e-mail
info.ptpl@tiscali.it

APPALTI
CONVEGNI
FORUM
G.U.R.I. - G.U.U.E. - B.U.R.L.
LINK

NEWS PUBBLICATE:
1-aggiornam. pregressi
2-Corte dei Conti
- - -
DOSSIER
:
3-
ABUSI EDILZI
4-
AFFIDAMENTO IN HOUSE
5-APPALTI
6-ATTI AMMINISTRATIVI
7-BOX
8-CERIFICAZIONE ENERGETICA
9
-COMPETENZE GESTIONALI
10-CONSIGLIERI COMUNALI
11-CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE
12-DEFINIZIONI INTERVENTI EDILIZI
13-D.I.A.
14-DISTANZE PARETI FINESTRATE
15-D.U.R.C.
16-ESPROPRIAZIONE
17-INCENTIVO PROGETTAZIONE
18-L.R. 12/2005
19-L.R. 23/1997
20-OPERE PRECARIE
21-
PERTINENZE EDILIZIE ED URBANISTICHE
22-PROROGA P.d.C.
23-RIFIUTI E BONIFICHE
24-
RINNOVO/PROROGA CONTRATTI
25-RUDERI
26-
RUMORE
27-SAGOMA EDIFICIO
28-SANATORIA GIURISPRUDENZIALE
29-SCOMPUTO OO.UU.
30-SIC-ZPS - VAS - VIA
31-SOTTOTETTI
32-S.U.A.P.

33-
TELEFONIA MOBILE
34-VINCOLO CIMITERIALE
35-VINCOLO PAESAGGISTICO ED ESAME IMPATTO PAESISTICO
36-VOLUMI TECNICI
- - -
37-
dottrina e contributi
38-funzione pubblica
39-giurisprudenza
40-news
41-normativa
42-quesiti & pareri
43-utilità

NORMATIVA:
dt.finanze.it
entilocali.leggiditalia.it

leggiditaliaprofessionale.it

simone.it

SITI REGIONALI
STAMPA
 
C.A.P.
Codice Avviamento Postale

link 1 - link 2
COSTO DI COSTRUZIONE
(ag
g. indice istat):

link 1 - link 2
DIZIONARI
indici ISTAT:
link 1 - link 2
link 3
MAPPE CITTA':
link 1 - link 2 - link 3
link 4 - link 5
METEO
1 - PAGINE bianche
2 - PAGINE gialle
PREZZI:
osservatorio prezzi e tariffe

prodotti petroliferi
link 1
- link 2
 

 

AGGIORNAMENTI PREGRESSI mese di GENNAIO 2008

Alcuni files sono in formato Acrobat (pdf): se non riesci a leggerli, scarica gratuitamente il programma Acrobat Reader (clicca sull'icona a fianco riportata).  -      segnala un errore nei links

aggiornamento al 31.01.2008

aggiornamento al 28.01.2008

aggiornamento al 25.01.2008

aggiornamento al 24.01.2008

aggiornamento al 23.01.2008

aggiornamento al 21.01.2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AGGIORNAMENTO AL 31.01.2008

ã

UTILITA'

AMBIENTE-ECOLOGIATesto del D.Lgs. n. 152/2006 aggiornato con le modifiche introdotte dal D.Lgs. 16.01.2008 n. 4 (attenzione: testo NON ufficiale, ad uso studio) (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIATavola comparativa testo del D.Lgs. n. 152/2006 (aggiornato con le modifiche apportate dal D.Lgs. 16.01.2008 n. 4) e testo previgente (copia uso studio, testo NON ufficiale) (link a www.lexambiente.it).

G.U.R.I. - G.U.E.E. - B.U.R.L. (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA: G.U. 29.01.2008 n. 24, suppl. ord. n. 24, "Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale" (D.Lgs. 16.01.2008 n. 4 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n. 5 del 29.01.2008, "Schema tipo carta dei servizi dei rifiuti" (deliberazione G.R. 12.012.2007 n. 6144 - link a www.infopoint.it).

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 5 del 28.01.2008, "Formulazione di parere motivato sulla proposta di Piano Territoriale Regionale e relativo rapporto ambientale" (decreto D.G. 27.12.2007 n. 16382 - link a www.infopoint.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 5 del 28.01.2008, "Disciplina per la razionalizzazione e l'ammodernamento della rete distributiva dei carburanti - Applicazione della deroga di cui all'art. 9-bis, c. 2, l.r. n. 24/2004" (deliberazione G.R. 23.01.2008 n. 6493 - link a www.infopoint.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

VARI: S. Rosini, Quale normativa sussiste per l’esposizione di ritratti di immagini altrui? Ed in particolare, se il ritratto raffigura minori? (link a www.altalex.com).

VARI: P. Franzì, Obbligo di comunicare i dati personali del conducente: “molto rumore per nulla” (link a www.altalex.com).

ENTI LOCALIQuali regole per le fatture verso la PA? (link a www.interlex.com).

