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AGGIORNAMENTO AL 25.02.2008 |
ã |
UTILITA' |
ENTI LOCALI: Affidamento
di incarichi a soggetti esterni alla pubblica
amministrazione (n. 4 allegati)
(link a www.anci.lombardia.it). |
ENTI LOCALI: Nuove
norme in materia di gettoni e indennità dei consiglieri
comunali (n. 1 allegato)
(link a www.anci.lombardia.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
APPALTI: R.
Onorati,
Volontariato e appalti pubblici. Riflessioni sulla sentenza
della Corte di giustizia europea
(link a www.diritto.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: G.
Sgueo,
La disciplina delle mansioni, qualifiche e categorie nel
pubblico impiego
(link a www.diritto.it). |
PUBBLICO
IMPIEGO: G.
Gentilini,
Sulle prestazioni occasionali di lavoro autonomo
(link a www.diritto.it). |
APPALTI: G.
Gentilini,
Documento unico di regolarità contributiva alla luce del
recente d.m. lavoro del 24.10.2007 sui termini e le modalità
per l’uso del DURC e della circolare Ministero del lavoro n.
5 del 30.01.2008
(link a www.diritto.it). |
ENTI LOCALI: M.
Nico,
La gestione delle partecipate - Quando l’ente locale diventa
socio: le responsabilità e le cautele di una scelta
(link a www.diritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
G. Nicoletti,
LE GARE PER LA CONCESSIONE DEL SERVIZIO DI DISTRIBUZIONE
GAS: UN AGGIORNAMENTO
(link a www.dirittodeiservizipubblici.it) |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G. Garzia,
La nozione giuridica del «recupero» dei rifiuti: il quadro
vigente e le prospettive di riforma
(link a www.lexambiente.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI SERVIZI:
Sulla necessità di un’espressa previsione legislativa
per poter qualificare in termini di servizio pubblico una
determinata attività economicamente rilevante e per renderla
oggetto della relativa concessione.
Per poter qualificare in termini di servizio pubblico una
determinata attività economicamente rilevante e per renderla
oggetto della relativa concessione, occorre un’espressa
previsione di legge, dato che "nel sistema positivo, per
servizio pubblico si intende un' attività economica che per
legge o in base ad essa viene assunta da un ente pubblico
oppure attribuita (con atto concessorio ) anche ad altri
soggetti, che la esercitano in forme imprenditoriali sotto
il controllo dell' Amministrazione e con un determinato
regime amministrativo". La necessità di un’espressa
previsione legislativa discende dall’art. 41 della
Costituzione, il quale pone una riserva di legge in ordine
alle limitazioni dell’iniziativa economica privata da parte
dei pubblici poteri. E dunque qualsiasi compressione
dell’attività imprenditoriale deve essere sorretta da una
scelta del legislatore, che ne fissi con precisione i limiti
e i contorni con atto di normazione primario, non essendo
possibile e legittimo che ciò avvenga con un mero atto
regolamentare o addirittura con una circolare amministrativa
(TAR Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 18.02.2008 n. 1422
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Sul
diritto di accesso agli atti da parte dei consiglieri
comunali.
L’accesso circoscritto, di norma, a due giorni mensili e per
due ore giornaliere non appare illogico e neppure
ingiustificatamente difficoltoso per l’esercizio del
diritto. Tale limite deve tuttavia considerarsi derogabile
in presenza di circostanze obiettive che non consentano
l’esercizio del diritto nel tempo messo a disposizione
(come, a titolo esemplificativo, l’eccessivo numero di atti
protocollati rispetto al periodo precedente o l’elevato
numero di questioni di interesse per il consigliere comunale
ovvero l’imminenza di una seduta consiliare o di altro
evento che non consente di rinviare l’accesso al successivo
giorno disponibile).
Il Comune non può pretendere la previa compilazione di una
motivata richiesta di accesso, ma solo, al fine di certezza
e di trasparenza dell’azione amministrativa, una mera
istanza che individui completamente (se possibile) gli atti
per i quali si richiede copia (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 18.02.2008 n. 101
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull’illegittimità della previsione di una commissione
permanente competente ad esaminare gli atti di tutte le gare
bandite da una stazione appaltante.
La disciplina relativa alla nomina della commissione di gara
nelle procedure per l’affidamento di pubbliche commesse è
disciplinata dal c. 10 dell’art. 84 del d.lvo 12.04.2006 n.
163 che stabilisce che la nomina dei commissari e la
costituzione della commissione devono avvenire dopo la
scadenza del termine fissato per la presentazione delle
offerte. Ritenuto che la suddetta disposizione, deve essere
interpretata in senso rigoroso, stante il diretto
coinvolgimento della relativa fattispecie con l’insuperabile
principio della par condicio tra i concorrenti, che il
tenore della norma intende contribuire a garantire,
pertanto, risulta illegittima la previsione di una
"commissione permanente" dell’Amministrazione, competente ad
esaminare gli atti di tutte le gare bandite da un soggetto
appaltante rispetto alle quali la nomina dei componenti
(evidentemente) precede il termine fissato per la
presentazione delle offerte. Inoltre, la disciplina
descritta dall’art. 84 del Codice dei contratti pubblici (d.lvo
12.04.2006 n. 163) si applica alle selezioni da aggiudicarsi
sulla scorta del criterio dell’offerta più bassa (TAR
Lazio-Roma, Sez. II,
sentenza 13.02.2008 n. 1268
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Ciascuno dei componenti di un'associazione temporanea
(anche costituenda) è dotato di autonoma legittimazione ad
impugnare i provvedimenti riguardanti la gara cui tale ATI
ha partecipato.
Nel caso in cui ad una gara partecipa un'associazione
temporanea (anche costituenda), i componenti di questa
possono spendere autonomamente la legittimazione acquisita
con la partecipazione perché una tale impostazione, mentre
non incide sul mandato irrevocabile all'impresa capogruppo,
accresce le possibilità di tutela giurisdizionale e risulta
maggiormente aderente alla fisionomia dell'associazione
temporanea costituenda, la quale appunto non dissolve in una
distinta ed autonoma persona giuridica la soggettività dei
suoi componenti (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 12.02.2008 n. 490
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sentenza penale e dissequestro manufatto abusivo.
Con la decisione in oggetto la Corte, intervenendo in
fattispecie di dissequestro, disposto in sede di sentenza di
condanna per reato edilizio, di un manufatto abusivo, e
tuttavia non ancora eseguito sulla base della necessità di
mantenere il vincolo sino al passaggio in giudicato della
sentenza (e tale necessità veniva, appunto, contestata
dall’interessato, che pretendeva essere il dissequestro
immediatamente esecutivo), enuncia, sulla base di precisi
referenti normativi, i criteri di ordine generale idonei a
regolare i rapporti tra esigenze cautelari, da un lato, ed
esigenze di “conformazione” all’esito del procedimento
principale, dall’altro.
In particolare precisa, in base al disposto dell’art. 323
cod. proc. pen., che il provvedimento di dissequestro, salvo
che non debba essere disposta la confisca della cosa, è
immediatamente esecutivo in caso di sentenza di
proscioglimento o di non luogo a procedere, mentre, in
ipotesi di sentenza di condanna, l’esecuzione del
provvedimento di dissequestro è strettamente collegata al
venir meno delle esigenze cautelari posto che, se le stesse
permangono, la restituzione effettiva potrà avvenire solo al
momento della sentenza definitiva, non potendo in ogni caso
permanere successivamente ad esso (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 11.02.2008 n. 6462
- link a www.lexambiente.it). |
APPALTI SERVIZI:
E’ legittimo l’affidamento in house ad una società a
totale partecipazione pubblica sebbene vi sia il rischio
della futura cedibilità di parte del capitale della società
a privati.
Secondo un consolidato principio giurisprudenziale nazionale
e comunitario sussiste un interesse (sia pur strumentale)
differenziato e qualificato di ciascuno degli operatori
economici di un determinato settore a contestare la
legittimità della decisione di una pubblica amministrazione
di non indire una pubblica gara, in quanto tale decisione
viene a ledere l'interesse sostanziale di ciascun
imprenditore operante sul libero mercato a competere,
secondo pari opportunità, ai fini dell'ottenimento di
commesse da aggiudicarsi secondo procedure ad evidenza
pubblica.
In applicazione dei suddetti principi deve riconoscersi la
sussistenza dell’interesse a censurare la scelta
organizzativa dell’Amministrazione pubblica di affidare un
servizio in "house providing" anche all’operatore di settore
che assuma la forma di struttura societaria a capitale
interamente o parzialmente pubblico, atteso che, anche tale
operatore si muove , al pari dell’operatore privato, con le
medesime logiche imprenditoriali e concorrenziali
nell’aspirazione dell’interesse giuridicamente rilevante
all’esecuzione del servizio pubblico controverso.
E’ legittimo l’affidamento "in house providing" da parte di
un ente locale ad una società interamente partecipata dal
comune, della gestione dei parcheggi pubblici in quanto nel
caso di specie sussistono tutti i presupposti sanciti dalla
giurisprudenza amministrativa per un legittimo affidamento
in house ("controllo analogo" e "destinazione prevalente
dell’attività"). Infatti, sebbene vi sia il rischio della
futura cedibilità di parte del capitale della società a
privati, espressamente prevista nello statuto, è prevista
una clausola risolutiva espressa che prevede che ove, i
presupposti vengano meno, il contratto perderà
automaticamente di efficacia.
La sussistenza dei rigorosi presupposti di legge
legittimanti la scelta da parte di un comune di affidare un
servizio in house providing, consente di escludere la
necessità da parte dell’amministrazione di una stringente
esternazione motivazionale circa il ricorso a detto sistema
di affidamento, con la conseguenza che tale scelta, ove
ricorrano tutti i presupposti previsti, oltre le ragioni di
carattere economico e finanziario, non risulta violativa dei
principi di concorsualità ed evidenza pubblica (TAR
Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 11.02.2008 n. 432
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Inammissibilità sanatoria parziale.
Tutta la legislazione urbanistica e la giurisprudenza
formatasi in materia di condono edilizio escludono la
possibilità di una sanatoria parziale sul presupposto che il
concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario
e non in relazione a singole parti autonomamente
considerate. Pertanto non è possibile scindere la
costruzione tra i vari elementi che la compongono ai fini
della sanatoria di singole porzioni di essa (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 30.01.2008 n. 4752
- link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Ignoranza della legge penale.
E' principio cardine del nostro ordinamento giuridico che
l'ignoranza della legge penale non scusa e la Corte
Costituzionale con la sentenza n. 364/1988 non lo ha
abolito, né sminuito, avendo solo statuito che va
considerato come, in casi eccezionali, l'accertata ignoranza
"inevitabile" della legge penale debba portare
all'assoluzione dell'autore del fatto che ha agito in buona
fede. La legislazione in materia edilizia, urbanistica ed
ambientale, per quanto complessa, non ha dato luogo a
contrasti interpretativi di grosso rilievo, né appare così
astrusa da non potere essere compresa ed applicata (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.01.2008 n. 200
- link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Violazione distanze legali tra fabbricati.
La concessione edilizia rilasciata in violazione
sulle distanze legali tra fabbricati investe anche un
rapporto pubblicistico con l’Ente territoriale a tutela di
una posizione di interesse legittimo (TAR Puglia-Lecce, Sez.
III,
sentenza 03.01.2008 n. 2
- link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Manufatti precari (ricovero animali).
La nozione di precarietà non si incentra sulla natura dei
materiali usati o sulla loro facile rimozione, ma deve
essere parametrata alle esigenze che il manufatto è
destinato a soddisfare; pertanto, non può definirsi precaria
la costruzione di un manufatto utilizzato per ricovero di
animali che comporta una stabilità dell’insediamento ed è
indicativa di un impegno effettivo e durevole del territorio
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 05.12.2007 n. 45247
- link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Inammissibilità sanatoria parziale.
In materia edilizia, non è ammissibile il rilascio
di una concessione in sanatoria, ex artt. 13 e 22 Legge n.
47/1985, ora artt. 36 e 45 del D.P.R. n. 380/2001, relativa
soltanto a parte degli interventi edilizi abusivi
realizzati, ovvero parziale, ovvero subordinata alla
esecuzione di opere, atteso che ciò contrasta
ontologicamente con gli elementi essenziali dell'
accertamento di conformità, i quali presuppongono la già
avvenuta esecuzione delle opere e la loro integrale
conformità alla disciplina urbanistica (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 05.12.2007 n. 45241
- link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ristrutturazione edilizia.
Il concetto di ristrutturazione edilizia postula
necessariamente la preesistenza di un fabbricato da
ristrutturare, vale a dire di un organismo edilizio dotato
delle murature perimetrali, strutture orizzontali e
copertura. Pertanto, la ricostruzione di un rudere
preesistente non può mai ricondursi nell'ambito di
operatività della "ristrutturazione edilizia", trattandosi
di intervento sostanzialmente "nuovo", che richiede
specifico e preventivo titolo abilitativo (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 05.12.2007 n. 45240
- link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni Ambientali. Realizzazione di un piazzale con
rifiuti compattati.
La realizzazione di un piazzale, in zona sottoposta a
vincolo paesaggistico, realizzata mediante compattazione di
rifiuti speciali costituiti da scarti di lavorazione per la
produzione di mattoni e paletti di cemento e ferro è idonea
a configurare violazione delle norme in materia di rifiuti e
di tutela del paesaggio (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 30.11.2007 n. 44834
- link a www.lexambiente.it). |
ENTI LOCALI:
Sulla requisizione, con effetto immediato, di edificio
privato da adibire a temporanea abitazione dei nuclei
familiari in situazione di grave disagio abitativo e in
attesa della concessione del contributo alloggiativo.
Il potere esercitato dal Sindaco attraverso l’adozione di
una ordinanza di requisizione può trovare fondamento
nell’art. 38, comma 2, della l. n. 142/1990 (dal titolo
“Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza
statale”), in presenza di alcuna delle ipotesi che
consentono al Sindaco medesimo, quale ufficiale del Governo,
di adottare provvedimenti contingibili e urgenti (“in
materia di sanità ed igiene, edilizia e polizia locale”), al
fine di prevenire ed eliminare “gravi pericoli che
minacciano l'incolumità dei cittadini”; ovvero, come nel
caso di specie, nell’art. 7 della l. n. 2248/1865, all. E,
secondo cui “allorché per grave necessità pubblica
l'autorità amministrativa debba senza indugio disporre della
proprietà privata, od in pendenza di un giudizio per la
stessa ragione, procedere all'esecuzione dell'atto delle cui
conseguenze giuridiche si disputa, essa provvederà con
decreto motivato, sempre però senza pregiudizio dei diritti
delle parti”; in questa seconda ipotesi, nondimeno, il
potere spetta di regola al Prefetto, ed è esercitatile dal
sindaco solo in presenza di determinati presupposti.
Il Sindaco può adottare provvedimenti di requisizione di
beni privati per grave necessità pubblica -ai sensi
dell’art. 7 della l. n. 2248/1865, all. E- solo se sono
presenti eccezionali motivi di assoluta necessità e urgenza
tali da non consentire l'intervento del Prefetto; non anche
laddove –ad esempio- situazioni di carenza abitativa
sussistono da diverso tempo, o qualora si voglia provvedere
alla sistemazione di famiglie rimaste senza tetto in
conseguenza di sfratto, o quando la situazione di emergenza
sia rivolta a ovviare all'inerzia, protrattasi nel tempo,
della stessa amministrazione pubblica; la quale, con la
requisizione di alloggi, intende invece ovviare a endemiche
carenze abitative (Cons. Stato, sez. IV: 13.09.1995, n. 693;
28.03.1994, n. 291; 06.03.1989, n. 144; 18.07.1984, n. 569);
diversamente verrebbe falsata la stessa causa del potere
attribuito dalla legge al Sindaco e consistente nel
provvedere in ipotesi di attuale “grave necessità pubblica”,
non già nel rinvenire soluzioni a situazioni imprevedibili
che si verificheranno in futuro (Consiglio di Stato,
Adunanza Plenaria,
sentenza 30.07.2007 n. 10
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 21.02.2008 |
ã |
UTILITA'
dossier vincolo paesaggistico ed esame impatto paesistico |
EDILIZIA PRIVATA:
Art. 146, comma 8, lett. c), del d.lgs. 22.01.2004 n. 42
recante il "Codice dei beni culturali e del paesaggio".
Autorizzazione ex post (Ministero per i Beni e le
Attività Culturali,
nota 22.06.2004 n. 11758 di prot.). |
G.U.R.I. - G.U.E.E. - B.U.R.L.
(e anteprima) |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. lombardia, 1° suppl. ord. al n. 8 del 18.02.2008, "Testo
unico delle leggi regionali in materia di volontariato,
cooperazione sociale, associazionismo e società di mutuo
soccorso" (L.R.
14.02.2008 n. 1
- link a www.infopoint.it). |
NEWS |
APPALTI - EDILIZIA PRIVATA:
Documento Unico di Regolarità Contributiva. Decreto del
Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 24
ottobre 2007 (INAIL,
circolare 05.02.2008 n. 7
- link a www.giurdanella.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Nuove norme tecniche per le costruzioni.
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 04.02.2008
il decreto di approvazione, firmato dal ministro delle
Infrastrutture, delle nuove "Norme tecniche per le
costruzioni", che aggiorna il precedente decreto varato nel
2005.
Le "Norme tecniche per le Costruzioni" definiscono le regole
da seguire per la progettazione, l'esecuzione ed il collaudo
delle costruzioni, sia in zona sismica che in zona non
sismica, nei riguardi delle prestazioni loro richieste in
termini di requisiti essenziali di resistenza meccanica e
stabilità, anche in caso di incendio, e di durabilità.
Le Norme forniscono i criteri generali di sicurezza,
precisando le azioni che devono essere utilizzate nel
progetto, definiscono le caratteristiche dei materiali e dei
prodotti e, più in particolare, trattano gli aspetti
attinenti alla sicurezza strutturale delle opere. Le opere e
le componenti strutturali devono dunque essere progettate,
eseguite, collaudate e soggette a manutenzione in modo tale
da consentirne la prevista utilizzazione, in forma
economicamente sostenibile e con il livello di sicurezza
previsto dalle attuali norme (link a www.governo.it). |
ENTI LOCALI:
COMUNICATO SAGGIO INTERESSI PER RITARDO DEI PAGAMENTI
NELLE TRANSAZIONI COMMERCIALI.
Il Ministero delle Finanze ha determinato il tasso degli
interessi valevole per i ritardi di pagamento nelle
transazioni commerciali per il semestre in corso.
Il Ministero delle finanze ha comunicato, ai sensi
dell'articolo 5, comma 2, del D.Lgs. 09.10.2002 n. 231, che
il saggio d'interesse applicabile per i ritardi nei
pagamenti nelle transazioni commerciali, al netto della
maggiorazione ivi prevista (7 o 9 punti percentuali a
seconda dei beni oggetto di transazione), è pari al 4.20%
per il semestre 1° gennaio - 30 giugno 2008. Ciò significa
che il saggio di interesse a favore del creditore nei casi
di ritardo di pagamento nelle transazioni commerciali sarà
dell'11,20%.
Ricordiamo che il decreto (e pertanto la disciplina sugli
interessi di mora) è applicabile ai contratti stipulati
successivamente all'8 agosto 2002. La successione degli
interessi da tale data è la seguente:
08.08.2002 - 31.12.2002 tasso applicabile del 10,35 %;
01.01.2003 - 30.06.2003 tasso applicabile del 9.85 %;
01.07.2003 - 31.12.2003 tasso applicabile del 9,10 %;
01.01.2004 - 30.06.2004 tasso applicabile del 9,02 %;
01.07.2004 - 31.12.2004 tasso applicabile del 9,01 %;
01.01.2005 - 30.06.2005 tasso applicabile del 9,09 %;
01.07.2005 - 31.12.2005 tasso applicabile del 9.05 %;
01.01.2006 - 30.06.2006 tasso applicabile del 9,25 %;
01.07.2006 - 31.12.2006 tasso applicabile del 9,83 %;
01.01.2007 - 30.06.2007 tasso applicabile del 10,58%;
01.07.2007 - 31.12.2007 tasso applicabile del 11,07%;
01.01.2008 - 30.06.2008 tasso applicabile del 11,20%.
(Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comunicato: Saggio
degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi
di ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali -
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'11.02.2008 n. 35)
(link a www.filodiritto.com). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
ESPROPRIAZIONE:
G. Ronconi,
Cade il sistema di calcolo dell'indennizzo per
l'espropriazione di terreni edificabili - Nota a Corte
Costituzionale, sentenza 22.10.2007 n. 348
(link a www.filodiritto.com). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI: Bando
oscuro e mancata aggiudicazione - Le regole.
L'eccessiva onerosità del prezzo indicato nell’offerta
dell'Impresa concorrente in una gara d’appalto risultata
aggiudicataria costituisce grave motivo di interesse
pubblico e giustifica il diniego di approvazione
dell’aggiudicazione.
Nei bandi di gara le espressioni polisemiche vanno intese
nel senso più conveniente alla natura e all’oggetto del
contratto.
In caso di oscurità o equivocità delle clausole del bando,
alle stesse va data una lettura idonea a tutelare
l’affidamento degli interessati in buona fede (TAR
Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 12.02.2008 n. 108
- link a www.giurdanella.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Autorizzazione paesaggistica: sulla comunicazione di
avvio del procedimento.
Il GA ritiene che l’art.
159, 1° comma del D.Lgs. 22.01.2004, n. 42, nel prevedere
che la comunicazione -da parte dell’ente sub-delegato
competente- delle autorizzazioni rilasciate deve essere
inviata "contestualmente agli interessati, per i quali
costituisce avviso di inizio di procedimento, ai sensi e per
gli effetti della legge 07.08.1990, n. 241", ha abrogato,
per incompatibilità, l’art. 4, comma 1-bis, del D.M.
13.06.1994, n. 495, come modificato dal D.M. 19.06.2002, n.
165, secondo cui la comunicazione ex art. 7 L. n. 241/1990
non è dovuta per i procedimenti disciplinati dall’art. 151
del T.U. n. 490/1999, prevedendo, invece, necessaria la
comunicazione di avvio del procedimento all’atto dell’invio
al controllo dell’Autorità statale delle autorizzazioni
paesaggistiche
(Consiglio di Stato, Sez IV,
sentenza 07.01.2008 n. 30
- link a www.altalex.com). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Ordinanze di necessità ed urgenza e responsabilità
dell’amministratore.
La sentenza della Corte
dei Conti è molto interessante in quanto stabilisce in
maniera limpida i limiti dei poteri di ordinanza la cui
violazione può comportare, in presenza di tutti i
presupposti stabiliti dalla legge, anche una responsabilità
amministrativa dell’amministratore preposto all’organo
straordinario deputato all’emanazione di ordinanze di
necessità ed urgenza.
I giudici contabili affermano che le ordinanza extra ordinem
possono essere adottate in deroga ad ogni disposizione
vigente, ma soggiacciono, nel contempo, a precisi limiti,
quali il rispetto dei principi generali dell’ordinamento,
l’obbligo di motivazione, l’indicazione delle principali
norme giuridiche cui si intende derogare, il rispetto degli
stabiliti limiti temporali. Ciò per impedire che le deroghe
apportate al quadro normativo vigente, finiscano per
determinare uno stravolgimento dello stesso. Inoltre le
ordinanze in deroga devono essere strumentali alla
predisposizione ed organizzazione di misure necessarie ad
affrontare situazioni di grave pericolo o evitare maggiori
danni a persone o cose non altrimenti affrontabili con i
“normali” poteri amministrativi e quando vi è l’effettiva
sussistenza di una situazione di fatto, calamità naturali,
catastrofi ed altri eventi emergenziali, tali da
giustificare l’utilizzo di mezzi e di poteri straordinari
(Corte
dei Conti, Sez. Campania,
sentenza 27.12.2007 n. 4174
- link a www.altalex.com). |
APPALTI:
Asta pubblica: sul valore del processo verbale di
aggiudicazione definitiva.
La Suprema Corte
definisce il valore giuridico da attribuirsi al processo
verbale con il quale la Pubblica Amministrazione aggiudica
un contratto, avvalendosi del sistema dell'asta pubblica o
pubblico incanto.
La Corte aderisce all'orientamento consolidato che, muovendo
dalla lettera dell'art. 16, quarto comma RD 2440/1923,
riconosce al verbale di aggiudicazione, relativo a tale
sistema di aggiudicazione, la natura di atto a valenza
contrattuale, salva una diversa manifestazione di volontà
dell'Amministrazione espressa nel bando di gara o nel
verbale di aggiudicazione (Corte
di Cassazione, SS.UU. civili,
sentenza 22.10.2007 n. 22063
- link a www.altalex.com). |
APPALTI:
Specificazione dei criteri legittima solo prima
dell’apertura delle offerte.
L’illegittimità commessa
dalla Commissione giudicatrice è stata quella di integrare i
criteri di valutazione delle offerte, mediante le cosiddette
annotazioni, allorché erano già aperte le buste contenenti
le offerte tecniche.
E' principio pacifico quello secondo cui eventuali
specificazioni o integrazioni dei criteri di valutazione
indicati dal bando di gara o dalla lettera d'invito possono
essere stabilite dalle commissioni giudicatrici soltanto
prima della apertura delle buste relative alle offerte
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 19.09.2007 n. 4879
- link a www.altalex.com). |
AGGIORNAMENTO AL 18.02.2008 |
ã |
UTILITA'
dossier vincolo paesaggistico ed esame impatto paesistico |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 13 del
31.03.2006, "Criteri e procedure per l'esercizio delle
funzioni amministrative in materia di tutela dei beni
paesaggistici in attuazione della legge regionale 11 marzo
2005, n. 12" (deliberazione
G.R. 15.03.2006 n. 2121
- link a www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Autorizzazione paesaggistica: sottoscritto l'accordo tra
Regione Lombardia e Ministero per i Beni e le Attività
Culturali.
Semplificazione della documentazione per le istanze di
autorizzazione (link a www.regione.lombardia.it).
Si veda l'accordo 04.08.2006
tra La Regione ed il Ministero. |
EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia, Autorizzazione paesaggistica: modifiche Codice
Urbani - Comunicato congiunto Assessore Territorio e
Urbanistica - Direttore Generale.
Il comunicato 24.05.2006
dell'Assessore al Territorio e Urbanistica Davide Boni e del
Direttore Generale Mario Nova relativo alla procedura per il
rilascio dell'autorizzazione paesaggistica a seguito delle
modifiche introdotte dal D.Lgs 157/2006 (modifiche al Codice
Urbani) (link a www.regione.lombardia.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
P. Mantegazza,
Lombardia,
Esame paesistico dei progetti. |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 47 del
21.11.2002, "Approvazione «Linee guida per l'esame
paesistico dei progetti» prevista dall'art. 30 delle Norme
di Attuazione del Piano Territoriale Paesistico Regionale
(P.T.P.R.) approvato con d.C.R. 06.03.2001, n. 43749" (deliberazione
G.R. 08.11.2002 n. 11045
- link a www.infopoint.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.).
Dal 06.08.2001 è vigente il Piano Territoriale Paesistico
Regionale (P.T.P.R.), approvato con deliberazione del
Consiglio Regionale n. VII/197 del 06.03.2001, che
disciplina e indirizza la tutela e la valorizzazione
paesaggistica dell'intero territorio lombardo (link a
www.regione.lombardia.it). |
G.U.R.I. - G.U.E.E. - B.U.R.L.
(e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
B.U.R. Lombardia, 4° suppl. straord. al n. 7 del 13.02.2008,
"Integrazioni al capitolo 8 «Linee guida per la revisione
dei piani provinciali di gestione dei rifiuti urbani e
speciali per la localizzazione degli impianti» del programma
regionale di gestione dei rifiuti approvato con d.g.r. n.
220/2005" (deliberazione
G.R. 13.02.2008 n. 6581
- link a www.infopoint.it). |
NEWS |
PUBBLICO
IMPIEGO:
Requisiti in materia di accesso alla qualifica di dirigente
previsti dall'art. 28 del d.lgs. n. 165/2001 (parere
06.02.2006 n. 4/2006
- link a www.innovazionepa.gov.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Lombardia, Disponibile on-line il Prezzario Regionale delle
Opere Pubbliche anno 2007
(link a www.oopp.regione.lombardia.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Consultabile on-line la raccolta di leggi e regolamenti per
la gestione dei rifiuti urbani e speciali
(link a www.ors.regione.lombardia.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - URBANISTICA:
Disponibili in rete dati, mappe e servizi geografici del
territorio lombardo
(link a www.cartografia.regione.lombardia.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA: L.
Ramacci,
Tutela dell’ambiente e delega di funzioni nella
giurisprudenza della Corte di Cassazione
(link a www.lexambiente.). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: S.
Maglia,
Primissime osservazioni al DdL di modifica del D.Lgs. n.
152/2006 approvato il 21.12.2007
(link a www.lexambiente.). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: G.
Fanizzi,
Gli impianti urbani per lo sfruttamento dell'acqua meteorica
di dilavamento
(link a www.lexambiente.). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA: Costruzioni
in zona sismica.
La Suprema Corte interviene nuovamente, con la decisione in
esame, sulla questione inerente la natura (istantanea o
permanente) dei reati previsti dalla normativa antisismica,
a seguito delle modifiche introdotte dal d.P.R. n. 380 del
2001 che ha abrogato, sostituendole, le corrispondenti
fattispecie contemplate dagli artt. 17 e 18 della legge n.
