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AGGIORNAMENTI PREGRESSI mese di FEBBRAIO 2008

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aggiornamento al 25.02.2008

aggiornamento al 21.02.2008

aggiornamento al 18.02.2008

aggiornamento al 15.02.2008

aggiornamento al 14.02.2008

aggiornamento al 11.02.2008

aggiornamento al 04.02.2008

aggiornamento al 01.02.2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AGGIORNAMENTO AL 25.02.2008

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UTILITA'

ENTI LOCALIAffidamento di incarichi a soggetti esterni alla pubblica amministrazione (n. 4 allegati) (link a www.anci.lombardia.it).

ENTI LOCALINuove norme in materia di gettoni e indennità dei consiglieri comunali (n. 1 allegato) (link a www.anci.lombardia.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

APPALTI: R. Onorati, Volontariato e appalti pubblici. Riflessioni sulla sentenza della Corte di giustizia europea (link a www.diritto.it).

PUBBLICO IMPIEGO: G. Sgueo, La disciplina delle mansioni, qualifiche e categorie nel pubblico impiego (link a www.diritto.it).

PUBBLICO IMPIEGO: G. Gentilini, Sulle prestazioni occasionali di lavoro autonomo (link a www.diritto.it).

APPALTI: G. Gentilini, Documento unico di regolarità contributiva alla luce del recente d.m. lavoro del 24.10.2007 sui termini e le modalità per l’uso del DURC e della circolare Ministero del lavoro n. 5 del 30.01.2008 (link a www.diritto.it).

ENTI LOCALI: M. Nico, La gestione delle partecipate - Quando l’ente locale diventa socio: le responsabilità e le cautele di una scelta (link a www.diritto.it).

APPALTI SERVIZI: G. Nicoletti, LE GARE PER LA CONCESSIONE DEL SERVIZIO DI DISTRIBUZIONE GAS: UN AGGIORNAMENTO (link a www.dirittodeiservizipubblici.it)

AMBIENTE-ECOLOGIA: G. Garzia, La nozione giuridica del «recupero» dei rifiuti: il quadro vigente e le prospettive di riforma (link a www.lexambiente.it).

GIURISPRUDENZA

APPALTI SERVIZI: Sulla necessità di un’espressa previsione legislativa per poter qualificare in termini di servizio pubblico una determinata attività economicamente rilevante e per renderla oggetto della relativa concessione.
Per poter qualificare in termini di servizio pubblico una determinata attività economicamente rilevante e per renderla oggetto della relativa concessione, occorre un’espressa previsione di legge, dato che "nel sistema positivo, per servizio pubblico si intende un' attività economica che per legge o in base ad essa viene assunta da un ente pubblico oppure attribuita (con atto concessorio ) anche ad altri soggetti, che la esercitano in forme imprenditoriali sotto il controllo dell' Amministrazione e con un determinato regime amministrativo". La necessità di un’espressa previsione legislativa discende dall’art. 41 della Costituzione, il quale pone una riserva di legge in ordine alle limitazioni dell’iniziativa economica privata da parte dei pubblici poteri. E dunque qualsiasi compressione dell’attività imprenditoriale deve essere sorretta da una scelta del legislatore, che ne fissi con precisione i limiti e i contorni con atto di normazione primario, non essendo possibile e legittimo che ciò avvenga con un mero atto regolamentare o addirittura con una circolare amministrativa (TAR Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 18.02.2008 n. 1422 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

ATTI AMMINISTRATIVISul diritto di accesso agli atti da parte dei consiglieri comunali.
L’accesso circoscritto, di norma, a due giorni mensili e per due ore giornaliere non appare illogico e neppure ingiustificatamente difficoltoso per l’esercizio del diritto. Tale limite deve tuttavia considerarsi derogabile in presenza di circostanze obiettive che non consentano l’esercizio del diritto nel tempo messo a disposizione (come, a titolo esemplificativo, l’eccessivo numero di atti protocollati rispetto al periodo precedente o l’elevato numero di questioni di interesse per il consigliere comunale ovvero l’imminenza di una seduta consiliare o di altro evento che non consente di rinviare l’accesso al successivo giorno disponibile).
Il Comune non può pretendere la previa compilazione di una motivata richiesta di accesso, ma solo, al fine di certezza e di trasparenza dell’azione amministrativa, una mera istanza che individui completamente (se possibile) gli atti per i quali si richiede copia (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 18.02.2008 n. 101 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull’illegittimità della previsione di una commissione permanente competente ad esaminare gli atti di tutte le gare bandite da una stazione appaltante.
La disciplina relativa alla nomina della commissione di gara nelle procedure per l’affidamento di pubbliche commesse è disciplinata dal c. 10 dell’art. 84 del d.lvo 12.04.2006 n. 163 che stabilisce che la nomina dei commissari e la costituzione della commissione devono avvenire dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte. Ritenuto che la suddetta disposizione, deve essere interpretata in senso rigoroso, stante il diretto coinvolgimento della relativa fattispecie con l’insuperabile principio della par condicio tra i concorrenti, che il tenore della norma intende contribuire a garantire, pertanto, risulta illegittima la previsione di una "commissione permanente" dell’Amministrazione, competente ad esaminare gli atti di tutte le gare bandite da un soggetto appaltante rispetto alle quali la nomina dei componenti (evidentemente) precede il termine fissato per la presentazione delle offerte. Inoltre, la disciplina descritta dall’art. 84 del Codice dei contratti pubblici (d.lvo 12.04.2006 n. 163) si applica alle selezioni da aggiudicarsi sulla scorta del criterio dell’offerta più bassa (TAR Lazio-Roma, Sez. II,
sentenza 13.02.2008 n. 1268 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Ciascuno dei componenti di un'associazione temporanea (anche costituenda) è dotato di autonoma legittimazione ad impugnare i provvedimenti riguardanti la gara cui tale ATI ha partecipato.
Nel caso in cui ad una gara partecipa un'associazione temporanea (anche costituenda), i componenti di questa possono spendere autonomamente la legittimazione acquisita con la partecipazione perché una tale impostazione, mentre non incide sul mandato irrevocabile all'impresa capogruppo, accresce le possibilità di tutela giurisdizionale e risulta maggiormente aderente alla fisionomia dell'associazione temporanea costituenda, la quale appunto non dissolve in una distinta ed autonoma persona giuridica la soggettività dei suoi componenti (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 12.02.2008 n. 490 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sentenza penale e dissequestro manufatto abusivo.
Con la decisione in oggetto la Corte, intervenendo in fattispecie di dissequestro, disposto in sede di sentenza di condanna per reato edilizio, di un manufatto abusivo, e tuttavia non ancora eseguito sulla base della necessità di mantenere il vincolo sino al passaggio in giudicato della sentenza (e tale necessità veniva, appunto, contestata dall’interessato, che pretendeva essere il dissequestro immediatamente esecutivo), enuncia, sulla base di precisi referenti normativi, i criteri di ordine generale idonei a regolare i rapporti tra esigenze cautelari, da un lato, ed esigenze di “conformazione” all’esito del procedimento principale, dall’altro.
In particolare precisa, in base al disposto dell’art. 323 cod. proc. pen., che il provvedimento di dissequestro, salvo che non debba essere disposta la confisca della cosa, è immediatamente esecutivo in caso di sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, mentre, in ipotesi di sentenza di condanna, l’esecuzione del provvedimento di dissequestro è strettamente collegata al venir meno delle esigenze cautelari posto che, se le stesse permangono, la restituzione effettiva potrà avvenire solo al momento della sentenza definitiva, non potendo in ogni caso permanere successivamente ad esso (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 11.02.2008 n. 6462 - link a www.lexambiente.it).

APPALTI SERVIZI: E’ legittimo l’affidamento in house ad una società a totale partecipazione pubblica sebbene vi sia il rischio della futura cedibilità di parte del capitale della società a privati.
Secondo un consolidato principio giurisprudenziale nazionale e comunitario sussiste un interesse (sia pur strumentale) differenziato e qualificato di ciascuno degli operatori economici di un determinato settore a contestare la legittimità della decisione di una pubblica amministrazione di non indire una pubblica gara, in quanto tale decisione viene a ledere l'interesse sostanziale di ciascun imprenditore operante sul libero mercato a competere, secondo pari opportunità, ai fini dell'ottenimento di commesse da aggiudicarsi secondo procedure ad evidenza pubblica.
In applicazione dei suddetti principi deve riconoscersi la sussistenza dell’interesse a censurare la scelta organizzativa dell’Amministrazione pubblica di affidare un servizio in "house providing" anche all’operatore di settore che assuma la forma di struttura societaria a capitale interamente o parzialmente pubblico, atteso che, anche tale operatore si muove , al pari dell’operatore privato, con le medesime logiche imprenditoriali e concorrenziali nell’aspirazione dell’interesse giuridicamente rilevante all’esecuzione del servizio pubblico controverso.
E’ legittimo l’affidamento "in house providing" da parte di un ente locale ad una società interamente partecipata dal comune, della gestione dei parcheggi pubblici in quanto nel caso di specie sussistono tutti i presupposti sanciti dalla giurisprudenza amministrativa per un legittimo affidamento in house ("controllo analogo" e "destinazione prevalente dell’attività"). Infatti, sebbene vi sia il rischio della futura cedibilità di parte del capitale della società a privati, espressamente prevista nello statuto, è prevista una clausola risolutiva espressa che prevede che ove, i presupposti vengano meno, il contratto perderà automaticamente di efficacia.
La sussistenza dei rigorosi presupposti di legge legittimanti la scelta da parte di un comune di affidare un servizio in house providing, consente di escludere la necessità da parte dell’amministrazione di una stringente esternazione motivazionale circa il ricorso a detto sistema di affidamento, con la conseguenza che tale scelta, ove ricorrano tutti i presupposti previsti, oltre le ragioni di carattere economico e finanziario, non risulta violativa dei principi di concorsualità ed evidenza pubblica (TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 11.02.2008 n. 432 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Inammissibilità sanatoria parziale.
Tutta la legislazione urbanistica e la giurisprudenza formatasi in materia di condono edilizio escludono la possibilità di una sanatoria parziale sul presupposto che il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e non in relazione a singole parti autonomamente considerate. Pertanto non è possibile scindere la costruzione tra i vari elementi che la compongono ai fini della sanatoria di singole porzioni di essa (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 30.01.2008 n. 4752 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Ignoranza della legge penale.
E' principio cardine del nostro ordinamento giuridico che l'ignoranza della legge penale non scusa e la Corte Costituzionale con la sentenza n. 364/1988 non lo ha abolito, né sminuito, avendo solo statuito che va considerato come, in casi eccezionali, l'accertata ignoranza "inevitabile" della legge penale debba portare all'assoluzione dell'autore del fatto che ha agito in buona fede. La legislazione in materia edilizia, urbanistica ed ambientale, per quanto complessa, non ha dato luogo a contrasti interpretativi di grosso rilievo, né appare così astrusa da non potere essere compresa ed applicata (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.01.2008 n. 200 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Violazione distanze legali tra fabbricati.
La concessione edilizia rilasciata in violazione sulle distanze legali tra fabbricati investe anche un rapporto pubblicistico con l’Ente territoriale a tutela di una posizione di interesse legittimo (TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 03.01.2008 n. 2 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Manufatti precari (ricovero animali).
La nozione di precarietà non si incentra sulla natura dei materiali usati o sulla loro facile rimozione, ma deve essere parametrata alle esigenze che il manufatto è destinato a soddisfare; pertanto, non può definirsi precaria la costruzione di un manufatto utilizzato per ricovero di animali che comporta una stabilità dell’insediamento ed è indicativa di un impegno effettivo e durevole del territorio (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 05.12.2007 n. 45247 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Inammissibilità sanatoria parziale.
In materia edilizia, non è ammissibile il rilascio di una concessione in sanatoria, ex artt. 13 e 22 Legge n. 47/1985, ora artt. 36 e 45 del D.P.R. n. 380/2001, relativa soltanto a parte degli interventi edilizi abusivi realizzati, ovvero parziale, ovvero subordinata alla esecuzione di opere, atteso che ciò contrasta ontologicamente con gli elementi essenziali dell' accertamento di conformità, i quali presuppongono la già avvenuta esecuzione delle opere e la loro integrale conformità alla disciplina urbanistica (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 05.12.2007 n. 45241 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ristrutturazione edilizia.
Il concetto di ristrutturazione edilizia postula necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, vale a dire di un organismo edilizio dotato delle murature perimetrali, strutture orizzontali e copertura. Pertanto, la ricostruzione di un rudere preesistente non può mai ricondursi nell'ambito di operatività della "ristrutturazione edilizia", trattandosi di intervento sostanzialmente "nuovo", che richiede specifico e preventivo titolo abilitativo (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 05.12.2007 n. 45240 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Beni Ambientali. Realizzazione di un piazzale con rifiuti compattati.
La realizzazione di un piazzale, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, realizzata mediante compattazione di rifiuti speciali costituiti da scarti di lavorazione per la produzione di mattoni e paletti di cemento e ferro è idonea a configurare violazione delle norme in materia di rifiuti e di tutela del paesaggio (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 30.11.2007 n. 44834 - link a www.lexambiente.it).

ENTI LOCALI: Sulla requisizione, con effetto immediato, di edificio privato da adibire a temporanea abitazione dei nuclei familiari in situazione di grave disagio abitativo e in attesa della concessione del contributo alloggiativo.
Il potere esercitato dal Sindaco attraverso l’adozione di una ordinanza di requisizione può trovare fondamento nell’art. 38, comma 2, della l. n. 142/1990 (dal titolo “Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale”), in presenza di alcuna delle ipotesi che consentono al Sindaco medesimo, quale ufficiale del Governo, di adottare provvedimenti contingibili e urgenti (“in materia di sanità ed igiene, edilizia e polizia locale”), al fine di prevenire ed eliminare “gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini”; ovvero, come nel caso di specie, nell’art. 7 della l. n. 2248/1865, all. E, secondo cui “allorché per grave necessità pubblica l'autorità amministrativa debba senza indugio disporre della proprietà privata, od in pendenza di un giudizio per la stessa ragione, procedere all'esecuzione dell'atto delle cui conseguenze giuridiche si disputa, essa provvederà con decreto motivato, sempre però senza pregiudizio dei diritti delle parti”; in questa seconda ipotesi, nondimeno, il potere spetta di regola al Prefetto, ed è esercitatile dal sindaco solo in presenza di determinati presupposti.
Il Sindaco può adottare provvedimenti di requisizione di beni privati per grave necessità pubblica -ai sensi dell’art. 7 della l. n. 2248/1865, all. E- solo se sono presenti eccezionali motivi di assoluta necessità e urgenza tali da non consentire l'intervento del Prefetto; non anche laddove –ad esempio- situazioni di carenza abitativa sussistono da diverso tempo, o qualora si voglia provvedere alla sistemazione di famiglie rimaste senza tetto in conseguenza di sfratto, o quando la situazione di emergenza sia rivolta a ovviare all'inerzia, protrattasi nel tempo, della stessa amministrazione pubblica; la quale, con la requisizione di alloggi, intende invece ovviare a endemiche carenze abitative (Cons. Stato, sez. IV: 13.09.1995, n. 693; 28.03.1994, n. 291; 06.03.1989, n. 144; 18.07.1984, n. 569); diversamente verrebbe falsata la stessa causa del potere attribuito dalla legge al Sindaco e consistente nel provvedere in ipotesi di attuale “grave necessità pubblica”, non già nel rinvenire soluzioni a situazioni imprevedibili che si verificheranno in futuro (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria,
sentenza 30.07.2007 n. 10 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 21.02.2008

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UTILITA'
dossier vincolo paesaggistico ed esame impatto paesistico

EDILIZIA PRIVATA: Art. 146, comma 8, lett. c), del d.lgs. 22.01.2004 n. 42 recante il "Codice dei beni culturali e del paesaggio". Autorizzazione ex post (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, nota 22.06.2004 n. 11758 di prot.).

G.U.R.I. - G.U.E.E. - B.U.R.L. (e anteprima)

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. lombardia, 1° suppl. ord. al n. 8 del 18.02.2008, "Testo unico delle leggi regionali in materia di volontariato, cooperazione sociale, associazionismo e società di mutuo soccorso" (L.R. 14.02.2008 n. 1 - link a www.infopoint.it).

NEWS

APPALTI - EDILIZIA PRIVATADocumento Unico di Regolarità Contributiva. Decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 24 ottobre 2007 (INAIL, circolare 05.02.2008 n. 7 - link a www.giurdanella.it).

EDILIZIA PRIVATA: Nuove norme tecniche per le costruzioni.
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 04.02.2008 il decreto di approvazione, firmato dal ministro delle Infrastrutture, delle nuove "Norme tecniche per le costruzioni", che aggiorna il precedente decreto varato nel 2005.
Le "Norme tecniche per le Costruzioni" definiscono le regole da seguire per la progettazione, l'esecuzione ed il collaudo delle costruzioni, sia in zona sismica che in zona non sismica, nei riguardi delle prestazioni loro richieste in termini di requisiti essenziali di resistenza meccanica e stabilità, anche in caso di incendio, e di durabilità.
Le Norme forniscono i criteri generali di sicurezza, precisando le azioni che devono essere utilizzate nel progetto, definiscono le caratteristiche dei materiali e dei prodotti e, più in particolare, trattano gli aspetti attinenti alla sicurezza strutturale delle opere. Le opere e le componenti strutturali devono dunque essere progettate, eseguite, collaudate e soggette a manutenzione in modo tale da consentirne la prevista utilizzazione, in forma economicamente sostenibile e con il livello di sicurezza previsto dalle attuali norme (link a www.governo.it).

ENTI LOCALI: COMUNICATO SAGGIO INTERESSI PER RITARDO DEI PAGAMENTI NELLE TRANSAZIONI COMMERCIALI.
Il Ministero delle Finanze ha determinato il tasso degli interessi valevole per i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali per il semestre in corso.
Il Ministero delle finanze ha comunicato, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, del D.Lgs. 09.10.2002 n. 231, che il saggio d'interesse applicabile per i ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali, al netto della maggiorazione ivi prevista (7 o 9 punti percentuali a seconda dei beni oggetto di transazione), è pari al 4.20% per il semestre 1° gennaio - 30 giugno 2008. Ciò significa che il saggio di interesse a favore del creditore nei casi di ritardo di pagamento nelle transazioni commerciali sarà dell'11,20%.
Ricordiamo che il decreto (e pertanto la disciplina sugli interessi di mora) è applicabile ai contratti stipulati successivamente all'8 agosto 2002. La successione degli interessi da tale data è la seguente:
08.08.2002 - 31.12.2002 tasso applicabile del 10,35 %;
01.01.2003 - 30.06.2003 tasso applicabile del 9.85 %;
01.07.2003 - 31.12.2003 tasso applicabile del 9,10 %;
01.01.2004 - 30.06.2004 tasso applicabile del 9,02 %;
01.07.2004 - 31.12.2004 tasso applicabile del 9,01 %;
01.01.2005 - 30.06.2005 tasso applicabile del 9,09 %;
01.07.2005 - 31.12.2005 tasso applicabile del 9.05 %;
01.01.2006 - 30.06.2006 tasso applicabile del 9,25 %;
01.07.2006 - 31.12.2006 tasso applicabile del 9,83 %;
01.01.2007 - 30.06.2007 tasso applicabile del 10,58%;
01.07.2007 - 31.12.2007 tasso applicabile del 11,07%;
01.01.2008 - 30.06.2008 tasso applicabile del 11,20%.
(Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comunicato: Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'11.02.2008 n. 35) (link a www.filodiritto.com).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

ESPROPRIAZIONE: G. Ronconi, Cade il sistema di calcolo dell'indennizzo per l'espropriazione di terreni edificabili - Nota a Corte Costituzionale, sentenza 22.10.2007 n. 348 (link a www.filodiritto.com).

GIURISPRUDENZA

APPALTIBando oscuro e mancata aggiudicazione - Le regole.
L'eccessiva onerosità del prezzo indicato nell’offerta dell'Impresa concorrente in una gara d’appalto risultata aggiudicataria costituisce grave motivo di interesse pubblico e giustifica il diniego di approvazione dell’aggiudicazione.
Nei bandi di gara le espressioni polisemiche vanno intese nel senso più conveniente alla natura e all’oggetto del contratto.
In caso di oscurità o equivocità delle clausole del bando, alle stesse va data una lettura idonea a tutelare l’affidamento degli interessati in buona fede (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 12.02.2008 n. 108 - link a www.giurdanella.it).

EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione paesaggistica: sulla comunicazione di avvio del procedimento.
Il GA ritiene che l’art. 159, 1° comma del D.Lgs. 22.01.2004, n. 42, nel prevedere che la comunicazione -da parte dell’ente sub-delegato competente- delle autorizzazioni rilasciate deve essere inviata "contestualmente agli interessati, per i quali costituisce avviso di inizio di procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 07.08.1990, n. 241", ha abrogato, per incompatibilità, l’art. 4, comma 1-bis, del D.M. 13.06.1994, n. 495, come modificato dal D.M. 19.06.2002, n. 165, secondo cui la comunicazione ex art. 7 L. n. 241/1990 non è dovuta per i procedimenti disciplinati dall’art. 151 del T.U. n. 490/1999, prevedendo, invece, necessaria la comunicazione di avvio del procedimento all’atto dell’invio al controllo dell’Autorità statale delle autorizzazioni paesaggistiche (Consiglio di Stato, Sez IV, sentenza 07.01.2008 n. 30 - link a www.altalex.com).

ATTI AMMINISTRATIVI: Ordinanze di necessità ed urgenza e responsabilità dell’amministratore.
La sentenza della Corte dei Conti è molto interessante in quanto stabilisce in maniera limpida i limiti dei poteri di ordinanza la cui violazione può comportare, in presenza di tutti i presupposti stabiliti dalla legge, anche una responsabilità amministrativa dell’amministratore preposto all’organo straordinario deputato all’emanazione di ordinanze di necessità ed urgenza.
I giudici contabili affermano che le ordinanza extra ordinem possono essere adottate in deroga ad ogni disposizione vigente, ma soggiacciono, nel contempo, a precisi limiti, quali il rispetto dei principi generali dell’ordinamento, l’obbligo di motivazione, l’indicazione delle principali norme giuridiche cui si intende derogare, il rispetto degli stabiliti limiti temporali. Ciò per impedire che le deroghe apportate al quadro normativo vigente, finiscano per determinare uno stravolgimento dello stesso. Inoltre le ordinanze in deroga devono essere strumentali alla predisposizione ed organizzazione di misure necessarie ad affrontare situazioni di grave pericolo o evitare maggiori danni a persone o cose non altrimenti affrontabili con i “normali” poteri amministrativi e quando vi è l’effettiva sussistenza di una situazione di fatto, calamità naturali, catastrofi ed altri eventi emergenziali, tali da giustificare l’utilizzo di mezzi e di poteri straordinari
(Corte dei Conti, Sez. Campania, sentenza 27.12.2007 n. 4174 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Asta pubblica: sul valore del processo verbale di aggiudicazione definitiva.
La Suprema Corte definisce il valore giuridico da attribuirsi al processo verbale con il quale la Pubblica Amministrazione aggiudica un contratto, avvalendosi del sistema dell'asta pubblica o pubblico incanto.
La Corte aderisce all'orientamento consolidato che, muovendo dalla lettera dell'art. 16, quarto comma RD 2440/1923, riconosce al verbale di aggiudicazione, relativo a tale sistema di aggiudicazione, la natura di atto a valenza contrattuale, salva una diversa manifestazione di volontà dell'Amministrazione espressa nel bando di gara o nel verbale di aggiudicazione (
Corte di Cassazione, SS.UU. civili, sentenza 22.10.2007 n. 22063 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Specificazione dei criteri legittima solo prima dell’apertura delle offerte.
L’illegittimità commessa dalla Commissione giudicatrice è stata quella di integrare i criteri di valutazione delle offerte, mediante le cosiddette annotazioni, allorché erano già aperte le buste contenenti le offerte tecniche.
E' principio pacifico quello secondo cui eventuali specificazioni o integrazioni dei criteri di valutazione indicati dal bando di gara o dalla lettera d'invito possono essere stabilite dalle commissioni giudicatrici soltanto prima della apertura delle buste relative alle offerte
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 19.09.2007 n. 4879 - link a www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO AL 18.02.2008

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UTILITA'
dossier vincolo paesaggistico ed esame impatto paesistico

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 13 del 31.03.2006, "Criteri e procedure per l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di tutela dei beni paesaggistici in attuazione della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12" (deliberazione G.R. 15.03.2006 n. 2121 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione paesaggistica: sottoscritto l'accordo tra Regione Lombardia e Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Semplificazione della documentazione per le istanze di autorizzazione (link a www.regione.lombardia.it).
Si veda l'accordo 04.08.2006 tra La Regione ed il Ministero.

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, Autorizzazione paesaggistica: modifiche Codice Urbani - Comunicato congiunto Assessore Territorio e Urbanistica - Direttore Generale.
Il comunicato 24.05.2006 dell'Assessore al Territorio e Urbanistica Davide Boni e del Direttore Generale Mario Nova relativo alla procedura per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica a seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs 157/2006 (modifiche al Codice Urbani) (link a www.regione.lombardia.it).

EDILIZIA PRIVATA: P. Mantegazza, Lombardia, Esame paesistico dei progetti.

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 47 del 21.11.2002, "Approvazione «Linee guida per l'esame paesistico dei progetti» prevista dall'art. 30 delle Norme di Attuazione del Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.) approvato con d.C.R. 06.03.2001, n. 43749" (deliberazione G.R. 08.11.2002 n. 11045 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.).
Dal 06.08.2001 è vigente il Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.), approvato con deliberazione del Consiglio Regionale n. VII/197 del 06.03.2001, che disciplina e indirizza la tutela e la valorizzazione paesaggistica dell'intero territorio lombardo (link a www.regione.lombardia.it).

G.U.R.I. - G.U.E.E. - B.U.R.L. (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, 4° suppl. straord. al n. 7 del 13.02.2008, "Integrazioni al capitolo 8 «Linee guida per la revisione dei piani provinciali di gestione dei rifiuti urbani e speciali per la localizzazione degli impianti» del programma regionale di gestione dei rifiuti approvato con d.g.r. n. 220/2005" (deliberazione G.R. 13.02.2008 n. 6581 - link a www.infopoint.it).

NEWS

PUBBLICO IMPIEGO: Requisiti in materia di accesso alla qualifica di dirigente previsti dall'art. 28 del d.lgs. n. 165/2001 (parere 06.02.2006 n. 4/2006 - link a www.innovazionepa.gov.it).

LAVORI PUBBLICI: Lombardia, Disponibile on-line il Prezzario Regionale delle Opere Pubbliche anno 2007 (link a www.oopp.regione.lombardia.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Consultabile on-line la raccolta di leggi e regolamenti per la gestione dei rifiuti urbani e speciali (link a www.ors.regione.lombardia.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - URBANISTICA: Disponibili in rete dati, mappe e servizi geografici del territorio lombardo (link a www.cartografia.regione.lombardia.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA: L. Ramacci, Tutela dell’ambiente e delega di funzioni nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (link a www.lexambiente.).