APPALTI: A. Bonafede, La determinazione del prezzo a base d'asta negli appalti pubblici - Applicazione dei prezziari opere pubbliche vigenti (link a www.filodiritto.com).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTIAttuazione dell’art. 1, commi 65 e 67,della legge 23.12.2005, n. 266 per l’anno 2008 (deliberazione 24.01.2008 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI FORNITURE: Ritenuto in diritto:
Il bando di specie riguarda, come recita il titolo del bando medesimo, la “selezione di laboratori odontotecnici in convenzione per la fornitura di protesi dentarie ed apparecchi ortodontici agli assistiti”. Dunque l’oggetto reale della procedura attivata dalla ASL di Terni, ancorché celato dal meccanismo della qualificazione dei laboratori, è rappresentato dalla fornitura di protesi dentarie e apparecchi ortodontici necessaria al fine di poter erogare, da parte dell’azienda sanitaria, del servizio pubblico odontoiatrico.
Detta procedura si ispira sostanzialmente alla normativa di cui all’art. 45 del D.Lgs. 163/2006, che prevede la creazione di elenchi ufficiali di prestatori di servizi o di fornitori, i quali possono presentare alla stazione appaltante, per ogni appalto, un certificato d'iscrizione indicante le referenze che hanno permesso la loro iscrizione e la relativa classificazione. Nel caso di specie, tuttavia, la selezione dei laboratori dà direttamente luogo alla stipulazione della convenzione e dunque alla titolarità di una posizione contrattuale, che non è prevista da alcuna norma del D.Lgs. 163/2006, il quale sempre contempla, con riferimento a soggetti che possano dirsi già qualificati (i fornitori già inclusi negli appositi elenchi, ovvero i titolari di attestazioni SOA nel caso di appalti di lavori), l’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica per l’individuazione del soggetto al quale attribuire la commessa e dunque la relativa posizione contrattuale. In altre parole, nel sistema delineato dal Codice dei Contratti, come d’altra parte anche dalla normativa previgente, qualificazione non equivale mai tout court a titolarità del rapporto contrattuale, essendo sempre comunque richiesto, a tali fini, l’espletamento di una procedura selettiva successiva a quella di qualificazione.
Potrebbe porsi il dubbio se la citata procedura atipica posta in essere dalla ASL di Terni sia stata mutuata da disposizioni normative previste per fattispecie specifiche, comunque diverse e non applicabili alla fattispecie. Ci si riferisce alla disciplina speciale prevista per le prestazioni di assistenza protesica riabilitativa erogabili nell’ambito del SSN per soggetti affetti da menomazioni e disabilità invalidanti (prestazioni soggette al sistema di partecipazione al costo), dall’art. 26 L. 833/1978, confermato dall’art. 2, comma 2, del D.Lgs. 124/1998, secondo cui le prestazioni sanitarie riabilitative sono erogate dalle ASL attraverso i propri servizi o, se non in grado, mediante convenzioni con istituti. Tale disciplina, tuttavia, come rilevato dal TAR Lazio (sentenza n. 2721/2005), con il D.Lgs. 229/1999 è transitata dal sistema della convenzione/accreditamento a quello della acquisizione attraverso gara pubblica. A fronte di ciò, il sistema dell’accreditamento/convenzione per l’acquisizione del bene “protesi dentarie ed apparecchi ortodontici” non risulta previsto da alcuna disposizione normativa, del resto non invocata, nel caso di specie, dalla ASL di Terni.
Di conseguenza, stante il carattere di normativa generale del Codice dei Contratti (alla cui applicazione sono tenute le Aziende USL, anche a seguito dell’abrogazione, intervenuta con l’art. 256 del D.Lgs. 163/2006, del regime speciale per gli acquisti sotto soglia di cui all’art. 3, comma 1-ter, del D.Lgs. 502/92), in mancanza di una disciplina speciale, derogatoria, e non abrogata dallo stesso Codice, la ASL che voglia acquisire beni e servizi deve comunque attenersi alle disposizioni ivi contenute. Pertanto, come già evidenziato, all’esito della selezione/qualificazione dei laboratori, deve necessariamente seguire una procedura ad evidenza pubblica, volta a selezionare il soggetto che fornirà concretamente i manufatti.
Al contrario, in violazione dell’evidenza pubblica, nella procedura atipica posta in essere dalla ASL di Terni, successivamente alla selezione dei laboratori odontotecnici ed alla stipula della relativa convenzione, è previsto dalle premesse dello schema di convenzione, che la scelta del laboratorio che fornirà concretamente i manufatti dovrà avvenire sulla base della prescrizione del medico specialista odontoiatra. L’individuazione del fornitore è rimessa, pertanto, all’assoluta discrezionalità del medico interno alla ASL che, oltre a non garantire alcuna concorrenzialità, si presta a favorire senza alcun limite - posto che non è neppure stabilito un criterio preferenziale, quale ad esempio il criterio di rotazione – lo stesso fornitore, in violazione della concorrenza, che risulta essere completamente elusa, del principio della par condicio, nonché della trasparenza dell’agire amministrativo.
Sebbene dunque, sia da apprezzare lo sforzo profuso dalla ASL di Terni di assicurare al territorio dei Comuni di Terni, Narni, Amelia e Orvieto una serie di laboratori odontotecnici, presso i quali venga erogata agli utenti del SSN la fornitura di protesi dentarie ed apparecchi ortodontici, tale finalità deve essere conciliata con il rispetto della normativa vigente sull’evidenza pubblica.
In ultimo, sotto altro profilo, si osserva come non possa ammettersi alcuna deroga all’applicabilità del Codice dei Contratti sulla base della circostanza per cui il pagamento delle protesi e dei manufatti ortodontici è a totale carico dell’utente, non rinvenendosi nello stesso Codice, discriminazioni in tal senso e considerato, in ogni caso, che la fornitura è finalizzata all’erogazione del servizio odontoiatrico da parte della ASL.
In base a quanto sopra considerato, nei limiti di cui in motivazione Il Consiglio ritiene che la procedura posta in essere si ponga in violazione dei principi e delle norme sulla concorrenza, del principio della par condicio, nonché della trasparenza dell’agire amministrativo (
parere 16.01.2008 n. 7 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Nella fattispecie in esame, la prima questione sottoposta a questa Autorità, è se la dichiarazione sull’insussistenza delle condizioni ostative alla partecipazione a gare pubbliche di appalto, di cui all’art. 38, lett. da “a” ad “m” del D.Lgs. 163/2006, debba contenere la riproduzione integrale del contenuto delle lettere da “a” ad “m”, come sostenuto da Celi S.p.A., ovvero debba considerarsi sufficiente, ai fini della sua regolarità, il richiamo complessivo alla norma di cui all’art. 38 citato, come previsto, del resto, genericamente nel disciplinare di gara.
Per risolvere tale quesito, si ritiene che debba essere privilegiata un’interpretazione non formalistica del dato positivo, come ha fatto di recente sulla medesima questione anche il giudice amministrativo (Cons. di Stato, sez. IV, 5 settembre 2007, n. 4658), considerando sufficiente, ai fini della regolarità, il richiamo complessivo alla norma di cui all’art. 38 citato.
Peraltro, nel caso in esame il dettato del disciplinare di gara, di cui all’art. 23 in narrativa riportato, non enuncia le singole lettere da “a” ad “m” dell’art. 38 e rinvia allo stesso in maniera generica. A fronte di detta mancata specificazione della lex specialis, è opportuno che la commissione di gara non adotti un parametro formalistico nella valutazione delle domande di partecipazione.
Ne deriva, in risposta al secondo quesito, che la commissione di gara non possa determinare l’esclusione dei partecipanti che hanno presentato una dichiarazione nella quale vi sia un riferimento complessivo, non analitico, alla norma di cui al citato art. 38, anche in coerenza con il principio in tema di contratti ad evidenza pubblica, secondo cui le disposizioni del bando devono essere interpretate in modo da consentire la più ampia partecipazione dei concorrenti.
Pertanto, la commissione di gara potrà richiedere ai partecipanti che hanno omesso di fare riferimento specifico alle singole fattispecie, di integrare la dichiarazione prodotta con un riferimento più analitico all’art. 38.
Stesso parametro di valutazione deve essere adottato nel caso della dichiarazione del direttore tecnico che, non essendo stata prevista nel disciplinare di gara, se non prodotta, non può essere considerata motivo di esclusione di un partecipante al quale deve essere concessa la possibilità di regolarizzare tale lacuna.
In base a quanto sopra considerato, nei limiti di cui in motivazione Il Consiglio ritiene che, in considerazione della genericità della previsione del disciplinare di gara relativamente alla dichiarazione da presentare ai sensi dell’art. 38 D.Lgs. 163/2006, la Commissione di gara possa chiedere ai partecipanti una integrazione documentale (
parere 16.01.2008 n. 6 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Occorre preliminarmente rilevare che l'art. 19 del D.P.R n. 445/2000 disciplina "modalità alternative all’ autenticazione di copie”, rispetto a quelle ordinarie previste dall’art. 18 del medesimo decreto, stabilendo in generale che: "la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà di cui all’ articolo 47 può riguardare anche il fatto che la copia di un atto o di un documento conservato o rilasciato da una pubblica amministrazione, la copia di una pubblicazione ovvero la copia di titoli di studio o di servizio sono conformi ali 'originale. Tale dichiarazione può altresì riguardare la conformità ali 'originale della copia dei documenti fiscali che devono essere obbligatoriamente conservati dai privati". Risulta evidente, pertanto, che dette modalità alternative di autenticazione assumo in ogni caso la forma di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.
Ciò premesso, la questione centrale dibattuta dalla parti nella fattispecie in esame si sostanzia nella possibilità o meno di utilizzare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, resa ai sensi del citato art. 19 del D.P.R n. 445/2000 e, quindi, con la funzione, ivi prevista in via generale, di modalità alternativa di autenticazione di copie di atti e documenti, nella peculiare fase procedimentale del controllo a sorteggio dei requisiti di partecipazione ai sensi dell'art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006.
Al riguardo, tenuto conto che per la fattispecie in esame il disciplinare di gara stabilisce che "i servizi analoghi ali 'oggetto prevalente della gara effettuati per conto di Amministrazioni o Enti pubblici, negli esercizi 2004/2005/2006, sono comprovati mediante l'esibizione di certificati rilasciati e vistati dalle Amministrazioni o dagli Enti medesimi ", si ritiene che la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, resa ex art. 19 del D.P.R. n. 445/2000 in sede di controllo ex art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006 dalla concorrente PULIGIENICA s.r.1. e attestante la conformità agli originali delle copie fotostatiche dei certificati prodotti con riferimento ai servizi prestati, non sia idonea al fine certificatorio oggetto del controllo del possesso dei requisiti in capo alla società medesima.
Si devono in proposito distinguere (come già rilevato da una condivisibile giurisprudenza, cfr.: Cons. Stato, Sez. V, sentenza 09.12.2002, n. 6768) due fasi nei rapporti tra i concorrenti e l'Amministrazione: quella iniziale, nella quale può farsi legittimamente uso della dichiarazione sostitutiva di atto notorio contestualmente alla presentazione della domanda di partecipazione alla gara e quella, successiva, nella quale l'attestazione del possesso dei requisiti di partecipazione deve essere necessariamente compiuta per mezzo della documentazione pubblica certificativa della qualità o dello stato richiesti e non può essere ammessa anche la modalità della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.
Infatti, se si accogliesse l'opposta tesi dell’ammissibilità della presentazione di dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà sia con la presentazione della domanda di partecipazione sia in occasione della verifica a campione, innanzitutto perderebbe senso l'espressione "comprovare... il possesso dei requisiti..., eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito ", utilizzata dal legislatore nell'art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006 e significativa dell'opposta esigenza di conseguire una prova diversa, ulteriore e definitiva, del possesso dei requisiti di partecipazione. Inoltre, si giungerebbe all’inaccettabile conseguenza logica di vanificare completamente il subprocedimento di controllo previsto dalla citata disposizione, che si risolverebbe nell' acquisizione delle medesime atte stazioni già fornite dalle imprese sorteggiate e non potrebbe mai condurre agli effetti sanzionatori ivi contemplati.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, non confermato il possesso dei requisiti in sede di controllo ex art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006, per cui la società concorrente PULIGIENICA s.r.1. è stata correttamente esclusa dalla gara (
parere 16.01.2008 n. 5 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Per la soluzione della questione sottoposta all’attenzione dell’Autorità, si fa presente che rientra nella potestà discrezionale della stazione appaltante disporre l’annullamento di una procedura di affidamento di un contratto pubblico, secondo gli ordinari canoni della autotutela, laddove sussistano ragioni di opportunità e di interesse pubblico attuale e concreto.
La potestà di agire in autotutela per revocare o annullare l'esito della procedura di gara risiede nel principio costituzionale di buon andamento che impegna l'amministrazione ad adottare atti per la migliore realizzazione del fine pubblico perseguito, nell'esigenza che l'azione amministrativa si adegui all'interesse pubblico allorquando questo muti o vi sia una sua diversa valutazione.
Nel caso in esame, nell’operato dell’Amministrazione di Verolengo non si rilevano elementi di non conformità ai principi sopra indicati, attesa la valutazione di eccessiva onerosità della spesa e di eccessiva discrezionalità dei criteri di valutazione individuati per l’affidamento.
Inoltre, in relazione ai criteri di valutazione delle candidature, si deve riscontrare un ulteriore elemento di non conformità alla normativa di settore, in base al quale sussistono le condizioni per procedere in autotutela all’annullamento della procedura in esame: l’avviso pubblico in esame non riportava i criteri ed i punteggi per la valutazione delle candidature, individuati, invece, nella determinazione n. 182/2006.
Con parere n. 106/2007 l’Autorità ha espresso l’avviso, richiamando la giurisprudenza comunitaria, secondo il quale tutti i criteri presi in considerazione ai fini dell’aggiudicazione devono essere espressamente menzionati nel capitolato d’oneri o nel bando di gara, affinché i concorrenti siano posti in grado di conoscere la loro esistenza e la loro portata, e che, al fine di garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, tutti gli elementi presi in considerazione dall’amministrazione aggiudicatrice per identificare l’offerta devono essere resi noti ai potenziali concorrenti al momento della preparazione delle loro offerte.
Pertanto, la commissione giudicatrice si deve limitare a fissare in via generale i criteri motivazionali in base ai quali attribuire a ciascun criterio e subcriterio di valutazione il punteggio tra il minimo e il massimo prestabiliti dal bando.
Si richiama, pertanto, la Stazione appaltante ad una maggiore trasparenza nella redazione degli avvisi di conferimento incarichi di progettazione di importo inferiore a 100.000 euro.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la procedura di annullamento in autotutela dell’affidamento dell’incarico professionale di che trattasi è conforme alla normativa di settore (
parere 16.01.2008 n. 3 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Il punto 5.11 del disciplinare di gara, prevede che il sopralluogo deve essere effettuato previo appuntamento telefonico e che l’attestazione della relativa effettuazione viene rilasciata “al legale rappresentante o ad un soggetto munito di procura notarile o al direttore tecnico dell’impresa”.
Sulla base di quanto rappresentato dalla Stazione appaltante, nel caso in esame, il soggetto qualificatosi quale direttore tecnico dell’impresa, non ha esibito alcuna documentazione atta a suffragare quanto dichiarato.
La documentazione richiesta al rappresentante dell’impresa da parte del responsabile del sopralluogo, aveva il solo scopo di verificare la titolarità dello stesso ad effettuare il sopralluogo.
Si richiama l’attenzione sulla particolare delicatezza del momento del sopralluogo in relazione alla formulazione dell’offerta, in quanto mira a rafforzare il coinvolgimento del futuro appaltatore nella valutazione della prestazione richiesta e della situazione dei luoghi, al fine di prevenire eccezioni e riserve o eventuali ostacoli incontrati nella attività realizzativa dell'appalto.
È, pertanto, essenziale che lo stesso sia effettuato dal legale rappresentante o dal direttore tecnico o da soggetto appositamente delegato.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la procedura posta in essere dall’Accademia di Belle Arti di Roma è conforme alla normativa di settore (
parere 16.01.2008 n. 2 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Per la soluzione della questione sottoposta all’attenzione dell’Autorità deve preliminarmente rilevarsi che nelle gare per l'aggiudicazione dei contratti pubblici vige il principio dell'autotutela decisoria, che consente all'amministrazione di riesaminare, annullare e rettificare gli atti invalidi.
Come espresso dall’Autorità con determinazione n. 17/2002, la illegittimità della procedura di gara giustifica l'esercizio del potere di autotutela nel caso in cui l'aggiudicazione sia stata determinata sulla base di vizi inerenti la procedura di gara che doveva essere espletata assicurando il puntuale rispetto della concorrenza tra imprese e la par condicio delle stesse, occorrendo peraltro che vengano individuati da parte della stazione appaltante tutti gli interessi pubblici attuali, distinti dal mero interesse al ripristino della situazione di legittimità che giustifica la rimozione dell'atto viziato.
Inoltre, il principio della conservazione del procedimento consente di annullare lo stesso fino alla fase precedente a quella in cui è stato rilevato il vizio.
Nel caso in esame, la S.A. avendo rilevato che numerosi concorrenti avevano mutato la propria compagine associativa, e ritenendo sussistere, da un lato, una violazione alla più ampia partecipazione di professionisti alla selezione, dall’altro, una carenza nella disciplina di gara di cui alla lettera di invito, che non recava specifiche disposizioni sul divieto di modificazione della compagine associativa, ha valutato che sussistessero i presupposti per un parziale annullamento in autotutela della procedura.
Il Comune di Brandizzo, inoltre, ha ritenuto che la procedura di selezione del professionista non prendesse avvio con la pubblicazione dell’avviso pubblico alla manifestazione di interesse, bensì con la trasmissione della lettera di invito, ed ha pertanto annullato il procedimento da detta fase.
Si deve rilevare che nella procedura in esame con l’avviso pubblico la S.A. ha in buona sostanza effettuato una indagine di mercato, tesa alla formazione di un elenco di soggetti potenzialmente interessati all’attività professionale di che trattasi, di importo inferiore a 100.000 euro.
Con la lettera di invito, nella quale sono state specificate in dettaglio le attività progettuali richieste, la documentazione necessaria per partecipare alla selezione ed i criteri di valutazione delle offerte, si è avviato il relativo procedimento di selezione e di affidamento dell’incarico.
Correttamente, quindi, l’Amministrazione, riscontrando, sulla base di quanto sopra riportato, l’interesse pubblico alla rinnovazione del procedimento, ha individuato nella lettera di invito l’avvio del procedimento.
Si deve inoltre rilevare che la facoltà, riconosciuta esclusivamente ai soggetti che avevano a suo tempo presentato manifestazione di interesse alla selezione, di modificare la composizione originaria del raggruppamento, non ha violato il principio della par condicio, non essendo stato in alcun modo consentito l’inserimento di nuovi soggetti, estranei alla manifestazione di interesse.
Infatti, l’Autorità con deliberazione n. 19/2006 ha espresso l’avviso secondo il quale il divieto di modificazione delle associazioni temporanee risponde al rispetto del principio della contestualità e simultaneità della valutazione delle imprese partecipanti alla gara.
Per quanto attiene alle ulteriori contestazioni formulate successivamente dall’istante, verificata la documentazione agli atti, si ritiene che non sussistano profili di contrasto con quanto richiesto dalla lettera di invito.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la procedura posta in essere dal Comune di Brandizzo è conforme alla normativa di settore (
parere 20.12.2007 n. 162 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Ai sensi dell’articolo 90, comma 8, del d. Lgs. n. 163, gli affidatari di incarichi di progettazione non possono partecipare agli appalti di lavori pubblici per i quali abbiano svolto la suddetta attività di progettazione.
Occorre, per la soluzione del caso di specie e per valutare la ricorrenza o meno dell’ipotesi di cui al citato comma 8, definire l’attività di progettazione: come rilevato nella determinazione n. 3/2004, nella progettazione di un’opera o lavoro pubblico possono ravvisarsi due distinte attività operative, costituite, la prima, dalla progettazione, in senso proprio, che consiste in un’opera dell’ingegno di carattere creativo, originale ed innovativo, di contenuto complesso, con cui si estrinseca e rappresenta l’idea del progettista, e, la seconda, che si concreta in una serie di attività che accedono alla progettazione, ma sono da svolgere secondo indicazioni e criteri stabiliti in sede di scelte progettuali.
Distinta, poi, dalla composita attività di progettazione vera e propria, sopra indicata è l’attività di supporto tecnico-amministrativo alla progettazione: si tratta di quegli apporti di contributi tecnici, che presuppongono la conoscenza e la preventiva soluzione d’un ventaglio di questioni attinenti a branche disparate delle conoscenze tecniche e scientifiche, e che non s’identifica soltanto con l’attività professionale propria dell’ingegnere o dell’architetto e si risolvono in mere indagini, ispezioni, ricognizioni, localizzazioni, non originali, di natura meramente materiale e ripetitiva.
Nel caso in esame, non ricorre alcuna delle ipotesi sopra delineate, in quanto l’impresa Bugli Carlo & C. s.a.s. ha ricevuto dalla Diocesi l’incarico di promuovere il finanziamento dell’opera.
Tuttavia, pur non rilevandosi profili di contrasto con la disposizione di cui all’articolo 90, comma 8, del d. Lgs. n. 163/2006, la fattispecie in esame deve essere valutata sotto il profilo della possibile violazione del principio della par condicio e della simmetria informativa fra gli operatori economici.
Si deve, infatti, verificare se in concreto la fattispecie sopra delineata abbia o meno determinato una situazione di favore nei confronti dell’impresa Bugli Carlo & C. s.a.s.
La circostanza che il socio accomandatario di detta impresa, nell’ambito dell’incarico ricevuto, ha avuto modo di conoscere preventivamente la progettazione preliminare dell’intervento e di seguirne tutte le fasi di approvazione del relativo progetto presso la Soprintendenza, potrebbe aver posto l’impresa di che trattasi in una posizione privilegiata rispetto agli altri concorrenti.
È infatti sufficiente il solo sospetto della possibile lesione della trasparenza nella circolazione delle informazioni legate all’intervento di che trattasi, a costituire un vulnus al principio della par condicio.
Ciò rileva soprattutto in considerazione del criterio di aggiudicazione scelto dall’Amministrazione per l’affidamento del restauro di che trattasi: l’appalto, infatti, è stato aggiudicato con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, al fine, recita il bando, “di conseguire soluzioni migliorative al progetto esecutivo, predisposto nel rispetto anche delle indicazioni fornite dalla competente Soprintendenza.”
Se è vero che il progetto a base di gara è di livello esecutivo, fase progettuale estranea all’incarico ricevuto dall’impresa Bugli Carlo &C., è altrettanto indubitabile che i livelli di progettazione successivi al preliminare sono definizioni sempre più affinate del medesimo intervento (l’articolo 15, comma 2, del d.P.R. 554/1999, dispone che i tre livelli costituiscono una suddivisione di contenuti che tra loro interagiscono e si sviluppano senza soluzione di continuità).
Sulla base di quanto sopra riportato, la partecipazione dell’impresa Bugli Carlo & C. s.a.s. alla gara in esame ha violato il principio di par condicio fra i concorrenti sotto il profilo della simmetria informativa.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la procedura di aggiudicazione dell’appalto in esame non è conforme alla normativa di settore (
parere 20.12.2007 n. 161 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
In precedenti espressioni di parere l’Autorità, nel concorde orientamento della giurisprudenza amministrativa, ha espresso l’avviso secondo il quale non ricorrono le condizioni per una integrazione documentale della dichiarazione sostitutiva, nel caso in cui attraverso l’integrazione si determina non una specificazione del contenuto della dichiarazione resa, ma una sua integrazione ex post, con conseguente violazione del principio della par condicio.
L’Autorità sul punto ha chiarito che è possibile procedere all’integrazione documentale esclusivamente nel caso in cui la dichiarazione richiesta dalla disciplina di gara sia stata in qualche forma presentata e necessiti di chiarimenti: nel caso di specie la voce relativa alle posizioni assicurative è stata lasciata in bianco e, pertanto, la relativa dichiarazione sostitutiva risulta non resa.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione dell’impresa Bianchi Costruzioni s.a.s. è conforme alla normativa di settore (
parere 13.12.2007 n. 152 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Come già rilevato dall’Autorità con deliberazione n. 99/2007 e con parere n. 38/2007, fino all’entrata in vigore del regolamento esecutivo, giusto quanto previsto dall’articolo 253, comma 3 del d. Lgs. n. 163/2006, per i lavori pubblici continuano ad applicarsi le disposizioni regolamentari vigenti –tra cui il D.M. 12.03.2004 n. 123- nei limiti di compatibilità con il codice dei contratti pubblici.
Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del citato decreto n. 123/2004, ai fini della semplificazione delle procedure inerenti gli appalti di lavori pubblici, i concorrenti sono abilitati a presentare alle S.A. le sole schede tecniche, secondo il format allegato al medesimo decreto, che costituiscono parte integrante dello schema tipo e la loro sottoscrizione costituisce atto formale di accettazione incondizionata di tutte le condizioni ivi previste.
Nel caso in esame, la scheda tecnica presentata dal concorrente istante riporta i contenuti del format di scheda tecnica allegato al D.M. n. 123/2004, contiene l’espressa rinuncia all’eccezione di cui all’articolo 1957, comma 2, del cod. civ e l’impegno a rilasciare la garanzia fideiussoria per la cauzione definitiva in caso di aggiudicazione lavori, di cui all’articolo 113 del d. Lgs. n. 163/2006.
Per quanto attiene alla durata della garanzia, detta scheda fa rinvio all’articolo 2 dello schema tipo 1.1., in base al quale la garanzia ha validità di almeno 180 giorni: poiché il bando di gara non prevedeva una diversa durata della garanzia, la scheda tecnica non doveva riportare alcuno specifico riferimento alla durata della stessa.
Per quanto attiene, infine, all’espressa rinuncia al beneficio della preventiva escussione ed al pagamento, entro 15 giorni, a semplice richiesta scritta della stazione appaltante, si precisa che dette clausole sono riportate nell’articolo 4 dello schema tipo 1.1.
Non sussistono, pertanto, elementi ostativi a ritenere non adempiuto quanto prescritto dal bando di gara e dall’articolo 75 del d. Lgs. n. 163/2006.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione dell’impresa Costruzioni Cicuttin s.r.l. non è conforme alla normativa di settore (
parere 13.12.2007 n. 151 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
In tema di termini per la ricezione delle offerte, si deve preliminarmente far presente che, in base al diritto comunitario, nel fissare i termini per la ricezione delle offerte, le stazioni appaltanti tengono conto del tempo ordinariamente necessario per preparare le offerte. In materia, vige, pertanto, il principio generale di adeguatezza dei termini, in relazione alla complessità dell’appalto.
Quanto sopra assume una particolare rilevanza nell’ipotesi di aggiudicazione mediante appalto concorso, nella quale i concorrenti sono tenuti ad effettuare specifica attività progettuale, da valutarsi in sede di offerta.
Tenendo conto che l’articolo 256 del d. Lgs. n. 163/2006 ha espressamente abrogato l’articolo 79 del d.P.R. 554/1999, per la soluzione della questione sottoposta all’attenzione dell’Autorità occorre, pertanto, far rinvio al principio sopra riportato dell’obbligo di stabilire termini adeguati in relazione alla particolare complessità dell’offerta nell’appalto concorso.
Nel caso in esame, i termini di scadenza per la presentazione delle offerte, rispettivamente di venticinque e trentadue giorni, non possono ritenersi adeguati per l’elaborazione dei progetti offerta in esame, anche in considerazione che l’intervento attiene ad un bene immobile sottoposto a tutela.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che:
- nell’appalto concorso i termini di scadenza per la presentazione delle offerte devono rispondere al principio comunitario di adeguatezza dei termini;
- le problematiche di carattere tecnico, relative all’esame del progetto preliminare posto a base di gara ed all’eventuale frazionamento dell’intervento, sono rimesse alla Direzione Vigilanza per le valutazioni di competenza
(
parere 13.12.2007 n. 149 - link a massimario.avlp.it).

