il risarcimento nella
misura del 10% dell'importo dell'appalto.
I giudici però precisano che, anche in
presenza di queste norme e della
giurisprudenza che si sviluppò negli anni
rispetto all'analoga disposizione della
legge fondamentale sui lavori pubblici, il
giudice deve giungere alla determinazione
del valore dopo una «concreta
determinazione, nei casi in cui sussistano
diversi rapporti fra costi e ricavi, in
termini documentabili dalla parte
interessata».
La sentenza chiarisce quindi in primo luogo
che non rientrano nel risarcimento del danno
tutti i costi che il concorrente ha
affrontato per presentare l'offerta (salvo
il caso, difficilmente, se non mai,
riscontrabile, in cui lo preveda la stazione
appaltante). Tali costi devono essere
infatti ricondotti a un investimento
riferibile al «rischio dell'impresa,
funzionale alla previsione di guadagno in
astratto quantificata».
In secondo luogo la sentenza richiama il
principio per cui il risarcimento del danno
per illegittima aggiudicazione deve essere
ricondotto alla cosiddetta «perdita di
chance», ovvero al guadagno che
l'impresa avrebbe potuto ottenere, in base a
una ragionevole valutazione di probabilità e
alle regole del mercato.
Inoltre i giudici aggiungono un passaggio di
particolare interesse relativo alla
specificazione di un ulteriore profilo che
dettaglia il principio generale della
perdita di chance. In particolare la
sentenza precisa che «appare poi
ragionevole» che nella definizione del
risarcimento sia compreso quello che viene
definito «danno curriculare» che si
sostanzia nella riduzione («deminutio»)
di peso imprenditoriale della società
causato dal non avere potuto aggiudicarsi la
commessa che, invece, se non ci fosse stata
l'illegittima aggiudicazione, sarebbe
spettata.
Il Consiglio di Stato chiarisce che questa
riduzione di peso imprenditoriale «può
essere rapportata a un inferiore radicamento
nel mercato, anche come possibile concausa
di crisi economica o imprenditoriale, in
termini di difficile determinazione, ma in
linea di massima rapportabili a valori
percentuali compresi fra l'1 e il 5%
dell'importo globale del servizio da
aggiudicare» (articolo
ItaliaOggi del 18.08.2010, pag. 30
- link a www.corteconti.it). |
APPALTI: IL
BANDO CAMPANILISTA VA ANNULLATO!
1- Unione europea -
Norme comunitarie - Art. 85 del Trattato
istitutivo della Comunità Europea - Clausole
di un bando che prefigurano un vantaggio a
favore di imprese radicate nel territorio -
Sono in contrasto con i principi di parità
di trattamento delle opportunità
imprenditoriali.
2- Appalto di servizi - Bando - Requisiti
ulteriori rispetto a quelli previsti dalla
legge - Limiti - Requisito dello svolgimento
del servizio in un Comune della Provincia
della stazione appaltante - Illegittimità -
Ragioni.
1-
I concetti di esperienza ed affidabilità ("indicazione
dei principali servizi prestati" ed "efficienza"
cui fanno riferimento il D.Lgs. n. 163/2006
e le norme comunitarie), non vengono
rapportati ad una discriminante consistenza
degli insediamenti di un'impresa in un
determinato territorio, posto che la
complessiva ottica della norma comunitaria e
delle norme dei singoli ordinamenti
nazionali non può certo eludere il generale
principio contenuto nell'art. 85 del
Trattato istitutivo della Comunità Europea
in forza del quale vige, per l'appunto il
divieto di "impedire, restringere o
falsare il gioco della concorrenza
all'interno del mercato comune".
Ne consegue che le clausole di un bando che
prefigurano un vantaggio assolutamente
condizionante per l'esito del procedimento
di scelta del contraente a favore di imprese
particolarmente radicate in un determinato
ambito territoriale, risultano ex se
incompatibili con i succitati principi e
norme comunitarie e si pongono anche in
contraddizione con i principi di parità di
trattamento delle opportunità
imprenditoriali che trovano fonte negli
artt. 3 e 41, Cost..
2-
Se è vero che la stazione appaltante, in
sede di gara, può sempre chiedere requisiti
ulteriori rispetto a quelli previsti dalla
legge, pur tuttavia tale circostanza deve
sostanziarsi in richieste, comunque, non
illogiche, ovvero in contrasto con norme
primarie o manifestamente eterogenee
rispetto allo scopo perseguito o, ancora,
rispettose della par condicio dei
concorrenti.
I requisiti richiesti, cioè, devono essere
logici, adeguati, congrui e non suscettibili
di precostituire situazioni di assoluto
privilegio in favore di pochi soggetti o di
determinare una preclusione insormontabile
all'accesso al mercato di imprese in
possesso di indici di affidabilità operativa
(nella specie, il Collegio ha ritenuto
quanto mai discriminante la richiesta di
dimostrare l'esperienza del servizio di
accertamento dei tributi, attraverso la
presentazione di una referenza rilasciata
obbligatoriamente da almeno un Comune della
Provincia di Bari, dal momento che si
creerebbero delle posizioni assolutamente
dominanti nel mercato, andando a favorire
gli interessi di quei pochi soggetti già
presenti sul territorio, dando modo a questi
ultimi di consolidare e di perpetuare la
loro situazione di assoluto vantaggio, a
tutto discapito degli altri concorrenti, non
certo privi di esperienza, ma che vedono
loro preclusa ogni chance per
l'aggiudicazione del servizio) (massima
tratta da http://mondolegale.it/ - TAR
Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 27.04.2010 n. 1496 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Disco rosso alle gare
con il filtro provinciale.
È illegittimo, dal punto di vista del
diritto comunitario e nazionale, limitare
l'accesso ad una gara soltanto ai soggetti
che abbiano già operato nella stessa
provincia in cui viene svolta la gara.
Lo afferma il TAR Puglia-Bari, Sez. I, con
la
sentenza 27.04.2010 n. 1496,
rispetto ad una procedura aperta per
l'affidamento triennale dei servizi di
accertamento delle entrate tributarie (Ici e
Tarsu).
In particolare, nel disciplinare di gara,
era previsto che la comprova dell'esperienza
del candidato nello svolgimento di servizi
di accertamento congiunto di Ici e Tarsu,
dovesse avvenire attraverso la «presentazione
di almeno tre referenze di Comuni, di cui
almeno uno nella Provincia di Bari».
L'illegittimità della prescrizione viene
dichiarata dai giudici in primo luogo con
riguardo ai principi di parità di
trattamento e non discriminazione che il
Codice dei contratti enuncia all'articolo 2
come vincolanti per l'operato delle stazioni
appaltanti.
Ma la violazione viene evidenziata anche con
riguardo ai principi rinvenibili nel
Trattato europeo, in particolare rispetto a
quello della libera prestazione dei servizi
e la libera circolazione dei lavoratori che
non possono essere in alcun modo limitato,
dicono i giudici, attraverso l'obbligo per
le imprese di avere la loro sede di attività
in un determinato luogo, ovvero imponendo
una determinata residenza a persone e ad
imprese.
Nel diritto comunitario le limitazioni e le
deroghe a questi principi possono essere
eccezionalmente previste soltanto se
giustificate da motivi di interesse pubblico
superiore, e comunque devono risultare
proporzionate rispetto al fine da
perseguire.
Richiedendo quindi lo svolgimento del
servizio di riscossione presso un Comune
della Provincia, la stazione appaltante ha
introdotto una clausola illogica e
illegittima, «in quanto viene precluso
l'ingresso nel mercato di nuovi soggetti, a
scapito e detrimento della libera
concorrenza, che come si è detto costituisce
un principio cardine dell'ordinamento
nazionale e comunitario».
La sentenza evidenzia anche che
l'accertamento dell'esperienza del
concorrente non può essere perseguito in
danno del più generale principio tutelato
dall'articolo 85 del Trattato (divieto di
«impedire, restringere o falsare il gioco
della concorrenza all'interno del mercato
comune).
Nel determinare un vantaggio del tutto
condizionante l'esito della gara, la
stazione appaltante ha quindi introdotto un
elemento in se incompatibile non soltanto
con le norme comunitarie, ma anche con i
principi costituzionali di parità di
trattamento e di libertà dell'iniziativa
economica (articoli 3 e 41 della
costituzione).
La sentenza, pur non contestando il diritto
per l'amministrazione di introdurre negli
atti di gara requisiti anche ulteriori
rispetto a quelli previsti dalla legge
(codice dei contratti o dpr 554/99), precisa
però che la giurisprudenza ha ormai chiarito
che tali requisiti devono comunque essere
sempre «logici, adeguati, congrui e non
suscettibili di precostituire situazioni di
assoluto privilegio in favore di pochi
soggetti o di determinare una preclusione
insormontabile all'accesso al mercato di
imprese in possesso di indici di
affidabilità operativa». E proprio ciò
sarebbe avvenuto, con la costituzione di una
posizione dominante sul mercato a vantaggio
dei pochi soggetti già presenti sul
territorio.
Va ricordato al riguardo che su questo tema
già diversi anni fa l'Autorità per la
vigilanza sui contratti pubblici
(determinazione n. 3/2000) aveva censurato
un bando in cui si chiedeva condizionava
l'ammissione ad una gara la prova
dell'iscrizione all'albo della provincia in
cui aveva sede il comune che aveva bandito
la gara. Evidentemente dagli errori non si
impara (articolo ItaliaOggi del 30.04.2010,
pag. 20). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
Contratti a due vie. Tar
Toscana: status speciale per calmierare il
mercato. Niente gara per la Cassa depositi.
I contratti che vengono stipulati da stato,
regioni, enti pubblici, enti locali o
organismi di diritto pubblico con la Cassa
depositi e prestiti sono esenti
dall'applicazione della normativa che impone
il ricorso a forme di selezione ad evidenza
pubblica.
Sono queste le conclusioni a cui è giunto il
TAR Toscana, Sez. I, con
sentenza 27.04.2010 n. 1042,
pronunciandosi in merito ad un ricorso
presentato da un istituto di credito per
l'annullamento dell'atto con cui una
stazione appaltante non procedeva
all'aggiudicazione nei confronti dell'unico
istituto partecipante in quanto, così come
previsto nel disciplinare di gara, l'offerta
presentata era peggiore di quella effettuata
da Cassa depositi e prestiti spa.
Nello specifico la procedura aperta, con
modalità telematica, riguardava l'erogazione
di mutui ventennali e trentennali alle
aziende e agli enti del servizio sanitario
toscano, sulla base di un contratto
normativo da sottoscrivere con la stazione
appaltante, valido fino al 31.12.2011.
L'offerta doveva esprimere due spread
riferiti l'uno a mutui ventennali e l'altro
a mutui trentennali, la cui media sarebbe
stata assunta a base per l'assegnazione del
punteggio.
Il disciplinare prevedeva che la gara non
sarebbe stata aggiudicata all'offerta
migliore se questa fosse risultata superiore
a quella effettuata da Cassa dd.pp. In
particolare il giudice amministrativo,
pronunciandosi sul merito, ha respinto la
tesi dell'istituto di credito, precisando
che le censure della ricorrente si basano
sull'assunto secondo il quale la Cassa
avrebbe dovuto ricevere lo stesso
trattamento di un qualunque operatore
privato nell'ambito della gara in esame, non
potendo la stazione appaltante prevedere un
confronto finale tra l'offerta vincitrice
nella procedura e quella formulata dalla
Cassa perché, in tal modo, questa sarebbe
stata illegittimamente sottratta alle regole
dell'evidenza pubblica.
Al contrario, in base a quanto stabilito
dall'art. 19, comma 2, del dlgs n. 163/06
queste non si applicano agli appalti
pubblici di servizi aggiudicati da
un'amministrazione aggiudicatrice o da un
ente aggiudicatore ad un'altra
amministrazione aggiudicatrice in base ad un
diritto esclusivo di cui essa beneficia in
virtù di disposizioni legislative,
regolamentari o amministrative, purché tali
disposizioni siano compatibili con il
Trattato europeo.
Per giungere a dette conclusioni il giudice
ritiene opportuno definire preliminarmente
il regime a cui la Cassa è sottoposta e
qualificare giuridicamente detto organismo.
In particolare sul primo punto, nel
ricostruirne le modifiche statutarie
intervenute, precisa che il comma 7
dell'art. 5 del dl n. 269/2003 (convertito
nella legge n. 326/2003), individua le
funzioni della Cassa tra cui proprio quella
di finanziare lo stato, le regioni, gli enti
locali, gli enti pubblici e gli organismi di
diritto pubblico, utilizzando fondi
rimborsabili sotto forma di libretti di
risparmio postale, di buoni fruttiferi
postali, assistiti dalla garanzia dello
stato e fondi provenienti dall'emissione di
titoli, dall'assunzione di finanziamenti e
da altre operazioni finanziarie anch'essi
con possibile garanzia statale.
Per quanto riguarda la qualificazione
giuridica giunge alla conclusione che la
Cassa possieda i requisiti propri
dell'organismo di diritto pubblico, come
definito dall'art. 3, comma 26, del dlgs
12.04.2006, n. 163, in quanto si tratta «di
un soggetto dotato di personalità giuridica,
sottoposto indubbiamente ad una influenza
pubblica essendo il suo capitale in mano
allo stato, e si può anche ritenere che sia
istituita per soddisfare esigenze di
interesse generale che non hanno carattere
industriale o commerciale». Scopo della
Cassa, infatti è quello di fornire provvista
finanziaria alle pubbliche amministrazioni
statali e locali al fine di consentire loro
di svolgere le proprie funzioni
istituzionali laddove, rivolgendosi al
mercato, tali mezzi sarebbero reperibili a
condizioni più onerose.
Sulla base di dette riflessioni il giudice
ritiene di non accogliere le richieste della
parte ricorrente precisando, inoltre, che il
mancato assoggettamento alle procedure ad
evidenza pubblica riguarda non solo le
operazioni previste dall'art. 13 del dm
economia del 06.10.2004 che impone la
pubblicità delle condizioni generali dei
prestiti di scopo mediante l'emanazione di
apposite circolari da pubblicare in Gazzetta
Ufficiale e nel sito telematico della Cassa,
ma anche tutte le rimanenti proposte di
finanziamento che Cassa può erogare in base
alla sua stessa legge istitutiva, a
condizioni diverse, per categorie omogenee
di soggetti o di finalità, a favore di
amministrazioni aggiudicatrici, per lo
svolgimento di interventi di interesse
pubblico.
Queste ultime, infatti, sempre a parere del
Collegio, non contrastano con i principi
comunitari e si inquadrano in una coerente
missione istituzionale «che, con efficace
espressione, è stata definita calmieramento
del mercato per consentire alle
amministrazioni aggiudicatrici di svolgere
le proprie funzioni senza indebitarsi a
condizioni gravose» (articolo ItaliaOggi
del 08.05.2010, pag. 25). |
APPALTI:
M. Faviere,
La verifica dei requisiti di gara
(determinazione n. 1/2010 AVLP)
(aprile 2010 - link a
www.centrostudimarangoni.it). |
APPALTI: Appalti
pubblici, mini-restyling. Entra in vigore da
oggi il decreto legislativo 53/2010 che
modifica il Codice dei contratti. Ricorsi in
tempi ridotti. Arbitrati, tetto a 100 mila
euro.
Ridotto a 30 giorni il termine per
presentare ricorso nelle gare di appalto
contro l'aggiudicazione definitiva e contro
i bandi immediatamente lesivi; divieto di
stipula del contratto fino a 35 giorni dopo
la comunicazione dell'aggiudicazione
definitiva; tetto massimo di 100 mila euro
per gli arbitrati.
Sono queste solo alcune delle novità
contenute nel decreto legislativo n. 53 del
20.03.2010, di attuazione della direttiva
2007/66/Ce, che modifica le direttive
89/665/Cee e 92/13/Cee sulle procedure di
ricorso in materia d'aggiudicazione degli
appalti pubblici, pubblicato sulla gazzetta
ufficiale n. 84 del 12.04.2010 e in vigore
da oggi.
Fra le principali novità del decreto, che
contiene diverse modifiche al Codice dei
contratti pubblici (dlgs 163/2006) si
segnala innanzitutto l'ampliamento del
periodo di tempo intercorrente tra la
comunicazione dell'aggiudicazione definitiva
(da parte della stazione appaltante) e la
stipulazione del contratto di appalto.
La disposizione avrà l'effetto di allungare,
sia pure di poco, il tempo per la stipula
del contratto: si passerà dai 30 giorni,
stabiliti nell'attuale codice dei contratti
pubblici all'articolo 11, comma 10, ai 35
giorni. In questo lasso di tempo i
partecipanti non aggiudicatari potranno
quindi esercitare un più ampio diritto di
accesso ai documenti, anche finalizzato alla
proposizione di ricorsi (in questi 35 giorni
sarà vietata anche l'esecuzione di urgenza
di cui all'articolo 11, comma 9 del Codice)
... (articolo
ItaliaOggi del 27.04.2010, pag. 21
- link a www.corteconti.it). |
APPALTI:
ATI orizzontali -
Indicazione delle parti da eseguire -
Assenza di specifica previsione della lex
specialis - Necessità - Esclusione.
Non è necessario, in mancanza di una
previsione esplicita della lex specialis,
che le ATI orizzontali indichino le parti da
eseguire o le percentuali, perché la
distribuzione del lavoro per ciascuna
impresa non rileva all’esterno e tutte le
imprese sono responsabili in solido
dell’intero.
Avvalimento - Libertà di
forma - Normativa comunitaria di riferimento
- Principio di massima accessibilità al
mercato delle commesse pubbliche - Soggetti
parte di un raggruppamento costituendo -
Avvalimento - Possibilità -
Schema o tipo specifico di
contratto di avvalimento.
Stante che nell'ordinamento interno italiano
non è previsto uno schema o un tipo
specifico di contratto di avvalimento tra
imprese (sicché deve ritenersi che esso può
rivestire qualunque forma, anche non
esattamente documentale, e la sua esistenza
può essere provata in qualunque modo
idoneo), deve concludersi che, tenuto conto
della normativa comunitaria di riferimento
(artt. 47, comma 3, e 48, comma 4, dir.
2004/18/CE: “un raggruppamento di
operatori economici […] può fare affidamento
sulle capacità dei partecipanti al
raggruppamento o di altri soggetti”) e
del principio di massima accessibilità al
mercato delle commesse pubbliche, vada
ammessa la possibilità di avvalimento anche
per i soggetti parte di un raggruppamento
costituendo, e ciò non solo nei confronti
dei soggetti esterni ma anche degli stessi
partecipanti al raggruppamento (TAR Lazio,
Sez. I, 22 maggio 2008, n. 4820) (TAR Emilia
Romagna-Bologna, Sez. I,
sentenza 26.04.2010 n. 3832 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'esclusione di un concorrente che abbia
presentato l'offerta economica all'interno
di una busta trasparente.
Il riconoscimento di vantaggi sotto il
profilo fiscale e contributivo, nell'ottica
di un favor legislativo per le cooperative
sociali, e l'assenza di finalità di lucro
non precludono alle stesse di competere
nelle procedure per l'aggiudicazione degli
appalti pubblici.
E' legittimo il provvedimento di esclusione
adottato da una commissione nei confronti di
un concorrente che abbia presentato la
propria offerta economica all'interno di una
busta trasparente, in quanto, per costante
giurisprudenza, in una gara basata sul
criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa i principi (inderogabili) della
parità di condizioni tra i concorrenti e del
regolare ed imparziale svolgimento della
gara possono essere rispettati solo se
l'offerta economica resta segreta fintanto
che non siano state valutate l'ammissibilità
dei concorrenti alla gara e le componenti
tecnico-qualitative dell'offerta.
L'esclusione da una gara d'appalto di un
soggetto che sia Cooperativa sociale e ONLUS
senza fine di lucro non ha alcun fondamento
testuale, dato che la normativa nazionale
non ha mai richiesto tra i requisiti di
partecipazione alle procedure concorsuali la
qualità di impresa commerciale né il fine di
lucro. D'altro canto l'introduzione di norme
di favore nei confronti di tali soggetti non
dà luogo ad alcuna diminuzione della loro
capacità giuridica con riferimento alla
partecipazione alle gare anche in virtù
dell'art. 1, c. 8, della Dirett. 18/2004/CE
(recepito dall'art. 3, c. 19, del D.Lgs.
163/2006) secondo il quale la locuzione "prestatore
di servizi" designa "una persona
fisica o giuridica ... che offra sul
mercato, rispettivamente, la realizzazione
di ....servizi". La direttiva europea
pone quindi come condizione preliminare
essenziale per poter contrattare con le
stazioni appaltanti l'essere già presente
sul mercato, senza alcuna limitazione alla
configurazione giuridica. In definitiva, le
norme generali in materia di partecipazione
alle gare pubbliche non legittimano
l'esclusione delle Cooperative sociali, e
non residuano dubbi circa la loro
possibilità di concorrere all'aggiudicazione
degli appalti sopra la soglia comunitaria ai
sensi della direttiva 2004/18.
Inoltre, il principio della parità di
trattamento non è violato per il solo motivo
che le amministrazioni ammettono la
partecipazione ad un procedimento di
aggiudicazione di un appalto pubblico di
organismi che beneficiano di sovvenzioni,
che consentono loro di presentare offerte a
prezzi notevolmente inferiori a quelli degli
altri concorrenti: infatti, se il
legislatore comunitario avesse avuto
l'intenzione di obbligare le stazioni
appaltanti ad escludere tali offerenti,
l'avrebbe espressamente indicato (TAR Emilia
Romagna-Bologna, Sez. I,
sentenza 26.04.2010 n. 3831 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa - Offerta -
Requisito della segretezza - Utilizzo di
busta trasparente - Agevole lettura dei
prezzi - Esclusione dalla gara -
Legittimità.
In una gara basata sul criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa i principi
(inderogabili) della parità di condizioni
tra i concorrenti e del regolare ed
imparziale svolgimento della gara possono
essere rispettati solo se l’offerta
economica resta segreta fintanto che non
siano state valutate l’ammissibilità dei
concorrenti alla gara e le componenti
tecnico-qualitative dell’offerta.
Ne deriva la legittimità dell’esclusione
disposta in caso di utilizzo di una busta
trasparente tale da consentire una agevole
lettura dei prezzi offerti indicati nella
prima pagina. Ciò che rileva infatti, al di
là delle caratteristiche del contenitore, è
il dato obiettivo della leggibilità, anche
parziale, dell’offerta economica in un
momento in cui non può essere conosciuta.
Impresa legittimamente
esclusa dalla gara - Interesse a contestare
l’aggiudicazione - Presupposti.
Un’impresa legittimamente esclusa da una
gara d'appalto ha interesse a contestare
l'aggiudicazione ad altri quando dimostri,
al fine della rinnovazione della gara, che
nessun altro concorrente aveva titolo a
partecipare (Cons. Stato, V, n. 2871/2009;
n. 2629/2008; VI n. 2016/2008).
Cooperative sociali e
ONLUS senza fine di lucro - Esclusione dalle
gare d’appalto - Assenza di fondamento
normativo.
L'esclusione da una gara d'appalto di un
soggetto che sia Cooperativa sociale e ONLUS
senza fine di lucro non ha alcun fondamento
testuale, dato che la normativa nazionale
non ha mai richiesto tra i requisiti di
partecipazione alle procedure concorsuali la
qualità di impresa commerciale né il fine di
lucro (cfr. Consiglio di Stato, sez. V -
08/07/2002 n. 3790; TAR Brescia, I,
27.10.2008 n. 1440).
In definitiva, le norme generali in materia
di partecipazione alle gare pubbliche non
legittimano l'esclusione delle Cooperative
sociali, e non residuano dubbi circa la loro
possibilità di concorrere all'aggiudicazione
degli appalti sopra la soglia comunitaria ai
sensi della direttiva 2004/18.
Ammissione alla gara di
soggetti che beneficiano di sovvenzioni -
Principio della parità di trattamento -
Violazione - Esclusione.
Il principio della parità di trattamento non
è violato per il solo motivo che le
amministrazioni ammettono la partecipazione
ad un procedimento di aggiudicazione di un
appalto pubblico di organismi che
beneficiano di sovvenzioni, che consentono
loro di presentare offerte a prezzi
notevolmente inferiori a quelli degli altri
concorrenti: infatti, se il legislatore
comunitario avesse avuto l'intenzione di
obbligare le stazioni appaltanti ad
escludere tali offerenti, l'avrebbe
espressamente indicato (Corte di giustizia
CE, sez. VI - 7/12/2000 procedimento
C-94/99) (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez.
I,
sentenza 26.04.2010 n. 3831 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
D. Prinari,
APPUNTI SUL NUOVO PREAVVISO DI RICORSO NELLA
CONTRATTUALISTICA PUBBLICA ITALIANA
(link a www.diritto.it). |
APPALTI:
Anche i consorzi ordinari possono associarsi
in raggruppamenti temporanei
(link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
In vigore dal 27.04.2010 le modifiche al
Codice degli appalti.
Il D.Lgs. 53/2010, pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale n. 84 del 12.04.2010, recante "Attuazione
della direttiva 2007/66/CE che modifica le
direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto
riguarda il miglioramento dell'efficacia
delle procedure di ricorso in materia
d'aggiudicazione degli appalti pubblici"
che entrerà in vigore il 27.04.2010.
Il provvedimento apporta modifiche
significative al D.Lgs. 163/2006, il Codice
dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e forniture.
Le principali modifiche riguardano: ...
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APPALTI:
La stazione appaltante,
in sede di gara, può chiedere requisiti
ulteriori rispetto a quelli previsti dalla
legge, sempre che tali requisiti siano
logici, adeguati e congrui e non
compromettano la libera concorrenza.
La stazione appaltante, in sede di gara, può
sempre chiedere requisiti ulteriori rispetto
a quelli previsti dalla legge, pur tuttavia
tale circostanza deve sostanziarsi in
richieste, comunque, non illogiche, ovvero
in contrasto con norme primarie o
manifestamente eterogenee rispetto allo
scopo perseguito o, ancora, rispettose della
par condicio dei concorrenti. I requisiti
richiesti, cioè, devono essere logici,
adeguati, congrui e non suscettibili di
precostituire situazioni di assoluto
privilegio in favore di pochi soggetti o di
determinare una preclusione insormontabile
all'accesso al mercato di imprese in
possesso di indici di affidabilità
operativa.
Nel caso di specie, pertanto, risulta quanto
mai discriminante la richiesta di dimostrare
l'esperienza del servizio di accertamento
dei tributi, attraverso la presentazione di
una referenza rilasciata obbligatoriamente
da almeno un Comune della Provincia, dal
momento che si creerebbero delle posizioni
assolutamente dominanti nel mercato, andando
a favorire gli interessi di quei pochi
soggetti già presenti sul territorio, dando
modo a questi ultimi di consolidare e di
perpetuare la loro situazione di assoluto
vantaggio, a tutto discapito degli altri
concorrenti, non certo privi di esperienza,
ma che vedono loro preclusa ogni chance per
l'aggiudicazione del servizio (TAR
Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 24.04.2010 n. 1496 -
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APPALTI SERVIZI:
Sulla legittimità della
decisione con cui un comune ha negato il
rinnovo della concessione demaniale ed ha
deciso di bandire una gara per
l'individuazione del concessionario cui
assegnare il bene demaniale.
Alle concessioni di beni pubblici di
rilevanza economica e, tra queste, sono
specificamente ricomprese le concessioni
demaniali marittime, poiché idonee a fornire
un'occasione di guadagno a soggetti operanti
nel libero mercato, devono applicarsi i
principi discendenti dall'art. 81 del
Trattato UE e dalle Direttive comunitarie in
materia di appalti, quali quelli della loro
necessaria attribuzione mediante procedure
concorsuali, trasparenti, non
discriminatorie, nonché tali da assicurare
la parità di trattamento ai partecipanti.
Infatti, anche nell'assegnazione di un bene
demaniale occorre individuare il soggetto
maggiormente idoneo a consentire il
perseguimento dell'interesse pubblico,
garantendo a tutti gli operatori economici
una parità di possibilità di accesso
all'utilizzazione dei beni demaniali.
Pertanto, è legittima la decisione con cui
un comune ha negato al precedente
concessionario il rinnovo della concessione
demaniale ed ha deciso di bandire una gara
per l'individuazione del concessionario cui
assegnare il bene demaniale in questione
(TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 23.04.2010 n. 2085 -
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APPALTI: Contratto
- appalto - gara - illegittimità
aggiudicazione - conclusione contratto -
inefficacia - trattazione unitaria per
connessione - giurisdizione amministrativa.
Il giudice amministrativo è competente a
pronunciarsi sia sulla domanda di invalidità
dell'aggiudicazione che sulla privazione
degli effetti del contratto concluso con
l'affidatario: la loro trattazione unitaria
avanti ad un medesimo giudice garantisce
l'attuazione dei principi di concentrazione,
effettività e ragionevole durata del giusto
processo: conseguentemente la cognizione del
giudice amministrativo sulla domanda di
annullamento dell'affidamento di un appalto
pubblico, per le illegittime modalità con
cui si è svolto il relativo procedimento,
comporta che lo stesso giudice adito per
l'annullamento degli atti di gara -che abbia
deciso su tale prima domanda- possa decidere
pure sull'istanza del contraente
illecitamente pretermesso dal contratto di
essere reintegrato nella sua posizione, con
la privazione di effetti del contratto
eventualmente stipulato dall'aggiudicante
con il concorrente alla gara scelto in modo
illegittimo (massima tratta da www.solom.it
- TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 23.04.2010 n. 1610 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Affidamento
senza gara ad altra Amministrazione di un
appalto di servizi a titolo oneroso -
Legittimità.
Sulla scorta dei pronunciamenti del Giudice
comunitario deve ritenersi che un'autorità
pubblica possa adempiere ai compiti ad essa
incombenti mediante propri strumenti o in
collaborazione con altre autorità pubbliche,
senza essere obbligata a far ricorso a
entità esterne all'apparato pubblico (cfr.
CGCE, 18.11.2008, causa C- 324/2007).
Ne deriva che, nell'ottica della più
proficua collaborazione tra soggetti
pubblici, è consentito alle Amministrazioni
aggiudicatrici, in alternativa allo
svolgimento di una procedura di evidenza
pubblica di scelta del contraente, stipulare
accordi a titolo oneroso con altri soggetti
pubblici, cui affidare lo svolgimento di uno
o più servizi (cfr. Corte di Giustizia CE,
09.06.2009, causa C-480/06, TAR Lombardia,
Milano, 19.01.2010, n. 74) (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 22.04.2010 n. 1123 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Procedura di gara,
vincolo contrattuale e autotutela.
Come chiarito dall’art. 11, comma 7, del
d.lgs. n. 163 del 2006 (secondo cui "L’aggiudicazione
definitiva non equivale ad accettazione
dell’offerta"), il rapporto contrattuale
con la P.A. non sorge con l’aggiudicazione
definitiva, con la conseguenza che spetta
alla giurisdizione esclusiva del Giudice
amministrativo la cognizione di
comportamenti ed atti assunti prima
dell'aggiudicazione e nella successiva fase
compresa tra l'aggiudicazione e la stipula
del contratto (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 21.04.2010 n. 2254 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sul
momento in cui, a seguito della gara,
insorge il vincolo contrattuale con la P.A.
e sul giudice competente a decidere una
controversia concernente la revoca
dell’aggiudicazione definitiva disposta
successivamente alla consegna dei lavori, ma
anteriormente alla stipula del contratto,
per una serie di contestazioni riguardanti
il progetto appaltato.
Come chiarito dall’art. 11, comma 7, del
d.lgs. n. 163 del 2006 (secondo cui "L’aggiudicazione
definitiva non equivale ad accettazione
dell’offerta"), il rapporto contrattuale
con la P.A. non sorge con l’aggiudicazione
definitiva, con la conseguenza che spetta
alla giurisdizione esclusiva del Giudice
amministrativo la cognizione di
comportamenti ed atti assunti prima
dell'aggiudicazione e nella successiva fase
compresa tra l'aggiudicazione e la stipula
del contratto (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 21.04.2010 n. 2254 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Contratti
della p.a. - Appalto - Procedure di
affidamento - Project financing - Criteri
per la scelta del contraente - Elevata
discrezionalità della stazione appaltante -
Sindacabilità in sede giurisdizionale -
Limiti.
Nel project financing, la procedura
di scelta del promotore, pur articolandosi
come confronto concorrenziale tra più
proposte, non è soggetta, in linea generale,
alle regole rigorose di una vera e propria
gara, ma è caratterizzata da un elevato
livello di discrezionalità
dell'Amministrazione che, dopo aver valutato
le proposte presentate, provvede ad
individuare quella che ritiene di pubblico
interesse, sulla base di valutazioni di
fattibilità strettamente connesse a scelte
interne di carattere economico e tecnico,
sindacabili in sede giurisdizionale soltanto
sotto il profilo della manifesta illogicità,
irrazionalità e contraddittorietà degli
errori di fatto (Conf. Cons. Stato, sez. V,
23.03.2009, n. 1741) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 21.04.2010 n. 1111 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE - LAVORI PUBBLICI:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n.
16 del 20.04.2010, "Valori agricoli medi
validi per l'anno 2010 dei terreni,
considerati liberi da vincoli di contratti
agrari, secondo i tipi di coltura
effettivamente praticati, determinati
nell'ambito delle singole regioni agrarie
lombarde a norma dell'art. 41, comma 4, del
dPR 08.06.2001, n. 327 e successive
modifiche e integrazioni" (comunicato
regionale 08.04.2010 n. 45 - link
a www.infopoint.it). |
APPALTI: I
soggetti che abbiano commesso violazioni dei
doveri relativi al pagamento di imposte e di
tasse, definitivamente accertati, sono
esclusi dalla partecipazione alle gare di
appalto.
Il Collegio ritiene che il giudice di primo
grado abbia correttamente fatto applicazione
dei condivisibili principi contenuti nella
circolare n. 34/E del 25.05.2007, con la
quale l’Agenzia delle entrate ha fornito gli
indirizzi operativi ai propri uffici locali
in merito alle modalità di attestazione
della regolarità fiscale delle imprese
partecipanti a procedure di aggiudicazione
di appalti pubblici, alla luce della nuova
normativa introdotta dal d.lgs. 163/2006.
Si ricorda che sulla base dell’art. 38,
comma 1, lett. g), del d.lgs. 163/2006, i
soggetti che abbiano commesso violazioni dei
doveri relativi al pagamento di imposte e di
tasse, definitivamente accertati, sono
esclusi dalla partecipazione alle gare di
appalto.
Secondo la menzionata circolare vi è
regolarità fiscale quando, alternativamente:
- a carico dell’impresa, non risultino
contestate violazioni tributarie mediante
atti ormai definitivi per decorso del
termine di impugnazione, ovvero, in caso di
impugnazione, qualora la relativa pronuncia
giurisdizionale sia passata in giudicato;
- in caso di violazioni tributarie
accertate, la pretesa dell’amministrazione
finanziaria risulti, alla data di richiesta
della certificazione, integralmente
soddisfatta, anche mediante definizione
agevolata.
La circolare precisa inoltre che non può
essere considerata irregolare la posizione
dell’impresa partecipante qualora sia ancora
pendente il termine di sessanta giorni per
l’impugnazione (o per l’adempimento) ovvero,
qualora sia stata proposta impugnazione, non
sia passata ancora in giudicato la pronuncia
giurisdizionale (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 20.04.2010 n. 2213 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sul giudice competente a
decidere una controversia relativa alla
revoca dell’aggiudicazione e sulla
legittimità o meno della revoca
dell’aggiudicazione disposta per mancata
tempestiva costituzione della cauzione
definitiva.
I contratti d’appalto della P.A. si possono
considerare formalmente conclusi solo quando
siano state rispettate le formalità tipiche
dei contratti, tra cui rientrano le relative
sottoscrizioni al termine del procedimento
stabilito dalla legge (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 20.04.2010 n. 2199 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
possibilità o meno di dichiarare
l’aggiudicazione della gara a seguito
dell’accoglimento del ricorso che ha
comportato l’esclusione dalla gara di una
delle due ditte ammesse.
Nel caso di gara con due soli concorrenti e
che, a seguito di un giudizio innanzi al
G.A., è rimasta con unico offerente, l’unica
offerta rimasta in gara non deve essere
necessariamente aggiudicata come effetto
conformativo della decisione, ove il bando
preveda che l’Amministrazione deve valutare
se "aggiudicare la gara anche in presenza
di una sola offerta purché ritenuta congrua"
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 19.04.2010 n. 2188 -
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APPALTI:
GARE PUBBLICHE:
INTEGRAZIONE POSTUMA DELLA DOCUMENTAZIONE.
1.- Appalto di servizi -
Documentazione - Lex specialis - Mancata
presentazione - Esclusione - Legittimità -
Integrazione postuma - Inammissibilità -
Fattispecie.
2.- Appalto di servizi - Documentazione -
Integrazione - Postuma - Art. 16, D.Lgs. n.
157/1995 - Ammissibilità - Limiti.
1.-
Conformemente ai principi generali
dell'evidenza pubblica, la documentazione
necessaria ai fini dell'ammissione alla gara
deve essere introdotta secondo le modalità
ed i termini previsti nella lex specialis,
non assumendo alcun rilievo la circostanza
che la ditta concorrente, a fronte della
mancata esibizione di un documento in sede
di gara, sia nella reale disponibilità dello
stesso.
Ne deriva che l'impresa esclusa dalla gara
non può affatto giovarsi, pena la violazione
del fondamentale canone di par condicio,
dell'effettivo possesso della documentazione
non presentata nel corso della procedura,
magari attraverso una successiva produzione
integrativa (nel caso a mano, il documento
prodotto formalmente dalla ricorrente non è
stato ritenuto qualificabile quale "autorizzazione
sanitaria", essendo privo dei requisiti
essenziali perché potesse essere considerato
atto promanante dall'autorità comunale.
Pertanto, ammesso che possa avere una
qualche rilevanza la distinzione tra
invalidità e mancanza del documento, il
Collegio ha comunque ritenuto che si
trattasse di una vera e propria omissione
documentale, da sanzionare con l'esclusione
dalla gara).
2.-
Il rimedio della regolarizzazione postuma,
contemplato dall'art. 16, D.Lgs. n.
157/1995, è attivabile solo nelle ipotesi di
dichiarazioni, documenti e certificati non
chiari o di dubbio contenuto, ma che siano
pur sempre stati prodotti, e non anche
laddove si sia in presenza di documentazione
del tutto mancante o fisicamente incompleta
(come nella fattispecie), determinandosi, in
caso contrario, la compromissione della par
condicio a scapito delle imprese concorrenti
che abbiano rispettato la disciplina di
gara.
In altri termini, la facoltà di integrazione
della documentazione allegata all'offerta è
consentita solo nell'eventualità in cui
occorra chiarire il contenuto di una domanda
presentata ritualmente e tempestivamente, ma
non quando il documento prodotto sia diverso
da quello richiesto dalla lex specialis,
trattandosi di indebita sostituzione di
documenti e non di completamento o di
chiarimento di essi (massima tratta da
http://mondolegale.it -
TAR
Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 19.04.2010 n. 2016 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sul procedimento di
verifica dell'anomalia delle offerte.
L'art. 88, c. 3, ultimo periodo del d.lgs. n
163/2006 (Codice di contratti), nel disporre
che la stazione appaltante, avvalendosi, se
del caso, di un'apposita commissione
tecnica, esamina gli elementi costitutivi
dell'offerta tenendo conto delle
giustificazioni fornite, "e può
richiedere per iscritto ulteriori
chiarimenti, se resi necessari o utili a
seguito di tale esame", impone che la
richiesta scritta degli accennati "ulteriori
chiarimenti" abbia un contenuto dettagliato
e precisi l'oggetto su cui debbano vertere i
chiarimenti stessi.
Ne consegue che, nel caso di specie, è
illegittima l'assunzione ad uno dei motivi
dell'esclusione di un'offerta siccome
ritenuta non aver superato il vaglio di
anomalia, di un profilo di perplessità, poi
elevato a quid novi motivazionale della
determinazione di esclusione, non
esplicitato nelle richieste di chiarimenti
e, conseguentemente, non reso oggetto di
approfondimenti e controdeduzioni
dell'impresa sottoposta al giudizio di
congruità e rispetto al quale la concorrente
non sia stata perciò posta in grado di
fornire giustificazioni integrative.
Il microsistema in cui si dipana il sub
procedimento di verifica dell'anomalia delle
offerte è ispirato al principio
dell'effettività del contraddittorio, il
quale esige che l'impresa assoggettata allo
scrutinio di congruità venga edotta
dall'Amministrazione o dagli organi di gara
di tutti gli elementi di giudizio, oltre
che, dei parametri di raffronto che la
commissione intenda utilizzare per la
formulazione del suo sindacato e sui quali
l'impresa deve poter misurare le sue stesse
valutazioni ed esporre le sue
controdeduzioni.
Tale specificazione è richiesta in ossequio
al principio di leale collaborazione, tra
concorrente e p.a., in vista del
conseguimento del comune obiettivo di
appurare l'affidabilità e la bontà
dell'offerta, il quale non rappresenta solo
lo scopo utilitaristico avuto di mira
dall'impresa sottoposta a scrutinio e
potenziale aggiudicataria, ma anche e
principalmente un obiettivo
dell'Amministrazione, la quale ha interesse
ad acclarare se l'offerta in parola,
risultata la migliore, è congrua ed
accettabile.
Deve sussistere corrispondenza tra i profili
di perplessità o di criticità di un'offerta
posti a fondamento del giudizio di anomalia
e gli aspetti di perplessità e
problematicità della medesima evidenziati
nella richiesta di giustificazioni
integrative e fatti oggetto degli ulteriori
chiarimenti richiesti all'impresa, non
potendo la valutazione negativa di
inaccettabilità per incongruità
dell'offerta, fondarsi su profili che non
siano stati contestati all'impresa e su cui
quindi essa non abbia potuto controdedurre
nella precedente fase istruttoria (TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 19.04.2010 n. 1951 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: D.
Argenio, Il responsabile unico del procedimento nel codice
dei contratti pubblici:
parte 1^ -
parte 2^ -
parte 3^ (01-18.04.2010
- link a www.dirittoelegge.it). |
APPALTI: DICITURA
"ANTIMAFIA" FRA CERTIFICATO CAMERALE E
INFORMATIVA PREFETTIZIA.
1- Appalto di servizi -
Partecipazione e qualificazione - Requisiti
generali - Antimafia - Informative del
Prefetto - Requisiti - Poteri del Prefetto -
Discrezionalità - Sussiste - Ratio.
2- Antimafia - Informazioni prefettizie -
Art. 4, D.Lgs. n. 490/1994 - Natura -
"Tentativo di infiltrazione" - Possono
essere desunti anche da parametri non
predeterminati normativamente - Limiti -
Devono sussistere elementi che sconsigliano
l'instaurazione di un rapporto dell'impresa
con la p.A..
3- Antimafia - Informazioni prefettizie -
Così come previsto dal D.Lgs. 8 agosto 1994
n. 490 esistono tre categorie di informative
prefettizie - Informativa supplementare -
Requisiti - Conseguenze - Art. 1-septies,
D.L. n. 629/1982 - Poteri dell'alto
commissario antimafia.
4- Antimafia - Informazioni prefettizie -
Antimafia - Informazioni prefettizie -
Funzioni - Grado di approfondimento
probatorio - Deve essere considerato il
pericolo di collegamento fra l'impresa e la
criminalità organizzata - Ratio.
5- Appalto di servizi - Stazione appaltante
- Discrezionalità in presenza di informative
antimafia - E' estremamente ridotto - Ratio
- Inibizione dell'accesso al rapporto con la
p.A. - E' sufficiente l'accertamento di meri
elementi di sospetto - Conseguenze -
Finalità.
6- Antimafia -
Informazioni prefettizie - Antimafia -
Informativa prefettizia - Certificato
camerale munito dell'apposita dicitura
"antimafia" - Svolgono due funzioni ben
distinte - Ratio - Conseguenze.
1-
Le informative del Prefetto in merito alla
sussistenza di tentativi di infiltrazione
mafiosa nell'impresa, rese ai sensi degli
artt. 4, D.Lgs. n. 490/1994 e 10, D.P.R. n.
252/1998, costituiscono condizione per la
stipulazione di contratti con la pubblica
amministrazione ovvero per concessioni ed
erogazioni e non devono provare
l'intervenuta infiltrazione -essendo questa
un "quid pluris"- ma devono
sufficientemente dimostrare la sussistenza
di elementi dai quali è deducibile il
tentativo di ingerenza (1), fermo restando
che non è sufficiente il mero sospetto, ma
sono necessari accertamenti fondati su
oggettivi elementi, atti a far denotare il
rischio concreto di condizionamenti (2).
La Prefettura, nell'istituto in esame, è
titolare di un potere discrezionale, che
comporta una valutazione lata di interessi
contrapposti, ossia quello relativo alla
libertà di impresa e quello relativo alla
tutela dell'uso delle risorse pubbliche (3):
siffatto potere, proprio per i delicati
interessi che la materia coinvolge, va
esercitato con le necessarie cautele (4).
--------------
(1) TAR Campania Napoli, sez. III,
06-12-2007 n. 19691.
(2) TAR Calabria Reggio Calabria 06-02-2008
n. 72.
(3) TAR Calabria Reggio Calabria 28-02-2007
n. 197.
(4) Cons. Stato, sez. IV, 04-05-2004 n.
2783; Cons. Stato, sez. V, 27-06-2006 n.
4135.
2-
L'informazione prefettizia di cui all'art.
4, D.Lgs. 08.08.1994 n. 490 ("Disposizioni
attuative della L. 17.01.1994 n. 47, in
materia di comunicazioni e certificazioni
previste dalla normativa antimafia")
costituisce una tipica misura cautelare di
polizia, preventiva ed interdittiva, che -in
ragione delle peculiarità del fenomeno
mafioso- prescinde dall'accertamento, in
sede penale, di uno o più reati connessi
all'associazione di tipo mafioso e non
postula la prova di fatti di reato, della
effettiva infiltrazione mafiosa nell'impresa
o dell'effettivo condizionamento delle
scelte dell'impresa da parte di associazioni
o soggetti mafiosi, essendo sufficiente il "tentativo
di infiltrazione", avente lo scopo di
condizionare le scelte dell'impresa, anche
se tale scopo non si è in concreto
realizzato (5).
Tale scelta è coerente con le
caratteristiche fattuali e sociologiche del
fenomeno mafioso, che non necessariamente si
concretizza in fatti univocamente illeciti,
potendo fermarsi alla soglia
dell'intimidazione, dell'influenza e del
condizionamento latente di attività
economiche formalmente lecite.
Ed invero, i tentativi di infiltrazione
mafiosa possono essere desunti anche da
parametri non predeterminati normativamente,
anche se, per evitare il travalicamento in
uno "stato di polizia" e per
salvaguardare i principi di legalità e di
certezza del diritto, non possono reputarsi
sufficienti fattispecie fondate sul semplice
sospetto o su mere congetture prive di
riscontro fattuale, occorrendo altresì
l'individuazione di idonei e specifici
elementi di fatto, obiettivamente
sintomatici e rivelatori di concrete
connessioni o collegamenti con le predette
associazioni (6).
In definitiva, l'informativa antimafia deve
fondarsi su di un quadro fattuale di
elementi che, pur non dovendo assurgere
necessariamente, a livello di prova (anche
indiretta), siano tali da far ritenere
ragionevolmente, secondo l'"id quod
plerumque accidit", l'esistenza di
elementi che sconsigliano l'instaurazione di
un rapporto con la p.A..
---------------
(5) Cons. Stato, sez. IV, 30-05-2005 n.
2796; Cons. Stato, sez. IV, 13-10-2003 n.
6187.
(6) TAR Sicilia Palermo, sez. III,
13-01-2006 n. 38; TAR Campania Napoli, sez.
I, 19-01-2004 n. 115.
3-
In base
alla normativa vigente (D.Lgs. 08.08.1994 n.
490, recante "Disposizioni attuative
della L. 17.01.1994 n. 47, in materia di
comunicazioni e certificazioni previste
dalla normativa antimafia"; D.P.R.
03.06.1998 n. 252, recante "Regolamento
recante norme per la semplificazione dei
procedimenti relativi al rilascio delle
comunicazioni e delle informazioni antimafia"),
vengono individuate tre categorie di
informative prefettizie: la prima,
ricognitiva di cause di divieto, di per sé
interdittiva, ai sensi dell'art. 4 co. 4,
D.Lgs. n. 490/1994; la seconda, relativa ad
eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa
tendenti a condizionare le scelte e gli
indirizzi delle società o delle imprese
interessate, la cui efficacia interdittiva è
correlata alla valutazione del prefetto; la
terza, costituita dalle informative
supplementari (o atipiche), previste
dall'art. 1-septies, D.Lgs. 06.09.1982 n.
629, convertito con modificazioni dalla L.
12.10.1982 n. 726, ed aggiunto dall'art. 2,
L. 15.11.1988 n. 486, inerente ai poteri già
dell'Alto Commissario Antimafia, il cui
effetto interdittivo è dipendente da una
valutazione discrezionale
dell'amministrazione destinataria
dell'informativa stessa, in via autonoma e
discrezionale (7), alla luce dell'idoneità
morale del partecipante alla gara di
assumere la posizione di contraente con la
p.A.: pertanto, essa non necessita di un
grado di dimostrazione probatoria analogo a
quello richiesto per dimostrare
l'appartenenza di un soggetto ad
associazioni di tipo camorristico o mafioso
e si basa su indizi ottenuti con l'ausilio
di particolari indagini che possono risalire
anche ad eventi verificatisi a distanza di
tempo perché riguardano la valutazione
sull'idoneità morale del concorrente e non
producono l'esclusione automatica dalla gara
(8).
Invero, l'informativa supplementare si
caratterizza per il fatto di essere fondata
sull'accertamento di elementi che, pur
evidenziando pericolo di collegamenti fra
l'impresa e la criminalità organizzata, non
raggiungono un livello tale da esplicare
efficacia interdittiva automatica.
Pertanto, essa non assume carattere
vincolante e lascia un margine, benché molto
ridotto, alla discrezionalità
dell'amministrazione aggiudicatrice, che è
chiamata a valutarne l'incidenza: ciò
implica la necessità di una motivazione, che
dovrà essere particolarmente ampia nel caso
in cui si decida di instaurare o proseguire
il rapporto con l'impresa pur a seguito
dell'informativa, ma che non può, comunque,
mancare anche nel caso opposto, in cui
l'amministrazione decida di non instaurare o
non proseguire il rapporto (9).
Essa è fondata sull'accertamento di elementi
che, pur denotanti il pericolo di
collegamenti tra l'impresa e la criminalità
mafiosa, non raggiungono la soglia di
gravità prevista dal citato art. 4, co. 4,
D.Lgs. n. 490/1994, vuoi perché carenti di
alcuni requisiti soggettivi od oggettivi
pertinenti alle cause di divieto o
sospensione, vuoi perché non integranti
appieno il tentativo di infiltrazione.
La comunicazione, pertanto, non produrrebbe
il divieto automatico di contrarre, ma si
limiterebbe a fornire all'amministrazione
interessata elementi utili per l'esercizio
di ogni eventuale potere discrezionale.
Questo potere trova fondamento positivo
nell'art. 1-septies, D.L. 06.09.1982 n. 629,
convertito in legge, con modificazioni. con
l'art. 1, L. 12.10.1982 n. 726, ai sensi del
quale l'Alto commissario antimafia (le cui
competenze sono state nelle more devolute ai
Prefetti) può "comunicare alle autorità
competenti al rilascio di licenze,
autorizzazioni, concessioni in materia di
armi ed esplosivi e per lo svolgimento di
attività economiche ... elementi di fatto ed
altre indicazioni utili alla valutazione,
nell'ambito della discrezionalità ammessa
dalla legge, dei requisiti soggettivi
richiesti per il rilascio, il rinnovo, la
sospensione o la revoca delle licenze,
autorizzazioni e degli altri titoli
menzionati".
---------------
(7) Cons. Stato, sez. IV, 15-11-2004 n.
7362.
(8) Cons. Stato, sez. V, 31-12-2007 n. 6902.
(9) TAR Lazio, sez. III, 12-05-2008 n. 3832;
Cons. Stato, sez. VI, 03-05-2007 n. 1948;
TAR Lazio, sez. II, 20-04-2006 n. 2876; TAR
Campania Napoli, sez. I, 08-02-2006 n. 1791.
4-
Nell'ottica del legislatore, le informative
prefettizie rappresentano una sensibile
anticipazione della soglia dell'autotutela
amministrativa a fronte di possibili
ingerenze criminali nella propria attività:
da tale impostazione, si è fatta discendere
la conseguenza che l'informativa prefettizia
antimafia di cui all'art. 4, D.Lgs.
08.08.1994 n. 490 e all'art. 10, D.P.R.
03.06.1998 n. 252 è espressione della logica
di anticipazione della soglia di difesa
sociale ai fini di una tutela avanzata nel
campo del contrasto con la criminalità
organizzata, e prescinde, quindi, da
rilevanze probatorie tipiche del diritto
penale, per cercare di cogliere
l'affidabilità dell'impresa affidataria dei
lavori complessivamente intesa (10).
Conseguentemente, sotto il profilo del grado
di approfondimento probatorio, si ritiene
che l'art. 4, D.Lgs. 08.08.1994 n. 490,
costituendo una misura di tipo preventivo,
intesa a contrastare l'azione del crimine
organizzato, può ben dare rilievo anche ad
elementi che costituiscono solo indizi (che
comunque non devono costituire semplici
sospetti o congetture privi di riscontri
fattuali) del rischio di coinvolgimento
associativo con la criminalità organizzata
delle imprese partecipanti al procedimento
di evidenza pubblica (11).
Ed invero, secondo un consolidato indirizzo
giurisprudenziale, anche in caso di
proscioglimento, i fatti oggetto di un
processo penale non perdono la loro idoneità
a fungere da validi elementi di sostegno per
un'informativa antimafia sfavorevole, in
considerazione della maggiore incidenza
probatoria degli indizi necessari a
confortare l'ipotesi di un mero tentativo di
infiltrazione mafiosa, e, quindi, tendenti a
garantire la tutela dell'interesse sociale
protetto nella sua massima soglia di
anticipazione (12).
Detto in altri termini, gli elementi che
denotano il pericolo di collegamento fra
l'impresa e la criminalità organizzata,
oggetto dell'informativa antimafia, hanno un
mero valore sintomatico ed indiziario, non
dovendo necessariamente assurgere a livello
di prova, anche indiretta (13).
Pertanto, nell'ottica della tutela
preventiva avanzata, il mancato intervento
di una condanna penale non può valere ad
escludere un quadro indiziario
significativo, rimesso al prudente
apprezzamento dell'autorità prefettizia, per
conclusioni da rapportare sia alle
difficoltà connesse all'accertamento di
reati, spesso coperti dall'omertà o dal
timore dei soggetti passivi coinvolti, sia
alla dichiarata prevalenza -sul piano
legislativo- dell'interesse pubblico ad
approntare rimedi preventivi, nei confronti
di ampi e notori fenomeni di criminalità
organizzata, colpendo gli interessi
economici della associazioni mafiose, a
prescindere dal concreto accertamento in
sede penale di uno o più reati (14).
---------------
(10) Cons. Stato, sez. VI, 17-05-2006 n.
2867.
(11) Cons. Stato, sez. VI, 02-10-2007 n.
5069.
(12) TAR Campania Napoli, sez. I, 18-05-2005
n. 6504.
(13) Cons. Stato, sez. IV, 29-04-2004 n.
2615.
(14) Cons. Stato, sez. VI, 16-04-2003 n.
19797.
5-
Sul tema dell'ampiezza del potere
discrezionale riconosciuto alla stazione
appaltante in presenza di informative
antimafia (con particolare riguardo alle
fattispecie tipiche di natura successiva ed
a quelle supplementari atipiche), la
giurisprudenza (15) ha evidenziato come
questo sia estremamente ridotto, trattandosi
di un potere esercitatile solo in presenza
di situazioni che, pur sussistendo
controindicazioni antimafia, inducano
comunque ad instaurare o proseguire il
rapporto contrattuale o concessorio.
Pertanto, va considerato sufficiente
l'accertamento di meri elementi di sospetto
per far scattare il meccanismo di
salvaguardia del sistema attraverso
l'inibizione dell'accesso al rapporto con la
p.A. per l'impresa sospettata di contiguità
mafiosa, con la conseguenza che la facoltà
di non inibire il vincolo esistente funge da
contraltare a tale rigido meccanismo
inibitorio, a presidio di interessi
contingenti, che inducono a ritenere la
prevalenza di questo sulle esigenze di
tutela antimafia: è, quindi, in tal senso
che s'impone all'Amministrazione di
giustificare una scelta siffatta, che
-ponendosi in antinomia con le esigenze che
il legislatore ha voluto tutelare nella
massima forma di anticipazione compatibile
con i valori costituzionali di riferimento-
si caratterizza per la sua natura
eccezionale e richiede, all'uopo, una
puntuale motivazione, per esplicitare le
ragioni di deroga alla logica di un suo
ordinario sviluppo, mediante l'adozione
della misura inibitoria.
---------------
(15) TAR Campania Napoli, sez. I,
28-02-2005 n. 1319; TAR Campania Napoli,
sez. I, 28-02-2005 n. 1320.
6-
A fronte di un'informativa prefettizia, in
ordine alla valenza della certificazione
negativa antimafia rilasciata dalla
competente Camera di Commercio, ai sensi
degli artt. 6 e 9, D.P.R. 03.06.1998 n. 252,
va precisato che non possono essere
assimilate, sul piano giuridico, due
distinte fattispecie, preordinate ad
assolvere a funzioni diverse, consistenti,
rispettivamente, la certificazione della
Camera di Commercio nell'accertamento della
sussistenza o meno delle situazioni ostative
di cui all'art. 10, L. 31.05.1965 n. 575
(decadenza, sospensione o divieto
determinati dalla definitiva applicazione di
misure di prevenzione antimafia, da sentenze
penali di condanna o da altri provvedimenti
del tribunale) e l'informativa antimafia
nell'acquisizione di notizie inerenti ai
tentativi di infiltrazione mafiosa.
Ed invero, il certificato camerale munito
dell'apposita dicitura "antimafia"
(al pari delle comunicazioni prefettizie
alle quali è assimilato per legge) è idoneo
a garantire l'insussistenza delle sole
situazioni ostative contemplate dall'art.
10, L. n. 575/1965, ma giammai può estendere
la sua efficacia fino ad assicurare
l'inesistenza di eventuali tentativi di
infiltrazione mafiosa, accertati mediante
ulteriori indagini istruttorie, il cui esito
è riportato nell'informativa prefettizia.
Invero, le valutazioni demandate alla
competenza della Prefettura, al fine di
verificare l'assenza di tentativi di
infiltrazioni mafiose, involgono profili non
coincidenti con quelli posti a base della
certificazione camerale e possono comportare
che l'informativa prefettizia abbia
contenuti non favorevoli per la ditta
interessata anche a fronte di una negativa
certificazione antimafia.
In definitiva, la circostanza che il
certificato camerale rechi la dicitura "antimafia",
volta ad attestare l'inesistenza delle
situazioni ostative di cui all'art. 10, L.
n. 575/1965, non può assumere alcun rilievo
per ritenere insussistente o contraddittoria
la diversa ed autonoma situazione ostativa,
costituita dall'esistenza dei tentativi di
infiltrazione mafiosa, riportata
nell'apposita informativa prefettizia
(massima tratta da http://mondolegale.it/ -
TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 16.04.2010 n. 480 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Direttiva ricorsi, i Tar
si portano avanti.
Il 27
aprile entrerà in vigore il decreto
legislativo n. 53/2010 che ha recepito la
2007/66/CE (cd direttiva ricorsi); i bandi
pubblicati dopo tale data avranno, come
primo effetto, la sicurezza che i relativi
contratti saranno eseguiti senza il dubbio
di eventuali ricorsi pendenti.
Ma che cosa sta avvenendo in questo momento
nelle aule dei nostri Tar per controversie
relative ad aggiudicazioni avvenute dopo il
dicembre 2007 (momento dell'entrata in
vigore della normativa europea)?
È oramai orientamento giurisprudenziale
consolidato che i nostri giudici
amministrativi possano già decidere sulle
sorti del contratto stipulato a seguito di
una illegittima aggiudicazione. E in tale
senso si è mosso anche il Tar Calabria,
Catanzaro (sentenza numero 457 del
12.04.2010) che sancisce, senza ombra di
dubbio, la nullità di un contratto di
appalto, in parte già eseguito In prima
battuta, il Collegio giudicante ritiene
illegittimo il comportamento di una stazione
appaltante per violazione della regola
generale di scelta del contraente che è
rappresentata dalla procedura aperta volta
ad assicurare, mediante la più ampia
partecipazione degli operatori economici, la
tutela della concorrenza e i valori a essa
sottesi e cioè, sul piano comunitario, la
libera circolazione delle persone e delle
merci, sul piano costituzionale, il buon
andamento e l'imparzialità dell'azione
amministrativa (art. 97 Cost.) in relazione
all'interesse pubblico finale e concreto che
deve essere perseguito, nonché la libera
iniziativa economica degli imprenditori di
settore (art. 41 Cost.).
Nel caso in esame, infatti, l'adito giudice
reputa che l'amministrazione abbia violato i
predetti principi in quanto, estendendo la
portata di una precedente gara mediante la
modifica del suo ambito e dell'importo
pattuito, ha di fatto affidato un nuovo
servizio senza ricorrere alle procedure di
garanzie che devono, come già sottolineato,
essere finalizzate ad assicurare la massima
partecipazione degli operatori economici.
Poiché nella specifica fattispecie «il
ricorrente non ha dimostrato in alcun modo
l'esistenza del fatto illecito e della sua
potenzialità dannosa, essendosi limitato a
provare la illegittimità dell'atto e non la
illiceità della condotta», non viene
riconosciuto un risarcimento del danno
ingiusto ma viene invece accettata e
accertata la giurisdizione del giudice
amministrativo relativamente alla richiesta
di dichiarazione di inefficacia del
contratto medio tempore stipulato.
I giudici calabresi nel ricordare che «la
Corte di cassazione, sezioni unite, con
ordinanza 10.02.2010, n. 2906, mutando
orientamento, ha ritenuto che la
giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo in materia di procedure di
gara si estende anche al contratto»
sostengono che sul piano costituzionale, la
giurisdizione esclusiva estesa al contratto
è compatibile con il modello delineato
dall'art. 103 della Costituzione.
Successivamente ribadiscono che si
giustifica la giurisdizione esclusiva in
ragione del «collegamento» stretto tra la
fase amministrativa e la fase negoziale di
conclusione del contratto. Tale collegamento
deriva dal fatto che il vizio del contratto
è conseguenza del vizio del provvedimento.
In presenza di un vizio autonomo del
contratto tale nesso viene meno.
In definitiva, la giurisdizione esclusiva si
giustifica, sul piano costituzionale, non
soltanto in presenza di un intreccio di
interessi legittimi e diritti soggettivi,
nonché di diritti soggettivi incisi
dall'esercizio di un potere amministrativo
(Corte cost. n. 32 del 2010), ma anche in
presenza di interessi legittimi e diritti
soggettivi «separati» ma, nondimeno,
strettamente collegati.
In conclusione quindi il giudice
amministrativo conferma la inefficacia del
contratto, non sussistendo «esigenze
imperative» che impongono il
mantenimento del rapporto contrattuale in
atto anche perché, come sottolineato, il
servizio oggetto dell'appalto era comunque
assicurato sia pure secondo modalità diverse
(articolo ItaliaOggi del 16.04.2010, pag.
40). |
APPALTI:
Sulla non applicabilità
dell'abbreviazione dei termini prevista
all'art 23-bis, c. 2, L. n. 1034/1971, in
riferimento alla proposizione dei motivi
aggiunti.
Sulla legittimazione ad impugnare gli atti
di gara in capo ad un'impresa mandataria di
un r.t.i.
E' da
ritenersi inapplicabile l'abbreviazione dei
termini prevista dall'art. 23-bis comma 2,
della L. n. 1034/1971, in riferimento alla
proposizione dei motivi aggiunti, ciò in
quanto la ratio alla base della
scelta normativa di non estendere il
dimezzamento al termine di notifica
dell'atto introduttivo del giudizio riposa
sull'esigenza di garantire il pieno
esercizio del diritto di difesa garantito
dalla Costituzione, che risulterebbe
eccessivamente compresso per effetto
dell'abbreviazione anche del termine de quo.
Tale esigenza sussiste anche nell'ipotesi in
cui il ricorrente debba articolare nuove
censure attraverso i motivi aggiunti, non
potendo attribuirsi rilevanza decisiva alla
diversità di situazioni, consistente nel
fatto che in tal caso il ricorrente ha già
conferito il mandato ad un difensore,
pertanto, i tempi necessari per l'esercizio
del diritto di difesa dovrebbero essere
considerati "al netto" del tempo
necessario alla ricerca di un difensore.
Nella fissazione dei termini per l'esercizio
delle attività processuali, infatti, si
dovrebbe prescindere dal rapporto interno
tra parte e difensore, attivandosi
unicamente a prevedere tempi idonei a
consentire all'interessato la piena
esplicazione del suo diritto di difesa, ai
sensi dell'art. 24 Cost.
Secondo giurisprudenza della Corte di
Giustizia Europea, non si contrappone al
diritto comunitario una normativa nazionale
che consenta a ciascuna impresa -membro di
una a.t.i.- priva di personalità giuridica,
che abbia preso parte ad una gara d'appalto,
di impugnare singolarmente gli atti della
procedura stessa, ciò in quanto la
legittimazione individuale delle imprese
associate in r.t.i. trae la sua fonte dai
comuni principi del diritto interno in tema
di legittimazione processuale e personalità
giuridica; peraltro, è pacifico l'assunto
secondo cui un r.t.i. non dà luogo ad
un'entità giuridica autonoma che escluda la
soggettività delle singole imprese che lo
compongono (Consiglio di Stato, Adunanza
Plenaria,
sentenza 15.04.2010 n. 2155 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Sui requisiti necessari
per partecipare ad una procedura indetta
secondo le modalità di project financing.
L'operazione di project financing è
diretta a realizzare una serie di interventi
attraverso il concorso di risorse pubbliche
e private; a tale risultato, sul piano
procedurale, corrisponde la sovrapposizione
di più modelli negoziali, i quali conservano
la propria autonomia, pur essendo connessi
in vista del raggiungimento di un unico
risultato economico. All'interno esso consta
di una fase preliminare relativa alla
individuazione del promotore, ed una
successiva di tipo selettivo, finalizzata
all'affidamento della concessione:
quest'ultima consiste in una gara, come tale
soggetta ai principi comunitari e nazionali
in materia di evidenza pubblica; viceversa
la scelta del promotore è connotata da ampia
discrezionalità amministrativa, in quanto
intesa alla valutazione dell'esistenza
stessa di un interesse pubblico che
giustifichi l'accoglimento della proposta
formulata dal promotore.
Nella fattispecie, la causa di esclusione
esistente in capo al r.t.i. concerne i
requisiti soggettivi di ordine generale
richiesti dalla legge, pertanto vale il
principio secondo cui essi devono essere
posseduti dai concorrenti al momento della
domanda di partecipazione alla gara, e
permanere fino alla stipulazione del
contratto, oltreché documentati da ciascuna
delle imprese partecipanti al
raggruppamento; inoltre, l'accertamento dei
requisiti soggettivi va effettuato con
riferimento al momento della domanda di
partecipazione alla stessa (Consiglio di
Stato, Adunanza Plenaria,
sentenza 15.04.2010 n. 2155 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
I concorrenti debbono
possedere le qualificazioni richieste dal
bando di gara non solo alla scadenza del
termine per la presentazione delle offerte,
ma in ogni successiva fase del procedimento
di evidenza pubblica e per tutta la durata
dell'appalto.
In materia di accertamento dei requisiti di
ordine speciale per il conseguimento degli
appalti di lavori pubblici, vige il
principio secondo cui le qualificazioni
richieste dal bando debbono essere possedute
dai concorrenti non soltanto alla scadenza
del termine per la presentazione delle
offerte, ma in ogni successiva fase del
procedimento di evidenza pubblica e per
tutta la durata dell'appalto, ciò nel
rispetto dell'esigenza di certezza e
funzionalità del regime di qualificazione
obbligatoria, imperniato sul rilascio, da
parte degli organismi di attestazione, di
certificati che costituiscono condizione
necessaria per l'idoneità all'esecuzione dei
lavori pubblici.
Le stazioni appaltanti non possono essere
esposte all'alea della perdita e del
successivo riacquisto in corso di gara, da
parte delle ditte offerenti, della
qualificazione SOA. L'impresa che partecipa
alla procedura selettiva deve, dunque,
curarsi di possedere, dalla presentazione
dell'offerta fino all'eventuale fase di
esecuzione dell'appalto, la qualificazione
tecnico-economica richiesta dal bando.
Siffatto principio si applica anche agli
appalti rientranti nei settori speciali, per
i quali l'art. 232 del d.lgs. n. 163/2006
(Codice dei contratti pubblici) autorizza la
creazione di sistemi autonomi di
qualificazione da parte degli enti
aggiudicatori (TAR Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 14.04.2010 n. 1334 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Offerta, il prezzo si
giustifica dopo. Il Codice dei contratti
prevede che sia l'ente appaltante a chiedere
di integrare la proposta economica. La
verifica dell'anomalia va fatta insieme al
concorrente.
In materia di appalti la redditività
dell'offerta economica è stata da sempre
oggetto di particolare attenzione da parte
del legislatore, che ha fin da principio
cercato di evitare la presentazione di
offerte eccessivamente basse, tali da
rendere inattendibile la stessa e dunque da
far dubitare circa la corretta esecuzione
dell'appalto.
Già la legge quadro sui Lavori pubblici
(leggi 109/1994) si occupava della verifica
dell'anomalia e delle eventuali
giustificazioni da richiedere (art. 21 c.
1-bis); la disposizione è poi confluita nel
nuovo Codice dei Contratti Pubblici, che
disciplina la materia agli artt. 86 e
seguenti.
Anomalia e giustificazioni
dei prezzi.
La recente modifica al Codice dei Contratti
operata con il decreto legge 01.07.2009 n.
78, convertito con modifiche in legge
03.08.2009 n. 102 ha eliminato l'obbligo di
corredare l'offerta con le giustificazioni
dei prezzi.
Conseguentemente, nell'attuale sistema le
giustificazioni dell'offerta economica sono
presentate solo successivamente, su
richiesta della stazione appaltante laddove
riscontri elementi di sospetto nella
formulazione del prezzo.
La lettera dell'art. 87, comma 1, è infatti
chiara nel disporre «Quando un'offerta
appaia anormalmente bassa, la stazione
appaltante richiede all'offerente le
giustificazioni relative alle voci di prezzo
che concorrono a formare l'importo
complessivo posto a base di gara, nonché, in
caso di aggiudicazione con il criterio
dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
relative agli altri elementi di valutazione
dell'offerta, procedendo ai sensi
dell'articolo 88. All'esclusione può
provvedersi solo all'esito dell'ulteriore
verifica, in contraddittorio».
A mente dell'art. 88, comma 5, «la
stazione appaltante sottopone a verifica la
prima migliore offerta, se la stessa appaia
anormalmente bassa, e, se la ritiene
anomala, procede nella stessa maniera
progressivamente nei confronti delle
successive migliori offerte, fino ad
individuare la migliore offerta non anomala.
In alternativa, la stazione appaltante,
purché si sia riservata tale facoltà nel
bando di gara, nell'avviso di gara o nella
lettera di invito, può procedere
contemporaneamente alla verifica di anomalia
delle migliori offerte, non oltre la quinta,
fermo restando quanto previsto ai commi da 1
a 5. All'esito del procedimento di verifica
la stazione appaltante dichiara le eventuali
esclusioni di ciascuna offerta che, in base
all'esame degli elementi forniti, risulta,
nel suo complesso, inaffidabile, e procede,
nel rispetto delle disposizioni di cui agli
articoli 11 e 12, all'aggiudicazione
definitiva in favore della migliore offerta
non anomala».
La stazione appaltante procede
sostanzialmente in contraddittorio con la
parte interessata, eventualmente richiedendo
precisazioni ad integrazione delle
giustificazioni presentate (art. 88 comma
1-bis), e comunque convocando la parte a
fornire personalmente ogni elemento utile
alla valutazione dell'anomalia prima di
disporne l'esclusione (art. 88, comma 4).
Ciò, in quanto «nel giudizio di anomalia,
è fondamentale che ciascun offerente abbia
la possibilità di far valere il suo punto di
vista e di fornire ogni più utile e completa
spiegazione a sostegno dei diversi elementi
che compongono la propria offerta»; e
per tali ragioni «in generale, sono
possibili integrazioni e modificazioni
successive [delle giustificazioni allegate a
corredo dell'offerta], purché non venga
modificata l'offerta stessa, la quale
attenendo alla par condicio della gara, è
intangibile una volta presentata». (Tar
Toscana, 26.03.2009, n. 507).
Quanto alle giustificazioni, anche nel
novellato panorama legislativo i principi di
fondo in riferimento all'istituto in esame
(pure dettati in vigenza del vecchio testo),
possono comunque trovare (almeno parziale)
applicazione.
In particolare, sul punto si rileva quanto
segue.
Gli elementi oggetto di giustificazione sono
descritti dall'art. 87 comma 2, riguardando
«a titolo esemplificativo» l'economia
del procedimento di costruzione, del
processo di fabbricazione, del metodo di
prestazione del servizio (lett. a); le
soluzioni tecniche adottate (lett. b); le
condizioni eccezionalmente favorevoli di cui
dispone l'offerente per eseguire i lavori,
per fornire i prodotti, o per prestare i
servizi (lett. c); l'originalità del
progetto, dei lavori, delle forniture, dei
servizi offerti (lett. d); l'eventualità che
l'offerente ottenga un aiuto di Stato (lett.
f) ovvero il costo del lavoro come
determinato periodicamente in apposite
tabelle dal ministro del lavoro e delle
politiche sociali (lett. g).
La non tassatività di tali elementi, oltre
che discendere dall'inciso della lettera di
legge, è confermata dalla giurisprudenza
amministrativa, secondo cui «l'elenco
della documentazione che può essere
richiesta, contenuto nel successivo art. 87
comma 2, è fatto solo «a titolo
esemplificativo» e ciò significa che le
amministrazioni restano libere di stabilire
altra documentazione da richiedere [a pena
di esclusione a preventiva giustificazione
dell'anomalia dell'offerta]», purché nel
rispetto dei principi di ragionevolezza e
proporzionalità (Cons. stato, sez. VI,
06.03.2009, n. 1348; Tar Calabria,
04.11.2009, n. 1166).
La presentazione delle giustificazioni deve
avvenire per iscritto, e le stesse «debbono
consistere in elaborati più o meno completi
[_], riportanti la scomposizione
dell'offerta economica nelle varie voci che
la compongono, i quali però, per essere
ritenuti fondati, non debbono risolversi in
asserzioni meramente apodittiche (del tipo
«l'offerta è congrua perché io dico che è
congrua») e fare generico riferimento a
benefici fiscali e contributivi, a
favorevoli condizioni di mercato, e così
via. [_] le giustificazioni possono essere
ritenute sufficienti quando esse dimostrino
l'affidabilità nel suo complesso
dell'offerta, per cui è da ritenere di
massima legittimo il giudizio favorevole
anche nel caso in cui restino parzialmente
non giustificate voci meno importanti
dell'offerta» (Tar Marche, 30.11.2009,
n. 1427; Tar Marche 08.07.2009, n. 776; Tar
Emilia Romagna (Bologna), 21.04.2009, n.
505).
Particolarmente delicato il tema in esame
sotto il profilo del diritto di accesso.
L'art. 13, comma 5 lett. a), esclude
espressamente il diritto di accesso e ogni
forma di divulgazione in relazione «alle
informazioni fornite dagli offerenti
nell'ambito delle offerte ovvero a
giustificazione delle medesime, che
costituiscano, secondo motivata e comprovata
dichiarazione dell'offerente, segreti
tecnici o commerciali»; il successivo
comma 6 tuttavia ne ammette eccezionalmente
l'esercizio anche in tali casi laddove il
concorrente lo chieda «in vista della
difesa in giudizio dei propri interessi in
relazione alla procedura di affidamento del
contratto nell'ambito della quale viene
formulata la richiesta di accesso».
Già in passato il giudice amministrativo,
chiamato a pronunciarsi sul tema, aveva
chiarito come «l'interesse alla
riservatezza, tutelato dalla normativa
mediante una limitazione del diritto di
accesso [_], deve considerarsi recessivo
quando l'accesso stesso sia esercitato [_]
per la difesa di un interesse giuridico, nei
limiti in cui esso è necessario alla difesa
di quell'interesse» (Cons. stato, sez.
VI, 20.04.2006, n. 2223; si veda anche Tar
Lombardia (Milano), sez. III, 21.03.2005, n.
620).
Più di recente, il Consiglio di stato ha
avuto modo di spiegare che la norma in esame
«sembra ripetere, specificandoli, i
principi dell'art. 24, legge n. 241 cit.,
che stabilisce una complessa operazione di
bilanciamento tra gli interessi contrapposti
alla trasparenza ed alla riservatezza. [_]
Per non dilatare in modo irragionevole la
portata della norma, si deve ritenere che
essa imponga di effettuare un accurato
controllo in ordine alla effettiva utilità
della documentazione richiesta, alla stregua
di una sorta di prova di resistenza; [_] In
definitiva, dal combinato disposto dei commi
5 e 6, dell'art. 13, dlgs n. 163 del 2006,
discende che non è consentito esercitare
l'accesso alla documentazione posta a
corredo dell'offerta selezionata, ove
l'impresa aggiudicataria abbia dichiarato
che sussistano esigenze di tutela del
segreto tecnico o commerciale, ed il
richiedente non abbia dimostrato la concreta
necessità di utilizzare tale documentazione
in uno specifico giudizio». (Cons.
stato, sez. V, 09.12.2008, n. 6121).
Conclusioni.
Come si è visto, la verifica dell'anomalia
dell'offerta economica è volta a escludere
quelle offerte che, non trovando idonea
giustificazione, rendano sostanzialmente
inattendibile l'offerta medesima e dunque
facciano presumere l'inaffidabilità
nell'esecuzione dell'appalto.
Tale verifica deve avvenire solo
successivamente alla presentazione delle
offerte, in contraddittorio con la parte o
le parti interessate e secondo la precisa
procedura di cui all'art. 88 del Codice.
L'esclusione può essere comminata solo
laddove le giustificazioni presentate, ed
eventualmente integrate, non siano idonee a
dissipare il sospetto di anomalia, e
comunque solo dopo aver convocato (e
sentito, ove la stessa si presenti)
personalmente la parte. Il concorrente può
esercitare l'accesso alla documentazione di
gara degli altri concorrenti anche in
relazione alle giustificazioni purché non
sussistano comprovate e motivate esigenze di
tutela del segreto tecnico o commerciale, e
comunque vi sia la concreta necessità di
utilizzare tale documentazione in uno
specifico giudizio (articolo ItaliaOggi del
14.04.2010, pag. 38). |
APPALTI:
Legittimo il
provvedimento di esclusione se il
collegamento sostanziale è accertato dalla
sussistenza di indizi sintomatici e
complessivamente significativi.
In presenza di indizi sintomatici, purché
complessivamente significativi, il rischio
di una intesa preventiva può ragionevolmente
tradursi in una legittima presunzione che le
offerte dei diversi concorrenti siano
riconducibili al medesimo centro
decisionale, con conseguente obbligo per la
commissione di escludere dalla gara le
imprese nei cui confronti sia stata
accertata la presenza di indici rilevatori
di un collegamento sostanziale.
Nel caso di specie, erano stati ritenuti
elementi indiziari idonei a provare tale
unicità di centro decisionale l’ubicazione
della sede amministrativa delle imprese in
un medesimo stabile, l’identità di data e
luogo di spedizione dei plichi, il fatto che
la cauzione provvisoria sia stata rilasciata
da un medesimo assicuratore nello stesso
giorno e con numerazione progressiva,
l’identità grafica di documenti allegati
all’offerta, il rapporto di parentela tra
gli amministratori delle suddette società,
l’esistenza di intrecci azionari tra di
esse, ecc.
Si tratta di elementi che, soprattutto ove
sussistenti in tutto o anche in parte
contestualmente, possono essere
ragionevolmente assunti come indici
rivelatori di accordi tra i concorrenti al
fine di alterare la regolarità della gara.
In tal caso veniva giustificato
l’incameramento della cauzione provvisoria,
in quanto correlato alla violazione
dell’obbligo di diligenza e di produzione
documentale nelle trattative
precontrattuali, che grava su ciascun
concorrente sin dalla fase di partecipazione
alla gara e di presentazione dell’offerta
(TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter,
sentenza 13.04.2010 n. 6696 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI: Sui
presupposti necessari e sufficienti per
disporre l’esclusione dalla gara per grave
negligenza o malafede commessa in precedenti
appalti e sulla sussistenza o meno di una
responsabilità precontrattuale della P.A.
nel caso in cui la P.A. appaltante abbia
negato l’approvazione del contratto dopo
oltre un anno.
L’approvazione e il diniego di approvazione
del contratto da parte della P.A. hanno
natura provvedimentale, costituendo
esercizio di potere discrezionale e
autoritativo, ed a fronte di tali atti le
posizioni soggettive dei soggetti privati
coinvolti hanno consistenza di interessi
legittimi, sindacabili dal giudice
amministrativo.
Costituisce principio risalente nella
disciplina dei contratti con la P.A. quello
della perdita della capacità di contrarre,
da parte delle imprese private, quando esse
siano incorse in negligenza o malafede
nell’esecuzione di altra prestazione con la
P.A., trovando riscontro già negli artt. 3,
comma 3, del R.D. n. 2240 del 1923 e 68,
comma primo, del R.D. n. 827 del 1924.
Il principio è stato sostanzialmente
confermato anche dalla legislazione più
recente, come si evince dal testo dell’art.
75, comma 1, lett. f), del D.P.R. n. 554 del
1999 e ora da quello di cui all’art. 38,
comma 1, lett. f), del D.Lgs. n. 163 del
2006 (secondo cui "sono esclusi dalla
partecipazione alle procedure di affidamento
delle concessioni e degli appalti di lavori,
forniture e servizi, né possono essere
affidatari di subappalti, e non possono
stipulare i relativi contratti i soggetti",
tra gli altri, "che, secondo motivata
valutazione della stazione appaltante, hanno
commesso grave negligenza o malafede
nell'esecuzione delle prestazioni affidate
dalla stazione appaltante che bandisce la
gara; o che hanno commesso un errore grave
nell’esercizio della loro attività
professionale, accertato con qualsiasi mezzo
di prova da parte della stazione appaltante").
Ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f),
del D.Lgs. n. 163 del 2006, la pregressa
grave negligenza in altro rapporto
contrattuale, impedisce non solo la
partecipazione alle procedure di gara per
l’affidamento di lavori pubblici, ma la
stessa possibilità di "stipulare i
relativi contratti".
Deve ritenersi quindi che la grave
negligenza dell’impresa in sede di
esecuzione di un contratto ben possa
rilevare ostativamente anche nella fase di
approvazione di altro contratto (ai fini del
diniego dell’approvazione stessa), quando
essa sia emersa o sia stata accertata dopo
la conclusione del contratto medesimo e
nelle more del perfezionamento della sua
efficacia (massima tratta da
http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez.
III,
sentenza 13.04.2010 n. 6643 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Bando di gara -
Doglianza per la previsione di clausole che
gli impediscono la partecipazione alla
procedura - Immediata impugnazione.
Le clausole dei bandi, indetti dalle ASL per
il conferimento ai medici di incarichi
libero professionali finalizzati
all'effettuazione degli accertamenti medico
legali di controllo sullo stato di inabilità
temporanea dei lavoratori dipendenti, che
prevedono ipotesi di esclusione dalla
procedura selettiva sono immediatamente
lesive e, per questa ragione, debbono essere
tempestivamente impugnate (cfr. TAR
Lombardia Milano, sez. III, 26.05.2009 n.
3845).
Si tratta peraltro dell'applicazione al caso
specifico di un principio più volte ribadito
in giurisprudenza, secondo il quale, il
bando di gara, nonostante la sua natura di
atto generale, necessita di immediata
impugnazione allorquando il ricorrente si
dolga per la previsione in esso di clausole
che gli impediscono la partecipazione alla
procedura (cfr. Consiglio Stato ad. plen.,
29.01.2003, n. 1) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza 13.04.2010 n. 1036 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulle conseguenze delle
modifiche apportate alle disposizioni di un
contratto di concessione di servizi.
Sull'interpretazione degli artt. 12 CE, 43
CE e 49 CE, del principio della parità di
trattamento e del divieto di discriminazione
in base alla nazionalità, nonché
dell'obbligo di trasparenza che ne deriva in
rapporto all'aggiudicazione delle
concessioni di servizi.
Qualora le modifiche apportate alle
disposizioni di un contratto di concessione
di servizi presentino caratteristiche
sostanzialmente diverse da quelle che
abbiano giustificato l'aggiudicazione del
contratto di concessione iniziale e siano,
di conseguenza, idonee a dimostrare la
volontà delle parti di rinegoziare i termini
essenziali di tale contratto, devono essere
concessi, conformemente all'ordinamento
giuridico interno dello Stato membro
interessato, tutti i provvedimenti necessari
per reintrodurre la trasparenza nel
procedimento, ivi compresa anche la
possibilità un nuovo procedimento di
aggiudicazione. All'occorrenza, il nuovo
procedimento di aggiudicazione dovrà essere
organizzato secondo modalità adeguate alle
specificità della concessione di servizi di
cui trattasi e permettere che un'impresa
avente sede sul territorio di uno Stato
membro possa avere accesso ad adeguate
informazioni relative a detta concessione
prima che essa sia aggiudicata.
Qualora un'impresa concessionaria concluda
un contratto relativo a servizi rientranti
nell'ambito della concessione affidatale da
un ente locale, l'obbligo di trasparenza
derivante dagli artt. 43 CE e 49 CE nonché
dai principi della parità di trattamento e
dal divieto di discriminazione in base alla
nazionalità non si applica qualora tale
impresa:
- sia stata costituita da detto ente locale
allo scopo dell'eliminazione dei rifiuti e
della pulizia della rete viaria, ma sia al
tempo stesso attiva sul mercato;
- sia detenuta dall'ente locale medesimo
nella misura del 51%, ma le decisioni di
gestione possano essere adottate soltanto a
maggioranza dei tre quarti dei voti
dell'assemblea generale di tale impresa;
- abbia soltanto un quarto dei membri del
consiglio di vigilanza incluso il
presidente, nominato dallo stesso ente
locale, e
-tragga più della metà del proprio fatturato
da contratti sinallagmatici relativi
all'eliminazione dei rifiuti ed alla pulizia
della rete viaria sul territorio di tale
ente locale, contratti che quest'ultimo
finanzi mediante imposte locali versate dai
suoi amministrati.
Il principio della parità di trattamento e
il divieto di discriminazione in base alla
nazionalità, sanciti agli artt. 43 CE e 49
CE, nonché l'obbligo di trasparenza che ne
deriva non impongono alle autorità nazionali
di risolvere un contratto né ai giudici
nazionali di concedere un'ingiunzione in
ogni caso di asserita violazione di detto
obbligo all'atto dell'aggiudicazione delle
concessioni di servizi. Spetta
all'ordinamento giuridico interno
disciplinare le vie di ricorso idonee a
garantire la salvaguardia dei diritti che i
singoli possono vantare in base a tale
obbligo in modo che tali vie di ricorso non
siano meno favorevoli delle analoghe vie di
ricorso di natura interna, né rendano
praticamente impossibile o eccessivamente
difficile l'esercizio di tali diritti.
L'obbligo di trasparenza deriva direttamente
dagli artt. 43 CE e 49 CE, che hanno un
effetto diretto negli ordinamenti giuridici
interni degli Stati membri e prevalgono su
qualsiasi disposizione contraria dei diritti
nazionali (Corte di giustizia europea,
Grande Sezione,
sentenza 13.04.2010 n. C-91/08 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: C.
Bibi,
Holding e avvalimento infragruppo
(13.04.2010 - link a www.dirittoelegge.it). |
APPALTI:
Riceviamo, e pubblichiamo, dall'Avv. Andrea
BULLO di Milano (che ringraziamo)
l'interessate disamina di sintesi del
recentissimo "D.Lgvo 20.03.2010, n. 53,
pubblicato nella G.U.R.I. 12.04.2010
(attuazione alla direttiva 2007/66/CE che
modifica le direttive 89/665CEE e 92/13/CEE
in tema di procedure di ricorso in materia
di aggiudicazione degli appalti pubblici)"
recante MODIFICHE IN
TEMA DI CONTENZIOSO NEGLI APPALTI PUBBLICI
(circolare
13.04.2010).
L'elaborato ha un mero scopo divulgativo ed
è scevro di ambizioni di completezza. |
APPALTI:
I. Alizzi,
Procedure ad evidenza pubblica: quando la
stazione appaltante può decidere di non
procedere all’aggiudicazione della gara?
(nota a TAR Calabria–Catanzaro, sentenza
25.05.2009 n. 511) (link a
www.filodiritto.com). |
APPALTI:
F. De Sanctis,
Annullamento dell'aggiudicazione e
contratto: una connessione finalmente
rilevante (nota a Corte di Cassazione, Sezz.
Unite Civili, ordinanza 10.02.2010 n. 2906)
(link a www.filodiritto.com). |
APPALTI:
G.U. 12.04.2010 n. 84 "Attuazione della
direttiva 2007/66/CE che modifica le
direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto
riguarda il miglioramento dell’efficacia
delle procedure di ricorso in materia
d’aggiudicazione degli appalti pubblici"
(D.Lgs.
20.03.2010 n. 53). |
APPALTI:
Sulla natura eccezionale
della procedura negoziata.
La
procedura negoziata ha natura eccezionale ed
in quanto tale è ammissibile soltanto nei
casi tassativamente previsti dalla legge.
In particolare, l’art. 57, comma 2, lettera
c), del decreto legislativo 12.04.2006, n.
163 prevede che si può scegliere la
procedura negoziata senza previa
pubblicazione del bando, tra l’altro, «nella
misura strettamente necessaria, quando
l’estrema urgenza, risultante da eventi
imprevedibili per le stazioni appaltanti,
non è compatibile con i termini imposti
dalle procedure aperte, ristrette, o
negoziate previa pubblicazione di un bando
di gara. Le circostanze invocate a
giustificazione della estrema urgenza non
devono essere imputabili alle stazioni
appaltanti».
Nella fattispecie in esame la generica e
astratta affermazione secondo cui occorre
fare «fronte alle esigenze degli utenti
bisognosi di ossigeno medicinale presso il
proprio domicilio in quanto affetti da gravi
patologie respiratorie» non è idonea ad
integrare il predetto presupposto
contemplato dall’art. 56. Non sussiste,
pertanto, una “estrema urgenza”
connessa all’esigenza di tutelare la salute
degli utenti, in quanto il fine perseguito è
stato quelle di ottenere «un notevole
risparmio economico relativo
all’approvvigionamento e distribuzione a
domicilio di ossigeno medicinale».
In altri termini, lo scopo perseguito è
perfettamente «compatibile con i termini
imposti dalle procedure aperte, ristrette, o
negoziate previa pubblicazione di un bando
di gara» (cit. art. 57, comma 2, lettera c)
(TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II,
sentenza 12.04.2010 n. 457 - link
a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Le stazioni appaltanti
possono apportare modifiche alle formule
matematiche in caso di difficoltà
applicative.
E’
possibile per le stazioni appaltanti
introdurre dei correttivi alle formule
matematiche previste dal disciplinare di
gara quando si verificano delle difficoltà
pratiche nella loro rigida applicazione; ciò
a condizione che il correttivo utilizzato
risponda ad un criterio di proporzionalità e
di ragionevolezza volto a salvaguardare gli
interessi delle amministrazioni (Cons.
Stato, Sez. VI, n. 5583/2009; VI, n. 8146
del 2004; V n. 3435/2007; V, n. 1194/2006)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 09.04.2010 n. 2004 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Quando la partecipazione
alla procedura è preclusa dallo stesso bando
sussiste l'interesse a gravare la relativa
determinazione a prescindere dalla mancata
presentazione della domanda.
Nella pronuncia in commento i giudici del
Consiglio di Stato hanno considerato
infondato un motivo di gravame con il quale
si sosteneva l’inammissibilità dei ricorsi
di primo grado per il fatto che le due
società in causa non avessero presentato
domanda di partecipazione alla gara.
Al riguardo i giudici di Palazzo Spada
osservano che, secondo un condivisibile
indirizzo giurisprudenziale, quando la
partecipazione alla procedura è preclusa
dallo stesso bando, come nel caso di specie,
sussiste l'interesse a gravare la relativa
determinazione a prescindere dalla mancata
presentazione della domanda, posto che la
presentazione della stessa si risolve in un
adempimento formale inevitabilmente seguito
da un atto di esclusione, con un risultato
analogo a quello di un'originaria
preclusione e perciò privo di una effettiva
utilità pratica (Cons. Stato, Sez. V,
08.08.2005 n. 4207 e 4208; V, n. 7341,
11.11.2004; V, 11.02.2005 n. 389; IV,
30.05.2005 n. 2804).
In tal senso deve ricordarsi anche la
decisione 12.02.2004 - C 230/02 della Corte
di Giustizia C.E., ad avviso della quale,
nell'ipotesi in cui un'impresa non abbia
presentato un'offerta a causa della presenza
di specifiche che asserisce discriminatorie
nei documenti relativi al bando di gara o
nel disciplinare, le quali le avrebbero
impedito di essere in grado di fornire
l'insieme delle prestazioni richieste, essa
può presentare ricorso direttamente avverso
tali specifiche e ciò prima ancora che si
concluda il procedimento di aggiudicazione
dell'appalto pubblico interessato: ciò in
quanto è eccessivo esigere che un'impresa
che asserisca di essere lesa da clausole
discriminatorie contenute nei documenti
relativi al bando di gara, prima di poter
utilizzare le procedure di ricorso previste
dalla direttiva 89/665 contro tali
specifiche, debba presentare un'offerta
nell'ambito del procedimento di
aggiudicazione dell'appalto di cui trattasi,
quando le probabilità che le venga
aggiudicato tale appalto sarebbero nulle a
causa dell'esistenza delle dette specifiche
(in tal senso da ultimo, anche C.d.S., sez.
V, 19.03.2009, n. 1624) (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez, V,
sentenza 09.04.2010 n.
1999 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Gara - Revoca -
Giustificazione - Interesse pubblico -
Potere - Sussiste - Fondamento -
Individuazione.
Come è confermato dalla disciplina
dell’attuale art. 11 del Codice dei
contratti pubblici (dlgs 163/2006) deve
ritenersi che non sia precluso alla stazione
appaltante di procedere alla revoca od
all'annullamento dell'aggiudicazione
allorché la gara stessa non risponda più
alle esigenze dell'ente e sussista un
interesse pubblico, concreto ed attuale,
all'eliminazione degli atti divenuti
inopportuni, idoneo a giustificare il
sacrificio del contrapposto interesse
dell'aggiudicatario nei confronti
dell'Amministrazione; un tale potere, in
precedenza, si fondava, oltre che sulla
disciplina di contabilità generale dello
Stato -che consente il diniego di
approvazione per motivi di interesse
pubblico (art. 113, r.d. 23.05.1924 n. 827)-
anche sul principio generale dell'autotutela
della P.A., che rappresenta una delle
manifestazioni tipiche del potere
amministrativo, direttamente connesso ai
criteri costituzionali di imparzialità e
buon andamento della funzione pubblica.
Aggiudicazione
provvisoria - Natura interinale - Posizione
dell’aggiudicatario - Aspettativa di mero
fatto - Comunicazione dell’avviso di inizio
del procedimento - Non occorre.
L'aggiudicazione provvisoria è un atto
ancora ad effetti instabili, del tutto
interinali, che determina la nascita di una
mera aspettativa, anche se individua un
potenziale aggiudicatario definitivo, e
determina nell’aggiudicatario soltanto una
aspettativa di mero fatto e non già un
affidamento qualificato.
Di conseguenza, ove la P.A. decida di
revocare, in sede di autotutela, il
provvedimento di aggiudicazione provvisoria,
l’avvio del relativo provvedimento non dovrà
essere notificato al soggetto
provvisoriamente aggiudicatario.
Aggiudicazione
provvisoria - Revoca - Per sopravvenute
ragioni di opportunità - Adozione all'uopo
di un atto meramente soprassessorio -
Affidamento dell'aggiudicatario provvisorio
- Cessazione.
Per recidere la situazione di aspettativa
dell'aggiudicatario provvisorio è in ogni
caso sufficiente la mera adozione di un atto
soprassessorio che si inserisca nel
procedimento ad evidenza pubblica, tra la
fase dell'aggiudicazione provvisoria e
quella dell'aggiudicazione definitiva,
essendo sufficiente la comunicazione della
stazione appaltante ad es. di non poter dar
corso all'esecuzione dei lavori per cause
non dipendenti dalla propria volontà e di
essere intenzionata a procedere
all'annullamento della gara d'appalto a suo
tempo esperita, con ciò preannunciando la
revoca degli atti di gara, con atto idoneo a
concretare un avviso alla aggiudicataria.
Appalto di servizi -
Gara - Revoca - Motivazione - Riferimento
alla necessità di gestire in proprio il
servizio - Legittimità - Fattispecie.
E’ legittima la revoca di una gara per
l’affidamento del servizio di gestione
parcheggi situati nel Comune disposta dopo
l’apertura delle offerte e l'aggiudicazione
provvisoria, motivata con l’esigenza di
modificare la metodologia di presenziamento
dei parcheggi del Comune per sopravvenute
mutate esigenze aziendali, volte ad un più
ampio, nuovo, riassetto societario,
correlate alla necessità di ottemperare agli
accordi nel frattempo intercorsi con i
sindacati, nonché all’obbligo per legge l.
n. 68/1999) di assumere personale rientrante
nelle categorie protette (personale
privilegiato), atteso che la stazione
appaltante è libera, fino al momento
dell’aggiudicazione definitiva, di
privilegiare la scelta dell’autoproduzione
del servizio se questa non trova
controindicazioni (Consiglio di Stato, Sez.
V,
sentenza 09.04.2010 n. 1997 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Rientra nella potestà
discrezionale della p.a. disporre la revoca
del bando di gara e degli atti successivi,
in presenza di concreti motivi di interesse
pubblico, fino a quando non sia intervenuta
l'aggiudicazione.
In materia
di evidenza pubblica, fino a quando non sia
intervenuta l'aggiudicazione rientra nella
potestà discrezionale della p.a. disporre la
revoca del bando di gara e degli atti
successivi, in presenza di concreti motivi
di interesse pubblico, tali da rendere
inopportuna o anche solo da sconsigliare la
prosecuzione della gara. L'aggiudicazione
provvisoria determina nell'aggiudicatario
soltanto una aspettativa di mero fatto e non
già un affidamento qualificato. Di
conseguenza, ove la p.a. decida di revocare,
in sede di autotutela, il provvedimento di
aggiudicazione provvisoria, l'avvio del
relativo provvedimento non dovrà essere
notificato al soggetto provvisoriamente
aggiudicatario.
L'aggiudicazione provvisoria, in
conclusione, è un atto ancora ad effetti
instabili, del tutto interinali, che
determina la nascita di una mera
aspettativa, anche se individua un
potenziale aggiudicatario definitivo,
legittima la partecipazione di questi alle
valutazioni discrezionali
dell'amministrazione preordinate
all'adozione dell'aggiudicazione definitiva
e/o all'approvazione degli atti di gara o
del contratto.
Inoltre, per recidere tale posizione
giuridica è sufficiente la mera adozione di
un atto soprassessorio della stazione
appaltante che si inserisca nel procedimento
ad evidenza pubblica, tra la fase
dell'aggiudicazione provvisoria e quella
dell'aggiudicazione definitiva e della
stipula contrattuale, senza richiedere un
autonomo avvio di procedimento, né una
particolare motivazione, risultando
sufficiente la comunicazione ad es. di non
poter dar corso all'esecuzione dei lavori
per cause non dipendenti dalla propria
volontà e di essere intenzionato a procedere
all'annullamento della gara d'appalto a suo
tempo esperita, con ciò preannunciando l'"annullamento"
(rectius revoca) degli atti di gara,
con atto sufficiente a concretare un avviso
alla aggiudicataria (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 09.04.2010 n. 1997 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: 1.
Contratti pubblici - Appalto - Gara -
Aggiudicazione provvisoria - Natura di atto
endo-procedimentale - Termine per
l'impugnazione - Decorre dall'aggiudicazione
definitiva.
2. Contratti pubblici - Appalto - Gara -
Anomalia dell'offerta - Discrezionalità
tecnica dell'amministrazione - Sindacabile
in sede giurisdizionale - Solo per manifesta
irrazionalità ed evidente travisamento dei
fatti.
3. Contratti pubblici - Gara - Anomalia
dell'offerta - Valutazione di non anomalia -
Annullamento in sede giurisdizionale -
Obbligo per l'amministrazione di rinnovare
la procedura.
1.
L'aggiudicazione provvisoria di una gara
d'appalto ha natura di atto
endo-procedimentale, inidoneo a produrre una
definitiva lesione nella sfera giuridica
dell'impresa che non è diventata vincitrice.
Il termine per impugnare i risultati della
gara -e per far valere anche i vizi
dell'aggiudicazione provvisoria- decorre
pertanto dall'aggiudicazione definitiva, che
consolida il pregiudizio in capo ai
concorrenti non dichiarati affidatari
dell'appalto.
2.
Con riferimento alla verifica dell'anomalia
di un'offerta, il giudice amministrativo non
può sovrapporre la sua idea tecnica al
giudizio formulato dall'organo competente,
al quale la legge attribuisce
-nell'apprezzamento del caso concreto-
l'approfondimento del sapere specialistico
ai fini della tutela dell'interesse
pubblico.
Dopo la verifica dell'anomalia, pertanto,
l'esito della gara può essere travolto dalla
pronuncia giurisdizionale allorquando
l'indagine compiuta dalla stazione
appaltante, attraverso il controllo formale
ed estrinseco dell'iter logico, evidenzi
profili di manifesta irrazionalità ed
evidente travisamento dei fatti; il potere
di annullamento può essere altresì
esercitato ove il giudizio di attendibilità
investa voci che -per la loro rilevanza ed
incidenza complessiva- rendano l'intera
operazione economica non plausibile e, per
l'effetto, non suscettibile di accettazione
da parte della stazione appaltante.
3.
Quando la normativa attribuisce all'autorità
pubblica il potere di formulare una
valutazione opinabile in base alla scienza
del settore, anche ove siano dedotte le più
articolate censure, il giudice non può
sostituire la propria valutazione a quella
effettuata in sede amministrativa.
Se questa risulta viziata (per un vizio
procedimentale, ovvero per un profilo di
eccesso di potere, anche di inadeguata
motivazione in ordine ad uno degli elementi
rilevanti), il giudice amministrativo può
annullare il provvedimento impugnato, con
salvezza degli atti ulteriori, ma non può
sostituire la propria valutazione a quella
rimessa dalla norma alla competenza della
autorità amministrativa.
Questi principi rilevano anche quando si
tratti di esprimersi sull'attendibilità
della valutazione effettuata da una
Commissione di gara sull'anomalia di
un'offerta, e comportano che
dall'annullamento degli atti impugnati
scaturisce per l'amministrazione l'obbligo
di rinnovare la procedura emendandola dai
vizi rilevati, restando sconosciuto al
momento l'esito della riedizione
dell'attività di verifica.
Al contempo non può, allo stato,
riconoscersi un danno, poiché
l'aggiudicazione alla ricorrente non
costituisce effetto automatico di questa
pronuncia (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 08.04.2010 n. 1528 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità
dell'annullamento dell'aggiudicazione di una
gara di appalto disposto sulla base di una
informativa antimafia atipica.
Sull'illegittimità del provvedimento di
esclusione di un concorrente per presunto
collegamento tra l'impresa aggiudicataria ed
altro partecipante alla medesima gara, che
non sia stato preceduto dalla comunicazione
di avvio del procedimento.
E' illegittimo l'annullamento di un
provvedimento di aggiudicazione disposto
sulla base di un'informativa antimafia
emessa ai sensi dell'art. 1-septies del d.l.
n. 629/1982, c.d. atipica, in quanto
affinché l'informativa atipica possa
costituire valido presupposto per l'adozione
di un provvedimento di esclusione, essa deve
basarsi su elementi circostanziati e
completi, tali da consentire alla stazione
appaltante di esprimere un giudizio
valutativo in merito alla concreta esistenza
di elementi ostativi. Nel caso di specie,
detto requisito di completezza non appare
soddisfatto, ciò che induce alla
declaratoria di illegittimità
dell'informativa stessa e, quindi, delle
determinazioni di annullamento
dell'aggiudicazione.
E' illegittimo l'operato di una stazione
appaltante che abbia escluso da una gara un
concorrente, aggiudicatario provvisorio, per
via di un presunto collegamento tra questi
ed altra impresa partecipante alla medesima
gara, senza che il provvedimento espulsivo
sia stato preceduto da una comunicazione di
avvio del procedimento, in quanto
l'acquisizione di elementi nuovi impone alla
stazione appaltante di riaprire il confronto
con l'impresa interessata mettendola in
condizioni di conoscere le ragioni di tale "revirement".
La semplice constatazione dell'esistenza di
un rapporto di controllo tra le imprese
concorrenti non è sufficiente affinché la
stazione appaltante possa disporne
l'esclusione automatica dalla procedura di
aggiudicazione, senza verificare se un tale
rapporto abbia avuto un impatto concreto sul
loro rispettivo comportamento nell'ambito
della procedura; da qui l'esigenza, nel caso
di specie, che, ai fini della riapertura
dell'indagine relativa al collegamento e
controllo tra imprese, fosse offerta alla
concorrente, a mezzo di comunicazione ai
sensi dell'art. 7 della legge n. 241/1990,
la possibilità di controdedurre a quanto
dalla stazione appaltante posto in evidenza
sulla base dei nuovi elementi acquisiti
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 07.04.2010 n. 1967 -
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APPALTI:
I consorzi stabili per
partecipare a gare d'appalto per
l'aggiudicazione di contratti della pubblica
Amministrazione sono tenuti a dimostrare,
nei termini stabiliti dal bando,
l'affidabilità morale degli organi di
vertice delle imprese consorziate.
L'art. 35 del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163,
stabilisce che anche i requisiti di idoneità
tecnica e finanziaria per l'ammissione alle
procedure di affidamento dei contratti
pubblici dei consorzi di cui al c. 1, lett.
b) e c), dell'art. 34 devono essere
posseduti e comprovati dagli stessi, salvo
che per quelli relativi alla disponibilità
delle attrezzature e dei mezzi d'opera,
nonché all'organico medio annuo, che sono
computati cumulativamente in capo al
consorzio ancorché posseduti dalle singole
imprese consorziate.
La "ratio" delle citate disposizioni
è ben evidente in quanto consentendo ad
imprese diverse di confondere i rispettivi
requisiti di affidabilità morale nell'ambito
del consorzio questo costituirebbe uno
strumento a disposizione degli imprenditori
meno affidabili, tra i quali si possono
trovare imprese collegate alla criminalità
organizzata, le quali potrebbero
indirettamente partecipare a gare d'appalto,
condizionandole.
Pertanto, i consorzi stabili per partecipare
a gare d'appalto per l'aggiudicazione di
contratti della pubblica Amministrazione
sono tenuti a dimostrare, nei termini
stabiliti dal bando, l'affidabilità morale
degli organi di vertice delle imprese
consorziate (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 07.04.2010 n. 1964 -
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LAVORI PUBBLICI:
Sulla procedura di
project financing e sulla facoltà per
l'Amministrazione procedente di escludere
una proposta perché non corrispondente al
superiore interesse pubblico.
L'istituto del "project financing"
introdotto dall'art. 37-bis e ss. della L.
n. 109/1994, prevede due fasi distinte: la
prima, definita della "promozione
di opera pubblica" in cui la P. A.,
sulla base del progetto presentato da un
promotore, valuta la fattibilità della
proposta e la rispondenza al pubblico
interesse; la seconda, del vero e
proprio "project financing",
contempla il rapporto intercorrente tra la
stessa P.A. e il soggetto aggiudicatario, in
regime di concessione ai sensi dell'art. 19,
c. 2, della suddetta legge.
Con riguardo alla prima fase, il legislatore
ha disciplinato i criteri di valutazione
delle proposte, prevedendo che le
amministrazioni aggiudicatrici valutano la
fattibilità delle proposte presentate,
verificano l'assenza di elementi ostativi
alla loro realizzazione e provvedono ad
individuare quelle che ritengono di pubblico
interesse; dunque, la valutazione
dell'Amministrazione si articola in una
duplice fase: una valutazione di idoneità
tecnica della proposta, e, all'esito, una
valutazione di rispondenza della stessa al
pubblico interesse.
La giurisprudenza ha sottolineato quanto, in
questa seconda fase, sia ampio il margine di
discrezionalità riservato alla P.A.,
trattandosi di giudizio coinvolgente la
valutazione comparativa degli interessi che
essa ritiene rilevanti in un dato momento
storico; pertanto una proposta, pur ritenuta
idonea sotto il profilo tecnico, potrà
essere respinta in quanto giudicata non
conforme al pubblico interesse, a seguito
della predetta valutazione comparativa.
Quindi nella procedura di project
financing si apprezza l'alto grado di
discrezionalità che compete al gestore del
programma, nella valutazione della
rispondenza della proposta al pubblico
interesse, pertanto, spetta
all'Amministrazione procedente valutare se
il progetto proposto abbia i contenuti
necessari a soddisfare l'interesse pubblico
in funzione del quale il programma dei
lavori possa avere attuazione; ne deriva che
essa può esercitare il potere,
riconosciutole dalla legge, di richiedere
-in corso di procedura- integrazioni e
chiarimenti alle imprese concorrenti, nel
rispetto dei principi di par condicio e
trasparenza, ed ai sensi dell'art. 37-bis
della L. n. 109/1994; d'altra parte, l'art.
37-ter prevede la possibilità di un apporto
collaborativo dei proponenti che ne facciano
richiesta.
Nelle procedure di affidamento di lavori
mediante il sistema del "project
financing" il nucleo centrale
dell'offerta va individuato nella coerenza e
sostenibilità del piano economico
finanziario, la cui congruenza è
indispensabile per il giudizio di
affidabilità della proposta nel suo
complesso. Ne consegue che,
l'Amministrazione procedente ha facoltà di
escludere una proposta perché non
corrispondente al superiore interesse
pubblico (TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 07.04.2010 n. 1295 -
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LAVORI PUBBLICI:
Project financing -
Discrezionalità del gestore del programma -
Rispondenza al pubblico interesse - Coerenza
e sostenibilità del piano finanziario -
Amministrazione procedente - Giudizio di
affidabilità della proposta - Richiesta di
integrazioni e chiarimenti.
Nella procedura di project financing
si apprezza l’alto grado di discrezionalità
che compete al gestore del programma, nella
valutazione della rispondenza della proposta
al pubblico interesse; è quindi compito
dell'Amministrazione procedente valutare se
il progetto proposto abbia i contenuti
necessari a soddisfare l'interesse pubblico
in funzione del quale il programma dei
lavori non definito nei suoi contenuti
progettuali possa avere attuazione di talché
la non coerenza del piano finanziario
determina l'irrealizzabilità della proposta
da valutare, rendendola inidonea allo scopo;
ne deriva che essa può esercitare il potere,
riconosciutole dalla legge, di chiedere in
corso di procedura integrazioni e
chiarimenti a tutte le proponenti nel
rispetto dei principi di par condicio e
trasparenza, atteso che l'art. 37-bis della
legge n. 109 del 1994, come modificato dalla
legge n. 166 del 2002, al comma 2-ter lett.
b), consente espressamente
all’Amministrazione di chiedere una «[...]
dettagliata richiesta di integrazione [...]»
alle proponenti; e dall'altro, l'art. 37-ter
contempla la possibilità di un apporto
collaborativo anche spontaneo dei proponenti
che ne facciano richiesta (sul punto cfr.
anche TAR Sicilia, Catania, Sez. III,
05.10.2007 n. 1597).
Nelle procedure di affidamento di lavori
mediante il sistema del project financing
va quindi individuato nella coerenza e
sostenibilità del piano economico
finanziario il nucleo centrale dell'offerta,
la cui congruenza è indispensabile per il
giudizio di affidabilità della proposta nel
suo complesso (sul punto cfr. anche TAR
Puglia, Bari, Sez. I, 19.04.2007 n. 1087)
(TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 07.04.2010 n. 1295 -
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APPALTI:
Revisione periodica del
prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 -
Natura imperativa - Rinegoziazione del
rapporto contrattuale - Rilevanza - Mera
proroga del contratto - Differenza.
La natura imperativa dell'art. 6 l. n.
537/1993, nel testo sostituito dall’art. 44
della l. n. 724/1994 (ora art. 115 d.lvo
163/2006) e la sua capacità d'imporsi ai
patti contrari non può comportare l'assoluta
irrilevanza degli eventuali successivi
accordi delle parti che, rinegoziando
volontariamente e nuovamente l'originario
assetto del rapporto contrattuale, rinnovino
le condizioni del contratto originario (TAR
Campania-Salerno n. 2956/2007; TAR Sardegna
n. 45/2007).
Diversamente opinando verrebbe vanificata la
"ratio" dell'art. 6 l. n. 537/1993
che è quella di adeguare il prezzo
determinato nell'originario rapporto per
finalità di conservazione del livello
qualitativo delle prestazioni
dell'appaltatore, finalità di conservazione
che non sussistono allorquando il rapporto è
consensualmente rinegoziato.
La rinegoziazione, pertanto, deve ritenersi
distinta dalla mera proroga del rapporto
contrattuale, in quanto, nella prima, il
rapporto si rinnova parzialmente con la
riconsiderazione degli elementi essenziali
(tutti o in parte) del negozio, ivi compreso
il prezzo, laddove nella seconda vi è un
mero differimento del termine di durata del
rapporto sul presupposto dell'invarianza
degli altri elementi dello stesso.
Revisione periodica del
prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 -
Periodo temporale di riferimento - Annualità
contrattuali successive alla prima.
L'art. 6 l. n. 537/1993 (ora 115 del d.lvo
163/2006) ha ad oggetto la "revisione
periodica del prezzo" di talché
l'aggiornamento del corrispettivo
contrattuale, ivi previsto, non riguarda,
per sua stessa natura, il primo periodo
temporale di riferimento della prestazione
contrattuale posta a carico
dell'Amministrazione.
In altri termini, la revisione del prezzo
opera con periodicità annuale e, quindi, in
relazione al corrispettivo riferibile alle
annualità contrattuali successive alla prima
(TAR Lazio Roma, sez. I, 02.04.2009 , n.
3571).
Art. 115 d.lgs. n.
163/2006 - Assenza di un contratto perfetto
ed efficace - Mancanza della forma scritta
“ad substantiam” - Diritto alla revisione
del prezzo - Inconfigurabilità.
L'assenza di un contratto perfetto ed
efficace (nella specie, per mancanza della
forma scritta, richiesta, nei contratti
della pubblica amministrazione, “ad
substantiam”), ovvero di un presupposto
essenziale richiesto dall'art. 6, comma 4°,
l. n. 537/1993 (che parla di "contratti
ad efficacia periodica e continuativa"),
rende inconfigurabile il diritto alla
revisione del prezzo.
Revisione periodica del
prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 -
Natura imperativa - Modifica e integrazione
della volontà delle parti - Nullità delle
clausole difformi - Principio dell’”utile
per inutile non vitiatur” - Indici di
riferimento - Mancata attuazione della
disciplina legale - Ricorso all’indice FOI -
Determinazione tecnico-discrezionale
dell’amministrazione appaltante.
L'articolo 6 della legge 24.12.1993, n. 537,
ora art. 115 del d.lvo 163/2006, detta una
disciplina speciale, circa il riconoscimento
della revisione prezzi nei contratti
stipulati dalla p.a. che prevale su quella
generale di cui all'articolo 1664 c.c.
(Consiglio di Stato, Sez. V, 09.06.2008, n.
2786; Sez. V, 14.12.2006, n. 7461; Sez. V,
16.06.2003, n. 3373; Sez. V, 08.05.2002, n.
2461).
Tale disciplina ha natura imperativa e
s’impone nelle pattuizioni private
modificando ed integrando la volontà delle
parti contrastante con la stessa; ne
consegue che le clausole difformi sono nulle
nella loro globalità, anche se la nullità
non investe l'intero contratto, in
applicazione del principio “utile per
inutile non vitiatur”, sancito
dall'articolo 1419 c.c..
Poiché però la disciplina legale dettata
dall'articolo 6, commi 4 e 6 cit., non è mai
stata attuata nella parte in cui prevede
l'elaborazione, da parte dell'ISTAT, di
particolari indici concernenti il miglior
prezzo di mercato desunto dal complesso
delle aggiudicazioni di appalti di beni e
servizi, rilevate su base semestrale, la
lacuna può essere colmata mediante il
ricorso all'indice F.O.I. (indice di
variazione dei prezzi per le famiglie di
operai e impiegati), mensilmente pubblicato
dall’ISTAT, con la precisazione che
l'utilizzo di tale parametro non esime la
stazione appaltante dal dovere di istruire
il procedimento tenendo conto di tutte le
circostanze del caso concreto al fine di
esprimere la propria determinazione
tecnico-discrezionale, ma segna il limite
massimo oltre il quale, salvo circostanze
eccezionali che devono essere provate
dall'impresa, non può spingersi nella
determinazione del compenso revisionale (ex
multis, Cons. Stato, Sez. VI, 15.05.2009
n. 3003; Sez. V, 09.06.2008 n. 2786,
20.08.2008 n. 3994 e 09.06.2009 n. 3569).
Revisione periodica del
prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 -
Finalità dell’istituto - Tutela della P.A. -
Tutela mediata dell’impresa appaltatrice.
L'istituto della revisione è preordinato
alla tutela dell'esigenza
dell'Amministrazione di evitare che il
corrispettivo del contratto di durata
subisca aumenti incontrollati nel corso del
tempo tali da sconvolgere il quadro
finanziario sulla cui base è avvenuta la
stipulazione del contratto.
La clausola di revisione periodica di tali
contratti, in particolare, ha lo scopo di
tenere indenni gli appaltatori della P.A. da
quegli aumenti dei prezzi dei fattori della
produzione che, incidendo sulla percentuale
di utile stimata al momento della
formulazione dell’offerta, potrebbero
indurli a svolgere il servizio o ad eseguire
la fornitura a condizioni deteriori rispetto
a quanto pattuito o a rifiutarsi di
proseguire nel rapporto, con inevitabile
compromissione degli interessi della P.A..
Solo in via mediata l'istituto tutela
l'interesse dell'impresa a non subire
l'alterazione dell'equilibrio contrattuale
conseguente alle modifiche dei costi che si
verifichino durante l'arco del rapporto
(così TAR Puglia, Bari, Sez. I, n. 925/2006;
Consiglio Stato, Sez. V, 09.06.2008 n. 2786;
TAR Puglia, Bari, Sez. I, 06.04.2007 n.
1047; 14.08.2008 n. 1970; 25.11.2008 n.
2666; 07.07.2009 n. 1751, 02.12.2009 n.
2997).
Soltanto in frangenti del tutto eccezionali
l’istituto della revisione prezzi può
fuoriuscire dalla mera esigenza
dell’Amministrazione aggiudicante di evitare
che il corrispettivo del contratto di durata
subisca aumenti incontrollati nel corso del
tempo e tutelare -quindi- il contrapposto
interesse dell’impresa (cfr. Cons. Stato,
Sez. V, 09.06.2008 n. 2786).
Tale eccezionalità -che conseguentemente
legittima una quantificazione del compenso
revisionale mediante il ricorso a differenti
parametri statistici- va comunque intesa
come ricorrenza di circostanze impreviste e
imprevedibili, ossia non sussistenti al
momento della sottoscrizione del contratto e
delle quali non era prevedibile
l’avveramento (TAR Veneto, sez. I,
01.02.2010 n. 236).
Revisione periodica del
prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 -
Disciplina - prevalenza sulla disciplina
generale ex art. 1664 c.c. - Contratti
pubblici - Previsione di un’alea a danno
dell’appaltatore, conformemente alla
disciplina civilistica - Nullità.
La disciplina in materia di revisione dei
prezzi degli appalti pubblici ad esecuzione
periodica o continuata -fissata dall’art.
115 del D.Lgs. n. 163/2006- prevale su
quella generale di cui all’art. 1664 c.c.,
dal che discende la nullità delle clausole
dei contratti pubblici che, pur contemplando
la revisione dei prezzi prevedano,
conformemente alla disciplina civilistica,
anche in forma indiretta, un’alea a danno
dell’appaltatore (Consiglio di Stato, Sez.
V, n. 2786/2008, TAR Puglia, Lecce, nn.
2958/2006, 4027/2006, 4111/2007, 3521/2008)
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 07.04.2010 n. 898 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
I concorrenti ad una
gara di appalto devono dichiarare oltre alla
mancanza delle sentenze di condanna
definitiva anche l'assenza di sentenze di
condanna con il beneficio della non
menzione, nonché l'assenza di sentenze
patteggiate.
Sull'obbligo del partecipante ad una gara
d'appalto di dichiarare anche le condanne
che riguardano la vita personale.
Poiché anche le sentenze di condanna con il
beneficio della non menzione nel certificato
del casellario giudiziale o le sentenze
patteggiate potrebbero incidere sulla
moralità professionale e perciò potrebbero
costituire un ostacolo all'ammissione ad un
procedimento di evidenza pubblica, i
concorrenti ad una gara di pubblico appalto
devono attestare con apposita
autodichiarazione, oltre alla mancanza delle
sentenze di condanna definitiva che vengono
indicate nel certificato del casellario
giudiziale a richiesta dei privati (cioè di
una dichiarazione sostitutiva del
certificato del casellario giudiziale),
anche l'assenza di sentenze definitive di
condanna con il beneficio della non
menzione, nonché,come nel caso di specie,
l'assenza di sentenze patteggiate (per le
quali non è stata ottenuta l'amnistia, la
riabilitazione o l'estinzione e artt. 167 o
445 C.P.P. per decorso del tempo senza aver
commesso un altro reato) e l'assenza di
reati puniti con la sola pena pecuniaria, in
quanto deve essere consentita
all'Amministrazione appaltante la
possibilità di effettuare una valutazione
anche della rilevanza di tali condanne
sull'affidabilità morale e professionale di
ogni partecipante ad un procedimento di
evidenza pubblica.
Per cui l'attestazione sui requisiti di
moralità professionale, che non contenga il
riferimento ad una sentenza di
patteggiamento, va equiparata alla stregua
di una falsa dichiarazione, che ai sensi
dell'art. 17, c. 1, lett. m), DPR n. 34/2000
va sanzionata con l'esclusione dalla gara.
La giurisprudenza al riguardo afferma -se si
eccettuano i reati relativi a condotte
delittuose individuate dalla normativa
antimafia- in assenza di parametri normativi
fissi e predeterminati, la verifica
dell'incidenza dei reati commessi dal legale
rappresentante dell'impresa sulla moralità
professionale della stessa attiene
all'esercizio del potere discrezionale della
P.A. e deve essere valutata attraverso la
disamina in concreto delle caratteristiche
dell'appalto, del tipo di condanna, della
natura e delle concrete modalità di
commissione del reato.
Il partecipante ad una gara d'appalto ha
l'obbligo di dichiarare alla p.a. qualsiasi
elemento utile al fine di valutare la
sussistenza di possibili cause di
esclusione, ivi compresi i fatti che
pertengano non già alla vita professionale,
ma a quella personale del partecipante.
Ne consegue che, legittimamente la p.a., in
sede di autotutela, annulla d'ufficio
l'aggiudicazione di un appalto, allorché
venga a sapere che l'aggiudicatario abbia
sottaciuto alla p.a. di avere riportato una
condanna penale (Consiglio di Stato, Sez.
VI,
sentenza 06.04.2010 n. 1909 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Sulla
necessità o meno di comunicazione dell’avvio
del procedimento nel caso di annullamento
dell’aggiudicazione provvisoria e sulla
legittimità o meno dell’annullamento
dell’aggiudicazione perché la ditta
aggiudicataria si è resa responsabile,
nell’esecuzione di altra commessa, di
negligenza o malafede.
La possibilità che ad un'aggiudicazione
provvisoria, naturalmente temporanea, possa
non far seguito, in ragione del negativo
riscontro sui requisiti posseduti
dall'aggiudicatario, l'affidamento
definitivo del contratto è un evento del
tutto fisiologico e positivamente
disciplinato dagli artt. 11 comma 11, 12 e
48 comma 2, d.lgs. 12.04.2006 n. 163,
inidoneo di per sé a ingenerare un qualunque
affidamento tutelabile, qualora difetti,
ovviamente, l'illegittimità dell'operato
dell'amministrazione aggiudicatrice, ed un
obbligo risarcitorio.
L’aggiudicazione provvisoria ha natura di
atto endoprocedimentale ed il suo
annullamento da parte della stazione
appaltante è un atto assimilabile all’atto
di mero ritiro, piuttosto che ad un vero e
proprio compiuto atto di autotutela, tanto
che non necessita nemmeno di comunicazione
di avvio del procedimento. Tale annullamento
è infatti inidoneo a produrre la definitiva
lesione della ditta non risultata
aggiudicataria, che si verifica solo con
l'aggiudicazione definitiva, che non
costituisce atto meramente confermativo
della prima ed in riferimento esclusivamente
alla quale, quindi, va verificata la
tempestività del ricorso.
In sede di controllo sull’aggiudicazione
provvisoria, non avente altro effetto che
quello di far sorgere una mera aspettativa,
è ben possibile che l’Amministrazione si
determini a non aggiudicare l’appalto ove
scopra che un concorrente si è reso
responsabile, nell’esecuzione di altra
commessa, di negligenza o malafede e sia
quindi non idoneo a contrarre con
l’amministrazione appaltante
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 06.04.2010 n. 1907 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Non si può utilizzare
l'istituto dell'avvalimento per dimostrare
di possedere il requisito soggettivo della
certificazione di qualità.
La certificazione di qualità costituisce un
requisito di natura soggettiva delle imprese
per il quale non appare possibile utilizzare
l'istituto dell'avvalimento disciplinato
dall'art. 49 del d.lgs. 12.04.2006, n. 163
(codice dei contratti pubblici).
E' stato sottolineato, sia dalla
giurisprudenza, sia, in sede consultiva,
dall'Autorità per la Vigilanza sui contratti
pubblici, che l'avvalimento è stato previsto
limitatamente alla "richiesta relativa al
possesso dei requisiti di carattere
economico, finanziario, tecnico,
organizzativo, ovvero di attestazione della
certificazione SOA".
La certificazione di qualità è, invece, da
ritenersi requisito soggettivo dell'impresa,
preordinato a garantire all'amministrazione
appaltante la qualità dell'esecuzione delle
prestazioni contrattuali dovute. Obiettivo
che, per essere effettivamente perseguito,
richiede necessariamente che la
certificazione di qualità riguardi
direttamente l'impresa appaltatrice.
Con riferimento ai raggruppamenti temporanei
di imprese, il requisito della
certificazione di qualità eventualmente
richiesto dal bando deve essere posseduto
singolarmente da ciascuna impresa del
raggruppamento, quantomeno nelle
associazioni (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 06.04.2010 n. 665 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
AVVALIMENTO E
CERTIFICAZIONE DI QUALITA'.
1. Appalto pubblico (in
generale) - Sistema di Qualità -
Certificazione - Avvalimento - E'
impossibile - Ragioni - Conseguenza.
2. Appalto pubblico (in generale) - Sistema
di Qualità - Certificazione - Possesso -
Raggruppamento temporaneo d'impresa -
Disciplina.
1.
La certificazione di qualità costituisce un
requisito di natura soggettiva delle imprese
per il quale non appare possibile utilizzare
l'istituto dell'avvalimento disciplinato
dall'art. 49 del Codice dei Contratti
Pubblici. Ciò in quanto l'avvalimento è
stato previsto limitatamente alla "richiesta
relativa al possesso dei requisiti di
carattere economico, finanziario, tecnico,
organizzativo, ovvero di attestazione della
certificazione S.O.A."; la
certificazione di qualità è, invece, da
ritenersi requisito soggettivo dell'impresa,
preordinato a garantire all'amministrazione
appaltante la qualità dell'esecuzione delle
prestazioni contrattuali dovute.
Obiettivo che, per essere effettivamente
perseguito, richiede necessariamente che la
certificazione di qualità riguardi
direttamente l'impresa appaltatrice (sul
punto cfr. TAR Sardegna, sez. I, 27-03-2007
n. 556, nonché parere 10.12.2008 n. 254
dell'Autorità per la Vigilanza sui contratti
pubblici).
2.
Con riferimento ai raggruppamenti temporanei
di imprese il requisito della certificazione
di qualità eventualmente richiesto dal bando
deve essere posseduto singolarmente da
ciascuna impresa del raggruppamento,
quantomeno nelle associazioni orizzontali
(Cons. Stato, sez. V, 15-06-2001 n. 3188)
(massima tratta da
http://mondolegale.it -
TAR
Sardegna, Sez. I,
sentenza 06.04.2010 n. 665 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Gare d’appalto: Precisazioni sui requisiti
morali (link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
L. Bellagamba,
LA CAUSA DI ESCLUSIONE DELL’INIDONEITÀ
PROFESSIONALE (link a
www.linobellagamba.it). |
APPALTI:
E. De Falco,
Contratti pubblici sotto soglia comunitaria
(Quaderni di Legislazione Tecnica, n.
1/2010). |
LAVORI PUBBLICI:
Quali rimedi ha il cittadino nel caso in cui
il Comune non provveda a eseguire la
manutenzione delle strade? Distinzione tra
strade normali e strade vicinali.
Ci giungono frequentemente quesiti
riguardanti i rimedi a disposizione del
cittadino nel caso in cui il Comune non
provveda a effettuare la manutenzione delle
strade.
Pubblichiamo una nota dell'avv. Marta
Bassanese, che approfondisce la questione,
distinguendo a seconda che si tratti delle
normali strade pubbliche oppure delle strade
vicinali (private oppure di uso pubblico),
dato che vengono in rilievo normative
differenti (link a
http://venetoius.myblog.it). |
APPALTI:
L. Bellagamba,
AVVALIMENTO – L’istituto è inutilizzabile
per comprovare il possesso di
un’autorizzazione amministrativa
(link a www.linobellagamba.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
L. Bellagamba,
Poiché quello dell’avvalimento costituisce
principio generale ed ordinario, a maggior
ragione per un raggruppamento orizzontale
non può essere imposto il principio della
corrispondenza sostanziale fra quote di
qualificazione e quote di esecuzione
(link a www.linobellagamba.it). |
APPALTI:
L. Bellagamba,
Il problema se il beneficio del “quinto”
giovi a raggiungere le quote “minime”
di qualificazione previste per i
raggruppamenti orizzontali - La tesi
positiva sostenuta dal Consiglio di Stato
(link a www.linobellagamba.it). |
APPALTI:
LEGITTIMA REVOCA E
POSSIBILE RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE.
Il Tar Lazio conferma, anche attraverso
nuove e convincenti argomentazioni, il
recente indirizzo, secondo il quale è
possibile la configurazione di una
responsabilità precontrattuale della
stazione appaltante, pur in presenza di una
legittima revoca della gara: “La
responsabilità per la revoca della gara, non
ancora conclusa da parte
dell'Amministrazione, seppure formalmente
legittima, può ritenersi tuttavia
configurabile quando il fine pubblico è
stato attuato attraverso un comportamento
obiettivamente lesivo dei doveri di lealtà.
Dunque, anche la revoca legittima degli atti
della procedura di gara può infatti
integrare una responsabilità della pubblica
amministrazione, seppure precontrattuale,
nel caso di affidamenti suscitati
nell’impresa dagli atti della procedura di
evidenza pubblica, poi rimossi. In altri
termini, si è in presenza di una scissione
fra la legittima determinazione di revocare
l'aggiudicazione della gara ed il
complessivo tenore del comportamento, tenuto
dalla medesima Amministrazione nella sua
veste di controparte negoziale, non
informato alle generali regole di
correttezza e buona fede, che devono essere
osservate dall'Amministrazione anche nella
fase precontrattuale”.
Nella concreta vicenda, il Ministero aveva
presentato a sostegno della propria
decisione di revoca, una pluralità di
ragioni, fra cui la dimostrata inidoneità
della procedura di gara precedentemente
indetta e la parimenti dimostrata economia
di spese, ottenibile attraverso una diversa
e nuova procedura di selezione.
Avverso tale condotta, l’impresa
partecipante avanzò una serie di precise
censure:
a) mancato avvio del procedimento, con
connessa carente istruttoria;
b) mancata previsione dell’obbligo di
indennizzo;
c) mancata dimostrazione di valide ragioni
di revoca;
d) illegittimo richiamo, da parte della
stazione appaltante, ad una più che dubbia
clausola del bando, prevedente “l’insindacabile
potere di non aggiudicare la gara, di
annullarla o di revocarla”;
e) violazione dell’obbligo di comportarsi
secondo buona fede nella fase antecedente
l’aggiudicazione, con conseguente
configurazione della responsabilità
precontrattuale.
Il Tar procede all’esame della vicenda e
delle avanzate censure, ponendosi un chiaro
quesito: qual è la posizione dell’impresa
partecipante alla gara?
Al riguardo, i giudici laziali assumono una
posizione inequivoca, ritenendo che
l’operatore economico, concorrente ad una
gara, è “titolare di un interesse a che
l’attività amministrativa avvenga secondo i
canoni dell’imparzialità e del buon
andamento”. Infatti, si fa osservare che
il provvedimento, diretto ad interrompere,
per ragioni di opportunità, lo svolgimento
della procedura di gara avviata, seppure non
ancora giunta neanche all’aggiudicazione
provvisoria, non può qualificarsi come un
mero ritiro, in quanto priva il concorrente
anche solo della possibilità di conseguire
l’aggiudicazione.
Dunque, si è in presenza di una posizione,
in capo al partecipante, di “aspettativa
qualificata”, che determina una diretta
ed immediata valenza lesiva della posizione
soggettiva di potenziale aggiudicatario, “che
è comunque giuridicamente tutelata
dall’ordinamento, almeno sotto il profilo
della perdita di chance o del ristoro del
danno per l’impegno economico profuso ai
fini della partecipazione”.
Siffatta riflessione assume maggiore rilievo
allorquando la stazione appaltante non si
limita, come nella concreta fattispecie, a
richiedere un prezzo, ma pone in essere
procedure particolarmente onerose per i
concorrenti. Infatti, è stato posto a carico
dei concorrenti l’integrale onere della
progettazione esecutiva e ciò comporta,
senza alcun dubbio, l’insorgere di spese non
certo modeste. Pertanto, la conclusione è
chiara: l’impresa ricorrente, in qualità
anche di sola partecipante alla gara è “titolare
di una posizione soggettiva che la legittima
a proporre ricorso”.
Chiarita tale importante questione, il Tar
Lazio procede ad esaminare le illustrate
censure.
Per quanto concerne il mancato avvio del
procedimento (“a”), i giudici laziali
assumono una posizione negativa, affermando
che “non può essere condivisa
l’affermazione, per cui il procedimento di
revoca imponga, in ogni caso, l'obbligo di
comunicarne l'avvio, in special modo laddove
si tratti di revoca di una gara d'appalto
ancora in corso di svolgimento”. Ciò,
perché, proprio in questo caso, nessuno dei
partecipanti ha acquisito, in relazione allo
stato della procedura, una posizione di
vantaggio concreta e, comunque, tale da far
sorgere “un interesse qualificato e
differenziato e quindi meritevole di tutela
attraverso detta comunicazione”.
Ancòra, il Tar ritiene che tale assunto sia
valido anche perché la revoca, come nella
concreta vicenda, è stata determinata da
valutazioni tutte interne a distinte
amministrazioni, alcune delle quali
subentrate nell’apportare esigenze pubbliche
di coordinamento di interventi complessi,
implicanti valutazioni e “bilanciamenti
tra interessi che travalicano quello posto a
base della gara in corso”.
Sia consentito di dissentire solo su questo
punto, che poi costituisce l’unico elemento
di non condivisione della corretta analisi,
posta in essere dal Tar. Infatti, oltre a
ricordare che, sempre il Tar Lazio, sez. II,
nella pregressa sentenza n. 5540/2006, aveva
affermato il contrario, occorre tener conto
del fatto che, in caso di revoca, l’avvio di
un procedimento amministrativo si impone per
due precise ragioni.
In primo luogo, in quanto tutti i
provvedimenti di autotutela, alla cui
categoria appartiene la revoca, in quanto
atti di secondo grado, debbono essere
emanati al termine di un apposito
procedimento amministrativo di valutazione.
In tal senso, la giurisprudenza (Tar Lazio,
sez. Latina, n. 146/2002) ha, addirittura,
affermato che, pur se il provvedimento di
revoca, è collegato ad una specifica
clausola inserita nell’atto revocato, la Pa
non è, per questo, esonerata dall’obbligo di
dare avviso dell’inizio del relativo
procedimento, non essendo l’esercizio del
potere di avvalersi della clausola
inconciliabile con la comunicazione di
avvio. In altri termini, la puntuale
previsione di una clausola di revoca non
elimina l’obbligo dell’apertura del
procedimento.
In secondo luogo, il procedimento si impone
in vista del necessario esame di tutti gli
interessi (pubblici, privati, collettivi,
etc.) in gioco, che devono essere apprezzati
e comparati proprio all’interno della
struttura procedimentale, consentendo,
dunque, l’espletamento di una congrua
istruttoria. A ben vedere, appare evidente
che la motivazione della revoca deve dar
conto dell’intera attività istruttoria
effettuata e, primariamente, della
valutazione di tutti gli interessi
coinvolti. In altri termini, la motivazione
deve delineare fedelmente anche lo
svolgimento del procedimento di valutazione,
che non può, ovviamente, mancare.
Per quanto concerne la censura sub “b”, il
Tar Lazio fa correttamente osservare che la
mancata previsione dell’obbligo di
indennizzo, nel caso di revoca, come poi
concretamente avvenuto, non può costituire
vizio di legittimità, in quanto l’indennizzo
può sussistere, in ogni caso, se ricorrono i
doverosi presupposti.
In merito alle ragioni di revoca (censura
“c”), il tribunale laziale non condivide le
doglianze avanzate, in quanto le
argomentazioni contenute nel provvedimento
di revoca sono valide ed esaustivamente
espresse. In particolare, appare ben
ragionevole l’argomentazione afferente la
non idoneità dell’indetta procedura a
perseguire correttamente il fine pubblica in
esame, costituito dalla piena utilizzabilità
del complesso monumentale, attraverso una
gestione comune da parte dei degli enti
pubblici coinvolti.
Parimenti, non appare convincente la censura
(“d”) dell’illegittimo richiamo alla
clausola, prevedente “l’insindacabile
potere di non aggiudicare la gara, di
annullarla o di revocarla”. Infatti. Il
Tar fa, persuasivamente, osservare che la
prescrizione, pur dubbia e vessatoria, non
può inficiare il legittimo provvedimento di
revoca posto in essere.
Viceversa, la censura “e” di violazione
dell’obbligo di comportarsi secondo buona
fede nella fase antecedente
l’aggiudicazione, con conseguente
configurazione della responsabilità
precontrattuale, viene integralmente
accolta.
Il Tar fa osservare, in merito, che il
Ministero si è reso colpevole di “condotte
scorrette”, quali:
1) la colpevole e coeva adozione di scelte
oggettivamente contraddittorie, che si sono
sostanziate in intese operative, in spregio
dei più elementari oneri di programmazione
annuale e pluriennale dell’Amministrazione;
2) gli ingiustificati ritardi di conduzione
del procedimento stesso;
3) la considerazione che la revoca è stata
adottata e comunicata ben molto oltre il
termine dei 180 giorni, che era previsto
dalla lex specialis di gara;
4) l’evidente mancanza del necessario ed
indispensabile flusso di comunicazione tra i
diversi enti pubblici coinvolti;
5) la mancata comunicazione agli interessati
della possibilità, in via di maturazione, di
una diversa realizzazione di interessi
pubblici in parte interferenti con l’oggetto
della gara, anche solo al fine di consentire
loro di riadeguare le proprie strategie
aziendali al possibile esito infruttuoso del
procedimento.
Al riguardo, va osservato che proprio tale
condivisibile riflessione del Tar getta una
luce di implausibilità e, fors’anche di
contraddizione, con la precedente asserzione
di non necessari età della comunicazione di
avvio.
Ad ogni modo, tutti i predetti elementi
integrano un chiaro comportamento colposo
dell’Amministrazione e fanno concludere che
la pur legittima revoca della procedura di
gara, è stata attuata in un quadro d’azione,
i cui dati oggettivi inducono alla doverosa
configurazione di una responsabilità
precontrattuale (commento tratto dalla
newsletter di
www.centrostudimarangoni.it -
TAR
Lazio-Roma, Sez. II-quater,
sentenza 02.04.2010 n. 5621
- link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'esclusione di un concorrente per non
conformità al regolamento allegato al bando
di gara delle giustificazioni preventive a
corredo dell'offerta.
E' legittimo un provvedimento di esclusione
adottato nei confronti di un'impresa
concorrente per non conformità delle
giustificazioni preventive, a corredo
dell'offerta, al regolamento allegato al
bando di gara, senza previa verifica in
contraddittorio dell'eventuale anomalia.
L'art. 86, c. 5, del dlgs. n. 163/06 (Codice
dei contratti), nel testo vigente ratione
temporis, prevedendo che le offerte
siano corredate sin dalla loro presentazione
da giustificazioni, infatti, demandava al
bando o alla lettera invito la possibilità
di precisare le modalità di presentazione
delle giustificazioni, così autorizzando i
bandi anche a prevedere la sanzione di
esclusione.
La sanzione di esclusione, nel caso di
specie, appare, pertanto, ragionevole
rispondendo a esigenze di accelerazione e
semplificazione, e non è in contrasto con il
diritto comunitario.
La previsione in questione, infatti, non
esclude la garanzia della fase della
valutazione della anomalia in
contraddittorio, ma specifica la
prescrizione di cui all'art 86, c.5, citato,
prevedendo la sanzione dell'esclusione per
la sua violazione (Consiglio di Stato, Sez.
VI,
sentenza 02.04.2010 n. 1893 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
La p.a. non decide
quando pagare. Dal Consiglio di stato un
giro di vite contro i ritardi nella
liquidazione dei compensi ai fornitori.
Vietato modificare in modo unilaterale
termini e interessi.
Sempre più strette le
maglie contro la pubblica amministrazione
lumaca nei pagamenti.
Il Consiglio di Stato, Sez. V, mediante la
sentenza 01.04.2010 n. 1885
rafforza l'orientamento secondo il quale le
amministrazioni appaltanti non possono in
via autoritativa ed unilaterale modificare i
termini di pagamento e la misura degli
interessi di mora, stabiliti dal dlgs
231/2002.
Alle disposizioni del decreto legislativo,
che ha recepito, come è noto, le
prescrizioni sulla tutela dei fornitori
disposte dall'Unione europea, è possibile
derogare, spiega palazzo Spada, non già per
atto unilaterale ed autoritativo della
stazione appaltante, ma solo per effetto di
un accordo o comunque libera accettazione
delle parti interessate.
Ma l'accordo deve essere effettivo: cioè è
necessario che la pubblica amministrazione
ponga in essere una concreta e reale
negoziazione, libera e senza imposizioni, su
termini di pagamento e quantificazione degli
interessi di mora ... (articolo
ItaliaOggi del 09.04.2010 - link
a www.corteconti.it). |
marzo 2010 |
|
APPALTI:
SOTTOSCRIZIONE DOCUMENTI
GARA.
Il Consiglio di Stato ribadisce un preciso
indirizzo giurisprudenziale, in tema di
sottoscrizione dei documenti in sede di
gara: “E' legittimo il provvedimento di
esclusione, adottato da una stazione
appaltante nei confronti di un'impresa, per
la mancata sottoscrizione della domanda di
partecipazione ad una gara d'appalto, e ciò
anche nel caso in cui la suddetta domanda
rechi il timbro della società dichiarante.
Ciò, in quanto la mancata sottoscrizione di
un atto, che costituisce uno dei documenti
integranti la domanda di partecipazione alla
gara, da parte di un concorrente, non
integra una irregolarità formale, sanabile
in corso di esecuzione, giacché fa venir
meno la certezza della paternità e della
piena assunzione di responsabilità circa i
contenuti della dichiarazione medesima,
creando perplessità in ordine alla volontà
concreta del concorrente. Nella concreta
fattispecie, la sottoscrizione era stata
espressamente prevista a pena di esclusione,
a garanzia della completezza e veridicità
delle dichiarazioni, dal bando di gara”.
Come noto, le offerte, unitamente alla
documentazione richiesta ai fini della gara,
devono essere sottoscritte dal
rappresentante legale dell’impresa
concorrente. A tal riguardo, l’articolo 74,
comma 1°, del Codice dei contratti pubblici
(D.Lgs n. 163/2006) stabilisce che “le
offerte sono sottoscritte con firma manuale
o digitale”. Purtroppo, non costituisce
caso infrequente la mancata sottoscrizione
dei documenti di gara. Tale fattispecie
determina l’insorgere di delicate
problematiche, che conducono ad indagare in
merito al ruolo ed alle funzioni della
sottoscrizione.
In primo luogo, occorre osservare che la
sottoscrizione di un documento costituisce
lo strumento, mediante il quale l’autore fa
propria la dichiarazione contenuta nel
documento medesimo. Da un punto di vista
sostanziale, la sottoscrizione, comunemente
intesa come scrittura manuale del proprio
nome e cognome in calce ad un documento,
consente di risalire alla paternità
dell’atto e di ricondurre al suo autore
tutti gli effetti, che l’ordinamento
indirizza verso la sfera giuridica dello
stesso.
In secondo luogo, occorre osservare che la
certa e sicura riconducibilità di tutti gli
elementi costitutivi l’offerta, anche di
quelli che possano apparire prima facie
non essenziali o puramente formali, al
soggetto autore, garantisce la serietà e
l’affidabilità dell’offerta medesima, intesa
quale dichiarazione del partecipante alla
gara, finalizzata alla costituzione di un
rapporto contrattuale. Infine, la
sottoscrizione esplica una funzione di
chiusura e di immodificabilità del
documento, in modo tale da non consentire
riaperture di ulteriori trattative
negoziali.
Il Consiglio di Stato è perfettamente
consapevole degli orientamenti ora
illustrati e principia la sua analisi
evidenziando e ricordando che il bando di
gara risulta essere ben chiaro al riguardo,
in quanto contiene una chiara prescrizione
di obbligatorietà della sottoscrizione. Il
punto III. 2.1. richiede, espressamente, la
presentazione di una dichiarazione,
sottoscritta dal legale rappresentante
dell’impresa, con cui doveva essere
attestato il possesso dei requisiti
soggettivi per la partecipazione alla gara.
Orbene, nella concreta vicenda, la specifica
dichiarazione, presentata dall’impresa
esclusa, è composta di cinque pagine, di cui
le prime quattro sono sottoscritte
dall’Amministratore Unico, mentre la quinta,
ed ultima, è priva di sottoscrizione e reca
solo il timbro della Società dichiarante.
A solo scopo conoscitivo e di completezza, i
giudici di appello fanno rilevare
l’importanza delle dichiarazioni, contenute
nell’ultima pagina non sottoscritta:
- due riferimenti espliciti a certificazioni
già prodotte;
- l’indicazione dei requisiti di natura “penale”,
ai sensi dell’articolo 38, 1° comma, lettera
“c”, del Codice;
- la precisazione del possesso della
qualificazione necessaria per le sole
attività di costruzione, con
l’individuazione dei soggetti, di cui la
società intendeva avvalersi per la
progettazione;
- la manifestazione di volontà di eseguire i
lavori nel limite del 20%.
A fronte di tale situazione, il CdS ricorda,
conformemente agli illustrati indirizzi, che
la mancata sottoscrizione di un atto, che
costituisce uno dei documenti integranti la
domanda di partecipazione alla gara, non può
essere considerata una’irregolarità formale,
sanabile nel corso del procedimento, perché
fa venire meno la certezza della provenienza
e della piena assunzione di responsabilità
in ordine ai contenuti della dichiarazione
nel suo complesso.
Pertanto, in punto di fatto, non può non
rilevarsi che la sottoscrizione della
dichiarazione sul possesso dei requisiti,
costituente un documento unitario, manca e
non può essere sostituita dalla
sottoscrizione solo parziale delle pagine
precedenti quella conclusiva della
dichiarazione medesima.
La sottoscrizione in calce alla lunga
dichiarazione non è intervenuta e non si è
realizzata la condizione prevista dal bando
di gara, come necessaria per il legittimo
accesso alla gara (commento tratto dalla
newsletter di
www.centrostudimarangoni.it -
Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 31.03.2010 n. 1832
- link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'esclusione di un concorrente che abbia
omesso di sottoscrivere la domanda di
partecipazione ad una gara.
E' legittimo il provvedimento di esclusione
adottato da una stazione appaltante nei
confronti di un'impresa per la mancata
sottoscrizione della domanda di
partecipazione ad una gara d'appalto, e ciò
anche nel caso in cui la suddetta domanda
rechi il timbro della società dichiarante,
ciò in quanto la mancata sottoscrizione di
un atto che costituisce uno dei documenti
integranti la domanda di partecipazione alla
gara da parte di un concorrente non integra
una irregolarità formale sanabile in corso
di esecuzione, giacché fa venir meno la
certezza della paternità e della piena
assunzione di responsabilità circa i
contenuti della dichiarazione stessa,
creando perplessità in ordine alla volontà
concreta del concorrente.
Nella fattispecie la sottoscrizione era
stata espressamente prevista a pena di
esclusione, a garanzia della completezza e
veridicità delle dichiarazioni (Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 31.03.2010 n. 1832 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Sulla
illegittimità della composizione della
commissione giudicatrice di una gara da
aggiudicare con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa ove un
componente esterno sia stato nominato dalla
P.A. senza richiedere preventivamente al
competente Ordine professionale e/o
all’Università degli Studi l’indicazione
della "rosa dei candidati".
Deve ritenersi illegittimamente costituita
la commissione giudicatrice di una gara per
l’affidamento di un appalto da aggiudicare
con il criterio dell’offerta economicamente
più vantaggiosa nel caso in cui uno dei
componenti esterni della commissione
medesima sia stato nominato dalla P.A. senza
l’osservanza dei criteri imposti dall’art.
84 del D.Lgs. 12.04.2006 n. 163 (Codice dei
contratti pubblici), e, in particolare,
senza che la stazione appaltante abbia
preventivamente inoltrato agli Ordini
professionali e/o all’Università degli
Studi, specifica richiesta di indicazione
delle "rose di candidati" da cui
trarre il nominativo del componente esterno
(alla stregua del principio nella specie è
stata ritenuta illegittima la composizione
della commissione giudicatrice, atteso che
la stazione appaltante aveva provveduto a
nominare componente esterno, in qualità di
esperto, un avvocato, senza richiedere
preventivamente al competente Ordine
professionale l’indicazione della "rosa
dei candidati").
La norma
individua quindi una ben definita cerchia di
"esperti", nell'ambito della quale
deve essere effettuata la scelta del
"componente" esterno; trattasi di una
qualificazione normativa ex ante, in
funzione di preventiva garanzia della
competenza professionale e della terzietà
del componente, la cui tassatività non
lascia spazio ad ulteriori designazioni.
Nella specie, quindi, la stazione
appaltante, per nominare un componente
esterno, avrebbe dovuto richiedere
preventivamente agli Ordini professionali (e
alle Facoltà universitarie) le "rose di
candidati" da cui trarre il nominativo
del componente. Era stato nominato invece un
avvocato, senza ottenere preventivamente
dall'Ordine professionale di appartenenza la
rosa dei candidati.
E’ stata ritenuta irrilevante la tesi della
difesa erariale secondo cui
l’Amministrazione non aveva potuto
ottemperare al disposto della lettera a)
cit. perché il competente Ordine
professionale degli avvocati non aveva
provveduto a predisporre e quindi a fornire
le "rose" dei candidati necessari per
la formazione degli elenchi, non evadendo la
richiesta formulata dall’Amministrazione;
gli elenchi con le segnalate "rose"
di nomi peraltro non risulterebbero –secondo
la detta difesa– essere state istituite
neppure successivamente; si tratterebbe
quindi di un caso di oggettiva impossibilità
a provvedere derivante da forza maggiore.
Ha osservato al riguardo la sentenza in
rassegna che, in disparte l’annotazione che
l’Amministrazione ben avrebbe potuto
formulare analoga richiesta anche
all’Università degli studi, in ogni caso non
vi era prova dell’avvenuta richiesta, né del
fatto che la stessa fosse rimasta "inevasa";
nel corso della discussione in udienza
pubblica era stato solo affermato che la
stazione appaltante si era limitata ad
effettuare una "telefonata", di cui
peraltro non vi era traccia in sede
probatoria
(massima
tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 31.03.2010 n. 1830 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Appalti, la trattativa è
l'eccezione. Procedure per le aggiudicazioni
previste dal codice dei contratti pubblici
di lavori, servizi e forniture. L'estrema
urgenza deve essere adeguatamente motivata.
Nell'attuale sistema della contrattualistica
pubblica, così come delineato dal dlgs
12.04.2006 n. 163, l'affidamento di lavori,
nonché l'acquisizione di servizi e forniture
da parte delle stazioni appaltanti
(nell'ampia accezione stabilita dal citato
testo regolamentare), può avvenire mediante
una delle quattro procedure previste dal
Codice dei contratti. E segnatamente:
procedure aperte, in cui ogni operatore
economico interessato può presentare
un'offerta; procedure ristrette,
caratterizzate dall'invito a formulare
un'offerta rivolto dalla stazione appaltante
a una selezionata rosa di operatori
economici; dialogo competitivo, nella quale
«la stazione appaltante, in caso di
appalti particolarmente complessi, avvia un
dialogo con i candidati ammessi a tale
procedura, al fine di elaborare una o più
soluzioni atte a soddisfare le sue necessità
e sulla base della quale o delle quali i
candidati selezionati saranno invitati a
presentare le offerte» (secondo la
definizione di cui all'art. 3 comma 39 del
Codice); procedure negoziate, in cui le
stazioni appaltanti consultano gli operatori
economici da loro scelti e negoziano con uno
o più di essi le condizioni dell'appalto.
Si è avuto già modo di evidenziare, su
queste pagine, lo spiccato favore del
legislatore comunitario, e, di riflesso, di
quello nazionale, per le procedure aperte,
garanti, almeno sul piano teorico, della più
ampia imparzialità e concorrenzialità.
Egualmente, si era rilevato come le
procedure negoziate (cosiddetti affidamenti
a trattativa privata) siano da considerarsi
marginali, il ricorso alle quali avendo
carattere di eccezionalità e dovendo le
stesse avere una giustificazione oggettiva.
Nel presente articolo, si cercherà di
illustrare quali siano le condizioni che
consentano il ricorso a procedure negoziate,
anche alla luce della recente giurisprudenza
amministrativa ... (articolo
ItaliaOggi del 31.03.2010 - link
a www.corteconti.it). |
APPALTI: Sui
casi in cui può ritenersi ammissibile un
ricorso proposto avverso il bando di gara.
Solo nel caso di impugnazione della lex
specialis di gara da parte di un’impresa
che già in base alle prescrizioni del bando
(ritenute illegittime) verrebbe esclusa, non
occorre -ai fini dell’ammissibilità del
ricorso- che l’impresa stessa sia poi tenuta
a presentare domanda di partecipazione alla
gara.
In tal caso, infatti, l’ammissibilità del
ricorso viene in considerazione investendo
una clausola del bando che richiede un
requisito di ammissione alla procedura non
posseduto dalla parte ricorrente, di talché,
in tale evenienza, la presentazione della
domanda di partecipazione verrebbe a
risolversi in un inutile formalismo.
E’ ammissibile
l'impugnazione del bando di gara, anche nel
caso di mancata presentazione della domanda
di partecipazione alla gara di appalto,
laddove si censuri che il tempo previsto per
la compilazione del progetto esecutivo e di
altri documenti attinenti l'offerta tecnica
è tanto breve da non rendere effettivamente
possibile presentare l'offerta.
Occorre, tuttavia, all’uopo una apposita
dimostrazione circa l'esiguità dei tempi per
la predisposizione e formulazione
dell'offerta, onde, in mancanza di tale
dimostrazione, il ricorso proposto avverso
il bando, ma non seguito dalla presentazione
dell’istanza di partecipazione, deve
ritenersi inammissibile
(massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR
Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 30.03.2010 n. 5073 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità della
clausola di un capitolato speciale che non
contempli puntualmente le caratteristiche
oggettive dell'oggetto d'appalto.
E' illegittimo l'operato di una stazione
appaltante che non abbia previsto, nel
capitolato speciale del bando di gara, le
caratteristiche oggettive dell'appalto, in
quanto siffatta omissione vìola l'art. 68,
commi 2 e 3, lett. b), del d. lgv. n.
163/2006 (Codice dei contratti), a norma del
quale le specifiche tecniche devono essere
sufficientemente puntuali da consentire alle
imprese concorrenti di determinare l'oggetto
dell'appalto, e alle stazioni appaltanti di
aggiudicare l'appalto stesso.
Ne deriva l'obbligo, in capo alla stazione
appaltante, di fissare nel bando e negli
altri documenti di gara le caratteristiche
oggettive dell'appalto, in modo da
permettere a ciascun concorrente di valutare
la convenienza dell'affidamento al fine di
formulare la migliore offerta possibile.
Nel caso di specie, è illegittima la
clausola di un capitolato speciale che
facoltizzi la stazione appaltante a
modificare il punto di raccolta dei rifiuti
oggetto del servizio di ritiro, trasporto e
smaltimento di rifiuti sanitari pericolosi,
in quanto ciò non permette al concorrente di
predeterminare i costi del servizio.
Invero, la modifica del punto di raccolta
dei rifiuti, scelto unilateralmente dalla
stazione appaltante in corso di esecuzione,
incidendo sull'oggetto della prestazione
dedotta in contratto, rende ab origine
indeterminata la prestazione stessa.
impedendo di prevedere il costo futuro del
servizio (TAR Lazio, Sez. II-ter,
sentenza 30.03.2010 n. 5045 -
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APPALTI:
Sulla nullità della
clausola del bando e del disciplinare di
gara nelle parti richiedenti la presenza,
nel contenuto dell'offerta, del certificato
d'iscrizione alla C.c.i.a.a..
L'art. 3, c. 1, del d.l. 4.7.2006 n. 223,
conv. in l. 04.08.2006 n. 248, alla rubrica
"Regole di tutela della concorrenza nel
settore della distribuzione commerciale",
dispone che, ai sensi delle disposizioni
dell'ordinamento comunitario, in materia di
tutela della concorrenza e libera
circolazione delle merci e dei servizi ed al
fine di garantire la libertà di concorrenza,
secondo condizioni di pari opportunità, ed
il corretto ed uniforme funzionamento del
mercato, nonché di assicurare ai consumatori
finali un livello minimo ed uniforme di
condizioni di accessibilità all'acquisto di
prodotti e servizi sul territorio nazionale,
ai sensi dell'art. 117, c. 2, lettere e) ed
m), Cost., le attività commerciali, come
individuate nel d.lgs. 31.03.1998 n. 114,
sono svolte senza i seguenti limiti e
prescrizioni: iscrizione a registri
abilitanti ovvero possesso di soggettivi
requisiti professionali per l'esercizio di
attività commerciali, fatti comunque salvi
quelli riguardanti il settore alimentare e
della somministrazione degli alimenti e
delle bevande.
Pertanto, nel caso di specie, è nulla la
clausola del bando e del disciplinare di
gara nelle parti richiedenti la presenza,
nel contenuto dell'offerta, pure del
certificato d'iscrizione alla C.c.i.a.a. di
data non anteriore a sei mesi (Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 30.03.2010 n. 1817 -
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APPALTI:
L'esame dell'incidenza
del CCNL proposto da un concorrente sulla
congruità e affidabilità dell'offerta deve
essere svolto dimostrando come il
trattamento economico previsto nel contratto
sia o meno conforme al precetto dell'art.
36, Cost..
Nell'ordinamento attuale, venuto meno il
contenuto normativo dell'art. 2070, c.c.,
vige il principio per il quale, se il datore
di lavoro non aderisce al sindacato
imprenditoriale firmatario dell'accordo
collettivo della cui applicazione si tratti,
non vi è un obbligo giuridico per
l'imprenditore stesso di applicare il
contratto corrispondente all'effettiva
attività economica esercitata (cfr. Sez. un.
civ., sent. 26.03.1997 n. 2665; Cass. civ.,
sez. lav., sent. 13.07.2009 n. 16340)
Anche l'art. 118, c. 6, d.lgs. n. 163/2006
(codice dei contratti pubblici), quando pone
il problema d'individuare quale sia il
contratto collettivo di lavoro "in vigore
nel settore", deve essere interpretato
nel quadro dei principi derivanti
dall'orientamento ormai costante della
Cassazione: il che comporta, che l'esame
dell'incidenza del CCNL proposto da un
concorrente (nella specie CCNL
metalmeccanici) sulla congruità e
affidabilità dell'offerta deve essere svolto
dimostrando come il trattamento economico
previsto nel contratto sia o meno conforme
al precetto dell'art. 36, Cost. (tenuto
conto anche di quanto previsto, in tema di
verificazione delle offerte anomale,
dall'art 87, c. 3, codice dei contratti
pubblici, con la conseguenza che l'offerta
economica non rispettosa dei concordati
minimi salariali dev'essere, in tali casi,
automaticamente esclusa dalla gara)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 30.03.2010 n. 1813 -
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APPALTI: Sulla
legittimità o meno della clausola del bando
che impone di dichiarare tutte le condanne
penali riportate, anche se per esse sia
stato accordato il beneficio della non
menzione e sulla necessità o meno di
escludere una ditta che ha omesso di
dichiarare una condanna per la quale era
stato accordato detto beneficio.
Nel caso in cui la lex specialis
preveda l’obbligo nei confronti delle ditte
concorrenti di dichiarare la sussistenza di
tutti i requisiti di ordine generale per la
partecipazione alla gara previsti
dall’articolo 38 del d.lgs. 163 del 2006
(Codice dei Contratti pubblici), indicando
anche le eventuali condanne per le quali sia
stato concesso il beneficio della non
menzione con riferimento al possesso dei
requisiti di cui al comma 1, lettera c), è
legittima l’esclusione dalla gara di una
impresa il cui legale rappresentante abbia
omesso di dichiarare una sentenza di
condanna, divenuta irrevocabile, per la
quale era stato concesso il beneficio della
non menzione.
Non inficia la validità di una dichiarazione
sostitutiva la circostanza che la
dichiarazione stessa sia stata inserita in
un unico documento contenente le
dichiarazioni di altri soggetti. La
presentazione di un unico documento non
esclude, infatti, che sotto il profilo
giuridico, si debba qualificare detto
documento come contenente una serie di atti
plurimi imputabili ai singoli soggetti che
hanno sottoscritto la dichiarazione.
D’altra parte, non vi è alcuna disposizione
che vieti di concentrare in un unico
documento le dichiarazioni sostitutive rese
da più soggetti, quanto meno nei casi in cui
sia agevolmente ravvisabile una oggettiva e
soggettiva connessione tra le dichiarazioni
stesse, anche in funzione della loro
destinazione (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 30.03.2010 n. 1795 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'applicabilità al
servizio di illuminazione votiva cimiteriale
dell'art. 113, c. 15-bis, T.U.E.L., che
stabilisce la scadenza automatica delle
concessioni di servizi pubblici locali
affidate senza gara.
Il comune che si avvalga dell'opera di un
privato, per le attività connesse
all'illuminazione votiva cimiteriale, pone
di regola in essere una concessione di
pubblico servizio e non di opera pubblica,
poiché normalmente detto impianto
costituisce un semplice strumento rispetto
all'esigenza prioritaria di consentire il
culto dei defunti, anche attraverso la
gestione del servizio di illuminazione.
Il d.m. 31.12.1983 classifica in modo
espresso, come servizio pubblico locale,
l'illuminazione votiva nel proprio articolo
unico, al punto 18, ultima parte, per cui,
nel caso di specie, correttamente l'ente
locale ha ritenuto la concessione in esame
come sottoposta alla previsione normativa di
cui l'art. 113, c. 15-bis, t.u.e.l,
contemplante la scadenza delle concessioni
di servizi pubblici locali non affidate
mediante gara, senza in alcun modo
considerare le ragioni per le quali a suo
tempo non si sarebbe fatto ricorso alla
gara, prendendo atto di quanto disposto
legislativamente e senza necessità di un
apposito procedimento (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 29.03.2010 n. 1790 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Ai sensi dell'art. 57,
comma 2, lett. c), d.lgs. 12.04.2006 n. 163
la procedura negoziata, senza pubblicazione
di bando, può essere utilizzata nella misura
strettamente necessaria, ai fini
dell'affidamento di un appalto con la
pubblica amministrazione, quando l'estrema
urgenza, risultante da eventi imprevedibili
per le stazioni appaltanti e non da
situazioni soggettive, contingibili,
prevedibili e ad esse imputabili, non è
compatibile con i termini imposti dalle
procedure aperte, ristrette o negoziate
previa pubblicazione di un bando di gara.
Come evidenziato dalla costante
giurisprudenza amministrativa, anche di
questo Tribunale, “Ai sensi dell'art. 57,
comma 2, lett. c), d.lgs. 12.04.2006 n. 163
la procedura negoziata, senza pubblicazione
di bando, può essere utilizzata nella misura
strettamente necessaria, ai fini
dell'affidamento di un appalto con la
pubblica amministrazione, quando l'estrema
urgenza, risultante da eventi imprevedibili
per le stazioni appaltanti e non da
situazioni soggettive, contingibili,
prevedibili e ad esse imputabili, non è
compatibile con i termini imposti dalle
procedure aperte, ristrette o negoziate
previa pubblicazione di un bando di gara”
(TAR Piemonte Torino, sez. I, 24/11/2008, n.
2943; TAR Molise Campobasso, sez. I,
16/07/2008, n. 689) (TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 26.03.2010 n. 1597 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
PUBBLICI APPALTI E
AVVALIMENTO.
1. Appalto pubblico (in
generale) - Criteri e principi - Massima
partecipazione - Avvalimento - Disciplina.
2. Appalto pubblico (in generale) - Criteri
e principi - Massima partecipazione -
Istituto dell'avvalimento - Ratio -
Normativa comunitaria.
1.
Per l'utilizzazione dell'istituto
dell'avvalimento -che consente ad un'impresa
(concorrente alla gara) di ricorrere alle
referenze di un'altra impresa (ausiliaria),
al fine di dimostrare il possesso dei
requisiti di capacità economica,
finanziaria, tecnica, organizzativa
necessari per partecipare ad una gara-
occorre che il partecipante alla gara
dimostri di disporre effettivamente dei
requisiti di capacità economica,
finanziaria, tecnica e organizzativa del
soggetto di cui intende avvalersi (V. Cons.
Stato, sez. VI, 22-04-2008 n. 1856).
2.
Nell'avvalimento, quale ricavabile dalla sua
genesi comunitaria, sussiste l'irrilevanza
per la stazione appaltante dei rapporti
sottostanti esistenti fra il concorrente e
il soggetto "avvalso", essendo
indispensabile unicamente che il primo
dimostri di poter disporre dei mezzi del
secondo, in adesione all'attuale normativa
comunitaria (artt. 47 e 48 Direttiva n.
118/2004/CE ed art. 54 Direttiva n.
17/2004/CE), la quale espressamente prevede
che un operatore economico può, se del caso
e per un determinato appalto, fare
affidamento sulle capacità di altri
soggetti, a prescindere dalla natura
giuridica dei suoi legami con quest'ultimi
(Cons. Stato, sez. 17-03-2009 n. 1589)
(massima tratta da
http://mondolegale.it -
TAR Veneto,
Sez. I,
sentenza 26.03.2010 n. 1011 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Servizio di
illuminazione votiva.
Il servizio di illuminazione votiva è
affidato alla gestione di terzi attraverso
lo strumento della concessione di servizio
pubblico, per la quale trova applicazione
l'art. 23-bis, del D.L. 25.06.2008, n. 112 (parere
25.03.2010 n. 4925 di prot. -
link a
http://autonomielocali.regione.fvg.it). |
APPALTI:
Il diritto di accesso
prevale sulla segretezza tecnica o
commerciale.
Il diritto di
accesso agli atti di una gara di appalto va
concesso anche quando vi è l’opposizione di
altri partecipanti controinteressati in
tutela di segreti tecnici e commerciali, in
quanto esso è prevalente rispetto l’esigenza
di riservatezza o di segretezza tecnica o
commerciale
(TAR Campania-Napoli, Sez. VI,
sentenza 25.03.2010 n. 1657 -
link a www.altalex.com). |
APPALTI:
1. Requisiti generali -
Moralità dell'impresa - Valutazione dei
precedenti penali - Spetta
all'amministrazione.
2. Requisiti generali - Precedenti penali
risalenti nel tempo - Obbligo di
dichiarazione - Sussiste.
1.
Per giurisprudenza pacifica la valutazione
di incidenza della fattispecie penale
consumata sulla moralità professionale
dell'impresa appartiene esclusivamente
all'amministrazione appaltante, rientrando
nella sua discrezionalità ritenere o meno
sussistente siffatta incidenza (cfr. TAR
Lombardia Milano, sez. I, 19.05.2009, n.
3768 e Cons. Stato, sez. V, 22.02.2007, n.
945).
2.
In tema di verifica del possesso dei
requisiti generali di partecipazione ad una
gara di appalto pubblico, la risalenza nel
tempo dei fatti e della condanna penale
riportata non è idonea a precludere la
valutazione della stazione appaltante (e il
correlato obbligo di dichiarazione da parte
dei concorrenti), attesa la ratio
della verifica intesa ad un giudizio di
affidabilità in ordine alla moralità
professionale dell'aspirante contraente
(cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19.10.2007, n.
5470) (massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 25.03.2010 n. 729 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'esclusione dalle
gare per false dichiarazioni.
Il momento da cui decorre, per le Stazioni
Appaltanti, l'obbligo (e non solo la
facoltà) di escludere dalle gare chi le ha
rese, non è quello dell'annotazione nel
Casellario Informatico, bensì quello della
sentenza che accerta in modo definitivo la
sussistenza della causa di esclusione di cui
all'art. 38, lett. h).
L'art. 38, c. 1, lett. h), del D.Lg.
163/2006, dispone che vanno esclusi dalle
gare quei partecipanti che "nell'anno
antecedente la data di pubblicazione del
bando di gara hanno reso false dichiarazioni
in merito ai requisiti e alle condizioni
rilevanti per la partecipazione alle
procedure di gara e per l'affidamento dei
subappalti, risultanti dai dati in possesso
dell'Osservatorio"
La contestazione in giudizio da parte di un
concorrente della propria esclusione per
aver reso false dichiarazioni ex art. 38,
lett. h), annotata nel Casellario, "congela"
gli effetti dell'annotazione medesima sino a
quando non sia emessa sentenza definitiva
sulla questione, e solo da tale data
ricomincia a decorrere il periodo
interdittivo previsto dalla legge (tesi
minoritaria) (TAR Friuli Venezia Giulia,
sentenza 25.03.2010 n. 198 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Sul
principio del formalismo che domina le gare
di appalto e sulla legittimità o meno
dell’esclusione di alcune ditte che hanno
omesso di indicare il corrispettivo per
talune voci unitarie previste nello schema
di offerta allegato al bando.
Nel caso in cui nel corso di una gara di
appalto si riscontino delle lacune nella
domanda di partecipazione alla gara o nella
allegata documentazione, la stazione
appaltante è tenuta ad applicare in modo
rigoroso ed incondizionato le clausole
inserite nella "lex specialis"
relative ai requisiti, formali e
sostanziali, di partecipazione, ovvero alle
cause di esclusione, atteso che la
disciplina delle procedure di gara è
caratterizzata dal formalismo, rispondendo
tale principio, per un verso, ad esigenze
pratiche di certezza e celerità e, per altro
verso, alla necessità di garantire
l'imparzialità dell'azione amministrativa e
la parità di condizioni tra i ricorrenti.
In sede di verifica delle offerte anomale, è
necessario che la commissione di gara
fornisca una plausibile e convincente
motivazione in ordine all’effettuata
verifica degli elementi forniti dall’impresa
a supporto della propria offerta; ciò
proprio al fine di limitare il più possibile
e riportare nei confini della legalità
quell’ampia discrezionalità di cui gode la
stazione appaltante; tale discrezionalità,
altrimenti, rischierebbe di trasmodare in
determinazioni ermetiche e perciò
soggettive, arbitrarie e potenzialmente
clientelari (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 23.03.2010 n. 1700 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. Annullamento degli
atti di gara - Cognizione del Giudice
amministrativo - Investe anche il contratto
medio tempore stipulato.
La cognizione del Giudice amministrativo ha
ad oggetto non soltanto la domanda di
annullamento degli atti di gara e
dell'aggiudicazione definitiva di un appalto
pubblico ma si estende altresì alla domanda
del contraente pretermesso illecitamente
dalla gara, e quindi privato della
possibilità di stipulare il relativo
contratto con l'amministrazione, di essere
reintegrato nella sua posizione, con la
privazione di effetti del contratto medio
tempore stipulato dalla stazione appaltante
con altro concorrente (cfr. Cass. Civ., Sez.
Un., ordinanza n. 2906 del 10.02.2010)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 23.03.2010 n. 708 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. Annullamento
dell'aggiudicazione provvisoria in
autotutela - Avvio del procedimento - Non è
necessario.
2. Annullamento dell'aggiudicazione
provvisoria - Rinnovazione integrale della
gara - E' legittimo ove sia stata
riscontrata la violazione del principio di
segretezza delle offerte.
1.
Secondo orientamento costante, ove
l'amministrazione intenda esercitare il
proprio potere di autotutela rispetto
all'aggiudicazione provvisoria (atto avente
natura endoprocedimentale e non conclusivo
del procedimento), non è tenuta a dare
previa comunicazione dell'avvio del relativo
procedimento versandosi ancora nell'unico
procedimento iniziato con l'istanza di
partecipazione alla gara, vantando
l'aggiudicatario provvisorio una mera
aspettativa di fatto alla conclusione del
procedimento (cfr., per tutte, Cons. Stato,
sez. V, 12.02.2010, n. 743).
2.
E' legittimo il provvedimento con cui
l'amministrazione, avendo espletato una gara
d'appalto il cui vincitore è risultato
illegittimamente ammesso, disponga la
rinnovazione integrale della gara in
conseguenza dall'accertamento del vizio
radicale riscontrato in relazione alla
violazione del principio della segretezza
delle offerte durante lo svolgimento della
procedura selettiva (cfr. Cons. Stato, sez.
V, 06.03.2002, n. 1367) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 23.03.2010 n. 707 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. Esclusione dalla
procedura e contestuale aggiudicazione
provvisoria ad altro concorrente -
Impugnazione - Ricorso giurisdizionale -
Deve essere notificato al controinteressato
aggiudicatario provvisorio a pena di
inammissibilità.
2. Appalti pubblici - Mancata notifica del
ricorso principale al controinteressato -
Inammissibilità - Proposizione di motivi
aggiunti - improcedibilità per carenza
d'interesse.
1.
L'aggiudicatario provvisorio assume la veste
di controinteressato nel ricorso proposto
dal concorrente escluso dalla procedura ad
evidenza pubblica quando l'esclusione e
l'aggiudicazione siano avvenute
contestualmente, ossia senza soluzione di
continuità, potendo la ditta esclusa
rendersi perfettamente conto che
l'impugnativa incide sulla posizione,
differenziata e giuridicamente protetta, di
altro soggetto privato.
Di conseguenza la mancata notifica al
medesimo del relativo gravame ne determina
l'inammissibilità (Cons. Stato, Sez. VI
10.10.2002 n. 5453).
2.
La mancata notifica del ricorso principale
al controinteressato determina
l'inammissibilità dello stesso e rende
improcedibili per sopravvenuta carenza di
interesse gli ulteriori motivi aggiunti
(Consiglio Stato Sez. VI, 23.06.2006, n.
4012) (massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 23.03.2010 n. 706 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Società cessionaria del
ramo d'azienda - Obbligo di produrre le
dichiarazioni di moralità riferite anche
degli amministratori dell'impresa cedente -
Non sussiste se non previsto dal bando.
Laddove il bando di gara nulla prescriva,
non sussiste in capo all'impresa cessionaria
del ramo d'azienda necessario per la
partecipazione alla gara, l'obbligo di
presentare in sede di offerta le
dichiarazioni di moralità di cui all'art.
38, co. 1, lett. c), anche relativamente
agli amministratori e ai direttori generali
dell'impresa cedente (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 23.03.2010 n. 705 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: La
valutazione circa l’esistenza di violazioni
in materia contributiva e previdenziale
costituisce oggetto di autonoma valutazione
da parte della stazione appaltante, rispetto
alla quale le risultanze del documento unico
di regolarità contributiva si pongono come
elementi indiziari, da cui non si può
prescindere, ma che comunque non esauriscono
l’ambito di accertamento circa la
sussistenza di una violazione grave e
definitivamente accertata.
Il rapporto che sussiste tra documento unico
di regolarità contributiva e valutazione
finale circa il possesso del requisito
generale di partecipazione in questione è,
dunque, nel senso che la stazione appaltante
è comunque vincolata alle risultanze del
d.u.r.c., in ragione della sua natura di
dichiarazione di scienza, da collocarsi fra
gli atti di certificazione o di attestazione
redatti da un pubblico ufficiale ed aventi
carattere meramente dichiarativo di dati in
possesso della pubblica amministrazione,
assistito da pubblica fede ai sensi
dell'articolo 2700 c.c., facente pertanto
prova fino a querela di falso.
Sebbene sulla questione non vi sia
uniformità di vedute, il Collegio ritiene di
aderire all’orientamento prospettato anche
in ricorso, secondo cui la valutazione circa
l’esistenza di violazioni in materia
contributiva e previdenziale costituisce
oggetto di autonoma valutazione da parte
della stazione appaltante, rispetto alla
quale le risultanze del documento unico di
regolarità contributiva si pongono come
elementi indiziari, da cui non si può
prescindere, ma che comunque non esauriscono
l’ambito di accertamento circa la
sussistenza di una violazione grave e
definitivamente accertata (in termini Cons.
St., III, 29.09.2009 n. 2345/2009; VI,
04.08.2009 n. 4907; V, 23.03.2009 n. 1755;
Tar Napoli, I, 11.01.2010 n. 51; Tar Bari,
I, 16.07.2008 n. 1755).
Il rapporto che sussiste tra documento unico
di regolarità contributiva e valutazione
finale circa il possesso del requisito
generale di partecipazione in questione è,
dunque, nel senso che la stazione appaltante
è comunque vincolata alle risultanze del
d.u.r.c., in ragione della sua natura di
dichiarazione di scienza, da collocarsi fra
gli atti di certificazione o di attestazione
redatti da un pubblico ufficiale ed aventi
carattere meramente dichiarativo di dati in
possesso della pubblica amministrazione,
assistito da pubblica fede ai sensi
dell'articolo 2700 c.c., facente pertanto
prova fino a querela di falso (Cons. St.,
IV, 12.03.2009 n. 1458).
Tuttavia, una volta acquisito il documento
unico di regolarità contributiva, spetta
alla stazione appaltante decidere se le
risultanze ivi contenute, oggettivamente non
controvertibili, siano idonee e sufficienti
anche a giustificare un giudizio in termini
di gravità di una violazione che sia emersa
dal d.u.r.c..
In altri termini, un conto è la regolarità
contributiva formale rimessa al potere di
accertamento e di valutazione dell’Istituto
previdenziale, un conto è la gravità di una
violazione in materia contributiva e
previdenziale ai fini dell’aggiudicazione di
un contratto, che impone un’ulteriore
delibazione da parte della stazione
appaltante, non poggiante solo su dati
rigorosamente numerici, come invece,
stabilisce il D.M. 24.10.2007.
Spetta, dunque, alla stazione appaltante
verificare che eventuali situazioni
dall’INPS ritenute come condizioni di
irregolarità contributiva, certamente
rilevanti e costituenti un grave indizio, ai
fini dell'art. 38, co. 1, lett. i), codice
appalti, possano, in concreto e al di fuori
di ogni automatismo, giustificare
l’estromissione dalla gara.
Può aggiungersi che se l’accertamento del
requisito dell’art. 38 lett. i), fosse da
rimettere agli Istituti previdenziali
attraverso il rilascio del DURC secondo i
parametri fissati dal Ministero del Lavoro,
si darebbe luogo anche ad una disparità di
trattamento e ad un’alterazione della
concorrenza tra le imprese con sede in
Italia e quelle degli altri Stati membri,
non necessariamente dotate di documento
equivalente al DURC (tanto che la norma
reputa per esse sufficiente una
dichiarazione giurata: vd. art. 38, ult.
co.), e non si spiegherebbe conseguentemente
il preciso richiamo che proprio la lett. i)
dell’art. 38 contiene –in coerenza con la
discrezionalità della valutazione della
sussistenza del requisito- alla legislazione
italiana o dello Stato in cui eventualmente
i partecipanti sono stabiliti (TAR
Calabria-Reggio Calabria,
sentenza 23.03.2010 n. 291 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
necessità di comunicare l’avvio del
procedimento in caso di revoca degli atti di
indizione della gara e sull’inapplicabilità
dell’art. 21-octies.
1.
E’ illegittima la revoca degli atti
indittivi di una gara, disposta nel corso
del suo espletamento, che non sia stata
preceduta dalla comunicazioni di avvio del
procedimento alle ditte partecipanti alla
gara, a tutela dell'affidamento riposto da
queste ultime nella conclusione del
procedimento stesso; né tale vizio, nel caso
di revoca, può essere sanato sostenendo che
il contenuto del provvedimento non avrebbe
potuto essere diverso da quello in concreto
adottato, con conseguente applicazione
dell'art. 21-octies della legge n. 241/1990,
atteso che il legislatore, con quest’ultima
disposizione, ha escluso l'annullabilità del
provvedimento adottato in violazione di
norme sul procedimento solo quando esso
abbia "natura vincolata" e non può quindi
essere diverso, mentre la revoca di una gara
già bandita è chiaramente espressione di un
potere discrezionale della P.A..
2.
Anche se sussiste la possibilità
dell’Amministrazione di mutare
legittimamente il proprio orientamento circa
le migliori modalità di perseguimento
dell’interesse pubblico affidato anche in
mancanza di sopravvenienze, revocando una
gara di appalto in precedenza indetta, salva
la tutela del pregiudizio (per
responsabilità precontrattuale) arrecato ai
privati interessati, deve ritenersi
illegittima la revoca della procedura di
gara motivata facendo esclusivo riferimento
alla possibilità di provvedere alla gestione
diretta da parte degli uffici comunali dei
servizi per i quali è stata indetta la gara,
senza alcuna previsione circa l’impatto
sulle competenze e gli assetti gestionali
interni e senza alcuna stima circa la
compatibilità con le risorse umane,
organizzative e finanziarie disponibili
(massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR
Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 22.03.2010 n. 4489 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
La qualificazione
differenziale tra attività strumentali e
gestione di servizi pubblici ai fini
dell'applicazione dell'art. 13 dl n.
223/2006 deve essere riferita non
all'oggetto della gara, bensì all'oggetto
sociale delle imprese partecipanti ad essa.
Sul divieto alla partecipazione alle gare
dei gestori di servizi pubblici locali in
virtù di un affidamento diretto: disciplina
di cui all'art. 113, commi 6 e 15-quater
TUEL ed all'art. 23-bis, c. 9, e s.m.i.
della legge n. 133/2009. La configurazione
del servizio pubblico è compatibile con
diversi schemi giuridici e con differenti
modalità di remunerazione della prestazione.
L'enunciato dell'art. 13 del d.l. n.
223/2006 (c.d. decreto Bersani), nel porre
un divieto di partecipazione alle gare
pubbliche per le società strumentali degli
enti locali, evidenzia che la limitazione
della legittimazione negoziale delle società
strumentali si riferisce a qualsiasi
prestazione a favore di soggetti terzi
rispetto agli enti costituenti, partecipanti
o affidanti, senza che a nulla rilevi la
qualificazione di tali attività.
La qualificazione differenziale tra attività
strumentali e gestione di servizi pubblici
deve essere riferita non all'oggetto della
gara, bensì invece all'oggetto sociale delle
imprese partecipanti ad essa. Il divieto di
fornire prestazioni a enti terzi, infatti,
colpisce le società pubbliche strumentali
alle amministrazioni regionali o locali, che
esercitano attività amministrativa in forma
privatistica, non anche le società destinate
a gestire servizi pubblici locali, che
esercitano attività d'impresa di enti
pubblici: esso è posto al fine di separare
le due sfere di attività per evitare che un
soggetto, che svolge attività
amministrativa, eserciti allo stesso tempo
attività d'impresa, beneficiando dei
privilegi dei quali esso può godere in
quanto pubblica amministrazione.
Il divieto di cui al c. 6 dell'art. 113
t.u.e.l. si applica a decorrere dal 1°
gennaio 2007, "salvo nei casi in cui si
tratti dell'espletamento delle prime gare
aventi ad oggetto i servizi forniti dalle
società partecipanti alla gara stessa"
(c. 15-quater dell'art. 113 t.u.e.l). I
servizi messi a gara devono essere, perché
operi la deroga, proprio quelli che le
società fornivano all'amministrazione che ha
indetto la gara. La sua ragion d'essere è
quella di evitare che le società che
forniscono servizi ad un'amministrazione ed
hanno pertanto acquisito esperienza "sul
territorio" siano automaticamente
estromesse dalle gare per l'affidamento
concorrenziale di quei servizi: non già,
invece, quello di elargire agli attuali
affidatari diretti una moratoria
generalizzata a tutte le prime gare rispetto
al termine del 1° gennaio 2007. Tutti questi
elementi inducono ad affermare che la deroga
deve intendersi ristretta alle società che
gestivano i servizi oggetto della gara con
affidamento diretto da parte
dell'amministrazione che la indice.
Costrutto ben diverso da quello
successivamente esibito dal c. 9 dell'art.
23-bis del d.l. n. 112 del 2008 conv. dalla
l. n. 133 del 2008, modificato dall'art. 15,
c. 1, lett. d), del d.l. n. 135 del 2009
convertito dalla l. n. 166 del 2009: "I
soggetti affidatari diretti di servizi
pubblici locali possono comunque concorrere
su tutto il territorio nazionale alla prima
gara successiva alla cessazione del
servizio, svolta mediante procedura
competitiva ad evidenza pubblica, avente ad
oggetto i servizi da essi forniti", in
cui il riferimento a "tutto il territorio
nazionale" e alla "prima gara
successiva alla cessazione del servizio"
designa un diverso punto di rilevanza
ermeneutica: quello dell'impresa
affidataria.
La nozione di servizio pubblico prescelta
dal legislatore, quella oggettiva, si fonda
su due elementi:
1) la preordinazione dell'attività a
soddisfare in modo diretto esigenze proprie
di una platea indifferenziata di utenti;
2) la sottoposizione del gestore ad una
serie di obblighi, tra i quali quelli di
esercizio e tariffari, volti a conformare
l'espletamento dell'attività a regole di
continuità, regolarità, capacità
tecnico-professionale e qualità.
Ne consegue che, fermi gli elementi
essenziali sopra menzionati, la
configurazione del servizio pubblico è
compatibile con diversi schemi giuridici e
con differenti modalità di remunerazione
della prestazione.
Pertanto, nel caso di specie, a nulla rileva
che oggetto dell'affidamento fosse soltanto
la raccolta dei rifiuti e non l'intero
servizio dell'igiene ambientale, così come
non rileva che il gestore fosse remunerato
dal soggetto aggiudicatore: quel che conta,
infatti, è che l'attività del gestore fosse
diretta ad una platea indifferenziata di
utenti e che esso fosse destinatario di
obblighi funzionali alla destinazione al
pubblico dell'attività dovuta (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 22.03.2010 n. 1651 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Il divieto di
partecipare alle gare per l’affidamento di
un servizio pubblico sussiste anche quando
abbia ad oggetto un segmento dello stesso
servizio.
La controversia in esame era incentrata,
sostanzialmente, sulla violazione dell’art.
113 t.u.e.l.: il comma 6 dello stesso
dispone che non sono ammesse a partecipare
alle gare di cui al comma 5 le società che,
in Italia o all'estero, gestiscono a
qualunque titolo servizi pubblici locali in
virtù di un affidamento diretto.
Tra gli argomenti degli appellanti diretti
ad escludere l’applicabilità in diritto alle
imprese in causa della predetta disposizione
esaminiamo quella secondo cui il divieto (di
cui al comma 6 predetto) di partecipare alle
gare per l’affidamento di un servizio
pubblico non sussisterebbe nel caso di
specie, venendo in considerazione non la
titolarità (ex comma 5) di un servizio
pubblico ma la gestione di un segmento di
servizio pubblico.
Ma tali argomenti, secondo i giudici del
Consiglio di Stato, non hanno pregio: sotto
il primo profilo, il servizio pubblico
postula per sua natura che l’amministrazione
ne dia in affidamento a terzi la gestione,
conservandone la titolarità.
L’enunciato: “conferimento della
titolarità del servizio” di cui al comma
5 citato, quindi, altro non è che un termine
atecnico per designare la gestione del
servizio: esso non può essere interpretato
in maniera letterale -ma asistematica- per
escludere che il caso di specie sia
sussumibile nella fattispecie legale. Sotto
il secondo profilo, il fatto che
l’affidamento in esame abbia ad oggetto
prestazioni specificamente determinate (la
sola raccolta dei rifiuti), ovvero un
segmento del servizio pubblico a nulla
rileva per escludere l’applicabilità del
divieto di cui al comma 6.
La nozione di servizio pubblico prescelta
dal legislatore, infatti, quella oggettiva,
si fonda su due elementi:
1) la preordinazione dell’attività a
soddisfare in modo diretto esigenze proprie
di una platea indifferenziata di utenti;
2) la sottoposizione del gestore ad una
serie di obblighi, tra i quali quelli di
esercizio e tariffari, volti a conformare
l’espletamento dell’attività a regole di
continuità, regolarità, capacità
tecnico-professionale e qualità (sez. V,
12.10.2004, n. 6574).
Ne consegue che, fermi gli elementi
essenziali sopra menzionati, la
configurazione del servizio pubblico è
compatibile con diversi schemi giuridici e
con differenti modalità di remunerazione
della prestazione.
A nulla quindi rileva che oggetto
dell’affidamento fosse soltanto la raccolta
dei rifiuti e non l’intero servizio
dell’igiene ambientale, così come non rileva
che il gestore fosse remunerato dal soggetto
aggiudicatore: quel che conta, infatti, è
che l’attività del gestore fosse diretta ad
una platea indifferenziata di utenti e che
esso fosse destinatario di obblighi
funzionali alla destinazione al pubblico
dell’attività dovuta (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 22.03.2010 n. 1651 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La dichiarazione ex art.
38, lett. c), d.lgs. n. 163/2006, non è
richiesta nei riguardi di quegli
amministratori che non siano titolati a
stipulare contratti per conto dell'impresa e
a rappresentarla all'esterno nei rapporti
negoziali.
La valutazione di non gravità di un reato
può anche essere implicita, esternata per il
tramite dell'ammissione dell'impresa alla
gara.
La voluntas legis sottesa al disposto
dell'art. 38, lett. c), del d.lgs. n.
163/2006, va correttamente rinvenuta
nell'esigenza di garantire
l'Amministrazione, attraverso la
dichiarazione impegnativa dell'insussistenza
di condanne penali, ancorché a pena
patteggiata ma non estinte, che sono immuni
da pregiudizi penali tutti gli
amministratori della società che possano
entrare in contatto con la stazione
appaltante in virtù dei loro poteri di firma
e di rappresentanza effettiva
dell'appaltatore.
Ne consegue che, non è richiesta la
produzione di siffatte dichiarazioni nei
riguardi di quegli amministratori che in
forza delle pattuizioni sociali non siano
titolati a stipulare contratti per conto
dell'impresa e a rappresentarla all'esterno
nei rapporti negoziali.
La valutazione di gravità o meno di un reato
e la sua incisione sulla moralità
professionale dell'appaltatore mettono capo
all'espressione di un giudizio discrezionale
che pertiene unicamente alla stazione
appaltante. Si precisa, inoltre, che in
conformità ai principi generali sulla
motivazione dei provvedimenti ampliativi,
che predicano la dequotazione dell'obbligo
di motivazione per l'adozione di atti
ampliativi della sfera giuridica del
destinatario, qualora l'amministrazione
ritenga il precedente penale dichiarato dal
concorrente, non incisivo della sua moralità
professionale, non è tenuta ed esplicitare
in maniera analitica le ragioni di siffatto
suo convincimento, potendo la motivazione di
non gravità del reato risultare anche
implicita o per facta concludentia,
ossia attraverso l'ammissione alla gara
dell'impresa stessa. È la valutazione di
gravità, invece, che richiede l'assolvimento
di un particolare onere motivazionale.
E' illegittima la norma del bando che
commina l'esclusione automatica per l'omessa
allegazione all'offerta delle
giustificazioni dell'anomalia del prezzo
offerto.
Il Codice dei Contratti (d.lgs. n.
163/2006), prevede che a fronte di
un'offerta anomala che sia stata corredata
delle giustifiche preventive, qualora queste
non siano ritenute sufficiente a pervenire
ad un giudizio di congruità,
l'Amministrazione deve procedere ai sensi
dell'art. 88, ossia convocare l'offerente e
consentirgli di presentare elementi
integrativi di giudizio ed ulteriori
giustificazioni. Ha poi subito precisato, il
c. 1 dell'art. 87, che "all'esclusione
può provvedersi solo all'esito
dell'ulteriore verifica, in contraddittorio"
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 22.03.2010 n. 1555 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it).
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Gare pubbliche, paletti
sui requisiti morali. Tar Piemonte: solo per
amministratori con poteri di firma.
Negli appalti
dichiarazioni sui requisiti morali solo per
gli amministratori dotati di poteri di firma
ed esclusione delle offerte anomale solo
dopo avere dato alla ditta la possibilità di
difendersi. Inoltre la esclusione dalle gare
per condanne penali degli amministratori va
disposta solo per reati gravi, secondo una
valutazione discrezionale della p.a..
I principi, che disegnano i contorni del
giusto procedimento nelle gare pubbliche,
sono stati formulati dal Tar Piemonte
(sezione prima, sentenza depositata il
22/03/2010 n. 1555, estensore Alfonso
Graziano, presidente Paolo Lotti)
Nel caso specifico a una società, arrivata
seconda in una gara, è stato contestato di
non avere inserito, tra i documenti da
presentare alla stazione appaltante, la
dichiarazione di moralità (insussistenza di
condanne penali) sul conto di un
amministratore, al quale, tuttavia, sono
state assegnate deleghe limitate al settore
della sicurezza sui cantieri. Tale
amministratore, invece, non aveva il potere
di rappresentare la società nei confronti
delle amministrazioni, di assumere
somministrazioni e appalti di qualunque
tipo, ricevere commissioni da pubbliche
amministrazione, stipulare e firmare
contratti.
Il Tar Piemonte ha sostenuto che, in tale
caso, non va resa alcuna dichiarazione di
moralità. Nella sentenza, infatti, si spiega
che, con l'articolo 38, lettera c), del
dlgs. n. 163/2006 (codice contratti), le
ditte partecipanti devono dimostrare che
sono immuni da pregiudizi penali tutti gli
amministratori della società, ma solo quelli
che possano entrare in contatto con la
stazione appaltante, perché titolari dei
poteri di firma e di rappresentanza
effettiva dell'appaltatore.
Non è, quindi, richiesta la produzione delle
dichiarazioni di moralità nei riguardi di
quegli amministratori che in forza delle
pattuizioni sociali non siano titolati a
stipulare contratti per conto dell'impresa e
a rappresentarla all'esterno nei rapporti
negoziali.
Una seconda questione affrontata dal Tar è
relativa alla possibile esclusione e
relative formalità procedurali per condanne
penali subite dagli amministratori. Nel caso
specifico il Tar è stato chiamato a decidere
se doveva essere esclusa una ditta, il cui
amministratore era stato condannato anni
prima al pagamento di una sanzione
pecuniaria per violazione delle norme sulla
sicurezza sui luoghi di lavoro. Il Tar ha
sottolineato che la valutazione di gravità o
meno di un reato e la sua incisione sulla
moralità professionale dell'appaltatore è
riservata al giudizio discrezionale della
stazione appaltante. Inoltre se
l'amministrazione ritiene il precedente
penale dichiarato dal concorrente non
ostativo alla partecipazione alla gara,
allora non è tenuta ed esplicitare in
maniera analitica questa sua decisione,
potendo la motivazione di non gravità del
reato risultare anche implicita, attraverso
l'ammissione alla gara dell'impresa stessa.
La terza questione, risolta dalla sentenza,
concerne la procedura di giustificazione
delle offerte.
Nel caso in esame una ditta è stata esclusa
per non avere inserito la documentazione
giustificativa dell'offerta prescritta, in
quel caso, a pena di esclusione dal
disciplinare di gara.
In casi di questo tipo la stazione
appaltante non può escludere automaticamente
la partecipante, ma deve effettuare una
verifica in contraddittorio con l'impresa.
Infatti è illegittima una norma di gara che
impone a pena di esclusione di corredare le
offerte delle analisi giustificative del
prezzo, a pena di esclusione.
Infatti il Codice dei contratti prevede che,
a fronte di un'offerta anomala, anche
corredata da giustificazioni,
l'amministrazione deve procedere ai sensi
dell'articolo 88 dello stesso codice a
convocare l'offerente e consentirgli di
presentare ulteriori giustificazioni.
Quindi la stazione appaltante non può
escludere solo sulla base delle
giustificazioni preventive ritenute non
congrue.
All'esclusione può provvedersi, dunque, solo
all'esito dell'ulteriore verifica in
contraddittorio, da cui venga confermata la
valutazione di inaffidabilità dell'offerta
(articolo ItaliaOggi del 02.04.2010, pag.
20). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
C. Contessa,
L’offerta economicamente più vantaggiosa:
brevi note su un istituto ancora in cerca di
equilibri (link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: G.U.
20.03.2010 n. 66, suppl. ord. n. 56
(Autorità per la Vigilanza sui Contratti
Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture):
- "Regolamento in materia di esercizio
del potere sanzionatorio da parte
dell’Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture"
(deliberazione
02.03.2010);
- "Regolamento per la pubblicazione sul
sito web degli atti dell’Autorità per la
vigilanza sui contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture" (deliberazione
16.02.2010);
- "Requisiti di ordine generale per
l’affidamento di contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture ai sensi
dell’articolo 38 del decreto legislativo 12
aprile 2006, n. 163, nonché per gli
affidamenti di subappalti. Profili
interpretativi ed applicativi" (determinazione
12.01.2010). |
APPALTI:
La verifica della
legittimità delle operazioni compiute dalla
Commissione di gara rientra nella competenza
della stazione appaltante.
Costituisce un obbligo per la p.a. procedere
all'incameramento della cauzione provvisoria
nel caso in cui l'impresa partecipante non
soddisfi la richiesta da parte della
stazione appaltante di comprovare il
possesso dei requisiti richiesti.
E' giurisprudenza del tutto pacifica quella
secondo cui la verifica della legittimità
delle operazioni compiute dalla Commissione
di gara rientra nella competenza della
stazione appaltante e ha lo scopo di “suggellare”
gli esiti dell’attività svolta da
quest’ultima.
La Commissione è, infatti, un organo
straordinario e temporaneo
dell'amministrazione la cui attività
acquisisce rilevanza esterna solo in quanto
recepita ed approvata dai competenti organi
della stazione appaltante Sotto altro
profilo, la “sanzione”
dell’incameramento della cauzione
provvisoria è correlata alla violazione
dell’obbligo di diligenza e dell’esatta e
veritiera produzione documentale nelle
trattative precontrattuali, che grava su
ciascun concorrente sin dalla fase di
partecipazione e di presentazione delle
offerte.
Ne consegue che nei casi in cui, come nella
fattispecie, l’impresa partecipante non
soddisfi la richiesta da parte della
stazione appaltante di comprovare il
possesso dei requisiti richiesti, detto
incameramento costituisce un obbligo per la
p.a. (TAR Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 19.03.2010 n. 4321 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
E' principio
inderogabile in qualunque tipo di gara
quello secondo cui devono svolgersi in
seduta pubblica gli adempimenti concernenti
la verifica dell'integrità dei plichi
contenenti l'offerta.
E’ principio inderogabile in qualunque tipo
di gara quello secondo cui devono svolgersi
in seduta pubblica gli adempimenti
concernenti la verifica dell'integrità dei
plichi contenenti l'offerta, sia che si
tratti di documentazione amministrativa che
di documentazione riguardante l'offerta
tecnica ovvero l'offerta economica, e
conseguentemente è illegittima l'apertura in
segreto di plichi.
La mancata pubblicità delle sedute di gara
per l'aggiudicazione di contratti con la
pubblica amministrazione comporta
l'invalidità di tutti gli atti della
procedura selettiva, compreso il
provvedimento finale di aggiudicazione,
trattandosi di adempimento posto a tutela
non solo della parità di trattamento tra i
concorrenti, ma anche dell'interesse
pubblico alla trasparenza ed
all'imparzialità dell'azione amministrativa
(TAR Lombardia-Milano, sez. I, 28.07.2008,
n. 3046) (TAR Sardegna,
sentenza 19.03.2010 n. 345 - link
a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
La mancata pubblicità
delle sedute di gara comporta l'invalidità
di tutti gli atti della procedura selettiva,
compreso il provvedimento finale di
aggiudicazione.
E' principio inderogabile in qualunque tipo
di gara quello secondo cui devono svolgersi
in seduta pubblica gli adempimenti
concernenti la verifica dell'integrità dei
plichi contenenti l'offerta, sia che si
tratti di documentazione amministrativa che
di documentazione riguardante l'offerta
tecnica ovvero l'offerta economica, e
conseguentemente è illegittima l'apertura in
segreto di plichi.
Il predetto principio di pubblicità delle
gare pubbliche impone che il materiale
documentario trovi correttamente ingresso
con le garanzie della seduta pubblica; ciò
anche in applicazione del più generale
principio di imparzialità dell'azione
amministrativa, che ha ricevuto esplicito
riconoscimento sin dall'art. 89, r.d.
23.05.1924 n. 827, rappresentando uno
strumento di garanzia a tutela dei singoli
partecipanti, affinché sia assicurato a
tutti i concorrenti di assistere
direttamente alla verifica di integrità dei
documenti e all'identificazione del loro
contenuto (ex plurimis, Consiglio
Stato , sez. VI, 22.04.2008, n. 1856).
In definitiva, la mancata pubblicità delle
sedute di gara per l'aggiudicazione di
contratti con la pubblica amministrazione
comporta l'invalidità di tutti gli atti
della procedura selettiva, compreso il
provvedimento finale di aggiudicazione,
trattandosi di adempimento posto a tutela
non solo della parità di trattamento tra i
concorrenti, ma anche dell'interesse
pubblico alla trasparenza ed
all'imparzialità dell'azione amministrativa
(TAR Lombardia Milano, sez. I, 28.07.2008,
n. 3046) (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 19.03.2010 n. 345 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
In sede di gara, l'unica
verbalizzazione riferita a più sedute non è
illegittima quando segua il compimento delle
attività rappresentate entro un termine
ragionevolmente breve.
L'unica verbalizzazione riferita a più
sedute, non è di per sé illegittima a
condizione che la verbalizzazione non
contestuale segua il compimento delle
attività rappresentate entro un termine
ragionevolmente breve, tale da scongiurare
gli effetti negativi della naturale tendenza
alla dispersione degli elementi informativi;
in ogni caso, sul giudicante grava sempre
l'obbligo di verificare, previo esame della
fattispecie concreta, se la verbalizzazione
unica e differita abbia determinato un
vulnus apprezzabile degli interessi in gioco
(Cons. Stato, V, 278/2009; V, 4463/2005)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 18.03.2010 n. 1589 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
INCARICHI PROGETTAZIONE: Incarichi
di progettazione ai raggi X. Devono essere
valutati dai revisori e trasmessi ai giudici
contabili
Soggetti alla valutazione del collegio dei
revisori dei conti e all'invio alla sezione
regionale della Corte dei conti anche gli
incarichi di progettazione e quelli
conferiti alle persone giuridiche.
Lo ha stabilito la Corte dei Conti, Sez.
regionale di controllo del Piemonte, col
parere 18.03.2010 n. 23/2010, che
contiene argomentazioni, tuttavia,
difficilmente condivisibili.
Secondo i magistrati contabili, le
disposizioni dell'articolo 1, comma 42,
della legge 311/2004 sono ancora vigenti.
Tuttavia, esse non fondano più l'obbligo da
parte delle amministrazioni locali di
chiedere ai revisori dei conti una
valutazione preventiva sul rispetto del
presupposto dell'assenza di professionalità
interne, allo scopo di assicurare la
legittimità degli incarichi di
collaborazione esterna ... (articolo
ItaliaOggi del 30.04.2010, pag. 32
- link a www.corteconti.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità di un provvedimento che dispone
la revoca senza prevedere l’indennizzo e
sulla spettanza o meno dell’indennizzo nel
caso di mancata approvazione
dell’aggiudicazione provvisoria.
Non può ritenersi illegittima la revoca di
un provvedimento amministrativo (nella
specie si trattava dell’aggiudicazione di
una gara) nel caso in cui non sia stato
contestualmente previsto un indennizzo,
atteso che la mancata previsione
dell’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies
della legge n. 241 del 1990, in un
provvedimento di revoca, non ha efficacia
viziante o invalidante di quest’ultima, ma
semplicemente legittima il privato ad
azionare la pretesa patrimoniale innanzi al
giudice amministrativo che potrà scrutinarne
i presupposti.
L’indennizzo spetta sempre che la revoca,
legittima (altrimenti vi sarebbe materia per
il risarcimento), incida su rapporti di
durata (su un provvedimento amministrativo
ad efficacia durevole), che sia determinata
da sopravvenuti motivi di pubblico
interesse, dal mutamento della situazione di
fatto o da una nuova valutazione
dell’interesse pubblico. Se invece il ritiro
dell’atto è dipeso unicamente da un palese
errore materiale o il danno è stato prodotto
da un colpevole comportamento del privato,
allora nessun indennizzo è dovuto.
L’indennizzo previsto per i provvedimenti di
revoca non è dovuto per il caso di non
approvazione dell’aggiudicazione provvisoria
oggetto di una specifica disciplina
nell’ambito della normativa sull’evidenza
pubblica.
In materia di contratti della P.A., il
potere di negare l'approvazione
dell'aggiudicazione per ragioni di pubblico
interesse ben può trovare fondamento, in via
generale, in specifiche ragioni di pubblico
interesse e non trova ostacoli
nell'esistenza dell'avvenuta aggiudicazione
definitiva o provvisoria; pertanto è
illegittimo l'atto di revoca
dell'aggiudicazione che non sia motivato in
base ad un pubblico interesse idoneo a
giustificare il sacrificio del contrapposto
diritto dell'aggiudicatario nei confronti
dell'amministrazione.
Va considerato assolutamente fisiologico che
all'aggiudicazione provvisoria, naturalmente
temporanea, possa non far seguito, in
ragione della valutazione negativa sulla
permanente utilità del contratto,
l'affidamento definitivo del contratto. Ciò
perché il controllo sull’aggiudicazione
provvisoria è un evento positivamente
disciplinato dagli artt. 11 comma 11, 12 e
48 comma 2, d.lgs. 12.04.2006 n. 163,
inidoneo di per sé a ingenerare un qualunque
affidamento tutelabile (qualora difetti,
ovviamente, l'illegittimità dell'operato
dell'amministrazione aggiudicatrice) ed un
obbligo.
Non può essere
accolta una domanda tendente ad ottenere il
risarcimento dei danni a seguito del
legittimo annullamento dell’aggiudicazione
provvisoria, costituente specifica
espressione del potere di controllo sugli
atti di gara della P.A. appaltante.
Non può essere accolta una domanda tendente
ad ottenere l’indennizzo di cui all’art.
21-quinquies della legge n. 241 del 1990
nel caso di mero ritiro di un’aggiudicazione
provvisoria (atto avente per sua natura
efficacia interinale e non idonea a creare
affidamenti) e non di una revoca di un atto
amministrativo ad effetti durevoli, come
previsto dall’art. 21-quinquies per
l’indennizzabilità della revoca
(massima
tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 17.03.2010 n. 1554 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: A
differenza dei casi di autoannullamento
degli atti di gara per motivi di legittimità
degli stessi, nel caso in cui si discute
dell’opportunità amministrativa della
revoca, i partecipanti alla gara non sono né
cointeressati e né controinteressati
necessari, per cui per la legittimità del
procedimento non è necessario alcun
contraddittorio.
La responsabilità per la revoca della gara
da parte dell'Amministrazione, seppure
oggettivamente legittima, si costituisce
quando il fine pubblico è tuttavia attuato
attraverso un comportamento obiettivamente
lesivo dei doveri di lealtà. In tale scia
anche la revoca legittima degli atti della
procedura di gara può infatti integrare una
responsabilità della pubblica
amministrazione per responsabilità
precontrattuale nel caso di affidamenti
suscitati nell’impresa dagli atti della
procedura di evidenza pubblica poi rimossi.
Non può
condividere l’affermazione per cui il
procedimento di revoca implichi l'obbligo di
comunicare l'avvio del procedimento di
revoca di una gara d'appalto ancora in corso
di svolgimento in quanto, in questo caso,
nessuno dei partecipanti ha acquisito, in
relazione allo stato della procedura, una
posizione di vantaggio concreta, e comunque
tale da far sorgere, nel contesto del
porocedimento amministrativo in corso, un
interesse qualificato e differenziato e
quindi meritevole di tutela attraverso detta
comunicazione.
E ciò specie quando, come nel caso in esame,
la revoca sia stata determinata da
valutazioni tutte interne
all'amministrazione, in ordine alle quali
nessun reale apporto conoscitivo può essere
offerto dalle parti private (cfr. TAR Lazio
Latina, 26.01.2006, n. 86).