AMBIENTE-ECOLOGIA: S. Maglia, Primissime osservazioni al DdL di modifica del D.Lgs. n. 152/2006 approvato il 21.12.2007 (link a www.lexambiente.).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: G. Fanizzi, Gli impianti urbani per lo sfruttamento dell'acqua meteorica di dilavamento (link a www.lexambiente.).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATACostruzioni in zona sismica.
La Suprema Corte interviene nuovamente, con la decisione in esame, sulla questione inerente la natura (istantanea o permanente) dei reati previsti dalla normativa antisismica, a seguito delle modifiche introdotte dal d.P.R. n. 380 del 2001 che ha abrogato, sostituendole, le corrispondenti fattispecie contemplate dagli artt. 17 e 18 della legge n. 64 del 1974. La Corte, in particolare, nel disattendere l’orientamento giurisprudenziale espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 18 del 14.07.1999, P.M. in proc. Lauriola, ha affermato che ambedue le fattispecie configurano dei reati “permanenti”: il primo (art. 93), permanendo sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica non presenta la relativa denuncia con l’allegato progetto ovvero non termina il lavoro medesimo e, il secondo (art. 94), permanendo sino a quando chi intraprende il lavoro edile in zona sismica lo termina ovvero ottiene la relativa autorizzazione (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 21.01.2008 n. 3069 - link a www.lexambiente).

EDILIZIA PRIVATACompletamento manufatto abusivo.
Il completamento e la ristrutturazione di un fabbricato abusivo realizzato in precedenza e non sanato configura una prosecuzione dell'attività illecita compiuta in precedenza e comunque richiede il permesso di costruire qualora sia aumentata la volumetria del fabbricato preesistente (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 28.11.2007 n. 44360 - link a www.lexambiente.).

LAVORI PUBBLICI1. Contratti della P.A. - Gara - Divieto di partecipazione di imprese tra loro collegate - Collegamento sostanziale - E' causa di esclusione - Condizioni.
2. Contratti della P.A. - Gara - Bando - Clausole di esclusione per collegamento sostanziale - Legittimità - Condizioni - Esclusione automatica - Illegittimità.
3. Contratti della P.A. - Bando - Controllo ex art 10, comma 1-bis, Legge 109/1994 e controllo sostanziale - Contenuto - Differenze.
4. Contratti della P.A. - Gara - Divieto di partecipazione di imprese tra loro collegate - Collegamento sostanziale - Prova della sussistenza - Presenza di presunzioni gravi, precise e concordanti - Sufficienza - Fattispecie.
5. Contratti della P.A. - Gara - Divieto di partecipazione di imprese tra loro collegate - Collegamento sostanziale - Prevalenza dell'interesse alla regolarità della gara.
6. Contratti della P.A. - Cauzioni e depositi - Escussione cauzione ex art. 10 Legge 109/1994 - Natura.

1. L'art. 10, comma 1-bis, Legge 109/1994 stabilisce il divieto di partecipazione alla medesima gara di imprese che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all'art. 2359 cod. civ.; sono inoltre possibili anche ipotesi di esclusione dalla gara discendenti dalla configurabilità di forme di collegamento sostanziale di imprese, per violazione dei princìpi di segretezza e di par condicio dei concorrenti, purché le verifiche in ordine alla correttezza della procedura siano compiute in concreto e caso per caso.
2. La stazione appaltante può prevedere nella lex specialis ipotesi di esclusione ulteriori rispetto al citato art. 10, comma 1-bis (che in quanto norma di ordine pubblico resta applicabile a prescindere da una specifica previsione), purché non si stabilisca un'esclusione automatica dalla gara, dovendo in tali casi l'Amministrazione verificare se l'esame della fattispecie concreta induca a ritenere violati i princìpi posti a garanzia della correttezza della procedura.
3. Nel caso della sussistenza dell'ipotesi del "controllo" di cui all'art. 10, comma 1-bis L. 109/1994 opera un meccanismo di presunzione iuris et de iure circa la sussistenza di un elemento di turbativa del corretto svolgimento della procedura concorsuale (e quindi dei princìpi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti), mentre nel caso di collegamento sostanziale deve essere provato nello specifico e in concreto l'esistenza di elementi oggettivi e concordanti tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei richiamati princìpi (cfr, Cons. di Stato, sent. n. 685/2002).
4. L'alterazione della par condicio dei concorrenti e la violazione dei princìpi della concorrenza e di segretezza dell'offerta possono ritenersi provate qualora ricorrano elementi di fatto dai quali possano trarsi indizi gravi, precisi e concordanti che inducano a ritenere verosimile, secondo l'id quod plerumque accidit, il venir meno della correttezza della gara. Ciò si verifica se le offerte provengono da un medesimo centro decisionale o, comunque, provengano da due o più imprese collegate e sussistano elementi tali da far ritenere che si tratti di offerte previamente conosciute, anche se non concordate dai partecipanti (nel caso di specie le buste di presentazione delle offerte avevano caratteristiche simili, alcune dichiarazioni richieste dal bando avevano un'analoga impostazione grafica, le polizze fideiussorie sono state presentate dalla medesima compagnia assicuratrice, entrambe le Società hanno sede nello stesso Comune ed hanno identico numero di telefono e fax).
5. La connessa violazione dei princìpi di serietà, autonomia e segretezza delle offerte è da ritenersi condizione sufficiente per estromettere dalla gara i concorrenti collegati, anche se l'esclusione comporta un restringimento del numero dei partecipanti, poiché l'interesse alla regolarità della gara prevale sull'interesse ad avere un'ampia partecipazione alla stessa.
6. L'incameramento della cauzione provvisoria per il comportamento scorretto del concorrente non ha carattere di sanzione amministrativa, ma costituisce la conseguenza dell'accettazione di regole e di doveri comportamentali, accompagnati dalla previsione di una responsabilità patrimoniale, aggiuntiva alla esclusione dalla gara, assunti su base pattizia, rinvenendosi la loro fonte nel patto di integrità accettato dal concorrente con la sottoscrizione (cfr. Cons. di Stato, sent. 1053/2006) (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 23.11.2007 nn. 6423, 6424 e 6425 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Soprintendenza ai beni architettonici - Procedimento di apposizione del vincolo - Comunicazione avvio del procedimento - Comporta vincolo di inedificabilità assoluta - Lesività - Sussiste.
2. Soprintendenza ai beni architettonici - Procedimento di apposizione del vincolo - Comunicazione avvio del procedimento - Sindacabilità - Limitata agli effetti di di salvaguardia.
3. Soprintendenza ai beni architettonici - Procedimento di apposizione del vincolo - Comunicazione avvio del procedimento - Inedificabilità temporanea assoluta - Indennizzo - Non è dovuto.

1. Non risponde al vero la comunicazione di avvio del procedimento di prescrizione di norme di tutela indiretta non abbia di per sé attitudine lesiva, in quanto volto soltanto ad avviare il procedimento per giungere ad un eventuale provvedimento finale di apposizione del vincolo, contro il quale, se mai, si potrebbero in futuro rivolgere le impugnative; l'atto impugnato infatti, all'effetto appena descritto, ne affianca un altro, previsto in modo espresso dall'art. 46 D.Lgs. 42/2004, in quanto comporta in via cautelare la temporanea immodificabilità dell'immobile limitatamente agli aspetti cui si riferiscono le prescrizioni contenute nella comunicazione stessa, effetto che peraltro viene a cessare in modo automatico alla scadenza del termine del relativo procedimento, si sia esso concluso o no con un provvedimento espresso.
2. La tutela nei confronti della comunicazione di avvio del procedimento di apposizione del vincolo va ammessa nei limiti esclusivi dell'effetto di salvaguardia che gli è proprio, e quindi non consente, di anticipare alla sede presente doglianze che si potrebbero rivolgere contro l'effettiva apposizione del vincolo, che allo stato è soltanto futura ed eventuale: la comunicazione di avvio del procedimento per apporre il vincolo si potrebbe sindacare solo ove non esistessero nemmeno già in astratto i presupposti, di fatto o di diritto, per ipotizzare il vincolo in questione, come nel caso di scuola in cui si volesse vincolare un bene di cui il pregio paesaggistico od ambientale è escluso in modo esplicito.
3. Non è dovuto l'indennizzo per il mero fatto della immodificabilità cautelare e transitoria del bene, nella specie operante per i duecentoquaranta giorni entro i quali il procedimento deve concludersi: in proposito è sufficiente rilevare come, nel vigente ordinamento, ai sensi dell'art. 39 T.U. espropriazioni, un vincolo di inedificabilità genericamente finalizzato a realizzare opere di interesse pubblico possa essere imposto senza indennizzo alcuno per un periodo di cinque anni, molto superiore a quello di cui si controverte (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 06.11.2007 n. 1144 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAAbuso edilizio - Fascia di rispetto cimiteriale - Sanabilità - Non sussiste.
Un'opera abusiva realizzata nella zona di rispetto cimiteriale, non può puramente e semplicemente essere edificata in tale sede, e quindi correttamente va ritenuta non sanabile (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 06.11.2007 n. 1143 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONE1. Espropriazione per pubblica utilità - Accoglimento del ricorso - Effetto ripristinatorio della sentenza - Retrocessione dei beni - Nello stato in cui si trovavano - Necessità - Realizzazione dell'opera - Impedimento di mero fatto - Eccessiva onerosità - Pregiudizio per l'economia nazionale - Non preclude - Rimedio sanante - Acquisizione coattiva sanante ex art. 43 D.Lgs 327/2001 - Necessità.
2. Acquisizione coattiva sanante - formale provvedimento di acquisizione - Necessità - Domanda riconvenzionale - Insufficienza.

1. Dall'accoglimento del ricorso consegue, come effetto ripristinatorio della sentenza, l'obbligo dell'amministrazione di retrocedere i beni illegittimamente espropriati, nello stato in cui essi in origine si trovavano: la restituzione stessa non è preclusa né dall'eventuale eccessiva onerosità per il debitore ai sensi dell'art. 2058 c.c. né dal possibile pregiudizio per l'economia nazionale di cui all'art. 2933 c.c.; in tal senso, a nulla rileva, costituendo un impedimento di mero fatto, la realizzazione dell'opera pubblica alla quale l'espropriazione era preordinata. opera che quindi l'amministrazione dovrà smantellare, a meno che non esperisca utilmente il rimedio sanante di cui all'art. 43 T.U. espropriazioni. Risulterebbe, infatti, incompatibile con la tutela della proprietà accordata dalla C.E.D.U. una previsione normativa che riconnettesse l'acquisto della proprietà ad una situazione iniziale illegittima la quale, senza che ne segua un nuovo e diverso provvedimento amministrativo formale, legittimo e pienamente sindacabile da un giudice, potesse evolvere, per mera attività della parte processuale pubblica, in un titolo di acquisto della proprietà e di privazione del possesso in capo al privato, tenuto anche conto che la parte pubblica, per definizione normativa, dovrebbe avere torto all'esito del giudizio.
2. L'art. 43 commi 3 e 4 T.U. espropriazioni deve essere interpretato nel senso che l'amministrazione convenuta in giudizio per la restituzione del bene di un privato illegittimamente utilizzato per scopi di interesse pubblico, la quale intendesse richiedere al giudice di essere condannata al risarcimento del danno, esclusa la restituzione del bene in natura, dovrebbe versare in atti un formale provvedimento di acquisizione, adottato ai sensi dei commi 1 e 2 dello stesso articolo, e così sottoporlo ad immediato controllo giurisdizionale di legittimità -con facoltà per la controparte di impugnarlo con motivi aggiunti- e potrebbe trattenere il bene solo qualora detto provvedimento fosse ritenuto legittimo. A tal fine non sarebbe invece sufficiente una semplice domanda riconvenzionale, sia per contrasto con il citato art. 1 del Protocollo addizionale, sia perché la legge non individua, neppure in termini generali, i parametri e i criteri cui il giudice amministrativo dovrebbe attenersi. In questo modo, si trascurerebbe di considerare che il giudice, per ruolo costituzionale, non è un gestore di interessi pubblici, e quindi se dovesse essere costretto in tale veste, perderebbe la sua posizione di terzietà, e che, in assenza di alcun criterio e di una specifica potestà e competenza amministrativa, il giudice stesso non potrebbe esprimere che una scelta arbitraria. Pertanto, va ribadito che nel caso di specie la retrocessione non trova preclusioni di sorta (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 06.11.2007 n. 1142 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI1. Ricorso giurisdizionale - Ricorso incidentale - Esame delle questioni - Priorità a quelle logicamente pregiudiziali - Sentenze della Corte di Giustizia della CE - Vincolatività - Sussiste.
2. Interesse all'impugnazione - Contratti della P.A. - Sospensione e revoca della gara - Mancata domanda di partecipazione alla gara - Posizione giuridica differenziata - Individuazione tramite metodo indiziario - Ammissibilità - Fattispecie.
3. Contratti della P.A. - Servizi pubblici - Affidamento in house providing - Natura.
4. Contratti della P.A. - Servizi pubblici - Affidamento in house providing - Requisiti - Immedesimazione tra ente pubblico e società fornitrice - Quando sussiste.
5. Contratti della P.A. - Servizi pubblici - Affidamento in house providing - Requisiti - Controllo analogo - In presenza di società a capitale anche privato - Non sussiste.
6. Contratti della P.A. - Servizi pubblici - Affidamento in house providing - Requisiti - Controllo analogo - In presenza di consiglio di Amministrazione con poteri illimitati - Non sussiste.
7. Risarcimento del danno - Presupposti - Colpa inescusabile della P.A. - Diritto al risarcimento - Sussiste.
8. Risarcimento del danno - Presupposti - Palese illegittimità dell'azione della P.A. - Onere di provare l'elemento psicologico - Non sussiste.
9. Risarcimento del danno - Presupposti - Chiarezza ed univocità interpretativa della norma violata - Necessità - Quadro normativo confuso - Responsabilità della P.A. - Non sussiste.

1. Per il Giudice Nazionale (ivi compreso il Giudice Amministrativo) hanno effetto vincolante le sentenze con le quali la Corte di Giustizia si pronunci in via pregiudiziale sull'interpretazione degli atti compiuti dalla CE, ai sensi dell'art. 234 del Trattato, (cfr. Corte di Giustizia, 6/7/1995, C-62/93).
2. Nel caso in cui la stazione appaltante, prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte, abbia disposto la sospensione della procedura di gara, con conseguente definitiva revoca della medesima, ed abbia proceduto all'affidamento diretto della fornitura oggetto di gara, non trova applicazione la regola generale della inammissibilità del grame a causa della mancata presentazione, in via preventiva, della domanda di partecipazione o dell'offerta ogniqualvolta il ricorrente abbia posto in essere adempimenti nei confronti della P.A. che dimostrino la sussistenza di un suo interesse ad ottenere l'aggiudicazione di quel determinato appalto pubblico di forniture.
3. L'espressione in house providing identifica il fenomeno di "autoproduzione" da parte della P.A. che acquisisce un bene o un servizio attingendoli all'interno della propria compagine organizzativa senza ricorrere al mercato tramite gara.
4. La P.A. può ricorrere all'affidamento in house qualora sussista un rapporto di immedesimazione tra sé medesima e la società chiamata ad eseguire la fornitura, ossia quando la P.A. eserciti un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ed il soggetto affidatario svolga la maggior parte della propria attività in favore dell'ente pubblico di appartenenza (criterio della destinazione prevalente dell'attività).
5. E' escluso che possa sussistere il controllo analogo in presenza di una compagine composta anche da capitale privato (cfr. Corte di Giustizia, 11/12/2005, C- 26/03), essendo la partecipazione totalitaria pubblica elemento necessario per integrare la fattispecie dell'in house providing.
6. Il controllo analogo su di un ente societario non sussiste ove lo statuto conferisca al Consiglio di Amministrazione poteri teoricamente illimitati, senza che l'ente affidante possa influirvi, e configuri un ampio oggetto sociale.
7. In caso di richiesta di risarcimento danno per accertata illegittimità di atti della P.A., per ritenere integrata la responsabilità della Amministrazione devono sussistere elementi che qualifichino come colpevole la sua condotta: tale condotta sussiste qualora l'errore commesso dall'apparato amministrativo non sia scusabile, tenuto anche conto del contesto in cui si è sviluppata l'azione amministrativa (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 6393/2002).
8. Di fronte a palesi illegittimità dell'attività della P.A. il danneggiato può limitarsi ad allegare la stessa illegittimità, sintomatica della violazione di parametri che, nella generalità delle ipotesi, specificano la colpa della P.A.: in caso di violazione del diritto comunitario sugli appalti pubblici, per conseguire il risarcimento dei danni subìti, i soggetti lesi non devono offrire la prova della colpa o del dolo della stazione appaltante (cfr. Corte di Giustizia, 14/10/2004, C-275/03).
9. Costituisce onere della P.A. l'allegazione degli elementi, pure indiziari, ascrivibili allo schema dell'errore scusabile, volti a dimostrare l'assenza di colpa nel proprio operato e compete, in via definitiva al giudice, apprezzarne e valutarne liberamente l'idoneità ad attestare o ad escludere la colpevolezza dell'amministrazione. Al fine di ritenere la P.A. soggetta al giudizio di colpevolezza e alle connesse responsabilità è rilevante il criterio della comprensibilità della portata precettiva della disposizione inosservata e della univocità e chiarezza della sua interpretazione, potendosi ammettere l'esenzione da colpa in presenza di un quadro normativo confuso e privo di chiarezza (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 5500/2004) (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 04.11.2007 nn. 6359 e 6360 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI1. Competenza e giurisdizione - Contratti della P.A. - Cauzioni e depositi - Escussione cauzione ex art. 10 Legge 109/1994 - Giurisdizione G.A.
2. Ricorso giurisdizionale - Contratti della P.A. - Mancata impugnazione provvedimento esclusione - Impugnazione provvedimento di escussione cauzione - Ammissibilità.
3. Ricorso giurisdizionale - Contratti della P.A. - Cauzioni e depositi - Escussione cauzione ex art. 10 Legge 109/1994 - Manifestazione di volontà della P.A. - Immediata lesività e onere di tempestiva impugnazione - Sussiste.

1. Il provvedimento di escussione della cauzione provvisoria presentata in sede di gara, disposto ai sensi dell'art. 10, comma 1-quater L. 109/1994, in quanto direttamente conseguente a quello di esclusione dalla gara, inerisce alla fase procedimentale: pertanto, le controversie relative al suddetto provvedimento appartengono alla giurisdizione del Giudice Amministrativo.
2. La mancata impugnazione dell'atto di esclusione vale soltanto a rendere definitiva l'impossibilità di partecipare alla gara, senza preclusione del diritto di contestare l'incameramento della cauzione provvisoria o di far valere le proprie ragioni innanzi all'Autorità (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 2001/2780): pertanto, è ammissibile il ricorso rivolto soltanto avverso il provvedimento di incameramento della cauzione, essendo questo un atto dotato di autonoma efficacia lesiva.
3. La portata giuridicamente lesiva di un atto della P.A. si determina in base alle statuizioni in esso contenute e non coincide con il successivo portare ad esecuzione in fatto tali statuizioni; in particolare, la volontà della P.A. di escutere la cauzione provvisoria ex 10 L. 109/1994 è atto pregiudizievole per il destinatario, e quindi lesivo degli interessi che compongono la sua sfera giuridica, con conseguente onere di tempestiva impugnazione per il destinatario della comunicazione contenente tale volontà (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 29.10.2007 n. 6179 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO1) Pubblico impiego - Banca d'Italia - Mobbing - Lamentata dequalificazione professionale - Lamentata logistica della postazione di lavoro - Pretesa risarcitoria del dipendente - Giurisdizione - Del Giudice amministrativo - Sussiste.
2) Pubblico impiego - Banca d'Italia - Mobbing - Presupposti.

1) Allorquando la pretesa risarcitoria avanzata si fonda in modo diretto ed immediato su atti dispositivi o omissivi tipicamente ed esclusivamente relativi al rapporto di lavoro (relativi alle mansioni assegnate e alle condizioni logistiche della propria postazione di lavoro), e concerne pertanto diritti che il ricorrente pretende essere stati disconosciuti o lesi dall'ente in suo pregiudizio venendo meno ad obblighi sullo stesso incombenti, deve essere affermata la giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che il rapporto di lavoro con la Banca d'Italia rientra tra quelli devoluti alla sua giurisdizione esclusiva a norma dell'art. 3, comma 1, del Dlgs. 30.03.2001, n. 165.
2) La sussistenza di una situazione di grave dequalificazione e marginalizzazione professionale -c.d. mobbing- deve essere desunta da una complessiva analisi del contesto in cui si esplica la prestazione del lavoratore e, a titolo esemplificativo, indici presuntivi possono essere la reiterazione di richiami e sanzioni disciplinari o la sottrazione di vantaggi precedentemente attribuiti, che si presentino con carattere di ripetitività, sulla base di un intento sistematicamente perseguito da parte del datore di lavoro al fine di creare una situazione di sofferenza nel dipendente oppure una situazione illecita di conflittualità sistematica, persistente ed in costante progresso all'interno del luogo di lavoro, in cui gli attacchi reiterati abbiano lo scopo di danneggiare la salute, i canali di comunicazione, il flusso di informazioni, la reputazione e la professionalità della vittima.
In ogni caso deve trattarsi di una diffusa ostilità proveniente dall'ambiente di lavoro che si realizza in una pluralità di condotte, frutto di una vera e propria strategia persecutoria e di una intenzionale finalizzazione di tali comportamenti allo svilimento della professionalità del lavoratore e alla mortificazione della sua dignità
Ciò che quindi qualifica il mobbing é il nesso che lega i diversi atti e comportamenti del datore di lavoro, i quali in tanto raggiungono tale soglia in quanto si dimostrino legati da un disegno unitario finalizzato a vessare il lavoratore e a distruggerne la personalità e la figura professionale (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 23.10.2007 n. 921 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICAImpugnazione dell'atto di adozione dello strumento urbanistico - Necessità di impugnare anche l'atto di approvazione che lasci invariato lo strumento - Non sussiste - Carenza di interesse - Non si produce.
L'impugnazione dell'atto di adozione di uno strumento urbanistico non richiede una conferma attraverso l'impugnazione dell'atto di approvazione, in quanto l'annullamento del primo provvedimento esplica effetti automaticamente caducanti e non meramente vizianti sul successivo qualora il contenuto sia rimasto invariato.
Deve conseguentemente essere respinta l'eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse fondata sulla mancata impugnazione dell'atto di approvazione dello strumento, rimasto invariato anche dopo il secondo passaggio procedimentale (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 23.10.2007 n. 914 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIllecito edilizio - Considerazione dell'amovibilità del manufatto ai fini della qualificazione dell'illiceità dell'opera - Non rileva - Destinazione oggettiva - Rileva.
Non è la maggiore o minore amovibilità delle parti che compongono un manufatto a determinarne la precarietà, ma la sua oggettiva destinazione.
Conseguentemente, legittimo l'ordine di riduzione in pristino ogni qual volta l'opera realizzata in assenza di titolo sia chiaramente suscettibili di un'utilizzazione perdurante nel tempo, non potendosi in detta ipotesi considerare temporanea, precaria o irrilevante l'alterazione del territorio (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 23.10.2007 n. 913 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICAPiano di lottizzazione - Titolo edificatorio- Presupposti - Conformità dell'intervento a quello assentito in sede di piano di lottizzazione - Potere del Comune di discostarsi dal parere favorevole espresso in sede di approvazione del piano a causa della qualità architettonica dell'intervento - Non sussiste.
Non si può ammettere che un'amministrazione approvi, in sede di piano di lottizzazione, un determinato intervento edilizio, negando poi -sulla scorta di parere di una Commissione edilizia che non si esprime sul Piano- detto intervento nel momento in cui deve esprimersi sul relativo titolo edificatorio (permesso di costruire o D.I.A.) per motivi che già emergevano dallo strumento urbanistico attuativo stesso, come la qualità architettonica ed edilizia dell'opera e il suo inserimento nel contesto urbano (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 18.10.2007 n. 909 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIBando di gara - Necessità della predeterminazione di una griglia analitica di parametri per la valutazione dell'offerta - Sussiste - Possibilità per la commissione giudicatrice di determinare detti parametri ex post, anche se prima dell'apertura delle singole offerte - Non sussiste - Lesione della par conditio dei partecipanti alle procedure di pubblica evidenza - Sussiste.
L'art. 30 comma 3 D.Lgs. n. 163/2006 stabilisce che la scelta del concessionario debba avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all'oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi".
Solo la definizione dei criteri di valutazione delle offerte, in un momento antecedente la redazione delle stesse da parte degli offerenti, assicura il rispetto del fondamentale principio di trasparenza su cui si regge tutto lo svolgimento della procedura selettiva.
Deve conseguentemente essere annullato un bando che nulla preveda in ordine ai criteri di valutazione dell'offerta (se non il punteggio massimo attribuibile alla stessa), non potendo certo la commissione giudicatrice determinare ex post, ed all'oscuro dei partecipanti alla fase selettiva, detti criteri (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 18.10.2007 n. 908 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATAPiano di zonizzazione acustica - Creazione di una zona mista - E' possibile - Necessità che le aree inserite nella medesima zona abbiano caratteri omogenei - Sussiste.
L'art. 4, comma 1, lett. a), della legge 447/1995 fissa il principio di omogeneità nella destinazione d'uso del territorio.
In base a questo principio, le zone miste possono essere individuate quando esiste un comune denominatore dato dall'intreccio di attività diverse su una stessa porzione di territorio.
Non è invece possibile creare un comune denominatore quando le attività sono polarizzate, ossia quando non sono intrecciate ma soltanto giustapposte (con destinazioni urbanistiche distinte) e una ha un impatto acustico nettamente prevalente rispetto alle altre.
In queste condizioni, infatti, la media della rumorosità è un risultato artificiale che produce due conseguenze parimenti negative: da un lato consente una maggiore e non necessaria rumorosità in aree (in particolare quelle residenziali) che dovrebbero avere un minore livello di inquinamento acustico e dall'altro impone alle attività molto rumorose oneri sproporzionati di bonifica acustica (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 16.10.2007 n. 907 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATAPiano di zonizzazione acustica - Variante - Possibilità di adozione pur in assenza di modifiche dello stato dei luoghi - Sussiste - Esigenza di tutela dell'attività economica - E' recessiva.
Non deve ravvisarsi contraddittorietà nell'adozione di una variante ad un piano di zonizzazione acustica pur in assenza di mutamento dello stato dei luoghi rispetto alla precedente zonizzazione. La tutela dell'affidamento rispetto alle zonizzazioni precedenti è necessariamente ridotta, in quanto gli interessi protetti dalla normativa contro l'inquinamento acustico, desumibili dall'art. 2 comma 1 lett. a) della legge 447/1995 (ossia tutela del riposo e della salute, conservazione degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo e dell'ambiente esterno), non sono recessivi rispetto alle attività economiche. Al contrario il contenuto di tali interessi è soggetto ad ampliamento in conseguenza delle innovazioni tecnico-scientifiche sopravvenute, che definiscono e misurano più esattamente il disturbo provocato dalle fonti di rumore.
L'esigenza di salvaguardare le attività economiche già insediate sul territorio non può quindi impedire modifiche più restrittive alla zonizzazione acustica, ma è un elemento da tenere in considerazione (in particolare quando i gestori abbiano eseguito degli interventi di mitigazione) per graduare in concreto le misure di bonifica (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 16.10.2007 n. 906 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICAPiano attuativo - Innalzamento del piano di campagna originariamente non previsto in conseguenza della realizzazione dell'opera di collettamento fognario delle acque bianche, accollata ai privati lottizzanti - Necessità di una variante al piano attuativo - Non sussiste - Applicabilità dell'art. 14, co. 12 L.R. 12/2005 - Limiti.
Se è vero che attraverso il solo innalzamento del terreno non sono modificate le caratteristiche tipologiche del piano attuativo, non cambia il dimensionamento globale degli insediamenti e non si riduce la dotazione di aree per servizi pubblici e di interesse pubblico, tutte condizioni di ammissibilità poste dall'art. 14, co. 12 L.R. 12/2005, non può non rilevarsi tuttavia come, quando si introduca una difformità planimetrica potenzialmente idonea a incidere sulla condizione degli immobili confinanti, la variante al piano attuativo costituisca una garanzia procedurale che normalmente non può essere omessa. Da detto incombente, in ogni caso, si può prescindere solo allorquando il nuovo livello del terreno sia una conseguenza necessaria della realizzazione di un'opera di urbanizzazione (nel caso: fognatura bianca), atteso che di fronte a interventi di interesse pubblico il diritto di proprietà dei confinanti, formalmente immutato nel suo contenuto, subisce le conformazioni che indirettamente derivano dalla nuova condizione dei luoghi circostanti. Di conseguenza, accertato il nesso di causalità e il rapporto di proporzione tra l'intervento di interesse pubblico e la modifica dei luoghi, non vi è l'obbligo di sospendere l'esecuzione dei lavori per approvare una variante al piano attuativo (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 12.10.2007 n. 903 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI1. Contratti della P.A. - Appalti pubblici - Controinteressato - Individuazione - Criteri.
2. Contratti della P.A. - Appalti pubblici - Bando di gara - Clausole immediatamente lesive - Mancata partecipazione alla gara - Impugnazione del non partecipante - Possibilità.
3. Contratti della P.A. - Affidamento diretto di servizi - Affidamento a società a capitale misto - Possibilità - Condizioni - Affidamento diretto di lavori - Possibilità - Non sussiste.
4. Contratti della P.A. - Accordo-quadro - Natura - Contrattazione applicativa dell'accordo - Assenza di evidenza pubblica - Possibilità - Condizioni.

