AGGIORNAMENTO AL
31.01.2008 |
ã |
UTILITA' |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Testo
del D.Lgs. n. 152/2006 aggiornato con le modifiche
introdotte dal D.Lgs. 16.01.2008 n. 4
(attenzione: testo NON ufficiale, ad uso studio) (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Tavola
comparativa testo del D.Lgs. n. 152/2006 (aggiornato con le
modifiche apportate dal D.Lgs. 16.01.2008 n. 4) e testo
previgente (copia uso studio, testo NON ufficiale)
(link a www.lexambiente.it). |
G.U.R.I. - G.U.E.E. - B.U.R.L.
(e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA: G.U.
29.01.2008 n. 24, suppl. ord. n. 24, "Ulteriori
disposizioni correttive ed integrative del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia
ambientale" (D.Lgs.
16.01.2008 n. 4
- link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R.
Lombardia, 1° suppl. straord. al n. 5 del 29.01.2008, "Schema
tipo carta dei servizi dei rifiuti" (deliberazione
G.R. 12.012.2007 n. 6144
- link a www.infopoint.it). |
URBANISTICA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 5 del 28.01.2008, "Formulazione
di parere motivato sulla proposta di Piano Territoriale
Regionale e relativo rapporto ambientale"
(decreto
D.G. 27.12.2007 n. 16382
- link a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 5 del 28.01.2008, "Disciplina
per la razionalizzazione e l'ammodernamento della rete
distributiva dei carburanti - Applicazione della deroga di
cui all'art. 9-bis, c. 2, l.r. n. 24/2004"
(deliberazione
G.R. 23.01.2008 n. 6493
- link a www.infopoint.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
VARI: S.
Rosini,
Quale normativa sussiste per l’esposizione di ritratti di
immagini altrui? Ed in particolare, se il ritratto raffigura
minori?
(link a www.altalex.com). |
VARI: P.
Franzì,
Obbligo di comunicare i dati personali del conducente:
“molto rumore per nulla”
(link a www.altalex.com). |
ENTI LOCALI: Quali
regole per le fatture verso la PA?
(link a www.interlex.com). |
APPALTI: A.
Bonafede,
La determinazione del prezzo a base d'asta negli appalti
pubblici - Applicazione dei prezziari opere pubbliche
vigenti
(link a www.filodiritto.com). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI: Attuazione
dell’art. 1, commi 65 e 67,della legge 23.12.2005, n. 266
per l’anno 2008 (deliberazione
24.01.2008
- link a massimario.avlp.it). |
APPALTI
FORNITURE: Ritenuto
in diritto:
Il bando di specie riguarda, come recita il titolo del bando
medesimo, la “selezione di laboratori odontotecnici in
convenzione per la fornitura di protesi dentarie ed
apparecchi ortodontici agli assistiti”. Dunque l’oggetto
reale della procedura attivata dalla ASL di Terni, ancorché
celato dal meccanismo della qualificazione dei laboratori, è
rappresentato dalla fornitura di protesi dentarie e
apparecchi ortodontici necessaria al fine di poter erogare,
da parte dell’azienda sanitaria, del servizio pubblico
odontoiatrico.
Detta procedura si ispira sostanzialmente alla normativa di
cui all’art. 45 del D.Lgs. 163/2006, che prevede la
creazione di elenchi ufficiali di prestatori di servizi o di
fornitori, i quali possono presentare alla stazione
appaltante, per ogni appalto, un certificato d'iscrizione
indicante le referenze che hanno permesso la loro iscrizione
e la relativa classificazione. Nel caso di specie, tuttavia,
la selezione dei laboratori dà direttamente luogo alla
stipulazione della convenzione e dunque alla titolarità di
una posizione contrattuale, che non è prevista da alcuna
norma del D.Lgs. 163/2006, il quale sempre contempla, con
riferimento a soggetti che possano dirsi già qualificati (i
fornitori già inclusi negli appositi elenchi, ovvero i
titolari di attestazioni SOA nel caso di appalti di lavori),
l’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica per
l’individuazione del soggetto al quale attribuire la
commessa e dunque la relativa posizione contrattuale. In
altre parole, nel sistema delineato dal Codice dei
Contratti, come d’altra parte anche dalla normativa
previgente, qualificazione non equivale mai tout court a
titolarità del rapporto contrattuale, essendo sempre
comunque richiesto, a tali fini, l’espletamento di una
procedura selettiva successiva a quella di qualificazione.
Potrebbe porsi il dubbio se la citata procedura atipica
posta in essere dalla ASL di Terni sia stata mutuata da
disposizioni normative previste per fattispecie specifiche,
comunque diverse e non applicabili alla fattispecie. Ci si
riferisce alla disciplina speciale prevista per le
prestazioni di assistenza protesica riabilitativa erogabili
nell’ambito del SSN per soggetti affetti da menomazioni e
disabilità invalidanti (prestazioni soggette al sistema di
partecipazione al costo), dall’art. 26 L. 833/1978,
confermato dall’art. 2, comma 2, del D.Lgs. 124/1998,
secondo cui le prestazioni sanitarie riabilitative sono
erogate dalle ASL attraverso i propri servizi o, se non in
grado, mediante convenzioni con istituti. Tale disciplina,
tuttavia, come rilevato dal TAR Lazio (sentenza n.
2721/2005), con il D.Lgs. 229/1999 è transitata dal sistema
della convenzione/accreditamento a quello della acquisizione
attraverso gara pubblica. A fronte di ciò, il sistema
dell’accreditamento/convenzione per l’acquisizione del bene
“protesi dentarie ed apparecchi ortodontici” non risulta
previsto da alcuna disposizione normativa, del resto non
invocata, nel caso di specie, dalla ASL di Terni.
Di conseguenza, stante il carattere di normativa generale
del Codice dei Contratti (alla cui applicazione sono tenute
le Aziende USL, anche a seguito dell’abrogazione,
intervenuta con l’art. 256 del D.Lgs. 163/2006, del regime
speciale per gli acquisti sotto soglia di cui all’art. 3,
comma 1-ter, del D.Lgs. 502/92), in mancanza di una
disciplina speciale, derogatoria, e non abrogata dallo
stesso Codice, la ASL che voglia acquisire beni e servizi
deve comunque attenersi alle disposizioni ivi contenute.
Pertanto, come già evidenziato, all’esito della
selezione/qualificazione dei laboratori, deve
necessariamente seguire una procedura ad evidenza pubblica,
volta a selezionare il soggetto che fornirà concretamente i
manufatti.
Al contrario, in violazione dell’evidenza pubblica, nella
procedura atipica posta in essere dalla ASL di Terni,
successivamente alla selezione dei laboratori odontotecnici
ed alla stipula della relativa convenzione, è previsto dalle
premesse dello schema di convenzione, che la scelta del
laboratorio che fornirà concretamente i manufatti dovrà
avvenire sulla base della prescrizione del medico
specialista odontoiatra. L’individuazione del fornitore è
rimessa, pertanto, all’assoluta discrezionalità del medico
interno alla ASL che, oltre a non garantire alcuna
concorrenzialità, si presta a favorire senza alcun limite -
posto che non è neppure stabilito un criterio preferenziale,
quale ad esempio il criterio di rotazione – lo stesso
fornitore, in violazione della concorrenza, che risulta
essere completamente elusa, del principio della par condicio,
nonché della trasparenza dell’agire amministrativo.
Sebbene dunque, sia da apprezzare lo sforzo profuso dalla
ASL di Terni di assicurare al territorio dei Comuni di
Terni, Narni, Amelia e Orvieto una serie di laboratori
odontotecnici, presso i quali venga erogata agli utenti del
SSN la fornitura di protesi dentarie ed apparecchi
ortodontici, tale finalità deve essere conciliata con il
rispetto della normativa vigente sull’evidenza pubblica.
In ultimo, sotto altro profilo, si osserva come non possa
ammettersi alcuna deroga all’applicabilità del Codice dei
Contratti sulla base della circostanza per cui il pagamento
delle protesi e dei manufatti ortodontici è a totale carico
dell’utente, non rinvenendosi nello stesso Codice,
discriminazioni in tal senso e considerato, in ogni caso,
che la fornitura è finalizzata all’erogazione del servizio
odontoiatrico da parte della ASL.
In base a quanto sopra considerato, nei limiti di cui in
motivazione Il Consiglio ritiene che la procedura posta
in essere si ponga in violazione dei principi e delle norme
sulla concorrenza, del principio della par condicio, nonché
della trasparenza dell’agire amministrativo (parere
16.01.2008 n. 7
- link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Nella fattispecie in esame, la prima questione sottoposta a
questa Autorità, è se la dichiarazione sull’insussistenza
delle condizioni ostative alla partecipazione a gare
pubbliche di appalto, di cui all’art. 38, lett. da “a” ad
“m” del D.Lgs. 163/2006, debba contenere la riproduzione
integrale del contenuto delle lettere da “a” ad “m”, come
sostenuto da Celi S.p.A., ovvero debba considerarsi
sufficiente, ai fini della sua regolarità, il richiamo
complessivo alla norma di cui all’art. 38 citato, come
previsto, del resto, genericamente nel disciplinare di gara.
Per risolvere tale quesito, si ritiene che debba essere
privilegiata un’interpretazione non formalistica del dato
positivo, come ha fatto di recente sulla medesima questione
anche il giudice amministrativo (Cons. di Stato, sez. IV, 5
settembre 2007, n. 4658), considerando sufficiente, ai fini
della regolarità, il richiamo complessivo alla norma di cui
all’art. 38 citato.
Peraltro, nel caso in esame il dettato del disciplinare di
gara, di cui all’art. 23 in narrativa riportato, non enuncia
le singole lettere da “a” ad “m” dell’art. 38 e rinvia allo
stesso in maniera generica. A fronte di detta mancata
specificazione della lex specialis, è opportuno che la
commissione di gara non adotti un parametro formalistico
nella valutazione delle domande di partecipazione.
Ne deriva, in risposta al secondo quesito, che la
commissione di gara non possa determinare l’esclusione dei
partecipanti che hanno presentato una dichiarazione nella
quale vi sia un riferimento complessivo, non analitico, alla
norma di cui al citato art. 38, anche in coerenza con il
principio in tema di contratti ad evidenza pubblica, secondo
cui le disposizioni del bando devono essere interpretate in
modo da consentire la più ampia partecipazione dei
concorrenti.
Pertanto, la commissione di gara potrà richiedere ai
partecipanti che hanno omesso di fare riferimento specifico
alle singole fattispecie, di integrare la dichiarazione
prodotta con un riferimento più analitico all’art. 38.
Stesso parametro di valutazione deve essere adottato nel
caso della dichiarazione del direttore tecnico che, non
essendo stata prevista nel disciplinare di gara, se non
prodotta, non può essere considerata motivo di esclusione di
un partecipante al quale deve essere concessa la possibilità
di regolarizzare tale lacuna.
In base a quanto sopra considerato, nei limiti di cui in
motivazione Il Consiglio ritiene che, in considerazione
della genericità della previsione del disciplinare di gara
relativamente alla dichiarazione da presentare ai sensi
dell’art. 38 D.Lgs. 163/2006, la Commissione di gara possa
chiedere ai partecipanti una integrazione documentale (parere
16.01.2008 n. 6
- link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Occorre preliminarmente rilevare che l'art. 19 del D.P.R n.
445/2000 disciplina "modalità alternative all’
autenticazione di copie”, rispetto a quelle ordinarie
previste dall’art. 18 del medesimo decreto, stabilendo in
generale che: "la dichiarazione sostitutiva dell’atto di
notorietà di cui all’ articolo 47 può riguardare anche il
fatto che la copia di un atto o di un documento conservato o
rilasciato da una pubblica amministrazione, la copia di una
pubblicazione ovvero la copia di titoli di studio o di
servizio sono conformi ali 'originale. Tale dichiarazione
può altresì riguardare la conformità ali 'originale della
copia dei documenti fiscali che devono essere
obbligatoriamente conservati dai privati". Risulta evidente,
pertanto, che dette modalità alternative di autenticazione
assumo in ogni caso la forma di una dichiarazione
sostitutiva di atto di notorietà.
Ciò premesso, la questione centrale dibattuta dalla parti
nella fattispecie in esame si sostanzia nella possibilità o
meno di utilizzare una dichiarazione sostitutiva di atto di
notorietà, resa ai sensi del citato art. 19 del D.P.R n.
445/2000 e, quindi, con la funzione, ivi prevista in via
generale, di modalità alternativa di autenticazione di copie
di atti e documenti, nella peculiare fase procedimentale del
controllo a sorteggio dei requisiti di partecipazione ai
sensi dell'art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006.
Al riguardo, tenuto conto che per la fattispecie in esame il
disciplinare di gara stabilisce che "i servizi analoghi ali
'oggetto prevalente della gara effettuati per conto di
Amministrazioni o Enti pubblici, negli esercizi
2004/2005/2006, sono comprovati mediante l'esibizione di
certificati rilasciati e vistati dalle Amministrazioni o
dagli Enti medesimi ", si ritiene che la dichiarazione
sostitutiva di atto di notorietà, resa ex art. 19 del D.P.R.
n. 445/2000 in sede di controllo ex art. 48 del D.Lgs. n.
163/2006 dalla concorrente PULIGIENICA s.r.1. e attestante
la conformità agli originali delle copie fotostatiche dei
certificati prodotti con riferimento ai servizi prestati,
non sia idonea al fine certificatorio oggetto del controllo
del possesso dei requisiti in capo alla società medesima.
Si devono in proposito distinguere (come già rilevato da una
condivisibile giurisprudenza, cfr.: Cons. Stato, Sez. V,
sentenza 09.12.2002, n. 6768) due fasi nei rapporti tra i
concorrenti e l'Amministrazione: quella iniziale, nella
quale può farsi legittimamente uso della dichiarazione
sostitutiva di atto notorio contestualmente alla
presentazione della domanda di partecipazione alla gara e
quella, successiva, nella quale l'attestazione del possesso
dei requisiti di partecipazione deve essere necessariamente
compiuta per mezzo della documentazione pubblica
certificativa della qualità o dello stato richiesti e non
può essere ammessa anche la modalità della dichiarazione
sostitutiva di atto di notorietà.
Infatti, se si accogliesse l'opposta tesi dell’ammissibilità
della presentazione di dichiarazioni sostitutive di atti di
notorietà sia con la presentazione della domanda di
partecipazione sia in occasione della verifica a campione,
innanzitutto perderebbe senso l'espressione "comprovare...
il possesso dei requisiti..., eventualmente richiesti nel
bando di gara, presentando la documentazione indicata in
detto bando o nella lettera di invito ", utilizzata dal
legislatore nell'art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006 e
significativa dell'opposta esigenza di conseguire una prova
diversa, ulteriore e definitiva, del possesso dei requisiti
di partecipazione. Inoltre, si giungerebbe all’inaccettabile
conseguenza logica di vanificare completamente il
subprocedimento di controllo previsto dalla citata
disposizione, che si risolverebbe nell' acquisizione delle
medesime atte stazioni già fornite dalle imprese sorteggiate
e non potrebbe mai condurre agli effetti sanzionatori ivi
contemplati.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei
limiti di cui in motivazione, non confermato il possesso dei
requisiti in sede di controllo ex art. 48 del D.Lgs. n.
163/2006, per cui la società concorrente PULIGIENICA s.r.1.
è stata correttamente esclusa dalla gara (parere
16.01.2008 n. 5
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APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Per la soluzione della questione sottoposta all’attenzione
dell’Autorità, si fa presente che rientra nella potestà
discrezionale della stazione appaltante disporre
l’annullamento di una procedura di affidamento di un
contratto pubblico, secondo gli ordinari canoni della
autotutela, laddove sussistano ragioni di opportunità e di
interesse pubblico attuale e concreto.
La potestà di agire in autotutela per revocare o annullare
l'esito della procedura di gara risiede nel principio
costituzionale di buon andamento che impegna
l'amministrazione ad adottare atti per la migliore
realizzazione del fine pubblico perseguito, nell'esigenza
che l'azione amministrativa si adegui all'interesse pubblico
allorquando questo muti o vi sia una sua diversa
valutazione.
Nel caso in esame, nell’operato dell’Amministrazione di
Verolengo non si rilevano elementi di non conformità ai
principi sopra indicati, attesa la valutazione di eccessiva
onerosità della spesa e di eccessiva discrezionalità dei
criteri di valutazione individuati per l’affidamento.
Inoltre, in relazione ai criteri di valutazione delle
candidature, si deve riscontrare un ulteriore elemento di
non conformità alla normativa di settore, in base al quale
sussistono le condizioni per procedere in autotutela
all’annullamento della procedura in esame: l’avviso pubblico
in esame non riportava i criteri ed i punteggi per la
valutazione delle candidature, individuati, invece, nella
determinazione n. 182/2006.
Con parere n. 106/2007 l’Autorità ha espresso l’avviso,
richiamando la giurisprudenza comunitaria, secondo il quale
tutti i criteri presi in considerazione ai fini
dell’aggiudicazione devono essere espressamente menzionati
nel capitolato d’oneri o nel bando di gara, affinché i
concorrenti siano posti in grado di conoscere la loro
esistenza e la loro portata, e che, al fine di garantire il
rispetto dei principi di parità di trattamento e di
trasparenza, tutti gli elementi presi in considerazione
dall’amministrazione aggiudicatrice per identificare
l’offerta devono essere resi noti ai potenziali concorrenti
al momento della preparazione delle loro offerte.
Pertanto, la commissione giudicatrice si deve limitare a
fissare in via generale i criteri motivazionali in base ai
quali attribuire a ciascun criterio e subcriterio di
valutazione il punteggio tra il minimo e il massimo
prestabiliti dal bando.
Si richiama, pertanto, la Stazione appaltante ad una
maggiore trasparenza nella redazione degli avvisi di
conferimento incarichi di progettazione di importo inferiore
a 100.000 euro.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che la procedura di
annullamento in autotutela dell’affidamento dell’incarico
professionale di che trattasi è conforme alla normativa di
settore (parere
16.01.2008 n. 3
- link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
Il punto 5.11 del disciplinare di gara, prevede che il
sopralluogo deve essere effettuato previo appuntamento
telefonico e che l’attestazione della relativa effettuazione
viene rilasciata “al legale rappresentante o ad un soggetto
munito di procura notarile o al direttore tecnico
dell’impresa”.
Sulla base di quanto rappresentato dalla Stazione
appaltante, nel caso in esame, il soggetto qualificatosi
quale direttore tecnico dell’impresa, non ha esibito alcuna
documentazione atta a suffragare quanto dichiarato.
La documentazione richiesta al rappresentante dell’impresa
da parte del responsabile del sopralluogo, aveva il solo
scopo di verificare la titolarità dello stesso ad effettuare
il sopralluogo.
Si richiama l’attenzione sulla particolare delicatezza del
momento del sopralluogo in relazione alla formulazione
dell’offerta, in quanto mira a rafforzare il coinvolgimento
del futuro appaltatore nella valutazione della prestazione
richiesta e della situazione dei luoghi, al fine di
prevenire eccezioni e riserve o eventuali ostacoli
incontrati nella attività realizzativa dell'appalto.
È, pertanto, essenziale che lo stesso sia effettuato dal
legale rappresentante o dal direttore tecnico o da soggetto
appositamente delegato.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che la procedura posta in
essere dall’Accademia di Belle Arti di Roma è conforme alla
normativa di settore (parere
16.01.2008 n. 2
- link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Per la soluzione della questione sottoposta all’attenzione
dell’Autorità deve preliminarmente rilevarsi che nelle gare
per l'aggiudicazione dei contratti pubblici vige il
principio dell'autotutela decisoria, che consente
all'amministrazione di riesaminare, annullare e rettificare
gli atti invalidi.
Come espresso dall’Autorità con determinazione n. 17/2002,
la illegittimità della procedura di gara giustifica
l'esercizio del potere di autotutela nel caso in cui
l'aggiudicazione sia stata determinata sulla base di vizi
inerenti la procedura di gara che doveva essere espletata
assicurando il puntuale rispetto della concorrenza tra
imprese e la par condicio delle stesse, occorrendo peraltro
che vengano individuati da parte della stazione appaltante
tutti gli interessi pubblici attuali, distinti dal mero
interesse al ripristino della situazione di legittimità che
giustifica la rimozione dell'atto viziato.
Inoltre, il principio della conservazione del procedimento
consente di annullare lo stesso fino alla fase precedente a
quella in cui è stato rilevato il vizio.
Nel caso in esame, la S.A. avendo rilevato che numerosi
concorrenti avevano mutato la propria compagine associativa,
e ritenendo sussistere, da un lato, una violazione alla più
ampia partecipazione di professionisti alla selezione,
dall’altro, una carenza nella disciplina di gara di cui alla
lettera di invito, che non recava specifiche disposizioni
sul divieto di modificazione della compagine associativa, ha
valutato che sussistessero i presupposti per un parziale
annullamento in autotutela della procedura.
Il Comune di Brandizzo, inoltre, ha ritenuto che la
procedura di selezione del professionista non prendesse
avvio con la pubblicazione dell’avviso pubblico alla
manifestazione di interesse, bensì con la trasmissione della
lettera di invito, ed ha pertanto annullato il procedimento
da detta fase.
Si deve rilevare che nella procedura in esame con l’avviso
pubblico la S.A. ha in buona sostanza effettuato una
indagine di mercato, tesa alla formazione di un elenco di
soggetti potenzialmente interessati all’attività
professionale di che trattasi, di importo inferiore a
100.000 euro.
Con la lettera di invito, nella quale sono state specificate
in dettaglio le attività progettuali richieste, la
documentazione necessaria per partecipare alla selezione ed
i criteri di valutazione delle offerte, si è avviato il
relativo procedimento di selezione e di affidamento
dell’incarico.
Correttamente, quindi, l’Amministrazione, riscontrando,
sulla base di quanto sopra riportato, l’interesse pubblico
alla rinnovazione del procedimento, ha individuato nella
lettera di invito l’avvio del procedimento.
Si deve inoltre rilevare che la facoltà, riconosciuta
esclusivamente ai soggetti che avevano a suo tempo
presentato manifestazione di interesse alla selezione, di
modificare la composizione originaria del raggruppamento,
non ha violato il principio della par condicio, non essendo
stato in alcun modo consentito l’inserimento di nuovi
soggetti, estranei alla manifestazione di interesse.
Infatti, l’Autorità con deliberazione n. 19/2006 ha espresso
l’avviso secondo il quale il divieto di modificazione delle
associazioni temporanee risponde al rispetto del principio
della contestualità e simultaneità della valutazione delle
imprese partecipanti alla gara.
Per quanto attiene alle ulteriori contestazioni formulate
successivamente dall’istante, verificata la documentazione
agli atti, si ritiene che non sussistano profili di
contrasto con quanto richiesto dalla lettera di invito.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che la procedura posta in
essere dal Comune di Brandizzo è conforme alla normativa di
settore (parere
20.12.2007 n. 162
- link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
Ai sensi dell’articolo 90, comma 8, del d. Lgs. n. 163, gli
affidatari di incarichi di progettazione non possono
partecipare agli appalti di lavori pubblici per i quali
abbiano svolto la suddetta attività di progettazione.
Occorre, per la soluzione del caso di specie e per valutare
la ricorrenza o meno dell’ipotesi di cui al citato comma 8,
definire l’attività di progettazione: come rilevato nella
determinazione n. 3/2004, nella progettazione di un’opera o
lavoro pubblico possono ravvisarsi due distinte attività
operative, costituite, la prima, dalla progettazione, in
senso proprio, che consiste in un’opera dell’ingegno di
carattere creativo, originale ed innovativo, di contenuto
complesso, con cui si estrinseca e rappresenta l’idea del
progettista, e, la seconda, che si concreta in una serie di
attività che accedono alla progettazione, ma sono da
svolgere secondo indicazioni e criteri stabiliti in sede di
scelte progettuali.
Distinta, poi, dalla composita attività di progettazione
vera e propria, sopra indicata è l’attività di supporto
tecnico-amministrativo alla progettazione: si tratta di
quegli apporti di contributi tecnici, che presuppongono la
conoscenza e la preventiva soluzione d’un ventaglio di
questioni attinenti a branche disparate delle conoscenze
tecniche e scientifiche, e che non s’identifica soltanto con
l’attività professionale propria dell’ingegnere o
dell’architetto e si risolvono in mere indagini, ispezioni,
ricognizioni, localizzazioni, non originali, di natura
meramente materiale e ripetitiva.
Nel caso in esame, non ricorre alcuna delle ipotesi sopra
delineate, in quanto l’impresa Bugli Carlo & C. s.a.s. ha
ricevuto dalla Diocesi l’incarico di promuovere il
finanziamento dell’opera.
Tuttavia, pur non rilevandosi profili di contrasto con la
disposizione di cui all’articolo 90, comma 8, del d. Lgs. n.
163/2006, la fattispecie in esame deve essere valutata sotto
il profilo della possibile violazione del principio della
par condicio e della simmetria informativa fra gli operatori
economici.
Si deve, infatti, verificare se in concreto la fattispecie
sopra delineata abbia o meno determinato una situazione di
favore nei confronti dell’impresa Bugli Carlo & C. s.a.s.
La circostanza che il socio accomandatario di detta impresa,
nell’ambito dell’incarico ricevuto, ha avuto modo di
conoscere preventivamente la progettazione preliminare
dell’intervento e di seguirne tutte le fasi di approvazione
del relativo progetto presso la Soprintendenza, potrebbe
aver posto l’impresa di che trattasi in una posizione
privilegiata rispetto agli altri concorrenti.
È infatti sufficiente il solo sospetto della possibile
lesione della trasparenza nella circolazione delle
informazioni legate all’intervento di che trattasi, a
costituire un vulnus al principio della par condicio.
Ciò rileva soprattutto in considerazione del criterio di
aggiudicazione scelto dall’Amministrazione per l’affidamento
del restauro di che trattasi: l’appalto, infatti, è stato
aggiudicato con il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa, al fine, recita il bando, “di conseguire
soluzioni migliorative al progetto esecutivo, predisposto
nel rispetto anche delle indicazioni fornite dalla
competente Soprintendenza.”
Se è vero che il progetto a base di gara è di livello
esecutivo, fase progettuale estranea all’incarico ricevuto
dall’impresa Bugli Carlo &C., è altrettanto indubitabile che
i livelli di progettazione successivi al preliminare sono
definizioni sempre più affinate del medesimo intervento
(l’articolo 15, comma 2, del d.P.R. 554/1999, dispone che i
tre livelli costituiscono una suddivisione di contenuti che
tra loro interagiscono e si sviluppano senza soluzione di
continuità).
Sulla base di quanto sopra riportato, la partecipazione
dell’impresa Bugli Carlo & C. s.a.s. alla gara in esame ha
violato il principio di par condicio fra i concorrenti sotto
il profilo della simmetria informativa.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che la procedura di
aggiudicazione dell’appalto in esame non è conforme alla
normativa di settore (parere
20.12.2007 n. 161
- link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
In precedenti espressioni di parere l’Autorità, nel concorde
orientamento della giurisprudenza amministrativa, ha
espresso l’avviso secondo il quale non ricorrono le
condizioni per una integrazione documentale della
dichiarazione sostitutiva, nel caso in cui attraverso
l’integrazione si determina non una specificazione del
contenuto della dichiarazione resa, ma una sua integrazione
ex post, con conseguente violazione del principio della par
condicio.
L’Autorità sul punto ha chiarito che è possibile procedere
all’integrazione documentale esclusivamente nel caso in cui
la dichiarazione richiesta dalla disciplina di gara sia
stata in qualche forma presentata e necessiti di
chiarimenti: nel caso di specie la voce relativa alle
posizioni assicurative è stata lasciata in bianco e,
pertanto, la relativa dichiarazione sostitutiva risulta non
resa.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione
dell’impresa Bianchi Costruzioni s.a.s. è conforme alla
normativa di settore (parere
13.12.2007 n. 152
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LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
Come già rilevato dall’Autorità con deliberazione n. 99/2007
e con parere n. 38/2007, fino all’entrata in vigore del
regolamento esecutivo, giusto quanto previsto dall’articolo
253, comma 3 del d. Lgs. n. 163/2006, per i lavori pubblici
continuano ad applicarsi le disposizioni regolamentari
vigenti –tra cui il D.M. 12.03.2004 n. 123- nei limiti di
compatibilità con il codice dei contratti pubblici.
Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del citato decreto n.
123/2004, ai fini della semplificazione delle procedure
inerenti gli appalti di lavori pubblici, i concorrenti sono
abilitati a presentare alle S.A. le sole schede tecniche,
secondo il format allegato al medesimo decreto, che
costituiscono parte integrante dello schema tipo e la loro
sottoscrizione costituisce atto formale di accettazione
incondizionata di tutte le condizioni ivi previste.
Nel caso in esame, la scheda tecnica presentata dal
concorrente istante riporta i contenuti del format di scheda
tecnica allegato al D.M. n. 123/2004, contiene l’espressa
rinuncia all’eccezione di cui all’articolo 1957, comma 2,
del cod. civ e l’impegno a rilasciare la garanzia
fideiussoria per la cauzione definitiva in caso di
aggiudicazione lavori, di cui all’articolo 113 del d. Lgs.
n. 163/2006.
Per quanto attiene alla durata della garanzia, detta scheda
fa rinvio all’articolo 2 dello schema tipo 1.1., in base al
quale la garanzia ha validità di almeno 180 giorni: poiché
il bando di gara non prevedeva una diversa durata della
garanzia, la scheda tecnica non doveva riportare alcuno
specifico riferimento alla durata della stessa.
Per quanto attiene, infine, all’espressa rinuncia al
beneficio della preventiva escussione ed al pagamento, entro
15 giorni, a semplice richiesta scritta della stazione
appaltante, si precisa che dette clausole sono riportate
nell’articolo 4 dello schema tipo 1.1.
Non sussistono, pertanto, elementi ostativi a ritenere non
adempiuto quanto prescritto dal bando di gara e
dall’articolo 75 del d. Lgs. n. 163/2006.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione
dell’impresa Costruzioni Cicuttin s.r.l. non è conforme alla
normativa di settore (parere
13.12.2007 n. 151
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APPALTI: Ritenuto
in diritto:
In tema di termini per la ricezione delle offerte, si deve
preliminarmente far presente che, in base al diritto
comunitario, nel fissare i termini per la ricezione delle
offerte, le stazioni appaltanti tengono conto del tempo
ordinariamente necessario per preparare le offerte. In
materia, vige, pertanto, il principio generale di
adeguatezza dei termini, in relazione alla complessità
dell’appalto.
Quanto sopra assume una particolare rilevanza nell’ipotesi
di aggiudicazione mediante appalto concorso, nella quale i
concorrenti sono tenuti ad effettuare specifica attività
progettuale, da valutarsi in sede di offerta.
Tenendo conto che l’articolo 256 del d. Lgs. n. 163/2006 ha
espressamente abrogato l’articolo 79 del d.P.R. 554/1999,
per la soluzione della questione sottoposta all’attenzione
dell’Autorità occorre, pertanto, far rinvio al principio
sopra riportato dell’obbligo di stabilire termini adeguati
in relazione alla particolare complessità dell’offerta
nell’appalto concorso.
Nel caso in esame, i termini di scadenza per la
presentazione delle offerte, rispettivamente di venticinque
e trentadue giorni, non possono ritenersi adeguati per
l’elaborazione dei progetti offerta in esame, anche in
considerazione che l’intervento attiene ad un bene immobile
sottoposto a tutela.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che:
- nell’appalto concorso i termini di scadenza per la
presentazione delle offerte devono rispondere al principio
comunitario di adeguatezza dei termini;
- le problematiche di carattere tecnico, relative all’esame
del progetto preliminare posto a base di gara ed
all’eventuale frazionamento dell’intervento, sono rimesse
alla Direzione Vigilanza per le valutazioni di competenza
(parere
13.12.2007 n. 149
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GIURISPRUDENZA |
PUBBLICO
IMPIEGO: Quando
il datore di lavoro può leggere la mail aziendale del
lavoratore.
Il datore di lavoro può
leggere la mail aziendale del lavoratore se è prevista la
comunicazione della password del computer e della posta al
superiore gerarchico
(Corte di Cassazione, Sez. V penale,
sentenza 19.12.2007 n. 47096
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EDILIZIA
PRIVATA: Ristrutturazione
edilizia (ambito di applicazione).
1. Dal contenuto dell'art. 10, l comma – lett. c), del T.U.
n. 380/2001 e dell’'art. 22, 3° comma - lett. a), dello
stesso T.U. come modificato dal d.lgs. n. 301-2002 si deduce
che:
a) sono sempre realizzabili previa mera denunzia di inizio
attività le ristrutturazioni edilizie di portata minore:
quelle, cioè, che determinano una semplice modifica
dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che
compongono la costruzione, in modo che, pur risultando
complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale
consistenza urbanistica (diverse da quelle, descritte
dall'art. 10, primo comma - lett. c), che comportano invece
una variazione del carico urbanistico);
b) sono realizzabili in seguito a permesso di costruire
ovvero (a scelta dell'interessato) previa mera denunzia di
inizio attività interventi di ristrutturazione edilizia che
comportino integrazioni funzionali e strutturali
dell'edificio esistente, pure con incrementi limitati di
superficie e di volume. Le "modifiche del volume" possono
consistere, però, in diminuzioni o trasformazioni dei volumi
preesistenti ed in incrementi volumetrici modesti (tali da
non configurare apprezzabili aumenti di volumetria) poiché,
qualora si ammettesse la possibilità di un sostanziale
ampliamento dell' edificio, verrebbe meno la linea di
distinzione tra "ristrutturazione edilizia" e "nuova
costruzione".
L'art. 3, I comma, lett. d), del T.u. n. 380/2001, come
modificato dal d.lgs. n. 301-2002, ha esteso, inoltre, la
nozione di "ristrutturazione edilizia" ricomprendendovi pure
gli interventi ricostruttivi "consistenti nella demolizione
e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello
preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per
l'adeguamento alla normativa antisismica.
2. In materia edilizia, la disciplina sanzionatoria penale
non è correlata alla tipologia del titolo abilitativo, bensì
alla consistenza concreta dell’l'intervento (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 19.12.2007 n. 47046
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APPALTI: Il
Codice degli appalti è espressione di potestà legislativa
esclusiva dello Stato.
La Corte Costituzionale,
riuniti i giudizi,
1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art.
5, comma 2, del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163
(Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e
2004/18/CE), limitatamente alle parole «province autonome»;
2) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art.
84, commi 2, 3, 8 e 9, del d.lgs. n. 163 del 2006, anche nel
testo modificato dal decreto legislativo 31.07.2007, n. 113
(Ulteriori disposizioni correttive e integrative del decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante il Codice dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, a
norma dell'articolo 25, comma 3, della legge 18.04.2005, n.
62), nella parte in cui, per i contratti inerenti a settori
di competenza regionale, non prevede che le norme in esso
contenute abbiano carattere suppletivo e cedevole;
3) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art.
98, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006
(Corte Costituzionale,
sentenza 23.11.2007 n. 401
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EDILIZIA
PRIVATA: Autorizzazione
collocazione impianti pubblicitari.
In materia di autorizzazioni temporanee alla
collocazione di impianti pubblicitari il diniego di
autorizzazione, motivato dal Comune con riguardo alla
mancata adozione del necessario strumento pianificatorio, è
legittimo e perfettamente coerente con le statuizioni rese
al riguardo dalla Corte Costituzionale (Consiglio di
Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia,
sentenza 21.11.2007 n. 1055
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APPALTI: Procedure
di gara: motivi di esclusione e risarcimento del danno.
Risulta fondata la
doglianza con cui è stato fatto presente che
l’aggiudicataria doveva essere esclusa in quanto non aveva
inserito nella propria offerta la dichiarazione sostitutiva
ai sensi del D.P.R. 445/2000 con cui il concorrente o un suo
procuratore, assumendone la responsabilità, attestava
l’osservanza all’interno della propria azienda degli
obblighi di sicurezza previsti dalla vigente normativa
richiesta a pena di esclusione dal disciplinare di gara.
Non risulta idoneo ad incidere sulla fondatezza delle
dedotta censura il rilievo secondo cui avendo la ditta
dichiarato di non trovarsi in nessuna delle situazioni, le
quali a norma dell’art. 75 del D.P.R. 554/1999 comportano
l’esclusione dalla gara, tale dichiarazione è stata
correttamente considerata dalla stazione appaltante come
idonea ad accertare anche la sussistenza all’interno
dell’azienda della situazione di rispetto degli obblighi di
sicurezza.
Infatti, deve essere evidenziato che la dichiarazione di cui
all’art. 75 lett. e) del D.P.R. n. 554/1999 ha ictu oculi un
oggetto radicalmente diverso da quello di cui alla citata
omessa dichiarazione, in quanto si riferisce a gravi
infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di
sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di
lavoro, risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio
dei lavori pubblici.
Invero, se nel caso di recesso dall’appaltatore è previsto
che il danno risarcibile debba essere quantificato
complessivamente nel 10% dei quattro quinti del prezzo posto
a base di gara, depurato dal ribasso offerto dall’impresa,
ricomprendendo, quindi, in tale importo tutti i pregiudizi
economici subiti dall’impresa in conseguenza del recesso,
non si vede la ragione per cui, in caso di mancata
aggiudicazione dell’appalto, l’ambito applicativo della
suddetta disposizione debba essere inteso in senso più
restrittivo, nel senso che residuano ulteriori ed autonome
voci risarcitorie che non sono incluse nell’importo da
quest’ultima determinato
(TAR Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 22.10.2007 n. 10227
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EDILIZIA
PRIVATA: Costruzioni
edilizie - Regioni a statuto ordinario - Previsione di
titoli abilitativi diversi da quelli del d.P.R. n. 380 del
2001 - Esclusione - Ragioni - Possibilità per la Regione di
dettare disposizioni in deroga - Ammissibilità.
In materia edilizia ed urbanistica, in applicazione
dell'art. 2, comma terzo, d.P.R. 06.06.2001 n. 380, che
sancisce la diretta operatività, nelle Regioni a statuto
ordinario, delle disposizioni attuative dei principi di
riordino contenute nel citato d.P.R., devono ritenersi
abrogate tutte quelle disposizioni legislative regionali che
contemplano titoli abilitativi edilizi diversi da quelli
previsti dalla legislazione nazionale (permesso di costruire
e denuncia di inizio attività), ferma restando la
possibilità per le Regioni a statuto ordinario di prevedere
una disciplina in deroga agli strumenti urbanistici vigenti
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 03.10.2007 n. 36197
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AMBIENTE-ECOLOGIA: Aria.
Emissione di gas, vapori e fumi atti a molestare le persone
- Reato di cui all'art. 674 cod. pen. - Parametri di
riferimento - Individuazione - Fattispecie: emissione di
fumi di combustione provenienti dalla canna fumaria di una
caldaia a metano per riscaldamento.
In tema di inquinamento atmosferico, è configurabile il
reato di cui all'art. 674 cod. pen. (emissione di gas,
vapori e fumi atti a molestare le persone) anche nel caso in
cui le emissioni provengano da un impianto non conforme alla
normativa sull'abbattimento dei fumi emessi dalla canna
fumaria di una caldaia a metano per riscaldamento (D.M.
21.03.1993), quando il disturbo concretamente arrecato alle
persone superi la normale tollerabilità con conseguente
pericolo per la salute pubblica (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 28.09.2007 n. 35730
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EDILIZIA
PRIVATA: Contravvenzioni
edilizie - Individuazione dei soggetti responsabili -
Comproprietario non committente - Elementi oggettivi -
Presentazione della domanda di condono edilizio - È tale.
In tema di reati edilizi, l'individuazione del
comproprietario non committente quale soggetto responsabile
dell'abuso edilizio può essere desunta da elementi oggettivi
di natura indiziaria, come la presentazione della domanda di
condono edilizio, sottraendosi tale valutazione al sindacato
di legittimità della Suprema Corte in quanto comporta un
giudizio di merito che non contrasta né con la disciplina in
tema di valutazione della prova né con le massime di
esperienza (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 27.09.2007 n. 35631
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EDILIZIA
PRIVATA: Realizzazione
di un terrapieno - Di rilevanti dimensioni - Reato di
esecuzione di lavori in assenza di permesso di costruire -
Configurabilità - Fondamento.
Integra il reato di costruzione edilizia abusiva la
realizzazione di un terrapieno di rilevanti dimensioni sia
in ampiezza che in altezza, non potendosi inquadrare tale
intervento tra quelli per i quali non è richiesto il
permesso di costruire (fattispecie nella quale l'intervento
eseguito presentava un'estensione pari a 3.000 mq. per 2
metri di altezza) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 27.09.2007 n. 35629
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EDILIZIA
PRIVATA: Beni
Ambientali - Disposizioni a tutela del paesaggio - Nulla
osta paesaggistico - Compatibilità paesaggistica - Autonomia
dei due provvedimenti - Fondamento.
In tema di tutela del paesaggio, il provvedimento introdotto
dalla L. 15.12.2004, n. 308 con cui l'autorità
amministrativa accerta la compatibilità paesaggistica di
quanto abusivamente realizzato è diverso dal cosiddetto
nulla osta paesaggistico rilasciato dall'autorità preposta
alla tutela del vincolo, in quanto quest'ultimo condiziona
l'efficacia del permesso di costruire (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 25.09.2007 n. 35498
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AGGIORNAMENTO AL
28.01.2008 |
ã |
UTILITA' |
EDILIZIA
PRIVATA:
I lavori in economia si possono realizzare e, come
tali, sono esclusi dal campo di applicazione della
normativa sul D.U.R.C..
Richiesta 02.10.2007 di interpretazione in merito
all'applicazione dell'art. 3 del d.lgs. 14.08.1996 n. 494
(si veda la risposta del Ministero del Lavoro e della
Previdenza Sociale,
nota 07.02.2008
n. 2228 di prot.). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Testo
del D.Lgs. n. 152/2006 aggiornato con le modifiche
introdotte dal D.Lgs. 16.01.2008 n. 4
(attenzione: testo NON ufficiale, ad uso studio) (link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Tavola
comparativa testo del D.Lgs. n. 152/2006 (aggiornato con le
modifiche apportate dal D.Lgs. 16.01.2008 n. 4) e testo
previgente (copia uso studio, testo NON ufficiale)
(link a www.lexambiente.it). |
G.U.R.I. - G.U.U.E. - B.U.R.L.
(e anteprima) |
EDILIZIA
PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, 3° suppl straord. al n. 4 del 25.01.2008, "Aggiornamento
della procedura di calcolo per predisporre l'attestato di
certificazione energetica degli edifici, previsto con d.g.r.
5018/2007 e successive modificazioni ed integrazioni"
(decreto
D.U.O. 13.12.2007 n. 15833
- link a www.infopoint.it). |
NEWS |
PUBBLICO
IMPIEGO: Conferimento
di incarichi di collaborazione. Requisiti
(parere
21.01.2008 n. 5/2008
- link a www.funzionepubblica.it). |
PUBBLICO
IMPIEGO: Parere
sul recupero della giornata lavorativa effettuata durante le
festività infrasettimanali - Lavoratori turnisti - recupero
giornata di lavoro
(parere
15.01.2008 n. 4/2008
- link a www.funzionepubblica.it). |
PUBBLICO
IMPIEGO: Proroga
termini validità graduatorie di concorso per le assunzioni
presso le pubbliche amministrazioni
(parere
21.12.2007 n. 3/2008
- link a www.funzionepubblica.it). |
PUBBLICO
IMPIEGO: Nota
Circolare sull'adempimento delle prescrizioni di legge in
tema di comunicazioni obbligatorie per i datori di lavoro,
privati e pubblici, relative ai rapporti di lavoro da essi
instaurati, di cui all’articolo 9-bis, comma 2, del decreto
legge n. 510 del 1996, come sostituito dal comma 1180
dell’articolo unico della legge n. 296 del 2006
(parere
08.01.2008 n. 1/2008
- link a www.funzionepubblica.it). |
PUBBLICO
IMPIEGO: Quesito
in materia di assunzioni di personale a tempo indeterminato
(parere
28.12.2007 n. 32/2007
- link a www.funzionepubblica.it). |
PUBBLICO
IMPIEGO: Parere
su manifestazione di opzione per rapporto di lavoro con
altra amministrazione presentata da proprio dipendente nel
caso di vincita di concorso.
Vincita di concorso presso altra amministrazione - Esercizio
dell'opzione per il nuovo rapporto di lavoro - Mantenimento
del posto presso l'originaria amministrazione per il periodo
di prova - Obbligo di preavviso
(parere
21.11.2007 n. 26/2007
- link a www.funzionepubblica.it). |
PUBBLICO
IMPIEGO: Stabilizzazione
personale dipendente. Requisito temporale per la
stabilizzazione maturato in diverse amministrazioni
(parere
17.10.2007 n. 23/2007
- link a www.funzionepubblica.it). |
PUBBLICO
IMPIEGO: Stabilizzazione
personale dipendente
(parere
19.10.2007 n. 22/2007
- link a www.funzionepubblica.it). |
PUBBLICO
IMPIEGO: Parere
in tema di autorizzazione all'espletamento di incarichi
retribuiti.
Dipendente in servizio presso altra amministrazione -
competenza al rilascio
(parere
26.09.2007 n. 21/2007
- link a www.funzionepubblica.it). |
PUBBLICO
IMPIEGO: Parere
in tema di modalità di finanziamento delle posizioni
organizzative.
Personale non dirigente - Enti locali - Posizioni
organizzative - Finanziamento
(parere
21.09.2007 n. 20/2007
- link a www.funzionepubblica.it). |
PUBBLICO
IMPIEGO: Progressioni
verticali
(parere
31.10.2006 n. 9/2006
- link a www.funzionepubblica.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
ESPROPRIAZIONE: V.
Mazzarelli,
IL VALORE DELL’INDENNITÀ DI ESPROPRIO
(link a www.pausania.it). |
ENTI LOCALI -
PUBBLICO IMPIEGO: G.
Nicoletti,
RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA E RESPONSABILITA’ CONTABILE
NELLA FINANZIARIA 2008
(link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: A.
De Quattro,
LO SVILUPPO RURALE: STRUMENTO DI TUTELA E DI PROMOZIONE
DELLE AREE PROTETTE
(link a www.ambientediritto.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI SERVIZI: Un’amministrazione
aggiudicatrice non può applicare regole di ponderazione o
sottocriteri per i criteri di aggiudicazione che non abbia
preventivamente portato a conoscenza degli offerenti.
L’art. 36, n. 2, della direttiva del Consiglio 18.06.1992
92/50/CEE, che coordina le procedura di aggiudicazione degli
appalti pubblici di servizi, come modificata dalla direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio 13.10.1997, 97/52/CE,
letto alla luce del principio di parità di trattamento degli
operatori economici e dell’obbligo di trasparenza che ne
discende, osta a che, nell’ambito di una procedura di
aggiudicazione, l’amministrazione aggiudicatrice determini
in un momento successivo coefficienti di ponderazione e
sottocriteri per i criteri di aggiudicazione menzionati nel
capitolato d’oneri o nel bando di gara
(Corte di Giustizia europea, Sez. I,
sentenza 24.01.2008 n. C-532/06
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI: Sulla
legittimità dell’esclusione di una associazione fra
professionisti da una gara per l’aggiudicazione di un
appalto di servizi.
