e-mail
info.ptpl@tiscali.it

APPALTI
CONVEGNI
FORUM
G.U.R.I. - G.U.U.E. - B.U.R.L.
LINK
NEWS PUBBLICATE:
1-aggiornam. pregressi
2-Corte dei Conti
3-
dottrina e contributi
4-funzione pubblica
5-giurisprudenza
6-modulistica
7-news
8-normativa
9-note, circolari e comunicati
10-quesiti & pareri
11-utilità
- - -
DOSSIER
:
12-
A.V.C.P.
13-
ABUSI EDILIZI
14-
AFFIDAMENTO IN HOUSE
15-APPALTI
16-A.S.L. + A.R.P.A.
17-ATTI AMMINISTRATIVI
18-BOX
19-CARTELLI STRADALI
20-CERIFICAZIONE ENERGETICA e F.E.R.
21
-COMPETENZE GESTIONALI
22
-COMPETENZE PROFESSIONALI - PROGETTUALI
23-CONSIGLIERI COMUNALI
24-CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE
25-DEFINIZIONI INTERVENTI EDILIZI
26-D.I.A. e S.C.I.A.
27-D.I.A.P.
28-DISTANZE CONFINI
29-DISTANZE PARETI FINESTRATE
30-D.U.R.C.
31-ESPROPRIAZIONE
32-INCARICHI PROFESSIONALI E PROGETTUALI
33-INCENTIVO PROGETTAZIONE
34-L.R. 12/2005
35-L.R. 23/1997
36-LEGGE CASA LOMBARDIA
37-OPERE PRECARIE
38-
PERTINENZE EDILIZIE ED URBANISTICHE
39-PIANI PIANIFICATORI ED ATTUATIVI
40-PROROGA P.d.C.
41-PUBBLICO IMPIEGO
42-RIFIUTI E BONIFICHE
43-
RINNOVO/PROROGA CONTRATTI
44-RUDERI
45-
RUMORE
46-SAGOMA EDIFICIO
47-SANATORIA GIURISPRUDENZIALE
48-SCOMPUTO OO.UU.
49-SIC-ZPS - VAS - VIA
50-SICUREZZA SUL LAVORO
51
-
SINDACATI
52-SOTTOTETTI
53-S.U.A.P.
54-
TELEFONIA MOBILE
55-VINCOLO CIMITERIALE
56-VINCOLO PAESAGGISTICO ED ESAME IMPATTO PAESISTICO
57-VINCOLO STRADALE
58-VOLUMI TECNICI

NORMATIVA:
dt.finanze.it
entilocali.leggiditalia.it

leggiditaliaprofessionale.it

simone.it

SITI REGIONALI
STAMPA
 
C.A.P.
Codice Avviamento Postale

link 1 - link 2
COSTO DI COSTRUZIONE
(ag
g. indice istat):

link 1 - link 2
DIZIONARI
indici ISTAT:
link 1 - link 2
link 3
MAPPE CITTA':
link 1 - link 2 - link 3
link 4 - link 5
METEO
1 - PAGINE bianche
2 - PAGINE gialle
PREZZI:
osservatorio prezzi e tariffe

prodotti petroliferi
link 1
- link 2
 
 

AGGIORNAMENTI PREGRESSI mese di APRILE 2010

Alcuni files sono in formato Acrobat (pdf): se non riesci a leggerli, scarica gratuitamente il programma Acrobat Reader (clicca sull'icona a fianco riportata).  -      segnala un errore nei links

aggiornamento al 26.04.2010

aggiornamento al 22.04.2010

aggiornamento al 19.04.2010

aggiornamento al 14.04.2010

aggiornamento al 13.04.2010

aggiornamento al 12.04.2010

aggiornamento al 06.04.2010

aggiornamento all'01.04.2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AGGIORNAMENTO AL 26.04.2010

ã

UTILITA'

EDILIZIA PRIVATA: Incentivi per case "ecologiche": come comportarsi?
Il D.M. 26.03.2010, provvedimento che ha introdotto gli incentivi per case ecologiche è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 79 del 06.04.2010 ed è entrato in vigore lo stesso giorno.
Per l'acquisto di immobili di nuova costruzione è previsto:
- un contributo per un importo pari a 116 euro a metro quadrato (con un massimo di 7mila euro) per gli immobili con fabbisogno di energia primaria migliore almeno del 50% rispetto ai valori di cui all'allegato C, n. 1, della Tabella 1.3 del decreto legislativo 19.08.2005, n. 192;
- un contributo per un importo pari a 83 euro al metro quadro (con un massimo di 5mila euro) per gli immobili con fabbisogno di energia primaria migliore almeno del 30% rispetto ai valori di cui all'allegato C, n. 1, della Tabella 1.3 del decreto legislativo 19.08.2005, n. 192.
Per usufruire degli incentivi le prestazioni energetiche degli immobili devono essere certificate da un soggetto accreditato, sulla base delle procedure fissate dal decreto legislativo 19.08.2005, n. 192, e successive modificazioni.
Per ottenere il contributo, il preliminare di compravendita deve essere di data certa successiva al 06.04.2010 e la stipula del rogito deve avvenire non oltre il 31.12.2010 ... (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Gli impianti di protezione per le scariche atmosferiche: normativa di riferimento e valutazione del rischio.
Sul sito della Regione Campania è disponibile un documento dal titolo "Il D.Lgs. 81/2008 e la vigilanza negli ambienti di lavoro - Impianti di protezione dalle scariche atmosferiche: normativa di riferimento – valutazione del rischio", a cura dell' ing. Elvio Vitale (Ex Dirigente Responsabile SPSAL ASL BN1).
Il documento, aggiornato al mese di febbraio 2010, si compone di ben 94 pagine nelle quali l'autore illustra, nel dettaglio, la normativa (legislativa e tecnica) di riferimento ... (link a www.acca.it).

SICUREZZA LAVORO: DPI: obblighi per datori di lavoro e lavoratori. Le indicazioni del Ministero del Lavoro.
Quali sono gli obblighi cui datori di lavoro e lavoratori sono tenuti ad ottemperare in materia di Dispositivi di Protezione Individuali?
Il Ministero del Lavoro risponde al quesito nell'apposita sezione (FAQ) del sito ... (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: In gazzetta ufficiale l'elenco aggiornato delle norme europee e delle norme Uni sui Prodotti da costruzione.
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 91 del 20.04.2010 è stato pubblicato il Decreto 8 aprile 2010 del Ministero dello Sviluppo economico recante "Elenco riepilogativo di norme concernenti l'attuazione della direttiva 89/106/CE relativa ai prodotti da costruzione".
Il decreto in argomento riporta l'elenco riepilogativo delle norme nazionali che traspongono le norme armonizzate europee in materia di materiali da costruzione (oltre 400 prodotti), i cui riferimenti sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea n. C 309 del 18.12.2009, ai sensi della citata direttiva 89/106/CEE ... (link a www.acca.it).

DOTTRINA  E CONTRIBUTI

APPALTI SERVIZI: R. Russo, Cosa fare delle società in house? (link a www.robertorusso.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

APPALTI FORNITURE E SERVIZI - EDILIZIA PRIVATA: G.U. 23.04.2010 n. 94, suppl. ord. n. 75/L, "Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno" (D.Lgs. 26.03.2010 n. 59).

NOTE, CIRCOLARI & COMUNICATI

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: GUIDA TECNICA su: “Requisiti di sicurezza antincendio delle facciate negli edifici civili (Ministero dell'Interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco, nota 31.03..2010 n. 5643 di prot.).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Certificazione della resistenza al fuoco di elementi costruttivi – Murature (Ministero dell'Interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco, nota 31.03.2010 n. 5642 di prot.).

EDILIZIA PRIVATA: Guida per l'installazione degli impianti fotovoltaici (Ministero dell'Interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco, nota 26.03.2010 n. 5158 di prot.).

ENTI LOCALI - VARI: Controlli di prevenzione incendi ai sensi dell'art. 19 del D.Lgs. 139/2009 - ANNO 2010 (Ministero dell'Interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco, nota 10.02.2010 n. 1764 di prot.).

NEWS

PUBBLICO IMPIEGO: Giro di vite sui turni. La Cassazione dà torto ai dipendenti di una biblioteca. Indennità se l'orario è continuativo.
Ai dipendenti della biblioteca comunale aperta con orario prolungato solo qualche giorno alla settimana con orario spezzato non può essere erogata l'indennità di turno prevista dal contratto nazionale di lavoro. E questa limitazione deve essere mantenuta nonostante l'alternanza dei dipendenti nei servizi antimeridiani e pomeridiani.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sez. lavoro, con la sentenza 07.04.2010 n. 8254.
I dipendenti di un piccolo comune veneziano addetti al servizio biblioteca hanno richiesto il pagamento dell'indennità di turno, conseguente al loro particolare avvicendamento lavorativo nell'ambito del servizio cultura. In pratica l'orario di apertura della biblioteca è stato organizzato in modo da consentire una frequentazione del pubblico su 4 giorni per almeno 10 ore, con pausa pranzo. Nei restanti due giorni, ovvero il lunedì ed il sabato, l'orario di apertura per gli utenti è stato invece limitato a solo 5 ore. Contro il conseguente diniego dell'amministrazione comunale all'applicazione dell'istituto economico che ristora il particolare disagio per i dipendenti in turno, gli interessati hanno proposto ricorso al tribunale che ha accolto le doglianze evidenziando la legittimità delle pretese salariali ... (articolo ItaliaOggi del 23.04.2010, pag. 31 - link a www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGO: P.a., Brunetta a 360°. La reale portata della sentenza del tribunale di Torino. Riforma estesa ai contratti decentrati.
La riforma-Brunetta si applica integralmente ai nuovi contratti decentrati, col solo limite dell'impossibilità di modificare l'assetto dei fondi contrattuali, in assenza della nuova contrattazione nazionale collettiva.
La sentenza del Tribunale di Torino 02.04.2010 (si veda Italia Oggi del 12 aprile scorso) non ha affatto sancito l'inapplicabilità della riforma e, in particolare, dell'istituto del provvedimento unilaterale sostitutivo del mancato accordo sindacale, introdotto dall'articolo 40, comma 3-ter, del dlgs 165/2001.
Il Tribunale si è limitato a considerare come antisindacale il comportamento del datore di lavoro pubblico che ha negato l'esplicarsi dei diritti sindacali alle relazioni di concertazione e informazione fissati dai contratti decentrati vigenti. L'operazione interpretativa compiuta dal giudice torinese non si pone per nulla in contrasto con la riforma ... (articolo ItaliaOggi del 23.04.2010, pag. 30 - link a www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Certificati, si naviga a vista.
Sui certificati medici telematici la burocratizzazione rischia di operare solo a metà. Mentre ancora non si placano le polemiche tra i medici di base convenzionati col servizio sanitario nazionale, parecchio recalcitranti ad attuare la previsione della riforma-Brunetta, e palazzo Vidoni, pare si navighi «a vista» in merito alla concreta applicazione delle procedure.
Come prevede la circolare 1/2010 della Funzione pubblica, esplicativa dell'articolo 55-septies, del dlgs 165/2001, si prevede che il certificato medico telematico sia trasmesso all'Inps per il tramite del Sistema di accoglienza centrale (Sac), il servizio già attivato per la trasmissione telematica dei certificati di malattia dei lavoratori privati. Tuttavia, anche se il canale di trasmissione previsto è il medesimo, la procedura non è esattamente identica a quella valevole per il lavoro privato. In questo sistema, infatti, destinatario ultimo del certificato di malattia è lo stesso Inps. L'istituto, infatti, utilizza in prima persona i certificati ricevuti, per organizzare le visite di controllo nei confronti dei lavoratori. I certificati telematici dei medici si fermano presso il reale beneficiario della comunicazione.
Nel caso del settore pubblico, invece, l'Inps fa solo da centro di raccolta e, non si capisce ancora in che modo, smistamento. Proprio la scelta dell'inoltro o, comunque, del modo di mettere i certificati a disposizione delle amministrazioni pubbliche si rivela il lato debole della riforma, assolutamente vaga sul modo col quale i certificati telematici possano transitare nelle banche dati dei datori di lavoro pubblici.
Le possibilità alternative sono più di una. La meno efficace è quella secondo la quale l'Inps dovrebbe organizzarsi per dirottare quotidianamente i certificati pervenuti dai medici verso le centinaia di comuni che spesso compongono il territorio della provincia o, comunque, le decine di comuni ricadenti nelle agenzie se saranno queste a provvedere; cui vi saranno da aggiungere le decine di scuole, le Usl, le aziende ospedaliere, commissariati e uffici periferici dello stato. Una mole di lavoro imponente, tale da imporre di dedicare indubbiamente a tempo pieno personale per il solo compito di dirottare i certificati verso le amministrazioni destinatarie.
Tale soluzione appare assolutamente impraticabile. L'Inps, per altro, in questo periodo particolare risulta oltre modo sovraccarico di lavoro pressata com'è dalle pratiche per l'erogazione dell'enorme numero di indennità di disoccupazione, mobilità, cassa integrazione ed altri ammortizzatori sociali in deroga, dovuto alla crisi economica. Un aggravio ulteriore di burocrazia è l'ultima delle scelte opportune. Tanto è vero che tra le soluzioni allo studio c'è quella di lasciare i certificati acquisiti al sistema depositati, in modo che siano inoltrati alle amministrazioni datrici solo su loro richiesta. Ma, anche in questo caso la soluzione appare tutt'altro che ottimale. Essa non allevierebbe il carico dell'Inps e aggiungerebbe l'ulteriore attività improduttiva della domanda di consultazione di ciascuna amministrazione.
L'unica soluzione seriamente percorribile appare quella che l'Inps archivi i certificati pervenuti nel suo portale, assegnando preventivamente alle amministrazioni codici e chiavi di accesso, perché siano queste a scaricare quotidianamente da lì i certificati.
Certo è che comunque sembra mancare un pezzo. Le amministrazioni sono, poi, tenute a richiedere sostanzialmente sempre ai servizi di visita fiscale delle Asl la visita ispettiva. Forse, sarebbe stato meglio pensare il sistema in modo che i certificati dei medici invece di passare attraverso l'Inps giungessero direttamente ai servizi ispettivi del servizio sanitario e per conoscenza alle amministrazioni, valendo già automaticamente come input per l'avvio dei controlli. In questo modo si sarebbero effettivamente risparmiati passaggi burocratici eccessivi e forse inutili. Non resta che aspettare auspicabili evoluzioni e revisioni del sistema (articolo ItaliaOggi del 23.04.2010, pag. 30).

VARI: Frigo, congelatori, mobili, Tv e pc.. Gli "sconti" Irpef del 20% nel 730.
Debutto assoluto per il bonus riservato agli acquisti finalizzati all'arredo di immobili ristrutturati.
Sostituzione del vecchio frigorifero con uno nuovo a basso consumo. Acquisto e installazione di motori ad elevata efficienza e di inverter. Arredo delle case per le quali si fruisce del bonus ristrutturazioni.
Sono le spese che la normativa tributaria agevola con una detrazione Irpef del 20%; se sostenute nel 2009, lo "sconto" va richiesto nella prossima dichiarazione dei redditi.
La loro indicazione, nel modello 730/2010, avviene nella sezione IV del quadro E.
L'unico rigo E37 è suddiviso in quattro colonne, riservate, rispettivamente, alle spese per:
1. la sostituzione di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni
2. l'acquisto di motori ad elevata efficienza
3. l'acquisto di variatori di velocità
4. l'acquisto di mobili, elettrodomestici, apparecchi televisivi e computer ... (link a www.nuovofiscooggi.it).

CORTE DEI CONTI

CONSIGLIERI COMUNALI: Gettoni illegittimi se manca il verbale. Corte conti Lazio: c'è danno erariale.
Un verbale di una seduta consiliare o di una commissione permanente è giuridicamente inesistente fino a quando non si perfeziona la relativa procedura di verbalizzazione. Pertanto, costituisce danno erariale la corresponsione di gettoni di presenza a consiglieri comunali, sulla scorta di sedute di commissione consiliare svoltesi senza l'ausilio di un funzionario verbalizzante. Un danno, che deve essere rimborsato dai consiglieri beneficiati, ma il cui ammontare complessivo deve essere ridotto, in quanto generato anche dal lassismo degli organi della struttura comunale preposti alla vigilanza e al pagamento.
Lo ha sancito la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la regione Lazio, nel testo della sentenza 13.04.2010 n. 793 con la quale ha condannato alcuni componenti di un municipio di Roma a dover rifondere nelle casse comunali quanto dagli stessi percepito nel 2003, a titolo di gettoni di presenza, per sedute di commissione nelle quali non era presente alcun funzionario della struttura amministrativa che svolgesse le funzioni di segretario verbalizzante.
Per la Corte decidente, infatti, costituisce principio di diritto comune che la deliberazione di un organo collegiale si sostanzia nelle due componenti, quella della determinazione volitiva e quella della verbalizzazione. Da qui è evidente che la mancanza della seconda comporta di regola la nullità della prima ... (articolo ItaliaOggi del 21.04.2010, pag. 26 - link a www.corteconti.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Canoni fognari, rimborsi incerti. La Corte conti Veneto sospende il giudizio sul dm Prestigiacomo e interpella la sezione autonomie. Serve più chiarezza su termini di prescrizione e documentazione.
Nella procedura di rimborso del canone di fognatura per gli utenti che non sono mai stati allacciati alla rete, come delineata dal decreto del ministero dell'ambiente del dicembre 2009, qualcosa ancora non è del tutto chiaro. I contenuti del decreto, infatti, non consentono di far luce completamente su alcuni aspetti fondamentali, soprattutto in relazione ai termini di prescrizione entro cui far valere il proprio diritto al rimborso e alla necessità di documentare l'istanza. Con questi presupposti, pertanto, è necessario che si pronunci nel merito la sezione autonomie della Corte dei conti con una questione di massima di interesse generale, al fine di garantire una uniformità di indirizzo.
E' quanto ha deciso la sezione regionale di controllo della Corte dei conti per il Veneto, nel testo del parere 24.03.2010 n. 36, con il quale ha sospeso ogni chiarimento sulla portata delle norme contenute nel decreto Minambiente 30.09.2009, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'08.2.2010. Norma con cui si è inteso «individuare i criteri e i parametri per la restituzione agli utenti della quota di tariffa non dovuta riferita al servizio di depurazione» ... (articolo ItaliaOggi del 23.04.2010, pag. 29 - link a www.corteconti.it).

ENTI LOCALISpese legali, il comune paga tutti. La Corte conti estende il diritto alla rifusione dei costi di giudizio in caso di proscioglimento. Rimborsi anche ai componenti esterni delle commissioni edilizie.
I comuni possono rimborsare le spese legali sostenute dai componenti esterni delle commissioni edilizie nel caso di proscioglimento con sentenza passata in giudicato per fatti relativi alla propria attività istituzionale. Perché possa maturare la responsabilità contabile degli amministratori in sede di rimborso illegittimo delle spese legali occorre che nella loro condotta sia presente il requisito della colpa grave, il che non si realizza nei casi in cui è richiesta una approfondita conoscenza giuridica nonché nei casi in cui i pareri, ivi compreso quello di legittimità del segretario comunale, sono stati favorevoli.
Sono queste le più importanti indicazioni contenute nella sentenza 08.02.2010 n. 30 della II sezione giurisdizionale centrale d'appello della Corte dei Conti.
La sentenza ha un carattere per molti aspetti innovativo, come dimostrato anche dal fatto che essa ha annullato la condanna inflitta in primo grado ai componenti la giunta di un comune che avevano deliberato il rimborso delle spese legali ai componenti la commissione edilizia.
Da sottolineare che, in precedenza, questa possibilità era stata negata in quanto tali soggetti non sono né dipendenti né amministratori. E ancora, che in presenza di condizioni che fanno giudicare illegittima la scelta dell'ente la decisione è andata nella direzione della condanna per maturare di responsabilità amministrativa ... (articolo ItaliaOggi del 23.04.2010, pag. 32 - link a www.corteconti.it).

GIURISPRUDENZA

AMBIENTE-ECOLOGIA: ACQUA - Servizio idrico integrato - L.r. Lombardia n. 1/2009, art. 4, c. 1, lett. b) - Pianificazione d’ambito - Competenza amministrative di controllo - Attribuzione alla Regione - Illegittimità costituzionale - Artt. 149 e 161 d.lgs. n. 152/2006.
E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 4, comma 1, lettera b), della L.R. Lombardia n. 1 del 2009, nella parte in cui aggiunge la lettera h-ter) al comma 1 dell’art. 44 della l.r. n. 26/2003.
La norma attribuisce alla Regione le competenze amministrative di controllo relative alla pianificazione d’ambito che sono invece attribuite dagli artt. 149, comma 6, e 161, comma 4, lettera b), del decreto legislativo n. 152 del 2006, al Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche.
La pianificazione d’ambito deve essere ricondotta alla materia della “tutela della concorrenza”, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, perché strettamente funzionale alla gestione unitaria del servizio e ha, perciò, lo scopo di consentire il concreto superamento della frammentazione della gestione delle risorse idriche, al fine di inserire armonicamente tale gestione in un più ampio quadro normativo diretto alla razionalizzazione del mercato del settore» (Sent. n. 246 del 2009).
ACQUA - Servizio idrico integrato - L.r. Lombardia n. 1/2009, artt. 5 e 8 - Tariffa del servizio idrico integrato - Determinazione - Prescrizioni regionali - Illegittimità costituzionale - Art. 154 d.lgs. n. 152/2006.
Gli artt. 5 e 8 della legge reg. n. 1 del 2009, modificando gli artt. 48 e 51 della legge reg. n. 26 del 2003, prevedono che la tariffa del servizio idrico integrato sia determinata sulla base delle prescrizioni dell’amministrazione regionale, mentre i commi 2 e 4 dell’art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006 attribuiscono al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio la definizione delle componenti di costo per la determinazione della tariffa in questione e all’Autorità d’àmbito la determinazione della tariffa di base.
La disciplina della tariffa del servizio idrico integrato contenuta nell’art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006 è ascrivibile, «in prevalenza, alla tutela dell’ambiente e alla tutela della concorrenza, materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato» (Sent. n. 246 del 2009).
Ne consegue l’illegittimità costituzionale delle norme regionali impugnate.
ACQUA - Servizio idrico integrato - L.r. Lombardia n. 1/2009, art. 3, c. 1, lett. p) ed r) - Tariffa del servizio idrico integrato - Determinazione - Prescrizioni dell’amministrazione regionale - Illegittimità costituzionale - Art. 154 d.lgs. n. 152/2006.
Le lettere p) ed r) del comma 1 dell’art. 3 della legge reg. Lombardia n. 10 del 2009 recano una disciplina della tariffa del servizio idrico integrato, prevedendo, seppure nel particolare caso della separazione della gestione delle reti dall’erogazione del servizio, che detta tariffa sia determinata sulla base delle prescrizioni dell’amministrazione regionale, mentre i parametri interposti dei commi 2 e 4 dell’art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006 attribuiscono al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio la definizione delle componenti di costo per la determinazione della «tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua» e all’Autorità d’àmbito la determinazione della tariffa di base.
Poiché la disciplina della tariffa del servizio idrico integrato è ascrivibile alla tutela dell’ambiente e alla tutela della concorrenza, materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato, è precluso al legislatore regionale intervenire nel settore, con una disciplina difforme da quella statale.
ACQUA - Servizio idrico integrato - L.r. Lombardia n. 1/2009, art. 3, c. 1, lett q) - Pianificazione d’ambito - Competenze amministrative di controllo - Attribuzione alla Giunta regionale - Illegittimità costituzionale.
La lettera q) del comma 1 dell’art. 3 della legge reg. Lombardia n. 10 del 2009 attribuisce alla Giunta regionale le competenze amministrative di controllo relative alla pianificazione d’àmbito, che sono, invece, attribuite dagli evocati parametri interposti al Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche.
Poiché la disciplina della pianificazione d’àmbito rientra nella materia della tutela della concorrenza, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, le disposizioni regionali denunciate sono illegittime, perché intervengono in un settore, quello della pianificazione d’àmbito, che è precluso alla Regione.
ACQUA - Servizio idrico integrato - L.r. Lombardia n. 1/2009, art. 15, c. 9 - Atti di determinazione della tariffa e piani d’ambito già adottati - Salvezza - Illegittimità costituzionale - Disciplina ascrivibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
L’art. 15, comma 9, della legge reg. n. 10 del 2009 reca una disciplina della tariffa del servizio idrico integrato, facendo «salvi» e dichiarando «approvati», «ai sensi e per gli effetti delle prescrizioni regionali di cui all’articolo 51 della L.R. n. 26/2003, come modificato dall’articolo 8 della legge regionale 29 gennaio 2009, n. 1», gli atti di determinazione della tariffa delle Autorità d’àmbito e i piani d’àmbito già adottati; i citati parametri interposti dei commi 2 e 4 dell’art. 154, del d.lgs. n. 152 del 2006 attribuiscono, invece, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio la definizione delle componenti di costo per la determinazione della «tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua» e all’Autorità d’àmbito la determinazione della tariffa di base.
Poiché la disciplina della tariffa del servizio idrico integrato è ascrivibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, va dichiarata l’illegittimità costituzionale della disposizione denunciata, perché essa interviene in settori, quelli della tariffa del servizio idrico integrato e della pianificazione d’àmbito, la cui disciplina è preclusa alla Regione (Corte Costituzionale, sentenza 23.04.2010 n. 142 - link a www.ambientediritto.it).

URBANISTICA: Pianificazione urbanistica - Potere discrezionale dell’amministrazione - Motivazione - Limiti.
Nelle scelte di pianificazione, la valutazione dell’idoneità delle singole aree a soddisfare, con riferimento alle possibili destinazioni, specifici interessi urbanistici, costituisce espressione del potere discrezionale dell’amministrazione (fra le più recenti: Consiglio Stato, sez. IV, 04.12.2009, n. 7654): nell’esercizio di tale potere l’amministrazione non ha la necessità di dare una motivazione specifica sulle scelte adottate in ordine alla destinazione delle singole aree in quanto le stesse trovano giustificazione nei criteri generali di impostazione del piano (Consiglio di Stato, sez. IV, 24.04.2009, n. 2630; sez. V, 02.03.2009, n. 1149), con la conseguenza che tali scelte possono essere censurate soltanto in presenza di evidenti vizi logico-giuridici nel quadro delle linee portanti della pianificazione.
Pianificazione urbanistica - Osservazioni dei cittadini - Natura - Apporto collaborativo - Rigetto o accoglimento - Motivazione - Limiti.
Le osservazioni proposte dai cittadini nei confronti degli atti di pianificazione urbanistica non costituiscono veri e propri rimedi giuridici ma semplici apporti collaborativi e, pertanto, il loro rigetto o il loro accoglimento non richiede una motivazione analitica, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e confrontate con gli interessi generali dello strumento pianificatorio (Consiglio di Stato, sez. IV, 18.06.2009, n. 4024 cit.).
Pianificazione urbanistica - Scelte - Sindacato giurisdizionale - Limiti - Comparazione con la destinazione urbanistica impressa ad aree adiacenti - Vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento - Inconfigurabilità.
Le scelte urbanistiche circa la disciplina del territorio possono formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi di arbitrarietà, irrazionalità o irragionevolezza ovvero di palese travisamento dei fatti, che costituiscono i limiti della discrezionalità amministrativa (Consiglio di Stato, sez. IV, 18.06.2009, n. 4024 cit.), con la conseguenza che, a meno che non siano riscontrabili errori di fatto o abnormi illogicità, non è configurabile neppure il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento basata sulla comparazione con la destinazione impressa ad altre zone adiacenti (fra le tante: Consiglio di Stato, sez. IV, 18.06.2009, n. 4024)
Pianificazione urbanistica - Discrezionalità amministrativa - Limite - Affidamento qualificato - Esempi - Connesso onere motivazionale.
La regola generale dell’ampia discrezionalità amministrativa nelle scelte di pianificazione urbanistica subisce un'eccezione in alcune situazioni specifiche in cui il principio della tutela dell’affidamento impone che il piano regolatore dia conto del modo in cui è stata effettuata la ponderazione degli interessi pubblici e sono state operate le scelte di pianificazione.
Meritevoli di questa particolare forma di tutela sono peraltro solo quelle situazioni caratterizzate da un affidamento “qualificato” (Consiglio di Stato, sez. IV, 07.04.2008, n. 1476).
Tale posizione è stata riconosciuta:
a) nel superamento degli standard minimi di cui al d.m. 02.04.1968, con l'avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree;
b) nella lesione dell'affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree, dalle aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia (oggi permesso di costruire) o di silenzio-rifiuto su una domanda di concessione;
c) nella modificazione in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 22.12.1999, n. 24, Consiglio di Stato, sez. III, 06.10.2009, n. 1610; sez. V, 02.03.2009, n. 1149; sez. VI, 18.04.2007, n. 1784).
Negli altri casi l’esistenza di una precedente diversa previsione urbanistica non comporta invece per l’amministrazione la necessità di fornire particolari spiegazioni sulle ragioni delle diverse scelte operate anche quando queste sono nettamente peggiorative per i proprietari (e per le loro aspettative), dovendosi (in tali altri casi) dare prevalente rilievo all’interesse pubblico che le nuove scelte pianificatorie intendono perseguire.
Destinazione urbanistica difforme da quella previgente - Esistenza di fabbricati - Ostacolo - Esclusione - Fattispecie: interventi edilizi esistenti in zona agricola.
L'esistenza di fabbricati, anche di recente costruzione, non può essere considerata di ostacolo all'introduzione di destinazioni urbanistiche difformi da quelle previgenti sulle corrispondenti aree di sedime (TAR Lombardia Brescia, 12.01.2001, n. 2; Consiglio di Stato, sez. IV, 02.11.1995, n. 887).
In particolare, per quanto riguarda l’esistenza di immobili in zona agricola, nonostante la realizzazione di interventi edilizi sul suolo, la destinazione a verde agricolo può considerarsi pur sempre rispondente ad apprezzabili esigenze funzionali di sviluppo equilibrato e sostenibile dell'agglomerato, nonché di salvaguardia della vivibilità urbana (TAR Lombardia, Brescia, 20.10.2005, n. 1043), della salubrità (Consiglio di Stato, sez. V, 19.04.2005, n. 1782; sez. IV, 20.09.2005, n. 4818 e n. 4828) e della qualità ambientale.
Destinazione a verde agricolo - Finalità di contenimento dell’espansione dell’aggregato urbano.
La destinazione a verde agricolo di un'area, che rientra nell'ampia discrezionalità del comune di orientare gli insediamenti urbani in determinate direzioni, ovvero di salvaguardare precisi equilibri dell'assetto territoriale, può legittimamente anche essere preordinata ad un uso non strettamente agricolo, ma alla finalità di conservazione dei valori naturalistici ed ambientali e di contenimento del fenomeno di espansione dell'aggregato urbano (Consiglio di Stato, sez. IV, 25.07.2007, n. 4149; 03.11.2008, n. 5478), con una finalità che non è preclusa in radice dall'esecuzione di attività costruttive sull'area medesima, ma, anzi, concretizzabile nell'arresto di tali attività (TAR Campania Napoli, sez. VIII, 17.09.2009, n. 4977).
Strumento urbanistico - Procedimento di approvazione - Atto complesso ineguale.
Il procedimento di approvazione di uno strumento urbanistico (o di una sua variante) costituisce un atto complesso ineguale in ragione del fatto che deve intendersi la risultante del concorso di diversi atti di volontà, quello di livello comunale, esponenziale e rappresentativo della collettività e degli interessi locali, e quello regionale (e provinciale), espressione di un più ampio potere di indirizzo e coordinamento in materia urbanistica.
Ciò comporta che sul piano procedimentale, la dialettica che si instaura tra i diversi livelli di governo non ha una dimensione statica ed immutabile bensì presenta margini di variabilità in ragione della misura di convergenza delle valutazioni effettuate nei due diversi stadi decisori.
Strumento urbanistico - Approvazione in “stralci” - Nuova disciplina urbanistica diretta a completare la pianificazione - Potere comunale - Permanenza - Motivazione dello stralcio - Natura di raccomandazione.
L’approvazione di uno strumento urbanistico in stralci lascia integro ed impregiudicato il potere del Comune di riproporre una nuova disciplina urbanistica diretta a completare la pianificazione relativamente alle aree oggetto di stralcio e l'autorità comunale resta libera nell'attività di completamento della disciplina urbanistica, costituendo la motivazione dello stralcio una "raccomandazione" in funzione del (rinnovato) esercizio della potestà pianificatoria da parte dell'Ente (Consiglio di Stato, Sezione IV, 29.10.2002, n. 5912).
Non assumendo poi la "raccomandazione" natura di atto autoritativo, vincolante, il Comune può recepire le indicazioni provenienti dall'autorità cui l'ordinamento riconosce il potere di approvare la strumentazione urbanistica, condividendo le considerazioni esposte da tale autorità, ovvero discostarsene motivatamente in sede di variante integrativa (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 20.04.2010 n. 2043 - link a www.ambientediritto.it).

URBANISTICA VAS - Finalità - Effetti sull’ambiente di piani e programmi.
La valutazione ambientale strategica (VAS) è volta a garantire che gli effetti sull’ambiente di determinati piani e programmi siano considerati durante l'elaborazione e prima dell'adozione degli stessi, così da anticipare nella fase di pianificazione e programmazione quella valutazione di compatibilità ambientale che, se effettuata (come avviene per la valutazione di impatto ambientale) sulle singole realizzazioni progettuali, non consentirebbe di compiere un'effettiva valutazione comparativa, mancando in concreto la possibilità di disporre di soluzioni alternative per la localizzazione degli insediamenti e, in generale, per stabilire, nella prospettiva dello sviluppo sostenibile, le modalità di utilizzazione del territorio (TAR Umbria Perugia, 19.06.2006, n. 325) (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 20.04.2010 n. 2043 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: GARE PUBBLICHE: INTEGRAZIONE POSTUMA DELLA DOCUMENTAZIONE.
1.- Appalto di servizi - Documentazione - Lex specialis - Mancata presentazione - Esclusione - Legittimità - Integrazione postuma - Inammissibilità - Fattispecie.
2.- Appalto di servizi - Documentazione - Integrazione - Postuma - Art. 16, D.Lgs. n. 157/1995 - Ammissibilità - Limiti.
1.-
Conformemente ai principi generali dell'evidenza pubblica, la documentazione necessaria ai fini dell'ammissione alla gara deve essere introdotta secondo le modalità ed i termini previsti nella lex specialis, non assumendo alcun rilievo la circostanza che la ditta concorrente, a fronte della mancata esibizione di un documento in sede di gara, sia nella reale disponibilità dello stesso.
Ne deriva che l'impresa esclusa dalla gara non può affatto giovarsi, pena la violazione del fondamentale canone di par condicio, dell'effettivo possesso della documentazione non presentata nel corso della procedura, magari attraverso una successiva produzione integrativa (nel caso a mano, il documento prodotto formalmente dalla ricorrente non è stato ritenuto qualificabile quale "autorizzazione sanitaria", essendo privo dei requisiti essenziali perché potesse essere considerato atto promanante dall'autorità comunale.
Pertanto, ammesso che possa avere una qualche rilevanza la distinzione tra invalidità e mancanza del documento, il Collegio ha comunque ritenuto che si trattasse di una vera e propria omissione documentale, da sanzionare con l'esclusione dalla gara).
2.- Il rimedio della regolarizzazione postuma, contemplato dall'art. 16, D.Lgs. n. 157/1995, è attivabile solo nelle ipotesi di dichiarazioni, documenti e certificati non chiari o di dubbio contenuto, ma che siano pur sempre stati prodotti, e non anche laddove si sia in presenza di documentazione del tutto mancante o fisicamente incompleta (come nella fattispecie), determinandosi, in caso contrario, la compromissione della par condicio a scapito delle imprese concorrenti che abbiano rispettato la disciplina di gara.
In altri termini, la facoltà di integrazione della documentazione allegata all'offerta è consentita solo nell'eventualità in cui occorra chiarire il contenuto di una domanda presentata ritualmente e tempestivamente, ma non quando il documento prodotto sia diverso da quello richiesto dalla lex specialis, trattandosi di indebita sostituzione di documenti e non di completamento o di chiarimento di essi (massima tratta da
http://mondolegale.it - TAR Campania-Napoli, Sez. I, sentenza 19.04.2010 n. 2016 - link a  www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Lottizzazione abusiva - Lottizzazione materiale - Lottizzazione cartolare - Bene giuridico protetto dall’ordinamento - Ordinata pianificazione urbanistica - Controllo effettivo del territorio - Art. 18 L. n. 47/1985.
L’art. 18 della legge 28.02.1985, n. 47 disciplina due differenti ipotesi di lottizzazione abusiva, la prima, c.d. materiale, relativa all'inizio della realizzazione di opere che comportano la trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni, sia in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici,o di leggi statali o regionali, sia in assenza della prescritta autorizzazione; la seconda, c.d. formale (o cartolare), che si ha allorquando, pur non essendo ancora avvenuta una trasformazione lottizzatoria di carattere materiale, se ne sono già realizzati i presupposti con il frazionamento e la vendita del terreno in lotti che per le specifiche caratteristiche, quali la dimensione, la natura del terreno, la destinazione urbanistica, l'ubicazione e la previsione di opere urbanistiche, o per altri elementi riferiti agli acquirenti, evidenzino in modo non equivoco la idoneità all'uso edificatorio.
Ne consegue che il bene giuridico protetto dall'ordinamento non è solo quello dell'ordinata pianificazione urbanistica e del corretto uso del territorio, ma anche quello dell'effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della relativa funzione.
Lottizzazione abusiva - Elementi - Frazionamento cartolare - Destinazione a scopo edificatorio degli atti posti in essere - Elementi indiziari - Sufficienza di un unico indizio - Art. 18 L. n. 47/1985.
Per integrare l'ipotesi di lottizzazione abusiva è sufficiente il solo fatto che le opere o il frazionamento fondiario siano stati realizzati in assenza di uno strumento urbanistico attuativo o di un piano di lottizzazione convenzionato (Consiglio di Stato sez. V, 26.03.1996, n. 301).
Segnatamente, per quanto concerne il frazionamento "cartolare", seppure è necessario che l’accertamento del presupposto di cui all’articolo 18 legge 28.02.1985, n. 47 comporti una ricostruzione di un quadro indiziario sulla scorta degli elementi indicati nella norma, dalla quale sia possibile desumere in maniera non equivoca "la destinazione a scopo edificatorio" degli atti posti in essere dalle parti (Consiglio di Stato, sez. V, 20.10.2004, n. 6810), è sufficiente che lo scopo edificatorio emerga anche da un solo indizio (Consiglio di Stato, sez. V, 14.05.2004, n. 3136; IV n. 3531 del 30.06.2005; n. 6060 del 11.10.2006) (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 16.04.2010 n. 3936 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sulla non applicabilità dell'abbreviazione dei termini prevista all'art 23-bis, c. 2, L. n. 1034/1971, in riferimento alla proposizione dei motivi aggiunti.
Sulla legittimazione ad impugnare gli atti di gara in capo ad un'impresa mandataria di un r.t.i.
E' da ritenersi inapplicabile l'abbreviazione dei termini prevista dall'art. 23-bis comma 2, della L. n. 1034/1971, in riferimento alla proposizione dei motivi aggiunti, ciò in quanto la ratio alla base della scelta normativa di non estendere il dimezzamento al termine di notifica dell'atto introduttivo del giudizio riposa sull'esigenza di garantire il pieno esercizio del diritto di difesa garantito dalla Costituzione, che risulterebbe eccessivamente compresso per effetto dell'abbreviazione anche del termine de quo. Tale esigenza sussiste anche nell'ipotesi in cui il ricorrente debba articolare nuove censure attraverso i motivi aggiunti, non potendo attribuirsi rilevanza decisiva alla diversità di situazioni, consistente nel fatto che in tal caso il ricorrente ha già conferito il mandato ad un difensore, pertanto, i tempi necessari per l'esercizio del diritto di difesa dovrebbero essere considerati "al netto" del tempo necessario alla ricerca di un difensore. Nella fissazione dei termini per l'esercizio delle attività processuali, infatti, si dovrebbe prescindere dal rapporto interno tra parte e difensore, attivandosi unicamente a prevedere tempi idonei a consentire all'interessato la piena esplicazione del suo diritto di difesa, ai sensi dell'art. 24 Cost.
Secondo giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, non si contrappone al diritto comunitario una normativa nazionale che consenta a ciascuna impresa -membro di una a.t.i.- priva di personalità giuridica, che abbia preso parte ad una gara d'appalto, di impugnare singolarmente gli atti della procedura stessa, ciò in quanto la legittimazione individuale delle imprese associate in r.t.i. trae la sua fonte dai comuni principi del diritto interno in tema di legittimazione processuale e personalità giuridica; peraltro, è pacifico l'assunto secondo cui un r.t.i. non dà luogo ad un'entità giuridica autonoma che escluda la soggettività delle singole imprese che lo compongono (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 15.04.2010 n. 2155 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: Sui requisiti necessari per partecipare ad una procedura indetta secondo le modalità di project financing.
L'operazione di project financing è diretta a realizzare una serie di interventi attraverso il concorso di risorse pubbliche e private; a tale risultato, sul piano procedurale, corrisponde la sovrapposizione di più modelli negoziali, i quali conservano la propria autonomia, pur essendo connessi in vista del raggiungimento di un unico risultato economico. All'interno esso consta di una fase preliminare relativa alla individuazione del promotore, ed una successiva di tipo selettivo, finalizzata all'affidamento della concessione: quest'ultima consiste in una gara, come tale soggetta ai principi comunitari e nazionali in materia di evidenza pubblica; viceversa la scelta del promotore è connotata da ampia discrezionalità amministrativa, in quanto intesa alla valutazione dell'esistenza stessa di un interesse pubblico che giustifichi l'accoglimento della proposta formulata dal promotore.
Nella fattispecie, la causa di esclusione esistente in capo al r.t.i. concerne i requisiti soggettivi di ordine generale richiesti dalla legge, pertanto vale il principio secondo cui essi devono essere posseduti dai concorrenti al momento della domanda di partecipazione alla gara, e permanere fino alla stipulazione del contratto, oltreché documentati da ciascuna delle imprese partecipanti al raggruppamento; inoltre, l'accertamento dei requisiti soggettivi va effettuato con riferimento al momento della domanda di partecipazione alla stessa (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 15.04.2010 n. 2155 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATALa d.i.a. non ha natura provvedimentale, trattandosi al contrario di un atto del privato, come tale non immediatamente impugnabile innanzi al TAR.
Ll sentenza che accerta l’inesistenza dei presupposti della d.i.a. ha effetti conformativi nei confronti dell’Amministrazione, in quanto le impone di porre rimedio alla situazione nel frattempo venutasi a creare sulla base della d.i.a., segnatamente di ordinare l’interruzione dell’attività e l’eventuale riduzione in pristino di quanto nel frattempo realizzato.

Il Collegio ritiene di confermare l’orientamento (già espresso da questa Sezione con la decisione n. 717/2009), secondo cui la d.i.a. non ha natura provvedimentale, trattandosi al contrario di un atto del privato, come tale non immediatamente impugnabile innanzi al T.a.r..
L’azione a tutela del terzo che si ritenga leso dall’attività svolta sulla base della d.i.a. non è, quindi, l’azione di annullamento, ma l’azione di accertamento dell’inesistenza dei presupposti della d.i.a.. Tale azione (che sebbene non espressamente prevista trova il suo fondamento nel principio dell’effettività della tutela giurisdizionale sancito dall’art. 24 Cost.) va proposta nei confronti del soggetto pubblico che ha il compito di vigilare sulla d.i.a. (verso il quale si produrranno poi gli effetti conformativi derivanti dall’eventuale sentenza di accoglimento), in contraddittorio con il denunciante, che assume la veste di soggetto controinteressato (perché l’eventuale accoglimento della domanda di accertamento andrebbe ad incidere negativamente sulla sua sfera giuridica).
E’ appena il caso di precisare che la sentenza che accerta l’inesistenza dei presupposti della d.i.a. ha effetti conformativi nei confronti dell’Amministrazione, in quanto le impone di porre rimedio alla situazione nel frattempo venutasi a creare sulla base della d.i.a., segnatamente di ordinare l’interruzione dell’attività e l’eventuale riduzione in pristino di quanto nel frattempo realizzato.
Tale potere, in quanto volto a dare esecuzione al comando implicitamente contenuto nella sentenza di accertamento, deve essere esercitato a prescindere sia dalla scadenza del termine perentorio previsto dall’art. 19 l. n. 241/1990 per l’adozione dei provvedimenti inibitori-repressivi, sia dalla sussistenza dei presupposti dell’autotutela decisoria richiamati sempre dall’art. 19.
Non si tratta, infatti, né di un potere di autotutela propriamente inteso (e, quindi, non richiede alcuna valutazione sull’esistenza di un interesse pubblico attuale e concreto prevalente sull’interesse del privato), né del potere inibitorio tipizzato dall’art. 19 l. n. 241/1990 (per il quale è previsto il termine perentorio).
Si tratta, al contrario, di un potere che ha diversa natura e che trova il suo fondamento nell’effetto conformativo del giudicato amministrativo, da cui discende, appunto, il dovere per l’Amministrazione di determinarsi tenendo conto delle prescrizioni impartite dal giudice nella motivazione della sentenza (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 15.04.2010 n. 2139 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: I concorrenti debbono possedere le qualificazioni richieste dal bando di gara non solo alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, ma in ogni successiva fase del procedimento di evidenza pubblica e per tutta la durata dell'appalto.
In materia di accertamento dei requisiti di ordine speciale per il conseguimento degli appalti di lavori pubblici, vige il principio secondo cui le qualificazioni richieste dal bando debbono essere possedute dai concorrenti non soltanto alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, ma in ogni successiva fase del procedimento di evidenza pubblica e per tutta la durata dell'appalto, ciò nel rispetto dell'esigenza di certezza e funzionalità del regime di qualificazione obbligatoria, imperniato sul rilascio, da parte degli organismi di attestazione, di certificati che costituiscono condizione necessaria per l'idoneità all'esecuzione dei lavori pubblici.
Le stazioni appaltanti non possono essere esposte all'alea della perdita e del successivo riacquisto in corso di gara, da parte delle ditte offerenti, della qualificazione SOA. L'impresa che partecipa alla procedura selettiva deve, dunque, curarsi di possedere, dalla presentazione dell'offerta fino all'eventuale fase di esecuzione dell'appalto, la qualificazione tecnico-economica richiesta dal bando.
Siffatto principio si applica anche agli appalti rientranti nei settori speciali, per i quali l'art. 232 del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici) autorizza la creazione di sistemi autonomi di qualificazione da parte degli enti aggiudicatori (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 14.04.2010 n. 1334 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Natura precaria di un manufatto - destinazione dell’opera come attribuita dal costruttore - Irrilevanza - Intrinseca destinazione materiale - Uso precario e temporaneo per fini specifici contingenti e limitati nel tempo.
Rientrano nella previsione delle norme urbanistiche e richiedono, pertanto, il rilascio di concessione edilizia non solo i manufatti tradizionalmente compresi nelle attività murarie, ma anche le opere di ogni genere con le quali si intervenga sul suolo o nel suolo, senza che abbia rilevanza giuridica il mezzo tecnico con cui sia stata assicurata la stabilità del manufatto, che può, essere infisso o anche appoggiato al suolo.
La stabilità non va infatti confusa con l'irremovibilità della struttura o con la perpetuità della funzione ad essa assegnata, ma si estrinseca nella oggettiva destinazione dell'opera a soddisfare bisogni non provvisori, ossia nell'attitudine ad una utilizzazione che non abbia il carattere della precarietà, cioè non sia temporanea e contingente.
La natura precaria di un manufatto, quindi, non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione dell'opera come attribuitale dal costruttore, ma deve risultare dalla intrinseca destinazione materiale della stessa ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo (Cassazione penale, sez. III, 22.03.2005, n. 14044) (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 14.04.2010 n. 1076 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Canne fumarie - Obbligo di scarico a tetto - Deroga - Presupposti - Art. 5, c. 9, D.P.R. n. 412/1993.
Ai fini dell’integrazione dei presupposti per la deroga all’obbligo di scarico a tetto -prevista dall’art. 5 co. 9., del D.P.R. n. 412/1993, non è sufficiente l’obiettiva mancanza di camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione con sbocco sopra il tetto funzionali ed idonei, o comunque adeguabili: a tale mancanza è attribuito valore nell’ambito esclusivo di situazioni tipicizzate (singole ristrutturazioni di impianti termici individuali già esistenti, siti in stabili plurifamiliari; nuove installazioni di impianti termici individuali in edificio assoggettato dalla legislazione nazionale o regionale vigente a categorie di intervento di tipo conservativo, precedentemente mai dotato di alcun tipo di impianto termico).
L’impossibilità tecnica di portare gli scarichi oltre la copertura degli edifici, pertanto, non giustifica di per sé l’applicazione della deroga, insuscettibile di interpretazione estensiva o analogica al di fuori dei casi contemplati dall’art. 5 co. 9.
Canne fumarie - Accertata difformità - Comune - Esercizio dei poteri di cui all’art. 33 della L. n. 10/1991 - Ordine di adeguamento dell’impianto - Precedente valutazione di conformità proveniente dal medesimo comune - Irrilevanza - Potere di autotutela - Verifica della rispondenza dell’impianto alla normativa vigente - Attività vincolata.
L’accertata difformità dell’impianto a servizio dell’immobile dalle prescrizioni in materia di progettazione ed installazione stabilite dal D.P.R. n. 412/1993, in attuazione dell’art. 4 della legge n. 10/1991, autorizza l’esercizio dei poteri riconosciuti all’amministrazione dall’art. 33 della medesima legge ed, in particolare, l’adozione dell’ordine di adeguamento dell’impianto, senza che in contrario rilevino le eventuali precedenti valutazioni di conformità provenienti dallo stesso Comune.
Che la medesima situazione possa costituire oggetto di valutazioni differenti rappresenta infatti un portato del potere di autotutela di cui la pubblica amministrazione dispone e che, in materia, si esplica non soltanto attraverso gli strumenti discrezionali di carattere generale, ma anche e soprattutto attraverso quel controllo di conformità che, secondo il quarto comma dell’art. 33 dianzi citato, forma oggetto di un’attività sostanzialmente vincolata di verifica della rispondenza dell’impianto sia alle previsioni di progetto che alla normativa vigente (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 12.04.2010 n. 953 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAIn merito all'edificazione nelle zone c.d. "bianche", prive di destinazione urbanistica, la mappatura del centro abitato realizzata ai fini della viabilità, purché abbastanza recente, svolge adeguatamente questo compito, in quanto non prende in considerazione soltanto i raggruppamenti di edifici con le strade e le piazze ma anche i giardini e le aree a uso pubblico (v. art. 3, comma 1, n. 8, del Dlgs. 285/1992). Si tratta dunque di un’analisi del territorio che può essere considerata in sintonia con la definizione urbanistica di centro abitato.
Per l’ipotesi di mancanza degli strumenti urbanistici generali l’art. 41-quinquies della legge 1150/1942 (aggiunto dall'art. 17 della legge 06.08.1967 n. 765) ha fornito al comma 1, lett. a), una puntuale disciplina degli indici di edificazione a scopo residenziale favorendo le costruzioni ricadenti nei centri abitati (1,5 mc/mq) rispetto a quelle poste all’esterno (0,1 mc/mq).
La disciplina è stata in parte innovata dall’art. 4, comma 8, della legge 28.01.1977 n. 10, il quale ha mantenuto l’obbligo di perimetrazione del centro abitato previsto dalla legge precedente ma ha ridotto gli indici di edificazione al di fuori di tale perimetro (0,03 mc/mq) e ha drasticamente limitato gli interventi ammissibili all’interno (soltanto opere di restauro e di risanamento conservativo, di manutenzione ordinaria o straordinaria, di consolidamento statico e di risanamento igienico).
Entrambe queste norme sono poi state abrogate dall’art. 136 del DPR 380/2001.
L’abrogazione lascia spazio alla nuova disciplina contenuta nell’art. 9 del DPR 380/2001, che pur conservando il concetto di centro abitato ha eliminato ogni riferimento alla perimetrazione di cui all’art. 41-quinquies della legge 1150/1942 e ha così ridefinito la materia:
(a) sono sempre ammessi gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché gli interventi di restauro e di risanamento conservativo; (b) gli interventi di ristrutturazione sono ammessi con alcune limitazioni;
(c) all’interno del centro abitato sono escluse le nuove costruzioni;
(d) all’esterno del centro abitato sono ammesse le nuove costruzioni con indici differenziati a seconda che si tratti di edifici residenziali (densità fondiaria massima pari a 0,03 mc/mq) o produttivi (superficie coperta massima pari a 1/10 dell'area di proprietà).
Nel quadro normativo così riassunto si possono evidenziare alcuni elementi:
(a) la funzione di salvaguardia mantenuta dalla disciplina di legge, che tende a evitare una trasformazione incontrollata del territorio in assenza di pianificazione urbanistica (originaria o sopravvenuta);
(b) l’evoluzione del concetto di centro abitato, che è passato da ambito di massima edificazione ad ambito di stretta conservazione dell’esistente;
(c) la scomparsa di un procedimento tipico di individuazione del centro abitato.
Da tutto questo si può desumere che la delimitazione del centro abitato può ora avvenire con diverse modalità purché sia garantita la funzione di salvaguardia del territorio in vista della successiva pianificazione urbanistica.
Ulteriore corollario è che all’esterno del centro abitato possono essere collocate solo le aree effettivamente libere, dove è verosimile che l’edificazione ammessa dai futuri strumenti urbanistici (salvi i limiti derivanti dai vincoli paesistici o di altra natura) non sarà inferiore a quella minima consentita dalla legge.
In questa prospettiva le aree effettivamente libere non sono semplicemente le aree non ancora edificate ma le aree non edificate che non abbiano alcun collegamento reale o potenziale con quelle edificate, ossia non costituiscano pertinenze di edifici (verde privato) o non siano idonee a ospitare standard urbanistici (verde pubblico o altri servizi per la collettività).
Pertanto, se anche esistesse una perimetrazione effettuata a suo tempo ex art. 41-quinquies della legge 1150/1942 ma non fosse aggiornata alla situazione effettiva del centro abitato come descritta sopra al punto 7, non se ne dovrebbe tenere conto e occorrerebbe integrarla con una ricognizione più precisa del territorio.
Quando poi una simile perimetrazione manchi del tutto è necessario definire i confini del centro abitato con altri provvedimenti che assicurino una visione fedele della complessa trama di relazioni esistente tra gli edifici e le aree circostanti.
La mappatura del centro abitato realizzata ai fini della viabilità, purché abbastanza recente, svolge adeguatamente questo compito, in quanto non prende in considerazione soltanto i raggruppamenti di edifici con le strade e le piazze ma anche i giardini e le aree a uso pubblico (v. art. 3, comma 1, n. 8, del Dlgs. 285/1992). Si tratta dunque di un’analisi del territorio che può essere considerata in sintonia con la definizione urbanistica di centro abitato (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 09.04.2010 n. 1530 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa perimetrazione del centro abitato non è una competenza del Consiglio Comunale.
Con il secondo motivo i ricorrenti affermano che la perimetrazione del centro abitato sarebbe una competenza del consiglio comunale, in quanto rientrante nella funzione di pianificazione urbanistica di cui all’art. 42, comma 2, lett. b), del Dlgs. 267/2000.
La tesi non può essere condivisa.
Una sicura attribuzione della competenza al consiglio comunale era contenuta nell’art. 41-quinquies, comma 1, lett. a), della legge 1150/1942, ma ormai questa norma è stata abrogata, e comunque anche prima dell’abrogazione doveva essere adattata in via interpretativa al nuovo disegno delle competenze degli organi comunali codificato nel Dlgs. 267/2000.
In realtà, proprio perché si limita alla ricognizione e alla lettura dei caratteri urbanistici già presenti nel territorio, la perimetrazione del centro abitato non può essere assimilata alla zonizzazione. Inoltre si tratta di un’attività destinata a produrre effetti nel caso di assenza (o di inefficacia sopravvenuta) della zonizzazione, e dunque non richiede affatto sul piano logico l’intervento del consiglio comunale.
Di conseguenza il compito di tracciare la perimetrazione deve essere attribuito secondo il criterio generale della maggiore competenza tecnica: può essere un provvedimento dirigenziale oppure una deliberazione di giunta, e anche un atto non specificamente rivolto a scopi urbanistici (come la mappatura per la viabilità), purché in ogni caso vi sia alla base un’adeguata analisi tecnica della situazione reale dei luoghi (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 09.04.2010 n. 1530 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: Sulla procedura di project financing e sulla facoltà per l'Amministrazione procedente di escludere una proposta perché non corrispondente al superiore interesse pubblico.
L'istituto del "project financing" introdotto dall'art. 37-bis e ss. della L. n. 109/1994, prevede due fasi distinte: la prima, definita della "promozione di opera pubblica" in cui la P. A., sulla base del progetto presentato da un promotore, valuta la fattibilità della proposta e la rispondenza al pubblico interesse; la seconda, del vero e proprio "project financing", contempla il rapporto intercorrente tra la stessa P.A. e il soggetto aggiudicatario, in regime di concessione ai sensi dell'art. 19, c. 2, della suddetta legge.
Con riguardo alla prima fase, il legislatore ha disciplinato i criteri di valutazione delle proposte, prevedendo che le amministrazioni aggiudicatrici valutano la fattibilità delle proposte presentate, verificano l'assenza di elementi ostativi alla loro realizzazione e provvedono ad individuare quelle che ritengono di pubblico interesse; dunque, la valutazione dell'Amministrazione si articola in una duplice fase: una valutazione di idoneità tecnica della proposta, e, all'esito, una valutazione di rispondenza della stessa al pubblico interesse.
La giurisprudenza ha sottolineato quanto, in questa seconda fase, sia ampio il margine di discrezionalità riservato alla P.A., trattandosi di giudizio coinvolgente la valutazione comparativa degli interessi che essa ritiene rilevanti in un dato momento storico; pertanto una proposta, pur ritenuta idonea sotto il profilo tecnico, potrà essere respinta in quanto giudicata non conforme al pubblico interesse, a seguito della predetta valutazione comparativa.
Quindi nella procedura di project financing si apprezza l'alto grado di discrezionalità che compete al gestore del programma, nella valutazione della rispondenza della proposta al pubblico interesse, pertanto, spetta all'Amministrazione procedente valutare se il progetto proposto abbia i contenuti necessari a soddisfare l'interesse pubblico in funzione del quale il programma dei lavori possa avere attuazione; ne deriva che essa può esercitare il potere, riconosciutole dalla legge, di richiedere -in corso di procedura- integrazioni e chiarimenti alle imprese concorrenti, nel rispetto dei principi di par condicio e trasparenza, ed ai sensi dell'art. 37-bis della L. n. 109/1994; d'altra parte, l'art. 37-ter prevede la possibilità di un apporto collaborativo dei proponenti che ne facciano richiesta.
Nelle procedure di affidamento di lavori mediante il sistema del "project financing" il nucleo centrale dell'offerta va individuato nella coerenza e sostenibilità del piano economico finanziario, la cui congruenza è indispensabile per il giudizio di affidabilità della proposta nel suo complesso. Ne consegue che, l'Amministrazione procedente ha facoltà di escludere una proposta perché non corrispondente al superiore interesse pubblico (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 07.04.2010 n. 1295 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: AVVALIMENTO E CERTIFICAZIONE DI QUALITA'.
1. Appalto pubblico (in generale) - Sistema di Qualità - Certificazione - Avvalimento - E' impossibile - Ragioni - Conseguenza.
2. Appalto pubblico (in generale) - Sistema di Qualità - Certificazione - Possesso - Raggruppamento temporaneo d'impresa - Disciplina.

1. La certificazione di qualità costituisce un requisito di natura soggettiva delle imprese per il quale non appare possibile utilizzare l'istituto dell'avvalimento disciplinato dall'art. 49 del Codice dei Contratti Pubblici. Ciò in quanto l'avvalimento è stato previsto limitatamente alla "richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione S.O.A."; la certificazione di qualità è, invece, da ritenersi requisito soggettivo dell'impresa, preordinato a garantire all'amministrazione appaltante la qualità dell'esecuzione delle prestazioni contrattuali dovute.
Obiettivo che, per essere effettivamente perseguito, richiede necessariamente che la certificazione di qualità riguardi direttamente l'impresa appaltatrice (sul punto cfr. TAR Sardegna, sez. I, 27-03-2007 n. 556, nonché parere 10.12.2008 n. 254 dell'Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici).
2. Con riferimento ai raggruppamenti temporanei di imprese il requisito della certificazione di qualità eventualmente richiesto dal bando deve essere posseduto singolarmente da ciascuna impresa del raggruppamento, quantomeno nelle associazioni orizzontali (Cons. Stato, sez. V, 15-06-2001 n. 3188) (massima tratta da
http://mondolegale.it - TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 06.04.2010 n. 665 - link a  www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sull'illegittimità del silenzio-inadempimento serbato da un'Amministrazione regionale sull'istanza di autorizzazione unica per la costruzione di un impianto fotovoltaico.
Sulla risarcibilità del danno da lesione dell'interesse procedimentale.

E' illegittimo il silenzio-inadempimento serbato da un'Amministrazione regionale nei confronti di una richiesta di autorizzazione unica relativa alla costruzione ed all'esercizio di un impianto fotovoltaico, ciò in quanto, sulla base del disposto di cui all'art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387/2003 ("Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità"), l'autorizzazione viene rilasciata a seguito di un procedimento unico, cui partecipano tutte le Amministrazioni interessate, nel rispetto dei principi di semplificazione e ai sensi della L. n. 241/1990 e successive modificazioni ed integrazioni.
Il rilascio della suddetta autorizzazione costituisce titolo necessario a costruire l'impianto in conformità al progetto approvato. Il termine massimo per la conclusione del procedimento non deve superare i 180 giorni; pertanto, è da ritenersi obbligatoria l'adozione una determinazione esplicita e conclusiva sull'istanza stessa. Nell'ipotesi di persistente inottemperanza, si rende necessario provvedere alla nomina di un Commissario ad acta, il quale procederà ad effettuare tutti i necessari adempimenti, con spese a carico delle Amministrazioni inadempienti.
L'art. 2-bis della L. n. 241/1990, introdotto dalla L. n. 69/2009, riconosce il diritto al risarcimento del danno derivante da lesione del mero interesse procedimentale all'adozione di un provvedimento, da emanarsi entro il termine previsto dalla legge, purché ne sussistano i presupposti, quali l'inosservanza dolosa o colposa del termine da parte della p.a., nonché l'esistenza di un danno ingiusto (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 25.03.2010 n. 3692 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATASul c.d. condono ambientale ex art. 1, comma 37, l. 308/2004..
L’esame del caso oggetto del presente ricorso richiede, preliminarmente, una ricostruzione unitaria della normativa sul condono edilizio e sul cd. condono paesistico. ...
L’art. 1, comma 37, della legge n. 308 del 2004 prevede che: “Per i lavori compiuti su beni paesaggistici entro e non oltre il 30.09.2004 senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa, l'accertamento di compatibilità paesaggistica dei lavori effettivamente eseguiti, anche rispetto all'autorizzazione eventualmente rilasciata, comporta l'estinzione del reato di cui all'articolo 181 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e di ogni altro reato in materia paesaggistica alle seguenti condizioni:
a) che le tipologie edilizie realizzate e i materiali utilizzati, anche se diversi da quelli indicati nell'eventuale autorizzazione, rientrino fra quelli previsti e assentiti dagli strumenti di pianificazione paesaggistica, ove vigenti, o, altrimenti, siano giudicati compatibili con il contesto paesaggistico;
b) che i trasgressori abbiano previamente pagato:
1) la sanzione pecuniaria di cui all'articolo 167 del decreto legislativo n. 42 del 2004, maggiorata da un terzo alla metà;
2) una sanzione pecuniaria aggiuntiva determinata, dall'autorità amministrativa competente all'applicazione della sanzione di cui al precedente numero 1), tra un minimo di tremila euro ed un massimo di cinquantamila euro
”.
La sanzione pecuniaria di cui all’articolo 167 del D.Lgs. n. 42 del 2004 è una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione, sicché la irrogazione della sanzione presuppone la determinazione della maggior somma con riferimento al profitto conseguito, cioè alla persistenza dell’opera; la demolizione di questa impedirebbe, infatti, la quantificazione della maggior somma corrispondente al profitto conseguito mediante la trasgressione.
La esigenza del coordinamento fra le varie disposizioni che sanzionano gli abusi o ne disciplinano il condono porterebbe a ritenere che la sanatoria delle violazioni delle norme poste a tutela del paesaggio, cioè la sanatoria di lavori eseguiti in assenza della previa autorizzazione paesaggistica ma in conformità alla valutazione discrezionale formulata ex post dall’autorità competente, prevista per tutti i lavori compiuti su beni paesaggistici fino al 30.09.2004 incluso, ricomprenda anche i lavori che rientrano nello spazio temporale di operatività del D.L n. 269 del 2003 e che la sopravvivenza dell’opera abusiva ai sensi del combinato disposto dell’art.1, comma 37, della legge n. 308 del 2004 e dell’art. 167 del D.Lgs n. 42 del 2004 sia inconciliabile con la incondonabilità (e quindi la soggezione alla sanzione demolitoria) degli abusi contemplati dall’art. 32, comma 27, lett. D, del D.L. n. 269 del 2003.
Tale incondonabilità, infatti, è determinata dalla assenza o difformità rispetto al titolo edilizio e dal contrasto con le norme e previsioni urbanistiche, cioè dai presupposti ordinari del condono (situazioni senza le quali il condono non avrebbe ragion d’essere), nonché da un elemento ulteriore rispetto ai presupposti ineliminabili del condono e perciò qualificabile come la ragion d’essere della incondonabilità, cioè la realizzazione dell’abuso dopo l’imposizione del vincolo di inedificabilità relativa.
Una volta che tale ultima violazione è stata ritenuta sanabile, viene da riflettere sulla sopravvivenza della complessiva disciplina della incondonabilità prevista dall’art. 32, comma 27, lett. D), del D.L. n. 269 del 2003.
Questo processo interpretativo trova però un insormontabile ostacolo nella diversità degli interessi in gioco.
Come ha rilevato la Corte Costituzionale nella sentenza n. 196 del 2004 il condono disciplinato dal D.L. n. 269 del 2003 costituisce il risultato del bilanciamento di vari interessi: quelli della tutela delle esigenze pianificatorie, del paesaggio, della cultura, della salute, del diritto all’abitazione e al lavoro, dell’interesse finanziario dello Stato.
Se il condono di cui alla legge n. 47 del 1985 comportava il sacrificio delle esigenze pianificatorie quanto alla applicazione delle sanzioni amministrative e delle sanzioni penali edilizie (previste dall’art. 20 della legge n. 47 del 1985) in base al disposto dell’art.38, il condono di cui al D.L. n. 269 del 2003 ha comportato anche il sacrificio della tutela paesaggistica quanto alla applicazione delle sanzioni penali specifiche.
L’art. 163 del D.Lgs. n. 490 del 1999 aveva infatti sanzionato penalmente la esecuzione di lavori su immobili tutelati senza la previa acquisizione dello specifico titolo abilitativo (prevedendo un’ipotesi di reato prima non contemplate), sicché il nuovo testo dell’art. 32 della legge n.47 del 1985 (introdotto dall’art. 32, comma 43, del D.L. n. 269 del 2003) ha stabilito che “Il rilascio del titolo abilitativo edilizio estingue anche il reato per la violazione del vincolo”, estendendo la causa di estinzione al reato paesistico.
Il raccordo fra i due “condoni“ quanto alla estinzione dei reati edilizi è costituito dall’art. 32, comma 36, del D.L. n. 269 del 2003, secondo il quale “La presentazione nei termini della domanda di definizione dell' illecito edilizio, l'oblazione interamente corrisposta nonché il decorso di trentasei mesi dalla data da cui risulta il suddetto pagamento, producono gli effetti di cui all'articolo 38, comma 2, della legge 28.02.1985, n. 47”, cioè l’estinzione dei reati edilizi.
La produzione di effetti (amministrativi e penali) sotto il profilo edilizio e quello paesistico è, quindi, oggetto di separate previsioni.
L’art. 1, comma 37, della legge n. 308 del 2004 ricollega, invece, al condono “l'estinzione del reato di cui all'articolo 181 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e di ogni altro reato in materia paesaggistica” non dei reati edilizi.
La mancanza di una espressa previsione in tal senso impedisce di estendere la causa di estinzione dai reati paesaggistici ai reati edilizi (in tal senso Cassazione penale, Sez. III, 05.04.2006 n. 15946; idem, 07.12.2007, n. 583).
La diversità dei due regimi è stata anche oggetto di esame da parte della Corte Costituzionale (sentenza 27.04.2007 n.144), che ha rilevato la diversità dell’oggetto fra i reati paesaggistici (volti alla tutela del bene materiale costituito dal paesaggio e dall’ambiente) e i reati edilizi (volti alla tutela del bene immateriale costituito dalla complessiva disciplina amministrativa dell’uso del territorio) e, per incidens, nella sentenza 05.05.2006 n. 183 ha ritenuto l’irrilevanza della disciplina statuale relativa al condono paesaggistico rispetto al potere regionale attinente alla previsione di sanzioni edilizie per lo stesso fatto.
In conclusione, l’attinenza del condono previsto dall’art. 1, comma 37, della legge n. 308 del 2004 alla tutela paesistica sotto il profilo penale, e quindi anche quello amministrativo specifico, e la diversità dei beni tutelati dalle norme paesistiche e da quelle che, bilanciando i vari interessi in gioco, disciplinano profili paesistici e profili edilizi del condono sotto l’aspetto amministrativo e quello penale impediscono di interpretare queste ultime alla luce delle altre (posto che le une e le altre sono norme eccezionali insuscettibili di interpretazione estensiva o analogica ).
Il condono “paesistico” di cui all’art. 1, comma 37, della legge n. 308 del 2004 comporta dunque la sottrazione del fatto alla disciplina penale ed a quella amministrativa attinenti alla tutela paesistica, rimanendo ferma però la sanzionabilità del fatto edilizio sotto i profili amministrativo e penale.
La disciplina dell’art. 1, comma 37, della legge n. 308 del 2004 è pertanto inidonea ad incidere su una regola data ad una pluralità di interessi, che attua un bilanciamento degli stessi ed è quindi insuscettibile di contaminazioni ad opera di una regola che attiene ad uno solo degli interessi bilanciati.
Del pari limitati al profilo paesistico (amministrativo e penale) sono gli accertamenti di compatibilità paesistica previsti dall’art. 167, comma 4, e dall’art. 181, comma 1-ter, del D.Lgs. n. 42 del 2004 (attinenti al rilascio in via ordinaria della autorizzazione paesaggistica per lavori già realizzati, di limitata entità e ritenuti compatibili con le esigenze di tutela del paesaggio) e dall’art. 182, comma 3 bis, del medesimo testo (relativi alla definizione dei procedimenti attivati con la presentazione, entro il 30.04.2004, di domande di autorizzazioni paesaggistiche in sanatoria); perciò irrilevanti ai fini della definizione di un fenomeno molto più complesso (quanto agli interessi coinvolti e conseguentemente bilanciati) quale è il condono, insieme edilizio e paesaggistico, ex art. 32, commi 25, 26 e 27, lett. D) del D. L. n. 269 del 2003
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 25.03.2010 n. 848 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAE' legittimo il diniego del permesso di costruire qualora il lotto sia sprovvisto delle necessarie opere di urbanizzazione (acqua, luce, gas, fogna e spazi di sosta, di parcheggio e di verde attrezzato).
Il provvedimento impugnato rileva che “il suolo oggetto dell’intervento edilizio [..] è ubicato su area sprovvista delle opere di urbanizzazione primaria e per la quale non esiste la previsione da parte del Comune dell’attuazione delle stesse né l’impegno dell’interessato di procedere direttamente”.
La ricorrente non ha dato prova dell’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria (acqua, luce, gas, fogna e spazi di sosta, di parcheggio e di verde attrezzato) che condizionano la realizzazione di un fabbricato residenziale sul terreno interessato se si eccettua l’attestazione del Sindaco del 25.2.2010, allegata agli atti, riguardante l’esistenza della sola rete fognante nera.
Non possono dunque ritenersi sussistenti le opere di urbanizzazione indispensabili ai sensi dell’art. 12 DPR 380/2001 per il rilascio del titolo abilitativo all’edificazione (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 25.03.2010 n. 841 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa recinzione proposta, constando di semplice siepe viva con interposizione di rete metallica, senza elementi in muratura emergenti dal terreno, presenta caratteristiche costruttive che, non incidendo in modo permanente sull’assetto edilizio del territorio, non richiedono il rilascio di alcun titolo autorizzativo edilizio, rientrando tra le attività di mera manutenzione.
L'art. 841 cod. civ. attribuisce al proprietario del fondo il diritto di chiuderlo in qualunque tempo (cd. ius excludendi alios) e l’esercizio di tale facoltà, la quale costituisce contenuto tipico del diritto dominicale e non può esercitarsi senza la costruzione di una recinzione, non può, per pacifica giurisprudenza, essere sacrificata se non in funzione di superiori interessi pubblici dei quali occorre dare compiutamente conto in motivazione, bilanciandoli con gli interessi privati dei proprietari del fondo (cfr., ex multis, TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 05.02.2008, n. 40).
Il riferimento a tali principi è sufficiente a fondare la diagnosi di illegittimità del diniego impugnato il cui supporto motivazionale è unicamente riferito agli interessi privati dei terzi titolari di un’ipotetica servitù di passaggio sull’area.
Va rammentato, infine, che la recinzione proposta dai ricorrenti, constando di semplice siepe viva con interposizione di rete metallica, senza elementi in muratura emergenti dal terreno, presenta caratteristiche costruttive che, non incidendo in modo permanente sull’assetto edilizio del territorio, non richiedevano il rilascio di alcun titolo autorizzativo edilizio, rientrando tra le attività di mera manutenzione (cfr., ex multis, TAR Lazio, Roma, 11.09.2009, n. 8644) (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 24.03.2010 n. 1576 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: ABUSI EDILIZI E POTERE SANZIONATORIO.
1. Abusi - Repressione - Discrezionalità della p.A. - Insussistenza -Casi - Ragioni - Conseguenza.
2. Abusi - Demolizione - Motivazione congrua in presenza di un abuso risalente nel tempo - Obbligo - Insussistenza.

1. L'attività di repressione degli abusi edilizi è dovuta e non discrezionale anche qualora intercorra un lungo periodo di tempo tra la realizzazione dell'opera abusiva ed il provvedimento sanzionatorio.
A ciò si aggiunga che soprattutto nei casi in cui la posizione del fabbricato non consenta un'agevole accertamento da parte degli organo comunali preposti alla vigilanza del territorio dell'abuso perpetrato, tale circostanza non rileva ai fini della legittimità di quest'ultimo né in rapporto al preteso affidamento circa la legittimità dell'opera che il protrarsi del comportamento inerte del comune avrebbe ingenerato nel responsabile dell'abuso edilizio, né in relazione ad un presunto ulteriore obbligo, per l'amministrazione procedente, di motivare specificamente il provvedimento in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico attuale a far demolire il manufatto.
2. La lunga durata nel tempo dell'opera priva del necessario titolo edilizio ne rafforza il carattere abusivo (trattandosi di illecito permanente), il che preserva il potere-dovere dell'amministrazione di intervenire nell'esercizio dei suoi poteri sanzionatori, tanto più che il provvedimento demolitorio non richiede una congrua motivazione in ordine all'attualità dell'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso, che è in re ipsa (da ultimo, TAR Emilia Romagna, sez. II, 07-07-2009 n. 1053) (massima tratta da
http://mondolegale.it - TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 24.03.2010 n. 362 -  link a  www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il contratto di “comodato” non consente l’effettuazione di trasformazioni fisiche del bene (posto che il comodatario è tenuto a restituire “la stessa cosa ricevuta”) e neppure può garantire la stabilità della “disponibilità” essendo, questa, condizionata alle necessità del comodante.
Il comodatario, dunque, non può apportare, anche se a proprie spese alcuna modifica, innovazione, miglioria o addizione ai locali concessi in comodato senza il preventivo consenso scritto e l’approvazione del relativo progetto da parte del comodante.

Ove voglia equipararsi la invocata “concessione in uso” ad un comodato, ovvero voglia valorizzarsi il medesimo contratto di comodato, il Collegio deve osservare che, ai sensi dell’art. 1803 C.C., “il comodato è il contratto col quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta”; ai sensi del successivo art. 1809 C.C., “il comodatario è obbligato a restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto”; laddove, “se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall’uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richieda”.
Non può dunque revocarsi in dubbio che la “concessione in uso” ovvero il “comodato”, per un verso, non consenta l’effettuazione di trasformazioni fisiche del bene (posto che il comodatario è tenuto a restituire “la stessa cosa ricevuta”), e, per altro, che neppure possa garantire la stabilità della “disponibilità”, essendo, questa, condizionata alle necessità del comodante.
Il comodatario, dunque, non può apportare, anche se a proprie spese alcuna modifica, innovazione, miglioria o addizione ai locali concessi in comodato senza il preventivo consenso scritto e l’approvazione del relativo progetto da parte del comodante.
D’altra parte, l’assenza del requisito della piena disponibilità del bene deriva anche dalla circostanza che il contratto di comodato, anche quando sia previsto un termine di durata, resta soggetto alla previsione dell’articolo 1809 C.C., secondo cui il comodatario è tenuto a restituire la cosa “se sopravviene un urgente ed impreveduto bisogno al comodante”; tale previsione, per quanto residuale, ossia statisticamente non molto probabile, non smentisce la conclusione, discendente dal regime legale del negozio di riferimento, secondo la quale il rapporto di comodato sia oggettivamente meno “stabile” di quello locatizio, in coerenza con al natura gratuita del contratto stesso, e non possa, pertanto, soddisfare il richiesto requisito della “piena disponibilità”, necessario, come sopra detto, per assicurare l’affidabilità del programma proposto (cfr. Cons. di Stato, sez. V, n. 4536/2008) (TAR Abruzzo-L'Aquila, sentenza 24.03.2010 n. 288 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Per l'adozione dei provvedimenti repressivi in materia di abusi edilizi, non è più necessaria l'acquisizione del parere della commissione edilizia comunale ai sensi dell'art. 32, comma 3, l. 17.08.1942 n. 1150, il quale era giustificato, nel previgente ordinamento, appunto dalla natura discrezionale di detto ordine.
I provvedimenti repressivi di abusi edilizi non necessitano di previo parere da parte di altri organi o autorità (nella specie Commissione edilizia e ufficio tecnico comunale) (TAR Lazio Roma, sez. II, 20.03.2002, n. 2309); ed infatti, a seguito dell'entrata in vigore della l. 28.01.1977 n. 10, la quale ha previsto la vincolante obbligatorietà dell'ordine di demolizione degli edifici abusivi, non è più necessaria l'acquisizione del parere della commissione edilizia comunale ai sensi dell'art. 32, comma 3, l. 17.08.1942 n. 1150, il quale era giustificato, nel previgente ordinamento, appunto dalla natura discrezionale di detto ordine (Consiglio Stato, sez. V, 24.03.1998, n. 350)
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 11.09.2009 n. 8644 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'installazione di un cancello, non comportando di norma la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, non richiede il rilascio di una concessione edilizia ma di una semplice autorizzazione e pertanto è irrogabile -ove non sia stata previamente acquisita detta autorizzazione- la sola sanzione pecuniaria e giammai la misura della demolizione.
La valutazione in ordine alla necessità della concessione edilizia per la realizzazione di opere di recinzione va effettuata sulla scorta dei seguenti due parametri: natura e dimensioni delle opere e loro destinazione e funzione; in base a tale criterio, dunque, non è necessario il permesso per costruire per modeste recinzioni di fondi rustici senza opere murarie, e cioè per la mera recinzione con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno senza muretto di sostegno, in quanto entro tali limiti la recinzione rientra solo tra le manifestazioni del diritto di proprietà, che comprende lo ius excludendi alios o comunque la delimitazione e l'assetto delle singole proprietà; occorre, invece, il permesso, quando la recinzione è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica, incidendo esso in modo permanente e non precario sull'assetto edilizio del territorio.
Per la posa in opera di una semplice recinzione con paletti in ferro, non infissi in muratura nel terreno, non è necessaria alcuna richiesta di provvedimento concessorio, trattandosi di installazione precaria e rientrando tale opera tra le attività di mera manutenzione. Ne consegue che, non essendo necessario il previo rilascio della concessione edilizia, in caso di opera realizzata abusivamente non ne poteva essere intimata la demolizione, potendosi, al più, applicarsi la relativa misura sanzionatoria pecuniaria.