GIURISPRUDENZA

PUBBLICO IMPIEGOQuando il datore di lavoro può leggere la mail aziendale del lavoratore.
Il datore di lavoro può leggere la mail aziendale del lavoratore se è prevista la comunicazione della password del computer e della posta al superiore gerarchico (Corte di Cassazione, Sez. V penale, sentenza 19.12.2007 n. 47096 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATARistrutturazione edilizia (ambito di applicazione).
1. Dal contenuto dell'art. 10, l comma – lett. c), del T.U. n. 380/2001 e dell’'art. 22, 3° comma - lett. a), dello stesso T.U. come modificato dal d.lgs. n. 301-2002 si deduce che:
a) sono sempre realizzabili previa mera denunzia di inizio attività le ristrutturazioni edilizie di portata minore: quelle, cioè, che determinano una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza urbanistica (diverse da quelle, descritte dall'art. 10, primo comma - lett. c), che comportano invece una variazione del carico urbanistico);
b) sono realizzabili in seguito a permesso di costruire ovvero (a scelta dell'interessato) previa mera denunzia di inizio attività interventi di ristrutturazione edilizia che comportino integrazioni funzionali e strutturali dell'edificio esistente, pure con incrementi limitati di superficie e di volume. Le "modifiche del volume" possono consistere, però, in diminuzioni o trasformazioni dei volumi preesistenti ed in incrementi volumetrici modesti (tali da non configurare apprezzabili aumenti di volumetria) poiché, qualora si ammettesse la possibilità di un sostanziale ampliamento dell' edificio, verrebbe meno la linea di distinzione tra "ristrutturazione edilizia" e "nuova costruzione".
L'art. 3, I comma, lett. d), del T.u. n. 380/2001, come modificato dal d.lgs. n. 301-2002, ha esteso, inoltre, la nozione di "ristrutturazione edilizia" ricomprendendovi pure gli interventi ricostruttivi "consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica.
2. In materia edilizia, la disciplina sanzionatoria penale non è correlata alla tipologia del titolo abilitativo, bensì alla consistenza concreta dell’l'intervento (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 19.12.2007 n. 47046 - link a www.lexambiente.it).