E’ legittima l’esclusione di una associazione fra
professionisti da una procedura di gara per la
predisposizione di uno studio di fattibilità per la
realizzazione di una "Banca Telematica patrimonio beni
culturali e turismo" in quanto, ai sensi dell’art. 11 del
D.Lgs. 17.03.1995 n. 157 (ora abrogato; ma applicabile,
ratione temporis ed in ragione dell’espresso richiamo ad
esso formulato dalla lex specialis di gara al caso di
specie), la partecipazione alla gara è consentita alle sole
"imprese" (o a "raggruppamenti di imprese") e non anche ad
associazioni formate fra professionisti
(TAR Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 21.01.2008 n. 384
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI: Non
costituisce un requisito essenziale per la partecipazione
alla gara la dichiarazione resa all’atto della presentazione
dell’offerta in ordine alle opere che il concorrente si
riserva di affidare in subappalto.
Deve essere esclusa dalla gara l’impresa aggiudicataria per
non avere dichiarato la sussistenza di eventuali soci
cessati dalla carica ai sensi dell’art. 75, c. 1, lett. c)
del DPR 554/1999.
La corretta dichiarazione resa all’atto della presentazione
dell’offerta in ordine alle opere che il concorrente si
riserva di affidare in subappalto non costituisce di per sé
un requisito essenziale per la partecipazione alla gara in
quanto essa è solitamente finalizzata a consentire alla
ditta partecipante di subappaltare certe opere o servizi
puntualmente indicati. Ne deriva che la mancanza di tale
dichiarazione si limita all’impossibilità per la ditta
partecipante, una volta che dovesse risultare
aggiudicataria, di subappaltare le opere. Un problema
potrebbe semmai porsi nel caso in cui la ditta partecipante,
che non abbia reso dichiarazione in ordine ai lavori da
subappaltare ovvero l’abbia resa in modo incompleto, non
possegga la qualificazione richiesta dal bando di gara in
relazione a determinate opere. In questo caso il problema si
sposta in ordine alla mancanza di un requisito soggettivo
necessario per potere partecipare.
In tema di requisiti morali e di produzione documentale per
la partecipazione a gare di appalto, le certificazioni
penali devono riguardare, ai sensi dell’art. 75, del D.P.R.
n. 554/1999, tutti i soggetti, amministratori e direttori
tecnici delle società partecipanti, in carica ovvero
cessati, durante l’intero triennio antecedente la
pubblicazione del bando. Con la conseguenza che deve
ritenersi sussistente a carico delle ditte stesse un onere
di documentazione, ossia la ricostruzione "storica" delle
cariche sociali, nell’arco dell’ultimo triennio. Trattasi,
infatti, di circostanze che rilevano nello stesso modo per
tutti i soggetti cessati dalla carica dato che, anche quando
questi sono ancora in vita, sussistono problemi di
effettuazione di dichiarazioni e di produzione documentale,
la cui configurabilità non può ritenersi sufficiente ai fini
della giustificazione di una deroga al precetto di cui al
richiamato art. 75
(TAR Sicilia-Palermo, Sez. I,
sentenza 09.01.2008 n. 23
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI: Sull’interpretazione
del c. 1 dell’art. 13 del D.L. n. 223/06 (c.d. Bersani):
esclusione dei servizi pubblici locali dall'ambito
applicativo; finalità comunitarie e costituzionali della
disposizione.
Il c. 1 dell’art. 13 del D.L. n. 223/06 convertito con
modificazioni nella L. n. 248/2006 contempla pacificamente
un divieto, ossia quello che determinate società non possano
svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o
privati, con esclusione dei servizi pubblici locali, né in
affidamento diretto né con gara, rispetto gli enti
costituenti o partecipanti alle stesse.
La distinzione tra mero servizio e servizio pubblico va
ricercata nel beneficiario diretto dello stesso: ricorre
l’ipotesi del servizio pubblico se la prestazione resa
dall’appaltatore viene fornita per soddisfare in via
immediata le esigenze della collettività o del singolo
utente; costituisce, al contrario, mero servizio strumentale
quello le cui prestazioni vengono effettuate direttamente a
favore della stazione appaltante.
Nel caso di un pubblico incanto per l’affidamento del
servizio di gestione integrata e ottimizzazione del sistema
energetico (illuminazione pubblica e servizio energia),
indetto da un comune, in forza di tali nozioni non vi è
dubbio che il servizio di "pubblica illuminazione" debba
essere considerato servizio pubblico, poiché dell’erogazione
dello stesso, da parte dell’appaltatore, beneficia
direttamente ed esclusivamente la collettività (o il singolo
utente) senza alcuna intermediazione del Comune nello
svolgimento del processo produttivo. Al contrario, il
Servizio Energia non può essere qualificato tale, in quanto
la gestione calore non viene resa direttamente alla
collettività, ma viene fornita alle strutture gestite
dall’ente ovvero a strutture gestite da altri soggetti
rispetto al fornitore del servizio energia.
L’art. 13 del D.L. n. 223/2006, convertito con modificazioni
nella L. n. 248/2006 trova fondamento nel fatto che l’U.E.
ha reiteratamente previsto la necessità che gli Stati membri
provvedano alla regolamentazione dell’accesso al mercato
degli appalti pubblici da parte di organismi di proprietà o
partecipati da enti pubblici, evitando distorsioni della
concorrenza nei confronti dei soggetti privati (quarto
considerando della Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004
relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione
degli appalti pubblici di lavori, forniture e di servizi).
La finalità della norma è pertanto quella di limitare il
vantaggio competitivo nella quale si trovano dette società
con accesso privilegiato al mercato della pubblica
amministrazione a scapito di altri operatori privati .
L’art. 13 del D.L. n. 223/2006, lungi dal violare l’art. 41
Cost., ne costituisce invece immediata applicazione mirando
dichiaratamente a preservare il mercato da alterazioni e
fenomeni distorsivi delle regole della concorrenza.
Relativamente all’art. 3 della stessa Carta Costituzionale,
si osserva che l’intento dichiarato del Decreto ha come
finalità precipua quella di tutela dell’interesse pubblico
generale con l’introduzione di un livello ulteriore di
concorrenza e di libertà nel mercato al fine di permettere
agli operatori di poter agire in posizione di uguaglianza,
evitando che alcune imprese possano avvantaggiarsi, nel
confronto concorrenziale, della struttura della propria
compagine societaria per la presenza di un socio pubblico
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 27.12.2007 n. 1373
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EDILIZIA
PRIVATA: Salvaguardia
qualitativa delle acque destinate al consumo umano - Diniego
di concessione edilizia - Zona di rispetto della sorgente -
Art. 94, D. L.vo n. 152/2006.
Le aree situate nella zona di rispetto delle risorse idriche
non possono essere utilizzate a scopo edificatorio, in
applicazione della normativa contenuta nel D.P.R. 24 maggio
1988, n. 236 e successive modifiche, normativa, (oggi
contenuta nel D.L.vo n. 152/2006) essenzialmente finalizzata
alla salvaguardia qualitativa delle acque destinate al
consumo umano, in stretta conformità alle vigenti
disposizioni dettate in sede europea su tale materia.(Cons.
Stato, Sez. IV, 18/02/1992, n. 132).
Iniziative edificatorie - Limitazione del diritto di
proprietà subordinata alla necessità di un adempimento
preventivo (Piano attuativo) - L. n. 1150/1942.
La limitazione delle facoltà connesse al diritto di
proprietà, derivante dalla necessità di un adempimento
preventivo (nella specie piano attuativo), risulta
giustificata da preminenti esigenze di interesse pubblico
alla corretta realizzazione di iniziative edificatorie
specie in zone che siano del tutto od in parte prive di
adeguate opere di urbanizzazione (Cons. Stato, Sez. IV,
15/05/1995, n. 336) (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 10.12.2007 n. 6337
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URBANISTICA: Vincolo
espropriativo imposto dal PRG - Reviviscenza di una
precedente destinazione - Limiti - Fattispecie: ex cava di
argilla esclusa per le caratteristiche del sito dalla
localizzazione del PEEP.
La decadenza del vincolo espropriativo imposto dal PRG, non
comporta necessariamente la reviviscenza di una precedente
destinazione edificatoria, tenuto anche conto delle
peculiari caratteristiche della zona (nella specie ex cava
di argilla esclusa proprio per le caratteristiche del sito
dalla localizzazione del PEEP) (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 10.12.2007 n. 6337
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ENTI LOCALI: BENI
CULTURALI E AMBIENTALI - Complessi monumentali di
appartenenza pubblica - Attribuzione in uso a privati -
Limiti - Art. 117 D.Lgs. n. 42/2004 - Fattispecie.
Per gli "istituti e luoghi della cultura" di appartenenza
pubblica, che costituiscono una categoria a sé stante
nell'ambito dei "beni culturali", non è consentita
l'attribuzione in uso a terzi soggetti per lo svolgimento di
attività che, ferma restando l'accessibilità da parte della
generalità degli individui, abbiano il solo limite (in
negativo) della non compromissione dell'integrità del bene e
dei valori storico-artistici di cui lo stesso è espressione
-concessione in uso prevista invece per le restanti
tipologie di beni-, in quanto l'esplicita previsione dei
c.d. "servizi aggiuntivi", escludendo implicitamente ogni
altra modalità di impiego, identifica in modo tassativo le
ulteriori attività compatibili con la natura del bene e
conferma la necessità di un uso che, per la parte
principale, si caratterizzi per essere preordinato a
finalità di interesse pubblico, per essere coerente con il
valore culturale oggetto di tutela e per essere strumentale
al pieno godimento di quest’ultimo da parte della
collettività, in modo da preservare l'identità
storico-artistica del bene e renderne partecipe la comunità
attraverso la concreta adibizione ad una funzione che
rispecchi la natura del bene, in ciò realizzandosi -come
prescritto dalle legge (art. 101, comma 3, d.lgs. n.
42/2004)- la destinazione alla "pubblica fruizione" e
l'espletamento di un "servizio pubblico" (nella specie, è
stato ritenuto che la riqualificazione di un complesso
monumentale, nel prevedere la destinazione di parte della
superficie complessiva ad uso privato, per l'adibizione ad
attività alberghiera, ad esercizi commerciali e ad uffici,
non rispondesse alla fondamentale esigenza di una
destinazione d'uso coerente con il valore culturale protetto
e strumentale al suo pieno godimento da parte della
collettività, non assolvendo pertanto a quella funzione di
"servizio pubblico" prescritta per i "complessi monumentali"
di appartenenza pubblica; né che tale destinazione fosse
riconducibile alla tipologia dei "servizi aggiuntivi" di cui
all'art. 117 del d.lgs. n. 42 del 2004) (TAR Emilia
Romagna-Parma, Sez. I,
sentenza 04.12.2007 n. 618
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AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI
- Termovalorizzatore - Procedimento autorizzatorio -
Impugnazione - Proprietari delle aziende agricole situate
entro l’area destinata a subire gli effetti negativi
dell’impianto - Legittimazione - Sussistenza.
Sono legittimati ad impugnare gli atti del procedimento
volto alla progettazione, realizzazione, gestione ed
autorizzazione di un nuovo termovalorizzatore, in quanto
titolari di una posizione differenziata, i proprietari delle
aziende agricole situate all’interno della cd. “area di
influenza”, quale area destinata a risentire effetti
negativi dall’azione dell’impianto.
RIFIUTI - Smaltimento dei rifiuti - Termovalorizzatore
- Impianto termico di produzione energetica - Funzione
accessoria rispetto a quella di smaltimento - Impianto di
incenerimento - Valutazione di impatto ambientale
provinciale - L.R. Piemonte n. 40/1998.
La previsione di un impianto termico di produzione
energetica è conforme a quanto previsto dall’art. 22, comma
5, del decreto legislativo 05.02.1997, n. 22, che impone di
dotare i nuovi impianti della capacità di recuperare parte
dell’energia termica sviluppata dal processo di combustione
dei rifiuti. In quest’ottica l’impianto energetico ha
funzione evidentemente accessoria rispetto a quella,
principale, di smaltimento dei rifiuti. A ciò consegue che
il termovalorizzatore, nel suo complesso, debba considerarsi
“impianto di incenerimento” ai sensi dell’art. 2 del decreto
legislativo 11.05.2005, n. 133 (ove si distingue tale
tipologia da quella degli impianti di “coincenerimento”, ove
la produzione energetica assume, invece, carattere
“principale”), come tale soggetto a valutazione di impatto
ambientale provinciale, anziché ministeriale, secondo quanto
previsto dall’allegato 2, n. 6, della legge Regione Piemonte
40/1998 (TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 01.12.2007 n. 3607
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ENTI LOCALI: Convenzioni
- Competenza consiliare - Individuazione - Artt. 42 e 30
T.U.E.L..
La competenza consiliare in materia di convenzioni, ai sensi
dell’art. 42, c. 2, lett. c), del d.lgs. n. 267/2000, è
circoscritta ai soli accordi che presentino le
caratteristiche di cui all’art. 30, c. 2 del medesimo d.lgs.:
“Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le
forme di consultazione degli enti contraenti, i loro
rapporti finanziari ed i reciprochi obblighi e garanzie”
(nella specie, all’accordo avente ad oggetto
l’individuazione del sito potenzialmente idoneo ad ospitare
un nuovo termovalorizzatore, è stata riconosicuta natura di
mera individuazione di comuni intenti, come tale rientrante
nella competenza della giunta) (TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 01.12.2007 n. 3607
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AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO
ACUSTICO - Tutela della quiete pubblica - Interesse
prevalente sugli interessi commerciali dei pubblici esercizi
- Limitazione degli orari di apertura - Legittimità.
L’interesse alla quiete pubblica, strettamente connessa alla
salute individuale e collettiva, prevale sugli interessi
commerciali dei pubblici esercizi, e sulla gratificazione
dei loro frequentatori: una volta accertata la lesione di
quel bene, detta prevalenza impone alle autorità preposte di
avvalersi di ogni strumento idoneo a tutelarlo, inclusa
senza dubbio la limitazione degli orari di apertura.
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza contingibile e
urgente ex art. 54, c. 3, T.U.E.L.- Efficacia temporalmente
limitata - Mancata previsione di una scadenza finale -
Illegittimità.
In materia di tutela della quiete pubblica, deve ritenersi
illegittima l’ordinanza contingibile e urgente emanata ex
art. 54, c. 3 del d.lgs. n. 267/2000, priva di una scadenza
finale adeguatamente prestabilita. Tali ordinanze, infatti,
“oltre al carattere della contingibilità, intesa come
urgente necessità di provvedere con efficacia ed
immediatezza in casi di pericolo attuale od imminente,
presentano il carattere della provvisorietà, intesa nel
duplice senso di imposizione di misure non definitive e di
efficacia temporalmente limitata. Sicché oltre a non
ammettersi che le ordinanze in questione vengano emanate per
fronteggiare esigenze prevedibili e permanenti non è ammesso
che le stesse vengano adottate per regolare stabilmente una
situazione od assetto di interessi “(Consiglio Stato, sez.
VI, 09.02.2001, n. 580; TAR LAZIO, Roma, Sez. III,
15.09.2006, n. 8614). È poi vero che la misura urgente può,
in relazione al suo contenuto concreto, avere l’attitudine a
produrre conseguenze non provvisorie, e non per questo
diviene illegittima. Tuttavia, una cosa è che un ordine non
abbia scadenza; altra che, nel periodo prestabilito in cui
l’ordine è vigente, esso produca effetti destinati a
persistere oltre la scadenza dell’ordine stesso, ciò che è
ben possibile (TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 30.11.2007 n. 3807
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APPALTI: Avvalimento
- Art. 49 D.Lgs. n. 163/2006 - Eccezione al principio
generale del possesso in proprio dei requisiti di
qualificazione - Effettiva disponibilità dei mezzi
dell’impresa avvalsa - Prova.
In forza del principio dell'avvalimento, disciplinato
dall'art. 49 del codice dei contratti pubblici (D.Lgs.
12.04.2006, n. 163), il soggetto che partecipa ad un appalto
di servizi può avvalersi, al fine di comprovare i requisiti
di capacità tecnica, economica e finanziaria, dei requisiti
di altri soggetti terzi. Tuttavia, considerato che la
facoltà di avvalimento costituisce una rilevante eccezione
al principio generale che impone che i concorrenti ad una
gara pubblica possiedano in proprio i requisiti di
qualificazione (cfr. gli artt. da 12 a 17 del D. Lgs. n.
157/1995), la prova circa l'effettiva disponibilità dei
mezzi dell'impresa avvalsa deve essere fornita in modo
rigoroso, mediante la presentazione di un apposito impegno
da parte di quest'ultima, riferito allo specifico appalto e
valido per tutta la durata della prestazione dedotta in gara
(in tal senso cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14.02.2005 n. 435;
nonché T.A.R. Liguria, sez. II, 20.06.2007 n. 1125 e T.A.R.
Puglia, sez. I, 27.09.2006 n. 3314;), non essendo
sufficiente -a tal fine- la mera allegazione dei legami
societari che avvincono i due soggetti, non fosse altro che
per l'autonomia contrattuale di cui godono le singole
società del gruppo (TAR Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 16.11.2007 n. 11322
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COMPETENZE
PROFESSIONALI: Interventi
su beni immobili tutelati ai sensi del D.Lgs. n. 490/1999 -
Competenza esclusiva degli architetti - Art. 52 R.D. n.
2537/1925 - Disapplicazione - Disparità di trattamento tra
ingegneri civili italiani e ingegneri appartenenti a stati
membri - Equiparazione sul piano comunitario dei titoli di
ingegnere civile e architetto - Art. 3 Cost. - Dir.
348/85/CEE.
L’art. 52 del RD n. 2537/25 -che la Corte Costituzionale ha
affermato avere natura regolamentare- in ordine agli
interventi su beni immobili sottoposti alla speciale tutela
di cui al DLgs n. 490/1999 preclusi agli ingegneri civili,
viola il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della
Costituzione: esso realizza una evidente, ingiusta e
irragionevole, disparità di trattamento, atteso che agli
ingegneri civili che hanno conseguito il diploma di laurea
in Italia è impedito l’accesso ad attività professionali che
l’Amministrazione statuale non può, invece, per effetto
della direttiva comunitaria n. 384/1985, vietare agli
ingegneri civili che hanno ottenuto il titolo in altri Stati
membri. La norma va pertanto disapplicata in conformità al
principio di gerarchia delle fonti, che regola il conflitto
tra fonte primaria ed atto di normazione secondaria.
Peraltro, la norma in questione, limitando l’attività degli
ingegneri che abbiano conseguito il titolo in Italia
attraverso un percorso formativo analogo a quello degli
architetti, contrasta palesemente con il principio
comunitario (recepito dall’Italia con il DLgs n. 129/1992)
che stabilisce la equiordinazione sul piano comunitario dei
titoli di ingegnere civile ed architetto, nonché con il
principio di parità di trattamento tra cittadini italiani e
cittadini degli altri stati membri introdotto dall’art. 2, I
comma, lett. h) della legge comunitaria 2004 (legge
18.04.2005 n. 62) (TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 15.11.2007 n. 3630
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APPALTI SERVIZI: RIFIUTI
- Imprese esercenti attività di gestione dei rifiuti - Albo
nazionale gestori ambientali - Art. 212 D.Lgs. n. 152/2006 -
Imprese che esercitano la raccolta e il trasporto dei propri
rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare -
Parziale innovazione rispetto all’art. 30, c. 4 del D.Lgs.
n. 22/97.
L’art. 212 del decreto legislativo 03.04.2006, n. 152 regola
in termini parzialmente innovativi, rispetto al d.lgs. n.
22/1997, la materia dell'iscrizione delle imprese esercenti
attività di gestione dei rifiuti nell'apposito Albo (il
quale assume ora la denominazione di «Albo nazionale gestori
ambientali»); in particolare, il comma 8 dell'art. 212
obbliga all'iscrizione all'Albo -con il presidio della
sanzione penale comminata dall'art. 256, comma 1 (che
sostituisce l'art. 51, comma 1, del d.lgs. n. 22 del 1997)-
anche le imprese che esercitano la raccolta e il trasporto
dei propri rifiuti non pericolosi come «attività ordinaria e
regolare» e le imprese che trasportano i propri rifiuti
pericolosi in quantità non eccedenti i limiti già previsti,
ai fini dell'esonero dall'iscrizione, dall'art. 30, comma 4,
del d.lgs. n. 22 del 1997 (trenta chilogrammi o trenta litri
al giorno): sia pur prefigurando, per dette imprese, un
regime sensibilmente agevolato (esse non sono infatti tenute
alla prestazione delle garanzie finanziarie normalmente
imposte dal comma 7 dell'art. 212 del d.lgs. n. 152 del 2006
e la loro iscrizione all'Albo ha luogo in base a semplice
richiesta scritta, senza che la stessa sia soggetta a
valutazione relativa alla capacità finanziaria e
all'idoneità tecnica del richiedente e senza che occorra la
nomina di un responsabile tecnico); l’articolo 30, comma 4,
del D.Lgs 05.02.1997 n. 22, come modificato dalla legge
09.12.1998, n. 426, articolo 1, comma 19, imponeva invece
l'obbligo dell'iscrizione solo per "le imprese che svolgono
attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi
prodotti da terzi e le imprese che raccolgono e trasportano
rifiuti pericolosi" (escluse per queste ultime i trasporti
inferiori a una determinata soglia quantitativa
giornaliera).
RIFIUTI - Bando di gara - Requisito dell’iscrizione
all’albo delle imprese autorizzate al trasporto dei rifiuti
non pericolosi ex D.M. 406/1998 - Sufficienza
dell’iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali per
l’esercizio dell’attività di raccolta e trasporto dei propri
rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare -
Esclusione - Ragioni.
La richiesta di iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali
per l’esercizio dell’attività di raccolta e trasporto dei
propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e
regolare non è sufficiente ad integrare il requisito,
prescritto nel bando di gara, di iscrizione all’albo delle
imprese autorizzate al trasporto dei rifiuti non pericolosi
ai sensi del D.M. 406 del 1998. Quest’ultimo, emanato ai
sensi dell’articolo 30, comma 6, del decreto legislativo
05.02.1997, n. 22, si riferisce infatti alla diversa ipotesi
di imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di
rifiuti non pericolosi prodotti da terzi (TAR Valle d'Aosta,
sentenza 14.11.2007 n. 137
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EDILIZIA
PRIVATA: Abuso
edilizio - Ordinanza di demolizione - Decorso di un lungo
periodo di tempo dalla commissione dell'abuso - Affidamento
del privato sulla legittimità dell’opera - Esclusione -
Necessità di specifica motivazione in ordine alla prevalenza
dell’interesse pubblico al ripristino dell’assetto del
territorio - Esclusione.
Il mero decorso del tempo non è sufficiente a far insorgere
un affidamento sulla legittimità di un abuso edilizio, o
comunque sul consolidamento dell’interesse del privato alla
conservazione dell’opera, né, per conseguenza, ad imporre la
necessità di una specifica motivazione, nell’ordinanza di
demolizione, circa l’esistenza di un interesse pubblico
prevalente, atteso che il ripristino dell’assetto del
territorio preesistente all’abuso, connesso alla sanzione
demolitoria, è tipizzato come prevalente dallo stesso
Legislatore. Ciò neanche nell’ipotesi in cui l’abuso sia
stato commesso parecchi anni prima (nella specie, oltre 40
anni prima dell’emanazione del provvedimento sanzionatorio),
non essendo configurabile nessun legittimo affidamento del
contravventore a vedere conservata una situazione di fatto
che rimane contra ius. Il potere di irrogare delle sanzioni
in materia edilizia ed urbanistica, riguardando una
situazione di illiceità permanente, può quindi essere
esercitato in ogni tempo, posto che la legge non lo
sottopone a termini di prescrizione, né di decadenza. A
sostegno di siffatta interpretazione vi è il confronto tra
la sanzione demolitoria in materia edilizia e le sanzioni
previste per l’illecito amministrativo dalla l. n. 689/1981.
Infatti, ad escludere la sanzione ex l. n. 689/1981 occorre
la buona fede del contravventore, che è desumibile non già
dalla semplice inerzia dell’Amministrazione, ma dalla
sussistenza di elementi positivi, idonei ad ingenerare
nell’autore della violazione il convincimento della liceità
della sua condotta, e deve, inoltre, risultare che il
trasgressore abbia fatto tutto quanto possibile per
conformarsi al precetto di legge, in modo che nessun
rimprovero possa essergli mosso (Cass. civ., Sez. I, 28
aprile 2006, n. 9862) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.11.2007 n. 6200
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APPALTI SERVIZI: Servizio
pubblico - Art. 113 D.Lgs. n. 267/2000 - Gestione degli
impianti - Erogazione del servizio - Modalità di
conferimento - Esternalizzazione, “autoproduzione”, società
mista.
L’art. 113 D.Lgs 267/2000 differenzia nettamente la
disciplina della gestione (separata dall’erogazione del
servizio) delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni
patrimoniali dell’ente locale (co. 4 art. 113 cit.), da
quella afferente l’erogazione del servizio che, in
conformità alla previsioni comunitarie in materia di
concorrenza, deve essere conferito: a) a società di capitali
individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure
ad evidenza pubblica; b) a società a capitale misto pubblico
privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso
l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica
che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e
comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di
indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso
provvedimenti o circolari specifiche; c) a società a
capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli
enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla
società un controllo analogo a quello esercitato sui propri
servizi e che la società realizzi la parte più importante
della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la
controllano. In ragione della normativa in parola, possono
quindi essere individuati tre differenti modelli
organizzativi. Ai due estremi si posizionano le contrapposte
soluzioni riconducibili 1) alla c.d. esternalizzazione
(variamente definita con il termine outsourging o
contracting out) del servizio, in cui l’amministrazione si
rivolge al privato, scelto attraverso gara (art. 113 co. 5
lett. a); ovvero 2) alla c.d. autoproduzione del bene o del
servizio da erogare, mercè il ricorso alla propria compagine
organizzativa e senza apertura a terzi e al mercato. Tra i
differenti opposti, si posizione il modello riconducibile
alla c.d. “società mista” (art. 113 co. 5 lett. b cit.), a
prevalente partecipazione pubblica, in cui il socio privato
è scelto con procedura di evidenza pubblica.
RIFIUTI - Pubblica amministrazione - In house
providing - Partecipazione pubblica totalitaria - Necessità
- Esclusione - Giurisprudenza comunitaria.
La giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità
europee (causa C-107/98 - Teckal, C-26/03 - Stadt Halle e
RPL Lochau; C 231/03; C 458/03; C-29/04; C-410/04; C-340/04;
C-220/05) ha delineato i contorni dell’istituto dell’in
house providing, precisando che la partecipazione pubblica
totalitaria è condizione necessaria ma non sufficiente per
la compatibilità del modello con le regole comunitarie.
Queste ultime possono essere legittimamente derogate ove si
dia prova che l’ente locale possa in concreto esercitare
idonei mezzi di controllo sulla società in house, in misura
più penetrante di quanto previsto dal diritto civile. Gli
indici rivelatori del c.d. controllo analogo sono
individuabili come segue:
- il consiglio di amministrazione della società in house non
deve avere rilevanti poteri gestionali e l’ente pubblico
deve poter esercitare maggiori poteri rispetto a quelli che
il diritto societario riconosce alla maggioranza sociale;
- l’impresa non deve aver “acquisito una vocazione
commerciale che rende precario il controllo” da parte
dell’ente pubblico (tale vocazione risulterebbe, tra
l’altro: dall’ampliamento dell’oggetto sociale;
dall’apertura obbligatoria della società, a breve termine,
ad altri capitali; dall’espansione territoriale
dell’attività della società a tutta l’Italia e all’estero:
cfr., in tal senso, le già citate sentenze 13.10.2005, causa
C 458/03 - Parking Brixen GmbH e 10.11.2005, causa C-29/04 -
Mödling o Commissione c/ Austria);
- le decisioni più importanti devono essere sottoposte al
vaglio preventivo dell’ente affidante (cfr. Consiglio di
Stato, Sez.V, decisione 08.01.2007, n. 5, in cui si afferma
che se il consiglio di amministrazione ha poteri ordinari
non si può ritenere sussistere un “controllo analogo”);
- il controllo analogo si ritiene escluso dalla semplice
previsione nello statuto della cedibilità delle quote a
privati (tra le tante cfr. Tar Puglia, 08.11.2006, n. 5197;
Consiglio di Stato, V sez., 30.08.2006, n. 5072).
La stessa giurisprudenza comunitaria ha inoltre precisato
che, in astratto, non è escluso un “controllo analogo” anche
nel caso in cui il pacchetto azionario non sia detenuto
direttamente dall’ente pubblico, ma indirettamente mediante
una società per azioni capogruppo (c.d. holding) posseduta
al 100% dall’ente medesimo.
RIFIUTI - Pubblica amministrazione - Società mista -
Riconducibilità al modello dell’in house providing -
Esclusione - Parere Cons. Stato n. 456/2007.
Il modello organizzativo della società mista non è
riconducibile all’in house providing (cfr. Consiglio di
Stato, parere n. 456/2007 del 18/04/2007, nonché Corte di
Giustizia C.E. del 06.04.2006, causa C-410/04 - ANAV c/o
Comune di Bari: “se la società concessionaria è una società
aperta, anche solo in parte, al capitale privato, tale
circostanza impedisce di considerarla una struttura di
gestione «interna» di un servizio pubblico nell’ambito
dell’ente pubblico che la detiene”).
RIFIUTI - Affidamento di servizi pubblici - Società
mista - Compatibilità con il sistema comunitario -
Condizioni.
Nell’ambito dell’affidamento di servizi pubblici, il modello
“società mista” è percorribile (in un’ottica di
compatibilità con il sistema comunitario e sempre che siano
ravvisabili congrue ragioni per non procedere ad un
affidamento integrale esterno) in presenza di adeguate
garanzie, ossia:
1) che vi sia una sostanziale equiparazione tra gara per
l’affidamento del servizio pubblico e gara per la scelta del
socio, in cui quest’ultimo si configuri come un “socio
industriale od operativo”, che concorre materialmente allo
svolgimento del servizio pubblico o di fasi dello stesso;
2) che si preveda un rinnovo della procedura di selezione
“alla scadenza del periodo di affidamento” (in tal senso,
soccorre già una lettura del comma 5, lett. b), dell’art.
113 t.u.e.l. in stretta connessione con il successivo comma
12), evitando così che il socio divenga “socio stabile”
della società mista, possibilmente prevedendo che sin dagli
atti di gara per la selezione del socio privato siano
chiarite le modalità per l’uscita del socio stesso (con
liquidazione della sua posizione), per il caso in cui
all’esito della successiva tara egli risulti non più
aggiudicatario (così letteralmente C.d.S., sez.II, parere
cit.) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. I,
sentenza 05.11.2007 n. 2511
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URBANISTICA: Lottizzazione
abusiva - Lottizzazione materiale e cartolare - Distinzione.
Secondo l’orientamento costante della giurisprudenza, si ha
lottizzazione c.d. materiale con l'inizio della
realizzazione di opere che comportano la trasformazione
urbanistica ed edilizia dei terreni sia in violazione delle
prescrizioni degli strumenti urbanistici, approvati o
adottati, ovvero di quelle stabilite direttamente in leggi
statali o regionali, sia in assenza della prescritta
autorizzazione. Si è in presenza della differente tipologia
di lottizzazione c.d. formale, o cartolare, allorquando, pur
non essendo ancora avvenuta una trasformazione lottizzatoria
di carattere materiale, se ne sono già realizzati i
presupposti con il frazionamento e la vendita o altri atti
equiparati del terreno in lotti (che per le specifiche
caratteristiche, quali la dimensione dei lotti stessi, la
natura del terreno, la destinazione urbanistica,
l'ubicazione e la previsione di opere urbanistiche, e per
altri elementi riferiti agli acquirenti, evidenzino in modo
non equivoco la destinazione ad uso edificatorio), creando
così una variazione in senso accrescitivo sia del numero dei
lotti che in quello dei soggetti titolari del diritto sul
bene (cfr. Consiglio Stato , sez. IV, 11.10.2006 , n. 6060).
Lottizzazione abusiva - Art. 18 L. n. 47/1985 - Bene
giuridico protetto - Individuazione.
Il bene giuridico protetto dalla norma di cui all’art. 18 L.
n. 47/1985 (lottizzazione abusiva - oggi, art. 30 d.P.R.
380/2001) è da rinvenire non solo nell’esigenza di garantire
un'ordinata pianificazione urbanistica, il che postula un
corretto uso del territorio, ma anche (e soprattutto)
l'effettivo controllo del medesimo da parte del Comune,
chiamato a reprimere qualsiasi intervento di tipo
lottizzatorio, non previamente assentito.
Lottizzazione abusiva - Destinazione a scopo
edificatorio - Univocità degli elementi indiziari.
Sussiste lottizzazione abusiva ai sensi dell'art. 18 l.
28.02.1985 n. 47 ogni qualvolta si rinvengano elementi di
fatto che comprovino in modo non equivoco la predisposizione
dei terreni a scopo edificatorio (Consiglio Stato , sez. IV,
30.06.2005 , n. 3531). Non è quindi sufficiente la
circostanza del mero frazionamento e vendita (o divisione)
di lotti di terreno in zona agricola di superficie inferiore
a quella stabilita dai piani regolatori per l'edificazione,
dovendosi, sulla base della ricostruzione di un quadro
indiziario che proceda dagli elementi indicati dalla norma,
desumere in maniera non equivoca la destinazione a scopo
edificatorio degli atti posti in essere dalle parti (T.A.R.
Lazio Roma, sez. II, 30.03.2005, n. 2205). Diversamente
opinando, qualsiasi frazionamento di terreni in comproprietà
in singole unità inferiori alla previsione di PRG
integrerebbe ex se la previsione normativa in parola.
Lottizzazione abusiva - Provvedimento di sospensione -
Natura - Provvedimento cautelare a carattere vincolato -
Comunicazione di avvio del procedimento - Necessità -
Esclusione.
Il provvedimento di sospensione della lottizzazione abusiva
di un'area, di cui all'art. 18 l. 28.02.1985 n. 47, ha
natura cautelare e carattere sostanzialmente vincolato, con
la conseguenza che per la sua adozione non è necessario
l'invio della comunicazione di avvio del relativo
procedimento (cfr. T.A.R. Calabria-Catanzaro, sez. I,
05.02.2002 , n. 142 e anche T.A.R. Lazio-Latina, 18.04.2000,
n. 204) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. I,
sentenza 05.11.2007 n. 2493
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EDILIZIA
PRIVATA: INQUINAMENTO
ELETTROMAGNETICO - Disciplina di installazione e
mantenimento di impianti radio base per telefonia cellulare
- Fissazione di limiti "diversi" di emissione - Tutela della
salute pubblica - Competenza dell'Autorità comunale -
Esclusione.
La fissazione di limiti di emissione, ovvero,
l'individuazione di una distanza minima delle stazioni radio
base (SRB) da particolari tipologie di insediamenti
abitativi, in quanto essenzialmente preordinata a garantire
la tutela della pubblica salute da ipotizzabili fonti di
inquinamento (o, comunque, di pregiudizio) non costituisce
attribuzione che l'Amministrazione comunale possa
autonomamente esercitare, ricevendo tale considerazione
ulteriore conferma laddove le prescrizioni dettate in sede
locale si pongano in contrasto con le indicazioni rivenienti
da fonte normativa superiore; sicché l'individuazione di
limiti, parametri e/o requisiti "diversi" da quelli
rinvenibili nella normativa di derivazione statale non può,
essere considerata legittima. All'Amministrazione comunale
residua, l'esercizio di compiti di vigilanza e/o di
attuazione che, con ogni evidenza, non involgono la
titolarità di un'autonoma funzione decisoria. Appare
pertanto evidente nella fattispecie il vizio di incompetenza
nel quale è incorso il Comune di Roma nel fissare con
delibera diversi limiti, invadendo così competenze statali e
regionali.
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Legge quadro n.
36/2001 (protezione della popolazione dalle esposizione a
campi elettromagnetici) - Parametri di esposizione e indici,
oltre i limiti previsti a livello nazionale - Ripartizioni
di competenze tra Stato ed Enti locali.
Ai sensi della legge quadro 22.02.2001, n. 36 (sulla
protezione della popolazione dalle esposizione a campi
elettromagnetici), che ha disciplinato in modo organico la
materia, fissandone i principi fondamentali, e che ha
indicato le ripartizioni di competenze tra Stato ed Enti
locali, ai Comuni non è consentito in alcun modo,
soprattutto in assenza delle leggi attuative regionali,
discostarsi dai criteri di valore indicati a livello
statale, per applicare criteri diversi, come sembra essere
avvenuto nella fattispecie con riguardo all’introduzione di
taluni parametri di esposizione e indici, oltre i limiti
previsti a livello nazionale. Con riguardo alla rilevata
incompetenza, va peraltro rilevato, che la Corte
Costituzionale, con sentenza 8.2.2006 n. 103, ha ribadito
che compete allo Stato la fissazione delle soglie di
esposizione e la determinazione dei limiti di esposizione,
spettando alle Regioni la disciplina dell’uso del territorio
in funzione della localizzazione degli impianti e quindi
l’indicazione dei criteri che debbono però rispettare le
esigenze della pianificazione nazionale di settore.
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Impianti di
telecomunicazioni - Localizzazione - Protezione delle
esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici
- Corte costituzionale - Ricostruzione delle competenze -
Legge quadro L. n. 36/2001.
La fissazione a livello nazionale dei valori soglia, non
derogabili da parte delle Regioni nemmeno in senso più
restrittivo, rappresenta il punto di equilibrio fra le
esigenze contrapposte di evitare al massimo l’impatto delle
emissioni elettromagnetiche, e di realizzare impianti
necessari al paese, nella logica per cui le competenze delle
Regioni in materia di trasporto dell’energia e di
ordinamento della comunicazione è di tipo concorrente,
vincolata ai principi fondamentali stabiliti dalle leggi
dello Stato e che tutt’altro discorso deve farsi circa le
discipline localizzative e territoriali, essendo a tal
proposito logico “che riprenda pieno vigore l’autonoma
capacità delle regioni e degli Enti locali di regolare l’uso
del proprio territorio, purché, ovviamente, criteri
localizzativi e standard urbanistici rispettino le esigenze
della pianificazione nazionale degli impianti e non siano,
nel merito, tali da impedire od ostacolare
ingiustificatamente l’insediamento degli stessi (Corte
costituzionale 07.10.2003, n. 307 e, in senso conforme, la
successiva sentenza 07.11. 2003, n. 331).
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Criteri di fissazione
dei limiti di esposizione - Tutela dell’ambiente Strumenti
di natura edilizia-urbanistica - Compatibilità e limiti.
La fissazione di limiti di esposizione ai campi
elettromagnetici diversi da quelli stabiliti dallo Stato
(con il D.M. 381/1998) non rientra nell’ambito delle
competenze attribuite ai comuni dal citato art. 8; ma alla
stregua della disposizione in esame nemmeno è consentito che
il Comune, attraverso il formale utilizzo degli strumenti di
natura edilizia-urbanistica, adotti misure che nella
sostanza costituiscono una deroga ai predetti limiti di
esposizione fissati dallo Stato, quali ad esempio il
generalizzato divieto di installazione delle stazioni-radio
base per la telefonia cellulare in tutte le zone
territoriali omogenee a destinazione residenziale; ovvero
introdurre misure che pur essendo tipicamente urbanistiche
(distanze, altezze, ecc…) non siano funzionali al governo
del territorio, quanto piuttosto alla tutela dai rischi
dell’elettromagnetismo (C.d.S. Sez. VI, sentenze 26.07.2005,
n. 4000, 10.02.2003 n. 673 e 30.05.2003, n. 2997). Inoltre,
l’attinenza della materia anche alla tutela dell’ambiente e
comunque il valore di principio fondamentale della
disciplina inerente ai criteri di fissazione dei limiti di
esposizione costituiscono elementi in base a cui ritenere la
compatibilità di una uniforme fissazione dei predetti limiti
sull’intero territorio nazionale anche alla luce del mutato
quadro costituzionale di riferimento, potendo comunque le
competenze attribuite alle regioni ed agli enti locali
essere esercitate nel rispetto dei limiti di esposizione
fissati a livello centrale (C.d.S. Sez. VI, 03.06.2002,
sentenza n. 3098).
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Tutela della salute -
Competenza dello Stato - Insediamento degli impianti di
telecomunicazione - Criteri per l’installazione - C.d. uso
del territorio - Principi e discipline applicabili.
La determinazione di profili di tutela della salute spetta
allo Stato, non alle Regioni, tanto meno ai Comuni, i quali
ultimi, nel regolare l’uso del proprio territorio, devono
comunque rispettare le esigenze della pianificazione
nazionale e non adottare le misure che siano tali da
ostacolare in modo ingiustificato o impedire l’insediamento
degli impianti di telecomunicazione. Nella specie, è stata
rigettata la tesi del Comune appellante secondo cui
l’installazione delle infrastrutture di telefonia mobile
potrebbe essere tollerata solo nelle aree del territorio
comunale scelte dall’Amministrazione, con conseguente
divieto di installazione in tutte le altre zone. Siffatta
tesi si pone, altresì, in contrasto anche con il
sopravvenuto D.Lgs. 01.08.2003, n. 259, che all’art. 86,
comma 3, ha equiparato le infrastrutture di reti pubbliche
di comunicazione alle opere di urbanizzazione primaria
(disposizione questa da cui si desume che, in linea
generale, la collocazione di tali infrastrutture è
consentita su tutto il territorio comunale) e con l’art. 87
che, in attuazione dei criteri di delega contenuti nell’art.
41 della legge n. 166 del 2002 e delle direttive comunitarie
da recepire, ha previsto uno speciale procedimento
autorizzatorio, che è informato ai principi di non
discriminazione, di trasparenza, di riduzione dei termini e
di uniformità di regolazione (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 02.11.2007 n. 5673
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EDILIZIA
PRIVATA: BENI
CULTURALI E AMBIENTALI - Annullamento delle autorizzazioni -
Termine - Fase di comunicazione o notificazione - Computo -
Esclusione.
Il termine del potere di annullamento delle autorizzazioni,
emesse ex art. 7 della legge n. 1497/1939, entro 60 giorni
dalla data di ricevimento della richiesta ha natura
perentoria, ed è riferito alla data di adozione del
provvedimento e non anche alla successiva fase di
comunicazione o notificazione (fra le tante, Cons. St., sez.
VI, 11.08.2000, n. 4465, 24.05.2000, n. 3010, 08.03.2000, n.
1162, 17.02.2000, n. 885).
Tutela ambientale, paesaggistico-territoriale -
Rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria -
Motivato dissenso.
Il motivato dissenso, espresso da una amministrazione
preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale”
ovvero alla tutela “del patrimonio storico
artistico…preclude il rilascio del titolo abilitativo
edilizio in sanatoria (Cons. St., sez. VI, 26.01.2001, n.
249).
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Sanatoria - Anteriorità
dell’intervento abusivo rispetto al vincolo - Vincolo d’inedificabilità
relativa - Obbligo di acquisire il parere.
Sussiste l’obbligo di acquisire il parere, previsto dalla L.
n. 47/1985 per tutte le fattispecie di condono riferibili ad
aree vincolate, in cui l’inedificabilità sia relativa
(ovvero, sottoposta ad una specifica valutazione
tecnico-discrezionale, che assicuri la compatibilità
dell’edificazione ammessa a sanatoria con i valori tutelati,
indipendentemente dal fatto che il vincolo sia antecedente o
successivo all’edificazione Cons. St., Ad. Plen. 22.07.1999,
n. 20; Cons. St., sez. VI, 11.12.2001, n. 6210, 07.10.2003,
n. 5918 e 06.06.2003, n. 3186).
Nulla osta paesaggistico - Annullamento ministeriale -
Limiti del controllo - Amministrazione comunale - Atti
consequenziali al diniego di autorizzazione - Rinnovazione
dell’istruttoria.
In ambito di annullamento ministeriale è da escludere che
tale potestà possa trascendere i limiti del controllo di
mera legittimità, con sovrapposizione o sostituzione di una
valutazione di merito dell’Autorità centrale al giudizio
dell’Ente locale, cui è rimesso l’apprezzamento di
compatibilità dell’intervento edilizio con le esigenze di
tutela del territorio, oggetto di vincolo paesaggistico (Cons.
St., sez. VI, 23.09.2002, n. 4812). Tuttavia, dopo
l’annullamento ministeriale del nulla osta paesaggistico
l’Amministrazione comunale può senz’altro procedere
all’adozione degli atti consequenziali al diniego di
autorizzazione, ma può anche procedere alla rinnovazione
dell’istruttoria, ove ne ricorrano i presupposti (Cons. St.,
n. 4812/02 cit.).
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
- Atti discrezionali (nella specie nulla osta paesaggistico)
- Provvedimenti positivi - Motivazione - Necessità -
Principi di trasparenza e buona amministrazione - Art. 3, c.
1 L. n. 241/1990.
I principi di trasparenza e buona amministrazione impongono
che anche i provvedimenti positivi siano motivati,
soprattutto in presenza di atti discrezionali da cui
discenda, come nel caso di specie, una irreversibile
alterazione dello stato dei luoghi, con incidenza non solo
sugli interessi dei privati proprietari, ma anche
sull’interesse pubblico alla tutela del territorio in aree
vincolate (Cons. St., sez. VI, 13.02.2001, n. 685); non può,
dunque, non applicarsi anche al parere ex art. 7 L. n.
1497/1939 la prescrizione, di cui all’art. 3, comma 1 della
legge n. 241/1990, a norma del quale il difetto di
motivazione deve considerarsi violazione di legge (Consiglio
di Stato, Sez. VI,
sentenza 02.11.2007 n. 5669
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EDILIZIA
PRIVATA: Vincolo
cimiteriale - Natura e finalità - Attività edificatoria dei
privati in prossimità dei cimiteri - Vincolo di
inedificabilità assoluta - Orientamenti giurisprudenziali.
In tema di vincolo cimiteriale, le finalità perseguite dalla
normativa (oggi art. 28 l. 01.08.2002 n. 166) sono di
superiore rilievo pubblicistico e rivolte essenzialmente a
garantire la futura espansione del cimitero, a garantire il
decoro di un luogo di culto nonché, non da ultimo,
assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi per loro
natura insalubri (in merito al divieto di costruire nuovi
edifici “vincolo di inedificabilità assoluta” C.d.S. sez. IV
12.03.2007 n.1185, C.d.S., sez. V, 12.11.1999, n. 1871; CdS,
sez. II, parere 28.02.1996, n. 3031/95; Tar Lombardia-Milano,
11.07.1997 n. 1253; Tar Toscana, I sezione, 29.09.1994, n.
471). Trattasi, di una limitazione legale della proprietà a
carattere assoluto, direttamente incidente sul bene e non
suscettibile di deroghe di fatto, siccome riconducibile a
previsione generale, concernente tutti i cittadini, in
quanto proprietari di beni che si trovino in una determinata
situazione, e perciò individuabili a priori (Cass. Civ. sez.
I, 29.11.2006 n. 25364). La natura assoluta del vincolo non
si pone in contraddizione logica con la possibilità che
nell’area indicata insistano delle preesistenze, e/o che ad
esse vengano assegnate destinazioni compatibili con la
esistenza del vincolo (Cass. Civ. sez. I, 16.07.1997, n.