Quanto alla intervenuta realizzazione dei cancelli in ferro sia pedonali che sulla rampa del garage, in difetto del previo rilascio della concessione edilizia, si osserva che, per giurisprudenza consolidata in materia, l'installazione di un cancello, non comportando di norma la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, non richiede il rilascio di una concessione edilizia ma di una semplice autorizzazione e pertanto è irrogabile -ove non sia stata previamente acquisita detta autorizzazione- la sola sanzione pecuniaria e giammai la misura della demolizione (TAR Lazio Roma, sez. II, 03.07.2007, n. 5968).
Ed infatti le opere di recinzione e di chiusura dell'area condominiale, mediante l'apposizione di un cancello elettrico scorrevole, sono soggette al regime dell'autorizzazione di cui all'art. 10 della l. n. 47 del 1985; di conseguenza, il Comune, per dette opere, ove non autorizzate, non può applicare la disciplina sanzionatoria prevista nel caso di opere eseguite in assenza di concessione ad edificare ovvero in totale o parziale difformità dalla medesima (Consiglio Stato, sez. V, 19.06.2003, n. 3652).
Per quanto attiene, poi, alle opere di recinzione dell’area condominiale valgono i principi di cui di seguito, tenuto conto che, dal tenore testuale dell’impugnata ordinanza, emerge come trattatasi di una recinzione realizzata in tubolari di ferro a pettine posta al di sopra di un muretto preesistente.
La valutazione in ordine alla necessità della concessione edilizia per la realizzazione di opere di recinzione va effettuata sulla scorta dei seguenti due parametri: natura e dimensioni delle opere e loro destinazione e funzione; in base a tale criterio, dunque, non è necessario il permesso per costruire per modeste recinzioni di fondi rustici senza opere murarie, e cioè per la mera recinzione con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno senza muretto di sostegno, in quanto entro tali limiti la recinzione rientra solo tra le manifestazioni del diritto di proprietà, che comprende lo ius excludendi alios o comunque la delimitazione e l'assetto delle singole proprietà; occorre, invece, il permesso, quando la recinzione è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica, incidendo esso in modo permanente e non precario sull'assetto edilizio del territorio (TAR Lazio Latina, sez. I, 03.09.2008, n. 1050).
Per la posa in opera di una semplice recinzione con paletti in ferro, non infissi in muratura nel terreno, non è necessaria alcuna richiesta di provvedimento concessorio, trattandosi di installazione precaria e rientrando tale opera tra le attività di mera manutenzione (TAR Lazio Roma, sez. II, 05.11.2004, n. 12554).
Ne consegue che, non essendo necessario il previo rilascio della concessione edilizia, in caso di opera realizzata abusivamente non ne poteva essere intimata la demolizione, potendosi, al più, applicarsi la relativa misura sanzionatoria pecuniaria
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 11.09.2009 n. 8644 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La chiusura di un piano piloty comporta aumento di superficie e di volumetria e non si riduce, quindi, alla semplice rinnovazione o sostituzione di parti anche strutturali di un edificio; il detto intervento non può, pertanto, “essere riferito all'ipotesi della manutenzione straordinaria, come definita dall'art. 31, lettera b), della legge n. 457/1978 …” né “... è assimilabile ad un intervento di restauro, di risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia, che non comporti aumento di superfici utili di calpestio, ancorché non residenziali.
Per quanto concerne le opere interessanti il cd. piano piloty, ossia la chiusura in parte del detto piano con strutture in ferro zincato nonché la realizzazione all’interno delle stesso di due strutture in ferro e vetro -premesso che il c.d. piano "in pilotis" o piloty è lo spazio a livello del suolo su cui insiste un edificio costruito su piloni, che non costituisce un volume tecnico, e concorre a formare la volumetria totale dell'edificio-, deve rilevarsi che “la chiusura di un piano piloty comporta aumento di superficie e di volumetria e non si riduce, quindi, alla semplice rinnovazione o sostituzione di parti anche strutturali di un edificio”; il detto intervento non può, pertanto, “essere riferito all'ipotesi della manutenzione straordinaria, come definita dall'art. 31, lettera b), della legge n. 457/1978 …” né “.. è assimilabile ad un intervento di restauro, di risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia, che non comporti aumento di superfici utili di calpestio, ancorché non residenziali” (Consiglio Stato, sez. V 23.08.2005 n. 4385) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 11.09.2009 n. 8644 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa d.i.a. non ha valore di provvedimento amministrativo tacito, ma si configura come atto di parte che consente al privato di intraprendere un'attività, una volta scaduto il termine di decadenza entro il quale l'Amministrazione può esercitare il proprio potere inibitorio; pertanto, il terzo che intende opporsi all'intervento, una volta decorso il termine senza l'esercizio del potere inibitorio, è legittimato unicamente a presentare all'Amministrazione istanza formale per l'adozione dei provvedimenti sanzionatori previsti e ad impugnare l'eventuale silenzio-rifiuto su di essa formatosi, oppure il provvedimento emanato dalla stessa all'esito dell'avvenuta verifica.
Per ciò che concerne la natura della d.i.a., la stessa va equiparata al permesso di costruire quanto all'impugnazione: da ciò consegue che la relativa decisione riguarderà quella parte ammissibile dell'impugnazione, con cui si chiede di voler conseguire l'annullamento del titolo edilizio conseguito dalla controinteressata con il deposito della denuncia, trascorso il tempo di legge.
La d.i.a. non è uno strumento di liberalizzazione dell'attività, ma rappresenta una semplificazione procedimentale che consente al privato di conseguire un titolo abilitativo, sub specie dall'autorizzazione implicita di natura provvedimentale, a seguito del decorso di un termine (30 giorni) della presentazione della denunzia, ed è impugnabile dal terzo nell'ordinario termine di decadenza di 60 giorni, decorrenti dalla comunicazione al terzo del suo perfezionamento, ovvero, dalla conoscenza del consenso (implicito) all'intervento oggetto della stessa.
Nel caso di presentazione di d.i.a. l'inutile decorso del termine di 30 giorni, assegnato dall'art. 23, t.u. 06.06.2001 n. 380 all'autorità comunale per l'adozione del provvedimento di inibizione ad effettuare il previsto intervento edificatorio, non comporta che l'attività del privato, ancorché del tutto difforme dal paradigma normativo, possa considerarsi lecitamente effettuata e quindi andare esente dalle sanzioni previste dall'ordinamento per il caso di sua mancata rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi, ben potendo il titolo abilitativo formatosi per effetto dell'inerzia dell'Amministrazione formare oggetto, alle condizioni previste in via generale dall'ordinamento, di interventi di annullamento d'ufficio o révoca da parte dell'Amministrazione stessa.

In primo luogo, viene eccepita l’inammissibilità del gravame nella parte in cui si impugna una denuncia di inizio attività, invocando il noto orientamento a mente del quale “la denuncia di inizio attività non ha valore di provvedimento amministrativo tacito, ma si configura come atto di parte che consente al privato di intraprendere un'attività, una volta scaduto il termine di decadenza entro il quale l'Amministrazione può esercitare il proprio potere inibitorio; pertanto, il terzo che intende opporsi all'intervento, una volta decorso il termine senza l'esercizio del potere inibitorio, è legittimato unicamente a presentare all'Amministrazione istanza formale per l'adozione dei provvedimenti sanzionatori previsti e ad impugnare l'eventuale silenzio-rifiuto su di essa formatosi, oppure il provvedimento emanato dalla stessa all'esito dell'avvenuta verifica" (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 22.02.2007, n. 948).
Tale tesi, ribadita anche da una parte della giurisprudenza di primo grado oltre che da alcune prese di posizione della sez IV del Consiglio di Stato, è stata oggetto di numerose critiche, caratterizzate in prevalenza dalle conseguenze negative per le esigenze di tutela dei terzi oltre che di certezza dei rapporti giuridici.
In proposito, questo stesso Tribunale, sin dalla nota presa di posizione di cui alla sentenza n. 113 del 2003 (superata quale costruzione teorica ma non quale chiaro tentativo di dare una risposta completa a tutte le esigenze e gli interessi coinvolti) si è da sempre inserito nel filone giurisprudenziale teso a garantire il rispetto dei suddetti insuperabili paletti: l’effettività della tutela anche giurisdizionale dei terzi, in quanto l’opzione criticata non appare conforme all’art. 24 della Costituzione nella misura in cui scollega la possibilità di agire in sede giurisdizionale dal momento di avvio dei lavori e quindi dalla concreta lesione degli interessi coinvolti; la certezza delle posizioni giuridiche coinvolte, quindi anche (e soprattutto) di chi aspira legittimamente a realizzare gli interventi edilizi ammessi dalla pianificazione vigente senza rischi potenziali di successivi interventi dell’autorità sollecitata da privati la cui legittimazione non sempre è facilmente identificabile per le stesse amministrazioni coinvolte.
In quest’ottica si inserisce quindi l’opzione espressa da ultimo dal Tar Liguria e condensata nella seguente massima: “per ciò che concerne la natura della denuncia di inizio attività, la stessa va equiparata al permesso di costruire quanto all'impugnazione: da ciò consegue che la relativa decisione riguarderà quella parte ammissibile dell'impugnazione, con cui si chiede di voler conseguire l'annullamento del titolo edilizio conseguito dalla controinteressata con il deposito della denuncia, trascorso il tempo di legge" (TAR Liguria Genova, sez. I, 06.06.2008, n. 1228).
Sulla scorta di tali considerazioni l’opinione espressa da larga parte della giurisprudenza di primo grado ha finito col fare breccia a livello di appello, in specie presso la sesta sezione del Consiglio di Stato la quale, non a caso, si è espressa in fattispecie caratterizzate dalla sussistenza del vincolo paesaggistico e dalla conseguente necessità dell’autorizzazione ex d.lgs. 42 del 2004; in proposito è stato quindi affermato che “la d.i.a. non è uno strumento di liberalizzazione dell'attività, ma rappresenta una semplificazione procedimentale che consente al privato di conseguire un titolo abilitativo, sub specie dall'autorizzazione implicita di natura provvedimentale, a seguito del decorso di un termine (30 giorni) della presentazione della denunzia, ed è impugnabile dal terzo nell'ordinario termine di decadenza di 60 giorni, decorrenti dalla comunicazione al terzo del suo perfezionamento, ovvero, dalla conoscenza del consenso (implicito) all'intervento oggetto della stessa" (Consiglio Stato , sez. VI, 05.04.2007, n. 1550).
Sulla scia di tale condivisibile orientamento risulta poi essersi posta anche altra giurisprudenza di appello, la quale ha circostanziato il relativo adeguamento precisando che nel caso di presentazione di dichiarazione di inizio di attività l'inutile decorso del termine di 30 giorni, assegnato dall'art. 23, t.u. 06.06.2001 n. 380 all'autorità comunale per l'adozione del provvedimento di inibizione ad effettuare il previsto intervento edificatorio, non comporta che l'attività del privato, ancorché del tutto difforme dal paradigma normativo, possa considerarsi lecitamente effettuata e quindi andare esente dalle sanzioni previste dall'ordinamento per il caso di sua mancata rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi, ben potendo il titolo abilitativo formatosi per effetto dell'inerzia dell'Amministrazione formare oggetto, alle condizioni previste in via generale dall'ordinamento, di interventi di annullamento d'ufficio o révoca da parte dell'Amministrazione stessa; segue da ciò che, anche dopo il decorso del termine di 30 giorni previsto per la verifica dei presupposti e requisiti di legge, l'Amministrazione non perde i propri poteri di autotutela, né nel senso di poteri di vigilanza e sanzionatori, né nel senso di poteri espressione dell'esercizio di una attività di secondo grado estrinsecantesi nell'annullamento d'ufficio e nella révoca, ma con il limite, per l'ipotesi in cui la legittimità dell'opera edilizia dipenda da valutazioni discrezionali e di merito tecnico che possono mutare nel tempo, che detto potere, esercitabile con riferimento ad una d.i.a. anche quando sia ormai decorso il termine di decadenza per l'esercizio dei poteri inibitori ex art. 23, comma 6, cit. t.u. n. 380 del 2001, deve essere opportunamente coordinato con il principio di certezza dei rapporti giuridici e di salvaguardia del legittimo affidamento del privato nei confronti dell'attività amministrativa; mentre i terzi, che si assumano lesi dal silenzio serbato dall'Amministrazione a fronte della presentazione della d.i.a., sono legittimati a gravarsi non avverso il silenzio stesso ma, nelle forme dell'ordinario giudizio di impugnazione, avverso il titolo che, formatosi e consolidatosi per effetto del decorso del termine, si configura in definitiva come fattispecie provvedimentale a formazione implicita (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 25.11.2008, n. 5811)
(TAR Liguria, Sez. II, sentenza 09.01.2009 n. 43 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl termine per l'impugnazione di un titolo edilizio ad opera del confinante non decorre dall'avvio dei lavori, ma dalla ultimazione di questi, affinché gli interessati siano in grado di avere cognizione dell'esistenza e dell'entità delle violazioni urbanistico-edilizie eventualmente derivanti dalla concessione; l'effettiva conoscenza dell'atto, infatti, si verifica quando la costruzione realizzata rivela in modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche dell'opera e l'eventuale non conformità della stessa al titolo o alla disciplina urbanistica, con la conseguenza che in mancanza di altri ed inequivoci elementi probatori il termine decorre non con il mero inizio dei lavori, ma con il loro completamento.
In linea di diritto, per i titoli edilizi la giurisprudenza prevalente ribadisce costantemente che il termine per l'impugnazione di un titolo edilizio ad opera del confinante non decorre dall'avvio dei lavori, ma dalla ultimazione di questi, affinché gli interessati siano in grado di avere cognizione dell'esistenza e dell'entità delle violazioni urbanistico-edilizie eventualmente derivanti dalla concessione; l'effettiva conoscenza dell'atto, infatti, si verifica quando la costruzione realizzata rivela in modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche dell'opera e l'eventuale non conformità della stessa al titolo o alla disciplina urbanistica, con la conseguenza che in mancanza di altri ed inequivoci elementi probatori il termine decorre non con il mero inizio dei lavori, ma con il loro completamento (cfr. ad es. Consiglio Stato , sez. V, 04.03.2008, n. 885), a meno che non venga provata una conoscenza anticipata o si deducano censure di assoluta inedificabilità dell'area o analoghe censure, nel qual caso risulta sufficiente la conoscenza dell'iniziativa in corso (cfr. ad es. Consiglio Stato , sez. IV, 10.12.2007, n. 6342).
Inoltre, la stessa costante opinione, condivisa dal Collegio, sottolinea che l’eccezione di tardività, essendo destinata ad incidere sul fondamentale diritto alla tutela giurisdizionale, postula una prova rigorosa che deve essere fornita dalla parte che la formula (cfr. ad es. Consiglio Stato , sez. V, 06.02.2008, n. 322). Tutto ciò peraltro, evidentemente, presuppone la formale conclusione del procedimento di formazione di un valido ed efficace assenso edilizio.
Tali principi non possono che valere per la d.i.a., sia a fronte della suddetta qualificazione a fini di tutela, sia in considerazione della rilevanza degli interventi realizzabili con questo strumento (specie laddove comportano un evidente trasformazione in zona vincolata dell’esistente come nella specie), il cui riconosciuto carattere di semplificazione riguarda la fase procedimentale, non certo quella di tutela giurisdizionale pena manifesti dubbi di compatibilità costituzionale.
A conferma di ciò possono invocarsi diversi indizi, come la riconosciuta alternatività dei titoli espressi rispetto alla dia, la ampia possibilità di adottare i due schemi procedimentali riconosciuta ai legislatori regionali nell’ambito della qualificazione in termini di norma attuativa del governo del territorio ex 117, comma 3, Cost., mentre la disciplina della tutela giurisdizionale appartiene alla disciplina esclusiva statale (art. 117, comma 2, lett. l) anche in considerazione della preminenza dei relativi principi e dell’esigenza di valenza unitaria degli stessi
(TAR Liguria, Sez. II, sentenza 09.01.2009 n. 43 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALe autorizzazioni paesaggistiche debbono essere congruamente motivate in modo che possa essere ricostruito l'"iter" logico che ha condotto a ritenere le opere autorizzate non lesive dei valori paesistici sottesi all'imposizione del vincolo.
In sede di esame dell'istanza di autorizzazione paesistica, l'autorità delegata o subdelegata deve motivare l'autorizzazione in modo tale che emerga l'apprezzamento di tutte le rilevanti circostanze di fatto e la non manifesta irragionevolezza della scelta effettuata sulla prevalenza di un valore in conflitto diverso da quello tutelato in via primaria; inoltre, pur se in sede di pianificazione urbanistica sono valutati anche gli interessi di rilievo paesistico ed ambientale, nel corso del procedimento di rilascio dell'autorizzazione paesistica l'autorità delegata o subdelegata deve effettuare le specifiche valutazioni richieste dall'art. 146 d.lgs. n. 42 cit., in considerazione della distinzione, che emerge dalla Costituzione, delle materie del paesaggio e dell'urbanistica.
L'idonea motivazione necessaria per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica non deve ricercarsi unicamente nel provvedimento conclusivo, essendo sufficiente che dagli atti del procedimento emerga la sussistenza di quella necessaria approfondita ed esaustiva analisi dell'impatto sui caratteri sottesi al vincolo sussistente in zona.

Costituisce principio ormai consolidato quello per cui le autorizzazioni paesaggistiche, quantunque abbiano natura di atti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari, debbono essere congruamente motivate in modo che possa essere ricostruito l'"iter" logico che ha condotto a ritenere le opere autorizzate non lesive dei valori paesistici sottesi all'imposizione del vincolo.
In particolare, in sede di esame dell'istanza di autorizzazione paesistica, l'autorità delegata o subdelegata deve motivare l'autorizzazione in modo tale che emerga l'apprezzamento di tutte le rilevanti circostanze di fatto e la non manifesta irragionevolezza della scelta effettuata sulla prevalenza di un valore in conflitto diverso da quello tutelato in via primaria; inoltre, pur se in sede di pianificazione urbanistica sono valutati anche gli interessi di rilievo paesistico ed ambientale, nel corso del procedimento di rilascio dell'autorizzazione paesistica l'autorità delegata o subdelegata deve effettuare le specifiche valutazioni richieste dall'art. 146 d.lgs. n. 42 cit., in considerazione della distinzione, che emerge dalla Costituzione, delle materie del paesaggio e dell'urbanistica (cfr. ad es. TAR Liguria, sez. I, 27.10.2005 , n. 1408, 19.12.2006 n. 1711 e Consiglio Stato, sez. VI, 08.11.2005, n. 6219).
La idonea motivazione necessaria per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica non deve ricercarsi unicamente nel provvedimento conclusivo, essendo sufficiente che dagli atti del procedimento emerga la sussistenza di quella necessaria approfondita ed esaustiva analisi dell'impatto sui caratteri sottesi al vincolo sussistente in zona (TAR Liguria Genova, sez. I, 01.08.2007, n. 1426).
Va ribadito come in generale il difetto di motivazione dell'autorizzazione paesaggistica non sia qualificabile nella specie alla stregua di un vizio di forma ai sensi dell'art. 21-octies, comma 2, l. n. 241 del 1990, atteso che sottende all'esplicazione di un giudizio connesso alla tutela di interessi primari di tutela ex art. 117, lett. s), Cost., né l'autorizzazione paesaggistica può qualificarsi come atto vincolato (prima parte comma 2), trattandosi di valutazione di compatibilità rispetto ai vincoli sussistenti in loco pienamente discrezionale
(TAR Liguria, Sez. II, sentenza 09.01.2009 n. 43 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL'esecuzioni di lavori su parti condominiali presuppone la preliminare acquisizione agli atti del Comune -e conseguente valutazione- del parere dell'assemblea condominiale.
Trattandosi di intervento che, come si è avuto modo di verificare coinvolge in maniera diretta e rilevante anche parti comuni, occorreva acquisire e valutare l’assenso condominiale (TAR Toscana, sez. II, 30.07.1990, n. 381, TAR Liguria n. 800/2007, 916/2005 e 284/2006).
In particolare, è già stato evidenziato che il generale necessario assenso debba essere valutato alla luce della situazione dei luoghi e delle ragioni espresse dal condominio (cfr. TAR Liguria 24.01.2002 n. 63), ed è tale valutazione ad essere del tutto carente nella specie
(TAR Liguria, Sez. II, sentenza 09.01.2009 n. 43 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L’onere di motivare la compatibilità paesaggistica del singolo intervento da realizzare all’interno di un Piano di lottizzazione, già valutato favorevolmente dalla Soprintendenza, risulta fortemente attenuato, se non addirittura escluso.
Nel caso di un Piano di lottizzazione sul quale era già intervenuto il parere favorevole della Soprintendenza, è infatti palese che l’onere di motivare la compatibilità paesaggistica del singolo intervento da realizzare all’interno del Piano stesso risulta fortemente attenuato, se non addirittura escluso.
In tal senso si è già espressa la Sezione in fattispecie del tutto analoga a quella in esame, affermando che la motivazione non occorre quando il progetto attenga ad un manufatto già astrattamente valutato come compatibile con i valori ambientali del luogo; e che in siffatta ipotesi l’autorizzazione deve esclusivamente dare atto della insussistenza, in concreto, di elementi tali da contrastare con il bene tutelato (Cons. St. VI 26.04.2000, n. 2500) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 22.06.2007 n. 3453 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIn materia di d.i.a., la prevalente giurisprudenza sembra sostanzialmente d’accordo sulla necessità, ai fini dell’adozione dei provvedimenti repressivi, di distinguere tra potere inibitorio e potere sanzionatorio: il primo, esercitabile nel termine previsto dalla legge a pena di decadenza; il secondo, sovente ricondotto per la DIA in materia edilizia all’articolo 4 della legge n. 47 del 1985 e, comunque, al più generale potere di ordinare la cessazione dell’attività «in tutti i casi di mancanza originaria o sopravvenuta dei requisiti», potere generalmente tenuto distinto dal generale potere di autotutela (da chi nega la formazione di un provvedimento tacito, per mancanza del provvedimento su cui intervenire; in ogni caso, per il carattere discrezionale dell’annullamento in autotutela).
La DIA in materia edilizia, oltre che dalla legislazione regionale, tra cui quella della Lombardia, è specificamente disciplinata dal testo unico in materia edilizia, emanato con D.P.R. 06.06.2001, n. 380, cui ha apportato significative modificazioni il d.lg. 27.12.2002, n. 301, che ha delineato il meccanismo della DIA alternativa al permesso di costruire.
Le tesi che sono state sostenute in tema di natura giuridica della DIA, nella dottrina e nella giurisprudenza soprattutto dei Tribunali amministrativi, oscillano tra due poli opposti: si sostiene, da un lato, che la denuncia di inizio attività sia un mero atto di iniziativa privata che consente solo un intervento di tipo inibitorio, in difetto dei presupposti, della pubblica amministrazione; dall’altro, che la denuncia di inizio attività, per effetto del decorso del tempo assegnato all’amministrazione per esercitare il potere inibitorio, dia luogo sostanzialmente a una fattispecie, da taluni definita anche complessa o a formazione successiva, configurabile come titolo abilitativo tacito.
Le due tesi, che si presentano variamente articolate al loro interno, comportano rilevanti conseguenze sul piano delle tutele, sia del denunciante nei confronti dell’amministrazione, sia dei terzi contrari all’intervento edilizio, ammettendosi, in via alternativa: l’immediata impugnativa della denuncia di parte; l’impugnazione del silenzio serbato dall’amministrazione sull’istanza e quindi il mancato esercizio del potere inibitorio; l’impugnazione del provvedimento tacito che si forma per effetto combinato della denuncia del privato e del mancato esercizio del potere inibitorio da parte dell’amministrazione.
Si è giunti anche a ipotizzare, pur dinanzi al giudice amministrativo, un’azione di accertamento con la quale il privato controinteressato contesti al denunciante la realizzabilità dell’intervento edilizio o, quanto meno, la sua assentibilità mediante la procedura della DIA.
La prevalente giurisprudenza sembra, invece, sostanzialmente d’accordo sulla necessità, ai fini dell’adozione dei provvedimenti repressivi, di distinguere tra potere inibitorio e potere sanzionatorio: il primo, esercitabile nel termine previsto dalla legge a pena di decadenza; il secondo, sovente ricondotto per la DIA in materia edilizia all’articolo 4 della legge n. 47 del 1985 e, comunque, al più generale potere di ordinare la cessazione dell’attività «in tutti i casi di mancanza originaria o sopravvenuta dei requisiti» (IV, 26.07.2004, n. 5323), potere generalmente tenuto distinto dal generale potere di autotutela (da chi nega la formazione di un provvedimento tacito, per mancanza del provvedimento su cui intervenire; in ogni caso, per il carattere discrezionale dell’annullamento in autotutela).
La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha avuto modo di affrontare le varie questioni inevitabilmente in relazione ai casi specifici pervenuti e da angolazioni diverse: IV, 26.07.2004 n. 5323, resa in relazione all’apertura di un «centro di trasmissione dati» e con riferimento al problema dell’avvio del procedimento, afferma che in materia di DIA si «prescinde dall’emanazione di un provvedimento amministrativo»; nei casi di realizzazione di impianti di telefonia cellulare si rinviene un orientamento che qualifica la denuncia di inizio attività corroborata dal decorso del tempo in termini di provvedimento amministrativo tacito (implicitamente, VI, 10.06.2003 n. 3265 e, espressamente, VI, n. 6910 del 2004, con considerazioni anche di ordine generale sulla DIA edilizia), mentre, sempre con riferimento agli impianti di telefonia cellulare, VI, 04.09.2002 n. 4453 esclude che la DIA abbia valore di provvedimento amministrativo e che il potere repressivo, pur ricondotto allo schema generale dell’autotutela, costituisca attività di secondo grado (tale ricostruzione è sostanzialmente conforme al parere dell’Adunanza generale 06.02.1992 n. 27, sul regolamento di attuazione dell’articolo 19 della legge n. 241 del 1990 nel testo originario).
Ancora, V, 20.01.2003 n. 172 ricollega, senza ulteriori precisazioni, alla DIA, questa volta in materia edilizia, la «formazione di un implicito assenso», mentre, in maniera più articolata e mossa soprattutto da considerazioni attinenti alla tutela dei terzi, VI, 16.03.2005 n. 1093 ritiene sufficiente che gli interessati contestino la realizzabilità dell’intervento, confermando peraltro una sentenza di primo grado che –si badi- aveva dichiarato l’illegittimità del silenzio serbato dal Comune e il suo obbligo di attivare il procedimento repressivo delle opere edilizie.
Nessun argomento, per converso, sembra sia possibile ricavare da V, 29.01.2004 n. 308 e 04.02.2004 n. 376, per la peculiarità delle fattispecie ivi considerate e dell’oggetto del decisum.
Non è possibile, né conferente, in questa sede ripercorrere in dettaglio le varie tesi, molte delle quali tendenti a enucleare, dal regime giuridico della denuncia di inizio attività, un peculiare regime della DIA edilizia. Probabilmente le incertezze regnanti in materia, che inevitabilmente si ripercuotono sul piano delle tutele, discendono anche da una progressiva trasfigurazione dell’istituto in parola, sorto e naturalmente allocato tra gli strumenti di liberalizzazione delle attività private (che, cioè, presuppongono un’attività non soggetta al regime autorizzatorio), e poi utilizzato come strumento di semplificazione procedimentale inerente, paradossalmente, a procedimenti di natura autorizzatoria: il che ha inevitabilmente portato l’istituto in parola a confondersi con lo strumento del silenzio-assenso o, quanto meno, a frantumarsi in una pluralità di istituti diversi, ciascuno dei quali assoggettato a un regime più o meno peculiare.
Ad avviso della Sezione, la soluzione della questione, nei termini rilevanti ai fini di cui è causa, deve tendere, sul piano dell’ermeneusi, a privilegiare ipotesi che possano semplificare, in termini di chiarezza, il quadro normativo, assicurando, al contempo, una facile e quindi efficace tutela ai privati, siano essi gli interessati all’intervento edilizio, siano essi i controinteressati allo stesso.
Nella ricostruzione del sistema cui dà luogo l’istituto della denuncia di inizio attività –con riferimento particolare alla materia edilizia e alla normativa vigente anteriormente alle richiamate modifiche legislative dell’istituto in generale, la cui portata innovativa sulla DIA edilizia non rileva nel presente giudizio- è necessario distinguere tra due distinti rapporti: quello tra denunciante e amministrazione e quello che riguarda i controinteressati all’intervento. Tali rapporti, pur attenendo a una medesima vicenda sostanziale, possono essere tenuti distinti sul piano delle tutele, anche in considerazione della diversità dei poteri di cui dispone l’amministrazione.
Vero è, invece, che, proprio perché trattasi di situazioni direttamente collegate all’esercizio di un potere pubblicistico dell’amministrazione cui possono contrapporsi interesse legittimi dei vari interessati, le relative controversie rientrano comunque nella giurisdizione del giudice amministrativo (salve le ipotesi di concorrenti azioni tra privati sulla base delle norme del codice civile sui rapporti di vicinato).
Nei rapporti tra denunciante e amministrazione, la denuncia di inizio attività si pone come atto di parte, che, pur in assenza di un quadro normativo di vera e propria liberalizzazione dell’attività, consente al privato di intraprendere un’attività in correlazione all’inutile decorso di un termine, cui è legato, a pena di decadenza, il potere dell’amministrazione, correttamente definito inibitorio dell’attività.
Sul piano pratico, rileva poco se, in forza di un’inversione procedimentale, la fattispecie dia luogo, con la scadenza del termine, a un titolo abilitativo tacito o al consolidarsi, per volontà legislativa, degli effetti di un atto di iniziativa di parte. L’interessato potrà contestare l’esercizio del potere inibitorio, tale qualificato dall’amministrazione, vuoi per motivi formali (decadenza dal termine), vuoi sul piano sostanziale (sussistenza dei requisiti).
A tale potere resta estraneo, sul piano normativo della qualificazione degli interessi, colui che si oppone all’intervento, perché la norma sulla denuncia di inizio attività non prende (ancora) formalmente in considerazione la sua posizione, per qualificarla in senso legittimante, ed egli, in definitiva, non può opporsi, in sede di giurisdizione amministrativa, all’attività del privato.
Una volta decorso il termine senza l’esercizio del potere inibitorio, e nella persistenza, generalmente ritenuta, del generale potere repressivo degli abusi edilizi, colui che si oppone all’intervento, essendosi consolidata la fattispecie complessa che abilita, ex lege o ex actu non rileva, il privato a costruire, sarà legittimato a chiedere al Comune di porre in essere i provvedimenti sanzionatori previsti, facendo ricorso, in caso di inerzia, alla procedura del silenzio, che pertanto non avrà, né potrebbe avere, come riferimento il potere inibitorio dell’amministrazione –essendo decorso, a tacer d’altro, il relativo termine, con la conseguenza, sottolineata in dottrina, che il giudice non potrà costringere l’amministrazione a esercitare un potere da cui è decaduta- bensì il generale potere sanzionatorio, salvo poi a stabilire se tale potere abbia carattere vincolato (come ritengono i più) o sia comunque esercitabile alla stregua dei princìpi dell’autotutela (come mostra ritenere VI, n. 4453/2002, citata).
La tesi esposta, da un lato, consente di attenuare i profili critici di ordine generale cui conduce l’utilizzazione normativa della denuncia di inizio attività in termini di semplificazione procedimentale anzi che di supporto ad attività liberalizzate; dall’altro, consente di assicurare la tutela dei terzi in termini ragionevoli con lo strumento del silenzio, secondo uno schema più lineare e quindi semplice, rispetto alle variegate ipotesi cui in pratica possono condurre le altre tesi sin qui prospettate, tutte accomunate dal non irrilevante problema della precisa individuazione dell’oggetto del giudizio, come si evince dalla stessa formulazione dei ricorsi in primo grado.
Qualche inconveniente può forse derivare dallo slittamento del tempo in cui il terzo può agire alla scadenza del termine previsto per l’esercizio del potere inibitorio, ma, se anche tale conclusione fosse imposta dalla tesi esposta, essa avrebbe scarsa rilevanza pratica sul piano dell’effettività, sia per la generale esiguità del termine (entro il quale è difficile completare l’intervento), sia perché comunque l’avvio dell’attività resterebbe a rischio del soggetto procedente.
Facendo applicazione degli esposti princìpi alla controversia in esame, deve ritenersi che l’impugnazione originariamente proposta dinanzi al Tribunale amministrativo, con il ricorso principale e con i vari atti per motivi aggiunti, sia inammissibile.
Ed invero:
- dovendosi correttamente qualificare la domanda dei ricorrenti originari in termini di azione volta a far dichiarare l’illegittimità del silenzio, la stessa non è stata preceduta dalla formale diffida all’amministrazione, come imposto dalla normativa all’epoca vigente (non potendosi evidentemente accogliere la tesi del primo giudice secondo cui i silenzi sarebbero stati comunque procedimentalizzati, in forza di un’equiparazione tra ricorso e diffida);
- non possono essere condivise, per quanto dianzi argomentato, né la tesi per cui oggetto dell’impugnativa e quindi dell’annullamento siano gli effetti della DIA (tesi, sia pure non con assoluta linearità, sostenuta dal primo giudice), né la tesi che configura la DIA come un provvedimento tacito (tesi riproposta nell’appello incidentale dagli originari ricorrenti e invero non coerente con l’impostazione degli originari ricorsi che sembrano volti a contestare l’illegittimità dei silenzi);
- la qualificazione della domanda come volta all’accertamento dell’illegittimità del silenzio non è scalfita dall’impugnazione espressa di alcuni atti, volti, nell’assunto degli originari ricorrenti e, a quel che sembra, anche del primo giudice, ad assentire espressamente gli interventi in parola con ricorso alla DIA: la ricostruzione del sistema nei termini prospettati esclude in radice che tali atti possano assumere valore provvedimentale, in quanto il principio di legalità e di conseguente tipicità dei provvedimenti amministrativi esclude che possano essere inseriti nella sequenza procedimentale provvedimenti non espressione di poteri tipici previsti dalla legge;
-ai fini delle modalità di contestazione della realizzabilità dell’intervento da parte del terzo non rileva che l’intervento medesimo sia escluso in radice dalla normativa urbanistica o che lo stesso non potesse ritualmente essere avviato tramite DIA: in entrambe le ipotesi, occorre che il terzo stimoli il potere repressivo dell’amministrazione, diverse potendo essere solo le conseguenze che derivino dall’accoglimento dell’asserito motivo di illegittimità (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 22.07.2005 n. 3916 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa denunzia di inizio di attività costituisce una dichiarazione del privato cui la legge ricollega effetti tipici corrispondenti a quelli del permesso di costruire, ma non ha il carattere del provvedimento amministrativo, in quanto non promana da una pubblica amministrazione che ne è la destinataria, non costituisce esercizio di una potestà pubblicistica, né dà origine ad un provvedimento amministrativo in forma tacita (silenzio-assenso).
Il termine di 30 giorni, entro il quale il Sindaco, a seguito di denuncia di inizio attività, può notificare agli interessati l’ordine motivato di non effettuare le previste trasformazioni, ha natura perentoria, essendo finalizzato a dare certezza ai rapporti giuridici tra privati e Pubblica amministrazione, a tutelare gli interessi di entrambi nonché, contemporaneamente, l’interesse pubblico.
In materia di d.i.a., il potere inibitorio previsto dal comma 6 dell’art. 23 del d.P.R. 380/2001, può essere esercitato entro il termine perentorio di 30 giorni, trascorso il quale possono soltanto essere emanati provvedimenti d’autotutela e sanzionatori; invero, alla scadenza del citato termine di 30 giorni matura l’autorizzazione implicita ad eseguire i lavori progettati ed indicati nella D.I.A., fermo restando il potere dell’Amministrazione comunale di provvedere anche successivamente alla scadenza del termine stesso, ma non più con provvedimento inibitorio (ordine o diffida a non eseguire i lavori) bensì con provvedimento sanzionatorio (se i lavori sono già stati eseguiti, in tutto o in parte) di tipo ripristinatorio o pecuniario, secondo i casi, in base alla normativa che disciplina la repressione degli abusi edilizi.

Secondo un indirizzo giurisprudenziale prevalente, la denunzia di inizio di attività costituisce una dichiarazione del privato cui la legge, in presenza di specifiche condizioni, ricollega effetti tipici corrispondenti a quelli del permesso di costruire, ma non ha il carattere del provvedimento amministrativo, in quanto non promana da una pubblica amministrazione che ne è la destinataria, non costituisce esercizio di una potestà pubblicistica, né dà origine ad un provvedimento amministrativo in forma tacita (silenzio-assenso), non sussistendo il potere-dovere dell’Amministrazione di provvedere sull’istanza del privato. (…)
E’ anche costantemente affermata la natura perentoria del termine di 30 giorni (già venti) ex art. 23 d.P.R. 380/2001.
Circa la natura del termine, concesso all’Amministrazione comunale per l’esercizio del potere inibitorio, a seguito della ricezione della denuncia d’inizio attività da parte del privato, si vedano le seguenti massime: TAR Piemonte, n. 70 del 16.01.2002: “Il termine di venti giorni stabilito dall’art. 2, comma 60, l. 23.12.1996 n. 662 (che ha sostituito l’art. 4 d. l. 05.10.1993 n. 398 convertito dalla l. 04.12.1993 n. 493), ai fini dell’adozione del provvedimento comunale di inibitoria a seguito della ricezione della denuncia di inizio attività per l’esecuzione di lavori edilizi, ha carattere perentorio”; TAR Friuli Venezia Giulia n. 18 del 30.01.2001: “Il termine di venti giorni, entro il quale il Sindaco, a seguito di denuncia di inizio attività relativamente a lavori interni, può notificare agli interessati l’ordine motivato di non effettuare le previste trasformazioni, ha natura perentoria, essendo finalizzato a dare certezza ai rapporti giuridici tra privati e Pubblica amministrazione, a tutelare gli interessi di entrambi nonché, contemporaneamente, l’interesse pubblico”; e, ancora, TAR Emilia Romagna, Parma, 08.06.2001, n. 325; TAR Lombardia, Brescia, 01.06.2001, n. 397; TAR Basilicata, 21.10.2000, n. 647.
La perentorietà è da riconnettersi con il venir meno del potere, di cui al co. 6 dell’art. 23 del d.P.R. 380/2001, del Comune di contestare al denunziante la carenza dei presupposti e dei requisiti di legge.
Con il decorso di un termine breve, si definiscono e vengono a giuridica esistenza anche gli effetti dell’atto-denunzia, titolo abilitante di natura privata.
La valenza di tale atto non può trasformare in lecita e/o legittima un’attività edilizia oggettivamente abusiva, qualora il denunziante abbia erroneamente ricondotto l’intervento ad una delle fattispecie in cui opera il meccanismo della d.i.a., od erroneamente abbia certificato, tramite il proprio progettista, l’inesistenza delle condizioni impeditive stabilite dalla legge.
Conclusosi, pertanto, il procedimento d’iniziativa privata, permane in capo all’Amministrazione il più generale potere di vigilanza e di repressione di cui all’art. 4 e segg. della l. 28.02.1985, n. 47, il cui esercizio non è soggetto a termini di prescrizione (salvo a dover motivare, in ipotesi di un lungo tempo trascorso dall’ultimazione dei lavori, sulla permanenza dell’interesse pubblico specifico ed attuale perseguito e ritenuto prevalente rispetto all'affidamento ingenerato nel privato dal comportamento omissivo dell’Amministrazione).
In definitiva, il potere inibitorio previsto dal comma 6 dell’art. 23 del d.P.R. 380/2001, può essere esercitato entro il termine perentorio di 30 giorni, trascorso il quale possono soltanto essere emanati provvedimenti d’autotutela e sanzionatori; invero, alla scadenza del citato termine di 30 giorni matura l’autorizzazione implicita ad eseguire i lavori progettati ed indicati nella D.I.A., fermo restando il potere dell’Amministrazione comunale di provvedere anche successivamente alla scadenza del termine stesso, ma non più con provvedimento inibitorio (ordine o diffida a non eseguire i lavori) bensì con provvedimento sanzionatorio (se i lavori sono già stati eseguiti, in tutto o in parte) di tipo ripristinatorio o pecuniario, secondo i casi, in base alla normativa che disciplina la repressione degli abusi edilizi (è discusso, in tal caso, se l’Amministrazione debba far precedere tale provvedimento sanzionatorio dall’emanazione, in autotutela, di un atto di secondo grado -revoca od annullamento dell’autorizzazione tacita od implicita formatasi- anche se la soluzione negativa pare quella preferibile).
Appare inoltre evidente, in base all’interpretazione letterale, che entro il termine di 30 giorni il provvedimento inibitorio di cui sopra debba essere non soltanto emanato, ma anche notificato al privato (ove entro il termine indicato al comma 1 sia riscontrata l’assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all’interessato l’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento); depone chiaramente in tal senso, del resto, anche la indubbia natura recettizia dell’ordine di non eseguire i lavori da parte del Comune (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 27.06.2005 n. 8707 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIn materia di distanza minima di 10 mt. tra fabbricati, ex art. 9 DM 1444/1968, in presenza di contrasto tra norma legislativa e norma regolamentare, deve ritenersi disapplicabile la seconda.
In tema di distanze tra costruzioni restano salvi i diritti dei terzi i quali, ove lesi dalla costruzione realizzata senza il rispetto delle disposizioni sulle distanze, conservano il diritto ad ottenere la riduzione in pristino.

La distanza di mt. 10 tra pareti finestrate rappresenta quella minima inderogabile prestabilita dall’art. 9 del D.M. 02.04.1968 n. 1444, decreto che, in quanto emanato in esecuzione della norma sussidiaria dell’art. 41-quinquies della L. 17.08.1942 n. 1150, introdotto dalla L. 06.08.1967 n. 765, ripete dal rango della stessa legge delegante la forza di norma legislativa capace di integrare l’art. 872 cod.civ..
Tanto comporta che, in presenza di contrasto tra norma legislativa e norma regolamentare, deve ritenersi disapplicabile la seconda, giacché, secondo la giurisprudenza, pur in difetto di specifica doglianza di parte, è consentito al Giudice Amministrativo sindacare gli atti di normazione secondaria, incidenti su diritti soggettivi di terzi, al fine di accertarne l’idoneità ad innovare l’ordinamento e, in concreto, a fornire la regola di giudizio per risolvere la questione controversa (Cons. St., Sez. V, 26.02.1992 n. 154; 24.07.1993 n. 799; 07.04.1995 n. 531; Sez. IV, 29.02.1996 n. 222).
Peraltro, in tema di distanze tra costruzioni restano salvi i diritti dei terzi i quali, ove lesi dalla costruzione realizzata senza il rispetto delle disposizioni sulle distanze, conservano il diritto ad ottenere la riduzione in pristino (Cass., Sez. II, 13.10.2000 n. 13639)
(TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 23.01.2003 n. 197 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATADecorso il termine di 30 giorni per il controllo della d.i.a., in capo all’Autorità comunale permangono integri sia il potere di autotutela che quello più generale di intervento successivo, magari ad istanza di un terzo, che possono, comunque, dar luogo all’interdizione dell’opera.
Appare esperibile da parte del terzo un’azione diretta a provocare in sede di giurisdizione esclusiva un sindacato da parte del giudice in ordine alla corrispondenza, o meno, di quanto dichiarato dall’interessato con la d.i.a. e di quanto previsto dal relativo progetto rispetto ai canoni normativi stabiliti per la realizzazione dell’attività edilizia in questione

Una volta spirato il termine legislativamente prescritto per il controllo sulla c.d. d.i.a., in capo all’Autorità comunale permangono integri sia il potere di autotutela che quello più generale di intervento successivo, magari ad istanza di un terzo, che possono, comunque, dar luogo all’interdizione dell’opera (in questi ultimi sensi: Cons. St., sent. n. 4453 del 2002 cit.; TAR Napoli, sent. n. 5272 del 2001 cit.).
La liberalizzazione dell’accesso alle attività edilizie cui si applica l’istituto della “denuncia inizio attività” non significa, ad avviso del Collegio, che l’Autorità comunale è esonerata dal riscontrare se siano presenti tutte, o meno, le condizioni stabilite per procedere in base alla c.d. d.i.a., né che il riscontro possa essere effettuato a campione o soltanto su impulso della parte interessata; l’istituto in parola ha, evidentemente, lo scopo di snellire l’attività amministrativa e di alleggerire la posizione del privato onde consentirgli di espletare determinate attività senza l’intermediazione di un provvedimento amministrativo, purché ricorrano tutte le condizioni legislativamente stabilite, ma non può avere lo scopo, da una parte, di esonerare dall’attività di controllo le amministrazioni pubbliche preposte alla cura dei relativi interessi pubblici, e, dall’altra, di consentire ai privati di espletare quelle attività in assenza delle condizioni prescritte per giovarsi dell’istituto in discorso.
Se, dunque, l’istituto della c.d. d.i.a. è volto a semplificare l’attività delle due parti dirette del rapporto, da una parte l’Amministrazione pubblica e dall’altra il soggetto privato che intenda intraprendere quelle attività cui l’istituto stesso è applicabile, non sembra sostenibile, ad avviso del Collegio, che l’utilizzo di tale istituto possa, invece, appesantire la posizione del soggetto terzo il quale, essendo titolare di una situazione soggettiva di controinteresse rispetto al soggetto che si giovi della c.d. d.i.a., onde tutelarsi in sede giurisdizionale debba previamente diffidare l’Amministrazione a che proceda a verifica della stessa d.i.a. e quindi, all’esito, esperire le azioni a difesa dei propri interessi o diritti.
Più semplicemente, ad avviso del Collegio, appare esperibile da parte del terzo un’azione diretta a provocare in sede di giurisdizione esclusiva, secondo i motivi dedotti, un sindacato da parte del giudice in ordine alla corrispondenza, o meno, di quanto dichiarato dall’interessato e di quanto previsto dal relativo progetto rispetto ai canoni normativi stabiliti per la realizzazione dell’attività edilizia in questione
(TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 23.01.2003 n. 197 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa nozione di ristrutturazione edilizia, interpretata ai sensi dell’art. 31, comma 1, lett. d), della legge n. 457 del 1978, comprende anche gli interventi consistenti nella demolizione e successiva ricostruzione del fabbricato, purché la successiva ricostruzione sia fedele, cioè l’edificio ricostruito risulti, quanto a sagoma e volumi, identico a quello preesistente; inoltre, occorre che il manufatto sul quale si svolgono gli interventi rimanga il medesimo per forma, volume ed altezza, in quanto il risultato della ristrutturazione può bensì essere un “organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”, purché però la diversità sia dovuta ad interventi comprendenti il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi del manufatto, ovvero l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti, e non già la realizzazione di nuovi volumi.
Le disposizioni di cui all’art. 31 della legge n. 457 del 1978, che definiscono i tipi di intervento edilizio, riguardano esclusivamente le opere di edilizia residenziale e non possono applicarsi analogicamente a tutti gli interventi edilizi.
Il concetto di nuova costruzione riguarda non solo la realizzazione di un manufatto su un area libera, ma anche ogni intervento di ristrutturazione che rende il fabbricato oggettivamente diverso da quello preesistente, in considerazione dell’entità delle modifiche.
Per qualificare come ristrutturazione un intervento edilizio, non appare sufficiente la circostanza che la ricostruzione avvenga con le stesse volumetria e sagoma: queste costituiscono, invero, i limiti entro cui deve essere contenuto l’intervento di ricostruzione, ma non costituiscono gli elementi qualificatori dell’intervento il quale non dovrà presentare modifiche di entità e consistenza tali da trasformare il preesistente edificio in uno oggettivamente diverso; in tale ultima ipotesi, invero, si tratterà di “nuova costruzione” piuttosto che di ristrutturazione.

Secondo la giurisprudenza, la nozione di ristrutturazione edilizia interpretata ai sensi dell’art. 31, I comma, lett. d), della legge n. 457 del 1978 comprende anche gli interventi consistenti nella demolizione e successiva ricostruzione del fabbricato, purché la successiva ricostruzione sia fedele, cioè l’edificio ricostruito risulti, quanto a sagoma e volumi, identico a quello preesistente; inoltre, occorre che il manufatto sul quale si svolgono gli interventi rimanga il medesimo per forma, volume ed altezza, in quanto il risultato della ristrutturazione può bensì essere un “organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”, purché però la diversità sia dovuta ad interventi comprendenti il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi del manufatto, ovvero l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti, e non già la realizzazione di nuovi volumi (Cons. St., Sez. V, 24.02.1999 n. 197).
Peraltro, secondo la giurisprudenza, le disposizioni di cui all’art. 31 della legge n. 457 del 1978, che definiscono i tipi di intervento edilizio, riguardano esclusivamente le opere di edilizia residenziale e non possono applicarsi analogicamente a tutti gli interventi edilizi (Cons. St., Sez. V, 22.03.1995 n. 451).
Sicché, la giurisprudenza ha ritenuto che si configura come “nuova costruzione” la ristrutturazione di un edificio, prima adibito a capannone industriale, con la trasformazione in immobile destinato ad uffici ed attività commerciali oppure a residenza; infatti, il concetto di nuova costruzione riguarda non solo la realizzazione di un manufatto su un area libera, ma anche ogni intervento di ristrutturazione che rende il fabbricato oggettivamente diverso da quello preesistente, in considerazione dell’entità delle modifiche; peraltro, la relativa concessione deve anche prevedere gli spazi destinati a parcheggio (Cons. St., Sez. V, 03.02.1999 nn. 98 e 101; Sez. V, 22.06.1998 n. 921).
P
er qualificare come ristrutturazione un intervento edilizio, non appare sufficiente la circostanza che la ricostruzione avvenga con le stesse volumetria e sagoma: queste costituiscono, invero, i limiti entro cui deve essere contenuto l’intervento di ricostruzione, ma non costituiscono gli elementi qualificatori dell’intervento il quale non dovrà presentare modifiche di entità e consistenza tali da trasformare il preesistente edificio in uno oggettivamente diverso; in tale ultima ipotesi, invero, si tratterà di “nuova costruzione” piuttosto che di ristrutturazione (cfr.: Cons. St., Sez. V, n. 98 del 1999, n. 921 del 1998 e n. 451 del 1995, citate) (TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 23.01.2003 n. 197 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl concetto di “sagoma”, ai fini della ristrutturazione edilizia, risulta interpretato dalla giurisprudenza come aspetto tridimensionale di un edificio, quindi comprensivo anche dell’altezza.
Il concetto di “sagoma”, ai fini della ristrutturazione edilizia, risulta interpretato dalla giurisprudenza come aspetto tridimensionale di un edificio, quindi comprensivo anche dell’altezza (cfr.: Cons. St., Sez. V, 21.02.1994 n. 112; 24.02.1999 n. 197; TAR Pescara n. 1182 del 2002 (TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 23.01.2003 n. 197 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl concetto di ristrutturazione edilizia può essere individuato nella demolizione seguita dalla fedele ricostruzione del manufatto, purché tale ricostruzione assicuri la piena conformità di sagoma, di volume e di superficie tra il vecchio ed il nuovo, e venga, comunque, effettuata in un tempo ragionevolmente prossimo a quello della demolizione.
La questione attiene alla individuazione del concetto di ristrutturazione edilizia che le parti nel giudizio interpretano in modo diverso.
Tale concetto è stato esposto per la prima volta nella legge 457 del 1978, la quale, nell'articolo 31, lettera d), definisce intervento di ristrutturazione quello rivolto a trasformare l'organismo edilizio mediante un insieme sistematico di opere che può portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.
La giurisprudenza formatasi nel tempo ha interpretato questa disposizione individuando il concetto di ristrutturazione edilizia nella demolizione seguita dalla fedele ricostruzione del manufatto, purché tale ricostruzione assicuri la piena conformità di sagoma, di volume e di superficie tra il vecchio ed il nuovo, e venga, comunque, effettuata in un tempo ragionevolmente prossimo a quello della demolizione (cfr. tra le tante Consiglio Stato sez. V, 03.04.2000, n. 1906) (TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 20.12.2002 n. 1182 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAAssume autonomo rilievo provvedimentale ai fini dell’eventuale preclusione dell’altrimenti normale operatività della D.I.A. non già il parere positivo ancorché formalmente espresso e comunicato dal Responsabile dell’Ufficio in ordine alla realizzabilità delle opere ivi indicate, ma esclusivamente l’eventuale formale dissenso espresso da quest’ultimo nel termine di 20 giorni.
Nel quadro normativo di cui alla denuncia di nuova attività edilizia, assume autonomo rilievo provvedimentale ai fini dell’eventuale preclusione dell’altrimenti normale operatività della D.I.A. non già il parere positivo ancorché formalmente espresso e comunicato dal Responsabile dell’Ufficio in ordine alla realizzabilità delle opere ivi indicate, ma esclusivamente l’eventuale formale dissenso espresso da quest’ultimo nel termine di 20 giorni a tal fine prescritto dall’art. 4 del D.L. 05.10.1993, n. 398, convertito nella L. 04.12.1993, n. 493 (TAR Lombardia-Bresia, sentenza 01.06.2001 n. 397 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL’Autorità ministeriale, nell’esercizio del potere di annullamento delle autorizzazioni alla realizzazione di opere edilizie in zona soggetta a vincolo paesaggistico rese ai sensi dell’art. 7 della legge 29.06.1939, n. 1497, esercita un potere di riesame estrinseco, con riferimento all’assenza di vizi di legittimità -comprendenti quello di eccesso di potere nelle diverse figure sintomatiche- ma non può rinnovare il giudizio tecnico discrezionale sulla compatibilità paesaggistico-ambientale dell’intervento, che appartiene in via esclusiva all’Autorità regionale o subdelegata.
Costituisce jus receptum l’affermazione secondo cui l’Autorità ministeriale, nell’esercizio del potere di annullamento delle autorizzazioni alla realizzazione di opere edilizie in zona soggetta a vincolo paesaggistico rese ai sensi dell’art. 7 della legge 29.06.1939, n. 1497, esercita un potere di riesame estrinseco, con riferimento all’assenza di vizi di legittimità -comprendenti quello di eccesso di potere nelle diverse figure sintomatiche- ma non può rinnovare il giudizio tecnico discrezionale sulla compatibilità paesaggistico-ambientale dell’intervento, che appartiene in via esclusiva all’Autorità regionale o subdelegata (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, 06.10.1998, n. 1348; 02.03.2000, n. 1096) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 18.10.2000 n. 5601 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 22.04.2010

ã

DOTTRINA E CONTRIBUTI

APPALTI: Anche i consorzi ordinari possono associarsi in raggruppamenti temporanei (link a www.mediagraphic.it).

SINDACATI

PUBBLICO IMPIEGO: A proposito di ... Progressioni verticali nel comparto Autonomie Locali e di applicazione della legge 150/2009. La Corte dei Conti della Lombardia conferma la normativa vigente (CISL-FPS di Bergamo, nota 19.04.2010).

PUBBLICO IMPIEGO: Il sistema di monitoraggio del lavoro flessibile nella pubblica amministrazione (CGIL-FP di Bergamo, nota 06.04.2010).

PUBBLICO IMPIEGO: Il certificato medico di malattia nella p.a. (CGIL-FP di Bergamo, nota 06.04.2010).

PUBBLICO IMPIEGO: Diventa operativa la trasmissione telematica del certificato di malattia nelle pubbliche amministrazioni (CGIL-FP di Bergamo, nota 31.03.2010).

PUBBLICO IMPIEGO: Trasmissione per via telematica dei certificati di malattia dei dipendenti pubblici - Il via dal 03.04.2010  (CISL-FPS di Bergamo, nota 25.03.2010).

PUBBLICO IMPIEGO: EE.LL.: cosa cambia nel sistema di valutazione secondo le linee guida ANCI (CGIL-FP di Bergamo, nota 22.03.2010).

PUBBLICO IMPIEGO: Collegato al lavoro: uno schiaffo all'art. 18 dello statuto dei lavoratori (CGIL-FP di Bergamo, nota 22.03.2010).

PUBBLICO IMPIEGO: Progressioni verticali negli enti locali: possibili fino al 31.12.2010 (CGIL-FP di Bergamo, nota 15.03.2010).

PUBBLICO IMPIEGO: L'applicazione delle fasce di merito negli enti locali (CGIL-FP di Bergamo, nota 15.03.2010).

PUBBLICO IMPIEGO: Collegato al lavoro: la revisione dei rapporti di lavoro a tempo parziale (CGIL-FP di Bergamo, nota 15.03.2010).

PUBBLICO IMPIEGO: Varato dalla Giunta Regionale della Lombardia un Progetto di Legge sulla Polizia Locale (CISL-FPS di Bergamo, nota 08.02.2010).

PUBBLICO IMPIEGO: Finanziaria 2010: il lavoro accessorio - la nuova forma di precarizzazione nella p.a. (CGIL-FP di Bergamo, nota 11.01.2010).

ENTI LOCALI: Finanziaria 2010: Enti Locali, provvedimenti estemporanei di riduzione della spesa (CGIL-FP di Bergamo, nota 07.01.2010).

PUBBLICO IMPIEGO: EE.LL. privi di dirigenza: a chi si possono conferire gli incarichi di posizione organizzativa (CGIL-FP di Bergamo, nota 11.09.2009).

NOTE, CIRCOLARI & COMUNICATI

URBANISTICA:  Lombardia, Un nuovo visualizzatore di mappe nel Geoportale della Lombardia.
Il Geoportale, strumento che consente l'accesso alle informazioni geografiche e territoriali della Regione Lombardia, da oggi si arricchisce di un nuovo sistema per la visualizzazione e la ricerca dei dati.
Il nuovo viewer presenta diverse potenzialità, fra cui: ... (comunicato 19.04.2010 - link a www.territorio.regione.lombardia.it)).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Trasmissione informatizzata della notifica preliminare di avvio lavori nei cantieri - Decreto del Direttore Generale Sanità n. 9056 del 14.09.2009 e Decreto del Direttore Regionale del Lavoro n. 117 del 23.09.2009  (Regione Lombardia, Direzione Generale Sanità, Governo della Prevenzione, Tutela Sanitaria, Piano Sicurezza Luoghi di Lavoro e Emergenze Sanitarie, nota 19.04.2010 n. 14379 di prot.).

PUBBLICO IMPIEGO: Trasmissione telematica delle certificazioni di malattia all’Inps. Aspetti organizzativi e prime istruzioni operative (INPS, circolare 16.04.2010 n. 60 - link a www.inps.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 21.04.2010 n. 92 "Modifiche ed integrazioni al decreto 30.05.2008, n. 115, recante attuazione della direttiva 2006/32/CE, concernente l’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici e recante abrogazioni della direttiva 93/76/CEE" (D.Lgs. 29.03.2010 n. 56).

ESPROPRIAZIONE - LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n. 16 del 20.04.2010, "Valori agricoli medi validi per l'anno 2010 dei terreni, considerati liberi da vincoli di contratti agrari, secondo i tipi di coltura effettivamente praticati, determinati nell'ambito delle singole regioni agrarie lombarde a norma dell'art. 41, comma 4, del dPR 08.06.2001, n. 327 e successive modifiche e integrazioni" (comunicato regionale 08.04.2010 n. 45 - link a www.infopoint.it).

LAVORI PUBBLICI: G.U. 19.04.2010 n. 90 "Modifiche agli allegati del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22.10.2008, recante «Interventi necessari per la realizzazione dell’EXPO Milano 2015»" (D.P.C.M. 01.03.2010).

ENTI LOCALI: G.U. 19.04.2010 n. 90 "Patto di stabilità interno per l’anno 2010 per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti" (Ministero dell'Economia e delle Finanze, circolare 30.03.2010 n. 15).

GIURISPRUDENZA

APPALTI: Legittimo il provvedimento di esclusione se il collegamento sostanziale è accertato dalla sussistenza di indizi sintomatici e complessivamente significativi.
In presenza di indizi sintomatici, purché complessivamente significativi, il rischio di una intesa preventiva può ragionevolmente tradursi in una legittima presunzione che le offerte dei diversi concorrenti siano riconducibili al medesimo centro decisionale, con conseguente obbligo per la commissione di escludere dalla gara le imprese nei cui confronti sia stata accertata la presenza di indici rilevatori di un collegamento sostanziale.
Nel caso di specie, erano stati ritenuti elementi indiziari idonei a provare tale unicità di centro decisionale l’ubicazione della sede amministrativa delle imprese in un medesimo stabile, l’identità di data e luogo di spedizione dei plichi, il fatto che la cauzione provvisoria sia stata rilasciata da un medesimo assicuratore nello stesso giorno e con numerazione progressiva, l’identità grafica di documenti allegati all’offerta, il rapporto di parentela tra gli amministratori delle suddette società, l’esistenza di intrecci azionari tra di esse, ecc.
Si tratta di elementi che, soprattutto ove sussistenti in tutto o anche in parte contestualmente, possono essere ragionevolmente assunti come indici rivelatori di accordi tra i concorrenti al fine di alterare la regolarità della gara.
In tal caso veniva giustificato l’incameramento della cauzione provvisoria, in quanto correlato alla violazione dell’obbligo di diligenza e di produzione documentale nelle trattative precontrattuali, che grava su ciascun concorrente sin dalla fase di partecipazione alla gara e di presentazione dell’offerta (TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter, sentenza 13.04.2010 n. 6696 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: Sulla natura eccezionale della procedura negoziata.
La procedura negoziata ha natura eccezionale ed in quanto tale è ammissibile soltanto nei casi tassativamente previsti dalla legge.
In particolare, l’art. 57, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163 prevede che si può scegliere la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, tra l’altro, «nella misura strettamente necessaria, quando l’estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara. Le circostanze invocate a giustificazione della estrema urgenza non devono essere imputabili alle stazioni appaltanti».
Nella fattispecie in esame la generica e astratta affermazione secondo cui occorre fare «fronte alle esigenze degli utenti bisognosi di ossigeno medicinale presso il proprio domicilio in quanto affetti da gravi patologie respiratorie» non è idonea ad integrare il predetto presupposto contemplato dall’art. 56. Non sussiste, pertanto, una “estrema urgenza” connessa all’esigenza di tutelare la salute degli utenti, in quanto il fine perseguito è stato quelle di ottenere «un notevole risparmio economico relativo all’approvvigionamento e distribuzione a domicilio di ossigeno medicinale».
In altri termini, lo scopo perseguito è perfettamente «compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara» (cit. art. 57, comma 2, lettera c) (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II, sentenza 12.04.2010 n. 457 - link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: Le stazioni appaltanti possono apportare modifiche alle formule matematiche in caso di difficoltà applicative.
E’ possibile per le stazioni appaltanti introdurre dei correttivi alle formule matematiche previste dal disciplinare di gara quando si verificano delle difficoltà pratiche nella loro rigida applicazione; ciò a condizione che il correttivo utilizzato risponda ad un criterio di proporzionalità e di ragionevolezza volto a salvaguardare gli interessi delle amministrazioni (Cons. Stato, Sez. VI, n. 5583/2009; VI, n. 8146 del 2004; V n. 3435/2007; V, n. 1194/2006) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 09.04.2010 n. 2004 - link a www.mediagraphic.it).

URBANISTICA: Se il piano di lottizzazione contiene dettagli sulle singole costruzioni l’analisi paesistica e il controllo della Soprintendenza non può limitarsi alle sole opere di urbanizzazione.
L’art. 28, comma 2, della legge 17.08.1942 n. 1150 estende ai piani di lottizzazione la necessità di una valutazione sotto il profilo paesistico, indipendentemente dalla presenza di un vincolo paesistico-ambientale. Qualora un tale vincolo sussista, tanto per l’intervento di una dichiarazione di notevole interesse pubblico riferita a un bene determinato (art. 136 e 157 del Dlgs. 42/2004) quanto per effetto della tutela ex lege dei contesti ambientali (art. 142 del Dlgs. 42/2004), è necessaria una vera e propria autorizzazione paesistica, sottoposta nel regime transitorio al potere di annullamento ministeriale ex art. 159 del Dlgs. 42/2004.
Il controllo della Soprintendenza non è limitato alle opere di urbanizzazione previste dal piano di lottizzazione ma si estende a tutti gli elementi che assumano rilievo ai fini della tutela del paesaggio, compresi gli indici edilizi previsti dalle NTA del piano e i dati planivolumetrici riguardanti i singoli edifici.
Non è corretto scindere l’esame in due momenti rinviando gli indici edilizi e i dati planivolumetrici alla fase delle edificazioni singole, in quanto le opere di urbanizzazione sono calibrate sulle dimensioni complessive del piano e dunque non sarebbe ragionevole imporre ai lottizzanti il rischio di realizzare investimenti inutili o sproporzionati rispetto alle effettive possibilità edificatorie.
Quando il piano di lottizzazione contenga dettagli sulle singole costruzioni l’analisi paesistica e il controllo della Soprintendenza devono quindi coinvolgere l’intero intervento edilizio senza limitarsi alle sole opere di urbanizzazione.
L’aspettativa che sorge in capo ai lottizzanti per effetto dell’esame favorevole del piano di lottizzazione è meritevole di tutela e impedisce alla Soprintendenza di procedere poi, nell’esame delle singole autorizzazioni paesistiche, a una revisione radicale del precedente giudizio (v. CS Sez. VI 18.10.2000 n. 5601). Una simile revisione può considerarsi legittima solo se nel frattempo siano stati introdotti elementi progettuali nuovi o se il maggiore grado di precisione delle progettazioni singole faccia emergere un impatto completamente diverso che non era stato evidenziato nel piano di lottizzazione.
Nel caso in esame tuttavia questa soglia non può dirsi raggiunta. In primo luogo i dati altimetrici e planimetrici degli edifici erano perfettamente conoscibili in quanto contenuti nel piano di lottizzazione (v. sopra al punto 2). In secondo luogo le modifiche introdotte dai lottizzanti dopo aver appreso della procedura di annullamento dell’autorizzazione paesistica n. 9/2002 (v. sopra al punto 3) riguardavano proprio le caratteristiche degli edifici, circostanza da cui la Soprintendenza avrebbe dovuto desumere che l’esame in corso di svolgimento anticipava in realtà quello futuro sulle singole autorizzazioni paesistiche.
Se all’epoca gli elementi a disposizione non erano sufficienti per valutare l’impatto degli edifici la Soprintendenza avrebbe potuto chiedere integrazioni, e in particolare l’elaborazione di simulazioni fotografiche ai sensi del DPCM 12.12.2005. Non corrisponde invece né alle regole di correttezza né al principio di economia procedurale la scelta di approvare il piano di lottizzazione con la riserva mentale di riaprire in seguito l’esame sugli stessi elementi all’interno del controllo delle singole autorizzazioni paesistiche.
--------------
Il secondo e il terzo motivo di ricorso devono essere trattati congiuntamente, in quanto si tratta di un’insieme di osservazioni critiche verso la decisione della Soprintendenza che hanno tutte lo scopo di dimostrare la correttezza dell’esame paesistico del Comune. Questa tesi è condivisibile nei termini che seguono.
Innanzitutto non appare sostenibile quanto afferma la Soprintendenza circa la mancata analisi del sistema insediativo di riferimento. In realtà la commissione per il paesaggio nel parere del 30.12.2008 ha correttamente individuato il bene ambientale tutelabile nella morfologia del terreno caratterizzata dalla presenza del torrente (terrazzamenti, solco vallivo, contesto naturale collinare e montano).
In altri termini la commissione non si è limitata a valutare gli effetti dell’edificazione sull’area prossima all’alveo del torrente ma, in conformità alle direttive regionali sugli elementi costitutivi del paesaggio (v. art. 1.8 dell’allegato B alla DGR 15.03.2006 n. 8/2121), ha ampliato l’esame ricomprendendo anche un “adeguato ambito” attorno al torrente. D’altra parte non ha fatto coincidere tale ambito con un particolare scenario paesistico, in quanto la zona in questione non è espressamente qualificata di notevole interesse pubblico ex art. 136 e 157 del Dlgs. 42/2004. In questo modo è stata raggiunta una condivisibile posizione intermedia tra la tutela di tutte le caratteristiche naturali presenti e la tutela della sola area interessata dalle opere idrauliche di traslazione dell’alveo.
Appare immune da vizi logici anche il passaggio successivo riguardante l’individuazione dei tratti essenziali da preservare: la commissione, in rapporto alla natura del vincolo, ha ritenuto sufficiente la conservazione della fruizione visiva, dai possibili punti di osservazione, dei versanti e delle cime che sovrastano i nuovi edifici. Se la commissione avesse ritenuto del tutto immodificabile anche il fondovalle avrebbe rischiato di adottare una protezione eccessiva rispetto ai canoni della ragionevolezza e della proporzionalità.
Più precisamente vi sarebbe stata un’enfatizzazione di caratteri estetici che non costituiscono l’essenza del vincolo, e per converso sarebbero state sottovalutate:
(a) la preesistenza in zona di strutture aziendali agricole che già avevano inciso sulla morfologia del terreno e sulla percezione visiva (così come alcuni edifici produttivi e residenziali collocati a breve distanza dalla lottizzazione);
(b) le opere di urbanizzazione regolarmente autorizzate, dalle quali era derivata un’ulteriore modifica dell’aspetto originario del fondovalle.
La commissione per il paesaggio non è neppure incorsa nel vizio di fraintendimento degli elementi di vulnerabilità e di rischio insiti nel progetto. Dal complessivo giudizio della commissione risulta la consapevolezza che il fondovalle sarebbe stato segnato da una barriera di edifici artigianali. L’impatto di questi edifici non viene negato ma giudicato compatibile con il vincolo paesistico descritto sopra al punto 13, in quanto non interferisce con le vedute significative dei versanti e delle cime.
Proseguendo nel proprio esame la commissione fa riferimento anche al nuovo alveo del torrente e alle opere di urbanizzazione. Questo non significa però che la commissione misuri il peso dell’intervento solo in relazione ai lavori di sistemazione del torrente e delle aree con destinazione pubblica.
Da un lato il riferimento alle opere idrauliche è necessario ai fini della valutazione di compatibilità paesistica (v. art. 4.1 della DGR 15.03.2006 n. 8/2121). Dall’altro la commissione richiama la traslazione dell’alveo e la piantumazione delle sponde (così come l’insieme delle opere di urbanizzazione) per evidenziare la presenza di un filtro che può mitigare l’impatto degli edifici.
Tale modo di procedere appare corretto, in quanto, una volta accertato che l’edificazione modifica la naturalità dei luoghi, è doveroso (v. art. 3.2 dell’allegato al DPCM 12.12.2005) verificare la presenza di elementi in grado di schermare le nuove edificazioni e di contenerne l’impatto sul territorio.
L’efficacia della mitigazione diventa così un parametro di legittimità dell’autorizzazione paesistica, e sotto questo profilo la commissione si è coerentemente preoccupata di chiarire (con rinvio al piano di lottizzazione) il quadro delle infrastrutture in cui si colloca l’edificazione singola.
-------------
Un’ultima censura mossa dalla Soprintendenza all’autorizzazione paesistica riguarda la mancata considerazione dell’andamento iperbolico di ogni nuova edificazione nella trasformazione dell’ambiente. Questa osservazione, chiarita in corso di causa nella fase istruttoria (v. sopra al punto 8), è in astratto condivisibile, in quanto effettivamente oltre un certo limite l’impatto dell’edificazione aggregata è tale da stravolgere le caratteristiche ambientali e dunque non ha più senso indagare soltanto il peso del singolo edificio aggiuntivo.
In proposito si deve tuttavia osservare che:
(a) non è sufficiente richiamare gli inconvenienti dell’andamento iperbolico ma occorre individuare con la massima precisione possibile il punto oltre il quale il fenomeno diventa intollerabile, in quanto devono comunque essere tutelate le facoltà edificatorie compatibili con il paesaggio;
(b) nel caso della lottizzazione la curva della compatibilità paesistica può essere verificata ex ante, essendo chiaro fin dall’inizio il progetto insediativo complessivo, e dunque è onere della Soprintendenza esercitare immediatamente il potere di annullamento qualora ritenga sussistente il rischio di danni al paesaggio.
Nel caso in esame un blocco tempestivo del disegno edificatorio non vi è stato (v. sopra al punto 3). Questa circostanza attenua l’onere di motivazione del Comune (v. CS Sez. VI 22.06.2007 n. 3453), e in particolare consente allo stesso di ritenere già esaminato (e superato) il problema dell’affollamento degli edifici nel perimetro del piano di lottizzazione e di concentrare l’esame paesistico sul contenuto del progetto della singola edificazione. Nello stesso senso potevano essere interpretati anche i mancati annullamenti delle autorizzazioni paesistiche n. 1/2008 e 2/2008 relative agli altri lotti (v. sopra al punto 4).
Le cause che hanno impedito l’annullamento di tali autorizzazioni, ossia i problemi alla rete informatica della Soprintendenza (v. sopra al punto 8), sono irrilevanti nel presente giudizio, trattandosi di questioni organizzative interne all’amministrazione. L’annullamento dell’autorizzazione paesistica n. 4/2008 (v. sopra al punto 5) non costituiva invece un’indicazione negativa insuperabile per il privato, essendo comunque possibile riproporre all’esame del Comune il medesimo progetto corredato di una più approfondita motivazione (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 09.04.2010 n. 1531 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO - VARI: Dipendenti in bagno? Non serve l’ok dell’azienda.
Obbligare un dipendente alla richiesta di autorizzazione scritta per andare in bagno costituisce violazione della privacy ed è, altresì, lesivo del diritto alla riservatezza del lavoratore.
Lo ha definitivamente stabilito il Garante della privacy che ha vietato le autorizzazioni scritte del datore di lavoro per assenze momentanee dal lavoro, giudicando illecito il trattamento dei dati effettuato con simili modalità da parte di una azienda nei confronti dei propri dipendenti (Garante della Privacy, prescrizione 24.02.2010 - link a www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO AL 19.04.2010

ã

DOTTRINA E CONTRIBUTI

URBANISTICA: E. Gariboldi, Programmazione negoziata: compensazione, perequazione ed incentivazione urbanistica (link a www.cameramministrativacomo.it).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: C. Rapicavoli, Controlli in materia di contrattazione integrativa - Obblighi di pubblicità e di trasmissione all'ARAN e al CNEL (link a www.ambientediritto.it).

PUBBLICO IMPIEGO: C. Rapicavoli, Incarichi dirigenziali a tempo determinato negli Enti Locali - Applicabilità dell'art. 110 del d.lgs. 267/2000 dopo l'entrata in vigore del Decreto brunetta - Parere della Corte dei Conti della Lombardia (link a www.ambientediritto.it).

NOTE, CIRCOLARI & COMUNICATI

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Forse, non tutti hanno colto l'importante e recente novità legislativa regionale, ovverosia che dallo scorso 17.02.2010 è in vigore il P.T.R. (Piano Territoriale Regionale) della Regione Lombardia.
Pertanto, nell'istruttoria delle varie pratiche edilizie -dal 17.02.2010- bisogna "fare i conti" con la normativa del P.T.R. che potete leggere qui.
Tutti gli altri allegati sono scaricabili qui.

N.B.: poiché gli allegati del P.T.R. sono abbastanza pesanti, Vi consigliamo di salvare i relativi files sul proprio p.c. (per non perdere troppo tempo e, addirittura col rischio che i files non si aprano) per poi aprirli e stamparli comodamente.

ENTI LOCALI - URBANISTICA: Piani comunali delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari - Indirizzi applicativi per i Comuni lombardi, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 340/2009 (illegittimità costituzionale dell’art. 58, comma 2, D.L. n. 112/2008) (Direzione Generale Territorio e Urbanistica, nota 01.03.2010 - link a www.territorio.regione.lombardia.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Lombardia, Le modifiche alla legge di governo del territorio nel 2010 - Le modifiche apportate dalla l.r. 7/2010 e l.r. 12/2010.
La legge regionale n. 7/2010, tra le altre disposizioni, ha apportato alcune modifiche alla l.r. 12/2005 e alla l.r. 13/2009. Per le modifiche si vedano gli artt. 20 e 21 del testo in allegato.
Le modifiche riguardano innanzitutto la proroga dell’efficacia dei Piani Regolatori Generali comunali (PRG) fino al 31.03.2011 per tutti i comuni che non hanno ancora un Piano di Governo del Territorio (PGT) approvato; questi continueranno pertanto ad attuare le previsioni dello strumento vigente, fatta salva naturalmente l’applicazione delle misure di salvaguardia del PGT, se e quando adottato.
Tuttavia, i comuni che alla data del 31.03.2010 non avranno ancora adottato il PGT (esclusi i comuni interessati dalle opere essenziali di Expo 2015) non potranno attivare le seguenti procedure: ... (Direzione Generale Territorio e Urbanistica - link a www.territorio.regione.lombardia.it).

EDILIZIA PRIVATAArticolo 146 del D.Lgs. 22.01.2004 n. 42 e successive modifiche (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio). Prime indicazioni operative per il procedimento di autorizzazione paesaggistica (Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesistici di Siena e Grosseto, nota 05.02.2010 n. 1418 di prot.).

EDILIZIA PRIVATAD.P.R. n. 233/2007, come modificato dal D.P.R. n. 91/2009 - competenze del Direttore Regionale - indicazioni operative (Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia, nota 18.01.2010 n. 484 di prot. - link a www.lombardia.beniculturali.it).

UTILITA'

APPALTI: In vigore dal 27.04.2010 le modifiche al Codice degli appalti.
Il D.Lgs. 53/2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 84 del 12.04.2010, recante "Attuazione della direttiva 2007/66/CE che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici" che entrerà in vigore il 27.04.2010.
Il provvedimento apporta modifiche significative al D.Lgs. 163/2006, il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.
Le principali modifiche riguardano: ... (link a www.acca.it).