1. Nelle controversie inerenti a gara d'appalto pubblico, la qualifica di controinteressato in senso formale va riconosciuta soltanto all'aggiudicatario del contratto, essendo questo l'unico soggetto che, ricevendo dal provvedimento un beneficio diretto e immediato, ha un interesse specifico alla conservazione dell'assetto stabilito dall'atto di aggiudicazione (cfr. TAR Milano, Sez. III, sent. n. 703/2005): pertanto, prima dell'approvazione della graduatoria finale, non sono configurabili controinteressati nel giudizio promosso per l'annullamento del bando di gara ed il ricorso è ammissibile indipendentemente dalla notifica agli altri partecipanti alla gara.
2. Qualora la lesione all'interesse dei ricorrenti si sia costituita -in via diretta ed immediata- in occasione dell'indizione della procedura di gara contestata, e non in forza di statuizioni successive, il bando può essere impugnato dai ricorrenti, nella loro qualità di soggetti qualificati all'esecuzione dei lavori in oggetto, anche prima dell'aggiudicazione e indipendentemente dalla partecipazione alla gara, essendo evidente che il loro rifiuto a presentare offerta trova origine dall'indisponibilità ad accettare un'eventuale aggiudicazione alle condizioni stabilite dal bando di gara.
3. Ai sensi degli artt. 113, 113-bis e 116 del Testo Unico Enti Locali, la possibilità di affidamento diretto a società di capitali costituite o partecipate da enti locali (società a capitale misto) sussiste a condizione che la scelta dei soci privati sia stata effettuata con procedure ad evidenza pubblica e solo per la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica: pertanto, la suddetta possibilità non si configura per l'affidamento di appalti di lavori, non sussistendo in tale materia alcuna normativa analoga a quella dettata per l'affidamento dei servizi pubblici.
4. L'accordo-quadro è lo strumento con il quale l'ente appaltante effettua la scelta del contraente per tutte le prestazioni previste dall'accordo stesso: se tale scelta viene effettuata secondo le regole dell'evidenza pubblica e della concorrenza, la contrattazione applicativa può essere legittimamente negoziata -senza la previa indizione di una gara- direttamente fra la stazione appaltante e il contraente prescelto (cfr. TAR Umbria, sent. n. 1041/1998) (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 10.10.2007 n. 5849 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 15.02.2008

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UTILITA'
dossier consiglieri comunali

ENTI LOCALI: Dopo l'adozione di un piano attuativo ovvero di pianificazione, nei termini di presentazione delle eventuali osservazioni il Consigliere Comunale non ha titolo per farlo.
Il consigliere non ha titolo per partecipare alla formazione del piano con la proposizione di osservazioni (e/o opposizioni), giacché lo stesso partecipa direttamente alla approvazione del piano in virtù del ruolo ricoperto in seno al Consiglio Comunale, nel quale ha la possibilità di esprimere il proprio dissenso ovvero di presentare emendamenti al piano stesso (come sembra che abbia fatto), da sottoporre all’approvazione della maggioranza.
Un eventuale riconoscimento della legittimazione in capo al consigliere comunale a proporre osservazioni, in qualità di “normale cittadino”, si risolverebbe in una sorta di “privilegio” a favore di chi è investito della rappresentanza di interessi della collettività, il quale, non riuscendo ad affermare la propria opzione nella sede propria (consiglio comunale), si serve di uno strumento che è riservato a tutti i cittadini (privi di capacità decisionale) per proporre ancora una volta la medesima opzione (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 20.04.2004 n. 2227).

ENTI LOCALI: Il Consigliere Comunale non può presentare osservazioni alle deliberazioni del Consiglio.
Per i consiglieri comunali non sussiste una facoltà di proporre osservazioni, di contenuto generale o particolare, alle proposte di deliberazioni sottoposte al Consiglio di cui fanno parte: ciò in quanto l’esercizio del mandato politico e di rappresentanza del consigliere comunale va ben al di là della rappresentazione di interessi partecipativi propria delle osservazioni in materia urbanistica e si traduce in poteri di proposta,di modifica e -in generale- di intervento decisionale sulla materia affidata alla competenza del Consiglio (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 25.10.2002 n. 4198).

G.U.R.I. - G.U.E.E. - B.U.R.L. (e anteprima)

ENTI LOCALI: B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 7 del 14.02.2008, "Individuazione degli ambiti a vocazione e potenzialità turistica (art. 3, comma 2, l.r. n. 15/2007)" (deliberazione G.R. 30.01.2008 n. 6532 - link a www.infopoint.it).

ENTI LOCALI: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria al n. 7 dell'11.02.2008, "Direzione Generale Culture, Identità e Autonomie della Lombardia - «Realizzazione del Polo della valorizzazione dei beni culturali in Lombardia» ai sensi del d.lgs. 267/2000 e della l.r. 2/2003" (decreto Assessore Regionale 18.12.2007 n. 16013 - link a www.infopoint.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA: F. Giampietro, La delicata questione dei rapporti tra bonifica e danno ambientale nel Testo Unico ambientale (link a www.giuristiambientali.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: F. Vanetti, Come le destinazioni urbanistiche incidono sulle bonifiche nel nuovo Testo Unico ambientale (link a www.giuristiambientali.it).

GIURISPRUDENZA

APPALTI: Sull’interpretazione dell’art. 1, n. 1, della direttiva 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legisl., regolam. e amm. relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori.
L’art. 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 21.12.1989, 89/665/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, nel testo risultante dalla direttiva del Consiglio del 18.06.1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, letto in combinato disposto con l’art. 15, n. 2, della direttiva del Consiglio 14.06.1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 1997, 97/52/CE, deve essere interpretato nel senso che l’organo responsabile dei ricorsi previsti al detto art. 1, n. 1, deve garantire la riservatezza e il diritto al rispetto dei segreti commerciali rispetto alle informazioni contenute nei fascicoli che le vengono comunicate dalle parti in causa, in particolare dall’amministrazione aggiudicatrice, pur potendo essa stessa esaminare tali informazioni e tenerne conto. È compito di tale organo decidere in che misura e secondo quali modalità occorra garantire la riservatezza e il segreto di tali informazioni, per le esigenze di tutela giudica effettiva e dei diritti di difesa delle parti nella controversia e, in caso di ricorso giurisdizionale o di un ricorso presso un organo che è una giurisdizione ai sensi dell’art. 234 CE, in modo che il procedimento rispetti, nel suo complesso, il diritto ad un equo processo (Corte di giustizia europea, Sez. III,
sentenza 14.02.2008 n. C-450/06 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla sussistenza della giurisdizione del g.a. per la controversia riguardante il recesso attuato da un Comune dalla convenzione stipulata con un consorzio del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani.
Sull’illegittimità di un affidamento diretto in virtù dell’art. 113, c. 14, del D.Lgvo n. 267/2000, per insussistenza dei presupposti.

Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo per la controversia riguardante il recesso attuato da un Comune dalla convenzione stipulata con un consorzio, per la durata di dieci anni, del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani, preordinato al passaggio ad una nuova forma di gestione del servizio, ritenuta più rispondente all’interesse pubblico, attraverso l’implementazione del servizio di raccolta differenziata e la rideterminazione dell’ammontare del canone. Il provvedimento con cui l’Ente, infatti, si è determinato a revocare l’originario atto di concessione perché non più rispondente agli interessi pubblici curati si configura, come espressione di un potere di autotutela in presenza di ritenute sopravvenute ragioni di pubblico interesse.
E’ illegittimo l’affidamento diretto disposto da un Comune ad un consorzio del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani in virtù dell’art. 113, c. 14, del D.Lgvo n. 267/2000, che consente agli enti locali di affidare la gestione di servizi o loro segmenti a soggetti distinti da essi i quali siano proprietari delle reti, impianti ed altre dotazioni patrimoniale per la gestione dei servizi stessi. L’art. 113, c. 14, citato, costituisce palesemente norma eccezionale in quanto individua un’ipotesi nella quale l’Amministrazione è legittimata ad affidare un servizio pubblico ad un soggetto predeterminato senza esperire alcuna gara, derogando ai principi, della normativa comunitaria e nazionale, che regolano ordinariamente la materia. La circostanza straordinaria che consente l’applicazione della disposizione di cui si tratta è costituita dalla necessaria fornitura del servizio mediante un sistema di impianti inamovibili e di complessa realizzazione, di proprietà di un soggetto estraneo all’ente locale.
Non possono certamente rientrare nella descrizione appena accennata le attrezzature ordinariamente utilizzate per la raccolta dei rifiuti. Basti osservare, a tale riguardo, che si tratta di attrezzature di notevole deperibilità, destinate ad essere cambiate con frequenza. Le stesse, inoltre, sono di solito di proprietà dell’appaltatore (TAR Sardegna, sez. I,
sentenza 06.02.2008 n. 124 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIS. Lazzini, Pur nel silenzio del bando di gara, la cauzione provvisoria deve contenere tutti i requisiti richiesti dalla Legge.
Per evitare eventuali esclusioni e, soprattutto, per avere titolo a ricorrere agli atti di gara, la cauzione provvisoria deve sempre rispettare quanto sancito dall’articolo 75 del decreto legislativo 163/2006 smi: in tal modo si è certi di aver rispettato le norme imperative anche se la Stazione Appaltante non le ha indicate nella lex specialis di gara.
Vediamo prima di tutto quali sono le prescrizione della norma.
L’art 75 del D.lgs. 12.04.2006 n. 163 stabilisce, al primo comma, che “l'offerta è corredata da una garanzia, pari al due per cento del prezzo base indicato nel bando o nell'invito, sotto forma di cauzione o di fideiussione, a scelta dell'offerente”. Il quarto comma della medesima disposizione stabilisce, a proposito dei requisiti della cauzione, che “la garanzia deve prevedere espressamente la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale, la rinuncia all'eccezione di cui all’art 1957, comma 2 del codice civile, nonché l'operatività della garanzia medesima entro quindici giorni, a semplice richiesta scritta della stazione appaltante”.
Infine, l’ottavo comma, sempre dell’art. 75, dispone che “l'offerta è altresì corredata, a pena di esclusione, dall'impegno di un fideiussore a rilasciare la garanzia fideiussoria per l'esecuzione del contratto, di cui all’art. 113, qualora l'offerente risultasse affidatario” (TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 12.02.2007 n. 991 - link a www.diritto.it).

AGGIORNAMENTO AL 14.02.2008

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UTILITA'

EDILIZIA PRIVATA: I lavori in economia si possono realizzare e, come tali,  sono esclusi dal campo di applicazione della normativa sul D.U.R.C..
Richiesta 02.10.2007 di interpretazione in merito all'applicazione dell'art. 3 del d.lgs. 14.08.1996 n. 494 (si veda la risposta del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale,
nota 07.02.2008 n. 2228 di prot.).

UTILITA'
dossier box in Lombardia

EDILIZIA PRIVATA: I box -sino al rapporto di 1 mq./10 mc.- non soggiaciono al pagamento del costo di costruzione.
Costituisce orientamento uniforme della giurisprudenza amministrativa quello secondo cui, in sede di rilascio della concessione edilizia, non sono assoggettabili al contributo commisurato al costo di costruzione i parcheggi c.d. obbligatori di cui all'art. 41-sexies della legge n. 1150/1942 (cfr. Cons. St., Sez. V, n. 987/1992).
Il regime di gratuità (oneri + costo di costruzione) riguarda soltanto i parcheggi di pertinenza delle nuove costruzioni nei limiti della dotazione obbligatoria, che fanno corpo con le stesse o che vengono realizzati in aree pertinenziali (cfr. TAR Lombardia-Milano, Sez. II, n. 4324/1999) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.03.2007 n. 1314).
EDILIZIA PRIVATA: La superficie utilizzata per la realizzazione dei parcheggi (la cui ampiezza non ecceda i minimi fissati dalla legge) non può essere computata per la determinazione degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione.
La giurisprudenza amministrativa ha considerato gli spazi di manovra -come, tra l'altro, le rampe di accesso- non computabili come spazi di parcheggio (cfr. TAR Campania-Salerno, n. 2602/2003) e ciò non sembra poter essere revocato in dubbio atteso che tali aree non sono adibite al ricovero degli autoveicoli ma a facilitare l'accesso degli utenti ai relativi box. Gli spazi di manovra, in funzione della funzione di facilitare l'accesso alle autorimesse, sono "serventi" rispetto ai parcheggi tanto che sarebbe paradossale assoggettare tali aree al pagamento degli oneri in argomento quando i garege/box sono esclusi. Non può essere condivisa l'ulteriore conseguenza che il Comune fa discendere dal predetto ragionamento ovvero che gli spazi di manovra concorrono al calcolo della superficie complessiva ai fini dell'assegnazione della classe di edificio e dell'individuazione della aliquota da applicare per determinare il costo di costruzione.
Quanto sopra risulta, poi, confermato dalle previsioni contenute nell'art. 69 della L.R. n. 12/2005 (non applicabile, ratione temporis, alla fattispecie in esame ma espressiva di un principio già esistente ed ora codificato) secondo cui "ai fini del calcolo del costo di costruzione, le superfici destinate a parcheggi non concorrono alla definizione della classe di edificio". Ora, se i parcheggi non concorrono alla definizione della classe di edificio, appare irragionevole affermare il contrario con riferimento agli spazi di manovra i quali, "servendo" -come detto- a facilitare l'accesso degli utenti alle autorimesse, sono esclusi dal calcolo relativo agli oneri di urbanizzazione; da ciò consegue che tali spazi non possono essere computati nella superficie complessiva ai fini della definizione della classe di edificio per la determinazione della classe di edificio per la determinazione del costo di costruzione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.03.2007 n. 650).
EDILIZIA PRIVATAParcheggi sotterranei: deroga ai regolamenti edilizi e alle norme del codice civile.
La dizione usata dal legislatore nell’art 9, primo comma, della legge 24.03.1989 n. 122, il quale consente ai proprietari di immobili di realizzare "nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti", deve essere interpretata estensivamente, e quindi come comprensiva anche dei box seminterrati, purché realizzati entro l’area di pertinenza dell’immobile.
La possibilità di derogare agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti rende derogabili anche le norme sulle distanze delle costruzioni dai confini di proprietà, in quanto, a fronte di una disciplina speciale dettata dalla superiore esigenza di contrastare la congestione ambientale, la disciplina delle distanze, preposta alla salvaguardia di interessi prevalentemente privatistici di buon vicinato e di ordinato esercizio della proprietà, deve necessariamente recedere (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.07.2006 n. 1715 - link a www.altalex.com).
EDILIZIA PRIVATALombardia, ancora sulla questione della gratuità o meno dei box.
Dopo l'entrata in vigore della l.r. n. 12/2005, la quale ha testualmente riconosciuto la gratuità dei parcheggi pertinenziali e non -realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge, abbiamo notizia dell'unica sentenza secondo cui, implicitamente, avalla la tesi dell'esonero generalizzato dal pagamento del contributo di costruzione (oneri e costo) ma nulla dice se gli stessi concorrano o meno alla determinazione della classe dell'edificio per la quantificazione del costo di costruzione (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 03.05.2006 n. 449).
EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi - Spazi di manovra - Pagamento oneri di urbanizzazione e costo di costruzione.
La superficie utilizzata per la realizzazione di parcheggi, la cui ampiezza non eccede i minimi fissati dalla legge, non può essere computata per la determinazione degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione. Gli spazi di manovra - non computabili come aree di parcheggio -ma tesi a facilitare l'accesso alle autorimesse- sono serventi rispetto ai parcheggi -tanto che sarebbe paradossale assoggettare tali aree al pagamento degli oneri in argomento quando i garage/box sono esclusi.
I parcheggi non concorrono alla definizione della classe di edificio. Appare, pertanto, irragionevole affermare il contrario con riferimento agli spazi di manovra. Gli spazi di manovra, non possono essere computati nella superficie complessiva del complesso immobiliare ai fini della definizione della classe di edificio par la determinazione del costo di costruzione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.03.2006 n. 650 - massima tratta da www.solom.it).
EDILIZIA PRIVATA: Sulla gratuità o meno (del costo di costruzione) dei parcheggi.
L’inserimento delle autorimesse nella superficie non residenziale è determinante per individuare la classe dell’edificio e a cascata gli altri elementi del calcolo. La scelta del Comune di prendere in considerazione anche le autorimesse appare corretta, in quanto nel caso in esame si tratta di parcheggi collegati a una nuova costruzione e quindi obbligatori (nella misura minima di 1 mq per ogni 10 mc. di costruzione) in base all’art. 41-sexies della legge 17.08.1942 n. 1150 (come sostituto dall’art. 2 della legge 122/1989).
Si può ritenere (aderendo a CS V Sez. 24.10.2000 n. 5676) che l’art. 41-sexies della legge 1150/1942 sia riferibile solo alle nuove costruzioni, e che per converso gli art. 9 e 11 della legge 122/1989, i quali prevedono rispettivamente la possibilità di realizzare parcheggi pertinenziali anche in deroga alla vigente disciplina urbanistica e l’esclusione di tali lavori dagli oneri di concessione, siano applicabili soltanto agli edifici esistenti. La norma sulla gratuità ha infatti un valore incentivante per la modifica di situazioni già consolidate, mentre non avrebbe alcun significato con riferimento alle nuove costruzioni, dove la realizzazione dei parcheggi è un obbligo ex lege.
La stessa ripartizione tra edifici esistenti e nuove costruzioni può essere rinvenuta, per i profili che qui interessano, negli art. 1 e 2 della LR 22/1999. In effetti le norme regionali consentono maggiori possibilità di localizzazione dei parcheggi pertinenziali rispetto alla legge nazionale, ma riconducono espressamente queste facoltà nello schema dell’art. 9 della legge 122/1989. L’art. 2, comma 2, della L.R. 22/1999, che qualifica i parcheggi come opere di urbanizzazione ai fini della gratuità del titolo autorizzatorio, ha quindi una funzione incentivante analoga a quella dell’art. 11 delle legge 122/1989. D’altra parte si può ritenere che se il legislatore regionale avesse voluto innovare la disciplina statale parificando le nuove abitazioni a quelle esistenti avrebbe utilizzato formule chiare in questo senso. I richiami alla legge 122/1989 autorizzano invece a ritenere che la legge regionale, pur incentivando ulteriormente la creazione di parcheggi, abbia mantenuto l’impostazione delle norme statali.
Occorre infine considerare che nel caso in esame le autorimesse sono destinate a un uso esclusivamente privato. Non esiste quindi la possibilità di qualificarle in via autonoma come opere di urbanizzazione in conseguenza di una qualche utilità pubblica (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 11.10.2004 n. 1270).

UTILITA'
dossier sottotetti in Lombardia

EDILIZIA PRIVATABergamo, Scoppia la guerra dei sottotetti, lavori congelati.
Non è chiara quale deve essere la distanza minima con gli edifici vicini. Nel dubbio il Comune sospende tutto.
Primi ricorsi al Tribunale. L’assessore regionale: non vorrei che a Bergamo si stessero mal interpretando i regolamenti (
articolo 12.02.2008 tratto da L'Eco di Bergamo).

EDILIZIA PRIVATA: Sull'interpretazione della L.R. n. 12/2005 relativamente al recupero dei sottotetti.
Nell’ottica del legislatore della legge regionale n. 12/2005 la controversa possibilità di déroga (o di sanatoria) non può dunque assolutamente riguardare lo sviluppo dell’edificio in termini di superficie e/o di volumetria, altezze e/o distacchi: ciò al fine di non sacrificare oltre misura gli interessi della collettività con l’aggravamento incontrollato di equilibri urbanistici spesso delicati.
La legge regionale n. 20/2005 non fa altro che confermare che l’interesse dei Comuni a tutelare l’assetto urbanistico del territorio e la densità in queste degli edifici anche in relazione agli interventi di recupero dei soggetti può recedere solo in presenza di espresse previsioni normative, in assenza delle quali nessuna ipotesi di déroga alle norme dei piani regolatori generali e dei regolamenti edilizi locali può considerarsi “implicita” o comunque esistente per effetto di disinvolte interpretazioni estensive di ambiti derogatòri, in quanto tali assolutamente tassativi.
Il recupero volumetrico a scopo residenziale del piano sottotetto in base alla citata legge regionale non può prescindere dall'esistenza dell'edificio e del sottotetto medesimo (da intendersi come vero e proprio volume preesistente) e deve avvenire nel rispetto delle prescrizioni igienico-sanitarie e di abitabilità previste dai regolamenti vigenti, salvo quanto disposto dal comma 6 dell’art. 1 della legge medesima (“il recupero abitativo dei sottotetti è consentito purché sia assicurata per ogni singola unità immobiliare l'altezza media ponderale di m 2,40, ulteriormente ridotta a m 2,10 per i comuni posti a quote superiori a m 1000 di altitudine sul livello del mare, calcolata dividendo il volume della parte di sottotetto la cui altezza superi m 1,50 per la superficie relativa”).
Gli interventi edilizi finalizzati al recupero del sottotetto possono comportare l'apertura di finestre, lucernari, abbaini e terrazzi per assicurare l'osservanza dei requisiti di aeroilluminazione; nonché, ove lo strumento urbanistico generale comunale vigente risulti approvato dopo l'entrata in vigore della legge reg. 15.04.1975 n. 51, modificazioni delle altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde, purché nei limiti di altezza massima degli edifici posti dallo strumento urbanistico ed unicamente al fine di assicurare i parametri di altezza media prescritti dalla legge regionale (art. 2).
Le modifiche di altezza e volumetria, ai sensi della citata normativa regionale, sono ammissibili solo laddove strettamente necessarie a rendere abitabili i predetti volumi, con conseguente esclusione di quelle trasformazioni, che si sostanzino nella creazione di nuove volumetrie, che vengano in qualsiasi modo ad eludere (o, meglio, ad eccedere) lo scopo unico, cui il legislatore regionale ha funzionalizzato le modifiche medesime.
Ma se siffatte trasformazioni possono avvenire, come s’è visto, in déroga ad ogni previsione urbanistica comunale (comprese, quindi, quelle in tema di limiti quantitativi di natura volumetrica), lo stesso non può dirsi per le altezze massime dei fabbricati, di cui il citato art. 2 assicura, come s’è detto, comunque il rispetto.
sia sulla base della lettera della norma che per evidenti ragioni logiche, l’impedimento rappresentato dai “limiti di altezza massima degli edifici” si pone solo in caso di interventi, che comportino “modificazioni delle altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde”.
Soltanto siffatti interventi, infatti, sono, per loro stessa natura, in grado di incidere sull’altezza del fabbricato, sì che appare del tutto congruo che solo ad essi il legislatore regionale abbia apposto il detto limite; ciò, è evidente, al contrario di quegli interventi, che, realizzando il recupero in discussione attraverso le tipiche trasformazioni riconducibili al concetto di ristrutturazione edilizia nonché mediante “l'apertura di finestre, lucernari, abbaini e terrazzi”, sono tali da risultare del tutto ininfluenti rispetto al parametro dell’altezza del fabbricato, di cui non comportano, pertanto, la necessità di una nuova misurazione, con conseguente assoluta indifferenza, dunque, del relativo metodo di misurazione.
Vale a dire che la ristrutturazione edilizia di un sottotetto non può dare luogo ad un’ulteriore sopraelevazione di piano, altrimenti si entra nel regime ordinario delle edificazioni, specie quanto a volumi ed altezze
Quanto agli interventi incidenti sull’altezza anzidetta in quanto comportanti “modificazioni delle altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde”, occorre subito rilevare che la normativa regionale, nel far salvi, come s’è detto, i “limiti di altezza massima degli edifici posti dallo strumento urbanistico”, nulla ha statuito circa le modalità di calcolo dell’altezza medesima, che, attenendo ai criteri dell’edificazione restano dunque disciplinati dalle norme di disciplina dell’edilizia all’uopo dettate dai singoli Comuni.
Nella fattispecie, che palesa la sopraelevazione di un ulteriore piano, oltre al recupero del sottotetto, si controverte quindi di piano nuovo, cioè non preesistente e realizzato al di fuori della “sagoma limite” in altezza dell’edificio precedente.
Tanto meno può essere condivisa l’affermazione che –quale terrazzo– si sarebbe trattato di piano asseritamene ricompreso nell’altezza originaria dell’edificio, perché non si può confondere quest’ultima con il numero dei piani, i quali –peraltro– pacificamente erano 7 e non 8: infatti, sul terrazzo sono state realizzate altre costruzioni.
Relativamente alla configurazione prospettata della sopraelevazione come “locali tecnici”, osserva il Collegio che l’esame della doglianza non può prescindere dalla regola fondamentale che presiede agli interventi di recupero dei sottotetti qualificati – come visto – di ristrutturazione edilizia a norma dell’art. 31, lett d), della legge 05.08.1978 n. 457, ora trasfusa nell’art. 3 del D.P.M. 06.06.2001 n. 380, ossia il “ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, la eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti”.
La norma va intesa nel senso che “l’inserimento di nuovi elementi ed impianti” non è ammessa comunque, ma è consentita purché non comporti alterazione dell’intervento rivolto a “trasformare gli organismi edilizi” preesistenti in “nuove” costruzioni che modifichino la sagoma o aumentino i volumi.
Il criterio derogatorio ai limiti di volumetria prescritti dalle disposizioni urbanistiche in favore dei volumi tecnici (in funzione strumentale e in relazione all’uso della costruzione principale per accessori e impianti) non può riguardare le ipotesi dei c.d. carichi urbanistici, quando vengono aggravati da volumi che permettono un più ampio insediamento umano (e, perciò non possono essere considerati volumi tecnici le verande, i porticati, i vani chiusi comunque utilizzabili come locali abitabili).
La realizzata sopraelevazione, di altezza uguale a quella prevista per i piani di civile abitazione sul solaio di copertura del preesistente sottotetto soggetto alle prescrizioni di cui si è detto, ne costituisce violazione ed è, pertanto, illegittima, a termini degli artt. 8 e 9 della legge 28.02.1985, n. 47.
Ma lo sarebbe anche se nella specie fosse possibile consentire la realizzazione di volumi effettivamente tecnici, ossia destinati ad ospitare gli impianti che non è possibile collocare all’interno, poiché nella specie si è in presenza di una modificazione strutturale e di uso del lastrico di copertura, del tutto estranea per dimensione ed altezze al concetto di locali tecnici (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 04.02.2008 n. 298).
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In materia, si vedano anche Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 21.12.2006 n. 7770 e Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 30.05.2005 n. 2767).