6510), ma essa mira essenzialmente ad impedire l’ulteriore
addensamento edilizio dell’area giudicato ex lege
incompatibile con le prioritarie esigenze di tutela
igienico-sanitaria, e di tutela del culto sottese alla
imposizione del vincolo. (In giurisprudenza contra:
l’orientamento secondo cui la fascia di rispetto
cimiteriale: “non comporta ex se un'inedificabilità assoluta
ma è l'Autorità preposta alla tutela del vincolo che, in
sede di formulazione del parere, deve specificare i motivi
ostativi alla realizzazione del singolo manufatto e ciò in
quanto la presenza di alcuni edifici all'interno della zona
di rispetto cimiteriale non concreta di per sé una
violazione della distanza minima, posto che questa è fissata
dall'art. 338 del T.U. 27.07.1934 n. 1265, in relazione ai
centri abitati, e non ai fabbricati sparsi che non possono
ricondursi ai primi.” (così: TAR Trentino Alto Adige-Trento,
sent. n. 64 del 02.04.1997; in termini: CdS, sez. IV sent.
n. 775 del 16.09.1993; TAR Trentino Alto Adige-Trento, sent.
n. 336 del 01.08.1994. Nel senso che la distanza minima,
oltre la quale deve essere collocato il cimitero, fissata
dall'art. 338 della legge citata, si riferisce ai centri
abitati e che, pertanto, la presenza di alcuni edifici
all'interno della zona di rispetto non concreta di per sé
una violazione di tale distanza, cfr. C.d.S. n 775/1993 Tar
Emilia Romagna-Bologna, I sez. 27.09.1997, n. 622; Tar
Marche 12.08.1997, n. 677; Tar Campania-Napoli, 09.06.1997,
n. 1503).
Trasformazione di edificio preesistente - Demolizione
radicale e ricostruzione - Qualificazione dell’intervento -
Ricostruzione - Piena conformità di sagoma, volume, e
superficie, tra il vecchio ed il nuovo manufatto - Concetto
di “recupero del volume preesistente” - Concetto della
“ristrutturazione edilizia” - Concetto di “nuova
edificazione”- D.p.r, 380/2001 mod. dall'art. 1 del d.lgs.
n. 301/2002 - Giurisprudenza.
La trasformazione di un edificio preesistente, finalizzata
al suo recupero funzionale, può essere compiuta anche
attraverso la demolizione radicale e la ricostruzione di
parti rilevanti del manufatto, specie quando ciò risulti più
conveniente sotto il profilo tecnico od economico, anche
nelle ipotesi di totale demolizione e ricostruzione
dell'edificio, purché il nuovo edificio corrisponda
pienamente a quello preesistente. (Al riguardo, la
giurisprudenza, impone la piena conformità di sagoma,
volume, e superficie, tra il vecchio ed il nuovo manufatto.
Nello specifico contesto del recupero del patrimonio
edilizio esistente, la demolizione rappresenta lo strumento
necessario per la realizzazione del risultato finale,
costituito dal pieno ripristino del manufatto. Tale
orientamento resta confermato anche in seguito alla modifica
del d.p.r, 380/2001 introdotta dall'art. 1 del d.lgs.
27.12.2002 n. 301, che ha fatto venir meno il vincolo della
“fedele ricostruzione”, così estendendosi ulteriormente il
concetto della ristrutturazione edilizia. Tale innovazione
non fa comunque venir meno i limiti che condizionano le
caratteristiche della ristrutturazione e consentono di
distinguerla dall'intervento di nuova costruzione: vale a
dire la necessità che la ricostruzione corrisponda, quanto
meno nel volume e nella sagoma, al fabbricato demolito,
C.d.S. sez. V 30.08.2006 n. 5061; C.d.S. sez. IV, 28.07.
2005 n. 4011) (TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 31.10.2007 n. 15615
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URBANISTICA: Piano
di recupero - Natura - Strumento di pianificazione
urbanistica - Impugnazione - Termine di decadenza -
Decorrenza - Fattispecie.
Il piano di recupero è da considerarsi uno strumento di
pianificazione urbanistica, la cui impugnativa, da parte di
soggetti ad esso estranei, deve essere fatta entro il
termine di decadenza a decorrere dalla data di pubblicazione
della delibera di approvazione (C.d.S., sez. V, n.
2284/2001). Nella specie, non è stata condivisa la tesi
della necessità della notifica individuale della delibera di
approvazione del piano di recupero, avendo questo ad oggetto
un singolo immobile (e non un intero quartiere con pluralità
indeterminata di destinatari), ben potendo essere proposta
la sua impugnativa, unitamente ai permessi di costruire, la
cui sola conoscenza ha consentito di avere contezza della
lesività del piano di recupero medesimo (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 19.10.2007 n. 5457
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EDILIZIA
PRIVATA: Autorizzazione
rilasciata in emergenza occorsa in sede di esecuzione dei
lavori ex art. 22 del d.p.r. n. 380/2001 - Ulteriore
autorizzazione paesaggistica - Necessità - Esclusione.
Nei casi in cui, ai sensi dell’art. 22 del d.p.r. n.
380/2001, l’autorizzazione è stata rilasciata per ovviare ad
una emergenza occorsa in sede di esecuzione dei lavori e non
persegue alcuna finalità innovativa rispetto alle previsioni
del piano di recupero, la modifica imposta dalla situazione
di pericolo che si è venuta a determinare nel corso
dell’esecuzione dei lavori, non può comportare la necessità
di una ulteriore autorizzazione paesaggistica, essendo la
precedente esaustiva della valutazione positiva di
compatibilità ambientale, che non può dirsi compromessa da
una limitata demolizione e fedele ricostruzione, dovuta al
fatto che “la funzionalità statica delle suddette murature è
compromessa”.
Tutela paesistico-ambientale nella L.R. Lombardia n.
18/1997 - Relazione dell’esperto ambientale.
In base al contenuto della normativa regionale, articoli 5 e
8 della legge regionale n. 18/1997 (riordino delle
competenze e semplificazione delle procedure in materia di
tutela dei beni ambientali e di piani paesistici e di
subdeleghe agli enti locali), la relazione dell’esperto
ambientale non è necessaria che preceda la seduta della
commissione edilizia, né che sia resa disponibile durante la
seduta medesima (dec. n. 2073/2005) (Consiglio di Stato, Sez.
VI,
sentenza 19.10.2007 n. 5457
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EDILIZIA
PRIVATA: Area
assoggettata a vincolo imposto a tutela degli interessi
paesistici - Assenza del titolo abilitativo edilizio -
Domanda di condono - Sospensione del processo - Assenza dei
presupposti di legge - Effetti.
E' irrilevante, in ipotesi di opere abusive non suscettibili
di sanatoria ai sensi dell'art 32 del D.L. n. 269/2003,
l'effettiva ultimazione dell'opera nel termine massimo in
cui la legge consente la sanabilità. Pertanto, nel caso in
cui il giudice sospenda il processo (ex artt. 44 o 38 della
legge n. 47/1985) in assenza dei presupposti di legge, la
sospensione è inesistente ed il corso della sospensione non
è interrotto.
Potenziale compromissione dei valori del paesaggio -
Art. 181, c. 1, D.Lgs. n. 42/2004 - Configurabilità
dell'illecito - Reato di pericolo - Effettivo pregiudizio
per l’ambiente - Necessità - Esclusione.
Il reato di cui all'art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999 (già
art. 1-sexies della legge n. 431/1985 ed attualmente art.
181, comma 1, del D.Lgs. 22.01.2004, n. 42) è reato di
pericolo astratto e, pertanto, per la configurabilità
dell'illecito, non è necessario un effettivo pregiudizio per
l’ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte
penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano
inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del
paesaggio e l'aspettò esteriore degli edifici (Cass., Sez.
III: 16.11.2001, a 40862, Fara; 23.01.2002, n. 2398, Zecca
ed altro; 28.03.2003, n. 14461, Carparelli; 29.04.2003, n.
19761, Greco ed altri; 28.09.2004, n. 38051, Coletta; Corte
Cost., sent. n. 247 del 1997 ed ord. n. 68 del 1988).
Zone paesisticamente vincolate - Assenza
dell'autorizzazione ex art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 -
Effetti.
Nelle zone paesisticamente vincolate è inibita -in assenza
dell'autorizzazione già prevista dall'art. 7 della legge n.
1497 del 1939, le cui procedure di rilascio sono state
innovate dalla legge n. 431/1985 e sono attualmente
disciplinate dall'art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004- ogni
modificazione dell'assetto del territorio, attuata
attraverso lavori di qualsiasi genere, non soltanto edilizi
(ad eccezione, quanto a questi ultimi lavori, dei soli
interventi consistenti nella manutenzione, ordinaria e
straordinaria, e nel consolidamento statico o restauro
conservativo, purché non alterino lo stato dei luoghi e
l'aspetto esteriore degli edifici).
Nozione di pertinenza urbanistica e art. 817 cod. civ..
La nozione di pertinenza urbanistica, diversamente da quella
dettata dall'art. 817 del codice civile, ha peculiarità sue
proprie, dovendo trattarsi di un’opera - che abbia comunque
una propria individualità fisica ed una propria
conformazione strutturale - preordinata ad una oggettiva
esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed
oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita
di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini
di cubatura o dotata di un volume minimo tale da non
consentire, in relazione anche alle caratteristiche
dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e
diverga da quella a servizio dell'immobile cui accede (Cass..
Sez. III, 09.12.2004, Bufano).
Opera pertinenziale - Nozione.
L'opera pertinenziale, non deve essere parte integrante o
costitutiva di altro fabbricato, sicché non può considerarsi
tale l'ampliamento di un edificio che, per la relazione di
congiunzione fisica con esso, ne costituisca parte, come
elemento che diviene essenziale all'immobile o lo completa
affinché esso meglio soddisfi ai bisogni cui è destinato (Cass.,
Sez. III: 11.05.2005, Grida; 17.01.2003, Chiappalone).
Opera abusiva - Ordine di demolizione - Subordinazione
della sospensione condizionale della pena alla demolizione -
Funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato.
In materia urbanistica, deve ritenersi definitivamente
superata, la visione di un giudice supplente della pubblica
Amministrazione, in quanto è il territorio a costituire
l’oggetto della tutela posta dalle relative norme penali:
non può affermarsi, pertanto, che la legge riserva
all’autorità amministrativa ogni tipo di intervento nella
materia e, avendo l’ordine di demolizione la funzione di
eliminare le conseguenze dannose del reato, ben può trovare
applicazione l’art. 165 cod. pen. Pertanto, è legittima la
subordinazione della sospensione condizionale della pena
alla demolizione dell’opera abusiva. (Cass. Sezioni Unite
sentenza 03.02.1997, n. 714, ric. Luongo). (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 16.10.2007 n. 38071
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EDILIZIA
PRIVATA: Nulla
osta paesaggistico - Provvedimento di annullamento - Natura
- Comunicazione o notificazione - Termine - Funzione.
E’, ormai, jus receptum che il provvedimento di annullamento
del nulla osta paesaggistico non ha natura di atto
recettizio e, quindi, il termine perentorio di sessanta
giorni previsto per la sua adozione attiene al solo
esercizio del potere di annullamento da parte
dell’amministrazione statale e non anche alla comunicazione
o notificazione ai destinatari del provvedimento stesso; e
che, sotto tale profilo, il termine risultava pienamente
rispettato (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 09.10.2007 n. 5237
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EDILIZIA
PRIVATA: Denuncia
di inizio attività (D.I.A.) - Decorrenza del termine di 30
giorni - Effetti - Potere di controllo delle attività
edilizie - Artt. 23 e 27, c. 1 D.P.R. n. 380/2001.
Nell’ambito del potere di autotutela, l’Amministrazione
anche una volta decorso il termine di trenta giorni può
esercitare il suo generale potere di controllo sulle
attività edilizie, per il quale l’art. 27, comma 1, del
D.P.R. n. 380/2001 non prevede alcun termine di decadenza,
sia quando le opere in corso o realizzate non corrispondano
a quelle oggetto della denuncia, sia quando le opere non
possono essere realizzate con una semplice D.I.A. perché
richiedono il permesso di costruire. Inoltre, il suddetto
termine di trenta giorni è previsto solo per la verifica
della sussistenza delle condizioni richieste dall’art. 23,
comma 1, del D.P.R. n. 380/2001, ma non può certo essere
riferito al generale potere previsto dall’art. 27, comma 1,
D.P.R. n. 380 del 2001. (ex multis, T.A.R. Veneto Venezia,
Sez. II, 18.12.2006, n. 4095; T.A.R. Campania Napoli, Sez.
VII, n. 7221/2006; T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, n.
3200/2006 cit.; T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, 03.02.2006,
n. 1506; T.A.R. Lombardia Milano, Sez. II, 17.01.2006, n.
72).
Mutamenti di destinazione d’uso di immobili o loro
parti - Trasformazione di una porcilaia in abitazione
privata - Ristrutturazione edilizia - Esclusione -
Modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico
urbanistico - D.P.R. n. 380/2001 - L. R. Campania n.
19/2001.
In materia edilizia, la trasformazione di una porcilaia in
abitazione privata, si configura come un intervento di
ristrutturazione edilizia che determina un’evidente
modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico
urbanistico. Nel caso in specie, a fronte del combinato
disposto degli articoli 10, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001,
e art. 2, comma 1, lettera f), della legge Regione Campania
n. 19/2001 deve, ritenersi che in Zona A non possano
comunque essere realizzati in base ad una semplice D.I.A. i
cambi di destinazione d’uso di immobili o loro parti che,
pur risultando astrattamente compatibili con le categorie
consentite dalla strumentazione urbanistica, intervengano
tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non
omogenee e, quindi, integrino una modificazione edilizia con
effetti incidenti sul carico urbanistico (TAR
Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 04.10.2007 n. 8951
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EDILIZIA
PRIVATA: Autorizzazione
paesaggistica - Valutazione della compatibilità paesistica
degli interventi edilizi - Amministrazione comunale -
Soprintendenza - Poteri e limiti.
In materia di autorizzazione paesaggistica,
l’Amministrazione comunale, quale soggetto cui compete la
valutazione della compatibilità paesistica degli interventi
edilizi, può ben subordinare il rilascio dell’autorizzazione
paesistica all’esecuzione di specifiche modifiche
progettuali finalizzate a mitigare l’impatto ambientale
dell’intervento abusivo, di converso la Soprintendenza
nell’esercizio dei suoi poteri di controllo può solo
verificare, come già evidenziato in precedenza, la
legittimità delle autorizzazioni paesistiche, ma non può
spingersi al punto di imporre prescrizioni o suggerire
modifiche progettuali. (T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII,
08.06.2007, n. 6052; 21.05.2007, n. 5494).
Autorizzazione paesaggistica - Potere di annullamento
attribuito alla Soprintendenza - Riesame complessivo delle
valutazioni tecnico-discrezionali - Esclusione - Mero
controllo di mera legittimità.
Il potere di annullamento dell’autorizzazione paesistica
(cui va equiparato il parere di compatibilità paesistica
previsto dall’art. 32 della legge n. 47/1985) attribuito
alla Soprintendenza non può comportare un riesame
complessivo delle valutazioni tecnico-discrezionali compiute
dall’Ente locale, tale da consentire la sovrapposizione o la
sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella
compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione, ma si
estrinseca in un mero controllo di mera legittimità.
Autorizzazione paesaggistica - Valutazione della
compatibilità paesistica degli interventi edilizi - Poteri e
limiti - Giurisprudenza - Art. 159 D. L.vo n. 42/2004.
Il potere riconosciuto al Ministero per i beni Culturali ai
sensi dell’articolo 82 del D.P.R. n. 616/1977 (ora articolo
159 del decreto legislativo n. 42/2004) è da intendersi
quale espressione non già di un generale riesame nel merito
della valutazione dell’Ente delegato, bensì di un potere di
annullamento per motivi di legittimità, riconducibile al più
generale potere di vigilanza, che il Legislatore ha voluto
riconoscere allo Stato nei confronti dell’esercizio delle
funzioni delegate alle Regioni ed ai Comuni in materia di
gestione del vincolo, (ex multis: Cons. Stato, Sez. VI,
12.05.2004, n. 2985; 08.04.2004, n. 1994), fermo restando
che il controllo di legittimità può riguardare anche tutti i
possibili profili dell’eccesso di potere (ex multis, Cons.
Stato, Sez. VI, 11.09.2003, n. 5099; T.A.R. Campania Napoli,
Sez. IV, 10.12.2004, n. 18694) (TAR Campania-Napoli, Sez.
VII,
sentenza 04.10.2007 n. 8944
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ATTI
AMMINISTRATIVI: Annullabilità
del provvedimento amministrativo in violazione di norme sul
procedimento - Limiti - L. n. 241/1990 e s.m.. L’art.
21-octies, comma 2, della Legge n. 241/1990 e s.m. si
articola in due distinte previsioni.
La prima, a carattere generale, dispone che “non è
annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme
sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la
natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo
contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da
quello in concreto adottato”. La seconda, dedicata ad una
specifica norma sul procedimento amministrativo -l’art. 7
della legge n. 241/1990- afferma che “il provvedimento
amministrativo non è comunque annullabile per mancata
comunicazione dell’avvio del procedimento qualora
l’Amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del
provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in
concreto adottato”.
Attività vincolata della P.A. - Poteri del giudice -
Verifica d’ufficio del raggiungimento dello scopo - Attività
discrezionale - L. n. 241/1990 e s.m..
Solo in caso di attività vincolata dell’Amministrazione, il
giudice può effettivamente verificare la corrispondenza del
contenuto dispositivo del provvedimento finale al contenuto
prescritto dalla legge, prescindendo da una verifica degli
effetti delle eventuali violazioni di carattere
procedimentale e formale sul contenuto dispositivo del
provvedimento, perché tale contenuto è rigidamente
predeterminato dalla legge e, quindi, attraverso l’esame dei
motivi di ricorso può risultare palese che, nonostante
l’esistenza di vizi procedimentali o formali, lo scopo
dell'azione amministrativa è stato raggiunto (T.A.R.
Campania-Napoli, Sez. IV, 20.11.2006, n. 9983). Pertanto,
proprio in ragione della predeterminazione normativa del
contenuto del provvedimento finale il giudice può procedere
d’ufficio alla verifica del raggiungimento dello scopo senza
che ciò si traduca in un vero e proprio stravolgimento dei
rapporti tra Giudice amministrativo e Amministrazione,
regolati dal principio della separazione dei rispettivi
poteri. Viceversa, laddove sussista discrezionalità
amministrativa, perché la legge si è limitata ad indicare
obiettivi e criteri lasciando all’Amministrazione il compito
di individuare il contenuto dispositivo del provvedimento
finale, si deve escludere in radice che possa emergere in
modo palese il raggiungimento dello scopo dell’azione
amministrativa, proprio perché le violazioni di carattere
procedimentale e formale sono presumibilmente destinate ad
incidere sul contenuto dispositivo del provvedimento finale.
Ed è questa la ragione per cui il legislatore ha previsto
-seppure limitatamente alla violazione dell’art. 7 della
legge n. 241/1990- che sia la stessa Amministrazione a
dimostrare in giudizio che lo scopo dell’azione
amministrativa è stato comunque raggiunto (TAR
Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 04.10.2007 n. 8943
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EDILIZIA
PRIVATA: Autorizzazione
paesaggistica - Annullamento - Esercizio del potere -
Termine - D. L.vo n. 490/1999.
In materia di beni culturali e ambientali, il termine
perentorio di sessanta giorni previsto dall’art. 151, comma
4, del Decreto Legislativo n. 490/1999 (applicabile ratione
temporis alla fattispecie in esame) decorre dalla ricezione,
da parte della Soprintendenza, dell’autorizzazione
rilasciata completa della relativa documentazione
tecnico-amministrativa (Cons. Stato, Sez. II, 18.01.2006, n.
2449), ed attiene esclusivamente alla fase dell’esercizio
del potere di annullamento da parte della Soprintendenza e
non alla successiva fase di comunicazione o notificazione
del provvedimento di annullamento (ex multis, Cons. Stato,
Sez. VI, 08.03.2006, n. 1261).
Autorizzazione paesaggistica - Annullamento - Natura -
Provvedimento di amministrazione attiva - Provvedimenti
vincolati e discrezionale - Differenza.
L’annullamento ministeriale dell’autorizzazione paesistica
costituisce un provvedimento di amministrazione attiva, in
quanto espressione del potere di cogestione del vincolo
paesistico da parte dello Stato e della Regione (o Ente
subdelegato), ed è posto ad estrema difesa del vincolo
stesso, sicché va esclusa in radice la possibilità di
configurare un potere statale di controllo in relazione
all’autorizzazione paesistica rilasciata dalla Regione (o
ente subdelegato) (Cons. Stato, Ad. Plen., 14.12.2001, n.
9). Ne consegue che, mentre alla decisione di annullamento
di un atto controllato va riconosciuta, secondo i principi
generali, la natura vincolata e di atto dovuto, la
giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. VI, 13.02.2001, n. 685)
ritiene che il Ministero possa ritenere pienamente
giustificato l’accoglimento dell’istanza e non annullare
l’autorizzazione paesistica rilasciata, seppure essa non
risulti adeguatamente motivata (ferma restando, ovviamente,
la tutela giurisdizionale del terzo che impugni la predetta
autorizzazione). La natura discrezionale del potere statale
di annullamento dell’autorizzazione paesistica esclude
quindi in radice, in relazione ai provvedimenti che
costituiscono espressione di tale potere, la possibilità di
fare applicazione della prima parte dell’art. 21-octies,
comma 2, della legge n. 241/1990, posto che tale
disposizione, riguarda espressamente i provvedimenti
vincolati.
Annullamento dell’autorizzazione paesistica -
Omissione di formale comunicazione dell’avvio del
procedimento - C.d. conoscenza aliunde - Meccanismi
procedurali alternativi - Principio del raggiungimento dello
scopo della norma violata - Art. 7 L. n. 241/1990.
La comunicazione prevista dall’art. 7 della legge n.
241/1990 non costituisce un adempimento fine a sé stesso, ma
è volta a consentire un’effettiva partecipazione attiva al
procedimento da parte dei soggetti destinatari dell’attività
amministrativa. Pertanto, non preclude l’operatività del
principio del raggiungimento dello scopo della norma
violata, in forza del quale laddove sia provato (come nel
caso in esame) che l’interessato è stato comunque posto in
condizione di partecipare al procedimento amministrativo
questi non può dolersi dell’omessa comunicazione dell’avvio
del procedimento stesso (T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII,
21.05.2007, n. 5494).
Autorizzazioni paesistiche - Annullamento - Poteri di
controllo - Suggerimento di modifiche progettuali -
Esclusione - Valutazione della compatibilità paesistica
degli interventi edilizi - Competenza comunale.
Il potere di annullamento ministeriale dell’autorizzazione
paesistica non presuppone un generale riesame nel merito
delle valutazioni dell’Ente delegato perché, essendo
riconducibile al più generale potere di vigilanza che il
Legislatore ha voluto riconoscere allo Stato nei confronti
dell’esercizio delle funzioni delegate alle Regioni (o agli
Enti subdelegati) in materia di gestione del vincolo, esso
implica soltanto un controllo di legittimità delle
autorizzazioni paesistiche rilasciate dalle Regione (o dagli
Enti subdelegati) (Cons. Stato, Ad. Plen., n. 9/2001 cit.;
Sez. VI, 12.05.2004, n. 2985; 08.04.2004, n. 1994).
Pertanto, se è vero che la Soprintendenza nell’esercizio dei
suoi poteri di controllo può verificare la legittimità delle
autorizzazioni paesistiche anche sotto tutti i profili
sintomatici dell’eccesso di potere (Cons. Stato, Sez. VI,
11.09.2003, n. 5099; T.A.R. Campania-Napoli, Sez. IV,
10.12.2004, n. 18694), ciò non significa che essa possa
spingersi fino al punto di suggerire modifiche progettuali
(ex multis: Cons. Stato, Ad. Plen., n. 9/2001 cit.; T.A.R.
Campania-Napoli, Sez. VII, 08.06.2007, n. 6052; 21.05.2007,
n. 5494), perché tali modifiche possono essere imposte
esclusivamente dalla amministrazione comunale, cui compete
la valutazione della compatibilità paesistica degli
interventi edilizi (TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 04.10.2007 n. 8943
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URBANISTICA: P.I.P.
(Piano Insediamenti Produttivi) - Inosservanza delle
formalità pubblicitarie - Effetti.
L’inosservanza delle formalità pubblicitarie richieste dalla
legge per l’approvazione del piano per insediamenti
produttivi comporta l’inefficacia di tale strumento
urbanistico e la sua inutilizzabilità, nella procedura
oggetto di causa, quale dichiarazione di pubblica utilità.
Inoltre, la mancanza della dichiarazione di pubblica utilità
determina, l’illegittimità ed il conseguente annullamento di
tutti gli atti impugnati emessi dopo la delibera di adozione
mentre quest’ultimo atto ed i provvedimenti precedenti
restano esclusi dalla tutela caducatoria in quanto essi, per
la loro attuale inefficacia, sono inidonei ad arrecare una
lesione.
P.I.P. - Inosservanza delle formalità pubblicitarie -
Effetti - Artt. artt. 27 L. n. 865/1971 e 6 L. n. 167/1962.
Ai sensi degli articoli artt. 27 L. n. 865/1971 e 6 L. n.
167/1962, l’adozione del piano è soggetta a pubblicazione
con deposito per venti giorni nella segreteria comunale
mentre l’approvazione dello strumento urbanistico da parte
dell’autorità regionale va inserita per estratto nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica, deve essere depositata
presso la segreteria del Comune e di tale deposito deve
essere data notizia (“con atto notificato nella forma delle
citazioni”) a ciascun proprietario degli immobili ricompresi
nel piano (Cons. Stato sez. IV n. 234/1989). Pertanto, gli
atti conclusivi di entrambe le predette fasi sono sottoposti
ad oneri pubblicitari che ne condizionano l’efficacia (TAR
Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 03.10.2007 n. 8853
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LAVORI PUBBLICI: Dichiarazione
di pubblica utilità - Annullamento giurisdizionale -
Richiesta di risarcimento del danno - Competenza - Giudice
amministrativo.
In caso di annullamento ex tunc della dichiarazione di
pubblica utilità, la richiesta di risarcimento del danno
conseguente all'annullamento giurisdizionale spetta al
giudice amministrativo. (Cons. Stato A.P. n. 9/2007; Cons.
Stato sez. IV n. 3752/2007; Cass. SS.UU. n. 3724/2007).
Dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e
indifferibilità delle opere - Annullamento - Effetti -
Occupazione “usurpativa e occupazione appropriativa -
Distinzione.
L’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità
comporta che l’attività esecutiva della pubblica
amministrazione di apprensione del bene e di irreversibile
trasformazione dello stesso sia qualificabile come
comportamento materiale riconducibile nell’ambito
dell’occupazione “usurpativa” (Cass. n. 1814/00) che si
distingue dall’occupazione appropriativa la quale presuppone
l’esistenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità.
Il venir meno degli effetti della dichiarazione di pubblica
utilità, urgenza e indifferibilità delle opere, la cui
eliminazione, per il peculiare nesso procedimentale ivi
configurabile, si riverbera con effetto caducante sul
decreto di esproprio (così Cons. Stato sez. IV n. 3984/2007;
Cons. Stato sez. IV n. 3040/2003; Cons. Stato sez. V n.
3833/2002).
Risarcimento del danno - Occupazione usurpativa -
Illecito permanente - Quantificazione - Somme annualmente
rivalutate.
Nel caso di occupazione usurpativa l'illecito è permanente,
in quanto derivante da illegittimità originaria della
fattispecie, e solo con la richiesta dell’integrale
risarcimento del danno da parte del proprietario,
qualificabile come abdicazione del diritto alla tutela
reintegratoria (nella fattispecie identificabile con il
deposito del ricorso introduttivo), cessa il dovere
dell'amministrazione di porre fine alla cennata situazione
permanente di antigiuridicità ed inizia a decorrere il
termine prescrizionale dell'azione risarcitoria (in questo
senso TAR Campania-Napoli n. 1582/2004; TAR Campania-Napoli
n. 7619/2003; Cass. n. 15710/2001). Pertanto, in ordine
all’entità del risarcimento va rilevato che nell’occupazione
usurpativa solo alla data della domanda di risarcimento, e
alla conseguente dismissione della proprietà da parte del
danneggiato, si verifica la cessazione della permanenza
dell'illecito, dovendosi ritenere che chi domanda
l'equivalente del valore dell'area consente contestualmente
la permanenza successiva dell'occupazione già illecita, in
tal modo determinando una esimente per la condotta
successiva alla domanda stessa, per chi è nel possesso
dell'immobile; a tale data, deve intendersi maturato il
danno per la perdita della proprietà che deve essere
liquidato in relazione al valore di mercato di questa (Cass.
n. 24819/2005). Ne consegue che nella fattispecie il
risarcimento va individuato in riferimento al valore venale
del bene (Cons. Stato sez. V n. 2095/2005; Cass. n.
2625/2005) al 26/02/2003, data in cui è stato depositato il
ricorso; l’importo in esame, poi, costituendo debito di
valore, deve essere rivalutato fino alla data di deposito
della sentenza (Cass. n. 1814/2000) e su di esso debbono
essere calcolati, altresì, gli interessi legali secondo i
criteri desumibili dalla giurisprudenza civile (ovvero sulle
somme annualmente rivalutate: Cass. SS.UU. n. 1712/1995)
(TAR Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 03.10.2007 n. 8822
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LAVORI PUBBLICI: Dichiarazioni
sostitutive - Disposizioni in materia di documentazione
amministrativa - Prescrizioni dei bandi - Certificazione
semplificata e sostitutiva - Art. 15 L. n. 3/2003, che
aggiunge l’art. 77-bis al D.P.R. n. 445/2000 - L.R. Sicilia
n. 16/2005.
Le disposizioni in materia di documentazione amministrativa,
fra le quali è riconducibile quella riguardante le
dichiarazioni sostitutive ex art. 77-bis, D.P.R. n.
445/2000, si applichino in tutti i casi in cui sia prevista
una certificazione, «ivi comprese quelle concernenti le
procedure di aggiudicazione e affidamento di opere pubbliche
o di pubblica utilità, di servizi e di forniture, ancorché
regolate da norme speciali». Di conseguenza, le prescrizioni
dei bandi vanno sempre intese nel senso che, in mancanza di
richiamo alla norma sopra citata, si deve ammettere la
certificazione semplificata e sostitutiva stabilita dal
menzionato d.P.R. n. 445/2000 (Cons. Stato, sez. V,
24.08.2006, n. 4972). Ad una tale conclusione, non osta
l’invocata normativa regionale, posta dal comma 12-bis
dell'articolo 19 della legge 11.02.1994, n. 109, introdotto
l'art. 1, comma 12, della l.r. 29.11.2005, n. 16, in quanto
il richiamato art. 77-bis del t.u. n. 445/00 costituisce
norma di fondamentale riforma economico-sociale, applicabile
anche alla Regione siciliana (C.G.A. 12.08.2005, n. 533).
Certificazione rilasciata dall'I.N.P.S.,
dall'I.N.A.I.L. e dalla Cassa edile - Dichiarazione
sostitutiva - DURC (documento unico di regolarità
contributiva) - Disciplina.
L’art. 6 del Dec. Ass. Reg. Sicilia 24.02.2006, recante
“Modalità attuative della disposizione di cui al comma
12-bis dell'art. 19 della legge 11.02.1994, n. 109”,
consente al concorrente di optare, in luogo della
certificazione prevista agli articoli 1 e 2, per la
produzione della dichiarazione sostitutiva, ai sensi del
D.P.R. n. 445/2000. Il richiamato art. 1 concerne la
produzione di certificazione rilasciata dall'I.N.P.S.,
dall'I.N.A.I.L. e dalla Cassa edile, dimostrante la
"regolarità contributiva"; mentre l’art. 2 prevede che la
regolarità contributiva sia certificabile e/o attestabile
anche attraverso la produzione del DURC (documento unico di
regolarità contributiva). Per il principio di gerarchia
delle fonti, la disposizione recata dal decreto assessorile
non può che avere valore attuativo interpretativo della
norma di legge regionale e quindi effetto retroattivo.
Autocertificazioni - Art. 38 d.P.R. n. 445/2000 -
Procedura e contenuto - DURC (documento unico di regolarità
contributiva).
Le autocertificazioni di cui all'art. 38 d.P.R. n. 445 del
2000, necessitano, per la loro giuridica esistenza ed
efficacia, della sottoscrizione del legale rappresentante
del dichiarante, resa in presenza di un dipendente addetto,
ovvero dell'allegazione di copia fotostatica, ancorché non
autenticata, di un documento del sottoscrittore (Cons.
Stato, sez. VI, 27.05.2005, n. 2745). Tale documento,
infatti, ai fini della regolarità contributiva, attesta la
correttezza nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali,
assistenziali ed assicurativi nonché di tutti gli altri
obblighi previsti dalla normativa vigente riferita
all'intera situazione aziendale. A tal fine, come chiarito
dalla circolare del Ministero del lavoro e delle politiche
sociali 12.07.2005 n. 230, il riferimento all'intera
situazione aziendale è da ricondursi all'unicità del
rapporto assicurativo e previdenziale instaurato tra
l'impresa e gli enti al quale vanno riferiti tutti gli
adempimenti connessi (Consiglio di Giustizia Amministrativa
per la Regione Siciliana,
sentenza 03.10.2007 n. 911
-
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ENTI LOCALI: Tributi
(I.C.I.) - Assoggettamento delle aree edificabili destinate
ad espropriazione - Fondamento.
Un’area edificabile assoggettata a vincolo urbanistico che
la destini ad espropriazione non è, per ciò stesso, esente
dall’I.C.I., in quanto il presupposto di detta imposta non è
in alcun modo ricollegabile alla idoneità del bene a
produrre reddito o alla sua attitudine ad incrementare il
proprio valore o il reddito prodotto, assumendo, invece,
rilievo il valore dell’immobile ai soli fini della
determinazione della base imponibile (cfr. Cass. 19750/04;
per analoghe considerazione in tema nozione di edificabilità
in materia di imposta di registro: v. Cass. 7676/02) (Corte
di Cassazione, Sez. Tributaria,
sentenza 12.09.2007 n. 19131
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ESPROPRIAZIONE: Dichiarazione
di pubblica utilità - Data ultimazione lavori - Mancata
previsione - Omissione - Conseguenze - Tesi della “carenza
di potere in concreto” - Giurisdizione del G.A.
La mancata previsione, nel primo atto della procedura
ablatoria, dei termini dei lavori e della procedura
medesima, deve ritenersi costituire, un caso di cattivo
esercizio del potere e non di carenza di potere (in
concreto), sicché l’immissione in possesso e la
trasformazione del suolo, sulla base di una siffatta,
asseritamente invalida (ma efficace) dichiarazione di
pubblica utilità dell’opera, concreta un comportamento
“amministrativo” (e non “mero”) dell’amministrazione,
comunque riconducibile, almeno mediatamente, all’esercizio
di pubblici poteri autoritativi, sì da restare ascritto,
quanto alla tutela giurisdizionale, anche risarcitoria, alla
cognizione del G.A. e non a quella del G.O. (Corte cost. n.
191 del 2006). La tesi della “carenza di potere in concreto”
è smentita, tra l’altro, dall’articolo 21-septies della
legge n. 241 del 1990 (aggiunto dall’articolo 14 della legge
n. 15 del 2005), che menziona, tra i casi (tassativi) di
nullità dell’atto amministrativo, la sola ipotesi di difetto
assoluto di attribuzione (Tar Campania, Napoli, sez. V,
17.02.2006, n. 2137), dall’articolo 13, comma 3, del testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al
d.P.R. 08.06.2001, n. 327, che ha reso facoltativa la
previsione del termine del decreto di esproprio, il che vale
a dimostrare, sul piano interpretativo, la debolezza della
tesi pretoria della essenzialità dei termini, intesi come
conformativi dello stesso potere ablatorio, nonché dalla
stessa (più recente) giurisprudenza della Cassazione (Cass.,
ss.uu., 2688 del 2007, cit., 19.02.2007, n. 3724), che ha
(giustamente) affermato la giurisdizione amministrativa nel
caso di successivo annullamento (ancorché retroattivo) della
stessa dichiarazione di pubblica utilità dell’opera. (cfr.,
contra, Cass., ss.uu., ord. 15.06.2006 n. 13911; 07.02.2007,
n. 2688; 19.04.2007, n. 9323).
Dichiarazione di pubblica utilità - Termini dei lavori
e delle espropriazioni - Indefettibilità della fissazione -
Previsione in atti successivi della procedura -
Insufficienza.
Pacifica, ormai, in giurisprudenza è l’acquisizione della
indefettibilità della fissazione, sin dal primo atto della
procedura espropriativa, ossia sin dall’approvazione del
progetto definitivo dell’opera, che comporta la sua
dichiarazione di pubblica utilità, dei termini dei lavori e
delle espropriazioni (da ultimo, Tar Campania Napoli, sez.
V, 1 febbraio 2007, n. 828). In punto di fatto tale
omissione, nella fattispecie, è incontestata (oltre che
documentata in atti), sicché non può che dedursene
l’illegittimità, sotto questo profilo, degli atti impugnati.
La giurisprudenza (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 27
dicembre 2006, n. 7898; id., 16 maggio 2006, n. 2773) ha
altresì definitivamente chiarito l’insufficienza di tale
previsione in atti successivi della procedura.
Apposizione del vincolo espropriativo - Indennizzo
espropriativo - Classificazione urbanistica e c.d.
edificabilità "di fatto".
Nel sistema di disciplina della stima dell'indennizzo
espropriativo introdotto dall'art. 5-bis, legge n. 359 del
1992, un'area va ritenuta edificabile quando come tale essa
risulti classificata dagli strumenti urbanistici al momento
dell'apposizione del vincolo espropriativo, mentre la
cosiddetta edificabilità "di fatto", correlata alle
peculiari circostanze del caso che rafforzano o comprimono
l'edificabilità, rileva esclusivamente in via complementare
od integrativa, nella fase dell'apprezzamento del valore
venale, con la conseguenza che sulla parte che invoca dette
circostanze, al fine di sostenere una variazione in positivo
o in negativo del valore dell'area derivante dall'attitudine
edificatoria fissata dagli strumenti urbanistici, grava
l'onere di allegarle e di dimostrarle (Cass. civ., sez. I,
11.02.2005, n. 2871) (TAR Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 12.09.2007 n. 7553
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EDILIZIA
PRIVATA: Costruzione
elettrodotto - Permesso di costruire - Necessità -
Esclusione - Perseguimento di interessi generali -
Incolumità pubblica - Garanzia - Osservanza delle regole
tecniche - Fattispecie.
Per la costruzione di un elettrodotto, quale opera di
interesse statale , non solo non è necessario il rilascio
del permesso di costruire da parte del Comune, (art 7 del
testo unico), ma la sua realizzazione è sottoposta a proprie
regole costruttive la cui compatibilità con la disciplina
urbanista, è rimessa alla valutazione rispettivamente del
Ministero dei Lavori pubblici e della Regione a secondo che
si tratti di elettrodotti con tensione superiore o inferiore
ai centocinquantamila volts. A norma dell'articolo 2 della
legge n 109 del 1994 e degli artt. 87 ed 88 del D.P.R.
24.07.1977 n 616 gli elettrodotti sono da considerare opere
pubbliche, in quanto realizzate dall'ENEL che opera come
organismo pubblico per il perseguimento di interessi
generali (cfr per tutte Cons di Stato sez IV 03.05.2005 n
2136). L'incolumità pubblica è garantita dall'osservanza
delle regole tecniche previste proprio per la realizzazione
degli elettrodotti. La progettazione delle opere pubbliche è
disciplinata in via generale dall'articolo 16 della legge
109 del 1994 ,il quale indica dettagliatamente le
caratteristiche tecniche che essa deve avere . Nella
fattispecie la costruzione è stata realizzata sotto il
diretto controllo della Regione. Si deve pertanto presumere,
in mancanza di specifiche contestazioni, che sia stata
applicata la normativa tecnica del settore.
Costruzione di un traliccio per un elettrodotto -
Disciplina applicabile.
Le norme dettate per le costruzioni in zone sismiche non si
riferiscono ad un qualsiasi manufatto realizzato in tali
zone, ma alle costruzioni, sopraelevazioni e riparazioni
edili, a prescindere dal materiale (muratura, cemento,
prefabbricato) con cui vengono realizzate, si riferiscono
cioè alle opere edili in senso stretto, come emerge altresì
dal riferimento ricorrente al termine "edificio" (cfr ad
esempio artt. 85 e 91 del testo unico). La costruzione di un
traliccio per un elettrodotto non è opera edile in senso
stretto e, ai fini della sicurezza ed incolumità dei
cittadini, è disciplinata da proprie tecniche costruttive
(Corte di cassazione, Sez. III penale,
sentenza 18.07.2007 n. 28514
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EDILIZIA
PRIVATA: Nozione
di pertinenza - Concetto urbanistico di pertinenza -
Configurabilità.
Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a
servizio o ornamento di altra cosa senza diventare parte
integrante della stessa e senza rappresentare elemento
indispensabile per la sua esistenza. Il concetto urbanistico
di pertinenza differisce in parte da quello civilistico
perché nel settore urbanistico acquistano preminente rilievo
le esigenze di tutela del territorio. Per la configurabilità
della pertinenza urbanistica, l'opera deve essere
preordinata a soddisfare un'oggettiva esigenza dell'edificio
principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita a
servizio dello stesso, sfornita di autonomo valore di
mercato e dotata di un volume minimo, tale da non consentire
anche in relazione alle caratteristiche dell'edificio
principale una sua destinazione autonoma e diversa da quella
a servizio dell'immobile cui accede (Cass. n. 4134/1998).
Pertinenza urbanistica e pertinenza civilistica -
Differenza - D.P.R. n. 380/2001 - Art. 817 cod.civ..
La pertinenza urbanistica si distingue da quella civilistica
perché, mentre in quest'ultima rilevano sia l'elemento
obiettivo che quello soggettivo, nella prima acquista
rilevanza solo l'elemento oggettivo. Il legislatore, con il
testo unico dell'edilizia approvato con D.P.R. n. 380 del
2001, per superare le incertezze derivanti dal criterio
quantitativo indicato dalla giurisprudenza per le
pertinenze, ha fissato due criteri per precisare quando
l'intervento perde le caratteristiche della pertinenza per
assumere i caratteri della nuova costruzione: il primo
rinvia alla determinazione delle norme tecniche degli
strumenti urbanistici, che dovranno tenere conto della
zonizzazione e del pregio ambientale e paesistico delle
aree; il secondo, alternativo al primo, qualifica come nuova
opera gli interventi che comportino la realizzazione di un
volume superiore al 20% di quello dell'edificio principale.
In ogni caso non bisogna confondere il concetto di
pertinenza con quello di parte dell'edificio. Da ciò
consegue che l'ampliamento di un edificio preesistente non
può considerarsi pertinenza ma diventa parte dell'edificio
stesso perché, una volta realizzato, completa l'edificio
preesistente affinché soddisfi meglio ai bisogni cui è
destinato.
Elemento distintivo tra la parte e la pertinenza -
Congiunzione fisica - Collegamento funzionale.
L'elemento distintivo tra la parte e la pertinenza non
consiste solo in una relazione di congiunzione fisica,
normalmente presente nella prima ed assente nella seconda,
ma anche e soprattutto in un diverso atteggiamento del
collegamento funzionale della parte al tutto e della
pertinenza alla cosa principale: tale collegamento si
esprime per la parte come necessità di questa per completare
la cosa affinché essa soddisfi ai bisogni cui è destinata:
la parte quindi è elemento della cosa. Nella pertinenza,
invece, il collegamento funzionale consiste in un servizio o
ornamento che viene realizzato in una cosa già completa ed
utile di per sé: la funzione pertinenziale attiene non
all'essenza della cosa ma alla sua gestione economica ed
alla sua forma estetica. Inoltre -ed è questo l'elemento più
rilevante ai fini della distinzione- la pertinenza si
riferisce ad un opera autonoma dotata di propria
individualità mentre la parte di un edificio è compresa
nella struttura di esso ed è quindi priva di autonomia. Da
ciò consegue che l'ampliamento di un edificio preesistente
non può considerarsi pertinenza ma diventa parte
dell'edificio stesso perché, una volta realizzato, completa
l'edificio preesistente affinché soddisfi meglio ai bisogni
cui è destinato (Cass. sez. III 17.01.2003 Chiappalone; 3160
del 2003; nn 36941 e 40843 del 2005).
Art. 44 lett. b) D.P.R. n. 380/2001 - Momento di
cessazione della condotta criminosa.
La contravvenzione già prevista dall'art. 20 lett. B) legge
n. 47 del 1985 ora dall'art. 44 lett. b) D.P.R. n. 380 del
2001, si realizza al momento dell'inizio dei lavori e
perdura per tutta la durata degli stessi. La condotta
criminosa cessa con l'ultimazione dell'opera o con la
cessazione dell'attività criminosa per fatto proprio, per
imposizione dell'autorità o al limite con la sentenza di
primo grado. Pres.
Zone paesisticamente vincolate - Tutela - Reato di
pericolo astratto - Art. 181 D. L.vo n. 42/2004 -
Configurabilità dell'illecito - Presupposti.
Il reato di cui all' art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999 (ora
181 del decreto legislativo n 42 del 2004) è reato di
pericolo astratto, pertanto, per la configurabilità
dell'illecito, non è necessario un effettivo pregiudizio per
l'ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte
penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano
inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del
paesaggio e l'aspetto esteriore degli edifici (Cass., Sez.
3^: 27.11.1997, ric. Zauli ed altri; 07.05.1998, ric.
Vassallo; 13.01.2000, ric. Mazzocco ed altro, 05.10.2000,
ric. Lorenzi; 29.11.2001, ric. Zecca ed altro; 15.04.2002,
ric. P.G. in proc. Negri; 14.05.2002, ric. Migliore;
04.10.2002, ric. Debertol; 23880 del 2004). Nelle zone
paesisticamente vincolate è inibita -in assenza
dell'autorizzazione- ogni modificazione dell'assetto del
territorio, attuata attraverso qualsiasi opera non soltanto
edilizia ma "di qualunque genere", ad eccezione degli
interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di
consolidamento statico o restauro conservativo, purché non
alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli
edifici nonché degli altri interventi analiticamente
indicati nell'articolo 149 del decreto legislativo n 42 del
2004, il quale ha sostituito l'articolo 152 del decreto
legislativo n 490 del 1999 (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 18.07. 2007 n. 28504
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EDILIZIA
PRIVATA: Nozione
di bosco - Aree assimilate al bosco - Presupposti - Art. 2
c. 6 d.lgs. n. 227/2001 - Reato di cui agli art. 44 letto c)
d.P.R. n. 380/2001 e 142 lett. g) del d. lgs. n. 42/2004.
Il bosco è definito nel comma 6 dell'art. 2 del d.lgs.18.05.2001
n. 227 e coincide con ogni terreno coperto da vegetazione
forestale arborea, associata o meno a quella arbustiva, da
castagneti, sughereti o da macchia mediterranea, purché
avente estensione non inferiore ai 2.000 metri quadrati,
larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non
inferiore al 20 per cento. Al bosco sono assimilate anche
altre superfici di estensione inferiore a 2.000 metri
quadrati che interrompono la continuità del bosco medesimo.