In altre parole, a differenza dei casi di
autoannullamento degli atti di gara per
motivi di legittimità degli stessi, nel caso
in cui si discute dell’opportunità
amministrativa della revoca, i partecipanti
alla gara non sono né cointeressati e né
controinteressati necessari, per cui per la
legittimità del procedimento non è
necessario alcun contraddittorio.
La responsabilità per la revoca della gara
da parte dell'Amministrazione, seppure
oggettivamente legittima, si costituisce
quando il fine pubblico è tuttavia attuato
attraverso un comportamento obiettivamente
lesivo dei doveri di lealtà. In tale scia
anche la revoca legittima degli atti della
procedura di gara può infatti integrare una
responsabilità della pubblica
amministrazione per responsabilità
precontrattuale nel caso di affidamenti
suscitati nell’impresa dagli atti della
procedura di evidenza pubblica poi rimossi
(cfr. Consiglio Stato , sez. V, 08.10.2008,
n. 4947).
Tale orientamento in sostanza ha operato una
scissione fra la legittima determinazione di
revocare l'aggiudicazione della gara ed il
complessivo tenore del comportamento tenuto
dalla medesima Amministrazione nella sua
veste di controparte negoziale, non
informato alle generali regole di
correttezza e buona fede che devono essere
osservate dall'Amministrazione anche nella
fase precontrattuale (in tal senso: Cons.
Stato, Ad. Plen., n. 6 cit.; Cons. Stato
Sez. V, 30.11.2007, n. 6137; id., Sez. V,
14.03.2007, n. 1248).
Le medesime categorie giuridiche ben possono
essere estese anche al caso della procedura
di gara revocata per motivi di opportunità
amministrativa in una fase antecedente alla
aggiudicazione provvisoria.
Sulla scia della giurisprudenza più
avvertita, il Collegio ritiene infatti che
possa configurarsi una responsabilità di
carattere precontrattuale in capo
all'Amministrazione nelle ipotesi (quale
quella oggetto della presente controversia)
in cui nel complesso delle circostanze si
possa obiettivamente riscontrare il mancato
rispetto dei generali canoni di correttezza
in contraendo.
Come è stato affermato in un caso analogo,
costituisce una violazione del canone di
correttezza, la circostanza che
l’amministrazione, non appena venuta a
conoscenza della nuova circostanza che può
legittimare la revoca, non si sia posta il
problema degli affidamenti creati nei
concorrenti e non abbia proceduto quanto
meno alla immediata motivata sospensione
degli atti di gara, in attesa di ogni
definitiva decisione al riguardo,
soprattutto nel caso in cui i concorrenti
abbiano affrontato notevoli spese ed
eventualmente perso altre possibilità di
guadagno (cfr. Consiglio Stato, sez. V,
11.12.2007, n. 6405) (TAR Lazio-Roma, Sez.
III,
sentenza 16.03.2010 n. 4175 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Le
Amministrazioni restano libere di stabilire
altra documentazione da richiedere, a pena
di esclusione, a preventiva giustificazione
dell'anomalia dell'offerta.
Osserva la
Sezione che le regole della gara sono
dettate dalla lex specialis e che una
clausola di richiesta di giustificazioni
preventive, anche ulteriori rispetto a
quelle indicate nell’ art. 86 e 87 del
codice degli appalti, come recentemente
rilevato da questo Consiglio di Stato, non
si pone, per quel che qui rileva, in
contrasto con alcuna disposizione normativa,
interna o comunitaria (Cons. Stato, Sez. VI,
06.03.2009 n. 1348).
In particolare, l'art. 86, comma 5, del
codice degli appalti, nella formulazione
vigente al momento del bando di gara prevede
la presentazione da parte delle imprese di
giustificazioni sin dalla formulazione
dell'offerta e l'elenco della documentazione
che può essere richiesta, contenuto nel
successivo art. 87 comma 2, è fatto solo "a
titolo esemplificativo".
Ciò significa che le Amministrazioni restano
libere di stabilire altra documentazione da
richiedere, a pena di esclusione, a
preventiva giustificazione dell'anomalia
dell'offerta.
Come rilevato dalla giurisprudenza, la
presentazione preventiva di giustificazioni
risponde a finalità di semplificazione ed
accelerazione della procedura di gara
essendo garanzia di serietà della offerta,
scongiurando il pericolo che le
giustificazioni vengano ricostruite solo
ex post anziché essere realmente
esistenti al momento della formulazione
della offerta (cfr. Cons. Giust. Amm. Reg.
Sic. n. 399/2006).
La ragionevolezza della prescrizione risiede
nel fatto che solo l’offerente che abbia
esposto con completezza i costi delle
singole voci che compongono la lavorazione
dimostra di avere la piena consapevolezza
dell’impegno che assume presentando
l’offerta.
Né le giustificazioni delle offerte possono
consistere nelle semplici indicazione dei
prezzi rappresentando invece una
elaborazione concettuale da documentare
debitamente riferita alle singole voci di
spesa.
D’altro canto la clausola di esclusione, una
volta entrata a far parte della lex
specialis, non può essere disapplicata
con l’effetto che sussiste l’obbligo per la
stazione appaltante di escludere dalla
procedura di gara l’impresa che non l’abbia
rispettata.
Ed invero l’impresa che ha presentato una
offerta non corredata dalle giustificazioni
per oltre 300 voci di prezzo dimostra di non
avere analizzato con sufficiente attenzione
il lavoro da eseguire e l’onere che esso
comporta e ciò indipendentemente dal fatto
che tale prezzo, ad una successiva ipotetica
verifica, possa rilevarsi congruo.
Infine è vero che, nella normativa qui
applicabile, le giustificazioni a corredo
della offerta hanno natura diversa da quelle
previste in sede di verifica della anomalia,
ma è altrettanto vero che ciò non giustifica
la violazione della norma della lex
specialis (con la presentazione di
giustificazioni iniziali gravemente carenti)
e la conseguente vincolata esclusione dalla
gara, tanto più se la verifica di anomalia,
come nella specie, risulti facoltativa
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.03.2010 n. 1530 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
E' illegittima
l'esclusione da una gara di un'impresa che
abbia presentato, in sede di presentazione
delle offerte, una cauzione provvisoria di
durata inferiore a quella prescritta nel
disciplinare di gara.
E’ illegittima
l’esclusione da una gara di un’impresa che
abbia presentato, in sede di presentazione
delle offerte, una cauzione provvisoria di
durata inferiore a quella prescritta nel
disciplinare di gara.
Nel caso in esame, il contratto fideiussorio
era stipulato su un modulo predisposto da
una sola parte e cioè dalla compagnia di
assicurazione, prevedendo una polizza con
durata di 180, inferiore ai 240 giorni
previsti nel disciplinare.
Tale clausola, proprio perché posta in
deroga a quanto previsto dal modulo
predisposto da una delle parti, non può
essere qualificata quale mera clausola di
stile, giacché da un lato non è affatto
generica atteso che prevede la maggiore
durata della garanzia con riferimento ad un
termine ben preciso determinato dal bando,
d’altro canto, ponendo una deroga alle
condizioni generali del contratto, prevale
sul contenuto del modulo.
In particolare non è dubbio che tale
clausola sia stata oggetto della volontà
negoziale delle parti atteso che essa
evidenzia una precisa volontà di deroga di
quanto previsto nel modulo prestampato della
compagnia di assicurazione estendendo la
durata della polizza oltre i 180 giorni
previsti nelle condizioni generali
predisposte dalla compagnia (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 16.03.2010 n. 1528 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità dell’esclusione da una gara
pubblica dell’impresa capogruppo e
mandataria di una a.t.i., che, ai fini della
dimostrazione del requisito della moralità
professionale, ha omesso di produrre il
certificato del casellario giudiziale od una
dichiarazione sostitutiva autenticata.
Qualora il bando di una gara di appalto
commini l'esclusione obbligatoria in
conseguenza di determinate violazioni, anche
soltanto formali, l'Amministrazione è tenuta
a dare precisa ed incondizionata esecuzione
a tali previsioni, senza alcuna possibilità
di valutazione discrezionale circa la
rilevanza dell'inadempimento e l'incidenza
di questo sulla regolarità della procedura
selettiva o ancora sulla congruità della
sanzione contemplata nella lex specialis,
alla cui osservanza la stessa
Amministrazione si è autovincolata al
momento dell'adozione del bando.
Il certificato del casellario giudiziale
costituisce elemento necessario per
comprovare il possesso dei requisiti di
moralità professionale necessari per
legittimare la contrattazione tra la
pubblica amministrazione ed il privato. La
sua produzione è prescritta allo scopo di
consentire all’amministrazione l’immediato
accertamento della idoneità morale del
contraente evitando di esperire indagini di
ufficio ovvero di chiedere la documentazione
idonea in un momento successivo, onde deve
ritenersi che la mancata produzione del
certificato stesso comporta l’esclusione
della impresa inottemperante.
Nel caso in cui la lettera invito richieda
che debba prodursi anche il "certificato
generale del casellario giudiziale di data
non anteriore a sei mesi da quella fissata
per la licitazione o dichiarazione
sostitutiva", va esclusa dalla gara una
ditta che non abbia prodotto il certificato
del casellario giudiziale, ovvero una
dichiarazione sostitutiva (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 16.03.2010 n. 1513 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità o meno dell’esclusione da una
gara pubblica dell’impresa capogruppo e
mandataria di una a.t.i., che, ai fini della
dimostrazione del requisito della moralità
professionale, ha omesso di produrre il
certificato del casellario giudiziale od una
dichiarazione sostitutiva autenticata
riferita al Presidente del Consiglio di
Amministrazione.
Qualora il
bando di una gara di appalto commini
l'esclusione obbligatoria in conseguenza di
determinate violazioni, anche soltanto
formali, l'Amministrazione è tenuta a dare
precisa ed incondizionata esecuzione a tali
previsioni, senza alcuna possibilità di
valutazione discrezionale circa la rilevanza
dell'inadempimento e l'incidenza di questo
sulla regolarità della procedura selettiva o
ancora sulla congruità della sanzione
contemplata nella lex specialis, alla
cui osservanza la stessa Amministrazione si
è autovincolata al momento dell'adozione del
bando.
Nel caso in cui la lettera invito relativa
ad una gara di appalto richieda che, tra la
documentazione di gara, debba ricomprendersi
anche il "certificato generale del
casellario giudiziale di data non anteriore
a sei mesi da quella fissata per la
licitazione o dichiarazione sostitutiva
autenticata con le modalità di cui all’art.
20 della legge n. 15 del 1968 riferito a
tutti gli amministratori muniti di poteri di
rappresentanza", va esclusa dalla gara
una ditta il cui legale rappresentante non
abbia prodotto nella documentazione di gara
il certificato del casellario giudiziale,
ovvero una dichiarazione sostitutiva ex
lege n. 15 del 1968
(massima
tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 16.03.2010 n. 1513 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: L’occupazione
senza titolo di un terreno di un privato
rappresenta un illecito permanente, dal
quale non può decorrere il termine
quinquennale di prescrizione del diritto al
risarcimento del danno.
Si chiedeva, nella controversia in esame, la
restituzione delle aree occupate da un
Comune sardo per la realizzazione del campo
di calcio comunale ed in via subordinata il
risarcimento per equivalente ed il
risarcimento di tutti i danni connessi
all’illegittima occupazione.
Il Comune, al contrario, si opponeva alla
restituzione dell’area in quanto sulla
stessa era stata oramai realizzata l’opera
pubblica, ritenendo che ai sensi
dell’articolo 43 del DPR 08.06.2001 n. 327,
gli interessati potessero ottenere soltanto
il risarcimento dei danni.
Il principio dell’occupazione acquisitiva,
per effetto della realizzazione di un’opera
pubblica sul terreno occupato, è stato
riconsiderato dal Consiglio di Stato con le
sentenze A.P., 29.04.2005 n. 2 e sez. IV,
21.05.2007 n. 2582, che il Tribunale
Amministrativo per la Sardegna condivide,
nella quale ultima è stato ribadito che tale
modalità di acquisto della proprietà “non è
conforme ai principi della Convenzione
Europea sui diritti dell’uomo, che hanno una
diretta rilevanza nell’ordinamento interno,
poiché:
- per l’art. 117, primo comma, della
Costituzione, le leggi devono rispettare i “vincoli
derivanti dall’ordinamento comunitario”;
- per l’art. 6 (F) del Trattato di
Maastricht (modificato dal Trattato di
Amsterdam), «l’Unione rispetta i diritti
fondamentali quali sono garantiti dalla
Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, ... in quanto principi
generali del diritto comunitario»;
- per la pacifica giurisprudenza della CEDU
(che ha più volte riaffermato i principi
enunciati dalla Sez. II, 30.05.2000, ric.
31524/96, già segnalata in data 29.03.2001
dall’Adunanza Generale di questo Consiglio,
con la relazione illustrativa del testo
unico poi approvato con il d.P.R. n. 327 del
2001), si è posta in diretto contrasto con
l’art. 1, prot. 1, della Convenzione la
prassi interna sulla ‘espropriazione
indiretta’, secondo cui
l’Amministrazione diventerebbe proprietaria
del bene, in assenza di un atto ablatorio
(cfr. CEDU, Sez. IV, 17.05.2005; Sez. IV,
15.11.2005, ric. 56578/2000; Sez. IV,
20.04.2006).
Nella sentenza, segnalano i giudici isolani,
si afferma anche che “dalla Convenzione
europea e dal diritto comunitario già emerge
il principio che preclude di ravvisare una ‘espropriazione
indiretta’ o ‘sostanziale’, pur
in assenza di un idoneo titolo, previsto
dalla legge.”
L’acquisto della proprietà del terreno
occupato, precisa il Consiglio di Stato, può
quindi avvenire in forza dell’art. 43 del
D.P.R. 08.06.2001 n. 327 (Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in
materia di espropriazione per pubblica
utilità) che al primo comma così dispone: “Valutati
gli interessi in conflitto, l'autorità che
utilizza un bene immobile per scopi di
interesse pubblico, modificato in assenza
del valido ed efficace provvedimento di
esproprio o dichiarativo della pubblica
utilità, può disporre che esso vada
acquisito al suo patrimonio indisponibile e
che al proprietario vadano risarciti i danni”.
Dalla riportata disposizione emerge il
principio per il quale l’occupazione sine
titulo, costituisce un illecito che
obbliga il responsabile a restituire il
suolo ed a risarcire il danno cagionato,
salvo il potere dell’Amministrazione di
adottare un provvedimento di acquisizione
del bene al proprio patrimonio, per
sottrarsi all’obbligo di restituzione. In
alternativa, ai sensi del 3° comma dell’art.
43, l'amministrazione può chiedere in
giudizio che il giudice amministrativo
disponga la condanna al risarcimento del
danno, con esclusione della restituzione del
bene senza limiti di tempo.
In altri termini, precisa il Consiglio, “a
parte l’applicabilità della disciplina
civile sull’usucapione (per la quale il
possesso ultraventennale fa acquistare
all’Amministrazione il diritto di proprietà
pur in assenza dell’atto di natura
ablatoria), l’art. 43 testualmente preclude
che l’Amministrazione diventi proprietaria
di un bene in assenza di un titolo previsto
dalla legge”.
L’occupazione senza titolo di un terreno di
un privato rappresenta un illecito
permanente, da cui non può, quindi,
conseguire il passaggio della proprietà in
capo all’Ente Pubblico e conseguentemente
non può decorrere il termine quinquennale di
prescrizione del diritto al risarcimento del
danno.
Pertanto, concludono i giudici sardi,
ancorché l’occupazione del terreno dei
ricorrenti risalga ad anni antecedenti
l’entrata in vigore del T.U. sulle
espropriazioni, i riportati principi
desumibili dall’art. 43, si applicano anche
al caso di specie.
Infatti l’art. 43 “si riferisce a tutti i
casi di occupazione sine titulo, anche a
quelle sussistenti alla data di entrata in
vigore del testo unico” (cfr. Cons.
stato 2582/2007 cit.) (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR
Sardegna, Sez. II,
sentenza 16.03.2010 n. 303 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità dell’esclusione di una ditta che
ha omesso di dichiarare un grave
inadempimento in un contratto di appalto con
una P.A. diversa da quella appaltante.
E’ legittima l’esclusione dalla gara
disposta ex art. 38, comma 1, lett. f), del
d.lgs. 12.04.2006 n. 163 (Codice dei
contratti pubblici), facendo riferimento al
fatto che l’impresa esclusa ha omesso di
dichiarare l’intervenuta risoluzione di un
precedente contratto stipulato con
Amministrazioni pubbliche, a nulla rilevando
che detta risoluzione di contratto sia stata
disposta da una Amministrazione pubblica
differente dalla stazione appaltante che ha
indetto la gara; infatti, la dichiarazione
prevista dalla seconda parte della suddetta
norma consente all'Amministrazione di
valutare i precedenti professionali delle
imprese concorrenti e quindi di tenere conto
anche di rapporti contrattuali intercorsi
con Amministrazioni diverse, al fine di
stabilire il grado di capacità tecnico
professionale nella esecuzione della
fornitura (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 15.03.2010 n. 1550 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: E'
legittimo il provvedimento di esclusione
adottato da una Stazione Appaltante nei
confronti della concorrente che si sia resa
inadempiente nell'ambito di una precedente
gara e non l'abbia dichiarato ai sensi
dell'art. 38, comma 1, D.Lgs. 163/2006.
E’ legittimo il provvedimento di esclusione
adottato dalla Stazione Appaltante nei
confronti della concorrente che, pur avendo
presentato le dichiarazioni di cui all’art.
38, comma 1, D.Lgs. 163/2006, attestando
così il possesso pieno dei requisiti di
ordine professionale morale economico e
tecnico amministrativo, aveva omesso di
comunicare gravi inadempienze commesse
nell'ambito di una precedente gara, indetta
da una diversa amministrazione.
L'articolo 38, comma 1, lettera e),
stabilisce che “sono esclusi dalla
partecipazione alle procedure di affidamento
delle concessioni e degli appalti … e non
possono stipulare i relativi contratti i
soggetti … f) che, secondo motivata
valutazione della stazione appaltante, hanno
commesso un grave negligenza o malafede
nell'esecuzione delle prestazioni affidate
dalla stazione appaltante che bandisce la
gara; o che hanno commesso un errore grave
nell'esercizio della loro attività
professionale, accertato con qualsiasi mezzo
di prova da parte della stazione appaltante”.
Nel caso di specie, la concorrente esclusa
aveva omesso di dichiarare di aver subìto,
in qualità di aggiudicataria di una
precedente gara, la risoluzione del
contratto stipulato con l’Ente
amministratore, per essersi resa gravemente
inadempiente degli obblighi derivanti dal
contratto, in quanto aveva fornito materiale
difforme dalle campionature previste
(Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 15.03.2010 n. 1500 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI SERVIZI:
Procedura di gara - avvenuta
esclusione di alcuni operatori economici -
obbligo di comunicazione - mera trasmissione
del verbale della seduta in cui è avvenuta
l'esclusione - presenza alle sedute di gara
dei legali rappresentanti delle società
escluse - dies a quo di decorrenza del
termine per la presentazione del ricorso
giurisdizionale avverso l'esclusione
medesima.
1) Dall'art. 79, c. 5, d.lgs.
163/2006, emerge l'obbligo, per la pubblica
amministrazione appaltante, di comunicare,
da subito, ai soggetti interessati,
l'avvenuta esclusione dalla gara.
2) Al fine dell'individuazione
dell'atto da portare a conoscenza
dell'operatore economico escluso, per una
sua eventuale impugnazione, si ritiene
sufficiente la comunicazione di quegli atti
endoprocedimentali rappresentati dai verbali
redatti dalla commissione di gara.
Il solo verbale di gara, senza necessità di
alcuna approvazione da parte della stazione
appaltante, debitamente redatto e
comunicato, è sufficiente a garantire quei
profili di certezza connessi alla conoscenza
dell'atto di esclusione, al fine della
tutela giurisdizionale da azionarsi,
eventualmente, da parte dell'operatore
economico pretermesso.
3) Secondo l'orientamento
giurisprudenziale maggioritario, la
partecipazione dei legali rappresentanti
delle società concorrenti alla seduta in cui
è avvenuta l'esclusione vale quale termine a
quo, al fine del decorso dei sessanta giorni
per la presentazione del ricorso al giudice
amministrativo
(parere
12.03.2010 n. 4085 di prot. -
link a
http://autonomielocali.regione.fvg.it). |
APPALTI:
Contratto di avvalimento
- Oggetto - Non soltanto le referenze
maturate ma anche il complesso di beni
organizzato (azienda) per l'esercizio
dell'attività di impresa da parte
dell'impresa ausiliaria.
La finalità dell'istituto dell'avvalimento é
quella di consentire la massima
partecipazione alle gare ad evidenza
pubblica permettendo alle imprese non in
possesso dei requisiti tecnici, di sommare,
unicamente per la gara in espletamento, le
proprie capacità tecniche ed
economico-finanziarie a quelle di altre
imprese.
L'avvalimento non è dunque una modalità
associativa ma uno strumento di utilizzo
delle risorse altrui nell'esecuzione del
contratto e per tale ragione oggetto del
contratto di avvalimento non può pertanto
essere soltanto la referenza maturata in
passato dall'impresa ausiliaria ma
l'azienda, vale a dire, il complesso di beni
organizzato per l'esercizio delle attività
di impresa (cfr. TAR Veneto Venezia, sez. I,
06.11.2008, n. 3451 e Autorità Vigilanza sui
Contratti Pubblici, parere n. 155 del
20.12.2007) (massima tratta da www.solom.it
- TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 12.03.2010 n. 613 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
L’approvazione del progetto
preliminare di un’opera pubblica non è atto
direttamente lesivo e non è dunque
autonomamente impugnabile, mentre lo è
l’approvazione del progetto definitivo, che
–contenendo la dichiarazione di pubblica
utilità– imprime al bene privato quella
particolare qualità o utilità pubblica che
lo rende assoggettabile alla procedura
espropriativa, sì che solo esso rende
attuale l’eventuale lesione derivata da vizi
riferibili all’approvazione del progetto
preliminare.
Per costante giurisprudenza, l’approvazione
del progetto preliminare di un’opera
pubblica non è atto direttamente lesivo e
non è dunque autonomamente impugnabile,
mentre lo è l’approvazione del progetto
definitivo, che –contenendo la dichiarazione
di pubblica utilità– imprime al bene privato
quella particolare qualità o utilità
pubblica che lo rende assoggettabile alla
procedura espropriativa, sì che solo esso
rende attuale l’eventuale lesione derivata
da vizi riferibili all’approvazione del
progetto preliminare (v., ex multis,
TAR Campania, Salerno, Sez. I, 09.11.2007 n.
2482)
(TAR Emilia Romagna-Parma,
sentenza 12.03.2010 n. 82 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI - URBANISTICA:
E' da condividersi l'estensione
della portata del principio affermato dal
giudice comunitario (fatto proprio dal
legislatore nazionale prima con l’art. 7
della legge n. 166 del 2002 e poi, anche per
gli interventi di valore inferiore alla
soglia comunitaria, con l’art. 32 del d.lgs.
n. 163 del 2006) a tutti i piani urbanistici
e accordi convenzionali, comunque
denominati, che nell’ambito di intese tra
privati e Amministrazione, preordinate a
regolare l’assetto del territorio, prevedano
l’esecuzione di opere destinate a confluire
nel patrimonio pubblico.
In tutti questi casi, infatti, il necessario
rispetto della fondamentale regola
comunitaria della tutela della concorrenza
opera anche quando la finalità di
riorganizzazione urbanistica ha importanza
pari o superiore rispetto all’esigenza di
eseguire opere pubbliche, onde la
trasformazione urbanistica si separa
dall’utilità economica corrispondente
all’esecuzione dei lavori, nel senso che la
prima (trasformazione urbanistica) rimane in
capo al partner individuato senza gara
dall’Amministrazione mentre la seconda
(utilità economica corrispondente
all’esecuzione dei lavori) diviene un bene
autonomo da attribuire mediante gara
pubblica.
Ha ben ragione di dolersi il ricorrente di
un intervento urbanistico che, attraverso la
localizzazione di un’opera pubblica su area
di proprietà dello stesso e la successiva
occupazione del bene, ha sacrificato il
diritto dominicale del privato
nell’esercizio di funzioni amministrative
viziate dall’inosservanza dell’obbligo di
indizione della gara per l’affidamento
dell’incarico di progettazione dell’opera e
per l’assegnazione dell’appalto dei relativi
lavori.
Chi è leso dall’effettuazione di un’opera
pubblica ha titolo a lamentare che il
procedimento concorsuale di scelta
dell’esecutore sia mancato, nel senso che
sussiste un interesse di natura strumentale
alla proposizione dell’impugnativa avverso
l’atto di affidamento dei lavori senza gara,
in ragione delle varie conseguenze
favorevoli che deriverebbero al ricorrente
dall’eventuale caducazione dei relativi
atti.
Vanno in
proposito ricordate le conclusioni cui è
pervenuta l’Autorità per la Vigilanza sui
contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture (v. determ. n. 4 del 02.04.2008).
Muovendo, in particolare, dal rilievo che
nel sistema nazionale di governo del
territorio sono stati da tempo introdotti
strumenti convenzionali di regolazione dei
rapporti tra soggetti pubblici e privati
–con attribuzione a questi ultimi di un
ruolo attivo nelle operazioni di
trasformazione territoriale–, si è rilevato:
● che in simili casi l’accordo si fonda
sostanzialmente su di uno “scambio di
prestazioni”, onde al riconoscimento al
privato di diritti edificatori corrisponde
la cessione al soggetto pubblico di aree e/o
la realizzazione di opere di adeguamento
infrastrutturale e di variazione del
territorio;
● che, pertanto, a compenso di benefici
conseguiti dal privato, questo si impegna a
realizzare, quale controprestazione in
favore dell’Amministrazione, determinate
opere di pubblico interesse;
● che si tratta di accordi formalmente
inquadrabili nelle c.d. “convenzioni
urbanistiche”, da iscriversi a pieno
titolo nell’alveo dell’amministrazione
negoziata, ove l’esercizio del potere viene
canalizzato nello schema dell’accordo con i
destinatari dei suoi effetti;
● che, in materia di esecuzione di opere a
scomputo degli oneri di urbanizzazione, la
Corte di Giustizia europea (Sez. VI, causa
C-399/98 del 12.07.2001) ne ha già sancito
la riconducibilità al genus degli “appalti
pubblici di lavori”, in presenza –tra
l’altro– della natura contrattuale del
rapporto instaurato tra le parti con la
convenzione di lottizzazione e della natura
onerosa di un accordo che, attraverso la
realizzazione diretta delle opere di
urbanizzazione, fa conseguire al privato
l’estinzione del debito correlato
all’importo dovuto all’Amministrazione a
titolo di contributo;
● che, in ragione di ciò, si era concluso
per la sussistenza dell’obbligo di esperire
le procedure ad evidenza pubblica, secondo
la normativa comunitaria, ben potendo la
progettazione e l’esecuzione delle opere
essere affidate ad un soggetto terzo, anche
attraverso l’impiego dell’istituto del “mandato”,
e cioè con il conferimento dei poteri
relativi all’espletamento della gara allo
stesso privato lottizzante;
● che in termini non dissimili va regolata
la realizzazione di ogni altra opera
pubblica prevista a carico di un privato
nell’ambito di accordi convenzionali
stipulati con le Amministrazioni locali per
il governo del territorio, sempre che detti
accordi disciplinino il rapporto tra le
parti con valore vincolante, sulla base di
uno scambio sinallagmatico, dovendo il
carattere oneroso della prestazione
ritenersi sussistere in qualunque caso in
cui, a fronte di una prestazione, vi sia il
riconoscimento di un corrispettivo che può
essere, a titolo esemplificativo, in denaro,
ovvero nel riconoscimento del diritto di
sfruttamento dell’opera, o ancora mediante
la cessione in proprietà o in godimento di
beni, se è vero che il vantaggio economico
posto a fondamento della scelta del privato
di addivenire al negozio non deve
obbligatoriamente essere limitato ad una
corresponsione in denaro, ma ben può
consistere in un riconoscimento di diritti
suscettibili di valutazione economica;
● che, in altri termini, la realizzazione di
opere da parte del privato avviene sulla
base di accordi convenzionali conclusi dallo
stesso con l’Amministrazione per il
raggiungimento di un proprio interesse
patrimoniale, che è dunque la ragione per la
quale il privato assume su di sé l’obbligo
di eseguire le opere in questione;
● che, in definitiva, le convenzioni
urbanistiche mediante le quali i privati si
obbligano a realizzare opere pubbliche
presentano elementi e natura tali da dover
essere ricondotte le relative fattispecie
alla categoria degli “appalti pubblici di
lavori”, da ciò derivando, come
necessario corollario, il necessario
affidamento della progettazione e
dell’esecuzione delle opere secondo
procedure ad evidenza pubblica.
Più di recente, l’Autorità per la Vigilanza
sui contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture ha ribadito che le ragioni
individuate dalla giurisprudenza comunitaria
per l’applicazione della regola della gara
pubblica sono valide anche per l’affidamento
dei servizi di ingegneria e di architettura
(v. determ. n. 7 del 16.07.2009).
Il Collegio condivide simili argomentazioni,
risoltesi nell’estendere la portata del
principio affermato dal giudice comunitario
(fatto proprio dal legislatore nazionale
prima con l’art. 7 della legge n. 166 del
2002 e poi, anche per gli interventi di
valore inferiore alla soglia comunitaria,
con l’art. 32 del d.lgs. n. 163 del 2006) a
tutti i piani urbanistici e accordi
convenzionali, comunque denominati, che
nell’ambito di intese tra privati e
Amministrazione, preordinate a regolare
l’assetto del territorio, prevedano
l’esecuzione di opere destinate a confluire
nel patrimonio pubblico.
In tutti questi casi, infatti, il necessario
rispetto della fondamentale regola
comunitaria della tutela della concorrenza
opera anche quando la finalità di
riorganizzazione urbanistica ha importanza
pari o superiore rispetto all’esigenza di
eseguire opere pubbliche, onde la
trasformazione urbanistica si separa
dall’utilità economica corrispondente
all’esecuzione dei lavori, nel senso che la
prima (trasformazione urbanistica) rimane in
capo al partner individuato senza gara
dall’Amministrazione mentre la seconda
(utilità economica corrispondente
all’esecuzione dei lavori) diviene un bene
autonomo da attribuire mediante gara
pubblica (v. TAR Lombardia, Brescia,
15.01.2008 n. 7).
Nella presente fattispecie, allora, ha ben
ragione di dolersi il ricorrente di un
intervento urbanistico che, attraverso la
localizzazione di un’opera pubblica su area
di proprietà dello stesso e la successiva
occupazione del bene, ha sacrificato il
diritto dominicale del privato
nell’esercizio di funzioni amministrative
viziate dall’inosservanza dell’obbligo di
indizione della gara per l’affidamento
dell’incarico di progettazione dell’opera e
per l’assegnazione dell’appalto dei relativi
lavori.
In effetti, l’accordo stipulato tra il
Comune di Parma e la Sviluppi Immobiliari
Parmensi S.p.A., ai sensi dell’art. 18 della
legge reg. n. 20 del 2000, si inquadra in
quegli strumenti di c.d. “pianificazione
urbanistica negoziata” che si è visto
non potersi sottrarre alle procedure ad
evidenza pubblica nella parte relativa alla
realizzazione delle opere pubbliche il cui
onere finanziario viene assunto dal privato
quale controprestazione dei benefici
accordati dall’ente locale in sede
convenzionale, benefici nella circostanza
individuabili nei vantaggi economici
obiettivamente legati alla riqualificazione
urbanistica –con conseguenti nuove
destinazioni funzionali– del comparto di
pertinenza del soggetto attuatore
dell’accordo ex art. 18 della legge reg. n.
20 del 2000; il rilievo, poi, che l’opera
pubblica abbia un valore complessivo pari €
22.000.000,00 (v. atto di approvazione del
progetto preliminare) ne evidenzia la
riconducibilità alla disciplina inerente gli
appalti di lavori di importo superiore alla
soglia comunitaria –ove pure se ne dovesse
frazionare l’esecuzione tra più soggetti–,
sì da risultare di fatto ininfluente quale
normativa interna si applichi alle varie
fasi del procedimento (iniziato nella
vigenza della legge n. 109 del 1994 e
proseguito nella vigenza del d.lgs. n. 163
del 2006).
Né, del resto, si può disconoscere al
ricorrente la legittimazione a far valere un
simile vizio, seppure non si tratta di
soggetto che aspiri al conseguimento
dell’incarico di progettazione o
dell’esecuzione dell’appalto; come la
giurisprudenza ha avuto occasione di
osservare, invero, chi è leso
dall’effettuazione di un’opera pubblica ha
titolo a lamentare che il procedimento
concorsuale di scelta dell’esecutore sia
mancato, nel senso che sussiste un interesse
di natura strumentale alla proposizione
dell’impugnativa avverso l’atto di
affidamento dei lavori senza gara, in
ragione delle varie conseguenze favorevoli
che deriverebbero al ricorrente
dall’eventuale caducazione dei relativi atti
(v. Cons. Stato, Sez. V, 04.11.1994 n. 1257)
(TAR
Emilia Romagna-Parma,
sentenza 12.03.2010 n. 82 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sui limiti delle
stazioni appaltanti, negli appalti di
forniture, di individuare particolari
caratteristiche tecniche dei prodotti da
fornire e sulle modalità di determinazione
del danno da perdita di chance.
La motivazione del provvedimento non può
essere integrata nel corso del giudizio con
la specificazione di elementi di fatto,
dovendo la motivazione precedere e non
seguire ogni provvedimento amministrativo.
Negli appalti pubblici non possono essere
introdotte specifiche tecniche che
menzionino prodotti di una fabbricazione o
di una provenienza determinata o
procedimenti particolari aventi l'effetto di
favorire o eliminare talune imprese, a meno
che tali specifiche tecniche siano
giustificate dall'oggetto dell'appalto.
In tema di appalti di forniture,
l'Amministrazione può legittimamente
individuare particolari caratteristiche
tecniche, ma a condizione che la loro
specificazione sia effettuata con
riferimento ad elementi in grado distinguere
nettamente l'oggetto della fornitura, senza
determinare alcuna discriminazione nei
confronti delle imprese di settore; di
conseguenza, è vietato prevedere specifiche
tecniche, che indichino prodotti di una
determinata fabbricazione o provenienza, a
meno di non inserire la clausola di
equivalenza, ammissibile quando le stazioni
appaltanti non possano fornire una
descrizione dell'oggetto dell'appalto
mediante specifiche tecniche
sufficientemente precise.
E’ illegittimo l’operato di una commissione
di una gara per l’appalto di forniture di
apparecchiature elettromedicali da
aggiudicare con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa nel caso in
cui, dopo la presentazione delle offerte, la
commissione stessa abbia inserito quale
ulteriore criterio -oltre quelli contenuti
nel bando in ordine decrescente di
importanza e i sub criteri specificati in
quest’ultimo- quello "dell’omogeneità con
le apparecchiature esistenti", atteso
che, anche in base ai principi affermati
dalla giurisprudenza comunitaria, sussiste
il divieto di introdurre ex post
elementi che, se fossero stati noti al
momento della preparazione delle offerte,
avrebbero potuto influenzare la detta
preparazione.
In sede di risarcimento dei danni per
lesione di interessi legittimi, mentre non è
ravvisabile il necessario presupposto della
colpa della P.A. allorché quest'ultima abbia
conformato la propria azione a consolidate
interpretazioni giurisprudenziali, di
converso deve ritenersi che, salvo casi
eccezionali, colpa possa ravvisarsi allorché
la condotta dell’Amministrazione si sia
posta in termini collidenti ed antitetici
rispetto a plurime e consolidate
interpretazioni giurisprudenziali.
Il risarcimento dei danni per perdita di
chance va quantificato con la tecnica della
determinazione dell'utile che sarebbe stato
possibile conseguire in caso di vittoria,
scontato percentualmente in base al numero
dei partecipanti alla gara, posto che tale
tipo di danno -non potendo essere provato
nel suo preciso ammontare- deve essere
quantificato in via equitativa ai sensi
dell'art. 1226 c.c. (in applicazione del
principio nella specie l'ammontare del
risarcimento è stato fissato nella
percentuale del 5% del prezzo offerto- per
la perdita di chance, comprensiva
dell’ipotizzato e richiesto "danno
curricolare"; è stato precisato che tale
ammontare va maggiorato degli interessi
legali decorrenti dal momento della
presentazione della domanda giudiziale ed
eventualmente dell’ulteriore rivalutazione
monetaria, ove superiore a tale saggio)
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 11.03.2010 n. 1443 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sul potere delle
Stazione Appaltante in ordine al giudizio di
congruità dell'offerta anomala.
Il giudizio di verifica della congruità di
un'offerta anomala ha natura globale e
sintetica sulla serietà o meno dell'offerta
nel suo insieme e costituisce espressione di
un potere tecnico-discrezionale
dell'Amministrazione di per sé insindacabile
in sede di legittimità, salva l'ipotesi in
cui le valutazioni siano manifestamente
illogiche o fondate su insufficiente
motivazione o affette da errori di fatto
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 11.03.2010 n. 1414 -
link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Molti lavori in un unico
appalto. Il Tar Puglia ha dato il via libera
all'unione di più interventi teoricamente
separabili. Legittimo l'accorpamento per
accelerare i tempi e risparmiare.
Legittimo l'accorpamento in un unico appalto
di più interventi, anche teoricamente
scindibili; l'unicità del lotto si impone,
anche per ragioni di economicità e celerità
dell'azione amministrativa, quando vi siano
ragioni di stretto coordinamento dei lavori
da effettuare contemporaneamente e non è
tale da restringere la concorrenza.
È quanto afferma il TAR Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 11.03.2010 n. 891 in
ordine ad un appalto bandito nell'ambito dei
settori speciali (trasporto ferroviario) che
prevedeva l'utilizzo del sistema di
qualificazione gestito da Rfi ... (articolo
ItaliaOggi del 09.04.2010 - link
a www.corteconti.it). |
APPALTI:
E' legittima la scelta
di una stazione appaltante di procedere ad
un appalto unitario invece che a separati
appalti contemporanei.
Sulla base del quadro normativo nazionale e
comunitario non esiste alcuna specifica
disposizione che precluda la possibilità di
cumulare in un'unica procedura di gara più
interventi ancorché teoricamente scindibili.
Anzi, è logico e coerente con i principi di
economicità e celerità dell'azione
amministrativa che la stazione appaltante
concentri in un unico procedimento di gara
l'aggiudicazione di vari servizi
caratterizzati da una reciproca connessione.
Ne consegue che, nel caso di specie,
relativo ad una procedura indetta per
l'affidamento di una serie di interventi da
effettuarsi lungo una linea ferroviaria, è
legittima la scelta della stazione
appaltante di procedere ad un appalto
unitario invece che a separati appalti
contemporanei, scelta che è stata preceduta
da un apposito studio di verifica che ha
concluso per l'accorpamento di tutti i lotti
(sette lotti) in considerazione della
necessità di strettissimo coordinamento di
interventi da compiere contemporaneamente
sulla medesima linea (ciascuno dei quali
ostacola e condiziona gli altri) e
dall'evidente vantaggio di gestirli
attraverso un appalto unico (TAR Puglia,
Bari, Sez. I,
sentenza 11.03.2010 n. 891 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Spetta alla p.a.
dimostrare che si è trattato di un errore
scusabile, nel caso in cui il privato
danneggiato dall'illegittimo esercizio
dell'azione amministrativa invochi, ai fini
della prova della colpa della p.a.,
l'illegittimità del provvedimento.
Laddove il
privato danneggiato dall'illegittimo
esercizio dell'azione amministrativa
invochi, ai fini della prova della colpa
della p.a., l'illegittimità del
provvedimento quale indice presuntivo della
colpa o alleghi circostanze ulteriori idonee
a dimostrare che si è trattato di un errore
non scusabile, spetta alla p.a. dimostrare
che si è trattato di un errore scusabile,
configurabile in caso di contrasti
giurisprudenziali sull'interpretazione di
una norma, di formulazione incerta di norme
da poco entrate in vigore, di rilevante
complessità del fatto, di influenza
determinante di comportamenti di altri
soggetti, di illegittimità derivante da una
successiva dichiarazione di
incostituzionalità della norma applicata,
etc. (TAR Calabria-Reggio Calabria,
sentenza 11.03.2010 n. 249 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità dell’esclusione da una gara di
una ditta che ha presentato una polizza
fideiussoria d'importo di 20 centesimi di
euro inferiore rispetto a quello previsto
dal bando.
E’ legittimo il provvedimento con il quale
la P.A. ha escluso da una gara di appalto
una ditta, motivato con riferimento al fatto
che la ditta esclusa ha presentato una
polizza fideiussoria di importo inferiore
rispetto a quello dovuto e richiesto dal
bando, sia pure di soli 20 centesimi di
Euro, nel caso in cui il bando di gara
contenga una chiara ed inequivoca
indicazione della somma su cui calcolare
l’importo della cauzione; né tale esigua
differenza può avere rilevanza per
giustificare una regolarizzazione postuma
della documentazione, atteso che la garanzia
provvisoria risulta finalizzata a fornire
un’adeguata tutela delle ragioni creditorie
della P.A., senza che possa ritenersi
residuare nei confronti dell’offerente alcun
margine di incertezza e di opinabilità, o
comunque
residuare alcuna discrezionalità da parte
della stazione appaltante in ordine
all’accettazione di un importo inferiore a
quello richiesto (massima tratta da
http://doc.sspal.it - TAR Basilicata, Sez.
I,
sentenza 11.03.2010 n. 109 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Il corriere privato
costituisce un mezzo alternativo alla
spedizione postale, ma non è equivalente ad
essa.
Le censure
delle ricorrenti incidentali colgono nel
segno, atteso che il disciplinare di gara
-alla sezione 4 punto 4.6, recante le
modalità di collazione, sigillatura e
spedizione del plico generale e delle buste-
dispone testualmente che <<a pena di
esclusione, il plico generale dovrà
pervenire esclusivamente a mezzo di
raccomandata del servizio postale…>>.
La modalità scelta dalla ricorrente De
Francesco Costruzioni s.a.s. di inviare il
plico di gara con un corriere privato non
risponde alla prescrizione dell’utilizzo
esclusivo della raccomandata postale per
l’invio del plico dell’offerta.
Invero, il corriere privato costituisce un
mezzo alternativo alla spedizione postale,
ma non è equivalente ad essa, in quanto il
servizio di Poste Italiane offre la
certificazione legale dell’avvenuta
spedizione, che è particolarmente adatta per
gli usi amministrativi e giudiziari.
La prescrizione in parola ha l’ulteriore
ragion d’essere di uniformare tra loro le
modalità di spedizione, per evitare che
vettori diversi, con tempi e tecniche
operative diverse, possano recare disguidi
nella raccolta dei plichi delle offerte e,
più in generale, nell’organizzazione della
gara.
Il fatto che la prescrizione sia prevista a
pena di esclusione la rende cogente e
inderogabile e non consente che la ditta
ricorrente esclusa sia riammessa in gara,
senza che ne sia turbato l’intero andamento,
avendone particolare detrimento la “par
condicio” dei concorrenti
(commento
tratto da www.documentazione.ancitel.it -
TAR Molise,
sentenza 10.03.2010 n. 172 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sussiste l'obbligo di
dichiarazione ex art. 38 del D.Lgs. n.
163/2006, non solo da parte di chi rivesta
formalmente la carica di amministratore, ma
anche da parte di colui che abbia la
titolarità di ampi poteri di rappresentanza
dell'impresa.
L'art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, nella
parte in cui elenca le dichiarazioni di
sussistenza dei requisiti morali e
professionali richiesti ai fini della
partecipazione alle procedure di gara,
assume come destinatari tutti coloro che, in
quanto titolari della rappresentanza
dell'impresa, siano in grado di trasmettere,
con il proprio comportamento, la
riprovazione dell'ordinamento nei riguardi
della loro personale condotta, al soggetto
rappresentato.
Deve, pertanto, ritenersi sussistente
l'obbligo di dichiarazione non soltanto da
parte di chi rivesta formalmente la carica
di amministratore, ma anche da parte di
colui che, in qualità di procuratore ad
negotia, abbia ottenuto il conferimento
di poteri consistenti nella rappresentanza
dell'impresa e nel compimento di atti
decisionali (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 09.03.2010 n. 1373 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sull'obbligo di una
stazione appaltante di revisionare il
contratto adeguandolo ai costi del servizio
a causa di un provvedimento autoritativo
dell'autorità statale.
In un appalto per il servizio di nettezza
urbana, l'obbligo di conferimento in nuovi
siti di discarica dei rifiuti solidi urbani,
diversi da quello indicato nel contratto di
appalto, avvenuto in forza di provvedimenti
autoritativi dell'autorità statale
costituisce un evento straordinario,
imprevedibile, non riconducibile ad una
condotta colposa della società affidataria
del servizio ed incidente in maniera
rilevante e sostanziale sul sinallagma
contrattuale.
Pertanto, anche in presenza di una clausola
preclusiva alla revisione dei prezzi, deve
ritenersi, che la suddetta clausola vada
riferita alla normale alea contrattuale,
ossia a quel rischio presente in tutti i
contratti di durata a prestazione
corrispettive, legato alle fluttuazioni
fisiologiche del mercato ed agli effetti che
possono derivare dal decorso del tempo.
Certamente esulano dall'alea contrattuale i
fattori di costo sopportati
dall'imprenditore cagionati dall'adozione di
provvedimenti autoritativi che determinato
un abnorme aggravio di costi. Una diversa
interpretazione della clausola, se intesa
come escludente in radice la possibilità di
revisione periodica dei prezzi imposta dalla
legge,ne comporterebbe la nullità ex art.
1339 c.c..
Conseguentemente, l'amministrazione comunale
ha l'obbligo di revisionare il contratto
adeguandolo ai costi del servizio, tenuto
conto della nuova situazione contingente
delineatasi, che non è imputabile certamente
alla società (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.03.2010 n. 1333 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
A. Barbiero,
Partecipate di terzo livello: insuperabile
la costituzione di società mista non
conforme ai principi comunitari del PPPI
(link a www.albertobarbiero.net). |
APPALTI:
La capacità economica e finanziaria negli
appalti pubblici di servizi: profili
interpretativi (link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
La dichiarazione
sostitutiva di un atto di notorietà non è
idonea a comprovare la conformità di un
documento all’originale.
Dall’esame complessivo delle clausole del
bando è agevole evincere che, ai fini
dell’ammissione alla procedura selettiva,
ogni aspirante al contributo dovesse
effettuare distinti adempimenti formali, tra
i quali la predisposizione della domanda e
la compilazione di una scheda tecnica,
corredate dalle impegnative dichiarazioni
rese secondo le modalità tipiche delle “autocertificazioni”
disciplinate dal testo unico della
documentazione amministrativa.
La produzione dei documenti in originale,
recanti i preventivi di spesa degli
interventi oggetto del richiesto
finanziamento, è considerata dal bando quale
autonomo e ulteriore requisito formale di
partecipazione.
Non vi è alcun dato letterale o sistematico
della lex specialis della procedura
che permetta di considerare “assorbita”
o surrogata la prescritta produzione
documentale mediante le semplici
autodichiarazioni degli interessati.
Il valore di autocertificazione e di
dichiarazione sostitutiva di atto di
notorietà attribuita alla domanda e ai
relativi allegati va spiegata, agevolmente,
in considerazione del contenuto complesso di
tali atti, che si riferiscono ad una
pluralità di fatti e di stati posti a
diretta conoscenza del dichiarante.
In termini generali, del resto, è pacifico
che la dichiarazione sostitutiva di un atto
di notorietà non è idonea a comprovare la
conformità di un documento all’originale. In
concreto, poi, non risulta affatto che la
dichiarazione presentata dall’odierna
appellante contenga tale riferimento. A
tutto concedere, la dichiarazione
sostitutiva presentata potrebbe riguardare
la veridicità dei contenuti di quanto
esposto nella scheda tecnica.
Ma il bando della procedura non ritiene
sufficiente un’autodichiarazione relativa ai
preventivi di spesa, esigendo, al contrario,
una apposita documentazione, proveniente dai
soggetti interessati.
Ed è appena il caso di osservare che non
presenta i caratteri dell’autodichiarazione
la firma autografa del rappresentante legale
della società Deck sul frontespizio
dell’allegato C, relativo alle copie dei
preventivi di spesa.
È evidente, poi, che le dichiarazioni
sostitutive dell’interessata non rientrano
nemmeno nel raggio di applicazione
dell’articolo 19 del testo unico della
documentazione amministrativa (rubricato
Modalità alternative all'autenticazione di
copie).
Secondo tale previsione, “la
dichiarazione sostitutiva dell'atto di
notorietà di cui all'articolo 47 può
riguardare anche il fatto che la copia di un
atto o di un documento conservato o
rilasciato da una pubblica amministrazione,
la copia di una pubblicazione ovvero la
copia di titoli di studio o di servizio sono
conformi all'originale. Tale dichiarazione
può altresì riguardare la conformità
all'originale della copia dei documenti
fiscali che devono essere obbligatoriamente
conservati dai privati”.
Ora, questa previsione restringe l’ambito
operativo della dichiarazione sostitutiva
dell’atto di notorietà a ben delimitate
ipotesi, tra le quali non rientra,
certamente, la fattispecie della
attestazione di conformità all’originale di
documenti provenienti da soggetti privati,
non aventi carattere fiscale.
Né risulta convincente l’affermazione della
parte appellante, secondo la quale
l’amministrazione regionale, attraverso le
regole indicate nel bando, avrebbe inteso
allargare il novero degli atti indicati
dall’articolo 19, suscettibili di essere
autocertificati.
È vero, invece, che l’amministrazione
regionale ha espressamente richiesto di
dimostrare l’entità e i contenuti dei
preventivi di spesa mediante l’esclusivo
strumento della esibizione degli atti
originali.
La portata “generale” del principio
dell’autocertificazione, sostenuta
dall’appellante, infatti, è indiscussa, ma
essa opera in conformità alle regole
legislative che la disciplinano e
nell’ambito dei margini di scelta
riconosciuti dalla legge alle singole
amministrazioni che ne fanno applicazione.
Dunque, se è inesatta, nella sua
assolutezza, l’affermazione del TAR, secondo
il quale la domanda dell’interessata non
conterrebbe alcuna autodichiarazione o
dichiarazione sostituiva, perché, in
effetti, esistono due dichiarazioni rese
dall’interessata, pienamente conformi alle
prescrizioni del bando, va però precisato
che esse, certamente, non si riferiscono
alla riconosciuta conformità delle copie
prodotte agli originali dei preventivi di
spesa.
Va osservato, ancora, che la previsione del
bando risulta formulata in modo espresso ed
inequivoco, indicando con chiarezza la
conseguenza della mancata produzione dei
preventivi di spesa in originale, sanzionata
con l’inammissibilità della domanda (art. 8,
comma 2, punto V, lett. D: «la domanda di
contributo…deve essere corredata, a pena di
inammissibilità, della seguente
documentazione completa in ogni sua
parte:…preventivi di spesa in originale…»).
Dunque, l’utilizzazione di modalità diverse
di dimostrazione delle spese preventivate
non risulta ammessa dalla disciplina
speciale della procedura selettiva.
Nel caso in esame, poi, non possono trovare
applicazione i principi normativi e
giurisprudenziali del cosiddetto “dovere
di soccorso”, che impongono
all’amministrazione di richiedere ai
partecipanti a concorsi o gare le necessarie
integrazioni documentali e gli opportuni
chiarimenti, prima di procedere alla
esclusione delle domande di ammissione, per
carenze di carattere essenzialmente formale.
Infatti, nella vicenda in oggetto, mentre
non operano le norme richiamate
dall’appellante, espressamente riferite alle
procedure contrattuali, l’integrazione
ipotizzata non riguarda un aspetto parziale
o formale della domanda, ma proprio la
produzione di un documento originale,
ritenuto essenziale nell’istruttoria delle
istanze.
L’ammissione di una produzione tardiva, nel
contesto di una disciplina concorsuale molto
precisa e non particolarmente gravosa degli
allegati alla domanda, poi, comporterebbe
una evidente violazione della par condicio
tra gli aspiranti al finanziamento, a tutto
vantaggio dei partecipanti meno diligenti, i
quali non abbiano rispettato scrupolosamente
le chiare regole della procedura.
Le censure proposte contro la clausola del
bando non sono fondate nel merito.
Al riguardo, non è condivisibile
l’affermazione del TAR, secondo il quale
sussisterebbe “la inammissibilità per
tardività della impugnativa, tenuto conto
del fatto che la lesività della stessa sul
punto in discussione –comunque ragionevole
in quanto risponde ad un’esigenza di
certezza e di immediata verificabilità delle
opere da finanziare– era immediatamente
percepibile, proprio in virtù del suo
inequivoco tenore, sin dalla pubblicazione
del bando.”
Infatti, l’onere di immediata impugnazione
delle clausole del bando sussiste solo per
le prescrizioni “escludenti”, vale a
dire per quelle disposizioni che indicano i
requisiti soggettivi di ammissione alla
procedura.
Tuttavia, nel merito, non sussistono le
lamentate illegittimità.
Non vi è, in primo luogo, alcuna puntuale
regola legislativa che imponga di ammettere,
in ogni caso e senza eccezioni, modalità di
produzione documentale di atti privati
mediante l’esibizione di copie non
autentiche.
Sul piano della ragionevolezza e della
logicità intrinseca della contestata
prescrizione formale, inoltre, occorre
considerare che, nell’ambito della procedura
selettiva in esame, è comprensibile
l’esigenza dell’amministrazione di avere la
massima certezza in ordine alla formulazione
di preventivi di spesa elaborati da soggetti
privati.
Proprio sulla base delle cifre indicate e
delle correlate prestazioni di servizi e
forniture, infatti, l’amministrazione può
effettuare le necessarie e approfondite
valutazioni delle istanze di ammissione ai
richiesti finanziamenti.
La richiesta degli originali dei preventivi,
dunque, si colloca nel novero del legittimo
apprezzamento discrezionale
dell’amministrazione, a nulla rilevando che
i preventivi esibiti potrebbero non essere
definitivamente vincolanti per le parti.
Infatti, si tratta, in ogni caso, degli atti
che giustificano l’entità della richiesta
formulata dagli aspiranti al finanziamento,
in funzione del progetto di intervento
proposto.
Contrariamente a quanto ritenuto
dall’appellante, poi, in relazione ad atti
formati da soggetti privati, la richiesta
degli originali consente, obiettivamente, di
ottenere un maggior grado di certezza in
ordine alla genuinità della documentazione
prodotta (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 05.03.2010 n. 1290 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sui limiti della facoltà
delle P.A. appaltanti di introdurre nei
bandi di gara requisiti ulteriori non
previsti dalla vigente legislazione.
I bandi di gara possono prevedere requisiti
di partecipazione più rigorosi di quelli
fissati normativamente, potendo in
particolare richiedere l'attestazione di
requisiti di capacità diversi ed ulteriori
rispetto a quelli richiesti per la
iscrizione in albi o elenchi, purché tali
requisiti ulteriori non siano discriminanti
ed abnormi rispetto alle regole proprie del
settore.
Il sindacato del giudice sulla
proporzionalità dei bandi di gara non
impinge nel merito amministrativo, in quanto
la libertà della stazione appaltante di
valutare discrezionalmente le esigenze da
porre a base dell'affidamento dell'appalto
ed i conseguenti requisiti da richiedere ai
concorrenti va contemperata con il rispetto
dei principi fondamentali che presidiano le
procedure ad evidenza pubblica, quali la
concorrenza e il favor partecipationis,
sicché la violazione dei relativi principi
comporta la illegittimità dell’azione
amministrativa.
E’ illegittimo, per violazione dei principi
di proporzionalità, libertà di concorrenza e
favor partecipationis, e per
ingiustificata restrizione del numero dei
partecipanti, il bando di una gara -indetta
da un Comune di piccole dimensioni- per
l’affidamento in concessione del servizio di
gestione, riscossione ed accertamento della
tassa per l'occupazione di spazi ed aree
pubbliche temporanea e permanente,
dell'imposta comunale sulla pubblicità, e
dei diritti sulle pubbliche affissioni, che
preveda, quali requisiti di partecipazione
-oltre alla iscrizione all’albo di cui
all’art. 53 del D. Lgs. 15.12.1997 n. 446
(albo nazionale dei soggetti privati
abilitati ad effettuare attività di
liquidazione, accertamento e riscossione dei
tributi e delle altre entrate delle Province
e dei Comuni)- anche la dimostrazione di
aver svolto, per almeno un triennio
continuativo nell’ultimo quinquennio
antecedente la data della gara, il servizio
di liquidazione, accertamento e riscossione
dei servizi oggetto del bando in forma
congiunta ed in almeno due Comuni con
popolazione superiore a 90.000 abitanti,
nonché di aver conseguito un fatturato, nel
triennio precedente, per un importo, per
aggi, non inferiore ad euro 8.000.000,00 al
netto di IVA (massima tratta da
http://doc.sspal.it - TAR Puglia-Lecce, Sez.
III,
sentenza 03.03.2010 n. 677 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Illegittima
la clausola di un bando di gara che
introduca requisiti ulteriori e
sproporzionati rispetto a quelli previsti
dalla legislazione.
Costituisce ius receptum
l'affermazione secondo cui i bandi di gare
d'appalto possono prevedere requisiti di
partecipazione più rigorosi di quelli
fissati normativamente purché non
discriminanti ed abnormi rispetto alle
regole proprie del settore. Nel caso di
specie la ricorrente sosteneva l’abnormità
dei requisiti di ammissione richiesti,
rilevando che l’iscrizione nell’albo dei
riscossori, integrante la condicio sine
qua non ai fini dell’acquisizione dei
servizi in questione, costituisse da sé
presunzione di idoneità delle imprese alla
gestione del servizio.
Infatti, per un comune con circa 90.000
abitanti, l’aver richiesto lo svolgimento
continuativo nell’ultimo quinquennio, e per
almeno un triennio, del servizio di
liquidazione, accertamento e riscossione dei
servizi oggetto del bando in forma congiunta
ed in almeno due Comuni con popolazione
superiore a 90.000 abitanti, risultava
certamente eccessivo, ove si consideri che,
in Italia su oltre 8.000 comuni, solo
cinquantasei hanno un numero di abitanti
superiore a 90.000 (TAR Puglia-Lecce, Sez.
III,
sentenza 03.03.2010 n. 677 -
link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Gara d'appalto -
Concorrente legittimamente escluso - Ricorso
per motivi aggiunti - Inammissibilità per
carenza d'interesse - Mancanza
dell'interesse alla riedizione della gara e
alla partecipazione.
E' inammissibile la censura formulata con
motivi aggiunti, da un soggetto escluso
legittimamente dalla procedura di gara,
riguardo ai successivi atti della procedura.
Il problema che viene in esame è quello
della sussistenza o meno di un interesse a
ricorrere, in capo al concorrente
legittimamente escluso da una procedura di
evidenza pubblica, che chieda l'annullamento
di atti successivi ed ulteriori rispetto
alla propria esclusione.
Se di regola è sufficiente l'interesse
strumentale del partecipante ad una gara
pubblica di appalto, onde ottenere la
riedizione della gara stessa, deve in ogni
caso ritenersi che un tale interesse non
sussista in capo al soggetto legittimamente
escluso, dato che tale soggetto, per effetto
dell'esclusione, rimane privo non soltanto
del titolo legittimante a partecipare alla
gara, ma anche a contestarne gli esiti e la
legittimità delle distinte scansioni
procedimentali (la fattispecie in esame è
identica a quella affrontata da C.S.
26.11.2009 n. 7443, nella quale è stata
affermata la compatibilità del predetto
orientamento, con i principi scaturenti
dalla pronuncia dell'Adunanza Plenaria n. 11
del 2008; vedi anche C.S. Sez. V 29.12.2009
n. 8969) (massima tratta da www.solom.it
- TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 03.03.2010 n. 514 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'esclusione di un concorrente dalla gara
disposta sulla base della violazione
dell'art. 48 del D.Lgs. n. 163 del 2006 per
non aver prodotto in tempo utile la
documentazione richiesta ai fini
dell'ammissione alla procedura.
E' legittima l'esclusione di un concorrente
dalla gara a procedura aperta per la
copertura assicurativa triennale delle
polizze infortuni degli amministratori e
dipendenti della polizia stradale, disposta
sulla base della violazione dell'art. 48 del
D.Lgs. n. 163 del 2006 per non aver prodotto
in tempo utile la documentazione richiesta
ai fini dell'ammissione alla procedura, in
quanto nel caso di specie, la stazione
appaltante aveva concesso al ricorrente un
termine superiore a quello minimo previsto
dall'art. 48 c. 1 D.Lgs. n. 163/2006 per la
produzione documentale.
Inoltre, la giurisprudenza maggioritaria
riconosce natura perentoria al predetto
termine ricollegando al suo decorso le
conseguenze previste dalla norma citata,
perciò, è onere del concorrente produrre la
documentazione atta a comprovare il possesso
dei requisiti autocertificati, non dovendo
la stessa essere acquisita d'ufficio dalla
stazione appaltante. Il concorrente doveva,
quindi, attivarsi per tempo, onde ottenere i
documenti necessari, che infatti vanno
espressamente indicati nel bando di gara
(TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 03.03.2010 n. 514 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Valutazione dell'offerta
anomala - Spese generali - Elemento ad
incidenza variabile - Natura globale e
sintetico del giudizio sull'anomalia
dell'offerta - Necessità.
Ai fini della verifica dell'anomalia
dell'offerta in una gara d'appalto le
percentuali per spese generali non sono
incomprimibili, trattandosi di elementi la
cui incidenza è variabile da impresa ad
impresa (TAR Liguria, Sez. II, 06.04.2009 n.
615, TAR Sicilia, Catania, Sez. III,
05.09.2007 n. 1393).
La giurisprudenza ha ritenuto anomale le
offerte che prevedessero spese generali pari
a zero (TAR Sicilia, Catania, Sez. III,
26.06.2007 n. 1098), diversamente dalla
fattispecie concreta, in cui il loro valore
medio non è irrilevante (6,8%). Costituisce
principio consolidato quello secondo cui il
giudizio di anomalia di un'offerta ha natura
globale e sintetica e deve risultare da
un'analisi di carattere tecnico delle
singole componenti in cui l'offerta si
scompone e della relativa incidenza sulla
medesima offerta considerata nel suo
insieme, al fine di valutare se l'anomalia
delle dette componenti si traduca
nell'inattendibilità dell'offerta
complessiva stessa.
Il giudizio finale deve quindi essere un
giudizio globale e sintetico
dell'attendibilità dell'offerta nel suo
insieme (TAR Lazio Roma, sez. III,
10.01.2007 n. 92), come risulta effettuato
nella fattispecie concreta, a prescindere
dall'esiguità, tuttavia non irrilevante,
delle spese generali (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 03.03.2010 n. 511 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. Art. 38, comma 3, DPR
445/2000 - Autodichiarazione - Non sussiste
equiparazione tra dichiarazione originale e
fotocopia della stessa.
2. Bando - Mancata produzione di un
documento previsto a pena di esclusione -
Produzione postuma del documento -
Inammissibile.
1.
L'art. 38, comma 3, del DPR n. 445/2000, in
base al quale "le istanze e le
dichiarazioni sostitutive di atto di
notorietà da produrre agli organi della
amministrazione pubblica o ai gestori o
esercenti di pubblici servizi sono
sottoscritte dall'interessato in presenza
del dipendente addetto ovvero sottoscritte e
presentate unitamente a copia fotostatica
non autenticata di un documento di identità
del sottoscrittore, la copia fotostatica del
documento è inserita nel fascicolo", non
possa essere interpretato nel senso di una
sostanziale equivalenza della dichiarazione
originale a quella in fotocopia.
La norma richiamata prevede una duplice
modalità di formazione della
autodichiarazione riconoscendo ad entrambe
la medesima efficacia. In particolare,
riconosce all'allegazione della fotocopia
del documento di identità una funzione di
attribuzione certa della paternità della
sottoscrizione al pari della apposizione
della medesima innanzi al pubblico ufficiale
senza, con ciò, introdurre ulteriori
possibilità quanto alla tipologia di
sottoscrizione che deve, in entrambi i casi
essere apposta in originale.
Nessun elemento testuale depone nel senso di
una equiparazione fra la dichiarazione
sottoscritta in originale e la fotocopia
della sottoscrizione.
2.
La mancata produzione di un documento
previsto dal Bando a pena di esclusione
determina l'esclusione del concorrente,
senza possibilità di integrazione successiva
poteva essere consentita in quanto, coma la
giurisprudenza ha ripetutamente precisato, "la
produzione postuma di un documento, come
sempre avviene nelle pubbliche gare, non ha
mai l'effetto di sanare retroattivamente la
causa di esclusione giacché ciò darebbe
luogo ad una non consentita disapplicazione
di regole poste a garanzia dell'imparzialità
del procedimento e finirebbe con lo
snaturare la stessa fisionomia delle
pubbliche gare" (Cons. stato, Sez. V,
31.10.2008, n. 5458) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 03.03.2010 n. 501 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità del provvedimento con il quale
la P.A. appaltante ha autorizzato tutte le
imprese a produrre ex post il certificato
circa il rispetto sulle norme a tutela dei
disabili.
Legittimamente la stazione appaltante ha
invitato tutte le ditte concorrenti ad una
gara di appalto ad integrare la
documentazione già prodotta, con il
certificato sul diritto al lavoro dei
disabili di cui all’art. 17 della L.
23.03.1999, n. 68, nel caso in cui nessuna
delle ditte concorrenti abbia prodotto tale
certificato in sede di presentazione
dell’offerta; in tal caso, infatti, la
mancata osservanza dell’art. 17 della legge
23.03.1999, n. 68 (secondo cui grava su
tutte le imprese che entrano in rapporto con
la P.A. l’obbligo di dimostrare, sin dalla
presentazione dell’offerta, che l’impresa è
in regola con la normativa sull’avviamento
al lavoro dei disabili), applicabile ex
lege senza che sia necessario prevedere
il suddetto obbligo nel bando di gara,
avrebbe comportato l’esclusione di tutte le
ditte e la conseguente necessità del
rifacimento della gara, senza nessun
vantaggio per l'Amministrazione e per i
concorrenti (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 02.03.2010 n. 1207 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Chiusura delle buste di
gara - Mancanza della ceralacca - Altra
modalità idonea a garantirne la riservatezza
e la segretezza - Esclusione dalla gara - E'
illegittima.
E' illegittimo il provvedimento di
esclusione da una procedura ad evidenza
pubblica disposta dalla stazione appaltante
nei confronti di un'impresa per aver violato
le prescrizioni del bando e della lex
specialis di gara, laddove tali
violazioni non abbiano inciso in alcun modo
sull'interesse pubblico protetto dalle norme
sull'evidenza pubblica (cfr. TAR Calabria
Reggio Calabria, 22.02.2006 n. 326)
(fattispecie nella quale il Collegio ha
annullato il provvedimento di esclusione di
un concorrente da una gara disposta
dall'amministrazione sul rilievo che la
busta contenente l'offerta economica non era
sigillata con la ceralacca come prescriveva
il bando di gara ma chiusa con modalità
alternative tali comunque da garantirne la
riservatezza e la segretezza) (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 02.03.2010 n. 483 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità
dell'esclusione di un concorrente per
violazione dell'obbligo di chiusura del
plico contenente l'offerta economica.
Le formalità imposte dalla lex specialis
relativamente alla sigillatura dei vari
plichi di cui si compone l'offerta, sono
state poste a presidio della loro
segretezza, della garanzia dell'identità
dell'offerente, e contro il rischio di una
loro manomissione.
Nel caso di specie, le finalità sottese al
predetto obbligo di sigillatura sono state
comunque raggiunte, giacché la busta
contenente l'offerta economica si trovava
all'interno di un plico correttamente
sigillato, aperto in seduta pubblica e
contestualmente inserita entro un ulteriore
plico, parimenti sigillato, il che ha
impedito la manomissione del contenuto della
busta economica, garantendone la
riconducibilità all'impresa offerente.
Pertanto, è illegittimo il provvedimento di
esclusione adottato nei confronti di un
concorrente che abbia presentato la propria
offerta economica all'interno di una busta
priva dei sigilli di ceralacca, come
prescritto dalla lex specialis di
gara, ciò in quanto la violazione formale
delle clausole di un bando, allorquando non
abbiano avuto alcun tipo di incidenza
sull'interesse pubblico tutelato dalle norme
sull'evidenza pubblica, non è sufficiente ad
integrare una causa di esclusione (TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 02.03.2010 n. 483 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Il lodo arbitrale è
insuscettibile di esecuzione attraverso lo
speciale rimedio del ricorso per
ottemperanza.
Il lodo arbitrale è insuscettibile di
esecuzione attraverso lo speciale rimedio
del ricorso per ottemperanza, in quanto,
data la sua connotazione in termini
negoziali, gli è estranea la possibilità di
conseguire quella particolare qualità o
stabilità consistente nella immutabilità
dell'accertamento, ossia il "far stato
tra le parti" previsto per le sentenze
dall'art. 2909 c.c., che è proprio ed
esclusivo delle sentenze che provengono
dall'autorità giurisdizionale statuale.
Si può, dunque, affermare che sebbene il
lodo abbia "efficacia di sentenza",
l'assimilazione del lodo alla sentenza può
riguardare soltanto gli effetti processuali
della decisione e il suo regime di
impugnazione, non potendo valere a fare
acquisire al lodo, data la propria
inidoneità in tal senso, l'autorità di cosa
giudicata ex art. 2909 c.c., ancorché non
più impugnabile per nullità (TAR
Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 01.03.2010 n. 1213 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
M. Alesio,
Le procedure negoziate e la “Lex
Specialis” di gara: natura, tipologie e
problematiche (3° modulo - marzo 2010)
(link a http://doc.sspal.it). |
febbraio 2010 |
|
APPALTI:
M. Alesio,
Le procedure negoziate e la “Lex
Specialis” di gara: natura, tipologie e
problematiche (2° modulo - febbraio 2010)
(link a http://doc.sspal.it). |
APPALTI:
M. Alesio,
Le procedure negoziate e la “Lex
Specialis” di gara: natura, tipologie e
problematiche (1° modulo - febbraio 2010)
(link a http://doc.sspal.it). |
LAVORI PUBBLICI:
G. Guzzo,
Le nuove regole del Project Financing: corsi
e ricorsi storici (link a
www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Sicurezza cantieri: arriva la guida
interattiva.
Pubblicato un vademecum basato su domande e
risposte e rivolto al committente e al
responsabile lavori del cantiere
Con l’intento di fornire ai Committenti e ai
Responsabili dei Lavori, uno strumento
operativo (interattivo), basato su domande e
risposte, che li supporti nell’ottemperare
agli obblighi previsti dalla legge, è stato
preparato un vademecum redatto in
collaborazione tra Ordini e Collegi
Professionali, Collegio Costruttori Edili
dell’Associazione Industriali, SPSAL AUSL,
Comune di Reggio Emilia–Servizio Edilizia
Privata, Provincia di Reggio Emilia ...
(link a
www.ediliziaurbanistica.it). |
APPALTI:
Stop agli affidamenti senza gara tra P.A.
(link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità della
clausola di un bando di gara che demandi
l'esclusione di un concorrente ad un organo
monocratico.
E' illegittima la clausola di un bando che
consenta l'adozione di un provvedimento di
esclusione da parte del solo Presidente
della commissione di gara, anziché
dall'intero collegio giudicante, ciò in
quanto, ai sensi dell'art. 84 del d.lgs. n.
163 del 2006 (Codice dei contratti), nel
caso in cui la scelta dell'aggiudicatario
avvenga con il criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, la
valutazione è demandata ad una commissione
giudicatrice, che opera secondo le norme
stabilite dal regolamento, e la verifica in
ordine alla regolarità dei plichi ed alla
sussistenza dei requisiti per la
partecipazione alla gara, nonché le
determinazioni di ammissione o di esclusione
dei concorrenti, costituiscono attività
avente carattere decisorio, che rientra,
quindi, nei compiti della commissione di
gara, da svolgersi in composizione plenaria,
nel pieno rispetto del c.d. principio della
"collegialità perfetta" (TAR
Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 26.02.2010 n. 1195 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Contratti della P.a. -
Appalto - Esclusione - Impugnazione
successiva ad aggiudicazione provvisoria -
Notifica ricorso all'aggiudicatario quale
controinteressato - Necessità.
Se la notifica del ricorso di impugnazione
dell'esclusione da una gara d'appalto
interviene dopo l'individuazione
dell'aggiudicatario provvisorio la formale
notifica si impone anche nei confronti dello
stesso, pena l'inammissibilità del ricorso
avendo acquisito l'aggiudicatario
provvisorio la qualifica di
controinteressato quale titolare di
interesse differenziato e qualificato al
permanere del provvedimento impugnato
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 26.02.2010 n. 1008 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
La disciplina legale
della revisione dei prezzi prevale sulla
quella pattizia in caso di contrasto.
Sulla base di questo principio, il Tar per
la Puglia si è espresso in ordine ad una
controversia tra comune e gestore del
servizio smaltimento rifiuti.
Primo motivo di dibattito è stata la
definizione della natura del rapporto
contrattuale in corso e per il quale si
chiede la revisione dei prezzi; dalla
soluzione della diatriba si decide se è
applicabile il codice dei contratti
pubblici, nello specifico l’art. 115 del
medesimo.
Non c’è dubbio per i giudici che il caso
trattato sia quello di un appalto di
servizi, in quanto la ditta ha assunto in
forza di un rapporto contrattuale una
prestazione dietro pagamento di un
corrispettivo che è totalmente a carico
della stazione appaltante su cui ricade il
rischio finanziario della gestione. Posto
che la fattispecie è quella di appalto di
servizi, risulta evidentemente applicabile
l’art. 115 del D.Lgs 163/2006 che stabilisce
non solo la necessità di una clausola
revisionale ma fissa anche i criteri che
devono essere inderogabilmente osservati per
un corretto adeguamento del corrispettivo.
A proposito i giudici rammentano che, ai
sensi dell’art. 6 comma 4 della L. 537/1993,
come novellato dall’art. 44 della legge n.
724/1994 (normativa applicabile ratione
temporis alla fattispecie oggetto del
giudizio secondo la tesi del Comune e
comunque riproposta nelle linee essenziali,
quelle che qui vengono in considerazione,
dal codice dei contratti pubblici), tutti i
contratti ad esecuzione periodica o
continuativa debbono recare una clausola di
revisione periodica del prezzo, che viene
operata sulla base di una istruttoria
condotta dai dirigenti responsabili della
acquisizione di beni e servizi sulla base
dei dati fissati con la medesima normativa.
Considerato che l’art. 6 della legge n.
537/1993 è norma imperativa, non
suscettibile di essere derogata
pattiziamente (la sua finalità primaria è
quella di salvaguardare l’interesse pubblico
a che le prestazioni di beni e servizi alle
pubbliche amministrazioni non possano col
tempo subire una diminuzione qualitativa a
causa della eccessiva onerosità sopravvenuta
della prestazione e della conseguente
incapacità del fornitore di farvi
compiutamente fronte), ne consegue che le
disposizioni negoziali contrastanti con la
disposizione legislativa non solo sono
colpite dalla nullità ai sensi dell’art.
1419 cod. civ., ma sostituite de iure, ex
art. 1339 cod. civ., dalla disciplina
imperativa di legge.
Nel caso, quindi, la disciplina legale in
materia di revisione prezzi si inserisce
automaticamente e prevale sulla previsione
pattizia, assunta in contratto (commento
tratto da www.documentazione.ancitel.it -
TAR Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 25.02.2010 n. 680 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Nel
passaggio dalla fase di aggiudicazione
provvisoria a quella definitiva il dirigente
non può procedere alla riapertura della
gara.
La ditta ricorrente, nella pronuncia in
commento, contesta l’operato del dirigente
nelle operazioni di gara: in quanto egli non
si limita ad una verifica dell’operato della
Commissione, come passaggio tipico dalla
fase di aggiudicazione provvisoria a quella
definitiva, bensì procede ad una sorta di
riapertura della gara e ripetizione della
stessa, riesaminando la documentazione,
peraltro in seduta non pubblica, e
riattribuendo punteggi, con ciò perpetrando
una violazione delle più elementari regole
di trasparenza dell’azione amministrativa.
Sul punto il Tribunale amministrativo di
Cagliari ritiene opportuno segnalare che il
principio di pubblicità delle sedute della
commissione di gara è funzionale al rispetto
delle esigenze di imparzialità e trasparenza
che sono proprie di ogni attività
amministrativa, sicché la pubblicità delle
sedute assurge a principio generale della
materia dei contratti pubblici (Consiglio
Stato, sez. V, 12.11.2009, n. 7042).
Tali principi, secondo i giudici isolani,
non possono essere violati mediante
un’irrituale ripetizione della gara con
totale ribaltamento dei risultati, nel
passaggio dalla aggiudicazione provvisoria a
quella definitiva. Come ha già avuto modo di
precisare la stessa Sezione (TAR Sardegna,
Sezione I, 09.10.2009 n. 1537), il
legislatore del Codice non ha affatto inteso
assegnare alle amministrazioni
aggiudicatrici una facoltà, bensì ha elevato
a principio generale un modo di procedere,
volto a far prevalere, entro certi limiti,
la sostanza sulla forma. Tale impostazione,
discende direttamente dalla applicazione di
due principi tradizionalmente fissati dalla
giurisprudenza della Corte di Giustizia:
quello di proporzionalità e quello del
dovere dell’Amministrazione di ascoltare i
privati prima di assumere decisioni.
E’ fuor di dubbio che l’esclusione dalla
gara per dubbi in ordine alla effettiva
sussistenza di un requisito in capo ad un
partecipante determina un forte scostamento
del provvedimento amministrativo rispetto
alla scopo della fase di qualificazione alla
gara pubblica. Quando la ditta partecipante
incorre in un errore nell’allegazione di un
certificato o, in ogni caso, quando il
contenuto di un documento non soddisfa
appieno le necessità istruttorie
dell’Amministrazione, il principio generale
è che questi aspetti devono essere oggetto
di chiarimenti ed integrazioni. Ciò in
quanto quell’operatore economico potrebbe
risultare in concreto il migliore contraente
per soddisfare le necessità per cui è stata
bandita la gara.
L’esclusione della ditta, disposta con la
determinazione impugnata, quindi, oltre ad
urtare contro le risultanze documentali e le
disposizioni del bando, viola precise regole
poste a presidio della regolarità delle
procedure ad evidenza pubblica. L’asserita
incompletezza documentale, non rilevata
dalla Commissione, poteva, al più essere
oggetto di richiesta di integrazione in sede
di gara, non certo di esclusione nella fase
dell’aggiudicazione definitiva. A tal
proposito, data la peculiarità della
vicenda, i giudici sardi, chiariscono i
rapporti tra aggiudicazione provvisoria e
definitiva alla luce della disciplina
contenuta nel codice dei contratti. Fino
all'entrata in vigore del d.lgs. n. 163 del
2006, l'aggiudicazione provvisoria, quale
atto terminale del subprocedimento di
selezione dell'offerta migliore, non era
normativamente prevista, risultando un
istituto introdotto dalla prassi e
variamente regolato dagli ordinamenti delle
singole amministrazioni.
Il combinato disposto degli artt. 11, comma
4, e 12, comma 1 del Codice ha comportato
una previsione espressa dell'istituto,
configurando la selezione della migliore
offerta quale atto provvisorio, che deve
essere sottoposto a verifica obbligatoria.
Il controllo dell'aggiudicazione
provvisoria, infatti, è affidato ad un
organo diverso da quello che l'ha
dichiarata, organo che è individuato dall'“ordinamento
delle amministrazioni aggiudicatrici e degli
enti aggiudicatori, ovvero degli altri
soggetti aggiudicatori, ...”.
Rispetto all'aggiudicazione provvisoria,
quella definitiva non è atto meramente
confermativo o esecutivo, ma atto che, anche
quando recepisce in toto i risultati
dell'aggiudicazione provvisoria, chiude la
fase pubblicistica della gara ed accerta
l'idoneità dell'offerta sulla base di
predeterminati elementi oggettivi,
comportando comunque, un'autonoma
valutazione. Attualmente l'aggiudicazione
definitiva è disciplinata dall'art. 11 del
Codice, che, tuttavia, al comma 7,
nonostante il dichiarato e riconosciuto
carattere di definitività, statuisce che
l'aggiudicazione «non equivale ad
accettazione dell'offerta», risultando
necessaria la verifica del possesso dei
requisiti prescritti (art. 11, comma 8).
In linea di principio, quindi, la decisione
di non confermare l'aggiudicazione
provvisoria e conseguentemente di non
procedere all'aggiudicazione definitiva,
deve configurarsi non quale atto di
autotutela decisoria, revoca o annullamento
d'ufficio, ma in termini di potere
intrinseco al procedimento concorsuale.
L'instabilità propria dell'aggiudicazione
provvisoria, atto non definitivo e non
idoneo a radicare consolidate aspettative,
rende quindi legittima la sua caducazione da
parte di un atto soprassessorio che deve
essere, però, congruamente motivato sotto il
profilo del pubblico interesse.
Deve essere in definitiva precisato, che il
potere di verifica in capo al dirigente, non
consiste nella celebrazione di una nuova
gara, bensì in un controllo circa la
correttezza dell’operato della commissione,
che, se negativo, legittima lo stesso
soggetto a non procedere all’aggiudicazione
definitiva e, se del caso, alla indizione di
una nuova gara (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR
Sardegna, Sez. I,
sentenza 25.02.2010 n. 224 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Appalti, più concorrenza
sulle opere specialistiche. Parere positivo
di palazzo spada sullo schema di
regolamento.
Parere positivo del Consiglio di stato sullo
schema di regolamento del Codice dei
contratti pubblici, ma la disciplina sui
requisiti per l'esecuzione delle opere
cosiddette superspecialistiche deve essere
rivista alla luce dei principi di non
discriminazione e di proporzionalità per non
restringere la concorrenza; il limite ai
ribassi nelle gare di progettazione viene
ritenuto in contrasto con il principio della
derogabilità dei minimi. Deve essere
precisato che il regolamento non è
vincolante per le regioni a statuto speciale
e per le province autonome; sono
inammissibili i compensi a tariffa per i
dipendenti pubblici che partecipano a
commissioni di collaudo miste. Da rivedere
alcune norme sulla qualificazione e sulle
Soa.
Sono questi i principali punti sui quali si
sofferma il
parere 24.02.2010 n. 313 del
Consiglio di Stato, sezione consultiva per
gli atti normativi (presieduta da Giancarlo
Coraggio), che ha preso in esame lo schema
di regolamento di attuazione ed esecuzione
del codice dei contratti pubblici (dlgs
12.04.2006, n. 163).
In merito alla struttura dello schema il
Consiglio di stato, analogamente a quanto
fatto dall'Autorità per la vigilanza sui
contratti pubblici (vedi ItaliaOggi del 3
marzo), ha espresso una certa perplessità
sull'estremo dettaglio delle norme e sulla
loro natura integrativa più che attuativa ed
esecutiva del Codice, mettendo in luce che «mai
come in questo caso, la semplificazione e il
principio del minimo mezzo si rendono
indispensabili, sia sul piano formale, sia
su quello sostanziale». Conseguentemente
la sezione rileva come «probabilmente il
nuovo schema di regolamento avrebbe potuto
evitare alcuni eccessi normativistici, fermo
comunque che esso appare suscettibile di un
giudizio globalmente positivo».
Per quel che riguarda l'applicabilità delle
norme regolamentari il Consiglio di stato
richiede di specificare che esse si
applichino soltanto alle regioni a statuto
ordinario. Secondo i giudici, infatti, in
base alle pronunce della Corte
costituzionali, il Codice e la maggior parte
del regolamento (ad esclusione delle norme
sulla programmazione, gli organi del
procedimento e le commissioni giudicatrici),
incidendo sulla materia della concorrenza,
sono riservate al legislatore statale.
In riferimento alla disciplina della
verifica dei progetti si segnala come non
debba essere previsto un compenso ulteriore,
rispetto alla retribuzione, per i dipendenti
pubblici che dovessero svolgere tale
attività, in quanto si determinerebbe una
disparità di trattamento con gli altri
dipendenti pubblici. Per quel che riguarda
la disciplina degli affidamenti di
progettazione le critiche si appuntano sulla
norma che prevede l'obbligo di stabilire un
tetto ai ribassi (in contrasto con la
normativa primaria che stabilisce la
derogabilità dei minimi professionali) e
sull'altra norma che richiama soltanto il
criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, «quasi che questo criterio sia
il solo possibile», «mentre invece si
pone in alternativa con il prezzo più basso».
Il Consiglio di stato critica, sulla scia
dell'Autorità, la possibilità di affidamento
all'esterno di attività promozionali.
Sulla rivalutazione dei lavori eseguiti, ai
fini della qualificazione delle imprese
costruzioni, si critica l'esclusione dei
lavori privati o eseguiti in proprio;
perplessità (anche di ordine comunitario)
sulla norma che ammette che l'impresa si
qualifichi con i lavori affidati in
subappalto anche per categorie scorporabili
a qualificazione obbligatoria (con il limite
del 10%): tale possibilità deve essere
esclusa, dovendo rimanere soltanto i limiti
del 30 e 40% del subappalto ai fini
dell'utilizzabilità dell'intero importo dei
lavori.
Sull'allegato A1 in materia di requisiti per
le opere superspecialistiche, dopo avere
dato conto delle opposte posizioni espresse
da Agi (Associazione Imprese generali) e da
Finco, il parere precisa che, «fermo
restando che l'individuazione in concreto
dei requisiti di specializzazione rientra
nell'apprezzamento di merito amministrativo
riservato al ministero, la scelta di merito
deve essere tale da acclarare quale sia la
effettiva esigenza di qualità per le
stazioni appaltanti in relazione alle opere
superspecialistiche”. Ma ciò deve avvenire
tenendo conto della necessità di evitare
restrizioni alla concorrenza (che l'Autorità
di vigilanza nel suo parere ha chiaramente
riscontrato) e garantire il potenziale
accesso al mercato di tutti gli operatori in
grado di eseguirle2, inoltre, nota il
parere, «requisiti sproporzionati rischiano
di restringere la concorrenza e porsi in
contrasto con il diritto comunitario e
nazionale». Sarà quindi il ministero a
dovere rivalutare la questione.
Come l'Autorità, anche il
Consiglio di stato boccia l'ipotesi di
attribuire un compenso stabilito secondo le
tariffe professionali ai dipendenti che
fanno parte delle commissioni di collaudo
miste, dal momento che essi «percepiscono lo
stipendio e l'incentivo» e che da ciò
deriverebbero oneri aggiuntivi per
l'amministrazione
(articolo ItaliaOggi del 06.03.20010,
pag. 23). |
APPALTI:
Sul requisito di
capacità economico e finanziaria ex art. 41
d.lvo n. 163/2006; sull'irrilevanza delle
condanne estinte in sede di dichiarazioni ex
art. 38, lett. c), d.lvo. 163/2006; sulle
valutazioni svolte dalla p.a. in ordine alla
congruità delle offerte.
La disposizione contenuta nell'art. 41 del
d.lvo 12.04.2006, n. 163 (codice dei
contratti), consente all'amministrazione
appaltante di inserire nel bando di gara la
richiesta della prova della capacità
economica e finanziaria attraverso una
dichiarazione che riguardi sia il fatturato
globale, sia il fatturato del settore
oggetto dell'appalto, ma solo la
dichiarazione del primo dato è
indispensabile ai fini della legittimità del
bando, laddove la richiesta del secondo dato
è rimessa alla discrezionalità
dell'amministrazione, il cui concreto
esercizio, sfugge al sindacato di
legittimità allorquando non risulti essere
manifestamente illogica, arbitraria,
irragionevole o irrazionale (profili questi
che non sussistono nel caso di specie e che,
anzi, non sono stati neppure evidenziati).
E', pertanto, errato ritenere illegittima la
clausola di un bando di gara che preveda, ai
fini della dimostrazione della capacità
economico-finanziaria delle imprese, la
dichiarazione relativa al solo fatturato
globale di impresa realizzato nell'ultimo
triennio; ciò che rileva è che il fatturato
corrisponda, come nel caso di specie, a
servizi effettivamente resi.
E' principio consolidato in giurisprudenza
quello secondo cui sono irrilevanti le
condanne ormai estinte, con conseguente non
necessità della loro indicazione in sede di
dichiarazioni ex art. 38, lett. c), del dlvo
12.04.2006, n. 163 (codice dei contratti),
con la conseguenza che non viene meno, in
capo alle stesse, il requisito di moralità
professionale prescritto ai fini
dell'ammissione alla gara.
Le valutazioni svolte dall'amministrazione
appaltante in ordine alla congruità delle
offerte presentate ovvero relativamente alla
valutazione delle offerte anomale sono
espressione della discrezionalità tecnica e
come tale sfuggono al sindacato di
legittimità, se adeguatamente motivate,
salvo che non siano manifestamente
irragionevoli, irrazionali, illogiche,
arbitrarie ovvero se si fondano su di un
evidente travisamento di fatti (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 23.02.2010 n. 1040 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla necessità per le
imprese associate in A.T.I. partecipanti ad
una gara di appalto di rendere note le quote
di partecipazione di ciascuna di esse e
sulla regolarizzabilità dell'omissione di
tale dichiarazione.
Costituisce causa di esclusione il mancato
adempimento dell'obbligo di dichiarare, in
caso di imprese associate in A.T.I., le
quote di partecipazione all'interno della
compagine; obbligo imposto al fine di
assicurare che la stazione appaltante possa
in concreto verificare il possesso dei
requisiti di qualificazione da parte delle
singole imprese per l'effettiva parte di
lavori che ciascuna deve espletare. Ne
consegue che, nel caso di specie, è
illegittimo il provvedimento di riammissione
delle offerte di una RTI esclusa per mancata
dichiarazione della quota dei lavori di
ciascuna partecipante.
La regolarizzazione documentale è consentita
nell'ipotesi di vizi puramente formali o
imputabili a mero errore materiale, purché
inerenti a dichiarazioni o documenti non
richiesti a pena di esclusione, non essendo,
in tal caso, consentite la sanatoria o
l'integrazione postuma, che verrebbero in
tal modo a configurare una violazione dei
termini ultimi di presentazione
dell'offerta, nonché della "par condicio"
dei concorrenti.
Inoltre, ai sensi dell'art. 46 d.lgs
163/2006 (Codice dei contratti), i criteri
disposti ai fini dell'integrazione
documentale riguardano: il semplice
chiarimento di un documento incompleto,
ovvero un documento relativo a requisiti di
partecipazione, e non all'offerta. Nella
fattispecie la questione della integrazione
è stata posta in relazione alla
dichiarazione della quota di partecipazione,
inerente l'offerta ed incidente sulle
modalità di esecuzione della prestazione
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 22.02.2010 n. 1038 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità dell’esclusione di una ditta il
cui legale rappresentante ha omesso di
sottoscrivere ogni pagina della lista delle
categorie di lavorazioni e forniture.
E’ legittima l'esclusione da una gara
pubblica di una impresa il cui legale
rappresentante ha omesso di sottoscrivere,
in ogni pagina, la lista delle categorie di
lavorazioni e forniture previste per la
esecuzione dei lavori, nel caso in cui tale
sottoscrizione sia prescritta come
obbligatoria dalla lex specialis a
pena di esclusione; infatti, essendo le
liste delle lavorazioni finalizzate ad
evidenziare che il concorrente ha avuto
piena contezza delle quantità e dei prezzi
delle lavorazioni, l’omessa sottoscrizione
delle stesse determina -a maggior ragione se
l’omissione sia sanzionata dal bando con la
espulsione dalla gara- la scelta obbligata
dell’esclusione, in osservanza del principio
di parità
di trattamento (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 22.02.2010 n. 1035 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla illegittimità
dell'esclusione da una gara di una ditta che
abbia riportato in maniera erronea il codice
fiscale sulla ricevuta del versamento del
contributo dovuto all'Autorità di vigilanza
sui contratti pubblici.
E'
illegittimo il provvedimento di esclusione
adottato da un'amministrazione regionale nei
confronti di una società che abbia indicato
sulla ricevuta del versamento dovuto
all'Autorità di vigilanza sui contratti
pubblici (AVCP) non il proprio codice
fiscale ma quello di un'altra impresa, (non
partecipante alla gara ma controllante al
100% della medesima), in quanto il relativo
disciplinare di gara non contiene una
specifica comminatoria di esclusione
riferita alla erronea indicazione del codice
fiscale.
Tale esclusione è, invece, prevista dalla
medesima disposizione per la diversa ipotesi
dell'omesso pagamento del contributo e della
"mancata o errata indicazione del CIG",
conformemente alle stesse prescrizioni
dell'Autorità di vigilanza sui contratti
pubblici, la quale ha in più occasioni
sottolineato che l'erronea indicazione del
codice fiscale non è causa di esclusione
dell'impresa dalla gara, essendo requisito
di partecipazione alle gare unicamente la
dimostrazione del pagamento del prescritto
contributo (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 17.02.2010 n. 918 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Nullo l'appalto frutto
di tangente. La Cassazione ha riconosciuto
il ristoro a una Asl i cui funzionari erano
stati corrotti. E la p.a. ha diritto al
risarcimento del danno all'immagine.
È nullo il contratto di appalto aggiudicato
da una società che ha corrisposto delle
tangenti a funzionari della pubblica
amministrazione. Non solo. Questa ha diritto
al risarcimento del danno all'immagine, «per
il discredito sociale subito», e a non
pagare il corrispettivo del contratto.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Sez.
III civile,
sentenza 16.02.2010 n. 3672, che
ha confermato definitivamente il
risarcimento del danno in favore di una Asl
(ormai in liquidazione) coinvolta in un
appalto assegnato a un'azienda che aveva
dato delle tangenti ad alcuni funzionari.
È successo a Milano.
I vertici di un'impresa avevano corrotto dei
funzionari pubblici per aggiudicarsi, nel
corso degli anni, una serie di appalti. Ma
l'affare illecito era stato scoperto ed era
subito scattato un procedimento penale. Dopo
le condanne per corruzione il liquidatore
dell'Asl aveva chiesto che l'appalto fosse
dichiarato nullo. Non solo. Aveva chiesto
inoltre il risarcimento del danno
all'immagine. Il tribunale e la Corte
d'appello lombardi avevano risposto
positivamente soltanto alla prima istanza.
Così il liquidatore ha proposto ricorso
principale in Cassazione e i vertici
dell'azienda hanno proposto ricorso
incidentale, chiedendo che fosse annullato
il risarcimento del danno all'immagine
dell'amministrazione.
La terza sezione civile ha accolto, in
parte, il gravame dell'Asl sostenendo, prima
di tutto che in caso di tangenti l'appalto è
nullo. In proposito si legge in un passaggio
chiave delle lunghe motivazioni che «l'elusione
delle garanzie di sistema a presidio
dell'interesse pubblico prescritte dalla
legge per l'individuazione del contraente
privato più affidabile e più tecnicamente
organizzato per l'espletamento dei lavori,
comporta la nullità del contratto per
contrasto con le relative norme
inderogabili. Se poi la violazione è stata
altresì preordinata alla conclusione di un
contratto le cui reciproche prestazioni sono
illecite e la cui condotta è assolutamente
vietata alle parti e penalmente sanzionata
nell'interesse pubblico generale, che nel
reato di corruzione è il buon andamento e
l'imparzialità dell'amministrazione, la
nullità per contrasto con norme imperative
sussiste anche sotto tale ulteriore profilo,
e deve esser dichiarata onde impedire che
dalla commissione del reato derivino
ulteriori conseguenze».
Ma non è ancora tutto.
Secondo gli Ermellini, che hanno risposto
negativamente alla domanda presentata dai
vertici aziendali contro la decisione della
Corte d'appello di Milano di accordare
all'amministrazione il risarcimento del
danno all'immagine, l'Asl ha diritto anche
al ristoro non patrimoniale.
«In caso di pagamento di tangenti»,
hanno messo nero su bianco i giudici del
Palazzaccio, «per l'assegnazione di
appalti per opere pubbliche, tali enti hanno
diritto al risarcimento del danno non
patrimoniale derivato dalla lesione della
propria immagine a causa dal discredito
sociale degli stessi nella considerazione
collettiva in conseguenza della violazione
del bene giuridico, costituzionalmente
tutelato, dell'imparzialità e del buon
andamento dell'amministrazione, leso da
provvedimenti adottati per interessi privati
anziché della collettività, in violazione
dei doveri di ufficio e di norme penali».
In sentenza viene affrontato anche un altro
aspetto di non poco conto: il concorso di
colpa dell'amministrazione per il
comportamento dei suoi funzionari. Un dato,
questo, che ha inciso sulla misura del danno
calcolata dai magistrati meneghini. E su
questo punto la Cassazione non ha avuto
obiezioni da sollevare. Gli Ermellini hanno
infatti respinto il ricorso del liquidatore
dell'Asl che aveva chiesto un nuovo calcolo
(in difetto) del danno.
La procura generale della Cassazione aveva
concluso, nell'udienza svoltasi al
Palazzaccio lo scorso 10 dicembre, nel senso
di accogliere parte del ricorso dell'Asl,
sul punto della nullità dell'appalto. Mentre
aveva sollecitato il collegio a confermare
il danno all'immagine dell'amministrazione e
a respingere dunque il ricorso incidentale
dell'impresa (articolo ItaliaOggi del
19.02.2010, pag. 35). |
APPALTI:
Contratti della P.A. -
Appalto - Gara - Concorrenti - Art. 37, co.
4, D.Lgs. 163/2006 - Obbligo di indicare le
parti del servizio che saranno assunte da
ciascuna impresa - Sussiste sia per i
raggruppamenti di tipo verticale che per
quelli di tipo orizzontale.
La ratio dell'art. 37, co. 4, D.Lgs.
163/2006 deve rinvenirsi nella tendenza ad
escludere, sin dalla fase di celebrazione
della gara -e non solo nel suo momento
esecutivo- partecipazioni fittizie o di
comodo e, dunque, ad evitare che alla
spendita dei requisiti di partecipazione non
corrisponda un identico impegno in sede di
esecuzione del servizio.
Di conseguenza, l'obbligo di indicare le
parti del servizio che saranno assunte da
ciascun componente sussiste sia nelle
ipotesi di Ati verticali, che di Ati
orizzontali, per la ragione essenziale che
tale disposizione non distingue fra le due
tipologie di associazioni e che non vale
richiamare, in senso contrario, la regola
della responsabilità solidale prevista per
le sole Ati orizzontali (cfr. conf. TAR
Lazio Roma, sez. III-ter, 04.12.2008, n.
11006; in senso contrario, si v. TAR
Calabria Reggio Calabria, 27.02.2009, n.
113) (massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 18.02.2010 n. 417 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Procedura di gara -
Diritto di accesso agli atti - Rapporto con
il diritto riservatezza e alla tutela dei
segreti industriali dell'impresa
aggiudicataria - Prevalenza del diritto di
accesso - Sussiste - Limiti e modalità.
Il diritto di accesso ai documenti
amministrativi di una procedura di gara deve
ritenersi prevalente rispetto all'interesse
alla tutela della riservatezza e del segreto
industriale dell'impresa aggiudicataria, con
la precisazione che l'accesso in favore del
partecipante alla gara risultato non
aggiudicatario è limitato a quei documenti
-o parti di essi- valutati
dall'Amministrazione per l'ammissione alla
procedura, per la verifica della sussistenza
dei requisiti di partecipazione e per la
valutazione, anche in punto di congruità,
dell'offerta e l'attribuzione dei punteggi.
Spetta quindi alla stazione appaltante
l'adozione di adeguate misure di tutela
della riservatezza -quali, ad esempio,
cancellature o omissis- in relazione alle
eventuali parti del progetto idonee a
rivelare i segreti industriali e che non
siano state in alcun modo prese in
considerazione in sede di gara (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 18.02.2010 n. 416 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Il Sindaco del comune di San Giacomo delle
Segnate (MN) ha chiesto alla Sezione di
rendere parere in merito
alla possibilità di proseguire la procedura
di gara d’appalto per l’affidamento del
servizio di distribuzione del gas naturale,
avviata in seguito alla scadenza del
precedente contratto, o se debba, invece,
alla luce della normativa vigente,
considerare legittima la tesi del blocco
delle gare fino alla data di creazione degli
ATEM (Ambiti Territoriali Minimi), da
realizzarsi a cura del Governo entro la data
del 31/12/2012.
... In conclusione, il comune di San Giacomo
Delle Segnate in materia di erogazione del
servizio pubblico di distribuzione del gas,
dovrà applicare le norme speciali previste
dal D.Lgs. 146/2000 (e sue successive
modifiche ed integrazioni); la disciplina
degli affidamenti del servizio è contenuta
negli artt. 14 e 15 del D.Lgs. 164/2000
(c.d. decreto Letta), che regola la sorte
delle gestioni in essere durante il periodo
transitorio, nonché i rapporti economici fra
gestori temporalmente contigui e fra gestori
ed ente locale, ferma rimanendo la
discrezionalità dell’ente di procedere al
riscatto diretto delle reti e di stabilire
le modalità di allocazione dei costi di
transizione, mediante la predisposizione di
apposite clausole convenzionali nel
successivo bando di gara.
In attesa della determinazione governativa
degli ATEM entro il termine legislativamente
previsto, appare preferibile la tesi della
sospensione temporanea di nuove gare per
l’affidamento del servizio, con conseguente
prorogatio delle gestioni precedenti
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere 17.02.2010 n. 225). |
APPALTI:
Sulla ratio della norma
posta a base dell'art. 38 d.lgs. n.
163/2006, con particolare riferimento alle
cause di esclusione di cui alle lett. b) e
c).
La ratio della norma posta a base
dell'art. 38 d.lgs. n. 163/2006, con
particolare riferimento alle cause di
esclusione di cui alle lett. b) e c),
risiede nell'esigenza di verificare la
affidabilità complessivamente considerata
dell'operatore economico scelto per la
stipula del contratto e dunque il possesso
dei requisiti in capo ai soggetti dotati di
potere di rappresentanza che,
conseguentemente, sono in grado di
manifestare all'esterno la volontà
dell'impresa.
Destinatari delle disposizioni sono,
pertanto, tutte le persone fisiche che,
essendo titolari di poteri di
rappresentanza, siano in grado di
trasmettere, con il proprio personale
comportamento, la riprovazione
dell'ordinamento al soggetto rappresentato.
L'obbligo per ciascun soggetto dotato di
poteri di rappresentanza di dimostrare i
requisiti di moralità è connesso alla
necessità di dover garantire l'affidabilità
dell'intera impresa che entrerà in rapporto
con l'amministrazione.
Pertanto, nel caso di specie, è legittima
l'esclusione dalla gara per la selezione di
un socio privato di minoranza della società
mista per la gestione del servizio di
farmacia comunale di una società in nome
collettivo, il cui legale rappresentante nel
presentare la domanda di partecipazione alla
gara, completa di tutte le altre
dichiarazioni richieste dal bando, abbia
omesso di dichiarare l'insussistenza delle
clausole di esclusione di cui alle lettere
b), c) ed m) del citato art. 38,
E ammessa la facoltà di integrazione della
documentazione allegata all'offerta solo
nelle ipotesi in cui occorra chiarire il
contenuto di una domanda o di una
dichiarazione ritualmente e tempestivamente
presentata, non potendo essa sopperire ad
una carenza od omissione (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 16.02.2010 n. 870 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
La proroga consensuale
di un contratto originariamente affidato con
una procedura competitiva è da equiparare ad
un affidamento senza gara.
All'affidamento senza una procedura
competitiva deve essere equiparato il caso
in cui ad un affidamento con gara segua,
dopo la sua scadenza, un regime di proroga
diretta che non trovi fondamento nel diritto
comunitario. Infatti, le proroghe dei
contratti affidati con gara sono consentite
se già previste ab origine, e comunque entro
termini determinati. Una volta che il
contratto scada e si proceda ad una sua
proroga senza che essa sia prevista ab
origine, o oltre i limiti temporali
consentiti, la proroga è da equiparare ad un
affidamento senza gara (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 16.02.2010 n. 850 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
P. Cena,
La gestione del contratto: consegna dei
lavori, esecuzione, varianti, riserve,
quinto d’obbligo, revisione prezzi, collaudo
tecnico ed amministrativo (16.02.2010
e 02.03.2010 - link a
http://doc.sspal.it). |
APPALTI:
Sono vincolanti, per le
imprese riunite, gli obblighi di
specificazione delle parti delle prestazioni
che saranno eseguite da ciascuna di esse e
delle quote di partecipazione.
Si dibatteva, nella causa in rassegna,
sull’applicabilità diretta dell’art. 37,
d.lgs. n. 163 del 2006 a una gara per la
scelta del concessionario di pubblico
servizio: i giudici del Consiglio di Stato
non hanno dato credito alla tesi della
stazione appaltante atteso il puntuale
richiamo che a questo articolo, nella sua
interezza, hanno effettuato il punto
III.1.3) del bando ed il punto J del
disciplinare di gara.
Riportiamo, per chiarezza espositiva, le
norme di cui si lamenta la violazione da
parte dell’impresa aggiudicataria. Il 4°
comma del menzionato articolo 37 così
recita: "Nel caso di forniture o servizi
nell’offerta devono essere specificate le
parti del servizio o della fornitura che
saranno eseguite dai singoli operatori
economici riuniti o consorziati". Il
comma 13 del medesimo articolo statuisce
che: "I concorrenti riuniti in
raggruppamento temporaneo devono eseguire le
prestazioni nella percentuale corrispondente
alla quota di partecipazione al
raggruppamento".
La chiarezza del tenore letterale delle
riportate disposizioni, secondo i giudici di
Palazzo Spada, impone di considerare
vincolanti, per le imprese riunite, gli
obblighi di specificazione delle parti delle
prestazioni che saranno eseguite da ciascuna
di esse e delle quote di partecipazione.
Tale obbligo, continuano gli stessi giudici,
è espressione di un principio generale che
prescinde dall’assoggettamento della gara
alla disciplina comunitaria e non consente
distinzioni legate alla natura morfologica
del raggruppamento (verticale o
orizzontale), o alla tipologia delle
prestazioni (principali o secondarie,
scorporabili o unitarie, cfr. Cons. St.,
sez. V, 18.08.2009, n. 5098; sez. VI,
04.05.2009, n. 2783; sez. V, 14.01.2009, n.
98, rese su fattispecie governate dalle
analoghe, ma non identiche, disposizioni
sancite dal d.lgs. n. 157 del 1995).
In conclusione, i giudici d’appello,
sanciscono che dal punto di vista
sostanziale la necessità di indicare
nell’offerta le parti del servizio che
saranno eseguite dalle singole imprese
risponde alle seguenti esigenze pubbliche:
a) conoscenza preventiva, da parte della
stazione appaltante, di chi sarà il soggetto
che esegue il servizio e la parte specifica
del servizio ripartito e svolto dalle
singole imprese al fine di rendere più
spedita l’esecuzione del rapporto
individuando il responsabile;
b) agevole verifica, da parte del
responsabile del procedimento, della
competenza tecnica dell’esecutore comparata
con la documentazione prodotta in sede di
gara;
c) rendere effettiva la composizione del
raggruppamento e rispondente alle esigenze
di unire insieme capacità tecniche e
finanziarie integrative e complementari e
non a coprire la partecipazione di imprese
non qualificate, aggirando così le norme di
ammissione stabilite dal bando (commento
tratto da www.documentazione.ancitel.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 12.02.2010 n. 744 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
In ordine alle verifica
delle offerte anomale.
Il giudizio
che conclude il sub procedimento di verifica
delle offerte anomale, costituisce
espressione di un potere tecnico
discrezionale dell’amministrazione, di per
sé insindacabile, salva l’ipotesi in cui le
valutazioni ad esso sottese non siano
abnormi o manifestamente illogiche o affette
da errori di fatto; il giudizio conclusivo
ha natura globale e sintetica sulla serietà
o meno dell’offerta nel suo insieme;
conseguentemente la relativa motivazione
deve essere rigorosa in caso di esito
negativo; invece la positiva valutazione di
congruità della presunta offerta anomala è
sufficientemente espressa anche con
motivazione per relationem alle
giustificazioni rese dall’impresa offerente
(cfr. ex plurimis e da ultimo Cons.
St., sez. V, 10.02.2009, n. 748; sez. V,
20.05.2008, n. 2348) (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 12.02.2010 n. 741 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Non sussiste il diritto
di accesso alle relazioni riservate del
direttore dei lavori e dell'organo di
collaudo.
Il Tar Puglia-Lecce ha emanato la sentenza
secondo la quale devono ritenersi sottratte
all'accesso le relazioni riservate del
direttore dei lavori e dell'organo di
collaudo sulle domande e sulle riserve
dell'impresa, in forza dell'art. 10 del
D.P.R. 21.12.1999 n. 554.
Tale articolo stabiliva che: "Ai sensi
dell'articolo 24 della legge 07.08.1990, n.
241 sono sottratte all'accesso le relazioni
riservate del direttore dei lavori e
dell'organo di collaudo sulle domande e
sulle riserve dell'impresa". Esso. però,
è stato abrogato dal codice degli appalti
pubblici.
La sentenza applica tale articolo perché si
riferisce a una controversia del 1996.
La disposizione oggi applicabile è
l'articolo 13, comma 5, lettera d), del
decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, il
quale stabilisce che sono esclusi il diritto
di accesso e ogni forma di divulgazione in
relazione alle relazioni riservate del
direttore dei lavori e dell'organo di
collaudo sulle domande e sulle riserve del
soggetto esecutore del contratto (TAR
Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 11.02.2010 n. 549 - link
a
http://venetoius.myblog.it). |
APPALTI:
Definizione dei
requisiti di partecipazione - Ampia
discrezionalità da parte
dell'amministrazione - Limiti - Adeguatezza,
non eccessività rispetto alla prestazione,
ragionevolezza e principi comunitari.
La stazione appaltante gode di ampia
discrezionalità nella fissazione dei
requisiti di partecipazione ad una gara,
purché tale operazione avvenga conformemente
ai criteri di ragionevolezza, parità di
trattamento ed efficienza della azione
amministrativa. Ne deriva che possono essere
previsti requisiti di partecipazione
ristretti e selettivi solo quando tali
criteri rispondano ad esigenze oggettive
dell'amministrazione in relazione al tipo di
prestazione oggetto dell'appalto.
Deve quindi trattarsi di requisiti adeguati,
non eccessivi rispetto a dette esigenze e
commisurati all'effettivo valore della
prestazione, in base alla specificità del
servizio oggetto dell'appalto ed alle
speciali caratteristiche della prestazione e
della struttura in cui deve svolgersi, nel
rispetto dei principi di ragionevolezza ed
imparzialità dell'azione amministrativa e
nel rispetto dei principi, di derivazione
comunitaria ed immanenti nell'ordinamento
nazionale, di concorrenza ed apertura del
mercato degli appalti pubblici (cfr. TAR
Lombardia, Milano, Sez. I, 18.06.2007, n.
5269) (fattispecie nella quale il
Collegio ha annullato il bando di gara
laddove richiedeva ai concorrenti un
fatturato globale, su base annuale, pari a
circa 15 volte l'importo posto a base di
gara, in quanto tale requisito è stato
ritenuto sproporzionato in relazione alla
funzione di garanzia e affidabilità che
assolve il requisito di capacità economica e
finanziaria di cui all'art. 41 del d.lgs. n.
163/2006) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 11.02.2010 n. 371 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
In ordine
all’annullamento dell’aggiudicazione
provvisoria.
L’aggiudicazione
provvisoria ha natura di atto
endoprocedimentale, ancora ad effetti
instabili, del tutto interinali, inserendosi
nell’ambito della procedura di scelta del
contraente come momento necessario, ma non
decisivo, atteso che la definitiva
individuazione del contraente risulta
consacrata soltanto con l’aggiudicazione
definitiva.
Ne discende che, allorquando
l’amministrazione intenda esercitare il
proprio potere di autotutela rispetto
all’aggiudicazione provvisoria, non è tenuta
a dare comunicazione dell’avvio del relativo
procedimento iniziato con l’istanza di
partecipazione alla gara (cfr. Cons. di
Stato, sez. IV, 25.07.2021, n. 4065;
29.10.2002, n. 5903 e 31.10.2006, n. 6456);
ciò in quanto l’aggiudicatario provvisorio
vanta una mera aspettativa alla conclusione
del procedimento, non sussumibile al rango
di posizione differenziata tale da
comportare la titolarità di un interesse
procedimentale distinto da quello degli
altri partecipanti.
Solo l’aggiudicazione definitiva induce la
titolarità di una posizione giuridica
qualificata tale da comportare la necessaria
interlocuzione con la pubblica
amministrazione nel caso di procedimenti di
secondo grado (cfr. Cons. di Stato, sez. IV,
31.10.2006, n. 6456)
(TAR
Abruzzo-l'Aquila,
sentenza 11.02.2010 n. 89 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla stringente
interpretazione del bando di gara.
Nelle procedure per l’aggiudicazione dei
contratti della P.A., il bando va
interpretato in modo formale, dato che ciò
risponde, da un lato, ad esigenze pratiche
di certezza e celerità, e, dall’altro, alla
necessità di garantire l’imparzialità
dell’azione amministrativa e la parità di
condizioni tra i concorrenti; soltanto nel
varco aperto da un’equivoca formulazione
della lettera d’invito o del bando può
trovare applicazione il principio di massima
partecipazione, secondo cui, cioè, va data
preferenza all’interpretazione del bando che
consente la più ampia ammissione degli
aspiranti (cfr. Cons. di Stato, 17.12.2001,
n. 6250) (TAR Abruzzo-l'Aquila,
sentenza 11.02.2010 n. 89 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità, o
meno, della riapertura della fase di gara.
La riapertura
della gara è stata determinata non già da
uno spontaneo “ripensamento” da parte
della Commissione ma da una nota
circostanziata pervenuta all’Amministrazione
da parte della controinteressata (cfr. doc.
n. 2 in produzione di parte resistente), di
cui è stata data immediata contezza alla
ricorrente (cfr. doc. n. 3 in produzione di
parte ricorrente), che evidenziava
l’irritualità dell’esclusione alla stregua
della lex specialis di cui al bando.
Sembra pertanto al Collegio che la “riverifica”,
in presenza di detta situazione, e in un
momento nel quale gli esiti della gara non
erano stati, come sopra detto, ancora
consacrati e consolidati in
un’aggiudicazione definitiva, fosse non solo
opportuna, ma addirittura doverosa al fine
di prevenire possibili contenziosi, oltre
che al fine di individuare con assoluta
correttezza il legittimo contraente, in
osservanza del principio costituzionale di
buon andamento che impegna la pubblica
Amministrazione ad adottare atti il più
possibile rispondenti ai fini da conseguire
(cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 22.10.2004,
n. 6931, ex pluris)
(TAR
Abruzzo-l'Aquila,
sentenza 11.02.2010 n. 89 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'esclusione da una gara di una società
per aver violato quanto previsto dalla lex
specialis che imponeva la carenza di
qualsivoglia collegamento tra le imprese
partecipanti.
La lex specialis della gara imponeva
la carenza di qualsivoglia collegamento tra
le imprese partecipanti.
Per contro l’odierna appellante:
- operava con altra impresa partecipante in
unico locale, in condizioni che
evidentemente non consentono alcuna
riservatezza e con l’effetto altamente
probabile, della reciproca conoscenza delle
condizioni dell’offerta tale da alterare
assai gravemente l’equilibrio delle proposte
contrattuali a vantaggio delle imprese
allocate nella medesima sede;
- indicava numero telefonico e fax di
riferimento per le comunicazioni identico a
quello dell’altra impresa concorrente ed
allocata nella stessa sede;
- presentava, unitamente all’altra impresa,
polizze fideiussorie stipulate con identico
soggetto e con numerazione in gran parte
progressiva.
Tanto si rileva, in disparte la pur
rilevante constatazione dei vincoli
parentali che intercorrono tra
amministratori e rappresentanti delle due
società.
Gli elementi appena indicati sono univoci
nel rappresentare l’unicità del centro
decisionale o di imputazione o, quanto meno,
un sostanziale collegamento di fatto (oltre
che per vincoli di parentela) tra gli
esponenti delle due imprese.
Quanto sostenuto dall’appellante circa una
effettiva estraneità tra i due soggetti e
sulla autonomia degli stessi in senso
imprenditoriale non appare convincente sotto
alcun profilo, posto che gli elementi sopra
rilevati non sono stati smentiti in fatto,
anche se si è tentato di dare agli stessi
una coloritura meno decisa in ordine alla
compresenza di due imprese nello stesso
stabile ed operanti con lo stesso
apparecchio telefonico e con lo stesso fax.
Il collegamento in senso sostanziale tra le
stesse è del tutto palese. Comunque,
trattandosi di una valutazione di merito
operata dalla Commissione di gara, non
sindacabile in sede di legittimità se non
per manifesta irrazionalità, tale
irrazionalità deve per quanto sopra detto
sicuramente essere esclusa (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 10.02.2010 n. 685 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
In materia di
avvalimento l'impresa ausiliante deve
impegnarsi formalmente a mettere a
disposizione i propri (specificati) mezzi
per tutto l'arco temporale di esecuzione
dell'appalto.
La dimostrazione delle condizioni per
l’avvalimento dei requisiti non può essere
desunta dal mero dato fattuale
dell’esistenza di un contratto di consorzio,
di per sé non comprovante la disponibilità
dei mezzi propri del consorzio stesso.
E’ invero necessario che il soggetto terzo
(ausiliante) si impegni formalmente a
mettere a disposizione i propri
(specificati) mezzi per tutto l’arco
temporale di esecuzione dell’appalto in caso
di aggiudicazione, senza che possa assumere
un rilievo sostituivo, sul versante
probatorio, la sola esistenza di un "rapporto
di gruppo” (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 09.02.2010 n. 641 - link
a www.mediagraphic.it). |
LAVORI PUBBLICI - URBANISTICA:
Realizzazione parcheggio
- Variante vincolo scaduto.
Secondo quanto stabilito dall'Adunanza
Plenaria del Consiglio di Stato nella
sentenza n. 7 del 2007, occorre la
motivazione della reiterazione del vincolo,
trattandosi di reiterazione relativa ad una
singola area.
Altresì, la motivazione che deve supportare
la rinnovazione del vincolo, come di recente
ribadito dal Supremo Consesso, deve far
emergere con chiarezza e precisione gli
accertamenti effettuati e le finalità di
interesse pubblico concretamente perseguite
(Cons. Stato 26/02/2008 n. 683).
La delibera impugnata che ha approvato il
progetto definitivo ed esecutivo per la
realizzazione del parcheggio con contestuale
adozione di variante del vincolo scaduto,
contiene, tuttavia, una enunciazione
esaustiva delle attuali ragioni di pubblico
interesse che hanno indotto
l'amministrazione a localizzare nuovamente
il parcheggio sull'area di proprietà dei
ricorrenti (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 09.02.2010 nn. 315 e
316 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Gara - Offerte -
Possibilità di modifica del progetto da
parte dell'offerente - Non sussiste.
La determinazione delle caratteristiche
qualitative e funzionali dei lavori e delle
specifiche prestazioni da fornire da parte
dell'offerente rientra nelle competenze
della Stazione appaltante ed ogni modifica
al progetto predisposto va necessariamente
ad incidere sulle valutazioni tecniche di
quest'ultima circa le modalità di
realizzazione dell'opera medesima.
Ne deriva che il progetto esecutivo posto a
base della gara non può essere alterato o
modificato dal concorrente al quale è
consentito unicamente individuare le
modalità di realizzazione dello stesso
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 08.02.2010 n. 290 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Garanzia provvisoria -
Deve essere prestata dagli intermediari
abilitati di cui all'art. 107 del d.lgs. n.
385/1993 - Violazione - Illegittimità -
Equipollenza della garanzia prestata dagli
intermediari di cui all'art. 107 del d.lgs.
n. 385/1993 - Esclusione.
Laddove la lex specialis richiede
espressamente che la garanzia provvisoria
sia presentata, a pena di esclusione, ai
sensi dell'art. 75 del D.Lgs. n. 163/2006,
vale a dire "dagli intermediari
finanziari iscritti nell'elenco speciale di
cui all'articolo 107 del decreto legislativo
1° settembre 1993, n. 385, che svolgono in
via esclusiva o prevalente attività di
rilascio di garanzie, a ciò autorizzati dal
Ministero dell'economia e delle finanze",
la violazione di tale disposizione determina
l'immediata esclusione dalla procedura
selettiva senza che venga in rilievo il dato
che la garanzia provenga da un diverso
intermediario finanziario (Nella fattispecie
il ricorrente aveva invece presentato una
fideiussione proveniente da un soggetto
iscritto nell'elenco di cui all'art. 106 del
d.lgs. n. 385/1993 e non nell'elenco di cui
all'art. 107, con ciò contravvenendo l'art.
75 del D.Lgs. n. 163/2006, la cui osservanza
era richiesta a pena di esclusione da parte
della lex specialis) (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 08.02.2010 n. 286 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Requisiti di
partecipazione più rigorosi di quelli
previsti dalla legge - legittimità - Limiti.
Per giurisprudenza ormai consolidata,
l'amministrazione aggiudicatrice gode di un
ampio potere discrezionale nella fissazione
dei requisiti di partecipazione ad una
singola gara, con la conseguenza che la
stessa può legittimamente prevedere
requisiti di partecipazione anche più
rigorosi di quelli indicati dalla legge,
purché essi non siano discriminanti ed
abnormi rispetto alle regole proprie del
settore (cfr. ex multis: Cons. Stato,
sez. V, 19.11.2009, n. 7247) (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 08.02.2010 n. 285 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Appaltatori comunali
esenti.
Non paga il tributo l'appaltatore dei lavori
comunali. Con le nuove norme sulla Tosap,
infatti, chi si aggiudica i lavori per conto
del comune non deve pagare l'imposta per
l'occupazione del suolo pubblico.
A mettere la parola fine a questa diatriba è
stata la Corte di cassazione che, con la
sentenza n. 17719 di luglio 2009, ha messo
nero su bianco che «anche dopo l'entrata
in vigore del dlgs 15.11.1993, n. 507,
l'occupazione di suolo comunale da parte di
una impresa appaltatrice di lavori per conto
del comune, limitata al tempo e allo spazio
strettamente necessari per il compimento dei
medesimi lavori, non è assoggettabile alla
tassa per l'occupazione di spazi e aree
pubbliche (Tosap) per difetto del
presupposto impositivo, in quanto la
sottrazione all'uso pubblico si compie, non
per il vantaggio particolare derivante al
singolo dal suo utilizzo, ma proprio per la
realizzazione dell'opera commissionata dal
titolare di quegli spazi, i quali devono
essere messi a disposizione della
controparte per il tempo necessario ai
lavori» (articolo ItaliaOggi
dell'08.02.2010, pag. 13). |
APPALTI:
Sul collegamento
sostanziale tra due imprese partecipanti ad
una gara sulla base di elementi oggettivi e
concordanti.
Deve ritenersi sussistente il collegamento
sostanziale tra due imprese partecipanti ad
una gara qualora venisse riscontrato: che le
rispettive offerte sono state spedite nello
stesso giorno e ora, con le medesime
modalità e dallo stesso ufficio postale; che
è stata costituita la cauzione con polizze
fideiussorie rilasciate dalla stessa
compagnia, in sequenza, in pari data e con
identica autentica notarile; la comunanza di
sedi delle due imprese.
In questo quadro il Collegio ritiene che
correttamente la stazione appaltante ha
ritenuto che il caso rientrasse nella
fattispecie del collegamento sostanziale
dovendosi ritenere gli elementi suddetti
oggettivi e concordanti (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 05.02.2010 n. 530 - link
a www.mediagraphic.it). |
APPALTI SERVIZI:
Appalti con il Ccnl
scaduto. L'Anci analizza la recente sentenza
del Consiglio di stato in materia. E'
legittima l'applicazione del vecchio
contratto.
Se il bando di gara
prevede, ai fini della determinazione del
costo della mano d'opera, il riferimento a
un Ccnl che viene rinnovato anche nella sua
parte economica successivamente alla data
ultima di presentazione delle offerte, non
rilevano le nuove tabelle retributive,
continuando a valere quelle precedenti.
Pur in evidente conformità alle vigenti
disposizioni, la sentenza del Consiglio di
stato che si è così espressa, merita di
essere segnalata per le conseguenze sul
piano pratico che un simile sistema
normativo rischia di generare. Due società
impugnava la sentenza con la quale il Tar
aveva respinto il ricorso avverso la
graduatoria provvisoria redatta dalla
stazione appaltante, nella quale risultava
aggiudicataria una cooperativa, avendo
presentato l'offerta economicamente più
vantaggiosa. Indirizzavano le ricorrenti le
proprie censure in particolare al computo
dei costi del personale dipendente derivanti
dall'applicazione del Ccnl di categoria.
Sulla questione, il Comune appaltante aveva
già condotto una verifica sulla anomalia
dell'offerta, ritenendo poi valide le
giustificazioni fornite. In sostanza, si
sosteneva nel ricorso, ai fini della
determinazione dei costi andava fatto
riferimento al Ccnl rinnovato poco dopo la
presentazione delle offerte (che prevedeva
anche un nuovo adeguamento retributivo) e
non a quello precedente, ormai scaduto.
Diversamente sosteneva l'aggiudicataria che
le nuove tabelle retributive erano state
recepite con il decreto ministeriale
pubblicato ben oltre la data ultima di
offerta, e quindi non materialmente
adottabili ai fini della partecipazione alla
gara.
Contrariamente a quanto ritenuto dal Tar che
sul punto ha condiviso l'assunto delle
imprese ricorrenti, ha deciso il Consiglio
di stato, ai fini della verifica della
anomalia dell'offerta dell'aggiudicataria
non rileva il Ccnl rinnovato.
Occorre tenere conto che la materia della
«valutazione dei costi del lavoro e della
sicurezza nelle gare di appalto» risale
all'articolo unico della legge n. 327/2000
che prima della sua abrogazione per effetto
del codice dei contratti pubblici (dlgs 163
del 2006) prevedeva che la valutazione
dell'anomalia delle offerte concorsuali
dovesse essere condotta con riferimento, non
già ai contratti collettivi nazionali di
lavoro, ma «alle apposite tabelle
predisposte e approvate dal ministero del
lavoro».
Tali tabelle infatti sono predisposte in
funzione di semplificazione e di
accelerazione dell'azione amministrativa
affinché la amministrazione possa
agevolmente effettuare la verifica della
anomalia senza addentrarsi nella ricerca e
nella valutazione della congerie di
previsioni contrattuali collettive. Nel caso
di specie le tabelle di riferimento per la
verifica di anomalia erano quelle vigenti
all'epoca della gara, ed espressamente
richiamate dal disciplinare di gara. Non
poteva quindi rilevare, ai fini della
decisione della controversia, la variazione
tabellare intervenuta con un successivo dm
non solo perché tale Decreto è stato
pubblicato oltre il termine ultimo di
presentazione delle offerte, ma anche e
soprattutto perché la lex specialis
faceva specifico riferimento al costo medio
della manodopera di cui precedente decreto
ministero del lavoro.
In sostanza la nuova variazione contrattuale
non doveva essere considerata poiché le
imprese partecipanti alla gara dovevano
formulare le loro offerte sulla base delle
tabelle ministeriali vigenti, richiamate nel
bando di gara, sicché non sarebbe stato
consentito alla stazione appaltante
applicare tabelle approvate e pubblicate in
epoca successiva. Respinte quindi sul punto
le eccezioni delle ricorrenti. Ora, la
riflessione attiene all'effettivo impatto di
tali motivazioni, pur obiettivamente
ineccepibili, sulla esecuzione degli
appalti.
C'è inizialmente da chiedersi se gli stessi
criteri posti a tutela generale dei
lavoratori negli appalti pubblici e privati,
come peraltro avviene in materia di
sicurezza sul lavoro, non debba essere
apprestata anche alle garanzie retributive
dei medesimi lavoratori nello svolgimento
dell'appalto. La risposta è certamente
positiva, dato anche che in tema di appalti
vige la cosiddetta responsabilità solidale,
tanto a garanzia degli enti assicurativo e
previdenziali, quanto a tutela dei
lavoratori.
Sarebbe sufficiente una norma che prevedesse
l'obbligo di riapertura dei termini di
presentazione delle offerte, ove intervenga
nelle more della aggiudicazione definitiva,
un rinnovo contrattuale. Nell'attuale
sistema, invece, l'aggiudicataria è
legittimata ad esporre retribuzioni
tabellari superate, che peraltro non potrà
minimamente avere titolo ad applicare,
stante l'intervenuto rinnovo ed adeguamento
economico. Con l'ulteriore effetto, che nel
reale svolgimento dell'appalto, si avrà un
costo del lavoro superiore e difforme da
quello dichiarato, peraltro non verificato
dalla stazione appaltante. E, non ultima,
l'eventualità del carico amministrativo
ulteriore in caso di legittima richiesta di
revisione prezzi connessa al rinnovo
contrattuale (articolo ItaliaOggi del
05.02.2010, pag. 29). |
APPALTI:
ATI e quote “qualificate”: obbligatorie
anche negli appalti di servizi
(link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI SERVIZI: L.
Bellagamba,
L’amministrazione diretta come scelta del
legislatore nazionale: il caso
dell’illuminazione votiva e quello del
servizio della mensa (link a
www.linibellagamba.it). |
APPALTI:
Sulla prorogabilità del
termine di 10 giorni per la dimostrazione
del possesso dei requisiti previsto
dall'art. 48 del d.lgs n. 163/2006 (Codice
dei contratti), nel caso di verifica a
campione.
Sulla possibilità di non rendere note le
sedute della commissione giudicatrice in
fase di valutazione delle offerte
economiche.
Il termine di 10 giorni previsto dall'art.
48, c. 1, del d.lgs n. 163/2006 può essere
legittimamente prorogato nell'ipotesi in
cui, come nel caso di specie,
l'impossibilità di adempiere tempestivamente
agli obblighi dimostrativi dipenda da cause
non imputabili alla condotta dell'impresa
concorrente.
L'obbligo di rendere pubbliche le sedute di
una commissione di gara si riferisce
unicamente alla fase di apertura dei plichi
contenenti la documentazione amministrativa
e l'offerta economica e non anche al momento
di apertura e valutazione delle offerte
tecniche (TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
ordinanza 04.02.2010 n. 83 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Le cauzioni in
tribunale. Disamina delle sentenze emesse
dai giudici amministrativi sul tema delle
garanzie nelle gare. Sotto la lente:
funzioni, importi, requisiti, scadenze,
intestazioni.
La cauzione negli appalti pubblici:
nonostante il tema sia già stato affrontato
in altri articoli apparsi su questo
giornale, si rende necessario fare il punto
sulle decisioni del giudice amministrativo
emesse nello scorso anno sulla cauzione
provvisoria e la cauzione definitiva.
In via preliminare è da chiarire la diversa
funzione delle due cauzioni: «La cauzione
provvisoria e la cauzione definitiva
assolvono a funzioni diverse e comunque
indispensabili a garantire il corretto
svolgersi della procedura concorsuale.
Sicché la fase dell'impegno a promettere la
prestazione della cauzione definitiva, che
deve essere contestuale alla prestazione
della cauzione provvisoria, va distinta
dall'effettivo impegno alla cauzione
definitiva, che anche nell'importo può
essere definita solo dopo l'aggiudicazione,
ed è esclusivamente finalizzata a garantire
il pubblico interesse che tale definitivo
impegno sia poi effettivamente sottoscritto»
(Tar Lazio, sez. III-quater 12.01.2009 n.
106).
In particolare, «la cauzione provvisoria
è prevista a garanzia della serietà
dell'impegno del contraente e deve garantire
l'amministrazione dal rischio dell'inutile
svolgimento della gara» (Cons. di stato,
sez. V, 03.09.2009, n. 5171). Essa è «in
via generale, da riportarsi alla caparra
confirmatoria (art. 1385 c.c.), sia perché
si tratta di confermare la serietà di un
impegno da assumere in futuro, sia perché
tale qualificazione risulta più coerente con
l'esigenza, rilevante contabilmente (e si
consideri che la normativa contabilistica è
la matrice di questa disciplina
contrattuale), di non vulnerare l'interesse
dell'amministrazione a pretendere il maggior
danno» (Tar Lazio, sez. II, 06.03.2009
n. 2341).
In relazione all'importo della cauzione
provvisoria, l'art. 75 del dlgs 163/2006
prevede che l'offerta ... (articolo
ItaliaOggi del 03.02.2010 -
tratto da
http://rassegnastampa.formez.it). |
APPALTI:
Sulle clausole soggette
all'onere di immediata impugnazione;
sull'illegittimità dell'esclusione da una
gara per clausole non univoche; sul valore
dei formulari di autocertificazione; sul
principio di pubblicità delle sedute.
La giurisprudenza, in tema di clausole
soggette all'onere di immediata impugnazione
e clausole la cui impugnazione può invece
essere differita al momento
dell'aggiudicazione, si è uniformata nel
precisare che tra le prime vanno annoverate
quelle che disciplinano i requisiti di
partecipazione prevedendone taluni che non
siano posseduti dal ricorrente e quelle che
prescrivono ai fini della partecipazione
alla gara oneri talmente gravosi da rendere
la stessa impossibile, laddove le altre
clausole e, segnatamente, quelle che
definiscono la composizione della
commissione il suo modus operandi, possono
essere censurate unitamente al provvedimento
conclusivo del procedimento di gara, in
quanto evidenziano la loro portata lesiva
solo per via dell'applicazione che di esse
faccia l'organo di gara. Ne consegue che, le
disposizioni della lex specialis,
quali quelle del caso di specie, che non
conterrebbero menzione della data, dell'ora
e del luogo della gara, esprimendo la loro
attitudine lesiva solo a seguito del
materiale svolgimento delle operazioni di
gara, non sono soggette all'onere di
immediata impugnazione, la quale, anzi, se
interposta prima dell'adozione del
provvedimento terminale della gara, sarebbe
per il vero inammissibile per carenza di
attualità della lesione. Siffatte clausole
vanno, dunque, impugnate solo in uno con
l'impugnazione del provvedimento di
aggiudicazione ad altra impresa, o del
provvedimento che determini un arresto
procedimentale ai danni dell'impresa
ricorrente, ossia dell'esclusione dalla
gara.
A fronte di una clausola di gara ambigua,
incerta o comunque non univoca,
l'amministrazione non può legittimamente
escludere l'impresa dalla competizione,
ostandovi la tutela del principio del
favor admissionis e dell'interesse
pubblico a reperire la migliore offerta,
obiettivo conseguibile solo per il tramite
della massima partecipazione alle gare.
L'art. 73, c. 4, del d.lgs. n. 163/2006,
stabilisce che la presentazione di moduli e
i formulari predisposti dalla stazione
appaltante a beneficio dei concorrenti, "non
può essere imposta a pena di esclusione",
infatti, la messa a disposizione dei
partecipanti ad una gara di moduli mediante
i quali essi possono formulare domande ed
autocertificazioni è adempimento che
sottende la finalità di agevolare la
partecipazione alle gare, avvantaggiando i
concorrenti, non potendo peraltro risolversi
in loro danno.
È principio inderogabile in qualunque tipo
di gara quello secondo cui devono svolgersi
in seduta pubblica gli adempimenti
concernenti la verifica dell'integrità dei
plichi contenenti l'offerta, sia che si
tratti di documentazione amministrativa che
di documentazione riguardante l'offerta
tecnica ovvero l'offerta economica, e
conseguentemente è illegittima l'apertura in
segreto di plichi. Il predetto principio di
pubblicità delle gare pubbliche impone che
il materiale documentario trovi
correttamente ingresso con le garanzie della
seduta pubblica; ciò anche in applicazione
del più generale principio di imparzialità
dell'azione amministrativa. Pertanto, nel
caso di specie, anche ove la lex
specialis nulla avesse prescritto sul
punto, l'apertura dei plichi avrebbe dovuto
essere effettuata in seduta pubblica e non
in seduta privata, come ha invece operato
l'amministrazione (TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 03.02.2010 n. 184 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Dichiarazione ex art. 38
Codice Appalti - Indicazione precedenti
penali - Beneficio della non menzione -
Obbligo - Sussiste.
In tema di esclusione dalle gare per omessa
indicazione, nella dichiarazione rilevante
agli effetti dell'art. 38 del Codice degli
Appalti Contratti, di precedenti condanne
assistite dal beneficio della non menzione,
il citato art. 38 "impone ai partecipanti
alle gare di appalto di dichiarare, a pena
di esclusione dalla gara, non già solamente
reati gravi, ma tutti quelli ascritti in via
definitiva ai soggetti ivi contemplati",
con la conseguenza che "i partecipanti
alle gare sono tenuti a rendere
dichiarazioni complete e veritiere e,
quindi, recanti l'esatta indicazione di
tutti i precedenti penali, ivi inclusi
quelli per i quali sia stato concesso il
beneficio della non menzione" potendo
queste ultime incidere sull'accertamento dei
requisiti di moralità del legale
rappresentante dell'impresa, ed a fronte
della perentorietà di tale principio, a
nulla valgono argomentazioni circa l'animus
del dichiarante e la scusabilità del suo
errore (massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 02.02.2010 n. 534 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sono
nulle le clausole contrattuali che
prevedono: il pagamento del corrispettivo a
60 giorni dal ricevimento della fattura,
anziché ai 30 giorni, previsti dall’art. 4
del D.Lgs. 231 del 2002; la decorrenza degli
interessi moratori dal 180° giorno anziché
dal 30° giorno successivo alla scadenza del
termine di pagamento, previsto dall’articolo
4; il saggio di interesse dell’1% anziché
dell’8% (1% tasso BCE, più 7 punti di
maggiorazione) previsto dall’art. 5.
L’amministrazione pubblica non ha il potere
di stabilire unilateralmente le conseguenze
del proprio stesso inadempimento
contrattuale (come gli interessi moratori o
le conseguenze del ritardato pagamento) né
potrebbe subordinare la possibilità di
partecipare alle gare alla accettazione di
clausole aventi simili contenuti, se non a
costo di ricadere sotto le sanzioni di
invalidità, per iniquità, vessatorietà,
mancanza di specifica approvazione a seguito
di trattative, sanzioni sopra descritte.
Vale il principio per cui il contratto
obbliga le parti non solo alle regole
previste dal medesimo, ma anche al rispetto
delle regole imperative e a tutto ciò che
deriva dalla legge, dagli usi o dalla equità
(articoli 1339, 1419, 1418 e 1374 del codice
civile). Le norme imperative hanno pertanto
un valore anche sostitutivo (artt. 1339 e
1419 c.c.) di quanto previsto in violazione
di esse.
Non è accoglibile la censura, consistente
nel sostenere una pretesa inapplicabilità
della direttiva in questione, sulla celerità
dei pagamenti nelle transazioni commerciali,
alla pubblica amministrazione.
Anzi, vale il richiamo specifico
dell’articolo 2 del D.Lgs. 231/2002, che
definisce la nozione di pubblica
amministrazione, ritenendo anche essa
imprenditore forte ai sensi e per i fini del
medesimo decreto.
Inoltre, proprio la presenza di alcune
clausole contrattuali contrastanti con le
previsioni imperative della direttiva e in
conflitto con lo spirito del D.Lgs. 231 del
2002, che tutela la posizione
presuntivamente debole dei creditori
fornitori della P.A., dimostra come la
fattispecie si attagli alla situazione di “esorbitanza”
di poteri, tipica del soggetto che si pone
in modo autoritativo (autorità pubblica o
privata che sia).
In effetti tale condotta
dell’amministrazione (che può essere
contestata dai partecipanti sia nella fase
antecedente che in quella del rapporto
contrattuale e che nella specie viene
contestata in via preventiva ai sensi del
citato articolo 8 da associazioni
rappresentative di imprese medie e piccole)
integra e concreta proprio uno di quei
comportamenti abusivi della parte
contrattualmente più forte che il
legislatore ha inteso contrastare attraverso
la introduzione di un “diritto diseguale”,
mirante a stabilire un equilibrio giuridico
antitetico rispetto al potere reale dei
paciscenti (in tal senso, Consiglio di
Stato, V, 11.01.2006, n. 43).
--------------
Con riguardo all’altra deduzione del
Ministero appellante, il Collegio osserva
che non può sostenersi, come pretende
l’amministrazione, che tali regole
imperative sarebbero derogabili e che
sarebbe consentito un diverso accordo,
rinvenibile, nella specie, nella
presentazione della offerta, che
implicherebbe acquiescenza-accettazione alla
sostanziale iniquità.
L’amministrazione pubblica, infatti, non ha
il potere di stabilire unilateralmente le
conseguenze del proprio stesso inadempimento
contrattuale (come gli interessi moratori o
le conseguenze del ritardato pagamento) né
potrebbe subordinare la possibilità di
partecipare alle gare alla accettazione di
clausole aventi simili contenuti, se non a
costo di ricadere sotto le sanzioni di
invalidità, per iniquità, vessatorietà,
mancanza di specifica approvazione a seguito
di trattative, sanzioni sopra descritte (in
tal senso, Consiglio Stato, V, 30.08.2005,
n. 3892).
Non può sostenersi la prevalenza di tali
clausole rispetto a quanto previsto dal
decreto legislativo di recepimento della
direttiva comunitaria: a parte il valore di
supremazia della disciplina di derivazione
comunitaria, oltre che della normativa
nazionale imperativa, vale il principio per
cui il contratto obbliga le parti non solo
alle regole previste dal medesimo, ma anche
al rispetto delle regole imperative e a
tutto ciò che deriva dalla legge, dagli usi
o dalla equità (articoli 1339, 1419, 1418 e
1374 del codice civile). Le norme imperative
hanno pertanto un valore anche sostitutivo
(artt. 1339 e 1419 c.c.) di quanto previsto
in violazione di esse.
Conseguentemente:
1) è invalida ogni clausola contrattuale che
preveda regole diverse e inique rispetto
alle regole imperative, che automaticamente
si sostituiscono a quelle invalide;
2) sarebbe illegittima ogni esclusione
basata sulla non-accettazione o
sull’espresso dissenso, da parte di una
partecipante, di una clausola contrattuale
iniqua;
3) in sede di esecuzione contrattuale, le
clausole invalide si porrebbero nel nulla a
richiesta di parte o di ufficio (ai sensi
del terzo comma dell’art. 7 il giudice
dichiara anche di ufficio la nullità e
applica i termini di legge o riconduce ad
equità il contenuto dell’accordo medesimo:
si tratta di una cosiddetta nullità speciale
di derivazione comunitaria);
4) infine, e ciò rileva nel caso di specie,
in caso di azione inibitoria intentata da
associazioni di categoria a tutela di
interessi collettivi le clausole da
ritenersi inique sono poste nel nulla e
quindi non applicabili, anche se comunque
mantiene la sua funzione l’ordine
inibitorio, a causa dell’effetto dissuasivo
che tali clausole inique, per quanto
insuscettibili di produrre effetti,
potrebbero avere sulla volontà a partecipare
delle imprese medie e piccole.
Lo scopo del particolare strumento di tutela
individuato dalla legge è quello di impedire
l’inserimento di tali clausole, prima ancora
della loro applicazione o invalidazione.
---------------
Le clausole contestate e ritenute nulle
perché inique dal primo giudice riguardano:
il pagamento del corrispettivo a 60 giorni
dal ricevimento della fattura, anziché ai 30
giorni, previsti dall’art. 4 del D.Lgs. 231
del 2002; la decorrenza degli interessi
moratori dal 180° giorno anziché dal 30°
giorno successivo alla scadenza del termine
di pagamento, previsto dall’articolo 4; il
saggio di interesse dell’1% anziché dell’8%
(1% tasso BCE, più 7 punti di maggiorazione)
previsto dall’art. 5.
Le clausole suddette si pongono in diretta
violazione degli articolo 4 e 5 del D.Lgs.
231 del 2002, la cui deroga non è ammessa
dalla legge né nella presentazione della
offerta può rinvenirsi il diverso accordo
contrattato dalle parti solo a seguito di
apposita contrattazione e trattativa sul
punto, che evoca un concetto di contatto di
tipo pararapportuale (o precontrattuale) che
non può rinvenirsi certo nel binomio “bando-presentazione
dell’offerta”, che già integra
(quantomeno in parte) la conclusione del
contratto.
Inoltre, tali clausole si pongono in modo
indubbio nel senso di introdurre un
ingiustificato vantaggio per la
amministrazione predisponente, concretandosi
nella aperta violazione della disciplina di
riequilibrio delle diverse posizioni di
forza, la cui tutela la direttiva
comunitaria è proprio diretta a rafforzare
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 02.02.2010 n. 469 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'esclusione di un'impresa il cui
amministratore ha esplicitamente dichiarato
che nei suoi confronti non era stata
pronunciata sentenza penale di condanna.
E' legittimo il provvedimento di esclusione
adottato nei confronti di un'impresa il cui
amministratore ha esplicitamente dichiarato
che nei suoi confronti non era stata
pronunciata sentenza di condanna ai sensi
dell'art. 444 del c.p.p., in quanto il
giudizio sulla gravità del reato è rimesso
solo e soltanto all'amministrazione
committente. La dichiarazione di assenza di
carichi penali, poi, risultanti dai
controlli effettuati dall'Amministrazione,
integra un'autonoma causa di esclusione
dalla gara.
Deve, inoltre, ritenersi in contrasto coi
principi che informano le procedure ad
evidenza pubblica l'assunto secondo cui è
necessario che la stazione appaltante,
quando si avveda della presenza di reati
commessi e non dichiarati dal concorrente,
formuli comunque il giudizio di gravità
richiesto dalla lettera del c. 1, lett. e),
dell'art. 38 del D.Lgs. 163/2006: al di là
dell'omessa dichiarazione, costituente
autonoma fattispecie, è di palmare evidenza
la considerazione per cui si consentirebbe,
in tal modo, il superamento della fase di
ammissione dei concorrenti alla gara vera e
propria falsando tutto il procedimento, con
violazione della par condicio dei
partecipanti.
Né, nel caso di specie, pare potersi
affermare l'oggettiva oscurità delle
clausole del bando o la portata non
sostanziale dell'adempimento omesso dal
concorrente. L'oscurità, poi, non può dirsi
sussistente laddove il bando o la lettera di
invito richiamino espressamente una norma di
legge imperativa (quali sono pressoché tutte
quelle che regolano le procedure ad evidenza
pubblica) perché in questo caso è onere del
concorrente andare a verificare che cosa
quella norma prevede e regolarsi di
conseguenza (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 02.02.2010 n. 428 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità della
scelta di un'amministrazione aggiudicatrice
di limitare ad imprese di grandi dimensioni
l'accesso ad una gara d'appalto.
Sulla finalità della richiesta del possesso
in capo alle imprese di uno specifico
requisito economico-finanziario.
- Le rilevanti dimensioni del luogo ove
debbono essere svolti i servizi oggetto
dell'appalto implicano la necessità di
selezionare un contraente dotato di
comprovata esperienza nell'amministrazione
del servizio in grandi strutture e, quindi,
di restringere l'accesso dell'affidamento
del relativo appalto alle sole imprese
capaci, per la specifica esperienza
acquisita nel settore, di garantire una
corretta gestione della complessa attività
organizzativa ed operativa presupposta dalla
regolare esecuzione delle prestazioni
richieste.
Le amministrazioni aggiudicatrici, infatti,
hanno il potere discrezionale di fissare
requisiti di partecipazione ad una singola
gara anche più rigorosi e restrittivi
rispetto a quelli ex lege previsti,
in relazione alle peculiari caratteristiche
dei servizio da appaltare.
In particolare, detto potere discrezionale,
lungi dall'essere espressione di mero
arbitrio dell'amministrazione
aggiudicatrice, costituisce in realtà
precipua attuazione dei principi
costituzionali di imparzialità e di buon
andamento dell'azione amministrativa (art.
97 Cost.), e si sostanzia, quindi, nel
potere-dovere, assegnato
all'amministrazione, di apprestare (proprio
attraverso la specifica individuazione degli
specifici requisiti di ammissione e di
partecipazione ad una gara) gli strumenti e
le misure più adeguati, opportuni, congrui,
efficienti ed efficaci ai fini del corretto
ed effettivo perseguimento dell'interesse
pubblico concreto, oggetto dell'appalto da
affidare.
Sotto tale profilo, non possono essere
utilmente sottoposte al sindacato del g.a.
le scelte operate dall'amministrazione
aggiudicatrice nel fissare specifici
requisiti di partecipazione, salvo che
questi non siano manifestamente
irragionevoli, irrazionali od illogici
rispetto al fine pubblico della gara. Nel
caso di specie, dunque, le previsioni del
bando risultano congrue e proporzionali
rispetto allo specifico oggetto della gara
ed alla sua rilevanza economica, nonché
adeguate rispetto all'interesse pubblico
perseguito. Pertanto, sono prive di
fondamento le contestazioni in ordine alla
scelta di limitare ad imprese di grandi
dimensioni l'accesso alla gara de qua.
La "ratio" della previsione di
siffatto requisito è, infatti, quella di
individuare un unico soggetto, sia che
partecipi alla gara individualmente, sia in
ATI e/o in Consorzio, che abbia la
competenza e la professionalità idonee ed
adeguate allo svolgimento del servizio
oggetto dell'affidamento.
- La richiesta del possesso in capo alle
imprese di uno specifico requisito
economico-finanziario (di aver realizzato
negli ultimi esercizi finanziari un
fatturato medio non inferiore a quello
presunto del lotto o dei lotti per i quali
l'impresa concorre) è finalizzato alla
scelta del concorrente che dia prova di
adeguata affidabilità nell'espletamento del
servizio da affidare per aver svolto
un'attività di corrispondente valore
finanziario nell'ultimo triennio, così che
la relativa scelta è del tutto coerente,
logica ed adeguata in relazione allo
specifico oggetto della gara di appalto
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 02.02.2010 n. 426 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
In tema di valutazione
del costo del lavoro e della sicurezza a
nulla rileva la variazione tabellare
intervenuta successivamente al termine
ultimo di presentazione delle offerte.
Com’è noto, prima dell’entrata in vigore del
D.Lgs. 163/2006 la valutazione dei costi del
lavoro e della sicurezza nelle gare
d’appalto avveniva non già con riferimento
ai contratti collettivi nazionali del
lavoro, ma in base ad apposite tabelle
predisposte ed approvate dal Ministero del
Lavoro.
Il caso sottoposto al vaglio del Consiglio
di Stato verteva sull’applicabilità di una
variazione tabellare intervenuta
successivamente al termine di presentazione
delle offerte. In proposito, il Consesso
stabiliva che a nulla rileva la variazione
tabellare intervenuta successivamente al
termine ultimo di presentazione delle
offerte, laddove la lex specialis
faceva specifico riferimento al costo medio
della manodopera relativo al Decreto
Ministero del Lavoro vigente al momento
della sua indizione.
In sostanza, la nuova variazione
contrattuale non doveva essere considerata
poiché le imprese partecipanti alla gara
dovevano formulare le loro offerte sulla
base delle tabelle ministeriali richiamate
nel bando di gara, sicché non sarebbe stato
consentito alla stazione appaltante
applicare tabelle approvate e pubblicate in
epoca successiva (Consiglio di Stato, Sez.
V,
sentenza 02.02.2010 n. 425 - link
a
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APPALTI:
Violazione dei principi
della continuità e della concentrazione
delle sedute di gara: Invalidità della
procedura Pubblicità delle sedute di gara:
Principio inderogabile.
Nelle gare pubbliche, il principio della
continuità e della concentrazione della gara
costituisce espressione delle regole
dell’imparzialità e della par condicio in
quanto mira ad assicurare l’indipendenza di
giudizio di chi presiede la gara ed a
sottrarlo a possibili influenze esterne.
Eccezioni al principio operano soltanto in
particolari situazioni che impediscano
obiettivamente la conclusione delle
operazioni di gara in una sola seduta, ad
esempio a causa della complessità
dell’istruttoria. La violazione del
principio in parola, senza giusta causa,
comporta l’invalidità della procedura.
E’ principio inderogabile, in qualunque tipo
di gara, quello secondo cui gli adempimenti
concernenti la verifica dell’integrità dei
plichi contenenti l’offerta debbano
svolgersi in seduta pubblica, sia che si
tratti di documentazione amministrativa che
di documentazione riguardante l’offerta
tecnica ovvero l’offerta economica.
Conseguentemente è illegittima l’apertura in
segreto dei plichi, fermo restando che
ultimate le fasi preliminari pubbliche di
verifica e riscontro dei plichi e dei
documenti in essi contenuti, la valutazione
tecnico-qualititativa dell’offerta vada
effettuata invece in seduta riservata al
fine di evitare influenze esterne sui
giudizi dei membri della commissione
giudicatrice (TAR Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 02.02.2010 n. 244 - link
a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Gare pubbliche -
Principio della continuità e concentrazione
della gara - Violazione - Invalidità della
procedura.
Nelle gare pubbliche, il principio della
continuità e della concentrazione della gara
costituisce espressione della più generale
regola della imparzialità e della par
condicio, in quanto mira ad assicurare
l’indipendenza di giudizio di chi presiede
la gara ed a sottrarlo a possibili influenze
esterne (cfr. Cons. Stato, sez. VI,
16.11.2000 n. 6128; TAR Umbria, 03.10.1990
n. 348), la sua violazione comporta
l’invalidità della procedura a prescindere
dalla verifica delle conseguenze pratiche
(cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15.07.1992 n.
689) ed esso subisce eccezioni soltanto in
particolari situazioni, che obiettivamente
impediscano la conclusione delle operazioni
di gara in una sola seduta (Cons. Stato,
sez. IV, 05.10.2005 n. 5360; Id., sez. V,
03.01.2002 n. 5).
Gare pubbliche -
Verifica delle offerte - Complessità
dell’istruttoria - Impiego di tempo -
Custodia degli atti di gara - Obiettiva
certezza di autenticità ed integrità.
L’impiego di un tempo eccessivo per la
verifica della documentazione amministrativa
e delle offerte presentate, anche se
giustificato dalla complessità
dell’istruttoria ovvero da fattori
eccezionali, vizia in ogni caso l’intera
procedura allorquando non venga assicurata
medio tempore la custodia degli atti di
gara, con modalità che diano oggettiva
certezza, alla ripresa delle operazioni,
della loro autenticità ed integrità (cfr.
tra molte Cons. Stato, sez. IV, 04.12.1998
n. 1603; Id., sez. V, 07.05.1994 n. 442).
Verifica dell’integrità
dei plichi contenenti l’offerta - Seduta
pubblica - Principio inderogabile -
Valutazione tecnico-qualitativa - Seduta
riservata.
E’ principio inderogabile in qualunque tipo
di gara quello secondo cui gli adempimenti
concernenti la verifica dell’integrità dei
plichi contenenti l’offerta devono svolgersi
in seduta pubblica, sia che si tratti di
documentazione amministrativa che di
documentazione riguardante l’offerta tecnica
ovvero l’offerta economica, e
conseguentemente è illegittima l’apertura in
segreto dei plichi, fermo restando che,
ultimate le fasi preliminari pubbliche di
verifica e riscontro dei plichi e dei
documenti in essi contenuti, la valutazione
tecnico-qualitativa dell’offerta va invece
effettuata in seduta riservata, al fine di
evitare influenze esterne sui giudizi dei
membri della commissione giudicatrice (cfr.,
per tutte, Cons. Stato, sez. VI, 22.04.2008
n. 1856; Id., sez. IV, 08.10.2007 n. 5217;
Id., sez. V, 27.04.2006 n. 2370) (TAR
Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 02.02.2010 n. 244 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Appalti, accordo bonario
d'obbligo. Parere del Consiglio di stato
sullo schema di decreto attuativo della
direttiva ricorsi. Per riserve superiori al
10%. Meno deroghe al rito speciale.
Rendere sempre
obbligatorio l'accordo bonario in caso di
riserve superiori al 10% dell'importo dei
lavori, limitare le deroghe previste per il
rito speciale nei ricorsi al Tar in materia
di appalti; tariffe per gli arbitrati di
competenza del ministero e non «legificati».
Sono questi alcuni dei rilievi formulati dal
Consiglio di Stato, Commissione speciale,
con il
parere 01.02.2010 n. 368/2010
sullo schema di decreto di attuazione della
direttiva 2007/66 («ricorsi») emanato in
attuazione dell'art. 44, della legge
07.07.2009, n. 80.
Il copioso parere (71 pagine), intende in
primo luogo evidenziare che si eviti di
codificare, con specifico riguardo al
settore degli appalti, principi generali
ampiamente consolidati nella giurisprudenza,
che potranno essere eventualmente codificati
in sede di predisposizione dell'emanando
Codice del processo amministrativo
(attuativo a sua volta dell'articolo 44
della legge n. 69/2009).
Il Consiglio di stato chiede poi, fra le
diverse cose, che sia meglio chiarita la
norma che prevede il divieto di esecuzione
anticipata del contratto «perché non
sembra sufficiente il richiamo ai principi
riguardanti la diretta e obbligatoria
applicabilità delle direttive comunitarie,
anche in mancanza di esplicito recepimento».
Sull'accesso ai documenti il parere
individua diverse «criticità, che
potrebbero consigliarne l'espunzione dal
testo o il radicale ridimensionamento».
Ad avviso dei giudici «è dubbio che la
legge di delega contempli tra i propri
oggetti anche quello della disciplina
dell'accesso ai documenti» e quindi,
anche per altri aspetti, «ritiene che
occorra una profonda riflessione sulla
utilità della disposizione, nella sua
attuale espressione».
Per quel che concerne l'accordo bonario,
premessa la necessità di valutare se la
sostituzione del responsabile del
procedimento con il mediatore unico possa
determinare nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica, il parere chiede al
governo di recepire le osservazioni
formulate di recente dall'Autorità per la
vigilanza sui contratti pubblici e di
estendere a tutti gli appalti e concessioni
la previsione dell'avvio obbligatorio del
procedimento (cioè a prescindere da ogni
valutazione in merito al 10%) sulle riserve
presenti in contabilità a fine lavori,
previsione che oggi sembrerebbe operante
solo per gli appalti inferiori a 10 milioni
di euro.
Sugli arbitrati si critica la scelta di
sottrarre la determinazione delle tariffe
alla competenza ministeriale e di
trasferirla al potere legislativo; ciò
potrebbe precludere la modifica o
l'aggiornamento delle tariffe senza passare
per una modifica legislativa del testo
normativa. Inoltre l'attribuzione di
rilevanti effetti al deposito presso la
camera arbitrale viene valutata come «una
deroga ingiustificata ai principi generali
in materia di arbitrato».
Sul procedimento di precontenzioso previsto
dal decreto i giudici rilevano che nel
contesto di una nuova disciplina che prevede
il brevissimo termine di trenta giorni per i
ricorsi al Tar, la comunicazione preventiva
dell'intenzione di proporre ricorso è
oggettivamente e realisticamente destinata a
giocare un ruolo molto marginale in funzione
deflativa del contenzioso.
Per quel che attiene al rito speciale
previsto per i ricorsi al Tar in materia di
appalti l'invito è a «limitare al minimo
le deroghe rispetto alla già vigente
disciplina speciale ex art. 23-bis della
legge sui Tar» e a considerare che le
esigenze di accelerazione del giudizio
vadano condivise ma non fino al punto di
prevedere per tutti i processi in materia di
appalto un udienza di merito in un termine
molto breve, compromettendo il rispetto del
principio del giusto processo (articolo
ItaliaOggi del 05.02.2010, pag. 35). |
APPALTI:
Sulla discrezionalità di
non aggiudicazione della gara.
Correttamente la stazione appaltante si sia
avvalsa della facoltà di non procedere
all’aggiudicazione della gara all’offerta
del raggruppamento ricorrente, pur essendo
l’unica valida, in quanto presentava “carenze
progettuali e qualitative tali da renderla
non idonea rispetto alle esigenze
dell’Amministrazione e, comunque, non
conveniente dal punto di vista economico”.
Invero, in primo luogo, nel caso di specie
sussistevano i presupposti per l’esercizio
da parte della stazione appaltante del
potere discrezionale in questione (ex art.
81, comma 3, D.Lgs. n. 163/2006), in quanto
la circostanza che l’offerta tecnica della
ricorrente avesse superato il preliminare
vaglio di corrispondenza ai requisiti
qualitativi indicati come soglia minima nel
disciplinare, non configura un vincolo per
la stazione appaltante in ordine alla
valutazione definitiva delle offerte, ma in
realtà rappresenta soltanto il riscontro del
raggruppamento di un livello qualitativo “sufficiente”
da parte delle varie soluzioni progettuali
elaborate dalle imprese concorrenti.
Pertanto non appare suffragata sotto il
profilo né testuale né sistematico
l’interpretazione elaborata dalla ricorrente
secondo cui, in presenza di soglie minime di
requisiti qualitativi stabilite nella lex
specialis di gara, l’esercizio –da parte
della stazione appaltante– del potere, di
cui all’art. 81, comma 3, D.Lgs. n.
163/2006, sarebbe di fatto circoscritto al
sopravvenire di circostanze imprevedibili
all’atto di indizione della gara; la
discrezionalità di non aggiudicare la gara,
invece, concerne la valutazione complessiva
dell’offerta (nella sua interezza) come non
rispondente alle esigenze della stazione
appaltante e, pertanto, si pone su un piano
generale nel quale va ricompreso, quale
singolo aspetto, il superamento di un
preliminare scrutinio di qualità minima da
parte delle offerte in gara (TAR Lazio-Roma,
Sez. III-quater,
sentenza 01.02.2010 n. 1258 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Gara per l'affidamento
in concessione di un'area per la
realizzazione di un impianto sportivo -
Presentazione del progetto relativo
all'impianto -Difformità rispetto agli
strumenti urbanistici vigenti - Esclusione
dalla gara - Legittima anche ove il bando
nulla disponga.
E'
legittima l'esclusione da una gara ad
evidenza pubblica per l'affidamento in
concessione di un'area per la realizzazione
e la gestione di un impianto sportivo
laddove il relativo progetto edilizio si
ponga in contrasto con gli strumenti
urbanistici vigenti per l'area considerata
(nella fattispecie con le norme tecniche
d'attuazione - NTA) e ciò anche laddove il
bando non preveda espressamente l'esclusione
a fronte di tale tipologia di violazioni
(cfr. Cons. Stato, sez. V, 23.01.2006, n.
204) (massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 01.02.2010 n. 213 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Contratti della P.A. -
Vincolatività della lex specialis - Ius
superveniens - Contrasto delle disposizioni
del bando con prescrizioni normative
sopravvenute - Effetti - Caducazione - Con
il limite delle fasi già concluse.
Nonostante una parte della giurisprudenza,
in ossequio al principio del "tempus
regit actum", abbia ritenuto sussistente
il principio della vincolatività della
lex specialis di gara anche nelle
ipotesi in cui la stessa contrasti con
prescrizioni normative sopravvenute, deve
ritenersi "tamquam non esset" la
disposizione del bando di gara che contrasti
con norme imperative ed inderogabili sia "ab
origine", che a seguito di "ius
superveniens" nel corso della gara. Nei
contratti ad evidenza pubblica, infatti,
tutte le fasi di gara in cui la procedura si
scompone assumono un ruolo interno,
progressivo e preordinato all'atto di
aggiudicazione ed hanno carattere
strettamente preparatorio della
determinazione finale di scelta del
contraente: determinazione che non può mai
prescindere dall'applicazione della legge in
quel momento in vigore, indipendentemente
dal fatto che le fasi già concluse possano
restare regolate dalla vecchia legge (conf.
Cons. Stato, sez. VI, 25.09.2007, n. 4937;
TAR Lombardia Milano, sez. III, 26.08.1998,
n. 2031) (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 01.02.2010 n. 210 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità della
clausola di un bando che preveda, a pena di
esclusione, l'obbligo di comunicare alla
Autorità di Vigilanza il versamento del
contributo ad essa dovuto.
In materia di procedure per l'affidamento di
appalti pubblici, è da ritenersi illegittimo
il disciplinare di gara nella parte in cui
prevede che la mancata prova dell'avvenuto
versamento e della relativa comunicazione
all'Autorità per la Vigilanza integra una
causa di esclusione dalla gara, ciò in
quanto non è ravvisabile, in capo alla
stazione appaltante, alcun interesse degli
estremi del versamento ad essa dovuto,
giacché siffatto adempimento non incide in
alcun modo sul regolare andamento della
gara, né sulla par condicio dei concorrenti.
La stessa Autorità di Vigilanza sui
contratti pubblici, nel rispondere ad alcuni
quesiti posti alla stessa, ha escluso che le
stazioni appaltanti possano escludere per un
motivo del genere il soggetto partecipante
alla gara (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 01.02.2010 n. 58 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
gennaio 2010 |
|
APPALTI: La
caratteristica dell’ATI mista è quella di
combinare il modello dell’ATI verticale con
quello dell’ATI orizzontale, sicché
all’interno della prima sono possibili
ulteriori sub-raggruppamenti orizzontali che
frazionino tra loro o la prestazione della
mandataria o la prestazione della mandante.
Proprio la struttura dell’ATI mista consente
il sub-raggruppamento orizzontale e quello
verticale, purché nell’ambito della
prestazione principale resti ferma la regola
del solo raggruppamento orizzontale.
La caratteristica dell’ATI mista è quella di
combinare il modello dell’ATI verticale con
quello dell’ATI orizzontale, sicché
all’interno della prima sono possibili
ulteriori sub-raggruppamenti orizzontali che
frazionino tra loro o la prestazione della
mandataria (sicché si avrà un’ATI
orizzontale per la prestazione principale e
una verticale che separa la prestazione
secondaria) o la prestazione della mandante
(che svolge la prestazione “secondaria”,
separabile in ATI verticale, ma che a sua
volta può essere un’ATI orizzontale che nel
complesso svolge la prestazione secondaria).
In pratica, ferma la massima flessibilità
che consente la combinazione dei due
modelli, resta dovuto il rispetto del limite
di legge per cui il segmento di ATI
verticale, che realizza lo scorporo, non può
coinvolgere la prestazione principale (sul
punto particolarmente chiara e con
considerazioni tuttora valide Cons. St. sez.
IV 09.07.1998 n. 702).
Come già
evidenziato in termini generali, proprio la
struttura dell’ATI mista consente il
sub-raggruppamento orizzontale e quello
verticale, purché nell’ambito della
prestazione principale resti ferma la regola
del solo raggruppamento orizzontale. Ciò che
la legge vieta è in definitiva che tutto ciò
che la stazione appaltante ha qualificato
principale venga svolto in esclusiva da una
mandante. D’altro canto sulle prestazioni
eseguite in ATI orizzontale sono obbligate
in solido tutte le componenti dell’ATI e vi
è comunque (in virtù della suddivisione pro
quota e non per tipo) anche una effettiva
partecipazione all’attività della
mandataria, interlocutore diretto della
stazione appaltante; per contro nell’ATI
verticale sono necessariamente responsabili
in solido verso la stazione appaltante della
parte di servizio scorporata solo la
mandante verticale e la mandataria, che
risponde dell’attività della mandante ma
dichiaratamente non vi prende in alcun modo
parte. L’effetto che il divieto di scorporo
vuole dunque evitare è duplice: l’esonero di
responsabilità delle restanti mandanti oltre
che la responsabilità in assenza di
partecipazione all’attività da parte della
mandataria
(TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 29.01.2010 n. 454 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Contratti della p.a. -
affidamento servizio - cottimo - pubblicità
- controllo documentazione - seduta pubblica
- necessità.
Ex art. 125 del d.lgs. 163/2006 si applica
anche al cottimo di importo inferiore a €
20.000,00 il principio di dare adeguata
pubblicità al procedimento: è, pertanto,
necessaria la comunicazione ai partecipanti
in ordine alla data di svolgimento della
seduta pubblica per l'esame della
documentazione (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza 29.01.2010 n. 434 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Concessione servizi -
predeterminazione criteri selettivi -
valutazione offerta - diversità.
In fattispecie di concessione di servizi,
gli elementi attinenti alla capacità del
prestatore di eseguire i servizi da affidare
-ed in particolare l'esperienza pregressa-,
possono essere utilizzati unicamente ai fini
della selezione dei concorrenti e non quali
elementi di valutazione dell'offerta in
termini di affidabilità del concorrente in
quanto lesivo dei principi di trasparenza e
non discriminazione (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza 29.01.2010 n. 430 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Servizio ristorazione -
offerta - valutazione - pregio tecnico -
requisiti di ammissione - elementi di
valutazione - diversità - temperamento in
rapporto ai singoli appalti - certificazione
di qualità - indicatore di pregio -
rilevanza.
La P.A. non può, in linea di principio, in
sede di valutazione delle offerte
valorizzare elementi indicativi di una
generale ed astratta capacità operativa di
impresa i quali, in sé e per sé considerati,
nulla dicano sulla maggiore o minore qualità
della prestazione, mentre potrebbe prevedere
gli stessi elementi come requisiti di
ammissione dei partecipanti.
Tale principio va temperato in rapporto ai
casi concreti, dato che fra i possibili
requisiti di ammissione e i possibili
criteri valutativi non vi è una divisione
netta, valida una volta per tutte.
La certificazione di qualità è un indicatore
di pregio del servizio offerto, in quanto
consiste nell'affermazione, fatta dal
certificatore, ovvero da un soggetto terzo e
qualificato, secondo la quale la ditta
svolge l'attività certificata secondo i
migliori criteri disponibili allo stato
dell'arte (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 29.01.2010 n. 429 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Stipulazione contratto -
discrimine competenza - conclusione -
aggiudicazione definitiva.
Prima della stipulazione del contratto
(discrimine tra ambito di competenza del
giudice amministrativo e ordinario) e
comunque dell'aggiudicazione definitiva, si
controverte ancora nell'ambito del
procedimento di aggiudicazione dell'appalto
con conseguente giurisdizione del g.a.
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 29.01.2010 n. 428 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: PROCEDURE
NEGOZIATE.
Il Tar Puglia precisato, in materia di
procedura negoziata senza previa
pubblicazione di bando di gara, che “l’articolo
57, comma 2°, lettera “b” del Codice dei
contratti pubblici (D.Lgs n. 163/2006)
prevede la procedura negoziata, senza previa
pubblicazione di un bando di gara, quale
ipotesi di deroga al principio generale
della gara pubblica, nel caso in cui “per
ragioni di natura tecnica o artistica ovvero
attinenti alla tutela di diritti esclusivi,
il contratto possa essere affidato
unicamente ad un operatore economico
determinato”. Ricorre tale fattispecie, in
relazione ad un sistema di telegestione e di
risparmio energetico sugli impianti di
pubblica illuminazione, laddove l’impresa,
in ragione anche dei brevetti insiti nella
sua proposta progettuale, si ponga come
“unico interlocutore” per la fornitura del
sistema medesimo”.
In riferimento ad una peculiare fattispecie,
il Tar ha evidenziato che il procedimento di
individuazione dell’operatore unico
determinato, così come posto in essere,
appare corretto e pienamente condivisibile.
Infatti, in primo luogo, la stazione
appaltante, in qualità di Pubblica
amministrazione, deve porsi il problema di
individuare con precisione l’interesse o,
rectius, l’esigenza pubblica da
soddisfare.
Si tratta di un importante elemento, la cui
corretta individuazione è decisiva, in
quanto imprecise ricognizioni
condizioneranno negativamente e, sovente, in
modo irreparabile, l’agire futuro.
Individuata correttamente l’esigenza, è
possibile pervenire alla definizione tecnica
del servizio, da ricercare sul mercato.
E’ evidente che l’identificazione del
servizio e delle sue peculiari e, talora,
esclusive caratteristiche, deve avvenire con
estremo rigore da parte della Pubblica
amministrazione, in modo da poter
comprendere e, poi, dimostrare, la
possibilità, o meno del ricorso al mercato,
cioè alla gara pubblica, oppure la necessità
di contrattare con un unico operatore
economico. Solo a questo punto, cioè dopo
aver individuato il “bisogno pubblico”
e definito il servizio nei suoi elementi
tecnici, è possibile valutare l'eventuale
sussistenza di "motivi di natura tecnica",
implicanti la contrattazione con un solo
soggetto, cioè l'affidamento senza gara.
In buona sostanza, la precisa qualificazione
del servizio, a seguito della ricognizione
delle pubbliche esigenze, si rivela
estremamente importante ai fini della
trasparenza e della correttezza dell’azione
amministrativa, in quanto si pone come
decisivo discrimen fra la “regola”
della gara pubblica e la sua antitetica
“eccezione”, rappresentata dalla procedura
negoziata. Solo dopo tale "percorso",
appare corretta e legittima la procedura
negoziata.
La stazione appaltante deve illustrare tale
intero percorso procedurale, con adeguata ed
esaustiva motivazione, affinché il suo agire
possa essere sottoposto ad un controllo,
invero delicato, in quanto si ha a che fare
con il risultato di una valutazione di
discrezionalità tecnica.
E’ ben evidente che solo la puntuale
illustrazione di tale percorso consentirà al
giudice di non travalicare i suoi limiti,
verificando la plausibilità logica
dell’agire complessivo (commento tratto
dalla newsletter di
www.centrostudimarangoni.it - TAR
Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 29.01.2010 n. 372 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Illuminazione pubblica,
telegestione e risparmio energetico,
affidamento diretto.
Ai sensi del
Codice dei contratti pubblici, deve
ritenersi legittima la delibera di
affidamento diretto e senza gara
dell’appalto per la realizzazione di un
sistema di telegestione e di risparmio
energetico sugli impianti di illuminazione
pubblica comunale
(TAR
Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 29.01.2010 n. 372 - link
a www.altalex.com). |
LAVORI PUBBLICI:
E' legittima la delibera
con la quale un comune ha affidato, mediante
procedura negoziata senza previa
pubblicazione del bando di gara, alla
Telecom Italia s.p.a. l'appalto per la
realizzazione di un sistema di telegestione
e di risparmio energetico.
L'art. 57 del D.lgs. 163/2006, prevede che
le stazioni appaltanti possono aggiudicare
contratti pubblici mediante procedura
negoziata senza previa pubblicazione di un
bando di gara in ipotesi predeterminate,
dandone conto con adeguata motivazione nella
delibera o nella determina a contrarre.
Tra le ipotesi di deroga al principio
generale della gara pubblica la stessa
disposizione, al c. 2 lett. b), contempla il
caso in cui "per ragioni di natura
tecnica o artistica ovvero attinenti alla
tutela di diritti esclusivi, il contratto
possa essere affidato unicamente ad un
operatore economico determinato".
Pertanto, nel caso di specie, è legittima la
delibera con la quale un comune ha affidato,
mediante procedura negoziata senza previa
pubblicazione del bando di gara, alla
Telecom Italia s.p.a. l'appalto per la
realizzazione di un sistema di telegestione
e di risparmio energetico sugli impianti di
illuminazione pubblica, in quanto Telecom
Italia risulta, in ragione dei propri
diritti esclusivi sul sistema Mynos e
tutelato dai brevetti europei certificati,
l'unico operatore economico in grado di
garantire gli obiettivi fissati
dall'amministrazione, rappresentati dal
conseguimento di risparmi energetici e
manutentivi attraverso moduli di
telegestione e telecontrollo e,
contestualmente, dalla possibilità di
integrare nella rete pubblica di
illuminazione una rete informativa cittadina
per sviluppare la capacità e la funzionalità
dei servizi comunali.
Il progetto presenta, dunque, un quid
pluris che costituisce una peculiarità
-fondata su determinati diritti di
esclusiva- rispetto ad un tradizionale
impianto di pubblica illuminazione (TAR
Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 29.01.2010 n. 372 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'affidamento di un appalto ex art. 57,
comma 2, lett. b), del Codice degli Appalti
all'unica impresa idonea a soddisfare
l'interesse pubblico.
Ben può un’amministrazione comunale affidare
l’appalto per la realizzazione di un sistema
di telegestione e di risparmio energetico
sugli impianti di illuminazione pubblica
comunale se sussistono le condizioni
richieste dall’art. 57, comma 2, lett. b)
del D.Lgs. 163/2006, nel caso in cui “per
ragioni di natura tecnica o artistica ovvero
attinenti alla tutela di diritti esclusivi,
il contratto possa essere affidato
unicamente ad un operatore economico
determinato”.
Nel caso di specie, il Comune di Ugento
aveva affidato l’appalto, utilizzando una
procedura negoziata senza previa
pubblicazione di bando, individuando nella
Telecom s.p.a una tecnologia che consentisse
risparmi relativi all’impianto di pubblica
illuminazione sia in termini di costi
energetici che in termini di costi di
esercizio. D’altro canto, l’affidataria
restava l’unica interlocutrice idonea a
soddisfare l’interesse pubblico, non avendo
l’impresa ricorrente dato alcuna prova
dell’esistenza di un sistema alternativo che
potesse soddisfare le esigenze pubbliche
esternate nella delibera comunale (TAR
Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 29.01.2010 n. 372 - link
a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
1. Esclusione dalla
procedura selettiva - Accesso agli atti in
vista della difesa in giudizio - Diniego ai
sensi dell'art. 13, co. 5 del d.lgs. n.
163/2006 - Illegittimo.
2. Accesso agli atti - Intenzione di agire
in giudizio per ottenere l'annullamento
degli atti gara - Interesse all'accesso -
Sussiste.
1.
Secondo giurisprudenza costante,
l'esclusione dall'accesso nelle ipotesi di
cui all'art. 13, comma 5 (vale a dire, ove
riguardi documenti contenenti "informazioni
fornite dagli offerenti nell'ambito delle
offerte, ovvero a giustificazione delle
medesime") non è sempre radicale ed
assoluta.
Ai sensi del successivo co. 6, infatti, deve
essere comunque consentito l'accesso al
concorrente che lo richieda in vista della
difesa in giudizio dei propri interessi in
relazione alla procedura di affidamento del
contratto alla quale ha preso parte (Cfr.
Cons. Stato, sez. V, 09.12.2008, n. 6121).
2.
Sussiste l'interesse concreto e specifico
all'accesso da parte dell'impresa che abbia
partecipato alla gara per l'affidamento di
un contratto pubblico e che non sia
risultata aggiudicataria, non essendo
necessario che al momento della richiesta di
accesso sia già instaurato il giudizio
avverso l'annullamento dell'aggiudicazione o
degli atti di gara; è infatti sufficiente
che la lite sia anche solo potenziale (CGA
Sicilia, Sez. Giur., 05.12.2007, n. 1087) (nella
fattispecie, il Collegio ha statuito che ha
un interesse concreto ed attuale, tale da
sorreggere l'istanza presentata, la
ricorrente che ha partecipato con esisto
sfavorevole alla procedura e che ha
manifestato l'intenzione di agire in
giudizio per ottenere l'annullamento degli
atti gara) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenze 29.01.2010 n. 199 e
201 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'interpretazione
dell'art. 1, n. 1, della direttiva
89/665/CEE, per quanto riguarda la data in
cui inizia a decorrere il termine per
proporre ricorso in materia di
aggiudicazione degli appalti pubblici.
L'art. 1, n. 1, della direttiva del
Consiglio 21.12.1989, 89/665/CEE, che
coordina le disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative relative
all'applicazione delle procedure di ricorso
in materia di aggiudicazione degli appalti
pubblici di forniture e di lavori, come
modificata dalla direttiva del Consiglio
18.06.1992, 92/50/CEE, esige che il termine
per proporre un ricorso diretto a far
accertare la violazione della normativa in
materia di aggiudicazione di appalti
pubblici ovvero ad ottenere un risarcimento
dei danni per la violazione di detta
normativa decorra dalla data in cui il
ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe
dovuto essere a conoscenza della violazione
stessa.
L'art. 1, n. 1, della direttiva 89/665, come
modificata dalla direttiva 92/50, osta a una
disposizione nazionale, quale quella di cui
trattasi nella causa principale, che
consente a un giudice nazionale di
dichiarare irricevibile un ricorso diretto a
far accertare la violazione della normativa
in materia di aggiudicazione di appalti
pubblici ovvero ad ottenere il risarcimento
dei danni per la violazione di detta
normativa in applicazione del criterio,
valutato discrezionalmente, secondo il quale
siffatti ricorsi devono essere proposti
senza indugio.
La direttiva 89/665, come modificata dalla
direttiva 92/50, impone al giudice nazionale
di prorogare il termine di ricorso,
esercitando il proprio potere discrezionale,
in maniera tale da garantire al ricorrente
un termine pari a quello del quale avrebbe
usufruito se il termine previsto dalla
normativa nazionale applicabile fosse
decorso dalla data in cui egli era venuto a
conoscenza o avrebbe dovuto essere a
conoscenza della violazione della normativa
in materia di aggiudicazione di appalti
pubblici.
Qualora le disposizioni nazionali relative
ai termini di ricorso non si dovessero
prestare ad un'interpretazione conforme alla
direttiva 89/665, come modificata dalla
direttiva 92/50, il giudice nazionale
sarebbe tenuto a disapplicarle, al fine di
applicare integralmente il diritto
comunitario e di proteggere i diritti che
questo attribuisce ai singoli (Corte di
giustizia europea, Sez. III,
sentenza 28.01.2010 n. C-406/08 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it).
---------------
Ricorsi, più tempo.
Sentenza della Corte di giustizia europea.
Conta il momento della violazione.
Il termine per proporre ricorso contro una
esclusione da un appalto deve decorrere dal
momento in cui si è venuti a conoscenza
della violazione della normativa e non dal
momento in cui la violazione è avvenuta; il
giudice deve disapplicare norme che
prevedano termini di decorrenza diversi.
Lo afferma la Corte di Giustizia Europea,
sez. III, con la sentenza del 28.01.2010
(nella causa C-406/08) con riferimento ad un
appalto pubblico in cui si discuteva sulla
decorrenza dei termini per presentare
ricorso giurisdizionale.
In particolare la Corte di giustizia era
chiamata a decidere se il termine per
proporre un ricorso in materia di appalti,
dovesse decorrere dalla data della
violazione della normativa ovvero dalla data
in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o
avrebbe dovuto essere a conoscenza della
violazione stessa. Il giudice europeo, in
primo luogo, afferma che la finalità della
direttiva 89/665 è quella di garantire che
le decisioni illegittime delle
amministrazioni aggiudicatrici possano
essere oggetto di un ricorso efficace e
quanto più rapido possibile.
Partendo da questo presupposto, la sentenza
precisa che il fatto che un concorrente sia
venuto a conoscenza del rigetto della sua
candidatura o della sua offerta, di per se
non gli consente di proporre ricorso in modo
efficace, perché egli dispone di
informazioni insufficienti per scoprire
l'eventuale esistenza di un'illegittimità
impugnabile con ricorso. Invece è soltanto
dopo essere venuto a conoscenza dei motivi
per i quali è stato escluso che il soggetto
«potrà formarsi un'idea precisa in ordine
all'eventuale esistenza di una violazione
delle disposizioni in materia di appalti
pubblici e sull'opportunità di proporre
ricorso». Pertanto il termine deve
decorrere dalla data in cui il ricorrente è
venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere
a conoscenza della violazione stessa e,
quindi, dei suoi motivi.
Per quel che attiene poi alla
discrezionalità che spetta al giudice in
questo campo, la Corte censura tutte quelle
norme che consentono a un giudice nazionale
di dichiarare irricevibile un ricorso in
applicazione del criterio, valutato
discrezionalmente, secondo il quale siffatti
ricorsi devono essere proposti senza
indugio. Viceversa, la direttiva 665 «impone
al giudice nazionale di prorogare il termine
di ricorso, esercitando il proprio potere
discrezionale, in maniera tale da garantire
al ricorrente un termine pari a quello del
quale avrebbe usufruito se il termine
previsto dalla normativa nazionale
applicabile fosse decorso dalla data in cui
egli era venuto a conoscenza o avrebbe
dovuto essere a conoscenza della violazione»
(articolo ItaliaOggi del 30.01.2010, pag.
25). |
APPALTI:
Impugnazione
dell'aggiudicazione da parte di un'impresa
che non ha partecipato alla gara - Ricorso
inammissibile.
E' inammissibile per carenza di
legittimazione ad agire e interesse il
ricorso proposto avverso l'aggiudicazione di
un pubblico appalto da parte di un'impresa
che non ha partecipato alla gara relativa,
potendo la stessa impugnare soltanto le
disposizioni della lex specialis che
ne abbiano in ipotesi impedito la
partecipazione alla procedura selettiva
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 28.01.2010 n. 197 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Nelle more della
individuazione del gestore unico del
servizio idrico integrato (S.I.I.), permane
la gestione preesistente alla costituzione
dell'Ente d'Ambito.
I singoli comuni, fino all'effettivo
subentro del nuovo gestore del servizio
idrico integrato (S.I.I.), individuato
dall'Ente d'Ambito, continuano ad espletare
il servizio attraverso le forme di gestione
preesistenti e possono appaltare all'esterno
servizi già svolti da ditte esterne nonché
appaltare lavori di straordinaria
manutenzione di cui le reti idrica e
fognaria urgentemente necessitano (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 27.01.2010 n. 299 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Legittimo il
provvedimento di esclusione adottato dalla
S.A. nei confronti della concorrente che
abbia commesso gravi negligenze nei
confronti della P.A..
Si appalesa legittimo il provvedimento di
esclusione adottato da una stazione
appaltante nei confronti di una concorrente
che sia incorsa nella violazione di cui
all’art. 38, comma 1, lett. f), del D. Lgs.
163/2006, ovvero abbia commesso gravi
negligenze o agito con malafede durante
l’esecuzione di precedenti contratti con la
medesima amministrazione.
Secondo la giurisprudenza del Consiglio di
Stato, l'esclusione della ditta che sia
incorsa in grave negligenza o malafede
nell'esecuzione di lavori affidati dalla
Stazione appaltante non presuppone il
definitivo accertamento di tale
comportamento, essendo sufficiente la
valutazione fatta dalla stessa
amministrazione col richiamo per
relationem all'atto con cui, in altro
rapporto contrattuale di appalto, la stessa
amministrazione aveva provveduto alla
risoluzione per inadempimenti contrattuali.
(cfr. Cons. Stato, IV 3092 del 2007; VI Sez.
n. 1071 del 2004 e IV Sez. n. 4999 del 2006)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 27.01.2010 n. 296 - link
a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'esclusione di un concorrente resosi
responsabile di negligenze e malafede
nell'esecuzione di precedenti prestazioni.
Ai sensi
dell'art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs.
n. 163/2006 (Codice dei contratti) è
legittimo il provvedimento di esclusione
adottato da una stazione appaltante nei
confronti di un'impresa concorrente che
abbia commesso gravi negligenze o agito in
malafede durante l'esecuzione di precedenti
contratti, intercorsi con la medesima
Amministrazione committente che ha bandito
la gara.
La predetta disposizione da un lato preclude
la partecipazione alle -gare d'appalto- ai
soggetti che si siano resi responsabili di
gravi inadempienze nell'esecuzione di
precedenti contratti, denotando, quindi,
un'inidoneità "tecnico-morale" a
contrarre con la P.A., e d'altra parte
cristallizza il duplice principio secondo
cui: la sussistenza di tali situazioni
ostative può essere desunta da qualsiasi
mezzo di prova; il relativo provvedimento di
esclusione necessita, invece, di adeguata
motivazione.
Alla luce di consolidata opinione del
Consiglio di Stato, ai fini dell'esclusione
della ditta incorsa in grave negligenza o
malafede nell'esecuzione di lavori
precedentemente affidati dalla Stazione
appaltante, non si rende necessario un
accertamento definitivo in ordine ad un
siffatto comportamento, essendo sufficiente
la valutazione, operata dalla stessa
amministrazione, mediante richiamo per
relationem all'atto con cui, in altro
rapporto contrattuale, la stessa
amministrazione aveva provveduto alla
risoluzione per inadempimenti contrattuali,
come nel caso di specie.
In detta ipotesi il provvedimento di
esclusione, lungi dal rivestire carattere
sanzionatorio, assume valenza di presidio
dell'elemento fiduciario destinato a
connotare, fin dall'inizio, i rapporti
contrattuali di appalto pubblico. E' da
ritenersi quindi sufficiente, ai fini
dell'esclusione del concorrente, un
accertamento in sede amministrativa degli
inadempimenti di cui sopra (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 27.01.2010 n. 296 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it).
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Appalti, esclusa
l'impresa recidiva.
L'impresa
inadempiente in un precedente contratto è
esclusa a priori dalla partecipazione ad un
nuovo appalto con la stessa pubblica
amministrazione. Il principio vale anche nel
caso in cui le gravi negligenze non siano
state definitivamente accertate, essendo
sufficiente l'accertamento in sede
amministrativa della causa di risoluzione.
Lo chiarisce la sentenza n. 296 del
27.01.2010 del Consiglio di stato, sez. V.
L'articolo 38, comma 1, lett. f), del dlgs
n. 163/2006 prevede che sono esclusi dalla
partecipazione alle procedure di affidamento
delle concessioni e degli appalti, né
possono essere affidatari di subappalti i
soggetti che, secondo una motivata
valutazione dell'ente appaltante, hanno
commesso grave negligenza o malafede
nell'esecuzione delle prestazioni affidate
dalla stessa stazione appaltante o che hanno
commesso errore grave nell'esercizio della
loro attività professionale, accertato con
qualsiasi mezzo di prova da parte dell'ente.
Per orientamento giurisprudenziale
consolidato, l'esclusione dalle gare
pubbliche per grave negligenza o malafede
commessa nel corso di precedenti contratti
pubblici può essere pronunciata
automaticamente soltanto quando tale
comportamento è stato posto in essere in
occasione di un pregresso rapporto negoziale
intercorso con la stessa stazione appaltante
che indice la gara. Nel caso, invece,
l'inaffidabilità di una società partecipante
venga desunta dagli errori gravi commessi
nella precedente attività svolta, è
necessario valutare l'incapacità tecnico
professionale dell'impresa concorrente.
La stazione appaltante, in questa seconda
ipotesi, deve valutare i motivi della
risoluzione del precedente contratto con
altra stazione appaltante, nonché la gravità
dell'inadempienza compiuta dall'impresa e
rendere una motivazione adeguata delle
proprie scelte. Non è sufficiente un
richiamo per relationem della
risoluzione disposta da un altro ente -e
rilevato nel casellario informatico-
dovendosi valutare la condotta dell'impresa,
in termini di inadeguatezza del proprio
comportamento rispetto all'esigenza di
dimostrare la sua affidabilità
professionale. Nella sentenza in commento,
la provincia di Brindisi ha chiesto la
riforma del pronunciamento del Tar Puglia
con il quale la società E. aveva ottenuto
l'annullamento del provvedimento di
esclusione da una gara indetta dalla
provincia, esclusione decretata in quanto
alla società era stato risolto, per gravi
inadempienze e ritardi, un precedente
contratto con lo stesso ente.
Il Tar ha accolto la domanda della società
E. basandosi sul principio che non è
legittima l'esclusione dalla gara nel caso
in cui l'atto relativo all'accertamento
delle precedenti violazioni sia oggetto di
contestazione.
L'argomentazione del giudice di prime cure
non è condivisa dal Consiglio di stato il
quale afferma che la disposizione è stata
chiarita dalla giurisprudenza dello stesso
organo che ha rilevato che l'esclusione
della ditta, incorsa in grave negligenza o
malafede nell'esecuzione di lavori affidati
dalla stessa stazione appaltante, non
presuppone il definitivo accertamento del
comportamento. È sufficiente, in questo
caso, la valutazione fatta dalla stessa
amministrazione, richiamando per
relationem, l'atto con il quale in un
altro rapporto contrattuale la stessa
amministrazione ha effettuato la risoluzione
per inadempimento.
L'esclusione, continua il giudice
amministrativo, non ha carattere
sanzionatorio, poiché è a presidio
dell'elemento fiduciario destinato a
connotare, sin dal momento genetico, i
rapporti contrattuali di appalto pubblico e
l'esigenza da salvaguardare è la fiducia,
venuta meno a seguito della grave,
precedente, negligenza dell'impresa
partecipante. L'orientamento trova supporto
da un punto di vista esegetico, laddove è lo
stesso articolo 38 che richiama
espressamente il definitivo accertamento
–nella lett. g)– o il passaggio in giudicato
della sentenza –nella lettera c)– potendosi
quindi ritenere sufficiente, con
un'interpretazione al contrario,
l'accertamento in sede amministrativa della
causa di esclusione invocata nel caso in
esame. Per tali ragioni il Consiglio di
stato accoglie il ricorso della provincia
(articolo ItaliaOggi del 12.02.2010, pag.
36). |
APPALTI:
Disposizioni del bando
contrarie a norme imperative sopravvenute -
Illegittimità - Devono considerarsi non
apposte - Sono automaticamente sostituite da
quelle cogenti entrate in vigore.
Le disposizioni del bando di gara che
contrastano con norme inderogabili -sia "ab
origine" che a seguito di "ius
superveniens" nel corso della gara-
equivalgono a richiami normativi erronei o
non più attuali. Esse sono da considerarsi "tamquam
non essent" e devono essere sostituite
dalle corrispondenti previsioni cogenti.
Nei contratti ad evidenza pubblica, infatti,
tutte le fasi di gara in cui la procedura si
scompone assumono una funzione preordinata
all'atto di aggiudicazione che, in quanto
atto conclusivo (e in senso stretto
provvedimentale), deve essere
necessariamente conforme al dato normativo
in quel momento in vigore (cfr. TAR
Lombardia, sez. III, 26.08.1998, n. 2031;
nello stesso senso vedi, altresì, Cons.
Stato, sez. VI, n. 4937/2007) (fattispecie
nella quale il Collegio, dopo aver dato atto
di un orientamento contrario (cfr. TAR
Piemonte, 04.09.2009 n. 2260) ha ritenuto
legittimo il provvedimento
dell'Amministrazione di esclusione dalla
procedura selettiva di una società che in
base ad una normativa sopravvenuta non aveva
più i requisiti -misura del capitale
sociale- per poter partecipare alla gara)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenze 27.01.2010 nn. 185 e
186 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: R.
De Nictolis,
LA QUALIFICAZIONE NEL NUOVO REGOLAMENTO DI
ATTUAZIONE DEL CODICE DEGLI APPALTI PUBBLICI
- Intervento al Convegno: Un regolamento per
ogni decennio? Il DPR 207/2010: prime
riflessioni - organizzato da IGI in Roma,
27.01.2011 (link a
www.osservatorioappalti.unitn.it). |
APPALTI: B.
Veca,
RIFLESSIONI A MARGINE DEL NUOVO REGOLAMENTO
DI ATTUAZIONE DEL CODICE DEGLI APPALTI
PUBBLICI - Intervento al
Convegno: Un regolamento per ogni decennio?
Il DPR 207/2010: prime riflessioni -
organizzato da IGI in Roma, 27.01.2011 (link
a www.osservatorioappalti.unitn.it). |
APPALTI: Legittima
la costituzione in ATI con società colpita
da provvedimento antimafia se il
"collegamento mafioso" non risulta
sufficientemente provato.
La costituzione in ATI con una società che è
stata colpita da provvedimento antimafia
emanato dopo più di un anno dalla cessazione
dell’ATI stessa e dopo più anni dalla sua
costituzione, e che ha dato vita a una
società con un soggetto in precedenza
oggetto di pregiudizi dopo l’assoluzione di
questi, non determina la risoluzione del
contratto per il pericolo di “collegamenti”
di tipo mafioso, essendo ritenuti tali
elementi insufficienti a configurare indizi
oggettivamente sintomatici del pericolo di
infiltrazioni, mancando elementi ulteriori,
significativi a tal fine, quali, ad esempio,
la partecipazione del suo amministratore
unico in attività economiche svolte con
soggetti in atto indagati o imputati, in
particolare per reati di stampo mafioso o il
carattere plurimo e stabile della sua
frequentazione con soggetti malavitosi
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 25.01.2010 n. 250 - link
a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Gare d’appalto: non sono
ammissibili offerte condizionate.
L’offerta condizionata non può costituire
per la Pubblica Amministrazione offerta
suscettibile di valutazione, meritando
pertanto di essere esclusa dalla procedura,
posto che essa non può essere ritenuta
offerta attendibile, univoca e idonea a
manifestare una volontà certa ed inequivoca
dell’impresa di partecipazione alla gara
(Cons. Stato, sez. V, 25.02.1991, n. 192;
Cons. Stato, Sez. V, 23.08.2004, n. 5583)
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 25.01.2010 n. 248 - link
a www.altalex.com). |
APPALTI:
L'amministrazione non
può escludere dalla gara imprese tra loro
collegate senza verificare che tale rapporto
abbia avuto un impatto concreto sul
rispettivo comportamento nell'ambito della
procedura.
In questa contesto, secondo i giudici della
sesta sezione del Consiglio di Stato, assume
particolare rilievo la recente sentenza
della Corte di Giustizia, sez. IV,
19.05.2009, C-538/2007.
Tale sentenza, ricordano gli stessi giudici,
ha chiaramente affermato che il diritto
comunitario osta ad una disposizione
nazionale che, pur perseguendo gli obiettivi
legittimi di parità di trattamento degli
offerenti e di trasparenza nell'ambito delle
procedure di aggiudicazione degli appalti
pubblici, stabilisca un divieto assoluto, a
carico di imprese tra le quali sussista un
rapporto di controllo o che siano tra loro
collegate, di partecipare in modo simultaneo
e concorrente ad una medesima gara
d'appalto, senza lasciare loro la
possibilità di dimostrare che il rapporto
suddetto non ha influito sul loro rispettivo
comportamento nell'ambito di tale gara.
La motivazione della citata sentenza
comunitaria si snoda in particolare lungo i
seguenti passaggi. “E’ giocoforza
constatare che la normativa nazionale di cui
trattasi nella causa principale, nella
misura in cui estende il divieto di
partecipazione ad una medesima procedura di
aggiudicazione alle situazioni in cui il
rapporto di controllo tra le imprese
interessate rimane ininfluente sul
comportamento di queste ultime nell'ambito
di siffatte procedure, eccede quanto
necessario per conseguire l'obiettivo di
garantire l'applicazione dei principi di
parità di trattamento e di trasparenza”
(punto 29). “Una tale normativa, basata
su una presunzione assoluta secondo cui le
diverse offerte presentate per un medesimo
appalto da imprese collegate si sarebbero
necessariamente influenzate l'una con
l'altra, viola il principio di
proporzionalità, in quanto non lascia a tali
imprese la possibilità di dimostrare che,
nel loro caso, non sussistono reali rischi
di insorgenza di pratiche atte a minacciare
la trasparenza e a falsare la concorrenza
tra gli offerenti” (punto 30). “A
tale riguardo va sottolineato che i
raggruppamenti di imprese possono presentare
forme e obiettivi variabili, e non escludono
necessariamente che le imprese controllate
godano di una certa autonomia nella gestione
della loro politica commerciale e delle loro
attività economiche, in particolare nel
settore della partecipazione a pubblici
incanti. Del resto, come rilevato dalla
Commissione nelle sue osservazioni scritte,
i rapporti tra imprese di un medesimo gruppo
possono essere disciplinati da disposizioni
particolari, ad esempio di tipo
contrattuale, atte a garantire tanto
l'indipendenza quanto la segretezza in sede
di elaborazione di offerte che vengano poi
presentate contemporaneamente dalle imprese
in questione nell'ambito di una medesima
gara d'appalto” (punto 31”). “In tale
contesto, il compito di accertare se il
rapporto di controllo in questione abbia
esercitato un'influenza sul contenuto delle
rispettive offerte depositate dalle imprese
interessate nell'ambito di una stessa
procedura di aggiudicazione pubblica
richiede un esame e una valutazione dei
fatti che spetta alle amministrazioni
aggiudicatrici effettuare. La constatazione
di un'influenza siffatta, in qualunque
forma, è sufficiente per escludere tali
imprese dalla procedura di cui trattasi. Per
contro, la semplice constatazione
dell'esistenza di un rapporto di controllo
tra le imprese considerate, risultante
dall'assetto proprietario o dal numero dei
diritti di voto che possono esercitarsi
nelle assemblee ordinarie, non è sufficiente
affinché l'amministrazione aggiudicatrice
possa escludere automaticamente tali imprese
dalla procedura di aggiudicazione
dell'appalto, senza verificare se un tale
rapporto abbia avuto un impatto concreto sul
loro rispettivo comportamento nell'ambito di
questa procedura” (commento tratto da
www.doumentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 25.01.2010 n. 247 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La pubblicità delle sedute di gara:
contrasti giurisprudenziali in attesa del
nuovo regolamento (link a
www.mediagraphic.it). |
LAVORI PUBBLICI:
L. Bellagamba,
La manutenzione stradale come possibile
concessione di servizio (link a
www.linobellagamba.it). |
LAVORI PUBBLICI: L.
Bellagamba,
Il fotovoltaico, il finanziamento tramite
terzi e l’equivoco dell’art. 15 del D.Lgs.
115/2008: il contratto è di lavori e non di
servizio, di concessione e non di appalto.
Può configurarsi un appalto, tuttavia,
laddove il comune costituisca ad hoc una
società in house – Non è affatto rilevante
la qualificazione nazionale data al
contratto pubblico di cui si tratti (link a
www.linobellagamba.it). |
APPALTI SERVIZI:
G. Scarafiocca,
La nuova disciplina dei servizi pubblici
locali di rilevanza economica
(link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
1. Concessione
distribuzione gas - scadenza - proroga -
disciplina applicabilità
2. Concessione distribuzione gas -
convenzione - facoltà di ritenzione impianti
- vincolatività - non sussiste.
1.
Con l'emanazione degli artt. 15 comma 5, 6,
7, 8, d.lgs. 164/2000, art. 1 comma 69 l.
239/2004 e art. 23 comma 1 d.l. 273/2005
(convertito in l. 51/2006) il legislatore ha
voluto creare un limite di certezza
(31/12/2007) oltre il quale non è consentito
procrastinare l'attuazione dei nuovi
principi che presidiano l'attività di
distribuzione del gas nell'osservanza delle
regole concorrenziali.
In questo quadro la facoltà di proroga per
motivi di pubblico interesse costituisce, a
sua volta, un'ipotesi residuale ed atipica
da esercitarsi discrezionalmente ed
unilateralmente dall'Ente locale.
2.
La norma convenzionale che prevede
l'esercizio della facoltà di ritenzione
degli impianti da parte del concessionario,
prevista contrattualmente sotto il vecchio
regime, non è vincolante e se ne statuisce
la cedevolezza di detta clausola nei
confronti degli interessi tutelati dalla
normativa sopravvenuta (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza 22.01.2010 n. 218 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Ancor prima
dell'attuazione delle linee di indirizzo
necessarie per favorire l'aggregazione tra
comuni in merito alla distribuzione del gas,
i comuni possono indire gare pubbliche per
l'affidamento medio tempore del servizio
relativo.
Il collegio dei giudici lombardi,
nell'affrontare la complessa materia delle
proroghe e scadenze in tema di distribuzione
del Gas, offre un'interpretazione orientata
alla piena attuazione del principio del
ricorso al mercato e della concorrenza.
Il quadro normativo di cui si tenterà di
fornire un quadro riassuntivo, così come
tracciato dai magistrati stessi richiede uno
sforzo d'interpretazione che i giudici
bresciani hanno assunto pervenendo
all'affermazione contenuta nel titolo del
presente commento.
La disciplina del mercato interno del Gas
naturale è dettata in Italia dal D.lgs
164/2000 che attua la direttiva 98/30/CE. La
disposizione del decreto, maggiormente
esposta ad interventi normativi, è quella
che regolamenta il periodo transitorio ed è
contenuta nell'art. 15 del medesimo.
L'art. 15, commi 5, 6, 7 e 8 del D. Lgs.
164/2000 stabilisce: “5. Per l'attività
di distribuzione del gas, gli affidamenti e
le concessioni in essere alla data di
entrata in vigore del presente decreto,
nonché quelli alle società derivate dalla
trasformazione delle attuali gestioni,
proseguono fino alla scadenza stabilita, se
compresa entro i termini previsti dal comma
7 per il periodo transitorio. Gli
affidamenti e le concessioni in essere per i
quali non è previsto un termine di scadenza
o è previsto un termine che supera il
periodo transitorio, proseguono fino al
completamento del periodo transitorio
stesso. In quest'ultimo caso, ai titolari
degli affidamenti e delle concessioni in
essere è riconosciuto un rimborso, a carico
del nuovo gestore ai sensi del comma 8
dell'art. 14, calcolato nel rispetto di
quanto stabilito nelle convenzioni o nei
contratti e, per quanto non desumibile dalla
volontà delle parti, con i criteri di cui
alle lettere a) e b ) dell'art. 24 del regio
decreto 15.10.1925, n. 2578. Resta sempre
esclusa la valutazione del mancato profitto
derivante dalla conclusione anticipata del
rapporto di gestione.
6. Decorso il periodo transitorio, l'ente
locale procede all'affidamento del servizio
secondo le modalità previste dall'art. 14.
7. Il periodo transitorio di cui al comma 5
è fissato in cinque anni a decorrere dal
31.12.2000. Tale periodo può essere
incrementato, alle condizioni sotto
indicate, in misura non superiore a: a) un
anno nel caso in cui, almeno un anno prima
dello scadere dei cinque anni, si realizzi
una fusione societaria che consenta di
servire un'utenza complessivamente non
inferiore a due volte quella originariamente
servita dalla maggiore delle società oggetto
di fusione; b) due anni nel caso in cui,
entro il termine di cui alla lettera a),
l'utenza servita risulti superiore a
centomila clienti finali, o il gas naturale
distribuito superi i cento milioni di metri
cubi all'anno, ovvero l'impresa operi in un
ambito corrispondente almeno all'intero
territorio provinciale; c) due anni nel caso
in cui, entro il termine di cui alla lettera
a ), il capitale privato costituisca almeno
il 40% del capitale sociale.
8. Ove ricorra più di una delle condizioni
indicate al comma 7 i relativi incrementi
possono essere sommati”.
In data 28/09/2004 è entrata in vigore la
Legge n. 239 del 2004, il cui art. 1 comma
69 recita: "La disposizione di cui
all'articolo 15, comma 5, del decreto
legislativo 23.05.2000, n. 164, relativa al
regime transitorio degli affidamenti e delle
concessioni in essere al 21.06.2000, data di
entrata in vigore del medesimo decreto
legislativo, va interpretata nel senso che è
fatta salva la facoltà di riscatto
anticipato, durante il periodo transitorio,
se stabilita nei relativi atti di
affidamento o di concessione. Tale facoltà
va esercitata secondo le norme ivi
stabilite. Le gare sono svolte in conformità
all'articolo 14 del decreto legislativo
23.05.2000, n. 164. Il periodo transitorio
di cui al citato articolo 15, comma 5,
termina entro il 31.12.2007, fatta salva la
facoltà per l'ente locale affidante o
concedente di prorogare, entro sei mesi
dalla data di entrata in vigore della
presente legge, per un anno la durata del
periodo transitorio, qualora vengano ravvisa
te motivazioni di pubblico interesse. Nei
casi previsti dall'articolo 15, comma 9, del
decreto legislativo 23.05.2000, n. 164, il
periodo transitorio non può comunque
terminare oltre il 31.12.2012. È abrogato il
comma 8 dell'articolo 15 dello stesso
decreto legislativo n. 164 del 2000”.
Il panorama normativo si è infine arricchito
con l'art. 23, comma 1, del D.L. 30/12/2005
n. 273, convertito con modificazioni nella
L. 23/02/2006 n. 51.
La disposizione recita testualmente: “1.
Il termine del periodo transitorio previsto
dall'articolo 15, comma 5, del decreto
legislativo 23.05.2000, n. 164, è prorogato
al 31.12.2007 ed è automaticamente
prolungato fino al 31.12.2009 qualora si
verifichi almeno una delle condizioni
indicate al comma 7 del medesimo articolo
15.
2. I termini di cui al comma 1 possono
essere ulteriormente prorogati di un anno,
con atto dell'ente locale affidante o
concedente, per comprovate e motivate
ragioni di pubblico interesse. 3. Sono fatte
salve le disposizioni di cui al comma 9
dell'articolo 15 del decreto legislativo
23.05.2000, n. 164, nonché la facoltà di
riscatto anticipato durante il periodo
transitorio, di cui al comma 1, se prevista
nell'atto di affidamento o di concessione.”
Secondo i giudici bresciani, il combinato di
tali disposizioni palesa che la chiusura del
periodo transitorio è stabilita dal
legislatore al 31/12/2005. Il legislatore
fissa la scadenza naturale al 31/12/2005;
entro il 31/12/2007 e non già il 31/12/2007
deve concludersi il periodo transitorio: con
tale disposizione contempla la possibilità
che ci si avvalga delle facoltà di
incremento previste dalle lettere a), b) e
c) del comma 7 dell'art. 15 che, non più
cumulabili in forza dell'intervenuta
abrogazione del successivo comma 8, le
possibilità d'incremento non possono andare
oltre i due anni complessivi (nel caso delle
fattispecie di cui alle lettere b. e c.),
determinando così lo slittamento del termine
naturale del 31/12/2005 al 31/12/2007. Nel
caso in cui ricorra la sola ipotesi di cui
alla lett. a), l'incremento del periodo
transitorio è di un solo anno, con
slittamento del termine naturale del
31/12/2005 al 31/12/2006.
In sostanza, la fascia biennale
dall'01.01.2006 al 31.12.2007 rappresenta il
segmento temporale entro il quale deve avere
termine il periodo transitorio in relazione
al tipo di incremento di cui ricorrono i
presupposti. La data del 31/12/2007
costituisce pertanto la barriera oltre la
quale il periodo transitorio non può essere
incrementato o prorogato (cfr. per tutte
sentenza TAR Brescia 06/05/2005 n. 411). In
tale contesto la proroga ulteriore stabilita
dal dl 273/2005 è ammessa solo su scelta
unilaterale dell'ente: tale incremento
rappresenta un'ipotesi residuale ed atipica
da esercitarsi discrezionalmente ed
unilateralmente dall'ente locale.
Pertanto non si consolida alcuna aspettativa
nei confronti della concessionaria e ciò
tanto meno in ordine alla concreta
applicazione dell'art. 46-bis d.l. 159/2007
che, prima della conversione del decreto,
recava la seguente dicitura "al fine di
incentivare le operazioni di aggregazione di
cui al comma 2, sono prorogati di due anni i
termini del 31.12.2007 e del 31.12.2009
stabiliti dall'articolo 23, comma 1, del DL
273/2005 (comma 3)" non ripetuta nella
versione della conversione.