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, sulla questione del recupero dei sottotetti ex L.R. n. 12/2005.
L’art. 873 del c.c. rubricato “Distanze nelle costruzioni” stabilisce che “Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore”.
La disposizione è stata interpretata nel senso che le norme del piano regolatore generale e quelle tecniche di attuazione dello stesso –che fissano la distanza tra le costruzioni facendo riferimento alla distanza dal confine– sono integrative delle norme del codice civile ed hanno carattere assoluto e non derogabile dai privati (Corte di Cassazione, sez. II civile – 09/06/1999 n. 5666), in quanto volte a salvaguardare sia l’interesse della collettività locale ad un migliore assetto dell'agglomerato urbano sia l’aspirazione dei singoli a fruire di un distacco congruo dalle proprietà limitrofe: esse dunque tendono a regolare i rapporti tra residenti su fondi finitimi in modo equo e fanno sorgere a favore del soggetto danneggiato da una nuova costruzione il diritto di chiedere la riduzione in pristino ai sensi dell’art. 872 c.c. (Corte di Cassazione, sez. II civile – 10/04/2001 n. 10471).
E’ stato peraltro rilevato che l’applicazione della sanzione della riduzione in pristino, richiesta dal vicino danneggiato dalla costruzione realizzata a distanza non legale, consegue ipso iure alla violazione della norma, la quale non lascia al giudice alcun margine di apprezzamento in ordine ai pregiudizi prodotti dalla sua inosservanza (Corte di Cassazione, sez. II civile – 11/01/2006 n. 213).
In definitiva i regolamenti locali richiamati dall'art. 873 del c.c., i quali stabiliscono una distanza maggiore di tre metri per le costruzioni sui fondi finitimi, attribuiscono a ciascun proprietario un diritto soggettivo perfetto al rispetto della maggiore distanza, il quale è tutelabile, in caso di inosservanza, sia con la riduzione in pristino sia con il risarcimento del danno (Corte di Cassazione, sez. II civile – 06/12/1984 n. 6402; sez. unite civili – 18/06/1985 n. 3659).
Deve altresì essere puntualizzato che le sopraelevazioni, ai fini del rispetto delle distanze, rientrano nella nozione di nuova costruzione, la quale comprende qualsiasi modifica della volumetria di un fabbricato preesistente che comporti l'aumento della sagoma d'ingombro in guisa da incidere direttamente sulla situazione di distanza tra edifici ed indipendentemente dalla sua utilizzabilità ai fini abitativi (cfr. ex plurimis Corte di Cassazione, sez. II civile – 12/01/2005 n. 400; 05/07/2000 n. 8954; 24/05/2000 n. 6809).
Il panorama normativo si è arricchito in seguito alla riforma del titolo V della Costituzione. Per effetto di essa il “governo del territorio” è divenuta materia a competenza legislativa ripartita tra Stato e Regione (cfr. nuovo art. 117) e lo Stato esercita la propria potestà dettando soltanto i principi fondamentali.
In materia di sottotetti è da ultimo intervenuta la L.r. 11/03/2005 n. 12 ai sensi della quale “La Regione promuove il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti con l'obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio e di favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici” (art. 63 comma 1), mentre “Si definiscono sottotetti i volumi sovrastanti l'ultimo piano degli edifici dei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura” (art. 63 comma 1-bis).
Il successivo art. 64 stabilisce al comma 1 che “Gli interventi edilizi finalizzati al recupero volumetrico dei sottotetti possono comportare l'apertura di finestre, lucernari, abbaini e terrazzi …, nonché, … modificazioni delle altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde, purché nei limiti di altezza massima degli edifici posti dallo strumento urbanistico ed unicamente al fine di assicurare i parametri di cui all'articolo 63, comma 6” (altezza media ponderale di m. 2,40). Aggiunge al comma 2 che “Il recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti è classificato come ristrutturazione edilizia ai sensi dell'articolo 27, comma 1, lettera d). Esso non richiede preliminare adozione ed approvazione di piano attuativo ed è ammesso anche in deroga ai limiti ed alle prescrizioni degli strumenti di pianificazione comunale vigenti ed adottati, …”.
Osserva il Collegio anzitutto che ogni questione che coinvolge le relazioni tra privati individui appartiene all’ampia materia dell’ordinamento civile, enucleata dall’art. 117 Cost. e riservata alla competenza esclusiva dello Stato.
Ad avviso dei ricorrenti la normativa regionale citata opererebbe in deroga al regime delle distanze, precludendo a priori alle amministrazioni locali di stabilire misure superiori allo “standard” di 3 metri fissato dal codice civile.
Una simile impostazione non può essere condivisa dal Collegio, anche alla luce della significativa pronuncia della Corte costituzionale 16/06/2005 n. 232 sui rapporti tra potestà statale e potestà regionale in materia.
Secondo la Corte, con riferimento alla disciplina delle distanze tra fabbricati l’attribuzione alle Regioni di competenza concorrente in materia di governo del territorio interferisce con l’ordinamento civile di spettanza esclusiva dello Stato, e in tale contesto “le Regioni devono esercitare le loro funzioni nel rispetto dei principi della legislazione statale”.
Il primo principio, fissato in epoca risalente, “è che la distanza minima sia determinata con legge statale, mentre in sede locale, sempre ovviamente nei limiti della ragionevolezza, possono essere soltanto fissati limiti maggiori”.
In secondo luogo, l'ordinamento statale consente deroghe alle distanze con normative locali, “purché però siffatte deroghe siano previste in strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio”. Tali principi si ricavano dall'art. 873 cod. civ. e dall'ultimo comma dell'art. 9 del D.M. 1444/1968 ai sensi del quale “Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche”.
L’ipotesi prospettata riguarda ad es. Piani particolareggiati, Piani di recupero o Piani di lottizzazione, strumenti di pianificazione che hanno la funzione di determinare un ordinato assetto di un ambito individuato o di una zona identificata del territorio comunale.
In ogni caso secondo la Corte Costituzionale i suindicati limiti alla possibilità di fissare distanze difformi da quelle previste dalla normativa statale “trovano la loro ragione nel rilievo che le deroghe, per essere legittime, devono attenere agli assetti urbanistici e quindi al governo del territorio e non ai rapporti tra vicini isolatamente considerati in funzione degli interessi privati dei proprietari dei fondi finitimi”.
Al riguardo la normativa regionale invocata è chiaramente ispirata al principio di favore per il recupero dei sottotetti, perseguendo l’interesse pubblico di evitare il consumo di nuovo territorio, e dunque estende il proprio raggio di applicazione a tutte le zone residenziali o comunque abitate e non limita la propria portata a particolari aree o ambiti. Non sembra viceversa che il legislatore regionale abbia inteso incidere sulle relazioni intersoggettive tra privati, rispetto alle quali la disciplina sui sottotetti non può interferire dovendo arrestarsi di fronte ai limiti invalicabili dell’ordinamento civile, di competenza esclusiva dello Stato.
In quest’ottica i Comuni esercitano una potestà straordinaria ed integrano una norma di rango statale con efficacia immediata sui rapporti tra privati individui, introducendo regole riconosciute e tutelate dal diritto comune, e in questo senso l’art. 873 del c.c. è norma di rinvio dinamico (o mobile) che fa riferimento alla fonte richiamata, ossia ai regolamenti locali abilitati a stabilire la misura delle distanze.
La “doppia funzione” di tale disposizione –che appunto tutela sia l'interesse dei privati alla fruizione di un distacco congruo sia quello della collettività ad un ordinato assetto del territorio– comporta che, anche ammettendo una potestà derogatoria in capo alla Regione in merito ai profili urbanistici, la stessa incontrerebbe un ostacolo ineludibile rappresentato dai puntuali diritti soggettivi dei singoli, la cui fonte è rintracciabile in una norma statale inderogabile. In definitiva alla Regione è preclusa ogni ingerenza nei rapporti interprivatistici, ai quali la disciplina delle distanze tra costruzioni attiene in via primaria e diretta.
Nella specie la Regione non può in buona sostanza incidere sui diritti soggettivi che traggono origine dal binomio norma statale - regolamento locale, secondo un atipico sistema di fonti che non sovverte il principio di gerarchia ma rappresenta oggi la logica traduzione del principio di sussidiarietà, il quale impone che l’esercizio delle funzioni pubblicistiche –nel loro momento decisionale ed attuativo– debba essere riservato al livello istituzionale che presenta la maggiore prossimità con i cittadini, salve le ipotesi che richiedono necessariamente la competenza del livello successivo e più ampio: espressione del principio di sussidiarietà è infatti il canone secondo cui il potere centrale non deve intervenire quando l’autorità periferica è in grado di curare efficacemente i propri interessi.
E’ evidente che in materia di distanze tra costruzioni il legislatore nazionale ha ritenuto giustificato il diretto intervento del pianificatore locale per la sua conoscenza del territorio e dei fabbisogni dei singoli (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 30.08.2007 n. 834 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, sulla questione del recupero dei sottotetti ex L.R. n. 12/2005.
L’art. 9 del D.M. 02/04/1968 n. 1444, rubricato “Limiti di distanza tra i fabbricati” stabilisce testualmente al comma 1 che “Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:
1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale;
2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti;
…”
La giurisprudenza ha costantemente affermato che il citato D.M. –emanato in virtù dell’art. 41-quinquies della L. 1150/1942 introdotto a sua volta dall’art. 17 della L. 06/08/1967 n. 765 (c.d. L. Ponte)– ripete dal rango di fonte primaria della norma delegante la forza di legge, suscettibile di integrare con efficacia precettiva il regime delle distanze dalle costruzioni di cui all’art. 872 c.c.: la regola della distanza di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti vincola anche i Comuni in sede di formazione e di revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite minimo è illegittima e va disapplicata, essendo consentita alle amministrazioni locali solo la fissazione di distanze superiori (TAR Abruzzo Pescara – 28/04/2007 n. 494; Consiglio di Stato, sez. IV – 12/07/2002 n. 3930). E’ stato dunque introdotto un vincolo a carattere pubblicistico ed inderogabile, diretto non soltanto a salvaguardare interessi privati ma anche a tutelare interessi generali in materia urbanistica, di igiene, decoro e sicurezza degli abitati (cfr. Corte di Cassazione, sez. II civile – 16/02/1996 n. 1201; TAR Emilia Romagna Bologna, sez. II – 29/01/2004 n. 136).
In punto di fatto l’intervento in esame comporta un sopralzo di 1 metro alla distanza di 3,15 mt. da un fabbricato antistante. In proposito si è detto che le disposizioni di cui all'art. 9 comma 2 del D.M. citato sono applicabili anche alle sopraelevazioni, giacché tendono ad evitare la creazione di intercapedini che impediscono la libera circolazione dell'aria con effetti produttivi di insalubrità e di riduzione della luminosità (T.A.R. Veneto, sez. II – 22/04/2005 n. 1778; Consiglio di Stato, sez. V – 19/10/1999 n. 1565): in definitiva le sopraelevazioni, ai fini del rispetto delle distanze fra edifici, rientrano nella nozione di nuova costruzione, la quale comprende qualsiasi modifica della volumetria di un fabbricato preesistente che comporti l'aumento della sagoma d'ingombro in guisa da incidere direttamente sulla situazione di distanza tra edifici ed indipendentemente dalla sua utilizzabilità ai fini abitativi (cfr. ex plurimis Corte di Cassazione, sez. II civile – 12/01/2005 n. 400; 05/07/2000 n. 8954; 24/05/2000 n. 6809).
In materia di distanze legali l’art. 136 del D.P.R. 06/06/2001 n. 380 ha mantenuto in vigore l’art. 41-quinquies commi 6, 8, 9 della L. 1150/1942, per cui in forza dell’art. 9 del D.M. 1444/68 la distanza minima inderogabile di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti è quella che tutti i Comuni sono tenuti ad osservare, mentre il giudice è tenuto ad applicare tale disposizione anche in presenza di norme contrastanti incluse negli strumenti urbanistici locali, dovendosi essa ritenere automaticamente inserita nel P.R.G. al posto della norma illegittima. (cfr. Corte di Cassazione, sez. II civile – 29/05/2006 n. 12741).
Osserva il Collegio anzitutto che la disciplina civilistica delle distanze tra costruzioni investe principalmente i rapporti tra proprietari di fondi limitrofi, e i loro diritti sono tutelati –in caso di inosservanza– dall’autorità giudiziaria ordinaria alla quale è possibile rivolgersi anche per ottenere la riduzione in pristino (cfr. art. 872 c.c.); è altrettanto evidente che ogni questione che coinvolge le relazioni tra privati individui appartiene all’ampia materia dell’ordinamento civile, enucleata dall’art. 117 Cost. e riservata alla competenza esclusiva dello Stato.
Ad avviso della ricorrente la normativa regionale sui sottotetti opererebbe in deroga al regime delle distanze tra fabbricati, senza che il Comune di Bovezzo abbia ritenuto di avvalersi della facoltà di sottrarsi alla disciplina regionale così come consentito dall’art. 65 della L.r. 12/2005.
Una simile impostazione non può essere condivisa dal Collegio, anche alla luce della significativa pronuncia della Corte costituzionale 16/06/2005 n. 232 sui rapporti tra potestà statale e potestà regionale in materia.
Secondo la Corte, con riferimento alla disciplina delle distanze tra fabbricati l’attribuzione alle Regioni di competenza concorrente in materia di governo del territorio interferisce con l’ordinamento civile di spettanza esclusiva dello Stato, e in tale contesto “le Regioni devono esercitare le loro funzioni nel rispetto dei principi della legislazione statale”.
Il primo principio, fissato in epoca risalente, “è che la distanza minima sia determinata con legge statale, mentre in sede locale, sempre ovviamente nei limiti della ragionevolezza, possono essere soltanto fissati limiti maggiori”.
In secondo luogo, l'ordinamento statale consente deroghe alle distanze minime con normative locali, “purché però siffatte deroghe siano previste in strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio”. Tali principi si ricavano dall'art. 873 cod. civ. e dall'ultimo comma dell'art. 9 del D.M. 1444/1968 ai sensi del quale “Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche”.
L’ipotesi prospettata riguarda ad es. Piani particolareggiati, Piani di recupero o Piani di lottizzazione, strumenti di pianificazione che hanno la funzione di determinare un ordinato assetto di un ambito individuato o di una zona identificata del territorio comunale.
In ogni caso secondo la Corte Costituzionale i suindicati limiti alla possibilità di fissare distanze inferiori a quelle previste dalla normativa statale “trovano la loro ragione nel rilievo che le deroghe, per essere legittime, devono attenere agli assetti urbanistici e quindi al governo del territorio e non ai rapporti tra vicini isolatamente considerati in funzione degli interessi privati dei proprietari dei fondi finitimi”.
Al riguardo la normativa regionale invocata è chiaramente ispirata al principio di favore per il recupero dei sottotetti, perseguendo l’interesse pubblico di evitare il consumo di nuovo territorio, e dunque estende il proprio raggio di applicazione a tutte le zone residenziali o comunque abitate e non limita la propria portata a particolari aree o ambiti. Non sembra viceversa che il legislatore regionale abbia inteso incidere sulle relazioni intersoggettive tra privati, rispetto alle quali la disciplina sui sottotetti non può interferire dovendo arrestarsi di fronte ai limiti invalicabili dell’ordinamento civile, di competenza esclusiva dello Stato.
Il Collegio richiama la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale ha ripetutamente affermato che le norme degli strumenti urbanistici in materia di distanze – sia che si riferiscano al confine oppure all'altra costruzione – sono destinate a tutelare sia l'interesse dei vicini alla fruizione di un distacco congruo, sia quello della collettività all'instaurazione di un assetto urbanistico sotto ogni aspetto ordinato (cfr. ex plurimis Corte di Cassazione, sez. II civile – 24/03/2005 n. 6401; 29/04/1999 n. 4343).
La “doppia funzione” di tali disposizioni comporta che, anche ammettendo una potestà derogatoria in capo alla Regione in merito ai profili urbanistici, la stessa incontrerebbe un ostacolo ineludibile rappresentato dai puntuali diritti soggettivi dei singoli, la cui fonte è rintracciabile in una norma statale inderogabile. In definitiva alla Regione è preclusa ogni ingerenza nei rapporti interprivatistici, ai quali la disciplina delle distanze tra costruzioni attiene in via primaria e diretta.
Sul punto esiste, infine, un precedente specifico, ed il Tribunale adito, con pronuncia in forma semplificata, ha sostenuto che l’art. 64 comma 2 della L.r. 12/2005 deve interpretarsi “… nel senso che la derogabilità non opera nei casi in cui lo strumento urbanistico riproduce disposizioni normative di rango superiore, a carattere inderogabile, qual è appunto il decreto ministeriale nella parte in cui disciplina le distanze tra fabbricati, trattandosi di materia inerente all’ordinamento civile e rientrante, come tale, nella competenza legislativa esclusiva dello Stato” (TAR Lombardia-Milano, sez. II – 26/04/2007 n. 1991) (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 30.08.2007 n. 832 - link a www.giustizia-amministrativa-it).
EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, i sottotetti di cui alla l.r. n. 12/2005 devono rispettare la distanza minima di mt. 10,00 dai fabbricati confinanti.
L'art. 9 del d.m. 02.04.1968, n. 1444, pur riferendosi (comma 1, n. 2) alla realizzazione di "nuovi edifici", è applicabile anche agli interventi di sopraelevazione (Cass. 2^, 27.03.2001, n. 4413; Cons. Stato, V, 19.10.1999, n. 1565), e dunque anche alle ristrutturazioni che -volte, come quella de qua, al recupero del sottotetto- comportino un incremento non trascurabile dell'altezza del fabbricato (da mt. 7,60 a mt. 9,54);
La normativa in questione, mirando ad evitare la creazione di intercapedini in grado di impedire la libera circolazione dell'aria, come tali produttive di insalubrità oltre che riduttive di luminosità e dunque non autorizzabili per motivi igienico-sanitari (Cons. Stato, V, 19.10.1999, n. 1565; T.A.R. Catania, 27.10.1994, n. 2373), risponde ad esigenze pubblicistiche che sovrastano gli interessi dei singoli, per soddisfare interessi generali, e non è pertanto suscettibile i deroghe pattizie.
Considerato, inoltre, che a sostegno dell'opposta tesi non può essere invocato l'art. 64, secondo comma, della legge regionale n. 12 del 2005 (legge per il governo del territorio), secondo cui il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti "... è ammesso anche in deroga ai limiti ed alle prescrizioni degli strumenti di pianificazione comunale ...", dovendo la norma interpretarsi nel senso che la derogabilità non opera nei casi in cui lo strumento urbanistico riproduce disposizioni normative di rango superiore, a carattere inderogabile, qual è appunto il decreto ministeriale nella parte in cui disciplina le distanze tra fabbricati, trattandosi di materia inerente l'ordinamento civile e rientrante, come tale, nella competenza esclusiva dello Stato (cfr. Corte cost. 16.06.2005, n. 232) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.04.2007 n. 1991).

EDILIZIA PRIVATAIl sopralzo del sottotetto deve rispettare la distanza minima di mt. 10,00 dai fabbricati limitrofi.
Il recupero volumetrico (sopraelevazione) dei sottotetti in Lombardia, in forza della l.r. n. 12/2005 e s.m.i., non può derogare dalla distanza minima di mt. 10,00 tra fabbricati di cui al D.M. 02.04.1968 1444 (TRIBUNALE di Como, Sez. civile,
sentenza 06.02.2006).

EDILIZIA PRIVATALa nota 26.01.2006 dell'Avv. Paolo Mantegazza di Como avente per oggetto: Sottotetti - recupero abitativo - Legge Regionale 20.12.2005 n. 20 - Adempimenti comunali.

NEWS

ENTI LOCALIImpianti termici, nuove disposizioni.
Sono state pubblicate le disposizioni regionali del 31.12.2007 che regolano le attività di accertamento, ispezione e manutenzione degli impianti termici. Obiettivo è armonizzare gli impianti di climatizzazione invernale su tutto il territorio regionale (link a www.ors.regione.lombardia.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATANuove disposizioni in materia di VIA e di VAS (d.lgs 16.01.2008, n. 4).
Il 13 febbraio 2008 sono entrate in vigore le “ulteriori disposizioni correttive ed integrative” relative alla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e alla Valutazione ambientale Strategica (VAS) di cui alla Parte II del d.lgs. 152/2006, così come sancite dal recente decreto legislativo 16.01.2008 n. 4 (link a www.regione.lombardia.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA: M. Kusturin, Art. 258, comma 2, D.lgs. 152/2006: chi applica la sanzione amministrativa accessoria? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: S. Pallotta, D.Lgs. 16.01.2008, n. 4 (modifica al T.U. ambientale): la vidimazione del registro di carico e scarico tra altalene normative e rompicapo documentali (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: V. Vattani, Ritorna l’obbligo di vidimazione per i registri di carico e scarico, permangono i contrasti interpretativi… (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: G. Amendola, Acque reflue da allevamenti di bestiame e decreto correttivo: un passo indietro? (link a www.simoline.com).

EDILIZIA PRIVATA: E. Riccio, Detrazione 55% (per riqualificazione energetica): le modifiche del DM 26.10.2007 e della Finanziaria 2008 (link a www.filodiritto.com).

EDILIZIA PRIVATA: G. Guzzo, Tutela del paesaggio: tra garanzie partecipative e potere sostitutivo del giudice (link a www.ambientediritto.it)

AMBIENTE-ECOLOGIA: S. R. Cerruto, Appendice di aggiornamento al "Codice ambientale annotato. Guida pratico-operativa alle norme su rifiuti e bonifica di siti contaminati" (link a www.ambientediritto.it)

ATTI AMMINISTRATIVI: F. Patroni Griffi, La semplificazione amministrativa (link a www.giustizia-amministrativa.it).