APPALTIIl Codice degli appalti è espressione di potestà legislativa esclusiva dello Stato.
La Corte Costituzionale, riuniti i giudizi,
1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, comma 2, del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), limitatamente alle parole «province autonome»;
2) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 84, commi 2, 3, 8 e 9, del d.lgs. n. 163 del 2006, anche nel testo modificato dal decreto legislativo 31.07.2007, n. 113 (Ulteriori disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, a norma dell'articolo 25, comma 3, della legge 18.04.2005, n. 62), nella parte in cui, per i contratti inerenti a settori di competenza regionale, non prevede che le norme in esso contenute abbiano carattere suppletivo e cedevole;
3) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 98, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006
(Corte Costituzionale, sentenza 23.11.2007 n. 401 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATAAutorizzazione collocazione impianti pubblicitari.
In materia di autorizzazioni temporanee alla collocazione di impianti pubblicitari il diniego di autorizzazione, motivato dal Comune con riguardo alla mancata adozione del necessario strumento pianificatorio, è legittimo e perfettamente coerente con le statuizioni rese al riguardo dalla Corte Costituzionale (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia,
sentenza 21.11.2007 n. 1055 - link a www.lexambiente.it).

APPALTIProcedure di gara: motivi di esclusione e risarcimento del danno.
Risulta fondata la doglianza con cui è stato fatto presente che l’aggiudicataria doveva essere esclusa in quanto non aveva inserito nella propria offerta la dichiarazione sostitutiva ai sensi del D.P.R. 445/2000 con cui il concorrente o un suo procuratore, assumendone la responsabilità, attestava l’osservanza all’interno della propria azienda degli obblighi di sicurezza previsti dalla vigente normativa richiesta a pena di esclusione dal disciplinare di gara.
Non risulta idoneo ad incidere sulla fondatezza delle dedotta censura il rilievo secondo cui avendo la ditta dichiarato di non trovarsi in nessuna delle situazioni, le quali a norma dell’art. 75 del D.P.R. 554/1999 comportano l’esclusione dalla gara, tale dichiarazione è stata correttamente considerata dalla stazione appaltante come idonea ad accertare anche la sussistenza all’interno dell’azienda della situazione di rispetto degli obblighi di sicurezza.
Infatti, deve essere evidenziato che la dichiarazione di cui all’art. 75 lett. e) del D.P.R. n. 554/1999 ha ictu oculi un oggetto radicalmente diverso da quello di cui alla citata omessa dichiarazione, in quanto si riferisce a gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio dei lavori pubblici.
Invero, se nel caso di recesso dall’appaltatore è previsto che il danno risarcibile debba essere quantificato complessivamente nel 10% dei quattro quinti del prezzo posto a base di gara, depurato dal ribasso offerto dall’impresa, ricomprendendo, quindi, in tale importo tutti i pregiudizi economici subiti dall’impresa in conseguenza del recesso, non si vede la ragione per cui, in caso di mancata aggiudicazione dell’appalto, l’ambito applicativo della suddetta disposizione debba essere inteso in senso più restrittivo, nel senso che residuano ulteriori ed autonome voci risarcitorie che non sono incluse nell’importo da quest’ultima determinato
(TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 22.10.2007 n. 10227 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATACostruzioni edilizie - Regioni a statuto ordinario - Previsione di titoli abilitativi diversi da quelli del d.P.R. n. 380 del 2001 - Esclusione - Ragioni - Possibilità per la Regione di dettare disposizioni in deroga - Ammissibilità.
In materia edilizia ed urbanistica, in applicazione dell'art. 2, comma terzo, d.P.R. 06.06.2001 n. 380, che sancisce la diretta operatività, nelle Regioni a statuto ordinario, delle disposizioni attuative dei principi di riordino contenute nel citato d.P.R., devono ritenersi abrogate tutte quelle disposizioni legislative regionali che contemplano titoli abilitativi edilizi diversi da quelli previsti dalla legislazione nazionale (permesso di costruire e denuncia di inizio attività), ferma restando la possibilità per le Regioni a statuto ordinario di prevedere una disciplina in deroga agli strumenti urbanistici vigenti (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 03.10.2007 n. 36197 - link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIAAria. Emissione di gas, vapori e fumi atti a molestare le persone - Reato di cui all'art. 674 cod. pen. - Parametri di riferimento - Individuazione - Fattispecie: emissione di fumi di combustione provenienti dalla canna fumaria di una caldaia a metano per riscaldamento.
In tema di inquinamento atmosferico, è configurabile il reato di cui all'art. 674 cod. pen. (emissione di gas, vapori e fumi atti a molestare le persone) anche nel caso in cui le emissioni provengano da un impianto non conforme alla normativa sull'abbattimento dei fumi emessi dalla canna fumaria di una caldaia a metano per riscaldamento (D.M. 21.03.1993), quando il disturbo concretamente arrecato alle persone superi la normale tollerabilità con conseguente pericolo per la salute pubblica (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 28.09.2007 n. 35730 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATAContravvenzioni edilizie - Individuazione dei soggetti responsabili - Comproprietario non committente - Elementi oggettivi - Presentazione della domanda di condono edilizio - È tale.
In tema di reati edilizi, l'individuazione del comproprietario non committente quale soggetto responsabile dell'abuso edilizio può essere desunta da elementi oggettivi di natura indiziaria, come la presentazione della domanda di condono edilizio, sottraendosi tale valutazione al sindacato di legittimità della Suprema Corte in quanto comporta un giudizio di merito che non contrasta né con la disciplina in tema di valutazione della prova né con le massime di esperienza (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 27.09.2007 n. 35631 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATARealizzazione di un terrapieno - Di rilevanti dimensioni - Reato di esecuzione di lavori in assenza di permesso di costruire - Configurabilità - Fondamento.
Integra il reato di costruzione edilizia abusiva la realizzazione di un terrapieno di rilevanti dimensioni sia in ampiezza che in altezza, non potendosi inquadrare tale intervento tra quelli per i quali non è richiesto il permesso di costruire (fattispecie nella quale l'intervento eseguito presentava un'estensione pari a 3.000 mq. per 2 metri di altezza) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 27.09.2007 n. 35629 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATABeni Ambientali - Disposizioni a tutela del paesaggio - Nulla osta paesaggistico - Compatibilità paesaggistica - Autonomia dei due provvedimenti - Fondamento.
In tema di tutela del paesaggio, il provvedimento introdotto dalla L. 15.12.2004, n. 308 con cui l'autorità amministrativa accerta la compatibilità paesaggistica di quanto abusivamente realizzato è diverso dal cosiddetto nulla osta paesaggistico rilasciato dall'autorità preposta alla tutela del vincolo, in quanto quest'ultimo condiziona l'efficacia del permesso di costruire (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 25.09.2007 n. 35498 - link a www.lexambiente.it).

AGGIORNAMENTO AL 28.01.2008

ã

UTILITA'

EDILIZIA PRIVATA: I lavori in economia si possono realizzare e, come tali,  sono esclusi dal campo di applicazione della normativa sul D.U.R.C..
Richiesta 02.10.2007 di interpretazione in merito all'applicazione dell'art. 3 del d.lgs. 14.08.1996 n. 494 (si veda la risposta del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale,
nota 07.02.2008 n. 2228 di prot.).

AMBIENTE-ECOLOGIATesto del D.Lgs. n. 152/2006 aggiornato con le modifiche introdotte dal D.Lgs. 16.01.2008 n. 4 (attenzione: testo NON ufficiale, ad uso studio) (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIATavola comparativa testo del D.Lgs. n. 152/2006 (aggiornato con le modifiche apportate dal D.Lgs. 16.01.2008 n. 4) e testo previgente (copia uso studio, testo NON ufficiale) (link a www.lexambiente.it).

G.U.R.I. - G.U.U.E. - B.U.R.L. (e anteprima)

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, 3° suppl straord. al n. 4 del 25.01.2008, "Aggiornamento della procedura di calcolo per predisporre l'attestato di certificazione energetica degli edifici, previsto con d.g.r. 5018/2007 e successive modificazioni ed integrazioni" (decreto D.U.O. 13.12.2007 n. 15833 - link a www.infopoint.it).

NEWS

PUBBLICO IMPIEGO: Conferimento di incarichi di collaborazione. Requisiti (parere 21.01.2008 n. 5/2008 - link a www.funzionepubblica.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Parere sul recupero della giornata lavorativa effettuata durante le festività infrasettimanali - Lavoratori turnisti - recupero giornata di lavoro (parere 15.01.2008 n. 4/2008 - link a www.funzionepubblica.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Proroga termini validità graduatorie di concorso per le assunzioni presso le pubbliche amministrazioni (parere 21.12.2007 n. 3/2008 - link a www.funzionepubblica.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Nota Circolare sull'adempimento delle prescrizioni di legge in tema di comunicazioni obbligatorie per i datori di lavoro, privati e pubblici, relative ai rapporti di lavoro da essi instaurati, di cui all’articolo 9-bis, comma 2, del decreto legge n. 510 del 1996, come sostituito dal comma 1180 dell’articolo unico della legge n. 296 del 2006 (parere 08.01.2008 n. 1/2008 - link a www.funzionepubblica.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Quesito in materia di assunzioni di personale a tempo indeterminato (parere 28.12.2007 n. 32/2007 - link a www.funzionepubblica.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Parere su manifestazione di opzione per rapporto di lavoro con altra amministrazione presentata da proprio dipendente nel caso di vincita di concorso.
Vincita di concorso presso altra amministrazione - Esercizio dell'opzione per il nuovo rapporto di lavoro - Mantenimento del posto presso l'originaria amministrazione per il periodo di prova - Obbligo di preavviso (
parere 21.11.2007 n. 26/2007 - link a www.funzionepubblica.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Stabilizzazione personale dipendente. Requisito temporale per la stabilizzazione maturato in diverse amministrazioni (parere 17.10.2007 n. 23/2007 - link a www.funzionepubblica.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Stabilizzazione personale dipendente (parere 19.10.2007 n. 22/2007 - link a www.funzionepubblica.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Parere in tema di autorizzazione all'espletamento di incarichi retribuiti.
Dipendente in servizio presso altra amministrazione - competenza al rilascio (
parere 26.09.2007 n. 21/2007 - link a www.funzionepubblica.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Parere in tema di modalità di finanziamento delle posizioni organizzative.
Personale non dirigente - Enti locali - Posizioni organizzative - Finanziamento (
parere 21.09.2007 n. 20/2007 - link a www.funzionepubblica.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Progressioni verticali (parere 31.10.2006 n. 9/2006 - link a www.funzionepubblica.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

ESPROPRIAZIONE: V. Mazzarelli, IL VALORE DELL’INDENNITÀ DI ESPROPRIO (link a www.pausania.it).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: G. Nicoletti, RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA E RESPONSABILITA’ CONTABILE NELLA FINANZIARIA 2008 (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: A. De Quattro, LO SVILUPPO RURALE: STRUMENTO DI TUTELA E DI PROMOZIONE DELLE AREE PROTETTE (link a www.ambientediritto.it).