D'altro canto gli stessi giudici si erano
già espressi sull'argomento: (sentenza
16/06/2008 n. 662), che "la …. pretesa
della ricorrente, focalizzata sulla
normativa in vigore tra il 1 e il
31.12.2007, non può trovare accoglimento …..
…. la sola disciplina rilevante è quella che
si collega al momento della scadenza del
periodo transitorio e ne regola l’eventuale
prosecuzione. Dunque non possono essersi
consolidate aspettative in capo alla
ricorrente circa la proroga al 31.12.2011,
sulla base della prima versione dell’art.
46-bis comma 3 del DL 159/2007, perché il
passaggio dal 31.12.2007 all'01.01.2008 è
regolato dalla legge 244/2007, ossia dalla
seconda versione dell’art. 46-bis, comma 3,
del DL 159/2007”.
L'attuale disciplina stabilita dall'art.
46-bis è volta esclusivamente a favorire
l'aggregazione dei comuni in bacini di
utenza, ciò però ad avviso dei giudici
bresciani non priva i comuni del potere di
indire medio tempore (finché non siano
dettate le linee di indirizzo per la
costituzione dei bacini) delle gare
pubbliche per l'affidamento del servizio per
il solo fatto che le linee dovranno essere
emanate nel giro di due anni.
Pertanto correttamente ed anche in linea con
la disciplina comunitaria, l'ente della
decisione in commento ha bandito gare
pubbliche per l'affidamento del servizio.
L'intento del legislatore in effetti non è
mai stato quello di procrastrinare
l'apertura del mercato interno del Gas
(commento tratto da
www.doumentazione.ancitel.it - TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 22.01.2010 n. 218 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla qualifica della
gestione del servizio di bar all'interno di
un ospedale, nonché sulla disciplina
dell'anomalia delle offerte, sull'obbl. di
dichiarare le pronunce per le quali sia
intervenuta la riabilitazione e omessa
dichiarazione dei proc. speciali.
Secondo l'opinione, ormai consolidata, di
matrice comunitaria il criterio distintivo
tra concessione di servizi ed appalto deve
essere ricercato nel differente destinatario
della prestazione e nella diversa
allocazione del rischio di gestione del
servizio. In particolare, può parlarsi di
concessione se il servizio è rivolto al
pubblico, e non direttamente
all'Amministrazione, e se (almeno per la
parte prevalente) la remunerazione del
concessionario derivi dalla gestione del
servizio. In coerenza con tale elaborazione,
l'art. 30 del d.lgs 12.04.2006, n. 163
(codice dei contratti pubblici), al secondo
comma, stabilisce che "nella concessione
di servizi la controprestazione a favore del
concessionario consiste unicamente nel
diritto di gestire funzionalmente e di
sfruttare economicamente il servizio".
Pertanto, nel caso di specie, va qualificato
come concessione di servizi il rapporto con
cui è stato affidato da una Azienda
sanitaria ad un privato la gestione di un
servizio bar e ristorazione all'interno di
un complesso ospedaliero, in quanto,
sussistono entrambi i requisiti
contenutistici: il servizio di gestione del
bar interno è reso ad un pubblico di utenti
del presidio ospedaliero, ed il rischio di
gestione del servizio ricade
sull'aggiudicatario, che non è dunque
remunerato dall'Amministrazione, ma si rifà
sugli utenti. Né può indurre ad una diversa
soluzione la circostanza che, in
correlazione anche con l'affidamento in uso
di locali dell'Azienda ospedaliera, sia
previsto dal bando di gara il versamento, da
parte del concessionario, di un canone
annuo, come pure l'obbligo dello stesso di
svolgere i lavori di predisposizione e di
adeguamento funzionale dei locali.
Tali elementi non sono tali da modificare il
profilo causale della concessione di
servizi; ed anzi, seppure con altra
finalità, l'art. 32, c.1, lett. f), del
d.lgs. n. 163 del 2006 prevede la
possibilità che il concessionario di servizi
pubblici sia chiamato a svolgere lavori
strettamente strumentali alla gestione del
servizio, che divengono di proprietà della
Amministrazione aggiudicatrice.
A norma dell'art. 30 del d.lgs 12.04.2006,
n. 163 (codice dei contratti pubblici), le
disposizioni in esso contenute non si
applicano alle concessioni di servizi, salvo
quelle della Parte IV (sul contenzioso), e
l'art. 143, comma 7, in quanto compatibile;
corollario di tale norma è che la disciplina
sull'anomalia delle offerte non si estende
alle concessioni di servizi.
Sono irrilevanti, ai fini dell'apprezzamento
della moralità professionale di un'impresa
concorrente in una gara di appalto, le
condanne seguite da riabilitazione, con
conseguente esclusione della necessità di
dichiarare le pronunce per le quali sia
intervenuta la riabilitazione, proprio per
la ragione che la conoscenza di detta
circostanza non risponde ad alcun
apprezzabile interesse della stazione
appaltante.
E' legittima l'omessa dichiarazione
dell'inesistenza delle cause di esclusione
di cui all'art. 38 del codice dei contratti
pubblici, con riguardo a soggetti dipendenti
dell'impresa partecipante alla gara, i
quali, pur muniti di procura, siano però
titolari di poteri circoscritti, che
incontrano un preciso limite nelle strategie
aziendali compiute a monte dagli organi
effettivamente dotati di poteri decisionali,
e che siano privi di poteri decisionali in
ordine alla partecipazione alla gara ed alla
formulazione dell'offerta (TAR Umbria, Sez.
I,
sentenza 21.01.2010 n. 26 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
La documentazione di
gara può essere integrata solo dove la
stessa non abbia il requisito
dell'essenzialità.
La documentazione di gara può essere
integrata solo dove la stessa non abbia il
requisito dell’essenzialità. In altre
parole, la regolarizzazione non può essere
formulata dalla stazione appaltante se è
indirizzata ad integrare documenti che in
base a previsioni univoche del bando o della
lettera di invito avrebbero dovuto essere
prodotte a pena di esclusione, già in sede
di offerta.
Nel caso specifico, il bando di gara aveva
previsto, a pena d’esclusione, l’allegazione
alla documentazione di gara
dell’attestazione (SOA) di cui al d.P.R.
34/2000 regolarmente autorizzata e in corso
di validità. In presenza di una prescrizione
tassativa imposta a tutti i concorrenti a
pena di esclusione, la stazione appaltante
ha escluso le concorrenti, che hanno omesso
tale documento, non consentendo quindi
regolarizzazioni postume (TAR Lazio-Roma,
Sez. I,
sentenza 20.01.2010 n. 626 - link
a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Sul giudizio di anomalia
dell'offerta nelle gare d'appalto.
La funzione del giudizio di anomalia
dell'offerta è quella di garantire un
equilibrio tra la convenienza della p.a. ad
affidare l'appalto al prezzo più basso e
l'esigenza di evitarne l'esecuzione con un
ribasso che si attesti al di là del
ragionevole limite dettato dalle leggi di
mercato. In particolare il sub-procedimento
di verifica dell'anomalia non tende a
selezionare l'offerta che è più conveniente
per la stazione appaltante, la ratio
cui è preordinato l'indicato meccanismo di
controllo consiste, invece, nell'assicurare
la piena affidabilità della proposta
contrattuale.
E' corretta la valutazione operata
dall'amministrazione sull'anomalia di una
offerta formulata in una gara d'appalto,
fondata sull'analisi dei prezzi unitari, sui
preventivi dei fornitori, sull'indicazione
dei tempi di esecuzione dei lavori in
relazione a quelli ritenuti ordinariamente
necessari. A tal fine l'amministrazione gode
di potere discrezionale nel determinare su
quali prezzi fondare il proprio giudizio di
congruità per escludere l'anomalia.
Pertanto, l'amministrazione, per verificare
l'anomalia dell'offerta, può indagare sui
rapporti a monte e sulle condizioni dei
fornitori di parte offerente, anche con
riferimento all'approvvigionamento di beni
da parte di questi ultimi (Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 19.01.2010 n. 188 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 3
del 19.01.2010 (link a www.infopoint.it):
- "Criteri per l'accesso ai contributi in
conto interessi per la realizzazione di
impianti sportivi di uso pubblico (legge
regionale 08.10.2002, n. 26 - art. 4, commi
1, lettera d), 3, 4, e articolo 10, commi 1,
lettera a) e 3)" (deliberazione
G.R. 02.12.2009 n. 10697);
- "Approvazione iniziativa anno 2009/2010
per l'accesso ai contributi in conto
interessi a valere sui mutui dell'Istituto
per il Credito Sportivo per la realizzazione
di impianti sportivi di uso pubblico" (decreto
D.S. 21.12.2009 n. 14302). |
LAVORI PUBBLICI:
Asfaltatura manto
stradale - Riscossione coattiva somme -
Ingiunzione di pagamento - Onere della P.A.
di dimostrare il fondamento giuridico della
pretesa - Necessità.
In materia di riscossione coattiva di somme
di denaro pretese dalla P.A. a titolo di
contributo per la riasfaltatura della sede
stradale, che l'amministrazione assuma avere
eseguito in sostituzione del privato, è
illegittima la relativa ingiunzione di
pagamento ogni qualvolta il Comune non
assolva l'onere probatorio posto a suo
carico di dimostrare il fondamento giuridico
della propria pretesa (nel caso di specie
la P.A. non cita legge, né provvedimento, né
convenzione, né statuizione giudiziale da
cui possa dedursi l'esistenza, a carico
della ricorrente e della sua dante causa,
dell'obbligo di contribuire all'asfaltatura
del manto stradale; obbligo in assenza del
quale non hanno pregio né l'avvenuto
pagamento da parte di altri residenti, né la
modesta entità del preteso contributo)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 19.01.2010 n. 96 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Non menzione di un
precedente grave errore professionale - Non
costituisce falsa dichiarazione ove l'errore
non sia stato definitivamente accertato.
In mancanza di un provvedimento emanato in
sede giurisdizionale passato in giudicato o
in sede amministrativa (purché definitivo),
che accerti il compimento di un grave errore
professionale, non può essere considerata
falsa la dichiarazione resa in sede di gara
dal concorrente che ne ometta la
segnalazione (massima tratta da www.solom.it
- TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 19.01.2010 n. 76 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
False dichiarazioni in
merito ai requisiti di gara - Precludono la
stipula del contratto.
L'art. 38, comma 1, lett. h), del d.lgs. n.
163/2006, laddove dispone che sono esclusi
dalle procedure selettive "i soggetti che
nell'anno antecedente la data di
pubblicazione del bando di gara hanno reso
false dichiarazioni in merito ai requisiti e
alle condizioni rilevanti per la
partecipazione alle procedure di gara e per
l'affidamento dei subappalti, risultanti dai
dati in possesso dell'Osservatorio", è
norma suscettibile di trovare applicazione
anche in fasi successive a quella iniziale
di ammissione alla procedura producendo
effetti preclusivi in ordine alla stipula
del contratto (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 19.01.2010 n. 69 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
AUTENTICAZIONE
SOTTOSCRIZIONE FIDEJUSSORI.
Il Tar Lazio ha affermato che “la
clausola della lettera di invito, che
prevede l’autenticazione della
sottoscrizione della fideiussione, deve
ritenersi meritevole di tutela, in quanto
garantisce la provenienza del documento in
maniera più forte rispetto all’uso della
modulistica della banca o
dell’assicurazione, anche se si tratti di
soggetti sottoposti alla vigilanza ed
all’iscrizione in un apposito albo”. Il
Tar Lazio si inserisce nel dibattito
giurisprudenziale in materia, conferendo
spunti sicuramente innovativi.
Primariamente, i giudici laziali prendono
atto, come censurato da parte dell’impresa
ricorrente esclusa, che la prescrizione non
trova fondamento nella legge, nel senso che
non è contemplata in alcuna disposizione
normativa. Tuttavia, ciò non vuol dire che
essa sia priva di ragionevolezza: “non
può, infatti, ritenersi in contrasto con la
disciplina legislativa, che non lo prevede
espressamente, ma neppure lo esclude”.
Invero, la mancanza di apposita previsione
legislativa non può condurre, di per sé, a
ritenere la clausola vietata
dall’ordinamento. Di conseguenza, si deve
verificare, se tale clausola possa,
comunque, essere inserita dalle stazioni
appaltanti nell’ambito della
discrezionalità, attribuita loro quali
amministrazioni pubbliche o nell’ ambito
dell’autonomia privata, quali contraenti di
diritto privato. In tale ultimo senso, il
Tar Lazio dà luogo a spunti innovativi.
Viene significativamente rilevato che,
nell’ambito dei rapporti di diritto privato,
le parti hanno un’ampia autonomia anche
nella determinazione della forma del
contratto. L’articolo 1352 del codice civile
attribuisce alle parti l’autonomia di
regolare la forma di un successivo contratto
da stipulare. Il comma 4° dell’articolo 1326
prevede che il proponente possa richiedere
un determinata forma per l’accettazione
della proposta.
In particolare, nella fideiussione, in
considerazione della particolare gravosità
dell’impegno del garante, l’autonomia della
parti si esplica, ad esempio, nella
stipulazione del beneficio della preventiva
escussione del debitore, beneficio che,
peraltro, è previsto espressamente nella
disciplina codicistica (art. 75, comma 4°,
per la cauzione provvisoria e 113, comma 2°,
per l’aggiudicazione definitiva). Dunque,
non vi è alcun dubbio che la stazione
appaltante possa espressamente richiedere,
nelle prescrizioni del bando o della lettera
di invito, ulteriori prescrizioni.
A ben vedere, la richiesta di una
determinata forma per il rilascio della
fideiussione (scrittura privata autenticata,
art. 2703 c.c.), deve essere ricondotta
all’autonomia privata, diversamente dalla
richiesta di dichiarazioni e certificazioni
per le quali valgono i principi di
semplificazione a cui effettivamente
l’ordinamento della pubblica amministrazione
è informato. In tale ambito, la clausola in
esame appare, secondo il Tar, meritevole di
tutela, in quanto garantisce la provenienza
del documento in maniera più forte rispetto
all’uso della modulistica della banca o
dell’assicurazione, anche se si tratti di
soggetti sottoposti alla vigilanza ed
all’iscrizione in un apposito albo (commento
tratto dalla newsletter di
www.centrostudimarangoni.it - TAR
Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 15.01.2010 n. 280 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
È corretto il
procedimento nel quale la ritenuta anomalia
di voci significative di prezzo è
sufficiente per inferirne l’inaffidabilità
complessiva dell’offerta.
L’esclusione
della ricorrente è avvenuta in esito ad un
contraddittorio prolungato ed analitico; la
ricorrente si è vista richiedere per due
volte integrazioni documentali e quindi è
stata invitata ad un incontro deputato al
vaglio delle contestazioni di anomalia
mosse.
E’ dirimente che i giustificativi richiesti
non hanno avuto riguardo indiscriminatamente
ad ogni voce di prezzo (la gara ne
contemplava 186), bensì a 14 voci specifiche
e predeterminate dal bando, selezionate
proprio in ragione del particolare peso
specifico che ciascuna di esse aveva
(superiore all’1,5%) nella formulazione
dell’offerta.
Tale scelta da parte della stazione
appaltante non solo non è penalizzante per i
concorrenti ma se mai è sintomo di
trasparenza (poiché è preannunciato
chiaramente su cosa verterà la verifica di
anomalia) e consente ai concorrenti di
meglio predisporre l’offerta e connesse
giustificazioni; la predefinizione in sede
di bando dei parametri soggetti a
valutazione non ha compresso né limitato il
giudizio di anomalia, svoltosi anzi con
estrema analiticità e ampia possibilità di
contraddire da parte della ricorrente.
Ne risulta evidente che, qualora all’esito
del contraddittorio, non siano giustificate,
come accaduto nel caso di specie, nove delle
voci di prezzo indicate dal bando, il peso
specifico complessivo di tali voci
sull’intera offerta è agevolmente desumibile
dalla mera combinazione aritmetica della
percentuale di incidenza già enunciata in
sede di bando e il numero delle voci
ritenute ingiustificate; né è sostenibile,
se non con esasperato formalismo, che il
giudizio di sintesi è mancante solo perché
all’esito dell’analitico contraddittorio, e
dopo aver individuato le voci ritenute “complessivamente
non giustificate”, la stazione
appaltante non ha redatto un prospetto
riassuntivo di espressa combinazione delle
percentuali già indicate dal bando con le
voci considerate non attendibili.
La correttezza di un procedimento nel quale
la ritenuta anomalia di voci significative
di prezzo è sufficiente per inferirne
l’inaffidabilità complessiva dell’offerta è
stata più volte affermata dal supremo
consesso amministrativo, secondo cui “il
provvedimento finale che abbia
argomentatamente dedotto l'insufficienza dei
chiarimenti forniti, poiché muove dal
presupposto della significatività delle voci
di prezzo contestate, non deve diffondersi
anche in una valutazione d'insieme
dell'offerta, con una ulteriore e
formalmente autonoma sua valutazione globale
(Cons. St., sez. V. 18.09.2008, n. 4493).
Con l'enucleazione delle voci di prezzo più
significative, la disarticolazione
dell'offerta risulta solo apparente, in
quanto è da presumere che quelle voci
incidano sulla serietà ed affidabilità
dell'intera offerta, di modo che, accertata
l'incongruità degli elementi giustificativi
presentati e di conseguenza delle
sottostanti voci di prezzo, non occorre che
quel giudizio di incongruità sia anche
suffragato da un ulteriore, separato,
giudizio di incongruità della globalità
dell'offerta (Cons. St., sez. VI,
17.05.2006, n. 2879; Cons, St., sez. IV,
30.07.2003, n. 4409).” (Cons. St., sez.
V, 12.06.2009, n. 3688)
(TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 15.01.2010 n. 225 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Un’impresa che ottenga
la certificazione di qualità non può
“prestare” indefinitamente tale
certificazione a chiunque, senza
contestualmente rendere parti di servizio né
mettere a disposizione strutture
organizzative.
Riassumiamo brevemente la vicenda
considerata nella intricata pronuncia in
esame: la controinteressata pacificamente
non possiede la certificazione UNI-
EN-ISO–9001 che, altrettanto pacificamente,
è prescritta dal bando a pena di esclusione.
La controinteressata, in sede di offerta, ha
dichiarato di avvalersi della certificazione
di altra ditta; quest’ultima, nel contratto
di avvalimento, si è impegnata a mettere a
disposizione “la sua certificazione di
qualità UNI-EN-ISO 9001”.
Il ricorrente lamenta la violazione
dell’art. 49 del d.lgs. n. 163 del 2006, sia
in quanto la certificazione di qualità in
questione sarebbe un requisito soggettivo “non
prestabile” in sede di avvalimento, sia
in quanto il contratto di avvalimento non
sarebbe conforme al disposto normativo,
poiché la legge prescrive la responsabilità
solidale delle imprese ausiliaria e
ausiliata in relazione alle “prestazioni
oggetto del contratto”, mentre il
contratto in atti dichiara una
responsabilità relativamente alla “parte di
opera oggetto della certificazione di
qualità e dell’autorizzazione ministeriale”,
non identificabile. Tale dichiarazione
ingenera incertezza sull’oggetto della
suddetta responsabilità solidale, non
essendo dato comprendere quale sarebbe la
parte di opera oggetto della certificazione.
Quanto a tale motivo di ricorso si deve
rilevare, secondo il Tribunale
amministrativo di Torino, che la questione
della “prestabilità” delle
certificazioni di qualità non pare
risolvibile, né aderendo in toto alla tesi
di parte ricorrente, che ne afferma la
“strutturale” riconducibilità a requisiti
soggettivi mai prestabili, né seguendo la
tesi prospettata da parte resistente,
secondo cui, essendo (come è) l’avvalimento
un principio di derivazione comunitaria,
immanente alla disciplina nazionale degli
appalti, ogni tipo di certificazione sarebbe
sempre suscettibile di prestito in quanto
tale, trattandosi di un requisito sempre
tecnico-organizzativo.
E’ certamente condivisibile, spiegano i
giudici torinesi, l’assunto per cui
l’avvalimento è un principio di carattere
generale di derivazione comunitaria e le
limitazioni a tale facoltà originariamente
previste dall’art. 49 del d.lgs. n. 163/2006
sono state ritenute in contrasto con le
direttive comunitarie in materia di appalti.
Come chiarito da Cds. sez. VI, 22.04.2008 n.
1956 la nota della Commissione delle
Comunità europee n. 2007/2309/C(2208)0108 in
data 30.01.2008, con cui si era iniziata una
procedura di infrazione ai sensi dell’art.
226 del Trattato, rilevava che le
limitazioni al diritto di avvalersi della
capacità di altri soggetti, previste
dall’art. 49, commi 6 e 7 del d.lgs. n.
163/2006, erano in contrasto con le
disposizioni delle direttive appalti
pubblici, in considerazione del fatto che le
direttive comunitarie riconoscono agli
operatori economici il diritto di avvalersi
della capacità di altri soggetti, a
prescindere dalla natura giuridica dei loro
legami e senza alcuna limitazione. La sola
condizione, si precisava, era quella di
permettere all’amministrazione
aggiudicatrice di verificare che il
candidato/offerente disporrà delle capacità
richieste per l’esecuzione dell’appalto.
Si è poi adeguato il legislatore con le
modifiche apportate agli artt. 49 e 50 del
d.lgs. n. 163/2006 con il d.lgs. n.
152/2008, disciplinando espressamente
l’avvalimento in relazione ai sistemi di
attestazione e qualificazione (SOA e non
solo), nel rispetto tuttavia del
prerequisito in fatto, imprescindibile
proprio alla luce della giurisprudenza
comunitaria, della effettiva disponibilità
da parte del candidato offerente delle
capacità richieste per eseguire l’appalto.
Il supremo consesso amministrativo, dopo
aver dapprima sostenuto che le
certificazioni di qualità fossero requisiti
tout court soggettivi, ancorché tecnici, non
suscettibili di prestito, al pari dei
requisiti morali di cui all’art. 76 del
d.lgs. n. 163/2006 (Cds. sez. V, n.
5517/2001), si è adeguato agli o rientamenti
comunitari.
Tuttavia questi ultimi, così come la più
recente giurisprudenza amministrativa, vanno
intesi nel loro effettivo significato,
correttamente recepito dal legislatore. Nel
disciplinare l’avvalimento delle
attestazioni e certificazioni tecniche e/o
di qualità la legge prescrive, al co. 2
dell’art. 49, lett. d), che l’impresa
ausiliaria dichiari di obbligarsi a “mettere
a disposizione per tutta la durata
dell’appalto le risorse necessarie di cui è
carente il concorrente” (e non certo a
mettere a disposizione la certificazione
avulsa dalle risorse); ancora l’art. 50, il
cui ultimo comma è espressamente riferito ai
sistemi di attestazione e qualificazione nei
servizi e nelle forniture, al co. 1, lett.
b), impone identico obbligo di mettere a
disposizione le “risorse oggetto di
avvalimento” (commento tratto da
www.doumentazione.ancitel.it - TAR Piemonte,
Sez. I,
sentenza 15.01.2010 n. 224 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Affidamento Servizi -
Procedura Negoziata - rotazione fornitori -
obbligo invito a precedente gestore - non
sussiste.
Alla luce dell'art. 125 del D.Lgs. n.
163/2006 e dei principi da esso desumibili e
genericamente applicabili alla procedura
negoziata, che prevedono, tra gli altri, il
criterio della "rotazione" tra gli
operatori economici in possesso dei
prescritti requisiti di idoneità e di
capacità tecnico-economico-professionale,
non può essere riconosciuta, in capo al
precedente gestore di un servizio (specie se
affidatario a seguito di procedura
negoziata), alcuna pretesa qualificata ad
essere ulteriormente invitato alla
successiva procedura negoziata ovvero a
conoscere le ragioni dell'omesso invito
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza
15.01.2010 n. 65). |
APPALTI:
Bando di gara - clausola
di esclusione automatica per documentazione
incompleta - illegittimità.
E' illegittima la clausola della legge di
gara, che preveda l'esclusione automatica in
base alla ritenuta incompletezza e non
esaustività di documenti giustificativi
preventivi, atteso che la funzione di questi
è solo quella di far avere alla stazione
appaltante una prima indicazione
relativamente alla congruità del prezzo
offerto.
Attraverso la richiesta di chiarimenti e la
verifica/valutazione degli stessi, si attua
il rispetto dei principi comunitari della
libertà di concorrenza e della par condicio
dei concorrenti, nonché di quelli della
legalità, imparzialità e buon andamento
dell'azione amministrativa, di cui all'art.
97 Cost., nell'ambito dei quali trovano
adeguata tutela anche gli interessi delle
ditte le cui offerte sono state sospettate
di anomalia (massima tratta da www.solom.it
- TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 15.01.2010 n. 58 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità dell'esclusione di un
concorrente che abbia rilasciato
dichiarazioni mendaci in ordine alla
regolarità della propria posizione
contributiva.
E' legittimo il provvedimento di esclusione
da una gara adottato da una stazione
appaltante nei confronti di un concorrente
che abbia presentato un'autocertificazione
contenente false dichiarazioni in ordine al
regolare versamento dei contributi
previdenziali ed assistenziali, e ciò anche
nel caso in cui l'escluso abbia provveduto a
regolarizzare la propria posizione in una
fase successiva alla verifica della suddetta
inadempienza, ciò in quanto, alla luce di un
consolidato principio giurisprudenziale, la
possibilità, concessa ai concorrenti, di
presentare un'autocertificazione inerente al
possesso dei requisiti di ammissione alla
gara, costituisce un atto di fiducia da
parte della stazione appaltante e che, come
tale, richiede serietà ed onestà da parte
del concorrente che redige la dichiarazione
sostitutiva. Pertanto, nell'ipotesi di
dichiarazioni non veritiere, venendo meno il
rapporto di fiducia il provvedimento di
esclusione quale sanzione nei confronti di
chi ha violato il dovere di correttezza
richiesto in fase precontrattuale diventa
una conseguenza necessaria.
Del pari legittimi sono l'escussione della
cauzione provvisoria e la segnalazione del
fatto all'Autorità di Vigilanza, come è
anche legittima la disposta cancellazione
della società ricorrente dall'Albo dei
professionisti del comune in cui ha la sede,
essendo l'iscrizione condizionata al
puntuale adempimento degli obblighi relativi
al pagamento dei contributi previdenziali ed
assistenziali (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 14.01.2010 n. 49 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
E' legittima
la
realizzazione di una piazzola ecologica, in
difetto di qualsivoglia opera edilizia,
nell'ambito della fascia di rispetto
cimiteriale e di rispetto stradale.
Le isole
ecologiche sono aree pubbliche sulle quali
sono collocati a cielo aperto i contenitori
(amovibili) per i rifiuti urbani, per cui
deve essere condivisa l’obiezione addotta
dal difensore del Comune, secondo cui non si
tratta di opere o di manufatti che, in
quanto tali, non potrebbero essere collocati
nelle aree di rispetto cimiteriale e nelle
fasce di rispetto stradale.
Le vigenti prescrizioni urbanistiche locali
sono chiare, infatti, nel far divieto di
realizzazione nelle aree ricadenti in fascia
di rispetto cimiteriale unicamente per quei
manufatti che, per durata, inamovibilità ed
incorporazione al suolo, possano
qualificarsi come costruzioni edilizie. Solo
queste, infatti, sono incompatibili con la
natura insalubre dei luoghi e con
l'eventuale futura espansione del cimitero.
Alcun rischio del tipo considerato si
profila al contrario per le viste isole
ecologiche, di cui è da ritenere legittima
la realizzazione in difetto di qualsivoglia
opera edilizia (cfr., per una fattispecie
analoga: TAR Lombardia, Milano, sez. II,
12.10.1990, n. 837)
(TRGA
Trentino Alto Adige-Trento,
sentenza 14.01.2010 n. 20 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Nel caso di
partecipazione di un rti ad una gara
d'appalto, la polizza fideiussoria deve
essere intestata non solo alla società
capogruppo, ma anche alle mandanti.
L'obbligo di
dichiarazione nei confronti degli
amministratori cessati dalla carica nel
triennio precedente la data di pubblicazione
del bando di gara ex art. 38, lett. c), del
DLgs n. 163/2006, si applica anche in
mancanza di un suo espresso richiamo nel
disciplinare di gara.
Nel caso di partecipazione di un costituendo
raggruppamento temporaneo di imprese ad una
gara di appalto, la polizza fideiussoria,
mediante la quale viene costituita la
cauzione provvisoria, deve essere intestata
non solo alla società capogruppo, ma anche
alle mandanti che sono individualmente
responsabili delle dichiarazioni rese per la
partecipazione alla gara, ciò al fine di
evitare il configurarsi di una carenza di
garanzia per la stazione appaltante con
riferimento a quei casi in cui
l'inadempimento non dipenda dalla capogruppo
designata ma dalle mandanti.
L'estensione dell'obbligo di dichiarazione
anche nei confronti dei soggetti che sono
cessati dalla carica nel triennio
antecedente la data di pubblicazione del
bando di gara prevista dall'art. 38, lett.
c), del DLgs n. 163/2006, si applica anche
in mancanza di un suo espresso richiamo nel
disciplinare di gara, in quanto tale
disposizione ha la evidente finalità di
interesse pubblico di impedire alle società
i cui titolari fossero incorsi nelle cause
di esclusione soggettiva di eludere il
divieto di partecipazione alle gare
modificando l'assetto societario poco prima
di presentare una domanda di partecipazione.
Va comunque chiarito che, l'obbligo della
dichiarazione sussiste solo qualora vi
siano, in concreto, amministratori cessati
nel triennio precedente, dovendosi invece
escludere, nel silenzio della legge e in
mancanza di diverse disposizioni delle norme
di gara, la necessità di una espressa
dichiarazione circa l'inesistenza di tali
soggetti (TAR Valle d'Aosta,
sentenza 14.01.2010 n. 6 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sull'applicabilità
dell'istituto dell'avvalimento anche in
assenza di una specifica previsione del
bando di gara.
Sulla discrezionalità delle stazioni
appaltanti di verificare le offerte anomale,
pur in assenza di una specifica previsione
nel bando.
E' legittima l'applicazione dell'avvalimento
previsto dall'art. 49 dlgs 163/2009 (Codice
dei contratti) anche nell'ipotesi in cui il
ricorso all'istituto de quo non sia
espressamente richiamato dal bando di gara,
ciò in quanto, anche alla luce di
consolidata giurisprudenza in ordine alla
relativa disciplina sia comunitaria che
nazionale, l'avvalimento, in materia di
procedura di gara per l'affidamento di
appalti pubblici, ha carattere generale, e
come tale trova applicazione senza la
necessità di una specifica previsione in tal
senso.
E' legittimo l'operato di una stazione
appaltante che abbia omesso di verificare
l'anomalia dell'offerta presentata da una
delle concorrenti in sede di gara,
sussistendo in capo ad essa un potere
discrezionale in ordine all'attivazione, o
meno, del suddetto procedimento di verifica,
ciò in quanto, ai sensi dell'art. 86 c.3
dlgs 163/2006, l'amministrazione appaltante
può stabilire, anche laddove il bando non lo
preveda espressamente, i casi in cui
procedere alla verifica delle offerte
anomale, in virtù della distinzione tra
obbligo di procedere alla verifica nei casi
di anomalia individuati dalla legge e la
facoltà riservata all'amministrazione di
ipotizzare casi di anomalia diversi da
quelli prestabiliti (TAR Lazio-Roma, Sez.
II-ter,
sentenza 12.01.2010 n. 153 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Nel caso in cui la
stazione appaltante introduca nel bando dei
requisiti più stringenti rispetto a quelli
minimi indicati dalla legge, non sussiste
nessuna discrezionalità in capo alla
commissione di gara nell'accertamento del
possesso di tali requisiti.
Sulla possibilità per un concorrente escluso
da una gara di richiedere il ristoro del
danno c.d. "curriculare".
Rientra nell'esercizio della discrezionalità
delle stazioni appaltanti, nei limiti della
ragionevolezza e proporzionalità, introdurre
requisiti più stringenti, rispetto a quelli
minimi indicati dalla legge (art. 41 del
D.lgs. n. 163/2006), ovvero richiedere una
dimostrazione più puntuale dei requisiti
prescritti.
Nel caso di specie, poiché la stazione
appaltante si è avvalsa di tale facoltà,
richiedendo la produzione del certificato
camerale attestante l'iscrizione della ditta
per l'attività di trasporto e/o
distribuzione valori, generi di monopolio
e/o titoli di viaggio, nessuna
discrezionalità residuava alla commissione
di gara nell'attività di accertamento del
possesso, in capo alle concorrenti, del
requisito in parola, dovendo il seggio di
gara limitarsi a verificare che il
certificato camerale presentasse la
iscrizione per la indicata attività.
E' legittima la richiesta risarcitoria
formulata in merito al danno c.d. "curriculare",
che consiste nel pregiudizio subito
dall'impresa concorrente esclusa, a causa
del mancato arricchimento del proprio
curriculum professionale, per non poter
indicare in esso l'avvenuta esecuzione
dell'appalto non ottenuto a causa del
comportamento illegittimo
dell'Amministrazione. La predetta voce di
danno è stata riconosciuta come risarcibile
dalla giurisprudenza amministrativa,
tuttavia, data la difficoltà di fornire la
prova del quantum, la quantificazione della
stessa viene liquidata dal giudice
amministrativo in via equitativa,
riconoscendo una somma pari ad una
percentuale (variabile dall'1% al 5%) (TAR
Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 11.01.2010 n. 231 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
1. Gara - esclusione
automatica delle offerte ex art. 122 D.Lgs
163/2006 - Riferimento palese - Necessità.
2. Contratti della p.a. - Aggiudicazione -
Annullamento - Contratto stipulato - E'
caducato - Rinnovazione della gara -
Necessità.
1.
La stazione appaltante può intraprendere la
procedura di esclusione automatica delle
offerte ai sensi dell'art. 122 del D. Lgs.
163/2006 solamente facendolo risultare dal
bando in modo inequivoco, ossia con
riferimento palese a tale disposizione
2.
L'annullamento dell'aggiudicazione è
costitutivo di un vincolo permanente e
puntuale sulla successiva attività
dell'amministrazione, il cui contenuto non
può prescindere dall'effetto caducatorio del
contratto stipulato.
In sede di esecuzione della sentenza,
pertanto, l'amministrazione non può non
rilevare la sopravvenuta caducazione del
contratto conseguente all'annullamento
dell'aggiudicazione, pertanto, anche
nell'emanare i provvedimenti ulteriori che
conseguono all'effetto caducatorio
dell'annullamento dell'aggiudicazione della
gara, l'amministrazione deve tenere conto
dei principi enunciati nella sentenza di
annullamento e delle conseguenze giuridiche
determinate dal suo contenuto ed orientare
conseguentemente la sua ulteriore azione: in
definitiva la stazione appaltante è tenuta a
disporre la rinnovazione parziale della
gara, sottoponendo a verifica l'offerta
sospettata di anomalia e, in caso di esito
positivo per la ricorrente, a trarre le
conseguenze sopra descritte sulla sorte del
contratto già stipulato con la
controinteressata (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza 11.01.2010 n. 16 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: ATTESTAZIONE
SOA: POSSIBILITA’ DI ULTERIORI REQUISITI IN
SEDE DI GARA.
Il Consiglio di Stato ha affrontato il
delicato problema della discussa
legittimità, per una stazione appaltante, di
poter introdurre requisiti ultronei rispetto
all’attestazione SOA, in materia di appalto
di lavori.
In merito, ha statuito che: “Non appare
ragionevole la clausola del bando di gara,
che, ai fini del possesso di un dato
requisito, ulteriore rispetto
all’attestazione SOA, equipara la
fattispecie di “avere in corso di esecuzione
i lavori” alla distinta situazione di “aver
già eseguito i lavori”.
Infatti, è evidente la differenza e la
conseguente irragionevolezza
dell’equiparazione, tra la situazione di una
impresa, che ha correttamente realizzato
determinati lavori per un certo importo e
chi, come l’aggiudicataria, ha solo ricevuto
la consegna o, comunque, iniziato dei
lavori, potendo pregiarsi, in sostanza, solo
di essersi aggiudicata una gara.
Siffatti lavori, solo iniziati e non
ultimati, non esprimono alcuna valenza per
l’affidabilità dell’impresa” (commento
tratto dalla newsletter di
www.centrostudimarangoni.it -
Consiglio
di Stato, Sez. VI,
sentenza 11.01.2010 n. 14 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Procedura di gara -
apertura dei plichi - Principio di
pubblicità della seduta della commissione -
Inderogabilità - Necessità di trasparenza e
imparzialità - Appalto di servizi ai sensi
dell'art. 20 e All. II B del D.lgs. 163/2006
- Seduta pubblica - Necessità.
Il principio di pubblicità delle sedute
della Commissione, "quanto meno per ciò
che riguarda la fase di verifica della
integrità dei plichi contenenti la
documentazione amministrativa e l'offerta
economica e di apertura dei plichi stessi, è
inderogabile" (Cons. Stato, Sez. V,
07.11.2006, n. 6529).
L'esigenza è espressione dei principi di
trasparenza e imparzialità che devono
presiedere all'esplicazione dell'attività
amministrativa in materia di pubbliche gare
(Cons. Stato, Sez.V, 09.10.2002, n. 5421) "in
quanto trattasi di un adempimento posto a
tutela anche dell'interesse pubblico alla
trasparenza ed all'imparzialità dell'azione
amministrativa, le cui conseguenze negative
sono difficilmente apprezzabili "ex post",
una volta rotti i sigilli ed aperti i
plichi, in mancanza di un riscontro
immediato (ad es., regolarità della chiusura
dei plichi, data di ricevimento dei plichi,
regolarità e completezza della
documentazione prodotta, lettura del prezzo
offerto)" (Cons. stato, Sez.V,
18.03.2004, n. 1427).
Nessun rilievo può assumere la circostanza
che la procedura ricada nell'ambito di
applicazione dell'art. 20 del D. L.vo n.
163/2006 in quanto é pacificamente
riconosciuto in giurisprudenza che la
riconducibilità del servizio appaltato
all'All. II B non esonera le amministrazioni
aggiudicatici dall'applicazione dei principi
generali in materia di affidamenti pubblici
desumibili dalla normativa comunitaria e
nazionale, con particolare riferimento, per
quanto qui rileva, al principio di
pubblicità, espressione dei principi di
imparzialità e buon andamento dell'azione
amministrativa di cui all'art. 97 Cost.
(Cons. Stato, Sez. VI, 03.12.2008, n. 5943;
22.04.2008, n. 1856; 08.10.2007, n. 5217;
22.03.2007, n. 1369; TAR Lazio, Sez.
III-ter, 05.02.2008, n. 951).
Ne deriva che "è principio inderogabile
in qualunque tipo di gara quello secondo cui
devono svolgersi in seduta pubblica gli
adempimenti concernenti la verifica
dell'integrità dei plichi contenenti
l'offerta, sia che si tratti di
documentazione amministrativa che di
documentazione riguardante l'offerta tecnica
ovvero l'offerta economica, e
conseguentemente è illegittima l'apertura in
segreto dei plichi" (Cons. Stato: sez.
IV, 08.10.2007, n. 5217; sez. VI,
22.03.2007, n. 1369; sez. V, 27.04.2006, n.
2370, 11.01.2006, n. 28 e 30.08.2005, n.
3966; sez. VI, 09.06.2005, n. 3030; sez. V,
16.03.2005, n. 1077, 11.02.2005, n. 388,
18.03.2004, n. 1427 e 09.10.2002, n. 5421,
Cons. Stato, Sez. VI, 22.04.2008, n. 1856)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 11.01.2010 n. 11 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
E' principio
inderogabile in qualunque tipo di gara
quello secondo cui devono svolgersi in
seduta pubblica gli adempimenti concernenti
la verifica dell'integrità dei plichi
contenenti l'offerta.
E' pacificamente riconosciuto in
giurisprudenza che la riconducibilità del
servizio appaltato all'All. II B del D. L.vo
n. 163/2006, non esonera le amministrazioni
aggiudicatici dall'applicazione dei principi
generali in materia di affidamenti pubblici
desumibili dalla normativa comunitaria e
nazionale, con particolare riferimento, per
quanto qui rileva, al principio di
pubblicità, espressione dei principi di
imparzialità e buon andamento dell'azione
amministrativa di cui all'art. 97 Cost..
Ne deriva che è principio inderogabile in
qualunque tipo di gara quello secondo cui
devono svolgersi in seduta pubblica gli
adempimenti concernenti la verifica
dell'integrità dei plichi contenenti
l'offerta, sia che si tratti di
documentazione amministrativa che di
documentazione riguardante l'offerta tecnica
ovvero l'offerta economica, e
conseguentemente è illegittima l'apertura in
segreto dei plichi (TAR Lombardia-Milano,
Sez. I,
sentenza 11.01.2010 n. 11 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
La volontà di
partecipazione al raggruppamento e alla gara
di ogni singola impresa associanda deve
risultare anche attraverso l’espletamento di
rigidi adempimenti formali, da parte di
ciascuna componente.
Dalla suddetta domanda di partecipazione,
risulta inequivocabilmente che il legale
rappresentante di A.S.D. Navile Lame Volley
non ha apposto la propria firma nella pagina
3 di tale documento.
Il Collegio osserva che tale omissione, pur
non essendo prevista dal bando quale causa
di esclusione, si pone comunque in contrasto
con le norme ed i principi di cui sono
espressione gli artt. 34, comma 1, lett. d),
e 37, comma 8, del D.Lgs. n. 163 del 2006,
che disciplinano, in materia di gare
pubbliche, la partecipazione dei concorrenti
alle stesse in forma di costituendi
Raggruppamenti Temporanei di Imprese.
Le suddette disposizioni impongono, infatti,
all’evidente fine di meglio tutelare e
garantire le pubbliche amministrazioni
banditrici in caso di insorgenza di
eventuali questioni e/o controversie
riguardo all’effettivo coinvolgimento delle
singole componenti del R.T.I. nella gara,
ma, soprattutto, nelle successive
obbligazioni contrattuali, che la volontà di
partecipazione al raggruppamento e alla gara
di ogni singola impresa associanda risulti
espressa in modo inequivocabile e, pertanto,
anche attraverso l’espletamento di rigidi
adempimenti formali, da parte di ciascuna
componente.
Nella specie, invece, mancando proprio uno
di questi adempimenti formali richiesti
dall’avviso di gara, non può esservi
certezza circa l’effettiva volontà di una
delle componenti il R.T.I. di dar vita
all’associazione temporanea e di adempiere
alle obbligazioni nascenti dal contratto da
stipulare in gaso di aggiudicazione della
gara (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 11.01.2010 n. 10 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Una società mista
operativa sia nel settore dei servizi
pubblici locali, sia in quello dei servizi
strumentali a favore dell'ente pubblico
partecipante ricade nel divieto di
partecipazione di cui all'art. 13 D.L. n.
223/2006 (decreto Bersani).
Le società miste che nel loro oggetto
sociale abbiano incluso sia servizi
strumentali che servizi pubblici locali
ricadono nel divieto di partecipazione di
cui all'art. 13 del D.L. n. 223/2006
(decreto Bersani). La giurisprudenza ha
chiarito, infatti, che anche le società
miste che hanno per oggetto la gestione dei
servizi pubblici locali, pur non rientrando
in via diretta nell'ambito di applicazione
del c. 2 dell'art. 13, devono avere oggetto
sociale esclusivo. Se, infatti, sono
assoggettate a tale prescrizione le società
di cui al c. 1, ossia le società che
svolgono (attività di produzione di beni e)
servizi strumentali, le quali pertanto non
possono comprendere nel loro oggetto sociale
lo svolgimento di servizi pubblici locali,
ne deriva come conseguenza che anche le
società miste, le quali intendano dedicarsi
alla gestione di questi ultimi, devono
prevedere quale loro oggetto sociale
esclusivo la gestione dei servizi pubblici
locali.
Del resto, ove non si ritenga condivisibile
tale soluzione interpretativa, occorrerebbe
ammettere che il divieto introdotto dal c. 1
dell'art. 13 sarebbe inapplicabile in tutte
le ipotesi di società miste che nel loro
oggetto sociale abbiano incluso sia servizi
strumentali che servizi pubblici locali. In
tale prospettiva, la semplice presenza di
tale ultima attività renderebbe operante
l'eccezione al divieto (di cui all'inciso "con
esclusione dei servizi pubblici locali").
Ma questa appare una lettura inaccettabile
poiché priva la disposizione in esame di
qualsiasi significato normativo (TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 11.01.2010 n. 8 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Pendenza di un giudizio
- Ricorso contro gli atti di gara - Ricorso
contro il diniego di accesso - Compatibilità
con il rito ex art. 25 L. 241/90 - Interesse
alla protezione dei segreti tecnici - Art.
13 D.lgs. 163/06 - Tutela dei propri
interessi in giudizio - Prevale.
Non vi sono ragioni per escludere
l'ammissibilità del rimedio azionato
(ricorso contro il diniego espresso di
accesso agli atti), con il rito speciale
dell'accesso ex art. 25 l. 241/1990, anche
in pendenza di ricorso giurisdizionale
(impugnazione dell'aggiudicazione), in
ragione tanto dell'autonomia del diritto di
accesso rispetto alla pretesa azionata con
il ricorso ordinario, quanto della semplice
facoltatività del rimedio incidentale
introdotto dalla l. 205/2000 che ha previsto
la possibilità (ma non l'obbligo) di
proporre il ricorso in materia di accesso
anche incidentalmente all'interno del
giudizio ordinario (cfr. Cons. St., VI, n.
14/2004).
Piuttosto, la proposizione del ricorso
giurisdizionale ordinario avverso gli atti
di gara rende attuale, per la ricorrente, "la
difesa in giudizio dei propri interessi in
relazione alla procedura di affidamento del
contratto nell'ambito della quale viene
formulata la richiesta di accesso".
A fronte di tale difesa l'interesse della
controinteressata alla protezione dei
segreti tecnici e commerciali racchiusi
nella propria offerta diventa recessivo, a
norma dell'art. 13, co. 6, d.lgs. 163/2006
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 11.01.2010 n. 5 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Gara d’appalto e obbligo
di dichiarazione per gli institori.
L’obbligo di
fornire dichiarazioni posto a carico degli
institori appare corretta applicazione del
principio, così emergente dalla legge e
dell’orientamento giurisprudenziale, per il
quale l’obbligo di dichiarazione di cui
all’art. 38 vige per i titolari del potere
di rappresentanza della persona giuridica,
pur se lo stesso venga ad espletarsi in un
limitato ambito territoriale
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
ordinanza 09.01.2010 n. 43 - link
a www.altalex.com). |
APPALTI:
Approvato in via preliminare il testo del
nuovo Regolamento di esecuzione del Codice
dei Contratti (Consiglio dei Ministri del
17.12.2009).
Il Consiglio dei Ministri ha dato il via
libera, con l'approvazione preliminare (il
17 dicembre scorso) al nuovo schema di
regolamento di attuazione ed esecuzione del
Codice dei contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture (link a
www.giurdanella.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI: A.
Barbiero,
I requisiti di partecipazione ed i criteri
di valutazione nelle gare per appalti di
beni e servizi (differenze tra requisiti e
criteri, definizione nel rispetto dei
principi dell’ordinamento comunitario)
(link a www.albertobarbiero.net). |
APPALTI SERVIZI:
A. Barbiero,
Le Società partecipate di “terzo livello”:
note sui rapporti e sui vincoli per la
scelta del socio privato in caso di
partenariato pubblico-privato di tipo
istituzionale (link a
www.albertobarbiero.net). |
APPALTI: L.
Bellagamba,
Cottimo “fiduciario” e offerta
economicamente più vantaggiosa
(link a www.linobellagamba.it). |
APPALTI SERVIZI:
C. Tessarolo,
Il regime transitorio nel nuovo sistema dei
servizi pubblici locali (link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
D. Argenio,
Attestazioni di qualificazione delle SOA e poteri
sanzionatori dell’Autorità di vigilanza sui contratti
pubblici (art. 40 d.lgs. 163/2006)
(07.01.2010 - link a www.dirittoelegge.it). |
APPALTI: Serve
una bussola per gli appalti, Codice dei
contratti: modifiche mentre si vara il
regolamento.
Il 2010 vedrà il via libera al regolamento
del codice dei contratti pubblici, ma fra
modifiche in corso e richieste di revisione
complessiva del Codice dei contratti
pubblici, il quadro normativo subirà
ulteriori cambiamenti destinati a
disorientare ulteriormente amministrazioni e
operatori del settore.
È questo quanto potrebbe accadere se si
analizza lo stato dell'arte dei principali
provvedimenti in materia di appalti pubblici
... (articolo
ItaliaOggi del 06.01.2010 -
tratto da http://rassegnastampa.formez.it). |
APPALTI:
Sull'inapplicabilità del
divieto di partecipazione alle gare previsto
dall'13 d.l. n. 223 del 2006 (c.d. decreto
Bersani), nel caso di una società
indirettamente partecipata da enti locali.
L'art. 13 d.l. n. 223 del 2006, (c.d.
decreto Bersani), norma derogatoria del
principio generale di libertà di iniziativa
economica, e pertanto di stretta
interpretazione, vieta l'attività extra
moenia alle società costituite o
partecipate dalle amministrazione pubbliche
regionali o locali "per la produzione di
beni e servizi strumentali all'attività di
tali enti in funzione della loro attività,
con esclusione dei servizi pubblici locali".
Il divieto previsto dal suddetto art. 13,
non è applicabile alle società "di terza
generazione", ovvero alle società
indirettamente partecipate dagli enti
locali. Laddove, infatti, il legislatore ha
inteso estenderlo oltre il predetto ambito
lo ha fatto espressamente (art. 23-bis del
d.l. n. 112 del 2008, convertito dalla l. n.
133 del 2008).
Pertanto, nel caso di specie, non si applica
il citato art. 13, in quanto la società
indirettamente partecipata da enti locali
non è diretta promanazione degli enti
locali, e non può essere sussunta tra le
società a partecipazione pubblica
strumentali degli enti locali e regionali
soci, cui è inibita l'attività extra
moenia.
La società, infatti, che svolge attività
(gestione, riqualificazione e valorizzazione
di complessi di stazioni e infrastrutture
nodali di trasporto), risulta priva dei
vincoli della strumentalità e della
funzionalità con le amministrazioni
indirettamente partecipanti al capitale
sociale, e non può, pertanto, essere
considerata società produttrice di beni e
servizi strumentali ai sensi dell'art. 13,
c. 1, del citato d.l. n. 223 del 2006 (TAR
Lazio-Roma, Sez. II,
sentenza 05.01.2010 n. 36 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
M. Bassanese,
Dopo il 2009 i Comuni sono ancora tenuti a
partecipare alle spese per la manutenzione
delle strade vicinali? (link a
http://venetoius.myblog.it). |
LAVORI PUBBLICI:
L. Bellagamba,
Lavori pubblici: il problema se il beneficio
del “quinto” giovi a raggiungere le quote
“minime” di qualificazione previste per i
raggruppamenti orizzontali (link
a www.linobellagamba.it). |
APPALTI:
L. Bellagamba,
L’offerta economicamente più vantaggiosa e
l’organo di gara competente in materia di
“criteri di valutazione” di natura
quantitativa (link a
www.linobellagamba.it). |
anno 2009 |
|
dicembre 2009 |
|
APPALTI SERVIZI: C.
Tosolini,
QUALCHE CONSIDERAZIONE SULL’ART. 13 DEL D.L.
223/2006 (DECRETO BERSANI) - Note
alla sentenza del TRGA di Trento, 14.09.2009
n. 239 (link a
www.osservatorioappalti.unitn.it). |
LAVORI PUBBLICI:
E. De Falco, Subappalti nei lavori pubblici
-
I presupposti per il ricorso al subappalto
dei lavori pubblici alla luce dell'art. 118
del d.lgs. 163/2006 e del nuovo Regolamento
di esecuzione e di attuazione del Codice dei
contratti pubblici (Quaderni di
Legislazione Tecnica n. 4/2009). |
APPALTI: S.
Ruscica,
Appalti pubblici: la "rivoluzione" attuata
dalla Direttiva n. 66/2007 (link
a
www.altalex.com). |
APPALTI: A.
Gurrieri,
L’“estate legislativa 2009” e le modifiche
al Codice dei Contratti Pubblici
(link a
www.diritto.it). |
APPALTI:
Torna l’arbitrato negli appalti pubblici
(link a
www.mediagraphic.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Documento Unico di
Valutazione dei Rischi da Interferenze
(DUVRI): Linee Guida per la redazione dalla
Regione Lombardia.
Con il
decreto D.G. 29.12.2009 n. 14521
la Direzione Generale Sanità della Regione
Lombardia ha approvato "Linee di
indirizzo per la redazione del documento
unico di valutazione dei rischi da
interferenza".
Il documento descrive le azioni che devono
intraprendere, in occasione della stipula di
contratti (d'appalto di lavori, servizi,
fornitura, e di somministrazione di lavoro)
le funzioni aziendali responsabili della
redazione del Documento Unico di Valutazione
dei Rischi Interferenti (DUVRI).
Un ampia parte del documento è dedicata agli
obblighi relativi alla gestione degli
appalti, mentre un capitolo è dedicato gli
aspetti riguardanti la stipula di appalti
per la realizzazione di opere edili che
comportino la nomina del coordinatore per la
sicurezza e la redazione del Piano di
Sicurezza e Coordinamento (P.S.C.) ... (link
a www.acca.it). |
APPALTI:
Aggiudicazione
provvisoria - lesione ditta aggiudicataria -
azione di autotutela - assenza di onere di
motivazione - requisito soddisfacente:
l'indicazione degli elementi concreti ed
obiettivi in base ai quali ha ritenuto di
non procedere all'aggiudicazione -
salvaguardia pubblico interesse.
L’aggiudicazione provvisoria di un appalto
pubblico ha natura di atto
endoprocedimentale, ad effetti ancora
instabili e del tutto interinali. Essa
pertanto, per un verso, è inidonea a
produrre la lesione della ditta non
risultata aggiudicataria, che può
concretamente verificarsi solo con
l’aggiudicazione definitiva, che non
costituisce atto meramente confermativo
della prima (ex multis, C.d.S., sez.
V, 20.07.2009, n. 4527; 14.11.2008, n. 5691;
sez. VI, 25.09.2007, n. 4937), e d’altra
parte è parimenti inidonea a generare nella
ditta provvisoriamente aggiudicataria una
posizione di vantaggio ovvero un ragionevole
(ed incolpevole) affidamento in ordine al
provvedimento di aggiudicazione definitiva
ed alla conseguente stipulazione del
contratto, con la conseguenza che
l’amministrazione che intende esercitare il
proprio potere di autotutela proprio
rispetto all’aggiudicazione provvisoria non
ha uno specifico onere di motivazione circa
le ragioni di interesse pubblico che lo
hanno determinato, essendo sufficiente che
sia reso palese il ragionamento seguito per
giungere alla determinazione negativa,
attraverso l’indicazione degli elementi
concreti ed obiettivi in base ai quali ha
ritenuto di non procedere all’aggiudicazione
(C.d.S., sez. IV, 31.05.2007, n. 2838),
potendo anche tener conto delle preminenti
ragioni poste dalla esigenza di salvaguardia
del pubblico interesse (C.d.S., sez. IV
15.09.2006, n. 5374) (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 29.12.2009 n. 8966 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI SERVIZI: Lombardia,
Per l'affidamento della gestione degli
impianti sportivi, in ogni caso va posta in
essere dall’ente locale una procedura di
evidenza pubblica, anche se semplificata,
pure per gli impianti privi di rilevanza
economica.
La necessità della procedura di evidenza
pubblica per l'affidamento della gestione
degli impianti sportivi comunali discende,
nel caso di specie, dall'art. 2 L.R.
Lombardia 24.12.2006 n. 27, il quale
consente agli enti territoriali di
differenziare la procedura di selezione in
relazione alla rilevanza economica o meno
dell'impianto, ma nel contempo stabilisce
che vanno comunque rispettati i principi di
trasparenza, correttezza, imparzialità ed
adeguata pubblicizzazione e che la proposta
deve essere individuata secondo i criteri
ivi indicati. Per cui in ogni caso va posta
in essere dall'ente locale una procedura di
evidenza pubblica anche se semplificata pure
per gli impianti privi di rilevanza
economica.
La normativa vigente non preclude alle
stazioni appaltanti la possibilità di
chiedere requisiti ulteriori, logicamente
connessi all'oggetto dell'appalto. Per cui
nel bando di gara l'amministrazione
appaltante può di certo autolimitare il
proprio potere discrezionale di
apprezzamento mediante apposite clausole,
rientrando nella sua discrezionalità la
fissazione di requisiti di partecipazione ad
una gara d'appalto diversi, ulteriori e più
restrittivi di quelli legali, salvo però il
limite della logicità e ragionevolezza dei
requisiti richiesti e della loro pertinenza
e congruità a fronte dello scopo perseguito.
Nel caso di specie, però la richiesta di
un'attività decennale per partecipare alla
gara appare sproporzionata per una corretta
gestione degli impianti anche in
considerazione del fatto che in sede locale
esistevano solo due associazioni sportive
dilettantistiche di cui una sola costituita
da più di dieci anni per cui le relative
previsioni del bando debbono ritenersi in
contrasto con il principio di parità di
trattamento
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 29.12.2009 n. 8914 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
E' corretta la decisione
di una stazione appaltante di non inoltrare
l'invito per l'affidamento di un appalto al
precedente affidatario, in considerazione
delle inadempienze commesse dal medesimo
nello svolgimento del pregresso servizio.
Un'amministrazione, in caso di indizione di
nuova gara, ha facoltà di non invitare il
soggetto che in precedenza abbia svolto il
servizio, qualora ritenga compromesso il
rapporto fiduciario tra le parti. Tale
principio, viene ribadito dall'art. 38 del
codice dei contratti (D. Lvo 12.04.2006 n.
163 e ss.mm.), stabilisce che sono esclusi
dalla gara, tra le altre ipotesi, coloro che
"secondo motivata valutazione della
stazione appaltante hanno commesso grave
negligenza o malafede nell'esecuzione delle
prestazioni affidate dalla stazione
appaltante che bandisce la gara".
Ne consegue che, nel caso di specie, è
corretta la decisione di un Consorzio di non
invitare alla gara ufficiosa per
l'affidamento del servizio di cassa, un
Istituto bancario precedente affidatario, in
considerazione delle inadempienze commesse
dal medesimo nello svolgimento del pregresso
servizio.
Il mancato rispetto degli obblighi
contrattuali, poiché le operazioni sarebbero
state eseguite senza la osservanza dei
termini e delle condizioni pattuite (un solo
addetto al servizio, che spesso si
assentava; la lentezza nell'emissione di
assegni circolari; la frammentarietà ed il
notevole ritardo delle comunicazioni di
avvenuto incasso; l'invio degli estratti
conto con cadenza trimestrale, anziché
mensile; i costanti ed immotivati ritardi
nelle valute di accredito degli stipendi),
infatti, assumono una rilevante incidenza
negativa sul rapporto fiduciario tra l'Ente
e l'affidatario, giustificando, pertanto, la
decisione della stazione appaltante di non
inoltrare l'invito al soggetto inadempiente
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 29.12.2009 n. 8913 -
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APPALTI:
Sulla finalità della
cauzione provvisoria in caso di
raggruppamento costituendo.
E' illegittima l'ammissione di un r.t.i., ad
una gara per l'affidamento di un servizio
dal momento che in alcuna parte della
polizza fideiussoria è indicato che i rischi
garantiti riguardano il raggruppamento, né è
menzionata la mandante, anzi la polizza
stessa risulta rilasciata per la
partecipazione alla gara della S.p.A. quale
impresa singola.
La cauzione provvisoria, infatti, è
destinata a garantire, in caso di
raggruppamento costituendo, non solo
l'adempimento degli obblighi derivanti dalla
partecipazione alla gara da parte
dell'impresa predetta, bensì l'adempimento
degli stessi obblighi da parte di tutte le
altre imprese, primo fra tutti quello di
costituirsi in raggruppamento (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 29.12.2009 n. 8907 -
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APPALTI:
1. Aggiudicazione di
contratti pubblici - Avvisi di avvio del
procedimento nel corso della procedura per
ogni tipologia di provvedimento - Non
occorre.
2. Prescrizioni contenute negli atti delle
procedure concorsuali - Dovere di osservanza
da parte dei concorrenti - Inosservanza -
Esclusione.
1.
I procedimenti volti all'aggiudicazione dei
contratti pubblici hanno carattere unitario,
e tutti i provvedimenti adottati dalle
stazioni appaltanti in tale ambito
scaturiscono quindi dall'unica procedura
amministrativa instaurata; ne discende che
non occorre inviare singoli avvisi di avvio
del procedimento per ogni tipologia di
provvedimento che l'amministrazione intende
adottare nel corso dell'espletamento della
procedura, giacché i partecipanti alla gara,
in quanto tali, sanno ovviamente che la
procedura è in corso, e sanno anche che,
accanto al provvedimento finale di
aggiudicazione, possono scaturire dal
procedimento altre figure provvedimentali,
quali gli eventuali atti che dispongono
l'esclusione di singoli concorrenti le cui
offerte non siano confacenti agli atti di
gara (cfr. Consiglio Stato, sez. V,
19.03.2001, n. 1642; TAR Campania Napoli,
sez. I, 05.08.2004 , n. 11089)
2.
Le prescrizioni contenute negli atti delle
procedure concorsuali, che individuano le
caratteristiche essenziali del bene oggetto
del futuro contratto da stipularsi con la
pubblica amministrazione, debbono essere
necessariamente rispettate dai concorrenti
di gara e determinano, in caso di loro
inosservanza, l'esclusione del partecipante,
anche quando il bando o la lettera di invito
non dispongono espressamente in tal senso.
La ragione sottesa a questa disciplina è che
tali prescrizioni, da un lato, proprio
perché tese a delimitare l'oggetto della
prestazione che l'amministrazione si
attende, sono intima espressione
dell'interesse che quest'ultima intende
soddisfare con il contratto (e che solo essa
può definire ed apprezzare), di tal ché
l'offerta di una prestazione a loro non
conforme determinerebbe il mancato
soddisfacimento di quell'interesse;
dall'altro lato, è ovvio che se si
ammettesse che un partecipante alla gara
possa offrire prodotti con caratteristiche
diverse da quelle indicate negli atti della
procedura, verrebbe violato il principio
della par condicio dei concorrenti.
Ne consegue che è addirittura precluso
all'amministrazione di formulare giudizi di
equipollenza (cfr. TAR Sicilia Catania, sez.
III, 06.09.2006, n. 1383; id, 05.04.2006, n.
531; TAR Veneto, sez. I, 18.07.2003 , n.
3818) (massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 29.12.2009 n. 6235 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità del
provvedimento di esclusione di un'impresa
concorrente adottato nell'ambito di un
procedimento del quale non sia stato dato
avviso all'interessata.
Sulla legittimità del provvedimento di
esclusione di un concorrente che abbia
presentato un'offerta non conforme ai
requisiti prescritti dal bando di gara.
E' legittimo l'operato di una stazione
appaltante che abbia adottato il
provvedimento di esclusione di un
concorrente da una gara, omettendo di
rendere noto, all'interessato, l'avvio del
relativo procedimento. E' pacifico, infatti,
che i procedimenti volti all'aggiudicazione
dei contratti pubblici abbiano carattere
unitario, pertanto tutti i provvedimenti
adottati dalle stazioni appaltanti in tale
ambito scaturiscono dall'unica procedura
amministrativa ab origine instaurata;
di conseguenza, non occorre inoltrare i
singoli avvisi di avvio del procedimento per
ogni tipologia di provvedimento che
l'amministrazione intende adottare, giacché
i concorrenti già sanno che è in corso la
procedura e che, accanto al provvedimento
finale di aggiudicazione della gara, possono
scaturire ulteriori atti a carattere
decisorio, quali quelli che dispongono, come
nel caso di specie, l'esclusione del
concorrente che abbia presentato un'offerta
non conforme ai requisiti prescritti dal
bando.
E' legittimo il provvedimento di esclusione
di un'impresa concorrente che abbia
presentato un'offerta avente ad oggetto un
bene con caratteristiche non conformi
rispetto a quelle prescritte dagli atti di
gara, anche nell'ipotesi in cui il prodotto
offerto risulti qualitativamente superiore a
quello previsto dal bando ai fini
dell'aggiudicazione dell'appalto, ciò in
quanto, da un lato le prescrizioni formulate
dalla stazione appaltante delimitano
l'interesse che questa intende soddisfare
con l'eventuale futuro contratto, per cui
un'offerta difforme determinerebbe il
mancato soddisfacimento di quell'interesse;
dall'altro lato, aggiudicare la gara sulla
base di un'offerta avente ad oggetto un bene
che presenti caratteri diversi da quelli
richiesti violerebbe il principio della par
condicio dei concorrenti (TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 29.12.2009 n. 6235 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Bando di gara - Lex
specialis di gara - Limitazione alla
possibilità di presentare offerte eccedenti
un determinato rialzo - Offerta con rialzo
pari al limite previsto - Non costituisce
offerta anomala.
Nel caso in cui la stazione appaltante abbia
già ex ante delimitato l'ambito delle
offerte accettabili (la stazione appaltante
aveva limitato la possibilità per i
concorrenti di presentare offerte eccedenti
a un determinato rialzo, 45%) ritenendo a
contrario che il suo superamento ponesse
l'Amministrazione di fronte a rischi legati
ad un'esecuzione del contratto poco
remunerativa per l'aggiudicatario, la
controinteressata che ha proposto un'offerta
pari al predetto limite del 45%, non può
ritenersi anomalo (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 23.12.2009 n. 6073 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. Bando - Requisiti
soggettivi - Impugnazione immediata -
Necessità.
2. Bando - Requisiti soggettivi -
Associazione professionale - Imprenditore
legittimato a partecipare alle pubbliche.
3. Gara - Annullamento in s.g. - Inefficacia
del contratto stipulato - Rinnovo del
procedimento dal suo inizio.
1.
Del bando vanno immediatamente impugnate le
clausole che riguardano i requisiti
soggettivi dei partecipanti, e quindi li
ammettono o escludono in via diretta dalla
gara
2.
Si intende per imprenditore qualsiasi
soggetto che eserciti attività economica, a
prescindere dal suo stato giuridico e dalle
sue modalità di finanziamento, intendendosi
per attività economica quella con scopo di
lucro ovvero quella che, pur senza scopo di
lucro, si pone sul mercato in concorrenza
con quelle lucrative.
Quindi va ritenuta imprenditore legittimato
a partecipare alle pubbliche gare anche
un'associazione professionale, che senza
dubbio offre sul mercato un particolare
servizio ed esercita attività economica, nel
senso che si propone di ricavarne un utile.
3.
In caso di annullamento degli atti di gara
l'amministrazione nel prosieguo della
propria attività dovrà tener conto
dell'inefficacia del contratto già
stipulato, ed ove non lo faccia potrà
esservi costretta in sede di ottemperanza.
Trattandosi di gara con il metodo
dell'offerta economicamente più vantaggiosa
ed essendo già state aperte, come da verbali
di gara successivi, le offerte dei
concorrenti, l'amministrazione dovrà
rinnovare il procedimento di gara dal suo
inizio, in base al bando originario (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 23.12.2009 n. 2606 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sul diritto di recesso
esercitato da un comune, in persona del
sindaco, dalla società affidataria del
servizio di gestione rifiuti.
E' illegittimo il recesso esercitato da un
comune, in persona del sindaco, dalla
società a cui ha revocato contestualmente
l'affidamento del servizio di gestione
rifiuti, a causa dell'ampliamento
dell'oggetto sociale deliberato
dall'assemblea straordinaria della s.p.a, in
quanto la modifica statutaria, nel caso di
specie, non ha in concreto comportato lo
snaturamento dell'attività e dello scopo
sociale richiesto dalla giurisprudenza per
poter legittimamente esercitare il diritto
di recesso ex art. 2437 cod. civ..
Inoltre, il consiglio comunale ha
impropriamente provveduto alla ratifica di
un atto affetto da vizio di incompetenza
relativa, quale la manifestazione di volontà
di recesso del sindaco e quindi
insuscettibile della ratifica (in quanto
strumento per fare proprio l'atto adottato
da un organo competente a porlo in essere
solo in via d'urgenza e salvo ratifica) in
considerazione del fatto che l'art. 42 del
T.U.E.L. non prevede un potere d'urgenza del
sindaco quale quello esercitato nel caso di
specie (TAR LombardiaBrescia, Sez. II,
sentenza 23.12.2009 n. 2605 -
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APPALTI:
Sul divieto di
partecipazione allo stesso appalto, in modo
concorrente, di un consorzio stabile e di
una società facente parte dello stesso.
Il diritto comunitario dev'essere
interpretato nel senso che esso osta a una
normativa nazionale, come quella di cui
trattasi nella causa principale, che
dispone, in occasione della procedura di
assegnazione di un appalto pubblico il cui
importo non raggiunge la soglia di cui
all'art. 7, n. 1, lett. c), della direttiva
2004/18/CE, ma che riveste un interesse
transfrontaliero certo, l'esclusione
automatica dalla partecipazione a detta
procedura e l'irrogazione di sanzioni penali
sia del consorzio stabile quanto delle
imprese che ne sono membri, quando queste
ultime hanno presentato offerte concorrenti
a quella di detto consorzio nell'ambito
dello stesso procedimento, anche qualora
l'offerta di detto consorzio non sia stata
presentata per conto e nell'interesse di
tali imprese (Corte di giustizia europea,
Sez. IV,
sentenza 23.12.2009 n. C-376/08 -
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APPALTI SERVIZI:
I soggetti che non
perseguono un preminente scopo di lucro,
come le università e gli istituti di
ricerca, possono partecipare ad un appalto
pubblico di servizi.
Le disposizioni della direttiva 2004/18/CE,
relativa al coordinamento delle procedure di
aggiudicazione degli appalti pubblici di
lavori, di forniture e di servizi, ed in
particolare quelle che si riferiscono alla
nozione di "operatore economico", devono
essere interpretate nel senso che consentono
a soggetti che non perseguono un preminente
scopo di lucro, non dispongono della
struttura organizzativa di un'impresa e non
assicurano una presenza regolare sul
mercato, quali le università e gli istituti
di ricerca nonché i raggruppamenti
costituiti da università e amministrazioni
pubbliche, di partecipare ad un appalto
pubblico di servizi.
La direttiva 2004/18 dev'essere interpretata
nel senso che essa osta all'interpretazione
di una normativa nazionale come quella di
cui trattasi nella causa principale che
vieti a soggetti che, come le università e
gli istituti di ricerca, non perseguono un
preminente scopo di lucro di partecipare a
una procedura di aggiudicazione di un
appalto pubblico, benché siffatti soggetti
siano autorizzati dal diritto nazionale ad
offrire sul mercato i servizi oggetto
dell'appalto considerato (Corte di giustizia
europea, Sez. IV,
sentenza 23.12.2009 n. C-305/08 -
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APPALTI:
COTTIMO FIDUCIARIO –
PROCEDURA NEGOZIATA.
Il TAR Toscana, pur partendo da corrette
premesse, perviene ad un inquadramento del
cottimo fiduciario non convincente e,
soprattutto, non in linea con la chiara
disciplina del Codice: “Il cottimo
fiduciario, di cui all’articolo 125 del
D.Lgs n. 163/2006, costituisce una procedura
negoziata, in cui le acquisizioni avvengono
mediante affidamento a terzi (comma 4°),
nelle quali l’affidamento avviene nel
rispetto dei principi di trasparenza,
rotazione, parità di trattamento, previa
consultazione di almeno cinque operatori”
(comma 11°), senza che invece risulti una
generale applicabilità delle singole norme
del Codice dei contratti pubblici, proprie
dell’evidenza pubblica comunitaria. Siamo,
quindi, in presenza di una procedura
negoziata la quale, pur procedimentalizzata,
non richiede, tuttavia, il necessario
rispetto dello specifico assetto
disciplinare predisposto dal Codice per le
procedure aperte e ristrette”.
Le statuizioni del Tar non appaiono
integralmente persuasive.
In primo luogo, occorre principiare da una
ragione di ordine sistematico. Il comma 1°
dell’articolo 121, disciplinante i contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture, di
importo inferiore alla soglia comunitaria,
stabilisce che “ai contratti pubblici
aventi per oggetto lavori, servizi,
forniture, di importo inferiore alle soglie
di rilevanza comunitaria, si applicano oltre
alle disposizioni della parte I, della parte
IV e della parte V, anche le disposizioni
della parte II, in quanto non derogate dalle
norme del presente titolo”.
Al fine di chiarire il significato
dell’importante disposizione normativa, è
possibile far ricorso al seguente schema:
- Parte I: Principi e disposizioni comuni e
contratti esclusi in tutto o in parte
dall'ambito di applicazione del codice;
articoli 1-27;
- Parte II: Contratti pubblici relativi a
lavori servizi e forniture nei settori
ordinari; articoli 28-205;
- Parte III: Contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture nei settori speciali;
articoli 206-238;
- Parte IV: Contenzioso; articoli 239-246;
- Parte V: Disposizioni di coordinamento
finali e transitorie – abrogazioni; articoli
247-257.
Dunque, al cottimo fiduciario, quale
procedura negoziata per i “contratti
sotto soglia comunitaria”, come nella
concreta fattispecie, si applicano le parti
I, IV e V, in modo integrale e la parte II “in
quanto non derogata dalle norme del presente
titolo”.
Ora, gli articoli 83 (Criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa) ed 84
(Commissione di nel caso di aggiudicazione
con il criterio dell’offerta economicamente
più vantaggiosa) sono entrambi collocati
nella parte seconda, per cui occorre
verificare se, nel titolo in esame (artt.
121-125), sussiste una deroga alle
disposizioni dei due predetti articoli.
Ebbene, da un rapido esame del titolo ed, in
particolare dell’articolo 125, si deduce che
tale deroga non sussiste. In altri termini,
non esiste una deroga espressa alle regole
contenute nei predetti articoli. Di
conseguenza, le indicate disposizioni
normative con le loro peculiari regole
(divieto di integrazione del bando, da parte
della commissione; nomina della commissione
dopo la scadenza del termine per la
presentazione delle offerte) trovano piena
applicazione in sede di cottimo fiduciario.
Venendo, poi, al merito pieno delle già
ricordate disposizioni normative, occorre
osservare che il terzo decreto correttivo
(D.Lgs n. 152/2008; in vigore dal
17.10.2008) ha disposto la modificazione del
comma 4° dell’articolo 83. Precisamente, con
la riforma, viene implicitamente sancito che
ogni criterio o sub-criterio di giudizio
deve essere predeterminato a monte, cioè in
sede di stesura del bando di gara o della
lettera di invito. La commissione di gara
non può aggiungere o modificare alcunché,
nemmeno determinare i criteri motivazionali.
Ora, appare ben chiaro che l’indicato
divieto di integrazione e di modifica trova
applicazione in sede di cottimo fiduciario,
anche in ragione del principio di
trasparenza, richiamato nel comma 11°,
dell’articolo 125, il quale esige una
preventiva e non più mutabile fissazione dei
criteri di valutazione e dei pesi.
Per quanto concerne, invece, il comma 10°,
dell’articolo 84 (nomina della commissione
dopo la scadenza del termine per la
presentazione delle offerte), occorre porre
in evidenza la ratio: evitare che le
imprese, che intendono partecipare alla
gara, conoscano, prima della presentazione
della loro offerta, i nominativi dei
componenti della commissione. Se
conoscessero tali nominativi prima,
potrebbero "orientare", "articolare"
la loro offerta in relazione ai commissari
prescelti.
Orbene, tale ratio può avere un senso
solo se trova applicazione il criterio
dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
indipendentemente dalla procedura di scelta
del contraente prescelta. Infatti, in tali
fattispecie, la commissione di gara è
titolare un potere di discrezionalità
tecnica indubbiamente forte, in quanto deve
esprimere puntuali valutazioni e giudizi
tecnici, in relazione a diversi elementi: la
qualità, il pregio tecnico, le
caratteristiche estetiche e funzionali, etc.
In tali gare, conoscere prima il nominativo,
può comportare il rischio di un potenziale
inquinamento della gara in duplice senso:
orientare la propria offerta, in relazione
alle note preferenze tecniche di un
commissario, oppure, ancor peggio,
contattare preventivamente i commissari,
commettendo illecito penale. Ovviamente,
tali pericoli di inquinamento della gara
sussistono in ogni procedura di selezione.
Dunque, appare chiaro che il cottimo
fiduciario, proprio in quanto “procedura
negoziata”, è sottoposto in modo
tendenziale all’integrale disciplina del
Codice, a meno che non vi siano chiare ed
esplicite deroghe (commento tratto dalla
newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it -
TAR
Toscana, Sez. I,
sentenza 22.12.2009 n. 3988 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Appalti, qualità da non
trascurare. Il Tar Piemonte ha bocciato un
disciplinare che dava troppo spazio alla
componente economica. La p.a. non deve
privilegiare oltremodo il criterio del
prezzo.
Negli appalti da aggiudicare all'offerta
migliore (e non solo al prezzo più basso)
stop a formule che finiscono per
privilegiare il prezzo più contenuto a
discapito della qualità dell'offerta.
Lo ha affermato il TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 21.12.2009 n. 3718, che
ha bocciato un disciplinare di gara, che ha
scelto il criterio di aggiudicazione
dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
articolata però in 40 punti per la
componente economica e 60 per quella
qualitativa dell'offerta. In sostanza si è
dato più peso al fattore prezzo rispetto
alla qualità dell'offerta. Tra l'altro
questo effetto non è risultato in linea con
il particolare oggetto dell'appalto
riguardante servizi socio assistenziali, per
i quali rileva più la qualità della
prestazione che non il suo costo economico.
Nel caso di specie è stata riscontrata anche
un'altra sostanziale anomalia del bando di
gara. Il disciplinare ha previsto
l'applicazione di una formula particolare
per la formulazione della graduatoria. La
formula è ribasso offerto dalla singola
concorrente moltiplicato per 40 e diviso per
il ribasso massimo. È stato, infatti,
contestato che il divisore dovesse essere il
ribasso offerto e non il ribasso massimo.
Utilizzando la formula del disciplinare ne è
derivato che a fronte di differenze minime
di ribasso offerto il divario del punteggio
assegnato si sia dilatato
ingiustificatamente.
L'applicazione della formula aritmetica, che
prevede come divisore il prezzo massimo
offerto anziché quello proposto dalla
impresa considerata, è stato contestata,
perché in contrasto con il dpr n. 117/1999,
richiamato dall'articolo 83 del Codice dei
contratti (dlgs 163/2006).
L'effetto della formula è stato bocciato dal
Tar Piemonte perché porta a conseguenze
ritenute aberranti e contraddittori con la
preminenza assegnata dal bando di gara al
merito tecnico delle offerte; non a caso per
il progetto era prevista l'attribuzione di
ben 60 punti contro i 40 riconoscibili per
la componente economica.
Il Tar Piemonte ha, quindi, accertato un
sostanziale disequilibrio e a una vistosa
sproporzione tra merito tecnico e prezzo, a
detrimento del primo.
La sentenza formula, dunque, il principio
secondo il quale nelle gare al criterio
dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
improntato alla ricerca di un costante
equilibrio, ispirato a criteri di
ragionevolezza, tra l'elemento economico e
la componente qualitativa delle offerte, se
la p.a. si autovincoli nel bando di gara
annettendo preminente rilievo al merito
tecnico, non può poi adoperare formule
aritmetiche e automatiche la cui
applicazione conduca al contraddittorio
risultato di privilegiare l'elemento prezzo,
pena l'infrazione dei canoni di
ragionevolezza, proporzione e coerenza
interna.
Quindi nel criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa non è certo
illegittima la valutazione dell'elemento
prezzo con criterio matematico, ma questo
non deve portare a risultati sproporzionati.
In esecuzione della sentenza il Tar ha
ordinato all'amministrazione di sciogliere
il contratto di appalto e di pronunciare
nuovamente l'aggiudicazione del servizio a
favore della seconda classificata (articolo
ItaliaOggi del 19.02.2009, pag. 36). |
APPALTI:
Sull'esclusione da una
gara per mancata allegazione della copia del
d.i. del sottoscrittore ad una o più
dichiarazioni sostitutive qualora esse siano
inserite nella stessa busta dove sono state
poste altre dichiarazioni corredate della
copia del d.i..
Non è necessario che in una gara d'appalto
per la quale il bando richieda più
dichiarazioni sostitutive distinte, ciascuna
di esse sia accompagnata dalla copia
fotostatica del documento di identità del
sottoscrittore, dovendosi invece ritenere
conforme alla lettera dell'art. 38 D.P.R. n.
445/2000 (e rispondente alla finalità dallo
stesso perseguita) la circostanza che sia
stata inserita nella busta contenente le
dichiarazioni, una sola copia fotostatica
del documento di identità del dichiarante.
Pertanto, è illegittima l'esclusione di
un'impresa che abbia omesso di corredare una
o più delle dichiarazioni sostitutive
prescritte, qualora queste ultime siano
inserite nella stessa busta contenente una o
più dichiarazioni sostitutive debitamente
corredate della copia del documento di
identità del sottoscrittore, non potendo
revocarsi in incertezza in tal caso la
paternità della sottoscrizione apposta sulla
dichiarazione carente della copia del
documento di identità del rilasciante (TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 21.12.2009 n. 3717 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Art. 48 d.lgs. n.
163/2006 - Irrogazione della triplice
sanzione - Requisiti di ordine speciale -
Art. 38 d.lgs. n. 163/2006 - Carenza dei
requisiti di ordine generale - Esclusione
del concorrente dalla gara.
L’irrogazione della triplice sanzione
(esclusione dalla gara, escussione della
cauzione provvisoria, segnalazione
all’Autorità di vigilanza) si riferisce alle
sole irregolarità accertate con riferimento
ai requisiti di ordine speciale di cui
all’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006, e
non anche a quelle relative ai requisiti di
ordine generale ex art. 38, essendo queste
ultime sanzionabili solo con l’esclusione
dalla gara.
L'ipotesi di carenza dei requisiti di
carattere generale, infatti, è compiutamente
regolata dall'art. 38 del Codice dei
contratti che prevede, in tal caso, solo
l'esclusione del concorrente dalla gara e
costituisce situazione ontologicamente
diversa dal mancato possesso dei requisiti
di capacità economico-finanziaria e
tecnico-organizzativa, disciplinata
dall'art. 48 del medesimo Codice che
riconnette a tale circostanza, oltre
all'esclusione del concorrente dalla gara,
anche l'escussione della relativa cauzione
provvisoria e la segnalazione del fatto
all'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici. L’evidente natura sanzionatoria
del citato art. 48, d’altronde, la rende
norma di stretta interpretazione e, quindi,
non estendibile ad ipotesi diverse da quelle
tassativamente previste (TAR Piemonte, Sez.
I,
sentenza 21.12.2009 n. 3709 -
link a
www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
CARENZA DEI REQUISITI
GENERALI.
Il TAR Piemonte ha manifestato adesione ad
un orientamento in tema di conseguenza
sanzionatorie, a carico dell’aggiudicatario
provvisorio, a seguito di accertata carenza
dei requisiti generali.
Precisamente, si è affermato che: “Non
può essere accolta la tesi
dell’applicabilità delle sanzioni previste
dall’articolo 48 del Codice dei contratti
pubblici (D.Lgs n. 163/2006), in tema di
requisiti economico-finanziari e tecnico
organizzativi, anche alle ipotesi di carenze
afferenti i requisiti generali, di cui
all’articolo 38. In primo luogo, si trascura
la circostanza che l’articolo 48 medesimo si
applica limitatamente ai soli predetti
requisiti speciali, trattandosi di misure
sanzionatorie e, quindi, di stretta
interpretazione. Inoltre, non può esplicare
alcuna efficacia la disciplina in materia di
cauzione provvisoria (art. 75, comma 6°,
Codice), in relazione alla mancata stipula
del contratto, che fa riferimento ad una
fase diversa del procedimento, quella,
appunto, della stipula del contratto”.
Siffatto orientamento, seppur supportato da
diverse pronunce, non appare caratterizzato
da sufficiente persuasività. Infatti,
occorre prendere atto che sussiste un altro
orientamento, il quale delinea una diversa
ricostruzione della problematica in esame.
Primariamente, occorre rilevare che oggetto
dell’analisi non deve essere l’articolo 48,
che disciplina, appunto, con un puntuale
corredo sanzionatorio, la carenza dei “requisiti
speciali”, ma altri articoli del Codice.
Innanzitutto, l’articolo 75, disciplinante
la cauzione provvisoria. Al riguardo,
occorre ricordare che, nella versione
originaria della legge n. 109/1994, la
cauzione provvisoria era finalizzata a
garantire la mancata sottoscrizione del
contratto per “volontà”
dell’aggiudicatario. Nella versione
successiva, avutasi in seguito alla legge
415/1998 (cd. Merloni ter), il termine "volontà"
venne sostituito dal termine "fatto".
In tal modo, fu ampliata l'operatività della
garanzia, nel senso che la mancata
sottoscrizione del contratto non risulta
essere più legata ad un elemento di
volontarietà dell'aggiudicatario, ma a
qualunque fatto, a lui imputabile. Il
Codice, pur abrogando la legge n. 109/1994,
ha confermato la disciplina preesistente,
prevedendo, appunto, che la cauzione
provvisoria “copre la mancata
sottoscrizione del contratto per fatto
dell’affidatario”.
Quindi, nella disciplina attuale, la
responsabilità precontrattuale
dell’aggiudicatario provvisorio rimane
svincolata completamente dall'elemento
soggettivo, essendo sufficientemente
integrata da qualunque evento, ancorché non
intenzionale o colposo, collegato al
comportamento dell'aggiudicatario medesimo.
Inoltre, accanto all’articolo 75, comma 6°,
che giustifica l’escussione della cauzione,
occorre tener presente anche l’articolo 6,
disciplinante i poteri e le funzioni
dell’Autorità di vigilanza. Al riguardo, la
medesima Autorità, nella determinazione n.
5/2009, ben chiarisce che la stazione
appaltante, laddove accerti la carenza dei
requisiti generali falsamente
autodichiarati, “procederà all’esclusione
dalla gara per l'operatore inadempiente,
alla denuncia dei fatti costituenti reato ed
alla segnalazione all’Autorità per
l'iscrizione nel casellario informatico,
secondo le modalità previste nella
Determinazione n. 1 approvata dal Consiglio
della Autorità il 10.01.2008. Solo nel caso
di carenza dei requisiti generali in capo
all' aggiudicatario provvisorio, la stazione
appaltante oltre alla revoca dell'
aggiudicazione, procederà all'incameramento
della cauzione, ma ciò non quale conseguenza
dell'articolo 48, ma dell'articolo 75, comma
6, del codice che prevede tale sanzione per
mancata stipula del contratto per fatto
dell'affidatario”.
Orbene, sembra essere chiaro che il
fondamento del potere di segnalazione va
correttamente rinvenuto proprio
nell’articolo 6 e, precisamente, nei commi
7° (potere di vigilanza dell’Autorità), 9°
(potere dell’Autorità di richiedere
documenti ed informazioni) ed 11° (sanzioni
per omesso invio di documenti ed
informazioni).
In buona sostanza, accertata la falsità
dell’autodichiarazione, la stazione
appaltante deve ottemperare al suo obbligo
di segnalazione, il quale riceve la sua
disciplina dalla determinazione n. 1/2008,
ma conosce la sua base normativa proprio nei
tre predetti commi: affinché l’Autorità
possa esercitare il suo potere di vigilanza,
la stazione appaltante segnala i “fatti
accaduti”, ai fini dell’inserimento dei
medesimi nel Casellario informatico.
Ciò, ovviamente, nel rispetto di un congruo
contraddittorio procedimentale (commento
tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it -
TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 21.12.2009 n. 3699 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'insindacabilità del
tempo impiegato da una commissione di gara
per valutare le offerte.
In sede di verifica delle offerte anomale,
il giudizio di congruità dell'offerta, non
richiede di regola una motivazione puntuale
e analitica.
Costituisce ius receptum
l'affermazione per la quale il tempo
impiegato da una commissione per la
correzione degli elaborati scritti dei
candidati ad un pubblico concorso o per il
vaglio delle offerte tecniche in un appalto
pubblico attiene all'esercizio di
discrezionalità tecnica e come tale è
insindacabile se non emergono profili di
assoluta arbitrarietà o illogicità.
Il giudizio tecnico sulla qualità di un
elaborato concorsuale o di un'offerta
tecnica concorrente ad una gara può essere
espresso in chiave alfanumerica quando il
bando di gara o il disciplinare rechino
criteri di valutazione dettagliati ed
espressi in termini sufficientemente
precisi, idonei come tali ad arginare il
percorso valutativo e la discrezionalità
della commissione giudicatrice.
In sede di verifica delle offerte anomale,
il giudizio di non anomalia, ovverosia di
congruità dell'offerta, non richiede di
regola una motivazione puntuale e analitica,
essendo sufficiente anche un rinvio alle
argomentazioni e alle giustificazioni della
parte che ha formulato l'offerta sottoposta
a verifica con esito positivo; è viceversa
necessaria una motivazione particolarmente
diffusa ed analitica nel caso di giudizio di
anomalia che porta a non procedere
all'aggiudicazione a favore dell'impresa che
abbia formulato il migliore ribasso (TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 21.12.2009 n. 3697 -
link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: D.
Argenio,
L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici: vecchi e
nuovi compiti dopo il Codice De Lise
(21.12.2009 - link a www.dirittoelegge.it). |
APPALTI:
La richiesta di
integrazione documentale può riguardare
soltanto documenti già prodotti in gara.
Non può
essere formulata dalla Stazione Appaltante
la richiesta di regolarizzazione volta ad
integrare documenti la cui produzione veniva
richiesta in maniera univoca e a pena di
esclusione dalla lex specialis.
Invero, potrà riguardare solo quei documenti
già presentati in sede di gara, non
potendosi mai determinare un’alterazione
della par condicio delle imprese (Consiglio
di Stato, Sez. VI,
sentenza 18.12.2009 n. 8386 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla necessità di
procedere mediante gara pubblica nel caso di
aumento di capitale per l'ingresso di socio
privato operativo in una società per azioni
a capitale pubblico affidataria di un
servizio e sulla sussistenza della
giurisdizione del g.a..
L'art. 1, c. 2, del D.Lgs. n. 163/2006
(Codice dei contratti pubblici), secondo il
quale la scelta di socio privato di società
miste, a partecipazione pubblica anche
minoritaria, che siano affidatarie di
servizi pubblici, deve sempre avvenire con
procedure di evidenza pubblica, si applica
anche nell'ipotesi in cui una società mista,
ove pure non originariamente tale, apra il
proprio capitale all'apporto di un socio
privato industriale attraverso un'operazione
straordinaria di vendita di quote o di
aumento di capitale, cosicché risulti
modificato, per effetto di detta operazione,
l'assetto soggettivo della gestione.
Ogniqualvolta -attraverso il ricorso ad
operazioni di carattere straordinario
destinate a mutare la compagine di una
società che abbia ottenuto l'affidamento
diretto o tramite gara di un servizio
pubblico- si pervenga al risultato di dar
vita a una società mista oppure,
alternativamente, al risultato di modificare
il profilo soggettivo del gestore del
servizio pubblico già affidato (mediante
l'associazione al capitale e alla gestione
di nuove figure imprenditoriali o la
sostanziale sostituzione delle imprese
originariamente affidatarie), allora si
realizza in via derivata anche un diverso
affidamento del servizio pubblico.
L'affidamento di un servizio, quand'anche
realizzato attraverso la costituzione,
originaria o successiva, di una società
mista con socio privato operativo, è
un'attività sempre connotata da
autoritatività a fronte della quale si
stagliano interessi legittimi dei soggetti
coinvolti e, come tale, esso soggiace anche
all'osservanza delle regole pubblicistiche e
si deve necessariamente svolgere attraverso
procedure di evidenza pubblica, governate
dai principi del diritto interno e
sovranazionale.
Sulle vicende descritte nei precedenti
punti, la giurisdizione spetta al g.a., in
quanto giudice naturale di tutte le attività
amministrative autoritative -qualunque siano
gli strumenti giuridici utilizzati- seppure
poste in essere per tramite di soggetti
formalmente privati, ma controllati o
dominati da pubbliche amministrazioni;
Esorbita invece dalla giurisdizione
amministrativa, non configurandosi come un
PPPI, ogni altra vicenda in cui una società
affidataria di un servizio riceva apporti al
proprio capitale da parte di soggetti
privati che siano meri finanziatori, ossia
non aventi le caratteristiche di soci
industriali, o i quali comunque non
partecipino direttamente alla gestione o
allo svolgimento del servizio affidato
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 18.12.2009 n. 8376 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Avvio
dal 1° gennaio 2010 della trasmissione
informatizzata della notifica preliminare di
avvio lavori nei cantieri - Decreto del
Direttore Generale Sanità n. 9056 del
14.09.2009 (Regione Lombardia, Direzione
Generale Sanità,
nota 18.12.2009 n. 44462 di prot.). |
APPALTI:
Gara di appalto -
Interventi di manutenzione straordinaria su
pavimentazione - Condanna penale degli
amministratori per reato di lesioni
personali colpose - Valutazione di gravità
del reato - Discrezionalità della stazione
appaltante - Esclusione ai sensi
dell'articolo 38, comma 1, lett. C) ed E),
D.Lgs. 163/2006 - Legittima.
In assenza di parametri legislativi fissi e
predeterminati, il richiamo alla "gravità"
del reato contemplato dall'articolo 38,
comma 1, lett. C), D.Lgs. 163/2006, lascia
alla stazione appaltante un ampio spazio
valutativo.
L'apprezzamento della gravità non può, in
ogni caso, prescindere dalla considerazione
di alcuni indici fondamentali, quali la pena
prevista e/o in concreto irrogata per il
reato e la natura del bene protetto dalla
norma incriminatrice, tenuto conto anche
dell'oggetto e delle caratteristiche
dell'appalto (nella specie, il TAR ha
ritenuto legittima l'esclusione dalla gara
di un'impresa partecipante -i cui
amministratori erano stati condannati per il
reato di lesioni colpose conseguenti alla
violazione di norme per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro- in considerazione
delle caratteristiche dell'appalto, avente
ad oggetto lavori di manutenzione
straordinaria su pavimentazione il cui
affidamento richiedeva una garanzia piena
sull'osservanza della normativa
antinfortunistica da parte dell'appaltatore)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenze 17.12.2009 nn. 5593 e
5594 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Gara di appalto -
Affidamento lavori - Art. 38, comma 1, lett.
I), D.Lgs. 163/2006 - Irregolarità
contributiva dell'impresa aggiudicataria
maturata dopo l'aggiudicazione - Successiva
regolarizzazione - Irrilevante - Effetti -
Decadenza dall'aggiudicazione.
La regolarità contributiva dell'impresa
partecipante ad una gara deve sussistere non
solo alla data di presentazione della
domanda, ma deve permanere anche durante lo
svolgimento della procedura e l'esecuzione
del contratto; né può rilevare, in senso
retroattivo, la successiva regolarizzazione,
con la conseguenza che, legittimamente, la
stazione appaltante può disporre la
decadenza dal provvedimento di
aggiudicazione definitiva (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 17.12.2009 n. 5592 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. Gara di appalto -
Affidamento di servizi - Offerta tecnica -
Caratteristiche - Valutazione da parte della
stazione appaltante - Criteri di
valutazione.
2. Contratti della P.A. - Commissione
giudicatrice - Esercizio, da parte di un
commissario, di funzioni amministrative
ulteriori nell'ambito della medesima
procedura - Incompatibilità ex art. 84,
comma 4, D.Lgs. 163/2006 - Non sussiste.
1.
L'offerta tecnica non si sostanzia in un
progetto o in un prodotto, ma nella
descrizione di un facere che può essere
valutato unicamente sulla base di criteri
qualitativi e quantitativi, fra i quali ben
può rientrare la considerazione della
pregressa esperienza dell'operatore, come
anche della solidità ed estensione della sua
organizzazione d'impresa.
2.
Nelle procedure per l'aggiudicazione di
appalti con la Pubblica amministrazione
l'esercizio, da parte di un componente della
commissione aggiudicatrice, di ulteriori
funzioni amministrative per conto e
nell'interesse dell'amministrazione
appaltante, relative alla medesima procedura
di gara, non integra di per sé la causa di
incompatibilità prevista dall'art. 84, comma
4, D.Lgs. 163/2006, atteso che tale
disposizione ha la finalità di impedire la
partecipazione alla commissione di soggetti
che, nell'interesse proprio o privato di
alcuna delle imprese concorrenti, abbiano
assunto o possano assumere compiti di
progettazione, di esecuzione o di direzione
relativamente ai lavori oggetto della
procedura di gara (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 17.12.2009 n. 5591 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. Gara - Affidamento di
un pubblico servizio - Impugnazione -
Interesse al ricorso - Sussiste - Anche in
caso di vantaggio successivo ed eventuale
all'annullamento della procedura di
affidamento.
2. Gara - Impugnazione del bando da parte di
un concorrente che non abbia partecipato
alla gara - Interesse al ricorso - Sussiste.
3. Contratti della P.A. - Convenzioni per
l'espletamento di un servizio socio
sanitario - Riserva in favore di
organizzazioni di volontariato e cooperative
sociali - Compatibilità con il diritto
comunitario e costituzionale - Sussiste.
1.
L'interesse al ricorso nell'ambito di una
procedura di affidamento di un servizio
pubblico sussiste non solo nel caso in cui
dall'annullamento derivi un vantaggio
diretto ed immediato in capo al ricorrente,
ma anche nel caso in cui il vantaggio sia
meramente successivo ed eventuale, dovendosi
dichiarare l'inammissibilità del ricorso
solo laddove risulti che la parte ricorrente
non possa, in nessun caso, risultare
aggiudicataria nell'ipotesi di accoglimento
del ricorso.
2.
Non difetta dell'interesse ad impugnare una
procedura ad evidenza pubblica il ricorrente
che non abbia partecipato alla gara,
nell'ipotesi in cui la censura abbia ad
oggetto i requisiti del bando, in quanto
ritenuti discriminatori e tali da precludere
la partecipazione alla gara medesima, atteso
che -se effettivamente la preclusione alla
partecipazione deriva dal bando- non può
pretendersi la previa domanda di
partecipazione alla gara, che risulterebbe
inutiliter proposta.
3.
In virtù dell'articolo 20, D.Lgs. n.
163/2006 e del principio di sussidiarietà
orizzontale sancito dall'art. 118, ult. co.
della Costituzione, deve ritenersi
compatibile con i principi e le norme del
diritto comunitario e costituzionale, un
sistema fondato sulla convezione per
l'affidamento di un servizio socio sanitario
che sia riservato ad organizzazioni di
volontariato e cooperative sociali (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 16.12.2009 n. 5357 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
INCARICHI PROGETTUALI:
Gare, chiarimento sui
requisiti. In G.U. la circolare del
ministero delle infrastrutture sull'articolo
253 del dlgs 163/2006. Conta il fatturato
quinquennale e l'organico medio del
triennio.
Per le gare di ingegneria e architettura,
fino a fine dicembre 2010, la norma del
Codice che consente di dimostrare i
requisiti di ammissione alla gara su un arco
temporale più ampio è applicabile soltanto
al fatturato quinquennale e all'organico
medio annuo del triennio, ma non ai
requisiti decennali sui servizi svolti e sui
servizi «di punta».
È quanto ha chiarito il ministero delle
infrastrutture, con la circolare del
12.11.2009, n. 4649 firmata dal direttore
generale per la regolamentazione dei
contratti pubblici, Bernadette Veca,
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 274
del 24.11.2009.
Il chiarimento riguarda l'art. 253, comma
15-bis del dlgs. 163/2006 che consente fino
al 31.12.2010 di documentare i requisiti per
l'accesso alle gare di servizi di ingegneria
e architettura, con riguardo ai migliori tre
anni del quinquennio e ai migliori cinque
anni del decennio.
La circolare, dopo avere riconosciuto che «l'ampliamento
dell'arco temporale utilizzabile per la
dimostrazione del possesso dei requisiti
minimi introduce una maggiore flessibilità
per la qualificazione dei concorrenti»,
anche «al fine di contrastare gli effetti
della crisi economica del mercato che hanno
investito anche il settore dei contratti
pubblici», chiarisce che il comma 15-bis
riguarda i requisiti previsti per i servizi
di ingegneria e architettura dal dpr
554/1999, ritenendo tali norme (art. 66,
comma 1, del dpr 554/1999), «di dettaglio»,
implicitamente compatibili con il Codice dei
contratti pubblici.
Le stazioni appaltanti devono quindi fare
riferimento, nell'applicazione della
disposizione agevolativa del «terzo
correttivo», ai requisiti del
regolamento articolati su base triennale,
quinquennale e decennale e non ai requisiti
generali del Codice (artt. 41 e 42) che
riguardano, per tutti i tipi di appalto,
soltanto l'ultimo triennio.
Ciò detto, il ministero specifica che la
norma a sua volta non si applica a tutti i
quattro requisiti previsti dalla
disposizione regolamentare, ma «incide
sui soli requisiti di cui alle lettere a) e
d) del comma 1 dell'art. 66 del dpr 554/1999
per i quali la dimostrazione del possesso è
richiesta rispettivamente su base
quinquennale e su base triennale».
Pertanto relativamente al fatturato
quinquennale «globale», cioè per servizi di
ingegneria e architettura, dovranno
chiedersi requisiti dei migliori cinque anni
del decennio precedente (per il ministero «si
consente di individuare su base decennale il
requisito quinquennale previsto dalla
normativa regolamentare»). Per il
requisito triennale dell'organico medio
annuo dei tecnici, nei bandi si dovrà
consentirne la prova facendo riferimento ai
tre migliori anni del quinquennio precedente
(secondo la circolare: «Si consente di
individuare su base quinquennale il
requisito triennale previsto dalla normativa
regolamentare»).
Per gli altri due requisiti (espletamento
nel decennio di servizi di ingegneria e
architettura relativi ai lavori da
progettare e due servizi «di punta»
di cui alle lettere b e c del comma 1
dell'articolo 66), il ministero afferma che
la norma del Codice risulta inapplicabile, «in
quanto la riduzione del periodo decennale
(si passerebbe ai cinque migliori anni del
decennio, ndr) determinerebbe una
restrizione della possibilità di partecipare
alle gare, in contrasto con la ratio
ispiratrice della norma transitoria,
introdotta con il precipuo intento di
ampliare la concorrenza».
Viene anche chiarito che la norma «incide
esclusivamente rispetto all'attività
espletata da prendere in considerazione ai
fini della stima dell'importo», che non
può essere limitata ai soli «lavori da
progettare», ma si riferisce anche ad
altri servizi di architettura e di
ingegneria, a seconda del tipo di incarico
da affidare (articolo ItaliaOggi del
16.12.2009, pag. 48). |
LAVORI PUBBLICI: La
delibera di approvazione di un progetto
definitivo di un’opera pubblica o di
pubblica utilità ovvero anche l’atto di
programmazione di opere pubbliche non può
valere quale variante allo strumento
urbanistico, anche nel senso della
rinnovazione dei vincoli preordinati
all’esproprio che fossero scaduti per il
decorso del quinquennio, se non adottata
nelle forme e nei modi prescritti dall’art.
10 D.P.R. n. 327/2001 assicurando, comunque,
la partecipazione degli interessati giusta
la prescrizione del successivo art. 11.
La delibera di approvazione di un progetto
definitivo di un’opera pubblica o di
pubblica utilità ovvero anche l’atto di
programmazione di opere pubbliche non può
valere quale variante allo strumento
urbanistico, anche nel senso della
rinnovazione dei vincoli preordinati
all’esproprio che fossero scaduti per il
decorso del quinquennio, se non adottata
nelle forme e nei modi prescritti dall’art.
10 D.P.R. n. 327/2001 (<<1. Se la
realizzazione di un’opera pubblica o di
pubblica utilità non è prevista dal piano
urbanistico generale, il vincolo preordinato
all’esproprio può essere disposto, ove
espressamente se ne dia atto, su richiesta
dell’interessato, ai sensi dell’art. 14,
comma 4, della legge 07.08.1990, n. 241,
ovvero su iniziativa dell’amministrazione
competente all’approvazione del progetto,
mediante (………) un altro atto, anche di
natura terri-toriale, che in base alla
legislazione vigente comporti la variante
del piano urbanistico (…….)>>),
assicurando, comunque, la partecipazione
degli interessati giusta la prescrizione del
successivo art. 11 (TAR Campania-Napoli,
Sez. V,
sentenza 15.12.2009 n. 8746 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
COMMISSIONI GARA.
Il Tar Lombardia-Milano ha esaminato in modo
chiaro, la non infrequente prassi, da parte
di talune stazioni appaltanti, di nominare,
inutilmente e confusamente, due commissioni
di gara.
Al riguardo, ha puntualmente affermato che:
“Risulta violato il principio di
collegialità della commissione di gara, non
essendo ammissibile che le offerte
economiche vengano valutate da un organo
sostanzialmente monocratico (il direttore
amministrativo dell’Azienda Ospedaliera,
assistito da due testimoni). Inoltre, non
appare ammissibile che, nelle procedure da
aggiudicarsi con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, la
valutazione delle offerte tecniche e di
quelle economiche venga affidata a
commissioni diverse, dovendo la valutazione
essere effettuata dalla medesima commissione
giudicatrice, salva restando la possibilità
di incaricare un seggio di gara della sola
preliminare valutazione dell’ammissibilità
della documentazione amministrativa, ai fini
dell’ammissione delle offerte”.
Il pregio della pronuncia risiede anche
nell’aver collocato la problematica
dell’illegittima prassi delle doppie
commissioni nell’alveo della disciplina
codicistica.
Precisamente, Codice dei contratti pubblici
(D.Lgs n. 163/2006) contiene una puntuale
disciplina della commissione di gara, in
riferimento all’eventualità in cui si
utilizzi il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa (art. 84), ed
in tema di concorso di progettazione
(articolo 106).
Ai sensi dell’articolo 84, la commissione di
gara:
- viene nominata dalla stazione appaltante
(organo competente ad effettuare la scelta
del soggetto affidatario del contratto);
- è composta da un numero dispari di
componenti, in numero massimo di cinque,
esperti nello specifico settore cui si
riferisce l'oggetto del contratto;
- è presieduta di norma da un dirigente
della stazione appaltante e, in caso di
mancanza in organico, da un funzionario
della stazione appaltante incaricato di
funzioni apicali, nominato dall'organo
competente.
Occorre osservare che i commissari, diversi
dal presidente, non devono aver svolto né
possono svolgere alcun'altra funzione o
incarico tecnico o amministrativo
relativamente al contratto del cui
affidamento si tratta.
Orbene, dai pochi cenni di disciplina
delineati, appare chiaro che il Codice esige
l’obbligatorietà della commissione solo
laddove si utilizzi il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa. Viceversa,
laddove si utilizzi il diverso criterio del
prezzo più basso, la commissione non è
obbligatoria, per cui il responsabile della
stazione appaltante può ben procedere,
solitariamente, all’aggiudicazione
provvisoria, cioè all’individuazione della
migliore offerta.
Allora, se la commissione è obbligatoria
solo in taluni casi, perché non ritenerne
semplificante la presenza, laddove
necessario, di una sola, a cui sono
attribuiti tutti e tre i poteri: - verifica
della regolarità della documentazione
amministrativa; - valutazione dei profili
economici; - valutazione dei profili
tecnici.
La pluralità di competenze è in ogni caso
garantita, in quanto l’articolo 84 esige la
presenza di “membri esperti nello
specifico settore cui si riferisce l'oggetto
del contratto” (comma 2°) e la presenza,
con funzioni di presidenza, di un “dirigente
della stazione appaltante o di un
funzionario” (comma 3°): ciò vuol dire
che il presidente-funzionario è competente
almeno per ciò che concerne la verifica
della regolarità documentale, mentre gli
altri membri garantiscono conoscenze
specifiche di settore, per la valutazione
dei profili economici e tecnici.
Dunque, un’unica commissione, in linea con
la normativa codicistica, titolare delle
necessarie e plurime conoscenze ed
esplicante tutti i poteri. Appare ben
evidente che, in tal modo, si eviterebbero,
in maniera ancor più radicale, perniciose
confusioni e la creazione di organismi
superflui (commento tratto dalla newsletter
del sito
www.centrostudimarangoni.it -
TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 15.12.2009 n. 5346 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
necessità o meno, per disporre l’esclusione
ex art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n.
163 del 2006, di una valutazione sulla
gravità del reato.
L’art. 38, comma 1, lett. c), del codice dei
contratti (il quale preclude la
partecipazione alle gare ai soggetti "nei
cui confronti è stata pronunciata sentenza
di condanna passata in giudicato, o emesso
decreto penale di condanna divenuto
irrevocabile, oppure sentenza di
applicazione della pena su richiesta, ai
sensi dell'articolo 444 del codice di
procedura penale, per reati gravi in danno
dello Stato o della Comunità che incidono
sulla moralità professionale"),
richiede, per la sua applicazione,
un’attività valutativa in ordine alla
gravità del reato, finalizzata a verificare
se lo stesso possa o non incidere sulla
moralità professionale del concorrente.
L’ambito operativo dell’art. 27, comma 2,
lett. q), del D.P.R. n. 34/2000 (a mente del
quale sono inserite nel casellario "eventuali
sentenze di condanna passate in giudicato o
di applicazione della pena su richiesta ai
sensi dell’articolo 444 del codice di
procedura penale a carico dei legali
rappresentanti, degli amministratori
delegati o dei direttori tecnici per reati
contro la pubblica amministrazione, l’ordine
pubblico, la fede pubblica o il patrimonio"),
non coincide con quello del citato art. 38;
è pertanto illegittima l’annotazione nel
casellario informatico di una esclusione da
una gara per la omessa dichiarazione
condanna di patteggiamento per tentato furto
- reato contro il patrimonio, alla quale sia
stata aggiunta che l’esclusione è stata
disposta ai sensi del citato art. 38, nel
caso in cui manchi, nel provvedimento
espulsivo assunto dalla stazione appaltante,
qualsiasi apprezzamento sulla gravità del
reato taciuto (e sulla sua incidenza sulla
moralità professionale) (massima tratta da
http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez.
III,
sentenza 12.12.2009 n. 12837 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
revocazione di una sentenza che ha ritenuto
illegittima l’esclusione di una ditta, per
mancanza del requisito della moralità
professionale, ritenendo erroneamente che
l’amministratore della società esclusa fosse
stato condannato per un reato ormai
depenalizzato.
Va revocata una sentenza che, per effetto di
un errore di fatto, ha ritenuto illegittima
l’esclusione da una gara di appalto per
mancanza del requisito della moralità
professionale, di una impresa, ritenendo
erroneamente che l’amministratore della
società esclusa aveva riportato solo una
condanna per un reato ormai depenalizzato
(dall’art. 25 del d.lgs. n. 74/2000), senza
considerare che lo stesso amministratore
aveva altresì riportato una condanna per
altro reato (nella specie si trattava del
reato di cui al n. 7 dello stesso art. 4,
comma 1, della l. n. 516/1982) ancora
previsto dall’ordinamento, sia pure da una
disposizione formalmente diversa.
L'estinzione del reato già oggetto di
sentenza di patteggiamento in conseguenza
del verificarsi delle condizioni previste
dall'art. 445, comma 2, c.p.p., (e cioè la
mancata commissione nel termine previsto
-cinque anni, quando la sentenza concerne un
delitto, ovvero due anni, quando la sentenza
concerne una contravvenzione- di un delitto
ovvero di una contravvenzione della stessa
indole) non opera "ipso iure", ma
richiede una formale pronuncia da parte del
giudice dell'esecuzione (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 10.12.2009 n. 7740 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La valutazione circa la
sussistenza del requisito della moralità
professionale spetta alla stazione
appaltante e non al concorrente, in quanto
quest'ultimo non ha il potere di anticipare
tale giudizio omettendo di dichiarare dati
penalmente rilevanti
L'estinzione del reato ex art. 455 cpp non
opera "ipso iure" essendo necessaria una
formale pronuncia da parte del giudice
dell'esecuzione.
Le valutazioni in ordine alla gravità delle
condanne riportate dai concorrenti ed alla
loro incidenza sulla moralità professionale
spettano alla stazione appaltante e non al
concorrente medesimo, il quale è pertanto
tenuto a indicare tutte le condanne
riportate, non potendo operare a monte alcun
"filtro", omettendo la dichiarazione
di alcune di esse sulla base di una
selezione compiuta secondo criteri
personali.
L'estinzione del reato già oggetto di
sentenza di patteggiamento in conseguenza
del verificarsi delle condizioni previste
dall'art. 445 c.p.p., c. 2 (e cioè la
mancata commissione nel termine previsto
-cinque anni, quando la sentenza concerne un
delitto, ovvero due anni, quando la sentenza
concerne una contravvenzione- di un delitto
ovvero di una contravvenzione della stessa
indole) non opera "ipso iure", ma
richiede una formale pronuncia da parte del
giudice dell'esecuzione (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 10.12.2009 n. 7740 -
link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Divieto di
partecipazione statuito dall'art. 13 D.L.
223/2006 - Applicazione alle società non
partecipate da un ente locale ed il cui
capitale, pur se interamente pubblico, sia
interamente posseduto da altra società
partecipata da ente locale - Legittimità.
L'art. 13 del D.L. n. 223/2006 convertito
con modificazioni nella Legge n. 248/2006,
testualmente recita: "Al fine di evitare
alterazioni o distorsioni della concorrenza
e del mercato e di assicurare la parità
degli operatori, le società, a capitale
interamente pubblico o misto, costituite o
partecipate dalle amministrazioni pubbliche
regionali e locali per la produzione di beni
e servizi strumentali all'attività di tali
enti in funzione della loro attività, con
esclusione dei servizi pubblici locali,
nonché, nei casi consentiti dalla legge, per
lo svolgimento esternalizzato di funzioni
amministrative di loro competenza, devono
operare esclusivamente con gli enti
costituenti o partecipanti o affidanti, non
possono svolgere prestazioni a favore di
altri soggetti pubblici o privati, né in
affidamento diretto né con gara, e non
possono partecipare ad altre società o enti.
Le società che svolgono l'attività di
intermediazione finanziaria prevista dal
testo unico di cui al decreto legislativo 1°
settembre 1993, n. 385, sono escluse dal
divieto di partecipazione ad altre società o
enti. Le società di cui al comma 1 sono ad
oggetto sociale esclusivo e non possono
agire in violazione delle regole di cui al
comma 1. Al fine di assicurare l'effettività
delle precedenti disposizioni, le società di
cui al comma 1 cessano entro ventiquattro
mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto le attività non consentite.
A tale fine possono cedere, nel rispetto
delle procedure ad evidenza pubblica, le
attività non consentite a terzi ovvero
scorporarle, anche costituendo una separata
società. I contratti relativi alle attività
non cedute o scorporate ai sensi del periodo
precedente perdono efficacia alla scadenza
del termine indicato nel primo periodo del
presente comma. I contratti conclusi, dopo
la data di entrata in vigore del presente
decreto, in violazione delle prescrizioni
dei commi 1 e 2 sono nulli. Restano validi,
fatte salve le prescrizioni di cui al comma
3, i contratti conclusi dopo la data di
entrata in vigore del presente decreto, ma
in esito a procedure di aggiudicazione
bandite prima della predetta data".
Il comma 1 del citato articolo contempla
pacificamente un divieto: le Società ivi
puntualmente enucleate non possono svolgere
prestazioni a favore di altri soggetti
pubblici o privati, né in affidamento
diretto né con gara, ma debbono espletare la
loro attività unicamente a vantaggio degli
Enti costituenti o partecipanti alle stesse.
Il divieto sancito dalla norma in questione
rafforza peraltro la regola dell'esclusività
evitando che dopo l'affidamento del servizio
la Società possa andare a fare altro. Esso
rimarca la differenza tra concorrenza «per»
il mercato e concorrenza «nel»
mercato disvelando le sue plurime
rationes essendi: tutela
dell'imprenditoria privata e della leale
concorrenza, repressione della greppia
partitica e burocratica.
Tale norma, attuando l'art. 41 Cost. in
relazione ai principi comunitari sulla
tutela della concorrenza, sul divieto di
aiuti di Stato e sul principio di
sussidiarietà, esprime quindi un precetto di
ordine pubblico economico che si impone
inderogabilmente a tutte le stazioni
appaltanti, tenute ad applicarlo quale che
sia la fase del procedimento.
Se dunque la ratio è quella di
tutelare i principi di concorrenza e di
trasparenza nonché quello di libertà di
iniziativa economica -che risulterebbero
turbati dalla presenza (diretta o indiretta)
della mano pubblica la quale provoca
un'elusione del rischio d'impresa- devono
considerarsi partecipate da amministrazioni
pubbliche regionali o locali anche le
Società partecipate da Società intermedie
controllate da dette amministrazioni: il
divieto previsto dall'art. 13, in altri
termini, deve ritenersi applicabile ad
un'impresa partecipata da un'altra impresa,
che a sua volta è controllata da
amministrazioni pubbliche locali (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 09.12.2009 n. 2511 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. Clausola del bando
precludente la limitazione alla competizione
- Deve essere impugnata - Provvedimento di
esclusione - Non deve esser impugnato.
2. Contestazione delle modalità di
svolgimento della gara - In esito alla
infruttuosa partecipazione alla stessa -
Possibilità - Acquiescenza - Non si verifica
- Onere di immediata impugnazione - Inerisce
le sole clausole del bando escludenti la
possibilità di partecipazione.
3. Contestazione delle modalità di
svolgimento della gara, idonee a caducare
l'intera competizione - Da parte del
partecipante dichiarato escluso - E'
possibile.
1.
Quale atto meramente consequenziale,
l'esclusione è destinata a venir meno con
l'annullamento della contestata disposizione
della lex specialis: secondo il
principio dell'invalidità derivata, la
caducazione dell'atto "a monte" che
costituisce il presupposto unico e
determinante colpisce e travolge
automaticamente le determinazioni "a
valle" anche in assenza di apposita
pronuncia in merito, e dunque non può essere
affermata l'esigenza della necessaria
impugnazione di provvedimenti sopravvenuti,
pur se lesivi.
2.
La partecipazione alla gara per
l'aggiudicazione di contratti pubblici e la
presentazione dell'offerta nelle forme
imposte dal bando non implicano acquiescenza
e non impediscono successivamente la
proposizione di un'eventuale gravame.
L'onere di immediata impugnazione investe
peraltro le clausole riguardanti i requisiti
soggettivi di partecipazione -che inibiscono
all'interessato l'ammissione alla selezione-
ma non anche quelle che riguardano le
modalità di svolgimento della procedura,
poiché in tali ipotesi anche il concreto
svolgimento della gara e delle relative
operazioni, nonché l'adozione delle
valutazioni all'uopo necessarie, producono
l'effetto lesivo ricollegabile all'astratta
previsione contenuta nel bando.
L'onere di immediata impugnazione della
lex specialis riguarda le sole clausole
-esattamente identificate, preesistenti alla
gara e non condizionate dal suo svolgimento-
che regolano i requisiti di ammissione,
qualora siano idonee a ledere immediatamente
l'interesse sostanziale degli aspiranti
concorrenti in quanto preclusive della loro
partecipazione; l'onere predetto sussiste
anche per le prescrizioni che impongono
oneri incomprensibili o manifestamente
sproporzionati, e come tali direttamente
ostativi all'ammissione alla selezione.
3.
Secondo un primo orientamento
giurisprudenziale un tale interesse non
potrebbe sussistere, dato che l'impresa
destinataria del provvedimento sfavorevole
rimane priva del titolo legittimante a
partecipare alla procedura selettiva ed
anche a contestare i suoi esiti e la
legittimità delle distinte scansioni
procedimentali: la sua posizione è
qualificabile come mero interesse di fatto,
che non si distingue da quello di qualsiasi
operatore del settore che -non avendo preso
parte al confronto- non avrebbe titolo ad
impugnarne gli atti, pur essendo titolare di
un'aspirazione (non protetta) alla
caducazione dell'intera selezione al fine di
poter presentare la propria offerta
nell'ipotesi di nuova gara.
In definitiva l'esclusione legittima
conclude, per l'aspirante, il procedimento
di gara, e la sua posizione -rispetto al
bene della vita cui aspira- non assume altra
configurazione che quella di interesse di
mero fatto, del tutto priva di rilevanza e
tutela giuridica.
Secondo un più recente filone
interpretativo, ritenuto meritevole di
maggior condivisione, l'interesse del
soggetto legittimamente escluso dalla
selezione non può invece ritenersi
insussistente, con riferimento alle censure
suscettibili di caducare l'intera
competizione.
In tal caso il fatto della partecipazione
(ancorché non legittima) alla selezione
fonda il titolo impugnatorio in vista della
soddisfazione dell'interesse strumentale
alla riedizione della gara e traccia la
differenza rispetto al non concorrente, che
di quel titolo è pacificamente sfornito
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 09.12.2009 n. 2510 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: L'imposizione
da parte dell'amministrazione di clausole
recanti condizioni di pagamento per la
fornitura di beni e servizi notevolmente
peggiorative rispetto alla disciplina
legale, costituisce abuso della posizione
dominante e lesione della libertà
contrattuale, in violazione dell'art. 4,
d.lgs. n. 231 del 2002; di conseguenza, va
accertata la grave iniquità delle clausole
stesse e pronunciata l'inibitoria del loro
uso in futuro.
E' illegittimo l'avviso di gara che prevede
condizioni più favorevoli per il debitore
senza determinare il caso del possibile
accordo tra i contraenti, per delineare un
regolamento negoziale più consono alla
situazione finanziaria del debitore.
Per poter parlare di accordo tra le parti, è
necessario che la formazione della volontà
contrattuale sia libera per entrambi i
contraenti, il che deve escludersi ove le
clausole peggiorative, oltre che essere
state unilateralmente predisposte da una
delle parti, siano state imposte all’altra
quali condizioni di partecipazione alla
gara.
La giurisprudenza amministrativa è
orientata nel ritenere le disposizioni sul
ritardo dei pagamenti nelle transazioni
commerciali di cui al d.lgs. n. 231/2002,
attuativo della Direttiva n. 2000/35 CE,
direttamente applicabili alle prestazioni da
fornire alle PP.AA., avendo precisato che “la
ricomprensione operata dalla normativa
comunitaria dei soggetti quali sono le Asl
nell'ambito degli operatori economici ha
fatto si che la giurisprudenza italiana
ritenesse da subito le disposizioni
denunciate applicabili anche alle
amministrazione. Gli art. 4 e 5 del d.lgs.
dispongono in merito ai tempi del pagamento
ed alle conseguenze della violazione di tali
norme: è illegittimo l'avviso di gara che
prevede condizioni più favorevoli per il
debitore senza determinare il caso del
possibile accordo tra i contraenti, per
delineare un regolamento negoziale più
consono alla situazione finanziaria del
debitore” (TAR Liguria, Sez. II,
01.02.2005, n. 126).
Recente autorevole giurisprudenza, nel
confermare l’applicabilità del d.lgs. n.
231/2002 alle forniture pubbliche, ha
sancito che “Nelle gare relative a
pubbliche forniture in relazione alla data
di pagamento e alle conseguenze del relativo
ritardo, costituisce grave iniquità delle
condizioni generali di contratto la mancanza
di qualsiasi giustificazione che renda
costantemente e reiteratamente possibili
termini di pagamento, decorrenza degli
interessi moratori e saggio degli interessi
diversi da quelli stabiliti negli artt. 4 e
5, d.lgs. n. 231 del 2002; ciò anche in base
agli artt. 1 e 2 dello stesso decreto e in
linea con la giurisprudenza che ha ritenute
applicabili alle pubbliche forniture il
d.lgs. n. 231 del 2002” (TAR Lazio -
Roma, Sez. III, 22.12.2008, n. 12229).
Questo Tribunale ha di recente statuito che
“L'imposizione da parte
dell'amministrazione di clausole recanti
condizioni di pagamento per la fornitura di
beni e servizi notevolmente peggiorative
rispetto alla disciplina legale, costituisce
abuso della posizione dominante e lesione
della libertà contrattuale, in violazione
dell'art. 4, d.lgs. n. 231 del 2002; di
conseguenza, va accertata la grave iniquità
delle clausole stesse e pronunciata
l'inibitoria del loro uso in futuro”
(TAR Piemonte, Sez. II, 26.10.2007, n.
3292).
L’art. 4, comma 4, del d.lgs. 231/2002
stabilisce che “Le parti, nella propria
libertà contrattuale, possono stabilire un
termine superiore rispetto a quello legale
di cui al comma 3 a condizione che le
diverse pattuizioni siano stabilite per
iscritto e rispettino i limiti concordati
nell'ambito di accordi sottoscritti, presso
il Ministero delle attività produttive,
dalle organizzazioni maggiormente
rappresentative a livello nazionale della
produzione, della trasformazione e della
distribuzione per categorie di prodotti
deteriorabili specifici.” Detta norma
non appare applicabile al caso in esame,
caratterizzato dall’assenza di libertà
contrattuale e dall’imposizione unilaterale,
nella lex specialis, delle condizioni
e dei termini di pagamento del corrispettivo
contrattuale.
Sempre questo Tribunale ha precisato che “per
poter parlare di accordo tra le parti, è
necessario che la formazione della volontà
contrattuale sia libera per entrambi i
contraenti, il che deve escludersi ove le
clausole peggiorative, oltre che essere
state unilateralmente predisposte da una
delle parti, siano state imposte all’altra
quali condizioni di partecipazione alla gara”
(TAR Piemonte, Sez. II, 26.10.2007, n. 3292)
conseguendone l’inconfigurabilità della
deroga nei casi di deroga apportata con atti
unilaterali dell’Amministrazione, quali i
bandi o i disciplinari di pubbliche gare
(TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 04.12.2009 n. 3260 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Il ricorso incidentale
quando è di tipo paralizzante deve essere
trattato per primo.
Le imprese partecipanti a una gara di
appalto devono essere messe al corrente,
anticipatamente, di quelli che sono i
criteri e sub criteri di attribuzione del
punteggio, al fine di poter articolare
specificatamente la propria offerta.
- Qualora in una gara d'appalto alla quale
prendano parte e siano ammesse più di due
imprese, la controinteressata interponga un
ricorso incidentale inteso a conseguire la
declaratoria di illegittimità della
partecipazione e presupposta ammissione alla
gara dell'impresa che riveste la posizione
processuale di ricorrente principale, il
gravame incidentale deve necessariamente
essere scrutinato con priorità rispetto al
ricorso principale, in quanto ove ne sia
delibata la fondatezza, il ricorso
principale diviene inammissibile per difetto
di legittimazione a ricorrere della
ricorrente principale, a motivo
dell'annullamento ex tunc della sua
ammissione alla gara, il quale importa la
privazione ab origine, in capo a
quest'ultima del titolo processuale a
dolersi dell'aggiudicazione della gara alla
controinteressata.
Nel caso in cui, invece, alla gara
partecipino due sole imprese nessuna
priorità può predicarsi a vantaggio del
gravame incidentale, poiché l'ordinamento
costituzionale non ritaglia a favore del
ricorrente incidentale alcuna
iperprotezione, sorgendo quindi per il
Giudicante l'esigenza di giustizia di
esaminare, comunque, anche il ricorso
principale, ancorché si prospetti fondato il
mezzo incidentale e dovendo in tali
evenienze procedersi all'annullamento
giurisdizionale dell'intera procedura
concorsuale.
- L'art. 83 del dlgs 163/2006 (Codice dei
contratti), obbliga espressamente le
stazioni appaltanti ad indicare con
precisione i criteri di valutazione nonché a
prevedere, ove necessario, i sub-criteri e i
sub-pesi o i sub punteggi che ritenuti
necessari ai fini della valutazione
dell'aspetto tecnico delle offerte e
dell'espressione del punteggio.
La ratio sottesa alla norma di cui
all'art. 83, c. 4 del Codice e mutuata dalla
giurisprudenza comunitaria è che le imprese
concorrenti devono essere messe, ex ante, al
corrente di tutti i criteri e sub criteri di
attribuzione del punteggio, al fine di poter
articolare specificatamente la propria
offerta, presentando aspetti o particolari
della stessa atti a conseguire specifici
sub-punteggi in definiti dalla legge di
gara. Difettando, come è avvenuto, nel caso
di specie, siffatta conoscenza iniziale, ne
risulta violato l'affidamento dei
partecipanti ed il principio generale della
par condicio competitorum.
Inoltre, tutti gli elementi presi in
considerazione dall'autorità aggiudicatrice
per identificare l'offerta economicamente
più vantaggiosa e la loro importanza
relativa devono essere noti ai potenziali
offerenti sin dal momento della
presentazione delle offerte. Pertanto,
un'amministrazione aggiudicatrice non può
applicare regole di ponderazione o
sottocriteri di aggiudicazione che non abbia
preventivamente portato a conoscenza degli
offerenti (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 04.12.2009 n. 3255 -
link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Avvalimento - Esclusa
menzione della impresa ausiliaria nella
cauzione provvisoria - Irrilevanza per la
Stazione Appaltante del rapporto
intercorrente tra impresa concorrente
impresa ausiliaria.
Se al fine della partecipazione ad una
procedura di gara un’impresa decide di
avvalersi dei requisiti di altro soggetto
non è necessario che la polizza menzioni
anche l’impresa ausiliaria.
L'art. 49 del Codice de Lise prevede che il
concorrente che decida di ricorrere
all’avvalimento alleghi un contratto con il
quale l'impresa ausiliaria si obbliga nei
confronti di quest’ultimo a fornire i
requisiti ed a mettere a disposizione le
risorse necessarie. Tale documento è
sufficiente a garantire la Stazione
Appaltante circa l’esecuzione dell’oggetto
dell’appalto, gli obblighi interni tra
l'avvalente e l'avvalso sono del tutto
irrilevanti ai fini della partecipazione e
dell'aggiudicazione della gara.
E’ sufficiente che la Stazione Appaltante
sia posta in condizione di acquisire piena
certezza in ordine alla disponibilità dei
requisiti tecnici e organizzativi ed
economico-finanziari apportati al
concorrente mediante l'avvalimento (TAR
Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 03.12.2009 n. 12455 -
link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
CUSTODIA PLICHI GARA.
In assenza di una specifica previsione
normativa, relativa alle specifiche modalità
di custodia, durante la gara, dei plichi
consegnati dalle imprese offerenti, il
generale principio di riservatezza non può
di per sé ritenersi violato per il sol fatto
che siffatte specifiche modalità non siano
state adottate sua sponte dalla stazione
appaltante. Ciò, primariamente, perché
sarebbe, comunque, incerto il livello e la
qualità delle misure sufficienti a garantire
la segretezza e, poi, perché il mero rischio
di violazione non può assurgere a
violazione, sia pur sub specie di legittima
suspicione, in assenza di elementi o indizi
circa il verificarsi di concrete anomalie, a
siffatto rischio riconducibili.
E’ quanto affermato dal TAR Calabria-Reggio
Calabria che offre un importante contributo
per il consolidamento di un orientamento
meno formalistico, in materia di obbligo di
custodia della documentazione, contenuta
nelle offerte in sede di gara.
La pronuncia, aderendo al non minoritario
orientamento sostanzialista (CdS, sez. V, n.
4973/2001; CdS, sez. V, n. 5/2002; CdS, sez.
IV, n. 5360/2005; TAR Lombardia, sez.
Brescia I, n. 507/2007; TAR Puglia, sez.
Bari I, n. 2624/2007; TAR Sicilia, sez.
Catania IV, n. 106/2009; oltre alle già
richiamate sentenze), consolida il medesimo,
ponendo, correttamente in giusta evidenza
che, in assenza di una puntuale previsione
normativa, relativa alle specifiche modalità
di custodia, sussiste, nell’attuale
ordinamento, solo un generale obbligo di
custodia e di riservatezza.
Infatti, occorre tener conto che il 2°
comma, dell’articolo 229 del Codice
stabilisce espressamente che le “informazioni”
cioè i documenti, relativi alle gare, devono
essere conservati per almeno quattro anni
dalla data di aggiudicazione dell'appalto,
affinché, durante tale periodo, la stazione
appaltante possa fornirle alla commissione
su richiesta di quest'ultima, nonché a
chiunque ne abbia diritto.
Dunque, la vigente normativa non sembra,
affatto, richiedere una formale
verbalizzazione delle misure di custodia, ma
esige che la documentazione sia conservata.
Fra l’altro, argomento non affatto
secondario, l’articolo 78 del Codice, in
tema di disciplina dei verbali, non fa
alcuna menzione, proprio in riferimento
all’obbligo di minima ed obbligatoria
verbalizzazione (comma 2°), alla necessità
di verbalizzare le misure di custodia
(commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR
Calabria-Reggio Calabria, Sez. I,
sentenza 03.12.2009 n. 1191 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
In tema di
responsabilità dell'ingegnere capo ufficio
tecnico di un ente locale per danno
indiretto cagionato allo stesso derivante da
transazione intervenuta tra ditta
appaltatrice e amministrazione locale
(Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. d'appello
Sicilia,
sentenza 03.12.2009 n. 355 - link
a www.corteconti.it). |
APPALTI:
D. Scalera,
Considerazioni al documento base
dell’autorità di vigilanza sui contratti
pubblici sul tema: requisiti di ordine
generale per la partecipazione alle
procedure di affidamento delle concessioni e
degli appalti di lavori, forniture e servizi
(link a
www.amministrazioneincammino.luiss.it). |
APPALTI:
Illegittima la clausola che impone
un’evidente ed irragionevole aggravamento
procedimentale alle imprese partecipanti
alla gara (link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI: LA
P.A. DEVE INOLTRARE LA RICHIESTA DI ACCESSO
AL FONDO PER L’ADEGUAMENTO DEI PREZZI DEI
MATERIALI DA COSTRUZIONE ENTRO IL 16.12.2009
- D.M. 19.08.2009 (link a
www.ancebrescia.it). |
APPALTI:
R. Caponigro,
Annullamento dell’aggiudicazione ed effetti
sul contratto (link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: G.U.U.E.
01.12.2009 n. L 314/64 "REGOLAMENTO
(CE) N. 1177/2009 DELLA COMMISSIONE del
30.11.2009 che modifica le
direttive del Parlamento europeo e del
Consiglio 2004/17/CE, 2004/18/CE e
2009/81/CE riguardo alle soglie di
applicazione in materia di procedure di
aggiudicazione degli appalti" (link a
http://eur-lex.europa.eu). |
APPALTI:
Sul potere della
stazione appaltante di disciplinare la
presentazione delle offerte imponendo delle
modalità specifiche.
La stazione appaltante ha sicuramente il
potere di disciplinare la presentazione
delle offerte, imponendo delle modalità
specifiche, che, comunque, non devono
rappresentare un inutile e ingiustificato
aggravio procedimentale e non devono essere
illogiche.
Pertanto, nel caso di specie, l'aver
richiesto, a pena di esclusione, che
l'offerta fosse "corredata su ciascuna
facciata di timbro e firma per esteso
leggibile, del suo legale rappresentante"
non costituisce evidentemente un onere
aggiuntivo qualificabile come gravoso (TAR
Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 01.12.2009 n. 2972 -
link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa - Possibilità
di presentare varianti progettuali in sede
di offerta - Art. 76 d.lgs. n. 163/2006 -
Normativa comunitaria - Proposta tecnica
migliorativa rispetto al progetto base.
La previsione esplicita della possibilità di
presentare varianti progettuali in sede di
offerta è oggi generalizzata dall'art. 76,
del d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei
contratti pubblici) per qualsivoglia
appalto, come derivante dalle direttive
comunitarie 2004/17 e 2004/18. La scelta del
legislatore comunitario riposa sulla
circostanza che, allorquando il sistema di
selezione delle offerte sia basato sul
criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, la stazione appaltante gode di
maggiore discrezionalità e soprattutto
sceglie il contraente valutando non solo
criteri matematici, ma la complessità
dell'offerta proposta.
In altri termini, deve ritenersi insito
nella scelta di tale criterio selettivo che
sia consentito alle imprese proporre quelle
variazioni migliorative rese possibili dal
possesso di peculiari conoscenze
tecnologiche, purché non vengano alterati i
caratteri essenziali delle prestazioni
richieste dalla lex specialis, a
condizione cioè che non venga stravolto
l'oggetto del contratto e che la proposta
tecnica risulti migliorativa rispetto al
progetto base, nel rispetto delle esigenze
della pubblica amministrazione (tra le
tante, TAR Calabria Catanzaro, sez. II,
29.10.2008, n. 1480) (TAR Abruzzo-Pescara,
Sez. I,
sentenza 01.12.2009 n. 1096 -
link a
www.ambientediritto.it). |
novembre 2009 |
|
APPALTI SERVIZI:
M. Alesio,
I servizi pubblici locali dopo il D.L.
135/2009 - I SERVIZI PUBBLICI LOCALI
NELL’ULTIMO AMBIZIOSO TENTATIVO DI
MICRORIFORMA (novembre 2009 -
link a
www.centrostudimarangoni.it). |
APPALTI:
Appalti, ricorsi al Tar
in 30 giorni. Il consiglio dei ministri ha
approvato lo schema di decreto che recepisce
la direttiva ricorsi. Spazio agli accordi
bonari e agli arbitrati (con costi ridotti).
Ricorsi al Tar per appalti e concessioni
entro 30 giorni, con limitazioni delle
sospensive e tempi più rapidi; introduzione
del «mediatore unico» nell'accordo
bonario; possibilità di ottenere
l'annullamento di un provvedimento emesso in
sede di gara, attraverso una nuova procedura
di precontenzioso da chiudere entro dieci
giorni dalla richiesta; eliminazione della
possibilità di ricorso straordinario al capo
dello stato, riduzione dei costi per accordi
bonari e arbitrati; divieto di stipula del
contratto prima di 40 giorni
dall'aggiudicazione definitiva.
Sono queste alcune delle principali novità
contenute nello
schema di decreto delegato attuativo
dell'articolo 44 della legge 88/2008
(legge comunitaria per il 2008), approvato
in via preliminare dal consiglio dei
ministri di ieri che reca diverse modifiche
al codice dei contratti pubblici (dlgs
163/2006), anticipato su ItaliaOggi del
25/11/2009.
Il provvedimento, nel recepire la «direttiva
ricorsi» (2007/66/Ce), introduce nel
nostro ordinamento una nuova procedura di
precontenzioso che consentirà al concorrente
di comunicare alla stazione appaltante che
proporrà ricorso su un determinato
provvedimento indicando i motivi della
censura. Su questa informativa entro 5
giorni il responsabile del procedimento
dovrà formulare le sue deduzioni al
dirigente competente il quale; nei
successivi 5 giorni, deciderà se intervenire
in sede di autotutela, annullando il
provvedimento contestato. L'informativa non
inciderà, in ogni caso, sul termine per la
stipula del contratto né su altri termini
anche processuali.
Una delle ulteriori e numerose novità
previste dal decreto delegato è
rappresentata dalla sostituzione del
responsabile del procedimento che deve
formulare la proposta di accordo bonario ai
sensi dell'articolo 240, comma 13 del
codice, con la figura del «mediatore
unico», scelto d'intesa tra le parti o,
in difetto, nominato dal tribunale
competente»; questa figura deve comunque
essere scelta fra magistrati amministrativi
o contabili, tra gli avvocati dello stato o
i componenti del consiglio superiore dei
lavori pubblici, ovvero tra avvocati in
possesso dei requisiti richiesti
dall'articolo 241, comma 5 del codice per la
nomina a presidente del collegio arbitrale.
Non sarà quindi più il responsabile del
procedimento, bensì il mediatore unico a
formulare la proposta di accordo bonario
entro 60 giorni.
Il decreto stabilisce che si potrà fare
luogo ad arbitrato ovvero a giudizio
ordinario, solo in caso di mancato
raggiungimento dell'accordo bonario, a
seguito di un effettivo esperimento dello
stesso e di una effettiva trattativa tra le
parti e non più, quindi, in caso di inerzia
delle parti in fase di accordo bonario.
Vengono poi ridotti dal 50 al 25% dei minimi
tariffari i compensi per la commissione di
accordo bonario e si vietano espressamente
gli incrementi. Per gli arbitrati viene
anche ammesso che il concorrente che abbia
rinunciato ad esercitare la facoltà di
declinare la clausola compromissoria possa
indicare, separatamente, una percentuale di
ribasso sul prezzo in ragione dei minori
oneri finanziari derivanti dalla maggiore
celerità di risoluzione delle eventuali
controversie relative all'esecuzione del
contratto. Si potrà anche evitare di
nominare il segretario e si dispone il
divieto di incremento dei compensi «per
qualsivoglia ragione»; viene anche
espressamente abrogata la previsione
dell'incremento dei massimi tariffari.
Sarà inoltre ammessa l'impugnazione del lodo
per motivi di diritto secondo quanto
prescritto dal c.p.c. e verranno ridotti i
costi per segretario e consulenti tecnici
(equiparati agli ausiliari del magistrato).
Viene poi firmata la procedura di ricorso al
Tar, nella sostanza introducendo un rito
speciale connotato da una più rapida
scansione processuale e da immediatezza
della decisione di merito. Il ricorso sarà
possibile entro 30 giorni e non sarà più
ammesso anche il ricorso straordinario al
presidente della repubblica.
È previsto l'effetto sospensivo automatico
connesso alla sola impugnazione
dell'aggiudicazione definitiva e non dei
bandi inviti ed esclusioni dalla gara. I
bandi, se immediatamente lesivi, si
impugneranno autonomamente entro 30 giorni;
quelli non immediatamente lesivi e tutti gli
altri provvedimenti compresi
l'aggiudicazione provvisoria si impugneranno
con l'aggiudicazione definitiva. Il decreto
fa poi divieto alle amministrazioni di
stipulare il contratto prima di quaranta
giorni decorrenti dall'invio dell'ultima
delle comunicazioni del provvedimento di
aggiudicazione definitiva (articolo ItaliaOggi del 28.11.2009, pag. 28). |
APPALTI: 1.
Commissione di gara composta da un numero
pari di componenti - Illegittimità -
Sussiste.
2. Stipulazione del contratto d'appalto -
Domanda di annullamento al Giudice
amministrativo - Difetto di giurisdizione a
favore del Giudice ordinario.
1.
Costituisce un principio generale a presidio
dell'imparzialità e del buon andamento
dell'azione amministrativa quello per cui
tutte le commissioni di gara, al pari di
ogni collegio amministrativo, debbano essere
composte da un numero dispari di membri al
fine di assicurare la funzionalità del
principio maggioritario (Cfr. Cons. Stato,
sez. V, n. 2143/2009).
2.
Ogni questione in merito alla sorte del
contratto d'appalto a seguito di
annullamento degli atti di gara e
dell'aggiudicazione della procedura è
sottratta alla giurisdizione, ancorché
esclusiva, del giudice amministrativo e
devoluta a quella del giudice ordinario
(cfr. Cass. Civ. SS.UU., n. 10443/2008 e
27169/2007 e Cons. Stato, Ad. Plen., nn. 9 e
12/2008).
A tale riguardo la domanda andrà riassunta
entro tre mesi con salvezza degli effetti
sostanziali e processuali a norma dell'art.
59 della l. n. 69/2009 e ciò in attesa del
completo recepimento della Direttiva
2007/CE/66 che sembra devolvere allo stesso
Giudice che ha disposto l'annullamento
dell'aggiudicazione anche la cognizione
delle questioni relative alla "sorte del
contratto" (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 27.11.2009 n. 5200 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
CADUCAZIONE DEL
CONTRATTO D'APPALTO E RISARCIMENTO DEL
DANNO.
1.- Appalto di lavori -
Aggiudicazione - Annullamento - Giudiziale -
Contratto - Giurisdizione - Ordinaria.
2.- Appalto di lavori - Aggiudicazione -
Annullamento - Giudiziale - Sorte contratto
- Caducazione automatica.
3.- Appalto di lavori - Partecipazione e
qualificazione - Requisiti generali -
Dichiarazione ex art. 38, D.Lgs. n. 163/2006
- Da rendere personalmente da ciascuno dei
soggetti indicati alla lettera c) -
Obbligatorietà - Non sussiste.
4.- Appalto di lavori - Aggiudicazione -
Annullamento - Giudiziale - Risarcimento del
danno - All'impresa non aggiudicataria -
Prova rigorosa della percentuale di utile
effettivo che avrebbe conseguito - Sussiste.
5.- Appalto pubblico (in generale) - Gara -
Commissione - Componenti - Numero dispari -
Necessità.
1.-
Quanto alla domanda di annullamento del
contratto stipulato, deve ribadirsi -allo
stato- il difetto di giurisdizione del
Giudice Amministrativo a pronunciarsi con
efficacia di giudicato su tali profili,
riservati invece alla giurisdizione del
Giudice Ordinario -dinanzi al quale la
domanda andrà riassunta antro tre mesi, con
salvezza degli effetti sostanziali e
processuali a norma dell'art. 59, L. n.
69/2009.
2.-
In sede di esecuzione della sentenza,
l'amministrazione non potrà non rilevare la
sopravvenuta caducazione del contratto
conseguente all'annullamento
dell'aggiudicazione (fatte sempre salve le
prestazioni già eseguite, trattandosi in
questo caso di un rapporto di durata),
similmente a quanto avviene nel caso di
annullamento di una graduatoria di un
pubblico concorso che comporta la
caducazione degli effetti del contratto di
lavoro su di essa fondato, ovvero di
annullamento di una concessione di un bene
che comporta la caducazione degli effetti
dell'accordo accessivo, o ancora di
annullamento dell'affidamento di un pubblico
servizio disposto senza gara che comporta,
non di meno, la sopravvenuta caducazione del
successivo contratto.
3.-
Nessuna norma di legge impone che la
dichiarazione sui requisiti di ordine
generale di cui all'art. 38, D.Lgs. n.
163/2006 sia resa personalmente, di proprio
pugno, da ciascuno dei soggetti indicati
alla lettera c), ovvero in caso di s.r.l.,
tanto dal legale rappresentante quanto dal
direttore tecnico della società.
E' vero piuttosto il contrario, nel senso
della possibilità che uno solo dei soggetti
"rilevanti" renda la dichiarazione
relativamente ai requisiti propri e di
tutti. Sicché il legale rappresentante,
agendo a nome dell'ente, rendere tutte le
dichiarazioni circa la moralità dei suoi
amministratori e direttori tecnici.
4.-
Ai fini del risarcimento del danno causato
all'impresa risultata non aggiudicataria
della gara sarà necessaria una prova
rigorosa a carico dell'impresa medesima,
della percentuale di utile effettivo che
avrebbe conseguito se fosse risultata
aggiudicataria dell'appalto, desumibile in
via principale dall'esibizione dell'offerta
economica presentata in sede di gara.
5.-
Tutte le commissioni di gara (non solo
quelle giudicatrici disciplinate dall'art.
84, D.Lgs. n. 163/2006), al pari di ogni
collegio amministrativo, debbono essere
composte da un numero dispari di membri al
fine di assicurare la funzionalità del
principio maggioritario (TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 27.11.2009 n. 5200 -
link a http://mondolegale.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulle norme statali e
regionali, segnatamente L. 289/2002 e L.R.
Puglia 33/2006, che prevedono l'affidamento
di impianti sportivi comunali "in via
preferenziale" a società sportive.
In tema di concessione di servizi ex art. 30
dlgs. 163/2006, non è precluso
all'Amministrazione di di avvalersi della
gara pubblica.
L'art. 90, c. 25, della L. 289/2002, e l'art
19 della L.R. Puglia 33/2006, prevedono che
nei casi in cui un comune non intenda
gestire direttamente gli impianti sportivi,
la gestione è affidata "in via
preferenziale" a società e associazioni
sportive, tuttavia, le disposizioni
richiamate, contraddistinte entrambe dal
termine "preferenziale", impongono di
prevedere agevolazioni o punteggi aggiuntivi
per i soggetti favoriti ma non proibiscono
ad altri organismi di partecipare alla gara.
Lo schema della gara informale, richiamato
dall'art. 30 d.lgs. 163/2006, in tema di
concessione di servizi, costituisce un
modulo procedimentale caratterizzato da
ampia discrezionalità dell'amministrazione;
di conseguenza, nella fissazione delle
regole della selezione concorsuale -al fine
di realizzare "i principi desumibili dal
Trattato e dei principi generali relativi ai
contratti pubblici"- l'Amministrazione
ben può scegliere di avvalersi di un modello
predefinito, quale quello della gara
pubblica, che lo stesso legislatore ha
tipizzato come espressione massima dei
principi di trasparenza e concorrenzialità.
L'esigenza della gara informale corrisponde
infatti alla ratio di garantire uno
standard minimo di concorrenzialità ma non
inibisce all'Amministrazione il ricorso a
procedure maggiormente aperte e trasparenti;
tale ratio è confermata dallo stesso
art. 30, quarto comma, dove sono fatte salve
"discipline specifiche che prevedono
forme più ampie di tutela della concorrenza"
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 27.11.2009 n. 2868 -
link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Sui
presupposti necessari per applicare la
sanzione dell'esclusione dalle gare prevista
dall'art. 38, lett. f, del Codice dei
contratti pubblici.
Ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. f),
del d.lgs. n. 163 del 2006 (secondo cui sono
esclusi dalla partecipazione alle procedure
di affidamento delle concessioni e degli
appalti di lavori, forniture e servizi, né
possono essere affidatari di subappalti, e
non possono stipulare i relativi contratti i
soggetti che, "secondo motivata
valutazione della stazione appaltante, hanno
commesso grave negligenza o malafede
nell'esecuzione delle prestazioni affidate
dalla stazione appaltante che bandisce la
gara; o che hanno commesso un errore grave
nell'esercizio della loro attività
professionale, accertato con qualsiasi mezzo
di prova da parte della stazione appaltante"),
il mancato invito o l'esclusione di un
concorrente, e, successivamente, la mancata
aggiudicazione di una gara, possono essere
determinati dalla malafede e la negligenza
contrattuale per le quali sia stata anche
eventualmente adottata la risoluzione
contrattuale; in tale ipotesi si manifesta
infatti il prioritario interesse pubblico ad
evitare di intrattenere rapporti
contrattuali con un soggetto inadempiente in
relazione al quale sussiste la ragionevole
possibilità che si determini ancora detta
sfavorevole evenienza.
La prescritta esclusione non ha carattere
sanzionatorio, essendo la stessa prevista a
presidio dell'elemento fiduciario destinato
a connotare, sin dal momento genetico, i
rapporti contrattuali di appalto pubblico.
La causa di esclusione prevista dal citato
art. 38, non presuppone il necessario
accertamento in sede giurisdizionale del
comportamento di grave negligenza o malafede
tenuto dall'aspirante aggiudicatario nel
corso di un pregresso rapporto contrattuale
intercorso con la stazione appaltante,
essendo invece sufficiente la valutazione
che la stessa Amministrazione abbia fatto,
in sede per l'appunto amministrativa, del
comportamento tenuto in altri e precedenti
rapporti contrattuali dal soggetto che
chiede di partecipare alla nuova procedura
selettiva (massima tratta da
http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez.
I-ter,
sentenza 26.11.2009 n. 11789 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Offerta rappresentata da
un facere - Criteri di aggiudicazione -
Anche pregressa esperienza e solidità
economica - Legittimità.
Negli
appalti di servizi, ove l'offerta tecnica
non si sostanzia in un progetto o in un
prodotto ma nella descrizione di un
facere valutabile unicamente sulla base
di criteri quali-quantitativi (nella
fattispecie servizi di guardiania), la
stessa potrà essere legittimamente valutata
anche alla stregua dei parametri della
pregressa esperienza dell'impresa nel
settore oggetto dell'appalto e della
solidità ed estensione della sua
organizzazione aziendale; in tali ipotesi
non potrà dunque essere invocato il vizio di
commistione tra criteri soggettivi di
qualificazione e criteri di aggiudicazione
(cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 5808/2008)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 26.11.2009 n. 5165 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1.
Giudizio sull'anomalia dell'offerta -
Obbligo di motivazione - Sussiste sia in
caso di valutazione positiva che negativa.
2. Interesse dell'Amministrazione alla
regolare esecuzione del contratto affidato -
Prevalenza rispetto all'interesse
dell'impresa a eseguire un appalto non
produttivo di utili.
1.
All'esito della valutazione dell'anomalia
dell'offerta, incorre sulla stazione
appaltante l'obbligo di un'adeguata
motivazione non solo qualora il giudizio
finale sia negativo (vale a dire quando
l'offerta sia ritenuta anomala) ma anche in
caso di giudizio positivo e ciò in ossequio
al principio generale di motivazione dei
provvedimenti amministrativi e di rispetto
della par condicio tra i concorrenti (cfr.
Cons. Stato, sez. IV, n. 1231/2005).
2.
L'interesse dell'amministrazione committente
alle regolare e puntuale esecuzione del
contratto aggiudicato all'esito di una gara
ad evidenza pubblica deve ritenersi
prevalente rispetto a quello dell'impresa ad
eseguire comunque un appalto al fine di
acquisire esperienza professionale e
fatturato da utilizzare in vista della
partecipazione a future commesse (cfr. TAR
Piemonte, sez. II, n. 2217/2997) (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 26.11.2009 n. 5164 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla violazione
dell'art. 38, c. 1, lett. i), dlgs 163/2006
in materia di regolarità contributiva
nell'ipotesi in cui il predetto requisito
difetti in capo all'impresa ausiliaria.
Sull'adempimento tardivo gli obblighi
contributivi.
Nell'ambito delle procedure di affidamento
relative ad appalti di lavori, servizi e
forniture, è legittima l'esclusione di un
concorrente che abbia commesso violazioni
gravi, definitivamente accertate, alle norme
dettate in materia di contributi
previdenziali ed assistenziali, ai sensi
dell'art. 38, c. 1, lett. i), d.lgs 163/2006
(Codice dei contratti pubblici) anche
laddove, come nel caso di specie, la
suddetta violazione sia stata commessa
dall'impresa di cui la concorrente si è
avvalsa ai sensi dell'art. 49 dlgs 163/2006.
E legittima l'esclusione di un concorrente
per violazione delle norme sui contributi
previdenziali ed assistenziali, anche
nell'ipotesi in cui l'operatore escluso
dalla gara abbia adempiuto alle proprie
obbligazioni soltanto in un momento
successivo, giacché l'affidabilità di
un'impresa è provata, tra le altre, da una
regolarità contributiva che si mantenga
costante per tutta la durata dello
svolgimento della gara.
Difetta, in capo alla stazione appaltante,
il potere di verifica in ordine alla
regolarità contributiva dei concorrenti, in
quanto siffatta attività rientra nella
competenza degli enti previdenziali, le cui
risultanze assumono valore di dichiarazioni
di scienza, rientrando, in tal modo, nel
novero delle attestazioni redatte da un
pubblico ufficiale, e per le quali la P.A.
non ha alcun autonomo potere di valutazione
in ordine al relativo contenuto (TAR
Lazio-Roma, Sez. III-ter,
sentenza 24.11.2009 n. 11599 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Sull’illegittimità
di una commissione di gara che, in
violazione di quanto previsto dall’art. 84
del Codice dei contratti pubblici, non è
composta da "esperti nello specifico settore
cui si riferisce l’oggetto del contratto".
E’ da
ritenere illegittimamente composta, ai sensi
dell’art. 84, 2° comma, del D.Lgs.
12.04.2006, n. 163 (Codice dei contratti
pubblici), la commissione giudicatrice di
una gara di appalto, da aggiudicare secondo
il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa, nel caso in cui siano stati
nominati, quali componenti, soggetti privi
di adeguata qualificazione professionale
idonea alle valutazioni
tecnico-discrezionali e alle scelte da
effettuare in relazione all’oggetto
dell’appalto (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 24.11.2009 n. 7353 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Indicazione
esplicita degli oneri di sicurezza -
Necessità - Sussiste.
Secondo la costante giurisprudenza
amministrativa, ai sensi degli artt. 86 e 87
del d.lgs. n. 163/2006, ogni impresa
partecipante alle procedure di affidamento
di pubblici contratti è tenuta, pena
l'esclusione dalla gara, all'esplicitazione
degli oneri di sicurezza allo scopo di
consentire alla stazione appaltante di
verificarne la congruità e l'attendibilità,
tenuto conto dell'interesse pubblico a
garantire la sicurezza nell'esecuzione
dell'appalto.
Conseguentemente, la quantificazione degli
oneri in questione deve essere chiara e non
può esser né incerta, né indeterminata, né
tantomeno può tradursi nell'inclusione dei
relativi costi in una voce ampia e generica
(fattispecie nella quale il concorrente
principale aveva inserito tali voci di costo
nella sezione "spese generali", senza
alcuna ulteriore specificazione) (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 24.11.2009 n. 5136 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Requisiti
di ordine generale - Dichiarazione di
inesistenza di cause di esclusione - Deve
essere resa da tutti i soggetti titolari
della legale rappresentanza e dai direttori
tecnici.
Secondo l'orientamento della costante
giurisprudenza amministrativa, oltre che
dell'Autorità di Vigilanza sui contratti
pubblici (cfr. parere n. 5 del 2009), in
caso di società, di consorzi o di
cooperative, la dichiarazione circa
l'inesistenza delle cause di esclusione
previste dall'art. 38 del d.lgs. n. 163/2006
deve essere resa, ai sensi del comma 1,
lett. b) e c), della stessa disposizione
normativa, da tutti i soggetti investiti del
potere di legale rappresentanza dell'ente
secondo le disposizioni statutarie, oltre
che dai direttori tecnici (cfr. Cons. Stato,
sez. V, 15.01.2008, n. 38 e Cons. Stato,
sez. V, 20.09.2005, n. 4856) (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 24.11.2009 n. 5133 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
In tema di
responsabilità di amministratori locali e
dipendente comunale per danno erariale della
P.A. derivante dalla trasformazione di suoli
privati mediante l'esecuzione di opere
pubbliche in assenza di legittima procedura
espropriativa (nella fattispecie la Sezione
ha ritenuto il danno non attuale non essendo
ancora intervenuto il passaggio in giudicato
della sentenza civile)
(Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Calabria,
sentenza 24.11.2009 n. 714 - link
a www.corteconti.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Le relazioni del convegno sul leasing per
realizzare opere pubbliche.
Pubblichiamo il testo della relazione sui
profili generali del leasing per realizzare
opere pubbliche, tenuta dal prof. Bruno
Barel dell'Università di Padova al convegno
di Montecchio Maggiore del giorno
19.11.2009, ringraziando sentitamente
l'autore per il suo prestigioso intervento.
Allo stesso modo ringraziamo gli altri
relatori, il dott. Francesco Pastore e il
dott. Andrea Albensi, e pubblichiamo le
slides dei loro interventi (link a
http://venetoius.myblog.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - APPALTI:
G.U. 24.11.2009 n. 274, suppl. ord. n.
215/L,
"L. 20.11.2009 n. 166:
- "Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 25.09.2009,
n. 135, recante disposizioni urgenti per
l’attuazione di obblighi comunitari e per
l’esecuzione di sentenze della Corte di
giustizia delle Comunità europee;
- Testo del decreto-legge 25.09.2009, n.
135, coordinato con la legge di conversione
20.11.2009, n. 166, recante: «Disposizioni
urgenti per l’attuazione di obblighi
comunitari e per l’esecuzione di sentenze
della Corte di giustizia delle Comunità
europee»". |
APPALTI:
G.U. 24.11.2009 n. 274 "Chiarimenti in
ordine all’applicazione delle disposizioni
di cui all’articolo 253, comma 15 -bis, del
decreto legislativo 12.04.2006, n. 163"
(Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti,
circolare 12.11.2009 n. 4649). |
EDILIZIA PRIVATA: Lombardia,
Online l’invio della notifica preliminare
inizio lavori in cantiere.
La Regione Lombardia e la Direzione
Regionale del Lavoro per la Lombardia hanno
disposto che la trasmissione della notifica
preliminare inizio lavori in cantiere e dei
suoi aggiornamenti avvenga tramite sistema
informatizzato (http://www.previmpresa.servizirl.it/cantieri).
L’inserimento della notifica preliminare
online garantisce la trasmissione all’ASL e
alla Direzione Provinciale del Lavoro (DPL)
competente e permette la stampa dell’atto
utile per l’affissione presso il cantiere.
L’utilizzo della modalità di invio
informatizzata è raccomandato a partire dal
mese di ottobre 2009 e diverrà obbligatorio
a partire dall'01.01.2010 (ASL di Bergamo,
nota 23.11.2009 n. 173485 di prot.). |
APPALTI: Sulla
necessità o meno di comunicare l’avvio del
procedimento in caso di esclusione.
Il provvedimento di esclusione dalle gare
pubbliche non deve essere preceduto
dall'avviso dell'inizio del procedimento nei
confronti dell’impresa interessata (massima
tratta da http://doc.sspal.it - TAR
Lazio-Roma, Sez. III-ter,
sentenza 23.11.2009 n. 11482 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Appalti di servizi e di
forniture devono avere autonoma capacità
finanziaria e non possono avvalersi dei
requisiti finanziari delle imprese
consorziate.
E' legittima l'esclusione di un consorzio
stabile da una gara per l'affidamento del
servizio di pulizia di alcuni immobili in
quanto il consorzio, oltre a non aver
indicato le imprese in nome e per conto
delle quali ha partecipato alla gara, ha
indicato "quale requisito economico del
fatturato globale e specifico, la sommatoria
dei fatturati delle proprie consorziate e
non il proprio".
I consorzi che partecipano alle gare
pubbliche per l'affidamento di appalti di
servizi e di forniture devono avere autonoma
capacità finanziaria e non possono avvalersi
dei requisiti finanziari delle imprese
consorziate.
L'art. 36 del D.L.vo n. 163 del 2006 (codice
dei contratti pubblici), che prevede la
possibilità di avvalersi dei requisiti
finanziari delle consorziate, si riferisce,
infatti, alle sole gare per l'affidamento di
appalti di lavori, mentre negli altri casi
(appalti servizi e forniture) si applica il
precedente art. 35 del codice dei contratti
secondo cui i requisiti di idoneità tecnica
per l'ammissione alle gare devono essere
posseduti e comprovati dai consorzi, salvo
che per quelli relativi alla disponibilità
delle attrezzature e dei mezzi d'opera e
all'organico medio annuo, i quali solo sono
computati cumulativamente in capo al
consorzio ancorché posseduti dalle singole
consorziate (TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter,
sentenza 23.11.2009 n. 11482 -
link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Dagli ingegneri di Milano le indicazioni sul
comportamento da adottare nel corso di
ispezioni o controlli.
L'Ordine degli Ingegneri di Milano ha curato
la redazione di un documento dal titolo
"NORME DI COMPORTAMENTO DA ADOTTARE NEL
CORSO DI UNA ISPEZIONE O CONTROLLO" rivolto
a tutte le aziende (edili e non) contenente
tutte le indicazioni sui comportamenti da
tenere in caso di ispezioni degli organi di
vigilanza.
Il documento chiarisce che le ispezioni o
sopralluoghi (in materia di sicurezza ed
igiene sul lavoro) possono essere attuati
dai diversi organi di vigilanza e controllo
(ASL, Direzione Provinciale del Lavoro,
Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco) (link
a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Da Reggio Emilia una guida per il
committente e per il responsabile lavori.
La Commissione Sicurezza Interordini
coordinata dal Collegio Costruttori Edili di
Industriali Reggio Emilia e con la
collaborazione di Provincia, Comune e AUSL
ha predisposto un documento dal titolo "Guida
per committente e responsabile dei lavori".
La guida analizza i ruoli e le
responsabilità del committente sia
nell'ambito degli appalti pubblici che
nell'ambito delle opere private illustrando
dettagliatamente gli obblighi e le
problematiche che da affrontare
nell'organizzazione e gestione del cantiere
(link a www.acca.it). |
LAVORI PUBBLICI:
PERCENTUALI MINIME AL
FINE DELLA QUALIFICAZIONE IN CASO DI
RAGGRUPPAMENTI ORIZZONTALI.
1.- Appalto di lavori -
Associazione temporanea - Mandatario - Art.
95 co. 2, D.P.R. n. 554/1999 - Requisito di
ammissibilità - 40% dell'importo complessivo
dell'appalto - Applicazione art. 3, D.P.R.
n. 34/2000 - Non sussiste.
2.- Appalto di
lavori - Aggiudicazione - Contratto a favore
di una associazione temporanea di imprese -
Impugnazione - Notifica - Alla sola società
mandataria - Ammissibilità.
1.-
In base all'art. 95, co. 2, D.P.R. n.
554/1999, che regola il rapporto percentuale
che deve intercorrere, in sede di
qualificazione, tra le imprese mandanti e
l'impresa mandataria, l'associazione risulta
validamente costituita e può essere ammessa
se la mandataria possiede almeno il 40%
dell'importo complessivo dell'appalto e le
mandanti almeno il 10%, ma detta soglia
minima ai fini della qualificazione deve
sussistere a prescindere dal ricorso al
beneficio dell'incremento del quinto, di cui
all'art. 3 co. 2, D.P.R. n. 34/2000.
2.-
In caso di impugnativa dell'atto di
aggiudicazione di un contratto a favore di
una associazione temporanea di imprese,
l'onere di notifica al controinteressato
deve intendersi assolto con la notificazione
alla sola società mandataria, quale punto di
riferimento unitario del costituendo
raggruppamento, idoneo come tale, grazie
allo speciale potere di rappresentanza
attribuito alla capogruppo, a rendere idonea
l'instaurazione del giudizio nei confronti
di tutte le imprese associate (TAR Veneto,
Sez. I,
sentenza 20.11.2009 n. 2961 -
link a http://mondolegale.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla questione di
legittimità costituzionale dell'art. 49, c.
1 e 4, della L.R. Lombardia n. 26/2003
(Disciplina dei servizi locali di interesse
economico generale), modificata dalla L.R.
Lombardia n. 18/2006, in materia di servizio
idrico integrato.
E' costituzionalmente illegittimo l'art. 49,
c.1, della L.R Lombardia n. 26/2003,
(Disciplina dei servizi locali di interesse
economico generale. Norme in materia di
gestione dei rifiuti, di energia, di
utilizzo del sottosuolo e di risorse
idriche), come sostituito dall'art. 4, c. 1,
lett. p), della L.R. Lombardia 18.08.2006,
n. 18, in quanto ponendo il principio della
separazione delle gestioni, violava
specificamente la competenza statale in
materia di funzioni fondamentali dei comuni,
laddove, in contrasto con la disciplina
statale, consentiva ed anzi imponeva una
separazione non coordinata tra la gestione
della rete e l'erogazione del servizio
idrico integrato.
Non sono fondate le questioni di legittimità
costituzionale dell'art. 49, c. 4, della
L.R. Lombardia n. 26 del 2003, come
sostituito dall'art. 4, c. 1, lett. p),
della l. R. Lombardia n. 18 del 2006,
sollevate, in riferimento agli artt. 117, c.
2, lettere e) e p) della Costituzione, in
relazione all'art. 148, c. 5, del d.lvo
03.04.2006, n. 152 (Norme in materia
ambientale), in quanto il suddetto comma
stabilendo che l'affidamento del servizio di
erogazione possa avvenire solo con la
modalità della gara pubblica, detta una
disciplina più rigorosa, approntando una più
ampia ed efficace tutela della concorrenza;
materia -quest'ultima- rientrante, comunque,
nella competenza residuale delle Regioni
(Corte Costituzionale,
sentenza 20.11.2009 n. 307 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI: F.
Del Deo,
Affidamento di servizi ed associazioni di volontariato
(20.11.2009 - link a www.dirittoelegge.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
I chiarimenti del Ministero del Lavoro sulla
sospensione dell’attività imprenditoriale
prevista dal Testo Unico della Sicurezza
(D.Lgs. 81/2008).
La Direzione generale per l’Attività
Ispettiva del Ministero del Lavoro, con
circolare n. 33/2009, fornisce alcuni
chiarimenti sul provvedimento di sospensione
della attività imprenditoriale previsto
dall’articolo 14 del D.Lgs. 81/2008 e
recentemente modificato dal D.Lgs. n.
106/2009.
La Circolare individua le condizioni in
presenza delle quali è possibile per gli
organi di vigilanza sospendere l’attività di
impresa.
In particolare, si chiarisce che la
sospensione dell'attività imprenditoriale
può essere adottata non solo se si assumono
lavoratori non regolari, ma anche in caso di
gravi e reiterate violazioni in materia di
tutela della salute e della sicurezza sul
lavoro (link a www.acca.it). |
APPALTI: Sul
potere delle stazioni appaltanti di
richiedere, in sede di redazione del bando,
requisiti ulteriori e più restrittivi
rispetto a quelli previsti dalla legge.
I bandi di gara possono prevedere requisiti
di partecipazione più rigorosi rispetto a
quelli richiesti dalla legge, purché non
discriminanti ed abnormi rispetto alle
regole proprie del settore.
Le scelte così operate, ampiamente
discrezionali, impingono nel merito
dell’azione amministrativa e si sottraggono,
pertanto, al sindacato del giudice
amministrativo, salvo che non siano ictu
oculi manifestamente irragionevoli,
irrazionali, arbitrarie o sproporzionate,
specie avuto riguardo alla specificità
dell’oggetto ed all’esigenza di non
restringere, oltre lo stretto
indispensabile, la platea dei potenziali
concorrenti e di non precostituire
situazioni di privilegio (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 19.11.2009 n. 7247 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla possibilità, per
la stazione appaltante, di prevedere
requisiti di partecipazione ulteriori e più
rigorosi di quelli prescritti dalla legge.
In materia di gare d'appalto ed affidamento
di servizi pubblici, è legittima la clausola
di un bando che, ai fini dell'aggiudicazione
della gara, prescriva il possesso -in capo
ai concorrenti- di requisiti di
partecipazione più rigidi rispetto a quelli
indicati dalla legge, purché gli stessi non
risultino discriminanti e sproporzionati
rispetto alla normativa di settore; ciò in
quanto le previsioni contenute nella
legislazione di settore stabiliscono una
semplice presunzione circa il possesso dei
requisiti richiesti ai fini della
partecipazione alla gara e che, quindi, ben
possono essere derogati ed incrementati
dalla stazione appaltante, in virtù delle
peculiari caratteristiche del servizio
affidato; pertanto, nel caso di specie, il
potere discrezionale così esercitato
dall'Amministrazione committente è da
ritenersi pienamente legittimo (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 19.11.2009 n. 7247 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'illegittimità della
clausola di un bando di gara che, per lo
svolgimento del servizio di smaltimento dei
rifiuti in un'area portuale, prescriva, in
capo ai concorrenti, il solo requisito
dell'iscrizione nel registro delle imprese
di pulizia.
Sulla possibilità, per un'impresa
concorrente, di attestare il possesso dei
requisiti di idoneità, professionalità e ed
esperienza successivamente al termine di
scadenza fissato dal bando per la
presentazione delle offerte.
In materia di appalti per l'affidamento dei
servizi di pulizia e smaltimento rifiuti da
eseguirsi presso aree esterne (nella specie:
area portuale di Brindisi), è illegittima la
clausola del bando che preveda, quale
requisito essenziale ai fini della
partecipazione alla gara, la sola iscrizione
dell'impresa concorrente al registro delle
pulizie; ciò in quanto i servizi aventi ad
oggetto attività di pulizia da svolgersi in
ambienti esterni sono da ricondursi alla
categoria "gestione dei rifiuti",
settore per il quale, ai sensi dell'art. 212
del d.lvo n. 152/2006, c.d. codice
ambientale,le pubbliche amministrazioni
devono affidarsi ad operatori dotati di
competenza ed affidabilità tali da
consentire un'adeguata tutela dell'ambiente;
garanzia minima di un buon livello di
professionalità è data dall'iscrizione delle
concorrenti nell'apposito albo dei gestori
ambientali.
E' inammissibile la presentazione tardiva,
da parte di un'impresa concorrente, della
documentazione necessaria ad identificarne
il possesso dei requisiti richiesti ai fini
della partecipazione alla gara, giacché i
criteri di selezione stabiliti dal bando
devono risultare sussistenti già nella fase
precedente alla valutazione delle offerte,
onde consentire all'amministrazione
committente di accertare la potenziale
idoneità dei concorrenti ad eseguire la
prestazione oggetto dell'appalto (TAR
Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 19.11.2009 n. 2799 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulle modalità di
organizzazione e di gestione del servizio
idrico integrato.
Il D. Lgs. 03/04/2006 n. 152 (c.d. codice
dell'ambiente) in materia di servizio idrico
integrato, completando il percorso delineato
dai precedenti provvedimenti legislativi
mediante il riconoscimento della personalità
giuridica in capo all'Autorità d'Ambito,
prevede la partecipazione obbligatoria degli
Enti locali del territorio (salvo per i
Comuni con popolazione inferiore a 1000
abitanti facenti parte di una Comunità
montana) e l'espresso trasferimento
all'Autorità delle competenze spettanti ai
Comuni in materia di programmazione delle
infrastrutture e di gestione delle risorse
idriche (art. 148 c. 1). Spetta invece alle
Regioni e alle Province autonome la
disciplina delle forme e dei modi della
cooperazione tra gli Enti locali ricadenti
nel medesimo ambito ottimale, assolto
l'obbligo di costituire l'Autorità "cui è
demandata l'organizzazione, l'affidamento e
il controllo della gestione del servizio
idrico integrato" (art. 148, c. 2).
Lo strumento cui avvalersi per la
programmazione degli interventi anche sotto
il profilo economico-finanziario e per la
definizione del modello gestionale e
organizzativo è il Piano d'ambito, approvato
dall'Autorità ai sensi dell'art. 149 del
citato D. Lgs. n. 152/2006. In definitiva la
scelta del legislatore statale e regionale è
quella di superare le frammentazioni e di
attribuire ad un unico Ente l'esercizio
delle funzioni in materia di servizio idrico
integrato, secondo le regole proprie della
collegialità elaborate dalla Regione (art.
48 c. 3 L.R. Lombardia 26/2003 così come
modificato dalla L.R. 18/2006).
Pertanto, non può essere riconosciuto ad
alcun Comune il potere di autodeterminarsi
sull'organizzazione e sulla gestione del
servizio idrico integrato, in quanto ogni
decisione in tal senso deve avvenire
all'interno dell'Autorità d'ambito e secondo
le sue regole di funzionamento: in buona
sostanza le determinazioni dell'Autorità
assumono portata vincolante sull'intero
territorio provinciale in virtù di una
precisa scelta legislativa.
La singola amministrazione locale non può,
dunque, intraprendere percorsi autonomi e
scegliere modalità di gestione diverse da
quelle individuate dall'Autorità: per questo
motivo, ove non aderisca, esso non ha
interesse a contestare le determinazioni da
quest'ultima legittimamente assunte né può
far valere un interesse di tipo strumentale,
avendo assunto sotto la propria
responsabilità la decisione espressa di non
farne parte e pertanto non potendo
pretendere di imputare all'Ente
sovracomunale le conseguenze di una propria
autonoma scelta (TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza 19.11.2009 n. 2238 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Sulla possibilità, per
l'impresa aggiudicataria di una gara
pubblica, di subappaltare i lavori laddove
la stessa difetti delle qualifiche
necessarie ai fini dell'esecuzione di opere
ad alto contenuto tecnologico.
Nell'ipotesi di un bando di gara avente ad
oggetto l'esecuzione di opere ad elevato
contenuto tecnologico o di rilevante
complessità tecnica, è fatto divieto
-all'impresa aggiudicataria della gara- di
subappaltare l'esecuzione dei lavori per
ovviare alla carenza delle necessarie
qualifiche all'uopo richieste, laddove il
subappalto oltrepassi i limiti quantitativi
prescritti dall'art. 37, c. 11 del dlgs
163/2006, come modificato dal correttivo ex
dlgs 152/2008.
La predeterminazione legale di un limite
quantitativo per il ricorso al subappalto
nelle categorie specializzate corrisponde ad
un'equa tutela dell'esigenza di controllo
della qualità degli operatori economici, in
relazione a prestazioni particolarmente
significative, di cui è portatrice la
stazione appaltante (TAR Calabria-Reggio
Calabria,
sentenza 18.11.2009 n. 1048 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
INCARICHI PROGETTAZIONE:
Appalti, niente
affidamenti diretti tra la Asl e
l'Università. L'Oice ha presentato ricorso
alla Ue alla Corte dei Conti e all'Authority
di vigilanza. Gli atenei non possono
partecipare alle gare di progettazione: il
caso dell'ospedale di Lecce.
Devono essere dichiarati illegittimi gli
affidamenti di progettazione disposti in via
diretta a favore di una Università da parte
di una Asl; le Università non possono
progettare né partecipare a gare, ma devono
limitarsi a svolgere le loro attività
istituzionali di ricerca scientifica e di
insegnamento.
E' quanto ha chiesto l'Oice, l'Associazione
delle società di ingegneria e architettura,
con un ricorso presentato al Tar Puglia di
Lecce, unitamente a tre società associate,
con il patrocinio di Angelo Clarizia.
Il ricorso, che fa seguito ad un esposto
presentato dalla stessa Associazione alla
Commissione europea, alla Corte dei Conti e
all'Autorità di vigilanza sui contratti
pubblici, sarà esaminato giovedì 19 in sede
cautelare e ha ad oggetto la legittimità di
due affidamenti disposti dalla ASL Lecce il
7 ottobre scorso a favore dell'Università
del Salento.
Il primo affidamento, beneficiaria
l'Università del Salento di Lecce per una
progettazione definitiva di una struttura
ospedaliera, prevede 676.000 euro di
onorari, ai quali la stazione appaltante
prevede di aggiungere un incremento del 13%
per «attività conto terzi», oltre
alla possibilità di un successivo
affidamento della progettazione esecutiva e
della direzione dei lavori.
Il secondo affidamento riguarda un contratto
di consulenza per l'effettuazione di
verifiche sismiche pari a 200.000 euro,
disposto dalla stessa Asl di Lecce a favore
del Dipartimento di ingegneria
dell'innovazione sempre dell'Università del
Salento.
L'Oice, così come gli ordini provinciali
degli ingegneri e degli architetti che hanno
a loro volta presentato autonomi ricorsi
contro gli stessi affidamenti, censura
l'affidamento diretto di attività che
dovevano invece essere messe sul mercato con
una regolare gara, peraltro anche di rilievo
comunitario. «Si tratta», ha detto il
presidente dell'Oice, Oddi Baglioni, «di
affidamenti avvenuti, a nostro avviso, in
evidente violazione di legge e in contrasto
con quanto l'Autorità ha autorevolmente
affermato negli ultimi anni, con riferimento
alla tematica del ruolo delle Università in
questo settore».
Ma l'obiettivo del ricorso, oltre a vedere
dichiarata l'illegittimità degli
affidamenti, è anche quello di ottenere una
pronuncia che esamini a fondo il ruolo delle
Università in questo settore: «L'affidamento
de quo», si legge nel ricorso, «è
senz'altro illegittimo perché le funzioni ed
i compiti istituzionali dell'Università
consistono esclusivamente nella promozione
della ricerca scientifica e nell'offerta
didattica; l''attività di progettazione
esula in toto dai fini istituzionali
dell'Ateneo in quanto attiene ad un'attività
economica -ai sensi della normativa
comunitaria- di natura tecnica che non
riguarda la ricerca scientifica e
l'insegnamento».
In passato l'Autorità di Vigilanza sui
Contratti Pubblici (delibera 119/2007) aveva
stabilito che le università non potessero
svolgere attività di progettazione, né
partecipare a gare per tali affidamenti;
soltanto società di ingegneria cosiddette di
spin off, costituite dalle
Università, ma autonome e operanti sul
mercato, potrebbero partecipare alle gare»
(articolo ItaliaOggi del 18.11.2009, pag.
43). |
LAVORI PUBBLICI:
Richiesta di parere dal Sindaco del Comune
di Villa d'Adda (Bg) - "L'ente
può procedere alla realizzazione di un'opera
il cui costo complessivo (compresa iva) è
superiore a 100.000 euro solo previa
approvazione della variazione del piano
delle opere pubbliche (in cui l'opera deve
essere inserita ai sensi dell'art. 128
d.d.vo n. 163/2006) e del bilancio
preventivo"
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere 17.11.2009 n. 1025
- link a www.corteconti.it). |
APPALTI:
Varianti migliorative
dell’offerta e regole di operatività per
l’offerta anomala.
Non è possibile predicare un implicita
integrazione delle prescrizioni tecniche del
bando di gara per la definizione degli
aspetti progettuali, in ossequio a un canone
di tassatività e al “clare loqui”
–che deve ispirare le tecnica redattiva
delle regole di gara che le stazioni
appaltanti predispongono e proprio in
omaggio al quale, del resto, apprestano per
i concorrenti e mettono loro a disposizione
modelli prestampati e preconfezionati di
documenti di gara (moduli per la
formulazione dell’offerta, per la redazione
di autocertificazioni, disciplinari ed
allegati tecnici ai progetti, etc.)– e in
ossequio al principio dell’affidamento, che
impone che le regole della gara siano rese
note in maniera chiara e intellegibile a
tutti i partecipanti o gli interessati alla
gara.
La giurisprudenza ha attinto il principio
per cui non sussiste, in generale in
siffatte evenienze, un generalizzato divieto
di varianti migliorative ove la gara venga
espletata secondo il criterio di selezione
dell’offerta economicamente più vantaggiosa,
dovendo ritenersi insito nella scelta del
criterio selettivo dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, anche quando
il progetto posto a base di gara sia
definitivo, la possibilità per le imprese di
proporre quelle variazioni migliorative rese
possibili dal possesso di peculiari
conoscenze tecnologiche, purché non si
alterino i caratteri essenziali delle
prestazioni richieste dalla lex specialis
onde non ledere la par condicio.
La norma che scaturisce dalla lettura
coordinata della prima e della seconda parte
del comma 9 dell’art. 121 del Codice dei
contratti è la regola che nei contratti
sotto soglia comunitaria, quando la gara è
espletata al prezzo più basso, la stazione
appaltante ha la mera facoltà di
prestabilire nella lex specialis e
più precisamente nel bando di gara, che si
avvarrà della facoltà di procedere
all’esclusione automatica delle offerte che
presentino una ribasso pari o superiore alla
soglia di anomalia determinata con il noto
sistema della media dei ribassi incrementata
della media degli scarti che superano la
prima e previa il parimenti noto “taglio
delle ali”, facoltà che peraltro non può
comunque essere esercitata, ancorché
contemplata nel bando, qualora il numero
delle offerte ammessa sia inferiore a 5 (TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 16.11.2009 n. 2553 -
link a www.altalex.com). |
APPALTI:
D. Argenio,
Il responsabile unico del procedimento nel
Codice dei contratti pubblici
(link a www.diritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
G. Lodato,
Il provvedimento di sospensione della
attività imprenditoriale, adottato dagli
organi di vigilanza del ministero del lavoro
alla luce delle modifiche normative
introdotte all’art. 14 d.leg.vo 81/2008 dal
d.leg.vo 106/2009, anche con
riferimento al profilo sanzionatorio (link a
www.diritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
G. Nicoletti,
La battaglia dell'acqua: PRIVATIZZAZIONE SI,
PRIVATIZZAZIONE NO (link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Illegittima la clausola contenuta nella
lex specialis che non consente alle
imprese concorrenti la produzione del
certificato di qualità in copia conforme
all’originale (link a www.www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Riapertura del
procedimento di gara - Potere di autotutela
- Procedimento unico - Comunicazione della
riapertura - Necessità - Esclusione.
La riapertura del procedimento di gara ai
fini dell'esercizio del potere di autotutela
volto ad eliminare illegittimità
precedentemente verificatesi non costituisce
un nuovo procedimento amministrativo,
essendo unico il procedimento di gara per la
scelta del contraente nei pubblici appalti
che ha inizio con il bando di gara e si
conclude solo con l'aggiudicazione
definitiva, con la conseguenza che non è
necessaria la comunicazione della riapertura
del procedimento di gara e delle successive
attività della commissione ma solo la
comunicazione della data in cui la
commissione procede al riesame (Consiglio
Stato, sez. IV, 05.10.2005, n. 5360).
Commissione di gara -
Organo straordinario e temporaneo - Attività
- Rilevanza esterna - Approvazione da parte
degli organi competenti dell’amministrazione
aggiudicatrice - Aggiudicazione definitiva -
Potere di autotutela.
La commissione di gara è un organo
straordinario e temporaneo
dell'amministrazione aggiudicatrice (C.d.S.,
sez. IV, 04.02.2003, n. 560; C.G.A.,
06.09.2000, n. 413) e non già una figura
organizzativa autonoma e distinta rispetto
ad essa (C.d.S., sez. V, 14.04.1997, n.
358), la cui attività acquisisce rilevanza
esterna solo in quanto recepita e approvata
dagli organi competenti della predetta
amministrazione appaltante. Infatti, essa
svolge compiti di natura essenzialmente
tecnica, con funzione preparatoria e
servente, rispetto all'amministrazione
appaltante, essendo investita della
specifica funzione di esame e valutazione
delle offerte formulate dai concorrenti,
finalizzata alla individuazione del miglior
contraente possibile, attività che si
concreta nella c.d. aggiudicazione
provvisoria.
La funzione di detta commissione si
esaurisce soltanto con l'approvazione del
proprio operato da parte degli organi
competenti dell'amministrazione appaltante
e, cioè, con il provvedimento di c.d.
aggiudicazione definitiva: nel periodo
intercorrente tra tali atti non può
fondatamente negarsi il potere della stessa
commissione di riesaminare nell'esercizio
del potere di autotutela il procedimento di
gara già espletato, anche riaprendo il
procedimento di gara per emendarlo da errori
commessi e da illegittimità verificatesi,
anche in relazione all'eventuale illegittima
ammissione o esclusione dalla gara di
un'impresa concorrente (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 12.11.2009 n. 7042 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI: Sul
divieto di motivazione postuma e sui limiti
alla previsione di specifiche tecniche.
La motivazione del provvedimento non può
essere integrata nel corso del giudizio con
la specificazione di elementi di fatto,
dovendo la motivazione precedere e non
seguire ogni provvedimento amministrativo,
individuando con ciò il fondamento
dell'illegittimità della motivazione postuma
nella tutela del buon andamento
amministrativo e nell'esigenza di
delimitazione del controllo giudiziario.
Anche antecedentemente al c.d. "Codice
degli appalti" di cui al D.L.vo n. 163
del 2006, alla stregua di quanto previsto
dall'art. 19, comma 5, del D.L.vo n. 158 del
1995, doveva ritenersi che, nei bandi di
gara relativi a forniture, non potevano
essere introdotte specifiche tecniche che
menzionino prodotti di una fabbricazione o
di una provenienza determinata o
procedimenti particolari aventi l'effetto di
favorire o eliminare talune imprese, a meno
che tali specifiche tecniche non siano
giustificate dall'oggetto dell'appalto
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 12.11.2009 n. 6997 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
SPECIFICHE TECNICHE.
La stazione appaltante può, in sede di gara
per un appalto di fornitura, individuare
particolari caratteristiche tecniche dei
prodotti, ritenuti idonei allo svolgimento
delle attività, cui destinare le forniture;
ma, ciò, invero, all'unico scopo di
garantirsi l'aggiudicazione di beni e
servizi di migliore qualità ad un minore
prezzo.
Quindi, è necessario che l'individuazione di
tali specifiche caratteristiche sia
effettuata facendo riferimento ad elementi
davvero significativi, per distinguere
nettamente l'oggetto della fornitura.
Infine, deve essere recisamente escluso, in
via di principio, che un prodotto
migliorativo sotto il profilo tecnico, possa
essere giudicato inadeguato, perché non
rispettoso di specifiche tecniche, a loro
volta non “essenziali”.
E’ quanto affermato dal Consiglio di Stato,
nella sentenza n. 6997/2009, la quale si
palesa di notevole interesse, in quanto
contiene importanti statuizioni e
precisazioni in materia di “specifiche
tecniche” nei pubblici appalti (commento
tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 12.11.2009 n. 6997 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Nell’importo complessivo del debito
fuori bilancio sono comprese sia le somme relative ai lavori
pubblici sia altri oneri non strettamente connessi alle
opere realizzate, ma conseguenti al comportamento del
comune, quali interessi legali, gli oneri di fideiussione e
gli onorari agli arbitri.
Ai fini dell’imputazione in bilancio vanno
distinte le somme relative alle opere pubbliche da
annoverare tra le spese in conto capitale dagli altri oneri
che vanno invece allocati tra le spese di parte corrente.
Pertanto, a parere di questa Sezione, le
somme corrisposte dall’ente, derivanti da un debito fuori
bilancio per effetto di sentenza esecutiva (nel caso di
specie lodo arbitrale), limitatamente alle spese per lavori
pubblici, possono essere imputate come spese di capitale e,
a tale titolo, possono concorrere a determinare, in termini
di cassa, i risultati del saldo utile ai fini del rispetto
dell’obiettivo del Patto di stabilità interno.
---------------
Il Sindaco del Comune di Muggiò (MB) ha posto alla Sezione
un quesito concernente l’imputazione della spesa
derivante da un debito fuori bilancio per effetto di
sentenza esecutiva (lodo arbitrale).
In particolare viene richiesto se sia possibile
considerare il debito riconoscibile ai sensi dell’art. 194,
comma 1, lettera a, del D.Lgs n. 267/2000, come spesa in
conto capitale, poiché l’oggetto del contratto, da cui è
derivato il contenzioso e dunque la sentenza di condanna,
attiene a lavori di realizzazione di una strada provinciale.
...
Dalla documentazione acquisita, a seguito di formale
richiesta istruttoria, si evince che nell’importo
complessivo del debito fuori bilancio sono comprese sia le
somme relative ai lavori pubblici sia altri oneri non
strettamente connessi alle opere realizzate, ma conseguenti
al comportamento del comune, quali interessi legali, gli
oneri di fideiussione e gli onorari agli arbitri.
Ai fini dell’imputazione in bilancio vanno
distinte le somme relative alle opere pubbliche da
annoverare tra le spese in conto capitale dagli altri oneri
che vanno invece allocati tra le spese di parte corrente.
Pertanto, a parere di questa Sezione, le
somme corrisposte dall’ente, derivanti da un debito fuori
bilancio per effetto di sentenza esecutiva (nel caso di
specie lodo arbitrale), limitatamente alle spese per lavori
pubblici, possono essere imputate come spese di capitale e,
a tale titolo, possono concorrere a determinare, in termini
di cassa, i risultati del saldo utile ai fini del rispetto
dell’obiettivo del Patto di stabilità interno
(Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia,
parere 12.11.2009 n. 1002). |
APPALTI:
Sull'illegittimità
dell'iscrizione di un'impresa nel Casellario
Informatico presso l'Osservatorio dei
contratti pubblici, laddove la AVPC abbia
omesso di instaurare il dovuto
contraddittorio con l'impresa suddetta.
Nell'ipotesi di esclusione di un'impresa, da
una gara d'appalto, per via di dichiarazioni
mendaci rese in ordine alla sussistenza di
precedenti condanne penali gravanti sulla
stessa, è da ritenersi illegittima
l'iscrizione della concorrente nel
Casellario Informatico presso l'Osservatorio
dei contratti pubblici, qualora l'AVPC non
abbia instaurato il contraddittorio con
l'impresa omettendo, peraltro, di procedere
alla valutazione del mendacio sotto il
profilo soggettivo (TAR Lazio-Roma, Sez.
III,
sentenza 11.11.2009 n. 11068 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Sulla
natura dell’aggiudicazione provvisorie e sui
presupposti per l’eventuale revoca.
L'aggiudicazione provvisoria di una gara di
appalto è un atto ad effetti instabili, del
tutto interinali, a fronte del quale non
possono configurarsi situazioni di vantaggio
stabili in capo al beneficiario.
In attesa dell'aggiudicazione definitiva e
del concreto inizio del servizio non vi è
infatti alcuna posizione consolidata
dell'impresa concorrente che possa postulare
il riferimento in sede di revoca
dell'aggiudicazione ad un interesse pubblico
giustificativo del sacrificio del privato e
l'Amministrazione ha altresì il potere di
provvedere all'annullamento
dell'aggiudicazione provvisoria in via
implicita e senza obbligo di particolare
motivazione.
E’ legittima la revoca dell'aggiudicazione
provvisoria giustificata da un nuovo
apprezzamento della fattispecie in base a
circostanze sopravvenute, essendo collegata
ad una facoltà insindacabile
dell'Amministrazione che non si inserisce in
alcun rapporto contrattuale, ma attiene
ancora alla fase di scelta del contraente,
in cui l'Amministrazione ha la possibilità
di valutare la persistenza dell'interesse
pubblico all'esecuzione delle opere
appaltate.
La P.A. può provvedere all'annullamento
dell'aggiudicazione provvisoria, anche in
via implicita e senza obbligo di particolare
motivazione, specialmente se l'intervento in
autotutela di tipo caducatorio è basato su
una valutazione di convenienza economica.
E’ idonea a supportare la legittimità di un
provvedimento di revoca in autotutela
dell’aggiudicazione provvisoria di una gara
pubblica, la considerazione postuma,
effettuata dalla stazione appaltante, in
ordine alla possibilità di reperire nel
mercato offerte migliori rispetto a quelle
emerse nel corso della gara.
L'obbligo generale di indennizzo delle
situazioni di pregiudizio arrecate ai
soggetti interessati in conseguenza della
revoca di atti amministrativi sussiste
esclusivamente in caso di revoca di
provvedimenti ad efficacia durevole e non
anche in caso di revoca di atti ad effetti
instabili ed interinali, qual è
l'aggiudicazione provvisoria (massima tratta
da http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma,
Sez. II-ter,
sentenza 09.11.2009 n. 10991 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Revocabile
l'aggiudicazione provvisoria.
L'aggiudicazione provvisoria nelle gare
d'appalto è atto a efficacia del tutto
precaria, vincolante solo per la ditta
provvisoriamente aggiudicataria, ma non per
l'ente appaltante. Per tale ragione, l'ente
può revocare o annullare l'aggiudicazione
provvisoria nell'esercizio di una facoltà
insindacabile, senza motivazioni
particolari, purché sia indicato l'interesse
pubblico ad adottare l'atto in autotutela. E
tra tali motivazioni, legittimamente possono
rientrare nuove e diverse valutazioni
tecniche, in merito alla congruità economica
delle offerte.
È il TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter,
sentenza 09.11.2009 n. 10991 a
chiarire in maniera esemplare la funzione ed
il ruolo dell'aggiudicazione provvisoria.
È, infatti, ancora dibattuta in dottrina la
natura dell'aggiudicazione provvisoria.
Secondo alcuni, essa determina la
costituzione di una posizione differenziata
in capo all'azienda individuata come
migliore offerente dalla commissione, tale
da costituire qualcosa di più di una mera
aspettativa.
In questo caso, dunque, qualsiasi atto di
autotutela o la mancata attribuzione della
definitività all'aggiudicazione
determinerebbe una lesione dell'impresa
vincitrice. Del resto, secondo questa tesi,
quando l'impresa vincitrice è individuata la
gara, intesa come competizione
concorrenziale, è da considerare terminata,
sicché occorre solo effettuare i controlli,
acquisendo a tale scopo i documenti
necessari. Per tale ragione, l'impresa
prescelta a seguito dell'aggiudicazione
provvisoria deve adempiere a una serie di
obblighi, come esibire determinati
documenti, produrre le previste forme di
garanzia, scaturenti proprio dalla sua
posizione differenziata.
Il Tar Lazio smentisce definitivamente tale
approccio.
Secondo il Tar il verbale di aggiudicazione
provvisoria produce impegni nei soli
confronti della società aggiudicataria ma
non nei riguardi dell'ente appaltante.
Questo, infatti, ai sensi del combinato
disposto degli articoli 11 e 12 del dlgs
163/2006 è obbligato, nella fase di
approvazione dell'aggiudicazione
provvisoria, a svolgere ulteriori e diverse
valutazioni di opportunità in merito
all'offerta considerata aggiudicataria
provvisoria. Ciò implica il dovere di
effettuare verifiche in ordine alla
regolarità della procedura e all'opportunità
e convenienza , nel quadro dell'interesse
pubblico, della scelta operata dalla
commissione di gara. Con la possibilità,
dunque, di rivedere gli esiti dell'operato
della commissione, tanto da annullare la
gara svolta.
Il Tar sottolinea che l'approvazione
dell'aggiudicazione provvisoria non è
affatto un atto vincolato; si può aggiungere
che non si tratta neanche di atto meramente
confermativo o esecutivo, perché comunque è
un provvedimento che, anche quando recepisca
i risultati dell'aggiudicazione provvisoria,
comporta una nuova ed autonoma valutazione
degli interessi pubblici sottostanti.
Ecco, dunque, che l'aggiudicazione
provvisoria va considerata atto ad effetti
instabili che produce effetti altrettanto
caduchi in capo al beneficiario. Per cui,
finché non sia giunta l'aggiudicazione
definitiva l'impresa non può vantare alcuna
posizione giuridica particolare; anzi,
l'amministrazione appaltante dispone del
potere di annullare l'aggiudicazione
provvisoria in via implicita e senza obbligo
di particolare motivazione. Per altro,
aggiunge la sentenza, l'aggiudicazione
provvisoria non si inserisce in alcun
rapporto contrattuale, ma attiene ancora
alla fase di scelta del contraente: cioè è
ancora un atto della commissione, che non
conclude il procedimento di gara.
Circostanze sopravvenute, dunque, consentono
alle amministrazioni di valutare
diversamente sul piano del merito
l'opportunità di procedere ad affidare
l'appalto e, dunque, di annullare o revocare
la procedura essendo collegata a una facoltà
insindacabile dell'amministrazione che non
si inserisce in alcun rapporto contrattuale,
ma attiene ancora alla fase di scelta del
contraente, in cui l'amministrazione ha la
possibilità di valutare la persistenza
dell'interesse pubblico all'esecuzione delle
opere appaltate.
L'amministrazione può provvedere
all'annullamento dell'aggiudicazione
provvisoria, in via implicita e senza
obbligo di motivazione, se l'intervento in
autotutela è basato su una valutazione di
convenienza (articolo ItaliaOggi del
14.11.2009, pag. 26). |
APPALTI: Sulla
legittimità o meno di una clausola del bando
di un appalto di servizi che impone di
dimostrare la capacità tecnica mediante
servizi analoghi in precedenza svolti e
sulla possibilità o meno di differire la
dimostrazione del requisito in parola al
momento del periodo di prova.
E’ legittimo il bando di gara indetto per
l'affidamento di un appalto di servizi nella
parte in cui richiede ai partecipanti, quale
requisito di capacità tecnica, quello
afferente ai servizi in precedenza prestati
ad amministrazioni e/o enti pubblici o a
privati, atteso che l'art. 42, comma 1,
lett. a), d.lgs. 12.04.2006 n. 163, rimette
alla discrezionalità della stazione
appaltante l'individuazione nella lex
specialis di gara di «uno o più»
dei modi di dimostrazione della capacità
tecnica, fra quelli elencati dalla medesima
norma, e la scelta di uno solo di essi non è
irragionevole se rapportata all'oggetto
dell'appalto e alle sue peculiarità.
Va esclusa dalla gara di appalto una impresa
che abbia omesso, così come invece previsto
dal bando, di dichiarare i servizi analoghi
effettuati ad amministrazioni e/o enti
pubblici o a privati negli ultimi tre anni,
con indicazione degli importi delle date e
dei destinatari.
D’altra parte, deve ritenersi che, se la
ditta partecipante non può dimostrare di
aver svolto servizi analoghi, può dimostrare
altrimenti la propria capacità tecnica, ma
non può pretendere, né l'Amministrazione può
consentire (come invece era stato fatto
nella specie) che la verifica di tale
capacità sia omessa e spostata al momento
del periodo di prova (massima tratta da
http://doc.sspal.it - TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 09.11.2009 n. 1721 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
- Sulla legittimità
della clausola di un bando di gara che
prescrive di dimostrare le capacità
tecnico-professionali delle concorrenti
mediante attestazione di servizi in
precedenza resi in settori analoghi.
- Sulla possibilità di verificare il
requisito di cui sopra durante il periodo di
prova.
- In materia di appalti di servizi, è
legittima la clausola di un bando che, ai
fini dell'aggiudicazione della gara, impone
alle concorrenti dei allegare, unitamente
all'offerta economicamente più vantaggiosa,
documenti che attestino il possesso della
capacità tecnica sulla base di un elenco di
analoghi servizi precedentemente svolti
presso amministrazioni e/o enti pubblici e
privati, con specifiche indicazioni riguardo
ad importi, date e destinatari, come
prescritto dall'art. 42 del Codice dei
contratti.
- In conformità al dettato normativo del
dlgs 163/2006, la stazione appaltante non
può consentire che la verifica della
sussistenza della capacità tecnica, in capo
alle concorrenti, sia omessa e differita al
successivo periodo di prova (TAR Sardegna,
Sez. I,
sentenza 09.11.2009 n. 1721 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
- Sull'applicabilità del
divieto disposto dall'art. 13 del d.l.
04.07.2006, n. 223, (c.d. decreto Bersani)
alle sole società caratterizzate dalla
strumentalità.
- Sull'ambito applicativo dell'art. 3, c.
27, della l. n. 244 del 2007, rispetto a
quello dell'art. 13 del d.l. n. 223/2006,
(decreto Bersani).
- L'art. 13 del d.l. 04.07.2006, n. 223,
(c.d. decreto Bersani) convertito in l.
04.08.2006, n. 248, si applica alle sole
società a capitale interamente pubblico o
misto, caratterizzate dalla strumentalità
all'attività degli enti e dall'essere moduli
organizzativi interni delle amministrazioni
affidanti.
Nel caso di specie, la società
controinteressata, indirettamente
partecipata da enti pubblici, è tuttavia
priva dei vincoli della strumentalità e
della funzionalità con l'ente pubblico, e si
caratterizza, invece, dall'operare nel
mercato in diretta concorrenza con le altre
imprese pubbliche o private, pertanto,
sfugge all'applicazione del divieto previsto
dal citato art. 13 del decreto Bersani,
poiché essa non svolge alcuna attività di
supporto all'amministrazione territoriale e,
quindi, non può sfruttare la posizione di
privilegio che caratterizza le società
pubbliche allorché operino quale "ente
strumentale" del soggetto pubblico di
riferimento a discapito di operatori
privati.
- L'ambito applicativo dell'art. 3, c. 27,
della l. n. 244 del 2007, che vieta alle
amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1,
c.2, del d. lvo n. 165 del 2001, di
partecipare in società aventi per oggetto la
produzione di beni e servizi non
strettamente necessarie per il perseguimento
delle proprie finalità istituzionali,
vietando, altresì, di assumere o mantenere
direttamente o indirettamente
partecipazioni, anche in minoranza, in tali
società, è diverso rispetto a quello
dell'art. 13 del d.l. n. 223/2006, (decreto
Bersani).
Invero, mentre l'art. 13 citato riduce ex
lege la capacità di agire di una
società-veicolo, imponendo una esclusività
dell'attività svolta in favore dell'ente di
riferimento; l'art. 3, c. 27, della l. n.
244 del 2007 delimita la capacità di agire
dell'ente titolare della partecipazione
sociale a quelli che dovrebbero essere i
suoi propri confini (TAR Lazio-Roma, Sez.
III-ter,
sentenza 06.11.2009 n. 10891 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Non
sussiste la necessità, giustificata da una
nuova ed autonoma valutazione, di impugnare
l'aggiudicazione definitiva sopravvenuta
all'impugnata aggiudicazione provvisoria nel
caso in cui l'aggiudicazione definitiva
recepisca integralmente i risultati di
quella provvisoria.
È utile approfondire, nella controversia in
rassegna, il tema contenuto nell’eccezione
di inammissibilità formulata dalla difesa
del Comune in relazione alla ritenuta
mancata impugnazione dell’aggiudicazione “definitiva”.
La giurisprudenza in tale materia è
piuttosto rigorosa nell’affermare che: ”l'aggiudicazione
provvisoria di un appalto pubblico ha natura
di atto endoprocedimentale, ad effetti
ancora instabili e del tutto interinali,
sicché è inidonea a produrre la definitiva
lesione della ditta non risultata
aggiudicataria, che si verifica solo con
l'aggiudicazione definitiva, che non
costituisce atto meramente confermativo
della prima; la lesione si verifica soltanto
con l'aggiudicazione definitiva, per cui la
concorrente non aggiudicataria ha non
l'onere, bensì la mera facoltà di impugnare
immediatamente l'aggiudicazione provvisoria,
salvo l'onere di impugnare la successiva
aggiudicazione definitiva; ne consegue che,
una volta che questa sia intervenuta,
l'interesse idoneo a sorreggere
l'impugnativa si sposta dal giudizio
sull'aggiudicazione provvisoria a quello
sull'aggiudicazione definitiva, ed è
nell'ambito di quest'ultimo giudizio che il
concorrente può utilmente ottenere la tutela
della propria posizione soggettiva”
(Consiglio Stato, sez. V, 20.07.2009, n.
4527 e, sez. V, 14.11.2008, n. 5691).
Sia la giurisprudenza di primo che di
secondo grado si è consolidata
nell’affermare, in sintesi, che ”l'aggiudicazione
provvisoria è atto facoltativamente
impugnabile, mentre il provvedimento di
aggiudicazione definitiva è atto che, dotato
di propria autonomia valutativa, è
conclusivo del procedimento.” A livello
di effetti processuali si è affermato che “l'omessa
o tardiva impugnazione dell'aggiudicazione
definitiva, a conclusione di una gara
pubblica, rende improcedibile per
sopravvenuto difetto d'interesse il ricorso
già proposto avverso l'esclusione ovvero
avverso l'aggiudicazione provvisoria, non
potendo il ricorrente trarre alcun concreto
vantaggio dall'eventuale annullamento di
quest'ultima, dovendosi ritenere che è
venuta meno la possibilità per la ricorrente
di conseguire il bene della vita sperato, e
cioè l'appalto” (TAR Piemonte Torino,
sez. I, 07.07.2009, n. 2000).
E’ stata dunque posta, in generale, una
linea di demarcazione fra le due distinte
ipotesi di effetti dell’impugnazione del
bando di gara (effetto caducante di diritto)
e impugnazione della sola fase provvisoria
(improcedibilità): ”il principio secondo
cui chi abbia impugnato l'aggiudicazione
provvisoria ha effettivamente l'onere di
impugnare anche quella definitiva a pena di
improcedibilità della prima impugnazione non
trova applicazione anche nei rapporti tra
(impugnazione del) bando di gara e
aggiudicazione; si tratta, infatti, di atti
che si pongono in rapporto di vera e propria
"presupposizione" cosicché l'annullamento
del bando di gara ha efficacia caducante di
tutti gli atti successivi del procedimento e
dell'aggiudicazione definitiva.”
In sostanza, secondo questa giurisprudenza,
l’aggiudicazione definitiva non va
considerata atto meramente confermativo o
esecutivo ma provvedimento che, anche quando
recepisca meramente i risultati
dell'aggiudicazione provvisoria, comporta
comunque una nuova ed autonoma valutazione
degli interessi pubblici sottostanti;
coerentemente si ritiene, così, necessaria
l'impugnativa autonoma dell'aggiudicazione
definitiva nonostante la precedente
contestazione giudiziale dell'aggiudicazione
provvisoria, che è meramente facoltativa,
ovvero del provvedimento di esclusione dalla
gara. Quindi il ricorso proposto avverso
l'aggiudicazione provvisoria, in quanto atto
endoprocedimentale non lesivo, e non avverso
il provvedimento di aggiudicazione
definitiva, che non costituisce atto
meramente consequenziale ma trattasi di
provvedimento conclusivo del procedimento di
gara, dotato di autonoma valenza valutativa
e pertanto lesivo, è inammissibile per
difetto di interesse a ricorrere.
In tale materia, peraltro, va segnalato che
esiste un diverso orientamento recentissimo,
più possibilista e valutativo, espresso dal
Consiglio di Stato che ammette, rivedendo in
sostanza il precedente consolidato
orientamento, anche l’esistenza di
differenti ipotesi di giudizio. In
particolare è stato affermato che: “Non
sussiste la necessità, giustificata da una
nuova ed autonoma valutazione, di impugnare
l'aggiudicazione definitiva sopravvenuta
all'impugnata aggiudicazione provvisoria nel
caso in cui l'aggiudicazione definitiva
recepisca integralmente i risultati di
quella provvisoria” (cfr. Consiglio
Stato, sez. V, 16.06.2009, n. 3908, con le
ivi richiamate pronunzie analoghe
intervenute).
Dunque il Consiglio Stato con la sentenza n.
2089 della sez. V del 07.05.2008
ricostruisce la fattispecie, alla luce delle
norme del Codice degli appalti, affermando
espressamente che va disattesa la necessità,
giustificata dalla nuova ed autonoma
valutazione rispetto alla stessa
(richiamando i propri precedenti Cons.
Stato, V, 21.11.2007, n. 5925; V,
09.10.2007, n. 5253; V, 09.10.2006, n. 6957;
IV, 14.09.2005, n. 4769; V, 02.09.2005, n.
4464), dell'autonoma impugnazione
dell'aggiudicazione definitiva, anche se è
già stata impugnata quella provvisoria,
quando l'aggiudicazione definitiva (Cons.
Stato, V, 12.10.2004, n. 6568; V,
04.04.2006, n. 1753); Il Tribunale
amministrativo di Cagliari, a fronte di tale
panorama giurisprudenziale “variegato”
ritiene quindi doveroso valutare caso per
caso le situazioni senza poter affermare
l’esistenza di principi assoluti e
trancianti (in termini di rito) nella
soluzione di tali controversie, ben
consapevole che una decisione di solo rito
deve raggiungere margini di certezza ed
inequivocabilità, pena una sostanziale
negata giustizia (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it -
TAR
Sardegna, Sez. I,
sentenza 06.11.2009 n. 1690 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
PROCEDURE NEGOZIATE.
La stazione appaltante
ha individuato gli operatori economici da
consultare, conformemente al dettato della
norma, di cui all’articolo 57, comma sesto,
del D.Lgs. 163/2006, vale a dire sulla base
di informazioni riguardanti le
caratteristiche di qualificazione
economico-finanziaria e
tecnico-organizzativa desunte dal mercato,
selezionando un numero di soggetti idonei
non inferiore a cinque (art. 122, comma
7-bis).
I principi di trasparenza, proporzionalità e
imparzialità, al cui rispetto
l’Amministrazione è tenuta anche quando
procede all’aggiudicazione di lavori in via
semplificata e negoziata, non risultano
violati, atteso che essa ha dimostrato nel
giudizio di essersi attenuta, nella scelta
delle ditte offerenti, ad un meccanismo di
rotazione, che in passato ha consentito
anche alla ditta ricorrente di partecipare a
gare analoghe.