SICUREZZA LAVORO: La sicurezza sul lavoro nei cantieri stradali: il manuale operativo dell'INAIL.
Il cantiere stradale presenta rischi elevati per i lavoratori e per le persone esterne a causa, oltre che della tipologia dei lavori, anche del traffico stradale interferente.
Le norme di prevenzione, per tali tipologie di lavori, sono complesse perché devono integrare aspetti di sicurezza e di salute nei luoghi di lavoro, contenuti nel D.Lgs. 81/2008 con le norme previste dal Codice della strada.
Con l'intento di fornire un supporto a imprese e tecnici per la valutazione dei rischi e per le misure di prevenzione da adottare, l'INAIL ha curato la redazione del volume "La sicurezza sul lavoro nei cantieri stradali – Manuale Operativo 2010" ... (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Disponibile il Testo Unico della Sicurezza aggiornato ad aprile 2010 e commentato dal Ministero del Lavoro.
Il Ministero del Lavoro ha reso disponibile il testo aggiornato (aprile 2010) del D.Lgs. 09.04.2008 n. 81 in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Testo Unico della Sicurezza).
Il testo è coordinato con le modifiche apportate dall'art. 6 comma 9-ter della Legge n. 25 del 26.02.2010 ("mille proroghe").
Il testo, che riporta le sanzioni a margine di ciascun articolo, è stato redatto "ad uso degli ispettori" del lavoro.
Il "testo coordinato" è inoltre corredato dalle note ufficiali pubblicate dal Ministero ... (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: Gli Atti del Convegno CTI sulle norme UNI TS 11300 e la Certificazione Energetica degli Edifici.
Si è tenuto lo scorso 23.03.2010 presso la Fiera Milano Quartiere Rho il convegno, organizzato dal Comitato Termotecnico Italiano, sul tema: "Le Norme UNI TS 11300 quale riferimento per la Certificazione Energetica degli Edifici e la misura della loro Sostenibilità Ambientale".
Il CTI ha reso disponibili gli atti del convegno che ha visto i seguenti interventi ... (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: Detrazione 55%, online il sito Enea per il 2010.
È online il nuovo sito Enea per l'invio delle pratiche relative ai lavori di riqualificazione energetica degli edifici terminati nel 2010.
Il nuovo sito web consente l'invio delle dichiarazioni dovute all'Enea esclusivamente per i lavori completati nel 2010 ... (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'IVA agevolata (10%) per la fornitura di energia termica "verde" è solo per uso domestico.
L'Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 01.04.2010 n. 28/E, ha chiariti che l'IVA agevolata al 10% è applicabile alle "prestazioni di servizi e forniture di apparecchiature e materiali relativi alla fornitura di energia termica per uso domestico attraverso reti pubbliche di teleriscaldamento, (…) alle forniture di energia prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento" se l'energia è erogata esclusivamente per "uso domestico".
Dunque il regime IVA agevolato per il servizio di fornitura di energia termica prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione, disciplinato dal n. 122 della Tabella A, Parte III, del D.P.R. 633/1972, si applica esclusivamente quando la somministrazione riguarda consumatori finali che impiegano l'energia nelle abitazioni, a carattere familiare o in analoghe strutture a carattere collettivo dotate del requisito di residenzialità ... (link a www.acca.it).

QUESITI & PARERI

APPALTI SERVIZI: Servizio di illuminazione votiva. 
Il servizio di illuminazione votiva è affidato alla gestione di terzi attraverso lo strumento della concessione di servizio pubblico, per la quale trova applicazione l'art. 23-bis, del D.L. 25.06.2008, n. 112 (parere 25.03.2010 n. 4925 di prot. - link a http://autonomielocali.regione.fvg.it).

APPALTI SERVIZI: Procedura di gara - avvenuta esclusione di alcuni operatori economici - obbligo di comunicazione - mera trasmissione del verbale della seduta in cui è avvenuta l'esclusione - presenza alle sedute di gara dei legali rappresentanti delle società escluse - dies a quo di decorrenza del termine per la presentazione del ricorso giurisdizionale avverso l'esclusione medesima.
1) Dall'art. 79, c. 5, d.lgs. 163/2006, emerge l'obbligo, per la pubblica amministrazione appaltante, di comunicare, da subito, ai soggetti interessati, l'avvenuta esclusione dalla gara.
2) Al fine dell'individuazione dell'atto da portare a conoscenza dell'operatore economico escluso, per una sua eventuale impugnazione, si ritiene sufficiente la comunicazione di quegli atti endoprocedimentali rappresentati dai verbali redatti dalla commissione di gara.
Il solo verbale di gara, senza necessità di alcuna approvazione da parte della stazione appaltante, debitamente redatto e comunicato, è sufficiente a garantire quei profili di certezza connessi alla conoscenza dell'atto di esclusione, al fine della tutela giurisdizionale da azionarsi, eventualmente, da parte dell'operatore economico pretermesso.
3) Secondo l'orientamento giurisprudenziale maggioritario, la partecipazione dei legali rappresentanti delle società concorrenti alla seduta in cui è avvenuta l'esclusione vale quale termine a quo, al fine del decorso dei sessanta giorni per la presentazione del ricorso al giudice amministrativo (parere 12.03.2010 n. 4085 di prot. - link a http://autonomielocali.regione.fvg.it).

APPALTI: Documento unico di regolarità contributiva (durc) - pagamento fatture da parte della pubblica amministrazione - persistente irregolarità contributiva dell'operatore economico.
Dall'art. 5, c. 2, della l. 82/1994, n. 82, emerge, chiaramente, una condizione ex lege alla cui realizzazione è subordinato il pagamento, da parte delle pubbliche amministrazioni, delle prestazioni rese dai soggetti economici che operano nel settore delle pulizie.
Tale presupposto giuridico è rappresentato dalla regolarità contributiva ai fini previdenziali ed assistenziali da parte dell'appaltatore del servizio di pulizie.
Dall'articolo summenzionato, chiaramente si evince che, fino a quando l'operatore permane e persiste in una situazione di irregolarità contributiva, la pubblica amministrazione non potrà procedere al pagamento del corrispettivo dovuto, che sarebbe, a tal punto, effettuato illegittimamente. Si rammenta, invero, che la liquidazione è una delle fasi del procedimento amministrativo contabile.
Essa avviene sulla base di una determinazione del responsabile del procedimento, ove quest'ultimo è chiamato ad attestare la presenza di tutti i presupporti di legge, affinché l'atto di liquidazione sia legittimamente adottato. Fintanto che la predetta irregolarità permane, il Comune non procederà, pertanto, al pagamento del corrispettivo dovuto (parere 09.03.2010 n. 3888 di prot. - link a http://autonomielocali.regione.fvg.it).

APPALTI: Documento unico di regolarità contributiva (DURC) - legittimazione partecipazione nuova gara ed altre problematiche.
L'operatore economico deve trovarsi in una posizione di regolarità contributiva fin dal momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara.
Declinando tale principio nella procedura ristretta e della licitazione privata, deve concludersi che il possesso del requisito in parola deve essere attestato e posseduto al momento della richiesta di invito alla procedura (nella quale si sostanzia l'espressione della volontà partecipativa dell'impresa) e non a quello (successivo) dell'invito alla competizione, che si limita a tradurre l'attivazione della fase propriamente concorrenziale, ma che non costituisce, ex novo, una relazione procedimentale con l'impresa (relazione, invero, già instaurata con la domanda di partecipazione presentata da quest'ultima) (parere 11.02.2010 n. 1867 di prot. - link a http://autonomielocali.regione.fvg.it).

APPALTI: Documento unico di regolarità contributiva (DURC) - questioni varie.
La richiesta ed il rilascio del durc, anche nell'ipotesi di affidamenti in economia, sottende l'esigenza perseguita dal legislatore di garantire la trasparenza degli affidamenti, nonché di verificare che le imprese che operano con il settore pubblico rispettino la normativa previdenziale, un tanto a prescindere dall'importo del contratto e dalla procedura di selezione adottata. Accade, invece, che la procedura di acquisizione in economia possa corrispondere ad esigenze di necessità ed urgenza, di imprevedibilità e non programmabilità degli interventi.
Sebbene le due normative sottintendono ratio diverse, esse devono necessariamente convivere per la diversità dei fini evidenziati: per ciò stesso il durc dovrà essere richiesto, senza alcuna eccezione, anche nel caso degli acquisti in economia, anche se questi ultimi possano trovare il proprio fondamento in esigenze di necessità ed urgenza, di imprevedibilità e non programmabilità degli interventi.
Sebbene sia indubbio che l'assolvimento di tale onere comporta un appesantimento procedurale, si ritiene che il legislatore abbia considerato quello per il rilascio del durc un termine congruo, reputando sacrificabili altre esigenze, come quella di maggior speditezza, un tanto a fronte della superiore necessità di trasparenza in un settore assai delicato e che, come tale, merita particolare attenzione (parere 28.01.2010 n. 1152 di prot. - link a http://autonomielocali.regione.fvg.it).

CONSIGLIERI COMUNALI: Assicurazione copertura rischi compiti istituzionali amministratori.
Il Comune chiede se stipulare un contratto di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dall’espletamento, da parte degli amministratori, dei compiti istituzionali connessi con la carica e dello svolgimento, da parte dei dipendenti titolari di posizione organizzativa, delle proprie funzioni e riguardanti la responsabilità patrimoniale o amministrativa e contabile non determinata da dolo o colpa grave e nella quale la quota di premio che copre i rischi derivanti da comportamenti dolosi o gravemente colposi, viene estrapolata dalla polizza ed accollata ai singoli amministratori ed ai singoli dipendenti i quali pagheranno direttamente alla società di assicurazione, con la quale ogni amministratore ed ogni dipendente stipulerà, prima della sottoscrizione del contratto da parte del Comune, specifica polizza, sia in linea con il dettato dell’art. 3, comma 59, della Legge 24/12/2007, n. 244 (nullità del contratto di assicurazione) (Regione Piemonte, parere n. 12/2010 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Installazione impianti per produzione energia.
Vengono posti due quesiti inerenti al tema –frequentatissimo in questo periodo di tempo– dell’installazione di impianti per la produzione di energia mediante l’impiego di fonti rinnovabili, con particolare riguardo al titolo abilitativo ed alla gratuità dell’intervento (Regione Piemonte, parere n. 11/2010 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Applicabilità riduzione nel calcolo del contributo di costruzione.
E’ chiesto parere in merito all’eventuale applicabilità di riduzioni nel calcolo del contributo di costruzione nel caso di edificio interessato da domanda di permesso di costruire per mutamento di destinazione d’uso con opere edilizie (Regione Piemonte, parere n. 10/2010 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALI - URBANISTICA: Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari del Comune.
Viene richiesto parere al Servizio scrivente al fine di comprendere quali siano gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 340 del 16.12.2009, dichiarativa della illegittimità costituzionale dell’art. 58, comma 2, della L. 133/2008, sulla deliberazione del Consiglio Comunale n. 23 del 31.03.2009 che ha approvato il Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari, sulla base del quale gli immobili in esso inseriti sono diventati automaticamente patrimonio disponibile; tale inserimento ha avuto come ulteriore conseguenza di variare automaticamente il piano regolatore.
In particolare il Comune chiede di sapere se la variante approvata ai sensi del suddetto articolo 58 possa considerarsi valida ed efficace e quale sia la sorte degli atti, conseguenti alla variante, ancora da emettersi o perfezionarsi (Regione Piemonte, parere n. 9/2010 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Costruzione autorimessa in area soggetta a tutela paesaggistica e vincolo idrogeologico.
Viene posta una serie di interrogativi derivanti dalla realizzazione di un’autorimessa interrata in area soggetta a tutela paesaggistica e a vincolo idrogeologico ex l. reg. 45/1989, in assenza delle preventive autorizzazioni paesaggistica ed idrogeologica, pur essendo stata presentata d.i.a. edilizia –peraltro priva di D.U.R.C.– che riconosce espressamente la sua inefficacia ove manchi l’autorizzazione paesaggistica anzidetta (Regione Piemonte, parere n. 8/2010 - link a www.regione.piemonte.it).

NEWS

CONSIGLIERI COMUNALI: OSSERVATORIO VIMINALE/ Legali, incompatibilità soft. Se il credito è passato in giudicato l'azione di recupero non genera conflitto. La parcella non fa perdere il posto in consiglio.
Sussiste causa di incompatibilità nei confronti di un consigliere comunale che, nell'esercizio delle sue funzioni di avvocato, ha presentato, in qualità di procuratore e difensore di sé stesso, un atto di precetto per il pagamento di spese legali a lui dovute quale difensore della controparte in un contenzioso avverso il comune del cui consiglio fa parte?

Al riguardo, si rappresenta che l'art. 63, comma 1, n. 4, del d.lgs. n. 267/2000, così come novellato dalla legge 24.04.2002 n. 75, di conversione al decreto-legge 22.02.2002 n. 13, dispone testualmente: «la lite promossa a seguito di o conseguente a sentenza di condanna determina incompatibilità soltanto in caso di affermazione di responsabilità con sentenza passata in giudicato. La costituzione di parte civile nel processo penale non costituisce causa di incompatibilità. La presente disposizione si applica anche ai procedimenti in corso».
Sulla portata innovativa di quest'ultima disposizione si osserva che l'art. 63 del Tuel 267/2000, nella stesura riformata, ha avuto riguardo solo a processi civili e amministrativi relativi a rapporti patrimoniali. Pertanto, l'espressione «sentenza di condanna» è quella conseguente alla definizione di tali tipi di procedimenti.
La chiave di lettura della disposizione novellata non può che essere il principio cui la norma s'ispira, secondo il quale la pendenza di una lite civile e amministrativa dà luogo a incompatibilità per evitare che il conflitto di interessi che tale situazione manifesta possa essere risolto dal privato a proprio vantaggio esercitando i poteri di amministratore del'ente locale. Principio generale cui fanno espressamente eccezione la pendenza di lite tributaria e la pendenza di lite a seguito di azione popolare.
La modifica introdotta, disciplinando solo vicende civili caratterizzate dall'essere in rapporto di consequenzialità con procedimenti civili od amministrativi, conferma l'incompatibilità, ma «soltanto in caso di affermazione di responsabilità con sentenza passata in giudicato».
Ne consegue che, in caso di affermazione di responsabilità del privato accertata con sentenza pronunciata in sede civile o in sede amministrativa e passata in giudicato, dalla quale scaturisca una posizione debitoria del privato medesimo nel confronti dell'amministrazione, rimane confermata, nel giudizio consequenziale, e quindi prosegue rispetto al giudizio principale, la situazione di incompatibilità a carico dell'amministratore.
Nell'ipotesi inversa in cui la responsabilità del privato, sempre in un giudizio primario in sede civile o amministrativa, sia stata esclusa e sia insorta da ciò una conseguente posizione creditoria del privato medesimo, che per la relativa soddisfazione promuova una lite consequenziale nei confronti dell'ente, l'amministratore non incorre nella causa ostativa all'espletamento del proprio mandato.
La ratio della norma riflette il principio di democrazia sostanziale del rispetto della volontà degli elettori e della tutela dell'amministratore che non può ricevere pregiudizio dal promovimento di una lite civile finalizzata a ottenere soddisfazione di una posizione creditoria già definitivamente accertata con sentenza passata in giudicato.
Pertanto, finché manca una situazione di certezza giudizialmente raggiunta in ordine a un rapporto patrimoniale oggetto di controversia permane la situazione d'incompatibilità. Quando, invece, tale situazione di incertezza sia definitivamente venuta meno in favore del privato e questi persegue il proprio diritto, accertato giudizialmente in modo definitivo, avviando un contenzioso civile consequenziale, l'incompatibilità non sussiste (vedasi, in proposito, la circolare ministeriale n. 812002-Urael del 30.07.2002) (articolo ItaliaOggi del 16.04.2010, pag. 43).

APPALTI: Direttiva ricorsi, i Tar si portano avanti.
Il 27 aprile entrerà in vigore il decreto legislativo n. 53/2010 che ha recepito la 2007/66/CE (cd direttiva ricorsi); i bandi pubblicati dopo tale data avranno, come primo effetto, la sicurezza che i relativi contratti saranno eseguiti senza il dubbio di eventuali ricorsi pendenti.
Ma che cosa sta avvenendo in questo momento nelle aule dei nostri Tar per controversie relative ad aggiudicazioni avvenute dopo il dicembre 2007 (momento dell'entrata in vigore della normativa europea)?
È oramai orientamento giurisprudenziale consolidato che i nostri giudici amministrativi possano già decidere sulle sorti del contratto stipulato a seguito di una illegittima aggiudicazione. E in tale senso si è mosso anche il Tar Calabria, Catanzaro (sentenza numero 457 del 12.04.2010) che sancisce, senza ombra di dubbio, la nullità di un contratto di appalto, in parte già eseguito In prima battuta, il Collegio giudicante ritiene illegittimo il comportamento di una stazione appaltante per violazione della regola generale di scelta del contraente che è rappresentata dalla procedura aperta volta ad assicurare, mediante la più ampia partecipazione degli operatori economici, la tutela della concorrenza e i valori a essa sottesi e cioè, sul piano comunitario, la libera circolazione delle persone e delle merci, sul piano costituzionale, il buon andamento e l'imparzialità dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.) in relazione all'interesse pubblico finale e concreto che deve essere perseguito, nonché la libera iniziativa economica degli imprenditori di settore (art. 41 Cost.).
Nel caso in esame, infatti, l'adito giudice reputa che l'amministrazione abbia violato i predetti principi in quanto, estendendo la portata di una precedente gara mediante la modifica del suo ambito e dell'importo pattuito, ha di fatto affidato un nuovo servizio senza ricorrere alle procedure di garanzie che devono, come già sottolineato, essere finalizzate ad assicurare la massima partecipazione degli operatori economici. Poiché nella specifica fattispecie «il ricorrente non ha dimostrato in alcun modo l'esistenza del fatto illecito e della sua potenzialità dannosa, essendosi limitato a provare la illegittimità dell'atto e non la illiceità della condotta», non viene riconosciuto un risarcimento del danno ingiusto ma viene invece accettata e accertata la giurisdizione del giudice amministrativo relativamente alla richiesta di dichiarazione di inefficacia del contratto medio tempore stipulato.
I giudici calabresi nel ricordare che «la Corte di cassazione, sezioni unite, con ordinanza 10.02.2010, n. 2906, mutando orientamento, ha ritenuto che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di procedure di gara si estende anche al contratto» sostengono che sul piano costituzionale, la giurisdizione esclusiva estesa al contratto è compatibile con il modello delineato dall'art. 103 della Costituzione.
Successivamente ribadiscono che si giustifica la giurisdizione esclusiva in ragione del «collegamento» stretto tra la fase amministrativa e la fase negoziale di conclusione del contratto. Tale collegamento deriva dal fatto che il vizio del contratto è conseguenza del vizio del provvedimento. In presenza di un vizio autonomo del contratto tale nesso viene meno.
In definitiva, la giurisdizione esclusiva si giustifica, sul piano costituzionale, non soltanto in presenza di un intreccio di interessi legittimi e diritti soggettivi, nonché di diritti soggettivi incisi dall'esercizio di un potere amministrativo (Corte cost. n. 32 del 2010), ma anche in presenza di interessi legittimi e diritti soggettivi «separati» ma, nondimeno, strettamente collegati.
In conclusione quindi il giudice amministrativo conferma la inefficacia del contratto, non sussistendo «esigenze imperative» che impongono il mantenimento del rapporto contrattuale in atto anche perché, come sottolineato, il servizio oggetto dell'appalto era comunque assicurato sia pure secondo modalità diverse (articolo ItaliaOggi del 16.04.2010, pag. 40).

CONSIGLIERI COMUNALI: Il comune paga l'Irap sulla buonuscita del sindaco. Risoluzione dell'agenzia delle entrate.
L'indennità di fine mandato corrisposta da un comune al sindaco uscente concorre alla formazione della base imponibile Irap dell'ente locale. E non rileva, a tal proposito, che ai fini delle imposte dirette tale importo sia assoggettato alla tassazione separata, in analogia a quanto avviene con il Tfr (che, invece, non contribuisce a formare il valore imponibile ai fini Irap).

È quanto ha chiarito l'Agenzia delle Entrate con la risoluzione 15.04.2010 n. 29/E.
Il comune istante chiedeva di conoscere se la buonuscita erogata al primo cittadino al termine del suo mandato elettorale concorresse o meno alla determinazione della base imponibile Irap. E, in caso affermativo, se dovesse essere preso in considerazione l'importo lordo spettante oppure l'ammontare imponibile ai fini Irpef (determinato deducendo dall'indennità netta una somma pari a circa 310 euro per ogni anno di mandato). L'amministrazione finanziaria ricorda in primis che le p.a., tra cui i comuni, determinano l'imponibile Irap a norma dell'articolo 10-bis del dlgs n. 446/1997.
Pertanto, assumono rilevanza le retribuzioni corrisposte ai dipendenti, i redditi assimilati ex articolo 50 del Tuir, nonché i compensi per co.co.co. e per attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente.
In particolare, l'Agenzia evidenzia che l'articolo 50, comma 1, lettera g), del Tuir include espressamente tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente le indennità percepite per le cariche elettive nonché per le funzioni di amministratore locale (sindaci, assessori, etc.). Fattispecie nella quale rientra l'indennità di fine mandato corrisposta al sindaco in questione, che quindi il comune dovrà tenere in considerazione nella determinazione della propria base imponibile Irap.
In tal senso, sottolineano le Entrate, non rileva che tale ammontare presenti analogie con il Tfr corrisposto ai lavoratori dipendenti (il quale, per legge, è escluso dal computo della base imponibile previdenziale e quindi anche ai fini Irap).
Riguardo al quantum da considerare, l'Agenzia richiama la precisazione già offerta dalla risoluzione n. 24/E del 2001, che aveva chiarito come «i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui all'articolo 47 (ora 50) del Tuir concorrono a formare la base imponibile Irap nell'importo determinato ai sensi del successivo articolo 48-bis (ora 52), prescindendo, quindi, dalla rilevanza o meno che assumono ai fini dell'imposizione previdenziale».
Nel caso di specie, dunque, si applica la disposizione di cui all'articolo 19, comma 2-bis del Tuir, secondo cui l'importo da tassare si determina sottraendo dall'indennità netta «una somma pari a lire 600.000 (pari ad euro 309,87, n.d.r.) per ciascun anno preso a base di commisurazione, con esclusione dei periodi di anzianità convenzionale» (articolo ItaliaOggi del 16.04.2010, pag. 39).
---------------
Si legga anche l'articolo: Il Sindaco lascia la sua poltrona. E un'Irap più pesante al Comune (link a www.nuovofiscooggi.it).

ENTI LOCALI - VARI: Zone montane non metanizzate, bonus gasolio sulla “distanza”. Esclusi dall'agevolazione gli edifici ubicati in aree interne al centro abitato dove ha sede il Municipio.
Gasolio e Gpl meno cari soltanto per chi abita “lontano” dal Municipio. Per capire meglio, i residenti nelle aree “non metanizzate” dei Comuni appartenenti alla zona climatica E, che possono quindi accendere il riscaldamento per 14 ore giornaliere dal 15 ottobre al 15 aprile, godono di una riduzione di prezzo sui combustibili utilizzati ... (link a www.nuovofiscooggi.it).

APPALTI: Offerta, il prezzo si giustifica dopo. Il Codice dei contratti prevede che sia l'ente appaltante a chiedere di integrare la proposta economica. La verifica dell'anomalia va fatta insieme al concorrente.
In materia di appalti la redditività dell'offerta economica è stata da sempre oggetto di particolare attenzione da parte del legislatore, che ha fin da principio cercato di evitare la presentazione di offerte eccessivamente basse, tali da rendere inattendibile la stessa e dunque da far dubitare circa la corretta esecuzione dell'appalto.
Già la legge quadro sui Lavori pubblici (leggi 109/1994) si occupava della verifica dell'anomalia e delle eventuali giustificazioni da richiedere (art. 21 c. 1-bis); la disposizione è poi confluita nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici, che disciplina la materia agli artt. 86 e seguenti.
Anomalia e giustificazioni dei prezzi.
La recente modifica al Codice dei Contratti operata con il decreto legge 01.07.2009 n. 78, convertito con modifiche in legge 03.08.2009 n. 102 ha eliminato l'obbligo di corredare l'offerta con le giustificazioni dei prezzi.
Conseguentemente, nell'attuale sistema le giustificazioni dell'offerta economica sono presentate solo successivamente, su richiesta della stazione appaltante laddove riscontri elementi di sospetto nella formulazione del prezzo.
La lettera dell'art. 87, comma 1, è infatti chiara nel disporre «Quando un'offerta appaia anormalmente bassa, la stazione appaltante richiede all'offerente le giustificazioni relative alle voci di prezzo che concorrono a formare l'importo complessivo posto a base di gara, nonché, in caso di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, relative agli altri elementi di valutazione dell'offerta, procedendo ai sensi dell'articolo 88. All'esclusione può provvedersi solo all'esito dell'ulteriore verifica, in contraddittorio».
A mente dell'art. 88, comma 5, «la stazione appaltante sottopone a verifica la prima migliore offerta, se la stessa appaia anormalmente bassa, e, se la ritiene anomala, procede nella stessa maniera progressivamente nei confronti delle successive migliori offerte, fino ad individuare la migliore offerta non anomala. In alternativa, la stazione appaltante, purché si sia riservata tale facoltà nel bando di gara, nell'avviso di gara o nella lettera di invito, può procedere contemporaneamente alla verifica di anomalia delle migliori offerte, non oltre la quinta, fermo restando quanto previsto ai commi da 1 a 5. All'esito del procedimento di verifica la stazione appaltante dichiara le eventuali esclusioni di ciascuna offerta che, in base all'esame degli elementi forniti, risulta, nel suo complesso, inaffidabile, e procede, nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 11 e 12, all'aggiudicazione definitiva in favore della migliore offerta non anomala».
La stazione appaltante procede sostanzialmente in contraddittorio con la parte interessata, eventualmente richiedendo precisazioni ad integrazione delle giustificazioni presentate (art. 88 comma 1-bis), e comunque convocando la parte a fornire personalmente ogni elemento utile alla valutazione dell'anomalia prima di disporne l'esclusione (art. 88, comma 4).
Ciò, in quanto «nel giudizio di anomalia, è fondamentale che ciascun offerente abbia la possibilità di far valere il suo punto di vista e di fornire ogni più utile e completa spiegazione a sostegno dei diversi elementi che compongono la propria offerta»; e per tali ragioni «in generale, sono possibili integrazioni e modificazioni successive [delle giustificazioni allegate a corredo dell'offerta], purché non venga modificata l'offerta stessa, la quale attenendo alla par condicio della gara, è intangibile una volta presentata». (Tar Toscana, 26.03.2009, n. 507).
Quanto alle giustificazioni, anche nel novellato panorama legislativo i principi di fondo in riferimento all'istituto in esame (pure dettati in vigenza del vecchio testo), possono comunque trovare (almeno parziale) applicazione.
In particolare, sul punto si rileva quanto segue.
Gli elementi oggetto di giustificazione sono descritti dall'art. 87 comma 2, riguardando «a titolo esemplificativo» l'economia del procedimento di costruzione, del processo di fabbricazione, del metodo di prestazione del servizio (lett. a); le soluzioni tecniche adottate (lett. b); le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone l'offerente per eseguire i lavori, per fornire i prodotti, o per prestare i servizi (lett. c); l'originalità del progetto, dei lavori, delle forniture, dei servizi offerti (lett. d); l'eventualità che l'offerente ottenga un aiuto di Stato (lett. f) ovvero il costo del lavoro come determinato periodicamente in apposite tabelle dal ministro del lavoro e delle politiche sociali (lett. g).
La non tassatività di tali elementi, oltre che discendere dall'inciso della lettera di legge, è confermata dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui «l'elenco della documentazione che può essere richiesta, contenuto nel successivo art. 87 comma 2, è fatto solo «a titolo esemplificativo» e ciò significa che le amministrazioni restano libere di stabilire altra documentazione da richiedere [a pena di esclusione a preventiva giustificazione dell'anomalia dell'offerta]», purché nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità (Cons. stato, sez. VI, 06.03.2009, n. 1348; Tar Calabria, 04.11.2009, n. 1166).
La presentazione delle giustificazioni deve avvenire per iscritto, e le stesse «debbono consistere in elaborati più o meno completi [_], riportanti la scomposizione dell'offerta economica nelle varie voci che la compongono, i quali però, per essere ritenuti fondati, non debbono risolversi in asserzioni meramente apodittiche (del tipo «l'offerta è congrua perché io dico che è congrua») e fare generico riferimento a benefici fiscali e contributivi, a favorevoli condizioni di mercato, e così via. [_] le giustificazioni possono essere ritenute sufficienti quando esse dimostrino l'affidabilità nel suo complesso dell'offerta, per cui è da ritenere di massima legittimo il giudizio favorevole anche nel caso in cui restino parzialmente non giustificate voci meno importanti dell'offerta» (Tar Marche, 30.11.2009, n. 1427; Tar Marche 08.07.2009, n. 776; Tar Emilia Romagna (Bologna), 21.04.2009, n. 505).
Particolarmente delicato il tema in esame sotto il profilo del diritto di accesso.
L'art. 13, comma 5 lett. a), esclude espressamente il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione «alle informazioni fornite dagli offerenti nell'ambito delle offerte ovvero a giustificazione delle medesime, che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali»; il successivo comma 6 tuttavia ne ammette eccezionalmente l'esercizio anche in tali casi laddove il concorrente lo chieda «in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell'ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso».
Già in passato il giudice amministrativo, chiamato a pronunciarsi sul tema, aveva chiarito come «l'interesse alla riservatezza, tutelato dalla normativa mediante una limitazione del diritto di accesso [_], deve considerarsi recessivo quando l'accesso stesso sia esercitato [_] per la difesa di un interesse giuridico, nei limiti in cui esso è necessario alla difesa di quell'interesse» (Cons. stato, sez. VI, 20.04.2006, n. 2223; si veda anche Tar Lombardia (Milano), sez. III, 21.03.2005, n. 620).
Più di recente, il Consiglio di stato ha avuto modo di spiegare che la norma in esame «sembra ripetere, specificandoli, i principi dell'art. 24, legge n. 241 cit., che stabilisce una complessa operazione di bilanciamento tra gli interessi contrapposti alla trasparenza ed alla riservatezza. [_] Per non dilatare in modo irragionevole la portata della norma, si deve ritenere che essa imponga di effettuare un accurato controllo in ordine alla effettiva utilità della documentazione richiesta, alla stregua di una sorta di prova di resistenza; [_] In definitiva, dal combinato disposto dei commi 5 e 6, dell'art. 13, dlgs n. 163 del 2006, discende che non è consentito esercitare l'accesso alla documentazione posta a corredo dell'offerta selezionata, ove l'impresa aggiudicataria abbia dichiarato che sussistano esigenze di tutela del segreto tecnico o commerciale, ed il richiedente non abbia dimostrato la concreta necessità di utilizzare tale documentazione in uno specifico giudizio». (Cons. stato, sez. V, 09.12.2008, n. 6121).
Conclusioni.
Come si è visto, la verifica dell'anomalia dell'offerta economica è volta a escludere quelle offerte che, non trovando idonea giustificazione, rendano sostanzialmente inattendibile l'offerta medesima e dunque facciano presumere l'inaffidabilità nell'esecuzione dell'appalto.
Tale verifica deve avvenire solo successivamente alla presentazione delle offerte, in contraddittorio con la parte o le parti interessate e secondo la precisa procedura di cui all'art. 88 del Codice. L'esclusione può essere comminata solo laddove le giustificazioni presentate, ed eventualmente integrate, non siano idonee a dissipare il sospetto di anomalia, e comunque solo dopo aver convocato (e sentito, ove la stessa si presenti) personalmente la parte. Il concorrente può esercitare l'accesso alla documentazione di gara degli altri concorrenti anche in relazione alle giustificazioni purché non sussistano comprovate e motivate esigenze di tutela del segreto tecnico o commerciale, e comunque vi sia la concreta necessità di utilizzare tale documentazione in uno specifico giudizio (articolo ItaliaOggi del 14.04.2010, pag. 38).

CORTE DEI CONTI

PUBBLICO IMPIEGO: Enti, progressioni verticali legittime. La Corte conti della Lombardia sposa la linea interpretativa dell'Anci. Ma restano i dubbi. Concorsi riservati ok fino al recepimento della riforma Brunetta.
Apertura per le progressioni verticali negli enti locali, secondo la Corte dei Conti, Sez. delle autonomie locali della Lombardia.
Il parere 18.03.2010 n. 375, riprendendo alcune delle considerazioni proposte dalle linee interpretative redatte dall'Anci sulla riforma Brunetta, afferma che le amministrazioni locali attualmente potrebbero porre in essere concorsi interamente riservati, essendo solo obbligate «a recepire entro il 31.12.2010 nei propri ordinamenti i principi introdotti dal dlgs 150/2009 avendo cura di assicurare il massimo rispetto dei parametri costituzionali stabiliti in materia di accesso e tenuto conto che le procedure di cui all'art. 91, 3° comma Tuel assumono carattere residuale e limitato a particolari profili e figure professionali caratterizzate da una professionalità acquisita esclusivamente all'interno dell'ente».
In poche parole, fino all'eventuale recepimento, gli enti locali potrebbero ancora, sia pure in via eccezionale e limitata, dedicare progressioni verticali a particolari figure. Questo, perché occorre valorizzare due elementi ... (articolo ItaliaOggi del 16.04.2010, pag. 41 - link a www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Dirigenti locali, incarichi motivati. La Corte conti Lombardia per prima dirime il contrasto tra la riforma Brunetta e il Tuel. Gli enti devono spiegare il ricorso a professionalità esterne.
Gli enti locali debbono adeguare la propria disciplina degli incarichi dirigenziali a tempo determinato alle disposizioni dell'articolo 19 del dlgs 165/2001, anche se l'articolo 110 del Tuel è da considerare ancora vigente.
La Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per la Lombardia col parere 17.03.2010 n. 308 è la prima autorità giurisdizionale a pronunciarsi sulla delicata questione dell'incidenza della riforma-Brunetta nei confronti degli incarichi dirigenziali a contratti di comuni e province ... (articolo ItaliaOggi del 14.04.2010, pag. 26 - link a www.corteconti.it).

GIURISPRUDENZA

APPALTI SERVIZI: Sulle conseguenze delle modifiche apportate alle disposizioni di un contratto di concessione di servizi.
Sull'interpretazione degli artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE, del principio della parità di trattamento e del divieto di discriminazione in base alla nazionalità, nonché dell'obbligo di trasparenza che ne deriva in rapporto all'aggiudicazione delle concessioni di servizi.

Qualora le modifiche apportate alle disposizioni di un contratto di concessione di servizi presentino caratteristiche sostanzialmente diverse da quelle che abbiano giustificato l'aggiudicazione del contratto di concessione iniziale e siano, di conseguenza, idonee a dimostrare la volontà delle parti di rinegoziare i termini essenziali di tale contratto, devono essere concessi, conformemente all'ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato, tutti i provvedimenti necessari per reintrodurre la trasparenza nel procedimento, ivi compresa anche la possibilità un nuovo procedimento di aggiudicazione. All'occorrenza, il nuovo procedimento di aggiudicazione dovrà essere organizzato secondo modalità adeguate alle specificità della concessione di servizi di cui trattasi e permettere che un'impresa avente sede sul territorio di uno Stato membro possa avere accesso ad adeguate informazioni relative a detta concessione prima che essa sia aggiudicata.
Qualora un'impresa concessionaria concluda un contratto relativo a servizi rientranti nell'ambito della concessione affidatale da un ente locale, l'obbligo di trasparenza derivante dagli artt. 43 CE e 49 CE nonché dai principi della parità di trattamento e dal divieto di discriminazione in base alla nazionalità non si applica qualora tale impresa:
- sia stata costituita da detto ente locale allo scopo dell'eliminazione dei rifiuti e della pulizia della rete viaria, ma sia al tempo stesso attiva sul mercato;
- sia detenuta dall'ente locale medesimo nella misura del 51%, ma le decisioni di gestione possano essere adottate soltanto a maggioranza dei tre quarti dei voti dell'assemblea generale di tale impresa;
- abbia soltanto un quarto dei membri del consiglio di vigilanza incluso il presidente, nominato dallo stesso ente locale, e
-tragga più della metà del proprio fatturato da contratti sinallagmatici relativi all'eliminazione dei rifiuti ed alla pulizia della rete viaria sul territorio di tale ente locale, contratti che quest'ultimo finanzi mediante imposte locali versate dai suoi amministrati.
Il principio della parità di trattamento e il divieto di discriminazione in base alla nazionalità, sanciti agli artt. 43 CE e 49 CE, nonché l'obbligo di trasparenza che ne deriva non impongono alle autorità nazionali di risolvere un contratto né ai giudici nazionali di concedere un'ingiunzione in ogni caso di asserita violazione di detto obbligo all'atto dell'aggiudicazione delle concessioni di servizi. Spetta all'ordinamento giuridico interno disciplinare le vie di ricorso idonee a garantire la salvaguardia dei diritti che i singoli possono vantare in base a tale obbligo in modo che tali vie di ricorso non siano meno favorevoli delle analoghe vie di ricorso di natura interna, né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio di tali diritti. L'obbligo di trasparenza deriva direttamente dagli artt. 43 CE e 49 CE, che hanno un effetto diretto negli ordinamenti giuridici interni degli Stati membri e prevalgono su qualsiasi disposizione contraria dei diritti nazionali (Corte di giustizia europea, Grande Sezione, sentenza 13.04.2010 n. C-91/08 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sostituzione o rinnovamento di serramenti - Manutenzione ordinaria - Anche in caso di utilizzo di materiali diversi dagli originari - Art. 3, lett. a) T.U. n. 380/2001 - Fattispecie: sostituzione di un cancello - Attività libera.
La sostituzione o il rinnovamento di serramenti e, quindi, di infissi, serrande, finestre e abbaini, rientra nel concetto di finiture di edifici, come tale configurabile in termini di manutenzione ordinaria ai sensi dell’art. 3, lett. a), T.U. 06.06.2001, n. 380 e, cioè, di attività libera e non soggetta a denuncia di inizio attività ai sensi dell’art. 6, lett. a), dello stesso decreto, e ciò sia che vengano impiegati gli stessi materiali componenti, sia che la sostituzione o il rinnovamento venga effettuata con materiali diversi (TAR Piemonte, Sez. I, 02.03.2009, n. 620).
La sostituzione di un cancello rientra nel genus sostituzione di serramento ed è quindi, al lume del Testo Unico sull’edilizia, attività libera non soggetta neanche a denuncia di inizio attività (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 12.04.2010 n. 1761 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Gara - Revoca - Giustificazione - Interesse pubblico - Potere - Sussiste - Fondamento - Individuazione.
Come è confermato dalla disciplina dell’attuale art. 11 del Codice dei contratti pubblici (dlgs 163/2006) deve ritenersi che non sia precluso alla stazione appaltante di procedere alla revoca od all'annullamento dell'aggiudicazione allorché la gara stessa non risponda più alle esigenze dell'ente e sussista un interesse pubblico, concreto ed attuale, all'eliminazione degli atti divenuti inopportuni, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse dell'aggiudicatario nei confronti dell'Amministrazione; un tale potere, in precedenza, si fondava, oltre che sulla disciplina di contabilità generale dello Stato -che consente il diniego di approvazione per motivi di interesse pubblico (art. 113, r.d. 23.05.1924 n. 827)- anche sul principio generale dell'autotutela della P.A., che rappresenta una delle manifestazioni tipiche del potere amministrativo, direttamente connesso ai criteri costituzionali di imparzialità e buon andamento della funzione pubblica.
Aggiudicazione provvisoria - Natura interinale - Posizione dell’aggiudicatario - Aspettativa di mero fatto - Comunicazione dell’avviso di inizio del procedimento - Non occorre.
L'aggiudicazione provvisoria è un atto ancora ad effetti instabili, del tutto interinali, che determina la nascita di una mera aspettativa, anche se individua un potenziale aggiudicatario definitivo, e determina nell’aggiudicatario soltanto una aspettativa di mero fatto e non già un affidamento qualificato.
Di conseguenza, ove la P.A. decida di revocare, in sede di autotutela, il provvedimento di aggiudicazione provvisoria, l’avvio del relativo provvedimento non dovrà essere notificato al soggetto provvisoriamente aggiudicatario.
Aggiudicazione provvisoria - Revoca - Per sopravvenute ragioni di opportunità - Adozione all'uopo di un atto meramente soprassessorio - Affidamento dell'aggiudicatario provvisorio - Cessazione.
Per recidere la situazione di aspettativa dell'aggiudicatario provvisorio è in ogni caso sufficiente la mera adozione di un atto soprassessorio che si inserisca nel procedimento ad evidenza pubblica, tra la fase dell'aggiudicazione provvisoria e quella dell'aggiudicazione definitiva, essendo sufficiente la comunicazione della stazione appaltante ad es. di non poter dar corso all'esecuzione dei lavori per cause non dipendenti dalla propria volontà e di essere intenzionata a procedere all'annullamento della gara d'appalto a suo tempo esperita, con ciò preannunciando la revoca degli atti di gara, con atto idoneo a concretare un avviso alla aggiudicataria.
Appalto di servizi - Gara - Revoca - Motivazione - Riferimento alla necessità di gestire in proprio il servizio - Legittimità - Fattispecie.
E’ legittima la revoca di una gara per l’affidamento del servizio di gestione parcheggi situati nel Comune disposta dopo l’apertura delle offerte e l'aggiudicazione provvisoria, motivata con l’esigenza di modificare la metodologia di presenziamento dei parcheggi del Comune per sopravvenute mutate esigenze aziendali, volte ad un più ampio, nuovo, riassetto societario, correlate alla necessità di ottemperare agli accordi nel frattempo intercorsi con i sindacati, nonché all’obbligo per legge l. n. 68/1999) di assumere personale rientrante nelle categorie protette (personale privilegiato), atteso che la stazione appaltante è libera, fino al momento dell’aggiudicazione definitiva, di privilegiare la scelta dell’autoproduzione del servizio se questa non trova controindicazioni (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 09.04.2010 n. 1997 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Rientra nella potestà discrezionale della p.a. disporre la revoca del bando di gara e degli atti successivi, in presenza di concreti motivi di interesse pubblico, fino a quando non sia intervenuta l'aggiudicazione.
In materia di evidenza pubblica, fino a quando non sia intervenuta l'aggiudicazione rientra nella potestà discrezionale della p.a. disporre la revoca del bando di gara e degli atti successivi, in presenza di concreti motivi di interesse pubblico, tali da rendere inopportuna o anche solo da sconsigliare la prosecuzione della gara. L'aggiudicazione provvisoria determina nell'aggiudicatario soltanto una aspettativa di mero fatto e non già un affidamento qualificato. Di conseguenza, ove la p.a. decida di revocare, in sede di autotutela, il provvedimento di aggiudicazione provvisoria, l'avvio del relativo provvedimento non dovrà essere notificato al soggetto provvisoriamente aggiudicatario.
L'aggiudicazione provvisoria, in conclusione, è un atto ancora ad effetti instabili, del tutto interinali, che determina la nascita di una mera aspettativa, anche se individua un potenziale aggiudicatario definitivo, legittima la partecipazione di questi alle valutazioni discrezionali dell'amministrazione preordinate all'adozione dell'aggiudicazione definitiva e/o all'approvazione degli atti di gara o del contratto.
Inoltre, per recidere tale posizione giuridica è sufficiente la mera adozione di un atto soprassessorio della stazione appaltante che si inserisca nel procedimento ad evidenza pubblica, tra la fase dell'aggiudicazione provvisoria e quella dell'aggiudicazione definitiva e della stipula contrattuale, senza richiedere un autonomo avvio di procedimento, né una particolare motivazione, risultando sufficiente la comunicazione ad es. di non poter dar corso all'esecuzione dei lavori per cause non dipendenti dalla propria volontà e di essere intenzionato a procedere all'annullamento della gara d'appalto a suo tempo esperita, con ciò preannunciando l'"annullamento" (rectius revoca) degli atti di gara, con atto sufficiente a concretare un avviso alla aggiudicataria (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 09.04.2010 n. 1997 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: Project financing - Discrezionalità del gestore del programma - Rispondenza al pubblico interesse - Coerenza e sostenibilità del piano finanziario - Amministrazione procedente - Giudizio di affidabilità della proposta - Richiesta di integrazioni e chiarimenti.
Nella procedura di project financing si apprezza l’alto grado di discrezionalità che compete al gestore del programma, nella valutazione della rispondenza della proposta al pubblico interesse; è quindi compito dell'Amministrazione procedente valutare se il progetto proposto abbia i contenuti necessari a soddisfare l'interesse pubblico in funzione del quale il programma dei lavori non definito nei suoi contenuti progettuali possa avere attuazione di talché la non coerenza del piano finanziario determina l'irrealizzabilità della proposta da valutare, rendendola inidonea allo scopo; ne deriva che essa può esercitare il potere, riconosciutole dalla legge, di chiedere in corso di procedura integrazioni e chiarimenti a tutte le proponenti nel rispetto dei principi di par condicio e trasparenza, atteso che l'art. 37-bis della legge n. 109 del 1994, come modificato dalla legge n. 166 del 2002, al comma 2-ter lett. b), consente espressamente all’Amministrazione di chiedere una «[...] dettagliata richiesta di integrazione [...]» alle proponenti; e dall'altro, l'art. 37-ter contempla la possibilità di un apporto collaborativo anche spontaneo dei proponenti che ne facciano richiesta (sul punto cfr. anche TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 05.10.2007 n. 1597).
Nelle procedure di affidamento di lavori mediante il sistema del project financing va quindi individuato nella coerenza e sostenibilità del piano economico finanziario il nucleo centrale dell'offerta, la cui congruenza è indispensabile per il giudizio di affidabilità della proposta nel suo complesso (sul punto cfr. anche TAR Puglia, Bari, Sez. I, 19.04.2007 n. 1087) (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 07.04.2010 n. 1295 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Natura imperativa - Rinegoziazione del rapporto contrattuale - Rilevanza - Mera proroga del contratto - Differenza.
La natura imperativa dell'art. 6 l. n. 537/1993, nel testo sostituito dall’art. 44 della l. n. 724/1994 (ora art. 115 d.lvo 163/2006) e la sua capacità d'imporsi ai patti contrari non può comportare l'assoluta irrilevanza degli eventuali successivi accordi delle parti che, rinegoziando volontariamente e nuovamente l'originario assetto del rapporto contrattuale, rinnovino le condizioni del contratto originario (TAR Campania-Salerno n. 2956/2007; TAR Sardegna n. 45/2007).
Diversamente opinando verrebbe vanificata la "ratio" dell'art. 6 l. n. 537/1993 che è quella di adeguare il prezzo determinato nell'originario rapporto per finalità di conservazione del livello qualitativo delle prestazioni dell'appaltatore, finalità di conservazione che non sussistono allorquando il rapporto è consensualmente rinegoziato.
La rinegoziazione, pertanto, deve ritenersi distinta dalla mera proroga del rapporto contrattuale, in quanto, nella prima, il rapporto si rinnova parzialmente con la riconsiderazione degli elementi essenziali (tutti o in parte) del negozio, ivi compreso il prezzo, laddove nella seconda vi è un mero differimento del termine di durata del rapporto sul presupposto dell'invarianza degli altri elementi dello stesso.
Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Periodo temporale di riferimento - Annualità contrattuali successive alla prima.
L'art. 6 l. n. 537/1993 (ora 115 del d.lvo 163/2006) ha ad oggetto la "revisione periodica del prezzo" di talché l'aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ivi previsto, non riguarda, per sua stessa natura, il primo periodo temporale di riferimento della prestazione contrattuale posta a carico dell'Amministrazione.
In altri termini, la revisione del prezzo opera con periodicità annuale e, quindi, in relazione al corrispettivo riferibile alle annualità contrattuali successive alla prima (TAR Lazio Roma, sez. I, 02.04.2009 , n. 3571).
Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Assenza di un contratto perfetto ed efficace - Mancanza della forma scritta “ad substantiam” - Diritto alla revisione del prezzo - Inconfigurabilità.
L'assenza di un contratto perfetto ed efficace (nella specie, per mancanza della forma scritta, richiesta, nei contratti della pubblica amministrazione, “ad substantiam”), ovvero di un presupposto essenziale richiesto dall'art. 6, comma 4°, l. n. 537/1993 (che parla di "contratti ad efficacia periodica e continuativa"), rende inconfigurabile il diritto alla revisione del prezzo.
Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Natura imperativa - Modifica e integrazione della volontà delle parti - Nullità delle clausole difformi - Principio dell’”utile per inutile non vitiatur” - Indici di riferimento - Mancata attuazione della disciplina legale - Ricorso all’indice FOI - Determinazione tecnico-discrezionale dell’amministrazione appaltante.
L'articolo 6 della legge 24.12.1993, n. 537, ora art. 115 del d.lvo 163/2006, detta una disciplina speciale, circa il riconoscimento della revisione prezzi nei contratti stipulati dalla p.a. che prevale su quella generale di cui all'articolo 1664 c.c. (Consiglio di Stato, Sez. V, 09.06.2008, n. 2786; Sez. V, 14.12.2006, n. 7461; Sez. V, 16.06.2003, n. 3373; Sez. V, 08.05.2002, n. 2461).
Tale disciplina ha natura imperativa e s’impone nelle pattuizioni private modificando ed integrando la volontà delle parti contrastante con la stessa; ne consegue che le clausole difformi sono nulle nella loro globalità, anche se la nullità non investe l'intero contratto, in applicazione del principio “utile per inutile non vitiatur”, sancito dall'articolo 1419 c.c..
Poiché però la disciplina legale dettata dall'articolo 6, commi 4 e 6 cit., non è mai stata attuata nella parte in cui prevede l'elaborazione, da parte dell'ISTAT, di particolari indici concernenti il miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle aggiudicazioni di appalti di beni e servizi, rilevate su base semestrale, la lacuna può essere colmata mediante il ricorso all'indice F.O.I. (indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati), mensilmente pubblicato dall’ISTAT, con la precisazione che l'utilizzo di tale parametro non esime la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto al fine di esprimere la propria determinazione tecnico-discrezionale, ma segna il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall'impresa, non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 15.05.2009 n. 3003; Sez. V, 09.06.2008 n. 2786, 20.08.2008 n. 3994 e 09.06.2009 n. 3569).
Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Finalità dell’istituto - Tutela della P.A. - Tutela mediata dell’impresa appaltatrice.
L'istituto della revisione è preordinato alla tutela dell'esigenza dell'Amministrazione di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto.
La clausola di revisione periodica di tali contratti, in particolare, ha lo scopo di tenere indenni gli appaltatori della P.A. da quegli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione che, incidendo sulla percentuale di utile stimata al momento della formulazione dell’offerta, potrebbero indurli a svolgere il servizio o ad eseguire la fornitura a condizioni deteriori rispetto a quanto pattuito o a rifiutarsi di proseguire nel rapporto, con inevitabile compromissione degli interessi della P.A..
Solo in via mediata l'istituto tutela l'interesse dell'impresa a non subire l'alterazione dell'equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che si verifichino durante l'arco del rapporto (così TAR Puglia, Bari, Sez. I, n. 925/2006; Consiglio Stato, Sez. V, 09.06.2008 n. 2786; TAR Puglia, Bari, Sez. I, 06.04.2007 n. 1047; 14.08.2008 n. 1970; 25.11.2008 n. 2666; 07.07.2009 n. 1751, 02.12.2009 n. 2997).
Soltanto in frangenti del tutto eccezionali l’istituto della revisione prezzi può fuoriuscire dalla mera esigenza dell’Amministrazione aggiudicante di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo e tutelare -quindi- il contrapposto interesse dell’impresa (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 09.06.2008 n. 2786).
Tale eccezionalità -che conseguentemente legittima una quantificazione del compenso revisionale mediante il ricorso a differenti parametri statistici- va comunque intesa come ricorrenza di circostanze impreviste e imprevedibili, ossia non sussistenti al momento della sottoscrizione del contratto e delle quali non era prevedibile l’avveramento (TAR Veneto, sez. I, 01.02.2010 n. 236).
Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Disciplina - prevalenza sulla disciplina generale ex art. 1664 c.c. - Contratti pubblici - Previsione di un’alea a danno dell’appaltatore, conformemente alla disciplina civilistica - Nullità.
La disciplina in materia di revisione dei prezzi degli appalti pubblici ad esecuzione periodica o continuata -fissata dall’art. 115 del D.Lgs. n. 163/2006- prevale su quella generale di cui all’art. 1664 c.c., dal che discende la nullità delle clausole dei contratti pubblici che, pur contemplando la revisione dei prezzi prevedano, conformemente alla disciplina civilistica, anche in forma indiretta, un’alea a danno dell’appaltatore (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2786/2008, TAR Puglia, Lecce, nn. 2958/2006, 4027/2006, 4111/2007, 3521/2008) (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 07.04.2010 n. 898 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sulla natura giuridica del requisito della regolarità contributiva e previdenziale nelle gare di appalto.
La certificazione di regolarità contributiva rilasciato dagli enti previdenziali e dalle Casse edili assume la valenza di una dichiarazione di scienza, da collocarsi fra gli atti di certificazione o di attestazione redatti da un pubblico ufficiale ed aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso della pubblica amministrazione, assistito da pubblica fede ai sensi dell'articolo 2700 c.c., facente pertanto prova fino a querela di falso.
Attesa la natura giuridica del DURC, non residua in capo alla stazione appaltante alcun margine di valutazione o di apprezzamento in ordine ai dati ed alle circostanze in esso contenute. Nel settore previdenziale, in considerazione dei gravi effetti negativi sui diritti dei lavoratori, sulla finanze pubbliche e sulla concorrenza tra le imprese derivanti dalla mancata osservanza degli obblighi in materia, debbono considerarsi "gravi" tutte le inadempienze rispetto a detti obblighi, salvo che non siano riscontrabili adeguate giustificazioni, come, ad esempio, la sussistenza di contenziosi di non agevole e pronta definizione sorti a seguito di verifiche e contestazioni da parte degli organismi previdenziali ovvero la necessità di verificare le condizioni per un condono o per una rateizzazione.
Inoltre, deve escludersi la rilevanza di un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva, quand'anche ricondotto retroattivamente, quanto ad efficacia, al momento della scadenza del termine di pagamento (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 06.04.2010 n. 1930 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: I concorrenti ad una gara di appalto devono dichiarare oltre alla mancanza delle sentenze di condanna definitiva anche l'assenza di sentenze di condanna con il beneficio della non menzione, nonché l'assenza di sentenze patteggiate.
Sull'obbligo del partecipante ad una gara d'appalto di dichiarare anche le condanne che riguardano la vita personale.

Poiché anche le sentenze di condanna con il beneficio della non menzione nel certificato del casellario giudiziale o le sentenze patteggiate potrebbero incidere sulla moralità professionale e perciò potrebbero costituire un ostacolo all'ammissione ad un procedimento di evidenza pubblica, i concorrenti ad una gara di pubblico appalto devono attestare con apposita autodichiarazione, oltre alla mancanza delle sentenze di condanna definitiva che vengono indicate nel certificato del casellario giudiziale a richiesta dei privati (cioè di una dichiarazione sostitutiva del certificato del casellario giudiziale), anche l'assenza di sentenze definitive di condanna con il beneficio della non menzione, nonché,come nel caso di specie, l'assenza di sentenze patteggiate (per le quali non è stata ottenuta l'amnistia, la riabilitazione o l'estinzione e artt. 167 o 445 C.P.P. per decorso del tempo senza aver commesso un altro reato) e l'assenza di reati puniti con la sola pena pecuniaria, in quanto deve essere consentita all'Amministrazione appaltante la possibilità di effettuare una valutazione anche della rilevanza di tali condanne sull'affidabilità morale e professionale di ogni partecipante ad un procedimento di evidenza pubblica.
Per cui l'attestazione sui requisiti di moralità professionale, che non contenga il riferimento ad una sentenza di patteggiamento, va equiparata alla stregua di una falsa dichiarazione, che ai sensi dell'art. 17, c. 1, lett. m), DPR n. 34/2000 va sanzionata con l'esclusione dalla gara.
La giurisprudenza al riguardo afferma -se si eccettuano i reati relativi a condotte delittuose individuate dalla normativa antimafia- in assenza di parametri normativi fissi e predeterminati, la verifica dell'incidenza dei reati commessi dal legale rappresentante dell'impresa sulla moralità professionale della stessa attiene all'esercizio del potere discrezionale della P.A. e deve essere valutata attraverso la disamina in concreto delle caratteristiche dell'appalto, del tipo di condanna, della natura e delle concrete modalità di commissione del reato.
Il partecipante ad una gara d'appalto ha l'obbligo di dichiarare alla p.a. qualsiasi elemento utile al fine di valutare la sussistenza di possibili cause di esclusione, ivi compresi i fatti che pertengano non già alla vita professionale, ma a quella personale del partecipante.
Ne consegue che, legittimamente la p.a., in sede di autotutela, annulla d'ufficio l'aggiudicazione di un appalto, allorché venga a sapere che l'aggiudicatario abbia sottaciuto alla p.a. di avere riportato una condanna penale (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 06.04.2010 n. 1909 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Infrastrutture contemplate dal codice delle comunicazioni - Procedimento ex art. 87 d.lgs. n. 259/2003 - Procedura abilitativa di cui al D.P.R. n. 380/2001 - Cumulatività - Esclusione.
In materia di infrastrutture contemplate dal cd. codice delle comunicazioni, il procedimento di cui all’art.87 del d.lgs. n.259/03 non può essere applicato cumulativamente alla procedura abilitativa di cui al D.P.R. n.380/2001.
Devono pertanto ritenersi illegittime le determinazioni comunali che pretendono di subordinare l’installazione degli impianti di telefonia al permesso di costruire di cui T.U. edilizia.
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - D.lgs. n. 259/2003 - Principi fondamentali - Limiti all’esercizio della potestà legislativa regionale - Norme regionali previgenti - Contrasto con il d.lgs. n. 259/2003 - Abrogazione implicita.
Il d.lgs. n. 259/2003 contiene disposizioni qualificabili in termini di “principi fondamentali” che si pongono quali limiti all’esercizio della potestà legislativa regionale concorrente; tali limiti si qualificano in termini di legittimità con riferimento a disposizioni regionali che vengano emanate dopo la definizione dei principi fondamentali, in termini di efficacia per quelle già in vigore.
Nel primo caso sarà necessaria una pronunzia di incostituzionalità; nel secondo caso, si determinerà un’automatica perdita di efficacia delle norme regionali anteriori per effetto delle disposizioni statali sopravvenute, alla stregua di costante orientamento della Corte costituzionale.
In altri termini, le norme statali di cui al d.lgs. menzionato determinano l’abrogazione implicita delle norme regionali previgenti che si pongano in contrasto con le nuove disposizioni (TAR Puglia-Bari, Sez. II, sentenza 02.04.2010 n. 1257 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Ai sensi dell'art. 57, comma 2, lett. c), d.lgs. 12.04.2006 n. 163 la procedura negoziata, senza pubblicazione di bando, può essere utilizzata nella misura strettamente necessaria, ai fini dell'affidamento di un appalto con la pubblica amministrazione, quando l'estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti e non da situazioni soggettive, contingibili, prevedibili e ad esse imputabili, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara.
Come evidenziato dalla costante giurisprudenza amministrativa, anche di questo Tribunale, “Ai sensi dell'art. 57, comma 2, lett. c), d.lgs. 12.04.2006 n. 163 la procedura negoziata, senza pubblicazione di bando, può essere utilizzata nella misura strettamente necessaria, ai fini dell'affidamento di un appalto con la pubblica amministrazione, quando l'estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti e non da situazioni soggettive, contingibili, prevedibili e ad esse imputabili, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara” (TAR Piemonte Torino, sez. I, 24/11/2008, n. 2943; TAR Molise Campobasso, sez. I, 16/07/2008, n. 689) (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 26.03.2010 n. 1597 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILa valutazione circa l’esistenza di violazioni in materia contributiva e previdenziale costituisce oggetto di autonoma valutazione da parte della stazione appaltante, rispetto alla quale le risultanze del documento unico di regolarità contributiva si pongono come elementi indiziari, da cui non si può prescindere, ma che comunque non esauriscono l’ambito di accertamento circa la sussistenza di una violazione grave e definitivamente accertata.
Il rapporto che sussiste tra documento unico di regolarità contributiva e valutazione finale circa il possesso del requisito generale di partecipazione in questione è, dunque, nel senso che la stazione appaltante è comunque vincolata alle risultanze del d.u.r.c., in ragione della sua natura di dichiarazione di scienza, da collocarsi fra gli atti di certificazione o di attestazione redatti da un pubblico ufficiale ed aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso della pubblica amministrazione, assistito da pubblica fede ai sensi dell'articolo 2700 c.c., facente pertanto prova fino a querela di falso.

Sebbene sulla questione non vi sia uniformità di vedute, il Collegio ritiene di aderire all’orientamento prospettato anche in ricorso, secondo cui la valutazione circa l’esistenza di violazioni in materia contributiva e previdenziale costituisce oggetto di autonoma valutazione da parte della stazione appaltante, rispetto alla quale le risultanze del documento unico di regolarità contributiva si pongono come elementi indiziari, da cui non si può prescindere, ma che comunque non esauriscono l’ambito di accertamento circa la sussistenza di una violazione grave e definitivamente accertata (in termini Cons. St., III, 29.09.2009 n. 2345/2009; VI, 04.08.2009 n. 4907; V, 23.03.2009 n. 1755; Tar Napoli, I, 11.01.2010 n. 51; Tar Bari, I, 16.07.2008 n. 1755).
Il rapporto che sussiste tra documento unico di regolarità contributiva e valutazione finale circa il possesso del requisito generale di partecipazione in questione è, dunque, nel senso che la stazione appaltante è comunque vincolata alle risultanze del d.u.r.c., in ragione della sua natura di dichiarazione di scienza, da collocarsi fra gli atti di certificazione o di attestazione redatti da un pubblico ufficiale ed aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso della pubblica amministrazione, assistito da pubblica fede ai sensi dell'articolo 2700 c.c., facente pertanto prova fino a querela di falso (Cons. St., IV, 12.03.2009 n. 1458).
Tuttavia, una volta acquisito il documento unico di regolarità contributiva, spetta alla stazione appaltante decidere se le risultanze ivi contenute, oggettivamente non controvertibili, siano idonee e sufficienti anche a giustificare un giudizio in termini di gravità di una violazione che sia emersa dal d.u.r.c..
In altri termini, un conto è la regolarità contributiva formale rimessa al potere di accertamento e di valutazione dell’Istituto previdenziale, un conto è la gravità di una violazione in materia contributiva e previdenziale ai fini dell’aggiudicazione di un contratto, che impone un’ulteriore delibazione da parte della stazione appaltante, non poggiante solo su dati rigorosamente numerici, come invece, stabilisce il D.M. 24.10.2007.
Spetta, dunque, alla stazione appaltante verificare che eventuali situazioni dall’INPS ritenute come condizioni di irregolarità contributiva, certamente rilevanti e costituenti un grave indizio, ai fini dell'art. 38, co. 1, lett. i), codice appalti, possano, in concreto e al di fuori di ogni automatismo, giustificare l’estromissione dalla gara.
Può aggiungersi che se l’accertamento del requisito dell’art. 38 lett. i), fosse da rimettere agli Istituti previdenziali attraverso il rilascio del DURC secondo i parametri fissati dal Ministero del Lavoro, si darebbe luogo anche ad una disparità di trattamento e ad un’alterazione della concorrenza tra le imprese con sede in Italia e quelle degli altri Stati membri, non necessariamente dotate di documento equivalente al DURC (tanto che la norma reputa per esse sufficiente una dichiarazione giurata: vd. art. 38, ult. co.), e non si spiegherebbe conseguentemente il preciso richiamo che proprio la lett. i) dell’art. 38 contiene –in coerenza con la discrezionalità della valutazione della sussistenza del requisito- alla legislazione italiana o dello Stato in cui eventualmente i partecipanti sono stabiliti (TAR Calabria-Reggio Calabria,  sentenza 23.03.2010 n. 291 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIA differenza dei casi di autoannullamento degli atti di gara per motivi di legittimità degli stessi, nel caso in cui si discute dell’opportunità amministrativa della revoca, i partecipanti alla gara non sono né cointeressati e né controinteressati necessari, per cui per la legittimità del procedimento non è necessario alcun contraddittorio.
La responsabilità per la revoca della gara da parte dell'Amministrazione, seppure oggettivamente legittima, si costituisce quando il fine pubblico è tuttavia attuato attraverso un comportamento obiettivamente lesivo dei doveri di lealtà. In tale scia anche la revoca legittima degli atti della procedura di gara può infatti integrare una responsabilità della pubblica amministrazione per responsabilità precontrattuale nel caso di affidamenti suscitati nell’impresa dagli atti della procedura di evidenza pubblica poi rimossi.
Non può condividere l’affermazione per cui il procedimento di revoca implichi l'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento di revoca di una gara d'appalto ancora in corso di svolgimento in quanto, in questo caso, nessuno dei partecipanti ha acquisito, in relazione allo stato della procedura, una posizione di vantaggio concreta, e comunque tale da far sorgere, nel contesto del porocedimento amministrativo in corso, un interesse qualificato e differenziato e quindi meritevole di tutela attraverso detta comunicazione.
E ciò specie quando, come nel caso in esame, la revoca sia stata determinata da valutazioni tutte interne all'amministrazione, in ordine alle quali nessun reale apporto conoscitivo può essere offerto dalle parti private (cfr. TAR Lazio Latina, 26.01.2006, n. 86).
In altre parole, a differenza dei casi di autoannullamento degli atti di gara per motivi di legittimità degli stessi, nel caso in cui si discute dell’opportunità amministrativa della revoca, i partecipanti alla gara non sono né cointeressati e né controinteressati necessari, per cui per la legittimità del procedimento non è necessario alcun contraddittorio.
La responsabilità per la revoca della gara da parte dell'Amministrazione, seppure oggettivamente legittima, si costituisce quando il fine pubblico è tuttavia attuato attraverso un comportamento obiettivamente lesivo dei doveri di lealtà. In tale scia anche la revoca legittima degli atti della procedura di gara può infatti integrare una responsabilità della pubblica amministrazione per responsabilità precontrattuale nel caso di affidamenti suscitati nell’impresa dagli atti della procedura di evidenza pubblica poi rimossi (cfr. Consiglio Stato , sez. V, 08.10.2008, n. 4947).
Tale orientamento in sostanza ha operato una scissione fra la legittima determinazione di revocare l'aggiudicazione della gara ed il complessivo tenore del comportamento tenuto dalla medesima Amministrazione nella sua veste di controparte negoziale, non informato alle generali regole di correttezza e buona fede che devono essere osservate dall'Amministrazione anche nella fase precontrattuale (in tal senso: Cons. Stato, Ad. Plen., n. 6 cit.; Cons. Stato Sez. V, 30.11.2007, n. 6137; id., Sez. V, 14.03.2007, n. 1248).
Le medesime categorie giuridiche ben possono essere estese anche al caso della procedura di gara revocata per motivi di opportunità amministrativa in una fase antecedente alla aggiudicazione provvisoria.
Sulla scia della giurisprudenza più avvertita, il Collegio ritiene infatti che possa configurarsi una responsabilità di carattere precontrattuale in capo all'Amministrazione nelle ipotesi (quale quella oggetto della presente controversia) in cui nel complesso delle circostanze si possa obiettivamente riscontrare il mancato rispetto dei generali canoni di correttezza in contraendo.
Come è stato affermato in un caso analogo, costituisce una violazione del canone di correttezza, la circostanza che l’amministrazione, non appena venuta a conoscenza della nuova circostanza che può legittimare la revoca, non si sia posta il problema degli affidamenti creati nei concorrenti e non abbia proceduto quanto meno alla immediata motivata sospensione degli atti di gara, in attesa di ogni definitiva decisione al riguardo, soprattutto nel caso in cui i concorrenti abbiano affrontato notevoli spese ed eventualmente perso altre possibilità di guadagno (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 11.12.2007, n. 6405) (TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 16.03.2010 n. 4175 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il provvedimento di annullamento del nulla-osta paesistico non ha natura di atto recettizio, con la conseguenza che il termine -perentorio- di 60 giorni previsto per la sua adozione attiene al solo esercizio del potere di annullamento da parte dell'Amministrazione statale e non anche alla comunicazione o notificazione ai destinatari del provvedimento stesso.
La giurisprudenza si è -ormai da tempo– consolidata (cfr., ex plurimis, Cons. St., Sez. VI, 09.10.2007 n. 5237; 05.03.2007 n. 1027, 16.03.2009 n. 1531) nell’affermare che il provvedimento di annullamento del nulla-osta paesistico non ha natura di atto recettizio, con la conseguenza che il termine -perentorio- di 60 giorni previsto per la sua adozione attiene al solo esercizio del potere di annullamento da parte dell'Amministrazione statale e non anche alla comunicazione o notificazione ai destinatari del provvedimento stesso.
Il Consiglio di Stato (cfr. Sez. VI, 22.09.2006, n. 5571) -nel pronunciarsi su una fattispecie del tutto analoga a quella all’esame, confermando la sentenza n. 132 del 1999 di questa Sezione- ha osservato quanto segue:
- la comunicazione dell'avviso della fase del riesame non era richiesta nel quadro normativo anteriore all'entrata in vigore dell'art. 4 del regolamento ministeriale n. 495 del 1994, in ragione della unicità del procedimento di rilascio della autorizzazione paesistica e del successivo riesame statale (Sez. VI, 12.05.1994, n. 771; Sez. VI, 25.09.1995, n. 963; Sez. VI, 01.12.1999, n. 2069; Sez. VI, 15.05.2000, n. 2772; Sez. VI, 03.11.2000, n. 5929; Sez. VI, 27.12.2000, n. 6887; Sez. VI, 13.02.2001, n. 685; Sez. VI, 19.06.2001, n. 3233);
- col medesimo art. 4 del regolamento n. 495 del 1994 (rilevante ratione temporis nel presente giudizio), il Ministero si è autovincolato a dare al soggetto autorizzato la comunicazione dell'avviso dell'avvio della fase del riesame (Sez. VI, 22.04.2002, n. 2170; Sez. VI, 03.07.2002, n. 3662; Sez. VI, 17.09.2002, n. 4709; Sez. VI, 02.09.2003, n. 4866), anche se era sufficiente un meccanismo (formula espressa apposta in calce al documento comunicato all'interessato o altro mezzo) che assicurasse il raggiungimento dello scopo (Sez. VI, 01.12.1999, n. 2069, cui si sono adeguate Sez. VI, 17.02.2000, n. 909; Sez. VI, 06.07.2000, n. 3793; Sez. VI, 22.08.2000, n. 4546; Sez. VI, 13.02.2001, n. 685; Sez. 22.04.2002, n. 2170), ovvero la c.d. conoscenza aliunde dell'inizio del procedimento (Sez. VI, 19.06.2001, n. 3233; Sez. VI, 13.02.2003, n. 790; Sez. VI, 13.02.2003, n. 790; Sez. VI, 10.04.2003, n. 1909);
- in "assenza di alcuna comunicazione dell'avvio del procedimento" e in "assenza di alcun atto equipollente", il provvedimento statale di annullamento -emesso nel vigore dell'art. 4- va considerato illegittimo per violazione dell'art. 7 della legge n. 241 del 1990 e del medesimo art. 4 (Sez. VI, 29.05.2002, n. 2983; Sez. VI, 14.01.2003, n. 119).
Il Cons. di Stato (con la decisione n. 1249/2002) ha affermato che: “la lottizzazione nel suo complesso era già stata esaminata ed approvata sia dal Comune che dalla Regione in sede di approvazione del "piano attuativo" del comparto 63, secondo la procedura stabilita nella L.R. Lombardia 12.03.1984 n. 14.
La compatibilità della lottizzazione con le esigenze di tutela della zona vincolata era stata dunque già valutata nelle sue linee generali nell'ambito del procedimento di approvazione del piano attuativo del comparto, cui peraltro la legge regionale attribuiva anche valenza paesaggistica (come si desume dalle disposizioni contenute negli artt. 15 e 16 della L.R. n. 14/1984); né si vede la ragione per la quale il Comune avrebbe dovuto ripetere tale giudizio di compatibilità ogniqualvolta era chiamato a rilasciare la autorizzazione ex art. 7 L. n. 1497/1999 per i singoli interventi di edilizia contemplati dalla lottizzazione. Diversamente anche i piani attuativi sarebbero (di fatto) assoggettati al regime della autorizzazione paesaggistica, senza che ciò trovi riscontro nella legislazione regionale lombarda la quale non subordina l'approvazione dei piani di attuazione, anche in ambito vincolato, al rilascio della autorizzazione ex art. 7 cit..
A quanto sopra deve aggiungersi che esigenze di certezza del diritto porterebbero comunque ad escludere che in sede di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche per i singoli interventi edilizi possa rimettersi in discussione la lottizzazione nel suo complesso
” (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 29.12.2009 n. 2649 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 14.04.2010

ã

DOTTRINA E CONTRIBUTI

APPALTI: Riceviamo, e pubblichiamo, dall'Avv. Andrea BULLO di Milano (che ringraziamo) l'interessate disamina di sintesi del recentissimo "D.Lgvo 20.03.2010, n. 53, pubblicato nella G.U.R.I. 12.04.2010 (attuazione alla direttiva 2007/66/CE che modifica le direttive 89/665CEE e 92/13/CEE in tema di procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici)" recante MODIFICHE IN TEMA DI CONTENZIOSO NEGLI APPALTI PUBBLICI (circolare 13.04.2010).
L'elaborato ha un mero scopo divulgativo ed è scevro di ambizioni di completezza.

CORTE DEI CONTI

INCARICHI PROFESSIONALI: Le amministrazioni e gli enti pubblici devono di norma svolgere i compiti istituzionali avvalendosi di proprio personale.
Se questa è la regola di carattere generale, che riposa, in sostanza, sul principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione e, in particolare, sull'obbligo (che di tale principio è espressione) degli amministratori e dipendenti pubblici, di perseguire l'economicità della spesa pubblica, il conferimento degli incarichi di consulenza a professionisti esterni alla P.A. si pone come eccezione in presenza di speciali condizioni che si possono così riassumere:
- assenza di una apposita struttura organizzativa della P.A. ovvero una carenza organica che impedisca o renda oggettivamente difficoltoso l'esercizio di una determinata funzione pubblica, da accertare per mezzo di una reale ricognizione;
- complessità dei problemi da risolvere che richiedono conoscenze ed esperienze eccedenti le normali competenze del personale della P.A. o dell'ente pubblico; indicazione specifica dei contenuti e dei criteri per lo svolgimento dell'incarico;
- indicazione della durata dell'incarico, svolgimento da parte del consulente privato di un'attività non continuativa; proporzione fra il compenso corrisposto all'incaricato e l'utilità conseguita dall'amministrazione.

Rileva il Collegio che il ricorso da parte dell'Amministrazione a soggetti estranei all’apparato istituzionale per l'espletamento dei propri compiti deve ritenersi consentito nel rispetto delle condizioni stabilite dalla legge, o anche quando non sia possibile provvedere altrimenti per evenienze sopraggiunte ed impreviste.
Come già precisato in precedenti pronunce, per tutte le amministrazioni ed enti pubblici l’art. 7, sesto comma, del D.Lgs. 29/1993, prevedeva che “per esigenze cui non possono far fronte con il personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione”. Con il decreto legislativo 30.03.2001, n. 165, la possibilità di “esternalizzazione” di attività è stata disciplinata con maggiore puntualità e rigore, prevedendo l’art. 7, 6° comma, che “per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:
a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente;
b) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata;
d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

Per gli enti locali, l’art. 51, comma settimo, della Legge n. 142/1990, recepita dalla legge della Regione siciliana 11.12.1991, n. 48, indica i presupposti formali e sostanziali che debbono ricorrere affinché si possa procedere all’assegnazione di incarichi esterni, stabilendo che “per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità”.
Come evidenziato, dunque, la disciplina generale e quella di settore individuano i presupposti formali e sostanziali per poter procedere al conferimento dell’incarico, per il quale è comunque necessario che, se trattasi di ente locale, il Regolamento dello stesso lo preveda e lo disciplini compiutamente.
Da tutta la normativa citata si desume, anzitutto, che le amministrazioni e gli enti pubblici devono di norma svolgere i compiti istituzionali avvalendosi di proprio personale.
Se questa è la regola di carattere generale, che riposa, in sostanza, sul principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione e, in particolare, sull'obbligo (che di tale principio è espressione) degli amministratori e dipendenti pubblici, di perseguire l'economicità della spesa pubblica, il conferimento degli incarichi di consulenza a professionisti esterni alla P.A. si pone come eccezione in presenza di speciali condizioni che si possono così riassumere:
- assenza di una apposita struttura organizzativa della P.A. ovvero una carenza organica che impedisca o renda oggettivamente difficoltoso l'esercizio di una determinata funzione pubblica, da accertare per mezzo di una reale ricognizione;
- complessità dei problemi da risolvere che richiedono conoscenze ed esperienze eccedenti le normali competenze del personale della P.A. o dell'ente pubblico; indicazione specifica dei contenuti e dei criteri per lo svolgimento dell'incarico;
- indicazione della durata dell'incarico, svolgimento da parte del consulente privato di un'attività non continuativa; proporzione fra il compenso corrisposto all'incaricato e l'utilità conseguita dall'amministrazione.
Le cennate condizioni devono coesistere e, soprattutto, devono essere oggettivamente sussistenti.
Al complesso normativo suddetto il procuratore regionale ha fatto riferimento e allo stesso nessuna erroneità della ricostruzione normativa può essere contestata, contrariamente a quanto affermato dalla difesa che opera un distinguo che per quanto appresso si dirà è stato ed è del tutto irrilevante ai fini della decisione assunta e da assumere (Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. d'appello Reg. Siciliana, sentenza 29.03.2010 n. 101 - link a www.corteconti.it).