GIURISPRUDENZA

APPALTI SERVIZIUn’amministrazione aggiudicatrice non può applicare regole di ponderazione o sottocriteri per i criteri di aggiudicazione che non abbia preventivamente portato a conoscenza degli offerenti.
L’art. 36, n. 2, della direttiva del Consiglio 18.06.1992 92/50/CEE, che coordina le procedura di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13.10.1997, 97/52/CE, letto alla luce del principio di parità di trattamento degli operatori economici e dell’obbligo di trasparenza che ne discende, osta a che, nell’ambito di una procedura di aggiudicazione, l’amministrazione aggiudicatrice determini in un momento successivo coefficienti di ponderazione e sottocriteri per i criteri di aggiudicazione menzionati nel capitolato d’oneri o nel bando di gara (Corte di Giustizia europea, Sez. I,
sentenza 24.01.2008 n. C-532/06 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZISulla legittimità dell’esclusione di una associazione fra professionisti da una gara per l’aggiudicazione di un appalto di servizi.
E’ legittima l’esclusione di una associazione fra professionisti da una procedura di gara per la predisposizione di uno studio di fattibilità per la realizzazione di una "Banca Telematica patrimonio beni culturali e turismo" in quanto, ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs. 17.03.1995 n. 157 (ora abrogato; ma applicabile, ratione temporis ed in ragione dell’espresso richiamo ad esso formulato dalla lex specialis di gara al caso di specie), la partecipazione alla gara è consentita alle sole "imprese" (o a "raggruppamenti di imprese") e non anche ad associazioni formate fra professionisti (TAR Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 21.01.2008 n. 384 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICINon costituisce un requisito essenziale per la partecipazione alla gara la dichiarazione resa all’atto della presentazione dell’offerta in ordine alle opere che il concorrente si riserva di affidare in subappalto.
Deve essere esclusa dalla gara l’impresa aggiudicataria per non avere dichiarato la sussistenza di eventuali soci cessati dalla carica ai sensi dell’art. 75, c. 1, lett. c) del DPR 554/1999.

La corretta dichiarazione resa all’atto della presentazione dell’offerta in ordine alle opere che il concorrente si riserva di affidare in subappalto non costituisce di per sé un requisito essenziale per la partecipazione alla gara in quanto essa è solitamente finalizzata a consentire alla ditta partecipante di subappaltare certe opere o servizi puntualmente indicati. Ne deriva che la mancanza di tale dichiarazione si limita all’impossibilità per la ditta partecipante, una volta che dovesse risultare aggiudicataria, di subappaltare le opere. Un problema potrebbe semmai porsi nel caso in cui la ditta partecipante, che non abbia reso dichiarazione in ordine ai lavori da subappaltare ovvero l’abbia resa in modo incompleto, non possegga la qualificazione richiesta dal bando di gara in relazione a determinate opere. In questo caso il problema si sposta in ordine alla mancanza di un requisito soggettivo necessario per potere partecipare.
In tema di requisiti morali e di produzione documentale per la partecipazione a gare di appalto, le certificazioni penali devono riguardare, ai sensi dell’art. 75, del D.P.R. n. 554/1999, tutti i soggetti, amministratori e direttori tecnici delle società partecipanti, in carica ovvero cessati, durante l’intero triennio antecedente la pubblicazione del bando. Con la conseguenza che deve ritenersi sussistente a carico delle ditte stesse un onere di documentazione, ossia la ricostruzione "storica" delle cariche sociali, nell’arco dell’ultimo triennio. Trattasi, infatti, di circostanze che rilevano nello stesso modo per tutti i soggetti cessati dalla carica dato che, anche quando questi sono ancora in vita, sussistono problemi di effettuazione di dichiarazioni e di produzione documentale, la cui configurabilità non può ritenersi sufficiente ai fini della giustificazione di una deroga al precetto di cui al richiamato art. 75 (TAR Sicilia-Palermo, Sez. I,
sentenza 09.01.2008 n. 23 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZISull’interpretazione del c. 1 dell’art. 13 del D.L. n. 223/06 (c.d. Bersani): esclusione dei servizi pubblici locali dall'ambito applicativo; finalità comunitarie e costituzionali della disposizione.
Il c. 1 dell’art. 13 del D.L. n. 223/06 convertito con modificazioni nella L. n. 248/2006 contempla pacificamente un divieto, ossia quello che determinate società non possano svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, con esclusione dei servizi pubblici locali, né in affidamento diretto né con gara, rispetto gli enti costituenti o partecipanti alle stesse.
La distinzione tra mero servizio e servizio pubblico va ricercata nel beneficiario diretto dello stesso: ricorre l’ipotesi del servizio pubblico se la prestazione resa dall’appaltatore viene fornita per soddisfare in via immediata le esigenze della collettività o del singolo utente; costituisce, al contrario, mero servizio strumentale quello le cui prestazioni vengono effettuate direttamente a favore della stazione appaltante.
Nel caso di un pubblico incanto per l’affidamento del servizio di gestione integrata e ottimizzazione del sistema energetico (illuminazione pubblica e servizio energia), indetto da un comune, in forza di tali nozioni non vi è dubbio che il servizio di "pubblica illuminazione" debba essere considerato servizio pubblico, poiché dell’erogazione dello stesso, da parte dell’appaltatore, beneficia direttamente ed esclusivamente la collettività (o il singolo utente) senza alcuna intermediazione del Comune nello svolgimento del processo produttivo. Al contrario, il Servizio Energia non può essere qualificato tale, in quanto la gestione calore non viene resa direttamente alla collettività, ma viene fornita alle strutture gestite dall’ente ovvero a strutture gestite da altri soggetti rispetto al fornitore del servizio energia.
L’art. 13 del D.L. n. 223/2006, convertito con modificazioni nella L. n. 248/2006 trova fondamento nel fatto che l’U.E. ha reiteratamente previsto la necessità che gli Stati membri provvedano alla regolamentazione dell’accesso al mercato degli appalti pubblici da parte di organismi di proprietà o partecipati da enti pubblici, evitando distorsioni della concorrenza nei confronti dei soggetti privati (quarto considerando della Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e di servizi). La finalità della norma è pertanto quella di limitare il vantaggio competitivo nella quale si trovano dette società con accesso privilegiato al mercato della pubblica amministrazione a scapito di altri operatori privati .
L’art. 13 del D.L. n. 223/2006, lungi dal violare l’art. 41 Cost., ne costituisce invece immediata applicazione mirando dichiaratamente a preservare il mercato da alterazioni e fenomeni distorsivi delle regole della concorrenza. Relativamente all’art. 3 della stessa Carta Costituzionale, si osserva che l’intento dichiarato del Decreto ha come finalità precipua quella di tutela dell’interesse pubblico generale con l’introduzione di un livello ulteriore di concorrenza e di libertà nel mercato al fine di permettere agli operatori di poter agire in posizione di uguaglianza, evitando che alcune imprese possano avvantaggiarsi, nel confronto concorrenziale, della struttura della propria compagine societaria per la presenza di un socio pubblico (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 27.12.2007 n. 1373 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATASalvaguardia qualitativa delle acque destinate al consumo umano - Diniego di concessione edilizia - Zona di rispetto della sorgente - Art. 94, D. L.vo n. 152/2006.
Le aree situate nella zona di rispetto delle risorse idriche non possono essere utilizzate a scopo edificatorio, in applicazione della normativa contenuta nel D.P.R. 24 maggio 1988, n. 236 e successive modifiche, normativa, (oggi contenuta nel D.L.vo n. 152/2006) essenzialmente finalizzata alla salvaguardia qualitativa delle acque destinate al consumo umano, in stretta conformità alle vigenti disposizioni dettate in sede europea su tale materia.(Cons. Stato, Sez. IV, 18/02/1992, n. 132).
Iniziative edificatorie - Limitazione del diritto di proprietà subordinata alla necessità di un adempimento preventivo (Piano attuativo) - L. n. 1150/1942.
La limitazione delle facoltà connesse al diritto di proprietà, derivante dalla necessità di un adempimento preventivo (nella specie piano attuativo), risulta giustificata da preminenti esigenze di interesse pubblico alla corretta realizzazione di iniziative edificatorie specie in zone che siano del tutto od in parte prive di adeguate opere di urbanizzazione (Cons. Stato, Sez. IV, 15/05/1995, n. 336) (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 10.12.2007 n. 6337 - link a www.ambientediritto.it).

URBANISTICAVincolo espropriativo imposto dal PRG - Reviviscenza di una precedente destinazione - Limiti - Fattispecie: ex cava di argilla esclusa per le caratteristiche del sito dalla localizzazione del PEEP.
La decadenza del vincolo espropriativo imposto dal PRG, non comporta necessariamente la reviviscenza di una precedente destinazione edificatoria, tenuto anche conto delle peculiari caratteristiche della zona (nella specie ex cava di argilla esclusa proprio per le caratteristiche del sito dalla localizzazione del PEEP) (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 10.12.2007 n. 6337 - link a www.ambientediritto.it).