64 del 1974. La Corte, in particolare, nel disattendere
l’orientamento giurisprudenziale espresso dalle Sezioni
Unite con la sentenza n. 18 del 14.07.1999, P.M. in proc.
Lauriola, ha affermato che ambedue le fattispecie
configurano dei reati “permanenti”: il primo (art. 93),
permanendo sino a quando chi intraprende un lavoro edile in
zona sismica non presenta la relativa denuncia con
l’allegato progetto ovvero non termina il lavoro medesimo e,
il secondo (art. 94), permanendo sino a quando chi
intraprende il lavoro edile in zona sismica lo termina
ovvero ottiene la relativa autorizzazione (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 21.01.2008 n. 3069
- link a www.lexambiente). |
EDILIZIA PRIVATA: Completamento
manufatto abusivo.
Il completamento e la ristrutturazione di un fabbricato
abusivo realizzato in precedenza e non sanato configura una
prosecuzione dell'attività illecita compiuta in precedenza e
comunque richiede il permesso di costruire qualora sia
aumentata la volumetria del fabbricato preesistente (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 28.11.2007 n. 44360
- link a www.lexambiente.). |
LAVORI PUBBLICI: 1.
Contratti della P.A. - Gara - Divieto di partecipazione di
imprese tra loro collegate - Collegamento sostanziale - E'
causa di esclusione - Condizioni.
2. Contratti della P.A. - Gara - Bando - Clausole di
esclusione per collegamento sostanziale - Legittimità -
Condizioni - Esclusione automatica - Illegittimità.
3. Contratti della P.A. - Bando - Controllo ex art 10, comma
1-bis, Legge 109/1994 e controllo sostanziale - Contenuto -
Differenze.
4. Contratti della P.A. - Gara - Divieto di partecipazione
di imprese tra loro collegate - Collegamento sostanziale -
Prova della sussistenza - Presenza di presunzioni gravi,
precise e concordanti - Sufficienza - Fattispecie.
5. Contratti della P.A. - Gara - Divieto di partecipazione
di imprese tra loro collegate - Collegamento sostanziale -
Prevalenza dell'interesse alla regolarità della gara.
6. Contratti della P.A. - Cauzioni e depositi - Escussione
cauzione ex art. 10 Legge 109/1994 - Natura.
1. L'art. 10, comma 1-bis, Legge 109/1994 stabilisce
il divieto di partecipazione alla medesima gara di imprese
che si trovino fra di loro in una delle situazioni di
controllo di cui all'art. 2359 cod. civ.; sono inoltre
possibili anche ipotesi di esclusione dalla gara discendenti
dalla configurabilità di forme di collegamento sostanziale
di imprese, per violazione dei princìpi di segretezza e di
par condicio dei concorrenti, purché le verifiche in ordine
alla correttezza della procedura siano compiute in concreto
e caso per caso.
2. La stazione appaltante può prevedere nella lex
specialis ipotesi di esclusione ulteriori rispetto al citato
art. 10, comma 1-bis (che in quanto norma di ordine pubblico
resta applicabile a prescindere da una specifica
previsione), purché non si stabilisca un'esclusione
automatica dalla gara, dovendo in tali casi
l'Amministrazione verificare se l'esame della fattispecie
concreta induca a ritenere violati i princìpi posti a
garanzia della correttezza della procedura.
3. Nel caso della sussistenza dell'ipotesi del
"controllo" di cui all'art. 10, comma 1-bis L. 109/1994
opera un meccanismo di presunzione iuris et de iure circa la
sussistenza di un elemento di turbativa del corretto
svolgimento della procedura concorsuale (e quindi dei
princìpi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio
tra i concorrenti), mentre nel caso di collegamento
sostanziale deve essere provato nello specifico e in
concreto l'esistenza di elementi oggettivi e concordanti
tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei richiamati
princìpi (cfr, Cons. di Stato, sent. n. 685/2002).
4. L'alterazione della par condicio dei concorrenti e
la violazione dei princìpi della concorrenza e di segretezza
dell'offerta possono ritenersi provate qualora ricorrano
elementi di fatto dai quali possano trarsi indizi gravi,
precisi e concordanti che inducano a ritenere verosimile,
secondo l'id quod plerumque accidit, il venir meno della
correttezza della gara. Ciò si verifica se le offerte
provengono da un medesimo centro decisionale o, comunque,
provengano da due o più imprese collegate e sussistano
elementi tali da far ritenere che si tratti di offerte
previamente conosciute, anche se non concordate dai
partecipanti (nel caso di specie le buste di presentazione
delle offerte avevano caratteristiche simili, alcune
dichiarazioni richieste dal bando avevano un'analoga
impostazione grafica, le polizze fideiussorie sono state
presentate dalla medesima compagnia assicuratrice, entrambe
le Società hanno sede nello stesso Comune ed hanno identico
numero di telefono e fax).
5. La connessa violazione dei princìpi di serietà,
autonomia e segretezza delle offerte è da ritenersi
condizione sufficiente per estromettere dalla gara i
concorrenti collegati, anche se l'esclusione comporta un
restringimento del numero dei partecipanti, poiché
l'interesse alla regolarità della gara prevale
sull'interesse ad avere un'ampia partecipazione alla stessa.
6. L'incameramento della cauzione provvisoria per il
comportamento scorretto del concorrente non ha carattere di
sanzione amministrativa, ma costituisce la conseguenza
dell'accettazione di regole e di doveri comportamentali,
accompagnati dalla previsione di una responsabilità
patrimoniale, aggiuntiva alla esclusione dalla gara, assunti
su base pattizia, rinvenendosi la loro fonte nel patto di
integrità accettato dal concorrente con la sottoscrizione
(cfr. Cons. di Stato, sent. 1053/2006) (TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 23.11.2007 nn. 6423, 6424 e 6425
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1.
Soprintendenza ai beni architettonici - Procedimento di
apposizione del vincolo - Comunicazione avvio del
procedimento - Comporta vincolo di inedificabilità assoluta
- Lesività - Sussiste.
2. Soprintendenza ai beni architettonici - Procedimento di
apposizione del vincolo - Comunicazione avvio del
procedimento - Sindacabilità - Limitata agli effetti di di
salvaguardia.
3. Soprintendenza ai beni architettonici - Procedimento di
apposizione del vincolo - Comunicazione avvio del
procedimento - Inedificabilità temporanea assoluta -
Indennizzo - Non è dovuto.
1. Non risponde al vero la comunicazione di avvio del
procedimento di prescrizione di norme di tutela indiretta
non abbia di per sé attitudine lesiva, in quanto volto
soltanto ad avviare il procedimento per giungere ad un
eventuale provvedimento finale di apposizione del vincolo,
contro il quale, se mai, si potrebbero in futuro rivolgere
le impugnative; l'atto impugnato infatti, all'effetto appena
descritto, ne affianca un altro, previsto in modo espresso
dall'art. 46 D.Lgs. 42/2004, in quanto comporta in via
cautelare la temporanea immodificabilità dell'immobile
limitatamente agli aspetti cui si riferiscono le
prescrizioni contenute nella comunicazione stessa, effetto
che peraltro viene a cessare in modo automatico alla
scadenza del termine del relativo procedimento, si sia esso
concluso o no con un provvedimento espresso.
2. La tutela nei confronti della comunicazione di
avvio del procedimento di apposizione del vincolo va ammessa
nei limiti esclusivi dell'effetto di salvaguardia che gli è
proprio, e quindi non consente, di anticipare alla sede
presente doglianze che si potrebbero rivolgere contro
l'effettiva apposizione del vincolo, che allo stato è
soltanto futura ed eventuale: la comunicazione di avvio del
procedimento per apporre il vincolo si potrebbe sindacare
solo ove non esistessero nemmeno già in astratto i
presupposti, di fatto o di diritto, per ipotizzare il
vincolo in questione, come nel caso di scuola in cui si
volesse vincolare un bene di cui il pregio paesaggistico od
ambientale è escluso in modo esplicito.
3. Non è dovuto l'indennizzo per il mero fatto della
immodificabilità cautelare e transitoria del bene, nella
specie operante per i duecentoquaranta giorni entro i quali
il procedimento deve concludersi: in proposito è sufficiente
rilevare come, nel vigente ordinamento, ai sensi dell'art.
39 T.U. espropriazioni, un vincolo di inedificabilità
genericamente finalizzato a realizzare opere di interesse
pubblico possa essere imposto senza indennizzo alcuno per un
periodo di cinque anni, molto superiore a quello di cui si
controverte (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 06.11.2007 n. 1144
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Abuso
edilizio - Fascia di rispetto cimiteriale - Sanabilità - Non
sussiste.
Un'opera abusiva realizzata nella zona di rispetto
cimiteriale, non può puramente e semplicemente essere
edificata in tale sede, e quindi correttamente va ritenuta
non sanabile (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 06.11.2007 n. 1143
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE: 1.
Espropriazione per pubblica utilità - Accoglimento del
ricorso - Effetto ripristinatorio della sentenza -
Retrocessione dei beni - Nello stato in cui si trovavano -
Necessità - Realizzazione dell'opera - Impedimento di mero
fatto - Eccessiva onerosità - Pregiudizio per l'economia
nazionale - Non preclude - Rimedio sanante - Acquisizione
coattiva sanante ex art. 43 D.Lgs 327/2001 - Necessità.
2. Acquisizione coattiva sanante - formale provvedimento di
acquisizione - Necessità - Domanda riconvenzionale -
Insufficienza.
1. Dall'accoglimento del ricorso consegue, come
effetto ripristinatorio della sentenza, l'obbligo
dell'amministrazione di retrocedere i beni illegittimamente
espropriati, nello stato in cui essi in origine si
trovavano: la restituzione stessa non è preclusa né
dall'eventuale eccessiva onerosità per il debitore ai sensi
dell'art. 2058 c.c. né dal possibile pregiudizio per
l'economia nazionale di cui all'art. 2933 c.c.; in tal
senso, a nulla rileva, costituendo un impedimento di mero
fatto, la realizzazione dell'opera pubblica alla quale
l'espropriazione era preordinata. opera che quindi
l'amministrazione dovrà smantellare, a meno che non
esperisca utilmente il rimedio sanante di cui all'art. 43
T.U. espropriazioni. Risulterebbe, infatti, incompatibile
con la tutela della proprietà accordata dalla C.E.D.U. una
previsione normativa che riconnettesse l'acquisto della
proprietà ad una situazione iniziale illegittima la quale,
senza che ne segua un nuovo e diverso provvedimento
amministrativo formale, legittimo e pienamente sindacabile
da un giudice, potesse evolvere, per mera attività della
parte processuale pubblica, in un titolo di acquisto della
proprietà e di privazione del possesso in capo al privato,
tenuto anche conto che la parte pubblica, per definizione
normativa, dovrebbe avere torto all'esito del giudizio.
2. L'art. 43 commi 3 e 4 T.U. espropriazioni deve
essere interpretato nel senso che l'amministrazione
convenuta in giudizio per la restituzione del bene di un
privato illegittimamente utilizzato per scopi di interesse
pubblico, la quale intendesse richiedere al giudice di
essere condannata al risarcimento del danno, esclusa la
restituzione del bene in natura, dovrebbe versare in atti un
formale provvedimento di acquisizione, adottato ai sensi dei
commi 1 e 2 dello stesso articolo, e così sottoporlo ad
immediato controllo giurisdizionale di legittimità -con
facoltà per la controparte di impugnarlo con motivi
aggiunti- e potrebbe trattenere il bene solo qualora detto
provvedimento fosse ritenuto legittimo. A tal fine non
sarebbe invece sufficiente una semplice domanda
riconvenzionale, sia per contrasto con il citato art. 1 del
Protocollo addizionale, sia perché la legge non individua,
neppure in termini generali, i parametri e i criteri cui il
giudice amministrativo dovrebbe attenersi. In questo modo,
si trascurerebbe di considerare che il giudice, per ruolo
costituzionale, non è un gestore di interessi pubblici, e
quindi se dovesse essere costretto in tale veste, perderebbe
la sua posizione di terzietà, e che, in assenza di alcun
criterio e di una specifica potestà e competenza
amministrativa, il giudice stesso non potrebbe esprimere che
una scelta arbitraria. Pertanto, va ribadito che nel caso di
specie la retrocessione non trova preclusioni di sorta (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 06.11.2007 n. 1142
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: 1.
Ricorso giurisdizionale - Ricorso incidentale - Esame delle
questioni - Priorità a quelle logicamente pregiudiziali -
Sentenze della Corte di Giustizia della CE - Vincolatività -
Sussiste.
2. Interesse all'impugnazione - Contratti della P.A. -
Sospensione e revoca della gara - Mancata domanda di
partecipazione alla gara - Posizione giuridica differenziata
- Individuazione tramite metodo indiziario - Ammissibilità -
Fattispecie.
3. Contratti della P.A. - Servizi pubblici - Affidamento in
house providing - Natura.
4. Contratti della P.A. - Servizi pubblici - Affidamento in
house providing - Requisiti - Immedesimazione tra ente
pubblico e società fornitrice - Quando sussiste.
5. Contratti della P.A. - Servizi pubblici - Affidamento in
house providing - Requisiti - Controllo analogo - In
presenza di società a capitale anche privato - Non sussiste.
6. Contratti della P.A. - Servizi pubblici - Affidamento in
house providing - Requisiti - Controllo analogo - In
presenza di consiglio di Amministrazione con poteri
illimitati - Non sussiste.
7. Risarcimento del danno - Presupposti - Colpa inescusabile
della P.A. - Diritto al risarcimento - Sussiste.
8. Risarcimento del danno - Presupposti - Palese
illegittimità dell'azione della P.A. - Onere di provare
l'elemento psicologico - Non sussiste.
9. Risarcimento del danno - Presupposti - Chiarezza ed
univocità interpretativa della norma violata - Necessità -
Quadro normativo confuso - Responsabilità della P.A. - Non
sussiste.
1. Per il Giudice Nazionale (ivi compreso il Giudice
Amministrativo) hanno effetto vincolante le sentenze con le
quali la Corte di Giustizia si pronunci in via pregiudiziale
sull'interpretazione degli atti compiuti dalla CE, ai sensi
dell'art. 234 del Trattato, (cfr. Corte di Giustizia,
6/7/1995, C-62/93).
2. Nel caso in cui la stazione appaltante, prima
della scadenza del termine per la presentazione delle
offerte, abbia disposto la sospensione della procedura di
gara, con conseguente definitiva revoca della medesima, ed
abbia proceduto all'affidamento diretto della fornitura
oggetto di gara, non trova applicazione la regola generale
della inammissibilità del grame a causa della mancata
presentazione, in via preventiva, della domanda di
partecipazione o dell'offerta ogniqualvolta il ricorrente
abbia posto in essere adempimenti nei confronti della P.A.
che dimostrino la sussistenza di un suo interesse ad
ottenere l'aggiudicazione di quel determinato appalto
pubblico di forniture.
3. L'espressione in house providing identifica il
fenomeno di "autoproduzione" da parte della P.A. che
acquisisce un bene o un servizio attingendoli all'interno
della propria compagine organizzativa senza ricorrere al
mercato tramite gara.
4. La P.A. può ricorrere all'affidamento in house
qualora sussista un rapporto di immedesimazione tra sé
medesima e la società chiamata ad eseguire la fornitura,
ossia quando la P.A. eserciti un controllo analogo a quello
esercitato sui propri servizi ed il soggetto affidatario
svolga la maggior parte della propria attività in favore
dell'ente pubblico di appartenenza (criterio della
destinazione prevalente dell'attività).
5. E' escluso che possa sussistere il controllo
analogo in presenza di una compagine composta anche da
capitale privato (cfr. Corte di Giustizia, 11/12/2005, C-
26/03), essendo la partecipazione totalitaria pubblica
elemento necessario per integrare la fattispecie dell'in
house providing.
6. Il controllo analogo su di un ente societario non
sussiste ove lo statuto conferisca al Consiglio di
Amministrazione poteri teoricamente illimitati, senza che
l'ente affidante possa influirvi, e configuri un ampio
oggetto sociale.
7. In caso di richiesta di risarcimento danno per
accertata illegittimità di atti della P.A., per ritenere
integrata la responsabilità della Amministrazione devono
sussistere elementi che qualifichino come colpevole la sua
condotta: tale condotta sussiste qualora l'errore commesso
dall'apparato amministrativo non sia scusabile, tenuto anche
conto del contesto in cui si è sviluppata l'azione
amministrativa (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 6393/2002).
8. Di fronte a palesi illegittimità dell'attività
della P.A. il danneggiato può limitarsi ad allegare la
stessa illegittimità, sintomatica della violazione di
parametri che, nella generalità delle ipotesi, specificano
la colpa della P.A.: in caso di violazione del diritto
comunitario sugli appalti pubblici, per conseguire il
risarcimento dei danni subìti, i soggetti lesi non devono
offrire la prova della colpa o del dolo della stazione
appaltante (cfr. Corte di Giustizia, 14/10/2004, C-275/03).
9. Costituisce onere della P.A. l'allegazione degli
elementi, pure indiziari, ascrivibili allo schema
dell'errore scusabile, volti a dimostrare l'assenza di colpa
nel proprio operato e compete, in via definitiva al giudice,
apprezzarne e valutarne liberamente l'idoneità ad attestare
o ad escludere la colpevolezza dell'amministrazione. Al fine
di ritenere la P.A. soggetta al giudizio di colpevolezza e
alle connesse responsabilità è rilevante il criterio della
comprensibilità della portata precettiva della disposizione
inosservata e della univocità e chiarezza della sua
interpretazione, potendosi ammettere l'esenzione da colpa in
presenza di un quadro normativo confuso e privo di chiarezza
(cfr. Cons. di Stato, sent. n. 5500/2004) (TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 04.11.2007 nn. 6359 e 6360
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: 1.
Competenza e giurisdizione - Contratti della P.A. - Cauzioni
e depositi - Escussione cauzione ex art. 10 Legge 109/1994 -
Giurisdizione G.A.
2. Ricorso giurisdizionale - Contratti della P.A. - Mancata
impugnazione provvedimento esclusione - Impugnazione
provvedimento di escussione cauzione - Ammissibilità.
3. Ricorso giurisdizionale - Contratti della P.A. - Cauzioni
e depositi - Escussione cauzione ex art. 10 Legge 109/1994 -
Manifestazione di volontà della P.A. - Immediata lesività e
onere di tempestiva impugnazione - Sussiste.
1. Il provvedimento di escussione della cauzione
provvisoria presentata in sede di gara, disposto ai sensi
dell'art. 10, comma 1-quater L. 109/1994, in quanto
direttamente conseguente a quello di esclusione dalla gara,
inerisce alla fase procedimentale: pertanto, le controversie
relative al suddetto provvedimento appartengono alla
giurisdizione del Giudice Amministrativo.
2. La mancata impugnazione dell'atto di esclusione
vale soltanto a rendere definitiva l'impossibilità di
partecipare alla gara, senza preclusione del diritto di
contestare l'incameramento della cauzione provvisoria o di
far valere le proprie ragioni innanzi all'Autorità (cfr.
Cons. di Stato, sent. n. 2001/2780): pertanto, è ammissibile
il ricorso rivolto soltanto avverso il provvedimento di
incameramento della cauzione, essendo questo un atto dotato
di autonoma efficacia lesiva.
3. La portata giuridicamente lesiva di un atto della
P.A. si determina in base alle statuizioni in esso contenute
e non coincide con il successivo portare ad esecuzione in
fatto tali statuizioni; in particolare, la volontà della
P.A. di escutere la cauzione provvisoria ex 10 L. 109/1994 è
atto pregiudizievole per il destinatario, e quindi lesivo
degli interessi che compongono la sua sfera giuridica, con
conseguente onere di tempestiva impugnazione per il
destinatario della comunicazione contenente tale volontà
(TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 29.10.2007 n. 6179
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: 1)
Pubblico impiego - Banca d'Italia - Mobbing - Lamentata
dequalificazione professionale - Lamentata logistica della
postazione di lavoro - Pretesa risarcitoria del dipendente -
Giurisdizione - Del Giudice amministrativo - Sussiste.
2) Pubblico impiego - Banca d'Italia - Mobbing -
Presupposti.
1) Allorquando la pretesa risarcitoria avanzata si
fonda in modo diretto ed immediato su atti dispositivi o
omissivi tipicamente ed esclusivamente relativi al rapporto
di lavoro (relativi alle mansioni assegnate e alle
condizioni logistiche della propria postazione di lavoro), e
concerne pertanto diritti che il ricorrente pretende essere
stati disconosciuti o lesi dall'ente in suo pregiudizio
venendo meno ad obblighi sullo stesso incombenti, deve
essere affermata la giurisdizione del giudice
amministrativo, atteso che il rapporto di lavoro con la
Banca d'Italia rientra tra quelli devoluti alla sua
giurisdizione esclusiva a norma dell'art. 3, comma 1, del
Dlgs. 30.03.2001, n. 165.
2) La sussistenza di una situazione di grave
dequalificazione e marginalizzazione professionale -c.d.
mobbing- deve essere desunta da una complessiva analisi del
contesto in cui si esplica la prestazione del lavoratore e,
a titolo esemplificativo, indici presuntivi possono essere
la reiterazione di richiami e sanzioni disciplinari o la
sottrazione di vantaggi precedentemente attribuiti, che si
presentino con carattere di ripetitività, sulla base di un
intento sistematicamente perseguito da parte del datore di
lavoro al fine di creare una situazione di sofferenza nel
dipendente oppure una situazione illecita di conflittualità
sistematica, persistente ed in costante progresso
all'interno del luogo di lavoro, in cui gli attacchi
reiterati abbiano lo scopo di danneggiare la salute, i
canali di comunicazione, il flusso di informazioni, la
reputazione e la professionalità della vittima.
In ogni caso deve trattarsi di una diffusa ostilità
proveniente dall'ambiente di lavoro che si realizza in una
pluralità di condotte, frutto di una vera e propria
strategia persecutoria e di una intenzionale finalizzazione
di tali comportamenti allo svilimento della professionalità
del lavoratore e alla mortificazione della sua dignità
Ciò che quindi qualifica il mobbing é il nesso che lega i
diversi atti e comportamenti del datore di lavoro, i quali
in tanto raggiungono tale soglia in quanto si dimostrino
legati da un disegno unitario finalizzato a vessare il
lavoratore e a distruggerne la personalità e la figura
professionale (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 23.10.2007 n. 921
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Impugnazione
dell'atto di adozione dello strumento urbanistico -
Necessità di impugnare anche l'atto di approvazione che
lasci invariato lo strumento - Non sussiste - Carenza di
interesse - Non si produce.
L'impugnazione dell'atto di adozione di uno strumento
urbanistico non richiede una conferma attraverso
l'impugnazione dell'atto di approvazione, in quanto
l'annullamento del primo provvedimento esplica effetti
automaticamente caducanti e non meramente vizianti sul
successivo qualora il contenuto sia rimasto invariato.
Deve conseguentemente essere respinta l'eccezione di
improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse
fondata sulla mancata impugnazione dell'atto di approvazione
dello strumento, rimasto invariato anche dopo il secondo
passaggio procedimentale (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 23.10.2007 n. 914
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Illecito
edilizio - Considerazione dell'amovibilità del manufatto ai
fini della qualificazione dell'illiceità dell'opera - Non
rileva - Destinazione oggettiva - Rileva.
Non è la maggiore o minore amovibilità delle parti che
compongono un manufatto a determinarne la precarietà, ma la
sua oggettiva destinazione.
Conseguentemente, legittimo l'ordine di riduzione in
pristino ogni qual volta l'opera realizzata in assenza di
titolo sia chiaramente suscettibili di un'utilizzazione
perdurante nel tempo, non potendosi in detta ipotesi
considerare temporanea, precaria o irrilevante l'alterazione
del territorio (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 23.10.2007 n. 913
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Piano
di lottizzazione - Titolo edificatorio- Presupposti -
Conformità dell'intervento a quello assentito in sede di
piano di lottizzazione - Potere del Comune di discostarsi
dal parere favorevole espresso in sede di approvazione del
piano a causa della qualità architettonica dell'intervento -
Non sussiste.
Non si può ammettere che un'amministrazione approvi, in sede
di piano di lottizzazione, un determinato intervento
edilizio, negando poi -sulla scorta di parere di una
Commissione edilizia che non si esprime sul Piano- detto
intervento nel momento in cui deve esprimersi sul relativo
titolo edificatorio (permesso di costruire o D.I.A.) per
motivi che già emergevano dallo strumento urbanistico
attuativo stesso, come la qualità architettonica ed edilizia
dell'opera e il suo inserimento nel contesto urbano (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 18.10.2007 n. 909
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Bando
di gara - Necessità della predeterminazione di una griglia
analitica di parametri per la valutazione dell'offerta -
Sussiste - Possibilità per la commissione giudicatrice di
determinare detti parametri ex post, anche se prima
dell'apertura delle singole offerte - Non sussiste - Lesione
della par conditio dei partecipanti alle procedure di
pubblica evidenza - Sussiste.
L'art. 30 comma 3 D.Lgs. n. 163/2006 stabilisce che la
scelta del concessionario debba avvenire nel rispetto dei
principi desumibili dal Trattato e dei principi generali
relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei
principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non
discriminazione, parità di trattamento, mutuo
riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui
sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in
tale numero soggetti qualificati in relazione all'oggetto
della concessione, e con predeterminazione dei criteri
selettivi".
Solo la definizione dei criteri di valutazione delle
offerte, in un momento antecedente la redazione delle stesse
da parte degli offerenti, assicura il rispetto del
fondamentale principio di trasparenza su cui si regge tutto
lo svolgimento della procedura selettiva.
Deve conseguentemente essere annullato un bando che nulla
preveda in ordine ai criteri di valutazione dell'offerta (se
non il punteggio massimo attribuibile alla stessa), non
potendo certo la commissione giudicatrice determinare ex
post, ed all'oscuro dei partecipanti alla fase selettiva,
detti criteri (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 18.10.2007 n. 908
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Piano
di zonizzazione acustica - Creazione di una zona mista - E'
possibile - Necessità che le aree inserite nella medesima
zona abbiano caratteri omogenei - Sussiste.
L'art. 4, comma 1, lett. a), della legge 447/1995 fissa il
principio di omogeneità nella destinazione d'uso del
territorio.
In base a questo principio, le zone miste possono essere
individuate quando esiste un comune denominatore dato
dall'intreccio di attività diverse su una stessa porzione di
territorio.
Non è invece possibile creare un comune denominatore quando
le attività sono polarizzate, ossia quando non sono
intrecciate ma soltanto giustapposte (con destinazioni
urbanistiche distinte) e una ha un impatto acustico
nettamente prevalente rispetto alle altre.
In queste condizioni, infatti, la media della rumorosità è
un risultato artificiale che produce due conseguenze
parimenti negative: da un lato consente una maggiore e non
necessaria rumorosità in aree (in particolare quelle
residenziali) che dovrebbero avere un minore livello di
inquinamento acustico e dall'altro impone alle attività
molto rumorose oneri sproporzionati di bonifica acustica
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 16.10.2007 n. 907
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Piano
di zonizzazione acustica - Variante - Possibilità di
adozione pur in assenza di modifiche dello stato dei luoghi
- Sussiste - Esigenza di tutela dell'attività economica - E'
recessiva.
Non deve ravvisarsi contraddittorietà nell'adozione di una
variante ad un piano di zonizzazione acustica pur in assenza
di mutamento dello stato dei luoghi rispetto alla precedente
zonizzazione. La tutela dell'affidamento rispetto alle
zonizzazioni precedenti è necessariamente ridotta, in quanto
gli interessi protetti dalla normativa contro l'inquinamento
acustico, desumibili dall'art. 2 comma 1 lett. a) della
legge 447/1995 (ossia tutela del riposo e della salute,
conservazione degli ecosistemi, dei beni materiali, dei
monumenti, dell'ambiente abitativo e dell'ambiente esterno),
non sono recessivi rispetto alle attività economiche. Al
contrario il contenuto di tali interessi è soggetto ad
ampliamento in conseguenza delle innovazioni
tecnico-scientifiche sopravvenute, che definiscono e
misurano più esattamente il disturbo provocato dalle fonti
di rumore.
L'esigenza di salvaguardare le attività economiche già
insediate sul territorio non può quindi impedire modifiche
più restrittive alla zonizzazione acustica, ma è un elemento
da tenere in considerazione (in particolare quando i gestori
abbiano eseguito degli interventi di mitigazione) per
graduare in concreto le misure di bonifica (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 16.10.2007 n. 906
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Piano
attuativo - Innalzamento del piano di campagna
originariamente non previsto in conseguenza della
realizzazione dell'opera di collettamento fognario delle
acque bianche, accollata ai privati lottizzanti - Necessità
di una variante al piano attuativo - Non sussiste -
Applicabilità dell'art. 14, co. 12 L.R. 12/2005 - Limiti.