GIURISPRUDENZA

AMBIENTE-ECOLOGIAINQUINAMENTO - Limitazione del traffico veicolare - Competenza del Sindaco - Sussistenza - Art. 7 D.Lgs. n. 285/1992.
L'articolo 7 del D.Lgs 285/1992 attribuisce espressamente al sindaco il potere di procedere all'istituzione e all'individuazione delle zone che richiedono una limitazione del traffico veicolare. Tale norma, sebbene di epoca anteriore rispetto alla disposizione normativa di cui all'articolo 107 del D.Lgs 267/2000 in materia di competenze della dirigenza degli enti locali, resta comunque successiva rispetto all'introduzione nell'ordinamento del principio di separazione tra compiti degli organi di governo e compiti dei dirigenti, a suo tempo introdotta già con la legge 142/1990; pertanto rispetto al predetto principio, la disposizione de qua assume natura di lex posterior e, come tale, ben può proporsi come fattispecie derogatoria rispetto al preesistente principio di attribuzione di siffatte competenze alla dirigenza. In favore della competenza degli organi politici in luogo della dirigenza milita anche l'ulteriore considerazione per cui i provvedimenti di limitazione del traffico costituiscono non già meri atti di esecuzione di precedenti provvedimenti di programmazione, ma essi stessi si pongono come momenti di pianificazione e ordinamento dell'uso del territorio, come tali in linea di principio necessariamente rientranti nelle attribuzioni degli organi di direzione politica dell'ente locale, tra cui figura anche il sindaco, proprio in virtù del potere espressamente conferitogli dall'articolo 7, commi 6 e 7, D.Lgs 285/92, di modulare i limiti di circolazione nel territorio urbano (cfr. TAR Campania-Napoli, sez. I, 15.02.2005, n. 1325).
INQUINAMENTO - Limitazione del traffico veicolare - Presupposti - Specifico studio settoriale - Necessità - Esclusione.
La duplice sussistenza dei presupposti previsti dalla legge per disciplinare le limitazioni del traffico veicolare (riduzione dell’inquinamento e conformazione della strada) esclude la necessità dello specifico studio settoriale di cui al d.m. 413/1997, tenuto conto che il sindaco, ai sensi dell’art. 6. comma 4 lett. b) del codice della strada, può, in ogni caso, stabilire obblighi, divieti e limitazioni di carattere temporaneo o permanente per ciascuna strada o tratto di essa, o per determinate categorie di utenti, in relazione alle esigenze della circolazione o alle caratteristiche strutturali delle strade. D’altra parte, ogni apprezzamento in merito alla capacità della rete stradale di assorbire il transito e la sosta di automezzi è rimessa ai sensi dell'art. 7, comma 1, del d. lgs. n. 285 del 30.04.1992, all'ente proprietario della strada e, quindi, nella specie, al Comune (TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 06.02.2008 n. 580 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATARistrutturazione di un immobile - Concessione edilizia - Legittimazione ad agire del privato confinante - Completamento dell'opera - Fondamento - Eccezione di tardività - Limiti.
La legittimazione ad agire del privato confinante si configura solo con il completamento dell'opera (nel corso della quale sono sempre possibili una serie di varianti) potendo questi, solo in tale momento, compiutamente valutare se gravarsi o meno in sede giurisdizionale. L'eccezione di tardività, essendo destinata ad incidere sul fondamentale diritto alla tutela giurisdizionale, postula una prova rigorosa che deve essere fornita dalla parte che la formula. Sicché, è da escludere che il privato confinante debba seguire giorno per giorno i lavori che si svolgono sul fondo finitimo perché in relazione ad ogni step dell'attività edificatoria decorrerebbe un autonomo termine di impugnazione.
Ristrutturazione di un immobile - Violazione delle prescrizioni - Vincolo di facciata dell'edificio - Vietata immutazione - Recupero di superfici - Superfetazione soggetta a demolizione - Pregiudizio per il vicino - Interesse ad agire - Sussistenza.
La ristrutturazione di un immobile in violazione delle prescrizioni, contenute in concessione edilizia, comporta un pregiudizio e quindi l'interesse ad agire, per il confinante. (Nella specie, la violazione della prescrizione riguardava il vincolo di facciata nonché un non consentito recupero di superfici - da una superfetazione soggetta a demolizione).
Concessione edilizia - Prescrizioni - Disapplicazione da parte della Commissione edilizia - Esclusione.
Quando una prescrizione è esistente alla data di rilascio della concessione edilizia essa non può essere disapplicata dalla Commissione edilizia.
Concessione edilizia - Violazione delle prescrizioni - Denuncia da parte del vicino - Mancanza di pregiudizio - Atto emulativo - Esclusione.
La denuncia da parte del vicino d’inosservanza delle prescrizioni non è inquadrabile come atto emulativo, anche quando il vicino non riceverebbe alcun pregiudizio dall’abusività dell’opera (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 06.02.2008 n. 322 - link a www.ambientediritto.it)

EDILIZIA PRIVATABENI CULTURALI E AMBIENTALI - Porto turistico - Approvazione del progetto - Conferenza di servizi ex artt. 5 e 6 DPR 509/1997 - Mancata convocazione della Soprintendenza - Illegittimità.
E’ illegittima l’approvazione di un progetto definitivo per la ristrutturazione di un porto turistico in difetto della convocazione della Soprintendenza alla riunione della conferenza di servizi di cui agli artt. 5 e 6 del DPR 509/1997. In base al terzo comma dell’art. 6 di detto DPR, infatti, deve essere convocata, in aggiunta alle Amministrazioni di cui all'art. 5, comma secondo, "l'autorità competente per la pronuncia di compatibilità ambientale" ex DPR 12/4/1996 (ora ex D.Lgs. 03/04/2006 n. 152). Poiché la Regione è già compresa tra i soggetti richiamati all'art. 5, comma secondo, sarebbe comunque incongruo escludere la Soprintendenza come ulteriore "autorità competente per la pronuncia di compatibilità ambientale" e riferire tale espressione solo alla Regione stessa. Del resto è illogico estendere l'esclusione dell'obbligo di convocare la Soprintendenza, prevista all'art. 5 per la approvazione di un progetto preliminare da inviare -appunto- alla Soprintendenza stessa, anche alla successiva convocazione per la approvazione del progetto definitivo, in mancanza di una specifica norma che deroghi al necessario coinvolgimento finale di tutti i soggetti doverosamente coinvolti nel procedimento nelle precedenti fasi (TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 06.02.2008 n. 105 - link a www.ambientediritto.it)

EDILIZIA PRIVATAOpere abusive in zona vincolata - Interventi in assenza della relativa autorizzazione - Prescrizione - Estinzione del reato.
Nei casi di opere abusive in zona vincolata suscettibili di condono edilizio il reato si può estinguere per intervenuta prescrizione (Corte di cassazione, Sez. III penale,
sentenza 28.01.2008 n. 4091 - link a www.ambientediritto.it)

AMBIENTE-ECOLOGIAINQUINAMENTO - Bonifica di siti contaminati - Iter procedurale - Ruolo del Ministero dell’Ambiente - Art. 252, c. 4, D.Lgs. n. 152/2006 - Art. 4 D.M. 471/1999 - Differenza.
Mentre l’articolo 15, comma 4 del D.M. n. 471 del 1999 (in attuazione dell’articolo 17, comma 4 del D.Lgs. n. 22/1997) stabiliva che “il Ministro dell'Ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria del commercio e i dell'artigianato e della sanità d'intesa con la regione territorialmente competente, approva il progetto definitivo, tenendo conto delle conclusioni dell'istruttoria tecnica e autorizza la realizzazione dei relativi interventi”, l’art. 252, comma 4 del D. Lgs. n. 152/2006 ha attribuito la competenza relativa alla procedura di bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale al Ministero dell’Ambiente, che vi procede, sentito il Ministero delle attività produttive, potendo avvalersi, dell’APAT, delle ARPA regionali, delle regioni interessate, dell’Istituto Superiore della Sanità, ovvero di altri soggetti qualificati pubblici o privati: si tratta di un cambiamento del ruolo regionale nell’ambito della complessa procedura di bonifica dei siti inquinati, nel senso che, al posto dell’intesa tra enti paritari, (che costituiva uno strumento di codeterminazione tra soggetti costituzionalmente paritetici), la nuova disciplina ha introdotto lo schema dell’eventuale avvalimento delle Regioni da parte statale (il che -ovviamente- non impinge sulla possibilità per la Regione di continuare ad essere partecipe nei procedimenti di bonifica dei siti da bonificare di interesse nazionale). Inutile dire che il Ministero dell’ambiente - cui anche in precedenza era attribuito il coordinamento delle operazioni di bonifica - resta il soggetto principale del procedimento di bonifica dei siti inquinati; la partecipazione del Ministro per le attività produttive, invece, si sostanzia nella espressione di un parere obbligatorio (“sentito il Ministero delle attività produttive”), la cui mancanza non è suscettibile di inficiare il provvedimento finale, a meno che non siano ravvisabili specifici vizi procedimentali.
INQUINAMENTO - Bonifica dei siti di interesse nazionale - Iter procedurale - D.Lgs. n. 152/2006 - Innovazioni normative - Analisi di rischio.
In materia di bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale, il D. Lgs. n. 152/2006 ha modificato la previgente disciplina non solo sotto il profilo delle competenze, ma anche introducendo un meccanismo procedimentale più complesso e rigoroso, che si sostanzia in tutta una serie di momenti procedurali intermedi, legati tra loro da un nesso di stretta interdipendenza funzionale: oltre al procedimento di caratterizzazione, già previsto in precedenza (composto, da una fase istruttoria, da una di approvazione e da una di integrazione dell’efficacia ed esecutiva) e da quello relativo alla progettazione (anch’esso composto da istruttoria, approvazione, integrazione dell’efficacia e esecuzione), il decreto ha previsto una terza fase, cioè quella della analisi del rischio.
INQUINAMENTO - Bonifica dei siti contaminati - D.Lgs. n. 152/2006 - D.M. 471/99 e 468/2001 - Permanenza in vigore.
 L’art. 264, lettera i) del decreto n. 152 del 2006 ha disposto l’abrogazione del D. Lgs. n. 22/1997, ma non anche del D.M. n. 471/1999 ed ha previsto che “al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte IV del presente Decreto, i provvedimenti attuativi del D. Lgs. 05.02.1997 n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte IV del presente Decreto”. Restano validi, anche a seguito delle modifiche apportate al d.lgs. n. 152/2008 da due decreti correttivi, in quanto non formalmente abrogati e per effetto delle disposizioni transitorie sopra citate, il D.M. n. 471/1999, il D.M. n. 468/2001 ed il D.M. n. 24.02.2003.
INQUINAMENTO - Bonifica dei siti contaminati - Art. 265, c. 4, d.lgs. n. 152/2006 - Mancata richiesta della rimodulazione degli obiettivi di bonifica - Conseguenze.
L’art. 265, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006 dispone che, ad eccezione degli interventi già conclusi, entro 180 giorni dall’entrata in vigore del T.U., “può essere presentata all’autorità competente adeguata relazione tecnica al fine di rimodulare gli obiettivi di bonifica già autorizzati sulla base dei criteri definiti dalla parte quarta del presente decreto”: di conseguenza, qualora il privato non chieda nei termini la riformulazione degli obiettivi, questi continuerà ad attuare la procedura di bonifica secondo la normativa precedente.
INQUINAMENTO - Bonifica dei siti inquinati - Approvazione del progetto definitivo - Termini - Art. 10, c. 3 del D.M. n. 471/99.
I procedimenti di bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale sono peculiarmente caratterizzati da tutta una serie di sub procedimenti particolarmente complessi e delicati, attesi gli interessi in giuoco di assoluto rilievo in quanto impingenti su quel bene primario, costituzionalmente garantito, che è costituito dalla salute. In questo contesto occorre ricordare la previsione dell’art. 10, comma 3 del D.M. n. 471/1999, secondo cui: “Il progetto definitivo deve essere presentato al Comune e alla Regione entro e non oltre un anno dalla scadenza del termine di cui al comma 2. Il Comune o, se l'intervento riguarda un'area compresa nel territorio di più Comuni, la Regione, approva il progetto definitivo entro novanta giorni dalla presentazione, sentita una Conferenza di servizi convocata ai sensi dell'articolo 14 della legge 07.08.1990, n. 241”: è evidente che la disposizione in parola - l’art. 10, comma 3 del D.M. n. 471/1999 - ha inteso superare i termini più ristretti, non superiori a 90 giorni, contemplati dalla L. n. 241/1990, sul verosimile assunto che questi termini siano inadeguati in relazione alla complessa procedura di bonifica dei siti inquinati.
INQUINAMENTO - Bonifica di siti contaminati - Procedimento amministrativo - Conferenza di servizi - Finalità - Partecipazione del privato - Estraneità.
La conferenza di servizi - caratterizzata da un momento istruttorio e da un momento conclusivo, costituito dal provvedimento successivo e monocratico adottato dall’Amministrazione procedente - è ontologicamente preordinata ad apprezzare quegli interessi che fanno capo alle pubbliche amministrazioni coinvolte nel procedimento di bonifica ambientale ed è, in definitiva, funzionalizzata alla concreta attuazione dei principi costituzionali che presiedono all’azione amministrativa (art. 97 della Costituzione). In questa ottica, non può affermarsi che tra le finalità della conferenza di servizi deve essere annoverata quella di garantire la partecipazione dei privati al procedimento: questa partecipazione trova, infatti, la sua legittimazione normativa in altre disposizioni, e, in particolare, negli artt. 7, 9 e 10 della L. n. 241/1990.
INQUINAMENTO - Bonifica di siti contaminati - Interventi di risanamento - Coinvolgimento del privato - Strumenti - Accordo di programma - Art. 246 d.lgs. n. 152/2006.
Le esigenze di un più penetrante coinvolgimento del soggetto tenuto agli interventi di risanamento possono trovare un supporto normativo nello strumento dell’accordo di programma: esso, riducendo i rischi di un eventuale contenzioso, consente di definire, approvare ed attuare opere, interventi o programmi di intervento che richiedono, per la loro completa attuazione, l’azione integrata e coordinata di più soggetti pubblici e privati. Il D. Lgs. n. 152/2006, all’art. 246, in tema di bonifica dei siti inquinati, prevede, all’uopo, che: “I soggetti obbligati agli interventi di cui al presente titolo ed i soggetti altrimenti interessati hanno diritto di definire modalità e tempi di esecuzione degli interventi mediante appositi accordi di programma stipulati, entro sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242, con le amministrazioni competenti ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo”.
INQUINAMENTO - Bonifica di siti contaminati - Tutela ambientale - Principio di proporzionalità - Art. 242 d. lgs. n. 152/2006 - Principio di precauzione.
Il principio generale di proporzionalità si attaglia particolarmente alla materia delle limitazione del diritto di proprietà, della attività di autotutela, delle ordinanze di necessità ed urgenza, delle irrogazione di sanzioni e della tutela ambientale (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 22.03.2005, n. 1195): in base ad esso la pubblica amministrazione deve adottare la soluzione idonea ed adeguata, comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti e si risolve, in buona sostanza, nell'affermazione secondo cui le autorità comunitarie e nazionali non possono imporre, sia con atti normativi, sia con atti amministrativi, obblighi e restrizioni alle libertà del cittadino, tutelate dal diritto comunitario, in misura superiore, cioè sproporzionata, a quella strettamente necessaria nel pubblico interesse per il raggiungimento dello scopo che l'autorità è tenuta a realizzare; in modo che il provvedimento emanato sia idoneo, cioè adeguato all'obiettivo da perseguire e necessario, nel senso che nessun altro strumento ugualmente efficace, ma meno negativamente incidente, sia disponibile (cfr., ex pluribus, Cons. Stato, Sez. VI, 06.03.2007, n. 1736). In questo contesto va ricordato che l’art. 242 ( Procedure operative ed amministrative) del D. Lgs. n. 152/2006 rimarchi, sotto il versante delle tecniche di intervento, la importanza del principio comunitario della sostenibilità dei costi: principio che, in buona sostanza, è correlato a quello di proporzionalità. Va soggiunto che alla stregua di un altro principio, cioè del principio di precauzione, che trova origine nei procedimenti comunitari posti a tutela dell’ambiente, è consentito all’amministrazione procedente adottare i provvedimenti necessari laddove essa paventi il rischio di una lesione ad un interesse tutelato anche in mancanza di un rischio concreto: è evidente che questo secondo principio deve armonizzarsi, sul versante della concreta applicazione, con il primo, cioè con il principio di proporzionalità; non potendo chiaramente prefigurarsi la prevalenza del primo sul secondo, ma dovendosi ricercare un loro equilibrato bilanciamento in relazione agli interessi pubblici e privati in giuoco.
INQUINAMENTO - Bonifica di siti contaminati - Decisioni assunte in materia ambientale - Apparato motivazionale rigoroso.
Tutte le decisioni adottate dalle competenti autorità in materia ambientale, e, segnatamente in materia di bonifica, devono essere assistite -in relazione alla pluralità ed alla rilevanza degli interessi in giuoco- da un apparato motivazionale particolarmente rigoroso, che tenga conto di una attività istruttoria parimente ineccepibile.
INQUINAMENTO - Bonifica di siti contaminati - Procedura di analisi di rischio - Art. 242, c. 4, d.lgs. n. 152/2006 - CSC e CSR.
L’art. 242, comma 4 - procedura di analisi di rischio - prevede livelli differenziati di contaminazione che, solo in parte, rispecchiano quelli fissati dal D.M. n. 471/1999: il primo denominato “CSC” (“concentrazione soglia di contaminazione”: art. 240 lett. b.) e il secondo “CSR” (“concentrazione soglia di rischio”: art. 240 lett. c.); il sito di riferimento è qualificato “contaminato” solo se sia superata la soglia “CSR” mentre se risulta superata quella “CSC” (coincidente con i valori limite prima previsti dall’allegato 1 del D.M. n. 471/1999) l’area è definita “potenzialmente contaminata” e può quindi usufruire, ai sensi dell’art. 240 lett. f) del D.lgs n. 152/2006, del trattamento riservato ai terreni “non contaminati”.
INQUINAMENTO - Bonifica di siti contaminati - Acque emunte dalla falda - Qualificazione - Acque reflue industriali - Limiti allo scarico.
Le acque di falda emunte dalle falde sotterranee, nell’ambito degli interventi di bonifica si un sito, sono riconducibili al paradigma delle acque reflue di provenienza industriale, a termini dell’art. 243, c. 1 del d.lgs. n. 152/2006. Pertanto, i limiti da rispettare allo scarico sono quelli della emissione in acque reflue industriali in acque superficiali, di cui alla tabella 3 dell’allegato 5 della Parte III del D.Lgs. n. 152 del 2006, non quelli di cui all’Allegato I - Tabella “Acque sotterranee” del D.M. 471 del 1999 (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I,
sentenza 28.01.2008 n. 90 - link a www.ambientediritto.it)

ATTI AMMINISTRATIVIProcedimento amministrativo - Discrezionalità tecnica - Merito amministrativo - Differenza - Sindacato del giudice amministrativo - Limiti.
La discrezionalità tecnica della Pubblica amministrazione non sfugge, aprioristicamente, al sindacato del giudice amministrativo, perché riguarda una ipotesi diversa dal merito amministrativo, ossia la ipotesi in cui, in relazione a particolari materie, l'operato dell' Amministrazione deve svolgersi secondo criteri, regole e parametri tecnici scientifici, direttamente o indirettamente richiamati dalla norma giuridica che disciplina il potere esercitato: la discrezionalità è, però, sindacabile in sede giurisdizionale solo in presenza di elementi sintomatici di scorretto esercizio del potere, quali il difetto e la incongruità della motivazione, l’illogicità manifesta, l’errore di fatto, la evidente irragionevolezza, dovendo apparire le valutazioni delle Autorità adeguatamente motivate, corrette, ragionevoli, proporzionate ed attendibili (Cfr., ex permultis, Cons. St., VI, 22 agosto 2003, n. 4762; IV, 30 luglio 2003, n. 4409; T.A.R. Toscana, 20 settembre 2002, n. 2055).
Provvedimento amministrativo - Discrezionalità tecnica - Accertamento tecnico - Differenza.
Non può parlarsi di discrezionalità tecnica (e degli eventuali connessi limiti del sindacato giurisdizionale) nei casi in cui il presupposto del provvedimento da adottare non sia una valutazione di fatti suscettibili di vario apprezzamento alla stregua delle attuali conoscenze scientifiche e specialistiche, ma semplicemente un accertamento tecnico, e cioè l' accertamento di un fatto verificabile in modo non opinabile in base a conoscenze di strumenti tecnici di sicura acquisizione; in tali casi, per quanto sia necessario riferirsi a criteri di ordine tecnico, il provvedimento è soggetto alla sindacabilità piena del giudice amministrativo, in particolare sotto il profilo del travisamento dell'accertamento stesso (Cfr. Cons. St., IV, 12.12.1996, n. 1299 e IV, 25.07.2003, n. 4251) (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I,
sentenza 28.01.2008 n. 90 - link a www.ambientediritto.it)

APPALTI SERVIZILa sorte del contratto di appalto di servizi pubblici stipulato con a.t.i. a seguito di fallimento della capogruppo:
- stipulato un appalto di servizi tra una stazione appaltante pubblica e un’a.t.i., in caso di fallimento della società mandataria dell’a.t.i., il rapporto contrattuale non può automaticamente proseguire con la curatela fallimentare, autorizzata all’esercizio provvisorio dell’impresa, ai sensi dell’art. 82, l. fall., dovendo invece trovare applicazione l’art. 37, co. 18, d.lgs. n. 163/2006, che è norma speciale e prevalente sulla legge fall., e che consente alternativamente il recesso ovvero la prosecuzione dell’originario rapporto con novazione soggettiva (sostituzione del fallito);
- ove la curatela fallimentare stipuli un contratto di affitto di azienda, tale contratto non è opponibile alla stazione appaltante, ai sensi dell’art. 116, d.lgs. n. 163/2006, atteso che i primi tre commi dell’art. 116 si riferiscono alla cessione di azienda da parte di appaltatore non fallito, e il quarto comma dell’art. 116, pur contemplando l’affitto di azienda da parte del curatore fallimentare dell’appaltatore, presuppone un appalto con impresa singola e non con a.t.i. di cui fallisca il mandatario;
- posto che il fallimento del mandatario estingue il contratto di mandato (art. 78, l. fall.), in caso di fallimento di mandatario di un’a.t.i., il sostituto del mandatario fallito deve essere a sua volta costituito mandatario dell’a.t.i., e dunque deve essere designato dai componenti dell’a.t.i. ancora in bonis, e non dalla curatela fallimentare del mandatario fallito;
- stipulato un appalto di servizi tra una stazione appaltante pubblica e un’a.t.i., in caso di fallimento della società mandataria dell’a.t.i., la stazione appaltante ha facoltà di scelta tra la prosecuzione del rapporto con un nuovo operatore economico e il recesso, facoltà di scelta rimessa tuttavia non a valutazioni di opportunità bensì alla verifica che il nuovo mandatario venga indicato tempestivamente, abbia i requisiti di qualificazione adeguati, e accetti le condizioni contrattuali già pattuite; detta facoltà di scelta è da esercitarsi entro il termine ragionevolmente necessario, o entro quello fissato dal singolo contratto;
- stipulato un appalto di servizi tra una stazione appaltante pubblica e un’a.t.i., in caso di fallimento della società mandataria dell’a.t.i., il rapporto contrattuale può proseguire con un <<altro operatore economico>> qualificato, che può essere sia uno degli originari mandanti dell’a.t.i., sia un soggetto estraneo all’a.t.i. originaria;
- stipulato un appalto di servizi tra una stazione appaltante pubblica e un’a.t.i., in caso di fallimento della società mandataria dell’a.t.i., se l’a.t.i. originaria si componeva, oltre che della mandataria, di una sola mandante, il rapporto contrattuale non può proseguire solo con l’originaria mandante, anche se in astratto questa fosse in possesso di requisiti di qualificazione adeguati al residuo oggetto contrattuale, perché la sostituzione di un’impresa singola all’a.t.i. originaria, oltre a contrastare con il dettato letterale dell’art. 37, co. 18, d.lgs. n. 163/2006, priverebbe la stazione appaltante di un soggetto responsabile degli eventuali inadempimenti della mandataria originaria, commessi prima del fallimento (Consiglio di Stato, commissione speciale,
parere 22.01.2008 n. 4575/2007 di prot. - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIAAcque reflue - Abbandono e deposito incontrollato - Impianto di depurazione - Reflui fuoriusciti dal tronco di fognatura - Sversamento su suolo e sottosuolo - Omessa manutenzione - Responsabilità del sindaco - D. L.vo n. 22/1997 - D. L.vo n. 152/2006 - Art. 107, D. L.vo n. 267/2000.
Si configura la responsabilità del sindaco di un comune, che consenta, omettendo di disporre una corretta attività di manutenzione, che i reflui fuoriusciti dal tronco di fognatura a monte dell'impianto di depurazione invadessero ed impregnassero suolo e sottosuolo circostanti. Il vigente ordinamento degli enti locali (Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articolo 107, e successive modificazioni) prevedendo la delega di autonomi poteri organizzativi ai dirigenti amministrativi dell'ente non esclude comunque il dovere di controllo in capo alla figura politicamente ed amministrativamente apicale del comune (in tal senso Cass. Sez. 3, n. 28674 del 2004 Rv. 229293) (Corte di Cassazione, Sezione III penale,
sentenza 17.01.2008 n. 2478 - link a www.ambientediritto.it)

AMBIENTE-ECOLOGIAACQUA - INQUINAMENTO IDRICO - RIFIUTI - Rifiuti liquidi derivanti da attività ospedaliera - Disciplina applicabile - Individuazione - D.Lgs. 03.04.2006, n. 152 (cd. Testo unico ambientale).
La disciplina applicabile allo smaltimento dei rifiuti allo stato liquido derivanti da attività ospedaliera continua ad essere quella relativa agli scarichi di cui alla sez. II°, parte terza, del D.Lgs. n. 152 del 2006 e non quella in materia di smaltimento di rifiuti liquidi di cui alla parte quarta del predetto decreto, non rivestendo alcun valore innovativo l’art. 185 del richiamato decreto legislativo che per i “rifiuti liquidi costituiti da acque reflue” prevede l’applicazione della disciplina sui rifiuti, ciò in quanto l’art. 227 del medesimo decreto dichiara applicabile ai rifiuti liquidi ospedalieri la disciplina in materia di scarichi, richiamando l’art. 6 del d.P.R. 15.07.2004, n. 254 che rinvia all’abrogato D.Lgs. n. 152 del 1999 sulle acque. (Nella specie, si trattava di reflui provenienti dal lavaggio delle apparecchiature utilizzate per gli esami di laboratorio, contenenti residui biologici miscelati con i reagenti chimici utilizzati per le analisi, reflui convogliati direttamente nell’impianto di depurazione dell’ospedale che recapitava, dietro regolare autorizzazione, nella rete fognaria comunale).
INQUINAMENTO IDRICO - Definizione di scarichi - Acque reflue costituenti rifiuti liquidi - Art. 110, c. 3°, lett. a), b) e c) D. Lgs. n. 152/2006.
La definizione di scarichi contenuta all'art. 2, lett. bb) del D. Lgs. 11.05.1999 n. 152, non ha subito rilevanti modificazioni con l'emanazione del D. Lgs. 03.04.2006 n. 152, che all'art. 74, lett. ff) definisce "scarico" "qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali ... e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione". Allora (art. 36, comma 3°, lett. a), b) e c) del D. Lgs. n. 152/1999) come ora (art. 110, comma 3°, lett. a), b) e c) del D. Lgs. n. 152/2006), la legge prevedeva e prevede anche l'esistenza di acque reflue costituenti rifiuti liquidi, che la giurisprudenza individuava e individua nel fatto che vengano smaltite, anche in rete fognaria, ma non tramite canalizzazione.
ACQUE - Scarichi delle acque reflue nei corpi recettori e rifiuti liquidi - Differenza.
In materia di liquidi o semiliquidi di cui il detentore si disfa o intenda o sia obbligato a disfarsi, il parametro di riferimento per individuare l'ambito di operatività della disciplina speciale relativa agli scarichi delle acque reflue nei corpi recettori rispetto alla disciplina generale sui rifiuti è rappresentato dalla esistenza o meno di un sistema di convogliamento delle acque nel corpo recettore, indipendentemente dalla loro natura inquinante (Cass. 21/06/2007 n. 24481) (Corte di Cassazione, Sez. III,
sentenza 16.01.2008 n. 2246 - link a www.ambientediritto.it)

CONDOMINIOQuando aprire un varco nel muro condominiale integra un abuso del diritto.
L’apertura di un varco nel muro condominale da parte di uno dei condomini al fine di consentire l’accesso ad un immobile estraneo al condominio integra la violazione dell’art. 1102 del c.c., dettato per la comunione ed applicabile anche al condomino. A norma di esso ciascuno dei partecipanti alla comunione può fare uso della cosa comune, senza tuttavia alterarne la destinazione ed impedirne il godimento agli altri partecipanti. Inoltre, può apportare modifiche alla cosa comune, purché necessarie a garantirne il miglio godimento.
Il muro condominiale, per effetto dell’apertura del varco, subisce un mutamento della destinazione di uso, in quanto trattandosi di muro perimetrale viene distolto dalla sua naturale funzione di recinzione del condominio per asservire a passaggio in favore di un immobile estraneo al condomino. Pertanto, deve ritenersi vietato al singolo condomino operare simili modifiche senza avere acquisito preventivamente il consenso degli altri condomini.
In definitiva, il condomino che, senza il preventivo consenso degli altri condomini, apre un varco sul muro condominiale al solo fine di agevolare l’accesso ad un immobile di sua proprietà compie un abuso del diritto.
L’abuso non sussiste invece nel caso diverso in cui il varco è aperto al fine di accedere ad un immobile facente parte del complesso condominiale, atteso che in questo caso si tratta di agevolare l’uso ed il godimento della cosa comune da parte di tutti i condomini.
Nello stesso senso è la giurisprudenza dominante che in più occasioni è pervenuta alla conclusione dell’illegittimità, ai sensi del citato art. 1102 c.c. di simili opere eseguite sul muro perimetrale condominiale tutte le volte in cui il suolo o il fabbricato cui sia dato accesso costituisca un’unità immobiliare estranea al condominio, ancorché appartenente ad uno dei condomini (Cass. 9036/2006, 360/2005, 2773/1992, 5780/1988)
(Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 19.12.2007 n. 26796 - link a www.altalex.com).

APPALTIAppalti, aggiudicazione tardiva, cauzione, effetti, rinnovo, legittimità.
In tema di appalti, anche se l’aggiudicazione arriva in ritardo, ovvero oltre il termine di scadenza della vincolatività dell’offerta, si rinnova, per altri 30 o 60 giorni, il vincolo alla stipulazione del contratto, garantito da cauzione (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.12.2007 n. 6362 - link a www.altalex.com).