ENTI LOCALIBENI CULTURALI E AMBIENTALI - Complessi monumentali di appartenenza pubblica - Attribuzione in uso a privati - Limiti - Art. 117 D.Lgs. n. 42/2004 - Fattispecie.
Per gli "istituti e luoghi della cultura" di appartenenza pubblica, che costituiscono una categoria a sé stante nell'ambito dei "beni culturali", non è consentita l'attribuzione in uso a terzi soggetti per lo svolgimento di attività che, ferma restando l'accessibilità da parte della generalità degli individui, abbiano il solo limite (in negativo) della non compromissione dell'integrità del bene e dei valori storico-artistici di cui lo stesso è espressione -concessione in uso prevista invece per le restanti tipologie di beni-, in quanto l'esplicita previsione dei c.d. "servizi aggiuntivi", escludendo implicitamente ogni altra modalità di impiego, identifica in modo tassativo le ulteriori attività compatibili con la natura del bene e conferma la necessità di un uso che, per la parte principale, si caratterizzi per essere preordinato a finalità di interesse pubblico, per essere coerente con il valore culturale oggetto di tutela e per essere strumentale al pieno godimento di quest’ultimo da parte della collettività, in modo da preservare l'identità storico-artistica del bene e renderne partecipe la comunità attraverso la concreta adibizione ad una funzione che rispecchi la natura del bene, in ciò realizzandosi -come prescritto dalle legge (art. 101, comma 3, d.lgs. n. 42/2004)- la destinazione alla "pubblica fruizione" e l'espletamento di un "servizio pubblico" (nella specie, è stato ritenuto che la riqualificazione di un complesso monumentale, nel prevedere la destinazione di parte della superficie complessiva ad uso privato, per l'adibizione ad attività alberghiera, ad esercizi commerciali e ad uffici, non rispondesse alla fondamentale esigenza di una destinazione d'uso coerente con il valore culturale protetto e strumentale al suo pieno godimento da parte della collettività, non assolvendo pertanto a quella funzione di "servizio pubblico" prescritta per i "complessi monumentali" di appartenenza pubblica; né che tale destinazione fosse riconducibile alla tipologia dei "servizi aggiuntivi" di cui all'art. 117 del d.lgs. n. 42 del 2004) (TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I,
sentenza 04.12.2007 n. 618 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIARIFIUTI - Termovalorizzatore - Procedimento autorizzatorio - Impugnazione - Proprietari delle aziende agricole situate entro l’area destinata a subire gli effetti negativi dell’impianto - Legittimazione - Sussistenza.
Sono legittimati ad impugnare gli atti del procedimento volto alla progettazione, realizzazione, gestione ed autorizzazione di un nuovo termovalorizzatore, in quanto titolari di una posizione differenziata, i proprietari delle aziende agricole situate all’interno della cd. “area di influenza”, quale area destinata a risentire effetti negativi dall’azione dell’impianto.
RIFIUTI - Smaltimento dei rifiuti - Termovalorizzatore - Impianto termico di produzione energetica - Funzione accessoria rispetto a quella di smaltimento - Impianto di incenerimento - Valutazione di impatto ambientale provinciale - L.R. Piemonte n. 40/1998.
La previsione di un impianto termico di produzione energetica è conforme a quanto previsto dall’art. 22, comma 5, del decreto legislativo 05.02.1997, n. 22, che impone di dotare i nuovi impianti della capacità di recuperare parte dell’energia termica sviluppata dal processo di combustione dei rifiuti. In quest’ottica l’impianto energetico ha funzione evidentemente accessoria rispetto a quella, principale, di smaltimento dei rifiuti. A ciò consegue che il termovalorizzatore, nel suo complesso, debba considerarsi “impianto di incenerimento” ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo 11.05.2005, n. 133 (ove si distingue tale tipologia da quella degli impianti di “coincenerimento”, ove la produzione energetica assume, invece, carattere “principale”), come tale soggetto a valutazione di impatto ambientale provinciale, anziché ministeriale, secondo quanto previsto dall’allegato 2, n. 6, della legge Regione Piemonte 40/1998 (TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 01.12.2007 n. 3607 - link a www.ambientediritto.it).

ENTI LOCALIConvenzioni - Competenza consiliare - Individuazione - Artt. 42 e 30 T.U.E.L..
La competenza consiliare in materia di convenzioni, ai sensi dell’art. 42, c. 2, lett. c), del d.lgs. n. 267/2000, è circoscritta ai soli accordi che presentino le caratteristiche di cui all’art. 30, c. 2 del medesimo d.lgs.: “Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciprochi obblighi e garanzie” (nella specie, all’accordo avente ad oggetto l’individuazione del sito potenzialmente idoneo ad ospitare un nuovo termovalorizzatore, è stata riconosicuta natura di mera individuazione di comuni intenti, come tale rientrante nella competenza della giunta) (TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 01.12.2007 n. 3607 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIAINQUINAMENTO ACUSTICO - Tutela della quiete pubblica - Interesse prevalente sugli interessi commerciali dei pubblici esercizi - Limitazione degli orari di apertura - Legittimità.
L’interesse alla quiete pubblica, strettamente connessa alla salute individuale e collettiva, prevale sugli interessi commerciali dei pubblici esercizi, e sulla gratificazione dei loro frequentatori: una volta accertata la lesione di quel bene, detta prevalenza impone alle autorità preposte di avvalersi di ogni strumento idoneo a tutelarlo, inclusa senza dubbio la limitazione degli orari di apertura.
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza contingibile e urgente ex art. 54, c. 3, T.U.E.L.- Efficacia temporalmente limitata - Mancata previsione di una scadenza finale - Illegittimità.
In materia di tutela della quiete pubblica, deve ritenersi illegittima l’ordinanza contingibile e urgente emanata ex art. 54, c. 3 del d.lgs. n. 267/2000, priva di una scadenza finale adeguatamente prestabilita. Tali ordinanze, infatti, “oltre al carattere della contingibilità, intesa come urgente necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza in casi di pericolo attuale od imminente, presentano il carattere della provvisorietà, intesa nel duplice senso di imposizione di misure non definitive e di efficacia temporalmente limitata. Sicché oltre a non ammettersi che le ordinanze in questione vengano emanate per fronteggiare esigenze prevedibili e permanenti non è ammesso che le stesse vengano adottate per regolare stabilmente una situazione od assetto di interessi “(Consiglio Stato, sez. VI, 09.02.2001, n. 580; TAR LAZIO, Roma, Sez. III, 15.09.2006, n. 8614). È poi vero che la misura urgente può, in relazione al suo contenuto concreto, avere l’attitudine a produrre conseguenze non provvisorie, e non per questo diviene illegittima. Tuttavia, una cosa è che un ordine non abbia scadenza; altra che, nel periodo prestabilito in cui l’ordine è vigente, esso produca effetti destinati a persistere oltre la scadenza dell’ordine stesso, ciò che è ben possibile (TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 30.11.2007 n. 3807 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTIAvvalimento - Art. 49 D.Lgs. n. 163/2006 - Eccezione al principio generale del possesso in proprio dei requisiti di qualificazione - Effettiva disponibilità dei mezzi dell’impresa avvalsa - Prova.
In forza del principio dell'avvalimento, disciplinato dall'art. 49 del codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 12.04.2006, n. 163), il soggetto che partecipa ad un appalto di servizi può avvalersi, al fine di comprovare i requisiti di capacità tecnica, economica e finanziaria, dei requisiti di altri soggetti terzi. Tuttavia, considerato che la facoltà di avvalimento costituisce una rilevante eccezione al principio generale che impone che i concorrenti ad una gara pubblica possiedano in proprio i requisiti di qualificazione (cfr. gli artt. da 12 a 17 del D. Lgs. n. 157/1995), la prova circa l'effettiva disponibilità dei mezzi dell'impresa avvalsa deve essere fornita in modo rigoroso, mediante la presentazione di un apposito impegno da parte di quest'ultima, riferito allo specifico appalto e valido per tutta la durata della prestazione dedotta in gara (in tal senso cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14.02.2005 n. 435; nonché T.A.R. Liguria, sez. II, 20.06.2007 n. 1125 e T.A.R. Puglia, sez. I, 27.09.2006 n. 3314;), non essendo sufficiente -a tal fine- la mera allegazione dei legami societari che avvincono i due soggetti, non fosse altro che per l'autonomia contrattuale di cui godono le singole società del gruppo (TAR Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 16.11.2007 n. 11322 - link a www.ambientediritto.it).