E’ quanto statuito dal TAR Molise, nella
sentenza n. 700/2009, ove viene analizzata
la condotta della stazione appaltante, a
fronte della nuova ipotesi di procedura
negoziata, introdotta dalla legge n.
201/2008, mediante l’inserimento del novello
comma 7-bis all’articolo 122 del Codice dei
contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006).
In particolare, il Tar Molise evidenzia che
la stazione appaltante ha dimostrato in
giudizio di aver osservato, nella delicata
fase di scelta delle imprese da invitare, un
“meccanismo di rotazione”, che, nelle
precedenti gare, ha consentito anche
all’impresa ricorrente di partecipare a
analoghe selezioni.
In relazione a siffatto “meccanismo”,
occorre prendere atto che la novella
normativa non richiama il principio di
rotazione, invocato, invece, proprio dal
comma 6°, dell’articolo 57. In relazione a
ciò, va osservato che non è possibile
considerare, comunque, sussistente il
principio di rotazione, in virtù della sua
presenza nel comma 6°, in quanto il rinvio
al citato comma è riferito alla sola “procedura”,
cioè alla selezione ad inviti, e non ai
principi, che debbono governare la selezione
medesima. Infatti, i principi sono già
espressamente indicati nella novella
normativa, la quale non fa riferimento
alcuno alla “rotazione”.
Cosa vuol dire tale assenza? Cosa può
comportare tale assenza? Formulare una
convincente risposta non è facile.
Ad un primario esame, si potrebbe ritenere
che tale assenza comporta un maggior spazio
di azione per la stazione appaltante, la
quale sembrerebbe non obbligata a far “ruotare”
le imprese. Ad ogni modo, i richiamati
principi di non discriminazione e parità di
trattamento dovrebbero costituire un sicuro
argine contro condotte irrazionali ed
arbitrarie.
In tal senso, la sentenza del Tar Molise
offre un importante ausilio ermeneutico.
Infatti, per i giudici molisani non vi è
dubbio che un sistema di rotazione debba
presiedere alla scelta delle imprese da
invitare, nel senso ovvio, ma rilevante, che
deve essere fornita ad ogni impresa di
settore la possibilità di poter prender
parte alle procedure negoziate (commento
tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR
Molise,
Sez. I,
sentenza 06.11.2009 n. 700 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Procedura negoziata:
Impugnazione procedura - Ammissibilità del
ricorso nella parte in cui si richiede
l’annullamento della procedura negoziata -
Inammissibilità del ricorso nella parte in
cui si richiede l’ammissione alla procedura
negoziata.
La ditta ricorrente, non essendo stata
invitata a partecipare alla procedura
negoziata, ha certamente interesse e
legittimazione ad impugnare la procedura
medesima nella sua interezza, non già ad
impugnare la mancata ammissione al gruppo
delle ditte offerenti.
Infatti, il ricorso avverso il provvedimento
di scelta della modalità di gara e di
aggiudicazione è ammissibile, atteso che la
mancata partecipazione della ricorrente alla
gara deriva proprio dalle specifiche
disposizioni della "lex specialis",
ritenute discriminatorie o, comunque, tali
da impedire l’utile presentazione
dell’offerta (cfr.: Cons. Stato V,
19.03.2009 n. 1624; TAR Cagliari II,
12.06.2009 n. 972). Viceversa, la mancata
partecipazione alla procedura, essendo
conforme alle regole della "lex specialis",
priva la ricorrente dell’interesse e della
legittimazione ad impugnare l’atto di
esclusione da esso (Cons. Stato IV,
14.06.2005 n. 3113; TAR Napoli I, 11.12.2007
n. 16106; TAR Lecce II, 05.09.2003 n. 5804).
Pertanto, il ricorso è ammissibile solo
nella parte in cui chiede l’annullamento
della procedura negoziata, non già nella
parte in cui chiede l’ammissione al
confronto di offerte (TAR Molise,
sentenza 06.11.2009 n. 700 - link
a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI: Sulla
natura di collegio perfetto delle
commissioni di gara, sulla partecipazione di
supplenti e sulla derogabilità o meno del
principio di continuità delle operazioni di
gara.
La
commissione giudicatrice di una gara di
appalto costituisce un collegio perfetto che
deve operare con il plenum e non con la
semplice maggioranza dei suoi componenti. La
natura di collegio perfetto della suddetta
commissione non è inficiata dalla nomina di
supplenti, ma, anzi, ne è confermata.
Infatti il plenum dei componenti del
collegio perfetto va riferito alla
contestuale presenza del numero di
componenti previsto, e non alla necessaria
identità fisica delle persone che compongono
il collegio.
Lo scopo della supplenza, nel caso di
commissioni di gara, è quello, da un lato,
di garantire che il collegio possa operare
con il plenum anziché con la sola
maggioranza, in caso di impedimento di
taluno dei membri effettivi, e dall'altro
lato che la commissione svolga le sue
operazioni con continuità e tempestività,
senza che il suo agire sia impedito o
ritardato dall'impedimento di taluno dei
suoi componenti.
Ai fini della legittimità dell'intervento
del supplente in una commissione di gara,
non è indispensabile che nel verbale si dia
atto dell'impedimento del componente
effettivo, atteso che, stante la
legittimazione istituzionale del supplente a
sostituire il membro effettivo per ogni suo
impedimento, anche temporaneo, la
verbalizzazione espressa dell'impedimento si
tradurrebbe in una mera clausola di stile.
Il principio di continuità delle gare di
appalto, secondo cui le gare stesse devono
svolgersi in unica seduta, o in più sedute
consecutive, costituisce un principio
tendenziale, che deve applicarsi per
soddisfare due esigenze fondamentali:
a) garantire la celerità delle operazioni,
in ossequio al principio del buon andamento
e di efficienza dell'amministrazione, per un
verso, e, per altro verso, l'assoluta
indipendenza di giudizio di chi presiede la
gara onde sottrarlo a possibili influenze
esterne;
b) impedire che i criteri di valutazione
delle offerte vengano formulati dopo la
conoscenza delle stesse.
Il principio di continuità della gara, in
concreto, non viene violato se:
1) le operazioni di gara si svolgano con
ragionevole celerità, anche se non in un
unico giorno o in pochi giorni consecutivi;
2) la fissazione dei criteri di valutazione
delle offerte preceda la conoscenza delle
offerte medesime;
3) venga rispettato il principio di
segretezza delle operazioni di gara fino
alla enunciazione dell'esito della stessa.
In termini più generali, inoltre, il
principio di continuità della gara può
essere derogato qualora si verifichino
situazioni particolari che obiettivamente
impediscano la concentrazione e la
conclusione delle operazioni di gara in un
numero ristretto di sedute (massima tratta
da http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma,
Sez. II,
sentenza 05.11.2009 n. 10878 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
COMMISSIONI GARA.
Lo scopo della supplenza, nel caso di
commissioni di gara, è proprio quello, da un
lato, di garantire che il collegio possa
operare con il plenum anziché con la sola
maggioranza, in caso di impedimento di
taluno dei membri effettivi, e dall'altro
lato che la commissione svolga le sue
operazioni con continuità e tempestività,
senza che il suo agire sia impedito o
ritardato dall'impedimento di taluno dei
suoi componenti. Sicché, la necessità che il
collegio perfetto operi con il plenum dei
suoi componenti non è contraddetta dalla
nomina di supplenti. Infatti il plenum dei
componenti del collegio perfetto va riferito
alla contestuale presenza del numero di
componenti previsto, e non alla necessaria
identità fisica delle persone che compongono
il collegio.
E’ quanto affermato dal TAR Lazio-Roma,
nella sentenza n. 10878/2009, ove si è
affrontata, in modo analitico e convincente,
la problematica dei membri supplenti nelle
commissioni di gara.
Ad avviso del Tar Lazio, la funzione della
supplenza è duplice:
a) garantire che il collegio possa operare
con il plenum, anziché con la sola
maggioranza, in caso di impedimento di
taluno dei membri effettivi;
b) assicurare che la commissione di gara
possa svolgere le sue operazioni e la sua
complessiva attività con continuità e
tempestività, senza che il suo agire venga
impedito o ritardato dall'impedimento di
taluno dei suoi componenti.
Dunque, l’istituto della supplenza dei
componenti delle commissioni sembra
costituire, non senza ragione, un principio
immanente delle procedure di gara.
Per quanto riguarda, poi, la censura di
carenza motivazionale, cioè la mancata
indicazione delle ragioni delle
sostituzioni, il Tar parte da un assunto
indiscutibile: il provvedimento di nomina
della commissione di gara ha previsto la
possibilità di sostituzione dei membri
effettivi con i supplenti.
Quindi, un’espressa e chiara previsione, a
fronte della quale non appare indispensabile
che, in sede di verbale di gara, venissero
indicate le puntuali ragioni delle
sostituzioni. Infatti, il tribunale
amministrativo laziale ben osserva, al
riguardo, che la legittimazione del
componente supplente a partecipare alle
sedute ed alle operazioni di gara deriva
dalla mera presa d’atto dell'assenza del
componente effettivo.
Tuttavia, il Tar non si limita ad un’analisi
di tipo formale, ma va oltre, in quanto si
pone il problema di comprendere le eventuali
ragioni di una puntuale motivazione in tal
senso. L’analisi ha un esito negativo. Non è
indispensabile che, nel verbale si
illustrino con dovizia le cause
dell'impedimento del componente effettivo,
in quanto, stante la predetta formale
legittimazione, siffatta illustrazione si
tradurrebbe in una mera clausola di stile
(commento tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR
Lazio-Roma,
Sez. II,
sentenza 05.11.2009 n. 10878 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
PUBBLICITA’ SEDUTE GARA.
Il principio di
pubblicità delle sedute trova immediata
applicazione, indipendentemente da una sua
espressa previsione nell'ambito della lex
specialis di gara, atteso che costituisce
una regola generale, riconducibile
direttamente ai principi costituzionali di
imparzialità e buon andamento, di cui
all'articolo 97 Cost.. Siffatto principio
trova applicazione pure in sede di procedura
negoziata, non potendo costituire deroga
un’ordinanza commissariale, legittimante
solo alla trattativa privata anche per
importi superiori a quelli previsti dalle
disposizioni di legge.
Infine, la pubblicità trova esplicazione
nella fase di verifica della documentazione
amministrativa ed in quella di apertura
delle buste contenenti le offerte
economiche, potendo la stazione appaltante
procedere in forma riservata solo laddove
debba compiere operazioni di valutazione di
carattere tecnico-discrezionale in ordine
alle offerte presentate.
E’ quanto affermato dal TAR Sardegna, nella
sentenza n. 1609/2009, ove vengono forniti
importanti chiarimenti in tema di pubblicità
delle gare nei pubblici contratti (commento
tratto dalla newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TAR Sardegna,
Sez. I,
sentenza 05.11.2009 n. 1609 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sul
diritto di accesso e segreti tecnici o
commerciali.
L’art. 13 del D.Lgs. n. 163/2006, nel
prevedere il divieto di accesso alle "informazioni
fornite dagli offerenti nell’ambito delle
offerte ovvero a giustificazione delle
medesime, che costituiscono, secondo
motivata e comprovata dichiarazione
dell’offerente, segreti tecnici o
commerciali", non prevede un divieto
assoluto, in quanto lo stesso articolo
consente l'accesso "al concorrente che lo
chieda in vista della difesa in giudizio dei
propri interessi in relazione alla procedura
di affidamento del contratto nell’ambito del
quale viene formulata la richiesta di
accesso" (c.d. accesso difensivo).
Tale norma, pertanto, impone alla stazione
appaltante di effettuare un accurato
controllo in ordine alla effettiva utilità
della documentazione richiesta, alla stregua
di una sorta di prova di resistenza (massima
tratta da http://doc.sspal.it - TAR Umbria,
Sez. I,
sentenza 05.11.2009 n. 662 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Sull'obbligo in capo
alle imprese che operano esclusivamente nel
settore dei lavori pubblici, di osservare la
clausola del bando che impone di indicare,
pena l'esclusione dalla gara, il nominativo
del direttore tecnico nel certificato
camerale.
In ordine ai requisiti di partecipazione ad
una gara pubblica, la clausola che impone di
indicare il nominativo del direttore tecnico
all'interno del certificato camerale, è da
ritenersi obbligatoria esclusivamente nei
confronti delle imprese che operano
nell'ambito dei lavori pubblici e non di
quelle il cui regolamento aziendale non
prescrive la necessità della presenza,
all'interno della propria struttura, di un
siffatto organo tecnico-organizzativo.
Pertanto, nel caso di specie, è illegittima
l'esclusione dalla gara di una costituenda
ATI raggruppante tre imprese, una della
quali, operando esclusivamente nel settore
dei servizi informatici, risultava sfornita
della figura del direttore tecnico (TAR
Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 04.11.2009 n. 10833 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla possibilità o
meno, per la commissione di gara di
specificare i criteri di valutazione delle
offerte, sulla legittimità o meno della
valutazione in forma numerica delle offerte,
sull’ammissibilità o meno di referenze
bancarie rilasciate prima della
pubblicazione del bando.
Prima
dell’entrata in vigore del D.L.vo n. 163 del
2006, si era consolidato il principio
secondo il quale, nel caso di gara da
aggiudicare con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, eventuali
specificazioni o integrazioni dei criteri di
valutazione indicati dal bando di gara o
dalla lettera d'invito ben potevano essere
configurati dalle commissioni giudicatrici,
seppure soltanto prima della apertura delle
buste relative alle offerte e ciò
indipendentemente dalla circostanza che i
componenti la commissione avevano
concretamente preso conoscenza delle offerte
stesse.
A seguito all’entrata in vigore dell’art.
83, quarto comma, del D.L.vo n. 163 del
2006, nel caso di gara da aggiudicare con il
criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa, non sussiste più la
discrezionalità della commissione di gara
nella specificazione dei criteri, dovendosi
escludere che la commissione stessa abbia
facoltà di integrare il bando, dovendo
quest'ultimo prevedere e specificare gli
eventuali sottocriteri; ne consegue
l'illegittimità di una lex specialis
che, pur richiamando il criterio di
aggiudicazione dell'offerta economicamente
più vantaggiosa, nulla preveda in ordine
agli elementi dell'offerta da considerare ed
all'attribuzione dei punteggi.
Nelle procedure di gara pubblica con il
criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, la valutazione dell’offerta
tecnica può essere considerata correttamente
effettuata, mediante l'attribuzione di un
mero punteggio numerico, allorquando nel
bando di gara siano stati preventivamente e
puntualmente prefissati dei criteri
sufficientemente dettagliati, con la
individuazione del punteggio minimo e
massimo attribuibile alle specifiche singole
voci e sottovoci comprese nel paradigma di
valutazione e costituenti i diversi
parametri indicatori della valenza tecnica
dell'offerta; per cui ciascun punteggio è
correlato ad un parametro
tecnico-qualitativo precostituito, in grado
di per sé di dimostrare la logicità e la
congruità del giudizio tecnico espresso
dalla commissione giudicatrice, al punto da
non richiedere una ulteriore motivazione,
esternandosi in tal caso compiutamente il
giudizio negli stessi punteggi e nella loro
graduatoria.
Legittimamente vengono ritenute valide le
referenze bancarie prodotte da una impresa,
anche se esse recano una data anteriore a
quella di pubblicazione del bando, atteso
che ciò che conta, per le referenze
bancarie, è il dato sostanziale relativo
alla loro idoneità ad attestare
l’affidabilità dell’impresa concorrente
(nella specie, peraltro, la lex specialis
di gara richiedeva solo che le referenze
bancarie fossero "idonee", così come
previsto dall’art. 41 del Codice dei
contratti pubblici, senza affatto stabilire
una soglia cronologica di attendibilità).
Poiché le giustificazioni preventive
consistono in elaborati che i concorrenti
hanno l'onere di allegare già all'offerta,
al fine di accelerare la verifica della
congruità delle offerte anomale, nel caso in
cui esse siano previste è possibile per la
stazione appaltante stabilire la congruità
dell'offerta se essa risulti già dai
documenti prodotti, non sussistendo in tale
ipotesi la necessità di aprire il
sub-procedimento di verifica, con
conseguente risparmio di tempo e di energie,
sia per l'Amministrazione che per
l'aggiudicatario.
La motivazione del giudizio di verifica
della congruità di un'offerta anomala deve
essere rigorosa ed analitica soltanto nel
caso di giudizio negativo, mentre nel caso
di giudizio positivo non è necessario che la
relativa determinazione sia fondata su
un'articolata motivazione ripetitiva delle
medesime giustificazioni ritenute
accettabili o espressiva di ulteriori
apprezzamenti, con la conseguenza che il
giudizio favorevole di non anomalia
dell'offerta non richiede puntualità di
argomentazioni, essendo sufficiente anche
una motivazione per relationem alle
stesse giustificazioni presentate dal
concorrente sottoposto al relativo obbligo.
Il giudizio di verifica della congruità di
un'offerta anomala ha natura globale e
sintetica sulla serietà o meno dell'offerta
nel suo insieme e costituisce espressione
paradigmatica di un potere
tecnico-discrezionale dell'Amministrazione
di per sé insindacabile in sede di
legittimità, salva l'ipotesi in cui le
valutazioni siano manifestamente illogiche o
affette da errori di fatto. Questo significa
che in ogni gara pubblica l'attendibilità
dell'offerta va valutata nella sua
globalità; del resto, lo stesso art. 88,
comma 7, del Codice dei contratti,
stabilisce che, all'esito del procedimento
di verifica dell'anomalia dell'offerta, la
stazione appaltante dichiara l'eventuale
esclusione dell'offerta che risulta, "nel
suo complesso", inaffidabile (massima
tratta da http://doc.sspal.it - TAR
Lazio-Roma, Sez. I-ter,
sentenza 04.11.2009 n. 10828 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Offerte negli appalti
pubblici valide solo se in tempo. I termini
indicati nei bandi di gara hanno carattere
perentorio e non possono essere derogati.
I termini indicati nei bandi delle gare
pubbliche per la presentazione delle
garanzie delle offerte hanno carattere
perentorio e non possono essere derogati,
pena l’esclusione dalla procedura di gara.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del
Lazio ha così accolto il ricorso di
un’impresa contro la Regione Lazio che aveva
aggiudicato la gara di appalto, avente ad
oggetto l'affidamento dei lavori di
ristrutturazione della rete fognaria presso
la sede della giunta regionale, ad un’altra
società concorrente che era in ritardo.
Per l’impresa ricorrente, arrivata seconda
nella procedura di gara, l’aggiudicazione
decisa non sarebbe regolare poiché la
stazione appaltante, nell’affidare
l’appalto, non avrebbe tenuto conto delle
regole relative ai termini di presentazione
delle garanzie delle offerte richieste alle
imprese partecipanti, presenti nel bando di
gara, che costituisce la legge speciale
della procedura e come tale deve essere
rispettato non soltanto dalle imprese che
partecipano alla procedura, ma anche dalla
stessa stazione appaltante che ha emanato il
bando.
Secondo i giudici amministrativi il ricorso
è fondato in quanto, considerato che “nelle
gare pubbliche il termine fissato dal bando
per la presentazione delle offerte ha
carattere perentorio, con la conseguenza che
il mancato rispetto dello stesso comporta
l'esclusione dalla procedura comparativa,
superabile solo in caso di illegittimo
rifiuto da parte della stazione appaltante
ad accettare la domanda tempestivamente
presentata”, la stazione appaltante non
poteva aggiudicare la gara alla società che
aveva prodotto l’ estensione della validità
della polizza fideiussoria oltre il termine
previsto dal momento che si trattava di un
termine che aveva carattere perentorio e che
quindi non poteva essere derogato.
Nel caso in esame il carattere perentorio
del termine stabilito nel bando si evince
anche dalla circostanza che si prevede che
la mancata presentazione nei termini dei
documenti richiesti avrebbe comportato
l’esclusione delle imprese dalla procedura
comparativa. Da ciò ne consegue che
l’aggiudicazione definitiva non è valida e
pertanto deve essere annullata (TAR
Lazio-Roma, Sez. I-ter,
sentenza 04.11.2009 n. 10828 -
link a www.aziendalex.kataweb.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla illegittimità
della clausola di un bando di gara per
l'affidamento del servizio di refezione
scolastica che prescriva quale requisito
inderogabile di partecipazione il possesso
di un centro di cottura localizzato nel
comune committente.
E' illegittima una clausola di un bando di
gara per l'affidamento del servizio di
refezione scolastica che prescriva quale
requisito inderogabile di partecipazione il
possesso di un centro di cottura localizzato
nel territorio del comune committente, in
quanto da un lato, manifestamente
sproporzionata e distorsiva della
concorrenza e, dall'altro, non utile ai fini
della individuazione del miglior contraente,
né giustificabile con addotte finalità di
controllo dell'attività di confezionamento.
Distorsiva della concorrenza, in quanto la
summenzionata clausola nel pretendere la
presenza nel comune o l'acquisizione, dei
locali di confezionamento dei cibi, importa
l'imposizione di un dispendio economico e
organizzativo, per i potenziali concorrenti,
del tutto sproporzionato e incoerente con
qualsiasi canone di economicità e di
risparmio su scala aziendale, determinando
un indubbio favoritismo per quei pochi
soggetti -o quell'unico soggetto, come nella
specie- che sono presenti in quel preciso
ambito territoriale.
Inoltre, una clausola che prescriva quale
requisito inderogabile di partecipazione il
possesso di un centro di cottura localizzato
nel territorio del comune committente appare
di per sé irragionevole ed eccedente le
finalità di selezione del miglior
contraente, poiché l'ubicazione della
struttura nella quale vengono preparati i
pasti è sì legittimamente valutabile da
parte dell'amministrazione, ma ciò non può
che avvenire in relazione alla distanza
chilometrica dalle scuole ed al tempo medio
di percorrenza stradale, onde garantire la
freschezza dei pasti consegnati alle scuole,
senza che assurga a fattore discriminante la
circostanza che il centro cottura ricada o
meno nei confini comunali (TAR Puglia-Bari,
Sez. I,
sentenza 03.11.2009 n. 2602 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
ottobre 2009 |
|
APPALTI:
M. Faviere,
Appalti pubblici: le novità legislative
(ottobre 2009 - link a
www.centrostudimarangoni.it). |
APPALTI: Sui
casi in cui l’erroneità o l’incompletezza
della dichiarazione circa il subappalto può
comportare esclusione dalla gara, sulla
sindacabilità in s.g. del giudizio di
congruità delle offerte nel caso in cui esso
risulti immotivato ed "ictu oculi"
ingiustificato, e sulla possibilità o meno
di escludere le offerte nel caso di mancata
presentazione delle c.d. giustificazioni
preventive.
L’attribuzione dei punteggi nelle gare
d’appalto è espressione di discrezionalità
non solo tecnica, ma anche amministrativa, e
-come tale- soggetta a sindacato
giurisdizionale per eccesso di potere sotto
il profilo delle figure sintomatiche del
difetto di motivazione, dell’illogicità
manifesta, dell’erroneità dei presupposti di
fatto e di incoerenza dell’iter valutativo e
dei relativi esiti; il che comporta che il
giudice può verificare "ab externo"
la congruità e la non contraddittorietà
dell’istruttoria compiuta e della
valutazione esternata, senza però che gli
sia consentito sostituirsi
all’Amministrazione nella valutazione
dell’offerta.
Tali principi vanno applicati con ancor
maggiore rigore nel campo della valutazione
del giudizio di anomalia delle offerte,
laddove la scelta del legislatore
comunitario e nazionale, in diretta
applicazione di fondamentali principi di
trasparenza e non discriminazione, è stata
nel senso di rafforzare il contraddittorio
procedimentale e preprocessuale.
In virtù della ratio e della finalità
deflattiva del meccanismo normativo di
verifica della congruità dell’offerta, non
possono essere articolate per la prima volta
in sede giurisdizionale giustificazioni che
non siano state proposte nell’ambito del
subprocedimento amministrativo svoltosi
dinanzi alla stazione appaltante.
Le giustificazioni preventive delle offerte
non assurgono a requisito di partecipazione
alla gara a pena di esclusione, venendo in
rilievo la mancata documentazione solo in
via eventuale, nella fase successiva di
verifica dell’anomalia e se ed in quanto
l’offerta ne risulti sospetta. La
prescrizione ex art. 87, comma 5, del d.lgs.
163/2006 e s.m.i., comportante l’obbligo di
presentazione delle giustificazioni
unitamente alle offerte, ha infatti come
scopo quello di accelerare il procedimento e
consentire alla stazione appaltante una
valutazione contestuale dell’insieme delle
offerte; la prescrizione in questione dunque
impone alle imprese un mero onere di
collaborazione, in funzione di accelerazione
della successiva fase di verifica delle
offerte anomale (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 30.10.2009 n. 6708 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Limite all’esercizio
della facoltà del subappalto previsto nel
bando ma dichiarato erroneamente in sede di
gara – Sindacato del Giudice nella
valutazione delle offerte anomale.
Il Consiglio di Stato ha statuito che
l’incompleta o erronea dichiarazione di un
concorrente relativa all’esercizio della
facoltà di subappalto è suscettibile di
comportare l’esclusione dello stesso solo
nel caso in cui questi non possieda in
proprio la qualificazione per le lavorazioni
che intendeva subappaltare. Il soggetto, in
questo caso, dovrà eseguire in proprio
l’opera oggetto del mancato subappalto.
Nella stessa Sentenza la Corte ha stabilito,
altresì, che il Giudice non possa
sostituirsi all’Amministrazione nella
valutazione dell’offerta nel merito. La
Stazione Appaltante è obbligata ad
effettuare la verifica di congruità delle
offerte, sopratutto in relazione alla
valutazione dell’anomalia delle stesse.
L’attribuzione dei punteggi nelle gare
d’appalto deve essere espressione non solo
tecnica ma anche amministrativa e, pertanto,
la valutazione delle offerte sarà soggetta a
sindacato giurisdizionale solo per eccesso
di potere sotto il profilo del difetto di
motivazione, dell’illogicità manifesta,
dell’erroneità dei presupposti di fatto e di
incoerenza dell’iter valutativo e dei
relativi esiti (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 30.10.2009 n. 6708 -
link a www.www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
AUTENTICAZIONE DOCUMENTI
GARA.
Una pluralità di dichiarazioni, sottoscritte
in uno stesso foglio o più fogli, ma
inserite in una unica busta, possono essere
corredate da una unica copia del documento
di identità, ai fini autenticativi, perché
l'unicità della busta consente di riferire
la copia del documento ad ogni dichiarazione
, sicché, per ognuna di esse, sussistono i
due elementi, cui è riconnessa l'assunzione
di responsabilità penale e ,quindi, la
garanzia della provenienza e della
veridicità della dichiarazione stessa.
Se, invece, le dichiarazioni sono inserite
in più buste, viene meno il legame fisico,
che consente di riferire a tutte la copia
del documento di identità inserito in una
delle buste, cioè di ritenere che, anche per
quelle inserite in una busta senza il
corredo dell'anzidetta copia, vi sia la
concorrenza dei due elementi, che
determinano l'assunzione di responsabilità
penale e, quindi, la garanzia non solo della
provenienza ma anche della veridicità della
dichiarazione.
E’ quanto affermato dal TAR Puglia-Lecce,
nella sentenza n. 2357/2009, ove vengono
avanzate statuizioni, sicuramente corrette,
ma non conformi ad un più innovativo
approccio sostanzialistico, che dovrebbe
contraddistinguere la celebrazione delle
pubbliche gare.
Infatti, appare evidente che il Tar Lecce
compie un indubbio sforzo semplificativo, in
quanto, in buona sostanza, afferma che, se
più autodichiarazioni sono contenute in
un’unica busta, è sufficiente, al fine di
autenticare le relative sottoscrizioni, una
sola fotocopia del documento di identità.
Ciò che non convince è l’identificazione del
“legame fisico”. Ad avviso del Tar,
siffatto legame è rappresentato dalla busta
“piccola”, ove vengono inserite talune
autodichiarazioni.
Al riguardo, appare necessaria una breve
precisazione, afferente la prassi delle
pubbliche gare. Di norma, le stazioni
appaltanti, in sede di bando di gara o di
lettera di invito, prevedono il seguente
generale adempimento: inserire in un plico
“grande” le buste “piccole” (busta “a”, “b”,
“c”, etc.) , ove sono contenuti diversi
documenti e diverse dichiarazioni.
Ad esempio: nella busta “a”, si richiede di
inserire le autodichiarazioni, afferenti i
requisiti di ordine generale, ai sensi
dell’articolo 38 del Codice dei contratti
pubblici (D.Lgs n. 163/2006), oltre la
cauzione provvisoria; nella busta “b”, si
richiede di inserire le autodichiarazioni,
afferenti i requisiti speciali; nella busta
“c”, si richiede di inserire l’offerta
economica; etc..
Orbene, secondo l’illustrata impostazione
del Tar Lecce, è necessaria una fotocopia
del documento identificativo per ogni busta.
In tal modo, il predetto legame fisico è
individuato nella busta o, più
correttamente, nel rapporto trilatere fra
busta, dichiarazione sottoscritta e
fotocopia autenticativa. In altri termini,
la fotocopia autentica tutte le
dichiarazioni contenute in una busta, ma non
può andare oltre. Ecco, proprio tale punto
appare ancora eccessivamente severo.
Infatti, come accaduto nella concreta
vicenda, se il soggetto sottoscrittore (ed
autore delle dichiarazioni sostitutive) era
uno solo, perché occorre fare esclusivo
riferimento alle buste e non al plico
grande? In altri termini, se sussiste una
sola fotocopia autenticativa,
indifferentemente collocata in modo libero
nel plico grande oppure in una delle “buste
piccole”, perché non conferirgli efficacia
generale?
Se il sottoscrittore è unico, se cioè il
soggetto che deve rilasciare più
dichiarazioni, da inserire in più buste, è
sempre il medesimo, l’adempimento
autenticativo può conoscere una ragionevole
semplificazione: il sottoscrittore allega
una sola fotocopia autenticativa. In tal
caso, il “legame fisico” è
rappresentato non dal predetto rapporto
trilatere (busta, dichiarazione sottoscritta
e fotocopia autenticativa), ma da un nuovo
rapporto, sempre trilatere, ove cambia, il
modo decisivo, il primo elemento. In luogo
della busta, tale primo elemento è
costituito dal plico grande, per cui la
relazione è: plico grande, dichiarazione
sottoscritta e fotocopia autenticativa.
In termini più semplici, se il soggetto
sottoscrittore è unico, può essere
presentata una sola fotocopia autenticata
(ovunque sia collocata), la quale può ben
riferirsi a tutte le dichiarazioni contenute
in tutte le buste. Non sembra sussistere
pericolo di errore o di confusione: il
soggetto sottoscrittore è sempre lo stesso.
Dunque, una sola fotocopia, riferita ai dati
identificatiti dell’unico sottoscrittore
della pluralità di autodichiarazioni.
Tale soluzione appare ragionevole, per due
ragioni. In primo luogo, semplifica gli
adempimenti, evitando la produzione di
inutili fotocopie. In secondo luogo,
consente, in modo congruo e non
sproporzionato, di evitare un improduttivo “formalismo
senza scopo” (commento tratto dalla
newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it -
TAR
Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 29.10.2009 n. 2357 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Gara d’appalto -
Dichiarazioni sostitutive e allegazione
della copia fotostatica del documento di
riconoscimento del sottoscrittore: Elemento
indefettibile anche in caso di pluralità di
dichiarazioni contenute in unica busta.
L’allegazione della copia fotostatica del
documento di identità ai fini delle
autocertificazioni di cui all’art. 38, comma
3, T.U. 28.12.2000 n. 445, assolve alla
duplice funzione di comprovare il nesso di
imputabilità della dichiarazione ad una
determinata persona, nonché a garantire,
attraverso l’assunzione delle responsabilità
penali, la veridicità delle dichiarazioni
ivi contenute.
Il TAR pugliese precisa, altresì, che in
caso di pluralità di dichiarazioni, anche se
contenute su più fogli, purché inserite
all’interno di una busta unica, possono
essere corredate da una unica copia del
documento di identità (TAR Puglia-Lecce,
Sez. III,
sentenza 29.10.2009 n. 2357 -
link a www.www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
1. Capitolato speciale -
lex specialis.
2. Gara deserta - conseguenze - libertà di
scelta della p.a.
3. Verifica congruità offerta.
1.
La regola del capitolato speciale di appalto
che prescrive il completo anonimato
dell'elaborato (inserito in busta e
integrante l'offerta tecnica, accompagnato
da una seconda busta chiusa contenente gli
estremi identificativi del concorrente) è da
ritenersi prescrizione rispondente ad un
particolare interesse dell'amministrazione
appaltante o posta a garanzia della 'par
condicio' dei concorrenti, evidenziandosi
come un evidente e del tutto ammissibile
sviluppo del principio di segretezza che
vige in materia di appalti aggiudicati
secondo il metodo dell'offerta
economicamente più vantaggiosa e che è posto
al fine di garantire l'imparzialità del
giudizio
2.
In caso di gara di rilievo comunitario per
il servizio di raccolta rifiuti urbani,
indetta da un Comune sussiste la sostanziale
libertà di scelta dell'Amministrazione, in
ordine alla modalità di affidamento del
servizio, una volta andata deserta la gara
(comunitaria) bandita: dall'esperimento di
una nuova procedura di appalto, alla
trattativa privata, all'affidamento in
house. Dette scelte si sottraggono al
sindacato di legittimità.
3.
Il giudizio di verifica della congruità di
un'offerta anomala ha natura globale e
sintetica sulla serietà o meno dell'offerta
nel suo insieme e costituisce espressione
paradigmatica di un potere
tecnico-discrezionale dell'amministrazione
di per sé insindacabile in sede di
legittimità, salva l'ipotesi in cui le
valutazioni siano manifestamente illogiche o
fondate su insufficiente motivazione o
affette da errori di fatto (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
Sez. II,
sentenza 28.10.2009 n. 1780 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Appalto gestione
micro-nido. Affidamento.
Il sindaco del Comune di (omissis) riferisce
che l’ente ha proceduto, nell’aprile 2008,
ad appaltare, per la durata di cinque anni,
ad una cooperativa, la gestione di un
micro-nido.
L’appaltatore, pare, voglia adesso recedere
dal contratto ed intende subappaltare al
100% il servizio alle due maestre che
attualmente lavorano presso il nido. In
alternativa la cooperativa sarebbe
disponibile a supportare le due maestre,
previa loro costituzione in soggetto avente
i requisiti dettati dall’art. 34 del Codice
dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e forniture, in attuazione delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, approvato
con D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 e s.m.i. (di
seguito: Codice dei contratti), in una
eventuale gara, fornendo con l’istituto
dell’avvalimento, i requisiti necessari.
Il sindaco chiede se sia legittimo il
subappalto al 100%, se sia legittimo
l’avvalimento proposto e se sia possibile
continuare il servizio in capo alle attuali
maestre (Regione Piemonte,
parere n. 99/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
APPALTI:
Escluso dalle gare d’appalto chi non
denuncia il racket (link a
www.mediagraphic.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Certificazioni Soa con
meno paletti. Tar: documenti anche non in
originale.
Illegittime clausole dei
bandi che obblighino le imprese partecipanti
a gare di appalto di produrre a pena di
esclusione il certificato di qualità e
dell'attestazione Soa, esclusivamente
mediante documento originale o in copia
autentica.
Il TAR Piemonte, Sez. I, con la
sentenza 26.10.2009 n. 2334 torna
sulla possibilità di presentare
dichiarazioni sostitutive dei certificati
Soa, affermando la contrarietà a legge di
regole dei bandi che impongano a presentare
documenti originali.
Sottolinea la sentenza che l'illegittimità
di tale pretesa non è causata dal solo,
oggettivo, appesantimento burocratico
derivante da un «eccesso di scrupolo» della
stazione appaltante; nella realtà,
l'illegittimità deriva dall'aver previsto a
carico delle imprese partecipanti un
adempimento considerato «gravoso, inutile
e contrastante con i principi di
semplificazione». In effetti, simili
clausole pongono nel nulla le previsioni
contenute nel dpr 445/2000 e, in
particolare, l'articolo 77 come novellato
dall'articolo 15 della legge 3/2003.
Tale norma, anche se nella realtà non ve
n'era bisogno, ha esteso esplicitamente gli
effetti ed i benefici della semplificazione
amministrativa alle procedure di gara per
l'affidamento di appalti, servizi e
forniture. Il sistema delle dichiarazioni
sostitutive, dunque, anche nell'ambito delle
procedure di appalto ha valenza e portata
generale non derogabile, sicché qualsiasi
limitazione imposta dalla p.a. a tale
semplificazione si pone in contrasto un
principio considerato ormai ius receptum
nell'ordinamento.
Il Tar Piemonte giunge ad evidenziare che le
ditte possono autodichiarare praticamente
tutti i requisiti di partecipazione. Del
resto, nei confronti dell'aggiudicatario e
del secondo la normativa sugli appalti
prevede penetranti controlli, incidenti
sull'efficacia stessa dell'aggiudicazione
definitiva e, dunque, sulla stessa
possibilità di stipulare il contratto.
D'altra parte, il dpr 445/2000 all'articolo
1, lettera f) stabilisce che è certificato «il
documento rilasciato da un'amministrazione
pubblica avente funzione di ricognizione,
riproduzione e partecipazione a terzi di
stati, qualità personali e fatti contenuti
in albi, elenchi o registri pubblici o
comunque accertati da soggetti titolari di
funzioni pubbliche».
I certificati, dunque, possono consistere in
dichiarazioni di scienza, con le quali
determinati fatti sono accertati non solo da
amministrazioni pubbliche in senso
soggettivo, ma anche da soggetti «titolari
di funzioni pubbliche»: In effetti, le
Soa sono «organismi di diritto privato»,
come tali disciplinate dalla legge.
Le Soa sono titolari della funzione pubblica
di attestare il possesso della
qualificazione in capo alle ditte
appaltatrici; spetta, dunque, alle Soa
accertare la capacità economico-finanziaria
e tecnico-organizzativa necessaria per
partecipare alle gare e per ottenere
l'affidamento di appalti.
Si tratta di una funzione pubblica perché
garantisce l'attuazione del fine pubblico
previsto dall'articolo 40 del dlgs 163/2006,
ai sensi del quale i soggetti esecutori a
qualsiasi titolo di lavori pubblici devono
essere qualificati ed improntare la loro
attività ai principi della qualità, della
professionalità e della correttezza. E' per
questa ragione che l'attestazione rilasciata
dalle Soa può considerarsi come certificato
e, come tale, è sostituibile con le
dichiarazioni di cui agli art. 46 e 47 del
dpr 445/2000 (articolo ItaliaOggi del
10.11.2009, pag. 30). |
APPALTI:
Il rispetto delle regole
di gara da parte dei concorrenti, e ancor
prima da parte del soggetto che le ha
dettate, è un valore ex se, che prescinde
dalla circostanza che le eventuali
violazioni risultino, ex post, inoffensive.
Nell'ipotesi di "rivendita"
conseguente a dismissioni dei beni del
patrimonio di un ente (nella fattispecie:
l'Azienda farmaceutica appartenente alla
Fondazione Ordine Mauriziano), è illegittimo
il provvedimento di aggiudicazione in favore
del soggetto concorrente che abbia violato
l'obbligo, a pena di inammissibilità, di
formulare la propria offerta avvalendosi
dell'apposito modello depositato presso il
responsabile del procedimento.
La scelta di "salvare" un'offerta formulata
in violazione di prescrizioni di bando a
pena espressa di inammissibilità (ancorché
più vantaggiosa) in base alla sostanziale "inoffensività"
dell'omissione delle prescritte
dichiarazioni integra, infatti, una
contraddizione nella condotta della
Fondazione, tenuta alla coerenza nella
gestione della gara con le regole dalla
medesima dettate, pena la violazione della
par condicio dei concorrenti.
Il rispetto delle regole di gara da parte
dei concorrenti, e ancor prima da parte del
soggetto che le ha dettate, è un valore ex
se, che prescinde dalla circostanza che le
eventuali violazioni risultino, ex post,
inoffensive (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 26.10.2009 n. 2333 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Decorrenza del termine
per proporre ricorso giurisdizionale avverso
il provvedimento di aggiudicazione nelle
gare "a cottimo fiduciario".
Nell'ipotesi di gara in forma di "cottimo
fiduciario", il termine di 60 gg. previsto
dall'art. 21 L. 1034/1971 (Legge TAR) per
impugnare il provvedimento amministrativo di
aggiudicazione decorre dal giorno in cui si
sia avuta piena conoscenza, oltre al
dispositivo, anche della motivazione
dell'atto.
Nella gara di "cottimo fiduciario,
trattandosi di procedura finalizzata
all'acquisizione di servizi a costi
contenuti, il criterio di assegnazione
riferito al prezzo d0offerta più basso deve
ritenersi determinante ai fini
dell'aggiudicazione stessa" (TAR Piemonte,
Sez. I,
sentenza 26.10.2009 n. 2331 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla sussistenza o meno
dell'obbligo, in capo alle stazioni
appaltanti, di aggiornare il prezzo-base
della gara al tariffario adottato
annualmente dalla Giunta Regionale.
Sulla legittimazione, in capo alla
associazioni di categoria, ad impugnare il
bando di gara anche laddove lo stesso
riguardi gli interessi dei singoli operatori
economici iscritti.
In materia di appalti pubblici, non sussiste
legittimazione a ricorrere in capo alle
imprese che non abbiano partecipato alla
gara.
- In materia di procedura ad evidenza
pubblica, ai sensi dell'art. 133 c.8 dlgs
163/2006, il prezzo posto a base della gara
d'appalto deve conformarsi al tariffario
regionale adottato annualmente con delibera
della Giunta. Nel caso di specie l'operato
dell'Amministrazione comunale, stazione
appaltante, pur contravvenendo al principio
di cui sopra, risulta tuttavia legittimo in
quanto la stessa si è avvalsa di una deroga
all'obbligo di aggiornamento, espressamente
contemplata dalla fonte normativa recante
l'approvazione dei nuovi tariffari
regionali, la quale si prospetta cedevole
ove la committente alleghi specifico
documento di analisi dei diversi prezzi,
redatto da un progettista all'uopo
incaricato e riportante i relativi articoli
di riferimento.
- Le associazioni di categoria sono
legittimate ad impugnare le clausole del
bando di gara inerenti a prezzi e tariffe,
purché gli interessi tutelati siano
riferibili a tutti gli operatori economici
iscritti e non creino posizioni disomogenee
all'interno della categoria stessa.
- Le imprese che non abbiano partecipato
alla gara non sono legittimate a ricorrere
avverso quelle clausole del bando che
importino, come nel caso di specie, profili
differenti rispetto ai requisiti richiesti
ai fini della partecipazione alla gara (TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 26.10.2009 n. 2330 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI: D.
Argenio, Servizi sociali e codice De Lise:
Gli appalti di servizi dell’allegato II B esclusi dal D.Lgs.
163/2006
(26.10.2009 - link a www.dirittoelegge.it). |
APPALTI:
DIVIETO DI VARIAZIONE
SOGGETTIVA DEI RAGGRUPPAMENTI.
1. Associazione
temporanea - Requisiti associati - Verifica
da parte dell'amministrazione - Nel caso di
variazione soggettiva dei raggruppamenti -
Necessarietà.
2. Aggiudicazione - Verifica dei requisiti -
Necessaria - Casi - Ratio dell'istituto.
3. Documentazione - Rispetto di requisiti
minimi ed ulteriori - Si configura -
Condizioni.
1.
Il principio sotteso al divieto posto
dall'art. 37, co. 9, del codice dei
contratti, è quello di evitare che
l'amministrazione aggiudicatrice concluda il
contratto con operatori economici i quali
non abbiano partecipato alla gara e nei
confronti dei quali, in particolare, non sia
stata effettuata la verifica del possesso
dei requisiti di ordine generale e di ordine
economico-finanziario. Il divieto di
variazione soggettiva dei raggruppamenti non
opera, conseguentemente, in tutte le ipotesi
in cui l'amministrazione aggiudicatrice
verifichi, prima dell'aggiudicazione o della
stipulazione del contratto, la sussistenza
dei requisiti nei confronti del nuovo
soggetto che si aggiunga ai componenti
originari del raggruppamento temporaneo o
che ne sostituisca alcuno (Cfr. sul punto,
in senso conforme, Cons. Stato, sez. VI,
06-04-2006 n. 1873; Cons. Stato, sez. V,
03-08-2006 n. 5081; Cons. Stato, sez. IV,
23-07-2007 n. 4101; Cons. Stato, sez. VI,
13-05-2009 n. 2964).
2.
La necessità della verifica dei requisiti
per l'aggiudicazione è particolarmente
rilevante nel caso delle associazioni
temporanee di imprese. Infatti, ove si tenga
conto che si tratta di uno strumento
giuridico che ha la finalità principale di
consentire la partecipazione ai pubblici
appalti avvalendosi della somma dei
requisiti delle singole imprese associate (o
associande), il recesso da parte di una di
loro comporta naturalmente la necessità di
verificare se le imprese rimanenti abbiano
da sole i requisiti prescritti.
3.
Le amministrazioni possono richiedere alle
imprese requisiti di partecipazione ad una
gara d'appalto più rigorosi e restrittivi di
quelli minimi stabiliti dalla legge, purché
tali ulteriori prescrizioni si rivelino
rispettose dei principi di proporzionalità e
adeguatezza e siano giustificate da
specifiche esigenze imposte dal peculiare
oggetto dell'appalto (Cons. Stato, sez. V,
23-12-2008 n. 6534) (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 24.10.2009 n. 1569 -
link a
http://mondolegale.it). |
APPALTI:
Clausole “escludenti”
del bando di gara e principio di
proporzionalità.
E' illegittima
la clausola della lettera d'invito di una
gara di appalto che impone -a pena di
esclusione- di indicare sul plico generale
contenente l’offerta e sui plichi interni,
il codice fiscale, la partita IVA e
l’indirizzo di ciascuna impresa, atteso che
tale clausola deve ritenersi in contrasto
con i principi di proporzionalità e di non
aggravamento del procedimento di cui agli
artt. 2 e 74 del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 e
s.m., in quanto non comporta alcun effettivo
vantaggio né per la stazione appaltante, né
per l’interesse pubblico alla scelta
dell’offerta più idonea alla realizzazione
dei lavori da appaltare
(TAR
Lazio-Roma, Sez. III-quater,
sentenza 23.10.2009 n. 10361 -
link a www.altalex.com). |
APPALTI: 1.
Partecipazione in RTI costituito o
costituendo - Esclusione dalla procedura
selettiva - Legittimazione ad agire sia
dell'impresa mandataria che delle mandati -
Sussiste.
2. Offerta economicamente più vantaggiosa -
Mancata puntuale fissazione dei criteri di
valutazione da parte del bando di gara
-Definizione di obiettivi criteri di massima
da parte della Commissione prima
dell'apertura delle offerte - Necessità.
1.
In caso di esclusione di un raggruppamento
temporaneo di imprese (RTI) da una procedura
per l'aggiudicazione di un pubblico appalto
sussiste la legittimazione attiva
dell'impresa singola facente parte del RTI
sia che quest'ultimo si sia già costituito
al momento della presentazione dell'offerta,
sia che debba costituirsi all'esito
dell'aggiudicazione, atteso che il
conferimento del mandato speciale
all'impresa capogruppo non preclude la
facoltà delle singole imprese di agire
singulatim, mancando un'espressa
previsione in tal senso nella normativa sia
comunitaria che nazionale (cfr. Cons. Stato,
Sez. VI, 25.11.2008 n. 5773).
2.
In sede di attribuzione dei punteggi in una
gara da aggiudicare con il criterio
dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
caratterizzata da ampia discrezionalità
tecnica, la commissione di gara è tenuta al
rispetto dei criteri fissati dal bando di
gara.
Ove tuttavia questo non disciplini, in modo
puntuale, l'attribuzione dei punteggi ai
concorrenti, in base al principio di
trasparenza al quale l'intera attività
amministrativa deve conformarsi, essa è
tenuta a prefissare oggettivi criteri di
massima, così autolimitando il proprio
potere di apprezzamento, oppure a chiarire
con idonea motivazione le ragioni
dell'attribuzione di ciascun punteggio,
quanto meno mediante taluni elementi che
concorrano ad integrare e chiarire la
valenza del punteggio in relazione
all'apprezzamento sinteticamente espresso
con l'indicazione numerica (Cfr. Cons.
Stato, Sez. VI, 22.03.2004, n. 1458)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 22.10.2009 n. 4878 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
OFFERTA ECONOMICAMENTE
PIU' VANTAGGIOSA: CRITERI PER
L'AGGIUDICAZIONE DELLA GARA PUBBLICA.
1.- Aggiudicazione -
Offerta economicamente più vantaggiosa -
Rispetto dei criteri fissati dal bando -
Assenza - Soluzioni alternative.
2.- Aggiudicazione - Offerta economicamente
più vantaggiosa - Motivazione - Valutazione
numerica - Inammissibilità.
3.- Impugnativa della procedura per
l'aggiudicazione - Impresa facente parte del
raggruppamento - Legittimazione ad agire -
Sussiste.
1.-
In sede di attribuzione dei punteggi in una
gara da aggiudicare con il criterio
dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
caratterizzata da ampia discrezionalità
tecnica, la commissione di gara è tenuta al
rispetto dei criteri fissati dal bando di
gara, ma ove questo non disciplini, in modo
puntuale, l'attribuzione dei punteggi ai
concorrenti, in base al principio di
trasparenza al quale l'intera attività
amministrativa deve conformarsi, essa è
tenuta a prefissare oggettivi criteri di
massima, così autolimitando il proprio
potere di apprezzamento, oppure a chiarire
con idonea motivazione le ragioni
dell'attribuzione di ciascun punteggio entro
i limiti previsti; ciò, se non attraverso
diffuse esternazioni, quanto meno mediante
taluni elementi che concorrano ad integrare
e chiarire la valenza del punteggio in
relazione all'apprezzamento sinteticamente
espresso con l'indicazione numerica.
2.-
La mera valutazione numerica non può
rappresentare una motivazione sufficiente,
in quanto inidonea a consentire la
ricostruzione dell'iter logico-giuridico
mediante cui l'amministrazione si è
determinata ad adottare un atto, al fine di
controllare il corretto esercizio del
potere, onde poter far valere,
eventualmente, le proprie ragioni.
3.-
Nel caso di impugnativa di una procedura per
l'aggiudicazione di un appalto con la p.a.
sussiste la legittimazione attiva
dell'impresa singola facente parte di un
raggruppamento temporaneo di imprese sia che
quest'ultimo si sia già costituito al
momento della presentazione dell'offerta,
sia che debba costituirsi all'esito
dell'aggiudicazione, atteso che il
conferimento del mandato speciale
all'impresa capogruppo non preclude la
facoltà delle singole imprese di agire
singulatim, mancando un'espressa
previsione in tal senso nella normativa sia
comunitaria che nazionale (TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 22.10.2009 n. 4878 -
link a
http://mondolegale.it). |
APPALTI:
Operazioni di gara -
Verbalizzazione - Illegittimità
dell'integrazione del verbale successivo
alla sua chiusura.
La descrizione delle operazioni valutative
trova la propria sede naturale nel verbale
di gara i cui contenuti non sono in alcun
modo integrabili in epoca successiva alla
loro chiusura e sottoscrizione, nemmeno ad
opera degli stessi verbalizzanti (cfr. TAR
Milano, sez. I, n. 3786/2009) (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 22.10.2009 n. 4876 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).). |
APPALTI: A.
Borroni,
IL DANNO DA INADEMPIMENTO DEL COMMITTENTE:
PER UNA RICOSTRUZIONE EVOLUTIVA
DELL’INADEMPIMENTO DELL’OBBLIGAZIONE
PECUNIARIA. SPUNTI DI DIRITTO COMUNITARIO E
COMPARATO (link a
www.osservatorioappalti.unitn.it). |
APPALTI: M.
Cozzio e L. Ghezzo,
LA TUTELA CAUTELARE ANTE CAUSAM NEL
CODICE DEGLI APPALTI PUBBLICI: ORIGINI
COMUNITARIE ALLA BASE DI UNO STRUMENTO
ANCORA POCO UTILIZZATO - estratto
da Informator, 3, 2009 (link a
www.osservatorioappalti.unitn.it). |
APPALTI: L.
V. Moscarini,
RIFLESSIONI SUL NUOVO DIRITTO DEI CONTRATTI
PUBBLICI (A MARGINE DI UNA RACCOLTA DI
SCRITTI IN MEMORIA DI MICHELE PALLOTTINO)
- Intervento al Convegno organizzato da IGI
in Roma, 22.10.2009 (link a
www.osservatorioappalti.unitn.it). |
APPALTI: 1.
Domanda di annullamento del contratto -
Domanda di risarcimento in forma specifica -
Competenza esclusiva del G.O. - Verifica ex
art. 44, comma 3, lett. h, della L. 88/2009
(Legge comunitaria per l'anno 2010).
2. Annullamento dell'aggiudicazione -
Caducazione del contratto - Necessità per la
P.A. di prendere le necessarie
determinazioni conseguenti all'annullamento
della gara e della caducazione del contratto
- Comportamento omissivo della P.A. -
Giudizio di ottemperanza - Sindacato pieno e
completo del G.A.
3. Quantificazione del danno - Ricorso alle
presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. -
Obbligo del ricorrente di allegare
circostanze ed elementi precisi.
4. Quantificazione del lucro cessante - 10%
della base d'asta - Criterio favorevole
all'imprenditore - Sproporzione con il danno
concretamente dimostrabile
dall'imprenditore.
1.
In merito alle domande di annullamento del
contratto stipulato e di risarcimento in
forma specifica, attraverso il subentro nel
rapporto contrattuale già in corso, deve
ribadirsi, sulla scorta dell'orientamento di
Cass. SS.UU n. 27169/2007 in seguito
ribadito da Cass. SS.UU. n. 10433/2008 cui
ha aderito anche il Consiglio di Stato con
le Adunanze Plenarie n. 9 e 12/2008, il
difetto di giurisdizione del giudice
amministrativo a pronunciarsi con efficacia
di giudicato su tali profili, riservati
invece alla giurisdizione del giudice
ordinario -dinanzi al quale la domanda andrà
riassunta antro tre mesi, con salvezza degli
effetti sostanziali e processuali a norma
dell'art. 59 l. 69/2009- in attesa del
completo recepimento della direttiva
2007/CE/66 in forza delle delega al Governo
racchiusa ora nell'art. 44 della l. 88/2009
(legge comunitaria per il 2008) il cui co.
3, lett. h), sembrerebbe devolvere allo
stesso giudice che annulla l'aggiudicazione
anche la cognizione delle questioni inerenti
"la sorte del contratto".
2.
La stazione appaltante non potrà, tuttavia,
non rilevare la sopravvenuta caducazione del
contratto conseguente all'annullamento
dell'aggiudicazione (fatte sempre salve le
prestazioni già eseguite nei rapporti di
durata), similmente a quanto avviene nel
caso di annullamento di una graduatoria di
un pubblico concorso che comporta la
caducazione degli effetti del contratto di
lavoro su di essa fondato, ovvero di
annullamento di una concessione di un bene
che comporta la caducazione degli effetti
dell'accordo accessivo, o ancora di
annullamento dell'affidamento di un pubblico
servizio disposto senza gara che comporta,
non di meno, la sopravvenuta caducazione del
successivo contratto (nel senso che "la
caducazione della procedura di affidamento
travolge automaticamente il contratto per il
venir meno del presupposto" v., dopo la
citata pronuncia delle SS.UU., Cass, sez,
lav., n. 28456/2008).
Rispetto a tali successive e conseguenti
determinazioni dell'amministrazione, ovvero
a fronte di comportamenti omissivi che
disattendano l'effetto conformativo della
sentenza, il sindacato del giudice
amministrativo, in sede di ottemperanza, è
pieno e completo, potendo adottare tutte le
misure (direttamente o per il tramite di un
commissario) necessarie ed opportune per
dare esatta ed integrale esecuzione alla
sentenza e per consentire una corretta
riedizione del potere amministrativo.
3.
Per quanto attiene alla quantificazione del
danno, in linea generale, nel rispetto del
principio di cui all'art. 2697 c.c., è onere
del ricorrente allegare e provare l'entità
del pregiudizio subito e il ricorso alle
presunzioni semplici ex art. 2729 c.c.,
seppure consentito, non dispensa il
ricorrente dall'obbligo di allegare, a
monte, circostanze ed elementi di fatto
precisi.
4.
Per quanto specificamente attiene al
risarcimento del lucro cessante, pur dando
atto dell'esistenza di un orientamento
prevalente secondo cui al fine di
quantificare il lucro cessante subito
dall'impresa per la mancata aggiudicazione
di un appalto (ovvero il mancato utile che
avrebbe ritratto dal contratto), in caso di
pronuncia che riconosca la lesione di
interessi legittimi pretensivi c.d. "a
risultato garantito", sarebbe
ammissibile liquidare, a titolo di danno
presunto ed in via equitativa, una
percentuale pari al 10% del prezzo a base
d'asta, ai sensi dell'art. 345, l. n. 2248
del 1865 All. F., il Collegio ritiene di
doversene discostare in considerazione del
fatto che simile criterio conduce di regola
al risultato che il risarcimento dei danni è
per l'imprenditore ben più favorevole
dell'impiego del capitale, ove lo stesso non
dimostri di non aver potuto utilizzare
diversamente le maestranze ed i propri mezzi
per l'espletamento di altri servizi (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 21.10.2009 n. 4845 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Partecipazione
alle gare - Decorrenza del periodo
interdittivo di un anno - Iscrizione
dell'annotazione nel casellario informatico
- La data di iscrizione fa fede per la
decorrenza del termine.
Un orientamento giurisprudenziale riconosce
valenza costitutiva all'iscrizione nel
casellario informatico, da cui decorrono gli
effetti interdittivi, reputando insuperabile
il dato letterale secondo cui le false
dichiarazioni debbono risultare "dai dati
in possesso dell'osservatorio" (v.
C.G.A., n. 777/2008; Tar Palermo, III, n.
813/2009; Tar Catania, I, n. 1631/2008). Nel
senso che "l'anno di sospensione decorre
dalla data di inserimento nel Casellario
informatico della relativa annotazione"
si è espressa anche l'Autorità di Vigilanza,
con la Determinazione n. 1/2008.
Ciò posto, [?], il casellario informativo
previsto dall'art. 27 d.p.r. 34/2000
rappresenta uno strumento imprescindibile
per mezzo del quale tutte le stazione
appaltanti sono, o dovrebbero essere, in
grado di sapere se un'impresa possa
legittimamente contrarre con la pubblica
amministrazione.
La soluzione appena richiamata, che non
ammette equipollenti alla necessaria
iscrizione nel casellario informatico, ai
fini della decorrenza del periodo
interdittivo di un anno, rappresenta anche
una maggiore garanzia per le imprese, tanto
più avvertita quanto più si consideri la
rilevanza degli effetti, non solo ai fini
della partecipazione alla gare ma anche sul
piano dell'immagine commerciale, che
discendono dall'iscrizione delle
comunicazioni delle stazioni appaltanti
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 21.10.2009 n. 4842 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Diritto d'accesso senza
limitazioni sugli atti di gara.
Il diritto di accesso deve essere esercitato
in maniera piena e illimitata. Sono
illegittimi provvedimenti che consentono di
prendere solo visione di documenti
amministrativi, ma non di estrarne copia.
L'importante principio è stato fissato dal
Consiglio di Stato, Sez. VI, con la
sentenza 19.10.2009 n. 6393,
molto rilevante sia perché riforma la
decisione di primo grado, sia perché è
riferita all'accesso agli atti delle
procedure di gara, regolata dall'articolo 13
del dlgs n. 163/2006. Inoltre, palazzo Spada
mostra di aver del tutto superato la tesi
della possibilità di consentire l'accesso
per sola visione, ritenuta possibile, per
esempio, nella sentenza della sezione VI,
07.06.2006, n. 3418.
Il citato articolo 13 del dlgs n. 163/2006,
mentre rinvia alla disciplina generale
dell'accesso fissata negli articolo 22 e
seguenti della legge n. 241/1990, al comma 5
esclude il diritto di accesso e ogni forma
di divulgazione in relazione «alle
informazioni fornite dagli offerenti
nell'ambito delle offerte ovvero a
giustificazione delle medesime, che
costituiscano, secondo motivata e comprovata
dichiarazione dell'offerente, segreti
tecnici o commerciali».
Si tratta di una disposizione piuttosto
controversa, la cui ratio consiste
nella volontà del legislatore di escludere
dal diritto di accesso la documentazione
prodotta dalle aziende nelle gare d'appalto,
dalla quale possa derivare una lesione al
proprio diritto alla riservatezza sui
sistemi di produzione, se suscettibile di
rivelare il proprio know-how industriale.
È, nella sostanza, la previsione espressa ad
un'eccezione al diritto di accesso,
considerato sempre preminente; tale
eccezione, comunque, può costituire ostacolo
all'esercizio del diritto di accesso a
condizione che l'impresa alla quale sono
riferiti i documenti comprovi all'ente
appaltante che essi contengono informazioni
integranti segreti tecnici o commerciali.
Infatti, In assenza di tale dichiarazione o
di carenza della motivazione, la causa di
esclusione dall'esercizio del diritto di
accesso non opera.
Il comma 6 dell'articolo 13 del dlgs n.
163/2006 aggiunge, per altro, che l'accesso
è in ogni caso consentito «al concorrente
che lo chieda in vista della difesa in
giudizio dei propri interessi in relazione
alla procedura di affidamento del contratto
nell'ambito della quale viene formulata la
richiesta di accesso». Il legislatore,
dunque, ha voluto affermare espressamente la
prevalenza generale dell'accesso difensivo,
strumentale, cioè, alla tutela di diritti in
giudizio da parte del richiedente, del resto
disposta dall'articolo 24, comma 7, della
legge n. 241/1990.
Molte amministrazioni, allo scopo di
contemperare esigenze di riservatezza (nel
caso di specie, di un'azienda che partecipa
ad una gara di appalto) e di garanzia
dell'esercizio del diritto di accesso, sono
solite consentire una forma attenuata di
accesso, limitata alla sola esibizione dei
documenti, senza la possibilità di estrarne
copia.
Osserva, però, il Consiglio di stato che né
l'articolo 13, comma 6, del codice dei
contratti né l'articolo 24 della legge n.
241/1990 prevedono che l'accesso «difensivo»,
in quanto tale prevalente sulle antagoniste
ragioni di riservatezza o di segretezza
tecnica o commerciale, possa e debba essere
esercitato nella forma della sola presa
visione, ad esclusione dell'estrazione di
copia.
Nel precedente regime normativo era
l'articolo 9, comma 5, lettera d), ultimo
periodo, del dpr n. 352/1992, che poteva
fondare la sola esibizione dei documenti,
poiché disponeva che, laddove vi fossero
ragioni di tutela della riservatezza di
terzi «deve comunque essere garantita ai
richiedenti la visione degli atti dei
procedimenti amministrativi la cui
conoscenza sia necessaria per curare o per
difendere i loro stessi interessi giuridici».
Ma, oggi, l'insieme delle disposizioni
vigenti rivela l'illegittimità di simile
modo di procedere. Infatti, l'articolo 25,
comma 1, della legge n. 241/1990 dispone che
l'accesso si esercita mediante esame e
contemporanea estrazione di copia dei
documenti; inoltre, il dpr n. 184/2006,
all'articolo 7, comma 5, nel disciplinare
l'accesso formale mediante esame dei
documenti, prevede che «l'interessato può
prendere appunti e trascrivere in tutto o in
parte i documenti presi in visione».
Conclude, dunque, inevitabilmente palazzo
Spada che è illegittimo il provvedimento con
cui si è limita il diritto di accesso
all'offerta tecnica presentata dalla ditta
aggiudicataria, consentendone la sola
visione e non anche l'estrazione di copia
(articolo ItaliaOggi del 24.10.2009, pag.
253). |
APPALTI:
Esclusione - false
dichiarazioni.
L'art. 38 d.lgs. 163/2006 ed espressamente
richiamata dall'art. 4 del Disciplinare dei
Fornitori di Poste Italiane che regola
l'iscrizione nell'elenco dei fornitori -la
quale disciplina le ipotesi di esclusione
dei concorrenti- prevede un preciso iter che
passa attraverso l'accertamento della
falsità della dichiarazione, l'esclusione
dalla gara per tale specifica motivazione,
la segnalazione dell'esclusione all'Autorità
di Vigilanza per l'inclusione nel casellario
informatico; adempimento quest'ultimo a
decorrere dal quale opera il divieto per la
ditta di partecipare ad altre gare per il
periodo di un anno.
Nel caso di specie l'esclusione è stata
comminata in ragione del rilievo di elementi
che hanno indotto la stazione appaltante a
presumere l'esistenza di una situazione di
collegamento tra due aziende partecipanti
alla gara: ne discende che alla
controinteressata non è mai stato contestato
il ricorso a false dichiarazioni, con la
conseguenza che non poteva ritenersi
integrata la condizione che avrebbe escluso
la possibilità di iscrizione nell'elenco dei
fornitori e quindi, analogamente, neanche
quella che avrebbe determinato la sua
cancellazione per mancanza di un requisito
necessario per l'iscrizione (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
Sez. II, sentenza 16.10.2009 n. 1756). |
APPALTI:
Chi ha commesso
violazioni fiscali va escluso, nessuna
discrezionalità.
Ai fini della configurabilità del requisito
della regolarità fiscale non può che essere
escluso ogni rilievo alla modestia
dell’entità del debito definitivamente
accertato, non essendo in proposito previsto
da parte della stazione appaltante alcun
apprezzamento discrezionale della gravità e
del sottostante elemento psicologico della
violazione.
Il cit. art. 38, lett. g), dispone infatti
che sono esclusi dalla partecipazione alle
gare pubbliche coloro che “hanno commesso
violazioni, definitivamente accertate,
rispetto agli obblighi relativi al pagamento
delle imposte ...”; dunque ogni
violazione, anche di importo esiguo, senza
che sia consentito all’amministrazione che
ha bandito la gara, e tanto meno al
concorrente, valutarne la rilevanza e la
buona o mala fede del contribuente, giacché
tale valutazione -diversamente dalle ipotesi
di cui alle lett. e) ed f)- è stata
evidentemente effettuata dal legislatore in
ragione dello scopo della norma di garantire
non solo l’affidabilità dell’offerta e
nell’esecuzione del contratto, ma anche la
correttezza e la serietà del concorrente
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 15.10.2009 n. 6325 -
link a www.altalex.com). |
APPALTI: Dichiarazione
di cui all'art. 38, comma 1, lett. b, del
D.lgs. 163/2006 - Società per azioni -
Soggetti tenuti alla dichiarazione -
Necessità di verificare le funzioni svolte
concretamente.
L'art. 38, comma 1, lett. b), del D.L.vo n.
163/2006, con riferimento alla società per
azioni, individua i soggetti tenuti a
rilasciare la prescritta dichiarazione negli
amministratori muniti di poteri di
rappresentanza o nel direttore tecnico.
Nonostante la specifica previsione
normativa, parte della giurisprudenza,
ispirata dalla ratio sottesa alla
norma "di verificare la affidabilità
complessivamente considerata dell'operatore
economico che andrà a stipulare il contratto
di appalto con la stazione appaltante"
individuando coloro che effettivamente "sono
in grado di manifestare all'esterno al
volontà dell'azienda" (Cons. Stato, Sez.
V, n. 375/2009), ha ricercato, in via
interpretativa, di ampliare l'ambito di
applicazione della disposizione includendo
nel novero dei necessari dichiaranti anche
soggetti che, pur non ricoprendo le
specifiche cariche indicate, siano,
tuttavia, titolari di ampi poteri
decisionali tali da consentire di
determinare gli indirizzi di gestione
dell'impresa.
Secondo il richiamato orientamento
occorrerebbe "avere riguardo alle
funzioni sostanziali del soggetto, più che
alle qualifiche formali, altrimenti la ratio
legis potrebbe venire agevolmente elusa e
dunque vanificata" (Cons. Stato, Sez.
VI, n. 523/2007 - nella fattispecie concreta
il Tribunale ha attribuito valore dirimente
alla titolarità, in capo ai soggetti tenuti
alla dichiarazione, del potere decisionale
in ordine alla partecipazione alla gara ed
alla formulazione dell'offerta: potere che
non risulta essere stato delegato ai
suindicati procuratori) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 15.10.2009 n. 4802 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sui soggetti tenuti a
rendere la dichiarazione di cui all'art. 38,
c. 1, lett. b), del D. L.vo n. 163/2006.
Un reato di lieve entità è oggettivamente
inidoneo ad incidere sul giudizio di
affidabilità morale e professionale del
concorrente.
- L'art. 38, c. 1, lett. b), del D. L.vo n.
163/2006, con riferimento alla società per
azioni, individua i soggetti tenuti a
rilasciare la prescritta dichiarazione negli
amministratori muniti di poteri di
rappresentanza o nel direttore tecnico.
Nonostante la specifica previsione
normativa, parte della giurisprudenza,
ispirata dalla ratio sottesa alla
norma "di verificare la affidabilità
complessivamente considerata dell'operatore
economico che andrà a stipulare il contratto
di appalto con la stazione appaltante"
individuando coloro che effettivamente "sono
in grado di manifestare all'esterno al
volontà dell'azienda", ha ampliato
l'ambito di applicazione della disposizione
includendo nel novero dei necessari
dichiaranti anche soggetti che, pur non
ricoprendo le specifiche cariche indicate,
siano, tuttavia, titolari di ampi poteri
decisionali tali da consentire di
determinare gli indirizzi di gestione
dell'impresa.
Secondo il richiamato orientamento
occorrerebbe "avere riguardo alle
funzioni sostanziali del soggetto, più che
alle qualifiche formali, altrimenti la ratio
legis potrebbe venire agevolmente elusa e
dunque vanificata".
L'elemento formale dell'investitura nella
carica sociale dovrebbe, quindi, essere
integrato da un'analisi nel concreto dei
poteri effettivamente conferiti al fine di
individuare, e sottoporre ai prescritti
oneri dichiarativi, anche i soggetti che,
indipendentemente dalla carica ricoperta,
risultino essere titolari di poteri
decisionali al pari di un amministratore o
di un direttore tecnico.
- Nel caso in cui il fatto reato in
relazione al quale è intervenuta una
condanna sia di lieve entità esso è
oggettivamente inidoneo ad incidere sul
giudizio di affidabilità morale e
professionale del concorrente (TAR
Lombardia, Milano, Sez. I,
sentenza 15.10.2009 n. 4802 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI: 1.
Art. 97 Cost. - Allegato II B del D.lgs.
163/2006 - Applicazione del principio di
pubblicità, imparzialità e buon andamento
dell'azione pubblica - Necessità.
2. Principio di pubblicità - Regola generale
ex art. 97 Cost. - Necessità della
pubblicità della sedute di apertura dei
plichi - Violazione del principio -
Illegittimità dell'intera gara.
1.
La riconducibilità del servizio appaltato
all'All. II B del Codice dei Contratti
pubblici non esonera le amministrazioni
aggiudicatici dall'applicazione dei principi
generali in materia di affidamenti pubblici,
desumibili dalla normativa comunitaria e
nazionale e, in particolare, del principio
di pubblicità, espressione dei principi di
imparzialità e buon andamento dell'azione
amministrativa di cui all'art. 97 Cost.
(Cons. Stato, Sez. VI, 03.12.2008, n. 5943;
22.04.2008, n. 1856; 08.10.2007, n. 5217;
22.03.2007, n. 1369; TAR Lazio, Sez.
III-ter, 05.02.2008, n. 951).
2.
Il principio di pubblicità delle sedute
trova immediata applicazione
indipendentemente da una sua espressa
previsione nell'ambito della lex
specialis di gara, atteso che
costituisce una regola generale
riconducibile direttamente ai principi
costituzionali di imparzialità e buon
andamento di cui all'art. 97 Cost.,
trovando, di conseguenza, immediata e piena
cittadinanza in quella azione amministrativa
specificamente volta alla scelta del miglior
contraente (TAR Lombardia, Milano,I Sez.,
21.02.2007, n. 335; così anche Tar
Lombardia, sez. III, 26.07.2004, n. 3179).
Il rispetto del principio in disamina impone
la necessaria pubblicità delle sedute di
gara dedicate alla apertura dei plichi
contenenti la documentazione amministrativa
e l'offerta economica, trattandosi di fasi
concorsuali in cui non ricorre alcuna
esigenza di riservatezza (TAR Lombardia,
Milano, Sez. III, 11.03.2003, n. 436).
Per tali ragioni la violazione del principio
di pubblicità integra un profilo di
illegittimità tale da travolgere l'intera
procedura di gara (Cons. Stato, Sez. V,
07.11.2006, n. 6529) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 15.10.2009 n. 4801 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
necessità o meno di escludere una impresa
che abbia inserito ulteriore documentazione,
sulla possibilità o meno di prevedere una
seduta segreta per alcune fasi di gara,
sulla legittimità o meno della valutazione
in forma numerica delle offerte nel caso in
cui sia previsto il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa e sul metodo
del c.d. confronto a coppie.
Il principio secondo cui l’onere di
impugnazione si concretizza per
l’interessato nel momento in cui esso viene
escluso, non si applica anche nel caso di
omessa esclusione di altro concorrente; per
tale ipotesi, invece, continua a valere il
principio generale secondo il quale la
lesione diventa attuale e definitiva
soltanto con l’aggiudicazione.
I principi di pubblicità e trasparenza delle
sedute della commissione di gara non sono
assoluti, ma sono derogabili dalla "lex
specialis", la quale, ove trattisi di
gara svolta con il criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, ben può
prevedere la valutazione in seduta riservata
dell'offerta tecnica e, per esigenze di
economicità della procedura, anche che tanto
sia effettuato previa apertura delle
relative buste nel corso della seduta
stessa: l’obbligo di pubblicità delle sedute
delle commissioni di gara riguarda
esclusivamente la fase dell’apertura dei
plichi contenenti la documentazione e
l’offerta economica dei partecipanti, e non
anche la fase di apertura e valutazione
delle offerte tecniche.
Con riguardo all’apertura dell’offerta
economica, non esiste alcuna regola
espressa, e nemmeno alcuna pronuncia della
Corte di Giustizia, circa l'obbligo
incondizionato delle stazioni appaltanti di
assicurare sempre la pubblicità di tale
operazione, che può avvenire in seduta non
pubblica qualora la gara comporti, come nel
caso del metodo dell'offerta economicamente
più vantaggiosa, una comparazione di più
fattori.
Il verbale della gara di appalto è dotato,
sul piano probatorio, di una forza
privilegiata tale che esso fa piena prova,
fino a querela di falso, oltre che della sua
provenienza e delle dichiarazioni delle
parti, degli altri fatti che il pubblico
ufficiale attesti essere avvenuti in sua
presenza o da lui compiuti; ne consegue che
il verbale di gara non può essere oggetto di
impugnazione per la materiale operazione di
verifica del contenuto delle buste
presentate dai concorrenti, cioè per la mera
attività di verbalizzazione di fatti
avvenuti in presenza del pubblico ufficiale,
attività che non consente margine di
apprezzamento discrezionale e la cui
contestazione non può che assumere la forma
della querela di falso.
Secondo l’orientamento ormai prevalente, il
punteggio numerico può essere considerato
sufficiente a motivare gli elementi
dell'offerta economicamente più vantaggiosa
soltanto nell'ipotesi in cui il bando di
gara abbia espressamente predefinito
specifici, obiettivi e puntuali criteri di
valutazione, visto che tale criterio di
aggiudicazione svincola l'amministrazione da
una valutazione meccanica, attribuendole un
potere fortemente discrezionale.
Tale esigenza risponde al principio di
correttezza dell'azione amministrativa,
ineludibile per tutte le procedure ad
evidenza pubblica, a garanzia
dell'imparziale svolgimento di tali
procedimenti ed al fine di consentire la
verifica dell'operato della P.A., sia da
parte del privato interessato che del
Giudice amministrativo, il quale deve poter
ricostruire l'iter logico seguito dalla
stazione appaltante (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 14.10.2009 n. 6311 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: CONTESTAZIONE
DEL BANDO DI GARA SENZA DOMANDA DI
PARTECIPAZIONE: QUANDO E' CONSENTITA...
1. Bando - Impugnazione
- Da parte di impresa non partecipante alla
gara - Possibilità - Casi - Ragioni.
2. Criteri e principi - Aggiudicazione -
Impugnazione - Interesse ad agire - Soggetti
titolari - Disciplina - Ragioni.
3. Bando - Assenza di pubblicazione -
Legittimità - Condizioni e presupposti
necessari.
1.
In caso di impugnazione della lex
specialis di gara da parte di un'impresa
appartenente al settore coinvolto dalla
procedura, che già in base alle prescrizioni
del bando (ritenute illegittime) verrebbe
esclusa, non è richiesto che tale soggetto
sia poi tenuto a presentare domanda di
partecipazione alla gara al fine di potere
contestare le clausole del bando per lui
lesive.
Ciò in quanto ogni impresa operante in un
determinato settore ha un interesse tutelato
a contestare anche la scelta della P.A. di
non procedere all'indizione di una procedura
di gara pubblica a tutela del principio
della libera concorrenza e del criterio di
effettività del diritto alla tutela
giurisdizionale, atteso che la mancata
indizione di una procedura di evidenza
pubblica lede il suo interesse sostanziale a
competere, secondo pari opportunità, ai fini
dell'ottenimento di commesse da aggiudicarsi
secondo le prescritte procedure.
Inoltre, non è necessario che essa dimostri
di possedere tutti i requisiti tecnici e
finanziari occorrenti per partecipare alla
gara, risultando l'interesse fatto valere
indirizzato a censurare la soluzione
organizzativa adottata e non già a
riportarne l'aggiudicazione, atteso che con
l'accoglimento del ricorso viene soddisfatto
l'interesse strumentale tendente alla
rimessa in discussione del rapporto
controverso (Cons. Stato, sez. V, 16-06-2009
n. 3891).
2.
Tutte le imprese operanti nell'ambito dei
lavori o dei servizi da aggiudicare hanno un
interesse qualificato ad impugnare l'atto
con cui la P.A. decida di aggiudicare il
contratto a trattativa privata (Cons. Stato,
sez. V, 16-06-2009 n. 3903), poiché tutti
gli operatori economici del settore sono
titolari di un interesse strumentale alla
effettuazione della gara, in quanto
aspiranti partecipanti alla stessa.
Né a tal fine risulta necessario che
l'impresa del settore ricorrente dimostri di
possedere tutti i requisiti tecnici e
finanziari occorrenti per partecipare alla
gara, atteso che con l'accoglimento del
ricorso viene soddisfatto l'interesse
strumentale tendente alla rimessa in
discussione del rapporto controverso e alla
possibilità di partecipare alla gara per
l'affidamento dei lavori, servizio o
fornitura, nella cui futura ed eventuale
sede l'Amministrazione potrà verificare se
l'impresa possiede in concreto i requisiti
per prendervi parte (Cons. Stato, sez. V,
24-11-2008 n. 5693).
3.
Il ricorso alla procedura senza
pubblicazione del bando di cui all'art. 57
comma 2, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006
trova fondamento nella presenza di
circostanze eccezionali che non consentano
l'indugio degli incanti e della licitazione
privata, a condizione però che l'estrema
urgenza risulti da eventi imprevedibili per
la stazione appaltante e non dipenda invece
da un ritardo di attivazione dei
procedimenti ad essa imputabile e solo
quando l'estrema urgenza non sia compatibile
con i termini imposti dalle procedure
aperte, ristrette o negoziate previa
pubblicazione di un bando di gara (TAR Lazio
Roma, sez. I, 18-02-2009 n. 1656; TAR
Piemonte, sez. I, 24-11-2008 n. 2943) (TAR
Abruzzo-Pescara, Sez. I,
sentenza 14.10.2009 n. 589 - link
a http://mondolegale.it). |
APPALTI:
S. Cresta,
Gare d’appalto: le novità in tema di
controllo e collegamento tra concorrenti
(link a www.altalex.com). |
APPALTI:
M. Sperduti,
Il requisito della moralità professionale di
cui all’art. 38, c. 1, lett. c), del D.lgs.
n. 163 del 2006 alla luce della recente
giurisprudenza amministrativa
(link a www.diritto.it). |
APPALTI:
G. Lucarini,
L’arbitrato in materia di lavori pubblici
tra schizofrenia legislativa e preesistenti
profili di incostituzionalità
(link a www.diritto.it). |
APPALTI:
I. Filippetti,
Prime note a margine della “norma
antiracket” contenuta nella lettera m-ter)
dell’articolo 38 del Codice dei contratti
pubblici (link a
www.amministrazioneincammino.luiss.it). |
APPALTI:
S. Cresta,
La nuova causa di esclusione dalle gare ex
art. 38 del Codice degli appalti introdotta
dal c.d. pacchetto sicurezza (L. 15.07.2009,
n. 94) (link a www.altalex.com). |
APPALTI:
L. Bellagamba,
La leggerezza interpretativa del Consiglio
di Stato: sarebbe legittimo
prevedere l’«esperienza maturata» come
parametro di valutazione dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, in quanto da
essa possono trarsi «indici significativi
(…) dell’affidabilità dell’impresa»! (link a
www.linobellagamba.it). |
APPALTI: Risulta
necessario, ai fini dell'applicazione della
(pesante) sanzione generale dell'esclusione
nelle gare pubbliche, che il precedente
penale rinvenuto sia inquadrabile,
nell'ambito di un coerente apprezzamento
della graduazione, in termini di <grave
lesione> della moralità professionale.
La gravità del reato è, dunque, presupposto
necessario per poter pronunziare la
conseguente sanzione. Qualora invece il
precedente penale (dichiarato o non) abbia
un grado di lesività di tipo lieve o
ordinario l'amministrazione, dopo averlo
valutato nella sua sostanza, non può porlo a
fondamento di una decisione di esclusione
dalla partecipazione alla gara.
La questione controversa, che ha determinato
l'esclusione dalla gara successivamente alla
già disposta aggiudicazione provvisoria, si
concentra sulla portata della dichiarazione
concernente i “gravi reati che incidono
sulla moralità professionale” prevista
all'articolo 38 del Codice dei contratti
pubblici.
L’art. 38 del D. Lgs. 163/2006, stabilisce,
al punto c), che “Sono esclusi dalla
partecipazione alle procedure di affidamento
delle concessioni e degli appalti di lavori,
forniture e servizi, né possono essere
affidatari di subappalti, e non possono
stipulare i relativi contratti i
soggetti:…………..c) nei cui confronti è stata
pronunciata sentenza di condanna passata in
giudicato, o emesso decreto penale di
condanna divenuto irrevocabile, oppure
sentenza di applicazione della pena su
richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del
codice di procedura penale, <per reati gravi
in danno dello Stato o della Comunità che
incidono sulla moralità professionale>; è
comunque causa di esclusione la condanna,
con sentenza passata in giudicato, per uno o
più reati di partecipazione a
un'organizzazione criminale, corruzione,
frode, riciclaggio, quali definiti dagli
atti comunitari citati all'articolo 45,
paragrafo 1, direttiva Ce 2004/18;
l'esclusione e il divieto operano se la
sentenza o il decreto sono stati emessi nei
confronti: del titolare o del direttore
tecnico se si tratta di impresa individuale;
del socio o del direttore tecnico, se si
tratta di società in nome collettivo; dei
soci accomandatari o del direttore tecnico
se si tratta di società in accomandita
semplice; degli amministratori muniti di
potere di rappresentanza o del direttore
tecnico se si tratta di altro tipo di
società o consorzio.”
Il punto 2B del Bando, dopo aver riportato
per esteso il testo della norma (art. 38) ha
precisato, ulteriormente, che la
dichiarazione deve contenere tutti i
provvedimenti emessi a carico degli
interessati, compresi quelli che non
risultano nel certificato del casellario
ordinario.
L’ing. .............. (direttore Tecnico
della società ricorrente) ha compiuto la
dichiarazione il 09.01.2009 in termini
negativi, utilizzando, peraltro, il modello
fornito dalla stessa Amministrazione,
barrando le caselle A e B (cfr. doc. 2 del
fascicolo Avvocatura comunale).
L'Amministrazione in sede di verifica ha
riscontrato l'esistenza a suo carico di un
decreto penale di condanna del 2000 per lire
350.000 di ammenda, per ritardo nella
comunicazione di informazioni/documentazione
all’ufficio del lavoro (contravvenzione
contemplata all’art. 4 della L. 22.07.1961
n. 628).
Il Collegio ritiene che, a prescindere dalla
circostanza che successivamente è stata
dichiarata dal giudice dell’esecuzione di
Oristano (il 02.04.2009) l’estinzione del
reato ex art. 460 comma 5° c.p.p. (post 2
anni, in caso di contravvenzione), l’omessa
dichiarazione, in sede di gara, non può
rientrare nella fattispecie normativa in
quanto essa, indubbiamente, non coinvolge un
“grave reato” incidente la moralità
professionale.
Risulta cioè necessario, ai fini
dell'applicazione della (pesante) sanzione
generale dell'esclusione nelle gare
pubbliche, che il precedente penale
rinvenuto (e nel ns. caso non dichiarato)
sia inquadrabile, nell'ambito di un coerente
apprezzamento della graduazione, in termini
di <grave lesione> della moralità
professionale. La gravità del reato è,
dunque, presupposto necessario per poter
pronunziare la conseguente sanzione. Qualora
invece il precedente penale (dichiarato o
non) abbia un grado di lesività di tipo
lieve o ordinario l'amministrazione, dopo
averlo valutato nella sua sostanza, non può
porlo a fondamento di una decisione di
esclusione dalla partecipazione alla gara.
La valutazione che l'amministrazione deve
compiere deve avvenire nel merito, sia nel
caso di dichiarato precedente che in caso di
dichiarata assenza.
In sostanza, qualora il soggetto interessato
abbia compiuto, come nel caso di specie, una
dichiarazione negativa, l'amministrazione
non può sostenere che la semplice omissione
dell’ indicazione del precedente rappresenti
una violazione della norma, trattandosi, in
questo caso, semmai di mero falso innocuo.
Semmai potrebbe aversi (teoricamente) una
difforme valutazione nel giudizio di
rilevanza, ma non una dichiarazione mendace.
Non può quindi condividersi una lettura
puramente formalistica della disposizione
sanzionatoria.
Ed in ogni caso va considerato che il
soggetto dichiarante ha attestato
l'insussistenza di “condanne per gravi
reati in danno dello Stato o della comunità
che incidono sulla moralità professionale”
(e non l’inesistenza di precedenti in
generale), elemento che si è rivelato
corretto in considerazione della lievità del
precedente penale in questione (decreto
penale).
In particolare va evidenziato che l’Autorità
di vigilanza lavori pubblici ritiene
particolarmente complessa l’individuazione
dei reati che sono considerati incidenti
sull’affidabilità morale e professionale
dell’imprenditore e delle modalità
attraverso le quali può essere dimostrata la
mancata ricorrenza della condizione in esame
(cfr. determinazione 15.07.2003 n. 13).
Sicuramente “influiscono
sull’affidabilità morale e professionale del
contraente i reati contro la pubblica
amministrazione, l’ordine pubblico, la fede
pubblica ed il patrimonio, se relativi a
fatti la cui natura e contenuto siano idonei
ad incidere negativamente sul rapporto
fiduciario con le stazioni appaltanti per la
loro inerenza alle specifiche obbligazioni
dedotte in precedenti rapporti con le
stesse. La mancanza, tuttavia, di parametri
fissi e predeterminati e la genericità della
prescrizione normativa lascia un ampio
spazio di valutazione discrezionale per la
stazione appaltante che consente alla stessa
margini di flessibilità operativa al fine di
un apprezzamento delle singole concrete
fattispecie, con considerazione di tutti gli
elementi delle stesse che possono incidere
sulla fiducia contrattuale, quali ad. es.
l’elemento psicologico, la gravità del
fatto, il tempo trascorso dalla condanna, le
eventuali recidive” (così si è espressa
l’Autorità con determinazione n. 56 del
13.12.2000). Tutti elementi, dunque, che
debbono essere valutati
dall’Amministrazione.
E la giurisprudenza, in questa precisa
materia, ha espressamente affermato, in un
caso del tutto analogo a quello oggi in
esame, che “è illegittima la
determinazione della P.A. di non convalidare
l’aggiudicazione provvisoria disposta in
favore dell’impresa, a causa della mancata
dichiarazione, senza previo apprezzamento in
ordine alla capacità di detta condanna di
incidere sulla moralità professionale
dell’impresa” (TAR Lazio, sez. II, n.
3984 del 20.04.2009).
Né si può sostenere che il bando abbia
esteso l’ambito dell’obbligo di
dichiarazione delle condanne (con la
precisazione aggiunta al punto 2B) in quanto
l’Amministrazione non può sostituirsi al
legislatore ampliando le fattispecie e/o
imponendo obblighi ulteriori, non funzionali
all’analisi ed alla pronunzia di esclusione
ben definita dall’art. 38 del Codice (TAR
Sardegna, Sez. I,
sentenza 09.10.2009 n. 1525 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
ATI - Art. 37 d.lgs. n. 163/2006 - Quota di
partecipazione -Definizione - Proposta
contrattuale - Momento genetico del
rapporto.
Dall’art. 37 del d.lgs. n. 163/2006 (che,
quanto al settore lavori, è ricognitiva dei
principi già desumibili dall’art. 13 della
L. 109/1994 e dall’art. 19, commi 3 e 4,
della L. 55/1990) risulta chiaramente che
deve sussistere una perfetta simmetria tra
quota di lavori e quota di effettiva
partecipazione al raggruppamento e, ancor
prima, che la quota di partecipazione deve
essere stabilita e manifestata dai
componenti del raggruppamento in uno alla
partecipazione alla gara.
La definizione delle quote di partecipazione
ad un’ATI non riguarda infatti la fase
esecutiva del rapporto sebbene il suo
momento genetico; cosicché è nella proposta
contrattuale della parte che deve risultare
esplicitata l’identità del soggetto
contraente ossia, nel caso appunto di
partecipazione in associazione temporanea,
le quote attribuite a ciascun componente
(TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 08.10.2009 n. 5196 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
All’Amministrazione è
precluso il restringere il numero dei
partecipanti alle gare fino al punto da non
assicurare una reale concorrenza fra gli
stessi. La stazione appaltante può
ovviamente elevare la soglia dei requisiti
idoneativi al fine di assicurarsi un livello
qualitativo adeguato all’esecuzione delle
prestazioni oggetto dell’appalto ma deve
tuttavia farlo procedendo ad un equo
bilanciamento dei diversi interessi.
Deve aderirsi all’indirizzo
giurisprudenziale, anche di questo TAR (fra
le ultime, TAR Puglia Lecce, I, 01.07.2008,
n. 2017), il quale -sulla scia di importanti
pronunce della Corte di Giustizia CE: v. in
particolare sent. n. 299 del 14.10.2004; n.
210 del 14.12.2004; n. 463 del 13.05.2003-
ritiene all’Amministrazione precluso il
restringere il numero dei partecipanti alle
gare fino al punto da non assicurare una
reale concorrenza fra gli stessi. La
stazione appaltante, la quale può ovviamente
elevare la soglia dei requisiti idoneativi
al fine di assicurarsi un livello
qualitativo adeguato all’esecuzione delle
prestazioni oggetto dell’appalto, deve
tuttavia farlo procedendo ad un equo
bilanciamento dei diversi interessi, non
relegando ad un ruolo marginale la tutela
della concorrenza e il favor
partecipationis, e ciò anche in
relazione al disposto dell’art. 42, comma 3,
del d.lgs. 163/2006 (riproduttivo dell’art.
44, comma 3, Direttiva CE 31.03.2005
18/04/CE), secondo cui le informazioni sulla
capacità tecnica e professionale dei
fornitori e dei prestatori dei servizi non
possono eccedere l’oggetto dell’appalto.
Le amministrazioni, in definitiva, ben
possono richiedere alle imprese requisiti di
partecipazione ad una gara d’appalto più
rigorosi e restrittivi di quelli minimi
stabiliti dalla legge, purché però tali
ulteriori prescrizioni si rivelino
rispettose dei principi di proporzionalità e
adeguatezza e siano giustificate da
specifiche esigenze imposte dal peculiare
oggetto dell’appalto (cfr. TAR Lecce, III,
n. 590/2009): il requisito relativo alla
certificazione ISO 14001 previsto nel caso
in esame, dunque, risultava illegittimo
appunto perché non ragionevolmente calibrato
con riferimento alle caratteristiche di un
appalto rispetto al quale, come scritto, il
profilo della tutela ambientale non era
presente in modo particolarmente
significativo.
Questo è tanto più esatto ove si tenga conto
che l’art. 44 del d.lgs. n. 163 del 2006
prevede che le stazioni appaltanti possano
richiedere l’indicazione delle misure di
gestione ambientale che l’operatore potrà
applicare durante l’esecuzione del contratto
“unicamente nei casi appropriati” e
che tali casi devono essere previsti
mediante regolamento, ai sensi dell’art. 42,
primo comma, lett. f, del medesimo testo
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 06.10.2009 n. 2247 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla legittimità della
disdetta da parte di un sindaco di un
rapporto concessorio con la società che
gestiva il servizio di illuminazione votiva
nel cimitero comunale.
E' legittimo l'atto con cui un sindaco ha
comunicato la volontà dell'ente di
interrompere il rapporto in corso con la
società che gestiva il servizio di
illuminazione votiva nel cimitero comunale,
nonostante fosse previsto in una clausola
del capitolato che la concessione avesse
durata di 25 anni e che la stessa fosse
tacitamente rinnovabile di anno in anno,
salvo regolare disdetta da inviare almeno 6
mesi prima.
La suddetta clausola stipulata prima della
legge n. 537 del 1993, pur valida al momento
della sua adozione, deve ritenersi
inefficace in ragione del chiaro divieto
normativo vigente al momento dell'asserita
verificazione della rinnovazione tacita. In
altri termini, l'incidenza su un rapporto di
durata di un divieto normativo intervenuto
successivamente alla stipulazione della
concessione determina la privazione di
efficacia del rapporto stesso.
Si puntualizza che non è corretto
qualificare il precetto contenuto nella
concessione come nullo, atteso che la
nullità attiene ad un vizio strutturale
della fattispecie non essendo configurabile
una nullità sopravvenuta (TAR
Calabria-Catanzaro, Sez. II,
sentenza 06.10.2009 n. 1023 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sull'obbligo ex art. 38
dlgs. 163/2006 dei partecipanti alle gare di
appalto di dichiarare, non già solamente
reati gravi, ma tutti quelli ascritti in via
definitiva ivi inclusi quelli per i quali
sia stato concesso il beneficio della non
menzione.
L'art. 38 dlgs. 163/2006 impone ai
partecipanti alle gare di appalto di
dichiarare, a pena di esclusione dalla gara,
non già solamente reati gravi, ma tutti
quelli ascritti in via definitiva ai
soggetti ivi contemplati, con la conseguenza
che "i partecipanti alle gare sono tenuti
a rendere dichiarazioni complete e veritiere
e, quindi, recanti l'esatta indicazione di
tutti i precedenti penali, ivi inclusi
quelli per i quali sia stato concesso il
beneficio della non menzione".
Né ha pregio alcuno la tesi per la quale,
decorso il periodo previsto dalla disciplina
penale senza ulteriori condanne, le condanne
riportate ex art. 444 cpp perderebbero
ipso facto rilevanza agli effetti della
ammissione alle pubbliche gare.
A prescindere dal dato che la giurisprudenza
ricollega l'effetto estintivo ad una formale
pronuncia in tal senso ad opera del Giudice
penale (della quale non vi è traccia nella
specie), è assorbente la considerazione che
le imprese in questione, nella specie, non
si sono attenute all'obbligo del clare
loqui avendo utilizzato l'espressione "nulla"
nella dichiarazione prevista dall'allegato 2
al disciplinare di gara (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 02.10.2009 n. 6006 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI: Sulla
possibilità, nel caso di appalti di servizi,
di valutare la pregressa esperienza delle
imprese e sulla necessità o meno di
menzionare nei verbali le modalità di
conservazione dei plichi.
Il divieto
generale di commistione tra le
caratteristiche oggettive dell'offerta ("criteri
di selezione dell’offerta") e i
requisiti soggettivi dell'impresa
concorrente ("criteri di selezione
dell’offerente"), conosce
un’applicazione attenuata nel settore dei
servizi, laddove l’offerta tecnica non si
sostanzia in un progetto o in un prodotto,
ma nella descrizione di un facere che può
essere valutato unicamente sulla base di
criteri qualiquantitativi, fra i quali ben
può rientrare la considerazione della
pregressa esperienza dell’operatore, come
anche della solidità ed estensione della sua
organizzazione d’impresa. Dalla
considerazione dell’esperienza maturata da
una concorrente possono trarsi indici
significativi della qualità delle
prestazioni e dell’affidabilità
dell’impresa, qualora tali aspetti non
risultino preponderanti nella valutazione
complessiva dell’offerta.
E’ irrilevante, ai fini della legittimità
delle operazioni di gara, il fatto che nei
verbali non siano state precisate le
modalità con le quali sono stati custoditi i
plichi contenenti le offerte, nel caso in
cui risulti comunque che i plichi contenenti
le offerte siano stati aperti in seduta
pubblica, previo controllo della loro
integrità e risulti altresì che l’organo di
gara ha usato alcune cautele nella custodia
degli atti (depositandoli in una stanza
apposita).
A fronte di tali circostanze, infatti, per
fare ritenere illegittime le operazioni,
occorre offrire almeno un principio di prova
idoneo a far sospettare l’avvenuta
alterazione indebita dei pieghi o, comunque,
si deve indicare un elemento concreto dal
quale desumere l’irregolare svolgimento,
sotto questo profilo, della procedura
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 02.10.2009 n. 6002 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Bando - Requisiti di
partecipazione - Valutazione in concreto.
L'adeguatezza e proporzionalità dei
requisiti richiesti dal bando va valutata
con riguardo all'oggetto in concreto
dell'appalto ed alle sue specifiche
peculiarità.
La richiesta di un determinato fatturato
pregresso per servizi identici va
commisurata al concreto interesse della
stazione appaltante a una certa affidabilità
del proprio interlocutore contrattuale,
avuto riguardo alle prestazioni oggetto di
affidamento (massima tratta da www.solom.it
- TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 02.10.2009 n. 1728 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. Contratti della p.a.
- Gara - Sigillatura e controfirma buste -
Unico lato non preincollato.
2. Contratti della p.a. - Gara - Bando lex
specialis - Sigillatura e controfirma buste
- Tre lati.
3. Giustizia amministrativa - Esclusione
vincitore - mancato ricorso incidentale -
aggiudicazione gara al secondo classificato.
4. Giustizia amministrativa - Domanda
risarcitoria.
1.
L'adempimento formale di sigillatura e
controfirma delle buste che compongono le
offerte, in linea generale può essere
limitato al lembo della busta che viene
chiuso da chi la utilizza, con esclusione
dei lembi preincollati dal fabbricante
2.
In presenza di previsione del bando di gara
per cui ciascuna busta, a pena di
esclusione, deve essere "debitamente
sigillata e controfirmata sui lembi di
chiusura", la peculiare 'lex
specialis' deve essere interpretata nel
senso che tutti i lembi delle buste vanno
necessariamente sigillati e controfirmati
dai concorrenti, quale garanzia certa e
incontrovertibile dell'inalterabilità
dell'offerta.
3.
Esclusa la vincitrice controinteressata per
mancato rispetto del bando, la ricorrente,
classificatasi seconda in graduatoria senza
contestazioni, non avendo la
controinteressata proposto in merito alcun
ricorso incidentale, deve necessariamente
essere dichiarata vincitrice.
4.
In caso di declaratoria di inefficacia del
contratto concluso con vincitrice esclusa in
esecuzione dell'annullata aggiudicazione,
l'amministrazione deve stipulare un nuovo
contratto con la nuova vincitrice della
gara, per la durata in origine stabilita
dalla gara per cui è causa, decorrente però
dal momento in cui venga data esecuzione
esecuzione.
In tal modo, infatti, alla vincitrice verrà
garantito in modo pieno il bene della vita
che avrebbe conseguito se la gara si fosse
svolta in modo legittimo, sì che, per altro
verso, non vi è luogo a riconoscere in suo
favore alcun ulteriore e distinto
risarcimento pecuniario (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza 02.10.2009 n. 1722 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
BANDO DI GARA:
PRESENTAZIONE DEL PLICO.
Bando - Lex specialis -
Richiesta determinati requisiti -
Fattispecie.
La norma del bando di gara, peculiare "lex
specialis", che preveda particolari
prescrizioni in ordine alle modalità di
presentazione dell'offerta (contenuta in un
plico debitamente sigillato e controfirmato
sui lembi di chiusura), non può non essere
interpretata nel senso che tutti i lembi
delle buste vanno necessariamente sigillati
e controfirmati dai concorrenti, quale
garanzia certa e incontrovertibile
dell'inalterabilità dell'offerta, uscita
dalla loro disponibilità (nel caso concreto,
la controinteressata ha adoperato proprio
una busta con tre lembi preincollati su
quattro, del tipo appena descritto, ma si è
limitata, a differenza di quanto ha fatto la
ricorrente, a sigillarne con nastro adesivo
firmato il solo lembo non preincollato e
chiuso al momento dell'utilizzo. Non
rispettando la previsione letterale e la
ratio del bando, si sarebbe quindi dovuta
escludere) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 02.10.2009 n. 1722 -
link a
http://mondolegale.it). |
APPALTI: D.
Argenio,
Il subappalto nel nuovo codice dei contratti
(01.10.2009 - link a www.dirittoelegge.it). |
APPALTI: D.
Argenio,
I lavori in economia del D.Lgs. 163/2006: amministrazione
diretta e cottimo fiduciario
(01.10.2009 - link a www.dirittoelegge.it). |
APPALTI: D.
Argenio e F.
Del Deo,
I lavori sotto soglia comunitaria nel codice dei contratti
pubblici
(01.10.2009 - link a www.dirittoelegge.it). |
settembre 2009 |
|
APPALTI:
L. Bellagamba,
La questione del ricalcolo della soglia di
anomalia, per difetto di requisiti morali
(link a www.linobellagamba.it). |
APPALTI:
L. Bellagamba,
Il difficile problema dell’avvalimento della
certificazione di qualità - Quando il bando
di gara non è lo schema acquistato al
supermercato o scopiazzato da internet …
(link a www.linobellagamba.it). |
APPALTI:
Nelle gare conta il “curriculum”
(link a
www.mediagraphic.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Testo Unico della Sicurezza: disponibile la
tabella di sintesi degli adempimenti per i
cantieri e il testo vigente completo degli
allegati (link a www.acca.it). |
APPALTI SERVIZI:
G. Nicoletti,
La riforma dei servizi pubblici locali;
prime valutazioni sul D.L. 25.09.2009 n. 135
(link a www.dirittodeiservizipubbli.it). |
APPALTI:
CONTRATTI - LAVORI DI SOMMA URGENZA.
La norma –applicabile “ratione temporis”
al caso esaminato- dell'art. 23, comma 3,
del decreto-legge 02.03.1989, n. 66,
convertito, con modificazioni, nella legge
n. 144 del 1989, secondo cui per i lavori di
somma urgenza stabiliti dalle
amministrazioni comunali e provinciali
l'ordinazione fatta a terzi deve essere
regolarizzata improrogabilmente entro trenta
giorni e comunque entro la fine
dell’esercizio, a pena di decadenza, è
applicabile non solo ai contratti di
fornitura ma anche ai contratti di appalto
di lavori pubblici.
La regolarizzazione, che corrisponde ad un
preciso obbligo della P.A., la cui
violazione può essere fatta valere non solo
dal terzo contraente, ma anche dalla stessa
Amministrazione e, se del caso,
dall’amministratore o dal funzionario che vi
abbia interesse, e che è finalizzata ad
evitare l'accumularsi di debiti fuori
bilancio, deve intervenire necessariamente
nel termine sopra indicato; in mancanza, non
può ritenersi sussistente un valido rapporto
obbligatorio tra l'Amministrazione ed il
terzo (Corte di Cassazione, Sez. III civile,
sentenza 28.09.2009 n. 20763 -
link a www.cortedicassazione.it). |
APPALTI: E’
legittima l’esclusione dell’ATI quando non
indichi le rispettive quote di
partecipazione dei concorrenti riuniti.
E’ obbligo
previsto dalla legge quello di indicare, in
caso di associazione temporanea di imprese,
le quote di partecipazione delle singole
imprese partecipanti all’associazione. Si
tratta della previsione posta dall’art. 37
comma 13 del Codice dei Contratti Pubblici e
si tratta di obbligo che si applica a tutte
le tipologie di appalti e quindi anche agli
appalti pubblici di lavori.
Poiché questo articolo stabilisce che i
concorrenti riuniti in raggruppamento
temporaneo devono eseguire le prestazioni
nella percentuale corrispondente alla quota
di partecipazione al raggruppamento, è
evidente che deve sussistere una perfetta
corrispondenza tra quota di lavori e quota
di effettiva partecipazione al
raggruppamento e che vi è la necessità che
la quota di partecipazione debba essere
stabilita e manifestata dai componenti del
raggruppamento all’atto della partecipazione
alla gara (Cons. St., V Sez., 07.05.2008, n.
2079).
Tali considerazioni evidenziamo l’importanza
dell’informazione circa le quote: si tratta
di un requisito di ammissione alla gara. Si
deve provvedere ad esso già nella domanda di
partecipazione alla gara e non in sede di
esecuzione del contratto.
L’obbligo di comunicazione delle quote non
impatta sul principio di matrice comunitaria
secondo il quale vige il divieto di imporre
alle ATI costituende forme giuridiche
determinate: difatti l’obbligo di indicare
le quote di partecipazione delle imprese
singole non configura l’esigenza di una
forma giuridica particolare in quanto
riguarda esclusivamente la distribuzione fra
le imprese dei lavori in appalto. Un tale
obbligo dunque riguarda un dato obiettivo
che non incide sulla configurazione
giuridica delle imprese associate.
Infine, la richiesta di siffatto adempimento
è in linea con il rispetto del principio di
proporzionalità, in quanto la sua esecuzione
da parte delle partecipanti permette
all’amministrazione di valutare fin
dall’inizio i requisiti dei componenti
l’associazione in relazione alla parte di
appalto di pertinenza (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it -
Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 28.09.2009 n. 5817 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Accesso
agli atti - Art. 13, comma 6, D.lgs.
163/2006 - Art. 22 e ss. L. 241/1990 -
Richiesta della documentazione tecnica degli
altri concorrenti - Tutela dei propri
interessi in sede giudiziaria - Diritto alla
riservatezza degli altri concorrenti -
Prevalenza del diritto di accesso.
Considerato che, ai sensi dell'art. 13,
comma 6, del d.lgs. n. 163/2006, è
consentito l'accesso al concorrente che lo
chieda in vista della difesa in giudizio dei
propri interessi in relazione alla procedura
di affidamento del contratto nell'ambito
della quale viene formulata la richiesta di
accesso e che, ai sensi degli artt. 22 e ss.
della legge n. 241/1990, l'accesso agli atti
è consentito al fine di tutelare un
interesse diretto, concreto ed attuale,
corrispondente ad una situazione
giuridicamente tutelata e collegata al
documento al quale è richiesto l'accesso
(considerato, inoltre, che, nella
fattispecie in questione, la ricorrente ha
richiesto l'accesso alla documentazione
tecnica delle altre partecipanti alla gara,
ed in particolar modo dell'aggiudicataria,
per controllare la rispondenza di tale
documentazione tecnica alle specifiche
richieste dalla lex specialis di
gara, al fine ultimo della tutela dei propri
interessi giuridici in sede giudiziaria), va
concluso che la ricorrente vanti un
interesse giuridicamente rilevante ad
ottenere l'accesso alla documentazione
tecnica oggetto dell'istanza in questione,
prevalendo, dunque, il diritto di accesso
della stessa sull'esigenza di riservatezza
degli altri partecipanti alla gara ed in
particolare dell'aggiudicataria (sul punto
cfr. la sentenza del medesimo Collegio n.
4730/2009, in cui il Tribunale, pur
condividendo i principi sopra enunciati, non
ha riconosciuto in capo al ricorrente
l'esistenza di un interesse giuridicamente
rilevante) (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 25.09.2009 n. 4729 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
GARA D'APPALTO - OFFERTE
ANOMALE - GIUSTIFICAZIONI PREVENTIVE A
CORREDO DELL'OFFERTA - INCOMPLETEZZA -
ESCLUSIONE DALLA GARA - ILLEGITTIMITA' -
CONTRADDITTORIO SUCCESSIVO - NECESSITA'.
In tema di offerte anomale, il
contraddittorio successivo deve consentire
alle imprese partecipanti, le cui offerte
siano sospettate di anomalia, la piena
facoltà di far valere le proprie ragioni e
di esporre i chiarimenti necessari, posto
che funzione dei giustificativi richiesti in
sede preliminare è solo quella di far avere
alla stazione appaltante una prima
indicazione relativamente alla congruità del
prezzo offerto. Ne consegue che le clausole
del bando di gara, che contemplino la
presentazione di giustificazioni a corredo
dell’offerta, costituiscono strumenti di
celerità e semplificazione del procedimento;
pertanto l’eventuale incompletezza dei
giustificativi richiesti preliminarmente non
esonera l’Amministrazione dall’espletamento
della successiva fase in contraddittorio. La
richiesta dei giustificativi,anche se
formulata dalle regole della gara ai fini
della partecipazione alla stessa,non
costituisce un elemento dell’offerta
richiesto ai fini dell’ammissione, ma un
corredo dell’offerta funzionale alla
verifica di anomalia.
La prescrizione del bando che impone la
presentazione delle giustificazioni
unitamente all’offerta al fine di accelerare
l’iter del procedimento va correlata alle
esigenze essenziali dello stesso, quali
chiarite dall’interpretazione del giudice
comunitario. L’assenza o l’incompletezza
delle giustificazioni presentate ex ante non
influisce sulla regolarità della gara perché
non altera la par condicio,né si può
ritenere che rientri nei poteri della
stazione appaltante di richiedere il
relativo adempimento a pena di esclusione.
La necessità,più volte ribadita dal giudice
comunitario,che la valutazione di anomalia
avvenga in base ad un completo
contraddittorio con l’impresa
interessata,porterebbe infatti alla
disapplicazione della prescrizione, perché
contrastante con la disciplina comunitaria.
L’Amministrazione avrebbe dunque dovuto,
considerando i giustificativi insufficienti,
procedere al riesame degli stessi in
contraddittorio con l’impresa interessata,
essendo impedito alla Amministrazione di
procedere ex abrupto all’esclusione
del concorrente per incompletezza dei
giustificativi.
In altri termini, la Commissione di gara,
prima di formulare qualsivoglia definitivo
giudizio di anomalia dell’offerta, doveva
richiedere le giustificazioni ulteriori
prescritte dai successivi art. 87 e 88 del
citato D.lgs. 163/2006 in contraddittorio
(art. 87, “quando un’offerta appaia
anormalmente bassa, la stazione appaltante
richiede all’offerente le giustificazioni,
eventualmente necessarie in aggiunta a
quelle già presentate a corredo
dell’offerta, ritenute pertinenti in merito
agli elementi costitutivi dell’offerta
medesima”) (TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 24.09.2009 n. 2186 -
link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Offerta economicamente
più vantaggiosa - Rilevanza del profilo
tecnico-qualitativo rispetto a quello
economico - Determinazione - Discrezionalità
amministrativa - Attribuzione del punteggio
numerico - Sufficienza - Sindacato del
giudice - Limiti.
Quando il criterio di aggiudicazione di un
appalto sia quello dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, rientra
nella discrezionalità della stazione
appaltante determinare la rilevanza del
profilo tecnico-qualitativo rispetto a
quello economico; in tali casi la
valutazione tecnica espressa dalla
Commissione di gara che consiste
nell’attribuzione di un semplice punteggio
numerico nell’ambito della forcella
prestabilita è idonea ad assolvere all’onere
di motivazione e non è sindacabile da parte
del giudice amministrativo, tramite
consulenza tecnica, salvo il caso in cui
presenti profili di illogicità,
irragionevolezza o travisamento (Cfr. Cons.
Stato, Sez. VI, 22.11.2006, n. 6835 e
18.12.2006, n. 7578; Sez. V, 28.12.2006, n.
8076 e 25.07.2006, n. 4657) (TAR Friuli
Venezia Giulia, Sez. I,
sentenza 24.09.2009 n. 683 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI: Cessione
del ramo d'azienda - Obbligo di produrre le
dichiarazioni di moralità riferite anche
degli amministratori dell'impresa cedente -
Non sussiste se non previsto dal bando.
Laddove il bando di gara nulla prescriva,
non sussiste in capo all'impresa cessionaria
del ramo d'azienda necessario per la
partecipazione alla gara, l'obbligo di
presentare in sede di offerta le
dichiarazioni di moralità di cui all'art.
38, co. 1, lett. c), anche relativamente
agli amministratori dell'impresa cedente
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 23.09.2009 n. 4722 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. Annullamento
dell'aggiudicazione - Risarcimento del danno
- Colpa dell'Amministrazione - Presunzione -
Scusabilità - Distribuzione dell'onere della
prova.
2. Risarcimento del danno (lucro cessante) -
Prova del quantum a carico dell'impresa.
1.
Secondo l'orientamento prevalente, al
privato non è chiesto un particolare sforzo
probatorio per dimostrare la colpa
dell'Amministrazione potendo invocare
l'illegittimità del provvedimento quale
presunzione (semplice) della colpa.
Spetterà a quel punto all'amministrazione
dimostrare che si è trattato di un errore
scusabile, configurabile in caso di
contrasti giurisprudenziali
sull'interpretazione di una norma, di
formulazione incerta di norme da poco
entrate in vigore, di rilevante complessità
del fatto, di influenza determinante di
comportamenti di altri soggetti, di
illegittimità derivante da una successiva
dichiarazione di incostituzionalità della
norma applicata (Cfr. Cons. Stato, sez. VI,
03.06.2006 n. 3981).
2.
La quantificazione del lucro cessante
(mancato utile che l'impresa avrebbe
ritratto dal contratto) per la mancata
aggiudicazione di un appalto esige la prova
rigorosa a carico dell'impresa della
percentuale di utile effettivo che essa
avrebbe conseguito se fosse risultata
aggiudicataria del contratto, desumibile in
via principale dall'esibizione dell'offerta
economica prestata in sede di gara (cfr.
Cons. Stato, sez. V, n. 1563/2005 e Cons.
Stato, sez. IV, n. 478/2003) (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 23.09.2009 n. 4721 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: R.
De Nictolis,
LE NOVITÀ DELL’ESTATE IN MATERIA DI OFFERTE
ANOMALE - Intervento al Convegno
organizzato da IGI in Roma, 23.09.2009
(link a www.osservatorioappalti.unitn.it). |
APPALTI: F.
A. Caputo,
MANCATA SPECIFICAZIONE DEI SUB-CRITERI:
IMPUGNABILITÀ IMMEDIATA? -
Intervento al Convegno organizzato da IGI in
Roma, 23.09.2009 (link a
www.osservatorioappalti.unitn.it). |
APPALTI: M.
De Vita,
LA CESSIONE DEL CREDITO ED I RIMEDI PER I
RITARDI NEI PAGAMENTI DELLA PA. ELEMENTI
NORMATIVI GIURISPRUDENZIALI E DI PRASSI
- Intervento al Convegno organizzato da IGI
in Roma, 23.09.2009 (link a
www.osservatorioappalti.unitn.it). |
APPALTI: ANNOTAZIONI
PRESSO L'OSSERVATORIO DEI CONTRATTI PUBBLICI
RELATIVI A LAVORI, SERVIZI E FORNITURE.
1.- Partecipazione e
qualificazione - Requisiti generali -
Mancanza - Esclusione - Comunicazione
all'Osservatorio dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture.
2.- Partecipazione e qualificazione -
Requisiti generali - Mancanza -
Comunicazione all'Osservatorio dei contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture - Funzione - Discrezionalità - Non
sussiste.
3.- Partecipazione e qualificazione -
Requisiti generali - Mancanza - Impugnazione
atto esclusione dalla gara - Interesse -
Sussiste.
4.- Partecipazione e qualificazione -
Requisiti generali - Mancanza - Atto di
esclusione dalla gara - Presupposto
all'iscrizione nel Casellario informatico -
Onere di impugnazione - Sussiste -
Fattispecie.
1.-
L'esclusione da una pubblica gara per
l'affidamento di appalto per dichiarazione
mendace nel corso della stessa, oltre a
determinare l'estromissione dalla gara, fa
sorgere, altresì, l'obbligo per le stazioni
appaltanti di comunicazione all'Osservatorio
dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e forniture di cui all'art. 7,
codice degli appalti, che riceve tutte le
notizie che riguardino le imprese
qualificate e le gare cui esse partecipino,
il che è condizione sufficiente per
l'attivazione del procedimento che si
conclude con l'annotazione nel Casellario
informatico dei contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture istituito presso
l'Osservatorio ai sensi del citato art. 7
co. 10; per tale ultimo aspetto, se da un
lato assume importanza fondamentale per
l'impresa conoscere le ragioni in forza
delle quali è stata disposta l'esclusione,
dall'altro è indubitabile come la stessa,
avuta contezza di ciò, se ritiene priva di
fondamento giuridico, oltre che fattuale, la
rilevata violazione, non possa fare altro
che attivare i rimedi previsti
dall'ordinamento per la rimozione degli
effetti di tale esclusione, in quanto gli
stessi non sono circoscrivibili alla sola
espulsione dalla procedura concorsuale, ma
estensibili anche agli ulteriori effetti che
l'ordinamento stesso ha previsto.
2.-
La natura dell'attività posta in essere
dall'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture in
sede di inserimento dei dati nel casellario
informatico sulla base delle segnalazioni
pervenute, è da considerarsi meramente
esecutiva, con la conseguenza che, nella
struttura della norma dell'art. 27, D.P.R.
25.01.2000 n. 34, non compete all'Autorità
una verifica preliminare dei contenuti
sostanziali delle segnalazioni, ad eccezione
della verifica di riconducibilità delle
stesse alle ipotesi tipiche elencate dalla
norma medesima ; peraltro, mancando ogni
discrezionalità in capo all'Autorità, è
escluso, altresì, l'obbligo di motivazione e
l'applicazione di istituti partecipativi
(comunicazione di avvio, contraddittorio).
3.-
Il concorrente in una gara d'appalto è
titolare di un vero e proprio interesse
sostanziale a non subire i pregiudizi
derivanti dalla segnalazione all'Autorità
per la vigilanza sui contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture ed alla
successiva annotazione nel casellario
informatico della sua esclusione, sempre che
abbia assolto l'onere di impugnare il
provvedimento di esclusione da cui sia
evincibile la ragione a supporto della
relativa adozione.
4.-
Rispetto all'accertamento ed ai contenuti
propri dell'atto di revoca, i successivi
provvedimenti dell'amministrazione
costituiscono espressione di attività
vincolata, con la conseguenza che non è
possibile indirizzare verso gli stessi
censure che logicamente andavano rivolte
verso l'atto presupposto, con conseguente
declaratoria di inammissibilità del gravame
non proposto anche avverso l'atto lesivo (la
società ricorrente, pertanto, non poteva
considerarsi esonerata dall'onere di
impugnazione dell'atto lesivo, anche al fine
di evitare l'ulteriore effetto della
annotazione nel Casellario informatico, in
base al solo fatto che la Stazione
appaltante ha ritenuto per ragioni di
opportunità, e comunque del tutto estranee
alla odierna ricorrente, di annullare la
gara, dovendo considerarsi perdurante
l'interesse ad impugnare l'esclusione,
proprio al fine di far valere le ragioni che
oggi, invece, adduce avverso i soli atti
consequenziali alla determinazione
espulsiva) (TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter,
sentenza 21.09.2009 n. 9039 -
link a
http://mondolegale.it). |
APPALTI: Violazione
delle disposizioni che disciplinano la
partecipazione alla gara - Esclusione dalla
procedura selettiva - Prescrizione espressa
- Necessità.
La violazione degli adempimenti imposti alle
imprese partecipanti ai pubblici appalti
dalla legge e dalla documentazione di gara è
causa di esclusione dalla procedura
selettiva soltanto ove tale conseguenza sia
espressamente prevista nella lex
specialis (cfr. TAR Lombardia, Milano,
sez. I, n. 5673/2008) (nella fattispecie il
Collegio ha ritenuto che l'obbligo di
presentazione in sede di offerta del
cronoprogramma, così come previsto dal
bando, non fosse assistito da una specifica
sanzione e quindi che, nel silenzio della
legge di gara, non si imponesse l'esclusione
a carico delle imprese inadempienti)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 21.09.2009 n. 4688 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
ADEMPIMENTI PER LA
PARTECIPAZIONE ALLA GARA.
1.- Bando - Legge di
gara - Eterointegrazione con le norme di
legge - Mancata produzione di un documento -
Esclusione dalla gara - Non sussiste
2.- Codice dei contratti pubblici - Limiti
alle cause di esclusione dei partecipanti -
Sussistono.
1.-
Nonostante nel nostro ordinamento viga il
principio della eterointegrazione della
legge di gara -(che nel caso di specie non
prevedeva nulla in ordine al deposito del
crono-programma delle lavorazioni unitamente
all'offerta)- ad opera delle prescrizioni
normative che impongono un determinato
adempimento (artt. 42 co. 2, D.P.R. n.
554/1999 e 73 D.P.R. n. 170/2005 secondo cui
"nei casi di appalto-concorso e di
appalto di progettazione esecutiva ed
esecuzione, il crono-programma è presentato
dall'appaltatore unitamente all'offerta"),
tale assunto, non può tuttavia essere spinto
sino al punto da teorizzare l'esclusione
dalla gara quale conseguenza del mancato
adempimento della prescrizione, per la
ragione che vige in materia, in omaggio al
canone generale del favor partecipationis,
il principio della necessaria tipicità delle
cause di esclusione e che non ogni
inadempimento alle prescrizioni di gara
comporta, per ciò stesso, tale esito
definitivo.
2.-
Il Codice dei contratti contiene
prescrizioni e modalità procedimentali la
cui violazione non sempre comporta, quale
conseguenza, l'esclusione dalla gara. Se da
un lato, quindi, la violazione degli
adempimenti di cui all'art. 38 comporta,
nella generalità dei casi, l'esclusione
dalla gara, vi sono alcuni casi nei quali,
la violazione dell'obbligo di legge non
implica una sanzione così severa, come
avviene ad esempio laddove sia violato
l'obbligo di produzione delle
giustificazioni preventive relative alle
voci di prezzo, a corredo dell'offerta
economica, prescritto dagli artt. 86 co. 5 e
87 co. 2. (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 21.09.2009 n. 4688 -
link a
http://mondolegale.it). |
APPALTI: Reati
gravi che incidono sulla moralità
professionale - Non annotati nel casellario
giudiziale - Valutazione - Discrezionalità
dell'amministrazione.
Ai sensi dell'art. 38 del d.lgs. 12.04.2006
n. 163 spetta al concorrente, nella
dichiarazione sostitutiva attestante il
possesso dei requisiti richiesti per
l'ammissione alla gara, stabilire quali
reati non annotati nel casellario giudiziale
possano incidere, per la loro gravità, sulla
sua moralità professionale.
Tuttavia, la valutazione in concreto della
rilevanza dei precedenti penali non annotati
nel casellario sotto il profilo della
effettiva incisione della "moralità
professionale" dell'imprenditore, in
assenza di parametri posti dal predetto art.
38 del Codice degli appalti pubblici, è
affidata alla discrezionalità
dell'Amministrazione appaltante in sede di
controllo e per tal via è sindacabile da
parte del Giudice amministrativo soltanto
per travisamento dei fatti ed errore nei
presupposti (massima tratta da www.solom.it
- TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 21.09.2009 n. 4687 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Falsa
dichiarazione del possesso dei requisiti
generali ex art. 38 d.lgs. n. 163/2006 -
Escussione della fideiussione provvisoria e
segnalazione all'Autorità - Legittima.
L'aver reso dichiarazioni non veritiere in
sede di gara in merito al possesso dei
requisiti di ordine generale di cui all'art.
38 del d.lgs. n. 163/2006 comporta, oltre
all'immediata esclusione dalla procedura
selettiva, anche l'escussione della cauzione
provvisoria e la segnalazione all'Autorità
di Vigilanza sui contratti pubblici da parte
dell'Amministrazione aggiudicatrice, giusta
il generale disposto dell'art. 6, co. 11,
del d.lgs. n. 163/2006 e dell'art. 27, co.
1, del D.P.R. n. 34/2000 (nella fattispecie
l'Amministrazione, successivamente
all'aggiudicazione provvisoria, aveva avuto
evidenza di pregresse irregolarità
contributive definitivamente accertate
commesse dall'impresa) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 21.09.2009 n. 4686 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: Nelle
gare conta il curriculum. Il Consiglio di
stato interpreta la giurisprudenza
comunitaria in materia di valutazione delle
offerte. Legittimo valutare elementi
soggettivi del concorrente.
In sede di valutazione delle offerte di un
appalto è legittimo valutare elementi
soggettivi del concorrente, legati ai
servizi analoghi già svolti, se essi sono
strettamente attinenti all'oggetto
dell'appalto e se consentono una valutazione
sulla qualità della prestazione che dovrà
essere fornita; l'avvalimento al 100% non è
ammesso.
È quanto afferma, interpretando la
giurisprudenza comunitaria, il Consiglio di
Stato, Sez. VI, con la
sentenza del 18.09.2009 n. 5626
rispetto ad una gara di appalto per la
valorizzazione e manutenzione di aree a
verde.
Il bando chiedeva la qualificazione Soa
nella categoria Os 24, ma precisava che
avrebbe costituito elemento valutativo
dell'offerta l'iscrizione nella categoria
«Os25: Scavi archeologici», trattandosi per
la quasi totalità di interventi sui parchi
archeologici di Roma (Palatino Foro Romano,
Terme di Diocleziano, Parco delle Tombe
Latine, Terme di Caracolla).
Per il Consiglio di Stato si trattava quindi
di valutare se la scelta
dell'amministrazione (che premia il possesso
della Os 25 in sede di valutazione delle
offerte) fosse legittima, anche alla luce
della giurisprudenza della Corte di
giustizia che ha tenuto sempre ben separate
le fasi della qualificazione alla gara e
della valutazione delle offerte, vietando
l'utilizzo di elementi soggettivi in fase di
aggiudicazione.
A tale proposito i giudici danno conto di
due orientamenti: un primo filone
che, passando attraverso una rigida
interpretazione letterale dei principi
enunciati in sede comunitaria, ritiene
illegittima ogni commistione tra elementi
propri dell'offerta e requisiti di capacità
dell'offerente; un secondo per il
quale legittimamente l'Amministrazione
appaltante può, nel bando di gara,
privilegiare le imprese che abbiano svolto
attività identiche a quella oggetto
dell'appalto, attribuendo loro uno specifico
punteggio utile ai fini dell'aggiudicazione.
In questo caso lo svolgimento di servizi
analoghi a quelli oggetto della gara può
costituire un adeguato indice rilevatore
dell'affidabilità e quindi della «qualità».
La sentenza sposa quest'ultimo orientamento
legittimando l'utilizzo di elementi di
carattere soggettivo legittimo, nella misura
in cui questi aspetti dell'attività
dell'impresa possano illuminare la qualità
dell'offerta e siano strettamente legati
all'oggetto dell'appalto. Si deve trattare,
in altre parole, di «elementi attinenti
alle imprese concorrenti che si riverberano,
senza incertezze (e purché ad essi non sia
attribuito un peso, in termini di punteggio,
preponderante) sulla qualità del servizio
oggetto della procedura evidenziale».
Ecco, allora, che lo svolgimento di servizi
analoghi (svolti nell'ambito archeologico) a
quelli oggetto della gara può costituire un
adeguato indice rilevatore dell'affidabilità
e quindi della «qualità»; altro
sarebbe se vi fosse un riferimento al
pregresso limitato ai soli aspetti
quantitativi perché si introdurre un «fattore
limitativo della concorrenza sfavorendo
l'entrata sul mercato nuovi imprenditori».
Dalla sentenza risulta quindi del tutto
legittimato l'elemento del «merito
tecnico» utilizzato nella valutazione
degli aspetti «professionali e tecnici»
dell'offerta, sia nel dpr 554/1999, sia
nello schema di regolamento del Codice.
La sentenza affronta poi anche il profilo
dell'avvalimento rispetto al merito tecnico,
affermando che «l'istituto
dell'avvalimento, quale disciplinato
dall'art. 49, dlgs n. 163 del 2006, non può
consentire la surroga assoluta nei requisiti
attinenti all'imprenditore che partecipa
alla gara”. Viceversa la ratio
dell'istituto è quella di operare, sul piano
dell'esecuzione dei lavori o del servizio,
agli effetti dell'integrazione dei requisiti
di carattere economico, finanziario, tecnico
ed organizzativo.
È quindi legittimo, dice la sentenza, che
una amministrazione, constatato che
l'avvalente possedeva ex se tutti i
requisiti partecipativi, ha escluso che si
potesse ricorrere all'avvalimento per
giovarsene sotto il profilo dell'incremento
del punteggio concernente il merito tecnico
(articolo ItaliaOggi del 25.09.2009, pag.
15). |
APPALTI:
Sulla possibilità per
l'amministrazione di disporre l'esclusione
di offerte che presentino all'evidenza
aspetti di inattendibilità.
In capo all'Amministrazione residua sempre,
a prescindere da una regola esterna dettata
da disposizioni di legge, di regolamento o
rinvenibile nel bando di gara, un margine di
discrezionalità tecnica che, nel prudente
apprezzamento della stazione appaltante, può
investire le componenti dell'offerta nella
loro serietà e congruità -in relazione
all'oggetto della gara ed alle modalità di
esecuzione del contratto- e che consente di
disporre l'esclusione di offerte che
presentino all'evidenza aspetti di
inattendibilità.
Una mancanza per dir così strutturale, in
quanto connessa all'intero svolgimento del
servizio, ben difficilmente può essere
superata attraverso una richiesta
integrativa da parte della Commissione, che
finirebbe per conculcare, per altra via, il
principio della par condicio dei
partecipanti alla procedura (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 18.09.2009 n. 5597 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla verifica
dell'anomalia dell'offerta.
L'anomalia dell'offerta impone una fase di
contraddittorio con l'impresa. In base a
tale parametro non v'è dubbio che una
esclusione dalla gara sulla sola base
dell'anomalia dell'offerta non sottoposta a
verifica in alcun modo e senza che il
concorrente abbia modo di presentare le
proprie giustificazioni si porrebbe in
evidente contrasto con le indicazioni sopra
richiamate.
Il giudizio di verifica della congruità di
un'offerta anomala ha natura globale e
sintetica sulla serietà o meno dell'offerta
nel suo insieme e costituisce espressione
paradigmatica di un potere
tecnico-discrezionale dell'amministrazione
di per sé insindacabile in sede di
legittimità, salva l'ipotesi in cui le
valutazioni siano manifestamente illogiche o
fondate su insufficiente motivazione o
affette da errori di fatto (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 18.09.2009 n. 5589 - link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Bando di gara -
Previsioni equivoche - Principio della
massima partecipazione.
In caso di previsione equivoca del bando di
gara o di difforme interpretazione non è
possibile procedere alla esclusione della
ditta che sarebbe incorsa in errore,
dovendosi invece favorire la massima
partecipazione alla gara intendendosi in tal
modo raggiunto l'obiettivo dell'interesse
pubblico che è volto a confrontarsi con la
platea quanto più vasta possibile di
soggetti economicamente idonei a rendere il
servizio richiesto.
Somministrazione di
lavoro - D.Lgs. n. 276/2003 - Lavoratore
somministrato - Procedura selettiva per
appalti pubblici - Computo entro la
consistenza organizzativa dell’imprenditore
- Fondamento.
Secondo il decreto legislativo n. 276 del
2003 la somministrazione di lavoro è posta
in essere attraverso la stipulazione di due
contratti, distinti ma collegati: il
contratto di somministrazione di lavoro
concluso tra il somministratore e
l’utilizzatore, il contratto di lavoro
concluso tra somministratore e lavoratore;
il contratto può essere sia a tempo
determinato che a tempo indeterminato.
Ora, è vero che il lavoratore in
somministrazione non è computato
nell'organico dell'utilizzatore ai fini
dell'applicazione di normativa di legge o di
contratto collettivo, fatta eccezione per
quelle relative alla materia dell'igiene e
della sicurezza sul lavoro; tuttavia il
lavoratore somministrato lavora per tutta la
durata del rapporto sotto le direttive e
nell'interesse dell'utilizzatore, ragion per
cui detti lavoratori ben potranno essere
computati ai fini della valutazione della
consistenza organizzativa dell'imprenditore
quale requisito di carattere tecnico
nell'ambito di una procedura selettiva per
appalti pubblici (cfr. circolare 22.02.2005
n. 7 del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali).
Verifica dell’anomalia
dell’offerta - Finalità.
La finalità della verifica dell'anomalia
dell'offerta è quella di evitare che offerte
troppo basse espongano l'amministrazione al
rischio di esecuzione della prestazione in
modo irregolare e qualitativamente inferiore
a quella richiesta e con modalità esecutive
in violazione di norme con la conseguenza di
far sorgere contestazioni e ricorsi.
L'amministrazione deve infatti aggiudicare
l'appalto a soggetti che abbiano presentato
offerte che, avuto riguardo alle
caratteristiche specifiche della prestazione
richiesta, risultino complessivamente
proporzionate sotto il profilo economico
all'insieme dei costi, rischi ed oneri che
l'esecuzione della prestazione comporta a
carico dell'appaltatore con l'aggiunta del
normale utile d'impresa affinché la stessa
possa rimanere sul mercato.
Occorre quindi contemperare l'interesse del
concorrente a conseguire l'aggiudicazione
formulando un'offerta competitiva con quello
della stazione appaltante ad aggiudicare al
minor costo senza rinunciare a standard
adeguati ed al rispetto dei tempi e dei
costi contrattuali.
Anomalia dell’offerta -
Elementi di possibile giustificazione -
Tipizzazione normativa - Esclusione.
La verifica di anomalia non ha per oggetto
la ricerca di specifiche e singole
inesattezze dell'offerta economica, mirando,
invece, ad accertare se l'offerta, nel suo
complesso, sia attendibile o inattendibile,
e dunque se dia o meno serio affidamento
circa la corretta esecuzione dell'appalto.
Non esiste quindi una tipizzazione normativa
"chiusa" degli elementi di possibile
giustificazione, valendo semmai un limite
logico-sistematico desumibile dalla formula
dell'articolo 87 comma l, del D. Lgs.
163/2006.
Giudizio di anomalia
-Giudizio positivo - Giudizio negativo -
Motivazione - Differenza.
La motivazione del giudizio di anomalia
dev'essere rigorosa ed analitica soltanto
nel caso di giudizio negativo, mentre, nel
caso di giudizio positivo, ovvero di
valutazione di congruità dell'offerta
anomala, non è necessario che la relativa
determinazione sia fondata su un'articolata
motivazione ripetitiva delle medesime
giustificazioni ritenute accettabili o
espressiva di ulteriori apprezzamenti, con
la conseguenza che il giudizio favorevole di
non anomalia dell'offerta non richiede
puntualità di argomentazioni, essendo
sufficiente anche una motivazione per
relationem alle stesse giustificazioni
presentate dal concorrente sottoposto al
relativo obbligo.
Commissione giudicatrice
- Natura di collegio perfetto - Supplenza -
Finalità.
La commissione giudicatrice di una gara di
appalto costituisce un collegio perfetto che
deve operare con il plenum e non con la
semplice maggioranza dei suoi componenti. La
natura di collegio perfetto non è
contraddetta dalla nomina di supplenti, ma,
anzi, ne è confermata.
Lo scopo della supplenza, nel caso di
commissioni di gara , è proprio quello, da
un lato, di garantire che il collegio possa
operare con il plenum anziché con la sola
maggioranza, in caso di impedimento di
taluno dei membri effettivi e, dall'altro
lato, che la commissione svolga le sue
operazioni con continuità e tempestività,
senza che il suo agire sia impedito o
ritardato dall'impedimento di taluno dei
suoi componenti.
Infatti, il plenum dei componenti del
collegio perfetto va riferito alla
contestuale presenza del numero di
componenti previsto e non alla necessaria
identità fisica delle persone che lo
compongono. L’istituto della supplenza,
anche ove non previsto espressamente nel
bando, deve intendersi implicito nel sistema
(TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 18.09.2009 n. 2416 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
1. GARA D'APPALTO -
CRITERIO OFFERTA ECONOMICAMENTE PIU'
VANTAGGIOSA - FORMULA MATEMATICA
ATTRIBUZIONE PUNTEGGIO VOCI PREZZO - OFFERTA
PARI A ZERO PER UNA VOCE DI PREZZO -
APPLICAZIONE FORMULA - VA DISPOSTA CON
ADATTAMENTI IDONEI A CONSENTIRNE
OPERATIVITA' - FATTISPECIE.
2. GARA D'APPALTO - OBBLIGO DI
RIDETERMINAZIONE PUNTEGGIO OFFERTA ECONOMICA
DOPO AGGIUDICAZIONE PROVVISORIA - NON
SUSSISTE - INEFFICACIA AGGIUDICAZIONE
PROVVISORIA - AGGIUDICAZIONE AL SECONDO
CLASSIFICATO - VA DISPOSTA - RAGIONI.
1.
La formula matematica prevista dal bando per
l’assegnazione del punteggio relativo alle
varie voci di prezzo va applicata, quando si
pongano delle difficoltà pratiche, secondo
un criterio di ragionevolezza volto a
salvaguardare l’interesse della p.a. senza
comportare illegittime esclusioni dalla gara
non previste dal bando; ciò in applicazione
del principio secondo cui le clausole del
bando ambigue vanno applicate in modo da
conseguire un risultato utile; in mancanza
di un’esplicita previsione del disciplinare
che sanzionasse a pena di inammissibilità la
presentazione di un’offerta pari a zero per
una delle voci, la stazione appaltante non
avrebbe potuto disporre l’esclusione
dell’offerta ovvero omettere di applicare la
formula matematica prescritta; era quindi
ragionevole, a fronte di voci di prezzo pari
a zero, applicare comunque la formula
matematica, sostituendo il prezzo zero con
un prezzo infinitesimale che consentiva
l’operatività della formula, senza snaturare
l’offerta più vantaggiosa.
2.
Nessuna norma impone di rifare il conteggio
dei punti dell’offerta economica quando la
procedura è ormai conclusa con
l’aggiudicazione provvisoria della gara;
anzi è previsto che la valutazione
dell’efficacia di quella aggiudicazione sia
subordinata a determinati accertamenti; in
caso di esito negativo, la stazione
appaltante è tenuta ad aggiudicare alla
seconda classificata e ciò per un principio
di economia degli atti e delle procedure, di
concentrazione delle operazioni di gara,
nonché per l’interesse pubblico alla
sollecita conclusione delle procedure
selettive. Soltanto ove sia il primo che il
secondo classificato risultino carenti dei
requisiti prescritti, da accertarsi nel
momento conclusivo della gara, la stazione
appaltante è tenuta a formare una nuova
graduatoria con l’esclusione dei primi due
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 17.09.2009 n. 5583 -
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APPALTI:
QUANDO LA FORMA EQUIVALE
ALLA SOSTANZA.
1. Bando -
Interpretazione - Regole formali -
Osservanza - Necessarietà - Ragioni.
2. Criteri e principi - Massima
partecipazione - Non è invocabile - Casi -
Ragioni.
1.
Allorquando la normativa di gara preveda
l'esclusione dalla procedura selettiva per
l'inosservanza di previsioni anche di
carattere solo formale, la stazione
appaltante è tenuta al rispetto delle norme
a cui si è autovincolata e che essa stessa
ha emanato sulla base di un giudizio
discrezionale d'utilità procedimentale;
peraltro il rispetto delle norme discende
dall'imperatività delle stesse (nella
specie, non era stata rispettata la
specifica formalità di apposizione del
timbro di congiunzione tra i fogli della
documentazione presentata, come stabilito
dal bando di gara che prevedeva l'esclusione
dalla procedura selettiva per l'inosservanza
di previsioni anche di carattere solo
formale) (Cons. Stato, sez. V, 19-02-2008 n.
567; Cons. Stato, sez. IV, 30-12-2006 n.
8262; TAR Campania Salerno, sez. I,
14-01-2007 n. 747; TAR Campania Salerno,
sez. I, 09-10-2008 n. 3389).
2.
Il potere d'integrazione documentale
(riconosciuta da diverse norme e, da ultimo,
dall'art. 46, D.Lgs. n. 163/2006), quando
riguardi dichiarazioni o documenti la cui
presentazione è imposta dalla lex
specialis a pena di esclusione, deve
arrestarsi se violi la par condicio dei
concorrenti e costituisca un mezzo per
supplire all'omissione del partecipante, con
l'ulteriore conseguenza che in tali ipotesi
non è invocabile il principio del favor
participationis (Cons. Stato, sez. V,
25-06-2007 n. 3645; TAR Sardegna, sez. I,
23-06-2008 n. 1253) (TAR Campania-Salerno,
Sez. II,
sentenza 17.09.2009 n. 4975 -
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APPALTI:
EQUIPOLLENZA TRA POSTA
CELERE E POSTA RACCOMANDATA.
Domanda di
partecipazione – Presentazione – Invio
mediante posta celere o posta raccomandata –
Equipollenza – Sussiste.
Sono da
considerarsi equipollenti, al fine della
partecipazione ad una procedura concorsuale,
la posta celere ed la posta raccomandata
(cfr. C.d.S. V n. 6322 del 15/10/2003):
invero al plico spedito per “pacco celere”
viene attribuito un numero che consente di
seguirne il percorso; esso, infine, viene
consegnato con modalità simili a quelle
della raccomandata per avviso di
ricevimento, di guisa che non solo rimane
una documentazione in ordine al giorno,
all’ora ed alla persona che materialmente
riceve il plico, ma é anche previsto che in
caso di assenza del destinatario l’agente
postale lasci un avviso sulla porta del
destinatario assente.
Trattasi di modalità assolutamente analoghe
a quelle che assistono l’invio tramite
raccomandata, di guisa che i due sistemi
possono considerarsi assolutamente
equivalenti.
Il partecipante alla gara deve quindi
ritenersi libero di servirsi della posta
celere indipendentemente dalla ricorrenza di
situazioni che rendano il servizio della
posta raccomandata oggettivamente
inutilizzabile (dimensioni o peso del plico,
orari di accettazione, e simili) (TAR
Puglia-Bari, Sez. II,
sentenza 17.09.2009 n. 2085 -
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LAVORI PUBBLICI:
Il risarcimento del
danno relativo all'illegittima occupazione
di aree prive di disciplina urbanistica a
seguito della decadenza del vincolo
preordinato all'esproprio non può che essere
parametrato al valore agricolo medio
dell'area.
Dall’esame della documentazione acquisita
nel corso del giudizio di primo grado (cfr.
ordinanza istruttoria nr. 248 del
25.03.2002), emerge che all’epoca
dell’illegittima occupazione i suoli in
proprietà della signora Ciferri, sulla base
del P.R.G. del Comune di Porto San Giorgio
approvato nel 1975, erano destinati a “strada
comunale”, e quindi non avevano
vocazione edificatoria: ciò rende evidente,
al di là del silenzio sul punto serbato
dalla sentenza impugnata, la insussistenza
nella specie dei requisiti per
l’applicabilità del ridetto art. 5-bis d.l.
nr. 333 del 1992.
Il dato fattuale evidenziato
dall’Amministrazione non è contestato da
parte appellata, che ad esso però
contrappone innanzi tutto il rilievo che il
vincolo espropriativo connesso alla
destinazione suindicata è scaduto per
decorrenza del termine quinquennale di
durata, e in secondo luogo la necessità di
tener conto, ai fini dell’individuazione del
“regime” dell’area, del contesto
urbanistico circostante, che nella specie è
caratterizzato da diffuse e consistenti
edificazioni.
Alla prima osservazione può replicarsi che
l’intervenuta scadenza del vincolo
espropriativo, come è noto, produce
l’effetto di rendere il suolo non
specificamente pianificato: la circostanza è
ammessa dalla stessa appellata, la quale
però argomenta dalla natura temporanea di
tale regime “ex lege”, destinato a
valere solo nelle more della formazione di
un nuovo strumento urbanistico, per
sostenere che l’inedificabilità temporanea a
esso connessa sarebbe –se ben si comprende–
superabile attraverso una qualificazione
della vocazione del suolo che tenga conto
delle sue caratteristiche oggettive.
Il rilievo così formulato non può essere
condiviso, in quanto il regime delle aree
non pianificate (già previsto dall’art. 4,
ultimo comma, della legge n. 10 del 1977,
trasfuso nel testo unico sull’edilizia),
ancorché previsto dal legislatore come
transitorio, è certamente tale da escludere
una destinazione edificatoria, circostanza
della quale non può non tenersi conto nello
stimare il valore di mercato di un suolo che
a tale regime risulti soggetto; col che si
replica anche alla seconda osservazione di
parte appellata, dal momento che nella
fattispecie non v’è questione di una
possibile “riqualificazione” della
destinazione del suolo “de quo”,
dovendosi unicamente stimarne il valore di
mercato alla data dell’occupazione ai fini
della quantificazione del danno risarcibile.
Le considerazioni che precedono (e che
tengono conto dei dati di fatto esposti
dalle parti e desumibili dalla
documentazione acquisita) inducono a
ritenere corretto l’avviso
dell’Amministrazione appellante, secondo cui
nel caso che occupa il valore dell’area
occupata va determinato escludendo il
carattere edificatorio dell’area e secondo
il criterio di cui all’art. 16 della legge
22.10.1971, nr. 865, ossia tenendo conto dei
valori agricoli medi della Regione Marche:
in questo senso va rettificata la pronuncia
impugnata con riguardo ai criteri per la
quantificazione del danno, ferme restando le
ulteriori statuizioni in essa contenute
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 15.09.2009 n. 5523 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Offerta economicamente
più vantaggiosa - Specificazione dei criteri
di valutazione - Discrezionalità
tecnico-amministrativa - Ponderazione
relativa attribuita a ciascun criterio -
Onere motivazionale - Art. 83 d.lgs. n.
163/2006.
In materia di specificazione dei criteri per
la valutazione delle offerte secondo il
criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa l’art. 83 del D.L.vo 12.04.2006
n. 163 riconosce all’Amministrazione che
indice la gara un’ampia discrezionalità
tecnico-amministrativa al fine di definire
nell’ambito della lex specialis gli
elementi di giudizio dell’offerta tecnica:
discrezionalità che non può essere oggetto
di sindacato giurisdizionale se non in
presenza di macroscopiche irrazionalità e
incongruenze (TAR Calabria, Catanzaro, Sez.
II, 29.10.2008 n. 1480).
Rimane comunque ferma la necessità che
l’Amministrazione aggiudicante predefinisca
il peso che ciascuno degli elementi di
valutazione da essa predeterminati assumerà
nel giudizio finale dell’offerta tecnica,
anche non necessariamente abbinandovi un
punteggio determinato in modo assoluto, ma
quantomeno individuando la rispettiva
incidenza che il singolo parametro avrà
rispetto agli altri e nel giudizio
complessivo: a tale obbligo corrisponde un
onere sul piano della motivazione del
giudizio della commissione di gara,
occorrendo che la stazione appaltante
chiarisca la composizione analitica della
sua valutazione per ciascuna voce, indicando
quale sia il peso specifico che il singolo
elemento ha avuto nella valutazione
dell'offerta relativa a quella voce (così
Cons. Stato, Sez. V, 27.12.2007 n. 6683).
L’art. 83, comma 2, del D.L.vo 163 del 2006
rende invero obbligatoria l’indicazione, da
parte della lex specialis di gara,
dei criteri di valutazione, precisando “la
ponderazione relativa attribuita a ciascuno
di essi, anche mediante una soglia espressa
con un valore numerico determinato in cui lo
scarto tra il punteggio della soglia e
quello massimo relativo all’elemento cui si
riferisce la soglia deve essere appropriato”
(TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 15.09.2009 n. 2404 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
A. Barbiero,
Le principali novità in materia di DUVRI e
costi per la sicurezza negli appalti in base
al d.lgs. n. 106/2009 (link a
www.albertobarbiero.net). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
TESTO UNICO IN MATERIA DI SICUREZZA SUI
LUOGHI DI LAVORO - D.LGS. 09.04.2008, N. 81
- MODIFICHE - D.LGS. 03.08.2009, N. 106.
Schema predisposto da ANCE esplicativo degli
interventi del Legislatore, apportati al
Titolo IV (link a
www.ancebrescia.it). |
APPALTI:
Le più recenti modifiche al Decreto
Legislativo n. 163/2006 (Codice dei
contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture).
D.Lgs. n. 152/2008, Legge n. 201/2008 di
conversione del D.L. n. 162/2008 e L. n.
2/2009 di conversione del D.L. n. 185/2008.
Le ultime innovazioni, oltre ad interessare
la definizione dei compensi da porre a base
d’asta per i bandi di progettazione,
riguardano in particolare l’istituto del
Project Finance il quale, di fatto, è stato
uniformato al modello utilizzato in ambito
anglosassone (link a www.centrostudicni.it). |
APPALTI:
ANCHE LE FONDAZIONI POSSONO PARTECIPARE ALLE
PROCEDURE DI GARA (link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
C. Ferro,
L’avvalimento (link a
www.diritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
G. Palliggiano, LA RIFORMA DEI SERVIZI
PUBBLICI LOCALI DI RILEVANZA ECONOMICA -
L’evoluzione legislativa della gestione dei
servizi pubblici locali dalla legge Giolitti
al Testo unico degli enti locali
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
DISCIPLINA DEI LAVORI PUBBLICI - LE VARIANTI
IN CORSO D’OPERA (link a
www.regione.piemonte.it). |
APPALTI: In
materia di contratti della pubblica
amministrazione è sufficiente che
l'adempimento formale imposto al concorrente
venga limitato al lembo della busta che
viene chiuso da chi la utilizza, con
esclusione dei lembi preincollati dal
fabbricante.
In
materia di contratti della pubblica
amministrazione, per lembo di chiusura di un
plico deve intendersi il lembo ancora
aperto, costituente l'imboccatura della
busta stessa e soggetto ad operazione di
chiusura a sé stante, che va ad aggiungersi
a quelli già chiusi dal fabbricante del
plico stesso mediante operazione di
preincollatura, sicché è sufficiente che
l'adempimento formale imposto al concorrente
venga limitato al lembo della busta che
viene chiuso da chi la utilizza, con
esclusione dei lembi preincollati dal
fabbricante (cfr. TAR Campania Napoli, sez.
I, 12.09.2008, n. 10097; TAR Molise,
01.07.2008, n. 651; TAR Valle d'Aosta Aosta,
11.07.2007, n. 91; Consiglio Stato, sez. VI,
04.06.2007, n. 2946, Sez. V, 20.09.2005 n.
4856, Sez. IV, 12.06.2002, n. 3269; TAR
Sardegna, 19.05.2003 n. 627) (TAR Emilia
Romagna-Bologna, Sez. I,
sentenza 11.09.2009 n. 1391 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla struttura bifasica
della procedura di gara e sulla necessità di
apposita motivazione sull’interesse pubblico
nel caso di annullamento o revoca
dell’aggiudicazione di una gara.
1.
Quantunque nei contratti della P.A.
l’aggiudicazione, quale atto conclusivo del
procedimento di scelta del contraente, segni
di norma il momento dell’incontro della
volontà della stessa Amministrazione di
concludere il contratto e del privato,
manifestata con l’individuazione
dell’offerta ritenuta migliore, non è
tuttavia precluso all’Amministrazione di
procedere, con atto successivo, purché
adeguatamente motivato con richiamo ad un
preciso e concreto interesse pubblico, alla
revoca d’ufficio o all’annullamento
dell’aggiudicazione, fondandosi detta
potestà di annullamento in autotutela sul
principio costituzionale di buon andamento
che impegna la P.A. ad adottare atti il più
possibile rispondenti ai fini da conseguire.
2.
E’ illegittimo il provvedimento di revoca
dell’aggiudicazione di una gara di appalto
(nella specie si trattava di un appalto del
servizio di trasporto scolastico), motivato
non già con riferimento ad elementi,
preesistenti alla procedura di gara o
sopravvenuti nelle more della stipula del
contratto riguardanti la ditta
aggiudicataria (quali per esempio la
obiettiva carenza o l’inidoneità dei mezzi
indicati per l’espletamento della gara,
ovvero la mancanza delle autorizzazioni di
legge all’esercizio del trasporto di
studenti, ovvero la sopravvenuta incapacità
finanziaria), quanto piuttosto ad un
giudizio prognostico, ma meramente
ipotetico, di incapacità dell’aggiudicataria
di espletare il servizio aggiudicato a causa
delle irregolarità ed inadempienze nel
periodo di prova.
Le eventuali inadempienze od irregolarità
nel periodo di prova, infatti, appartengono
alla fase di esecuzione del rapporto, così
che esse possono dar luogo alla risoluzione
contrattuale e non già all’esercizio di
poteri pubblicistici di revoca
dell’aggiudicazione (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez V,
sentenza 10.09.2009 n. 5427 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla natura eccezionale
della procedura negoziata senza previa
pubblicazione del bando e sulla
illegittimità del ricorso ad essa nel caso
di urgenza derivante da carenza di adeguata
organizzazione o programmazione ovvero da
mera inerzia o responsabilità della P.A..
1.
Il ricorso al sistema di scelta del
contraente mediante procedura negoziata
senza previa pubblicazione del bando,
previsto dall’art. 55, comma 2, lett. c),
del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, il quale si
sostanzia in una vera e propria trattativa
privata, rappresenta un’eccezione al
principio generale della pubblicità e della
massima concorsualità tipica della procedura
aperta, con la conseguenza che i presupposti
fissati dalla legge per la sua ammissibilità
devono essere accertati con il massimo
rigore e non sono suscettibili di
interpretazione estensiva.
2.
Ai fini di poter fare ricorso legittimamente
al sistema della procedura negoziata senza
previa pubblicazione del bando, previsto
dall’art. 55, comma 2, lett. c), del D.Lgs.
12.04.2006, n. 163, in considerazione
dell’urgenza di provvedere, occorre che tale
urgenza non sia addebitabile in alcun modo
all’Amministrazione per carenza di adeguata
organizzazione o programmazione ovvero per
sua inerzia o responsabilità (alla stregua
del principio è stato ritenuto illegittimo
il ricorso al suddetto sistema, atteso che
non erano stati indicati eventi
oggettivamente imprevedibili, risultando per
contro che il ricorso alla procedura
negoziata era addebitabile esclusivamente
alla lentezza ed alla farraginosità
dell’azione amministrativa; d’altra parte,
il riferimento alla ricorrenza del periodo
feriale e dunque ad una minore operatività
degli uffici, non costituiva fatto
imprevedibile, idoneo a legittimare
l’utilizzo di un sistema eccezionale di
scelta del contraente) (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 10.09.2009 n. 5426 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Formulazione
ambigua della lex specialis - Principio del
favor partecipationis - Più interpretazioni
possibili della disciplina di gara -
Ammissione del concorrente altrimenti
escluso.
A fronte di una ambigua formulazione della
disciplina di gara il Collegio non può che
applicare il principio del "favor
partecipationis" che impone, in presenza
di più letture, tutte ugualmente compatibili
con il dato testuale, della disciplina di
gara, di aderire a quella che garantisce il
massimo confronto concorrenziale consentendo
la partecipazione dell'impresa altrimenti
esclusa (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 10.09.2009 n. 4631 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
ONERI FORMALI PREVISTI
DA UN BANDO DI APPALTO DI LAVORI.
Appalto di lavori –
Bando – Stazione appaltante - Requisiti
richiesti – Oneri formali e sostanziali.
Nel caso in cui il bando di gara di un
appalto di lavori impone ai partecipanti, a
pena di esclusione, determinati oneri
formali deve ritenersi che la stessa
stazione appaltante ha inteso dare
prevalenza al principio di formalità
collegato alla garanzia della par condicio,
che per l'effetto non può essere superato
dall'opposto principio del favor
partecipationis, fondato su
considerazioni di carattere sostanziale
(cfr. per l’enunciazione dello stesso
principio Consiglio di Stato sent.
3690/2009, 1822/2009, 567/2008),sempre che
il possesso dei requisiti richiesti non
risulti dal complesso della documentazione
presentata dal concorrente ai fini della
partecipazione alla gara TAR Puglia-Legge,
Sez. III,
sentenza 10.09.2009 n. 2108 -
(link a http://mondolegale.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla nozione di
«concessione di servizi» ai sensi della
direttiva 2004/17/CE, che coordina le
procedure di appalto degli enti erogatori di
acqua e di energia, degli enti che
forniscono servizi di trasporto e servizi
postali.
Nel caso di un contratto avente ad oggetto
servizi, il fatto che la controparte
contrattuale non sia direttamente remunerata
dall'amministrazione aggiudicatrice, ma
abbia il diritto di riscuotere un
corrispettivo presso terzi, è sufficiente
per qualificare quel contratto come "concessione
di servizi" ai sensi dell'art. 1, n. 3,
lett. b), della direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio 31.03.2004,
2004/17/CE, che coordina le procedure di
appalto degli enti erogatori di acqua e di
energia, degli enti che forniscono servizi
di trasporto e servizi postali, dal momento
che il rischio di gestione corso
dall'amministrazione aggiudicatrice, per
quanto considerevolmente ridotto in
conseguenza della configurazione
giuspubblicistica dell'organizzazione del
servizio, è assunto dalla controparte
contrattuale a carico completo o pressoché
completo (Corte di giustizia europea, Sez.
III,
sentenza 10.09.2009 n. C-206/08 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
STIPULA DEL CONTRATTO
D'APPALTO DALL'A.T.I. COSTITUENDA.
1. Associazione
temporanea - Mandato - Con rappresentanza
-Dalle associande alla mandataria -
Necessarietà - Finalità - Stipula del
contratto post-aggiudicazione.
2. Associazione temporanea - Mancata
sottoscrizione del contratto dopo
l'aggiudicazione - Per fatto
dell'affidatario - Conseguenze.
3. Criteri e principi - Principio della
concorrenza - Rilevanza rispetto al
tradizionale interesse pubblico di carattere
economico-finanziario - Limiti.
1.
In presenza di una A.T.I. non ancora
costituita, grava su tutte le imprese
associande l'obbligo di conferire, alla
capogruppo, dopo l'intervenuta
aggiudicazione, il mandato collettivo
speciale con rappresentanza che consentirà
alla mandataria di stipulare il contratto
con la stazione appaltante, poiché
dall'adempimento, o meno, di tale obbligo da
parte delle imprese della costituenda
A.T.I., dipende la stipula del contratto.
Tale circostanza giustifica l'estensione
alle stesse della copertura del relativo
rischio (Cons. Stato, Ad. Plen., 04-10-2005
n. 8).
2.
L'articolo 75 co. 6 del Codice dei contratti
pubblici di cui al D.Lgs. 12.04.2006 n. 163,
enuncia un criterio di responsabilità per
cui, la mancata sottoscrizione del contratto
deve essersi verificata per fatto
dell'affidatario; poiché, nel caso di
aggiudicazione a favore di A.T.I.
costituenda, affidatarie sono tutte le
imprese componenti il raggruppamento, ne
deriva che la garanzia provvisoria deve
operare con riguardo ai comportamenti lesivi
posti in essere da ciascuna di esse, e non
solo a quelli della (futura) capogruppo.
3.
Il principio di concorrenza illumina oggi
l'intera materia degli appalti pubblici,
nell'ambito della quale tendenzialmente
perde rilievo anche il tradizionale
interesse pubblico di carattere
economico-finanziario, vale a dire
l'interesse ad individuare l'offerta
migliore per la p.A. sotto il profilo della
convenienza economica. La più ampia
concorrenzialità nella fase della scelta del
contraente può avere come effetto la
riduzione dei costi del contratto da
affidare ma questo non è un risultato che
necessariamente consegue all'affermazione di
quel principio; il quale pertanto, nella
contrapposizione con l'interesse
patrimoniale, finisce col prevalere.
L'art. 2 del codice dei contratti pubblici
(D.Lgs. 12.04.2006 n. 163) ha positivamente
previsto che l'affidamento dei contratti
pubblici debba avvenire nel rispetto del
principio della libera concorrenza. Tuttavia
non si può prescindere dal presupposto che
nella indicazione delle esigenze, cui far
fronte con il contratto oggetto della gara,
l'amministrazione è titolare di ampi margini
di discrezionalità. Si tratta di potere
discrezionale in senso proprio, di cui
l'amministrazione fa uso nel momento in cui
individua, e fissa nel regolamento
contrattuale oggetto della procedura di
affidamento, le prestazioni corrispondenti
ai bisogni e agli interessi curati
dall'amministrazione stessa.
Ed è appena il caso di sottolineare come,
nell'esercizio di tale potere,
l'amministrazione debba necessariamente
muovere da una situazione data, sul piano di
fatto. Di conseguenza non si può pretendere
-in nome della tutela della concorrenza- di
prescindere dalla regola fondamentale
secondo cui l'oggetto del contratto si
modula sulla scorta delle concrete esigenze
dell'amministrazione, perché ciò, oltre che
manifestamente irragionevole, sarebbe anche
contrario al principio costituzionale di
buon andamento (argomentando anche dall'art.
1, co. 1, L. n. 241/1990, che richiama il
principio dell'economicità dell'azione
amministrativa) (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 08.09.2009 n. 1471 -
link a
http://mondolegale.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla natura del
servizio pubblico di illuminazione votiva
dei cimiteri comunali.
E' illegittimo l'affidamento di un servizio
pubblico a rilevanza economica da parte di
un comune per non aver di trasmesso gli atti
all'Autorità garante della concorrenza e del
mercato al fine di acquisirne il prescritto
parere.
Il servizio pubblico di illuminazione votiva
dei cimiteri comunali è un servizio pubblico
locale a rilevanza economica e fruizione
individuale, poiché richiede che il
concessionario impieghi capitali, mezzi,
personale da destinare ad un'attività
economica rilevante in quanto suscettibile,
quanto meno potenzialmente, di produrre un
utile di gestione e, quindi, di riflettersi
sull'assetto concorrenziale del mercato di
settore. Pertanto, nella caso di specie è
viziata la delibera con cui il comune ha
affidato in toto, alla società
concessionaria, il servizio di illuminazione
votiva, richiamando l'art. 113-bis del
t.u.e.l. (d.lgs. n. 267/2000), sull'erroneo
presupposto che il servizio di cui trattasi
costituisca "servizio pubblico privo di
rilevanza economica".
Gli affidamenti in deroga disciplinati
dall'art. 23-bis, c.3, del d.l. 25.06.2008
n. 112, convertito in l. 06.08.2008 n. 133,
devono avvenire nel rispetto dei principi
della disciplina comunitaria; pertanto,
l'ente locale che intenda affidare un
servizio pubblico locale ai sensi della
suddetta disposizione, deve presentare una
richiesta di parere, corredata dalle
informazioni e dai documenti rilevanti,
all'Agcm, prima di adottare la deliberazione
di affidamento del servizio e, in ogni caso,
in tempo utile per il rilascio del
prescritto parere. In particolare, l'ente
locale deve fornire alla predetta Autorità:
una relazione contenente gli esiti delle
indagini di mercato, da cui risulti la
convenienza dell'affidamento diretto
rispetto all'esperimento di una procedura ad
evidenza pubblica; informazioni circa le
modalità con le quali sono stati resi
pubblici gli elementi di cui sopra; tutte le
indicazioni soggettive relativa all'impresa
interessata. L'autorità quindi rilascia il
parere previsto, ma in caso di incompletezza
delle informazioni può fissare un termine
per il completamento della richiesta di
parere. All'esito della procedura, l'ente
locale deve tener conto del parere
rilasciato.
Conseguentemente, nel caso di specie, è
illegittimo il provvedimento del comune che
ha stabilito la gestione diretta del
servizio di illuminazione votiva del
cimitero comunale e ha affidato la
riscossione dei proventi ad una società
interamente partecipata dal comune, in
quanto è stato adottato in violazione
dell'art. 23-bis d.l. n. 112/2008, non
essendo stato adempiuto l'obbligo di
trasmettere gli atti all'Autorità al fine di
acquisirne il prescritto parere (TAR
Toscana, Sez. I,
sentenza 08.09.2009 n. 1430 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Sui
presupposti per la configurabilità della
responsabilità precontrattuale della P.A.
(fattispecie relativa alla revoca
dell’aggiudicazione di una gara di appalto).
Ai fini della configurabilità della
responsabilità precontrattuale della P.A.
non si deve tener conto della legittimità
dell’esercizio della funzione pubblica
cristallizzato nel provvedimento
amministrativo, ma della correttezza del
contegno tenuto dall’ente pubblico durante
la fase delle trattative e della formazione
del contratto, alla luce dell’obbligo delle
parti paciscenti di comportarsi secondo
buona fede in forza di quanto stabilito
dall’art. 1337 del codice civile; tanto è
vero che l’applicabilità dell’art. 1337 c.c.
non è preclusa dall’intervenuta stipulazione
del contratto.
Con riferimento alle procedure di gara, la
responsabilità precontrattuale della P.A.
può configurarsi sia in presenza del
preventivo annullamento per illegittimità di
atti, sia nell’assodato presupposto della
loro validità ed efficacia, ed in
particolare:
a) nel caso di revoca dell’indizione della
gara e dell’aggiudicazione per esigenze di
una ampia revisione del progetto, disposta
vari anni dopo l’espletamento della gara;
b) per impossibilità di realizzare l’opera
prevista per essere mutate le condizioni
dell’intervento;
c) nel caso di annullamento d’ufficio degli
atti di gara per un vizio rilevato
dall’amministrazione solo successivamente
all’aggiudicazione definitiva o che avrebbe
potuto rilevare già all’inizio della
procedura;
d) nel caso di revoca dell’aggiudicazione, o
rifiuto a stipulare il contratto dopo
l’aggiudicazione, per mancanza dei fondi.
Non è configurabile la responsabilità
precontrattuale della stazione appaltante
che si sia motivatamente e tempestivamente
avvalsa della facoltà, prevista nel bando di
gara, di non aggiudicare l’appalto per
ragioni di pubblico interesse comportanti
variazioni agli obiettivi perseguiti; in tal
caso, infatti, all’Amministrazione non è
contestabile alcun comportamento lesivo
dell’affidamento dei partecipanti.
Tale principio, tuttavia, è applicabile nel
caso di diniego di aggiudicazione e non è
applicabile al caso di ritiro di una
precedente aggiudicazione (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 07.09.2009 n. 5245 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull’annullamento
dell’aggiudicazione di una gara a trattativa
privata in quanto la ditta aggiudicataria
era diversa da quella invitata alla
trattativa.
1.
Il nostro ordinamento prevede che vi sia un
principio di immodificabilità soggettiva dei
partecipanti alle gare pubbliche, così da
consentire all’Amministrazione la conoscenza
dei requisiti di idoneità
tecnico-organizzativa ed
economico-finanziaria dei concorrenti.
Tale principio nasce dall'esigenza di
assicurare alle Amministrazioni
aggiudicatrici un controllo preliminare dei
requisiti dei concorrenti e di impedire che
tale verifica venga vanificata o elusa con
modificazioni soggettive in corso di gara
delle imprese candidate.
2.
E’ legittima la delibera con la quale la
P.A. appaltante, dopo essersi resa conto che
la ditta cui era stata aggiudicata la gara
di appalto non corrispondeva alla ditta
destinataria dell’invito alla gara mediante
trattativa privata, ha disposto
l’annullamento dell’aggiudicazione e del
relativo contratto.
E’ irrilevante a tal fine la circostanza che
si trattava di trattativa privata, atteso
che l’Amministrazione comunque aveva
previamente selezionato le ditte da
invitare, apprezzandone i requisiti di
capacità tecnica, solidità, economica,
serietà, affidabilità e che, pertanto, non
poteva ritenersi ammessa la partecipazione
alla gara di una ditta non invitata (massima
tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 07.09.2009 n. 5224 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Gara
a trattativa privata: legittimità
dell'annullamento dell'aggiudicazione.
Si deve ritenere previsto nell'ordinamento,
in materia di gare pubbliche, il principio
di immodificabilità soggettiva dei
partecipanti così da dare conoscenza
all'Amministrazione dei requisiti di
idoneità tecnico-organizzativa ed
economico-finanziaria dei concorrenti.
Detto principio, nasce dalla esigenza di
assicurare alle amministrazioni
aggiudicatrici un controllo preliminare dei
requisiti dei concorrenti e di impedire che
tale verifica venga vanificata o elusa con
modificazioni soggettive in corso di gara
dalle imprese candidate.
Va considerato legittimo, quindi,
l'annullamento dell'aggiudicazione di una
gara, a trattativa privata, all'impresa non
invitata ma che per errore (dalla stessa
indotto, e determinatosi per il fatto che,
sia l'offerta che tutta la documentazione
relativa erano state redatte su carta
intestata ad entrambe le società) si è
ritenuta essere una di quelle invitate, che
sia oltretutto priva della necessaria
autorizzazione per lo svolgimento di una
parte del lavoro da affidare, e ciò anche in
mancanza di un'esplicita previsione, in tale
senso, nel capitolato d'appalto.
Invero, la circostanza che l'Amministrazione
abbia previamente selezionato le ditte da
invitare apprezzandone i requisiti di
capacità tecnica, solidità economica,
serietà, affidabilità, implica una
valutazione fatta a monte che comporta
logicamente la non necessità di una
previsione analoga nel capitolato; ed è,
infatti, proprio per questo che non si è
previsto, nel capitolato, per la
partecipazione, la subordinazione al
possesso di autorizzazioni logicamente
necessarie, appunto perché la verifica del
possesso dei requisiti è stata data,
pacificamente, per presupposta.
Logico, quindi, l'annullamento
dell'aggiudicazione intervenuta a favore del
soggetto diverso da quello invitato, non
conosciuto dall'Amministrazione, privo delle
necessarie autorizzazioni ministeriali, e
che abbia dichiarato di avvalersi, in
maniera peraltro parziale, delle capacità
tecniche di una terza ditta anch'essa non
conosciuta (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 07.09.2009 n. 5224 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Impugnazione degli atti
di gara - Domanda di partecipazione - Non
necessaria solo se il bando preclude in
radice la partecipazione.
Alla regola per cui per avere interesse
all'impugnazione degli atti di una gara è
necessario avervi presentato domanda di
partecipazione si deroga nel solo caso in
cui il bando sia formulato in maniera tale
da precludere in radice la partecipazione
della ricorrente (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II, sentenza 04.09.2009 n. 1586). |
APPALTI:
Regolarizzazione
documentale.
In presenza di documentazione del tutto
mancante, o fisicamente incompleta, o
assolutamente inidonea, o non corrispondente
a quella prevista (“aliud pro alio”), ovvero
ancora, in caso di mancanza delle prescritte
sottoscrizioni, non è consentita la
regolarizzazione o l’integrazione della
documentazione, atteso che, in caso
contrario, si verrebbe a realizzare una
palese violazione della par condicio
rispetto alle imprese concorrenti, che
abbiano, invece, puntualmente rispettato la
disciplina prevista dalla lex specialis.
E’ quanto statuito dal TAR Bolzano, nella
pronuncia n. 308/2009, ove si ripropone
un’interpretazione restrittiva del potere di
“regolarizzazione documentale” in
sede di gara.
L’importanza della sentenza risiede nel
fatto che l’orientamento severo, assunto
dalla giurisprudenza, viene confermato, pur
in presenza di una disposizione normativa
(art. 46, Codice dei contratti, D.Lgs. n.
163/2006), che sembrerebbe implicare
maggiori possibilità di sanatoria nei
confronti di documentazioni o dichiarazioni
irregolari.
Il Tar Bolzano, aderendo all’attuale
orientamento restrittivo, afferma che il
potere di regolarizzazione costituisce:
a) una facoltà insindacabile della stazione
appaltante;
b) il suo esercizio deve rispettare il
generale principio di par condicio;
c) non può dar luogo ad alcuna attività
integrativa;
d) deve esplicarsi entro il termine di
presentazione delle offerte;
e) deve avere a fondamento incertezze o
equivoci rinvenibili nel disciplinare di
gara;
f) può essere legittimamente esercitato solo
in presenza di vizi puramente formali o
chiaramente imputabili a errore solo
materiale, e non ad elementi essenziali
dell’offerta (commento tratto dalla
newsletter del sito
www.centrostudimarangoni.it - TRGA Trentino
Alto Adige-Bolzano, Sez. I,
sentenza 04.09.2009 n. 308 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
portata del favor partecipationis e sulla
possibilità di integrazione.
1.
Il favor partecipationis ed il c.d.
dovere di soccorso recedono a fronte di una
specifica disposizione della legge di gara
che prevede un adempimento a pena di
esclusione, dovendo in tal caso far
prevalere il diritto alla parità di
trattamento; in particolare, va disposta
l’esclusione dalla gara di una ditta che ha
prestato una cauzione provvisoria d’importo
inferiore a quello previsto dal bando a pena
di esclusione, non essendo consentito in
tale ipotesi alla stazione appaltante
formulare una richiesta di integrazione
della documentazione, trattandosi di
adempimento univocamente previsto dal bando
con espressa comminatoria.
2.
L'esclusione dalla gara dell'aggiudicataria
provvisoria in conseguenza della verifica
del possesso dei requisiti autocertificati
non deve essere preceduta dalla
comunicazione di avvio del procedimento,
atteso che tale verifica rientra
nell'unitario procedimento di gara già in
corso e del quale i partecipanti sono già a
conoscenza (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 03.09.2009 n. 5171 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE GESTIONALI - LAVORI PUBBLICI: Pf,
l'ok spetta ai dirigenti. La giunta decide
l'inserimento in programmazione. Il Cds:
negli enti pubblici la valutazione delle
proposte è di competenza dirigenziale.
Nel project financing
l'unica fase di natura «politica», rimessa
al consiglio comunale, è quella attinente
all'inserimento in programmazione degli
interventi; la successiva fase di
valutazione delle proposte è di competenza
dirigenziale e non della giunta trattandosi
di valutazioni tecniche e di attività
gestionale.
Lo afferma il Consiglio di Stato, Sez. V,
con la
sentenza 01.09.2009 n. 5136 che
riforma una pronuncia del Tar Toscana; in
primo grado era stato accolto un ricorso
contro il provvedimento dirigenziale di non
accoglimento di una proposta di «project
financing», con la motivazione che il
provvedimento era stato emanato da un
dirigente comunale e non dalla giunta
municipale.
I giudici di palazzo Spada bocciano la
decisione del Tar affermando che «la
valutazione in ordine alla congruità del
progetto presentato era (e non poteva che
essere) del dirigente preposto all'apposito
settore».
La sentenza giunge a questa conclusione
esaminando i passaggi della procedura
delineata dalle normativa sulla finanza di
progetto nel Codice dei contratti pubblici,
anche con riferimento alle modifiche del
terzo decreto correttivo del settembre 2008.
Dalla lettura di queste norme il Consiglio
di stato ricava che la scelta di natura «politica»
avviene nella fase in cui l'ente pubblico
individua, nell'ambito del programma
triennale dei lavori, di competenza del
consiglio comunale, gli interventi da
finanziare mediante l'apporto dei privati.
A questa fase «politica» segue poi
una fase procedimentale caratterizzata da
più momenti: presentazione di un progetto
completo, sua valutazione, inserimento a
base d'asta, selezione successiva e infine
aggiudicazione della concessione e di
esercizio al promotore finanziario
prescelto.
Questa seconda fase (articolata ma ritenuta
in altre pronunce dello stesso Consiglio di
stato comunque «unitaria») viene
considerata dai giudici come «attività di
gestione, vale a dire attività di
valutazione tecnica consequenziale a quella
scelta che, coerentemente e necessariamente,
ai sensi del decreto legislativo n. 267 del
2000, è nella esclusiva competenza dei
dirigenti».
In questa seconda fase la competenza, tranne
eccezioni contenute negli statuti comunali o
in norme specifiche, è quindi del dirigente
e non della giunta che, invece, ha una
competenza residuale: è titolare di tutte
quelle attività che non sono attribuite alla
competenza di altri organi, tra cui i
dirigenti (articolo
ItaliaOggi del 11.08.2010, pag. 28
- link a www.corteconti.it). |
agosto 2009 |
|
APPALTI:
Sul divieto di
commistione fra i criteri soggettivi di
pre-qualificazione e quelli oggettivi
afferenti alla valutazione dell’offerta.
1.
Costituisce principio generale regolatore
delle gare pubbliche il divieto di
commistione fra i criteri soggettivi di
pre-qualificazione e quelli oggettivi
afferenti alla valutazione dell’offerta ai
fini dell’aggiudicazione.
Tale principio, che affonda le sue radici
nell’esigenza di aprire il mercato premiando
le offerte più competitive ove presentate da
imprese comunque affidabili, unitamente al
canone di par condicio che osta ad
asimmetrie pregiudiziali di tipo meramente
soggettivo, trova il suo sostanziale
supporto logico nel bisogno di tenere
separati i requisiti richiesti per la
partecipazione alla gara da quelli che
invece attengono all'offerta e
all'aggiudicazione.
2.
E’ illegittimo un bando di gara di appalto,
da aggiudicare con il sistema dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, nella parte
in cui ha attribuito rilevanza, in sede di
assegnazione del punteggio, ai requisiti
soggettivi in sé considerati, ossia avulsi
dalla valutazione dell’incidenza
dell’organizzazione sullo specifico
espletamento del servizio da aggiudicare
(nella specie si attribuiva rilievo al
possesso di certificazioni di qualità ed
all’attività di intermediazione svolta negli
ultimi tre anni, ossia ad aspetti che non
attengono all’organizzazione specifica
concreta bensì alle qualità soggettive
astratte).
--------------------------------
Secondo il Giudice amministrativo il filo
che separa il canone oggettivo di
valutazione dell’offerta ed il requisito
soggettivo del competitore è particolarmente
sottile, stante la potenziale idoneità dei
profili di organizzazione soggettiva a
riverberarsi sull’affidabilità e
sull’efficienza dell’offerta e, quindi,
della prestazione.
Tale commistione apparentemente
inestricabile, che rende in concreto non
pertinente il principio astratto fin qui
enucleato, viene tuttavia in rilievo quante
volte la lex specialis valorizzi non già i
requisiti soggettivi in sé intesi bensì quei
profili soggettivi diretti a riverberarsi in
modo specifico sull’espletamento
dell’attività appaltata, con riferimento
precipuo alle caratteristiche del personale
e delle attrezzature da adibire alle
prestazioni interessate dell’appalto
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 28.08.2009 n. 5105 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
necessità, ai fini della dimostrazione del
requisito della moralità professionale
dell’impresa, di dichiarare anche le
condanne non menzionate nel casellario
giudiziale, le sentenze patteggiate e le
condanne per reati puniti con la sola pena
pecuniaria.
Il Consiglio di Stato ha di recente espresso
in materia la condivisibile opinione che
l'esistenza di false dichiarazioni sul
possesso dei requisiti, quali la mancata
dichiarazione di sentenze penali di
condanna, si configura come causa autonoma
di esclusione dalla gara (Consiglio Stato,
Sez. V, 12.04.2007, n. 1723; in termini,
anche Consiglio di Stato, Sez. V,
06.06.2002, n. 3183) perché la valutazione
circa la sussistenza del requisito della
moralità professionale spetta alla stazione
appaltante e non al concorrente, sicché
quest'ultimo non ha il potere di anticipare
tale giudizio omettendo nella sua
dichiarazione dati penalmente rilevanti
(Consiglio Stato, sez. V, 06.12.2007, n.
6221).
Le considerazioni in precedenza svolte e la
circostanza che art. 38, II c., del D.Lgs.
n. 163 del 2006 stabilisce che il
concorrente deve attestare il possesso dei
requisiti mediante dichiarazione sostitutiva
in cui deve indicare anche le eventuali
condanne per le quali abbia beneficiato
della non menzione, comportano che non può
essere condiviso il minoritario orientamento
giurisprudenziale (Cons. Stato, Sez. V,
08.09.2008, n. 4244), peraltro relativo alla
precedente normativa al riguardo, secondo
cui "il partecipante alla gara può
operare un giudizio di rilevanza sulle
condanne subite e ritenere che i relativi
fatti non incidano sulla moralità
professionale, senza incorrere nella
sanzione della esclusione per dichiarazione
non veritiera perché il difetto del
requisito della moralità professionale non
concerne tutti i reati commessi
dall'imprenditore indipendentemente dal tipo
e dalla gravità del reato commesso, ma solo
quelli che siano in grado di incidere in
concreto sull'interesse collettivo alla
realizzazione dell'opera pubblica”.
Esattamente in termini è la sentenza nella
quale si sostiene che “anche le sentenze
di condanna con il beneficio della non
menzione nel certificato del Casellario
giudiziale potrebbero incidere sulla
moralità professionale e costituire ostacolo
all'ammissione ad un procedimento di
evidenza pubblica, sicché i concorrenti ad
una gara di pubblico appalto devono
attestare con apposita autodichiarazione,
oltre alla mancanza delle sentenze di
condanna definitiva che vengono indicate nel
certificato del Casellario giudiziale a
richiesta dei privati anche l'assenza di
sentenze definitive di condanna con il
beneficio della non menzione, l'assenza di
sentenze patteggiate (per le quali non è
stata ottenuta l'amnistia, la riabilitazione
o l'estinzione e artt. 167 o 445 c.p.p. per
decorso del tempo senza aver commesso un
altro reato) e l'assenza di reati puniti con
la sola pena pecuniaria, atteso che deve
essere consentita all'Amministrazione
appaltante la possibilità di effettuare una
valutazione anche della rilevanza di tali
condanne sull'affidabilità morale e
professionale di ogni partecipante per reati
che incidono sulla moralità professionale, e
l’omissione va equiparata alla stregua di
una falsa dichiarazione, che ai sensi
dell'art. 17 comma 1, lett. m), d.P.R
25.01.2000 n. 34 e va sanzionata con
l'esclusione dalla gara” (TAR Basilicata
Potenza, sez. I, 27.06.2008, n. 344).
Va, inoltre, osservato che
l'autodichiarazione sul possesso di propri
requisiti non è una generica attestazione «de
scientia», ma una dichiarazione «de
veritate» su ciò che si dice e su ciò
che si afferma possedere (TAR Lazio Roma,
sez. III, 10.10.2007, n. 9925) con la
conseguenza che ove le affermazioni in essa
contenute, siano contrarie alla verità dei
fatti dichiarati, l’autodichiarazione oltre
a poter essere rilevante su altri piani mina
il rapporto di fiducia che deve intercorrere
tra stazione appaltante ed aggiudicatario
(TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater,
sentenza 27.08.2009 n. 8304 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sul servizio di
distribuzione del gas naturale: affidamento
preceduto da gara, perseguimento di una
pluralità di nuovi interessi pubblici,
destinazione dei beni ad un servizio
pubblico, subentro del nuovo affidatario nei
rapporti in corso.
Nell'attuale sistema normativo che vieta la
gestione diretta del servizio di
distribuzione del gas naturale, il passaggio
ai nuovi affidamenti preceduti da gara è un
obiettivo che l'art. 15 del d.lvo 164/2000,
persegue in vista di una pluralità di nuovi
interessi pubblici a cui è stato dato
rilievo, ossia nell'interesse del mercato
(liberalizzazione), dei comuni (maggiori
canoni annui) e degli utenti (migliore
qualità del servizio e contenimento dei
prezzi). In proposito si è ad esempio
ritenuto che la facoltà di ritenzione degli
impianti prevista contrattualmente sotto il
vecchio regime sia cedevole nei confronti
degli interessi tutelati dalla normativa.
L'esistenza di una controversia tra il
comune e il gestore uscente per la
definizione del quantum dovuto non modifica
la situazione: se una controversia sulla
quantificazione del rimborso potesse
mantenere nel possesso il gestore uscente si
realizzerebbe un prolungamento del rapporto
concessorio (ed anche del nuovo periodo
transitorio introdotto) per un arco
temporale del tutto incerto ed
esclusivamente per volontà di una delle
parti, senza oggettive ragioni di interesse
pubblico. Peraltro, una volta riconosciuta
la legittimità del riscatto e delle
operazioni di gara per l'individuazione del
nuovo gestore, l'acquisizione della
disponibilità dell'impianto costituisce atto
consequenziale e dovuto
dell'amministrazione, che è tenuta a
consegnare l'intero apparato al nuovo
gestore.
In ragione della destinazione dei beni ad un
servizio pubblico, non vi è dubbio che il
comune può adottare l'ordine di rilascio
degli impianti in presenza dei presupposti
necessari per esercitare tale potere: nella
specie l'intimazione a consegnare è stato
emanata in forza delle disposizioni di cui
agli artt. 822 e ss. c.c. che, come
riconosciuto dalla giurisprudenza,
costituisce uno strumento alternativo di
tutela rispetto ai mezzi ordinari di difesa,
oltre che del diritto di proprietà, anche
delle situazioni di possesso (ovvero di
detenzione "qualificata").
L'assoggettabilità degli impianti di
distribuzione del gas al regime di
autotutela previsto dall'art. 823 c.c. è
confermato dall'art. 826, c. 3, secondo cui
"fanno parte del patrimonio
indisponibile...gli altri beni destinati a
un pubblico servizio".
Sulla questione del passaggio del personale
nella transizione dalla vecchia gestione a
quella nuova, si è già osservato che, il
subentro del nuovo affidatario nei rapporti
in corso è limitato ai casi previsti
dall'art. 14 c. 8 del d.lvo 164/2000. Non è
coerente con la normativa di settore, e
neppure ragionevole, che il gestore
subentrante si accolli obbligazioni
estremamente onerose come quelle relative al
personale del gestore uscente. Il peso che
ne deriverebbe costituisce un ostacolo alla
concorrenza, in quanto disincentiverebbe la
partecipazione alle gare a beneficio del
gestore uscente, per il quale non vi sarebbe
alcun aggravio nei costi organizzativi
essendo il personale già alle proprie
dipendenze. Peraltro, la disciplina dettata
dall'art. 3 del D.P.R. 902/1986 -che prevede
il passaggio alle dipendenze dei Comuni del
personale delle Società concessionarie- è
riferita all'ipotesi in cui la concessione
sia sostituita dall'assunzione diretta del
servizio da parte degli Enti locali, mentre
quando l'assunzione diretta è vietata (come
nel settore della distribuzione del gas) e
ad un soggetto economico ne subentra un
altro scelto tramite gara la situazione è
radicalmente diversa, perché ogni
imprenditore ha una propria organizzazione e
ne dispone in piena autonomia (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 24.08.2009 n. 1564 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
LIBERALIZZAZIONE DEL
SERVIZIO DI DISTRIBUZIONE DEL GAS NATURALE.
1- Appalto pubblico –
Criteri e principi - Impianti per
l’erogazione del servizio di distribuzione
del gas naturale – Liberalizzazione –
Affidamenti – Operazioni di gara per
l’individuazione del nuovo gestore –
Consegna dell’apparato.
2- Appalto pubblico – Criteri e principi -
Impianti per l’erogazione del servizio di
distribuzione del gas naturale - Subentro
del nuovo affidatario nei rapporti in corso
- Assunzione diretta del servizio -
Passaggio del personale – Divieto –
Legittimità – Sussiste – Ratio.
1-
Nell’attuale sistema normativo, che vieta la
gestione diretta, il passaggio ai nuovi
affidamenti degli impianti per l’erogazione
del servizio di distribuzione del gas
naturale preceduti da gara è un obiettivo
che l’articolo 15 del decreto legislativo
164/2000 persegue in vista di una pluralità
di nuovi interessi pubblici a cui è stato
dato rilievo, ossia nell’interesse del
mercato (liberalizzazione), dei Comuni
(maggiori canoni annui) e degli utenti
(migliore qualità del servizio e
contenimento dei prezzi).
In proposito si è ad esempio ritenuto che la
facoltà di ritenzione degli impianti
prevista contrattualmente sotto il vecchio
regime sia cedevole nei confronti degli
interessi tutelati dalla normativa
sopravvenuta (TAR Lombardia-Brescia,
16.06.2008 n. 662; 10.02.2006 n. 183).
L’esistenza di una controversia tra il
Comune e il gestore uscente per la
definizione del quantum dovuto non modifica
la situazione: se una controversia sulla
quantificazione del rimborso potesse
mantenere nel possesso il gestore uscente si
realizzerebbe un prolungamento del rapporto
concessorio (ed anche del nuovo periodo
transitorio introdotto) per un arco
temporale del tutto incerto ed
esclusivamente per volontà di una delle
parti, senza oggettive ragioni di interesse
pubblico (TAR Lombardia-Brescia 662/2006
citata).
Peraltro val la pena di soggiungere che –una
volta riconosciuta la legittimità del
riscatto e delle operazioni di gara per
l’individuazione del nuovo gestore–
l’acquisizione della disponibilità
dell’impianto costituisce atto
consequenziale e dovuto
dell’amministrazione, che è tenuta a
consegnare l’intero apparato al nuovo
gestore.
2-
A seguito del subentro del nuovo affidatario
nei rapporti in corso di impianti per
l’erogazione del servizio di distribuzione
del gas naturale il passaggio del personale
nella transizione dalla vecchia gestione a
quella nuova è limitato ai casi previsti
dall’articolo 14, comma 8, del decreto
legislativo 164/2000.
Non risulta coerente con la normativa di
settore, e neppure ragionevole, che il
gestore subentrante si accolli obbligazioni
estremamente onerose come quelle relative al
personale del gestore uscente. Il peso che
ne deriverebbe costituisce un ostacolo alla
concorrenza, in quanto disincentiverebbe la
partecipazione alle gare a beneficio del
gestore uscente, per il quale non vi sarebbe
alcun aggravio nei costi organizzativi
essendo il personale già alle proprie
dipendenze (TAR Lombardia-Brescia, sentenza
29.03.2005 n. 205).
Peraltro la disciplina dettata dall’articolo
3 del D.P.R. 902/1986 –che prevede il
passaggio alle dipendenze dei Comuni del
personale delle Società concessionarie– è
riferita all’ipotesi in cui la concessione
sia sostituita dall’assunzione diretta del
servizio da parte degli Enti locali, mentre
quando l’assunzione diretta è vietata (come
nel settore della distribuzione del gas) e
ad un soggetto economico ne subentra un
altro scelto tramite gara la situazione è
radicalmente diversa, perché ogni
imprenditore ha una propria organizzazione e
ne dispone in piena autonomia (TAR
Lombardia-Brescia, 05.04.2007 n. 361;
12.06.2009 n. 1221) (TAR Lombardia-Brescia,
Sez. II,
sentenza 24.08.2009 n. 1564 -
link a
http://mondolegale.it). |
APPALTI: G.U.
22.08.2009 n. 194 "Determinazione per il
periodo 01.01.2009-31.12.2009, delle misura
del tasso di interesse di mora da applicare
ai sensi e per gli effetti dell’art. 133 del
Codice dei contratti pubblici di lavoro,
servizi, forniture, approvato con decreto
legislativo 12.04.2006 n. 163" (D.M.
04.08.2009). |
APPALTI:
Sul presupposto della
colpa della P.A. necessario per riconoscere
il risarcimento dei danni, nel caso di
violazione delle regole partecipative di cui
agli artt. 7 e segg. della L. n. 241 del
1990 e sulla quantificazione del danno nel
caso di illegittima aggiudicazione di una
gara di appalto.
1.
L’omesso rispetto delle regole partecipative
di cui agli artt. 7 e segg. della legge n.
241 del 1990, anche alla luce del principio
comunitario di tutela del legittimo
affidamento (cd. legittimate expectation),
integra gli estremi dell’errore qualificato
e caratterizzato, e, in definitiva,
sostanzia la nozione normativa di "colpa"
che viene in rilievo ai fini del
risarcimento dei danni prodotti dalla P.A.
per lesione di interessi legittimi.
2.
Nel caso di illegittima aggiudicazione di
una gara di appalto di lavori pubblici
(nella specie si trattava di lavori
stradali), aggiudicazione alla quale la
ricorrente vittoriosa avrebbe avuto diritto,
appare equo quantificare il danno, in
ossequio ad una consolidata giurisprudenza
del Consiglio di Stato e in considerazione
delle caratteristiche dell’appalto, nella
misura del 10% dell’offerta economica
presentata dalla parte ricorrente.
Su detta somma andranno computati gli
interessi legali dalla data di pubblicazione
della decisione fino al soddisfo (massima
tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 21.08.2009 n. 5004 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
CODICE DEGLI APPALTI PUBBLICI - D.LGS.
163/2006 - TESTO COORDINATO CON LE MODIFICHE
APPORTATE DALLE LEGGI 94 E 102 DEL 2009:
1) MODIFICHE ALLE PROCEDURE DI PRESENTAZIONE
E VALUTAZIONE DELLE GIUSTIFICAZIONI A
CORREDO DELL’OFFERTA;
2) NUOVA CAUSA DI ESCLUSIONE DAI PUBBLICI
APPALTI (link a www.ancebrescia.it). |
APPALTI:
GARA D'APPALTO - OFFERTE
ANOMALE - VERIFICA ANOMALIA - FINALITA' -
ACCERTAMENTO ATTENDIBILITA' OFFERTA NEL SUO
COMPLESSO.
Secondo consolidata giurisprudenza,
essenziale nel giudizio di anomalia è la
verifica finale della
affidabilità/inaffidabilità dell’offerta nel
suo complesso, al di là di singole
inesattezze, verifica che deve essere scevra
da formalismi di sorta (massima consolidata:
<<la verifica di anomalia non ha per
oggetto la ricerca di specifiche e singole
inesattezze dell’offerta economica, mirando,
invece, ad accertare se l’offerta, nel suo
complesso, sia attendibile o inattendibile,
e dunque se dia o meno serio affidamento
circa la corretta esecuzione dell’appalto>>)
(Cons. St., sez. VI, 11.12.2001 n. 6217;
Cons. St., sez. V, 29.07.2003 n. 4323; Cons.
St., sez. VI, 20.04.2009 n. 2384) (Consiglio
di Stato, Sez. VI,
sentenza 11.08.2009 n. 4934 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
1. GARA D'APPALTO -
COLLEGAMENTO SOSTANZIALE TRA IMPRESE -
DISCIPLINA EX ART. 34, C. 2, DLGS. 163/2006
- FINALITA' - INDIVIDUAZIONE - OPERATIVITA'
DELLA PRESUNZIONE - DEVE ESSERE VALUTATA
CONSIDERANDO I SINGOLI ELEMENTI RISCONTRATI
DALLA COMMISSIONE DI GARA NELLA LORO VALENZA
COMPLESSIVA.
2. GARA D'APPALTO - COLLEGAMENTO SOSTANZIALE
TRA IMPRESE - PRESENZA DI SERIE DI INIZI
UNIVOCI E CONCORDANTI - SUSSISTENZA -
FATTISPECIE.
1.
Il comma 2 dell’art. 34 del D. L.vo n.
163/2006, prescrive che "le stazioni
appaltanti escludono altresì dalla gara i
concorrenti per i quali accertano che le
relative offerte sono imputabili ad un unico
centro decisionale, sulla base di univoci
elementi".
La norma, ispirata dall’esigenza di tutelare
la corretta esplicazione del confronto
concorrenziale, non richiede l’accertamento
di fatti dotati, di per sé, di sicura
valenza probatoria, così come non fornisce
alcuna analitica elencazione degli elementi
cui ancorare il giudizio in ordine alla
sussistenza della situazione preclusiva in
essa contemplata.
Il legislatore, come evidenzia la
formulazione del precetto, ha demandato
all’apprezzamento dell’interprete la
specificazione, nel concreto, delle
circostanze suscettibili di esplicare una
portata indiziante limitandosi ad esigere
unicamente la ricostruzione di un contesto
fattuale caratterizzato da elementi gravi,
precisi e concordanti tali da ingenerare,
secondo l’id quod plerumque accidit
un pericolo per il rispetto dei principi di
segretezza, serietà ed indipendenza delle
offerte (TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n.
2931/2006).
L’operatività della presunzione deve essere
valutata considerando i singoli elementi
riscontrati dalla Commissione di gara nella
loro valenza complessiva (Cons. Stato, Sez.
IV, 19.09.2007, n. 4835).
2.
E' legittima l'esclusione per collegamento
sostanziale tra due imprese in presenza dei
seguenti indizi univoci e concordanti:
a) le buste contenenti le offerte e la
documentazione di gara erano state
consegnate alla medesima ora dello stesso
giorno;
b) le buste riportavano la medesima
etichettatura;
c) vi era una identità dell’impostazione
grafica delle dichiarazioni e della
documentazione;
d) il bollettino di versamento del
contributo all’Autorità di Vigilanza era
stato compilato con identiche modalità e
grafia ed il suo pagamento era stato
effettuato presso lo stesso ufficio postale,
il medesimo giorno e con numerazione
immediatamente progressiva;
e) il titolare di una impresa era il padre
del titolare dell’altra;
f) vi era coincidenza del numero del fax
indicato nelle domande di partecipazione;
g) l’attestazione SOA era stata rilasciata
dalla medesima società;
h) la polizza fideiussoria di entrambe le
imprese era stata rilasciata dalla stessa
agenzia.
Nella fattispecie in esame,
l’Amministrazione, ha rilevato una pluralità
di elementi di fatto certi ed incontestati,
nessuno dei quali di per sé idoneo a
supportare con certezza le conclusioni
raggiunte dalla Commissione di gara, ma
tali, nel loro insieme, da soddisfare
pienamente il dettato normativo.
Ricorrono, pertanto, in relazione al quadro
indiziario prospettato, i caratteri della
gravità, precisione e concordanza stante la
correttezza del processo logico deduttivo
posto in essere dalla stazione appaltante
che pone in una situazione di complessiva
coerenza le conclusioni cui è pervenuta con
le premesse fattuali accertate.
Che gli specifici elementi posti a
fondamento del provvedimento di esclusione
esplichino una portata indiziante, oltre che
conforme al costante orientamento della
Sezione (TAR Milano, Sez. I, 07.05.2008, n.
1356 e 08.05.2008, n. 1412), è pacificamente
riconosciuto dalla più recente
giurisprudenza del Consiglio di Stato che,
in presenza di elementi di fatto analoghi a
quelli evidenziati nel provvedimento oggetto
del presente giudizio, è pervenuta alle
medesime conclusioni rilevando come "gli
indizi posti in luce dalla commissione nel
caso in trattazione depongano
univocamente…per la riconducibilità delle
due imprese ad un unico centro decisionale
e, di qui, ad una reciproca conoscibilità
delle offerte…" (Cons. Stato, Sez. V,
06.04.2009 n. 2139) (TAR Lombardia-Milano,
Sez. I,
sentenza 10.08.2009 n. 4578 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI: Raggruppamento
temporaneo costituendo - Non costituisce
centro di imputazione distinto dalle singole
imprese - Art. 75 D.lgs. 163/2006 - Il
termine offerente si riferisce alle singole
imprese - Necessità che la cauzione
provvisoria sia intestata a tutte le singole
imprese.
Non v'è dubbio che, in presenza di un
raggruppamento non ancora costituito, non
esista un soggetto distinto dalle singole
imprese suscettibile di essere individuato
quale centro di imputazione delle situazioni
giuridiche connesse all'assunzione della
qualità di concorrente.
Ne deriva che utilizzando la terminologia
dell'art. 75 del D.lgs. 163/2006, "offerente",
sino alla costituzione del raggruppamento,
non possono che essere le singole imprese,
future mandataria e mandante, con
conseguente necessità di riferire a tutte
loro ogni singolo adempimento che la legge o
la disciplina di gara riferiscono a detta
figura.
Ciò comporta che come la giurisprudenza ha
avuto modo di precisare, la cauzione
provvisoria dovesse necessariamente essere
intestata ad entrambe le componenti del
costituendo raggruppamento essendo, gli
eventuali inadempimenti agli obblighi
connessi alla partecipazione alla gara, ed
in vista dei quali la garanzia viene
richiesta, potenzialmente ascrivibili ad
ogni singolo soggetto (nel caso di specie la
cauzione provvisoria presentata dalle
ricorrenti era intestata alla sola futura
mandataria e non anche alla futura mandante)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 10.08.2009 n. 4568 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla portata della
dichiarazione dell’insussistenza delle cause
di esclusione previste dall’art. 38 del
d.lgs. n. 163/2006.
1.
Nel caso in cui il bando non si limiti a
chiedere una generica dichiarazione di
insussistenza delle cause di esclusione di
cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, ma
specifichi che vanno dichiarate tutte le
condanne penali, o tutte le violazioni
contributive, si richiede una dichiarazione
dal contenuto più ampio e più puntuale
rispetto a quanto prescritto dall’art. 38
del Codice, all’evidente fine di riservare
alla stazione appaltante la valutazione di
gravità o meno dell’illecito, al fine
dell’esclusione.
In siffatta ipotesi, la causa di esclusione
non è solo quella, sostanziale, dell’essere
stata commessa una grave violazione, ma
anche quella, formale, di aver omesso una
dichiarazione prescritta dal bando.
2.
Nel caso in cui il bando di gara richieda
una dichiarazione da cui risulti "l’insussistenza,
ai sensi dell’art. 38, c. 1, del d.lgs.
163/2006, di una delle cause di esclusione
dalle gare di appalto", non costituisce
di per sé dichiarazione falsa, e non dà
luogo ad autonoma causa di esclusione, la
omessa menzione di condanne penali non gravi
e la omessa menzione di violazioni
contributive che non sono gravi o non sono
state definitivamente accertate, atteso che,
nell’ipotesi in questione, il bando, per
come è formulato, non impone di dichiarare
qualsivoglia condanna penale o violazione
contributiva, tenuto conto peraltro del
fatto che le cause di esclusione dalle gare
sono da ritenere tassative, e che va
applicato il principio di massima
partecipazione alle gare (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 04.08.2009 n. 4906 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Laddove
il bando richiede genericamente una
dichiarazione di insussistenza delle cause
di esclusione dell’art. 38, del codice dei
contratti, esso giustifica una valutazione
di gravità/non gravità compiuta dal
concorrente, sicché il concorrente non può
essere escluso per il solo fatto
dell’omissione formale, cioè di non aver
dichiarato tutte le condanne penali o tutte
le violazioni contributive; andrà escluso
solo ove la stazione appaltante ritenga che
le condanne o le violazioni contributive
siano gravi e definitivamente accertate.
Diverso discorso deve essere fatto quando il
bando sia più preciso, e non si limiti a
chiedere una generica dichiarazione di
insussistenza delle cause di esclusione di
cui all’art. 38, codice, ma specifichi che
vanno dichiarate tutte le condanne penali, o
tutte le violazioni contributive: in tal
caso, il bando esige una dichiarazione dal
contenuto più ampio e più puntuale rispetto
a quanto prescritto dall’art. 38 codice,
all’evidente fine di riservare alla stazione
appaltante la valutazione di gravità o meno
dell’illecito, al fine dell’esclusione. In
siffatta ipotesi, la causa di esclusione non
è solo quella, sostanziale, dell’essere
stata commessa una grave violazione, ma
anche quella, formale, di aver omesso una
dichiarazione prescritta dal bando.
L’art. 38,
d.lgs. n. 163/2006 menziona i c.d. requisiti
di ordine morale, aventi carattere generale,
nel senso che devono essere posseduti da
tutti i concorrenti in qualsivoglia gara di
appalto.
Essi differiscono dai requisiti c.d.
speciali, che riguardano non il profilo
<<morale>>, ma la capacità
tecnico-professionale o
economico-finanziaria, e che variano a
seconda del tipo di appalto e di oggetto
della prestazione.
La mancanza dei requisiti generali si
traduce in altrettante cause di esclusione.
L’art. 38 elenca da un lato requisiti (e
conseguenti cause di esclusione) il cui
accertamento è <<oggettivo>>, e non implica
valutazione alcuna, ad es. il fallimento, la
pendenza di un procedimento di prevenzione,
e dall’altro lato requisiti (e conseguenti
cause di esclusione), il cui accertamento
implica una valutazione da parte della
stazione appaltante: ad es. la condanna per
reati <<gravi>> incidenti sulla <<moralità
professionale>>, la <<grave negligenza>>
nell’esecuzione di precedenti contratti, le
violazioni <<gravi>> in materia
previdenziale.
In relazione ai requisiti per i quali
occorre compiere non un accertamento
vincolato, ma una valutazione, si pone la
questione, che ha avuto finora soluzione non
univoca, di come debba essere formulata la
dichiarazione del concorrente, in ordine al
possesso dei requisiti.
Su come vada formulata la dichiarazione, non
può tuttavia disquisirsi in astratto, in
quanto occorre avere riguardo alla legge
speciale di gara (bando e disciplinare), e
dunque verificare quale contenuto il bando
attribuisce a tale dichiarazione.
Non di rado i bandi richiedono,
genericamente, che il concorrente dichiari
di non trovarsi in una delle situazioni che
sono causa di esclusione ai sensi dell’art.
38, codice.
Ora, l’art. 38, considera causa di
esclusione l’aver riportato condanna penale
per <<reati gravi>> incidenti sulla moralità
professionale; ovvero l’aver commesso
violazioni <<gravi>> alle norme in materia
di contributi previdenziali o assistenziali.
La valutazione di <<gravità>> implica un
apprezzamento che può essere compiuto
diversamente dal concorrente e dalla
stazione appaltante.
Sicché, se il bando indica genericamente di
dichiarare l’insussistenza di una causa di
esclusione, esso, di fatto, legittima il
concorrente che abbia riportato condanne
penali, o commesso violazioni in materia
contributiva, a compiere una valutazione di
gravità/non gravità.
Si pone pertanto la questione se possa
considerarsi <<falsa>> una dichiarazione del
concorrente, con cui si afferma di non aver
riportato condanne per gravi reati incidenti
sulla moralità professionale, ovvero di non
aver commesso gravi violazioni in materia
contributiva, laddove sussistano condanne o
violazioni in materia contributiva, ma esse
si prestino a una valutazione opinabile di
gravità/non gravità.
Un orientamento di questo Consesso, che il
Collegio condivide e fa proprio, ha ritenuto
che laddove il bando richiede genericamente
una dichiarazione di insussistenza delle
cause di esclusione dell’art. 38, codice,
esso giustifica una valutazione di
gravità/non gravità compiuta dal
concorrente, sicché il concorrente non può
essere escluso per il solo fatto
dell’omissione formale, cioè di non aver
dichiarato tutte le condanne penali o tutte
le violazioni contributive; andrà escluso
solo ove la stazione appaltante ritenga che
le condanne o le violazioni contributive
siano gravi e definitivamente accertate.
La dichiarazione del concorrente, in tale
caso, non può essere ritenuta <<falsa>>
(Cons. St., sez. V, 08.09.2008 n. 4244;
Cons. St., sez. V, 07.10.2008 n. 4897; Cons.
St., sez. V, 22.02.2007 n. 945, che osserva
testualmente che ove il bando richieda
genericamente una dichiarazione circa la
insussistenza delle cause di esclusione
legali, il bando di fatto demanda <<al
singolo concorrente il giudizio circa
l’incidenza sull’affidabilità morale e
professionale di eventuali reati dal
medesimo commessi>> sicché <<è da
escludere che possa qualificarsi falsa
dichiarazione una valutazione soggettiva del
concorrente stesso (la quale potrà tutt’al
più non essere condivisa,ma giammai potrà
essere ritenuta falsa, e cioè non
corrispondente ad un dato oggettivamente
riscontrabile). Diversa sarebbe stata la
situazione se fosse stato imposto al
concorrente di dichiarare tutti i reati per
i quali fossero intervenute sentenze di
condanna passate in giudicato o applicazione
della pena a richiesta ex art. 444 del
codice di procedura penale,affidando poi
all’amministrazione ogni valutazione in
proposito. In tal caso infatti, qualora il
concorrente avesse omesso di dichiarare
taluno di tali reati, si sarebbe potuta
configurare una falsa autocertificazione,
con conseguente esclusione dalla gara>>).
Diverso discorso deve essere fatto quando il
bando sia più preciso, e non si limiti a
chiedere una generica dichiarazione di
insussistenza delle cause di esclusione di
cui all’art. 38, codice, ma specifichi che
vanno dichiarate tutte le condanne penali, o
tutte le violazioni contributive: in tal
caso, il bando esige una dichiarazione dal
contenuto più ampio e più puntuale rispetto
a quanto prescritto dall’art. 38 codice,
all’evidente fine di riservare alla stazione
appaltante la valutazione di gravità o meno
dell’illecito, al fine dell’esclusione.
In siffatta ipotesi, la causa di esclusione
non è solo quella, sostanziale, dell’essere
stata commessa una grave violazione, ma
anche quella, formale, di aver omesso una
dichiarazione prescritta dal bando
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 04.08.2009 n. 4906 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla differenza tra
appalto e concessione di servizi e sulla
necessità per le amministrazioni pubbliche
qualora debbano affidare servizi o beni
pubblici di individuare i propri contraenti
attraverso procedimenti di tipo concorsuale.
Secondo la giurisprudenza la differenza tra
appalto di servizi e concessione di servizi
sta nel fatto che nell'appalto di servizi le
prestazioni vengono rese in favore
dell'Amministrazione, mentre nella
concessione di servizi si instaura un
rapporto trilaterale, tra Amministrazione,
concessionario ed utenti. In particolare
nella concessione di servizi il costo del
servizio grava sugli utenti, mentre
nell'appalto di servizi spetta
all'Amministrazione compensare l'attività
svolta dal privato e secondo cui, più
specificamente, nell'affidamento della
gestione degli spazi pubblicitari non può
ravvisarsi un appalto, bensì una concessione
di servizi, instaurandosi il rapporto
trilaterale anzidetto; sicché, una volta
affidata la gestione degli spazi, il
concessionario agisce in luogo
dell'Amministrazione cedendo gli spazi
stessi a terzi, dietro compenso, e, nei
confronti dell'Amministrazione medesima è
tenuto al pagamento di un canone.
Le Amministrazioni pubbliche qualora debbano
affidare servizi o beni pubblici debbono
individuare in ogni caso i propri contraenti
attraverso procedimenti di tipo concorsuale
(acquisizione giurisprudenziale questa che
vale anche in materia di concessioni di beni
pubblici), con la conseguenza che ogni
diversa modalità che consente di escludere
tale procedura è da considerarsi eccezionale
e tipica, e che fa sì che la trattativa
privata costituisca in definitiva un sistema
di deroga eccezionale rispetto al regime di
gara per la scelta del contraente a cui
ricorrere solo provando che sussista una
delle condizioni giustificate
nell'ordinamento (Consiglio di Stato, Sez.