Fattispecie: lavori edilizi d'urbanizzazione primaria, su un
terreno sottoposto a vincolo paesaggistico, senza avere
preventivamente ottenuto il prescritto nulla osta dalla
competente autorità e conseguente sequestro preventivo
dell'area soggetta avente le caratteristiche di area boscata
(Corte di cassazione, Sez. III penale,
sentenza 20.06.2007 n. 24258
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EDILIZIA
PRIVATA: Direttore
dei lavori - Responsabilità - Art. 29, c. 2°, D.P.R. n.
380/2001.
In tema di reati edilizi, il direttore dei lavori riveste
una posizione di garanzia circa la regolare esecuzione delle
opere, con la conseguente responsabilità per le ipotesi di
reato configurate, dalla quale può andare esente solo
ottemperando agli obblighi di comunicazione e rinuncia
all'incarico previsti dall'art. 29, comma secondo, D.P.R. n.
380/2001, sempre che il recesso dalla direzione dei lavori
sia stato tempestivo, ossia sia intervenuto non appena
l'illecito edilizio si sia evidenziato in modo obiettivo,
ovvero non appena abbia avuto conoscenza che le direttive
impartite erano state disattese o violate (cfr., ex multis,
Cass. Sez. 3, 10/05/2005 n. 34376, Scimone ed altri).
Proprio per la posizione di "garante" assunta dal direttore
dei lavori e per il suo precipuo obbligo di vigilare sulla
corretta esecuzione delle opere, questi risponde penalmente
anche allorché si disinteressi dei lavori, pur senza
formalizzare o formalizzandole in ritardo, le proprie
dimissioni (cfr. Sez. 3, 07/11/2006 n. 38924, Pignatelli).
Alcuna efficacia liberatoria può riconoscersi ad una
rinuncia comunicata mediante lettera diretta ai committenti,
posto che tale atto è ontologicamente inidoneo a fornire la
prova che vi sia stata reale rinuncia nella data indicata
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 14.06.2007 n. 23129
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EDILIZIA
PRIVATA: Costruzione
abusiva - Ordine di sospensione dei lavori - Termine di
giorni 45 per l'adozione dei provvedimenti definitivi -
Scadenza - Rilevanza sull'ordine di sospensione - Esclusione
- Art. 27 d.P.R. n. 380/2001.
La sospensione di lavori edilizi abusivi, disposta
attraverso l’ordine dell'autorità comunale ex art. 27 d.P.R.
n. 380 del 2001, ha effetto sino alla emanazione dei
provvedimenti definitivi, indipendentemente dallo scadere
del termine di giorni quarantacinque fissato nel citato art.
27, trattandosi di un termine ordinatorio che ha il solo
scopo di sollecitare la P.A. all'adozione dei provvedimenti
definitivi.
Natura precaria di un manufatto - Destinazione
oggettiva dell’opera - Elemento - Disciplina urbanistica -
Fattispecie.
La natura precaria di un manufatto non dipende dal tipo di
materiali usati o dalla tecnica costruttiva o dalla facile
rimovibilità della struttura, ma dalla destinazione
oggettiva della opera. Pertanto, i manufatti di assoluta ed
evidente precarietà destinati a soddisfare esigenze
contingenti, specifiche, cronologicamente determinate ed a
essere rimossi dopo l'uso non necessitano di concessione
edilizia (ora permesso di costruire). I manufatti nella
specie, una costruzione con copertura in lamiera zincata
adibita a pollaio, per il loro utilizzo, (e sul quale il
ricorrente non ha formulato censure), non erano destinati ad
essere eliminati dopo il momentaneo uso e, di conseguenza,
non possono essere qualificati precari (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 07.05.2007 n. 17278
- link a www.ambientediritto.it). |
AGGIORNAMENTO AL
25.01.2008 |
ã |
NEWS |
URBANISTICA:
Lombardia, Il nuovo Piano Territoriale Regionale (PTR).
Varata dalla Giunta Regionale una proposta innovativa e
all’avanguardia per il futuro del territorio lombardo (link
a www.regione.lombardia.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
ENTI LOCALI: G.
Gentilini,
Alcune delle più rilevanti disposizioni in materia di
contenimento e razionalizzazione delle spese valide per
tutte le missioni - Legge finanziaria 2008
(link a www.diritto.it). |
APPALTI: A.
Bonafede,
La determinazione del prezzo a base d’asta negli appalti
pubblici. Applicazione dei prezziari opere pubbliche vigenti
(link a www.diritto.it). |
LAVORI PUBBLICI: R.
Prola,
La valutazione del business plan per la realizzazione di un
impianto sportivo
(link a www.diritto.it). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI SERVIZI: Ritenuto
in diritto:
Con riferimento alle censure mosse dal Consorzio HIRAM, si
osserva che:
1) al punto 2. del bando di gara l’importo
presunto annuo previsto è di euro 112.000,00;
2) al punto 13
del bando, l’iscrizione all’Albo regionale è prescritto per
le sole cooperative sociali. Sotto tali profili, quindi, il
bando appare conforme alla normativa di settore.
Per quanto riguarda il livello del requisito del fatturato
globale (pari a euro 5.000.000,00) e del fatturato specifico
(pari a euro 1.000.000,00), l’Autorità si è più volte
occupata della questione (si vedano le delibere n. 20, 33 e
62, e 209 del 2007) di valutare la proporzionalità dei
requisiti di capacità economico finanziaria e, in
particolare, del requisito concernente il fatturato,
pronunciandosi nel senso che la stazione appaltante può
fissare, nell’ambito della propria discrezionalità, i
requisiti di partecipazione superiori a quelli previsti per
legge, ai fini del corretto ed effettivo perseguimento
dell’interesse pubblico. Unico limite a detta scelta, come
anche è dell’avviso il giudice amministrativo, si rinviene
allorché la stessa sia manifestamente irragionevole,
arbitraria, sproporzionata, illogica e contraddittoria,
nonché lesiva della concorrenza (cfr. Cons. Stato, sez. V,
14.12.2006 n. 7460; Cons. Stato, sez. V, 13.12.2005 n. 7081;
Cons. Stato, sez. IV, 22.10.2004, n. 6967). La
ragionevolezza dei requisiti non viene valutata in astratto,
ma in correlazione al valore dell’appalto.
Al riguardo, in relazione al caso di specie, deve ritenersi
immotivata la fissazione, per un appalto di pulizie, di un
fatturato, pari ad un importo superiore a 20 volte l’importo
annuo e ad un fatturato specifico circa nove volte superiore
al valore annuo dell’appalto.
Per quanto riguarda i rilievi della Miorelli Service S.p.A.
in ordine alla modalità di attribuzione del punteggio del
criterio di aggiudicazione previsto nel bando de quo, questa
Autorità si è già più volte occupata della questione
prospettata (si vedano le Deliberazioni n. 30 e 209/2007),
precisando che la Stazione appaltante, nell’individuare i
punteggi da attribuire nel caso di aggiudicazione
dell’offerta economicamente più vantaggiosa, non deve
confondere i requisiti soggettivi di partecipazione alla
gara, con gli elementi oggettivi di valutazione
dell’offerta.
Nel caso di specie, l’attribuzione di punteggio in ragione
del fatturato specifico realizzato nel triennio, non tiene
in conto il fatto che il fatturato rappresenta un requisito
di partecipazione e non una modalità di valutazione
dell’offerta.
In base a quanto sopra evidenziato Il Consiglio ritiene
nei limiti di cui in motivazione, che:
- i requisiti di partecipazione economici siano
sproporzionati e, pertanto, si pongano in contrasto con i
principi di libera concorrenza, parità di trattamento e non
discriminazione;
- il criterio di attribuzione del punteggio contenuto nel
bando della gara in questione si pone in contrasto con la
normativa nazionale e comunitaria (parere
16.01.2008 n. 4
- link a massimario.avlp.it) |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI: A.
Matranga, Nuovo codice dei contratti pubblici: è legittima
l'esclusione da una gara per grave negligenza nell'esecuzione
di un precedente appalto.
E' questo il principio con cui il TAR PUGLIA-LECCE ha
respinto il ricorso proposto da una un'impresa avverso il
provvedimento di esclusione da una gara pubblica per grave
negligenza, ex art. 38, lett. f), del D.L.vo 12.04.2006 n.
163 (Codice dei contratti pubblici), nell'esecuzione di un
precedente appalto.
Nella specie, la grave negligenza era consistita nella
violazione dell'obbligo di sorvegliare un cantiere, in
pendenza dell'effettuazione del collaudo delle opere
realizzate, così consentendo la perpetrazione di un furto di
una parte dei materiali e degli impianti tecnologici già
installati, di notevole valore ed entità (TAR Puglia-Lecce,
Sez. II,
sentenza 20.12.2007 n. 4309
- link a www.diritto.it). |
ENTI LOCALI: S.
Lazzini, Quando si può affermare che un bene possa ritenersi
appartenente al patrimonio indisponibile in quanto
“destinato a un pubblico servizio? Quali caratteristiche
deve avere un’attività per <identificarsi con lo
svolgimento di un pubblico servizio>? Come si configura il
contratto di di un ‘immobile comunale ad un’Associazione
benefica?
Perchè un bene possa ritenersi appartenente al patrimonio
indisponibile in quanto “destinato a un pubblico servizio”
ai sensi dell’art. 826, comma 3, cod. civ. occorre un doppio
requisito: la manifestazione di volontà dell’Ente titolare
del diritto reale pubblico (e perciò un atto amministrativo
da cui risulti la specifica volontà dell’Ente di destinare
quel determinato bene a un pubblico servizio) e l’effettiva
e attuale destinazione del bene al pubblico servizio:
nonostante l’utilità sociale dello scopo, l’attività
associativa non può identi-ficarsi con lo svolgimento di un
pubblico servizio, tale essendo soltanto un'attività
economica assunta, per legge o in base ad essa, da un ente
pubblico (segnatamente un ente locale) oppure attribuita
(con atto concessorio) anche ad altri soggetti, che la
esercitano in forme imprenditoriali sotto il controllo
dell'amministrazione e con un determinato regime
amministrativo (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 22.11.2007 n. 6203
- link a www.diritto.it). |
APPALTI: S.
Lazzini, Revisione dei prezzi contrattuali : esiste una
diversa giurisdizione a seconda che la controversia riguardi
il quantum (e cioè la determinazione dell'esatto importo
revisionale) e non l'an (e cioè la spettanza o meno della
revisione)?
La possibilità di fruire della revisione prezzi, in base
alle norme vigenti all’atto dell’instaurarsi del rapporto
tra Amministrazione ( per tale dovendosi intendere anche il
concessionario, pubblico o privato che sia, la cui attività
sia qualificabile come pubblica ) e Società appaltatrice, è
subordinata ad una valutazione discrezionale
dell'Amministrazione committente ed è quindi oggetto di un
interesse legittimo, tutelabile davanti al Giudice
amministrativo, fino a quando detta Amministrazione non
abbia riconosciuto, sia pure implicitamente, la spettanza
del compenso revisionale; La posizione dell’appaltatore di
opere pubbliche assume invece natura di diritto soggettivo,
tutelabile davanti al Giudice ordinario, quando il
committente abbia positivamente esercitato il potere di
accordare la revisione e, dunque, abbia riconosciuto che
all’appaltatore spetti la revisione dei prezzi contrattuali
e, perciò, un compenso ulteriore rispetto a quello convenuto
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.11.2007 n. 5831
- link a www.diritto.it). |
LAVORI PUBBLICI: S.
Lazzini, E’ compente il giudice amministrativo nel caso di
un il ricorso miri a ottenere la tutela del diritto di
proprietà, in presenza di un comportamento connesso
all’esercizio della funzione pubblica?
E’condivisibile la ricostruzione secondo cui
l’Amministrazione diventerebbe proprietaria per il fatto
della avvenuta realizzazione delle opere di interesse
pubblico (sia o meno divenuta inoppugnabile una
dichiarazione di pubblica utilità)?
E' corretto affermare che le disposizioni della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo costituiscono primari e
fondamentali canoni di interpretazione per la legge
italiana?
Nel quadro normativo formatosi con l’art. 34 del decreto
legislativo n. 80 del 1998 (come novellato dalla legge n.
205 del 2000) e con l’art. 53 del testo unico sull’esproprio
n. 327 del 2001 (come incisi dalle sentenze della Corte
Costituzionale n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006) – sussiste
la giurisdizione amministrativa esclusiva quando il ricorso
miri a ottenere la tutela del diritto di proprietà, in
presenza di un comportamento connesso all’esercizio della
funzione pubblica, come avviene quando l’Amministrazione
abbia a suo tempo disposto l’occupazione d’urgenza ed abbia
sottratto il possesso di un’area nel corso di una delle fasi
di attuazione del vincolo preordinato all’esproprio: dalla
Convenzione europea e dal diritto comunitario già emerge il
principio che preclude di ravvisare una ‘espropriazione
indiretta’ o ‘sostanziale’, pur in assenza di un idoneo
titolo, previsto dalla legge ed inoltre rileva l’art. 43 del
testo unico approvato col d.P.R. n. 327 del 2001, il quale
–ispirato all’art. 42 Cost.- attribuisce
all’Amministrazione, qualora si sia verificata una patologia
dell’azione amministrativa, il potere di acquisire la
proprietà dell’area con un atto formale di natura ablatoria
e discrezionale (in sostanziale sanatoria), al termine del
procedimento legale nel corso del quale vanno motivatamente
valutati gli interessi in conflitto; l’art. 43 presuppone la
perdurante sussistenza del diritto di proprietà e di un
illecito permanente dell’Amministrazione che si è a suo
tempo impossessata del fondo altrui senza concludere
tempestivamente il procedimento di esproprio, anche se è
stata realizzata l’opera pubblica o di interesse pubblico
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.11.2007 n. 5830
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AGGIORNAMENTO
AL 24.01.2008 |
ã |
G.U.R.I. - G.U.E.E. - B.U.R.L.
(e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Pare imminente la pubblicazione sulla G.U. dell'ulteriore
decreto modificativo/integrativo del Testo Unico ambientale
(in
anteprima la bozza di decreto legislativo). |
DOTTRINA E
CONTRIBUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA: C.
Rapicavoli,
LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI NEL CODICE AMBIENTALE
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GIURISPRUDENZA |
LAVORI PUBBLICI: VIA
- Realizzazione di opere pubbliche - Legge Merloni -
Triplice livello di progettazione - Preliminare, definitiva
ed esecutiva - Prescrizioni conseguenti alla procedura di
VIA - Recepimento in sede di progetto definitivo -
Necessità.
La normativa concernente la realizzazione delle opere
pubbliche e in particolare la legge cosiddetta Merloni e
ss.mm., ivi compreso il regolamento attuativo di cui al D.
P. R. 554 del 1999, richiede il rispetto del principio dei
tre livelli di progettazione (preliminare, definitiva ed
esecutiva), che non può subire accorpamenti o contrazioni di
sorta (c.f.r Cons Stato, sez. IV, 19.03.2003, n. 1467,
23.11.2002, n. 6436; 05.09.2003, n. 4970), né alterazione
dei rispettivi contenuti descritti in modo dettagliato dallo
stesso Regolamento attuativo. In particolare, il progetto
definitivo individua compiutamente i lavori da realizzare e
va corredato degli elementi necessari ai fini del rilascio
delle prescritte autorizzazioni ed approvazioni, tra cui lo
studio di impatto ambientale (Tar Campania-Napoli, sez. VII,
29.05.2006, n. 6212), mentre il progetto esecutivo ha la
funzione di determinare il dettaglio dei lavori da
realizzare ed il relativo costo e non può, quindi, operare
delle modifiche ma soltanto eseguire quanto contenuto nel
progetto definitivo. Ne consegue che le prescrizioni
conseguenti alla procedura di VIA devono essere recepite in
sede di progetto definitivo: la volontà dell’amministrazione
di tenere conto di tali prescrizioni nell’ambito del
progetto esecutivo costituisce insanabile violazione delle
norme che disciplinano i tre livelli di progettazione delle
opere pubbliche (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 26.09.2007 n. 2206
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ENTI LOCALI: LAVORO
- PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Violazione della normativa
antinfortunistica - Infortunio sul lavoro - Soggetto
titolare della responsabilità - Individuazione all’interno
dell’Ente.
La mancata o puntuale indicazione del datore di lavoro
all’interno dell’Ente non può che avere come conseguenza il
permanere in capo al soggetto titolare della responsabilità
politica -nella specie il sindaco- della qualità di datore
di lavoro e ciò ovviamente anche ai fini della
responsabilità per la violazione della normativa
antinfortunistica (conf. Cass. Sez. IV, sent. n. 38840 del
2005 Rv 232418) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 20.09.2007 n. 35137
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EDILIZIA
PRIVATA:
Impianto di distribuzione del carburante -
Localizzazione - Autorizzazione cd. petrolifera - D.Lgs. n.
32/1998.
La localizzazione di un impianto di distribuzione di
carburante, ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 32/1998, non
è esclusa dalla destinazione dell’area a verde pubblico o a
verde attrezzato (cfr. Cons. St., sez. V, 21.09.2005, n.
4945). Gli impianti di distribuzione del carburante, come è
noto, sono ritenuti compatibili con qualsiasi destinazione
di zona, stante la loro attitudine di servire ad ogni tipo
di attività (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 19.09.2007 n. 4887
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO IDRICO - Acque reflue - Scarico in
pubblica fognatura - Impianto per la lavorazione degli
agrumi - Sanzione penale - Fondamento - Lesione
dell’interesse della P.A. - Fattispecie.
In materia d’inquinamento delle acque, gli scarichi non
occasionali di acque reflue industriali, se effettuati in
assenza dell’autorizzazione prescritta, costituiscono reato
anche se operati nella rete fognaria e ciò, in aderenza al
principio comunitario di prevenzione, indipendentemente dal
superamento dei valori-limite fissati nelle tabelle allegate
al D.Lgs. n. 152/1999 (ed attualmente al D.Lgs. n. 152/2006)
[vedi Cass., Sez- III; 10-06-2003, n. 24892, Raffaelli;
19-12-2002, n. 42932, Barattoni; 01-02-2001, n. 4021, Arnaud;
26-10-1999, n. 12176, Di Liddo ed altro]. Sicché, la
sanzione penale, si correla alla mancanza del controllo
preventivo, da effettuarsi attraverso il rilascio, formale e
specifico dell’autorizzazione (lesione dell’interesse della
P.A. al controllo ed alla gestione degli scarichi), a
prescindere dal recapito finale, che non è menzionato dalla
norma sanzionatoria (in tal senso, Cass., Sez. III,
16.12.1999, n. 14247, Porcu; 15.01.2001, n. 248, Giovannelli;
17.01.2001, n. 324, Ciccottelli ed altro; 17.01.2001, 338,
Padovani ed altri). Nella fattispecie è lo stesso ricorrente
ad ammettere l’effettuazione di uno scarico di reflui,
stabilmente collegato ad un determinato ciclo produttivo,
ancorché di carattere non continuativo - discontinuo,
dunque, ma non occasionale - (dopo l’accertamento della
contravvenzione contestata egli ha istallato, infatti, un
depuratore ed ha ottenuto autorizzazione amministrativa per
l’allaccio alla rete fognaria e lo scarico in essa delle
acque reflue depurate) ed il Tribunale ha accertato la
esistenza di una stabile condotta di collegamento tra le
vasche di raccolta site nell’impianto e la fognatura
comunale.
INQUINAMENTO IDRICO - Tutela delle acque - Controllo
preventivo - Scarichi di acque reflue industriali e
immissione occasionale - Differenza - D.Lgs. n. 152/1999 -
D.Lgs. n. 152/2006.
In materia di tutela delle acque, la logica giuridica che
ispira il legislatore nazionale è quella di sottoporre
sempre a controllo preventivo espresso e specifico tutti gli
scarichi di acque reflue industriali, anche se recapitano in
pubbliche fognature, sia per la loro maggiore pericolosità
sia per evitare distorsioni e disparità di trattamento tra
operatori economici distanti da fognature pubbliche o
vicini” (Cass., Sez- III, 26.10.1999, n. 12176, Di Liddo).
Sicché, il D.Lgs. n. 152/1999 ha distinto (art. 59) tra
scarico di acque reflue industriali ed immissione
occasionale. Il primo deve avvenire tramite condotta (art.
2, lett. bb) e, cioè, a mezzo di qualsiasi sistema stabile -
anche se non esattamente ripetitivo e non necessariamente
costituito da una tubazione di rilascio delle acque predette
- il secondo ha il carattere dell’eccezionalità collegata
con la menzionata “occasionalità”. Ne deriva che questo
secondo comportamento non è più previsto come reato con
riferimento alla mancanza di autorizzazione (Cass., Sez. III,
14.09.1999, n. 2774, Rivoli).
INQUINAMENTO IDRICO - Disciplina degli scarichi -
Scarico discontinuo di reflui e scarico occasionale -
Differenza.
In tema di disciplina degli scarichi, mentre lo scarico
discontinuo di reflui, sia pure caratterizzato dai requisiti
della irregolarità, intermittenza e saltuarietà, se
collegato ad un determinato ciclo produttivo, ancorché di
carattere non continuativo, trova la propria disciplina nel
D.Lgs. n. 152/1999 e successive modificazioni, lo scarico
occasionale effettuato in difetto di autorizzazione è privo
di sanzione penale (Cass. Sez. III, 08.04.2004, n. 16720,
Todesco).
INQUINAMENTO IDRICO - Immissione occasionale di acque
reflue industriali - Nozione legislativa di scarico. D.Lgs.
n. 152/1999 - D.Lgs. n. 152/2006.
La immissione occasionale di acque reflue industriali non è
soggetta alla preventiva autorizzazione solo nel caso in cui
sia del tutto estranea alla nozione legislativa di scarico,
atteso che ogni immissione diretta tramite un sistema di
convogliabilità, ovvero tramite condotta, è sottoposta alla
disciplina di cui al D.Lgs. n. 152/1999 (Cass., Sez. III,
08.04.2004, n. 16717, Rossi) (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 03.09.2007 n. 33787
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EDILIZIA
PRIVATA: Abusivismo
edilizio - Disagiate condizioni economiche e sociali -
Scriminante dello stato di necessità - Inammissibilità -
Tutela del paesaggio e dell'ambiente - Prevalenza.
In materia di abusivismo edilizio o ambientale, lo stato di
necessità è difficilmente ipotizzabile quando il pericolo di
restare senza abitazione è concretamente evitabile
attraverso i meccanismi del mercato o dell'assistenza
sociale (Cass. Sez III 04.12.1987 Iudicello; Cass 17.05.1990
n. 7015; 22.09.2001, Riccobono; 22.02.2001, Bianchi). In
tale materia manca, non solo e non tanto il danno grave alla
persona (secondo qualche decisione di legittimità per danno
grave alla persona deve intendersi ogni danno grave ai suoi
diritti fondamentali ivi compreso quello all'abitazione cfr
Cass. 11030 del 1997), ma anche e soprattutto
l'inevitabilità del pericolo: infatti l'attività
edificatoria non è vietata in modo assoluto, ma è consentita
nei limiti imposti dalla legge a tutela di beni di rilevanza
collettiva, quali il territorio, l'ambiente ed il paesaggio,
che sono tutelati anche dall’articolo 9 della Costituzione.
Di conseguenza, se il suolo è edificabile, le disagiate
condizioni economiche non impediscono al cittadino di
chiedere il permesso di costruire. Se il suolo non è
edificabile, il diritto del cittadino a disporre di
un'abitazione non può prevalere sull'interesse della
collettività alla tutela del paesaggio e dell'ambiente.
Abusivismo edilizio - Applicabilità estensiva del
concetto di danno alla persona - Effettiva sussistenza dei
requisiti dell'esimente - Limiti.
In materia di abuso edilizio, l’applicabilità estensiva del
concetto di danno alla persona fino a comprendervi il
diritto all'abitazione si risolvono in mere affermazioni di
principio sull'astratta attuazione di tale esimente anche
posto che richiedono comunque un'indagine rigorosa
sull'effettiva sussistenza dei requisiti dell'esimente, i
quali requisiti difficilmente o eccezionalmente sono stati
riscontrati in concreto (cfr ad esempio Cass. 19811/2006).
Demolizione del fabbricato abusivo - Poteri del
Giudice - Acquisizione del bene al patrimonio comunale -
Disciplina.
In materia di abuso edilizio, la potestà attribuita
autonomamente al giudice penale di disporre la demolizione
del fabbricato abusivo non trova un limite nell'avvenuta
acquisizione del bene al patrimonio comunale, giacché la
stessa acquisizione è finalizzata alla demolizione. Il
contrasto tra i due poteri -giurisdizionale ed
amministrativo-, diretti entrambi al medesimo risultato
ossia alla demolizione del manufatto abusivo, non si
verifica quindi al momento dell'acquisizione del bene al
patrimonio comunale, bensì nel momento in cui il Consiglio
comunale, per l'esistenza di prevalenti interessi pubblici,
manifesti la volontà di non procedere alla
demolizione,sempre che l'opera non contrasti con rilevanti
interessi urbanistici o ambientali. Sicché, il potere dovere
del giudice penale di eseguire la demolizione dell'opera
edilizia abusiva, disposta ex art. 7 della legge 28.02.1985
n. 47 con la sentenza di condanna, opera anche nel caso in
cui le opere siano state acquisite al patrimonio del Comune,
con la sola esclusione del caso in cui sia intervenuta la
deliberazione del consiglio comunale che abbia dichiarato
l'esistenza di prevalenti interessi pubblici (Cass. sez III
n. 3489 del 2000; n. 2406 del 2003; 37120 del 2003; nn.
26149; 37120; 43294 del 2005). In base all'art. 7 della
legge n. 47 del 1985 (ora art. 31 T.U.) il consiglio
comunale può dichiarare legittimamente la prevalenza di
interessi pubblici ostativi alla demolizione alle seguenti
condizioni:
1) assenza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici
e, nell'ipotesi di costruzione in zona vincolata, assenza di
contrasto con interessi ambientali: in quest'ultimo caso
l'assenza di contrasto deve essere accertata
dall'amministrazione preposta alla tutela del vincolo;
2) adozione di una formale deliberazione del Consiglio con
cui si dichiari formalmente la sussistenza di entrambi i
presupposti;
3) la dichiarazione di contrasto della demolizione con
prevalenti interessi pubblici, quali ad esempio la
destinazione del manufatto abusivo ad edificio pubblico,
ecc..
Inoltre, l'incompatibilità dell'esecuzione dell'ordinanza di
demolizione con la delibera consiliare presuppone che questa
sia attuale e non meramente eventuale, perché non è
consentito fermare l'esecuzione penale per tempi
imprevedibili senza la concreta esistenza di una delibera
consiliare avente i requisiti anzidetti, giacché
l'ordinamento non può attendere sine die l'adozione di una
eventuale deliberazione. Solo a partire dall'adozione della
delibera è preclusa al giudice la potestà di disporre la
demolizione del manufatto o di subordinare il beneficio
della sospensione condizionale della pena alla demolizione e
solo a partire da tale momento l'inottemperanza
dell'ingiunto all'ordine di demolizione impartito
dall'autorità giudiziaria è giustificata.
Abusivismo edilizio - Ordine di demolizione -
Sospensione condizionale della pena Condotta del condannato
- Demolizione avvenuta dopo il decorso del termine -
Effetti.
Non può considerarsi illecita la condotta del condannato, il
quale in esecuzione dell'ordine impartito dal giudice,
provveda a demolire il manufatto anche dopo il decorso del
termine fissato nell'ingiunzione dall'autorità
amministrativa, giacché con la demolizione si realizza
proprio il fine al quale è diretta l'acquisizione gratuita
al patrimonio comunale. Quindi, quand'anche si fosse già
verificata l'acquisizione del bene al patrimonio comunale,
la circostanza non sarebbe ostativa alla demolizione o alla
subordinazione del beneficio della sospensione condizionale
della pena alla demolizione stessa o all'esecuzione
dell'ordine di demolizione contenuto nella sentenza di
condanna, giacché entrambe le ingiunzioni sono dirette a
realizzare lo stesso risultato ossia l'eliminazione dal
territorio di un manufatto abusivo.
Sequestro preventivo - Acquisizione del bene al
patrimonio comunale - Revoca del sequestro del bene - Avente
diritto - Fattispecie: acquisizione del bene al patrimonio
comunale.
In materia di abuso edilizio, con la sentenza di condanna la
cosa oggetto del sequestro preventivo, se non deve essere
confiscata, va restituita a favore dell'avente diritto,
(nella fattispecie a seguito dell'acquisizione del bene al
patrimonio comunale si identifica nel Comune) (cfr per tutte
Cass. sez III 09.06.2004, Meglio) (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 10.07.2007 n. 28499
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LAVORI PUBBLICI:
Soggetti ammessi alle gare - Società di ingegneria -
Valutazione di ordine sostanziale - Normativa nazionale ed
europea - Art. 17 c. 6 , lettera b), L. n. 109/1994.
In materia di appalti, l'elencazione di cui all'art. 17
comma 6 , lettera b), della L. n. 109/1994, deve essere
interpretata facendo prevalere una valutazione di ordine
sostanziale, riferita alla concreta natura delle attività
svolte dalla società. Sicché, non si può ritenere rientrante
nel genus delle società di ingegneria solo la società il cui
oggetto sociale corrisponda, in modo pedissequo, anche sul
piano letterale e formale, alla elencazione contenuta nella
suddetta norma (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 06.07.2007 n. 3840
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - Terre e rocce da scavo - Livello di
contaminazione - Accertamento - Modalità - Ripristino
ambientale - Gestione dei rifiuti - Fattispecie: riutilizzo
di terre e rocce da scavo per il riempimento di una cava e
ripristino ambientale - D.M. n. 471/1999.
In materia di terre e rocce da scavo, la verifica relativa
al rispetto dei livelli di sostanze inquinanti presenti,
fissati dal D.M. 25.10.1999 n. 471, e tali da sottrarle alla
disciplina sui rifiuti, deve essere effettuata con
riferimento alla composizione media dell'intera massa
estratta e non mediante accertamento sui siti di
destinazione dei materiali una volta omogeneizzata con altri
elementi. Fattispecie: riutilizzo di terre e rocce da scavo
per il riempimento di una cava e conseguente ripristino
ambientale.
PROCEDURE E VARIE - Inizio delle operazioni di analisi
dei campioni - Avvertimento della facoltà di farsi assistere
da un tecnico di fiducia - Necessità - Omissione - Effetti -
Nullità degli atti per violazione dei diritti della difesa.
L'omissione dell'avviso dell'inizio delle operazioni di
analisi dei campioni di fanghi, con l'avvertimento della
facoltà di farsi assistere da un tecnico di fiducia,
determina la nullità degli atti per violazione dei diritti
della difesa (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 23.06.2007 n. 22038
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EDILIZIA
PRIVATA: Abusivismo
edilizio - Decreto penale - Ordine di demolizione - Obbligo.
In materia urbanistica, l'ordine di demolizione rappresenta
una sanzione amministrativa e non già una pena accessoria,
una misura di sicurezza o, comunque, un effetto penale della
condanna (tra le tanti, Cass. Sez. 3, n. 991 del 11/06/1992
Rv. 190966; Sez. 3, n. 3107 del 02/10/1997 Rv. 208837).
L'estensione della statuizione sulla demolizione anche alle
sentenze equiparate a quelle di condanna -come accade per il
patteggiamento- rende a fortiori necessario procedere nello
stesso senso nel caso del decreto penale che, a prescindere
dalle peculiarità che pure lo contraddistinguono,
rappresenta comunque una pronuncia di condanna; e dall'altro
che, diversamente opinando, la condanna per decreto si
convertirebbe in un anomalo meccanismo processuale elusivo
dell'applicazione della sanzione amministrativa in
questione. Nel caso di decreto penale, l'ordine deve essere
necessariamente impartito dal GIP, anche d'ufficio, e,
quindi, a prescindere dalla esistenza di una specifica
istanza del PM nella richiesta di decreto penale.
Abusivismo edilizio - Patteggiamento ex art. 444 cod.
proc. pen. - Ordine di demolizione - Necessità.
L'ordine di demolizione deve essere disposto anche in sede
di patteggiamento ex art. 444 cod. proc. pen. ancorché non
sia stato oggetto dell'accordo. (Sez. 3, n. 3107 del
02/10/1997 Rv. 208837). Inoltre, l'ordine di demolizione va
disposto anche se mancante nella richiesta di patteggiamento
(Sez. 3, n. 3123 del 28/09/1995; Rv. 202794; Sez. 3, n. 64
del 14/01/1998 Rv. 210128).
Opere abusive - Ordine di demolizione e rimessione in
pristino dello stato dei luoghi - Sanzioni amministrative
obbligatorie - Mancata inclusione nella sentenza - Rimedio e
procedura.
In fase di cognizione, alla mancata inclusione nella
sentenza dell'ordine di demolizione delle opere abusive e
dell'obbligo di rimessione in pristino dello stato dei
luoghi non può essere dato rimedio tramite la procedura di
correzione dell'errore materiale, ma si rende necessaria
l'impugnazione del pubblico ministero (Sez. 3, n. 21022 del
24/02/2004 Rv. 229039). Inoltre, nel caso, in cui la
sentenza sia divenuta definitiva l'ordine di demolizione
potrà ugualmente essere disposto dal giudice dell'esecuzione
su richiesta dello stesso pubblico ministero (sulla
applicabilità delle sanzioni amministrative obbligatorie in
sede di esecuzione si richiamano le argomentazioni già
svolte da Sez. 3, n. 1880 del 18/05/1999 Rv. 213851) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 20.06.2007 n. 24265
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EDILIZIA
PRIVATA: RIFIUTI
- Materiali da demolizioni edilizie - Deposito temporaneo -
Mancata riutilizzazione - Natura di rifiuto - Integrazione
del reato di deposito incontrollato - Sussistenza - D.Lgs.
22/1997 - D.Lvo n. 152/2006.
In base a quanto contenuto nella recente disciplina sui
rifiuti, non può escludersi la natura di "rifiuto" dei
materiali provenienti da demolizioni edilizie che non sono
concretamente riutilizzati. Nella specie, i materiali
giacevano nel terreno inutilizzati per oltre due anni
escludendo la qualifica del deposito temporaneo ai sensi
dell'art. 6, comma 1, lett. m) D.Lgs. 22/1997 e s.m.. e
integrando il reato di deposito incontrollato di rifiuti
previsto e punito dall'art. 51, comma 2 (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 04.06.2007 n. 21677
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AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI
- Terreno in affitto - Smaltimento illecito di rifiuti -
Responsabilità personale dell’affittuario - Culpa in
vigilando - Responsabilità del proprietario - Fattispecie.
In materia di responsabilità per lo smaltimento illecito di
rifiuti su terreno in affitto, non può escludersi la
responsabilità personale dell'affittuario, proprio perché
egli ha la gestione diretta del terreno, tuttavia, sussiste
anche la responsabilità del proprietario, almeno sotto il
profilo della culpa in vigilando. Fattispecie: abbandono di
materiali di risulta provenienti dalla demolizione di un
muro.
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Degrado ambientale connesso
all'abbandono dei rifiuti - Costituzione di parte civile -
Proprietari limitrofi - Legittimità.
Sono legittimati a costituirsi parti civili, lamentando il
danno derivante dal degrado ambientale connesso
all'abbandono dei rifiuti sul terreno, i proprietari dei
terreni limitrofi (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 04.06.2007 n. 21677
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
ACQUE - Nozione di acque reflue industriali -
Disciplina applicabile - Art. 2, lett. h) del d. lgs. n.
152/1999, come mod. dal d. l.vo n. 258/2000 ora art. 74, c.
1 lett. h) d. Lgs. n. 152/2006.
L'art. 2, lettera h) del d. lgs. n. 152/1999, come
modificato dal decreto legislativo n. 258/2000, (ora
trasfuso nell'art. 74, comma 1 lettera h) del d. Lgs. n.
152/2006) definisce "acque reflue industriali" qualsiasi
tipo di acque reflue scaricate da edifici od installazioni
in cui si svolgono attività commerciali o di produzioni di
beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque
meteoriche o di dilavamento. Il refluo deve essere
considerato nell'inscindibile composizione dei suoi
elementi, a nulla rilevando che parte di esso sia composta
di liquidi non direttamente derivanti dal ciclo produttivo,
come quelli delle acque meteoriche o dei servizi igienici,
immessi in un unico corpo recettore. [Cassazione Sezione III
n. 13376/1998, 10/11/1998 - 18/12/1998, Brivio, RV. 212541].
Ne consegue che rientrano tra le acque reflue industriali
quelle che possiedono qualità, necessariamente legate alla
composizione chimica-fisica, diverse da quelle proprie delle
acque metaboliche e domestiche.
ACQUE - Disciplina degli scarichi - Scarico
discontinuo di reflui e scarico occasionale - Differenza.
In tema di disciplina degli scarichi, mentre lo scarico
discontinuo di reflui, sia pure caratterizzato dai requisiti
dell'irregolarità, intermittenza e saltuarietà, se collegato
ad un determinato ciclo produttivo, ancorché di carattere
non continuativo, trova la propria disciplina nel decreto
legislativo 11.05.1999 n. 152, e successive modificazioni,
lo scarico occasionale, sia se effettuato in difetto di
autorizzazione che con superamento dei valori limite, è
privo di sanzione a seguito della eliminazione, ad opera
dell'art. 23 del decreto legislativo 18.08.2000 n. 258, del
riferimento alle immissioni occasionali precedentemente
contenuto negli art. 54 e 59 del citato decreto n. 152"
[Cassazione Sezione III n. 16720/2004, Todesco, RV.228208].
Quindi, quale che sia il suo carattere temporaneo, soltanto
una condotta del tutto estranea alla nozione legislativa di
scarico di acque reflue [le immissioni effettuate fuori dal
ciclo produttivo senza il tramite di una condotta] non è
soggetta alla preventiva autorizzazione perché ogni
immissione diretta tramite un sistema di convogliabilità,
ovvero tramite condotta, è sottoposta alla disciplina di cui
al decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152 [cfr.
Cassazione Sezione III n. 14425/2004, Lecchi, RV. 227781 e
n. 16717, Rossi, RV. 228027].
ACQUE - INQUINAMENTO - Nozione di acque reflue
industriali - Fattispecie: versamento di sostanza chimica
allo stato liquido destinata a fissare le fibre d'amianto
che componevano la copertura di un capannone industriale.
Nella nozione di acque reflue industriali rientrano tutti i
reflui derivanti da attività che non attengono strettamente
al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche,
atteso che a tal fine rileva la sola diversità del refluo
rispetto alle acque domestiche. Conseguentemente rientrano
tra le acque reflue industriali quelle provenienti da
attività artigianali e da prestazioni di servizi.
[Cassazione Sezione III, n. 42932/2002, 24/10/2002 -
19/12/2002, Ribattoni, RV. 222966]. Nella specie deve
escludersi il carattere occasionale dello scarico essendo
stato accertato che lo stesso è avvenuto nel corso di
un'attività rientrante nel ciclo di lavorazione dell'impresa
richiedente l'impiego di liquidi inquinanti. In tal contesto
è stata versata una sostanza chimica allo stato liquido
destinata a fissare le fibre d'amianto che componevano la
copertura di un capannone industriale (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 29.05.2007 n. 21119
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EDILIZIA
PRIVATA:
Nozione di “pertinenza urbanistica” - Relazione "di
servizio" con la costruzione preesistente - Fattispecie.
La nozione di “pertinenza urbanistica” ha peculiarità sue
proprie, che la distinguono da quella civilistica: deve
trattarsi, invero, di un’opera preordinata ad un'oggettiva
esigenza dell'edificio principale, sfornita di un autonomo
valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o
comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire,
in relazione anche alle caratteristiche dell'edificio
principale, una sua destinazione autonoma e diversa da
quella a servizio dell'immobile cui accede. La relazione con
la costruzione preesistente deve essere, in ogni caso, "di
servizio", allo scopo di renderne più agevole e funzionale
l'uso (carattere di strumentalità funzionale), cosicché non
può ricondursi alla nozione in esame la realizzazione di due
vani che non hanno una propria autonomia individuale e
funzionale ma si uniscono ad un preesistente edificio ed
entrano a far parte di esso, costituendone ampliamento.
(vedi Cass., Sez. I: 11.10.2005, ric. Daniele; 11.05.2005,
ric. Gricia; 09.12.2004, ric. Bufano; 18.12.2000, ric,
Privitera; 18.03.1999, ric. Vigliotti; 27.11.1997, rie.
Spanò).
Nozione dei "c.d. volumi tecnici" - Inutilizzabilità
né adattabilità ad uso abitativo.
Sono "volumi tecnici" quelli - non utilizzabili né
adattabili ad uso abitativo - strettamente necessari a
contenere ed a consentire l'eccesso di quelle parti degli
impianti tecnici che non possono, per esigenze tecniche di
funzionalità degli impianti stessi, trovare allocazione
all'interno della parte abitativa dell'edificio realizzabile
nei limiti imposti dalle norme urbanistiche (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 29.05.2007 n. 21111
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EDILIZIA
PRIVATA:
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Reati ambientali - C.d.
minicondono ambientale - Opera realizzata in violazione del
vincolo paesaggistico - Sequestro - Accertamento di
compatibilità paesaggistica della Soprintendenza -
Dissequestro - Legittimità - Poteri del giudice penale -
D.Lgs. n. 42/2004 - L. n. 308/2004.
Il parere della soprintendenza, che attestati la
compatibilità paesaggistica di un’opera (in specie,
costruzione di una strada sterrata e relativo sequestro), fa
venir meno il pericolo che la libera disponibilità della
cosa possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato
ambientale e le ragioni giustificatrici di un sequestro
preventivo dei luoghi. Pertanto, le conseguenze di tale
reato, che si identificano nella offesa all'equilibrio
paesaggistico che è oggetto finale della tutela della norma,
sono positivamente escluse dal parere legittimamente
rilasciato dall'autorità amministrativa competente, che il
giudice penale non può che rispettare nel suo merito
proprio. (v. Cass. Sez. III, n. 2637 dei 20.01.2006, c.c.
13.10.2005, Ziri).
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Accertamento di
compatibilità paesaggistica - Sequestro preventivo dei
luoghi - Limiti - Reati ambientali - C.d. minicondono
ambientale - Effetti - D.Lgs. n. 42/2004 - L. n. 308/2004.
Ai sensi della norma transitoria art. 1, comma 37 della
legge 15.12.2004 n. 308, l'accertamento di compatibilità
paesaggistica comporta l'estinzione del reato
contravvenzionale e di ogni altro reato in materia
paesaggistica, purché si tratti di tipologie edilizie
assentite dagli strumenti di pianificazione paesaggistica o
comunque compatibili con il contesto paesaggistico, e purché
il contravventore abbia provveduto al versamento di
determinate sanzioni pecuniarie previste dalla legge (c.d.
minicondono ambientale).
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Opera in violazione del
vincolo paesaggistico - Compatibilità paesaggistica -
Presupposti - Effetti - Causa di non punibilità - Poteri del
giudice - Limiti - D.Lgs. n. 42/2004 - L. n. 308/2004.
L'accertamento di compatibilità paesaggistica rilasciato
dall'autorità tutoria, previo parere vincolante della
soprintendenza, configura una causa di non punibilità della
contravvenzione ambientale prevista dal comma primo
dell’art. 181, del D.Lgs. 22.01.2004 n. 42, quando questa
consista in lavori non autorizzati di minima entità. In tali
casi, l’accertamento positivo di compatibilità, non può
essere disapplicato dal giudice penale se non invadendo
arbitrariamente la sfera della discrezionalità tecnica
riservata all'autorità amministrativa (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 11.05.2007 n. 18047
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EDILIZIA
PRIVATA: Legge
quadro sulle aree protette - Interventi all'interno di un
parco prima dell'adozione del piano - Nulla osta dell'ente
parco - Necessità - Disposizioni di riferimento -
Individuazione - L. n. 394/1991.
L'operatività della L. n. 394 del 1991, art. 13, comma 1,
nella parte in cui stabilisce che "il rilascio di
concessioni o autorizzazioni relativi ad interventi,
impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al
preventivo nulla-osta dell'Ente parco" e della correlativa
sanzione penale, prevista dal successivo art. 30, comma 1,
non è subordinata alla previa approvazione del piano e/o del
regolamento del parco, di cui agli artt. 11 e 12 della
stessa legge. Pertanto, una diversa interpretazione
introdurrebbe, un limite di dubbia costituzionalità alla
obbligatorietà di una legge penale eventualmente
circoscritta (con applicazione della norma non uniforme nel
tempo e nel territorio) ai soli parchi retti dalle
amministrazioni più diligenti nell'ottemperare alle
disposizioni della L. n. 394 del 1991 e non operante nei
tenitori di tutti gli altri, che rimarrebbero lasciati alla
variabile iniziativa individuale ed estemporanea di privati
ed enti locali.
Modifiche urbanistiche ed edilizie all'interno dei
parchi (nazionali e regionali) - Triplice autonomo controllo
- Specifica valutazione in merito.
In tema di aree protette, il legislatore, per le modifiche
urbanistiche ed edilizie all'interno dei parchi (nazionali e
regionali), prevede un triplice controllo: del responsabile
dell'ufficio tecnico comunale, al quale è demandato il
rilascio del titolo abilitativo edilizio (ai sensi del T.U.:
D.P.R. n. 380/2001); dell'autorità regionale o di quella
delegata al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica (ai
sensi del D.Lgs. n. 42/2004); dell'autorità del parco (ai
sensi della L. n. 394/1991). Sicché, la circostanza che il
rilascio degli ultimi due provvedimenti sia eventualmente
attribuito, con legge regionale, ad un unico organo, non fa
perdere agli stessi la loro autonomia, con la conseguente
necessità di una duplice valutazione in merito (vedi, tra le
decisioni più recenti, Cass., Sez. 3^: 15.12.2003, n. 47706;
20.06.2003, n. 26863; 12.05.2003, n. 20738; 11.01.2000, n.
83; 13.10.1998, n. 12917. Nello stesso senso C. Stato, Sez.
4^, 28.02.2005, n. 714) (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 05.04.2007 n. 14183
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AGGIORNAMENTO
AL 23.01.2008 |
ã |
UTILITA' |
URBANISTICA:
Corre voce che sarebbe imminente l'approvazione da parte del
Consiglio Regionale dell'ennesima modifica/integrazione alla
legge urbanistica regionale (L.R. n. 12/2005).
Ecco il
PDL 19.12.2006 n. 207
licenziato dalla Giunta Regionale in discussione nella
competente Commissione Consiliare.
Non è dato conoscere -ad oggi- a che punto sia il relativo
iter burocratico (sul sito regionale non v'è traccia). |
QUESITI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
E. Dello Vicario, Le attività di recupero descritte nel DM
186/2006 prevedono, per le attività R13 una serie di
operazioni da effettuarsi sul rifiuto (esempio: punto 1
rifiuti di carta -attività di recupero lettera b) messa in
riserva R13 per la produzione di mps per l'industria
cartaria (.....) in conformità alle seguenti specifiche
R3[....]).