Se è vero che attraverso il solo innalzamento del terreno
non sono modificate le caratteristiche tipologiche del piano
attuativo, non cambia il dimensionamento globale degli
insediamenti e non si riduce la dotazione di aree per
servizi pubblici e di interesse pubblico, tutte condizioni
di ammissibilità poste dall'art. 14, co. 12 L.R. 12/2005,
non può non rilevarsi tuttavia come, quando si introduca una
difformità planimetrica potenzialmente idonea a incidere
sulla condizione degli immobili confinanti, la variante al
piano attuativo costituisca una garanzia procedurale che
normalmente non può essere omessa. Da detto incombente, in
ogni caso, si può prescindere solo allorquando il nuovo
livello del terreno sia una conseguenza necessaria della
realizzazione di un'opera di urbanizzazione (nel caso:
fognatura bianca), atteso che di fronte a interventi di
interesse pubblico il diritto di proprietà dei confinanti,
formalmente immutato nel suo contenuto, subisce le
conformazioni che indirettamente derivano dalla nuova
condizione dei luoghi circostanti. Di conseguenza, accertato
il nesso di causalità e il rapporto di proporzione tra
l'intervento di interesse pubblico e la modifica dei luoghi,
non vi è l'obbligo di sospendere l'esecuzione dei lavori per
approvare una variante al piano attuativo (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 12.10.2007 n. 903
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: 1.
Contratti della P.A. - Appalti pubblici - Controinteressato
- Individuazione - Criteri.
2. Contratti della P.A. - Appalti pubblici - Bando di gara -
Clausole immediatamente lesive - Mancata partecipazione alla
gara - Impugnazione del non partecipante - Possibilità.
3. Contratti della P.A. - Affidamento diretto di servizi -
Affidamento a società a capitale misto - Possibilità -
Condizioni - Affidamento diretto di lavori - Possibilità -
Non sussiste.
4. Contratti della P.A. - Accordo-quadro - Natura -
Contrattazione applicativa dell'accordo - Assenza di
evidenza pubblica - Possibilità - Condizioni.
1. Nelle controversie inerenti a gara d'appalto
pubblico, la qualifica di controinteressato in senso formale
va riconosciuta soltanto all'aggiudicatario del contratto,
essendo questo l'unico soggetto che, ricevendo dal
provvedimento un beneficio diretto e immediato, ha un
interesse specifico alla conservazione dell'assetto
stabilito dall'atto di aggiudicazione (cfr. TAR Milano, Sez.
III, sent. n. 703/2005): pertanto, prima dell'approvazione
della graduatoria finale, non sono configurabili
controinteressati nel giudizio promosso per l'annullamento
del bando di gara ed il ricorso è ammissibile
indipendentemente dalla notifica agli altri partecipanti
alla gara.
2. Qualora la lesione all'interesse dei ricorrenti si
sia costituita -in via diretta ed immediata- in occasione
dell'indizione della procedura di gara contestata, e non in
forza di statuizioni successive, il bando può essere
impugnato dai ricorrenti, nella loro qualità di soggetti
qualificati all'esecuzione dei lavori in oggetto, anche
prima dell'aggiudicazione e indipendentemente dalla
partecipazione alla gara, essendo evidente che il loro
rifiuto a presentare offerta trova origine
dall'indisponibilità ad accettare un'eventuale
aggiudicazione alle condizioni stabilite dal bando di gara.
3. Ai sensi degli artt. 113, 113-bis e 116 del Testo
Unico Enti Locali, la possibilità di affidamento diretto a
società di capitali costituite o partecipate da enti locali
(società a capitale misto) sussiste a condizione che la
scelta dei soci privati sia stata effettuata con procedure
ad evidenza pubblica e solo per la gestione dei servizi
pubblici locali di rilevanza economica: pertanto, la
suddetta possibilità non si configura per l'affidamento di
appalti di lavori, non sussistendo in tale materia alcuna
normativa analoga a quella dettata per l'affidamento dei
servizi pubblici.
4. L'accordo-quadro è lo strumento con il quale
l'ente appaltante effettua la scelta del contraente per
tutte le prestazioni previste dall'accordo stesso: se tale
scelta viene effettuata secondo le regole dell'evidenza
pubblica e della concorrenza, la contrattazione applicativa
può essere legittimamente negoziata -senza la previa
indizione di una gara- direttamente fra la stazione
appaltante e il contraente prescelto (cfr. TAR Umbria, sent.
n. 1041/1998) (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 10.10.2007 n. 5849
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 15.02.2008 |
ã |
UTILITA'
dossier consiglieri comunali |
ENTI LOCALI:
Dopo l'adozione di un piano attuativo ovvero di
pianificazione, nei termini di presentazione delle eventuali
osservazioni il Consigliere Comunale non ha titolo per
farlo.
Il consigliere non ha titolo per partecipare alla formazione
del piano con la proposizione di osservazioni (e/o
opposizioni), giacché lo stesso partecipa direttamente alla
approvazione del piano in virtù del ruolo ricoperto in seno
al Consiglio Comunale, nel quale ha la possibilità di
esprimere il proprio dissenso ovvero di presentare
emendamenti al piano stesso (come sembra che abbia fatto),
da sottoporre all’approvazione della maggioranza.
Un eventuale riconoscimento della legittimazione in capo al
consigliere comunale a proporre osservazioni, in qualità di
“normale cittadino”, si risolverebbe in una sorta di
“privilegio” a favore di chi è investito della
rappresentanza di interessi della collettività, il quale,
non riuscendo ad affermare la propria opzione nella sede
propria (consiglio comunale), si serve di uno strumento che
è riservato a tutti i cittadini (privi di capacità
decisionale) per proporre ancora una volta la medesima
opzione (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 20.04.2004 n. 2227). |
ENTI LOCALI:
Il Consigliere Comunale non può presentare
osservazioni alle deliberazioni del Consiglio.
Per i consiglieri comunali non sussiste una facoltà di
proporre osservazioni, di contenuto generale o particolare,
alle proposte di deliberazioni sottoposte al Consiglio di
cui fanno parte: ciò in quanto l’esercizio del mandato
politico e di rappresentanza del consigliere comunale va ben
al di là della rappresentazione di interessi partecipativi
propria delle osservazioni in materia urbanistica e si
traduce in poteri di proposta,di modifica e -in generale- di
intervento decisionale sulla materia affidata alla
competenza del Consiglio (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 25.10.2002 n. 4198). |
G.U.R.I. - G.U.E.E. - B.U.R.L.
(e anteprima) |
ENTI LOCALI:
B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 7 del 14.02.2008,
"Individuazione degli ambiti a vocazione e potenzialità
turistica (art. 3, comma 2, l.r. n. 15/2007)" (deliberazione
G.R. 30.01.2008 n. 6532
- link a www.infopoint.it). |
ENTI LOCALI:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria al n. 7 dell'11.02.2008, "Direzione
Generale Culture, Identità e Autonomie della Lombardia -
«Realizzazione del Polo della valorizzazione dei beni
culturali in Lombardia» ai sensi del d.lgs. 267/2000 e della
l.r. 2/2003" (decreto
Assessore Regionale 18.12.2007 n. 16013
- link a www.infopoint.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
F. Giampietro,
La delicata questione dei rapporti tra bonifica e danno
ambientale nel Testo Unico ambientale
(link a www.giuristiambientali.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
F. Vanetti,
Come le destinazioni urbanistiche incidono sulle bonifiche
nel nuovo Testo Unico ambientale
(link a www.giuristiambientali.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
Sull’interpretazione dell’art. 1, n. 1, della
direttiva 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legisl.,
regolam. e amm. relative all’applicazione delle procedure di
ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici
di forniture e di lavori.
L’art. 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 21.12.1989,
89/665/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione
degli appalti pubblici di forniture, nel testo risultante
dalla direttiva del Consiglio del 18.06.1992, 92/50/CEE, che
coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti
pubblici di servizi, letto in combinato disposto con l’art.
15, n. 2, della direttiva del Consiglio 14.06.1993,
93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli
appalti pubblici di forniture, come modificata dalla
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre
1997, 97/52/CE, deve essere interpretato nel senso che
l’organo responsabile dei ricorsi previsti al detto art. 1,
n. 1, deve garantire la riservatezza e il diritto al
rispetto dei segreti commerciali rispetto alle informazioni
contenute nei fascicoli che le vengono comunicate dalle
parti in causa, in particolare dall’amministrazione
aggiudicatrice, pur potendo essa stessa esaminare tali
informazioni e tenerne conto. È compito di tale organo
decidere in che misura e secondo quali modalità occorra
garantire la riservatezza e il segreto di tali informazioni,
per le esigenze di tutela giudica effettiva e dei diritti di
difesa delle parti nella controversia e, in caso di ricorso
giurisdizionale o di un ricorso presso un organo che è una
giurisdizione ai sensi dell’art. 234 CE, in modo che il
procedimento rispetti, nel suo complesso, il diritto ad un
equo processo (Corte di giustizia europea, Sez. III,
sentenza 14.02.2008 n. C-450/06
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla sussistenza della giurisdizione del g.a. per la
controversia riguardante il recesso attuato da un Comune
dalla convenzione stipulata con un consorzio del servizio di
raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani.
Sull’illegittimità di un affidamento diretto in virtù
dell’art. 113, c. 14, del D.Lgvo n. 267/2000, per
insussistenza dei presupposti.
Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo per la
controversia riguardante il recesso attuato da un Comune
dalla convenzione stipulata con un consorzio, per la durata
di dieci anni, del servizio di raccolta e trasporto dei
rifiuti solidi urbani, preordinato al passaggio ad una nuova
forma di gestione del servizio, ritenuta più rispondente
all’interesse pubblico, attraverso l’implementazione del
servizio di raccolta differenziata e la rideterminazione
dell’ammontare del canone. Il provvedimento con cui l’Ente,
infatti, si è determinato a revocare l’originario atto di
concessione perché non più rispondente agli interessi
pubblici curati si configura, come espressione di un potere
di autotutela in presenza di ritenute sopravvenute ragioni
di pubblico interesse.
E’ illegittimo l’affidamento diretto disposto da un Comune
ad un consorzio del servizio di raccolta e trasporto dei
rifiuti solidi urbani in virtù dell’art. 113, c. 14, del
D.Lgvo n. 267/2000, che consente agli enti locali di
affidare la gestione di servizi o loro segmenti a soggetti
distinti da essi i quali siano proprietari delle reti,
impianti ed altre dotazioni patrimoniale per la gestione dei
servizi stessi. L’art. 113, c. 14, citato, costituisce
palesemente norma eccezionale in quanto individua un’ipotesi
nella quale l’Amministrazione è legittimata ad affidare un
servizio pubblico ad un soggetto predeterminato senza
esperire alcuna gara, derogando ai principi, della normativa
comunitaria e nazionale, che regolano ordinariamente la
materia. La circostanza straordinaria che consente
l’applicazione della disposizione di cui si tratta è
costituita dalla necessaria fornitura del servizio mediante
un sistema di impianti inamovibili e di complessa
realizzazione, di proprietà di un soggetto estraneo all’ente
locale.
Non possono certamente rientrare nella descrizione appena
accennata le attrezzature ordinariamente utilizzate per la
raccolta dei rifiuti. Basti osservare, a tale riguardo, che
si tratta di attrezzature di notevole deperibilità,
destinate ad essere cambiate con frequenza. Le stesse,
inoltre, sono di solito di proprietà dell’appaltatore (TAR
Sardegna, sez. I,
sentenza 06.02.2008 n. 124
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: S.
Lazzini, Pur nel silenzio del bando di gara, la cauzione
provvisoria deve contenere tutti i requisiti richiesti dalla
Legge.
Per evitare eventuali esclusioni e, soprattutto, per avere
titolo a ricorrere agli atti di gara, la cauzione
provvisoria deve sempre rispettare quanto sancito
dall’articolo 75 del decreto legislativo 163/2006 smi: in
tal modo si è certi di aver rispettato le norme imperative
anche se la Stazione Appaltante non le ha indicate nella lex
specialis di gara.
Vediamo prima di tutto quali sono le prescrizione della
norma.
L’art 75 del D.lgs. 12.04.2006 n. 163 stabilisce, al primo
comma, che “l'offerta è corredata da una garanzia, pari al
due per cento del prezzo base indicato nel bando o
nell'invito, sotto forma di cauzione o di fideiussione, a
scelta dell'offerente”. Il quarto comma della medesima
disposizione stabilisce, a proposito dei requisiti della
cauzione, che “la garanzia deve prevedere espressamente la
rinuncia al beneficio della preventiva escussione del
debitore principale, la rinuncia all'eccezione di cui
all’art 1957, comma 2 del codice civile, nonché
l'operatività della garanzia medesima entro quindici giorni,
a semplice richiesta scritta della stazione appaltante”.
Infine, l’ottavo comma, sempre dell’art. 75, dispone che
“l'offerta è altresì corredata, a pena di esclusione,
dall'impegno di un fideiussore a rilasciare la garanzia
fideiussoria per l'esecuzione del contratto, di cui all’art.
113, qualora l'offerente risultasse affidatario” (TAR
Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 12.02.2007 n. 991
- link a www.diritto.it). |
AGGIORNAMENTO AL 14.02.2008 |
ã |
UTILITA' |
EDILIZIA
PRIVATA:
I lavori in economia si possono realizzare e, come
tali, sono esclusi dal campo di applicazione della
normativa sul D.U.R.C..
Richiesta 02.10.2007 di interpretazione in merito
all'applicazione dell'art. 3 del d.lgs. 14.08.1996 n. 494
(si veda la risposta del Ministero del Lavoro e della
Previdenza Sociale,
nota 07.02.2008 n. 2228 di prot.). |
UTILITA'
dossier box in Lombardia |
EDILIZIA PRIVATA:
I box -sino al rapporto di 1 mq./10 mc.- non
soggiaciono al pagamento del costo di
costruzione.
Costituisce orientamento uniforme della
giurisprudenza amministrativa quello secondo
cui, in sede di rilascio della concessione
edilizia, non sono assoggettabili al
contributo commisurato al costo di
costruzione i parcheggi c.d. obbligatori di
cui all'art. 41-sexies della legge n.
1150/1942 (cfr. Cons. St., Sez. V, n.
987/1992).
Il regime di gratuità (oneri + costo di
costruzione) riguarda soltanto i parcheggi
di pertinenza delle nuove costruzioni nei
limiti della dotazione obbligatoria, che
fanno corpo con le stesse o che vengono
realizzati in aree pertinenziali (cfr. TAR
Lombardia-Milano, Sez. II, n. 4324/1999)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 29.03.2007 n. 1314). |
EDILIZIA PRIVATA:
La superficie utilizzata per la
realizzazione dei parcheggi (la cui ampiezza
non ecceda i minimi fissati dalla legge) non
può essere computata per la determinazione
degli oneri di urbanizzazione e del costo di
costruzione.
La giurisprudenza amministrativa ha
considerato gli spazi di manovra -come, tra
l'altro, le rampe di accesso- non
computabili come spazi di parcheggio (cfr.
TAR Campania-Salerno, n. 2602/2003) e ciò
non sembra poter essere revocato in dubbio
atteso che tali aree non sono adibite al
ricovero degli autoveicoli ma a facilitare
l'accesso degli utenti ai relativi box. Gli
spazi di manovra, in funzione della funzione
di facilitare l'accesso alle autorimesse,
sono "serventi" rispetto ai parcheggi tanto
che sarebbe paradossale assoggettare tali
aree al pagamento degli oneri in argomento
quando i garege/box sono esclusi. Non può
essere condivisa l'ulteriore conseguenza che
il Comune fa discendere dal predetto
ragionamento ovvero che gli spazi di manovra
concorrono al calcolo della superficie
complessiva ai fini dell'assegnazione della
classe di edificio e dell'individuazione
della aliquota da applicare per determinare
il costo di costruzione.
Quanto sopra risulta, poi, confermato dalle
previsioni contenute nell'art. 69 della L.R.
n. 12/2005 (non applicabile, ratione
temporis, alla fattispecie in esame ma
espressiva di un principio già esistente ed
ora codificato) secondo cui "ai fini del
calcolo del costo di costruzione, le
superfici destinate a parcheggi non
concorrono alla definizione della classe di
edificio". Ora, se i parcheggi non
concorrono alla definizione della classe di
edificio, appare irragionevole affermare il
contrario con riferimento agli spazi di
manovra i quali, "servendo" -come detto- a
facilitare l'accesso degli utenti alle
autorimesse, sono esclusi dal calcolo
relativo agli oneri di urbanizzazione; da
ciò consegue che tali spazi non possono
essere computati nella superficie
complessiva ai fini della definizione della
classe di edificio per la determinazione
della classe di edificio per la
determinazione del costo di costruzione (TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 21.03.2007 n. 650). |
EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi
sotterranei: deroga ai regolamenti edilizi e
alle norme del codice civile.
La dizione usata dal legislatore nell’art 9,
primo comma, della legge 24.03.1989 n. 122,
il quale consente ai proprietari di immobili
di realizzare "nel sottosuolo degli stessi
ovvero nei locali siti al piano terreno dei
fabbricati parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari,
anche in deroga agli strumenti urbanistici
ed ai regolamenti edilizi vigenti", deve
essere interpretata estensivamente, e quindi
come comprensiva anche dei box seminterrati,
purché realizzati entro l’area di pertinenza
dell’immobile.
La possibilità di derogare agli strumenti
urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti
rende derogabili anche le norme sulle
distanze delle costruzioni dai confini di
proprietà, in quanto, a fronte di una
disciplina speciale dettata dalla superiore
esigenza di contrastare la congestione
ambientale, la disciplina delle distanze,
preposta alla salvaguardia di interessi
prevalentemente privatistici di buon
vicinato e di ordinato esercizio della
proprietà, deve necessariamente recedere
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 05.07.2006 n. 1715 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA: Lombardia,
ancora sulla questione della gratuità o meno
dei box.
Dopo l'entrata in vigore della l.r. n.
12/2005, la quale ha testualmente
riconosciuto la gratuità dei parcheggi
pertinenziali e non -realizzati anche in
eccedenza rispetto alla quota minima
richiesta per legge, abbiamo notizia
dell'unica sentenza secondo cui,
implicitamente, avalla la tesi dell'esonero
generalizzato dal pagamento del contributo
di costruzione (oneri e costo) ma nulla dice
se gli stessi concorrano o meno alla
determinazione della classe dell'edificio
per la quantificazione del costo di
costruzione (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 03.05.2006 n. 449). |
EDILIZIA PRIVATA:
Parcheggi - Spazi di manovra - Pagamento
oneri di urbanizzazione e costo di
costruzione.
La superficie utilizzata per la
realizzazione di parcheggi, la cui ampiezza
non eccede i minimi fissati dalla legge, non
può essere computata per la determinazione
degli oneri di urbanizzazione e del costo di
costruzione. Gli spazi di manovra - non
computabili come aree di parcheggio -ma tesi
a facilitare l'accesso alle autorimesse-
sono serventi rispetto ai parcheggi -tanto
che sarebbe paradossale assoggettare tali
aree al pagamento degli oneri in argomento
quando i garage/box sono esclusi.
I parcheggi non concorrono alla definizione
della classe di edificio. Appare, pertanto,
irragionevole affermare il contrario con
riferimento agli spazi di manovra. Gli spazi
di manovra, non possono essere computati
nella superficie complessiva del complesso
immobiliare ai fini della definizione della
classe di edificio par la determinazione del
costo di costruzione (TAR Lombardia-Milano,
Sez. II,
sentenza 21.03.2006 n. 650 -
massima tratta da www.solom.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla gratuità o meno (del costo di
costruzione) dei parcheggi.
L’inserimento delle autorimesse nella
superficie non residenziale è determinante
per individuare la classe dell’edificio e a
cascata gli altri elementi del calcolo. La
scelta del Comune di prendere in
considerazione anche le autorimesse appare
corretta, in quanto nel caso in esame si
tratta di parcheggi collegati a una nuova
costruzione e quindi obbligatori (nella
misura minima di 1 mq per ogni 10 mc. di
costruzione) in base all’art. 41-sexies
della legge 17.08.1942 n. 1150 (come
sostituto dall’art. 2 della legge 122/1989).
Si può ritenere (aderendo a CS V Sez.
24.10.2000 n. 5676) che l’art. 41-sexies
della legge 1150/1942 sia riferibile solo
alle nuove costruzioni, e che per converso
gli art. 9 e 11 della legge 122/1989, i
quali prevedono rispettivamente la
possibilità di realizzare parcheggi
pertinenziali anche in deroga alla vigente
disciplina urbanistica e l’esclusione di
tali lavori dagli oneri di concessione,
siano applicabili soltanto agli edifici
esistenti. La norma sulla gratuità ha
infatti un valore incentivante per la
modifica di situazioni già consolidate,
mentre non avrebbe alcun significato con
riferimento alle nuove costruzioni, dove la
realizzazione dei parcheggi è un obbligo ex
lege.
La stessa ripartizione tra edifici esistenti
e nuove costruzioni può essere rinvenuta,
per i profili che qui interessano, negli
art. 1 e 2 della LR 22/1999. In effetti le
norme regionali consentono maggiori
possibilità di localizzazione dei parcheggi
pertinenziali rispetto alla legge nazionale,
ma riconducono espressamente queste facoltà
nello schema dell’art. 9 della legge
122/1989. L’art. 2, comma 2, della L.R.
22/1999, che qualifica i parcheggi come
opere di urbanizzazione ai fini della
gratuità del titolo autorizzatorio, ha
quindi una funzione incentivante analoga a
quella dell’art. 11 delle legge 122/1989.
D’altra parte si può ritenere che se il
legislatore regionale avesse voluto innovare
la disciplina statale parificando le nuove
abitazioni a quelle esistenti avrebbe
utilizzato formule chiare in questo senso. I
richiami alla legge 122/1989 autorizzano
invece a ritenere che la legge regionale,
pur incentivando ulteriormente la creazione
di parcheggi, abbia mantenuto l’impostazione
delle norme statali.
Occorre infine considerare che nel caso in
esame le autorimesse sono destinate a un uso
esclusivamente privato. Non esiste quindi la
possibilità di qualificarle in via autonoma
come opere di urbanizzazione in conseguenza
di una qualche utilità pubblica (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 11.10.2004 n. 1270). |
UTILITA'
dossier sottotetti in Lombardia |
EDILIZIA
PRIVATA: Bergamo,
Scoppia la guerra dei sottotetti, lavori congelati.
Non è chiara quale deve essere la distanza minima con gli
edifici vicini. Nel dubbio il Comune sospende tutto.
Primi ricorsi al Tribunale. L’assessore regionale: non
vorrei che a Bergamo si stessero mal interpretando i
regolamenti (articolo
12.02.2008
tratto da L'Eco di Bergamo). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Sull'interpretazione della L.R. n. 12/2005
relativamente al recupero dei sottotetti.
Nell’ottica del legislatore della legge regionale n. 12/2005
la controversa possibilità di déroga (o di sanatoria) non
può dunque assolutamente riguardare lo sviluppo
dell’edificio in termini di superficie e/o di volumetria,
altezze e/o distacchi: ciò al fine di non sacrificare oltre
misura gli interessi della collettività con l’aggravamento
incontrollato di equilibri urbanistici spesso delicati.
La legge regionale n. 20/2005 non fa altro che confermare
che l’interesse dei Comuni a tutelare l’assetto urbanistico
del territorio e la densità in queste degli edifici anche in
relazione agli interventi di recupero dei soggetti può
recedere solo in presenza di espresse previsioni normative,
in assenza delle quali nessuna ipotesi di déroga alle norme
dei piani regolatori generali e dei regolamenti edilizi
locali può considerarsi “implicita” o comunque esistente per
effetto di disinvolte interpretazioni estensive di ambiti
derogatòri, in quanto tali assolutamente tassativi.
Il recupero volumetrico a scopo residenziale del piano
sottotetto in base alla citata legge regionale non può
prescindere dall'esistenza dell'edificio e del sottotetto
medesimo (da intendersi come vero e proprio volume
preesistente) e deve avvenire nel rispetto delle
prescrizioni igienico-sanitarie e di abitabilità previste
dai regolamenti vigenti, salvo quanto disposto dal comma 6
dell’art. 1 della legge medesima (“il recupero abitativo dei
sottotetti è consentito purché sia assicurata per ogni
singola unità immobiliare l'altezza media ponderale di m
2,40, ulteriormente ridotta a m 2,10 per i comuni posti a
quote superiori a m 1000 di altitudine sul livello del mare,
calcolata dividendo il volume della parte di sottotetto la
cui altezza superi m 1,50 per la superficie relativa”).
Gli interventi edilizi finalizzati al recupero del
sottotetto possono comportare l'apertura di finestre,
lucernari, abbaini e terrazzi per assicurare l'osservanza
dei requisiti di aeroilluminazione; nonché, ove lo strumento
urbanistico generale comunale vigente risulti approvato dopo
l'entrata in vigore della legge reg. 15.04.1975 n. 51,
modificazioni delle altezze di colmo e di gronda e delle
linee di pendenza delle falde, purché nei limiti di altezza
massima degli edifici posti dallo strumento urbanistico ed
unicamente al fine di assicurare i parametri di altezza
media prescritti dalla legge regionale (art. 2).
Le modifiche di altezza e volumetria, ai sensi della citata
normativa regionale, sono ammissibili solo laddove
strettamente necessarie a rendere abitabili i predetti
volumi, con conseguente esclusione di quelle trasformazioni,
che si sostanzino nella creazione di nuove volumetrie, che
vengano in qualsiasi modo ad eludere (o, meglio, ad
eccedere) lo scopo unico, cui il legislatore regionale ha
funzionalizzato le modifiche medesime.
Ma se siffatte trasformazioni possono avvenire, come s’è
visto, in déroga ad ogni previsione urbanistica comunale
(comprese, quindi, quelle in tema di limiti quantitativi di
natura volumetrica), lo stesso non può dirsi per le altezze
massime dei fabbricati, di cui il citato art. 2 assicura,
come s’è detto, comunque il rispetto.
sia sulla base della lettera della norma che per evidenti
ragioni logiche, l’impedimento rappresentato dai “limiti di
altezza massima degli edifici” si pone solo in caso di
interventi, che comportino “modificazioni delle altezze di
colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde”.
Soltanto siffatti interventi, infatti, sono, per loro stessa
natura, in grado di incidere sull’altezza del fabbricato, sì
che appare del tutto congruo che solo ad essi il legislatore
regionale abbia apposto il detto limite; ciò, è evidente, al
contrario di quegli interventi, che, realizzando il recupero
in discussione attraverso le tipiche trasformazioni
riconducibili al concetto di ristrutturazione edilizia
nonché mediante “l'apertura di finestre, lucernari, abbaini
e terrazzi”, sono tali da risultare del tutto ininfluenti
rispetto al parametro dell’altezza del fabbricato, di cui
non comportano, pertanto, la necessità di una nuova
misurazione, con conseguente assoluta indifferenza, dunque,
del relativo metodo di misurazione.
Vale a dire che la ristrutturazione edilizia di un
sottotetto non può dare luogo ad un’ulteriore
sopraelevazione di piano, altrimenti si entra nel regime
ordinario delle edificazioni, specie quanto a volumi ed
altezze
Quanto agli interventi incidenti sull’altezza anzidetta in
quanto comportanti “modificazioni delle altezze di colmo e
di gronda e delle linee di pendenza delle falde”, occorre
subito rilevare che la normativa regionale, nel far salvi,
come s’è detto, i “limiti di altezza massima degli edifici
posti dallo strumento urbanistico”, nulla ha statuito circa
le modalità di calcolo dell’altezza medesima, che, attenendo
ai criteri dell’edificazione restano dunque disciplinati
dalle norme di disciplina dell’edilizia all’uopo dettate dai
singoli Comuni.
Nella fattispecie, che palesa la sopraelevazione di un
ulteriore piano, oltre al recupero del sottotetto, si
controverte quindi di piano nuovo, cioè non preesistente e
realizzato al di fuori della “sagoma limite” in altezza
dell’edificio precedente.
Tanto meno può essere condivisa l’affermazione che –quale
terrazzo– si sarebbe trattato di piano asseritamene
ricompreso nell’altezza originaria dell’edificio, perché non
si può confondere quest’ultima con il numero dei piani, i
quali –peraltro– pacificamente erano 7 e non 8: infatti, sul
terrazzo sono state realizzate altre costruzioni.
Relativamente alla configurazione prospettata della
sopraelevazione come “locali tecnici”, osserva il Collegio
che l’esame della doglianza non può prescindere dalla regola
fondamentale che presiede agli interventi di recupero dei
sottotetti qualificati – come visto – di ristrutturazione
edilizia a norma dell’art. 31, lett d), della legge
05.08.1978 n. 457, ora trasfusa nell’art. 3 del D.P.M.
06.06.2001 n. 380, ossia il “ripristino o la sostituzione di
alcuni elementi costitutivi dell’edificio, la eliminazione,
la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti”.
La norma va intesa nel senso che “l’inserimento di nuovi
elementi ed impianti” non è ammessa comunque, ma è
consentita purché non comporti alterazione dell’intervento
rivolto a “trasformare gli organismi edilizi” preesistenti
in “nuove” costruzioni che modifichino la sagoma o aumentino
i volumi.
Il criterio derogatorio ai limiti di volumetria prescritti
dalle disposizioni urbanistiche in favore dei volumi tecnici
(in funzione strumentale e in relazione all’uso della
costruzione principale per accessori e impianti) non può
riguardare le ipotesi dei c.d. carichi urbanistici, quando
vengono aggravati da volumi che permettono un più ampio
insediamento umano (e, perciò non possono essere considerati
volumi tecnici le verande, i porticati, i vani chiusi
comunque utilizzabili come locali abitabili).