VI,
sentenza 04.08.2009 n. 4890 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
1. Appalto pubblico (in
generale) - Criteri e principi - Evidenza
pubblica - Pubblicità della gara -
Indegorabilità.
2. Appalto pubblico (in generale) - Criteri
e principi - Principio di pubblicità - In
sede d'apertura delle buste contenenti le
offerte - Necessarietà - Sussistenza -
Ragioni - Conseguenze.
3. Appalto pubblico (in generale) - Gara -
Partecipazione - Termini - Proroga -
Legittimità - Condizioni.
1.
Il principio della pubblicità delle seduta
di gara per la scelta del contraente è da
considerare inderogabile in ogni tipo di
gara per quanto attiene l'apertura dei
plichi contenenti la documentazione e le
offerte economiche (TAR Campania Napoli,
sez. I, 18-03-2008 n. 1373; TAR Marche,
06-03-2006 n. 59; TAR Lombardia Brescia
05-12-2006 n. 1541; TAR Toscana, sez. II,
06-09-2005 n. 2; Cons. Stato, sez. V,
07-11-2006 n. 6529; TAR Lazio Roma, sez.
III, 05-02-2008 n. 951).
Tale principio, espresso dagli artt. 74 e
ss., RR.DD. 23.05.1924 n. 827, è stato
ritenuto applicabile a tutte le gare, in
quanto esprimente una regola essenziale
delle leggi di contabilità generale dello
Stato e derivante direttamente dal principio
di buon andamento ed imparzialità della p.A.
(Cfr. TAR Liguria, sez. I, 01-04-2004 n.
313).
2.
Il principio di pubblicità deve
necessariamente connotare la seduta fissata
per l'apertura della buste contenenti le
offerte economiche del partecipanti alla
gara, di tal che è obbligo del seggio di
gara garantire ai concorrenti l'effettiva
possibilità di presenziare allo svolgimento
delle operazioni di apertura dei plichi
pervenuti alla stazione appaltante.
Ed invero, tale effettiva possibilità di
partecipazione alla seduta del seggio di
gara costituisce garanzia posta a tutela,
nel contempo, dell'interesse pubblico e di
quello dei singoli partecipanti, i quali
devono poter assistere direttamente allo
svolgimento delle operazioni di verifica
dell'integrità dei plichi ed
all'identificazione del loro contenuto, e
ciò a conferma della serietà della procedura
concorsuale (Cfr. TAR Basilicata Potenza,
sez. I, 28-03-2008 n. 72).
3.
Tutti i termini di una pubblica selezione
possono ben essere prorogati ove
l'Amministrazione esterni ragioni di
pubblico interesse e purché ciò avvenga in
favore di tutti i partecipanti (Cfr. Cons.
Stato, sez. V, n. 2179/2002; C.G.A. n.
451/1998, ex pluris) (TAR
Abruzzo-L'Aquila,
sentenza 03.08.2009 n. 363 - link
a
http://mondolegale.it). |
luglio 2009 |
|
APPALTI:
C. Buonauro,
La nomina della commissione di gara nelle
procedure ad evidenza pubblica (luglio
2009)
(link a http://doc.sspal.it). |
APPALTI:
M. Alesio,
LE PROCEDURE NEGOZIATE ALLA LUCE DELLE
ULTIME NOVITA’ (luglio 2009 -
link a
www.centrostudimarangoni.it). |
APPALTI:
Sui limiti del potere
delle Stazioni appaltanti di prevedere
condizioni di partecipazione più restrittive
rispetto a quelle stabilite dal Codice dei
contratti.
1.
Il Codice dei contratti pubblici (D.L.vo
12.04.2006 n. 163), con le norme in esso
contenute, non ha inteso introdurre la
possibilità in favore delle stazioni
appaltanti di prevedere disposizioni nella
lex specialis di gara volte a
ridurre, ingiustificatamente, la platea dei
potenziali concorrenti, relegando al
contrario la possibilità per
l’Amministrazione di introdurre delle “clausole-ostacolo”
nel bando o nel capitolato solo laddove tali
disposizioni siano motivate espressamente e
trovino ragione nelle peculiarità
dell’oggetto dell’appalto da affidarsi
(tanto che l’art. 74, comma 5, del Codice
dei contratti pubblici impone alle stazioni
appaltanti di richiedere alle concorrenti,
nel confezionare l’offerta, di corredarla
dei soli elementi essenziali prescritti
dallo stesso Codice, nonché degli altri
elementi e documenti necessari o utili, ma
pur sempre "nel rispetto del principio di
proporzionalità in relazione all’oggetto del
contratto e alle finalità dell’offerta").
2.
L'art. 46 del D.L.vo n. 163 del 2006, nel
disporre che le Amministrazioni invitano, se
necessario, le ditte partecipanti a gare per
l'aggiudicazione di appalto di servizi a
fornire chiarimenti e ad integrare la
carente documentazione presentata, non ha
inteso assegnare alle stesse una mera
facoltà o un potere eventuale, ma piuttosto
codificare un ordinario modo di procedere,
volto a far valere, entro certi limiti e nel
rispetto della par condicio dei concorrenti,
la sostanza sulla forma, orientando l'azione
amministrativa sulla concreta verifica dei
requisiti di partecipazione e della capacità
tecnica ed economica, coerentemente con la
disposizione di carattere generale contenuta
nell'art. 6 della L. 07.08.1990 n. 241
(massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR
Lazio-Roma, Sez. II,
sentenza 30.07.2009 n. 7706 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
In tema di spese degli
enti locali effettuate senza il rispetto delle condizioni di
cui all'art. 23, commi 3 e 4, d.l. 02.03.1989, n. 66,
convertito con modificazioni dalla legge 24.04.1959, n. 144,
e riprodotto, senza sostanziali modifiche, prima dall'art.
35 d.lgs. n. 77 del 1995 e poi dall'art. 191 d.lgs. n. 267
del 2000, l'insorgenza del rapporto obbligatorio, ai fini
del corrispettivo, direttamente con l'amministratore o il
funzionario che abbia consentito la prestazione, determina
l'impossibilità di esperire nei confronti del Comune
l'azione di arricchimento senza causa, stante il difetto del
necessario requisito della sussidiarietà.
---------------
Il ricorso è inammissibile.
Invero la ratio decidendi della sentenza impugnata è
basata sulla inammissibilità della domanda in quanto il
rapporto contrattuale si era concretizzato esclusivamente
con l'Assessore dei lavori Pubblici, che aveva commissionato
oralmente i lavori senza rispettare le disposizioni
dall'art. 23 della legge 144/1999 onde la domanda doveva
essere proposta nei confronti di quest'ultima non
sussistendo di conseguenza il requisito di sussidiarietà di
cui all'art. 2042 della P.A. disponendo il ricorrente di
azione diretta di risarcimento nei confronti del citato
assessore.
Tale ratio, che è di per sé decisiva, risulta del
tutto conforme all'orientamento ripetutamente espresso da
questa Corte, secondo cui in tema di spese degli enti locali
effettuate senza il rispetto delle condizioni di cui
all'art. 23, commi 3 e 4, d.l. 02.03.1989, n. 66, convertito
con modificazioni dalla legge 24.04.1959, n. 144, e
riprodotto, senza sostanziali modifiche, prima dall'art. 35
d.lgs. n. 77 del 1995 e poi dall'art. 191 d.lgs. n. 267 del
2000, l'insorgenza del rapporto obbligatorio, ai fini del
corrispettivo, direttamente con l'amministratore o il
funzionario che abbia consentito la prestazione, determina
l'impossibilità di esperire nei confronti del Comune
l'azione di arricchimento senza causa, stante il difetto del
necessario requisito della sussidiarietà (Cass. 15296/2007,
Cass. 10640/2007) (Corte di Cassazione, Sez. I civile,
sentenza 29.07.2009 n. 17550). |
APPALTI:
1. GARA D'APPALTO -
PARTECIPAZIONE DI RTI - IMPUGNAZIONE ATTI DI
GARA - LEGITTIMAZIONE ATTIVA DI CIASCUNA
IMPRESA PARTE DEL RTI - SUSSISTENZA.
2. GARA D'APPALTO - MODALITA' DI
PRESENTAZIONE DELLE OFFERTE - LEX SPECIALIS
- PREVISIONE CONSEGNA MEDIANTE RACCOMANDATA
O CORRIERE ESPRESSO - CONSEGNA DIRETTA -
ESCLUSIONE - ILLEGITTIMITA' – RAGIONI.
1.
L’ATI non è un soggetto giuridico e nemmeno
un centro d’imputazione di atti e rapporti
giuridici distinto ed autonomo rispetto alle
imprese raggruppate, sicché ciascun’impresa,
già associata o ancora da associare, è
titolare d’un autonomo interesse legittimo a
conseguire l'aggiudicazione, e quindi la
legittimazione deve riconoscersi in capo
all'impresa singola facente parte dell'ATI
stessa, non importando se questa sia già
costituita al momento della presentazione
dell'offerta o che si debba costituire
all'esito dell'aggiudicazione (cfr. Cons.
St., V, 12.02.2007 n. 593; id., 28.12.2007
n. 6689). Tanto nella considerazione che il
conferimento del mandato speciale collettivo
irrevocabile gratuito all'impresa capogruppo
attribuisce al legale rappresentante di
quest'ultima la rappresentanza processuale
nei confronti della stazione appaltante e
delle imprese controinteressate, senza con
ciò precludere a tutte le imprese in sé
d’agire in giudizio singulatim.
È appena da osservare, inoltre, che non solo
manca un’espressa previsione nella normativa
tanto comunitaria, quanto nazionale che
precluda tal facoltà (cfr. Cons. St., V,
23.10.2007, n. 5577), ma che soprattutto la
Corte del Lussemburgo ha confermato la piena
legittimità, a livello comunitario, della
disciplina normativa nazionale che abiliti
le singole imprese componenti di un’ATI a
proporre autonomo ricorso avverso gli atti
d’aggiudicazione d’una gara ad evidenza
pubblica (cfr., per tutti, C. giust. CE,
ord.za 04.10.2007, resa nella causa
C-492/06). Ma, a tutto concedere –ove, cioè,
si volesse ritenere che tal principio serve
alle imprese mandanti e non anche alla
mandataria–, ciò non è così, posto che
sussiste sempre la legittimazione anche
dell'impresa mandataria di un’ATI
costituenda a proporre, come nella specie,
un autonomo ricorso contro gli atti e i
risultati della gara (di recente, cfr. Cons.
St., VI, 23.07.2008 n. 3652; id., 06.03.2009
n. 1346).
2.
Se è vero che sussiste una certa
discrezionalità, da parte della stazione
appaltante, di prediligere di volta in volta
il mezzo più acconcio per realizzare il bene
giuridico protetto –ossia la serietà della
volontà dell’impegno e la recettizietà della
dichiarazione negoziale–, ciò va
circoscritto negli ovvi limiti della
ragionevolezza e della proporzionalità, nel
senso, cioè, che il mezzo prescelto non deve
assurgere a limite preclusivo ultra vires
della possibilità d’effettiva partecipazione
alla gara.
Infatti, tal discrezionalità non è solo
rimessa al limite interno della ragionevole
coerenza dello strumento prescelto
all’obiettivo da raggiungere, nel qual caso,
il servizio postale di fatto sarebbe sempre
da preferire, perché è un mezzo noto,
generale ed abbastanza (ma non del tutto)
sicuro per presentare le domande de
quibus. Essa soggiace pure a quelli ex
art. 77, commi 4 e 7, del D.lgs. 12.04.2006
n. 163, in virtù dei quali non solo non v’è
un mezzo predefinito a priori che obblighi
l’impresa partecipante a produrre la propria
domanda nell’ambito d’un novero ristretto di
mezzi di presentazione, ma le stazioni
appaltanti possono acconsentire alla
produzione diretta delle domande stesse ai
propri uffici. Tanto con il solo limite
della non esclusività –in caso contrario, la
presentazione diretta incappando nei
medesimi rilievi oggidì recati contro il
bando della gara de qua–, nonché della
salvaguardia della integrità della
documentazione e della riservatezza
dell’offerta.
Anche l’ammissione della produzione diretta
è facoltativa, ma è del pari vero che tal
facoltà non deve intendersi elisa ed
inutilizzabile, una volta prescelta un’altra
modalità. Al contrario, l’art. 77, c. 7, nel
replicare tutti i mezzi di presentazione
delle domande e delle offerte indicati
nell’art. 42, §6) della dir. n. 2004/18/CE,
fa salvo proprio il precedente c. 4, ossia
la regola della produzione diretta. Sicché i
due gruppi di modalità si devono intendere
tra loro normalmente e facilmente
integrabili, tranne che la stazione
appaltante non dimostri che quella ex c. 4
alteri le inderogabili esigenze di
protezione dell’integrità e della
riservatezza delle offerte, o che tal
modalità le avrebbe consentito facilmente
d’apprenderne il contenuto prima della
scadenza del termine previsto per la loro
presentazione (TAR Lazio-Roma, Sez. II,
sentenza 29.07.2009 n. 7689 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Lex specialis e criteri
di valutazione.
Si conferma l’opinione giurisprudenziale in
base alla quale, nel caso in cui, in una
procedura di scelta del contraente secondo
il metodo dell’offerta economicamente più
vantaggiosa, la lex specialis di gara
già preveda criteri e sottocriteri di
valutazione sufficientemente rigidi e
precisi, tali da determinare una griglia di
sottovoci che consenta un esercizio
«guidato» e controllabile della
discrezionalità tecnica ed amministrativa
propria del giudizio della commissione
giudicatrice, legittimamente quest'ultima
omette di stabilire criteri più dettagliati
(TAR Lomabrdia-Milano, Sez. I,
sentenza 29.07.2009 n. 4545 -
link a
www.cameramministrativacomo.it). |
APPALTI: 1.
Aggiudicazione provvisoria - Atto interno
alla procedura di gara - Impugnazione
dell'aggiudicazione provvisoria - Successiva
impugnazione dell'aggiudicazione definitiva
- Improcedibilità per carenza d'interesse
all'impugnazione dell'aggiudicazione
provvisoria.
2. Responsabile unico del procedimento -
Funzioni di coordinamento e di monitoraggio
- Cumulo delle funzioni di r.u.p. e di
quelle di approvazione dei relativi atti -
Ammissibilità - Facoltatività.
1.
L'atto di aggiudicazione definitiva priva il
ricorrente dell'interesse ad ottenere una
pronuncia su quello rivolto avverso l'atto
di aggiudicazione provvisoria.
Per giurisprudenza pacifica si ritiene
infatti che "l'aggiudicazione
provvisoria, pur essendo impugnabile,
costituisce pur sempre un atto interno della
procedura di gara e segnatamente quello con
cui viene individuata la migliore offerta,
mentre è solo con l'aggiudicazione
definitiva che la stazione appaltante
conclude il procedimento e si concreta la
scelta del futuro contraente; pertanto, pur
ammettendosene l'immediata ricorribilità
(?), l'aggiudicazione provvisoria ritorna ad
assumere il suo ruolo di atto
endoprocedimentale una volta adottata
l'aggiudicazione definitiva, che assume il
ruolo di provvedimento concretamente lesivo
che assume in sé tutti i vizi della
procedura" (TAR Campania Napoli, sez. I,
10.11.2005, n. 18837).
Parimenti non sussiste alcun interesse ad
esaminare le eccezioni preliminari rivolte
avverso il ricorso contro l'aggiudicazione
provvisoria, atteso che il loro accoglimento
non comporterebbe alcuna conseguenza
paralizzante sullo scrutinio del successivo
ricorso contro l'aggiudicazione definitiva.
Il ricorso contro l'aggiudicazione
provvisoria va dunque dichiarato
improcedibile per sopravvenuta carenza di
interesse.
2.
Il sistema tratteggiato dal quadro normativo
prevede che il r.u.p. svolga principalmente
funzioni interne, di monitoraggio e
coordinamento nei confronti dei vari organi
dell'Amministrazione, interessati dallo
svolgimento delle diverse fasi dell'appalto.
Conseguentemente, si richiede un forte
legame tra la persona fisica incaricata
delle predette funzioni, ed il complessivo
apparato amministrativo di cui la stessa si
avvale, onde conferire la prescritta
unitarietà all'iter realizzativo
dell'appalto.
La normativa di cui alla L. n. 241/1990 e
quella di cui al D.Lgs. n. 163/2006
prevedono la possibilità di allocare le
funzioni di r.u.p. in capo ad un soggetto
differente da quello che ne approva i
relativi atti, o al contrario di cumularle
in capo ad un'unica persona fisica in
possesso dei requisiti previsti, senza mai
tuttavia prevedere come obbligatoria una
tale commistione (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 29.07.2009 n. 4527 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Gara
- Requisito di partecipazione - Livello di
fatturato - Elemento rilevante per
l'apprezzamento della esperienza del
professionista - Paternità del progetto
attribuita solamente con la sottoscrizione -
Collaborazione - Non sufficiente.
Il requisito richiesto ai fini della
partecipazione (nel caso di specie una
soglia minima di fatturato) rileva in punto
di qualificazione del professionista
chiamato ad eseguire la specifica
prestazione oggetto dell'appalto. Il livello
del fatturato, il cui ammontare è
discrezionalmente fissato dalla Stazione
appaltante, è elemento rilevante ai fini
dell'apprezzamento della esperienza ed
affidabilità del professionista che dimostra
in tal modo di aver già effettuato, ed in
una misura ritenuta congrua
dall'Amministrazione, prestazioni analoghe.
La funzione assolta dalla prescrizione di
gara, nel caso di specie violata, richiede
pertanto, pena lo svuotamento di
qualsivoglia significato della medesima, che
il requisito sia necessariamente, ed in modo
inequivoco, riferibile al professionista che
se ne avvale. Nel senso è orientata la
prevalente giurisprudenza secondo la quale è
"indubbio che l'effettiva paternità di un
progetto si acquista solo con la sua
sottoscrizione che la mera collaborazione
alla predisposizione di un progetto non è
equiparabile all'attività di progettazione"
(Cons. Stato, Sez. V, 29.01.1999, n. 83)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 29.07.2009 n. 4526 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Art.
87, comma 2, D.lgs. 163/2006 - Offerta
anormalmente bassa - Possibilità per
l'offerente di presentare giustificazioni -
Esclusione automatica per l'offerta
inferiore ai limiti retributivi tabellari -
Illegittimità - Esclusione automatica in
caso di violazione della disciplina
inderogabile sui minimi salariali -
Legittimità.
I dati (sul costo medio orario del lavoro)
risultanti dalle tabelle FISE (Federazione
delle Imprese di Servizi) non costituiscono
parametri inderogabili, ma si configurano
quali indici del giudizio di adeguatezza
dell'offerta. "Deve pertanto ritenersi,
in adesione all'orientamento formatosi sul
punto, che non possa disporsi l'esclusione
di un'offerta sul presupposto
dell'inderogabilità dei minimi tabellari di
cui trattasi, dovendosi consentire
all'impresa di rendere giustificazioni in
ordine ai costi della manodopera inferiori
ai minimi retributivi tabellari, rimettendo
al giudizio della commissione la stima della
congruità di tali giustificazioni (cfr. CdS
V 11.10.2002 n. 5497)" (TAR Lombardia,
Milano, Sez. III, n. 3972/2005).
Sul piano normativo l'assunto trova conferma
nel dettato dell'art. 87. co. 2°, lett. g),
del D. L.vo n. 163/2006 che contempla, per
le concorrenti che abbiano presentato
offerte anormalmente basse anche in virtù
della componente relativa al costo del
lavoro, la possibilità di produrre
giustificazioni. L'esclusione automatica
della partecipante è, infatti, legittima
unicamente quando l'offerta violi la
disciplina inderogabile sui minimi salariali
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 29.07.2009 n. 4525 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
Art. 41, comma 3, D.lgs. 163/2006 - Inizio
attività da meno di tre anni - Impossibilità
di provare la capacità economico finanziaria
- Possibilità di provare il requisito con
diversi documenti.
2. Raggruppamento temporaneo di imprese -
Requisito del fatturato specifico - Elemento
significativo per valutare l'affidabilità
del concorrente - Requisito in capo
all'impresa che esegue la prestazione
principale - Necessità.
1.
Il comma 3 dell'art. 41 del D.lgs. 163/06
stabilisce che "se il concorrente non è
in grado, per giustificati motivi, ivi
compreso quello concernente la costituzione
o l'inizio dell'attività da meno di tre
anni, di presentare le referenze richieste,
può provare la propria capacità economica e
finanziaria mediante qualsiasi altro
documento considerato idoneo dalla stazione
appaltante".
La norma, lungi dal consentire la mancata
prova del requisito, come deriva
dall'inequivoco dato letterale, si limita
unicamente a riconoscere la possibilità di
provare in diverso modo "la propria
capacità economica e finanziaria mediante
qualsiasi altro documento considerato idoneo
dalla stazione appaltante".
Tale possibilità, peraltro, é riconosciuta
in presenza di giustificati motivi fra i
quali, a titolo meramente esemplificativo,
viene indicata la costituzione o l'inizio
dell'attività del soggetto concorrente da
meno di tre anni.
2.
Il fatturato specifico, ancorché sia un
elemento espresso con una grandezza
finanziaria, consentendo di apprezzare i
volumi di produzione e commercializzazione
del manufatto, fornisce alla Stazione
appaltante elementi altamente significativi
ai fini dell'apprezzamento dell'affidabilità
tecnica del concorrente.
Risponde quindi a canoni di assoluta
ragionevolezza richiedere il requisito
economico finanziario in capo a chi dovrà
eseguire la prestazione principale (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 29.07.2009 n. 4515 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Necessità
dell'apertura delle buste contenenti le
offerte economiche successivamente alla
valutazione delle offerte tecniche - Deroga
solamente nei casi in cui si tratti di
verificare la presenza dei requisiti di
ammissione o di attribuire punteggi
rigidamente vincolati a criteri
predeterminati.
Sulla scorta del consolidato orientamento
giurisprudenziale sul tema, la valutazione
delle offerte, sotto il profilo tecnico,
deve sempre precedere l'apertura delle buste
contenenti le offerte economiche, al fine
evidente di prevenire che (la conoscenza di)
queste ultime possa influenzare la complessa
valutazione dei profili attinenti alla
qualità.
La possibilità di esaminare la
documentazione tecnica, ad offerte
economiche già cognite, può considerarsi
ammessa nei limitati casi in cui si tratti
di verificare la presenza dei requisiti di
ammissione o di attribuire punteggi
rigidamente vincolati a criteri
predeterminati e non, come nel caso di
specie, ove l'offerta tecnica formi oggetto
di valutazione ampiamente discrezionale e
sia suscettibile di graduazioni in relazione
alla qualità dei vari elementi che connotano
il bene richiesto per la fornitura (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza
29.07.2009 n. 4512). |
APPALTI:
In qualunque tipo di
gara, devono svolgersi in seduta pubblica
gli adempimenti concernenti quanto meno la
verifica dell'integrità dei plichi
contenenti l'offerta.
In qualunque tipo di gara devono svolgersi
in seduta pubblica gli adempimenti
concernenti quanto meno la verifica
dell'integrità dei plichi contenenti
l'offerta, che si tratti sia di
documentazione amministrativa, sia di
documentazione riguardante l'offerta
tecnica, ovvero l'offerta economica,
distinguendosi però tra procedure di
aggiudicazione automatica, in cui il
principio della pubblicità è generalmente
totale nel senso che si applica anche
all'apertura dei plichi, e procedure di
aggiudicazione implicanti valutazioni
tecnico-discrezionali per la scelta
dell'offerta più vantaggiosa per
l'Amministrazione sulla base di una
pluralità di elementi tecnici ed economici,
come nella specie, in cui all'apertura
dell'offerta tecnica può procedersi in
seduta riservata (cfr. Consiglio di Stato,
sez. V, 04.03.2008, n. 901 e TAR Sicilia,
Catania, sez. II, 10.02.2009, n. 290) (TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 28.07.2009 n. 2124 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
SMARRITI I DOCUMENTI: GARA SOSPESA
(link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
CODICE DEGLI APPALTI PUBBLICI – D.LGS.
163/2006 – MODIFICHE APPORTATE DALLE LEGG1
94 E 102 DEL 2009 (link a
www.ancebrescia.it). |
APPALTI:
G. Gentilini,
Gli enti non profit nella codificazione dei
contratti pubblici di forniture di lavori,
servizi e forniture - Consiglio di Stato,
sezione VI, con la sentenza 16.06.2009 n.
3897 (link a www.diritto.it). |
APPALTI:
Contratti pubblici -
Procedure di gara - Requisiti di
partecipazione - Requisiti soggettivi -
Assenza di condanne penali - Condanne penali
risalenti per reati depenalizzati - Condanne
irrilevanti.
L’esclusione subita dall’appellante è
illegittima. Premessa, ad avviso del
Collegio, l’evidente tenuità delle tre
vicende oggetto di depenalizzazione
(conclusesi circa 35 anni fa con
l’irrogazione di ammende di modesta
consistenza) e premesso, altresì, che già da
tale dato si può trarre la difformità
dell’esclusione in parola rispetto
all’archetipo normativo giusta il principio
del c.d. falso innocuo (cfr. Cons. St., Sez.
V, 13.02.2009, n. 829), assorbente risulta
il dato che si tratta di vicende la cui
rilevanza penale è stata esclusa ora per
allora (in base al principio del favor rei)
da altrettanti provvedimenti legislativi. Il
che, appunto, esclude in radice che tali
vicende potessero essere validamente
considerate ai fini di un’esclusione, la
quale, viceversa, postula l’attuale
ascrivibilità al concorrente di condotte
tuttora penalmente rilevanti e per di più
gravi (cfr. Cons. St., Sez. IV, 18.05.2004,
n. 3185).
L’esclusione che ha colpito l’appellante è,
pertanto, indebita, giacché, attesa
l’irrilevanza delle vicende coperte da
depenalizzazione, per le altre risultava
intervenuto formale provvedimento di
estinzione, senza che a quest’ultimo
proposito si potesse distinguere, agli
effetti qui considerati, tra estinzione
dichiarata ai sensi dell’art. 445 c.p.p. ed
estinzione pronunziata ex art. 460 c.p.p.
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 23.07.2009 n. 4594 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
L’impresa
illegittimamente privata dell’esecuzione di
un appalto può rivendicare a titolo di lucro
cessante anche la perdita della possibilità
di arricchire il proprio curriculum
professionale.
Il tutto, secondo un criterio equitativo,
per un importo che nel caso di specie il
Collegio stima giusto riconoscere nella
misura pari al 10% del prezzo a base d’asta
(arg. ex art. 345, l. n. 2248 del 1865 All.
F).
Alla
ditta ingiustamente esclusa da una gara
d'appalto va, comunque, risarcito il danno,
certo ed ingiusto, che essa ha già subito a
causa della illegittima e qui annullata
esclusione, sia in termini di perdita di
altre gare (circostanza documentata in
giudizio), sia in termini di lesione della
reputazione professionale (cfr. Cons. St.,
Sez. V, 12.02.2008, n. 491; Cass.,
04.06.2007, n. 12929), sia in termini di
c.d. danno curriculare.
Come rilevato da questo Consiglio (cfr.
Cons. St., Sez. VI, 09.06.2008, n. 2751), il
fatto stesso di eseguire un appalto pubblico
(anche a prescindere dal lucro che l’impresa
ne ricava grazie al corrispettivo pagato
dalla stazione appaltante), può essere
comunque fonte per l’impresa di un vantaggio
economicamente valutabile, perché accresce
la capacità di competere sul mercato e
quindi la chance di aggiudicarsi ulteriori e
futuri appalti. In linea di massima, allora,
deve ammettersi che l’impresa
illegittimamente privata dell’esecuzione di
un appalto possa rivendicare a titolo di
lucro cessante anche la perdita della
possibilità di arricchire il proprio
curriculum professionale.
Il tutto, secondo un criterio equitativo,
per un importo che nel caso di specie il
Collegio stima giusto riconoscere nella
misura pari al 10% del prezzo a base d’asta
(arg. ex art. 345, l. n. 2248 del 1865 All.
F).
Trattandosi di debito di valore,
all’appellante spetta anche la rivalutazione
monetaria sino alla pubblicazione della
presente de-cisione (a decorrere da tale
momento, in conseguenza della liquidazione
giudiziale, il debito di valore si trasforma
in debito di valuta).
Spettano, inoltre, gli interessi nella
misura legale dalla data della pubblicazione
della presente decisione e fino
all’effettivo soddisfo
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 23.07.2009 n. 4594 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Non sussiste la
necessità di indicare le condanne ormai
estinte in sede di dichiarazioni ex art. 38,
lett. c), del D.Lgs. 163/2006.
L'art. 38, lett. c), del D.Lgs. n. 163/2006,
nel prescrivere l'obbligo di esclusione
dalle gare per i soggetti condannati con
sentenze passate in giudicato per reati di
partecipazione a un'organizzazione
criminale, corruzione, frode, riciclaggio,
quali definiti dagli atti comunitari
all'art. 45, par. 1, direttiva CE 2004/18,
fa comunque salva l'applicazione dell'art.
178 c.p. e dell'art. 445, c. 2, del c.p.p..
La scelta legislativa, dunque, è nel senso
di ritenere irrilevanti le condanne ormai
estinte, con conseguente non necessità della
loro indicazione in sede di dichiarazioni ex
art. 38 lett. c) del D.Lgs. 163/2006. Ne
consegue che, nel caso di specie, il
provvedimento di revoca dell'aggiudicazione
è illegittimo, e debba essere pertanto
annullato. essendo ormai le condanne estinte
ex art. 445 c. 2 c.p.p., ed avendo il
legislatore stesso ritenuto i reati estinti
non ostativi alla stipulazione di contratti
con la P.A..
La stazione appaltante, in assenza di una
qualunque altra clausola del bando diretta a
prevedere la dichiarazione anche per detti
reati, infatti, non disponeva di alcun
margine di discrezionalità sulla ricorrenza
dei requisiti di moralità in capo al legale
rappresentante della società: pertanto,
l'omessa dichiarazione su dette condanne non
assume alcun rilievo e non può costituire
motivo per disporre la revoca
dell'aggiudicazione (TAR Lazio, Sez.
II-quater,
sentenza 22.07.2009 n. 7483 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: 1.
Partecipazione alle procedure di affidamento
da parte di fondazioni e enti pubblici.
Ammissibile previa verifica della
compatibilità del loro status con i principi
a tutela della concorrenza;
2. Domanda di annullamento degli atti di
gara e del contratto già stipulato.
Giurisdizione del giudice amministrativo.
Non sussiste;
3. Aggiudicazione illegittima.
Quantificazione del danno a titolo di lucro
cessante. Prova del quantum a carico
dell'impresa.
1.
In linea di principio deve essere consentita
la partecipazione alle procedure per
l'affidamento di contratti pubblici anche
alle fondazioni ed agli enti pubblici, con
riserva dell'amministrazione di verificare
la compatibilità di eventuali agevolazioni
(specie fiscali) concesse a tali soggetti
con i principi posti a tutela della
concorrenza ad in tema di aiuti di Stato
(cfr. CGCE, 10.01.2006 in causa C-222/04 e
Cass. Civ., SS.UU., n. 27619/2006);
2.
Ogni questione in merito alla sorte del
contratto d'appalto a seguito di
annullamento (nella specie in autotutela)
degli atti di gara e dell'aggiudicazione
della procedura ad evidenza pubblica è
devoluta alla giurisdizione del giudice
ordinario e sottratta a quella, ancorché
esclusiva, del giudice amministrativo (cfr.
Cass. Civ. SS.UU., n. 10443/2008 e
27169/2007 e Cons. Stato, Ad. Plen., nn. 9 e
12/2008);
3.
La quantificazione del lucro cessante
(mancato utile che l'impresa avrebbe
ritratto dal contratto) per la mancata
aggiudicazione di un appalto esige la prova
rigorosa a carico dell'impresa della
percentuale di utile effettivo che avrebbe
conseguito se fosse risultata aggiudicataria
del contratto, desumibile in via principale
dall'esibizione dell'offerta economica
prestata in sede di gara (cfr. Cons. Stato,
sez. V, n. 1563/2005 e Cons. Stato, sez. IV,
n. 478/2003) (massima tratta da www.solom.it
- TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 20.07.2009 n. 4500 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla possibilità di
annullare l’aggiudicazione quando i lavori
siano in corso.
Sussiste il
potere della P.A. appaltante di disporre
l’annullamento d’ufficio in autotutela
dell’aggiudicazione, pur se in epoca
successiva alla stipulazione del contratto
di appalto con l’aggiudicatario, persino
quando siano in corso i lavori; né
costituisce di per sé un ostacolo
all'esercizio del generale potere di riesame
in un momento successivo alla conclusione
del procedimento la presenza, nel
procedimento di aggiudicazione degli appalti
pubblici, di strumenti tipici di verifica
immediata dell'attività compiuta
dall’amministrazione, come, ad es.,
l'approvazione degli atti di gara e
l'eventuale controllo (massima tratta da
http://doc.sspal.it - TAR Lombardia-Milano,
Sez. I,
sentenza 20.07.2009 n. 4398 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
Annullamento in autotutela
dell'aggiudicazione dopo la stipula del
contratto. Legittimità;
2. Annullamento in autotutela
dell'aggiudicazione. Compimento di atti di
verifica/controllo dell'attività compiuta in
sede di gara. Non costituisce ostacolo al
potere di riesame;
3. Annullamento degli atti di gara. Sorte
del contratto già stipulato. Giurisdizione
del giudice amministrativo. Non sussiste.
1.
Secondo un consolidato orientamento
giurisprudenziale, sussiste in capo
all'amministrazione il potere di annullare
in autotutela l'aggiudicazione definitiva di
un appalto di lavori anche in epoca
successiva alla stipulazione del contratto
e, in astratto, anche quando siano già in
corso i lavori (cfr. ex multis, Cons.
Stato, sez. IV, n. 3997/2002).
2.
Non costituisce un ostacolo all'esercizio
del generale potere di riesame la presenza,
nel procedimento di aggiudicazione, di atti
di verifica immediata dell'attività compiuta
dall'amministrazione quali, ad esempio,
l'approvazione degli atti di gara e
l'eventuale controllo (cfr. Cons. Stato,
sez. V, n. 661/2000).
3.
Ogni questione in merito alla sorte del
contratto d'appalto a seguito di
annullamento (nella specie in autotutela)
degli atti di gara e dell'aggiudicazione
della procedura è devoluta alla
giurisdizione del giudice ordinario e
sottratta a quella, ancorché esclusiva, del
giudice amministrativo (cfr. Cass. Civ.
SS.UU., n. 10443/2008 e 27169/2007 e Cons.
Stato, Ad. Plen., nn. 9 e 12/2008) (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 20.07.2009 n. 4398 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Dichiarazione di non
presenza di condanne penali ed automatica
esclusione.
Nell’attuale
contesto normativo le imprese partecipati ad
una gara d’appalto hanno l’obbligo di
attestare, tra le altre, anche l’assenza
della causa ostativa consistente nel non
aver riportato condanne penali definitive
assistite dal beneficio della non menzione
nel certificato generale del casellario
giudiziale spedito a richiesta privata
condanne che, com’è noto, appaiono invece
nel certificato predetto ove richiesto (e
rilasciato) da Ente pubblico o
concessionario di pubblico servizio.
La non veridicità della dichiarazione circa
la sussistenza di emergenze penali integra
una autonoma causa di esclusione dalla gara,
a prescindere dalla valutazione in ordine
all’idoneità della condanna riportata ad
incidere la moralità professionale
dell’impresa; tanto vale anche per
fattispecie compiutasi nel previgente regime
(nel quale non erano da dichiarare le
condanne non menzionate) in virtù della
cogenza del successivo accertamento,
attraverso il controllo d’ufficio ex art.
75, D.P.R. n. 445/2000, della risultanza
della condanna stessa dal certificato del
Casellario giudiziale rilasciato alla P.A.
(TAR
Piemonte, Sez. I,
ordinanza 20.07.2009 n. 601 -
link a www.altalex.com). |
APPALTI:
Sul divieto di
introdurre nuovi criteri o sub-criteri di
valutazione delle offerte e sulla
determinazione dei danni nel caso di
illegittima aggiudicazione di una gara.
1.
Nel caso di gare svolte secondo il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa,
deve escludersi la possibilità
dell’introduzione da parte della commissione
di nuovi criteri o sub criteri oltre quelli
già fissati e indicati nel bando, dovendosi
limitare al massimo la discrezionalità della
medesima commissione, atteso peraltro che
l’introduzione di nuovi criteri di
valutazione delle offerte si porrebbe in
contrasto con il principio di parità di
trattamento e di par condicio tra imprese.
2.
Il risarcimento del danno per illegittima
aggiudicazione è riferito sostanzialmente
alla "perdita di chance", ovvero al
guadagno che l'impresa avrebbe potuto
ottenere, in base ad una ragionevole
valutazione di probabilità e alle regole del
mercato.
3.
In sede di risarcimento del danno arrecato
dalla illegittimità della mancata
aggiudicazione, il "lucro cessante"
può essere direttamente rapportato all'utile
che l'impresa avrebbe conseguito a seguito
dell'aggiudicazione illegittimamente negata,
che la prevalente giurisprudenza mutua
dall'art. 345 della legge 20.03.1865, n.
2248, all. F, nella misura del 10%
dell'importo dell'appalto.
La somma risultante deve considerarsi
compensativa anche del "danno emergente",
identificato nel costo affrontato dalla
società per la presentazione dell'offerta.
4.
In linea di massima deve ammettersi che una
impresa illegittimamente privata
dell'esecuzione di un appalto possa
rivendicare, a titolo di lucro cessante,
anche la perdita della possibilità di
arricchire il proprio curriculum
professionale (c.d. "danno curriculare"),
che consiste nel pregiudizio subito
dall'impresa a causa del mancato
arricchimento del curriculum professionale
per non poter indicare in esso l'avvenuta
esecuzione dell'appalto sfumato a causa del
comportamento illegittimo
dell'Amministrazione.
La quantificazione di tale voce di danno va
operata in via equitativa, riconoscendo una
somma pari ad una percentuale (variabile
dall'1% al 5%) applicata sulla somma già
liquidata a titolo di lucro cessante
(massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR
Lazio-Roma, Sez. III-quater,
sentenza 18.07.2009 n. 7103 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
possibilità per le fondazioni private di
partecipare a gare di appalto.
Una
fondazione può partecipare ad una gara di
appalto, atteso che la legislazione
nazionale (art. 3, punto 19, del D. Lgs.
12.04.2006 n. 163) riferisce i termini di
imprenditore, fornitore e prestatore di
servizi ad "una persona fisica, o una
persona giuridica, o un ente senza
personalità giuridica, ivi compreso il
gruppo europeo di interesse economico (GEIE)
costituito ai sensi del decreto legislativo
23.07.1991, n. 240, che offra sul mercato,
rispettivamente, la realizzazione di lavori
o opere, la fornitura di prodotti, la
prestazione di servizi"; parimenti la
norma comunitaria (art. 1, par. 8, della
direttiva n. 2004/18/CE) indica che "i
termini «imprenditore», «fornitore» e
«prestatore di servizi» designano una
persona fisica o giuridica o un ente
pubblico o un raggruppamento di tali persone
e/o enti che offra sul mercato,
rispettivamente, la realizzazione di lavori
e/o opere, prodotti o servizi".
Non v’è quindi ragione di escludere che
anche soggetti economici senza scopo di
lucro, quali le fondazioni, possano
soddisfare i necessari requisiti ed essere
qualificati come "imprenditori", "fornitori"
o "prestatori di servizi" ai sensi
della citata normativa (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 16.06.2009 n. 3897 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Il procedimento di verifica delle offerte
anormalmente basse con particolare
riferimento al criterio del prezzo più basso
(determinazione
16.07.2009 n. 6 - link a
massimario.avlp.it).
... IL
CONSIGLIO:
- Ritiene che, al fine di rispettare i
principi di legittimità, trasparenza e
correttezza, nonché le indicazioni della
giurisprudenza, i documenti di gara debbano
essere predisposti e le verifiche effettuate
nel rispetto delle indicazioni riportate
nelle sopra esposte considerazioni.
- Ritiene ammissibile che le singole fasi
istruttorie della verifica di anomalia siano
svolte in contemporanea; ossia l'esame delle
giustificazioni, a partire dalla migliore
offerta, può essere svolto
contemporaneamente all'avvio dei
sub-procedimenti delle altre offerte, anche
se non ancora concluse le precedenti,
secondo l'ordine progressivo dei ribassi
offerti. |
APPALTI:
LINEE GUIDA PER L'APPLICAZIONE DELL'ART.
48 DEL D. LGS. N. 163/2006 (determinazione
16.07.2009 n. 5 - link a
massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Sulla competenza degli
enti proprietari e non dei comuni di
rimuovere i rifiuti abbandonati lungo le
strade pubbliche e sull'art. 2, c. 12, del
d.l. 90/2008 che prevede un'attività
sostitutiva del commissario nel caso di
inerzia da parte dei comuni.
L'art. 14 del d.lgs. n. 285/1992, recante
nuovo codice della strada, prevede che gli
enti proprietari delle strade, allo scopo di
garantire la sicurezza e la fluidità della
circolazione, devono provvedere alla
manutenzione, gestione e pulizia delle
strade, delle loro pertinenze e arredo,
nonché delle attrezzature, impianti e
servizi. La giurisprudenza amministrativa ha
sempre interpretato, con riferimento alla
fattispecie di insistenza dei rifiuti
abbandonati sull'area di sedime di una
strada, questa norma come speciale rispetto
all'art. 198 del d.lgs. 152/2006 che, in
materia di gestione di rifiuti urbani e
assimilati, sancisce la competenza dei
comuni per la raccolta, trasporto e avvio a
smaltimento dei rifiuti urbani. Secondo la
giurisprudenza, infatti la pulizia della
strada, interferendo direttamente con la
stessa funzionalità dell'infrastruttura e
con la sicurezza della viabilità, non può
non fare capo direttamente al soggetto
gestore (proprietario, concessionario o
comunque affidatario della gestione del
bene), sul quale gravano speciali doveri di
vigilanza, controllo e conservazione, doveri
che rivestono carattere di oggettività e
prescindono dai profili di dolo o colpa..
L'art. 14 del codice della strada, dunque,
costituisce anche una norma speciale
rispetto alla previsione di cui all'art. 192
del d.lgs. n. 152/2006 che, in materia di
abbandono e deposito incontrollato di
rifiuti sul suolo, prevede l'obbligo di
provvedere all'avvio a recupero o allo
smaltimento dei rifiuti ed al ripristino
dello stato dei luoghi non solo in capo agli
autori dell'illecito, ma anche, in solido
con essi, del proprietario e del titolare di
diritti reali o personali di godimento
sull'area, purché tale violazione sia loro
imputabile a titolo di dolo o colpa, in base
agli accertamenti effettuati, in
contraddittorio con i soggetti interessati,
dai soggetti preposti al controllo.
L'art. 2, c. 12, del d.l. 90/2008 prevede
un'attività sostitutiva del commissario nel
caso di inerzia da parte dei comuni (e
dunque in relazione all'ambito di competenze
definito dall'art. 198 del d.lgs. 152/2006),
tanto è vero che è previsto un diritto di
rivalsa sulle risorse dei comuni; detta
norma, però, non può essere applicata nella
diversa ipotesi in cui nessuna inerzia possa
essere imputata ai comuni, in quanto
l'obbligo di provvedere alla pulizia delle
strade, delle loro pertinenze grava
sull'ente proprietario del raccordo
autostradale. La previsione di un potere di
rivalsa sulle risorse del comune, da parte
dell'art. 2, c. 12, del d.l. 90/2008 rende
palese che il potere straordinario di
intervento della struttura del
sottosegretariato possa essere finanziato
dalle risorse comunali già destinate alla
gestione dei rifiuti solo in caso di
indisponibilità del servizio di raccolta e
trasporto rifiuti di competenza dei comuni
(TAR Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 16.07.2009 n. 7027 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
G. Naimo,
Collegamento e controllo societario:
normativa di riferimento, orientamenti
giurisprudenziali e conformità della
normativa interna alla disciplina
comunitaria (link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
P. M. Zerman,
Annullamento dell’aggiudicazione illegittima
ed effettività della tutela giurisdizionale:
la sorte del contratto medio tempore
stipulato (commento alla decisione del
Consiglio di Stato, Sez. V, 19.05.2009 n.
3070) (link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 28 del
13.07.2009, "Determinazioni in merito
alle modalità per il finanziamento degli
oneri di progettazione relativi alla
realizzazione di opere pubbliche da parte
dei Comuni aventi popolazione residente non
superiore a 2000 abitanti, loro Unioni e
Comunità montane se delegate (art. 4, l.r.
5/2009)" (deliberazione
G.R. 30.06.2009 n. 9761 - link a
www.infopoint.it). |
LAVORI PUBBLICI: Opere
pubbliche - Impianto stradale di
distribuzione carburante - Procedura
espropriativa - Comunicazione di avvio del
procedimento - Necessita.
Non risulta che l'amministrazione abbia
posto in essere le disposizioni relative
alla comunicazione dell'avvio del
procedimento di approvazione del progetto di
un'opera pubblica cui si correla
un'implicita dichiarazione di pubblica
utilità, nel senso di orientare
all'applicazione analogica della disciplina
sulla partecipazione dettata per la
dichiarazione di pubblica utilità esplicita
e strutturata, ai sensi degli artt. 10 e 11
della legge 1971 n. 865, sull'attività di
deposito e notificazione del progetto,
presentazione di osservazioni da parte degli
interessati e pronuncia dell'amministrazione
sulle osservazioni medesime (cfr. Consiglio
di Stato, Ad. Pl., 15.09.1999 n. 14;
Consiglio di Stato, Ad. Pl., 24.01.2000 n.
2; nonché tra le tante TAR Campania Napoli,
sez. V, 29.01.2004 n. 851; TAR Calabria
Reggio Calabria, 22.03.2007, n. 243).
Ciononostante il privato non può limitarsi a
censurare la mancata comunicazione di avvio
del procedimento, ma per ottenere
l'annullamento dell'atto deve quantomeno
indicare o allegare quali sono gli elementi
conoscitivi che avrebbe introdotto nel
procedimento qualora avesse ricevuto la
comunicazione.
A questo punto l'amministrazione sarà
gravata dal ben più consistente onere di
dimostrare che il contenuto dispositivo del
provvedimento non sarebbe mutato (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 13.07.2009 n. 4354 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: Stazione
appaltante - Lo stravolgimento dell'oggetto
del contratto - Non sussiste.
Non può ritenersi che le varianti approvate
dalla Stazione appaltante abbiano sforato la
soglia del quinto d'obbligo stravolgendo
l'oggetto del contratto. Una parte
consistente dell'importo costituente il
corrispettivo elle maggiori opere introdotte
dalla variante è dovuta alla sopravvenuta
necessità di procedere ad un rafforzamento
delle fondazioni a causa della "sorpresa
geologica".
Pertanto il costo non può essere conteggiato
ai fini del computo della soglia del quinto
(ex art. 10, comma 5, D.M. 245/2000)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 10.07.2009 n. 4346 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La costituzione di
un'A.T.I. lascia impregiudicato l'assetto
dei rapporti interni fra le imprese riunite,
i quali, dunque, continuano ad essere
disciplinati secondo le regole generali in
materia di mandato.
L'associazione temporanea di due o più
imprese nell'aggiudicazione ed esecuzione di
un contratto di appalto è fondata su di un
rapporto di mandato con rappresentanza,
gratuito ed irrevocabile, conferito da una o
più imprese, collettivamente, ad altra
impresa capogruppo legittimata a compiere,
nei rapporti con l'amministrazione, ogni
attività giuridica connessa o dipendente
dall'appalto e produttiva di effetti
giuridici direttamente nei confronti delle
imprese mandanti sino all'estinzione del
rapporto, salva restando l'autonomia
negoziale delle imprese riunite per quanto
concerne la gestione a ciascuna di esse
affidati ed i rapporti con i terzi. La
costituzione di un'A.T.I. lascia
impregiudicato l'assetto dei rapporti
interni fra le imprese riunite, i quali,
dunque, continuano ad essere disciplinati
secondo le regole generali in materia di
mandato.
Conseguentemente, nel caso in cui la società
mandante di un'A.T.I. agisca in giudizio nei
confronti della società mandataria per
l'adempimento degli obblighi contrattuali
derivanti dal mandato (fra i quali, quello
di rimetterle le somme incassate in qualità
di capogruppo), essa mandante deve provare
la fonte (negoziale o legale) del suo
diritto di credito ed il relativo termine di
scadenza, limitandosi alla mera allegazione
della circostanza dell'inadempimento della
controparte, gravando poi sulla mandataria,
presunta debitrice, l'onere della prova del
fatto estintivo dell'altrui pretesa
(TRIBUNALE civile e penale di Bari, Sez. II
civile,
sentenza 10.07.2009 n. 2350 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sui compiti spettanti
all'Autorità di Vigilanza sui Lavori
Pubblici e sulla natura degli atti della
medesima Autorità.
All'Autorità di Vigilanza sui Lavori
Pubblici spetta il compito di assicurare il
corretto esercizio della funzione pubblica
in materia di contratti pubblici, e non già
quello, più specifico, di verificare che
l'attività posta in essere dalle stazioni
appaltanti sia coerente e rispettosa della
disciplina positiva stabilita dal
legislatore: essa è, cioè, titolare di
funzioni irriducibili a quelle di
Amministrazione attiva e di controllo, con
la conseguenza che i suoi atti di vigilanza
sono privi del valore di manifestazione
della volontà, che è proprio degli atti
aventi natura provvedimentale.
Gli atti di vigilanza dell'Autorità di
Vigilanza per i lavori pubblici
costituiscono la manifestazione di opinioni
dotate di indiscutibile autorevolezza, in
ragione della particolare competenza
dell'organo, che possono anche conseguire un
apprezzabile effetto di uniformità e di
chiarezza nell'applicazione della legge, ma
che restano pur sempre pronunciamenti
insuscettibili di vincolare, nello
svolgimento delle procedure concorsuali, le
amministrazioni aggiudicatici, le quali
possono da essi discostarsi, ove li reputino
contra legem o, comunque,
inconferenti (TAR Campania-Napoli, Sez.
VIII,
sentenza 08.07.2009 n. 3823 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Gare revocabili solo per
esigenze pubbliche. L’adozione di nuovi
criteri di valutazione delle offerte non
giustifica l'annullamento degli appalti.
La pubblica
amministrazione non può revocare una gara a
procedura aperta in assenza di un interesse
pubblico che giustifichi l’esercizio del
potere di revoca
(TAR Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 03.07.2009 n. 6443 -
link a www.cittadinolex.kataweb.it). |
APPALTI:
Nel sistema di
contrattazione a trattativa privata la
stazione appaltante conserva fino alla
stipulazione del contratto la possibilità di
recedere dal procedimento.
La giurisprudenza in merito al rapporto tra
aggiudicazione e stipulazione del contratto
nel caso di trattativa privata accompagnata
da gara ufficiosa, è univoca nel ritenere
che, nel sistema di contrattazione a
trattativa privata, sia pure preceduta da
una gara ufficiosa, diritti ed obblighi per
la p.a. ed il privato contraente
scaturiscono solo dalla formale stipulazione
del contratto, non potendo attribuirsi
all'atto di aggiudicazione il valore di
conclusione del contratto, bensì,
semplicemente, l'effetto di individuazione
dell'offerta migliore, cui segue la fase
delle trattative precontrattuali.
L'individuazione dell'offerta migliore
resta, pertanto, un atto sostanzialmente
discrezionale, al di fuori di ogni
automatismo, con la conseguenza che non può
assumere il valore di conclusione del
contratto. L'amministrazione, dunque, anche
a seguito della individuazione della offerta
apparentemente più conveniente non è
vincolata, almeno in ordine all'an, a
procedere in un momento successivo alla
stipulazione del contratto definitivo. La
stazione appaltante può, pertanto, valutare
discrezionalmente la vantaggiosità
dell'offerta, sebbene individuata quale la
migliore presentata in sede di gara
ufficiosa.
In particolare, si ritiene che "l'Amministrazione
che persegua l'affidamento di un contratto
mediante trattativa privata conserva fino
alla sua stipulazione la possibilità di
recedere dal procedimento anche per ragioni
di mera opportunità (non potendo dirsi
consolidato sino ad allora alcun diritto
soggettivo), dovendo dare solo una legittima
motivazione della propria scelta, senza che
in tali casi possa sorgere nel privato
neppure un diritto al risarcimento del danno"
TAR Campania, Napoli, Sez. I,
sentenza 03.07.2009 n. 3705 -
(link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: L’impresa
che partecipa ad una gara d'appalto ha
l’obbligo di dichiarare tutte le sentenze
emesse nei suoi confronti; con la
conseguenza che l’omessa indicazione,
nell’ambito di un’autocertificazione, di una
sentenza di condanna si atteggia come
autocertificazione non veritiera cui
consegue l’esclusione dalla gara.
Il reato non dichiarato per violazione delle
direttive comunitarie in materia di rifiuti
è idoneo ad incidere sulla moralità
professionale e comporta l'esclusione dalla
gara d'appalto.
Il Collegio ha già avuto modo di affermare
che per quanto riguarda la richiesta di
indicare -in sede di gara- le sentenze (o in
genere, i provvedimenti) di condanna, la
necessità di dichiarare tutti i
provvedimenti subiti risponda alla finalità
di consentire all’Amministrazione la più
ampia valutazione del caso concreto, per
stabilire la rilevanza o meno di una data
condanna penale.
Ne esce quindi confermato che la rilevanza o
meno dei fatti (oggetto delle pronunce
penali) ai fini della successiva valutazione
del possesso dei requisiti da parte del
concorrente, non è rimessa all’apprezzamento
dell’impresa che ha, invece, l’obbligo di
dichiarare tutte le sentenze emesse nei suoi
confronti; con la conseguenza che l’omessa
indicazione, nell’ambito di
un’autocertificazione, di una sentenza di
condanna si atteggia come autocertificazione
non veritiera cui consegue l’esclusione
dalla gara.
La possibilità di presentare la
dichiarazione sostitutiva, costituisce un
atto di fiducia nei confronti del
concorrente, al quale in cambio dell’oneroso
reperimento ex ante di tutta la
documentazione necessaria per la
partecipazione alla gara, viene consentito,
sotto la propria responsabilità di
dichiarare la sussistenza di requisiti
richiesti.
Il sistema richiede pertanto la massima
serietà ed onestà da parte del concorrente
nel redigere l’autocertificazione,
conseguentemente, rendere una dichiarazione
incompleta, non può che far legittimamente
dubitare della moralità professionale del
dichiarante. Ed è questa la ragione per cui,
in caso di dichiarazione non veritiera, la
sanzione della esclusione dalla gara diventa
conseguenza necessaria, essendo venuto meno
quel rapporto di fiducia basato sulla
presunzione della reciproca correttezza che
deve sussistere anche nella fase
precontrattuale (sent. n. 2096 del
19.06.2008).
Anche volendo aderire all’orientamento
invocato dalla ricorrente, secondo cui il
predetto obbligo di dichiarazione dei
provvedimenti penali a carico dei
concorrenti, sussisterebbe solo per quelle
vicende che abbiano inciso sulla “moralità
professionale”, il ricorso andrebbe
comunque respinto.
Tra i reati non dichiarati rientra infatti
anche quello per violazione delle direttive
comunitarie in materia di rifiuti, che non
può certamente ritenersi in astratto
inidoneo ad incidere sulla moralità
professionale, come peraltro già ritenuto da
C.S. Sez. V 27.03.2000 n. 1770, dovendo
pertanto essere dichiarato alla stazione
appaltante, per la valutazione di propria
competenza (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 02.07.2009 n. 4257 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Dichiarazioni
non veritiere rese in sede di gara.
Esclusione. Legittimità.
Secondo la giurisprudenza maggioritaria, le
stazioni appaltanti sono tenute a comminare
la necessaria esclusione dalla procedura
selettiva nei confronti delle imprese che
hanno reso dichiarazioni non veritiere in
sede di offerta; l'esclusione è dovuta,
essendo venuto meno il rapporto di fiducia
basato sulla presunzione della reciproca
correttezza che deve sussistere anche nella
fase precontrattuale (cfr. TAR Lombardia,
sez. I, 19.06.2008, n. 2096) (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 02.07.2009 n. 4257 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Nelle situazioni di
estrema ed evidente emergenza, sono
legittimi gli svolgimenti di gara in assenza
di pubblicazione del bando per l'appalto. E
non è nemmeno necessario motivare l'assenza
dell'indizione di bando.
Può essere derogato, dunque, il d.lgs.
163/2006 (articolo 57, comma 1). Che, ai
fini dello svolgimento di una pubblica
procedura di selezione senza previa
indizione di bando nelle ipotesi consentite,
richiede l’esplicitazione del relativo
apparato motivazionale ovvero, l’indicazione
delle ragioni che hanno indotto la
procedente autorità a valersi di tale
facoltà.
L’art. 57 del D.Lgs. 12.04.2006 n. 163
stabilisce (comma 1) che le stazioni
appaltanti possono aggiudicare contratti
pubblici mediante procedura negoziata senza
previa pubblicazione di un bando di gara in
talune ipotesi, dandone conto con adeguata
motivazione nella delibera o determina a
contrarre; ricomprendendo nel novero delle
relative fattispecie (comma 2, lett. c) la
ricorribilità all’anzidetta procedura “nella
misura strettamente necessaria, quando
l'estrema urgenza, risultante da eventi
imprevedibili per le stazioni appaltanti,
non è compatibile con i termini imposti
dalle procedure aperte, ristrette, o
negoziate previa pubblicazione di un bando
di gara” (a tale riguardo precisandosi
come la disposizione in rassegna soggiunga
che “le circostanze invocate a
giustificazione della estrema urgenza non
devono essere imputabili alle stazioni
appaltanti”).
Ora, se è ben vero che lo svolgimento di una
pubblica procedura di selezione senza previa
indizione di bando postula, per espressa
contemplazione normativa, l’esplicitazione
del relativo apparato motivazionale (ovvero,
l’indicazione delle ragioni che hanno
indotto la procedente Autorità a valersi di
tale facoltà), va dato atto che nella
fattispecie in esame la presenza di siffatte
ragioni è in re ipsa, atteso che la
connotazione (come sopra esposto)
emergenziale della situazione da
fronteggiare relativamente alle attività di
raccolta/stoccaggio/smaltimento rifiuti
nella Regione Campania è eloquentemente
(quanto inequivocabilmente) comprovata dal
succedersi di disposizioni urgenti veicolate
dallo strumento dell’ordinanza presidenziale
e, ulteriormente, dal ricorso alla
decretazione d’urgenza, alla luce di quanto
sopra indicato.
Se, conseguentemente, l’obbligo
motivazionale che si assume non esternato
rivela carattere immanente (anche
relativamente alla procedura de qua)
con riferimento al complesso di attività
strumentalmente preordinate alla definizione
della situazione emergenziale sopra
indicata, va ulteriormente osservato come lo
stesso decreto-legge 90/2008 abbia
espressamente indicato (art. 18) fra le
disposizioni del Codice degli appalti
suscettibili di deroga (quantunque limitando
tale collocazione parentetica del vigente
quadro normativo al perseguimento delle
finalità di cui al presente decreto e fermo
restando il rispetto dei principi
dell'ordinamento comunitario e dei principi
fondamentali in materia di tutela della
salute, della sicurezza sul lavoro,
dell'ambiente e del patrimonio culturale)
proprio l’art. 57 in rassegna; e,
ulteriormente, il precedente art. 54, il cui
comma 4 prevede che “nei casi e alle
condizioni specifiche espressamente
previste, le stazioni appaltanti possono
aggiudicare i contratti pubblici mediante
una procedura negoziata, con o senza
pubblicazione del bando di gara”
(TAR
Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 01.07.2009 n. 6346 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Devono
svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti
concernenti la verifica dell'integrità dei
plichi contenenti l'offerta, sia che si
tratti di documentazione amministrativa che
di documentazione riguardante l'offerta
tecnica ovvero l'offerta economica:
dimostrandosi, conseguentemente, illegittima
l'apertura in segreto dei plichi.
Rappresenta
principio inderogabile in qualunque tipo di
gara quello secondo cui devono svolgersi in
seduta pubblica gli adempimenti concernenti
la verifica dell'integrità dei plichi
contenenti l'offerta, sia che si tratti di
documentazione amministrativa che di
documentazione riguardante l'offerta tecnica
ovvero l'offerta economica: dimostrandosi,
conseguentemente, illegittima l'apertura in
segreto dei plichi (cfr. Cons. Stato: sez.
VI, 22.04.2008 n. 1856; sez. IV, 08.10.2007,
n. 5217; sez. VI, 22.03.2007, n. 1369; sez.
V, 27.04.2006, n. 2370, 11.01.2006, n. 28 e
30.08.2005, n. 3966; sez. VI, 09.06.2005, n.
3030; sez. V, 16.03.2005, n. 1077,
11.02.2005, n. 388, 18.03.2004, n. 1427 e
09.10.2002, n. 5421).
Il citato principio di pubblicità delle gare
pubbliche impone che il materiale
documentario trovi correttamente ingresso
con le garanzie della seduta pubblica (Cons.
Stato, sez. VI, 18.12.2006, n. 7578), anche
in applicazione del più generale principio
di imparzialità dell'azione amministrativa,
che ha ricevuto esplicito riconoscimento sin
dall'art. 89 del R.D. 23.05.1924 n. 827,
rappresentando uno strumento di garanzia a
tutela dei singoli partecipanti, affinché
sia assicurato a tutti i concorrenti di
assistere direttamente alla verifica
dell'integrità dei documenti e
all'identificazione del loro contenuto
(Cons. Stato, sez. IV, 11.10.2007, n. 5354).
Se, ai fini dell’applicazione del principio
di pubblicità delle sedute occorre
distinguere tra procedure di aggiudicazione
automatica e procedure che richiedano una
valutazione tecnico-discrezionale per la
scelta dell'offerta più vantaggiosa (per le
prime di esse la pubblicità delle sedute
essendo generalmente totale al fine di
consentire il controllo delle varie fasi di
svolgimento della gara da parte dei
concorrenti; mentre per le seconde la
valutazione tecnico-qualititativa
dell'offerta va effettuata in seduta
riservata al fine di evitare influenze
esterne sui giudizi dei membri della
commissione giudicatrice: cfr. Cons. Stato,
sez. V, 11.05.2007, n. 2355, 19.04.2007, n.
1790, 10.01.2007, n. 45 e 07.11.2006, n.
6529; Cons. Stato, sez. VI, 11.04.2006, n.
2012; Cons. Stato, sez. V, 20.03.2006, n.
1445, 16.06.2005, n. 3166 e 18.03.2004, n.
1427; Cons. Stato, sez. IV, 06.10.2003, n.
5823; Cons. Stato, sez. V, 09.10.2002, n.
5421; Cons. Stato, sez. VI, 14.02.2002, n.
846; Cons. Stato, sez. V, 14.04.2000, n.
2235), va rilevato, in generale, come la
ratio ispirativa del principio di
pubblicità delle sedute di gara –comune ai
vari metodi di aggiudicazione– sia
preordinata ad un’esigenza di garanzia della
trasparenza e dell’imparzialità che devono
orientare lo svolgimento dell’attività
amministrativa in materia.
D’altro canto, i principi di pubblicità e di
trasparenza dell'azione amministrativa
costituiscono principi cardine del diritto
comunitario degli appalti (Cons. Stato, sez.
V, 16.06.2005, n. 3166) e il principio della
pubblicità delle sedute di gara per la
scelta del contraente è conforme alla
normativa comunitaria in materia, la quale è
orientata a privilegiare i principi di
concorrenza, pubblicità e trasparenza nella
scelta del contraente delle pubbliche
amministrazioni (Cons. Stato, sez. V,
18.03.2004, n. 1427), come anche dei
soggetti alla stessa equiparati
(TAR
Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 01.07.2009 n. 6346 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La derogabilità della
regola generale della pubblicità della gara,
segnatamente con riguardo al momento
dell'apertura delle buste, può trovare
applicazione relativamente alla procedura
negoziata, la quale conserva margini di
snellezza e di elasticità che giustificano
la sottrazione a regole formali operanti con
riferimento alle gare sottoposte ad un più
intenso tasso di pubblicità e di formalismo.
Sul versante
comunitario, “il principio generale della
trasparenza delle amministrazioni è
certamente enunciato con enfasi, ma, nella
sua ampiezza e generalità, … indica una
regola che attiene, nel complesso, alla
esigenza di definire preventivamente le
modalità di valutazione delle offerte e di
garantire, ex post, la leggibilità delle
decisioni assunte dalla stazione appaltante”:
con ciò escludendosi l’esistenza di alcuna
regola espressa (e, vieppiù, di pronunzie
della Corte di Giustizia) che affermi
l'obbligo incondizionato delle stazioni
appaltanti di assicurare sempre (anche nelle
ipotesi di procedure con il criterio
dell'offerta economicamente più vantaggiosa)
la pubblicità della fase di apertura
dell'offerta economica.
E, d’altro canto, se i generali principi di
trasparenza e partecipazione dell'attività
amministrativa, stabiliti dalla legge
241/1990 (e, in alcuni casi, da particolari
leggi di settore, a partire dai lavori
pubblici), non si accompagnano alla
previsione di regole che impongano, in modo
costante e inderogabile, la verificabilità
immediata delle operazioni compiute
dall'Amministrazione, va poi tenuto conto
che:
- nel sistema dell'offerta economicamente
più vantaggiosa, la segretezza di alcune
fasi è imposta dalla stessa necessità di
permettere la maggiore serenità di giudizio
della commissione di gara;
- e che, comunque, il valore della
trasparenza amministrativa, lungi
dall’assumere carattere dogmatico, deve
essere opportunamente coordinato con
l'esigenza di evitare inopportuni
aggravamenti del procedimento, che lo stesso
art. 1 della legge n. 241/1990 vieta.
Le considerazioni sopra riportate meritano,
ad avviso del Collegio, piena condivisione;
dovendosi soggiungere a quanto
precedentemente esposto che anche la VI
Sezione del Consiglio di Stato (sentenza
22.04.2008 n. 1856) ha avuto modo di
affermare (ribadendo quanto dalla stessa
Sezione già sostenuto con le decisioni
09.06.2005, n. 3030 e 04.11.2002, n. 6004)
che la derogabilità della “regola
generale della pubblicità della gara,
segnatamente con riguardo al momento
dell'apertura delle buste” può trovare
applicazione relativamente alla procedura
negoziata, la quale “conserva margini di
snellezza e di elasticità che giustificano
la sottrazione a regole formali operanti con
riferimento alle gare sottoposte ad un più
intenso tasso di pubblicità e di formalismo”
(TAR
Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 01.07.2009 n. 6346 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La giustizia
amministrativa innova. Rassegna degli
orientamenti giurisprudenziali sui contratti
pubblici, adeguamenti e correttivi. Codice
appalti: il Cds e il Tar ispirano
l'aggiornamento.
Nei sistemi romanistici, nei quali la
lettera della legge costituisce il
fondamento del diritto, la capacità di una
norma di adeguarsi alle mutate esigenze
della prassi mediante interpretazione
giurisprudenziale è elemento essenziale per
assicurare l'armonia tra la pratica concreta
e la previsione astratta della legge.
Tale evoluzione è poi particolarmente
importante in un ambito come quello dei
contatti pubblici, che tanta importanza
hanno nell'economia del nostro paese e che
coinvolgono una larga parte delle imprese
nostrane.
Tramite la giurisprudenza del Consiglio di
stato e dei Tribunali amministrativi
regionali, dunque, la legislazione «vive» e
si adatta alla domanda di giustizia in
costante evoluzione.
Di seguito, si illustrano alcuni recenti
orientamenti della giurisprudenza
amministrativa.
Limiti al subappalto.
Con la pronuncia del Tar Friuli-Venezia
Giulia del 9 giugno scorso, il giudice
amministrativo ha nuovamente affrontato il
problema posto dall'obbligo di presentare in
sede di gara, insieme all'offerta, la
dichiarazione precisa e dettagliata
contenente la volontà di avvalersi del
subappalto.
La pronuncia prende le mosse dalla
contestazione, sollevata nei confronti
dell'aggiudicataria, di mancata indicazione
in maniera esatta e minuziosa, in sede di
offerta, delle lavorazioni oggetto di
subappalto, essendosi la stessa limitata
alla generica manifestazione della volontà
di avvalersi del subappalto nei limiti di
legge.
In assenza di apposita prescrizione di
legge, deve ritenersi che una tale richiesta
sia nelle facoltà della stazione appaltante,
che è dunque libera di inserire la stessa
nel regolamento della gara (bando e/o
disciplinare), prevedendo anche le sanzioni
in caso di mancata o incompleta
dichiarazione.
Il Tribunale adito, rilevata tale
prescrizione nel caso concreto, ha tuttavia
evidenziato come eventuali irregolarità
nell'indicazione formulata dal concorrente
non fossero sanzionate dall'automatica
esclusione dalla gara.
Sulla scorta di tale inciso, il Collegio,
conformemente all'orientamento prevalente,
ha confermato il principio per cui
l'eventuale genericità o incompletezza della
dichiarazione circa il subappalto non può
determinare la conseguenza dell'automatica
esclusione dalla gara in assenza di apposita
previsione, ma soltanto l'impossibilità per
l'impresa aggiudicataria di avvalersi del
subappalto, con conseguente obbligo della
stessa di portare a termine in proprio tutti
i lavori appaltati, sempreché sia
qualificata per ciascuna di esse, potendosi
in tal caso procedere ad esclusione del
concorrente solo laddove lo stesso sia
carente della prescritta qualificazione.
Tale principio ha peraltro trovato ulteriore
conferma, a pochi giorni di distanza, in una
decisione del Consiglio di stato (12.06.2009
n. 3696), chiamato a pronunciarsi, tra i
vari motivi, su analogo gravame
Il giudice d'appello, ha così confermato che
l'incompletezza della documentazione
relativa all'identità e alla qualificazione
dei subappaltatori indicati in sede di
domanda di partecipazione, preclude la
possibilità di avvalersi del subappalto
medesimo, non comportando la automatica
esclusione dell'offerente se non per difetto
di qualificazione di quest'ultimo in
relazione ai lavori interessati dal
subappalto escluso.
Analogamente, il Consiglio di stato ha
quindi sancito che il superamento dei limiti
massimi di subappalto previsti nella gara
specifica, ovvero fissati in via generale
normativamente, non comporta l'esclusione
del concorrente, ma bensì l'esclusione del
subappalto in caso di aggiudicazione.
Offerta economicamente più
vantaggiosa.
È un fatto che il criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa si sta
imponendo con sempre maggior frequenza nelle
gare pubbliche, in sostituzione di quello
del massimo ribasso utilizzato in passato,
ponendo problematiche del tutto nuove.
Nella sentenza del 03.06.2009 n. 3404 il
Consiglio di stato si è pronunciato sul tema
della valutazione dell'anomalia e dei
parametri utilizzati per l'attribuzione del
punteggio in caso di gara aggiudicata
appunto secondo il criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa.
In particolare, già in primo grado il
ricorrente aveva censurato la manifesta
illogicità dei criteri di valutazione
dell'offerta economica, che avevano condotto
all'attribuzione, in sede di gara, di un
maggior punteggio, al prezzo più alto
anziché all'offerta più bassa, nonostante lo
scarto rilevante tra le due offerte.
Avverso la sentenza del Tar, che aveva
accolto il ricorso, l'aggiudicataria e la
stazione appaltante proponevano appello,
sostenendo l'errata valutazione compiuta dal
giudice di prime cure stante la
discrezionalità del potere, esistente in
capo all'amministrazione, di fissare i
criteri di valutazione delle offerte, che
dunque risultano insindacabili se non in
caso di manifesta illogicità.
Il giudice d'appello, pur riconoscendo la
sussistenza di una ampia discrezionalità
dell'amministrazione, ha tuttavia ritenuto
infondata tale censura ritenendo nel caso di
specie sussistente proprio quella manifesta
illogicità che giustifica l'intervento
giurisdizionale.
Ciò, in quanto, a seguito del recepimento
nell'ordinamento dei principi posti dal
diritto comunitario, deve ritenersi oggi
precluso, nella valutazione del prezzo,
qualunque criterio che si basi su medie
matematiche o criteri forfettari, nel caso
di specie utilizzati per il calcolo e la
valutazione della c.d. soglia di anomalia
che ha portato all'attribuzione di un
punteggio minore all'offerta più bassa.
Su tale inciso, il Consiglio di stato ha
quindi stabilito che la valutazione di
anomalia debba essere successiva alla fase
di attribuzione del punteggio per le
offerte, per contro non potendo essere
incorporata nella stessa, specie mediante
automatismi; conseguentemente, i criteri di
distribuzione del punteggio, ancorché
possano essere suddivisi in diverse sub
categorie, devono comunque risultare
strutturati in modo tale da premiare
l'offerta più bassa, dovendosi per contro
riconoscere l'illogicità di quei criteri,
come nel caso in esame, che abbiano come
risultato l'attribuzione di un maggiore
punteggio complessivo ad un offerta
economica più elevata di altre.
Affidamenti mediante
trattativa privata.
Con la sentenza 16.06.2009 n. 3903 il
Consiglio di stato è stato chiamato a
pronunciarsi sull'annosa questione della
legittimità degli affidamenti mediante
trattativa privata.
Nel caso sottoposto all'esame della Corte,
veniva contestata la legittimità della
condotta dell'amministrazione, sfociata in
un provvedimento di affidamento a trattativa
privata senza previo esperimento, motivato
dalla incompatibilità dei tempi di
esperimento di una procedura ad evidenza
pubblica con la necessità dell'Ente di
assicurare il servizio oggetto
dell'affidamento.
Il Supremo collegio, nel respingere
l'appello proposto, ha evidenziato come la
stazione appaltante avesse affidato mediante
trattativa privata la fornitura del servizio
per l'intera durata pluriennale del
contratto, e non già per il tempo
strettamente necessario all'indizione di
apposita gara.
Interpretando la lettera della legge, il
Consiglio di stato ha quindi rilevato come
la tutela dei principi della concorrenza e
della evidenza pubblica non possano
arretrare se non di fronte ad una impellente
urgenza determinata da avvenimenti
imprevedibili per l'amministrazione
aggiudicatrice, e comunque con il limite
della misura strettamente necessaria a far
fronte a tale urgenza; elementi entrambi
assenti nel caso in esame.
Conseguentemente, il Consiglio di stato ha
riconosciuto l'illegittimità del
provvedimento di affidamento del servizio
mediante trattativa privata non già per un
periodo limitato, ma per tutta la durata
pluriennale del contratto.
Raggruppamenti temporanei e
concorrenza.
Da ultimo, si segnala la sentenza della
Sezione sesta del Consiglio di stato del
19.06.2009 n. 4145, in materia di
raggruppamenti temporanei e concorrenza.
Nel caso sottoposto all'esame del giudice
amministrativo si lamentava l'illegittimità
di alcune previsioni del bando e del
disciplinare di gara che non consentivano la
partecipazione in raggruppamento temporaneo
di due o più imprese che fossero in grado di
soddisfare singolarmente i requisiti
economici e tecnici richiesti, con specifico
riferimento al lotto di importo superiore
tra quelli cui il raggruppamento partecipa.
Il Collegio ha tuttavia ritenuto priva di
fondamento la censura, rilevando all'uopo
come tale clausola del bando recepisse la
posizione espressa dall'Autorità garante
della concorrenza e del mercato, a mente
della quale deve riconoscersi in capo alle
stazioni appaltanti la facoltà di adottare
limitazioni alla possibilità di associarsi
in Ati per le imprese che siano in grado di
partecipare alla gara anche singolarmente.
Conseguentemente il giudice amministrativo
ha ritenuto corretta la valutazione operata
dalla stazione appaltante che, vietando la
possibilità di raggruppamento temporaneo di
quelle imprese in grado di partecipare
singolarmente alla gara, ha cercato di
evitare una restrizione del numero di
partecipanti e, dunque, una alterazione
della dinamica concorrenziale.
Il Consiglio di stato si è quindi
pronunciato in favore della legittimità del
bando impugnato, stabilendo il principio per
cui, ogni volta che le specifiche
caratteristiche del mercato oggetto della
procedura di gara comportino di per sé
particolari limitazioni alla concorrenza, in
forza del numero e delle dimensioni degli
operatori esistenti, al fine di assicurare
comunque uno standard competitivo minimo
sono possibili limitazioni alla facoltà di
raggruppamento tra imprese, laddove queste
siano in grado di partecipare singolarmente
alla gara medesima.
Aspettiamo i commenti e le repliche dei
lettori a:
matteoufficiostampa@bentleysoa.com oppure al
numero verde 800540340 (articolo ItaliaOggi
dell'01.07.2009, pag. 15). |
giugno 2009 |
|
APPALTI: Fissazione
dei criteri motivazionali ex art. 83 co. 4
del d.lgs. n. 163/2006. Non necessaria se la
lex specialis è dettagliata.
Il mancato rispetto della previsione
dell'art. 83, co. 4, del d.lgs. n. 163/2006
(ora abrogato), che impone(va)
all'amministrazione la fissazione dei c.d. "criteri
motivazionali" precedentemente
all'apertura delle offerte tecniche, non
determina l'illegittimità dell'operato della
commissione (e quindi dell'intera procedura
selettiva) ove la definizione in termini
chiari, obiettivi e puntuali dei criteri di
valutazione dell'offerta tecnica sia già
contenuta nella lex specialis di gara
e sia idonea a delimitare la discrezionalità
della commissione aggiudicatrice (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 30.06.2009 n. 4216 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Intervento di
riqualificazione area antistante stazione
ferroviaria.
Il sindaco del Comune (omissis) intende
eseguire un intervento di riqualificazione
in una area antistante la stazione
ferroviaria, di proprietà della società RFI.
La spesa preventivabile è stata stimata in
circa 50.000 euro.
La società proprietaria del terreno, come
controprestazione per l’intervento sulla
propria area, dichiara la disponibilità a
concedere la stessa in comodato, per un
massimo di dieci anni.
La motivazione che giustificherebbe
l’imputazione della spesa in capo al
bilancio del Comune risiede nell’essere
l’Ente una importante località turistica
lacuale e la sistemazione dell’area
consentirebbe ai turisti una migliore
godibilità della stessa (Regione Piemonte,
parere n. 56/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
QUESITI SUL DECRETO LEGISLATIVO 81/2008
(sicurezza sui cantieri).
Al fine di fornire un contributo alla
necessità di approfondimento sulla materia,
il Gruppo di lavoro "Numero Verde" regionale
per la sicurezza del lavoro ha raccolto i
quesiti finora pervenuti nel presente
opuscolo (link a www.regione.piemonte.it). |
APPALTI:
NO ALL’ESCLUSIONE AUTOMATICA PER LE SOCIETÀ
CONTROLLATE (link a
www.mediagraphic.it). |
LAVORI PUBBLICI: L.
Bellagamba,
La valutazione delle offerte anomale nei
lavori pubblici e la simulazione di due casi
concreti: opere edili e opere stradali -
Dopo il terzo decreto correttivo al codice e
in attesa del regolamento attuativo
(link a www.linobellagamba.it). |
APPALTI:
G. Lentini,
L’inosservanza dei termini procedimentali da
parte della pubblica amministrazione nella
legge 69/2009 di modifica della legge
241/1990. Breve esame e considerazioni alla
luce della proposta di decreto legislativo
di attuazione della legge 15/2009
(link a www.diritto.it). |
APPALTI:
A. Gurrieri,
Differimento e divieto di divulgazione nelle
procedure di gara: l’art. 13 commi 2-4 del
D. Lgs. 163/2006 (link a
www.diritto.it). |
APPALTI:
S. Cresta,
La semplificazione introdotta dalla L.
69/2009 sull’affidamento dei "piccoli
appalti" (link a
www.altalex.com). |
LAVORI PUBBLICI:
CONSORZI STABILI - DAL 1° LUGLIO 2009 NEGLI
APPALTI SOTTO 1.000.000 DI EURO, DIVIETO DI
PARTECIPAZIONE CONGIUNTA LIMITATO AI SOLI
CONSORZIATI INDICATI QUALI ESECUTORI
(link a www.ancebrescia.it). |
APPALTI:
Nelle gare d’appalto è illegittimo prevedere
come requisito di partecipazione il possesso
di una sede operativa nel comune della
stazione appaltante; è invece legittimo
richiederlo in caso di aggiudicazione
(link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Sulle prescrizioni
dettate dalle Autorità di vigilanza nei
confronti degli enti vigilati in ordine ad
azioni ancora da intraprendere.
E' precluso all'Autorità (nel caso di specie
quella sui contratti pubblici) di imporre
scelte o in generale di impartire
prescrizioni alle amministrazioni pubbliche
(nella fattispecie un comune) circa i
comportamenti legittimi da intraprendere e
la reiterata richiesta di informazioni sulle
"misure future da adottare" esorbita dalle
attribuzioni dell'Autorità, assumendo il
chiaro scopo di indurre l'Ente locale ad
emanare atti amministrativi aventi un
preciso e determinato contenuto (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 29.06.2009 n. 1349 -
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APPALTI SERVIZI:
1.- Partecipazione e
qualificazione - Requisiti generali -
Requisiti ex art. 17, L. n. 68/1999 -
Necessità - Sussiste.
2.- Partecipazione e
qualificazione - Requisiti generali -
Requisiti ex art. 17, L. n. 68/1999 -
Imprese esentate - Dichiarazione
inapplicabilità normativa - Obbligo
presentazione - Sussiste.
1.-
Anche i Consorzi di cooperative devono
dimostrare il possesso dei requisiti di
carattere generale, morale e di ordine
pubblico in capo alle società designate
quali esecutrici dei lavori o dei servizi e
tra detti requisiti rientra quello di cui
all'art. 17, L. n. 68/1999, relativo alla
tutela dei disabili, poiché detto requisito
qualifica la moralità dell'impresa
assuntrice dell'appalto sotto il profilo
della puntuale osservanza degli obblighi di
solidarietà sociale posti dal legislatore ed
inerente a profili di organizzazione
imprenditoriale direttamente incidenti sulla
rituale esecuzione dell'appalto. La norma ha
un chiaro contenuto di ordine pubblico e il
rispetto della normativa sulla tutela dei
disabili deve essere dichiarato al momento
della presentazione della domanda di
partecipazione alla gara.
2.-
Le imprese concorrenti non tenute
all'osservanza della normativa in questione
sono comunque tenute a dichiarare la
inapplicabilità all'impresa della normativa
a tutela dei disabili, senza essere
esonerati dal comunicare all'Amministrazione
la propria posizione nei riguardi di detta
disciplina. Diversamente opinando,
l'Amministrazione dovrebbe essa andare a
verificare, di volta in volta, se l'impresa
occupi un numero di lavoratori tale da
renderla esente dall'obbligo dell'assunzione
dei disabili. Ciò non è conforme al dettato
di cui all'art. 17, nonché ai principi di
economicità ed efficacia dell'attività
amministrativa (TAR Lazio-Roma, Sez.
III-ter,
sentenza 22.06.2009 n. 5979 -
link a http://mondolegale.it). |
APPALTI:
Anche i consorzi di
cooperative devono dimostrare di essere in
regola con la normativa sulla tutela dei
disabili ex art. 17 della l. n. 68/1999.
Sulla ratio dell'art. 17 della l. n.
68/1999.
Deve essere escluso da una gara per
l'affidamento del servizio di autonoleggio
con conducente per le esigenze aziendali di
una S.p.a., per carenza di requisiti di
carattere generale, un consorzio in quanto
né il medesimo consorzio né i consorzi
designati quali esecutori del servizio hanno
reso la dichiarazione in forma espressa di
essere in regola con la normativa in materia
di diritto al lavoro dei disabili di cui
all'art. 17 della l. n. 68 del 1999. Anche i
consorzi di cooperative, infatti, devono
dimostrare il possesso dei requisiti di
carattere generale, morale e di ordine
pubblico in capo alle società designate
quali esecutrici dei lavori o dei servizi e
tra detti requisiti rientra quello di cui
all'art. 17 della l. n. 68/1999, relativo
alla tutela dei disabili, poiché detto
requisito qualifica la moralità dell'impresa
assuntrice dell'appalto sotto il profilo
della puntuale osservanza degli obblighi di
solidarietà sociale posti dal legislatore e
inerente a profili di organizzazione
imprenditoriale direttamente incidenti sulla
rituale esecuzione dell'appalto. Trattasi,
dunque, di requisito che deve essere
verificato nei confronti dell'imprenditore
chiamato ad eseguire effettivamente il
contratto e non soltanto nei confronti del
consorzio, poiché il ruolo di questo si
esaurisce per legge nella fase prodromica di
partecipazione alla gara. Nel caso di
specie, risulta dalla documentazione che le
dichiarazioni rese dal consorzio e dalle sue
consorziate risultano insanabilmente
incomplete in ordine al requisito di cui
alla lett. l) dell'art. 38 del d. lvo n. 163
del 2006 e tale incompletezza avrebbe dovuto
comportare l'esclusione del predetto
consorzio dalla gara.
Il rispetto della normativa sulla tutela dei
disabili (art. 17 della l. n. 68/1999) deve
essere dichiarato al momento della
presentazione della domanda di
partecipazione alla gara e le imprese
concorrenti non tenute all'osservanza della
normativa in questione sono comunque tenute
a dichiarare la inapplicabilità all'impresa
della normativa a tutela dei disabili, senza
essere esonerati dal comunicare
all'Amministrazione la propria posizione nei
riguardi di detta disciplina. La ratio
della disposizione non è solo quella di
garantire l'Amministrazione nella
conclusione del contratto stipulato con una
impresa che osserva la normativa sul diritto
del lavoro dei disabili, ma anche quella di
imporre il rispetto di essa, finalità che si
perseguono imponendo l'obbligo di
dichiarazione "di essere in regola con le
norme che disciplinano il diritto al lavoro
dei disabili" anche se l'impresa non
rientra nei casi previsti dall'art. 3 della
l. n. 68 del 1999 (TAR Lazio-Roma, Sez.
III-ter,
sentenza 22.06.2009 n. 5979 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Progetto definitivo -
Approvazione - Mancanza parere favorevole
impatto acustico - Illegittimità.
E' illegittima la delibera di approvazione
del progetto definitivo di opera pubblica in
assenza del parere favorevole dell'a.r.p.a.
di impatto acustico e nonostante lo studio
preliminare e previsionale di impatto
acustico, commissionato ad una società
privata, avesse evidenziato la sussistenza
di un impatto acustico pienamente
compatibile con quanto previsto dalla
normativa vigente solo per le sorgenti fisse
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza
19.06.2009 n. 4071). |
APPALTI SERVIZI: 1.
PATRIMONIO DELLA P.A. – CONCESSIONI -
TRATTATIVE - VIOLAZIONE PRINCIPI DI BUONA
FEDE EX ART. 1337 C.C. - ILLEGITTIMITÀ -
FATTISPECIE.
2. PATRIMONIO DELLA P.A. – CONCESSIONI -
RISPETTO PRINCIPI DI EVIDENZA PUBBLICA -
NECESSITÀ.
1.
E’ illegittimo l’operato
dell'amministrazione, la quale, dopo aver
portato avanti le trattative per
l'assegnazione di una concessione, ha
deciso, a fronte di un'offerta più
conveniente, di emanare la concessione a
favore di altra impresa, per l’asserita
maggiore convenienza dell’offerta presentata
dalla impresa intervenuta in un secondo
momento, senza considerare che la prima
impresa era disponibile ad offrire
altrettanto; l'Amministrazione, nella sua
veste di contraente, non ha in tal caso
osservato la regola, valevole anche per i
soggetti pubblici, di cui all’art. 1337 del
codice civile –secondo cui il contraente si
deve comportare secondo buona fede nello
svolgimento delle trattative e nella
formazione del contratto– laddove ha
interrotto la trattativa con la prima
impresa senza fornire alcuna
giustificazione, sebbene vi fosse la prova
che quest’ultima era disposta ad accettare
le stesse condizioni offerte dall’altra
impresa. Sicché, vi è stata da parte
dell'Amministrazione la lesione
dell’affidamento che la prima impresa aveva
riposto sulla conclusione della negoziazione
a suo favore.
2.
Il comportamento dell'amministrazione,
laddove non ha tenuto il contegno proprio
del buon contraente, ridonda anche sulla
validità del provvedimento concessorio.
Infatti, sulla base dei principi elaborati
dalla Sezione e affermati anche nella
sentenza impugnata, l'amministrazione è
tenuta a privilegiare l'applicazione dei
principi -di derivazione comunitaria e
costantemente applicati dalla Corte di
giustizia europea- di concorrenza, di parità
di trattamento, di trasparenza, di non
discriminazione, di mutuo riconoscimento e
proporzionalità.
Tali principi, anche in virtù dell'articolo
1 della legge n. 241 del 1990, non solo si
applicano direttamente nel nostro
ordinamento, ma debbono informare il
comportamento dell'amministrazione, anche
quando non è tenuta ad azionare formalmente
la procedura dell'evidenza pubblica.
Infatti, il Consiglio di Stato ha ritenuto
applicabili detti principi anche alle
concessioni di beni pubblici, ponendo in
rilievo che "la sottoposizione ai
principi di evidenza trova il suo
presupposto sufficiente nella circostanza
che con la concessione di area demaniale si
fornisce un'occasione di guadagno a soggetti
operanti sul mercato, tale da imporre una
procedura competitiva ispirata ai ricordati
principi di trasparenza e non
discriminazione" (decisione n. 168 del
2005, ma in via generale vedasi anche sez.
VI, 15.02.2002 n. 934) (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 19.06.2009 n. 4035 -
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APPALTI: GARA
D’APPALTO – COMUNICAZIONE AGGIUDICAZIONE
DEFINITIVA – TRASMISSIONE VIA FAX –
IDONEITA’ A DETERMINARE LA DECORRENZA
TERMINI IMPUGNATORI – VA AFFERMATA –
RAGIONI.
La comunicazione dell’aggiudicazione
definitiva trasmessa a mezzo fax è idonea a
far decorrere il termine per l’impugnazione,
nel caso in cui l'uso del fax sia previsto
dalla lex specialis di gara e
l’impresa destinataria della comunicazione
abbia indicato in precedenza
all'Amministrazione il proprio numero
telefonico abilitato per la ricezione di
comunicazioni inerenti la gara.
Il fax rappresenta uno dei modi in cui può
concretamente svolgersi la cooperazione tra
i soggetti, in quanto essa viene attuata
mediante l'utilizzo di un sistema basato su
linee di trasmissione di dati ed
apparecchiature che consentono di poter
documentare sia la partenza del messaggio
dall'apparato trasmittente che, attraverso
il cosiddetto rapporto di trasmissione, la
ricezione del medesimo in quello ricevente.
Tali modalità, garantite da protocolli
universalmente accettati, indubbiamente ne
fanno uno strumento idoneo a garantire
l'effettività della comunicazione. In tal
senso, infatti, si muove la normativa più
recente (d.P.R. 28.12.2000, n. 445) che
consente un uso generalizzato del fax nel
corso dell'istruttoria, sia per la
presentazione di istanze e dichiarazioni da
parte dei privati (articolo 38, comma 1) che
per l'acquisizione d'ufficio da parte
dell'amministrazione di certezze giuridiche
(articolo 43, comma 3). Tanto è vero che "i
documenti trasmessi da chiunque ad una
pubblica amministrazione tramite fax, o un
altro mezzo telematico o informatico idoneo
ad accertarne la fonte di provenienza,
soddisfano il requisito della forma scritta
e la loro trasmissione non deve essere
seguita da quella del documento originale"
(articolo 43, comma 6).
Posto quindi che gli accorgimenti tecnici
che caratterizzano il sistema garantiscono,
in via generale, una sufficiente certezza
circa la ricezione del messaggio, ne
consegue non solo l'idoneità del mezzo a far
decorrere termini perentori, ma anche che un
fax deve presumersi giunto al destinatario
quando il rapporto di trasmissione indica
che questa è avvenuta regolarmente, senza
che colui che ha inviato il messaggio debba
fornire alcuna ulteriore prova. Semmai la
prova contraria può solo concernere la
funzionalità dell'apparecchio ricevente; ma
questa non può che essere fornita da chi
afferma la mancata ricezione del messaggio
(cfr. in tal senso Cons. Stato, sez. V,
24.04.2002, n. 2202) (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 19.06.2009 n. 4032 -
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APPALTI:
La dichiarazione sul
rispetto della disciplina del diritto al
lavoro dei disabili costituisce un dovere
dei partecipanti alle gare indipendentemente
dalla sua specifica menzione nella
disciplina di gara.
La dichiarazione circa il rispetto della
disciplina del diritto al lavoro dei
disabili, prescritta dall'art. 17 della l.
n. 68/1999, costituisce un dovere dei
partecipanti indipendentemente dalla sua
specifica menzione nella disciplina di gara.
Ne consegue che, nel caso di specie, deve
essere escluso l'aggiudicatario del servizio
di refezione nelle scuole materne statali
ricadenti nel territorio del Comune per aver
omesso di presentare la dichiarazione in
materia di lavoro dei disabili (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 19.06.2009 n. 4028 -
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APPALTI SERVIZI:
Sull'illegittimità
dell'ammissione ad una gara per
l'affidamento di servizi per violazione
dell'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 (c.d.
Decreto Bersani).
E' illegittima l'ammissione in una gara per
l'affidamento dei servizi di assistenza
tecnica integrata per la redazione del
programma strategico per la valorizzazione
urbanistica, economica, sociale e
direzionale, di una ATI per violazione
dell'art. 13 del d.l. 04.07.2006 n. 223
(c.d. Decreto Bersani), poi convertito in
legge con modificazioni con la l. 296/2006,
in quanto tra i componenti dell'ATI, figura
in qualità di mandante una società che fra
l'altro è partecipata dalla Provincia
Regionale, da un Consorzio provinciale e da
un altro Comune, oltre che dal Comune che ha
indetto la gara e svolge, in base al suo
stesso oggetto sociale, molteplici "attività
strumentali" in favore degli stessi enti
pubblici che ne detengono il capitale
sociale (Tar Sicilia-Catania, Sez. III,
sentenza 18.06.2009 n. 1161 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it).
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Società miste out. Il
Tar Sicilia ha escluso un raggruppamento di
imprese. Vietato affiancarle in una gara.
Un
concorrente ad una gara di appalto non può
presentarsi in raggruppamento con una
società mista perché a queste ultime è
vietata la partecipazione alle gare; in
questi casi la stazione appaltante non deve
ammettere il raggruppamento alla gara; il
divieto previsto dalla legge Bersani è
oggettivo e imperativo, oltre che
legittimato dalla Corte costituzionale. È
quanto afferma il Tar Sicilia, sezione
terza, con la sentenza del 18.06.2009, n.
1161, che prende in esame la questione della
partecipazione delle società miste alle gare
di appalto, con argomentazioni che si
caratterizzano per la loro completezza e
chiarezza e che prendono in esame profili di
diritto nazionale e comunitario.
La vicenda riguardava una gara bandita dal
comune di Messina per l'affidamento del
servizi di ingegneria e architettura di
importo presunto pari a 500 mila euro.
La procedura di verifica dei requisiti,
condotta sui primi due in graduatoria è
stata negativa, pertanto il comune ha
aggiudicato l'appalto alla terza
classificata, dopo regolare verifica sui
requisiti dichiarati. Il primo in
graduatoria impugna l'aggiudicazione ma il
Tar censura a monte il fatto che il
ricorrente sia stato ammesso a partecipare
alla gara.
Infatti, il concorrente si presentava in
raggruppamento con una società partecipata,
fra l'altro, dalla provincia regionale di
Messina, dal Consorzio Asi della provincia
di Messina, dal comune di Milazzo, oltre che
dallo stesso comune di Messina che bandiva
la gara.
Il raggruppamento, quindi, proprio in virtù
della partecipazione della spa mista a
fianco del progettista, non doveva neanche
essere ammesso a partecipare alla procedura
di affidamento, anche perché sarebbe incorso
nella connessa incapacità legale e a
contrarre prevista dall'articolo 13 del
decreto legge n. 223 del 2006, come
modificato e convertito dalla legge n.
296/2006 (legge Bersani).
La sentenza entra quindi nel merito della
ratio della norma prendendo innanzitutto
le mosse dall'orientamento della Corte di
giustizia ed evidenziando come essa abbia
considerato le società miste «un elemento
di disturbo del mercato privato»,
puntando alla tendenziale esclusività della
attività economica a favore dell'azionista.
La nostra giurisprudenza, sottolinea la
sentenza dei giudici siciliani, si è
espressa analogamente ponendo in luce il
rischio che la partecipazione della spa
mista determini situazioni di privilegio per
alcune imprese, quando queste ultime
usufruiscano, sostanzialmente, di un aiuto
di stato, vale a dire di una provvidenza
economica pubblica atta a diminuirne o
coprirne i costi.
Si tratta, dice la sentenza, di un
privilegio che non deriva tanto da un
contributo diretto, quanto da una «posizione
di mercato avvantaggiata rispetto alle altre
imprese».
In altre parole, avendo la spa mista una
partecipazione sul mercato garantita e
sicura è come se disponesse di una sorta di
minimo garantito che consente alla società
di essere competitiva nelle gare pubbliche
oltre che sul mercato privato. Il Tar
afferma che in questo modo si «induce e
incoraggia il capitalismo di stato» e si
determina «l'espulsione delle imprese
private marginali».
In questo quadro di tendenziale disfavore
che vedeva le spa miste partecipare a gare
previa verifica da parte delle commissioni
giudicatrici del fatto che esse non avessero
distolto risorse e mezzi per i servizi da
rendere alla collettività di riferimento, si
inserisce la norma del 2006 che introduce
una violazione oggettiva e «imperativa»,
come di recente ha affermato la
giurisprudenza amministrativa.
La norma della legge Bersani, sottolinea il
Tar Sicilia, ha anche superato il vaglio di
costituzionalità (Corte costituzionale,
01.08.2008, n. 236) dal momento che è stato
riconosciuto che norme come quella sul
divieto di extraterritorialità «rientrano
nella competenza esclusiva del legislatore
statale perché funzionali alla definizione
dei confini tra l'attività amministrativa e
l'attività di impresa soggetta alle regole
del mercato».
La ratio delle limitazioni per le
società miste risiede quindi proprio nella
tutela dell'interesse pubblico su quello
privato, «rafforzando e tutelando il
libero gioco della concorrenza, assicurando
una parità effettiva fra tutti gli operatori
economici» (articolo ItaliaOggi del
10.07.2009, pag. 12). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'impossibilità di
riferire i ribassi d'asta ad eventi futuri e
incerti, come le agevolazioni contributive
che la ditta spera di ottenere ad
aggiudicazione ottenuta.
Le motivazioni che le ditte partecipanti ad
una gara d'appalto adducono per giustificare
i ribassi d'asta devono riferirsi a fatti
certi ed attuali, e non a eventi futuri e
incerti.
Pertanto, è legittima la revoca di
un'aggiudicazione in via provvisoria di un
appalto per il servizio di pulizia degli
uffici dell'Ufficio Provinciale del Lavoro e
Massima Occupazione in quanto l'offerta è
anomala, perché la ditta, per affrontare il
costo del personale necessario per attuale
il servizio di pulizie, e per giustificare
il ribasso praticato rispetto al prezzo a
base d'asta, ha inteso usufruire degli
sgravi contributivi offerti dalla legge
407/1990.
Inoltre, le norme che tali agevolazioni
prevedono "favoriscono solamente le
imprese che effettuano nuove assunzioni, fra
le quali non possono essere ricomprese
quelle munite di sufficiente personale, come
la ditta, precedente gestore del servizio,
che non necessita di incrementare il proprio
organico" (Tar Sicilia-Catania, Sez.
III,
sentenza 18.06.2009 n. 1141 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Moralità professionale
delle imprese.
La non veridicità della dichiarazione circa
la sussistenza di provvedimenti
giurisdizionali penali (sentenza passata in
giudicato, sentenza patteggiata o decreto
penale irrevocabile) integra un’autonoma
causa di esclusione dalla gara, a
prescindere dalla valutazione in ordine
all’idoneità della condanna riportata ad
incidere sulla moralità professionale
dell’impresa
Il TAR Marche è ritornato sulla controversa
problematica della verifica del requisito
della “moralità professionale delle imprese,
di cui all’articolo 38, comma 1°, lettera
c), del Codice dei contratti pubblici
(D.Lgs. n. 163/2006).
Precisamente, il tribunale amministrativo
marchigiano è intervenuto nella questione se
costituisca autonoma causa di esclusione la
dichiarazione inveritiera, indipendentemente
dalla valutazione di incidenza sulla
moralità professionale, da parte della
stazione appaltante.
Al riguardo, il Tar afferma che “è
legittimo il provvedimento di esclusione di
un’impresa da una procedura di gara per
omessa dichiarazione, da parte del titolare
dell’impresa medesima, di due condanne
penali, spettando la valutazione della loro
incidenza sulla moralità professionale
all’amministrazione aggiudicatrice”.
Occorre ricordare che, in merito
all’indicata problematica, si contendono il
campo due distinti indirizzi.
Secondo un primo indirizzo, cui
aderisce il Tar Marche nella pronuncia in
esame, la non veridicità della dichiarazione
circa la sussistenza di provvedimenti
giurisdizionali penali (sentenza passata in
giudicato, sentenza patteggiata o decreto
penale irrevocabile) integra un’autonoma
causa di esclusione dalla gara, a
prescindere dalla valutazione in ordine
all’idoneità della condanna riportata ad
incidere sulla moralità professionale
dell’impresa.
Il problema, invero, sorge perché il
dichiarante (legale rappresentante
dell’impresa, amministratore, direttore
tecnico) potrebbe essere indotto (talora in
buona fede, ma sovente, no) a ritenere che,
siccome la valutazione discrezionale, di
competenza della commissione di gara, deve
vertere sull’incidenza dei reati sulla
moralità professionale, allora
l’imprenditore potrebbe dichiarare solo quei
reati che, a suo parere, possano avere un
profilo di incidenza.
In altri termini, l’imprenditore si
sostituisce alla commissione, non dichiara
tutti i reati, per i quali ha subito
condanne, ma solo quelli che, secondo la sua
personale opinione, possano essere oggetto
di valutazione di incidenza. Orbene, secondo
un primo orientamento, il soggetto obbligato
deve dichiarare tutti i reati, acclarati con
provvedimento giudiziario definitivo. Se
viene meno a tale obbligo (cd. obbligo di
dichiarazione dei reati), l’impresa deve
essere esclusa immediatamente ed
indipendentemente dalla possibile incidenza
dei reati commessi.
Secondo un diverso orientamento, la
sola dichiarazione inveritiera non può
comportare l’esclusione, occorre la
valutazione di incidenza.
A sostegno di tale tesi, vengono evidenziate
due ragioni:
a) la necessità di valutare la positiva
incidenza, ai fini dell’esclusione, in
conformità ai principi comunitari in
materia;
b) la necessaria applicazione dell’articolo
46 del Codice, secondo cui nei limiti
previsti dagli articoli da 38 a 45, le
stazioni appaltanti invitano le imprese a
completare o a fornire chiarimenti in ordine
al contenuto dei certificati, documenti e
dichiarazioni presentati.
Tale indirizzo, sempre minoritario, ha
conosciuto un momento di ripresa, grazie ad
alcune recenti pronunce: Consiglio di Stato,
sez. V, n. 829/2009; Tar Lazio, sez. Roma
II, n. 3984/2009. Il primo orientamento,
oltre ad essere confermato dal Tar Marche,
ha conosciuto anche l’adesione da parte di
altre sentenze: Tar Lazio, Sez. Roma III,
nn. 1541/2009 e 3215/2009 (commento tratto
da www.centrostudimarangoni.it - TAR Marche,
Sez. I,
sentenza 17.06.2009 n. 594 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Enti senza scopo di
lucro, come fondazioni e Onlus, possono
legittimamente partecipare alle gare
d'appalto.
Sulla legittimità ad accedere ai contratti
pubblici anche per le fondazioni.
L'elencazione di cui art. 34 del D.Lgs. n.
163 del 2006, sui soggetti a cui possono
essere affidati i contratti pubblici non è
tassativa.
Anche i soggetti economici senza scopo di
lucro, quali le fondazioni, possono
soddisfare i necessari requisiti ed essere
qualificati come "imprenditori", "fornitori"
o "prestatori di servizi" ai sensi delle
disposizioni vigenti in materia, e dunque
essere soggetti legittimati ad accedere ai
contratti pubblici, attese la personalità
giuridica che le fondazioni vantano e la
loro capacità di esercitare anche attività
di impresa, qualora funzionali ai loro scopi
e sempre che quest'ultima possibilità trovi
riscontro nella disciplina statutaria del
singolo soggetto giuridico.
L'elencazione dell'art. 34 del D.Lgs. n. 163
del 2006, codice dei contratti pubblici, non
è, infatti, tassativa e tale conclusione
trova conforto in altre norme del codice
degli appalti che definiscono la figura
dell'imprenditore o fornitore o prestatore
di servizi nell'ambito degli appalti
pubblici (art. 3, commi 19 e 20) e nelle
disposizioni comunitarie le quali (art. 1,
c. 8, 4 e 44 della direttiva 2004/18/CE)
indicano che il soggetto abilitato a
partecipare alle gare pubbliche è l'"operatore
economico" che offre sul mercato lavori,
prodotti o servizi, secondo un principio di
libertà di forme (persone fisiche o persone
giuridiche).
La giurisprudenza comunitaria ha affermato
che per "impresa", pur in mancanza di
una sua definizione nel Trattato, va inteso
qualsiasi soggetto che eserciti attività
economica, a prescindere dal suo stato
giuridico e dalle sue modalità di
finanziamento; che costituisce attività
economica qualsiasi attività che consiste
nell'offrire beni o servizi su un
determinato mercato; che l'assenza di fine
di lucro non esclude che un soggetto
giuridico che esercita un'attività economica
possa essere considerato impresa. Pertanto,
la definizione comunitaria di impresa non
discende da presupposti soggettivi, quali la
pubblicità dell'ente o l'assenza di lucro,
ma da elementi puramente oggettivi quali
l'offerta di beni e servizi da scambiare con
altri soggetti, nell'ambito quindi di
un'attività di impresa anche quando non sia
l'attività principale dell'organizzazione.
Inoltre, non è rilevante il fatto che una
fondazione goda di un regime fiscale di
favore perché il regime fiscale di favore
assiste anche altri soggetti, quali le
cooperative, senza che si possa sostenere
che queste siano escluse dagli appalti
pubblici (anzi sono espressamente
contemplate nell'art. 34 del codice), ovvero
le ONLUS che secondo la recente
giurisprudenza amministrativa possono essere
ammesse alle gare pubbliche quali "imprese
sociali", cui il d.lgs. 24.03.2006 n.
155 ha riconosciuto la legittimazione ad
esercitare in via stabile e principale
un'attività economica organizzata per la
produzione e lo scambio di beni o di servizi
di utilità sociale, diretta a realizzare
finalità d'interesse generale, anche se non
lucrativa (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 16.06.2009 n. 3897 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
GARA D'APPALTO -
PROCEDURA APERTA PER L'AFFIDAMENTO IN
CONCESSIONE DEL SERVIZIO GESTIONE DELLE AREE
DI SOSTA A PAGAMENTO - MANCATA
SPECIFICAZIONE DELLA DATA E ORA PER
L'APERTURA DEI PLICHI - VIOLA L'INDEROGABILE
PRINCIPIO DI PUBBLICITÀ DELLE SEDUTE DI
GARA.
Le carenze degli atti di gara in punto di
specificazione della data e dell’ora fissata
per l’apertura dei plichi e per l’esame dei
requisiti d’ammissione alla procedura
finiscono per rendere riservata, anziché
pubblica, la prima seduta della Commissione.
Detta condotta integra la denunciata
violazione dell’inderogabile pubblicità
delle sedute di gara.
Segnatamente, anche ad accedere alla tesi
secondo cui, vertendosi in tema di
concessione di servizi, non troverebbe
applicazione il disposto letterale dell’art.
64, comma 4, del codice dei contratti
pubblici, deve comunque ritenersi che venga
in rilievo, anche per dette procedure, il
principio generale, sotteso a tale norma,
che impone un’adeguata comunicazione delle
notizie relative a data, luogo ed ora delle
operazioni, sì da consentire l’effettiva
pubblicità e la concreta possibilità di
partecipazione da parte dei soggetti
interessati.
Detti parametri di adeguatezza e
proporzionalità delle misure informative non
risultano nella specie rispettate per
effetto della mera affissione all’albo
pretorio. In disparte il difetto della
relativa prova, deve infatti ritenersi che
detta misura generale di pubblicità, non
presenti la stesso grado di conoscibilità
della lex specialis. In assenza di un
rinvio a detta formalità da parte degli atti
di gara ed in mancanza di indicazioni
puntuali in seno a detti ultimi, si deve
opinare che solo un atto avente la medesima
pubblicità del bando ovvero una
comunicazione personalizzata avrebbe potuto
rispettare il principio generale di
trasparenza sotteso alla normativa primaria.
Si deve soggiungere che non assume rilievo
alcuno il dato della presenza dei
rappresentanti di due delle quattro imprese
partecipanti, posto che, al contrario,
proprio l’assenza di due dei quattro
soggetti interessati dimostra
l’insussificienza delle misure comunicative
adottate.
La violazione del principio della pubblicità
delle fondamentali fasi della gara rende
conseguentemente invalidi tutti gli atti
della procedura selettiva, senza che rilievi
l’assenza di prova dell’effettiva lesione
sofferta dai concorrenti, trattandosi di
adempimento posto a tutela non solo della
parità di trattamento tra gli stessi, ma
anche dell’interesse pubblico alla
trasparenza ed all’imparzialità dell’azione
amministrativa, le cui conseguenze negative
non sono apprezzabili ex post (vedi
Consiglio Stato , sez. V, 04.03.2008, n.
901) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.06.2009 n. 3884 -
link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Interpretazione del
bando, regolarizzazione documentale e
ipotesi di esclusione.
L’esclusione di un’impresa da una gara di
appalto costituisce un provvedimento
eccezionale, che contraddice il favor
partecipationis e la libera concorrenza,
e che può essere adottato solo in presenza
di cause certe e tassativamente previste
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.06.2009 n. 3878 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
In tema di concessione
di servizi non si applica l'art. 64, c. 4,
d.lvo n. 163/2006, ciò nonostante, anche per
dette procedure è necessaria un'adeguata
comunicazione delle notizie relative a data,
luogo ed ora delle operazioni.
In tema di concessione di servizi, non si
applica il disposto letterale dell'art. 64,
c. 4, del D.lvo 12.04.2006, n. 163 - Codice
dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e forniture, tuttavia, anche per
dette procedure, si ricorre, al principio
generale, sotteso a tale norma, che impone
un'adeguata comunicazione delle notizie
relative a data, luogo ed ora delle
operazioni, sì da consentire l'effettiva
pubblicità e la concreta possibilità di
partecipazione da parte dei soggetti
interessati.
Nel caso di specie detti parametri di
adeguatezza e proporzionalità delle misure
informative non risultano rispettate per
effetto della mera affissione all'albo
pretorio, deve, infatti, ritenersi che tale
misura generale di pubblicità, non presenti
la stesso grado di conoscibilità della
lex specialis. In assenza di un rinvio a
detta formalità da parte degli atti di gara
ed in mancanza di indicazioni puntuali in
seno a detti ultimi, si deve ritenere che
solo un atto avente la medesima pubblicità
del bando ovvero una comunicazione
personalizzata avrebbe potuto rispettare il
principio generale di trasparenza sotteso
alla normativa primaria (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 16.06.2009 n. 3844 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla dichiarazione
generica di assenza di cause di esclusione
ex art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs.
163/2006.
Il Tar Palermo -delineata la disciplina
normativa relativa alle cause di esclusione
delle imprese dalle gare, incentrata sulla
conoscenza completa, da parte della stazione
appaltante, di tutte le sentenze e decreti
di condanna eventualmente esistenti a carico
dei concorrenti alle gare d’appalto, per le
conseguenti valutazioni circa la loro
rilevanza ostativa o meno ai fini della
partecipazione- ritiene di dover condividere
l'interpretazione dell'articolo 38, comma 1,
lett. c), del D.lgs 163/2006 dedotta dal
ricorrente.
Afferma così il principio secondo cui la
norma in questione, laddove dispone che è
comunque causa di esclusione la condanna per
i reati di partecipazione ad
un’organizzazione criminale, corruzione,
frode, riciclaggio, non sta ad indicare
tipologie di reati diversi da quelli
ostativi genericamente indicati nella prima
parte della norma (“reati gravi in danno
dello Stato o della Comunità che incidono
sulla moralità professionale”), quanto
piuttosto dei reati, in ordine ai quali la
stazione appaltante è priva di qualsiasi
potere discrezionale di valutazione, nel
senso che alle sentenze di condanna per uno
o più degli stessi si connette un effetto
automatico di preclusione della
partecipazione ai pubblici appalti (TAR
Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 15.06.2009 n. 1076 -
link a www.giurdanella.it). |
LAVORI PUBBLICI:
G.U. 15.06.2009 n. 136 "Regolamento
concernente la disciplina dei criteri per la
tutela e il funzionamento dell’elenco
previsto dall’articolo 95, comma 2, del
decreto legislativo 12.04.2006, n. 163"
(Ministero per i Beni e le Attività
Culturali,
decreto 20.03.2009 n. 60). |
APPALTI: 1.
Appalto concorso - Commissione giudicatrice
- Presidente della Commissione -
Legittimazione passiva - Esclusa.
2. Progettazione esecutiva - Carenza
nell'offerta - Può seguire l'esclusione
dalla gara.
1.
Così come per la Commissione, quale organo
collegiale, anche per il suo Presidente va
esclusa la legittimazione passiva, in quanto
gli atti alla cui formazione egli ha
partecipato in veste di componente della
Commissione sono direttamente imputabili
all'amministrazione, la quale è l'unico
soggetto legittimato a contraddire (cfr. in
argomento C.d.S., sez. IV, 30.12.2003 n.
9189; TAR Lazio, sez. II, 07.11.2001, n.
9049; TAR Sicilia Palermo, sez. I,
09.11.2005, n. 4992).
2.
Alla riscontrata carenza nell'offerta
presentata da un partecipante dei tratti
propri della progettazione esecutiva,
secondo quanto stabilito dall'art. 16, comma
5, della legge 1994 n. 109, dall'art. 35 e
seguenti del d.p.r. 1999 n. 554 e dalla
lex specialis, può seguire un
provvedimento di esclusione dalla gara,
atteso che non devono necessariamente essere
assorbiti nella valutazione tecnica
correlata all'attribuzione dei punteggi i
difetti che "implicano una vera e propria
inadeguatezza del progetto, collocandolo al
disotto di una soglia minima di idoneità
tecnica" (cfr. così testualmente C.d.S.,
sez. V, 06.12.1999, n. 812; in argomento si
vedano anche C.d.S., sez. VI, 24.05.1996, n.
731; C.d.S., sez. V, 03.03.2004, n. 1040;
TAR Sardegna Cagliari, sez. I, 10.12.2007,
n. 2227) (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 12.06.2009 n. 3983 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
1. L'art. 13 d.l. n. 223
del 2006 (c.d.d. Bersani) nell'escludere
dalle attività strumentali affidate i
servizi pubblici locali, non ha fatto alcuna
distinzione tra concessioni e appalti.
2. Non è oggetto di valutazione da parte
della commissione giudicatrice di una gara
la prova circa la sussistenza del requisito
soggettivo di partecipazione della capacità
di una società mista ad assumere l'impegno
extra moenia senza pregiudizio della
collettività di riferimento.
1.
L'art. 13 d.l. n. 223 del 2006 vieta
l'attività extra moenia alle società
costituite o partecipate dalle
amministrazione pubbliche regionali o locali
"per la produzione di beni e servizi
strumentali all'attività di tali enti in
funzione della loro attività, con esclusione
dei servizi pubblici locali".
La suddetta norma, nell'escludere dalle
attività strumentali affidate i servizi
pubblici locali, non ha operato alcuna
distinzione tra concessioni e appalti, una
distinzione che, del resto, sotto il profilo
della soggezione ai principi del Trattato UE
in materia di libera concorrenza, ha perduto
concreta rilevanza (v. d.lgs. n. 163 del
2006, art. 30). Nell'appalto come nella
concessione, se l'affidatario è una società
a capitale pubblico o misto, tanto il
concessionario quanto l'appaltatore
verrebbero a fruire di quella posizione di
vantaggio che viene ricondotta alla
utilizzazione di risorse della collettività
locale, di cui non fruisce il concorrente a
capitale interamente privato.
2.
La prova circa la sussistenza del requisito
soggettivo di partecipazione della capacità
di una società mista ad assumere l'impegno
extra moenia senza pregiudizio della
collettività di riferimento, non è oggetto
di prodromica valutazione da parte dei
preposti alla gara. La commissione
giudicatrice di una pubblica gara, infatti,
deve curare l'interesse, di cui è portatore
l'ente che bandisce la gara, a che le
concorrenti propongano di svolgere il
servizio da appaltare secondo offerte che ne
garantiscano una perfetta esecuzione.
Ciò comporta che, la attribuzione di un
qualche rilievo seppure "residuale",
al profilo del rischio che la partecipazione
alla gara di una società mista determini una
inaccettabile sottrazione di risorse alla
collettività di riferimento, si rivela non
funzionale ai (e coerente con) i compiti
tipici della commissione di gara, che
attengono alla cura dell'interesse dell'ente
affidante, dai quali certamente esula
l'apprezzamento degli eventuali riflessi
negativi che l'assunzione del nuovo servizio
da parte della società mista determinerebbe
per la collettività di riferimento.
In altri termini, appare arduo rinvenire un
qualche valido titolo giuridico che, in
assenza di una previsione di legge generale
o di lex specialis, abiliti l'ente
affidante, e per esso la commissione di
gara, ad esprimere una qualche valutazione
sul rapporto, cui è estraneo, tra l'ente (o
gli enti) costituenti o partecipanti e la
società mista, e sulla capacità di questa di
rispettare gli impegni assunti con l'area di
riferimento. Né potrebbe ritenersi
legittima, e conforme al principio del buon
andamento, ossia agli interessi della
comunità di cui l'ente affidante è
esponente, una determinazione di
inammissibilità di una offerta avanzata da
società mista che, alla stregua del bando e
del capitolato, risulti conveniente,
plausibile e non anomala, e la cui
esclusione sia giustificata con la
sottrazione di risorse in danno degli enti
che hanno proposto l'offerta, i quali, a
loro volta, nell'interesse delle comunità di
riferimento, hanno ritenuto utile
partecipare alla gara (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 12.06.2009 n. 3767 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sul divieto previsto
dall'art. 13 c. 1, d.l. 04.07.2006 n. 223 e
sulla definizione di attività strumentali.
Il divieto di svolgere attività per soggetti
diversi dall'ente costituente o partecipante
prescritto dall'art. 13 c. 1, d.l.
04.07.2006 n. 223, convertito con
modificazioni nella l. 04.08.2006 n. 248,
non opera nei confronti della società a
capitale pubblico affidataria di servizi
pubblici locali.
Possono definirsi strumentali all'attività
delle amministrazioni pubbliche regionali e
locali, con esclusione dei servizi pubblici
locali, tutti quei beni e servizi erogati da
società a supporto di funzioni
amministrative di natura pubblicistica di
cui resta titolare l'ente di riferimento e
con i quali lo stesso ente provvede al
perseguimento dei suoi fini istituzionali.
Le società strumentali sono, quindi,
strutture costituite per svolgere attività
strumentali rivolte essenzialmente alla
pubblica amministrazione e non al pubblico,
come invece quelle costituite per la
gestione dei servizi pubblici locali che
mirano a soddisfare direttamente ed in via
immediata esigenze generali della
collettività (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 12.06.2009 n. 3766 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Subappalto.
L’eventuale genericità o incompletezza della
dichiarazione circa il subappalto non può
determinare la conseguenza dell’automatica
esclusione dalla gara in assenza di apposita
previsione, ma soltanto l’impossibilità, per
l’impresa aggiudicataria, di avvalersi del
subappalto.
Il Consiglio di Stato offre un importante
chiarimento, in materia subappalto, laddove
l’impresa concorrente non indichi in modo
sufficiente ed adeguato l’impresa
subbappaltatrice.
Il CdS afferma che “l’eventuale
genericità o incompletezza della
dichiarazione circa il subappalto non può
determinare la conseguenza dell’automatica
esclusione dalla gara in assenza di apposita
previsione, ma soltanto l’impossibilità, per
l’impresa aggiudicataria, di avvalersi del
subappalto. Di conseguenza, l’impresa
appaltatrice è obbligata a portare a termine
in proprio tutti i lavori appaltati,
sempreché sia qualificata per ciascuna di
esse, potendosi, in tal caso, procedere
all’esclusione del concorrente solo laddove
il medesimo sia carente della prescritta
qualificazione”.
Sulla stregua di tali asserzioni, il
Consiglio di Stato ha puntualizzato che il
superamento dei limiti massimi di
subappalto, previsti nella gara specifica,
ovvero fissati in via generale dalla legge,
non comporta l’esclusione dell’impresa
concorrente, ma solo l’impossibilità di
autorizzare il subappalto in caso di
aggiudicazione (commento tratto da
www.centrostudimarangoni.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 12.06.2009 n. 3696 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Contratti pubblici:
illegittimo il bando di gara che non riporta
il CIG.
In materia di procedure per l'affidamento di
contratti pubblici, è illegittimo il bando
di gara che non riporta il relativo codice
di identificazione (CIG), avendo la stazione
appaltante omesso di richiedere
l'accreditamento al sistema informativo
dell'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 12.06.2009 n. 3685 -
link a www.eius.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sul servizio di
distribuzione del gas naturale: nullità
degli atti aggiuntivi per contrarietà a
norme imperative; interpretazione dell'art.
2, c. 175, della l. n. 244/2007; possibilità
del Comune di accollarsi l'onere del
rimborso al gestore uscente.
E' nullo l'atto aggiuntivo con il quale un
Comune ha pattuito con il concessionario del
servizio di distribuzione del gas naturale
una scadenza della concessione già in essere
determinata in accordo dalle parti in
ragione di una serie di circostanze
particolari, ovvero di una serie di
investimenti che nel caso di specie, la
concessionaria si impegnava ad effettuare, e
così determinando una scadenza del periodo
transitorio al 31.12.2012. L'accordo in
questione, infatti, prescinde in modo
completo dalla complessa normativa in tema
di apertura alla concorrenza del settore
della distribuzione del gas naturale ai
clienti finali, pretendendo di pattuire per
l'apertura alla concorrenza della
distribuzione del gas nel Comune, una
scansione temporale diversa da quella
fissata in via autoritativa dalla legge, che
nel suo prevedere scadenze rigide e ipotesi
tassative di proroga non avrebbe senso
alcuno ove si ritenesse liberamente
derogabile fra le parti. Peraltro, l'accordo
in esame contrasta con le norme imperative
anche sotto un profilo ulteriore, ovvero
nella parte in cui pretende di paralizzare
sino alla sua scadenza la possibilità del
Comune di indire una pubblica gara per
affidare il servizio.
L'art. 2, c. 175, della l. 24.12.2007 n. 244
prevede, alla lettera, che le pubbliche gare
per l'affidamento del servizio di
distribuzione del gas naturale verranno
indette dopo la definizione di appositi
ambiti territoriali ottimali per ciascun
bacino di utenza, definizione per cui sono
fissati termini evidentemente ordinatori,
dato che per la loro inosservanza non vi
sono sanzioni. La norma stessa quindi,
secondo parte della dottrina, si
risolverebbe in una sostanziale abolizione
di tutto il meccanismo del decreto Letta,
perché rinvierebbe senza un termine preciso
l'apertura del settore alla concorrenza ad
un futuro del tutto indeterminato. Di
conseguenza, gli affidamenti in essere
potrebbero, senza l'intervento di fatti
nuovi, proseguire secondo le originarie
concessioni. Tale indirizzo non è
condivisibile, per le ragioni riassumibili
così come segue. In primo luogo, come
argomento logico, tale interpretazione si
porrebbe in netto contrasto con il principio
comunitario di concorrenza, la cui
attuazione sarebbe rinviata senza termini
certi, con un risultato che nell'ambiguità
del testo normativo va fin quando possibile
evitato, anche perché potrebbe condurre ad
una responsabilità dello Stato italiano
verso l'Unione. In secondo luogo, tale
interpretazione contrasta con la lettera
dell'art. 46-bis del d.l. n. 159/2007,
ovvero con la norma che l'art. 2, c. 175, va
a modificare, là dove essa prevede incentivi
ai Comuni i quali decidano di aggregarsi per
formare un ambito ottimale. In terzo luogo,
e in via sistematica, tale interpretazione
contrasta anche con il successivo art.
23-bis, c. 7, del d.l. 25.06.2008 n. 112
convertito nella l. 06.08.2008 n. 133, che
nel dettare la disciplina generale dei
servizi pubblici locali di rilevanza
economica prevede la determinazione di
bacini di gara ottimali sempre come
facoltativa. Pertanto, i Comuni in generale
possono attualmente indire la pubblica gara
per affidare il servizio in questione, ed
anzi sono in certo senso tenuti a farlo, là
dove si ritenga che l'omessa tempestiva
acquisizione del canone, che dal
concessionario vincitore della gara l'ente
ricaverà, possa rilevare a carico degli
amministratori del Comune come ipotesi di
responsabilità erariale.
Nessuna norma, né nel d.lgs. 23.05.2000 n.
164, cd decreto Letta né altrove, preclude
che dell'indennizzo da corrispondere al
concessionario uscente si faccia carico il
Comune, per rendere l'offerta più appetibile
agli occhi degli aspiranti nuovi
concessionari. In secondo luogo, il subentro
del nuovo affidatario nei rapporti in corso
è limitato a quelli previsti dall'art. 14,
c. 8, del decreto Letta, né appare
ragionevole estenderlo in via interpretativa
ad altri, quali quelli facenti capo al
personale del concessionario uscente, poiché
ciò si risolverebbe in un cospicuo
disincentivo a partecipare alla gara per
soggetti diversi dal concessionario uscente
medesimo, unico che da tale onere non
sarebbe pregiudicato, avendo già i
lavoratori in parola alle proprie dipendenze
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 12.06.2009 n. 1221 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Offerte - Discordanza
tra l’importo in cifre e quello in lettere -
Prevalenza di quest’ultimo - Art. 90 D.P.R.
n. 554/1999 - Ratio.
L’art. 90 del D.P.R. 554/1999, prevede in
termini molto chiari un criterio legale di
interpretazione delle offerte, e in caso di
discordanza fra l’importo in cifre e quello
in lettere fa prevalere quest’ultimo; ciò
non per una scelta di carattere arbitrario
-per quanto sia dato di comune esperienza
che scrivere un importo in lettere richiede
maggiore applicazione, e quindi è
statisticamente meno soggetto ad errore- ma
per un coordinamento con la norma successiva
dello stesso articolo, secondo la quale,
dopo l’aggiudicazione, la commissione
procede al controllo dei prezzi offerti e
corregge eventuali errori di calcolo proprio
in base alla percentuale di ribasso indicata
in lettere (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 12.06.2009 n. 1220 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
L'attività di
illuminazione pubblica di un comune è un
servizio pubblico locale.
Sull' illegittimità della partecipazione di
una società alla gara indetta dal comune per
l'affidamento dell'appalto della gestione
del servizio di illuminazione per violazione
dell'art. 113, c. 6, del d.lgs. n. 267/00,
in quanto la società è già affidataria
diretta di servizi pubblici locali in
diversi comuni.
L'attività di illuminazione pubblica di un
comune è un servizio pubblico locale:
infatti, "la qualificazione di servizio
pubblico locale spetta a quelle attività
caratterizzate sul piano oggettivo dal
perseguimento di scopi sociali e di sviluppo
della società civile, selezionate in base a
scelte di carattere eminentemente politico
quanto alla destinazione delle risorse
economicamente disponibili ed all'ambito di
intervento e su quello soggettivo dalla
riconduzione diretta o indiretta ad una
figura soggettiva di rilievo pubblico".
Nel caso di specie, il comune ha assunto
come servizi pubblici locali quelli di
manutenzione delle strade, degli impianti di
illuminazione pubblica e del verde pubblico
... Tanto è sufficiente per concludere che
si tratta senz'altro di servizi pubblici
locali ricadenti nel campo di applicazione
del titolo V del d.lgs. 18.08.2000, n. 267
(T.U.E.L.).
Ne consegue che, è illegittima la
partecipazione di una società alla gara
indetta dal comune per l'affidamento
dell'appalto della gestione integrata del
servizio di illuminazione pubblica e
realizzazione di interventi di efficienza
energetica e di adeguamento normativo sugli
impianti comunali, e conseguentemente
l'aggiudicazione del servizio di pubblica
illuminazione a favore dell'A.T.I. tra la
stessa società e un'altra ditta, per
violazione dell'art. 113, c. 6, del d.lgs.
18.08.2000, n. 267, in quanto la società è
già affidataria diretta di servizi pubblici
locali in diversi comuni.
L'art. 113, c. 6, cit., nel testo
applicabile ratione temporis al caso
di specie, prevede infatti il divieto di
partecipazione delle società affidatarie
dirette dei servizi pubblici locali, che
abbraccia, anche sul piano strettamente
semantico, l'ipotesi di cui all'art. 113, c.
14, in base alla quale l'ente locale
autorizza i soggetti proprietari "a
gestire i servizi o loro segmenti". Il
divieto di partecipazione posto dall'art.
113, c. 6, trova, tuttavia, un limite nella
norma di cui al c. 15-quater del medesimo
articolo, ai sensi del quale esso non si
applica alle "prime gare aventi ad
oggetto i servizi forniti dalle società
partecipanti alla gara stessa", ma
riguarda le società già affidatarie dirette
del servizio posto in gara. Con la
conseguenza che se la società, come accade
nel caso di specie, non è stata affidataria
diretta del servizio e, nel momento della
presentazione delle offerte, risulta
(ancora) affidataria diretta di servizi
pubblici locali presso altri enti, deve
essere esclusa per effetto della norma più
volte citata (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 11.06.2009 n. 966 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
A. Scuderi - G. Spoto Puleo - M. Manola - A.
Vindigni - G. Sciangula,
L'ANNULLAMENTO DEL PROVVEDIMENTO DI
AGGIUDICAZIONE DI GARA PUBBLICA E GLI
EFFETTI SUL CONTRATTO NELLE MORE GIA'
STIPULATO (link a
http://mondolegale.it). |
APPALTI:
A. Rinaldi,
Appalto, la disciplina della revisione dei
prezzi (link a www.greenlex.it). |
APPALTI:
LEGGITTIMA L'ESCLUSIONE SE NON VIENE
RISPETTATO ALLA LETTERA IL DISCIPLINARE DI
GARA (link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
S. Lazzini,
In merito all’articolo 48 del codice dei
contratti (ndr: comprova possesso dei
requisiti di capacità economico-finanziaria
e tecnico-organizzativa)
(link a www.diritto.it). |
APPALTI:
C. Ferro,
Il contrasto giurisprudenziale sulla natura
della DIA Decisione del C.d.S n. 717,
sezione VI, del 2009 e 5811, sezione IV, del
2008 (link a www.diritto.it). |
APPALTI:
Sul divieto di rendere
nota l’offerta economica.
1.
Nella procedura dell’appalto-concorso,
connotata da una netta separazione tra le
fasi di valutazione dell’offerta tecnica e
dell’offerta economica, il principio di
segretezza dell'offerta economica impone che
sia interdetto al seggio di gara, finché non
sia stata ultimata la valutazione delle
offerte tecniche, la conoscenza delle
percentuali di ribasso offerte dai
concorrenti, onde scongiurare che il seggio
di gara sia influenzato, nella valutazione
dell’offerta tecnica, dalla conoscenza di
elementi dell’offerta economica; alla
eventuale violazione del principio di
segretezza dell'offerta economica consegue
necessariamente l’esclusione del concorrente
dalla gara, anche in assenza di espresse
previsioni della lex specialis.
2.
Va esclusa una ditta che ha violato il
principio di segretezza dell’offerta
economica, inserendo all’interno del plico
contenente l’offerta tecnica anche il
computo metrico estimativo, in tal modo
palesando al seggio di gara, prima
dell’apertura della busta con l’offerta
economica, i termini economici della
stessa (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 09.06.2009 n. 3575 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla responsabilità
pre-contrattuale della P.A..
1.
E’ configurabile una responsabilità
precontrattuale della P.A. nel caso di
ingiustificata interruzione delle
trattative, atteso che l’esistenza di un
procedimento amministrativo non esclude
l’autonomia del momento procedimentale
negoziale nel corso del quale la P.A. è
obbligata ad osservare le regole di condotta
della buona fede e della diligenza in
relazione alle quali non sussistono limiti
di sindacato connessi allo status
pubblicistico di una delle parti.
Inoltre, la presenza di un modello formativo
della volontà negoziale predeterminato nei
suoi profili procedimentali mediante la
scansione degli atti, che vede normalmente
la presenza di più soggetti potenzialmente
interessati al contratto, non rappresenta un
ostacolo all’applicazione delle regole della
responsabilità precontrattuale.
2.
Affinché
possa dirsi integrata la fattispecie di cui
all’art. 1337 cod. civ., occorre che
sussistano due elementi: uno positivo,
rappresentato dall’affidamento senza colpa
ingenerato nella controparte dal
comportamento del soggetto recedente;
l’altro negativo, rappresentato dalla
mancanza di una giusta causa.
In altri termini, il recesso dalle
trattative determina responsabilità
precontrattuale quando le stesse sono
interrotte in assenza di una giusta causa,
con lesione dell’affidamento creato
nell’altro contraente.
3.
Non è sufficiente ad esonerare da
responsabilità precontrattuale la P.A. ed a
ritenere specularmente non meritevole di
protezione l’affidamento del privato la
circostanza che con l’avviso pubblico i
partecipanti alla procedura concorsuale
erano stati informati circa la necessità che
il "progetto esecutivo" oggetto della
gara avrebbe dovuto essere sottoposto a
tutte le "necessarie approvazioni".
4.
In materia di responsabilità precontrattuale
è risarcibile il solo interesse negativo e
cioè l’interesse a non intraprendere o
proseguire trattative inutili.
Più precisamente, è risarcibile sia il danno
emergente, rappresento dalla spese
inutilmente sostenute, sia il lucro
cessante, rappresento dalle altre occasioni
favorevoli perse. La prova di tali danni
spetta, in linea con l’inquadramento di tale
responsabilità nell’ambito della
responsabilità civile, alla parte lesa.
5.
In sede di determinazione del danno
derivante da responsabilità precontrattuale
della P.A., non può applicarsi in via
equitativa il metodo di determinazione del
danno rappresentato dalla liquidazione
forfettaria di una somma pari al 10%
dell’ammontare dell’offerta.
Tale metodo, infatti, è astrattamente
utilizzabile, con i dovuti correttivi di
natura equitativa, soltanto per la
definizione delle misure risarcitorie da
lesione dell’interesse positivo.
6.
In sede di determinazione del danno
derivante da responsabilità precontrattuale
della P.A., occorre fornire la prova del
danno derivante dalle occasioni di lavoro
perse a causa dell’impegno profuso nello
svolgimento di trattative rilevatesi poi
inutili, essendo il danneggiato onerato a
provare, sulla base di circostanze di fatto
certe e puntualmente allegate, il nesso
causale tra la condotta lesiva e il
vantaggio alternativo perduto (massima
tratta da http://doc.sspal.it - TAR
Calabria-Catanzaro, Sez. II,
sentenza 09.06.2009 n. 627 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla distinzione tra
informative antimafia "atipiche" e
"tipiche", sul carattere vincolante di
queste ultime e sui presupposti per la loro
adozione.
1.
Mentre mediante l’informativa antimafia "atipica"
viene inviata all’amministrazione
destinataria dell’informativa stessa una
raccolta di elementi di fatto rimessi alla
sua valutazione in vista dell’adozione di
determinazioni di sua esclusiva competenza,
nel caso di informativa "tipica"
viene espresso direttamente, da parte della
stessa autorità prefettizia il maturato
convincimento circa la reale sussistenza del
pericolo di infiltrazioni mafiose o della
criminalità organizzata; con la conseguenza
che l’amministrazione destinataria
dell’informativa tipica non può non tenerne
conto ed adottare gli atti conseguenziali,
in altre parole, vincolati al giudizio circa
il pericolo di infiltrazione maturato dal
Prefetto.
2.
L’adozione di una informativa antimafia "tipica"
non deve necessariamente collegarsi ad
accertamenti in sede penale di carattere
definitivo e certo sull’esistenza della
contiguità con organizzazioni malavitose e
del condizionamento in atto dell’attività di
impresa, ma può essere sorretta da elementi
sintomatici ed indiziari da cui emergano gli
elementi di pericolo di dette evenienze e
non necessita, quindi, di dimostrazione
nell’attualità delle infiltrazioni mafiose.
3.
L’informativa antimafia tipica non deve
provare l'intervenuta infiltrazione, essendo
questa un quid pluris non richiesto,
ma deve solo sufficientemente dimostrare la
sussistenza di elementi dai quali è
deducibile il tentativo di ingerenza (alla
stregua del principio nella specie è stato
ritenuto che costituivano sufficienti indizi
delle infiltrazioni le frequentazioni tra un
socio della società ed esponenti di primo
piano di un clan camorristico e la rilevata
presenza, all’interno della cava di cui
disponeva la società di un pluripregiudicato
per mafia, omicidio volontario, porto e
detenzione di armi etc.; con la conseguenza
che il reputato pericolo di infiltrazione
mafiosa appariva sorretto da elementi non
privi di consistenza) (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 08.06.2009 n. 3491 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
GARA D’APPALTO - VALUTAZIONE CONGRUITÀ
OFFERTA – IN CASO DI MANCATO SUPERAMENTO
DELLA SOGLIA DI ANOMALIA - AVVIO
SUB-PROCEDIMENTO DI VERIFICA- COSTITUISCE
MERA FACOLTÀ.
2. GARA D’APPALTO – CRITERIO OFFERTA
ECONOMICAMENTE PIÙ VANTAGGIOSA – FISSAZIONE
POSTUMA CRITERI MOTIVAZIONALI - ABROGAZIONE
ART. 83, COMMA 4, ULTIMO PERIODO, D.LGS. N.
163/2006 - FINALITÀ.
1.
Le stazioni appaltanti non sono tenute ad
avviare il sub procedimento di verifica
laddove non sia attinta la soglia di cui
allo stesso art. 86, commi 1 e 2, il che è
dimostrato dalla chiara formulazione della
norma, che al riguardo prevede la mera
facoltà e non già l’obbligo di attivare il
procedimento di verifica (“In ogni caso
le stazioni appaltanti possono valutare la
congruità di ogni altra offerta che, in base
ad elementi specifici, appaia anormalmente
bassa”).
2.
L’abrogazione dell’art. 83, comma 4, ultimo
periodo, del D.Lgs. n. 163/2006 ad opera del
c.d. terzo correttivo è stata disposta al
fine di ricondurre la norma a compatibilità
comunitaria, visto che la stessa, nella
formulazione originaria, era passibile di
un’interpretazione contraria ai principi
enunciati ai commi 2 e 4 dello stesso art.
86 (i quali prescrivono rispettivamente che
“Il bando di gara ovvero, in caso di
dialogo competitivo, il bando o il documento
descrittivo, elencano i criteri di
valutazione e precisano la ponderazione
relativa attribuita a ciascuno di essi,
anche mediante una soglia, espressa con un
valore numerico determinato, in cui lo
scarto tra il punteggio della soglia e
quello massimo relativo all’elemento cui si
riferisce la soglia deve essere appropriato”
e che “Il bando per ciascun criterio di
valutazione prescelto prevede, ove
necessario, i sub - criteri e i sub-pesi o i
sub–punteggi”) (TAR Marche, Sez. I,
sentenza 06.06.2009 n. 575 - link
a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Le disposizioni di un
bando di gara che impongano
all'aggiudicatario oneri ritenuti
eccessivamente gravosi integrano una lesione
attuale dell'interesse dell'impresa
concorrente.
Le disposizioni di un bando di gara che
impongano all’aggiudicatario oneri ritenuti
eccessivamente gravosi integrano una lesione
attuale dell’interesse dell’impresa
concorrente, in quanto non è possibile per
essa sottrarsi all’osservanza delle
disposizioni e presentare una propria
offerta che disattenda l’obbligo imposto
dalla stazione appaltante, sicché devono
essere impugnate tempestivamente, prima che
sia conclusa la fase di scelta del
contraente (cfr. TAR Veneto, sez. I,
28.10.2008, n. 3377) (TAR Puglia-Bari, Sez.
I,
sentenza 05.06.2009 n. 1407 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Bandi di gara, requisiti
ulteriori e onere di immediata impugnazione.
La normativa vigente non preclude alle
Stazioni appaltanti la possibilità di
chiedere con i bandi di gara requisiti
ulteriori, logicamente connessi all'oggetto
dell'appalto. Per cui nel bando di gara
l'Amministrazione appaltante può di certo
autolimitare il proprio potere discrezionale
di apprezzamento mediante apposite clausole,
rientrando nella sua discrezionalità la
fissazione di requisiti di partecipazione ad
una gara d'appalto diversi, ulteriori e più
restrittivi di quelli legali, salvo però il
limite della logicità e ragionevolezza dei
requisiti richiesti e della loro pertinenza
e congruità a fronte dello scopo perseguito.
In materia di requisiti di ammissione alle
gare di appalto della Pubblica
amministrazione, difatti, le norme
regolatrici, sia comunitarie che interne,
prevedono fattispecie elastiche, strutturate
su concetti non tassativi, ma indeterminati,
che implicano, per la loro definizione da
parte dell'interprete, un rinvio alla realtà
sociale (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 04.06.2009 n. 3448 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Autocertificazione e
requisiti morali.
In base al combinato-disposto degli artt.
21, comma 1 e 38, commi 2-3 del d.P.R. n.
445 del 2000, nel caso di dichiarazioni
sostitutive, l'allegazione della copia
fotostatica, sia pure non autenticata, del
documento di identità dell'interessato vale
a conferire legale autenticità alla
sottoscrizione apposta in calce ad una
istanza o ad una dichiarazione, e non
rappresenta un vuoto formalismo ma semmai si
configura come l'elemento della fattispecie
normativa diretto a comprovare, oltre alle
generalità del dichiarante,
l'imprescindibile nesso di imputabilità
soggettiva della dichiarazione ad una
determinata persona fisica; tale incombente
riveste natura nodale, ed è insuscettibile
di regolarizzazione.
Le autocertificazioni, necessitano, per la
loro giuridica esistenza ed efficacia, della
sottoscrizione del legale rappresentante del
dichiarante, resa in presenza di un
dipendente addetto, ovvero dell'allegazione
di copia fotostatica, ancorché non
autenticata, di un documento del
sottoscrittore; va, pertanto, disposta
l'esclusione dalla gara di appalto della
P.A. per la mancata allegazione, da parte
del concorrente, della fotocopia del
documento di riconoscimento alla
dichiarazione sostitutiva ed ai documenti
prodotti in fotocopia autocertificata,
atteso che l'obbligo di produrre copia del
documento di identità risulta inderogabile
in considerazione della sua introduzione
quale forma di semplificazione, né è data
possibilità di regolarizzazione o
integrazione del documento mancante, nel
rispetto anche della "par condicio"
tra i concorrenti (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 04.06.2009 n. 3445 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Bandi di gara, requisiti
ulteriori e onere di immediata impugnazione.
L’onere di immediata impugnazione delle
clausole del bando di gara sussiste solo in
relazione a:
a) clausole che impediscono la
partecipazione del concorrente, ad es.
prescrivendo requisiti che il concorrente
non possiede;
b) clausole manifestamente incomprensibili o
implicanti oneri per la partecipazione del
tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai
contenuti della gara (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 03.06.2009 n. 3404 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
Contratti pubblici:
illegittima la valutazione di anomalia delle
offerte economiche effettuata con formule
matematiche nella stessa fase di
attribuzione del punteggio.
Nelle procedure di gara per l'affidamento di
contratti pubblici, allorché
l'aggiudicazione abbia luogo secondo il
criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, la valutazione di anomalia non
può essere incorporata, attraverso
l'adozione di formule matematiche,
nell'operazione di attribuzione del
punteggio alle singole offerte, ma deve
essere sempre successiva a quest'ultima
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 03.06.2009 n. 3404 -
link a www.eius.it). |
APPALTI:
Appalti, vale il prezzo
più basso. Nella valutazione dell'offerta no
a medie o criteri forfettari.
Pronuncia del Consiglio di stato:
illegittime le formule che appiattiscono la
distribuzione dl punteggio.
Sono illegittime le
formule per attribuire i punteggi ancorate a
medie se non attribuiscono il punteggio più
alto all'offerta di maggiore ribasso.
È quanto afferma il Consiglio di stato,
sezione VI, con la
sentenza del 03.06.2009 n. 3404
sull'applicazione del criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa per un
appalto pubblico.
La vicenda vedeva ricorrere un'impresa che
contestava la manifesta illogicità dei
criteri di valutazione dell'offerta
economica, che avrebbero condotto al
risultato di attribuire un maggior
punteggio, per l'elemento prezzo,
all'offerta economica più alta anziché
all'offerta più bassa, nonostante che tra i
prezzi offerti dalle due concorrenti vi
fosse una notevole differenza economica. In
particolare si denunciava che
nell'attribuire il punteggio per il prezzo
non si era tenuto conto delle singole
offerte, ma del prezzo medio delle offerte,
così provocando un ingiustificato
appiattimento tra le offerte stesse, che
impedisce di tener conto dei ribassi e di
premiare i ribassi medesimi.
Il Consiglio di stato innanzitutto precisa
la differenza del rilievo dell'elemento
prezzo a seconda dei criteri di
aggiudicazione utilizzati, affermando che
nel criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, vanno separatamente valutate
l'offerta economica e l'offerta tecnica, «ma
quanto alla valutazione dell'offerta
economica, il criterio non può che essere
quello del prezzo più basso, senza medie o
criteri forfetari». Invece, il criterio
del prezzo più basso, «nella sua chiara e
univoca applicazione, non può che condurre
al risultato di premiare l'offerta di prezzo
più basso, e non può pervenire al risultato
di premiare un'offerta di prezzo più alta di
altre».
Nel caso dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, però, il Consiglio di stato
precisa che «i criteri di distribuzione
del punteggio per l'offerta economica,
previa suddivisione di essa in vari
sub-elementi, devono comunque essere
strutturati in modo tale da condurre al
risultato per cui l'offerta economica
complessivamente inferiore deve riportare un
punteggio, per il prezzo, complessivamente
superiore».
Viene quindi criticato ogni metodo che,
riferendosi a medie, finisce per non
attribuire tutti i punteggi disponibili. In
particolare i giudici (relatore Rosanna de
Nictolis), affermano che nel vigente
ordinamento sono stati banditi tutti i
criteri di valutazione delle offerte di
prezzo basati su medie e che di media si può
parlare soltanto ai fini dell'individuazione
delle offerte sospette da sottoporre a
verifica di anomalia. In altre parole,
dicono i giudici, «se si fissa come
soglia la media dei ribassi offerti in gara,
comunque questo non autorizza ad appiattire
il punteggio per i ribassi che sono più
bassi rispetto a quello che risulta dalla
media dei ribassi offerti».
Formule che appiattiscono la distribuzione
del punteggio, attraverso il ricorso a
medie, finiscono per essere illegittime
perché attribuiscono al di sotto del prezzo
minimo o della media delle offerte lo stesso
punteggio a tutte le offerte, anche più
basse di quella media o minima. Se quindi si
ritiene che oltre la media le offerte
prendano tutte lo stesso punteggio, si opera
illegittimamente perché «si impedisce di
valutare ciascuna offerta per ciò che essa è
effettivamente, eguagliandola in automatico
a un prezzo medio; in tal modo, il punteggio
attribuito diventa forfetario e disancorato
dall'effettiva offerta».
La sentenza del Consiglio di stato mette
quindi in crisi quanto previsto dallo schema
di regolamento del Codice dei contratti
pubblici laddove viene prevista una formula
(Ri/R medio) che finisce per attribuire
sempre lo stesso punteggio alle offerte di
ribasso superiore alla media (articolo ItaliaOggi del 20.08.2009, pag. 11). |
LAVORI PUBBLICI:
Amianto (contratti
pubblici).
L'iscrizione all'Albo nazionale gestori
ambientali è regolata dall’articolo 212 del
decreto legislativo 03.04.2006 n. 152. Per
la specifica categoria 10, la disciplina
contiene una serie di particolarità quanto
alle garanzie economiche e di
professionalità, giustificate dalla
pericolosità di tale tipo di attività.
È infatti imposto (v. deliberazione
30.03.2004 n. 1 del Comitato nazionale
dell’Albo) alle imprese il possesso (ovvero
la “piena ed esclusiva disponibilità”)
delle attrezzature minime, specificamente
individuate nella tipologia e nel loro
valore, e la presenza di responsabili
tecnici con precisi requisiti professionali.
A norma del terzo comma dell’articolo
59-quaterdecies (“Formazione dei
lavoratori”) del decreto legislativo
19.09.1994 n. 626, introdotto dall’articolo
2 del decreto legislativo 25.07.2006 n. 257
(“Attuazione della direttiva 2003/18/CE
relativa alla protezione dei lavoratori dai
rischi derivanti dall'esposizione
all'amianto durante il lavoro");
inoltre, “Possono essere addetti alla
rimozione e smaltimento dell'amianto e alla
bonifica delle aree interessate i lavoratori
che abbiano frequentato i corsi di
formazione professionale di cui all'articolo
10, comma 2, lettera h), della legge
27.03.1992, n. 257”.
Per quanto riguarda la disciplina dei
contratti pubblici, d’altro canto, bisogna
ricordare che mentre la qualificazione SOA è
normalmente oggetto di avvalimento, come
risulta dagli articoli 49 e 50 del decreto
legislativo 12.04.2006 n. 163, altrettanto
non può dirsi (nonostante la giurisprudenza
parli senza troppi distinguo del carattere
generale del meccanismo dell’avvalimento)
per gli altri "sistemi legali vigenti di
attestazione o di qualificazione nei servizi
e forniture" per i quali le disposizioni
dell'articolo 50 “si applicano, in quanto
compatibili” (TAR Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 03.06.2009 n. 1379 -
link a www.lexambiente.it). |
maggio 2009 |
|
APPALTI:
Appalto pubblico (in
generale) - Criteri e principi - Segretezza
- Rispetto - Sussistenza - Casi - Ragioni.
Il procedimento di gara e la sottesa
istruttoria devono essere ispirati a
parametri di razionalità tecnica e che gli
adempimenti e le formalità richieste ai
concorrenti devono risultare adeguati anche
in riferimento alla tipologia di scelta del
contraente per la quale l'Amministrazione ha
optato. L'imposizione ai partecipanti di
oneri e formalismi non necessari, a pena di
esclusione, contrasta con il principio di
ragionevolezza allorquando tali prescrizioni
non comportano alcun effettivo vantaggio per
l'Amministrazione(Nel caso all'attenzione
del collegio, la natura informale della gara
e le modalità con le quali doveva essere
celebrata, hanno fatto sì che il TAR
ritenesse esclusa qualsiasi possibilità di
manomissione del plico interno, contenente
l'offerta, che era debitamente sigillato con
ceralacca e controfirmato, ma non recava la
ceralacca sui lembi preincollati dal
fabbricante; cfr. Cons. Stato, sez. V,
18-03-2004 n. 1411) (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 29.05.2009 n. 809 - link
a http://mondolegale.it). |
APPALTI:
Ai fini dell'esclusione
dalla gara, in assenza di parametri
normativi fissi e predeterminati, la
verifica dell'incidenza dei reati commessi
dal legale rappresentante dell'impresa sulla
moralità professionale della stessa attiene
all'esercizio del potere discrezionale della
P.A..
Come ha avuto modo di affermare, ormai in
diverse occasioni, la giurisprudenza
formatasi al riguardo (cfr. Cons. St., sez.
V, 12.04.2007, n. 1723, nonché sez. V,
31.01.2006, n. 349, richiamata anche da
parte ricorrente; in precedenza Cons. St.,
sez. V, 18.10.2001, n. 5517; id.,
25.11.2002, n. 6482) “in assenza di
parametri normativi fissi e predeterminati,
la verifica dell'incidenza dei reati
commessi dal legale rappresentante
dell'impresa sulla moralità professionale
della stessa attiene all'esercizio del
potere discrezionale della P.A. e deve
essere valutata attraverso la disamina in
concreto delle caratteristiche dell'appalto,
del tipo di condanna, della natura e delle
concrete modalità di commissione del reato”
(così la citata Cons. St., sez. V, n.
1723/2007).
Dalla lettura della nota impugnata
(24.06.2008, prot. n. 17229, del Presidente
della Commissione giudicatrice) emerge,
peraltro, che tale valutazione è stata del
tutto omessa.
Ne deriva come conseguenza l’illegittimità
del provvedimento di esclusione disposto nei
confronti della ricorrente, per la manifesta
violazione dell’art. 38 del d.lgs. n.
163/2006 (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 29.05.2009 n. 808 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'esclusione da una gara di appalto di
una a.t.i. per aver omesso di produrre il
verbale di avvenuto sopralluogo richiesto
dal bando.
L'esclusione da una gara d'appalto per
ragioni formali può essere disposta sulla
base di inequivocabili precetti contenuti
negli atti di gara (bando, lettera di
invito), come la scrupolosa indicazione
dell'adempimento formalmente richiesto e
l'altrettanto precisa indicazione della
sanzione comminata, per cui, solo in
mancanza di una sufficiente chiarezza nei
dati in questione, risulterebbe illegittima
l'esclusione di un'impresa disposta
dall'amministrazione appaltante, dovendo
semmai questa disporre un'integrazione
documentale al fine di verificare il
possesso dei requisiti richiesti a pena di
esclusione, poiché, una volta inserita una
determinata clausola in un bando di gara, la
p.a. non può esimersi dal rispettarla,
dovendo garantire la par condicio per tutti
i concorrenti: quando gli oneri di
produzione documentale siano richiesti a
pena di esclusione dalla lex specialis
di gara, una volta constatatane l'omissione,
la stazione appaltante deve trarne le
conseguenze in punto di esclusione del
soggetto cui esse siano addebitabili.
Ne consegue che, nel caso di specie,
l'a.t.i. deve essere esclusa dalla gara di
appalto per aver omesso di produrre
l'attestato di avvenuto sopralluogo
richiesto dal bando (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 28.05.2009 n. 3320 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Sulla legittimità del
diniego di accesso ai progetti proposti
dalle imprese partecipanti ad una procedura
di project financing in quanto la società
richiedente l'accesso è stata esclusa dalla
procedura.
E' legittimo il diniego di accesso opposto
da un comune alla richiesta di visione ed
estrazione di copia dei progetti proposti
dalle ditte partecipanti ad una procedura di
project financing, poiché la società
richiedente l'accesso era stata esclusa.
In tema di project financing,
soltanto i soggetti utilmente ammessi alla
ponderazione comparativa delle offerte (e
non, quindi, quelli esclusi) si trovano
destinatari di una posizione qualificata e
differenziata, la quale, pur nella
necessaria osservanza delle modalità
temporali che assistono la conoscibilità
degli atti (differimento ex art. 13 D.Lgs.
163/2006), consente ai medesimi l'esercizio
del diritto di accesso relativamente alle
proposte presentate dagli altri concorrenti,
laddove il pregiudizio dai primi lamentati
(e, conseguentemente, le esigenze di tutela
che essi intendano far valere) trovi
fondamento proprio nello svolgimento
dell'attività di selezione e valutazione
delle offerte (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 28.05.2009 n. 3319 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: S.
Cacace,
L’ART. 38 DEL CODICE 163: DUBBI DI
COSTITUZIONALITÀ E DI CONFORMITÀ
COMUNITARIA. FALSI CERTIFICATI E FALSE
DICHIARAZIONI: FATTISPECIE E SANZIONI -
Intervento al Convegno organizzato da IGI in
Roma, 28.05.2009 (link a
www.osservatorioappalti.unitn.it). |
APPALTI:
Sul principio di
proporzionalità ed adeguatezza dei requisiti
di partecipazione richiesti nei bandi di
gara dalle stazioni appaltanti.
Sulla dimostrazione della capacità tecnica
dei concorrenti ex art. 42 del d.lgs. n.
163/2006.
La facoltà delle stazioni appaltanti di
richiedere nel bando di gara requisiti di
partecipazione e di qualificazione ulteriori
rispetto a quelli espressamente stabiliti
dalla legge trova un limite nel principio di
proporzionalità e ragionevolezza, nonché nel
divieto di inutile aggravamento del
procedimento di cui all'art. 1, c. 2, l. n.
241 del 1990. Pertanto, la previsione dei
requisiti di ammissione alle procedure di
evidenza pubblica -rientrante nella sfera di
discrezionalità dell'amministrazione- oltre
a rispettare i principi di proporzionalità
ed adeguatezza alla tipologia ed oggetto
della prestazione per la quale è stata
indetta la gara, non deve tradursi in
un'indebita limitazione dell'accesso delle
imprese interessate presenti sul mercato.
Ai sensi dell'art. 42 d.lg. n. 163 del 2006,
l'elenco dei principali servizi prestati
negli ultimi tre anni costituisce il primo
(c. 1, lett. a) ma non certo il solo
elemento in base al quale è possibile
fornire la dimostrazione della capacità
tecnica dei concorrenti; pertanto, appare
manifestamente irragionevole e viziato in
termini di violazione del principio di
proporzionalità porre un elevato ed
insuperabile parametro quantitativo relativo
a tale elemento, senza consentire di
dimostrare altrimenti il possesso di
capacità proporzionate al servizio da
affidare, sia attraverso il riferimento agli
altri elementi di cui alla norma richiamata,
sia attraverso la valutazione dello
svolgimento di più servizi nell'ultimo
triennio e non di uno solo (TAR Liguria,
Sez. II,
sentenza 27.05.2009 n. 1238 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Gara - Integrazione
documentale - Incompletezza o non conformità
alle prescrizioni di gara dell'offerta
tecnica ed economica - Inammissibilità.
L'integrazione documentale ammissibile in
sede di gara su richiesta della stazione
appaltante -allo scopo di far prevalere la
sostanza sulla forma- si rivela finalizzata
unicamente ad ottenere precisazioni in
ordine alla documentazione prodotta, in
vista della sanatoria di eventuali
irregolarità formali; una tale facoltà non
può estendersi al caso in cui
l'incompletezza o la non conformità alle
prescrizioni di gara riguardi l'offerta
tecnica ed economica, perché altrimenti
verrebbe ad essere violato il principio
della par condicio dei concorrenti mediante
la modificazione postuma dell'offerta, con
conseguente inammissibile incidenza sulla
sostanza e non più solo sulla forma, non è,
pertanto, possibile specificare, rettificare
o precisare e, sostanzialmente, cambiare,
gli elementi negoziali costitutivi
dell'offerta (massima tratta da www.solom.it
- TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 27.05.2009 n. 1073 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Deve essere escluso
dalla gara il concorrente privo del
requisito della regolarità contributiva
solamente se la medesima regolarità sia
stata definitivamente accertata e si tratti
di una violazione grave.
La regolarità contributiva è requisito
indispensabile non solo per la stipulazione
del contratto, ma anche per la stessa
partecipazione alla gara, per cui l'impresa
deve essere in regola con i relativi
obblighi fin dalla presentazione della
domanda e conservare tale regolarità per
tutto lo svolgimento della procedura,
essendo tale requisito indice rivelatore
della correttezza dell'impresa nei rapporti
con le proprie maestranze.
A seguito dell'entrata in vigore della
disciplina sul certificato di regolarità
contributiva dettata dagli artt. 2 del DL n.
210/2002 e 3, VIII c., lett. b-bis) del
d.lgs. n. 494/1996, la verifica della
regolarità contributiva non è più di
competenza delle stazioni appaltanti, ma
degli enti previdenziali, le cui
certificazioni si impongono alle stazioni
appaltanti che non possono sindacarne il
contenuto.
In base alla nuova normativa introdotta
dall'art. 38, lett. i), del DLgs n. 163/2006
sono esclusi dalla partecipazione alla gara
quei soggetti "che hanno commesso
violazioni gravi, definitivamente accertate,
alle norme in materia di contributi
previdenziali e assistenziali, secondo la
legislazione italiana o dello Stato in cui
sono stabiliti". La formulazione della
suddetta disposizione impone che il
provvedimento di esclusione dalla gara per
irregolarità contributiva sia congruamente
motivato dall'Amministrazione procedente con
riguardo alla sussistenza delle condizioni
di gravità e definitività della violazione.
Nel caso di specie, non ricorre, la causa di
esclusione prevista dal citato art. 38 in
quanto non si tratta di violazione grave, né
di violazione definitivamente accertata (TAR
Veneto, Sez. I,
sentenza 26.05.2009 n. 1601 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sull’illegittima
valutazione delle offerte economiche prima
di quelle tecniche.
L'esame da
parte della commissione delle offerte
economiche prima di quelle tecniche
costituisce una palese violazione dei
principi di trasparenza e di imparzialità
che devono presiedere le gare (cfr. art. 91
del D.P.R. n. 554 del 1999), in quanto la
conoscenza preventiva dell'offerta economica
consente di modulare il giudizio
sull'offerta tecnica in modo non conforme
alla parità di trattamento dei concorrenti e
tale possibilità, ancorché remota, inficia
la della procedura (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 25.05.2009 n. 3217 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
A. Barbiero,
Problematiche relative alla procedura
negoziata con gara informale utilizzabile
per l’affidamento di appalti di lavori
pubblici di valore compreso tra 100.000 e
500.000 euro (link a
www.albertobarbiero.net). |
APPALTI:
Sulla portata e natura
dell’istituto dell’avvalimento e sul corredo
documentale da produrre da parte
dell’impresa.
1.
Gli artt. 31 e 32 della direttiva del
Consiglio 18.06.1992, 92/50 CEE, che
coordina le procedure di aggiudicazione
degli appalti pubblici di servizi, vanno
interpretata nel senso che consentono ad un
concorrente, per comprovare il possesso dei
requisiti economici, finanziari e tecnici di
partecipazione ad una gara d'appalto ai fini
dell'aggiudicazione di un appalto pubblico
di servizi, di far riferimento alle capacità
di altri soggetti, qualunque sia la natura
giuridica dei vincoli che ha con essi, a
condizione che sia in grado di provare di
disporre effettivamente dei mezzi di tali
soggetti necessari all'esecuzione
dell'appalto.
2.
In materia di requisiti di partecipazione
alle gare pubbliche, la potestà di
avvalimento costituisce un principio di
fonte comunitaria non limitato al solo
settore degli appalti di servizi, ma di
portata generale.
3.
La potestà di avvalimento delle ditte
partecipanti alle gare pubbliche,
costituisce un principio di fonte
comunitaria di portata generale, il che
consente di trarre il significativo
corollario che dall'ambito di applicazione
del principio di avvalimento non possono
implicitamente ritenersi esclusi gli
affidamenti per i quali la lex specialis
di gara non abbia stabilito una disciplina
derogatoria in alcun senso, ogni eventuale
ipotesi di esclusione dell'applicazione di
detto principio (anche a volerne per ipotesi
ammettere la praticabilità) non potendo che
rivestire i caratteri espressi
dell'eccezionalità specificamente motivata.
4.
Ai fini dell’applicabilità dell’istituto
dell’avvalimento non è sufficiente una
semplice proposta, ma occorre che siano
prodotti appositi documenti probatori
costituiti non solo dall'impegno (in forma
scritta) della impresa ausiliaria nei
confronti sia dell'impresa ausiliata che
della stazione appaltante, ma anche dal
contratto tra quest'ultima e l'impresa
ausiliata che preveda l'obbligo
sinallagmatico di corrispondere all'impresa
ausiliaria il corrispettivo dovuto per le
sue prestazioni, anche in ciò potendosi
agevolmente individuare un rafforzamento
della garanzia per la stazione appaltante
del buon esito dell'appalto nella parte di
questo da eseguirsi a cura dell'impresa
ausiliaria.
5.
Nel caso di mancata produzione di documenti
probatori idonei atti a dimostrare
l’avvalimento, le carenze documentali non
possono formare oggetto di richiesta di
chiarimenti ai sensi dell'art. 46 del D.
l.vo n. 163/2006; infatti, nell’ipotesi
considerata, l'unica possibile integrazione
sarebbe non già la semplice regolarizzazione
formale di un documento per il resto
esistente, quanto la sostituzione integrale
di un documento da ritenersi radicalmente
privo di validità alcuna in mancanza di una
conforme e definitiva volontà in tal senso
da parte dei due contraenti, il che
costituirebbe una sicura violazione della
par condicio tra i partecipanti (massima
tratta da http://doc.sspal.it - TAR
Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 22.05.2009 n. 2852 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sul procedimento di
verifica dell’offerta anomala.
1.
Nelle gare di appalto il procedimento di
verifica delle offerte anomale non ha
per oggetto la ricerca di specifiche e
singole inesattezze dell’offerta economica,
mirando, invece, ad accertare se l’offerta,
nel suo complesso, sia attendibile o
inattendibile, e dunque se dia o meno serio
affidamento circa la corretta esecuzione
dell’appalto.
Tale principio, già affermato dalla
giurisprudenza nel vigore della l. n.
109/1994, risulta ora codificato dall’art.
88, comma 7, del d.lgs. n. 163/2006.
2.
Il procedimento di verifica delle offerte
anomale è avulso da ogni formalismo
inutile ed è invece improntato alla massima
collaborazione tra stazione appaltante e
offerente; in esso il contraddittorio deve
essere effettivo e non vi sono preclusioni
alla presentazione di giustificazioni
ancorate al momento della scadenza del
termine di presentazione delle offerte;
mentre l’offerta è immodificabile,
modificabili sono le giustificazioni, e sono
ammesse giustificazioni sopravvenute e
compensazioni tra sottostime e sovrastime,
purché l’offerta risulti nel suo complesso
affidabile al momento dell’aggiudicazione, e
a tale momento dia garanzia di una seria
esecuzione del contratto.
3.
In sede di procedimento di verifica delle
offerte anomale, deve ritenersi possibile
che, a fronte di determinate voci di prezzo
giudicate eccessivamente basse e dunque
inattendibili, l’impresa dimostri che, per
converso, altre voci di prezzo sono state
inizialmente sopravvalutate, e che in
relazione alle stesse è in grado di
conseguire un concreto, effettivo,
documentato e credibile risparmio che
compensa il maggior costo di altre voci.
4.
Occorre nettamente distinguere tra modifica
dell’offerta nel suo complesso,
inammissibile, e modifica delle
giustificazioni, invece ammissibile;
infatti, la presenza, nella fase del
contraddittorio successivo, di eventuali
significativi elementi di novità e di
difformità rispetto alla prima e preventiva
giustificazione non comporta una
inammissibile modifica dell’offerta
originaria, dovendosi in proposito
distinguere tra immodificabilità
dell’offerta e parametri dimostrativi della
affidabilità e remuneratività dell’offerta,
che non possono certo dirsi predeterminati e
fissati una volta per tutte con la
presentazione della stessa, essendo essi
influenzati da una molteplicità di elementi
per loro natura variabili (condizioni di
mercato delle materie prime e dei
semilavorati, credito contrattuale,
andamento del mercato del lavoro, economie
di scala, costi di mano d’opera,
legislazione fiscale e previdenziale, ecc.)
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 21.05.2009 n. 3146 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sul presupposto della
colpa della P.A..
1.
In sede di risarcimento dei danni per
lesione di interessi legittimi, ai fini
della
dimostrazione del necessario presupposto
della colpa della P.A., non è comunque
richiesto al privato danneggiato un
particolare impegno probatorio, potendo
quest’ultimo invocare l’illegittimità del
provvedimento quale indice presuntivo della
colpa o anche allegare circostanze
ulteriori, idonee a dimostrare che si è
trattato di un errore non scusabile.
Spetterà a questo punto alla P.A. dimostrare
che si è trattato di un errore scusabile,
configurabile in caso di contrasti
giurisprudenziali sull’interpretazione di
una norma, di formulazione incerta di norme
da poco entrate in vigore, di rilevante
complessità del fatto, di influenza
determinante di comportamenti di altri
soggetti, di illegittimità derivante da una
successiva dichiarazione di
incostituzionalità della norma applicata.
2.
Nel caso di annullamento in sede
giurisdizionale di una gara, non spetta
all’impresa ricorrente, a titolo di
risarcimento dei danni, il rimborso dei
costi di partecipazione alla gara, atteso
che mediante il risarcimento non può farsi
conseguire all’impresa un beneficio maggiore
di quello che deriverebbe
dall’aggiudicazione.
3.
Nel caso di annullamento in sede
giurisdizionale dell’aggiudicazione di una
gara di appalto, va riconosciuto a titolo di
lucro cessante il profitto che l’impresa
avrebbe ricavato dall’esecuzione
dell’appalto.
La quantificazione di tale danno non può
essere effettuata applicando, in maniera
automatica e indifferenziata, il criterio
(spesso utilizzato dalla giurisprudenza
amministrativa) del 10% del prezzo a base
d’asta, ai sensi dell’art. 345, l. n. 2248
del 1865 All. F.
In tal modo, infatti, il ricorrente non ha
più interesse a provare in modo puntuale il
danno subito quanto al lucro cessante,
perché presumibilmente otterrebbe di meno.
Appare allora preferibile l’indirizzo che
esige la prova rigorosa, a carico
dell’impresa, della percentuale di utile
effettivo che avrebbe conseguito se fosse
risultata aggiudicataria dell’appalto; prova
desumibile, in primis,
dall’esibizione dell’offerta economica
presentata al seggio di gara.
4.
In sede di risarcimento del danno derivante
da mancata aggiudicazione di una gara di
appalto, l’onere di provare (l’assenza del)
l’aliunde perceptum grava non
sull’Amministrazione, ma sull’impresa.
In sede di quantificazione del danno,
pertanto, spetterà all’impresa dimostrare,
anche mediante l’esibizione
all’Amministrazione di libri contabili, di
non aver eseguito, nel periodo che sarebbe
stato impegnato dall’appalto in questione,
altre attività lucrative incompatibili con
quella per la cui mancata esecuzione chiede
il risarcimento del danno.
5.
In sede di risarcimento del danno derivante
da illegittima aggiudicazione di una gara,
può riconoscersi anche il c.d. danno
curriculare; infatti, il fatto stesso di
eseguire un appalto (anche a prescindere dal
lucro che l’impresa ne ricava grazie al
corrispettivo pagato dalla stazione
appaltante), può essere comunque fonte per
l’impresa di un vantaggio economicamente
valutabile, perché accresce la capacità di
competere sul mercato e, quindi, la chance
di aggiudicarsi ulteriori appalti (massima
tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 21.05.2009 n. 3144 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: Contratti
della p.a. - Procedura di scelta del
contraente - Servizi ricompresi
nell'Allegato II B, D.Lgs., 12.04.2006, n.
163 - Applicabilità delle disposizioni
relative alle modalità di pubblicazione dei
bandi e ai relativi tempi - Esclusa.
Le procedure di scelta del contraente
relative a servizi rientranti nelle
previsioni di cui all'Allegato II B del
Codice dei Contratti (refezione, servizi
sociali, culturali e ricreativi, formazione,
ecc.) sono sottratte all'integrale
applicazione della disciplina codicistica e,
in particolare, alle disposizioni
riguardanti le modalità di pubblicazione del
bando (massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 19.05.2009 n. 3786 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. Requisiti di
partecipazione - Moralità professionale
-Dichiarazione dell'aggiudicataria di
assenza di cause di esclusione - Impiego
della formula "per quanto a nostra
conoscenza" - Dichiarazione inefficace.
2. Requisiti di moralità professionale -
Omessa dichiarazione di condanne subite -
Esclusione - Legittima.
3. Gara - Offerta presentata da soggetto
privo di rappresentanza legale -
Integrazione documentale in sanatoria -
Inammissibile.
1.
La puntualizzazione "per quanto a nostra
conoscenza", contenuta nella
dichiarazione di assenza di sentenze di
condanna passate in giudicato e/o pronunzie
emesse ai sensi dell'art. 444 c.p.p. a
carico dei soggetti cessati dalle cariche
sociali nell'ultimo triennio, rende del
tutto priva di valore e tamquam non esset
la dichiarazione rilasciata, ponendosi in
contrasto con le norme in materia di
dichiarazioni sostitutive di atto di
notorietà di cui al D.P.R., 28.12.2000, n.
445, venendo a mancare una vera e propria
assunzione di responsabilità insita, invece,
in tale tipo di dichiarazione e alla base
dell'affidamento che è chiamata a riporvi
l'Amministrazione.
2.
Costituisce causa di esclusione dalla gara
l'omessa dichiarazione dell'esistenza di
condanne a carico dei soggetti a ciò tenuti
per reati che incidono sulla moralità
professionale, atteso che ciascuna impresa
concorrente è tenuta a dichiarare qualsiasi
condanna a carico dei propri rappresentanti,
a nulla rilevando il tipo di reato, la
gravità e il tempo trascorso.
3.
Il sottoscrittore dell'offerta deve essere
fornito dei necessari poteri di
rappresentanza e gli stessi devono risultare
dalla documentazione da allegare
all'offerta, non potendosi ipotizzare alcuna
integrazione documentale a sanatoria, che
deve considerarsi non irregolare ma
inesistente, pena la violazione della par
condicio fra i concorrenti (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I,
sentenza 19.05.2009 n. 3768 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
Bando di gara - Servizio di ristorazione
scolastica - Mancata aggiudicazione -
Annullamento in autotutela dell'avviso di
gara in corso di giudizio - Sopravvenuta
carenza di interesse - Effetti -
Improcedibilità.
2. Giustizia amministrativa - Sopravvenuta
carenza di interesse - Presupposti -
Sussistenza - Declaratoria d'improcedibilità
del ricorso.
3. Giustizia amministrativa - Adozione di un
nuovo atto sostitutivo del provvedimento
impugnato - Sopravvenuta carenza di
interesse - Improcedibilità del ricorso.
1.
L'interesse a ricorrere deve sussistere, a
pena d'improcedibilità, non solo al momento
della proposizione dell'impugnativa, ma
anche in epoca successiva, in base al
principio che le condizioni dell'azione
debbono permanere sino al momento del
passaggio in decisione della controversia
(ipotesi in cui la stazione appaltante, in
corso di giudizio, ha annullato in
autotutela una gara per la gestione del
servizio di ristorazione scolastica).
2.
La declaratoria d'improcedibilità del
ricorso per sopravvenuta carenza di
interesse può derivare o da un mutamento
della situazione di fatto o di diritto
presente al momento della presentazione del
ricorso, oppure dall'adozione da parte
dell'Amministrazione di un provvedimento
idoneo a ridefinire gli interessi in gioco
-ancorché non pienamente satisfattivo per il
ricorrente- tale da rendere certa e
definitiva l'inutilità del giudizio di
merito della pretesa azionata (Cfr., Cons.
St., sez. IV, 19.02.2008, n. 532).
3.
L'improcedibilità del ricorso può conseguire
anche all'adozione di un nuovo atto che, pur
non avendo efficacia pienamente satisfattiva
nei confronti dell'attore, sostituisca il
provvedimento originariamente impugnato ed
oneri, per ciò stesso, la parte a proporre
nei suoi confronti un nuovo gravame (Cfr.,
Cons. St., sez. VI, 17.02.2004, n. 660)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 19.05.2009 n. 3756 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla legittimità della
scelta di un'amministrazione di non invitare
alla trattativa privata per l'affidamento
provvisorio del servizio nettezza urbana, la
società che era in precedenza affidataria
dell'appalto.
E' legittima la scelta di una
amministrazione di non invitare alla
trattativa privata per l'affidamento
provvisorio del servizio nettezza urbana, la
società che era in precedenza affidataria
dell'appalto, in quanto tale trattativa si è
svolta immediatamente dopo e per effetto
dell'avvenuta risoluzione per inadempimento
nei confronti della medesima società. Né, la
procedura posta in essere era tale da
obbligare l'amministrazione a trattare con
chiunque avesse fatto domanda di
partecipazione, trattandosi di una
trattativa privata negoziata senza previa
pubblicazione di un bando di gara avviata ai
sensi dell'art. 7, c. 2, lett. d, del d.l.vo
17.03.1995 n. 157 (all'epoca vigente), il
quale appunto consente all'amministrazione
di invitare un numero ristretto di Ditte
(almeno in numero di tre) "nella misura
strettamente necessaria, qualora, per
impellente urgenza determinata da
avvenimenti imprevedibili per
l'amministrazione aggiudicatrice, non
possano essere osservati i termini, di cui
agli articoli 8, 9 e 10, per il pubblico
incanto, la licitazione privata, l'appalto
concorso o la trattativa privata con
pubblicazione di un bando; le circostanze
addotte per giustificare tale impellente
urgenza non devono essere imputabili alla
stazione appaltante" (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 19.05.2009 n. 3080 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Sulla
valenza dei processi verbali e sulla
comunicazione di avio del procedimento di
annullamento della procedura.
1.
Nelle gare pubbliche, i processi verbali di
aggiudicazione, qualora si riferiscano ad
un’aggiudicazione pura e semplice (come
quella avvenuta ordinariamente, in assenza
di riserve espresse o di rinvio a successive
gare da effettuarsi in completamento), si
qualificano come processi verbali di
aggiudicazione definitiva.
2.
L’aggiudicazione provvisoria crea
immediatamente obblighi contrattuali
vincolanti a carico del privato contraente,
mentre non è efficace per l’amministrazione
finché non intervenga l’approvazione (art.
19 R.D. n. 2440/1923: c.d. efficacia
claudicante).
3.
E’ illegittimo l’annullamento dell’intera
procedura (dal bando di gara all’atto finale
di aggiudicazione) ed il diniego di
approvazione del verbale d’asta, ove non
siano stati preceduti dalla comunicazione di
avvio del procedimento ex art. 7 della L. n.
241 del 1990 al soggetto che, in buona fede,
aveva formulato una valida offerta e si era
aggiudicato la gara (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 19.05.2009 n. 3064 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sul contrasto con la
normativa comunitaria dell’esclusione
doverosa delle imprese collegate.
1.
L’art. 29, c. 1, della direttiva del
Consiglio 18.06.1992, 92/50/CEE, che
coordina le procedure di aggiudicazione
degli appalti pubblici di servizi, deve
essere interpretato nel senso che esso non
osta a che uno Stato membro, in aggiunta
alle cause di esclusione contemplate da tale
disposizione, preveda ulteriori cause di
esclusione finalizzate a garantire il
rispetto dei principi di parità di
trattamento e di trasparenza, a condizione
che tali misure non eccedano quanto
necessario per conseguire la suddetta
finalità.
2.
Il diritto comunitario osta ad una
disposizione nazionale che stabilisca un
divieto assoluto, a carico di imprese tra le
quali sussista un rapporto di controllo o
che siano tra loro collegate, di partecipare
in modo simultaneo e concorrente ad una
medesima gara d’appalto, senza lasciare loro
la possibilità di dimostrare che il rapporto
suddetto non ha influito sul loro rispettivo
comportamento nell’ambito di tale gara
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Corte di Giustizia CE, Sez. IV, sentenza
19.05.2009 n. C-538/07 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'interpretazione
dell'art. 29, c. 1, della direttiva del
Consiglio 92/50/CEE, che contiene un elenco
tassativo delle cause di esclusione dalla
partecipazione ad un appalto di servizi.
E' incompatibile con il diritto comunitario
una normativa nazionale che non autorizza la
partecipazione ad una medesima procedura di
aggiudicazione, in modo concorrente, società
aventi fra loro un rapporto di controllo o
d'influenza notevole.
- L’art. 29, c. 1, della direttiva del
Consiglio 18.06.1992, 92/50/CEE, che
coordina le procedure di aggiudicazione
degli appalti pubblici di servizi, deve
essere interpretato nel senso che esso non
osta a che uno Stato membro, in aggiunta
alle cause di esclusione contemplate da tale
disposizione, preveda ulteriori cause di
esclusione finalizzate a garantire il
rispetto dei principi di parità di
trattamento e di trasparenza, a condizione
che tali misure non eccedano quanto
necessario per conseguire la suddetta
finalità.
- Il diritto comunitario osta ad una
disposizione nazionale che, pur perseguendo
gli obiettivi legittimi di parità di
trattamento degli offerenti e di trasparenza
nell’ambito delle procedure di
aggiudicazione degli appalti pubblici,
stabilisca un divieto assoluto, a carico di
imprese tra le quali sussista un rapporto di
controllo o che siano tra loro collegate, di
partecipare in modo simultaneo e concorrente
ad una medesima gara d’appalto, senza
lasciare loro la possibilità di dimostrare
che il rapporto suddetto non ha influito sul
loro rispettivo comportamento nell’ambito di
tale gara (Corte di giustizia europea, Sez.
IV,
sentenza 19/05/2009 n. C-538/07 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Un progetto definitivo
di opera pubblica stradale, incidente in
misura rilevante sulla viabilità esistente,
non può essere approvato senza essere
preceduto da uno studio di tipo ambientale
anche di natura acustica.
Considerando anzitutto la disciplina
generale di attuazione della legge quadro
sui lavori pubblici (D.P.R. n. 554 del
1999), è ben chiaro che nell’elaborazione e
nella approvazione dei progetti preliminari
e definitivi di opere pubbliche occorre
comunque uno studio di prefattibilità
ambientale. Studio che deve essere
logicamente effettuato in via preventiva
anche quando ai sensi della normativa
vigente non è necessaria una specifica
procedura di V.I.A. (valutazione di impatto
ambientale). In particolare, la rilevanza e
l’importanza cronologica di tale studio sono
essenzialmente giustificate e giustificabili
non solo dal fatto che esso deve in via
preventiva riguardare fra l’altro i
prevedibili effetti della realizzazione
dell’intervento e del suo esercizio sulle
componenti ambientali e sulla salute dei
cittadini ma anche dal fatto che il
contenuto del successivo progetto esecutivo
deve limitarsi a riprodurre pedissequamente
e fedelmente le prescrizioni già elaborate e
già approvate nell’ambito della
progettazione preliminare e definitiva (cfr.
artt. 18, 21, 29, 2^ co., e 35 del citato
D.P.R.).
Considerando poi la disciplina nazionale in
materia di inquinamento acustico (L. n. 447
del 1995), è da notare che essa contiene
principi fondamentali vincolanti (ai sensi e
per gli effetti dell’art. 117 della
Costituzione) non solo per la tutela
dell’ambiente esterno ma anche per
l’ambiente abitativo delle popolazioni
interessate; ambiente quest’ultimo che nella
progettazione di un’opera pubblica stradale
(come nel caso di specie) deve essere
studiato in via preventiva proprio al fine
di proteggerlo adeguatamente
dall’introduzione di rumori tali da
provocare fastidio o disturbo al riposo ed
alle attività umane e quindi tali da
costituire pericolo per la salute umana
(sulla necessità di una documentata,
approfondita ed attenta valutazione e
quantificazione preventiva dei livelli di
emissioni sonore con riferimento all’art. 8,
4° co., della citata L. n. 447/1995 ed al
D.P.C.M. 01.03.1991, cfr. la sentenza di
questo Tribunale n. 25 del 25.01.2008
laddove è stata esaminata e decisa una
questione non dissimile alla presente di
omessa acquisizione della documentazione di
impatto acustico correlata ad una procedura
amministrativa mirata all’insediamento di un
impianto industriale da porre nelle
vicinanze di una abitazione) (TAR Umbria,
sentenza 19.05.2009 n. 256 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'istituto
compensativo previsto dal III c. dell'art.
133 del d.lgs. 163/2006 (già art. 26 L.
109/1994) negli appalti a prezzo chiuso.
Sulla legittimità della scelta del decreto
ministeriale che, per la rilevazione
dell'aumento dei prezzi, fa riferimento
all'indice FOI, redatto annualmente
dall'ISTAT.
Nell'appalto a prezzo chiuso il meccanismo
di adeguamento del prezzo contrattuale
previsto dal III c. dell'art. 133 del d.lgs.
163/2006 (già art. 26 L. 109/1994), la
finalità principale dell'istituto
compensativo oltre che della stabilizzazione
della spesa pubblica, attraverso
l'ancoraggio del prezzo contrattuale alla
indicata soglia di inflazione, è stata
quella di prevedere un meccanismo di normale
rivalutazione del prezzo contrattuale, al
fine di mantenere pressoché inalterato nel
tempo il potere d'acquisto della moneta
nello stesso espressa.
Il legislatore ha rimesso alla potestà del
Ministero delle infrastrutture di rilevare
annualmente lo scostamento tra tasso
d'inflazione programmato e tasso di
inflazione reale, senza altro aggiungere in
ordine ai parametri cui far riferimento per
tale determinazione. Nel silenzio sul punto
della legge appare non irragionevole la
scelta ministeriale di legare detto tasso
inflattivo ad un parametro di indubbia
rilevanza generale, in quanto utilizzato
dall'ISTAT per rilevare l'andamento della
inflazione reale del Paese; e cioè l'indice
FOI, espressivo dell'andamento dei prezzi al
consumo per le famiglie degli impiegati e
degli operai (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 15.05.2009 n. 3003 -
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APPALTI SERVIZI:
Sull'interpretazione
dell'art. 13, c. 4, del cd. decreto Bersani
(d.l. 04.07.2006 n. 223).
L'art. 13 del dl. 223/2006, ha
implicitamente sancito, con carattere
generale, che le società miste devono
necessariamente operare intra moenia.
- La sanzione della nullità prevista
nell'art. 13, c. 4, del d.l. n. 223/2006
(c.d. decreto Bersani), colpisce i contratti
scaturiti da una procedura ad evidenza
pubblica svoltasi in epoca in cui era già
cogente il divieto normativo, altrimenti non
troverebbe giustificazione plausibile la
previsione di cui al c. 3 del citato art.
13, la quale delinea un procedimento di
graduale conformazione da compiersi a mezzo
della cessione a terzi delle attività non
consentite, ovvero la costituzione di
separate società da allocare sul mercato. La
lettura interpretativa dell'art. 13, c. 4,
del d.l. n. 223/2006, nel senso anzidetto si
evince, inoltre, dal contenuto della
modifica apportata al c. 4 dell'art. 13 dal
c. 720 dell'art.1 della l. 27.12.2006 n.
296, secondo cui "restano validi, fatte
salve le prescrizioni di cui al c. 3, i
contratti conclusi dopo la data di entrata
in vigore del presente decreto, ma in esito
a procedure di aggiudicazione bandite prima
della predetta data". E' evidente,
infatti, che il legislatore ha inteso far
chiarezza una volta per tutte introducendo
una disposizione che, in quanto di natura
interpretativa, ha efficacia retroattiva e
dunque si applica a tutte le fattispecie
-ivi comprese quella che forma oggetto del
caso di specie- in cui le procedure sono
state bandite prima ma i relativi contratti
sono stati stipulati dopo l'entrata in
vigore del decreto suddetto.
- L'art. 13 del dl. 223/2006, nel rendere
definitivamente cogente per le società miste
il principio di esclusività nel rapporto di
committenza con gli enti costituenti o
affidanti, ha implicitamente suggellato, con
carattere generale, il suo corollario, e
cioè che le stesse devono necessariamente
operare intra moenia (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 15.05.2009 n. 3001 -
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APPALTI SERVIZI:
E' legittima la scelta
di una società a capitale pubblico di
escludere l'aggiudicataria provvisoria dalla
gara per la cessione del ramo di attività
relativo alla vendita del gas metano ai
clienti finali.
E' legittima la scelta di una società a
capitale pubblico di escludere
l'aggiudicataria provvisoria dalla gara ad
evidenza pubblica per la cessione del ramo
di attività relativo alla vendita del gas
metano ai clienti finali, in quanto
destinataria di un provvedimento
dall'Autorità garante dell'energia elettrica
e del gas, per aver emesso bollette per
forniture ad uso domestico non conformi ai
criteri della stessa Autorità, e per non
aver garantito ai clienti finali la
necessaria trasparenza sull'identità "del
soggetto utente del trasporto e del
dispacciamento per il punto di prelievo",
poiché il bando di gara prevedeva una
garanzia di rispetto delle norme dettate
dall'Autorità.
Nel caso di specie, il contratto da
aggiudicare con la gara, aveva per oggetto
la "cessione del ramo di attività
relativo alla vendita del gas metano ai
clienti finali", e non la gestione del
servizio di distribuzione: si tratta quindi
inequivocabilmente non di un contratto di
durata come l'appalto di servizi, ma di un
contratto ad esecuzione istantanea,
assimilabile alla vendita di un ramo di
azienda. Pertanto, trovano applicazione gli
artt. 1367 e 1369 c.c., per cui il testo
contrattuale va inteso nel senso in cui
possa avere qualche effetto, e non in senso
che non ne abbia alcuno, e va inteso
comunque in modo coerente con la natura e
l'oggetto del contratto. Infatti, in un
contratto ad esecuzione istantanea come la
vendita, dopo che il passaggio della
titolarità del diritto ceduto ha avuto luogo
di regola impegni esecutivi non ne
residuano, e quindi un impegno a garantire
nei confronti dei clienti facenti parte del
portafoglio ceduto un dato comportamento non
ha significato alcuno, non essendovi verso
il cedente alcun impegno a gestire nel tempo
un servizio da rendere a terzi secondo certi
livelli qualitativi. Per evitare una
interpretazione abrogatrice della clausola
contrattuale in esame, è quindi necessario
costruirla come requisito di partecipazione,
espressivo di una volontà della società a
capitale pubblico di cedere solo a una
controparte dotata di certi requisiti di
affidabilità e correttezza commerciale (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 15.05.2009 n. 1046 -
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LAVORI PUBBLICI: Sulla
competenza ad approvare ed aggiornare il
programma triennale delle opere pubbliche.
Per le amministrazioni comunali
l’approvazione dello schema del programma
triennale e del suo aggiornamento annuale,
quale atto di proposta e di impulso, ben
rientra nelle competenze della giunta
municipale, ai sensi dell’articolo 48 del D.
Lgs. 18.08.2000 n. 267, mentre è competente
per l’approvazione definitiva del programma
e dell’elenco annuale delle opere da
realizzare soltanto il consiglio comunale ai
sensi dell’articolo 42 del ricordato decreto
legislativo, trattandosi in ultima analisi
di un atto di programmazione e di indirizzo
(cfr. IV Sezione n. 6917 del 2002)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 12.05.2009 n. 2910 -
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LAVORI PUBBLICI: Sulla
mancata comunicazione dell'avvio del
procedimento per l'esecuzione di un'opera
pubblica.
Quanto al
profilo della violazione dell’articolo 7
della legge 07.08.1990 n. 241 per la mancata
comunicazione dell’avvio del procedimento
culminata nella dichiarazione implicita di
pubblica utilità dell’intervento da
realizzare, come tale immediatamente e
direttamente lesiva degli interessi della
parte ricorrente in primo grado, osserva la
Sezione che non vi è dubbio che tale obbligo
sussista, come precisato dalla
giurisprudenza di questo consesso.
Tuttavia, nel caso di specie, non si è avuta
la dichiarazione di pubblica utilità
implicita nell'approvazione del progetto
delle opere da realizzare, perché essa
consegue ope legis alla sola
approvazione del progetto definitivo delle
opere da realizzare, come stabilisce il
comma 13 dell'articolo 14 della legge
11.02.1994, n. 109, laddove con la impugnata
delibera consiliare n. 28 del 20.12.1991 è
stato approvato soltanto il progetto
preliminare.
Non essendoci in realtà alcuna valida ed
utile dichiarazione di pubblica utilità e
questa non potendo conseguire ex lege
all'approvazione del progetto preliminare,
non sussisteva alcun obbligo da parte della
amministrazione comunale di comunicare alla
parte ricorrente l'esistenza del
procedimento relativo alla realizzazione dei
lavori
(Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 12.05.2009 n. 2910 -
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APPALTI:
Sulla cauzione
provvisoria in tema di appalti pubblici.
Con riguardo
alla finalità della cauzione provvisoria, il
G.A. ritiene che negli appalti pubblici la
cauzione provvisoria abbia una duplice
finalità.
- di garantire la stazione appaltante della
mancata sottoscrizione del contratto da
parte dell’aggiudicatario;
- di assicurare l’affidabilità e la serietà
dell’offerta presentata.
Sostanzialmente, ha una funzione
indennitaria dei danni cagionati
dall’eventuale rifiuto di stipulare il
contratto e sanzionatoria degli
inadempimenti procedimentali relativi alla
veridicità delle dichiarazioni fornite in
ordine al possesso dei requisiti di capacità
economico-finanziaria e
tecnico-organizzativa richiesti dalla lex
specialis (cfr. Cons. St., Sez. V,
30.06.2003, n. 3866; Sez. IV, 20.07.2007, n.
4098).
Conseguentemente, la natura provvisoria
della cauzione provvisoria e la sua
specifica funzione comportano che la sua
durata non può prescindere dalla durata di
validità dell’offerta, risultandone
diversamente pregiudicata la stessa ratio
legis dell’istituto.
A tal fine, nel Codice dei Contratti
pubblici, il legislatore ha normativamente
equiparato il termine minimo di
irrevocabilità dell’offerta alla durata
minima della cauzione, prevedendolo, in
entrambi i casi, in 180 gg. dalla scadenza
del termine per la presentazione
dell’offerta, tranne termini più ampi
previsti dal bando di gara (artt. 11, comma
6 e 75, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006).
In relazione al caso di specie, il Supremo
Consesso afferma che va esclusa da una gara
di appalto una ditta che, in violazione del
bando e del principio della par condicio, ha
presentato una cauzione provvisoria di
durata inferiore a quella minima richiesta
dal bando stesso.
Data la chiarezza e non equivocità delle
norme di gara, imposte a pena di esclusione,
non appare, dunque, corretto il richiamo del
TAR alla necessità di interpretare tali
norme in senso conservativo, dal momento che
in subjecta materia il rispetto della
par condicio deve ritenersi prevalente sul
principio del favor partecipationis
(cfr. C.G.A.R.S., dec. n. 85/2007; Cons.
St., Sez. IV, 31.01.2005, n. 231).
Infatti, mentre il bando di gara prevedeva
una durata minima di 250 giorni per la
cauzione provvisoria, è stata, invece,
prodotta una cauzione di durata di 180
giorni, rinnovabili per altri 180 giorni su
richiesta della stazione appaltante, nel
caso in cui al momento della scadenza non
fosse ancora intervenuta l’aggiudicazione.
Infine, conformemente agli orientamenti
giurisprudenziali più recenti, viene
ribadita la giurisdizione dell’A.G.O. per le
questioni relative alla sorte del contratto
di appalto stipulato dall’Amministrazione a
seguito dell’annullamento in sede
giurisdizionale dell’aggiudicazione.
Tuttavia, è da considerarsi ammissibile una
cognizione incidentale in sede di giudizio
di ottemperanza della sentenza di
annullamento finalizzato ad ottenere la
ripetizione della procedura o
l’aggiudicazione della gara (cfr. Cons.
Stato, Ad. Plen., 30.07.2008, n. 9)
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 11.05.2009 n. 2885 -
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APPALTI:
Costituisce un preciso
dovere delle stazioni appaltanti, volto a
garantire anche la posizione dei
partecipanti alle pubbliche gare, la previa
definizione dell'oggetto della gara.
La pubblica
amministrazione, al pari di qualsiasi altro
contraente, allorché si rivolge al mercato
(impegnandosi nei confronti dei soggetti che
vi operano) deve aver preventivamente
chiarito l'ambito dei bisogni da soddisfare.
Ciò tanto più ove si consideri che il
meccanismo privilegiato di scelta del
contraente (la gara aperta) non consente
aggiustamenti della domanda nel corso della
procedura ed è anzi presidiato dal principio
di immodificabilità dell'offerta, che
ovviamente presuppone altrettanta
tendenziale rigidità sul piano della
domanda. Pertanto, non v'è dubbio che quello
della previa definizione dell'oggetto della
gara sia un preciso dovere delle stazioni
appaltanti, volto a garantire anche la
posizione dei partecipanti alle pubbliche
gare. Ciò ovviamente non significa che sia
radicalmente esclusa la possibilità di
revoca in ragione di superiori (e
normalmente sopravvenute) esigenze di
interesse pubblico. Vuol dire soltanto che
il sistema impone che la revoca (costituendo
un evento non conforme alla fisiologia del
contrarre) costituisca davvero un'eccezione
alla regola, il che non può appunto essere
se il mutamento di avviso ha luogo a causa
di una non meditata previa definizione
dell'oggetto del contrarre (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 11.05.2009 n. 2882 -
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APPALTI: La
stazione appaltante può derogare alla
procedura semplificata.
In una gara di appalto pubblico la stazione
appaltante può imporre la produzione di
documenti al posto delle autocertificazioni;
così facendo ottiene una più sicura
efficacia probatoria e si libera
dell'aggravio derivante dalla verifica delle
autodichiarazioni.
E’ ben consapevole la Sezione che, nelle
procedure di affidamento degli appalti
pubblici, il principio che ravvisa nel
rispetto puntuale delle formalità prescritte
dalla lex specialis un efficace
presidio a garanzia della par condicio tra i
partecipanti può essere oggetto di
temperamenti, perché del formalismo
procedurale che sorregge il sistema delle
gare d’appalto va scongiurata
un’applicazione meccanica che contraddica,
alla luce delle specifiche circostanze del
caso concreto, la fondamentale ed immanente
esigenza di ragionevolezza dell’attività
amministrativa, finendo così per porsi in
contrasto con le stesse finalità di tutela
cui sono preordinati i generali canoni
applicativi delle regole della
contrattualistica pubblica (in tal senso,
Consiglio di Strato, V, 22.06.2004, n.
4347).
L’applicazione indiscriminata alle gare
d’appalto della normativa in materia di
semplificazione amministrativa può infatti
portare ad una inammissibile violazione del
principio della par condicio competitorum
le quante volte gli atti generali che
compendiano le regole di gara non abbiano
espressamente previsto (anche a mezzo di
generica dichiarazione di equipollenza) la
possibilità di attingere a tale modalità
semplificata ai fini della dimostrazione di
fatti rilevanti ai fini partecipativi. Il
meccanismo competitivo proprio della gara
d’appalto è infatti tale per cui la lettera
della lex specialis non è passibile
di interpretazioni estensive, dato che le
stesse si tradurrebbero in una violazione
procedimentale in danno di quei concorrenti
che si sono allineati alla legge di gara in
modo pedissequo, osservandone alla lettera
le prescrizioni. Se il capitolato d’appalto
prescrive, come appunto nello specifico, che
la potenza dei mezzi può essere provata
soltanto con la produzione di determinati
documenti, ammettere la dichiarazione
sostitutiva di atto notorio (peraltro a
prescindere da una specifica impugnativa
avverso la clausola di lex specialis
prescrittiva dell’obbligo incondizionato e
dal conseguente giudizio sulla
ragionevolezza di detta clausola)
significherebbe forzare inammissibilmente il
meccanismo delle regole di gara.
Peraltro, la scelta della stazione
appaltante di non contemplare tra la
documentazione di gara le dichiarazioni
sostitutive –nella specie <di fatto
notorio>, ai sensi dell’art. 47 DPR cit.-
potrebbe iscriversi in una ragionevole
logica di speditezza procedimentale. Non si
dubita, infatti, che la dichiarazione
sostitutiva impone un controllo postumo
(quantomeno a campione) su quanto dichiarato
dal concorrente, che diviene obbligatorio e
puntuale nella ipotesi in cui quest’ultimo
viene ad assumere, in esito alla gara, le
vesti dell’aggiudicatario. Ora, non par
dubbio che tanto costituisca un aggravamento
degli oneri procedimentali e che
ragionevolmente la stazione appaltante,
nell’esercizio dei margini di
discrezionalità propri della fase della
fissazione delle regole di gara, potrebbe
orientarsi per una limitazione del ricorso
alle dichiarazioni sostitutive, proprio a
mezzo di previsioni imponenti la esibizione
fin da subito di documentazione dalla più
sicura efficacia probante
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 11.05.2009 n. 2872 -
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APPALTI: Sulla
legittimazione, o meno, della ditta
legittimamente esclusa, ad impugnare gli
atti di gara.
Il tema è
quello, ampiamente noto in giurisprudenza,
dell’interesse ad impugnare gli atti di gara
(ed in primis, l’aggiudicazione ad
altri) da parte del soggetto che sia stato
legittimamente escluso dalla gara.
Secondo un orientamento giurisprudenziale
consolidato (v. per tutte, Consiglio di
Stato, V, 13.09.2005 n. 4692; Consiglio di
Stato, V, 21.11.2007 n. 5925) un tale
interesse non potrebbe sussistere in capo al
soggetto legittimamente escluso, dato che
quest’ultimo all’esito dell’accertamento in
ordine alla legittimità della sua
esclusione, rimane privo non soltanto del
titolo legittimante a partecipare alla gara
ma anche a contestarne gli esiti e la
legittimità delle distinte scansioni
procedimentali; il suo interesse, da
qualificare quale interesse di mero fatto,
non sarebbe diverso, secondo tale approccio
interpretativo, a quello di qualsiasi
operatore del settore che, non avendo
partecipato alla gara, non avrebbe titolo ad
impugnarne gli atti, pur essendo titolare di
un interesse (di mero fatto) alla
caducazione dell’intera selezione, al fine
di poter presentare la propria offerta in
ipotesi di nuova gara.
Secondo un più recente approccio
interpretativo (Consiglio di Stato, V,
04.06.2008 n. 2629) l’interesse del soggetto
legittimamente escluso dalla selezione non
potrebbe invece ritenersi insussistente,
quantomeno in ordine alla prospettazione di
quelle censure che potrebbero portare a
travolgere l’intera competizione. In tal
caso il fatto della partecipazione (ancorché
non legittima) alla selezione vale a fondare
il titolo impugnatorio in vista della
soddisfazione dell’interesse strumentale
alla riedizione della gara nonché a
rimarcare la differenza rispetto al non
partecipante (che di quel titolo è
pacificamente sfornito).
Ma anche in tale ultima prospettiva
interpretativa, e salvo il caso in cui
vengano dedotti vizi inficianti l’intera
procedura di gara (in cui l’interesse
strumentale alla rinnovazione della
competizione emerge in modo appariscente), è
chiaro che l’impresa legittimamente esclusa
da una gara d’appalto, intanto può avere
interesse, nell’ottica della rinnovazione
della selezione, a contestare
l’aggiudicazione ad altri dell’appalto, in
quanto dimostri che nessun altro concorrente
aveva titolo a parteciparvi e/o a restarne
aggiudicatario.
Tuttavia nella specie ciò non si è
verificato, dato che l’appellante si è
limitata a reiterare censure (involgenti il
preteso difetto di titolo partecipativo o
comunque la inidoneità a risultare
aggiudicatari) all’indirizzo dei singoli
soggetti vincitori della selezione in
relazione ai distinti settori in cui
l’appalto è stato suddiviso; ma tanto non è
certamente sufficiente, per quel che si è
detto, a dimostrare l’interesse alla
renovatio della intera procedura di
gara, attesa -a tacer d’altro– la mancata
estensione di tale impugnativa a tutti gli
altri concorrenti, aventi gradatamente
titolo a subentrare nella posizione
dell’aggiudicatario eventualmente rimosso
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 11.05.2009 n. 2872 -
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APPALTI:
Sulla portata vincolante
delle formalità previste dal bando.
1.
Nelle procedure di affidamento degli appalti
pubblici, il principio che ravvisa nel
rispetto puntuale delle formalità prescritte
dalla lex specialis un efficace
presidio a garanzia della par condicio tra i
partecipanti può essere oggetto di
temperamenti, perché del formalismo
procedurale che sorregge il sistema delle
gare d'appalto va scongiurata
un'applicazione meccanica che contraddica,
alla luce delle specifiche circostanze del
caso concreto, la fondamentale ed immanente
esigenza di ragionevolezza dell'attività
amministrativa, finendo così per porsi in
contrasto con le stesse finalità di tutela
cui sono preordinati i generali canoni
applicativi delle regole della
contrattualistica pubblica.
2.
E’ legittima la clausola di un bando che
preveda la produzione di apposita
documentazione, non prevedendo nel contempo
che tale documentazione possa essere
surrogata mediante dichiarazione sostitutiva
ai sensi degli artt. 43, 46 e 47 del DPR
445/2000.
Infatti, l’applicazione indiscriminata alle
gare d’appalto della normativa in materia di
semplificazione amministrativa può portare
ad una inammissibile violazione del
principio della par condicio competitorum
tutte le volte che gli atti generali che
compendiano le regole di gara non abbiano
espressamente previsto (anche a mezzo di
generica dichiarazione di equipollenza) la
possibilità di attingere a tale modalità
semplificata ai fini della dimostrazione di
fatti rilevanti ai fini partecipativi.
Il meccanismo competitivo proprio della gara
d’appalto è infatti tale per cui la lettera
della lex specialis non è passibile
di interpretazioni estensive, dato che le
stesse si tradurrebbero in una violazione
procedimentale in danno di quei concorrenti
che si sono allineati alla legge di gara in
modo pedissequo, osservandone alla lettera
le prescrizioni.
Se il capitolato d’appalto prescrive, come
appunto nello specifico, che la potenza dei
mezzi può essere provata soltanto con la
produzione di determinati documenti,
ammettere la dichiarazione sostitutiva di
atto notorio (peraltro a prescindere da una
specifica impugnativa avverso la clausola di
lex specialis prescrittiva
dell’obbligo incondizionato e dal
conseguente giudizio sulla ragionevolezza di
detta clausola) significherebbe forzare
inammissibilmente il meccanismo delle regole
di gara (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 11.05.2009 n. 2871 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'inapplicabilità
alle gare indette per la concessione di
servizi della disciplina dettata all'art. 70
del Codice dei contratti pubblici sul
termine per la presentazione delle offerte
per le procedure di gara per l'affidamento
di appalti pubblici.
L'art. 30, c. 1, del d. lgs. 12.04.2006 n.
163 (Codice dei contratti pubblici)
stabilisce, che "Salvo quanto disposto
nel presente articolo, le disposizioni del
codice non si applicano alle concessioni di
servizi". Pertanto, nel caso di specie,
è erronea l'applicazione analogica della
disciplina dettata all'art. 70 del Codice
dei contratti pubblici sul termine per la
presentazione delle offerte concernente le
procedure negoziate senza previa
pubblicazione del bando di gara in materia
di appalti alla diversa materia delle
concessioni di servizi, in palese violazione
della previsione racchiusa nell'art. 30, c.
1, del medesimo Codice dei contratti
pubblici (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 11.05.2009 n. 2864 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Sulle
modalità di composizione della composizione
della Commissione di gara e sulla
professionalità dei singoli componenti.
1.
La nomina dei componenti della commissione
di una gara d’appalto può essere sindacata
solo qualora ricada su soggetti palesemente
privi dei requisiti minimi.
2.
L’art. 84, comma 2, del d.lgs. n. 163 del
2006 -il quale impone, nella formazione
delle commissioni di gara, la nomina di "esperti
nello specifico settore cui si riferisce
l’oggetto dell’appalto"- richiede, al
fine di potersene assumere la violazione, un
giudizio condotto non ex post, ma
affidandosi ad una valutazione c.d. ex
ante; e cioè ad una valutazione da
collocarsi idealmente in una fase anteriore
alla conoscenza concreta dei progetti
tecnici al fine di appurare se, già in tale
fase, la lettura della lex specialis
e del relativo capitolato deponevano
inequivocamente per la natura ed il tenore
tecnico dei progetti sui quali la
commissione è chiamata ad esprimersi.
3.
L’art. 84, comma 8, del d.lgs. n. 163 del
2006 impone alle stazioni appaltanti che i
membri delle commissioni, con la sola
eccezione del presidente, siano selezionati
tra propri funzionari.
Solo in caso di accertata carenza in
organico di tali professionalità, ne è
consentita la ricerca all’esterno, secondo
le indicazioni fornite nel secondo periodo
del medesimo comma 8 dell’art. 84 del
Codice.
4.
L’art. 84, comma 2, del Codice degli appalti
pubblici va interpretato secondo un criterio
logico, non potendosi pretendere il
possesso, da parte di ogni membro, delle
cognizioni tecnico-scientifiche per valutare
ogni aspetto, potenzialmente includibile
nell’ambito di un progetto che richiede,
primariamente, per il tema affrontato e
trattato, cognizioni e conoscenze del tutto
diverse.
E ciò anche perché rimane sempre aperta la
possibilità per la stazione appaltante di
affiancare, all’uopo, la commissione con uno
o più esperti esterni con funzioni di
consulenza e di assistenza professionale nel
circoscritto settore in cui l’organo
collegiale viene eventualmente a necessitare
di supporto (massima tratta da
http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez.
I-ter,
sentenza 08.05.2009 n. 5035 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'illegittimità di
un'aggiudicazione di una gara ad un'ATI, per
violazione dell'art. 13 della l. n. 248/2006
(Bersani), essendo una delle società che
fanno parte dell'associazione, partecipata
indirettamente dalla regione.
E' illegittima l'aggiudicazione di una gara
a inviti bandita da una Autorità Portuale
per la redazione di uno studio sulle
potenzialità del relativo porto in materia
di traffico container, ad una A.t.i. in
quanto una delle società che fanno parte
dell'associazione temporanea è partecipata
indirettamente dalla regione e produce
servizi strumentali all'attività della
regione e di soggetti pubblici alla medesima
riconducibili, per violazione dell'art. 13
del d.l. 04.07.2006 n. 223, convertito nella
l. 04.08.2006 n. 248. Alla luce della
ratio sottesa all'art. 13 d.l. n. 223
del 2006, infatti, volto a tutelare i
principi di concorrenza e di trasparenza
nonché quello di libertà di iniziativa
economica, che risulterebbero turbati dalla
presenza di soggetti che proprio per la
presenza -diretta o indiretta- della mano
pubblica finiscono in sostanza per eludere
il rischio d'impresa, devono considerarsi
società partecipate da amministrazioni
pubbliche regionali o locali anche quelle
società che sono partecipate da società
intermedie controllate da dette
amministrazioni: il divieto previsto
dall'art. 13, dunque, deve ritenersi
applicabile ad un'impresa partecipata da
un'altra impresa, controllata da altra
impresa ancora che a sua volta è controllata
da un'amministrazione pubblica regionale.