COMPETENZE PROFESSIONALIInterventi su beni immobili tutelati ai sensi del D.Lgs. n. 490/1999 - Competenza esclusiva degli architetti - Art. 52 R.D. n. 2537/1925 - Disapplicazione - Disparità di trattamento tra ingegneri civili italiani e ingegneri appartenenti a stati membri - Equiparazione sul piano comunitario dei titoli di ingegnere civile e architetto - Art. 3 Cost. - Dir. 348/85/CEE.
L’art. 52 del RD n. 2537/25 -che la Corte Costituzionale ha affermato avere natura regolamentare- in ordine agli interventi su beni immobili sottoposti alla speciale tutela di cui al DLgs n. 490/1999 preclusi agli ingegneri civili, viola il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione: esso realizza una evidente, ingiusta e irragionevole, disparità di trattamento, atteso che agli ingegneri civili che hanno conseguito il diploma di laurea in Italia è impedito l’accesso ad attività professionali che l’Amministrazione statuale non può, invece, per effetto della direttiva comunitaria n. 384/1985, vietare agli ingegneri civili che hanno ottenuto il titolo in altri Stati membri. La norma va pertanto disapplicata in conformità al principio di gerarchia delle fonti, che regola il conflitto tra fonte primaria ed atto di normazione secondaria. Peraltro, la norma in questione, limitando l’attività degli ingegneri che abbiano conseguito il titolo in Italia attraverso un percorso formativo analogo a quello degli architetti, contrasta palesemente con il principio comunitario (recepito dall’Italia con il DLgs n. 129/1992) che stabilisce la equiordinazione sul piano comunitario dei titoli di ingegnere civile ed architetto, nonché con il principio di parità di trattamento tra cittadini italiani e cittadini degli altri stati membri introdotto dall’art. 2, I comma, lett. h) della legge comunitaria 2004 (legge 18.04.2005 n. 62) (TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 15.11.2007 n. 3630 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZIRIFIUTI - Imprese esercenti attività di gestione dei rifiuti - Albo nazionale gestori ambientali - Art. 212 D.Lgs. n. 152/2006 - Imprese che esercitano la raccolta e il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare - Parziale innovazione rispetto all’art. 30, c. 4 del D.Lgs. n. 22/97.
L’art. 212 del decreto legislativo 03.04.2006, n. 152 regola in termini parzialmente innovativi, rispetto al d.lgs. n. 22/1997, la materia dell'iscrizione delle imprese esercenti attività di gestione dei rifiuti nell'apposito Albo (il quale assume ora la denominazione di «Albo nazionale gestori ambientali»); in particolare, il comma 8 dell'art. 212 obbliga all'iscrizione all'Albo -con il presidio della sanzione penale comminata dall'art. 256, comma 1 (che sostituisce l'art. 51, comma 1, del d.lgs. n. 22 del 1997)- anche le imprese che esercitano la raccolta e il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come «attività ordinaria e regolare» e le imprese che trasportano i propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti i limiti già previsti, ai fini dell'esonero dall'iscrizione, dall'art. 30, comma 4, del d.lgs. n. 22 del 1997 (trenta chilogrammi o trenta litri al giorno): sia pur prefigurando, per dette imprese, un regime sensibilmente agevolato (esse non sono infatti tenute alla prestazione delle garanzie finanziarie normalmente imposte dal comma 7 dell'art. 212 del d.lgs. n. 152 del 2006 e la loro iscrizione all'Albo ha luogo in base a semplice richiesta scritta, senza che la stessa sia soggetta a valutazione relativa alla capacità finanziaria e all'idoneità tecnica del richiedente e senza che occorra la nomina di un responsabile tecnico); l’articolo 30, comma 4, del D.Lgs 05.02.1997 n. 22, come modificato dalla legge 09.12.1998, n. 426, articolo 1, comma 19, imponeva invece l'obbligo dell'iscrizione solo per "le imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi e le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti pericolosi" (escluse per queste ultime i trasporti inferiori a una determinata soglia quantitativa giornaliera).
RIFIUTI - Bando di gara - Requisito dell’iscrizione all’albo delle imprese autorizzate al trasporto dei rifiuti non pericolosi ex D.M. 406/1998 - Sufficienza dell’iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali per l’esercizio dell’attività di raccolta e trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare - Esclusione - Ragioni.
La richiesta di iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali per l’esercizio dell’attività di raccolta e trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare non è sufficiente ad integrare il requisito, prescritto nel bando di gara, di iscrizione all’albo delle imprese autorizzate al trasporto dei rifiuti non pericolosi ai sensi del D.M. 406 del 1998. Quest’ultimo, emanato ai sensi dell’articolo 30, comma 6, del decreto legislativo 05.02.1997, n. 22, si riferisce infatti alla diversa ipotesi di imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi (TAR Valle d'Aosta,
sentenza 14.11.2007 n. 137 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAAbuso edilizio - Ordinanza di demolizione - Decorso di un lungo periodo di tempo dalla commissione dell'abuso - Affidamento del privato sulla legittimità dell’opera - Esclusione - Necessità di specifica motivazione in ordine alla prevalenza dell’interesse pubblico al ripristino dell’assetto del territorio - Esclusione.
Il mero decorso del tempo non è sufficiente a far insorgere un affidamento sulla legittimità di un abuso edilizio, o comunque sul consolidamento dell’interesse del privato alla conservazione dell’opera, né, per conseguenza, ad imporre la necessità di una specifica motivazione, nell’ordinanza di demolizione, circa l’esistenza di un interesse pubblico prevalente, atteso che il ripristino dell’assetto del territorio preesistente all’abuso, connesso alla sanzione demolitoria, è tipizzato come prevalente dallo stesso Legislatore. Ciò neanche nell’ipotesi in cui l’abuso sia stato commesso parecchi anni prima (nella specie, oltre 40 anni prima dell’emanazione del provvedimento sanzionatorio), non essendo configurabile nessun legittimo affidamento del contravventore a vedere conservata una situazione di fatto che rimane contra ius. Il potere di irrogare delle sanzioni in materia edilizia ed urbanistica, riguardando una situazione di illiceità permanente, può quindi essere esercitato in ogni tempo, posto che la legge non lo sottopone a termini di prescrizione, né di decadenza. A sostegno di siffatta interpretazione vi è il confronto tra la sanzione demolitoria in materia edilizia e le sanzioni previste per l’illecito amministrativo dalla l. n. 689/1981. Infatti, ad escludere la sanzione ex l. n. 689/1981 occorre la buona fede del contravventore, che è desumibile non già dalla semplice inerzia dell’Amministrazione, ma dalla sussistenza di elementi positivi, idonei ad ingenerare nell’autore della violazione il convincimento della liceità della sua condotta, e deve, inoltre, risultare che il trasgressore abbia fatto tutto quanto possibile per conformarsi al precetto di legge, in modo che nessun rimprovero possa essergli mosso (Cass. civ., Sez. I, 28 aprile 2006, n. 9862) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.11.2007 n. 6200 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZIServizio pubblico - Art. 113 D.Lgs. n. 267/2000 - Gestione degli impianti - Erogazione del servizio - Modalità di conferimento - Esternalizzazione, “autoproduzione”, società mista.
L’art. 113 D.Lgs 267/2000 differenzia nettamente la disciplina della gestione (separata dall’erogazione del servizio) delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali dell’ente locale (co. 4 art. 113 cit.), da quella afferente l’erogazione del servizio che, in conformità alla previsioni comunitarie in materia di concorrenza, deve essere conferito: a) a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche; c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano. In ragione della normativa in parola, possono quindi essere individuati tre differenti modelli organizzativi. Ai due estremi si posizionano le contrapposte soluzioni riconducibili 1) alla c.d. esternalizzazione (variamente definita con il termine outsourging o contracting out) del servizio, in cui l’amministrazione si rivolge al privato, scelto attraverso gara (art. 113 co. 5 lett. a); ovvero 2) alla c.d. autoproduzione del bene o del servizio da erogare, mercè il ricorso alla propria compagine organizzativa e senza apertura a terzi e al mercato. Tra i differenti opposti, si posizione il modello riconducibile alla c.d. “società mista” (art. 113 co. 5 lett. b cit.), a prevalente partecipazione pubblica, in cui il socio privato è scelto con procedura di evidenza pubblica.
RIFIUTI - Pubblica amministrazione - In house providing - Partecipazione pubblica totalitaria - Necessità - Esclusione - Giurisprudenza comunitaria.
La giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee (causa C-107/98 - Teckal, C-26/03 - Stadt Halle e RPL Lochau; C 231/03; C 458/03; C-29/04; C-410/04; C-340/04; C-220/05) ha delineato i contorni dell’istituto dell’in house providing, precisando che la partecipazione pubblica totalitaria è condizione necessaria ma non sufficiente per la compatibilità del modello con le regole comunitarie. Queste ultime possono essere legittimamente derogate ove si dia prova che l’ente locale possa in concreto esercitare idonei mezzi di controllo sulla società in house, in misura più penetrante di quanto previsto dal diritto civile. Gli indici rivelatori del c.d. controllo analogo sono individuabili come segue:
- il consiglio di amministrazione della società in house non deve avere rilevanti poteri gestionali e l’ente pubblico deve poter esercitare maggiori poteri rispetto a quelli che il diritto societario riconosce alla maggioranza sociale;
- l’impresa non deve aver “acquisito una vocazione commerciale che rende precario il controllo” da parte dell’ente pubblico (tale vocazione risulterebbe, tra l’altro: dall’ampliamento dell’oggetto sociale; dall’apertura obbligatoria della società, a breve termine, ad altri capitali; dall’espansione territoriale dell’attività della società a tutta l’Italia e all’estero: cfr., in tal senso, le già citate sentenze 13.10.2005, causa C 458/03 - Parking Brixen GmbH e 10.11.2005, causa C-29/04 - Mödling o Commissione c/ Austria);
- le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante (cfr. Consiglio di Stato, Sez.V, decisione 08.01.2007, n. 5, in cui si afferma che se il consiglio di amministrazione ha poteri ordinari non si può ritenere sussistere un “controllo analogo”);
- il controllo analogo si ritiene escluso dalla semplice previsione nello statuto della cedibilità delle quote a privati (tra le tante cfr. Tar Puglia, 08.11.2006, n. 5197; Consiglio di Stato, V sez., 30.08.2006, n. 5072).
La stessa giurisprudenza comunitaria ha inoltre precisato che, in astratto, non è escluso un “controllo analogo” anche nel caso in cui il pacchetto azionario non sia detenuto direttamente dall’ente pubblico, ma indirettamente mediante una società per azioni capogruppo (c.d. holding) posseduta al 100% dall’ente medesimo.
RIFIUTI - Pubblica amministrazione - Società mista - Riconducibilità al modello dell’in house providing - Esclusione - Parere Cons. Stato n. 456/2007.
Il modello organizzativo della società mista non è riconducibile all’in house providing (cfr. Consiglio di Stato, parere n. 456/2007 del 18/04/2007, nonché Corte di Giustizia C.E. del 06.04.2006, causa C-410/04 - ANAV c/o Comune di Bari: “se la società concessionaria è una società aperta, anche solo in parte, al capitale privato, tale circostanza impedisce di considerarla una struttura di gestione «interna» di un servizio pubblico nell’ambito dell’ente pubblico che la detiene”).
RIFIUTI - Affidamento di servizi pubblici - Società mista - Compatibilità con il sistema comunitario - Condizioni.
Nell’ambito dell’affidamento di servizi pubblici, il modello “società mista” è percorribile (in un’ottica di compatibilità con il sistema comunitario e sempre che siano ravvisabili congrue ragioni per non procedere ad un affidamento integrale esterno) in presenza di adeguate garanzie, ossia:
1) che vi sia una sostanziale equiparazione tra gara per l’affidamento del servizio pubblico e gara per la scelta del socio, in cui quest’ultimo si configuri come un “socio industriale od operativo”, che concorre materialmente allo svolgimento del servizio pubblico o di fasi dello stesso;
2) che si preveda un rinnovo della procedura di selezione “alla scadenza del periodo di affidamento” (in tal senso, soccorre già una lettura del comma 5, lett. b), dell’art. 113 t.u.e.l. in stretta connessione con il successivo comma 12), evitando così che il socio divenga “socio stabile” della società mista, possibilmente prevedendo che sin dagli atti di gara per la selezione del socio privato siano chiarite le modalità per l’uscita del socio stesso (con liquidazione della sua posizione), per il caso in cui all’esito della successiva tara egli risulti non più aggiudicatario (così letteralmente C.d.S., sez.II, parere cit.) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. I,
sentenza 05.11.2007 n. 2511 - link a www.ambientediritto.it).