E' ammissibile la sola attività di messa in riserva (mero
stoccaggio) senza alcun tipo di operazione sul materiale o è
indispensabile, al fine di usufruire delle procedure
semplificate, operare il trattamento sul materiale fino ad
ottenere materie prime secondarie rispondenti alle
specifiche delle norme UNI?
Tenuto conto che la problematica riguarda anche le altre
tipologie la domanda generale che si pone è questa:
il mero stoccaggio è da considerare attività di messa in
riserva R13? O la messa in riserva significa trattare i
materiali fino al punto di ottenere mps? E in quest’ultimo
caso l'azienda ha effettuato già un recupero?
Quello che esce può considerarsi mps e non più rifiuto?
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: V.
Vattani, Vorrei un chiarimento sulla definizione “attività
di raccolta e trasporto rifiuti effettuate dai soggetti
abilitati allo svolgimento delle medesime attività in forma
ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del
loro commercio”. Tale definizione è contenuta al c. 5
dell’art. 266 del D.l.vo 152/2006 e sancisce l’esclusione
dei soggetti di cui sopra dalla necessità di autorizzazioni
e dalla tenuta di documentazione inerente i rifiuti.
Chi sono effettivamente questi soggetti? Che tipo di
autorizzazione possiedono o possedevano e soprattutto come
si può evitare che dietro la loro figura si mascheri una
gestione illecita di rifiuti?
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: M.
Santoloci e V. Vattani,
Gli “stoccaggi” intermedi durante il trasporto realizzati ad
opera del trasportatore sono legali?
Le soste tecniche previste dal T.U. ambientale durante il
trasporto sono legalizzazioni degli stoccaggi intermedi?
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: M.
Santoloci,
In quale tipo di violazione incorre una impresa edile che
dopo i lavori presso un'abitazione, trasporta i calcinacci
in discarica senza il formulario e senza iscrizione all'
Albo dei gestori ambientali?
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: M.
Santoloci, L'art 193 del D.lvo 152/2006 parla di quantità
trasportabili in assenza di formulario sino ai 30 Kg o 30
Litri. Si riferisce solo alle imprese o enti. Vi chiedo
allora:
cosa si può contestare ad un semplice privato che trasporta
rifiuti in quantità superiore a quelle succitate
(Es: privato trasporta 1000 kg di rifiuti inerti, o
addirittura speciali pericolosi come 300 litri di oli
esausti o un camion di batterie esauste)?
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: E.
Dello Vicario, Omissione notifica spandimento fanghi in
agricoltura -
E' sanzionabile l'omissione della notifica allo spandimento
dei fanghi in agricoltura nel termine di dieci giorni
previsto dall'art. 9 del D.Lgs. n. 99/1992 (la ditta lo ha
notificato a spandimento avvenuto)?
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: V.
Vattani, Una ditta che vuole iscriversi all’Albo Nazionale
Gestori Ambientali, categoria 4 (raccolta e trasporto di
rifiuti speciali non pericolosi prodotti da terzi),
deve iscriversi all’Albo autotrasportatori conto terzi e
avere quindi l’autorizzazione c/t?
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: S.
Pallotta, Sono un agente accertatore e spesso mi al momento
del sopralluogo mi viene detto che i registri non sono
presso l’impianto di smaltimento o recupero, ma presso la
sede legale dell’impresa di smaltimento o recupero.
Vorrei sapere che questo comportamento va sanzionato. Se sì,
quale violazione integra?
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: M.
Santoloci,
E’ necessario per l’organo di vigilanza approfondire la
responsabilità soggettiva del proprietario di un terreno sul
quale sono stati rinvenuti cumuli di rifiuti abbandonati da
terzi?
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: M.
Santoloci, Vorrei sapere cortesemente come devo comportarmi
quando un autospurgo sversa (materiale prelevato da
abitazioni private) nella rete fognaria comunale.
Va comunque sequestrato in ogni caso l'automezzo? E'
sufficiente applicare la normativa del T.U. 152/2006?
(link a www.simoline.com). |
G.U.R.I. - G.U.E.E. - B.U.R.L.
(e anteprima) |
URBANISTICA:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n. 4 del 22.01.2008,
"Criteri ed indirizzi relativi ai contenuti paesaggistici
dei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale" (deliberazione
G.R. 27.12.2007 n. 6421
- link a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 4 del 22.01.2008, "Piano
regionale per lo sviluppo della mobilità intelligente in
Lombardia (Infomobilità)" (deliberazione
G.R. 27.12.2007 n. 6162
- link a www.infopoint.it). |
APPALTI:
G.U.U.E. 20.12.2007 n. L 335 "DIRETTIVA
2007/66/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
dell’11.12.2007
che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del
Consiglio per quanto riguarda il miglioramento
dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia
d’aggiudicazione degli appalti pubblici". |
URBANISTICA:
"Determinazione della procedura per la valutazione
ambientale di piani e programmi - VAS (art. 4, l.r. n.
12/2005; d.C.R. n. 351/2007" (deliberazione
G.R. 27.12.2007 n. 6420). |
NEWS |
VARI:
Lombardia, auto ecologica, ecoincentivi di 2000 euro.
Sempre attivo il contributo di 2000 euro destinato ai
cittadini residenti in Lombardia che demoliscono la propria
autovettura diesel per l'acquisto di un'auto ecologica nuova
non superiore ai 2000 cc (link a
www.ors.regione.lombardia.it). |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA: M.
Santoloci,
Il problema della nozione di rifiuto del veicolo da
demolire, il deposito temporaneo tra i vari soggetti attivi
e le procedure di competenza - Trattamento dei veicoli fuori
uso: competenze dei concessionari e degli autodemolitori
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: E.
Dello Vicario,
Esercizio di impianti mobili di recupero dei rifiuti:
autorizzazione espressa o comunicazione di inizio attività?
(link a www.simoline.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
L. Butti,
Il decreto correttivo del codice ambientale
(link a www.filodiritto.com). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Il disciplinare della gara di specie al capo 1 “Recapito del
plico” dispone espressamente quanto segue: “Il plico
contenente le buste della documentazione amministrativa e
dell’offerta economica richieste dal bando deve pervenire, a
pena di esclusione, a mezzo raccomandata del servizio
postale ovvero mediante agenzia di recapito autorizzata
all’Ufficio del Protocollo generale”.
Pertanto le uniche modalità di invio dell’offerta previste,
a pena di esclusione, dalla lex specialis di gara sono a
mezzo raccomandata del servizio postale e a mezzo agenzia di
recapito autorizzata.
Numerose pronunce del giudice amministrativo hanno ritenuto
legittimo l’operato della stazione appaltante che impone un
determinato mezzo per l’invio delle offerte, con esclusione
di strumenti equipollenti, salvo che ciò non aggravi
irragionevolmente gli oneri posti a carico dei partecipanti.
In particolare il giudice amministrativo si è espresso nel
senso di considerare illegittimo il provvedimento di
esclusione da una gara pubblica di appalto, adottato nei
confronti di un’impresa che ha presentato l’offerta a mezzo
di corriere privato, anziché a mezzo raccomandata postale,
nel caso in cui la clausola del bando che impone la consegna
dell’offerta solo a mezzo del servizio postale non sia
accompagnata da espressioni tali da far intendere ai
partecipanti, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la
sua mancata osservanza fosse tale da comportare
l’inevitabile esclusione dalla gara (cfr. Cons. di Stato,
sez. V, 21.06.2006 n. 3703).
Nel caso di specie la previsione del disciplinare sopra
riportata è chiara nell’aver previsto l’esclusione delle
offerte in caso di trasmissione delle stesse con modalità
difformi da quelle previste. Pertanto, risulta essere fuor
dubbio che le offerte presentate a mano e trasmesse con
posta prioritaria non possano essere considerate in linea
con quanto disposto dal disciplinare di gara.
In ordine all’offerta presentata con posta celere questa
Autorità si è già occupata in passato (si veda il parere n.
74/2007), affermando che la possibilità per i concorrenti,
di avvalersi del servizio di posta celere comporta il
riconoscimento, da parte della Stazione appaltante,
dell’utilizzo di corrieri, tenuto conto che detto servizio è
stato esternalizzato dalle Poste Italiane s.p.a. alla S.D.A.,
corriere espresso.
Pertanto l’offerta pervenuta mediante posta celere con
corrieri, essendo tale possibilità prevista nel disciplinare
(attraverso agenzie di recapito autorizzate), è da
considerarsi ammissibile.
Infine per quanto riguarda la ditta che ha presentato il
plico carente o mancante di sigilli o di sigle sui lembi del
plico di invio, essendo su tale questione presenti due
versioni discordanti, questa Autorità non ha elementi per
pronunciarsi in merito, se non nell’evidenziare che il punto
2.3 del capo 1 del disciplinare di gara prevede che “i lembi
di chiusura del plico di invio e delle buste interne devono
essere incollati, sigillati, con ceralacca recante una
controfirma o una sigla autografa”.
Tutto quanto sopra evidenziato, Il Consiglio Ritiene, nei
limiti di cui in motivazione, che le offerte trasmesse in
maniera difforme a quanto previsto dalla lex specialis di
gara siano da escludere dalla procedura di gara (parere
10.01.2008 n. 1
- link a massimario.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
ENTI LOCALI:
Revoca incarico assessore, dimissioni componenti
giunta, legittimità.
Le dimissioni presentate da altri componenti della Giunta
non giustificano di per sé la revoca dell’assessore che non
ha aderito al medesimo comportamento abdicatorio, con la
conseguente ammissione della domanda di sospensione della
revoca
(TAR Puglia-Lecce, Sez. I,
ordinanza 09.01.2008 n. 12
-
- link a
www.altalex.com). |
VARI:
Sostituzione di persona –
account – posta elettronica – nome sostituito – sussistenza
[art. 494 c.p.].
E’ configurabile il reato di sostituzione di persona,
laddove si crei un account di posta elettronica usando un
nome altrui e fingendosi tale persona
(Corte di Cassazione, Sez. V penale,
sentenza 14.12.2007 n. 46674
- link a www.altalex.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Can che abbaia non morde… ma disturba!
Disturbo delle persone –
cane che abbaia – isolata persona disturbata – insussistenza
[art. 659 c.p.].
Non è configurabile il reato di disturbo delle occupazioni o
del riposo delle persone, laddove la persona disturbata sia
una sola
(Corte di Cassazione, Sez. I penale,
sentenza 05.11.2007 n. 40502
- link a www.altalex.com). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Sopraelevare un muro di cinta: il titolo edilizio è
l’autorizzazione.
Il fatto che il territorio del
Comune sia assoggettato a vincoli di carattere paesistico,
di per sé non comporta l'assoggettamento di qualsiasi
intervento al regime concessorio, ma solo l'inapplicabilità
della procedura cosiddetta di denuncia dell’inizio
dell'attività, sempre che si dimostri l'esistenza di uno
specifico vincolo gravante sull'immobile oggetto
dell'intervento.
Il giudizio sulla assoggettabilità o meno dell'intervento in
questione al regime concessorio deve essere condotto alla
stregua della natura dell'opera ed in particolare sulla
riconducibilità della stessa alla nozione di pertinenza, che
l'art. 7 d.l. 23.01.1982 n. 9, convertito in l. 25.03.1982
n. 94, assoggetta al regime autorizzatorio.
La sopraelevazione del muro di cinta, di circa 1 metro di
altezza per la lunghezza di 20 metri, realizzato per
sostituire la barriera metallica preesistente e quindi
conferire una migliore protezione alla proprietà, senza
alterare l’altezza complessiva della recinzione medesima,
non solo conferma il già acquisito vincolo pertinenziale ma
rappresenta un intervento modesto che non viene ad incidere
sul carico urbanistico
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 22.10.2007 n. 5515
- link a www.altalex.com). |
PUBBLICO
IMPIEGO:
Concorsi pubblici: è sufficiente la valutazione in
forma numerica delle prove.
Nei concorsi pubblici deve
ritenersi sufficiente la valutazione in forma numerica delle
prove
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 19.10.2007 n. 5468
- link a www.altalex.com). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Trasformazione di giardino in parcheggio: è mutamento
di destinazione d’uso.
Il Consiglio di Stato ha
da tempo e in più occasioni sottolineato che il punto
rilevante, per valutare il regime di modificabilità della
struttura di un immobile, è costituito proprio dalla sua
destinazione d’uso.
Tutte le volte che le modificazioni unilateralmente
realizzate dal proprietario configurano un mutamento della
destinazione d’uso, con appesantimento, rilevabile e
documentabile, dei carichi urbanistici o con manifesto
contrasto con i vigenti assetti urbanistici di zona, è
necessaria l’autorizzazione dell’Ente locale, per
l’elementare e basilare esigenza collettiva di consentire
allo stesso Ente locale di gestire in modo ordinato, equo e
proporzionato, rispetto alla situazione reddituale degli
amministrati, i carichi di urbanizzazione complessivamente
considerati.
Nella fattispecie, non è sostenibile che la trasformazione
di un appezzamento di terreno da agrumeto e giardino a
parcheggio scoperto, attraverso l’impermeabilizzazione del
terreno, in contrasto il piano paesistico all’epoca vigente,
in una zona completamente vincolata, non configuri una
sostanziale modificazione delle caratteristiche d’uso
dell’immobile, con incremento di carichi urbanistici
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 01.10.2007 n. 5035
- link a www.altalex.com). |
ESPROPRIAZIONE:
Sulla partecipazione procedimentale in materia
espropriativa.
Il Supremo Consesso siciliano
afferma, in maniera lapidaria, che l’amministrazione
espropriante è tenuta al rispetto della normativa inerente
la partecipazione procedimentale del soggetto passivo della
potestà amministrativa così come enunciato dagli artt. 7 e
ss. della legge n. 241/1990 e s.m.i. (cfr. TAR
Calabria-Reggio Calabria, n. 243 del 22.03.2007).
La sentenza in commento è particolarmente interessante in
quanto definisce l’ambito di applicazione dell’art
21-octies, comma 2, seconda proposizione, della L. 241/1990,
che testualmente prevede: “... Il provvedimento
amministrativo non è comunque annullabile per mancata
comunicazione dell'avvio del procedimento qualora
l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del
provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in
concreto adottato.”
(Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione
Siciliana,
sentenza 14.09.2007 n. 851
- link a www.altalex.com). |
APPALTI:
Effetti della decisione sulle procedure di affidamento
e di gara.
Invero, la sentenza appellata è
autoesecutiva per la parte che annulla l’aggiudicazione in
favore del Consorzio e la sottostante valutazione
dell’anomalia ai danni della controinteressata, e la
Provincia, pertanto, non aveva dunque nulla da revocare,
essendosi compiuto, l’effetto costitutivo, con la pronuncia
di annullamento.
La decisione di dare nuovo corso alla procedura di gara
muovendo dalla valutazione dell’anomalia non richiedeva
alcuna comunicazione diversa da quella che è stata fatta
all’ex aggiudicatario (il cui affidamento era stato
annullato dalla sentenza del 2003) se non quella che è stata
fatta con l’invito a presentare ulteriori giustificazioni;
una volta, infatti, che l’intervento demolitore del giudice
amministrativo non ha riguardato il solo provvedimento
conclusivo, ma ha inciso, sia pure soltanto in parte, sulla
procedura concorsuale, arrestandola in una fase nella quale
la ripresa del procedimento non altera i canoni fondamentali
della pubblica gara, costituisce operazione esecutiva
tipica, riprenderne il corso dal segmento immediatamente
precedente all’atto illegittimo, che non deve essere
preceduta da alcuna delibazione che richieda il contributo
partecipativo delle parti in causa
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 07.09.2007 n. 4694
- link a www.altalex.com). |
AGGIORNAMENTO
AL 21.01.2008 |
ã |
UTILITA' |
LAVORI PUBBLICI:
Unita Tecnica Finanza di Progetto (UTFP): 100 domande, 100
risposte
(link a www.utfp.it). |
PUBBLICO
IMPIEGO:
NON È REATO CONSULTARE LA POSTA ELETTRONICA DEL DIPENDENTE
PREVIA INFORMATIVA.
La Corte di Cassazione ha affrontato il caso della
consultazione della posta elettronica del dipendente da
parte del datore di lavoro, per la prima volta dopo
l'adozione Provvedimento 01.03.2007, n. 13 del Garante
Privacy recante le linee guida del Garante per posta
elettronica e internet.
Il caso è emblematico: il Tribunale di Torino, sezione di
Chivasso, proscioglie Tizio perché il fatto non sussiste
dall'imputazione di avere abusivamente preso cognizione
della corrispondenza informatica aziendale della dipendente
Caia, licenziata poi sulla base delle informazioni così
acquisite. Il pubblico ministero propone ricorso in
Cassazione deducendo la violazione dell'articolo 616 Codice
Penale (Violazione, sottrazione e soppressione di
corrispondenza), lamentando che il giudice del merito si sia
fondato sull'erroneo presupposto della rilevanza della
proprietà aziendale del mezzo di comunicazione violato,
senza considerare il profilo funzionale della destinazione
del mezzo telematico non solo al lavoro ma anche alla
comunicazione, tutelata dall'articolo 15 Costituzione.
Secondo la Cassazione, "deve ritenersi che la corrispondenza
telematica possa essere qualificata come "chiusa" solo nei
confronti dei soggetti che non siano legittimati all'accesso
ai sistemi informatici di invio o di ricezione dei singoli
messaggi. Infatti, diversamente da quanto avviene per la
corrispondenza cartacea, di regola accessibile solo al
destinatario, è appunto la legittimazione all'uso del
sistema informatico o telematico che abilita alla conoscenza
delle informazioni in esso custodite. Sicché tale
legittimazione può dipendere non solo dalla proprietà, ma
soprattutto dalle norme che regolano l'uso degli impianti. E
quando in particolare il sistema telematico sia protetto da
una password, deve ritenersi che la corrispondenza in esso
custodita sia lecitamente conoscibile da parte di tutti
coloro che legittimamente dispongano della chiave
informatica di accesso. Anche quando la legittimazione
all'accesso sia condizionata, l'eventuale violazione di tali
condizioni può rilevare sotto altri profili, ma non può
valere a qualificare la corrispondenza come "chiusa" anche
nei confronti di chi sin dall'origine abbia un ordinario
titolo di accesso".
La Cassazione ha dato rilievo fondamentale alla circostanza
che "le password poste a protezione dei computer e della
corrispondenza di ciascun dipendente dovevano essere a
conoscenza anche dell'organizzazione aziendale, essendone
prescritta la comunicazione, sia pure in busta chiusa, al
superiore gerarchico, legittimato a utilizzarla per accedere
al computer anche per la mera assenza dell'utilizzatore
abituale", concludendo che del tutto lecitamente Tizio prese
cognizione della corrispondenza informatica aziendale della
sua dipendente, utilizzando la chiave di accesso di cui
legittimamente disponeva, come noto alla stessa Caia".
Per la verità il riferimento al citato provvedimento del
Garante privacy risulta generico e superficiale. Occorre in
definitiva considerare che, esclusa la fattispecie penale,
restano i profili civilistici, che non vanno sottovalutati,
potendo comportare anche la condanna al risarcimento del
danno (commento tratto e link a www.filodiritto.com). |
G.U.R.I. - G.U.U.E. - B.U.R.L. (e anteprima) |
EDILIZIA
PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 3 del 18.01.2008,
"Determinazioni in merito al controllo, alla manutenzione
e ispezione degli impianti termici - Modifiche ed
integrazioni alla d.g.r. 5117/2007, modificata dalla d.g.r.
n. 6303 del 21 dicembre 2007" (testo
coordinato della deliberazione G.R. 05.12.2007 n. 6033
- link a www.infopoint.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n. 2
dell'08.01.2008, "Criteri per l'esercizio da parte delle
Province della delega di funzioni in materia di Parchi
Locali di Interesse Sovracomunale (art. 34, comma 1, l.r.
86/1983; art. 3, comma 58, l.r. n. 1/2000)" (deliberazione
G.R. 12.12.2007 n. 6148
- link a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA
PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 2 del 07.01.2008, "Aggiornamento
del valore del soprassuolo stabilito con d.g.r. 675/2005"
(decreto
D.G. 19.12.2007 n. 16117
- link a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA
PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 2 del 07.01.2008, "Adeguamento
delle sanzioni amministrative pecuniarie in materia di uso
delle superfici boschive" (l.r. n. 27/2004)" (deliberazione
G.R. 19.12.2007 n. 6206
- link a www.infopoint.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Lombardia,
CIRCOLARE RELATIVA ALLA
NECESSITA’ DI DOTAZIONE DELLA CERTIFICAZIONE ENERGETICA PER
GLI IMMOBILI OGGETTO DI INCENTIVI O AGEVOLAZIONI
(decreto
D.G.
27.12.2007 n. 16381
- link a www.cened.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Lombardia, AGGIORNAMENTO DELLA PROCEDURA DI CALCOLO PER
PREDISPORRE L'ATTESTATO DI CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI
EDIFICI, PREVISTO CON D.G.R. N. 5018/2007 E SUCCESSIVE
MODIFICHE ED INTEGRAZIONI (decreto
D.U.O. 13.12.2007 n. 15833
- link a www.cened.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Lombardia, OGGETTO: contratto “servizio energia”,
obblighi derivanti dal disposto dell'art. 6.2, lett. d),
deliberazione G.R. Lombardia 31.10.2007, n. 8/5773,
pubblicata in B.U.R.L. 3° Suppl. straordinario al n. 228 del
09.11.2007 (chiarimenti). |
NEWS |
EDILIZIA
PRIVATA - URBANISTICA:
Lombardia, Con il 2008 in vigore la VAS (Valutazione
strategica ambientale).
Comuni e Province dovranno applicarla nelle scelte di
pianificazione territoriale (link a
www.regione.lombardia.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA
PRIVATA:
Lombardia, legge forestale: aumentano dal 2008 gli importi
delle sanzioni amministrative.
Riguardano la sanzioni stabilite dall'art. 23 della l.r.
27/2004 per abusi commessi in boschi e in terreni soggetti
al vincolo idrogeologico. Le sanzioni per chi commette abusi
nei boschi e sui terreni soggetti a vincolo idrogeologico
aumentano del 5,57% a partire dal 1° gennaio 2008 (link a
www.agricoltura.regione.lombardia.it). |
VARI:
IMPIANTO SOLARE
TERMICO - il sole, l'energia del futuro che esiste da sempre.
Vuoi difendere l'ambiente e contenere i tuoi consumi? Con i
pannelli solari termici utilizzi l'energia pulita del sole
per produrre acqua calda per la tua casa rispettando
l'ambiente.
Installando un impianto solare termico Enel.si sul tetto
della tua abitazione, ti assicuri acqua calda per usi
sanitari e per il riscaldamento ed eviti l'emissione
nell'atmosfera del gas responsabile dell'effetto serra. In
più, ti avvali di una fonte di energia inesauribile.
Grazie alle detrazioni fiscali del 55% previste dalla
finanziaria ed alla possibilità di avvalersi di formule di
finanziamento appositamente studiate da Enel.si, è possibile
migliorare ulterioremente la convenienza dell'impianto
solare termico.
Avrai così dalla tua l'energia ideale: pulita e vantaggiosa.
Per capire come funziona un impianto, vai su
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potrai valutare direttamente costi e risparmi, scoprendone
tutti i vantaggi (www.enel.it) |
ENTI LOCALI:
SEPA e il codice IBAN.
È stata istituita, a partire da gennaio 2008, l'Area unica
dei pagamenti in euro (SEPA), comprendente i 27 Paesi
dell'Unione europea più la Svizzera, il Liechtenstein e la
Norvegia, per assicurare una maggiore protezione nelle
transazioni effettuate con le carte di pagamento. Ci saranno
alcune novità di rilievo, come il Bonifico Europeo Unico (BEU),
che consentirà pagamenti in euro più semplificati e rapidi.
Con l'istituzione dell'Area unica dei pagamenti in euro, le
Banche italiane hanno adottato, dall'1 gennaio 2008, il
codice IBAN (International Bank Account Number), ossia la
codifica internazionale che identifica ciascun conto
bancario utilizzato per i pagamenti transfrontalieri, quale
unica coordinata bancaria valida per tutte le operazioni di
pagamento per mezzo di conto corrente, sarà utilizzato anche
per i pagamenti eseguiti in Italia, al posto delle
tradizionali coordinate bancarie (codici ABI e CAB e numero
di conto corrente).
Nell'ottica SEPA, tutti i pagamenti al dettaglio in euro
sono considerati "domestici", venendo meno la distinzione
fra pagamenti nazionali e transfrontalieri all'interno
dell'area dell'euro. La Banca centrale europea e la
Commissione europea svolgono un ruolo di promozione del
progetto mentre lo European Payments Council (EPC -
Consiglio europeo per i pagamenti) è responsabile della sua
realizzazione (link a www.governo.it). |
PUBBLICO
IMPIEGO:
Nuove procedure per le comunicazioni obbligatorie on-line.
Dall'11 gennaio 2008 è entrato in vigore e sarà pienamente
operativo dal 1° marzo 2008 il Decreto Interministeriale con
il quale si stabiliscono nuove modalità per le comunicazioni
obbligatorie on-line (assunzioni, trasformazioni, proroghe e
cessazioni dei rapporti) da parte dei datori di lavoro,
pubblici e privati.
Tutti i soggetti interessati, fino all'1 marzo prossimo,
potranno ancora scegliere tra l'invio cartaceo e quello
telematico; dal quella data, invece, il sistema telematico
diventerà obbligatorio, sostituendo definitivamente tutte le
comunicazioni cartacee.
Questo è quanto dispone il decreto interministeriale del
30.10.2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 299 del
27.12.2007, in attuazione del nuovo sistema di comunicazioni
obbligatorie per i rapporti di lavoro previsto dalla legge
finanziaria 2007.
Il nuovo sistema telematico sostituisce le vecchie modalità
di comunicazione che le aziende inoltravano ai Centri per
l'impiego (CPI), all'INPS, all'INAIL e al Ministero del
lavoro. Non sarà più necessario inviare differenti
comunicazioni cartacee, ma basterà compilare un unico
modello. Il Sistema CO è il primo servizio telematico della
rete dei servizi per il lavoro in grado di monitorare tutte
le informazioni che riguardano la formazione e la vita
lavorativa dei cittadini: dalla ricerca di prima
occupazione, all'ingresso nel mercato del lavoro fino alla
pensione (link a www.governo.it). |
CONDOMINIO:
"Guida al condominio" dell'Agenzia delle Entrate.
Che cos'è un condominio, come deve essere gestito, quali
sono gli adempimenti fiscali e come ottenere le agevolazioni
fiscali per risparmio energetico e ristrutturazioni
edilizie?
A queste e ad altre simili domande risponde la "Guida al
condominio" realizzata dall'Agenzia delle Entrate nel mese
di dicembre 2007, disponibile anche in versione on line. In
particolare, la guida contiene utili indicazioni sui
principali adempimenti fiscali a carico del condominio e
dell'amministratore: effettuazione delle ritenute sui
compensi erogati, assolvimento dei relativi obblighi
dichiarativi e comunicazione di alcuni dati relativi ai
condomini amministrati.
Un apposito capitolo illustra le agevolazioni d'imposta, in
caso di interventi di ristrutturazione edilizia o di
riqualificazione energetica sulle parti comuni degli edifici
condominiali. Alcune parti sono inoltre centrate sugli
obblighi da adempiere ai fini dell'Ici e delle imposte sui
redditi relativamente agli immobili di proprietà comune. La
Guida offre anche una sintetica esposizione dei principali
aspetti giuridici del condominio, nonché della figura
dell'amministratore e degli adempimenti fiscali per avviare
tale attività. |
DOTTRINA E CONTRIBUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
F. Giampietro,
La responsabilità per danno all’ambiente nel TUA: un passo
avanti e due indietro ...
(link a www.lexambiente.it). |
APPALTI:
G. P. Cirillo,
L’AVVALIMENTO: SINTESI TRA SUBPROCEDIMENTO E NEGOZIO
GIURIDICO (link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
N. Durante,
Arresti giurisprudenziali in tema di annullamento
dell’aggiudicazione ed effetti sul contratto medio tempore
stipulato
(link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
A. Gurrieri,
Il Green public procurement: gli “appalti verdi”
(link a www.diritto.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Considerazioni sul regime transitorio delle norme tecniche
per le costruzioni di cui al Dm 14.09.2005 ai sensi
dell'art. 20 del d.l. n. 248/2007.
Il documento contiene un commento all'art. 20 del D.L. n.
248/2007 che ha prorogato il regime transitorio relativo
all'applicazione della revisione generale delle norme
tecniche per le costruzioni di cui al d.m. 14.09.2005 (link
a www.centrostudicni.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Project financing: sistema di finanziamento a geometria
variabile (tra dubbi di legittimità costituzionale, eclissi
del promotore ed incertezze legislative)
(link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Distribuzione gas: riprende la telenovela
(link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Qualche considerazione sulle forme di gestione dei servizi
pubblici locali, a margine della recente proposta di
modifica degli artt. 112 e ss del T.U. degli Enti locali
(link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
ENTI LOCALI:
P. Jori,
L’esercizio del potere sostitutivo dello Stato e delle
regioni nell’ordinamento costituzionale vigente (link
a www.lexitalia.it). |
ENTI LOCALI:
A. Tedeschi,
Il terzo mandato consecutivo dei Sindaci ed il sindacato
giurisdizionale nei confronti degli interventi del Ministero
dell’Interno (link a www.lexitalia.it). |
PUBBLICO
IMPIEGO:
L. Busico,
Breve excursus storico sulla flessibilità nel pubblico
impiego (link a www.lexitalia.it). |
AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
Con la verifica dell’anomalia dell’offerta la stazione
appaltante mira a garantire l’individuazione del minor costo
della prestazione che, tuttavia. rispetti standard
qualitativi ottimali.
La normativa non incardina detto procedimento entro schemi
definiti, nel senso che viene riconosciuto ampio margine
discrezionale alla stazione appaltante in ordine alla
modalità con cui condurre la verifica dell’anomalia. L’art.
87, comma 1, del D.Lgs. 163/2006, infatti, prevede che
quando un’offerta appaia anormalmente bassa, la stazione
appaltante possa richiedere all’offerente le
giustificazioni, eventualmente necessarie in aggiunta a
quelle già presentate a corredo dell’offerta, ritenute
pertinenti in merito agli elementi costitutivi dell’offerta.
Il comma 2 del medesimo articolo prevede un elenco, a solo
titolo esemplificativo, delle giustificazioni che possono
essere richieste dalla stazione appaltante, tra le quali
compare anche il costo del lavoro come determinato
periodicamente in apposite tabelle dal Ministro del lavoro e
delle politiche sociali.
Dal tenore della norma, nonché dall’orientamento costante
della giurisprudenza anche comunitaria, la stazione
appaltante ha, pertanto, la possibilità di chiedere
chiarimenti in ordine a tutte le componenti dell’offerta,
soprattutto nel caso in cui influiscano in modo
preponderante sull’offerta complessiva.
Alla luce di quanto sopra, si ritiene che, nel caso di
specie, la stazione appaltante abbia legittimamente
richiesto all’istante giustificazioni in ordine a parametri
che, peraltro, secondo quanto descritto in narrativa, aveva
correttamente pubblicizzato in sede di chiarimenti sul bando
di gara.
Detti chiarimenti, inoltre, potevano correttamente essere
formulati anche in considerazione della disposizione del
bando di gara, di cui al punto III.2.2.1. 8), secondo la
quale era previsto “l’impegno da parte dell’aggiudicatario
ad assolvere l’obbligo, in caso di subentro nell’appalto, di
assumere tutti i lavoratori presenti, garantendo,
compatibilmente con le esigenze tecnico – organizzative, il
rispetto degli accordi attualmente vigenti e scaturenti
dalla contrattazione integrativa aziendale”.
Risultava, di conseguenza, necessario per la stazione
appaltante assicurarsi che i parametri forniti in sede di
chiarimenti sulla documentazione di gara e relativi alla
situazione in essere della ditta uscente, fossero garantiti
dalla ditta aggiudicataria, anche in accordo con quanto
previsto dalla sopramenzionata clausola del bando di gara,
nonché dalla normativa vigente.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che la richiesta dei
chiarimenti sull’anomalia dell’offerta formulata dall’INPDAP
è conforme alla normativa di settore (parere
25.12.2007 n. 163
- link a massimario.avlp.it). |
APPALTI:
Ritenuto in diritto:
In via preliminare occorre evidenziare che, come descritto
in narrativa, la licitazione privata in oggetto, sebbene sia
stata indetta in data 02.02.2007 e, pertanto,
successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n.
163/2006, contiene riferimenti normativi (D.Lgs. n. 157/1995
e s.m.) ormai abrogati. Nonostante tale rilievo che risulta
essere assorbente in quanto implica un annullamento della
documentazione di gara ed una sua ripubblicazione alla luce
dell’intervenuta normativa, si ritiene opportuno prendere in
esame la questione prospettata.
La Commissione di gara, nel caso di specie, ha scomposto in
una serie di sottopunteggi il punteggio complessivo ed
indiviso di 20 punti, previsto dal Capitolato speciale di
appalto per le voci:
1) valore della proposta progettuale migliorativa;
2) metodologia del servizio da svolgere;
3) aspetti qualitativi;
4) frequenza degli interventi;
5) potenzialità dei servizi a disposizione dell’utenza;
procedendo, quindi, alla ripartizione di detti sottopunteggi
tra le cinque voci sopra elencate, già precedentemente
individuate dal Capitolato speciale.
Una siffatta attività di specificazione/integrazione, ove
occorrente per una più esatta valutazione delle offerte, è
stata ritenuta legittima da una recente giurisprudenza
comunitaria (Corte di Giustizia, C-331/04 del 24.11.2005),
solo in presenza di determinate condizioni.
Secondo la Corte di giustizia, infatti, “il diritto
comunitario non osta a che una commissione giudicatrice
attribuisca un peso relativo ai subelementi di un criterio
di aggiudicazione stabilito precedentemente, effettuando una
ripartizione tra questi ultimi del numero di punti previsti
per il detto criterio dall’amministrazione aggiudicatrice al
momento della redazione del capitolato d’oneri o del bando
di gara, purché una tale decisione:
- non modifichi i criteri di aggiudicazione dell’appalto
definiti nel capitolato d’oneri o nel bando di gara;
- non contenga elementi che, se fossero stati noti al
momento della preparazione delle offerte, avrebbero potuto
influenzare la detta preparazione;
- non sia stata adottata tenendo conto di elementi che
possono avere un effetto discriminatorio nei confronti di
uno dei concorrenti.”
Peraltro, al di là delle suddette valutazioni di merito, da
compiere caso per caso, è costante l’orientamento secondo
cui occorre, preliminarmente, che sia rispettato dalla
Commissione giudicatrice un oggettivo ed imprescindibile
limite temporale, ossia che gli elementi di specificazione
ed integrazione di un criterio precedentemente stabilito dal
capitolato d’oneri o dal bando di gara siano da essa
introdotti prima dell’apertura delle buste contenenti le
offerte e che siano parimenti prefissati i criteri di
valutazione da seguire (Cons. Stato, Sez. V, 26.01.2001, n.
264 e 28.05.2004 n. 3471).
Dopo la conoscenza delle offerte, infatti, l’introduzione di
elementi o parametri specificativi mette potenzialmente la
Commissione giudicatrice in condizione di adattare le
proprie valutazioni ed il conseguente punteggio alle
caratteristiche delle offerte medesime, con possibile
pericolo di violazione del principio della par condicio e di
quello dell’imparzialità.
Da quanto sopra consegue l’illegittimità, nel caso in esame,
dell’operato della Commissione giudicatrice, il cui
intervento di specificazione/integrazione, per quanto
rappresentato dalla società S.ECO.IT S.r.l., è avvenuto dopo
l’apertura delle buste contenenti le offerte e senza previa
fissazione dei criteri di valutazione da seguire.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione che, fermo restando la
segnalata errata disciplina normativa contenuta nella
documentazione di gara, risulta necessario verificare caso
per caso la sussistenza delle condizioni di legittimità
individuate dalla Corte di Giustizia (C-331/04 del
24.11.2005). Nel caso di specie, l’intervento di
specificazione/integrazione della Commissione giudicatrice,
che si traduce nella scomposizione dei punteggi previsti dal
Capitolato speciale d’appalto in una serie di sottopunteggi
analitici, dallo stesso non contemplati, e nella successiva
ripartizione di detti sottopunteggi tra quelle stesse voci
già individuate dal Capitolato speciale, è illegittimo se
avviene dopo l’apertura della buste contenenti le offerte e
senza la preventiva fissazione dei criteri di attribuzione
dei punteggi stessi (parere
20.12.2007 n. 160
- link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
La vincolatività delle prescrizioni del bando e del
disciplinare comporta che nel caso in cui le relative
prescrizioni prevedono espressamente, con formulazione
chiara e non equivoca, l'esclusione dalla procedura a
sanzione della loro inosservanza, l'Amministrazione è tenuta
al rispetto della normativa alla quale si è autovincolata e
che essa stessa ha emanato.
Nel caso in esame, contrariamente a quanto asserito dal
raggruppamento istante, il bando di gara comminava
espressamente, con chiarezza e non equivocità, l’esclusione
dei concorrenti in caso di mancata presentazione in
originale o copia autentica della documentazione richiesta.
Pertanto, la Commissione di gara ha correttamente proceduto
all’esclusione dalla gara dei concorrenti inadempienti.
Sulla procedura di gara, tuttavia, si ritiene di dover
formulare le osservazioni di seguito riportate.
Il punto 2 del bando di gara individua la procedura di gara
come procedura aperta, ai sensi dell’articolo 55 del d. Lgs.
n. 163/2006.
Ai sensi dell’articolo 122, comma 6, lettera f), del d. Lgs.
n. 163/2006, recante la disciplina specifica per i contratti
di lavori pubblici sotto soglia, quale è il caso in esame,
il termine ordinario di ricezione delle offerte (non
inferiore a 26 giorni), può essere ridotto a 18 giorni,
quando del contratto è stata data notizia con l’avviso di
preinformazione.
Ad eccezione dell’ipotesi sopra riportata, la vigente
normativa di settore in materia di appalti di lavori
pubblici, non prevede, nelle procedure aperte, la
possibilità di ridurre i termini di ricezione delle offerte
per motivi di urgenza, in particolare se la stessa è dettata
dalla motivazione della perdita del finanziamento.
Al riguardo, come rilevato dall’Autorità e dalla
giurisprudenza amministrativa, poiché le ragioni di urgenza
devono sostanziarsi in sopraggiunte circostanze impreviste,
di carattere cogente ed oggettivo, non può rappresentare un
motivo di urgenza l’esigenza di impegnare tempestivamente i
fondi di bilancio.
Sulla base di quanto sopra, nel caso in cui il Comune di San
Martino Valle Caudina non abbia provveduto a pubblicare un
avviso di preinformazione, ricorrono i presupposti per la
valutazione dell’annullamento in autotutela del bando in
esame.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che:
- in presenza di una clausola di esclusione non equivoca, è
conforme alla normativa in materia di procedure di gara,
l’esclusione delle imprese che non hanno ottemperato a
quanto richiesto dal bando di gara;
- la stazione appaltante può ridurre i termini di ricezione
delle offerte di una gara a procedura aperta, solo nel caso
in cui del contratto è stata data notizia con l’avviso di
preinformazione
(parere
20.12.2007 n. 159 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI
FORNITURE: Ritenuto
in diritto:
Ai sensi dell'articolo 68 del D. Lgs. n. 163/2006, le
specifiche tecniche di appalto devono consentire pari
accesso agli offerenti e non devono comportare la creazione
di ostacoli ingiustificati alla concorrenza (comma 2) e, a
meno di non essere giustificate dall'oggetto dell'appalto,
le dette specifiche non possono menzionare una fabbricazione
o provenienza determinata, né far riferimento a un'origine o
produzione specifica che avrebbe come effetto di favorire o
eliminare talune imprese o prodotti (comma 13).
Pertanto, l'eventuale indicazione di marchi o prodotti deve
essere collegata a diciture quali "o equivalente" ovvero
"tipo", significative della volontà dell'amministrazione di
utilizzare il marchio o la denominazione del prodotto solo a
titolo esemplificativo, per meglio individuare le
caratteristiche del bene richiesto.
Con la determinazione n. 2/2007, l’Autorità ha dettato
indicazioni in materia di ostacoli tecnici nell’ambito degli
appalti pubblici, evidenziando come l’articolo 68, comma 3,
lettera b), del d. Lgs. n. 163/2006, prevede la possibilità
per la stazione appaltante di descrivere le caratteristiche
richieste in termini di prestazioni o di requisiti
funzionali, il che accentua la possibilità di offrire
prestazioni formalmente difformi da quella a base di gara,
ma a questa equivalenti.
Ne discende che attraverso il concetto di equivalenza di cui
al citato articolo 68, si concretizza l’apertura al mercato
degli appalti nei confronti di quegli operatori economici
che usano sistemi e prodotti analoghi a quelli individuati
dalla stazione appaltante.
Nel caso in esame, le specifiche tecniche, pur effettuando
un puntuale riferimento ad una tecnologia brevettata, recano
la dicitura “o similare”, e, al tempo stesso, riportano le
caratteristiche tecnico funzionali richieste al prodotto
similare: pertanto, consentono la presentazione di una
offerta di tecnologie iniettive equivalenti a quelle
richieste.
Si deve, inoltre, tener presente che, se l’impresa istante
avesse partecipato all’appalto con la propria tecnologia, la
stazione appaltante sarebbe stata tenuta all’applicazione
della previsione di cui al comma 4, del citato articolo 68,
che dispone che le stazioni appaltanti non possono
respingere un’offerta per il motivo che i prodotti offerti
non sono conformi alle specifiche di gara, se nella propria
offerta il concorrente dà la prova che la sua proposta è
effettivamente equivalente a quella richiesta.
Sulla base di quanto sopra, la fattispecie in esame non
presenta riflessi restrittivi e discriminatori per la libera
concorrenza.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che la procedura posta in
essere dal Comune di Monfalcone è conforme all’articolo 68,
del d. Lgs. n. 163/2006
(parere
20.12.2007 n. 158 - link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Ritenuto in diritto:
La problematica sottoposta all’attenzione dell’Autorità
concerne la possibilità o meno, in caso di avvalimento
dell’attestazione SOA di altro soggetto, della
partecipazione alla gara di un concorrente, in possesso di
una frazione della classifica di iscrizione SOA richiesta
dal bando, che si avvale di una impresa in possesso di altra
frazione di classifica della stessa categoria, al fine di
raggiungere l’importo previsto dal bando.
Si fa preliminarmente presente che, allorché l’avvalimento
concerne l’attestazione SOA, lo stesso determina la messa a
disposizione dell’impresa ausiliata dell’intera azienda
dell’impresa ausiliaria, intesa come il complesso dei beni
organizzato per l’esercizio dell’impresa. L’attestazione,
infatti, è rilasciata in considerazione di un patrimonio
complessivo di requisiti e quindi, in via generale, la
relativa qualificazione non può trasferirsi all’impresa
avvalente se siano oggetto di avvalimento soltanto alcuni di
quei requisiti.
È, appunto, in virtù della qualificazione che si attesta la
capacità di un’impresa ad assumere appalti pubblici, fino ad
un certo limite e relativamente a certi lavori.
Si deve ora verificare la portata, in tale contesto, della
previsione di cui all’articolo 49, comma 7, del d. Lgs. n.
163/2006, secondo la quale “il bando di gara può prevedere
che, in relazione alla natura o all’importo dell’appalto, le
imprese partecipanti possano avvalersi solo dei requisiti
economici o dei requisiti tecnici, ovvero che l’avvalimento
possa integrare un preesistente requisito tecnico o
economico già posseduto dall’impresa avvalente in misura o
percentuale indicata nel bando stesso.” In base a tale
norma, è riconosciuta alla stazione appaltante la facoltà di
stabilire nel bando di gara una misura percentuale minima di
requisiti che l’impresa ausiliata deve possedere, con la
conseguenza che l’avvalimento può riguardare l’integrazione
dei requisiti non posseduti.
Ne consegue che rientra nella discrezionalità
dell’amministrazione predeterminare nel bando di gara una
soglia minima di qualificazione SOA, di cui l’impresa
avvalente deve comunque essere in possesso.
Detto caso ricorre nell’ipotesi di appalti di importo
superiore a € 20.658.276, ex art. 3, comma 6 del D.P.R. n.
34/2000, per i quali, oltre all’attestazione SOA, vengono
richiesti specifici requisiti di carattere finanziario: in
tal caso, l’avvalimento può riguardare anche soltanto tale
requisito di capacità finanziaria.
L’ipotesi normativa sopra delineata è pertanto diversa da
quanto asserito dall’impresa istante, dal momento che
l’integrazione dei requisiti è consentita solo in caso di
espressa previsione in tal senso della disciplina di gara.
Nel caso in esame, poiché per la partecipazione all’appalto
era previsto il possesso di qualificazione nella categoria
OG6, classifica III, in relazione al quale solo
l’attestazione SOA, per la medesima categoria e classifica,
consente all’impresa di parteciparvi, è conforme alla
normativa di settore l’esclusione dell’impresa che si è
avvalsa di altra impresa priva dei requisiti di
qualificazione prescritti.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione
dell’impresa DE.PA.CO s.r.l. è conforme alla normativa di
settore (parere
20.12.2007 n. 155
- link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Occorre preliminarmente rilevare che i certificati emessi
dalle Camere di Commercio Industria Artigianato e
Agricoltura (CCIAA) territorialmente competenti sono
rilasciati secondo appositi modelli ministeriali, per
garantire l'uniformità della certificazione anagrafica a
livello nazionale, ed hanno valenza probatoria su quanto
risulta depositato o iscritto nel Registro delle Imprese,
operante presso ciascuna delle predette Camere di Commercio
in qualità di strumento di pubblicità legale.
A prescindere dagli atti per i quali sussiste l'obbligo di
deposito al Registro delle imprese per l'iscrizione, il cui
elenco varia a seconda della forma giuridica dell'impresa, i
dati che i soggetti tenuti all'iscrizione a detto Registro
sono obbligati ad indicare al momento dell'iscrizione si
ricavano dalla disposizione generale, di cui all'art. 2196
del codice civile, il quale stabilisce che: "Entro 30
giorni dall’inizio dell’impresa, l’imprenditore che esercita
un’attività commerciale deve chiedere l'iscrizione
all’ufficio del registro delle imprese nella cui
circoscrizione stabilisce la sede, indicando:
1 il cognome, il nome e la cittadinanza;
2. la ditta;
3. l'oggetto dell’impresa;
4. la sede dell’impresa;
5. il cognome e il nome degli istitori e procuratori.
L'imprenditore deve inoltre chiedere l'iscrizione delle
modificazioni relative agli elementi su indicati e della
cessazione dell’impresa entro trenta giorni da quello in cui
le modificazioni o la cessazione si verificano ".
Dalla formulazione letterale della citata disposizione si
evince che la presenza nell'organizzazione aziendale di un
Direttore tecnico non rientra, di per sé, nel novero delle
informazioni che devono essere indicate ai fini
dell'iscrizione nel Registro delle imprese, con la
conseguenza che il suo nominativo non deve necessariamente
figurare nel corrispondente certificato camerale.