La realizzata sopraelevazione, di altezza uguale a quella
prevista per i piani di civile abitazione sul solaio di
copertura del preesistente sottotetto soggetto alle
prescrizioni di cui si è detto, ne costituisce violazione ed
è, pertanto, illegittima, a termini degli artt. 8 e 9 della
legge 28.02.1985, n. 47.
Ma lo sarebbe anche se nella specie fosse possibile
consentire la realizzazione di volumi effettivamente
tecnici, ossia destinati ad ospitare gli impianti che non è
possibile collocare all’interno, poiché nella specie si è in
presenza di una modificazione strutturale e di uso del
lastrico di copertura, del tutto estranea per dimensione ed
altezze al concetto di locali tecnici (Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 04.02.2008 n. 298).
-------------
In materia, si vedano anche Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 21.12.2006 n. 7770
e Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 30.05.2005 n. 2767). |
EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia, sulla questione del recupero dei
sottotetti ex L.R. n. 12/2005.
L’art. 873 del c.c. rubricato “Distanze
nelle costruzioni” stabilisce che “Le
costruzioni su fondi finitimi, se non sono
unite o aderenti, devono essere tenute a
distanza non minore di tre metri. Nei
regolamenti locali può essere stabilita una
distanza maggiore”.
La disposizione è stata interpretata nel
senso che le norme del piano regolatore
generale e quelle tecniche di attuazione
dello stesso –che fissano la distanza tra le
costruzioni facendo riferimento alla
distanza dal confine– sono integrative delle
norme del codice civile ed hanno carattere
assoluto e non derogabile dai privati (Corte
di Cassazione, sez. II civile – 09/06/1999
n. 5666), in quanto volte a salvaguardare
sia l’interesse della collettività locale ad
un migliore assetto dell'agglomerato urbano
sia l’aspirazione dei singoli a fruire di un
distacco congruo dalle proprietà limitrofe:
esse dunque tendono a regolare i rapporti
tra residenti su fondi finitimi in modo equo
e fanno sorgere a favore del soggetto
danneggiato da una nuova costruzione il
diritto di chiedere la riduzione in pristino
ai sensi dell’art. 872 c.c. (Corte di
Cassazione, sez. II civile – 10/04/2001 n.
10471).
E’ stato peraltro rilevato che
l’applicazione della sanzione della
riduzione in pristino, richiesta dal vicino
danneggiato dalla costruzione realizzata a
distanza non legale, consegue ipso iure alla
violazione della norma, la quale non lascia
al giudice alcun margine di apprezzamento in
ordine ai pregiudizi prodotti dalla sua
inosservanza (Corte di Cassazione, sez. II
civile – 11/01/2006 n. 213).
In definitiva i regolamenti locali
richiamati dall'art. 873 del c.c., i quali
stabiliscono una distanza maggiore di tre
metri per le costruzioni sui fondi finitimi,
attribuiscono a ciascun proprietario un
diritto soggettivo perfetto al rispetto
della maggiore distanza, il quale è
tutelabile, in caso di inosservanza, sia con
la riduzione in pristino sia con il
risarcimento del danno (Corte di Cassazione,
sez. II civile – 06/12/1984 n. 6402; sez.
unite civili – 18/06/1985 n. 3659).
Deve altresì essere puntualizzato che le
sopraelevazioni, ai fini del rispetto delle
distanze, rientrano nella nozione di nuova
costruzione, la quale comprende qualsiasi
modifica della volumetria di un fabbricato
preesistente che comporti l'aumento della
sagoma d'ingombro in guisa da incidere
direttamente sulla situazione di distanza
tra edifici ed indipendentemente dalla sua
utilizzabilità ai fini abitativi (cfr. ex
plurimis Corte di Cassazione, sez. II civile
– 12/01/2005 n. 400; 05/07/2000 n. 8954;
24/05/2000 n. 6809).
Il panorama normativo si è arricchito in
seguito alla riforma del titolo V della
Costituzione. Per effetto di essa il
“governo del territorio” è divenuta materia
a competenza legislativa ripartita tra Stato
e Regione (cfr. nuovo art. 117) e lo Stato
esercita la propria potestà dettando
soltanto i principi fondamentali.
In materia di sottotetti è da ultimo
intervenuta la L.r. 11/03/2005 n. 12 ai
sensi della quale “La Regione promuove il
recupero a fini abitativi dei sottotetti
esistenti con l'obiettivo di contenere il
consumo di nuovo territorio e di favorire la
messa in opera di interventi tecnologici per
il contenimento dei consumi energetici”
(art. 63 comma 1), mentre “Si definiscono
sottotetti i volumi sovrastanti l'ultimo
piano degli edifici dei quali sia stato
eseguito il rustico e completata la
copertura” (art. 63 comma 1-bis).
Il successivo art. 64 stabilisce al comma 1
che “Gli interventi edilizi finalizzati al
recupero volumetrico dei sottotetti possono
comportare l'apertura di finestre,
lucernari, abbaini e terrazzi …, nonché, …
modificazioni delle altezze di colmo e di
gronda e delle linee di pendenza delle
falde, purché nei limiti di altezza massima
degli edifici posti dallo strumento
urbanistico ed unicamente al fine di
assicurare i parametri di cui all'articolo
63, comma 6” (altezza media ponderale di m.
2,40). Aggiunge al comma 2 che “Il recupero
ai fini abitativi dei sottotetti esistenti è
classificato come ristrutturazione edilizia
ai sensi dell'articolo 27, comma 1, lettera
d). Esso non richiede preliminare adozione
ed approvazione di piano attuativo ed è
ammesso anche in deroga ai limiti ed alle
prescrizioni degli strumenti di
pianificazione comunale vigenti ed adottati,
…”.
Osserva il Collegio anzitutto che ogni
questione che coinvolge le relazioni tra
privati individui appartiene all’ampia
materia dell’ordinamento civile, enucleata
dall’art. 117 Cost. e riservata alla
competenza esclusiva dello Stato.
Ad avviso dei ricorrenti la normativa
regionale citata opererebbe in deroga al
regime delle distanze, precludendo a priori
alle amministrazioni locali di stabilire
misure superiori allo “standard” di 3 metri
fissato dal codice civile.
Una simile impostazione non può essere
condivisa dal Collegio, anche alla luce
della significativa pronuncia della Corte
costituzionale 16/06/2005 n. 232 sui
rapporti tra potestà statale e potestà
regionale in materia.
Secondo la Corte, con riferimento alla
disciplina delle distanze tra fabbricati
l’attribuzione alle Regioni di competenza
concorrente in materia di governo del
territorio interferisce con l’ordinamento
civile di spettanza esclusiva dello Stato, e
in tale contesto “le Regioni devono
esercitare le loro funzioni nel rispetto dei
principi della legislazione statale”.
Il primo principio, fissato in epoca
risalente, “è che la distanza minima sia
determinata con legge statale, mentre in
sede locale, sempre ovviamente nei limiti
della ragionevolezza, possono essere
soltanto fissati limiti maggiori”.
In secondo luogo, l'ordinamento statale
consente deroghe alle distanze con normative
locali, “purché però siffatte deroghe siano
previste in strumenti urbanistici funzionali
ad un assetto complessivo ed unitario di
determinate zone del territorio”. Tali
principi si ricavano dall'art. 873 cod. civ.
e dall'ultimo comma dell'art. 9 del D.M.
1444/1968 ai sensi del quale “Qualora le
distanze tra fabbricati, come sopra
computate, risultino inferiori all'altezza
del fabbricato più alto, le distanze stesse
sono maggiorate fino a raggiungere la misura
corrispondente all'altezza stessa. Sono
ammesse distanze inferiori a quelle indicate
nei precedenti commi, nel caso di gruppi di
edifici che formino oggetto di piani
particolareggiati o lottizzazioni
convenzionate con previsioni
planovolumetriche”.
L’ipotesi prospettata riguarda ad es. Piani
particolareggiati, Piani di recupero o Piani
di lottizzazione, strumenti di
pianificazione che hanno la funzione di
determinare un ordinato assetto di un ambito
individuato o di una zona identificata del
territorio comunale.
In ogni caso secondo la Corte Costituzionale
i suindicati limiti alla possibilità di
fissare distanze difformi da quelle previste
dalla normativa statale “trovano la loro
ragione nel rilievo che le deroghe, per
essere legittime, devono attenere agli
assetti urbanistici e quindi al governo del
territorio e non ai rapporti tra vicini
isolatamente considerati in funzione degli
interessi privati dei proprietari dei fondi
finitimi”.
Al riguardo la normativa regionale invocata
è chiaramente ispirata al principio di
favore per il recupero dei sottotetti,
perseguendo l’interesse pubblico di evitare
il consumo di nuovo territorio, e dunque
estende il proprio raggio di applicazione a
tutte le zone residenziali o comunque
abitate e non limita la propria portata a
particolari aree o ambiti. Non sembra
viceversa che il legislatore regionale abbia
inteso incidere sulle relazioni
intersoggettive tra privati, rispetto alle
quali la disciplina sui sottotetti non può
interferire dovendo arrestarsi di fronte ai
limiti invalicabili dell’ordinamento civile,
di competenza esclusiva dello Stato.
In quest’ottica i Comuni esercitano una
potestà straordinaria ed integrano una norma
di rango statale con efficacia immediata sui
rapporti tra privati individui, introducendo
regole riconosciute e tutelate dal diritto
comune, e in questo senso l’art. 873 del
c.c. è norma di rinvio dinamico (o mobile)
che fa riferimento alla fonte richiamata,
ossia ai regolamenti locali abilitati a
stabilire la misura delle distanze.
La “doppia funzione” di tale disposizione
–che appunto tutela sia l'interesse dei
privati alla fruizione di un distacco
congruo sia quello della collettività ad un
ordinato assetto del territorio– comporta
che, anche ammettendo una potestà
derogatoria in capo alla Regione in merito
ai profili urbanistici, la stessa
incontrerebbe un ostacolo ineludibile
rappresentato dai puntuali diritti
soggettivi dei singoli, la cui fonte è
rintracciabile in una norma statale
inderogabile. In definitiva alla Regione è
preclusa ogni ingerenza nei rapporti
interprivatistici, ai quali la disciplina
delle distanze tra costruzioni attiene in
via primaria e diretta.
Nella specie la Regione non può in buona
sostanza incidere sui diritti soggettivi che
traggono origine dal binomio norma statale -
regolamento locale, secondo un atipico
sistema di fonti che non sovverte il
principio di gerarchia ma rappresenta oggi
la logica traduzione del principio di
sussidiarietà, il quale impone che
l’esercizio delle funzioni pubblicistiche
–nel loro momento decisionale ed attuativo–
debba essere riservato al livello
istituzionale che presenta la maggiore
prossimità con i cittadini, salve le ipotesi
che richiedono necessariamente la competenza
del livello successivo e più ampio:
espressione del principio di sussidiarietà è
infatti il canone secondo cui il potere
centrale non deve intervenire quando
l’autorità periferica è in grado di curare
efficacemente i propri interessi.
E’ evidente che in materia di distanze tra
costruzioni il legislatore nazionale ha
ritenuto giustificato il diretto intervento
del pianificatore locale per la sua
conoscenza del territorio e dei fabbisogni
dei singoli (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 30.08.2007 n. 834 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia, sulla questione del recupero dei
sottotetti ex L.R. n. 12/2005.
L’art. 9 del D.M. 02/04/1968 n. 1444,
rubricato “Limiti di distanza tra i
fabbricati” stabilisce testualmente al comma
1 che “Le distanze minime tra fabbricati per
le diverse zone territoriali omogenee sono
stabilite come segue:
1) Zone A): per le operazioni di risanamento
conservativo e per le eventuali
ristrutturazioni, le distanze tra gli
edifici non possono essere inferiori a
quelle intercorrenti tra i volumi edificati
preesistenti, computati senza tener conto di
costruzioni aggiuntive di epoca recente e
prive di valore storico, artistico o
ambientale;
2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è
prescritta in tutti i casi la distanza
minima assoluta di m. 10 tra pareti
finestrate e pareti di edifici antistanti;
…”
La giurisprudenza ha costantemente affermato
che il citato D.M. –emanato in virtù
dell’art. 41-quinquies della L. 1150/1942
introdotto a sua volta dall’art. 17 della L.
06/08/1967 n. 765 (c.d. L. Ponte)– ripete
dal rango di fonte primaria della norma
delegante la forza di legge, suscettibile di
integrare con efficacia precettiva il regime
delle distanze dalle costruzioni di cui
all’art. 872 c.c.: la regola della distanza
di 10 metri tra pareti finestrate e pareti
di edifici antistanti vincola anche i Comuni
in sede di formazione e di revisione degli
strumenti urbanistici, con la conseguenza
che ogni previsione regolamentare in
contrasto con l’anzidetto limite minimo è
illegittima e va disapplicata, essendo
consentita alle amministrazioni locali solo
la fissazione di distanze superiori (TAR
Abruzzo Pescara – 28/04/2007 n. 494;
Consiglio di Stato, sez. IV – 12/07/2002 n.
3930). E’ stato dunque introdotto un vincolo
a carattere pubblicistico ed inderogabile,
diretto non soltanto a salvaguardare
interessi privati ma anche a tutelare
interessi generali in materia urbanistica,
di igiene, decoro e sicurezza degli abitati
(cfr. Corte di Cassazione, sez. II civile –
16/02/1996 n. 1201; TAR Emilia Romagna
Bologna, sez. II – 29/01/2004 n. 136).
In punto di fatto l’intervento in esame
comporta un sopralzo di 1 metro alla
distanza di 3,15 mt. da un fabbricato
antistante. In proposito si è detto che le
disposizioni di cui all'art. 9 comma 2 del
D.M. citato sono applicabili anche alle
sopraelevazioni, giacché tendono ad evitare
la creazione di intercapedini che
impediscono la libera circolazione dell'aria
con effetti produttivi di insalubrità e di
riduzione della luminosità (T.A.R. Veneto,
sez. II – 22/04/2005 n. 1778; Consiglio di
Stato, sez. V – 19/10/1999 n. 1565): in
definitiva le sopraelevazioni, ai fini del
rispetto delle distanze fra edifici,
rientrano nella nozione di nuova
costruzione, la quale comprende qualsiasi
modifica della volumetria di un fabbricato
preesistente che comporti l'aumento della
sagoma d'ingombro in guisa da incidere
direttamente sulla situazione di distanza
tra edifici ed indipendentemente dalla sua
utilizzabilità ai fini abitativi (cfr. ex
plurimis Corte di Cassazione, sez. II civile
– 12/01/2005 n. 400; 05/07/2000 n. 8954;
24/05/2000 n. 6809).
In materia di distanze legali l’art. 136 del
D.P.R. 06/06/2001 n. 380 ha mantenuto in
vigore l’art. 41-quinquies commi 6, 8, 9
della L. 1150/1942, per cui in forza
dell’art. 9 del D.M. 1444/68 la distanza
minima inderogabile di 10 metri tra pareti
finestrate e pareti di edifici antistanti è
quella che tutti i Comuni sono tenuti ad
osservare, mentre il giudice è tenuto ad
applicare tale disposizione anche in
presenza di norme contrastanti incluse negli
strumenti urbanistici locali, dovendosi essa
ritenere automaticamente inserita nel P.R.G.
al posto della norma illegittima. (cfr.
Corte di Cassazione, sez. II civile –
29/05/2006 n. 12741).
Osserva il Collegio anzitutto che la
disciplina civilistica delle distanze tra
costruzioni investe principalmente i
rapporti tra proprietari di fondi limitrofi,
e i loro diritti sono tutelati –in caso di
inosservanza– dall’autorità giudiziaria
ordinaria alla quale è possibile rivolgersi
anche per ottenere la riduzione in pristino
(cfr. art. 872 c.c.); è altrettanto evidente
che ogni questione che coinvolge le
relazioni tra privati individui appartiene
all’ampia materia dell’ordinamento civile,
enucleata dall’art. 117 Cost. e riservata
alla competenza esclusiva dello Stato.
Ad avviso della ricorrente la normativa
regionale sui sottotetti opererebbe in
deroga al regime delle distanze tra
fabbricati, senza che il Comune di Bovezzo
abbia ritenuto di avvalersi della facoltà di
sottrarsi alla disciplina regionale così
come consentito dall’art. 65 della L.r.
12/2005.
Una simile impostazione non può essere
condivisa dal Collegio, anche alla luce
della significativa pronuncia della Corte
costituzionale 16/06/2005 n. 232 sui
rapporti tra potestà statale e potestà
regionale in materia.
Secondo la Corte, con riferimento alla
disciplina delle distanze tra fabbricati
l’attribuzione alle Regioni di competenza
concorrente in materia di governo del
territorio interferisce con l’ordinamento
civile di spettanza esclusiva dello Stato, e
in tale contesto “le Regioni devono
esercitare le loro funzioni nel rispetto dei
principi della legislazione statale”.
Il primo principio, fissato in epoca
risalente, “è che la distanza minima sia
determinata con legge statale, mentre in
sede locale, sempre ovviamente nei limiti
della ragionevolezza, possono essere
soltanto fissati limiti maggiori”.
In secondo luogo, l'ordinamento statale
consente deroghe alle distanze minime con
normative locali, “purché però siffatte
deroghe siano previste in strumenti
urbanistici funzionali ad un assetto
complessivo ed unitario di determinate zone
del territorio”. Tali principi si ricavano
dall'art. 873 cod. civ. e dall'ultimo comma
dell'art. 9 del D.M. 1444/1968 ai sensi del
quale “Qualora le distanze tra fabbricati,
come sopra computate, risultino inferiori
all'altezza del fabbricato più alto, le
distanze stesse sono maggiorate fino a
raggiungere la misura corrispondente
all'altezza stessa. Sono ammesse distanze
inferiori a quelle indicate nei precedenti
commi, nel caso di gruppi di edifici che
formino oggetto di piani particolareggiati o
lottizzazioni convenzionate con previsioni
planovolumetriche”.
L’ipotesi prospettata riguarda ad es. Piani
particolareggiati, Piani di recupero o Piani
di lottizzazione, strumenti di
pianificazione che hanno la funzione di
determinare un ordinato assetto di un ambito
individuato o di una zona identificata del
territorio comunale.
In ogni caso secondo la Corte Costituzionale
i suindicati limiti alla possibilità di
fissare distanze inferiori a quelle previste
dalla normativa statale “trovano la loro
ragione nel rilievo che le deroghe, per
essere legittime, devono attenere agli
assetti urbanistici e quindi al governo del
territorio e non ai rapporti tra vicini
isolatamente considerati in funzione degli
interessi privati dei proprietari dei fondi
finitimi”.
Al riguardo la normativa regionale invocata
è chiaramente ispirata al principio di
favore per il recupero dei sottotetti,
perseguendo l’interesse pubblico di evitare
il consumo di nuovo territorio, e dunque
estende il proprio raggio di applicazione a
tutte le zone residenziali o comunque
abitate e non limita la propria portata a
particolari aree o ambiti. Non sembra
viceversa che il legislatore regionale abbia
inteso incidere sulle relazioni
intersoggettive tra privati, rispetto alle
quali la disciplina sui sottotetti non può
interferire dovendo arrestarsi di fronte ai
limiti invalicabili dell’ordinamento civile,
di competenza esclusiva dello Stato.
Il Collegio richiama la costante
giurisprudenza della Corte di Cassazione, la
quale ha ripetutamente affermato che le
norme degli strumenti urbanistici in materia
di distanze – sia che si riferiscano al
confine oppure all'altra costruzione – sono
destinate a tutelare sia l'interesse dei
vicini alla fruizione di un distacco
congruo, sia quello della collettività
all'instaurazione di un assetto urbanistico
sotto ogni aspetto ordinato (cfr. ex
plurimis Corte di Cassazione, sez. II civile
– 24/03/2005 n. 6401; 29/04/1999 n. 4343).
La “doppia funzione” di tali disposizioni
comporta che, anche ammettendo una potestà
derogatoria in capo alla Regione in merito
ai profili urbanistici, la stessa
incontrerebbe un ostacolo ineludibile
rappresentato dai puntuali diritti
soggettivi dei singoli, la cui fonte è
rintracciabile in una norma statale
inderogabile. In definitiva alla Regione è
preclusa ogni ingerenza nei rapporti
interprivatistici, ai quali la disciplina
delle distanze tra costruzioni attiene in
via primaria e diretta.
Sul punto esiste, infine, un precedente
specifico, ed il Tribunale adito, con
pronuncia in forma semplificata, ha
sostenuto che l’art. 64 comma 2 della L.r.
12/2005 deve interpretarsi “… nel senso che
la derogabilità non opera nei casi in cui lo
strumento urbanistico riproduce disposizioni
normative di rango superiore, a carattere
inderogabile, qual è appunto il decreto
ministeriale nella parte in cui disciplina
le distanze tra fabbricati, trattandosi di
materia inerente all’ordinamento civile e
rientrante, come tale, nella competenza
legislativa esclusiva dello Stato” (TAR
Lombardia-Milano, sez. II – 26/04/2007 n.
1991) (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 30.08.2007 n. 832 - link
a www.giustizia-amministrativa-it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia, i sottotetti di cui alla l.r. n.
12/2005 devono rispettare la distanza minima
di mt. 10,00 dai fabbricati confinanti.
L'art. 9 del d.m. 02.04.1968, n. 1444, pur
riferendosi (comma 1, n. 2) alla
realizzazione di "nuovi edifici", è
applicabile anche agli interventi di
sopraelevazione (Cass. 2^, 27.03.2001, n.
4413; Cons. Stato, V, 19.10.1999, n. 1565),
e dunque anche alle ristrutturazioni che
-volte, come quella de qua, al recupero del
sottotetto- comportino un incremento non
trascurabile dell'altezza del fabbricato (da
mt. 7,60 a mt. 9,54);
La normativa in questione, mirando ad
evitare la creazione di intercapedini in
grado di impedire la libera circolazione
dell'aria, come tali produttive di
insalubrità oltre che riduttive di
luminosità e dunque non autorizzabili per
motivi igienico-sanitari (Cons. Stato, V,
19.10.1999, n. 1565; T.A.R. Catania,
27.10.1994, n. 2373), risponde ad esigenze
pubblicistiche che sovrastano gli interessi
dei singoli, per soddisfare interessi
generali, e non è pertanto suscettibile i
deroghe pattizie.
Considerato, inoltre, che a sostegno
dell'opposta tesi non può essere invocato
l'art. 64, secondo comma, della legge
regionale n. 12 del 2005 (legge per il
governo del territorio), secondo cui il
recupero a fini abitativi dei sottotetti
esistenti "... è ammesso anche in deroga ai
limiti ed alle prescrizioni degli strumenti
di pianificazione comunale ...", dovendo la
norma interpretarsi nel senso che la
derogabilità non opera nei casi in cui lo
strumento urbanistico riproduce disposizioni
normative di rango superiore, a carattere
inderogabile, qual è appunto il decreto
ministeriale nella parte in cui disciplina
le distanze tra fabbricati, trattandosi di
materia inerente l'ordinamento civile e
rientrante, come tale, nella competenza
esclusiva dello Stato (cfr. Corte cost.
16.06.2005, n. 232) (TAR Lombardia-Milano,
Sez. II,
sentenza 26.04.2007 n. 1991). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
sopralzo del sottotetto deve rispettare la distanza minima
di mt. 10,00 dai fabbricati limitrofi.
Il recupero volumetrico (sopraelevazione) dei
sottotetti in Lombardia, in forza della l.r. n. 12/2005 e
s.m.i., non può derogare dalla distanza minima di mt. 10,00
tra fabbricati di cui al D.M. 02.04.1968 1444 (TRIBUNALE di
Como, Sez. civile,
sentenza 06.02.2006). |
EDILIZIA PRIVATA: La
nota 26.01.2006
dell'Avv. Paolo Mantegazza di Como avente per oggetto:
Sottotetti - recupero abitativo - Legge Regionale 20.12.2005
n. 20 - Adempimenti comunali. |
NEWS |
ENTI LOCALI: Impianti
termici, nuove disposizioni.
Sono state pubblicate le disposizioni regionali del
31.12.2007 che regolano le attività di accertamento,
ispezione e manutenzione degli impianti termici. Obiettivo è
armonizzare gli impianti di climatizzazione invernale su
tutto il territorio regionale (link a
www.ors.regione.lombardia.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Nuove
disposizioni in materia di VIA e di VAS (d.lgs 16.01.2008,
n. 4).
Il 13 febbraio 2008 sono entrate in vigore le “ulteriori
disposizioni correttive ed integrative” relative alla
Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e alla Valutazione
ambientale Strategica (VAS) di cui alla Parte II del d.lgs.
152/2006, così come sancite dal recente decreto legislativo
16.01.2008 n. 4 (link a www.regione.lombardia.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA: M.
Kusturin,
Art. 258, comma 2, D.lgs. 152/2006: chi applica la sanzione
amministrativa accessoria?
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: S.
Pallotta,
D.Lgs. 16.01.2008, n. 4 (modifica al T.U. ambientale): la
vidimazione del registro di carico e scarico tra altalene
normative e rompicapo documentali
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: V.
Vattani,
Ritorna l’obbligo di vidimazione per i registri di carico e
scarico, permangono i contrasti interpretativi…
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: G.
Amendola,
Acque reflue da allevamenti di bestiame e decreto
correttivo: un passo indietro?
(link a www.simoline.com). |
EDILIZIA
PRIVATA: E.
Riccio,
Detrazione 55% (per riqualificazione energetica): le
modifiche del DM 26.10.2007 e della Finanziaria 2008
(link a www.filodiritto.com). |
EDILIZIA PRIVATA: G.
Guzzo,
Tutela del paesaggio: tra garanzie partecipative e potere
sostitutivo del giudice
(link a www.ambientediritto.it) |
AMBIENTE-ECOLOGIA: S.
R. Cerruto,
Appendice di aggiornamento al "Codice ambientale annotato.
Guida pratico-operativa alle norme su rifiuti e bonifica di
siti contaminati"
(link a www.ambientediritto.it) |
ATTI AMMINISTRATIVI: F.
Patroni Griffi,
La semplificazione amministrativa
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
GIURISPRUDENZA |
AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO
- Limitazione del traffico veicolare - Competenza del
Sindaco - Sussistenza - Art. 7 D.Lgs. n. 285/1992.
L'articolo 7 del D.Lgs 285/1992 attribuisce espressamente al
sindaco il potere di procedere all'istituzione e
all'individuazione delle zone che richiedono una limitazione
del traffico veicolare. Tale norma, sebbene di epoca
anteriore rispetto alla disposizione normativa di cui
all'articolo 107 del D.Lgs 267/2000 in materia di competenze
della dirigenza degli enti locali, resta comunque successiva
rispetto all'introduzione nell'ordinamento del principio di
separazione tra compiti degli organi di governo e compiti
dei dirigenti, a suo tempo introdotta già con la legge
142/1990; pertanto rispetto al predetto principio, la
disposizione de qua assume natura di lex posterior e, come
tale, ben può proporsi come fattispecie derogatoria rispetto
al preesistente principio di attribuzione di siffatte
competenze alla dirigenza. In favore della competenza degli
organi politici in luogo della dirigenza milita anche
l'ulteriore considerazione per cui i provvedimenti di
limitazione del traffico costituiscono non già meri atti di
esecuzione di precedenti provvedimenti di programmazione, ma
essi stessi si pongono come momenti di pianificazione e
ordinamento dell'uso del territorio, come tali in linea di
principio necessariamente rientranti nelle attribuzioni
degli organi di direzione politica dell'ente locale, tra cui
figura anche il sindaco, proprio in virtù del potere
espressamente conferitogli dall'articolo 7, commi 6 e 7,
D.Lgs 285/92, di modulare i limiti di circolazione nel
territorio urbano (cfr. TAR Campania-Napoli, sez. I,
15.02.2005, n. 1325).
INQUINAMENTO - Limitazione del traffico veicolare -
Presupposti - Specifico studio settoriale - Necessità -
Esclusione.
La duplice sussistenza dei presupposti previsti dalla legge
per disciplinare le limitazioni del traffico veicolare
(riduzione dell’inquinamento e conformazione della strada)
esclude la necessità dello specifico studio settoriale di
cui al d.m. 413/1997, tenuto conto che il sindaco, ai sensi
dell’art. 6. comma 4 lett. b) del codice della strada, può,
in ogni caso, stabilire obblighi, divieti e limitazioni di
carattere temporaneo o permanente per ciascuna strada o
tratto di essa, o per determinate categorie di utenti, in
relazione alle esigenze della circolazione o alle
caratteristiche strutturali delle strade. D’altra parte,
ogni apprezzamento in merito alla capacità della rete
stradale di assorbire il transito e la sosta di automezzi è
rimessa ai sensi dell'art. 7, comma 1, del d. lgs. n. 285
del 30.04.1992, all'ente proprietario della strada e,
quindi, nella specie, al Comune (TAR Campania-Napoli, Sez.
I,
sentenza 06.02.2008 n. 580
- link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Ristrutturazione
di un immobile - Concessione edilizia - Legittimazione ad
agire del privato confinante - Completamento dell'opera -
Fondamento - Eccezione di tardività - Limiti.