APPALTI SERVIZISocietà miste possono assumere servizi non compresi nell’oggetto sociale.
Ritiene la Sezione che lo statuto della società pubblica, vigente all’epoca, consentiva, in quanto compresa nel suo oggetto sociale, anche l’attività di distribuzione del gas metano.
L’art. 22 della legge n. 142 del 1990 (come il successivo art. 114 bis del d.lgs. n. 267 del 2000) non impone affatto che la società destinataria dell’affidamento diretto, costituita ad hoc o solo partecipata, debba necessariamente essere sorta per gestire un solo determinato servizio.
La tesi sostenuta dal T.A.R., come la Sezione ha avuto già modo di affermare, si rivela in conflitto, quindi, con il richiamato art. 22, che consente l’affidamento diretto, qualora sia ritenuto utile e opportuno, di qualunque servizio pubblico locale alle società a prevalente capitale pubblico, egualmente locale
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.09.2007 n. 4862 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATAVano condominiale ad uso centrale termica richiede autorizzazione gratuita.
In primo luogo va rilevato che il condominio procedente aveva presentato richiesta di accertamento di conformità per gli interventi eseguiti, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47 del 1985 e quindi, in base ad un consolidato principio giurisprudenziale, l’Amministrazione non poteva adottare provvedimenti sanzionatori prima di essersi pronunciata su detta richiesta.
Il provvedimento impugnato ha ad oggetto un intervento di modesta entità relativo alla copertura della centrale termica, costituente, dunque, chiaramente volume tecnico e pertinenza della costruzione, per il rapporto di durevole subordinazione con la res principale.
Va ricordato, come evidenziato dalla parte istante, che le pertinenze e gli altri tipi di interventi edilizi indicati dall'art. 7 del decreto-legge n. 9 del 1982 sono assoggettati ad autorizzazione gratuita e non a concessione edilizia. In particolare, il secondo comma del medesimo art. 7 del decreto-legge n. 9 del 1982 precisa ed estende l'ambito degli interventi soggetti ad autorizzazione, comprendendo tra essi anche "le opere costituenti pertinenze od impianti tecnologici al servizio di edifici già esistenti" (lettera a)
(TAR Lazio, Sez. II-bis, sentenza 26.06.2007 n. 5779 - link a www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO ALL'11.02.2008

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G.U.R.I. - G.U.E.E. - B.U.R.L. (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 6 del 04.02.2008, "Utilizzo agronomico di letami, liquami, fanghi e fertilizzanti azotati diversi dagli effluenti di allevamento ai sensi degli artt. 12, 13, 19 e 20 dell'allegato 1 (zone vulnerabili) e degli artt. 12, 13, 19 e 20 dell'allegato 2 (zone non vulnerabili) della d.g.r. n. 8/5868 del 21 novembre 2007" (decreto D.G. 31.01.2008 n. 729 - link a www.infopoint.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 6 del 04.02.2008, "Promozione di interventi di tutela e risanamento delle acque superficiali e sotterranee e di riqualificazione ambientale delle aree connesse (art. 44, c. 1, lett g), l.r. n. 26/2003)" (deliberazione G.R. 23.01.2008 n. 6496 - link a www.infopoint.it).

ENTI LOCALI: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 6 del 04.02.2008, "Indirizzi generali per il rilascio, da parte dei Comuni, delle autorizzazioni relative alle attività di somministrazione di alimenti e bevande" (deliberazione G.R. 23.01.2008 n. 6495 - link a www.infopoint.it).

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 6 del 04.02.2008, "Medie strutture di vendita - Integrazioni alla d.g.r. n. 6024/2007" (deliberazione G.R. 23.01.2008 n. 6494 - link a www.infopoint.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: G.U.U.E., 29.01.2008 n. L/24, "Direttiva 2008/1/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15.01.2008 sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento" (link a eur-lex.europa.eu).

QUESITI

AMBIENTE-ECOLOGIA: G. Amendola, Acque reflue da allevamenti di bestiame e decreto correttivo: un passo indietro? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: V. Vattani, Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 4/2008 (correttivo del D.Lgs 152/2006) viene precisato che i registri di carico e scarico rifiuti dovranno essere vidimati dalla Camera di Commercio. Come si devono comportare le azienda che sono in possesso di registri nuovi vidimati dall’ufficio dell’Agenzia delle entrate prima che venisse pubblicata la nuova legge? (link a www.simoline.com).

NEWS

ENTI LOCALI:  Parere al Ministero dell'Interno in materia di stipula di contratti di somministrazione di personale a tempo determinato per funzioni di polizia municipale (parere 26.10.2007 n. 12/2008 - link a www.innovazionepa.gov.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Parere sull'indennità di turnazione di cui all'articolo 22 del CCNL comparto Regioni ed Autonomie locali - Lavoratori turnisti - CCNL - erogazione indennità (parere 05.02.2008 n. 11/2008 - link a www.innovazionepa.gov.it).

ENTI LOCALI: Quesiti in merito all'interpretazione articolo 3, commi 76 e 79, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244 - Parere al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale (parere 28.01.2008 n. 10/2008 - link a www.innovazionepa.gov.it).

ENTI LOCALI: Assunzione di personale a tempo indeterminato mediante scorrimento di graduatoria concorsuale (parere 28.01.2008 n. 6/2008 - link a www.innovazionepa.gov.it).

ENTI LOCALI: Nuova disciplina sul tetto retributivo nella PA.
Il Ministro delle Riforme e le Innovazioni nella pubblica amministrazione, Luigi Nicolais, ha firmato la Circolare n. 1 del 2008, che chiarisce le disposizioni della Legge finanziaria 2008 (art. 3, commi 43-53), riguardanti il tetto alle retribuzioni e agli emolumenti a carico delle pubbliche amministrazioni, società pubbliche partecipate e loro controllate e collegate.
La nuova disciplina, stabilita dalla Finanziaria 2008, ha carattere generale e riguarda "chiunque riceva a carico delle pubbliche finanze emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, agenzie, enti pubblici anche economici, enti di ricerca, università, società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica, nonché le loro controllate, ovvero sia titolare di incarichi o mandati di qualsiasi natura nel territorio metropolitano".
Per le altre Amministrazioni Pubbliche la nuova disciplina vale come principio, nell'ambito del coordinamento della finanza pubblica. Il vincolo economico consiste nell'imposizione di un tetto - non superabile - pari a 289.984 euro annui lordi, equivalenti alla retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione (link a www.governo.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

PUBBLICO IMPIEGO: P. Monea, M. Mordenti e E. Iorio, Quale lavoro flessibile negli enti locali, dopo la legge finanziaria 2008 (link a www.lexitalia.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: V. Vattani, Le principali novità in materia di acqua, rifiuti e bonifiche (link a www.simoline.com).

VARI: D. Di Cresce, Motivi di illegittimità del verbale di accertamento di violazioni del Codice della Strada - Nota a Giudice di pace di Caserta, Sentenza 25.10.2007 (link a www.filodiritto.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: M. Molinaro, Autorizzazione integrata ambientale (AIA): le recenti modifiche apportate dal "correttivo" e dalla legge di proroga dei termini per il rilascio delle autorizzazioni (link a www.filodiritto.com).

ENTI LOCALI: G. Febbo, La responsabilità civile e penale del gestore di impianti sportivi (link a www.filodiritto.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: S. Maglia e M. V. Balossi, Adempimenti e corretta gestione dei rifiuti da manutenzione (link a www.lexambiente.it).

APPALTI SERVIZI: M. Nico, La gestione delle partecipate. Quando l'ente locale diventa socio: le responsabilità e le cautele di una scelta (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

GIURISPRUDENZA

URBANISTICALottizzazione abusiva e campeggio.
Con la pronuncia in oggetto, relativa a ricorso avverso provvedimento di sequestro preventivo, la Corte ha ritenuto sussistere il “fumus” del reato di lottizzazione abusiva laddove una struttura adibita a campeggio, sia pure debitamente autorizzata, venga radicalmente mutata, per effetto di opere edilizie non autorizzate e di roulotte posizionate stabilmente a terra e, dunque, non più agevolmente trasportabili, in uno stabile insediamento abitativo di rilevante impatto negativo sull’assetto territoriale; ha in particolare precisato, quanto alla prospettata incompatibilità tra l’intervenuta autorizzazione alla attività di campeggio e la sua riconducibilità all’interno della norma di cui all’art. 44 lett. c) del dPR n. 380 del 2001, come detti interventi siano plausibilmente tali da privare l’area delle caratteristiche proprie di “campeggio”, per sua natura funzionale a servire turisti con permanenza temporanea e provvisti di mezzi ordinariamente trasportabili. (fonte Corte di cassazione) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 31.01.2008 n. 4974 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIARIFIUTI - Amianto - Natura di rifiuto pericoloso - Deposito incontrollato.
La presenza di una considerevole quantità di eternit, materiale contenente amianto, rinvenuta sul suolo all’interno di capannoni e nelle immediate vicinanze, in condizioni di corrosione e degrado, integra certamente la sussistenza di un deposito incontrollato di rifiuti pericolosi. Non può infatti mettersi in dubbio che i frantumi di eternit, a causa dell’affioramento delle fibre di amianto, costituiscano tecnicamente “rifiuti pericolosi”, come peraltro costantemente affermato dalla Suprema Corte (ex pluribus, sentenza 26.10-29.11.2006, n. 39360, Lo Bello (rv 345464) e la recentissima decisione del 27.03.2007, n. sezionale 00959/2007, Bertuzzi ed altri, non ancora massimata). D’altro canto, ai fini della configurabilità del reato di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo, è sufficiente che la contaminazione costituisca, in una valutazione che tenga conto del dato logico e dell'esperienza comune, una conseguenza inevitabile o altamente probabile, atteso che la disciplina di cui all’art. 14 del DLvo 22/1997 costituisce una norma di chiusura che persegue la finalità di impedire che per effetto della raccolta e dell'accumulo sul suolo di rifiuti possa derivare una danno all'ambiente (cfr. Cass. Sez. 3, n. 38689 del 09/07/2004). (Nella specie, i materiali provenienti crollo dei tetti in cemento amianto giacevano sul terreno lunghissimo tempo, per cui il deposito, avendo superato abbondantemente il periodo di un anno, non poteva qualificarsi come temporaneo ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 6, comma 1, lett. m).
RIFIUTI - Amianto - Art. 674 c.p. - Integrazione del reato - Superamento dei valori di cui al D.M. 06.09.1994 - Necessità - Esclusione - Ragioni.
In tema di amianto, quando la situazione di pericolosità è collegata ad un deposito irregolare, il reato previsto dall’art. 674 c.p. risulta integrato dalla prova che la dispersione di fibre di amianto vi sia stata, a nulla rilevando il mancato superamento dei valori di cui al D.M. 06.09.1994 o della normativa successivamente intervenuta. Tali valori, infatti, operando con riferimento al rispetto, da parte dell’imprenditore, dei limiti posti a tutela delle persone che vengono professionalmente a contatto l'amianto e le fibre di amianto, hanno riguardo esclusivamente allo svolgimento di attività autorizzate e regolamentante. Diverso è il discorso per la dispersione delle fibre nell'ambiente circostante, dispersione che assume carattere di incontrollata pericolosità e riguarda una platea non limitata di possibili destinatari.: le cautele previste dalle norme in questione, relative alla formazione delle persone che possono venire a contatto con l’amianto, la predisposizione di strumenti e di abbigliamento atti a ridurre il pericolo che le fibre possano venire respirate, la predisposizione di attività di decontaminazione, restano escluse nelle situazioni in cui difetti qualsivoglia autorizzazione ed in costanza di un pericolo rivolto alla generalità dei soggetti che abitano nelle vicinanze.
RIFIUTI - Sequestro dell'area - Intervenuto fallimento - Rapporti - Incompatibilità - Esclusione.
L’incompatibilità della misura del sequestro con l’intervenuto fallimento (cfr. Sezioni Unite, sent. n. 29951 del 2004) è correlata al fatto che il conseguente effetto di "spossessamento", comporta la sottrazione al fallito della disponibilità del proprio patrimonio e la sua devoluzione al pubblico ufficio fallimentare, privando il soggetto, in ipotesi autore del reato, della disponibilità della cosa. Tuttavia, il giudice - a fronte di una dichiarazione di fallimento - ben può disporre l'applicazione, il mantenimento o la revoca del sequestro previsto dal 1° comma dell'art. 321 c.p.p., senza essere vincolato dagli effetti di cui all'art. 42 L.F.; lo stesso giudice, nel discrezionale giudizio sulla pericolosità della res, dovrà effettuare una valutazione di bilanciamento (e darne conto con adeguata motivazione) del motivo della cautela e delle ragioni attinenti alla tutela dei legittimi interessi dei creditori, anche attraverso la considerazione dello svolgimento in concreto della procedura concorsuale. E’ ovvio che la misura non potrà essere revocata allorquando l’intervenuto fallimento (e spossessamento) è inidoneo a scongiurare comportamenti penalmente illeciti o reiterazioni di condotte criminose. (Nel caso di specie, il Tribunale del riesame, nel confermare il provvedimento di sequestro, ha ritenuto prevalenti le esigenze di tutela della salute dei cittadini, a rischio per l’esposizione alle polveri dell’amianto, nel giudizio di bilanciamento con gli interessi meramente economici della massa dei creditori).
RIFIUTI - Deposito incontrollato - Intervenuto fallimento - Responsabilità del curatore fallimentare - Configurabilità.
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, la responsabilità penale per il reato di deposito incontrollato di rifiuti è configurabile sia nei confronti del soggetto cui compete la gestione diretta dell'area occupata dai rifiuti, sia nei confronti del soggetto che dispone dell’area, almeno sotto il profilo della "culpa in vigilando" (cfr. Cass. Sez. 3, n. 21677 del 26/01/2007) . Poiché l’articolo 31 della legge fallimentare attribuisce al curatore “l'amministrazione del patrimonio fallimentare sotto la direzione del giudice delegato”, ne deriva che il curatore, quale custode e amministratore dei beni, ha il dovere di interrompere il continuo accumularsi di rifiuti pericolosi contenenti amianto, protrattosi anche nel corso della amministrazione del compendio fallimentare. In altri termini, la violazione da parte dei privati delle norme in materia di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti non può perdere il carattere di illiceità sul presupposto che neppure le autorità e gli enti aventi competenza sul sito e sugli immobili hanno saputo riportare nell'ambito della legalità una situazione gravemente compromessa, cui i privati hanno dato origine: pur nella consapevolezza delle difficoltà che si collegano alla sanatoria di una realtà tanto complessa, quella prospettata dal curatore costituisce una vera inversione dei principi di responsabilità che non può essere in alcun modo condivisa (cfr. per un caso analogo, la recente sentenza della Suprema Corte n. 22826 del 2007, sul caso FIBRONIT) (Tribunale di Cosenza, Sez. II penale,
ordinanza 30.01.2008 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATABeni Ambientali. Acque pubbliche.
Soltanto per i corsi d'acqua diversi da fiumi e torrenti l'iscrizione negli elenchi delle acque pubbliche ha efficacia costitutiva del vincolo paesaggistico.
Le "Lame" costituenti rami di torrente sono parte integrante di bene paesaggisticamente vincolato ex lege in virtù della natura di torrente.
La circostanza che la regione, come previsto, dall'art. 1-quater del d.l. n. 312/1985, convertito nella l. n. 431/1985, non abbia redatto l'elenco dei corsi d'acqua classificati pubblici. Ai sensi del R.D. 1775/1933, esclusi dal vincolo per la loro irrilevanza paesaggistica, non può certo significare che [il corso d'acqua] abbia implicitamente perso l'anzidetta connotazione vincolistica, effetto che poteva scaturire solo dall'esercizio di un potere rimasto in realtà inazionato (Tribunale di Bari, Sez. del riesame,
ordinanza 23.01.2008 - link a www.lexambiente.it).

APPALTISull’illegittimità dell’operato di un comune che al fine di ridurre il traffico e l’inquinamento nel centro storico comunale ha costituito una società mista per gestire una parte del servizio di trasporto merci nella zona ZTL.
E’ illegittimo l’operato di un comune il quale, nell’intento di ridurre il traffico e l’inquinamento nel centro storico, non si è limitato ad istituire una ZTL e un’area pedonale in quell’ambito, ma ha previsto un meccanismo di raccolta e distribuzione delle merci all’interno della ZTL, attraverso la realizzazione di una "piattaforma logistica" gestita da una società a capitale a prevalente capitale pubblico mediante furgoncini a ridotto impatto ambientale di detta società.
Tale sistema in cui un soggetto terzo estraneo al contratto di trasporto o di invio postale o mediante corriere (concernente merce in partenza dalla ZTL o in arrivo in essa), si sostituisce al vettore contraente nell’esecuzione del contratto stesso soltanto per un tratto del percorso che la merce (o il plico) percorre secondo la previsione contrattuale potrebbe, in teoria, giustificarsi soltanto in forza di una norma di legge (ad es. di ordine pubblico), e non certo ad opera di un ente pubblico territoriale, sia pure dotato di una particolare forma di autonomia garantita dalla Costituzione. Responsabile dell’invio postale è l’impresa che esercita il servizio postale, la quale, evidentemente, si obbliga a prestare il servizio postale nella sua integralità. Non potrebbe tollerarsi, dunque, un’ingerenza nell’esecuzione di siffatto servizio -che, nella specie, viene reso dai corrieri-espresso-, da parte di un soggetto terzo per realizzarne soltanto un segmento o una tranche . Ove ciò si ammettesse, oltre a quelle norme dell’ordinamento civile, infatti, verrebbero violate anche le disposizioni specificamente dettate in materia di servizi postali (TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 22.01.2008 n. 146 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTILa regolarità contributiva è un requisito sostanziale di partecipazione alla gara, per cui non può attribuirsi alcun effetto sanante alla domanda di dilazione e di rateizzazione del debito contributivo da parte di un'impresa.
La regolarità contributiva è requisito indispensabile non solo per la stipulazione del contratto, bensì per la stessa partecipazione alla gara . Per conseguenza, l'impresa deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla presentazione della domanda e conservare tale regolarità per tutto lo svolgimento della procedura di gara. In particolare, la cosiddetta correntezza contributiva non costituisce un dato che possa essere temporaneamente frazionato, in quanto attiene alla diligente condotta dell'impresa in riferimento a tutte le obbligazioni contributive relative a periodi precedenti e non solo, quindi, a quelle maturate nel periodo in cui è stata espletata la gara. La regolarità contributiva nei confronti degli enti previdenziali costituisce, infatti, indice rivelatore della correttezza dell'impresa nei rapporti con le proprie maestranze e deve, pertanto, poter essere apprezzata in relazione ai periodi (anche pregressi) durante i quali l'impresa stessa era tenuta ad effettuare i relativi versamenti .
La regolarità contributiva costituisce requisito sostanziale di partecipazione alla gara, per cui non può attribuirsi alcun effetto sanante alla domanda di dilazione e di rateizzazione del debito contributivo presentata dalla impresa che trova suo presupposto in uno stato di irregolarità contributiva. Neppure può dispiegare alcun effetto nel caso di specie quanto osservato dalla Corte di Giustizia con la sentenza 09.02.2006, n. 226, in quanto in detta pronuncia è stato espressamente rilevato che può venire in considerazione la sola circostanza che il contribuente si sia avvalso, al fine di regolarizzare la propria posizione contributiva e/o fiscale, di meccanismi legislativi premiali, sananti o di condono, anteriormente alla data di scadenza della domanda di partecipazione alla gara, ciò che nel caso all’esame non è, essendo le richieste di regolarizzazione e dilazione dei pagamenti successive (TRGA Trentino Alto Adige-Trento,
sentenza 21.01.2008 n. 12 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

ATTI AMMINISTRATIVIAccesso agli atti - Oggetto della domanda - Atti meramente ricognitivi - Esclusione.
L’azione per l’accesso agli atti ha per oggetto la visione ed estrazione di copia di documenti in possesso dell’amministrazione, mentre non rientra nel suo ambito la pretesa alla formazione di atti, anche meramente ricognitivi (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 17.01.2008 n. 82 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIAAcque. Differenza tra scarico e rifiuti liquidi (fattispecie relativa a reflui da attività sanitarie).
Il parametro di riferimento per individuare -in materia di liquidi o semiliquidi di cui il detentore si disfa o intenda o sia obbligato a disfarsi- l'ambito di operatività della disciplina speciale relativa agli scarichi delle acque reflue nei corpi recettori rispetto alla disciplina generale sui rifiuti è rappresentato dalla esistenza o meno di un sistema di convogliamento delle acque nel corpo recettore, indipendentemente dalla loro natura inquinante. Il sistema non ha subito rilevanti modificazioni con l'emanazione del D. Lgs. 03.04.2006 n. 152. Allora (art. 36, comma 3°, lett. a), b) e c) del D. Lgs. n. 152/1999) come ora (art. 110, comma 3, lett. a), b) e c) del D. Lgs. n. 152/2006), la legge prevedeva e prevede anche l'esistenza di acque reflue costituenti rifiuti liquidi, che la giurisprudenza individuava e individua nel fatto che vengano smaltite, anche in rete fognaria, ma non tramite canalizzazione. Ed è appunto con riferimento a questi "rifiuti liquidi costituiti da acque reflue" che si riferisce l'art. 185 del D. Lgs. n. 152/2006 nell'affermare la applicabilità agli stessi della disciplina di cui alla parte quarta del medesimo decreto, quella appunto sui rifiuti, salva l'eventuale possibilità di scarico nella rete fognaria consentita alle condizioni di cui all'art. 110 citato. Devesi poi escludere che il quadro normativo così delineato subisca una qualche deviazione in materia di rifiuti ospedalieri, dato che l'art. 227 del Decreto legislativo del 2006 dichiara applicabili a tali rifiuti la disciplina del D.P.R. 15.07.2003 n. 254, il quale all'art. 6 ribadisce che "lo scarico di acque reflue provenienti da attività sanitarie è disciplinato dal D. Lgs. n. 152 del 1999", disciplina appunto oggi trasfusa nella parte terza del D. Lgs. n. 152/2006 (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 16.01.2008 n. 2246 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICALa scelta del soggetto attuatore di un piano per il recupero di un'area industriale dismessa è un'operazione inquadrabile nella categoria definita a livello comunitario come partenariato pubblico-privato.
La scelta del soggetto attuatore di un piano per il recupero di un'area industriale dismessa è un'operazione inquadrabile nella categoria definita a livello comunitario come partenariato pubblico-privato (v. il Libro Verde della Commissione del 30.04.2004). Attraverso tale programma l’amministrazione ha inteso realizzare un’operazione che è contemporaneamente qualificabile come ristrutturazione urbanistica di un’area in degrado e come esperimento di finanza di progetto. I rapporti appartenenti a questa categoria sono caratterizzati dall’impegno economico del privato a fronte di un ritorno economico associato almeno in parte al rischio della gestione. Un’altra caratteristica è la presenza di negoziati che (nel rispetto dei principi di trasparenza e imparzialità desumibili dagli art. 43 e 49 del Trattato CE) possono intervenire sia prima della scelta del partner sia successivamente. In particolare una volta scelto il partner si distingue una fase di "messa a punto" dell’accordo, dove sono definiti in dettaglio gli aspetti del programma giuridico-economico voluto dalle parti. A questa segue la vera e propria esecuzione del contratto, normalmente preceduta dalla stipulazione (v. ancora il Libro Verde punti 43 e 45) (TAR Lombardia, Sez. Brescia,
sentenza 15.01.2008 n. 7 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Spianamento e copertura con terreno naturale.
Anche solo lo spianamento e la copertura di rifiuti con terreno naturale integra il reato di illecita gestione perché lo smaltimento dei rifiuti non si ha soltanto col deposito di essi "sul suolo" ma anche "nel suolo", come viene anche indicato nell'allegato" 8" (allegato 4) del d.lgs. 05.02.1997 n. 22, che ha trovato continuità normativa nel d.lgs. 03.04.2006 n. 152, allegato B parte quarta (allegato 18), che descrive le attività di smaltimento (nella fattispecie specie l'imputato aveva smaltito i rifiuti - macerie provenienti da demolizioni di fabbricati, compresi gli scarti di cantiere (plastica, tondini, legni, sacchetti etc.), oltre che depositandoli in parte, "sul terreno", anche occultandoli tutti "nel terreno", facendoli immettere in una depressione esistente, facendoli spianare e facendoli ricoprire con terreno naturale (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.01.2008 n. 177 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICALottizzazione convenzionata - Inadempimento degli obblighi pattizi di demolire - Presentazione di istanze di condono - Effetti - Obbligo dell’amministrazione di valutare la ricorrenza dei presupposti di legge per sanare le opere abusive.
In materia di lottizzazione convenzionata l’inadempimento degli obblighi pattizi di demolire alcuni fabbricati può essere legittimamente causa di ritiro del certificato di abitabilità. Tuttavia, nel caso di presentazione di istanze di condono, l’amministrazione ha l’obbligo di esaminare le relative istanze avanzate per la doverosa valutazione della ricorrenza dei presupposti stabiliti dalla legge per sanare le opere abusive (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 06.01.2008 n. 74 - link a www.ambientediritto.it).

PUBBLICO IMPIEGOResponsabilità della PA e danno biologico ed esistenziale.
Il danno biologico richiede, per la sua risarcibilità, un comportamento colposo della Pubblica Amministrazione, che è escluso in presenza di una condotta del dipendente contraria alle disposizioni di servizio (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 27.12.2007 n. 6687 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATAViolazione normativa antisismica.
Le contravvenzioni previste dalla normativa antisismica puniscono inosservanze formali, volte a presidiare il controllo preventivo della pubblica amministrazione. Ne deriva che l'effettiva pericolosità della costruzione realizzata senza l'autorizzazione del genio civile e senza le prescritte comunicazione è del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del reato e la verifica postuma dell'assenza del pericolo ed il rilascio del provvedimento abilitativo non incidono sulla illiceità della condotta, poiché gli illeciti sussistono in relazione al momento di inizio dell' attività (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 13.11.2007 n. 41617 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATARealizzazione piazzale mediante spianamento terreno agricolo.
Nell'intervento comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale rientra qualsiasi attività (non solo edilizia) idonea a mutare l'assetto urbanistico dei luoghi, ivi compreso lo spianamento di un terreno agricolo al fine di ottenere un piazzale per deposito e smistamento di autocarri. Trattasi di intervento di nuova costruzione per il quale era necessario il permesso di costruire, ai sensi degli artt. 3, 10 D.P.R. 380/2001 (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 13.11.2007 n. 41613 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATATotale difformità dal titolo abilitativo.
La difformità totale, che può riguardare anche una parte dell'edificio, può derivare o dall'esecuzione di un corpo autonomo o dall' effettuazione di modificazioni tali da comportare un intervento che abbia rilevanza urbanistica, in quanto incidente sull'assetto del territorio, o dalla modificazione della destinazione d'uso di un immobile, allorché essa non sia puramente funzionale e si realizzi attraverso opere strutturali implicanti una modificazione totale rispetto al preesistente o al previsto. L'esempio scolastico di difformità totale è costituito dalla modificazione di un sottotetto in vano abitabile perché in tale modo la parte dell' edificio acquista una specifica rilevanza autonomamente utilizzabile. Invero, l'autonoma utilizzabilità non vuol dire che il corpo eseguito debba essere fisicamente separato, ma soltanto che debba dare luogo ad una eccedenza, la quale non si stemperi nella globalità dell'organismo, ma conduca alla creazione di una struttura precisamente individuabile e suscettibile di un uso indipendente, anche se l'accesso allo stesso sia possibile esclusivamente attraverso lo stabile principale (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 12.11.2007 n. 41578 - ink a www.lexambiente.it).