Un siffatto obbligo sussiste, invece, in ragione dei
particolari poteri conferiti, per l'institore, "che può
compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’
impresa a cui è preposto, salve le limitazioni contenute
nella procura" (art. 2204 c.c.), e per i procuratori" i
quali, in base a un rapporto continuativo, abbiano il potere
di compiere per l'imprenditore gli atti pertinenti al!
'esercizio del! 'impresa, pur non essendo preposti ad esso"
(art. 2209 c.c.).
Conseguentemente, considerato che nel caso in esame l'avviso
pubblico di gara si limitava a richiedere che i partecipanti
avessero in organico un Direttore tecnico dotato di idoneo
titolo di studio, senza imporre loro alcun ulteriore obbligo
e, soprattutto, senza imporre che la persona fisica indicata
quale Direttore tecnico dovesse necessariamente figurare nel
corrispondente certificato camerale, la specifica previsione
di gara sopra richiamata può ritenersi rispettata dalla
società concorrente AIPA S.p.A. che, in aderenza a tale
richiesta, ha redatto una dichiarazione sostitutiva, a firma
del legale rappresentante, in cui si affermava che: “nell’
organico dell’ impresa, relativamente l’anno precedente la
data di pubblicazione del bando di gara in oggetto, così
pure allo stato attuale, risulta regolarmente assunto un
dirigente, dotato di idoneo titolo di studio di scuola media
superiore di 2° grado (...), con la qualifica di direttore
di prodotto e mansioni di direzione tecnica nel comparto
gestione aree di sosta/parcheggi".
Pertanto, la circostanza, anch’essa risultante dalle
dichiarazioni sostitutive prodotte dalla suddetta società,
che al conferimento delle mansioni tipiche della figura
professionale del Direttore tecnico si sarebbe
successivamente aggiunta, in capo al medesimo soggetto, la
preposizione all'organizzazione aziendale (art. 2203 c.c.),
limitatamente a quella minima richiesta dall'avviso pubblico
di gara, non determina un' incongruenza del certificato
camerale rilevante ai fini dell' esclusione dalla gara, ma
comporta soltanto l'obbligo dell' AIPA S.p.A. di richiedere
l'iscrizione del nominativo di detto Direttore
tecnico/institore una volta intervenuta la preposizione
institoria.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che la specifica
previsione di gara oggetto della richiesta di parere è stata
osservata dalla società concorrente AIPA S.p.A.
(parere
20.12.2007 n. 154 - link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
In molteplici atti l’Autorità ha affrontato la problematica
del divieto del subappalto per le lavorazioni appartenenti a
categorie a qualificazione non obbligatoria.
In particolare, con determinazione n. 25/2001 l’Autorità ha
chiarito che l’indicazione sulla non obbligatorietà o sulla
obbligatorietà della qualificazione serve a fornire al
concorrente l’elenco delle lavorazioni che esso può eseguire
direttamente ancorché non sia in possesso della
corrispondente qualificazione (quelle a qualificazione non
obbligatoria: le categorie OS1, OS6, OS7, OS8, OS23, OS26,
OS32, OS34) e quelle che, invece, può seguire soltanto se in
possesso della corrispondente qualificazione.
Le categorie a qualificazione non obbligatoria, oltre al
fatto che possono essere eseguite dall’aggiudicatario
ancorché privo di qualificazione, sono sempre subappaltabili
e scorporabili, pur se di importo superiore al 15%
dell’importo complessivo dell’appalto.
Con deliberazione n. 94/2007, l’Autorità ha peraltro
precisato che le categorie altamente specializzate sono tali
per indicazione normativa e non è riconosciuta alcuna
facoltà alla stazione appaltante ovvero al progettista di
effettuare valutazioni discrezionali al riguardo.
Nel caso di specie, pertanto, per la categoria OS32 non
sussistono i presupposti per l’applicazione del divieto di
subappalto, di cui all’articolo 37, comma 11, del d.Lgs. n.
163/2006.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che il divieto di
subappalto per la categoria scorporabile OS32, a
qualificazione non obbligatoria, non è conforme alla
normativa di settore
(parere 13.12.2007 n. 145 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
La disciplina di gara prevede, a pena di esclusione,
l’effettuazione della presa visione degli elaborati
progettuali a cura del legale rappresentante del concorrente
ovvero di un soggetto munito di delega in originale. Il
bando specifica che non saranno accettate copie fotostatiche
o deleghe trasmesse via fax.
Fra i documenti a corredo dell’offerta, lo stesso bando
prescrive l’allegazione dell’attestazione in originale
rilasciata dall’amministrazione, dalla quale risulti che il
rappresentante legale dell’impresa ovvero un soggetto munito
di delega in originale ha preso visione degli elaborati.
Il bando di gara non contiene alcuna prescrizione in ordine
al ritiro, da parte della S.A., del documento di delega.
Nel caso in esame, poiché le imprese di che trattasi hanno
ottenuto da parte dell’incaricato della stazione appaltante
la prescritta attestazione di sopralluogo, successivamente
allegata alla documentazione di gara, non sussistono
elementi per una esclusione delle stesse dalla procedura.
Infatti, se i procuratori non avessero esibito il documento
di delega in originale (come peraltro affermano di aver
fatto) la S.A., sulla base delle disposizioni del bando, non
avrebbe dovuto rilasciare l’attestato di presa visione.
Come rilevato dall’Autorità in precedenti espressioni di
parere, non può consentirsi che l’errore
dell’Amministrazione si risolva in un danno del concorrente,
in quanto un corretto rapporto tra Amministrazione e privato
deve essere rispettoso dei principi generali del buon
andamento dell’azione amministrativa e di imparzialità,
nonché di quello specifico enunciato nell’art. 1337 del cod.
civ., secondo il quale nello svolgimento delle trattative e
nella formazione del contratto le parti devono comportarsi
secondo buona fede.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei
limiti di cui in motivazione, che l’esclusione delle imprese
che hanno presentato in gara l’attestazione di presa visione
rilasciata dalla Stazione appaltante non è conforme al
principio del giusto procedimento
(parere 13.12.2007 n. 144 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Con precedenti espressioni di parere, l’Autorità ha
affrontato la questione della congruità dei prezziari
utilizzati dalle stazioni appaltanti, evidenziando che il
loro utilizzo non può prescindere, per il rispetto dei
basilari principi di efficienza, efficacia e correttezza, da
una verifica sostanziale della loro congruità in relazione
alle condizioni di mercato.
Quanto sopra assume una particolare rilevanza sotto il
profilo del principio della tutela della concorrenza, alla
luce della recente pronuncia della Corte Costituzionale n.
401/2007.
Come evidenziato dalla Suprema Corte, le specifiche finalità
perseguite dal citato principio, tese ad assicurare che le
procedure di gara si svolgano nel rispetto delle regole
concorrenziali poste a presidio della libera partecipazione
degli operatori economici, in assenza di ostacoli e
barriere, devono costituire il fulcro dell’attività
contrattuale delle stazioni appaltanti, siano esse di ambito
nazionale ovvero di ambito regionale.
Per quanto di interesse in questa sede, la sottostima delle
quotazioni delle voci di prezzo, determina un ostacolo nei
confronti degli operatori economici, tale da frenare la
libera concorrenza fra gli stessi.
Nella fattispecie in esame, la normativa regionale di
riferimento disciplina la materia in modo puntuale.
L’articolo 18-bis della legge 109/1994 nel testo coordinato
con la legge regionale n. 7/2002 e s.m.i., dispone che le
stazioni appaltanti si attengono al prezziario unico
regionale per i lavori pubblici, aggiornato ogni dodici
mesi.
Il successivo articolo 18-ter, comma 2, dispone , inoltre,
che le stazioni appaltanti, nel caso sia stato pubblicato un
nuovo prezziario regionale, prima dell’indizione della gara,
devono aggiornare i prezzi dei progetti, salvo che sia
espresso parere negativo del responsabile del procedimento,
motivato dall’assenza di significative variazioni
economiche.
Il tenore letterale della citata norma induce a ritenere,
fermo restando l’obbligo inderogabile di applicare il
prezziario regionale vigente al momento dell’applicazione
del progetto, che la possibilità di non aggiornare i prezzi
costituisce per la stazione appaltante una facoltà
residuale, che necessita di puntuale e non generica
motivazione, basata sull’assenza di significative variazioni
economiche.
Al riguardo, ai fini della significatività delle variazioni
economiche fra prezziari di annualità diverse, nel caso in
esame listino 2002 e listino 2007, non può essere preso come
parametro di riferimento la media dei ribassi intorno alla
quale si attestano le offerte negli appalti di lavori
pubblici espletati nel territorio.
Infatti, i ribassi mirano al raggiungimento della miglior
offerta possibile, che deve successivamente essere ritenuta
congrua dall’amministrazione, mentre il prezzo a base d’asta
deve riferirsi ai valori di mercato effettivi, quali
risultano dal prezziario vigente, in applicazione degli
articoli 34 e 43 del d.P.R. 554/1999, che dispongono che il
computo metrico definitivo dell’opera deve essere redatto
utilizzando prezziari o listini ufficiali correnti nell’area
interessata.
Come rilevato dalla giustizia amministrativa, l’articolo 34
del d.P.R. 554/1999, nell’impedire che le amministrazioni
scendano al di sotto dei prezzi base dedotti dai listini
correnti, intende evitare che le stazioni appaltanti
inneschino, nelle gare di appalto, una spirale al ribasso (cfr.
TAR Liguria n. 887/2005).
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, non conforme alla
normativa di settore porre a gara progetti i cui prezzi non
sono stati aggiornati al prezziario vigente nell’area
interessata
(parere 13.12.2007 n. 143 - link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
Preliminarmente, si deve rilevare che le stazioni
appaltanti, nella predisposizione dei bandi di gara relativi
ad appalti di lavori di importo inferiore a 150.000 euro,
riportano l’indicazione delle categorie di cui all’allegato
A al d.P.R. 34/2000, ai soli fini dell’individuazione del
rapporto di analogia tra i lavori eseguiti dal concorrente e
quelli da affidare.
Infatti, come chiarito nella determinazione n. 25/2001, agli
appalti di importo pari o inferiore a euro 150.000 non si
applicano le disposizioni in materia di categorie generali e
specializzate, di categorie a qualificazione obbligatoria,
di categorie a qualificazione non obbligatoria, di divieto
di subappalto.
In tale tipologia di appalti, quindi, i concorrenti devono
documentare di aver eseguito lavori di natura analoga,
intesa come “coerenza tecnica” tra la natura dei lavori
eseguiti e quelli dedotti in appalto, oppure devono essere
in possesso di attestazione di qualificazione in una
categoria coerente con la natura dei lavori da affidare.
Nel caso in esame, pertanto, la stazione appaltante deve
verificare, secondo gli indirizzi dettati con la
deliberazione n. 165/2003, se le imprese in possesso di
attestazione di qualificazione, possiedono o meno, nella
misura richiesta dal bando di gara, una iscrizione in una
categoria coerente con la lavorazione prevalente
dell’appalto, relativa ad “acquedotti, gasdotti, oleodotti,
opere di irrigazione e di evacuazione”.
Poiché la normativa di settore impone, per l'esecuzione di
lavori pubblici, il possesso di una professionalità
qualificata, da intendersi con riferimento alla specificità
dell'attività esercitata, anche negli appalti di importo
inferiore a 150.000 euro è indispensabile che l’impresa
dimostri il possesso dei requisiti in relazione a quanto
richiesto dal bando di gara: ai fini di una eventuale
esclusione, è necessario verificare se la stessa possiede o
meno una iscrizione di qualificazione in una categoria
coerente con la lavorazione prevalente di cui si compone
l’intervento.
Per quanto riguarda la seconda questione sottoposta
all’attenzione dell’Autorità, si precisa che l’impresa priva
dei requisiti di cui all’articolo 28 del d. P.R. 34/2000, in
relazione alle lavorazioni scorporabili, deve aver indicato,
in sede di gara, l’intenzione di voler subappaltare dette
lavorazioni, eseguibili da soggetti in possesso della
specifica qualificazione (articolo 28 del d.P.R. 34/2000
ovvero attestazione di qualificazione).
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione:
- negli appalti di importo inferiore a 150.000 euro è
necessario il possesso di una professionalità qualificata,
da dimostrarsi ai sensi dell’articolo 28 del d.P.R. 34/2000,
in relazione alle lavorazioni dedotte in appalto;
- i concorrenti devono indicare in sede di gara di voler
subappaltare le lavorazioni scorporabili per le quali non
sono specificamente qualificati
(parere 13.12.2007 n. 142 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Sulla possibilità per la commissione di gara di riaprire i
lavori ed operare una ulteriore verifica non vi sono dubbi,
essendo tale ipotesi riconosciuta, come evidenziato in
narrativa, dall’orientamento costante della giurisprudenza
amministrativa.
La questione che risulta essere pendente è rappresentata
dalla mancata valutazione del certificato di qualità
presentato dallo Studio ESSEGI.
L’avviso di gara prevede che viene assegnato un punteggio
massimo fino a punti 5, in presenza di certificazione di
qualità. Sul punto non può non rilevarsi, anche se non è
oggetto dell’istanza che, come già precisato da questa
Autorità (deliberazione n. 247/2007), l’attribuzione di
punteggio in ragione del possesso della certificazione ISO,
non tiene in conto che quest’ultima, riguardando la capacità
dell’operatore di eseguire il servizio oggetto dell’appalto,
può essere richiesta esclusivamente ai fini della selezione
dei concorrenti, e non successivamente come criterio per
valutare l’offerta. Pertanto il bando in questione risulta
non essere conforme alla normativa di settore, essendo stati
confusi i requisiti di partecipazione con il criterio di
attribuzione.
Venendo al merito dell’istanza, la valutazione operata dalla
commissione di gara relativamente all’offerta ed in
particolare alla certificazione di qualità presentata dallo
Studio ESSEGI, non risulta essere conforme al bando di gara,
dal momento che esso, come esposto in narrativa, non
specificava il tipo di certificazione di qualità da
produrre. Pertanto la commissione di gara avrebbe dovuto
considerare la certificazione prodotta dallo Studio ESSEGI,
attribuendo alla stessa un punteggio da uno a cinque.
Tutto quanto sopra evidenziato Il Consiglio ritiene, nei
limiti di cui in motivazione, che la valutazione compiuta
dalla commissione di gara in ordine alla certificazione di
qualità presentata dallo Studio ESSEGI non è conforme a
quanto disposto dalla lex specialis di gara
(parere 13.12.2007 n. 141 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Con i pareri n. 41/2007 e 76/2007, l’Autorità ha affrontato
la questione della congruità dei prezziari utilizzati dalle
stazioni appaltanti, evidenziando che il loro utilizzo non
può prescindere, per il rispetto dei basilari principi di
efficienza, efficacia e correttezza, da una verifica
sostanziale della loro congruità in relazione alle
condizioni di mercato.
In tale ottica si pone la previsione di cui all’articolo
133, comma 8 del d. Lgs. n. 163/2006, che recita “Le
stazioni appaltanti provvedono ad aggiornare annualmente i
propri prezzari, con particolare riferimento alle voci di
elenco correlate a quei prodotti destinati alle costruzioni,
che siano stati soggetti a significative variazioni di
prezzo legate a particolari condizioni di mercato.”
Inoltre, ai sensi degli articoli 34, 43 e 44 del d.P.R.
554/1999, il computo metrico definitivo dell’opera deve
essere redatto utilizzando prezziari o listini ufficiali
correnti nell’area interessata.
Nel caso di specie, appare oggetto di perplessità non solo
ricorrere ad un listino stilato nel 1997, ma anche
sottoporre detti prezzi ad un ulteriore ribasso del 14 per
cento: si fa presente, infatti, che il livello dei ribassi
proposti non può da solo provare la correttezza sostanziale
delle scelte tecnico economiche, tenuto conto della primaria
esigenza dell'Impresa a conquistare lavoro, per motivi di
sopravvivenza economica e di qualificazione, né può
ritenersi motivo di giustificazione l’eventuale limitatezza
dei fondi a disposizione da parte della S.A.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che non è conforme
all’articolo 133, comma 8 del d. Lgs. n. 163/2006
l’utilizzo, nell’appalto in esame, del prezziario regionale
dell’anno 1997
(parere 13.12.2007 n. 140 - link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
Ai sensi dell’articolo 73, commi 2 e 3, del d. P.R.
554/1999, nel bando di gara deve essere indicata la
categoria prevalente, nonché tutte le parti, appartenenti
alle categorie generali o specializzate di cui si compone
l’opera, con i relativi importi e categorie, nel caso in cui
dette parti siano di importo superiore al dieci per cento
dell’importo complessivo dell’appalto o di importo superiore
a 150.000 euro.
Con determinazione n. 25/2001, l’Autorità ha chiarito la
portata di detta norma, nel senso che il bando di gara deve
indicare non soltanto l’importo complessivo dell’intervento
nonché la categoria prevalente ed il suo specifico importo,
ma anche tutti gli eventuali sottoinsiemi delle lavorazioni
costituenti l’intervento medesimo diverse da quelle
appartenenti alla categoria prevalente, soltanto però se per
essi sussistano entrambe le seguenti condizioni:
costituiscano un autonomo lavoro e siano di importo
superiore al 10% dell’importo complessivo oppure di importo
superiore a euro 150.000.
Inoltre, l’Autorità ha specificato che si intende per lavoro
autonomo un lavoro che, indipendentemente dalla categoria
che identifica l’intervento dal punto di vista
ingegneristico e dal fatto che la sua descrizione si trova
concisamente, indirettamente o in parte compresa nella
categoria prevalente, non ha bisogno di lavorazioni
appartenenti ad altre categorie per esplicare la sua
funzione.
Nel caso di specie, le lavorazioni afferenti agli impianti
tecnologici, di importo superiore a 150.000 euro, sono da
considerarsi lavori autonomi, in quanto attraverso di esse
si realizza un’opera capace di esplicare in via autonoma
funzioni economiche o tecniche.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che il bando di gara per i
lavori ristrutturazione, adeguamento impianti e
informatizzazione di uno stabile comunale adibito a
biblioteca, non è conforme all’articolo 73, commi 2 e 3, del
d.P.R. 554/1999
(parere 13.12.2007 n. 139 - link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
Le questione in ordine alla quale si richiede il parere di
questa Autorità è relativa alla legittimità del divieto di
subappalto per categorie di lavori specializzate, non a
qualificazione obbligatoria.
L’Autorità in numerose deliberazioni e determinazioni
(determinazioni 15/2001, 25/2001, 27/2002, 31/2002,
deliberazioni n. 81/2006, n. 91/2006), ha affrontato la
questione riguardante l’applicabilità del divieto di
subappalto di cui all’art. 37, comma 11, del D.lgs n.
163/2006, il quale stabilisce il divieto di subappalto per i
lavori prevalenti e per le opere "per le quali sono
necessari lavori o componenti di notevole contenuto
tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali
strutture, impianti od opere speciali, e qualora una o più
di tali opere superi altresì in valore il 15% dell'importo
totale dei lavori".
Il divieto di subappalto si applica alle categorie altamente
specializzate ed a qualificazione obbligatoria (OS2, OS3,
OS4, OS5, OS11, OS13, OS14, OS16, OS17, OS18, OS19, OS20,
OS21, OS22, OS27, OS28, OS29, OS30, OS33, OG12), mentre non
si applica alle categorie a qualificazione obbligatoria non
ricomprese nell'elenco delle categorie altamente
specializzate (OS9, OS10, OS15, OS24, OS25, OS31), qualora
siano indicate nel bando di gara come categorie
scorporabili.
Nel caso di specie siamo in presenza di un divieto di
subappalto per lavori di categoria OS32, cioè categoria
specializzata di lavori, non a qualificazione obbligatoria,
superiore in valore al 15% dell'importo totale dei lavori.
Con determinazione n. 25/2001, l’Autorità ha chiarito che
l’indicazione sulla non obbligatorietà o sulla
obbligatorietà della qualificazione serve a fornire al
concorrente l’elenco delle lavorazioni che può eseguire
direttamente ancorché non sia in possesso della
corrispondente qualificazione (a qualificazione non
obbligatoria: le categorie OS1, OS6, OS7, OS8, OS23, OS26,
OS32 e OS34) e quelle che, invece, può eseguire soltanto se
in possesso della corrispondente qualificazione.
Le categorie a qualificazione non obbligatoria, oltre al
fatto che possono essere eseguite dall’aggiudicatario
ancorché privo di qualificazione, sono sempre subappaltabili
e scorporabili, pur se di importo superiore al 15%
dell'importo complessivo dell'appalto. In caso di subappalto
va, però, tenuto presente che esso può essere effettuato
soltanto nei riguardi di soggetti in possesso della
corrispondente qualificazione.
Si evidenzia, altresì, che con deliberazione n. 94/2007,
l’Autorità ha chiarito che le categorie altamente
specializzate sono tali per indicazione normativa e non è
riconosciuta alcuna facoltà alla stazione appaltante di
effettuare valutazioni discrezionali al riguardo.
Nel caso di specie, pertanto, per la categoria OS32 non
sussistono i presupposti per l’applicazione del divieto di
subappalto, di cui all’articolo 37, comma 11, del d. Lgs. n.
163/2006.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che il divieto di
subappalto per la categoria scorporabile OS32, a
qualificazione non obbligatoria, non è conforme alla
normativa di settore
(parere 13.12.2007 n. 137 - link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
Questa Autorità si è già occupata della problematica
prospettata relativa alla certificazione del sistema di
qualità aziendale conforme alle norme europee serie UNI EN
ISO 9000 per singole e specifiche lavorazioni. Con
determinazione n. 11 del 2003, infatti, è stato chiarito che
le dichiarazioni relative al possesso di elementi correlati
e significativi del sistema di qualità o le certificazioni
del possesso di detto sistema debbono essere rilasciate
secondo le prescrizioni dei documenti del SINCERT (RT - 08
del 19.12.2000 e RT - 05 del 13.05.2002), che riferiscono la
certificazione di qualità a specifiche lavorazioni, ma
devono contenere la seguente dizione "La presente
dichiarazione si intende riferita agli aspetti gestionali
dell'impresa nel suo complesso ed è utilizzabile ai fini
della qualificazione delle imprese di costruzione ai sensi
dell'art. 8 della legge 11.02.1994 e successive
modificazioni e del d.P.R. 25.01.2000 n. 34", con ciò
chiarendo che le dichiarazioni o certificazioni di qualità
"si intendono riferite agli aspetti gestionali dell'impresa
nel suo complesso, con riferimento alla globalità delle
categorie o classifiche" (secondo la previsione dell'art. 4
comma 1, del D.P.R. n. 34/2000). Tali norme non consentono
il rilascio di certificazioni secondo altre modalità e
finalità, per cui la certificazione e la dichiarazione sono
riferite agli aspetti gestionali dell'impresa nel suo
complesso, con riferimento alla globalità delle categorie e
classifiche.
E’ stato precisato, altresì, che le documentazioni e le
certificazioni contenenti dizioni che indichino la loro
validità soltanto per alcune delle categorie di cui
all'allegato A al d.P.R. 34/2000 devono, entro trenta giorni
dalla eventuale richiesta delle imprese titolari dei
documenti, essere modificate, a cura degli organismi di
certificazione che le hanno rilasciate, con l'inserimento
della dizione che rinvia agli aspetti gestionali
dell’impresa.
Nel caso di specie, il possesso della certificazione
relativa all’intero sistema di qualità, conforme alle norme
europee della serie UNI EN ISO 9000, è sufficiente per la
partecipazione alla gara, pertanto la clausola del
disciplinare che richiede il possesso del certificato del
sistema di qualità UNI EN ISO 9000 per singole e specifiche
lavorazioni è da ritenersi non conforme all’art. 4 del
d.P.R. 34/2000.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che la clausola del
disciplinare che richiede il possesso del certificato del
sistema di qualità UNI EN ISO 9000 per singole e specifiche
lavorazioni è da ritenersi non conforme alla normativa di
settore (parere 13.12.2007 n. 136 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Preliminarmente si precisa che ai sensi dell’articolo 2,
comma 1 del Regolamento sul procedimento per la soluzione
delle controversie, l’istanza di parere può essere rivolta
all’Autorità dalla stazione appaltante, da una parte
interessata ovvero da più parti interessate, singolarmente o
congiuntamente.
Sussistono pertanto i presupposti per una pronuncia sulla
questione da parte dell’Autorità.
Nel merito, occorre rilevare come a fronte di requisiti di
partecipazione molto stringenti e rigorosi previsti nel
disciplinare di gara, così come descritti in narrativa, non
può considerarsi conforme alla normativa una previsione che
limiti o, addirittura, vieti l’utilizzo dell’avvalimento,
istituto che, come noto, ai sensi dell’art. 49 del D. Lgs n.
163/2006, disciplina la possibilità, per un soggetto
partecipante ad una gara, di dimostrare la sussistenza dei
requisiti di qualificazione richiesti da una stazione
appaltante mediante le risorse e le capacità di un altro
soggetto.
In base a quanto sopra considerato, nei limiti di cui in
motivazione Il Consiglio ritiene che i requisiti di
partecipazione previsti nella documentazione di gara in
oggetto non siano conformi alla normativa vigente di settore
(parere
28.11.2007 n. 135 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Questa Autorità si è già in passato espressa sull’ammontare
del fatturato richiesto, considerando la fissazione di un
importo tre volte superiore alla base d’asta un requisito
oneroso e sproporzionato (si vedano le deliberazioni n. 20,
33 e 62 del 2007).
Nel caso di specie l’ammontare del fatturato globale
richiesto pari a euro 5.000.000,00 nel settore oggetto della
gara non risulta essere sproporzionato rispetto ad un
servizio biennale il cui valore complessivo posto a base
d’asta è di euro 1.826.000,00.
In relazione alla censura mossa dall’istante relativamente
al monte ore, si prende atto dell’intervenuta modifica
apportata dall’amministrazione che, in sede di rettifica del
bando, come rappresentato in narrativa, ha eliminato il
riferimento al monte ore.
Infine, in ordine alla contestazione circa la dotazione
richiesta all’interno della struttura preponente che prevede
un servizio amministrativo contabile con personale esperto
in procedure informatiche e contabili, si rileva che dalla
descrizione dell’oggetto dell’affidamento, la prestazione
risulta essere rappresentata dall’assistenza domiciliare per
anziani e assistenza domiciliare a favore di persone con
limitata autonomia, nonché assistenza scolastica per gli
alunni diversamente abili. Non sembra, pertanto, esservi una
parte della prestazione destinata ad un progetto a fini
statistici, così come evidenziato dal Comune.
In ogni caso anche ammettendo che una parte dell’oggetto sia
deputato a finalità statistiche, esse risultano essere di
tipo, senza dubbio, residuale rispetto all’oggetto
dell’appalto. Pertanto, è da considerarsi sproporzionata la
previsione di un responsabile del servizio amministrativo,
contabile con diploma di ragioneria, analista contabile,
informatico o altri titoli equipollenti, esperto in
procedure informatiche e contabili e con un’esperienza
documentata di almeno tre anni nei rapporti con gli Enti
locali, rispetto all’oggetto della gara in questione.
In base a quanto sopra evidenziato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che la documentazione di
gara sia parzialmente non conforme alla normativa vigente di
settore
(parere
28.11.2007 n. 134 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI SERVIZI: Ritenuto
in diritto:
L’oggetto della procedura di gara in esame è costituito
dalla fornitura di automezzi nuovi per servizi di igiene
urbana. Detta fornitura è stata suddivisa dalla stazione
appaltante in tre lotti per tipologia e caratteristiche
della fornitura la quale, in ogni caso, secondo anche quanto
evidenziato Consorzio GEOECO S.p.A., risulta essere unica.
Posto che la procedura di gara è unica, la stazione
appaltante ha richiesto un unico Codice Identificativo Gara,
che è stato correttamente indicato sul bando e sul
capitolato di gara. Dalla verifica della documentazione di
gara, pertanto, risulta essere chiaro che il contributo da
versare a questa Autorità sia unico e che debba essere
calcolato sulla base dell’importo complessivo di gara.
In base a quanto sopra evidenziato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che l’operato della
Commissione di gara, in merito all’esclusione della società
istante, sia conforme a quanto previsto dalla documentazione
di gara
(parere
28.11.2007 n. 132 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Preliminarmente si precisa che ai sensi dell’articolo 2,
comma 1 del Regolamento sul procedimento per la soluzione
delle controversie, l’istanza di parere può essere rivolta
all’Autorità dalla stazione appaltante, da una parte
interessata ovvero da più parti interessate, singolarmente o
congiuntamente.
Sussistono pertanto i presupposti per una pronuncia sulla
questione da parte dell’Autorità.
Nel merito delle questioni sottoposte all’attenzione
dell’Autorità si precisa quanto di seguito rappresentato.
Per quanto attiene alla ritenuta limitazione dell’ambito
della garanzia assicurativa contenuta nell’offerta, si fa
presente che il divieto di apporre condizioni all’offerta, è
un principio che risponde alla salvaguardia della par
condicio dei partecipanti, che sarebbe alterata dalla
condizione apposta all'offerta di un partecipante.
La precisazione in esame e la conseguente dichiarazione di
volontà negoziale del concorrente di considerare nulla
l’offerta nel caso in cui la stessa precisazione non venga
condivisa dalla S.A., comporta l’idoneità della nota in
parola a modificare il contenuto ed il significato
dell’offerta presentata da UNIPOL s.p.a., trasformandola di
fatto in una offerta parziale e condizionata e, dunque, come
tale inammissibile.
La citata precisazione si pone, inoltre, in contrasto con la
dichiarazione, resa in sede di documentazione
amministrativa, di accettazione senza condizioni o riserva
alcuna di tutte le norme e le disposizioni contenute nel
bando di gara, nella lettera di invito e nel Capitolato
assicurativo.
Per quanto riguarda l’esclusione dai lotti nn. 4, 5 e 6, per
mancato pagamento del contributo in favore dell’Autorità, si
fa presente che le Istruzioni operative relative al
versamento del contributo, riportano, nella FAQ n. 34,
l’indicazione in base alla quale negli appalti di servizi e
forniture, nel caso in cui con un’unica gara si intenda
assegnare contemporaneamente più lotti, il contributo è
calcolato in base all’importo complessivo di gara.
Risulta, pertanto, corretto il versamento effettuato
dall’istante nella misura di € 100,00, fascia di contributo
prevista dalla deliberazione dell’Autorità del 10.1.2007 in
relazione all’importo dell’appalto in esame.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione:
- conforme alla normativa di settore, l’esclusione di UNIPOL
s.p.a dal lotto n. 1;
- non conforme alle indicazioni relative al versamento del
contributo, l’esclusione di UNIPOL s.p.a. dai lotti nn. 4, 5
e 6
(parere
28.11.2007 n. 131 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Secondo quanto previsto nelle risposte ai quesiti frequenti
sul contributo pubblicate sul portale di questa Autorità
sono esonerati dal pagamento del contributo: i contratti il
cui importo a base di gara è inferiore a 150.000 euro; le
gare per l’acquisto di energia elettrica o gas naturale e
quelle per l’acquisto di acqua all'ingrosso, di cui all’art.
25 del Codice; l’individuazione di partner privati
nell'ambito di società miste; i contratti di cui agli
articoli 16, 17 e 18 del Codice.
Tutte le altre categorie di contratto e, pertanto, anche i
servizi che rientrano tra quelli elencati nell’allegato II B
al Codice dei contratti, sono soggetti al pagamento del
contributo all’Autorità.
In ordine al mancata produzione della dichiarazione del
legale rappresentante sull’osservanza della normativa sui
disabili, ai sensi dell’art. 17 L. n. 68/1999 la
certificazione di regolarità in materia di norme sul lavoro
dei disabili costituisce requisito per l’ammissione a tutte
le gare d’appalto, e dunque anche per quei servizi elencati
all’allegato II B. L’obbligo posto da tale norma alle
imprese partecipanti a gara d’appalto di presentare la
dichiarazione relativa al rispetto delle norme sul lavoro
dei disabili, come ha anche osservato il giudice
amministrativo, ha un contenuto di ordine pubblico la cui
disapplicazione non dipende dall’inserimento o meno
dell’obbligo ivi previsto fra le specifiche clausole di
concorso delle singole gare (cfr. Cons. St., V, 05/07/2006
n. 4267).
Pertanto, il bando di gara che non contenga alcun
riferimento agli obblighi derivanti dalla normativa
anzidetta deve intendersi comunque integrato dalla stessa,
sulla base del principio di eterointegrazione normativa,
nonché sulla base della convenienza economica delle
contrattazioni dell’amministrazione la cui inosservanza, non
può ritenersi sanabile alla stregua di una mera irregolarità
formale.
In base a quanto sopra evidenziato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che il mancato versamento
del contributo in favore dell’Autorità di vigilanza sui
contratti pubblici da parte di alcuni partecipanti alla
gara, nonché la mancata produzione della dichiarazione del
legale rappresentante che attesti di essere in regola con le
norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili
siano da considerare non conformi alla normativa vigente di
settore
(parere
28.11.2007 n. 130 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
Nella questione in esame la stazione appaltante ha ritenuto
di comminare l’esclusione dell’istante per non aver
presentato l’offerta conformemente al modulo allegato alla
documentazione di gara, nonostante tale modulo risultasse
poco chiaro e potesse facilmente indurre in errore,
contenendo una lista di immobili nella quale erano stati
inseriti anche immobili non oggetto dell’offerta.
A fronte di un contenuto equivoco o ambiguo della
documentazione di gara, è principio costante nella
giurisprudenza quello per cui, tra più interpretazioni del
bando di gara è da preferire quella che conduce alla
partecipazione del maggior numero possibile di aspiranti, al
fine di consentire, nell’interesse pubblico, una selezione
più accurata tra un ventaglio più ampio di offerte, (cfr.
per tutte Cons. Stato, Sez. IV, 29.08.2001, n. 4572).
In ordine al secondo motivo di esclusione, deve evidenziarsi
come ai sensi dell’art. 88 del D.Lgs. 163/2006 la stazione
appaltante, prima di escludere un’offerta ritenuta
eccessivamente bassa, deve convocare l’offerente ed
invitarlo ad indicare ogni elemento che ritenga utile per
giustificare i prezzi offerti. Il Comune di Ancona avrebbe
dovuto conformarsi al citato articolo, nel rispetto del
principio del contraddittorio che, nel caso della verifica
dell’anomalia dell’offerta, è espressamente richiamato.
Il Consiglio ritiene che la decisione di esclusione non
sia conforme alla normativa vigente di settore
(parere
28.11.2007 n. 128 - link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
In relazione alle eccezioni pregiudiziali sollevate dalla
Stazione appaltante, si fa presente che l’Autorità, in
quanto organo vigilante del mercato degli appalti, riconosce
alle associazioni di categoria la legittimazione a proporre
istanze di parere per la soluzione delle controversie su
questioni che investono il settore vigilato, tenuto conto
che l’Autorità, con tutti gli strumenti ad essa attribuiti,
ivi compreso l’istituto ex articolo 6, comma 7, lettera n),
del d. Lgs. n. 163/2006, è tenuta a perseguire l’interesse
pubblico alla tutela oggettiva della concorrenza, vigilando
sulle possibili limitazioni ed ostacoli alla partecipazione
alle gare di appalto.
Quanto sopra riguarda anche la problematica della corretta
individuazione dell’importo a base di gara, elemento che
incide in modo determinante su tutta la successiva fase di
affidamento dell’appalto.
L’Autorità, nel caso in esame, è chiamata a pronunciarsi in
merito alla questione relativa alla corretta stima
dell’intervento, ai fini dell’individuazione del giusto
corrispettivo posto a base di appalto.
Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del d. Lgs. n. 163/2006,
applicabile anche all’appalto in esame, espletato da impresa
pubblica che agisce nei settori speciali, l’affidamento e
l’esecuzione di opere e lavori pubblici deve garantire la
qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei
principi di economicità, efficacia, tempestività e
correttezza.
Sussiste una stretta correlazione fra la qualità delle
prestazioni, da intendersi come equilibrio del sinallagma
contrattuale tra le parti, e l’importo stimato a base
d’asta, che, se non remunerativo, comporta l’alterazione
dell’equilibrio economico delle prestazioni stesse.
La sottostima della quotazione di una voce di prezzo
incidente in modo significativo nel quadro economico
dell’intervento, determina un ostacolo nei confronti degli
operatori economici.
In sede di audizione, la S.A. ha rappresentato che il
prezziario in uso presso il Gruppo Ferrovie dello Stato
viene aggiornato in relazione a singole voci di prezzo,
senza alcuna cadenza temporale predefinita per quanto
riguarda la revisione del prezziario stesso.
Per quanto riguarda il prezzo del ferro, si deve rilevare
che, nel corso dell’anno 2004, lo stesso ha avuto un aumento
così incidente e abnorme, da indurre il legislatore ad
effettuare un intervento regolatore, introducendo un
meccanismo di compensazione.
Detta contingenza doveva essere valutata dalla stazione
appaltante, essendo tenuta al rispetto dei basilari principi
di efficienza, efficacia e correttezza, che si concretizzano
in una verifica sostanziale della congruità dei prezzi, in
relazione alle condizioni di mercato.
Sussiste, infatti, in capo alla stazione appaltante la
contestuale esigenza di individuare un appaltatore che abbia
presentato un’offerta seria e remunerativa, al fine di
evitare riserve in corso d’opera.
Né rileva quanto osservato da Grandi Stazioni s.p.a. in
ordine al range di ribassi presentati in precedenti appalti
sulla medesima quotazione del ferro: infatti, il livello dei
ribassi proposti non può da solo provare la correttezza
sostanziale delle scelte tecnico economiche, tenuto conto
della primaria esigenza dell'Impresa a conquistare lavoro,
per motivi di sopravvivenza economica e di qualificazione.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che l’individuazione di
voci di prezzo non aderenti a quelli di mercato determina un
ostacolo alla concorrenza (parere
28.11.2007 n. 126 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
E’ principio noto che la pubblicazione di una rettifica del
bando inizialmente pubblicato non integra l’indizione di una
nuova gara autonoma, ma soltanto la prosecuzione del
precedente procedimento di gara. Pertanto, in caso di
avvenuta rettifica, ai fini dell’individuazione della
normativa applicabile, occorre fare riferimento al primo
bando di gara.
Nel caso di specie, la questione controversa è se gli
emendamenti introdotti dalla stazione appaltante integrino o
meno una rettifica, ovvero rappresentino un vero e proprio
nuovo bando di gara.
Secondo quanto emerge in narrativa, gli elementi del bando
oggetto di modifica non rivestono portata sostanziale e
rilevante, giacché la stazione appaltante non ha modificato
le specifiche dell’appalto e non ha introdotto requisiti
maggiormente onerosi, in un primo tempo non previsti, a
carico delle imprese.
Peraltro la correzione del bando, secondo quanto esposto
dalla stazione appaltante, è stata adottata anche in
applicazione di una sentenza del TAR Lazio in merito al
capitale minimo richiesto per l’iscrizione all’albo per di
liquidazione, accertamento e riscossione.
Conseguentemente, in relazione alla procedura di gara
rispetto alla quale si è proceduto alla rettifica successiva
al 1 febbraio 2007 del bando inizialmente pubblicato prima
della stessa data, non trova applicazione la deliberazione
della Autorità di vigilanza sui lavori pubblici del
10.01.2007, poiché tale delibera è entrata in vigore solo il
1 febbraio dello stesso anno e, perciò, successivamente alla
indizione del bando originario.
In base a quanto sopra considerato, nei limiti di cui in
motivazione Il Consiglio ritiene che l’obbligo di
contribuzione all’Autorità disciplinato dalla deliberazione
del 10 gennaio 2007, non sia applicabile alla gara di specie
in quanto il bando è stato pubblicato anteriormente al 1
febbraio 2007 (parere
22.11.2007 n. 114 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
L’art. 38, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 163/2006 dispone che
le dichiarazioni sostitutive devono essere rese da “degli
amministratori muniti di potere di rappresentanza o del
direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o
consorzio”.
Nel caso di specie la società istante, secondo quanto
disposto dalla sopra riportata previsione, pertanto, avrebbe
dovuto presentare una dichiarazione sostitutiva da parte di
tutti coloro che hanno il potere di rappresentanza. Da
quanto risulta dai verbali della commissione di gara, nonché
da quanto dichiarato dalla stessa VCT Vigilanza Soc. Coop.,
il vicepresidente della società dispone di poteri di
rappresentanza in assenza del presidente. Appare, pertanto,
non discutibile il fatto che il vicepresidente abbia dei
poteri di rappresentanza e avrebbe, di conseguenza, dovuto
produrre la dichiarazione predetta in quanto rientrante
nella tipologia degli amministratori muniti di poteri di
rappresentanza.
L’art. 5 dell’invito a presentare l’offerta dispone
chiaramente che la mancanza di una o più dichiarazioni
previste dall’art. 3 (tra le quali è elencata la
dichiarazione sostitutiva in merito al possesso dei
requisiti generali, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c)
del D.Lgs. 163/2006) è causa di esclusione dell’impresa.
In base a quanto sopra considerato, nei limiti di cui in
motivazione Il Consiglio ritiene che il provvedimento di
esclusione adottato dalla commissione di gara sia conforme
alla lex specialis di gara, nonché alla normativa vigente di
settore
(parere 15.11.2007 n. 109 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
L’art. 41 del D.Lgs. n. 163/2006 prevede che negli appalti
di forniture o servizi, la dimostrazione della capacità
finanziaria ed economica delle imprese concorrenti può
essere fornita mediante idonee dichiarazioni bancarie. La
finalità della presentazione delle referenze bancarie è
quella di fornire alla stazione appaltante informazioni da
parte di istituti bancari in ordine alla capacità economica
e finanziaria dei clienti, che necessariamente presuppone
una certa durata del rapporto per avere degli elementi
valutativi al riguardo.
Il bando di gara con la previsione dell’obbligo di riportare
sulla referenza bancaria l’indicazione della denominazione
della gara, ha inserito una disposizione senza dubbio
onerosa che travalica la finalità sopra citata della norma
di garantire alla stazione appaltante la solidità economica
dell’impresa. E’ principio noto, infatti, che la stazione
appaltante può fissare, nell’ambito della propria
discrezionalità, i requisiti di partecipazione superiori a
quelli previsti per legge, ai fini del corretto ed effettivo
perseguimento dell’interesse pubblico, purché essi non siano
manifestamente irragionevoli, arbitrari, sproporzionati,
nonché lesivi della concorrenza (si vedano a tal proposito
Cons. Stato, sez. V, 14.12.2006 n. 7460; Cons. Stato, sez.
V, 13.12.2005 n. 7081; Cons. Stato, sez. IV, 22.10.2004, n.
6967).
Nel caso di specie la previsione contenuta al punto 6 del
disciplinare di gara, secondo cui la referenza bancaria deve
indicare l’oggetto della gara, non deve porsi in
combinazione con la comminatoria di esclusione prevista, in
quanto se operata, verrebbe fornita una interpretazione del
bando irragionevole e sproporzionato che andrebbe nel senso
di non favorire la maggiore partecipazione degli operatori
economici alla gara.
Pertanto, alla stregua delle considerazioni che precedono,
la commissione di gara non avrebbe dovuto considerare la
mancata indicazione dell’oggetto della gara sulla referenza
bancaria causa di esclusione, anche operando erroneamente un
collegamento con tale clausola alla comminatoria di
esclusione. Non può, infatti, ritenersi che una tale
omissione possa far insorgere dubbi in ordine alla stabilità
economico–finanziaria della ditta.
Sul punto, peraltro è principio affermato in giurisprudenza
quello per cui l’esclusione da una gara di appalto pubblico
può essere disposta soltanto con riferimento
all’inosservanza di specifici requisiti o formalità
espressamente indicati dalla legge o dal bando di gara o
dalla lettera di invito, non essendo a ciò sufficiente una
generica comminatoria di esclusione allorché l’irregolarità
constatata non sia rilevante per l’interesse
dell’amministrazione o a tutela della “par condicio” dei
concorrenti (Cons. Stato, Sez. VI, 13 giugno 2000, n. 3290).
In base a quanto sopra considerato, nei limiti di cui in
motivazione Il Consiglio ritiene che la disposta
esclusione non sia conforme alla normativa vigente di
settore
(parere 15.11.2007 n. 108 - link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
Per la soluzione della questione sottoposta all’attenzione
dell’Autorità, occorre affrontare separatamente la
problematica relativa al divieto di subappalto della
categoria scorporabile OG1 e della categoria scorporabile
OS8, entrambe di importo superiore al 15 per cento
dell’importo totale dei lavori.
Per quanto attiene alla categoria OG1, la questione
sollevata riguarda l’applicabilità del divieto di subappalto
di cui all’articolo 37, comma 11, del decreto legislativo n.
163/2006, oltre che alle categorie di cui all’articolo 72,
comma 4, del d.P.R. 554/99, anche alle categorie generali.
Detta questione, affrontata dall’Autorità con determinazioni
n. 25/2001 e n. 31/2002, non ha trovato unanime risoluzione
in sede giurisdizionale, tanto che la giurisprudenza
prevalente (cfr. Cons. Stato, sez. VI n. 4671/03 e Cons.
Stato sez. IV n. 6701/04, TAR Brescia n. 1349/2006), ritiene
che il divieto di subappalto per le lavorazioni appartenenti
alle categorie generali possa operare solo laddove il bando
di gara, che costituisce la lex specialis della stessa, lo
preveda espressamente.
Secondo la citata giurisprudenza è pertanto illegittima
l’esclusione dell’impresa non in possesso di qualificazione
in una categoria generale scorporabile, indicata nel bando
in aggiunta alla categoria prevalente, qualora il bando non
preveda espressamente il divieto di subappalto, come invece
statuito nel caso di specie.
Peraltro, anche questa Autorità, con la citata
determinazione n. 31/2002, ha invitato le stazioni
appaltanti a prevedere nei bandi di gara specifiche regole
al riguardo.
Così facendo viene salvaguardata l’esigenza del committente
che determinate lavorazioni siano eseguite direttamente
dall’aggiudicatario ovvero, laddove quest’ultimo non sia in
possesso dell’attestazione SOA per le opere riconducibili
alla categoria scorporabile, venga costituito un
raggruppamento temporaneo di imprese di tipo verticale.
Per quanto attiene alla categoria OS8, con determinazione n.
25/2001, l’Autorità ha chiarito che l’indicazione sulla non
obbligatorietà o sulla obbligatorietà della qualificazione
serve a fornire al concorrente - sia nel caso che sia un
soggetto singolo, cioè un soggetto con idoneità individuale
sia nel caso che sia un soggetto plurimo cioè un soggetto
con idoneità plurisoggettiva - l’elenco delle lavorazioni
che esso, ai sensi dell’ultimo alinea delle premesse
dell’allegato A del dPR 34/2000, può eseguire direttamente
ancorché non sia in possesso della corrispondente
qualificazione ( e cioè quelle a qualificazione non
obbligatoria: le categorie OS1, OS6, OS7, OS8, OS23, OS26,
OS32 e OS34) e quelle che, invece, può eseguire soltanto se
in possesso della corrispondente qualificazione.
Tale specificazione si trova nella “tabella corrispondenze
nuove e vecchie categorie” di cui all’allegato A del dPR
34/2000. Va ricordato che il divieto di eseguire alcune
lavorazioni qualora privi delle corrispondenti
qualificazioni è anche previsto dal combinato disposto dei
commi 1 e 2 dell’articolo 74 del regolamento generale.