La legittimazione ad agire del privato confinante si
configura solo con il completamento dell'opera (nel corso
della quale sono sempre possibili una serie di varianti)
potendo questi, solo in tale momento, compiutamente valutare
se gravarsi o meno in sede giurisdizionale. L'eccezione di
tardività, essendo destinata ad incidere sul fondamentale
diritto alla tutela giurisdizionale, postula una prova
rigorosa che deve essere fornita dalla parte che la formula.
Sicché, è da escludere che il privato confinante debba
seguire giorno per giorno i lavori che si svolgono sul fondo
finitimo perché in relazione ad ogni step dell'attività
edificatoria decorrerebbe un autonomo termine di
impugnazione.
Ristrutturazione di un immobile - Violazione delle
prescrizioni - Vincolo di facciata dell'edificio - Vietata
immutazione - Recupero di superfici - Superfetazione
soggetta a demolizione - Pregiudizio per il vicino -
Interesse ad agire - Sussistenza.
La ristrutturazione di un immobile in violazione delle
prescrizioni, contenute in concessione edilizia, comporta un
pregiudizio e quindi l'interesse ad agire, per il
confinante. (Nella specie, la violazione della prescrizione
riguardava il vincolo di facciata nonché un non consentito
recupero di superfici - da una superfetazione soggetta a
demolizione).
Concessione edilizia - Prescrizioni - Disapplicazione
da parte della Commissione edilizia - Esclusione.
Quando una prescrizione è esistente alla data di rilascio
della concessione edilizia essa non può essere disapplicata
dalla Commissione edilizia.
Concessione edilizia - Violazione delle prescrizioni -
Denuncia da parte del vicino - Mancanza di pregiudizio -
Atto emulativo - Esclusione.
La denuncia da parte del vicino d’inosservanza delle
prescrizioni non è inquadrabile come atto emulativo, anche
quando il vicino non riceverebbe alcun pregiudizio
dall’abusività dell’opera (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 06.02.2008 n. 322
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EDILIZIA PRIVATA: BENI
CULTURALI E AMBIENTALI - Porto turistico - Approvazione del
progetto - Conferenza di servizi ex artt. 5 e 6 DPR 509/1997
- Mancata convocazione della Soprintendenza - Illegittimità.
E’ illegittima l’approvazione di un progetto definitivo per
la ristrutturazione di un porto turistico in difetto della
convocazione della Soprintendenza alla riunione della
conferenza di servizi di cui agli artt. 5 e 6 del DPR
509/1997. In base al terzo comma dell’art. 6 di detto DPR,
infatti, deve essere convocata, in aggiunta alle
Amministrazioni di cui all'art. 5, comma secondo,
"l'autorità competente per la pronuncia di compatibilità
ambientale" ex DPR 12/4/1996 (ora ex D.Lgs. 03/04/2006 n.
152). Poiché la Regione è già compresa tra i soggetti
richiamati all'art. 5, comma secondo, sarebbe comunque
incongruo escludere la Soprintendenza come ulteriore
"autorità competente per la pronuncia di compatibilità
ambientale" e riferire tale espressione solo alla Regione
stessa. Del resto è illogico estendere l'esclusione
dell'obbligo di convocare la Soprintendenza, prevista
all'art. 5 per la approvazione di un progetto preliminare da
inviare -appunto- alla Soprintendenza stessa, anche alla
successiva convocazione per la approvazione del progetto
definitivo, in mancanza di una specifica norma che deroghi
al necessario coinvolgimento finale di tutti i soggetti
doverosamente coinvolti nel procedimento nelle precedenti
fasi (TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 06.02.2008 n. 105
- link a www.ambientediritto.it) |
EDILIZIA PRIVATA: Opere
abusive in zona vincolata - Interventi in assenza della
relativa autorizzazione - Prescrizione - Estinzione del
reato.
Nei casi di opere abusive in zona vincolata suscettibili di
condono edilizio il reato si può estinguere per intervenuta
prescrizione (Corte di cassazione, Sez. III penale,
sentenza 28.01.2008 n. 4091
- link a www.ambientediritto.it) |
AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO
- Bonifica di siti contaminati - Iter procedurale - Ruolo
del Ministero dell’Ambiente - Art. 252, c. 4, D.Lgs. n.
152/2006 - Art. 4 D.M. 471/1999 - Differenza.
Mentre l’articolo 15, comma 4 del D.M. n. 471 del 1999 (in
attuazione dell’articolo 17, comma 4 del D.Lgs. n. 22/1997)
stabiliva che “il Ministro dell'Ambiente, di concerto con i
Ministri dell'industria del commercio e i dell'artigianato e
della sanità d'intesa con la regione territorialmente
competente, approva il progetto definitivo, tenendo conto
delle conclusioni dell'istruttoria tecnica e autorizza la
realizzazione dei relativi interventi”, l’art. 252, comma 4
del D. Lgs. n. 152/2006 ha attribuito la competenza relativa
alla procedura di bonifica dei siti inquinati di interesse
nazionale al Ministero dell’Ambiente, che vi procede,
sentito il Ministero delle attività produttive, potendo
avvalersi, dell’APAT, delle ARPA regionali, delle regioni
interessate, dell’Istituto Superiore della Sanità, ovvero di
altri soggetti qualificati pubblici o privati: si tratta di
un cambiamento del ruolo regionale nell’ambito della
complessa procedura di bonifica dei siti inquinati, nel
senso che, al posto dell’intesa tra enti paritari, (che
costituiva uno strumento di codeterminazione tra soggetti
costituzionalmente paritetici), la nuova disciplina ha
introdotto lo schema dell’eventuale avvalimento delle
Regioni da parte statale (il che -ovviamente- non impinge
sulla possibilità per la Regione di continuare ad essere
partecipe nei procedimenti di bonifica dei siti da
bonificare di interesse nazionale). Inutile dire che il
Ministero dell’ambiente - cui anche in precedenza era
attribuito il coordinamento delle operazioni di bonifica -
resta il soggetto principale del procedimento di bonifica
dei siti inquinati; la partecipazione del Ministro per le
attività produttive, invece, si sostanzia nella espressione
di un parere obbligatorio (“sentito il Ministero delle
attività produttive”), la cui mancanza non è suscettibile di
inficiare il provvedimento finale, a meno che non siano
ravvisabili specifici vizi procedimentali.
INQUINAMENTO - Bonifica dei siti di interesse
nazionale - Iter procedurale - D.Lgs. n. 152/2006 -
Innovazioni normative - Analisi di rischio.
In materia di bonifica dei siti inquinati di interesse
nazionale, il D. Lgs. n. 152/2006 ha modificato la
previgente disciplina non solo sotto il profilo delle
competenze, ma anche introducendo un meccanismo
procedimentale più complesso e rigoroso, che si sostanzia in
tutta una serie di momenti procedurali intermedi, legati tra
loro da un nesso di stretta interdipendenza funzionale:
oltre al procedimento di caratterizzazione, già previsto in
precedenza (composto, da una fase istruttoria, da una di
approvazione e da una di integrazione dell’efficacia ed
esecutiva) e da quello relativo alla progettazione
(anch’esso composto da istruttoria, approvazione,
integrazione dell’efficacia e esecuzione), il decreto ha
previsto una terza fase, cioè quella della analisi del
rischio.
INQUINAMENTO - Bonifica dei siti contaminati - D.Lgs.
n. 152/2006 - D.M. 471/99 e 468/2001 - Permanenza in vigore.
L’art. 264, lettera i) del decreto n. 152 del 2006 ha
disposto l’abrogazione del D. Lgs. n. 22/1997, ma non anche
del D.M. n. 471/1999 ed ha previsto che “al fine di
assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel
passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista
dalla parte IV del presente Decreto, i provvedimenti
attuativi del D. Lgs. 05.02.1997 n. 22, continuano ad
applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei
corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte
IV del presente Decreto”. Restano validi, anche a seguito
delle modifiche apportate al d.lgs. n. 152/2008 da due
decreti correttivi, in quanto non formalmente abrogati e per
effetto delle disposizioni transitorie sopra citate, il D.M.
n. 471/1999, il D.M. n. 468/2001 ed il D.M. n. 24.02.2003.
INQUINAMENTO - Bonifica dei siti contaminati - Art.
265, c. 4, d.lgs. n. 152/2006 - Mancata richiesta della
rimodulazione degli obiettivi di bonifica - Conseguenze.
L’art. 265, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006 dispone che, ad
eccezione degli interventi già conclusi, entro 180 giorni
dall’entrata in vigore del T.U., “può essere presentata
all’autorità competente adeguata relazione tecnica al fine
di rimodulare gli obiettivi di bonifica già autorizzati
sulla base dei criteri definiti dalla parte quarta del
presente decreto”: di conseguenza, qualora il privato non
chieda nei termini la riformulazione degli obiettivi, questi
continuerà ad attuare la procedura di bonifica secondo la
normativa precedente.
INQUINAMENTO - Bonifica dei siti inquinati -
Approvazione del progetto definitivo - Termini - Art. 10, c.
3 del D.M. n. 471/99.
I procedimenti di bonifica dei siti inquinati di interesse
nazionale sono peculiarmente caratterizzati da tutta una
serie di sub procedimenti particolarmente complessi e
delicati, attesi gli interessi in giuoco di assoluto rilievo
in quanto impingenti su quel bene primario,
costituzionalmente garantito, che è costituito dalla salute.
In questo contesto occorre ricordare la previsione dell’art.
10, comma 3 del D.M. n. 471/1999, secondo cui: “Il progetto
definitivo deve essere presentato al Comune e alla Regione
entro e non oltre un anno dalla scadenza del termine di cui
al comma 2. Il Comune o, se l'intervento riguarda un'area
compresa nel territorio di più Comuni, la Regione, approva
il progetto definitivo entro novanta giorni dalla
presentazione, sentita una Conferenza di servizi convocata
ai sensi dell'articolo 14 della legge 07.08.1990, n. 241”: è
evidente che la disposizione in parola - l’art. 10, comma 3
del D.M. n. 471/1999 - ha inteso superare i termini più
ristretti, non superiori a 90 giorni, contemplati dalla L.
n. 241/1990, sul verosimile assunto che questi termini siano
inadeguati in relazione alla complessa procedura di bonifica
dei siti inquinati.
INQUINAMENTO - Bonifica di siti contaminati -
Procedimento amministrativo - Conferenza di servizi -
Finalità - Partecipazione del privato - Estraneità.
La conferenza di servizi - caratterizzata da un momento
istruttorio e da un momento conclusivo, costituito dal
provvedimento successivo e monocratico adottato
dall’Amministrazione procedente - è ontologicamente
preordinata ad apprezzare quegli interessi che fanno capo
alle pubbliche amministrazioni coinvolte nel procedimento di
bonifica ambientale ed è, in definitiva, funzionalizzata
alla concreta attuazione dei principi costituzionali che
presiedono all’azione amministrativa (art. 97 della
Costituzione). In questa ottica, non può affermarsi che tra
le finalità della conferenza di servizi deve essere
annoverata quella di garantire la partecipazione dei privati
al procedimento: questa partecipazione trova, infatti, la
sua legittimazione normativa in altre disposizioni, e, in
particolare, negli artt. 7, 9 e 10 della L. n. 241/1990.
INQUINAMENTO - Bonifica di siti contaminati -
Interventi di risanamento - Coinvolgimento del privato -
Strumenti - Accordo di programma - Art. 246 d.lgs. n.
152/2006.
Le esigenze di un più penetrante coinvolgimento del soggetto
tenuto agli interventi di risanamento possono trovare un
supporto normativo nello strumento dell’accordo di
programma: esso, riducendo i rischi di un eventuale
contenzioso, consente di definire, approvare ed attuare
opere, interventi o programmi di intervento che richiedono,
per la loro completa attuazione, l’azione integrata e
coordinata di più soggetti pubblici e privati. Il D. Lgs. n.
152/2006, all’art. 246, in tema di bonifica dei siti
inquinati, prevede, all’uopo, che: “I soggetti obbligati
agli interventi di cui al presente titolo ed i soggetti
altrimenti interessati hanno diritto di definire modalità e
tempi di esecuzione degli interventi mediante appositi
accordi di programma stipulati, entro sei mesi
dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui
all'articolo 242, con le amministrazioni competenti ai sensi
delle disposizioni di cui al presente titolo”.
INQUINAMENTO - Bonifica di siti contaminati - Tutela
ambientale - Principio di proporzionalità - Art. 242 d. lgs.
n. 152/2006 - Principio di precauzione.
Il principio generale di proporzionalità si attaglia
particolarmente alla materia delle limitazione del diritto
di proprietà, della attività di autotutela, delle ordinanze
di necessità ed urgenza, delle irrogazione di sanzioni e
della tutela ambientale (cfr. Cons. Stato, Sez. IV,
22.03.2005, n. 1195): in base ad esso la pubblica
amministrazione deve adottare la soluzione idonea ed
adeguata, comportante il minor sacrificio possibile per gli
interessi compresenti e si risolve, in buona sostanza,
nell'affermazione secondo cui le autorità comunitarie e
nazionali non possono imporre, sia con atti normativi, sia
con atti amministrativi, obblighi e restrizioni alle libertà
del cittadino, tutelate dal diritto comunitario, in misura
superiore, cioè sproporzionata, a quella strettamente
necessaria nel pubblico interesse per il raggiungimento
dello scopo che l'autorità è tenuta a realizzare; in modo
che il provvedimento emanato sia idoneo, cioè adeguato
all'obiettivo da perseguire e necessario, nel senso che
nessun altro strumento ugualmente efficace, ma meno
negativamente incidente, sia disponibile (cfr., ex pluribus,
Cons. Stato, Sez. VI, 06.03.2007, n. 1736). In questo
contesto va ricordato che l’art. 242 ( Procedure operative
ed amministrative) del D. Lgs. n. 152/2006 rimarchi, sotto
il versante delle tecniche di intervento, la importanza del
principio comunitario della sostenibilità dei costi:
principio che, in buona sostanza, è correlato a quello di
proporzionalità. Va soggiunto che alla stregua di un altro
principio, cioè del principio di precauzione, che trova
origine nei procedimenti comunitari posti a tutela
dell’ambiente, è consentito all’amministrazione procedente
adottare i provvedimenti necessari laddove essa paventi il
rischio di una lesione ad un interesse tutelato anche in
mancanza di un rischio concreto: è evidente che questo
secondo principio deve armonizzarsi, sul versante della
concreta applicazione, con il primo, cioè con il principio
di proporzionalità; non potendo chiaramente prefigurarsi la
prevalenza del primo sul secondo, ma dovendosi ricercare un
loro equilibrato bilanciamento in relazione agli interessi
pubblici e privati in giuoco.
INQUINAMENTO - Bonifica di siti contaminati -
Decisioni assunte in materia ambientale - Apparato
motivazionale rigoroso.
Tutte le decisioni adottate dalle competenti autorità in
materia ambientale, e, segnatamente in materia di bonifica,
devono essere assistite -in relazione alla pluralità ed alla
rilevanza degli interessi in giuoco- da un apparato
motivazionale particolarmente rigoroso, che tenga conto di
una attività istruttoria parimente ineccepibile.
INQUINAMENTO - Bonifica di siti contaminati -
Procedura di analisi di rischio - Art. 242, c. 4, d.lgs. n.
152/2006 - CSC e CSR.
L’art. 242, comma 4 - procedura di analisi di rischio -
prevede livelli differenziati di contaminazione che, solo in
parte, rispecchiano quelli fissati dal D.M. n. 471/1999: il
primo denominato “CSC” (“concentrazione soglia di
contaminazione”: art. 240 lett. b.) e il secondo “CSR”
(“concentrazione soglia di rischio”: art. 240 lett. c.); il
sito di riferimento è qualificato “contaminato” solo se sia
superata la soglia “CSR” mentre se risulta superata quella
“CSC” (coincidente con i valori limite prima previsti
dall’allegato 1 del D.M. n. 471/1999) l’area è definita
“potenzialmente contaminata” e può quindi usufruire, ai
sensi dell’art. 240 lett. f) del D.lgs n. 152/2006, del
trattamento riservato ai terreni “non contaminati”.
INQUINAMENTO - Bonifica di siti contaminati - Acque
emunte dalla falda - Qualificazione - Acque reflue
industriali - Limiti allo scarico.
Le acque di falda emunte dalle falde sotterranee,
nell’ambito degli interventi di bonifica si un sito, sono
riconducibili al paradigma delle acque reflue di provenienza
industriale, a termini dell’art. 243, c. 1 del d.lgs. n.
152/2006. Pertanto, i limiti da rispettare allo scarico sono
quelli della emissione in acque reflue industriali in acque
superficiali, di cui alla tabella 3 dell’allegato 5 della
Parte III del D.Lgs. n. 152 del 2006, non quelli di cui
all’Allegato I - Tabella “Acque sotterranee” del D.M. 471
del 1999 (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I,
sentenza 28.01.2008 n. 90
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ATTI AMMINISTRATIVI: Procedimento
amministrativo - Discrezionalità tecnica - Merito
amministrativo - Differenza - Sindacato del giudice
amministrativo - Limiti.
La discrezionalità tecnica della Pubblica amministrazione
non sfugge, aprioristicamente, al sindacato del giudice
amministrativo, perché riguarda una ipotesi diversa dal
merito amministrativo, ossia la ipotesi in cui, in relazione
a particolari materie, l'operato dell' Amministrazione deve
svolgersi secondo criteri, regole e parametri tecnici
scientifici, direttamente o indirettamente richiamati dalla
norma giuridica che disciplina il potere esercitato: la
discrezionalità è, però, sindacabile in sede giurisdizionale
solo in presenza di elementi sintomatici di scorretto
esercizio del potere, quali il difetto e la incongruità
della motivazione, l’illogicità manifesta, l’errore di
fatto, la evidente irragionevolezza, dovendo apparire le
valutazioni delle Autorità adeguatamente motivate, corrette,
ragionevoli, proporzionate ed attendibili (Cfr., ex
permultis, Cons. St., VI, 22 agosto 2003, n. 4762; IV, 30
luglio 2003, n. 4409; T.A.R. Toscana, 20 settembre 2002, n.
2055).
Provvedimento amministrativo - Discrezionalità tecnica
- Accertamento tecnico - Differenza.
Non può parlarsi di discrezionalità tecnica (e degli
eventuali connessi limiti del sindacato giurisdizionale) nei
casi in cui il presupposto del provvedimento da adottare non
sia una valutazione di fatti suscettibili di vario
apprezzamento alla stregua delle attuali conoscenze
scientifiche e specialistiche, ma semplicemente un
accertamento tecnico, e cioè l' accertamento di un fatto
verificabile in modo non opinabile in base a conoscenze di
strumenti tecnici di sicura acquisizione; in tali casi, per
quanto sia necessario riferirsi a criteri di ordine tecnico,
il provvedimento è soggetto alla sindacabilità piena del
giudice amministrativo, in particolare sotto il profilo del
travisamento dell'accertamento stesso (Cfr. Cons. St., IV,
12.12.1996, n. 1299 e IV, 25.07.2003, n. 4251) (TAR Friuli
Venezia Giulia, Sez. I,
sentenza 28.01.2008 n. 90
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APPALTI SERVIZI: La
sorte del contratto di appalto di servizi pubblici stipulato
con a.t.i. a seguito di fallimento della capogruppo:
- stipulato un appalto di servizi tra una stazione
appaltante pubblica e un’a.t.i., in caso di fallimento della
società mandataria dell’a.t.i., il rapporto contrattuale non
può automaticamente proseguire con la curatela fallimentare,
autorizzata all’esercizio provvisorio dell’impresa, ai sensi
dell’art. 82, l. fall., dovendo invece trovare applicazione
l’art. 37, co. 18, d.lgs. n. 163/2006, che è norma speciale
e prevalente sulla legge fall., e che consente
alternativamente il recesso ovvero la prosecuzione
dell’originario rapporto con novazione soggettiva
(sostituzione del fallito);
- ove la curatela fallimentare stipuli un contratto di
affitto di azienda, tale contratto non è opponibile alla
stazione appaltante, ai sensi dell’art. 116, d.lgs. n.
163/2006, atteso che i primi tre commi dell’art. 116 si
riferiscono alla cessione di azienda da parte di appaltatore
non fallito, e il quarto comma dell’art. 116, pur
contemplando l’affitto di azienda da parte del curatore
fallimentare dell’appaltatore, presuppone un appalto con
impresa singola e non con a.t.i. di cui fallisca il
mandatario;
- posto che il fallimento del mandatario estingue il
contratto di mandato (art. 78, l. fall.), in caso di
fallimento di mandatario di un’a.t.i., il sostituto del
mandatario fallito deve essere a sua volta costituito
mandatario dell’a.t.i., e dunque deve essere designato dai
componenti dell’a.t.i. ancora in bonis, e non dalla curatela
fallimentare del mandatario fallito;
- stipulato un appalto di servizi tra una stazione
appaltante pubblica e un’a.t.i., in caso di fallimento della
società mandataria dell’a.t.i., la stazione appaltante ha
facoltà di scelta tra la prosecuzione del rapporto con un
nuovo operatore economico e il recesso, facoltà di scelta
rimessa tuttavia non a valutazioni di opportunità bensì alla
verifica che il nuovo mandatario venga indicato
tempestivamente, abbia i requisiti di qualificazione
adeguati, e accetti le condizioni contrattuali già pattuite;
detta facoltà di scelta è da esercitarsi entro il termine
ragionevolmente necessario, o entro quello fissato dal
singolo contratto;
- stipulato un appalto di servizi tra una stazione
appaltante pubblica e un’a.t.i., in caso di fallimento della
società mandataria dell’a.t.i., il rapporto contrattuale può
proseguire con un <<altro operatore economico>> qualificato,
che può essere sia uno degli originari mandanti dell’a.t.i.,
sia un soggetto estraneo all’a.t.i. originaria;
- stipulato un appalto di servizi tra una stazione
appaltante pubblica e un’a.t.i., in caso di fallimento della
società mandataria dell’a.t.i., se l’a.t.i. originaria si
componeva, oltre che della mandataria, di una sola mandante,
il rapporto contrattuale non può proseguire solo con
l’originaria mandante, anche se in astratto questa fosse in
possesso di requisiti di qualificazione adeguati al residuo
oggetto contrattuale, perché la sostituzione di un’impresa
singola all’a.t.i. originaria, oltre a contrastare con il
dettato letterale dell’art. 37, co. 18, d.lgs. n. 163/2006,
priverebbe la stazione appaltante di un soggetto
responsabile degli eventuali inadempimenti della mandataria
originaria, commessi prima del fallimento (Consiglio di
Stato, commissione speciale,
parere 22.01.2008 n. 4575/2007 di prot.
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Acque
reflue - Abbandono e deposito incontrollato - Impianto di
depurazione - Reflui fuoriusciti dal tronco di fognatura -
Sversamento su suolo e sottosuolo - Omessa manutenzione -
Responsabilità del sindaco - D. L.vo n. 22/1997 - D. L.vo n.
152/2006 - Art. 107, D. L.vo n. 267/2000.
Si configura la responsabilità del sindaco di un comune, che
consenta, omettendo di disporre una corretta attività di
manutenzione, che i reflui fuoriusciti dal tronco di
fognatura a monte dell'impianto di depurazione invadessero
ed impregnassero suolo e sottosuolo circostanti. Il vigente
ordinamento degli enti locali (Decreto Legislativo n. 267
del 2000, articolo 107, e successive modificazioni)
prevedendo la delega di autonomi poteri organizzativi ai
dirigenti amministrativi dell'ente non esclude comunque il
dovere di controllo in capo alla figura politicamente ed
amministrativamente apicale del comune (in tal senso Cass.
Sez. 3, n. 28674 del 2004 Rv. 229293) (Corte di Cassazione,
Sezione III penale,
sentenza 17.01.2008 n. 2478
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AMBIENTE-ECOLOGIA: ACQUA
- INQUINAMENTO IDRICO - RIFIUTI - Rifiuti liquidi derivanti
da attività ospedaliera - Disciplina applicabile -
Individuazione - D.Lgs. 03.04.2006, n. 152 (cd. Testo unico
ambientale).
La disciplina applicabile allo smaltimento dei rifiuti allo
stato liquido derivanti da attività ospedaliera continua ad
essere quella relativa agli scarichi di cui alla sez. II°,
parte terza, del D.Lgs. n. 152 del 2006 e non quella in
materia di smaltimento di rifiuti liquidi di cui alla parte
quarta del predetto decreto, non rivestendo alcun valore
innovativo l’art. 185 del richiamato decreto legislativo che
per i “rifiuti liquidi costituiti da acque reflue” prevede
l’applicazione della disciplina sui rifiuti, ciò in quanto
l’art. 227 del medesimo decreto dichiara applicabile ai
rifiuti liquidi ospedalieri la disciplina in materia di
scarichi, richiamando l’art. 6 del d.P.R. 15.07.2004, n. 254
che rinvia all’abrogato D.Lgs. n. 152 del 1999 sulle acque.
(Nella specie, si trattava di reflui provenienti dal
lavaggio delle apparecchiature utilizzate per gli esami di
laboratorio, contenenti residui biologici miscelati con i
reagenti chimici utilizzati per le analisi, reflui
convogliati direttamente nell’impianto di depurazione
dell’ospedale che recapitava, dietro regolare
autorizzazione, nella rete fognaria comunale).
INQUINAMENTO IDRICO - Definizione di scarichi - Acque
reflue costituenti rifiuti liquidi - Art. 110, c. 3°, lett.
a), b) e c) D. Lgs. n. 152/2006.
La definizione di scarichi contenuta all'art. 2, lett. bb)
del D. Lgs. 11.05.1999 n. 152, non ha subito rilevanti
modificazioni con l'emanazione del D. Lgs. 03.04.2006 n.
152, che all'art. 74, lett. ff) definisce "scarico"
"qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali
... e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura
inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di
depurazione". Allora (art. 36, comma 3°, lett. a), b) e c)
del D. Lgs. n. 152/1999) come ora (art. 110, comma 3°, lett.
a), b) e c) del D. Lgs. n. 152/2006), la legge prevedeva e
prevede anche l'esistenza di acque reflue costituenti
rifiuti liquidi, che la giurisprudenza individuava e
individua nel fatto che vengano smaltite, anche in rete
fognaria, ma non tramite canalizzazione.
ACQUE - Scarichi delle acque reflue nei corpi
recettori e rifiuti liquidi - Differenza.
In materia di liquidi o semiliquidi di cui il detentore si
disfa o intenda o sia obbligato a disfarsi, il parametro di
riferimento per individuare l'ambito di operatività della
disciplina speciale relativa agli scarichi delle acque
reflue nei corpi recettori rispetto alla disciplina generale
sui rifiuti è rappresentato dalla esistenza o meno di un
sistema di convogliamento delle acque nel corpo recettore,
indipendentemente dalla loro natura inquinante (Cass.
21/06/2007 n. 24481) (Corte di Cassazione, Sez. III,
sentenza 16.01.2008 n. 2246
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CONDOMINIO: Quando
aprire un varco nel muro condominiale integra un abuso del
diritto.
L’apertura di un varco
nel muro condominale da parte di uno dei condomini al fine
di consentire l’accesso ad un immobile estraneo al
condominio integra la violazione dell’art. 1102 del c.c.,
dettato per la comunione ed applicabile anche al condomino.
A norma di esso ciascuno dei partecipanti alla comunione può
fare uso della cosa comune, senza tuttavia alterarne la
destinazione ed impedirne il godimento agli altri
partecipanti. Inoltre, può apportare modifiche alla cosa
comune, purché necessarie a garantirne il miglio godimento.
Il muro condominiale, per effetto dell’apertura del varco,
subisce un mutamento della destinazione di uso, in quanto
trattandosi di muro perimetrale viene distolto dalla sua
naturale funzione di recinzione del condominio per asservire
a passaggio in favore di un immobile estraneo al condomino.
Pertanto, deve ritenersi vietato al singolo condomino
operare simili modifiche senza avere acquisito
preventivamente il consenso degli altri condomini.
In definitiva, il condomino che, senza il preventivo
consenso degli altri condomini, apre un varco sul muro
condominiale al solo fine di agevolare l’accesso ad un
immobile di sua proprietà compie un abuso del diritto.
L’abuso non sussiste invece nel caso diverso in cui il varco
è aperto al fine di accedere ad un immobile facente parte
del complesso condominiale, atteso che in questo caso si
tratta di agevolare l’uso ed il godimento della cosa comune
da parte di tutti i condomini.
Nello stesso senso è la giurisprudenza dominante che in più
occasioni è pervenuta alla conclusione dell’illegittimità,
ai sensi del citato art. 1102 c.c. di simili opere eseguite
sul muro perimetrale condominiale tutte le volte in cui il
suolo o il fabbricato cui sia dato accesso costituisca
un’unità immobiliare estranea al condominio, ancorché
appartenente ad uno dei condomini (Cass. 9036/2006,
360/2005, 2773/1992, 5780/1988)
(Corte di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 19.12.2007 n. 26796
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APPALTI: Appalti,
aggiudicazione tardiva, cauzione, effetti, rinnovo,
legittimità.
In tema di appalti,
anche se l’aggiudicazione arriva in ritardo, ovvero oltre il
termine di scadenza della vincolatività dell’offerta, si
rinnova, per altri 30 o 60 giorni, il vincolo alla
stipulazione del contratto, garantito da cauzione
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 11.12.2007 n. 6362
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APPALTI SERVIZI: Società
miste possono assumere servizi non compresi nell’oggetto
sociale.