Inoltre, la ratio della prescrizione
conserva integra la sua validità anche nei
casi in cui la strumentalità non sia
ristretta all'attività interna della p.a.
(TAR Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 06.05.2009 n. 908 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Raggruppamento
temporaneo di imprese - Polizza fideiussoria
- Intestazione a tutte le partecipanti al
raggruppamento - Necessità - Esclusione -
Sufficienza dell’operatività nei loro
confronti.
Nel caso di partecipazione ad una gara di
appalto di un costituendo raggruppamento
temporaneo di imprese è necessario non tanto
che la polizza fidejussoria sia intestata a
tutte le imprese che vi fanno parte, quanto
piuttosto che la garanzia sia operativa nei
confronti di tutti i partecipanti al
raggruppamento (TAR Emilia-Romagna-Bologna,
Sez. I,
sentenza 06.05.2009 n. 617 - link
a www.ambientediritto.it). |
aprile 2009 |
|
APPALTI:
Sull’illegittimità della
composizione preventiva della Commissione di
gara.
1.
In base ai principi desumibili
dall’ordinamento, è da ritenere illegittimo
l’affidamento della conduzione della
procedura di gara non già ad un organo
tecnico straordinario e temporaneo,
appositamente costituito, bensì ad una
commissione stabile e permanente, costituita
prima dell’indizione della gara.
2.
E’ illegittima una commissione di una gara
di appalto nel caso in cui i membri esterni
chiamati a farne parte non siano stati
scelti sulla base di specifiche competenze
rapportate alla complessità dei problemi di
tipo tecnico, ma siano in possesso solo di
una generica esperienza (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 30.04.2009 n. 2761 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La verbalizzazione delle
operazioni svolte in precedenti commissioni
di gara deve rispettare un termine
ragionevolmente breve.
Anche se, in mancanza di specifiche
indicazione della normativa di settore e
della disciplina di gara, deve escludersi la
necessità di redigere contestuali e distinti
verbali per ciascuna seduta della
commissione di gara, è necessario comunque
che nell’unico verbale di tutte o di parte
delle operazioni compiute, ancorché relativo
a più giornate, avvenga una corretta
rappresentazione documentale dello
svolgimento della procedura e purché la
verbalizzazione non contestuale segua il
compimento delle attività rappresentate
entro un termine ragionevolmente breve, tale
da scongiurare gli effetti negativi della
naturale tendenza alla dispersione degli
elementi informativi (decisione n. 4463 del
02.09.2005) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 29.04.2009 n. 2748 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Raggruppamento
temporaneo di imprese - Mandato collettivo
speciale - Dichiarazione indefettibile a
pena di esclusione - Art. 37, c. 8 D.Lgs. n.
163/2006.
L’art. 37, comma 8, del D.Lgs. n. 163 del
2006 impone un preciso impegno, da assumere
in sede di offerta, per i soggetti di cui
all’art. 34, comma 1, lett. d) ed e) del
medesimo decreto: quello di rilasciare un
mandato collettivo speciale con
rappresentanza ad una componente del
Raggruppamento per il caso di
aggiudicazione: trattasi di un requisito
generale (ed indefettibile) per la
partecipazione alle gare dei raggruppamenti
(Cfr. Cons. St., V, n. 3657/2003 e IV, n.
623/2004), che non richiede una espressa
menzione negli atti inditivi delle gare (in
questi termini, da ultimo, TAR Lazio,
III-quater, n. 106/2009).
Questo impegno deve formare oggetto di una
espressa dichiarazione, non sostituibile con
altre dichiarazioni, eppertanto non
desumibile aliunde dalla documentazione dei
concorrenti: una dichiarazione, cioè,
indefettibile a pena di esclusione, non
passibile di integrazione, pena la
violazione del principio della par condicio
(TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I,
sentenza 24.04.2009 n. 284 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Avvalimento - Art. 49,
c. 2, lett. a), d.lgs. n. 163/2006 -
Controllo sul possesso dei requisiti di
partecipazione - Specificazione dettagliata
di tutti i requisiti di cui l’impresa
ausiliata intende avvalersi - Necessità.
L’art. 49, comma 2, lett. a), del D.Lgs. n.
163/2006 deve essere interpretato
coerentemente con la ratio, sottesa
alla normativa in tema di controllo sul
possesso dei requisiti di partecipazione
(art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006), della
agevole verificazione, da parte della
stazione appaltante, di quanto dichiarato in
sede di gara, soprattutto quando i requisiti
di carattere economico, finanziario, tecnico
ed organizzativo risultino distribuiti tra
impresa concorrente ed impresa ausiliaria.
Ne discende che la specificazione dei
requisiti, contenuta nella dichiarazione di
avvalimento, non può essere resa per il
tramite di un generico rinvio a tutti i
requisiti “economico finanziari e tecnico
organizzativi necessari per la
partecipazione alla gara”, ma deve
indicare, in maniera dettagliata, i singoli
requisiti (fatturato globale, fatturato
specifico, risorse organizzative ed umane)
di cui l’impresa ausiliata intende
avvalersi; ciò al fine di consentire un
efficace controllo incrociato sul possesso
dei requisiti nei confronti sia della ditta
concorrente sia di quella ausiliaria (cfr.
in tal senso TAR Piemonte, Sez. II,
17.03.2008 n. 430).
Atti prodotti dai
partecipanti - Istituto della
regolarizzazione postuma - Applicabilità -
Limiti.
Il rimedio della regolarizzazione postuma
degli atti prodotti dai partecipanti alla
gara è attivabile solo nelle ipotesi di
dichiarazioni, documenti e certificati non
chiari o di dubbio contenuto, ma che siano
pur sempre stati presentati, e non anche
laddove si sia in presenza di documentazione
del tutto mancante o fisicamente incompleta,
risolvendosi in caso contrario in una palese
violazione della par condicio rispetto alle
imprese concorrenti che abbiano invece
puntualmente rispettato la disciplina
prevista dalla lex specialis (cfr.
TAR Sicilia Catania, Sez. III, 17.05.2007 n.
846; TAR Trentino Alto Adige Trento,
04.12.2006 n. 390 e TAR Calabria Catanzaro,
Sez. II, 07.02.2006 n. 127) (TAR
Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 23.04.2009 n. 2148 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI SERVIZI: Affidamento
del servizio di pulizia, sanificazione,
raccolta e trasporto di rifiuti di presidi
ospedalieri. Requisiti di partecipazione.
Moralità professionale. Dimostrazione della
sussistenza. Grava sul singolo partecipante
alla gara. Esclusione. Legittima.
E' onere del partecipante alla gara
dimostrare alla stazione appaltante il
possesso dei requisiti prescritti dalla
legge, tra i quali rientra anche l'assenza
di condanne in capo ai soggetti indicati
nell'art. 38, comma 1, lett. c), D.Lgs.
12.04.2006, n. 163, ovvero la dimostrazione
di aver adottato atti o misure di completa
dissociazione dalla condotta penalmente
sanzionata.
E' pertanto legittima l'esclusione di
un'impresa concorrente in caso di mancata
dimostrazione dell'idoneità delle misure di
dissociazione adottate (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 22.04.2009 n. 3503 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
Contratti della p.a. Requisiti di
partecipazione. Moralità professionale.
Reati pregressi. Contro uno Stato membro
della Comunità Europea. Rilevanza.
Esclusione. Legittima.
2. Contratti della p.a. - Gara - Esclusione
- Previa comunicazione di avvio del
procedimento - Necessità - Esclusa.
3. Contratti della p.a. - Appalto di opere
pubbliche - Procedura di affidamento -
Esclusione - Comunicazione dell'avvio del
procedimento - Insussistenza dell'obbligo.
1.
L'espressione «reati contro lo Stato»
contenuta nell'inciso normativo di cui
all'art. 38, comma 1, D.Lgs. 12.04.2006, n.
163, al fine di individuare i reati ostativi
alla partecipazione alle gare di pubblici
appalti deve essere interpretata come «reati
contro uno Stato membro della Comunità
europea», poiché le stazioni appaltanti,
per valutare la moralità professionale
dell'operatore interessato
all'aggiudicazione, devono prendere in
considerazione i reati compiuti dal medesimo
all'interno di qualsiasi Stato dell'Unione
europea.
2.
L'esclusione dalla gara di un concorrente
non costituisce autonomo procedimento,
distinto da quello concorsuale nel quale si
inserisce come fase interna della procedura
di gara, per cui non necessita di previa
comunicazione di avvio del procedimento.
3.
Nel caso in cui, nell'ambito di una
procedura per l'affidamento di un appalto
pubblico, la commissione di gara abbia prima
ammesso talune imprese e successivamente le
abbia escluse dalla gara, la stazione
appaltante non è tenuta alla comunicazione
dell'avvio del procedimento, ove
l'esclusione intervenga prima
dell'aggiudicazione definitiva, atteso che
il procedimento di scelta del contraente
privato, sebbene articolato in varie fasi,
presenta carattere unitario e si conclude
soltanto a seguito dell'aggiudicazione
definitiva (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 22.04.2009 n. 3500 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI: Affidamento
del servizio di trascrizione. Contratti
esclusi. Procedura di cottimo fiduciario in
economia. Apertura delle buste contenenti le
offerte di gara. Seduta pubblica. Necessità.
Con riferimento alle procedure di cottimo
fiduciario in economia aventi per oggetto
lavori, servizi e forniture -di importo
prossimo alla soglia comunitaria- ed esclusi
dall'applicazione del Codice dei Contratti,
ai sensi dell'art. 27, D.Lgs. 12.04.2006, n.
163, deve ritenersi comunque sussistente
l'obbligo per l'Amministrazione di procedere
all'apertura delle buste contenenti le
offerte di gara mediante seduta pubblica,
nel rispetto dei princìpi di trasparenza e
di proporzionalità (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 22.04.2009 n. 3498 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Contratti
della p.a. Appalto. Legge sul procedimento
amministrativo. Esclusione dal procedimento.
Applicabilità dell'art. 7, L. 07.08.1990, n.
241. Solo per nuovi procedimenti correlati.
Nelle procedure d'appalto il "procedimento
amministrativo" consiste nella stessa
procedura di scelta del contraente,
disciplinata dalla normativa settoriale e
dalla lex specialis, ed in cui le
esigenze partecipative sono particolarmente
tutelate mediante un sistema specifico, che
garantisce l'incidenza ed il diretto
coinvolgimento degli interessati nel sistema
di scelta del contraente (TAR Valle d'Aosta,
07.01.2003 n. 1).
Solo l'apertura di nuovi procedimenti ad
esso correlati comporta l'applicazione delle
norme di cui alla L. 07.08.1990, n. 241
sulla partecipazione, come accade nei casi
di autotutela, in cui è peraltro incerto se
l'art. 7 debba essere applicato anche nei
confronti dell'aggiudicatario provvisorio, o
solo rispetto a quello definitivo.
L'estraneità delle regole partecipative alle
procedure d'appalto è anche confermata dal
legislatore con riferimento all'art. 10-bis
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 22.04.2009 n. 3497 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
L'istituto
dell'avvalimento è utilizzabile anche in
assenza di una specifica previsione del
bando di gara.
La giurisprudenza, pacifica sul punto,
afferma che, nelle gare indette per
l'aggiudicazione di appalti con la pubblica
amministrazione l'istituto dell'avvalimento
ha portata generale ai fini della
dimostrazione del possesso dei requisiti di
partecipazione, ed è quindi utilizzabile
anche in assenza di una specifica previsione
del bando, restando peraltro ferma la
necessità, in ogni caso, di un vincolo
giuridico, preesistente all'aggiudicazione
della gara (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 21.04.2009 n. 2401 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
La mancata dichiarazione
di una condanna penale, in sede di
dimostrazione del requisito della moralità
professionale dell'impresa, non determina ex
se esclusione dalla gara ove manchi una
valutazione della P.A..
La mancata dichiarazione da parte del
rappresentante legale di una ditta
concorrente circa un precedente penale che
non abbia alcun riflesso negativo sul
requisito della "moralità professionale",
non può determinare -ex se ed in assenza di
invito, da parte della stazione appaltante,
alla integrazione documentale ovvero a
fornire chiarimenti- l'esclusione della
concorrente dalla selezione ovvero (come è
avvenuto nel caso di specie) la non
aggiudicazione definitiva in suo favore (per
quell'unica ragione).
L'indagine a cura della stazione appaltante
avente ad oggetto il rilievo del precedente
penale ascritto al rappresentante legale
della ditta concorrente sulla "moralità
professionale" deve essere motivata e,
siccome la motivazione, ai sensi dell'art. 3
della l. n. 241 del 1990, è fondata sulle
risultanze dell'istruttoria, cioè su un
accertamento di fatto concreto, dette
valutazioni non andranno espresse su
categorie astratte di reati, ma tenendo
conto delle circostanze in cui un reato è
stato commesso, per dedurne un giudizio di
affidabilità o inaffidabilità (TAR
Lazio-Roma, Sez. II,
sentenza 20.04.2009 n. 3984 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
La p.a. è legittimata ad
introdurre, nella lex specialis della gara
d'appalto che intende indire, disposizioni
atte a limitare la platea dei concorrenti
onde consentire la partecipazione alla gara
stessa di soggetti particolarmente
qualificati.
Costituisce ius receputm il principio
secondo il quale l'amministrazione è
legittimata ad introdurre, nella lex
specialis della gara d'appalto che
intende indire, disposizioni atte a limitare
la platea dei concorrenti onde consentire la
partecipazione alla gara stessa di soggetti
particolarmente qualificati, specie per ciò
che attiene al possesso di requisiti di
capacità tecnica e finanziaria, tutte le
volte in cui tale scelta non sia
eccessivamente quanto irragionevolmente
limitativa della concorrenza, specie se
destinata a predeterminare, in linea di
fatto, il ventaglio dei possibili
partecipanti. Nel caso di specie, avendo la
P.A. comunale richiesto per tutti i
partecipanti la dimostrazione del previo
esercizio dell'attività di trasporto
scolastico deve riconoscersi, più che la
ragionevolezza dei requisiti richiesti, la
necessità che gli stessi siano posseduti
dalle imprese partecipanti alla gara, non
potendosi ammettere che l'amministrazione
pubblica affidi un servizio a soggetti privi
di qualsiasi esperienza nello svolgimento
dello stesso in quanto non operanti nello
specifico settore (TAR Puglia-Lecce, Sez.
III,
sentenza 15.04.2009 n. 724 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Salute e sicurezza nel lavoro: controlli
mirati e sanzioni più efficaci.
Approvato dal Consiglio dei ministri del
27.03.2009 uno schema di decreto
legislativo, presentato dai Ministri del
Lavoro, salute e politiche sociali, Maurizio
Sacconi, delle Infrastrutture, Altero
Matteoli, e dello Sviluppo economico,
Claudio Scajola, che modifica e integra la
vigente normativa in materia di sicurezza
dei luoghi di lavoro.
Il provvedimento apporta alcune
significative modifiche che recepiscono le
criticità emerse nei primi mesi di
applicazione del Testo unico e migliora le
regole sulla sicurezza in un'ottica che
tende a favorire la chiarezza del dato
normativo quale presupposto per favorirne
l'applicazione corretta ed efficace.
Le principali novità introdotte consistono,
oltre che nella semplificazione formale di
alcuni documenti fondamentali (per es., la
valutazione dei rischi), in una
generalizzata razionalizzazione delle
sanzioni penali ed amministrative
conseguenti alle violazioni degli obblighi
da parte di datori di lavoro, dirigenti e
personale preposto; nella migliore
definizione del ruolo degli organismi
paritetici e nel potenziamento del ruolo
degli enti bilaterali che, in quanto
espressione di competenze tecniche adeguate,
certificano i modelli di organizzazione
della sicurezza in azienda, al fine di
incentivare la diffusione di tali strumenti
di tutela della salute e della sicurezza.
Il testo, che sarà sottoposto alle
organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative, riceverà quindi il parere
della Conferenza Stato-Regioni e delle
Commissioni parlamentari (link a
www.governo.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Procedura negoziata nei ll.pp. sino a
500.000 €: come scegliere le ditte da
invitare (link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
L. Bellagamba,
Il problema della mancata presentazione
delle giustificazioni preventive di
anomalia: una recentissima pronuncia del
Consiglio di Stato in apparente
controtendenza rispetto alla giurisprudenza
dominante (link a
www.linobellagamba.it). |
LAVORI PUBBLICI: G.U.
10.04.2009 n. 84 "Criteri per la
comunicazione di informazioni relative al
partenariato pubblico-privato ai sensi
dell’articolo 44, comma 1-bis del
decreto-legge 31.12.2007, n. 248 convertito,
con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1
della legge 28.02.2008, n. 31"
(Presidenza Consiglio dei Ministri,
circolare 27.03.2009). |
APPALTI:
Trattativa privata per
l'affidamento di lavori - Varianti
necessarie per modifiche al progetto
superiori al 20% dell'importo del contratto
- Recesso del Comune - Violazione art. 25,
c. 4, L. 109/1994 - Mancata impugnazione del
recesso - Inammissibile.
Nel caso di contratto per l'esecuzione di
lavori affidati al privato ricorrente in
relazione al quale, in seguito alla
necessità di modificare il progetto con
varianti superiori al quinto dell'importo
originario dei lavori, il Comune ha receduto
per sopravvenuti motivi di interesse
pubblico, non è ammissibile il vizio di
violazione dell'art. 25, c. 4, L. 109/1994
per non aver il Comune provveduto a disporre
al risoluzione del contratto (in seguito
all'accertamento che le varianti necessarie
per le modifiche del progetto superavano il
quinto dell'importo) e ad indire una nuova
gara invitando l'aggiudicatario iniziale, in
quanto il ricorrente non ha impugnato l'atto
di recesso del Comune -per sopravvenuti
motivi di interesse pubblico- ma ha, al
contrario, accettato e riscosso l'indennizzo
fornito dall'Amministrazione, non potendo
con ciò successivamente contestare la
corretta qualificazione del rapporto
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza
10.04.2009 n. 3257). |
APPALTI:
Sulla decadenza di una
società dalla procedura di aggiudicazione
per non aver costituito il deposito
cauzionale.
E' legittimo il provvedimento dell'ufficio
Territoriale del Governo (U.T.G.) che ha
dichiarato la società aggiudicataria di un
immobile comunale appartenente al Fondo
Edifici di Culto, decaduta dalla procedura
di aggiudicazione sul rilievo che, in base
al principio "quod sine die debetur
statim debetur" la società predetta era
tenuta a costituire il deposito cauzionale
senza ritardo, fin dal momento della
ricezione della richiesta formulata con
lettera raccomandata, e ciò
indipendentemente da ogni ulteriore atto di
diffida dell'Amministrazione. In presenza
dell'inerzia nell'assolvimento anche di
detto adempimento, protrattasi per circa tre
mesi, la determinazione dell'Amministrazione
confermativa della decadenza
dall'aggiudicazione si sottrae alle censure
di eccesso di potere nei profili del difetto
di motivazione e dello sviamento, trovando
giustificazione nell'esigenza già posta in
rilievo nel primo atto di decadenza di
prevenire ogni danno patrimoniale per il
mancato versamento dei canoni di locazione e
configurandosi, inoltre, rivolta alla cura
dell' interesse pubblico di utilizzo del
bene appartenente al patrimonio dell'ente
secondo criteri di economicità ed in
condizioni vantaggiose per l'erario
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 09.04.2009 n. 2197 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Contratti pubblici: il
principio della pubblicità delle sedute di
gara vale anche per le procedure in
economia.
Il principio di pubblicità costituisce
principio inderogabile in qualunque tipo di
gara, ivi comprese quelle in economia, ed
impone che il materiale documentario trovi
correttamente ingresso con le garanzie della
seduta pubblica; e ciò, anche in
applicazione del più generale principio di
imparzialità dell'azione amministrativa,
rappresentando esso uno strumento di
garanzia a tutela dei singoli partecipanti,
affinché sia assicurato a tutti i
concorrenti di assistere direttamente alla
verifica di integrità dei documenti e
all'identificazione del loro contenuto (TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 09.04.2009 n. 986 - link
a www.eius.it). |
APPALTI: È
principio inderogabile in qualunque tipo di
gara quello secondo cui devono svolgersi in
seduta pubblica gli adempimenti concernenti
la verifica dell'integrità dei plichi
contenenti l'offerta, sia che si tratti di
documentazione amministrativa che di
documentazione riguardante l'offerta tecnica
ovvero l'offerta economica, e
conseguentemente è illegittima l'apertura in
segreto di plichi.
La "ratio" ispiratrice del principio di
pubblicità delle sedute di gara è comune ai
vari metodi di aggiudicazione ed è rivolta a
tutelare le esigenze di trasparenza e
imparzialità che devono guidare l'attività
amministrativa in tale materia.
Il principio di pubblicità delle sedute di
gara si applica a prescindere da un'espressa
previsione al riguardo da parte delle
prescrizioni di gara, anche in difformità di
diversa disposizione regolamentare
dell’Amministrazione, che andrebbe
disapplicata.
Il mancato rispetto del principio di
pubblicità delle sedute della commissione,
con riguardo alla fase dell'apertura dei
plichi contenenti le offerte e delle buste
contenenti le offerte economiche dei
partecipanti, integra un vizio del
procedimento e comporta l'invalidità
derivata di tutti gli atti di gara.
Come ha già statuito questa Sezione, il
principio di pubblicità e trasparenza nelle
operazioni di svolgimento di pubbliche gare
trova applicazione nella fase della verifica
della documentazione presentata dai
concorrenti e della conseguente ammissione
degli stessi all'esame della documentazione
tecnica per l'attribuzione dei punteggi,
mentre il suddetto principio non è violato
soltanto se la commissione riservi alla
seduta segreta la valutazione delle offerte
stesse previo controllo dell'anonimato degli
elaborati previsti dal capitolato di gara,
controllo da effettuarsi necessariamente in
sede di specifica valutazione delle offerte
già ammesse, al fine di eliminare qualsiasi
possibilità di riferire l'offerta al
concorrente che ne è autore (cfr. TAR
Piemonte, sez. I, 13.12.2006, n. 4627).
È principio inderogabile in qualunque tipo
di gara, infatti, quello secondo cui devono
svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti
concernenti la verifica dell'integrità dei
plichi contenenti l'offerta, sia che si
tratti di documentazione amministrativa che
di documentazione riguardante l'offerta
tecnica ovvero l'offerta economica, e
conseguentemente è illegittima l'apertura in
segreto di plichi. Il predetto principio di
pubblicità delle gare pubbliche impone che
il materiale documentario trovi
correttamente ingresso con le garanzie della
seduta pubblica; ciò anche in applicazione
del più generale principio di imparzialità
dell'azione amministrativa, che ha ricevuto
esplicito riconoscimento sin dall'art. 89,
r.d. 23.05.1924 n. 827, rappresentando uno
strumento di garanzia a tutela dei singoli
partecipanti, affinché sia assicurato a
tutti i concorrenti di assistere
direttamente alla verifica di integrità dei
documenti e all'identificazione del loro
contenuto (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI,
22.04.2008, n. 1856, Consiglio di Stato,
sez. VI, 18.12.2006, n. 7578, Consiglio di
Stato, sez. IV, 11.10.2007, n. 5354).
Per l'applicazione del principio di
pubblicità delle sedute occorre distinguere
tra procedure di aggiudicazione automatica e
quelle che richiedono una valutazione
tecnico-discrezionale per la scelta
dell'offerta più vantaggiosa per
l'Amministrazione sulla base di una
pluralità di elementi tecnici ed economici.
Per le prime, la pubblicità delle
sedute è generalmente totale al fine di
consentire il controllo delle varie fasi di
svolgimento della gara da parte dei
concorrenti, non sussistendo alcuna
valutazione tecnico-discrezionale da
effettuare.
Per le seconde, occorre tenere
presente che, a seguito delle fasi
preliminari pubbliche di verifica e
riscontro dei plichi presentati e dei
documenti in essi contenuti, interviene la
valutazione tecnico-qualititativa
dell'offerta, la quale va effettuata in
seduta riservata al fine di evitare
influenze esterne sui giudizi dei membri
della commissione giudicatrice (Consiglio di
Stato, sez. V, 11.05.2007, n. 2355,
19.04.2007, n. 1790, 10.01.2007, n. 45 e
07.11.2006, n. 6529; Consiglio di Stato,
sez. VI, 11.04.2006, n. 2012; Consiglio di
Stato, sez. V, 20.03.2006, n. 1445,
16.06.2005, n. 3166 e 18.03.2004, n. 1427;
Consiglio di Stato, sez. IV, 06.10.2003, n.
5823; Consiglio di Stato, sez. V,
09.10.2002, n. 5421; Consiglio di Stato,
sez. VI, 14.02.2002, n. 846; Consiglio di
Stato, sez. V, 14.04.2000, n. 2235);
La "ratio" ispiratrice del principio di
pubblicità delle sedute di gara è comune ai
vari metodi di aggiudicazione ed è rivolta a
tutelare le esigenze di trasparenza e
imparzialità che devono guidare l'attività
amministrativa in tale materia (Consiglio di
Stato, sez. V, 07.11.2006, n. 6529);
infatti, i principi di pubblicità e di
trasparenza dell'azione amministrativa
costituiscono principi cardine del diritto
comunitario degli appalti (Consiglio di
Stato, sez. V, 16.06.2005, n. 3166) e il
principio della pubblicità delle sedute di
gara per la scelta del contraente è conforme
alla normativa comunitaria in materia, la
quale è orientata a privilegiare i principi
di concorrenza, pubblicità e trasparenza
nella scelta del contraente delle pubbliche
amministrazioni (Consiglio di Stato, sez. V,
18.03.2004, n. 1427), come anche dei
soggetti alla stessa equiparati (si veda
pure l'art. 2, commi 1 e 3, del d.lgs. n.
163/2006, il quale, ai sensi del successivo
art. 206, comma 1, si applica ai contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture nei
settori speciali di rilevanza comunitaria).
I principi del Trattato dell'Unione europea
(U.E.), tra cui vi sono quelli di
trasparenza e adeguata pubblicità, i quali
hanno trovato anche recepimento espresso nel
diritto interno (artt. 27, comma 1, 30,
comma 3, e 91, comma 2, del d.lgs. n.
163/2006), si elevano a principi generali di
tutti i contratti pubblici e sono
direttamente applicabili, a prescindere
dalla ricorrenza di specifiche norme
comunitarie o interne e in modo prevalente
su eventuali disposizioni interne di segno
contrario (da ultimo, Consiglio di Stato,
Ad. Plen., 03.03.2008, n. 1).
Infatti, la regola generale della pubblicità
della gara, segnatamente con riguardo al
momento dell'apertura delle buste, non è
nemmeno derogata dalla prevalente
legislazione speciale operante nei settori
ex esclusi (oggi speciali) ai sensi del
d.lgs. 17.03.1995, n. 158 per le procedure
negoziate ex art. 12 del d.lgs. n. 158/1995;
procedura, solo questa, la quale conservava
margini di snellezza e di elasticità che
avrebbero potuto giustificare la sottrazione
a regole formali operanti con riferimento
alle gare sottoposte ad un più intenso tasso
di pubblicità e di formalismo" (in tal senso
si era espressa la citata decisione del
Consiglio di Stato n. 6004/2002).
La circostanza per cui, nei settori
speciali, l'art. 226 del d.lgs. n. 163/2006,
il quale stabilisce i contenuti dell'invito
a presentare offerte o a negoziare, non
prevede alcuna forma di pubblicità delle
sedute, non esclude il rispetto del
principio di pubblicità, atteso che la ratio
ispiratrice della pubblicità delle sedute di
gara è comune in ogni procedura concorsuale
di scelta del contraente relativa a
qualsiasi contratto pubblico di lavori,
servizi e forniture, ed è rivolta a tutelare
le esigenze di trasparenza e imparzialità
che devono guidare l'attività amministrativa
e che caratterizzano tutta la disciplina
dell'evidenza pubblica (art. 97, comma 1,
della cost. e art. 1, commi 1 e 1-ter, della
l. 07.08.1990, n. 241).
Infatti, ai sensi dell'art. 1, comma 1-ter,
della l. n. 241/1990, i soggetti privati
preposti all'esercizio di attività
amministrative assicurano il rispetto dei
principi di cui al comma 1, il quale
prevede, tra i criteri che reggono
l'attività amministrativa, quelli di
pubblicità e di trasparenza e, ai sensi
dell'art. 2, comma 1, del d.lgs. n.
163/2006, tra i principi che devono essere
rispettati (nell'affidamento di opere e
lavori pubblici, servizi e forniture) vi
sono quelli di trasparenza e di pubblicità.
Quanto disposto dall'art. 91, comma 3, del
d.p.r. 21.12.1999, n. 554 (in tema di
pubblicità delle sedute nei settori
ordinari) è, peraltro, espressione del
principio di cui si è detto in tutta la
materia degli appalti pubblici, qualsiasi
forma procedurale sia prescelta per la
selezione del contraente, comprese le
procedure in economia, come nella specie.
Né può sostenersi che la mancata pubblicità
delle sedute di gara non rileverebbe di per
sé come vizio della procedura occorrendo
un'effettiva lesione della trasparenza della
gara e della par condicio tra i concorrenti,
trattandosi di adempimento posto a tutela
non solo della parità di trattamento dei
partecipanti alla gara, ma anche
dell'interesse pubblico alla trasparenza e
all'imparzialità dell'azione amministrativa;
le cui conseguenze negative sono
difficilmente apprezzabili ex post, una
volta rotti i sigilli e aperti i plichi, in
mancanza di un riscontro immediato
(Consiglio di Stato, sez. V, 07.11.2006, n.
6529, 20.03.2006, n. 1445 e 18.03.2004, n.
1427); infatti, non è necessaria la prova di
un'effettiva manipolazione della
documentazione prodotta, poiché si
risolverebbe in una manifesta petizione di
principio accollare, al soggetto deducente
la violazione in questione, l'onere
dell'impossibile dimostrazione di un fatto
(ossia l'alterazione dei plichi) unicamente
verificabile attraverso il rispetto della
formalità sostanziale (ossia, l'apertura
pubblica delle buste) in concreto omessa
(Consiglio di Stato, sez. V, 11.01.2006, n.
28).
Neppure è applicabile l'art. 21-octies,
comma 2, primo periodo, della l. n.
241/1990, secondo cui non è annullabile il
provvedimento adottato in violazione di
norme sul procedimento o sulla forma degli
atti qualora, per la natura vincolata del
provvedimento, sia palese che il suo
contenuto dispositivo non avrebbe potuto
essere diverso da quello in concreto
adottato, anche perché non si è in presenza
di attività vincolata dell'amministrazione.
Il principio di pubblicità delle sedute di
gara si applica a prescindere da un'espressa
previsione al riguardo da parte delle
prescrizioni di gara, anche in difformità di
diversa disposizione regolamentare
dell’Amministrazione, che andrebbe
disapplicata (e, in ogni caso, è stato
impugnata).
Pertanto, il mancato rispetto del principio
di pubblicità delle sedute della
commissione, con riguardo alla fase
dell'apertura dei plichi contenenti le
offerte e delle buste contenenti le offerte
economiche dei partecipanti, integra un
vizio del procedimento e comporta
l'invalidità derivata di tutti gli atti di
gara (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 09.04.2009 n. 986 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
ATI di tipo orizzontale - Principio del
favor partecipationis - Non derogabilità al
principio di possesso di requisiti minimi di
partecipazione in capo a tutti i
partecipanti all'ATI.
2. Appalto - Interesse a ricorrere -
Interesse strumentale all'annullamento di
tutti gli atti di gara - Sussiste
l'interesse a ricorrere.
3. Mancanza di previsioni espresse nella lex
specialis circa l'avvalimento - Ricorso
all'avvalimento - Legittimo.
4. Prova dell'avvalimento - Presentazione in
sede di gara della dichiarazione di
avvalimento (impresa ausiliata) e del
formale impegno dell'impresa ausiliaria -
Necessità.
1.
Il favor partecipationis, pur
costituendo un condivisibile principio di
carattere generale, non vale tuttavia a
sovvertire le regole impositive che
prescrivono un livello minimo di capacità
per la partecipazione agli appalti. Tale
esigenza è particolarmente impellente al
cospetto di un raggruppamento temporaneo di
tipo orizzontale, nel quale tutti gli
operatori coinvolti concorrono
all'esecuzione della medesima prestazione
oggetto dell'appalto e nel quale, perciò, i
requisiti di capacità tecnica ed economica
debbono essere posseduti da ciascuna impresa
in ATI quanto meno in una misura minima
giuridicamente apprezzabile, non essendo
sufficiente il possesso (ovvero la prova del
possesso) di tali requisiti in capo
unicamente ad una sola delle imprese riunite
(TAR Campania - Napoli, sez. I, n.
1343/2008).
2.
In termini generali, la giurisprudenza
amministrativa ha precisato da tempo che
un'impresa è titolare di un interesse a
ricorrere non solo quando mira ad ottenere
l'aggiudicazione della gara cui abbia
partecipato, ma anche quando, quale titolare
di un interesse strumentale, mira ad
ottenere l'annullamento di tutti gli atti,
affinché la gara sia ripetuta con
l'indizione di un ulteriore bando (Cons.
St., Ad. Plen. 11/2008, Cons. St., sez. V,
n. 2629/2008, Tar Lombardia-Milano, sez.
III, n. 112/2002).
3.
Non può essere posta in dubbio la
possibilità che l'avvalimento trovi
applicazione anche in mancanza di alcuna
indicazione (confermativa o restrittiva)
espressamente riportata dal bando, avendo le
norme comunitarie, in virtù della loro
supremazia e portata precettiva,
un'efficacia integrativa automatica delle
previsioni del bando di gara, anche laddove
non vi sia un espresso richiamo, per cui
l'assenza di espresse previsioni nella
lex specialis di gara non costituisce
motivo di impedimento al suo utilizzo, ma al
contrario legittima i concorrenti a far uso
della facoltà prevista dalla norma nella sua
più ampia portata.
4.
Anche se il diritto comunitario non
richiede, in omaggio al favor partecipationis e alla massima apertura ai
mercati, formule sacramentali, non sembra al
Collegio che si possa seriamente dubitare
della necessità che una dichiarazione di
avvalimento sia comunque presentata in sede
di gara e che, nella stessa sede, l'impresa
avvalente dimostri alla stazione appaltante
che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio
mediante presentazione del formale impegno
dell'impresa ausiliaria (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 07.04.2009 n. 3227 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull’illegittima
commistione tra requisiti di partecipazione
e criteri di valutazione. Sui criteri di
interpretazione della clausola equivoca del
bando.
1.
In tema di gare di appalto, è illegittima la
commistione fra requisiti di ammissione
delle domande e valutazione di merito ed in
particolare tra elementi soggettivi di
qualificazione del concorrente ed elementi
oggettivi attinenti alla qualità
dell’offerta.
In particolare, è illegittima la previsione
di un rilevante punteggio per elementi che
nulla hanno a che vedere con il merito
tecnico dell’offerta e che attengano,
invece, all’esperienza professionale
acquisita dal concorrente (es. curriculum,
licenze o certificazioni di qualità ovvero
servizi analoghi prestati in precedenza).
2.
In base al principio di parità di
trattamento degli operatori economici e per
l’obbligo di trasparenza, un’amministrazione
aggiudicatrice non può applicare regole di
ponderazione e sottocriteri per i criteri di
aggiudicazione che non abbia preventivamente
portato a conoscenza degli offerenti (alla
stregua del principio nella specie è stata
ritenuta illegittima l’introduzione ad opera
dell’organo istruttore di nuovi criteri
rispetto a quelli previsti nel bando).
3.
Il difetto di chiarezza di una clausola del
bando impone un’interpretazione nel senso
dell’ammissione del maggior numero di
concorrenti e, viceversa, nel senso della
non legittimità dell’esclusione delle
imprese.
-----------------------------------------
Nella motivazione della sentenza in
rassegna si ricorda che la confusione fra i
requisiti soggettivi di partecipazione alla
gara e gli elementi oggettivi di valutazione
dell’offerta è stata di recente
stigmatizzata dalla circolare della
Presidenza del Consiglio dei Ministri –
Dipartimento per le Politiche Comunitarie
01.03.2007 (recante "Principi da applicare,
da parte delle stazioni appaltanti, nella
scelta dei criteri di selezione e di
aggiudicazione di un appalto pubblico di
servizi") pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale n. 111 del 15.05.2007.
L’Autorità per la vigilanza sui contratti,
con deliberazione n. 209 del 27.06.2007,
evidenzia che in un precedente intervento
dell’Autorità (deliberazione n. 30/2007) era
stato precisato che la stazione appaltante,
nell’individuare i punteggi da attribuire
nel caso di aggiudicazione dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, non deve
confondere i requisiti soggettivi di
partecipazione alla gara, con gli elementi
oggettivi di valutazione dell’offerta.
Per giurisprudenza costante della Corte di
Giustizia, la distinzione tra criteri di
idoneità, ovvero di "selezione
dell’offerente", e criteri di aggiudicazione
e quindi di "selezione dell’offerta" è
rigorosa. Quando l’aggiudicazione è a favore
dell’offerta economicamente più vantaggiosa,
possono essere utilizzati diversi criteri
variabili, ma collegati sempre ed
esclusivamente all’oggetto dell’appalto. La
scelta, in tal caso, è limitata e può
riguardare soltanto i criteri effettivamente
volti ad individuare l’offerta
economicamente più vantaggiosa e non quelli
relativi alla capacità del prestatore.
L’offerta deve, invece, essere valutata in
base a criteri che hanno una diretta
connessione con l’oggetto dell’appalto e che
servono a misurare il valore, ciò che
esclude che si possa fare riferimento alle
qualità soggettive dell’offerente; per
alcune recenti applicazioni (massima
tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 07.04.2009 n. 2147 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
G.U. 06.04.2009 n. 80 "Regolamento in
materia di attività di vigilanza e
accertamenti ispettivi di competenza
dell’Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture di
cui all’articolo 8, comma 3, del decreto
legislativo n. 163/2006" (Autorità per
la Vigilanza sui Contratti Pubblici di
lavori, servizi e forniture,
provvedimento 15.01.2009). |
APPALTI:
G.U. 03.04.2009 n. 78 "Regolamento
recante disposizioni in materia di
intermediari finanziari di cui agli articoli
106, 107, 113 e 155, commi 4 e 5 del decreto
legislativo 01.09.1993, n. 385"
(Ministero dell'Economia e delle Finanze,
decreto 17.02.2009 n. 29). |
marzo 2009 |
|
APPALTI:
La procedura negoziata
(corso di formazione ed aggiornamento marzo
2009):
1-
M. Alesio,
Le procedure negoziate alla luce delle
ultime novità;
2-
modello di lettera di invito;
3-
slide (link a
www.centrostudimarangoni.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla illegittimità
della clausola di un bando di un appalto di
servizi che prevede un diritto di prelazione
in favore del precedente concessionario del
servizio.
Viola i principi generali della tutela
dell'affidamento e di parità di trattamento,
promananti entrambi del "secondo
considerando" della direttiva 2004/18/CE,
nonché dall'obbligo dell'imparzialità
dell'azione amministrativa, una clausola
della lex specialis di una gara
bandita da un comune e avente per oggetto
l'aggiudicazione del servizio dello sport
per il periodo di tre anni che stabilisce
che"l'aggiudicazione definitiva è
condizionata all'eventuale diritto di
prelazione esercitato dall'attuale
concessionario a parità di condizioni"
(TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 31.03.2009 n. 1030 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Qualora
la documentazione prodotta da un concorrente
ad una pubblica gara sia presente ma carente
di taluni elementi formali l’Amministrazione
non può pronunciare l’esclusione dalla
procedura ma è tenuta a richiedere al
partecipante di integrare o chiarire il
contenuto di un documento già presente,
costituendo siffatta attività acquisitiva un
ordinario modus procedendi, ispirato
all’esigenza di far prevalere la sostanza
sulla forma.
Qualora la documentazione prodotta da un
concorrente ad una pubblica gara sia
presente ma carente di taluni elementi
formali, di guisa che sussista un indizio
del possesso del requisito richiesto,
l’Amministrazione non può pronunciare
l’esclusione dalla procedura ma è tenuta a
richiedere al partecipante di integrare o
chiarire il contenuto di un documento già
presente, costituendo siffatta attività
acquisitiva un ordinario modus procedendi,
ispirato all’esigenza di far prevalere la
sostanza sulla forma.
Segnala il Collegio che la V Sezione del
Consiglio ha infatti di recente statuito che
“la facoltà di integrazione dell'offerta
e della documentazione allegata è consentita
solo nelle ipotesi in cui occorra chiarire
il contenuto di una domanda presentata
ritualmente e tempestivamente.”
(Consiglio Stato, Sez. V, 25.08.2008, n.
4047). Già in precedenza, nel vigore del più
generico regime antecedente il varo del
Codice dei contratti, la medesima V Sezione
aveva chiarito che “l'art. 16, d.lg.
17.03.1995 n. 157, nel disporre che le
amministrazioni invitano, se necessario, le
ditte partecipanti a gare per
l'aggiudicazione di appalto di servizi a
fornire chiarimenti e ad integrare la
carente documentazione presentata, non ha
inteso assegnare alle stesse una mera
facoltà o un potere eventuale, ma piuttosto
codificare un ordinario modo di procedere,
volto a far valere, entro certi limiti e nel
rispetto della par condicio dei concorrenti,
la sostanza sulla forma, orientando l'azione
amministrativa sulla concreta verifica dei
requisiti di partecipazione e della capacità
tecnica ed economica, coerentemente con la
disposizione di carattere generale contenuta
nell'art. 6, l. 07.08.1990 n. 241”
(Consiglio Stato, Sez. V, 26.06.2007, n.
3656).
Nello stesso periodo il TAR centrale aveva
con completezza ben definito condizioni,
ratio e presupposti del potere–dovere di
integrazione documentale nelle gare
d’appalto, puntualizzando che “l'integrazione
dei documenti e dei certificati prodotti dal
partecipante ad una gara costituisce, nella
fase di valutazione dei requisiti di
partecipazione, un ordinario modus
procedendi al quale le Amministrazioni
devono attenersi, tendente a far prevalere
la sostanza sulla forma, e la cui
applicazione è da escludere solo ove si
possa tramutare in una lesione del principio
di parità di trattamento dei concorrenti.
Tale principio va coniugato con la
precisazione che, nel caso in esame, la
regolarizzazione che avrebbe potuto
(rectius: dovuto) essere richiesta dalla
stazione appaltante non si sarebbe
sostanziata nella (inammissibile) produzione
di un documento mancante, quanto, piuttosto,
nella semplice integrazione di un documento
già presente agli atti di gara, attraverso
l'inserimento dell'autenticazione di una
sottoscrizione (già peraltro presente) volta
a conferire certezza alla soggettiva
promanazione della polizza fideiussoria di
che trattasi” (TAR Lazio Roma, Sez. I,
09.07.2008, n. 6518).
Non sfugge certo alla Sezione il travaglio
che ha attraversato la giurisprudenza negli
ultimi anni in punto di limiti e precauzioni
all’affermazione del principio
dell’integrazione documentale in materia di
pubbliche gare, dovendosi il descritto
canone ermeneutico coniugare e misurare
anche con la valenza dei altri pregnanti
principi di pari se non superiore livello,
promananti dal diritto comunitario, quali il
principio della par condicio competitorum
e dell’auto responsabilizzazione dei
concorrenti, atteso che la dilatazione del
potere–dovere di integrazione documentale
può collidere talora con la salvaguardia dei
predetti concorrenti principi.
Ma ritiene pure la Sezione che il caso
all’esame rientra nei più sicuri confini
disegnati dalla giurisprudenza e dallo
stesso art. 46 del d.lgs. n. 163/2006
all’integrazione documentale, posto che
nella specie trattavasi unicamente di
invitare la Cabinet a chiarire il contenuto
(rectius, il significato linguistico) di
certificazioni e attestazioni già
tempestivamente prodotte in gara.
L’integrazione documentale, riferita alla
spiegazione lessicale del contenuto di una
certificazione di requisiti tecnico
–economici prodotta in lingua diversa
dall’italiano, rientra pleno iure a
parere del Tribunale, nel chiaro disposto
dell’art. 46 del Codice dei contratti, a
mente del quale “le stazioni appaltanti
invitano, se necessario, i concorrenti a
completare o a fornire chiarimenti in ordine
al contenuto dei certificati, documenti e
dichiarazioni presentati” e si impone
anche in virtù degli obblighi di istruttoria
procedimentale gravanti sul responsabile del
procedimento in forza dell’art. 6 della L.
07.08.1990, n. 241.
E’ appena il caso di precisare che ad avviso
della Sezione l’inciso “se necessario”
di cui alla riportata norma del Codice, non
introduce alcuna deroga alla valenza e alla
cogenza del principio di integrazione
documentale, dovendosi annettere alla
locuzione il significato di “se
necessario in dipendenza della situazione di
fatto”, ovverosia che il dovere di
integrazione va esercitato solo se la
fattispecie concreta ne renda necessario
l’esercizio, evidenziando la carenza di
taluni elementi formali nella documentazione
presentata dai o da taluno dei concorrenti
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 30.03.2009 n. 837 -
sentenza link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: La
mancata vidimazione dei moduli predisposti
dall’amministrazione appaltante non
costituisce un vizio procedurale di cui può
dolersi altra impresa concorrente,
trattandosi di prescrizione formale posta a
favore della sola amministrazione e non si
traduce in alcuna compromissione dei
principi della par condicio e della
segretezza.
La
giurisprudenza ha da tempo chiarito che le
norme che prescrivono oneri di mera forma
afferenti alla sottoscrizione e convalida da
parte dei concorrenti dei moduli di offerta
predisposti dall’amministrazione non
radicano alcun interesse differenziato e
qualificato in capo agli altri concorrenti a
dolersi della loro inosservanza, non essendo
poste nell’interesse dei partecipanti ma
dell’Amministrazione appaltante, in quanto
intese ad assicurare la provenienza delle
relative dichiarazioni dagli offerenti. E’
stato infatti condivisibilmente precisato
che “la mancata vidimazione dei moduli
predisposti dall’amministrazione appaltante
non costituisce un vizio procedurale di cui
può dolersi altra impresa concorrente,
trattandosi di prescrizione formale posta a
favore della sola amministrazione e non si
traduce in alcuna compromissione dei
principi della par condicio e della
segretezza” (TAR Toscana, Sez. II,
17.09.1997, n. 596)
(TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 30.03.2009 n. 837 -
sentenza link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: La
mancata sottoscrizione di ogni pagina di
ciascun documento, in presenza, peraltro
della firma regolarmente apposta in calce
allo stesso, non toglie efficacia al
documento medesimo nella sua interezza e non
è atta a generare dubbi sulla provenienza di
esso; pertanto, ingiustificato si presenta
il comportamento della commissione di gara
che con l'interpretazione restrittiva delle
disposizioni del bando di gara ha violato i
principi di buon andamento e di
ragionevolezza dell'azione amministrativa e
di massima partecipazione alle gare
d'appalto nell'interesse della p.a. a che
l'aggiudicazione dell'appalto avvenga a
favore della impresa che ha fornito la
migliore offerta.
Si è
efficacemente precisato in caso di documento
composto da più pagine, come l’offerta
tecnica qui in contestazione, che “la
mancata sottoscrizione di ogni pagina di
ciascun documento, in presenza, peraltro
della firma regolarmente apposta in calce
allo stesso, non toglie efficacia al
documento medesimo nella sua interezza e non
è atta a generare dubbi sulla provenienza di
esso; pertanto, ingiustificato si presenta
il comportamento della commissione di gara
che con l'interpretazione restrittiva delle
disposizioni del bando di gara ha violato i
principi di buon andamento e di
ragionevolezza dell'azione amministrativa,
costituzionalmente garantiti, e di massima
partecipazione alle gare d'appalto
nell'interesse della p.a. a che
l'aggiudicazione dell'appalto avvenga a
favore della impresa che ha fornito la
migliore offerta, anche in considerazione
del fatto che, in presenza di dubbi o
incertezze, avrebbe potuto farsi ricorso
alla richiesta di integrazione documentale e
non certo alla esclusione dei concorrenti”
(TAR Sicilia-Catania, Sez. I, 19.05.2003, n.
815).
Sempre in tema di mancata sottoscrizione di
tutte le pagine di un’offerta tecnica
voluminosa, quale quella oggi all’attenzione
del Collegio, più di recente lo stesso TAR
centrale si è posto sulle riferite linee
ermeneutiche, avendo chiarito che “La
mancata sottoscrizione di alcune pagine di
una voluminosa offerta tecnica da parte del
legale rappresentante di una società
concorrente in una gara d'appalto sotto
forma di Ati non incrina la certezza della
provenienza della documentazione e non lede
gli interessi dell'amministrazione; cosicché
appare legittima la mancata esclusione del
predetto raggruppamento non già facendo
ricorso ad un'interpretazione funzionale del
bando, quanto piuttosto invocando il
generale principio di ragionevolezza
dell'azione amministrativa, che si traduce
nell'adeguatezza e proporzionalità
dell'azione amministrativa rispetto allo
scopo perseguito” (TAR Lazio-Roma, Sez.
III, 19.01.2005, n. 390).
Va pertanto predicata a parere della
Sezione, l’impossibilità di escludere da una
pubblica gara un’ATI qualora la stessa non
abbia sottoscritto l’indicazione delle parti
di servizio che saranno eseguite dalla
singole sue componenti ai sensi dell’art.
37, comma 4, del d.lgs. n. 163/2006 ma tale
indicazione sussista comunque nell’offerta
tecnica, firmata sul solo frontespizio,
atteso che essendo detta prescrizione intesa
a rendere edotta l’Amministrazione della
provenienza dell’indicazione de qua dall’ATI
concorrente, la firma del frontespizio
dell’offerta tecnica consente di ricondurre
anche l’indicazione delle parti di servizio
eseguende dalle singole imprese, all’ATI che
nel complesso ha sottoscritto il
frontespizio dell’offerta tecnica. Ciò anche
in considerazione del fatto che “la
mancata sottoscrizione di una dichiarazione
prescritta dal bando, inclusa nel plico
contenente l'offerta, non può costituire
causa di esclusione dalla gara dato che,
trovandosi il documento non sottoscritto nel
plico controfirmato dall'interessato sui
lembi di chiusura, non possono sussistere
dubbi sulla provenienza della dichiarazione
stessa” (TAR Campania-Napoli, sez. I,
04.05.2007, n. 4729)
(TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 30.03.2009 n. 837 -
sentenza link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: L'avvalimento
non fa sconti - Dichiarazione di avvalimento
necessaria anche per le società infragruppo
- L'appartenenza a uno stesso gruppo non
comporta automatismi per i requisiti
richiesti dagli appalti pubblici.
Conviene ricostruire, con l’ausilio della
più significativa giurisprudenza, i tratti
fondanti sul piano sostanziale la nozione di
avvalimento, per poi procedere anche
all’illustrazione delle condizioni formali,
richieste dall’art. 49 del d.lgs.
16.04.2006, n. 163 onde configurare
legittimamente la facoltà di ricorso
all’avvalimento dei requisiti soggettivi di
qualificazione.
Rimarca al riguardo fin da subito la Sezione
che lo “zoccolo duro” dell’istituto
dell’avvalimento –da non confondersi con il
fenomeno istituzionale contermine,
denominato “avvalersi”, noto alla
legislazione sulla contabilità dello Stato,
operante solo tra figure soggettive
pubbliche, in base al quale un organo si
avvale per l’esercizio di talune sue
funzioni istituzionali afferenti al settore
dei lavori pubblici, degli uffici di un
altro ente: solitamente lo Stato che si
serviva in passato di alcuni uffici di
amministrazioni locali – è stato sin
dall’origine e dalla sua genesi pretoria,
additato nella effettiva disponibilità di
risorse, mezzi e requisiti di altri
operatori economici, i quali rendevano
disponibili quelle risorse ad un’impresa
partecipante a una gara pubblica.
Correlativamente, l’ordinamento comunitario
che ha generato la pratica dell’avvalimento,
ha sin dall’inizio dichiarato la sua
sostanziale indifferenza verso la natura e
la forma dei legami giuridici in virtù dei
quali si produceva l’indicato fenomeno della
messa a disposizione effettiva delle risorse
a favore del concorrente.
Ha peraltro subito fatto da contraltare e
contrappeso alla cennata indifferenza e da
presupposto del suindicato ineludibile
zoccolo duro della effettiva disponibilità,
l’affermazione, poi stratificatasi nella
giurisprudenza, della necessità di un
rigoroso accertamento di queste condizioni
da parte del Giudice, da svolgersi previa la
parimenti necessaria dimostrazione delle
stesse, il cui onus probandi incumbit
in capo all’impresa concorrente.
Rammenta in proposito la Sezione che già la
prima storica decisione della Corte del
Lussemburgo, resa in materia di appalti
pubblici di servizi, che ha elaborato la
teorica dell’avvalimento, rimarcava le due
suindicate condizioni sostanziali e il
correlativo loro snodo processuale.
Invero “La direttiva del Consiglio
18.06.1992 n. 92/50/CEE, che coordina le
procedure di aggiudicazione degli appalti
pubblici di servizi, va interpretata nel
senso che consente ad un prestatore, per
comprovare il possesso dei requisiti
economici, finanziari e tecnici di
partecipazione ad una gara d'appalto ai fini
dell'aggiudicazione di un appalto pubblico
di servizi, di far riferimento alle capacità
di altri soggetti, qualunque sia la natura
giuridica dei vincoli che ha con essi, a
condizione che sia in grado di provare di
disporre effettivamente dei mezzi di tali
soggetti necessari all'esecuzione
dell'appalto (…). Spetta al giudice
nazionale, dinanzi al quale è sollevata la
questione relativa all'ammissibilità
dell'offerta alla gara per l'aggiudicazione
dell'appalto pubblico, valutare se il
concorrente abbia fornito la prova della
disponibilità effettiva dei mezzi che ne
attestano la capacità a concorrere, pur se
appartenenti a soggetti distinti da esso”
(Corte Giustizia CE, Sez. V, 02.12.1999, n.
176).
Appartiene poi al Giudice amministrativo
nazionale la notazione secondo la quale “considerato
che la facoltà di avvalimento costituisce
una rilevante eccezione al principio
generale che impone che i concorrenti ad una
gara pubblica possiedano in proprio i
requisiti di qualificazione (cfr. gli art.
da 12 a 17 d.lg. n. 157 del 1995), la prova
circa l'effettiva disponibilità dei mezzi
dell'impresa avvalsa deve essere fornita in
modo rigoroso, mediante la presentazione di
un apposito impegno da parte di
quest'ultima, riferito allo specifico
appalto e valido per tutta la durata della
prestazione dedotta in gara, e che non sia
sufficiente -a tal fine- la mera allegazione
dei legami societari che avvincono i due
soggetti, non fosse altro che per
l'autonomia contrattuale di cui godono le
singole società del gruppo” (TAR
Liguria, Sez. II, 20.06.2007, n. 1125).
Secondo altra puntuale affermazione “il
principio dell'"avvalimento", enucleato
dalla sentenza Corte giustizia Ce, sez. V,
02.12.1999 in causa n. 176/1998, non può
essere applicato in modo meccanico ed
automatico ma presuppone che l'impresa la
quale intende farne applicazione indichi in
maniera specifica e concreta, in un arco
temporale necessariamente anteriore a quello
di presentazione dell'offerta, i soggetti
esterni che effettueranno la prestazione in
oggetto, i quali sono altresì tenuti a
rendere dichiarazione in ordine alla propria
disponibilità, a garanzia della serietà
della stessa offerta nonché del principio di
"par condicio" fra i concorrenti” (TAR
Puglia-Bari, sez. I, 06.06.2007, n. 1464).
In termini generali il Collegio è
dell’avviso che l’avvalimento sia ormai
divenuto un istituto ad automatica
applicazione nel settore delle pubbliche
gare e che, come la Sezione ha già chiarito
sia pure in sede cautelare, conducendo anche
all’autoannullamento del bando impugnato da
parte dell’Amministrazione resistente prima
della pubblica Udienza, “l’istituto
dell’avvalimento –ontologicamente,
formalmente ed operativamente nettamente
diverso da quello del raggruppamento
temporaneo di concorrenti– è il precipitato
normativo di principi comunitari aventi
matrice nella giurisprudenza della Corte di
Giustizia, apparendo dunque illegittima una
previsione di gara che lo vieti (Autorità di
Vigilanza dei LL. PP, Parere del 28.11.2007,
n. 135, reso in sede di c.d. precontenzioso)
e potendo al più la stazione appaltante,
solo limitarne l’estensione, nei casi
tassativi contemplati dall’art. 49” (TAR
Piemonte, Sez. I, 19.07.2008, n. 936, Ord.).
Nello stesso senso si è posto del resto
anche il Giudice d’appello (Consiglio Stato,
Sez. VI, 11.07.2008, n. 3499).
Deve tuttavia la Sezione aggiornare la
riferita predetta precisazione circa la
possibilità di deroga –mediante limitazione–
alla generalità dell’istituto in esame, in
quanto il comma 7 dell’art. 49 del Codice,
che consentiva all’Amministrazione di
circoscrivere nel bando di gara
l’avvalimento in relazione alla natura e
all’importo dell’appalto, è stato abrogato
dall'articolo 1, comma 1, lettera n), numero
2), del D.Lgs. 11.09.2008 , n. 152, entrato
in vigore il 17.10.2008.
Nel ribadire l’assunto riportato, deve,
peraltro, precisare la Sezione, condividendo
le coordinate ermeneutiche tracciate dalla
giurisprudenza appena richiamata in punto di
dimostrazione della effettiva disponibilità
delle risorse e dei mezzi delle imprese
ausiliarie da parte dell’impresa avvalsa,
che il Giudice deve sempre procedere ad un
rigoroso accertamento della cennata
effettiva disponibilità, posto che
l’istituto dell’avvalimento sostanzia una
significativa deroga al principio di
personalità dei requisiti di qualificazione.
La giurisprudenza, anche di recente ha
infatti opportunamente e condivisibilmente
posto in luce, al riguardo, che “la
facoltà di avvalimento, nei pubblici
appalti, costituisce un'eccezione al
principio generale che impone che i
concorrenti ad una gara pubblica possiedano
in proprio i requisiti di qualificazione”
(TAR Lombardia-Milano, Sez. I, 07.05.2008,
n. 1353; in terminis, TAR Liguria, Sez. II,
20.06.2007, n. 1125).
Va in proposito anche precisato che
l’accertamento demandato al Giudice deve in
particolare dirigersi verso il possesso da
parte dell’impresa avvalsa, dell’effettiva
disponibilità delle risorse di altri
soggetti avvalenti o ausiliari.
Ricorda sul punto la Sezione che la
giurisprudenza del Tribunale ha già
significativamente di recente sottolineato
la divisata esigenza di indagine,
evidenziando che “l'utilizzazione
dell'istituto dell'avvalimento -che consente
ad un'impresa di ricorrere alle referenze
tecniche, economiche e finanziarie di
un'altra impresa c.d. ausiliaria, al fine di
dimostrare il possesso dei requisiti di
capacità economica, finanziaria, tecnica,
organizzativa necessari per partecipare ad
una gara- è subordinata alla dimostrazione
dell'effettiva possibilità giuridica da
parte del prestatore di servizi di
utilizzare detta capacità mediante la
presentazione dell'impegno a tal fine di
detto soggetto” (TAR Piemonte, Sez. II,
17.03.2008, n. 430).
- - - - - - - - - -
E’
incontestabile che la prova della
possibilità giuridica di poter utilizzare
risorse, mezzi e qualificazioni di imprese
avvalenti o ausiliarie, che per la
giurisprudenza sopra ricordata deve essere
fornita dall’impresa concorrente avvalsa
all’Amministrazione appaltante nella sede ad
al momento della verifica del possesso dei
requisiti autodichiarati, essendo
l’Amministrazione il primo giudice della
qualificazione delle imprese partecipanti a
gare d’appalto. L’accertamento che poi, in
sede di giudizio su ricorso è chiamato ad
effettuare il Giudice dell’Amministrazione,
al quale già la Corte del Lussemburgo nel
fondamentale leading case di cui a Corte di
Giustizia CE, Sez. V, 02.12.1999, n. 176 poi
seguita dalla giurisprudenza nazionale,
demanda il compito di acclarare la
disponibilità delle risorse delle ausiliarie
da parte dell’impresa concorrente, non può
che avere ad oggetto il quadro documentale e
fattuale già prodotto all’Amministrazione
nei tempi stabiliti dalla lex specialis
in armonia con le disposizioni del d.lgs. n.
63/2006.
Invero, un’eventuale dimostrazione della
delineata disponibilità giuridica, fornita
con documentazione postuma rispetto alla
tempistica di gara non può validamente
assolvere all’onere probatorio gravante sui
concorrenti, ostandovi i principi generali
in materia di procedure concorsuali e in
particolare quello della par condicio e del
divieto di integrazione postuma del
materiale documentario di gara, derogabile
solo ai fini della prova della natura non
anomala di un’offerta. La data della
verifica dei requisiti ex art. 48 del d.lgs.
n. 163/2006 cristallizza e delimita
temporalmente anche l’accertamento
dell’effettiva disponibilità demandato al
Giudice.
- - - - - - - - - -
Il presupposto principe dell’avvalimento,
collocabile ad un livello formale ma con
indubbie ricadute sostanziali e non a caso
enunciato alla lettera a) dell’art. 49,
comma 2 del Codice, è la dichiarazione
verificabile ai sensi dell’art. 48,
attestante l’avvalimento dei requisiti
necessari per la partecipazione alla gara,
con specifica indicazione dei requisiti
stessi e dell’impresa ausiliaria.
Questa dichiarazione, che come si desume con
evidenza dalla notazione contenuta nella
norma, per la quale essa è oggetto di
successiva verifica ex art. 48, si situa
nella fase dell’ammissione alla gara e al
livello delle altre autocertificazioni, si
profila di fondamentale rilievo
nell’economia delle attestazioni e delle
altre autocertificazioni inerenti al
possesso dei requisiti di qualificazione.
La centralità della dichiarazione di
avvalimento discende dal rilievo che, come
più volte precisato dalla recente
giurisprudenza, l’avvalimento integra una
rilevante eccezione ed una deroga a quello
che più sopra il Collegio ha definito
principio di personalità dei requisiti di
qualificazione.
In siffatta ottica si apprezza l’importanza
formale e documentale della principe
dichiarazione di avvalimento, non a caso
enumerata alla lettera a) dall’art. 49 comma
2, che è atta a rappresentare alla stazione
appaltante la peculiarità dello scenario
documentale concernente la capacità
economico–finanziaria che viene prospettato
all’Amministrazione e agli organi di gara
qualora l’impresa concorrente intenda
presentarsi alla selezione non uti
singula ma ricorrendo alle risorse di
operatori economici ausiliari. La
dichiarazione di avvalimento di cui alla
lettera a) dà dunque la stura al composito
insieme documentario mediante il quale si
formalizza lo strumento comunitario
dell’avvalimento.
In difetto di detta fondamentale
dichiarazione, ad avviso della Sezione
l’Amministrazione non può presumere alcuna
deroga al principio di personalità dei
requisiti di qualificazione, deroga alla
quale è nella facoltà dell’impresa
concorrente appellarsi e ricorrere, ma che è
anche suo onere annunciare ed allegare in
sede di partecipazione alla gara. Altrimenti
viene anche, del resto, ostacolato e reso
ingiustamente gravoso l’obbligo della
stazione appaltante e per essa degli organi
di gara, di accertare il possesso dei
requisiti soggettivi di partecipazione.
Ne consegue che in mancanza della
dichiarazione de qua, l’impresa concorrente
non può pretendere che la Commissione di
gara, attraverso un’iniziativa accertativa
officiosa dai contorni e limiti non ben
definiti, giunga ad acclarare requisiti di
capacità tecnico–economica di altre imprese,
magari genericamente solo indicate dal
partecipante e poi ad imputare ed attribuire
quei requisiti al patrimonio di
qualificazione dell’impresa concorrente.
Ecco perché la norma di cui alla lettera a)
dell’art. 49, comma 2, del Codice impone
anche che nella dichiarazione di voler
ricorrere all’avvalimento il concorrente
indichi anche specificamente:
1) i requisiti che intende fare oggetto di
avvalimento;
2) l’impresa ausiliaria delle cui risorse
intende avvalersi.
Ritiene la Sezione che la ratio della
specifica indicazione dei requisiti di
avvalimento e dell’impresa ausiliaria
risponda sia all’esigenza di agevolare e
delimitare l’oggetto dell’accertamento della
stazione appaltante, sia all’istanza di
auotoresponsabilizzaione dell’impresa
partecipante alla gara: quest’ultima,
infatti, indicando requisiti e impresa
ausiliaria compie un gesto significativo e
importante nei confronti
dell’Amministrazione, dichiarando che per
specifici requisiti utilizzerà la capacità
di un altro soggetto, capacità della quale
in ultima analisi si assume la
responsabilità contrattuale nei confronti
dell’ente pubblico committente, ad ogni
effetto.
Invero, le conseguenze dell’eventuale
incapacità esecutiva dell’impresa ausiliaria
ricadono sì su quest’ultima in prima
persona, ma in pari grado anche sull’impresa
concorrente, che risponde in solido con
l’ausiliaria nei confronti della stazione
appaltante ai sensi dell’art. 49, coma 4 del
d.lgs. n. 163/2206.
Ragion per cui in ultima analisi, come
avvertito, l’impresa partecipante si assume
nei riguardi dell’ente committente la
responsabilità della condotta contrattuale
non solo propria, ma anche dell’impresa
ausiliaria, benché in concorso solidale con
quest’ultima, potendo conseguentemente
l’Amministrazione rivalersi contro ciascuna
delle due imprese, a sua scelta,
dell’inadempimento o inesatto adempimento
della prestazione contrattuale posto in
essere sia dall’impresa avvalsa che
dall’avvalente o ausiliaria.
Tracciate le illustrate coordinate
ermeneutiche, precisa peraltro la Sezione
che è d’uopo rifuggire da rigidi e sterili
formalismi, specie al cospetto dell’attuale
realtà della moderna impresa, sempre più
tecnicizzata e globalizzata, ciò che impone
anche un’attenuazione del rigore formale
affinché non scada nel formalismo giuridico.
E pertanto ritiene il Collegio che la
formale dichiarazione di avvalimento, là
dove alla gara partecipi un soggetto con
plurime gemmazioni imprenditoriali sub
specie di gruppo di imprese, possa
legittimamente essere surrogata da una
dichiarazione di partecipazione alla gara
come gruppo, purché detta dichiarazione
contenga le specificazioni menzionate dalla
lettera a) dell’art. 49, ossia i requisiti
oggetto di avvalimento e l’impresa
ausiliaria.
- - - - - - - - - -
Conviene premettere in puncto iuris
che già la sentenza della Corte di Giustizia
n. 176/1999 ebbe a sancire un regime di
sostanziale indifferenza per i vincoli
giuridici che sottendono la disponibilità
delle risorse altrui in capo al concorrente,
a condizione che l’impresa partecipante “sia
in grado di provare di disporre
effettivamente dei mezzi di tali soggetti
necessari all'esecuzione dell'appalto”.
La cennata indifferenza per il regime
formale dei vincoli e dei titoli giuridici
da cui scaturisca la facoltà di avvalersi
dei mezzi di altre imprese è stato poi
affermata più volte dal giudice
amministrativo per essere stata
recentissimamente ribadita dalla V Sezione
del Consiglio di Stato, che ha avuto cura di
ricordare che “nell’avvalimento sono
irrilevanti per la stazione appaltante i
rapporti sottostanti esistenti tra il
concorrente e il soggetto avvalso, essendo
indispensabile unicamente che il primo
dimostri di poter disporre dei mezzi del
secondo, in adesione all’attuale normativa
comunitaria” (Consiglio di Stato, Sez. V,
17.03.2009, n. 1589). Si era infatti già
affermato dal giudice di prime cure che
l’istituto de quo “non incontra limiti
applicativi di sorta se non di natura
probatoria” (TAR Lombardia-Milano, Sez.
III, 24.01.2008, n. 168).
La Sezione, che condivide tale assunto, si
era già motu proprio attestata sulla
medesima rammentata ermeneusi, ravvisando
solo l’esigenza di accertare se la
controinteressata avesse dimostrato
documentalmente alla Stazione appaltante in
sede di verifica del possesso dei requisiti
autodichiarati ai sensi dell’art. 48 del
Codice, di potere fruire di una giuridica
disponibilità, concetto già enunciato, come
ricordato, dal Tribunale (TAR Piemonte, Sez.
II, 17.03.2008, n. 430) dei mezzi, delle
risorse e della qualificazione delle altre
imprese componenti il gruppo di cui essa è
parte.
- - - - - - - - - -
E’ stata in proposito da poco confermata dal
Consiglio di Stato la necessità che
l’impresa dimostri in modo rigoroso
l’effettiva disponibilità di risorse, mezzi
e qualificazione dei soggetti avvalenti in
forza di un “vincolo giuridico, che
obblighi il soggetto terzo a fornire al
concorrente i requisiti, di cui non dispone
direttamente e la cui titolarità, in forza
di detto vincolo, viene ad essere riferita
al soggetto che partecipa alla gara. Il
vincolo stesso deve inoltre preesistere alla
data di aggiudicazione della gara, in
funzione della necessità di garantire oltre
che la par condicio tra i concorrenti, il
corretto esercizio delle potestà di
controllo spettanti all’Amministrazione in
ordine alla sussistenza in capo
all’aggiudicataria, dei requisiti soggettivi
abilitanti” (Consiglio di Stato, Sez.
IV, 20.11.2008, n. 5742).
La necessaria preesistenza del vincolo e
l’impossibilità che lo stesso venga a
formarsi dopo la fase della partecipazione
alla gara, condizioni considerate dalla
Sezione già in sede di redazione
dell’Ordinanza di verificazione n. 64/2008,
sono state efficacemente enunciate dalla
predetta decisione del Consiglio, che ne ha
anche enucleato la ratio: “né la
effettiva possibilità giuridica di
avvalimento può essere legittimamente
posposta ad un momento successivo, posto che
una siffatta eventualità rimetterebbe alla
fase dell’adempimento del contratto la
necessaria presenza di tutti i requisiti
soggettivi ed oggettivi richiesti ai
partecipanti alle procedure di affidamento
dei contratti pubblici, riservata dal
sistema al momento competitivo”
(Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5742/2008,
cit.).
- - - - - - - - - -
La necessità della dimostrazione della
effettiva e giuridica disponibilità da parte
dell’impresa avvalsa, delle risorse e dei
requisiti di qualificazione
tecnico–economica dell’impresa ausiliaria,
non può subire un’attenuazione nemmeno
nell’ipotesi in cui l’impresa partecipante
alla gara sia parte di un gruppo societario.
Invero, come pure la Sezione aveva già
presupposto, in tali casi il Consiglio di
Stato con la decisione appena citata ha
statuito che non è “sufficiente la mera
allegazione dei legami societari che
avvincono i due soggetti, non fosse altro
che per l’autonomia contrattuale di cui
godono le singole società del gruppo”
(Consiglio di Stato, Sez. IV, 20.11.2008, n.
5742).
Rammenta del resto la Sezione che già nel
vigore della pregressa disciplina sugli
appalti pubblici di servizi di cui alla
Direttiva n. 92/50 CEE, la quale
tratteggiava in termini sostanzialmente non
difformi dalle attuali Direttive del 2004
recepite nel Codice De Lise, i termini di
fondo dell’istituto dell’avvalimento, il
Consiglio di Stato aveva evidenziato
l’insufficienza dei meri legami di gruppo ai
fini della prova del requisito della
effettiva disponibilità delle altrui
risorse.
Si era infatti statuito che “la direttiva
del Consiglio 18.06.1992 n. 92/50/Cee, che
coordina le procedure di aggiudicazione
degli appalti pubblici di servizi, va
interpretata nel senso che consente ad un
prestatore, per comprovare il possesso dei
requisiti economici, finanziari e tecnici di
partecipazione ad una gara d'appalto ai fini
dell'aggiudicazione di un appalto pubblico
di servizi, di far riferimento alle capacità
di altri soggetti, qualunque sia la natura
giuridica dei vincoli che ha con essi, a
condizione che sia in grado di provare di
disporre effettivamente dei mezzi di tali
soggetti necessari all'esecuzione
dell'appalto, il che esclude che la sola
situazione di controllo ravvisabile fra la
capogruppo e le sue controllate possa "ex
se" provare specificamente l'effettiva
disponibilità delle capacità tecniche
altrui, non fosse altro che per l'evidente
autonomia contrattuale di cui godono le
società controllate, che ben potrebbero
assumere impegni negoziali in radicale
contrasto con le determinazioni della
capogruppo (fattispecie anteriore
all'entrata in vigore della direttiva del
31.03.2004 n. 18/2004/Ce)” (Consiglio
Stato, Sez. IV, 14.02.2005, n. 435; in
terminis, Tar Lazio, Roma, sez. II,
25.02.2004 n. 1768)
(TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 30.03.2009 n. 837 -
sentenza link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull’esclusione per
ragioni formali e sul ricorso
all’avvalimento.
Non può essere
esclusa da una gara di appalto una impresa
per il fatto che ha prodotto alcune
referenze in lingua francese non
accompagnate da traduzione. Infatti, in base
al disposto di cui all’art. 46 del Codice
dei contratti pubblici e del principio di
integrazione documentale ivi scolpito,
qualora la documentazione prodotta da un
concorrente ad una pubblica gara sia
presente, ma carente di taluni elementi
formali, di guisa che sussista un indizio
del possesso del requisito richiesto,
l’Amministrazione non può pronunciare
l’esclusione dalla procedura, ma è tenuta a
richiedere al partecipante di integrare o
chiarire il contenuto di un documento già
presente, costituendo siffatta attività
acquisitiva un ordinario modus procedendi,
ispirato all’esigenza di far prevalere la
sostanza sulla forma.
Nel caso di offerta tecnica composta da più
pagine, la mancata sottoscrizione di ogni
pagina, in presenza, peraltro della firma
regolarmente apposta in calce alla stessa,
non toglie efficacia al documento medesimo
nella sua interezza e non è atta a generare
dubbi sulla provenienza di esso; pertanto,
ingiustificato si presenta il comportamento
della commissione di gara che dispone in tal
caso l’esclusione dell’offerta.
La facoltà di avvalimento costituisce una
rilevante eccezione al principio generale
che impone che i concorrenti ad una gara
pubblica possiedano in proprio i requisiti
di qualificazione; pertanto la prova circa
l'effettiva disponibilità dei mezzi
dell'impresa avvalsa deve essere fornita in
maniera rigorosa, mediante la presentazione
di un apposito impegno da parte di
quest'ultima, riferito allo specifico
appalto e valido per tutta la durata della
prestazione dedotta in gara, non essendo
sufficiente -a tal fine- la mera allegazione
dei legami societari che avvincono i due
soggetti, non fosse altro che per
l'autonomia contrattuale di cui godono le
singole società del gruppo.
Non è sufficiente un’eventuale dimostrazione
della delineata disponibilità giuridica,
fornita con documentazione postuma rispetto
alla tempistica di gara, la quale non può
validamente assolvere all’onere probatorio
gravante sui concorrenti, ostandovi i
principi generali in materia di procedure
concorsuali e in particolare quello della
par condicio e del divieto di integrazione
postuma del materiale documentario di gara,
derogabile solo ai fini della prova della
natura non anomala di un’offerta.
La necessità della dimostrazione della
effettiva e giuridica disponibilità da parte
dell’impresa avvalsa, delle risorse e dei
requisiti di qualificazione
tecnico-economica dell’impresa ausiliaria,
non può subire un’attenuazione nemmeno
nell’ipotesi in cui l’impresa partecipante
alla gara sia parte di un gruppo societario,
non essendo a tal fine sufficiente la mera
allegazione dei legami societari che
avvincono i due soggetti, non fosse altro
che per l’autonomia contrattuale di cui
godono le singole società del gruppo.
Nel caso di avvalimento, anche in ipotesi di
partecipazione alla gara di un gruppo di
imprese di qualsivoglia natura, il
concorrente che intenda avvalersi delle
referenze e dei requisiti soggettivi di
altre imprese non può omettere di produrre
all’Amministrazione appaltante, oltre alla
certificazione SOA propria e dell’impresa
avvalente, anche la dichiarazione indicata
alla lettera c) dell’art. 49 del D.Lgs. n.
163/2006, resa dall’impresa ausiliaria
avvalente e attestante il suo possesso dei
requisiti generali di affidabilità morale e
professionale definiti all’art. 38 del
Codice del contratti pubblici.
L’art. 49, comma 6, del Codice dei contratti
pubblici, il quale originariamente disponeva
che "il concorrente può avvalersi di una
sola impresa ausiliaria per ciascun
requisito o categoria", prevedendo in
tal modo il divieto di avvalimento plurimo,
è stato sostituito dall'art. 1, comma 1,
lettera n), numero 1), del D.Lgs.
11.09.2008, n. 152 (secondo cui "Per i
lavori, il concorrente può avvalersi di una
sola impresa ausiliaria per ciascuna
categoria di qualificazione. Il bando di
gara può ammettere l'avvalimento di più
imprese ausiliarie in ragione dell'importo
dell'appalto o della peculiarità delle
prestazioni"). E’ quindi solo con
l’entrata in vigore delle modifiche recate
dal c.d. terzo correttivo al Codice
contratti, e cioè per i bandi di gara
pubblicati a partire dal 17.10.2008, che il
divieto di avvalimento plurimo, ossia di più
di una impresa per ciascuna categoria di
qualificazione, vige solo limitatamente ai
lavori ed è stato invece espunto per gli
appalti di servizi e di forniture
(TAR
Piemonte, sez. I,
sentenza 30.03.2009 n. 837 - link
a www.altalex.com). |
APPALTI:
Contratti pubblici:
inammissibile l'offerta economica non
sottoscritta in ogni suo foglio.
In materia di procedure di gara per
l'affidamento di contratti pubblici, deve
ritenersi inammissibile l'offerta economica
che non sia stata sottoscritta in ogni suo
foglio, ma soltanto sulla prima e
sull'ultima pagina, essendo tale obbligo di
sottoscrizione funzionale alla tutela della
buona fede e dell'affidamento nella fase
prenegoziale, in quanto costituisce
l'indiretta dimostrazione della
consapevolezza del concorrente sui singoli
elementi che concorrono a formare la propria
proposta contrattuale (TAR Lazio-Roma, Sez.
III-quater,
sentenza 27.03.2009 n. 3232 -
link a www.eius.it). |
LAVORI PUBBLICI: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 13 del
30.03.2009, "Approvazione del bando per
la concessione di contributi per attività di
diagnosi e progettazione di interventi di
riqualificazione energetica relative ad
edifici di proprietà pubblica individuati
dalla Giunta Regionale, in attuazione della
d.g.r. n. 8294/2008" (decreto
D.G. 23.03.2009 n. 2790 - link a
www.infopoint.it). |
APPALTI SERVIZI:
G.U. 27.03.2009 n. 72, suppl. ord. n. 38, "Determinazione
del costo medio orario del lavoro dei
dipendenti da imprese esercenti servizi di
pulizia e servizi integrati/multiservizi"
(D.M.
25.02.2009). |
APPALTI SERVIZI:
Non è sufficiente per
escludere il carattere imprenditoriale di
una ONLUS nell'ambito dell'attività di
prestazione di servizi l'assenza
dell'iscrizione al registro delle imprese,
del possesso di partita IVA e di posizioni
INPS e INAIL attive.
L'assenza dell'iscrizione al registro delle
imprese, del possesso di partita IVA e di
posizioni INPS e INAIL attive non è
sufficiente per escludere il carattere
imprenditoriale di una ONLUS nell'ambito
dell'attività di prestazione di servizi.
A tal proposito, la giurisprudenza
comunitaria ha affermato che in ambito
europeo la nozione di impresa "comprende
qualsiasi entità che esercita un'attività
economica, a prescindere dallo status
giuridico di detta entità e dalle sue
modalità di finanziamento", mentre
l'attività economica consiste nell'offerta
di beni o servizi su un determinato mercato
contro retribuzione e con assunzione dei
rischi finanziari connessi, anche se non
viene perseguito uno scopo di lucro.
La nozione di impresa fornita a livello
comunitario ha, pertanto, parametri molto
ampi, che prescindono da una particolare
fattispecie organizzativa, essendo
sufficiente l'esercizio di un'attività
economica che sia ricollegabile al dato
obiettivo inerente all'attitudine a
conseguire la remunerazione dei fattori
produttivi, rimanendo giuridicamente
irrilevante lo scopo di lucro (che riguarda
il movente soggettivo che induce
l'imprenditore ad esercitare la sua
attività): il carattere imprenditoriale
dell'attività va, invece, escluso nel caso
in cui essa sia svolta in modo del tutto
gratuito, atteso che non può essere
considerata imprenditoriale l'erogazione
gratuita dei beni o servizi prodotti.
Il Consiglio di Stato, dal canto suo, ha
affermato la sussistenza di una nozione di
"impresa" più ampia di quella sottesa
all'art. 2082 c.c.: nozione che, "alla
luce del principio comunitario dell'effetto
utile, non può che sussumere nell'ambito
delle attività di impresa, ai fini
dell'applicazione della disciplina della
concorrenza, a prescindere dalla qualifica
formale del soggetto che la svolge,
qualsiasi attività di natura economica tale
da poter ridurre, anche solamente in
potenza, la concorrenza nel mercato. Ai
predetti fini possono essere considerate
imprese tutti i soggetti, comunque
strutturati ed organizzati, che compiano
atti a contenuto economico idonei a
restringere la concorrenza" (TAR Veneto,
Sez. I,
sentenza 26.03.2009 n. 881 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: In
assenza di parametri normativi fissi e
predeterminati, la verifica dell'incidenza
dei reati sulla moralità professionale della
stazione appaltante attiene all'esercizio
del potere discrezionale della P.A.. E deve
essere operata attraverso la disamina in
concreto delle caratteristiche dell’appalto,
del tipo di condanna, della natura e delle
concrete modalità di commissione del reato.
E' pacifico
orientamento giurisprudenziale che,
eccettuati i reati indicati testualmente [decreto
penale di condanna divenuto irrevocabile per
il delitto, ritenuto incidente sulla
moralità professionale, di cui all’art. 590,
co. 3, c.p. a carico dell’amministratore
delegato con delega alla sicurezza –e
direttore tecnico- della società, avendo il
medesimo, in qualità di datore di lavoro,
cagionato per colpa lesioni personali gravi
riportate dalla persona offesa in un
incidente occorsole in cantiere. Tale
decreto penale di condanna era stato
menzionato ed allegato dalla concorrente in
sede di dichiarazione resa ai fini della
partecipazione alle gare, con l’indicazione
“relativo a fattispecie ritenuta non grave”],
circa i restanti, in assenza di parametri
normativi fissi e predeterminati, la
verifica della loro incidenza sulla moralità
professionale attiene all’esercizio del
potere discrezionale della p.a. e deve
essere operata attraverso la disamina in
concreto delle caratteristiche dell’appalto,
del tipo di condanna, della natura e delle
concrete modalità di commissione del reato
(cfr., tra le più recenti, Cons. St., sez.
V, 12.04.2007 n. 1723).
Ricordato che il ripetuto art. 38, co. 1,
lett. c), annovera espressamente il decreto
penale di condanna divenuto irrevocabile tra
i provvedimenti pronunziati a carico del
soggetto che, se concernenti i detti reati
gravi incidenti sulla moralità
professionale, comportano l’esclusione dal
partecipare a gare pubbliche e dal
contrarre, va ribadito che, nella specie,
l’Amministrazione ha valutato tutti gli
elementi inerenti in concreto il reato
commesso dal signor Cerutti, quali la
tipologia dell’appalto, il bene leso con il
comportamento delittuoso, la specificità,
l’epoca e le circostanze del fatto, così
correttamente concludendo per la gravità e
l’incidenza della condanna sull’affidabilità
contrattuale in relazione ai lavori da
affidare, quindi per l’insussistenza del
requisito in argomento.
In particolare, la commissione
aggiudicatrice ha considerato che il decreto
penale, divenuto esecutivo il 01.10.2005,
riguarda il reato di lesioni personali
colpose commesso in data 16.07.2003, che si
tratta di un incidente occorso in cantiere,
dal quale è derivata una malattia del corpo,
con incapacità di attendere alle ordinarie
occupazioni per oltre 40 giorni, e che la
colpa consiste in negligenza, imprudenza,
imperizia e violazione delle norme per la
prevenzione, non avendo l’amministratore
delegato, con delega alla sicurezza, e
datore di lavoro adottato nell’esercizio
dell’impresa le misure che, secondo la
particolarità del lavoro, l’esperienza e la
tecnica, sono necessarie a tutelare
l’integrità fisica del lavoratore,
precisando altresì che tale condotta è
violativa di norme imperative e specifiche
del settore.
Dunque, ha dato conto puntualmente
dell’esistenza di un reato specifico
connesso al tipo di attività che il soggetto
sarebbe chiamato a svolgere, non risalente
nel tempo, la cui gravità viene correlata
non solo e non tanto alla gravità delle
lesioni procurate alla persona offesa,
quanto anche alla circostanza che
l’accertata condotta consiste
nell’inosservanza di norme basilari ed
inderogabili in materia antinfortunistica
(la cui violazione nel reato in parola
comporta, significativamente ai fini in
questione, un aggravamento della pena
rispetto a quella comminata in assenza di
ciò: cfr. cit. art. 590, co. 3, c.p.);
inosservanza proprio da parte del soggetto
su cui, all’epoca dei fatti, incombeva
l’obbligo giuridico di assicurare la
sicurezza nel cantiere
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 23.03.2009 n. 1736 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. Appalto pubblico (in
generale) - Gara - Rinnovazione parziale -
Derivante da pronuncia giurisdizionale -
Limiti - Individuazione - Eccezione.
2. Appalto pubblico (in generale) - Gara -
Rinnovazione parziale - Derivante da
provvedimento giurisdizionale - Opportunità
e fattibilità in concreto - Va valutata.
3. Appalto pubblico (in generale) - Offerta
- Valutazione - Criteri - Richiamo ai
criteri di valutazione indicati dal bando -
Insufficienza.
4. Appalto pubblico (in generale) - Gara -
Valutazioni della commissione - Nell'ambito
della discrezionalità tecnica - Rientrano -
Ragioni - Insindacabilità - Limiti.
5. Appalto pubblico (in generale) - Offerta
- Valutazione - Giudizio - Irripetibilità -
Natura.
6. Appalto pubblico (in generale) - Offerta
- Valutazione - In sede di gara e in sede
giudiziaria - Differenze - Conseguenze.
7. Appalto pubblico (in generale) - Criteri
e principi - Aggiudicazione - Annullamento -
Reintegrazione in forma specifica - Spetta -
Ipotesi.
8. Appalto pubblico (in generale) - Gara -
Contratto - Impugnazione - Successiva alla
scadenza del termine per l'impugnazione
degli atti di gara - Possibilità - Sussiste
- Ipotesi - Giudice Amministrativo - Poteri.
9. Giurisdizione amministrativa - Appalto
pubblico - Giurisdizione esclusiva - Sulla
legittimità degli atti di gara e sulla
spettanza del diritto a contrarre - Sussiste
- Conseguenze - Declaratoria di caducazione
del contratto - Possibilità.
1.
Nel caso delle procedure ad evidenza
pubblica, è certamente ostativo alla
rinnovazione parziale della gara il fatto
che il giudice abbia ritenuto fondato un
motivo di ricorso teso a travolgere ab
imis la procedura (illegittimità dei
criteri di valutazione delle offerte;
illegittima apposizione di una clausola
impeditiva della partecipazione; etc.).
2.
Qualora, come solitamente avviene, la
pronuncia del giudice sull'annullamento di
una procedura ad evidenza pubblica,
intervenga in un momento in cui sono già
note le offerte tecniche ed economiche (e
non si tratti di appalto da aggiudicare con
sistemi c.d. aritmetici), pur potendo
ritenersi impossibile la rinnovazione
parziale della gara, essendo ormai
"inquinata" la serenità di giudizio della
commissione chiamata a valutare le offerte
(e ciò sia nel caso in cui essa operi nella
medesima composizione originaria, sia nel
caso in cui essa venga rinnovata nella
composizione), l'opportunità e la
fattibilità della rinnovazione parziale di
una gara, a seguito di una pronuncia
giurisdizionale che abbia dichiarato
l'illegittimità della procedura, va valutata
in concreto, non potendosi escludere in
assoluto la legittimità di un siffatto modus
operandi (2). In tali casi invero l'attività
valutativa affidata alla commissione in sede
di rinnovazione parziale è limitata dalla
pronuncia del giudice, nel senso che la
commissione deve tenere in considerazione i
motivi di ricorso che l'organo giudicante ha
ritenuto fondati; per altro verso ancora, il
principio di segretezza delle offerte non è
in assoluto inderogabile, dovendo essere
coordinato con altri principi di pari
rilevanza, quali, ad esempio, l'effettività
della tutela giurisdizionale (effettività
che verrebbe ad essere vanificata se
l'interesse "diretto" ad ottenere
l'appalto,interesse tutelato dal Giudice
Amministrativo con l'accoglimento del
ricorso, non potesse trovare soddisfazione
per l'impedimento alla rinnovazione delle
operazioni di gara costituito dalla
intervenuta valutazione tecnica ed economica
delle offerte). A ciò si aggiunga che, la
possibilità di rinnovazione parziale delle
operazioni di gara è subordinata alla
condizione indefettibile, che il
provvedimento terminale contenga una
motivazione molto più ampia ed articolata
rispetto all'ordinario (questo è ovviamente
un dazio che la stazione appaltante deve
pagare se vuole evitare la caducazione
totale della gara, ed esso è giustificato
proprio dalla circostanza che la valutazione
riguarda offerte già note.
----------------
(2) Cons. Stato, sez. VI, n. 6457/2004.
3.
Nell'ambito di una procedura ad evidenza
pubblica, ai fini della valutazione delle
offerte, non è sufficiente il richiamo ai
criteri di valutazione indicati dal bando.
La commissione di gara deve, in sede di
motivazione, dimostrare di avere
correttamente applicato i criteri previsti
dal bando, altrimenti il tutto si
risolverebbe in un formale richiamo alla
lex specialis.
4.
Le valutazioni di una commissione di gara o
di concorso rientrano nell'ambito della
discrezionalità tecnica, visto che da un
lato le commissioni di gara debbono quasi
sempre esprimere giudizi di natura tecnica,
dall'altro lato esse non possono
discrezionalmente orientare l'esito di una
gara (dovendo aggiudicare l'appalto
all'impresa che ha ottenuto il maggior
punteggio in applicazione dei criteri di
valutazione previsti dal bando). Peraltro,
il problema che sorge nelle procedure
concorsuali attiene non tanto
all'insindacabilità in assoluto delle
valutazioni espresse dalla commissione,
quanto alla soggettività ed alla
irripetibilità dei giudizi (fermo restando
che, in caso di errores in procedendo
-errata applicazione dei criteri previsti
dal bando- o di manifesta ingiustizia delle
valutazioni, il giudice deve inesorabilmente
annullare l'aggiudicazione o, al limite,
correggere i punteggi) (3).
--------------------
(3) TAR Puglia Lecce n. 2286/2008.
5.
Nelle procedure selettive, il giudizio della
commissione è in qualche misura
irripetibile, essendo condizionato, oltre
che dai convincimenti individuali dei
commissari (i quali non possono essere
coartati da nessuno, fermi restando sempre i
limiti di cui si è detto in precedenza), dal
confronto fra i vari concorrenti e dal
livello complessivo delle offerte. Nelle
procedure selettive, cioè, il giudizio della
Commissione è sempre relativo, dipendendo
esso, oltre che dal valore assoluto delle
singole offerte, anche dall'inevitabile
paragone che deve essere fatto fra esse. Se,
ad esempio, il livello qualitativo delle
offerte è nel complesso molto alto,
un'offerta che si discosta anche di poco
dall'optimum rischia di essere penalizzata
nel punteggio, il che però fa parte delle
regole del gioco e non è di per sé contrario
ad alcuna norma o principio.
6.
La commissione di gara è tenuta a leggere
per intero l'offerta tecnica (il che
consente di valutarne il livello
complessivo) e i singoli commissari possono
anche utilizzare al riguardo le proprie
conoscenze personali della materia (la c.d.
scienza privata), in sede giudiziaria
dell'offerta aggiudicataria vengono
"selezionati" e portati all'esame del
giudice solo i passaggi che adducono
elementi a sostegno della tesi del
ricorrente, in tal modo spezzando quella che
è l'unitarietà dell'offerta. Al giudice,
inoltre, è precluso il ricorso alla c.d.
scienza privata, potendo la decisione
fondarsi solo sul materiale probatorio
regolarmente acquisito agli atti del
giudizio (4).
--------------------
(4) TAR Puglia Lecce, sez. II, n.
3721/2004.
7.
La reintegrazione in forma specifica
equivale alla declaratoria di spettanza
dell'aggiudicazione, che però il Giudice
Amministrativo non potrebbe pronunciare se,
nelle more del giudizio, è stato stipulato
il contratto con un altro concorrente (che
non ne aveva diritto a causa
dell'illegittimità dell'aggiudicazione).
Questo perché, ovviamente, fino a che rimane
in vita il contratto, l'avente diritto non
potrebbe subentrare nell'appalto, visto che
la posizione dell'aggiudicatario illegittimo
poggerebbe su un negozio giuridico valido ed
efficace e che non ci possono essere
contemporaneamente due soggetti chiamati ad
eseguire lo stesso appalto (5).
-------------------
(5) Cass., SS.UU., ord. n. 27169/2007;
Corte Costituzionale n. 204/2004; Corte
Costituzionale n. 191/2006.
8.
Fermo restando che il contratto stipulato a
seguito di procedura ad evidenza pubblica
può essere impugnato di fronte al giudice
civile anche successivamente alla scadenza
del termine decadenziale previsto per
l'impugnazione degli atti di gara
(configurandosi un'ipotesi di doppia tutela,
non infrequente nel nostro ordinamento), sia
deducendone la nullità o l'annullabilità in
base ai canoni civilistici, sia deducendone
la caducazione per vizi afferenti la fase
dell'evidenza pubblica, se (e solo se)
nell'ambito del giudizio impugnatorio
promosso per contestare gli atti di gara
viene proposta la domanda di reintegrazione
in forma specifica, il Giudice
Amministrativo, laddove ritenga accoglibile
tale domanda, deve necessariamente
pronunciarsi sul contratto stipulato nelle
more (ciò anche in applicazione dell'art.
1421, Cod. Civ., atteso che il potere del
giudice di rilevare d'ufficio la nullità
implica l'attribuzione al giudice del potere
di percorrere le tappe necessarie per
giungere alla pronuncia richiesta, nella
specie la reintegrazione in forma specifica)
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 23.03.2009 n. 492 - link
a http://mondolegale.it). |
APPALTI: Sulla
differenza tra il "responsabile del
procedimento" ex L. 241/1990 ed il “responsabile
del procedimento” in materia di appalti
pubblici ex L. 109/1994.
--
La nuova figura del
“responsabile del procedimento” introdotta
dall’art. 7, comma 2 e 3, della citata L. n.
109, è stata ispirata dall’intento del
legislatore di unificare in un unico
soggetto compiti di “progettazione,
affidamento ed esecuzione” dei lavori, che
prima erano di competenza di organi diversi.
Tuttavia, nella sua formulazione originaria,
i principi innovativi ivi contenuti che
hanno trovato applicazione a prescindere
dall’emanazione del successivo regolamento,
hanno previsto compiti che non si
discostavano di molto da quelli che già
erano contemplati dall’omologa figura del
“responsabile del procedimento” introdotta
dalla legge sul procedimento amministrativo,
essendo le funzioni di tale soggetto
limitate a controlli di tipo formale sulla
procedura di affidamento dei lavori e dei
conseguenti impegni di spesa. Con la
modifica introdotta dalla L. n. 415/1998, i
compiti di tale nuova figura sono stati
potenziati per quanto riguarda la
“predisposizione del programma triennale
delle opere pubbliche” (art. 7, comma 3,
della L. n. 109), mentre la definizione
delle singole funzioni sono state rinviate,
ancora una volta, al regolamento di
attuazione.
-- Nella configurazione della L. n.
241/1990, il responsabile del procedimento è
il soggetto che, in primo luogo, valuta le
condizioni d’ammissibilità e di legittimità
per l’emanazione del provvedimento finale
della quale può anche avere assunto la
competenza; segue lo svolgersi
dell’istruttoria, richiedendo eventuali
dichiarazioni o sollecitando la correzione
di quelle già presentate; cura le
pubblicazioni previste da leggi o
regolamenti; infine indice la conferenza dei
servizi di cui all’art. 14 della medesima
legge n. 241, nel caso in cui più enti siano
coinvolti nel procedimento. Trattasi,
invero, di un’elencazione a carattere
tassativo, non essendo prevista alcuna
competenza residuale.
-- Il responsabile del procedimento di cui
al Regolamento della legge sui lavori
pubblici, come ha affermato un’autorevole
dottrina, dovrebbe più propriamente essere
definito “responsabile dell’intervento”,
giacché tale soggetto cumula tutti gli
adempimenti necessari acciocché, dalla
progettazione preliminare al collaudo
dell’opera, tutte le fasi del procedimento
si svolgano, non solo nel rispetto della
legalità ma anche dei princìpi di
economicità, efficienza e trasparenza
dell’azione amministrativa. In altri
termini, in tale nuova figura è possibile
individuare funzioni di iniziativa
procedimentale e di istruttoria tecnica,
funzioni di verifica preventiva di
legittimità, di vigilanza sulle procedure
tese alla realizzazione dell’intervento,
nonché di conduzione dei lavori e di
rappresentanza negoziale.
Sotto tale ultimo profilo –per quel che qui
rileva ai soli fini di un’ipotetica
individuazione dei compiti specifici di tale
figura al caso che qui occupa– il
responsabile del procedimento configurato
dal Regolamento n. 554/1999, provvede:
all’acquisizione dell’attestazione da parte
del direttore dei lavori in merito alla
realizzabilità del progetto anche in
relazione al terreno, al tracciamento, al
sottosuolo ed a quanto altro occorre per
l’esecuzione dei lavori (art. 71, comma 1,
lett. c); al coordinamento dell’attività
progettuale, secondo tre progressivi livelli
di definizione: preliminare, definitivo ed
esecutivo (art. 15); alla concessione di
proroghe del termine di ultimazione dei
lavori (art. 111); all’emissione di ordini
di servizio (art. 128), agli ordini di
sospensione e ripresa dei lavori (art. 133);
all’approvazione delle perizie di variante
(art. 134); alla risoluzione in via
amministrativa delle controversie (art.
137).
Nessuna di dette competenze è invece
ravvisabile in capo al responsabile del
procedimento di cui alla L. n. 241/1990, la
cui ratio è unicamente quella di assicurare
la presenza di un unico soggetto che
assicuri la sussistenza delle condizioni di
legittimità dell’intervento, curi
l’andamento del procedimento amministrativo
e si ponga quale referente
dell’Amministrazione nei confronti dei
terzi.
Come è noto, la L. n. 109/1994,
denominata Legge quadro in materia di lavori
pubblici (così come modificata ed integrata
dalla L. n. 216/1995, nonché dai decreti
legislativi di recepimento delle direttive
comunitarie degli appalti nei settori
esclusi, D.lgs. n. 158/1995 e degli appalti
dei servizi, D.lgs. n. 157/1995 ed alla
legge n. 415/1998, nota come Merloni-ter) ha
totalmente ridisegnato l’assetto normativo
dell’appalto di opere pubbliche, il cui
impianto originario risaliva alla L. n.
2248/1865 all. F, al regolamento sui lavori
pubblici di cui al R.D. n. 350/1895 ed al
capitolato generale delle opere pubbliche.
Tuttavia tale legge, come si evince dalla
sua intitolazione, oltre che dalla lettura
dell’art. 1, si è proposta l’individuazione
dei soli principi fondamentali in materia di
lavori pubblici, lasciando poi al potere
regolamentare del Governo la concreta
attuazione di tali principi.
Per quanto qui rileva ai fini della
definizione della posizione dell’ing. Cocco,
la nuova figura del “responsabile del
procedimento” introdotta dall’art. 7,
comma 2 e 3, della citata L. n. 109, è stata
ispirata dall’intento del legislatore di
unificare in un unico soggetto compiti di “progettazione,
affidamento ed esecuzione” dei lavori,
che prima erano di competenza di organi
diversi. Tuttavia, nella sua formulazione
originaria, i principi innovativi ivi
contenuti che hanno trovato applicazione a
prescindere dall’emanazione del successivo
regolamento, hanno previsto compiti che non
si discostavano di molto da quelli che già
erano contemplati dall’omologa figura del “responsabile
del procedimento” introdotta dalla legge
sul procedimento amministrativo, essendo le
funzioni di tale soggetto limitate a
controlli di tipo formale sulla procedura di
affidamento dei lavori e dei conseguenti
impegni di spesa.
Con la modifica introdotta dalla L. n.
415/1998, i compiti di tale nuova figura
sono stati potenziati per quanto riguarda la
“predisposizione del programma triennale
delle opere pubbliche” (art. 7, comma 3,
della L. n. 109), mentre la definizione
delle singole funzioni sono state rinviate,
ancora una volta, al regolamento di
attuazione.
Il regolamento che ne è seguito, e cioè il
d.P.R. 21.12.1999 n. 554 (pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale del 28.04.2000, n. 98) è
stato espressione del processo che è stato
definito di delegificazione, che consiste
nel trasferimento di intere materie, purché
non coperte da riserva assoluta di legge,
alla normazione secondaria del Governo,
secondo il dettato dell’art. 17, comma 2,
della L. 23.08.1988 n. 400, che disciplina
siffatto processo ed il relativo riparto di
competenze.
Proprio in attuazione di detto riparto di
competenze, l’art. 3 della L. n. 109 ha
individuato espressamente le materie
affidate alla potestà regolamentare del
Governo. Per quanto più specificamente
attiene al caso all’esame, come più sopra
detto, i lavori pubblici di che trattasi,
per effetto di un differimento del termine
finale di esecuzione, erano ancora in corso
alla data di entrata in vigore del
regolamento (28.07.2000); e poiché detto
atto di normazione secondaria ha
disciplinato aspetti che –come si vedrà
meglio nel prosieguo della trattazione–
attengono direttamente alla posizione del
convenuto si pone il problema se esso abbia
trovato applicazione per i contratti in
corso di esecuzione.
Ebbene, la risposta al quesito è stata data
dall’art. 232 del regolamento stesso, il
quale ha stabilito che sono di immediata
applicazione ai rapporti in corso di
esecuzione le “disposizioni che
disciplinano l’organizzazione ed il
funzionamento della stazione appaltante
(comma 1)” ed anche “le norme residue”,
purché non incidano sul “modo o il
contenuto delle obbligazioni del contratto”.
Tale delimitazione trova spiegazione per il
fatto che le disposizioni amministrative che
attengono all’organizzazione del soggetto
pubblico del rapporto contrattuale, e cioè
la stazione appaltante, nel caso di un
contratto d’appalto in corso, non possono
incidere, né direttamente né mediatamente,
sull’altro soggetto contrattuale, in
applicazione del principio tempus regit
actum. Ne deriva che, in materia di
danno derivante da inadempimento
contrattuale, le procedure di accertamento e
di commisurazione dello stesso danno devono
essere effettuate secondo le regole vigenti
al momento della stipula del contratto
(Cass, sez. I, n. 17906 del 04.09.2004;
Consiglio di Stato, sez. I, parere n. 1235
del 17.01.2001).
Per contro, per quanto concerne l’assetto
della stazione appaltante, la nuova
normativa è di immediata applicazione: in
particolare, per quel che qui precipuamente
interessa, essa disciplina con immediatezza
anche le figure professionali appartenenti
all’amministrazione (in specie, il
responsabile del procedimento, la cui
posizione, più propriamente, deve essere
riguardata nel presente giudizio di
responsabilità amministrativa).
Tuttavia, come non ha mancato di osservare
la circolare del Ministero dei lavori
pubblici n. 1329 del 07.09.2000, l’immediata
applicabilità di detta normativa agli
appalti in corso d’essere alla data di
entrata in vigore del Regolamento n.
554/1999 ha posto indubbi problemi
operativi, dal momento che tutta l’attività
preliminare alla stipula del contratto e
parte di quella esecutiva sono state svolte
nel vigore della previdente disciplina.
In particolare, ai sensi della L.R. n.
24/1987, in assenza di disposizioni di segno
contrario impartite dal comune, il direttore
dei lavori, all’atto della sua nomina, ha
assommato anche le funzioni di ingegnere
capo; mentre il responsabile del
procedimento era tale unicamente in forza
della previsione di cui all’art. 6 della L.
n. 241/1990. E dal momento che ben diversi
sono i compiti assegnati alla nuova figura
del responsabile del procedimento ai sensi
della citata legge n. 241 rispetto a quelle
del Regolamento n. 554 (con conseguente
contrazione delle funzioni del direttore dei
lavori) non sembra né ragionevole né
giuridicamente possibile che le funzioni
originariamente assolte dai soggetti
coinvolti nel presente giudizio potessero
essere diversamente definite in assenza di
uno specifico provvedimento
dell’Amministrazione: in questo senso è,
oltre alla circolare del Ministero dei
Lavori pubblici citata, anche la
determinazione dell’Autorità per la
vigilanza sui lavori pubblici n. 54 del
07.12.2000, la quale ultima propone anche
taluni criteri per l’individuazione del
nuovo responsabile del procedimento.
E poiché risulta incontrovertibilmente dagli
atti che nessun atto dell’Amministrazione ha
mutato i compiti originariamente fissati in
capo all’ing. Pisano ed all’ing. Cocco, le
singole responsabilità devono essere
definite alla luce della normativa
applicabile antecedentemente all’avvento
della L. n. 109/1994: per il direttore dei
lavori, come si è visto in precedenza, il
citato regolamento n. 350/1895 ed il
capitolato generale d’appalto per le opere
pubbliche (d.P.R. n. 1063/1962), che del
resto, hanno trovato applicazione anche per
la definizione del lodo arbitrale relativo
alla controversia tra il comune di Assemini
e l’appaltatore; per il responsabile del
procedimento, l’art. 6 della L. n. 241/1990.
Le considerazioni più innanzi svolte
inducono dunque ad avvalorare la tesi del
patrono del convenuto secondo la quale
l’ing. Cocco –oltre che le funzioni di
responsabile del servizio dei lavori
pubblici- ha assunto il compito di “responsabile
del procedimento” ai sensi dell’art. 6
della L. 07.08.1990 n. 241, e non anche
l’omologa funzione così come delineata
dall’art. 8 del regolamento n. 554/1999. La
differenza non è di poco momento, ove si
consideri la differente disciplina che
governa le due figure.
Ed invero, nella configurazione della L. n.
241/1990, il responsabile del procedimento è
il soggetto che, in primo luogo, valuta le
condizioni d’ammissibilità e di legittimità
per l’emanazione del provvedimento finale
della quale può anche avere assunto la
competenza; segue lo svolgersi
dell’istruttoria, richiedendo eventuali
dichiarazioni o sollecitando la correzione
di quelle già presentate; cura le
pubblicazioni previste da leggi o
regolamenti; infine indice la conferenza dei
servizi di cui all’art. 14 della medesima
legge n. 241, nel caso in cui più enti siano
coinvolti nel procedimento. Trattasi,
invero, di un’elencazione a carattere
tassativo, non essendo prevista alcuna
competenza residuale.
Per contro, il responsabile del procedimento
di cui al Regolamento della legge sui lavori
pubblici, come ha affermato un’autorevole
dottrina, dovrebbe più propriamente essere
definito “responsabile dell’intervento”,
giacché tale soggetto cumula tutti gli
adempimenti necessari acciocché, dalla
progettazione preliminare al collaudo
dell’opera, tutte le fasi del procedimento
si svolgano, non solo nel rispetto della
legalità ma anche dei princìpi di
economicità, efficienza e trasparenza
dell’azione amministrativa. In altri
termini, in tale nuova figura è possibile
individuare funzioni di iniziativa
procedimentale e di istruttoria tecnica,
funzioni di verifica preventiva di
legittimità, di vigilanza sulle procedure
tese alla realizzazione dell’intervento,
nonché di conduzione dei lavori e di
rappresentanza negoziale.
Sotto tale ultimo profilo –per quel che qui
rileva ai soli fini di un’ipotetica
individuazione dei compiti specifici di tale
figura al caso che qui occupa– il
responsabile del procedimento configurato
dal Regolamento n. 554/1999, provvede:
all’acquisizione dell’attestazione da parte
del direttore dei lavori in merito alla
realizzabilità del progetto anche in
relazione al terreno, al tracciamento, al
sottosuolo ed a quanto altro occorre per
l’esecuzione dei lavori (art. 71, comma 1,
lett. c); al coordinamento dell’attività
progettuale, secondo tre progressivi livelli
di definizione: preliminare, definitivo ed
esecutivo (art. 15); alla concessione di
proroghe del termine di ultimazione dei
lavori (art. 111); all’emissione di ordini
di servizio (art. 128), agli ordini di
sospensione e ripresa dei lavori (art. 133);
all’approvazione delle perizie di variante
(art. 134); alla risoluzione in via
amministrativa delle controversie (art.
137).
Nessuna di dette competenze è invece
ravvisabile in capo al responsabile del
procedimento di cui alla L. n. 241/1990, la
cui ratio è unicamente quella di
assicurare la presenza di un unico soggetto
che assicuri la sussistenza delle condizioni
di legittimità dell’intervento, curi
l’andamento del procedimento amministrativo
e si ponga quale referente
dell’Amministrazione nei confronti dei
terzi. Per le quali ragioni può senz’altro
pervenirsi alla conclusione che, nell’ambito
di tali più contenute funzioni, nessuna
censura possa essere mossa all’ing. Cocco,
tale da indurre ad una sua affermazione di
responsabilità.
A ciò, tuttavia, deve aggiungersi che, ai
sensi dell’art. 45 del Regolamento comunale
concernente l’organizzazione degli uffici,
l’ing. Cocco è stato preposto alla direzione
del servizio dei lavori pubblici: pertanto
su di lui incombevano certamente compiti di
vigilanza ed impulso sulle opere pubbliche
in corso. Tale conclusione discende
certamente anche dalla forza precettiva
dell’art. 7 della L. n. 109/1994 che ha
disciplinato, per grandi linee, le nuove
funzioni del responsabile del procedimento;
ma poiché, come si è detto, tale
precettività, in attesa dell’emanazione del
regolamento attuativo, era assai limitata,
deve ritenersi che detti compiti di
vigilanza e di impulso dovessero (e debbano
ora) essere desunti alla stregua degli
ordinari principi che regolano l’assetto
dell’apparato amministrativo dell’ente
locale (Corte dei Conti, Sez. giurisdiz.
Sardegna,
sentenza 20.03.2009 n. 593 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Relazioni della
Direzione Lavori e accesso agli atti.
L’accesso non può
estendersi anche alle relazioni riservate
del collaudatore e del direttore dei lavori
sulle domande iscritte a riserva
dall’impresa sui registri contabili.
L’art. 9 del D.P.R. 24.04.2006, n. 184,
circoscrive in ben definiti e tassativi
ambiti i casi in cui la richiesta di accesso
può essere differita, individuandoli nel
riferimento alle categorie di atti di cui
all’art. 24 della legge 07.08.1990, n. 241 e
sempreché il differimento stesso sia
funzionale agli interessi di cui al comma 6
dell’art. 24 citato, ovvero ad ulteriori
esigenze da riconnettere e ricondurre solo
ai documenti la cui conoscenza possa
compromettere il buon andamento dell’azione
amministrativa, prevalentemente nella fase
preparatoria di provvedimenti.
La mole della documentazione richiesta non
può costituite ostacolo all’accesso,
potendo, in tal caso l’Amministrazione,
richiedere la corresponsione dei costi di
riproduzione e copia dei documenti, ma non
certo differirne l’accesso per esigenze
organizzative, né tento meno per la
imminenza del periodo feriale.
Il diritto di accesso è pieno e investe
tanto la visione quanto l’estrazione di
copia, posto che l’esame e l’estrazione di
copia sono previste come modalità congiunte
dell'esercizio del diritto, senza deroghe o
eccezioni di sorta, mentre i casi di
impedimento al diritto di accesso sono,
invece, ricondotti solo all'esclusione o al
differimento (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 16.03.2009 n. 754 - link
a www.altalex.com). |
LAVORI PUBBLICI: L'art.
13, d.lgs. n. 163 del 2006, nel vietarne
l'accesso ed ogni altra forma di
divulgazione, equipara le relazioni del
direttore dei lavori e del collaudatore ai
«pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti
all'applicazione del presente codice»
anch'essi non ostensibili, perché riferiti
ad un contenzioso potenziale o attuale con
l'appaltatore e investiti dalle stesse
esigenze di riservatezza che tutelano le
ragioni di ordine patrimoniale della
stazione appaltante.
E’ noto sul
punto il dibattito e il contrasto di
giurisprudenza che ha attraversato le
Sezioni giurisdizionali del Consiglio di
Stato, il cui conflitto è stato recentemente
composto dall’Adunanza Plenaria, la quale ha
statuito che “L'art. 10 D.P.R. n.
554/1999 non è stato implicitamente abrogato
dalle modifiche apportate all'art. 31-bis L.
n. 109/1994 dalla L. n. 166/2002. Ne
consegue che le relazioni del direttore dei
lavori e del collaudatore sulle riserve
avanzate dall'esecutore di lavori pubblici
sono rimaste sottratte all'accesso anche
durante la vigenza dell'art. 31-bis della L.
n. 109/1994 nel testo risultante
dall'emendamento introdotto dall'art. 7, L.
n. 166/2002. Del pari, è rimasto confermato
l'intento del legislatore di ricondurre tali
relazioni ai casi di "divieto di
divulgazione altrimenti previsti
dall'ordinamento" di cui all'art. 24, comma
1, L. n. 241/1990” (Cons. Stato. Ad.
Plen., 13-09-2007, n. 11; Cons. Stato Sez.
V, 10-12-1999, n. 814).
L’Adunanza Plenaria ha, con la stessa
decisione, ulteriormente suffragato
l’assunto appena riportato, confrontandosi
con le nuove disposizioni specifiche
contenute nel Codice dei Contratti di cui al
d.lgs. 16.04.2006, n. 163 e statuendo al
riguardo che “l'art. 13, d.lg. n. 163 del
2006, nel vietarne l'accesso ed ogni altra
forma di divulgazione, equipara le relazioni
del direttore dei lavori e del collaudatore
ai «pareri legali acquisiti dai soggetti
tenuti all'applicazione del presente codice»
anch'essi non ostensibili, perché riferiti
ad un contenzioso potenziale o attuale con
l'appaltatore e investiti dalle stesse
esigenze di riservatezza che tutelano le
ragioni di ordine patrimoniale della
stazione appaltante” (Consiglio Stato
Adunanza Plenaria, 13.09.2007, n. 11).
Del resto anche il Giudice di prime cure
aveva precisato che le relazione riservate
del direttore dei lavori sono ostensibili
solo ai consiglieri comunali, il cui diritto
d’acceso è pieno, e che sono tenuti al
segreto d’ufficio in forza del loro mandato,
ma non possono essere concesse in visione (o
in estrazione di copia) ad altri soggetti.
Si è al riguardo stabilito, infatti, che “in
forza dell'art. 43, d.lg. 18.08.2000 n. 267,
i consiglieri comunali possono accedere
anche ad atti per i quali è generalmente
precluso ai terzi l'esercizio del diritto di
accesso per ragioni di riservatezza, quali
sono le relazioni riservate del direttore
dei lavori e del collaudatore ai sensi
dell'art. 13 comma 5, lett. d), d.lg.
12.04.2006 n. 163, in quanto, al diritto di
accesso dei consiglieri comunali a tutti gli
atti e documenti in possesso della p.a. non
possono essere opposte esigenze di
riservatezza dei terzi, dato che queste sono
tutelate attraverso l'imposizione in capo ai
consiglieri dell'obbligo di mantenere il
segreto nei casi determinati dalla legge”
(TAR Abruzzo-L'Aquila, Sez. I, 31.07.2007,
n. 492).
Deve sul punto il Tribunale convenire con
l’orientamento giurisprudenziale appena
rassegnato, posto che le relazioni riservate
del direttore dei lavori e dell’organo di
collaudo sono atti che il Codice dei
contratti espressamente e specificamente
esclude dall’accesso e da ogni forma di
divulgazione a terzi. Dirimente appare
infatti la norma di cui all’art. 13, comma
5, del d.lgs. n. 163/2006 che dispone: “Fatta
salva la disciplina prevista dal presente
codice per gli appalti segretati o la cui
esecuzione richiede speciali misure di
sicurezza, sono esclusi il diritto di
accesso e ogni forma di divulgazione in
relazione (…) d) alle relazioni riservate
del direttore dei lavori e dell'organo di
collaudo sulle domande e sulle riserve del
soggetto esecutore del contratto”
(TAR
Piemonte, Sez. I,
sentenza 16.03.2009 n. 754 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Carenza di interesse a
ricorrere per il soggetto legittimamente
escluso.
Il concorrente
legittimamente escluso da una gara pubblica
non ha interesse processuale a ricorrere
contro i provvedimenti adottati nelle
ulteriori fasi della procedura ed, in
particolare, contro quello di aggiudicazione
ad altra impresa partecipante, posto che
l’eventuale accoglimento del gravame nessun
vantaggio recherebbe alla sua sfera
giuridica, restando invulnerata la sua
esclusione dalla gara
(TAR
Piemonte, Sez. I,
ordinanza 16.03.2009 n. 237 -
link a www.altalex.com). |
APPALTI:
Criterio del prezzo più
basso - Calcolo della soglia di anomalia -
Art. 86 d.lgs. n. 163/2006 - Stazione
appaltante - Det. 26.10.1999 dell’Autorità
per la Vigilanza sui Lavori Pubblici -
Sequenza di calcolo.
Quando il criterio di aggiudicazione
dell’appalto è quello del prezzo più basso,
il calcolo della soglia di anomalia è dato
dal “ribasso pari o superiore alla media
aritmetica dei ribassi percentuali di tutte
le offerte ammesse, con esclusione del dieci
per cento, arrotondato all’unità superiore,
rispettivamente delle offerte di maggior
ribasso e di quelle di minor ribasso,
incrementata dello scarto medio aritmetico
dei ribassi percentuali che superano la
predetta media” (art. 86 del DLgs n.
163/2006).
Sul punto, con determinazione 26.10.1999
l’Autorità per la vigilanza sui lavori
pubblici ha precisato analiticamente la
sequenza da rispettare a cura della stazione
appaltante:
1) si forma l’elenco delle offerte ammesse
disponendole in ordine crescente di ribasso;
2) si calcola il 10% del numero delle
offerte ammesse e lo si arrotonda all’unità
superiore;
3) si escludono fittiziamente dall’elenco un
numero di offerte di minor ribasso pari al
numero di cui al punto 2), nonché un numero
di offerte di maggior ribasso di cui al
punto 2) (c.d. taglio delle ali);
4) si calcola la media aritmetica dei
ribassi delle offerte che restano dopo
l’operazione di esclusione fittizia di cui
al punto 3);
5) si calcola -sempre con riguardo alle
offerte che rimangono dopo l’operazione di
esclusione fittizia di cui al punto 3)- lo
scarto dei ribassi superiori alla media di
cui al punto 4), e, cioè, la differenza tra
tali ribassi (superiori alla media) e la
suddetta media;
6) si calcola la media aritmetica degli
scarti e cioè la media delle differenze;
7) si somma la media di cui sub 4) con la
media di cui sub 6): tale somma costituisce
la soglia di anomalia (TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 13.03.2009 n. 602 - link
a www.ambientediritto.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di
Riccione (RN) riguardante
"la legittimità dell'inserimento nei
contratti di appalto di lavori pubblici di
clausole che prevedano il riconoscimento di
interessi per ritardati pagamenti"
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Emilia Romagna,
parere 13.03.2009 n. 5
- link a www.corteconti.it). |
APPALTI:
Appalti pilotati, mini
sanzioni.
Condanne meno severe per gli appalti
pilotati. Infatti i giri di mazzette
avvenuti prima della pubblicazione del bando
di gara non integrano il reato di turbata
libertà degli incanti.
Il reato di
turbata libertà degli incanti non si
configura, neanche nella forma del
tentativo, prima che la procedura sia
iniziata ossia prima che il bando relativo
sia stato pubblicato
(Corte di
Cassazione, Sez. VI penale,
sentenza 12.03.2009 n. 11005). |
APPALTI: Contratti
pubblici. Accordi di sponsorizzazione.
Contratti attivi. Non rientrano nell'ambito
di applicazione del d.lgs. n. 163/2006.
Gli accordi di sponsorizzazione pur essendo
necessariamente diretti al perseguimento di
pubblici interessi restano fuori dall'ambito
della disciplina comunitaria e nazionale
sugli appalti pubblici in quanto non sono
qualificabili come "contratti passivi",
bensì come "contratti attivi" in
quanto comportano un vantaggio economico e
patrimoniale direttamente quantificabile da
parte dell'amministrazione (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
I, sentenza 12.03.2009 n. 1894). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
A. Gurrieri,
Il Responsabile del procedimento negli
appalti di beni e servizi (link a
www.diritto.it). |
APPALTI:
IL CONTRATTO DI AVVALIMENTO (link
a www.mediagraphic.it). |
LAVORI PUBBLICI:
A. Serravezza,
La finanza di progetto dopo il terzo decreto
correttivo del Codice degli Appalti
(link a www.altalex.com). |
LAVORI PUBBLICI:
R. Greco,
LA NATURA GIURIDICA DELLE PROCEDURE DI
PROJECT FINANCING DOPO IL TERZO DECRETO
CORRETTIVO AL CODICE DEGLI APPALTI
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
R. Giovagnoli,
LA RESPONSABILITÀ DELLA STAZIONE APPALTANTE
PER LA VIOLAZIONE DELLE REGOLE DELL'EVIDENZA
PUBBLICA: IL PROBLEMA DELLA QUANTIFICAZIONE
DEL DANNO E LA POSSIBILITÀ PER L'IMPRESA
PRETERMESSA DI SUBENTRARE NEL RAPPORTO
CONTRATTUALE (link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
D. Zonno,
ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE E SORTE DEL
CONTRATTO: LE NUOVE FRONTIERE DELLA “TUTELA
REALE” DINANZI A GIUDICE AMMINISTRATIVO
(nota a TAR Molise 24.09.2008 n. 719)
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla legittimazione a
ricorrere delle imprese del settore nel caso
in cui una p.a. decida di procedere alla
stipulazione di un contratto con un
determinato imprenditore a seguito di
trattativa privata.
Qualora una p.a. decida di procedere alla
stipulazione di un contratto con un
determinato imprenditore a seguito di
trattativa privata, va riconosciuta la
legittimazione a ricorrere, avverso la
decisione suddetta, agli altri operatori
economici del settore, poiché titolari di un
interesse strumentale alla effettuazione
della gara, in quanto aspiranti partecipanti
alla stessa. Pertanto, nel caso di specie,
la società ricorrente era legittimata ad
impugnare l'indizione della trattativa
privata in quanto indetta in palese
contrasto con l'art. 6 del D.lgvo n.
157/1995, essendo l'appalto in questione di
importo superiore a 200.000 ECU, e pertanto
lo stesso doveva essere affidato, non
mediante trattativa privata, bensì per
pubblico incanto o mediante licitazione
privata (TAR Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 09.03.2009 n. 2369 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sul principio
dell'invariabilità soggettiva del
concorrente ad una gara d'appalto.
In materia di appalti pubblici vige il
principio dell'invariabilità soggettiva del
concorrente, in quanto il bando di gara
prevede la verifica dei requisiti dei
partecipanti, con conseguente impossibilità
di variazioni soggettive nelle varie fasi
della gara, fatta salva la previsione
(eccezionale) di cui all'art. 51 del D.L.vo.
n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici)
che, peraltro, fa salvo l'accertamento dei
requisiti di ammissione e partecipazione in
capo al cessionario. Conseguentemente, la
giurisprudenza sul punto ritiene che, in
caso di cessione del ramo d'azienda,
l'ammissione del subentrante è subordinata a
due condizioni: che gli atti di cessione
siano comunicati alla stazione appaltante e
che questa abbia verificato l'idoneità
soggettiva ed oggettiva del subentrante.
Nel caso di specie mancando la
comunicazione, da parte della società
cedente, della nuova situazione alla
stazione appaltante, il procedimento
necessario per rendere efficace la
variazione soggettiva del concorrente nei
confronti della stazione appaltante,
disciplinato dall'art. 51 del codice dei
contratti pubblici non si è potuto
perfezionare, pertanto la nuova società, non
avendo partecipato alla gara, non può
comunque risultare aggiudicataria (TAR
Emilia-Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 06.03.2009 n. 228 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
B.U.R. Lombardia, 4° suppl. straord. al n. 9
del 06.03.2009, "Valori agricoli medi
validi per l'anno 2009 dei terreni,
considerati liberi da vincoli di contratti
agrari, secondo i tipi di coltura
effettivamente praticati, determinati
nell'ambito delle singole regioni agrarie
lombarde a norma dell'art. 41, comma 4, del
d.P.R. 08.06.2001, n. 327 e successive
modificazioni ed integrazioni" (comunicato
regionale 25.02.2009 n. 28 - link
a www.infopoint.it). |
ESPROPRIAZIONE:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 9 del
06.03.2009, "Norme regionali in materia
di espropriazione per pubblica utilità"
(L.R.
04.03.2009 n. 3 - link a
www.infopoint.it). |
APPALTI:
Sulla possibilità di
modificazione soggettiva nelle gare
d'appalto ex art. 51 del d.lgs. 23.04.2006,
n. 165 e sulla regolarità contributiva.
L'art. 51 del c.d. nuovo codice degli
appalti (d.lgs. 23.04.2006, n. 165), in
riconoscimento dell'autonomia organizzativa
degli operatori economici che concorrono
alla gara, ha consentito, per ogni tipo di
appalto, la modificazione soggettiva degli
stessi, sia con riferimento alla fase
dell'offerta, che a quella
dell'aggiudicazione e della stipulazione del
contratto, con conseguente vincolo per la
stazione appaltante di ammettere alle
distinte fasi della procedura concorsuale i
soggetti subentranti, previo accertamento in
capo a essi dei requisiti previsti per la
partecipazione alla gara. Il superamento in
subiecta materia del "dogma" della
immodificabilità soggettiva risponde
all'esigenza, già avvertita dalla
giurisprudenza prima dell'avvento
codicistico, di garantire la libertà
contrattuale dell'impresa (valore
costituzionalmente garantito ex art. 41
Cost.), nel senso che questa deve poter
procedere alla riorganizzazione aziendale
senza che possa esserle di pregiudizio lo
svolgimento delle gare alle quali abbia
partecipato. E' però estraneo alle
disposizioni dell'art. 51 del codice
l'intento di limitare la fase accertativa
del possesso dei requisiti di partecipazione
alla gara nei riguardi della sola impresa
subentrante (nel caso di specie: società
beneficiaria della scissione) e di escludere
la necessità di operare la medesima verifica
nei riguardi dell'impresa, soggetta a
vicenda modificativa (nella specie: società
scissa).
In proposito va evidenziato che la
codificazione, ad opera dell'art. 51 del
Codice, dell'opponibilità alla stazione
appaltante del nuovo soggetto subentrante
(nelle distinte fasi e vicende modificative
enumerate dalla norma) non può essere
considerato come una deroga alle regole
proprie dell'evidenza pubblica, che esigono
la permanenza comunque, in capo alle imprese
partecipanti alla gara, dei requisiti di
ordine generale e speciale necessari per
l'ammissione alla procedura concorsuale.
La regolarità contributiva e fiscale per la
partecipazione alle selezione per
l'aggiudicazione di un appalto pubblico è
richiesta come requisito indispensabile per
la partecipazione alla gara, con le
conseguenti e connesse puntualizzazioni che
non può riconoscersi alcuna valenza alla
regolarizzazione spontanea del relativo
debito, intervenuta successivamente alla
data di autodichiarazione di correttezza
contributiva e che costituisce ex se motivo
di esclusione dalla gara il fatto che
l'autodichiarazione presentata dall'impresa,
al fine della dimostrazione della posizione
di regolarità contributiva, sia risultata
non veritiera (TAR Lazio, Sez. III-bis,
sentenza 05.03.2009 n. 2279 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Presentazione
dell’offerta - Utilizzo del nastro adesivo
al posto della ceralacca - Equivalenza -
Esclusione.
La mancata presentazione dell’offerta in una
busta sigillata con ceralacca e
controfirmata sui lembi di chiusura,
prevista a pena di esclusione, va sanzionata
con l’esclusione dalla gara del partecipante
(cfr. Consiglio di Stato, V, 08.07.2008, n.
3400; 22.12.2005, n. 7330). Il mancato
rispetto di tale prescrizione non può essere
surrogato dall’utilizzo di una modalità
ritenuta, dall’interessato, equipollente
rispetto a quella espressamente richiesta.
Infatti, in mancanza di una clausola di
equivalenza contenuta nel bando, oppure di
un previsione normativa che provveda -sulla
base di caratteristiche tecniche
generalmente riconosciute- ad equiparare i
sistemi di chiusura delle buste al fine di
evitare la manomissione del loro contenuto,
non sarebbe consentito all’interprete
procedere ad una (arbitraria) equiparazione
dei diversi sistemi esistenti (fattispecie
relativa alla chiusura con nastro adesivo
trasparente: modalità che consente, a
giudizio del TAR, la manomissione della
busta) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 04.03.2009 n. 460 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
La mancanza di una
dichiarazione prevista ex lege comporta
esclusione.
La mancata
dichiarazione -indipendentemente dalla
circostanza che il bando o lo schema della
domanda di partecipazione predisposti
dall’Amministrazione lo prevedessero
esplicitamente- avrebbe dovuto condurre
all’esclusione dell’impresa inottemperante
al predetto obbligo.
L’art. 17 della legge n. 68 del 1999 è una
disposizione con un chiaro contenuto di
ordine pubblico e la sua applicazione non
viene fatta dipendere dall’inserimento o
meno dell’obbligo ivi previsto fra le
specifiche clausole di concorso delle
singole gare; logica conseguenza è che il
bando che non contenga alcun riferimento
agli obblighi derivanti dalla norma
legislativa anzidetta, deve intendersi dalla
stessa comunque integrato
(TAR
Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 04.03.2009 n. 457 - link
a www.altalex.com). |
APPALTI: 1.
Approvazione capitolato tecnico da parte
della giunta comunale - Illegittimità -
Sussiste.
2. Offerta economicamente più vantaggiosa -
Potere della commissione di gara di
specificare i sottocriteri e derogare ai
parametri valutativi specificati dal bando -
Non sussiste.
1.
L'approvazione del capitolato tecnico di un
appalto da parte della Giunta comunale è
illegittima per incompetenza e tale vizio si
trasmette su tutti gli atti successivi,
parimenti meritevoli di annullamento, che
dal primo traggono fondamento. Come
stabilito dall'art. 107 commi 2 e 3 del
Testo Unico degli Enti Locali e come
confermato dalla giurisprudenza, infatti, le
determinazioni riguardanti la fase esecutiva
dell'affidamento di un pubblico contratto,
che impegnano l'amministrazione verso
l'esterno, devono essere adottate dal
competente dirigente comunale e non già
dalla Giunta.
2.
Prima dell'apertura dell'offerta tecnica e
della relativa valutazione, alla commissione
aggiudicatrice è consentito soltanto fissare
criteri motivazionali che, comunque, non
possono derogare ai parametri fissati dal
bando di gara né possono incidere sui pesi
dallo stesso attribuiti; in ossequio al
consolidato orientamento della
giurisprudenza comunitaria, infatti, alla
commissione di gara non è consentito
introdurre elementi che, se noti al momento
della redazione dell'offerta, avrebbero
potuto influenzarne la relativa formulazione
(cfr. CGCE, sez. II, n. 331/2004) (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza
03.03.2009 n. 1731). |
APPALTI:
G.U. 02.03.2009 n. 50 "Determinazione per
il periodo 01.01.2008-31.12.2008, della
misura del tasso di interesse di mora da
applicare ai sensi e per gli effetti
dell’articolo 133 del codice dei contratti
pubblici di lavori, servizi, forniture"
(D.M.
19.02.2009). |
APPALTI:
Informative prefettizie
antimafia: l'amministrazione è esonerata
dall'obbligo di comunicazione di cui
all'art. 7, l. 07.08.1990 n. 241
Sull'inapplicabilità dell'art. 12 del DPR
252/1998 agli appalti di servizi e di
forniture.
L'amministrazione è esonerata dall'obbligo
di comunicazione di cui all'art. 7, l.
07.08.1990 n. 241, relativamente
all'informativa antimafia ed al successivo
provvedimento di revoca un'aggiudicazione
rilasciata, atteso che si tratta di
procedimento in materia di tutela antimafia,
come tale intrinsecamente caratterizzato da
profili di urgenza
La scelta normativa di non estendere l'art.
12 del DPR 252/1998 anche agli appalti di
servizi, pur se opinabile, non risulta
irragionevole alla luce delle più cospicue
garanzie ratione temporis predisposte
in tema di appalti di lavori (si pensi
all'albo costruttori e, quindi, all'Autorità
per la vigilanza sui lavori pubblici ed al
sistema di qualificazione SOA), idonee a
garantire un controllo sull'affidabilità
delle imprese operanti in questo settore,
più penetrante rispetto al campo degli
appalti di servizi e di forniture (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 02.03.2009 n. 1148 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
febbraio 2009 |
|
APPALTI:
GARA D'APPALTO -
PUBBLICITA' SEDUTE DI GARA - INDEROGABILITA'
PER LE FASI DI VERIFICA DOCUMENTAZIONE
AMMINISTRATIVA - FASE VALUTAZIONE
TECNICO-QUALITATIVA OFFERTE - VA EFFETTUATA
IN SEDUTA RISERVATA.
Il principio generale di pubblicità delle
sedute di gara deve ritenersi inderogabile,
in ogni tipo di gara, almeno per quanto
concerne le fasi di verifica dell'integrità
dei plichi contenenti la documentazione
amministrativa e di apertura dei plichi
medesimi a differenza della differente fase
inerente alla valutazione
tecnico-qualitativa dell'offerta che non può
che essere svolta in seduta riservata al
fine di evitare possibili influenze sui
componenti della commissione giudicatrice
(TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter,
sentenza 27.02.2009 n. 2104 -
link a www.mediagraphic.it). |
APPALTI SERVIZI:
Esclusione automatica di
un'offerta - Prima che la Stazione
appaltante richieda le precisazioni ritenute
utili in merito alla composizione della
stessa - Non può essere disposta - Valore
del D.M. di determinazione periodica del
costo del lavoro.
E' ormai pacifico che il principio di
esclusione automatica non può trovare
applicazione negli appalti (di qualsiasi
natura), retti dal principio secondo cui
l'amministrazione -prima di poter rifiutare
un'offerta- richiede le precisazioni che
ritiene utili in merito alla composizione
della stessa e la sottopone a verifica
tenendo conto delle giustificazioni fornite.
In tale quadro, quindi, il decreto
ministeriale di determinazione periodica del
costo del lavoro assume valore
essenzialmente ricognitivo del costo del
lavoro formatosi in un certo settore
merceologico sulla base dei valori economici
previsti dalla contrattazione collettiva, e
non è diretto ad incidere sulle regole di
apertura al mercato nell'aggiudicazione
degli appalti pubblici, imponendo a tutte le
imprese il rispetto di certi parametri nella
formulazione delle offerte.
Il Codice dei contratti non ha infatti
previsto che nell'ipotesi di un seppur
minimo contrasto con le tabelle predisposte
dal Ministero del Lavoro l'offerta debba
essere automaticamente considerata anomala,
ma ha ben diversamente imposto alla stazione
appaltante di valutare le giustificazioni
fornite dalla partecipante e di considerare
l'offerta anormalmente bassa solo ove si
discosti in modo evidente dai parametri
fissati con il decreto ministeriale (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Brescia, sentenza 27.02.2009 n.
474). |
APPALTI SERVIZI:
Parere richiesto dal Sindaco del comune di
Agerola (Na) sulla
possibilità di conoscere se qualora all'atto
dell'instaurazione di un contratto di
servizi non sia stato possibile determinare
preventivamente l'ammontare della spesa e
l'Ente abbia provveduto ad assumere un
impegno rivelatosi insufficiente a coprire
il costo finale dell'intera prestazione
l'Amministrazione possa assumere un impegno
suppletivo per il pagamento della differenza
dovuta, oppure si renda necessaria la
procedura di riconoscimento del debito fuori
bilancio.
La regola generale fissata dall’art. 191
del TUEL n. 267/2000 è che gli enti locali
possono effettuare spese solo quando
sussista la regolare assunzione dell’impegno
contabile, registrato sul competente
intervento di bilancio e sia stata emessa la
prescritta attestazione di copertura della
spesa da parte del Dirigente del Servizio
finanziario. L’inosservanza di questo
fondamentale precetto determina, come
conseguenza, l’insorgenza dei debiti fuori
bilancio, dei quali, com’è noto, soltanto
alcuni, contemplati dall’art. 194 del TUEL,
sono riconoscibili.
Occorre
distinguere, in astratto, tre possibili
fattispecie.
La prima concerne l’ipotesi in cui
l’impegno suppletivo debba essere assunto
nel medesimo esercizio cui l’impegno
contrattuale si riferisce. In tal caso nulla
osterebbe all’assunzione di un impegno
suppletivo sullo stanziamento di bilancio
del medesimo esercizio.
La seconda ipotesi è che si tratti di
spese previste nel bilancio pluriennale.
Anche in tal caso possono essere assunti
impegni suppletivi, sempre che gli stessi
siano compresi nel bilancio pluriennale e
nel limite delle previsioni in esso
contenute (altrimenti il debito residuo
costituirebbe un debito fuori bilancio).
L’ultima ipotesi -nella quale rientra
la fattispecie ipotizzata nella richiesta di
parere- riguarda il caso in cui la somma
necessaria al pagamento del saldo riguardi
importi non impegnati entro l’esercizio in
cui si è perfezionato il contratto.
Diversamente da quanto accade per le due
ipotesi precedenti, in questa ipotesi non è
possibile far luogo ad impegni suppletivi in
quanto detti provvedimenti devono essere
adottati entro il termine dell’esercizio
finanziario cui l’impegno si riferisce ed
oltre tale termine anche le eventuali
prenotazioni perdono qualsiasi efficacia,
con la conseguenza che le relative somme
vanno in economia. In tal caso, avendo il
Comune impegnato e coperto finanziariamente
solo una parte della spesa e non tutta
quella dell’importo contrattuale,
risulterebbe violato il procedimento
prescritto dagli articoli 183 e 191, primo
comma, del TUEL n. 267/2000;
conseguentemente, la spesa eccedente
l’impegno assunto verrebbe a configurare un
debito fuori bilancio, per il cui
riconoscimento va adottata la procedura
prevista dall’art. 194, lett. e) del TUEL
citato (cfr. ex plurimis, Sezioni riunite
per la Regione siciliana in sede consultiva
Del.ni n. 9/2005 e n. 2/2007)
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Campania,
parere 26.02.2009 n. 9
- link a www.corteconti.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità
dell'operato di una commissione di gara che
prima dichiara di volere specificare e
precisare i criteri di valutazione delle
offerte e che poi, invece, ometta tale
adempimento.
Sull'esclusione di un concorrente da una
gara qualora la busta contenente l'offerta
sia stata aperta, sia pure per errore,
dall'ufficio protocollo, prima di essere
consegnata alla commissione di gara.
A prescindere dalle soggettive valutazioni
circa la necessità, o meno, di un intervento
integrativo di una commissione di gara per
predeterminare o specificare i criteri da
seguire in sede di valutazione delle
offerte, è illegittima la condotta di una
commissione che prima dichiara di volere
specificare e precisare i criteri di
valutazione delle offerte e che poi, invece,
ometta tale adempimento.
Deve essere esclusa da una procedura di gara
la concorrente la cui domanda di
partecipazione contenente l'offerta sia
stata aperta, sia pure per errore,
dall'ufficio protocollo, prima di essere
consegnata alla commissione di gara. È
sufficiente, infatti, il mero fatto
oggettivo dell'apertura di una domanda di
partecipazione prima del momento in cui la
commissione debba avere cognizione dei
relativi contenuti, perché tale offerta vada
definitivamente esclusa dal seguito della
gara; essendo invece del tutto irrilevante,
quand'anche pienamente comprovata e
verbalizzata, la circostanza che la
commissione non abbia mai preso cognizione
del relativo contenuto (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 25.02.2009 n. 1134 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
U.T.F.P.: 100 DOMANDE E RISPOSTE -
Edizione aggiornata alle modifiche di cui al
d.lgs. 11.09.2008 n. 152 (edizione
febbraio 2009 - link a
www.utfp.it). |
LAVORI PUBBLICI:
S. Glinianski,
Le nuove forme di partenariato pubblico
privato: la locazione finanziaria di opera
pubblica leasing in costruendo
(link a www.lexitalia.it). |
APPALTI:
RIEPILOGO DELLA DISCIPLINA E DEGLI ASPETTI
FISCALI E GESTIONALI DELLE ASSOCIAZIONI
TEMPORANEE DI IMPRESE (23.02.2009
- link a www.ancebrescia.it). |
APPALTI:
Non ha carattere
perentorio il termine concesso
dall'amministrazione ai partecipanti ad una
gara per i chiarimenti ai fini del giudizio
di anomalia.
Il termine concesso dall'amministrazione ai
soggetti che partecipano alla gara al fine
di fornire i chiarimenti ai fini del
giudizio di anomalia, non ha carattere
oggettivamente perentorio.
Pertanto, in assenza di specifica
comminatoria in tal senso in seno alla legge
ed alla lex specialis,
l'amministrazione ha il potere discrezionale
di prorogare il termine originariamente
concesso ovvero di chiedere ulteriori
approfondimenti.
Come chiarito dallo stesso art. 88 del
codice dei contratti pubblici, la
concessione all'aggiudicataria di un termine
ulteriore costituisce facoltà
dell'amministrazione che non integra in sé
violazione dei principi che informano lo
svolgimento della procedura di evidenza
pubblica (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 20.02.2009 n. 1018 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla disapplicazione
dell'art. 23, c. 1, del D.L. n. 273/2005 che
prevede l'ulteriore prolungamento del
periodo transitorio del servizio di
distribuzione di gas naturale.
In tema di servizio di distribuzione di gas
naturale la disposizione di cui all'art. 23,
c. 1, del D.L. 30/12/2005 n. 273, convertito
con modificazioni nella L. 23/02/2006 n. 51,
deve essere disapplicata, nel caso di
specie, in quanto in contrasto con il
diritto comunitario. La suddetta
disposizione produce, infatti, una
compressione ulteriore, sia pur
temporalmente circoscritta, alla libera
prestazione di servizi e alla libertà di
stabilimento, in quanto non permette alle
imprese interessate - stabilite in altri
Stati membri - l'accesso alle concessioni
affidate o rinnovate.
Se il D. Lgs. 164/2000, come modificato
dalla L. 239/2004, contempera in modo
equilibrato le esigenze dei concessionari
con l'obiettivo di attivare i meccanismi
competitivi, l'ulteriore prolungamento del
periodo transitorio non è sorretto da
imperiose ragioni di interesse pubblico: in
particolare non risulta rispettato il
principio di stretta proporzionalità che
deve assistere le deroghe in materia, poiché
il legislatore ha ulteriormente ritardato la
piena apertura al mercato malgrado le
ragioni delle Società concessionarie fossero
già state congruamente apprezzate e
valorizzate con i precedenti provvedimenti
legislativi.
Nel caso di specie, inoltre, non è possibile
riconoscere una posizione di affidamento
qualificato in capo all'impresa
concessionaria in quanto il rinnovo della
concessione è stato disposto nel 1995,
quando il quadro normativo nazionale e
comunitario era assolutamente univoco
nell'indicare la procedura ad evidenza
pubblica quale sistema ordinario di
aggiudicazione dei contratti delle
amministrazioni (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 20.02.2009 n. 322 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sul procedimento
relativo ad un'istanza tesa ad ottenere il
riconoscimento della salvaguardia della
gestione del servizio idrico ex art. 113 c.
15-bis tuel.
E' illegittimo il provvedimento con cui
l'amministrazione provinciale ha negato
l'efficacia delle convenzioni concernenti
l'affidamento del servizio idrico, sulla
scorta della disciplina sopravvenuta di cui
all'art. 113 c. 15-bis tueell, respingendo
la domanda del gestore tesa ad ottenere la
salvaguardia della gestione.
A fronte di un'istanza tesa ad ottenere il
riconoscimento della salvaguardia della
gestione del servizio idrico, nell'esercizio
di un potere evidentemente connotato da
discrezionalità in ordine alla verifica
della sussistenza dei relativi presupposti,
il relativo procedimento, infatti, avrebbe
dovuto svolgersi nel pieno rispetto degli
obblighi fondamentali dettati dalla legge
generale del procedimento a garanzia della
completezza dell'istruttoria e del
contraddittorio, non solo formale ma anche
sostanziale sulle ragioni sottese alla
determinazione conclusiva; quest'ultima poi
avrebbe dovuto fare capo all'organo
competente ad esprimere la determinazione
finale. Pertanto, l'A.T.O. ha violato l'art.
10-bis della L. n. 241/1990 per non avere
previamente comunicato alla società
ricorrente i motivi ostativi
all'accoglimento dell'istanza di
salvaguardia delle proprie gestioni; invero,
il carattere discrezionale della valutazione
rimessa all'amministrazione e la rilevanza
delle questioni svolte fa apparire
indispensabile in via anche sostanziale quel
supplemento istruttorio imposto in via
formale dalla legge a garanzia delle
posizioni coinvolte.
La decisione circa la salvaguardia delle
gestioni esistenti spetta allo stesso organo
che ha deliberato la forma di gestione del
servizio, id est la conferenza dei
rappresentanti degli enti locali dell'A.T.O.
(cfr. gli artt. 4, 9 e 10 della convenzione
di cooperazione stipulata il 21.6.2002 tra
la provincia e gli enti locali ricadenti
nell'AT.O.), le cui decisioni, ex art. 10
della convenzione, debbono essere sottoposte
all'approvazione degli enti locali
convenzionati (TAR Liguria, Sez. II,
sentenza 19.02.2009 n. 254 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Partecipazione in ATI.
Impugnazione di atti della procedura di
gara. Legittimazione ad impugnare di ogni
singola impresa del raggruppamento
costituito o costituendo. Sussiste.
Qualora sia necessario impugnare gli atti di
una procedura di selezione del contraente
(nel caso di specie, l'esclusione dalla
gara), sussiste la legittimazione attiva di
ciascuna delle imprese partecipanti in ATI,
sia che il raggruppamento risulti già
costituito al momento della presentazione
dell'offerta, sia che questo debba
costituirsi all'esito della eventuale
aggiudicazione del contratto di appalto
(cfr. ex multis: Cons. Stato, sez. V,
30.08.2004, n. 5646 e Cons. Stato, sez. V,
15.04.2004, n. 2148, TAR Lombardia, Milano,
sez. III, 13.12.2006, n. 4958) (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza
17.02.2009 n. 1242). |
APPALTI:
GARA D'APPALTO - CRITERI
DI VALUTAZIONE DELLE OFFERTE - ESPERIENZE
PREGRESSE - AMMISSIBILITA' - CONDIZIONI -
PREPONDERANZA DEL PUNTEGGIO NELLA
VALUTAZIONE DELL'OFFERTA TECNICA -
ILLEGITTIMITA' - FATTISPECIE.
La giurisprudenza che ammette la facoltà
della stazione appaltante di prevedere nel
bando di gara anche elementi di valutazione
dell'offerta tecnica di tipo soggettivo
concernenti, cioè, la specifica attitudine
del concorrente - anche sulla base di
analoghe esperienze pregresse -a realizzare
lo specifico progetto oggetto di gara, è
ferma nel ritenere “ciò legittimo, nella
misura in cui aspetti dell'attività
dell'impresa possano illuminare la qualità
dell'offerta“ (Consiglio Stato, sez. VI,
09.06.2008, n. 2770).
E, di certo, non è questo il caso, laddove
il fatturato degli ultimi tre esercizi,
anche se accompagnato da certificati di
buona esecuzione, ha un peso predominante
nell’attribuzione del punteggio all’offerta
tecnica (20 punti, su 50 complessivi) e
perché la prestazione ( somministrazione di
lavoro temporaneo) non evidenzia un servizio
connotato da particolari conoscenze tecniche
od organizzative nelle quali possa aver
giocato un ruolo determinante la pregressa
esperienza professionale (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 16.02.2009 n. 837 - link
a www.mediagraphic.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Le
Sezioni Riunite di questa Corte muovendo
dall’affermazione che la colpa grave
consiste nella evidente e marcata
trasgressione di obblighi di servizio o di
regole di condotta, che si sostanzia
nell’inosservanza di quel minimo di
diligenza richiesto nel caso concreto, o in
una marchiana imperizia o una irrazionale
imprudenza, hanno individuato la fattispecie
trasgressiva laddove, nel caso di illecito
che si concreti in comportamento omissivo,
questo sia pervicace ed ingiustificato, tale
da rendere ostensiva la volontà del soggetto
di disinteressarsi deliberatamente di
adempimenti che gli fanno carico.
La colpa consiste nell'avere violato un
criterio medio di diligenza, il quale deve
essere più o meno elastico per adattarsi
alla circostanze del caso concreto e, nel
caso di colpa professionale, la limitazione
al dolo e alla colpa grave si giustifica
proprio perché si impone all'agente un
rischio che egli non si assumerebbe se
sapesse di dover rispondere per colpa lieve.
In conseguenza, la limitazione delle
responsabilità ai casi di dolo o colpa grave
va visto come la realizzazione di un
principio di ragionevolezza consistente nel
fatto che la forma di colpa alla quale si
deve riferire è quella in concreto cioè
quella che si accerta in base ai criteri
della prevedibilità ed evitabilità della
serie causale produttiva del danno. Ciò
comporta che la colpa grave nella
responsabilità amministrativa va individuata
in relazione ai poteri e alle funzioni
attribuite ai convenuti nella fattispecie
concreta.
Il direttore
dei lavori per conto del committente presta
un’opera professionale in esecuzione di una
obbligazione di mezzi e non di risultati,
ma, essendo chiamato a svolgere la propria
attività in situazioni involgenti l’impiego
di particolari e peculiari competenze
tecniche, deve utilizzare le proprie risorse
intellettive ed operative per assicurare,
relativamente all’opera in corso di
realizzazione, il risultato che il
committente preponente si aspetta di
conseguire, onde il suo comportamento deve
essere valutato non con riferimento al
normale concetto di diligenza, ma alla
stregua della “diligentia quam” in
concreto”. Egli “è tenuto ad effettuare una
ricognizione del luogo sul quale verrà
effettuata l'opera pubblica. Se da tale
omissione, e da carenze nell'attività
progettuale, derivano sospensioni dei lavori
e difformità dal progetto originario, questi
risponde dei conseguenti oneri”.
Premesso che non ogni comportamento
censurabile può integrare gli estremi della
colpa grave, ma solo quelli contraddistinti
da precisi elementi qualificanti, che –nella
inconfigurabilità di un criterio generale–
vanno accertati caso per caso dal giudice in
relazione alle modalità del fatto, all’
atteggiamento soggettivo dell’autore, nonché
al rapporto tra tale atteggiamento e
l’evento dannoso, occorre rammentare che le
Sezioni Riunite di questa Corte muovendo
dall’affermazione che la colpa grave
consiste nella evidente e marcata
trasgressione di obblighi di servizio o di
regole di condotta, che si sostanzia
nell’inosservanza di quel minimo di
diligenza richiesto nel caso concreto, o in
una marchiana imperizia o una irrazionale
imprudenza (Corte conti Sezioni Riunite
10.06.1997 n. 56/A), hanno individuato la
fattispecie trasgressiva laddove, nel caso
di illecito che si concreti in comportamento
omissivo, questo sia pervicace ed
ingiustificato, tale da rendere ostensiva la
volontà del soggetto di disinteressarsi
deliberatamente di adempimenti che gli fanno
carico.
In altri termini, secondo l’orientamento più
di recente espresso dalle Sezioni d’Appello
di questa Corte, (cfr. Corte Conti, II^ app.
n. 8/2007) la colpa grave consiste in un
giudizio di rimproverabilità per
l'atteggiamento antidoveroso della volontà
che era possibile non assumere; trattasi di
concetto normativo che esprime il rapporto
di contraddizione tra la volontà del
soggetto e la norma. Il fatto colposo è un
fatto involontario che non si sarebbe dovuto
produrre e tale tesi non solo fonda o
esclude la responsabilità, ma la gradua
secondo criteri di valore.
“In sostanza, la colpa consiste
nell'avere violato un criterio medio di
diligenza, il quale deve essere più o meno
elastico per adattarsi alla circostanze del
caso concreto e, nel caso di colpa
professionale, la limitazione al dolo e alla
colpa grave si giustifica proprio perché si
impone all'agente un rischio che egli non si
assumerebbe se sapesse di dover rispondere
per colpa lieve. In conseguenza, la
limitazione delle responsabilità ai casi di
dolo o colpa grave va visto come la
realizzazione di un principio di
ragionevolezza consistente nel fatto che la
forma di colpa alla quale si deve riferire è
quella in concreto cioè quella che si
accerta in base ai criteri della
prevedibilità ed evitabilità della serie
causale produttiva del danno. Ciò comporta
che la colpa grave nella responsabilità
amministrativa va individuata in relazione
ai poteri e alle funzioni attribuite ai
convenuti nella fattispecie concreta”
(Corte Conti, II^ app. n. 8/2007).
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Come è ben
noto, il Direttore dei Lavori è una figura
professionale scelta dal committente proprio
con lo scopo di seguire l'andamento regolare
del cantiere tanto che esso svolge, per
conto di questi, un’ opera di controllo e
verifica della regolarità e del buon
andamento dell’opera e rappresenta la cd.
longa manus dell’amministrazione. Una
volta nominato, diviene, da un lato, il
fiduciario del committente per gli aspetti
di carattere tecnico e, dall’altro, il
garante, nei confronti del medesimo,
dell’osservanza e del rispetto dei contenuti
dei titoli abilitativi all’esecuzione dei
lavori. L’obbligazione a cui egli è tenuto
nei confronti del committente costituisce
un'obbligazione di mezzi “in quanto ha
per oggetto la prestazione di un'opera
intellettuale che non si estrinseca in un
risultato di cui si possa cogliere
tangibilmente la consistenza”. (Cass.
sent. n. 3264/1995).
Al Direttore dei lavori fanno capo una serie
di responsabilità -delineate nell’art. 124
del DPR n. 554/1999- nonché tutte le
attività ed i compiti normativamente
previsti. In particolare deve curare che i
lavori cui è preposto siano eseguiti a
regola d’arte ed in conformità al progetto e
al contratto, è responsabile del
coordinamento e della supervisione
dell'attività di tutto l'ufficio di
direzione dei lavori, e interloquisce in via
esclusiva con l’appaltatore in merito agli
aspetti tecnici ed economici del contratto.
All’uopo “il direttore dei lavori per
conto del committente presta un’opera
professionale in esecuzione di una
obbligazione di mezzi e non di risultati,
ma, essendo chiamato a svolgere la propria
attività in situazioni involgenti l’impiego
di particolari e peculiari competenze
tecniche, deve utilizzare le proprie risorse
intellettive ed operative per assicurare,
relativamente all’opera in corso di
realizzazione, il risultato che il
committente preponente si aspetta di
conseguire, onde il suo comportamento deve
essere valutato non con riferimento al
normale concetto di diligenza, ma alla
stregua della “diligentia quam” in concreto”
(Cass. sent. n. 10728/2008).
Egli “è tenuto ad effettuare una
ricognizione del luogo sul quale verrà
effettuata l'opera pubblica. Se da tale
omissione, e da carenze nell'attività
progettuale, derivano sospensioni dei lavori
e difformità dal progetto originario, questi
risponde dei conseguenti oneri” (Corte
dei conti, Sez. Giurisd. Veneto, sent. n.
530/2004)
(Corte dei
Conti, Sez. giurisdiz. Veneto,
sentenza 13.02.2009 n. 121 - link
a www.corteconti.it). |
APPALTI - INCENTIVO PROGETTAZIONE:
Sin dal momento della designazione del
responsabile unico del procedimento (RUP), l’Ente deve
procedere all’assunzione di un regolare impegno di spesa
(per la liquidazione dell'incentivo alla progettazione
interna) rilevato che risultano già noti l’importo massimo
della spesa e le somme a disposizione dell’Amministrazione
per la realizzazione del progetto.
La mancata assunzione dell’impegno di spesa determina, inevitabilmente, un debito fuori
bilancio che deve essere tempestivamente evidenziato e
sottoposto alla valutazione discrezionale dell’Organo
Consiliare per l’eventuale riconoscimento.
---------------
Nel caso
di riconoscimento di debiti fuori bilancio per
l’acquisizione di beni e servizi senza impegno di spesa, ai
sensi del’art. 194, lett. e), del TUEL, l’Organo Consiliare
deve valutare, mediante specifica e motivata deliberazione
che accerti anche l’eventuale prescrizione, che la spesa
rientri tra quelle disposte per l’espletamento di pubbliche
funzioni e servizi di competenza dell’Ente nei limiti degli
accertati e dimostrati utilità ed arricchimento.
Il Collegio ritiene, quindi, che per gli
Enti locali corrisponde a principi di prudenza e di sana
gestione finanziaria procedere ad un’attenta pianificazione
di bilancio che consenta la determinazione, almeno presunta,
delle somme da corrispondere a terzi al fine di adottare i
dovuti adempimenti contabili di impegno di spesa e di
evitare l’insorgenza di debiti fuori bilancio.
Le eventuali passività insorte durante la gestione assumono,
quindi, carattere eccezionale e devono essere
tempestivamente segnalate per garantirne la copertura
mediante i provvedimenti di riconoscimento di debito fuori
bilancio in presenza dei presupposti sanciti dall’art. 194
del TUEL.
---------------
Il Sindaco del Comune di Castellaneta (TA), con la nota
indicata in epigrafe, richiede il parere della Sezione
sull’esatta procedura contabile da applicare nel caso di
debito gravante sull’Ente per il pagamento degli incentivi
sulla progettazione interna previsti dall’art. 92 del D.Lgs.
12/04/2006 n. 163 e spettanti al responsabile del
procedimento ed ai dipendenti incaricati del progetto di
un’opera pubblica.
Il Sindaco, dopo aver illustrato che il Ministero del
Bilancio e della Programmazione Economica ed il Comune di
Castellaneta avevano sottoscritto, in data 26/03/1998,
apposita convenzione per la realizzazione di opere
infrastrutturali di adeguamento del sistema idrico, precisa
che, come richiesto dal Ministero, con deliberazione della
Giunta Municipale n. 205 del 06/04/1998 era stata effettuata
la designazione del responsabile unico del procedimento ma
non era stato previsto alcun formale impegno di spesa.
Tuttavia, l’allora vigente art. 18 della L. n. 109/1994 poi
trasfuso nell’art. 92 del D.Lgs. n. 163/2006 prevedeva, in
favore del responsabile del procedimento e degli incaricati
del progetto, la corresponsione di una somma non superiore
all’1,5% dell’importo posto a base di gara da ripartire
secondo i criteri assunti in un regolamento effettivamente
adottato dall’Ente con deliberazione della Giunta Municipale
n. 62 del 25/03/2003.
Il Sindaco ritiene che il responsabile del procedimento,
coadiuvato dai funzionari amministrativi, designati con
ordine di servizio del 29/10/1998, abbia svolto le proprie
funzioni sino al collaudo delle opere avvenuto in data
30/01/2003 e pertanto richiede il parere della Sezione
sull’esatta natura del debito per accertare se le somme
spettanti debbano essere ascritte tra i debiti fuori
bilancio del Comune o se ne sia consentita direttamente la
liquidazione da parte del dirigente del Settore.
...
Il debito fuori bilancio costituisce, come noto,
un’obbligazione pecuniaria dell’Ente locale assunta in
violazione delle norme giuscontabili che regolano
l’assunzione di impegni di spesa.
L’art. 194 del D.Lgs. 18/08/2000 n. 267, recante il Testo
Unico degli Enti Locali, consente il riconoscimento di
debiti fuori bilancio soltanto in ipotesi espressamente e
tassativamente determinate rilevato che costituisce regola
generale, sancita dall’art. 191 del TUEL, che gli Enti
locali effettuino spese solo se sussiste l’impegno contabile
registrato sul competente intervento o capitolo di bilancio
ed in presenza di formale attestazione della copertura
finanziaria.
La Sezione evidenzia che l’ordinamento contabile degli Enti
locali è improntato a principi di universalità e di
veridicità che impongono la completa rappresentazione in
bilancio di tutte le entrate e di tutte le spese in modo
veritiero ed attendibile.
Pertanto, sin dal momento della
designazione del responsabile unico del procedimento, l’Ente
avrebbe dovuto procedere all’assunzione di un regolare
impegno di spesa rilevato che risultavano già noti l’importo
massimo della spesa e le somme a disposizione
dell’Amministrazione per la realizzazione del progetto.
La mancata assunzione dell’impegno di spesa
ha, quindi, inevitabilmente determinato un debito fuori
bilancio che doveva essere tempestivamente evidenziato e
sottoposto alla valutazione discrezionale dell’Organo
Consiliare per l’eventuale riconoscimento atteso che il
completamento ed il collaudo delle opere è avvenuto sin
dall’esercizio 2003.
La disciplina per la salvaguardia degli equilibri di
bilancio, prevista dall’art. 193, comma 2, del TUEL impone,
infatti, che almeno annualmente entro il 30 settembre,
l’Organo Consiliare adotti i provvedimenti necessari per il
ripiano di eventuali debiti fuori bilancio.
Trattasi di normativa di peculiare rilevanza poiché la
mancata adozione di tali provvedimenti comporta, ai sensi
dell’art. 191, comma 5, del TUEL, il divieto di assumere
impegni e pagare spese per servizi non espressamente
previsti dalla legge.
La Sezione precisa, inoltre, che nel caso
di riconoscimento di debiti fuori bilancio per
l’acquisizione di beni e servizi senza impegno di spesa, ai
sensi del’art. 194, lett. e), del TUEL, l’Organo Consiliare
deve valutare, mediante specifica e motivata deliberazione
che accerti anche l’eventuale prescrizione, che la spesa
rientri tra quelle disposte per l’espletamento di pubbliche
funzioni e servizi di competenza dell’Ente nei limiti degli
accertati e dimostrati utilità ed arricchimento.
Il Collegio ritiene, quindi, che per gli
Enti locali corrisponde a principi di prudenza e di sana
gestione finanziaria procedere ad un’attenta pianificazione
di bilancio che consenta la determinazione, almeno presunta,
delle somme da corrispondere a terzi al fine di adottare i
dovuti adempimenti contabili di impegno di spesa e di
evitare l’insorgenza di debiti fuori bilancio.
Le eventuali passività insorte durante la gestione assumono,
quindi, carattere eccezionale e devono essere
tempestivamente segnalate per garantirne la copertura
mediante i provvedimenti di riconoscimento di debito fuori
bilancio in presenza dei presupposti sanciti dall’art. 194
del TUEL (Corte
dei Conti, Sez. controllo Puglia,
parere 12.02.2009 n. 6). |
APPALTI:
Lo schema di "Regolamento di esecuzione del
Codice dei Contratti Pubblici" (articolo 5
decreto legislativo 163/2006) nel
testo ricevuto dal Consiglio Superiore dei
Lavori Pubblici (link a www.giurdanella.it). |
LAVORI PUBBLICI:
G.U. 10.02.2009 n. 33 "Intesa, ai sensi
dell’articolo 8, comma 6, della legge
05.06.2003, n. 131, tra il Governo, le
regioni, le province autonome di Trento e
Bolzano, le autonomie locali sugli
«indirizzi per prevenire e fronteggiare
eventuali situazioni di rischio connesse
alla vulnerabilità di elementi anche non
strutturali negli edifici scolastici»
(4.13/2008/19 CU). (Repertorio atti n. 7/CU
del 28 gennaio 2009)" (Conferenza
Unificata Stato-Regioni,
provvedimento 28.01.2009). |
APPALTI: TRASMISSIONE
DEI DATI RELATIVI AI CONTRATTI PUBBLICI DI
LAVORI, SERVIZI E FORNITURE NEI SETTORI
ORDINARI E SPECIALI DI IMPORTO SUPERIORE AI
150.000,00 € (link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Regole di gara -
Documento difforme dal paradigma prefigurato
- Documento non prodotto.
Un documento prodotto in copia informale
nell'ambito di una procedura di gara in cui
risulta stabilita la produzione in originale
o in copia autentica, è semplicemente un
documento non prodotto, senza che sia
possibile per la stazione appaltante
indagare sulle ragioni di una simile
difformità nei confronti del paradigma
prefigurato, ed a fronte della mancata
impugnazione della clausola di gara che
prescriveva siffatta formalità: clausola
che, perciò, è indubbio dovesse essere
osservata (C.d.S., Sez. V, 31.10.2008, n.
5458).
La produzione postuma di un documento non ha
mai l'effetto di sanare in via retroattiva
la causa di esclusione, in quanto altrimenti
si darebbe luogo ad una non consentita
disapplicazione di regole dettate a garanzia
dell'imparzialità della procedura e si
snaturerebbe la stessa fisionomia delle
pubbliche gare (C.d.S., Sez. V, n.
5458/2008, cit.).
Come infatti già osservato, il documento
difforme dal paradigma prefigurato dalle
regole di gara è un documento non prodotto,
senza che siano indagabili le ragioni della
difformità. In ciò non si annida una
concezione formalistica dell'esercizio dei
poteri pubblici, giacché è proprio la
particolare struttura dei procedimenti
concorsuali ad impedire di accedere ad
un'impostazione partecipativa dell'azione
amministrativa, tanto è vero che in simili
casi non sono esperibili né il rimedio
dell'integrazione -che non si dà
nell'ipotesi di documentazione mancante- né
quello dell'acquisizione in via ufficiale
tra Amministrazioni, che non opera nei
procedimenti concorsuali, poiché in questi
l'onere di provare il possesso dei requisiti
di partecipazione grava sulla parte (C.d.S.,
Sez V, n. 5458/2008 cit.) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza 10.02.2009 n. 1235 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Il concorrente ad una
gara d'appalto che intende avvalersi dei
requisiti di un altro soggetto deve produrre
il contratto di avvalimento.
Ai sensi dell'art. 49 D.L.vo n. 163/2006,
l'avvalimento di altro soggetto è
subordinato, tra l'altro, alla produzione
del contratto in virtù del quale l'impresa
ausiliaria si obbliga nei confronti del
concorrente a fornire i requisiti ed a
mettere a disposizione le risorse necessarie
per tutta la durata dell'appalto, per cui se
non è necessaria una particolare forma del
contratto di avvalimento comunque occorre
che un contratto del genere sia accertabile
e veritiero. Pertanto, nel caso di specie, è
legittima l'esclusione di un concorrente
dalla gara, che si avvaleva dei requisiti di
un altro soggetto, per non aver prodotto un
contratto del genere, atteso che il
disciplinare di gara, in conformità a quanto
previsto dal citato art. 49 del d.L.vo n.
163/2006, stabilisce che il concorrente può
avvalersi dei requisiti di carattere
economico, finanziario, tecnico ed
organizzativo di altro soggetto, ma in tal
caso è tenuto ad allegare alla propria
domanda di partecipazione, tra l'altro, in
originale o copia autentica, il contratto in
virtù del quale l'impresa ausiliaria si
obbliga nei confronti del concorrente a
fornire i requisiti ed a mettere a
disposizione le risorse necessarie per tutta
la durata dell'appalto (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 10.02.2009 n. 743 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
S. Lazzini,
Dossier sull’impegno ad emettere la cauzione
definitiva abbinato alla cauzione
provvisoria e le clausole di cui al dm
123/2004 (link a www.diritto.it). |
APPALTI: Nota
ANCI sulle novità introdotte dal decreto n.
152/2008.
Una nota
elaborata dall’ANCI contiene tutte le novità
introdotte dal decreto legislativo n.
152/2008. Il decreto in questione, entrato
in vigore il 17.10.2008 (è stato pubblicato
in Gazzetta Ufficiale n. 231 del
02.10.2008), proseguendo la graduale
revisione del Codice dei Contratti (decreto
legislativo n. 163/2006) consentita dalla
legge delega n. 62/2005, lo integra e
modifica in modo sostanziale.
In particolare, la nota ANCI evidenzia tutte
le novità più significative per le
amministrazioni comunali, soffermando
l’attenzione su quelle disposizioni dove si
sono riscontrate maggiori criticità di
attuazione
(link a
www.anci.it). |
APPALTI: 1.
Appalto pubblico (in generale) - Gara -
Revoca - Acquiescenza - Insussistenza - Casi
- Ragioni
2. Atto amministrativo - Acquiescenza -
Sussistenza - Condizioni - Conseguenze.
1.
In caso di revoca di una gara
precedentemente bandita e di indizione di
una nuova procedura, la presentazione di una
domanda di partecipazione alla nuova gara
riflette semplicemente l'interesse della
ricorrente ad ottenere l'aggiudicazione
dell'appalto oggetto della stessa, che,
evidentemente, stante l'efficacia della
determinazione di revoca della gara
precedentemente bandita, può essere
conseguita, allo stato, solo partecipando
alla relativa procedura. La domanda di
partecipazione alla nuova gara non è dunque
in sé indice significativo della volontà di
accettare gli effetti della revoca, in
quanto la partecipazione alla nuova
procedura è del tutto compatibile con la
volontà di contestare la decisione di
revocare quella precedente, atteso che solo
partecipando alla nuova gara la società può
ottenere l'aggiudicazione dell'appalto cui
essa di riferisce.
2.
L'acquiescenza, quale accettazione espressa
o tacita del provvedimento lesivo
determinante l'estinzione del diritto di
azione, con conseguente inammissibilità del
ricorso giurisdizionale avverso il
provvedimento medesimo, si configura solo in
presenza di una condotta da parte
dell'avente titolo all'impugnazione che sia
libera e inequivocabilmente diretta ad
accettare l'assetto di interessi definito
dall'amministrazione attraverso gli atti
oggetto di impugnazione sicché tutti i dati
fattuali devono indicare senza incertezze,
la presenza di una chiara intenzione
definitiva di non contestare l'atto lesivo
(C.d.S., sez. IV, 27.06.2008, n. 3255
C.d.S., sez. V, 28.12.2001, n. 6431) (TAR
Piemonte, Sez. II,
sentenza 07.02.2009 n. 367 - link
a http://mondolegale.it). |
APPALTI:
Sul divieto di
partecipazione a gara da parte di imprese
collegate.
La
correttezza e la trasparenza della gara
vengono pregiudicate dalla presentazione di
offerte che, seppure provenienti da imprese
diverse, siano riconducibili ad un medesimo
centro di interessi. Ciò anche alla luce
della disciplina comunitaria, secondo cui il
sistema delle gare pubbliche può funzionare
solo se le imprese partecipanti si trovino
in posizione di reciproca ed effettiva
concorrenza .
Orbene, anche prima dell’entrata in vigore
del Codice dei contratti pubblici, ed anche
in assenza di specifiche previsioni nella
lex specialis, la stazione appaltante
deve disporre l’esclusione di offerte in
ipotesi di "collegamento sostanziale" tra
imprese, diverse e ulteriori rispetto a
quelle espressamente indicate all’art. 10,
comma 1-bis, l. n. 109 del 1994, in caso di
sussistenza di indizi di una concordata
modalità di presentazione e formulazione,
ovvero della provenienza delle offerte da un
unico centro decisionale.
Difatti, in considerazione della peculiarità
della materia e degli interessi pubblici
tutelati, sarebbe irragionevole e
contraddittorio richiedere nel bando la
tipizzazione del fatto del collegamento o
del controllo societario diverso da quello
di cui all'articolo 2359 c.c., dal momento
che tale previsione farebbe refluire il
perseguimento dell’interesse pubblico alla
scelta del “giusto” contraente nel mero
controllo della regolarità formale del
procedimento, esponendo l’interesse protetto
al pericolo di situazioni concrete di
fenomeni di effettivo controllo o di altre
situazioni societari capaci di alterare la
gara, non facilmente prevedibili o
ipotizzabili.
Pertanto, è legittimo il provvedimento di
esclusione dalla gara di due imprese nel
caso in cui, sulla scorta degli elementi
raccolti nel corso dell’istruttoria
procedimentale, siano emersi univoci
elementi indiziari che dimostrano un
collegamento sostanziale tra le imprese
stesse, ostativo alla presentazione di
offerte distinte nella medesima gara
(TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 04.02.2009 n. 1100 -
link a www.altalex.com). |
APPALTI:
1. Correttezza e
trasparenza - Gara pregiudicata - Imprese
diverse, ma con medesimo centro di
interessi.
2. Controllo ex art. 2359 c.c. - Presunzione
iuris et de iure circa la sussistenza di
un'ipotesi turbativa del corretto
svolgimento della procedura concorsuale -
Collegamento sostanziale - L'amministrazione
è onerata di provare in concreto l'esistenza
di elementi oggettivi e concordanti, che
siano tali da ingenerare pericolo per il
rispetto dei principi di segretezza, serietà
delle offerte e par condicio tra i
concorrenti.
1.
La correttezza e la trasparenza della gara
vengono pregiudicate dalla presentazione di
offerte che, seppure provenienti da imprese
diverse, siano riconducibili ad un medesimo
centro di interessi. Ciò anche alla luce
della disciplina comunitaria, secondo cui il
sistema delle gare pubbliche può funzionare
solo se le imprese partecipanti si trovino
in posizione di reciproca ed effettiva
concorrenza.
2.
La giurisprudenza si è sempre orientata in
senso favorevole alla possibilità di
individuare ipotesi di "collegamento
sostanziale" tra imprese, diverse e
ulteriori rispetto a quelle espressamente
indicate all'art. 10, comma 1-bis l. n. 109
del 1994 ("imprese che si trovino fra di
loro in una delle situazioni di controllo di
cui all'art. 2359 c.c."), norma in
questa sede applicabile ratione temporis.
Mentre nel caso di "controllo" ai sensi
dell'art. 2359 c.c., opera un meccanismo di
presunzione iuris et de iure circa la
sussistenza di un'ipotesi turbativa del
corretto svolgimento della procedura
concorsuale (e quindi dei principi di
segretezza, serietà delle offerte e par
condicio tra i concorrenti), nel caso di
sussistenza del c.d. "collegamento
sostanziale", l'amministrazione è
onerata di provare in concreto l'esistenza
di elementi oggettivi e concordanti, che
siano tali da ingenerare pericolo per il
rispetto dei richiamati principi (cfr. ex
plurimis Cons. Stato, V, 22.04.2004 n.
2317; Cons. Stato, VI, 07.02.2002, n. 685;
V, 15.02.2002, n. 923; IV, 27.12.2001, n.
6424).
Anche in assenza di specifiche previsioni
nella lex specialis, la stazione
appaltante deve disporre l'esclusione di
offerte contenenti gli indizi di una
concordata modalità di presentazione e
formulazione, ovvero della provenienza da un
unico centro decisionale. Difatti, in
considerazione della peculiarità della
materia e degli interessi pubblici tutelati,
sarebbe irragionevole e contraddittorio
richiedere nel bando la tipizzazione del
fatto del collegamento o del controllo
societario diverso da quello di cui
all'articolo 2359 c.c., dal momento che tale
previsione farebbe refluire il perseguimento
dell'interesse pubblico alla scelta del "giusto"
contraente nel mero controllo della
regolarità formale del procedimento,
esponendo l'interesse protetto al pericolo
di situazioni concrete di fenomeni di
effettivo controllo o di altre situazioni
societari capaci di alterare la gara, non
facilmente prevedibili o ipotizzabili. Ciò
in quanto la tutela apprestata all'interesse
pubblico alla corretta e regolare scelta del
"giusto" contraente è finalizzata ad
evitare che il relativo bene giuridico sia
addirittura messo in pericolo: infatti,
quand'esso fosse già stato leso o vulnerato,
sarebbe molto difficile, se non addirittura
impossibile una restitutio in integrum,
salva l'ipotesi dell'annullamento della gara
e la sua rinnovazione, che però in ogni caso
comporterebbe, per il tempo occorrente e per
le risorse umane e finanziarie da impiegare
e riallocare, un'offesa non riparabile ai
principi di economicità, speditezza,
celerità ed adeguatezza dell'azione
amministrativa (cfr. Cons. Stato VI,
13.06.2005, n. 3089; 23.06.2006, n. 4012;
Sez. V, 09.12.2004, n. 7894). Sarebbe,
comunque, preferibile che il divieto fosse
esemplificato attraverso clausole del bando
di gara (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 04.02.2009 n. 1100 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: L’eccessiva
onerosità del prezzo indicato nell'offerta
risultata aggiudicataria provvisoria
costituisce grave motivo di interesse
pubblico tale da giustificare il diniego di
approvazione dell'aggiudicazione definitiva.
L’eccessiva onerosità del prezzo indicato
nell’offerta risultata aggiudicataria
provvisoria costituisce grave motivo di
interesse pubblico, tale da giustificare il
diniego di approvazione dell’aggiudicazione
definitiva, specie in mancanza di risorse
finanziarie; circostanza, questa, già idonea
di per sé ad integrare una motivazione
congrua e sufficiente alla stregua dei
principi fondamentali del corretto
svolgimento dell’azione amministrativa ex
art. 97 Cost. e dell’adeguata copertura
finanziaria di contabilità pubblica di ogni
provvedimento comportante una spesa,
riconducibile all’art. 81 Cost. (cfr., Cons.
St., sez. IV, 31.05.2007 n. 2838, nonché
cit. Cons. St., sez. IV, n. 1457/2003)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 02.02.2009 n. 526 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla insussistenza
dell’obbligo dell’amministrazione di
comunicare agli interessati l’avvio del
procedimento in caso di mancata approvazione
di una aggiudicazione provvisoria.
L’eccessiva onerosità del prezzo indicato
nell’offerta risultata aggiudicataria
provvisoria costituisce grave motivo di
interesse pubblico, tale da giustificare il
diniego di approvazione dell’aggiudicazione
definitiva.
Non sussiste l’obbligo dell’amministrazione
di comunicare agli interessati l’avvio del
procedimento ai sensi dell’art. 7 della l.
n. 241 del 1990, in caso di mancata
approvazione di una aggiudicazione
provvisoria, giacché il procedimento è già
stato avviato con l’atto di indizione della
gara; procedimento al cui interno si
colloca, appunto, l’aggiudicazione
provvisoria e che è destinato a concludersi
positivamente, con l’aggiudicazione
definitiva, ovvero –com’è accaduto
sostanzialmente nel caso di specie–
negativamente, con il diniego di
aggiudicazione definitiva .
Inoltre, non si applica l’art. 21-quinquies
della l. n. 241 del 1990 (nel testo di cui
all’art. 14, co. 1, della legge 11.02.2005
n. 15, all’epoca vigente nel caso di specie)
in quanto non vi era ancora il
"provvedimento amministrativo ad efficacia
durevole", richiesto da tale norma per
l’insorgenza dell’obbligo
dell’amministrazione di corrispondere
l’indennizzo al privato direttamente
interessato.
L’eccessiva onerosità del prezzo indicato
nell’offerta risultata aggiudicataria
provvisoria costituisce grave motivo di
interesse pubblico, tale da giustificare il
diniego di approvazione dell’aggiudicazione
definitiva, specie in mancanza di risorse
finanziarie; circostanza, questa, già idonea
di per sé ad integrare una motivazione
congrua e sufficiente alla stregua dei
principi fondamentali del corretto
svolgimento dell’azione amministrativa ex
art. 97 Cost. e dell’adeguata copertura
finanziaria di contabilità pubblica di ogni
provvedimento comportante una spesa,
riconducibile all’art. 81 Cost. (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 02.02.2009 n. 526 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla discrezionalità
della stazione appaltante nel fissare i
requisiti di partecipazione alla singola
gara, in modo più rigoroso ed anche in
numero superiore rispetto a quelli minimi
previsti dalla legge.
La stazione appaltante dispone di una certa
discrezionalità nel fissare i requisiti di
partecipazione alla singola gara, in modo
più rigoroso ed anche in numero superiore
rispetto a quelli minimi previsti dalla
legge. Perciò, l’Amministrazione è
legittimata ad introdurre, nella lex
specialis della gara d’appalto che intende
indire, disposizioni atte a limitare la
platea dei concorrenti onde consentire la
partecipazione alla gara stessa di soggetti
particolarmente qualificati, specie per ciò
che attiene al possesso di requisiti di
capacità tecnica e finanziaria, tutte le
volte in cui tale scelta non sia
eccessivamente quanto irragionevolmente
limitativa della concorrenza . Inoltre, la
relativa scelta può essere sindacata dal
giudice amministrativo in sede di
legittimità solo in quanto sia
manifestamente irragionevole, irrazionale,
arbitraria, sproporzionata, illogica o
contraddittoria (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 02.02.2009 n. 525 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: Sulla
discrezionalità della stazione appaltante
nel fissare i requisiti di partecipazione
alla singola gara, in modo più rigoroso ed
anche in numero superiore rispetto a quelli
minimi previsti dalla legge.
La stazione appaltante dispone di una certa
discrezionalità nel fissare i requisiti di
partecipazione alla singola gara, in modo
più rigoroso ed anche in numero superiore
rispetto a quelli minimi previsti dalla
legge. Perciò, l’Amministrazione è
legittimata ad introdurre, nella lex
specialis della gara d’appalto che intende
indire, disposizioni atte a limitare la
platea dei concorrenti onde consentire la
partecipazione alla gara stessa di soggetti
particolarmente qualificati, specie per ciò
che attiene al possesso di requisiti di
capacità tecnica e finanziaria, tutte le
volte in cui tale scelta non sia
eccessivamente quanto irragionevolmente
limitativa della concorrenza. Inoltre, la
relativa scelta può essere sindacata dal
giudice amministrativo in sede di
legittimità solo in quanto sia
manifestamente irragionevole, irrazionale,
arbitraria, sproporzionata, illogica o
contraddittoria (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 02.02.2009 n. 525 - link
a www.mediagraphic.it). |
APPALTI:
Linee guida per la lotta contro le
turbative d'asta begli appalti pubblici
(OECD, febbraio 2009). |
gennaio 2009 |
|
ATTI AMMINISTRATIVI - APPALTI: Documenti
amministrativi – Diritto di accesso – Casi
di esclusione e di differimento –
Apprezzamento discrezionale della P.A. –
Limiti.
La partecipazione ad una gara d'appalto
comporta che l'offerta tecnico-progettuale
presentata fuoriesce dalla sfera di dominio
riservato dell'impresa per porsi sul piano
della valutazione comparativa rispetto alle
offerte presentate da altri concorrenti, con
la conseguenza che la società non
aggiudicataria ha interesse ad accedere alla
documentazione afferente le offerte
presentate in vista della tutela dei propri
interessi giuridici.
Com’è noto l’art. 25 della legge 07.08.1990
nr. 241 ha introdotto una nuova ipotesi di
giurisdizione esclusiva del G.A., con uno
speciale rito abbreviato, per la tutela del
diritto di accesso ai documenti
amministrativi il quale, anche a seguito
delle recenti modifiche introdotte al testo
originario della L. n. 241/1990 (L. n.
15/2005 e L. n. 80/2005), è esercitabile con
le seguenti modalità:
- nel caso in cui l’accesso riguardi
documenti contenenti dati sensibili riferiti
a soggetti terzi, questi ultimi devono
essere evocati in giudizio e l’accesso può
essere negato laddove si ritenga prevalente
il diritto alla riservatezza (art. 24, comma
6, lett. d) della L. n. 241/1990);
- l’accesso, però, deve essere in ogni caso
consentito (con opportune cautele) quando la
visione della documentazione è necessaria
per curare o per difendere i propri
interessi giuridici (art. 24, comma 7, della
L. n. 241/1990);
- quando, infine, non sussiste alcun
problema di segretezza della documentazione
e/o di tutela della riservatezza, l’accesso
deve essere sempre consentito.
In ogni caso, la puntuale disciplina
normativa dei presupposti di esercizio della
posizione giuridica e dei casi di esclusione
e di differimento escludono, con ogni
evidenza, che l’Amministrazione disponga di
una qualsivoglia sfera di apprezzamento
discrezionale, dovendo quest’ultima
limitarsi a consentire l’esame del documento
e l’estrazione di copia purché l’interessato
lo giustifichi in relazione alla
prospettazione di un interesse conoscitivo
personale specifico e concreto e salva la
sussistenza dei presupposti oggettivi che
escludono l’accesso (art. 24 comma secondo
lett. a), b) e c) legge nr. 241/1990 e art.
8 commi secondo e quinto lett. a), b), c),
d) D.P.R. nr. 352/1992) o ne consentono il
differimento.
Con particolare riferimento alla natura del
documento oggetto dell’istanza estensiva
(offerta tecnica) il Consiglio di Stato ha
evidenziato che la partecipazione ad una
gara comporta, tra l'altro, che l'offerta
tecnico progettuale presentata fuoriesca
dalla sfera di dominio riservato
dell'impresa per porsi sul piano della
valutazione comparativa rispetto alle
offerte presentate da altri concorrenti, con
la conseguenza che la società non
aggiudicataria ha interesse ad accedere alla
documentazione afferente le offerte
presentate in vista della tutela dei propri
interessi giuridici (Cons. Stato, IV, n.
4078/2002).
In altri termini, in presenza di una offerta
vincente, non può negarsi ad altra impresa
partecipante l'accesso agli atti necessari
alle finalità di controllo dei requisiti
tecnici e di tutte le altre caratteristiche
del prodotto, oggetto della fornitura,
minuziosamente contemplati nel relativo
bando di gara (per l'affermazione del
principio in relazione ad una procedura di
appalto concorso, vedi Cons. Stato, V, n.
518/1999).
Pertanto, l'impresa partecipante ad una
procedura concorsuale per l'aggiudicazione
di un appalto pubblico può accedere nella
forma più ampia agli atti del procedimento
di gara (ancorché ufficiosa), ivi compresa
l'offerta presentata dalla impresa risultata
aggiudicataria, senza che possano essere
opposti motivi di riservatezza, sia perché
una volta conclusasi la procedura
concorsuale i documenti prodotti dalle ditte
partecipanti assumono rilevanza esterna, sia
in quanto la documentazione prodotta ai fini
della partecipazione ad una gara di appalto
indetta dalla Pubblica Amministrazione esce
dalla sfera esclusiva delle imprese per
formare oggetto di valutazione comparativa
essendo versata in un procedimento
caratterizzato dai principi di concorsualità
e trasparenza (ex multis: Consiglio di
Stato, VI Sezione, 07.06.2006 n. 3418; TAR
Lazio Roma, III Sezione, 04.04.2006 n. 2212;
TAR Puglia Bari, II Sezione, 06.03.2003 n.
1086; TAR Campania Napoli, V Sezione,
27.03.2003 n. 3032) (TAR Puglia-Lecce, Sez.
II,
sentenza 31.01.2009 n. 166 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Offerta - Data - Mancata
apposizione - Esclusione - E' sproporzionata
- Protocollo dell'Amministrazione
aggiudicatrice - E' sufficiente.
La decisione di escludere dalla gara un
concorrente per la dimenticanza (o
l'incompletezza) della data posta in calce
alla domanda di partecipazione e all'offerta
economica è una misura sproporzionata.
L'incompletezza della data non ha alcun
valore al riguardo, in quanto l'unica data
che rileva è quella di pervenimento
dell'offerta, e sotto questo profilo fa fede
soltanto il protocollo dell'amministrazione
aggiudicatrice alla quale l'offerta è stata
consegnata. Tutti i dati e la stessa
manifestazione di volontà dei concorrenti
circa la partecipazione si intendono
attualizzati a tale data. Poiché i dubbi
sulla data sono superati attraverso il
protocollo, ossia per effetto di un elemento
procedurale che opera allo stesso modo per
l'insieme dei concorrenti e offre a tutti le
medesime garanzie, non può esservi il
sospetto di violazione della par condicio
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 30.01.2009 n. 217 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Nelle
trattative private non c'è l'obbligo di
aprire in seduta pubblica le buste
contenenti le offerte economiche.
Sulla violazione dei principi di pubblicità
e trasparenza delle sedute di gara si
osserva che:
a)
come affermato dalla giurisprudenza (cfr.
Cons. Stato, sez. VI, 04.11.2002, n. 6004),
il principio di pubblicità della gara può
essere derogato, in relazione alla apertura
dei plichi contenenti la documentazione di
gara e le offerte, nell’ambito delle
procedure regolate dal criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, stante la
necessità per la commissione giudicatrice di
procedere ad una specifica valutazione
tecnica delle offerte (Cons. Stato, sez. V,
14.04.2000, n. 2235; sez. V, 23.08.2000, n.
4577; CGARS, 28.01.2002, n. 58);
b)
in ogni caso, la procedura negoziata, pur
divergendo in modo sensibile dal modello
della tradizionale trattativa privata
integralmente deproceduralizzata, conserva
margini di snellezza e di elasticità che
giustificano la sottrazione a regole formali
operanti con riferimento alle gare
sottoposte ad un più intenso tasso di
pubblicità e di formalismo (Cons. Stato,
sez. VI, 04.11.2002, n. 6004);
c)
in questa direzione, anche a voler ritenere
applicabili alla specie i principi –pure
tutelati a livello comunitario– di
pubblicità e trasparenza, il riferimento a
tali concetti assume un significato ben
preciso e circoscritto, non coincidente con
quello elaborato nel diritto interno. Esso
non indica, infatti, l’obbligo della
stazione appaltante di consentire la fisica
presenza alle operazioni di gara dei
rappresentanti di tutti i concorrenti, ma
prescrive a ciascuna amministrazione, da un
lato, di rendere previamente nota la propria
intenzione di contrarre e di definire,
sempre ex ante, le modalità di
valutazione delle offerte; dall’altro lato,
di garantire ex post la leggibilità
delle decisioni assunte dalla medesima
stazione appaltante (Cons. Stato, sez. V,
19.09.2008, n. 4520). Requisiti che nella
specie senz’altro ricorrono dal momento che
è stata assicurata: la massima pubblicità
alla procedura, anche attraverso
l’elaborazione di un bando; la segretezza
delle offerte (non altrimenti contestata, in
concreto, dalla parte ricorrente); la
tempestiva informazione dello stato del
procedimento e l’integrale accesso a tutti
gli atti di gara;
d)
non esistono regole od affermazioni
giurisdizionali secondo cui la pubblicità
delle operazioni di apertura della offerta
economica, ossia la verificabilità immediata
delle operazioni compiute
dall’amministrazione, costituisca un obbligo
incondizionato per le stazioni appaltanti.
Del resto, la normativa di contabilità
generale del 1924 prescrive tale forma per
le aste pubbliche e le licitazioni private,
non anche per le trattative private (Cons.
Stato, sez. V, 19.09.2008, n. 4520);
e)
per la stessa giurisprudenza, non è da
trascurare la circostanza secondo cui anche
il valore della trasparenza amministrativa
debba comunque essere adeguatamente
coordinato con l’esigenza di evitare
inopportuni aggravamenti del procedimento,
in dispregio del principio consacrato
nell’art. 1 della legge n. 241 del 1990
(Cons. Stato, sez. V, 19.09.2008, n. 4520)
(TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 29.01.2009 n. 128 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla verifica della
congruità dell'offerta e del margine di
utile (gara affidamento servizio igiene
urbana).
La prevalente giurisprudenza, in tema di
congruità dell'offerta, ha ritenuto che la
stessa, oltre che nei suoi singoli elementi,
deve essere valutata globalmente, al fine di
apprezzarne l'attendibilità complessiva, non
essendo fondamentale la tenuità dell'utile
che il concorrente si prefigge di
conseguire, sempre che ci sia un margine di
utile, dal momento che elementi rilevanti
sono, sia la certezza che l'offerta sia
seria, nel senso che il concorrente non
abbia intenzione di trarre lucro dal futuro
inadempimento delle obbligazioni
contrattuali, sia i vantaggi indiretti che
l'appalto può procurare in termini di
prestigio, di entità del fatturato e di
prequalificazione per i successivi appalti.
In relazione a ciò, la motivazione della
Commissione, che si è limitata a definire
“non congrua” l'offerta della ricorrente,
risulta affetta da carenza di motivazione
che si riflette anche sul secondo motivo di
appello, atteso che la marginalità
dell'utile di impresa, pur se risultando da
meri calcoli matematici, deve, pur sempre,
essere esplicitamente contestata, in
espressa applicazione dei criteri sopra
evidenziati, al fine di poter verificare le
eventuali giustificazioni, che potrebbero
dimostrare il bilanciamento tra l'utile
esiguo e i vantaggi derivanti, all'impresa,
dall’aggiudicazione e dallo svolgimento del
servizio (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 28.01.2009 n. 466 - link
a www.giurdanella.it). |
APPALTI:
Contratti pubblici:
l'esiguità dell'utile d'impresa non
giustifica automaticamente l'esclusione
dalla gara.
Nelle procedure di gara per l'aggiudicazione
di contratti pubblici, ai fini della
valutazione della congruità (e, quindi,
dell'attendibilità) dell'offerta, è
necessario che quest'ultima venga apprezzata
non soltanto nei suoi singoli elementi, ma
anche globalmente, non essendo determinante
la tenuità dell'utile che il concorrente si
prefigge di conseguire (sempreché un utile
vi sia), dal momento che elementi rilevanti
sono sia la certezza che l'offerta risulti
seria, nel senso che il concorrente non
abbia intenzione di trarre lucro dal futuro
inadempimento delle obbligazioni
contrattuali, sia i vantaggi indiretti che
l'appalto può procurare in termini di
prestigio, di entità del fatturato e di
prequalificazione per i successivi appalti;
con la conseguenza che la marginalità
dell'utile, pur risultando da meri calcoli
matematici, dev'essere sempre esplicitamente
contestata all'impresa concorrente, allo
scopo di consentire alla stessa di fornire
giustificazioni che potrebbero dimostrare il
bilanciamento tra l'utile esiguo e i
vantaggi derivanti dall'aggiudicazione e
dallo svolgimento del servizio (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 28.01.2009 n. 466 - link
a www.eius.it). |
APPALTI:
Esclusione per aver reso
dichiarazioni asseritamente non veritiere -
Mancata impugnazione nei termini -
L'asserito mendacio assume la dimensione di
un fatto storico non più sindacabile.
La mancata impugnazione del provvedimento di
esclusione da una procedura selettiva
determina la legittimità sia della
segnalazione all'Autorità di Vigilanza sui
contratti pubblici che l'incameramento della
cauzione provvisoria in conseguenza delle
dichiarazioni non veritiere rese in sede di
presentazione dell'offerta. Per tale ragione
la definitività dell'esclusione inibisce
ogni ulteriore accertamento sul fondamento
del relativo impianto motivazionale
conferendo al mendacio la dimensione di un
fatto storico non più sindacabile (cfr. TAR
Lombardia, Milano, sez. I, 19.11.2008, n.
5474) (massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza
16.01.2009 n. 159). |
LAVORI PUBBLICI:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 4 del
26.01.2009, "Approvazione del bando per
la concessione di contributi in conto
capitale per l'installazione di pannelli
fotovoltaici di potenza non inferiore a 5
kWp sulle scuole pubbliche e paritarie della
Regione Lombardia, in attuazione della
d.g.r. 8294/2008" (decreto
D.G. 16.01.2009 n. 203 - link a
www.infopoint.it). |
LAVORI PUBBLICI - VARI:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 4 del
26.01.2009, "Approvazione del bando per
la concessione di contributi in conto
capitale per l'installazione di sistemi di
contabilizzazione diretta o indiretta della
quantità di calore consumata in impianti
termici centralizzati e abbinamento a
sistemi di termoregolazione in attuazione
della d.g.r. 8294/2008" (decreto
D.G. 16.01.2009 n. 202 - link a
www.infopoint.it). |
APPALTI:
S. Lazzini,
Facoltà di avvalersi dei requisiti di ordine
speciale: dal mancato richiamo del bando di
gara a quest’ultima possibilità non può
farsi discendere il divieto per i
concorrenti di utilizzarla (link
a www.diritto.it). |
LAVORI PUBBLICI: A.
Barbiero,
La definizione della procedura negoziata per
appalti di lavori pubblici di valore
compreso tra i 100.000 ed i 500.000 euro
(link a www.albertobarbiero.net). |
APPALTI: PUBBLICITA’
E TERMINI PER GLI APPALTI PUBBLICI
(26.01.2009 - link a www.ancebrescia.it).
All'interno un'utilissima
tabella riepilogativa relativamente alle tre
tipologie di appalti: forniture, servizi,
lavori pubblici. |
APPALTI:
LA NORMATIVA ANTIMAFIA NEGLI APPALTI
PUBBLICI (26.01.2009 - link a
www.ancebrescia.it). |
APPALTI:
LA DISCIPLINA DEL SUBAPPALTO
(26.01.2009 - link a www.ancebrescia.it). |
LAVORI PUBBLICI:
V. Latorraca e M. Luraghi,
Dal progetto esecutivo alla cantierizzazione
(link a www.lavatellilatorraca.it). |
APPALTI:
La Direzione Regionale del Veneto dei lavori
pubblici, per il tramite dell’Osservatorio
Regionale degli Appalti, ha raccolto i
quesiti attinenti all’entrata in vigore
della nuova legge quadro in materia di
lavori pubblici.
Di questi quesiti si è creato un
massimario indicizzato che
consente a tutti gli operatori del settore
lavori pubblici di poter accedere in modo
sistematico alle risposte formulate dagli
esperti della Direzione Regionale lavori
pubblici (link a www.regione.veneto.it). |
APPALTI SERVIZI: Affidamento
servizio (negoziato o ad evidenza pubblica).
Il sindaco
del Comune (omissis) segnala che il suo
ente, dopo aver affidato a terzi, per 10
anni, il servizio di pubblicità ed
affissioni ha ritenuto, a scadenza
contratto, economicamente più vantaggioso
gestire il servizio in forma diretta.
Tale decisione era, però, subordinata ad un
periodo di sperimentazione della durata di
un anno, considerato necessario e per la
carenza di personale nell’ufficio tributi
dell’ente e per svolgere un censimento della
pubblicità permanente presente sul
territorio.
Per il predetto periodo transitorio
l’amministrazione ha deciso di avvalersi di
una società che la supportasse nella
gestione del tributo, affidando alla stessa
anche l’individuazione di un soggetto che
materialmente procedesse all’affissione dei
manifesti.
L’attività di supporto è stata affidata ad
una società che collabora da parecchi anni
con il Comune per l’accertamento di tributi
comunali e per la gestione del contenzioso.
In ordine al compenso, non avendo altri
parametri, l’ente ha deciso di corrispondere
per l’attività di supporto una percentuale
sugli incassi.
In conclusione il sindaco chiede se la
procedura seguita sia legittima e se, in
futuro, l’affidatario possa essere
individuato con procedura negoziata, ovvero
se sussista la necessità della procedura ad
evidenza pubblica (Regione Piemonte,
parere 30/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Insidia: il Comune è
responsabile anche se appalta la
manutenzione delle strade.
L'affidamento
della manutenzione stradale in appalto ad
imprese esterne non vale ad escludere la
responsabilità del Comune committente nei
confronti degli utenti delle singole strade
a titolo di responsabilità per danni
cagionati da cose in custodia
(Corte di Cassazione, Sez. III civile,
sentenza 23.01.2009 n. 1691 -
link a www.altalex.com). |
APPALTI:
Rimozione contratto -
Criterio di selezione delle offerte -
Mancanza di buona fede - Rileva.
Tenuto conto che la rimozione dei
provvedimenti amministrativi che
costituiscono il presupposto di un contratto
stipulato dalla p.a. determina il venir meno
dell'efficacia di quest'ultimo (cfr. Cass.
Civ., sez. I, 15/04/2008 n. 9906; C.d.S. ad.
plen., 30/07/2008 n. 9; C.d.S. sent. N.
490/1998 cit.) e degli gli artt. 1337 e 1338
c.c. (il primo stabilisce che le parti,
nello svolgimento delle trattative e nella
formazione del contratto, devono comportarsi
secondo buona fede; il secondo obbliga la
parte che conoscendo, o dovendo conoscere,
l'esistenza di una causa di invalidità del
contratto, non ne ha dato notizia all'altra
parte a risarcire i danni da questa subiti
per aver confidato, senza sua colpa, nella
validità del contratto) nel caso specifico
(diritto della società ricorrente alla
liquidazione di un giusto ed adeguato
indennizzo a fronte della disposta "rimozione
in via di autotutela" della
aggiudicazione della gara) tali norme non
trovano applicazione.
Infatti, seppure l'amministrazione abbia
posto in essere un bando di gara del tutto
illegittimo (in quanto prevedeva un criterio
di aggiudicazione irragionevole che
privilegiava in sostanza le offerte per essa
meno convenienti), dunque la colpa della
stazione appaltante deve ritenersi
sussistente, non avendo dimostrato
l'esistenza di situazioni particolari che
possano far ritenere scusabile l'errore
commesso (Cds., sez. VI, 25/01/2008 n. 213;
id. sez. VI, 09/03/2007 n. 1114), rileva la
mancanza di buona fede della controparte
poiché il criterio di selezione delle
offerte approntato dalla stazione appaltante
era del tutto irragionevole: la fornitura si
suddivideva in due articolazioni, delle
quali l'una di importo pari a più di venti
volte quello dell'altra (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza 22.01.2009 n. 187 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sul
giudizio di congruità dell'offerta e sul
termine per la presentazione delle offerte
nelle procedure ristrette.
L'art. 86, c. 3, d. lgs. 163/2006,
attribuisce alla stazione appaltante la
possibilità "in ogni caso", ovvero al di
fuori dei casi previsti ai precedenti commi
1 e 2, in cui, invece, tale verifica è
senz'altro obbligata, di valutare la
congruità "di ogni altra offerta che, in
base ad elementi specifici, appaia
anormalmente bassa". Ne consegue che, è
legittimo nel caso di specie, il sub
procedimento volto a verificare la congruità
dell'offerta, sebbene non previsto dalla lex
specialis di gara, in quanto la P.A. ha
attivato il sub procedimento volto ad
accertare l'effettiva consistenza
dell'offerta risultata essere la migliore in
relazione ai parametri indicati nel bando di
gara, ma non sufficientemente credibile
quanto a remunerabilità, al fine di
soddisfare l'ineludibile esigenza di
acquisire, previa verifica istruttoria degli
elementi giustificativi dei ribassi offerti,
una sufficiente, quanto soddisfacente
dimostrazione dei dati sui quali la società
ricorrente ha basato il prezzo offerto.
L'art. 70, c. 4, del d. lgs. n. 163 del
2006, prevede: "Nelle procedure
ristrette, il termine per la ricezione delle
offerte non può essere inferiore a quaranta
giorni dalla data di invio dell'invito a
presentare le offerte." La prescrizione
di un intervallo minimo da lasciare ai
concorrenti per la presentazione delle
offerte risponde all'esigenza di consentire
agli stessi di approntare la documentazione
che il bando richiede ai fini della
qualificazione alla gara e di formulare
un'offerta sufficientemente ponderata ed
idonea a conseguire l'aggiudicazione.
Ne deriva che, qualora non ricorrano le
condizioni di urgenza che possono consentire
la riduzione del termine ordinario, come nel
caso di specie, la stazione appaltante deve
consentire un margine di tempo non inferiore
a quello normativamente previsto -nella
specie di 40 giorni- per permettere ai
concorrenti la presentazione di un'offerta,
non solo valida ed adeguatamente
documentata, ma anche potenzialmente
suscettibile di conseguire l'aggiudicazione
in quanto "economicamente più vantaggiosa".
La violazione del suddetto limite temporale,
posto a presidio non solo dell'interesse
delle partecipanti ai pubblici appalti, ma
anche dell'interesse pubblico
dell'Amministrazione a ricevere offerte
adeguatamente soppesate in relazione alle
esigenze rappresentate con le norme
concorsuali, incrina inesorabilmente i detti
principi, a nulla rilevando eventuali
considerazioni in fatto, spendibili solo ex
post, circa l'irrilevanza nel caso concreto
della abbreviazione dei termini (TAR
Lazio-Roma, Sez. I-bis,
sentenza 15.01.2009 n. 196 - link
a www.mediagraphic.it). |
APPALTI: Sul
giudizio di congruità dell'offerta e sul
termine per la presentazione delle offerte
nelle procedure ristrette.
L'art. 86, c. 3, d. lgs. 163/2006,
attribuisce alla stazione appaltante la
possibilità "in ogni caso", ovvero al di
fuori dei casi previsti ai precedenti commi
1 e 2, in cui, invece, tale verifica è
senz'altro obbligata, di valutare la
congruità "di ogni altra offerta che, in
base ad elementi specifici, appaia
anormalmente bassa". Ne consegue che, è
legittimo nel caso di specie, il sub
procedimento volto a verificare la congruità
dell'offerta, sebbene non previsto dalla
lex specialis di gara, in quanto la P.A.
ha attivato il sub procedimento volto ad
accertare l'effettiva consistenza
dell'offerta risultata essere la migliore in
relazione ai parametri indicati nel bando di
gara, ma non sufficientemente credibile
quanto a remunerabilità, al fine di
soddisfare l'ineludibile esigenza di
acquisire, previa verifica istruttoria degli
elementi giustificativi dei ribassi offerti,
una sufficiente, quanto soddisfacente
dimostrazione dei dati sui quali la società
ricorrente ha basato il prezzo offerto.
L'art. 70, c. 4, del d.lgs. n. 163 del
2006, prevede: "Nelle procedure
ristrette, il termine per la ricezione delle
offerte non può essere inferiore a quaranta
giorni dalla data di invio dell'invito a
presentare le offerte." La prescrizione
di un intervallo minimo da lasciare ai
concorrenti per la presentazione delle
offerte risponde all'esigenza di consentire
agli stessi di approntare la documentazione
che il bando richiede ai fini della
qualificazione alla gara e di formulare
un'offerta sufficientemente ponderata ed
idonea a conseguire l'aggiudicazione. Ne
deriva che, qualora non ricorrano le
condizioni di urgenza che possono consentire
la riduzione del termine ordinario, come nel
caso di specie, la stazione appaltante deve
consentire un margine di tempo non inferiore
a quello normativamente previsto -nella
specie di 40 giorni- per permettere ai
concorrenti la presentazione di un'offerta,
non solo valida ed adeguatamente
documentata, ma anche potenzialmente
suscettibile di conseguire l'aggiudicazione
in quanto "economicamente più vantaggiosa".
La violazione del suddetto limite temporale,
posto a presidio non solo dell'interesse
delle partecipanti ai pubblici appalti, ma
anche dell'interesse pubblico
dell'Amministrazione a ricevere offerte
adeguatamente soppesate in relazione alle
esigenze rappresentate con le norme
concorsuali, incrina inesorabilmente i detti
principi, a nulla rilevando eventuali
considerazioni in fatto, spendibili solo ex
post, circa l'irrilevanza nel caso concreto
della abbreviazione dei termini (TAR
Lazio-Roma, Sez. I-bis,
sentenza 15.01.2009 n. 196 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
E' legittima
l'impugnazione immediata del bando di gara
soltanto in presenza di clausole escludenti
ma occorre comunque presentare la domanda di
partecipazione.
La
giurisprudenza amministrativa di primo e
secondo grado è tuttora prevalentemente
orientata nel senso che solo con la
presentazione della domanda di
partecipazione alla gara d'appalto l'impresa
assume una situazione giuridica
differenziata rispetto a quella delle altre
ditte presenti sul mercato, ergendosi solo
in tal caso essa a titolare di un interesse
legittimo giudizialmente tutelato, che la
abilita a sindacare la legittimità del bando
di gara alla quale ha dimostrato in concreto
di voler partecipare (cfr. fra le recenti,
oltre a Cons. St., A.P. 29.01.2003 n. 1,
Cons. St., V Sez., 04.04.2004 n. 2705 e
23.08.2004 n. 5572).
Il Collegio condivide tale orientamento
giurisprudenziale tenuto conto che i bandi
di gara e le lettere di invito vanno di
regola impugnati unitamente agli atti che di
essi fanno applicazione, dal momento che
sono questi ultimi ad identificare in
concreto il soggetto leso dal provvedimento
ed a rendere attuale e concreta la lesione
della situazione soggettiva
dell'interessato; a fronte della clausola
illegittima del bando di gara o del
concorso, il partecipante alla procedura
concorsuale non è, di norma, ancora titolare
di un interesse attuale all'impugnazione,
dal momento che egli non sa ancora se
l'astratta e potenziale illegittimità della
predetta clausola si risolverà in un esito
negativo della sua partecipazione alla
procedura concorsuale, e quindi in una
effettiva lesione della situazione
soggettiva, che solo da tale esito può
derivare.
Se il
ricorrente avverso una gara d'appalto non ha
presentato domanda di partecipazione alla
gara stessa il ricorso medesimo deve essere
dichiarato inammissibile per carenza di
interesse e di legittimazione attiva.
Aggiungasi che la mancata partecipazione al
procedimento concorsuale rende inammissibile
per carenza di interesse il ricorso contro
le clausole del bando di gara o contro gli
esiti della selezione, anche nell'ipotesi in
cui costituisca oggetto di impugnazione la
previsione di requisiti di partecipazione di
cui il ricorrente sia privo, in quanto
l'eventuale annullamento delle clausole del
bando relative a tali requisiti, non
rimetterebbe il ricorrente in termini per
proporre la domanda di partecipazione
originariamente non presentata (TAR
Sardegna, 11.06.2003, n. 737)
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 14.01.2009 n. 102 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sull'inapplicabilità
dell'art. 13 del cd. decreto Bersani (d.l.
04.07.2006 n. 223) nel caso di
un'aggiudicazione provvisoria disposta prima
dell'entrata in vigore del suddetto decreto.
Sulla possibilità per le società pubbliche
di svolgere attività extraterritoriale.
Il divieto sancito dall'art. 13 del d.l.