Va precisato che le categorie a qualificazione non
obbligatoria, oltre al fatto che possono essere eseguite
dall’aggiudicatario ancorché privo di qualificazione, sono
sempre subappaltabili e scorporabili, pur se di importo
superiore al 15% dell'importo complessivo dell'appalto. In
caso di subappalto va, però, tenuto presente che esso può
essere effettuato soltanto nei riguardi di soggetti in
possesso della corrispondente qualificazione. Va, inoltre,
ricordato che il concorrente qualora, per proprie scelte
imprenditoriali, volesse comunque subappaltare tali
lavorazioni o volesse in sede esecutiva essere in condizione
di subappaltarle, deve farne oggetto di specifica
precisazione nella dichiarazione sostitutiva allegata alla
offerta o alla domanda di partecipazione, in quanto il
subappalto è comunque soggetto ad autorizzazione e
l’autorizzazione è condizionata da una specifica richiesta
effettuata in sede di gara.
Infine, si evidenzia che con deliberazione n. 94/2007,
l’Autorità ha chiarito che le categorie altamente
specializzate sono tali per indicazione normativa e non è
riconosciuta alcuna facoltà alla stazione appaltante ovvero
al progettista di effettuare valutazioni discrezionali al
riguardo.
Nel caso di specie, pertanto, per la categoria OS8 non
sussistono i presupposti per l’applicazione del divieto di
subappalto, di cui all’articolo 37, comma 11 del d. Lgs. n.
163/2006.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene,
nei limiti di cui in motivazione, che:
- il divieto di subappalto della categoria scorporabile OG1
è conforme a quanto prescritto dall'articolo 37, comma 11,
del decreto legislativo n. 163/2006;
- il divieto di subappalto per la categoria scorporabile OS8
a qualificazione non obbligatoria, non è conforme alla
normativa di settore (parere
08.11.2007 n. 104 - link a massimario.avlp.it). |
LAVORI PUBBLICI: Ritenuto
in diritto:
L’art. 40 (qualificazione per eseguire lavori pubblici)
prevede al comma 7 che le imprese alle quali sia stata
rilasciata da organismi accreditati - ai sensi delle norme
europee della serie UNI CEI EN 45000 e della serie UNI CEI
EN ISO/IEC 17000- la certificazione del sistema di qualità
conforme alle norme europee ovvero la dichiarazione della
presenza di elementi significativi e tra loro correlati di
tale sistema usufruiscono del beneficio che la cauzione e la
garanzia fideiussoria, previste rispettivamente
dall’articolo 75 e dall’articolo 113, comma 1, sono ridotte
del 50 per cento.
L’art. 113 disciplina le garanzie da assicurare per
l’esecuzione del contratto (garanzia definitiva), mentre
l’art. 75, comma 1, prevede l’obbligo di corredare l’offerta
di ogni concorrente, che intenda partecipare a gare di
lavori, servizi e forniture, di una garanzia pari al 2% del
prezzo base indicato nel bando o nell’invito, sotto forma di
cauzione o fideiussione (garanzia provvisoria).
Il successivo comma 7 dell’art. 75 dispone, senza alcuna
distinzione della tipologia del contratto (se di lavori,
servizi o forniture), che l’importo della garanzia, e del
suo eventuale rinnovo, sia ridotto del 50% per gli operatori
economici che, come nel caso dell’art. 40, comma 7,
dispongano della certificazione del sistema di qualità
conforme alle norme europee.
Questa Autorità si è già occupata della questione
prospettata nella presente istanza, con la Determinazione
dell’11 settembre 2007 n. 7, con la quale ha fornito
indicazioni in ordine alla portata normativa dell’art. 40,
comma 7, del D.lgs. 12.04.2006 n. 163, ed alla possibilità
di estendere il beneficio inerente alla dimidiazione della
cauzione (originariamente previsto per gli appalti di lavori
pubblici) anche agli appalti di servizi e forniture.
In detta Determinazione è stato osservato come sul piano
logico-giuridico, l’interpretazione restrittiva dell’art.
40, comma 7, del D.lgs. n. 163/2006, cui seguirebbe
l’impossibilità per le imprese in possesso della
certificazione di qualità di avvalersi della riduzione della
cauzione definitiva nelle procedure di appalto di servizi e
forniture, non sembra affatto coerente con la nuova
impostazione normativa codificata dal D.lgs. n. 163/2006 in
termini unitari per le procedure di appalto di lavori,
servizi e forniture, come emerge anche dalla formulazione
letterale dell’art. 40, comma 7, del Codice dei contratti
pubblici, che non circoscrive il beneficio in questione agli
appalti di lavori. Del resto, laddove il legislatore ha
inteso riservare un regime giuridico differenziato per i
lavori lo ha fatto espressamente, e la conferma di ciò è
rinvenibile nell’art. 129 del Codice, che detta ulteriori
previsioni in tema di garanzie e coperture assicurative
specifiche per i lavori.
Tutto quanto sopra evidenziato, Il Consiglio Ritiene, nei
limiti di cui in motivazione, che la riduzione del deposito
cauzionale in misura del cinquanta per cento per le imprese
in possesso della certificazione di qualità è applicabile
non solo agli appalti di lavori pubblici ma anche a quelli
di servizi e forniture. Pertanto la richiesta di
integrazione dell’importo della fideiussione, formulata
dalla Prefettura di Terni, non è conforme alla normativa
vigente di settore (parere
08.11.2007 n. 98 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI SERVIZI: Ritenuto
in diritto:
Questa Autorità si è già in passato più volte occupata (si
vedano le delibere n. 20, 33 e 62, e 209 del 2007) di
valutare la proporzionalità dei requisiti di capacità
economico finanziaria e, in particolare, del requisito
concernente il fatturato, pronunciandosi nel senso che la
stazione appaltante può fissare, nell’ambito della propria
discrezionalità, i requisiti di partecipazione superiori a
quelli previsti per legge, ai fini del corretto ed effettivo
perseguimento dell’interesse pubblico.
Unico limite a detta scelta, come anche è dell’avviso il
giudice amministrativo, si rinviene allorché la stessa sia
manifestamente irragionevole, arbitraria, sproporzionata,
illogica e contraddittoria, nonché lesiva della concorrenza
(cfr. Cons. Stato, sez. V, 14.12.2006 n. 7460; Cons. Stato,
sez. V, 13.12.2005 n. 7081; Cons. Stato, sez. IV,
22.10.2004, n. 6967). La ragionevolezza dei requisiti non
viene valutata in astratto, ma in correlazione al valore
dell’appalto.
Al riguardo, in relazione al caso di specie, deve ritenersi
immotivata la fissazione, per un appalto di pulizie, di un
fatturato, per un importo di circa cinquanta volte superiore
al valore dell’appalto.
Per quanto attiene ai sopra menzionati requisiti di capacità
tecnica, si rappresenta che gli stessi non sembrano
rispondere ad una specifica motivazione e ragione
giustificativa del loro inserimento. I motivi di censura
relativi ai predetti requisiti di capacità tecnica,
comunque, risultano assorbiti da quanto sopra evidenziato in
materia di fatturato richiesto.
In base a quanto sopra considerato, nei limiti di cui in
motivazione Il Consiglio ritiene che i requisiti di
partecipazione economico – tecnici siano manifestamente
sproporzionati e, pertanto, si pongano in contrasto con i
principi di libera concorrenza, parità di trattamento e non
discriminazione
(parere
08.11.2007 n. 97 - link a massimario.avlp.it). |
APPALTI: Ritenuto
in diritto:
E’ principio noto quello per cui appartiene alla
discrezionalità della stazione appaltante fissare i
requisiti di partecipazione alla singola gara, rigorosi ed
anche superiori rispetto a quelli previsti dalla legge,
quale esplicazione del potere-dovere di apprestare
(attraverso la specifica individuazione dei requisiti di
ammissione e di partecipazione ad una gara) le misure più
adeguate, congrue ed efficaci ai fini del corretto ed
effettivo perseguimento dell’interesse pubblico, oggetto
dell'appalto da affidare. Tale potere, incontra precisi
limiti, laddove sia, con ogni evidenza, manifestamente
irragionevole, irrazionale, arbitrario, sproporzionato,
illogica e contraddittorio (per tutte, Cons. Stato, Sez. IV,
22.10.2004, n. 6967).
Nel caso di specie non sembra che i requisiti apposti
possano considerarsi sproporzionati né tantomeno
irragionevoli dal momento che, come anche precisato dalla
stazione appaltante, per quanto riguarda i requisiti
esperenziali, è stata richiesta l’esperienza di
pianificazione associata di redazione del PSC per due o più
Comuni o Enti territoriali ai sensi della L.R.20/2000, al
fine di mantenere la garanzia di esperienze di livello
associativo, trattandosi di una comunità montana; allo
stesso tempo sono stati previsti elementi di equivalenza di
carattere tecnico, economico e territoriale anche a chi
avesse maturato esperienze di pianificazioni estranee alle
fattispecie disciplinate dalla L.R. 20/2000, ampliando così
l’ambito dei partecipanti.
Per quanto attiene alla previsione della dimostrazione del
“percorso professionale”, l’amministrazione ha chiarito che
tale requisito, come specificamente riportato nel
disciplinare di gara, è richiesto in quanto occorre
verificare in capo ai partecipanti la presenza di una mirata
qualificazione in materia, altrimenti non verificabile, a
garanzia per l’Amministrazione della corretta e puntuale
realizzazione dell’attività oggetto dell’appalto.
In base a quanto sopra considerato, nei limiti di cui in
motivazione Il Consiglio ritiene che i requisiti di
capacità tecnico – professionale previsti dal disciplinare
di gara in oggetto siano conformi alla normativa di settore
(parere
08.11.2007 n. 95 - link a massimario.avlp.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
Su alcune questioni in materia di gare pubbliche:
legittimazione ad agire singulatim per le imprese di una ATI,
mancata impugnazione dell'aggiudicazione, verbale di gara e
autocertificazione.
In tema di gare pubbliche sono legittimate ad agire
singulatim le imprese di un raggruppamento temporaneo
partecipante ad una gara d'appalto (ord. Corte di Giustizia,
4 ottobre 2007, C-492/06).
Secondo un orientamento giurisprudenziale pacifico, la
mancata impugnazione dell'aggiudicazione in favore della
controinteressata da parte delle altre imprese facenti parte
di una costituenda associazione non può essere interpretato
come volontà di abbandono della posizione sostanziale di
interesse per la cui tutela ha proposto ricorso altra
impresa. Ed invero, affinché vi sia acquiescenza ad un
provvedimento amministrativo occorre che il comportamento
del soggetto acquiescente sia chiaro ed inequivocabile, sia
a lui imputabile e tale da far desumere, senza un
ragionevole dubbio, la volontà di accettare gli effetti
delle determinazioni sfavorevoli o il suo disinteresse al
conseguimento di una decisione di merito. Tale inequivoco
significato non può attribuirsi alla mancata impugnazione
dell'aggiudicazione in favore della controinteressata da
parte delle altre imprese facenti parte della costituenda
associazione. Infatti, la mancata impugnazione degli atti di
gara da parte delle altre imprese della costituenda ATI ben
può essere il portato, ad esempio, della volontà di non
affrontare i tempi e le spese di un giudizio, senza per
questo assumere il significato di una volontà certa di
abbandono della posizione sostanziale per la cui tutela è
stato proposto il ricorso, sia pure da altri, volontà che,
ove sussistente, dovrebbe essere esplicitata con altri e più
chiari mezzi.
Il verbale di gara è un atto pubblico facente piena prova,
fino a querela di falso, dei fatti che il pubblico
ufficiale, sotto la propria responsabilità, attesta essere
avvenuti in sua presenza.
Pertanto, ove l'intento del responsabile del procedimento
fosse stato quello di azzerare una procedura di gara in
relazione alla quale erano a suo avviso venute meno le
necessarie garanzie sulla correttezza del procedimento di
aggiudicazione come certificate nei verbali di gara, sarebbe
stato suo onere - preliminarmente - attivare il procedimento
volto a dimostrare che il loro contenuto era falso, e che le
indicazioni negli stessi contenuti in ordine alle operazioni
di voto non erano corrispondenti al vero.La natura dei
verbali di gara, quali atti pubblici a fede privilegiata,
s'impone quindi al giudice amministrativo, ai sensi
dell'art. 2700 c.c., nei termini vincolativi sopra
precisati.
L'ampio ricorso consentito nelle procedure ad evidenza
pubblica alle autocertificazioni, in un'ottica di
snellimento delle procedure e semplificazioni degli
adempimenti, trova la sua ragion d'essere nell'esigenza di
evitare ai partecipanti ad una gara pubblica l'onere di
attardarsi nell'acquisizione dei documenti richiesti, ai
fini della prova del possesso dei requisiti di
partecipazione, dalla lex specialis della procedura
concorsuale, consentendosi, sotto la propria responsabilità,
la dichiarazione del possesso di tali requisiti,
suscettibili di effettiva dimostrazione in caso di
aggiudicazione della gara. Ma tale strumento di
semplificazione risulta evidentemente inappropriato
allorché, non essendo in possesso della certificazione
richiesta, rilasciata, come noto, esclusivamente da
organismi certificati di comprovata indipendenza, si tratta
di fornire "…altre prove relative all'impiego di misure
equivalenti di garanzia" (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 15.01.2008 n. 31
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sull'escussione della cauzione provvisoria: funzione e
casi.
La giurisprudenza amministrativa è univoca nel ritenere che
qualora la prova del possesso dei requisiti di capacità
economico-finanziaria e tecnico-organizzativa non sia
fornita, ovvero non vi sia conferma delle dichiarazioni
contenute nella domanda di partecipazione o nell'offerta, si
deve procedere alla esclusione del concorrente dalla gara ed
alla escussione della cauzione provvisoria. Quest'ultima
conseguenza ha la funzione di garantire la veridicità delle
dichiarazioni fornite dalle imprese in sede di
partecipazione alla gara in ordine al possesso dei requisiti
prescritti dal bando o dalla lettera di invito, così da
assicurare l'affidabilità dell'offerta, il cui primo indice
è rappresentato proprio dalla correttezza e dalla serietà
del comportamento del concorrente. Essa rappresenta una
liquidazione anticipata dei danni derivanti
all'Amministrazione dall'inadempimento di tale obbligo di
serietà da parte del concorrente. Da ciò deriva che
l'escussione della cauzione è conseguenza diretta ed
automatica del verificarsi del presupposto correlato alla
descritta funzione della cauzione, vale a dire
dell'inadempimento del partecipante .
La giurisprudenza è concorde nel ritenere che l'escussione
della cauzione sia possibile, anzi rappresenta atto dovuto,
ogni volta che, non risultando le dichiarazioni rese
dall'aggiudicatario ai fini della partecipazione alla gara
confermate dal successivo riscontro della relativa
documentazione, l'Amministrazione abbia provveduto, a norma
della lex specialis, alla esclusione dell'impresa dalla
procedura. In altre parole, la escussione della cauzione
"deve essere disposta come effetto automatico di quella
determinata infrazione e l'Amministrazione difetta di
facoltà di scelta in merito", senza possibilità di
diversificare l'ipotesi dell'assoluta mancanza del requisito
da quella della sua difformità da quanto dichiarato senza,
cioè, che possa assumere rilievo il carattere psicologico
della violazione (TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter,
sentenza 14.01.2008 n. 184
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sull'impugnazione dell'aggiudicazione definitiva e
sull'inammissibilità delle modificazioni soggettive durante
la partecipazione alla gara, pena l'esclusione dalla gara.
Come affermato da un orientamento giurisprudenziale ormai
consolidato (ex multis, Consiglio di Stato, sezione V,
decisioni 3717/2002 e 4464/2005), e come recentemente
ribadito dalla stessa V sezione del Consiglio di Stato con
la decisione 01.08.2007, n. 4268, "Dalla mancata
impugnazione dell'aggiudicazione definitiva deve discendere
l'improcedibilità del ricorso in primo grado. Se non è
dubbio, infatti, che l'esclusione può (ed anzi deve) essere
gravata prima dell'aggiudicazione, nell'attuale assetto del
sistema di tutela giurisdizionale in materia di appalti
pubblici (quale esso risulta anche dai principi di
derivazione comunitaria), deve essere affermato il principio
che l'impugnazione dell'esclusione va estesa, con lo
strumento dei motivi aggiunti, anche all'aggiudicazione, non
solo quando questa risulti disposta uno actu con
l'esclusione ma tutte le volte in cui essa intervenga e sia
conosciuta prima della pronunzia sul relativo gravame."
E' legittimo il provvedimento di esclusione da una gara di
un raggruppamento di imprese pronunciato a seguito della
trasformazione di un Consorzio facente parte del
raggruppamento da consorzio in società a responsabilità
limitata. In materia di appalti, infatti, in virtù del
principio della immutabilità del soggetto durante la
partecipazione alla gara, non è ammessa, pena l'esclusione
dalla gara, la modifica della natura giuridica del soggetto
partecipante nella fase intercorrente tra la presentazione
della domanda di partecipazione e l'eventuale stipula del
contratto (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 09.01.2008 n. 13
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'illegittimità di una previsione richiesta in un
bando di gara per l'affidamento dei servizi di parcheggi
pubblici a pagamento senza custodia, in quanto
sproporzionata rispetto all'importo della gara e alla natura
del servizio.
E' illegittima la previsione, quale requisito di ammissione
ad una gara indetta da un comune per l'affidamento dei
servizi di parcheggi pubblici a pagamento senza custodia e
di pulizia dei bagni pubblici nel territorio comunale,
dell'iscrizione all'Albo previsto dall'art. 53 del d.l.vo
15.12.1997, n. 446, cioè all'Albo dei soggetti abilitati
alle attività di liquidazione ed accertamento dei tributi e
delle entrate delle province e dei comuni istituito presso
il ministero dell'economia e delle finanze. La suddetta
previsione è ingiustificata e si traduce pertanto in una
indebita limitazione dei potenziali concorrenti, con
conseguente illegittimità per eccesso di potere. Ed infatti
il servizio oggetto di gara non si riferisce
all'accertamento, liquidazione o riscossione di entrate
comunali né di tipo tributario né di altro tipo, l'unica
entrata comunale implicata dall'affidamento consiste nella
somma che l'impresa aggiudicataria sarà tenuta a pagare al
comune quale corrispettivo dell'affidamento; al contrario i
proventi ritratti dalla gestione dei parcheggi costituiscono
un ricavo dell'aggiudicataria che di tali proventi si
appropria. In sostanza è una attività che esula da quella
svolta dai soggetti iscritti all'Albo in questione che - per
la sua particolare delicatezza e connessione con una delle
fondamentali potestà pubbliche (l'imposizione di prestazioni
patrimoniali) - è assoggettata a penetrante controllo da
parte dell'amministrazione statale oltre che alla previsione
per i soggetti che la svolgono di requisiti di capacità
finanziaria, tecnica e di professionalità e onorabilità che
appaiono del tutto sproporzionati all'importo della gara in
questione e alla natura del servizio (TAR Lazio-Latina, Sez.
I,
sentenza 07.01.2008 n. 6
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità di un bando di gara che richieda ai
concorrenti requisiti di partecipazione alla gara
sovrabbondanti e sproporzionati in rapporto all'oggetto
dell'appalto.
La giurisprudenza amministrativa, sulla scia di importanti
pronunce della Corte di Giustizia CE ha a più riprese
ribadito che l'Amministrazione non può restringere il numero
dei partecipanti fino al punto da non assicurare una reale
concorrenza e non può immotivatamente fissare requisiti di
partecipazione in ordine alle capacità tecniche
sproporzionati rispetto all'oggetto dell'appalto (TAR
Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 02.01.2008 n. 1
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
ENTI LOCALI:
Sull'affidamento del servizio di tesoreria: deve
essere attribuito dalla lex specialis un maggior peso
all'elemento economico rispetto a quello tecnico.
Nelle gare per l'affidamento del servizio di tesoreria,
l'elemento economico, nel caso di specie la misura dei tassi
attivi e passivi, è l'elemento di maggiore importanza,
idoneo a determinare per l'ente un vantaggio economico anche
consistente. Pertanto risulta illogico, e, quindi,
illegittimo, un bando di gara in cui tale elemento abbia
minore peso rispetto agli altri elementi tecnici (tipo le
modalità del servizio, ecc.), che sono in gran parte
regolati dalla normativa di settore, per cui ridotta è
l'utilità marginale ricavabile dai profili più strettamente
funzionali (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 31.12.2007 n. 6837
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
La P.A non deve motivare in modo specifico le ragioni
per cui, anziché prorogare l'affidamento di un servizio
pubblico a trattativa privata con un precedente gestore,
abbia deciso di assegnare l'appalto mediante gara.
Sull'onere della P.A. in sede di selezione dei
soggetti da invitare ad una trattativa privata, di motivare
la scelta di non invitare alla gara il precedente gestore
del servizio.
L'amministrazione non è tenuta a motivare in modo specifico
le ragioni per cui, anziché prorogare l'affidamento di un
servizio pubblico a trattativa privata con un precedente
gestore, dispone di ricorrere ad una procedura concorsuale
per la scelta di un nuovo contraente, essendo l'assegnazione
dell'appalto mediante gara il sistema ordinario stabilito
dall'ordinamento per l'affidamento dei servizi pubblici.
Nelle gare per l'aggiudicazione di contratti della Pubblica
amministrazione, in sede di selezione dei soggetti da
invitare alla trattativa privata, l'Amministrazione ha
l'onere di motivare la scelta, ancorché discrezionale, di
non invitare alla gara il privato che abbia precedentemente
svolto presso la stessa il servizio cui fa riferimento la
trattativa (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la
Regione Siciliana, Sez. giurisdizionale,
sentenza 31.12.2007 n. 1179
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla possibilità per i concorrenti di una gara di
dichiarare il possesso dei requisiti di cui all'art. 38 del
d. l.vo n. 163/2006, per mezzo di dich.ne sostit. ex d.P.R.
445/00, per attestare di essere in regola con la normativa
sui disabili.
In sede di gara pubblica i concorrenti, anche nel caso in
cui nel bando sia richiesta espressamente la certificazione
ex articolo 17 della l. 68/99, concernente il rispetto della
normativa a tutela dei disabili, può limitarsi a dichiarare
di essere in regola con gli obblighi in questione, restando
ovviamente in facoltà della stazione appaltante di
procedere, successivamente, a controlli circa la veridicità
di tale dichiarazione sostitutiva. Il codice degli appalti
(d. l.vo n. 163/2006) ha previsto, infatti, la possibilità
di dichiarare il possesso dei requisiti di cui all'art. 38,
per mezzo di dichiarazione sostitutiva ex d.P.R. 445/2000
(TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 28.12.2007 n. 16569
- link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Affidamento - Scelta tra affidamento diretto (cd. in
house) ed affidamento mediante gara - Spetta alla P.A. e non
contrasta con la normativa comunitaria - Affidamento diretto
e senza gara (cd. in house) - Requisito del "controllo
analogo" - Partecipazione pubblica totalitaria -
Insufficienza ex se - Necessità che le decisioni più
importanti siano sottoposte al vaglio preventivo dell’ente
affidante - Sussiste - Questione di legittimità
costituzionale di quest’ultima norma - Eccepita in relazione
all’art. 118, comma 4, Cost. (che prevede il c.d. principio
di sussidiarietà orizzontale) - Manifesta infondatezza - Va
dichiarata.
La creazione di un mercato comune e l’applicazione delle
regole di tutela della concorrenza per garantirne il
mantenimento incontrano il limite del potere di
organizzazione della pubblica amministrazione riconosciuta
agli stati membri dalle istituzioni comunitarie. Tale limite
non rappresenta una deroga alla disciplina europea delle
libertà economiche tutelate dal mercato comune, ma è
definizione di ciò che non è mercato. La disciplina della
concorrenza per l’aggiudicazione degli appalti e delle
concessioni presuppone un rapporto con il mercato, ma la
libera decisione dell’amministrazione di rivolgersi ad esso
non può essere coartata per realizzare l’apertura al mercato
di taluni settori di attività in cui l’amministrazione
pubblica voglia, invece, ricorrere all’autoproduzione.
La scelta di optare tra outsourcing e in house providing non
sia sindacabile alla stregua del diritto comunitario.
In presenza delle cennate condizioni -"controllo analogo" e
destinazione prevalente dell’attività all’ente di
appartenenza- il legame che unisce quest’ultimo all’affidatario
del servizio ha carattere organizzativo, cosicché non è
richiesto l’esperimento di procedure ad evidenza pubblica.
La nozione di sussidiarietà orizzontale è suscettibile di
assumere due distinte significazioni: una negativa, che si
sostanzia nel dovere di astensione dei pubblici poteri
laddove le forze individuali e della società siano in grado
di soddisfare i propri bisogni autonomamente; una positiva
che implica l’affermazione di un dovere di intervento dei
pubblici poteri ove gli individui e le forze sociali non
abbiano la capacità di provvedere da sé alle proprie
necessità.
Il ricorso all’affidamento diretto è, quindi, sempre
consentito, alla sola condizione che sussistano i requisiti
indicati nella lett. c) del menzionato comma 5.
Non sembra, pertanto, necessaria un’apposita ed approfondita
motivazione di tale scelta, una volta dimostrata la
sussistenza dei presupposti richiesti per l’autoproduzione.
Al contrario, una motivazione di maggiore latitudine diventa
necessaria quando il comune stabilisce di affidare la
gestione del servizio a soggetti terzi. In tali casi, vanno
evidenziate le specifiche ragioni tecniche, economiche e di
opportunità sociale (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 21.12.2007 n. 2407
- link a www.ambietelegale.it). |
RISARCIMENTO
DANNI: BUCA
SU MANTO STRADALE – VISIBILITA’ – PREVEDIBILITA’ - INSIDIA E
TRABOCCHETTO – RESPONSABILITA’ DELLA P.A. - INSUSSISTENZA.
Nell’ambito del principio del “neminem laedere”, per aversi
la responsabilità della P.A. quale proprietaria o gestore
della strada (o dell’area) pubblica, è necessario che
sussistano due elementi, il primo oggettivo della non
visibilità del pericolo ed il secondo soggettivo della non
prevedibilità dell’insidia, e che entrambi concorrano in
radice nella cauzione del fatto illecito oggetto della
pretesa risarcitoria azionata (Giudice di Pace di Caserta,
sentenza del 21.12.2007
- link a www.iussit.eu). |
APPALTI SERVIZI:
Appalti - Affidamento-
Affidamento diretto di un servizio ad una società mista
pubblico-privato – Presupposti – Deve costituire “la
modalità organizzativa con la quale l’amministrazione
controlla l’affidamento disposto, con gara, al ‘socio
operativo’ della società” – Condizioni - “Definitezza
dell’oggetto” e “durata dell’affidamento”.
L’affidamento diretto di un servizio ad una società mista è
possibile nel caso in cui essa costituisca -non la
beneficiaria di un affidamento diretto ma- “la modalità
organizzativa con la quale l’amministrazione controlla
l’affidamento disposto, con gara, al ‘socio operativo’ della
società”: in tale ipotesi infatti si realizzerebbe un
controllo interno ed organico del partner societario
sull’operato del socio privato selezionato per la gestione
del servizio.
In questa ottica, il ricorso alla figura organizzatoria
della società mista viene ritenuto ammissibile se delimitato
da quelle garanzie –di “definitezza dell’oggetto” e di
“durata dell’affidamento”- che consentono, da una parte, di
escludere la riconducibilità di tale figura nel modello
dell’affidamento “in house”, dall’altra, di fugare ogni
perplessità in ordine al rischio di restrizione della
concorrenza.
Queste garanzie vengono ritenute sussistenti alle seguenti
condizioni:
1) che al socio privato –scelto necessariamente con
procedura concorsuale- sia affidato non già il ruolo di mero
finanziatore, bensì quello di socio industriale ed operativo
che concorre anche materialmente allo svolgimento del
servizio per il quale la società è stata costituita;
2) che si preveda un rinnovo della procedura di selezione
alla scadenza del periodo di affidamento, così evitando che
il socio diventi stabile, possibilmente prevedendo che sin
dagli atti di gara per la selezione del socio privato siano
chiarite le modalità per l’uscita del socio stesso.
“Il contratto sociale, proprio perché intrinsecamente
diverso dall’appalto, resta estraneo alla disciplina delle
direttive comunitarie” La figura della società mista può
ritenersi compatibile con il diritto comunitario quando, tra
l’altro, gli incarichi affidati a tale società – e gestiti
dal socio industriale – siano chiaramente definiti dalla
procedura di gara, anche in termini di durata (TAR
Valle D'Aosta,
sentenza 13.12.2007 n. 153 - link a
www.ambientelegale.it). |
APPALTI:
Appalti – Offerte anomale - Requisiti prescritti dal
bando - Dimostrazione - Possibilità di fare riferimento ai
requisiti posseduti da altra impresa di cui sia stata
acquisito il ramo di azienda - Sussiste anche in difetto di
previsione del bando - Fattispecie relativa alla
dimostrazione del requisito della capacità economica e
finanziaria (da comprovare mediante il fatturato degli
ultimi 3 anni) - Certificato richiesto dal bando - Emesso in
data non anteriore a 12 mesi da quella di scadenza di
presentazione dell’offerta - Produzione di un certificato di
data anteriore - Esclusione - Impossibilità - Potere della
Stazione appaltante di invitare il concorrente a completare
o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto del
certificato – Sussiste - Cauzione provvisoria - Produzione
di una polizza priva di una espressa rinuncia all’eccezione
di cui all’articolo 1957, comma 2, cod. civ. - In mancanza
di richiamo nel bando all’art. 75 del D.Lgs. n. 163 del 2006
(Codice dei contratti pubblici) - Esclusione dalla gara –
Impossibilità - Offerte anomale - Verifica - Obbligo di
motivazione - Sussiste anche nel caso in cui la verifica
abbia dato esito positivo - Ragioni.
In presenza della produzione di un certificato risalente a
una data
anteriore, non sia precluso l’esercizio, da parte della
stazione appaltante, del potere di invitare i concorrenti,
se necessario e nei limiti previsti dagli articoli da 38 a
45, "a completare o a fornire chiarimenti in ordine al
contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni
presentati. Infatti in questo caso il certificato non manca
del tutto, ma è stato prodotto dal ricorrente, e concorre a
costituire un ragionevole indizio del possesso del requisito
di partecipazione, in unione con gli altri elementi
documentali allegati dall’interessato.
Apparendo evidentemente ultronea e sproporzionata la
sanzione dell’esclusione dalla gara a fronte di una
previsione di bando generica e di una normativa primaria
entrata in vigore da pochi mesi, ove si controverta non
dell’omessa prestazione della cauzione o dell’insufficienza
del relativo importo, bensì di una singola clausola
contrattuale. Infatti, in linea di principio, si deve
accogliere l'interpretazione della disciplina di gara che
tutela gli interessati di buona fede, salvaguardando così
l'ammissibilità delle offerte e consentendo la maggiore
partecipazione di offerenti, attesa la duplice necessità di
tutelare sia l'affidamento ingenerato nelle imprese
partecipanti, sia l'interesse pubblico al più ampio
possibile confronto concorrenziale, e ciò al fine di
ottenere le prestazioni richieste ad un prezzo quanto più
vantaggioso, in termini qualitativi e quantitativi, per
l'amministrazione.
L'amministrazione deve prendere specificamente in
considerazione le giustificazioni rese dall'impresa la cui
offerta sia assoggettata alla verifica di anomalia e deve
chiaramente esporre le ragioni della propria valutazione
anche nel caso in cui le giustificazioni siano state
considerate soddisfacenti, ossia anche nel caso di giudizio
finale positivo (TAR
Lazio-Roma, Sez. III-bis,
sentenza 12.12.2007 n. 12973
-
link a www.ambientelegale.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Sanatoria e diritti dei terzi.
In caso di rilascio di titolo abilitativo in sanatoria non
spetta al Comune interessarsi degli aspetti civilistici
potendo il soggetto terzo, che non subisce alcun pregiudizio
dalla sanatoria, ottenere tutela innanzi al giudice ordinario
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 10.12.2007 n. 6332
- link a www.lexambiente.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sull'applicabilità della disciplina introdotta
dall'art. 1, c. 729, della l. n. 296 del 2006 (finanziaria
2007), anche nell'ipotesi di società partecipate ove gli
amministratori svolgano la loro opera a titolo gratuito.
La disciplina introdotta dall'art. 1, c. 729, della l. n.
296 del 2006 (finanziaria 2007), diretta a ridurre il numero
dei componenti dei consigli di amministrazione delle società
partecipate da enti locali, trova applicazione anche nelle
ipotesi di società partecipate da enti locali ove i
componenti dei consigli di amministrazione svolgono il loro
compito senza alcun emolumento e dunque senza alcun impegno
di spesa gravante sui bilanci pubblici. Non vi è dubbio che
l'intento primario del legislatore, attraverso
l'introduzione della suddetta disciplina, sia stato quello
del contenimento della spesa pubblica. Tuttavia, le
limitazioni imposte al numero complessivo degli
amministratori nelle società totalmente partecipate, anche
indirettamente, da enti locali, nonché al numero massimo
degli amministratori designati dai soci pubblici nelle
società miste, sono misure organizzative che possono trovare
fondamento anche nell'esigenza di perseguire una maggiore
efficienza nell'amministrazione delle società partecipate da
enti locali. Tale finalità, cui il legislatore sembra aver
fatto riferimento o a cui, in ogni caso, le norme in esame,
almeno astrattamente, possono rispondere, risulta
perseguibile, sempre in coerenza con l'obiettivo finale del
contenimento della spesa pubblica, anche laddove non si
ottenga, come nel caso di specie, un'immediata riduzione
delle spese delle società partecipate (Corte dei Conti, Sez.
regionale di controllo per la Regione Piemonte,
parere 05.12.2007 n. 19
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URBANISTICA:
1. Vincolo di piano
regolatore relativo a zona di rispetto stradale - Natura conformativa - Sussiste - Natura di vincolo espropriativo o
preordinato all'espropriazione - Non sussiste - Art. 2, L.
n. 1187/1968 - Decadenza del vincolo per decorso del termine
quinquennale - Non sussiste.
2. Misura di salvaguardia ex L. n.
1902/1952 - Termine quinquennale dalla data della delibera
di adozione del piano regolatore - Non può essere superato
neanche dopo la L. n. 291/1971 - Mancata approvazione del
piano nel termine - Illegittimità del diniego di concessione
edilizia per contrasto con il piano adottato - Sussiste.
3. Vincolo a sede stradale - Inedificabilità assoluta ex art. 33, 1° comma, lett. d), L.
n. 47/1985 - Vincolo a zona di rispetto stradale -
Inedificabilità assoluta - Sussiste.
1. Il vincolo, apposto ad un'area da previsione di piano
regolatore, in base al quale detta area ricade interamente
in zona di rispetto stradale, ha natura conformativa, ovvero
di limitazione legale della proprietà e non natura di
vincolo espropriativo o comunque preordinato
all'espropriazione. Conseguentemente, detto vincolo, dovendo
qualificarsi come conformativo, non è soggetto a decadenza
per decorso del termine quinquennale ex art. 2 della L. n.
1187/1968.
2. La misura di salvaguardia prevista dalla L. n. 1902/1952
non può essere protratta per un periodo complessivo
superiore a cinque anni dalla data della delibera di
adozione del piano regolatore, neanche dopo la L. n.
291/1971, con il corollario della illegittimità del diniego
della concessione edilizia per contrasto con il piano
adottato, qualora la sua approvazione non sia avvenuta nel
prescritto termine quinquennale.
3. Il vincolo a sede stradale è vincolo di inedificabilità
assoluta ex art. 33, 1° comma, lett. d), L. n. 47/1985.
Analoga inedificabilità assoluta sembra doversi ricollegare
anche al precedente vincolo a zona di rispetto stradale (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 30.11.2007 n.
6532 -
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COMPETENZE
GESTIONALI:
1. Trasferimento delle competenze
gestionali dall'organo politico ai dirigenti degli Enti
locali - Repressione edilizia - Competenza dei dirigenti - È
operativa dall'entrata in vigore dell'art. 2, comma 12, L.
n. 191/1998 - Legittimità dell'ordinanza sindacale di
demolizione in data anteriore - Sussiste.
1. Benché il trasferimento delle competenze gestionali
dall'organo politico ai dirigenti degli Enti locali sia
stato adottato attraverso la modifica apportata dalla L. n.
127/1997 all'art. 51 della L. n. 142/1990, in materia di
repressione edilizia tale competenza deve considerarsi
concretamente operativa solo a decorrere dall'entrata in
vigore dell'art. 2, comma 12, della L. n. 191/1998
(pubblicata nella G.U. del 20 giugno 1998), con il
corollario che si deve reputare legittima l'ordinanza di
demolizione emessa dal Sindaco prima dell'entrata in vigore
dell'art. 2 cit. (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 30.11.2007 n.
6532 -
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EDILIZIA
PRIVATA:
1. Abuso edilizio - Ordine di
demolizione - Natura di atto dovuto - Sussiste -
Applicabilità dell'art. 21-octies, L. n. 241/1990 -
Sussiste.
2. Abuso edilizio - Necessità
dell'avviso ex art. 7, L. n.- 241/1990 - Non sussiste
laddove sia sufficiente un semplice accertamento di natura
tecnica sulla consistenza delle opere, ovvero nel caso di
ordine di demolizione di opere abusive.
3. Ammissibilità dei lavori di
completamento di un'opera edilizia - Non esclude l'esercizio
dei poteri comunali di vigilanza al fine della conformità urbanistico-edilizia.
4. Abuso edilizio - Ordine di
demolizione - Affermazione dell'accertata abusività
dell'opera - Rappresenta sufficiente motivazione.
5. Abuso edilizio - Provvedimento
di acquisizione gratuita al patrimonio comunale - Ha natura
di atto dovuto.
6. Abuso edilizio - Provvedimento
di acquisizione gratuita al patrimonio comunale - Art. 51,
comma 3°, L. n. 142/1990 - Competenza del Sindaco ad emanare
il provvedimento - Non sussiste - Competenza dirigenziale -
Sussiste.
7. Abuso edilizio - Provvedimento
di acquisizione gratuita al patrimonio comunale - Ha natura
di sanzione amministrativa autonoma.
8. Abuso edilizio - Art. 7, 4°
comma, L. n. 47/1985 - Notifica del verbale di accertamento
dell'inottemperanza - Rileva ai soli fini dell'immissione
nel possesso.
9. Abuso edilizio -
Inottemperanza all'ordine di demolizione - Verbale di
accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione -
Omessa individuazione dell'area da acquisire al patrimonio
comunale - Illegittimità dell'accertamento - Non sussiste -
Possibilità di procedere in un secondo tempo ad individuare
l'area oggetto dell'acquisizione - Sussiste.
10. Abuso edilizio - È illecito
permanente, sanzionabile in base alla normativa in vigore
all'atto della repressione - Accertamento dell'abuso - Non è
sottoposto a limiti temporali, ma correlato all'oggettivo
riscontro dell'abusività dell'opera.
11. Abuso edilizio - Provvedimento
di acquisizione gratuita al patrimonio comunale -
Vidimazione e dichiarazione di esecutorietà pretorili - Non
costituivano presupposti o requisiti di legittimità del
provvedimento di acquisizione.
1. Attesa la natura di atto dovuto dell'ordine di
demolizione di opere edilizie abusive, può trovare
applicazione l'art. 21-octies, L. n. 241/1990, che dispone
la non annullabilità del provvedimento adottato in
violazione delle norme sul procedimento qualora, per la sua
natura vincolata, sia palese che il suo contenuto non
avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto
adottato.
2. Laddove sia sufficiente un semplice accertamento di
natura tecnica sulla consistenza delle opere edilizie
abusive, la comunicazione ex art. 7, L. n. 241/1990 non
occorre, in quanto la norma che la prevede in via generale
va coordinata con il principio di speditezza dell'azione
amministrativa e con i principi di contestualità ed
immediatezza dell'intervento repressivo. Soprattutto, detto
obbligo viene meno nel caso di ordine di demolizione di
opere abusive, trattandosi di un provvedimento alla cui
adozione il Comune è vincolato per legge a seguito
dell'accertata abusività delle opere, cioè in virtù di un
presupposto di fatto di cui il ricorrente doveva essere
ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria sfera
di controllo.
3. L'ammissibilità dei lavori di completamento di un'opera
edilizia non vale ad escludere l'esercizio dei poteri di
vigilanza del Comune, per assicurare la conformità
dell'attività urbanistico-edilizia alle vigenti
disposizioni.
4. L'ordine di demolizione è sufficientemente motivato con
l'affermazione dell'accertata abusività dell'opera.
5. Il provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio
comunale dell'immobile abusivo e della sua area di sedime è
atto dovuto, senza nessun elemento di discrezionalità e con
contenuto meramente dichiarativo, subordinato al semplice
accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione di
demolizione ed al decorso del termine di legge, che
costituiscono i presupposti per l'adozione di una siffatta
misura. Ciò è dimostrato, in particolare, dal fatto che
l'art. 7, 3° comma, L. n. 47/1985 (ora, art. 31, 3° comma,
D.P.R. n. 380/2001) dispone che in caso di inottemperanza
all'ordine di demolizione, l'acquisizione gratuita avvenga
"di diritto".
6. Nel quadro normativo scaturente dalle modifiche
apportate dall'art. 51, comma 3°, L. n. 142/1990, dapprima
dall'art. 6, L. n. 127/1997 e poi dall'art. 2, comma 12°, L.
n. 191/1998, si deve escludere, a seguito dell'entrata in
vigore della L. n. 191/1998, una competenza del Sindaco ad
emanare il provvedimento dichiarativo della acquisizione
gratuita degli immobili abusivi, rientrando esso nelle
attribuzioni del dirigente/responsabile del competente
ufficio del Comune, in quanto atto di gestione ex art. 51,
che devolve ai dirigenti comunali i poteri di irrogazione
delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente
legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e
repressione dell'abusivismo edilizio.
7. È indubbia la natura di sanzione amministrativa autonoma
propria dell'acquisizione gratuita dell'opera abusiva al
patrimonio disponibile del Comune, che abilita
l'Amministrazione alla scelta tra la demolizione ex officio
e la conservazione del bene in presenza di prevalenti
interessi pubblici, vale a dire per la destinazione a fini
pubblici, purché l'opera non contrasti con rilevanti
interessi urbanistici ed ambientali.
8. L'art. 7, 4° comma, L. n. 47/1985 attribuisce rilevanza
alla notifica del verbale di accertamento
dell'inottemperanza ai soli fini dell'immissione nel
possesso.
9. Qualora nel verbale di accertamento dell'inottemperanza
all'ordine di demolizione sia stata omessa l'individuazione
dell'area da acquisire al patrimonio comunale, ciò non
produce l'illegittimità dell'accertamento, ma solo
l'impossibilità, per il Comune, di procedere all'immissione
nel possesso ed alla trascrizione nei registri immobiliari.
Ciò in quanto, in mancanza di un'espressa previsione
legislativa, nulla vieta che il Comune possa procedere in un
secondo tempo ad individuare l'area oggetto
dell'acquisizione, ai fini dell'immissione in possesso e
della trascrizione.
10. L'abuso edilizio costituisce un illecito permanente, e
quindi produttivo di effetti perduranti nel tempo e
sanzionabili in base alla normativa vigente all'atto della
repressione, il cui accertamento non è sottoposto a limiti
temporali, ma correlato all'oggettivo riscontro dell'abusività
dell'opera.
11. La vidimazione e dichiarazione di esecutorietà pretorili,
soppresse dall'art. 229 D. Lgs. n. 51/1998 in relazione al
provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio
comunale di un manufatto abusivo, non costituivano
presupposti o requisiti di legittimità del medesimo
provvedimento, ma elementi atti a rendere nota ai terzi
l'acquisizione del bene ed a legittimare l'immissione nel
possesso (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 30.11.2007 n.
6532 -
massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rumore. Esercizi commerciali.
L’interesse alla quiete pubblica, strettamente connessa alla
salute individuale e collettiva, prevalga sugli interessi
commerciali dei pubblici esercizi, e sulla gratificazione
dei loro frequentatori: prevalenza che, una volta comunque
accertata la lesione di quel bene, impone alle autorità
preposte di avvalersi di ogni strumento idoneo a tutelarlo,
inclusa senza dubbio la limitazione degli orari (TAR Veneto,
Sez. III,
sentenza 30.11.2007 n. 3807
- link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA
PRIVATA - URBANISTICA:
Pareri legali della P.A. - Diritto di accesso - Non
sussiste.
Non sono suscettibili di accesso i pareri dei legali della
P.A. in quanto relativi alla difesa dell'Ente (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 29.11.2007 n.
6529 -
massima tratta da www.solom.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
1. Aree P.E.E.P. - Art. 35, 7°
comma, L. n. 865/1971 - Concessione del diritto di
superficie - Competenza del Consiglio comunale - Non è
esclusiva ed è delegabile.
2. Permesso di costruire - Art.
20, comma 4°, D.P.R. n. 380/2001 - Facoltà di richiedere
modifiche progettuali - Modifiche di lieve entità - Non
incidono significativamente sulle caratteristiche
strutturali e sulla consistenza economica del fabbricato.
1. La competenza del Consiglio comunale a deliberare sulla
concessione del diritto di superficie su aree P.E.E.P. ex
art. 35, 7° comma, L. n. 865/1971 non è esclusiva ed è
quindi suscettibile di delega.
2. Ai fini dell'art. 20, comma 4°, D.P.R. n.
380/2001, che consente al responsabile del procedimento di
rilascio del permesso di costruire di richiedere modifiche
progettuali, illustrandone le ragioni, ma solamente nel caso
di lievi modifiche rispetto al progetto originario,
rappresentano modifiche di lieve entità quelle che non
incidono, se non marginalmente, sulle caratteristiche
strutturali e sulla consistenza economica del fabbricato
oggetto degli interventi (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 29.11.2007 n.
6528 -
massima tratta da www.solom.it - link a
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ESPROPRIAZIONE:
1. Espropriazione per p.u. -
Decreto di occupazione d'urgenza - Ha natura vincolata -
Necessità di comunicazione agli espropriandi - Non sussiste
- Necessità del giusto procedimento - Nella dichiarazione di
pubblica utilità - Sussiste - Nell'occupazione d'urgenza -
Non sussiste.
2. Espropriazione per p.u. -
Decreto di occupazione d'urgenza - Natura vincolata - Non
basta ad escludere la necessità di comunicazione di avvio
del procedimento - Necessità di verifica dei presupposti
dell'art. 21-octies, l. n. 241/1990 - Sussiste.
3. Espropriazione per p.u. -
Decreto di occupazione d'urgenza - Natura vincolata -
Esclude il vizio di eccesso di potere.
4. Art. 6, L. n. 241/1990 -
Principio di adeguatezza e completezza dell'istruttoria
procedimentale - Obbligo dell'Amministrazione di accertare
d'ufficio la realtà dei fatti e degli atti posti alla sua
attenzione - Sussiste.