Ritiene la Sezione che
lo statuto della società pubblica, vigente all’epoca,
consentiva, in quanto compresa nel suo oggetto sociale,
anche l’attività di distribuzione del gas metano.
L’art. 22 della legge n. 142 del 1990 (come il successivo
art. 114 bis del d.lgs. n. 267 del 2000) non impone affatto
che la società destinataria dell’affidamento diretto,
costituita ad hoc o solo partecipata, debba necessariamente
essere sorta per gestire un solo determinato servizio.
La tesi sostenuta dal T.A.R., come la Sezione ha avuto già
modo di affermare, si rivela in conflitto, quindi, con il
richiamato art. 22, che consente l’affidamento diretto,
qualora sia ritenuto utile e opportuno, di qualunque
servizio pubblico locale alle società a prevalente capitale
pubblico, egualmente locale
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 18.09.2007 n. 4862
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EDILIZIA PRIVATA: Vano
condominiale ad uso centrale termica richiede autorizzazione
gratuita.
In primo luogo va
rilevato che il condominio procedente aveva presentato
richiesta di accertamento di conformità per gli interventi
eseguiti, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47 del 1985 e
quindi, in base ad un consolidato principio
giurisprudenziale, l’Amministrazione non poteva adottare
provvedimenti sanzionatori prima di essersi pronunciata su
detta richiesta.
Il provvedimento impugnato ha ad oggetto un intervento di
modesta entità relativo alla copertura della centrale
termica, costituente, dunque, chiaramente volume tecnico e
pertinenza della costruzione, per il rapporto di durevole
subordinazione con la res principale.
Va ricordato, come evidenziato dalla parte istante, che le
pertinenze e gli altri tipi di interventi edilizi indicati
dall'art. 7 del decreto-legge n. 9 del 1982 sono
assoggettati ad autorizzazione gratuita e non a concessione
edilizia. In particolare, il secondo comma del medesimo art.
7 del decreto-legge n. 9 del 1982 precisa ed estende
l'ambito degli interventi soggetti ad autorizzazione,
comprendendo tra essi anche "le opere costituenti pertinenze
od impianti tecnologici al servizio di edifici già
esistenti" (lettera a)
(TAR Lazio, Sez. II-bis,
sentenza 26.06.2007 n. 5779
- link a www.altalex.com). |
AGGIORNAMENTO ALL'11.02.2008 |
ã |
G.U.R.I. - G.U.E.E. - B.U.R.L.
(e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 6 del 04.02.2008, "Utilizzo
agronomico di letami, liquami, fanghi e fertilizzanti
azotati diversi dagli effluenti di allevamento ai sensi
degli artt. 12, 13, 19 e 20 dell'allegato 1 (zone
vulnerabili) e degli artt. 12, 13, 19 e 20 dell'allegato 2
(zone non vulnerabili) della d.g.r. n. 8/5868 del 21
novembre 2007" (decreto
D.G. 31.01.2008 n. 729
- link a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 6 del 04.02.2008, "Promozione
di interventi di tutela e risanamento delle acque
superficiali e sotterranee e di riqualificazione ambientale
delle aree connesse (art. 44, c. 1, lett g), l.r. n.
26/2003)" (deliberazione
G.R. 23.01.2008 n. 6496
- link a www.infopoint.it). |
ENTI LOCALI:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 6 del 04.02.2008, "Indirizzi
generali per il rilascio, da parte dei Comuni, delle
autorizzazioni relative alle attività di somministrazione di
alimenti e bevande" (deliberazione
G.R. 23.01.2008 n. 6495
- link a www.infopoint.it). |
URBANISTICA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 6 del 04.02.2008, "Medie
strutture di vendita - Integrazioni alla d.g.r. n. 6024/2007"
(deliberazione
G.R. 23.01.2008 n. 6494
- link a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G.U.U.E., 29.01.2008 n. L/24, "Direttiva
2008/1/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del
15.01.2008 sulla prevenzione e la riduzione
integrate dell’inquinamento" (link a eur-lex.europa.eu). |
QUESITI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G. Amendola,
Acque reflue da allevamenti di bestiame e decreto
correttivo: un passo indietro?
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
V. Vattani, Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 4/2008
(correttivo del D.Lgs 152/2006) viene precisato che i
registri di carico e scarico rifiuti dovranno essere
vidimati dalla Camera di Commercio.
Come si devono comportare le azienda che sono in possesso di
registri nuovi vidimati dall’ufficio dell’Agenzia delle
entrate prima che venisse pubblicata la nuova legge?
(link a www.simoline.com). |
NEWS |
ENTI LOCALI:
Parere al Ministero dell'Interno in materia di stipula di
contratti di somministrazione di personale a tempo
determinato per funzioni di polizia municipale (parere
26.10.2007 n. 12/2008
- link a www.innovazionepa.gov.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Parere sull'indennità di turnazione di cui all'articolo 22
del CCNL comparto Regioni ed Autonomie locali - Lavoratori
turnisti - CCNL - erogazione indennità (parere
05.02.2008 n. 11/2008
- link a www.innovazionepa.gov.it). |
ENTI LOCALI:
Quesiti in merito all'interpretazione articolo 3, commi 76 e
79, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244 - Parere al
Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale (parere
28.01.2008 n. 10/2008
- link a www.innovazionepa.gov.it). |
ENTI LOCALI:
Assunzione di personale a tempo indeterminato mediante
scorrimento di graduatoria concorsuale (parere
28.01.2008 n. 6/2008
- link a www.innovazionepa.gov.it). |
ENTI LOCALI:
Nuova disciplina sul tetto retributivo nella PA.
Il Ministro delle Riforme e le Innovazioni nella pubblica
amministrazione, Luigi Nicolais, ha firmato la Circolare n.
1 del 2008, che chiarisce le disposizioni della Legge
finanziaria 2008 (art. 3, commi 43-53), riguardanti il tetto
alle retribuzioni e agli emolumenti a carico delle pubbliche
amministrazioni, società pubbliche partecipate e loro
controllate e collegate.
La nuova disciplina, stabilita dalla Finanziaria 2008, ha
carattere generale e riguarda "chiunque riceva a carico
delle pubbliche finanze emolumenti o retribuzioni
nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con
pubbliche amministrazioni statali, agenzie, enti pubblici
anche economici, enti di ricerca, università, società non
quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica,
nonché le loro controllate, ovvero sia titolare di incarichi
o mandati di qualsiasi natura nel territorio metropolitano".
Per le altre Amministrazioni Pubbliche la nuova disciplina
vale come principio, nell'ambito del coordinamento della
finanza pubblica. Il vincolo economico consiste
nell'imposizione di un tetto - non superabile - pari a
289.984 euro annui lordi, equivalenti alla retribuzione del
primo presidente della Corte di Cassazione (link a
www.governo.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
PUBBLICO
IMPIEGO: P.
Monea, M. Mordenti e E. Iorio,
Quale lavoro flessibile negli enti locali, dopo la legge
finanziaria 2008
(link a www.lexitalia.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
V. Vattani,
Le principali novità in materia di acqua, rifiuti e
bonifiche
(link a www.simoline.com). |
VARI:
D. Di Cresce,
Motivi di illegittimità del verbale di accertamento di
violazioni del Codice della Strada - Nota a Giudice di pace
di Caserta, Sentenza 25.10.2007
(link a www.filodiritto.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
M. Molinaro,
Autorizzazione integrata ambientale (AIA): le recenti
modifiche apportate dal "correttivo" e dalla legge di
proroga dei termini per il rilascio delle autorizzazioni
(link a www.filodiritto.com). |
ENTI LOCALI:
G. Febbo,
La responsabilità civile e penale del gestore di impianti
sportivi
(link a www.filodiritto.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: S.
Maglia e M. V. Balossi,
Adempimenti e corretta gestione dei rifiuti da manutenzione
(link a www.lexambiente.it). |
APPALTI SERVIZI: M.
Nico,
La gestione delle partecipate. Quando l'ente locale diventa
socio: le responsabilità e le cautele di una scelta
(link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
GIURISPRUDENZA |
URBANISTICA: Lottizzazione
abusiva e campeggio.
Con la pronuncia in oggetto, relativa a ricorso avverso
provvedimento di sequestro preventivo, la Corte ha ritenuto
sussistere il “fumus” del reato di lottizzazione abusiva
laddove una struttura adibita a campeggio, sia pure
debitamente autorizzata, venga radicalmente mutata, per
effetto di opere edilizie non autorizzate e di roulotte
posizionate stabilmente a terra e, dunque, non più
agevolmente trasportabili, in uno stabile insediamento
abitativo di rilevante impatto negativo sull’assetto
territoriale; ha in particolare precisato, quanto alla
prospettata incompatibilità tra l’intervenuta autorizzazione
alla attività di campeggio e la sua riconducibilità
all’interno della norma di cui all’art. 44 lett. c) del dPR
n. 380 del 2001, come detti interventi siano plausibilmente
tali da privare l’area delle caratteristiche proprie di
“campeggio”, per sua natura funzionale a servire turisti con
permanenza temporanea e provvisti di mezzi ordinariamente
trasportabili. (fonte Corte di cassazione) (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 31.01.2008 n. 4974
- link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI
- Amianto - Natura di rifiuto pericoloso - Deposito
incontrollato.
La presenza di una considerevole quantità di eternit,
materiale contenente amianto, rinvenuta sul suolo
all’interno di capannoni e nelle immediate vicinanze, in
condizioni di corrosione e degrado, integra certamente la
sussistenza di un deposito incontrollato di rifiuti
pericolosi. Non può infatti mettersi in dubbio che i
frantumi di eternit, a causa dell’affioramento delle fibre
di amianto, costituiscano tecnicamente “rifiuti pericolosi”,
come peraltro costantemente affermato dalla Suprema Corte
(ex pluribus, sentenza 26.10-29.11.2006, n. 39360, Lo Bello
(rv 345464) e la recentissima decisione del 27.03.2007, n.
sezionale 00959/2007, Bertuzzi ed altri, non ancora
massimata). D’altro canto, ai fini della configurabilità del
reato di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul
suolo, è sufficiente che la contaminazione costituisca, in
una valutazione che tenga conto del dato logico e
dell'esperienza comune, una conseguenza inevitabile o
altamente probabile, atteso che la disciplina di cui
all’art. 14 del DLvo 22/1997 costituisce una norma di
chiusura che persegue la finalità di impedire che per
effetto della raccolta e dell'accumulo sul suolo di rifiuti
possa derivare una danno all'ambiente (cfr. Cass. Sez. 3, n.
38689 del 09/07/2004). (Nella specie, i materiali
provenienti crollo dei tetti in cemento amianto giacevano
sul terreno lunghissimo tempo, per cui il deposito, avendo
superato abbondantemente il periodo di un anno, non poteva
qualificarsi come temporaneo ai sensi del D.Lgs. n. 22 del
1997, art. 6, comma 1, lett. m).
RIFIUTI - Amianto - Art. 674 c.p. - Integrazione del
reato - Superamento dei valori di cui al D.M. 06.09.1994 -
Necessità - Esclusione - Ragioni.
In tema di amianto, quando la situazione di pericolosità è
collegata ad un deposito irregolare, il reato previsto
dall’art. 674 c.p. risulta integrato dalla prova che la
dispersione di fibre di amianto vi sia stata, a nulla
rilevando il mancato superamento dei valori di cui al D.M.
06.09.1994 o della normativa successivamente intervenuta.
Tali valori, infatti, operando con riferimento al rispetto,
da parte dell’imprenditore, dei limiti posti a tutela delle
persone che vengono professionalmente a contatto l'amianto e
le fibre di amianto, hanno riguardo esclusivamente allo
svolgimento di attività autorizzate e regolamentante.
Diverso è il discorso per la dispersione delle fibre
nell'ambiente circostante, dispersione che assume carattere
di incontrollata pericolosità e riguarda una platea non
limitata di possibili destinatari.: le cautele previste
dalle norme in questione, relative alla formazione delle
persone che possono venire a contatto con l’amianto, la
predisposizione di strumenti e di abbigliamento atti a
ridurre il pericolo che le fibre possano venire respirate,
la predisposizione di attività di decontaminazione, restano
escluse nelle situazioni in cui difetti qualsivoglia
autorizzazione ed in costanza di un pericolo rivolto alla
generalità dei soggetti che abitano nelle vicinanze.
RIFIUTI - Sequestro dell'area - Intervenuto fallimento
- Rapporti - Incompatibilità - Esclusione.
L’incompatibilità della misura del sequestro con
l’intervenuto fallimento (cfr. Sezioni Unite, sent. n. 29951
del 2004) è correlata al fatto che il conseguente effetto di
"spossessamento", comporta la sottrazione al fallito della
disponibilità del proprio patrimonio e la sua devoluzione al
pubblico ufficio fallimentare, privando il soggetto, in
ipotesi autore del reato, della disponibilità della cosa.
Tuttavia, il giudice - a fronte di una dichiarazione di
fallimento - ben può disporre l'applicazione, il
mantenimento o la revoca del sequestro previsto dal 1° comma
dell'art. 321 c.p.p., senza essere vincolato dagli effetti
di cui all'art. 42 L.F.; lo stesso giudice, nel
discrezionale giudizio sulla pericolosità della res, dovrà
effettuare una valutazione di bilanciamento (e darne conto
con adeguata motivazione) del motivo della cautela e delle
ragioni attinenti alla tutela dei legittimi interessi dei
creditori, anche attraverso la considerazione dello
svolgimento in concreto della procedura concorsuale. E’
ovvio che la misura non potrà essere revocata allorquando
l’intervenuto fallimento (e spossessamento) è inidoneo a
scongiurare comportamenti penalmente illeciti o reiterazioni
di condotte criminose. (Nel caso di specie, il Tribunale del
riesame, nel confermare il provvedimento di sequestro, ha
ritenuto prevalenti le esigenze di tutela della salute dei
cittadini, a rischio per l’esposizione alle polveri
dell’amianto, nel giudizio di bilanciamento con gli
interessi meramente economici della massa dei creditori).
RIFIUTI - Deposito incontrollato - Intervenuto
fallimento - Responsabilità del curatore fallimentare -
Configurabilità.
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, la
responsabilità penale per il reato di deposito incontrollato
di rifiuti è configurabile sia nei confronti del soggetto
cui compete la gestione diretta dell'area occupata dai
rifiuti, sia nei confronti del soggetto che dispone
dell’area, almeno sotto il profilo della "culpa in
vigilando" (cfr. Cass. Sez. 3, n. 21677 del 26/01/2007) .
Poiché l’articolo 31 della legge fallimentare attribuisce al
curatore “l'amministrazione del patrimonio fallimentare
sotto la direzione del giudice delegato”, ne deriva che il
curatore, quale custode e amministratore dei beni, ha il
dovere di interrompere il continuo accumularsi di rifiuti
pericolosi contenenti amianto, protrattosi anche nel corso
della amministrazione del compendio fallimentare. In altri
termini, la violazione da parte dei privati delle norme in
materia di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti non
può perdere il carattere di illiceità sul presupposto che
neppure le autorità e gli enti aventi competenza sul sito e
sugli immobili hanno saputo riportare nell'ambito della
legalità una situazione gravemente compromessa, cui i
privati hanno dato origine: pur nella consapevolezza delle
difficoltà che si collegano alla sanatoria di una realtà
tanto complessa, quella prospettata dal curatore costituisce
una vera inversione dei principi di responsabilità che non
può essere in alcun modo condivisa (cfr. per un caso
analogo, la recente sentenza della Suprema Corte n. 22826
del 2007, sul caso FIBRONIT) (Tribunale di Cosenza, Sez. II
penale,
ordinanza 30.01.2008
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EDILIZIA PRIVATA: Beni
Ambientali. Acque pubbliche.
Soltanto per i corsi d'acqua diversi da fiumi e torrenti
l'iscrizione negli elenchi delle acque pubbliche ha
efficacia costitutiva del vincolo paesaggistico.
Le "Lame" costituenti rami di torrente sono parte integrante
di bene paesaggisticamente vincolato ex lege in virtù della
natura di torrente.
La circostanza che la regione, come previsto, dall'art.
1-quater del d.l. n. 312/1985, convertito nella l. n.
431/1985, non abbia redatto l'elenco dei corsi d'acqua
classificati pubblici. Ai sensi del R.D. 1775/1933, esclusi
dal vincolo per la loro irrilevanza paesaggistica, non può
certo significare che [il corso d'acqua] abbia
implicitamente perso l'anzidetta connotazione vincolistica,
effetto che poteva scaturire solo dall'esercizio di un
potere rimasto in realtà inazionato (Tribunale di Bari, Sez.
del riesame,
ordinanza 23.01.2008
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APPALTI: Sull’illegittimità
dell’operato di un comune che al fine di ridurre il traffico
e l’inquinamento nel centro storico comunale ha costituito
una società mista per gestire una parte del servizio di
trasporto merci nella zona ZTL.
E’ illegittimo l’operato di un comune il quale, nell’intento
di ridurre il traffico e l’inquinamento nel centro storico,
non si è limitato ad istituire una ZTL e un’area pedonale in
quell’ambito, ma ha previsto un meccanismo di raccolta e
distribuzione delle merci all’interno della ZTL, attraverso
la realizzazione di una "piattaforma logistica" gestita da
una società a capitale a prevalente capitale pubblico
mediante furgoncini a ridotto impatto ambientale di detta
società.
Tale sistema in cui un soggetto terzo estraneo al contratto
di trasporto o di invio postale o mediante corriere
(concernente merce in partenza dalla ZTL o in arrivo in
essa), si sostituisce al vettore contraente nell’esecuzione
del contratto stesso soltanto per un tratto del percorso che
la merce (o il plico) percorre secondo la previsione
contrattuale potrebbe, in teoria, giustificarsi soltanto in
forza di una norma di legge (ad es. di ordine pubblico), e
non certo ad opera di un ente pubblico territoriale, sia
pure dotato di una particolare forma di autonomia garantita
dalla Costituzione. Responsabile dell’invio postale è
l’impresa che esercita il servizio postale, la quale,
evidentemente, si obbliga a prestare il servizio postale
nella sua integralità. Non potrebbe tollerarsi, dunque,
un’ingerenza nell’esecuzione di siffatto servizio -che,
nella specie, viene reso dai corrieri-espresso-, da parte di
un soggetto terzo per realizzarne soltanto un segmento o una
tranche . Ove ciò si ammettesse, oltre a quelle norme
dell’ordinamento civile, infatti, verrebbero violate anche
le disposizioni specificamente dettate in materia di servizi
postali (TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 22.01.2008 n. 146
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APPALTI: La
regolarità contributiva è un requisito sostanziale di
partecipazione alla gara, per cui non può attribuirsi alcun
effetto sanante alla domanda di dilazione e di rateizzazione
del debito contributivo da parte di un'impresa.
La regolarità contributiva è requisito indispensabile non
solo per la stipulazione del contratto, bensì per la stessa
partecipazione alla gara . Per conseguenza, l'impresa deve
essere in regola con i relativi obblighi fin dalla
presentazione della domanda e conservare tale regolarità per
tutto lo svolgimento della procedura di gara. In
particolare, la cosiddetta correntezza contributiva non
costituisce un dato che possa essere temporaneamente
frazionato, in quanto attiene alla diligente condotta
dell'impresa in riferimento a tutte le obbligazioni
contributive relative a periodi precedenti e non solo,
quindi, a quelle maturate nel periodo in cui è stata
espletata la gara. La regolarità contributiva nei confronti
degli enti previdenziali costituisce, infatti, indice
rivelatore della correttezza dell'impresa nei rapporti con
le proprie maestranze e deve, pertanto, poter essere
apprezzata in relazione ai periodi (anche pregressi) durante
i quali l'impresa stessa era tenuta ad effettuare i relativi
versamenti .
La regolarità contributiva costituisce requisito sostanziale
di partecipazione alla gara, per cui non può attribuirsi
alcun effetto sanante alla domanda di dilazione e di
rateizzazione del debito contributivo presentata dalla
impresa che trova suo presupposto in uno stato di
irregolarità contributiva. Neppure può dispiegare alcun
effetto nel caso di specie quanto osservato dalla Corte di
Giustizia con la sentenza 09.02.2006, n. 226, in quanto in
detta pronuncia è stato espressamente rilevato che può
venire in considerazione la sola circostanza che il
contribuente si sia avvalso, al fine di regolarizzare la
propria posizione contributiva e/o fiscale, di meccanismi
legislativi premiali, sananti o di condono, anteriormente
alla data di scadenza della domanda di partecipazione alla
gara, ciò che nel caso all’esame non è, essendo le richieste
di regolarizzazione e dilazione dei pagamenti successive
(TRGA Trentino Alto Adige-Trento,
sentenza 21.01.2008 n. 12
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ATTI AMMINISTRATIVI: Accesso
agli atti - Oggetto della domanda - Atti meramente
ricognitivi - Esclusione.
L’azione per l’accesso agli atti ha per oggetto la visione
ed estrazione di copia di documenti in possesso
dell’amministrazione, mentre non rientra nel suo ambito la
pretesa alla formazione di atti, anche meramente ricognitivi
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 17.01.2008 n. 82
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Acque.
Differenza tra scarico e rifiuti liquidi (fattispecie
relativa a reflui da attività sanitarie).
Il parametro di riferimento per individuare -in materia di
liquidi o semiliquidi di cui il detentore si disfa o intenda
o sia obbligato a disfarsi- l'ambito di operatività della
disciplina speciale relativa agli scarichi delle acque
reflue nei corpi recettori rispetto alla disciplina generale
sui rifiuti è rappresentato dalla esistenza o meno di un
sistema di convogliamento delle acque nel corpo recettore,
indipendentemente dalla loro natura inquinante. Il sistema
non ha subito rilevanti modificazioni con l'emanazione del
D. Lgs. 03.04.2006 n. 152. Allora (art. 36, comma 3°, lett.
a), b) e c) del D. Lgs. n. 152/1999) come ora (art. 110,
comma 3, lett. a), b) e c) del D. Lgs. n. 152/2006), la
legge prevedeva e prevede anche l'esistenza di acque reflue
costituenti rifiuti liquidi, che la giurisprudenza
individuava e individua nel fatto che vengano smaltite,
anche in rete fognaria, ma non tramite canalizzazione. Ed è
appunto con riferimento a questi "rifiuti liquidi costituiti
da acque reflue" che si riferisce l'art. 185 del D. Lgs. n.
152/2006 nell'affermare la applicabilità agli stessi della
disciplina di cui alla parte quarta del medesimo decreto,
quella appunto sui rifiuti, salva l'eventuale possibilità di
scarico nella rete fognaria consentita alle condizioni di
cui all'art. 110 citato. Devesi poi escludere che il quadro
normativo così delineato subisca una qualche deviazione in
materia di rifiuti ospedalieri, dato che l'art. 227 del
Decreto legislativo del 2006 dichiara applicabili a tali
rifiuti la disciplina del D.P.R. 15.07.2003 n. 254, il quale
all'art. 6 ribadisce che "lo scarico di acque reflue
provenienti da attività sanitarie è disciplinato dal D. Lgs.
n. 152 del 1999", disciplina appunto oggi trasfusa nella
parte terza del D. Lgs. n. 152/2006 (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 16.01.2008 n. 2246
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URBANISTICA: La
scelta del soggetto attuatore di un piano per il recupero di
un'area industriale dismessa è un'operazione inquadrabile
nella categoria definita a livello comunitario come
partenariato pubblico-privato.
La scelta del soggetto attuatore di un piano per il recupero
di un'area industriale dismessa è un'operazione inquadrabile
nella categoria definita a livello comunitario come
partenariato pubblico-privato (v. il Libro Verde della
Commissione del 30.04.2004). Attraverso tale programma
l’amministrazione ha inteso realizzare un’operazione che è
contemporaneamente qualificabile come ristrutturazione
urbanistica di un’area in degrado e come esperimento di
finanza di progetto. I rapporti appartenenti a questa
categoria sono caratterizzati dall’impegno economico del
privato a fronte di un ritorno economico associato almeno in
parte al rischio della gestione. Un’altra caratteristica è
la presenza di negoziati che (nel rispetto dei principi di
trasparenza e imparzialità desumibili dagli art. 43 e 49 del
Trattato CE) possono intervenire sia prima della scelta del
partner sia successivamente. In particolare una volta scelto
il partner si distingue una fase di "messa a punto"
dell’accordo, dove sono definiti in dettaglio gli aspetti
del programma giuridico-economico voluto dalle parti. A
questa segue la vera e propria esecuzione del contratto,
normalmente preceduta dalla stipulazione (v. ancora il Libro
Verde punti 43 e 45) (TAR Lombardia, Sez. Brescia,
sentenza 15.01.2008 n. 7
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Spianamento e copertura con terreno naturale.
Anche solo lo spianamento e la copertura di rifiuti con
terreno naturale integra il reato di illecita gestione
perché lo smaltimento dei rifiuti non si ha soltanto col
deposito di essi "sul suolo" ma anche "nel suolo", come
viene anche indicato nell'allegato" 8" (allegato 4) del
d.lgs. 05.02.1997 n. 22, che ha trovato continuità normativa
nel d.lgs. 03.04.2006 n. 152, allegato B parte quarta
(allegato 18), che descrive le attività di smaltimento
(nella fattispecie specie l'imputato aveva smaltito i
rifiuti - macerie provenienti da demolizioni di fabbricati,
compresi gli scarti di cantiere (plastica, tondini, legni,
sacchetti etc.), oltre che depositandoli in parte, "sul
terreno", anche occultandoli tutti "nel terreno", facendoli
immettere in una depressione esistente, facendoli spianare e
facendoli ricoprire con terreno naturale (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.01.2008 n. 177
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URBANISTICA: Lottizzazione
convenzionata - Inadempimento degli obblighi pattizi di
demolire - Presentazione di istanze di condono - Effetti -
Obbligo dell’amministrazione di valutare la ricorrenza dei
presupposti di legge per sanare le opere abusive.
In materia di lottizzazione convenzionata l’inadempimento
degli obblighi pattizi di demolire alcuni fabbricati può
essere legittimamente causa di ritiro del certificato di
abitabilità. Tuttavia, nel caso di presentazione di istanze
di condono, l’amministrazione ha l’obbligo di esaminare le
relative istanze avanzate per la doverosa valutazione della
ricorrenza dei presupposti stabiliti dalla legge per sanare
le opere abusive (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 06.01.2008 n. 74
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PUBBLICO
IMPIEGO: Responsabilità
della PA e danno biologico ed esistenziale.
Il danno biologico
richiede, per la sua risarcibilità, un comportamento colposo
della Pubblica Amministrazione, che è escluso in presenza di
una condotta del dipendente contraria alle disposizioni di
servizio
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 27.12.2007 n. 6687
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EDILIZIA PRIVATA: Violazione
normativa antisismica.
Le contravvenzioni previste dalla normativa antisismica
puniscono inosservanze formali, volte a presidiare il
controllo preventivo della pubblica amministrazione. Ne
deriva che l'effettiva pericolosità della costruzione
realizzata senza l'autorizzazione del genio civile e senza
le prescritte comunicazione è del tutto irrilevante ai fini
della sussistenza del reato e la verifica postuma
dell'assenza del pericolo ed il rilascio del provvedimento
abilitativo non incidono sulla illiceità della condotta,
poiché gli illeciti sussistono in relazione al momento di
inizio dell' attività (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 13.11.2007 n. 41617
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EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione
piazzale mediante spianamento terreno agricolo.
Nell'intervento comportante trasformazione urbanistica ed
edilizia del territorio comunale rientra qualsiasi attività
(non solo edilizia) idonea a mutare l'assetto urbanistico
dei luoghi, ivi compreso lo spianamento di un terreno
agricolo al fine di ottenere un piazzale per deposito e
smistamento di autocarri. Trattasi di intervento di nuova
costruzione per il quale era necessario il permesso di
costruire, ai sensi degli artt. 3, 10 D.P.R. 380/2001 (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 13.11.2007 n. 41613
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EDILIZIA PRIVATA: Totale
difformità dal titolo abilitativo.
La difformità totale, che può riguardare anche una parte
dell'edificio, può derivare o dall'esecuzione di un corpo
autonomo o dall' effettuazione di modificazioni tali da
comportare un intervento che abbia rilevanza urbanistica, in
quanto incidente sull'assetto del territorio, o dalla
modificazione della destinazione d'uso di un immobile,
allorché essa non sia puramente funzionale e si realizzi
attraverso opere strutturali implicanti una modificazione
totale rispetto al preesistente o al previsto. L'esempio
scolastico di difformità totale è costituito dalla
modificazione di un sottotetto in vano abitabile perché in
tale modo la parte dell' edificio acquista una specifica
rilevanza autonomamente utilizzabile. Invero, l'autonoma
utilizzabilità non vuol dire che il corpo eseguito debba
essere fisicamente separato, ma soltanto che debba dare
luogo ad una eccedenza, la quale non si stemperi nella
globalità dell'organismo, ma conduca alla creazione di una
struttura precisamente individuabile e suscettibile di un
uso indipendente, anche se l'accesso allo stesso sia
possibile esclusivamente attraverso lo stabile principale
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 12.11.2007 n. 41578
- ink a www.lexambiente.it). |
VARI: Nulle
le multe notificate a mezzo di società private.