04.07.2006 n. 223, cd. decreto Bersani, poi
convertito con l. 04.08.2006 n. 248, non è
applicabile nel caso di un'aggiudicazione
provvisoria disposta prima dell'entrata in
vigore del suddetto decreto.
L'art. 113 del d.lvo n. 267 del 2000,
prevede la possibilità per le società
pubbliche di svolgere attività in ambiti
territoriali diversi da quelli dell'ente
locale di riferimento solo nell'ipotesi in
cui tale attività non ridondi in maggiori
costi per la collettività di riferimento e
comunque sia collegata al soddisfacimento di
una qualche esigenza di quest'ultima. La
disciplina dell'art. 113, avente ad oggetto
le modalità di gestione ed affidamento dei
servizi pubblici locali, non è applicabile,
nel caso di specie, al servizio oggetto
della gara in quanto concernente la
realizzazione di un sistema informativo
interno alla Regione e volto alla gestione
del proprio personale dipendente. Non si
tratta, pertanto, di una gara relativa a
servizi pubblici locali (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 14.01.2009 n. 101 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
L'alterazione della par
condicio dei concorrenti si verifica se le
offerte provengono da un medesimo centro
decisionale o, comunque, provengono da due o
più imprese collegate e sussistano elementi
tali da far ritenere che si tratti di
offerte previamente conosciute, anche se non
concordate dalle partecipanti.
L'esclusione dalla gara d'appalto per
collegamento sostanziale può configurarsi
solo previo accertamento della presenza di
una pluralità di indizi gravi, precisi e
concordanti univocamente volti a configurare
il presupposto applicativo della esclusione.
Tali indici rivelatori (Tar Lazio, III,
08.05.2007, n. 4096; Tar Lombardia, Milano,
III, 04.04.2006, n. 896), alla stregua
dell'insegnamento giurisprudenziale, devono
essere tali "da ingenerare il più che
ragionevole sospetto che l'accordo tra le
partecipanti possa pregiudicare
l'imparzialità e la regolarità della gara"
(CdS, IV, 15.02.2002, n. 949).
In particolare, quanto all'individuazione
degli elementi univoci indicatori della
riconducibilità delle offerte a un unico
centro decisionale, la giurisprudenza ha
desunto la sussistenza del collegamento da
una serie di elementi indiziari, ritenuti
espressivi della comunanza delle imprese
interessate, sulla base di una nutrita
esemplificazione cui ha fatto peraltro
puntualmente riferimento lo stesso
ricorrente (indicazione nelle stesse buste
spedite dalle imprese dalla medesima sede
amministrativa; spedizione degli stessi
plichi dal medesimo ufficio postale, nello
stesso giorno e con le stesse modalità;
rilascio delle polizze fideiussorie,
presentate come cauzione, da parte della
stessa compagnia e agenzia di assicurazioni,
nella medesima data e con numero progressivo
successivo; coincidenza del numero di fax e
dell'indirizzo di posta elettronica;
rapporti di parentela tra gli amministratori
unici di suddette società e gli intrecci
azionari esistenti e facenti capo agli
stessi soggetti; ecc.).
L'alterazione della par condicio dei
concorrenti e la violazione dei principi di
concorrenza e di segretezza dell'offerta
possono ritenersi provate qualora ricorrano
elementi di fatto dai quali possano trarsi
indizi gravi, precisi e concordanti, che
inducano a ritenere verosimile, secondo l'id
quod pleriumque accidit, il venir meno
della correttezza della gara. Ciò si
verifica se le offerte provengono da un
medesimo centro decisionale o, comunque,
provengono da due o più imprese collegate e
sussistano elementi tali da far ritenere che
si tratti di offerte previamente conosciute,
anche se non concordate dalle partecipanti
(TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 14.01.2009 n. 99 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La giustificazione
dell’anomalia può essere successiva al
momento dell’offerta.
Il principio della impossibilità di
procedere all’esclusione automatica delle
imprese che non abbiano supportato l’offerta
delle giustificazioni preventive richieste
dal bando di gara è acquisito nelle Sezioni
V e VI del Consiglio di Stato, per cui deve
fornirsi alla norma di cui all’art. 86,
comma 5, del Codice dei contratti
un’interpretazione conforme alla normativa
comunitaria, potendosi annettere rilievo
all’omessa allegazione delle giustificazioni
preventive, solo “nella fase successiva a
quella di verifica dell’anomalia e se ed in
quanto l’offerta ne risulti sospetta”,
dovendosi per l’effetto predicare
l’irragionevolezza e l’illogicità di una
clausola che comini l’esclusione immediata
del concorrente per omessa allegazione
all’offerta delle giustificazioni
preventive.
La ratio del microsistema
dell’analisi di anomalia o di congruità va
individuata nell’esigenza di assicurare
l’attuazione del principio di remuneratività
delle offerte, sotteso all’impalcatura
giuridica del ridetto sistema e inteso a
preservare l’Amministrazione dal rischio di
affidare le commesse pubbliche ad imprese
che, pur di accaparrarsi affidamenti, non
siano poi in grado di sostenerne i costi e
di condurre ad esecuzione l’appalto, a tutto
detrimento dell’interesse pubblico alla
corretta e puntuale realizzazione di opere o
fornitura di servizi (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 14.01.2009 n. 83 - link
a www.altalex.com). |
APPALTI:
Contratti pubblici: il
principio di pubblicità delle sedute vale
per qualunque tipo di gara.
Il principio di pubblicità delle sedute di
gara per la scelta del contraente è
inderogabile per tutti i tipi di gara (ivi
comprese quelle di carattere informale),
almeno per quanto riguarda la fase di
verifica dell'integrità dei plichi
contenenti la documentazione amministrativa
e l'offerta economica e di apertura dei
plichi stessi, a pena di invalidità
dell'intera procedura selettiva, compreso il
provvedimento terminale di aggiudicazione,
anche ove non sia comprovata l'effettiva
lesione sofferta dai concorrenti, poiché il
ridetto adempimento è predisposto a tutela
non solo della "par condicio" ma anche
dell'interesse pubblico alla trasparenza e
all'imparzialità dell'azione amministrativa
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 14.01.2009 n. 82 - link
a www.eius.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'annullamento di una
clausola di un bando di gara per
l'affidamento del servizio di refezione
scolastica per restrizione della concorrenza
fra le imprese del settore.
Deve essere annullata la clausola di un
bando di gara per l'affidamento del servizio
di refezione scolastica, nella parte in cui
esso prescrive, fra i requisiti di
ammissione alla gara, il possesso della
certificazione UNI EN ISO 9001:2000 anche
per il settore EA03 (oltre che per il
settore EA30) in quanto la previsione del
suddetto requisito di capacità tecnica
restringe eccessivamente la concorrenza fra
le imprese del settore (senza arrecare
particolare beneficio alla stazione
appaltante), il che è contrario alla
normativa sugli appalti pubblici. Difatti,
sebbene il servizio in questione (destinato
ad un'utenza "sensibile", ossia gli alunni
delle scuole dell'infanzia) deve essere
svolto da imprese che diano la massima
garanzia circa il rispetto delle norme
igienico-sanitarie, cionondimeno il
requisito richiesto dal bando appare
esorbitante rispetto all'obiettivo
perseguito dal Comune (TAR Puglia-Lecce,
Sez. III,
sentenza 14.01.2009 n. 45 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Servizi pubblici -
Concessione del servizio di distribuzione
gas - Riscatto anticipato da parte del
Comune - Termini per l'esercizio.
In materia di riscatto anticipato del
servizio di distribuzione del gas, è da
condividere l'orientamento più volte
espresso dal Consiglio di Stato (cfr. Cons.
Stato, sez. V, 14.12.2006, n. 7437; Cons.
Stato, sez. V, 07.07.2005, n. 3748) secondo
il quale la regola generale fissata
dall'art. 24, r.d. 15.10.1925, n. 2578 è che
il diritto al riscatto da parte del Comune
sorge quando sia decorso un terzo della
durata complessiva della concessione e
comunque almeno un quinquennio e così, in
seguito, di cinque in cinque anni.
A questa, non si sovrappone la regola
sussidiaria, prevista dall'art. 24, comma 1,
r.d. 15.10.1925, n. 2578, secondo la quale
il Comune ha sempre diritto al riscatto
quando siano trascorsi venti anni
dall'effettivo inizio del servizio; ma in
ogni caso il Comune non può esercitarlo
prima che ne siano passati dieci (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza
14.01.2009 n. 19). |
APPALTI:
1. Bando di gara -
Esclusione. Interpretazione univoca delle
clausole del bando - Inapplicabilità del
principio del favor partecipationis - Par
condicio tra i partecipanti alla procedura
concorsuale.
2. Appalto pubblico - Prescrizioni del bando
relative alle modalità di presentazione
dell'offerta - Mancata osservanza -
Esclusione.
3. Contratti della P.A. - Immediata lesività
di clausole del bando - Impugnazione del
bando di gara - Necessità.
1.
Secondo l'orientamento costante della
giurisprudenza, è inapplicabile il principio
del favor partecipationis nelle
ipotesi in cui la lex specialis di
gara risulti di univoca interpretazione, nel
rispetto della par condicio fra i
partecipanti alla procedura concorsuale.
2.
La mancata osservanza, da parte di un
concorrente, delle prescrizioni del bando o
della lettera d'invito, attinenti alle
modalità di presentazione dell'offerta,
comporta l'esclusione dalla gara, nel caso
in cui tale provvedimento sia stabilito
espressamente dalla lex specialis; in
tal caso, invero, l'Amministrazione deve
dare precisa e incondizionata esecuzione
alla clausola, senza margini di valutazione
discrezionale in merito alla rilevanza
dell'inadempimento del concorrente e, solo
ove la clausola sia formulata in maniera
equivoca, può adottarsi un'interpretazione
idonea a consentire il favor
partecipationis degli aspiranti alla
gara.
3.
L'onere di immediata impugnazione del bando
di gara sussiste nel caso in cui questo
arrechi un'immediata lesione per i contenuti
concernenti i requisiti di partecipazione,
che siano tali da precludere ex ante la
proposizione, con esito favorevole, della
domanda di ammissione (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 14.01.2009 n. 17). |
APPALTI: Sull'illegittimità
di una lex specialis che, pur richiamando il
criterio di aggiudicazione dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, nulla
preveda in ordine alle modalità di concreta
attribuzione dei sub criteri e sub punteggi.
Nelle gare pubbliche indette con il metodo
dell'offerta economicamente più vantaggiosa
la necessità di stabilire ulteriori
sub-criteri, sub-pesi o sub-punteggi deve
essere valutata di volta in volta in
relazione all'analiticità dei criteri
principali, all'idoneità di questi ad
assicurare il rispetto del principio di
trasparenza e ai poteri integrativi
riconosciuti alla Commissione giudicatrice.
A detta Commissione è quindi inibito
integrare i criteri di valutazione
dell'offerta tecnica (individuando
sub-criteri e sub-punteggi, che devono
invece essere indicati nel capitolato
d'oneri); l'importanza relativa delle
sottovoci deve, infatti, essere rese nota ai
potenziali concorrenti già al momento della
produzione delle loro offerte, alfine di
evitare il pericolo che la Commissione possa
orientare a proprio piacimento ed a
posteriori l'attribuzione di tale
determinante punteggio e, quindi, all'esito
della gara dopo averne conosciuto gli
effettivi concorrenti. La violazione di
detta regola innovativa posta dall'art. 83
del Codice dei contratti (D.Lgs. n. 163 del
2006) può infatti astrattamente contrastare
con il principio della par condicio, nella
misura in cui altera gli elementi di
valutazione in relazione ai quali tutti i
concorrenti hanno potuto predisporre la
propria offerta tecnica.
A tanto consegue l'illegittimità di una lex
specialis che, pur richiamando il criterio
di aggiudicazione dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, nulla
preveda in ordine alle modalità di concreta
attribuzione dei sub criteri e sub punteggi,
nell'ipotesi che la loro fissazione sia
necessaria o prevista dalla normativa di
gara (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater,
sentenza 09.01.2009 n. 82 - link
a www.mediagraphic.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI: Sull'illegittimità
di una lex specialis che, pur richiamando il
criterio di aggiudicazione dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, nulla
preveda in ordine alle modalità di concreta
attribuzione dei sub criteri e sub punteggi.
Nelle gare pubbliche indette con il metodo
dell'offerta economicamente più vantaggiosa
la necessità di stabilire ulteriori
sub-criteri, sub-pesi o sub-punteggi deve
essere valutata di volta in volta in
relazione all'analiticità dei criteri
principali, all'idoneità di questi ad
assicurare il rispetto del principio di
trasparenza e ai poteri integrativi
riconosciuti alla Commissione giudicatrice.
A detta Commissione è quindi inibito
integrare i criteri di valutazione
dell'offerta tecnica (individuando sub
criteri e sub punteggi, che devono invece
essere indicati nel capitolato d'oneri);
l'importanza relativa delle sottovoci deve,
infatti, essere rese nota ai potenziali
concorrenti già al momento della produzione
delle loro offerte, alfine di evitare il
pericolo che la Commissione possa orientare
a proprio piacimento ed a posteriori
l'attribuzione di tale determinante
punteggio e, quindi, all'esito della gara
dopo averne conosciuto gli effettivi
concorrenti. La violazione di detta regola
innovativa posta dall'art. 83 del Codice dei
contratti (D.Lgs. n. 163 del 2006) può
infatti astrattamente contrastare con il
principio della par condicio, nella misura
in cui altera gli elementi di valutazione in
relazione ai quali tutti i concorrenti hanno
potuto predisporre la propria offerta
tecnica.
A tanto consegue l'illegittimità di una lex
specialis che, pur richiamando il criterio
di aggiudicazione dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, nulla
preveda in ordine alle modalità di concreta
attribuzione dei sub criteri e sub punteggi,
nell'ipotesi che la loro fissazione sia
necessaria o prevista dalla normativa di
gara (TAR Lazio-Roma, Sez.
III-quater,
sentenza 09.01.2009 n. 82 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Possesso “condizionato”
o “posteriore” di requisiti ed effetti ai
fini di gara.
Quando è
dimostrato in atti che un titolo o requisito
risulta acquisito dal concorrente, anche in
maniera condizionata, solo successivamente
all’apertura delle buste, sussiste la palese
violazione della regola secondo cui i
requisiti per l’attribuzione dei singoli
punteggi devono essere posseduti al momento
di presentazione della domanda.
Va respinta l’eccezione secondo cui il
ricorso è inammissibile quando proposto da
una sola delle imprese raggruppate in ATI,
posto che, nel caso in cui alla gara
partecipi una associazione temporanea,
ciascuno dei componenti è dotato di autonoma
legittimazione ad impugnare i provvedimenti
della relativa procedura
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 08.01.2009 n. 33 - link
a www.altalex.com). |
APPALTI:
Mancata aggiudicazione e
quantificazione dell’utile di impresa.
L’utile
economico che sarebbe derivato
dall’esecuzione dell’appalto, che sarebbe
spettato sicuramente all’impresa ricorrente
e che la giurisprudenza riconosce nella
misura del 10%, è applicabile solo nel caso
in cui l’impresa possa documentare di non
aver potuto utilizzare le maestranze ed i
mezzi, lasciati disponibili, per
l’espletamento di altri servizi. Nel caso in
cui, invece, tale dimostrazione non sia
offerta è da ritenere che l’impresa possa
aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e
manodopera per lo svolgimento di altri
analoghi lavori o di servizi o di forniture,
così vedendo in parte ridotta la propria
perdita di utilità; in tale ipotesi il
risarcimento può essere ridotto in via
equitativa, in misura pari al 5%
dell’offerta dell’impresa
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 08.01.2009 n. 23 - link
a www.altalex.com). |
LAVORI PUBBLICI: La
mera trasformazione di un bene, seppur
finalizzata al suo uso pubblico, non ne
comporta la sua acquisizione al patrimonio
dell’ente pubblico che lo utilizza, che ne
può divenire proprietario solo ove esperisca
il particolare procedimento previsto
dall’art. 43 D.P.R. n. 327/2001.
Il
Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire
che “L'istituto giurisprudenziale
dell'occupazione espropriativa -secondo il
quale, anche in assenza di un atto di natura
ablatoria, l'amministrazione acquisirebbe a
titolo originario la proprietà dell'area
altrui, quando su di essa ha realizzato in
tutto o in parte un'opera pubblica, in
attuazione della dichiarazione della
pubblica utilità, con conseguente decorso,
dalla data in cui si verifica tale acquisto,
del termine quinquennale per il risarcimento
del danno- non può ritenersi vigente, sia in
quanto non è conforme ai principi della
convenzione europea del diritti dell'uomo e
del diritto comunitario, che precludono di
ravvisare un'espropriazione "indiretta" o
"sostanziale" in assenza di un idoneo titolo
legale, sia in quanto è incompatibile con
l'art. 43 d.P.R. 327/2001, che attribuisce
all'amministrazione il potere discrezionale
di acquisire in sanatoria, con atto ablativo
formale, la proprietà delle aree occupate
nell'interesse pubblico in carenza di
titolo, escludendo così che una simile
acquisizione possa avvenire in via di mero
fatto” (Consiglio Stato, sez. IV,
21.05.2007, n. 2582).
Conseguentemente la mera trasformazione di
un bene, seppur finalizzata al suo uso
pubblico, non ne comporta la sua
acquisizione al patrimonio dell’ente
pubblico che lo utilizza, che ne può
divenire proprietario solo ove esperisca il
particolare procedimento previsto dall’art.
43 D.P.R. n. 327/2001 (Cons. di Stato. A.P.
n. 2/2005; Cons. di Stato, IV, 16.11.2007 n.
5830 e Cons. di Stato, IV, 27.06.2007 n.
3752) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 08.01.2009 n. 10 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Impianti sportivi -
Rilevanza economica - Affidamento diretto -
Illegittimità.
L'art. 5 L.R. 27/2006 configura come
residuale l'affidamento diretto, ovvero
senza una procedura a pubblica evidenza,
degli impianti sportivi da parte dei Comuni,
e lo consente, del resto in accordo con i
principi del diritto comunitario, solo per
gli impianti privi di rilevanza economica,
definita all'art. 1 della legge stessa come
la qualità di quegli impianti che "per
caratteristiche, dimensioni e ubicazione
sono improduttivi di utili o produttivi di
introiti esigui, insufficienti a coprire i
costi di gestione", qualità che secondo
logica deve essere dimostrata nella
motivazione della delibera di affidamento
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 08.01.2009 n. 4 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Aggiudicazione - Criteri
- Formulati dopo l'apertura delle buste -
Illegittimità.
E' illegittimo il provvedimento di
aggiudicazione che ha assegnato il punteggio
relativo alla offerta economica tenendo
conto di un criterio, non previsto dal
bando, formulato dopo l'apertura delle buste
(nel caso di specie si trattava di una gara
di appalto per l'affidamento del servizio di
distributori automatici di bevande e snack
in cui era stato assegnato il punteggio
relativo alla offerta economica tenendo
conto non solo del contributo riconosciuto
alla stazione appaltante, ma anche del
prezzo di vendita all'utente del prodotto
offerto).
Tale operazione appare illegittima quale che
ne sia la qualificazione giuridica. Infatti,
se si ritenesse trattarsi di introduzione di
un nuovo criterio di aggiudicazione, come si
può argomentare dalla lettera del bando, che
come detto a proposito dell'offerta
economica valorizza il solo contributo in
danaro contante all'istituto, si tratterebbe
di pacifica violazione del criterio della
parità di condizioni fra i concorrenti. Non
diversamente però si dovrebbe ritenere
qualificando il criterio come sottocriterio
specificativo del bando. Infatti, secondo
l'art. 83 del codice del contratti il bando
di gara deve indicare all'origine eventuali
sottocriteri di valutazione, e quindi non
sussiste facoltà alcuna della commissione di
procedere in tal senso, facoltà che
comunque, anche ammettendola, andrebbe
esercitata prima dell'apertura delle buste,
sempre in ossequio al criterio di parità di
condizioni fra i concorrenti (massima tratta
da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 08.01.2009 n. 3 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Non aggiudicazione ed
annullamento della gara: occorre la previa
comunicazione.
Posto che
l’amministrazione ha annullato in autotutela
la gara dopo che erano state espletate le
formalità di apertura delle offerte e la
committente aveva avuto conoscenza delle
ditte partecipanti alla procedura, con la
presentazione della domanda di
partecipazione e, ancor più, con la
predisposizione e l’inoltro dell’offerta, i
soggetti concorrenti assumono una posizione
differenziata e qualificata che giustifica
la posizione di controinteressati ai quali è
necessario comunicare l’avviso di avvio del
procedimento ai sensi della legge sulla
trasparenza amministrativa al fine di
consentire la difesa del bene della vita
dato dalla chance di aggiudicazione. Detti
principi sono aderenti alla fattispecie in
parola, posto che l’amministrazione ha
annullato in autotutela la gara dopo che
erano state espletate le formalità di
apertura delle offerte e la committente
aveva avuto conoscenza delle ditte
partecipanti alla procedura.
E’ illegittimo il provvedimento di
annullamento che richiama la sussistenza di
errori e discrepanze senza evidenziarle in
modo puntuale e, soprattutto, senza motivare
in modo idoneo in merito alla loro incidenza
negativa sul corretto dispiegarsi della
procedura di gara
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 07.01.2009 n. 17 - link
a www.altalex.com). |
APPALTI:
E' illegittimo
l'annullamento di un appalto per la
sussistenza di errori nelle versioni
italiana e tedesca della documentazione del
bando, senza motivare in modo idoneo in
merito alla loro incidenza negativa sul
corretto dispiegarsi della gara.
E'
illegittimo l'annullamento in via di
autotutela di una gara di appalto senza
comunicare l'avvio del relativo procedimento
alle imprese partecipanti, disposto per la
presenza di errori nelle versioni italiana e
tedesca della documentazione del bando
dell'appalto-concorso, senza precisare
l'incidenza di tali errori sulla regolarità
della gara. Il provvedimento di annullamento
richiama infatti la sussistenza di errori e
discrepanze nelle versioni italiana e
tedesca del documento denominato elenco
della prestazioni facente parte del progetto
preliminare, senza evidenziarle in modo
puntuale e, soprattutto, senza motivare in
modo idoneo in merito alla loro incidenza
negativa sul corretto dispiegarsi della
procedura di gara. Manca in definitiva una
puntuale indicazione della natura, della
gravità e dell'incidenza delle anomalie che,
sola, avrebbe giustificato, alla luce della
comparazione dell'interesse pubblico con le
contrapposte posizioni consolidatesi in capo
alle ditte partecipanti alla procedura,
l'annullamento integrale degli atti di gara.
Del pari fa difetto una congrua
esplicitazione delle ragioni per le quali il
progetto a base di gara non rispondeva più
alle esigenze tecnico-funzionali
dell'amministrazione (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 07.01.2009 n. 17 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Se la stazione
appaltante prevede una validità minima delle
offerte di 180 giorni e gli offerenti non
dichiarano, decorso tale termine, che la
loro offerta deve intendersi ritirata, le
offerte stesse sono valide e non devono
essere escluse.
La questione principale posta con l’appello
in esame consiste nello stabilire se le
offerte presentate dai concorrenti, che
precedevano l’attuale appellante nella
graduatoria della gara in contestazione,
dovevano essere prese in considerazione,
nonostante che detti concorrenti avessero
dichiarato che le offerte sarebbero state
valide per 180 giorni e che tale termine
fosse ormai scaduto al’atto dell’apertura
delle buste.
Tale termine di validità era stato opposto
in quanto il bando pubblicato sulla G.U.R.I.
stabiliva che “L’offerente è vincolato
dalla propria offerta per 180 giorni dalla
scadenza fissata per la ricezione delle
offerte” ed il bando pubblicato sulla
G.U.C.E. nonché il capitolato (art. 10)
prevedevano che l’offerta economica doveva
avere validità “minima” di 180 giorni dalla
data di scadenza del termine di
presentazione delle offerte.
La ratio delle disposizioni del bando è
evidentemente quella di mantenere ferma
l’offerta per tutto il periodo di
presumibile durata della gara e non quella
di limitare nel tempo la validità (o meglio
l’efficacia) dell’offerta, non
corrispondendo certamente tale limitazione
ad un interesse dell’amministrazione.
Il che significa che le offerte in
contestazione, una volta scaduto il termine
di validità opposto in ossequio alle
disposizioni degli atti di gara, non
potevano, in assenza di una univoca
manifestazione di volontà in tal senso da
parte degli interessati, considerarsi
private di ogni efficacia.
Ben ha fatto dunque l’amministrazione a
valutare tali offerte e si appalesano
pertanto infondate le censure mosse
dall’appellante nei confronti dell’operato
dell’amministrazione medesima (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 07.01.2009 n. 9 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
B. Spatola,
Annullamento della aggiudicazione e sorte
del contratto: dopo le SS.UU. della
Cassazione si pronuncia l’Adunanza Plenaria
del Consiglio di Stato (nota a A.P. Cons. di
Stato n. 9/2008) (link a
www.diritto.it). |
APPALTI:
F. Gaboardi,
Note interpretative e di commento al d.lgs.
n. 163/2006 (Codice degli appalti pubblici)
(link a www.diritto.it). |
anno 2008 |
|
APPALTI: Partecipazione
impresa ad appalto pubblico.
Il Sindaco del Comune di XXX chiede se, in
presenza di contenzioso con una impresa in
materia di abusi edilizi e di lavori
pubblici, sia legittimo non ammettere a gara
l’impresa con cui si contende, pur avendo
quest’ultima i requisiti di legge per
partecipare ad appalti pubblici di lavori
(Regione Piemonte,
parere n. 191/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
LAVORI PUBBLICI: Recesso
contrattuale.
Il sindaco del Comune di XXX pone una serie
di questioni connesse al recesso
contrattuale.
In particolare, per un secondo lotto di
lavori relativi a rifacimento pavimentazione
di strade, piazze e arredo urbano nel borgo
storico, la popolazione ha testimoniato
forte opposizione per l’eccessiva rumorosità
al passaggio di autoveicoli, per le
difficoltà di movimento per le carrozzelle
di disabili e per le carrozzine degli
infanti, per le difficoltà di deambulazione
degli anziani.
Il sindaco chiede:
a) se le motivazioni espresse dalla
popolazione siano sufficienti per motivare
l’atto di recesso;
b) in caso di responsabilità contabile, chi
debba risponderne;
c) se eventuale referendum tra la
popolazione possa essere motivo di esimente
dalla responsabilità;
d) se una variante in corso d’opera,
superiore al 50% dell’importo contrattuale,
per sostituire la pietra di luserna con
altre tipologie di pavimentazione, sia
legittima o se, in ogni caso, bisogna prima
recedere dal contratto originario (Regione
Piemonte,
parere n. 178/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
APPALTI SERVIZI: Possibilità
gestione in economia di servizio appaltato.
Il sindaco del Comune di XXX, in riferimento
al servizio di raccolta e trasporto rifiuti
solidi urbani, chiede se sia possibile
espletare per un ente consorziato autonoma
gara d’appalto per l’affidamento della
gestione del servizio a terzi.
Il sindaco lamenta che il Consorzio di
bacino che opera nel territorio comunale ha
affidato, senza gara, a società pubblica, la
gestione del servizio e che, operando la
suddetta società in regime di monopolio,
senza un confronto concorrenziale, i costi
subiscono incrementi anomali non verificati
dal mercato, su semplice richiesta del
soggetto gestore.
Stante l’attuale crisi finanziaria degli
enti, il sindaco chiede se sia possibile
gestire autonomamente il servizio in oggetto
(Regione Piemonte,
parere n. 135/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
APPALTI: Codice
contratti pubblici (valore dell’appalto).
Il sindaco della città XXX chiede
chiarimenti sull’art. 29 –comma 10– del
D.Lgs. n. 163/2006 –Codice dei contratti
pubblici– ed in particolare interroga sulle
modalità di calcolo per stimare il valore
dell’appalto (Regione Piemonte,
parere n. 71/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
LAVORI PUBBLICI: Convenzionamento
realizzazione opere pubbliche.
Il Sindaco del Comune XXX riferisce che il
suo Comune ha ricevuto un contributo statale
per realizzare opere di difesa spondale.
In sede di conferenza di servizi è stato
richiesto di coinvolgere un Comune
confinante, per estendere le opere di difesa
anche in un modesto tratto di quel
territorio.
Il Comune confinante interpellato, ha
dichiarato la non disponibilità di risorse
finanziarie per l’esecuzione delle opere di
sua competenza.
Il Ministero erogatore del contributo si è
dichiarato disponibile a consentire
l’utilizzo del ribasso d’asta, registrato a
seguito di pubblico concorso di
progettazione, per fronteggiare le opere
connesse all’intervento sul territorio del
Comune confinante.
Chiede il sindaco se sia possibile
utilizzare l’istituto della convenzione per
realizzare congiuntamente l’opera e come il
Comune confinante possa restituire
“l’acconto” ricevuto.
La seconda parte del quesito, in verità, è
di difficile comprensione, perché dovrebbe
trattarsi di intervento assistito da
contributo statale in conto capitale. Se
così fosse nessun acconto dovrebbe essere
restituito, non trattandosi di
anticipazione. Se si trattasse di contributo
in conto interessi, sarebbe necessario,
invece, contrarre mutuo e, neanche in questo
caso, il quantum ricevuto dovrebbe essere
oggetto di restituzione (Regione Piemonte,
parere n. 53/2008 - link a
www.regione.piemonte.it). |
APPALTI: 1.
Annullamento dell'aggiudicazione di un
appalto dopo la stipula del contratto -
Sussistenza dei presupposti per il ricorso
all'autotutela.
2. Annullamento dell'aggiudicazione in via
di autotutela - Giurisdizione G.A.
3. Accertamento dell'anomalia dell'offerta -
Anche in via di autotutela - Valutazione
degli elementi costitutivi "originari" della
proposta contrattuale formulata in sede di
partecipazione alla gara.
1.
La giurisprudenza amministrativa, infatti,
riconosce pacificamente alla p.a. il potere
di annullare l'aggiudicazione di un appalto
pubblico anche dopo la stipulazione del
contratto qualora sussistano i presupposti
del ricorso alla cd. "autotutela",
comunemente ravvisati nella illegittimità
dell'atto annullato e nella sussistenza di
un interesse pubblico da compararsi con
quello del privato che abbia riposto un
legittimo affidamento sulla stabilità dei
suoi effetti (Cons. Stato, IV, 21/10/2006 n.
6456; TAR Puglia, Bari, 29/03/2007 n. 944;
discorso diverso andrebbe fatto con riguardo
alla revoca della aggiudicazione per motivi
di opportunità e convenienza la quale,
qualora intervenga dopo la costituzione del
rapporto contrattuale, pare difficilmente
distinguibile dal recesso). Tale regola vale
anche con riguardo all'accertamento relativo
alla anomalia delle offerte, che, qualora
viziato da profili di illegittimità, può
essere rivisto in un momento successivo alla
stipulazione del contratto, posto che, anche
dopo tale momento (e specie se l'appalto è
ancora nella fase iniziale) la p.a conserva
il proprio interesse ad evitare che
l'eccessivo ribasso del corrispettivo
offerto influisca negativamente sulla
corretta esecuzione del servizio.
2.
La giurisdizione sull'annullamento in
autotutela della aggiudicazione spetta al GA
in quanto si tratta di un provvedimento che
la p.a. adotta nell'esercizio di poteri di
supremazia relativi alla fase della scelta
del contraente e non nell'ambito della
gestione paritetica del rapporto
contrattuale (Cons. Stato; V, 05/05/1998 n.
677 ma si veda sul punto anche Cass. S.U.
28/08/2008 n. 21928).
3.
L'accertamento della anomalia dell'offerta,
ancorché possa essere effettuato in via di
autotutela anche dopo la stipulazione del
contratto, deve comunque avere esclusivo
riguardo agli elementi costitutivi
"originari" della proposta contrattuale
formulata in sede di partecipazione alla
gara, e giammai può tenere in considerazione
elementi di fatto successivi attinenti la
fase di esecuzione del contratto (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 29.12.2008 n. 6171 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'illegittimità di un
bando per l'affidamento dei servizi di
parcheggi pubblici per l'inconferenza del
previsto requisito di ammissione rispetto
all'oggetto della gara.
E' illegittimo un bando di gara indetto da
un comune per l'affidamento dei servizi di
parcheggi pubblici senza custodia e di
pulizia dei bagni pubblici ed il relativo
disciplinare, nella parte in cui prescrivono
quale requisito di ammissione alla procedura
l'iscrizione all'albo dei soggetti abilitati
all'attività di liquidazione ed accertamento
dei tributi e delle entrate delle province e
dei comuni istituito presso il ministero
dell'economia e delle finanze. Va escluso,
infatti, che, nel caso di specie, vi sia
un'attività concernente l'accertamento, la
liquidazione e la riscossione di entrate
comunali, per la quale l'art. 52 del d.lgs.
15.12.1997 n. 446, richiede che, qualora non
esercitata direttamente dall'ente locale,
sia affidata a "soggetti iscritti all'albo
di cui" al precedente art. 53.
Inoltre, il bando suddetto contravviene al
divieto di cui all'art. 42, co. 3, del
d.lgs. 12.04.2006 n. 163, secondo cui le
richieste della stazione appaltante "non
possono eccedere l'oggetto dell'appalto",
stante l'inconferenza del previsto requisito
di ammissione rispetto all'oggetto della
gara, oltre che l'abnorme sproporzione
rispetto alle finalità perseguite; requisito
la cui prescrizione conseguentemente si
traduce in una ingiustificata compressione
della platea dei possibili concorrenti e, di
qui, in un'altrettanto ingiustificata
limitazione dell'interesse pubblico alla
selezione della migliore offerta che il
settore di mercato realmente interessato
possa esprimere (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 23.12.2008 n. 6534 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: E'
illegittimo il bando di gara che prevede
termini di pagamento, decorrenza degli
interessi moratori e saggio degli interessi
diversi da quelli stabiliti negli artt. 4 e
5 del decreto legislativo n. 231/2002.
Nella fattispecie non può parlarsi di
accordo, in quanto l’Amministrazione impone
autoritativamente le condizioni relative ai
termini di pagamento ed alle conseguenze del
ritardo, talché cade il presupposto del
convergere di due volontà per la formazione
delle quali è necessaria l’indagine
complessiva di cui al citato art. 7.
D’altra parte le amministrazioni resistenti
affermano di avere inserito le clausole
contrattuali in base a normativa statale (l.
833/1978) o regionale (L.r. Lazio n.
22/1989); ma al riguardo è agevole
evidenziare come tali disposizioni risultino
superate sia dalla normativa specifica
comunitaria che da quella statale, peraltro
successive, che disciplinano puntualmente la
fattispecie (cfr. sul punto Cons. di Stato
sez. V. 12.04.2005 n. 1638).
In definitiva la grave iniquità deriva dalla
mancanza di qualsiasi giustificazione che
renda costantemente e reiteratamente
possibili termini di pagamento, decorrenza
degli interessi moratori e saggio degli
interessi diversi da quelli stabiliti negli
artt. 4 e 5 del decreto legislativo n.
231/2002, la cui applicabilità alla
fattispecie non è posta in discussione, e
deriva dalla lettura degli artt. 1 e 2 dello
stesso decreto e dalla costante
giurisprudenza che ha ritenute applicabili
alle pubbliche forniture il decreto L.gvo n.
231/2002 (oltre quelle citate cfr. anche
Cons. di St. sez. V 30.08.2005 n. 3982).
Il ricorso deve essere accolto e
considerarsi accertata la grave iniquità
delle clausole generali di contratto
inserite dalle strutture sanitarie intimate
negli atti di gara per pubbliche forniture,
con conseguente ordine di conformarsi a
quanto previsto negli artt. 4 e 5 del
decreto legislativo n. 231/2002 (TAR
Lazio-Roma, Sez. III-quater,
sentenza 22.12.2008 n. 12229 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: La
certificazione SOA è sufficiente a
dimostrare l'adeguatezza tecnica e
finanziaria dell'impresa che vuole
partecipare ad una gara per l'affidamento di
lavori pubblici.
E' illegittimo un bando di gara per
l'affidamento di attività di manutenzione
ordinaria e straordinaria di impianti
trasportatori: scale mobili, ascensori, nei
fabbricati e nelle stazioni delle linee
metroferroviarie nella parte in cui
prescrive ai fini della partecipazione alla
procedura ulteriori requisiti finanziari
oltre a quelli previsti implicitamente con
la richiesta di attestazione SOA. Infatti,
la richiesta e la presentazione della
certificazione SOA è necessaria, ma
soprattutto sufficiente a dimostrare
l'adeguatezza tecnica e finanziaria
dell'impresa che vuole partecipare ad una
gara per l'affidamento di lavori pubblici.
L'art. 1, c. 3, del d.P.R. n. 34/2000,
prevede espressamente che l'attestazione SOA
"costituisce condizione necessaria e
sufficiente per la dimostrazione
dell'esistenza dei requisiti di capacità
tecnica e finanziaria ai fini
dell'affidamento dei lavori pubblici".
Pertanto, è illegittima nel caso di specie
la richiesta da parte della stazione
appaltante di ulteriori requisiti finanziari
rispetto a quelli fissati dalla legge (TAR
Lazio-Roma, Sez. II-ter,
sentenza 22.12.2008 n. 12218 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
ESPROPRIAZIONE: Non
sussiste un obbligo, per la amministrazione
che procede alla realizzazione di un’opera
pubblica, di depositare, già al momento in
cui sottopone il progetto per la
approvazione definitiva e per la
dichiarazione di pubblica utilità, l’elenco
dei terreni soggetti ad occupazione
temporanea finalizzata alla corretta
esecuzione dei terreni.
Il piano particellare delle aree soggette ad
occupazione temporanea non è elemento
necessario per la valida approvazione del
progetto definitivo e non sussiste l’obbligo
di comunicare, ai proprietari delle aree
medesime, l’avvio del procedimento
finalizzato alla approvazione dell’opera
pubblica o la avvenuta approvazione del
progetto definitivo.
Allo stato attuale della legislazione, non
si può affermare che sussista un obbligo,
per la amministrazione che procede alla
realizzazione di un’opera pubblica, di
depositare, già al momento in cui sottopone
il progetto per la approvazione definitiva e
per la dichiarazione di pubblica utilità,
l’elenco dei terreni soggetti ad occupazione
temporanea finalizzata alla corretta
esecuzione dei terreni.
Infatti, l’art. 16 d.p.r. 327/2001 statuisce
che l’autorità espropriante, al fine di
promuovere la adozione della dichiarazione
di pubblica utilità, deve depositare, oltre
agli elaborati progettuali, tutti gli atti
utili e necessari a descrivere la natura e
lo scopo delle opere da eseguire e “in
ogni caso lo schema dell’atto di
approvazione del progetto deve richiamare
gli elaborati contenenti la descrizione dei
terreni e degli edifici di cui é prevista
l’espropriazione, con l’indicazione
dell’estensione e dei confini, nonché
possibilmente dei dati identificativi
catastali e con il nome e cognome dei
proprietari iscritti nei registri catastali”
(art. 16 comma 2 d.p.r. 327/2001). Dalla
norma citata si evince, dunque, che solo
relativamente alle aree soggette a esproprio
vi é l’obbligo di depositare l’elencazione
dei terreni.
Tale impostazione trova conferma nell’art.
l’art. 13 dell’allegato tecnico al codice
dei contratti pubblici, approvato con D.
L.vo 163/2006, il quale statuisce oggi, a
differenza dell’art. 33 D.P.R. 554/1999, che
“1. Il piano particellare degli espropri,
degli asservimenti e delle interferenze con
i servizi é redatto in base alle mappe
catastali aggiornate, e comprende anche le
espropriazioni e gli asservimenti necessari
per gli attraversamenti e le deviazioni di
strade e corsi d’acqua e le altre
interferenze che richiedono espropriazioni.
2…….3. Il piano é corredato dall’elenco
delle ditte che in catasto risultano
proprietarie dell’immobile da espropriare e
asservire, ed é corredato dalla indicazione
di tutti i dati castali nonché delle
superfici interessate”. Come si vede,
dalla norma confluita nell’allegato tecnico
al codice dei contratti pubblici, é stato
espunto ogni riferimento alle aree soggette
ad occupazione temporanea.
Si evidenzia, dunque, una chiara tendenza
del legislatore ad alleggerire gli oneri a
carico delle autorità esproprianti, tra
l’altro anche mediante il venir meno degli
obblighi correlati alla immediata
individuazione delle c.d. aree di cantiere.
Tale considerazione conferma che l’art. 16
d.p.r. 327/01 deve essere letto esattamente
nel senso che impone, al fine della
approvazione del progetto definitivo, solo
il deposito del piano particellare delle
aree ad espropriare, e non anche delle aree
soggette ad occupazione temporanea.
Allo stesso modo gli artt. 16 e 17 d.p.r.
327/01 prevedono l’obbligo di dare
comunicazione, rispettivamente dell’avvio
del procedimento e della avvenuta
approvazione del progetto definitivo, al “proprietario
dell’area ove é prevista la realizzazione
dell’opera”, locuzione questa che può
ragionevolmente riferirsi solo al
proprietario di aree da espropriare: ciò si
desume chiaramente dagli artt. 16 comma 11 e
17 comma 3, i quali sottendono entrambi la
qualità di soggetto ad espropriazione nel
“proprietario dell’area “: nel primo caso,
infatti, la norma facoltizza tale soggetto a
“chiedere che l’espropriazione riguardi
anche le frazioni residue dei suoi beni”,
mentre nel secondo caso gli conferisce la
possibilità di interloquire sul valore
dell’area ai fini della determinazione della
indennità di esproprio.
Si deve pertanto ritenere che il piano
particellare delle aree soggette ad
occupazione temporanea non sia elemento
necessario per la valida approvazione del
progetto definitivo e che, correlativamente
non sussista l’obbligo di comunicare, ai
proprietari delle aree medesime, l’avvio del
procedimento finalizzato alla approvazione
dell’opera pubblica o la avvenuta
approvazione del progetto definitivo.
Peraltro, l’art. 49 d.p.r. 327/2001
statuisce che l’autorità espropriante può
disporre l’occupazione temporanea di aree
non soggette al procedimento espropriativo “se
ciò risulta necessario per la corretta
esecuzione dei lavori previsti”.
La norma limita quindi la discrezionalità
della amministrazione procedente, statuendo
che alla occupazione temporanea di aree si
possa far luogo solo in caso di bisogno
effettivo della cui ricorrenza
l’Amministrazione procedente deve
evidentemente –onde evitare che la
disposizione in esame venga sistematicamente
disapplicata- dare conto nella motivazione
del provvedimento che dispone la occupazione
temporanea. Si noti che l’art. 49, comma 1,
d.p.r. 327/2001 legittima l’occupazione
temporanea non in relazione ad una necessità
qualsiasi, ma solo in relazione alla
necessità di eseguire correttamente le
opere. Si deve quindi ritenere, ad esempio,
che un’area privata possa essere occupata
temporaneamente per la necessità di
collocarvi ponteggi o altri macchinari
necessari per dar corso a opere collocate in
prossimità del confine, ma non anche per
disporre, in prossimità di un cantiere, di
un deposito di materiali facilmente
trasportabili. L’Amministrazione, in altre
parole, deve organizzare i cantieri in modo
da non arrecare alcun disturbo quantomeno a
chi non sia soggetto ad espropriazione, e
quindi il decreto che dispone l’occupazione
temporanea deve essere motivato
specificamente a dimostrazione della
sussistenza delle ragioni che la
legittimano.
Va preliminarmente rilevato che
l’occupazione temporanea priva il
proprietario, sia pur transitoriamente, del
godimento dell’area, e quindi incide
fortemente nella di lui sfera giuridica. E’
quindi essenziale, onde assicurare un
effettivo ed equo contemperamento tra
l’interesse pubblico e quello del privato
che deve subìre l’occupazione temporanea,
che tale indennizzo venga offerto, e quindi
quantificato, contestualmente al decreto che
dispone l’occupazione temporanea, allo
stesso modo in cui l’indennità di esproprio
deve essere offerta e quantificata con il
decreto che dispone l’espropriazione o
l’occupazione anticipata preordinata
all’esproprio: in altre parole, il privato
ha diritto a conoscere da subito l’esatto
ammontare che gli viene offerto a titolo di
indennizzo, onde essere messo in grado di
valutare quali azioni intraprendere a tutela
dei propri diritti (TAR Puglia-Bari, Sez.
III,
sentenza 17.12.2008 n. 2891 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: La
stazione appaltante deve tener conto, ai
fini della determinazione del corrispettivo
dell'appalto, del costo del lavoro come
indicato nelle tabelle ministeriali.
La Sezione anche in questa sede richiama
l’orientamento del TAR Lombardia, secondo il
quale la P.A. “nel procedere alla
determinazione delle condizioni economiche
da porre a base d’asta, è tenuta a garantire
un livello idoneo a consentire il rispetto
del costo del lavoro risultante dalla
contrattazione collettiva di categoria,
riferito alle imprese che esercitano
ordinariamente l’attività che costituisce
oggetto dell’appalto”, in quanto “l’obbligo
di assicurare parità di condizioni a tutti i
partecipanti, impedisce di allestire un
bando di gara che lasci liberi i concorrenti
di formulare l’offerta facendo riferimento
ad un CCNL di propria scelta” (TAR
Lombardia–Milano, Sez. III, 06.11.2006, n.
2102).
Opina il Collegio di dover far propria
siffatta tesi rilevando che irrefutabile è
il dato che le società cooperative, a norma
della lex specialis, erano ammesse a
partecipare alla gara. Ne deriva che
l’Amministrazione doveva tenere nel debito
conto il costo del lavoro stabilito dalla
contrattazione collettiva applicabile alle
cooperative, non potendo consentire al
singolo partecipante, di scegliersi il
contratto collettivo, per poi parametrare il
costo minimo e quindi il prezzo a base di
gara, sul costo della manodopera stabilito
dal contratto collettivo prescelto dal
singolo concorrente, come nella specie
vorrebbe il Comune.
Siffatta opzione introdurrebbe nel settore
delle pubbliche gara un quoziente di
disomogeneità ed aleatorietà, finendo per
alterare sensibilmente la par condicio.
Tanto più ove si consideri che nel caso
all’esame il costo del lavoro prescritto
dalla contrattazione per le cooperative
sociali è anche vantaggioso per
l’Amministrazione, posto che le cooperative
sociali beneficiano delle agevolazioni
fiscali stabilite dalla legge (TAR Piemonte,
Sez. I,
sentenza 11.12.2008 n. 3130 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
S. Lazzini, La facoltà
delle stazioni appaltanti di richiedere nel
bando di gara requisiti di partecipazione e
di qualificazione ulteriori rispetto a
quelli espressamente stabiliti dalla legge
rientra nella piena discrezionalità
dell’amministrazione con l’unico limite
della propor-zionalità e della
ragionevolezza.
In tema di dimostrazione
dei requisiti speciali per un appalto di
lavori inferiore ai 150.000 euro in assenza
di certificazione SOA.
In ordine alla violazione e falsa
applicazione dell’art. 28 del DPR 34/2000 va
detto che, in effetti, l'articolo 28 del
d.P.R. sulla qualificazione, invocato dalla
ricorrente (relativo ai requisiti per lavori
pubblici di importo pari o inferiore a
150.000 euro), esso si limita a richiedere
-quale requisito tecnico-organizzativo-
l'aver eseguito lavori nel quinquennio
antecedente la data di pubblicazione del
bando per un importo non inferiore a quello
del contratto da stipulare, senza richiedere
che tali pregressi lavori appartengano alla
categoria o alle categorie di lavori oggetto
di appalto, invece la previsione generale,
di cui all’art. 18, del citato DPR, si
esprime in modo da rendere di norma
necessaria tale corrispondenza di categoria
(v. art. 18 comma 5: “La adeguata
idoneità tecnica è dimostrata: . . .b)
dall'esecuzione di lavori, realizzati in
ciascuna delle categorie oggetto della
richiesta, di importo non inferiore al 90%
di quello della classifica richiesta;
l'importo è determinato secondo quanto
previsto dall'articolo 22; c)
dall'esecuzione di un singolo lavoro, in
ogni singola categoria oggetto della
richiesta, di importo non inferiore al 40%
dell'importo della qualificazione richiesta,
ovvero, in alternativa, di due lavori, nella
stessa singola categoria, di importo
complessivo non inferiore al 55%
dell'importo della qualificazione richiesta,
ovvero, in alternativa, di tre lavori, nella
stessa singola categoria, di importo
complessivo, non inferiore al 65%
dell'importo della qualificazione richiesta;
gli importi sono determinati secondo quanto
previsto dall'articolo 22").
Ritiene, inoltre, il Collegio che la
previsione di cui all’art. 28 dpr 34/2000
non si traduca in un divieto per le stazioni
appaltanti di prevedere requisiti più
specificamente miranti alla verifica della
idoneità dell'impresa a svolgere i lavori
oggetto dell'appalto e che, nella
fattispecie, la previsione di cui al punto
11 del bando (che estende in sostanza la
previsione generale di cui al citato
articolo 18) non si ponga in termini di
illogicità o palese sproporzione, dovendosi
sotto tale profilo giudicare esente dalle
censure di eccesso di potere in proposito
sollevate (TAR Calabria-Reggio Calabria,
sentenza 05.12.2008 n. 1618 -
link a www.diritto.it). |
APPALTI:
Gara pubblica -
Esclusione dell'offerta contenente
indicazioni contrastanti - Legittimità anche
in assenza di espressa comminatoria nel
bando - Divieto dell'amministrazione di
scegliere fra le varie interpretazioni -
Violazione della par condicio.
L'obbligo di esclusione di un'offerta
contenente una pluralità di indicazioni
contrastanti deve essere disposto, anche in
assenza di comminatoria di esclusione da
parte della lex specialis in tal
senso, atteso il generale divieto per
l'amministrazione di scegliere una delle
varie opzioni astrattamente possibili
nell'offerta. Nel caso di specie è di tutta
evidenza l'incertezza contenuta nell'offerta
economica, nella parte relativa ai tempi di
esecuzione, come dimostrato dalla
circostanza che la stazione appaltante è
intervenuta per ben tre volte sulla
questione, adottando determinazioni
differenti, proprio in considerazione delle
potenziali pluralità di letture cui la
stessa dava luogo. Oltre alle ragioni
sottese all'interesse pubblico, depongono
anche aspetti legati alla tutela della par
condicio, quanto meno nei casi in cui tali
operazioni interpretative vengono effettuate
a buste aperte, con l'astratta possibilità
di favorire, mediante l'adozione di un certo
canone ermeneutica, un determinato
concorrente (massima tratta da www.solom.it
- TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza
03.12.2008 n. 5680). |
APPALTI SERVIZI:
1. Servizi pubblici
locali - Gara pubblica per l'affidamento del
servizio - Ricorso al modello dell'in house
- Eccezione.
2. Nomina del commissario ad acta -
Caratteri dell'indipendenza e della terzietà
- Natura di organo paragiurisdizionale.
3. Commissario ad acta - Fraintendimento del
suo incarico - Diretta e immediata
esecuzione del giudicato - Obbligo.
1.
In tema di affidamento di servizi pubblici
locali, il ricorso alla gara pubblica
-ovvero l'integrale ricorso al mercato da
parte dell'amministrazione nell'affidamento
del servizio- deve essere la regola e di
contro l'utilizzo di altri modelli di
gestione (per quanto riguarda nel caso in
esame, quello dell'in house) deve essere
l'eccezione.
2.
L'imparzialità dell'amministrazione,
affermata sul piano generale dall'art. 97
della Cost., assume peraltro, nell'ipotesi
di specie del commissario ad acta nominato
dal giudice dell'ottemperanza, i crismi di
una vera e propria terzietà ed indipendenza.
Entrambi questi caratteri sono infatti
mutuati dall'autorità che procede alla
nomina e sono un portato della natura di
organo paragiurisdizionale, ausiliario del
giudice e non dell'amministrazione
inadempiente, generalmente riconosciuta al
commissario).
3.
Il Commissario che, anziché provvedere
personalmente e tempestivamente a compiere
tutti gli atti necessari all'espletamento di
una procedura ad evidenza pubblica, abbia
invece delegato tale compito
all'amministrazione soccombente e già sul
punto inadempiente, ha frainteso il suo
incarico, tanto nel metodo, quanto nel
merito. Nel metodo, poiché , anziché dare
immediata e diretta esecuzione al giudicato
(o in via meramente subordinata, fornire
prescrizioni puntuali e circostanziate), ha
lasciato che tale compito fosse assolto
dall'amministrazione comunale con assoluta
libertà di manovra e secondo i suoi
originali intendimenti; nel merito, perché
l'incarico aveva ad oggetto l'esecuzione
della sentenza secondo le indicazioni
provenienti dalla stessa senza che fosse
richiesta o consentita una propria
interpretazione (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 03.12.2008 n. 5676). |
APPALTI:
Gli appalti pubblici dopo il D.Lgs. n.
152/2008:
slide (ottobre/novembre 2008 -
link a www.centrostudimarangoni.it). |
APPALTI:
1. Aggiudicazione
provvisoria - Mancata aggiudicazione
definiva e revoca dell'aggiudicazione
provvisoria - Domanda risarcitoria -
Giurisdizione del giudice amministrativo.
2. Aggiudicazione provvisoria - Mancata
aggiudicazione definiva e revoca
dell'aggiudicazione provvisoria - Improvvisa
e immotivata interruzione delle trattative
negoziali - Diritto al risarcimento del
danno.
1.
Ha giurisdizione esclusiva il giudice
amministrativo in ipotesi - come nella
fattispecie in esame - in cui il ricorrente
abbia proposto una domanda risarcitoria in
conseguenza dalla revoca dell'aggiudicazione
provvisoria e della mancata aggiudicazione
definiva in virtù dell'intrecciarsi di
posizioni di diritto soggettivo e di
interesse legittimo (cfr. Cons. Stato, Ad.
Plen., 15.09.2005, n. 6).
2.
L'amministrazione al pari di ogni soggetto
privato, nello svolgimento della sua
attività di ricerca del contraente, è tenuta
a rispettare non soltanto le norme dettate a
tutela dell'interesse pubblico (la cui
violazione implica l'annullamento o la
revoca dell'attività autoritativa) ma anche
le norme di correttezza di cui all'art. 1337
c.c. prescritte dal diritto comune (nel
fattispecie il Collegio ha quindi condannato
l'amministrazione al risarcimento del danno
per responsabilità precontrattuale avendo
ingiustificatamente interrotto le trattative
negoziali senza alcun preavviso) (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza
20.11.2008 n. 5481). |
APPALTI:
Dichiarazioni
asseritamente non veritiere - Esclusione -
Mancata impugnazione nei termini -
Inammissibilità del successivo ricorso
contenente domanda di risarcimento e di
cancellazione dell'iscrizione della causa di
esclusione presso il casellario informatico.
L'omessa impugnazione nei termini di legge
del provvedimento di esclusione di
un'impresa dalla procedura di gara per aver
reso dichiarazioni non veritiere determina
l'impossibilità per il giudice
amministrativo, in sede di successivo
ricorso tardivo, di disapplicare il
provvedimento di esclusione che ha
costituito motivo di iscrizione della causa
di esclusione nel casellario informatico. La
mancata impugnazione tempestiva ha infatti
comportato la sostanziale acquiescenza nei
confronti del provvedimento di esclusione;
per tale ragione anche la domanda
risarcitoria, del pari di quella di
disapplicazione del provvedimento di
esclusione, è dunque inammissibile (massima
tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza
19.11.2008 n. 5474). |
APPALTI:
1. Offerta
economicamente più vantaggiosa - Art. 10,
co. 2, L.R. lombardia n. 14/1997 -
Interpretazione.
2. Bando di gara - Interesse
all'impugnazione - Ove le disposizioni
precludano la partecipazione o la
formulazione di un'offerta in termini
ragionevoli e logici.
1.
In tema di aggiudicazione di pubblici
appalti con il criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, l'art. 10
co. 2 della L.R. Lombardia n. 14/1997,
laddove prevede che all'elemento prezzo deve
"di norma" attribuirsi un peso non inferiore
al 50% del punteggio, deve essere
interpretato nel senso che compete
all'amministrazione aggiudicatrice, di volta
in volta, stabilire il peso di ciascuna
componente dell'offerta e, dunque, il
relativo punteggio per il prezzo e gli
elementi qualitativi (cfr. Cons. Stato, sez.
VI, 04.09.2006, n. 5100).
2.
Secondo giurisprudenza consolidata, sussiste
l'interesse all'impugnazione del bando di
gara e/o della lettera d'invito soltanto ove
questi ultimi contengano prescrizioni tali
da precludere la partecipazione alla
procedura selettiva di scelta del pubblico
contraente, ovvero non consentano ai
potenziali concorrenti di formulare
un'offerta in termini ragionevoli e logici,
per tal via ingenerando scarso interesse
alla partecipazione alla gara (cfr. ex
multis: Cons. Stato, Ad. Plen., 29.01.2003,
n. 1 e TAR Lombardia, Milano, sez. I,
13.11.2006, n. 2168) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 19.11.2008 n. 5472). |
APPALTI:
1. Lex specialis del
bando - Impugnabilità delle clausole che non
consentono una valida formulazione
dell'offerta - Impossibilità di determinare
l'offerta su elementi certi - Illegittimità
del bando - Violazione del principio di
concorrenzialità.
2. Bando di gara - Possibilità di introdurre
migliorie al progetto - Attribuzione di un
punteggio aggiuntivo per le soluzioni
migliorative.
1.
Devono ritenersi immediatamente impugnabili
le clausole di un bando illegittime che
costringono il partecipante a formulare un
offerta di contenuto diversa rispetto a
quella che avrebbe potuto formulare in base
ad una lex specialis legittima. Le
valutazioni dell'offerente in ordine alla
formulazione dell'offerta, infatti, sono
influenzate in modo specifico e determinante
dalle clausole della lex specialis, sicché
l'illegittimità di tale disciplina comporta
anche una violazione del principio di
concorrenzialità, poiché è evidente che,
sulla base della disciplina di gara,
l'impresa esegue valutazioni tecniche ed
economiche tese alla formulazione di
un'offerta concorrenziale potenzialmente in
grado di garantire l'aggiudicazione (Tar
Lombardia, sez. III, 12.05.2004, n. 1684).
L'immediata impugnazione delle clausole del
bando deve ritenersi consentita quando le
stesse clausole sono irragionevoli, tali da
non consentire una valida formulazione
dell'offerta, per essere da esse reso
impossibile quel calcolo di convenienza
economica che ogni impresa deve essere in
grado di poter effettuare all'atto di
valutare se partecipare o meno ad una gara
pubblica. In tale ipotesi, l'onere di
immediata impugnazione entro il termine
decadenziale decorrente dalla loro
conoscenza viene giustificato per
l'obiettivo ostacolo che una clausola di tal
genere pone alla formulazione dell'offerta
sulla base di elementi prevedibili e non
assolutamente aleatori (Tar Lazio, sez. II,
24.07.2006, n. 6295).
2.
Nel caso in cui l'amministrazione abbia
stimolato l'introduzione di varianti al
progetto elaborato dal comune, deve
ritenersi quanto mai opportuna, al fine di
assicurare un criterio logico di
comparazione dei vari progetti offerta
presentati, la determinazione di procedere
al confronto delle offerte con riferimento
alla lista delle lavorazioni previste dal
progetto comunale, attribuendo un punteggio
aggiuntivo per le soluzioni migliorative
ritenute effettivamente tali ed ammissibili
dalla commissione, senza, correlativamente,
penalizzare gli aumenti di prezzo che la
realizzazione di tali migliorie avrebbe
potuto comportare, essenzialmente in
considerazione del carattere meramente
eventuale e non attuale e necessario delle
medesime soluzioni migliorative e dei
relativi costi (CdS, 07.04.1995, n. 536)
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza
19.11.2008 n. 5471). |
LAVORI PUBBLICI:
Project financing -
Procedura ex art. 37-bis l. 109/1994 -
Possibilità per la stazione appaltante di
chiedere alcune precisazioni su elementi
oggetto della proposta - Sussiste.
E' legittimo l'operato della stazione
appaltante che in una procedura di
valutazione della proposta di project
financing richieda al soggetto offerente una
serie di precisazioni su elementi già
presenti nella documentazione che ha formato
oggetto della proposta.
Tale interpretazione, fedele al dettato
letterale dell'art. 37-bis co. 2-ter della
l. n. 109/1994, è fatta propria dalla
giurisprudenza maggioritaria che
espressamente riconosce l'esercizio di tale
facoltà con una certa ampiezza (cfr. Cons.
Stato, sez. V, 10.11.2005, n. 6287 e
Autorità lavori pubblici, determinazione del
04.10.2001, n. 20) (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 19.11.2008 n. 5468). |
APPALTI: Risultano
inammissibili, per intervenuta acquiescenza,
le censure proposte con il ricorso
giurisdizionale da un partecipante ad una
gara a trattativa privata, nel caso in cui
il ricorrente, da un lato, abbia posto a
base di tali censure la contestazione
dell’utilizzo di un siffatto strumento di
selezione del contraente, per difetto di
condizioni legittimanti la scelta del tipo
di gara, e, dall’altro, lo stesso
partecipante dichiari di avere presentato
domanda di partecipazione alla gara in
questione, evidenziando, chiaramente ed
univocamente, la volontà di accettare la
tipologia di gara prescelta
dall’Amministrazione procedente.
Il sindacato
giurisdizionale esperibile in ordine agli
apprezzamenti tecnico-discrezionali
effettuati dalla Commissione di gara in sede
di valutazione comparativa delle offerte non
può che limitarsi alla verifica della
sussistenza o meno di indici sintomatici di
non corretto esercizio del potere
discrezionale, sub specie di difetto di
motivazione, illogicità manifesta, erroneità
dei presupposti di fatto, incoerenza della
procedura valutativa e dei relativi esiti.
Secondo il costante orientamento della
giurisprudenza, risultano inammissibili, per
intervenuta acquiescenza, le censure
proposte con il ricorso giurisdizionale da
un partecipante ad una gara a trattativa
privata, nel caso in cui il ricorrente, da
un lato, abbia posto a base di tali censure
la contestazione dell’utilizzo di un
siffatto strumento di selezione del
contraente, per difetto di condizioni
legittimanti la scelta del tipo di gara, e,
dall’altro, lo stesso partecipante dichiari
di avere presentato domanda di
partecipazione alla gara in questione,
evidenziando, chiaramente ed univocamente,
la volontà di accettare la tipologia di gara
prescelta dall’Amministrazione procedente
(cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V,
09.10.2003, n. 6072).
Il sindacato
giurisdizionale esperibile in ordine agli
apprezzamenti tecnico-discrezionali
effettuati dalla Commissione di gara in sede
di valutazione comparativa delle offerte non
può che limitarsi alla verifica della
sussistenza o meno di indici sintomatici di
non corretto esercizio del potere
discrezionale, sub specie di difetto
di motivazione, illogicità manifesta,
erroneità dei presupposti di fatto,
incoerenza della procedura valutativa e dei
relativi esiti (C.d.S., Sez. V, 12.10.2004,
n. 6566)
(TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 19.11.2008 n. 5442 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Procedura
evidenza pubblica - Nuova procedura - Revoca
precedente gara.
Nelle procedure ad evidenza pubblica il
venir meno dell'aggiudicazione, per
decisione giurisdizionale o in via di
autotutela, restituisce all'amministrazione
la piena potestà di diritto pubblico di
determinarsi nel modo che ravvisa più
opportuno per la cura del pubblico interesse
e, pertanto, anche di non avvalersi degli
atti legittimi della procedura espletata e
di revocare gli atti che vi hanno dato
luogo; di conseguenza, è legittimo il
provvedimento con cui l'amministrazione, a
seguito della revoca della precedente gara,
abbia ritenuto opportuno rinnovare
integralmente la procedura ricorrendo a un
diverso criterio di scelta del
contraente (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 19.11.2008 n. 5450 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
S. Lazzini, Attenzione
alla differenza fra requisiti di ordine
morale e requisiti di ordine speciale (il
cui mancato possesso presuppone l’escussione
della cauzione provvisoria).
La regolarità del pagamento delle imposte e
tasse non è un requisito di ordine speciale
per il quale va fatto il sorteggio di cui
all’articolo 48 del codice dei contratti.
Il “certificato rilasciato dalla
competente Agenzia delle Entrate, attestante
la posizione di regolarità con il pagamento
delle imposte e tasse secondo la
legislazione italiana” serve a
comprovare un requisito di ordine generale e
di idoneità morale (TAR Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 13.11.2008 n. 2593 -
link a www.diritto.it). |
LAVORI PUBBLICI: Appalto
di lavoro - Somministrazione di manodopera -
Nozione e differenze - Mancanza di
conferimento dei mezzi - Ammissibilità.
Può sussistere appalto di lavoro per i
servizi ai sensi dell'art. 29 comma 1 del
Dlgs. 276/2003 anche in mancanza di
conferimento di mezzi: l'appalto di lavoro
si caratterizza, in effetti, per
l'organizzazione dei mezzi necessari da
parte dell'appaltatore, che può anche
risultare, in relazione alle esigenze
dell'opera o del servizio dedotti in
contratto, dall'esercizio del potere
organizzativo e direttivo nei confronti dei
lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché
per la assunzione, da parte del medesimo
appaltatore, del rischio d'impresa. Gli
elementi necessari perché vi sia appalto di
lavoro sono quindi l'organizzazione dei
mezzi e l'assunzione del rischio di impresa.
L'organizzazione dei mezzi non coincide con
il diretto e personale conferimento delle
attrezzature destinate al servizio ma
principalmente con l'assunzione e la
direzione degli operatori impiegati (in base
al comma 3-bis dell'art. 29 del Dlgs.
276/2003 qualora vi fosse interposizione
fittizia i lavoratori interessati potrebbero
chiedere al giudice ordinario la
costituzione di un rapporto di lavoro alle
dipendenze al soggetto che ha effettivamente
utilizzato la prestazione lavorativa).
I mezzi materiali possono essere perciò
forniti anche dal soggetto che riceve il
servizio, purché la responsabilità del loro
utilizzo rimanga in capo all'appaltatore e
purché attraverso la fornitura di tali mezzi
non sia invertito il rischio di impresa, che
deve in ogni caso gravare sull'appaltato
(massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 13.11.2008 n. 1627 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
OGGETTO: Quesito concernente l’applicazione dell’art. 10,
comma 6, della legge 05.02.1992, n. 104.
Il Comune -con richiesta di parere inoltrata al Servizio
attività istituzionali, legislative e legali e da questo
trasmessa, per competenza, allo scrivente Servizio Governo
del territorio- chiede “di esprimersi in merito
all’applicazione dell’articolo 10, comma 6, della L.
104/1992” di cui riporta il testo e, in particolare, se
il termine “immobile” utilizzato dalla norma “si
riferisce ad edifici esistenti ed aree libere o soltanto ad
edifici esistenti” e se sia da considerarsi legittima la
variante urbanistica automatica che essa prevede “alla
luce della recente sentenza (Corte Cost. n. 401 del
23/11/2007) che ha sostanzialmente dichiarato illegittima la
norma prevista dall’art. 98, comma 2, del Dlgs. n. 163/2006
la quale prevede l’approvazione di progetti definitivi e la
contestuale variante allo strumento urbanistico da parte del
Consiglio comunale per gli interventi infrastrutturali viari”
(Regione Marche,
parere 13.11.2008 n. 101/2008). |
APPALTI:
Le gare di appalto sono
governate anche da alcuni principi generali,
i quali operano a prescindere dall’espresso
richiamo contenuto nel bando di gara.
Sulla sussistenza di
forme di "collegamento sostanziale" tra le
imprese partecipanti alla medesima
procedura, anch'esse ritenute idonee a
violare i principi di segretezza e, come
tali, cause di esclusione dagli appalti.
La giurisprudenza ha chiarito che le gare di
appalto sono governate anche da alcuni
principi generali, i quali operano a
prescindere dall’espresso richiamo contenuto
nel bando di gara; fra questi principi,
viene in evidenza quello di segretezza delle
offerte, funzionale ad evitare che alcune
imprese possano formulare la propria offerta
dopo aver conosciute le altre offerte oppure
che più imprese, facenti capo agli stessi
centri decisionali, possano accordarsi fra
loro per fare in modo che l’appalto sia
aggiudicato a condizioni sfavorevoli per la
P.A. (cfr. tra le tante TAR Puglia - Lecce,
sez. II, 25.10.2005 n. 4618).
Del resto, l’art. 10, comma 1-bis, della
legge 1994 n. 109, nel prevedere
l’esclusione delle imprese tra le quali
esista una situazione di controllo, detta
una regola espressiva del principio generale
della segretezza e della par condicio,
impedendo la partecipazione alle gare di
concorrenti tra i quali sussistano legami
tali da consentire la reciproca conoscenza
delle offerte.
Proprio la circostanza che la norma in esame
esprima un principio generale ne consente
l’applicazione anche nelle procedure di gara
non relative a lavori, ma ad appalti di
altro tipo, come nel caso di specie.
Invero, la giurisprudenza ritiene che la
disciplina degli appalti di servizi e
forniture è suscettibile di essere integrata
in via analogica con le norme della legge
1994 n. 109, che siano espressive di
principi generali (cfr. in proposito a mero
titolo esemplificativo, Consiglio di stato,
sez. VI, 20.12.2004, n. 8145; Consiglio di
Stato, sez. VI - sentenza 13.06.2005 n. 3089
– dove si precisa che l’art. 10, comma
1-bis, è una norma di ordine pubblico - TAR
Sardegna Cagliari, sez. I, 15.05.2007, n.
904; TAR Lazio Roma, sez. I, 01.09.2004, n.
8229; TAR Marche Ancona, 28.10.2003, n.
1281; TAR Veneto Venezia, sez. I,
08.11.2006, n. 3738), precisando poi che
l’art. 10, comma 1-bis, della legge 1994 n.
109 deve essere interpretato in modo
estensivo, proprio al fine di garantire la
segretezza nelle gare d’appalto.
Ne deriva che “il collegamento fra le
imprese che osta alla loro partecipazione
alle gare non è solo quello previsto
dall'art. 2359 c.c. richiamato dall'art. 10,
comma 1-bis, della legge n. 109/1994, atteso
che la previsione della norma civilistica si
basa su una presunzione che non può
escludere la sussistenza di altre ipotesi di
collegamento o controllo societario atte ad
alterare le gare di appalto” (cfr. ex
plurimis C.d.S., sez. V, 22.04.2004 n.
2317).
Di conseguenza, non sussiste “alcun
dubbio sulla rilevanza del collegamento c.d.
"sostanziale" ai fini dell'escludibilità
delle imprese, anche al di là della testuale
previsione dell'art. 2359 cod. civ. per
l'esigenza di garantire il costante rispetto
in sede di gara della segretezza e della par
condicio" (cfr. Consiglio di Giustizia
Amministrativa, sez. Giurisdizionale,
06.05.2008 n. 412; C.d.S., sez. VI,
14.06.2006, n. 3500).
In altre parole, seppure l’art. 10, comma
1-bis, legge n. 109 del 1994 si limita a
richiamare solo l'ipotesi delle «società
controllate» prevista e disciplinata
dall'art. 2359 Cod. civ. al fine di disporre
la necessaria e automatica esclusione delle
offerte dalla gara, tuttavia la
giurisprudenza è venuta valorizzando,
accanto al "controllo" previsto dalla
richiamata disposizione, anche la
sussistenza di forme di "collegamento
sostanziale" tra le imprese partecipanti
alla medesima procedura, anch'esse ritenute
idonee a violare i principi di segretezza,
serietà delle offerte e par condicio posti a
garanzia della correttezza della procedura.
In tal senso è da condividere l'orientamento
giurisprudenziale favorevole alla
possibilità di individuare ipotesi di
collegamento sostanziale tra imprese,
diverse da quelle indicate dal citato art.
10, comma 1-bis, legge n. 109 del 1994 e ciò
nondimeno idonee a giustificare l'esclusione
dalle relative gare (cfr. C.d.S., sez. VI,
07.02.2002 n. 685; C.d.S., sez. V,
15.02.2002 n. 923; C.d.S., sez. IV,
27.12.2001 n. 6424; TAR Lombardia Milano,
sez. III, 13.12.2006, n. 2933).
Si tratta di ipotesi in cui l’esclusione si
correla alla riconducibilità di due o più
imprese partecipanti alla gara ad un unico
centro di interessi sulla base di elementi
oggettivi e concordanti tali da ingenerare
pericolo per il rispetto dei principi di
segretezza, di par condicio e di serietà
delle offerte (cfr. C.d.S., sez. V,
01.02.2002, n. 3601; C.d.S., sez. V,
26.06.2001 n. 6372; C.d.S., sez. VI,
23.06.2006, n. 4012; Tar Lazio - Roma, sez.
III-bis, 30.03.2004 n. 2955; TAR Lazio Roma,
sez. III, 08.05.2007, n. 4096) (TAR
Piemonte, Sez. II,
sentenza 04.11.2008 n. 2739 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Per l'informazione
"antimafia" sono sufficienti elementi
indiziari.
La riduzione
del potere discrezionale riconosciuto alla
stazione appaltante in presenza di
informative antimafia a carattere
interdittivo deriva dall’esigenza di
tutelare in via preferenziale la trasparenza
e l’immunità del settore dei pubblici
appalti rispetto a possibili fenomeni
invasivi da parte della criminalità
organizzata. È questo il principio in base
al quale il TAR Campania ha rigettato il
ricorso elevato avverso un’informativa
prefettizia a carattere “interdittivo”, resa
ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 490/1994,
con la quale era stato segnalato il pericolo
di condizionamento mafioso di un operatore
economico cui era stata affidata la
realizzazione di alcuni lavori pubblici
(TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 22.10.2008 n. 19674 -
link a www.altalex.com). |
LAVORI PUBBLICI:
Il progetto definitivo
non è suscettibile di modificazione in sede
di progetto esecutivo in quelle parti che
determinano il concreto assetto del
territorio.
E’ stato affermato che il progetto
definitivo “contenendo la dichiarazione
di p.u., indifferibilità ed urgenza, imprime
al bene privato (previa, si ricordi, la
necessaria comunicazione dell’avvio del
relativo procedimento nei confronti del
proprietario dell’area interessata)
quella particolare qualità, che lo rende
assoggettabile alla procedura espropriativa
(v. Cons. St., sez. IV, 06.06.2001, n. 3033
e 13.12.2001, n. 6238); …la veduta,
specifica, clausola legislativa (di cui
all’art. 14, comma 13 della legge
11.02.1994, n. 109) –prosegue la
motivazione- che disciplina
l’approvazione del progetto definitivo
conferendole gli effetti propri di quanto
già previsto dall’art. 1 della legge
03.01.1978, n. 1, implica che l’assetto del
territorio debba ritenersi definitivamente
conformato alla stregua di quanto previsto
nello stesso progetto (cosicché nessuna
variazione di tale assetto può poi
conseguire dalla successiva approvazione del
progetto esecutivo: v. Cons. St., sez. V,
08.10.2002, n. 5301)”.
La decisione, in altri termini, e
condivisibilmente, ha affermato che il
progetto definitivo non è suscettibile di
modificazione in sede di progetto esecutivo
in quelle parti che determinano il concreto
assetto del territorio: (salve,
naturalmente, le eventuali, successive,
puntualizzazioni dell’òpera, cui è
specificamente finalizzato il progetto
esecutivo medesimo. E ciò, in particolare,
-è stato asserito- per quanto concerne la
concreta definizione delle opere da
realizzare e delle aree all’uopo necessarie;
sì che nella fase successiva non saranno poi
introducibili mutamenti della localizzazione
dell’opera, tali da incidere sulle posizioni
degli interessati in maniera diversa da
quanto non abbia già previsto il progetto
definitivo (v. Tribunale sup.re acque,
04.03.2002, n. 27).
In adesione alle richiamate proposizioni è
possibile affermare che in sede di progetto
esecutivo è precluso introdurre quelle
modificazioni al progetto definitivo che
mutino il tipo di opera dallo stesso
approvata, o incidano su soggetti diversi da
quelli già contemplati o aggravino il
pregiudizio imposto ai privati coinvolti nei
loro beni dall’opera pubblica; ciò vuol dire
che il progetto definitivo non è un
documento cristallizzato ed assolutamente
immodificabile, ben potendo sopportare tutte
quelle variazioni che incrementino
l’efficienza dell’opera o ne riducano i
costi in termini di sacrificio di valori
giuridici protetti dall’ordinamento.
La giurisprudenza ha infatti riconosciuto
che “è consuetudine che, in sede
autorizzativa, l’Amministrazione detti
alcune prescrizioni da porre in essere in
fase esecutiva, senza che per questo il
progetto perda le sue caratteristiche di
progetto definitivo.
Realizzare un’opera pubblica di particolare
complessità …necessita inevitabilmente di
ottimizzazioni che non possono che
interessare la fase esecutiva e che, in sede
di autorizzazione, non possono che essere
contemplate per mezzo di prescrizioni la cui
effettiva esecuzione potrà essere garantita,
come nel caso di specie, per mezzo del
collaudo e del monitoraggio “(Cons. St.,
Sez. IV, 03.05.2005 n. 2136)” (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 17.10.2008 n. 5093 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Gara
- Seduta di apertura delle buste - Principio
di pubblicità - Necessità - Mancata
comunicazione - Non è sanabile.
Il principio di pubblicità delle operazioni
di gara deve necessariamente connotare la
seduta fissata per l'apertura delle buste
contenenti le offerte dei partecipanti alla
gara stessa. Di conseguenza è obbligo del
seggio di gara garantire ai concorrenti
l'effettiva possibilità di presenziare allo
svolgimento delle operazioni di apertura dei
plichi pervenuti alla stazione appaltante.
Tale effettiva possibilità di partecipazione
alla seduta del seggio di gara costituisce
garanzia posta a tutela, nel contempo,
dell'interesse pubblico e di quello dei
singoli partecipanti, i quali devono poter
assistere direttamente allo svolgimento
delle operazioni di verifica dell'integrità
dei plichi ed all'identificazione del loro
contenuto, e ciò a conferma della serietà
della procedura concorsuale, ne consegue
che, anche in assenza di specifiche
previsioni della lex specialis, la
violazione del principio di pubblicità
indotta dalla mancata comunicazione ad uno o
più concorrenti della data di svolgimento
delle operazioni di apertura dei plichi
contenenti le offerte costituisce vizio
insanabile della procedura, il quale si
ripercuote sul provvedimento finale di
aggiudicazione, invalidandolo, anche ove non
sia comprovata l'effettiva lesione sofferta
dai concorrenti, trattandosi, come si è
detto, di adempimento posto a tutela non
solo della parità di trattamento tra gli
stessi, ma anche dell'interesse pubblico
alla trasparenza ed all'imparzialità
dell'azione amministrativa, le cui
conseguenze negative sono difficilmente
apprezzabili ex post (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 16.10.2008 n. 1329). |
APPALTI: In
caso di partecipazione a gara d’appalto la
sottoscrizione a margine non equivale a
quella in calce, il che comporta
l'esclusione dalla gara.
La giurisprudenza, lungi dall’attestarsi in
materia su una posizione di rigido
formalismo, è incline a ritenere che, al di
là delle modalità concretamente utilizzate,
ciò che conta è il raggiungimento dello
scopo presidiato dalla sanzione di
esclusione, sicché se questo comunque si
realizza l’esclusione si traduce in una
misura priva di significato.
Correttamente, dunque, la sentenza (del TAR
adito) ha indagato per verificare se in
presenza di una dichiarazione sottoscritta a
margine di ogni suo foglio si potesse dire
che il concorrente, anche in mancanza di una
formale sottoscrizione, aveva comunque reso
la sottoscrizione imposta dal bando e dalla
disciplina di riferimento.
L’errore della sentenza (del TAR) non
risiede, quindi, nell’approccio metodologico
alla questione ma nella sua concreta
soluzione. Ad avviso del Collegio, infatti,
l’errore sta nell’aver considerato
equipollente ad una sottoscrizione in calce
una sottoscrizione a margine di tutti i
fogli. In un tale caso, invero, non si può
escludere che manchi la consapevolezza
dell’impegno in capo all’autore della
sottoscrizione e non si può neppure
escludere che le sottoscrizioni seriali
siano state apposte su fogli in bianco prima
della loro compilazione.
Tanto basta all’accoglimento dell’appello
giacché se è vero, come detto, che per
condurre all’esclusione il mancato
adempimento alle clausole di gara deve
realmente sussistere (o, il che è lo stesso,
non deve risultare surrogato da altri
adempimenti), è anche certo che, per poter
impedire l’esclusione, l’equipollenza
dell’adempimento reso rispetto a quello
omesso deve risultare in maniera oggettiva e
univoca e, quindi, non suscettibile di
opposte interpretazioni (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 08.10.2008 n. 4959 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
S. Lazzini, Non è
consentito all’impresa cessionaria
l’automatico subentro nei contratti
stipulati dall’impresa cedente ancorché non
abbiano carattere personale.
Cessione intera di Azienda, è vero che
automaticamente l’impresa acquirente
subentra anche nei contratti pubblici in
essere? O invece è corretto che la Stazione
appaltante rescinda dal proprio obbligo e
aggiudichi l’appalto ad altra impresa, in
osservanza del capitolato speciale, che
stabilisce il divieto di cessione del
contratto?
La società
cessionaria di azienda non può subentrare
automaticamente nella posizione della
società cedente, per le caratteristiche di
infungibilità del contraente in quanto
individuato attraverso un procedimento
concorsuale di tipo garantistico, volto a
selezionare, attraverso l’ampia
partecipazione delle imprese interessate, il
soggetto più qualificato sulla base dei
requisiti soggettivi ed oggettivi posseduti.
Da ciò la corretta interpretazione dell’art.
32 del capitolato, il cui contenuto,
preclusivo di ogni tipo di cessione, è
desumibile, oltretutto, anche dal suo
contenuto letterale, (divieto di cessione da
parte della ditta aggiudicataria “neanche
parzialmente”), espressione che preclude
ogni interpretazione che lasci spazio a
qualsivoglia autonomo effetto traslativo
della posizione contrattuale.
Non rileva, infine, l’asserito vizio di
difetto di partecipazione, in quanto il
richiamato divieto di effetti traslativi del
contratto preclude la necessità di
qualsivoglia obbligo partecipativo in favore
dell’appellante in ordine all’ulteriore
affidamento del servizio nei confronti di
altra società (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 07.10.2008 n. 4865 -
link a www.diritto.it). |
APPALTI:
S. Lazzini, E’
consentita la richiesta di sottoscrizione
per accettazione del capitolato speciale, da
parte dei legali rappresentanti di tutte le
imprese raggruppate,con la previsione
dell’obbligo di provvedere alla
sottoscrizione di ogni pagina in aggiunta
alla sottoscrizione in calce ed in calce ai
sensi dell’art. 1341, capoverso, c.c.(cd
clausole vessatorie).
E’ illegittima l’ammissione alla procedura
di un raggruppamento, constando in atti che
la sottoscrizione delle singole pagine del
capitolato speciale è stata effettuata
esclusivamente dall’impresa capogruppo del
raggruppamento costituendo mentre le
mandanti hanno provveduto alle sole
sottoscrizioni in calce che si è visto
essere inidonee a rispettare la lettera
delle regole di gara ed a soddisfare la
ratio che le anima?
Il raggruppamento andava escluso: la Sezione
reputa quindi fondato il motivo di ricorso
incidentale con il quale si lamenta la
violazione da parte della ricorrente
principale, delle prescrizioni recate dalla
disciplina di gara che impongono la
sottoscrizione del capitolato speciale di
appalto per accettazione, da parte di ogni
impresa facente parte di un raggruppamento
temporaneo, in ogni pagina, in calce nonché
in calce ai sensi dell’art. 1341 del codice
civile.
La Sezione osserva infatti che l’obbligo, a
pena di esclusione, della sottoscrizione in
ogni pagina del capitolato da parte di tutte
le imprese facenti pari del raggruppamento
è, in termini non equivoci, desumibile dal
combinato disposto del par. 4, punto V, del
disciplinare, che sanziona con la non
ammissione la mancata sottoscrizione del
capitolato, e del par. 1, punto A2, dello
stesso disciplinare, ove, in sede di
declinazione delle modalità di presentazione
delle offerte, si stabiliscono le modalità
di sottoscrizione per accettazione da parte
dei legali rappresentanti di tutte le
imprese raggruppate con la previsione
dell’obbligo di provvedere alla
sottoscrizione di ogni pagina in aggiunta
alla sottoscrizione in calce ed il calce ai
sensi dell’art. 1341, capoverso, c.c..
[In ogni caso non hanno effetto, se non sono
specificamente approvate per iscritto, le
condizioni che stabiliscono, a favore di
colui che le ha predisposte, limitazioni di
responsabilità (1229), facoltà di recedere
dal contratto (1373) o di sospenderne
l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico
dell'altro contraente decadenze (2964 e
seguenti), limitazioni alla facoltà di
opporre eccezioni (1462), restrizioni alla
libertà contrattuale nei rapporti coi terzi
(1379, 2557, 2596), tacita proroga o
rinnovazione del contratto, clausole
compromissorie (Cod. Proc. Civ. 808) o
deroghe (Cod. Proc. Civ. 6) alla competenza
dell'autorità giudiziaria] (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 07.10.2008 n. 4862 -
link a www.diritto.it). |
LAVORI PUBBLICI: Sindaci
fuori strada - Niente manutenzione? C’è
lesione. Cassazione sulle responsabilità per
i danni a persone.
La Cassazione responsabilizza le
amministrazioni locali e chiede maggiore
attenzione sulla sicurezza nelle strade
comunali. Rischiano infatti una condanna
per lesioni colpose, nel caso qualche
cittadino si sia ferito su una strada priva
di
manutenzione, il sindaco e il responsabile
dell’ufficio tecnico dell’ente locale che
non fanno niente per verificare la
situazione.
Non che «debbano effettuare ronde» ma
«è sicuramente doveroso il loro attivarsi
per avere attraverso le varie articolazioni
operative dei competenti uffici, le
informazioni necessarie sullo stato delle
strade comunali nonché per adottare i
provvedimenti organizzativi specifici per
l’eliminazione dei pericoli».
Il monito dei giudici di «Piazza Cavour» è
contenuto nella
sentenza 23.09.2008 n. 36475.
In particolare la quarta sezione penale ha
respinto il ricorso presentato dall’allora
sindaco di Taormina (con delega ai lavori
pubblici) e dall’allora responsabile
dell’ufficio tecnico comunale che erano
stati condannati, prima dal
giudice di pace e poi dal tribunale di
Messina, per lesioni personali colpose (in
concorso fra loro) dal momento che nel
centro della cittadina siciliana una signora
era inciampata «su un dislivello privo di
segnalazione» davanti a un negozio.
Contro questa condanna i due hanno fatto
ricorso in Cassazione, ma hanno perso: la
quarta sezione penale ha infatti condiviso
la sentenza del tribunale, perché, ha
scritto, «correttamente i giudici di
merito hanno ritenuto di affermare la
responsabilità dei due imputati per causa
della loro qualità».
Non basta. Con una sentenza importante sotto
tanti profili, non ultimo forse la prima o
una delle pochissime a responsabilizzare le
amministrazioni locali sulla manutenzione
delle strade, è stato anche precisato che «la
posizione di garanzia che il sindaco e il
responsabile dell’ufficio tecnico del comune
assumono sulla base di una generale norma di
diligenza che impone agli organi
dell’amministrazione comunale,
rappresentativi o tecnici che siano, di
vigilare nell’ambito delle rispettive
competenze per evitare situazioni di
pericolo ai cittadini, situazioni di
pericolo derivanti dalla non adeguata
manutenzione e dal non adeguato controllo
dello stato delle strade comunali».
Fra l’altro all’interno del «Palazzaccio» la
decisione non ha trovato il favore di tutti.
Infatti la procura generale ha sollecitato
un annullamento e non una conferma della
decisione con la quale il primo cittadino
era stato condannato (articolo ItaliaOggi
del 24.09.2008, pag. 39). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
S. Lazzini, A sua
discrezione la stazione appaltante può
scegliere fra il prezzo più basso e
l’offerta economicamente più vantaggiosa:
devono sempre però essere rispettata la
realizzazione di una effettiva concorrenza
tra i partecipanti alle gare pubbliche,
giusta l’evoluzione della giurisprudenza
comunitaria.
Se una Stazione appaltante decide, per un
appalto da affidarsi con il criterio del
prezzo più basso, di affidare comunque
l’aggiudicazione ad un’apposita Commissione,
valgono comunque le norme di cui
all’articolo 84 del Codice dei contratti
pubblici (che invero si occupa degli appalti
da affidare con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa)?
Appare consequenziale che solo all’esercizio
della discrezionalità tecnica valutativa
propria del sistema della “offerta
economicamente più vantaggiosa” deve
ritenersi correlata la prescrizione
cautelativa del comma 10 dell’art. 84 cost.
in ordine alla costituzione della
Commissione dopo la scadenza del termine per
la presentazione delle offerte, non
configurandosi tale esigenza per il sistema
del “prezzo più basso” in ragione della
rilevata automaticità della scelta, che
rende indifferente, ai fini della regolarità
della procedura concorsuale, il momento di
nomina della Commissione giudicatrice, ferma
restando la necessaria applicazione dei
principi generali di buon andamento e
imparzialità dell’attività della Commissione
e di indulgenza dei componenti della stessa.
La precitata disposizione dell’articolo 84,
comma 10, deve essere quindi riferita
esclusivamente allo specifico sistema di
gara e non può, in ragione della sua
specificità e della conseguente sua natura
di stretta interpretazione, assumere valenza
di principio generale in materia. Né il
fatto che l’Amministrazione abbia ritenuto
di nominare una Commissione giudicatrice
–pur non essendo nella specie a ciò tenuta–
comporta, ex se, la consequenziale
applicazione della disciplina introdotta
dalla speciale procedura postulata
dall’articolo 84, operando implicitamente i
soli canoni generali di regolazione dei
procedimenti concorsuali (Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 23.09.2008 n. 4613 - link a
www.diritto.it). |
LAVORI PUBBLICI:
S. Lazzini, In caso di
falsi certificati di lavori, e’ inevitabile
l’invalidità dell’attestazione SOA, a
prescindere dall’accertamento delle
responsabilità eventualmente sussistenti al
riguardo.
E’ l’irrilevanza l’eventuale estraneità
dell’impresa alla falsificazione dei
documenti al fine di scongiurare
l’annullamento della certificazione Soa
l’impresa ha diritto a riqualificarsi?
la falsa dichiarazione (o certificazione)
ricadente sui requisiti per il conseguimento
dell’attestazione di qualificazione è un
fatto di tale gravità da essere di per sé
ostativo all’ottenimento (o mantenimento)
dell’attestazione. Pertanto, nell’ambito del
procedimento di controllo ex art. 14 del
D.P.R. n. 34/2000, sono irrilevanti
eventuali deduzioni delle imprese tese a
sostenere l’ininfluenza dei certificati
lavori non confermati dai soggetti emittenti
nonché, in ogni caso, l’estraneità
all’alterazione dei certificati stessi.
Infatti, ciò che rileva nel procedimento di
controllo de quo, è il fatto oggettivo della
falsità dei documenti sulla base dei quali è
stata conseguita la qualificazione,
indipendentemente dal numero e dalla entità
dei falsi e da ogni ricerca sulla
imputabilità soggettiva dell’alterazione.
Invero, l’attestazione deve basarsi su
documenti autentici e non può rimanere in
vita se basata su atti falsi, quali che
siano i soggetti che hanno dato causa alla
falsità; in tali circostanze l’attestazione
va, dunque, annullata la non imputabilità
della falsità all’impresa che ha conseguito
l’attestazione, se non rileva ai fini del
mantenimento dell’attestazione stessa
comunque oggettivamente invalida per falsità
dei presupposti, acquista invece rilevanza
ai fini del rilascio di una nuova
attestazione, in quanto “in caso di falso
non imputabile, ai sensi dell’art. 17, lett.
m), D.P.R. n. 34 del 2000, sussisterà il
requisito di ordine generale di non aver
reso false dichiarazioni circa il possesso
dei requisiti richiesti per l'ammissione
agli appalti e per il conseguimento
dell'attestazione di qualificazione”
(TAR Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 16.09.2008 n. 8349 -
link a www.diritto.it). |
APPALTI:
S. Lazzini, Risulta
doverosa l’esclusione di un’impresa la cui
offerta è pervenuta in una scatola il cui
lato sottostante si presenta chiuso mediante
intersecazione dei lembi di cartone della
scatola stessa, per cui la confezione è
praticamente aperta?
A fronte della prescrizione di gara secondo
la quale “Per essere ammessa a gara la
concorrente dovrà presentare all’indirizzo e
nei termini innanzi indicati un plico
ermeticamente sigillato con ceralacca e
firmato sui lembi di chiusura” risulta
doverosa l’esclusione dell’impresa in quanto
"i lembi sottostanti della scatola, non
essendo stati preincollati in sede di
fabbricazione ma semplicemente sovrapposti
per intersecazione, devono essere riguardati
come lembi ancora aperti, da richiudere
mediante sigillatura a cura del concorrente"
in adesione al consolidato orientamento
giurisprudenziale, che in materia di
contratti della pubblica amministrazione,
per lembi di chiusura di un plico devono
intendersi i lembi ancora aperti, che vanno
ad aggiungersi a quelli (eventualmente) già
chiusi dal fabbricante del plico stesso
mediante operazione di preincollatura (TAR
Campania-Napoli, Sez. III,
sentenza 12.09.2008 n. 10097 -
link a www.diritto.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
S. Lazzini,
Aggiudicazione con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa: è più
corretto fare riferimento alla “offerta
maggiore”, e non all’incremento maggiore.
Anche ammettendo che l’art. 83, comma 5, del
D. Lgs. n. 163/2006 lasci libertà alle
stazioni appaltanti di stabilire il criterio
di valutazione dell’offerta economica, in
conformità con quanto previsto dal
considerando 46 della Dir. n. 2004/18/CE, va
rilevato che in una gara in cui il prezzo a
base d’asta non è elevato (54.000,00 Euro)
risulta più ragionevole un metodo di calcolo
del punteggio per l’offerta economica che
non comporti una posizione eccessivamente
recessiva della valutazione del progetto
tecnico: il metodo utilizzato dalla
commissione comporta rilevanti differenze di
punteggio a fronte di non rilevanti
differenze di prezzo ed, in presenza di una
disposizione di non chiara lettura, è
preferibile optare per una interpretazione
che conduce ad un criterio di valutazione
più ragionevole e maggiormente conforme alle
richiamate norme di legge (Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 11.09.2008 n. 4348 -
link a www.diritto.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
Criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, offerta
economica e tecnica.
Anche
ammettendo che l’art. 83, comma 5, del
D.Lgs. n. 163/2006 lasci libertà alle
stazioni appaltanti di stabilire il criterio
di valutazione dell’offerta economica, in
conformità con quanto previsto dal
considerando 46 della Dir. n. 2004/18/CE, va
rilevato che in una gara in cui il prezzo a
base d’asta non è elevato (54.000,00 Euro)
risulta più ragionevole un metodo di calcolo
del punteggio per l’offerta economica che
non comporti una posizione eccessivamente
recessiva della valutazione del progetto
tecnico.
Come dimostrato dagli esempi illustrati
dalla ricorrente di primo grado, il metodo
utilizzato dalla commissione comporta
rilevanti differenze di punteggio a fronte
di non rilevanti differenze di prezzo ed, in
presenza di una disposizione di non chiara
lettura, è preferibile optare per una
interpretazione che conduce ad un criterio
di valutazione più ragionevole e
maggiormente conforme alle richiamate norme
di legge, oltre che al dato testuale del
punto 1 del citato art. 7
(Consiglio
di Stato, Sez. VI,
sentenza 11.09.2008 n. 4348 -
link a www.altalex.com). |
APPALTI:
S. Lazzini, Il parere
del TAR Milano sulla necessità di impugnare
gli atti amministrativi al fine di ottenere
il risarcimento del danno in caso di
dichiarata loro illegittimità (cd
pregiudiziale amministrativa”).
La domanda risarcitoria
per lesione di interessi legittimi può
essere esperita anche a prescindere
dall’impugnazione dell’atto amministrativo
lesivo? In altri termini, la domanda
risarcitoria relativa alla illegittima
aggiudicazione del quinto lotto del servizio
di assistenza domiciliare ad altra impresa
può essere ritenuta fondata a prescindere
dalla impugnazione della aggiudicazione di
tale lotto e del suo conseguente
annullamento giurisdizionale?
Il Tar Milano non ha dubbi e conferma l’idea
che la domanda risarcitoria sia
consequenziale all’accertamento in via
principale della illegittimità dell’atto che
avviene nell’ambito del giudizio di
annullamento (TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza 12.08.2008 n. 3647 -
link a www.diritto.it). |
APPALTI:
DURC, DUVRI e regolarità contributiva: i
controlli (giugno/luglio 2008 -
link a www.centrostudimarangoni.it):
-
slide;
-
esempio DUVRI. |
EDILIZIA PRIVATA:
S. Lazzini, Qual'è la
finalità di una garanzia fideiussoria
presentata a fronte della richiesta di una
concessione edilizia?
Va nel contempo ricordato, sulla portata
della polizza fideiussoria, che essa non ha
certamente valenza sostitutiva degli
obblighi di cessione gratuita di aree ed
oneri di urbanizzazione bensì la naturale
finalità di garanzia per la effettiva
realizzazione degli interventi prescritti (e
cioè, per la “realizzazione del piano
esecutivo convenzionato di libera iniziativa
a destinazione residenziale) (Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 31.07.2008 n. 3836 -
link a www.diritto.it). |
APPALTI:
La verifica delle offerte
anormalmente basse, sulla base delle
giustificazioni presentate dai concorrenti,
è compito che spetta alla Commissione
giudicatrice, chiamata dall’amministrazione
a valutare le varie offerte e ad aggiudicare
la gara e non ad un ufficio
dell'Amministrazione, anche se tale ufficio
risulta competente nel settore al quale
attiene l'oggetto della gara.
L'ufficio può, infatti, dare pareri di
ordine tecnico, ragguagli ed altri elementi
utili alla valutazione delle offerte, ma non
può essere rimesso allo stesso il giudizio
definitivo sulla congruità delle offerte,
allorché sia costituita una apposita
Commissione.
Pertanto la procedura in esame deve
ritenersi viziata nella parte in cui la
verifica dell'anomalia è stata rimessa e
decisa da un dirigente del Comune e non
dalla commissione esaminatrice.
Nell’esame dell’appello proposto dalla
Società San Giorgio va accolto il primo
motivo, che reitera una censura già
formulata con il ricorso originario, con il
quale l’appellante ha dedotto
l’illegittimità della verifica dell'offerta
anomala della controinteressata in quanto
non effettuata dalla Commissione di gara ma
dal Dirigente del Settore finanziario del
Comune che ha valutato la relazione
trasmessa dalla G.O.SAF. e ha anche disposto
la successiva aggiudicazione della gara a
detta società.
Infatti, la verifica delle offerte
anormalmente basse, sulla base delle
giustificazioni presentate dai concorrenti,
è compito che spetta alla Commissione
giudicatrice, chiamata dall’amministrazione
a valutare le varie offerte e ad aggiudicare
la gara e non ad un ufficio
dell'Amministrazione, anche se tale ufficio
risulta competente nel settore al quale
attiene l'oggetto della gara.
L'ufficio può, infatti, dare pareri di
ordine tecnico, ragguagli ed altri elementi
utili alla valutazione delle offerte, ma non
può essere rimesso allo stesso il giudizio
definitivo sulla congruità delle offerte,
allorché sia costituita una apposita
Commissione.
Pertanto la procedura in esame deve
ritenersi viziata nella parte in cui la
verifica dell'anomalia è stata rimessa e
decisa da un dirigente del Comune e non
dalla commissione esaminatrice (Cons. St., V
Sez., 23.05.2002, n. 2579) (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 23.06.2008 n. 3108 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Le imprese, le quali
intendano partecipare alle pubbliche gare
d’appalto, hanno l’onere, allorché rendono
le autodichiarazioni previste dalla legge o
dal bando, di rendersi particolarmente
diligenti nel verificare preliminarmente
(attraverso la documentazione in loro
possesso o anche accedendo ai dati dei
competenti uffici) che tali
autodichiarazioni siano veritiere. La falsa
o incompleta attestazione dei requisiti di
partecipazione ha rilevanza oggettiva,
sicché il relativo inadempimento non tollera
ulteriori indagini da parte
dell’Amministrazione in ordine all’elemento
psicologico (se cioè la reticenza sia dovuta
a dolo o colpa dell’imprenditore) e alla
gravità della violazione.
Come ripetutamente rilevato dalla
giurisprudenza, in un contesto di positivo
rinnovamento della legislazione in tema di
rapporti tra cittadino e pubblici poteri, e
quindi in tema di certificazioni e di
autocertificazione, è indispensabile che il
cittadino stesso sia anche responsabile (e
responsabilizzato) delle dichiarazioni che
rilascia, all’evidente scopo di evitare che
un importante strumento di civiltà
giuridico-amministrativa, quale
l’autocertificazione, possa finire con
l’essere comodo mezzo per aggirare ben
precisi precetti di legge (TAR Sicilia,
Palermo, sez. III, 15.09.2005 n. 1590).
Da ciò si ricava che le imprese, le quali
intendano partecipare alle pubbliche gare
d’appalto, hanno l’onere, allorché rendono
le autodichiarazioni previste dalla legge o
dal bando, di rendersi particolarmente
diligenti nel verificare preliminarmente
(attraverso la documentazione in loro
possesso o anche accedendo ai dati dei
competenti uffici) che tali
autodichiarazioni siano veritiere.
La falsa o incompleta attestazione dei
requisiti di partecipazione ha rilevanza
oggettiva, sicché il relativo inadempimento
non tollera ulteriori indagini da parte
dell’Amministrazione in ordine all’elemento
psicologico (se cioè la reticenza sia dovuta
a dolo o colpa dell’imprenditore) e alla
gravità della violazione (cfr. Cons. Stato,
sez. V, 17.04.2003 n. 2081; Id., 09.12.2002
n. 6768).
Con specifico riguardo alla dichiarazione di
regolarità nel versamento di imposte e
tasse, deve perciò distinguersi. E’
illegittima l’esclusione quando l'impresa
abbia tempestivamente impugnato, prima della
pubblicazione del bando, la richiesta di
pagamento del tributo, ma a diversa
conclusione si perviene nel caso in cui
l’impresa abbia dichiarato espressamente,
nella domanda di partecipazione, di essere
in regola con i doveri contributivi e
fiscali, nonostante l’effettiva presenza di
carichi pendenti: in tal caso infatti la
dichiarazione, a pena di esclusione, deve
essere completa dell’indicazione del
contenzioso pendente (in questo senso Cons.
Giust. Amm. Sicilia, 28.07.2006 n. 470)
(TAR
Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 12.06.2008 n. 1479 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
L'onere d'immediata
impugnazione di un bando di gara per un
appalto pubblico, da parte delle imprese
partecipanti, si pone soltanto per le
clausole immediatamente lesive, quali, per
esempio, quelle che comportino l'immediata
esclusione dell'aspirante dalla
partecipazione, mentre per le altre
clausole, ivi compresa quella che ponga
un'illegittima composizione della
commissione giudicatrice, l’incidenza lesiva
sorge soltanto a conclusione della gara
stessa e per le imprese che non sono
risultate vincitrici, all'evidente scopo
-connaturato con le esigenze del diritto
alla difesa e dell'efficienza dell'agire
amministrativo- di evitare la contestazione
necessariamente preventiva di tutte le
clausole reputate illegittime.
Secondo un consolidato principio
giurisprudenziale (Cons. Stato A.P. 1/2003),
l'onere d'immediata impugnazione di un bando
di gara per un appalto pubblico, da parte
delle imprese partecipanti, si pone soltanto
per le clausole immediatamente lesive,
quali, per esempio, quelle che comportino
l'immediata esclusione dell'aspirante dalla
partecipazione, mentre per le altre
clausole, ivi compresa quella che ponga
un'illegittima composizione della
commissione giudicatrice, l’incidenza lesiva
sorge soltanto a conclusione della gara
stessa e per le imprese che non sono
risultate vincitrici, all'evidente scopo
-connaturato con le esigenze del diritto
alla difesa e dell'efficienza dell'agire
amministrativo- di evitare la contestazione
necessariamente preventiva di tutte le
clausole reputate illegittime (sullo
specifico punto, TAR Lazio II sez. 607/2008)
(TAR Abruzzo-L'Aquila,
sentenza 12.06.2008 n. 691 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
S. Lazzini, Per i
giudici di appello siciliani, va eliminata
la clausola di una polizza cauzioni
provvisoria per la quale “se il contraente
non risulta aggiudicatario … la società si
intende senz’altro liberata".
Richiesta di durata di
garanzia provvisoria fino a 30 giorni dopo
l’aggiudicazione: è legittimo escludere
un’impresa la cui cauzione provvisoria
preveda <Se il contraente non risulta
aggiudicatario dell’appalto indicato in
polizza, la Società si intende senz’altro
liberata dagli obblighi assunti ed il premio
pagato resterà integralmente acquisito alla
Società>? E' sufficiente che la garanzia
preveda la propria operatività < garanzia
opera sino alla liberazione del contraente>?
La polizza non è conforme alla richieste
della lex specialis di gara. Brevemente
occorre ricordare che la fidejussione
provvisoria ha la funzione di garantire la
Stazione appaltante nei confronti di
qualsiasi ragione di danno emergente nella
fase della procedura e, secondo il DM n. 123
del 2000, sino a trenta giorni dopo
l’aggiudicazione. Ciò non significa che la
Stazione, ove lo ritenga, cioè ove non
ravvisi ragioni di danno nei confronti dei
partecipanti non aggiudicatari, non possa
liberarli, rectius possa rinunciare alla
garanzia, anche prima dei trenta giorni e,
dunque, prima della scadenza dell’impegno
contrattale del fidejussore.
Tale liberazione, tuttavia, è appunto
discrezionale, vale a dire costituisce una
scelta della Stazione effettuata dopo avere
valutato se, concretamente, i partecipanti
siano incorsi in fatti illeciti che abbiano
causato un danno. Il fatto concreto che la
ricorrente non si trovasse nelle condizioni
di essere aggredita per un risarcimento, e
che dunque sia stata liberata al pari degli
altri partecipanti, costituisce un fatto
dipendente dalla volontà della Stazione
nella gestione delle proprie ragioni
creditorie che non incide sulla funzionalità
del contratto fidejussorio, e quindi sulle
caratteristiche che esso doveva avere al
momento della partecipazione alla gara.
Conducendo alle estreme conseguenze
paradossali il ragionamento dell’appellante,
si dovrebbe ammettere che, anche in totale
mancanza della polizza fidejussoria, se la
procedura si concludesse senza alcuna
ragione di danno da parte della Stazione
appaltante, il partecipante privo della
polizza potrebbe affermare la legittimità
del suo comportamento perché, di fatto, la
garanzia non ha avuto modo di operare. Il
che è palesemente assurdo e induce
l’infondatezza della prospettazione
dell’appellante. Resta definitivamente
accertato, quindi, che la validità della
fidejussione deve essere giudicata in
astratto ed indipendentemente dalle
effettive vicende contrattuali successive.
Sotto altro profilo l’articolo 2.1 delle
condizioni generali di polizza, nel
precisare che la garanzia opera sino alla
liberazione del contraente, non è
sufficiente per attribuire all’obbligo
contrattuale della Società una scansione
temporale ulteriore rispetto alla
aggiudicazione, atteso che la successiva
clausola 2.2, come si è visto,
esplicitamente lega la scadenza dell’obbligo
alla non aggiudicazione.
Le due clausole, lette congiuntamente,
possono essere interpretate nel senso che la
seconda limiti la prima, anche in virtù
della natura evidentemente speciale del
punto 2.2 rispetto al punto 2.1. Del resto,
se tale non fosse stata la volontà
contrattuale della società assicuratrice,
non vi sarebbe stato alcun bisogno di
introdurre la dizione “Se il contraente
non risulta aggiudicatario … la Società si
intende senz’altro liberata” atteso che,
anche in mancanza di tale dizione, l’obbligo
contrattuale sarebbe rimasto inalterato sino
alla “liberazione del contraente” (clausola
2.1) e comunque nei limiti temporali e nei
limiti sostanziali del danno cagionato
durante le procedure di gara. Sembra quindi
evidente che la clausola, per non risultare
priva di alcun significato, debba essere
interpretata nel senso dello spirare
dell’obbligo al momento della aggiudicazione
ad altro concorrente. La capziosità di essa,
lungi dal richiedere un chiarimento da parte
della Stazione durante le fasi concorsuali,
consiglierebbe piuttosto la sua espunzione
de futuro (C.G.A.R.S.,
sentenza 11.06.2008 n. 517 - link
a www.diritto.it). |
APPALTI: Il
potere di annullamento degli atti
amministrativi può essere sempre esercitato
parzialmente, nel senso che possono essere
annullati solo alcuni atti del procedimento,
mantenendosi validi ed efficaci gli atti
anteriori, qualora, rispetto a questi, non
sussistano ragioni demolitorie.
Nel caso di invalidità di una gara per
l'aggiudicazione di un contratto della p.a.
per la illegittima esclusione di alcune
ditte offerenti non occorre disporre la
rinnovazione integrale della procedura (con
la riapertura cioè, della stessa fase di
presentazione delle offerte) ma può
legittimamente mantenersi fermo il
subprocedimento di presentazione delle
offerte e disporre la rinnovazione solo
della fase dell'esame comparativo delle
offerte già pervenute.
Secondo principi generali del diritto
amministrativo, il potere di annullamento
degli atti amministrativi può essere sempre
esercitato parzialmente, nel senso che
possono essere annullati solo alcuni atti
del procedimento, mantenendosi validi ed
efficaci gli atti anteriori, qualora,
rispetto a questi, non sussistano ragioni
demolitorie.
Nel caso di invalidità di una gara per
l'aggiudicazione di un contratto della p.a.
per la illegittima esclusione di alcune
ditte offerenti non occorre disporre la
rinnovazione integrale della procedura (con
la riapertura cioè, della stessa fase di
presentazione delle offerte) ma può
legittimamente mantenersi fermo il
subprocedimento di presentazione delle
offerte e disporre la rinnovazione solo
della fase dell'esame comparativo delle
offerte già pervenute.
Ma ciò nelle sole procedure di
aggiudicazione "automatiche" nelle
quali l'accertamento dei vizi concernenti
l'ammissione o l'esclusione dei concorrenti
non comporta la necessità di rinnovare la
procedura sin dal momento della
presentazione delle offerte, perché il
criterio oggettivo e vincolato
dell'aggiudicazione priva di qualsiasi
rilevanza l'intervenuta conoscenza, da parte
della commissione giudicatrice dei contenuti
delle altre offerte già ammesse.
Solo quando si debbano effettuare
apprezzamenti di discrezionalità tecnica o
amministrativa, con attribuzione di punteggi
legati a valutazioni di ordine tecnico
(licitazione privata col metodo dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, appalto
concorso), l'illegittima esclusione di un
concorrente, se accertata dopo l’esame delle
offerte, rende necessario il rinnovo
dell'intero procedimento a partire dalla
stessa fase di presentazione delle offerte.
La riammissione delle concorrenti
originariamente escluse, infatti,
impedirebbe di effettuare una valutazione
delle loro offerte rispettando i principi
della "par condicio" tra i
concorrenti e della necessaria contestualità
del giudizio comparativo, perché la seconda
valutazione risulterebbe oggettivamente
condizionata dall'intervenuta conoscenza
delle precedenti offerte e dall'attribuzione
del punteggio (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 09.06.2008 n. 2843- link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: La
motivazione viene richiesta rigorosa ed
analitica nel caso di giudizio negativo
sull’anomalia; in caso, invece, di giudizio
positivo, ovvero di valutazione di congruità
dell’offerta anomala, non occorre che la
relativa determinazione sia fondata su
un'articolata motivazione ripetitiva delle
medesime giustificazioni ritenute
accettabili o espressiva di ulteriori
apprezzamenti.
La giurisprudenza di questo Consiglio è
costante nel ritenere che il giudizio di
verifica della congruità di un'offerta
anomala ha natura globale e sintetica sulla
serietà o meno dell’offerta nel suo insieme
ed esso costituisce espressione di un potere
tecnico-discrezionale dell'amministrazione,
di per sé insindacabile in sede di
legittimità, salva l'ipotesi in cui le
valutazioni siano manifestamente illogiche o
fondate su insufficiente motivazione o
affette da errori di fatto (Sez. IV, n. 435
del 14.02.2005 e n. 3097 dell’08.06.2007;
sez. V, n. 4856 del 20.09.2005; sez. VI, n.
5191 del 07.09.2006).
Inoltre, per quanto riguarda la sufficienza
o meno della motivazione sul giudizio di
anomalia dell’offerta, il Collegio condivide
l’orientamento secondo cui la motivazione
viene richiesta rigorosa ed analitica nel
caso di giudizio negativo sull’anomalia; in
caso, invece, di giudizio positivo, ovvero
di valutazione di congruità dell’offerta
anomala, non occorre che la relativa
determinazione sia fondata su un'articolata
motivazione ripetitiva delle medesime
giustificazioni ritenute accettabili o
espressiva di ulteriori apprezzamenti.
Pertanto, il giudizio favorevole di non
anomalia dell' offerta in una gara d'appalto
non richiede una motivazione puntuale ed
analitica, essendo sufficiente anche una
motivazione espressa "per relationem"
alle giustificazioni rese dall'impresa
vincitrice, sempre che queste siano a loro
volta congrue ed adeguate (sez. IV n. 1658
dell’11.04.2007; sez. V, n. 5314 del 05.10
2005 e n. 4949 del 23.08.2006; sez. VI n.
5191 del 07.09.2006) (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 20.05.2008 n. 2348 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: All’interno
della procedura di gara i partecipanti
accettano il rischio di far conoscere ai
concorrenti la propria offerta tecnica
avendo come contropartita la possibilità di
esercitare un identico diritto di accesso
per conseguire o difendere l’aggiudicazione.
Nei confronti dei soggetti rimasti estranei
alla gara i concorrenti riacquistano però un
diritto pieno alla riservatezza.
Per superare tale diritto è necessario che
sia dimostrato come attraverso la tutela
della riservatezza sia in realtà garantita
una situazione di abuso. In altri termini la
richiesta di accesso non può essere fondata
semplicemente sull’esigenza esplorativa di
verificare se vi sia stata violazione della
proprietà intellettuale ma di tale
violazione devono essere forniti indizi
significativi.
Mentre per i concorrenti che si confrontano
nella procedura di gara vale il principio di
reciproca trasparenza ora codificato
dall’art. 13, comma 6, del Dlgs. 12.04.2006
n. 163, in base al quale le offerte tecniche
sono sempre conoscibili in tutti gli aspetti
rilevanti ai fini dell’aggiudicazione, per i
soggetti che come il ricorrente non hanno
partecipato alla gara il diritto di difesa
non può beneficiare di una tutela
altrettanto vasta.
In effetti, all’interno della procedura di
gara i partecipanti accettano il rischio di
far conoscere ai concorrenti la propria
offerta tecnica avendo come contropartita la
possibilità di esercitare un identico
diritto di accesso per conseguire o
difendere l’aggiudicazione. Nei confronti
dei soggetti rimasti estranei alla gara i
concorrenti riacquistano però un diritto
pieno alla riservatezza.
Per superare tale diritto è necessario che
sia dimostrato come attraverso la tutela
della riservatezza sia in realtà garantita
una situazione di abuso. In altri termini la
richiesta di accesso non può essere fondata
semplicemente sull’esigenza esplorativa di
verificare se vi sia stata violazione della
proprietà intellettuale ma di tale
violazione devono essere forniti indizi
significativi.
Sulla base di queste considerazioni deve
essere esclusa la possibilità per il
ricorrente di accedere direttamente
all’offerta tecnica della controinteressata
mentre gli deve essere consentito di
ricercare eventuali indizi di abuso presenti
nei restanti atti della procedura. Sono
quindi accessibili non soltanto le lettere
di invito e i provvedimenti di
aggiudicazione ma anche i verbali delle
commissioni giudicatrici. Questi ultimi
normalmente contengono riferimenti
descrittivi dell’offerta tecnica senza
tuttavia esporre nel dettaglio l’intero
progetto di gestione.
Da questi riferimenti un soggetto che opera
nello stesso settore, e quindi dotato di
adeguata professionalità, può desumere se vi
siano elementi che corrispondono alla
propria metodologia. L’accesso ai verbali
(senza allegati documentali) può quindi
essere considerato un ragionevole equilibrio
tra le esigenze di accesso e quelle di
riservatezza (anche ai sensi dell’art. 13
comma 7 del Dlgs. 163/2006 per quanto
riguarda i contratti nei settori speciali).
Se da questa forma parziale di accesso
emergessero elementi ulteriori a sostegno
del sospetto di utilizzazione abusiva della
proprietà intellettuale potrebbe poi essere
formulata una nuova e motivata istanza
all’ente aggiudicatore (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 20.05.2008 n. 521 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: F.
Decli,
Esclusione automatica dalle gare d'appalto per anomalia
dell'offerta. Due sentenze rilevanti
(14.05.2008 - link a www.dirittoelegge.it). |
APPALTI: L’assenza
nel bando di gara di una previsione volta a
consentire l’avvalimento non può essere
certo intesa nel senso di escludere
l’utilizzo di questo istituto, ma, al
contrario, in quello di ammetterlo nella
portata più ampia.
Al fine di dimostrare il possesso dei
requisiti necessari per la partecipazione ad
una gara d'appalto non è ammissibile un
“doppio avvalimento”.
L’assenza nel bando di gara di una
previsione volta a consentire l’avvalimento
non può essere certo intesa nel senso di
escludere l’utilizzo di questo istituto, ma,
al contrario, in quello di ammetterlo nella
portata più ampia (cfr. Cons. Stato, sez.
VI, 22.04.2008, n. 1856), non ravvisandosi
del resto alcuna ragione, di ordine
giuridico o fattuale, atta a sostenere la
tesi dell’amministrazione secondo cui
l’avvalimento sarebbe incompatibile con il
contratto di “concessione di lavori”
.
Al fine di dimostrare il possesso dei
requisiti necessari per la partecipazione ad
una gara d'appalto non è ammissibile un “doppio
avvalimento” (cfr. art. 49, comma 6,
d.lgs. n. 163/2006: “il concorrente può
avvalersi di una sola impresa ausiliaria per
ciascun requisito o categoria”) (TAR
Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 12.05.2008 n. 3875 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Le
disposizioni di dettaglio contenute
nell’art. 21 della legge nr. 109 del 1994,
in materia di nomina e composizione delle
Commissioni di gara negli appalti di lavori,
non sono automaticamente applicabili a
quelli di servizi e forniture.
Non è sempre e comunque necessario che la
Commissione di gara operi in composizione
plenaria, ben potendo ciò non avvenire
allorché la Commissione svolga una attività
meramente preparatorie o istruttorie, ferma
restando la necessità del plenum tutte le
volte che debba procedersi a valutazioni o
comunque ad attività decisorie.
Il Collegio non ravvisa ragioni che
autorizzino a discostarsi dal consolidato
orientamento secondo cui le disposizioni di
dettaglio contenute nell’art. 21 della legge
nr. 109 del 1994, in materia di nomina e
composizione delle Commissioni di gara negli
appalti di lavori, non sono automaticamente
applicabili a quelli di servizi e forniture
(cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez.
V, 19.06.2006, nr. 3579; sez. VI,
22.11.2005, nr. 6519; id. 12.11.2003, nr.
7251; sez. V, 10.06.2002, nr. 3207; sez. VI,
03.12.1998, nr. 1648).
Ciò discende, secondo l’avviso di gran lunga
prevalente, dal carattere eccezionale delle
disposizioni in oggetto (sia quelle relative
al numero e alle modalità di scelta dei
componenti la Commissione, sia quella che
impone che detta nomina avvenga dopo la
presentazione delle offerte da parte dei
concorrenti): e, difatti, anche laddove il
citato art. 21 è stato considerato
espressione di un principio generale, ciò si
è fatto limitatamente alla disposizione
secondo cui i membri della Commissione
devono essere in maggioranza esperti del
settore cui afferisce l’oggetto di gara, e
non certo anche in riferimento alle
ulteriori disposizioni di dettaglio
contenute nella medesima norma.
Occorre
richiamare il consolidato insegnamento
secondo cui non è sempre e comunque
necessario che la Commissione di gara operi
in composizione plenaria, ben potendo ciò
non avvenire allorché la Commissione svolga
una attività meramente preparatorie o
istruttorie, ferma restando la necessità del
plenum tutte le volte che debba procedersi a
valutazioni o comunque ad attività decisorie
(cfr. Cons. Stato, sez. VI, 06.06.2006, nr.
3386; id. 27.12.2000, nr. 6875; sez. IV,
07.07.2000, nr. 3819)
(cfr. ad esempio Cons. Stato, sez. V,
18.04.2004, nr. 1408) (Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 12.05.2008 n. 2188 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Divieto di collegamento
fra imprese, effetti, potere di
accertamento.
E’ pacifico
che, anche qualora nel bando di gara non sia
inserita un’apposita clausola, in presenza
di indizi gravi, precisi e concordanti che
attestino la provenienza delle offerte da un
unico centro decisionale deve procedersi
all’esclusione delle imprese interessate dal
collegamento perché è ragionevole presumere
che si sia potuta verificare l’alterazione
della par condicio dei concorrenti. A
maggior ragione, ciò è ancor più vero
laddove bando di gara prescriva, a pena di
esclusione, che nella domanda di
partecipazione le imprese dichiarino, fra
l'altro, l'inesistenza di forme di controllo
con altre imprese concorrenti ai sensi
dell’art. 2359 c.c..
E’ costante l’indirizzo giurisprudenziale
che afferma che il divieto di partecipare
alle gare per gli appalti pubblici per le
imprese che siano tra loro in condizioni di
collegamento opera indipendentemente
dall’accertamento che la stazione appaltante
abbia condotto sul punto o dal non essere la
stessa stata posta in condizioni di
effettuarlo; resta, in ogni caso, fermo che
spetta al giudice e non all’amministrazione
“conoscere della doglianza” con la quale
viene dedotta la violazione di detto
divieto.
E’ lasciata alla stazione appaltante (od, in
suo difetto, al giudice amministrativo) di
valutare anche senza la previa tipizzazione
di fatti e situazioni, i vari fenomeni di
collegamento suscettibili comunque di
intaccare i principi che presiedono allo
svolgimento delle gare pubbliche tra i quali
la segretezza delle offerte e la par
condicio dei concorrenti
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 07.05.2008 n. 2087 -
link a www.altalex.com). |
APPALTI: Il
collegamento fra le imprese che osta alla
loro partecipazione alle gare non è solo
quello previsto dall'art. 2359 richiamato
dall'art. 10 comma 1-bis della legge n.
109/1994, atteso che la previsione della
norma civilistica si basa su una presunzione
che non può escludere la sussistenza di
altre ipotesi di collegamento o controllo
societario atte ad alterare le gare di
appalto.
Al di fuori dei casi di cui all’art. 2359
c.c. nei quali il controllo sussiste per
definizione, il collegamento tra imprese
deve essere accertato attraverso la
valutazione di specifici indizi gravi,
precisi e concordanti, trattandosi di una
prova presuntiva disciplinata dall’art. 2729
cod. civ..
E' ius receptum nella giurisprudenza
del Consiglio di Stato che il collegamento
fra le imprese che osta alla loro
partecipazione alle gare non è solo quello
previsto dall'art. 2359 richiamato dall'art.
10, comma 1-bis, della legge n. 109/1994,
atteso che la previsione della norma
civilistica si basa su una presunzione che
non può escludere la sussistenza di altre
ipotesi di collegamento o controllo
societario atte ad alterare le gare di
appalto (ex plurimis CdS V 22.04.2004
n. 2317; CdS IV n. 5792 del 2004).
Non v'è alcun dubbio sulla rilevanza del
collegamento c.d. "sostanziale" ai
fini dell'escludibilità delle imprese, anche
al di là della testuale previsione dell'art.
2359 cod. civ. per l'esigenza di garantire
il costante rispetto in sede di gara della
segretezza e della par condicio (così
C.d.S., VI, 14.06.2006, n. 3500).
Il Collegio –nel ribadire che, al di fuori
dei casi di cui all’art. 2359 c.c. nei quali
il controllo sussiste per definizione, il
collegamento tra imprese deve essere
accertato attraverso la valutazione di
specifici indizi gravi, precisi e
concordanti, trattandosi di una prova
presuntiva disciplinata dall’art. 2729 cod.
civ.– ritiene tuttavia di concordare con la
valutazione di sussistenza, nel caso di
specie, di sufficienti indici di
collegamento sostanziale tra le altre due
cooperative sociali presenti in gara, che è
stata operata dal primo giudice (C.G.A.R.S.,
sentenza 06.05.2008 n. 412 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: La
regola secondo la quale va esclusa dalla
gara di appalto l’impresa che si sia resa
responsabile di errore professionale grave
nella esecuzione di un contratto pubblico,
non può ritenersi abbia introdotto
nell’ordinamento una sorta di incapacità a
contrattare con le Pubbliche
Amministrazioni, ma deve essere intesa nel
senso che essa vale unicamente se il grave
errore sia stato commesso nei rapporti
intercorsi con la stessa Amministrazione
aggiudicatrice.
La valutazione in sede amministrativa delle
gravi precedenti inadempienze contrattuali
cui collegare l’esclusione delle imprese
concorrenti a gare pubbliche, deve essere
sempre motivata, essendo la stessa connessa
a nozioni ampie e generiche quali quelle
della grave negligenza e malafede che
richiedono una adeguata indagine sulle
fattispecie concrete dalle quali viene
desunto il giudizio di scarsa affidabilità
del soggetto partecipante, di cui bisogna
dare conto con la esternazione delle ragioni
che hanno giustificato un eventuale giudizio
negativo sulla professionalità dell’impresa
esclusa.
La giurisprudenza ha avuto modo di precisare
che la regola secondo la quale va esclusa
dalla gara di appalto l’impresa che si sia
resa responsabile di errore professionale
grave nella esecuzione di un contratto
pubblico, non può ritenersi abbia introdotto
nell’ordinamento una sorta di incapacità a
contrattare con le Pubbliche
Amministrazioni, ma deve essere intesa nel
senso che essa vale unicamente se il grave
errore sia stato commesso nei rapporti
intercorsi con la stessa Amministrazione
aggiudicatrice (Cons. St., Sez. V,
22.08.2003, n. 4570; 19.06.2006, n. 3591).
Ciò comporta quindi che, stante la
previsione della norma sopra richiamata come
interpretata dalla giurisprudenza,
l’esclusione dalle gare pubbliche per
inaffidabilità delle imprese concorrenti per
grave negligenza e malafede commessa nel
corso di esecuzione di precedenti contratti
pubblici, può essere pronunciata in termini
di automaticità soltanto quando il
comportamento di deplorevole trascuratezza e
slealtà sia stato posto in essere in
occasione di un pregresso rapporto negoziale
intercorso con la stessa stazione appaltante
che indice la gara.
Qualora, invece, il giudizio di
inaffidabilità professionale su un’impresa
partecipante ad una gara pubblica venga
desunto da gravi errori professionali e
tecnici commessi dall’impresa nella sua
pregressa attività imprenditoriale, la norma
di legge richiamata (art 38, comma 1, lett.
f) del D.lgs. n. 163 del 2006) per come
formulata, consente di valorizzare i
precedenti professionali delle imprese
concorrenti nel loro complesso, con la
possibilità quindi di valorizzare e tenere
conto anche di rapporti contrattuali
intercorsi con amministrazioni appaltanti
diverse da quella che indice la gara, in
esecuzione dei quali da parte degli organi
competenti sia stato acclarato una
incapacità tecnico-professionale alla
esecuzione dei lavori pubblici oggetto di
precedenti affidamenti.
La valutazione
in sede amministrativa delle gravi
precedenti inadempienze contrattuali cui
collegare l’esclusione delle imprese
concorrenti a gare pubbliche, deve essere
sempre motivata, essendo la stessa connessa
a nozioni ampie e generiche quali quelle
della grave negligenza e malafede che
richiedono una adeguata indagine sulle
fattispecie concrete dalle quali viene
desunto il giudizio di scarsa affidabilità
del soggetto partecipante, di cui bisogna
dare conto con la esternazione delle ragioni
che hanno giustificato un eventuale giudizio
negativo sulla professionalità dell’impresa
esclusa (Cons. St., Sez. VI, 11.04.2006, n.
2001; Sez. IV, 30.06.2006, n. 4231; TAR
Friuli, 10.05.2007, n. 330)
(TAR
Marche,
sentenza 21.04.2008 n. 244 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Il
privato titolare di interesse pretensivo ha
titolo al risarcimento del danno ove,
sussistendo tutti i requisiti dell’illecito
(colpa, nesso di causalità, ...), riesca a
dimostrare che la propria aspirazione al
provvedimento era destinata, secondo un
criterio di normalità, ad un esito
favorevole, con la conseguenza che la
protezione risarcitoria dell’interesse
pretensivo può esser accordata, quindi,
soltanto in presenza di un giudizio
prognostico sulla spettanza definitiva del
bene collegato a tale interesse che,
tuttavia, nella vicenda di cui è causa, allo
stato, non risulta in alcun modo comprovato,
determinando pertanto la inammissibilità
della domanda risarcitoria avanzata dalla
parte ricorrente che potrà essere proposta
soltanto all’esito del nuovo esercizio del
potere da parte dell’Amministrazione.
Ritiene il
Collegio, in adesione al prevalente
orientamento della giurisprudenza, che il
privato titolare di interesse pretensivo ha
titolo al risarcimento del danno ove,
sussistendo tutti i requisiti dell’illecito
(colpa, nesso di causalità, ...), riesca a
dimostrare che la propria aspirazione al
provvedimento era destinata, secondo un
criterio di normalità, ad un esito
favorevole, con la conseguenza che la
protezione risarcitoria dell’interesse
pretensivo può esser accordata, quindi,
soltanto in presenza di un giudizio
prognostico sulla spettanza definitiva del
bene collegato a tale interesse che,
tuttavia, nella vicenda di cui è causa, allo
stato, non risulta in alcun modo comprovato,
determinando pertanto la inammissibilità
della domanda risarcitoria avanzata dalla
parte ricorrente che potrà essere proposta
soltanto all’esito del nuovo esercizio del
potere da parte dell’Amministrazione (Cons.
St., Sez. VI, 11.04.2006, n. 2001; Sez. IV,
30.06.2006, n. 4231; TAR Friuli, 10.05.2007,
n. 330)
(TAR
Marche,
sentenza 21.04.2008 n. 244 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI - URBANISTICA: Secondo
quanto dispone il nuovo Testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali di cui al
D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 34, l’accordo di
programma è lo strumento “per la definizione e
l'attuazione di opere, di interventi o di programmi
di intervento che richiedono, per la loro completa
realizzazione, l'azione integrata e coordinata di
comuni, di province e regioni, di amministrazioni
statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di
due o più tra i soggetti predetti”. In tali casi “il
presidente della Regione o il presidente della
provincia o il sindaco, in relazione alla competenza
primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi
o sui programmi di intervento, promuove la
conclusione di un accordo di programma, anche su
richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per
assicurare il coordinamento delle azioni e per
determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento
ed ogni altro connesso adempimento”.
L’accordo si sviluppa secondo un modulo
procedimentale prima istruttorio e poi
determinativo.
Infatti “per verificare la possibilità di concordare
l'accordo di programma, il presidente della Regione
o il presidente della provincia o il sindaco convoca
una conferenza tra i rappresentanti di tutte le
amministrazioni interessate” (comma 3), dopo di che
“l'accordo, consistente nel consenso unanime” di
tutte le amministrazioni partecipanti “è approvato
con atto formale del presidente della Regione o del
presidente della provincia o del sindaco ed è
pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione”.
Quanto agli effetti determinativi lo stesso articolo
stabilisce (comma 4) che “l'accordo, qualora
adottato con decreto del presidente della Regione,
produce gli effetti della intesa di cui all'articolo
81 del decreto del Presidente della Repubblica
24.07.1977, n. 616, determinando le
eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti
urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie,
sempre che vi sia l'assenso del comune interessato”.
In tal caso, quando cioè l'accordo comporti varianti
agli strumenti urbanistici, l'adesione prestata dal
sindaco all’accordo “deve essere ratificata dal
consiglio comunale entro trenta giorni a pena di
decadenza”.
Le disposizioni della legge nazionale sono state
riprese, in Lombardia, dalla
L.R. 14.03.2003, n. 2, relativa alla
"Programmazione negoziata regionale", il cui
articolo 6, dopo avere minuziosamente disciplinato
gli aspetti procedimentali e contenutistici
dell’accordo, assicurando la partecipazione di tutti
i soggetti interessati con la preventiva
pubblicazione della proposta di accordo approvata
dalla Giunta regionale sul BURL proprio “per
consentire a qualunque soggetto portatore di
interessi pubblici o privati di presentare eventuali
osservazioni o proposte”, ribadisce che (comma 11)
“Qualora l'accordo di programma comporti varianti
agli strumenti urbanistici, il progetto di variante
deve essere depositato nella segreteria comunale per
quindici giorni consecutivi, durante i quali
chiunque può prenderne visione. Nei successivi
quindici giorni chiunque ha facoltà di presentare
osservazioni. Le osservazioni presentate sono
controdedotte dal consiglio comunale in sede di
ratifica ai sensi dell'articolo
34 del d.lgs. 267/2000".
L'accordo di programma, dunque, persegue la finalità
di semplificare ed accelerare l'azione
amministrativa mediante un esame contestuale dei
vari interessi pubblici di volta in volta coinvolti
e consiste, come visto, nel consenso unanime delle
amministrazioni o enti interessati circa un quid
(opera, progetto o intervento) da realizzare.
Tale consenso, come già osservato, si forma
progressivamente attraverso fasi successive, che, a
partire dalla fase della "promozione" dell'accordo
(spettante al presidente della regione o al
presidente della provincia o al sindaco, "in
relazione alla competenza primaria o prevalente
sull'opera o sugli interventi o sui programmi di
intervento”), sono normalmente scandite da atti o
deliberazioni degli organi degli enti e delle
amministrazioni interessati e si perfeziona con la
conclusione (ossia con la sottoscrizione)
dell'accordo di programma, che può dirsi così
completo e perfetto.
Trattasi, dunque, di atto di programmazione
attuativa, finalizzato alla definizione ed
attuazione di opere, di interventi o di programmi di
intervento, che richiedono, per la loro completa
realizzazione, l'azione integrata di comuni,
province e regioni (e, eventualmente, anche di altri
soggetti pubblici o privati).
L’accordo non è dunque un semplice modulo
procedimentale di semplice concertazione formale,
che deve essere seguita dall’adozione dei
provvedimenti tipici spettanti a ciascuna
amministrazione partecipante. L'accordo, invece, si
configura come espressione dei poteri pubblicistici
facenti capo agli stessi soggetti partecipanti, la
cui attività amministrativa viene così resa più
snella, celere, efficiente, efficace, razionale ed
adeguata alla cura degli interessi a ciascuno di
essi assegnata dall'ordinamento, in ossequio ai
principi fissati nell'articolo 97 della
Costituzione.
Un problema di competenza, suscettibile di refluire
sulla legittimità dell'accordo conclusivo, si pone
quindi solo se e nella misura in cui l'autorità
effettivamente competente non risulti tra i soggetti
sottoscrittori dell'accordo stesso, sì che, anche
laddove possa dubitarsi della competenza "primaria o
prevalente" dell'autorità che abbia assunto
l'iniziativa procedimentale di cui trattasi, la
partecipazione al procedimento, la successiva
sottoscrizione dell'accordo e, laddove prevista, la
definitiva approvazione del medesimo da parte della
diversa autorità effettivamente competente in
relazione al detto criterio individuato dal
legislatore vale sicuramente a sanare il vizio di
competenza eventualmente sussistente nella fase
dell'iniziativa.
---------------
Lo scopo dell’accordo, secondo le finalità tracciate
dal legislatore nazionale e regionale, è proprio
quello di assicurare un esercizio agevolato e
concentrato dei poteri pubblicistici facenti capo
alle amministrazioni e soggetti partecipanti, la cui
attività amministrativa viene così resa più snella,
celere, efficiente, efficace, razionale ed adeguata
alla cura degli interessi a ciascuno di essi
assegnata dall'ordinamento, in ossequio ai principi
fissati nell'articolo 97 della Costituzione.
Di qui la possibilità che l’accordo possa costituire
e sostituire, come è stato nella specie, il
procedimento di approvazione definitiva di variante
al PRG.
Né può fondatamente sostenersi che attraverso la
procedura di accordo si sia violato il momento
partecipativo dei privati.
Già si è detto, infatti, che la
L.R. Lombardia 14.03.2003, n. 2, relativa
alla “Programmazione negoziata regionale“,
all’articolo 6 ha minuziosamente disciplinato gli
aspetti procedimentali e contenutistici
dell’accordo, assicurando, tra l’altro e anzitutto,
la partecipazione di tutti i soggetti interessati
attraverso la preventiva pubblicazione della
proposta di accordo approvata dalla Giunta regionale
sul BURL; ciò al fine dichiarato dal legislatore, di
“consentire a qualunque soggetto portatore di
interessi pubblici o privati di presentare eventuali
osservazioni o proposte”.
Il medesimo articolo 6 stabilisce, poi, al comma 11,
che “Qualora l'accordo di programma comporti
varianti agli strumenti urbanistici, il progetto di
variante deve essere depositato nella segreteria
comunale per quindici giorni consecutivi, durante i
quali chiunque può prenderne visione. Nei successivi
quindici giorni chiunque ha facoltà di presentare
osservazioni. Le osservazioni presentate sono
controdedotte dal consiglio comunale in sede di
ratifica ai sensi dell'articolo 34 del d.lgs.
267/2000".
Quindi il momento partecipativo, nel caso di
varianti agli strumenti urbanistici viene assicurato
in ben due fasi procedimentali.
---------------
Pur nel rispetto della discrezionalità di scelta
delle aree su cui far sorgere l’opera pubblica,
nella fattispecie emergono certamente dubbi sulla
razionalità, logicità e coerenza con il principio di
buon andamento.
Si tratta tuttavia di dubbi che non possono trovare
collocazione e soluzione in questa sede.
Sul punto vale ulteriormente osservare che, anche
per infrangere il velo della discrezionalità
amministrativa tipicamente ricollegata alle scelte
urbanistiche e di localizzazione delle opere
pubbliche e per consentire al giudice di verificare
la bontà sostanziale delle stesse scelte in
conformità al precetto costituzionale di buon
andamento, per contrastare episodi di mala gestione
dell’interesse pubblico, occorre che chi contesta il
cattivo esercizio dei predetti poteri discrezionali
fornisca quanto meno un indizio di prova che le
ubicazioni delle opere pubbliche siano state
effettuate in spregio ad ogni criterio di logicità,
coerenza, oculata gestione del denaro pubblico.
---------------
Quanto, poi, alla mancanza di V.I.A. lamentata, è da
osservare che tale momento di valutazione
dell’impatto ambientale dell’opera va compiuto
nell’ambito del procedimento progettuale dell’opera
stessa e non in momento anteriore, come è l’accordo
di programma qui impugnato, relativo alla semplice
individuazione delle caratteristiche fondamentali
dell’intervento, demandando ad una fase successiva,
rimessa essenzialmente all’azienda ospedaliera S.
Anna, le procedure di progettazione e realizzazione
dell’intervento.
Sarà quindi nella fase di progettazione che dovrà
essere affrontata e verificata la problematica
relativa alla VIA:
- art. 16, comma 4, della legge n. 109/1994 (oggi
art. 166 del Codice dei contratti pubblici di cui al
D.Lgs. 12.04.2006 n. 163 ), per cui “Il progetto
definitivo individua compiutamente i lavori da
realizzare, nel rispetto delle esigenze, dei
criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle
indicazioni stabiliti nel progetto preliminare e
…..consiste …….nello studio di impatto ambientale
ove previsto…..”;
- art. 25 del regolamento di attuazione della citata
legge 11.02.1994, n. 109, emanato con D.P.R.
21.12.1999 n. 554, che fra i documenti componenti il
progetto definitivo indica espressamente (comma 2,
lett. f) “studio di impatto ambientale ove previsto
dalle vigenti normative ovvero studio di fattibilità
ambientale“;
- D.P.R. 12.04.1996 (oggi abrogato dall’articolo 48
del D.Lgs. 03.04.2006, n. 152, codice dei contratti
pubblici), recante “Atto di indirizzo e
coordinamento per l'attuazione dell'art. 40, comma
1, della L. 22.02.1994, n. 146 (legge comunitaria)",
concernente disposizioni in materia di valutazione
di impatto ambientale (si vedano in particolare gli
artt. 5, 6 e 7, nonché gli allegati al decreto,
ecc.).
---------------
Può passarsi all’esame dei motivi di ricorso.
Con il primo le associazioni ricorrenti
lamentano che tra delibere comunali di adozione di
semplice progetto della variante al PRG,
osservazioni dei privati e accordo di programma non
è intervenuto l’atto consiliare di definitiva
adozione. In tal modo verrebbe alterato l’ordine
delle competenze in materia di pianificazione
urbanistica rimesse dal TUEL all’esclusiva
attribuzione del consiglio comunale. In subordine
viene sollevata eccezione di illegittimità della
l.r. Lombardia n. 2 del 2003.
Il motivo è infondato.
Vale ricordare che secondo quanto dispone il nuovo
Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti
locali di cui al
D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 34
(corrispondente all'art. 27 della L. 08.06.1990, n.
142, ormai abrogata) l’accordo di programma è lo
strumento “per la definizione e l'attuazione di
opere, di interventi o di programmi di intervento
che richiedono, per la loro completa realizzazione,
l'azione integrata e coordinata di comuni, di
province e regioni, di amministrazioni statali e di
altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra
i soggetti predetti”. In tali casi “il
presidente della Regione o il presidente della
provincia o il sindaco, in relazione alla competenza
primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi
o sui programmi di intervento, promuove la
conclusione di un accordo di programma, anche su
richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per
assicurare il coordinamento delle azioni e per
determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento
ed ogni altro connesso adempimento”.
L’accordo si sviluppa secondo un modulo
procedimentale prima istruttorio e poi
determinativo.
Infatti “per verificare la possibilità di
concordare l'accordo di programma, il presidente
della Regione o il presidente della provincia o il
sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti
di tutte le amministrazioni interessate” (comma
3), dopo di che “l'accordo, consistente nel
consenso unanime” di tutte le amministrazioni
partecipanti “è approvato con atto formale del
presidente della Regione o del presidente della
provincia o del sindaco ed è pubblicato nel
bollettino ufficiale della Regione”.
Quanto agli effetti determinativi lo stesso articolo
stabilisce (comma 4) che “l'accordo, qualora
adottato con decreto del presidente della Regione,
produce gli effetti della intesa di cui all'articolo
81 del decreto del Presidente della Repubblica
24.07.1977, n. 616, determinando le
eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti
urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie,
sempre che vi sia l'assenso del comune interessato”.
In tal caso, quando cioè l'accordo comporti varianti
agli strumenti urbanistici, l'adesione prestata dal
sindaco all’accordo “deve essere ratificata dal
consiglio comunale entro trenta giorni a pena di
decadenza”.
Le disposizioni della legge nazionale sono state
riprese, in Lombardia, dalla
L.R. 14.03.2003, n. 2, relativa alla "Programmazione
negoziata regionale", il cui articolo 6, dopo
avere minuziosamente disciplinato gli aspetti
procedimentali e contenutistici dell’accordo,
assicurando la partecipazione di tutti i soggetti
interessati con la preventiva pubblicazione della
proposta di accordo approvata dalla Giunta regionale
sul BURL proprio “per consentire a qualunque
soggetto portatore di interessi pubblici o privati
di presentare eventuali osservazioni o proposte”,
ribadisce che (comma 11) “Qualora l'accordo di
programma comporti varianti agli strumenti
urbanistici, il progetto di variante deve essere
depositato nella segreteria comunale per quindici
giorni consecutivi, durante i quali chiunque può
prenderne visione. Nei successivi quindici giorni
chiunque ha facoltà di presentare osservazioni. Le
osservazioni presentate sono controdedotte dal
consiglio comunale in sede di ratifica ai sensi
dell'articolo
34 del d.lgs. 267/2000".
L'accordo di programma, dunque, persegue la finalità
di semplificare ed accelerare l'azione
amministrativa mediante un esame contestuale dei
vari interessi pubblici di volta in volta coinvolti
e consiste, come visto, nel consenso unanime delle
amministrazioni o enti interessati circa un quid
(opera, progetto o intervento) da realizzare (v.
Cons. St., IV, 01.08.2001, n. 4206 e 17.06.2003, n.
3403).
Tale consenso, come già osservato, si forma
progressivamente attraverso fasi successive, che, a
partire dalla fase della "promozione"
dell'accordo (spettante al presidente della regione
o al presidente della provincia o al sindaco, "in
relazione alla competenza primaria o prevalente
sull'opera o sugli interventi o sui programmi di
intervento”), sono normalmente scandite da atti
o deliberazioni degli organi degli enti e delle
amministrazioni interessati e si perfeziona con la
conclusione (ossia con la sottoscrizione)
dell'accordo di programma, che può dirsi così
completo e perfetto (Cons. St., IV, n. 3403/2003,
cit.).
Trattasi, dunque, di atto di programmazione
attuativa, finalizzato alla definizione ed
attuazione di opere, di interventi o di programmi di
intervento, che richiedono, per la loro completa
realizzazione, l'azione integrata di comuni,
province e regioni (e, eventualmente, anche di altri
soggetti pubblici o privati).
L’accordo non è dunque un semplice modulo
procedimentale di semplice concertazione formale,
che deve essere seguita dall’adozione dei
provvedimenti tipici spettanti a ciascuna
amministrazione partecipante. L'accordo, invece, si
configura come espressione dei poteri pubblicistici
facenti capo agli stessi soggetti partecipanti (v.
Cass. Civ., sez. un., 04.01.1995, n. 91), la cui
attività amministrativa viene così resa più snella,
celere, efficiente, efficace, razionale ed adeguata
alla cura degli interessi a ciascuno di essi
assegnata dall'ordinamento, in ossequio ai principi
fissati nell'articolo 97 della Costituzione (Cons.
St., IV, 27.05.2002, n. 2909).
Un problema di competenza, suscettibile di refluire
sulla legittimità dell'accordo conclusivo, si pone
quindi solo se e nella misura in cui l'autorità
effettivamente competente non risulti tra i soggetti
sottoscrittori dell'accordo stesso, sì che, anche
laddove possa dubitarsi della competenza "primaria
o prevalente" dell'autorità che abbia assunto
l'iniziativa procedimentale di cui trattasi, la
partecipazione al procedimento, la successiva
sottoscrizione dell'accordo e, laddove prevista, la
definitiva approvazione del medesimo da parte della
diversa autorità effettivamente competente in
relazione al detto criterio individuato dal
legislatore vale sicuramente a sanare il vizio di
competenza eventualmente sussistente nella fase
dell'iniziativa; vizio, che, peraltro, sia nel
procedimento amministrativo che nel processo nel
quale si controverta della legittimità degli atti
del primo, solo l'Amministrazione "espropriata"
del potere di iniziativa avrebbe interesse a far
valere.
In conclusione, la tesi proposta con il primo motivo
circa la necessità di adottare la variante allo
strumento urbanistico secondo le regole proprie del
procedimento di adozione ed approvazione di
quest’ultimo è priva di pregio alla luce della
riportata normativa, rispetto alla quale ogni
profilo di incostituzionalità è –a tacere d’ogni
altra considerazione– non prospettabile in sede di
ricorso straordinario, per consolidato insegnamento
della Corte Costituzionale, cui la Sezione non può
sottrarsi.
Sulla base delle predette considerazioni si rivela
del tutto infondato il secondo motivo, con
cui si lamenta il distorto utilizzo dell’accordo di
programma, che nella specie non era utilizzabile,
l’unico ente competente alla realizzazione del
futuro ospedale essendo l’Amministrazione
ospedaliera.
La profonda erroneità dell’assunto si rivela dalla
sua intima contraddittorietà con quanto sostenuto
dalle stesse ricorrenti, le quali, con il ricorso,
lamentano che l’opera andrebbe ad incidere su valori
ben diversi da quello puramente sanitario affidato
alla competenza dell’amministrazione ospedaliera:
valori di assetto e pianificazione del territorio
(tanto che occorre adottare una variante al PRG),
valori idrogeologici, ecc..
Del pari privo di ogni consistenza è l’assunto
dedotto con lo stesso secondo motivo, secondo cui
l’accordo in questione sarebbe “una rapida
scorciatoia a ipotesi di localizzazione di opere
nemmeno progettate” (pag. 11 ricorso). In
realtà, lo scopo dell’accordo, secondo le finalità
tracciate dal legislatore nazionale e regionale, è
proprio quello di assicurare un esercizio agevolato
e concentrato dei poteri pubblicistici facenti capo
alle amministrazioni e soggetti partecipanti, la cui
attività amministrativa viene così resa più snella,
celere, efficiente, efficace, razionale ed adeguata
alla cura degli interessi a ciascuno di essi
assegnata dall'ordinamento, in ossequio ai principi
fissati nell'articolo 97 della Costituzione. Di qui
la possibilità che l’accordo possa costituire e
sostituire, come è stato nella specie, il
procedimento di approvazione definitiva di variante
al PRG (cfr., per una fattispecie analoga: Consiglio
di stato, sez. IV, 28.12.2006, n. 8047; id.,
22.06.2006, n. 3889).
Né può fondatamente sostenersi che attraverso la
procedura di accordo si sia violato il momento
partecipativo dei privati. Già si è detto, infatti,
che la
L.R. Lombardia 14.03.2003, n. 2, relativa
alla “Programmazione negoziata regionale“,
all’articolo 6 ha minuziosamente disciplinato gli
aspetti procedimentali e contenutistici
dell’accordo, assicurando, tra l’altro e anzitutto,
la partecipazione di tutti i soggetti interessati
attraverso la preventiva pubblicazione della
proposta di accordo approvata dalla Giunta regionale
sul BURL; ciò al fine dichiarato dal legislatore, di
“consentire a qualunque soggetto portatore di
interessi pubblici o privati di presentare eventuali
osservazioni o proposte”.
Il medesimo articolo 6 stabilisce, poi, al comma 11,
che “Qualora l'accordo di programma comporti
varianti agli strumenti urbanistici, il progetto di
variante deve essere depositato nella segreteria
comunale per quindici giorni consecutivi, durante i
quali chiunque può prenderne visione. Nei successivi
quindici giorni chiunque ha facoltà di presentare
osservazioni. Le osservazioni presentate sono
controdedotte dal consiglio comunale in sede di
ratifica ai sensi dell'articolo 34 del d.lgs.
267/2000". Quindi il momento partecipativo, nel
caso di varianti agli strumenti urbanistici viene
assicurato in ben due fasi procedimentali.
D’altra parte, la pretestuosità, oltre che
l’erroneità in punto di fatto, della censura si
rende ulteriormente manifesta dalla circostanza che,
in concreto, le ricorrenti hanno presentato agli
enti locali interessati dettagliate ed articolate
osservazioni ben prima della data di sottoscrizione
dell’accordo qui impugnato (13.12.2003), altrettanto
analiticamente vagliate dalle stesse
amministrazioni.
Con il terzo motivo si lamenta la mancata
valutazione, prima della sottoscrizione dell’accordo
di programma, dei molteplici vincoli di natura
ambientale, artistica, vulnerabilità geologica ed
idraulica, nonché dei problemi di drenaggio
dell’area: problemi evidenziati dalla stesso comune
di Montano Lucino nelle valutazioni geologiche
preliminari per lo studio di fattibilità del nuovo
ospedale (pagg. 6-7, 10-11), nonché dallo studio di
fattibilità prodromici all’accordo (pag. 47).
Il motivo è di tutta evidenza inammissibile.
Esso contesta, infatti, la localizzazione dell’opera
ospedaliera in zona incongrua sotto i molteplici
profili denunciati: paesaggistico, ambientale,
idrogeologico, geologico, ecc.. Ora, non v’è dubbio
che dai documenti versati in atti emergono motivi di
perplessità in ordine alla scelta delle aree su cui
realizzare l’opera.
Si legge infatti nello “studio di fattibilità”
redatto dall’Azienda ospedaliera S. Anna di Como,
con riferimento al regime idrografico ed
idrogeologico (pag. 46 e seg., che “il tentativo
progettuale consiste nel controllo e nello
spostamento della zona a maggior energia potenziale
della confluenza dei due alvei e del tratto del Val
grande, che in relazione al regime torrentizio
dell’intero reticolo potrebbe assumere livelli di
pericolosità elevati…”; che “le valutazioni
geologiche preliminari………hanno permesso di
verificare la presenza di falde acquifere sospese
superficiali che danno livelli medi d’acqua a circa
2 metri”, con conseguente necessità di “progettazione
dei presidi tecnici di messa in sicurezza dei
manufatti, di impermeabilizzazione e soprattutto di
drenaggio…..”. Inoltre, si evidenzia la
necessità di uno “spostamento parziale dell’alveo
del Val Grande ...per la risoluzione di
problematiche di messa in sicurezza della struttura
ospedaliera”.
Anche nella relazione generale allegata alla
delibera del c.c. di Como n. 66 del 18.12.2003, con
cui è stato ratificato l’accordo di programma, si
prospettano esigenze di “intervenire sul reticolo
idrografico” (paragr. 2.3), di “controllo
della regimazione delle acque …in relazione alla
messa in sicurezza del nuovo organismo ospedaliero”
(paqr. 3.2), di interventi sulle sponde e sugli
alvei (par. 3.3.1), si evidenziano rischi di “asportazione/detrazione
di elementi naturali, biodiversità e funzionalità
ecologica” (par. 3.3.1).
In definitiva, pur nel rispetto della
discrezionalità di scelta delle aree su cui far
sorgere l’opera pubblica, emergono certamente dubbi
sulla razionalità, logicità e coerenza con il
principio di buon andamento.
Si tratta tuttavia di dubbi che non possono trovare
collocazione e soluzione in questa sede.
Infatti, secondo quanto risulta dallo stesso
preambolo dell’accordo di programma e dal citato
studio di fattibilità, la determinazione di
realizzare il nuovo ospedale sull’area in questione,
cioè Villa Giulini in località Tre Camini, risale al
lontano 2002 per effetto di due delibere della
provincia di Como, le nn. 74 e 77, nonché in sede di
determinazioni della Segreteria tecnica dell’accordo
di programma, indicati a pag. 2 delle responsabili
controdeduzioni della Regione Lombardia. Atti non
impugnati neppure in questa sede, nonostante essi
fossero agevolmente conoscibili dalle ricorrenti, le
quali non possono tardivamente formulare appunti
contro scelte di localizzazione non imputabili agli
atti qui impugnati ma a provvedimenti precedenti e
presupposti.
Sul punto vale ulteriormente osservare che, anche
per infrangere il velo della discrezionalità
amministrativa tipicamente ricollegata alle scelte
urbanistiche e di localizzazione delle opere
pubbliche e per consentire al giudice di verificare
la bontà sostanziale delle stesse scelte in
conformità al precetto costituzionale di buon
andamento, per contrastare episodi di mala gestione
dell’interesse pubblico, occorre che chi contesta il
cattivo esercizio dei predetti poteri discrezionali
fornisca quanto meno un indizio di prova che le
ubicazioni delle opere pubbliche siano state
effettuate in spregio ad ogni criterio di logicità,
coerenza, oculata gestione del denaro pubblico.
Nella specie, invece, le ricorrenti si sono limitate
a contestare, del tutto genericamente, che il nuovo
ospedale sorgerà su “un’area naturale
incontaminata, pur in presenza di una rilevante
estensione di aree dimesse (quali?, n.d.r.) nella
provincia di Como”, senza peraltro indicare dove
fossero quelle aree e la loro idoneità ad allocare,
per estensione e posizione, il nuovo polo
ospedaliero.
Naturalmente, tutto ciò non toglie che in sede di
progettazione ed esecuzione dell’opera le
amministrazioni competenti debbano osservare le
regole procedimentali e sostanziali per assicurare i
numerosi aspetti critici insiti nella realizzazione
dell’opera in questione; ma si tratta di aspetti
successivi ed eventuali al presente contenzioso, che
potranno semmai essere fatti valere nei tempi, nelle
sedi e con gli strumenti giurisdizionali più
opportuni.
Quanto, poi, alla mancanza di VIA lamentata con lo
stesso terzo motivo, è da osservare che tale momento
di valutazione dell’impatto ambientale dell’opera va
compiuto nell’ambito del procedimento progettuale
dell’opera stessa e non in momento anteriore, come è
l’accordo di programma qui impugnato, relativo alla
semplice individuazione delle caratteristiche
fondamentali dell’intervento, demandando ad una fase
successiva, rimessa essenzialmente all’azienda
ospedaliera S. Anna, le procedure di progettazione e
realizzazione dell’intervento (cfr. art. 9
dell’accordo).
Sarà quindi nella fase di progettazione che dovrà
essere affrontata e verificata la problematica
relativa alla VIA:
- art. 16, comma 4, della legge n. 109/1994 (oggi
art. 166 del Codice dei contratti pubblici di cui al
D.Lgs. 12.04.2006 n. 163 ), per cui “Il progetto
definitivo individua compiutamente i lavori da
realizzare, nel rispetto delle esigenze, dei
criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle
indicazioni stabiliti nel progetto preliminare e
…..consiste …….nello studio di impatto ambientale
ove previsto…..”;
- art. 25 del regolamento di attuazione della citata
legge 11.02.1994, n. 109, emanato con D.P.R.
21.12.1999 n. 554, che fra i documenti componenti il
progetto definitivo indica espressamente (comma 2,
lett. f) “studio di impatto ambientale ove
previsto dalle vigenti normative ovvero studio di
fattibilità ambientale“;
- D.P.R. 12.04.1996 (oggi abrogato dall’articolo 48
del D.Lgs. 03.04.2006, n. 152, codice dei contratti
pubblici), recante “Atto di indirizzo e
coordinamento per l'attuazione dell'art. 40, comma
1, della L. 22.02.1994, n. 146 (legge comunitaria)",
concernente disposizioni in materia di valutazione
di impatto ambientale (si vedano in particolare gli
artt. 5, 6 e 7, nonché gli allegati al decreto,
ecc.)
(Consiglio di Stato, Sez. II,
parere 09.04.2008 n. 93 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: L’obbligo
di predisporre cautele a tutela
dell’integrità delle buste concernenti le
offerte delle imprese partecipanti, in
mancanza di apposita previsione da parte del
legislatore, discende necessariamente dalla
stessa ratio che sorregge e giustifica il
ricorso alla gara pubblica per
l’individuazione del contraente nei
contratti delle pubblica amministrazione, in
quanto l’integrità dei plichi contenenti le
offerte delle imprese partecipanti
all’incanto è uno degli elementi sintomatici
della segretezza delle offerte e della par
condicio di tutti i concorrenti, assicurando
il rispetto dei principi -consacrati
dall’art. 97 della Costituzione- di buon
andamento ed imparzialità cui deve
uniformarsi l’azione amministrativa.
In concreto, delle misure cautelari adottate
deve essere data menzione nel verbale di
gara, proprio al fine di assicurare
l’effettivo ed ordinato svolgimento del
prosieguo delle operazioni.
Gli atti relativi alle offerte presentate
dalle singole imprese devono essere
adeguatamente conservati in modo da
garantire l’inalterabilità del loro
contenuto, considerato che, “a tal fine non
è sufficiente l’affermazione che gli atti
sono stati conservati in luogo sicuro,
accessibile solo ai membri della Commissione
ma è invece necessario che, ultimate le
operazioni di gara, la Commissione precisi
le modalità di conservazione delle offerte e
dei documenti ad esse allegati e specifichi
se le buste contenenti le une e gli altri
sono state adeguatamente richiusi”.
Il Collegio -pur essendo consapevole
dell’orientamento giurisprudenziale che
considera irrilevante la doglianza con cui
si lamenta, in una gara d’appalto pubblico,
l’inadeguata custodia delle buste contenenti
un’offerta presentata, quando non sia
proposto alcun elemento atto a far ritenere
che possa essersi verificata la sottrazione
o la sostituzione dei plichi o un qualche
altro fatto rilevante ai fini della
regolarità della procedura di gara a causa
di tale asserito difetto di custodia (cfr.
Cons. Stato, Sez. V, 20.09.2001, n. 4973)-
ritiene più rispondente all’esigenza di
tutela della segretezza delle offerte, in
una procedura concorsuale ad evidenza
pubblica, il diverso indirizzo della
giurisprudenza amministrativa secondo cui “l’obbligo
di predisporre cautele a tutela
dell’integrità delle buste concernenti le
offerte delle imprese partecipanti, in
mancanza di apposita previsione da parte del
legislatore, discende necessariamente dalla
stessa ratio che sorregge e giustifica il
ricorso alla gara pubblica per
l’individuazione del contraente nei
contratti delle pubblica amministrazione, in
quanto l’integrità dei plichi contenenti le
offerte delle imprese partecipanti
all’incanto è uno degli elementi sintomatici
della segretezza delle offerte e della par
condicio di tutti i concorrenti, assicurando
il rispetto dei principi -consacrati
dall’art. 97 della Costituzione- di buon
andamento ed imparzialità cui deve
uniformarsi l’azione amministrativa.”
(cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. V,
06.03.2006, n. 1068).
E non può, del resto, revocarsi in dubbio
che “in concreto, delle misure cautelari
adottate deve essere data menzione nel
verbale di gara, proprio al fine di
assicurare l’effettivo ed ordinato
svolgimento del prosieguo delle operazioni.”
(cfr. C.S., V, n. 1068/2006, cit.).
“Né vale ad escludere la illegittimità
del comportamento tenuto
dall’amministrazione la considerazione che
non si sarebbe concretamente verificata
alcuna manomissione dei plichi contenenti le
buste, atteso che la tutela giuridica
dell’interesse pubblico al corretto
svolgimento delle gare pubbliche, secondo i
principi di cui all’art. 97 della
Costituzione, deve essere assicurata in
astratto e preventivamente e non può essere
considerata soddisfatta sulla base della
mera situazione di fatto del mancato
verificarsi di eventi dannosi” (cfr.
C.S., V, n. 1068/2006, cit. e giurisprudenza
ivi richiamata: C.S., IV, n. 1612/2002).
Gli atti
relativi alle offerte presentate dalle
singole imprese devono essere adeguatamente
conservati in modo da garantire
l’inalterabilità del loro contenuto,
considerato che, “a tal fine non è
sufficiente l’affermazione che gli atti sono
stati conservati in luogo sicuro,
accessibile solo ai membri della Commissione
ma è invece necessario che, ultimate le
operazioni di gara, la Commissione precisi
le modalità di conservazione delle offerte e
dei documenti ad esse allegati e specifichi
se le buste contenenti le une e gli altri
sono state adeguatamente richiusi”.
In ogni caso, all’atto del riesame, l’organo
competente “deve dare conto in modo
esauriente e dettagliato delle effettive
condizioni di conservazione delle singole
offerte e specificare se le buste risultano
adeguatamente richiuse oppure aperte.”
(cfr. Cons. Stato, Sez. V, 03.02.2000, n.
661)
(Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 20.03.2008 n. 1219 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2007 |
|
APPALTI:
G.U.U.E. 20.12.2007 n. L 335, "DIRETTIVA
2007/66/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL
CONSIGLIO dell’11.12.2007 che
modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE
del Consiglio per quanto riguarda il
miglioramento dell’efficacia delle procedure
di ricorso in materia d’aggiudicazione degli
appalti pubblici" (link a
http://eur-lex.europa.eu). |
LAVORI PUBBLICI: Pur
dovendosi la progettazione articolare in tre
distinti livelli, ciascuno con una sua
precipua finalità, la norma non esclude in
via di principio che le fasi progettuali o
alcune di esse siano elaborate in un unico
contesto quando i lavori abbiano carattere
di urgenza e indifferibilità e a condizione
che la concentrazione delle fasi non si
risolva in lacune o imprecisioni.
E’ stato chiarito in giurisprudenza che, pur
dovendosi la progettazione articolare in tre
distinti livelli, ciascuno con una sua
precipua finalità, la norma non esclude in
via di principio che le fasi progettuali o
alcune di esse siano elaborate in un unico
contesto quando i lavori abbiano carattere
di urgenza e indifferibilità e a condizione
che la concentrazione delle fasi non si
risolva in lacune o imprecisioni (C.S., sez.
IV, 27.03.2002, n. 1742).
E’ stato anche affermato che l’accorpamento
delle fasi può risolversi in una mera
irregolarità che non ridonda in un profilo
di illegittimità dell’atto, salvo che nel
ricorso non siano dedotte le finalità,
oggetto di tutela, che siano state
effettivamente messe a repentaglio a seguito
dell’unificazione di qualcuna delle fasi
(TAR Lombardia, MI, sez. II, 28.01.2005, n.
164) (TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 24.11.2007 n. 901 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
D. Chitò,
BASTA IL “NUDO” PUNTEGGIO NUMERICO PER
AGGIUDICARE UN APPALTO PUBBLICO? (Consiglio
di Stato, Sez. V, sentenza n. 4543 del
31.08.2007) (link a
www.iussit.eu). |
APPALTI: E'
illegittimo il provvedimento di esclusione
di una ditta che sia fondato sulla mancata
sottoscrizione della clausola del capitolato
speciale contenente una deroga unilaterale
ai termini di pagamento e agli interessi
moratori per ritardato pagamento, fissati
dagli art. 4 e 5 del predetto D.lgs.
09.10.2002 n. 231.
E' consolidata la giurisprudenza (cfr.,
ex multis, Cons. Stato, sez. V,
12.04.2005, n. 1638) che considera
illegittimi la lettera d’invito ed il
capitolato normativo nella parte in cui
impongono, a pena di esclusione,
l’accettazione della clausola che prevede il
pagamento “entro 120 giorni decorrenti
dalla data di ricevimento della fattura”.
È stato chiarito, infatti, che, nell’ipotesi
di gara per l’aggiudicazione della fornitura
di beni ad una pubblica Amministrazione, è
illegittimo il provvedimento di esclusione
di una ditta che sia fondato sulla mancata
sottoscrizione della clausola del capitolato
speciale contenente una deroga unilaterale
ai termini di pagamento e agli interessi
moratori per ritardato pagamento, fissati
dagli art. 4 e 5 del predetto D.lgs.
09.10.2002 n. 231.
A norma del comma 4 del citato art. 4 “le
parti, nella propria libertà contrattuale,
possono stabilire un termine superiore
rispetto a quello legale di cui al comma 3 a
condizione che le diverse pattuizioni siano
stabilite per iscritto e rispettino i limiti
concordati nell'ambito di accordi
sottoscritti, presso il Ministero delle
attività produttive, dalle organizzazioni
maggiormente rappresentative a livello
nazionale della produzione, della
trasformazione e della distribuzione per
categorie di prodotti deteriorabili
specifici”; cosicché la deroga ai
termini di pagamento e agli interessi
moratori per ritardato pagamento, fissati
dalle menzionate disposizioni del predetto
D.lgs. 09.10.2002 n. 231, è consentita solo
previo accordo liberamente sottoscritto
dalle parti (cfr. Consiglio Stato, sez. V,
12.04.2005, n. 1638).
L’imposizione dell’aumento dei termini per
il pagamento rispetto ai 30 giorni fissati
dal decreto, senza un accordo tra i
contraenti inteso a delineare un regolamento
negoziale più consono alla situazione
finanziaria del debitore, sulla base dei
parametri indicati (ossia corretta prassi
commerciale, natura dei beni o servizi,
condizione dei contraenti e rapporti
commerciali tra i medesimi), in realtà
introduce un vantaggio per l’Amministrazione
che deve considerarsi “indebito”,
atteso che la decorrenza degli interessi
moratori segue il meccanismo automatico
stabilito dall’art. 4 del D.Lgs. n.
231/2002, senza che neppure sia necessaria
la costituzione in mora.
Alla luce di quanto sinora esposto, del
tutto inconferente è il richiamo operato
dall’appellante alla circolare n. 1 del
14.01.2003 promulgata dal Ministero
dell’Economia e delle Finanze, in quanto
essa non giustifica l’imposizione di termini
più lunghi rispetto a quelli prescritti dal
ricevimento della fattura o della richiesta
di pagamento.
Le statuizioni previste dalla menzionata
circolare n. 1, poste a salvaguardia delle
amministrazioni dalle conseguenze
dell’indisponibilità della provvista
finanziaria, infatti, non sono di per sé
idonee a giustificare il ritardo nel
pagamento del prezzo rispetto ai termini
prescritti dal D.Lgs. 231/2002, in quanto,
ai fini della correttezza nei pagamenti, gli
organismi pubblici e quelli privati sono in
toto parificati.
Deve, in conclusione, riconoscersi che
l’introduzione della clausola impugnata nel
capitolato d’appalto, senza adeguata
giustificazione, è illegittimità, anche
perché comporta l’anticipazione, in sede di
procedura di scelta del contraente, di
un’inaccettabile sperequazione fra le
posizioni delle parti nell’esecuzione del
rapporto (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 28.09.2007 n. 4996 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: E'
legittimo l'affidamento della gestione della pubblicità
all'interno di uno stadio, unitamente alla concessione in
uso dello stadio stesso, dal momento che esso non può essere
qualificato come appalto di un servizio pubblico (per il
quale occorre esperire la procedura dell’evidenza pubblica),
nel caso in cui l'amministrazione abbia inteso frazionare
l'uso pubblicitario dell'impianto sportivo, considerando la
gestione della pubblicità come facoltà accessoria alla
concessione di uso predetta.
Pertanto, è legittima la scelta del comune di non svolgere
più la gestione dell'utilizzazione pubblicitaria di uno
spazio pubblico, né tramite proprie strutture, né tramite
appalto, poiché ai sensi dell'art. 5 d.lgs. 17.03.1995 n.
157, le norme del citato decreto non si applicano ai
contratti aventi ad oggetto la locazione di edifici o altri
immobili pubblici o i diritti ad essi inerenti.
Le considerazioni che si sono espresse sopra sono utili al
fine di ritenere infondato anche il secondo motivo di
ricorso, con il quale il ricorrente lamenta la violazione
dell’art. 81 del Trattato UE, dell’art. 3 del R.D. n.
2440/1924, dell’art. 41 del R.D. n. 827/1924, del d.lgs. n.
157 del 1995, dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990, difetto
assoluto di motivazione, carenza di istruttoria ed eccesso
di potere, perché se è vero che prevalenti ragioni di
interesse pubblico giustificano la concessione degli
impianti sportivi alla maggiore squadra cittadina mediante
affidamento diretto, tuttavia ciò non vale per quanto
riguarda le attività commerciali e di sfruttamento economico
previste nella convenzione e non attinenti allo spettacolo
sportivo, rispetto alle quali non sarebbe giustificata la
deroga dalla regola della procedura concorsuale.
In sostanza, il ricorrente non si duole dell’affidamento
diretto dello stadio alla maggiore squadra cittadina, ma
sostiene che per lo svolgimento delle attività commerciali
all’interno delle stadio, nonché per la gestione della
pubblicità, il comune avrebbe dovuto procedere ad una gara
pubblica.
Della questione si è già occupato questo Tar nonché, in
senso conforme, il Consiglio di Stato, cosicché questo
collegio non vede ragione per discostarsi dalle conclusioni
cui è già giunta la giurisprudenza amministrativa.
Si è affermato infatti in quella occasione che è legittimo
l'affidamento della gestione della pubblicità all'interno di
uno stadio, unitamente alla concessione in uso dello stadio
stesso, dal momento che esso non può essere qualificato come
appalto di un servizio pubblico (per il quale occorre
esperire la procedura dell’evidenza pubblica), nel caso in
cui l'amministrazione abbia inteso frazionare l'uso
pubblicitario dell'impianto sportivo, considerando la
gestione della pubblicità come facoltà accessoria alla
concessione di uso predetta.
Pertanto, è legittima la scelta del comune di non svolgere
più la gestione dell'utilizzazione pubblicitaria di uno
spazio pubblico, né tramite proprie strutture, né tramite
appalto, poiché ai sensi dell'art. 5 d.lgs. 17.03.1995 n.
157, le norme del citato decreto non si applicano ai
contratti aventi ad oggetto la locazione di edifici o altri
immobili pubblici o i diritti ad essi inerenti (Tar Napoli,
I sez., n. 960/1998 e Consiglio Stato , sez. V, 17.10.2002 ,
n. 5671).
E’ opportuno ripercorrere brevemente i tratti essenziali
della motivazione delle menzionate pronunce.
La citata giurisprudenza muove dall’assunto che gli impianti
sportivi di proprietà comunale appartengono al patrimonio
indisponibile del comune ai sensi dell'art. 826 comma ultimo
c.c. essendo destinati al soddisfacimento dell'interesse
proprio dell'intera collettività allo svolgimento delle
attività sportive che in essi hanno luogo.
In questo quadro, la scelta del comune di Napoli di
concedere unitamente allo stadio anche la gestione
pubblicitaria dell'impianto sportivo, sempre se ed in quanto
collegata allo specifico uso convenuto, fa sì che la
fattispecie non possa essere qualificata in termini di
appalto di un servizio pubblico, posto che il comune si è
determinato nel senso di considerare la gestione della
pubblicità come facoltà accessoria alla concessione di uso
dello stadio comunale, nella specie alla SS Calcio Napoli,
per le manifestazioni dalla stessa organizzate, nel quadro
di una convenzione ad oggetto misto.
Pertanto, è legittima la concessione in uso dell'impianto,
appartenente al patrimonio indisponibile, alla maggiore
squadra cittadina, includendo in tale convenzione anche lo
sfruttamento a fini pubblicitari degli spazi a tal fine
disponibili, limitatamente alle manifestazioni sportive di
cui la società sarà protagonista, ferma ed impregiudicata la
potestà dello stesso Comune di disporre diversamente per le
manifestazioni diverse da tali partite di calcio,
presumibilmente affidate ad altri privati interessati.
Infatti, per espressa disposizione dell'art. 5 del d.lgs. n.
157 del 1995, le norme del detto decreto non si applicano ai
contratti aventi ad oggetto la locazione di edifici o altri
immobili pubblici o i diritti ad essi inerenti. Ne consegue
che per l’attribuzione al concessionario dell'immobile
pubblico di una facoltà ad esso inerente e compatibile con
la destinazione dell'impianto, qual è lo sfruttamento a fini
pubblicitari della spazio concesso, e per il tempo in cui è
stato concesso, non doveva procedersi secondo le norme del
d.lgs. n. 157 del 1995.
Peraltro, anche qualora si volesse ritenere, come non sembra
condivisibile, che la facoltà concessa, senza l'espletamento
di una procedura concorsuale, riguardasse comunque un
servizio pubblico, la legittimità del provvedimento
impugnato troverebbe comunque sostegno anche nella normativa
che regge specificamente la materia delle concessioni di
servizi. L'art. 267 del R.D. 14.09.1931 n. 1175, infatti,
ammette che l'affidamento di servizi a trattativa privata
quando "circostanze speciali in rapporto alla natura dei
servizi lo consigliano".
Tali considerazioni, svolte in materia di gestione del
servizio pubblicitario, e pienamente condivise dal collegio,
possono essere sicuramente estese anche alle altre attività
commerciali (servizio bouvette, ecc.).
Il motivo, per tutte queste ragioni, deve essere respinto
(TAR
Campania-Napoli, Sez. III,
sentenza 19.09.2007 n. 7878 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: Servizi
cimiteriali.
Il Comune XXX richiede un parere su tre
articoli di un capitolato di appalto per
servizi cimiteriali (Regione Piemonte,
parere n. 86/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
LAVORI PUBBLICI: Procedura
affidamento opere e lavori pubblici.
La prima riflessione da proporre in ordine
al quesito del Comune XXX è l’invito ad
interpretare le norme nel loro contesto e
non mediante estrapolazione dei singoli
commi, che letti separatamente inducono a
conclusioni sbagliate.
L’art. 2 del Codice appalti recita:
“L’affidamento e l’esecuzione di opere e
lavori pubblici, servizi e forniture, ai
sensi del presente codice, deve garantire la
qualità delle prestazioni e svolgersi nel
rispetto dei principi di economicità,
efficacia, tempestività e correttezza;
l’affidamento deve altresì rispettare i
principi di libera concorrenza, parità di
trattamento, non discriminazione,
trasparenza, proporzionalità, nonché quello
di pubblicità con le modalità indicate nel
presente codice”.
L’art. 27 ribadisce per i contratti esclusi
che:
“L’affidamento dei contratti pubblici
aventi ad oggetto lavori, servizi forniture,
esclusi, in tutto o in parte,
dall’applicazione del presente codice,
avviene nel rispetto dei principi di
economicità, efficacia, imparzialità, parità
di trattamento, trasparenza,
proporzionalità. L’affidamento deve essere
preceduto da invito ad almeno cinque
concorrenti, se compatibile con l’oggetto
del contratto” ... (Regione Piemonte,
parere n. 80/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
LAVORI PUBBLICI: Richiesta
autorizzazione ANAS per lavoro pubblico
comunale.
Il Comune
XXX chiede se un ente locale, con
popolazione inferiore a 10.000 abitanti,
debba o meno, nel caso abbia necessità di
costruire un impianto semaforico o una
rotatoria lungo una strada statale
attraversante il proprio territorio,
richiedere preventiva autorizzazione
all’A.N.A.S. (Regione Piemonte,
parere n. 60/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
APPALTI: L’impresa
che si rende aggiudicataria di un appalto
deve non solo essere in regola con gli
obblighi previdenziali ed assistenziali
sulla stessa gravanti fin dal momento della
presentazione della domanda, ma deve
conservare la correttezza contributiva per
tutto lo svolgimento del rapporto
contrattuale.
L’impresa che si rende aggiudicataria di un
appalto deve non solo essere in regola con
gli obblighi previdenziali ed assistenziali
sulla stessa gravanti fin dal momento della
presentazione della domanda, ma deve
conservare la correttezza contributiva per
tutto lo svolgimento del rapporto
contrattuale (cfr. sul punto, ex multis,
Cons. Stato, Sez. IV, 30.01.2006 n. 288),
con l’ovvia conseguenza che l’eventuale
accertamento di una pendenza di carattere
previdenziale o assistenziale in capo
all’impresa pur dichiarata aggiudicataria
dell’appalto prodottasi anche in epoca
successiva alla scadenza del termine per
partecipare al procedimento di scelta del
contraente implica, a seconda dei casi,
l’impossibilità per l’amministrazione
appaltante di stipulare il contratto con
l’impresa medesima, ovvero la risoluzione
dello stesso.
Inoltre, viene ragionevolmente a porsi come
del tutto irrilevante un eventuale
adempimento tardivo dell’obbligazione
contributiva quand’anche ricondotto
retroattivamente, quanto ad efficacia, al
momento della scadenza del termine di
pagamento, posto che ciò gioverebbe soltanto
nell’ambito delle reciproche relazioni di
credito e di debito tra i soggetti del
rapporto obbligatorio e non già nei
confronti dell’Amministrazione appaltante,
nei confronti della quale rileva -per
contro- soltanto l’esigenza di un puntuale
rispetto degli obblighi incombenti
sull’appaltatore per effetto di parametri
normativi e/o contrattuali che si
configurano quale espressione di
affidabilità dell’impresa (cfr. Cons. Stato,
Sez. VI, dec. 288 del 2006 cit.).
---------------
Come ha ben
rilevato TAR Puglia, Sez. I, 25.01.2005 n.
218, “l’essere in regola, ovvero l’essere
regolare e cioè l’esser conforme a una
regola o alle regole, al regolamento o alle
disposizioni di legge, alle norme e alle
prescrizioni” (lemma “regolare”
del “Vocabolario della lingua italiana”,
edito dall’Istituto dell’enciclopedia
italiana fondata da Giovanni Treccani,
Milano, 1991) rinvia ad una percezione non “atomistica
e puntuale” della posizione
previdenziale e assistenziale dell’impresa,
sebbene “globale e sincronica”, come
si comprende bene nelle esemplificazioni
relative all’uso del lemma “regolarità”
(“la condizione e la qualità di ciò che è
regolare”) proprio in riferimento a
pagamenti (“con riferimento al succedersi
periodico di certi fatti; le raccomando la
regolarità nei pagamenti”).
In altri termini, il legislatore nazionale,
opportunamente e secondo una valutazione di
discrezionalità che gli era senz’altro
consentita dalla direttiva comunitaria, ha
inteso mettere in rilievo più e oltre che la
condizione “statica” dell’impresa ad
un certo momento temporale anche la sua
posizione “dinamica” nel rapporto
giuridico previdenziale e assistenziale,
(che com’è ovvio comprende, in quanto
estensiva, la prima), coerente alla natura
di durata del rapporto e ai flussi di debiti
(ed eventuali crediti) che si generano nel
medesimo.
Con questa precisazione appare corretta
l’espressione, invalsa nell’uso comune, di “correntezza
contributiva”, che sta ad indicare
appunto l’essere in regola, o “al passo”,
con le periodiche scadenze delle
obbligazioni previdenziali e assistenziali
quanto al loro pagamento (in modo efficace è
stato osservato che “la correntezza
contributiva non costituisce un dato che
possa essere temporaneamente frazionato in
quanto attiene alla diligente condotta
dell’impresa … in riferimento a tutte le
obbligazioni contributive relative a periodi
precedenti e non solo, quindi, a quelle
maturate nel periodo in cui è stata
espletata la gara (e) deve, pertanto, poter
essere apprezzata in relazione ai periodi
(anche pregressi) durante i quali l’impresa
stessa era tenuta ad effettuare i relativi
versamenti”: cfr. TAR Basilicata,
27.08.2001, n. 667).
In questa chiave, tra l’altro, proprio il
richiamo alla regolarità rispetto agli
obblighi relativi al pagamento non consente
di affermare e porre in valore la
distinzione invocata dalla società
cooperativa ricorrente tra il mancato
pagamento dei contributi e l’omesso
versamento delle c.d. sanzioni civili,
ovvero di quelle obbligazioni pecuniarie
accessorie connesse alla scadenza del
termine d’adempimento, posto che esse sono
conseguenza immediata e diretta proprio
dell’irregolarità ovvero del non esser stata
l’impresa “al corrente”, “al passo”
con le scadenze temporali fissate per
l’adempimento dell’obbligazione contributiva
(principale) periodica.
Sotto altro profilo, poi, la nozione di
irregolarità della posizione assicurativa
previdenziale (e/o assistenziale), nei sensi
dianzi posti in luce appare meglio correlata
ai fini di interesse pubblico, diretti e
indiretti, perseguiti dal legislatore
comunitario e recepiti da quello nazionale.
E’ evidente, infatti, che soltanto
l’accertamento della regolarità nel tempo
del versamento dei contributi previdenziali
e assistenziali e quindi della capacità
dell’impresa di far fronte alle relative
obbligazioni (che sono contrassegnate da
inconfondibili “stimmate”
pubblicistiche quali prestazioni imposte ex
art. 23 Cost., ciò che le differenzia in
modo significativo dalle “comuni”
obbligazioni civili) è idoneo a soddisfare
l’interesse pubblico “primario” che
viene in rilievo nelle gare d’appalto,
incentrato sull’affidabilità dell’impresa
concorrente attraverso l’indice rivelatore
della sua più efficiente ed efficace
gestione economico-produttiva (col
conseguente condivisibile rilievo secondo il
quale la regolarità contributiva “…non
rileva quale espressione di un mero rapporto
obbligatorio tra due soggetti, ma come
qualificazione soggettiva dell’impresa in
termini di rispetto degli obblighi normativi
e, dunque, espressione di affidabilità,
costituente presupposto per la
partecipazione alla procedura concorsuale”:
cfr. TAR Campania, Salerno, Sez. I,
07.03.2001, n. 227).
Trasparente è, nello stesso tempo, il
coordinamento della disposizione comunitaria
e nazionale all’interesse pubblico
secondario relativo alla più piena e
penetrante tutela della posizione
assicurativa previdenziale e assistenziale
dei lavoratori dipendenti delle imprese
interessate alla partecipazione alle gare
d’appalto, anche in una chiave volta ad
assicurare l’effettività della concorrenza,
che sarebbe frustrata qualora talune di esse
potessero “giovarsi” della propria
posizione d’irregolarità contributiva per
proporre prezzi più bassi rispetto alle
altre in regola, conseguendo “economie”
di spese generali e gestionali proprio
attraverso la violazione degli obblighi
contributivi e assistenziali (discorso
sostanzialmente analogo, salvo l’interesse
pubblico ulteriore di natura fiscale, va
fatto per la regolarità tributaria).
Nella prospettiva da ultimo segnalata, si
comprende anche perché l’accertamento
dell’inesistenza del requisito di
partecipazione alla gara possa e debba
essere svolto dall’amministrazione
appaltante anche in momento successivo
all’aggiudicazione, non potendosi ammettere
che il mero fattore temporale “consolidi”
una posizione soggettiva che, ab initio,
avrebbe dovuto condurre all’esclusione e
che, in quanto indice rivelatore di una
gestione economico-produttiva non efficiente
né efficace, propostasi in passato e
riproponibile in futuro, riverbera i suoi
effetti negativi al di là del momento
storico-temporale nel quale si è situata la
situazione d’irregolarità (sul potere di
rivalutare anche dopo l’aggiudicazione la
posizione d’irregolarità contributiva
dell’impresa vedi Cons. Stato, Sez. V,
11.06.2001, n. 3130 … risultando quindi
errato l’opposto orientamento di cui a TAR
Lazio, Roma, Sez. I, 20.09.2001, n. 7686;
sull’afferenza del requisito soggettivo
della regolarità contributiva e tributaria
alla sfera dei requisiti di partecipazione
alla gara e quindi sulla sua necessaria
compresenza al momento della domanda di
partecipazione o dell’offerta e sino al
momento, quantomeno, dell’aggiudicazione
cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 27.12.2004, n.
8215 ).
Così delineata la nozione di regolarità
contributiva, è evidente che i cc.dd.
certificati di regolarità (o correntezza)
contributiva rilasciati dagli istituti che
gestiscono le assicurazioni sociali
(I.N.P.S. e I.N.A.I.L.) -ora confluiti nel
documento unico di regolarità contributiva o
D.U.R.C., rilasciato in base a convenzioni
tra i due istituti ai sensi dell’art. 2
comma 2 del D.L. 25.09.2002, n. 210 (recante
“Disposizioni urgenti in materia di
emersione del lavoro sommerso e di rapporti
di lavoro a tempo parziale” e convertito
nella L. 22.11.2002 n. 266), il cui comma 1
ha peraltro ribadito l’obbligo delle imprese
affidatarie di appalti pubblici di
presentare certificazione relativa alla
regolarità contributiva a pena di “revoca
dell’affidamento”- vanno qualificati tra
le “dichiarazioni di scienza”.
L’amministrazione appaltante non ha alcun
autonomo potere, né di accertamento né di
valutazione ed apprezzamento del contenuto
delle cc.dd. certificazioni di regolarità
contributiva e tributaria (si rinvia a Cons.
Stato, Sez. V, 03.06.2002, n. 3061 e Sez.
VI, 01.12.2000, n. 6231, ordinanza), che
sono dichiarazioni di scienza,
incontestabili in sé e per sé e la cui
efficacia vincolante rispetto
all’amministrazione appaltante può essere
superata soltanto dal positivo accertamento
dell’inesistenza della posizione debitoria
tributaria.
Se di tale potere, dunque, l’amministrazione
è carente, non può esercitarne, sotto altre
spoglie, in sede di considerazione
dell’interesse pubblico all’annullamento di
un’ammissione alla gara (e conseguente
aggiudicazione) che sia radicalmente viziata
in riferimento alla obiettiva carenza del
requisito soggettivo di partecipazione
(costituito dalla regolarità della posizione
contributiva o tributaria).
Non può, in altri termini, ritenersi
consentita in un momento successivo, e solo
per effetto della circostanza che sia
trascorso un intervallo temporale più o meno
casualmente lungo, quella valutazione della
sussistenza (e ancor meno della “consistenza”)
del requisito soggettivo di partecipazione …
che era preclusa al momento
dell’aggiudicazione.
L’interesse pubblico sotteso al requisito
soggettivo di partecipazione, che si collega
anche al puntuale rispetto del principio
generale della par condicio tra i
partecipanti alla gara, e che, come visto,
attiene anche all’effettiva garanzia della
piena concorrenza tra le imprese, è per dir
così immanente e permanente ed il fattore
temporale non è in grado di “consolidare”
gli effetti della sua violazione, almeno
quando, come nella specie, residui un
apprezzabile intervallo temporale sino alla
conclusione del rapporto.
D’altro canto l’introduzione, sia pure con
riferimento all’esercizio dei poteri di
autotutela, di una sfera di “discrezionalità”
in ordine all’apprezzamento dell’incidenza
della carenza del requisito di
partecipazione sull’interesse pubblico può
finire per frustrare la stessa effettività
delle disposizioni comunitaria e nazionale
che, giova ribadire, non attribuiscono alle
amministrazioni aggiudicatici alcun potere
di giudizio in ordine alla
sussistenza/insussistenza dei requisiti ivi
stabiliti, ivi compresi quelli di “correntezza”
previdenziale e tributaria.
A minor ragione, poi, può ammettersi una
valutazione quali-quantitativa della gravità
della posizione debitoria previdenziale e
tributaria, posto che il requisito di
partecipazione può solo essere sussistente o
insussistente, come fatto storico cui si
riconnettono le conseguenze giuridiche
ineludibili stabilite dalle disposizioni
comunitaria e nazionale, che non assegnano
alcun rilievo (né correlativamente alcuna
sfera di apprezzamento discrezionale) alla “importanza”
e “gravità” del difetto del requisito
(che costituirebbe contraddizione in
termini, poiché il requisito c’è o non c’è,
non potendoci essere in misura più o meno “sufficiente”);
senza dire che per tale via si finirebbe per
riconoscere un potere di valutazione
svincolato da parametri certi ed obiettivi
che comprometterebbe l’effettività dei
principi di trasparenza delle gare e di par
condicio tra i concorrenti”
(TAR
Veneto, Sez. I,
sentenza 17.05.2007 n. 1507 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità della risoluzione di un contratto
di subappalto per infiltrazione mafiosa.
L'adozione della misura interdittiva di cui all'art. 4 D.Lgs.
n. 490/1994, con la quale si esclude dal mercato dei
pubblici appalti l'imprenditore che sia sospettato di legami
o condizionamenti mafiosi è preordinata all'obbiettivo di
mantenere un atteggiamento intransigente contro rischi di
infiltrazione mafiosa per contrastare un eventuale utilizzo
distorto delle risorse pubbliche. Secondo l'indirizzo della
giurisprudenza, la informativa non deve dimostrare
l'intervenuta infiltrazione, essendo sufficiente la
sussistenza di elementi dai quali sia deducibile il
tentativo di ingerenza.
Ciò nondimeno la stessa giurisprudenza ha più volte ribadito
come il delicato equilibrio tra gli opposti interessi che
fanno capo, da un lato, alla presunzione di innocenza di cui
all'art. 27 Cost. ed alla libertà d'impresa
costituzionalmente garantita e, dall'altro, alla efficace
repressione della criminalità organizzata, comporta che
l'interpretazione della normativa in esame debba essere
improntata a necessaria cautela); e che l'esigenza di
contrastare i tentativi di infiltrazione mafiosa nel modo
più efficace non esclude che la determinazione prefettizia
(pur se espressione di un ampia discrezionalità) possa
essere assoggettata al sindacato giurisdizionale sotto il
profili della sua logicità e dell'accertamento dei fatti
rilevanti.
E' certamente arbitrario presumere che valutazioni e
comportamenti riferibili alla famiglia di appartenenza o a
singoli membri della stessa diversi dall'interessato debbano
essere automaticamente trasferiti all'interessato medesimo.
In difetto dunque di riscontri oggettivi che comprovino
l'esistenza in concreto di comportamenti e situazioni dai
quali possa desumersi il condizionamento mafioso, deve
concludersi che l'informativa prefettizia non può trovare
una valida giustificazione con il solo riferimento al
richiamato legame di "parentela".
Ne consegue che, è illegittima la risoluzione di un
contratto di subappalto per infiltrazione mafiosa in quanto
l'informativa prefettizia non può trovare una valida
giustificazione con il solo riferimento al richiamato legame
di "parentela" (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 02.05.2007 n. 1916
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Facoltà di ritirare l'offerta sino all'inizio delle
operazioni di gara.
Sussiste fino all'inizio delle operazioni di gara la
possibilità di ritirare le offerta, anche se il bando
preveda un periodo minimo in cui le stesse devono essere
tenute ferme.
E' questo il principio con cui il TAR Lecce ha respinto il
ricorso proposto da un ATI partecipante ad una gara
d'appalto, statuendo che "In aderenza sia alle regole
civilistiche di cui agli artt. 1326 e seguenti Cod. civ.,
sia alla regola speciale di cui all'art. 75, comma 7, del
R.D. 23.05.1924, n. 827, deve ritenersi che un'impresa
partecipante ad una gara d'appalto possa ritirare la propria
offerta fino a quando le operazioni di gara non siano
iniziate e ciò anche nel caso in cui il bando preveda un
periodo minimo in cui le offerte debbono essere tenute ferme".
Ha poi aggiunto il TAR salentino che "In materia di gare
pubbliche, la stazione appaltante, decorso -per causa ad
essa imputabile- il termine indicato nel bando durante il
quale le offerte debbono essere tenute ferme, deve
correttamente interpellare i concorrenti ammessi alla
procedura, per verificare la sussistenza del loro interesse
all'eventuale aggiudicazione, e ciò soprattutto nei casi in
cui, nelle more del procedimento, ci siano state
significative variazioni dei costi dei fattori della
produzione relativi all'appalto; l'omesso interpello delle
imprese concorrenti, tuttavia, non determina ex se
l'invalidità sopravvenuta delle offerte per scadenza del
termine, in quanto (fermo restando che le offerte conformi
al bando non possono essere considerate ad tempus) la
persistenza dell'interesse all'aggiudicazione si può
desumere anche per facta concludentia (ad esempio dalla
circostanza che il concorrente aggiudicatario accetti di
rendere le giustificazioni dell'offerta anomala o si
presenti per la stipula del contratto, senza formulare
riserve o eccezioni)".
Tuttavia si deve segnalare, l'orientamento opposto del
massimo organo della Giustizia amministrativa nella materia
(cfr. da ult. Cons. Stato, Sez. V, 19.04.2007 n. 1786).
Nello stesso senso, invece, TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
18.02.2006, n. 950; sentenza questa recentemente riformata
dal Consiglio di Stato in aderenza al richiamato
orientamento (TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 02.05.2007 n. 1790
- massima tratta e link a www.filodiritto.com). |
APPALTI: Nel
caso di partecipazione ad una gara di
appalto di un raggruppamento temporaneo di
imprese la cauzione provvisoria deve essere
necessariamente intestata, a pena di
esclusione, non già alla sola capogruppo
designata, ma anche alle mandanti.
Nel caso in cui una costituenda riunione
temporanea di imprese venga a costituire con
la fideiussione la cauzione provvisoria, il
soggetto garantito non è l'associazione
temporanea di impresa (a.t.i.) nel suo
complesso (non essendo ancora costituita) e
non è neppure la sola capogruppo designata.
Garantite, invece, sono tutte le imprese
associande che, durante la gara, operano
individualmente e responsabilmente
nell'assolvimento degli impegni connessi
alla partecipazione alla gara, ivi compreso,
in caso di aggiudicazione, quello (per le
future mandanti) di conferire il mandato
collettivo all'impresa designata capogruppo
che stipulerà il contratto con
l'amministrazione.
Il fidejussore, inoltre, per assicurare in
modo pieno l'operatività della garanzia di
fronte ai possibili inadempimenti (coperti
dalla cauzione provvisoria), deve richiamare
la natura collettiva della partecipazione
alla gara di più imprese, identificandole
singolarmente e contestualmente e deve
dichiarare di garantire con la cauzione
provvisoria non solo la mancata
sottoscrizione del contratto, ma anche ogni
altro obbligo derivante dalla partecipazione
alla gara, pena l'esclusione dal
procedimento.
Pertanto, è illegittima l'ammissione di una
A.T.I., avendo la stessa presentato come
cauzione provvisoria una fideiussione
bancaria rilasciata esclusivamente a
garanzia delle obbligazioni di un'impresa
all'epoca sprovvista dei poteri
rappresentativi dell'altra partecipante,
perché l'A.T.I. non si era ancora
costituita, fideiussione nella quale,
oltretutto, non si rinveniva alcun
riferimento nemmeno all'A.T.I. costituenda
(TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 19.04.2007 n. 1876
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI: Sull'applicabilità
dell'art. 75 del d.lvo n. 163/06 (Codice dei
contratti pubblici) all'appalto del servizio
di trasporto scolastico.
E' legittima l'esclusione da parte di un
comune di un concorrente da una gara per
l'affidamento dell'appalto del servizio di
trasporto scolastico, in quanto la cauzione
provvisoria non è stata costituita con le
modalità di cui all'art. 75 del d.lgs.
163/2006 come previsto dall'art. 9 del bando
di gara; in particolare, l'assegno circolare
presentato come cauzione provvisoria non era
corredato dall'impegno di un fideiussore a
rilasciare la garanzia fideiussoria per
l'esecuzione del contratto. L'obbligo per i
concorrenti alla gara di presentare
l'impegno suddetto va desunto per diretta
applicazione dell'art. 75, c. 8, del d.lgs.
163/2006.
Il decreto in questione infatti detta la
disciplina generale dei contratti pubblici,
ed essendo norma di rango legislativo si
applica a tutte le relative fattispecie, a
prescindere dal rinvio che ad esso possano
fare oppure no le norme del bando. Ritenuta
applicabile in via diretta al caso di specie
la norma dell'art. 75, c. 8, d.lgs.
163/2006, va poi affermato che la sua
inosservanza, anche se il testo
dell'articolo citato tace sul punto, è stata
correttamente considerata dal Comune
intimato motivo di esclusione. Per costante
giurisprudenza, infatti, in tema di bandi di
gara si considerano previsti a pena di
esclusione sia gli adempimenti per i quali
ciò sia espressamente previsto, con criterio
formale, ma anche, con criterio sostanziale,
quegli adempimenti non sanzionati in modo
espresso, che tuttavia rispondano ad un
particolare interesse della p.a. appaltante.
A tale ultimo criterio risponde all'evidenza
la previsione in esame, dato che è di
preminente rilievo per l'amministrazione
garantirsi il corretto e continuo
espletamento del servizio attraverso la
garanzia fideiussoria prestata
dall'aggiudicatario (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 19.04.2007 n. 410
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APPALTI: Sul
potere discrezionale della p.a. nel caso
l'oggetto contrattuale sia mutato di
decidere se indire subito una gara per
concludere il contratto relativo ovvero
soprassedere.
In presenza di un oggetto contrattuale
mutato è apprezzamento ampiamente
discrezionale della p.a. decidere se indire
subito una gara per concludere il contratto
relativo ovvero soprassedere, e tale ultima
decisione non può dirsi di per sé illogica
ovvero contraria al pubblico interesse, a
meno che essa non appaia affetta da evidenti
contraddizioni logiche.
Pertanto, in tale caso, ricorre uno dei casi
che ai sensi dell'art. 21-quinquies l.
241/1990 legittimano la revoca del
provvedimento, cioè il mutamento della
situazione di fatto (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 19.04.2007 n. 408
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APPALTI SERVIZI:
Sui presupposti necessari affinché sia legittimo un
affidamento diretto.
Le direttive del Consiglio 18.06.1992, 92/50/CEE, che
coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti
pubblici di servizi, 14.06.1993, 93/36/CEE, che coordina le
procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di
forniture, e 14.06.1993, 93/37/CEE, che coordina le
procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di
lavori, non ostano ad un regime giuridico quale quello di
cui gode la Transformación Agraria SA, che le consente, in
quanto impresa pubblica operante in qualità di strumento
esecutivo interno e servizio tecnico di diverse
amministrazioni pubbliche, di realizzare operazioni senza
essere assoggettata al regime previsto dalle direttive in
parola, dal momento che, da un lato, le amministrazioni
pubbliche interessate esercitano su tale impresa un
controllo analogo a quello da esse esercitato sui propri
servizi e che, dall’altro, la detta impresa realizza la
parte più importante della sua attività con le
amministrazioni di cui trattasi (Corte di Giustizia Europea,
Sez. II,
sentenza 19.04.2007 n. C-295/05
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
In tema di valutazione dell'anomalia dell'offerta il
potere tecnico discrezionale è sindacabile dal giudice
amministrativo attraverso il controllo sulla sufficienza
della motivazione resa.
La giurisprudenza, in tema di valutazione dell'anomalia
dell'offerta, è costante nel ritenere si tratti di un
apprezzamento squisitamente tecnico, che riguarda dunque il
merito dell'azione amministrativa e si sottragga, pertanto,
al sindacato di legittimità del giudice amministrativo se
non in limiti ristretti; il subprocedimento di verifica
della congruità di un'offerta anomala costituisce, infatti,
espressione di un potere tecnico-discrezionale,
insindacabile in sede giurisdizionale, salva l'ipotesi in
cui le giustificazioni formulate siano manifestamente
illogiche o fondate su insufficiente motivazione.
Tale potere tecnico discrezionale è sindacabile dal giudice
amministrativo attraverso il controllo sulla sufficienza
della motivazione resa; in particolare la motivazione viene
richiesta rigorosa e analitica nel caso di giudizio negativo
sull'anomalia; in caso, invece, di giudizio positivo, ovvero
di valutazione di congruità dell'offerta anomala, non
occorre che la relativa determinazione sia fondata su
un'articolata motivazione ripetitiva delle medesime
giustificazioni ritenute accettabili o espressiva di
ulteriori apprezzamenti.
Pertanto, il giudizio favorevole di non anomalia dell'
offerta in una gara d'appalto non richiede una motivazione
puntuale ed analitica, essendo sufficiente una motivazione
espressa "per relationem" alle giustificazioni rese
dall'impresa vincitrice, sempre che queste siano a loro
volta congrue ed adeguate (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 17.04.2007 n. 1774
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LAVORI PUBBLICI:
Localizzazione di opere pubbliche o di pubblica
utilità - Disposizioni a contenuto espropriativo e
disposizioni urbanistiche - Differenze ed effetti - Durata.
Le aree oggetto di localizzazione di opere pubbliche o di
pubblica utilità, sono assoggettate dal piano a vincolo
preordinato all’esproprio che ha la durata di cinque anni,
ed in tale termine può essere emanato il provvedimento che
comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere
(art. 9 D.P.R. 08.06.2001, n. 327) (TAR Campania-Napoli,
Sez. III,
sentenza 12.04.2007 n. 3452
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APPALTI:
Nel caso di ambiguità delle previsioni
della lex specialis deve a pena di
illegittimità preferirsi l'opzione che
consente la maggiore partecipazione.
Nell'ambiguità delle previsioni della lex
specialis, deve a pena di illegittimità (non
già degli atti di gara ma della loro
applicazione) preferirsi l'opzione che
consente la maggiore partecipazione; nonché
la conservazione degli stessi atti indittivi
là dove una opzione interpretativa diversa
li collochi nell'alveo della illegittimità.
Pertanto, nel caso di giudizio proposto
avverso il bando di gara, avente per oggetto
la fornitura di un autoveicolo da adibire a
scuolabus, ritenuto illegittimo perché
indicava espressamente la marca ed il tipo
del veicolo da fornire, pur dinanzi alla
indicazione di specifiche caratteristiche
del mezzo, deve attribuirsi prevalenza e
decisività alla prevista ammissibilità di
mezzi equivalenti; risultando altrimenti
illegittima la lex specialis
diversamente interpretata nel senso di
lasciare priva di effetti la consentita
equivalenza, e compromesso il favor
partecipationis.
Sicché, alla luce dei richiamati principi,
la lex specialis doveva e deve
interpretarsi nel senso dell'ammissibilità
dell'offerta costituita da veicolo "equivalente"
e ciò anche a prescindere dalla ulteriore
circostanza afferente all'esito della gara
che si è conclusa per sorteggio tra due
offerte economiche equiordinate (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 12.04.2007 n. 1725
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APPALTI:
Sulla legittimità dell'esclusione di
un'impresa da una gara per non aver
dichiarato che il legale rappresentante
della società aveva riportato una condanna
penale.
E' legittima l'esclusione da una gara di
un'impresa per aver omesso di dichiarare che
il legale rappresentante della società aveva
riportato una condanna penale.
La giurisprudenza al riguardo afferma che,
se si eccettuano i reati relativi a condotte
delittuose individuate dalla normativa
antimafia, in assenza di parametri normativi
fissi e predeterminati, la verifica
dell'incidenza dei reati commessi dal legale
rappresentante dell'impresa sulla moralità
professionale della stessa attiene
all'esercizio del potere discrezionale della
P.A. e deve essere valutata attraverso la
disamina in concreto delle caratteristiche
dell'appalto, del tipo di condanna, della
natura e delle concrete modalità di
commissione del reato.
Pertanto, l'esistenza di false dichiarazioni
sul possesso dei requisiti, quali la mancata
dichiarazione di sentenze penali di
condanna, si configura come causa autonoma
di esclusione dalla gara (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 12.04.2007 n. 1723
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
La verifica
dell’incidenza dei reati commessi dal legale
rappresentante dell’impresa sulla moralità
professionale della stessa attiene
all’esercizio del potere discrezionale della
P.A. e deve essere valutata attraverso la
disamina in concreto delle caratteristiche
dell’appalto, del tipo di condanna, della
natura e delle concrete modalità di
commissione del reato.
E' legittimo il provvedimento di esclusione
da una gara in relazione ad una sentenza di
condanna con sentenza passata in giudicato
per delitto che incide sul rapporto
fiduciario che si deve instaurare con la
P.A..
L’esistenza di false dichiarazioni sul
possesso dei requisiti, quali la mancata
dichiarazione di sentenze penali di
condanna, si configura come causa autonoma
di esclusione dalla gara.
La
giurisprudenza afferma, –se si eccettuano i
reati relativi a condotte delittuose
individuate dalla normativa antimafia– in
assenza di parametri normativi fissi e
predeterminati, che la verifica
dell’incidenza dei reati commessi dal legale
rappresentante dell’impresa sulla moralità
professionale della stessa attiene
all’esercizio del potere discrezionale della
P.A. e deve essere valutata attraverso la
disamina in concreto delle caratteristiche
dell’appalto, del tipo di condanna, della
natura e delle concrete modalità di
commissione del reato (cfr. Cons. St., sez.
V, 18.10.2001, n. 5517; id., 25.11.2002, n.
6482).
La giurisprudenza di questo Consiglio
ritiene legittimo il provvedimento di
esclusione da una gara in relazione ad una
sentenza di condanna con sentenza passata in
giudicato per delitto che incide sul
rapporto fiduciario che si deve instaurare
con la P.A. (cfr. Cons. St., sez. IV,
20.01.2004, n. 2358).
La giurisprudenza è pressoché unanime
nell’affermare che l’esistenza di false
dichiarazioni sul possesso dei requisiti,
quali la mancata dichiarazione di sentenze
penali di condanna, si configura come causa
autonoma di esclusione dalla gara. Questo
Giudice (cfr. Cons. St., sez. V, 06.06.2002,
n. 3183) ha, infatti, sostenuto che, ai
sensi dell’art. 17, lett. m) del D.P.R. n.
34 del 2000, l’esistenza di false
dichiarazioni sul possesso dei requisiti per
l’ammissione agli appalti si configura come
causa di esclusione (cfr., con riferimento
alla omessa dichiarazione delle sentenze di
condanna riportate, Cons. St., sez. V,
25.01.2003, n. 352; Cons. St., sez. VI,
05.09.2002, n. 4483).
La ratio dell’art. 75, lett. c), del
D.P.R. n. 554/1999 è, infatti, quella di
assicurare che la pubblica amministrazione
contragga con società i cui titolari,
amministratori e direttori tecnici siano
persone affidabili moralmente e
professionalmente (cfr. Cons. St., sez. V,
12.10.2002, n. 5523) (Cons. Stato, Sez. V,
sentenza 12.04.2007 n. 1723 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Non costituisce una causa di
inammissibilità dell'offerta il mancato
versamento del contributo all'Autorità di
vigilanza per il 2006 (Consiglio di
Stato, Sez. VI,
ordinanza 03.04.2007 n. 1725).
(cfr. in senso contrario: TAR Lazio-Roma,
Sez. III,
sentenza 21.03.2007 n. 2454;
TAR Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 11.12.2006 n. 3888
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Obbligo di gara pubblica per affidare
i restauri. Il Comune non può affidare i
lavori di manutenzione dei beni culturali a
proprie società.
Il
Comune non può affidare i lavori di
manutenzione dei beni culturali a società
sulle quali abbia il controllo (cosiddetto
affidamento “in house”), ma deve
ricorrere a procedure ad evidenza pubblica
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 03.04.2007 n. 1514 -
link a www.aziendalex.kataweb.it). |
APPALTI SERVIZI:
Codice degli appalti e termine per la presentazione
delle offerte.
Quando oggetto
dell'appalto è un servizio di refezione scolastica non si
applicano gli artt. 66 e 70 del D.Lgs. 163/2006 concernenti
le modalità di pubblicazione dei bandi e i relativi tempi
stabiliti per la presentazione delle offerte
(TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 30.03.2007 n. 1333
- link a www.altalex.com). |
APPALTI:
1. Sull'interpretazione da parte di una commissione
giudicatrice di offerte lacunose rispetto alle prescrizioni
del bando.
2. Sull'impugnazione postuma da parte di un concorrente
degli atti di gara.
1. E' legittimo il comportamento di una commissione
giudicatrice, che trovandosi di fronte ad offerte tutte
affette da lacune ed omissioni (rispetto alle prescrizioni
del bando e degli altri atti di gara), piuttosto che
procedere ad una esclusione generalizzata dei concorrenti,
ha, al contrario, privilegiato la generalizzata ammissione,
con salvezza e contemperamento dell'interesse degli
aspiranti a partecipare alla procedura, in vista
dell'aggiudicazione e dell'interesse dell'amministrazione
alla stipula del contratto per l'espletamento del servizio.