COMPETENZE GESTIONALI: L’orientamento della giurisprudenza si è da tempo consolidato nel far rientrare le misure repressive in materia di abusivismo edilizio nella sfera di competenza del dirigente.
L’art. 6 della l. n. 127 del 1997, modificando l’art. 51 della legge n. 142 del 1990, ha previsto alla lettera f) che spettano alla competenza dei dirigenti “i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie.”
Successivamente, la legge n. 191 del 1998 ha, a sua volta, modificato l’art. 6 della l. 127/1997, introducendo la lettera f-bis) secondo la quale spettano ai dirigenti “tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale", così espressamente attribuendo alla dirigenza la competenza in materia di applicazione di sanzioni.
A norma dell'art. 51, comma 3, l. 08.06.1990 n. 142 (oggi, art. 107, comma 2, del d. l.vo 18.08.2000 n. 267), infine, sono di competenza dei dirigenti "tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientrati tra le funzioni del segretario o del direttore generale".
A sua volta il Testo unico sull’edilizia, di cui al d.P.R. 380 del 2001, attribuisce le misure sanzionatorie in subjecta materia sempre “al dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale”, così facendo venir meno la competenza sindacale, già affermata dalla legge n. 47 del 1985.
In tale mutato quadro normativo, che risponde ad una tendenza irretrattabile di organizzazione dei poteri pubblici secondo l’apicale esigenza di distinzione fra livello politico e livello burocratico di gestione amministrativa, l’orientamento della giurisprudenza si è da tempo consolidato nel far rientrare le ripetute misure, del resto indicate direttamente dalla legge, nella sfera di competenza del dirigente (cfr., ex multis, Cons. Stato, sezione v, 18.11.2003, n. 7318, Tar Campania, Napoli, questa VI sezione, 25.09.2009, n. 5088 e 24.09.2009, n. 5071; sezione II, 13.02.2009, n. 802; sezione III, 06.11.2007, n. 10670; sezione IV, 13.01.2006, n. 651; sezione VIII, n. 9600 del 2008; Cass. civ., sezione II, 06.10.2006, n. 21631) (TAR Campania-Napoli, Sez. VI, sentenza 15.03.2010 n. 1464 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L’ingiunzione a demolire deve contenere una chiara e dettagliata descrizione delle opere, manufatti o lavori che si asseriscono effettuati in violazione di norme o prescrizioni urbanistiche.
Com’è noto, l’ingiunzione a demolire deve contenere una chiara e dettagliata descrizione delle opere, manufatti o lavori che si asseriscono effettuati in violazione di norme o prescrizioni urbanistiche (cfr. CDS Sez. VI n. 493 del 07/07/1986; TAR BA n. 864 del 03/11/1997; TAR AQ n. 157 del 27/05/1996; TAR PE n. 251 del 22/06/1992; TAR RM n. 1288 del 07/08/1991) (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 15.03.2010 n. 1451 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Per volumi tecnici, ai fini dell'esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile, debbono intendersi i volumi strettamente necessari a contenere ed a consentire l'accesso a quegli impianti tecnici indispensabili per assicurare il comfort abitativo degli edifici, che non possano, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti, essere inglobati entro il corpo della costruzione realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche.
Secondo autorevole giurisprudenza, per volumi tecnici, ai fini dell'esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile, debbono intendersi i volumi strettamente necessari a contenere ed a consentire l'accesso a quegli impianti tecnici indispensabili per assicurare il comfort abitativo degli edifici, che non possano, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti, essere inglobati entro il corpo della costruzione realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche (cfr. ex multis TAR Campania Napoli, sez. IV, 17.06.2002, n. 3597).
In materia, si è evidenziato (per tutte: TAR Campania Napoli, sez. IV, 17.06.2002, n. 3597; TAR Puglia Lecce, sez. III, 15.01.2005, n. 143 Tar Puglia- Bari sent. 2843/2004), con un orientamento del tutto condivisibile, che i sottotetti quando sono di altezza tale da poter essere suscettibili d'abitazione o d'assolvere a funzioni complementari, quale quella ad esempio di deposito di materiali, devono essere computati ad ogni effetto sia ai fini della cubatura autorizzabile sia ai fini del calcolo dell'altezza e delle distanze ragguagliate all'altezza, non potendo essere annoverati tra i volumi tecnici (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 15.03.2010 n. 1451 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'ingiunzione di demolizione deve essere notificata al responsabile dell'abuso, oltre che al suo proprietario, con la conseguenza che è illegittima l'ingiunzione di demolizione che non venga notificata al responsabile dell'abuso né al proprietario dell'opera abusiva ma solo al proprietario dell'area sulla quale è stata realizzata la stessa opera, soprattutto se questi non ha la materiale disponibilità e non può procedere alla demolizione o rimozione dell'opera abusiva.
L'ordinanza di demolizione, per giurisprudenza consolidata nella materia, può essere legittimamente notificata anche esclusivamente all'autore materiale dell'abuso, nel caso in cui non corrisponda con il proprietario dell'area interessata dai lavori edilizi abusivi.
Ed infatti la estraneità del proprietario (o del titolare del diritto reale) agli abusi edilizi commessi sulla cosa locata e affittata dal conduttore, locatario o affittuario non implica l'illegittimità dell'ordinanza di demolizione o di riduzione in pristino dello stato dei luoghi, emessa ai sensi dell'art. 7, l. n. 28 del 1985 nei confronti del responsabile dell'abuso, ma la sola insuscettività del provvedimento repressivo e sanzionatorio a costituire titolo per l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'area di sedime sulla quale insiste il bene (cfr. da ultimo TAR Campania Napoli, sez. II, 19.10.2006, n. 8673).
Ed anzi, ai sensi dell'art. 31, t.u. 06.06.2001 n. 380, l'ingiunzione di demolizione deve essere notificata al responsabile dell'abuso, oltre che al suo proprietario, con la conseguenza che è illegittima l'ingiunzione di demolizione che non venga notificata al responsabile dell'abuso né al proprietario dell'opera abusiva ma solo al proprietario dell'area sulla quale è stata realizzata la stessa opera, soprattutto se questi non ha la materiale disponibilità e non può procedere alla demolizione o rimozione dell'opera abusiva (TAR Molise, 24.06.2006, n. 585) (così TAR LAZIO, Sez. Latina, 1026/2008 R.G. 1080/1997) (TAR Campania-Napoli, Sez. VI, sentenza 05.03.2010 n. 1317 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 13.04.2010

ã

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

APPALTI: G.U. 12.04.2010 n. 84 "Attuazione della direttiva 2007/66/CE che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici" (D.Lgs. 20.03.2010 n. 53).

QUESITI & PARERI

AMBIENTE-ECOLOGIA: Gli pneumatici fuori uso possono essere trattati come materie prime secondarie? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Gli pneumatici usati sono rifiuti? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quando si generano le materie prime secondarie? (link a www.ambientelegale.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: E. Moro, La controversa natura giuridica della D.I.A. (link a www.altalex.com).

ENTI LOCALI - VARI: M. Villani e S. Attolini, TARSU non più applicabile dall'01.01.2010 (link a www.filodiritto.com).

APPALTI: I. Alizzi, Procedure ad evidenza pubblica: quando la stazione appaltante può decidere di non procedere all’aggiudicazione della gara? (nota a TAR Calabria–Catanzaro, sentenza 25.05.2009 n. 511) (link a www.filodiritto.com).

APPALTI: F. De Sanctis, Annullamento dell'aggiudicazione e contratto: una connessione finalmente rilevante (nota a Corte di Cassazione, Sezz. Unite Civili, ordinanza 10.02.2010 n. 2906) (link a www.filodiritto.com).

GIURISPRUDENZA

APPALTI: Quando la partecipazione alla procedura è preclusa dallo stesso bando sussiste l'interesse a gravare la relativa determinazione a prescindere dalla mancata presentazione della domanda.
Nella pronuncia in commento i giudici del Consiglio di Stato hanno considerato infondato un motivo di gravame con il quale si sosteneva l’inammissibilità dei ricorsi di primo grado per il fatto che le due società in causa non avessero presentato domanda di partecipazione alla gara.
Al riguardo i giudici di Palazzo Spada osservano che, secondo un condivisibile indirizzo giurisprudenziale, quando la partecipazione alla procedura è preclusa dallo stesso bando, come nel caso di specie, sussiste l'interesse a gravare la relativa determinazione a prescindere dalla mancata presentazione della domanda, posto che la presentazione della stessa si risolve in un adempimento formale inevitabilmente seguito da un atto di esclusione, con un risultato analogo a quello di un'originaria preclusione e perciò privo di una effettiva utilità pratica (Cons. Stato, Sez. V, 08.08.2005 n. 4207 e 4208; V, n. 7341, 11.11.2004; V, 11.02.2005 n. 389; IV, 30.05.2005 n. 2804).
In tal senso deve ricordarsi anche la decisione 12.02.2004 - C 230/02 della Corte di Giustizia C.E., ad avviso della quale, nell'ipotesi in cui un'impresa non abbia presentato un'offerta a causa della presenza di specifiche che asserisce discriminatorie nei documenti relativi al bando di gara o nel disciplinare, le quali le avrebbero impedito di essere in grado di fornire l'insieme delle prestazioni richieste, essa può presentare ricorso direttamente avverso tali specifiche e ciò prima ancora che si concluda il procedimento di aggiudicazione dell'appalto pubblico interessato: ciò in quanto è eccessivo esigere che un'impresa che asserisca di essere lesa da clausole discriminatorie contenute nei documenti relativi al bando di gara, prima di poter utilizzare le procedure di ricorso previste dalla direttiva 89/665 contro tali specifiche, debba presentare un'offerta nell'ambito del procedimento di aggiudicazione dell'appalto di cui trattasi, quando le probabilità che le venga aggiudicato tale appalto sarebbero nulle a causa dell'esistenza delle dette specifiche (in tal senso da ultimo, anche C.d.S., sez. V, 19.03.2009, n. 1624) (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez, V, sentenza 09.04.2010 n. 1999 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Il giudizio avverso il silenzio-rifiuto è funzionalmente collegato al dovere della pubblica amministrazione di concludere il procedimento amministrativo.
Il giudizio avverso il silenzio-rifiuto è funzionalmente collegato al dovere della pubblica amministrazione di concludere il procedimento amministrativo mediante adozione di un provvedimento esplicito in tutti i casi in cui ciò consegua obbligatoriamente ad una istanza del privato, oppure il procedimento debba essere avviato d’ufficio, secondo quanto dispone la legge n. 241 del 1990.
Ma la formazione del silenzio-rifiuto postula, pur sempre, l’esercizio del potere amministrativo, rispetto al quale la posizione del privato si configura come di interesse legittimo, sicché il relativo giudizio è diretto ad accertare se l’amministrazione abbia con il silenzio violato il predetto obbligo di provvedere (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater, sentenza 06.04.2010 n. 5711 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La comunicazione alla soprintendenza in caso di autorizzazione paesaggistica inviata contestualmente agli interessati vale come comunicazione di avvio del procedimento.
Con l’art. 159, primo comma, del D.Lgs. n. 42/2004, il legislatore ha espressamente disciplinato la questione partecipativa di cui trattasi, dopo le alterne vicende innescate dalle modifiche normative precedenti.
Detta norma, dopo aver previsto l’obbligo dell’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica di comunicare alla Soprintendenza le autorizzazioni rilasciate, espressamente dispone che “La comunicazione è inviata contestualmente agli interessati, per i quali costituisce avviso di inizio del procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 07.08.1990, n. 241”.
Ne consegue che, dalla data di entrata in vigore della predetta disposizione, l’onere dell’avviso di inizio del procedimento di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche è assolto con la comunicazione agli interessati, da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, dell’avvenuta trasmissione alla Soprintendenza dell’autorizzazione rilasciata (cfr. TAR Lazio, Sez. II-quater 28/03/07 n. 2723, id. 26/01/2010, n. 982 e n. 4331/2010) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater, sentenza 02.04.2010 n. 5623 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: E' legittimo l'ordine di sgombero di un canile non autorizzato dalla ASL.
La circostanza che in un canile sia garantita la sussistenza di idonee condizioni di benessere per gli animali ospitati, non consente di superare il mancato possesso della richiesta documentazione amministrativa. In tal caso, l'ordinanza sindacale di cessazione delle attività e di sgombero della struttura trova fondamento giuridico.
Nel rispetto del diritto degli animali, dall'esecuzione dell'ordinanza di sgombero non possono derivare conseguenze negative per gli animali pertanto i cani non potranno essere abbandonati essendo cura e precisa responsabilità dell'allevatore, la cui struttura è in contestazione, provvedere altrimenti al ricovero e alla custodia degli animali suddetti.
Nel caso specifico i fatti si erano così svolti: nel 2002 una società aveva richiesto al comune il rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione di un allevamento di razze canine, la richiesta era stata poi trasmessa alla ASL per il parere di competenza, la ASL non vi provvise per mancanza della documentazione necessaria. Successivamente in considerazione del notevole lasso di tempo trascorso persistendo l'incompletezza della documentazione, archiviò la pratica dandone atto con nota.
La Asl aveva evidenziato come l'attività mancasse dell'autorizzazione allo scarico del D.Lgs. 152/2006, come parimenti non ci fosse documentazione attestante la sussistenza del certificato di agibilità ed infine non fosse stato dato riscontro alla propria richiesta concernente la valutazione dell'impatto dell'opera sul piano dei rumori e degli odori (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 02.04.2010 n. 5620 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il proprietario o i proprietari di un fondo vanno ritenuti responsabili dei manufatti abusivi eseguiti sul fondo stesso. 
Il proprietario del suolo sul quale insiste la costruzione abusiva è legittimato passivo ai sensi dell’art. 936 c.c., insieme al responsabile dell’abuso, dell’ordinanza di demolizione. A nulla rileva, come nel caso di specie, che l’immobile sia locato, o che il proprietario abbia eventualmente diffidato l’autore dell’abuso a rimuovere l’opera abusiva, dal momento che non viene meno il diritto di proprietà per accessione, almeno fino a quando il manufatto non sia stato effettivamente rimosso (cfr. Cass., Sez. Un., 08.09.1983, n. 5518).
Il proprietario o i proprietari di un fondo vanno, quindi, ritenuti responsabili dei manufatti abusivi eseguiti sul fondo stesso (cfr. C.G.A.R.S., 06.05.1994, n. 130) e l’ordine di demolizione di opere abusive è notificato al proprietario dell’area, che si presume, fino a prova contraria, quanto meno corresponsabile dell’abuso, non avendo l’Amministrazione l’obbligo di compiere accertamenti giuridici circa l’esistenza di particolari rapporti interprivati, ma solo l’onere di individuare il proprietario catastale.
Quanto alla paventata acquisizione gratuita del terreno di proprietà dell’appellante, come correttamente osservato dal giudice di primo grado, la Corte Costituzionale, con sentenza 15.07.1991, n. 345, ha espressamente chiarito che “una misura sanzionatoria come quella dell’acquisizione, avente un’immanente funzione di prevenzione sociale e di coazione all’esecuzione spontanea della demolizione, non può operare, neppure con effetti parziali, nei confronti del proprietario estraneo all’abuso, che in quanto tale non è in grado di assolvere alla funzione che ne giustifica l’applicazione” (cfr. pure Cons. St., Sez. V, 13.02.1994, n. 1464).
L’acquisizione gratuita si riferisce, dunque, esclusivamente alle opere abusive compiute dal terzo responsabile dell’abuso, non potendo certo operare nella sfera di altri soggetti e, in particolare, nei confronti del proprietario dell’area; ciò, tanto vero che, come ricordato dal giudice di prime cure, l’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione è di norma seguita da un atto di accertamento costitutivo da notificarsi anche al proprietario dell’area, proprio per consentire a quest’ultimo di far valere l’eventuale illegittimità della relativa determinazione comunale in sede di impugnativa del provvedimento che disponga l’acquisizione, oltre che del manufatto abusivo, anche dell’area di sua proprietà.
L’ordine di demolizione è, dunque, legittimamente impartito anche al proprietario, ferma restando la non acquisibilità dell’area di sedime delle opere abusive, in danno del proprietario estraneo all’abuso (Consiglio di Stato, Sez, V, sentenza 31.03.2010 n. 1878 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La costruzione di un'autorimessa e di un deposito di legname non possono essere considerati quali opere pertinenziali dell'edificio principale.
Il Comune ha ingiunto agli odierni ricorrenti, ai sensi dell’art. 14 della L. n. 47 del 1985, di demolire due manufatti, adibiti rispettivamente ad autorimessa e a deposito di legname e realizzati abusivamente su area appartenente al demanio dello Stato.
I suddetti manufatti non possono essere qualificati –come erroneamente sostiene la difesa dei ricorrenti– alla stregua del suddetto muro di contenimento, quali opere pertinenziali dell’edificio principale (TAR Emilia Romagna –BO- sez. II, 13/09/2006 n. 2030), e tanto meno essi possono essere considerati quali manufatti precari; “a contrario” essendo tali opere preposte a soddisfare esigenze di carattere permanente e non già provvisorio (v. TAR Emilia Romagna –BO- sez. II, 21/01/2009 n. 67; TAR Campania –NA- sez. VII, 05/06/2009 n. 875; sez. VI, 06/11/2008 n. 19292) (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 26.03..2010 n. 2778 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Non è dovuta la comunicazione di avvio del procedimento sui provvedimenti sanzionatori in materia edilizia aventi carattere vincolato.
In materia di repressione degli abusi edilizi, la mancata comunicazione di avvio del procedimento ai sensi degli artt. 7 e ss. della L. n. 241 del 1990 non è dovuta, trattandosi di provvedimenti sanzionatori in materia edilizia aventi carattere vincolato e nei confronti dei quali –stante detta caratteristica- nessuna concreta utilità potrebbe dare in sede procedimentale l’apporto del destinatario della sanzione (v. TAR Emilia Romagna -BO- sez. II, 24/11/2008 n. 4577; 10/05/2002 n. 713) (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 26.03.2010 n. 2778 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Nell'atto amministrativo è sufficiente la motivazione per relationem.
L’obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo è pienamente assolto quando questa può essere ricavata dalla lettura degli atti attinenti alle varie fasi in cui si articola il procedimento (Consiglio di Stato, sentenza 18.02.2010 n. 944 - link a www.altalex.com).

VARI: Sulla nullità delle multe prive della sottoscrizione autentica.
E’ nullo il verbale elevato per sanzionare una infrazione al CdS se non è riportata sullo stesso la sottoscrizione autentica dell’agente accertatore (Giudice di Pace Lecce, sentenza 18.01.2010 n. 8190 - link a www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO AL 12.04.2010

ã

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

VARI: G.U. 06.04.2010 n. 79 "Modalità di erogazione delle risorse del Fondo previsto dall’articolo 4 del decreto-legge 25.03.2010, n. 40, per il sostegno della domanda finalizzata ad obiettivi di efficienza energetica, eco-compatibilità e di miglioramento della sicurezza sul lavoro" (D.M. 26.03.2010).

APPALTI: G.U. 06.04.2010 n. 79 "Problematiche relative alla disciplina applicabile all’esecuzione del contratto di concessione di lavori pubblici" (Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, servizi e forniture, determinazione 11.03.2010 n. 2).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: A. Lopez e R. D'Apolito, Il punto sui parcheggi privati. La circolazione dei posti auto realizzati su spazi pubblici (link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: D.Lgs. 81/2008. Titolo VIII, Capo I, II, III, IV e V sulla prevenzione e protezione dai rischi dovuti all'esposizione ad agenti fisici nei luoghi di lavoro. Indicazioni operative (Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Province autonome in collaborazione con ISPESL e ISS - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Gare d’appalto: Precisazioni sui requisiti morali (link a www.mediagraphic.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: M. Morgantini, IL SILENZIO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: L. Bellagamba, LA CAUSA DI ESCLUSIONE DELL’INIDONEITÀ PROFESSIONALE (link a www.linobellagamba.it).

APPALTI: E. De Falco, Contratti pubblici sotto soglia comunitaria (Quaderni di Legislazione Tecnica, n. 1/2010).

QUESITI & PARERI

EDILIZIA PRIVATALombardia, Esame impatto paesistico su progetto edilizio ex artt. 25 e 30 delle N.T.A. del P.T.P.R.: è legittimo rigettare l’istanza presentata di intervento edilizio, conforme al P.R.G., per motivazioni che non sono di ordine edilizio-urbanistico e che, invece, attengono unicamente all’esame dell’impatto paesistico?? (risposta e-mail dell’08.04.2010 della Regione Lombardia, U.O.O. Giuridico per l'edilizia, il paesaggio e le valutazioni ambientali - D.G. Territorio e Urbanistica).

ENTI LOCALI: Programma anno 2010. Assunzione posti a part-time al 50%.
Il Comune di (omissis) ha una popolazione di 2411 abitanti ed un numero di dipendenti a tempo pieno ed indeterminato pari a 10 unità.
Premesso che a far data dall'01.12.2009 è stata concessa la mobilità ad una dipendente di cat. B1 – Area Amministrativa;
Considerato che la spesa del personale è superiore a quella del 2004 , in quanto alla fine del 2004, quando ancora non si conosceva il contenuto dispositivo della Legge Finanziaria 2006, si è provveduto alla progressione verticale di una dipendente da Cat. C3 a Cat. D1 ed al passaggio di un dipendente di Cat. C da part-time 50% a tempo pieno;
Atteso che:
- il volume complessivo della spesa per il personale in servizio non è superiore al parametro obiettivo valido per l’accertamento della condizione di Ente strutturalmente deficitario ridotto del 15%;
- il rapporto medio tra dipendenti in servizio non supera quello determinato per gli Enti in condizione di dissesto (D.M. 09.12.2008) ridotto del 20%,
chiede se l’Ente può assumere e programmare per l’anno 2010 due posti di part-time al 50%, adeguatamente ed analiticamente motivando la deroga ed inoltre se può prevedere nella programmazione una progressione verticale con accesso dall’interno (Regione Piemonte, parere n. 145/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

UTILITA'

EDILIZIA PRIVATA: Decreto Legge 25.03.2010 n. 40 (Camera dei Deputati, dossier 07.04.2010).
N.B.: di interesse le schede di lettura relativamente all'art. 5 in merito all'attività edilizia libera.

EDILIZIA PRIVATA: La Raccolta delle Schede Tecniche delle Opere Provvisionali per la messa in sicurezza post-sisma.
Il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ha reso disponibile on line la raccolta delle "Schede Tecniche delle Opere Provvisionali" (STOP) per la messa in sicurezza post-sisma.
La raccolta, che costituisce un vero e proprio vademecum, è stata elaborata dal Nucleo di Coordinamento delle Opere Provvisionali, in occasione del terremoto dell'Abruzzo del 2009 ... (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: Dai Vigili del Fuoco la guida tecnica: "Requisiti di sicurezza antincendio delle facciate negli edifici civili".
Il Comitato Centrale Tecnico Scientifico per la Prevenzione incendi, nella seduta del 23.03.2010, ha approvato la Guida Tecnica "Requisiti di sicurezza antincendio delle facciate negli edifici civili".
La sicurezza antincendio delle facciate, specie per gli edifici di grande altezza per i quali si registrano le maggiori innovazioni tecnologiche nella realizzazione degli "involucri esterni", rappresenta un tema nuovo in Italia e, per tale motivo, da affrontare con attenzione e con il necessario supporto conoscitivo, tenuto conto delle complesse ma inevitabili problematiche che, sovente, tali elementi costruttivi pongono per quanto attiene la sicurezza delle persone e dei beni ... (link a www.acca.it).

SICUREZZA LAVORO: Il D.Lgs. 81/2008 e la vigilanza negli ambienti di lavoro - Apparecchi di sollevamento e mezzi di trasporto.
La regione Campania ha predisposto una guida dal titolo "Il D.Lgs. 81/08 e la vigilanza negli ambienti di lavoro - Apparecchi di sollevamento e mezzi di trasporto".
Un apparecchio di sollevamento è una macchina destinata al sollevamento ed alla manovra di carichi sospesi tramite ganci o altri dispositivi di trattenuta del carico.
Le operazioni di carico e di scarico da effettuare con i mezzi di sollevamento e di trasporto comportano obblighi per i dirigenti ed i preposti che non si esauriscono con le istruzioni date ai dipendenti in ordine ai rischi a cui sono esposti ... (link a www.acca.it).

NEWS

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: La solidarietà non ferma il Durc. Interpello del ministero del lavoro.
La responsabilità solidale non preclude al rilascio del Durc. Infatti, l'eventuale posizione debitoria nei confronti degli istituti a carico di un'impresa non impedisce il rilascio del Documento unico di regolarità contributiva a chi, con la stessa impresa, è solidamente responsabile.
Lo precisa tra l'altro il ministero del lavoro nell'interpello 02.04.2010 n. 3/2010.
L'interpello. Il ministero risponde a due quesiti avanzati dalla Claai (confederazione libere associazioni artigiane italiane): primo, se la responsabilità solidale tra committente e appaltatore, nonché tra appaltatore e subappaltatore riguardi (si estenda) anche alle somme aggiuntive quali interessi, sanzioni civili e/o oneri accessori ed eventuali sanzioni amministrative connesse ad un inadempimento contributivo o fiscale; secondo, se la posizione accertata a carico dei medesimi soggetti in qualità di responsabili solidali possa costituire causa ostativa al rilascio del Durc nei loro confronti.
I chiarimenti. Con riferimento al primo quesito, il ministero sostiene che le obbligazioni solidali siano da riferirsi ai soli trattamenti retributivi, contributivi e fiscali escludendo, in linea di massima, ogni forma di solidarietà per somme dovute ad altro titolo. Tuttavia, restano incluse le somme dovute a titolo di interesse sui debiti previdenziali (o fiscali) e le somme dovute a titolo di sanzioni civili. Sulle prime, infatti, secondo il ministero sembra doversi ritenere sussistente il regime di solidarietà, in quanto si tratta di somme dovute in stretto rapporto con gli stessi debiti previdenziali o fiscali, volte a mantenere inalterato il valore reale di quanto dovuto alle amministrazioni.
Per quanto attiene al secondo quesito (rilascio del Durc al debitore in solido), il ministero precisa che il dm 24.10.2007, nell'allegato A, elenca le disposizioni in tema di tutela delle condizioni di lavoro, la cui violazione è causa ostativa al rilascio del Durc escludendo le ipotesi in esame. Pertanto, atteso che il Durc certifica la regolarità contributiva riconducibile all'unicità del rapporto assicurativo e previdenziale instaurato tra l'impresa richiedente e gli enti, al quale vanno riferiti tutti gli adempimenti connessi, il ministero conclude ritenendo che la posizione debitoria nei confronti degli istituti a carico di un soggetto non impedisca il rilascio del Durc a chi, con lo stesso soggetto, è solidalmente responsabile (articolo ItaliaOggi del 10.04.2010, pag. 26).

EDILIZIA PRIVATA: Sportello unico telematico ai nastri di partenza. Pronti i regolamenti sul Suap e le Agenzie per le imprese.
Ai nastri di partenza lo Sportello unico per le attività produttive telematico a cui si potrà accedere attraverso camera di commercio e agenzie private. I regolamenti attuativi per il Suap e per le Agenzie per le imprese, dopo il recepimento della direttiva 2006/123/CE, saranno infatti approvati a breve dal consiglio dei ministri.

Diventa così realtà, grazie alla cura Bolkestein, l'eterna promessa figlia del dlgs 112/1998. Lo sportello unico attività produttive è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico, per l'appunto, dal dlgs 31.03.1998 n.112, che conferiva ai comuni le funzioni amministrative concernenti l'insediamento d'attività produttive e stabiliva che queste dovevano essere esercitate, singolarmente o in forma associata, attraverso un'unica struttura ed un unico procedimento, la disciplina del quale fu rinviata ad un successivo regolamento, adottato con il dpr 20.10.1998, n. 447, che si prepara ora a lasciare campo libero ai nuovi regolamenti di delegificazione, allorquando entreranno in vigore.
Ancor prima, il comune dovrà attestare l'idoneità del proprio Suap rispetto ai requisiti di cui all'articolo 38, comma 3, lett. a), e a-bis). E quindi lo sportello unico dovrà costituire «l'unico punto di accesso per il richiedente in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti la sua attività produttiva» e dovrà fornire «una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni comunque coinvolte nel procedimento». «Attraverso apposite misure telematiche» dovrà inoltre essere assicurato «il collegamento tra le attività relative alla costituzione dell'impresa e le attività relative all' attività produttiva».
È questo un passaggio da non sottovalutare, considerato che da ciò dipenderà la permanenza in capo al comune del Suap o la delega (coattiva) dell'esercizio delle relative funzioni, alla camera di commercio, competente per territorio. La difficoltà maggiore non risiede tanto nell'adeguamento alla seconda prescrizione, dal momento che potrà essere conseguito anche solo attraverso la posta elettronica certificata (Pec), quanto alla prima, tenuto conto del sovraccarico d'attività da gestire in modalità Suap. A parte i comuni che non lo hanno istituito, sono quelli più grandi che rischiano di essere travolti.
Molti fra questi sono stati sin qui costretti a far selezione, operando, come Suap, su una gamma circoscritta d'attività di produzione di beni e servizi, talora, magari, non come scelta definitiva, ma in ragione di una necessaria gradualità verso quella gestione più completa, che il nuovo regolamento richiede ora in termini pressoché immediati. Messo a disposizione dalle camere di commercio, assurgerà a nodo fondamentale il sistema telematico Suap, evoluzione dell'attuale sistema non telematico, in attuazione agli accordi e agli obiettivi dell'Agenda di Lisbona del giugno 2000, con la quale si sanciva l'impegno di realizzare il progetto c.d. «e-Europe».
Rientreranno necessariamente in questo circuito anche le agenzie per le imprese, soggetto privato accreditato che potrà svolgere funzioni di natura istruttoria e d'asseverazione. Si tratta di una sorta di Suap privato, in caso d'interventi per i quali sia richiesta la Dichiarazione di inizio attività (Dia) o soggetti a silenzio-assenso, nello spirito di un'effettiva sussidiarietà orizzontale. Non è poco, considerato che il provvedimento di recepimento della direttiva Bolkestein va ad ampliare l'ambito della Dia e a ridurre drasticamente quello dell'autorizzazione espressa. E le regioni, sul punto, dovranno fare la loro parte (articolo ItaliaOggi del 10.04.2010, pag. 24).

CONSIGLIERI COMUNALI: OSSERVATORIO VIMINALE/ Indennità legate agli abitanti. Anche la Corte conti ha ritenuto più corretto il criterio previsto dall'art. 156 Tuel. Contano i residenti del penultimo anno precedente.
In ordine all'indennità da corrispondere agli amministratori comunali, è possibile utilizzare come parametro di riferimento la popolazione residente al 31 dicembre del penultimo anno precedente, secondo quanto previsto dall'art. 156, comma 2, del dlgs n. 267/2000?
---------------
GETTONI DI PRESENZA.
Deve essere corrisposto il gettone di presenza ai componenti di Commissioni comunali di studio, non permanenti e non previste per legge, ma dallo statuto comunale, composte oltre che da consiglieri comunali anche da persone esterne al consiglio?
(articolo ItaliaOggi del 09.04.2010 - link a www.corteconti.it).).

PUBBLICO IMPIEGORiforma Brunetta, solo in pochi non riceveranno premi. Chi si colloca nella fascia di merito più bassa potrà partecipare al trattamento accessorio.
Anche i dirigenti e i dipendenti degli enti locali e delle regioni collocati nella fascia di merito più bassa possono partecipare al trattamento economico accessorio collegato alle performance a condizione che vi sia comunque una significativa differenza rispetto ai colleghi collocati nelle fasce più alte. Occorre creare delle specifiche fasce, differenziate da quelle dei dirigenti e dei dipendenti, per i titolari di posizione organizzativa sia negli enti sprovvisti di dirigenti che in quelli in cui tali figure sono presenti.
Il testo del decreto cd Brunetta sembra inoltre consentire agli enti locali di suddividere il personale in fasce articolate anche per la varie articolazioni organizzative.
Si deve ricordare che gli enti locali che hanno fino a cinque dirigenti e quelli che hanno fino a otto dipendenti non devono dare corso alla suddivisione in fasce. Infine sembra che anche negli enti locali si debba procedere alla contrattazione decentrata prima della decisione regolamentare ... (articolo ItaliaOggi del 09.04.2010 - link a www.corteconti.it).

CONSIGLIERI COMUNALI: Paletti ai gettoni dei consiglieri. Esclusa la conferenza dei capigruppo.
Ai consiglieri degli enti locali non è dovuto il gettone di presenza per la partecipazione alla conferenza dei capigruppo, anche se il regolamento del consiglio comunale equipara la conferenza alle commissioni consiliari.

Il principio è affermato dal dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'Interno nel parere 31.03.2010.
Come è noto, lo status degli amministratori locali è disciplinato dal capo IV del Tuel e, in particolare, l'articolo 82 comma 2 dispone la corresponsione del gettone di presenza ai consiglieri, comunali e provinciali, per la partecipazione alle sedute di consiglio e commissioni. Non vi è nessuna norma che escluda la conferenza dei capigruppo dalle commissioni indicate genericamente nell'articolo 82, così come affermato anche dall'Anci-Toscana in un proprio parere del 07.09.2009.
La fattispecie rende necessario un esame combinato con quanto previsto dall'articolo 83 comma 2 dello stesso Tuel il quale dispone che gli amministratori non devono percepire alcun compenso per gli incarichi e le partecipazioni strettamente connesse al mandato politico ricevuto.
La norma si riferisce ad organi e commissioni diverse da quelle indicate nell'articolo 82, come nel caso in esame, in cui la partecipazione alla conferenza dei capigruppo deriva dall'esercizio delle funzioni pubbliche.
Pertanto, dalla lettura combinata delle due norme, si desume la volontà del legislatore di introdurre un principio di omnicomprensività dei compensi percepiti dagli amministratori degli enti locali, compensi dovuti per la partecipazione a consigli e commissioni, cui la conferenza dei capigruppo non può essere assimilata in quanto, laddove il legislatore ha voluto estendere determinati diritti ai capigruppo, lo ha fatto espressamente, così come nel caso dei permessi retribuiti (ex articolo 79), mentre tale estensione non è prevista nell'articolo 82.
Per il dipartimento del ministero dell'interno non vi può essere equiparazione in quanto la conferenza dei capigruppo ha competenza in materia di programmazione dei lavori del consiglio e di coordinamento delle attività delle commissioni e non può essere paragonata a queste, che invece svolgono funzioni consultive, istruttorie, di studio e di proposta finalizzate alla preparazione dell'attività del consiglio (articolo ItaliaOggi del 09.04.2010, pag. 34).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

INCARICHI PROGETTUALINei bandi di gara per l’affidamento di incarichi di progettazione è necessario indicare la classe e la categoria o le classi e le categorie dell'intervento, in quanto ciò è funzionale anche per la dimostrazione dei requisiti minimi di partecipazione o della indicazione dei requisiti da impiegare, nel caso che la procedura di gara sia la licitazione privata, per la selezione dei concorrenti cui inviare la lettera di invito a presentare offerta.
I lavori cui si riferiscono detti requisiti devono, infatti, appartenere alla classe e alla categoria (o alle classi e alle categorie) dell'intervento cui si riferisce il bando.
In questi casi vanno considerati gli interventi appartenenti non solo alla classe e alla categoria (o alle classi e alle categorie) dell'intervento cui si riferisce il bando, ma anche alla classe ed alle categorie la cui collocazione nell'ordine alfabetico sia pari o più elevata a quella stabilita nel bando, in quanto questi interventi sono della stessa natura ma tecnicamente più complessi (cfr. determinazione 30/2002)
(parere 03.12.2009 n. 150 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI SERVIZI- Nelle procedure di acquisizione di servizi in economia trova applicazione l’art. 125 del d.lgs. 12.04.2006, n. 163, il cui comma 14 stabilisce, tra l’altro, che “I procedimenti di acquisizione di prestazioni in economia sono disciplinati, nel rispetto del presente articolo, nonché dei principi in tema di procedure di affidamento e di esecuzione del contratto desumibili dal presente codice e dal regolamento”.
Quindi, non necessariamente la stazione appaltante, al fine di chiarire i dubbi circa il costo della sicurezza, è tenuta ad applicare in modo pedissequo la disciplina prevista dal Codice dei contratti pubblici in tema di verifica dell’anomalia delle offerte, a meno che ciò non sia espressamente previsto dai documenti di gara.
- Ai sensi dell’art. 86, comma 3-bis, del d.lgs. 12.04.2006, n. 163, nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, le S.A. sono tenute a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture.
Il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali.
In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione
(parere 03.12.2009 n. 149 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTIÈ necessario che il concorrente renda le dichiarazioni richieste dalla lex specialis di gara, a pena di esclusione, pur se negative.
Verrebbe altrimenti meno la logica sottesa alla richiesta di dichiarare la sussistenza o meno di determinate situazioni rilevanti ai fini della partecipazione alla gare, imponendo all’amministrazione l’onere di verificare se il concorrente si trovi o meno in una delle situazioni ostative alla partecipazione
(parere 03.12.2009 n. 148 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

LAVORI PUBBLICIIn una gara per l’aggiudicazione di un appalto di lavori pubblici secondo il metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa, è legittima l'esclusione dell'offerente che inserisce nella busta destinata, in base alla lettera di invito, a contenere l'offerta tecnica, elementi relativi all’offerta economica.
La commistione così introdotta tra i due profili rilevanti per la gara è di per sé idonea ad introdurre elementi perturbatori della corretta valutazione da parte della Commissione di gara
(parere 03.12.2009 n. 147 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

LAVORI PUBBLICIL'uso della categoria OG11 nei bandi di gara è giustificato se il livello di complessità delle lavorazioni speciali rimane su valori medi (secondo le norme tecniche di settore).
In questo caso, la qualificazione in OG11 può assorbire le qualificazioni delle categorie speciali, in quanto vale la presunzione che un soggetto qualificato in OG11 sia in grado di svolgere mediamente tutte le lavorazioni speciali contenute in questa categoria generale.
Solo qualora il progetto presenti, invece, lavorazioni molto complesse o contenuti tecnologici particolari è ragionevole e proporzionato che il bando richieda, a pena di esclusione, la specifica qualificazione prevista per queste lavorazioni
(parere 03.12.2009 n. 146 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: - Secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, l’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria, in quanto atto infraprocedimentale della procedura di gara, non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, inserendosi nell’unica serie procedimentale della gara, non ancora conclusasi, non essendo ancora intervenuta l’aggiudicazione definitiva.
- L’attualità e la specificità dell’interesse pubblico ad annullare un provvedimento in autotutela devono essere calibrate in funzione della fase procedimentale in cui esso interviene e, in definitiva, dell’affidamento ingenerato nel privato avvantaggiato dal provvedimento ritirato.
Diverso è l’onere motivazionale richiesto per procedere all’annullamento degli atti di gara a seconda che sia intervenuta l’aggiudicazione definitiva e la stipula del contratto, ovvero il procedimento di conclusione della gara non sia giunto completamente a termine.
Inoltre, la recente giurisprudenza ha altresì precisato che, stante la natura instabile ed interinale del provvedimento di aggiudicazione provvisoria a fronte del quale non possono configurarsi situazioni di vantaggio stabili in capo al beneficiario, l’Amministrazione ha altresì il potere di provvedere all’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria in via implicita senza obbligo di motivazione.
- Le prescrizioni con le quali la Stazione Appaltante impone l’obbligo che la busta contenente l’offerta sia, oltre che chiusa e sigillata, anche controfirmata in tutti i suoi lembi di chiusura, assolve la funzione specifica di garantire l’identità ed immodificabilità della documentazione in essa contenuta, la segretezza, l’identità e l’immodificabilità dell’offerta, nonché la provenienza della documentazione e dell’offerta.
Allo stesso tempo, è unanimemente riconosciuto che laddove le garanzie essenziali di segretezza del plico sottese alle prescrizioni formali di presentazione delle offerte siano comunque assicurate, possa essere data un’interpretazione teleologica ad esse, favorendo in tal modo la partecipazione alle procedure senza integrare alcuna violazione della par condicio dei concorrenti.
Il fatto che un plico sia sigillato con del nastro adesivo sotto il quale sia stato apposto il timbro della società concorrente non impedisce il perseguimento della finalità di garanzia cui è volta la sigillatura e la controfirma, non potendo il timbro essere contraffatto o apposto successivamente senza previa rimozione del nastro adesivo, con conseguente visibilità dell’avvenuta effrazione
(parere 03.12.2009 n. 145 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI SERVIZIIn una procedura per l’affidamento di un appalto di servizi con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, non è conforme alla normativa di settore l’operato della s.a. che escluda il concorrente che abbia offerto di svolgere una componente del servizio in forma sostanzialmente gratuita, dovendosi eventualmente procedere alla verifica dell’anomalia dell’offerta (parere 03.12.2009 n. 144 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

INCARICHI PROGETTUALILa definizione di particolari condizioni di esecuzione correlabili a requisiti di professionalità e di imprenditorialità dei concorrenti rientra nell’area della discrezionalità della stazione appaltante, il cui esercizio deve conformarsi a principi di proporzionalità e ragionevolezza.
In una gara per l’affidamento del contratto di progettazione esecutiva e realizzazione di una seggiovia, è stato ritenuto congruo il termine di cinque giorni dall’aggiudicazione provvisoria per la consegna dei progetti, stante l’utilizzo nell’opera di componenti altamente standardizzati, per i quali l’attività di progettazione è minima.
Le capacità imprenditoriali di ciascun concorrente nel saper affrontare, anche in relazione ai tempi di consegna, l’incarico ottenuto svolgono, in tali casi, un ruolo determinante per l’esito di gara
(parere 03.12.2009 n. 143 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI SERVIZIIn una procedura per l’affidamento di un contratto di pulizia e igiene ambientale di immobili, è conforme alla normativa di settore l’operato della S.A. che consenta agli operatori economici la possibilità di offerte migliorative, predefinendo nel bando di gara tre opzioni di aumento della frequenza delle prestazioni previste nel capitolato.
Tale possibilità non costituisce variante, ma la S.A. utilizza l’elemento dell’offerta migliorativa come criterio per valutare il livello tecnico-qualitativo delle imprese partecipanti, configurandolo quindi come “metodologia tecnico-operativa”, in conformità a quanto previsto dall’art. 2 del d.P.C.M. n. 117/1999 e “premiando” con un maggior punteggio i concorrenti che –fermi restando i termini minimi del Capitolato– aggiungano prefissate prestazioni in termini di frequenze periodiche predefinite
(parere 03.12.2009 n. 142 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTINon è conforme alla normativa di settore la previsione del bando di gara che imponga ai partecipanti di allegare all’offerta la ricevuta in originale del versamento del contributo di gara all’Autorità, ovvero fotocopia dello stesso corredata da dichiarazione di autenticità e copia di un documento di identità in corso di validità.
Come chiaramente indicato dalle “Istruzioni relative alle contribuzioni dovute, ai sensi dell’art. 1, comma 67, della legge 23.12.2005, n. 266, dai soggetti pubblici e privati”, reperibili sul sito istituzionale, “A riprova dell'avvenuto pagamento, l’operatore economico deve allegare all'offerta copia stampata dell'e-mail di conferma, trasmessa dal Servizio riscossione contributi e reperibile in qualunque momento mediante la funzionalità di Archivio dei pagamenti”
(parere 03.12.2009 n. 141 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

LAVORI PUBBLICI- Con riferimento alle procedure di finanza di progetto i cui avvisi indicativi siano stati pubblicati anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 113/2007, contenenti espressamente la previsione del diritto di prelazione in favore del promotore, continua ad applicarsi il previgente assetto normativo contemplante tale diritto.
- In materia di finanza di progetto, è conforme alla disciplina di settore la clausola del bando che limita il rimborso delle spese sostenute dai concorrenti che non siano risultati aggiudicatari all'esito della procedura negoziata con il promotore, alla sola ipotesi in cui la gara per l’individuazione dei soggetti presentatori delle due migliori offerte da confrontare con quella del promotore sia stata esperita secondo le regole di cui all’articolo 53, comma 2, lettera c), ovvero mediante appalto avente ad oggetto, oltre l’esecuzione dell’opera, anche la presentazione del progetto definitivo in sede di offerta
(parere 03.12.2009 n. 140 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

GIURISPRUDENZA

URBANISTICAL’art. 28, comma 2, della legge 17.08.1942 n. 1150 estende ai piani di lottizzazione la necessità di una valutazione sotto il profilo paesistico indipendentemente dalla presenza di un vincolo paesistico-ambientale.
Qualora un tale vincolo sussista, tanto per l’intervento di una dichiarazione di notevole interesse pubblico riferita a un bene determinato (art. 136 e 157 del Dlgs. 42/2004) quanto per effetto della tutela ex lege dei contesti ambientali (art. 142 del Dlgs. 42/2004), è necessaria una vera e propria autorizzazione paesistica, sottoposta, nel regime transitorio, al potere di annullamento ministeriale ex art. 159 del Dlgs. 42/2004.

La presenza del vincolo paesistico, anche se intervenuto mentre il piano di lottizzazione era in itinere, impone il ripensamento della progettazione per minimizzare l’impatto dei nuovi edifici sullo scenario ambientale tutelato. Questo può implicare una ridotta utilizzazione degli indici edilizi ammessi dalla disciplina urbanistica e l’adozione di differenti modalità costruttive.
Le critiche mosse dal Comune agli sbancamenti e agli elevati muri di contenimento sono coerenti con la natura del vincolo, e pur non potendo essere interpretate come un divieto assoluto di edificazione (una simile soluzione sarebbe eccessiva rispetto alla tutela paesistica riconosciuta in zona) indirizzano correttamente l’attività di progettazione. Lo stesso vale per le critiche relative all’altezza dei capannoni e alla distanza tra gli stessi, nonché per le critiche che censurano la mancanza dei corridoi prospettici richiesti dalle prescrizioni regionali.
L’esame delle questioni propriamente paesistiche trova la sua sede naturale nella procedura di rilascio dell’autorizzazione paesistica. Occorre precisare al riguardo che l’art. 28, comma 2, della legge 17.08.1942 n. 1150 estende ai piani di lottizzazione la necessità di una valutazione sotto il profilo paesistico indipendentemente dalla presenza di un vincolo paesistico-ambientale.
Qualora un tale vincolo sussista, tanto per l’intervento di una dichiarazione di notevole interesse pubblico riferita a un bene determinato (art. 136 e 157 del Dlgs. 42/2004) quanto per effetto della tutela ex lege dei contesti ambientali (art. 142 del Dlgs. 42/2004), è necessaria una vera e propria autorizzazione paesistica, sottoposta all’epoca dei fatti, ossia nel regime transitorio, al potere di annullamento ministeriale ex art. 159 del Dlgs. 42/2004.
Questo tuttavia non significa che il Comune non potesse anticipare una parte delle valutazioni paesistiche al momento dell’esame del progetto sul piano edilizio (acquisendo anche un apporto collaborativo della Soprintendenza).
Vi sono due giustificazioni per questo modo di procedere:
(a) in generale, un’esigenza di economia procedurale, che suggerisce di non approvare ai fini edilizi progetti che non hanno alcuna possibilità di superare la prova di conformità paesistica;
(b) nello specifico, la presenza di prescrizioni puntuali connesse direttamente al vincolo paesistico, idonee a fungere da guida anche per l’esame degli aspetti edilizi.
Non vi è stata quindi, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, alcuna violazione dell’art. 146 del Dlgs. 42/2004.
Il Comune si è mantenuto nell’ambito della valutazione edilizia, a cui dovrà aggiungersi prima dell’approvazione del piano di lottizzazione una formale autorizzazione paesistica d’insieme, seguita da altre autorizzazioni paesistiche in relazione ai singoli permessi di costruire (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 08.04.2010 n. 1511 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Art. 159 d.lgs. n. 42/2004 - Vincolo paesaggistico - Procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica - Soprintendenza - Comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Esclusione - Autorità comunale - Comunicazione del rilascio dell’autorizzazione.
L’art. 159 del Codice dei beni culturali prevede che la Soprintendenza non sia onerata della comunicazione d’avvio, purché peraltro l’autorità comunale abbia inviato comunicazione all’interessato del rilascio dell’autorizzazione, che per espressa disposizione di legge fa funzioni di comunicazione d’avvio (in questo senso cfr. Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 771 del 13.02.2009, secondo cui “si deve ritenere che, nel sistema successivo all'entrata in vigore del d.lgs. 42/2004, la comunicazione di avvio del procedimento finalizzato all'annullamento del nulla osta paesaggistico da parte del competente organo statale non richieda più la previa comunicazione ex art. 7 l. 241/1990; e ciò in quanto il detto d.lgs. dispone espressamente, all'art. 159, che la comunicazione relativa all'avvenuto rilascio del nulla osta da parte dell'ente a ciò competente costituisce avviso di inizio di procedimento”) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 08.04.2010 n. 1507 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sull'illegittimità dell'annullamento dell'aggiudicazione di una gara di appalto disposto sulla base di una informativa antimafia atipica.
Sull'illegittimità del provvedimento di esclusione di un concorrente per presunto collegamento tra l'impresa aggiudicataria ed altro partecipante alla medesima gara, che non sia stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento.

E' illegittimo l'annullamento di un provvedimento di aggiudicazione disposto sulla base di un'informativa antimafia emessa ai sensi dell'art. 1-septies del d.l. n. 629/1982, c.d. atipica, in quanto affinché l'informativa atipica possa costituire valido presupposto per l'adozione di un provvedimento di esclusione, essa deve basarsi su elementi circostanziati e completi, tali da consentire alla stazione appaltante di esprimere un giudizio valutativo in merito alla concreta esistenza di elementi ostativi. Nel caso di specie, detto requisito di completezza non appare soddisfatto, ciò che induce alla declaratoria di illegittimità dell'informativa stessa e, quindi, delle determinazioni di annullamento dell'aggiudicazione.
E' illegittimo l'operato di una stazione appaltante che abbia escluso da una gara un concorrente, aggiudicatario provvisorio, per via di un presunto collegamento tra questi ed altra impresa partecipante alla medesima gara, senza che il provvedimento espulsivo sia stato preceduto da una comunicazione di avvio del procedimento, in quanto l'acquisizione di elementi nuovi impone alla stazione appaltante di riaprire il confronto con l'impresa interessata mettendola in condizioni di conoscere le ragioni di tale "revirement".
La semplice constatazione dell'esistenza di un rapporto di controllo tra le imprese concorrenti non è sufficiente affinché la stazione appaltante possa disporne l'esclusione automatica dalla procedura di aggiudicazione, senza verificare se un tale rapporto abbia avuto un impatto concreto sul loro rispettivo comportamento nell'ambito della procedura; da qui l'esigenza, nel caso di specie, che, ai fini della riapertura dell'indagine relativa al collegamento e controllo tra imprese, fosse offerta alla concorrente, a mezzo di comunicazione ai sensi dell'art. 7 della legge n. 241/1990, la possibilità di controdedurre a quanto dalla stazione appaltante posto in evidenza sulla base dei nuovi elementi acquisiti (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 07.04.2010 n. 1967 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: I consorzi stabili per partecipare a gare d'appalto per l'aggiudicazione di contratti della pubblica Amministrazione sono tenuti a dimostrare, nei termini stabiliti dal bando, l'affidabilità morale degli organi di vertice delle imprese consorziate.
L'art. 35 del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, stabilisce che anche i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l'ammissione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici dei consorzi di cui al c. 1, lett. b) e c), dell'art. 34 devono essere posseduti e comprovati dagli stessi, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera, nonché all'organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate.
La "ratio" delle citate disposizioni è ben evidente in quanto consentendo ad imprese diverse di confondere i rispettivi requisiti di affidabilità morale nell'ambito del consorzio questo costituirebbe uno strumento a disposizione degli imprenditori meno affidabili, tra i quali si possono trovare imprese collegate alla criminalità organizzata, le quali potrebbero indirettamente partecipare a gare d'appalto, condizionandole.
Pertanto, i consorzi stabili per partecipare a gare d'appalto per l'aggiudicazione di contratti della pubblica Amministrazione sono tenuti a dimostrare, nei termini stabiliti dal bando, l'affidabilità morale degli organi di vertice delle imprese consorziate (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 07.04.2010 n. 1964 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

URBANISTICA: Vincoli soggetti a decadenza - Vincoli espropriativi - Destinazioni di zona contenute negli strumenti urbanistici - Novero di vincoli soggetti a decadenza - Inconfigurabilità.
Costituiscono vincoli soggetti a decadenza quelli espropriativi o che incidano sul bene in modo tale da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero ne diminuiscano significativamente il suo valore di scambio; non sono tali, invece, le destinazioni di zona contenute negli strumenti urbanistici che interessino categorie indeterminate di beni e ne prescrivano modalità conformative di utilizzo nel quadro dell’ordinato assetto del territorio e della salvaguardia dei valori urbanistici ed ambientali esistenti (cfr., tra le più recenti, Cons. St., sez. IV, 12.05.2008 n. 2159) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.04.2010 n. 1944 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: DURC - Natura giuridica - Stazione appaltante - Margine di valutazione o apprezzamento dei dati e delle circostanze contenute nel DURC - Esclusione.
Il DURC assume la valenza di una dichiarazione di scienza, da collocarsi fra gli atti di certificazione o di attestazione redatti da un pubblico ufficiale ed aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso della pubblica amministrazione, assistito da pubblica fede ai sensi dell’articolo 2700 c.c., facente pertanto prova fino a querela di falso.
Attesa la natura giuridica del DURC, non residua in capo alla stazione appaltante alcun margine di valutazione o di apprezzamento in ordine ai dati ed alle circostanze in esso contenute (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1458/2009) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 06.04.2010 n. 1934 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Tutela sanitaria della popolazione - Competenze comunali - Estraneità.
Non rientra nelle competenze dei Comuni la tutela sanitaria della popolazione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici (Cons. Stato VI, 03.06.2002 n. 3095, 10.02.2003 n. 673, 26.08.2003 n. 4841), assicurata dalla normativa statale mediante norme già improntate al principio di precauzione.
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Emissioni - Tutela sanitaria della popolazione - Competenza statale - Divieti di installazione connessi alla destinazione urbanistica delle aree - Illegittimità - Prescrizioni di distanze minime tra impianti e abitazioni - Illegittimità.
La tutela sanitaria della popolazione dalle emissioni elettromagnetiche esula dalle competenze dei comuni (cfr. Cons. Stato VI, 20.12.2002 n. 7274), essendo affidata dalla legge quadro (n. 36/2001) al legislatore statale, il quale ha prescelto un criterio basato esclusivamente sui limiti di immissione delle irradiazioni nei luoghi particolarmente protetti.
Si discostano da tale criterio sia i divieti di localizzazione e di installazione connessi alla mera destinazione urbanistica delle aree, sia le prescrizioni di distanze minime fisse, tra impianti e abitazioni, diverse dalle distanze ordinarie previste per gli edifici (cfr. Cons. Stato VI, ord.za 15.01.2002 n. 277; TAR Veneto 2^, 02.02.2002 n. 347; TAR Lazio 2^ 06.10.2001 n. 8170).
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Regolamenti locali - Strumenti urbanistici - Previsione di distanze minime da insediamenti residenziali - Obiettivi di protezione sanitaria - Illegittimità.
Non possono considerarsi legittime le norme di regolamenti locali o di strumenti urbanistici che, con obiettivi di protezione sanitaria estesi ben oltre le specifiche ipotesi previste dalla normativa regionale di settore, prescrive in via generalizzata, per gli impianti di telefonia cellulare e similari, distanze minime da insediamenti residenziali, da edifici e attrezzature di uso collettivo, ovvero dal confine delle zone territoriali omogenee che prevedono tali destinazioni (cfr. Corte cost. 331/2003; Cons. Stato IV, 14.02.2005 n. 450; TAR Lazio 2^, 06.10.2001 n. 8170).
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione - Assimilazione alle opere di urbanizzazione primaria - Compatibilità con la destinazione agricola - Art. 86, c. 3, d.lgs. n. 259/2003.
L’art. 86, comma 3, d.lgs. 01.08.2003 n. 259 (codice delle comunicazioni elettroniche) assimila le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria, il che le rende compatibili anche con la destinazione agricola (cfr. Cons. Stato VI, 10.02.2003 n. 673).
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Potestà regolamentare dei comuni - Limiti - Art. 8, c. 6, L. n. 36/2001.
La potestà regolamentare dei Comuni in materia di emissioni elettromagnetiche (art. 8, c. 6, L. n. 36/2001) può tradursi nell’introduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di zone e beni di particolare pregio paesaggistico-ambientale o storico-artistico, ovvero, per quanto riguarda la minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici, nell’individuazione di siti che per destinazione d’uso e qualità degli utenti possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche (Cons. Stato VI 03.03.2007 n. 1017); ma non consente ai comuni di introdurre limitazioni e divieti generalizzati riferiti alle zone territoriali omogenee, né consente l’introduzione di distanze fisse, da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino, quando tale potere sia rivolto a disciplinare la compatibilità dei detti impianti con la tutela della salute umana al fine di prevenire i rischi derivanti dall’esposizione della popolazione a campi elettromagnetici, anziché a controllare soltanto il rispetto dei limiti delle radiofrequenze fissati dalla normativa statale e a disciplinare profili tipicamente urbanistici (cfr. Cons. Stato V, 14.02.2005 n. 450) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.04.2010 n. 999 - link a www.ambientediritto.it).

ENTI LOCALI: Dai Tar paletti ai sindaci sceriffi I Tribunali amministrativi (da ultimo quello lombardo) limitano le prerogative del decreto Maroni. Solo situazioni di pericolo giustificano il potere di ordinanza.
Sindaci sceriffi solo se ricorrano imprevedibili necessità, non rimediabili mediante gli ordinari strumenti assicurati dall'ordinamento. I primi cittadini, nonostante il rafforzamento dei poteri di ordinanza, non possono utilizzare tale atto, che rimane extra ordinem, se non si determina una situazione di attuale pericolo, concretamente in grado di incidere sulla sicurezza pubblica.
La giurisprudenza amministrativa traccia rigorosi confini all'esercizio dei nuovi poteri di ordinanza dei sindaci, introdotti dal dl 92/2008, convertito in legge 125/2008.
Il TAR Lombardia-Milano, Sez. III, con sentenza 06.04.2010 n. 981 considera illegittima un'ordinanza di sgombero di una comunità di sinti, adottata ai sensi dell'articolo 50, comma 5, e 54 del dlgs 267/2000, come modificato dal decreto Maroni, per assenza dei presupposti previsti dalla legge e dal dm attuativo 05 .08.2008.
In particolare, la sentenza ha basato la valutazione di illegittimità del provvedimento sulla constatazione dell'assenza di un accertamento documentato che comprovasse la sussistenza di una situazione di emergenza. L'ordinanza, in effetti, abbinando i poteri sindacali in tema di sanità pubblica e di sicurezza pubblica ha imposto lo sgombero, sulla base della semplice presupposizione che l'insediamento di per sé determinasse carenze igienico-sanitarie e fenomeni di criminalità. Senza, tuttavia, dimostrare fatti concretamente e specificamente connessi alla situazione.
Secondo il Tar Lombardia, poiché il comune ha rilevato esclusivamente la sussistenza di una situazione di precarietà igienica dei luoghi, il sindaco non avrebbe potuto porvi rimedio con i poteri straordinari di ordinanza, ma fronteggiarla con i mezzi ordinari. Dunque, attivando gli strumenti previsti dal regolamento di igiene comunale e non a alle ordinanze sulla sicurezza.
C'è, per altro, da aggiungere che il richiamo congiunto, nell'ordinanza, alla situazione sanitaria e alla sicurezza è stato certamente strumentale proprio all'inapplicazione dei rimedi previsti dal regolamento di igiene, ammantando la questione di inesistenti caratteri di sicurezza urbana.
La sentenza in commento aggiunge che i sindaci possono legittimamente adottare le ordinanze anche non contingibili e urgenti consentite oggi dall'articolo 54 del dlgs 267/2000 non quando la situazione assuma rilevanza solo in se stessa, come appunto la presenza di un insediamento. Occorre, invece, dimostrare l'insorgenza di fenomeni di criminalità suscettibili di pregiudicare la sicurezza pubblica. Solo in questo caso, emergono interessi che vanno oltre le normali competenze di polizia amministrativa locale, tali da legittimare il sindaco, in qualità di ufficiale di governo, ad assumere il ruolo di garante della sicurezza pubblica, adottando i poteri di ordinanza previsti dalla legge. Poteri, dunque, sempre e comunque connessi alla straordinarietà ed imprevedibilità degli eventi. Se così non fosse, al sindaco sarebbe stato attribuito un potere di innovazione e regolazione ordinario dell'ordinamento, in tutto analogo a quello regolamentare.
Non a caso, la sentenza del Tar Lombardia si sofferma sull'incertezza del fondamento costituzionale alla base del nuovo tipo di ordinanze sindacali non contingibili ed urgenti, ritenendo necessario interpretare la disciplina dell'articolo 54 secondo una lettura aderente al dettato costituzionale. Che impedisce di considerare sussistente un potere atipico di ordinanza, ma sganciato dalla necessità di far fronte a specifiche situazioni contingibili di pericolo. Infatti, se valesse la tesi opposta la legge avrebbe attribuito in via ordinaria ai sindaci la possibilità «di incidere su diritti individuali in modo assolutamente indeterminato ed in base a presupposti molto lati suscettibili di larghissimi margini di apprezzamento».
E sono fondamentalmente questi rilievi di difficoltosa verifica di compatibilità tra il potere di ordinanza attribuito ai sindaci dal decreto-Maroni e la Costituzione che hanno indotto il TAR Veneto, Sez. III, a sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 54, comma 4, del dlgs 267/2000, con ordinanza 22.03.2010 n. 40, segno di un «accerchiamento» della giurisprudenza nei confronti dei poteri sindacali di incidenza nel tema della sicurezza (articolo ItaliaOggi del 09.04.2010, pag. 33).

PUBBLICO IMPIEGO: Millantando credito presso un pubblico ufficiale - Nozione - Delitto del privato contro la P.A. - Reato di cui all’art. 346 c.p. c.2° - Configurabilità nella forma tentata - Elementi.
L'art. 346 cod. pen., com'è noto, sanziona la condotta di chi, millantando credito presso un pubblico ufficiale riceve o fa dare o fa promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione (comma 1) ovvero come prezzo per comprare il favore del pubblico ufficiale o per remunerarlo (comma 2).
Trattasi di un delitto del privato contro la pubblica amministrazione il cui retto e imparziale funzionamento costituisce l'oggetto della tutela. Per integrare la fattispecie tipica, ed in particolare l'ipotesi -ravvisata nei casi di specie nella forma tentata- prevista dal secondo comma dell'art. 346 (che costituisce ipotesi autonoma di reato e non aggravante: v. Cass., sez. VI, 20/02/2006 n. 22248, Ippaso e altri) è irrilevante che l'iniziativa parta dalla persona cui è richiesto di corrispondere il danaro o l'utilità (Cass., sez. VI, 22/02/2005 n. 11441, Sammartano) e neppure è richiesto che l'agente indichi nominativamente i funzionari o impiegati che devono essere comprati o remunerati (Cass., sez. VI, 27/01/2000 n. 2645, Agresti e altro; Cass. 17/06/1999 n. 9425, Fatone) (Corte di Cassazione, Sezz. Unite Penali, sentenza 02.04.2010 n. 12822 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di un concorrente per non conformità al regolamento allegato al bando di gara delle giustificazioni preventive a corredo dell'offerta.
E' legittimo un provvedimento di esclusione adottato nei confronti di un'impresa concorrente per non conformità delle giustificazioni preventive, a corredo dell'offerta, al regolamento allegato al bando di gara, senza previa verifica in contraddittorio dell'eventuale anomalia.
L'art. 86, c. 5, del dlgs. n. 163/06 (Codice dei contratti), nel testo vigente ratione temporis, prevedendo che le offerte siano corredate sin dalla loro presentazione da giustificazioni, infatti, demandava al bando o alla lettera invito la possibilità di precisare le modalità di presentazione delle giustificazioni, così autorizzando i bandi anche a prevedere la sanzione di esclusione.
La sanzione di esclusione, nel caso di specie, appare, pertanto, ragionevole rispondendo a esigenze di accelerazione e semplificazione, e non è in contrasto con il diritto comunitario.
La previsione in questione, infatti, non esclude la garanzia della fase della valutazione della anomalia in contraddittorio, ma specifica la prescrizione di cui all'art 86, c.5, citato, prevedendo la sanzione dell'esclusione per la sua violazione (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 02.04.2010 n. 1893 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: La p.a. non decide quando pagare. Dal Consiglio di stato un giro di vite contro i ritardi nella liquidazione dei compensi ai fornitori. Vietato modificare in modo unilaterale termini e interessi.
Sempre più strette le maglie contro la pubblica amministrazione lumaca nei pagamenti.
Il Consiglio di Stato, Sez. V, mediante la sentenza 01.04.2010 n. 1885 rafforza l'orientamento secondo il quale le amministrazioni appaltanti non possono in via autoritativa ed unilaterale modificare i termini di pagamento e la misura degli interessi di mora, stabiliti dal dlgs 231/2002.
Alle disposizioni del decreto legislativo, che ha recepito, come è noto, le prescrizioni sulla tutela dei fornitori disposte dall'Unione europea, è possibile derogare, spiega palazzo Spada, non già per atto unilaterale ed autoritativo della stazione appaltante, ma solo per effetto di un accordo o comunque libera accettazione delle parti interessate.
Ma l'accordo deve essere effettivo: cioè è necessario che la pubblica amministrazione ponga in essere una concreta e reale negoziazione, libera e senza imposizioni, su termini di pagamento e quantificazione degli interessi di mora ... (articolo ItaliaOggi del 09.04.2010 - link a www.corteconti.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di un concorrente che abbia omesso di sottoscrivere la domanda di partecipazione ad una gara.
E' legittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un'impresa per la mancata sottoscrizione della domanda di partecipazione ad una gara d'appalto, e ciò anche nel caso in cui la suddetta domanda rechi il timbro della società dichiarante, ciò in quanto la mancata sottoscrizione di un atto che costituisce uno dei documenti integranti la domanda di partecipazione alla gara da parte di un concorrente non integra una irregolarità formale sanabile in corso di esecuzione, giacché fa venir meno la certezza della paternità e della piena assunzione di responsabilità circa i contenuti della dichiarazione stessa, creando perplessità in ordine alla volontà concreta del concorrente.
Nella fattispecie la sottoscrizione era stata espressamente prevista a pena di esclusione, a garanzia della completezza e veridicità delle dichiarazioni (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 31.03.2010 n. 1832 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'illegittimità della clausola di un capitolato speciale che non contempli puntualmente le caratteristiche oggettive dell'oggetto d'appalto.
E' illegittimo l'operato di una stazione appaltante che non abbia previsto, nel capitolato speciale del bando di gara, le caratteristiche oggettive dell'appalto, in quanto siffatta omissione vìola l'art. 68, commi 2 e 3, lett. b), del d. lgv. n. 163/2006 (Codice dei contratti), a norma del quale le specifiche tecniche devono essere sufficientemente puntuali da consentire alle imprese concorrenti di determinare l'oggetto dell'appalto, e alle stazioni appaltanti di aggiudicare l'appalto stesso.
Ne deriva l'obbligo, in capo alla stazione appaltante, di fissare nel bando e negli altri documenti di gara le caratteristiche oggettive dell'appalto, in modo da permettere a ciascun concorrente di valutare la convenienza dell'affidamento al fine di formulare la migliore offerta possibile.
Nel caso di specie, è illegittima la clausola di un capitolato speciale che facoltizzi la stazione appaltante a modificare il punto di raccolta dei rifiuti oggetto del servizio di ritiro, trasporto e smaltimento di rifiuti sanitari pericolosi, in quanto ciò non permette al concorrente di predeterminare i costi del servizio.
Invero, la modifica del punto di raccolta dei rifiuti, scelto unilateralmente dalla stazione appaltante in corso di esecuzione, incidendo sull'oggetto della prestazione dedotta in contratto, rende ab origine indeterminata la prestazione stessa. impedendo di prevedere il costo futuro del servizio (TAR Lazio, Sez. II-ter, sentenza 30.03.2010 n. 5045 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla nullità della clausola del bando e del disciplinare di gara nelle parti richiedenti la presenza, nel contenuto dell'offerta, del certificato d'iscrizione alla C.c.i.a.a..
L'art. 3, c. 1, del d.l. 4.7.2006 n. 223, conv. in l. 04.08.2006 n. 248, alla rubrica "Regole di tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale", dispone che, ai sensi delle disposizioni dell'ordinamento comunitario, in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di concorrenza, secondo condizioni di pari opportunità, ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell'art. 117, c. 2, lettere e) ed m), Cost., le attività commerciali, come individuate nel d.lgs. 31.03.1998 n. 114, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: iscrizione a registri abilitanti ovvero possesso di soggettivi requisiti professionali per l'esercizio di attività commerciali, fatti comunque salvi quelli riguardanti il settore alimentare e della somministrazione degli alimenti e delle bevande.
Pertanto, nel caso di specie, è nulla la clausola del bando e del disciplinare di gara nelle parti richiedenti la presenza, nel contenuto dell'offerta, pure del certificato d'iscrizione alla C.c.i.a.a. di data non anteriore a sei mesi (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 30.03.2010 n. 1817 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: INCENDI BOSCHIVI - Inedificabilità delle aree percorse dal fuoco - Art. 1-bis d.l. n. 332/1993 - Modifica all’art. 9, c. 4, della L. n. 47/1975 - Funzione meramente ricognitiva di un principio immanente nell’ordinamento - Tutela del patrimonio boschivo - Tipizzazione urbanistica preesistente all’evento incendiario - Irrilevanza - L. n. 353/1990.
La modifica apportata all’art. 9, c. 4, della L. n. 47/1975 dall’art. 1-bis d.l. 30.08.1993 n. 332, convertito con l. 29.10.1993 n. 428, a mente delle cui indicazioni “fino all’approvazione dei piani di cui all’articolo 1, in tutte le zone i cui soprassuoli boschivi siano stati distrutti o danneggiati dal fuco è vietato l’insediamento di qualsiasi tipo”, risulta meramente ricognitiva ed esplicativa di un principio immanente alle finalità conclamate di tutela del patrimonio boschivo, e cioè quello dell’assoluta inedificabilità delle aree in questione, a prescindere dalla loro tipizzazione urbanistica preesistente all’evento incendiario, siccome intesa a prevenire fenomeni speculativi e ad assicurare la rigenerazione del “bosco…considerato nella sua entità unitaria di ecosistema complesso” e la tutela del patrimonio boschivo nazionale quale bene insostituibile per la qualità della vita.
Non a caso la successiva normativa di riforma (legge quadro in materia di incendi boschivi n. 353 del 1990) esclude in radice radice la possibilità di edificazione delle aree percorse da incendio sulla base della mera previsione che dette aree fossero edificabili prima dell’evento incendiario (art. 10, comma 1) (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 25.03.2010 n. 2353 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Lavori edilizi in zone sottoposte a vincolo paesaggistico - Cessazione di validità del nulla osta ambientale - Decorso del termine quinquennale - Rilevanza di eventuali fatti impeditivi - Esclusione - Fattispecie: sequestro del cantiere - Art. 16 r.d. n. 1537/1940.
In materia di esecuzione di lavori edilizi nelle zone sottoposte a vincolo paesistico, la cessazione di validità del nulla osta ambientale si verifica automaticamente per il solo fatto obiettivo del decorso del termine quinquennale previsto ex art. 16 r. d. 03.06.1940 n. 1537, senza che possano rilevare fatti impeditivi ancorché di carattere assoluto, quali il factum principis o la causa di forza maggiore, ivi compreso il sequestro del cantiere (Tar Salerno 10.10.1997 n. 422; Cons. St. Sez. VI n. 708 del 1997) (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 25.03.2010 n. 2351 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: La verifica della legittimità delle operazioni compiute dalla Commissione di gara rientra nella competenza della stazione appaltante.
Costituisce un obbligo per la p.a. procedere all'incameramento della cauzione provvisoria nel caso in cui l'impresa partecipante non soddisfi la richiesta da parte della stazione appaltante di comprovare il possesso dei requisiti richiesti.

E' giurisprudenza del tutto pacifica quella secondo cui la verifica della legittimità delle operazioni compiute dalla Commissione di gara rientra nella competenza della stazione appaltante e ha lo scopo di “suggellare” gli esiti dell’attività svolta da quest’ultima.
La Commissione è, infatti, un organo straordinario e temporaneo dell'amministrazione la cui attività acquisisce rilevanza esterna solo in quanto recepita ed approvata dai competenti organi della stazione appaltante Sotto altro profilo, la “sanzione” dell’incameramento della cauzione provvisoria è correlata alla violazione dell’obbligo di diligenza e dell’esatta e veritiera produzione documentale nelle trattative precontrattuali, che grava su ciascun concorrente sin dalla fase di partecipazione e di presentazione delle offerte.
Ne consegue che nei casi in cui, come nella fattispecie, l’impresa partecipante non soddisfi la richiesta da parte della stazione appaltante di comprovare il possesso dei requisiti richiesti, detto incameramento costituisce un obbligo per la p.a. (TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 19.03.2010 n. 4321 - link a www
.mediagraphic.it).

APPALTI: E' principio inderogabile in qualunque tipo di gara quello secondo cui devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta.
E’ principio inderogabile in qualunque tipo di gara quello secondo cui devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta, sia che si tratti di documentazione amministrativa che di documentazione riguardante l'offerta tecnica ovvero l'offerta economica, e conseguentemente è illegittima l'apertura in segreto di plichi.
La mancata pubblicità delle sedute di gara per l'aggiudicazione di contratti con la pubblica amministrazione comporta l'invalidità di tutti gli atti della procedura selettiva, compreso il provvedimento finale di aggiudicazione, trattandosi di adempimento posto a tutela non solo della parità di trattamento tra i concorrenti, ma anche dell'interesse pubblico alla trasparenza ed all'imparzialità dell'azione amministrativa (TAR Lombardia-Milano, sez. I, 28.07.2008, n. 3046) (TAR Sardegna, sentenza 19.03.2010 n. 345 - link a www
.mediagraphic.it).

APPALTI: E' illegittima l'esclusione da una gara di un'impresa che abbia presentato, in sede di presentazione delle offerte, una cauzione provvisoria di durata inferiore a quella prescritta nel disciplinare di gara.
E’ illegittima l’esclusione da una gara di un’impresa che abbia presentato, in sede di presentazione delle offerte, una cauzione provvisoria di durata inferiore a quella prescritta nel disciplinare di gara.
Nel caso in esame, il contratto fideiussorio era stipulato su un modulo predisposto da una sola parte e cioè dalla compagnia di assicurazione, prevedendo una polizza con durata di 180, inferiore ai 240 giorni previsti nel disciplinare.
Tale clausola, proprio perché posta in deroga a quanto previsto dal modulo predisposto da una delle parti, non può essere qualificata quale mera clausola di stile, giacché da un lato non è affatto generica atteso che prevede la maggiore durata della garanzia con riferimento ad un termine ben preciso determinato dal bando, d’altro canto, ponendo una deroga alle condizioni generali del contratto, prevale sul contenuto del modulo.
In particolare non è dubbio che tale clausola sia stata oggetto della volontà negoziale delle parti atteso che essa evidenzia una precisa volontà di deroga di quanto previsto nel modulo prestampato della compagnia di assicurazione estendendo la durata della polizza oltre i 180 giorni previsti nelle condizioni generali predisposte dalla compagnia (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.03.2010 n. 1528 -
link a www.mediagraphic.it).

APPALTI: Molti lavori in un unico appalto. Il Tar Puglia ha dato il via libera all'unione di più interventi teoricamente separabili. Legittimo l'accorpamento per accelerare i tempi e risparmiare.
Legittimo l'accorpamento in un unico appalto di più interventi, anche teoricamente scindibili; l'unicità del lotto si impone, anche per ragioni di economicità e celerità dell'azione amministrativa, quando vi siano ragioni di stretto coordinamento dei lavori da effettuare contemporaneamente e non è tale da restringere la concorrenza.
È quanto afferma il TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza  11.03.2010 n. 891 in ordine ad un appalto bandito nell'ambito dei settori speciali (trasporto ferroviario) che prevedeva l'utilizzo del sistema di qualificazione gestito da Rfi ... (articolo ItaliaOggi del 09.04.2010 - link a www.corteconti.it).

APPALTI Contratti della p.a. - affidamento servizio - cottimo - pubblicità - controllo documentazione - seduta pubblica - necessità.
Ex art. 125 del d.lgs. 163/2006 si applica anche al cottimo di importo inferiore a € 20.000,00 il principio di dare adeguata pubblicità al procedimento: è, pertanto, necessaria la comunicazione ai partecipanti in ordine alla data di svolgimento della seduta pubblica per l'esame della documentazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 29.01.2010 n. 434).

ESPROPRIAZIONE: Dichiarazione p.u. - decreto esproprio - mancata determinazione termini - legittimità - applicazione art. 13 d.p.r. 327/2001.
Ai fini della legittimità del provvedimento di dichiarazione di pubblica utilità è irrilevante la specifica dei termini entro il quale il decreto di esproprio va emanato in quanto in tal caso in applica l'art. 13, comma quattro, d.p.r. 327/2001 (cinque anni dall'efficacia dell'atto di dichiarazione di p.u.) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 29.01.2010 n. 432).

CONSIGLIERI COMUNALI: Comune e provincia - Assessore comunale - revoca incarico - discrezionalità - opportunità politica-amministrativa - insindacabilità.
Il provvedimento di revoca dell'incarico di assessore comunale ha natura ampiamente discrezionale: e la relativa motivazione può basarsi su valutazioni di opportunità politico-amministrativa, rimesse in via esclusiva al Sindaco, perché avente ad oggetto un incarico fiduciario, e, pertanto, insindacabile in sede di legittimità, se non per profili di manifesta irragionevolezza od illogicità (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 29.01.2010 n. 431).

APPALTI SERVIZI: Concessione servizi - predeterminazione criteri selettivi - valutazione offerta - diversità.
In fattispecie di concessione di servizi, gli elementi attinenti alla capacità del prestatore di eseguire i servizi da affidare -ed in particolare l'esperienza pregressa-, possono essere utilizzati unicamente ai fini della selezione dei concorrenti e non quali elementi di valutazione dell'offerta in termini di affidabilità del concorrente in quanto lesivo dei principi di trasparenza e non discriminazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 29.01.2010 n. 430 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Servizio ristorazione - offerta - valutazione - pregio tecnico - requisiti di ammissione - elementi di valutazione - diversità - temperamento in rapporto ai singoli appalti - certificazione di qualità - indicatore di pregio - rilevanza.
La P.A. non può, in linea di principio, in sede di valutazione delle offerte valorizzare elementi indicativi di una generale ed astratta capacità operativa di impresa i quali, in sé e per sé considerati, nulla dicano sulla maggiore o minore qualità della prestazione, mentre potrebbe prevedere gli stessi elementi come requisiti di ammissione dei partecipanti.
Tale principio va temperato in rapporto ai casi concreti, dato che fra i possibili requisiti di ammissione e i possibili criteri valutativi non vi è una divisione netta, valida una volta per tutte.
La certificazione di qualità è un indicatore di pregio del servizio offerto, in quanto consiste nell'affermazione, fatta dal certificatore, ovvero da un soggetto terzo e qualificato, secondo la quale la ditta svolge l'attività certificata secondo i migliori criteri disponibili allo stato dell'arte (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 29.01.2010 n. 429 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Stipulazione contratto - discrimine competenza - conclusione - aggiudicazione definitiva.
Prima della stipulazione del contratto (discrimine tra ambito di competenza del giudice amministrativo e ordinario) e comunque dell'aggiudicazione definitiva, si controverte ancora nell'ambito del procedimento di aggiudicazione dell'appalto con conseguente giurisdizione del g.a. (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 29.01.2010 n. 428 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Industria insalubre - intervento sindacale - art. 216 TULS- presupposti - eliminazione di inconvenienti igienici.
2. Industria insalubre - centro abitato - verifica compatibilità con salute dei residenti.

1. L'art. 216 del T.U. delle leggi conferisce al Comune il potere di precludere l'esercizio dell'attività insalubre, prescindendo da situazioni di emergenza e dall'autorizzazione rilasciata, a condizione però che siano dimostrati, da congrua e seria istruttoria, gli inconvenienti igienici e che si sia vanamente tentato di eliminarli.
2. L'insediamento di una industria insalubre nell'ambito di centri abitati o di aree paesaggisticamente sensibili non è vietato in assoluto, ma subordinato alla verifica di compatibilità dell'impianto con il contesto di riferimento: ex art. 216 comma 5, r.d. n. 1265 del 1934, è consentita la permanenza di un'industria insalubre di prima classe nell'abitato, allorché sia provato che il suo esercizio, per le speciali cautele introdotte, non rechi danno alla salute dei residenti  (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 29.01.2010 n. 420 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: 1. Trasferimento - incompatibilità ambientale - presupposti - natura discrezionale- ragioni di decoro e funzionalità - addebitabilità fatti specifici del dipendente - non necessaria.
2. Provvedimento di trasferimento - motivazione - condizioni legittimanti.

1. Il trasferimento d'ufficio per incompatibilità ambientale del pubblico dipendente non ha carattere sanzionatorio né natura disciplinare - non postulando comportamenti contrari ai doveri d'ufficio - ma è condizionato solo all'apprezzamento di fatti che possano far ritenere nociva la sua permanenza in una determinata sede per ragioni di decoro o di funzionalità.
Assume quindi la finalità di ripristinare il corretto e sereno funzionamento dell'ufficio restituendo ad esso il prestigio, l'autorevolezza o l'immagine perduti. Il relativo provvedimento finale ha carattere ampiamente discrezionale e non postula necessariamente un diretto rapporto di imputabilità al dipendente di specifici comportamenti, essendo sufficiente l'oggettiva sussistenza di una situazione lesiva del prestigio dell'amministrazione che sia riferibile alla presenza in loco del soggetto in questione e suscettibile di rimozione attraverso la sua assegnazione ad altra sede.
2. Il provvedimento di trasferimento deve essere completo nella motivazione con precisa riferibilità della situazione di disagio dell'ufficio al comportamento del dipendente e correlazione tra la condotta del soggetto coinvolto e la situazione di incompatibilità riferibile alla sua presenza in loco, come ad esempio nei casi di conflittualità con i superiori ed i colleghi o di scarso inserimento nella realtà operativa dell'ufficio. In particolare, la giurisprudenza amministrativa ha individuato le seguenti condizioni legittimanti detto trasferimento:
- in fatti e/o comportamenti, anche nella vita privata, che violino i principi dell'onore e del decoro e che per la loro risonanza ledano il prestigio e l'immagine esterna dell'ufficio;
- in una condotta all'interno dell'ufficio che nella sua sistematicità e reiterazione pregiudichi ogni ulteriore proficua permanenza nella sede;
- in situazioni di conflittualità palesi e/o latenti con l'ambiente di lavoro, che pregiudichino ogni ulteriore proficua utilizzazione del dipendente nella sede di assegnazione, anche per il pregiudizio che ciò arreca alla funzionalità dell'ufficio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 29.01.2010 n. 417 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Presentazione dell'istanza di sanatoria - Ordinanza demolizione - Inefficace.
2. Presentazione dell'istanza di sanatoria - riesame dell'abusività dell'opera - Nuovo provvedimento - Necessità.