Le multe notificate a
mezzo di società private sono da annullare: è quanto
affermato con la sentenza in commento dal Giudice di Pace di
Lecce in una recente sentenza che ribadisce un orientamento
della Suprema Corte (sent. 04.09.1996 n. 8079)
(Giudice di Pace Lecce,
sentenza 13.07.2007 n. 5032
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APPALTI: Violazione
della sospensione dell’aggiudicazione provvisoria disposta
dal g.a..
L’aggiudicazione
definitiva è avvenuta in epoca successiva all’ordinanza con
la quale questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare di
sospensione della sentenza accordando una misura cautelare
da intendersi, pena la sua inutilità, come volta a
sospendere l’aggiudicazione provvisoria e, in ogni caso, ad
inibire la futura aggiudicazione definitiva e le misure
conseguenti. L’intervento del provvedimento di
aggiudicazione definitiva in costanza di una misura
cautelare che tale approdo amministrativo precludeva,
configura pertanto un’ipotesi paradigmatica di carenza di
potere sanzionata con la nullità ai sensi della regula juris
sottesa al disposto dell’art. 21-septies, comma 2 della
legge 07.08.1990, n. 241
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 04.06.2007 n. 2950
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LAVORI PUBBLICI: La
manutenzione della rete viaria è un lavoro e non un
servizio.
L’ente locale non può
evadere dal rigoroso disposto del citato art. 112, c. 1, in
virtù del quale gli enti locali, nell'ambito delle
rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi
pubblici, che abbiano per oggetto produzione di beni ed
attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo
sviluppo economico e civile delle comunità locali. A tal
riguardo, il Collegio ritiene di non doversi discostare
dalla giurisprudenza consolidata per cui sono
indifferentemente servizi pubblici locali, a' sensi del
ripetuto art. 112, quelli di cui i cittadini usufruiscano
uti singuli e/o come componenti la collettività, purché
rivolti alla produzione di beni e utilità per obiettive
esigenze sociali.
Non basta predicare che gli enti locali ed il Comune in
particolare, siano enti a fini generali dotati di autonomia
organizzativa, amministrativa e finanziaria (cfr. l’art. 3
del D.lgs. 267/2000) —nel senso che essi hanno la facoltà di
determinare da sé i propri scopi—, per consentire loro di
sussumere un qualunque oggetto nella forma del servizio
pubblico locale. La genericità dell’art. 112 certo si spiega
con la circostanza che il Comune può discrezionalmente
decidere quali attività di produzione di beni ed attività,
purché rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo
sviluppo economico e civile della collettività locale di
riferimento, intenda assumere come doverose (cfr., da
ultimo, Cons. St., V, 13.12.2006 n. 7369), a condizione,
però, che vi sia l’effettività della produzione ex novo di
beni ed attività, dapprima non esistenti.
Ecco, appunto in ciò consiste l’impossibilità di configurare
i beni stradali, che già appartengono agli enti e
soggiacciono al regime demaniale ex art. 824 c.c., a guisa
di servizio pubblico nel senso testé evidenziato.
Per vero, le strade in quanto tali e la loro rete
costituiscono già di per sé un’utilità giuridica diretta per
la collettività (non solo locale), per il sol fatto, cioè,
della loro utilizzazione da parte d’un numero indeterminato
di persone.
Non v’è la possibilità, quindi e con riferimento all’art.
112, di organizzarle in forma di servizio, perché tale
scelta non implica alcun vero valore aggiunto, in termini di
maggior fruibilità o di sicurezza, per meglio soddisfare le
esigenze sociali indicate nella norma, che già la loro
proprietà pubblica non sia in grado d’assicurare. In parole
più semplici, la demanialità delle strade del Comune
intimato è in se stessa la manifestazione giuridica di res
di per sé già prodotti finiti ed è perciò esclusivamente
preordinata, non essendo riconoscibile nelle strade stesse
altro fine, alla soddisfazione dell’interesse collettivo
alla mobilità ed al trasporto all' interno del territorio
comunale.
In realtà, nella specie, la definizione primigenia
dell’appalto de quo, ossia quella contenuta nei documenti
comunali del 2004 ed intesa ad assimilarlo ad una
concessione d’opera pubblica, s’appalesa, pur se per alcuni
aspetti, la più corretta ed aderente al tipo di prestazioni
dedotte, ancorché il complesso dei servizi sia configurato
come stipulazione pure a favore di terzo
(TAR Lazio-Roma, Sez. II,
sentenza 11.05.2007 n. 4315
- link a www.altalex.com). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Rifiuti.
Inosservanza ordinanza sindacale contingibile ed urgente e
art. 650 c.p..
È punibile ai sensi dell'art. 650 cod.pen. l'inosservanza
dell'ordinanza contingibile ed urgente che il sindaco ha il
potere-dovere di emanare, a livello locale, e ai sensi
dell'art. 50 D.Lgs. n. 267 del 2000 in caso di emergenze
sanitarie o di igiene pubblica, sempre che nella motivazione
dia conto della sussistenza concreta dei presupposti
previsti dalla legge (necessità di immediata e tempestiva
tutela di interessi pubblici, come la salute o l'ambiente,
che in ragione della situazione di emergenza non potrebbero
essere protetti in modo adeguato, ricorrendo alla via
ordinaria). (Nel caso di specie si trattava di un'ordinanza
sindacale con la quale era stato imposto, per ragioni di
igiene pubblica, ai titolari di un impianto di depurazione
di procedere, entro e non oltre le 48 ore, alla messa in
sicurezza, alla bonifica ed al ripristino ambientale di
acque fluviali, inquinate da fanghi maleodoranti per il
cattivo funzionamento di detto impianto) (Corte di
Cassazione, Sez. I penale,
sentenza 19.04.2007 n. 15881
- link a www.lexambiente.it). |
AGGIORNAMENTO AL 04.02.2008 |
ã |
NEWS |
ENTI LOCALI: Lombardia,
Catasto Unico Regionale Impianti Termici.
Servizi rivolti a cittadini, Enti Locali e professionisti
(link a www.regione.lombardia.it). |
URBANISTICA:
Il Piano Territoriale Regionale della Lombardia.
La Giunta Regionale ha approvato la proposta di Piano
Territoriale Regionale(dGR del 16.01.2008, n. 6447). La
proposta di Piano passa ora all'esame della competente
Commissione del Consiglio Regionale e, quindi, al Consiglio
stesso per la sua formale adozione e approvazione (link a
www.regione.lombardia.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA: W.
Fumagalli,
Il paesaggio: un patrimonio da sfruttare con intelligenza
(AL n. 11/2007) |
EDILIZIA PRIVATA: S.
Gilardelli,
Responsabilità del progettista: parola all’avvocato
(AL n. 9-10/2007) |
EDILIZIA
PRIVATA: W.
Fumagalli,
L’attestato di certificazione energetica degli edifici (AL
n. 9-10/2007) |
EDILIZIA
PRIVATA: W.
Fumagalli,
Regione corra ai ripari!
(AL n. 7-8/2007) |
EDILIZIA PRIVATA: W.
Fumagalli,
La Denuncia di Inizio di Attività: una trappola a tempo
(AL n. 5-6/2007) |
EDILIZIA
PRIVATA: W.
Fumagalli,
Come si paga il contributo di costruzione a Milano
(AL n. 3-4/2007) |
LAVORI PUBBLICI: R.
Marletta,
I corrispettivi per le opere pubbliche (prima e) dopo la
Legge “Bersani”
(AL n. 1-2/2007) |
EDILIZIA PRIVATA: R.
Marletta,
I compensi degli architetti nei rapporti con i privati dopo
la legge “Bersani” (AL
n. 12/2006) |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: V.
Sartorio,
Nuove prescrizioni in materia di sicurezza nei cantieri
edili
(AL n. 11/2006) |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: W.
Fumagalli,
Il nuovo testo
della Legge per il Governo del Territorio
(AL n. 11/2006) |
INCARICHI
PROFESSIONALI: R.
Pizzulo,
I nuovi obblighi per i professionisti
(AL n. 11/2006) |
EDILIZIA PRIVATA: G.
Orsi,
Il progetto edilizio: piccoli suggerimenti per evitare
grandi problemi
(AL n. 10/2006) |
URBANISTICA: W.
Fumagalli,
Il
Piano di governo del territorio di Milano (AL
n. 10/2006) |
EDILIZIA PRIVATA:
W. Fumagalli,
Le norme sul rendimento energetico in Italia
(AL n. 8-9/2006) |
EDILIZIA PRIVATA:
W. Fumagalli,
Il permesso di costruire convenzionato, in Lombardia e a
Milano (AL
n. 7/2006) |
EDILIZIA PRIVATA:
W. Fumagalli,
La relazione paesaggistica: meglio tardi che mai! (AL
n. 5/2006) |
EDILIZIA PRIVATA:
W. Fumagalli,
Sottotetti: anno nuovo vita nuova
(AL n. 4/2006) |
URBANISTICA:
W. Fumagalli,
Un caso di schizofrenia acuta: la pubblicità dei Piani
attuativi (AL
n. 3/2006) |
ENTI LOCALI:
C. Siani,
Il piano di
evacuazione degli ambienti di lavoro
(AL n. 3/2006) |
VARI:
M. Tosetti,
Cosa è oggi la privacy?
(AL n. 3/2006) |
EDILIZIA PRIVATA:
W. Fumagalli,
I Piani regolatori vanno (un po’ per volta) in pensione
(AL n. 1-2/2006) |
URBANISTICA: W.
Fumagalli,
Gli interventi di recupero in Lombardia (AL
n. 12/2005). |
EDILIZIA PRIVATA: M.
Molinari,
Note sulla nozione di vincolo ambientale
(AL n. 11/2005). |
EDILIZIA PRIVATA:
W. Fumagalli,
Le attrezzature
religiose
(AL n. 11/2005). |
URBANISTICA: W.
Fumagalli,
Perequazione,
compensazione e incentivazione urbanistiche (AL
n. 8-9/2005). |
EDILIZIA PRIVATA: W.
Fumagalli,
Dialogo sui sottotetti
(AL n. 7/2005). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI
: C.
Sangiorgi,
Coordinamento per la sicurezza nei cantieri. Appunti sul
quadro normativo di riferimento
(AL n. 6/2005). |
EDILIZIA PRIVATA: E.
Ratto,
Risorse idriche: la normativa
- W. Fumagalli,
L’edificazione lungo i corsi d’acqua
(AL n. 5/2005). |
EDILIZIA PRIVATA: E.
Ratto,
Decreto Legislativo 42/2004
- W. Fumagalli,
I beni culturali dei comuni
(AL n. 4/2005). |
EDILIZIA PRIVATA:
W. Fumagalli,
Il direttore dei lavori nel testo unico dell’edilizia -
M. Gelmetti,
La sicurezza nei cantieri
(AL n. 3/2005). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI:
TRASMISSIONE DEI DATI RELATIVI A CONTRATTI PUBBLICI
"ESCLUSI" DI IMPORTO SUPERIORE ALLA SOGLIA DI EURO 150.000
(comunicato
del Presidente 30.01.2008
- link a www.avlp.it). |
APPALTI:
Indicazioni operative sugli appalti riservati – Art.
52 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e s.m.i..
Il Consiglio con riferimento agli appalti riservati (art.
52), è dell’avviso che:
a) possono essere riconosciuti laboratori protetti ai sensi
dell’art. 52 del D.lgs. n.163/2006 e s.m.i. i soggetti che
possiedono cumulativamente i seguenti requisiti:
1. essere un soggetto giuridico, costituito nel rispetto
della vigente normativa, che esercita in via stabile e
principale un’attività economica organizzata;
2. prevedere nei documenti sociali, tra le finalità
dell’ente, quella dell’inserimento lavorativo delle persone
disabili;
3. avere nel proprio ambito una maggioranza di lavoratori
disabili che, in ragione della natura o della gravità del
loro handicap, non possono esercitare un’attività
professionale in condizioni normali;
b) possono avvalersi della riserva a favore dei programmi di
lavoro protetti anche soggetti giuridici diversi dai
laboratori protetti che ricorrono, per l’esecuzione dello
specifico appalto, all’impiego, in numero maggioritario, di
lavoratori disabili che, in ragione della natura o della
gravità del loro handicap, non possono esercitare
un’attività professionale in condizioni normali, anche sulla
base di accordi conclusi con soggetti operanti nel settore
sociale;
c) il ricorso alle procedure di cui all’art. 52 del codice
richiede:
· la pubblicazione del bando con la finalità di rendere noto
l’appalto ai soggetti interessati;
· la previsione dei requisiti di partecipazione (di ordine
generale e di ordine speciale) in maniera analoga agli
appalti non riservati nel rispetto del principio di
proporzionalità (determinazione
23.01.2008 n. 2
- link a www.avlp.it). |
APPALTI:
Casellario informatico degli operatori economici
esecutori dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi
e forniture.
Il Consiglio stabilisce che:
· il Casellario informatico è suddiviso in tre sezioni
contenenti i dati relativi agli operatori economici per
l’esecuzione di contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture;
· fermo restando quanto già disposto in merito alla sezione
riferita ai contratti pubblici di lavori e quanto previsto
dall’art. 8 dello schema di regolamento di attuazione ex
art. 5 del Codice, nelle sezioni di forniture e servizi del
casellario sono inseriti i seguenti dati:
- stato di liquidazione o cessazione di attività;
- procedure concorsuali pendenti;
- episodi di grave negligenza, malafede o errore grave
nell'esecuzione dei contratti ovvero gravi inadempienze
contrattuali, anche in riferimento all'osservanza delle
norme in materia di sicurezza e degli obblighi derivanti da
rapporto di lavoro, comunicate dai soggetti competenti;
- sentenza di condanna passata in giudicato o decreto penale
di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di
applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo
444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno
dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità
professionale; condanna, con sentenza passata in giudicato,
per uno o più reati di partecipazione a un'organizzazione
criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti
dagli atti comunitari citati all'articolo 45, paragrafo 1,
direttiva Ce 2004/18; dette condanne devono risultare emesse
nei confronti: del titolare o del direttore tecnico se si
tratta di impresa individuale; del socio o del direttore
tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei
soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di
società in accomandita semplice; degli amministratori muniti
di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si
tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso
dette condanne riguardano anche i soggetti cessati dalla
carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del
bando di gara, qualora l'impresa non dimostri di aver
adottato atti o misure di completa dissociazione della
condotta penalmente sanzionata; resta salva in ogni caso
l'applicazione dell'articolo 178 del codice penale e
dell'articolo 445, comma 2, del codice di procedura penale;
- notizie relative a violazioni definitivamente accertate
rispetto agli obblighi relativi al pagamento di imposte e
tasse secondo la legislazione italiana o quella dello Stato
in cui sono stabiliti;
- provvedimenti di esclusione dalle gare, ai sensi delle
vigenti disposizioni in materia, adottati dalle
amministrazioni aggiudicatici, enti aggiudicatori, soggetti
aggiudicatori e stazioni appaltanti;
- falsità nelle dichiarazioni rese in merito ai requisiti e
alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle
procedure di gara e di qualificazione;
- certificazione di qualità aziendale rilasciata dagli
Organismi di certificazione;
- dichiarazioni relative agli avvalimenti di cui all’art.49,
secondo comma, del Codice;
- per i contratti di servizi e forniture superiori a 150
mila euro, i dati relativi alle comunicazioni di
amministrazioni aggiudicatici, enti aggiudicatori, soggetti
aggiudicatori e Stazioni Appaltanti previsti dall’art.7,
commi 8 e 9 del Codice;
- tutte le altre notizie riguardanti gli operatori
economici, che sono dall'Osservatorio ritenute utili ai fini
della tenuta del Casellario, tra cui tutte le violazioni in
materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai
rapporti di lavoro di cui l’Osservatorio venga a conoscenza
anche indipendentemente dalla gravità della violazione e dal
soggetto od organismo, istituzionalmente deputati alla
relativa attività di vigilanza, che la comunicano.
· Dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della
presente determinazione, vi è l’obbligo per le stazioni
appaltanti di comunicare all'Autorità di vigilanza, nei
termini sotto indicati, affinché ne venga fatta annotazione
nel Casellario: 1) le esclusioni dalle gare di servizi e
forniture, ivi comprese quelle disposte per l’ipotesi di
falsa dichiarazione; 2) le notizie relative agli operatori
economici che non hanno comportato l’esclusione,
relativamente a violazioni, anche non gravi, in materia di
sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di
lavoro, di cui la stazione appaltante sia venuta a
conoscenza nel corso della gara; 3) i fatti riguardanti la
fase di esecuzione dei contratti di servizi e forniture, da
annotare nel Casellario.
La segnalazione circa la sussistenza di una o più delle
cause di cui al precedente punto 1), ovvero la comunicazione
circa le notizie di cui al punto 2), deve avvenire, per ogni
operatore economico sulla base dell’allegato A alla presente
determinazione, entro dieci giorni dall’esclusione ovvero
entro dieci giorni dalla avvenuta acquisizione della notizia
da parte della stazione appaltante.
La segnalazione circa i fatti di cui al precedente punto 3)
deve avvenire, per ogni operatore economico, entro dieci
giorni dal verificarsi dell’evento meritevole di annotazione
nel Casellario sulla base dell’allegato B alla presente
determinazione.
La mancata o tardiva comunicazione all’Autorità
dell'esclusione di cui al punto 1) o delle notizie e dei
fatti di cui ai punti 2) e 3) sarà sanzionata ai sensi
dell'articolo 6, comma 11, del Codice.
In capo alla stazione appaltante sussiste l’obbligo, in base
all’art. 71, comma 1, del DPR 445/2000 e ai sensi e per gli
effetti di cui all’art. 6, comma 11, del Codice, di
effettuare la verifica della dichiarazione sostitutiva circa
i fatti che hanno causato l’esclusione dell’operatore
economico partecipante. A quest’ultimo riguardo, vi è
l’obbligo di compilare il paragrafo 5 dell’allegato A alla
presente determinazione - che a tale verifica si riferisce -
anche qualora la dichiarazione sostitutiva dell’operatore
economico sia risultata veritiera.
Al fine di consentire la completa tutela degli interessi
dell’operatore economico, la stazione appaltante deve
notificare a quest’ultimo, ai sensi dell’art. 79 del Codice,
il provvedimento di esclusione dello stesso dalla gara,
precisando che detto provvedimento è congiuntamente
comunicato all’Autorità (mediante l’allegato A alla presente
determinazione) per l’inserimento del dato nel Casellario
informatico, il che potrà consentire all’operatore economico
di fornire all’Autorità un’utile informazione relativamente
ad iniziative giurisdizionali intraprese. Analogamente, la
stazione appaltante informa l’operatore economico circa le
comunicazioni inoltrate all’Autorità di cui ai precedenti
punti 2) e 3).
L’Autorità, posta a conoscenza del provvedimento di
esclusione disposto dalla stazione appaltante e
dell’eventuale dichiarazione non veritiera resa
dall’operatore economico, nonché delle notizie e dei fatti
di cui ai precedenti punti 2) e 3), procede alla puntuale e
completa annotazione dei relativi contenuti nel Casellario
informatico, salvo il caso che consti l’inesistenza in punto
di fatto dei presupposti o comunque l’inconferenza della
notizia comunicata dalla stazione appaltante.
Nei confronti dell’operatore economico escluso anche per
aver fornito dati o documenti non veritieri circa il
possesso dei requisiti prescritti per la partecipazione alla
procedura di affidamento verrà instaurato un procedimento in
contraddittorio, al termine del quale sarà eventualmente
comminata dall’Autorità la sanzione pecuniaria prevista
dall’art. 6, comma 11, del Codice. Peraltro, l’esito di tale
procedimento sanzionatorio non condiziona l’annotazione nel
Casellario.
In base al disposto di cui al più volte richiamato art. 38
del Codice, tra le ipotesi che precludono la partecipazione
alle gare di appalto, vi è quella relativa al fatto di
avere, nell'anno antecedente la data di pubblicazione del
bando di gara, reso false dichiarazioni in merito ai
requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione
alle procedure di gara "risultanti dai dati in possesso
dell'Osservatorio dei lavori pubblici" (lett. h). In
proposito, nel richiamare i contenuti della Determina
dell’Autorità n. 1 del 2005, si ribadisce che l’anno di
sospensione decorre dalla data di inserimento nel Casellario
informatico della relativa annotazione.
· Dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della
presente determinazione, vi è l’obbligo per le stazioni
appaltanti di comunicare all'Autorità di vigilanza, nei
termini sotto indicati, le esclusioni dalle gare di servizi
e forniture per ritardata od omessa comprova dei requisiti
di ordine speciale, ai sensi dell’art. 48 del Codice.
La segnalazione deve avvenire entro dieci giorni
dall’esclusione dalla gara, utilizzando l’allegato C alla
presente determinazione.
La mancata comunicazione dell'esclusione all’Autorità oppure
il ritardo della comunicazione sarà sanzionata ai sensi
dell'articolo 6, comma 11, del Codice.
Nei confronti dell’operatore economico escluso verrà
instaurato un procedimento in contraddittorio al termine del
quale saranno eventualmente comminate dall’Autorità la
sanzione pecuniaria e la sospensione dalla partecipazione
alle gare, graduata da un minimo di un mese a un massimo di
dodici mesi a seconda della gravità del caso. Il massimo
della sanzione è previsto laddove l’operatore economico
abbia reso una dichiarazione scientemente falsa.
I provvedimenti di sospensione sono inseriti nel Casellario
informatico con decorrenza dalla data della relativa
iscrizione.
· Per le esclusioni dalle gare di servizi e forniture,
disposte relativamente alle fattispecie indicate
nell’allegato A e/o disposte per difetto dei requisiti di
ordine speciale o ritardata od omessa comprova degli stessi,
ai sensi dell’art. 48 del Codice, nonché per i fatti
riguardanti la fase di esecuzione dei contratti di servizi e
forniture, elencati nell’allegato B, avvenuti
precedentemente alla data di pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale della presente Determinazione, e non ancora
comunicati all’Autorità, le stazioni appaltanti
provvederanno alla relativa segnalazione con le modalità
prima indicate, entro 90 giorni dalla suddetta
pubblicazione, senza incorrere nelle sanzioni di cui al
comma 11 dell’art. 6 del D. Lgs. 12.05.2006, n. 163.
· Non costituiscono oggetto di segnalazione e conseguente
iscrizione nel casellario informatico le irregolarità
meramente formali che risultano nello svolgimento dei
procedimenti di gara e che comportano un provvedimento di
non ammissione alla gara più che di esclusione.
· In sede di verifica della veridicità della dichiarazioni
sostitutive, ai sensi dell’art. 11, comma 8, del codice e
dell’art. 71 del decreto del Presidente della Repubblica
28.12.2000, n. 445, le risultanze della consultazione del
casellario informatico non esimono la stazione appaltante
dall’onere di verificare direttamente presso le
amministrazioni certificanti il possesso dei requisiti di
ordine generale ex art. 38.
· Vi è l’obbligo per le stazioni appaltanti di consultare il
Casellario informatico nel corso delle procedure di
affidamento di contratti pubblici per l’individuazione degli
operatori economici nei cui confronti sussistano cause di
esclusione.
In altri termini, le stazioni appaltanti debbono procedere,
sulla base delle dichiarazioni presentate dai concorrenti,
delle certificazioni dagli stessi prodotte e dai riscontri
rilevabili dai dati eventualmente presenti nel Casellario
degli operatori economici, ad una immediata verifica circa
il permanere, al fine dell'ammissione alla gara, del
possesso dei requisiti d'ordine generale da parte dei
concorrenti.
Le notizie, le informazioni e i dati contenuti nel
Casellario informatico sono accessibili alle stazioni
appaltanti tramite collegamento al sito
www.autoritacontrattipubblici.it, previa iscrizione
nell’apposita sezione “Anagrafe delle amministrazioni” del
referente o dei referenti individuati dal rappresentante
legale della stazione appaltante con richiesta di
abilitazione all’area “annotazioni riservate” e
acquisizione, per via telematica, del rilascio della Userid
e della Password (determinazione
10.01.2008 n. 1
- link a www.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI SERVIZI: Affidamento
da parte di un consorzio di comuni della gestione delle
farmacie comunali ad una società mista a prevalente capitale
privato: onere di impugnazione da parte dei farmacisti
privati del bando di gara per la costituzione della società
mista.
Gli atti con i quali un consorzio di comuni,
costituito per la gestione di servizi di carattere
sociosanitario, ha optato di avvelersi di una società mista
quale modulo organizzatorio per la gestione delle farmacie
aderenti al consorzio medesimo, hanno cristallizzato
l’opzione per un determinato tipo di gestione ed unitamente
a quelli di selezione del socio privato hanno carattere
conclusivo e si rivelano, dunque, idonei a ledere con
immediatezza l’interesse ad impedire l’esercizio delle
farmacie comunali a mezzo di società mista ed il "bene della
vita" che i farmacisti privati hanno inteso preservare con
la loro impugnazione, mentre gli atti successivamente
adottati sono meramente consequenziali rispetto a quelli di
formazione della società e, in certa misura, automatici e
vincolati in relazione alla presupposta scelta del modulo in
questione. Pertanto, i farmacisti privati non essendone i
diretti destinatari, avevano l’onere di impugnare nel
termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione il bando
di gara in quanto atto con il quale il Consorzio
intercomunale ha inequivocabilmente promosso la costituzione
di società mista all'unico scopo di conferire alla stessa la
titolarità del servizio in questione, al di fuori di
ulteriori procedure selettive ad evidenza
pubblica (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 23.01.2008 n. 167
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI: Sui
presupposti per far luogo all’applicazione dell’art. 113, c.
14° del T.U.E.L: nozione di rete, impianti e le altre
dotazioni patrimoniali.
Le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali
richiamati dal legislatore nell’art. 113, c. 14° del D. Lgs.
n. 267 del 18.08.2000, devono essere individuati in quelle
infrastrutture fisse, complesse e non facilmente
riproducibili (quali le linee ferroviarie, i gasdotti, le
reti idriche, quelle telefoniche, ecc.) che attengono ai
settori del trasporto, dell’energia e delle
telecomunicazioni, e non siano da confondere con le
attrezzature mobili, ove del caso deperibili ed agevolmente
duplicabili, come sono quelle che afferiscono allo
svolgimento del servizio di igiene urbana, nei suoi
specifici segmenti relativi alla raccolta ed al trasporto
dei rifiuti. Deve, poi, trattarsi di infrastrutture
inamovibili che appartengano ad un soggetto estraneo
all’ente locale e di cui quest’ultimo non possa dotarsi, se
non con rilevante e non conveniente dispendio di risorse
finanziarie e strumentali.
Non sono certo ascrivibili a tale nozione gli strumenti
ordinariamente adoperati nell’espletamento della raccolta e
del trasporto dei rifiuti urbani, ove si consideri che i
cassonetti, gli autocompattatori e gli altri mezzi
eventualmente necessari, sono soggetti ad usura e notevole
deperibilità e, quindi, si rivelano suscettibili di un
frequente ricambio, in quanto agevolmente duplicabili.
Se è vero, infatti, che le attrezzature e gli impianti
utilizzati nello svolgimento di detto servizio appartengono,
di regola, all’appaltatore e non all’ente locale, deve
negarsi che essi costituiscano una "rete" nel senso dianzi
specificato (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 23.01.2008 n. 156
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla verifica della regolarità contributiva: non è più di
competenza delle stazioni appaltanti, ma è demandata agli
enti previdenziali. Insindacabilità delle risultanze da
parte della stazione appaltante.
A seguito dell’entrata un vigore della disciplina sul
certificato di regolarità contributiva (DURC), dettata
dall’art.2 del D.L. 25.09.2002 n. 210, così come modificato
dalla l. di conversione 22.11.2002 n. 266 e dall’art. 3, c.
8 lett. b-bis) del D.Lgs. 14.08.1996 n. 494, lettera
aggiunta dall’art. 86, comma 10, del D.Lgs. 10.09.2003 n.
276, la verifica della regolarità contributiva non è più di
competenza delle stazioni appaltanti, ma è demandata agli
enti previdenziali. La stazione appaltante non deve dunque
far altro che prendere atto della certificazione senza poter
in alcun modo sindacarne le risultanze (come avviene del
resto con riferimento a qualsiasi certificazione acquisita
per comprovare requisiti, il cui accertamento è affidato ad
altre amministrazioni). Conseguenza di quanto testé
evidenziato è inoltre che il procedimento di rilascio della
certificazione di regolarità contributiva ha una sua
autonomia rispetto al procedimento di gara ed è sottoposto
alle regole proprie della materia previdenziale, della cui
corretta applicazione è peraltro competente a conoscere il
giudice ordinario (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 23.01.2008 n. 147
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI
- Abbandono - Obbligo di rimozione - Art. 192 d.lgs. n.
152/2006 - Proprietario dell’area interessata - Elemento
soggettivo.
L’articolo 192 del D. lgs. 152 del 2006 dispone che
l’obbligo di procedere alla rimozione dei rifiuti può
gravare, in solido con il responsabile, anche a carico del
proprietario e del titolare di diritti reali o personali di
godimento solo se tale violazione sia anche a loro
imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli
accertamenti effettuati,in contraddittorio con i soggetti
interessati, da coloro che sono preposti al controllo. Tale
disposizione ha sostanzialmente recepito, in sede di
codificazione, lo stesso principio contenuto nel previgente
articolo 9 del D.P.R. 10/09/1982, n. 915, nonché
dell’articolo 14 del decreto legislativo 05/02/1997, n. 22.