In caso di clausole equivoche o di dubbio significato,
infatti, deve preferirsi l'interpretazione che favorisca la
massima partecipazione alla gara (piuttosto che quella che
la ostacoli), e quella che sia meno favorevole alle
formalità inutili, ciò anche al fine di ottenere le
prestazioni richieste ad un prezzo quanto più vantaggioso,
in termini qualitativi e quantitativi per l'amministrazione.
2. Una volta che il concorrente abbia partecipato
alla gara, scegliendo la via dell'impugnazione postuma degli
atti generali, a seguito della sua non favorevole
collocazione in graduatoria, la legittimità delle regole
concorsuali non può essere valutata in astratto, ma deve
essere sempre considerata in rapporto alla illegittimità
della lesione che si è verificata nella sfera giuridica
dell'interessato, il quale ha l'onere di dimostrare come, in
concreto, la lesione della sua personale sfera giuridica si
ponga in qualche modo, in rapporto alla posizione fatta
all'aggiudicatario, in una relazione di causa/effetto,
rispetto alla illegittimità della clausola (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 28.03.2007 n. 1441
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
In tema di appalti pubblici di servizi è consentita la
partecipazione sia di associazioni in raggruppamento
orizzontale che verticale.
Negli appalti pubblici di servizi, comprendenti categorie
plurime e scorporabili di servizi è consentita la
partecipazione di associazioni riunite sia in via
orizzontale sia in linea verticale e non può escludersi che,
nell'ambito di un medesimo raggruppamento, talune parti del
servizio siano eseguite da singole imprese, mentre una
determinata parte sia eseguita da più imprese, fra quelle
raggruppate.
L'art. 11 del D.Lgs. n. 157 del 1995, che ammette a
presentare offerte imprese appositamente e temporaneamente
raggruppate, non distingue espressamente fra associazione
orizzontale e associazione verticale, prescrive che "l'offerta
congiunta e deve specificare le parti del servizio che
saranno eseguite dalle singole imprese" (c. 2);
stabilisce che "l'offerta congiunta comporta la
responsabilità solidale nei confronti dell'amministrazione
di tutte le imprese raggruppate" (c. 3).
La norma deve essere interpretata nel senso di ammettere la
possibilità di partecipazione sia in raggruppamento
orizzontale, sia in raggruppamento verticale, e di non
escludere la possibilità che, solo per una determinata
parte, il servizio sia eseguito da più di una impresa della
medesima associazione (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 28.03.2007 n. 1440
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sui requisiti di di capacità economica
e finanziaria ed in particolare sulle
referenze bancarie: interpretazione
dell'art. 41 del D.Lgs. n. 163/2006.
Secondo il disposto dell'art. 41, c. 1,
D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, i requisiti di
capacità economica e finanziaria possano
essere dimostrati per il tramite della
presentazione di "uno o più dei seguenti
documenti:
a) idonee dichiarazioni bancarie;
b) bilanci o estratti dei bilanci
dell'impresa;
c) dichiarazione concernente il fatturato
globale d'impresa e l'importo relativo ai
servizi o forniture nel settore oggetto
della gara, realizzati negli ultimi tre
esercizi"; in particolare, quanto alle
idonee dichiarazioni bancarie, l'art. 41, c.
4, precisa che tale requisito è comprovato
con dichiarazione di almeno due istituti
bancari o intermediari autorizzati.
La fissazione, ad opera del legislatore,
delle modalità relative alla dimostrazione
della capacità economica e finanziaria,
peraltro, appare temperata dalla previsione
dell'art. 41, c. 3, D.Lgs. n. 163/2006
secondo cui "se il concorrente non è in
grado, per giustificati motivi, ivi compreso
quello concernente la costituzione o
l'inizio dell'attività da meno di tre anni,
di presentare le referenze richieste, può
provare la propria capacità economica e
finanziaria mediante qualsiasi altro
documento considerato idoneo dalla stazione
appaltante".
Non v'è dubbio che tale ultima previsione
sia da riferire all'intero disposto del c. 1
dell'art. 41 D.Lgs. n. 163/2006 e,
conseguentemente, anche alle dichiarazioni
bancarie indicate nell'art. 41, c. 1, lett.
a), e c. 4, D.Lgs. n. 163/2006. Pertanto, la
presentazione di idonee referenze bancarie
comprovate dalla dichiarazione di "almeno
due istituti bancari o intermediari
autorizzati", non può considerarsi quale
requisito "rigido", dovendosi
conciliare l'esigenza della dimostrazione
dei requisiti partecipativi con il principio
della massima partecipazione alle gare di
appalto, con conseguente necessità di
prevedere dei temperamenti rispetto a quelle
imprese che non siano in grado, per
giustificati motivi, di presentare le
referenze indicate (TAR Lazio-Roma, Sez.
III,
sentenza 27.03.2007 n. 2661
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità dell'esclusione da una gara di un
consorzio per violazione della disciplina di gara che
richiedeva espressamente, per i consorzi partecipanti alla
gara, l'obbligo per ogni consorziato di produrre la
certificazione di qualità.
Per consolidata giurisprudenza, la certificazione di qualità
diretta a garantire che un'impresa è in grado di svolgere la
sua attività secondo un livello minimo di qualità accertato
da un organismo a ciò preposto è un requisito che,
allorquando vi è una ripartizione percentuale del servizio
tra le associate, dev'essere posseduto da tutte le imprese
chiamate a svolgere prestazioni fungibili.
Pertanto, nel caso di specie è legittima l'esclusione dalla
procedura concorsuale di un consorzio per violazione degli
obblighi di gara, e precisamente per non aver prodotto nei
termini richiesti dal bando la copia fotostatica della
certificazione di qualità conforma alle norme europee UNI
CEI ISO 9000 con riferimento a tutte le imprese aderenti al
predetto consorzio.
Non appare decisivo, in contrario, il richiamo alla
giurisprudenza, che consente di provare il possesso dei
requisiti tecnici e finanziari mediante le referenze di un
altro soggetto di cui si dichiari la disponibilità giacché,
anche a prescindere dalla dubbia applicabilità di tale
principio con riguardo ai requisiti di carattere soggettivo
cui sono da taluni ricondotte le certificazioni di qualità,
non risulta che in sede di gara il consorzio abbia
esercitato tale opzione partecipativa.
Neppure il richiamo all'art. 49 del D.Lgvo n. 163 del
12.04.2006 si rivela fondato, non risultando che il
consorzio abbia allegato in gara le dichiarazioni di cui
all'art. 49, comma 2°, del D.Lgvo n. 163/2006 necessarie ai
fini dell'avvalimento (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 27.03.2007 n. 556
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'illegittimità di un affidamento in via esclusiva
e senza gara del servizio idrico integrato comunale ad una
società a partecipazione pubblica, di cui il comune è socio
minoritario.
In base alla normativa europea gli affidamenti di opere e
servizi, in via diretta e senza gara, erano e sono
consentiti, solo a condizione che gli stessi avvengano "in
house", ossia in favore di società a partecipazione
pubblica totalitaria, le quali realizzino la parte più
importante della propria attività con l'ente pubblico che le
controlla e sulle quali quest'ultimo eserciti un controllo
analogo a quello esercitato sui propri apparati burocratici.
Il giudice comunitario ha, di recente, escluso che il
richiesto "controllo analogo" possa sussistere in
presenza di una partecipazione, anche minoritaria, di
un'impresa privata al capitale della società pubblica
affidataria. Pertanto, è illegittimo l'affidamento in via
esclusiva e senza gara del servizio idrico integrato
comunale ad una società a partecipazione pubblica, di cui il
comune è socio minoritario, per violazione della normativa
comunitaria (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 27.03.2007 n. 549
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI: Nel
caso di trattativa privata relativa ad un
appalto di servizio di valore eccedente la
soglia comunitaria la procedura deve essere
preceduta dalla pubblicazione di un bando di
gara.
In una procedura in cui il valore
dell'appalto di servizi eccede la soglia
comunitaria si applica il disposto di cui
all'art. 7 del d.lgs. 17.03.1995, n. 157,
secondo cui anche nel caso di trattativa
privata la procedura deve essere preceduta
dalla pubblicazione di un bando di gara con
il rispetto, quindi, delle disposizioni
relative alla sua pubblicazione e dei
termini fissati dal legislatore comunitario
(direttiva 92/50/CEE) e recepiti con il
decreto legislativo anzidetto.
Nel caso di specie, ciò è del tutto mancato,
con il conseguente pregiudizio per le
concorrenti di dover formulare offerte in
termini molto inferiori rispetto a quelli
previsti dalla norma primaria e senza
possibilità, quindi (anche per l'assenza di
criteri valutativi preventivamente definiti)
di formulare offerte sufficientemente
meditate (laddove, peraltro, una delle
concorrenti era, invece, da tempo in
possesso di tutti i dati conoscitivi utili
alla formulazione di un'offerta completa).
Pertanto, è illegittimo l'affidamento a
trattativa privata del servizio di telefonia
disposto da un comune ad una società in
quanto la procedura in questione non avrebbe
potuto essere sottratta alla
pubblicizzazione mediante apposito bando di
gara essendo il valore dell'appalto
eccedente la soglia comunitaria (Consiglio
di Stato, Sez. VI,
sentenza 22.03.2007 n. 1369
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APPALTI: Sulla
legittimità dell'esclusione di un'impresa da
una gara per l'appalto di lavori pubblici
nel caso in cui non abbia allegato
all'offerta la documentazione che dimostri
l'avvenuto pagamento del contributo
all'Autorità per la vigilanza sui LL.PP..
In via generale, l'esclusione da una gara
d'appalto per ragioni di carattere formale
può essere disposta sulla base di
inequivocabili precetti contenuti negli atti
di gara (bando, lettera di invito): la
precisa indicazione dell'adempimento formale
richiesto e l' altrettanto precisa
indicazione della sanzione comminata;
cosicché solo in mancanza di una sufficiente
chiarezza nei dati formali in questione, è
illegittima l'esclusione di un'impresa
disposta dall'amministrazione appaltante,
dovendo semmai questa disporre
un'integrazione documentale al fine di
verificare il possesso dei requisiti
richiesti a pena di esclusione.
Nel caso di specie non sono ravvisabili
incertezze nelle prescrizioni di gara. Ne
consegue che, è legittima l'esclusione di
un'impresa da una gara per l'appalto di
lavori pubblici nel caso in cui l'impresa
stessa non abbia presentato, in allegato
all'offerta, la documentazione che dimostri
l'avvenuto pagamento del contributo
all'Autorità per la vigilanza sui Lavori
Pubblici, previsto dall'art. 1, commi 65 e
66 della legge n. 266 del 2005 e dalla
successiva deliberazione dell'Autorità di
vigilanza del 26.01.2006 e riportato nel
bando di gara ai punti E e 9 (TAR
Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 21.03.2007 n. 2454
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APPALTI SERVIZI: Sulla
partecipazione delle società miste comunali
alle gare di appalto di servizi pubblici
indette da altri enti.
La giurisprudenza amministrativa nell'esame
della questione relativa alla partecipazione
delle società miste comunali alle gare di
appalto di servizi pubblici indette da altri
enti, si è attestata sul principio in base
al quale tali società, pur legittimate in
via di principio a svolgere la propria
attività anche al fuori del territorio del
Comune dal quale sono state costituite, in
quanto munite dal legislatore di capacità
imprenditoriale, sono pur sempre tenute, per
il vincolo genetico funzionale che le lega
all'ente di origine, a perseguire finalità
di promozione dello sviluppo della comunità
locale di emanazione. Il vincolo funzionale
che la norma istitutiva ha implicitamente
imposto alle imprese miste va confrontato
con l'impegno extraterritoriale richiesto in
concreto e inibisce tale attività quando
diventino rilevanti le risorse e i mezzi
eventualmente distolti dalla attività
riferibile alla collettività di riferimento
senza apprezzabili utilità per queste
ultime.
Si tratta, in definitiva, di verificare che
l'impegno da assumere non comporti una
distrazione di mezzi e risorse tali da
arrecare pregiudizio alla predetta
collettività, in sostanza la necessità di
una concreta verifica intesa ad accertare se
l'impegno extraterritoriale eventualmente
non distolga, e in caso positivo in che
rilevanza, risorse e mezzi, senza
apprezzabili ritorni di utilità (anch'essi
da valutarsi in relazione all'impegno
profuso e agli eventuali rischi finanziari)
per la collettività di riferimento. Tale
verifica non può che ritenersi rimessa alle
commissioni giudicatrici delle gare quando a
queste chiedano di partecipare società
miste.
La capacità, in termini di mezzi tecnici e
finanziari, della società mista ad assumere,
in aggiunta a quelle derivanti dal servizio
svolto per l'ente di riferimento, anche il
servizio oggetto della specifica gara alla
quale chiede di partecipare, attiene alla
legittimazione della società a partecipare
alla gara ed assume quindi la valenza di un
requisito soggettivo che, in quanto tale,
deve essere assoggettato a verifica come
avviene per altri requisiti soggettivi. La
prova di tale requisito soggettivo, secondo
i principi stessi della partecipazione alle
gare, incombe sull'aspirante (C.G.A.R.S.,
Sez. giurisdizionale,
sentenza 21.03.2007 n. 197
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APPALTI: Offerta
anormalmente bassa - Esclusione dalla gara -
Verifica dell’attendibilità dell’offerta -
Criterio del prezzo più basso - Criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa
- Aggiudicazione - Dir. 93/37/CEE - Dir.
92/50/CEE - L. n. 109/1994 e s.m. - D.P.R.
n. 554/1999.
In materia di appalti di servizi pubblici,
ai sensi dell’art. 30, comma 4, della
Direttiva 93/37/CEE, come pure dall’art. 37
della Direttiva 92/50/CEE, si evince con
sufficiente chiarezza che il diritto
comunitario si limita a prescrivere
l’obbligo dell’Amministrazione di procedere,
prima di escluderla dalla gara, alla
verifica dell’attendibilità di una offerta
che risulti anormalmente bassa, senza
peraltro imporre procedure o modalità di
determinazione (in tal senso, Cons. St.,
Sez. IV, 12.01.2005 n. 43).
Quanto alla materia dei lavori pubblici
l’art. 21, comma 1-bis, della legge n. 109
del 1994 e s.m., in sede di recepimento
delle dette Direttive, prevede che, negli
appalti da aggiudicare con il criterio del
prezzo più basso, si considerino
anormalmente basse, e quindi siano da
sottoporre a verifica, le offerte che
presentino un ribasso pari o superiore ad
una determinata media aritmetica,
minutamente disciplinata.
Quanto agli appalti in cui l’aggiudicazione
avviene con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, il
Regolamento di attuazione di cui al d.P.R.
n. 554 del 1999, stabilisce, all’art. 91,
comma 4, che la stazione appaltante “può”
procedere alla verifica di cui all’art. 64,
comma 6, dello stesso decreto, che, a sua
volta, dispone che la verifica della
congruità dell’offerta “può” essere
prevista dal bando quando “i punti
relativi al prezzo e la somma dei punti
relativi agli altri elementi di valutazione
sono pari o superiori a quattro quinti dei
corrispondenti punti massimi previsti dal
bando di gara”.
Sistema dell’offerta più vantaggiosa -
Verifica dell’anomalia - Modalità di
verifica più idonee - Discrezionalità
dell’Amministrazione.
L’interpretazione sistematica del quadro
normativo nazionale e comunitario, esclude
che la verifica dell’anomalia, in caso di
aggiudicazione con il sistema dell’offerta
più vantaggiosa, sia soggetta a condizioni
che ne limitino l’esercizio e ne fissino
inderogabilmente le modalità.
L’Amministrazione, infatti, ha la facoltà,
almeno nel sistema dell’offerta più
vantaggiosa, di individuare le offerte che
ritenga anormalmente basse secondo le
modalità che considera più idonee.
Verifica dell’attendibilità di
un’offerta - Potestà Amministrativa - Nuova
disciplina D.Lgs. n. 163/2006 “Codice dei
contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e forniture in attuazione delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”.
In merito alla verifica dell’attendibilità
di una offerta che risulti anormalmente
bassa, la normativa regolamentare rimette
alla discrezionalità dell’Amministrazione di
prevedere nella lex specialis il
controllo dell’anomalia nei casi in cui si
verifichino le circostanze contenute nel
Regolamento di attuazione in sede di
recepimento delle Direttive in materia.
Tuttavia, deve essere escluso che detta
normativa possa assumere il significato di
impedire all’Amministrazione di individuare
l’anomalia adottando altro criterio di
valutazione che meglio si attagli alle
peculiarità della gara bandita. (Il metodo
di individuazione dell’anomalia alla
specificità della gara, trova conferma nella
nuova disciplina della materia dettata dal
d.lgs. 12.04.2006 n. 163, di attuazione
delle Direttive 2004/17CE e 2004/18/CE,
sebbene non in vigore all’epoca dei fatti).
Codice dei contratti pubblici -
Individuazione di casi di anomalia diversi
da quelli prestabiliti - Facoltà
all’Amministrazione - Sussistenza.
La nuova disciplina dettata dal d.lgs.
12.04.2006 n. 163, di attuazione delle
Direttive 2004/17CE e 2004/18/CE, “Codice
dei contratti pubblici” riserva la
facoltà all’Amministrazione di ipotizzare
autonomamente, “in base ad elementi
specifici”, casi di anomalia diversi da
quelli prestabiliti.
Offerta anomala - Argomentazioni
chiarificatrici - Sottoposizione allo stesso
organo tecnico - Necessità.
Le argomentazioni chiarificatrici fornite
dall’Impresa devono essere sottoposte allo
stesso organo tecnico che, a norma dell’art.
21, comma 4, della legge n. 109/1994, è
deputato alla valutazione delle offerte, in
quanto dotato delle necessarie competenze
tecniche (Consiglio di Stato Sez. V,
28.06.2002 n. 3566).
Nella specie, l’Impresa è stata messa nelle
condizioni di esporre compiutamente le
proprie ragioni, sicché la pretesa di
ottenere un nuovo colloquio, rimasta
insoddisfatta, non può determinare un vizio
della procedura.
Verifica di anomalia - Aggiudicazione
definitiva - Commissione giudicatrice e P.A.
- Compiti.
Una volta esaurito il compito tecnico
rimesso alla commissione giudicatrice,
l’Amministrazione non può riaprire
l’istruttoria, per compiere nuove ed
autonome valutazioni di merito, contrastando
con l’impianto stesso delle procedure ad
evidenza pubblica.
Sicché, in sede di aggiudicazione
definitiva, l’Amministrazione, eseguito un
controllo sulla regolarità formale degli
atti di gara, deve soltanto esprimere la
volontà di procedere, ovvero non procedere
all’adozione dell’atto conclusivo, che
assume rilevanza proprio ed esclusivamente
per tale preciso contenuto.
Ribadendo, che le valutazioni assunte in
sede di esame delle giustificazioni delle
concorrenti, la cui offerta è sottoposta a
verifica di anomalia, costituiscono
esercizio di discrezionalità tecnica non
suscettibile di sindacato giurisdizionale,
salvo i casi di macroscopico errore o grave
illogicità (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 20.03.2007 n. 1343
- link a www.ambientediritto.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Sulla facoltà per l'amministrazione,
in un appalto da aggiudicare con il sistema
della offerta più vantaggiosa, di
individuare le offerte che ritenga
anormalmente basse secondo le modalità che
considera più idonee.
La verifica dell'anomalia, in caso di
aggiudicazione con il sistema dell'offerta
più vantaggiosa, non è soggetta a condizioni
che ne limitino l'esercizio e ne fissino
inderogabilmente le modalità.
L'Amministrazione ha la facoltà, almeno nel
sistema dell'offerta più vantaggiosa, di
individuare le offerte che ritenga
anormalmente basse secondo le modalità che
considera più idonee.
Negli appalti in cui l'aggiudicazione
avviene con il criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, il
Regolamento di attuazione di cui al d.P.R.
n. 554 del 1999, stabilisce, all'art. 91, c.
4, che la stazione appaltante "può"
procedere alla verifica di cui all'art. 64,
c. 6, dello stesso decreto, che, a sua
volta, dispone che la verifica della
congruità dell'offerta "può" essere
prevista dal bando quando "i punti
relativi al prezzo e la somma dei punti
relativi agli altri elementi di valutazione
sono pari o superiori a quattro quinti dei
corrispondenti punti massimi previsti dal
bando di gara.".
Appare evidente che, nel silenzio della
legge sul punto, la normativa regolamentare
rimetta alla discrezionalità
dell'Amministrazione di prevedere nella
lex specialis di dar corso alla verifica
dell'anomalia quando si verifichino le
circostanze sopra illustrate, ma la detta
normativa non può assumere il significato di
impedire all'Amministrazione di individuare
l'anomalia adottando altro criterio di
valutazione che meglio si attagli alle
peculiarità della gara bandita (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 20.03.2007 n. 1343
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
La valutazione dell'incidenza dei
reati finanziari sulla moralità
professionale di un partecipante ad un
appalto, non è rimessa alla valutazione
della stazione appaltante, ma è
espressamente definita dal legislatore.
L'incidenza dei reati finanziari, sulla
moralità professionale del soggetto che
aspira ad essere parte di un contratto di
appalto di servizi con l'Amministrazione
pubblica, non è rimessa alla valutazione
della stazione appaltante, ma è
espressamente definita, a priori, dalla
stesso legislatore, che ascrive alla
particolare natura del reato, sotto
l'aspetto sostanziale, una tale lesività
degli interessi collettivi, da non
consentire che il servizio sia affidato a
coloro che li hanno commessi.
Pertanto, è legittima l'esclusione dalla
gara di una ATI conseguente agli accertati
precedenti penali a carico del Presidente
del consiglio di amministrazione e
procuratore della società mandante (fra
l'altro, sentenza di condanna ex artt. 444
c.p.p., per la commissione, di un reato
finanziario non dichiarato estinto) di cui
non era stata fatta menzione nella apposita
dichiarazione resa all'atto della
partecipazione alla gara, con la quale, al
contrario, la concorrente aveva dichiarato
l'insussistenza di alcuna delle cause di
esclusione di cui all'art. 12 D.Lgs.
157/1995 (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 20.03.2007 n. 1331
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APPALTI SERVIZI: Sull'illegittimità
della previsione in un bando per l'appalto
di servizi di progettazione, della
prestazione in sede di gara di una cauzione
provvisoria e di una cauzione definitiva,
oltre alla polizza di responsabilità civile
professionale.
E' illegittima la previsione contenuta in un
bando di gara relativo ad un
appalto-servizio indetto da una regione,
avente ad oggetto il servizio di
progettazione preliminare, definitiva ed
esecutiva, nella parte in cui prescrive, ai
fini dell'ammissione, oltre alla
presentazione di una polizza di
responsabilità civile e professionale, anche
il versamento di una cauzione provvisoria
pari al 2% della base d'asta e di una
cauzione definitiva del 10% dell'importo
contrattuale, in quanto il comma 5 del art.
30 della l. 11.02.1994, n. 109 prescrive
l'obbligo in capo al progettista unicamente
della presentazione di una polizza
assicurativa di responsabilità civile
professionale per i rischi derivanti dallo
svolgimento della propria attività.
Il sistema delle garanzie previsto dalla
legge non è suscettibile, invero, di
interpretazioni estensive e, d'altro canto,
l'attività amministrativa deve essere
incentrata sul principio di non aggravamento
del procedimento; in tal senso, la richiesta
della cauzione nei confronti del progettista
si risolverebbe in un ulteriore onere
economico a carico del progettista medesimo,
la cui eventuale responsabilità, invece, si
concretizza in un momento successivo a
quello della partecipazione alla gara e
riguarda specificamente il risultato ancora
da compiersi, la progettazione, nel caso in
cui si evidenzino degli errori e/o omissioni
nella redazione dei progetti.
La richiesta delle due tipologie di
cauzioni, provvisoria e definitiva, in
aggiunta alla polizza di cui all'art. 30,
comma 5, della legge quadro, determinerebbe,
pertanto, un aggravamento degli oneri di
accesso alla gara di appalto a carico del
progettista del tutto ingiustificato
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 13.03.2007 n. 1231
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APPALTI SERVIZI: Attività
contrattuale della PA: inderogabilità ai
principi dell’evidenza pubblica.
Per
l’affidamento dei servizi pubblici locali,
l’obbligo di seguire le procedure
concorsuali pubbliche discende direttamente
dalle norme e dai principi desumibili dagli
artt. 3 e 6 del regio-decreto n. 2440 del
1923 e dall'art. 41 del regio-decreto n. 827
del 1924.
Le disposizioni de quibus impongono,
per ogni attività contrattuale della P.A.,
il ricorso a procedure concorsuali aperte ai
soggetti idonei per eseguire opere o servizi
e per fornire beni alle amministrazioni
stesse.
Ciò, in ossequio ai principi costituzionali
di imparzialità e di buon andamento
dell'azione amministrativa ed ai i principi
comunitari di trasparenza e di libera
concorrenza.
E’, infatti, da escludere che un ritardo
imputabile alla stessa amministrazione possa
giustificare la deroga ai principi
dell'evidenza pubblica ed il ricorso alla
trattativa privata.
Pertanto, la possibilità dell’affidamento
diretto a trattativa privata è circoscritta
ad alcune condizioni eccezionali, la cui
sussistenza deve essere provata e
giustificata debitamente e specificamente
dall’amministrazione procedente
(TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 12.03.2007 n. 1781
- link a www.altalex.com). |
APPALTI SERVIZI:
L'affidamento dei servizi pubblici
locali mediante trattativa privata è
circoscritta ad alcune condizioni
eccezionali, la cui sussistenza deve essere
provata e giustificata dall'amministrazione
procedente.
L'obbligo di seguire le procedure
concorsuali pubbliche per l'affidamento dei
servizi pubblici locali, discende
direttamente dalle norme e dai principi
desumibili dagli artt. 3 e 6 del r.d. n.
2440 del 1923, e dall'art. 41 del r.d. n.
827 del 1924.
Tali disposizioni (coerentemente con i
principi costituzionali di imparzialità e di
buon andamento dell'azione amministrativa,
nonché con i principi comunitari di
trasparenza e di libera concorrenza)
impongono, per ogni attività contrattuale
della pubblica amministrazione, il ricorso a
procedure concorsuali aperte ai soggetti
idonei per eseguire opere o servizi e per
fornire beni alle amministrazioni stesse. A
fronte di ciò la possibilità
dell'affidamento diretto a trattativa
privata è circoscritta ad alcune condizioni
eccezionali, la cui sussistenza deve essere
provata e giustificata dall'amministrazione
procedente.
L'urgenza derivante dalla inadeguatezza del
servizio svolto dalla precedente società
affidataria del servizio dimostra semmai
l'inerzia del comune nell'adottare
tempestivamente le iniziative appropriate
per risolvere i problemi connessi allo
svolgimento di questo servizio.
Pertanto, è da escludere che un ritardo
imputabile alla stessa amministrazione possa
giustificare la deroga ai principi
dell'evidenza pubblica ed il ricorso alla
trattativa privata (TAR Campania, Napoli,
Sez. I,
sentenza 12.03.2007 n. 1781
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI: Su
alcune questioni relative all'affidamento di
un servizio pubblico a mezzo trattativa
privata.
In base ai principio di libera concorrenza,
di legalità e di buon andamento ed
imparzialità dell'azione amministrativa,
l'impresa operante in un settore economico è
legittimata ad impugnare il provvedimento
con cui l'amministrazione disponga la
stipula di un contratto a trattativa privata
riferito allo stesso settore e non abbia
posto in essere la scelta del contraente con
le debite procedure ad evidenza pubblica
Un comune non può motivare l'affidamento di
un servizio pubblico a mezzo trattativa
privata, facendo riferimento alle pretese
ragioni di urgenza gravanti sull'ente
pubblico all'indomani della scadenza del
contratto col precedente gestore: la
scadenza del precedente rapporto, infatti, è
un dato ben noto all'Amministrazione, che
avrebbe potuto (e dovuto) attivarsi per
tempo ai fini dell'individuazione del
successivo gestore del servizio (soprattutto
nel caso in cui si tratti di un servizio di
routine, caratterizzato dalla continuatività
e non occasionalità).
La giurisprudenza individua l'elemento
distintivo tra concessioni di servizi
pubblici ed appalti di pubblici servizi
nell'eventuale incidenza dell'onere
economico a carico dell'ente pubblico
appaltante o concedente. Più in particolare:
è elemento tipico dell'appalto di servizi
pubblici l'obbligo per la stazione
appaltante di corrispondere al gestore del
servizio una utilità economica, quale
corrispettivo per la fornitura del servizio
all'ente stesso o alla comunità da esso
rappresentata (per esempio, appalto del
servizio di pulizia degli uffici comunali;
appalto del servizio pubblico di scuolabus
per gli alunni delle scuole elementari).
Viceversa, nella concessione di servizio
pubblico il concessionario ritrae il proprio
guadagno direttamente dal pagamento di una
tariffa posta a carico degli utenti del
servizio stesso (per esempio, servizio di
trasporto urbano affidato a soggetti terzi
che gestiscono "a proprio rischio").
In breve, con l'appalto di servizio l'ente
pubblico si procura una utilità diretta e ne
paga il relativo costo; con la concessione,
invece, esso trasla su soggetti terzi
(piuttosto che fornirlo in prima persona) la
gestione di un servizio, destinato a favore
di una platea più o meno ampia di utenti, e
consente al gestore di ricavarne un utile
attraverso la percezione del corrispettivo
pagato dai fruitori.
Anche l'affidamento in concessione di un
pubblico servizio non sfugge
all'applicazione dei principi comunitari in
tema di pubblicità della gara,
concorrenzialità e non discriminazione,
previsti per la materia degli appalti
pubblici, pena la creazione di una "zona
franca" che -sotto l'ombra di un diverso
nomen iuris- consenta agli enti
pubblici di eludere le disposizioni
comunitarie in un settore in cui sussistono
le medesime esigenze (Tar Sicilia-Catania,
Sez. II,
sentenza 12.03.2007 n. 461
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APPALTI: Sull'illegittimità
di una informativa antimafia basata sul
fatto che il coniuge del titolare
dell'impresa è imparentato con esponenti
della camorra.
La misura interdittiva conseguente ad una
informativia antimafia di cui all'art. 4
D.Lgs. n. 490/1994, con la quale si esclude
dal mercato dei pubblici appalti
l'imprenditore che sia sospettato di legami
o condizionamenti mafiosi, ha lo scopo di
mantenere un atteggiamento intransigente
contro rischi di infiltrazione mafiosa per
contrastare un eventuale utilizzo distorto
delle risorse pubbliche. Secondo l'indirizzo
della giurisprudenza, la informativa non
deve dimostrare l'intervenuta infiltrazione,
essendo sufficiente dimostrare la
sussistenza di elementi dai quali sia
deducibile il tentativo di ingerenza.
Tuttavia, la stessa giurisprudenza ha più
volte ribadito come il delicato equilibrio
tra gli opposti interessi che fanno capo, da
un lato, alla presunzione di innocenza di
cui all'art. 27 Cost. ed alla libertà
d'impresa costituzionalmente garantita e,
dall'altro, alla efficace repressione della
criminalità organizzata, comporta che
l'interpretazione della normativa in esame
debba essere improntata a necessaria
cautela. In definitiva l'esigenza di
contrastare i tentativi di infiltrazione
mafiosa nel modo più efficace, e dunque
anche nel caso in cui sussistano anche
semplici elementi indiziari, non esclude che
la determinazione prefettizia (pur se
espressione di un ampia discrezionalità)
possa essere assoggettata al sindacato
giurisdizionale sotto il profilo della sua
logicità e dell'accertamento dei fatti
rilevanti.
Ciò posto, deve ritenersi che nella
fattispecie in esame non sia idonea a
sorreggere l'impugnato provvedimento
prefettizio la sussistenza di legami di
parentela con esponenti di clan
camorristici. La circostanza infatti che il
titolare della impresa sia imparentato
(tramite la moglie) con esponenti della
camorra non può essere di per sé prova
sufficiente di infiltrazione mafiosa nella
gestione dell'impresa ove a tale dato
anagrafico non si accompagni una acclarata
frequentazione e comunanza di interessi con
tali ambienti, di cui non v'è traccia nel
provvedimento impugnato (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 07.03.2007 n. 1056
- link a www.dirittodesiervizipubblici.it). |
APPALTI:
Il Consiglio di Stato rimette alla
Corte di Giustizia delle Comunità europee la
questione se il riconoscimento in capo alle
imprese costituite in ATI ad impugnare in
via autonoma l'aggiudicazione contrasti con
le direttive comunitarie.
La Corte di Giustizia delle Comunità europee
deve risolvere la questione se l'art. 1
della direttiva del Consiglio 21.12.1989,
89/665/CEE, che coordina le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative
relative all'applicazione delle procedure di
ricorso in materia di aggiudicazione degli
appalti pubblici di forniture e di lavori,
come modificata dalla direttiva del
Consiglio 18.06.1992, 92/50/CEE, che
coordina le procedure di aggiudicazione
degli appalti pubblici di servizi, debba
essere interpretato nel senso che osta a
che, secondo il diritto nazionale, il
ricorso contro una decisione di
aggiudicazione di un appalto possa essere
proposto a titolo individuale da uno solo
dei membri di un'associazione temporanea
priva di personalità giuridica, che ha
partecipato in quanto tale ad una procedura
d'aggiudicazione di un appalto pubblico e
non si è vista attribuire il detto appalto
(cfr. CdS, sez. V, 14/11/2006, n. 6677)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 06.03.2007 n. 1042
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: 1.
Per la proposizione di una impugnativa
contro clausole del bando che precludono la
partecipazione, non è necessaria la domanda
di partecipazione alla gara.
2. Sull'illegittimità di una clausola
contenuta in un bando di gara che prescrive
che non sono ammesse a partecipare alla
procedura le ATI.
1. Non è necessaria la domanda di
partecipazione alla gara quale condizione
per la proposizione di una impugnativa
avverso clausole del bando tali da
precludere in maniera assoluta e certa la
partecipazione alla gara del soggetto
aspirante, poiché detta domanda si
risolverebbe in un mero adempimento formale
inevitabilmente seguito da un atto di
estromissione, e perciò privo di
un'effettiva utilità pratica.
2. La "ratio" dell'istituto
del raggruppamento temporaneo di imprese non
è soltanto quella di consentire la
partecipazione alle gare pubbliche di
imprese che, singolarmente considerate, non
potrebbero essere ammesse perché carenti dei
requisiti economici, tecnici ed
organizzativi indispensabili per la
partecipazione, ma anche quella ulteriore di
poter utilizzare un'opzione operativa di
sinergia strategica tra soggetti già capaci
di concorrere singolarmente.
Pertanto, è illegittima la prescrizione
contenuta nel bando della gara ufficiosa
(appalto concorso) indetta da un comune,
secondo cui sono ammesse alla partecipazione
singole società in possesso delle
prescrizioni indicate e non sono ammesse a
partecipare le A.T.I. (TAR Puglia-Lecce,
Sez. I,
sentenza 06.03.2007 n. 800
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APPALTI:
Sull'obbligo per le ATI, costituite o
costituende, di dichiarare sempre e comunque
le relative quote di partecipazione prima
dell'aggiudicazione.
La legge impone alle a.t.i., costituite o
costituende, di dichiarare le quote di
partecipazione sempre e comunque prima
dell'aggiudicazione. Le fonti del principio
si rinvengono nell'art. 13, c. 5-bis, della
l. n. 109 del 1994, laddove dispone che: "E'
vietata qualsiasi modificazione alla
composizione delle associazioni temporanee e
dei consorzi di cui all'art. 10, c. 1,
lettere d) ed e), rispetto a quella
risultante dall'impegno presentato in sede
di offerta". Ed inoltre nell'art. 93, c.
4, del d.P.R. n. 554 del 1999, laddove
dispone che: "Le imprese riunite in
associazione temporanea devono eseguire i
lavori nella percentuale corrispondente alla
quota di partecipazione al raggruppamento".
La prima norma testé richiamata, introdotta
dall'art. 9 della l. n. 415 del 1998, dopo
la caduta del divieto originariamente
previsto di costituire associazioni
temporanee e consorzi concomitanti o
successivi all'aggiudicazione di gara, non
prevede espressamente il momento in cui la
partecipante è tenuta a dichiarare l'importo
dei lavori del raggruppamento in relazione
alle singole compartecipazioni, ossia se sin
dall'ammissione alla gara o successivamente
all'aggiudicazione.
Tuttavia lascia deporre a favore della
necessità della dichiarazione (e del
possesso dei requisiti) sin dall'ammissione
alla gara il fatto che il legislatore, nel
ridisciplinare l'art. 13 richiamato, non
abbia modificato il primo comma, laddove
subordina la partecipazione alla procedura
concorsuale delle associazioni temporanee
alla condizione che la mandataria e le altre
imprese del raggruppamento siano già in
possesso dei requisiti di qualificazione per
la rispettiva quota percentuale, con ciò
evidentemente riaffermando la necessità
della previa indicazione delle quote di
partecipazione. Infatti aver conservato tale
norma anche nell'attuale sistema, dove è
possibile costituire raggruppamenti,
significa che il legislatore ha ritenuto
necessaria la preventiva verifica dei
requisiti in relazione alle singole quote di
partecipazione anche nel nuovo regime
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 01.03.2007 n. 1001 -
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APPALTI: Sulla
fondatezza di una domanda di risarcimento
dei danni proposta dalla seconda
classificata nella procedura concorsuale,
derivante da illegittima aggiudicazione
dell'appalto.
E' fondata la richiesta di risarcimento dei
danni di una società, quale seconda
classificata in una procedura concorsuale
espletata da un comune, derivante
dall'illegittima aggiudicazione dell'appalto
per l'esecuzione del servizio elettrico
votivo nel civico cimitero, nonché per la
sua manutenzione, in favore di una ditta
carente del requisito dell'abilitazione
ex lege n. 46/1990, e che ha omesso
d'indicare, nella documentazione allegata
all'offerta, un responsabile tecnico avente
i requisiti prescritti dalla legge.
Il vizio dell'attività, illegittimamente
posta in essere dal comune, si pone come
particolarmente evidente, integrando
senz'altro, quanto meno, l'elemento della
colpa, che per la Cassazione va riferita
all'Amministrazione intesa come apparato
(piuttosto che al singolo funzionario
agente), ed è presente quando "l'adozione
e l'esecuzione dell'atto illegittimo (lesivo
dell'interesse del danneggiato) sia avvenuta
in violazione delle regole di imparzialità,
di correttezza e di buona amministrazione
alle quali l'esercizio della funzione
amministrativa deve ispirarsi … in quanto si
pongono come limiti esterni alla
discrezionalità".
E' chiaro, infatti, che nel caso di specie
non sembra potersi ravvisare alcun errore
scusabile, il cui accertamento impedirebbe,
secondo parte della dottrina e della
giurisprudenza che s'è occupata
dell'argomento, di poter qualificare la
condotta della P.A., nel suo complesso, come
colposa (TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 12.02.2007 n. 973
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APPALTI: Sull'illegittimità
dell'aggiudicazione di una gara per mancata
dichiarazione del collegamento sostanziale,
in una gara precedente, accertato mediante
annotazione nel Casellario informatico.
La mancata dichiarazione del "collegamento
sostanziale" tra imprese, in quanto
accertato mediante annotazione nel
Casellario informatico, nei confronti delle
imprese partecipanti alla gara e non
dichiarato dalle stesse, costituisce una non
veritiera indicazione delle condizioni
previste per la partecipazione alla gara, ai
sensi dell'art. 75 del d.p.r. n. 554/1999,
lett. h, ed essendo tale dichiarazione
precedente alla gara stessa, costituisce, di
per sé, motivo di esclusione,
indipendentemente dalla rilevanza che tale
collegamento potrebbe avere sulla gara
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 12.02.2007 n. 554
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APPALTI SERVIZI:
Il termine previsto dall'articolo 113,
c. 15-bis, del Dlvo 267/2000 per le
concessioni di servizi pubblici non si
applica per l'affidamento a seguito di
licitazione privata.
L'art. 113, c. 15-bis, del D.Lgs. n. 267 del
2000, come modificato dall'art. 14, 1 c.,
del D.L. n. 269 del 2003 e poi dall'art. 4,
c. 234, della L. n. 350 del 2003, prevede
che "Nel caso in cui le disposizioni
previste per i singoli settori non
stabiliscano un congruo periodo di
transizione, ai fini dell'attuazione delle
disposizioni previste nel presente articolo,
le concessioni rilasciate con procedure
diverse dall'evidenza pubblica cessano
comunque entro e non oltre la data del
31.12.2006, relativamente al solo servizio
idrico integrato al 31.12.2007, senza
necessità di apposita deliberazione
dell'ente affidante".
Sono da annoverarsi tra quelle ad "evidenza
pubblica" le procedure, sia aperte come
l'appalto concorso, che ristrette come la
licitazione privata, precedute da un bando
sufficientemente aperto alla libera
concorrenza. Pertanto, non si applica il
suddetto art. 113, c. 15-bis, del D.Lgs. n.
267 del 2000 alle concessioni affidate
mediante licitazione privata (TAR
Lazio-Roma, Sez. II-ter,
sentenza 06.02.2007 n. 905
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APPALTI: Presenza
alla seduta di gara e decorrenza dei termini
di impugnazione.
Secondo
l'orientamento meno recente, la presenza di
un rappresentante della ditta partecipante
alla gara d'appalto nel corso della quale la
commissione giudicatrice ha ritenuto di
escludere la ditta medesima dalla gara non
comporta ex se piena conoscenza
dell'atto di esclusione ai fini della
decorrenza del termine di impugnazione,
qualora non risulti che il rappresentante
fosse effettivamente tale perché munito di
mandato ad hoc ovvero in base alla carica
rivestita e che quindi la conoscenza dal
medesimo avuta fosse riferibile alla
società. Tale orientamento è stato però
oggetto di rielaborazione, non essendosi
potuto condividere che il rappresentante
debba necessariamente essere munito di
mandato ad hoc.
Diverso è invece l’attuale orientamento.
Ai fini del decorso del termine per
l'impugnazione in tema di contratti della
pubblica amministrazione, la presenza di
rappresentanti delle imprese concorrenti
alle sedute di gara integra gli estremi
della piena conoscenza in capo alle imprese
medesime degli atti che vengono adottati
durante le sedute, essendo sufficiente la
presenza di un soggetto che si qualifichi e
sia indicato nel verbale come rappresentante
della ditta partecipante, tanto più quando
tale partecipazione si giustifichi con il
compito di adottare specifiche iniziative
per tutelare le ragioni dell'impresa
nell'immediatezza dello svolgimento delle
singole fasi di gara, attraverso la
presentazione di osservazioni o di
contestazioni rispetto a specifiche
determinazioni assunte dall'organo di gara
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 31.01.2007 n. 400
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LAVORI PUBBLICI:
S. Lazzini, In tema di
appalti pubblici, l’art. 10 della legge
11.02.1994, n. 109 (ora articolo 48 del
codice di contratti), in caso di mancata
prova del possesso dei requisiti prescritti
per la partecipazione alla gara, non
distingue tra inadempimento formale (per
errore ed altro) ed inadempimento
sostanziale (mancanza dei requisiti per
partecipare alla gara), con la conseguenza
che non solo l’esclusione dalla gara, ma
anche l’incameramento della cauzione e la
segnalazione del fatto all’Autorità di
vigilanza conseguono automaticamente.
Legittima escussione della cauzione
provvisoria di un’impresa per aver
partecipato alla gara in due diverse
AA.TT.II., pur avendo dichiarato di non
partecipare alla gara in più di una ATI o
Consorzio.
Poiché la ricorrente ha falsamente
dichiarato di non partecipare alla gara in
più di una ATI o Consorzio, e tenuto conto
che tale dichiarazione rifluisce, almeno
indirettamente, sugli elementi relativi al
possesso, in capo alle due AA.TT.II. dei
requisiti di capacità economico-finanziaria
e tecnico-organizzativa, richiesti nel bando
di gara; risulta corretta l’esclusione e
l’escussione della cauzione provvisoria in
quanto è pur vero che l’art. 10 comma
1-quater (ora articolo 48 del codice dei
contratti), prevede una disciplina
sanzionatoria con riferimento specifico alla
seconda fase della gara, ossia dopo che sono
state operate le esclusioni e le ammissioni
dei partecipanti, e cioè quando, prima di
procedere all’apertura delle buste, l’Ente
richiede “ad un numero di offerenti non
inferiore al 10% delle offerte presentate …
di comprovare, entro dieci giorni dalla data
della richiesta medesima, il possesso dei
requisiti …” ma è altrettanto vero che
sul piano logico non si vede ragione per
escludere una medesima potestà in capo ella
Amministrazione ove la erroneità delle
dichiarazioni sia verificabile a priori
senza dovere procedere alla verifica ex lege
(CGARS,
sentenza 29.01.2007 n. 8 - link a
www.diritto.it). |
APPALTI:
Sull'impugnazione delle clausole
illegittime di un bando di gara.
Una stazione appaltante può stabilire
autonomamente criteri di valutazione delle
offerte diversi da quelli previsti dall'art.
23, c. 1, d.lvo 157/1995.
Le clausole illegittime degli atti
regolatori di una gara vanno impugnate
unitamente al provvedimento di
aggiudicazione, salve le ipotesi in cui
impediscano o rendano difficoltosa la
partecipazione del ricorrente, provocando
una lesione immediata per la sua posizione
di interesse.
In relazione al criterio di aggiudicazione
dell'offerta economicamente più vantaggiosa
ex art. 23 comma 1 d.lgs 157/1995, tale
norma indica, a titolo esemplificativo,
alcuni dei parametri che possono essere
presi in considerazione ai fini della
valutazione qualitativa delle offerte, ma
non esclude che la singola amministrazione
possa autonomamente stabilire, per ogni
singola gara, parametri per la valutazione
delle offerte, sempre che questi rimangano
riferiti alle specifiche caratteristiche
oggettive dell'offerta e delle modalità
attraverso le quali viene reso il servizio,
e non alla complessiva organizzazione
imprenditoriale del soggetto partecipante
(C.G.A. per la Regione Siciliana, Sez.
giurisdizionale,
sentenza 29.01.2007 n. 6
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APPALTI:
Sulla nozione di appalto pubblico di
lavori e sulla modalità di calcolo del
valore dell'appalto.
L'amministrazione aggiudicatrice non è
esonerata dal fare ricorso alla gara ai
sensi della direttiva 93/37, per il fatto
che la normativa nazionale limita la
conclusione della convenzione solo con
determinate persone giuridiche.
Una convenzione con cui una prima
amministrazione aggiudicatrice affida ad una
seconda amministrazione aggiudicatrice la
realizzazione di un'opera costituisce un
appalto pubblico di lavori ai sensi
dell'art. 1, lett. a), della direttiva del
Consiglio 14.06.1993, 93/37/CEE, che
coordina le procedure di aggiudicazione
degli appalti pubblici di lavori, come
modificata dalla direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio 13.10.1997,
97/52/CE, indipendentemente dal fatto che
sia previsto o no che la prima
amministrazione aggiudicatrice sia o divenga
proprietaria, in tutto o in parte, di tale
opera.
Per determinare il valore di un appalto ai
fini dell'art. 6 della direttiva 93/37, come
modificata dalla direttiva 97/52, occorre
prendere in considerazione il valore totale
dell'appalto di lavori dal punto di vista di
un potenziale offerente, il che include non
soltanto l'insieme degli importi che
l'amministrazione aggiudicatrice dovrà
pagare, ma anche tutti gli introiti che
proverranno da terzi.
Un'amministrazione aggiudicatrice non è
dispensata dal fare ricorso alle procedure
di aggiudicazione degli appalti pubblici di
lavori previste dalla direttiva 93/37, come
modificata dalla direttiva 97/52, per il
fatto che, in conformità al diritto
nazionale, tale convenzione può essere
conclusa soltanto con determinate persone
giuridiche, che abbiano esse stesse lo
status di amministrazione aggiudicatrice e
che saranno tenute, a loro volta, ad
applicare le dette procedure per aggiudicare
eventuali appalti susseguenti (Corte di
giustizia europea, Sez. I,
sentenza 18.01.2007 n. C-220/05
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APPALTI:
Sull'illegittimità di una procedura
negoziata per la mancata consultazione con
tutti gli offerenti prevista dal c. 40
dell'art. 3 del d.lgs. n. 163 del 2006.
Deve essere annullata l'intera procedura di
gara in quanto è illegittimo il procedimento
seguito dalla stazione appaltante, la quale
dopo aver ha indetto una procedura
negoziata, non ha proceduto alla
negoziazione con tutti gli offerenti,
violando così la disciplina della normativa
negoziata, ponendo in essere una procedura
anomala, tipica della cd. procedura aperta.
La disciplina della procedura negoziata,
dettata dal d.lgs. n. 163 del 2006,
presuppone che si svolga una negoziazione
che non può essere riservata al solo
concorrente che abbia proposto, sin
dall'inizio, il prezzo più basso, ma deve
svolgersi tra l'ente aggiudicatore e i vari
concorrenti al fine di arrivare alla scelta
del prezzo più conveniente per la fornitura
del servizio.
La negoziazione con tutti gli offerenti
costituisce quindi, un elemento essenziale
della procedura negoziata; al riguardo è
opportuno precisare che, poiché il c. 40
dell'art. 3 del d.lgs. n. 163 del 2006, usa
l'espressione negoziano con uno o più di
essi, è anche possibile che la negoziazione
avvenga con uno solo degli offerenti, ma ciò
può avvenire solo quando una simile
possibilità sia stata espressamente prevista
nel bando (TAR Lombardia, Milano, Sez. I,
sentenza 11.01.2007 n. 8
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APPALTI: Lettera
di invito a gara di appalto: i canoni
interpretativi dei contenuti.
I canoni
di interpretazione di una lettera di invito,
così come delle clausole dei bandi di
concorso, non sono quelli delle fonti
indicate negli artt. 12 e segg. delle
disposizioni sulla legge in generale
(preliminari al codice civile), bensì quelli
desunti dagli artt. 1362 e segg. del codice
anzidetto, attesa la natura della volontà
espressa, assumibile nella nozione generale
del negozio giuridico, cui le norme
anzidette trovano applicazione.
Invero non trova applicazione, alla clausola
in questione, neppure la c.d.
interpretazione autentica (quale, nella
specie, derivante dalla precisazione postuma
dell’Azienda, secondo cui la clausola doveva
essere interpretata alla lettera e cioè nel
senso che la copertura assicurativa doveva
essere posseduta da ciascun offerente al
momento dell’offerta e che non fosse
equivalente l’impegno a costituirla in caso
di aggiudicazione).
Soccorrono, dunque, specificamente, gli
artt. 1362, 1366, 1367, 1368 , 1369, 1370,
1371 c.c., in ciascuno dei quali sono da
rinvenire, analiticamente, i canoni
interpretativi ai quali è stato fatto
ricorso, con la decisione di accoglimento,
che deve essere interamente condivisa.
Ecco, dunque, la necessità di attribuire
alla clausola il significato “più
conveniente alla natura e all'oggetto del
contratto” (art. 1369 c.c.)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 10.01.2007 n. 37
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APPALTI SERVIZI:
L'affidamento del servizio
illuminazione elettrica votiva aree
cimiteriali è una concessione di un pubblico
servizio.
Non possono partecipare alle gare per
l'affidamento del servizio di illuminazione
votiva le società di persone.
L'affidamento del servizio illuminazione
elettrica votiva aree cimiteriali è una
concessione di un pubblico servizio come
riconosciuto dal Consiglio Stato che, con
sentenza 07.04.2006, n. 1893, ha
espressamente affermato che tra i servizi
pubblici locali, "rientra pacificamente
quello diretto ad assicurare la
illuminazione votiva dei cimiteri".
Poiché, infatti, il servizio di cui si
tratta è a carico degli utenti, si applica
nella specie la differenza elaborata fra
appalto e concessione di pubblici servizi e
consistente nel fatto che mentre nel primo
si prevede un corrispettivo che è pagato
direttamente dall'amministrazione
aggiudicatrice al prestatore di servizi;
nella concessione la remunerazione del
prestatore di servizi proviene non già
dall'autorità pubblica interessata, bensì
dagli importi versati dai terzi per
l'utilizzo del servizio, con la conseguenza
che il prestatore assume il rischio della
gestione dei servizi in questione;
Peraltro, in tal caso, ai sensi dell'art.
113, c. 5, lett. a), del d.lgs. n. 267 del
2000. il "conferimento della titolarità
del [pubblico] servizio può avvenire
esclusivamente:
a) a società di capitali individuate
attraverso l'espletamento di gare con
procedure ad evidenza pubblica;
b) a società a capitale misto pubblico
privato nelle quali il socio privato venga
scelto attraverso l'espletamento di gare con
procedure ad evidenza pubblica che abbiano
dato garanzia di rispetto delle norme
interne e comunitarie in materia di
concorrenza secondo le linee di indirizzo
emanate dalle autorità competenti attraverso
provvedimenti o circolari specifiche;
c) a società a capitale interamente pubblico
a condizione che l'ente o gli enti pubblici
titolari del capitale sociale esercitino
sulla società un controllo analogo a quello
esercitato sui propri servizi e che la
società realizzi la parte più importante
della propria attività con l'ente o gli enti
pubblici che la controllano".
Nella caso di specie la ricorrente, essendo
una società di persone, non rientrava in
alcuna delle tre ipotesi previste dal
richiamato comma 5, lett. a), dell'art. 113
del d.lgs. n. 267 del 2000 e,
conseguentemente non avrebbe potuto essere
ammessa alla gara (TAR Lombardia-Milano,
Sez. I,
sentenza 09.01.2007 n. 4
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APPALTI:
Carenza di interesse alla decisione
del ricorso - Dichiarazione d’ufficio -
Presupposti.
La carenza di interesse alla decisione del
ricorso, proposto contro l’atto di
aggiudicazione di una gara di appalto, può
essere dichiarata d’ufficio quando il
ricorrente non potrebbe, comunque, risultare
aggiudicatario dell’appalto, anche nel caso
di annullamento degli atti di gara (cfr.
Cons. St., sez. V, 15.04.2004, n. 2138;
Cons. St., sez. VI, 30.05.2003, n. 2994;
Cons. St., sez. V, 25.01.2003, n. 355; Cons.
St., sez. IV, 11.12.1998, n. 1629; Cons.
St., sez. VI, 07.07.1995, n. 661).
Impresa priva di requisito -
Esclusione - Clausole del bando - Requisiti
finanziari e professionali - Par condicio
tra i concorrenti.
Deve essere esclusa dalla selezione
l’impresa priva del requisito, relativo al “possesso
dei requisiti finanziari e professionali
necessari per potere essere ammessa alla
fase concorrenziale di attribuzione dei
punteggi”, requisito richiesto dal bando
a pena di esclusione (Cons. St., sez. IV,
12.06.2003, n. 3310).
La P.A. è, vincolata a dare attuazione alle
clausole del bando, né nella specie poteva
venire, comunque, in considerazione la
possibilità di una successiva integrazione
della dichiarazione, stanti, appunto, la
dichiarazione resa dalla impresa e la
previsione del bando a pena di esclusione.
Assenza dei requisiti di
partecipazione - Soggetto legittimamente
escluso - Interesse all’impugnazione -
Annullamento degli atti di gara -
Esclusione.
In materia di appalti, il soggetto
legittimamente escluso o non ammesso ad una
pubblica gara per l’assenza dei requisiti di
partecipazione, non ha interesse
all’impugnazione, in quanto non ha interesse
a contestare l’aggiudicazione, non potendo
trarre alcun vantaggio o beneficio
dall’annullamento degli atti di gara e,
pertanto, dedurre vizi attinenti la
posizione dell’aggiudicatario (cfr. Cons.
St., sez. VI; 10.10.2002, n. 5442; Cons.
St., sez. V, 21.06.2002, n. 3391; Cons. St.,
sez. V, 17.04.2002, n. 2017; Cons. St., sez.
V, n. 3166/2005) (Consiglio di Stato, Sez.
V,
sentenza 08.01.2007 n. 16
- link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Rotatorie
- Nozione - Soluzione per inconvenienti di
visibilità e intersezioni stradale -
Assimilazioni in via analogica agli incroci
- Art. 24 c.d.s. D.L.vo n. 285/1992 e art.
60 reg. att..
Le rotatorie costituiscono una soluzione
tecnica per ovviare proprio agli
inconvenienti dalle intersezioni stradali e
da quelle condizioni che ostacolano la
visibilità da parte degli utenti della
strada.
Tale diversa natura, pertanto, impedisce
che, ai fini dell’applicazione delle regole
sulla costruzione e sicurezza delle strade,
le rotatorie vengano assimilate, in via di
applicazione analogica, agli incroci
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.01.2007 n. 13
- link a www.ambientediritto.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Partecipanti alla gara - Errore da
fatto imputabile alla stazione appaltante -
Condizione del bando o del disciplinare di
gara - Processo di eterointegrazione -
Attestazione SOA - Fattispecie - Lavori di
urbanizzazione primaria - Art. 30 L. n.
109/1994.
In materia di appalti è illegittima
l’esclusione quando l’errore in cui
incorrono alcuni partecipanti alla gara non
deriva da incuria dei medesimi ma da fatto
imputabile alla stazione appaltante che non
ha indicato quest’ultima condizione nel
bando o nel disciplinare di gara.
Nella specie, l’onere che grava sulla
stazione appaltante di indicare con
chiarezza i termini e le condizione per la
partecipazione alla gara non consente di
pervenire ad una interpretazione del bando
secondo la quale l’omissione sarebbe
colmata, mediante un processo di
eterointegrazione, con rinvio alla norma di
legge (art. 30 della legge n. 109 del 1994)
che circoscrive la facoltà di rilascio di
cauzioni, nell’ambito delle procedure di
affidamento di lavori pubblici, ai soli
intermediari finanziari autorizzati.
L’omissione, semmai, rende illegittimo il
bando di gara per violazione di una norma
imperativa di legge. Ed è appunto a tale
illegittimità che l’Amministrazione intimata
ha inteso rimediare con un atto che, sia pur
sotto la veste formale della richiesta di
integrazione documentale, in realtà ha la
sostanza di un atto di annullamento
d’ufficio, che ha investito solo
parzialmente gli atti di gara, cui, nel
rispetto dei principi di economia
procedimentale e di conservazione dei valori
giuridici, è seguito l’invito a produrre la
documentazione inizialmente non richiesta.
Fattispecie: aggiudicazione della gara per
la realizzazione dei lavori di
urbanizzazione primaria (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 08.01.2007 n. 12
- link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sulla facoltà della stazione
appaltante di richiedere una integrazione
documentale ai partecipanti alla gara non in
regola.
L'Amministrazione può invitare le imprese
con la documentazione non in regola (nel
caso di specie, una polizza fideiussoria), a
produrre una nuova e diversa cauzione, nel
caso in cui l'omissione dei partecipanti
alla gara ( presentazione di cauzione
rilasciata da un intermediario finanziario
iscritto nell'elenco speciale di cui
all'art. 107 del d.lgs. 01.09.1993, n. 385,
ma non autorizzato dal Ministero
dell'Economia e delle Finanze) non è dovuta
da incuria dei medesimi ma da fatto
imputabile alla stazione appaltante che non
aveva indicato quest'ultima condizione nel
bando o nel disciplinare di gara.
Peraltro, l'onere che grava sulla stazione
appaltante di indicare con chiarezza i
termini e le condizione per la
partecipazione alla gara non consente di
pervenire ad una interpretazione del bando
secondo la quale l'omissione sarebbe
colmata, mediante un processo di
eterointegrazione, con rinvio alla norma di
legge (art. 30 della legge n. 109 del 1994)
che circoscrive la facoltà di rilascio di
cauzioni, nell'ambito delle procedure di
affidamento di lavori pubblici, ai soli
intermediari finanziari autorizzati.
L'omissione, semmai, rende illegittimo il
bando di gara per violazione di una norma
imperativa di legge (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 08.01.2007 n. 12
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI: Controversia
richiesta di interessi moratori in ambito
appalto lavori pubblici. Possibilità di
transazione. Pagamento somme A.T.C. per
annualità pregresse relativo alla gestione
alloggi comunali.
Quesito proposto concernente la possibilità
di procedere mediante transazione alla
definizione di una controversia avente per
oggetto la richiesta di interessi moratori
nell’ambito di un appalto di lavori pubblici
(Regione Piemonte,
parere n. 9/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
APPALTI: Soglia
di anomalia offerte per aggiudicazione
appalti.
L’art. 124, comma 8, del D. Lgs. 12.04.2006,
n. 163 prevede che la stazione appaltante,
quando il criterio di aggiudicazione è
quello del prezzo più basso, può prevedere
nel bando di gara l’esclusione automatica
delle offerte che presentano una percentuale
di ribasso pari o superiore alla soglia di
anomalia, individuata ai sensi dell’art. 86
del sopra citato decreto.
Non c’è dubbio, pertanto, che qualora si
voglia ancora applicare, per gli appalti
sotto soglia, la procedura di esclusione
automatica, tale facoltà deve essere
esplicitamente prevista nel bando di gara
... (Regione Piemonte,
parere n. 1/2007 - link a
www.regione.piemonte.it). |
anno 2006 |
|
APPALTI: 1.
Decorrenza del termine per impugnare - Piena conoscenza
dell'atto lesivo - Notifica.
2. Appalto concorso - Discrezionalità della P.A. nella
valutazione delle proposte - Limiti del sindacato del
Giudice amministrativo.
1. Per la decorrenza del termine per l'impugnazione
di un atto o provvedimento amministrativo, non può essere
sufficiente la probabilità che l'interessato in un
determinato momento abbia avuto cognizione dell'atto contro
il quale ha prodotto ricorso (Consiglio di Stato, Sez. V,
14.04.1993, n. 490), altrimenti risulterebbero violati i
principi costituzionali stabiliti dagli art. 24 e 113,
secondo cui tutti possono agire in giudizio contro gli atti
della pubblica amministrazione a tutela dei propri diritti e
interessi legittimi (fattispecie in cui il provvedimento
impugnato non risultava notificato né comunicato
direttamente all'interessata).
2. L'appalto concorso si caratterizza per l'ampia
discrezionalità attribuita all'amministrazione nella
valutazione delle singole proposte avanzate dai concorrenti
e per una certa libertà progettuale che viene lasciata ai
partecipanti nei limiti delle indicazioni di massima
stabilite nel bando di gara (cfr. Consiglio di Stato, Sez.
V, 30.08.2005, n. 4413; idem, Sez. IV, n. 651 del
19.08.1994; idem, Sez. IV, n. 1212 del 10.07.1999; idem,
Sez. V, n. 1233 dell'11.10.1996).
Sotto tale profilo le valutazioni della Commissione
giudicatrice in ordine alla conformità del progetto
(definitivo) elaborato dai singoli partecipanti ad una gara
rispetto a quello predisposto dalla stazione appaltante sono
espressione di un apprezzamento di natura
tecnico-discrezionale e, come tali, sono sottratte al
sindacato del giudice amministrativo laddove non vengano in
rilievo indici sintomatici di eccesso di potere per
manifesta illogicità o contraddittorietà (TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza
27.12.2006 n. 3111
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Appalti
settori esclusi - Raggruppamenti di imprese - Forma
giuridica determinata - limiti.
In materia di appalti di lavori la normativa
comunitaria (ed, in particolare, l'art. 21 della direttiva
93/37/CEE, il quale stabilisce che ai raggruppamenti di
imprenditori partecipanti a gare d'appalto non può essere
richiesta per la presentazione dell'offerta "...la
trasformazione ... in una forma giuridica determinata...")
vieta alle Amministrazioni aggiudicatici di imporre alle
imprese che decidono di partecipare insieme ad una gara
d'appalto una forma giuridica specifica fino alla definitiva
aggiudicazione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 05.02.2002,
n. 4468; idem, 09.06.2003, n. 3657; idem, 24.03.2001, n.
1708).
Alle medesime conclusioni sopra rassegnate è possibile
giungere anche relativamente alle procedure di appalto nei
settori esclusi -come quello oggetto della controversia che
attiene alla erogazione e distribuzione di gas metano- di
cui al D.lgs. 158 del 1995, attuativo della direttiva
93/38/CEE, il cui art. 33, paragrafo 1, (ora sostituito
dall'art. 11 della direttiva 2004/17/CEE, che ne riproduce
il contenuto in modo pressoché identico), afferma che "non
può essere richiesta a tali associazioni la trasformazione
in una forma giuridica determinata per proporre un'offerta o
per negoziare, ma l'associazione prescelta può essere
obbligata a subire tale trasformazione quando le è stato
aggiudicato l'appalto, nella misura in cui detta
trasformazione è necessaria per la buona esecuzione
dell'appalto stesso", con una formula che ricalca,
quindi, quanto previsto dal citato art. 21 della direttiva
93/37CEE per gli appalti di lavori e dall'art. 26 della
direttiva 92/50/CEE per gli appalti di servizi (TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 27.12.2006 n. 3101
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La commissione di gara non deve
motivare le ragioni del punteggio numerico
attribuito.
Il criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, come disciplinato dalla
normativa comunitaria e nazionale, non
presuppone inderogabilmente una
puntualizzazione dei criteri di valutazione
delle offerte a tal punto dettagliati da
predeterminare in maniera rigida e
stringente il giudizio sulle singole voci,
quasi a trasformarsi, anche con riferimento
alla valutazione del merito tecnico, in un
criterio automatico di selezione.
Il fatto che i criteri di valutazione siano
stabiliti in maniera più o meno dettagliata
non può avere alcuna interferenza con la
modalità dell'espressione della motivazione,
dato che il valore dei punteggi numerici non
può variare a seconda della maggiore o
minore specificità dei criteri di selezione
adottati.
Ne consegue che la commissione di gara non
deve motivare le ragioni del punteggio
numerico attribuito (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 18.12.2006 n. 7578
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: 1.
Contratti della P.A. - Appalti - Bando -
Termine per la presentazione delle offerte -
Ratio.
2. Contratti della P.A. - Appalti - Bando -
Termine per la presentazione delle offerte -
Derogabilità - Avviso pubblico di
preinformazione - Necessità.
1. Il termine minimo di 52 giorni,
previsto ex art. 6 D.Lgs. 358/1992, art. 9
D.Lgs. 157/1995 e art. 70 D.Lgs. 163/2006
per la ricezione delle offerte, risponde
all'esigenza di consentire ai concorrenti di
approntare la documentazione che il bando
richiede ai fini della qualificazione alla
gara e di formulare un'offerta
sufficientemente ponderata e idonea a
conseguire l'aggiudicazione.
2. Tale termine può essere
suscettibile di deroga da parte delle
stazioni appaltanti solo previo apposito
procedimento di pubblicazione di un avviso
di preinformazione: in mancanza di ciò il
bando è illegittimo e deve essere annullato
(TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 13.12.2006 n. 2953
- massima tratta da www.solom.it). |
LAVORI PUBBLICI: Art.
10, comma 1-bis, L. 109/1994 - Società controllate -
Collegamento sostanziale - Differenze probatorie nella
turbativa della procedura concorsuale.
L'art. 10, comma 1-bis, legge n. 109 del 1994 si
limita a richiamare solo l'ipotesi delle «società
controllate» prevista e disciplinata dall'art. 2359 Cod.
civ. al fine di disporre la necessaria e automatica
esclusione delle offerte dalla gara.
La giurisprudenza ha individuato, tuttavia, ipotesi di "collegamento
sostanziale" tra imprese, diverse da quelle indicate dal
citato art. 10, comma 1-bis, legge n. 109 del 1994 e ciò
nondimeno idonee a giustificare l'esclusione dalle relative
gare (Cons. Stato, VI Sez., 07.02.2002 n. 685; Cons. Stato,
V Sez., 15.02.2002 n. 923; Cons. Stato, IV Sez., 27.12.2001
n. 6424, in Cons. Stato 2002, I, 267, 337 e 2001, I, 2735;
per la giurisprudenza della Sezione si richiamano le
sentenze 06.02.2003, n. 203, 17.07.2003, n. 3632,
27.01.2003, n. 177, 28.11.2002, n. 4698).
Con la precisazione che mentre nel caso della sussistenza
dell'ipotesi del "controllo" di cui all'art. 10,
comma 1-bis, opera un meccanismo di presunzione iuris et
de iure circa la sussistenza di una ipotesi perturbativa
del corretto svolgimento della procedura concorsuale (e
quindi dei principi di segretezza, serietà delle offerte e
par condicio tra i concorrenti), nel caso di sussistenza del
c.d. "collegamento sostanziale" dovrà essere provato
nello specifico e in concreto l'esistenza di elementi
oggettivi e concordanti tali da ingenerare pericolo per il
rispetto dei richiamati principi (TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza 13.12.2006 n. 2932
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
Verifica offerte - Mancanza di contestazioni
e ammissione dell'offerta - Completezza
documentale - Si presume.
2. Verifica offerte - Completezza
documentale - Verifica supplementare
successiva all'apertura delle buste -
Possibilità - Limiti.
1. Poiché il momento rilevante della
verifica delle offerte coincide con la
formale operazione di apertura delle buste
innanzi al seggio di gara, la mancanza di
contestazioni al riguardo e l'ammissione
dell'offerta ne fa presumere la completezza
documentale.
2. A fronte dell'attestazione,
contenuta nei verbali di gara, della
completezza della documentazione allegata
alle offerte, già verificata in seduta
pubblica, una successiva verifica dei
documenti è possibile, nel contraddittorio
dei concorrenti, solo in presenza di
determinate condizioni che garantiscano il
rigore formale della gara, prima fra tutte
l'adeguata conservazione degli atti
concernenti le offerte delle diverse imprese
secondo modalità di conservazione delle
offerte e dei documenti allegati (TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 13.12.2006 n. 2928
- massima tratta da www.solom.it e link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: L’esclusione
negli appalti pubblici per errore grave.
La
normativa avente ad oggetto l’errore grave
ha la finalità di voler assicurare
all’amministrazione appaltante garanzie
sulla piena affidabilità dell’impresa.
La sentenza in commento rileva che tale
profilo deve essere accertato in maniera
particolarmente rigorosa tramite un giudizio
complessivo che valuti l’affidabilità e la
capacità tecnica dell’impresa.
Tale giudizio deve essere validamente
motivato, poiché la partecipazione alle gare
rientra tra le fattispecie inerenti a
diritti garantiti la cui compressione può
avvenire solamente limitando la
discrezionalità dell’amministrazione,
conseguentemente per tale ragione è
richiesta una motivazione adeguata ed
appropriata ... (TAR
Lazio-Roma, Sez. I-ter,
sentenza 12.12.2006 n. 14212
- link a www.altalex.com). |
LAVORI PUBBLICI: Contratti
della P.A. - Associazione temporanea di
imprese - Ammissione alla gara - Incremento
ex art. 3, D.P.R. 34/2000 - Applicazione a
tutte le imprese associate - Possibilità -
Non sussiste.
In caso di partecipazione di una Ati alla
gara per l'affidamento di un appalto di
lavori pubblici, va esclusa la possibilità
di applicare a tutte le imprese associate
l'incremento del quinto della classifica
posseduta quando esse non sono qualificate
per una classifica pari ad almeno 1/5
dell'importo dei lavori a base di gara,
atteso che ex art. 3 D.P.R. 34/2000
l'aumento di 1/5 riguarda non il
raggruppamento, ma le imprese in sé
considerate, le quali beneficiano
dell'aumento a condizione che siano
qualificate per una classifica pari ad
almeno un quinto dell'importo dei lavori a
base di gara (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 12.12.2006 n. 2927
- massima tratta da www.solom.it e link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: 1.
Contratti della P.A. - Servizi pubblici -
Affidamento in house - E' fattispecie
residuale ed eccezionale.
2. Contratti della P.A. - Servizi pubblici -
Affidamento in house - Elementi necessari.
1. L'affidamento "in house" è
fattispecie residuale ed eccezionale
rispetto all'ipotesi normale rappresentata
dall'affidamento della concessione di
pubblico servizio mediante procedura ad
evidenza pubblica, in ossequio ai princìpi
di trasparenza, pubblicità e concorrenza
vigenti nella materia.
2. Tre sono gli elementi che devono
cumulativamente concorrere per consentire
l'eccezionale affidamento in house: il
capitale interamente pubblico della Società
affidataria; l'esercizio, da parte degli
Enti Locali soci, di un controllo sulla
Società analogo a quello esercitato sui
propri servizi; la realizzazione, da parte
della Società, della quota più importante
della propria attività con l'Ente o con gli
Enti Pubblici che la controllano (TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 12.12.2006 n. 2920
- massima tratta da www.solom.it e link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: 1.
Contratti della P.A. - Appalti - Divieto di
subappalto - Ambito di applicazione -
Categorie OG.
2. Contratti della P.A. - Appalti - Divieto
di subappalto - Facoltà della P.A. di
subappaltare - Limiti.
1. Il divieto di subappalto di cui
all'art. 13, comma 7, Legge 109/1994 si
applica alle categorie generali OG in forza
del loro essere categorie caratterizzate
dalla medesima specializzazione delle
categorie speciali OS e quindi una
sommatoria di opere speciali.
2. Le amministrazioni possono,
tuttavia, contemplare nei bandi di gara la
possibilità di subappaltare la categoria
generale scorporata, verificando
l'operatività del divieto in relazione alla
singola categoria di opera speciale in essa
compresa; dunque in presenza di più opere
speciali il divieto di affidamento in
subappalto si applica alle sole opere
altamente specializzate, indicate nel bando
come scorporabili, le quali abbiano
singolarmente valore superiore al 15%
dell'importo totale dei lavori, senza
bisogno che, qualora vi siano altre
categoria altamente specializzate, anche le
altre -singolarmente considerate - siano
tutte di importo superiore al 15% del valore
complessivo dell'intervento (TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 12.12.2006 n. 2912
- massima tratta da www.solom.it e link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: 1.
Autorizzazione e concessione - Concessione
di servizi pubblici e contratto di appalto
di servizi - Criteri distintivi.
2. Autorizzazione e concessione -
Concessione di servizi pubblici - Soggetti
legittimati al conferimento - Società di
persone - Esclusione.
1. Il tratto distintivo delle
concessioni di servizi pubblici rispetto
agli appalti di servizi consiste nel fatto
che, mentre nell'appalto si prevede un
corrispettivo pagato direttamente
dall'amministrazione aggiudicatrice al
prestatore di servizi, nella concessione la
remunerazione del prestatore di servizi
proviene non già dall'autorità pubblica
interessata, ma dagli importi versati dai
terzi per l'utilizzo del servizio;
2. Ai sensi dell'art. 113 D.Lgs.
267/2000, la gestione delle reti e
l'erogazione dei servizi pubblici di
rilevanza economica può essere affidato
esclusivamente a società di capitali aventi
determinate caratteristiche, con esclusione
delle società di persone (TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 12.12.2006 n. 2908
- massima tratta da www.solom.it e link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: Art.
10, comma 1-ter, L. 109/1994 - Appalti - Assegnazione del
contratto per il completamento delle opere al secondo
classificato - limiti.
L'art. 10, comma 1-ter, della legge n. 109/1994, che
stabilisce la possibilità per le stazioni appaltanti di "prevedere
nel bando la facoltà, in caso di fallimento o di risoluzione
del contratto per grave inadempimento dell'originario
appaltatore, di interpellare il secondo classificato al fine
di stipulare un nuovo contratto per il completamento dei
lavori alle medesime condizioni economiche già proposte in
sede di offerta" (omissis), è una norma di stretta
interpretazione, poiché si pone in termini derogatori
rispetto ad un ordinamento (sia interno che comunitario)
ispirato a garantire la massima apertura degli appalti
pubblici alla concorrenza effettiva fra le imprese (cfr.
TAR, Campania-Salerno, n. 1503/2001) e che, quindi, non può
essere estesa ad ipotesi diverse da quella in essa
direttamente contemplate (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza
12.12.2006 n. 2900
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Gare
d’appalto: le buste si aprono dopo la
fissazione dei criteri.
E’ noto,
in materia di gare pubbliche, l’orientamento
costante della giurisprudenza che riconnette
valenza di vizio procedimentale insanabile
(anche a prescindere dall’esame delle
ricadute concrete sull’attribuzione del
punteggio alle ditte offerenti, salva la
prova della resistenza) alla interversione
delle operazioni di apertura delle buste
contenenti la offerta tecnica rispetto alla
fissazione dei criteri o sub-criteri
valutativi da parte dell’Organo tecnico
chiamato ad elaborarli.
In tale evenienza, infatti, è fin troppo
evidente che nella formulazione dei criteri
valutativi i membri del Seggio di gara
possono essere influenzati dalla conoscenza
previa delle effettiva consistenza delle
offerte delle ditte, sì da orientare la
selezione e la stessa graduazione dei
sub-criteri tra i partecipanti in funzione
della differente modulazione di ciascuna
offerta, in modo da condizionare l’esito
della gara
(TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 11.12.2006 n. 5845
- link a www.altalex.com). |
APPALTI:
Ha valenza di vizio procedimentale
insanabile l'apertura delle buste contenenti
la offerta tecnica prima della fissazione
dei criteri di valutazione.
Ha valenza di vizio procedimentale
insanabile (anche a prescindere dall'esame
delle ricadute concrete sull'attribuzione
del punteggio alle ditte offerenti, salva la
prova della resistenza) la interversione
delle operazioni di apertura delle buste
contenenti la offerta tecnica rispetto alla
fissazione dei criteri o subcriteri
valutativi da parte dell'Organo tecnico
chiamato ad elaborarli.
In tale evenienza, infatti, è fin troppo
evidente che nella formulazione dei criteri
valutativi i membri del Seggio di gara
possono essere influenzati dalla conoscenza
previa delle effettiva consistenza delle
offerte delle ditte, sì da orientare la
selezione e la stessa graduazione dei
subcriteri tra i partecipanti in funzione
della differente modulazione di ciascuna
offerta, in modo da condizionare l'esito
della gara (TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 11.12.2006 n. 5845
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sull'avvalimento negli appalti
pubblici: allegazioni necessarie in sede di
gara.
Negli appalti pubblici, al fine di
dimostrare il requisito richiesto in sede di
gara, è possibile l'avvalimento soltanto
qualora l'impresa alleghi le dichiarazioni
previste dalle disposizioni di cui alla
direttiva CE-18/2004 e alla Direttiva
CE-17/2004.
In ogni caso, in un appalto di fornitura
l'avvalimento avrebbe ragione di essere nei
confronti di una ditta ausiliaria che abbia
svolto in passato attività di fornitura (e
non di intermediazione fra produttore e
utilizzatore finale) non nei confronti di
una ditta ausiliaria produttrice (TAR
Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 11.12.2006 n. 5841
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Mancata
notifica individuale del provvedimento di
ampliamento del cimitero e contestuale
riduzione fascia di rispetto a chi risiede
in immobile vicino al cimitero - Termine di
impugnativa del provvedimento - Non decorre.
Verifica esistenza del nuovo muro di cinta
del cimitero - Termine di impugnativa del
provvedimento di ampliamento del cimitero -
Non decorre.
Obbligo di rispetto della fascia di
rispetto cimiteriale - Mancata
identificazione di "centro abitato" -
Esistenza di numerosi edifici che
costituiscono un "abitato" - Sussiste.
Chi risiede in un immobile a breve distanza
dal cimitero è direttamente interessato dal
progetto di ampliamento e dalla conseguente
riduzione della fascia di rispetto, e
pertanto ha titolo alla notificazione
individuale del provvedimento di ampliamento
e di sistemazione del cimitero, che riducono
la profondità della fascia di rispetto al di
sotto del minimo legale, in mancanza di tale
notificazione individuale, salva
l'acquisizione aliunde della piena
conoscenza del provvedimento, il termine per
impugnare non decorre.
Tale termine non decorre nemmeno dalla
verifica dell'esistenza del nuovo muro di
cinta del cimitero, trattandosi di fatto di
per sé inidoneo a determinare la conoscenza
dei provvedimenti atti a legittimare
l'ampliamento del cimitero.
In assenza di una identificazione di "centro
abitato", per il quale vige normalmente
l'obbligo di rispetto della fascia di
rispetto cimiteriale, deve considerarsi
tale, anche l'esistenza di numerosi edifici
che di per sé costituiscono un "abitato"
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 04.12.2006 n. 2856
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
1. Mancanza della procedura ad evidenza pubblica -
Interesse ad agire.
2. Iscrizione all'albo dei soggetti abilitati
all'accertamento e alla riscossione dei tributi - Gestione
aree di parcheggio - Artt. 52 e 53 D.Lgs. 446/1997 -
interpretazione.
1. È evidente come l'affidamento di un appalto,
avvenuto senza il preventivo esperimento di una procedura ad
evidenza pubblica leda le aspettative delle imprese operanti
nel settore, le quali hanno interesse ad ottenere
l'annullamento dell'assegnazione e a far seguire l'indizione
di una procedura pubblica. In questo senso, l'impresa
ricorrente appare titolare di un interesse processualmente
rilevante a conseguire l'annullamento dell'attribuzione,
posto che da questo trarrebbe quantomeno il significativo
vantaggio, sufficiente a sostenere la procedibilità del
ricorso, di ottenere la possibilità di partecipare ad una
gara per l'aggiudicazione dell'appalto.
2. L'iscrizione all'albo di cui agli art. 52 e 53 del
D.lgs. 446/1997, disciplinata in dettaglio dal D.M.
11.09.2000 n. 289, può trovare giustificazione
nell'interesse pubblico ad affidare la gestione delle
entrate a soggetti particolarmente controllati e affidabili,
qualora il gestore sia investito di potestà tipicamente
pubblicistiche, quali la determinazione dell'ammontare del
credito, la verifica dei presupposti per la riscossione e
l'utilizzo della procedura di riscossione coattiva (cfr. TAR
Lombardia Brescia, 17.10.2005, n. 986).
Quando tuttavia il contenuto dell'appalto ha natura
essenzialmente commerciale, come nel caso della semplice
fornitura di parcometri e nella gestione di aree di
parcheggio, che avviene in forma non coattiva, la riserva a
favore dei soggetti iscritti all'albo costituirebbe soltanto
un oggettivo ostacolo alla concorrenza.
Da ciò consegue che l'interpretazione dell'art. 52 del
D.lgs. 446/1997 non può essere estesa fino a conseguire un
risultato incompatibile con la disciplina comunitaria, che
vieta qualsiasi discriminazione tra gli operatori economici
(TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza
30.11.2006 n. 2854
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Contratti
della P.A. - Appalto in generale - Gara -
Ammissione - Soggetto pubblico - Esclusione
- Legittimità.
Al fine di evitare alterazioni o distorsioni
della concorrenza e del mercato e di
assicurare la parità degli operatori, è
fatto divieto alle società a capitale
interamente pubblico o misto costituite
dalle amministrazioni pubbliche regionali e
locali per la produzione di beni e servizi
strumentali all'attività di tali enti di
svolgere prestazioni a favore di altri
soggetti pubblici, né in affidamento diretto
né con gara, né le stesse possono
partecipare ad altre società o enti (il
TAR ha dichiarato l'illegittimità
dell'aggiudicazione ad un'Azienda
Ospedaliera toscana di una gara di appalto
bandita dalla Regione Lombardia) (TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 24.11.2006 n. 2840
- massima tratta da www.solom.it e link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
Contratti della P.A. - Licitazione privata -
Offerte anomale - Giustificazioni - Mera
allegazione parere del legale della P.A. e
delle osservazioni della controinteressata -
Illegittimità.
2. Ricorso giurisdizionale - Risarcimento
danni - Annullamento atto amministrativo -
Permanenza del potere rinnovatorio della
P.A. - Esclude il risarcimento.
1. La valutazione sull'anomalia
dell'offerta presentata da un concorrente
non può essere ricavata per relationem dalla
mera allegazione al provvedimento di
aggiudicazione delle giustificazioni fornite
dal concorrente stesso e del parere reso dal
legale della stazione appaltante.
2. Non vi sono i presupposti per
disporre il risarcimento del danno derivante
dall'emanazione di un provvedimento
illegittimo laddove il suo annullamento
lasci spazi all'attività rinnovatoria della
Amministrazione e questa sia caratterizzata
da margini di discrezionalità (TAR
Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 13.11.2006 n. 2180
- massima tratta da www.solom.it e link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Contratti
della P.A. - Bando di gara - Licitazione
privata -Sostituzione tardiva dell'offerta
economica - Illegittimità.
Le disposizioni del regolamento per
l'amministrazione del patrimonio e la
contabilità generale dello Stato contenute
nel R.D. 827/1994, richiamate nella lettera
di invito di una licitazione privata, che
consentono la sostituzione dell'offerta
delle imprese partecipanti alla gara oltre
la scadenza dei termini per la presentazione
dei plichi contenenti le offerte, o persino
dopo l'apertura degli stessi, devono
ritenersi superate dalla normativa
successiva e incompatibili con i princìpi
inderogabili della par condicio tra i
concorrenti e del regolare, trasparente e
imparziale svolgimento della gara, vigenti
in tema di procedure ad evidenza pubblica.
Pertanto la sostituzione dell'offerta
economica oltre i termini per la
presentazione dei plichi contenenti le
offerte ed addirittura dopo l'apertura degli
stessi, è illegittima (TAR Lombardia-Milano,
Sez. I,
sentenza 13.11.2006 n. 2179
- massima tratta da www.solom.it e link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
Interesse all'impugnazione - Bando -
Clausole impeditive della partecipazione in
via di fatto - Impugnazione immediata -
Sussiste.
2. Contratti della P.A. - Appalto di servizi
- Settori esclusi - Valutazione delle
offerte - Art. 14 d.lgs. n. 164/2000 -
Interpretazione.
1. L'interesse, rectius
l'onere della immediata impugnazione del
bando e della lettera di invito prima
dell'aggiudicazione sussiste non solo ove
questi contengano clausole escludenti, le
quali, richiedendo determinati requisiti per
l'ammissione alla procedura che l'impresa
interessata non possiede, precluderebbero
immediatamente la partecipazione (Cons. St.,
Ad. Plen. 29.01.2003 n. 1), ma anche ove le
modalità stabilite nel bando o nella lettera
d'invito per la presentazione dell'offerta
siano illogici e non consentano di formulare
una proposta logica e razionale.
Ciò in quanto tali previsioni ledono
immediatamente la posizione dell'impresa,
rendendo difficoltoso o addirittura
impedendo la partecipazione alla gara con la
formulazione di una corretta proposta
contrattuale. Si tratta di un impedimento
realizzantesi sul piano di fatto e non di
diritto, ma che non per questo è meno
incisivo e idoneo ad esplicitare effetti
anticoncorrenziali, perché l'impresa che non
è in grado di formulare un'offerta
ragionevole sarà indotta a non partecipare
alla gara (cfr. TAR Milano, Sez. III,
14.10.2005 n. 3793).
2. L'art. 14 del d.lgs. 23.05.2000 n.
164 non reca indicazioni circa il peso da
attribuire ai singoli elementi da prendere
in considerazione ai fini della valutazione
delle offerte.
La norma di bando che attribuisce maggior
peso ponderale al canone, favorendo di
conseguenza i concorrenti che formuleranno
la migliore offerta economica, a discapito
della qualità del servizio e delle finalità
sottese alla riforma del settore, appare
frutto di ragionevole, e come tale
insindacabile, esercizio di discrezionalità
(TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 13.11.2006 n. 2168
- massima tratta da www.solom.it e link a
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APPALTI SERVIZI: 1.
Definizione degli elementi indicativi di capacità tecnica e
organizzativa per partecipare alla gara - Indeterminatezza
degli elementi del rapporto contrattuale - Non sussiste.
2. Proposizione ricorso per motivi aggiunti - Mancata
partecipazione alla gara - Inammissibilità del ricorso.
1. La stazione appaltante è titolare del potere di
modulare discrezionalmente il contenuto della lex
specialis, in funzione degli obiettivi di sviluppo,
affidabilità e miglioramento della qualità dei servizi di
trasporto pubblico locale da rendere nel territorio, al fine
di delineare -attraverso l'individuazione degli elementi
indicativi di capacità tecnica e organizzativa- il profilo
delle imprese potenzialmente idonee per affidabilità
economica, finanziaria e tecnica a realizzare il programma
d'esercizio conformemente all'interesse pubblico.
Ne deriva che, ove il capitolato speciale ponga carico delle
imprese l'obbligo di assicurare l'espletamento del servizio
mediante un proprio parco autobus adeguato alla
realizzazione del programma e rispondente agli standard
minimi e agli obiettivi di qualità, lo stesso adempie
all'obbligo di precisare gli elementi necessari alla
corretta formulazione dell'offerta e tali da garantire
l'assolvimento dei compiti derivanti dall'aggiudicazione.
2. Ai fini dell'ammissibilità della impugnazione
degli atti di aggiudicazione, è necessaria la partecipazione
alla gara o alla procedura concorsuale in quanto è proprio
la presentazione dell'offerta, nell'evidenziare l'interesse
concreto all'impugnazione, che fa del soggetto che ha
provveduto a tale adempimento un destinatario identificato,
direttamente inciso dagli esiti della procedura concorsuale.
Solo con la presentazione dell'offerta, l'impresa assume una
situazione giuridica differenziata rispetto a quella delle
altre ditte presenti sul mercato di riferimento, ergendosi
solo in tale caso essa a titolare di un interesse legittimo
giudizialmente tutelato, che la abilita a sindacare la
legittimità degli esiti della gara alla quale ha dimostrato
in concreto di voler prendere parte. (cfr. C.d.S. V Sez.,
23.08.2004 n. 5572; id., 04.05.2004 n. 2705; id., TAR Milano
sez. III, 17.05.2004 n. 1713) (TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza 08.11.2006 n. 2108
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APPALTI: 1.
Esclusione per aver formulato un'offerta più alta rispetto
al prezzo a base d'asta - Impugnazione - Carenza di
interesse - Non sussiste - Direttiva 89/665 -
Interpretazione della Corte di Giustizia CEE.
2. Prezzo a base d'asta - Garanzia di rispetto del costo del
lavoro - Necessità;
3. Annullamento procedura concorsuale - Risarcimento in
forma specifica - Rinnovazione procedure di gara.
1. Non può essere considerato inammissibile per
difetto di interesse il ricorso proposto da un concorrente
contro la determinazione di esclusione da una gara per aver
presentato un'offerta più alta rispetto al prezzo posto a
base d'asta. A tal proposito, la Corte di giustizia CEE ha
infatti statuito che, ai sensi dell'art. 1, n. 3, della
direttiva 89/665, gli Stati membri sono tenuti a garantire
che le procedure di ricorso da essa previste siano
accessibili "per lo meno" a chiunque abbia o abbia
avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di un
determinato appalto pubblico e che sia stato o rischi di
essere leso a causa di una violazione denunciata del diritto
comunitario in materia di appalti pubblici o delle
disposizioni nazionali che attuano tale diritto (cfr.
sentenza 12.02.2004 resa nel procedimento C 230/02).
Ha altresì osservato, sempre con riguardo all'art. 1, n. 3,
della direttiva 89/665, che la partecipazione ad un
procedimento di aggiudicazione di un appalto può, in linea
di principio, validamente costituire una condizione
sufficiente a dimostrare che il ricorrente ha interesse
all'aggiudicazione dell'appalto di cui trattasi.
2. Alla stregua della disciplina di cui all'art. 1
della legge 07.11.2000 n. 327, la stazione appaltante nel
procedere alla determinazione delle condizioni economiche da
porre a base d'asta è tenuta a garantire un livello idoneo a
consentire il rispetto del costo del lavoro risultante dalla
contrattazione collettiva. Inoltre, per procedere
all'individuazione del prezzo base per valutare
l'attendibilità delle offerte, deve farsi riferimento ad un
unico contratto di categoria e, in particolare, a quello
direttamente applicabile al settore di pertinenza
dell'appalto, ovvero, ma solo in mancanza di questo, a
quello del settore più affine.
3. La pronuncia di annullamento della procedura
concorsuale, da cui deriva l'obbligo dell'amministrazione di
procedere all'indizione di una nuova procedura per
l'affidamento del servizio appaltato, assicura la
reintegrazione in forma specifica nella situazione
soggettiva lesa dai provvedimenti impugnati, per cui non
deve riconoscersi alcuna altra forma di risarcimento per
equivalente (cfr C.d.S. VI 04.09.2002 n. 4435) (TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza
06.11.2006 n. 2102
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APPALTI: 1.
Bando di gara - Clausole immediatamente lesive - Onere di
tempestiva impugnazione;
2. Esclusione da gara prima della sua ultimazione -
Impugnazione esclusione - Obbligo notifica ai partecipanti -
Non sussiste;
3. Mancata enunciazione chiara nella lex specialis delle
clausole di esclusione - Illegittimità dell'esclusione.
1. Costituisce principio di diritto consolidato che
le clausole del bando, per le quali sussiste un onere di
immediata impugnazione, sono quelle che contemplano
requisiti soggettivi di partecipazione alla procedura
selettiva e che, come tali, impediscano in via immediata la
concreta partecipazione dell'impresa alla gara (cfr. C.d.S.,
Ad. Plen., 29.01.2003, n. 1).
In questa categoria di clausole non può farsi rientrare la
prescrizione contenuta in un bando di gara che, posta a base
della esclusione da parte dell'amministrazione appaltante,
prevedeva "che i concorrenti, con la richiesta di invito,
produrranno una dichiarazione di Banca o di Assicurazione
operante in Italia disponibile a rilasciare una garanzia
provvisoria (al concorrente) per la partecipazione alla gara
pari al 5% del valore complessivo dell'appalto, nonché, una
garanzia definitiva (all'aggiudicatario) pari a euro (.?)",
senza tuttavia statuire che tale documentazione dovesse
essere prodotta a pena di non ammissione alla gara.
2. Un consolidato orientamento giurisprudenziale
esclude che, nella fase antecedente lo sviluppo della gara e
l'individuazione dei soggetti (o del soggetto)
aggiudicatari, i soggetti terzi (concorrenti) abbiano un
qualificato interesse alla sua positiva evoluzione e,
pertanto, siano qualificabili come controinteressati (cfr.
TAR Puglia Lecce, sez. II, 18.10.2003, n. 6953; TAR Abruzzo
L'Aquila, 08.07.1999, n. 437). Invero, il provvedimento di
esclusione inerisce esclusivamente al rapporto tra
l'amministrazione ed il soggetto escluso, con la conseguenza
che gli altri partecipanti non assumono la veste di
contraddittori necessari.
3. La sanzione della esclusione da una procedura di
evidenza pubblica per la mancata produzione di documenti di
gara deve essere espressamente enunciata nelle disposizioni
della lex specialis o in una norma di legge o di
regolamento avente portata imperativa, in conformità al
principio di trasparenza ed al fine di evitare possibili
violazioni del principio della par condicio tra le imprese
partecipanti. Per giurisprudenza pacifica (ex multis:
TAR Piemonte Torino, sez. II, 08.11.2005, n. 3442; TAR
Molise Campobasso, 16.06.2005, n. 745) il rigore della
sanzione dell'esclusione esige che la stessa sia esplicitata
dall'amministrazione con formule univoche.
Altrettanto pacifica è la giurisprudenza nell'affermare che,
qualora il contenuto di una clausola del bando sia equivoco,
esso debba essere interpretato nel senso di privilegiare la
più ampia partecipazione alla gara (cfr. Consiglio Stato,
sez. V, 13.01.2005, n. 82; TAR Sicilia-Palermo, sez. III,
27.12.2005, n. 8432) (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza
23.10.2006 n. 2067
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LAVORI PUBBLICI: Contratto
di appalto e profili di responsabilità in
capo al committente dei lavori.
In
presenza di fatto illecito posto in essere
nell’esecuzione di lavori dedotti in un
contratto di appalto, il soggetto
committente non è esente da responsabilità
concorrente con quella dell’impresa
appaltante ove risulti che l’appaltatore
abbia dovuto eseguire un progetto
predisposto dal committente sotto la sua
diretta sorveglianza, e che il committente
si sia ingerito nella realizzazione
dell’opera, riducendo l’autonomia
dell’appaltatore
(Tribunale Vibo Valentia,
sentenza 23.10.2006 n. 669
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APPALTI: Operatività
del principio favor partecipationis. Mancanza dei
presupposti. Illegittimità.
Il principio del favor partecipationis alle gare pubbliche,
inizialmente teorizzato dalla dottrina e successivamente
tipizzato dall'art. 6 della legge n. 241 del 1990 è
subordinato alla ricorrenza di precisi presupposti di fatto
in quanto il dovere di soccorso incombente sulla commissione
di gara non è un dovere assoluto ed incondizionato. Secondo
la giurisprudenza la possibilità di regolarizzare le
dichiarazioni e la documentazione mancante incontra i
seguenti limiti applicativi:
1) l'inderogabile necessità del rispetto della par condicio;
2) il c.d. limite degli elementi essenziali, nel senso che
la regolarizzazione non può essere riferita agli elementi
essenziali della domanda a meno che gli atti tempestivamente
prodotti e già in possesso dell'amministrazione
costituiscano ragionevole indizio del possesso del requisito
di partecipazione non espressamente documentato;
3) la regolarizzazione della documentazione dei requisiti di
partecipazione è ammessa solo nei casi di equivocità della
clausola del bando relativa alla dichiarazione o alla
documentazione da integrare o chiarire (cfr. C.d.S., sez. V,
06.03.2006, n. 1068) (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 17.10.2006 n. 2011
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APPALTI: 1.
Appalti di servizi in ATI - Scostamento dai minimi tabellari
relativi al costo della manodopera - Mancata esclusione -
Legittimità.
2. Giudizio di non anomalia dell'offerta - Motivazione per
relationem - Sufficiente.
3. Continuità delle procedure concorsuali - Deroghe -
Ammissibilità.
4. Cooperative sociali - Deroghe in peius trattamento
economico soci lavoratori - Inammissibilità.
5. Principio di territorialità previdenziale - Derogabilità
a favore delle cooperative sociali - Inammissibile per
violazione principio di libera concorrenza.
6. Procedura selettiva - Mancata predeterminazione criteri
di valutazione - Obbligo p.a. di palesare iter logico
seguito per l'attribuzione del punteggio.
7. ATI - Requisiti tecnici - Valutazione del raggruppamento
nel suo complesso.
8. Modalità conservazione buste contenenti offerte
economiche - Custodia del pubblico ufficiale.
1. L'eventuale scostamento dai minimi tabellari
concernenti i costi della manodopera indicati nelle tabelle
FISE (Federazione imprese di servizi) non costituisce ex
se motivo di automatica esclusione dell'offerta ove, ai
sensi dell'art. 1 della l. 327/2000, le condizioni
economiche poste a base di gara risultino adeguate rispetto
al costo del lavoro come determinato periodicamente dal
Ministro del lavoro sulla base dei valori economici previsti
dalla contrattazione collettiva, delle norme in materia
previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori
merceologici e delle differenti aree territoriali; tuttavia,
la stessa norma dispone, al quarto comma, che solo uno
scostamento evidente dai parametri stabiliti nelle tabelle
FISE possa determinare l'inaccettabilità dell'offerta che
esponga valori ad essi inferiori.
Ne deriva che i dati risultanti dalle tabelle FISE non
costituiscono misure inderogabili, ma si configurano quali
indici del giudizio di adeguatezza dell'offerta, cui la
stazione appaltante è tenuta a procedere in contraddittorio
con l'impresa interessata.
Non può disporsi l'esclusione di un'offerta sul presupposto
dell'inderogabilità dei minimi tabellari di cui trattasi,
dovendosi consentire all'impresa di rendere giustificazioni
in ordine ai costi della manodopera inferiori ai minimi
retributivi tabellari, rimettendo al giudizio della
commissione la stima della congruità di tali giustificazioni
(cfr. C.d.S. V 11.10.2002 n. 5497).
2. Il giudizio favorevole di non anomalia non
richiede una motivazione puntuale ed analitica, essendo
sufficiente una motivazione espressa per relationem
con rinvio alle giustificazioni fornite dall'offerente (ex
multis: C.d.S. IV, 15.11.2004 n. 7364; VI, 08.03.2004,
n. 1080; id., 06.08.2002, n. 4094; id., 03.04.2002, n.
1853).
3. Il principio di continuità delle procedure
concorsuali di cui all'art. 71 RD n. 827/1924, esige che le
gare di appalto siano espletate in unica seduta o in più
sedute immediatamente consecutive al fine di assicurare
l'assoluta indipendenza di giudizio della commissione di
gara sottraendola a possibili influenze esterne ed impedire
che i criteri di valutazione delle offerte vengano formulati
dopo la conoscenza delle stesse.
Tuttavia, il principio non viene violato, se le operazioni
di gara si svolgono con ragionevole celerità, anche se non
in un unico giorno o in pochi giorni consecutivi, purché la
fissazione dei criteri di valutazione delle offerte preceda
la conoscenza delle offerte medesime e venga rispettato il
principio di segretezza delle operazioni di gara fino alla
enunciazione dell'esito della stessa (cfr. C.d.S. VI,
16.11.2000 n. 6128; id., 02.02.2004 n. 324).
4. Ai sensi dell'art. 6 della l. 03.04.2001 n. 142,
il regolamento interno della cooperativa può contenere
disposizioni derogatorie in peius rispetto alle
previsioni dei contratti collettivi applicabili ai soci
lavoratori con rapporto di lavoro subordinato, salva
comunque l'osservanza del trattamento economico complessivo
minimo non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni
analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del
settore o della categoria affine previsto dall'art. 3, primo
comma, della stessa legge, con espressa sanzione di nullità
delle clausole derogatorie contrarie.
Come precisato nella circolare del Ministero del Lavoro
18.03.2004 n. 10, al socio lavoratore inquadrato con
rapporto di lavoro subordinato deve essere garantito un
compenso non inferiore ai minimi contrattuali non solo per
quanto riguarda la retribuzione di livello (tabellare o di
qualifica, contingenza, EDR), ma anche con riferimento alle
altre norme del contratto che prevedano voci retributive
fisse.
Ne deriva che l'indennità integrativa di malattia, prevista
dall'art. 51 CCNL Multiservizi, non essendo una voce che
concorre a definire il trattamento economico minimo di cui
all'articolo 3, può formar oggetto di deroghe in peius,
ragion per cui non può considerarsi nulla la previsione
relativa al "trattamento economico malattia maternità
infortunio", contenuta nel regolamento interno di una
società cooperativa, nella parte in cui riconosce agli
aventi diritto esclusivamente l'anticipazione delle
indennità a carico degli enti previdenziali e assicurativi,
senza prevedere alcuna integrazione a carico della
cooperativa stessa.
5. Il principio di territorialità, cui è improntato
il sistema previdenziale, impone di applicare il regime
normativo del luogo dove la prestazione è svolta (cfr. Cass.
Sez. Lav., 28.06.2004 n. 11979).
6. In tema di attribuzione di punteggi numerici, la
più recente giurisprudenza ha ritenuto che, in base al
principio di trasparenza cui l'intera attività
amministrativa deve conformarsi, nel caso in cui in una
procedura selettiva non siano stati predeterminati
rigidamente i criteri di valutazione delle offerte, deve
essere imposto alle commissioni giudicatrici, a pena di
illegittimità, di rendere percepibile l'iter logico seguito
nell'attribuzione del punteggio, se non attraverso diffuse
esternazioni relative al contenuto delle valutazioni, quanto
meno mediante taluni elementi che concorrano ad integrare e
chiarire la valenza del punteggio, esternando le ragioni
dell'apprezzamento sinteticamente espresso con l'indicazione
numerica (cfr., per il principio, C.d.S. VI 30.04.2003 n.
2331; id., 22.03.2004 n. 1458).
7. Il requisito di capacità tecnica deve essere
valutato con riferimento all'intero raggruppamento e non
alle sue singole componenti. Infatti, l'art. 15, co. 9, del
D.P.R. n. 34/2000, in caso di fusione o di altra operazione
che comporti il trasferimento di azienda o di un suo ramo,
consente al nuovo soggetto di avvalersi, ai fini della
qualificazione, dei requisiti posseduti dall'impresa
cedente.
In tale quadro, deve trovare quindi applicazione il
principio secondo cui, qualora la cessione del ramo
d'azienda intervenga prima della presentazione dell'offerta,
i requisiti necessari per la partecipazione alla gara devono
essere verificati con riferimento esclusivo all'impresa
cessionaria (TAR Lombardia, Milano, sez. III, 16.03.2005 n.
611).
8. L'affidamento della custodia ad un pubblico
ufficiale, stanti i penetranti obblighi di sorveglianza che
il munus impone, è misura idonea, in linea generale,
a proteggere il compendio consegnato dal pericolo di
indebita interferenza esterna (cfr. C.d.S. V, 02.09.2005 n.
4463) (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 10.10.2006 n. 1983
- massima tratta da www.solom.it - link a
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APPALTI:
Lesività della determina e termine per
impugnare l'aggiudicazione.
Alla
seduta in cui è stata effettuata la
aggiudicazione provvisoria era presente il
rappresentante del Consorzio ricorrente e
tale aggiudicazione era stata effettuata
fatte salve le risultanze della verifica di
anomalia riguardante le prime due
classificate e non era quindi ancora
efficace.
Tale verifica era stata poi completata nella
stessa giornata, con esito positivo per
entrambe le concorrenti classificatesi per
prime: non risulta però che quest’ultima
fase della seduta fossero presenti i
rappresentanti delle concorrenti o che le
ditte stesse abbiano avuto in seguito
conoscenza della operatività della
aggiudicazione provvisoria.
Oltre tutto avverso la aggiudicazione
provvisoria, era stato proposto reclamo da
altra concorrente, sicché in conclusione,
nella specie, l’atto concretamente lesivo
risulta essere la determina, con la quale il
Dirigente del Comune aveva preso atto del
verbale della seduta ed aveva disposto
l’aggiudicazione definitiva dell’appalto
alla costituenda ATI
(C.G.A., Sez. giurisdizionale,
sentenza 21.09.2006 n. 519
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ATTI AMMINISTRATIVI - APPALTI: Gara
d'appalto e diritto di accesso ai curricula
professionali dei concorrenti.
Già in
precedenza, questo Consiglio di Stato ha
evidenziato che la partecipazione ad una
gara comporta, tra l'altro, che l'offerta
tecnico progettuale presentata fuoriesca
dalla sfera di dominio riservato
dell'impresa per porsi sul piano della
valutazione comparativa rispetto alle
offerte presentate da altri concorrenti, con
la conseguenza che la società non
aggiudicataria ha interesse ad accedere alla
documentazione afferente le offerte
presentate in vista della tutela dei propri
interessi giuridici.
In altri termini, in presenza di una offerta
vincente, non può negarsi ad altra impresa
partecipante l'accesso agli atti necessari
alle finalità di controllo dei requisiti
tecnici e di tutte le altre caratteristiche
del prodotto, oggetto della fornitura,
minuziosamente contemplati nel relativo
bando di gara.
Il bilanciamento tra il diritto di accesso
degli interessati e il diritto alla
riservatezza dei terzi non è stato rimesso
alla potestà regolamentare o alla
discrezionalità delle singole
amministrazioni, ma è stato compiuto
direttamente dalla legge che, nel prevedere
la tutela della riservatezza dei terzi, ha
fatto salvo il diritto degli interessati
alla visione degli atti relativi ai
procedimenti amministrativi, la cui
conoscenza sia necessaria per curare o per
difendere i propri interessi giuridici. Il
concetto di difesa degli interessi giuridici
assume un carattere generale, comprensivo
sia della difesa tecnica processuale, sia
della difesa procedimentale.
A tal fine, con particolare riguardo alle
procedure di evidenza pubblica, la difesa
degli interessi giuridici del partecipante
alla gara, risultato non aggiudicatario, va
limitata a quei documenti o parti di essi
valutati dall’amministrazione per
l’ammissione alla procedura, per la verifica
della sussistenza dei requisiti di
partecipazione e per la valutazione
dell’offerta e l’attribuzione dei punteggi
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 07.06.2006 n. 3418
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APPALTI:
Oggetto: Presidenza del Consiglio dei Ministri - Schema
di decreto legislativo recante il "Codice dei contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture", ai sensi
dell'art. 25 della legge 18.04.2005, n. 62 (Consiglio di
Stato, Sez. consultiva per gli atti normativi,
parere 06.02.2006 n. 355/2006). |
anno 2005 |
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COMPETENZE
GESTIONALI - LAVORI PUBBLICI: L'atto
di approvazione dello schema triennale di opere pubbliche
comunali e del suo aggiornamento annuale rientra nelle
competenze della Giunta, ai sensi dell'art. 48 T.U.
18.08.2000 n. 267, mentre l'approvazione definitiva del
programma e dell'elenco annuale delle opere da realizzare
spetta al Consiglio, a norma dell'art. 42 stesso T.U. n.
267, trattandosi di un atto di programmazione e di
indirizzo.
L'atto di approvazione dello
schema triennale di opere pubbliche comunali e del suo
aggiornamento annuale rientra nelle competenze della Giunta,
ai sensi dell'art. 48 T.U. 18.08.2000 n. 267, mentre
l'approvazione definitiva del programma e dell'elenco
annuale delle opere da realizzare spetta al Consiglio, a
norma dell'art. 42 stesso T.U. n. 267, trattandosi di un
atto di programmazione e di indirizzo (cfr., CdS, Sez. IV n.
6917 del 14.12.2002) (Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 25.05.2005 n. 2718 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La deroga ai termini di
pagamento e agli interessi moratori per
ritardato pagamento, fissati dalle
disposizioni del D.lgs. 09.10.2002 n. 231, è
consentita solo previo accordo liberamente
sottoscritto dalle parti.
La sentenza va anzitutto confermata per
l’illegittimità dell’aumento a 90 giorni del
termine per pagare le forniture: la relativa
clausola introduce un indebito vantaggio per
l’Amministrazione dato l’automatismo della
decorrenza degli interessi di mora stabilito
dall’art. 4 del D.Lgs. n. 231/2002.
Va precisato, al proposito, che il
riferimento ivi contenuto al termine di
pagamento stabilito dal contratto concerne
l’automatica decorrenza degli interessi di
mora e non al termine di pagamento in sé
considerato, la cui congruità va valutata
parametrandolo con la corretta prassi
commerciale, con la natura dei beni o
servizi, con la condizione dei contraenti ed
i rapporti commerciali tra i medesimi di cui
al successivo art. 7 del D.Lgs., che
stabilisce la nullità del relativo accordo
se gravemente iniquo perché ingiustificato
da ragioni oggettive.
Siffatte ragioni non possono essere
ravvisate nell’art. 50 della legge regionale
Toscana n. 22/2000 che stabilisce in 90
giorni il termina massimo per la dilazione
nei pagamenti delle forniture.
La legge ha infatti carattere cedevole
rispetto alla direttiva 2000/35/CE, di cui
il decreto legislativo in esame rappresenta
attuazione e pertanto non giustifica
l’imposizione di termini più lunghi rispetto
ai 30 giorni dal ricevimento della fattura o
richiesta di pagamento prescritto dall’art.
4, comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 231/2002.
Oltre ad essere contrari al buon
funzionamento del mercato interno
salvaguardato dall'art. 14 del Trattato, il
ritardo nel pagamento del prezzo rispetto ai
30 giorni non trova nessuna giustificazione
nella circolare del Ministero dell’economia
e delle finanze 14.01.2003, n. 1, la cui
salvaguardia delle amministrazioni dalle
conseguenze dell’indisponibilità della
provvista finanziaria non si concilia con le
regole del mercato che ai fini della
correttezza nei pagamenti parificano gli
organismi pubblici a quelli privati
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 12.04.2005 n. 1638 - link a
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APPALTI SERVIZI: E'
legittimo l'operato di un comune che, dopo
aver espletato la gara del servizio nettezza
urbana e risultata deserta, è ricorso allo
strumento dell'ordinanza contingibile ed
urgente -a ridosso della scadenza del
contratto d'appalto vigente- al fine di
prevenire eventuali ipotesi di emergenze
sanitarie e di igiene pubblica.
Il contratto scaduto non conteneva alcuna
clausola di rinnovo e -come è noto- il
principio della sussistenza di un pactum
renovandi implicito, tendenzialmente non è
applicabile ai contratti della Pubblica
Amministrazione.
Ritiene il Collegio di dovere evidenziare,
nella fattispecie in esame, i seguenti
importanti punti di fatto e princìpi di
diritto:
a) l’esecuzione del servizio pubblico di
raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi
urbani deve, in generale, essere svolto con
efficacia ed immediatezza a tutela del bene
pubblico indicato dalla legge; pertanto
qualora la necessità di provvedere si
appalesi imperiosa -specie al fine di
prevenire eventuali ipotesi di emergenze
sanitarie e di igiene pubblica- il Sindaco
può legittimamente ricorrere allo strumento
dell’ordinanza contingibile ed urgente, ai
sensi dell’art. 50, comma 5, del dec. leg.vo
18.08.2000, n. 267, anche se sussiste una
apposita disciplina che regoli, in via
ordinaria, la materia;
b) nel caso di specie, la gara per
l’affidamento del servizio de quo era
andata deserta e la mancata partecipazione
ad essa del gestore uscente può avere
legittimato nell’Amministrazione procedente
la convinzione che siffatto comportamento
denotasse scarso interesse allo svolgimento
del servizio di cui trattasi;
c) il contratto scaduto non conteneva alcuna
clausola di rinnovo e -come è noto- il
principio della sussistenza di un pactum
renovandi implicito, tendenzialmente non
è applicabile ai contratti della Pubblica
Amministrazione (art. 6, comma 2, l.
24.12.1993, n. 537);
d) trattandosi di un servizio, il Comune
-nell’ambito dei poteri ad esso riservati-
doveva effettuare la sua acquisizione al
miglior prezzo di mercato (art. 6, c. 5,
della citata l. n. 537/1993) ed in termini
generali, le ragioni del risparmio e della
convenienza economica ben possono prevalere
sulla eventuale conferma di un canone più
oneroso in favore del gestore uscente;
e) il Comune, nel caso, non era tenuto ad
effettuare alcuna gara informale preventiva
al fine di individuare il soggetto onerato
della prestazione d’urgenza e, pertanto, il
contatto informale effettuato nei confronti
delle due menzionate ditte non doveva
sottostare ad alcuna particolare procedura.
né rispettare le regole tipiche delle
procedure concorsuali (CGARS,
sentenza 27.01.2005 n. 21 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
E' illegittima la
clausola del bando di gara la quale
(uniformandosi al bando tipo regionale)
disponga che in caso di offerte uguali si
procede al sorteggio e non alla procedura di
presentazione di offerte migliorative, in
quanto in contrasto con l’articolo 77 del
R.D. n. 827 del 1924, contenuto in un corpo
normativo (il regolamento di contabilità
generale dello Stato) che trova applicazione
generalizzata indipendentemente dal suo
richiamo negli atti (compresi i bandi di
gara) della pubblica Amministrazione.
In sede di predisposizione del bando di gara
l'amministrazione può motivatamente
integrare o sostituire le clausole contenute
negli schemi di bandi-tipo nel caso di
lacune nello schema o difformità rispetto
alla normativa, ovvero qualora si tratti di
appalti di opere atipiche, con il concorso
di due condizioni: - che non sia vulnerato
il principio della par condicio dei
concorrenti; - che le prescrizioni richieste
siano pertinenti rispetto al fine di
garantire la maggiore serietà del
procedimento di gara, senza peraltro imporre
ai concorrenti compiti troppo gravosi.
Osserva il Collegio che (come già ritenuto
con sentenza di questo Tribunale
amministrativo regionale n. 2055 del
05.08.2004) è illegittima la clausola del
bando di gara la quale (uniformandosi al
bando tipo regionale) disponga che in caso
di offerte uguali si procede al sorteggio e
non alla procedura di presentazione di
offerte migliorative, in quanto in contrasto
con l’articolo 77 del R.D. n. 827 del 1924,
contenuto in un corpo normativo (il
regolamento di contabilità generale dello
Stato) che trova applicazione generalizzata
indipendentemente dal suo richiamo negli
atti (compresi i bandi di gara) della
pubblica Amministrazione non è stato né
implicitamente né esplicitamente abrogato
dalla legge Merloni in atto vigente ed a
tutte le norme di contabilità generale dello
stato fa espresso riferimento l'art. 21,
ultimo comma, della legge regionale n. 47
del 1977, contenente norme in materia di
bilancio e di contabilità della Regione
siciliana (Consiglio di Stato VI, 03.12.1998
n. 1648).
E' utile
richiamare il costante indirizzo
giurisprudenziale secondo il quale in sede
di predisposizione del bando di gara
l'amministrazione può motivatamente
integrare o sostituire le clausole contenute
negli schemi di bandi-tipo nel caso di
lacune nello schema o difformità rispetto
alla normativa (anche quale interpretata
dalla giurisprudenza), ovvero qualora si
tratti di appalti di opere atipiche, con il
concorso di due condizioni:
- che non sia vulnerato il principio della
par condicio dei concorrenti;
- che le prescrizioni richieste siano
pertinenti rispetto al fine di garantire la
maggiore serietà del procedimento di gara,
senza peraltro imporre ai concorrenti
compiti troppo gravosi (Cons. giust. amm.
sic., sez. consult., 08-09-1989, n.
421/1989, in Giur. amm. sic., 1990, 32, cft.
C.S., Sez. V, 18.10.1974 n. 411; Sez. VI,
17.02.1988 n. 188; C.G.A. 10.05.1988 n. 86,
par. Sez. riunite 10.04.1990 n. 133; TAR
Sicilia-Palermo, Sez. 1^, 29.05.1987 n. 322,
10.05.1988 n. 86, 15.07.1991 n. 450; TAR
Sicilia-Catania, Sez. 1^, 02.04.1992 n. 251,
Sez. 3^, 28.05.1991 n. 217
(TAR
Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza 11.01.2005 n. 19 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2004 |
|
APPALTI:
La clausola del bando di
gara secondo cui “L’Ente appaltante si
riserva la facoltà di interrompere o
annullare in qualsiasi momento la gara in
base a valutazioni di propria, esclusiva
competenza, senza che i concorrenti possano
vantare diritti e/o aspettative di sorta.
Inoltre, l’Ente appaltante si riserva la
facoltà di non procedere all’aggiudicazione
dell’appalto in tutto o in parte ovvero di
procedervi anche nel caso di una sola
offerta” non può ritenersi conforme
all'ordinamento.
Una clausola di tal genere configurerebbe in
pratica una condizione meramente potestativa
e come tale sarebbe affetta da nullità:
violerebbe, infatti, sia il principio
civilistico di buona fede -consentendo in
pratica il recesso ingiustificato dalle
trattative con esonero da responsabilità ex
art. 1337 c.c.-, sia il principio
pubblicistico di imparzialità e buona
amministrazione di cui all’art. 97 Cost.,
consentendo ad un soggetto destinatario
delle norme in tema di evidenza pubblica, di
agire senza rendere conto delle proprie
scelte.
La clausola quindi non può che essere
interpretata conformemente alle norme di cui
agli artt. 1362 e seguenti del codice
civile. Pertanto, facendo applicazione degli
artt. 1366 e 1367 c.c., deve ritenersi che
l’ente appaltante possa sì decidere di
sospendere la procedura ovvero di non
aggiudicare l’appalto, ma di detta scelta
debba rendere conto, fornendo adeguata
motivazione. La clausola, infatti, non
attribuisce alla stazione appaltante il
diritto di decidere arbitrariamente, ma le
consente soltanto di operare delle scelte
discrezionali, che come tali devono essere
motivate.
La clausola contenuta al punto VI.4.5 del
bando di gara disponeva che “L’Ente
appaltante si riserva la facoltà di
interrompere o annullare in qualsiasi
momento la gara in base a valutazioni di
propria, esclusiva competenza, senza che i
concorrenti possano vantare diritti e/o
aspettative di sorta”; detta clausola
però prevedeva inoltre che “l’Ente
appaltante si riserva la facoltà di non
procedere all’aggiudicazione dell’appalto in
tutto o in parte ovvero di procedervi anche
nel caso di una sola offerta”.
Pertanto, la clausola in questione prevedeva
la facoltà per la stazione appaltante di
sospendere il procedimento, di annullare la
gara, di non procedere all’aggiudicazione
ovvero di procedervi anche in caso di una
sola offerta lasciando quindi all’Ente un
ventaglio di possibilità tutte ugualmente
utilizzabili.
Si tratta pertanto di valutare, in via
generale, se una clausola di tale natura
–qualora interpretata nel senso propugnato
dalla stessa stazione appaltante (e cioè
come piena libertà di decisione senza dover
rendere conto delle proprie scelte)- possa
ritenersi conforme all’ordinamento.
Una clausola di tal genere, come ha
correttamente rilevato parte ricorrente,
configurerebbe in pratica una condizione
meramente potestativa e come tale sarebbe
affetta da nullità (cfr. Cons. Stato Sez. VI
30/09/1997 n. 1418): violerebbe, infatti,
sia il principio civilistico di buona fede
-consentendo in pratica il recesso
ingiustificato dalle trattative con esonero
da responsabilità ex art. 1337 c.c.-, sia il
principio pubblicistico di imparzialità e
buona amministrazione di cui all’art. 97
Cost., consentendo ad un soggetto
destinatario delle norme in tema di evidenza
pubblica, di agire senza rendere conto delle
proprie scelte.
La clausola quindi non può che essere
interpretata conformemente alle norme di cui
agli artt. 1362 e seguenti del codice
civile.
Pertanto, facendo applicazione degli artt.
1366 e 1367 c.c., deve ritenersi che l’ente
appaltante possa sì decidere di sospendere
la procedura ovvero di non aggiudicare
l’appalto, ma di detta scelta debba rendere
conto, fornendo adeguata motivazione.
La clausola, infatti, non attribuisce alla
stazione appaltante il diritto di decidere
arbitrariamente, ma le consente soltanto di
operare delle scelte discrezionali, che come
tali devono essere motivate.
Peraltro, essendo prevista nella stessa
clausola di cui al punto VI.4.5. del bando
la facoltà per la stazione appaltante di
procedere all’aggiudicazione anche in caso
di unica offerta, non può condividersi la
tesi propugnata da parte resistente secondo
cui – trattandosi di unica offerta – la
sospensione del procedimento sarebbe stata
disposta in applicazione dell’art. 69 del
R.D. n. 642/24 e come tale non sarebbe stata
necessaria alcuna motivazione.
La tesi della resistente sarebbe stata
condivisibile ove non fosse stata prevista
espressamente la facoltà per la stazione
appaltante di procedere all’aggiudicazione
in presenza di unica offerta, perché la
sospensione del procedimento sarebbe stata
imposta dalla previsione del regolamento di
contabilità pubblica: in presenza però di
una clausola che consente la facoltà di
aggiudicazione anche in presenza di offerta
unica, ritiene il Collegio che qualunque
decisione avesse adottato la società A.D.R.
avrebbe dovuto essere congruamente motivata,
dovendosi fare applicazione dei comuni
principi valevoli in tema di esercizio di
poteri discrezionali, applicabili alla
società intimata in quanto soggetto
destinatario delle norme in tema di evidenza
pubblica.
Ne consegue che il ricorso risulta fondato
essendo il provvedimento impugnato affetto
da carenza di motivazione.
L’annullamento per difetto di motivazione di
detto atto riverbera i suoi effetti sul
successivo bando, con il quale la società
A.D.R. ha indetto la nuova gara per
l’espletamento del medesimo servizio, di
durata questa volta, annuale (TAR
Lazio-Roma, Sez. III-ter,
sentenza 14.10.2004 n. 10952 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: L’aggiudicazione
provvisoria ha natura di atto
endoprocedimentale e produce effetti
meramente prodromici all’adozione della
determinazione conclusiva; da qui le
coerenti conseguenze, sul piano processuale,
che la sua impugnazione è meramente
facoltativa e non obbligatoria, che il
termine per impugnare la definizione di un
procedimento ad evidenza pubblica per la
scelta del contraente decorre dalla piena
conoscenza dell’aggiudicazione definitiva e
che, in occasione dell’impugnazione di
quest’ultima, possono farsi valere anche i
vizi propri di quella provvisoria.
La necessità di una motivazione enunciata in
termini descrittivi si configura tipicamente
per gli atti aventi natura provvedimentale
che esprimono una determinazione di volontà
ed implicano scelte discrezionali, il cui
esercizio deve emergere con chiarezza dalle
risultanze dell’istruttoria anche al fine di
consentirne il successivo sindacato.
Anche in presenza di criteri di massima, la
commissione di gara è comunque chiamata ad
esprimere le proprie valutazioni mediante
giudizi di valore sorretti da una
motivazione enunciata in termini discorsivi
e non semplicemente numerici.
E’ necessaria una motivazione, che pur non
dovendo necessariamente consistere nella
minuziosa descrizione delle attività svolte
in sede di gara, né riportare le singole
opinioni espresse, deve essere proporzionata
ed adeguata rispetto all’attività
esercitata, e, quindi, in relazione
all’esistenza di ampi poteri discrezionali
di valutazione delle offerte tecniche, deve
dare conto con economia di mezzi, ma
compiutamente, dell’iter logico seguito
nell’attribuzione dei punteggi, senza
limitarsi, come nel caso in esame, alla sola
indicazione di questi ultimi.
L’omessa indicazione degli elementi
valutativi che hanno determinato il formarsi
della volontà collegiale di gara non
costituisce una mera irregolarità formale
suscettibile di successiva sanatoria, ma un
vizio sostanziale di legittimità che
riguarda propriamente un elemento
costitutivo della verbalizzazione, con
riflessi invalidanti sulla successiva
determinazione amministrativa.
Qualora la redazione del verbale di gara non
avvenga in immediata contestualità allo
svolgimento delle singole operazioni
compiute dalla commissione o quantomeno non
intervenga in un momento immediatamente
successivo tale da escludere l’insorgenza di
errori od omissioni nella ricostruzione
dell’iter valutativo, viene con ciò meno la
stessa idoneità del verbale ad assolvere la
funzione sua propria di garanzia della
formazione di uno strumento documentale che
consenta la verifica della regolarità delle
operazioni compiute, delle scelte valutative
compiute e di ogni altro giudizio espresso.
In sede di
gara d’appalto, l’aggiudicazione provvisoria
ha natura di atto endoprocedimentale e
produce effetti meramente prodromici
all’adozione della determinazione
conclusiva; da qui le coerenti conseguenze,
sul piano processuale, che la sua
impugnazione è meramente facoltativa e non
obbligatoria, che il termine per impugnare
la definizione di un procedimento ad
evidenza pubblica per la scelta del
contraente decorre dalla piena conoscenza
dell’aggiudicazione definitiva e che, in
occasione dell’impugnazione di quest’ultima,
possono farsi valere anche i vizi propri di
quella provvisoria (cfr., ex plurimis,
CdS V, 29.07.2003 n. 4327).
In linea
generale, la necessità di una motivazione
enunciata in termini descrittivi si
configura tipicamente per gli atti aventi
natura provvedimentale che esprimono una
determinazione di volontà ed implicano
scelte discrezionali, il cui esercizio deve
emergere con chiarezza dalle risultanze
dell’istruttoria anche al fine di
consentirne il successivo sindacato (cfr.,
CdS V 13.02.1998 n. 163).
E’ altresì noto il principio secondo cui
nelle procedure indette per l’aggiudicazione
mediante metodi selettivi non automatici,
come nel caso dell’appalto concorso o delle
gare dirette a selezionare l’offerta più
vantaggiosa, il bando e la lettera d’invito
devono definire i criteri generali di
valutazione, potendosi riconoscere alla
commissione di gara unicamente l’esercizio
della facoltà di introdurre elementi di
specificazione e puntualizzazione dei
criteri generali medesimi.
La predeterminazione dei parametri di
valutazione tecnica risponde all’esigenza di
garantire l’imparzialità e la trasparenza
delle operazioni concorsuali, al suo
esercizio connettendosi essenzialmente la
funzione di consentire agli interessati e al
giudice della legittimità il sindacato sulla
coerenza logica delle scelte e soluzioni
adottate, con i criteri fissati nel bando.
Da ciò la conseguenza che, anche quando
questi ultimi siano sufficientemente
specifici, quell’esigenza di controllo resta
comunque affidata all’espressione dei
giudizi di valore in termini non
esclusivamente numerici ma con il supporto
di adeguata motivazione, che consenta la
percezione degli elementi e delle ragioni
che hanno orientato le scelte effettuate
dalla commissione di gara.
In sostanza, seppure sia vero che la
previsione di criteri preventivi per
l’attribuzione dei singoli punteggi riduca
sensibilmente i margini di apprezzamento
rimessi all’organo collegiale e, con essi,
anche l’esigenza di una motivazione
particolarmente dettagliata e diffusa, deve
comunque ritenersi necessaria l’esternazione
quanto meno dei principali elementi
giudicati determinanti per l’aggiudicazione
della gara, sui quali si è concentrata la
valutazione dei progetti posti a confronto.
La più recente giurisprudenza ha ritenuto,
in tema di punteggi numerici, che, in base
al principio di trasparenza, cui l’intera
attività amministrativa deve conformarsi,
nel caso in cui in una procedura selettiva
non siano stati predeterminati rigidamente i
criteri di valutazione delle offerte, deve
essere imposto alle commissioni
giudicatrici, a pena di illegittimità, di
rendere percepibile l’iter logico seguito
nell’attribuzione del punteggio, se non
attraverso diffuse esternazioni relative al
contenuto delle valutazioni, quanto meno
mediante taluni elementi che concorrano ad
integrare e chiarire la valenza del
punteggio, esternando le ragioni
dell’apprezzamento sinteticamente espresso
con l’indicazione numerica. Invero,
l’obbligo imposto alla commissione di gara
di applicare i criteri di valutazione delle
offerte, così autolimitando il proprio
potere di apprezzamento degli aspetti
tecnici che vengono in considerazione, non
avrebbe ragion d’essere se non fosse
parimenti -e conseguentemente- imposto di
motivare, sia pure in modo sintetico, le
modalità di concreta applicazione dei
criteri stessi (cfr., per il principio, CdS
VI 30.04.2003 n. 2331; id., 22.03.2004 n.
1458).
Deve quindi concludersi che, anche in
presenza di criteri di massima, la
commissione è comunque chiamata ad esprimere
le proprie valutazioni mediante giudizi di
valore sorretti da una motivazione enunciata
in termini discorsivi e non semplicemente
numerici.
Nella vicenda in esame i suindicati criteri
di valutazione risultano ben lungi
dall’essere estremamente dettagliati e tali
da predeterminare in maniera rigida e
stringente il giudizio sulle singole voci
che compongono l’offerta tecnica. In tale
quadro, che si connota invece per la
genericità e indeterminatezza del criterio
di assegnazione del punteggio, deve
escludersi che l’obbligo motivazionale possa
ritenersi assolto mediante l’indicazione di
un punteggio meramente numerico (cfr., CdS V
06.10.2003 n. 5899).
E’ invece necessaria una motivazione, che
pur non dovendo necessariamente consistere
nella minuziosa descrizione delle attività
svolte, né riportare le singole opinioni
espresse, deve essere proporzionata ed
adeguata rispetto all’attività esercitata,
e, quindi, in relazione all’esistenza di
ampi poteri discrezionali di valutazione
delle offerte tecniche, deve dare conto con
economia di mezzi, ma compiutamente,
dell’iter logico seguito nell’attribuzione
dei punteggi, senza limitarsi, come nel caso
in esame, alla sola indicazione di questi
ultimi.
L’omessa indicazione degli elementi
valutativi che hanno determinato il formarsi
della volontà collegiale non costituisce
infatti una mera irregolarità formale
suscettibile di successiva sanatoria, ma un
vizio sostanziale di legittimità che
riguarda propriamente un elemento
costitutivo della verbalizzazione, con
riflessi invalidanti sulla successiva
determinazione amministrativa.
Qualora la redazione del verbale non avvenga
in immediata contestualità allo svolgimento
delle singole operazioni compiute dalla
commissione o quantomeno non intervenga in
un momento immediatamente successivo tale da
escludere l’insorgenza di errori od
omissioni nella ricostruzione dell’iter
valutativo, venga con ciò meno la stessa
idoneità del verbale ad assolvere la
funzione sua propria di garanzia della
formazione di uno strumento documentale che
consenta la verifica della regolarità delle
operazioni compiute, delle scelte valutative
compiute e di ogni altro giudizio espresso.
Ma, anche a prescindere da tali
considerazioni e a voler ritenere non
necessaria alcuna contestualità tra la
seduta della commissione e la formazione del
relativo verbale, deve comunque ritenersi
che la redazione di quanto ha formato
oggetto di inserimento nel documento divenga
definitiva con l’approvazione del verbale;
il che esclude la possibilità di attribuire
postuma rilevanza a minutazioni non
utilizzate nell’originaria stesura del
verbale medesimo
(TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 11.10.2004 n. 5521). |
APPALTI: Nei
procedimenti di aggiudicazione di gare pubbliche, la fase di
verifica della documentazione amministrativa e quella di
apertura delle offerte economiche debbano avvenire in seduta
pubblica, potendo l'Amministrazione procedere in forma
riservata solo laddove debba compiere operazioni di
valutazione di carattere tecnico-discrezionale in ordine
alle offerte presentate.
Le ragioni dell'affermazione di tale principio generale
risiedono nell'esigenza di assicurare la trasparenza delle
operazioni della Commissione ed una sorta di tutela
"anticipata" della par condicio tra i concorrenti (sotto
forma di controllo esercitabile da parte delle singole
imprese), come corollario dei principi di imparzialità e
buon andamento dell'azione amministrativa di cui all'art. 97
della Costituzione.
Il principio in questione assume, inoltre, portata generale,
atteso che le precitate esigenze si pongono per tutti i tipi
di gara pubblica, mentre una possibile deroga trova
giustificazione, come visto, solo per quelle fasi di
valutazione dell'offerta che, implicando un giudizio di
carattere tecnico, non necessitano di una garanzia di
pubblicità delle operazioni della Commissione.
---------------
In primo luogo, va ribadito come quello di pubblicità
costituisca un principio generale volto alla tutela di
esigenze di trasparenza e par condicio che sono comuni a
tutte quelle fasi dei procedimenti per l'aggiudicazione di
appalti pubblici in cui si deve procedere all'espletamento
di attività implicanti la garanzia di un controllo, come
quelle di verifica della documentazione amministrativa e di
apertura delle offerte economiche.
In secondo luogo, le richiamate esigenze di
trasparenza e par condicio ricorrono tutte le volte in cui
la scelta del contraente avvenga mediante l'espletamento di
uno specifico procedimento di gara in cui le regole siano
state in precedenza formalizzate dall'Amministrazione.
Si manifesta, pertanto, irrilevante l'argomentazione per
cui, trattandosi di una trattativa privata, non era
assolutamente necessario che le operazioni di apertura delle
offerte si svolgessero in seduta pubblica; infatti, ci si
trova pur sempre nell'ambito di un procedimento di evidenza
pubblica di scelta del contraente rispetto al quale non
possono ritenersi estranee le già richiamate esigenze di
trasparenza e par condicio.
Inoltre, il principio di pubblicità delle sedute trova
immediata applicazione indipendentemente da una sua espressa
previsione nell'ambito della lex specialis di gara, atteso
che costituisce una regola generale riconducibile
direttamente ai principi costituzionali di imparzialità e
buon andamento di cui all'art. 97 Cost., trovando di
conseguenza immediata e piena cittadinanza in quella azione
amministrativa specificamente volta alla scelta del miglior
contraente.
---------------
Non sussistendo una specifica normativa di dettaglio in
merito alla composizione della Commissione nei casi della
specie, valgono i generali principi desumibili dall’art. 97
Cost. e dal capo I della legge n. 241/1990 nel senso che la
composizione delle Commissioni giudicatrici deve sempre
assicurare un adeguato livello di professionalità dei suoi
componenti. Tuttavia, la scelta discrezionale della stazione
appaltante circa l’effettiva composizione della Commissione
di gara deve essere valutata secondo criteri di logicità e
proporzionalità.
---------------
Deve escludersi la sussistenza di un particolare onere di
motivazione della stazione appaltante sulla scelta dei
componenti della predetta Commissione, dall’altro non può a
priori escludersi l’idoneità rispetto a tale ufficio di
soggetti che svolgono l’attività di Comandanti della Polizia
locale avendo l’appalto ad oggetto il sistema di
videosorveglianza territoriale di vari Comuni della zona.
Passando al merito della vicenda, la ricorrente, con il
primo motivo, censura il fatto che l’apertura dei plichi
contenenti le offerte, sebbene si tratti di trattativa
privata preceduta da gara informale, non sia stata
effettuata in seduta pubblica.
La doglianza è fondata confermandosi quanto già espresso in
sede di cognizione sommaria.
Sul punto la giurisprudenza amministrativa (per tutte, TAR
Piemonte, II sez., 19.12.2002, n. 2089) ha affermato che,
nei procedimenti di aggiudicazione di gare pubbliche, la
fase di verifica della documentazione amministrativa e
quella di apertura delle offerte economiche debbano avvenire
in seduta pubblica, potendo l'Amministrazione procedere in
forma riservata solo laddove debba compiere operazioni di
valutazione di carattere tecnico-discrezionale in ordine
alle offerte presentate.
Le ragioni dell'affermazione di tale principio generale
risiedono nell'esigenza di assicurare la trasparenza delle
operazioni della Commissione ed una sorta di tutela "anticipata"
della par condicio tra i concorrenti (sotto forma di
controllo esercitabile da parte delle singole imprese), come
corollario dei principi di imparzialità e buon andamento
dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 della
Costituzione (Consiglio di Stato, V Sez., 19.03.2002, n.
5421; Consiglio di Stato, IV Sez., 27.03.2002, n. 1726;
Consiglio di Stato, V Sez., 30.05.1997, n. 576; Consiglio di
Stato, VI Sez., 14.02.2002, n. 846; Consiglio di Stato, V
Sez., 14.04.2000, n. 2235).
Il principio in questione assume, inoltre, portata generale,
atteso che le precitate esigenze si pongono per tutti i tipi
di gara pubblica, mentre una possibile deroga trova
giustificazione, come visto, solo per quelle fasi di
valutazione dell'offerta che, implicando un giudizio di
carattere tecnico, non necessitano di una garanzia di
pubblicità delle operazioni della Commissione.
La difesa resistente ha sostenuto l'inapplicabilità del
principio di pubblicità in quanto, trattandosi di una
procedura indetta con il sistema della trattativa privata,
sarebbe rimessa alla discrezionalità dell'Amministrazione
l'individuazione delle regole di svolgimento della gara e,
pertanto, soltanto un'espressa previsione di celebrazione
delle sedute della Commissione in forma pubblica avrebbe
potuto costituire un vincolo la cui violazione avrebbe
potuto integrare un vizio di legittimità del procedimento.
Ancora, ha osservato la difesa dell'Amministrazione come non
vi erano stati artifizi o comportamenti tali da danneggiare
concretamente la società ricorrente, di talché alcuna
incidenza negativa sostanziale avrebbe potuto assumere la
circostanza per cui le operazioni di gara si erano svolte in
seduta non pubblica.
Tali osservazioni non sono condivisibili.
In primo luogo, va ribadito come quello di pubblicità
costituisca un principio generale volto alla tutela di
esigenze di trasparenza e par condicio che sono comuni a
tutte quelle fasi dei procedimenti per l'aggiudicazione di
appalti pubblici in cui si deve procedere all'espletamento
di attività implicanti la garanzia di un controllo, come
quelle di verifica della documentazione amministrativa e di
apertura delle offerte economiche.
In secondo luogo, le richiamate esigenze di
trasparenza e par condicio ricorrono tutte le volte
in cui la scelta del contraente avvenga mediante
l'espletamento di uno specifico procedimento di gara in cui
le regole siano state in precedenza formalizzate
dall'Amministrazione.
Si manifesta, pertanto, irrilevante l'argomentazione per
cui, trattandosi di una trattativa privata, non era
assolutamente necessario che le operazioni di apertura delle
offerte si svolgessero in seduta pubblica; infatti, ci si
trova pur sempre nell'ambito di un procedimento di evidenza
pubblica di scelta del contraente rispetto al quale non
possono ritenersi estranee le già richiamate esigenze di
trasparenza e par condicio.
Inoltre, il principio di pubblicità delle sedute trova
immediata applicazione indipendentemente da una sua espressa
previsione nell'ambito della lex specialis di gara,
atteso che costituisce una regola generale riconducibile
direttamente ai principi costituzionali di imparzialità e
buon andamento di cui all'art. 97 Cost., trovando di
conseguenza immediata e piena cittadinanza in quella azione
amministrativa specificamente volta alla scelta del miglior
contraente.
Deve invece essere disattesa, per genericità, l’ulteriore
profilo di doglianza contenuto nel primo motivo di ricorso e
concernente l’asserita mancanza di professionalità in capo
ai componenti della Commissione giudicatrice.
Al riguardo, va evidenziato che, non sussistendo una
specifica normativa di dettaglio in merito alla composizione
della Commissione nei casi della specie, valgono i generali
principi desumibili dall’art. 97 Cost. e dal capo I della
legge n. 241/1990 nel senso che la composizione delle
Commissioni giudicatrici deve sempre assicurare un adeguato
livello di professionalità dei suoi componenti (cfr.
Consiglio di Stato, V sez., 07.09.2001 n. 4673). Tuttavia,
la scelta discrezionale della stazione appaltante circa
l’effettiva composizione della Commissione di gara deve
essere valutata secondo criteri di logicità e
proporzionalità.
Nel caso di specie, non emergono elementi di convincimento
idonei a fondare la censura di parte ricorrente.
Le doglianze si palesano, come detto, piuttosto generiche
poiché, da un lato, deve escludersi la sussistenza di un
particolare onere di motivazione della stazione appaltante
sulla scelta dei componenti della predetta Commissione,
dall’altro non può a priori escludersi l’idoneità rispetto a
tale ufficio di soggetti che svolgono l’attività di
Comandanti della Polizia locale avendo l’appalto ad oggetto
il sistema di videosorveglianza territoriale di vari Comuni
della zona
(TAR Lombardia, Sez. III,
sentenza 26.07.2004 n. 3179 - link a www.giustizia-amministrativa). |
APPALTI:
Nel sistema dell’art. 77
del R.D. 23.05.1924 n. 827 il sorteggio
assume un carattere meramente residuale,
trovando applicazione solo nel caso in cui
nessuno dei presentatori di offerte eguali
sia presente ovvero, se i presenti non
vogliano migliorare la propria proposta
negoziale, nel corso di una apposita fase
procedimentale all’uopo indetta dal seggio
di gara.
Pertanto, si tratta di stabilire se con con
la locuzione “i presenti” -ex art. 77 R.D.
827/1924- il legislatore abbia inteso
riferirsi a tutti indistintamente i
concorrenti che hanno presentato offerte
uguali ovvero anche ad alcuni soltanto di
essi. La norma è nel senso che la richiesta
di miglioramento dell’offerta deve essere
fatta ai presenti, siano essi tutti o alcuni
soltanto di “coloro che fecero offerte
uguali”. D’altra parte, non è priva di
significato la circostanza che, qualora
fosse stata ritenuta necessaria, al fine di
esperire la licitazione migliorativa, la
presenza di tutti i concorrenti che avevano
presentato uguale offerta, il riferimento
sarebbe stato certamente a tutti i
concorrenti che fecero offerte uguali e non
ai soli presenti. Pertanto, ove i migliori
offerenti siano solo due, va da sé che “i
presenti” debbano essere identificati in uno
solo dei due offerenti, al quale va, quindi,
chiesto, prima di procedere al ballottaggio,
se intenda migliorare l’offerta.
L’art. 77
del R.D. 23.05.1924 n. 827 così dispone: “Quando
nelle aste ad offerte segrete due o più
concorrenti, presenti all’asta, facciano la
stessa offerta ed essa sia accettabile, si
procede nella medesima adunanza ad una
licitazione fra essi soli, a partiti segreti
o ad estinzione di candela vergine, ...
Colui che risulta migliore offerente è
dichiarato aggiudicatario.
Ove nessuno di coloro che fecero offerte
uguali sia presente, o i presenti non
vogliano migliorare l’offerta, ..., la sorte
decide chi debba essere l’aggiudicatario”.
Nella specie, si è verificata l’ipotesi di
cui al primo comma, avendo le soc. ... e ...
presentato la migliore uguale offerta.
Pertanto, la Commissione ha ritenuto che,
nell’impossibilità di esperire la
licitazione tra i due migliori concorrenti,
essendo presente solo uno di loro,
l’aggiudicazione dovesse essere affidata al
ballottaggio, ai sensi di quanto disposto
dal secondo comma.
La norma, come giustamente ha osservato il
TAR, prendendo, peraltro, atto
dell’esistenza di un non univoco indirizzo
giurisprudenziale in materia, non è stata
correttamente interpretata ed applicata.
E’ innegabile che nel sistema dell’art. 77
il sorteggio assume un carattere meramente
residuale, trovando applicazione solo nel
caso in cui nessuno dei presentatori di
offerte eguali sia presente ovvero, se i
presenti non vogliano migliorare la propria
proposta negoziale, nel corso di una
apposita fase procedimentale all’uopo
indetta dal seggio di gara.
Si tratta, quindi, di stabilire se con con
la locuzione “i presenti” il
legislatore abbia inteso riferirsi a tutti
indistintamente i concorrenti che hanno
presentato offerte uguali (i quali, come si
evince dal primo comma, possono essere anche
più di due), ovvero anche ad alcuni soltanto
di essi.
La norma, che non si presta ad
interpretazioni che vadano oltre la sua
stessa lettera, attesa la sua chiarezza e la
evidente finalità di cercare di conseguire
un esito migliore della gara, prima di
ricorrere al ballottaggio, ad avviso del
Collegio, è nel senso che la richiesta di
miglioramento dell’offerta deve essere fatta
ai presenti, siano essi tutti o alcuni
soltanto di “coloro che fecero offerte
uguali”.
D’altra parte, non è priva di significato la
circostanza che, qualora fosse stata
ritenuta necessaria, al fine di esperire la
licitazione migliorativa, la presenza di
tutti i concorrenti che avevano presentato
uguale offerta, il riferimento sarebbe stato
certamente a tutti i concorrenti che fecero
offerte uguali e non ai soli presenti.
Pertanto, ove i migliori offerenti siano
solo due, va da sé che “i presenti”
debbano essere identificati in uno solo dei
due offerenti, al quale va, quindi, chiesto,
prima di procedere al ballottaggio, se
intenda migliorare l’offerta.
Né tale conclusione appare in contrasto con
i principi che regolano le gare e, in
particolare, con quello della parità dei
concorrenti -che secondo l’accennato
contrario orientamento giurisprudenziale
sarebbe violato, essendo data la possibilità
di migliorare l’offerta ad alcuni o anche ad
uno solo di essi- perché, nei casi in cui
trova applicazione l’art. 77 (come nella
specie, in quanto nel bando è stato
espressamente richiamato con caratteri in
grassetto), i concorrenti sono consapevoli
delle modalità di aggiudicazione previste da
questa norma nell’eventualità, rara ma non
impossibile, di parità di offerte e,
pertanto, pur non essendo la loro presenza
obbligatoria, è una loro libera scelta di
partecipare o non partecipare alle
operazioni di gara e, nel secondo caso,
correre l’alea di non poter proporre una
offerta migliorativa (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 22.06.2004 n. 4362 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE GESTIONALI - LAVORI PUBBLICI: Nel
caso di costruzione di nuovi cimiteri o di
ampliamento di quelli esistenti, la
competenza all’approvazione dei relativi
progetti appartiene in ogni caso al
Consiglio Comunale, e ciò sia se l’opera sia
esterna alla fascia di rispetto dei 200
metri, e quindi nell’ipotesi di
localizzazione ordinaria, sia se venga
ubicata ad una distanza a questa inferiore,
ben potendo, tra l’altro, lo stesso organo
consiliare ridurre addirittura la fascia di
rispetto medesima.
La ratio ispiratrice di una competenza
speciale dell’organo consiliare in materia
di approvazione di progetti di opere
cimiteriali deve essere individuata
nell’esigenza di sottoporre alla discussione
democratica ed al controllo da parte
dell’organo rappresentativo di tutta la
comunità locale l’opportunità circa la
realizzazione di strutture che assumono
particolare rilevanza, sia in riferimento ad
esigenze di tutela igienico-sanitaria che di
valore ambientale, oltre che per quanto
concerne non secondari aspetti di natura
affettiva e morale appartenenti all’intera
collettività.
---------------
Analogamente a quanto avviene per il
progetto, anche gli studi di fattibilità
(per l'ampliamento del cimitero comunale)
devono essere preventivamente sottoposti
all’esame del Consiglio Comunale e non anche
della Giunta.
---------------
La competenza a procedere sia a
modificazioni del Programma Triennale che
all’aggiornamento dell’elenco annuale –come
nel caso di specie in cui la realizzazione
dell’opera pubblica in questione era stata
anticipata nell’anno 2003 in luogo della
originaria previsione per il 2004–
appartiene al Consiglio Comunale e non anche
alla Giunta, secondo il chiaro tenore
letterale dell’art. 42, secondo comma, lett.
b), del D.Lgs. 18.08.2000 n. 267.
L’art. 55 del D.P.R. 10.09.1990 n. 285
stabilisce che “I progetti di ampliamento
dei cimiteri esistenti e di costruzione dei
nuovi devono essere preceduti da uno studio
tecnico delle località, specialmente per
quanto riguarda l'ubicazione, l'orografia,
l'estensione dell'area e la natura
fisico-chimica del terreno, la profondità e
la direzione della falda idrica e devono
essere deliberati dal consiglio”.
Inoltre, l’art. 28 della legge 01.08.2002 n.
166, modificativo dell’art. 338 R.D.
24.07.1934, n. 1265, prevede che i cimiteri
debbano essere collocati alla distanza di
almeno 200 metri dal centro abitato; detta
norma prevede, inoltre, che “il consiglio
comunale può approvare, previo parere
favorevole della competente azienda
sanitaria locale, la costruzione di nuovi
cimiteri o l'ampliamento di quelli già
esistenti ad una distanza inferiore a 200
metri dal centro abitato, purché non oltre
il limite di 50 metri, quando ricorrano,
anche alternativamente, due condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio
comunale che, per particolari condizioni
locali, non sia possibile provvedere
altrimenti;
b) l'impianto cimiteriale sia separato dal
centro urbano da strade pubbliche almeno di
livello comunale, sulla base della
classificazione prevista ai sensi della
legislazione vigente, o da fiumi, laghi o
dislivelli naturali rilevanti, ovvero da
ponti o da impianti ferroviari”.
Infine, ai fini che qui interessano, la
medesima norma stabilisce che “per dare
esecuzione ad un'opera pubblica o
all'attuazione di un intervento urbanistico,
purché non vi ostino ragioni
igienico-sanitarie, il consiglio comunale
può consentire, previo parere favorevole
della competente azienda sanitaria locale,
la riduzione della zona di rispetto tenendo
conto degli elementi ambientali di pregio
dell'area, autorizzando l'ampliamento di
edifici preesistenti o la costruzione di
nuovi edifici”.
Da tale complesso normativo discende che,
nel caso di costruzione di nuovi cimiteri o
di ampliamento di quelli esistenti, la
competenza all’approvazione dei relativi
progetti appartiene in ogni caso al
Consiglio Comunale, e ciò sia se l’opera sia
esterna alla fascia di rispetto dei 200
metri, e quindi nell’ipotesi di
localizzazione ordinaria, sia se venga
ubicata ad una distanza a questa inferiore,
ben potendo, tra l’altro, lo stesso organo
consiliare ridurre addirittura la fascia di
rispetto medesima.
La ratio ispiratrice di una
competenza speciale dell’organo consiliare
in materia di approvazione di progetti di
opere cimiteriali deve essere individuata
nell’esigenza di sottoporre alla discussione
democratica ed al controllo da parte
dell’organo rappresentativo di tutta la
comunità locale l’opportunità circa la
realizzazione di strutture che assumono
particolare rilevanza, sia in riferimento ad
esigenze di tutela igienico-sanitaria che di
valore ambientale, oltre che per quanto
concerne non secondari aspetti di natura
affettiva e morale appartenenti all’intera
collettività.
Con riferimento al caso di specie, si tratta
della realizzazione di un ampliamento del
cimitero comunale rientrante entro la fascia
di rispetto dei 200 metri, circostanza non
contestata dall’Amministrazione resistente e
risultante dalla documentazione tecnica
depositata agli atti del giudizio; inoltre,
la deliberazione di Giunta Municipale n. 81
dell’11.04.2003 di approvazione del progetto
preliminare, la cui adozione era stata
giustificata da esigenze di rinnovazione
procedimentale, si caratterizza per la sua
autonomia rispetto ai precedenti
provvedimenti approvativi del progetto
preliminare dell’opera (ossia la
deliberazione di Giunta n. 328 del
03.11.1999, annullato in sede di autotutela,
e quella di Consiglio n. 7 dell’11.02.1998
avente ad oggetto la progettazione
originaria), per cui non vi è dubbio alcuno
che, ratione temporis, il regime
giuridico che deve essere considerato ai
fini della corretta individuazione del
procedimento da seguire è quello introdotto
dall’art. 338 T.U.L.S. come modificato
dall’art. 28 della legge 01.08.2002 n. 166.
In conclusione, non solo la competenza in
merito all’approvazione dei progetti
relativi alle opere cimiteriali de quibus
apparteneva al Consiglio Comunale (TAR
Campania, V Sezione, 03.07.2003 n. 9298) e
non anche alla Giunta, ma l’Amministrazione
avrebbe dovuto anche specificamente seguire
il procedimento previsto dall’art. 338
T.U.L.S. come modificato dall’art. 28 della
legge 01.8.2002 n. 166.
In tal senso parimenti fondata è la
doglianza, contenuta nel quinto motivo di
ricorso, relativa al dedotto vizio di
incompetenza ascrivibile alla violazione
dell’art. 55 del D.P.R. 10.09.1990 n. 285,
posto che, analogamente a quanto avviene per
il progetto, anche gli studi di fattibilità
avrebbero dovuto essere preventivamente
sottoposti all’esame del Consiglio Comunale
e non anche della Giunta.
Deve, pertanto, concludersi per
l’accoglimento del primo e quinto motivo di
ricorso, con consequenziale annullamento
della deliberazione di Giunta Municipale n.
81 dell’11.04.2003 avente ad oggetto
l’approvazione del progetto preliminare
dell’opera pubblica de qua, nonché
per invalidità derivata, di quelle n. 99 del
05.05.2003 e n. 116 del 14.05.2003,
rispettivamente di approvazione dei progetti
definitivo ed esecutivo della medesima,
oltre che dell’impugnato decreto di
occupazione di urgenza e comunicazione di
presa di possesso e redazione dello stato di
consistenza, con assorbimento del secondo,
quarto, sesto motivo di censura e restanti
profili del primo.
Parimenti fondato è il terzo motivo di
censura con cui parte ricorrente ha
impugnato la deliberazione n. 94 del
28.04.2003 con cui la Giunta Municipale di
Barano d’Ischia aveva modificato l’elenco
dei lavori da realizzare nell’anno 2003 in
riferimento al Programma Triennale dei
Lavori Pubblici per il triennio 2003/2005.
Infatti, la competenza a procedere sia a
modificazioni del Programma Triennale che
all’aggiornamento dell’elenco annuale –come
nel caso di specie in cui la realizzazione
dell’opera pubblica in questione era stata
anticipata nell’anno 2003 in luogo della
originaria previsione per il 2004–
appartiene al Consiglio Comunale e non anche
alla Giunta, secondo il chiaro tenore
letterale dell’art. 42, secondo comma, lett.
b), del D.Lgs. 18.08.2000 n. 267.
Deve pertanto concludersi per la fondatezza
del motivo di ricorso con consequenziale
annullamento della deliberazione della
Giunta Municipale di Barano d’Ischia n. 94
del 28.04.2003
(TAR Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 21.01.2004 n. 228 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2003 |
|
COMPETENZE GESTIONALI - LAVORI PUBBLICI: E'
illegittima, per incompetenza, la
deliberazione di Giunta Comunale circa
l'approvazione del progetto esecutivo per
l’ampliamento del cimitero.
Sul punto non è superfluo rilevare che la
disposizione in questione (art. 55, comma 1,
del D.P.R. 10.09.1990, n. 285 - Approvazione
del regolamento di polizia mortuaria)
costituisce una norma speciale, mai
abrogata, che deroga in modo specifico alla
competenza generale di tipo residuale
stabilita dall’articolo 35 della legge
08.06.1990 n. 142, abrogato dall'articolo
274 del d.lgs. 18.08.2000 n. 267 e
riprodotto nell'articolo 48 di quest’ultimo.
---------------
L’inserimento di un’opera pubblica
nell’elenco annuale delle opere pubbliche da
realizzare non equivale certo alla
approvazione del relativo progetto
preliminare: una cosa è il progetto
preliminare di un’opera (che deve rispettare
le prescrizioni dell’articolo 16 della legge
n. 109 citata) e una cosa è il suo
inserimento nell’elenco annuale delle opere
da realizzare.
Del resto la stessa disposizione invocata
dal comune prescrive che l’inserimento
dell’opera nell’elenco presuppone che il
relativo progetto preliminare sia stato
previamente approvato.
... per l’annullamento, previa sospensione
dell’esecuzione della disposizione del
dirigente del servizio tecnico normalità del
comune di Napoli prot. n. 10
dell'08.10.2002, recante autorizzazione
all’occupazione in via d’urgenza di suolo
della ricorrente, delle delibere G.M. n.
3116 del 02.08.2002 e n. 3219 del
06.09.2002, recanti approvazione del
progetto esecutivo per l’ampliamento del
cimitero di Secondigliano e di ogni altro
atto presupposto, connesso e/o conseguente.
...
Fondato e assorbente risulta il terzo motivo
di gravame con cui viene dedotta la
violazione dell’articolo 55, comma 1, del
D.P.R. 10.09.1990, n. 285 (Approvazione del
regolamento di polizia mortuaria), cioè
l’incompetenza della giunta comunale
all’approvazione del progetto.
Il motivo è fondato.
La disposizione del citato articolo 55
dispone infatti testualmente che “i
progetti di ampliamento dei cimiteri
esistenti e di costruzione dei nuovi devono
essere preceduti da uno studio tecnico delle
località, specialmente per quanto riguarda
l'ubicazione, l'orografia, l'estensione
dell'area e la natura fisico-chimica del
terreno, la profondità e la direzione della
falda idrica e devono essere deliberati dal
consiglio comunale”.
Nel caso in esame il progetto definitivo
dell’opera –non impugnato dalla ricorrente,
non depositato agli atti di causa e
semplicemente citato dalle delibere di
approvazione del progetto esecutivo– è stato
adottato dalla giunta, al pari delle
impugnate delibere di approvazione in linea
tecnica ed economica del progetto esecutivo.
Appare quindi sussistente la violazione
della disposizione dell’articolo 55.
Sul punto non è superfluo rilevare che la
disposizione in questione –come del resto
già affermato in giurisprudenza– costituisce
una norma speciale, mai abrogata, che deroga
in modo specifico alla competenza generale
di tipo residuale stabilita dall’articolo 35
della legge 08.06.1990 n. 142, abrogato
dall'articolo 274 del d.lgs. 18.08.2000 n.
267 e riprodotto nell'articolo 48 di
quest’ultimo (TAR Umbria 07.02.2002, n. 75,
TAR Umbria 06.03.1998, n. 190).
Deve poi aggiungersi che non persuasiva è la
difesa articolata sul punto dal comune:
questo infatti sostiene che il Consiglio
comunale –con delibera n. 268 del 02.08.2002
(che ha ratificato la delibera G.M. n. 2864
del 26.07.2002)– ha inserito il progetto per
cui è causa nel programma triennale e
nell’elenco annuale dei lavori pubblici;
poiché l’articolo 14, comma 6, della legge
11.02.1994, n. 109 dispone che “l'inclusione
di un lavoro nell'elenco annuale … è
subordinata alla previa approvazione della
progettazione preliminare”, il comune
sembra sostenere che la delibera n. 268
contiene l’approvazione del progetto
preliminare e che tanto basterebbe a
garantire l’osservanza della disposizione
dell’articolo 55.
In realtà l’inserimento di un’opera pubblica
nell’elenco annuale delle opere pubbliche da
realizzare non equivale certo alla
approvazione del relativo progetto
preliminare: una cosa è il progetto
preliminare di un’opera (che deve rispettare
le prescrizioni dell’articolo 16 della legge
n. 109 citata) e una cosa è il suo
inserimento nell’elenco annuale delle opere
da realizzare.
Del resto la stessa disposizione invocata
dal comune prescrive che l’inserimento
dell’opera nell’elenco presuppone che il
relativo progetto preliminare sia stato
previamente approvato.
A ciò si aggiunge che –seguendo la tesi del
comune– si avrebbe una scansione temporale
del procedimento di approvazione del
progetto a dir poco anomala dato che la
(implicita) approvazione del progetto
preliminare da parte del consiglio sarebbe
posteriore di quasi tre anni
all’approvazione del progetto definitivo da
parte della giunta (avvenuta il 03.11.1999 a
mezzo della delibera n. 4009) e sarebbe
contemporanea alla approvazione in linea
tecnica del progetto esecutivo (la delibera
n. 268 del consiglio comunale reca infatti
la medesima data del 02.08.2002 della
delibera della giunta di approvazione in
linea tecnica del progetto esecutivo).
La riconosciuta fondatezza del vizio di
incompetenza è preclusiva dell’esame degli
ulteriori motivi dedotti che risultano
pertanto assorbiti.
Il ricorso deve dunque essere accolto: le
delibere G.M. n. 3116 del 02.08.2002 e n.
3219 del 06.09.2002 devono pertanto essere
annullate per incompetenza; parimenti deve
essere annullata in via di illegittimità
derivata la disposizione del dirigente del
servizio tecnico normalità del comune di
Napoli prot. n. 10 dell'08.10.2002 (TAR
Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 21.07.2003 n. 9298 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2002 |
|
LAVORI PUBBLICI:
L’approvazione dello
schema del programma triennale e del suo
aggiornamento annuale ben rientra nelle
competenze della giunta municipale mentre è
competente per l’approvazione definitiva del
programma e dell’elenco annuale delle opere
da realizzare soltanto il consiglio comunale
trattandosi, in ultima analisi, di un atto
di programmazione e di indirizzo.
La redazione dello schema del programma
triennale e del suo aggiornamento annuale
(predisposto sulla base delle proposte,
delle informazioni, dei dati e delle
esigenze prospettate dal responsabile del
procedimento) ha la natura di un atto di
impulso e di proposta, destinato proprio a
sollecitare la valutazione dell'interesse
pubblico concreto ed effettivo al fine di
scegliere fra i vari interventi proposti
quelli necessari, sotto il profilo
dell'opportunità e dell'adeguatezza; si
tratta perciò di un mero intendimento
unilaterale che, per poter assurgere a
programma definitivo di opere da realizzare
(non è un caso che la legge preveda
espressamente l'approvazione dell'elenco
annuale degli interventi da effettuare),
deve poter essere sottoposto al giudizio ed
al controllo della stessa collettività,
finalità che si realizza in modo diffuso
attraverso la sua pubblicità mediante
affissione nella sede dell'amministrazione
(ovvero all'albo pretorio nel caso del
Comune) e mediante la predisposizione delle
altre forme di pubblicità ritenute adeguate
dall'amministrazione stessa.
L'approvazione definitiva del programma dei
lavori, unitamente all'elenco annuale, non
costituisce, d'altra parte, una mera presa
d'atto dello schema originariamente
proposto, ma implica da parte dell'organo
competente la valutazione delle proposte
risultanti dallo schema, previo confronto
con le osservazioni eventualmente formulate
dagli interessati grazie alla pubblicità
dello schema, per giungere quindi alla "giusta"
e legittima individuazione e determinazione
delle opere da realizzare nell'anno.
Ad avviso della Sezione, con riferimento ad
un’amministrazione comunale, l’approvazione
dello schema del programma triennale e del
suo aggiornamento annuale, quale atto di
proposta e di impulso, ben rientra nelle
competenze della giunta municipale, ai sensi
dell’articolo 48 del D. Lgs. 18.08.2000 n.
267, mentre è competente per l’approvazione
definitiva del programma e dell’elenco
annuale delle opere da realizzare soltanto
il consiglio comunale ai sensi dell’articolo
42 del ricordato decreto legislativo,
trattandosi in ultima analisi di un atto di
programmazione e di indirizzo.
Peraltro una simile ripartizione di
competenze ben si attaglia allo stesso
schema procedimentale sopra esaminato,
spettando solo all’organo consiliare la
valutazione delle proposte operate dalla
giunta municipale e delle osservazioni
svolte dagli interessati, per giungere alla
concreta individuazione dei bisogni della
collettività e alla loro corretta
soddisfazione, che deve avvenire nella
contrapposizione dialettica tra maggioranza
e opposizione che solo nella sede consiliare
può realizzarsi (Consiglio di Stato, Sez.
IV,
sentenza 14.12.2002 n. 6917 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Oggetto: Interpello ……./2001 Articolo 11, legge
27.07.2000 n. 212. Ministero della Difesa Direzione generale
del Demanio e della Difesa (Agenzia delle Entrate,
risoluzione 27.03.2002 n. 97/E).
---------------
QUESITO sull’applicazione dell’imposta di bollo dei
seguenti documenti in materia di realizzazione opere
pubbliche: contratto di appalto ed eventuali atti
aggiuntivi; capitolati di oneri e relative tariffe; verbale
di concordamento nuovi prezzi; progetti, disegni, computi
metrici, relazioni tecniche, planimetrie; piano di
sicurezza; tariffe; giornale del direttore dei lavori;
verbali di consegna, di sospensione, di ripresa e di
ultimazione lavori; verbali di constatazione delle misure,
libretto delle misure, note settimanali, registro delle
misure, certificati di acconto, conto finale; certificato di
collaudo e certificato di regolare esecuzione. |
anno 2001 |
|
APPALTI FORNITURE E SERVIZI: 1.
Bando - Onere di immediata impugnazione -
Quando sussiste.
2. - Bando - Mancata tempestiva impugnazione
di una clausola che prevede la
contaminazione tra fase di qualificazione e
fase di valutazione delle offerte -
Eccezioni di tardività e inammissibilità del
ricorso - Infondatezza.
3. - Servizi - Progettazione - Procedura ex
art. 23 D.Lgs 157/1995 - Sommatoria dei
punteggi ottenuti in sede di
prequalificazione ed in sede di gara vera e
propria - Illegittimità.
4. - Servizi - Progettazione - Procedura ex
art. 23 D.Lgs 157/1995 - Definizione dei
criteri di individuazione dell'offerta
economicamente più vantaggiosa - Previsioni
del D.P.C.M. 27.02.1997 n. 116 - Dubbia
compatibilità con il diritto comunitario.
5. - Servizi - Progettazione -
Determinazioni dell'Autorità per la
Vigilanza sui Lavori Pubblici - Efficacia -
Determinazione n. 6 dell'08.11.1999
dell'Autorità per la Vigilanza sui Lavori
Pubblici - Conferma del principio giuridico
ivi affermato.
6. - Servizi - Progettazione - Annullamento
del bando nella parte in cui suddivide il
concorso in due fasi - Domanda di
risarcimento del danno in forma specifica
proposta dal ricorrente secondo
classificato, ex art. 35 D.Lgs 80/1998,
mediante l'accertamento e la dichiarazione
del suo diritto all'aggiudicazione della
gara d'appalto - Insussistenza.
1.
- Il tradizionale principio per cui il bando
di gara non è autonomamente lesivo e,
quindi, non è impugnabile se non unitamente
ai provvedimenti concreti che ne facciano
applicazione, soffre di alcune eccezioni,
ricorrendo le quali il bando deve essere
tempestivamente impugnato.
In particolare, il bando di gara deve essere
tempestivamente impugnato qualora:
a) le clausole censurate impediscano la
partecipazione alla gara fissando
particolari requisiti soggettivi dei
concorrenti;
b) le clausole siano ritenute irragionevoli
al punto da non consentire la stessa
formulazione dell'offerta e, quindi, rendano
impossibile quel calcolo di convenienza
tecnica ed economica che ogni concorrente
deve poter effettuare all'atto in cui decide
se partecipare o meno ad una gara;
c) le prescrizioni del bando impongano
determinati oneri formali alle imprese
partecipanti, a pena di esclusione (es.:
esibizione di documenti o certificati);
d) le clausole censurate siano relative al
modus operandi fissato per il funzionamento
della commissione giudicatrice (es.:
operazioni da svolgere in seduta pubblica o
segreta).
Più in generale, come anche affermato dalla
più recente giurisprudenza (sentenze
2884/2000 e 2990/2000 del Consiglio di
Stato), l'immediata impugnazione del bando
di gara è subordinata ad un'accurata analisi
della singola fattispecie che metta in luce,
fra l'altro, i seguenti aspetti:
a) il contenuto della clausola del bando
sospetta di illegittimità;
b) il tipo di vizio dedotto dalla parte
ricorrente;
c) l'interesse manifestato dall'impresa;
d) l'attitudine della partecipazione alla
procedura selettiva a manifestare
univocamente l'acquiescenza alle regole
della gara;
e) l'influenza della regola fissata dal
bando sui comportamenti dei concorrenti e
sulla condotta della stazione appaltante;
f) l'incidenza della clausola sullo
svolgimento concreto della gara e sui suoi
esiti.
2.
- L'asserita illegittimità di una clausola
del bando di gara nella parte in cui dispone
la valutazione dei titoli di ammissione
attraverso la scissione della procedura di
gara in due fasi distinte, indica una
lesione solo potenziale al momento
dell'adozione dell'atto che può divenire
attuale, eventualmente, all'esito della
gara.
Pertanto l'interesse all'impugnazione del
bando, in relazione alla suddetta clausola,
è strettamente connesso alla non
irragionevole possibilità -valutabile solo
ex post, all'esito della gara- che il
ricorrente, secondo una procedura legittima,
avrebbe ottenuto l'affidamento dell'incarico
nell'ambito di una selezione incentrata
sulla valutazione dell'offerta (II fase),
senza rilievo determinante dei requisiti di
idoneità soggettiva (I fase).
Ne consegue l'ammissibilità e la
tempestività del ricorso ritualmente
proposto contro il bando e contro l'atto di
affidamento dell'incarico.
3.
- E' illegittimo il bando di gara nella
parte in cui viene prevista, ai fini della
formazione della conclusiva graduatoria dei
partecipanti alla selezione, la sommatoria
dei punteggi agli stessi attribuiti nella
fase di prequalificazione con quelli
conseguiti in sede di procedura ristretta
vera e propria, in quanto la valutazione del
percorso professionale dei concorrenti
(compiuta nella prima fase di preselezione),
proprio perché preordinata alla
qualificazione nell'ambito della gara, non
può legittimamente riflettersi anche
sull'individuazione dell'offerta
economicamente più vantaggiosa (effettuata
nella seconda fase).
Una volta riconosciuta l'astratta idoneità
dei concorrenti che abbiano superato la
prima fase di prequalificazione, questi sono
posti in posizione di assoluta parità, in
applicazione dei principi concorrenziali del
diritto comunitario ed il contratto (o il
servizio) deve essere affidato al soggetto
che presenta l'offerta economicamente
migliore, non rilevando il precedente
curriculum professionale, salvo
l'apprezzamento del merito tecnico, il quale
peraltro rappresenta solo uno degli elementi
valutabili e non può mai assumere rilievo
eccessivo almeno in relazione alle pregresse
esperienze professionali dei concorrenti.
4.
- Pur se allo stato il contenzioso
comunitario non è definito, appare di dubbia
compatibilità con il diritto comunitario
(come già rilevato dalla Commissione
nell'atto del 27.09.1998 che ha avviato una
procedura di infrazione contro lo Stato
Italiano) la scelta del legislatore interno
(D.P.C.M. 27.02.1997 n. 116) di attribuire
rilevanza -sia pure parziale- ai fini
dell'individuazione dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, ad elementi
già valutati in sede di prequalificazione.
5.
- Le determinazioni dell'Autorità per la
Vigilanza sui Lavori Pubblici, di cui
all'art. 4 della L. 109/1994, relative
all'illegittimità di atti e provvedimenti
dell'Amministrazione, non spiegano alcuna
efficacia vincolante nei giudizi in corso
aventi ad oggetto detti provvedimenti, né
determinano sul piano sostanziale un obbligo
di adeguamento a carico della stessa
Amministrazione, ma costituiscono comunque
un contributo utile a delineare alcuni
aspetti della questione all'esame
dell'organo giurisdizionale.
Va confermato il principio indicato
nell'atto di determinazione n. 6
dell'08.11.1999 di separatezza tra la fase
della qualificazione e quella di valutazione
dell'offerta; principio tanto più valido per
la procedura del concorso di progettazione
la quale è diretta alla scelta della
migliore tra le prestazioni già rese e
offerte alla valutazione
dell'Amministrazione, anziché
all'individuazione del concorrente più
idoneo a rendere, alle migliori condizioni,
la futura prestazione.
6.
- Le clausole del bando di gara concernenti
la suddivisione del concorso in due distinte
fasi assumono un rilievo essenziale
nell'ambito della intera procedura, per cui
l'accertamento dell'illegittimità delle
suddette clausole non può determinare, in
nessun caso, una sorta di integrazione della
lex specialis di gara, imponendo
invece all'Amministrazione di rivalutare
ex novo tutti i presupposti della gara,
anche in relazione alla fissazione di nuovi
criteri di ammissione e di valutazione delle
offerte.
Pertanto, non può trovare accoglimento la
domanda di risarcimento in forma specifica
prospettata dal secondo classificato,
mediante l'accertamento del suo diritto
all'aggiudicazione dell'appalto (massima
tratta da www.sentenzetoscane.it - Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 15.06.2001 n. 3187 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2000 |
|
APPALTI FORNITURE E SERVIZI: Appalti
e forniture - Servizi - Concorso di
progettazione - Divieto ex art. 23, IV
comma, D.lgs. 157/1995 - Applicabilità -
Ambito.
La disposizione di cui all'art. 23, IV
comma, del D.lgs. 17.03.1995, n. 157
-secondo la quale l'affidamento della
progettazione non è compatibile con
l'aggiudicazione, a favore dello stesso
affidatario, degli appalti pubblici relativi
ai lavori e ai servizi progettati- deve
intendersi riferito alla sola ipotesi in cui
l'Amministrazione decida di fare ricorso ai
concorsi di progettazione previsti e
disciplinati dall'art. 26 del citato decreto
legislativo al fine di garantire, così, la
par condicio dei concorrenti (che
risulterebbe violata nel caso in cui alla
gara per l'affidamento del servizio potesse
partecipare anche il soggetto che aveva
precedentemente redatto il progetto ritenuto
più meritevole dall'amministrazione
appaltante) (massima tratta da
www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez.
II, sentenza 27.12.2000 n. 2689). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI: Offerte
anomale ex art. 25 D.lgs. 157/1995 -
Giustificazioni verbali - Aggiudicazione -
Illegittimità - Giustificazioni scritte -
Necessità - Conseguenza - Rinnovo della
verifica.
1. - Poiché l'art. 25 del D.lgs. 17.03.1995,
n. 157 prevede espressamente che le
giustificazioni riguardo alle offerte
anomale debbano essere richieste e rese per
iscritto, deve ritenersi nullo il
provvedimento di aggiudicazione alla ditta
che in tale sede abbia espresso meri
chiarimenti verbali dovendo, pertanto,
essere rinnovato il sub-procedimento per la
verifica dell'eventuale anomalia
dell'offerta.
_________________
1. - In tema, cfr. TAR Veneto,
02.07.1996, n. 1257 in Rass. TAR, 1996, 3161
e Cons. Stato, sez. V, 26.06.1993, n. 753,
in Rass. Cons. Stato, 1993, 702, citate nel
testo (massima tratta da
www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez.
II, sentenza 27.12.2000 n. 2686). |
APPALTI SERVIZI: 1.
- Bando di gara per l'affidamento del
servizio di tesoreria - Clausola che
richiede l'erogazione di contributi e
sponsorizzazioni - Contenuto estraneo al
servizio - Illegittimità.
2. - Bando - Criteri di valutazione delle
offerte - Inscindibilità - Illegittimità di
alcuni criteri - Conseguenze - Illegittimità
integrale della gara.
1. - Costituisce violazione del principio
della par condicio tra le imprese
concorrenti l'inserimento, nel bando di gara
per l'affidamento del servizio di tesoreria,
di clausole concernenti la richiesta di
erogazione di contributi e di
sponsorizzazioni, attesa l'assoluta
estraneità di tali prestazioni rispetto al
costo e all'efficienza del servizio.
2. - Posto che i criteri prefissati nel
bando di gara per la valutazione delle
offerte nonché quelli per la valutazione di
elementi aggiuntivi (nella specie
consistenti nella disponibilità o meno ad
erogare contributi e sponsorizzazioni),
costituiscono un corpus unico preordinato a
scegliere l'offerta più vantaggiosa, la
riconosciuta illegittimità di taluni dei
criteri comporta l'annullamento integrale
del bando in quanto, diversamente, allorché
il giudice eliminasse i soli aspetti
ritenuti viziati, risulterebbe
arbitrariamente alterata la logica sottesa
alla procedura stessa secondo la quale
spetta unicamente all'amministrazione, a
seguito dell'annullamento degli atti
compiuti, porre nuovi criteri, conformi a
parametri di legittimità (nella fattispecie
è stato precisato che la procedura dovrà
essere riaperta dalla fase della
presentazione delle domande, limitatamente
ai soggetti che erano già stati ammessi a
partecipare alla gara stessa).
_________________
1. - In tal senso anche Cons. Stato, sez.
V, 20.08.1996, n. 937, in Rass. Cons. Stato,
1996, I, 1181 e TAR Toscana, II sezione,
18.12.1998, n. 1077 in Rass. TAR, 1999, I,
626.
2. - In materia vedi la sentenza del
Consiglio di Stato, sez. VI, 05.11.1999, n.
1745, in Rass. Cons. Stato, 1999, I, 1915,
in motivazione pag. 1917 (massima tratta
da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana,
Sez. II,
sentenza 27.10.2000 n. 2215 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Aggiudicazione
- Offerta economicamente più vantaggiosa -
Identificazione - Valutazioni
dell'Amministrazione procedente - Sindacato
del G.A. - Merito - Esclusione -
Risarcimento del danno - Impossibilità.
1. - In sede di aggiudicazione di un
appalto, ai fini dell'identificazione
dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
non è consentito al giudice amministrativo
(una volta rilevata la non correttezza della
metodologia seguita dall'organo di gara ai
fini dell'attribuzione dei citati "punteggio
di preferenza" e aver disposto
l'annullamento delle operazioni di gara)
sindacare nel merito i singoli apprezzamenti
effettuati dall'organo di gara -nella
specie, l'attribuzione dei punteggi nel cd.
"confronto a coppie"- né rinnovarne
così la valutazione; sarà l'Amministrazione
interessata che dovrà procedere alla
rinnovazione della procedura di selezione
dei partecipanti (con il carattere
vincolante conseguente alla valenza "conformativa"
insita nella pronuncia di legittimità
accanto al suo contenuto più propriamente "demolitorio")
e la complessiva graduazione delle offerte,
in difetto della quale (e, quindi, della
attuale individuabilità dell'offerta
concretamente "preferibile" ai fini
dell'aggiudicazione dell'appalto in
questione) non è possibile, allo stato,
procedere alla positiva disamina della
formulata istanza di risarcimento del danno.
_____________________
1. - In merito al criterio del "confronto
a coppie" cfr. TAR Veneto, sez. I,
21.10.1997, n. 1480, in Rass. TAR, 1997,
4384 (massima tratta da
www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez.
II,
sentenza 25.10.2000 n. 2185 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: Gara
- Termine per la presentazione delle domande
di partecipazione - Natura decadenziale -
Termine di ricezione e non di spedizione -
Art. 10 del d.lgs n. 157 del 1995.
Il termine fissato per la presentazione
delle domande di partecipazione a una gara
pubblica ha natura decadenziale, anche in
caso di assenza di espressa comminatoria, a
garanzia della par condicio e della
trasparenza dell'azione amministrativa.
E' legittima quindi l'esclusione da una gara
ove la domanda sia pervenuta, tramite
raccomandata espresso, alla sede della
stazione appaltante con il ritardo di un
giorno; il fatto che nel bando sia stato
previsto come unico mezzo quello della
raccomandata espresso e che il plico sia
stato consegnato alle poste sette giorni
prima della data di scadenza non induce a
diverse conclusioni (anche in relazione
all'art. 10 del d.lgs n. 157 del 1995 che
prevede un "termine di ricezione" e
non di spedizione), salva comunque
l'attivazione, nelle sedi competenti, delle
forme di responsabilità del servizio postale
in ipotesi di colpevole ritardo (massima
tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR
Toscana, Sez. I,
sentenza 02.10.2000 n. 2045 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI FORNITURE: 1.
- Bando - Adempimenti formali - Indagine
sulle finalità - Inammissibilità.
2. - Risarcimento del danno - Liquidazione -
Criteri - Art. 345 della L. n. 2248 del 1865
All. F.
1. - Una volta che una determinata clausola
o prescrizione sia inserita nella lettera
d'invito, l'Amministrazione non può esimersi
dal rispettarla, né può modificarla nel
corso della gara stessa successivamente alla
presentazione delle offerte.
Pertanto nel caso in cui nella lettera
d'invito si richiedano adempimenti formali,
pena in contrario l'inammissibilità
dell'offerta, non appare possibile,
attraverso un'indagine sulla finalità di
detti adempimenti, accertare se
l'ottemperanza a questi ultimi sia o meno
essenziale per il corretto svolgimento della
gara; infatti il giudizio sull'essenzialità
ed inderogabilità delle modalità di
presentazione è già stato effettuato a
priori dalla stessa p.a. nel momento in cui
predispone la disciplina di gara.
2. - Ritenuto ininfluente in relazione al
petitum sostanziale il formale
annullamento degli atti impugnati (non
essendo state contestate nella fattispecie
le scelte e le valutazione tecniche operate
dalla commissione bensì l'attività pregressa
finalizzata all'ammissione dei plichi
pervenuti e nella ragionevole previsione che
la fornitura sia stata ormai eseguita), il
risarcimento dei danni per l'illegittima
conduzione della gara, richiesto e dovuto ai
sensi dell'art. 35 del d.lgs del 1998, è
liquidato facendo riferimento per la sua
concreta quatificazione all'art. 345 della
legge generale sui lavori pubblici (n. 2248
del 1865, All. F) e cioè nella misura di un
decimo del valore dell'appalto negli importi
quantificati per i singoli lotti al momento
della relativa aggiudicazione (massima
tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR
Toscana, Sez. I,
sentenza 02.10.2000 n. 2041 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI - ATTI AMMINISTRATIVI: Atto
amministrativo - Vizi - Incompetenza - Atto
vincolato - Irrilevanza - In tema di
appalto.
L'incompetenza deve configurarsi come vizio
rilevante solo a carico dei provvedimenti di
natura discrezionale, la cui rimeditazione
da parte di autorità differente potrebbe
legittimamente condurre a differenti
determinazioni, non così per gli atti il cui
contenuto risulti vincolato, per effetto
della legge o di pronunzia giurisdizionale
che essa espliciti.
Deve ritenersi pertanto legittimo il
provvedimento di esclusione dell'offerta
adottato in una procedura di appalto dal
Dirigente (il quale ha altresì presieduto la
commissione di gara) anziché dalla Giunta
-come invece previsto dall'art. 30 del
regolamento comunale sui contratti- ove,
verificata in sede giurisdizionale la
legittimità della procedura selettiva sotto
il profilo del rispetto delle norme che ne
regolano i meccanismi, la verifica in sede
amministrativa (cui assolve l'atto di
approvazione) non potrebbe avere alla luce
della legge esito differente se ad essa
procedesse un diverso organo dell'Ente o
diversa autorità a ciò preposta
dall'ordinamento (massima tratta da
www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez.
II,
sentenza 20.07.2000 n. 1731 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: 1.
- Concorso di progettazione - Procedura
ristretta ex D.Lgs. 157/1995 - Criteri -
Sommatoria dei punteggi ottenuti in sede di
prequalificazione ed in sede di gara vera e
propria - Illegittimità.
2. - Servizi - Concorso di progettazione -
D.Lgs. 157/1995 - Criteri - Principio
generale di netta separazione tra fase di
qualificazione e fase di valutazione delle
offerte - Sussistenza.
3. - Processo amministrativo - Impugnazione
- Interesse - Appalti e forniture - Servizi
- Bando - Dies a quo - Individuazione.
4. - Risarcimento del danno - Annullamento
giurisdizionale della lex specialis, "in
parte qua", e della conseguente
aggiudicazione - Accoglimento della domanda
di risarcimento del danno in forma specifica
proposta dal ricorrente secondo
classificato, ex art. 35 D.Lgs. 80/1998 -
Accertamento e dichiarazione del diritto del
ricorrente all'aggiudicazione della gara
d'appalto - Sussistenza.
1. - E' illegittimo il bando di gara nella
parte in cui viene prevista, ai fini della
formazione della conclusiva graduatoria dei
partecipanti alla selezione, la sommatoria
dei punteggi agli stessi attribuiti sia
nella fase di prequalificazione, che in sede
di valutazione comparativa dei progetti
esaminati.
2. - All'interno del sistema delineato dal
D.Lgs 157/1995 è chiaramente individuabile
un principio di netta separazione fra la
fase della qualificazione (disciplinata
quanto ai relativi requisiti, dagli artt.
12-17) e quella della valutazione
dell'offerta (in ordine alla quale gli
elementi rilevanti vengono individuati
dall'art. 23).
3. - L'interesse all'impugnazione del bando
di gara, nella parte in cui prevede, ai fini
della formazione della conclusiva
graduatoria dei partecipanti alla selezione,
la sommatoria dei punteggi da ciascuno di
essi conseguiti nella fase di
prequalificazione e nella fase di gara vera
e propria, assume il necessario carattere di
concretezza ed attualità solo al momento ed
in conseguenza dell'approvazione della
conclusiva graduatoria e dell'accessiva
aggiudicazione, atteso che la valenza
pregiudizievole di tale disposizione della "lex
specialis" della gara, è venuta ad
emersione in conseguenza e per l'effetto
dell'attribuzione (operata nei confronti del
controinteressato raggruppamento) di un
punteggio complessivo che ha a quest'ultimo
consentito di conseguire un poziore
collocamento nella conclusiva graduatoria.
4. - Per effetto dell'annullamento del bando
di gara "in parte qua" (ovvero, nella
specie, limitatamente alla previsione, in
esso contenuta, della sommatoria dei
punteggi conseguiti dai partecipanti alla
selezione ai fini della formazione della
graduatoria finale) e del conclusivo
provvedimento di aggiudicazione, è
accoglibile la domanda di risarcimento in
forma specifica, svolta ai sensi dell'art.
35 D.Lgs 80/1998 (nel caso di specie, il
giudice amministrativo ha accertato e
dichiarato il diritto del ricorrente
all'aggiudicazione della gara d'appalto, in
ragione del maggior punteggio da questi
conseguito in sede di valutazione delle
soluzioni progettuali presentate).
___________________
1. - 2. - Con espresso riferimento al
caso di specie, si vedano altresì le
seguenti determinazioni dell'Autorità per la
Vigilanza sui Lavori Pubblici: n. 9/99
dell'08.11.1999 (in G.U. 107 del 10.05.2000)
e n. 17/2000 dell'05.04.2000 (in G.U. 120
del 25.05.2000) (massima tratta da
www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez.
II,
sentenza 12.07.2000 n. 1640 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
- Contratti - Concessione - Gestione di
teatro comunale - Attinenza ad un bene
pubblico - Convenzione - Disciplina degli
obblighi e delle condizioni per l'esercizio
dell'attività.
2. - Contratti - Concessione - Rinnovo
condizionato - Atto unilaterale della p.a. -
Accordo dei contraenti in ordine alle
condizioni essenziali - Necessità.
3. - Contratti - Concessione condizionata -
Interruzione delle trattative da parte della
p.a. - Interesse del privato - Sussistenza -
Tutelabilità davanti al G.A.
4. - Contratti - Concessione - Rinnovo -
Modifiche alla convenzione - Richiesta del
concessionario - Mancato perfezionamento di
un elemento essenziale del contratto -
Conclusione delle trattative - Esclusione.
5. - Atto amministrativo - Comunicazione di
avvio del procedimento - Contratti -
Partecipazione del privato alla trattativa -
Non occorre.
1. - Il rapporto che ha per oggetto la
concessione ad un privato della gestione di
un teatro comunale deve qualificarsi come
concessione che attiene ad un bene pubblico
e all'attività riferibile all'ente locale;
alla concessione accede la convenzione che
disciplina gli obblighi e le condizioni per
l'esercizio dell'attività.
2. - Nel caso che l'Amministrazione deliberi
di procedere al rinnovo della concessione
anche per l'anno successivo "alle stesse
condizioni, con i medesimi prezzi e medesimi
patti", tale provvedimento costituisce
un atto unilaterale della P.A. ed il rinnovo
deve considerarsi subordinato al
raggiungimento dell'accordo tra i contraenti
in ordine a dette condizioni essenziali, tra
cui anche la definizione del programma della
stagione teatrale.
3. - Nell'ambito del sistema della
concessione-convenzione e dello specifico
strumento della concessione condizionata,
deve ritenersi sussistente l'interesse del
privato, tutelabile dinanzi al Giudice
Amministrativo, a sentire accertare la
legittimità dell'atto con cui
l'Amministrazione comunale dichiara
interrotte le trattative e delibera di
iniziare nuove trattative con soggetti
diversi.
4. - La richiesta del concessionario della
gestione del teatro di stralciare dalla
bozza di convenzione predisposta dal Comune
alcune previsioni relative al piano
finanziario dell'attività e dal programma
della stagione, senza fare proposte concrete
in vista del raggiungimento dell'accordo,
impedisce -per libera scelta dello stesso
concessionario- il perfezionarsi di uno
degli elementi essenziali dello stipulando
contratto (art. 1325 C. civ.) e comporta che
le trattative non possano ritenersi
concluse.
5. - Non sussiste l'obbligo di informare il
privato dell'avvio di un procedimento che si
conclude con l'atto che dichiara terminata
la trattativa con il privato stesso, qualora
quest'ultimo abbia attivamente partecipato
alla trattativa (massima tratta da
www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez.
I,
sentenza 11.07.2000 n. 1615 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: Impugnazione
- Decorrenza del termine - Opere pubbliche -
Approvazione progetto - Persone direttamente
contemplate - Dies a quo - Notificazione -
Soggetti non destinatari del provvedimento -
Decorrenza dalla pubblicazione.
1. - Il
termine per impugnare la delibera di
approvazione di un progetto di opera
pubblica decorre per le persone direttamente
interessate dal procedimento di
espropriazione dal momento della notifica
dell'atto, mentre nei confronti di tutti gli
"altri soggetti" -ossia per quelli
che non sono destinatari del provvedimento e
per i quali, conseguentemente, non occorra
la comunicazione individuale del medesimo-
il termine per la proposizione del ricorso
decorre dalla pubblicazione dell'atto, a
condizione che questa sia espressamente
prevista ed avvenga nei modi indicati (nella
fattispecie mediante affissione all'albo
pretorio).
__________________
1. - Conforme Tar Toscana II Sez.
14.02.2000 n. 174 (massima tratta da
www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez.
II,
sentenza 23.05.2000 n. 943 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: 1.
- Risarcimento del danno - Illegittimità
dell'aggiudicazione per contraddittorietà ed
ingiustizia e disparità di trattamento -
Colpa della P.A. - Sussistenza.
2. - Risarcimento del danno - Esclusione
illegittima - Mancata aggiudicazione -
Risarcimento automatico - Impossibilità -
Onere della prova - Contenuto.
3. - Risarcimento del danno - Esclusione
illegittima - Criterio ex art. 345 L.
20.3.1865 n. 2248 all. F - Impossibilità.
4. - Lavori - Risarcimento del danno -
Esclusione illegittima - Perdita di chance -
Determinazione - Criteri.
5. - Risarcimento del danno - Esclusione
illegittima - Perdita di chance -
Liquidazione del danno - Metodo - Prova del
danno - Criterio.
6. - Risarcimento del danno - Esclusione
illegittima - Responsabilità precontrattuale
- Risarcibilità dell'interesse negativo -
Criterio.
7. - Processo amministrativo - Risarcimento
del danno - Domanda (solo) per mancata
aggiudicazione - Interpretazione da parte
del giudice come domanda di risarcimento per
perdita di chance - Impossibilità - Ragioni
- Risarcimento per responsabilità
precontrattuale - Impossibilità per le
stesse ragioni.
8. - Lavori - Risarcimento del danno -
Prescrizione - Decorrenza del termine.
1. - Nel caso di accertata illegittimità
dell'aggiudicazione dell'appalto (con
sentenza passata in giudicato), su
impugnativa di un concorrente escluso, per "contradddittorietà
ed ingiustizia" e per "disparità di
trattamento" devono ravvisarsi
sussistenti i profili di colpa della P.A.
giustificativi dell'imputabilità ad essa
dell'evento dannoso, ritenendosi violate le
regole di imparzialità, di correttezza e di
buona amministrazione alle quali l'esercizio
della funzione pubblica deve ispirarsi.
2. - La concorrente illegittimamente esclusa
da una gara per l'aggiudicazione di un
contratto della P.A., ai fini
dell'accoglimento della domanda di
risarcimento del danno per mancata
aggiudicazione, deve provare il proprio "diritto
all'aggiudicazione" ossia la sicura
aggiudicabilità dell'appalto in suo favore e
la diminuzione dell'integrità patrimoniale
subita per effetto degli atti
illegittimamente posti in essere dalla P.A.,
non conseguendo questo automaticamente
dall'accoglimento del ricorso proposto
avverso l'esclusione riconosciuta
illegittima.
3. - Ai fini della quantificazione del
risarcimento, nell'ipotesi di concorrente
illegittimamente esclusa da una gara per
l'aggiudicazione di un contratto della P.A.,
non può invocarsi la disposizione di cui
all'art. 345 della l. 20.03.1865, n. 2248,
all. F (che, nel dare atto della facoltà
della P.A. "di risolvere in qualunque
tempo il contratto", ricongiunge
l'esercizio di tale potere "al pagamento
dei lavori eseguito e del valore dei
materiali utili esistenti in cantiere, oltre
al decimo dell'importare delle opere non
eseguite") che presuppone un illegittimo
esercizio del potere di revoca del bando di
gara che, intervenuto successivamente
all'aggiudicazione della gara, si riveli
assimilabile ad un atto di "recesso".
4. - Nell'ipotesi di concorrente
illegittimamente escluso da una gara per
l'aggiudicazione di un contratto della P.A.,
il risarcimento del danno (che non possa
essere integrato dal danno per la mancata
aggiudicazione, nella specie per difetto di
prova del "diritto all'aggiudicazione")
può configurarsi in relazione alla c.d. "perdita
di chance", riferita alla possibilità di
conseguire un risultato utile (chance),
la cui risarcibilità è conseguenza del
verificarsi di un danno emergente da perdita
di possibilità attuale e non di un futuro
risultato utile.
5. - Il danno da "perdita di chance"
va liquidato assumendo come parametro di
valutazione l'utile economico
complessivamente realizzabile dal
danneggiato, diminuito di un coefficiente di
riduzione proporzionato al grado di
possibilità di conseguirlo; ovvero, ove tale
metodologia risulti di difficilmente
applicazione, con ricorso al criterio
equitativo ex art. 1226 c.c..
Al fine di ottenere il risarcimento per
perdita di una chance, è necessario che il
danneggiato dimostri (anche in via
presuntiva, ma pur sempre sulla base di
circostanze di fatto certe e puntualmente
allegate) la sussistenza di un valido nesso
causale tra il danno e la ragionevole
probabilità della verificazione futura del
danno e provi quindi la realizzazione in
concreto almeno di alcuni dei presupposti
per il raggiungimento del risultato sperato
e impedito dalla condotta illecita della
quale il danno risarcibile deve essere
conseguenza immediata e diretta.
6. - La responsabilità precontrattuale viene
in considerazione laddove sia dimostrata
l'esistenza di una perdita patrimonialmente
rilevante connessa alle spese incontrate per
prendere parte ad una gara per
l'aggiudicazione di un contratto di appalto,
aggiudicazione alla quale la parte non abbia
potuto concretamente essere posta in
condizione di aspirare per fatto imputabile
a comportamento dalla P.A. assunto in
violazione degli obblighi di affidamento ex
art. 1337 c.c..
In caso di lesione dell'interesse giuridico
al corretto svolgimento delle trattative, il
danno risarcibile (liquidabile anche in via
equitativa) si sostanzia unicamente nelle
perdite derivate dall'aver fatto affidamento
nella conclusione del contratto e nei
mancati guadagni verificatisi in conseguenza
delle altre occasioni contrattuali perdute
7. - In presenza di una domanda di parte
concernente il (solo) danno da mancata
aggiudicazione, non è dato al Giudice
operare una "modificazione" (quasi a
realizzare una "mutatio", o,
quantomeno, una "emendatio libelli"
d'ufficio) dell'originaria pretesa,
ammettendo a delibazione (e, nel caso di
dimostrata fondatezza della domanda, a
risarcimento) l'inammissibile tipologia di
illecito riveniente dalla perdita di
chance.
Infatti, la pretesa dedotta, presupponendo
la certezza dell'esito favorevole della
procedura, non è in alcun modo assimilabile
alla diversa domanda con la quale, in
relazione alla mera probabilità di esito
favorevole della selezione, venga invocato
il risarcimento del pregiudizio da perdita
di chance.
Le medesime considerazioni precludono la
delibabilità della proposta pretesa
risarcitoria sotto profilo -pur
astrattamente ipotizzabile- del risarcimento
per culpa in contrahendo (c.d.
responsabilità precontrattuale), costituito
dalle spese inutilmente effettuate in vista
della conclusione del contratto, sia dalla
perdita di ulteriori occasioni contrattuali,
ugualmente o maggiormente vantaggiose.
8. - Il termine prescrizionale per
l'esercizio della pretesa risarcitoria del
concorrente escluso da una gara d'appalto
decorre dal passaggio in giudicato della
decisione giurisdizionale di illegittimità
delle determinazioni con le quali
l'Amministrazione ha disposto
l'aggiudicazione dell'appalto (massima
tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR
Toscana, Sez. II,
sentenza 13.04.2000 n. 660 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Una condanna per il
reato previsto dall’art. 25 del D.P.R. n.
915/1982, recante sanzioni per l’attività di
smaltimento di rifiuti tossici e nocivi
svolta in violazione delle norme poste
dettate dallo stesso decreto in attuazione
delle direttive CEE n. 75/422, n. 76/403 e
n. 78/319, incide sulla moralità
professionale ed è causa di esclusione.
Secondo l’art. 11, lett. b), del D.Lgs. n.
358/1992, le cui norme trovano applicazione
anche in materia di appalti di servizi per
il richiamo operato dall’art. 12 del D. Lgs.
157/1995, “sono esclusi dalla
partecipazione alla gara i fornitori…nei cui
confronti sia stata pronunciata una
condanna, con sentenza passata in giudicato,
per qualsiasi reato che incida sulla loro
moralità professionale o per delitti
finanziari”.
La norma citata nega, in sostanza, la
capacità di assumere la gestione del
servizio di smaltimento a chi abbia tenuto
comportamenti puniti con sanzione penale e
lesivi di regole che disciplinano
l’esercizio di tale specifica attività.
Il sig. ... si trovava in questa situazione,
giacché, come risulta dal certificato del
casellario giudiziale presentato a suo tempo
all’amministrazione comunale, aveva subìto
una condanna per il reato previsto dall’art.
25 del D.P.R. n. 915/1982, recante sanzioni
per l’attività di smaltimento di rifiuti
tossici e nocivi svolta in violazione delle
norme poste dettate dallo stesso decreto in
attuazione delle direttive CEE n. 75/422, n.
76/403 e n. 78/319.
Nell’appello si replica che, in
considerazione della levità della pena
inflitta, la condanna sarebbe “certamente
inidonea a ledere gravemente la moralità
professionale della ditta nello svolgimento
dei lavori cui risulta abilitata”.
L’obiezione muove da un equivoco, poiché nel
citato art. 11, lett. b, nulla lascia
intendere che si sia inteso dare rilievo
all’entità della pena o che debba risultarne
“gravemente” lesa la moralità
professionale. Al contrario, la formulazione
della norma, che collega l’esclusione alla
generalità delle trasgressioni (“ogni
reato”) in materia di attività di
smaltimento dei rifiuti, a differenza di
quelle inerenti alla materia finanziaria (“delitti”),
indica che nella considerazione del
legislatore è qualificante non la gravità
della sanzione, ma la natura del reato sotto
l’aspetto sostanziale.
In sostanza, si è voluto evitare
l’affidamento del servizio a coloro che
abbiano commesso reati lesivi degli stessi
interessi collettivi che, nella veste di
aggiudicatari, sarebbero chiamati a
tutelare. Pertanto, con ragione la società
appellata ritiene che l’indicato precedente
penale fosse ostativo dell’ammissione della
ditta ... alla licitazione privata
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 27.03.2000 n. 1770 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: 1.
- Processo amministrativo - Impugnabilità
dell'atto - Aggiudicazione - Aggiudicazione
provvisoria - Consegna e svolgimento del
servizio - Immediata lesività -
Impugnabilità.
2. - Gara - Certificato di qualità - Criteri
di attribuzione del punteggio -
Determinazione prima della conoscenza
dell'offerta - Necessità.
1. - E' suscettibile di impugnazione
immediata l'aggiudicazione provvisoria di
una gara per l'affidamento di un appalto
-indipendentemente dall'esistenza o meno di
un vero e proprio provvedimento di
approvazione della stazione appaltante- in
caso di consegna e svolgimento del servizio
e stipulazione del contratto, atteso che
l'immediata attività esecutiva posta in
essere dall'Amministrazione la rende idonea
a ledere immediatamente la sfera giuridica
dei terzi.
2. - Incorre nella violazione del principio
generale della predeterminazione dei criteri
di valutazione delle offerte,
l'Amministrazione che non esplicita
puntualmente i criteri di attribuzione del
punteggio concernente il certificato di
qualità della ditta invitata alla gara prima
dell'apertura della busta contenente
l'offerta economica e la relazione
progettuale e cioè, in sostanza, prima di
conoscere tutti i dati dell'offerta (massima
tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR
Toscana, Sez. II,
sentenza 15.03.2000 n. 450 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Appalto
concorso - Rinnovazione della gara -
Precedente aggiudicataria non invitata -
Intervenuta esecuzione dei lavori da parte
di altra ditta aggiudicataria - Carenza
d’interesse.
Deve ritenersi inammissibile per
sopravvenuta carenza di interesse il ricorso
proposto, avverso la delibera di rinnovo
della procedura di appalto concorso, dalla
precedente ditta aggiudicataria non invitata
dato che, essendo l’appalto in questione già
stato eseguito da altra ditta
aggiudicataria, non è ravvisabile un
interesse di carattere sostanziale allo
svolgimento dei lavori o di carattere
strumentale alla ripetizione della gara né,
tantomeno, un interesse di natura morale -
ideale all’annullamento dell’atto impugnato
(massima tratta da www.sentenzetoscane.it -
TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 23.02.2000 n. 328 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
- Appalto concorso - Aggiudicazione - Revoca
- Rinnovazione - Precedente aggiudicataria
non invitata - Intervenuta esecuzione dei
lavori da parte di altra ditta
aggiudicataria - Interesse morale -
Sussiste.
2. - Capitolato programma – Eventuale
contenuto vessatorio - Interpretazione -
Criterio.
1. - Ancorché sia già intervenuta
l’esecuzione dell’appalto da parte di altra
ditta risultata aggiudicataria nella
procedura rinnovata, ben può la precedente
ditta aggiudicataria ricorrere avverso la
delibera di revoca dell’aggiudicazione in
quanto è innegabile la persistenza (oltre
che dell’interesse materiale alla
restituzione della cauzione incamerata) di
un interesse "morale" alla
definizione della causa, anche sotto
l’aspetto della tutela dell’"immagine"
della ditta, atteso che il provvedimento
chiaramente preludeva a possibili misure
sanzionatorie (eventuale perdita dei
requisiti per l’iscrizione all’Albo
Nazionale Costruttori).
2. - Poiché nell’interpretazione dell’atto
amministrativo si deve privilegiare quella
che ne consenta il riconoscimento di
legittimità, ne deriva che le disposizioni
del capitolato di programma che prevedano la
possibilità di modifiche progettuali e
conseguenti maggiori oneri a carico
dell’aggiudicataria, devono intendersi
riferite ad ipotesi di accorgimenti tecnici
e di modifiche compatibili col progetto
originario (e non a varianti sostanziali o
rilevanti) oppure a variazioni concordate ed
accettate o, al limite, a modifiche che
risultino necessarie in sede esecutiva; ciò
per evitare di avallare la prospettazione di
un Capitolato d’appalto illegittimo e
vessatorio che, costringendo la parte
privata a subire qualsiasi richiesta
modificativa dell’Amministrazione senza
avere la possibilità di concordare il
relativo corrispettivo o di ritirare
l’offerta, incorrerebbe nella violazione del
principio di libertà contrattuale nonché
delle caratteristiche di corrispettività e
commutatività del contratto di appalto
(massima tratta da www.sentenzetoscane.it -
TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 23.02.2000 n. 327 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: Comunicazione
di avvio del procedimento - Dichiarazione di
pubblica utilità implicita nell’approvazione
del progetto - Occorre comunicazione.
1. - Incorre nella violazione dell'art. 7
della L. 241/1990 il Comune che, in caso di
approvazione di un progetto che equivale a
dichiarazione di pubblica utilità e di
urgenza ed indifferibilità dell’opera ai
sensi dell’art. 1, I comma, della L. 1/1978,
omette di comunicare agli interessati
espropriandi l’avvio del procedimento; data
l’idoneità della dichiarazione di pubblica
utilità ad incidere direttamente sulla sfera
giuridica del destinatario determinandone la
lesione immediata, deve essere assicurato il
contraddittorio con gli interessati fin dal
momento in cui la pubblica amministrazione
si determina alla realizzazione di un’opera
pubblica e quindi prima della dichiarazione
di pubblica utilità dell’opera e
dell’approvazione del progetto (tanto più
quando la previsione e la localizzazione
dell’opera pubblica è contestuale al
progetto medesimo).
____________________
1. - Cfr. Consiglio di Stato, Adunanza
Plenaria, 15.09.1999 n. 14 in Rass. Cons.
Stato 1999, pag. 1297 (massima tratta da
www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez.
I,
sentenza 23.02.2000 n. 319 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Aggiudicazione
con il criterio del prezzo più basso da
indicare in percentuale - Indicazione in
valore assoluto invece che in percentuale -
Mera irregolarità.
Il mancato rispetto della clausola del bando
che richiede l’espressa indicazione del
ribasso in percentuale, ancorché prescritta
a pena di esclusione, costituisce mera
irregolarità, allorché il ribasso sia stato
indicato nel suo preciso ammontare (ancorché
non percentualmente espresso), emergendo
comunque il dato richiesto da un semplice
calcolo matematico e quindi perfettamente
conoscibile e percepibile
dall’Amministrazione e dovendosi
interpretare il bando secondo il comune
canone di ragionevolezza, con esclusione di
valutazioni formalistiche che non rispondano
ad alcun interesse pubblico, né all’esigenza
di garantire la par condicio (massima tratta
da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana,
Sez. II,
sentenza 15.02.2000 n. 185 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: Processo
amministrativo - Impugnazione - Decorrenza
del termine - Opere pubbliche - Approvazione
progetto - Persone direttamente contemplate
- Dies a quo - Notificazione - Soggetti non
destinatari del provvedimento - Decorrenza
dalla pubblicazione.
Il termine per impugnare la delibera di
approvazione di un progetto di opera
pubblica decorre per le persone direttamente
interessate dal procedimento di
espropriazione dal momento della notifica
dell'atto, mentre nei confronti di tutti gli
"altri soggetti" -ossia per quelli
che non sono destinatari del provvedimento e
per i quali, conseguentemente, non occorra
la comunicazione individuale del medesimo-
il termine per la proposizione del ricorso
decorre dalla pubblicazione dell'atto, a
condizione che questa sia espressamente
prevista ed avvenga nei modi indicati
(massima tratta da www.sentenzetoscane.it -
TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 14.02.2000 n. 174 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: 1.
- Offerta con costo orario della manodopera
inferiore ai minimi salariali -
Aggiudicazione - Illegittimità - Ragioni.
2. - Risarcimento danni - Utilità ancora
astrattamente conseguibile – Esclusione.
1. - E’ illegittima l’aggiudicazione, a
seguito di licitazione privata per
affidamento di servizi di pulizia di
immobili comunali, alla ditta che abbia
presentato un’offerta evidenziante un costo
orario della manodopera inferiore ai minimi
salariali fissati dalla contrattazione
collettiva.
Costituiscono, infatti, norme inderogabili
quelle poste da leggi o da contratti
collettivi in materia di minimi retributivi,
nonché in materia di obblighi previdenziali
ed assistenziali, con la conseguenza che la
violazione di tali disposizioni ha rilevanza
diretta sui contratti di appalto pubblici,
non solo in forza di clausole specifiche
delle norme di gara, ma anche della
normativa di settore; inoltre il carattere
inderogabile della normativa in questione
rileva anche con riferimento alle
prescrizioni sulle offerte anormalmente
basse, dalle cui giustificazioni sono
esclusi elementi i cui valori minimi sono
stabiliti da disposizioni legislative,
regolamentari o amministrative, ovvero i cui
valori risultano da atti ufficiali.
2. - E’ esclusa la risarcibilità del danno
quando l’utilità materiale perseguita (nella
specie: aggiudicazione della gara e
svolgimento del servizio) è tuttora
astrattamente suscettibile di conseguimento
in relazione all’adozione da parte
dell’Amministrazione di eventuali successive
effusioni provvedimentali conseguenti alla
pronuncia giurisdizionale di annullamento
degli atti della procedura di gara (massima
tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR
Toscana, Sez. II,
sentenza 14.02.2000 n. 173 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Contratti
– Gara per l’acquisto di proprietà
immobiliare - Aggiudicazione – Rinuncia –
Aggiudicazione alla seconda migliore offerta
- Diniego - Nuova procedura di gara –
Legittimità.
In caso di rinuncia da parte
dell’aggiudicatario originario è legittimo
il provvedimento con il quale la P.A.,
avvalendosi dei suoi poteri discrezionali,
decide di non procedere all’aggiudicazione
alla seconda migliore offerta e di indire
una nuova gara, piuttosto che procedere allo
scorrimento della graduatoria, previsto
espressamente come semplice facoltà dal
bando (massima tratta da
www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez.
III,
sentenza 11.02.2000 n. 160 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
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