1. La presentazione dell'istanza di sanatoria, sia essa di accertamento di conformità sia essa di condono, produce l'effetto di rendere inefficace l'ordinanza di demolizione delle opere abusive e, quindi improcedibile l'impugnazione stessa per sopravvenuta carenza di interesse.
2. Il riesame dell'abusività dell'opera provocato dalla predetta istanza di sanatoria comporta la necessaria formazione di un nuovo provvedimento (esplicito od implicito, di accoglimento o di rigetto) che vale comunque a superare il provvedimento sanzionatorio oggetto dell'impugnativa.
Infatti nell'ipotesi di rigetto dell'istanza l'Amministrazione dovrà adottare un nuovo provvedimento sanzionatorio, con l'assegnazione di un nuovo termine per adempiere.
Del pari nel caso di positiva delibazione dell'istanza non si avrebbe più interesse alla definizione del giudizio, essendo stato sanato il lamentato abuso, con effetto estintivo anche delle sanzioni acquisitive eventualmente già adottate (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 26.01.2010 n. 166 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: DIA - Edifici - Certificazione energetica - Agrotecnici - Competenza - Non sussiste.
La certificazione energetica prevista in caso di costruzioni di nuovi edifici ovvero di ristrutturazione e trasformazione di edifici esistenti soggetti a DIA deve essere rilasciata da soggetti certificati all'uopo accreditati dalle regioni, in possesso dei relativi requisiti (D.Lgs. n. 192/2005).
Dai requisiti professionali di cui alla l. n. 251/1986 e dalla verifica della disciplina professionale degli agrotecnici è evidente come nel caso degli agrotecnici difetti una puntuale attribuzione di competenza relativa (o quantomeno affine) alla progettazione di edifici ed impianti asserviti agli edifici stessi.
Altresì, le opere di trasformazione e miglioramento fondiario non rientrano nella nozione di "edificio" (sistema costituito dalle strutture edilizie esterne che delimitano uno spazio di volume definito, dalle strutture interne che ripartiscono detto volume e da tutti gli impianti e dispositivi tecnologici che si trovano stabilmente al suo interno; la superficie esterna che delimita un edificio può confinare con tutti o alcuni di questi elementi: l'ambiente esterno, il terreno, altri edifici; il termine può riferirsi a un intero edificio ovvero a parti di edificio progettate o ristrutturate per essere utilizzate come unità immobiliari a sé stanti) di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs. 192/2005, rispetto alla quale va rilasciata la certificazione energetica.
Deve aggiungersi che ai fini dell'esercizio della specifica attività professionale, non sussiste l'equiparabilità del diploma di agrotecnico con quello di perito agrario, e che l'equipollenza tra i due titoli di studio, sancita dall'art. 3, l. 27.10.1969, n. 754 si riferisce ad una preparazione culturale ed applicativa analoga nel senso che tra i due corsi di studio sono riconoscibili punti di contatto tali da giustificare l'equiparabilità delle conoscenze tecnico-professionali acquisite non ad ogni fine di legge ma specificatamente ai fini di pubblici concorsi e l'accesso ai corsi universitari, al cui esito la distinzione della provenienza dalle scuole di secondo grado è assolutamente superata dal conseguimento del diploma di laurea (TAR Lazio, sez. II, 26.09.1995 n. 1450) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 25.01.2010 n. 141 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: 1. Concessione distribuzione gas - scadenza  - proroga - disciplina applicabilità
2. Concessione distribuzione gas - convenzione - facoltà di ritenzione impianti - vincolatività - non sussiste.

1. Con l'emanazione degli artt. 15 comma 5, 6, 7, 8, d.lgs. 164/2000, art. 1 comma 69 l. 239/2004 e art. 23 comma 1 d.l. 273/2005 (convertito in l. 51/2006) il legislatore ha voluto creare un limite di certezza (31/12/2007) oltre il quale non è consentito procrastinare l'attuazione dei nuovi principi che presidiano l'attività di distribuzione del gas nell'osservanza delle regole concorrenziali.
In questo quadro la facoltà di proroga per motivi di pubblico interesse costituisce, a sua volta, un'ipotesi residuale ed atipica da esercitarsi discrezionalmente ed unilateralmente dall'Ente locale.
2. La norma convenzionale che prevede l'esercizio della facoltà di ritenzione degli impianti da parte del concessionario, prevista contrattualmente sotto il vecchio regime, non è vincolante e se ne statuisce la cedevolezza di detta clausola nei confronti degli interessi tutelati dalla normativa sopravvenuta (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 22.01.2010 n. 218 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abuso edilizio - D.I.A. - decorrenza del termine - potere sanzionatorio - sussiste - Demolizione - obbligo comunicazione preventiva - non sussiste.
Trascorso il termine fissato dall'art. 23, sesto comma, del DPR 06.06.2001 n. 380 l'A.C. conserva comunque il potere di vigilare e sanzionare, previa verifica di sussistenza di contrasti con le norme urbanistiche in essere, sino a giungere alla adozione anche di provvedimenti demolitori (cfr. ex multis CdS Sez IV, 25.11.2008 n. 5811).
In situazione di totale non conformità alle norme urbanistiche in essere, si concretizza un materiale abuso edilizio che dura nel tempo finché non viene eliminato o di fatto o giuridicamente e che perciò non può essere reso legittimo dal solo consolidarsi, per il decorrere del tempo, di una DIA (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 22.01.2010 n. 213 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Concessione edilizia in variante - illegittimità derivata consolidata - Impugnative e procedimento - Ricorso giurisdizionale - inammissibilità.
2. Edilizia ed urbanistica - comunicazione avvio procedimento.

1. E' inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso avverso una concessione edilizia in variante di altro precedente provvedimento concessorio, quando il nocumento derivi in via diretta dalla concessione edilizia rilasciata per prima, in particolare sono inammissibili i motivi di ricorso per i quali si assume l'illegittimità della concessione in variante in relazione a vizi che già sussistevano nella concessione originaria, di talché l'eventuale illegittimità derivata si è ormai consolidata
2. L'avvio del procedimento preordinato al rilascio del permesso di costruire deve essere comunicato solo ai soggetti nei cui confronti il provvedimento finale è destinato a produrre effetti e non ai proprietari di immobili confinanti con quello oggetto di concessione edilizia, i quali subiscono dal provvedimento unicamente riflessi in via di mero fatto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 22.01.2010 n. 212 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Pertinenza - nozione.
La nozione di pertinenza urbanistica ha peculiarità sue proprie, che la differenziano da quella civilistica.
Infatti, per essere riconosciuto tale, il manufatto deve essere non solo preordinato ad una oggettiva esigenza dell'edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma deve essere anche sfornito di autonomo valore di mercato e dotato comunque di un volume modesto rispetto all'edificio principale, in modo da evitare il c.d. carico urbanistico (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 22.01.2010 n. 204 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Locali soppalcati - Abitabilità e agibilità - Regolamento di igiene - Rispetto dei requisiti - Sussiste.
Come si evince dalla documentazione in atti (verbale di sopralluogo 17.07.1998), la superficie occupata dal soppalco (13 mq.) è inferiore ad un terzo della superficie complessiva dei locali di vendita (mq. 131); risulta, inoltre, che il soppalco presenta nella parte inferiore un'altezza di m. 2,27 e nella parte superiore, adibita ad uso ufficio, un'altezza di m. 2,10 e che il rapporto aeroilluminante è "regolamentare".
Pertanto il soppalco realizzato dalla società ricorrente rispetta i requisiti specificamente prescritti dall'art. 3.6.0 del regolamento di igiene per rendere i locali soppalcati abitabili ed agibili, con la conseguente illegittimità dell'ordinanza (che ingiunge alla società di procedere all'effettuazione delle opere di adeguamento) nella parte in cui contesta alla ricorrente insussistenti difformità rispetto alle previsioni del regolamento di igiene (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 18.01.2010 n. 65 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Affidamento Servizi - Procedura Negoziata - rotazione fornitori - obbligo invito a precedente gestore - non sussiste.
Alla luce dell'art. 125 del D.Lgs. n. 163/2006 e dei principi da esso desumibili e genericamente applicabili alla procedura negoziata, che prevedono, tra gli altri, il criterio della "rotazione" tra gli operatori economici in possesso dei prescritti requisiti di idoneità e di capacità tecnico-economico-professionale, non può essere riconosciuta, in capo al precedente gestore di un servizio (specie se affidatario a seguito di procedura negoziata), alcuna pretesa qualificata ad essere ulteriormente invitato alla successiva procedura negoziata ovvero a conoscere le ragioni dell'omesso invito (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 15.01.2010 n. 65).

APPALTI: Bando di gara - clausola di esclusione automatica per documentazione incompleta - illegittimità.
E' illegittima la clausola della legge di gara, che preveda l'esclusione automatica in base alla ritenuta incompletezza e non esaustività di documenti giustificativi preventivi, atteso che la funzione di questi è solo quella di far avere alla stazione appaltante una prima indicazione relativamente alla congruità del prezzo offerto.
Attraverso la richiesta di chiarimenti e la verifica/valutazione degli stessi, si attua il rispetto dei principi comunitari della libertà di concorrenza e della par condicio dei concorrenti, nonché di quelli della legalità, imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa, di cui all'art. 97 Cost., nell'ambito dei quali trovano adeguata tutela anche gli interessi delle ditte le cui offerte sono state sospettate di anomalia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 15.01.2010 n. 58 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Procedimento amministrativo - Termini di conclusione - natura acceleratoria.
Il termine di 30 giorni previsto dall'art. 2, comma 3, l. n. 241 del 1990 per la conclusione dei procedimenti amministrativi ha natura meramente acceleratoria la cui scadenza, in assenza di previsioni di perentorietà, non comporta la decadenza della potestà amministrativa né l'illegittimità del provvedimento adottato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 15.01.2010 n. 57 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Motivazione - Conoscibilità percorso logico - Necessità - Incomprensibilità - Anche per errori di battitura - Illegittimità.
E' illegittimo il provvedimento la cui motivazione, per ragioni non conosciute, e con ogni probabilità riconducibili ad un errore di battitura del testo, sia priva di significato letterale, e non consente quindi di comprendere quale percorso logico abbia condotto all'annullamento della delibera oggetto di controllo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 15.01.2010 n. 44 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Condono edilizio - Diniego - In caso di modifiche - Illegittimità - Valutazione delle opere condonabili - Necessità.
E' illegittimo il diniego di condono edilizio in relazione ad un opera (nel caso di specie portico aperto) successivamente modificata (nel caso di specie tamponature con porte e finestre, di carattere non precario, sia pure facilmente amovibili perché avvitate al portico con semplici perline): l'amministrazione avrebbe dovuto invece disporre la demolizione della parte di abuso per cui non era stata presentata alcuna istanza di condono (il tamponamento) e -contemporaneamente o separatamente- decidere circa la condonabilità, alla luce dei presupposti previsti dal d.l. 269/03, dell'abuso per cui era stata presentata la istanza (il portico aperto) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 15.01.2010 n. 40).

EDILIZIA PRIVATA: D.I.A. - Decorrenza del termine - Potere iniborio - Non è ammesso - Annullamento in autotutela - E' ammesso.
Lo schema dei poteri spettanti all'autorità comunale a seguito della presentazione della d.i.a. presenta, infatti, una bipartizione di regime: nei primi 30 gg. decorrenti dalla data di presentazione della denuncia il Comune può intervenire con il potere inibitorio dell'attività edilizia che impedisce il perfezionarsi della fattispecie della d.i.a.; decorso tale termine, invece, tale potere può svolgersi soltanto nelle forme del provvedimento di autotutela, e quindi seguendo differenti presupposti (in tema di motivazione sull'interesse pubblico) e procedure (comunicazioni ex artt. 7 e 10-bis l. 241/1990) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 15.01.2010 n. 30 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Condono edilizio - Silenzio-assenso - Sussistenza dei presupposti di accoglibilità - Necessità.
Il principio del silenzio-assenso in materia di condono edilizio stabilisce che perché esso si formi è necessario che sussistano comunque i presupposti di accoglibilità della domanda e cioè che il manufatto abusivo sia stato realizzato al momento della domanda stessa, che la medesima non sia dolosamente infedele e che non sussistano sull'area su cui è sorto il manufatto abusivo vincoli di inedificabilità (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 15.01.2010 n. 28 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: P.R.G. - Adozione - Attribuzione di capacità edificatoria - Modifiche - Affidamento - Non sussistenza - Motivazione specifica - Non necessità.
In caso di attribuzione della facoltà edificatoria alla area avvenuta soltanto con la adozione del piano, e quindi con un atto amministrativo ancora in attesa di consolidarsi a seguito della conclusione della procedura amministrativa di approvazione del piano, gli interessi del privato non rientrano tra gli interessi qualificati (stipula di una convenzione di lottizzazione, annullamento con sentenza passata in giudicato di diniego di concessione edilizia, reiterazione di un vincolo espropriativo scaduto), che impongono all'amministrazione l'obbligo di motivare in modo specifico sul superamento degli stessi.
Le modifiche adottate in un piano migliorative della potenzialità edificatoria di un fondo, infatti, a differenza di quelle in peius, non entrano in vigore fino al perfezionamento del piano, ne consegue che l'affidamento della ricorrente sull'edificabilità dell'area oggetto di giudizio era ancora più debole di quello, a sua volta superabile, di cui ordinariamente godono i proprietari di fondi che hanno goduto in concreto della possibilità di edificare (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 15.01.2010 n. 27 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Costruzione - Nozione - Infissione al suolo - Non rilevanza - Temporaneità - Necessita - Trasformazione permanente del suolo - Sufficienza - Titolo abitativo - necessità.
Ai fini della ricorrenza del requisito della precarietà di una costruzione, che esclude la necessità del rilascio di un titolo edilizio, si deve prescindere dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data al manufatto dal costruttore e si deve, invece, valutare l'opera medesima alla luce della sua obbiettiva ed intrinseca destinazione naturale, con la conseguenza che rientrano nella nozione giuridica di costruzione, per la quale occorre la concessione edilizia, tutti quei manufatti che, anche se non necessariamente infissi nel suolo e pur semplicemente aderenti a questo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale.
Il principio è ora codificato anche nella legislazione nazionale e regionale, ove è specificato che rientrano nel novero delle nuove costruzioni, anche l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee e la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 15.01.2010 n. 24 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Ricorso amministrativo - Controinteressato - Individuazione - Criterio.
Il riconoscimento della qualità di controinteressato postula la compresenza di due requisiti: da un lato, deve trattarsi di soggetto contemplato nel provvedimento impugnato, o comunque agevolmente identificabile sulla base di esso; dall'altro, occorre che sia titolare di un interesse concreto e attuale alla conservazione di detto provvedimento, interesse sostanzialmente speculare all'interesse legittimo che muove il ricorrente, e -quindi- che da tale provvedimento egli derivi un vantaggio immediato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 13.01.2010 n. 41 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Nozione giuridica di costruzione - Concessione edilizia - Necessità.
Rientrano nella nozione giuridica di costruzione, per la quale occorre la concessione edilizia, tutti quei manufatti che, anche se non necessariamente infissi nel suolo e pur semplicemente aderenti a questo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e meramente occasionale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 13.01.2010 n. 35 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Concessione di costruzione - Pertinenza urbanistica - Nozione.
La nozione di pertinenza urbanistica sottoposta in quanto tale al regime autorizzatorio in luogo di quello concessorio, ha peculiarità proprie che la distinguono da quella civilistica: il manufatto deve essere non solo deve essere preordinato ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma deve essere anche sfornito di un autonomo valore di mercato e dotato comunque di un volume modesto rispetto all'edificio principale in modo da evitare il cosiddetto aumento del carico urbanistico (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 13.01.2010 n. 28 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Gara - esclusione automatica delle offerte ex art. 122 D.Lgs 163/2006 - Riferimento palese - Necessità.
2. Contratti della p.a. - Aggiudicazione - Annullamento - Contratto stipulato - E' caducato - Rinnovazione della gara - Necessità.

1. La stazione appaltante può intraprendere la procedura di esclusione automatica delle offerte ai sensi dell'art. 122 del D. Lgs. 163/2006 solamente facendolo risultare dal bando in modo inequivoco, ossia con riferimento palese a tale disposizione
2. L'annullamento dell'aggiudicazione è costitutivo di un vincolo permanente e puntuale sulla successiva attività dell'amministrazione, il cui contenuto non può prescindere dall'effetto caducatorio del contratto stipulato.
In sede di esecuzione della sentenza, pertanto, l'amministrazione non può non rilevare la sopravvenuta caducazione del contratto conseguente all'annullamento dell'aggiudicazione, pertanto, anche nell'emanare i provvedimenti ulteriori che conseguono all'effetto caducatorio dell'annullamento dell'aggiudicazione della gara, l'amministrazione deve tenere conto dei principi enunciati nella sentenza di annullamento e delle conseguenze giuridiche determinate dal suo contenuto ed orientare conseguentemente la sua ulteriore azione: in definitiva la stazione appaltante è tenuta a disporre la rinnovazione parziale della gara, sottoponendo a verifica l'offerta sospettata di anomalia e, in caso di esito positivo per la ricorrente, a trarre le conseguenze sopra descritte sulla sorte del contratto già stipulato con la controinteressata (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 11.01.2010 n. 16 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Zona vincolata - condizione.
La condizione per ammettere la costruzione di edifici in zone vincolate (paesaggisticamente) non consiste nell'impatto zero sullo stato dei luoghi e sul contesto panoramico ma nell'individuazione di un rapporto accettabile tra l'edificazione e la perdita delle caratteristiche ambientali preesistenti  (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 11.01.2010 n. 9 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Demolizione comunicazione avvio del procedimento.
2. Attività edilizia - denuncia di inizio attività disciplina sanzionatoria.

1. L'avviso di avvio del procedimento non è dovuto nel caso di procedimento volto all'irrogazione della sanzione della demolizione edilizia, in ragione del carattere doveroso e del contenuto vincolato di tale atto, tanto più in considerazione della consequenziale sua intangibilità ai sensi dell'art. 21-octies L. 241/1990 introdotta dalla L. n. 15 del 2005
2. Gli interventi edilizi individuati dall'art. 10 del DPR n. 380/2001 -pur potendo essere facoltativamente realizzati con D.I.A.- restano sottoposti alla disciplina sanzionatoria delle opere soggette a permesso di costruire: la disciplina sanzionatoria è tendenzialmente indifferente rispetto alla tipologia del titolo abilitativi, che resta ancorata alla concreta consistenza dell'intervento posto in essere, senza che possano rilevare in contrario le scelte operate dalle leggi regionali sulla latitudine da riconoscere alla DIA in alternativa al rilascio del permesso di costruire (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 11.01.2010 n. 6 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Piano di lottizzazione - convenzione - oneri - obbligazione propter rem.
2. Piano di lottizzazione - convenzione - oneri - sinallagmaticità - non sussiste.
3. Lottizzazione - convenzione - oneri - cartella esattoriale - giudice competente.

1. L'avente causa del lottizzante assume tutti gli oneri a carico di quest'ultimo in sede di convenzione di lottizzazione, compresi quelli di urbanizzazione ancora dovuti in quanto l'assunzione a carico del proprietario degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria- cui a norma del comma 5 n. 2 dell'art. 8 della L. 06.08.1967 n. 765, è subordinata l'autorizzazione per la lottizzazione - costituisce, secondo il comma 7 dell'art. 8, una obbligazione propter rem, che va adempiuta non solo da colui che tale convenzione ha stipulato, ma anche da colui, se soggetto diverso, che richiede la concessione edilizia
2. Le convenzioni di lottizzazione hanno lo scopo di precisare gli obblighi che il privato si assume unilateralmente, in adempimento di un precetto di legge ed in conformità agli strumenti urbanistici, senza che si instauri alcun vincolo di sinallagmaticità: nel sistema risultante dal combinato disposto dell'art. 28, quarto comma n. 1), della legge 17.08.1942, n. 1150 e dagli artt. 3 e 5 della legge 28.01.1977, n. 10, non è rinvenibile un principio che dia titolo al soggetto che ha stipulato una convenzione urbanistica con il Comune di non corrispondere al medesimo (in denaro, in aree cedute o in opere di urbanizzazione realizzate), beni di valore complessivamente superiore a quanto dovuto per oneri di urbanizzazione primaria e secondaria ai sensi dell'art.10 della legge n. 10 del 1977 e, conseguentemente, in virtù della convenzione, il privato è obbligato ad eseguire puntualmente tutte le prestazioni ivi assunte, a nulla rilevando che queste possano eccedere originariamente o successivamente gli oneri di urbanizzazione
3. La cartella esattoriale, essendo strumento in cui viene enunciata una pregressa richiesta di natura sostanziale, senza alcuna autonomia, deve essere impugnata dinanzi al giudice competente a decidere in ordine al rapporto cui la cartella stessa è funzionale, a nulla valendo che l'atto non contenga una puntuale indicazione della fonte del credito fatto valere. Nella specie la cognizione della controversia attinente la richiesta, mediante cartella esattoriale, di pagamento del contributo per gli oneri di urbanizzazione e conseguenti sanzioni, appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, prevista dall'art. 16 l. 28.01.1977 n. 10 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 11.01.2010 nn. 3 - 4 - 5 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Strade pubbliche e private - strade vicinali - uso pubblico - polizia demaniale - autotutela - limite.
In materia di polizia demaniale, ex art. 823 c.c., l'amministrazione dispone di un potere alternativo sia ai mezzi ordinari di difesa della proprietà sia ai mezzi ordinari di difesa del possesso, e può qualificarsi tanto come possessore dei beni demaniali quanto come proprietario degli stessi (ovvero come titolare dei diritti demaniali), con facoltà, in questa seconda ipotesi, di adottare e far eseguire provvedimenti che mirano al recupero dei beni, o alla tutela dei diritti, senza incontrare i limiti temporali e sostanziali previsti per le azioni possessorie: il vero limite dell'autotutela da parte della pubblica amministrazione è costituito dalla sdemanializzazione tacita (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 11.01.2010 n. 1 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Opere di recinzioni - Provvedimento concessorio - Quando è richiesto.
La valutazione in ordine alla necessità della concessione edilizia per la dimensione di opere di recinzioni va effettuata sulla scorta dei seguenti due parametri: natura e dimensioni delle opere e loro destinazione e funzione; in base a tale criterio, dunque, non è necessario il permesso per costruire per modeste recinzioni di fondi rustici senza opere murarie, e cioè per la mera recinzione con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno senza muretto di sostegno, in quanto entro tali limiti la recinzione rientra tra le manifestazioni del diritto di proprietà che comprende lo jus excludendi alios o comunque la delimitazione e l'assetto delle singole proprietà (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 29.12.2009 n. 6266 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sanzioni amministrative - Applicabilità dell'art. 28 della legge 689/1981 - Prescrizione quinquennale.
Il termine di prescrizione per le sanzioni amministrative in materia edilizia è quello di cui all'art. 28 della legge 689/1981 (in forza della quale: Il diritto di riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione) e quindi un termine di cinque anni (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 29.12.2009 n. 6265 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Aggiudicazione di contratti pubblici - Avvisi di avvio del procedimento nel corso della procedura per ogni tipologia di provvedimento - Non occorre.
2. Prescrizioni contenute negli atti delle procedure concorsuali - Dovere di osservanza da parte dei concorrenti - Inosservanza - Esclusione.

1. I procedimenti volti all'aggiudicazione dei contratti pubblici hanno carattere unitario, e tutti i provvedimenti adottati dalle stazioni appaltanti in tale ambito scaturiscono quindi dall'unica procedura amministrativa instaurata; ne discende che non occorre inviare singoli avvisi di avvio del procedimento per ogni tipologia di provvedimento che l'amministrazione intende adottare nel corso dell'espletamento della procedura, giacché i partecipanti alla gara, in quanto tali, sanno ovviamente che la procedura è in corso, e sanno anche che, accanto al provvedimento finale di aggiudicazione, possono scaturire dal procedimento altre figure provvedimentali, quali gli eventuali atti che dispongono l'esclusione di singoli concorrenti le cui offerte non siano confacenti agli atti di gara (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 19.03.2001, n. 1642; TAR Campania Napoli, sez. I, 05.08.2004 , n. 11089)
2. Le prescrizioni contenute negli atti delle procedure concorsuali, che individuano le caratteristiche essenziali del bene oggetto del futuro contratto da stipularsi con la pubblica amministrazione, debbono essere necessariamente rispettate dai concorrenti di gara e determinano, in caso di loro inosservanza, l'esclusione del partecipante, anche quando il bando o la lettera di invito non dispongono espressamente in tal senso.
La ragione sottesa a questa disciplina è che tali prescrizioni, da un lato, proprio perché tese a delimitare l'oggetto della prestazione che l'amministrazione si attende, sono intima espressione dell'interesse che quest'ultima intende soddisfare con il contratto (e che solo essa può definire ed apprezzare), di tal ché l'offerta di una prestazione a loro non conforme determinerebbe il mancato soddisfacimento di quell'interesse; dall'altro lato, è ovvio che se si ammettesse che un partecipante alla gara possa offrire prodotti con caratteristiche diverse da quelle indicate negli atti della procedura, verrebbe violato il principio della par condicio dei concorrenti.
Ne consegue che è addirittura precluso all'amministrazione di formulare giudizi di equipollenza (cfr. TAR Sicilia Catania, sez. III, 06.09.2006, n. 1383; id, 05.04.2006, n. 531; TAR Veneto, sez. I, 18.07.2003 , n. 3818) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 29.12.2009 n. 6235 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Beni ambientali - annullamento autorizzazione paesistica - comunicazione avvio del procedimento - art. 21-octies L. 241/1990.
2. Piano attuativo in zona vincolata - giudizio di compatibilità - autorizzazione ex art. 7 L. 1497/1999 per i singoli interventi - esclusione.

1. L'amministrazione che contesti la possibilità di pronunciare l'annullamento dell'atto impugnato sulla base di quanto previsto dall'art. 21-octies della L. n. 241, come introdotto dalla L. n. 15 del 2005, sostenendo che anche in caso di invio della comunicazione di avvio del procedimento, l'apporto del privato non sarebbe stato in grado di scalfire le ragioni dell'annullamento, deve fornire una prova particolarmente rigorosa che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso.
Con la conseguenza che nel caso in cui l'Amministrazione si sia limitata a sostenere tale impossibilità, sulla base di considerazioni astratte circa l'inutilità della comunicazione di avvio del procedimento di annullamento di un'autorizzazione paesaggistica, non aggiungendo nulla concretamente circa l'effettiva impossibilità dell'adozione di differente provvedimento anche in caso di partecipazione del privato, non si deve ritenere assolto l'onere probatorio richiesto dal suddetto art. 21-octies.
2. Qualora la compatibilità della lottizzazione con le esigenze di tutela della zona vincolata sia stata valutata nelle sue linee generali nell'ambito del procedimento di approvazione del piano attuativo del comparto (cui peraltro la legge regionale attribuiva anche valenza paesaggistica, come si desume dalle disposizioni contenute negli artt. 15 e 16 della L.R. n. 14/1984), il Comune non deve ripetere tale giudizio di compatibilità ogniqualvolta sia chiamato a rilasciare la autorizzazione ex art. 7 L. n. 1497/1999 per i singoli interventi di edilizia contemplati dalla lottizzazione.
Diversamente anche i piani attuativi sarebbero (di fatto) assoggettati al regime della autorizzazione paesaggistica, senza che ciò trovi riscontro nella legislazione regionale lombarda la quale non subordina l'approvazione dei piani di attuazione, anche in ambito vincolato, al rilascio della autorizzazione ex art. 7 cit. (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 29.12.2009 n. 2649 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Ordinanza contingibile e urgente - obbligo di custodia di cani.
Il potere di ordinanza contingibile e urgente del Sindaco riguarda tutti i casi di pericolo, latamente inteso, per l'incolumità pubblica, e quindi è strumento aggiuntivo agli altri previsti all'ordinamento per fronteggiare singole situazioni di pericolo.
Rientra in tali casi l'ordinanza contingibile e urgente del Sindaco, con la quale si impone al proprietario di un cane (a prescindere dalla qualificazione del cane interessato come pericoloso o no, ma comunque tale da destare allarme) di custodire l'animale con "ogni debita cautela", e in particolare con "uso congiunto di museruola e guinzaglio al di fuori dell'ambito domestico" (nella specie il ricorrente aveva dedotto l'incompetenza del sindaco ad adottare un siffatto provvedimento, che spetterebbe invece ai servizi veterinari dell'ASL) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 28.12.2009 n. 2638).

EDILIZIA PRIVATA: Infrastrutture di telecomunicazione - Sospensione dei lavori - Sine die - Carenza assoluta di potere - Nullità.
L'ordinamento conosce un solo tipo di sospensione dei lavori in materia edilizia, che è prevista dall'art. 27 D.P.R. 380/2001, pertiene ai poteri del Comune in materia di controllo del territorio (ed, in quanto tale, è applicabile anche alle infrastrutture di telecomunicazione che non sono sottratte alla vigilanza urbanistico-edilizia, essendo diversamente disciplinato solo il regime dei titoli edilizi di cui si devono dotare), ed ha la durata di 45 gg., al termine dei quali cessa di efficacia se non è stato emesso pedissequo ordine di demolizione.
Deve pertanto ritenersi emesso in carenza assoluta di potere la conferma dell'ordine di sospensione oltre il suddetto termine, non essendo consentito al Comune di prorogare una sospensione lavori sine die (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 28.12.2009 n. 2626).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Cave, miniere e torbiere - Autorizzazione regionale - Compatibilità urbanistica - Necessità.
2. Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale - Piano provinciale delle cave - Disposizioni contrastanti - Prevale il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale - Eccezione ex art. 10, co. 1, ultimo periodo L.R. 14/1998 - Motivazione - Necessità.

1. L'attività di cava non può ritenersi estranea all'attività edilizia, posto che l'art. 3, co. 1, lett. e.7), D.P.R. 380/2001 [e l'art. 27, co. 1, lett. e), n. 7), L.R. 12/2005] nelle definizioni degli interventi edilizi contempla anche le attività produttive all'aperto ove contemplino l'esecuzione di lavori che comportino la modificazione del suolo inedificato.
Il fatto che non occorra anche il titolo autorizzatorio comunale sotto il profilo urbanistico ed edilizio non significa che l'attività estrattiva possa essere svolta anche in contrasto con la disciplina urbanistica, ma semplicemente che la valutazione di tale conformità non spetti al comune tramite il rilascio del titolo edilizio, ma debba entrare a far parte del procedimento regionale di autorizzazione all'esercizio di cava, nell'ambito del quale, anche tramite l'intervento in funzione consultiva del comune interessato, deve valutarsi la compatibilità urbanistica dell'intervento.
L'attività di apertura e coltivazione di cava, pur non richiedendo il preventivo rilascio della concessione edilizia, non essendo subordinata al preventivo controllo dell'autorità comunale, deve comunque svolgersi nel rispetto della pianificazione territoriale comunale, configurandosi, in difetto, ovvero in caso di svolgimento della stessa in zona non consentita, la violazione dell'art. 20, lett. a), l. 28.02.1985 n. 47 - norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie.
2. Il PTCP ha una funzione di coordinamento dei piani di settore regionali con delega provinciale, e tra questi anche del piano cave.
Il rapporto tra PTCP e piano provinciale delle cave non è di equiordinazione, o di separazione delle sfere di competenza, ma è nel senso dell'attribuzione al PTCP di un potere di coordinamento sugli strumenti di piano di settore, che deve indirizzare le scelte contenute nel piano provinciale delle cave. Questo potere di coordinamento ed indirizzo del PTCP rispetto al piano cave trova la sua fonte nella norma attributiva di potere dell'art. 2 l.r. 12/2005.
In caso di previsioni del piano provinciale delle attività estrattive che contrastino con il PTCP, è destinato a prevalere il PTCP per effetto delle norme generali dell'art. 2 l.r. 12/2005 e dell'art. 3 l.r. 14/2008, salvo che si versi nell'ipotesi speciale prevista dall'art. 10, co. 1, ultimo periodo, l.r. 14/1998, che prevede la possibilità che il piano cave detti una disposizione derogatoria dell'ordine normale delle competenze, disposizione che però deve essere motivata ed espressa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 28.12.2009 n. 2616 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Pertinenza - Nozione ex art. 7, cpv. lett. a), L. 94/1982 - Chiusura con muratura di un terrazzo con ampliamento di superficie e volumetria - Non è tale.
La nozione di pertinenza urbanistica ha peculiarità sue proprie, che la differenziano da quella civilistica, dal momento che il manufatto deve essere non solo preordinato ad una oggettiva esigenza dell'edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma deve essere anche sfornito di autonomo valore di mercato e dotato comunque di un volume modesto rispetto all'edificio principale, in modo da evitare il c.d. carico urbanistico.
Pertanto, non può ricondursi alla nozione di pertinenza urbanistica l'ampliamento di un edificio che costituisce parte integrante o costitutiva dello stesso, difettando in tal caso la relazione di servizio, indispensabile per l'identificazione del rapporto pertinenziale.
In particolare, è escluso che la chiusura con muratura del terrazzo posto a livello di un appartamento, con ampliamento di superficie e di volumetria, rientri nella nozione di pertinenza ex art. 7, capoverso, lett. a), l. 25.03.1982, n. 94 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 28.12.2009 n. 2615 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Istanza del privato - Obbligo dell'Amministrazione di pronunciarsi.
Indipendentemente dall'esistenza di specifiche norme che impongano ai pubblici uffici di pronunciarsi su ogni istanza, non palesemente abnorme dei privati, non può dubitarsi che, in regime di trasparenza e partecipazione, il relativo obbligo sussiste ogniqualvolta esigenze di giustizia sostanziale impongano l'adozione di un provvedimento espresso, in ossequio al dovere di correttezza e buona amministrazione, in rapporto al quale il privato vanta una legittima e qualificata aspettativa ad un'esplicita pronuncia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 23.12.2009 n. 6186 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONE: 1. Occupazione appropriativa - art. 43 D.P.R. 327/2001 - Accertamento presupposti - Consiglio comunale - Competenza.
2. Occupazione appropriativa - art. 43 D.P.R. 327/2001 - Diritto di partecipazione del proprietario - Sussiste.
3. Occupazione appropriativa - art.43 D.P.R. 327/2001 - Tutela risarcitoria.

1. L'accertamento della sussistenza dei presupposti per l'acquisizione al patrimonio indisponibile dei beni occupati per la realizzazione di un'opera pubblica si pone come fonte di una vicenda traslativa del diritto di proprietà relativa a beni immobili che, in quanto tale, rientra nella competenza del Consiglio comunale.
Se l'occupazione è avvenuta senza la preordinata dichiarazione della pubblica utilità non può ritenersi sussistere un potere ablatorio e la fattispecie deve essere ricondotta ad un ipotesi di illecito sanabile mediante un acquisto della proprietà nei modi previsti dall'art. 43 del D.P.R. 327/2001.
L'opzione per il ricorso alla procedura sanante non può essere qualificata come atto meramente esecutivo di indirizzi già espressi e deve, perciò, configurarsi a pieno come manifestazione della volontà di addivenire all'acquisizione del bene, in quanto tale riconducibile alla competenza del Consiglio comunale.
2. Atteso l'alto tasso di discrezionalità che caratterizza l'esercizio della funzione amministrativa correlata all'acquisizione di cui all'art. 43 D.P.R. 327/2001 e considerata la particolare rilevanza che ha assunto nel nostro ordinamento il garantire la partecipazione al procedimento, a prescindere dalla mancata espressa previsione della norma, l'avvio del procedimento in esame deve essere preceduto da un'idonea comunicazione, che assicuri al proprietario tempi e modi per instaurare il contradditorio con l'Amministrazione.
La partecipazione del proprietario deve, quindi, essere garantita già nella fase dell'adozione dell'atto in cui si valuta la sussistenza dell'interesse pubblico, sia perché è in tale fase che il contributo partecipativo del proprietario (tanto più rilevante quanto si consideri l'elevato grado di discrezionalità riconosciuto all'Amministrazione) risulta essere maggiormente utile, sia perché è l'accertamento della sussistenza dell'interesse pubblico al mantenimento dell'opera ad essere lesivo della posizione giuridica del proprietario, ponendosi lo stesso come fondamento dell'esercizio del potere di adozione del provvedimento.
3. La pendenza del giudizio petitorio non esclude l'ammissibilità dell'adozione, in linea di principio, del provvedimento ex art. 43 D.P.R. n.327/2001, tant'è che la stessa norma prevede il ricorso all'istituto disciplinato anche nel caso di assenza originaria di dichiarazione di pubblica utilità.
Deve, quindi, ritenersi fondata la domanda risarcitoria del privato, tesa all'integrale soddisfo dei danni subiti per la perdita del bene a fronte dell'illegittimità dell'occupazione e dell'utilizzazione del suolo da parte della P.A.: gli effetti di tale tutela risarcitoria devono comunque essere differiti all'emissione da parte della P.A. di un formale provvedimento acquisitivo, da emanarsi ai sensi del combinato disposto dei commi 1 e 3 dell'art. 43 del D.P.R. n. 327/2001, fatta salva l'eventuale scelta di restituire la disponibilità dei fondi, non escludibile a priori, atteso che l'acquisto della proprietà deve essere adeguatamente motivato dalla permanenza di un interesse pubblico prevalente in tal senso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 23.12.2009 n. 2607 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI 1. Bando - Requisiti soggettivi - Impugnazione immediata - Necessità.
2. Bando - Requisiti soggettivi - Associazione professionale - Imprenditore legittimato a partecipare alle pubbliche.
3. Gara - Annullamento in s.g. - Inefficacia del contratto stipulato - Rinnovo del procedimento dal suo inizio.

1. Del bando vanno immediatamente impugnate le clausole che riguardano i requisiti soggettivi dei partecipanti, e quindi li ammettono o escludono in via diretta dalla gara
2. Si intende per imprenditore qualsiasi soggetto che eserciti attività economica, a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità di finanziamento, intendendosi per attività economica quella con scopo di lucro ovvero quella che, pur senza scopo di lucro, si pone sul mercato in concorrenza con quelle lucrative.
Quindi va ritenuta imprenditore legittimato a partecipare alle pubbliche gare anche un'associazione professionale, che senza dubbio offre sul mercato un particolare servizio ed esercita attività economica, nel senso che si propone di ricavarne un utile.
3. In caso di annullamento degli atti di gara l'amministrazione nel prosieguo della propria attività dovrà tener conto dell'inefficacia del contratto già stipulato, ed ove non lo faccia potrà esservi costretta in sede di ottemperanza.
Trattandosi di gara con il metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa ed essendo già state aperte, come da verbali di gara successivi, le offerte dei concorrenti, l'amministrazione dovrà rinnovare il procedimento di gara dal suo inizio, in base al bando originario (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 23.12.2009 n. 2606 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONE: Occupazione temporanea e d'urgenza - Non corretta quantificazione dell'indennità di espropriazione - Irrilevanza.
L'eventuale non corretta quantificazione dell'indennità di espropriazione, da farsi valere esclusivamente mediante il procedimento per la determinazione definitiva e l'eventuale opposizione avanti alla Corte d'Appello territorialmente competente, non può inficiare la legittimità del provvedimento di occupazione d'urgenza (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 23.12.2009 n. 2603 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Diritto di accesso - Limitazione dei soggetti attivi del diritto - Limitazione dell'oggetto della richiesta - Richiesta di documenti specifici.
Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, come è noto, è posto a garanzia della trasparenza ed imparzialità della P.A. e trova applicazione in ogni tipologia di attività della P.A.
Occorre, peraltro, ricordare che il principio della trasparenza amministrativa accolto dal nostro ordinamento non è affatto assoluto e incondizionato, ma subisce alcuni temperamenti, basati, fra l'altro, sulla limitazione dei soggetti attivi del diritto di accesso, questione quest'ultima che involge i profili della legittimazione sostanziale ed dell'interesse ad agire.
Ulteriori effetti limitativi discendono dalla corretta individuazione dell'oggetto della richiesta di ostensione, il quale deve essere determinato o quanto meno determinabile, e non può essere generico (C. Stato. n. 555/2006).
La domanda di accesso, inoltre, deve riferirsi a specifici documenti e non può pertanto comportare la necessità di un'attività di elaborazione di dati da parte del soggetto destinatario della richiesta (C. Stato, sez. VI, 20-05-2004, n. 3271; C. Stato, sez. VI, 10-04-2003, n. 1925; C. Stato, sez. V, 01-06-1998, n. 718).
L'ostensione degli atti, altresì, non può essere uno strumento di controllo generalizzato dell'operato della pubblica amministrazione ovvero del gestore di pubblico servizio nei cui confronti l'accesso viene esercitato (C. Stato, sez. IV, 29-04-2002, n. 2283; C. Stato, sez. VI, 17-03-2000, n. 1414) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 22.12.2009 n. 5967 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Alterazione dell'originaria fisionomia dell'opera - Intervento di ristrutturazione edilizia - Si configura.
Per qualificare un intervento come ristrutturazione edilizia è sufficiente che risultino modificati la distribuzione della superficie interna e dei volumi dell'edificio ovvero l'ordine in cui risultano disposte le diverse porzioni dello stesso per il solo fine di rendere più agevole la destinazione d'uso esistente, sussistendo in questi casi un rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio ed un'alterazione dell'originaria fisionomia e consistenza fisica dell'immobile, incompatibili con i concetti di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo, che presuppongono invece la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell'edificio e la distribuzione interna della sua superficie (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 17.12.2009 n. 5569 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Demanio e patrimonio - bene ambientale - controllo ministeriale - natura di cogestione valori paesistici - limiti - Annullamento - considerazioni tecnico-discrezionali - Illegittimità.
Il potere esercitato dall'Amministrazione statale sulla autorizzazione paesaggistica rilasciata da autorità regionale va definito in termini di "cogestione dei valori paesistici", nel senso che esso costituisce espressione di amministrazione attiva, nell'ambito di un unitario procedimento complesso nel quale la conclusione del procedimento è appannaggio esclusivo all'amministrazione regionale soltanto nella ipotesi di diniego di autorizzazione.
Se al contrario l'autorizzazione sia accordata essa costituisce il presupposto formale la cui comunicazione al Ministero attiva il necessario riesame del contenuto dell'autorizzazione e dà avvio ad un'altra fase necessaria e non autonoma, nella quale il Ministero può annullare entro il prescritto termine di sessanta giorni.
L'Autorità statale può annullare -a seguito di idonea istruttoria e con adeguata motivazione- l'autorizzazione paesistica per vizi di violazione di legge in senso stretto ed incompetenza o sotto il profilo di eccesso di potere (per sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta); non può, viceversa, annullare l'autorizzazione paesistica sulla base di proprie considerazioni tecnico-discrezionali, contrarie a quelle effettuate dalla Regione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 16.12.2009 n. 2596 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Piano lottizzazione - risarcimento del danno da ritardo - dimostrazione danno concreto ed effettivo e sua quantificazione - necessità.
La parte che chiede il risarcimento del danno derivante da ritardo dall'esecuzione da parte della controparte di obblighi scaturenti da convenzione urbanistica ha l'onere di dimostrare il nesso di causalità, l'esistenza di un vero e proprio danno concreto ed effettivo e la sua quantificazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 16.12.2009 n. 2594 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Piano lottizzazione - convenzione stipulata ante 1990 - rispetto obblighi relativi - giurisdizione esclusiva g.a. - Sussiste.
2. Domanda di esatto adempimento accordo congiunta a condanna per risarcimento danno - domanda accessoria - giurisdizione esclusiva g.a. - sussiste.

1. Il rispetto o meno di una serie di obblighi nascenti da una convenzione in materia urbanistica involge anche la considerazione di tutti gli inerenti comportamenti postumi di tutte le parti in causa, direttamente riferibili ai detti obblighi di ciascuna di esse; la convenzione urbanistica rientra tra gli accordi preordinatamente contenutistici e/o sostitutivi di un provvedimento, disciplinati dall'art. 11 della legge 07.08.1990 n. 241 il cui comma 5 devolve al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sulle controversie relative alla formazione, conclusione ed esecuzione dei detti accordi; ciò allorquando questi ultimi siano stati posti in essere, per ragioni di pubblico interesse, dalla pubblica amministrazione al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero, se previsto dalla legge, in sostituzione di questo; in tal modo così configurandosi una ipotesi di giurisdizione esclusiva amministrativa non correlata ad una determinata materia bensì ad una determinata tipologia di atto, quale che sia la materia che ne costituisce oggetto.
L'art. 11, comma 5, quale norma sulla giurisdizione, è applicabile anche agli accordi anche se stipulati anteriormente alla sua entrata in vigore.
2. Nulla osta poi all'attribuzione della controversia in esame alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi del citato art. 11, comma 5, la congiunta proposizione, oltre alle eventuali domande di esatto adempimento dell'accordo anche di una richiesta di condanna al risarcimento dei danni, trattandosi di questione non attinente all'ambito della giurisdizione, ma solo all'estensione dei poteri del giudice amministrativo nel merito della relativa controversia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 16.12.2009 n. 2593 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Avvio del procedimento - Comunicazione - Necessità - Accertamenti a sorpresa - Legittimità.
L'adempimento dell'obbligo di dare comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo è dovuto solo in relazione al vero e proprio inizio di quest'ultimo, con la conseguenza che nel caso in cui le circostanze lo impongano per garantire la genuinità degli accertamenti dell'amministrazione, l'art. 7 legge 07.08.1990 n. 241 non esclude che tale obbligo possa essere preceduto da controlli, accertamenti e ispezioni, svolti senza la partecipazione del diretto interessato, che sarà quindi edotto di tali attività con la successiva comunicazione, la quale gli consente di intervenire nella procedura sanzionatoria; pertanto, ai fini predetti, legittimamente la P.A. compie accertamenti a sorpresa senza previa comunicazione di avvio del procedimento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 14.12.2009 n. 5320 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Concessione edilizia in sanatoria - Accertamento di conformità urbanistica - Silenzio dell'Amministrazione - Impugnazione - Deduzione di vizi formali degli atti e della procedura - Inammissibilità.
2. Concessione edilizia in sanatoria - Istanza ex art. 13 L. 47/1985 - Obbligo dell'Amministrazione di provvedere - Non si configura.

1. Il silenzio serbato dall'Amministrazione su un'istanza di accertamento di conformità urbanistica ai fini della concessione edilizia in sanatoria, qualificato come atto tacito di reiezione, può essere impugnato nel prescritto termine decadenziale ma senza la possibilità di dedurre vizi formali propri degli atti espressi, quali i difetti di procedura o la mancanza di motivazione.
2. L'istanza di sanatoria ex art. 13 Legge 47/1985 non è idonea a riattivare l'obbligo di provvedere dell'amministrazione, mancando del tutto in essa la rappresentazione di fatti nuovi, a suo tempo non rappresentati nell'originaria istanza (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 14.12.2009 n. 5319 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Notificazione - Casi di inesistenza e casi di irregolarità.
La notificazione è giuridicamente inesistente quando è effettuata in luoghi o nei confronti di persone che non hanno alcuna relazione con il destinatario soggetto passivo della notificazione, mentre è nulla o semplicemente irregolare, con possibilità di essere sanata, quando è effettuata in un luogo o ad una persona diversa da quella stabilita dalla legge, ma che hanno tuttavia un riferimento con il destinatario (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 14.12.2009 n. 5318 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Demanio - Repressione abusi edilizi e tutela dell'area demaniale - Competenza del dirigente - Sussiste - Competenza speciale del Sindaco ai sensi dell'art. 378 della L. 2248/1865 all. F - Non sussiste.
La tutela delle aree demaniali e la repressione degli abusi edilizi su aree demaniali, benché appartenenti a funzioni diverse, presentano una stretta connessione quanto all'interesse pubblico perseguito.
Di qui l'impossibilità di riservare al sindaco (o agli organi politici) una competenza specifica distinta da quella trasferita in via generale agli organi burocratici.
Nonostante la lettera dell'art. 378 della legge 2248/1865 all. F, che risente dell'epoca di elaborazione della norma, anche la funzione di polizia demaniale deve quindi ritenersi trasferita ai responsabili degli uffici, i quali la esercitano allo stesso modo degli altri poteri ripristinatori di cui all'art. 107, comma 3, lett. g), del Dlgs. 267/2000 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 14.12.2009 n. 2567 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione di un abuso sopra porzione di edificio regolare - Confini del diritto di acquisizione del Comune in caso di inottemperanza all'ordine di demolizione.
Qualora l'opera abusiva consista in un piano (o in una porzione di piano) situato in un edificio composto anche da abitazioni regolari il Comune acquisisce non un diritto di superficie ma la proprietà esclusiva degli appartamenti abusivi e la comproprietà delle parti comuni dell'intero edificio (come definite dall'art. 1117 c.c.). Se l'edificio era in origine di un solo proprietario, con il provvedimento di acquisizione si forma un condominio.
Tra le parti comuni rientra anche il sedime dell'edificio, che quindi viene acquisito pro quota, in proporzione ai millesimi dei piani oggetto del provvedimento di acquisizione.
Per quanto riguarda l'area pertinenziale vale lo stesso principio dell'acquisto pro quota (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 14.12.2009 n. 2565 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE GESTIONALI Circolazione stradale - Limitazione della sosta durante i giorni festivi estivi - Emanazione del relativo provvedimento - Competenza dirigenziale - Non sussiste - Competenza del Sindaco - Sussiste.
L'art. 107 del D.Lgs. n. 267/2000, norma successiva rispetto al codice della strada, attribuisce ai dirigenti il compito di adottare tutti gli atti e i provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, elencati in via esemplificativa nel relativo comma 3, quale espressione del più ampio principio di distinzione tra attività di indirizzo e controllo, che spetta agli organi di governo, e attività di gestione, che spetta alla dirigenza.
Occorre tuttavia dare conto di un indirizzo ad avviso del quale l'art. 7 del D.Lgs. 285/1992 (Codice della Strada) riserva la regolamentazione della circolazione nei centri abitati alla competenza del Sindaco ovvero -nell'ipotesi di cui al comma 9- della Giunta.
Al riguardo si è evidenziato che l'art. 7 del Codice della strada, in omaggio al criterio di specialità, deroga e quindi prevale sulla previsione generale di cui all'art. 107 del D. Lgs. 267/2000 in ordine alla competenza dei dirigenti sugli atti di gestione; per altro verso, le norme del Codice della strada sono comunque successive nel tempo all'introduzione (con la L. 142/1990) del principio di separazione tra attività politica ed attività burocratica nell'ordinamento degli enti locali, principio che il T.U. 267/2000 e il D.Lgs. 165/2001 non hanno fatto altro che confermare (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 10.12.2009 n. 2539 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Divieto di partecipazione statuito dall'art. 13 D.L. 223/2006 - Applicazione alle società non partecipate da un ente locale ed il cui capitale, pur se interamente pubblico, sia interamente posseduto da altra società partecipata da ente locale - Legittimità.
L'art. 13 del D.L. n. 223/2006 convertito con modificazioni nella Legge n. 248/2006, testualmente recita: "Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti. Le società che svolgono l'attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o enti. Le società di cui al comma 1 sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui al comma 1. Al fine di assicurare l'effettività delle precedenti disposizioni, le società di cui al comma 1 cessano entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le attività non consentite. A tale fine possono cedere, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, le attività non consentite a terzi ovvero scorporarle, anche costituendo una separata società. I contratti relativi alle attività non cedute o scorporate ai sensi del periodo precedente perdono efficacia alla scadenza del termine indicato nel primo periodo del presente comma. I contratti conclusi, dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, in violazione delle prescrizioni dei commi 1 e 2 sono nulli. Restano validi, fatte salve le prescrizioni di cui al comma 3, i contratti conclusi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, ma in esito a procedure di aggiudicazione bandite prima della predetta data".
Il comma 1 del citato articolo contempla pacificamente un divieto: le Società ivi puntualmente enucleate non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, ma debbono espletare la loro attività unicamente a vantaggio degli Enti costituenti o partecipanti alle stesse.
Il divieto sancito dalla norma in questione rafforza peraltro la regola dell'esclusività evitando che dopo l'affidamento del servizio la Società possa andare a fare altro. Esso rimarca la differenza tra concorrenza «per» il mercato e concorrenza «nel» mercato disvelando le sue plurime rationes essendi: tutela dell'imprenditoria privata e della leale concorrenza, repressione della greppia partitica e burocratica.
Tale norma, attuando l'art. 41 Cost. in relazione ai principi comunitari sulla tutela della concorrenza, sul divieto di aiuti di Stato e sul principio di sussidiarietà, esprime quindi un precetto di ordine pubblico economico che si impone inderogabilmente a tutte le stazioni appaltanti, tenute ad applicarlo quale che sia la fase del procedimento.
Se dunque la ratio è quella di tutelare i principi di concorrenza e di trasparenza nonché quello di libertà di iniziativa economica -che risulterebbero turbati dalla presenza (diretta o indiretta) della mano pubblica la quale provoca un'elusione del rischio d'impresa- devono considerarsi partecipate da amministrazioni pubbliche regionali o locali anche le Società partecipate da Società intermedie controllate da dette amministrazioni: il divieto previsto dall'art. 13, in altri termini, deve ritenersi applicabile ad un'impresa partecipata da un'altra impresa, che a sua volta è controllata da amministrazioni pubbliche locali (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 09.12.2009 n. 2511 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI 1. Clausola del bando precludente la limitazione alla competizione - Deve essere impugnata - Provvedimento di esclusione - Non deve esser impugnato.
2. Contestazione delle modalità di svolgimento della gara - In esito alla infruttuosa partecipazione alla stessa - Possibilità - Acquiescenza - Non si verifica - Onere di immediata impugnazione - Inerisce le sole clausole del bando escludenti la possibilità di partecipazione.
3. Contestazione delle modalità di svolgimento della gara, idonee a caducare l'intera competizione - Da parte del partecipante dichiarato escluso - E' possibile.

1. Quale atto meramente consequenziale, l'esclusione è destinata a venir meno con l'annullamento della contestata disposizione della lex specialis: secondo il principio dell'invalidità derivata, la caducazione dell'atto "a monte" che costituisce il presupposto unico e determinante colpisce e travolge automaticamente le determinazioni "a valle" anche in assenza di apposita pronuncia in merito, e dunque non può essere affermata l'esigenza della necessaria impugnazione di provvedimenti sopravvenuti, pur se lesivi.
2. La partecipazione alla gara per l'aggiudicazione di contratti pubblici e la presentazione dell'offerta nelle forme imposte dal bando non implicano acquiescenza e non impediscono successivamente la proposizione di un'eventuale gravame.
L'onere di immediata impugnazione investe peraltro le clausole riguardanti i requisiti soggettivi di partecipazione -che inibiscono all'interessato l'ammissione alla selezione- ma non anche quelle che riguardano le modalità di svolgimento della procedura, poiché in tali ipotesi anche il concreto svolgimento della gara e delle relative operazioni, nonché l'adozione delle valutazioni all'uopo necessarie, producono l'effetto lesivo ricollegabile all'astratta previsione contenuta nel bando.
L'onere di immediata impugnazione della lex specialis riguarda le sole clausole -esattamente identificate, preesistenti alla gara e non condizionate dal suo svolgimento- che regolano i requisiti di ammissione, qualora siano idonee a ledere immediatamente l'interesse sostanziale degli aspiranti concorrenti in quanto preclusive della loro partecipazione; l'onere predetto sussiste anche per le prescrizioni che impongono oneri incomprensibili o manifestamente sproporzionati, e come tali direttamente ostativi all'ammissione alla selezione.
3. Secondo un primo orientamento giurisprudenziale un tale interesse non potrebbe sussistere, dato che l'impresa destinataria del provvedimento sfavorevole rimane priva del titolo legittimante a partecipare alla procedura selettiva ed anche a contestare i suoi esiti e la legittimità delle distinte scansioni procedimentali: la sua posizione è qualificabile come mero interesse di fatto, che non si distingue da quello di qualsiasi operatore del settore che -non avendo preso parte al confronto- non avrebbe titolo ad impugnarne gli atti, pur essendo titolare di un'aspirazione (non protetta) alla caducazione dell'intera selezione al fine di poter presentare la propria offerta nell'ipotesi di nuova gara.
In definitiva l'esclusione legittima conclude, per l'aspirante, il procedimento di gara, e la sua posizione -rispetto al bene della vita cui aspira- non assume altra configurazione che quella di interesse di mero fatto, del tutto priva di rilevanza e tutela giuridica.
Secondo un più recente filone interpretativo, ritenuto meritevole di maggior condivisione, l'interesse del soggetto legittimamente escluso dalla selezione non può invece ritenersi insussistente, con riferimento alle censure suscettibili di caducare l'intera competizione.
In tal caso il fatto della partecipazione (ancorché non legittima) alla selezione fonda il titolo impugnatorio in vista della soddisfazione dell'interesse strumentale alla riedizione della gara e traccia la differenza rispetto al non concorrente, che di quel titolo è pacificamente sfornito (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 09.12.2009 n. 2510 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIL'imposizione da parte dell'amministrazione di clausole recanti condizioni di pagamento per la fornitura di beni e servizi notevolmente peggiorative rispetto alla disciplina legale, costituisce abuso della posizione dominante e lesione della libertà contrattuale, in violazione dell'art. 4, d.lgs. n. 231 del 2002; di conseguenza, va accertata la grave iniquità delle clausole stesse e pronunciata l'inibitoria del loro uso in futuro.
E' illegittimo l'avviso di gara che prevede condizioni più favorevoli per il debitore senza determinare il caso del possibile accordo tra i contraenti, per delineare un regolamento negoziale più consono alla situazione finanziaria del debitore.
Per poter parlare di accordo tra le parti, è necessario che la formazione della volontà contrattuale sia libera per entrambi i contraenti, il che deve escludersi ove le clausole peggiorative, oltre che essere state unilateralmente predisposte da una delle parti, siano state imposte all’altra quali condizioni di partecipazione alla gara.

La giurisprudenza amministrativa è orientata nel ritenere le disposizioni sul ritardo dei pagamenti nelle transazioni commerciali di cui al d.lgs. n. 231/2002, attuativo della Direttiva n. 2000/35 CE, direttamente applicabili alle prestazioni da fornire alle PP.AA., avendo precisato che “la ricomprensione operata dalla normativa comunitaria dei soggetti quali sono le Asl nell'ambito degli operatori economici ha fatto si che la giurisprudenza italiana ritenesse da subito le disposizioni denunciate applicabili anche alle amministrazione. Gli art. 4 e 5 del d.lgs. dispongono in merito ai tempi del pagamento ed alle conseguenze della violazione di tali norme: è illegittimo l'avviso di gara che prevede condizioni più favorevoli per il debitore senza determinare il caso del possibile accordo tra i contraenti, per delineare un regolamento negoziale più consono alla situazione finanziaria del debitore” (TAR Liguria, Sez. II, 01.02.2005, n. 126).
Recente autorevole giurisprudenza, nel confermare l’applicabilità del d.lgs. n. 231/2002 alle forniture pubbliche, ha sancito che “Nelle gare relative a pubbliche forniture in relazione alla data di pagamento e alle conseguenze del relativo ritardo, costituisce grave iniquità delle condizioni generali di contratto la mancanza di qualsiasi giustificazione che renda costantemente e reiteratamente possibili termini di pagamento, decorrenza degli interessi moratori e saggio degli interessi diversi da quelli stabiliti negli artt. 4 e 5, d.lgs. n. 231 del 2002; ciò anche in base agli artt. 1 e 2 dello stesso decreto e in linea con la giurisprudenza che ha ritenute applicabili alle pubbliche forniture il d.lgs. n. 231 del 2002” (TAR Lazio - Roma, Sez. III, 22.12.2008, n. 12229).
Questo Tribunale ha di recente statuito che “L'imposizione da parte dell'amministrazione di clausole recanti condizioni di pagamento per la fornitura di beni e servizi notevolmente peggiorative rispetto alla disciplina legale, costituisce abuso della posizione dominante e lesione della libertà contrattuale, in violazione dell'art. 4, d.lgs. n. 231 del 2002; di conseguenza, va accertata la grave iniquità delle clausole stesse e pronunciata l'inibitoria del loro uso in futuro” (TAR Piemonte, Sez. II, 26.10.2007, n. 3292).
L’art. 4, comma 4, del d.lgs. 231/2002 stabilisce che “Le parti, nella propria libertà contrattuale, possono stabilire un termine superiore rispetto a quello legale di cui al comma 3 a condizione che le diverse pattuizioni siano stabilite per iscritto e rispettino i limiti concordati nell'ambito di accordi sottoscritti, presso il Ministero delle attività produttive, dalle organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale della produzione, della trasformazione e della distribuzione per categorie di prodotti deteriorabili specifici.” Detta norma non appare applicabile al caso in esame, caratterizzato dall’assenza di libertà contrattuale e dall’imposizione unilaterale, nella lex specialis, delle condizioni e dei termini di pagamento del corrispettivo contrattuale.
Sempre questo Tribunale ha precisato che “per poter parlare di accordo tra le parti, è necessario che la formazione della volontà contrattuale sia libera per entrambi i contraenti, il che deve escludersi ove le clausole peggiorative, oltre che essere state unilateralmente predisposte da una delle parti, siano state imposte all’altra quali condizioni di partecipazione alla gara” (TAR Piemonte, Sez. II, 26.10.2007, n. 3292) conseguendone l’inconfigurabilità della deroga nei casi di deroga apportata con atti unilaterali dell’Amministrazione, quali i bandi o i disciplinari di pubbliche gare (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 04.12.2009 n. 3260 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1) Condono edilizio - Sanabilità di opere in presenza di un vincolo cimiteriale - Non sussiste.
2) Condono edilizio - Diniego - Comunicazione di avvio procedimento - Non è necessaria.

1) La disciplina relativa al condono edilizio (artt. 32 e 33 L. 28.02.1985 n. 47) è inequivoca nel precludere la sanabilità di opere in presenza di un vincolo cimiteriale, purché apposto antecedentemente alla realizzazione delle costruzioni abusive. Conseguentemente, è legittimo l'atto con cui il Comune respinge l'istanza di condono con esclusivo riferimento all'esistenza del vincolo stesso.
Invero, quello posto dall'art. 338 del r.d. 27.07.1934, nr. 1265, in materia di zona di rispetto cimiteriale, è un vincolo assoluto di inedificabilità ex lege (tale da prevalere addirittura anche su eventuali disposizioni contrarie del P.R.G.), con conseguente insanabilità delle opere ivi realizzate ai sensi dell'art. 33 della citata legge nr. 47 del 1985.
2) Il procedimento di condono edilizio è ad iniziativa di parte ed in quanto tale, non necessita di previa comunicazione di avvio del procedimento  (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 04.12.2009 n. 2452 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Accesso agli atti amministrativi - Dichiarazioni rese dai lavoratori in sede di accessi ispettivi - In presenza di un interesse concreto all'accesso da parte del richiedente consistente nella difesa giudiziale di propria posizione soggettiva - Non possono essere sottratte all'accesso - Disciplina di cui al D.M. 757/1994 - Deve essere disapplicata - Tutela dei lavoratori mediante oscuramento dei nomi - E' sufficiente.
In via generale, le necessità difensive - riconducibili ai principi tutelati dall'art. 24 della Costituzione - sono ritenute prioritarie rispetto alle istanze di riservatezza di soggetti terzi.

La disciplina dell'accesso agli atti amministrativi -nel testo vigente- specifica tuttavia con molta chiarezza come non siano sufficienti esigenze di difesa genericamente enunciate per garantire l'accesso, dovendo quest'ultimo corrispondere ad un effettivo bisogno di tutela di situazioni giuridicamente apprezzabili che si assumano lese, e tale è considerata la dichiarata volontà di intraprendere iniziative giudiziarie
Il divieto di accesso alle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva previsto dal D.M. 757/1994 tutela i lavoratori-dichiaranti contro il pericolo di azioni discriminatorie, indebite pressioni e pregiudizi, e contro eventuali ritorsioni, ma stante quanto sopra le finalità di riservatezza non possono che recedere a fronte dell'esigenza contrapposta di tutela della salvaguardia dei propri interessi giuridici (essendo la realizzazione del diritto alla difesa garantita "comunque" dall'art. 24 comma 7 della L. 241/1990).
In ogni caso, una forma di tutela della posizione del lavoratore subordinato, compatibile con la realizzazione del diritto di difesa dell'istante datore di lavoro, può comunque individuarsi nell'omissione dell'identificazione del dichiarante all'interno del documento reso disponibile all'impresa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 01.12.2009 n. 2401 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di opere di ristrutturazione - Annullamento disposto nel 1998 da parte della Soprintendenza ai beni architettonici - Comunicazione d'avvio procedimento - Andava data.
Con riferimento alla questione inerente l'obbligo della comunicazione di avvio procedimento per l'annullamento della già rilasciata autorizzazione paesaggistica, in un primo momento, a fronte di un orientamento giurisprudenziale maggioritario che aveva ritenuto sussistere nel caso in esame l'obbligo di comunicazione d'avvio per effetto dell'applicazione dei principi generali degli artt. 7 e ss. l. 241/90, posto che nella disciplina speciale dei beni paesaggistici non esisteva alcuna disposizione derogatoria delle norme generali della l. 241/1990, è intervenuto il Ministro per i beni culturali con il d.m. 19.06.2002, n. 495, che, all'art. 2, modificando l'art. 4, co. 1-bis, d.m. 13.06.1994 n. 495, ha stabilito che "la comunicazione prevista dal comma 1 non è dovuta per i procedimenti avviati ad istanza di parte, ed in particolare, per quelli disciplinati dagli articoli 21, 22, 23, 24, 25, 26, 35, 41, 43, 50, 51, 53, 55, 56, 59, 66, 68, 69, 72, 86, 102, 107, 108, 109, 113, 114, 151, 154 e 157 del d.lgs. 490/1999, anche quando l'istanza è stata previamente valutata da una diversa amministrazione, in applicazione di norme di legge o di regolamento".
Il procedimento di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, e dell'annullamento ministeriale della stessa, era disciplinato dall'art. 151 d.lgs. 490/1999, e, pertanto, rientrava nell'ambito di applicazione del decreto ministeriale.
L'intera materia è stata poi riscritta dal Codice dei beni culturali, intervenuto con d.lgs. 42/2004, il cui art. 159, co. 2, stabiliva che "l'amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione dà immediata comunicazione alla soprintendenza delle autorizzazioni rilasciate, trasmettendo la documentazione prodotta dall'interessato nonché le risultanze degli accertamenti eventualmente esperiti. La comunicazione è inviata contestualmente agli interessati, per i quali costituisce avviso di inizio di procedimento".
Il cambiamento di fonte non ha cambiato, peraltro, la regolamentazione sostanziale della materia perché anche il predetto art. 159 del Codice dei beni culturali prevede che la Soprintendenza non sia onerata della comunicazione d'avvio, purché peraltro l'autorità comunale abbia inviato comunicazione all'interessato del rilascio dell'autorizzazione, che per espressa disposizione di legge fa funzioni di comunicazione d'avvio.
Ricostruito in tal modo il sistema, occorre rilevare che in presenza di un provvedimento emesso nel 1998, devono essere applicate, ratione temporis, le norme vigenti nel momento in cui lo stesso è stato emanato, e che tali norme non prevedevano ancora disposizioni derogatorie all'obbligo generalizzato di comunicazione d'avvio prevista dall'art. 7 l. 241/1990, che pertanto nel caso in esame avrebbe dovuto essere emessa ed inviata (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 01.12.2009 n. 2376 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICADecorso il termine stabilito per l’esecuzione del piano particolareggiato (ovvero di un Piano di Lottizzazione), questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l’obbligo di osservare, nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso.
Le prescrizioni urbanistiche di un piano attuativo rilevano a tempo indeterminato, anche dopo la sua scadenza.
L’efficacia dei piani particolareggiati, ai quali si assimilano analogicamente le lottizzazioni convenzionate, ha un termine entro il quale le opere debbano essere eseguite, che non può essere superiore a 10 anni.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato, in materia di efficacia del piano di attuazione dopo la scadenza del termine previsto per la sua esecuzione, si è soffermata sul significato del principio generale contenuto nell’art. 17, primo comma, della legge n. 1150 del 1942, per il quale, “decorso il termine stabilito per l’esecuzione del piano particolareggiato, questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l’obbligo di osservare, nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso”.
E’ stato affermato (Sez. IV, 04.12.2007 n. 6170) che da tale comma, debbono trarsi i seguenti principi (di per sé applicabili anche al piano di lottizzazione, equiparato al piano particolareggiato di iniziativa pubblica):
a) le previsioni dello strumento attuativo comportano la concreta e dettagliata conformazione della proprietà privata (con specificazione delle regole di conformazione disposte dal piano regolatore generale, ai sensi dell’art. 869 del codice civile);
b) in linea di principio, le medesime previsioni rimangono efficaci a tempo indeterminato (nel senso che costituiscono le regole determinative del contenuto della proprietà delle aree incluse nel piano attuativo);
c) col decorso del termine (di 10 anni, per il piano di lottizzazione), diventano inefficaci unicamente le previsioni del piano attuativo che non abbiano avuto concreta attuazione, nel senso che non è più consentita la sua ulteriore esecuzione, salva la possibilità di ulteriori costruzioni coerenti con le vigenti previsioni del piano regolatore generale e con le prescrizioni del piano attuativo (anche sugli allineamenti), che per questa parte ha efficacia ultrattiva.
In altri termini, l’art. 17 della legge n. 1150 del 1942 si ispira al principio secondo cui, mentre le previsioni del piano regolatore rientrano in una prospettiva dinamica della utilizzazione dei suoli (e determinano ciò che è consentito e ciò che è vietato nel territorio comunale sotto il profilo urbanistico ed edilizio, con la devoluzione al piano attuativo delle determinazioni sulle specifiche conformazioni delle proprietà), le previsioni dello strumento attuativo hanno carattere di tendenziale stabilità (perché specificano in dettaglio le consentite modifiche del territorio, in una prospettiva in cui l’attuazione del piano esecutivo esaurisce la fase della pianificazione, determina l’assetto definitivo della parte del territorio in considerazione e inserisce gli edifici in un contesto compiutamente definito).
In considerazione della stabilità delle previsioni del piano attuativo, va affermato dunque il principio per il quale le prescrizioni urbanistiche di un piano attuativo rilevano a tempo indeterminato, anche dopo la sua scadenza.
---------------
La giurisprudenza ha anche chiarito (Sez. IV, 19.02.2007 n. 851) il significato da attribuire agli artt. 16, 17 e 28 della legge c.d. urbanistica, secondo cui l’efficacia dei piani particolareggiati, ai quali si assimilano analogicamente le lottizzazioni convenzionate, ha un termine entro il quale le opere debbano essere eseguite, che non può essere superiore a 10 anni.
L’imposizione del termine suddetto, infatti, va inteso nel senso che le attività dirette alla realizzazione dello strumento urbanistico, sia convenzionale che autoritativo, non possono essere attuate ai sensi di legge oltre un certo termine, scaduto il quale l’autorità competente riacquista il potere-dovere di dare un nuovo assetto urbanistico alle parti non realizzate, anche, in ipotesi, con una nuova convenzione di lottizzazione. Con la conseguenza che, se, e fino a quando, tale potere non viene esercitato, l’assetto urbanistico dell’area rimane definito nei termini di cui alla convenzione di lottizzazione.
Depone in tal senso anche l’obbligo, sancito dall’art. 28 della legge urbanistica di procedere a cura degli interessati alla trascrizione della convenzione.
La sentenza appellata, infatti, ha notato, in sintonia con la giurisprudenza di questo giudice (Cons. St., Sez. IV, 30.05.2002 n. 3016) che, ai sensi dell’articolo 2645 c.c., sono soggetti a trascrizione anche tutti gli atti o provvedimenti che producono, in relazione a beni immobili o a diritti immobiliari, taluno degli effetti dei contratti menzionati nell’articolo 2643.
Le ragioni per cui l’onere di trascrizione costituisce un principio generale nella disciplina delle convenzioni urbanistiche concluse con i proprietari delle aree interessate possono cogliersi nella ineliminabile divaricazione fra lo strumento negoziale scelto dalle parti per regolare consensualmente la realizzazione dell’intervento e le esigenze di tutela dell’interesse pubblico affidato all’Amministrazione.
In particolare, mentre l’interesse pubblico è nel senso di regolare in via definitiva e con efficacia erga omnes l’assetto urbanistico ed edilizio della porzione di territorio comunale interessata dall’intervento, lo strumento convenzionale prescelto, pur essendo fonte di obbligazioni propter rem ed essendo pertanto astrattamente idoneo a vincolare anche i successivi aventi causa del proprietario stipulante, resta assoggettato alle regole sulla opponibilità dei negozi giuridici di diritto privato e, pertanto, prevale sul titolo di acquisto di soggetti terzi debitamente trascritto solo se la convenzione è stata a sua volta trascritta con grado poziore.
In questa prospettiva la Corte di cassazione, con riferimento ai piani di lottizzazione, ha sottolineato che “le disposizioni dei piani privati di lottizzazione non costituiscono norme edilizie, agli effetti previsti negli artt. 871, 872 ed 873 c.c., anche quando i piani stessi siano approvati (ai sensi dell’art. 28 della legge n. 1150 del 1942) ovvero autorizzati (a norma dell’art. 8 della legge n. 765 del 1967). Tuttavia, se nel vigente ordinamento non è prevista la trasformazione in senso normativo di dette disposizioni, la disciplina di diritto privato consente di attribuire loro vincolatività generale con l’inserimento in rapporti di contenuto reale ed assoluto, per mezzo della trascrizione” (Cass., 11.02.1994, n. 1384; in termini anche Cass., 20.12.1994, n. 10947) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 30.04.2009 n. 2768 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIE' illegittimo il bando di gara che prevede termini di pagamento, decorrenza degli interessi moratori e saggio degli interessi diversi da quelli stabiliti negli artt. 4 e 5 del decreto legislativo n. 231/2002.
Nella fattispecie non può parlarsi di accordo, in quanto l’Amministrazione impone autoritativamente le condizioni relative ai termini di pagamento ed alle conseguenze del ritardo, talché cade il presupposto del convergere di due volontà per la formazione delle quali è necessaria l’indagine complessiva di cui al citato art. 7.
D’altra parte le amministrazioni resistenti affermano di avere inserito le clausole contrattuali in base a normativa statale (l. 833/1978) o regionale (L.r. Lazio n. 22/1989); ma al riguardo è agevole evidenziare come tali disposizioni risultino superate sia dalla normativa specifica comunitaria che da quella statale, peraltro successive, che disciplinano puntualmente la fattispecie (cfr. sul punto Cons. di Stato sez. V. 12.04.2005 n. 1638).
In definitiva la grave iniquità deriva dalla mancanza di qualsiasi giustificazione che renda costantemente e reiteratamente possibili termini di pagamento, decorrenza degli interessi moratori e saggio degli interessi diversi da quelli stabiliti negli artt. 4 e 5 del decreto legislativo n. 231/2002, la cui applicabilità alla fattispecie non è posta in discussione, e deriva dalla lettura degli artt. 1 e 2 dello stesso decreto e dalla costante giurisprudenza che ha ritenute applicabili alle pubbliche forniture il decreto L.gvo n. 231/2002 (oltre quelle citate cfr. anche Cons. di St. sez. V 30.08.2005 n. 3982).
Il ricorso deve essere accolto e considerarsi accertata la grave iniquità delle clausole generali di contratto inserite dalle strutture sanitarie intimate negli atti di gara per pubbliche forniture, con conseguente ordine di conformarsi a quanto previsto negli artt. 4 e 5 del decreto legislativo n. 231/2002 (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater, sentenza 22.12.2008 n. 12229 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIE' illegittimo il provvedimento di esclusione di una ditta che sia fondato sulla mancata sottoscrizione della clausola del capitolato speciale contenente una deroga unilaterale ai termini di pagamento e agli interessi moratori per ritardato pagamento, fissati dagli art. 4 e 5 del predetto D.lgs. 09.10.2002 n. 231.
E' consolidata la giurisprudenza (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 12.04.2005, n. 1638) che considera illegittimi la lettera d’invito ed il capitolato normativo nella parte in cui impongono, a pena di esclusione, l’accettazione della clausola che prevede il pagamento “entro 120 giorni decorrenti dalla data di ricevimento della fattura”.
È stato chiarito, infatti, che, nell’ipotesi di gara per l’aggiudicazione della fornitura di beni ad una pubblica Amministrazione, è illegittimo il provvedimento di esclusione di una ditta che sia fondato sulla mancata sottoscrizione della clausola del capitolato speciale contenente una deroga unilaterale ai termini di pagamento e agli interessi moratori per ritardato pagamento, fissati dagli art. 4 e 5 del predetto D.lgs. 09.10.2002 n. 231.
A norma del comma 4 del citato art. 4 “le parti, nella propria libertà contrattuale, possono stabilire un termine superiore rispetto a quello legale di cui al comma 3 a condizione che le diverse pattuizioni siano stabilite per iscritto e rispettino i limiti concordati nell'ambito di accordi sottoscritti, presso il Ministero delle attività produttive, dalle organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale della produzione, della trasformazione e della distribuzione per categorie di prodotti deteriorabili specifici”; cosicché la deroga ai termini di pagamento e agli interessi moratori per ritardato pagamento, fissati dalle menzionate disposizioni del predetto D.lgs. 09.10.2002 n. 231, è consentita solo previo accordo liberamente sottoscritto dalle parti (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 12.04.2005, n. 1638).
L’imposizione dell’aumento dei termini per il pagamento rispetto ai 30 giorni fissati dal decreto, senza un accordo tra i contraenti inteso a delineare un regolamento negoziale più consono alla situazione finanziaria del debitore, sulla base dei parametri indicati (ossia corretta prassi commerciale, natura dei beni o servizi, condizione dei contraenti e rapporti commerciali tra i medesimi), in realtà introduce un vantaggio per l’Amministrazione che deve considerarsi “indebito”, atteso che la decorrenza degli interessi moratori segue il meccanismo automatico stabilito dall’art. 4 del D.Lgs. n. 231/2002, senza che neppure sia necessaria la costituzione in mora.
Alla luce di quanto sinora esposto, del tutto inconferente è il richiamo operato dall’appellante alla circolare n. 1 del 14.01.2003 promulgata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, in quanto essa non giustifica l’imposizione di termini più lunghi rispetto a quelli prescritti dal ricevimento della fattura o della richiesta di pagamento.
Le statuizioni previste dalla menzionata circolare n. 1, poste a salvaguardia delle amministrazioni dalle conseguenze dell’indisponibilità della provvista finanziaria, infatti, non sono di per sé idonee a giustificare il ritardo nel pagamento del prezzo rispetto ai termini prescritti dal D.Lgs. 231/2002, in quanto, ai fini della correttezza nei pagamenti, gli organismi pubblici e quelli privati sono in toto parificati.
Deve, in conclusione, riconoscersi che l’introduzione della clausola impugnata nel capitolato d’appalto, senza adeguata giustificazione, è illegittimità, anche perché comporta l’anticipazione, in sede di procedura di scelta del contraente, di un’inaccettabile sperequazione fra le posizioni delle parti nell’esecuzione del rapporto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.09.2007 n. 4996 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La deroga ai termini di pagamento e agli interessi moratori per ritardato pagamento, fissati dalle disposizioni del D.lgs. 09.10.2002 n. 231, è consentita solo previo accordo liberamente sottoscritto dalle parti.
La sentenza va anzitutto confermata per l’illegittimità dell’aumento a 90 giorni del termine per pagare le forniture: la relativa clausola introduce un indebito vantaggio per l’Amministrazione dato l’automatismo della decorrenza degli interessi di mora stabilito dall’art. 4 del D.Lgs. n. 231/2002.
Va precisato, al proposito, che il riferimento ivi contenuto al termine di pagamento stabilito dal contratto concerne l’automatica decorrenza degli interessi di mora e non al termine di pagamento in sé considerato, la cui congruità va valutata parametrandolo con la corretta prassi commerciale, con la natura dei beni o servizi, con la condizione dei contraenti ed i rapporti commerciali tra i medesimi di cui al successivo art. 7 del D.Lgs., che stabilisce la nullità del relativo accordo se gravemente iniquo perché ingiustificato da ragioni oggettive.
Siffatte ragioni non possono essere ravvisate nell’art. 50 della legge regionale Toscana n. 22/2000 che stabilisce in 90 giorni il termina massimo per la dilazione nei pagamenti delle forniture.
La legge ha infatti carattere cedevole rispetto alla direttiva 2000/35/CE, di cui il decreto legislativo in esame rappresenta attuazione e pertanto non giustifica l’imposizione di termini più lunghi rispetto ai 30 giorni dal ricevimento della fattura o richiesta di pagamento prescritto dall’art. 4, comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 231/2002. Oltre ad essere contrari al buon funzionamento del mercato interno salvaguardato dall'art. 14 del Trattato, il ritardo nel pagamento del prezzo rispetto ai 30 giorni non trova nessuna giustificazione nella circolare del Ministero dell’economia e delle finanze 14.01.2003, n. 1, la cui salvaguardia delle amministrazioni dalle conseguenze dell’indisponibilità della provvista finanziaria non si concilia con le regole del mercato che ai fini della correttezza nei pagamenti parificano gli organismi pubblici a quelli privati (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.04.2005 n. 1638 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Con la convenzione di P.L. il Comune non può riservarsi di attribuire una diversa destinazione urbanistica all'area standard che il lottizzante gli cede gratuitamente una volta realizzate le opere di urbanizzazione, poiché se davvero facesse venir meno la funzione originaria dell'area la stessa cessione gratuita, pretesa dall'Ente, verrebbe addirittura a mancare di causa e, come, tale sarebbe persino nulla.
... i lottizzanti si obbligavano a cedere gratuitamente, entro dodici mesi dalla data del collaudo delle opere di urbanizzazione, aree per strade, per verde e per parcheggi.
Con nota 26.03.1994 il Comune comunicava ai lottizzanti l’avvenuta approvazione del collaudo, invitandoli nel contempo a dare corso alle formalità necessarie per procedere alla stipula dei rogiti di cessione delle aree standard.
I Signori Granelli non vi provvedevano neppure a seguito di diffida scritta comunicata in data 25.09.1995.
Successivamente il Comune adottava una variante al P.R.G., approvata poi il 25.03.1998, e l’area in questione dei Signori Granelli da zona a verde pubblico veniva classificata come D1 – produttiva di completamento.
Perciò la Società Energy Recuperator S.r.l., acquirente dai richiamati signori, in data 11.06.1998 chiedeva il rilascio di concessione edilizia per la realizzazione di un magazzino al servizio di attività produttiva.
A detta istanza veniva opposto il provvedimento 10.09.1998 n. 10843 contenente un diniego, fondato sulla circostanza che il titolo di proprietà fosse mancante di legittimità, essendo stata prevista la cessione gratuita al Comune del terreno cui la stessa faceva riferimento.
Come si legge nell’art. 28 della L. n. 1150/1942, la cessione di aree a standard si giustifica all’interno e in ragione della lottizzazione di aree.
Ma nel caso di specie, con la diversa destinazione urbanistica –D1 produttiva di completamento- attribuita alla zona per effetto di variante al P.R.G., si è determinata una riespansione delle potenzialità edificatorie dell’area considerata.
Venuta meno la funzione di standard del terreno, la cessione gratuita dello stesso, pretesa dall’Amministrazione comunale, è manchevole di causa e, come tale, nulla (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 27.02.2002 n. 366).
---------------
ATTENZIONE: in Internet gira una bozza di convenzione urbanistica, per l'attuazione di Piani Attuativi, conforme alle disposizioni del D.Lgs. n. 163/2006 in merito alla procedura di gara pubblica da osservare per lo scomputo delle opere di urbanizzazione da realizzare.
Tuttavia, l'articolato di tale bozza contiene un comma che, alla luce della sentenza sopra menzionata, risulta essere illegittimo il quale così recita:
"4. La cessione delle aree (ed eventualmente aggiungere «e l’asservimento all’uso pubblico») è fatta senza alcuna riserva per cui sulle stesse il Comune non ha alcun vincolo di mantenimento della destinazione e della proprietà pubblica attribuite con il piano attuativo e con la convenzione; esso può rimuovere o modificare la destinazione e la proprietà nell’ambito del proprio potere discrezionale di pianificazione e di interesse patrimoniale, senza che i proponenti possano opporre alcun diritto o altre pretese di sorta.".
Quindi, fate attenzione a non inserire in convenzione la suddetta disposizione !! (12.04.2010)

AGGIORNAMENTO AL 06.04.2010

ã

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

LAVORI PUBBLICI: G.U. 02.04.2010 n. 77 "Attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni" (D.Lgs. 23.02.2010 n. 49).

DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA

PUBBLICO IMPIEGO: Passaggio diretto di personale mediante procedure di mobilità tra amministrazioni diverse, ai sensi dell'art. 30 del d.lgs. 30.03.2001, n. 165 e successive modifiche ed integrazioni. Applicazione dei limiti in materia di assunzioni e vincoli sulla spesa di personale (parere UPPA 19.03.2010 n. 13731 di prot. - link a www.innovazionepa.gov.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Parere al Ministero dell'Interno in merito alla possibilità di procedere, a seguito della legge di conversione del d.l. 194/2009, alle assunzioni di personale autorizzate con DPCM 23.04.2009 e con DPR 28.08.2009, nonché di poter attuare le procedure di mobilità pubblicate nella G.U. 4^ serie speciale Concorsi ed esami del 30.09.2008 (parere UPPA 15.03.2010 n. 12694 di prot. - link a www.innovazionepa.gov.it).

QUESITI & PARERI

EDILIZIA PRIVATA: Agibilità. Sanzioni previste art. 4 D.P.R. 380/2001.
Il Comune pone una serie di quesiti in materia di agibilità, con particolare riferimento alle sanzioni previste dall’art. 24 del D.P.R. 380/2001.
1. L’ente, in primo luogo, chiede quale sia l’ufficio comunale competente all’irrogazione della sanzione amministrativa di cui al comma 3 dell’art. 24 del citato D.P.R. 380/2001, ai sensi del quale “la mancata presentazione della domanda (di rilascio del certificato di agibilità) comporta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 77 a 464 euro”.
2. In secondo luogo si chiede di individuare l’ente legittimato ad incassare i proventi della predetta sanzione.
3. Il Comune chiede, altresì, quale sia l’autorità competente a ricevere il ricorso sull’irrogazione della sanzione.
4. Infine, si chiede quali azioni amministrative possa intraprendere il Comune in caso di continuazione della condotta omissiva da parte dell’interessato  (Regione Piemonte, parere n. 7/2010 - link a www.regione.piemonte.it).

ENTI LOCALI: Spese di manutenzione dell’orologio del campanile di proprietà della Curia della Chiesa parrocchiale.
Il sindaco del Comune di (omissis) chiede se esista una normativa di riferimento utile ad accollare al Comune le spese di manutenzione dell’orologio inserito nel campanile della Chiesa Parrocchiale, di proprietà della Curia (Regione Piemonte, parere n. 6/2010 - link a www.regione.piemonte.it).

URBANISTICA: Procedimento espropriativo piano particolareggiato.
Sono stati posti diversi quesiti in merito ad un complesso procedimento espropriativo inerente l’attuazione di un Piano particolareggiato con previsione di comparti ex art. 46 L.U.R.
I termini salienti della questione vengono riferiti come segue:
- nel marzo 2001 venne approvata una variante di P.P. con previsione di comparti edificatori ex art. 23 L. 1150/1942 ed ex art. 46 L.U.R.;
- nella delibera di approvazione di tale variante –comportante dichiarazione di pubblica utilità in forza dell’art. 16, comma 9, L. 1150/1942 e dell’art. 40, comma 4, L.U.R.– non vennero indicati, come previsto dall’art. 13 L. 2359/1865, i termini per l’inizio e la fine dei lavori e delle espropriazioni;
- ritenendosi valida ed efficace la dichiarazione di P.U. conseguente all’approvazione di tale variante al P.P., nel 2002 i consorziati di uno dei comparti di intervento richiesero al Comune l’attivazione della procedura ablatoria; il Comune quindi –previa comunicazione di avvio del procedimento– approvò con delibera di Giunta il piano particellare di esproprio attuativo del comparto e definì i termini per l’inizio e la fine delle espropriazioni; quindi procedette all’occupazione di urgenza ed all’immissione nel possesso;
- nel settembre 2009 i consorziati di un altro comparto di intervento hanno comunicato al Comune la costituzione di tale consorzio ed hanno richiesto di procedere ad espropriazione nei confronti dei proprietari dissenzienti;
- il comparto in questione ricade in area che non è edificabile in forza del Piano per l’Assetto Idrogeologico; la variante di adeguamento del Piano Regolatore comunale al PAI (il cui progetto preliminare è già stato adottato e pubblicato) se approvata consentirebbe l’attuazione di quanto previsto dal Piano Regolatore e dal P.P. Premessa la situazione ora schematizzata e sintetizzata, il Comune formula puntuali interrogativi circa la sussistenza di valida ed efficace dichiarazione di P.U.; la natura delle iniziative che possano e debbano essere assunte dal Comune; la rilevanza della attuale inedificabilità dell’area, derivante dal PAI, con riferimento all’eventuale espropriazione di essa (Regione Piemonte, parere n. 3/2010 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: P.R.G. del Comune. Applicazione norme di attuazione in assenza di disposizioni normative nazionali e regionali.
Vengono chiesti quattro distinti pareri su specifiche questioni in materia edilizia.
1- Con il primo quesito il Comune segnala che “in passato è stato permesso il recupero di strutture adibite a fienili o altro in zona centro storico, purché chiuse su tre lati (così veniva detto verbalmente); le norme del piano riportano: “nel centro storico è concessa la ristrutturazione edilizia di tipo A per l’utilizzazione per fini abitativi delle strutture tecniche originariamente destinate al servizio agricolo, con l’esclusione delle tettoie, quando tali strutture tecniche siano sostanzialmente incorporate nel nucleo abitativo preesistente”.
Il Comune chiede di sapere “in che cosa differisce una struttura tecnica da portico” e se “la chiusura su tre lati è conditio sine qua non”.
Segnala, altresì, il Comune che “spesso ci si è trovati di fronte a fabbricati accatastati in un modo (esempio in classe A4), generalmente prima di una compravendita, e in realtà si tratta di fabbricati utilizzati come fienile o magazzini e non si trova in Comune un’adeguata pratica di cambio di destinazione d’uso”.
A tal proposito, chiede il Comune di sapere “come occorre comportarsi in tali casi, se occorre prendere atto della pratica di accatastamento oppure richiedere una pratica di cambio di destinazione d’uso”.
2- Il Comune richiedente segnala che le norme di P.R.G.C. recitano: “Non sarà ammessa in alcun caso la realizzazione di recinzioni cieche per nuove delimitazioni fondiarie” e “In tutte le zone indicate dal Piano regolatore generale le recinzioni verso le vie pubbliche e gli spazi pubblici ad uso pubblico e le vie private debbono essere “a giorno” e non superare l’altezza massima di mt. 2. Esse dovranno essere costruite nella parte fuori terra da uno zoccolo in muratura di mattoni o in calcestruzzo di altezza non superiore a mt. 0,50 dal suolo, sormontato da rete metallica o da cancellata metallica, tali da consentire il massimo di visibilità trasversale. Possono essere concesse autorizzazioni in deroga, a quanto prescritto in caso di restauro e completamento di recinzioni esistenti o muri divisori esistenti, quando non si abbiano, ad esclusivo giudizio della Commissione Edilizia, a riscontrare ragioni negative da carattere tecnico ed estetico”.
Chiede, dunque, il Comune di sapere se “una recinzione costituita da un muro alto 1,60 mt. con delle vedute a semiluna, situata sul confine tra una zona compromessa e aree agricole possa essere di danno a diritti di terzi”.
3- Con il terzo quesito, il Comune chiede di sapere se “è possibile la realizzazione di una scala per accedere ad un edificio a confine con una piazza pubblica o queste vengono considerate alla stregua di strade pubbliche e come tale anche una semplice scala deve arretrare di x metri”.
4- Con il quarto quesito, il Comune chiede di sapere se “nel caso di oneri pagati per una ristrutturazione che successivamente, per vari motivi, non si vuole più eseguire, l’Ente Comunale è tenuto a restituire la somma versata per il rilascio degli oneri” (Regione Piemonte, parere n. 2/2010 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Interventi in area a rischio idrogeologico. Variante al P.R.G..
Il quesito posto attiene alla assentibilità di un impianto idroelettrico; in particolare il Comune richiedente riferisce che è stata presentata domanda di permesso di costruire per la riattivazione del salto idrico già in passato sfruttato da una carderia, ipotizzando due diverse ed alternative soluzioni progettuali, che si differenziano in sostanza per il posizionamento della turbina-generatore.
Premesso che i terreni oggetto dei richiesti interventi rientrano secondo le cartografie del PAI nella zona I – Area a rischio idrogeologico molto elevato (RME), che il Comune non ha ancora proceduto al perfezionamento della Variante di adeguamento del proprio P.R.G. al PAI e che detti terreni rientrano in forza del P.R.G. vigente in parte in zona E (agricola) ed in parte in area C8 (residenziale-artigianale), si richiede parere in ordine ai seguenti aspetti:
- se sia legittimo il rilascio di un Permesso di costruire un impianto idroelettrico
in area RME;
- se detto Permesso di costruire sia rilasciabile anche in assenza di adeguamento del P.R.G. al PAI;
- se le due ipotesi progettuali proposte siano compatibili con la pianificazione comunale e di bacino (Regione Piemonte, parere n. 163/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Usi civici in zone montane e collinari.
Per l'utilizzo dei pascoli di proprietà del Comune (omissis) esiste il diritto di "uso civico" in favore della popolazione residente. Un tempo tale diritto era esercitato da decine e decine di famiglie che traevano sussistenza dall'allevamento di un numero individuale limitatissimo di capi bovini (mai superiore a dieci). Oggi esistono invece pochissime aziende con centinaia di capi ciascuna.
La crescita continua del numero di detti bovini (circa 500 in tre aziende) provoca continue difficoltà all'amministrazione comunale nell' assegnazione annuale dei pascoli, pur essendosi dotata nel 2003 di un apposito Regolamento per l'esercizio degli usi civici sul proprio territorio, modificato nel 2005. Difficoltà dovute anche alla limitata quantità di territorio disponibile (non esistono pascoli liberi) sia per l'impoverimento crescente negli anni della capacita di "carico" dei pascoli stessi, dovuto alla riduzione della capacità produttiva di erba e all'aumento degli infestanti e delle zone abbandonate.
Il quesito La legge 1766 del 16.06.1927, che regola ancora oggi gli usi civici, li classifica in due classi: "essenziali" ed "utili".
E' dall'interpretazione di questi due termini -scrive il sindaco di (omissis)- che ha origine il quesito:
1) - Cosa si intende per essenziale e cosa per utile?
2) - E' corretto e legalmente sostenibile, per un uso civico che trae le sue origini e le sue motivazioni sulla sostenibilità di una comunità, che lo stesso diritto venga esercitato solo per arricchimento di una singola azienda? In extrema ratio, può una sola azienda, pur se residente nel territorio comunale, accaparrarsi il diritto di utilizzo dell'intero territorio comunale?
3) - Possono essere posti dei limiti all'utilizzo con un numero massimo di capi di bestiame, come era correttamente stabilito nei regolamenti frazionali del secolo scorso?
4) - Se è corretta l'interpretazione dell'utile quale diritto ad utilizzare i pascoli comunali in modo da ricavarne vantaggi economici che eccedono quelli necessari al sostentamento personale/famigliare, e quindi a fini essenzialmente economici di arricchimento, questo può essere illimitato o può essere posto un limite? (Regione Piemonte, parere n. 157/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Installazione impianti produzione energia elettrica in fasce di rispetto comunale.
Si chiede parere in merito alla possibilità di assentire l’installazione di impianti di produzione di energia elettrica dal fonti rinnovabili in aree protette, in aree caratterizzate da elevata pericolosità geomorfologica (classe III), in fascia di rispetto cimiteriale ed in fascia di rispetto dei pozzi di captazione delle falde freatiche (Regione Piemonte, parere n. 144/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, Il nuovo procedimento di autorizzazione paesaggistica (AL n. 3/2010).

AMBIENTE-ECOLOGIA: C. Rapicavoli, Soppressione Autorità d'Ambito Territoriale per la gestione delle risorse idriche e per la gestione dei rifiuti urbani - Legge 26.03.2010 n. 42 (link a www.ambientediritto.it).

LAVORI PUBBLICI: Quali rimedi ha il cittadino nel caso in cui il Comune non provveda a eseguire la manutenzione delle strade? Distinzione tra strade normali e strade vicinali.
Ci giungono frequentemente quesiti riguardanti i rimedi a disposizione del cittadino nel caso in cui il Comune non provveda a effettuare la manutenzione delle strade.
Pubblichiamo una nota dell'avv. Marta Bassanese, che approfondisce la questione, distinguendo a seconda che si tratti delle normali strade pubbliche oppure delle strade vicinali (private oppure di uso pubblico), dato che vengono in rilievo normative differenti (link a
http://venetoius.myblog.it).

APPALTI: L. Bellagamba, AVVALIMENTO – L’istituto è inutilizzabile per comprovare il possesso di un’autorizzazione amministrativa (link a www.linobellagamba.it).

ENTI LOCALI: L. Bellagamba, Un Comune non può indire una gara per la selezione della migliore proposta di realizzazione di un impianto di energia rinnovabile (un parco eolico) (link a www.linobellagamba.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: L. Bellagamba, Poiché quello dell’avvalimento costituisce principio generale ed ordinario, a maggior ragione per un raggruppamento orizzontale non può essere imposto il principio della corrispondenza sostanziale fra quote di qualificazione e quote di esecuzione (link a www.linobellagamba.it).

APPALTI: L. Bellagamba, Il problema se il beneficio del “quinto” giovi a raggiungere le quote “minime” di qualificazione previste per i raggruppamenti orizzontali - La tesi positiva sostenuta dal Consiglio di Stato (link a www.linobellagamba.it).

EDILIZIA PRIVATA: V. Montaruli e S. Rocca, La disciplina delle distanze minime tra i fabbricati nel nuovo assetto costituzionale (link a www.diritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: A. Buzzanca, La risarcibilità del danno da diniego illegittimo all’accesso agli atti amministrativi (link a www.diritto.it).

PUBBLICO IMPIEGO: C. A. Sirna - A. Sirna - M. Sirna, Pubblica Amministrazione. Affidamenti incarichi dirigenziali. Ipotesi di spoils system di fatto legiferate. Riflessioni sulla costituzionalità delle medesime (link a www.diritto.it).

URBANISTICA: N. D'Angelo, Nuovo piano di lottizzazione e "variante" al piano già approvato: differenze (L'Ufficio Tecnico n. 3/2010).

EDILIZIA PRIVATA: G. Ciaglia, Le opere di urbanizzazione a scomputo dopo il terzo correttivo: gestione della gara (L'Ufficio Tecnico n. 2/2010).

INCARICHI PROFESSIONALI: M. Balestieri, Consulenza illegittima: la prova dell'utilità della prestazione incombe sul soggetto convenuto (L'Ufficio Tecnico n. 2/2010).

NEWS

ENTI LOCALI - VARI: Prescrizione in cinque anni per Tarsu e Tosap.
L'iscrizione a ruolo notificata al contribuenti in materia di tributi periodici (quali la tassa di smaltimento rifiuti, la tassa di occupazione del suolo pubblico e i contributi per il consorzio di bonifica) si prescrive nei cinque anni successivi alla notifica, se non viene notificato entro tale termine, l'avviso di mora ad esse relativo.

Sono queste le conclusioni cui è giunta la Corte suprema di cassazione, con la sentenza n. 4283, depositata il 23.02.2010 e relativa all'udienza del 17.12.2009, che ha esaminato il contenzioso riguardante un contribuente il quale nell'anno 2002, a seguito della notifica di tre avvisi di mora relativi ai tributi locali dianzi ricordati, proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale, chiedendo che fosse dichiarata l'intervenuta prescrizione quinquennale.
Infatti il presente caso è giunto alla Corte di cassazione, dopo che il contribuente si era visto respingere il proprio ricorso, sia dalla Ctp che dalla Ctr. Le decisioni dei giudici di merito vertevano principalmente sulla tesi secondo la quale ai crediti tributari in argomento fosse applicabile la prescrizione ordinaria decennale, contemplata dall'art. 2946 c.c..
Di diverso avviso, naturalmente, il contribuente che riteneva applicarsi al caso in specie, l'art. 2948 n. 4) c.c. che invoca la prescrizione cosiddetta breve, e cioè quinquennale per ciò «che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi».
Le due tesi, contrapposte, possono essere così riassunte:
1) la prescrizione quinquennale, prevista per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad un anno, ovvero in termini più brevi, si riferisce alle obbligazioni caratterizzate dal fatto che la prestazione sia suscettibile di adempimento solo con decorso del tempo, in modo che soltanto con il decorso del tempo si realizza la causa del rapporto obbligatorio e può essere soddisfatto l'interesse del creditore per il tramite della recezione di più prestazioni, aventi un titolo unico, ma autonome fra loro;
2) la prescrizione decennale, invece, trova applicazione con riguardo alle prestazioni unitarie, suscettibili di esecuzione così istantanea, come differita, e in cui può essere prevista una pluralità di termini successivi.
In base a tali assunti, i giudici hanno ritenuto che «i tributi di cui è causa, siano elementi strutturali di un rapporto sinallagmatico caratterizzato da una causa debendi di tipo continuativo suscettibile di adempimento solo con decorso del tempo in relazione al quale l'utente è tenuto ad una erogazione periodica, dipendente dal prolungarsi sul piano temporale della prestazione erogata dall'ente impositore o del beneficio dalla stesso concesso».
Invero, in tutti i casi considerati, l'utente è tenuto a pagare periodicamente una somma che, sia pure autoritativamente determinata, costituisce corrispettivo di un servizio a lui reso, o richiesto (concessione di uso di suolo pubblico, di uso di passo carrabile) o imposto (tassa per smaltimento rifiuti, contributo opere di risanamento idraulico del territorio) che intanto si giustifica in quanto anno per anno il corrispondente servizio venga erogato; né è necessario, sempre ad avviso dei giudici della Cassazione, per ogni singolo periodo contributivo, un riesame della esistenza dei presupposti impositivi, che permangono fino alla verificazione di un mutamento obbiettivo della situazione di fatto giustificante il servizio, né il corrispettivo potrebbe dall'utente essere corrisposto in unica soluzione, in quanto ab initio non determinato e non determinabile, né nell'entità, né nella durata.
Nella sentenza si osserva che «nessun rilievo può darsi alla osservazione che l'importo dei pagamenti annuali ed infrannuali possa variare nel tempo, in quanto tali variazioni non dipendono da nuova negoziazione del rapporto, che rimane stabile, ma da variazioni del costo dei servizi prestati, il cui addebito da parte degli enti impostori discende da considerazioni di politica fiscale ed economica rapportata alla generalità degli utenti del servizio e indipendenti dalla volontà del singolo contribuente
In sostanza, quindi, l'ipotesi in argomento è assimilabile ai pagamenti relativi al corrispettivo per forniture elettriche od idriche, con l'unica differenza che, in ragione della natura impositiva del rapporto, i corrispettivi che integrano i tributi in esame non sono immediatamente legati alla entità del beneficio conseguito dal contribuente o alla entità dei consumi dello stesso, come peraltro insito nello stesso concetto generale di tributo.
Concludendo, i giudici ricordano che, in base all'art. 26 del dpr 29/09/1973 n. 602, il concessionario è obbligato a conservare per un quinquennio la copia delle cartelle di pagamento e dei relativi attestati di ricevimento. Da ciò essi fanno discendere una presunzione della volontà del legislatore, di ritenere corretta la prescrizione quinquennale dei tributi o contributi in argomento.
Pertanto, in base a quanto evidenziato, la Cassazione ritiene che i tributi relativi alla Tarsu, alla Tosap e a quelli già ricordati, siano sottoposti alla prescrizione breve indicata nel termine di cinque anni, in virtù dell'art. 2948 n. 4) c.c. (articolo ItaliaOggi del 02.04.2010, pag. 34).

PUBBLICO IMPIEGO: PERSONALE/ Anche negli enti locali non trova ostacoli l'applicazione del decreto 165/2001. Contratto anche senza sindacato. Subito operante il potere unilaterale dell'amministrazione.
Il potere di fissare unilateralmente i contenuti della contrattazione in assenza di accordo con la parte sindacale opera da subito e non è condizionato dalla definizione dei tempi della negoziazione, da parte dei contratti collettivi.
Per tutte le amministrazioni pubbliche, ivi compresi gli enti locali, è immediatamente possibile e doveroso applicare l'articolo 40, comma 3-ter, del dlgs 165/2001, come novellato dal dlgs 150/2009, ai sensi del quale «al fine di assicurare la continuità e il migliore svolgimento della funzione pubblica, qualora non si raggiunga l'accordo per la stipulazione di un contratto collettivo integrativo, l'amministrazione interessata può provvedere, in via provvisoria, sulle materie oggetto del mancato accordo, fino alla successiva sottoscrizione. Agli atti adottati unilateralmente si applicano le procedure di controllo di compatibilità economico-finanziaria previste dall'articolo 40-bis».
Ha espresso una tesi diversa l'Anci nelle Linee guida sull'applicazione della riforma Brunetta all'ordinamento locale.
Secondo l'associazione, l'articolo 40, comma 3-ter potrebbe essere applicato solo una volta che i prossimi contratti collettivi nazionali abbiano definito il termine delle sessioni negoziali in sede decentrata, al cui spirare le parti potranno assumere le rispettive prerogative e libertà di iniziativa e decisione. Tale presupposto all'unilaterale decisione sarebbe richiesto dall'articolo 40, comma 3-bis, ultimi due periodi, ai sensi del quale “i contratti collettivi nazionali definiscono il termine delle sessioni negoziali in sede decentrata”. Alla scadenza del termine le parti riassumono le rispettive prerogative e libertà di iniziativa e decisione.
Detta interpretazione, tuttavia, non può essere condivisa. In primo luogo, si deve osservare che il comma 3-ter non contiene alcun condizionamento espresso della sua operatività rispetto alla contrattazione collettiva. Né tale rapporto di presupposizione della previsione espressa del termine delle sessioni negoziali può, in via interpretativa, essere desunto. Infatti, il comma 3-bis si limita a fissare per la contrattazione collettiva di tutti i comparti un contenuto obbligatorio: il termine delle sessioni negoziali. Null'altro.
C'è da osservare, per altro, che per il comparto regioni autonomie locali il Ccnl 01/04/1999, all'articolo 4, comma 4, già determina in 30 giorni, prorogabili di altri 30, la durata delle sessioni. Sicché, la norma contenuta nel comma 3-bis dell'articolo 40 per regioni ed enti locali non avrebbe che valore ricognitivo. È erroneo ritenere che la durata della sessione prevista dall'articolo 4, comma 4, del Ccnl riguardi solo le materie non soggette ad obbligo di stipulazione. La durata vale per l'intera gamma delle trattative; per le materie non soggette ad obbligo di stipulazione alla scadenza il contratto consente alle parti di riassumere le rispettive prerogative e libertà di iniziativa e decisione.
In secondo luogo, si deve sottolineare come non vi sia alcuna relazione tra la durata delle sessioni negoziali e il potere di definire unilateralmente i contenuti della contrattazione decentrata. Lo scopo della previsione dei termini delle sessioni negoziali è definire su quali ambiti della contrattazione esista un obbligo a contrattare e su quali altri un obbligo a stipulare.
Nel primo caso, una volta scaduto il termine della sessione, le parti possono autonomamente riassumere la libertà di iniziati. Nel caso, invece, della sussistenza dell'obbligo a stipulare, no: le parti sono tenute comunque a giungere alla prestazione del consenso. Ovviamente, l'articolo 40, comma 3-ter, esplica effetti solo per il caso di materie sulle quali sussista un obbligo a stipulare. Infatti, la norma si riferisce espressamente al mancato raggiungimento dell'accordo per stipulare un contratto decentrato. In questo caso, il termine della sessione risulta indifferente: le parti dovrebbero comunque perseguire l'accordo, anche a oltranza.
In ogni caso, essendo già previsto dalla contrattazione collettiva nazionale del comparto regioni-autonomie locali l'obbligo a stipulare esclusivamente per le materie aventi ad oggetto i criteri per destinare le risorse finanziarie ai vari istituti del trattamento economico accessorio, risulta evidente che nel caso di mancato accordo su questi ambiti, le amministrazioni possono già agire unilateralmente, per scongiurare pregiudizi alla continuità ed efficienza dello svolgimento delle loro funzioni. Non è assolutamente necessario che intervenga una nuova contrattazione collettiva nazionale in merito, perché la durata delle sessioni è già fissata.
E, comunque, l'articolo 40, comma 3-ter ha l'evidente fine di evitare sessioni contrattuali infinite, causate spesso da pregiudiziali alla stipulazione illegittime (come clausole per accordarsi su materie non comprese nella contrattazione, quali le progressioni orizzontali), che rischiano di indurre le amministrazioni ad accettare condizioni in violazione dei vincoli alla contrattazione (articolo ItaliaOggi del 02.04.2010, pag. 31).

ENTI LOCALI: Pubblicità: divieti con limiti. Illegittimo il "no" generalizzato (articolo Il Sole 24 Ore del 29.03.2010 - link a www.corteconti.it).

CONSIGLIERI COMUNALIOSSERVATORIO VIMINALE/ Rimborsi da circoscrivere. Gettone di presenza solo per la partecipazione all'assemblea e alle commissioni. Ai consiglieri delegati solo le spese di viaggio.
Un consigliere comunale, delegato dal sindaco allo svolgimento delle funzioni ai sensi dell'art. 54 del dlgs n. 267/2000, a quali spese o rimborsi ha diritto?

In base al testo vigente dell'art. 82, comma 2, del Tuel, così come sostituito dal comma 25 dell'art. 2 della legge 24.12.2007, n. 244, i consiglieri comunali hanno diritto a percepire un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. Né con la norma citata, né in altre disposizioni relative ai compensi spettanti agli amministratori locali, viene quindi attribuita rilevanza alle funzioni delegate dal sindaco ai consiglieri, le quali vengono considerate solo ai fini del rimborso delle spese di viaggio (cfr. art. 84, comma 3, del citato dlgs), mentre hanno diritto a percepire una indennità di funzione solo gli amministratori indicati al comma 1 del citato art. 82.
In merito alle spese di viaggio si rileva che l'art. 84 del Tuel, così come modificato dall'art. 2, comma 27, della L. n. 244/2007 (legge finanziaria 2008), prevede il rimborso delle spese di viaggio agli amministratori locali in due ipotesi per gli spostamenti effettuati, in ragione del mandato e previa autorizzazione, fuori del capoluogo del comune ove ha sede l'ente di appartenenza (comma 1) e per i trasferimenti effettuati dagli amministratori, che risiedono fuori del capoluogo del comune, per partecipare alle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate (comma 3).
È da ritenere che il caso rappresentato nel quesito sia riconducibile all'ipotesi di cui all'art. 84, comma 1, purché il consigliere si munisca di volta in volta di una autorizzazione del presidente del consiglio comunale. Per le tali spese di viaggio occorre precisare che se il consigliere con funzioni delegate si sposta con i mezzi pubblici di linea, al medesimo va rimborsato l'intero importo sostenuto; se invece l'amministratore è autorizzato all'uso del mezzo proprio per l'espletamento delle funzioni delegate, al medesimo va rimborsato un quinto del costo della benzina per ogni chilometro.
In merito è necessario rilevare che sull'articolo 84 del Tuel incide l'art. 77-bis, comma 13, inserito dalla legge di conversione 06.08.2008, n. 133 del dl n. 112/2008 il quale prevede, per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2009-2011, che il rimborso per le trasferte dei consiglieri comunali e provinciali sia calcolato sulla base del quinto del costo della benzina per ogni chilometro.
Per quanto , invece, riguarda il rimborso forfetario l'ente potrà liquidare le spese sulla base del decreto interministeriale del 12.02.2009 concernente «Fissazione della misura del rimborso delle spese sostenute dagli amministratori locali in occasione delle missioni istituzionali», pubblicato nella G.U. n. 67 del 21.03.2009 (articolo ItaliaOggi del 26.03.2010, pag. 37).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI: Gare, contributi con carta di credito.
Dal 1° maggio imprese e i professionisti potranno pagare il contributo per partecipare alle gare con carta di credito o tramite Lottomatica servizi (presso i tabaccai), previa iscrizione al nuovo «servizio di riscossione» on-line dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici; le stazioni appaltanti saranno tenute al pagamento attraverso bollettini Mav.

È quanto ha comunicato l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici con le istruzioni operative per le nuove modalità di versamento (consultabili sul sito www.avcp.it) che fanno seguito alla deliberazione 15.02.2010 con la quale l'organismo di vigilanza presieduto da Luigi Giampaolino aveva stabilito l'ammontare delle contribuzioni (invariate rispetto al 2009) e le nuove modalità di versamento (per le quali si era rinviato alle istruzioni diffuse ieri).
La prima novità è che per eseguire il pagamento, indipendentemente dalla modalità di versamento utilizzata e anche per i soggetti già iscritti al vecchio servizio, occorrerà iscriversi preventivamente on-line al nuovo «servizio di riscossione», che sarà disponibile sul sito dell'Autorità, www.avcp.it, dal 1° maggio 2010.
Nelle istruzioni viene previsto che le stazioni appaltanti potranno procedere al pagamento quadrimestrale a mezzo bollettino, mentre le imprese e i professionisti effettueranno il versamento tramite Lottomatica Servizi.
Per le stazioni appaltanti l'Autorità, ogni quattro mesi a partire dal 1° maggio 2010 (prima emissione prevista per il 1° settembre) metterà a disposizione in apposita area riservata, un bollettino di pagamento mediante avviso (Mav) intestato alla stazione appaltante o, su richiesta, al singolo centro di costo, pari alla somma degli importi dovuti per ciascun «Numero gara» assegnato dal Sistema informativo di monitoraggio gare (Simog). Imprese e professionisti dovranno invece collegarsi al servizio con le credenziali rilasciate a seguito dell'iscrizione e inserire il codice Cig della gara.
Il sistema consentirà il pagamento diretto mediante carta di credito oppure la produzione di un modello da presentare a uno dei punti vendita Lottomatica Servizi (presso la rete dei tabaccai lottisti abilitati al pagamento di bollette e bollettini).
Nel primo caso l'impresa o il professionista dovrà allegare all'offerta copia della ricevuta di pagamento on-line trasmessa via posta elettronica dall'Autorità; nel secondo caso andrà invece allegato l'originale dello scontrino rilasciato dal punto vendita (articolo ItaliaOggi del 02.04.2010, pag. 29).

CORTE DEI CONTI

ENTI LOCALI: I contratti decentrati non possono ripartire le risorse a posteriori. La corte conti della Lombardia stigmatizza i ritardi negli accordi di secondo livello.
I contratti decentrati non possono prevedere criteri di ripartizione della parte variabile della retribuzione dei dipendenti a gestione ormai scaduta.

La Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo della Lombardia, col parere 08.03.2010 n. 287 chiarisce uno dei punti maggiormente controversi del sistema di contrattazione decentrata, in particolare negli enti locali.
Molto, forse troppo, spesso comuni e province stipulano i contratti decentrati con rilevante ritardi: nella parte finale dell'anno di riferimento, se non l'anno successivo. Essenzialmente, i contratti di secondo livello sono finalizzati a stabilire la ripartizione delle risorse del fondo della contrattazione decentrata. Le parti, infatti, non possono contrattare sulla quantificazione delle risorse, potestà esclusiva dell'amministrazione, ma sulla destinazione delle risorse.
La sezione si è pronunciata su una richiesta di parere rivoltale da un comune che non ha assegnato obiettivi né individuali, né settoriali, ai propri dipendenti, né stipulato negli anni 2008 e 2009 i contratti decentrati, rimanendo privo della fissazione formale del fondo destinato alla produttività. L'ente, pertanto, ha chiesto se sia possibile stipulare il contratto integrativo in un anno successivo a quello di pertinenza ed in assenza della fissazione degli obiettivi gestionali.
La Corte dei conti ha inevitabilmente evidenziato che col contratto decentrato non risulta possibile determinare a posteriori criteri di ripartizione delle risorse decentrate, con particolare riferimento soprattutto a quelle connesse col risultato. Infatti, come evidenzia con chiarezza l'articolo 18 del Ccnl 01.04.1999, come modificato dall'articolo 37 del Ccnl 22.02.2004, occorre che gli enti determinino in via preventiva gli obiettivi cui correlare l'assegnazione degli incentivi per il conseguimento dei risultati.
Nel caso di specie esaminato dalla sezione, dunque, risulta impossibile considerare legittima una contrattazione conclusa dopo l'anno di pertinenza e in assenza della predeterminazione degli obiettivi. La Corte, anzi, ritiene sussistano in ogni caso «forti dubbi sulla liceità di contratti integrativi conclusi dopo la scadenza del periodo di riferimento».
A ben vedere, l'illiceità non riguarda tanto la conclusione del contratto, quanto l'assenza della predeterminazione degli obiettivi. Laddove un ente locale disponga di un sistema di valutazione e di controllo interno capace ogni anno di estrapolare dal piano esecutivo di gestione o, per gli enti non obbligati ad adottarlo, dal piano dettagliato degli obiettivi i risultati da conseguire e gli indicatori per valutarli, l'assenza o il ritardo della contrattazione non costituisce di per sé illegittimità. Infatti, il presupposto per la corretta distribuzione del risultato è la preventiva fissazione e pesatura degli obiettivi, sulla quale la contrattazione non ha alcuna competenza, essendo appannaggio esclusivo dell'amministrazione. Il contratto decentrato occorre, invece, per verificare concretamente quanto venga destinato all'incentivazione del risultato. Il ritardo, allora, nella stipulazione causa il ritardo nell'erogazione. Ovviamente, se manchi la predeterminazione degli obiettivi, la contrattazione non può svolgere alcuna funzione a sanatoria.
La situazione esemplificata dalla richiesta di parere si manifesta soprattutto quando l'amministrazione non trova l'accordo con le parti sindacali. Spesso, però, gli enti dimenticano che in assenza del nuovo contratto, continuano a prodursi gli effetti di quello precedente. Pertanto, laddove il sistema di valutazione sia funzionante, potrebbero comunque distribuire il salario accessorio in base al contratto precedente, se non disdettato.
Per superare l'impasse dell'assenza di accordo, l'articolo 40, comma 3-ter, del dlgs 165/2001, come novellato dal dlgs 150/2009 consente alle amministrazioni di adottare un atto unilaterale, sostitutivo del contratto non concluso. Questo potere dovrebbe consentire alle parti di rispettare i tempi concordati per la negoziazione e contrattazione, senza atteggiamenti dilatori che causino ritardi nella stipulazione, potenzialmente oggetto di rilievi di legittimità da parte della magistratura contabile (articolo ItaliaOggi del 26.03.2010, pag. 36).

EDILIZIA PRIVATA: Richiesta di parere dal Sindaco del Comune di Brignano Gera D'Adda (Bg) per poter ricorrere ad una professionalità esterna per la copertura del posto di responsabile dell'Ufficio è presupposto essenziale di legittimità che il Comune abbia verificato l'assenza di professionalità analoga al suo interno ...
L’art. 110, comma 2, TUEL prevede che in tale tipologia di Enti (ndr: sprovvisti della dirigenza) il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi stabilisca i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, solo in assenza di professionalità analoghe presenti all'interno dell'ente, contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell'area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento della dotazione organica dell'ente arrotondando il prodotto all'unità superiore, o ad una unità negli enti con una dotazione organica inferiore alle 20 unità.
Dalla richiamata disciplina si evince che il legislatore, negli Enti di minori dimensioni, ha inteso privilegiare la valorizzazione delle professionalità interne rispetto al ricorso a soggetti esterni, coerentemente con la ratio di ottimizzazione delle risorse pubbliche che caratterizza in generale la normativa in materia di personale dipendente e che, per molti versi, pervade anche la disciplina degli incarichi esterni di natura non subordinata. Si rammenta, in proposito, che rientra fra le condizioni legittimanti il conferimento d’incarichi individuali nella P.A., di cui all’art. 7, comma 6, d.lgs. n. 165/2001, che l'amministrazione abbia preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno.
Per poter ricorrere ad una professionalità esterna per la copertura del posto di responsabile dell’Ufficio è quindi presupposto essenziale di legittimità che il Comune abbia verificato l’assenza di professionalità analoga al suo interno, condizione che dovrà essere attentamente valutata dal Comune di Brignano Gera d’Adda, che risulta già avere nella propria dotazione organica personale di categoria D.
Quanto al trattamento economico, è lo stesso art. 110, comma 3 TUEL che lo prevede equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali, e che può essere integrato, con provvedimento motivato della Giunta, da una indennità ad personam. Quest’ultima non è rimessa ad una mera contrattazione tra le parti ma, da un lato, trova il suo parametro quantitativo nella specifica qualificazione professionale e culturale richiesta all’incaricato, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali e, dall’altro, deve necessariamente essere definita in stretta correlazione con il bilancio dell'ente
(
Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 14.01.2010 n. 57 - link a www.corteconti.it).

GIURISPRUDENZA

CONDOMINIO: Gli ascensori saltano la revisione. Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso di Confedilizia annullando gli effetti del dm 23/07/2009. Stop alla verifica straordinaria: sarebbe costata 6 mld.
Stop alla revisione straordinaria degli ascensori. Il TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter, accogliendo un ricorso della Confedilizia, ha annullato con sentenza 01.04.2010 n. 5413 il decreto del ministero dello sviluppo economico del 23 luglio dello scorso anno che imponeva una verifica straordinaria degli impianti installati e messi in esercizio prima del 1999, dichiarando il provvedimento «illegittimo sotto tutti i profili». Un'operazione che secondo la Confederazione italiana della proprietà edilizia sarebbe costata qualcosa come 6 miliardi di euro.
La sentenza, spiega Confedilizia in una nota, sottolinea che il decreto «impone ai privati proprietari pesanti prestazioni personali e patrimoniali al di fuori di qualsiasi prescrizione legislativa e soprattutto lascia ampio spazio nella loro individuazione a una associazione privata (l'Uni), alle cui libere determinazioni, assunte nel tempo e finalizzate a un continuo adeguamento delle tecniche di valutazione dei rischi degli impianti, da essa imposte, dipende la loro progressiva quantificazione e i vantaggi economici che l'associazione ne ricava».
La riprova dell'«anomala e ingiustificata posizione di vantaggio che a essa si è ritenuto di assicurare, in danno dei proprietari», sottolinea anche la sentenza, «è già nell'obbligo fatto ai privati proprietari di acquisire, a un prezzo esoso, limitatamente a una sola copia del cartaceo recante il testo delle norme tecniche da osservare e “ad esclusivo uso del cliente”, la licenza da parte dell'Uni a utilizzare la normativa tecnica da essa predisposta, di cui è ritenuta proprietaria e che per questa ragione non è pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, come sarebbe doveroso per ogni normativa che alla collettività si impone di applicare».
La sentenza evidenzia, ancora, che «l'ordinamento vigente già impone ai proprietari di immobili dotati di ascensori due verifiche annuali e una straordinaria a opera di tecnici specializzati e autorizzati, con i relativi costi di non limitato livello».
Per effetto del decreto impugnato, «a detto sistema, niente affatto abrogato ma tuttora vigente e cogente», sottolinea la sentenza, «ora se ne sovrappone un altro motivato con riferimento alla migliore qualità che garantirebbero le tecniche Uni, come se la loro applicazione non potesse essere imposta ai tecnici che effettuano i primi controlli».
In sostanza, evidenzia la sentenza, «si mantiene in piedi un sistema, della cui efficacia si dubita, ma che obbliga i suoi operatori a segnalare immediatamente eventuali difetti dell'ascensore ai relativi proprietari perché provvedano a eliminarli, e a esso se ne sovrappone un altro, che introduce un'ulteriore verifica. Il primo controllore è controllato dal secondo, senza che sia neppure stabilito, in caso di esiti diversi, a quale dei due i privati proprietari devono conformarsi».
La sentenza è stata emessa in un procedimento nel quale la Confedilizia è stata difesa da Vittorio Angiolini, docente all'Università di Milano, e nel quale è intervenuta a sostegno del ricorso l'associazione consumatori Assoutenti.
Il presidente della Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani, ha dichiarato: «A pochi giorni dall'accoglimento del nostro ricorso contro l'attribuzione ai Comuni della possibilità di determinare la base imponibile delle imposte anche comunali come l'Ici, il Tar del Lazio ha accolto un altro nostro ricorso, annullando un provvedimento che avrebbe causato forti spese a condomini e proprietari di casa, calcolate da una società del settore ascensori in sei miliardi di euro. La Confedilizia si conferma come un preciso punto di riferimento per la difesa delle ragioni proprietarie» (articolo ItaliaOggi del 02.04.2010, pag. 24).

ATTI AMMINISTRATIVI: INFORMAZIONE AMBIENTALE - Richiesta inerente lo stato della pratica e il nominativo del responsabile del procedimento - Sussumibilità nel novero delle istanze di accesso - Esclusione - Disciplina in materia di accesso alle informazioni ambientali - D.lgs. n. 195/2005 - Art. 3-sexies d.lgs. n. 152/2006 - Oggetto della richiesta.
Ove si chieda di conoscere lo stato della pratica e il nominativo del responsabile del procedimento, la relativa richiesta non è qualificabile come istanza di accesso, in quanto volta a promuovere la conclusione del procedimento e ad assicurare la partecipazione allo svolgimento dello stesso (Tar Lazio, Roma, n. 292/2008).
Siffatta conclusione non muta per effetto del più ampio spettro di azione conferito all’istituto dalla normativa dettata in tema di accesso alle informazioni ambientali, di cui al decreto legislativo 19.08.2005, n. 195 ed all’articolo 3-sexies del d.lgs. 03.04.2006, n. 152, come aggiunto dal decreto correttivo n. 4 del 2008.
E’ vero che l’istituto dell’accesso alle informazioni ambientali non si assoggetta ai limiti soggettivi e oggettivi propri dell’accesso ai documenti amministrativi, nel senso che non è sottoposto al filtro soggettivo potendo essere esercitato da chiunque “senza essere tenuto a dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante”, né al limite oggettivo proprio della legge n. 241/1990 “potendo riguardare anche informazioni da elaborare appositamente, e non soltanto documenti già formati ed esistenti presso l’amministrazione” (cfr., Tar Campania, Napoli, n. 68/2010).
Resta tuttavia fermo che deve pur sempre trattarsi, ex art. 1 del d.l.vo n. 195/2005, di informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche e concernenti lo stato degli elementi dell'ambiente, i fattori che incidono o possono incidere sui suoi elementi, le misure, anche amministrative che incidono o possono incidere sui ripetuti elementi e fattori e così via seguendosi l’elencazione di cui all’art. 2 del decreto cennato (TAR Campania-Napoli, Sez. VI, sentenza 31.03.2010 n. 1752 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: ACQUA - Scarico diretto in corpo irriguo - Controversie - Regime delle acque pubbliche - Giurisdizione del TAR - Esclusione.
La controversia in materia di scarico non riversantesi in una rete fognaria o in un depuratore, ma direttamente in un corpo irriguo, con tutte le conseguenze relative alla sua utilizzazione, incidendo direttamente sul regime delle acque pubbliche, esula dalla giurisdizione del TAR (Trib. sup.re acque, 13.03.2009, n. 39, e 07.11.2008, n. 172) (TAR Abruzzo-Pescara, Sez. I, sentenza 30.03.2010 n. 220 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'applicabilità al servizio di illuminazione votiva cimiteriale dell'art. 113, c. 15-bis, T.U.E.L., che stabilisce la scadenza automatica delle concessioni di servizi pubblici locali affidate senza gara.
Il comune che si avvalga dell'opera di un privato, per le attività connesse all'illuminazione votiva cimiteriale, pone di regola in essere una concessione di pubblico servizio e non di opera pubblica, poiché normalmente detto impianto costituisce un semplice strumento rispetto all'esigenza prioritaria di consentire il culto dei defunti, anche attraverso la gestione del servizio di illuminazione.
Il d.m. 31.12.1983 classifica in modo espresso, come servizio pubblico locale, l'illuminazione votiva nel proprio articolo unico, al punto 18, ultima parte, per cui, nel caso di specie, correttamente l'ente locale ha ritenuto la concessione in esame come sottoposta alla previsione normativa di cui l'art. 113, c. 15-bis, t.u.e.l, contemplante la scadenza delle concessioni di servizi pubblici locali non affidate mediante gara, senza in alcun modo considerare le ragioni per le quali a suo tempo non si sarebbe fatto ricorso alla gara, prendendo atto di quanto disposto legislativamente e senza necessità di un apposito procedimento (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 29.03.2010 n. 1790 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: PUBBLICI APPALTI E AVVALIMENTO.
1. Appalto pubblico (in generale) - Criteri e principi - Massima partecipazione - Avvalimento - Disciplina.
2. Appalto pubblico (in generale) - Criteri e principi - Massima partecipazione - Istituto dell'avvalimento - Ratio - Normativa comunitaria.

1. Per l'utilizzazione dell'istituto dell'avvalimento -che consente ad un'impresa (concorrente alla gara) di ricorrere alle referenze di un'altra impresa (ausiliaria), al fine di dimostrare il possesso dei requisiti di capacità economica, finanziaria, tecnica, organizzativa necessari per partecipare ad una gara- occorre che il partecipante alla gara dimostri di disporre effettivamente dei requisiti di capacità economica, finanziaria, tecnica e organizzativa del soggetto di cui intende avvalersi (V. Cons. Stato, sez. VI, 22-04-2008 n. 1856).
2. Nell'avvalimento, quale ricavabile dalla sua genesi comunitaria, sussiste l'irrilevanza per la stazione appaltante dei rapporti sottostanti esistenti fra il concorrente e il soggetto "avvalso", essendo indispensabile unicamente che il primo dimostri di poter disporre dei mezzi del secondo, in adesione all'attuale normativa comunitaria (artt. 47 e 48 Direttiva n. 118/2004/CE ed art. 54 Direttiva n. 17/2004/CE), la quale espressamente prevede che un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con quest'ultimi (Cons. Stato, sez. 17-03-2009 n. 1589) (massima tratta da
http://mondolegale.it - TAR Veneto, Sez. I, sentenza 26.03.2010 n. 1011 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Opere realizzate in assenza del titolo abilitativo - Assenza di istanza di sanatoria - Compatibilità con la normativa urbanistica vigente - Permanenza dell’interesse pubblico all’eliminazione dell’abuso - Ordine di demolizione.
L’eventuale compatibilità delle opere con la normativa urbanistica vigente non può assumere efficacia dirimente in assenza di un’istanza di sanatoria, potendo tale profilo assumere precipuo rilievo, ai fini dell’accertamento di conformità in sede di procedura di sanatoria dell’opera abusiva, ma non potendo esso costituire un implicito surrogato dell’assenso edilizio concretamente non rilasciato.
Per questo motivo, la conformità urbanistica non costituisce elemento che porta di per sé a declassare l’interesse pubblico a reagire contro l’abuso edilizio, con le conseguenze del caso sotto il profilo del corredo motivazionale del provvedimento ingiuntivo.
Più in generale, va ribadito che il presupposto per l’adozione dell’ordine di demolizione di opere edilizie abusive resta essenzialmente la constatata realizzazione dell’opera in assenza del titolo abilitativo (o in totale difformità da esso), con la conseguenza che nella ricorrenza del predetto requisito l’ingiunzione demolitoria costituisce un atto dovuto (Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 3443/2002 ).
Abuso edilizio - Decorrenza di un ungo lasso di tempo - Inerzia dell’amministrazione - Affidamento del privato - Esercizio del potere repressivo - Onere motivazionale.
A seguito di un lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell'abuso ed del protrarsi dell'inerzia dell'amministrazione preposta alla vigilanza, può ritenersi ingenerata una posizione di affidamento nel privato, in relazione alla quale l'esercizio del potere repressivo è subordinato ad un onere di congrua motivazione che, avuto riguardo anche all'entità e alla tipologia dell'abuso, indichi il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (C.d.S., Sez. V, 04.03.2008, n. 883; C.d.S. Sez. V, n. 3270/2006) (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 25.03.2010 n. 1636 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sull'esclusione dalle gare per false dichiarazioni.
Il momento da cui decorre, per le Stazioni Appaltanti, l'obbligo (e non solo la facoltà) di escludere dalle gare chi le ha rese, non è quello dell'annotazione nel Casellario Informatico, bensì quello della sentenza che accerta in modo definitivo la sussistenza della causa di esclusione di cui all'art. 38, lett. h).
L'art. 38, c. 1, lett. h), del D.Lg. 163/2006, dispone che vanno esclusi dalle gare quei partecipanti che "nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara hanno reso false dichiarazioni in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara e per l'affidamento dei subappalti, risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio"
La contestazione in giudizio da parte di un concorrente della propria esclusione per aver reso false dichiarazioni ex art. 38, lett. h), annotata nel Casellario, "congela" gli effetti dell'annotazione medesima sino a quando non sia emessa sentenza definitiva sulla questione, e solo da tale data ricomincia a decorrere il periodo interdittivo previsto dalla legge (tesi minoritaria) (TAR Friuli Venezia Giulia, sentenza 25.03.2010 n. 198 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Art. 11 d.lgs. n. 42/2004 - Tipologie di “cose” suscettibili di tutela - Elenco - Rinvio alle disposizioni del medesimo testo normativo - Regime giuridico di tutela - Riferimento alla norma di volta in volta richiamata - Automatica ascrivibilità dei beni contemplati nell’art. 11 nel novero dei beni culturali - Esclusione - Indagine di natura tecnico-discrezionale.
L’art. 11 del d.lgs. n. 42 del 2004 individua i beni che, in determinate ipotesi, possono rivestire il carattere di bene culturale. Le svariate tipologie di “cose” -come denominate a seguito della novella del 2008, che ha sostituito l’originaria dizione di “beni” adoperata dal legislatore del 2004- vengono semplicemente elencate dalla disposizione in esame, la quale reca, a sua volta, il rinvio a singole previsioni del codice, ove sono delineate, per ciascuna tipologia, direttamente o tramite ulteriore rinvio normativo, le condizioni ed i presupposti per il loro assoggettamento a tutela nonché le specifiche modalità d’uso e di fruizione.
Come chiarito nella relazione illustrativa del 2008, le modifiche apportate alla disposizione hanno principalmente lo scopo di rimarcare il significato del rinvio operato dall’art. 11 ad altre disposizioni del medesimo testo legislativo e di evidenziare che, in primo luogo, il regime giuridico di tutela risulta essere, per ciascuna tipologia, unicamente quello descritto dalla norma di volta in volta richiamata e, in secondo luogo, che non vi è alcuna automatica ascrivibilità delle cose contemplate nel novero dei beni culturali, poiché tale status può conseguire solo in esito ad una indagine di natura tecnico-discrezionale intesa ad accertare la presenza del grado di interesse storico ed artistico e delle altre condizioni richieste dall’art. 10 del medesimo testo legislativo per la loro sottoposizione a tutela mediante formale dichiarazione.
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Art. 11 d.lgs. n. 42/2004 - Studi d’artista - Rinvio all’art. 51 del d.lgs. n. 42/2004 - Sottoposizione a tutela - Elementi rilevanti - Sentenza Corte Cost. n. 185/2003.
Tra le cose contemplate nell’art. 11 del d.lgs. n. 42 del 2004 figurano anche gli studi d’artista la cui disciplina è contenuta nel successivo art. 51.
Dall’esame di tale disposizione emerge che ciò che rileva ai fini della sottoposizione a tutela non è, in sé considerato, il complesso di cose (opere, cimeli, documenti e simili) ricomprese nello studio di un artista bensì la circostanza che tali beni, valutati nel loro insieme ed in relazione al contesto nel quale sono inseriti, siano espressione di quei valori che determinano l’insorgere dell’interesse pubblico sotteso all’apposizione del vincolo (cfr. Corte Cost. n. 185/2003, secondo cui l’obiettivo perseguito attraverso la specifica disciplina tesa a tutelare gli studi d’artista in attuazione dell’art. 9 della Costituzione è quello di “rendere immodificabile l’ambiente ed i luoghi nei quali operò l’artista”, al fine di conservare intatta la testimonianza dei valori culturali in esso insiti).
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Studi d’artista - Luoghi diversi da quelli in cui l’artista ha svolto la propria attività creatrice - Possibile qualificazione di “studio d’artista” ai sensi degli artt. 11 e 51 d.lgs. n. 42/2004 - Condizioni.
E’ possibile riconoscere le caratteristiche dello studio d’artista, ex d.lgs. 42/2004, anche a luoghi diversi da quelli in cui un artista ha effettivamente svolto la sua attività creatrice, purché in essi siano raccolta una coerente universalità di cose, già effettivamente appartenute all’artista e, per una parte almeno preponderante, già da questi raccolte nei luoghi in cui lo stesso aveva effettivamente operato creativa.
In altri termini, perché si possa parlare di studio d’artista, deve essere comunque ricreato -fosse pure con qualche limitata approssimazione, spesso inevitabile per le vicissitudini successive alla scomparsa di un autore- tale ambiente, così da conservare un reale collegamento con la vita e con l’opera dell’artista, in peculiare coerenza con la disciplina in esame.
A contrario, non potrà essere assimilata ad uno studio d’artista una mera raccolta di cimeli a questi riferibili, ove manchi l’elemento costituito dalla sua volontà unificatrice (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 24.03.2010 n. 939 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: SILOS PER USI AGRICOLI: E' PERTINENZA EDILIZIA?
Pertinenza edilizia - Nozione.
E' pertinenza edilizia soltanto quella preordinata ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso, in relazione alle caratteristiche di quest'ultimo, sfornita di un valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o, comunque, dotata di un volume minimo, sicché sono qualificabili come pertinenze in materia edilizia solo le opere che siano prive di autonoma destinazione, e che esauriscano la loro destinazione d'uso del rapporto funzionale con l'edificio principale così da non incidere sul carico urbanistico (massima tratta da
http://mondolegale.it - TAR Veneto, Sez. II, sentenza 24.03.2010 n. 928 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi - Demolizione - Ordinanza - Motivazione congrua - E' necessaria - Casi - Ragioni.
L'ordine di demolizione di opera edilizia abusiva, configurando un atto dovuto, è sufficientemente motivato con l'affermazione dell'accertata abusività dell'opera stessa, salva peraltro l'ipotesi in cui, per il lungo intervallo trascorso tra la commissione dell'abuso e il protrarsi della inerzia della amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato.
In tale ipotesi si ravvisa un onere di congrua motivazione che, avuto riguardo anche alla entità e alla tipologia dell'abuso, indichi il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (così, da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 06-06-2008 n. 2705; Cons. Stato, sez. IV, 14-05-2007 n. 2441; Cons. Stato, sez. V, 29-05-2006 n. 3270) (massima tratta da
http://mondolegale.it - TAR Veneto, Sez. II, sentenza 24.03.2010 n. 928 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - Rifiuti abbandonati sull’area di sedime della strada - Ente proprietario o ente gestore - Obbligo di rimozione - Pericoli o danni alla circolazione - Dolo o colpa - Irrilevanza - Rifiuti abbandonati nella vicinanza della sede stradale - Profilo soggettivo dell’ente proprietario o gestore - Rilevanza.
Ai sensi dell'art. 192 D.L.vo 03.04.2006 n. 152, l'Ente proprietario (e, in sua vece, l’Ente gestore) della strada ha l'obbligo di provvedere alla pulizia della stessa, in modo da non creare danno o pericoli alla circolazione; pertanto, spetta alla detta P.A. procedere alla raccolta dei rifiuti abbandonati da terzi sull'area di sedime della strada stessa, a prescindere dalla sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa del detto proprietario (Cfr. Cons. Stato Sez. IV 18.06.2009 n. 4005).
La soluzione è invece diversa allorché si tratti di rifiuti solidi non pericolosi abusivamente depositati nelle vicinanze dell'area stradale e non risulti riscontrabile né tanto meno denunciato alcun profilo soggettivo di dolo o quanto meno di colpa in capo all' Ente proprietario o gestore (Cfr. TAR Campania, V Sez., 05.12.2008 n. 21013) (TAR Campania-Napoli, Sez. V, sentenza 23.03.2010 n. 1588 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZI: La qualificazione differenziale tra attività strumentali e gestione di servizi pubblici ai fini dell'applicazione dell'art. 13 dl n. 223/2006 deve essere riferita non all'oggetto della gara, bensì all'oggetto sociale delle imprese partecipanti ad essa.
Sul divieto alla partecipazione alle gare dei gestori di servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto: disciplina di cui all'art. 113, commi 6 e 15-quater TUEL ed all'art. 23-bis, c. 9, e s.m.i. della legge n. 133/2009. La configurazione del servizio pubblico è compatibile con diversi schemi giuridici e con differenti modalità di remunerazione della prestazione.

L'enunciato dell'art. 13 del d.l. n. 223/2006 (c.d. decreto Bersani), nel porre un divieto di partecipazione alle gare pubbliche per le società strumentali degli enti locali, evidenzia che la limitazione della legittimazione negoziale delle società strumentali si riferisce a qualsiasi prestazione a favore di soggetti terzi rispetto agli enti costituenti, partecipanti o affidanti, senza che a nulla rilevi la qualificazione di tali attività.
La qualificazione differenziale tra attività strumentali e gestione di servizi pubblici deve essere riferita non all'oggetto della gara, bensì invece all'oggetto sociale delle imprese partecipanti ad essa. Il divieto di fornire prestazioni a enti terzi, infatti, colpisce le società pubbliche strumentali alle amministrazioni regionali o locali, che esercitano attività amministrativa in forma privatistica, non anche le società destinate a gestire servizi pubblici locali, che esercitano attività d'impresa di enti pubblici: esso è posto al fine di separare le due sfere di attività per evitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d'impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto pubblica amministrazione.
Il divieto di cui al c. 6 dell'art. 113 t.u.e.l. si applica a decorrere dal 1° gennaio 2007, "salvo nei casi in cui si tratti dell'espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa" (c. 15-quater dell'art. 113 t.u.e.l). I servizi messi a gara devono essere, perché operi la deroga, proprio quelli che le società fornivano all'amministrazione che ha indetto la gara. La sua ragion d'essere è quella di evitare che le società che forniscono servizi ad un'amministrazione ed hanno pertanto acquisito esperienza "sul territorio" siano automaticamente estromesse dalle gare per l'affidamento concorrenziale di quei servizi: non già, invece, quello di elargire agli attuali affidatari diretti una moratoria generalizzata a tutte le prime gare rispetto al termine del 1° gennaio 2007. Tutti questi elementi inducono ad affermare che la deroga deve intendersi ristretta alle società che gestivano i servizi oggetto della gara con affidamento diretto da parte dell'amministrazione che la indice.
Costrutto ben diverso da quello successivamente esibito dal c. 9 dell'art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 conv. dalla l. n. 133 del 2008, modificato dall'art. 15, c. 1, lett. d), del d.l. n. 135 del 2009 convertito dalla l. n. 166 del 2009: "I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti", in cui il riferimento a "tutto il territorio nazionale" e alla "prima gara successiva alla cessazione del servizio" designa un diverso punto di rilevanza ermeneutica: quello dell'impresa affidataria.
La nozione di servizio pubblico prescelta dal legislatore, quella oggettiva, si fonda su due elementi:
1) la preordinazione dell'attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti;
2) la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l'espletamento dell'attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico-professionale e qualità.
Ne consegue che, fermi gli elementi essenziali sopra menzionati, la configurazione del servizio pubblico è compatibile con diversi schemi giuridici e con differenti modalità di remunerazione della prestazione.
Pertanto, nel caso di specie, a nulla rileva che oggetto dell'affidamento fosse soltanto la raccolta dei rifiuti e non l'intero servizio dell'igiene ambientale, così come non rileva che il gestore fosse remunerato dal soggetto aggiudicatore: quel che conta, infatti, è che l'attività del gestore fosse diretta ad una platea indifferenziata di utenti e che esso fosse destinatario di obblighi funzionali alla destinazione al pubblico dell'attività dovuta (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.03.2010 n. 1651 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Il divieto di partecipare alle gare per l’affidamento di un servizio pubblico sussiste anche quando abbia ad oggetto un segmento dello stesso servizio.
La controversia in esame era incentrata, sostanzialmente, sulla violazione dell’art. 113 t.u.e.l.: il comma 6 dello stesso dispone che non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che, in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto.
Tra gli argomenti degli appellanti diretti ad escludere l’applicabilità in diritto alle imprese in causa della predetta disposizione esaminiamo quella secondo cui il divieto (di cui al comma 6 predetto) di partecipare alle gare per l’affidamento di un servizio pubblico non sussisterebbe nel caso di specie, venendo in considerazione non la titolarità (ex comma 5) di un servizio pubblico ma la gestione di un segmento di servizio pubblico.
Ma tali argomenti, secondo i giudici del Consiglio di Stato, non hanno pregio: sotto il primo profilo, il servizio pubblico postula per sua natura che l’amministrazione ne dia in affidamento a terzi la gestione, conservandone la titolarità.
L’enunciato: “conferimento della titolarità del servizio” di cui al comma 5 citato, quindi, altro non è che un termine atecnico per designare la gestione del servizio: esso non può essere interpretato in maniera letterale -ma asistematica- per escludere che il caso di specie sia sussumibile nella fattispecie legale. Sotto il secondo profilo, il fatto che l’affidamento in esame abbia ad oggetto prestazioni specificamente determinate (la sola raccolta dei rifiuti), ovvero un segmento del servizio pubblico a nulla rileva per escludere l’applicabilità del divieto di cui al comma 6.
La nozione di servizio pubblico prescelta dal legislatore, infatti, quella oggettiva, si fonda su due elementi:
1) la preordinazione dell’attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti;
2) la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l’espletamento dell’attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico-professionale e qualità (sez. V, 12.10.2004, n. 6574).
Ne consegue che, fermi gli elementi essenziali sopra menzionati, la configurazione del servizio pubblico è compatibile con diversi schemi giuridici e con differenti modalità di remunerazione della prestazione.
A nulla quindi rileva che oggetto dell’affidamento fosse soltanto la raccolta dei rifiuti e non l’intero servizio dell’igiene ambientale, così come non rileva che il gestore fosse remunerato dal soggetto aggiudicatore: quel che conta, infatti, è che l’attività del gestore fosse diretta ad una platea indifferenziata di utenti e che esso fosse destinatario di obblighi funzionali alla destinazione al pubblico dell’attività dovuta (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.03.2010 n. 1651 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La dichiarazione ex art. 38, lett. c), d.lgs. n. 163/2006, non è richiesta nei riguardi di quegli amministratori che non siano titolati a stipulare contratti per conto dell'impresa e a rappresentarla all'esterno nei rapporti negoziali.
La valutazione di non gravità di un reato può anche essere implicita, esternata per il tramite dell'ammissione dell'impresa alla gara.

La voluntas legis sottesa al disposto dell'art. 38, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006, va correttamente rinvenuta nell'esigenza di garantire l'Amministrazione, attraverso la dichiarazione impegnativa dell'insussistenza di condanne penali, ancorché a pena patteggiata ma non estinte, che sono immuni da pregiudizi penali tutti gli amministratori della società che possano entrare in contatto con la stazione appaltante in virtù dei loro poteri di firma e di rappresentanza effettiva dell'appaltatore.
Ne consegue che, non è richiesta la produzione di siffatte dichiarazioni nei riguardi di quegli amministratori che in forza delle pattuizioni sociali non siano titolati a stipulare contratti per conto dell'impresa e a rappresentarla all'esterno nei rapporti negoziali.
La valutazione di gravità o meno di un reato e la sua incisione sulla moralità professionale dell'appaltatore mettono capo all'espressione di un giudizio discrezionale che pertiene unicamente alla stazione appaltante. Si precisa, inoltre, che in conformità ai principi generali sulla motivazione dei provvedimenti ampliativi, che predicano la dequotazione dell'obbligo di motivazione per l'adozione di atti ampliativi della sfera giuridica del destinatario, qualora l'amministrazione ritenga il precedente penale dichiarato dal concorrente, non incisivo della sua moralità professionale, non è tenuta ed esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto suo convincimento, potendo la motivazione di non gravità del reato risultare anche implicita o per facta concludentia, ossia attraverso l'ammissione alla gara dell'impresa stessa. È la valutazione di gravità, invece, che richiede l'assolvimento di un particolare onere motivazionale.
E' illegittima la norma del bando che commina l'esclusione automatica per l'omessa allegazione all'offerta delle giustificazioni dell'anomalia del prezzo offerto.
Il Codice dei Contratti (d.lgs. n. 163/2006), prevede che a fronte di un'offerta anomala che sia stata corredata delle giustifiche preventive, qualora queste non siano ritenute sufficiente a pervenire ad un giudizio di congruità, l'Amministrazione deve procedere ai sensi dell'art. 88, ossia convocare l'offerente e consentirgli di presentare elementi integrativi di giudizio ed ulteriori giustificazioni. Ha poi subito precisato, il c. 1 dell'art. 87, che "all'esclusione può provvedersi solo all'esito dell'ulteriore verifica, in contraddittorio" (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 22.03.2010 n. 1555 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).
---------------
Gare pubbliche, paletti sui requisiti morali. Tar Piemonte: solo per amministratori con poteri di firma.
Negli appalti dichiarazioni sui requisiti morali solo per gli amministratori dotati di poteri di firma ed esclusione delle offerte anomale solo dopo avere dato alla ditta la possibilità di difendersi. Inoltre la esclusione dalle gare per condanne penali degli amministratori va disposta solo per reati gravi, secondo una valutazione discrezionale della p.a..
I principi, che disegnano i contorni del giusto procedimento nelle gare pubbliche, sono stati formulati dal Tar Piemonte (sezione prima, sentenza depositata il 22/03/2010 n. 1555, estensore Alfonso Graziano, presidente Paolo Lotti)
Nel caso specifico a una società, arrivata seconda in una gara, è stato contestato di non avere inserito, tra i documenti da presentare alla stazione appaltante, la dichiarazione di moralità (insussistenza di condanne penali) sul conto di un amministratore, al quale, tuttavia, sono state assegnate deleghe limitate al settore della sicurezza sui cantieri. Tale amministratore, invece, non aveva il potere di rappresentare la società nei confronti delle amministrazioni, di assumere somministrazioni e appalti di qualunque tipo, ricevere commissioni da pubbliche amministrazione, stipulare e firmare contratti.
Il Tar Piemonte ha sostenuto che, in tale caso, non va resa alcuna dichiarazione di moralità. Nella sentenza, infatti, si spiega che, con l'articolo 38, lettera c), del dlgs. n. 163/2006 (codice contratti), le ditte partecipanti devono dimostrare che sono immuni da pregiudizi penali tutti gli amministratori della società, ma solo quelli che possano entrare in contatto con la stazione appaltante, perchè titolari dei poteri di firma e di rappresentanza effettiva dell'appaltatore.
Non è, quindi, richiesta la produzione delle dichiarazioni di moralità nei riguardi di quegli amministratori che in forza delle pattuizioni sociali non siano titolati a stipulare contratti per conto dell'impresa e a rappresentarla all'esterno nei rapporti negoziali.
Una seconda questione affrontata dal Tar è relativa alla possibile esclusione e relative formalità procedurali per condanne penali subite dagli amministratori. Nel caso specifico il Tar è stato chiamato a decidere se doveva essere esclusa una ditta, il cui amministratore era stato condannato anni prima al pagamento di una sanzione pecuniaria per violazione delle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. Il Tar ha sottolineato che la valutazione di gravità o meno di un reato e la sua incisione sulla moralità professionale dell'appaltatore è riservata al giudizio discrezionale della stazione appaltante. Inoltre se l'amministrazione ritiene il precedente penale dichiarato dal concorrente non ostativo alla partecipazione alla gara, allora non è tenuta ed esplicitare in maniera analitica questa sua decisione, potendo la motivazione di non gravità del reato risultare anche implicita, attraverso l'ammissione alla gara dell'impresa stessa.
La terza questione, risolta dalla sentenza, concerne la procedura di giustificazione delle offerte.
Nel caso in esame una ditta è stata esclusa per non avere inserito la documentazione giustificativa dell'offerta prescritta, in quel caso, a pena di esclusione dal disciplinare di gara.
In casi di questo tipo la stazione appaltante non può escludere automaticamente la partecipante, ma deve effettuare una verifica in contraddittorio con l'impresa.
Infatti è illegittima una norma di gara che impone a pena di esclusione di corredare le offerte delle analisi giustificative del prezzo, a pena di esclusione.
Infatti il Codice dei contratti prevede che, a fronte di un'offerta anomala, anche corredata da giustificazioni, l'amministrazione deve procedere ai sensi dell'articolo 88 dello stesso codice a convocare l'offerente e consentirgli di presentare ulteriori giustificazioni.
Quindi la stazione appaltante non può escludere solo sulla base delle giustificazioni preventive ritenute non congrue.
All'esclusione può provvedersi, dunque, solo all'esito dell'ulteriore verifica in contraddittorio, da cui venga confermata la valutazione di inaffidabilità dell'offerta (articolo ItaliaOggi del 02.04.2010, pag. 20).

ATTI AMMINISTRATIVI - PUBBLICO IMPIEGO: Trasparenza sui dati sensibili. Il principio formulato dal Tar Piemonte: conta la necessità di difendersi in giudizio. Al dipendente copia dei documenti relativi al collega.
Il dipendente di un ente pubblico può avere copia dei documenti di servizio relativi a un collega se necessari per difendersi in un giudizio.
Questo il principio formulato dal TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 22.03.2010 n. 1553, che ha accolto il ricorso di una infermiera dipendente Asl, la quale si è lamentata di una disparità di trattamento con un suo collega, cui era stato riconosciuto di computare ai fini pensionistici un certo emolumento. Da qui la richiesta di avere la documentazione del collega con la motivazione di poterli utilizzare in causa, facendo valere, appunto, la grave disparità di trattamento subita rispetto a detto funzionario.
L'Asl ha negato la copia della documentazione per due motivi: l'opposizione dell'interessato, informato della richiesta di accesso; la esigenza di tutela della privacy del collega.
É seguito il ricorso al Tar Piemonte, che ha bocciato la decisione dell'Azienda sanitaria.
La sentenza ricostruisce il quadro normativo, in cui la norma più importante è l'articolo 24 della legge 241/1990. Da questo quadro emerge il principio per cui la riservatezza cede rispetto al diritto di accesso esercitato per la difesa di un interesse giuridico, e nei limiti in cui ciò sia necessario alla difesa di quell'interesse, anche nel caso di dati sensibili di terze persone; soltanto quando vengano in rilievo dati super sensibili, attinenti allo stato di salute e alla vita sessuale, si richiede che l'accesso sia preordinato a tutelare una situazione giuridica di rango almeno pari a quello della persona cui si riferiscono tali dati.
Il quadro normativo vede bilanciato il diritto alla trasparenza amministrativa con i diritto alla privacy, dando prevalenza al primo quando il cittadino ha bisogno dei documenti per far valere un suo diritto o interesse. Il diritto di difesa, infatti, ha rilevanza costituzionale.
Lo stesso principio è stato utilizzato, ad esempio, per ammettere l'accesso di un dirigente della pubblica amministrazione agli atti relativi al trattamento economico accessorio dei colleghi (documentazione necessaria o utile per comparare i trattamenti retributivi e verificare eventuali disparità di trattamento, TAR Lazio Roma, sez. II, 08.04.2008, n. 2936).
Applicando gli stessi principi il Tar Piemonte ha affrontato il caso in esame.
Sul punto la sentenza precisa che la semplice sussistenza di esigenze di tutela di dati personali di terzi non può costituire ragione in sé ostativa all'esercizio del diritto di accesso funzionale alla tutela di un interesse giuridico del richiedente. Questo vale anche quando l'accesso ha ad oggetto dati sensibili: l'accesso va ugualmente consentito, sia pure nei limiti in cui sia strettamente indispensabile a tutelare l'interesse giuridico del richiedente; mentre soltanto in caso di dati “sensibilissimi” attinenti allo stato di salute o alla vita sessuale dei terzi, esso può essere escluso quando l'interesse azionato dal richiedente non sia di rango almeno pari a quello del terzo. Anche in quest'ultimo caso la legge non impone un divieto assoluto, ma impone un bilanciamento tra diverse posizioni.
Per motivare un diniego all'accesso la Pubblica Amministrazione deve, dunque, indicare specificamente quali siano i dati personali meritevoli di tutela, specificare se si tratta di di dati sensibili sensibili o sensibilissimi del controinteressato. Con riferimento a queste ultime categorie di dati il Tar rileva che il diniego potrebbe essere astrattamente legittimo, se non sono presenti le ragioni di necessità o se manca il presupposto dei diritti di pari rango. Se, invece, si tratta di semplici dati giuridici ed economici di un collega il rigetto della domanda di accesso deve considerarsi illegittimo.
Se l'amministrazione si limita a indicare genericamente la tutela della riservatezza, quale motivo ostativo all'accesso, il rigetto è illegittimo. Non a caso l'Asl in questione è stata condannata a riesaminare la richiesta dell'infermiera (articolo ItaliaOggi dell'01.04.2010, pag. 36).