VARINulle le multe notificate a mezzo di società private.
Le multe notificate a mezzo di società private sono da annullare: è quanto affermato con la sentenza in commento dal Giudice di Pace di Lecce in una recente sentenza che ribadisce un orientamento della Suprema Corte (sent. 04.09.1996 n. 8079) (Giudice di Pace Lecce, sentenza 13.07.2007 n. 5032 - link a www.altalex.com).

APPALTIViolazione della sospensione dell’aggiudicazione provvisoria disposta dal g.a..
L’aggiudicazione definitiva è avvenuta in epoca successiva all’ordinanza con la quale questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare di sospensione della sentenza accordando una misura cautelare da intendersi, pena la sua inutilità, come volta a sospendere l’aggiudicazione provvisoria e, in ogni caso, ad inibire la futura aggiudicazione definitiva e le misure conseguenti. L’intervento del provvedimento di aggiudicazione definitiva in costanza di una misura cautelare che tale approdo amministrativo precludeva, configura pertanto un’ipotesi paradigmatica di carenza di potere sanzionata con la nullità ai sensi della regula juris sottesa al disposto dell’art. 21-septies, comma 2 della legge 07.08.1990, n. 241 (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 04.06.2007 n. 2950 - link a www.altalex.com).

LAVORI PUBBLICILa manutenzione della rete viaria è un lavoro e non un servizio.
L’ente locale non può evadere dal rigoroso disposto del citato art. 112, c. 1, in virtù del quale gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici, che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali. A tal riguardo, il Collegio ritiene di non doversi discostare dalla giurisprudenza consolidata per cui sono indifferentemente servizi pubblici locali, a' sensi del ripetuto art. 112, quelli di cui i cittadini usufruiscano uti singuli e/o come componenti la collettività, purché rivolti alla produzione di beni e utilità per obiettive esigenze sociali.
Non basta predicare che gli enti locali ed il Comune in particolare, siano enti a fini generali dotati di autonomia organizzativa, amministrativa e finanziaria (cfr. l’art. 3 del D.lgs. 267/2000) —nel senso che essi hanno la facoltà di determinare da sé i propri scopi—, per consentire loro di sussumere un qualunque oggetto nella forma del servizio pubblico locale. La genericità dell’art. 112 certo si spiega con la circostanza che il Comune può discrezionalmente decidere quali attività di produzione di beni ed attività, purché rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile della collettività locale di riferimento, intenda assumere come doverose (cfr., da ultimo, Cons. St., V, 13.12.2006 n. 7369), a condizione, però, che vi sia l’effettività della produzione ex novo di beni ed attività, dapprima non esistenti.
Ecco, appunto in ciò consiste l’impossibilità di configurare i beni stradali, che già appartengono agli enti e soggiacciono al regime demaniale ex art. 824 c.c., a guisa di servizio pubblico nel senso testé evidenziato.
Per vero, le strade in quanto tali e la loro rete costituiscono già di per sé un’utilità giuridica diretta per la collettività (non solo locale), per il sol fatto, cioè, della loro utilizzazione da parte d’un numero indeterminato di persone.
Non v’è la possibilità, quindi e con riferimento all’art. 112, di organizzarle in forma di servizio, perché tale scelta non implica alcun vero valore aggiunto, in termini di maggior fruibilità o di sicurezza, per meglio soddisfare le esigenze sociali indicate nella norma, che già la loro proprietà pubblica non sia in grado d’assicurare. In parole più semplici, la demanialità delle strade del Comune intimato è in se stessa la manifestazione giuridica di res di per sé già prodotti finiti ed è perciò esclusivamente preordinata, non essendo riconoscibile nelle strade stesse altro fine, alla soddisfazione dell’interesse collettivo alla mobilità ed al trasporto all' interno del territorio comunale.
In realtà, nella specie, la definizione primigenia dell’appalto de quo, ossia quella contenuta nei documenti comunali del 2004 ed intesa ad assimilarlo ad una concessione d’opera pubblica, s’appalesa, pur se per alcuni aspetti, la più corretta ed aderente al tipo di prestazioni dedotte, ancorché il complesso dei servizi sia configurato come stipulazione pure a favore di terzo
(TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 11.05.2007 n. 4315 - link a www.altalex.com).

ATTI AMMINISTRATIVIRifiuti. Inosservanza ordinanza sindacale contingibile ed urgente e art. 650 c.p..
È punibile ai sensi dell'art. 650 cod.pen. l'inosservanza dell'ordinanza contingibile ed urgente che il sindaco ha il potere-dovere di emanare, a livello locale, e ai sensi dell'art. 50 D.Lgs. n. 267 del 2000 in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica, sempre che nella motivazione dia conto della sussistenza concreta dei presupposti previsti dalla legge (necessità di immediata e tempestiva tutela di interessi pubblici, come la salute o l'ambiente, che in ragione della situazione di emergenza non potrebbero essere protetti in modo adeguato, ricorrendo alla via ordinaria). (Nel caso di specie si trattava di un'ordinanza sindacale con la quale era stato imposto, per ragioni di igiene pubblica, ai titolari di un impianto di depurazione di procedere, entro e non oltre le 48 ore, alla messa in sicurezza, alla bonifica ed al ripristino ambientale di acque fluviali, inquinate da fanghi maleodoranti per il cattivo funzionamento di detto impianto) (Corte di Cassazione, Sez. I penale,
sentenza 19.04.2007 n. 15881 - link a www.lexambiente.it).

AGGIORNAMENTO AL 04.02.2008

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NEWS

ENTI LOCALILombardia, Catasto Unico Regionale Impianti Termici.
Servizi rivolti a cittadini, Enti Locali e professionisti (link a www.regione.lombardia.it).

URBANISTICA: Il Piano Territoriale Regionale della Lombardia.
La Giunta Regionale ha approvato la proposta di Piano Territoriale Regionale(dGR del 16.01.2008, n. 6447). La proposta di Piano passa ora all'esame della competente Commissione del Consiglio Regionale e, quindi, al Consiglio stesso per la sua formale adozione e approvazione (link a www.regione.lombardia.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, Il paesaggio: un patrimonio da sfruttare con intelligenza (AL n. 11/2007)

EDILIZIA PRIVATA: S. Gilardelli, Responsabilità del progettista: parola all’avvocato (AL n. 9-10/2007)

EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, L’attestato di certificazione energetica degli edifici (AL n. 9-10/2007)

EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, Regione corra ai ripari! (AL n. 7-8/2007)

EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, La Denuncia di Inizio di Attività: una trappola a tempo (AL n. 5-6/2007)

EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, Come si paga il contributo di costruzione a Milano (AL n. 3-4/2007)

LAVORI PUBBLICI: R. Marletta, I corrispettivi per le opere pubbliche (prima e) dopo la Legge “Bersani” (AL n. 1-2/2007)

EDILIZIA PRIVATA: R. Marletta, I compensi degli architetti nei rapporti con i privati dopo la legge “Bersani” (AL n. 12/2006)

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: V. Sartorio, Nuove prescrizioni in materia di sicurezza nei cantieri edili (AL n. 11/2006)

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: W. Fumagalli, Il nuovo testo della Legge per il Governo del Territorio (AL n. 11/2006)

INCARICHI PROFESSIONALI: R. Pizzulo, I nuovi obblighi per i professionisti (AL n. 11/2006)

EDILIZIA PRIVATA: G. Orsi, Il progetto edilizio: piccoli suggerimenti per evitare grandi problemi (AL n. 10/2006)

URBANISTICA: W. Fumagalli, Il Piano di governo del territorio di Milano (AL n. 10/2006)

EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, Le norme sul rendimento energetico in Italia (AL n. 8-9/2006)

EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, Il permesso di costruire convenzionato, in Lombardia e a Milano (AL n. 7/2006)

EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, La relazione paesaggistica: meglio tardi che mai! (AL n. 5/2006)

EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, Sottotetti: anno nuovo vita nuova (AL n. 4/2006)

URBANISTICA: W. Fumagalli, Un caso di schizofrenia acuta: la pubblicità dei Piani attuativi (AL n. 3/2006)

ENTI LOCALI: C. Siani, Il piano di evacuazione degli ambienti di lavoro (AL n. 3/2006)

VARI: M. Tosetti, Cosa è oggi la privacy? (AL n. 3/2006)

EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, I Piani regolatori vanno (un po’ per volta) in pensione (AL n. 1-2/2006)

URBANISTICA: W. Fumagalli, Gli interventi di recupero in Lombardia (AL n. 12/2005).

EDILIZIA PRIVATA: M. Molinari, Note sulla nozione di vincolo ambientale (AL n. 11/2005).

EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, Le attrezzature religiose (AL n. 11/2005).

URBANISTICA: W. Fumagalli, Perequazione, compensazione e incentivazione urbanistiche (AL n. 8-9/2005).

EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, Dialogo sui sottotetti (AL n. 7/2005).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI : C. Sangiorgi, Coordinamento per la sicurezza nei cantieri. Appunti sul quadro normativo di riferimento (AL n. 6/2005).

EDILIZIA PRIVATA: E. Ratto, Risorse idriche: la normativa - W. Fumagalli, L’edificazione lungo i corsi d’acqua (AL n. 5/2005).

EDILIZIA PRIVATA: E. Ratto, Decreto Legislativo 42/2004 - W. Fumagalli, I beni culturali dei comuni (AL n. 4/2005).

EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, Il direttore dei lavori nel testo unico dell’edilizia - M. Gelmetti, La sicurezza nei cantieri (AL n. 3/2005).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI: TRASMISSIONE DEI DATI RELATIVI A CONTRATTI PUBBLICI "ESCLUSI" DI IMPORTO SUPERIORE ALLA SOGLIA DI EURO 150.000 (comunicato del Presidente 30.01.2008 - link a www.avlp.it).

APPALTI: Indicazioni operative sugli appalti riservati – Art. 52 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e s.m.i..
Il Consiglio con riferimento agli appalti riservati (art. 52), è dell’avviso che:
a) possono essere riconosciuti laboratori protetti ai sensi dell’art. 52 del D.lgs. n.163/2006 e s.m.i. i soggetti che possiedono cumulativamente i seguenti requisiti:
1. essere un soggetto giuridico, costituito nel rispetto della vigente normativa, che esercita in via stabile e principale un’attività economica organizzata;
2. prevedere nei documenti sociali, tra le finalità dell’ente, quella dell’inserimento lavorativo delle persone disabili;
3. avere nel proprio ambito una maggioranza di lavoratori disabili che, in ragione della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un’attività professionale in condizioni normali;
b) possono avvalersi della riserva a favore dei programmi di lavoro protetti anche soggetti giuridici diversi dai laboratori protetti che ricorrono, per l’esecuzione dello specifico appalto, all’impiego, in numero maggioritario, di lavoratori disabili che, in ragione della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un’attività professionale in condizioni normali, anche sulla base di accordi conclusi con soggetti operanti nel settore sociale;
c) il ricorso alle procedure di cui all’art. 52 del codice richiede:
· la pubblicazione del bando con la finalità di rendere noto l’appalto ai soggetti interessati;
· la previsione dei requisiti di partecipazione (di ordine generale e di ordine speciale) in maniera analoga agli appalti non riservati nel rispetto del principio di proporzionalità (
determinazione 23.01.2008 n. 2 - link a www.avlp.it).

APPALTI: Casellario informatico degli operatori economici esecutori dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.
Il Consiglio stabilisce che:
· il Casellario informatico è suddiviso in tre sezioni contenenti i dati relativi agli operatori economici per l’esecuzione di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture;
· fermo restando quanto già disposto in merito alla sezione riferita ai contratti pubblici di lavori e quanto previsto dall’art. 8 dello schema di regolamento di attuazione ex art. 5 del Codice, nelle sezioni di forniture e servizi del casellario sono inseriti i seguenti dati:
- stato di liquidazione o cessazione di attività;
- procedure concorsuali pendenti;
- episodi di grave negligenza, malafede o errore grave nell'esecuzione dei contratti ovvero gravi inadempienze contrattuali, anche in riferimento all'osservanza delle norme in materia di sicurezza e degli obblighi derivanti da rapporto di lavoro, comunicate dai soggetti competenti;
- sentenza di condanna passata in giudicato o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale; condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all'articolo 45, paragrafo 1, direttiva Ce 2004/18; dette condanne devono risultare emesse nei confronti: del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale; del socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso dette condanne riguardano anche i soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l'impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata; resta salva in ogni caso l'applicazione dell'articolo 178 del codice penale e dell'articolo 445, comma 2, del codice di procedura penale;
- notizie relative a violazioni definitivamente accertate rispetto agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti;
- provvedimenti di esclusione dalle gare, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia, adottati dalle amministrazioni aggiudicatici, enti aggiudicatori, soggetti aggiudicatori e stazioni appaltanti;
- falsità nelle dichiarazioni rese in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara e di qualificazione;
- certificazione di qualità aziendale rilasciata dagli Organismi di certificazione;
- dichiarazioni relative agli avvalimenti di cui all’art.49, secondo comma, del Codice;
- per i contratti di servizi e forniture superiori a 150 mila euro, i dati relativi alle comunicazioni di amministrazioni aggiudicatici, enti aggiudicatori, soggetti aggiudicatori e Stazioni Appaltanti previsti dall’art.7, commi 8 e 9 del Codice;
- tutte le altre notizie riguardanti gli operatori economici, che sono dall'Osservatorio ritenute utili ai fini della tenuta del Casellario, tra cui tutte le violazioni in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro di cui l’Osservatorio venga a conoscenza anche indipendentemente dalla gravità della violazione e dal soggetto od organismo, istituzionalmente deputati alla relativa attività di vigilanza, che la comunicano.
· Dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della presente determinazione, vi è l’obbligo per le stazioni appaltanti di comunicare all'Autorità di vigilanza, nei termini sotto indicati, affinché ne venga fatta annotazione nel Casellario: 1) le esclusioni dalle gare di servizi e forniture, ivi comprese quelle disposte per l’ipotesi di falsa dichiarazione; 2) le notizie relative agli operatori economici che non hanno comportato l’esclusione, relativamente a violazioni, anche non gravi, in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, di cui la stazione appaltante sia venuta a conoscenza nel corso della gara; 3) i fatti riguardanti la fase di esecuzione dei contratti di servizi e forniture, da annotare nel Casellario.
La segnalazione circa la sussistenza di una o più delle cause di cui al precedente punto 1), ovvero la comunicazione circa le notizie di cui al punto 2), deve avvenire, per ogni operatore economico sulla base dell’allegato A alla presente determinazione, entro dieci giorni dall’esclusione ovvero entro dieci giorni dalla avvenuta acquisizione della notizia da parte della stazione appaltante.
La segnalazione circa i fatti di cui al precedente punto 3) deve avvenire, per ogni operatore economico, entro dieci giorni dal verificarsi dell’evento meritevole di annotazione nel Casellario sulla base dell’allegato B alla presente determinazione.
La mancata o tardiva comunicazione all’Autorità dell'esclusione di cui al punto 1) o delle notizie e dei fatti di cui ai punti 2) e 3) sarà sanzionata ai sensi dell'articolo 6, comma 11, del Codice.
In capo alla stazione appaltante sussiste l’obbligo, in base all’art. 71, comma 1, del DPR 445/2000 e ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 6, comma 11, del Codice, di effettuare la verifica della dichiarazione sostitutiva circa i fatti che hanno causato l’esclusione dell’operatore economico partecipante. A quest’ultimo riguardo, vi è l’obbligo di compilare il paragrafo 5 dell’allegato A alla presente determinazione - che a tale verifica si riferisce - anche qualora la dichiarazione sostitutiva dell’operatore economico sia risultata veritiera.
Al fine di consentire la completa tutela degli interessi dell’operatore economico, la stazione appaltante deve notificare a quest’ultimo, ai sensi dell’art. 79 del Codice, il provvedimento di esclusione dello stesso dalla gara, precisando che detto provvedimento è congiuntamente comunicato all’Autorità (mediante l’allegato A alla presente determinazione) per l’inserimento del dato nel Casellario informatico, il che potrà consentire all’operatore economico di fornire all’Autorità un’utile informazione relativamente ad iniziative giurisdizionali intraprese. Analogamente, la stazione appaltante informa l’operatore economico circa le comunicazioni inoltrate all’Autorità di cui ai precedenti punti 2) e 3).
L’Autorità, posta a conoscenza del provvedimento di esclusione disposto dalla stazione appaltante e dell’eventuale dichiarazione non veritiera resa dall’operatore economico, nonché delle notizie e dei fatti di cui ai precedenti punti 2) e 3), procede alla puntuale e completa annotazione dei relativi contenuti nel Casellario informatico, salvo il caso che consti l’inesistenza in punto di fatto dei presupposti o comunque l’inconferenza della notizia comunicata dalla stazione appaltante.
Nei confronti dell’operatore economico escluso anche per aver fornito dati o documenti non veritieri circa il possesso dei requisiti prescritti per la partecipazione alla procedura di affidamento verrà instaurato un procedimento in contraddittorio, al termine del quale sarà eventualmente comminata dall’Autorità la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 6, comma 11, del Codice. Peraltro, l’esito di tale procedimento sanzionatorio non condiziona l’annotazione nel Casellario.
In base al disposto di cui al più volte richiamato art. 38 del Codice, tra le ipotesi che precludono la partecipazione alle gare di appalto, vi è quella relativa al fatto di avere, nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, reso false dichiarazioni in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara "risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio dei lavori pubblici" (lett. h). In proposito, nel richiamare i contenuti della Determina dell’Autorità n. 1 del 2005, si ribadisce che l’anno di sospensione decorre dalla data di inserimento nel Casellario informatico della relativa annotazione.
· Dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della presente determinazione, vi è l’obbligo per le stazioni appaltanti di comunicare all'Autorità di vigilanza, nei termini sotto indicati, le esclusioni dalle gare di servizi e forniture per ritardata od omessa comprova dei requisiti di ordine speciale, ai sensi dell’art. 48 del Codice.
La segnalazione deve avvenire entro dieci giorni dall’esclusione dalla gara, utilizzando l’allegato C alla presente determinazione.
La mancata comunicazione dell'esclusione all’Autorità oppure il ritardo della comunicazione sarà sanzionata ai sensi dell'articolo 6, comma 11, del Codice.
Nei confronti dell’operatore economico escluso verrà instaurato un procedimento in contraddittorio al termine del quale saranno eventualmente comminate dall’Autorità la sanzione pecuniaria e la sospensione dalla partecipazione alle gare, graduata da un minimo di un mese a un massimo di dodici mesi a seconda della gravità del caso. Il massimo della sanzione è previsto laddove l’operatore economico abbia reso una dichiarazione scientemente falsa.
I provvedimenti di sospensione sono inseriti nel Casellario informatico con decorrenza dalla data della relativa iscrizione.
· Per le esclusioni dalle gare di servizi e forniture, disposte relativamente alle fattispecie indicate nell’allegato A e/o disposte per difetto dei requisiti di ordine speciale o ritardata od omessa comprova degli stessi, ai sensi dell’art. 48 del Codice, nonché per i fatti riguardanti la fase di esecuzione dei contratti di servizi e forniture, elencati nell’allegato B, avvenuti precedentemente alla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della presente Determinazione, e non ancora comunicati all’Autorità, le stazioni appaltanti provvederanno alla relativa segnalazione con le modalità prima indicate, entro 90 giorni dalla suddetta pubblicazione, senza incorrere nelle sanzioni di cui al comma 11 dell’art. 6 del D. Lgs. 12.05.2006, n. 163.
· Non costituiscono oggetto di segnalazione e conseguente iscrizione nel casellario informatico le irregolarità meramente formali che risultano nello svolgimento dei procedimenti di gara e che comportano un provvedimento di non ammissione alla gara più che di esclusione.
· In sede di verifica della veridicità della dichiarazioni sostitutive, ai sensi dell’art. 11, comma 8, del codice e dell’art. 71 del decreto del Presidente della Repubblica 28.12.2000, n. 445, le risultanze della consultazione del casellario informatico non esimono la stazione appaltante dall’onere di verificare direttamente presso le amministrazioni certificanti il possesso dei requisiti di ordine generale ex art. 38.
· Vi è l’obbligo per le stazioni appaltanti di consultare il Casellario informatico nel corso delle procedure di affidamento di contratti pubblici per l’individuazione degli operatori economici nei cui confronti sussistano cause di esclusione.
In altri termini, le stazioni appaltanti debbono procedere, sulla base delle dichiarazioni presentate dai concorrenti, delle certificazioni dagli stessi prodotte e dai riscontri rilevabili dai dati eventualmente presenti nel Casellario degli operatori economici, ad una immediata verifica circa il permanere, al fine dell'ammissione alla gara, del possesso dei requisiti d'ordine generale da parte dei concorrenti.
Le notizie, le informazioni e i dati contenuti nel Casellario informatico sono accessibili alle stazioni appaltanti tramite collegamento al sito www.autoritacontrattipubblici.it, previa iscrizione nell’apposita sezione “Anagrafe delle amministrazioni” del referente o dei referenti individuati dal rappresentante legale della stazione appaltante con richiesta di abilitazione all’area “annotazioni riservate” e acquisizione, per via telematica, del rilascio della Userid e della Password (
determinazione 10.01.2008 n. 1 - link a www.avlp.it).

GIURISPRUDENZA

APPALTI SERVIZIAffidamento da parte di un consorzio di comuni della gestione delle farmacie comunali ad una società mista a prevalente capitale privato: onere di impugnazione da parte dei farmacisti privati del bando di gara per la costituzione della società mista.
Gli atti con i quali un consorzio di comuni, costituito per la gestione di servizi di carattere sociosanitario, ha optato di avvelersi di una società mista quale modulo organizzatorio per la gestione delle farmacie aderenti al consorzio medesimo, hanno cristallizzato l’opzione per un determinato tipo di gestione ed unitamente a quelli di selezione del socio privato hanno carattere conclusivo e si rivelano, dunque, idonei a ledere con immediatezza l’interesse ad impedire l’esercizio delle farmacie comunali a mezzo di società mista ed il "bene della vita" che i farmacisti privati hanno inteso preservare con la loro impugnazione, mentre gli atti successivamente adottati sono meramente consequenziali rispetto a quelli di formazione della società e, in certa misura, automatici e vincolati in relazione alla presupposta scelta del modulo in questione. Pertanto, i farmacisti privati non essendone i diretti destinatari, avevano l’onere di impugnare nel termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione il bando di gara in quanto atto con il quale il Consorzio intercomunale ha inequivocabilmente promosso la costituzione di società mista all'unico scopo di conferire alla stessa la titolarità del servizio in questione, al di fuori di ulteriori procedure selettive ad evidenza pubblica (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 23.01.2008 n. 167 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZISui presupposti per far luogo all’applicazione dell’art. 113, c. 14° del T.U.E.L: nozione di rete, impianti e le altre dotazioni patrimoniali.
Le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali richiamati dal legislatore nell’art. 113, c. 14° del D. Lgs. n. 267 del 18.08.2000, devono essere individuati in quelle infrastrutture fisse, complesse e non facilmente riproducibili (quali le linee ferroviarie, i gasdotti, le reti idriche, quelle telefoniche, ecc.) che attengono ai settori del trasporto, dell’energia e delle telecomunicazioni, e non siano da confondere con le attrezzature mobili, ove del caso deperibili ed agevolmente duplicabili, come sono quelle che afferiscono allo svolgimento del servizio di igiene urbana, nei suoi specifici segmenti relativi alla raccolta ed al trasporto dei rifiuti. Deve, poi, trattarsi di infrastrutture inamovibili che appartengano ad un soggetto estraneo all’ente locale e di cui quest’ultimo non possa dotarsi, se non con rilevante e non conveniente dispendio di risorse finanziarie e strumentali.
Non sono certo ascrivibili a tale nozione gli strumenti ordinariamente adoperati nell’espletamento della raccolta e del trasporto dei rifiuti urbani, ove si consideri che i cassonetti, gli autocompattatori e gli altri mezzi eventualmente necessari, sono soggetti ad usura e notevole deperibilità e, quindi, si rivelano suscettibili di un frequente ricambio, in quanto agevolmente duplicabili.
Se è vero, infatti, che le attrezzature e gli impianti utilizzati nello svolgimento di detto servizio appartengono, di regola, all’appaltatore e non all’ente locale, deve negarsi che essi costituiscano una "rete" nel senso dianzi specificato (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 23.01.2008 n. 156 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla verifica della regolarità contributiva: non è più di competenza delle stazioni appaltanti, ma è demandata agli enti previdenziali. Insindacabilità delle risultanze da parte della stazione appaltante.
A seguito dell’entrata un vigore della disciplina sul certificato di regolarità contributiva (DURC), dettata dall’art.2 del D.L. 25.09.2002 n. 210, così come modificato dalla l. di conversione 22.11.2002 n. 266 e dall’art. 3, c. 8 lett. b-bis) del D.Lgs. 14.08.1996 n. 494, lettera aggiunta dall’art. 86, comma 10, del D.Lgs. 10.09.2003 n. 276, la verifica della regolarità contributiva non è più di competenza delle stazioni appaltanti, ma è demandata agli enti previdenziali. La stazione appaltante non deve dunque far altro che prendere atto della certificazione senza poter in alcun modo sindacarne le risultanze (come avviene del resto con riferimento a qualsiasi certificazione acquisita per comprovare requisiti, il cui accertamento è affidato ad altre amministrazioni). Conseguenza di quanto testé evidenziato è inoltre che il procedimento di rilascio della certificazione di regolarità contributiva ha una sua autonomia rispetto al procedimento di gara ed è sottoposto alle regole proprie della materia previdenziale, della cui corretta applicazione è peraltro competente a conoscere il giudice ordinario (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 23.01.2008 n. 147 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

AMBIENTE-ECOLOGIARIFIUTI - Abbandono - Obbligo di rimozione - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Proprietario dell’area interessata - Elemento soggettivo.
L’articolo 192 del D. lgs. 152 del 2006 dispone che l’obbligo di procedere alla rimozione dei rifiuti può gravare, in solido con il responsabile, anche a carico del proprietario e del titolare di diritti reali o personali di godimento solo se tale violazione sia anche a loro imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati,in contraddittorio con i soggetti interessati, da coloro che sono preposti al controllo. Tale disposizione ha sostanzialmente recepito, in sede di codificazione, lo stesso principio contenuto nel previgente articolo 9 del D.P.R. 10/09/1982, n. 915, nonché dell’articolo 14 del decreto legislativo 05/02/1997, n. 22. In relazione a queste ultime disposizioni, di analogo contenuto rispetto all’art. 192 citato, la giurisprudenza è consolidata nel senso di richiedere un coinvolgimento doloso o colposo del proprietario per poter configurare una sua responsabilità solidale con la responsabilità di colui che ha effettivamente abbandonato i rifiuti (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 22.01.2008 n. 78 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIAINQUINAMENTO ATMOSFERICO - Emissioni di vapori, gas e fumi - Molestie olfattive provocate da impianto industriale autorizzato - Art. 674 c. p. - Configurabilità - Condizioni - Fattispecie - Art. 268, 1° c. lett. a), D.Lgs. 03.04.2006, n. 152 - Art. 844 cod. civ..
In tema di emissioni inquinanti nell'atmosfera, il consolidato orientamento giurisprudenziale che esclude la violazione dell’art. 674 cod. pen. in presenza di emissioni provenienti da impianti autorizzati e nel rispetto dei valori limite fissati dalla normativa speciale trova applicazione solo nei casi in cui esistono precisi limiti tabellari fissati dalla legge; diversamente, il reato contenuto nell’art. 674 cod. pen., è configurabile nel caso di “molestie olfattive”, dal momento che non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori (non essendo applicabile la disciplina in materia di inquinamento atmosferico dettata dal D.Lgs. 03.04.2006, n. 152), con conseguente necessità di individuare il parametro di legalità nel criterio della “stretta tollerabilità”, ritenendosi riduttivo ed inadeguato il riferimento a quello della “normale tollerabilità” fissato dall’art. 844 cod. civ. in quanto inidoneo ad approntare una protezione adeguata all’ambiente ed alla salute umana, attesa la sua portata individualistica e non collettiva. Fattispecie: esalazioni maleodoranti atte a molestare le persone, in quanto nauseanti e puzzolenti provocate da un impianto industriale di confezionamento di "trippa" alimentare e di lavorazione degli scarti animali (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 17.01.2008 n. 2475 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAManufatto abusivo - Sequestro - Violazione dei sigilli e continuazione dei lavori - Divieto di residenza imposto al custode-indagato - Legittimità.
In materia di reati urbanistici, è legittimo il divieto di residenza imposto al custode che viola ripetutamente i sigilli apposti al manufatto abusivo sottoposto a sequestro da parte della polizia giudiziaria (nella specie, l'indagato era stato nominato custode). (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 17.01.2008 n. 2461 - link a www.ambientediritto.it).