In relazione a queste ultime disposizioni, di analogo
contenuto rispetto all’art. 192 citato, la giurisprudenza è
consolidata nel senso di richiedere un coinvolgimento doloso
o colposo del proprietario per poter configurare una sua
responsabilità solidale con la responsabilità di colui che
ha effettivamente abbandonato i rifiuti (TAR Emilia
Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 22.01.2008 n. 78
- link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO
ATMOSFERICO - Emissioni di vapori, gas e fumi - Molestie
olfattive provocate da impianto industriale autorizzato -
Art. 674 c. p. - Configurabilità - Condizioni - Fattispecie
- Art. 268, 1° c. lett. a), D.Lgs. 03.04.2006, n. 152 - Art.
844 cod. civ..
In tema di emissioni inquinanti nell'atmosfera, il
consolidato orientamento giurisprudenziale che esclude la
violazione dell’art. 674 cod. pen. in presenza di emissioni
provenienti da impianti autorizzati e nel rispetto dei
valori limite fissati dalla normativa speciale trova
applicazione solo nei casi in cui esistono precisi limiti
tabellari fissati dalla legge; diversamente, il reato
contenuto nell’art. 674 cod. pen., è configurabile nel caso
di “molestie olfattive”, dal momento che non esiste una
normativa statale che prevede disposizioni specifiche e
valori limite in materia di odori (non essendo applicabile
la disciplina in materia di inquinamento atmosferico dettata
dal D.Lgs. 03.04.2006, n. 152), con conseguente necessità di
individuare il parametro di legalità nel criterio della
“stretta tollerabilità”, ritenendosi riduttivo ed inadeguato
il riferimento a quello della “normale tollerabilità”
fissato dall’art. 844 cod. civ. in quanto inidoneo ad
approntare una protezione adeguata all’ambiente ed alla
salute umana, attesa la sua portata individualistica e non
collettiva. Fattispecie: esalazioni maleodoranti atte a
molestare le persone, in quanto nauseanti e puzzolenti
provocate da un impianto industriale di confezionamento di
"trippa" alimentare e di lavorazione degli scarti animali
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 17.01.2008 n. 2475
- link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Manufatto
abusivo - Sequestro - Violazione dei sigilli e continuazione
dei lavori - Divieto di residenza imposto al
custode-indagato - Legittimità.
In materia di reati urbanistici, è legittimo il divieto di
residenza imposto al custode che viola ripetutamente i
sigilli apposti al manufatto abusivo sottoposto a sequestro
da parte della polizia giudiziaria (nella specie, l'indagato
era stato nominato custode). (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 17.01.2008 n. 2461
- link a www.ambientediritto.it). |
ENTI LOCALI: A.
Matranga, E' illegittimo, per difetto di motivazione, il
provvedimento di revoca dell'incarico di Assessore, motivato
con riferimento alla necessità di comporre una Giunta c.d.
"tecnica" (TAR Puglia-Lecce, SEZ. I,
ordinanza 09.01.2008 n. 12
- link a www.diritto.it) |
AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI
- Deposito e smaltimento di rifiuti da parte di terzi -
Responsabilità del proprietario dell’area - Comportamento
attivo - Criteri d’individuazione - Fattispecie: smaltimento
definitivo di macerie provenienti da demolizioni e materiale
per scarto prodotto dei cantieri.
La responsabilità del proprietario dell’area destinata a
deposito e smaltimento di rifiuti può essere desunta dal
comportamento attivo, consistente, di fatto, nel fare
depositare, almeno in parte, i materiali di risulta da
demolizioni e gli scarti di cantiere (plastica, tondini,
legni, sacchetti etc.), e fare spianare gli stessi in una
depressione e ricoprire il tutto con terreno naturale. Nella
pratica, anche solo lo spianamento e copertura con terreno
naturale integra il reato di cui al Decreto Legislativo n.
22 del 1997, articolo 51 comma 1, in quanto lo smaltimento
dei rifiuti non si ha soltanto col deposito di essi "sul
suolo" ma anche "nel suolo", come viene anche indicato
nell'allegato "B" (allegato 4) del Decreto Legislativo
05.02.1997, n. 22 che ha trovato continuità normativa nel
Decreto Legislativo 03.04.2006, n. 152, allegato B parte
quarta (allegato 18), che descrive le attività di
smaltimento.
RIFIUTI - Deposito temporaneo - Gestione dei rifiuti
non pericolosi - Limiti - Art. 183 n. 3/2 D. L.vo n.
152/2006.
In materia di gestione dei rifiuti, sia il Decreto
Legislativo n. 22/1997, articolo 6, n. 3, lettera m, che il
successivo Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 183
n. 3/2, lettera m, escludono la possibilità di deposito
temporaneo quando i rifiuti non pericolosi superano i 20
mc..
RIFIUTI - Attività di gestione di rifiuti non
autorizzata - Autorizzazione in materia edilizia -
Inapplicabile per la gestione di rifiuti - Art. 256 c. 4,
D.L.vo n. 152/2006.
La norma che prevede che le pene di cui al Decreto
Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, commi 1, 2 e 3,
sono ridotte della metà nel caso di inosservanza delle
prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, fa
riferimento esclusivamente alle autorizzazioni in materia di
gestione dei rifiuti. (Nella specie il giudice non ha
ritenuto applicabili i benefici di cui al comma 4 dell’art.
256, D.L.vo n. 152/2006, in quanto l'autorizzazione al
riempimento con terreno naturale della depressione era
semplicemente un'autorizzazione in materia edilizia) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.01.2008 n. 177
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EDILIZIA PRIVATA: Vincolo paesistico - Vincoli
generici e vincoli specifici - Disciplina vincolistica e condonabilità degli abusi edilizi.
E’ inapplicabile la disciplina vincolistica di cui al p.t.p.
approvato con d.m. 06.11.1995, dopo la realizzazione del
fabbricato oggetto della domanda di condono edilizio, ed il
carattere generico del contenuto prescrittivo del vincolo
paesistico che grava sulla zona introdotto con d.m.
22.06.1967, non impeditivo in assoluto di interventi
modificativi. In questi casi, l’autorizzazione sindacale,
non si pone in contraddizione con le previsioni di tutela,
che non consumano la sfera di discrezionalità del Sindaco
circa la graduazione degli interventi compatibili. In
conclusione, sono condonabili gli interventi edilizi
realizzati su zona vincolata se il vincolo anteriore
all'abuso è generico e quello specifico è successivo alla
consumazione dell'abuso.
Misure di protezione
integrale della zona di cui al p.t.p. - Controllo
dell’autorizzazione paesistica - Estensione del controllo di
legittimità del Soprintendente al merito tecnico del
provvedimento sindacale - Esclusione.
E’ illegittimo, il controllo dell’autorizzazione paesistica
rilasciata dal Comune che deborda dai limiti di stretta
legittimità quali previsti dalle norme in materia, dando
luogo alla sovrapposizione di una nuova ed autonoma
valutazione di merito a quella espressa dall’Autorità
delegata, con esercizio di un potere che per pacifica
giurisprudenza non è riconducibile al procedimento di
riesame (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 07.01.2008 n. 22
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AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO
ACUSTICO - Limiti differenziali - Art. 4, c. 3 DPCM
14.11.1997 - Applicabilità immediata.
In tema di limiti pubblicistici alle emissione sonore,
mentre per i valori limite assoluti l’art. 8, comma 1, DPCM
14.11.1997 prevede che, in attesa della classificazione del
territorio da parte dei Comuni in zone (ai sensi dell’art.
6, comma 1, lett. a, L. n. 447/1995, previa adozione di
appositi criteri con Legge Regionale), trovano applicazione
i limiti del previgente DPCM 01.03.1991, per i valori limiti
differenziali trova immediata applicazione l’art. 4, comma
1, DPCM 14.11.1997 (cfr. TAR Toscana Sez. II Sent. n. 39 del
24.01.2003; TAR Bologna Sez. II Sent. n. 634 del
23.11.1999), il quale fissa tali limiti differenziali in 5
dB per il periodo diurno (dalle ore 6,00 fino alle ore
22,00) e in 3 dB per il periodo notturno (dalle ore 22,00
fino alle ore 6,00).
INQUINAMENTO ACUSTICO - Valori limiti differenziali -
Art. 4, c. 3 DPCM 14.11.97 - Circoli ricreativi privati -
Applicabilità - Equiparazione alle attività commerciali.
I valori limiti differenziali di cui all’art. 4, c. 1 DPCM
14.11.1997 si applicano anche ai circoli ricreativi privati
in quanto tali circoli vanno equiparati, indipendentemente
dalle finalità di lucro, alle attività commerciali e/o
professionali ex art. 4, comma 3, DPCM 4.11.1997 (cfr. punto
3 della Circolare Ministero Ambiente del 6.9.2004,
pubblicata nella G.U. del 15.09.2004).
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza contingibile e
urgente - Art. 9 L. n. 447/1995 - Presupposti.
A seguito delle risultanze dei rilievi fonometrici eseguiti
dalla competente ARPA e dell’inerzia del responsabile, è
legittima l’ordinanza contingibile e urgente che intervenga
a porre urgente riparo alla grave lesione del diritto ala
salute determinato dall’inquinamento acustico (art. 9 L. n.
447/1995), ove non sia possibile provvedere altrimenti (cioè
con altri rimedi di carattere amministrativo, previsti
dall’ordinamento vigente, oppure con misure alternative che
impongono un minore sacrificio al responsabile) e ove il
provvedimento assuma carattere temporaneo (in quanto preveda
l’estinzione della sua efficacia non appena eseguiti i
provvedimenti necessari al fine di impedire il superamento
dei valori limiti differenziali) (TAR Basilicata, Sez. I,
sentenza 02.01.2008 n. 5
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APPALTI: Principio
di pubblicità - Derogabilità - Specifica valutazione tecnica
delle offerte.
Il principio di pubblicità -inderogabile per quanto attiene
alla verifica della integrità dei plichi ed all’apertura
degli stessi- ben può esser derogato allorché la commissione
debba procedere ad una specifica valutazione tecnica delle
offerte, il che si verifica nel caso di aggiudicazione
secondo il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, n.
2285/2000 e n. 1787/2003; Sez VI n. 2010/2006) (TAR
Basilicata, Sez. I,
sentenza 02.01.2008 n. 3
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APPALTI SERVIZI: RIFIUTI
- Albo dei gestori ambientali - Iscrizione secondo le
procedure ordinarie - Attività di raccolta e trasporto di
rifiuti sottoposti alle procedure semplificate - Art. 212 D.
Lgs. n. 152/2006 - Comunicazione di cui al c. 18 - Necessità
- Esclusione - Condizioni.
L’innovativo quadro normativo introdotto dall’articolo 212
del D.L. vo n. 152 del 2006 è chiaro nel prevedere che chi
risulta iscritto all’Albo dei gestori ambientali secondo le
procedure ordinarie può effettuare attività di raccolta e
trasporto di rifiuti sottoposti alle procedure semplificate,
senza dover effettuare la comunicazione di cui al comma 18
dello stesso articolo, e quindi senza dover iscriversi
secondo la procedura semplificata, purché risultino
soddisfatte due condizioni:
a) che i rifiuti siano effettivamente avviati al recupero ed
al riciclaggio;
b) che i rifiuti avviati alle operazioni suddette siano
della stessa categoria, classe e tipologia di rifiuti per i
quali le imprese sono iscritte secondo la procedura
ordinaria.
RIFIUTI - Albo dei gestori ambientali - Gara di
appalto - Categoria 4, classe C - Categoria 2, classe E -
Equivalenza ai fini dell’aggiudicazione di gara d’appalto -
Possibilità.
L’iscrizione nella categoria 4, classe C, può legittimamente
essere ritenuta equivalente, in sede di aggiudicazione di
gara d'appalto, alla classe E, categorie 2 e 4 , atteso che
la quantità di rifiuti prevista per la categoria 2 classe E
sommata a quella prevista per la categoria 4 classe E è
comunque inferiore a quella autorizzata a trattare per la
categoria 4 classe C.
RIFIUTI - Spazzamento - Albo dei gestori ambientali -
Dotazione di mezzi - Iscrizione alla categoria 1 classe D -
Idoneità all’aggiudicazione di gara d’appalto il cui bando
richieda l’iscrizione alla classe E, categoria 1.
Ai fini dello svolgimento dell’attività di spazzamento, la
dotazione di veicoli richiesta dall’allegato C della
deliberazione dell’Albo Nazionale delle Imprese che
effettuano la gestione dei rifiuti (oggi: Albo dei Gestori
Ambientali) 30.01.2003, per la categoria 1 classe D (8
veicoli a motore a tre o quattro ruote) è superiore a quella
richiesta per la categoria 1 classe E (5 veicoli a motore a
tre o quattro ruote). E’ evidente pertanto che l’iscrizione
nella categoria 1 classe D non può essere causa di
esclusione dalla gara di appalto il cui bando richieda
l’iscrizione alla categoria 1 classe E.
APPALTI - Principio di pubblicità - Derogabilità -
Specifica valutazione tecnica delle offerte.
Il principio di pubblicità -inderogabile per quanto attiene
alla verifica della integrità dei plichi ed all’apertura
degli stessi- ben può esser derogato allorché la commissione
debba procedere ad una specifica valutazione tecnica delle
offerte, il che si verifica nel caso di aggiudicazione
secondo il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, n.
2285/2000 e n. 1787/2003; Sez VI n. 2010/2006) (TAR
Basilicata, Sez. I,
sentenza 02.01.2008 n. 3
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APPALTI: S.
Lazzini, L’applicazione del principio del "favor
partecipationis" che cosa implica in caso di inadempimenti
meramente formali? È ammessa la possibilità di
partecipazione in raggruppamento sia orizzontale che
verticale e di non escludere la possibilità, nel caso di
raggruppamento orizzontale, che solo per una determinata
parte il servizio sia eseguito da più di una impresa della
medesima associazione? Quali sono le caratteristiche di
un’”associazione orizzontale”, di un’”associazione
verticale” o di una “mista”?
In forza del principio del "favor partecipationis",
l'inosservanza delle prescrizioni del bando di gara circa le
modalità di presentazione delle offerte, implica
l'esclusione dalla gara stessa solo quando si tratti di
prescrizioni rispondenti ad un particolare interesse della
stazione appaltante, o poste a garanzia della "par condicio"
dei concorrenti, senza che si possa procedere alla
esclusione del concorrente, per mancata osservanza di una
determinata formalità, ove questa non sia prevista
espressamente a pena di esclusione (Consiglio di Stato, Sez.
V,
sentenza 21.11.2007 n. 5932
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APPALTI: S.
Lazzini, Dopo quali atti un’aggiudicazione provvisoria
diventa definitiva? Anche in una Società di capitali,
l’ultima parola è demandata al Consiglio di Amministrazione
rispetto alla Commissione di gara o al responsabile del
Procedimento? La giurisprudenza amministrativa distingue, in
tema di annullamento di aggiudicazione, l'ipotesi di
annullamento dell'aggiudicazione provvisoria, da quella
dell'annullamento di ufficio dell'aggiudicazione definitiva?
L’aggiudicazione definitiva di una gara pubblica dei
contratti della p.a. (nonché di un organismo privato tenuto
ad operare con le regole dell’evidenza pubblica, non è un
atto meramente confermativo dell'aggiudicazione provvisoria,
essendo diverso da quest'ultimo per soggetto, competenza,
forma e contenuto e presupponendo una nuova valutazione dei
fatti, delle norme e delle circostanze inerenti al
procedimento di gara intatti le norme speciali, configurano
la procedura in funzione della scelta del contraente e non
della formazione dell’accordo, che resta subordinato alla
approvazione dell’esito della gara oltre che al controllo
della stazione appaltante sugli atti posti in essere dalla
Commissione ed a tutti gli ulteriori adempimenti richiesti
all’aggiudicatario provvisorio (prova dei requisiti;
costituzione della deposito cauzionale in assenza del quale
non poteva essere perfezionato il vincolo negoziale): la
parola definitiva, spetta, dunque alla società che ha
indetto la gara, alla quale, secondo le regole generali,
competono anche eventuali ripensamenti circa la persistenza,
in concreto, della volontà di contrarre, in presenza di
sopravvenute, contrarie valutazioni di opportunità e
convenienza (sia pure con i limiti derivanti
dall’affidamento ingenerato nei partecipanti) (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 21.11.2007 n. 5925
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AGGIORNAMENTO ALL'01.02.2008 |
ã |
G.U.R.I. - G.U.E.E. - B.U.R.L.
(e anteprima) |
URBANISTICA: B.U.R.
Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 5 del 31.01.2008, "Approvazione
delle Linee guida per la realizzazione degli strumenti del
SIT integrato per la pianificazione provinciale ai sensi
dell'art. 3 della l.r. 12/2005" (decreto
D.U.O. 21.12.2007 n. 16285
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GIURISPRUDENZA |
APPALTI: Persone
giuridiche - Partecipazione alle gare di appalto -
Individuazione dei soggetti obbligati - Decadenza - Poteri
di rappresentanza esercitati in funzione vicaria.
Nelle gare di appalto, l’individuazione dei soggetti
obbligati, con riferimento alle persone giuridiche (e dunque
alle società di capitale ed ai consorzi dotati di
personalità), è costituito dalla riconoscibilità ed
ufficialità del potere della persona fisica di trasferire
direttamente, al soggetto rappresentato, gli effetti del
proprio operare. Non assume rilievo, il fatto che i poteri
di rappresentanza possano essere esercitati soltanto in
funzione vicaria, contando in concreto, la titolarità del
potere e non anche il suo esercizio. Inoltre, quando, né il
bando né il disciplinare di gara includono una enumerazione
di soggetti obbligati a rendere la dichiarazione e l’uno è
l’altro la esigono genericamente da parte di chi è titolare
della rappresentanza legale; l’obbligo è imposto a pena di
decadenza.
Partecipazione alle gare di appalto - Preposizione
institoria - Poteri e limiti.
La preposizione institoria, è caratterizzata dalla ampiezza
dei poteri rappresentativi e di gestione, che fanno
dell’institore un alter ego dell’imprenditore con anologhi
poteri, sia pure limitatamente al ramo di attività o alla
sede cui il soggetto è preposto (Cass. Civ., Sez. II. n.
2020/1993). L’ampiezza è tale che “la rappresentanza si
reputa generale”, allorché particolari limitazioni non siano
rese pubbliche nelle forme di legge. Pertanto, l’institore è
titolare di una posizione corrispondente a quella di un vero
e proprio amministratore, munito di poteri di
rappresentanza, cosicché deve anche essere annoverato fra i
soggetti tenuti alla dichiarazione.
Omessa produzione del documento - Violazione della par
condicio - Esclusione dalla gara.
In tema di appalti, non può applicarsi una disposizione che
non é utilizzabile per supplire alla omessa produzione del
documento richiesto a pena di esclusione dalla gara, se non
in violazione della par condicio fra i concorrenti (Cons.
Stato, Sez. V, n. 2191 del 22/04/2002 e n. 1068 del
06/03/2006).
Qualifica di servizio pubblico locale - Subordinazione
al pagamento di un corrispettivo o meno - Ininfluenza.
Non incide sulla qualifica di servizio pubblico locale il
fatto che il servizio sia, o meno, subordinato al pagamento
di un corrispettivo (Cons. Stato, Sez. V, 16.12.2004 n.
8090).
Partecipazione alla gara di imprese che hanno
effettuato forniture e servizi oggetto di gara - Preclusione
- Limiti.
Una legge nazionale che precluda la partecipazione a una
gara di imprese in qualunque modo riconducibili ad un
soggetto che abbia svolto prestazioni di progettazione
relativamente alle specifiche opere, attività, forniture e
servizi oggetto di gara “senza prima concedere la
possibilità di dimostrare che tale circostanza non falsa la
concorrenza” è illegittima. (Corte di Giustizia delle
Comunità europee 03/03/2005 nelle c. riun.C-21/03 e C34/03).
Pertanto, non è riscontrabile alcuna incompatibilità
allorché manchino indizi seri, precisi e concordanti che il
partecipante alla gara, o il soggetto a questo collegato
abbia rivestito tanta parte nell’indirizzo della scelte
dell’amministrazione o ne abbia ricevuto un tale flusso di
informazioni riservate da falsare la concorrenza (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 15.01.2008 n. 36
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EDILIZIA PRIVATA: Fascia
di rispetto cimiteriale - Vincolo di inedificabilità
assoluta - Strutture mobili - Applicabilità - Esclusione.
Il vincolo assoluto di inedificabilità nell'area di rispetto
cimiteriale, di cui all’art. 338 del R.D. 1265/1934,
finalizzato alla tutela di molteplici interessi pubblici
(esigenze di natura igienico sanitaria, salvaguardia della
peculiare sacralità che connota i luoghi destinati
all'inumazione ed alla sepoltura, mantenimento di un'area di
possibile espansione della cinta cimiteriale - cfr. Cds, V,
1934/2007), non può che interessare le opere edilizie di
carattere stabile, esulando dal divieto altre diverse forme
di utilizzazione dei terreni che si trovino in quella
fascia, quali ad esempio l'installazione di strutture
precarie o mobili (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 09.01.2008 n. 18
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EDILIZIA PRIVATA: INQUINAMENTO
ELETTROMAGNETICO - Provvedimento autorizzatorio unico -
Finalità - Procedimento unitario ambientale/urbanistico.
La previsione di un unico procedimento autorizzatorio per
l'installazione delle infrastrutture di comunicazione
elettronica è finalizzata a garantire, tramite procedure
tempestive e semplificate, la parità delle condizioni
concorrenziali fra i diversi gestori nella realizzazione
delle proprie reti di comunicazione sul territorio
nazionale, nonché la osservanza di livelli uniformi di
compatibilità ambientale delle emissioni radioelettriche:
l’unico provvedimento autorizzatorio deve essere rilasciato
sulla base di un procedimento unitario, nel contesto del
quale devono essere fatte confluire le valutazioni sia di
tipo ambientale che di tipo urbanistico (cfr. Corte
Costituzionale, 28 marzo 2006, n. 129; 06.07.2006, n. 265).
Infrastrutture di comunicazione - Assimilabilità alle
normali costruzioni edilizie - Esclusione - Applicabilità
delle prescrizioni urbanistico-edilizie preesistenti -
Esclusione - Ragioni.
In presenza della specifica previsione di cui all’art. 86
del D.lgs. n. 259/2003, il quale assimila, ad ogni effetto,
le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione alle
opere di urbanizzazione primaria, ed in assenza di
specifiche previsioni, deve ritenersi che gli impianti di
telefonia mobile non possano essere assimilati alle normali
costruzioni edilizie e, pertanto, la loro realizzazione non
sia soggetta a prescrizioni urbanistico-edilizie
preesistenti, le quali si riferiscono a tipologie di opere
diverse e sono state elaborate con riferimento a possibilità
di diverso utilizzo del territorio, nell’inconsapevolezza
del fenomeno della telefonia mobile e, più in generale,
dell’inquinamento elettromagnetico in generale.
Conseguentemente, il titolo autorizzatorio non può essere
negato se non avuto riguardo ad una specifica disciplina
conformativa, che prenda in considerazione le reti
infrastrutturali tecnologiche necessarie per il
funzionamento del servizio pubblico (in tal senso, Cons.
Stato, sez. VI, 17.10.2003, n. 7725; TAR Campania, sez. I,
13.02.2002, n. 983, 20.12.2004, n. 14908).
Impianti di telefonia mobile - Pubblica utilità - Art.
90 d.lgs. n. 259/2003 - Compatibilità con ogni destinazione
urbanistica.
L’art. 90 del D.Lgs. n. 259/2003 dispone che gli impianti di
telefonia mobile e le opere accessorie occorrenti per la
loro funzionalità hanno “carattere di pubblica utilità”, con
possibilità, quindi, di essere ubicati in qualsiasi parte
del territorio comunale, essendo compatibili con tutte le
destinazioni urbanistiche (residenziale, verde, agricola,
ecc.: cfr., in tal senso, C.G.A. ordinanza 05.07.2006, n.
543; Cons. Stato, sez. VI, 04.09.2006, n. 5096) (TAR
Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 09.01.2008 n. 8
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EDILIZIA PRIVATA: INQUINAMENTO
ELETTROMAGNETICO - Installazione di un impianto
radioelettrico - Dissenso espresso dalla Giunta -
Incompetenza - Dirigente - Competenza - Art. 107 d. lgs. n.
267/2000.
La Giunta è incompetente a esprimere il dissenso del Comune
sull’installazione di un impianto radioelettrico su strada,
trattandosi di atto di gestione che, ai sensi dell’art. 107
del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, spetta ai dirigenti.
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Installazione di un
impianto radioelettrico - Preavviso di rigetto -
Applicabilità - Art. 10-bis L. n. 241/1990.
L’art. 10-bis della l. n. 241/1990 - preavviso di rigetto -
costituisce norma di carattere generale che, in quanto tale,
si applica anche al procedimento per l’installazione di un
impianto radioelettrico (in tal senso Cons. Stato, Sez. VI,
29 novembre 2006, n. 6993) (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 07.01.2008 n. 32
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EDILIZIA PRIVATA: Tutela
del valore paesaggistico - Annullamento dell’autorizzazione
rilasciata dal Comune - Rivalutazione nel merito
dell’autorizzazione - Illegittimità.
E’ illegittimo il provvedimento annullatorio che abbia
travalicato nella rivalutazione l’analisi del testo vertendo
nel merito dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal
Comune. Nella specie, emerge una valutazione di merito,
accoppiata alla formulazione di una diversa soluzione
rispetto a quella assentita dal Comune, determinazione
evidentemente frutto di una sovrapposta valutazione del modo
e grado di tutela del valore paesaggistico, con il
conseguente apprezzamento in termini di
opportunità\adeguatezza di quanto espressamente suggerito
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 07.01.2008 n. 2
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EDILIZIA PRIVATA: Distanze
tra edifici - Art. 873 c.c. - Regime derogatorio per i vani
tecnici - Inconfigurabilità.
Quantunque il vano tecnico partecipi di un regime
differenziato, nel senso che esso può essere portato in
aggiunta alla volumetria massima realizzabile in fase di
progettazione dell’immobile (T.A.R Lazio II sez. 21/06/04 n.
6016; Cons. St. V sez. 23/03/1991 n. 329), ciò non significa
che il regime derogatorio riguardi anche il distacco degli
edifici. Va da sé infatti che la realizzazione di vani
tecnici a distanza minore da quella normativamente prevista
inevitabilmente comprometterebbe il raggiungimento delle
finalità perseguite dalle regole di cui all’art. 873 c.c..
Distanze tra edifici - Concessione edilizia rilasciata
in violazione dell’art. 873 c.c. - Giurisdizione ordinaria -
Giurisdizione amministrativa.
L’obbligo del rispetto della distanza minima assoluta tra
edifici (nel caso di specie imposto anche da norme
regolamentari) è inderogabile anche per la P.A preposta al
rilascio della concessione edilizia (C.G.R.S 17/05/2000 n.
240). Sicché, ferma restando la possibilità per
l’interessato di tutelare innanzi al giudice ordinario il
diritto leso dalla esecuzione di opere edilizie non conformi
alle prescrizioni di legge o degli strumenti urbanistici
(Cass. SS. UU. 12/06/1999 n. 333), deve comunque
riconoscersi altresì legittima la reazione giurisdizionale
in sede amministrativa, posto che la concessione edilizia
rilasciata in violazione sulle distanze legali tra
fabbricati investe anche un rapporto pubblicistico con
l’Ente territoriale a tutela di una posizione di interesse
legittimo (Cons. St. V sez. 13/01/2004 n. 46) (TAR
Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 03.01.2008 n. 2
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APPALTI SERVIZI: Affidamento
dei servizi pubblici - Assegnazione dell'appalto mediante
gara - Obbligo di motivazione - Esclusione - Fondamento.
L'amministrazione, non è tenuta a motivare in modo specifico
le ragioni per cui, anziché prorogare l'affidamento di un
servizio pubblico a trattativa privata con un precedente
gestore, dispone di ricorrere ad una procedura concorsuale
per la scelta di un nuovo contraente, essendo l'assegnazione
dell'appalto mediante gara il sistema ordinario stabilito
dall'ordinamento per l'affidamento dei servizi pubblici
(Cons. Stato, sez. V, 28.02.2006, n. 874).
Contratti della Pubblica amministrazione - Gara a
trattativa privata - Selezione dei soggetti - Servizio
svolto dalla precedente ditta - Onere di motivazione -
Mancato invito giustificato nell’inaffidabilità ed
inadeguatezza - Legittimità.
Nelle gare per l'aggiudicazione di contratti della Pubblica
amministrazione, in sede di selezione dei soggetti da
invitare alla trattativa privata, l'Amministrazione ha
l'onere di motivare la scelta, ancorché discrezionale, di
non invitare alla gara il privato che abbia precedentemente
svolto presso la stessa il servizio cui fa riferimento la
trattativa (Cons. Stato, sez. IV, 17.02.1997, n. 125)
(Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione
Siciliana,
sentenza 31.12.2007 n. 1179
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