EDILIZIA PRIVATA: Costruzione abusiva - Proprietario dell’area - Responsabilità penale - Limiti e condizioni - Principio del "cui prodest" - Onere della prova.
In linea di principio, non può essere attribuito ad un soggetto, per il solo fatto di essere proprietario di un'area, un dovere di controllo dalla cui violazione derivi una responsabilità penale per costruzione abusiva.
Di conseguenza, occorre considerare, la situazione concreta in cui si è svolta l'attività incriminata, tenendo conto della disponibilità, giuridica e di fatto, della superficie edificata e dell'interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione (principio del "cui prodest"), nonché di tutte quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione, anche morale, all'esecuzione delle opere [vedi Cass., Sez. III: 27.09.2000, n. 10284, Cutaia ed altro; 03.05.2001, n. 17752, Zorzi ed altri; 10.08.2001, n. 31130, Gagliardi; 18.04.2003, n. 18756, Capasso ed altro; 02.03.2004, n. 9536, Mancuso ed altro; 28.05.2004, n. 24319, Rizzuto ed altro; 12.01.2005, n. 216, Fucciolo; 15.07.2005, n. 26121, Rosato; 02.09.2005, n. 32856, Farzone].
Comunque, grava sull'interessato l'onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che, nella specie, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà (vedi Cass., Sez. feriale, 16.09.2003, n. 35537, Vitale ed altro).
Costruzione abusiva - Acquisizione al patrimonio comunale e ordine demolitorio del giudice penale - Funzione.
L'acquisizione gratuita, in via amministrativa, è finalizzata essenzialmente alla demolizione, per cui non si pone in contrasto con l'ordine demolitorio impartito dal giudice penale, che persegue lo stesso obiettivo: il destinatario di tale ordine, allorquando sia intervenuta l'acquisizione amministrativa a suo danno, non potrà ottemperarvi soltanto se il Consiglio comunale abbia già ravvisato (ovvero sia sul punto di deliberare) l'esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento delle opere abusive.
Ove il Consiglio comunale non abbia deliberato, invece, il mantenimento dell'opera, il procedimento sanzionatorio amministrativo (per le opere realizzate in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali) ha come sbocco unico ed obbligato la demolizione a spese del responsabile dell'abuso. Non si comprende, dunque, perché il condannato non possa chiedere al Comune (divenuto frattanto proprietario) l'autorizzazione a procedere ad una ineludibile demolizione a proprie cura e spese.
Qualora si argomentasse in senso contrario si perverrebbe all’illogica conclusione che il giudice penale non potrebbe ordinare, in caso di condanna, la demolizione delle opere abusive tutte le volte in cui l’amministrazione comunale abbia ingiunto la demolizione e questa non sia stata eseguita dal responsabile dell’abuso nel termine di 90 giorni dalla notifica, tenuto conto che l’acquisizione avviene a titolo originario ed “ope legis”, per il solo decorso del tempo, con il conseguente carattere meramente dichiarativo del successivo provvedimento amministrativo, che è atto dovuto, privo di qualsiasi contenuto discrezionale.
Opera abusiva - Acquisizione al patrimonio comunale - Incompatibilità con l'ordine di demolizione emesso dal giudice penale - Esclusione - Art. 31, 3° e 5° c., D.P.R. n. 380/2001.
L'acquisizione gratuita dell'opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune, ai sensi dell'art. 31, 3° comma, del D.P.R. n. 380/2001, non è incompatibile con l'ordine di demolizione emesso dal giudice penale. Infatti, nella prima parte del comma 5 dello stesso articolo, si stabilisce che l'opera acquisita al patrimonio comunale deve essere demolita con ordinanza del dirigente o responsabile dell'ufficio tecnico comunale, a spese del responsabile dell' abuso.
Si avrebbe incompatibilità soltanto se, con deliberazione consiliare, a norma della seconda parte dello stesso comma 5, si fosse statuito di non dovere demolire l'opera acquisita [vedi Cass., Sez. III: 31.01.2008, n. 4962, P.G. in proc. Mancini e altri; 23.01.2007, n. 1904, Turianelli; 29.11.2005, n. 43294, Gambino ed altro; 13.10.2005, n. 37120, Morelli; 20.05.2004, n. 23647, Moscato ed altro, 30.09.2003, n. 37120, Botumarito ed altro; 20.01.2003, n. 2406, Gugliandolo; 07.11.2002, n. 37222, Clemente; 17.12.2001, Musumeci ed altra; 29.12.2000, n. 3489, P.M. in proc. Mosca] (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 19.03.2010 n. 10779 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il potere ministeriale di annullamento del nulla osta ambientale è circoscritto ai vizi di sola legittimità: il potere di annullamento dell’Amministrazione statale non comporta un riesame complessivo, e la Sovrintendenza non può sovrapporre o sostituire il proprio apprezzamento di merito, alle valutazioni discrezionali compiute in sede di rilascio del nulla osta da parte dell'ente locale.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, il potere ministeriale di annullamento del nulla osta ambientale è circoscritto ai vizi di sola legittimità: il potere di annullamento dell’Amministrazione statale non comporta un riesame complessivo, e la Sovrintendenza non può sovrapporre o sostituire il proprio apprezzamento di merito, alle valutazioni discrezionali compiute in sede di rilascio del nulla osta da parte dell'ente locale. Il riesame dell’Amministrazione, infatti, è meramente estrinseco, ed è diretto all’accertamento dell'assenza di vizi di legittimità comprendenti quello di eccesso di potere nelle diverse forme sintomatiche.
In altre parole, l’Amministrazione non può rinnovare il giudizio tecnico discrezionale sulla compatibilità paesaggistico-ambientale dell'intervento, che appartiene in via esclusiva all'Autorità preposta alla tutela del vincolo (cfr. ex multis, Tar Liguria, Sez. I, 13.02.2004, n. 160; idem, 02.04.2004, n. 329; Tar Lazio, Roma, Sez. II, 16.05.2005, n. 3840; Tar Campania, Napoli, Sez. II, 28.02.2006, n. 2486; Cons. Stato, Sez. VI, 29.10.2004, n. 7046; idem, 24.01.2006, n. 207, a cui va aggiunta anche la pronuncia dell'Adunanza Plenaria del Cons. Stato dec. 14.12.2001, n. 9).
Come ha rilevato l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la decisione 14/12/2001 n. 9, il potere esercitato dall’Amministrazione Statale sull’autorizzazione paesaggistica rilasciata dall’autorità regionale, va definita in termine di “cogestione dei valori paesistici”, essendo l’autorità locale deputata alla valutazione della compatibilità paesistica dell’intervento ed il potere di intervento dell’Autorità Statale è limitato al solo controllo di legittimità che può comportare l’annullamento dell’atto per tutti i vizi di legittimità, ivi compresi quelli relativi a tutte le figure di eccesso di potere (per sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta).
L’Amministrazione statale deve pertanto limitarsi a verificare dall'esterno la coerenza, la logicità e la completezza istruttoria dell'iter procedimentale seguito dall'Amministrazione emanante, controllando se la motivazione espressa nel rendere il giudizio positivo sia sufficiente.
Nel contempo in considerazione della tendenziale irreversibilità dell'alterazione dello stato dei luoghi, un'adeguata gestione dei vincoli paesistici impone che l'autorizzazione paesistica rilasciata dall’autorità comunale sia congruamente motivata, esponendo le ragioni di effettiva compatibilità degli abusi realizzati con gli specifici valori paesistici dei luoghi, con la conseguenza che il difetto di motivazione dell'autorizzazione giustifica per ciò solo il suo annullamento in sede di controllo (Cons. Stato., Sez. V n. 4552/2005; Sez. VI, 08.08.2000, n. 4345; Sez. VI, 09.04.1998, n. 460; Sez. IV, 04.12.1998, n. 1734; Sez. VI, 09.04.1998, n. 460; Sez. VI, 20.06.1997, n. 952; Sez. VI, 30.12.1995, n. 1415; Sez. VI, 12.05.1994, n. 771) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater, sentenza 19.03.2010 n. 4339 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: In sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria (condono), l’obbligo di acquisire il parere da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo previsto dall’art. 32 della legge 28.02.1985 n. 47, sussiste anche per le opere realizzate anteriormente all’imposizione del vincolo stesso.
Anche in caso di vincolo sopravvenuto, l’Amministrazione è tenuta a valutare la compatibilità del manufatto con le prescrizioni contenute nel provvedimento di vincolo anche se non ancora esistenti al momento della realizzazione dell’intervento abusivo.

La giurisprudenza ha precisato che (cfr. Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 20 del 22.07.1999, e tra le tante, Cons. St., VI, 09.09.2005 n. 4662; id., 16.03.2005 n. 1094; 16.02.2005 n. 492; id., 22.08.2003 n. 4765), in sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria, l’obbligo di acquisire il parere da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo previsto dall’art. 32 della legge 28.02.1985 n. 47, sussiste anche per le opere realizzate anteriormente all’imposizione del vincolo stesso.
A tale conclusione l’Adunanza Plenaria è pervenuta nella considerazione che “in mancanza di indicazioni univoche desumibili dal dato normativo” alla questione di cui sopra non può che darsi una soluzione “alla stregua dei principi generali in materia di azione amministrativa, tenuto conto della valenza attribuita dall’ordinamento agli interessi coinvolti nell’applicazione della disposizione legislativa di cui si tratta” e, conseguentemente, “la Pubblica Amministrazione, sulla quale incombe più pressante l’obbligo di osservare la legge, deve necessariamente tener conto, nel momento in cui provvede, della norma vigente e delle qualificazioni giuridiche che essa impone”.
Ne consegue che, anche in caso di vincolo sopravvenuto, l’Amministrazione è tenuta a valutare la compatibilità del manufatto con le prescrizioni contenute nel provvedimento di vincolo anche se non ancora esistenti al momento della realizzazione dell’intervento abusivo.
Pertanto, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, in caso di vincolo assoluto di inedificabilità sopravvenuto rispetto alla data di realizzazione delle opere abusive, non risulta applicabile la disposizione dell’art. 33 della L. 47/1985, dovendo l’Amministrazione applicare in questi casi lo stesso regime indicato dalla previsione generale di cui all’art. 32 della L. 47/1985 che subordina il rilascio della concessione in sanatoria per opere sottoposte a vincolo, al parere favorevole dell’autorità preposta alla sua tutela (cfr. Cons. Stato A.P. n. 20/1999) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater, sentenza 19.03.2010 n. 4339 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CATASTO: Illegittimo il DPCM 14.06.2007 sul decentramento delle funzioni catastali ai comuni.
Il TAR Lazio esamina, sulla base del rinvio operato dal Consiglio di Stato con decisione n. 2174 del 2009, la legittimità del DPCM 14.06.2007 sul decentramento ai comuni delle funzioni catastali.
L’impianto dei rapporti disegnato dalla norma tra Stato e Comuni, appare al collegio di giudici amministrativi, congruo e rispondente alla normativa previdente da cui, d’altra parte, ha avuto avvio il processo di decentramento delle funzioni.
In effetti il combinato disposto dell’art. 65, c. 1, lett. g) e h) e dell’art. 66, c. 1, lett. a), del Dlgs 112/1998 attua in materia catastale il principio di sussidiarietà, con attribuzione della generalità di compiti e funzioni amministrative ai Comuni e con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni territoriali di questi.
La devoluzione de qua, dicono i giudici, oltre ad esser commisurata alla scelta del livello organizzativo di servizi catastali gestibili dall’ente, non si risolve per forza nell’esclusiva ed onnicomprensiva (se non pervasiva) competenza dei Comuni in tutta la materia catastale.
In effetti resta ferma la competenza statale d’assicurare il supremo interesse (connesso all’unità ed all’indivisibilità della Repubblica, alla tutela della proprietà privata ed all’uguaglianza di tutti i soggetti, a parità di capacità contributiva, innanzi al prelievo fiscale) all’unitarietà del sistema catastale nella duplice sede della definizione del quadro generale e della verifica dei risultati raggiunti da ciascun Comune, a seconda del livello d’opzione prescelto.
Dunque, l’impugnato DPCM, in base alla legge ed ai livelli di funzioni opzionabili, legittimamente dà titolo ai Comuni in merito all’aggiornamento della banca dati del catasto, mercé la trattazione delle richieste di variazione delle intestazioni e delle richieste di correzione dei dati amministrativi.
Il punto che i giudici individuano quale foriero di maggior criticità non risiede nell’an bensì nel quid e nel quantum dei poteri di controllo statale sull’aggiornamento stesso, che si evince dalla descrizione della funzione di audit sulla qualità dei dati processati e sul processo in sé, di cui all’allegato A) al protocollo d’intesa tra l’Agenzia/ANCI.
Quest’ultimo, in una con i suoi allegati A) e B) -la cui importanza è definita nell’art. 4 e che si manifestano come slides contenenti l’esposizione grafica dei processi operativi attribuiti ai Comuni ed i compiti trattenuti in capo all’Agenzia del territorio- costituisce il presupposto per la successiva emanazione del DPCM. Ad avviso dei giudici non è sufficiente predicare l’obbligo dei Comuni di conformarsi alle linee-guida dell’Agenzia anche e soprattutto per impedire forme d’ accertamento catastale del tutto arbitrari.
Occorre invece lo stesso rigore che l’Agenzia ha finora esercitato, alla luce di parametri prefissati ed obiettivi, nei confronti dei propri uffici nei medesimi casi di accertamenti catastali erronei, arbitrari ed illegittimi.
In definitiva il collegio ha ritenuto illegittimo il DPCM solo in quanto carente sotto il profilo della serietà del controllo verso i Comuni stessi (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 19.03.2010 n. 4312 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
---------------
Catasto federale da correggere.
Il TAR Lazio ribalta la sentenza del 2008 ma lascia parzialmente "invalido" il decreto del 2007
(articolo Il Sole 24 Ore del 23.03.2010 - link a www.corteconti.it).

APPALTI: La mancata pubblicità delle sedute di gara comporta l'invalidità di tutti gli atti della procedura selettiva, compreso il provvedimento finale di aggiudicazione.
E' principio inderogabile in qualunque tipo di gara quello secondo cui devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta, sia che si tratti di documentazione amministrativa che di documentazione riguardante l'offerta tecnica ovvero l'offerta economica, e conseguentemente è illegittima l'apertura in segreto di plichi.
Il predetto principio di pubblicità delle gare pubbliche impone che il materiale documentario trovi correttamente ingresso con le garanzie della seduta pubblica; ciò anche in applicazione del più generale principio di imparzialità dell'azione amministrativa, che ha ricevuto esplicito riconoscimento sin dall'art. 89, r.d. 23.05.1924 n. 827, rappresentando uno strumento di garanzia a tutela dei singoli partecipanti, affinché sia assicurato a tutti i concorrenti di assistere direttamente alla verifica di integrità dei documenti e all'identificazione del loro contenuto (ex plurimis, Consiglio Stato , sez. VI, 22.04.2008, n. 1856).
In definitiva, la mancata pubblicità delle sedute di gara per l'aggiudicazione di contratti con la pubblica amministrazione comporta l'invalidità di tutti gli atti della procedura selettiva, compreso il provvedimento finale di aggiudicazione, trattandosi di adempimento posto a tutela non solo della parità di trattamento tra i concorrenti, ma anche dell'interesse pubblico alla trasparenza ed all'imparzialità dell'azione amministrativa (TAR Lombardia Milano, sez. I, 28.07.2008, n. 3046) (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 19.03.2010 n. 345 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Le norme degli strumenti urbanistici locali che prescrivono le distanze tra le costruzioni sui fondi finitimi ad integrazione di quella previste del codice civile sono dettate a tutela sia dell'interesse del privato proprietario del fondo finitimo sia a tutela dell'interesse pubblico, che trascende quello dei privati, essendo espressione del potere che è dato all'Ente locale di adottare, nell'interesse generale, norme preordinate all'ordinato sviluppo urbanistico del territorio comunale.
È noto, per pacifica giurisprudenza, che le norme degli strumenti urbanistici locali, che prescrivono le distanze tra le costruzioni sui fondi finitimi, ad integrazione di quella previste del codice civile, sono dettate a tutela sia dell'interesse del privato proprietario del fondo finitimo sia, essenzialmente, a tutela dell'interesse pubblico, che trascende quello dei privati, essendo espressione del potere che è dato all'Ente locale di adottare, nell'interesse generale, norme preordinate all'ordinato sviluppo urbanistico del territorio comunale (cfr., ex multis, Cassazione sez. II, 03.10.2007, n. 20769, Cass. Sez. 2^ n. 11633/2003; Cass. Sez. 2^, 31/05/2006, n. 12966).
La finalità insita nella natura di dette norme comporta che esse siano derogabili solo nei casi previsti dalla normativa urbanistica sopra richiamata proprio per la natura pubblicistica dell'esigenza di garantire, in ogni caso, un certo distacco tra fabbricati così che si versa nell'ambito dei diritti indisponibili dei proprietari dei fondi confinanti, con la conseguenza che una eventuale convenzione tra costoro per la costruzione dei loro edifici in deroga delle distanze prescritte dalle norme integrative contenute nei regolamenti edilizi o piani urbanistici non comporta l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata da norme inderogabili, non potendo l'ordinamento accordare tutela ad una situazione che, attraverso l'inerzia del vicino, finisce per aggirare l'interesse pubblico rendendo legittima la permanenza di un manufatto edificato in maniera che tale interesse contrasta (TRGA Trentino Alto Adige, sentenza 19.03.2010 n. 81 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'edificazione di un edificio in difformità dal titolo abilitativo per quanto concerne un incremento in altezza dovuto al maggior spessore di ciascuno dei solai di divisione dei piani e di quello di copertura ben può legittimamente usufruire della c.d. sanatoria giurisprudenziale, proprio con riferimento alle opere originariamente abusive (dacché non rispettose delle norme urbanistico-edilizie vigenti al momento della loro esecuzione) e tuttavia conformi agli strumenti urbanistici venuti in essere successivamente e vigenti all’epoca di presentazione dell’istanza di accertamento di conformità.
Lo scomputo volumetrico di cui al D.M. 27.05.2007, in materia di contenimento energetico,  può trovare immediata applicazione anche prima dell’adeguamento dei piani urbanistici comunali, in quanto la tassatività dei limiti di spessore delle strutture verticali degli edifici non computabili ai fini volumetrici, definiti in sede ministeriale, non consente deroghe in difetto o in eccesso da parte degli strumenti urbanistici comunali, per cui l’operatività delle suddette norme tecniche non può essere subordinata a tale accennato previsto adeguamento del piano regolatore, visto che lo stesso non potrà fare altro che recepirle.
Le difformità realizzate dalla Caria Costruzioni s.r.l. nell’edificazione del fabbricato sito nel Comune di Elmas, lottizzazione Suella, lotto A, rispetto al titolo edilizio ottenuto, non hanno riguardato né la superficie calpestabile né la volumetria utilizzabile, concernendo soltanto un incremento in altezza dell’edificio dovuto al maggior spessore di ciascuno dei solai di divisione dei piani e di quello di copertura.
Ciò al fine di realizzare una maggiore insonorizzazione tra le singole unità abitative e per migliorare, a fini di risparmio energetico, la coibentazione termica dell’edificio.
E’ invero pacifico che le disposizioni oggi in vigore in materia di risparmio energetico nella progettazione e realizzazione degli edifici, sopravvenute alla realizzazione del fabbricato per cui è causa, consentono, entro certi limiti, che la modifica di spessori e altezze finalizzate al miglioramento energetico non debbano essere computati (cfr: art. 3, commi 3 e 4 del D.M. 27.07.2005, concernente il regolamento di attuazione della legge 09.01.1991 n. 10, ancora in vigore, giusto il richiamo dell’art. 11 D.Lgvo 30.05.2005 n. 192, nelle more dell’adozione dei nuovi regolamenti di cui all’art. 4, comma 1, del medesimo decreto legislativo).
Ritiene pertanto il Collegio che al momento dell’adozione del provvedimento di definizione del procedimento di accertamento di conformità presentato dalla ricorrente il Comune di Elmas non potesse non considerare, in applicazione dei principi di buona amministrazione sottesi dall’art. 97 Cost., l’illogicità di una decisione volta a ordinare la demolizione di un fabbricato che in base allo ius superveniens la ricorrente avrebbe potuto tranquillamente edificare, beneficiando addirittura, almeno in parte, di contribuzioni finanziarie pubbliche.
In relazione a tali fattispecie, invero, la giurisprudenza amministrativa che il Collegio ritiene di condividere ha da tempo affermato la legittimità della c.d. sanatoria giurisprudenziale, proprio con riferimento alle opere originariamente abusive (dacché non rispettose delle norme urbanistico-edilizie vigenti al momento della loro esecuzione) e tuttavia conformi agli strumenti urbanistici venuti in essere successivamente e vigenti all’epoca di presentazione dell’istanza di accertamento di conformità.
L’istituto, pur non comportando l’estinzione del reato eventualmente consumato, né il venir meno dell’obbligo di pagare la relativa sanzione, risponde ad una chiara esigenza di economicità e di buon andamento dell’azione amministrativa, giudicandosi illogico demolire manufatti non più in contrasto con la disciplina edilizia per poi doverne eventualmente assentire la ricostruzione nella stessa forma e consistenza (cfr: Cons. Stato, Sez. V, n. 3431 del 28.05.2004).
Nel caso di specie, la ricorrente potrebbe addirittura beneficiare della contribuzione finanziaria prevista dalla normativa statale per le edificazioni realizzate nel rispetto della nuove prescrizioni in materia di risparmio energetico.
L’incongruenza delle conclusioni cui è addivenuto il Comune induce, dunque, il Collegio a privilegiare un’interpretazione della legge regionale n. 23/1985 che, conformemente alle richiamate acquisizioni giurisprudenziali, consente, ai soli fini di esclusione delle conseguenze demolitorie, il mantenimento di edificazioni conformi al quadro normativo vigente al momento della definizione del procedimento di accertamento di conformità.
Né appare condivisibile ritenere, come pure indicato nel provvedimento impugnato, inapplicabile lo scomputo di cui al D.M. 27.07.2005 perché non ancora recepito dal Comune di Elmas nel regolamento edilizio.
Come detto, l’art. 4, comma 3, del suddetto Decreto ministeriale, al fine di agevolare l’attuazione delle norme sul risparmio energetico e per migliorare la qualità degli edifici, ha previsto la non commutabilità, ai fini del calcolo della superficie utile lorda di cui all’art.13 del Regolamento edilizio regionale tipo (approvato con D.P.G.R. n. 23 del 14.09.1989), dello spessore delle strutture verticali idonee a migliorare l’isolamento termico degli edifici per la parte superiore a 30 cm. di spessore, fino ad un massimo di ulteriori 25 cm..
A tale riguardo, l’art. 2, commi 6 e 7 dello stesso D.M., nel prevedere l’obbligo per i Comuni di adeguare i propri strumenti urbanistici per migliorare lo sfruttamento delle radiazioni solari quale fonte di calore, attraverso indicazioni in ordine all’orientamento dei fabbricati ed alla utilizzazione di elementi di tamponatura delle facciate di notevole spessore, ha stabilito lo scorporo dal calcolo dei volumi massimi previsti nelle diverse zone urbanistiche, degli spessori di tali elementi di tamponatura nelle parti eccedenti i 30 cm., fino ad un massimo di 25 cm..
Con riferimento a quanto precisato, ritiene il Collegio, condividendo la giurisprudenza amministrativa formatasi sul punto (cfr: TAR Marche, sez. I, 30.03.2007 n. 448), che, al contrario di quanto sostenuto dal Comune intimato, tale scorporo delle cubature cui si è fatto cenno, può trovare immediata applicazione anche prima dell’adeguamento dei piani urbanistici comunali, in quanto la tassatività dei limiti di spessore delle strutture verticali degli edifici non computabili ai fini volumetrici, definiti in sede ministeriale, non consente deroghe in difetto o in eccesso da parte degli strumenti urbanistici comunali, per cui l’operatività delle suddette norme tecniche non può essere subordinata a tale accennato previsto adeguamento del piano regolatore, visto che lo stesso non potrà fare altro che recepirle (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 17.03.2010 n. 314 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAPer piano interrato si intende quello costruito al di sotto dell’originario piano di campagna, in quanto le prescrizioni dettate dagli strumenti urbanistici in tema di altezza, distanze e volumetria degli edifici sono dirette a tutelare quegli specifici valori –aria, luce, vista– sui quali incidono tutti i volumi che, sporgendo al di sopra della linea naturale del terreno, modificano in maniera significativa la conformazione del suolo e dell’ambiente.
Osserva il Collegio che, secondo la giurisprudenza (cfr. TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 12.09.2005, n. 4238) è principio generale quello per cui, salvo che non vi siano esplicite disposizioni normative di segno contrario, per piano interrato si intende quello costruito al di sotto dell’originario piano di campagna, in quanto le prescrizioni dettate dagli strumenti urbanistici in tema di altezza, distanze e volumetria degli edifici sono dirette a tutelare quegli specifici valori –aria, luce, vista– sui quali incidono tutti i volumi che, sporgendo al di sopra della linea naturale del terreno, modificano in maniera significativa la conformazione del suolo e dell’ambiente
(TAR Marche, sentenza 12.03.2010 n. 111 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa facoltà di irrogare la sanzione pecuniaria, in luogo della demolizione, è prevista dall'art. 34 del D.P.R. n. 380 del 2001 per i soli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire.
Osserva il Collegio che la facoltà di irrogare la sanzione pecuniaria, in luogo della demolizione, è prevista dall'art. 34 del D.P.R. n. 380 del 2001 per i soli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, mentre nella fattispecie la maggior parte degli abusi in contestazione concerne opere eseguite in totale difformità, o in assenza di qualsivoglia titolo abilitativo (si pensi al secondo livello “interrato” del fabbricato accessorio, ed alla struttura a servizio della piscina) (TAR Marche, sentenza 12.03.2010 n. 111 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La decadenza della concessione edilizia per mancato inizio ed ultimazione dei lavori non è automatica e deve, pertanto, essere dichiarata con apposito provvedimento dell'amministrazione che renda operanti gli effetti della decadenza accertata.
Il Collegio condivide l’orientamento giurisprudenziale dominante secondo cui la decadenza della concessione edilizia per mancato inizio ed ultimazione dei lavori non è automatica e deve, pertanto, essere dichiarata con apposito provvedimento dell'amministrazione che renda operanti gli effetti della decadenza accertata (Cons. Stato, sez. V, 29.01.2008 n. 249; Cons. Stato, sez. V, 26.06.2000, n. 3612; Cons. Stato, sez. V, 15.06.1998, n. 834).
Il provvedimento demolitorio impugnato è quindi illegittimo non essendo preceduto da un provvedimento dichiarativo della intervenuta decadenza; è, altresì, illegittimo in quanto adottato in violazione dell’affidamento nella legittimità dell’intervento edilizio, ingenerato dall’inerzia dell’amministrazione protratta per un notevole lasso di tempo, a fronte di un illecito (il mancato inizio dei lavori entro il termine previsto dalla concessione) che, non avendo carattere permanente, necessita di una tempestiva contestazione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.03.2010 n. 582 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVIL’obbligo di cui all’art. 7 l. n. 241/1990 non può essere applicato meccanicamente e formalisticamente, essendo volto non solo ad assolvere ad una funzione difensiva a favore del destinatario dell’atto conclusivo, ma anche a formare nell’Amministrazione procedente una più completa e meditata volontà e dovendosi, comunque, ritenere che il vizio derivante dall’omissione di comunicazione non sussiste nei casi in cui lo scopo della partecipazione del privato sia stato comunque raggiunto o manchi l’utilità della comunicazione all’azione amministrativa.
Va ricordato come la giurisprudenza amministrativa si sia ormai consolidata nell’escludere che l’obbligo di cui agli artt. 7 e 8 della L. n. 241 del 1990 possa essere inteso in senso puramente formale.
E’ stato ritenuto, infatti (dec. V Sez. n. 5436/2005), che l’obbligo di cui all’art. 7 non può essere applicato meccanicamente e formalisticamente, essendo volto non solo ad assolvere ad una funzione difensiva a favore del destinatario dell’atto conclusivo, ma anche a formare nell’Amministrazione procedente una più completa e meditata volontà e dovendosi, comunque, ritenere che il vizio derivante dall’omissione di comunicazione non sussiste nei casi in cui lo scopo della partecipazione del privato sia stato comunque raggiunto o manchi l’utilità della comunicazione all’azione amministrativa (VI Sez., n. 1844/2008; V n. 6641/2004 e n. 343/2002).
Dal che consegue che non può ritenersi sussistente la violazione di tale obbligo di comunicazione nel caso in cui il soggetto inciso sfavorevolmente da un provvedimento non dimostri che, ove fosse stato reso edotto dell’avvio del procedimento, sarebbe stato in grado di fornire elementi di conoscenza e di giudizio tali da far determinare in modo diverso le scelte dell’Amministrazione procedente(cfr. in termini, dec. nn. 1844 e 343 cit.; Sez. II, n. 1359/1999).
Sotto altro profilo, la giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato che l’esigenza di informazione del destinatario dell’azione amministrativa non sussiste ogniqualvolta lo stesso destinatario ne abbia già avuto conoscenza aliunde (V Sez., n. 6641/2004).
Quanto alla individuazione della platea dei destinatari dell’atto, osserva il Collegio che l’art. 7 co. 1 della L. n. 241 del 1990 impone tale comunicazione nei riguardi dei “soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi” (Sez. IV, n. 1234/1997) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 16.02.2010 n. 888 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGOIl bando di concorso va pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Tutta la procedura di un concorso pubblico è illegittima se il relativo bando non è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Lo afferma il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza 16.02.2010 n. 871.
Il Collegio avvia le mosse dall'esame dell'art. 4 del dpr n. 487/1994 che prescrive la pubblicazione del bando di concorso per l'accesso all'impiego pubblico nella Gazzetta Ufficiale ed in particolare, per gli enti locali, prevede la possibilità di sostituire la pubblicazione del bando con l'avviso di concorso contenente gli estremi del bando e l'indicazione della scadenza del termine per la presentazione della domanda (comma 1-bis).
«Né tale disposizione», prosegue la sentenza, «può considerarsi in contrasto con l'art. 35, comma 3, lett. a), del dlgs n. 165/2001, recante principi in materia di procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni, che si limita a prescrivere “adeguata pubblicità della selezione”, senza nulla specificare in ordine alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale».
«Invero», concludono i giudici di Palazzo Spada, «le disposizioni di dettaglio contenute nella fonte regolamentare servono a completare la norma di rango legislativo, costituendone coerente e conforme specificazione; esse non possono, pertanto essere disapplicate, in quanto conformi alla norma di rango superiore ed allo stesso dettato degli articoli 51 e 97 della Costituzione, che garantiscono il diritto di accesso agli impieghi pubblici di tutti i cittadini su di un piano di parità, esercitabile solo attraverso un sistema di pubblicità che favorisca la massima partecipazione» (articolo ItaliaOggi dell'01.04.2010, pag. 20).

EDILIZIA PRIVATA: Beni Ambientali. Parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.
Il parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, espressione di discrezionalità tecnica, deve inerire alla valutazione della compatibilità o meno di un dato intervento edilizio con le esigenze di tutela paesistica sottese all’imposizione del vincolo stesso ed indicare quindi, sia pure in forma sintetica, i motivi per i quali la costruzione, per le sue caratteristiche architettoniche ed estetiche, viene giudicata pregiudizievole dell’integrità del contesto ambientale in cui si inserisce, rimanendo così esclusa ogni valutazione di altri aspetti riferibili a distinte funzioni e diversi contesti normativi (TAR Lazio-Latina, Sez. I, sentenza 15.02.2010 n. 87 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Esclusione dalla procedura selettiva - Accesso agli atti in vista della difesa in giudizio - Diniego ai sensi dell'art. 13, co. 5 del d.lgs. n. 163/2006 - Illegittimo.
2. Accesso agli atti - Intenzione di agire in giudizio per ottenere l'annullamento degli atti gara - Interesse all'accesso - Sussiste.

1. Secondo giurisprudenza costante, l'esclusione dall'accesso nelle ipotesi di cui all'art. 13, comma 5 (vale a dire, ove riguardi documenti contenenti "informazioni fornite dagli offerenti nell'ambito delle offerte, ovvero a giustificazione delle medesime") non è sempre radicale ed assoluta.
Ai sensi del successivo co. 6, infatti, deve essere comunque consentito l'accesso al concorrente che lo richieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto alla quale ha preso parte (Cfr. Cons. Stato, sez. V, 09.12.2008, n. 6121).
2. Sussiste l'interesse concreto e specifico all'accesso da parte dell'impresa che abbia partecipato alla gara per l'affidamento di un contratto pubblico e che non sia risultata aggiudicataria, non essendo necessario che al momento della richiesta di accesso sia già instaurato il giudizio avverso l'annullamento dell'aggiudicazione o degli atti di gara; è infatti sufficiente che la lite sia anche solo potenziale (CGA Sicilia, Sez. Giur., 05.12.2007, n. 1087) (nella fattispecie, il Collegio ha statuito che ha un interesse concreto ed attuale, tale da sorreggere l'istanza presentata, la ricorrente che ha partecipato con esisto sfavorevole alla procedura e che ha manifestato l'intenzione di agire in giudizio per ottenere l'annullamento degli atti gara) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenze 29.01.2010 n. 199 e 201 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Impugnazione dell'aggiudicazione da parte di un'impresa che non ha partecipato alla gara - Ricorso inammissibile.
E' inammissibile per carenza di legittimazione ad agire e interesse il ricorso proposto avverso l'aggiudicazione di un pubblico appalto da parte di un'impresa che non ha partecipato alla gara relativa, potendo la stessa impugnare soltanto le disposizioni della lex specialis che ne abbiano in ipotesi impedito la partecipazione alla procedura selettiva (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 28.01.2010 n. 197).

ENTI LOCALI: Indebito arricchimento - Azione nei confronti della Pubblica Amministrazione - Riconoscimento utilità dell'opera - Forma esplicita - Necessità - Non sussiste.
L'azione di indebito arricchimento avverso la PA presuppone sia il fatto materiale dell'esecuzione di un'opera o di una prestazione vantaggiosa per l'ente pubblico, sia il riconoscimento, da parte di questo, dell'utilità dell'opera o della prestazione che, tuttavia, non necessariamente deve avvenire in forma esplicita, cioè con un atto formale, potendo operarsi anche implicitamente, ossia mediante la consapevole utilizzazione dell'opera o della prestazione da cui l'ente abbia tratto vantaggio economico o arricchimento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 27.01.2010 n. 196 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Procedimento - Comunicazione di avvio del procedimento - Revoca provvedimento - Obbligo - Sussiste.
E' pacifico che la comunicazione di avvio del procedimento va sempre disposta quando l'amministrazione intende emanare un atto di secondo grado, di annullamento, di revoca o di decadenza; tale principio si applica a fortiori quando l'amministrazione esercita un potere non vincolato ma prettamente discrezionale, in quanto l'art. 7 l. 241/1990 consente all'interessato, già nel corso del procedimento, di formulare osservazioni e di rappresentare all'amministrazione stessa nuovi elementi, al fine di evitare l'emanazione di un atto che altrimenti potrebbe essere affetto da eccesso di potere per erroneità nei presupposti e nelle valutazioni (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 27.01.2010 n. 194 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ricorso proposto avverso l'ordine di demolizione - Presentazione domanda di sanatoria - Improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse - Sussiste.
L'impugnazione dell'ordine di demolizione va dichiarata improcedibile nell'ipotesi di presentazione dell'istanza di sanatoria -sia essa di accertamento di conformità sia essa di condono- che produce l'effetto di rendere inefficace il provvedimento sanzionatorio dell'ingiunzione di demolizione, in quanto il riesame dell'abusività dell'opera provocato dalla predetta istanza di sanatoria comporta la necessaria formazione di un nuovo provvedimento (esplicito o implicito, di accoglimento o di rigetto) che vale comunque a superare il provvedimento sanzionatorio oggetto dell'impugnativa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 27.01.2010 n. 194 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Procedimento Sportello Unico per le Attività Produttive - Ratio.
2. Procedimento Sportello Unico per le Attività Produttive - Competenza - Dirigente - Non convocazione conferenza di servizi - Illegittimità.
3. Procedimento Sportello Unico per le Attività Produttive - Mancata individuazione di aree destinate all'attività produttiva - Interventi di ampliamento - Necessità - Non sussiste.

1. La normativa dello Sportello Unico per le Attività Produttive è finalizzata a favorire lo sviluppo economico ed a consentire perciò la realizzazione di nuovi impianti produttivi ancorché in contrasto allo strumento urbanistico vigente, quando non vi siano ragioni per ritenere che il nuovo insediamento possa cagionare danni all'ambiente circostante ed alla salute pubblica, e che, di contro, esso possa implicare nuova occupazione nel rispetto dei diritti dei lavoratori.
2. Il compito del Dirigente, antecedente a quello della Conferenza di servizi, si esaurisce nel verificare le condizioni di ammissibilità della domanda, cioè l'assenza di aree idonee destinate all'insediamento di impianti produttivi.
Il mancato avvio del procedimento da parte del Dirigente, che ha ritenuto di non convocare la conferenza di servizi, viola pertanto l'art. 5 del DPR 447/1998, che demanda alla Conferenza di servizi il compito di valutare il progetto, e approvarlo con contestuale proposta di variante, da presentare al Consiglio Comunale.
3. La mancata individuazione di aree destinate all'insediamento di impianti urbanistici si deve ritenere necessaria solo in caso di insediamenti di nuovi impianti, ma non di interventi di ampliamento o di ristrutturazione di attività esistenti, in quanto verrebbe frustrata la ratio della norma di favorire lo sviluppo economico, nel caso di una impresa già esistente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 27.01.2010 n. 193 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Distanze tra costruzioni - Art. 9 del DM 1444/1968 - Fattispecie.
Gli ultimi due capoversi dell'art. 9 del D.M. n. 1444/1968 contengono una disciplina, tra loro integrativa, per il calcolo delle distanze nel solo caso di edifici tra i quali sono interposte strade, con la chiara ipotesi di esclusione delle strade a fondo cieco, che è stata accertata nel caso de quo.
Anche la disposizione secondo cui va calcolata la distanza va maggiorata fino al raggiungimento della misura corrispondente all'altezza del fabbricato più alto si applica solo nell'ipotesi di edifici tra i quali sono interposte strade destinate al traffico dei veicoli (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 27.01.2010 n. 191 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Pianificazione urbanistica - Ampia discrezionalità amministrativa - Sussiste - Limiti.
Se da una parte è certamente incontestata l'ampia discrezionalità che la legge attribuisce agli organi comunali titolari del potere di governo del territorio, è altrettanto doveroso riconoscere che tale potere discrezionale debba essere esercitato nel rispetto dei canoni della logicità e della razionalità (nel caso di specie il TAR ha dichiarato l'illegittimità delle norme tecniche di attuazione di un Comune che ha esclusa la possibilità di insediare attività paracommerciali e uffici ai piani terreni degli edifici con vetrine che affacciano sulla strada, nei sistemi commerciali lineari in quanto tale disposizione si concreta in una limitazione all'attività economica di una pluralità di categorie d'affari, limitazione che non trova un'idonea giustificazione nell'interesse pubblico teso a rivitalizzare le strade, con vetrine solo d'esposizione, in considerazione della realtà territoriale del comune stesso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 27.01.2010 n. 190 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Ricorso giurisdizionale - Interesse a ricorrere - Piano di recupero - Utilitas - Fattispecie.
E' stato ritenuto sussistente l'interesse a ricorrere di un soggetto che lamentava il fatto che il piano di recupero escludesse illegittimamente alcuni fabbricati, tra cui quello di sua proprietà atteso che nel caso di specie il requisito dell'interesse è da identificarsi nell'utilitas effettiva, concreta, ricavabile dall'annullamento degli atti, cioè di un vantaggio anche successivo ed eventuale, in quanto l'annullamento risulta meramente strumentale rispetto alla ulteriore attività dell'Amministrazione, dalla quale il ricorrente potrebbe conseguire un risultato positivo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 27.01.2010 n. 188 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Attività edilizia - Ristrutturazione edilizia - Portata.
2. Attività edilizia - Ristrutturazione urbanistica - Portata.

1. La ristrutturazione edilizia (c.d. pesante) contempla, secondo la definizione dell'art. 3 lett. D) T.U. edilizia, interventi che incidono sull'organismo edilizio, con possibilità anche di portarlo ad uno in tutto o in parte diverso.
2. Si rientra nell'ambito della ristrutturazione urbanistica quando viene sostituito l'esistente tessuto urbanistico, con un altro diverso, mediante un insieme di interventi che riguardano non solo gli immobili, ma complessivamente l'area, comportando, come risultato, la modifica del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.
Tale tipologia di intervento va quindi riferita ad interventi su un insieme di insediamenti, che possono incidere anche sulle opere di urbanizzazione e operano una sostituzione del tessuto urbanistico: un'operazione non di semplice "restyling", ma di cambiamento dei caratteri, della fisionomia e della struttura stessa della zona in cui gli immobili interessati si collocano (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 27.01.2010 n. 188 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Ricorso giurisdizionale - Piano regolatore generale - Termine per l'impugnazione - Dies a quo - Compimento tutte forme di pubblicità.
Essendo l'atto di approvazione di una variante al piano regolatore comunale sottoposto a forme plurime di pubblicità (pubblicazione nel B.U.R. e deposito nella casa comunale), la presunzione legale di conoscenza non ha luogo, ai fini del decorso del termine per la proposizione di impugnazione, sino a che non siano state compiute; nell'ipotesi in cui la pubblicazione nel B.U.R. abbia seguito il deposito del piano nell'albo pretorio, il termine per l'impugnazione decorre dal momento in cui l'intera fase della pubblicità legale non si sia perfezionata (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 27.01.2010 n. 187 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Disposizioni del bando contrarie a norme imperative sopravvenute - Illegittimità - Devono considerarsi non apposte - Sono automaticamente sostituite da quelle cogenti entrate in vigore.
Le disposizioni del bando di gara che contrastano con norme inderogabili -sia "ab origine" che a seguito di "ius superveniens" nel corso della gara- equivalgono a richiami normativi erronei o non più attuali. Esse sono da considerarsi "tamquam non essent" e devono essere sostituite dalle corrispondenti previsioni cogenti.
Nei contratti ad evidenza pubblica, infatti, tutte le fasi di gara in cui la procedura si scompone assumono una funzione preordinata all'atto di aggiudicazione che, in quanto atto conclusivo (e in senso stretto provvedimentale), deve essere necessariamente conforme al dato normativo in quel momento in vigore (cfr. TAR Lombardia, sez. III, 26.08.1998, n. 2031; nello stesso senso vedi, altresì, Cons. Stato, sez. VI, n. 4937/2007) (fattispecie nella quale il Collegio, dopo aver dato atto di un orientamento contrario (cfr. TAR Piemonte, 04.09.2009 n. 2260) ha ritenuto legittimo il provvedimento dell'Amministrazione di esclusione dalla procedura selettiva di una società che in base ad una normativa sopravvenuta non aveva più i requisiti -misura del capitale sociale- per poter partecipare alla gara) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenze 27.01.2010 nn. 185 e 186 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Ordinanza di demolizione di opere abusive - Inottemperanza - Acquisizione al patrimonio del Comune - Effetto automatico - Sussiste.
2. Ordinanza di demolizione di opere abusive - Demolizione dopo il termine per ottemperare alla ordinanza - Acquisizione al patrimonio del Comune - Legittimità.

1. Decorso infruttuosamente il termine di 90 giorni dalla notificazione dell'ordinanza di demolizione della costruzione abusiva, se l'inottemperanza non sia giustificata, si verifica automaticamente l'acquisizione al patrimonio del comune di tale costruzione, nonché dell'area di sedime e di quella ulteriore necessaria ai fini urbanistico-edilizi.
2. La demolizione che il proprietario ha realizzato dopo il termine per ottemperare all'ordinanza e' non solo irrilevante, ma anche illegittima, illecita e arbitraria e pertanto è inidonea a bloccare l'acquisizione del bene e dell'area di sedime che si verifica automaticamente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.01.2010 n. 179 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Vincolo di rispetto stradale - Vincolo di inedificabilità assoluta - Sussiste.
In merito al vincolo di rispetto stradale l'esistenza di limiti di edificazione da rispettare con riferimento al nastro stradale, tanto fuori del centro abitato che nell'ambito di quest'ultimo, deriva direttamente dalla normativa del codice della Strada (art. 16, 17 e 18 d.lgs. 285/2002) e del suo Regolamento di attuazione) ed ha natura cogente in quanto finalizzata alla tutela della sicurezza del traffico (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.01.2010 n. 178 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Preavviso di rigetto - Ex art. 10-bis della L. n. 241/1990 - Provvedimento di rigetto - Corrispondenza - Necessità.
2. Preavviso di rigetto - Ex art. 10-bis della L. n. 241/1990 - Osservazioni - Provvedimento di rigetto - Motivazione - Necessità.

1. Ai sensi dell'art. 10-bis della legge 241/1990 i motivi ostativi indicati nel preavviso di rigetto devono corrispondere con quelli risultanti nell'atto conclusivo del procedimento 2.
2. L'art. 10-bis impone espressamente all'Amministrazione di dare ragione nel provvedimento finale dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni: in caso di ricevimento di osservazioni, l'obbligo motivazionale risulta rafforzato, per cui, in caso di decisione finale di segno negativo, devono essere indicate le specifiche ragioni dell'infondatezza delle stesse, pena in caso contrario le stessa inutilità dell'art. 10-bis (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.01.2010 n. 176 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Comunicazione di avvio del procedimento - Va letta alla luce dei criteri generali che governano l'azione amministrativa - Non è necessaria - Fattispecie.
Non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento quando l'interessato abbia comunque acquisito aliunde la conoscenza del procedimento o abbia interloquito con la Pubblica Amministrazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.01.2010 n. 175 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi - Acquisizione al patrimonio comunale - Erronea individuazione area da acquisire - Illegittimità.
Il provvedimento che individua le aree da acquisire gratuitamente al patrimonio comunale, pur avendo natura certificativa, è impugnabile per vizi propri, fra i quali l'erronea individuazione dell'area da acquisire (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.01.2010 n. 175 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. D.I.A. - Provvedimento comunale di inibitoria - Termine - Perentorietà - Sussistenza
2. D.I.A. - Decorso del termine -Provvedimento comunale di inibitoria - Possibilità - Modalità.

1. Il termine previsto dalla legge per l'esercizio del potere inibitorio è da considerarsi perentorio in quanto finalizzato a dare certezza ai rapporti giuridici tra privati e pubblica amministrazione e posto, quindi, a tutela sia dell'interesse pubblico che degli interessi dei privati.
2. Allo scadere del termine ex art. 23 D.P.R. 380/2001, si consolida in capo all'istante una legittimazione ex lege all'esercizio dell'attività edilizia, pertanto la P.A., per contestare la sussistenza dei requisiti o delle condizioni previste dalla legge per l'esercizio dell'attività edificatoria oltre lo scadere di tale termine, non può esercitare direttamente un potere sanzionatorio: prima deve intervenire in autotutela per rimuovere la legittimazione ad edificare sorta per effetto della presentazione della d.i.a. e del decorso del termine senza che la stessa P.A. abbia esercitato il potere inibitorio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.01.2010 n. 135 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. D.I.A. - Tutela del terzo - Azione di accertamento insussistenza presupposti D.I.A.- Sussiste.
2. D.I.A. - Tutela del terzo - Azione di accertamento insussistenza presupposti D.I.A.- Termine- Sessanta giorni - Ratio.
3. Ricorso giurisdizionale - Tardività - Errore scusabile - Sussistenza - Fattispecie.
1. Il terzo che intenda contestare un intervento edilizio in via di esecuzione in forza di denuncia di inizio attività può esperire un'azione di accertamento dell'inesistenza dei presupposti per intraprendere l'attività in base alla d.i.a. (Cons. Stato, sez. VI, 09.02.2009, n. 917).
2. L'azione di accertamento è da ritenersi sottoposta al generale termine di decadenza di 60 giorni previsto per l'azione di annullamento, pena una illogica diversificazione degli strumenti di tutela di cui dispongono i terzi, a seconda che siano lesi da un permesso di costruire o da una denuncia di inizio attività.
3. Sussistono i presupposti per il riconoscimento dell'errore scusabile, con conseguente rimessione in termini, in capo al ricorrente che al fine di contestare la costruzione realizzata dal controinteressato in forza di DIA abbia dapprima rivolto all'amministrazione formale istanza per l'esercizio della potestà repressiva attribuitale dalla legge (artt. 27 ss., d.P.R. n. 380 del 2001) e poi agito ai sensi dell'art. 21-bis, l. n. 1034 del 1971 avverso il silenzio-rifiuto formatosi sull'istanza (ovvero impugnando con il ricorso ordinario il diniego esplicito di intervento da parte del comune considerazione delle continue oscillazioni giurisprudenziali in ordine agli strumenti ed alle modalità con cui il soggetto che si ritenga danneggiato dall'attività costruttiva esercitata in forza di una dichiarazione di inizio attività possa contestare la d.i.a. (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.01.2010 n. 134 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Piano regolatore generale - Asservimento - Potenzialità edificatoria - Edifici preesistenti - Si computano.
2. Piano regolatore generale - Asservimento - Potenzialità edificatoria - Vicende private connesse alla disponibilità di area edificabile - Irrilevanza.

1. Nel computo della volumetria assentibile in ciascuna zona di piano regolatore, sono da ricomprendere anche gli edifici preesistenti in quanto il PRG, nella parte in cui prevede i limiti entro i quali l'area può essere edificata, si riferisce non all'edificazione ulteriore rispetto a quella già esistente al momento della sua approvazione, ma all'edificazione complessivamente realizzabile sull'area.
2. Le vicende relative alla proprietà dei terreni, e in particolare il frazionamento del fondo da parte dell'originario unico proprietario, sono irrilevanti ai fini dell'inedificabilità delle aree libere, che devono comunque intendersi asservite alle costruzioni già realizzate e pertanto inedificabili (oppure edificabili nei soli limiti della volumetria residua) ove le costruzioni esistenti abbiano già "consumato" la volumetria disponibile (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.01.2010 n. 134 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Mutamento di destinazione d'uso - Da agricolo a residenziale - Illegittimità - Non sussiste - Fattispecie.
La locazione di una unità abitativa ad un soggetto non impiegato in attività agricola non può ritenersi idonea a configurare quel cambio di destinazione d'uso, ancorché senza opere, che l'art. 53 della legge n. 12 del 2005 intende sanzionare in relazione ad un immobile agricolo edificato in epoca anteriore all'entrata in vigore della stessa legge regionale n. 93/1980 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.01.2010 n. 131 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abuso edilizio - Demolizione - Applicazione a distanza di tempo - Illegittimità - Fattispecie.
In presenza di opera vetusta, esistente da un ventennio senza opposizione di terzi interessati al rispetto della distanza, è illegittima, in assenza di un interesse pubblico specifico, l'ordinanza di demolizione, specie nel caso in cui il manufatto appare indispensabile alla abitabilità dell'alloggio cui serve  (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.01.2010 n. 130 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi - Sanatoria - Corrispondenza tra progetto assentito e quanto effettivamente realizzato - Necessità.
Ai fini della sanatoria delle opere abusive sotto il profilo tanto urbanistico quanto paesaggistico, la verifica della conformità delle opere effettivamente realizzate va effettuata con riferimento al progetto assentito e non alla situazione originaria del fabbricato (il TAR ha dichiarato illegittimo il diniego di sanatoria opposto dal Comune affermando che se è pur vero che l'erronea rappresentazione dello stato di fatto negli elaborati progettuali costituisce un vizio del progetto e del correlativo permesso di costruire, fino a quando questo vizio non venga rimosso nelle forme appropriate, mediante annullamento del permesso di costruire, nell'esercizio -ove ne ricorrano i presupposti- del potere di autotutela, non può essere valorizzata la situazione preesistente al rilascio del titolo, dovendo il raffronto essere condotto al progetto assentito (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.01.2010 n. 129 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Abuso edilizio - Sanatoria - Istanza di parte - Necessità - Conseguenze.
2. Abuso edilizio - Sanatoria - Preventiva adozione atti di diffida da parte dell'Amministrazione - Necessità - Sussiste.

1. Dal momento che l'art. 36 del D.P.R. 380/2001 è chiaro nello stabilire che il procedimento di sanatoria di opere abusive possa essere attivato esclusivamente a domanda degli interessati, l'attivazione del procedimento di sanatoria da parte dell'amministrazione è illegittimo in quanto finisce infatti per confondere l'istituto della sanatoria con quello della convalida degli atti amministrativi illegittimi.
Né tale principio può dirsi contraddetto da quella giurisprudenza che ha ammesso la possibilità di una "conversione d'ufficio dell'istanza di autorizzazione in variante" (Cons. Stato, 22.03.2000 n. 3168) in quanto tale atto interpretativo è evidentemente possibile solo con il consenso del privato interessato e non può essere imposto dall'amministrazione.
2. E' illegittimo l'accertamento di conformità adottato dal Comune senza la preventiva emanazione degli atti di diffida previsti dagli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, in quanto così facendo è venuto meno l'atto di garanzia per il destinatario, qual è la diffida, che svolge la funzione di rendere edotto il privato dell'accertamento di un illecito e manifesta l'intenzione dell'amministrazione di disporre l'applicazione di una sanzione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.01.2010 n. 128 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Abuso edilizio - Sanatoria - Pagamento oblazione e oneri concessori - Necessità.
2. Abuso edilizio - Sanatoria - Pagamento degli oneri concessori - Prescrizione del diritto a percepire gli oneri concessori - Dies a quo - Formazione del silenzio assenso sull'istanza di sanatoria.

1. Il versamento dell'oblazione non esime i soggetti, che chiedono la sanatoria, dal pagamento, "ai fini del rilascio della concessione", del contributo in questione.
2. Ai sensi dell'art. 35 l. 28.02.1985 n. 47, il termine di 24 mesi per la formazione del silenzio assenso sulla domanda di concessione edilizia in sanatoria decorre dalla data nella quale viene depositata la documentazione completa, a corredo della detta domanda: pertanto, è dal compimento di questi ventiquattro mesi che decorre il termine decennale di prescrizione degli oneri concessori (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.01.2010 n. 127 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. D.I.A. - Impugnativa diretta - Inammissibilità.
2. Opere abusive - Ordinanza di demolizione - Comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Non sussiste.
3. D.I.A. - Errata rappresentazione stato di fatto - Illegittimità - Non sussiste - Fattispecie.

1. E' inammissibile l'impugnativa diretta della DIA presentata dal controinteressato, dal momento che la tutela del terzo che si oppone all'intervento attuato tramite la D.I.A. è garantita rivolgendo all'Amministrazione formale istanza per l'esercizio della potestà repressiva attribuitale dalla legge (artt. 27 e segg. del d.P.R. n. 380/2001) ed agendo poi, ai sensi dell'art. 21-bis della l. n. 1034/1971, avverso il cd. silenzio rifiuto formatosi sull'istanza (ovvero, impugnando con il ricorso ordinario il diniego esplicito di intervento da parte della P.A.).
2. Non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento nel caso di ordine di demolizione di opere abusive, in quanto trattasi di provvedimento alla cui adozione l'Amministrazione comunale è vincolata per legge, a seguito dell'accertata abusività delle opere, tale principio deve estendersi anche agli atti di ritiro dei provvedimenti inibitori edilizi quando l'amministrazione accerti che tale violazione non sussiste.
3. L'errata o insufficiente (non importa se dolosa o colposa) rappresentazione di circostanze di fatto esposte nella domanda e relativi allegati di permesso a costruire o nella dichiarazione di inizio di attività e nella documentazione asseverata dal tecnico, è causa di illegittimità degli atti dell'amministrazione quando abbia influito sulla determinazione dell'amministrazione in modo tale da condurla a rilasciare un atto autorizzativo che altrimenti non avrebbe rilasciato od a tenere un comportamento di non opposizione nei confronti dell'esecuzione del progetto presentato ed asseverato dai tecnici abilitati, che altrimenti avrebbe inibito (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.01.2010 n. 125 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Ricorso giurisdizionale - Termine per l'impugnazione - Decorre dalla piena ed effettiva conoscenza del provvedimento - Onere della prova - Incombe alla parte che eccepisce la tardività.
2. Ricorso giurisdizionale - Controinteressato - Nozione - Individuazione.

1. La piena conoscenza di un atto deve essere provata in modo certo ed inequivocabile da parte di chi eccepisce la tardività del ricorso ed il relativo onere non può ritenersi adempiuto sulla base della prospettazione di mere presunzioni che non assurgono a dignità di prova; infatti, ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione di un atto o provvedimento amministrativo, non può essere sufficiente la probabilità che l'interessato in un determinato momento abbia avuto cognizione dell'atto contro il quale ha prodotto ricorso altrimenti risulterebbero violati i principi costituzionali stabiliti dagli art. 24 e 113, secondo cui tutti possono agire in giudizio contro gli atti della pubblica amministrazione a tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
2. Nel processo amministrativo la qualità di controinteressato in senso tecnico viene riconosciuta a coloro che da un lato, siano portatori di un interesse qualificato alla conservazione del provvedimento impugnato, di natura eguale e contraria a quello del ricorrente (c.d. elemento sostanziale), dall'altro lato, siano nominativamente indicati nel provvedimento stesso o comunque siano agevolmente individuabili in base ad esso (c.d. elemento formale) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.01.2010 n. 116 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi - Demolizione - Superamento dell'altezza massima di zona - Variazione essenziale - Non sussiste - Fattispecie.
La realizzazione di un box avente un'altezza superiore di appena tre centimetri all'altezza massima di zona, non dà luogo, ai sensi dell'art. 54 della L.R. 12/2005, ad una variazione essenziale, con conseguente illegittimità dell'ordinanza di demolizione irrogata dal Comune (nel caso di specie il TAR ha altresì affermato che un divario di tre centimetri nell'altezza di un box appare proporzionalmente così esiguo da ritenersi irrilevante anche ai fini del rispetto delle distanze minime dal confine) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.01.2010 n. 115 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Programma integrato di intervento - Convenzione - Revoca - Illegittimità.
E' illegittima la delibera del Consiglio comunale con la quale un Comune ha revocato la convenzione del programma integrato di intervento sottoscritto con il privato in violazione dello schema tipico di cui all'art. 92 della L.R. 12/2005 (che decorso un anno dalla stipula dalla convenzione prevede la diffida del Sindaco a stipulare la stessa entro i successivi giorni) potendosi derogare a tale norma solo in presenza di un diverso accordo tra le parti ex art. 1321, accordo inesistente nel caso di specie (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.01.2010 n. 109 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA 1. Abuso edilizio - Ordinanza di demolizione - Buona fede dell'acquirente - Irrilevanza.
2. Abuso edilizio - Ordinanza di demolizione - Carenze documentali della perizia di stima posta a base della procedura di esecuzione immobiliare culminata nell'aggiudicazione - Irrilevanza.
3. Abuso edilizio - Ordinanza di demolizione - Possibilità di rimettere in discussione le ragioni del diniego all'istanza di sanatoria in sede di impugnazione dell'ordine di demolizione - Non sussiste.
4. Abuso edilizio - Ordinanza di demolizione - Potere di vigilanza e repressione - Spetta al dirigente - Ratio.

1. L'acquirente di un immobile non può ritenersi sottratto all'esecuzione di un'ingiunzione che dispone la demolizione di opere realizzate in assenza di concessione edilizia, sulla base della semplice asserzione della propria buona fede: l'acquirente, infatti, succede nel diritto reale e nelle posizioni attive e passive che facevano capo al precedente proprietario e che sono inerenti alla cosa, ivi compresa l'abusiva trasformazione.
2. In caso di opera abusiva e conseguente ordinanza di demolizione non assumono rilievo eventuali carenze, a chiunque addebitabili, nella redazione della perizia di stima posta a base della procedura di esecuzione immobiliare culminata nell'aggiudicazione del compendio alla società ricorrente (cfr. TAR Milano, sent. n. 1332/2009).
3. Il soggetto che ha prestato acquiescenza al rigetto dell'istanza di sanatoria di opera da lui abusivamente realizzata decade dalla possibilità di rimettere in discussione le ragioni del diniego in sede di impugnazione dell'ordine di demolizione, atteso che quest'ultimo trova il suo presupposto, divenuto definitivo in quanto non impugnato, proprio in detto diniego (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 6715/2007).
4. In materia di abusi edilizi e relative ordinanze di demolizione, ai sensi dell'art. 27, D.P.R. 380/2001, il potere di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia è di competenza del dirigente, trattandosi di tipico potere gestionale, potere che trova la propria fonte direttamente dalla legge e non in un atto di conferimento da parte del sindaco (cfr. Cons. Stato, sent. n. 1149/2000; TAR Roma, sent. n. 9438/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.01.2010 n. 99).

LAVORI PUBBLICI: Asfaltatura manto stradale - Riscossione coattiva somme - Ingiunzione di pagamento - Onere della P.A. di dimostrare il fondamento giuridico della pretesa - Necessità.
In materia di riscossione coattiva di somme di denaro pretese dalla P.A. a titolo di contributo per la riasfaltatura della sede stradale, che l'amministrazione assuma avere eseguito in sostituzione del privato, è illegittima la relativa ingiunzione di pagamento ogni qualvolta il Comune non assolva l'onere probatorio posto a suo carico di dimostrare il fondamento giuridico della propria pretesa (nel caso di specie la P.A. non cita legge, né provvedimento, né convenzione, né statuizione giudiziale da cui possa dedursi l'esistenza, a carico della ricorrente e della sua dante causa, dell'obbligo di contribuire all'asfaltatura del manto stradale; obbligo in assenza del quale non hanno pregio né l'avvenuto pagamento da parte di altri residenti, né la modesta entità del preteso contributo) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.01.2010 n. 96).

EDILIZIA PRIVATA: Distanze tra fabbricati - Sporti - Computabilità nel calcolo della distanza - Solo in presenza di specifiche norme di piano - Fattispecie.
Il balcone aggettante può essere ricompreso nel computo della distanza, in conformità di quanto disposto dall'art. 9 del D.M. 1444/1968, solo nel caso in cui una norma di piano preveda ciò, posto che uno sporto non integra la specie dell'intercapedine dannosa che legittima l'applicazione della norma di ordine pubblico derivante dal D.M. n. 1444/1968, (cfr. TAR Pescara, sent. n. 579/2009; TAR Genova, sent. n. 1736/2009) (nel caso di specie il balcone di misura modesta, ossia mt. 1,60, non contrasta con la funzione igienico-sanitaria -evitare intercapedini malsane- di cui alla disposizione comunale oggetto del contendere: un balcone di tali dimensioni si configura infatti come un manufatto di modesta estensione, che costituisce una entità trascurabile rispetto agli interessi tutelati dalla normativa di sicurezza, salubrità e igiene) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.01.2010 n. 91).

ATTI AMMINISTRATIVI: Accesso agli atti - Natura - E' interesse legittimo - Notifica ai controinteressati - Necessità.
Il diritto di accesso si configura come interesse legittimo, con la conseguenza che il relativo giudizio è di tipo impugnatorio, sottoposto alla generale disciplina del processo amministrativo: pertanto, il relativo ricorso deve essere notificato, a pena di inammissibilità, tanto all'organo che ha emanato l'atto impugnato quanto ai controinteressati, quali devono considerarsi i soggetti determinati a cui si riferiscono i documenti richiesti, nel termine perentorio di 30 giorni fissato dalla legge (cfr. Cons. di Stato, Ad. Pl. decisione n. 19/1999) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.01.2010 n. 90 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abuso edilizio - Demolizione - Termine per provvedere - Termine inferiore a quello ex art. 7 Legge 47/1985 - Conseguenze - Violazione meramente formale - Presupposti.
L'assegnazione da parte dell'autorità comunale di un termine inferiore a quello di legge per provvedere alla demolizione delle opere abusive si risolve in una violazione meramente formale, non lesiva per l'interessato, in tutti i casi in cui egli abbia effettivamente potuto disporre di un termine non inferiore a quello previsto dalla legge per provvedervi (cfr. TAR Torino, sent. n. 2062/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.01.2010 n. 89).

APPALTI: Non menzione di un precedente grave errore professionale - Non costituisce falsa dichiarazione ove l'errore non sia stato definitivamente accertato.
In mancanza di un provvedimento emanato in sede giurisdizionale passato in giudicato o in sede amministrativa (purché definitivo), che accerti il compimento di un grave errore professionale, non può essere considerata falsa la dichiarazione resa in sede di gara dal concorrente che ne ometta la segnalazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.01.2010 n. 76 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Permesso di costruire - Potere di rinunciare al permesso - Natura - E' potere dispositivo - Subordinazione al consenso della P.A. - Non sussiste.
In materia di jus aedificandi non sono ravvisabili precetti normativi che sanciscano l'irrinunciabilità del permesso edificatorio o che subordinino il potere di rinunciare al consenso della P.A.: tale potere è assolutamente esercitabile dall'interessato e comporta per l'amministrazione l'obbligo della restituzione dei contributi di costruzione già versati (nel caso di specie, non sussiste il potere del Comune di denegare la rinuncia alla DIA in variante e di impedire quindi la realizzazione della precedente DIA del tutto valida e mai contestata: ciò discende dal fatto che la rinuncia è l'espressione di un potere dispositivo che non trova limiti normativi se non in presenza dei c.d. diritti indisponibili) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.01.2010 n. 75 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: False dichiarazioni in merito ai requisiti di gara - Precludono la stipula del contratto.
L'art. 38, comma 1, lett. h), del d.lgs. n. 163/2006, laddove dispone che sono esclusi dalle procedure selettive "i soggetti che nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara hanno reso false dichiarazioni in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara e per l'affidamento dei subappalti, risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio", è norma suscettibile di trovare applicazione anche in fasi successive a quella iniziale di ammissione alla procedura producendo effetti preclusivi in ordine alla stipula del contratto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 19.01.2010 n. 69 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia - Presupposti e differenze - Fattispecie.
2. Manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia - Riorganizzazione territoriale degli spazi interni di un edificio - E' ristrutturazione edilizia.

1. La manutenzione straordinaria presuppone, ex art. 3, comma 1, lett. b, D.P.R 380/2001, la rinnovazione e la sostituzione di parti anche strutturali dell'edificio, purché non si alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e senza modifica della destinazione d'uso; mentre la ristrutturazione edilizia, ex art. 3, comma 1, lett. d, D.P.R. 380/2001, implica la trasformazione dell'organismo edilizio, tale da portare ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente, attraverso il ripristino e la sostituzione di alcuni elementi costitutivi, l'eliminazione, la modifica o l'inserimento di nuovi elementi o impianti (nel caso di specie, si è proceduto a completa rivisitazione della distribuzione interna dei locali, con creazione di nuovi locali ad uso ufficio e ampliamento di quelli ad uso magazzino; introduzione di un nuovo elemento tecnico -montacarichi-; ridistribuzione dei servizi igienici; realizzazione di nuove finestre, spostamento di tutti i pilastri portanti: conseguentemente è stato realizzato un organismo edilizio in parte diverso dal precedente, per cui l'abuso edilizio commesso deve riportarsi alla categoria della ristrutturazione edilizia).
2. Rientra nella categoria della ristrutturazione edilizia l'attività edilizia di riorganizzazione territoriale degli spazi interni di un edificio (cfr. TAR Marche, sent. n. 466/2003) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 18.01.2010 n. 66).

ATTI AMMINISTRATIVI: Ricorso avverso la comunicazione di avvio del procedimento - Inammissiblità - Sussiste.
E' inammissibile il ricorso proposto avverso una mera comunicazione di avvio del procedimento, atto endoprocedimentale, come tale non impugnabile in quanto non dotato di autonoma lesività: eventuali suoi vizi potranno essere fatti valere, in via derivata, impugnando il provvedimento finale, unico atto avente carattere lesivo (nel caso di specie era stata impugnata la comunicazione comunale di avvio del procedimento, ai sensi dell'art. 7 della L. 241/1990, preordinato all'annullamento del permesso di costruire) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 15.01.2010 n. 58).

ATTI AMMINISTRATIVI: Art. 10-bis L. 241/1990 - Procedimenti ad istanza di parte - Omissione della comunicazione del diniego preventivo - Illegittimità.
(Premesso che le difese di parte resistente introducono un illegittimo supporto motivazionale postumo allegando profili di illegittimità non contestati in sede di diniego) deve evidenziarsi che l'art. 10-bis prevedendo che "nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda", esprime un principio di carattere generale (Cons. Stato, sez. VI, 29.11.2006, n. 6993) che la giurisprudenza ha avuto modo di riaffermare anche con riferimento ai procedimenti diretti alla realizzazione degli impianti di telefonia mobile disciplinati dall'art. 87 del D. L.vo n. 259/2003 (TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 16.11.2006, n. 9741).
L'omissione del diniego preventivo comporta, pertanto, l'illegittimità del provvedimento conclusivo che risulta essere emesso in violazione dei diritti di partecipazione e difesa del destinatario (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 13.01.2010 n. 23 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE GESTIONALI: Art. 107 D.lgs. 267/2000 - Atto che impegna l'Amministrazione verso l'esterno emanato dal Sindaco - Successivo atto di convalida del dirigente - Eccezione di incompetenza - Non sussiste.
In virtù dell'art. 107 del D. L.vo n. 267/2000 che riserva ai dirigenti "tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108", l'eccezione di incompetenza del Sindaco e dell'Assessore all'Informatica ed alla Comunicazione all'adozione dell'atto impugnato da considerarsi, in quanto atto di gestione, riservato alla dirigenza è superata dal provvedimento con il quale il Dirigente del Settore Tecnico Manutentivo ha convalidato il diniego impugnato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 13.01.2010 n. 23 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Installazione di impianti di telefonia - Divieti generalizzati da parte dei Comuni - Illegittimità.
L'illegittimità di disposizioni che impongano generalizzati divieti di installazione di impianti per la telefonia è stata già riconosciuta dalla giurisprudenza di questo Tribunale che in più occasioni ha avuto modo di affermare come i poteri riconosciuti alle amministrazioni comunali in materia di governo del territorio non consentano di operare esclusioni in via generalizzata, ma solo l'individuazione di criteri di localizzazione (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 797/2008. In senso conforme anche n. 5777/2007, n. 2833/2006, n. 6260/2007 e n. 554/2008).
Come, peraltro più volte chiarito anche dal Consiglio di Stato, sez. VI, 05.06.2006, n. 3332 e sez. VI, 15.06.2006, n. 3534; TAR Lazio, sez. II-bis, 17.01.2007, n. 323 è ormai pacifico che "i Comuni non possono, attraverso atti regolamentari o di pianificazione urbanistica, introdurre divieti di localizzazione di ordine generale per talune porzioni di territorio, considerato che la potestà riconosciuta agli enti locali dall'art. 8 della legge 36/2001 non può tradursi in divieti assoluti di localizzazione di impianti di telefonia mobile su parti del territorio non interessate da obiettivi sensibili" (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1815/2008).
Nel caso di specie, inoltre, la circostanza che la potenza dell'impianto non superi i 300 W, consente di localizzare i medesimi prescindendo da una specifica previsione urbanistica.
A norma dell'art. 86, comma 3, del D. L.vo n. 259/2003, relativo alla localizzazione di infrastrutture di telecomunicazioni, è, infatti, possibile prescindere dalla destinazione urbanistica del sito individuato per la loro installazione in quanto "le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88, sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380" (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 13.01.2010 n. 23 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Motivi autonomi - Legittimità di un solo motivo - Annullabilità del provvedimento - Inconfigurabilità.
In presenza di un provvedimento sostenuto da più motivi, ciascuno autonomamente idoneo a darne giustificazione, è sufficiente il verificarsi della legittimità di uno di essi, per escludere che l'atto possa essere annullato in sede giurisdizionale (cfr. Cons. Stato, sent. n. 3259/2006, TAR Milano, sent. n. 4647/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 13.01.2010 n. 22 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Certificato di destinazione urbanistica - Natura - Assenza di carattere provvedimentale - Impugnazione - Inammissibilità.
2. Certificato urbanistico - Danno da errate attestazioni - Risarcimento - Competenza G.A. - Non sussiste.

1. Il certificato di destinazione urbanistica, in quanto atto amministrativo di certificazione redatto da un pubblico ufficiale, ha carattere meramente dichiarativo e non costitutivo degli effetti giuridici che dallo stesso risultano, effetti che discendono da altri precedenti provvedimenti che hanno determinato la situazione giuridica acclarata con il certificato: ne consegue che esso è sprovvisto di concreta lesività ed è pertanto inammissibile la sua autonoma impugnazione (cfr. TAR Milano, sent. n. 5585/2004; TAR Firenze, sent. n. 55/2008).
2. Nel caso in cui il danno lamentato derivi dalle attestazioni contenute nel certificato urbanistico, essendo questo un atto privo di natura provvedimentale e in quanto tale non suscettibile di impugnazione, ne discende che la domanda di risarcimento conseguente al rilascio di un certificato urbanistico errato non può rientrare nella giurisdizione del GA, privo di poteri demolitori rispetto al certificato, fonte del danno (cfr. TAR Valle d'Aosta Aosta, sent. n. 16/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 12.01.2010 n. 21 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Enti pubblici e privati - Natura giuridica - Criteri di individuazione - S.p.a. appartenente alla categoria degli enti pubblici in forma societaria - Configurabilità.
2. Enti pubblici e privati - Beni di s.p.a. appartenente alla categoria degli enti pubblici in forma societaria - Codice dei beni culturali - Applicabilità - Criteri.
3. Beni storici e artistici - Interesse storico-artistico - Valutazioni - Discrezionalità tecnica e discrezionalità amministrativa - Coesistenza - Impugnabilità - Solo in presenza di evidenti profili di incongruità ed illogicità.
1. Per appurare la natura giuridica di una persona giuridica, occorre valorizzare le peculiarità del regime giuridico cui sono assoggettate talune strutture che, nonostante la veste societaria assunta, possono possedere una intensa connotazione pubblicistica (cfr. Cons. Stato, sent. nn. 1303/2002; 5241/2003; 308/2006; 5569/2007) (nel caso di specie, sebbene la Coni Servizi s.p.a. abbia natura formalmente privatistica, essendo costituita secondo il modello comune delle società di capitali, evidenti sono il suo carattere strumentale rispetto al perseguimento di finalità pubblicistiche e l'esistenza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario: essa, infatti, come da statuto, da un lato espleta le attività gestionali e strumentali per l'attuazione dei compiti dell'Ente pubblico Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.); dall'altro è sottoposta al controllo della Corte dei Conti ed ha la facoltà di avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato e va dunque ricondotta alla categoria degli enti pubblici in forma societaria).
2. Qualora una s.p.a. con natura formalmente privatistica debba essere ricondotta alla categoria degli enti pubblici in forma societaria ne consegue che i suoi beni soggiacciono alle previsioni di cui agli artt. 10, commi 1 e 12 d.lgs. n. 42/2004 e pertanto, ove presentino interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, siano opera di autore non più vivente e siano stati realizzati da oltre cinquanta anni, sono assoggettati alle disposizioni del codice dei beni culturali.
3. Le valutazioni in ordine all'esistenza di un interesse storico-artistico, tali da giustificare l'apposizione dei relativi vincoli, sono espressione di un potere nel quale sono presenti sia momenti di discrezionalità "tecnica", sia momenti di propria discrezionalità amministrativa (cfr. Cons. Stato, sent. n. 1053/1998): tale valutazione è prerogativa esclusiva dell'amministrazione e può essere sindacata in sede giurisdizionale solo in presenza profili di incongruità ed illogicità di evidenza tale da far emergere l'inattendibilità della valutazione tecnica-discrezionale compiuta (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 12.01.2010 n. 20 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Procedimento amministrativo - Superamento del termine di conclusione del procedimento - Possibilità di inficiare il provvedimento finale - Non sussiste.
2. Procedimento amministrativo - Mancata indicazione del responsabile del procedimento - Possibilità di inficiare il provvedimento finale - Non sussiste.
3. Procedimento amministrativo - Mancata indicazione della data entro la quale deve concludersi il procedimento - Possibilità di inficiare il provvedimento finale - Non sussiste in caso di provvedimento espresso.

1. Il semplice decorso del termine previsto dalla legge per la conclusione del procedimento non determina l'illegittimità del provvedimento emanato in ritardo, a meno che questo sia espressamente previsto dalla legge; in assenza di una qualificazione in termini perentori del termine in questione, esso deve essere considerato ordinatorio, con l'effetto che il mancato rispetto, pur denotando un comportamento non conforme a correttezza, non si ripercuote sulla validità della determinazione finale (cfr. TAR Milano, sent. n. 5067/2009; TAR Roma, sent. n. 6399/2009; TAR Catania, sent. n. 252/2007; Cons. di Stato, sent. n. 3455/2007).
2. Il caso di mancata formale indicazione del funzionario responsabile del procedimento non determina effetto viziante del provvedimento finale, poiché detto soggetto si identifica, in assenza di espressa designazione, con il funzionario posto al vertice dell'unità organizzativa dal quale l'atto proviene (ex art. 5, Legge n. 241/1990) e nei cui confronti l'interessato, in base alle indicazioni che emergono nell'atto a lui comunicato, è posto in condizione di instaurare ogni utile contraddittorio nelle forme previste dall'art. 10 Legge n. 241/1990 (cfr. Cons. Stato, sent. n. 5935/2005).
3. L'omessa indicazione della data entro la quale deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia della P.A. non dà luogo a vizio nel caso in cui essa abbia adottato un provvedimento espresso da cui non sia quindi sorta la necessità di proporre un ricorso avverso il silenzio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 12.01.2010 n. 20 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: D.I.A. - Incompletezza della D.I.A. - Inibizione dell'esecuzione - Legittimità - Obbligo di soccorso procedimentale del Comune - Non sussiste.
In caso di incompletezza della documentazione non sussiste alcun obbligo in capo all'amministrazione di preventiva richiesta di integrazione documentale: infatti, ex art. 23 comma 6, D.P.R. 380/2001, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro il termine indicato al comma 1 sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza.
È comunque salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio attività, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.01.2010 n. 14 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Accertamento in sede giurisdizionale dell'epoca di costruzione dell'opera edilizia - Dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà - Insufficienza.
2. Opere abusive - Intervento di ristrutturazione edilizia - Assentibilità - Non sussiste.
1
.
La mera dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà non è sufficiente ad assolvere l'onere che grava su coloro che obiettano la preesistenza dell'opera all'obbligo di rilascio di titolo edilizio, di fornire alla P.A. prova idonea a documentare l'epoca di costruzione di un manufatto (cfr. TAR Salerno, sent. n. 514/2005).
2. In caso di mancata prova della legittimità del manufatto esistente è escluso che su di esso possa essere assentito un intervento di ristrutturazione edilizia (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.01.2010 n. 14 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Diniego di riapertura esame di provvedimento già impugnato in sede giurisdizionale - Natura - E' atto meramente confermativo.
L'atto con il quale la P.A. ritiene non sussistenti i presupposti per aprire un procedimento di riesame di un atto già impugnato in sede giurisdizionale costituisce atto meramente confermativo inidoneo a modificare la situazione giuridica già sottoposta all'esame degli organi della giustizia amministrativa: ne consegue, pertanto, l'inammissibilità del ricorso proposto avverso il predetto atto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.01.2010 n. 14 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. D.I.A. - Decorrenza del termine di trenta giorni dalla presentazione ai fini dell'efficacia - Necessità - Innovazioni normative intervenute medio tempore - Sono rilevanti.
2. D.I.A. - Innovazioni regolamentari intervenute medio tempore - Principio della sensibilità della d.i.a. - Sussiste.