ENTI LOCALI: A. Matranga, E' illegittimo, per difetto di motivazione, il provvedimento di revoca dell'incarico di Assessore, motivato con riferimento alla necessità di comporre una Giunta c.d. "tecnica" (TAR Puglia-Lecce, SEZ. I, ordinanza 09.01.2008 n. 12 - link a www.diritto.it)

AMBIENTE-ECOLOGIARIFIUTI - Deposito e smaltimento di rifiuti da parte di terzi - Responsabilità del proprietario dell’area - Comportamento attivo - Criteri d’individuazione - Fattispecie: smaltimento definitivo di macerie provenienti da demolizioni e materiale per scarto prodotto dei cantieri.
La responsabilità del proprietario dell’area destinata a deposito e smaltimento di rifiuti può essere desunta dal comportamento attivo, consistente, di fatto, nel fare depositare, almeno in parte, i materiali di risulta da demolizioni e gli scarti di cantiere (plastica, tondini, legni, sacchetti etc.), e fare spianare gli stessi in una depressione e ricoprire il tutto con terreno naturale. Nella pratica, anche solo lo spianamento e copertura con terreno naturale integra il reato di cui al Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 51 comma 1, in quanto lo smaltimento dei rifiuti non si ha soltanto col deposito di essi "sul suolo" ma anche "nel suolo", come viene anche indicato nell'allegato "B" (allegato 4) del Decreto Legislativo 05.02.1997, n. 22 che ha trovato continuità normativa nel Decreto Legislativo 03.04.2006, n. 152, allegato B parte quarta (allegato 18), che descrive le attività di smaltimento.
RIFIUTI - Deposito temporaneo - Gestione dei rifiuti non pericolosi - Limiti - Art. 183 n. 3/2 D. L.vo n. 152/2006.
In materia di gestione dei rifiuti, sia il Decreto Legislativo n. 22/1997, articolo 6, n. 3, lettera m, che il successivo Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 183 n. 3/2, lettera m, escludono la possibilità di deposito temporaneo quando i rifiuti non pericolosi superano i 20 mc..
RIFIUTI - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata - Autorizzazione in materia edilizia - Inapplicabile per la gestione di rifiuti - Art. 256 c. 4, D.L.vo n. 152/2006.
La norma che prevede che le pene di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, commi 1, 2 e 3, sono ridotte della metà nel caso di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, fa riferimento esclusivamente alle autorizzazioni in materia di gestione dei rifiuti. (Nella specie il giudice non ha ritenuto applicabili i benefici di cui al comma 4 dell’art. 256, D.L.vo n. 152/2006, in quanto l'autorizzazione al riempimento con terreno naturale della depressione era semplicemente un'autorizzazione in materia edilizia) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.01.2008 n. 177 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Vincolo paesistico - Vincoli generici e vincoli specifici - Disciplina vincolistica e condonabilità degli abusi edilizi.
E’ inapplicabile la disciplina vincolistica di cui al p.t.p. approvato con d.m. 06.11.1995, dopo la realizzazione del fabbricato oggetto della domanda di condono edilizio, ed il carattere generico del contenuto prescrittivo del vincolo paesistico che grava sulla zona introdotto con d.m. 22.06.1967, non impeditivo in assoluto di interventi modificativi. In questi casi, l’autorizzazione sindacale, non si pone in contraddizione con le previsioni di tutela, che non consumano la sfera di discrezionalità del Sindaco circa la graduazione degli interventi compatibili. In conclusione, sono condonabili gli interventi edilizi realizzati su zona vincolata se il vincolo anteriore all'abuso è generico e quello specifico è successivo alla consumazione dell'abuso.
Misure di protezione integrale della zona di cui al p.t.p. - Controllo dell’autorizzazione paesistica - Estensione del controllo di legittimità del Soprintendente al merito tecnico del provvedimento sindacale - Esclusione.
E’ illegittimo, il controllo dell’autorizzazione paesistica rilasciata dal Comune che deborda dai limiti di stretta legittimità quali previsti dalle norme in materia, dando luogo alla sovrapposizione di una nuova ed autonoma valutazione di merito a quella espressa dall’Autorità delegata, con esercizio di un potere che per pacifica giurisprudenza non è riconducibile al procedimento di riesame (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 07.01.2008 n. 22 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIAINQUINAMENTO ACUSTICO - Limiti differenziali - Art. 4, c. 3 DPCM 14.11.1997 - Applicabilità immediata.
In tema di limiti pubblicistici alle emissione sonore, mentre per i valori limite assoluti l’art. 8, comma 1, DPCM 14.11.1997 prevede che, in attesa della classificazione del territorio da parte dei Comuni in zone (ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. a, L. n. 447/1995, previa adozione di appositi criteri con Legge Regionale), trovano applicazione i limiti del previgente DPCM 01.03.1991, per i valori limiti differenziali trova immediata applicazione l’art. 4, comma 1, DPCM 14.11.1997 (cfr. TAR Toscana Sez. II Sent. n. 39 del 24.01.2003; TAR Bologna Sez. II Sent. n. 634 del 23.11.1999), il quale fissa tali limiti differenziali in 5 dB per il periodo diurno (dalle ore 6,00 fino alle ore 22,00) e in 3 dB per il periodo notturno (dalle ore 22,00 fino alle ore 6,00).
INQUINAMENTO ACUSTICO - Valori limiti differenziali - Art. 4, c. 3 DPCM 14.11.97 - Circoli ricreativi privati - Applicabilità - Equiparazione alle attività commerciali.
I valori limiti differenziali di cui all’art. 4, c. 1 DPCM 14.11.1997 si applicano anche ai circoli ricreativi privati in quanto tali circoli vanno equiparati, indipendentemente dalle finalità di lucro, alle attività commerciali e/o professionali ex art. 4, comma 3, DPCM 4.11.1997 (cfr. punto 3 della Circolare Ministero Ambiente del 6.9.2004, pubblicata nella G.U. del 15.09.2004).
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza contingibile e urgente - Art. 9 L. n. 447/1995 - Presupposti.
A seguito delle risultanze dei rilievi fonometrici eseguiti dalla competente ARPA e dell’inerzia del responsabile, è legittima l’ordinanza contingibile e urgente che intervenga a porre urgente riparo alla grave lesione del diritto ala salute determinato dall’inquinamento acustico (art. 9 L. n. 447/1995), ove non sia possibile provvedere altrimenti (cioè con altri rimedi di carattere amministrativo, previsti dall’ordinamento vigente, oppure con misure alternative che impongono un minore sacrificio al responsabile) e ove il provvedimento assuma carattere temporaneo (in quanto preveda l’estinzione della sua efficacia non appena eseguiti i provvedimenti necessari al fine di impedire il superamento dei valori limiti differenziali) (TAR Basilicata, Sez. I,
sentenza 02.01.2008 n. 5 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTIPrincipio di pubblicità - Derogabilità - Specifica valutazione tecnica delle offerte.
Il principio di pubblicità -inderogabile per quanto attiene alla verifica della integrità dei plichi ed all’apertura degli stessi- ben può esser derogato allorché la commissione debba procedere ad una specifica valutazione tecnica delle offerte, il che si verifica nel caso di aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, n. 2285/2000 e n. 1787/2003; Sez VI n. 2010/2006) (TAR Basilicata, Sez. I,
sentenza 02.01.2008 n. 3 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZIRIFIUTI - Albo dei gestori ambientali - Iscrizione secondo le procedure ordinarie - Attività di raccolta e trasporto di rifiuti sottoposti alle procedure semplificate - Art. 212 D. Lgs. n. 152/2006 - Comunicazione di cui al c. 18 - Necessità - Esclusione - Condizioni.
L’innovativo quadro normativo introdotto dall’articolo 212 del D.L. vo n. 152 del 2006 è chiaro nel prevedere che chi risulta iscritto all’Albo dei gestori ambientali secondo le procedure ordinarie può effettuare attività di raccolta e trasporto di rifiuti sottoposti alle procedure semplificate, senza dover effettuare la comunicazione di cui al comma 18 dello stesso articolo, e quindi senza dover iscriversi secondo la procedura semplificata, purché risultino soddisfatte due condizioni:
a) che i rifiuti siano effettivamente avviati al recupero ed al riciclaggio;
b) che i rifiuti avviati alle operazioni suddette siano della stessa categoria, classe e tipologia di rifiuti per i quali le imprese sono iscritte secondo la procedura ordinaria.
RIFIUTI - Albo dei gestori ambientali - Gara di appalto - Categoria 4, classe C - Categoria 2, classe E - Equivalenza ai fini dell’aggiudicazione di gara d’appalto - Possibilità.
L’iscrizione nella categoria 4, classe C, può legittimamente essere ritenuta equivalente, in sede di aggiudicazione di gara d'appalto, alla classe E, categorie 2 e 4 , atteso che la quantità di rifiuti prevista per la categoria 2 classe E sommata a quella prevista per la categoria 4 classe E è comunque inferiore a quella autorizzata a trattare per la categoria 4 classe C.
RIFIUTI - Spazzamento - Albo dei gestori ambientali - Dotazione di mezzi - Iscrizione alla categoria 1 classe D - Idoneità all’aggiudicazione di gara d’appalto il cui bando richieda l’iscrizione alla classe E, categoria 1.
Ai fini dello svolgimento dell’attività di spazzamento, la dotazione di veicoli richiesta dall’allegato C della deliberazione dell’Albo Nazionale delle Imprese che effettuano la gestione dei rifiuti (oggi: Albo dei Gestori Ambientali) 30.01.2003, per la categoria 1 classe D (8 veicoli a motore a tre o quattro ruote) è superiore a quella richiesta per la categoria 1 classe E (5 veicoli a motore a tre o quattro ruote). E’ evidente pertanto che l’iscrizione nella categoria 1 classe D non può essere causa di esclusione dalla gara di appalto il cui bando richieda l’iscrizione alla categoria 1 classe E.
APPALTI - Principio di pubblicità - Derogabilità - Specifica valutazione tecnica delle offerte.
Il principio di pubblicità -inderogabile per quanto attiene alla verifica della integrità dei plichi ed all’apertura degli stessi- ben può esser derogato allorché la commissione debba procedere ad una specifica valutazione tecnica delle offerte, il che si verifica nel caso di aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, n. 2285/2000 e n. 1787/2003; Sez VI n. 2010/2006) (TAR Basilicata, Sez. I,
sentenza 02.01.2008 n. 3 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTIS. Lazzini, L’applicazione del principio del "favor partecipationis" che cosa implica in caso di inadempimenti meramente formali? È ammessa la possibilità di partecipazione in raggruppamento sia orizzontale che verticale e di non escludere la possibilità, nel caso di raggruppamento orizzontale, che solo per una determinata parte il servizio sia eseguito da più di una impresa della medesima associazione? Quali sono le caratteristiche di un’”associazione orizzontale”, di un’”associazione verticale” o di una “mista”?
In forza del principio del "favor partecipationis", l'inosservanza delle prescrizioni del bando di gara circa le modalità di presentazione delle offerte, implica l'esclusione dalla gara stessa solo quando si tratti di prescrizioni rispondenti ad un particolare interesse della stazione appaltante, o poste a garanzia della "par condicio" dei concorrenti, senza che si possa procedere alla esclusione del concorrente, per mancata osservanza di una determinata formalità, ove questa non sia prevista espressamente a pena di esclusione (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 21.11.2007 n. 5932 - link a www.diritto.it)

APPALTIS. Lazzini, Dopo quali atti un’aggiudicazione provvisoria diventa definitiva? Anche in una Società di capitali, l’ultima parola è demandata al Consiglio di Amministrazione rispetto alla Commissione di gara o al responsabile del Procedimento? La giurisprudenza amministrativa distingue, in tema di annullamento di aggiudicazione, l'ipotesi di annullamento dell'aggiudicazione provvisoria, da quella dell'annullamento di ufficio dell'aggiudicazione definitiva?
L’aggiudicazione definitiva di una gara pubblica dei contratti della p.a. (nonché di un organismo privato tenuto ad operare con le regole dell’evidenza pubblica, non è un atto meramente confermativo dell'aggiudicazione provvisoria, essendo diverso da quest'ultimo per soggetto, competenza, forma e contenuto e presupponendo una nuova valutazione dei fatti, delle norme e delle circostanze inerenti al procedimento di gara intatti le norme speciali, configurano la procedura in funzione della scelta del contraente e non della formazione dell’accordo, che resta subordinato alla approvazione dell’esito della gara oltre che al controllo della stazione appaltante sugli atti posti in essere dalla Commissione ed a tutti gli ulteriori adempimenti richiesti all’aggiudicatario provvisorio (prova dei requisiti; costituzione della deposito cauzionale in assenza del quale non poteva essere perfezionato il vincolo negoziale): la parola definitiva, spetta, dunque alla società che ha indetto la gara, alla quale, secondo le regole generali, competono anche eventuali ripensamenti circa la persistenza, in concreto, della volontà di contrarre, in presenza di sopravvenute, contrarie valutazioni di opportunità e convenienza (sia pure con i limiti derivanti dall’affidamento ingenerato nei partecipanti) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 21.11.2007 n. 5925 - link a www.diritto.it)

AGGIORNAMENTO ALL'01.02.2008

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G.U.R.I. - G.U.E.E. - B.U.R.L. (e anteprima)

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, 2° suppl. straord. al n. 5 del 31.01.2008, "Approvazione delle Linee guida per la realizzazione degli strumenti del SIT integrato per la pianificazione provinciale ai sensi dell'art. 3 della l.r. 12/2005" (decreto D.U.O. 21.12.2007 n. 16285 - link a www.infopoint.it).

GIURISPRUDENZA

APPALTIPersone giuridiche - Partecipazione alle gare di appalto - Individuazione dei soggetti obbligati - Decadenza - Poteri di rappresentanza esercitati in funzione vicaria.
Nelle gare di appalto, l’individuazione dei soggetti obbligati, con riferimento alle persone giuridiche (e dunque alle società di capitale ed ai consorzi dotati di personalità), è costituito dalla riconoscibilità ed ufficialità del potere della persona fisica di trasferire direttamente, al soggetto rappresentato, gli effetti del proprio operare. Non assume rilievo, il fatto che i poteri di rappresentanza possano essere esercitati soltanto in funzione vicaria, contando in concreto, la titolarità del potere e non anche il suo esercizio. Inoltre, quando, né il bando né il disciplinare di gara includono una enumerazione di soggetti obbligati a rendere la dichiarazione e l’uno è l’altro la esigono genericamente da parte di chi è titolare della rappresentanza legale; l’obbligo è imposto a pena di decadenza.
Partecipazione alle gare di appalto - Preposizione institoria - Poteri e limiti.
La preposizione institoria, è caratterizzata dalla ampiezza dei poteri rappresentativi e di gestione, che fanno dell’institore un alter ego dell’imprenditore con anologhi poteri, sia pure limitatamente al ramo di attività o alla sede cui il soggetto è preposto (Cass. Civ., Sez. II. n. 2020/1993). L’ampiezza è tale che “la rappresentanza si reputa generale”, allorché particolari limitazioni non siano rese pubbliche nelle forme di legge. Pertanto, l’institore è titolare di una posizione corrispondente a quella di un vero e proprio amministratore, munito di poteri di rappresentanza, cosicché deve anche essere annoverato fra i soggetti tenuti alla dichiarazione.
Omessa produzione del documento - Violazione della par condicio - Esclusione dalla gara.
In tema di appalti, non può applicarsi una disposizione che non é utilizzabile per supplire alla omessa produzione del documento richiesto a pena di esclusione dalla gara, se non in violazione della par condicio fra i concorrenti (Cons. Stato, Sez. V, n. 2191 del 22/04/2002 e n. 1068 del 06/03/2006).
Qualifica di servizio pubblico locale - Subordinazione al pagamento di un corrispettivo o meno - Ininfluenza.
Non incide sulla qualifica di servizio pubblico locale il fatto che il servizio sia, o meno, subordinato al pagamento di un corrispettivo (Cons. Stato, Sez. V, 16.12.2004 n. 8090).
Partecipazione alla gara di imprese che hanno effettuato forniture e servizi oggetto di gara - Preclusione - Limiti.
Una legge nazionale che precluda la partecipazione a una gara di imprese in qualunque modo riconducibili ad un soggetto che abbia svolto prestazioni di progettazione relativamente alle specifiche opere, attività, forniture e servizi oggetto di gara “senza prima concedere la possibilità di dimostrare che tale circostanza non falsa la concorrenza” è illegittima. (Corte di Giustizia delle Comunità europee 03/03/2005 nelle c. riun.C-21/03 e C34/03). Pertanto, non è riscontrabile alcuna incompatibilità allorché manchino indizi seri, precisi e concordanti che il partecipante alla gara, o il soggetto a questo collegato abbia rivestito tanta parte nell’indirizzo della scelte dell’amministrazione o ne abbia ricevuto un tale flusso di informazioni riservate da falsare la concorrenza (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 15.01.2008 n. 36 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAFascia di rispetto cimiteriale - Vincolo di inedificabilità assoluta - Strutture mobili - Applicabilità - Esclusione.
Il vincolo assoluto di inedificabilità nell'area di rispetto cimiteriale, di cui all’art. 338 del R.D. 1265/1934, finalizzato alla tutela di molteplici interessi pubblici (esigenze di natura igienico sanitaria, salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione ed alla sepoltura, mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale - cfr. Cds, V, 1934/2007), non può che interessare le opere edilizie di carattere stabile, esulando dal divieto altre diverse forme di utilizzazione dei terreni che si trovino in quella fascia, quali ad esempio l'installazione di strutture precarie o mobili (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 09.01.2008 n. 18 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAINQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Provvedimento autorizzatorio unico - Finalità - Procedimento unitario ambientale/urbanistico.
La previsione di un unico procedimento autorizzatorio per l'installazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica è finalizzata a garantire, tramite procedure tempestive e semplificate, la parità delle condizioni concorrenziali fra i diversi gestori nella realizzazione delle proprie reti di comunicazione sul territorio nazionale, nonché la osservanza di livelli uniformi di compatibilità ambientale delle emissioni radioelettriche: l’unico provvedimento autorizzatorio deve essere rilasciato sulla base di un procedimento unitario, nel contesto del quale devono essere fatte confluire le valutazioni sia di tipo ambientale che di tipo urbanistico (cfr. Corte Costituzionale, 28 marzo 2006, n. 129; 06.07.2006, n. 265).
Infrastrutture di comunicazione - Assimilabilità alle normali costruzioni edilizie - Esclusione - Applicabilità delle prescrizioni urbanistico-edilizie preesistenti - Esclusione - Ragioni.
In presenza della specifica previsione di cui all’art. 86 del D.lgs. n. 259/2003, il quale assimila, ad ogni effetto, le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione alle opere di urbanizzazione primaria, ed in assenza di specifiche previsioni, deve ritenersi che gli impianti di telefonia mobile non possano essere assimilati alle normali costruzioni edilizie e, pertanto, la loro realizzazione non sia soggetta a prescrizioni urbanistico-edilizie preesistenti, le quali si riferiscono a tipologie di opere diverse e sono state elaborate con riferimento a possibilità di diverso utilizzo del territorio, nell’inconsapevolezza del fenomeno della telefonia mobile e, più in generale, dell’inquinamento elettromagnetico in generale. Conseguentemente, il titolo autorizzatorio non può essere negato se non avuto riguardo ad una specifica disciplina conformativa, che prenda in considerazione le reti infrastrutturali tecnologiche necessarie per il funzionamento del servizio pubblico (in tal senso, Cons. Stato, sez. VI, 17.10.2003, n. 7725; TAR Campania, sez. I, 13.02.2002, n. 983, 20.12.2004, n. 14908).
Impianti di telefonia mobile - Pubblica utilità - Art. 90 d.lgs. n. 259/2003 - Compatibilità con ogni destinazione urbanistica.
L’art. 90 del D.Lgs. n. 259/2003 dispone che gli impianti di telefonia mobile e le opere accessorie occorrenti per la loro funzionalità hanno “carattere di pubblica utilità”, con possibilità, quindi, di essere ubicati in qualsiasi parte del territorio comunale, essendo compatibili con tutte le destinazioni urbanistiche (residenziale, verde, agricola, ecc.: cfr., in tal senso, C.G.A. ordinanza 05.07.2006, n. 543; Cons. Stato, sez. VI, 04.09.2006, n. 5096) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 09.01.2008 n. 8 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAINQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Installazione di un impianto radioelettrico - Dissenso espresso dalla Giunta - Incompetenza - Dirigente - Competenza - Art. 107 d. lgs. n. 267/2000.
La Giunta è incompetente a esprimere il dissenso del Comune sull’installazione di un impianto radioelettrico su strada, trattandosi di atto di gestione che, ai sensi dell’art. 107 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, spetta ai dirigenti.
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Installazione di un impianto radioelettrico - Preavviso di rigetto - Applicabilità - Art. 10-bis L. n. 241/1990.
L’art. 10-bis della l. n. 241/1990 - preavviso di rigetto - costituisce norma di carattere generale che, in quanto tale, si applica anche al procedimento per l’installazione di un impianto radioelettrico (in tal senso Cons. Stato, Sez. VI, 29 novembre 2006, n. 6993) (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 07.01.2008 n. 32 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATATutela del valore paesaggistico - Annullamento dell’autorizzazione rilasciata dal Comune - Rivalutazione nel merito dell’autorizzazione - Illegittimità.
E’ illegittimo il provvedimento annullatorio che abbia travalicato nella rivalutazione l’analisi del testo vertendo nel merito dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune. Nella specie, emerge una valutazione di merito, accoppiata alla formulazione di una diversa soluzione rispetto a quella assentita dal Comune, determinazione evidentemente frutto di una sovrapposta valutazione del modo e grado di tutela del valore paesaggistico, con il conseguente apprezzamento in termini di opportunità\adeguatezza di quanto espressamente suggerito (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 07.01.2008 n. 2 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATADistanze tra edifici - Art. 873 c.c. - Regime derogatorio per i vani tecnici - Inconfigurabilità.
Quantunque il vano tecnico partecipi di un regime differenziato, nel senso che esso può essere portato in aggiunta alla volumetria massima realizzabile in fase di progettazione dell’immobile (T.A.R Lazio II sez. 21/06/04 n. 6016; Cons. St. V sez. 23/03/1991 n. 329), ciò non significa che il regime derogatorio riguardi anche il distacco degli edifici. Va da sé infatti che la realizzazione di vani tecnici a distanza minore da quella normativamente prevista inevitabilmente comprometterebbe il raggiungimento delle finalità perseguite dalle regole di cui all’art. 873 c.c..
Distanze tra edifici - Concessione edilizia rilasciata in violazione dell’art. 873 c.c. - Giurisdizione ordinaria - Giurisdizione amministrativa.
L’obbligo del rispetto della distanza minima assoluta tra edifici (nel caso di specie imposto anche da norme regolamentari) è inderogabile anche per la P.A preposta al rilascio della concessione edilizia (C.G.R.S 17/05/2000 n. 240). Sicché, ferma restando la possibilità per l’interessato di tutelare innanzi al giudice ordinario il diritto leso dalla esecuzione di opere edilizie non conformi alle prescrizioni di legge o degli strumenti urbanistici (Cass. SS. UU. 12/06/1999 n. 333), deve comunque riconoscersi altresì legittima la reazione giurisdizionale in sede amministrativa, posto che la concessione edilizia rilasciata in violazione sulle distanze legali tra fabbricati investe anche un rapporto pubblicistico con l’Ente territoriale a tutela di una posizione di interesse legittimo (Cons. St. V sez. 13/01/2004 n. 46) (TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 03.01.2008 n. 2 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZIAffidamento dei servizi pubblici - Assegnazione dell'appalto mediante gara - Obbligo di motivazione - Esclusione - Fondamento.
L'amministrazione, non è tenuta a motivare in modo specifico le ragioni per cui, anziché prorogare l'affidamento di un servizio pubblico a trattativa privata con un precedente gestore, dispone di ricorrere ad una procedura concorsuale per la scelta di un nuovo contraente, essendo l'assegnazione dell'appalto mediante gara il sistema ordinario stabilito dall'ordinamento per l'affidamento dei servizi pubblici (Cons. Stato, sez. V, 28.02.2006, n. 874).
Contratti della Pubblica amministrazione - Gara a trattativa privata - Selezione dei soggetti - Servizio svolto dalla precedente ditta - Onere di motivazione - Mancato invito giustificato nell’inaffidabilità ed inadeguatezza - Legittimità.
Nelle gare per l'aggiudicazione di contratti della Pubblica amministrazione, in sede di selezione dei soggetti da invitare alla trattativa privata, l'Amministrazione ha l'onere di motivare la scelta, ancorché discrezionale, di non invitare alla gara il privato che abbia precedentemente svolto presso la stessa il servizio cui fa riferimento la trattativa (Cons. Stato, sez. IV, 17.02.1997, n. 125) (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 
sentenza 31.12.2007 n. 1179 - link a www.ambientediritto.it).