1. Per l'adozione del decreto autorizzatorio
dell'occupazione d'urgenza, quale provvedimento di natura
vincolata, meramente attuativo di provvedimenti presupposti,
non si rende necessaria alcuna ulteriore comunicazione di
carattere specifico ai proprietari delle aree da
espropriare. Si è infatti chiarito che il giusto
procedimento, se rispettato nell'ambito della dichiarazione
di pubblica utilità, non ha ragion d'essere nell'occupazione
d'urgenza. Ciò non tanto perché vi osti il presupposto
dell'urgenza, atteso che qualsiasi approvazione del progetto
di un'opera pubblica equivale ope legis a dichiarazione di
urgenza ed indifferibilità, mentre l'urgenza che costituisce
impedimento alla comunicazione dell'avvio del procedimento è
un'urgenza qualificata. Ma piuttosto perché il giusto
procedimento ha ragion d'essere nell'ambito della
dichiarazione di pubblica utilità, che conserva momenti di
scelte discrezionali, e non più nel quadro dell'occupazione
d'urgenza, meramente attuativa dei provvedimenti
presupposti.
2. La natura vincolata del decreto di occupazione d'urgenza
non basta da sé a far ritenere che non fosse dovuta la
comunicazione di avvio del relativo procedimento. In tal
senso depone il testo dell'art. 21-octies, comma 2, parte
seconda, della l. n. 241/1990, a tenore del quale
l'omissione della comunicazione di avvio del procedimento
non comporta l'annullabilità dell'atto finale solamente
laddove, alla luce degli elementi forniti nel processo
dall'amministrazione, emerga dal giudizio che il contenuto
del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da
quello in concreto adottato.
3. Il decreto di occupazione d'urgenza ha natura di atto
vincolato, per il quale non è configurabile l'eccesso di
potere, essendo questo un vizio che, invece, si riferisce
all'esercizio del potere discrezionale.
4. L'art. 6 della L. n. 241/1990 codifica il fondamentale
principio dell'adeguatezza e completezza dell'istruttoria
procedimentale, in base al quale l'Amministrazione è
obbligata ad accertare d'ufficio, per quanto possibile, la
realtà dei fatti e degli atti posti alla sua attenzione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 29.11.2007 n.
6524
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ESPROPRIAZIONE:
1. Realizzazione di
opere e/o lavori pubblici o di pubblico interesse -
Redazione dello stato di consistenza contestuale al verbale
di immissione in possesso ex art. 32 L. n. 265/1999 e succ. mod ed int. - Sussiste- Amministrazioni comunali e
amministrazioni consortili - Applicazione- Sussiste.
2. Assegnazione da
parte del Comune prima della espropriazione - Funzione di
individuare il beneficiario dell'area e non di trasferirgli
la titolarità dell'aera - Ammissibilità.
3. Dichiarazione di
pubblica utilità contestuale all'approvazione del PIP -
Durata decennale del PIP- Occupazione d'urgenza dopo nove
anni dalla approvazione del PIP - Legittimità.
4. Attuazione del PIP
mediante esproprio di aree o cessione del diritto di
proprietà o diritto di superficie - Parte non attuata del
PIP - Area o lotto liberi da edifici - Sussiste.
1. Ai sensi dell'art. 32 della L. n. 265/1999 poi trasfuso
nell'art. 121 dal D.lgs. n. 267/2000 per le opere e i lavori
pubblici o di pubblico interesse, la redazione dello stato
di consistenza può avvenire contestualmente al verbale di
immissione in possesso. Tale norma applicabile alle
amministrazioni comunali ben può essere utilizzata anche nei
riguardi delle amministrazioni consortili nello svolgimento
di funzioni che l'art. 27 della L. n. 865/1971, affida
alternativamente ai comuni o ai loro consorzi.
2. Sebbene l'espropriazione debba necessariamente precedere
la cessione di proprietà o di un diritto di superficie, non
è precluso al comune di procedere, prima
dell'espropriazione, ad una assegnazione che ha l'effetto di
individuare il futuro beneficiario della cessione e non di
trasmettergli la titolarità dell'area.
3. Non costituisce motivo di illegittimità del decreto di
esproprio il fatto che l'occupazione d'urgenza sia stata
disposta dopo nove anni dall'approvazione del PIP, in quanto
tale decreto trova la propria base legale nella
dichiarazione di pubblica utilità derivante
dall'approvazione del PIP che ha efficacia decennale
decorrente dalla data del decreto di approvazione.
4. Essendo il PIP attuato mediante esproprio delle aree e
utilizzazione delle stesse da parte delle imprese
assegnatarie, previa cessione di proprietà o diritto di
superficie, per parte non ancora attuata del PIP, deve
intendersi ogni area o lotto libero da edifici, suscettibili
di sfruttamento edilizio per le finalità proprie del piano (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 27.11.2007 n.
6458 -
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EDILIZIA
PRIVATA:
Denuncia di inizio di attività
- Art. 4, L. n. 493/1993 - Procedura e termini - Non valgono
per le nuove costruzioni.
La procedura ed i termini previsti dal novellato art. 4
della L. n. 493/1993 per la denuncia di inizio attività
(commi 7 e seguenti) valgono per gli interventi
specificamente contemplati dal comma 7, tra i quali non sono
comprese le nuove costruzioni
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 27.11.2007 n.
6457
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URBANISTICA
Omessa classificazione urbanistica di aree dopo la
decadenza di vincoli - Diritto al risarcimento del danno -
Non sussiste se gli interessati non abbiano attivato la
procedura di messa in mora.
In relazione all'omessa classificazione urbanistica di
aree dopo la decadenza di vincoli, il diritto al
risarcimento del danno non può essere collegato al mero
comportamento omissivo del Comune laddove gli interessati
non abbiano sollecitato l'esercizio del potere pianificatorio attraverso la procedura di messa in mora,
facendo accertare l'illegittimità del silenzio (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 27.11.2007 n.
6457
- massima tratta da www.solom.it - link a
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URBANISTICA:
1. Adozione di Piano di
Lottizzazione - Sussistenza di un affidamento del privato -
Sussiste - Introduzione per l'area interessata dal P.L. di
previsioni a contenuto peggiorativo incompatibili con il
P.L. adottato - Necessità di adeguata e specifica
motivazione - Sussiste.
2. Atto amministrativo - Integrazione in corso di giudizio
della motivazione del provvedimento amministrativo -
Inammissibilità - Sussiste.
3. Giustizia amministrativa - Lesione dell'interesse
legittimo - Danno da ritardo nell'adozione di un atto
favorevole alle pretese del ricorrente - Risarcimento del
danno - E' necessario, in via preliminare, che l'interesse
del privato abbia conseguito una piena soddisfazione
mediante l'adozione/approvazione dell'atto richiesto.
1. Nel caso di sussistenza di una situazione di affidamento
del privato, derivante dall'intervenuta adozione di un Piano
di Lottizzazione, siffatto affidamento rende necessario che
il Comune nell'introdurre, per l'area interessata dal P.L.
prescrizioni di contenuto peggiorativo delle posizioni del
ricorrente incompatibili con il P.L. adottato, evidenzi,
attraverso la motivazione, le concrete ragioni urbanistiche
a supporto di tale opzione peggiorativa, atteso l'obbligo
della P.A. di valutare gli interessi contrapposti e di
fornire una puntuale motivazione, che renda conto in maniera
espressa della considerazione della posizioni soggettive
sacrificate dalle modifiche urbanistiche introdotte e della
valutazione comparativa degli interessi coinvolti.
2. E' inammissibile l'integrazione postuma in giudizio della
motivazione dei provvedimenti amministrativi.
3. Ai fini della risarcibilità della lesione dell'interesse
legittimo nel caso di risarcimento del danno da ritardo
nell'adozione di un atto favorevole alle pretese del
ricorrente, come nel caso di una mancata approvazione di un
P.L., è necessario, in via preliminare, che l'interesse del
privato abbia ottenuto piena soddisfazione, circostanza
questa che sarà possibile solo con la definitiva
approvazione del P.L. stesso (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 16.11.2007 n.
6365 -
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EDILIZIA
PRIVATA:
1. Condono edilizio ex L. n. 47/1985 - Parere negativo
ex art. 32, L. n. 47/1985 reso dall'autorità preposta alla
tutela del vincolo fondato su una motivazione ampiamente
discrezionale in rapporto alla zona sottoposta a tutela
paesaggistica - Legittimità - Sussiste.
2. Condono edilizio ex L. n. 47/1985 - Determinazioni
negative assunte dall'autorità preposta alla tutela del
vincolo assunte in applicazione dell'art. 32, L. n. 47/1985
- Adeguata motivazione in rapporto al bene paesaggistico da
tutelare - Sussiste.
3. Condono edilizio ex L. n. 47/1985 - Pareri ex art. 32, L.
n. 47/1985 sono assimilabili alle autorizzazioni
paesaggistiche - Competenza all'emanazione di tali pareri
delegata alle Regioni in forza dell'art. 82, nono comma del
D.P.R. n. 616/1977.
4. Condono edilizio ex L. n. 47/1985 - In Regione Lombardia
le funzioni relative alla emissione del parere ex art. 32,
L. n. 47/1985 sono subdelegate ai Comuni ai sensi dell'art.
8 della L.R. n. 57/1985 anche dopo l'abrogazione di tale
legge ad opera della L.R. n. 18/1997, in forza del disposto
contenuto nell'art. 4, comma 2, di quest'ultima legge.
5. Condono edilizio ex L. n. 47/1985 - Realizzazione
dell'abuso in un'epoca anteriore all'istituzione del vincolo
- Rilevanza ai fini dell'emissione o meno del parere ex art.
32, L.n. 47/1985 - Non sussiste.
6. Rimozione dell'opera abusiva - Decorso del tempo -
Necessità di specifica motivazione in ordine alla
sussistenza dell'interesse pubblico prevalente per la
demolizione dell'opera - Non sussiste.
1. E' legittimo il parere negativo reso, ex art. 32 L. n.
47/1985, dall'autorità preposta alla tutela del vincolo
sulla domanda di condono per un abuso edilizio, la cui
motivazione permetta di individuare gli elementi specifici
dell'opera abusiva giudicati incompatibili, in base ad una
valutazione ampiamente discrezionale, con la zona sottoposta
a tutela paesaggistica. Tali elementi possono essere
specificamente individuati dalla P.A. nei materiali
utilizzati e nella tipologia costruttiva delle opere
abusive.
2. Le determinazioni negative assunte dalla autorità
preposte al vincolo ambientale, in sede di applicazione
dell'art. 32, L. n. 47/1985, debbono essere adeguatamente
motivate sotto il profilo della effettiva incidenza
dell'opera sui valori paesaggistici.
3. I pareri di cui all'art. 32 della L. n. 47/1985 sono
assimilabili alle autorizzazioni paesaggistiche intese quali
strumenti di gestione del vincolo. Le funzioni relative
all'emissione di tali pareri rientrano nella delega
conferita alle Regioni dall'art. 82, nono comma del D.P.R.
n. 616/1977.
4. In Regione Lombardia, ai sensi dell'art. 8 della L.R. n.
57/1985, nel testo introdotto dall'art. 1 della L.R. n.
31/1995, le funzioni relative all'emissione dei pareri ex
art. 32 della L. n. 47/1985 sono subdelegate ai Comuni: tali
pareri sono espressi dal Sindaco, previo parere conforme
della Commissione edilizia integrata, anche dopo
l'abrogazione della L.R. n. 57/1985 ad opera della L.R. n.
18/1997, in forza del disposto dell'art. 4, comma 2 di
quest'ultima legge.
5. Non può essere attribuita alcuna rilevanza al
collocamento temporale dell'abuso in un epoca che sarebbe
ben anteriore alla stessa istituzione del vincolo, poiché il
parere prescritto dall'art. 32 della L. n. 47/1985 deve
essere reso ed acquisito con riguardo ai vincoli esistenti
al momento della valutazione dell'istanza di sanatoria, pure
se imposti successivamente alla realizzazione
dell'intervento abusivo.
6. Il mero decorso del tempo non è, di per sé, sufficiente
ad imporre la necessità di una specifica motivazione in
ordine all'esistenza di un interesse pubblico prevalente
alla rimozione dell'opera abusiva, rinvenibile invece nel
ripristino dell'assetto del territorio preesistente
all'abuso, tipizzato come prevalente dalla legge stessa che,
a tutela di ciò, prevede la sanzione demolitoria
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 15.11.2007 n.
6363
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EDILIZIA
PRIVATA:
1. Denunzia di inizio attività -
Ha natura di mero atto del privato e di strumento di
liberalizzazione delle attività edilizie.
2. Denunzia di inizio attività - Art. 23, commi 1° e 6°, D.P.R. n. 380/2001 - Obbligo per la
P.A. di esercizio del potere di abilitazione o di
autorizzazione all'esercizio dell'attività - Non sussiste -
Potere di inibizione dell'esercizio di un'attività
illegittima od irregolare - Sussiste - Configurabilità del
silenzio-assenso della P.A. - Non sussiste.
3. Denunzia di inizio attività -
Parificazione al permesso di costruire - Non è ammissibile -
Tutela del terzo giurisdizionale del terzo - È garantita
attraverso formale istanza di intervento rivolta alla P.A. e
successiva azione ex art. 21-bis, L. n. 1034/1971,
attraverso il silenzio-rifiuto formatosi sull'istanza,
oppure con ricorso ordinario avverso il diniego esplicito di
intervento.
4. Denunzia di inizio attività - Art. 38, comma 2-bis, D.P.R. n. 380/2001 - Si riferisce alle
sole ipotesi di cui all'art. 22, comma 3°, D.P.R. n.
380/2001 - Individuabilità di principi generali estensibili
a tutte le ipotesi sottoposte a d.i.a. - Non sussiste.
5. Denunzia di inizio attività -
Affidamento sulla legittimità dell'opera edilizia - Non
insorge per il fatto del mero decorso del tempo - D.i.a. in
materia edilizia - Art. 23, commi 1° e 6°, D.P.R. n.
380/2001 - Inutile decorso del termine di trenta giorni
dalla presentazione della dichiarazione - Consolidamento in
capo al dichiarante di un affidamento sulla formazione del
titolo - Sussiste.
6. Denunzia di inizio attività -
Opposizione del terzo alle opere eseguite in base alla d.i.a. - È possibile solo entro un termine ragionevole.
1. La d.i.a. continua ad avere natura di mero atto del
privato e di strumento di liberalizzazione delle attività
anche dopo le modifiche apportate dall'art. 19, L. n.
241/1990 con l'art. 3 della D.L. n. 35/2005, convertito con
L. n. 80/2005 e, per la d.i.a. in materia edilizia,
dall'art. 38, D.P.R. n. 380/2001.
2. L'Amministrazione che ha ricevuto la d.i.a. non è
chiamata ad esercitare, entro il termine decadenziale
previsto in materia edilizia dall'art. 23, commi 1° e 6°,
D.P.R. n. 380/2001, un potere di abilitazione o di
autorizzazione all'esercizio dell'attività, ma il distinto
potere di inibizione dell'esercizio di un'attività che
dovesse risultare illegittima od irregolare. Non si può
quindi configurare alcuna ipotesi di silenzio-assenso,
giacché questo dovrebbe ipotizzarsi quale rimedio al mancato
esercizio, da parte della P.A., di un potere autorizzativo:
potere autorizzativo che la P.A. non possiede affatto, non
essendo ipotizzabile, nello schema procedimentale della
d.i.a. tuttora vigente -sia in linea generale, nella L. n.
241/1990 riformata, sia nella materia edilizia, ex art. 22 e
ss., D.P.R. n. 380/2001- un provvedimento di autorizzazione
esplicita dell'intervento.
3. Non pare ammissibile la parificazione della d.i.a. al
permesso di costruire, muovendo dalla necessità di
scongiurare le ritenute lesioni che si determinerebbero
qualora si insista nel qualificare la d.i.a. come mero atto
del privato, non direttamente impugnabile in sede
giurisdizionale. La tutela del terzo che si oppone
all'intervento attuato tramite la d.i.a. è infatti
pienamente garantita, potendosi realizzare rivolgendo
all'Amministrazione formale istanza per l'esercizio della
potestà repressiva attribuitale dalla legge ed agendo poi,
ai sensi dell'art. 21-bis, L. n. 1034/1971, attraverso il
c.d. silenzio-rifiuto formatosi sull'istanza (ovvero,
impugnando con il ricorso ordinario il diniego esplicito di
intervento da parte della P.A.).
4. Riferendosi alle sole ipotesi di cui all'art. 22, comma
3°, D.P.R. n. 380/2001, ossia alle sole fattispecie in cui
la d.i.a. è alternativa al permesso di costruire, la norma
dell'art. 38, comma 2-bis, D.P.R. n. 380/2001, non consente
di individuare alcun principio generale estensibile a tutte
le ipotesi sottoposte a d.i.a., onde non può essere usata
per sostenere che la dichiarazione costituisca provvedimento
impugnabile ed annullabile.
5. Il fatto del mero decorso del tempo non è sufficiente a
far sorgere un affidamento sulla legittimità dell'opera
edilizia, o comunque sul consolidamento dell'interesse del
privato alla sua conservazione. Nel caso della d.i.a. in
materia edilizia, d'altra parte, il decorso del termine di
trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione ex
art. 23, commi 1° e 6°, D.P.R. n. 380/2001 senza che la P.A.
eserciti il proprio potere inibitorio dell'intervento,
considerato il carattere perentorio comunemente riconosciuto
a detto termine, comporta quantomeno il consolidamento in
capo al dichiarante di un affidamento circa l'avvenuta
formazione del titolo.
6. Il terzo che intenda opporsi alle opere eseguite in base
alla d.i.a. può chiedere l'intervento dell'Amministrazione,
ma solo entro un termine ragionevole, oltre il quale non gli
si può più riconoscere la titolarità di una situazione
differenziata e qualificata, che obblighi la P.A. a
rispondere alla sua richiesta a pena, nel caso di inerzia,
di attivazione del rito di cui all'art. 21-bis, L. n.
1034/1971. Né ad una tale conclusione osta il dato
normativo, in base al quale il potere repressivo
sanzionatorio degli abusi edilizi è esercitabile
dall'Amministrazione ex officio senza limiti di tempo,
atteso che per esso non risulta previsto alcun termine di
decadenza o di prescrizione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 15.11.2007 n.
6361 -
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EDILIZIA
PRIVATA:
Fascia di rispetto stradale
delle strade di tipo C coincidente in mt. 20 dal ciglio
stradale - Vincolo di inedificabilità - Sussiste - diffida
comunale a non costruire sulla fascia di rispetto -
Legittimità.
E' legittima la diffida comunale a non eseguire l'opera
edilizia nella fascia di rispetto stradale che per le strade
di tipo C coincide in mt. 20 dal ciglio stradale e sul quale
insiste il vincolo di inedificabilità (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 14.11.2007 n.
6358 -
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EDILIZIA
PRIVATA:
1. Permesso di costruire ex art.
15, comma 4 del D.P.R. n. 380/2001 rilasciato in deroga agli
strumenti urbanistici sulla base di una normativa che lo
legittimava - Sopravvenuta normativa che non ammette deroghe
prima dell'inizio lavori - Decadenza.
2. Sopravvenienza di legge
regionale che sancisce la deroga agli strumenti urbanistici
nel recupero dei sottotetti a fini abitativi - Carenza di
interesse del ricorrente all'impugnazione di un titolo abilitativo di recupero sottotetto in deroga agli strumenti
urbanistici rilasciato in vigenza di normativa che non
prevede tale deroga - Non sussiste - Verifica della
rispondenza ai requisiti di legge, anche sopravvenuti, del
titolo abilitativi da parte della PA - Necessità.
3. Posa di un ponteggio su
terrazzo e/o apertura praticata sul tetto - Inizio lavori -
Non sussiste.
1. Ai sensi dell'art. 15, comma 4 del D.P.R. 380/2001 il
permesso di costruire rilasciato in deroga a previsioni
urbanistiche, sulla base di una normativa che lo
legittimava, decade qualora, prima che siano iniziati i
lavori, sopravvenga una nuova normativa che non ammette le
deroghe consentite in precedenza.
2. La sopravvenienza di una ulteriore legge regionale (L.R.
n. 20/2005) che modifica il regime giuridico del recupero
dei sottotetti, ripristinando la possibilità di deroga ai
limiti ed alle prescrizioni degli strumenti di
pianificazione comunale, non determina la sopravvenuta
carenza di interesse di chi abbia impugnato il permesso di
costruire rilasciato a terzi per il recupero di sottotetti a
fini abitativi in deroga agli strumenti urbanistici in
vigenza della L.R. n. 12/2005 che, prima delle modifiche
apportate alla stessa dalla L.R. n. 20/2005, non prevedeva
espressamente tale deroga, e ciò in quanto è in ogni caso il
titolare della potestà amministrativa che deve verificare
che il permesso di costruire, rispetti tutti i requisiti di
cui alla L.R. n. 12/2005, come modificata dalla L.R. n.
20/2005.
3. La posa di un ponteggio su un terrazzo o l'apertura
praticata sul tetto non possono considerarsi fatti da cui
desumere l'inizio lavori (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.11.2007 n.
6207 -
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EDILIZIA
PRIVATA:
1. Atto di diniego impugnato
sorretto da più motivazioni - Caducazione di una motivazione
- Altre motivazioni idonee a sorreggere l'atto impugnato -
Legittimità dell'atto- Sussiste.
2. Piano piloty che presenti
taluni locali chiusi direttamente annessi al piano
superiore- Computabilità nella volumetria edificabile -
Sussiste - Piano piloty privo di chiusure - Assimilazione a
volume tecnico - Sussiste- Commutabilità nella volumetria
edificabile -Non sussiste.
1. Laddove il diniego impugnato risulti basato su una
pluralità di motivazioni autonome, il venir meno di una di
esse non determina la illegittimità dell'atto, se un'altra
giustificazione sia in via autonoma idonea a sorreggerla.
2. Non è escluso dal computo della volumetria edificabile e
quindi è computabile come piano autonomo, il piano piloty
che presenti taluni locali chiusi, direttamente annessi al
piano superiore dell'abitazione, non dovendosi computare
nella volumetria edificabile, in quanto assimilabile ad un
volume tecnico soltanto il piano piloty che sia privo di
chiusure o di pareti perimetrali e che risulti completamente
aperto (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.11.2007 n.
6204 -
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EDILIZIA
PRIVATA:
1. Potere sanzionatorio e
repressivo- Attività vincolata-Sussiste - Ordinanza di
demolizione comminata a distanza di lungo tempo dalla
commissione dell'abuso - Legittimità- Motivazione
dell'ordinanza circa l'interesse pubblico prevalente
sull'affidamento del privato- Non necessità.
2. Potere sanzionatorio e
repressivo- Decadenza e/o prescrizione- Non sussistono.
3. Ordinanza di demolizione
comminata a distanza di tempo - Affidamento del privato
nella liceità della condotta sanzionata come illecito
amministrativo e affidamento circa la legittimità dell'opera
edilizia colpita dall'ordine di demolizione- Non sussistono.
1. Stante la natura vincolata del potere sanzionatorio-repressivo degli abusi edilizi e il dato
giuridico per cui la sanzione demolitoria è volta, non tanto
a punire il responsabile dell'abuso, quanto a ripristinare
la situazione antecedente alla violazione, è legittima
l'ordinanza di demolizione comminata a distanza di lungo
tempo rispetto alla commissione dell'abuso edilizio, non
necessitando la medesima di essere sorretta da una specifica
motivazione in ordine all'esistenza di un interesse pubblico
prevalente rispetto all'affidamento del privato sulla
legittimità dell'opera o sul consolidamento del proprio
interesse alla sua conservazione.
2. Il potere di irrogare delle sanzioni in materia edilizia
ed urbanistica può essere esercitato in ogni tempo , posto
che la legge non lo sottopone a termini di prescrizione, né
di decadenza, e che riguarda una situazione di fatto contra
ius.
3. Ad escludere la sanzione demolitoria non si può
invocare la mera inerzia dei pubblici poteri protratta nel
tempo, unitamente alla mancata motivazione, in sede di
intervento tardivo, circa l'esistenza di prevalenti
interessi pubblici: invero, se la mera inerzia
dell'Amministrazione protratta nel tempo, non basta a
provare l'affidamento del privato nella liceità della
condotta sanzionata come illecito amministrativo, a maggior
ragione non basta a dimostrare nemmeno l'affidamento circa
la legittimità dell'opera edilizia colpita dall'ordine di
demolizione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.11.2007 n.
6200 -
massima tratta da www.solom.it - link a
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URBANISTICA:
Area edificabile frazionata in più parti e alienate a
vari proprietari - La volumetria disponibile per
l'edificazione resta invariata, quella che residua tenuto
conto dell'originaria costruzione è di pertinenza dei
singoli proprietari in proporzione alla quota di acquisto.
Se un'area edificabile viene frazionata in più parti,
alienate a vari proprietari, la volumetria disponibile
nell'intera area rimane invariata e quella che residua,
tenuto conto dell'originaria costruzione, resta di
pertinenza dei diversi proprietari in proporzione della
rispettiva quota di acquisto, salvo eventuali cessioni di
cubatura (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
08.11.2007 n. 6198 - massima tratta da www.solom.it). |
URBANISTICA:
1. Delibera di adozione PRG -
Autonoma lesività - Impugnazione- Ammissibilità - Delibera
di approvazione PRG - Impugnazione autonoma rispetto
all'impugnazione della delibera di adozione PRG -
Ammissibilità - Impugnazione delibera di adozione PRG non
seguita da impugnazione di delibera di approvazione PRG -
Carenza di interesse all'impugnazione della delibera di
adozione PRG - Non sussiste.
2. Reiterazione dei
vincoli a contenuto espropriativo - Valutazione circa
l'adeguatezza della motivazione - Parametri - Opportunità.
1. La delibera di adozione di PRG e quella di approvazione
si pongono su un piano di distinta autonomia, per cui mentre
l'atto di adozione può essere oggetto di immediata
impugnabilità, se immediatamente lesivo, nello stesso modo
ed alle stesse condizioni del piano approvato, l'atto di
approvazione del piano può essere impugnato distintamente e
autonomamente, senza che la mancata impugnazione del primo
comporti preclusione o decadenze del diritto di proporre
ricorso contro il piano approvato e senza che la mancata
impugnazione di quest'ultimo comporti automaticamente il
venir meno dell'interesse al ricorso già eventualmente
presentato contro il piano adottato.
2. In caso di reiterazione di vincoli espropriativi
l'adeguatezza della motivazione va valutata tenendo conto:
a) se la reiterazione riguardi o meno una pluralità di aree,
nell'ambito della adozione di una variante generale o
comunque sia riguardante una consistente parte del
territorio comunale;
b) se la reiterazione riguardi soltanto
una parte delle aree già incise dai vincoli decaduti, mentre
per la restante parte non è disposta la reiterazione, perché
ulteriori terreni sono individuati per il rispetto degli
standard;
c) se la reiterazione sia stata disposta per la
prima volta sull'area in questione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.11.2007 n.
6197 -
massima tratta da www.solom.it - link a
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ESPROPRIAZIONE:
Provvedimento di reiterazione di un esproprio -
Necessità della comunicazione di avvio del procedimento ex
art. 11, D.P.R. n. 327/2001 - Sussiste - Obbligo di adeguata
motivazione - Sussiste.
Il provvedimento di reiterazione di un esproprio necessita
di una specifica procedura e non può pertanto essere
rinnovato con una mera deliberazione di Consiglio comunale,
essendo invece necessaria la comunicazione di avvio del
procedimento ai sensi dell'art. 11, D.P.R. n. 327/2001,
oltre ad un'adeguata motivazione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.11.2007 n.
6195 -
massima tratta da www.solom.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
S. Lazzini, L’attività estrattiva di sabbia comporta
una trasformazione urbanistica e come tale per il suo
esercizio è necessario il rilascio da parte del Comune di
una concessione edilizia?
L'art. 1 l. 28.01.1977 n. 10, laddove richiede il rilascio
della concessione per qualsiasi trasformazione edilizia o
urbanistica del territorio comunale, non si riferisce anche
alle attività estrattive o di sfruttamento di cave , per cui
tali attività non sono soggette ad autorizzazione o
concessione da parte del Comune: essa è invece necessaria
per le strutture edilizie (manufatti, impianti ecc.) che
siano funzionali all’attività di cava.: il fatto che non
occorra anche il titolo autorizzatorio comunale sotto il
profilo urbanistico ed edilizio non significa che l’attività
estrattiva possa essere svolta anche in contrasto con la
disciplina urbanistica, ma semplicemente che la valutazione
di tale conformità non spetti al comune tramite il rilascio
del titolo edilizio, ma debba entrare a far parte del
procedimento regionale di autorizzazione all’esercizio di
cava, nell’ambito del quale, anche tramite l’intervento in
funzione consultiva del comune interessato, deve valutarsi
la compatibilità urbanistica dell’interevento (TAR
Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 07.11.2007 n. 10696
- link a www.diritto.it). |
URBANISTICA:
1. Delibera di adozione PRG -
Autonoma lesività - Impugnazione- Ammissibilità - Delibera
di approvazione PRG - Impugnazione autonoma rispetto
all'impugnazione della delibera di adozione PRG -
Ammissibilità - Impugnazione delibera di adozione PRG non
seguita da impugnazione di delibera di approvazione PRG -
Carenza di interesse all'impugnazione della delibera di
adozione PRG - Non sussiste.
2. Edilizia ed Urbanistica - Esistenza di numerosi edifici
limitrofi - Nozione di abitato - Sussiste - Applicazione
dell'art. 338, comma 4 del R.D. n. 1265/1934 e dell'art. 57,
comma 4 del D.P.R. n. 285/1990 - Sussiste.
1. La delibera di adozione di PRG e quella di approvazione
si pongono su un piano di distinta autonomia, per cui mentre
l'atto di adozione può essere oggetto di immediata
impugnabilità, se immediatamente lesivo, nello stesso modo
ed alle stesse condizioni del piano approvato, l'atto di
approvazione del piano può essere impugnato distintamente e
autonomamente, senza che la mancata impugnazione del primo
comporti preclusione o decadenze del diritto di proporre
ricorso contro il piano approvato e senza che la mancata
impugnazione di quest'ultimo comporti automaticamente il
venir meno dell'interesse al ricorso già eventualmente
presentato contro il piano adottato.
2. La comprovata esistenza di numerosi edifici limitrofi i
quali costituiscono di per sé un "abitato" determina
l'applicazione dell'art. 338, comma 4 del R.D. n. 1265/1934
che prevede, come ipotesi inderogabile, che l'ampiezza della
zona di rispetto cimiteriale non possa essere inferiore a 50 mt.
dai centri abitati con popolazione inferiore ai 20.000
abitanti e dell'art. 57, 4 comma del DPR n. 285/1990
(Regolamento di polizia mortuaria) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.11.2007 n.
6192 -
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ATTI
AMMINISTRATIVI:
Giustizia amministrativa - Giudizio sul silenzio-rifiuto -
Attività vincolata della P.A. che non postuli accertamenti
valutativi complessi - Possibilità per il Giudice
Amministrativo di valutare la fondatezza della pretesa -
Sussiste - Possibilità per il Giudice Amministrativo di
valutare la fondatezza della pretesa - Attività vincolata e
attività discrezionale della P.A. che postulano accertamenti
valutativi complessi - Non sussiste - Attività valutativa
del Giudice amministrativo nel corso del giudizio sul
silenzio-rifiuto -Frustrazione della funzione del giudizio
sul silenzio-rifiuto che è quella di regolamentare in tempi
brevi il rapporto - Sussiste.
Nell'ambito del giudizio sul silenzio-rifiuto della P.A., la
possibilità di valutare la fondatezza dell'istanza da parte
del giudice amministrativo prevista dall'art. 2, comma 5
della L. n. 241/1990 è limitata ai casi in cui venga in
rilevo una attività interamente vincolata
dell'amministrazione che non postuli accertamenti valutativi
complessi. Riconoscere al giudice amministrativo la
possibilità di adottare una pronuncia sulla fondatezza
dell'istanza nei casi di attività discrezionale o di
attività vincolata implicante attività valutative complesse
implicherebbe una sostituzione del giudice alla
amministrazione che sarebbe incompatibile con la natura
semplificata del giudizio sul silenzio. Inoltre il
compimento da parte del giudice amministrativo in luogo
della amministrazione dell'attività valutativa occorrente a
verificare se l'interessato abbia o meno titolo a quanto
richiede comporterebbe la necessità di articolati
adempimenti istruttori che allungherebbero e
complicherebbero il processo, frustrando la funzione
fondamentale e lo scopo del giudizio sul silenzio che è
quello di assicurare in tempi brevi la regolazione espressa
del rapporto che se sfavorevole, sarebbe impugnabile
dall'interessato in sede di legittimità (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.11.2007 n.
6191 -
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APPALTI:
1. Appalti - Art. 38, comma 1, lett. c), del d. lgs.
163/2006 - ratio.
2. Appalti - Art. 38, comma 1, lett. c), del d. lgs.
163/2006 - espressione "Stato"- significato.
3. Appalti- commissione reato- esclusione di un'impresa
dalla gara- valutazione discrezionale della stazione
appaltante.
1. Con l'espressione "reati gravi in danno dello
Stato o della Comunità che incidono sulla moralità
professionale" di cui all'art. 38, comma 1, lett. c), del d.
lgs. 163/2006, il legislatore ha inteso allargare l'area dei
reati che possono essere presi in esame ai fini
dell'esclusione dalle gare per pubblici appalti, consentendo
alle stazioni appaltanti di valutare non solo quelli
compiuti nello Stato italiano, ma anche quelli commessi sul
territorio di tutta la Comunità Europea.
2. L'espressione "Stato" contenuta nell'inciso
normativo deve essere interpretata come "stato-comunità" o
meglio come Stato membro della Comunità Europea poiché le
stazioni appaltanti, per valutare la moralità professionale
dell'operatore economico interessato all'aggiudicazione
dell'appalto, devono prendere in considerazione i reati
compiuti all'interno di tutti gli Stati membri. Tale
interpretazione appare conforme alla logica di allargamento
dei mercati in vista dell'unificazione delle economie
europee poiché in tale contesto il corretto funzionamento
del settore degli appalti pubblici necessita che la moralità
professionale degli operatori economici venga valutata
tenendo conto dei reati compiuti in qualsiasi Stato membro
dell'Unione.
3. Ai fini dell'esclusione di un'impresa dalla gara
per un pubblico appalto, non è sufficiente il mero richiamo
al reato compiuto, ma occorre una valutazione discrezionale
della stazione appaltante in merito alla sua qualità ed alla
reale incidenza sull'esecuzione del contratto da aggiudicare
(TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza
24.10.2007 n. 6162
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si veda anche
il commento
su www.diritto.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Trasformazione d'uso dell'immobile - Ordinanza di
demolizione opere - Legittimità.
E' accolto il ricorso proposto per l'annullamento della
deliberazione della Giunta comunale che ha dichiarato
inattuabile la proposta di project financing attinente alla
realizzazione di un parcheggio pluripiano: la delibera
impugnata pone nel nulla un precedente provvedimento che
aveva già ritenuto l'opera di pubblico interesse e ne aveva
valutata la fattibilità. Altresì, la ricorrente ha
illustrato a sufficienza le ragioni che, se dedotte nel
corso di un procedimento al quale fosse stata invitata a
partecipare, avrebbero potuto indurre il Comune ad una
diversa determinazione, non potendosi ritenere
manifestamente prive di fondamento le censure dedotte con i
residui motivi (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 22.10.2007 n.
6157 -
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EDILIZIA
PRIVATA:
Nulla osta - DIA - Difformità - Sussiste.
E' annullato il provvedimento comunale che ha
illegittimamente ordinato al ricorrente l'esecuzione di
idonea pavimentazione dell'area di proprietà per consentire
il passaggio dei pedoni, a somiglianza degli analoghi
passaggi pedonali limitrofi: il provvedimento non contesta
l'esecuzione di opere difformi dalla DIA (irrogando la
sanzione corrispondente) ma la difformità della DIA dal
nulla-osta provinciale nella ritenuta convinzione -smentita dalla Provincia- che ciò corrisponda a quanto
prescritto dal nulla-osta. L'asserita difformità della d.i.a
dal nulla-osta avrebbe potuto semmai formare oggetto di
provvedimento di autotutela incidente sul titolo edilizio
formatosi sulla denuncia di inizio attività (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 22.10.2007 n.
6156 -
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APPALTI SERVIZI:
1. Appalto di servizi e concessione di pubblici
servizi. Criterio di differenziazione. Conseguenze in tema
di corrispettivi e di rischi di gestione del servizio.
2.
Servizio pubblico - Servizio di igiene urbana e
ambientale - Appalto di servizi - Sussiste - Concessione di
pubblico servizio - Non sussiste.
1. La giurisprudenza amministrativa afferma che la
differenza fra appalto e concessione di pubblici servizi
consiste nel fatto che mentre nel primo si prevede un
corrispettivo pagato direttamente dall'amministrazione
aggiudicatrice al prestatore di servizi, nella concessione
la remunerazione del prestatore di servizi proviene non già
dall'autorità pubblica interessata, bensì dagli importi
versati dai terzi per l'utilizzo del servizio. Ulteriore
conseguenza risiede nel fatto che il
prestatore-concessionario assume quindi direttamente il
rischio della gestione dei servizi in questione. (cfr. da
ultimo: TAR Lombardia-Milano - sez. I, 09.01.2007 n. 266)
(Nella sentenza, il Collegio - muovendo dal principio per
cui l'affidamento di una concessione di pubblici servizi
comporta l'attribuzione ed il trasferimento di pubbliche
funzioni, e constatato che nell'ipotesi portata al suo esame
l'affidamento del servizio di igiene urbana era remunerata
direttamente e totalmente dall'Ente pubblico - ha ritenuto
che oggetto della gara fosse un appalto di servizi e non una
concessione di pubblico servizio)
2.
In linea con la recente giurisprudenza di questo tribunale
sulla differenza tra appalto e concessione di pubblici
servizi (la remunerazione nel primo caso consiste nel
corrispettivo pagato direttamente dall'amministrazione
mentre nel secondo caso si tratta degli importi versati dai
terzi per l'utilizzo del servizio ed è dunque a carico del
prestatore il rischio della gestione del servizio), nel caso
specifico c'è un appalto di servizi e non una concessione di
pubblico servizio: l'attività dell'affidatario è remunerata
direttamente e totalmente dall'Ente pubblico (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 19.10.2007 n.
6137 -
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URBANISTICA:
Variante generale al PRG -
Violazione legge regionale - Sussiste.
La procedura di consultazione di cui all'art. 3, comma 14,
lett. a), della l.r. n. 1/2000 è servita al Comune non tanto
per ricevere suggerimenti dai privati in ordine ai possibili
indirizzi da seguire per la determinazione delle scelte di
fondo della pianificazione urbanistica, come pretende la
relazione stessa e come parrebbe doveroso in base alla
lettura della disposizione de qua, quanto invece per
valutare la congruenza dei suggerimenti e delle osservazioni
dei cittadini rispetto a scelte comunque nelle grandi linee
già compiute (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 19.10.2007 n.
6129 -
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EDILIZIA
PRIVATA:
Concessione edilizia - Distanze dei fabbricati.
Per giurisprudenza costante le norme sulle distanze dei
fabbricati contenute nel D.M. n. 1444/1968, a differenza di
quelle sulle distanze dai confini, derogabili mediante una
convenzione tra privati, hanno carattere pubblicistico ed
inderogabile, in quanto dirette, più che alla tutela di
interessi privati, a quella di interessi generali in materia
urbanistica (TAR Liguria, Sez. I, n. 1711/2006 cit.) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 19.10.2007 n.
6128 -
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ATTI
AMMINISTRATIVI:
1. Annullamento di un atto amministrativo - Effetto
caducante - Atti che nel provvedimento annullato rinvengono
il loro antecedente necessario.
2. Mancata indicazione del termine entro cui impugnare
l'atto - Irregolarità.
1. Per costante giurisprudenza, l'annullamento
giurisdizionale di un atto amministrativo ha effetto
caducante per tutti gli atti che nel provvedimento annullato
rinvengono il loro antecedente necessario (C.d.S., Sez. V,
28.10.2005, n. 6004).
2. L'illegittimità per mancata indicazione del termine entro
cui impugnare l'atto è una mera irregolarità non idonea a
determinare l'illegittimità del provvedimento amministrativo
- che può al più giustificare il riconoscimento in sede
processuale dell'errore scusabile (cfr., ex plurimis, T.A.R.
Sardegna, Sez. I, 20.04.2007, n. 709) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 10.10.2007 n. 5837 -
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APPALTI:
Irregolarità formali della documentazione presentata -
Esclusione di una impresa.
In conformità all'orientamento già espresso anche da questa
Sezione (II) (Cfr., ex multis, 23.10.2006, n. 2067), il
Collegio ritiene illegittima l'esclusione di una impresa per
irregolarità formali della documentazione presentata, ove
tali irregolarità non costituiscano, per chiara ed espressa
previsione del bando di gara, causa di esclusione e non
abbiano formato oggetto di una valutazione che escluda la
possibilità della loro regolarizzazione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 10.10.2007 n. 5836 -
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URBANISTICA:
1. Contraddittorietà tra provvedimenti - Contrasto tra
atti di uno stesso procedimento - Sussiste.
2. Zona agricola - Variante che attribuisce ad un'area tale
connotato - Valori dell'ambiente e del paesaggio.
3. Motivazione più incisiva, singolare e specifica degli
strumenti urbanistici generali - Fattispecie.
1. Il vizio di contraddittorietà tra provvedimenti
può configurarsi in caso di contrasto tra atti di uno stesso
procedimento, non tra atti di distinti ed autonomi
procedimenti (Cons. Stato 2^, 10.07.1996 n. 962/1994); il vizio
non è ravvisabile, in particolare, rispetto ad atti che
siano stati o caducati dalla stessa Amministrazione,
nell'esercizio dello jus poenitendi, o superati da nuovi
provvedimenti, in esito ad una rinnovata valutazione della
vicenda (cfr. TAR Milano 17.04.2007 n. 1788).
2. Secondo costante giurisprudenza la zona agricola
possiede anche valenza conservativa dei valori
naturalistici, nonché funzione di contenimento
dell'espansione dell'aggregato urbano, sicché una variante
che attribuisca ad un'area tale connotato non richiede una
diffusa analisi argomentativa, avuto riguardo ai valori
dell'ambiente e del paesaggio, che sono fondamentali a mente
della Carta costituzionale (cfr. Cons. Stato IV 31.01.2005 n.
259).
3. Una motivazione più incisiva, singolare e
specifica degli strumenti urbanistici generali si impone
nelle seguenti fattispecie:
a) superamento degli standard minimi di cui al d.m.
02.04.1968;
b) lesione dell'affidamento qualificato del privato
derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di
diritto privato intercorso tra il Comune e i proprietari
delle aree, aspettative nascenti da giudicati di
annullamento di dinieghi di concessione edilizi o di
silenzio-rifiuto su una domanda di concessione;
c) modificazione in zona agricola della destinazione di
un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non
abusivo (cfr. Cons. Stato IV 05.08.2005 n. 4166, 30.06.2005
n. 3524, 22.05.2000 n. 2934) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
10.10.2007 n. 5834 - massima tratta da www.solom.it
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EDILIZIA
PRIVATA:
Distanze tra fabbricati - Demolizione e ricostruzione
fedele - Distanza preesistente, inferiore alla distanza
minima tra fabbricati.
La conservazione della distanza preesistente, inferiore alla
distanza minima tra fabbricati prescritta dal decreto
ministeriale n. 1444/68, può ritenersi ammissibile nei soli
casi di demolizione e ricostruzione fedele (quantomeno nelle
medesime dimensioni esterne), configurandosi in tal caso non
una nuova costruzione, ma un recupero edilizio realizzato
con una serie di interventi assimilabili alla manutenzione
straordinaria; nessuna deroga è ammissibile, viceversa, nel
caso in cui, previa demolizione di un edificio preesistente,
venga ricostruito al suo posto un fabbricato completamente
diverso (cfr. Cons. Stato IV 12.07.02 n. 3929) (TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 01.10.2007 n. 5831 -
massima tratta da www.solom.it - link a
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EDILIZIA
PRIVATA:
Permesso edilizio - Valutazione della richiesta.
La valutazione di una richiesta di permesso
edilizio richiede accertamenti di carattere complesso,
inerenti, tra l'altro, alla conformità del progetto al
programma (P.I.I.) ed alla relativa convenzione, nonché alla
regolarità e completezza del progetto anche sotto il profilo
tecnico (cfr. TAR Lazio 2^ quater, 20.07.2006 n. 6137) (TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
01.10.2007 n. 5829
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EDILIZIA
PRIVATA:
Manufatto abusivo - Proprietario - Responsabilità
penale - Configurabilità - Condizioni - Fattispecie.
In tema di reati edilizi, la responsabilità del proprietario
per la realizzazione di costruzione abusiva può essere
ricostruita sulla base di indizi e presunzioni gravi,
precise e concordanti, desumibili dalla disponibilità
giuridica e di fatto del suolo. (Fattispecie nella quale è
stato ritenuto elemento indiziario sufficiente, in mancanza
di ogni altra contraria risultanza probatoria, l'interesse
del proprietario del suolo alla realizzazione del manufatto
ivi esistente, pure allo stesso appartenente in virtù della
disciplina civilistica dell'accessione) (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 24.09.2007 n. 35376
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EDILIZIA
PRIVATA:
Reati edilizi - Abusi edilizi in area sottoposta a
vincolo paesaggistico - Condono edilizio - Limiti -
Individuazione.
In tema di abusi edilizi commessi in aree sottoposte a
vincolo paesaggistico, la disciplina dettata dall'art. 32
D.L. 30.09.2003, n. 269 (conv. con modd. in L. 24.11.2003,
n. 326) esclude del tutto l'applicazione del condono
edilizio per gli abusi edilizi maggiori (nuove costruzioni o
ristrutturazioni edilizie), mentre, per gli abusi edilizi
minori (interventi di restauro, risanamento conservativo o
manutenzione straordinaria) lo consente a condizione che
questi ultimi siano conformi alle norme urbanistiche ovvero
alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. (Fattispecie
nella quale la Corte ha, peraltro, escluso la condonabilità
in applicazione della L. reg. della Basilicata 12.11.2004,
n. 18, più rigorosa di quella nazionale, in quanto esclude
dalla sfera di applicabilità del condono edilizio anche gli
abusi edilizi minori) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 21.09.2007 n. 35222
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EDILIZIA
PRIVATA:
Beni Ambientali. Nulla osta e parere favorevole
rilasciati dalle autorità preposte alla tutela del vincolo
paesaggistico in relazione a procedura di permesso di
costruire edilizio in sanatoria - Efficacia sanante del
reato paesaggistico e di violazione della normativa sui
parchi - Esclusione.
Il nulla-osta correlato alla procedura di rilascio del
permesso di costruire edilizio in sanatoria di cui all'art.
36 del Testo Unico n. 380 del 2001, già art. 13 della legge
n. 47 del 1985, nonché, sempre nell'ambito di tale
procedura, il parere favorevole dell'autorità preposta alla
tutela del vincolo paesaggistico, non hanno efficacia
sanante del reato di cui all'art. 163 del D.Lgs. 29.10.1999
n. 490 e dei reati connessi alla violazione della normativa
sui parchi (legge n. 394 del 1991), avendo tali
provvedimenti unicamente la veste di atti autorizzativi, con
efficacia "ex nunc", per eseguire le opere descritte nella
domanda di accertamento edilizio di conformità (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 13.09.2007 n. 34746
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