1. In materia di sopravvenienze normative intercorse tra la presentazione della d.i.a. e la sua efficacia (cfr. TAR Milano, sent. n. 2030/2009), la d.i.a., indipendentemente dalla qualifica giuridica assegnatale -punto su cui come noto si contrappongono due differenti orientamenti che sostengono rispettivamente la natura di autorizzazione implicita (Cons. Stato sent. n. 5811/2008) e di atto privato (Cons. Stato sent. n. 717/2009)- produce effetti al 30° giorno dalla sua presentazione, purché, sia completa di tutti gli elementi richiesti dalla legge (sentenza n. 5737/2008).
Pertanto, le innovazioni normative introdotte medio tempore non sono irrilevanti, giacché un intervento edilizio, ancorché conforme alla normativa vigente al tempo della denuncia, ben può essere interdetto ove non sia più in linea con la normativa sopravvenuta, entrata in vigore (o destinata a entrare in vigore) prima del compimento del trentesimo giorno dalla presentazione della denuncia stessa.
2. Il principio della "sensibilità" della d.i.a. alle modifiche legislative nei 30 giorni tra la presentazione e l'inizio dell'efficacia, deve trovare applicazione anche rispetto ad eventuali variazioni delle disposizioni regolamentari, tra cui la disciplina pianificatoria e le tariffe degli oneri (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenze 11.01.2010 nn. 12 e 13 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Procedura di gara - apertura dei plichi - Principio di pubblicità della seduta della commissione - Inderogabilità - Necessità di trasparenza e imparzialità - Appalto di servizi ai sensi dell'art. 20 e All. II B del D.lgs. 163/2006 - Seduta pubblica - Necessità.
Il principio di pubblicità delle sedute della Commissione, "quanto meno per ciò che riguarda la fase di verifica della integrità dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e l'offerta economica e di apertura dei plichi stessi, è inderogabile" (Cons. Stato, Sez. V, 07.11.2006, n. 6529).
L'esigenza è espressione dei principi di trasparenza e imparzialità che devono presiedere all'esplicazione dell'attività amministrativa in materia di pubbliche gare (Cons. Stato, Sez.V, 09.10.2002, n. 5421) "in quanto trattasi di un adempimento posto a tutela anche dell'interesse pubblico alla trasparenza ed all'imparzialità dell'azione amministrativa, le cui conseguenze negative sono difficilmente apprezzabili "ex post", una volta rotti i sigilli ed aperti i plichi, in mancanza di un riscontro immediato (ad es., regolarità della chiusura dei plichi, data di ricevimento dei plichi, regolarità e completezza della documentazione prodotta, lettura del prezzo offerto)" (Cons. stato, Sez.V, 18.03.2004, n. 1427).
Nessun rilievo può assumere la circostanza che la procedura ricada nell'ambito di applicazione dell'art. 20 del D. L.vo n. 163/2006 in quanto é pacificamente riconosciuto in giurisprudenza che la riconducibilità del servizio appaltato all'All. II B non esonera le amministrazioni aggiudicatici dall'applicazione dei principi generali in materia di affidamenti pubblici desumibili dalla normativa comunitaria e nazionale, con particolare riferimento, per quanto qui rileva, al principio di pubblicità, espressione dei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 Cost. (Cons. Stato, Sez. VI, 03.12.2008, n. 5943; 22.04.2008, n. 1856; 08.10.2007, n. 5217; 22.03.2007, n. 1369; TAR Lazio, Sez. III-ter, 05.02.2008, n. 951).
Ne deriva che "è principio inderogabile in qualunque tipo di gara quello secondo cui devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta, sia che si tratti di documentazione amministrativa che di documentazione riguardante l'offerta tecnica ovvero l'offerta economica, e conseguentemente è illegittima l'apertura in segreto dei plichi" (Cons. Stato: sez. IV, 08.10.2007, n. 5217; sez. VI, 22.03.2007, n. 1369; sez. V, 27.04.2006, n. 2370, 11.01.2006, n. 28 e 30.08.2005, n. 3966; sez. VI, 09.06.2005, n. 3030; sez. V, 16.03.2005, n. 1077, 11.02.2005, n. 388, 18.03.2004, n. 1427 e 09.10.2002, n. 5421, Cons. Stato, Sez. VI, 22.04.2008, n. 1856) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 11.01.2010 n. 11 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Pendenza di un giudizio - Ricorso contro gli atti di gara - Ricorso contro il diniego di accesso - Compatibilità con il rito ex art. 25 L. 241/90 - Interesse alla protezione dei segreti tecnici - Art. 13 D.lgs. 163/06 - Tutela dei propri interessi in giudizio - Prevale.
Non vi sono ragioni per escludere l'ammissibilità del rimedio azionato (ricorso contro il diniego espresso di accesso agli atti), con il rito speciale dell'accesso ex art. 25 l. 241/1990, anche in pendenza di ricorso giurisdizionale (impugnazione dell'aggiudicazione), in ragione tanto dell'autonomia del diritto di accesso rispetto alla pretesa azionata con il ricorso ordinario, quanto della semplice facoltatività del rimedio incidentale introdotto dalla l. 205/2000 che ha previsto la possibilità (ma non l'obbligo) di proporre il ricorso in materia di accesso anche incidentalmente all'interno del giudizio ordinario (cfr. Cons. St., VI, n. 14/2004).
Piuttosto, la proposizione del ricorso giurisdizionale ordinario avverso gli atti di gara rende attuale, per la ricorrente, "la difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell'ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso".
A fronte di tale difesa l'interesse della controinteressata alla protezione dei segreti tecnici e commerciali racchiusi nella propria offerta diventa recessivo, a norma dell'art. 13, co. 6, d.lgs. 163/2006 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 11.01.2010 n. 5 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONE: 1. Note recanti l'avviso di avvio del procedimento e l'avviso di deposito atti - Natura - Comunicazioni prive di efficacia lesiva - Impugnabilità - Non sussiste.
2. Decreto d'esproprio - Competenza del dirigente comunale - Sussiste - Presupposti: art. 3. L.R. n. 1/2000.

1. E' inammissibile l'impugnativa avente ad oggetto le note della P.A. recanti l'avviso di avvio del procedimento e l'avviso di deposito atti di una procedura ablativa, essendo atti di comunicazione della P.A., privi ex se di efficacia lesiva.
2. Non sussiste incompetenza del dirigente comunale a decretare l'esproprio, in quanto l'art. 50 della L.R. n. 70/1983 deve ritenersi superato dalla L.R. n. 1/2000: infatti, l'art. 3 di detta legge regionale trasferisce ai comuni, alle comunità montane, alle province, ai consorzi tra comuni o tra comuni e province, per i lavori di rispettiva competenza, le funzioni amministrative concernenti:
a) la dichiarazione di pubblica utilità nonché di urgenza ed indifferibilità dei lavori;
b) l'occupazione temporanea d'urgenza e le relative attività previste dagli articoli 7 e 8 L. 2359/1865 (comma 100); mentre per altro verso (comma 101) delega agli stessi enti, per i lavori di rispettiva competenza, le funzioni amministrative regionali concernenti l'espropriazione per pubblica utilità di cui al titolo secondo della legge n. 865/1971, riguardante programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica.
Pertanto, per i lavori di propria pertinenza i comuni sono titolari di funzioni trasferite (dichiarazione di pubblica utilità e occupazione d'urgenza) e di funzioni delegate (espropriazione per pubblica utilità) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 08.01.2010 n. 4 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Varianti P.R.G. - Procedura accelerata - Approvazione diretta della variante da parte del consiglio comunale - Ammissibilità - Presupposti: competenza organo e realizzazione dell'opera ex art. 2, comma 2, lett. a), L.R. 23/1997.
In materia di realizzazione di opere pubbliche e relative varianti allo strumento urbanistico, qualora sul piano formale la sequenza procedimentale non sia stata "millimetricamente" conforme al modello legale, non sono tuttavia ravvisabili vizi significativi sul piano sostanziale qualora sia stato appurato che il progetto dell'opera è stato approvato dagli organi comunali competenti e che l'opera (nel caso di specie il c.d. raccordo urbanistico) si è realizzata ai sensi dell'art. 2, secondo comma, lett. a), L.R. n. 23/1997, che ammette la procedura accelerata per le varianti dirette a localizzare opere pubbliche di competenza comunale nonché a modificare i relativi parametri urbanistici ed edilizi (nel caso di specie veniva contestata l'assenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità, mancando l'approvazione del progetto definitivo da parte della giunta e la susseguente approvazione regionale in variante allo strumento urbanistico, ex art. 1, comma 5, legge n. 1/1978; tale mancanza, secondo parte ricorrente, non poteva essere supplita dall'approvazione diretta della variante da parte del consiglio comunale con la procedura accelerata di cui alla legge regionale n. 23/1997) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 08.01.2010 n. 4 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. P.G.T. - Delibera di approvazione definitiva - Notifica alla Provincia - Necessità - Non sussiste - Pianificazione urbanistica - Natura - Procedimento esclusivamente comunale.
2. P.G.T. - Delibera di approvazione definitiva - Coinvolgimento della Provincia - Necessità - Solo in caso di piano territoriale di coordinamento adottato dalla Provincia.
3. P.G.T. - Osservazioni dei privati - Natura collaborativa - Limiti al potere comunale o regionale di apportare le modifiche ritenute necessarie al piano adottato - Non sussiste.
4. Aggiornamento della cartografia di piano con funzione meramente ricognitiva - Obbligo di ripubblicazione - Non sussiste.
5. Zone agricole - Rapporto tra L.R. 12/2005 e P.R.G. - Portata.
6. Zone agricole - Rapporto tra L.R. 12/2005 e P.R.G. - Computo dei volumi realizzabili - N.T.A. con ulteriori limiti volumetrici alle attrezzature ed alle infrastrutture produttive di cui all'art. 59, L.R. 12/2005 - Illegittimità.
7. Giustizia amministrativa - Onere della prova - Criterio generale - Applicabilità nel giudizio amministrativo-risarcitorio - Sussiste.

1. In caso di impugnazione di deliberazione del consiglio comunale che approvi in via definitiva atti di P.G.T. ai sensi della L.R. 11.03.2005 n. 12, la mancata notificazione del ricorso alla Provincia è eccezione che non merita accoglimento in quanto, a seguito dell'entrata in vigore della stessa L.R. 12/2005, la pianificazione urbanistica non si svolge più attraverso atti complessi, ma si configura come procedimento concentrato nell'ambito del Comune, in capo al quale l'art. 3, comma 20, L.R. 12/2005 prevede soltanto la trasmissione alla Provincia -per conoscenza- del piano regolatore approvato.
2. In materia di approvazione di P.G.T., il coinvolgimento della Provincia nel procedimento è solo eventuale in quanto si verifica esclusivamente se l'ente sovracomunale si è dotato di piano territoriale di coordinamento vigente (art. 13, comma 5, L.R. 12/2005): peraltro, la Provincia valuta esclusivamente la compatibilità del documento di piano con il proprio piano territoriale di coordinamento, svolgendo una funzione di coordinamento tra i vari livelli di pianificazione e non una partecipazione alle decisioni di pianificazione territoriale comunale.
3. In tema di adozione e approvazione di P.G.T., le osservazioni dei privati interessati hanno natura collaborativa e non costituiscono un rimedio in senso proprio che possa limitare il potere del Comune di apportare le modifiche ritenute necessarie al piano adottato, senza necessità di specifica motivazione con riferimento a tutte le richieste del privato (cfr. TAR Milano, sent. n. 4106/2008).
4. L'aggiornamento della cartografia di piano con funzione meramente ricognitiva non costituisce una modifica del piano tale da comportare una profonda modificazione dei criteri posti a base del piano stesso e pertanto non rende necessaria una nuova pubblicazione, con la conseguente raccolta delle nuove osservazioni (cfr. TAR Torino, sent. n. 2074/2008; TAR Pescara, sent. n. 30/2009; TAR Brescia, sent. n. 1318/2009; TAR Milano, sent. n. 4671/2009).
5. La potestà pianificatoria comunale preesiste alla disciplina legislativa e concorre con quella e con la potestà pianificatoria provinciale a dettare la disciplina delle aree agricole, così come confermato dall'art. 10, comma 4, lett. a), della L.R. 12/2005 che attribuisce al Piano delle Regole il compito di dettare, per le aree destinate all'agricoltura la disciplina d'uso, di valorizzazione e di salvaguardia, in conformità con quanto previsto dal titolo terzo della parte seconda (art. 59 ss. L.R. 12/2005).
6. Il potere comunale di disciplinare le aree agricole, seppur non cancellato dalle previsioni della legge regionale di governo del territorio, trova comunque un limite nelle previsioni tassative stabilite dalla stessa L.R. 12/2005.
In particolare, in materia di computo dei volumi realizzabili, come stabilito dall'art. 59, comma 4, L.R. 12/2005, nel calcolo non devono essere sono conteggiate le attrezzature e le infrastrutture produttive di cui al comma 1, le quali non sono sottoposte a limiti volumetrici bensì solo a limiti di copertura che possono essere disciplinati dalla normativa comunale: è pertanto illegittima la norma delle n.t.a. comunali nella parte in cui contenga una disciplina dell'attività agricola che imponga limiti volumetrici alle attrezzature ed alle infrastrutture produttive previste dalla norma.
7. La regola generale dell'onere probatorio, secondo cui spetta a chi agisce in giudizio indicare e provare i fatti su cui fonda la pretesa avanzata, trova integrale applicazione nel processo amministrativo in tutti i casi nei quali siano nella piena disponibilità della parte gli elementi atti a sostenere la fondatezza della domanda giudiziale azionata (cfr. C.d.S., sent. n. 551/1998): e ciò è tanto più valevole in sede di giudizio risarcitorio, nel quale non ricorre quella diseguaglianza di posizioni tra P.A. e privato che giustifica l'applicazione del principio dispositivo con metodo acquisitivo (cfr. TAR Napoli, sent. n. 1794/2006) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 08.01.2010 n. 3 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Pianificazione acustica - Opere di mitigazione - Creazione di area destinata a verde pubblico - Compatibilità.
2. Pianificazione acustica - Opere di mitigazione - Creazione di area destinata a verde pubblico - Dimensioni - In assenza di vizi logici - Insindacabilità.
3. Pianificazione acustica - Opere di mitigazione - Compatibilità con destinazione agricola in assetto agrosistemico - Sussiste.

1. La creazione di un'area che sia poi utilizzata a verde pubblico è connaturata ad un intervento di mitigazione ambientale e non ne costituisce il fine occulto: pertanto in tale opera non è ravvisabile uno sviamento della causa tipica dell'intervento stesso di mitigazione.
2. In materia di mitigazione ambientale, la tesi del sovradimensionamento di un'area destinata a verde pubblico e della conseguente ritenuta sproporzione rispetto alle necessità di mitigazione trova il suo limite -in assenza di vizi logici- nell'insindacabilità del merito dell'azione amministrativa.
3. La destinazione di aree qualificate dal PRG come "agricole in assetto agrosistemico" risulta compatibile con l'intervento di mitigazione ambientale attraverso un rimboschimento, il quale, per sua natura, ben si concilia con la destinazione agricola stessa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenze 07.01.2010 nn. 1 e 2 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Opere edilizie - Carattere precario o provvisorio - Si ricollega alla funzione - Destinazione abitativa delle opere - Carattere di stabilità - Sussiste.
Il carattere precario o provvisorio di un'opera non dipende dall'intenzione soggettiva del suo autore, ma dalla funzione cui l'opera è preordinata, sicché la destinazione dichiaratamente abitativa delle opere è di per sé tale da conferire alle stesse un carattere di stabilità (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 28.12.2009 n. 6228).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Ordine di demolizione - Domanda di sanatoria - Non sanabilità delle opere - Legittimità.
2. Ordine di demolizione - Omessa comunicazione di avvio del procedimento - Atto vincolato - Legittimità.

1. La proposizione della domanda di condono o di accertamento di conformità prima dell'adozione dell'ordine demolitorio ed alla proposizione dell'impugnativa giudiziale comporta l'illegittimità dell'ordinanza di demolizione emanata in pendenza del procedimento di sanatoria, salvo che non risulti già esternata dall'Amministrazione, o comunque non risulti con certezza dagli atti di causa, la non sanabilità delle opere: in queste ipotesi la presentazione dell'istanza ha la mera funzione di procrastinare inutilmente l'irrogazione della sanzione per un non sanabile abuso edilizio; e quindi l'Amministrazione può, in assenza di documentate sopravvenute circostanze, limitarsi all'adozione di un atto meramente confermativo della sanzione già irrogata, stante la già accertata non sanabilità.
2. L'ordine di demolizione non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento in quanto la natura vincolata del provvedimento esclude la possibilità di apporti contributivi da parte del privato tali da modificare l'esito del procedimento, sicché il vizio procedimentale prospettato non inficia la legittimità del provvedimento impugnato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 28.12.2009 n. 6227 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Comma 3-bis dell'art. 52 della L.R. n. 12/2005 introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. m), della L.R. n. 12/2006 - Efficacia retroattiva - Non sussiste.
2. Intervento di manutenzione straordinaria realizzato senza DIA - Acquisizione al patrimonio del Comune - Non sussiste.

1. Il comma 3-bis dell'art. 52 della L.R. n. 12/2005 è stato introdotto con L.R. n. 12/2006 (art. 1, comma 1, lett. m) e non è applicabile, in virtù di quanto previsto dall'art. 11 delle preleggi, prima della sua entrata in vigore.
2. L'assenza di DIA per gli interventi qualificati come manutenzione straordinaria non dà luogo ad acquisizione, da parte del Comune, dell'immobile interessato da tali interventi realizzati senza il suddetto titolo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 28.12.2009 n. 6226 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Piano di Recupero - Interessa l'area o l'immobile oggetto di intervento nella sua complessiva dimensione - Calcolo del peso insediativo - Va fatto sulla base dell'intervento nella sua globalità.
2. Piano di Recupero - Standards - Vanno parametrati su tutte le unità immobiliari comprese nel piano seppur preesistenti.

1. Il Piano di Recupero, in quanto assimilabile al piano particolareggiato, interessa l'area o l'immobile oggetto di intervento nella sua complessiva dimensione, di talché appare del tutto congruo tenere conto degli esiti e dei benefici complessivi derivanti dall'intervento e non soltanto dall'incremento di volumetria da esso determinato.
L'utilizzo dello specifico strumento finalizzato al recupero delle preesistenze degradate comporta la necessità di considerare -ai fini del calcolo del conseguente peso insediativo- il risultato finale dell'intervento nella sua globalità.
2. Anche nel caso di un piano di recupero avente ad oggetto una pluralità di edifici, gli standards debbono essere parametrati su tutte le unità immobiliari che siano comunque oggetto dell'intervento, pur se preesistenti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 28.12.2009 n. 6223 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Ampliamento impianto produttivo - Art. 5 D.P.R. n. 447/1998 - Archiviazione procedimento - Inammissibilità - Omessa notifica alla Regione - Improcedibilità - Nuova istanza di permesso di costruire - Non sussiste.
2. Ampliamento impianto produttivo - Art. 5 D.P.R. n. 447/1998 - Archiviazione procedimento - Carenza di preavviso di rigetto - Carenza di motivazione - Eccesso di potere - Illegittimità.

1. Il ricorso avverso l'archiviazione del procedimento attivato ai sensi dell'art. 5 D.P.R. n. 447/1998 per l'ampliamento di uno stabilimento artigianale non è inammissibile per omessa notifica alla Regione nel caso in cui il procedimento si sia arrestato ad uno stadio in cui l'intervento regionale non era ancora stato richiesto, non essendo neppure giunto alla determinazione della conferenza di servizi.
Similmente, lo stesso non è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse in conseguenza della presentazione di una nuova istanza di permesso di costruire (in alternativa al procedimento attivato) nel caso in cui tale alternativo titolo abilitativo non risulta essere ancora stato rilasciato.
2. L'archiviazione del procedimento di ampliamento di uno stabilimento produttivo risulta illegittimo, non solo per carenza del preavviso di rigetto di cui all'art. 10-bis L. n. 241/1990 e di una congrua motivazione ex art. 3 stessa legge, ma poiché viziato da eccesso di potere nella parte in cui afferma apoditticamente l'illegittimità di una delibera comunale presupposta in quanto ciò contrasta con la presunzione di legittimità che assiste gli atti amministrativi fino al loro annullamento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 28.12.2009 n. 6222 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Adozione di atto dovuto a contenuto vincolato posto a tutela della sicurezza stradale - Comunicazione di avvio del procedimento - Non necessità.
2. Mera constatazione dell'abusività dell'opera - Integrazione della motivazione di un ordine di ripristino - Sufficienza - Sussiste.

1. La comunicazione di avvio del procedimento non è necessaria in caso di adozione da parte dell'Amministrazione, di un atto dovuto e a contenuto vincolato, posto a tutela della sicurezza stradale.
2. E' sufficiente, ai fini dell'integrazione della motivazione di un ordine di ripristino, la mera constatazione dell'abusiva alterazione della destinazione pubblica dell'area e della sicurezza stradale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.12.2009 n. 6189).

URBANISTICA: 1. Standard - Costituisce una categoria aperta - Valutazioni di dettaglio per le realtà locali - Spettano alle Amministrazioni.
1.
Il concetto di standard costituisce una categoria aperta, per cui spetta alle amministrazioni il compito di svolgere valutazioni di dettaglio riferite alle singole realtà locali (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.12.2009 n. 6188 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONE Decreto di esproprio - Art 21-bis, L. n. 241/1990 - Applicabilità - Non sussiste.
Deve escludersi l'applicabilità dell'art 21-bis, L. n. 241/1990 al decreto di esproprio, in quanto soggetto alla disciplina speciale del testo unico espropriazioni (D.P.R. n. 327 del 2001), in base alla quale è necessario, al fine di non determinare l'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, che il decreto d'esproprio sia emanato o adottato, ma non anche comunicato al destinatario (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.12.2009 n. 6188 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI Bando di gara - Lex specialis di gara - Limitazione alla possibilità di presentare offerte eccedenti un determinato rialzo - Offerta con rialzo pari al limite previsto - Non costituisce offerta anomala.
Nel caso in cui la stazione appaltante abbia già ex ante delimitato l'ambito delle offerte accettabili (la stazione appaltante aveva limitato la possibilità per i concorrenti di presentare offerte eccedenti a un determinato rialzo, 45%) ritenendo a contrario che il suo superamento ponesse l'Amministrazione di fronte a rischi legati ad un'esecuzione del contratto poco remunerativa per l'aggiudicatario, la controinteressata che ha proposto un'offerta pari al predetto limite del 45%, non può ritenersi anomalo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 23.12.2009 n. 6073 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATA: Istanza permesso di costruire - Monetizzazione standard - Approvazione proposta di accordo - Art. 11 L. n. 241/1990 - Revoca - Forma scritta - Qualificazione ex art. 21-quinquies L. n. 241/1990 - Legittimità.
Se il Comune prima approva la proposta di accordo ex art. 11 L. n. 241/1990 per la monetizzazione di standard di parcheggi ma poi revoca tale delibera di indirizzo, in mancanza di stipulazione per atto scritto (previsto dall'art. 11 L. n. 241/1990) l'accordo non può ritenersi perfezionato, in quanto la delibera revocata si configura come atto presupposto ad efficacia meramente interna sia in base ai principi generali sia in base al testuale disposto dell'art. 11 comma 4-bis L. n. 241/1990.
La revoca della delibera di approvazione dell'accordo, si inquadra così nella fattispecie di cui all'art. 21-quinquies L. n. 241/1990 che ammette la revoca dell'atto amministrativo anche a seguito di una nuova valutazione dell'interesse generale, risultando conseguentemente legittima se fondata sulla motivazione che l'intervento pubblico (la realizzazione del parcheggio a cui contribuirebbe il ricorrente) necessiti di ulteriori approfondimenti e verifiche (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.12.2009 n. 5832).

ATTI AMMINISTRATIVI: Richiesta di accesso agli atti - Riconoscimento dell'interesse - Mancata evasione della richiesta - Ricorso ex art. 25 della L. n. 241/1990 - Fondatezza - Sussiste.
E' fondato il ricorso ex art. 25 e ss. della L. n. 241/1990 e succ. mod. ed int., nel caso in cui l'Amministrazione, a fronte di una richiesta di accesso agli atti, dopo aver ravvisato in capo al richiedente la sussistenza di un interresse concreto e attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata ai documenti per i quali è richiesto l'accesso agli atti, si sia poi rifiutata di evadere totalmente tale richiesta di accesso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.12.2009 n. 5751 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Ordinanza di demolizione ex art. 31 D.P.R. n. 380/2001 recante la previsione dell'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'area interessata dall'abuso in caso di inottemperanza all'ordine di demolizione - Nella parte in cui è diretta anche nei confronti dei proprietari di detta area estranei all'abuso - Illegittimità - Sussiste.
2. Acquisizione gratuita al patrimonio comunale ex art. 31, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001 - Costituisce una sanzione autonoma dell'abuso edilizio.

1. E' illegittima un'ordinanza di demolizione ex art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 recante la previsione dell'acquisizione gratuita al patrimonio comunale della proprietà dell'area interessata dall'abuso in caso di inottemperanza all'ordine di demolizione, nella parte in cui è diretta anche nei confronti dei proprietari di detta area estranei all'abuso.
2. L'acquisizione gratuita dell'area al patrimonio comunale prevista dall'art. 31 comma 3 del D.P.R. n. 380/2001 costituisce una sanzione autonoma dell'abuso edilizio ispirata dall'intento di costringere il responsabile dell'abuso ad eseguire egli stesso la demolizione nel termine stabilito dall'ingiunzione, con la conseguenza che essa può essere attivata soltanto a seguito del mancato adempimento all'ordinanza di demolizione da parte dei responsabili e non è, quindi, prevista per il solo mancato adempimento dell'ordinanza di demolizione.
Peraltro, alla luce anche di quanto previsto dall'art. 29, comma 1 del D.P.R. n. 380/2001, appare chiaro che non esiste una responsabilità automatica del proprietario dell'area per l'abuso commesso sul suo fondo, se egli non sia il committente o il costruttore dell'opera (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.12.2009 n. 5740).

EDILIZIA PRIVATA: Manufatto - Volume tecnologico - Creazione di volume - Stabilità - Disciplina distanze dal confine - Ordine di rimozione - Legittimità.
Un manufatto, anche se destinato a coprire un cassone per deposito rifiuti, non si può qualificare come impianto tecnologico se ha una dimensione tale da creare volume utilizzabile ad altro scopo e risulta stabilmente affisso al suolo e, in quanto struttura rilevante dal punto di vista edilizio, si applica la disciplina delle distanze dal confine, risultando legittimamente adottato l'ordine di rimozione dello stesso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.12.2009 n. 5739).

EDILIZIA PRIVATA: Parere negativo della commissione edilizia su richiesta di autorizzazione paesaggistica - Atto endoprocedimentale - Impugnazione - Inammissibilità.
Il parere negativo della commissione edilizia sull'istanza di autorizzazione paesaggistica è un mero atto endoprocedimentale e, come tale, non può essere oggetto di impugnazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.12.2009 n. 5602 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE GESTIONALI: Composizione commissione edilizia - Organi politici dell'Ente locale - Violazione del principio separazione poteri - Sussiste.
La commissione edilizia comunale non può essere composta, né presieduta, da organi politici dell'ente locale, risultandone in caso contrario violato il principio di separazione delle funzioni politiche da quelle amministrativo-gestionali, sancito dall'art. 107 del D.lgs. n. 267/2000 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.12.2009 n. 5602 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Obbligo di pubblicazione di delibere su quotidiani e obbligo di partecipazione dei cittadini - Espressa previsione legislativa - Delibera ex art. 65 della L.R. n. 12/2005 (sottotetti) - Assoggettamento a tali obblighi in assenza di espressa previsione legislativa - Non sussiste.
L'obbligo di pubblicare l'avviso di avvio del procedimento su quotidiani o periodici e di fissare un termine entro il quale i cittadini possono presentare suggerimenti e proposte devono trovare una espressa previsione legislativa e non possono essere inferiti analogicamente da un differente procedimento, pertanto non è assoggettata, nel silenzio della legge, a tali obblighi, l'adozione della delibera prevista dall'art. 65 della L.R. n. 12/2005 e succ. mod. ed int. (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.12.2009 n. 5602 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Gara di appalto - Interventi di manutenzione straordinaria su pavimentazione - Condanna penale degli amministratori per reato di lesioni personali colpose - Valutazione di gravità del reato - Discrezionalità della stazione appaltante - Esclusione ai sensi dell'articolo 38, comma 1, lett. C) ed E), D.Lgs. 163/2006 - Legittima.
In assenza di parametri legislativi fissi e predeterminati, il richiamo alla "gravità" del reato contemplato dall'articolo 38, comma 1, lett. C), D.Lgs. 163/2006, lascia alla stazione appaltante un ampio spazio valutativo.
L'apprezzamento della gravità non può, in ogni caso, prescindere dalla considerazione di alcuni indici fondamentali, quali la pena prevista e/o in concreto irrogata per il reato e la natura del bene protetto dalla norma incriminatrice, tenuto conto anche dell'oggetto e delle caratteristiche dell'appalto (nella specie, il TAR ha ritenuto legittima l'esclusione dalla gara di un'impresa partecipante -i cui amministratori erano stati condannati per il reato di lesioni colpose conseguenti alla violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro- in considerazione delle caratteristiche dell'appalto, avente ad oggetto lavori di manutenzione straordinaria su pavimentazione il cui affidamento richiedeva una garanzia piena sull'osservanza della normativa antinfortunistica da parte dell'appaltatore) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenze 17.12.2009 nn. 5593 e 5594 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Gara di appalto - Affidamento lavori - Art. 38, comma 1, lett. I), D.Lgs. 163/2006 - Irregolarità contributiva dell'impresa aggiudicataria maturata dopo l'aggiudicazione - Successiva regolarizzazione - Irrilevante - Effetti - Decadenza dall'aggiudicazione.
La regolarità contributiva dell'impresa partecipante ad una gara deve sussistere non solo alla data di presentazione della domanda, ma deve permanere anche durante lo svolgimento della procedura e l'esecuzione del contratto; né può rilevare, in senso retroattivo, la successiva regolarizzazione, con la conseguenza che, legittimamente, la stazione appaltante può disporre la decadenza dal provvedimento di aggiudicazione definitiva (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 17.12.2009 n. 5592 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Gara di appalto - Affidamento di servizi - Offerta tecnica - Caratteristiche - Valutazione da parte della stazione appaltante - Criteri di valutazione.
2. Contratti della P.A. - Commissione giudicatrice - Esercizio, da parte di un commissario, di funzioni amministrative ulteriori nell'ambito della medesima procedura - Incompatibilità ex art. 84, comma 4, D.Lgs. 163/2006 - Non sussiste.

1. L'offerta tecnica non si sostanzia in un progetto o in un prodotto, ma nella descrizione di un facere che può essere valutato unicamente sulla base di criteri qualitativi e quantitativi, fra i quali ben può rientrare la considerazione della pregressa esperienza dell'operatore, come anche della solidità ed estensione della sua organizzazione d'impresa.
2. Nelle procedure per l'aggiudicazione di appalti con la Pubblica amministrazione l'esercizio, da parte di un componente della commissione aggiudicatrice, di ulteriori funzioni amministrative per conto e nell'interesse dell'amministrazione appaltante, relative alla medesima procedura di gara, non integra di per sé la causa di incompatibilità prevista dall'art. 84, comma 4, D.Lgs. 163/2006, atteso che tale disposizione ha la finalità di impedire la partecipazione alla commissione di soggetti che, nell'interesse proprio o privato di alcuna delle imprese concorrenti, abbiano assunto o possano assumere compiti di progettazione, di esecuzione o di direzione relativamente ai lavori oggetto della procedura di gara (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 17.12.2009 n. 5591 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Piano per gli Insediamenti Produttivi (P.I.P.) - Assoggetta le aree incluse nel perimetro a vincolo di esproprio - Assegnazione di aree di proprietà privata - Presuppone che il Comune le abbia acquisite tramite atto ablativo o cessione volontaria.
2. P.I.P. - Delibera di assegnazione di aree facenti parte di un P.I.P. e successiva convenzione urbanistica - Nella parte in cui comprendono anche mappali o porzioni di mappali di proprietà di terzi non interessati dal piano o che non siano stati precedentemente oggetto di atto ablativo o cessione volontaria - Illegittimità - Sussiste.
1.
Il Piano per gli Insediamenti Produttivi (P.I.P.) assoggetta le aree che vi sono incluse a vincolo di esproprio per gli scopi che sono propri del piano. Se le aree sono di proprietà privata, la loro assegnazione ed alienazione a terzi presuppone che il Comune le abbia acquisite tramite atto ablativo o cessione volontaria.
2. La delibera di assegnazione di aree facenti parte di un P.I.P. e la successiva convenzione urbanistica sono illegittime nella parte in cui comprendono nell'assegnazione ed alienazione dei lotti interessati dal P.I.P. anche mappali o porzioni di mappali di proprietà di terzi non interessati dal piano, o che non siano stati precedentemente oggetto di atto ablativo o cessione volontaria (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 16.12.2009 n. 5365 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE GESTIONALI: Giunta comunale - Competenza - In relazione a provvedimenti consequenziali a decisioni assunte dal Consiglio comunale in sede di approvazione dello strumento urbanistico generale o attuativo - Sussiste.
Rientra nella competenza della Giunta comunale una delibera di soppressione e declassificazione di strade vicinali qualora si tratti di delibera consequenziale a decisioni assunte dal Consiglio comunale in sede di approvazione dello strumento urbanistico generale o attuativo, atteso che detta delibera si configura non come un atto fondamentale rientrante nella competenza del Consiglio, ma come esecutivo di atti fondamentali assunti in sede consiliare (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 16.12.2009 n. 5365 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PATRIMONIO: Demanio e patrimonio - Sdemanializzazione - Non determina di per sé il trasferimento al patrimonio della P.A. di ciò che era e rimane di proprietà privata ancorché gravato dall'uso pubblico dismesso.
Il procedimento di sdemanializzazione muta il regime giuridico di ciò che è già di proprietà pubblica, dismettendo la destinazione all'uso pubblico del bene o dell'area pubblica o gravata da servitù di uso pubblico, ma non determina, di per sé, il trasferimento al patrimonio della P.A. di ciò che era e rimane di proprietà privata ancorché gravato dall'uso pubblico dismesso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 16.12.2009 n. 5365 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Gara - Affidamento di un pubblico servizio - Impugnazione - Interesse al ricorso - Sussiste - Anche in caso di vantaggio successivo ed eventuale all'annullamento della procedura di affidamento.
2. Gara - Impugnazione del bando da parte di un concorrente che non abbia partecipato alla gara - Interesse al ricorso - Sussiste.
3. Contratti della P.A. - Convenzioni per l'espletamento di un servizio socio sanitario - Riserva in favore di organizzazioni di volontariato e cooperative sociali - Compatibilità con il diritto comunitario e costituzionale - Sussiste.

1. L'interesse al ricorso nell'ambito di una procedura di affidamento di un servizio pubblico sussiste non solo nel caso in cui dall'annullamento derivi un vantaggio diretto ed immediato in capo al ricorrente, ma anche nel caso in cui il vantaggio sia meramente successivo ed eventuale, dovendosi dichiarare l'inammissibilità del ricorso solo laddove risulti che la parte ricorrente non possa, in nessun caso, risultare aggiudicataria nell'ipotesi di accoglimento del ricorso.
2. Non difetta dell'interesse ad impugnare una procedura ad evidenza pubblica il ricorrente che non abbia partecipato alla gara, nell'ipotesi in cui la censura abbia ad oggetto i requisiti del bando, in quanto ritenuti discriminatori e tali da precludere la partecipazione alla gara medesima, atteso che -se effettivamente la preclusione alla partecipazione deriva dal bando- non può pretendersi la previa domanda di partecipazione alla gara, che risulterebbe inutiliter proposta.
3. In virtù dell'articolo 20, D.Lgs. n. 163/2006 e del principio di sussidiarietà orizzontale sancito dall'art. 118, ult. co. della Costituzione, deve ritenersi compatibile con i principi e le norme del diritto comunitario e costituzionale, un sistema fondato sulla convezione per l'affidamento di un servizio socio sanitario che sia riservato ad organizzazioni di volontariato e cooperative sociali (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 16.12.2009 n. 5357 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Beni di interesse storico ed artistico - Apposizione di vincolo - Revisione - Rigetto - Eccesso di potere - Illogicità e carenza di istruttoria - Illegittimità.
L'apposizione del vincolo di interesse storico ed artistico su un dipinto è espressione di un potere nel quale sono presenti sia momenti di discrezionalità tecnica sia momenti di discrezionalità amministrativa, ed è sindacabile solo in presenza di profili di incongruità e illogicità tali da far emergere l'inattendibilità della valutazione effettuata.
Nel caso in cui l'apposizione del vincolo risulti basata su un errore lapalissiano evidenziato nell'istanza di revisione, si deve ritenere illegittimo il rigetto di revisione fondato su supposizioni e presunzioni generiche tese a giustificare la permanenza di interesse in quanto viziato da eccesso di potere per illogicità e carenza di istruttoria (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 15.12.2009 n. 5347 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Nuovo provvedimento emesso su progetto diverso sottoposto a commissione edilizia e motivato in maniera diversa da un precedente provvedimento - Natura confermativa del provvedimento - Non sussiste.
Non può essere ritenuto confermativo del precedente un provvedimento emesso su un progetto diverso, nuovamente sottoposto alla commissione edilizia comunale che abbia espresso un nuovo giudizio supportato da nuova e diversa motivazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 15.12.2009 n. 5337 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Piano regolatore generale - Procedimento di approvazione - Delibera di controdeduzioni - Ha natura di atto interno - Lesione di interessi legittimi - Non sussiste.
2. Reiterazione dei vincoli - Domanda di condanna al pagamento di un indennizzo - Giurisdizione del giudice amministrativo - Non sussiste.
3. Reiterazione di vincoli - Domanda di risarcimento del danno - Mancanza del pregiudiziale annullamento dell'atto di reiterazione del vincolo - Diritto al risarcimento - Non sussiste.

1. La delibera di controdeduzioni costituisce atto interno al procedimento di approvazione del piano regolatore, insuscettibile ex se di determinare una lesione di interessi, riconducibile solo all'adozione e/o all'approvazione dello strumento urbanistico.
2. La domanda di condanna al pagamento di un indennizzo per reiterazione dei vincoli esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo.
3. La domanda di risarcimento del danno derivante dalla asserita illegittimità della reiterazione di vincoli è priva di fondamento ove manchi il pregiudiziale annullamento dell'atto di reiterazione del vincolo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 15.12.2009 n. 5336 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Diffida volta a provocare l'esercizio del potere di vigilanza - Silenzio della P.A. - Illegittimità - Obbligo di riscontro - Sussiste - Presentazione di ricorso amministrativo avverso il titolo edilizio - Illegittimità del silenzio - Permane.
L'Amministrazione ha l'obbligo di dare riscontro ad una diffida volta a provocare l'esercizio dei poteri di vigilanza sull'attività edilizia interessante un'area confinante quella dei richiedenti, risultando illegittimo il silenzio serbato dalla stessa anche nel caso di presentazione di un ricorso avverso il titolo edilizio rilasciato che non preclude ad un soggetto di attivare anche l'esercizio dei poteri di controllo e vigilanza comunali (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.12.2009 n. 5330 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Condono edilizio - Preventivo parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo ex art. 32 della legge n. 47/1985 come modificato dall'art. 2, comma 44, della L. n. 662/1996 - Opere abusive realizzate su area vincolata dopo l'apposizione del vincolo - Necessità.
In tema di condono edilizio, la previsione dell'art. 32 della legge n. 47/1985 come modificato dall'art. 2, comma 44, della legge n. 662/1996 del preventivo parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, trovava, nella vigenza di tale normativa, applicazione solo nel caso in cui le opere abusive su aree vincolate fossero state realizzate dopo l'apposizione del vincolo, diversamente tale parere non risultava necessario (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.12.2009 n. 5329 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Procedimento amministrativo - Mancata nomina del responsabile del procedimento - Vizio del procedimento - Non sussiste.
La mancata nomina del responsabile del procedimento non vizia l'atto amministrativo, dovendosi ritenere responsabile, finché essa non venga effettuata, il funzionario preposto all'unità organizzativa competente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.12.2009 n. 5329 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONE: Art. 20 del D.P.R. n. 327/2001 - Cessione volontaria - Accettazione dell'indennità provvisoria di esproprio - Sussiste.
Nella disciplina di cui all'art. 20 del D.P.R.327/2001 (Testi Unico Espropri) la cessione volontaria postula l'accettazione dell'indennità provvisoria di esproprio e il deposito della documentazione attestante la titolarità dell'area (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.12.2009 n. 5329 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Intervento in deroga al P.R.G. con riconfigurazione ex novo di un ambito territoriale di considerevole estensione - Rappresenta ristrutturazione urbanistica - Realizzazione per buona parte in fascia di rispetto cimiteriale - Non sussiste.
Un intervento in deroga al piano regolatore, che comporta la riconfigurazione ex novo di un ambito territoriale di considerevole estensione, la trasformazione integrale degli organismi edilizi esistenti in situ, una ricomposizione volumetrica a tutto campo e il passaggio dalla funzione industriale alla funzione residenziale, non solo eccede palesemente la nozione di recupero (del patrimonio edilizio esistente), ma esorbita pure dalla ristrutturazione edilizia, per rientrare piuttosto nella figura della ristrutturazione urbanistica che è invece esclusa dalla previsione dell'art. 338, T.U. leggi sanitarie 27.07.1934 n. 1265 (e novellato dall'art. 28 della legge 01.08.2002 n. 166), il quale consente nella fascia di rispetto cimiteriale ristrutturazioni di edifici preesistenti con ampliamento sino al 10% e cambi di destinazione d'uso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.12.2009 n. 5291 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Ordine di demolizione - Carenze nella comunicazione di avvio del procedimento - Art. 21-octies L. 241/1990 - Area vincolata - Legittimità.
2. Ordine di demolizione - Motivazione - Atto vincolato - Abusività dell'opera - Sufficienza.

1. Nel caso di immobile e manufatti abusivamente realizzati in zona a destinazione agricolo-boschiva e gravata dai vincoli paesaggistico ex D.Lgs. 42/2004 e idrogeologico di cui al R.D. n. 3267/1923, risulta legittima l'ordinanza di demolizione anche nel caso in cui la comunicazione di avvio del procedimento sia carente (rectius: generica) in quanto, ai sensi dell'art. 21-octies L. n. 241/1990, il contenuto del provvedimento non poteva essere differente rispetto a quello adottato.
2. L'ordine di demolizione motivato dall'accertata abusività dell'opera, in considerazione della destinazione dell'area in cui è realizzata e della presenza di vincoli sulla stessa, è sufficientemente motivato, in quanto, quale atto vincolato, lo stesso non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.12.2009 n. 5290).

CONSIGLIERI COMUNALI: 1. Impugnazione delibere consiliari da parte di un consigliere comunale finalizzata all'accertamento della mera lesione dell'interesse al buon andamento dell'Ente - Assenza legittimazione al ricorso - Sussiste.
2. Impugnazione di delibere consiliari da parte di un consigliere comunale volta a denunciare la lesione della propria sfera giuridica - Legittimazione al ricorso - Sussiste.
3. Violazione del dovere di astensione - Vizio intrinseco del deliberato comunale non deducibile dal consigliere comunale - Sussiste.

1. Nel processo amministrativo l'accertamento dell'interesse a ricorrere non può prescindere dalla verifica della lesione, concreta ed immediata, che dal provvedimento impugnato derivi alla sfera giuridica degli interessati, pertanto i consiglieri comunali non sono legittimati all'impugnativa di delibere consiliari finalizzate all'accertamento della mera lesione dell'interesse al buon andamento dell'Ente, laddove agiscano soltanto a tutela del principio di legalità dell'azione amministrativa o degli interessi del Comune.
2. La legittimazione attiva dei consiglieri comunali che agiscano a tutela del proprio munus è infatti circoscritta alle ipotesi in cui essi denunciano lesioni della propria sfera giuridica o della propria posizione all'interno dell'organo o dell'Ente medesimo, ossia quando vengono in rilievo atti incidenti in via diretta sul diritto all'ufficio dei medesimi e quindi su un diritto spettante alla persona investita della carica di consigliere.
3. La violazione del dovere di astensione costituisce vizio intrinseco del deliberato comunale, non deducibile dal consigliere comunale, legittimato a denunciare i soli vizi del procedimento di approvazione che siano risolti in una lesione delle sue prerogative (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 04.12.2009 n. 5287).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Annullamento del diniego di rilascio di concessione edilizia - Nuova valutazione della domanda di concessione edilizia - Va fatta con riferimento alla disciplina vigente alla data di notifica al Comune della sentenza di annullamento del diniego.
2. Annullamento di un provvedimento che ha negato al privato un bene della vita - Reintegrazione della situazione giuridica lesa - Nel caso di sopravvenuta disciplina urbanistica incompatibile con l'intervento edilizio oggetto dell'illegittimo provvedimento di diniego - Annullamento - Insufficienza.
3. Giustizia amministrativa - Risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. - Prova dell'elemento soggettivo - Per il privato danneggiato da un provvedimento illegittimo - Sufficiente invocare l'illegittimità accertata dell'atto quale indice presuntivo di colpa - P.A. deve dimostrare che l'errore nel quale è incorsa con il provvedimento dichiarato illegittimo è frutto di un errore scusabile.
4. Giustizia amministrativa - Risarcimento del danno - Applicazione del principio dell'onere della prova - Intervento del Giudice in via suppletiva con la liquidazione equitativa del danno - Soltanto se non è possibile fornire con precisione il quantum del danno - Possibilità di utilizzo di una CTU - Soltanto come strumento di valutazione delle prove già fornite dalle parti.
5. Giustizia amministrativa - Risarcimento del danno - Prova del danno da mancato guadagno - Nota redatta da un tecnico di parte - Inidoneità.
6. Giustizia amministrativa - Risarcimento del danno ex art. 35 del D.Lgs. n. 80/1998 conseguente all'accertata illegittimità di un provvedimento di diniego ed alla sopravvenuta perdita dell'originaria destinazione urbanistica dell'area - Criterio di determinazione in via equitativa.
7. Giustizia amministrativa - Risarcimento del danno - Costituisce un debito di valore - Rivalutazione monetaria - Spetta dal giorno in cui è stato adottato il provvedimento lesivo sino alla formulazione dell'offerta risarcitoria - Interessi - Spettano nella misura legale della data della formulazione dell'offerta risarcitoria fino all'effettivo soddisfo.
8. Giustizia amministrativa - Risarcimento del danno - Interessi passivi sul capitale - Ulteriore voce di danno - Soltanto se trattasi di danno legato da nesso di causalità con il provvedimento annullato.

1. In caso di annullamento di un diniego di concessione edilizia, la nuova valutazione della domanda relativa al rilascio del titolo abilitativo deve essere fatta con riferimento alla disciplina urbanistica vigente al momento in cui viene notificata al Comune interessato la sentenza di annullamento del diniego, venendo così in rilievo anche la nuova disciplina intervenuta nelle more del giudizio.
2. Nell'ipotesi di un provvedimento che ha negato ingiustamente il bene della vita cui il privato aspirava, la tutela di annullamento non è assolutamente sufficiente ad assicurare la reintegrazione di tale situazione giuridica lesa nel caso di sopravvenuta disciplina urbanistica incompatibile con l'intervento edilizio oggetto dell'illegittimo provvedimento di diniego.
3. In relazione all'elemento soggettivo richiesto ai sensi dell'art. 2043 c.c. ai fini del risarcimento del danno non è richiesto al privato, danneggiato da un provvedimento amministrativo di cui sia stata accertata l'illegittimità, un particolare impegno probatorio per dimostrare la colpa della P.A., potendo limitarsi ad invocare l'illegittimità dell'atto quale indice presuntivo di colpa.
Spetta invece all'Amministrazione dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, configurabile in caso di contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata.
4. In materia di risarcimento del danno, vertendosi in tema di diritti soggettivi, trova piena applicazione il principio dell'onere della prova e non, invece, l'onere del principio di prova che, tendenzialmente, si applica in materia di interessi legittimi.
Il Giudice può intervenire in via suppletiva, con la liquidazione equitativa del danno, solo quando non possa essere fornita la prova precisa del "quantum" di danno, ma resta fermo che l'"an" del danno va provato dall'interessato. Né si può invocare la consulenza tecnica d'ufficio in quanto non si tratta di un mezzo di prova ma di uno strumento di valutazione delle prove già fornite dalle parti.
Il Giudice, dunque, non può disporre una CTU, pena la violazione del principio di parità delle parti, per accertare l'an del danno dedotto.
5. Una nota redatta da un tecnico di parte ricorrente e nella quale vengono indicati i presunti ricavi ed i costi dell'intervento edilizio al fine di dimostrare il danno subito per il mancato guadagno (corrispondente alla differenza tra i presunti ricavi ed i costi complessivi e gli interessi passivi sul capitale immobilizzato) non può ritenersi può ritenersi sufficiente come prova in quanto non idonea a provare l'esistenza di richieste di soggetti interessati all'assegnazione delle unità immobiliari, né il possesso, in capo alla società costruttrice, delle capacità tecniche, economiche e finanziarie necessarie per la realizzazione dell'intervento edilizio.
6. Il risarcimento del danno ex art. 35 del D.Lgs. n. 80/1998 conseguente all'accertata illegittimità di un provvedimento di diniego (relativo ad un titolo abilitativo edilizio volto alla realizzazione di una palazzina residenziale) ed alla sopravvenuta perdita dell'originaria destinazione urbanistica dell'area (da residenziale a "parco dello sport"), va determinato in via equitativa sulla scorta della differenza del valore che l'area aveva al momento del provvedimento inibitorio ed al momento della delibera di approvazione del nuovo strumento urbanistico che ha mutato la destinazione urbanistica dell'area rendendo l'intervento illegittimamente denegato non più realizzabile in quanto incompatibile con le nuove norme sopravvenute.
I valori per entrambi i riferimenti temporali vanno calcolati tenendo conto sia dei prezzi indicati in contratti di compravendita effettivamente registrati, sia di quelli reali di mercato risultanti da fonti certe o facilmente verificabili.
7. Dal momento che l'obbligazione scaturente da un risarcimento del danno costituisce un debito di valore, spetta la rivalutazione monetaria dal giorno in cui è stato adottato il provvedimento lesivo sino alla formulazione dell'offerta risarcitoria. Gli interessi nella misura legale spettano, invece, dalla data della formulazione dell'offerta risarcitoria fino all'effettivo soddisfo.
8. Gli interessi passivi sul capitale sono liquidabili come ulteriore voce di danno soltanto se si tratta di un danno legato da nesso di causalità con il provvedimento annullato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 02.12.2009 n. 5269 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Permesso di Costruire - Ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione - Nuova costruzione - Qualificazione intervento edilizio - Art. 3 D.P.R. n. 380/2001.
2. Permesso di costruire - Ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione - Spostamento di volumetria - Illegittimità.

1. L'art. 3 D.P.R. n. 380/2001 ricomprende tra gli interventi di ristrutturazione edilizia anche quello consistente nella demolizione e ricostruzione che riproduca, tuttavia, le precedenti linee fondamentali dell'edificio preesistente quanto a sagoma, superfici e volumi perché ciò che la contraddistingue dalla nuova edificazione è, dunque, la già avvenuta trasformazione del territorio, attraverso una edificazione di cui si conservi la struttura fisica, ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita ma, in quest'ultimo caso, con ricostruzione comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente.
2. In caso di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione, lo spostamento di volumetria non può ritenersi ammissibile in quanto incide sul requisito della identità di sagoma, superfici e volumi richiesto dall'art. 3 D.P.R. n. 380/2001, risultando in tal caso l'intervento non qualificabile come ristrutturazione edilizia (mediante demolizione e ricostruzione) bensì quale nuova costruzione e, conseguentemente, illegittimo il permesso di costruire abilitativo (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 02.12.2009 n. 5268 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Provvedimento di diniego del titolo abilitativo edilizio - Motivazione non idonea a comprendere le ragioni di fatto e diritto del diniego - Pregiudizio del diritto difesa - Sussiste.
2. Giustizia amministrativa - Accoglimento ricorso per difetto di motivazione del provvedimento impugnato - Potere dell'Amministrazione di ripronunciarsi - Domanda di risarcimento danni proposta contestualmente al ricorso - Mancato accoglimento per assenza di danno.

1. La motivazione del provvedimento di diniego del titolo abilitativo edilizio che non consenta di intendere in quali termini e con quali disposizioni normative il progetto sia in contrasto, è del tutto inidonea ad adempiere la propria funzione di far comprendere le ragioni giuridiche e le giustificazioni di fatto che sono alla base della determinazione dell'Amministrazione, con evidente pregiudizio del diritto di difesa della ricorrente e al principio di trasparenza dell'azione amministrativa.
2. In caso di accoglimento del ricorso per difetto di motivazione del provvedimento impugnato, la domanda risarcitoria proposta contestualmente alla proposizione del ricorso non può essere accolta in quanto non sussiste, in tale ipotesi, un danno, laddove residua all'amministrazione il potere di ripronunciarsi in proposito, con possibilità di un esito positivo per il ricorrente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 01.12.2009 n. 5218 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Piano regolatore generale - Vincolo di rispetto stradale - Natura espropriativa - Non sussiste - Natura conformativa - Sussiste - Decadenza del vincolo - Non sussiste.
2. Piano regolatore generale - Azzonamenti - Obbligo di motivazione - Non sussiste - Superamento degli standard minimi - Obbligo di motivazione - Sussiste.
3. Variante al P.R.G. - Annullamento - Diritto al risarcimento del danno - Non sussiste atteso il carattere eventuale dell'emanazione del provvedimento ampliativo della sfera giuridico- patrimoniale dell'interessato.

1. Il vincolo di rispetto stradale non ha natura espropriativa, ma unicamente conformativa e, in quanto tale, non è soggetto a decadenza. E' pacifico, infatti, che il vincolo di inedificabilità relativo alla "fascia di rispetto stradale" riguardante una generalità di beni e di soggetti, ha una funzione di salvaguardia della circolazione, indipendentemente dalla eventuale instaurazione di procedure espropriative; esso quindi non è soggetto a scadenze temporali.
2. Sebbene gli azzonamenti non richiedano apposita motivazione, oltre quella implicita nelle scelte tecnico-urbanistiche effettuate in sede di redazione del piano regolatore, una più incisiva motivazione si impone, viceversa, in talune ipotesi, tra le quali va annoverata quella del superamento degli standard minimi di cui al d.m. 02.04.1968 n. 1444.
3. Il risarcimento del danno può essere ammesso solo quando l'attività amministrativa rinnovatoria conseguente ad annullamento di illegittimo diniego si connoti in termini tali da escludere ogni ulteriore apprezzamento discrezionale, ovvero quando spetti all'Autorità amministrativa un potere sostanzialmente vincolato, anche se entro i termini della sentenza di annullamento.
Esso deve escludersi, al contrario, nei casi, quali la rinnovazione della pianificazione urbanistica, nei quali in capo all'Autorità stessa residui un margine di apprezzamento discrezionale che configuri come eventuale l'emanazione del provvedimento ampliativo della sfera giuridico patrimoniale dell'interessato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 01.12.2009 n. 5215 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Lo sgravio contributivo esige il concorso di due presupposti, e cioè uno oggettivo, ovvero l’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale e l’altro soggettivo, ovvero l’esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale ovvero da parte di privati concessionari dell’ente pubblico purché le opere siano inerenti all’esercizio del rapporto concessorio.
Le opere –ammesse allo sgravio contributivo- devono essere realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, con la conseguente necessità che deve sussistere un ben preciso vincolo relazionale tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione: la giurisprudenza prevalente ha identificato tale vincolo nella concessione di costruzione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie.
Viene in discussione la tematica dell’esenzione dal pagamento dei contributi di concessione per le opere pubbliche o di interesse generale, realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), legge n. 10/1977.
Lo sgravio contributivo in esame esige il concorso di due presupposti, e cioè uno oggettivo, ovvero l’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia (nella specie, una ristrutturazione) alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale (nel senso che deve trattarsi di opere che, quantunque non destinate direttamente a scopi propri della p.a., siano comunque idonee a soddisfare i bisogni della collettività, anche se realizzate e gestite da privati), e l’altro soggettivo, ovvero l’esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale (cfr. C.G.A.R.S. 20.07.1999 n. 369; Cons. Stato, V, 06.12.1999 n. 2061), ovvero da parte di privati concessionari dell’ente pubblico (cfr. Cons. Stato, V, 07.09.1995 n. 1280), purché le opere siano inerenti all’esercizio del rapporto concessorio.
Il Comune è, peraltro, tenuto ad accertare d’ufficio tali presupposti indipendentemente dalla richiesta del privato, non prevista dalla legge.
Il fine dell’applicazione della norma, fondata dunque sul presupposto oggettivo della natura delle opere e su quello soggettivo della qualità dell’ente realizzatore, è chiaramente quello di assicurare una ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della collettività, nel senso che la gratuità della concessione si traduce in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente.
Le opere per cui può ipotizzarsi lo sgravio dagli oneri concessori devono, dunque, rivelare innanzitutto un carattere direttamente satisfattivo dell’interesse della collettività, di per se stesse –poiché destinate ad uso pubblico o collettivo– o in quanto strumentali rispetto ad opere del genere anzidetto, o comunque perché immediatamente collegate con le funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente (cfr. Cons. Stato, V, 08.06.1998 n. 777).
Il beneficio della gratuità della concessione richiede poi che l'opera avente le suddette caratteristiche sia realizzata da un soggetto istituzionalmente competente, sia cioè realizzato dall'ente per il perseguimento dei suoi fini istituzionali, e cioè per la cura di quegli interessi a lui affidati e che ne rappresentano la ragion d'essere (cfr. Cons. Stato, V, 20.07.1999 n. 849).
Esso non spetta, pertanto, a soggetti privati per gli immobili ove esercitino una mera attività (lucrativa o non) di impresa, indipendentemente dalla rilevanza sociale dell’attività stessa (cfr. Cons. Stato, V, 21.01.1997 n. 69).
Al fine dell’individuazione dell’anzidetto requisito di ordine soggettivo, la giurisprudenza richiede, di norma, quanto meno il possesso della qualità di concessionario, operante per conto di un ente pubblico (Cons. Stato, V, 07.09.1995 n. 1280, cit.).
Nel recente panorama giurisprudenziale, il beneficio è stato conseguentemente negato:
- ad una società per azioni relativamente alla concessione di ampliamento della clinica gestita dalla stessa (Cons. Stato, V, 16.01.1992 n. 46);
- all’impresa che, senza alcun collegamento riconducibile ad una concessione da parte di un ente pubblico, svolga un’attività assistenziale, in quanto l’agevolazione in parola implica, come accennato, il possesso del requisito non solo oggettivo (impianti, attrezzature, opere pubbliche o di interesse generale), ma pure soggettivo (ente pubblico o soggetto concessionario di pubblico servizio o di opere pubbliche : cfr. Cons. Stato, V, 10.05.1999 n. 536);
- alle cooperative edilizie, in quanto curano in primo luogo l’interesse dei soci;
- al privato che realizzi impianti sportivi, anche se la loro utilizzazione sia oggetto di convenzione con il Comune;
- per la realizzazione di uffici direzionali di un’azienda creditizia;
- per la costruzione di scuole non previste tra le opere di urbanizzazione dallo strumento urbanistico;
- alla società concessionaria del servizio distributivo del gas, per la costruzione di una nuova sede;
- per le opere realizzate da un privato, su proprietà e con capitali privati, pur se in vista di un contratto di locazione con la p.a..
E’ stato peraltro precisato che per realizzatore dell’opera deve intendersi non soltanto chi provveda materialmente all’edificazione, ma anche il soggetto cui l’opera sia riferibile dal punto di vista sia progettuale che della destinazione finale (Cons. Stato, V, 08.06.1998 n. 777, cit.).
E’, dunque, la carenza dell’elemento soggettivo ad assumere rilevanza decisiva nella fattispecie in esame, in cui esso non appare sufficientemente integrato.
Il legislatore richiede che le opere –ammesse allo sgravio contributivo- siano realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, con la conseguente necessità che sussista un ben preciso vincolo relazionale tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione: la giurisprudenza prevalente ha identificato tale vincolo nella concessione di costruzione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie (Cons. Stato, V, 19.05.1998, n. 617; 07.09.1995, n. 1280; 13.12.1993, n. 1280; 20.11.1989, n. 752).
Deve cioè trattarsi di attività compiuta da un concessionario, o più in generale da un soggetto che curi istituzionalmente (è, quindi, questo l’elemento chiave) la realizzazione di attività d'interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le stesse siano destinate: nell’ordinamento italiano le attività di natura socio-assistenziali competono istituzionalmente al Servizio sanitario nazionale, mentre l’erogazione dei servizi attinenti alla pubblica istruzione spetta allo Stato o alle Regioni o alle Province, prestazioni rispetto alle quali l’Associazione appellata non può vantare alcuna istituzionale competenza, nonostante l’assenza del fine di lucro, di per se stessa non sufficiente ad integrare i necessari presupposti in precedenza messi in luce (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 10.05.2005 n. 2226 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa costruzione di una caserma dei VV.F. non è soggetta al versamento del contributo di costruzione.
La realizzazione in oggetto riguardava la costruzione di un fabbricato da adibirsi a Caserma dei Vigili del Fuoco, realizzazione per la quale il Comune di Prato con i provvedimenti originariamente impugnati negava l’esenzione dal pagamento per gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
Ritiene al riguardo il Collegio che nella fattispecie coesistono i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla più volte richiamata norma di cui all’art. 9, primo comma, lettera f), prima parte, della L. n. 10/1977, secondo cui il contributo afferente il rilascio della concessione edilizia non è dovuto per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti.
Circa il requisito soggettivo ritiene infatti il Collegio di dover condividere quell’ampia e qualificata giurisprudenza per cui ai fini dell’individuazione dell'"ente istituzionalmente competente” non è necessariamente rilevante la natura pubblica immediata dell’ente realizzatore quanto piuttosto quella oggettiva relativa alla realizzazione dell’opera; in tale ambito questa Sezione ha avuto modo di precisare che ai fini dell’esecuzione del contributo di costruzione la norma può venire riferita anche ad un’opera realizzata ad un soggetto privato perché per conto di un ente pubblico (cfr. C.S. Sezione V n. 206/1999); mentre sotto il profilo oggettivo è indubbio che la realizzazione dell’opera in questione –caserma dei Vigili del Fuoco– risponde sicuramente alle caratteristiche di un’opera pubblica e/o di un’opera di interesse generale.
Fondate sono anche le censure contenute nel secondo motivo di appello perché ritiene il Collegio che, al contrario di quanto dedotto dal Tribunale, l’elenco delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria non debba intendersi tassativo e vincolato perché, come esattamente ritenuto dalla giurisprudenza condivisa dalla Sezione, debbono ritenersi rientrare nella nozione di opere di urbanizzazione previste dalla normativa anche quelle realizzazioni di specifica rilevanza pubblica e sociale, qual è certamente la costruzione di un immobile da adibirsi a caserma dei VV.F..
Inoltre, la decisione appare errata nella parte in cui è stato escluso il carattere di urbanizzazione della Caserma de qua perché la stessa sarebbe al servizio di utenti appartenenti a più centri abitativi.
Invero, come esattamente dedotto dall’appellante, il requisito del dimensionamento di quartiere risulta previsto solo per i mercati, gli impianti sportivi e le aree vedi (cfr. art. 4, 2° comma, della legge n. 847/1964), con la conseguenza che le altre opere di urbanizzazione secondaria ben possono essere dimensionate su scala diversa e superiore (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.09.2003 n. 5315 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAUn impianto destinato ad essiccazione e conservazione di cereali realizzato da un consorzio agrario costituito nella forma di società di capitali privata non costituisce opera pubblica in senso stretto perché esso rappresenta un edificio d'interesse sì collettivo, ma dei soli soci del consorzio stesso e solo indirettamente degli altri agricoltori: pertanto, non è esente dal versamento del contributo di urbanizzazione e costruzione.
L'esenzione dal contributo di urbanizzazione e costruzione, di cui all'art. 9, lett. f), l. 28.01.1977 n. 10, spetta esclusivamente alle opere pubbliche, ossia alle opere di pubblico interesse realizzate da enti pubblici, mentre non compete alle opere realizzate da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività dagli stessi esercitata nella o con l'opera cui la concessione edilizia si riferisce; pertanto, un impianto destinato ad essiccazione e conservazione di cereali realizzato da un consorzio agrario costituito nella forma di società di capitali privata, non costituisce opera pubblica in senso stretto, perché esso rappresenta un edificio d'interesse sì collettivo, ma dei soli soci del consorzio stesso e solo indirettamente degli altri agricoltori, fermo restando che detto consorzio non ha per scopo essenziale la costruzione di opere pubbliche (sez. V, 19.09.1995, n. 1313).
Tale indirizzo, a confutazione del quale non sono stati addotti argomenti persuasivi, merita di essere confermato.
Il paradigma normativo dell’art. 9, lett. f), della l. n. 10/1977, invero, prevede la gratuità della concessione edilizia per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici.
La prospettazione della parte ricorrente in primo grado si fonda essenzialmente sulla locuzione “opere…di interesse generale”, in relazione alle finalità di interesse pubblico perseguite dai consorzi agrari.
Il fatto, però, è che la fattispecie normativa, elevando ad oggetto della qualificazione “le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti” ha inteso riferirsi agli enti pubblici, o comunque agli enti che agiscono per conto di enti pubblici (come ad esempio, i concessionari pubblici): in tal senso, la giurisprudenza del Consiglio di Stato è costante.
L’esattezza di tale soluzione è confermata, del resto, non soltanto dall’endiadi: “opere pubbliche o di interesse generale”, che rinvia ad una figura soggettiva pubblica, ma dal fatto che nella sola seconda parte della proposizione normativa, concernente le opere di urbanizzazione, la disposizione specifica: "eseguite anche da privati".
Ne esce quindi caricata di ulteriore valore semantico la locuzione: “enti istituzionalmente competenti”, che non può riferirsi che ad enti pubblici o a soggetti che agiscono per conto degli stessi.
Circa la natura dei consorzi agrari, che attualmente hanno personalità giuridica di diritto privato, può convenirsi sul fatto che essi concorrono al conseguimento di determinate finalità di pubblico interesse, ma ciò è comune a tutta la categoria dottrinale degli enti privati di interesse pubblico, caratterizzata dal fatto di essere sottoposti a vigilanza particolarmente penetrante o di essere inseriti in ordinamenti settoriali cui sono preposti amministrazioni o enti pubblici.
Resta però il fatto che nell’ordinamento giuridico vigente non esiste una categoria intermedia tra gli enti pubblici e quelli privati, in quanto gli enti qualificabili come enti privati di interesse pubblico rimangono pur sempre soggetti privati.
Tale rilievo è assorbente ai fini della decisione della presente controversia.
Il Consorzio agrario provinciale di Mantova, in quanto soggetto privato, non aveva titolo alla gratuità della concessione edilizia per l’impianto di stoccaggio di cereali, ai sensi dell’art. 9, lett. f), l. n. 10/1977 (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 06.10.2000 n. 5323 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO ALL'01.04.2010

ã

DOTTRINA  E CONTRIBUTI

ENTI LOCALI: P. M. Zerman, Partenza in salita per la class action (link a www.giustizia-amministrativa.it).

NEWS

INCENTIVO PROGETTAZIONE: Il ripristino del 2% non vede la luce.
Legge lavoro a Camere, Napolitano non firma - 'Estrema eterogeneità' del testo. Maroni: nulla da eccepire. Sacconi: governo proporrà modifiche.
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non ha firmato, rinviandola alle Camere, la legge di riforma del lavoro, con la motivazione che si tratta di un testo eterogeneo su norme delicate (link a www.ansa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, Interventi edilizi di manutenzione straordinaria.
Il decreto-legge 25.03.2010, n. 40, in vigore dal 26 marzo e principalmente dedicato a “disposizioni tributarie e finanziarie urgenti”, reca all’articolo 5 una nuova disciplina della cosiddetta “attività edilizia libera”.
Mediante la sostituzione dell’art. 6 del T.U. dell’edilizia (D.P.R. n. 380/2001), il legislatore statale procede ad una nuova individuazione degli interventi edilizi che possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo (DIA o permesso di costruire). L’innovazione principale consiste nel prevedere tra questi anche gli “interventi di manutenzione straordinaria … che non riguardino le parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici”.
La nuova norma statale, contenuta nel D.L. n. 40, stabilisce tuttavia che sono fatte salve le “più restrittive disposizioni previste dalla disciplina regionale”. Ne consegue che essa, con particolare riferimento alla individuata fattispecie di manutenzione straordinaria, ad oggi non può trovare immediata applicazione in Lombardia, disponendo la nostra Regione di una disciplina più restrittiva, contenuta negli articoli 33 e 41 della L.R. n. 12/2005, che impone per questi interventi un previo titolo abilitativo (DIA piuttosto che permesso di costruire) (comunicato 31.03.2010 - link a www.territorio.regione.lombardia.it).

URBANISTICA: Lombardia, Fondo Regionale Aree Verdi, adempimenti per i comuni.
In attuazione dell’art. 43, comma 2-bis, della l.r. n. 12/2005, così come modificato dalla l.r. n. 7/2010, le Direzione Generali Territorio ed Urbanistica ed Agricoltura hanno istituito un fondo regionale da alimentarsi mediante le maggiorazioni dei contributi di costruzione applicate agli interventi di nuova costruzione che sottraggono superfici agricole nello stato di fatto. Tali interventi sono infatti assoggettati ad una maggiorazione percentuale del contributo di costruzione, determinata dai comuni entro un minimo dell’1,5 ed un massimo del 5 per cento, da destinare obbligatoriamente a interventi forestali a rilevanza ecologica e di incremento della naturalità.
Regione Lombardia aveva a suo tempo, con D.g.r. n. 8757 del 22/12/2008 “Linee guida per la maggiorazione del contributo di costruzione per il finanziamento di interventi estensivi delle superfici forestali” richiesto ai Comuni di individuare le “aree agricole nello stato di fatto” a cui applicare la maggiorazione. In assenza di specifiche determinazioni comunali in materia si intendono ad oggi valide le aree individuate nello strato DUSAF 2.0 – Uso del suolo 2005-2007, scaricabili dal geoportale regionale.
In data 10/02/10, la Giunta regionale, con D.g.r. n. 11297 ha approvato specifiche linee guida relative all’applicazione delle disposizioni di cui al comma 2-bis e le modalità di gestione di un fondo finanziario denominato “Fondo Aree Verdi”, attualmente in fase di avanzata definizione, la cui finalità è sostenere la realizzazione di interventi che perseguano obiettivi di sviluppo territoriale e di salvaguardia e valorizzazione del sistema rurale-paesistico-ambientale, in particolare mediante la valorizzazione dei contesti agricoli, forestali, naturali e paesaggistici e con attenzione al recupero delle aree degradate.
Il Fondo sarà alimentato da:
a) risorse regionali;
b) proventi delle maggiorazioni dei contributi di costruzione derivanti da interventi in aree ricadenti in:
- accordi di programma o programmi integrati di intervento di interesse regionale;
- comuni capoluogo di provincia;
- parchi regionali e nazionali;
c) proventi delle maggiorazioni che i comuni non capoluogo di provincia decidano di destinare al fondo.
Si rammenta ai Comuni l’obbligatorietà di attivarsi al fine di dare attuazione alla norma suddetta in vigore dal 12/04/2009.
La Regione predisporrà a breve le modalità e le specifiche tecniche secondo cui ogni Amministrazione dovràcomunicare:
- le aree agricole nello stato di fatto interessate da interventi che hanno dato titolo alla maggiorazione;
- le entrate determinate;
- gli interventi attuati attraverso l’utilizzo dei suddetti contributi (comunicato 29.03.2010 - link a www.territorio.regione.lombardia.it).

APPALTI: Appalti, la trattativa è l'eccezione. Procedure per le aggiudicazioni previste dal codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. L'estrema urgenza deve essere adeguatamente motivata.
Nell'attuale sistema della contrattualistica pubblica, così come delineato dal dlgs 12.04.2006 n. 163, l'affidamento di lavori, nonché l'acquisizione di servizi e forniture da parte delle stazioni appaltanti (nell'ampia accezione stabilita dal citato testo regolamentare), può avvenire mediante una delle quattro procedure previste dal Codice dei contratti. E segnatamente: procedure aperte, in cui ogni operatore economico interessato può presentare un'offerta; procedure ristrette, caratterizzate dall'invito a formulare un'offerta rivolto dalla stazione appaltante a una selezionata rosa di operatori economici; dialogo competitivo, nella quale «la stazione appaltante, in caso di appalti particolarmente complessi, avvia un dialogo con i candidati ammessi a tale procedura, al fine di elaborare una o più soluzioni atte a soddisfare le sue necessità e sulla base della quale o delle quali i candidati selezionati saranno invitati a presentare le offerte» (secondo la definizione di cui all'art. 3 comma 39 del Codice); procedure negoziate, in cui le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell'appalto.
Si è avuto già modo di evidenziare, su queste pagine, lo spiccato favore del legislatore comunitario, e, di riflesso, di quello nazionale, per le procedure aperte, garanti, almeno sul piano teorico, della più ampia imparzialità e concorrenzialità.
Egualmente, si era rilevato come le procedure negoziate (cosiddetti affidamenti a trattativa privata) siano da considerarsi marginali, il ricorso alle quali avendo carattere di eccezionalità e dovendo le stesse avere una giustificazione oggettiva.
Nel presente articolo, si cercherà di illustrare quali siano le condizioni che consentano il ricorso a procedure negoziate, anche alla luce della recente giurisprudenza amministrativa ... (articolo ItaliaOggi del 31.03.2010 - link a www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Il ticket restaurant? Fa reddito. Risoluzione delle Entrate con risposte in materia di trattamento del lavoro dipendente. Niente esenzione una volta superata la soglia di 5,29 euro.
L'importo nominale dei ticket restaurant che eccede il limite di 5,29 euro concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente. I beni ed i servizi acquistati dal datore di lavoro in virtù di particolari convenzioni e successivamente offerti ai dipendenti costituiscono reddito di lavoro dipendente sulla base del minor prezzo di acquisto che il datore steso è riuscito ad ottenere dai propri fornitori.
Sono due precisazioni contenute nella risoluzione 29.03.2010 n. 26/E dell'Agenzia delle Entrate dedicata alla risposta ai quesiti presentati durante un recente forum in materia di redditi di lavoro dipendente ... (articolo ItaliaOggi del 30.03.2010 - link a www.corteconti.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: I sottotetti quando sono di altezza tale da poter essere suscettibili d'abitazione o d'assolvere a funzioni complementari, quale quella ad esempio di deposito di materiali, devono essere computati ad ogni effetto sia ai fini della cubatura autorizzabile sia ai fini del calcolo dell'altezza e delle distanze ragguagliate all'altezza, non potendo essere annoverati tra i volumi tecnici.
Secondo autorevole giurisprudenza, per volumi tecnici, ai fini dell'esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile, debbono intendersi i volumi strettamente necessari a contenere ed a consentire l'accesso a quegli impianti tecnici indispensabili per assicurare il comfort abitativo degli edifici, che non possano, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti, essere inglobati entro il corpo della costruzione realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche ( cfr. ex multis TAR Campania Napoli, sez. IV, 17.06.2002, n. 3597).
In materia, si è evidenziato (per tutte: TAR Campania Napoli, sez. IV, 17.06.2002, n. 3597; TAR Puglia Lecce, sez. III, 15.01.2005, n. 143 Tar Puglia-Bari sent. 2843/2004), con un orientamento del tutto condivisibile, che i sottotetti quando sono di altezza tale da poter essere suscettibili d'abitazione o d'assolvere a funzioni complementari, quale quella ad esempio di deposito di materiali, devono essere computati ad ogni effetto sia ai fini della cubatura autorizzabile sia ai fini del calcolo dell'altezza e delle distanze ragguagliate all'altezza, non potendo essere annoverati tra i volumi tecnici (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 15.03.2010 n. 1450 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La deroga agli strumenti urbanistici, ex art. 9 legge 122/1989, è da reputarsi operante solo quando i parcheggi siano realizzati nel sottosuolo ovvero nei locali siti al piano terra dei fabbricati già esistenti, mentre è da escludersi –e, quindi, i parcheggi devono essere realizzati nel rispetto delle disposizioni urbanistiche–, se non vengano a ciò adibiti i locali (preesistenti) siti al piano terra di un fabbricato o se le autorimesse non vengano allocate nel sottosuolo dei fabbricati.
La legge 122/1989 è applicabile alla costruzione di spazi-parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree extraurbane resta assoggettata alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie e necessita di concessione edilizia (o permesso di costruire).

Ai sensi dell'art. 9, comma 1, della l. n. 122/1989, “i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti … tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici”.
Sia in base all’art. 9, comma 1, della l. n. 122/1989 sia in base all’art. 6, comma 2, l. r. Campania n. 19/2001, ma nei limiti da essi dettati, i parcheggi pertinenziali possono, dunque, realizzarsi anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti.
Con riferimento al’art. 9, comma 1, della l. n. 122/1989, la giurisprudenza ha chiarito che la sfera applicativa delle agevolazioni da esso contemplate, in considerazione delle finalità della legge e in relazione al suo carattere eccezionale, non può estendersi al di fuori delle ipotesi normativamente previste (Cons. Stato, sez. V, 29.03.2006, n. 1608).
Ha, conseguentemente, statuito che la costruzione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata in locali preesistenti o totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, rimane assoggettata al regime urbanistico delle nuove costruzioni fuori terra (Cons. Stato, sez. V, 29.03.2004, n. 1662; 29.03.2006 n. 1608; sez. IV, 11.11.2006, n. 6065; 26.09.2008 n. 4645; TAR Lazio, Roma, sez. I, 16.04.2008, n. 3259).
La deroga agli strumenti urbanistici è, pertanto, da reputarsi operante, solo quando i parcheggi siano realizzati nel sottosuolo ovvero nei locali siti al piano terra dei fabbricati già esistenti, mentre è da escludersi –e, quindi, i parcheggi devono essere realizzati nel rispetto delle disposizioni urbanistiche–, se non vengano a ciò adibiti i locali (preesistenti) siti al piano terra di un fabbricato o se le autorimesse non vengano allocate nel sottosuolo dei fabbricati.
Nel ribadire che la possibilità di edificare parcheggi pertinenziali in virtù della deroga alle vigenti prescrizioni urbanistiche, consentita dall’art. 9, comma 1, della l. n. 122/1989, costituisce una disposizione di carattere eccezionale da interpretarsi in senso strettamente letterale, in considerazione delle finalità di una legge volta a favorire la diminuzione del traffico veicolare all’interno dei centri abitati, la giurisprudenza prevalente ha, poi, anche affermato che la citata norma legislativa statale è applicabile alla costruzione di spazi-parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree extraurbane resta assoggettata alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie e necessita di concessione edilizia (o permesso di costruire) (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11.11.2004, n. 7324 e n. 7325; TAR Sicilia, Catania, sez. I, 03.10.2005, n. 1531; TAR Veneto, Venezia, sez. II, 02.05.2007, n. 1331; TAR Toscana, Firenze, sez. III, 29.05.2007, n. 817; TAR Lazio, Roma, sez. I, 16.04.2008, n. 3259) (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 11.03.2010 n. 1383 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, deve conservare le caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente, dovendo la successiva ricostruzione dell’edificio riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma e volumi.
La ristrutturazione edilizia mira alla salvezza del complesso esistente, ossia alla fedele ricostruzione del fabbricato nelle sue caratteristiche preesistenti, non soltanto dimensionali ma anche architettoniche e stilistiche, lasciando inalterati i volumi; in mancanza l’intervento va qualificato nuova costruzione e, come tale, è soggetto alle limitazioni imposte dalle norme urbanistiche (cfr. Cons. Stato, V, 03.03.2004, n. 1022).
Peraltro, anche se per effetto delle disposizioni contenute nell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001, la nozione di ristrutturazione è stata ulteriormente estesa, non per questo sono venuti meno i limiti che ne descrivono le caratteristiche e che consentono di distinguerla dall’ipotesi di nuova costruzione, vale a dire, la necessità che la ricostruzione sia identica, per sagoma, volumetria e superficie, al fabbricato demolito.
Sebbene sia stato superato il criterio della “fedele ricostruzione” (di cui all’art. 31 della legge n. 47/1985), espunto dalle disposizioni contenute nell’art. 3, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001, la ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, deve conservare le caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente, dovendo la successiva ricostruzione dell’edificio riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma e volumi (cfr. Cons. Stato, V, 28.7.2005, n. 4011) (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 11.03.2010 n. 772 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

inizio home-page