URBANISTICALottizzazione abusiva - Lottizzazione materiale e cartolare - Distinzione.
Secondo l’orientamento costante della giurisprudenza, si ha lottizzazione c.d. materiale con l'inizio della realizzazione di opere che comportano la trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni sia in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, approvati o adottati, ovvero di quelle stabilite direttamente in leggi statali o regionali, sia in assenza della prescritta autorizzazione. Si è in presenza della differente tipologia di lottizzazione c.d. formale, o cartolare, allorquando, pur non essendo ancora avvenuta una trasformazione lottizzatoria di carattere materiale, se ne sono già realizzati i presupposti con il frazionamento e la vendita o altri atti equiparati del terreno in lotti (che per le specifiche caratteristiche, quali la dimensione dei lotti stessi, la natura del terreno, la destinazione urbanistica, l'ubicazione e la previsione di opere urbanistiche, e per altri elementi riferiti agli acquirenti, evidenzino in modo non equivoco la destinazione ad uso edificatorio), creando così una variazione in senso accrescitivo sia del numero dei lotti che in quello dei soggetti titolari del diritto sul bene (cfr. Consiglio Stato , sez. IV, 11.10.2006 , n. 6060).
Lottizzazione abusiva - Art. 18 L. n. 47/1985 - Bene giuridico protetto - Individuazione.
Il bene giuridico protetto dalla norma di cui all’art. 18 L. n. 47/1985 (lottizzazione abusiva - oggi, art. 30 d.P.R. 380/2001) è da rinvenire non solo nell’esigenza di garantire un'ordinata pianificazione urbanistica, il che postula un corretto uso del territorio, ma anche (e soprattutto) l'effettivo controllo del medesimo da parte del Comune, chiamato a reprimere qualsiasi intervento di tipo lottizzatorio, non previamente assentito.
Lottizzazione abusiva - Destinazione a scopo edificatorio - Univocità degli elementi indiziari.
Sussiste lottizzazione abusiva ai sensi dell'art. 18 l. 28.02.1985 n. 47 ogni qualvolta si rinvengano elementi di fatto che comprovino in modo non equivoco la predisposizione dei terreni a scopo edificatorio (Consiglio Stato , sez. IV, 30.06.2005 , n. 3531). Non è quindi sufficiente la circostanza del mero frazionamento e vendita (o divisione) di lotti di terreno in zona agricola di superficie inferiore a quella stabilita dai piani regolatori per l'edificazione, dovendosi, sulla base della ricostruzione di un quadro indiziario che proceda dagli elementi indicati dalla norma, desumere in maniera non equivoca la destinazione a scopo edificatorio degli atti posti in essere dalle parti (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 30.03.2005, n. 2205). Diversamente opinando, qualsiasi frazionamento di terreni in comproprietà in singole unità inferiori alla previsione di PRG integrerebbe ex se la previsione normativa in parola.
Lottizzazione abusiva - Provvedimento di sospensione - Natura - Provvedimento cautelare a carattere vincolato - Comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Esclusione.
Il provvedimento di sospensione della lottizzazione abusiva di un'area, di cui all'art. 18 l. 28.02.1985 n. 47, ha natura cautelare e carattere sostanzialmente vincolato, con la conseguenza che per la sua adozione non è necessario l'invio della comunicazione di avvio del relativo procedimento (cfr. T.A.R. Calabria-Catanzaro, sez. I, 05.02.2002 , n. 142 e anche T.A.R. Lazio-Latina, 18.04.2000, n. 204) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. I,
sentenza 05.11.2007 n. 2493 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAINQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Disciplina di installazione e mantenimento di impianti radio base per telefonia cellulare - Fissazione di limiti "diversi" di emissione - Tutela della salute pubblica - Competenza dell'Autorità comunale - Esclusione.
La fissazione di limiti di emissione, ovvero, l'individuazione di una distanza minima delle stazioni radio base (SRB) da particolari tipologie di insediamenti abitativi, in quanto essenzialmente preordinata a garantire la tutela della pubblica salute da ipotizzabili fonti di inquinamento (o, comunque, di pregiudizio) non costituisce attribuzione che l'Amministrazione comunale possa autonomamente esercitare, ricevendo tale considerazione ulteriore conferma laddove le prescrizioni dettate in sede locale si pongano in contrasto con le indicazioni rivenienti da fonte normativa superiore; sicché l'individuazione di limiti, parametri e/o requisiti "diversi" da quelli rinvenibili nella normativa di derivazione statale non può, essere considerata legittima. All'Amministrazione comunale residua, l'esercizio di compiti di vigilanza e/o di attuazione che, con ogni evidenza, non involgono la titolarità di un'autonoma funzione decisoria. Appare pertanto evidente nella fattispecie il vizio di incompetenza nel quale è incorso il Comune di Roma nel fissare con delibera diversi limiti, invadendo così competenze statali e regionali.
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Legge quadro n. 36/2001 (protezione della popolazione dalle esposizione a campi elettromagnetici) - Parametri di esposizione e indici, oltre i limiti previsti a livello nazionale - Ripartizioni di competenze tra Stato ed Enti locali.
Ai sensi della legge quadro 22.02.2001, n. 36 (sulla protezione della popolazione dalle esposizione a campi elettromagnetici), che ha disciplinato in modo organico la materia, fissandone i principi fondamentali, e che ha indicato le ripartizioni di competenze tra Stato ed Enti locali, ai Comuni non è consentito in alcun modo, soprattutto in assenza delle leggi attuative regionali, discostarsi dai criteri di valore indicati a livello statale, per applicare criteri diversi, come sembra essere avvenuto nella fattispecie con riguardo all’introduzione di taluni parametri di esposizione e indici, oltre i limiti previsti a livello nazionale. Con riguardo alla rilevata incompetenza, va peraltro rilevato, che la Corte Costituzionale, con sentenza 8.2.2006 n. 103, ha ribadito che compete allo Stato la fissazione delle soglie di esposizione e la determinazione dei limiti di esposizione, spettando alle Regioni la disciplina dell’uso del territorio in funzione della localizzazione degli impianti e quindi l’indicazione dei criteri che debbono però rispettare le esigenze della pianificazione nazionale di settore.
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Impianti di telecomunicazioni - Localizzazione - Protezione delle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici - Corte costituzionale - Ricostruzione delle competenze - Legge quadro L. n. 36/2001.
La fissazione a livello nazionale dei valori soglia, non derogabili da parte delle Regioni nemmeno in senso più restrittivo, rappresenta il punto di equilibrio fra le esigenze contrapposte di evitare al massimo l’impatto delle emissioni elettromagnetiche, e di realizzare impianti necessari al paese, nella logica per cui le competenze delle Regioni in materia di trasporto dell’energia e di ordinamento della comunicazione è di tipo concorrente, vincolata ai principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato e che tutt’altro discorso deve farsi circa le discipline localizzative e territoriali, essendo a tal proposito logico “che riprenda pieno vigore l’autonoma capacità delle regioni e degli Enti locali di regolare l’uso del proprio territorio, purché, ovviamente, criteri localizzativi e standard urbanistici rispettino le esigenze della pianificazione nazionale degli impianti e non siano, nel merito, tali da impedire od ostacolare ingiustificatamente l’insediamento degli stessi (Corte costituzionale 07.10.2003, n. 307 e, in senso conforme, la successiva sentenza 07.11. 2003, n. 331).
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Criteri di fissazione dei limiti di esposizione - Tutela dell’ambiente Strumenti di natura edilizia-urbanistica - Compatibilità e limiti.
La fissazione di limiti di esposizione ai campi elettromagnetici diversi da quelli stabiliti dallo Stato (con il D.M. 381/1998) non rientra nell’ambito delle competenze attribuite ai comuni dal citato art. 8; ma alla stregua della disposizione in esame nemmeno è consentito che il Comune, attraverso il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia-urbanistica, adotti misure che nella sostanza costituiscono una deroga ai predetti limiti di esposizione fissati dallo Stato, quali ad esempio il generalizzato divieto di installazione delle stazioni-radio base per la telefonia cellulare in tutte le zone territoriali omogenee a destinazione residenziale; ovvero introdurre misure che pur essendo tipicamente urbanistiche (distanze, altezze, ecc…) non siano funzionali al governo del territorio, quanto piuttosto alla tutela dai rischi dell’elettromagnetismo (C.d.S. Sez. VI, sentenze 26.07.2005, n. 4000, 10.02.2003 n. 673 e 30.05.2003, n. 2997). Inoltre, l’attinenza della materia anche alla tutela dell’ambiente e comunque il valore di principio fondamentale della disciplina inerente ai criteri di fissazione dei limiti di esposizione costituiscono elementi in base a cui ritenere la compatibilità di una uniforme fissazione dei predetti limiti sull’intero territorio nazionale anche alla luce del mutato quadro costituzionale di riferimento, potendo comunque le competenze attribuite alle regioni ed agli enti locali essere esercitate nel rispetto dei limiti di esposizione fissati a livello centrale (C.d.S. Sez. VI, 03.06.2002, sentenza n. 3098).
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Tutela della salute - Competenza dello Stato - Insediamento degli impianti di telecomunicazione - Criteri per l’installazione - C.d. uso del territorio - Principi e discipline applicabili.
La determinazione di profili di tutela della salute spetta allo Stato, non alle Regioni, tanto meno ai Comuni, i quali ultimi, nel regolare l’uso del proprio territorio, devono comunque rispettare le esigenze della pianificazione nazionale e non adottare le misure che siano tali da ostacolare in modo ingiustificato o impedire l’insediamento degli impianti di telecomunicazione. Nella specie, è stata rigettata la tesi del Comune appellante secondo cui l’installazione delle infrastrutture di telefonia mobile potrebbe essere tollerata solo nelle aree del territorio comunale scelte dall’Amministrazione, con conseguente divieto di installazione in tutte le altre zone. Siffatta tesi si pone, altresì, in contrasto anche con il sopravvenuto D.Lgs. 01.08.2003, n. 259, che all’art. 86, comma 3, ha equiparato le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione alle opere di urbanizzazione primaria (disposizione questa da cui si desume che, in linea generale, la collocazione di tali infrastrutture è consentita su tutto il territorio comunale) e con l’art. 87 che, in attuazione dei criteri di delega contenuti nell’art. 41 della legge n. 166 del 2002 e delle direttive comunitarie da recepire, ha previsto uno speciale procedimento autorizzatorio, che è informato ai principi di non discriminazione, di trasparenza, di riduzione dei termini e di uniformità di regolazione (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 02.11.2007 n. 5673 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATABENI CULTURALI E AMBIENTALI - Annullamento delle autorizzazioni - Termine - Fase di comunicazione o notificazione - Computo - Esclusione.
Il termine del potere di annullamento delle autorizzazioni, emesse ex art. 7 della legge n. 1497/1939, entro 60 giorni dalla data di ricevimento della richiesta ha natura perentoria, ed è riferito alla data di adozione del provvedimento e non anche alla successiva fase di comunicazione o notificazione (fra le tante, Cons. St., sez. VI, 11.08.2000, n. 4465, 24.05.2000, n. 3010, 08.03.2000, n. 1162, 17.02.2000, n. 885).
Tutela ambientale, paesaggistico-territoriale - Rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria - Motivato dissenso.
Il motivato dissenso, espresso da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale” ovvero alla tutela “del patrimonio storico artistico…preclude il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria (Cons. St., sez. VI, 26.01.2001, n. 249).
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Sanatoria - Anteriorità dell’intervento abusivo rispetto al vincolo - Vincolo d’inedificabilità relativa - Obbligo di acquisire il parere.
Sussiste l’obbligo di acquisire il parere, previsto dalla L. n. 47/1985 per tutte le fattispecie di condono riferibili ad aree vincolate, in cui l’inedificabilità sia relativa (ovvero, sottoposta ad una specifica valutazione tecnico-discrezionale, che assicuri la compatibilità dell’edificazione ammessa a sanatoria con i valori tutelati, indipendentemente dal fatto che il vincolo sia antecedente o successivo all’edificazione Cons. St., Ad. Plen. 22.07.1999, n. 20; Cons. St., sez. VI, 11.12.2001, n. 6210, 07.10.2003, n. 5918 e 06.06.2003, n. 3186).
Nulla osta paesaggistico - Annullamento ministeriale - Limiti del controllo - Amministrazione comunale - Atti consequenziali al diniego di autorizzazione - Rinnovazione dell’istruttoria.
In ambito di annullamento ministeriale è da escludere che tale potestà possa trascendere i limiti del controllo di mera legittimità, con sovrapposizione o sostituzione di una valutazione di merito dell’Autorità centrale al giudizio dell’Ente locale, cui è rimesso l’apprezzamento di compatibilità dell’intervento edilizio con le esigenze di tutela del territorio, oggetto di vincolo paesaggistico (Cons. St., sez. VI, 23.09.2002, n. 4812). Tuttavia, dopo l’annullamento ministeriale del nulla osta paesaggistico l’Amministrazione comunale può senz’altro procedere all’adozione degli atti consequenziali al diniego di autorizzazione, ma può anche procedere alla rinnovazione dell’istruttoria, ove ne ricorrano i presupposti (Cons. St., n. 4812/02 cit.).
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Atti discrezionali (nella specie nulla osta paesaggistico) - Provvedimenti positivi - Motivazione - Necessità - Principi di trasparenza e buona amministrazione - Art. 3, c. 1 L. n. 241/1990.
I principi di trasparenza e buona amministrazione impongono che anche i provvedimenti positivi siano motivati, soprattutto in presenza di atti discrezionali da cui discenda, come nel caso di specie, una irreversibile alterazione dello stato dei luoghi, con incidenza non solo sugli interessi dei privati proprietari, ma anche sull’interesse pubblico alla tutela del territorio in aree vincolate (Cons. St., sez. VI, 13.02.2001, n. 685); non può, dunque, non applicarsi anche al parere ex art. 7 L. n. 1497/1939 la prescrizione, di cui all’art. 3, comma 1 della legge n. 241/1990, a norma del quale il difetto di motivazione deve considerarsi violazione di legge (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 02.11.2007 n. 5669 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAVincolo cimiteriale - Natura e finalità - Attività edificatoria dei privati in prossimità dei cimiteri - Vincolo di inedificabilità assoluta - Orientamenti giurisprudenziali.
In tema di vincolo cimiteriale, le finalità perseguite dalla normativa (oggi art. 28 l. 01.08.2002 n. 166) sono di superiore rilievo pubblicistico e rivolte essenzialmente a garantire la futura espansione del cimitero, a garantire il decoro di un luogo di culto nonché, non da ultimo, assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi per loro natura insalubri (in merito al divieto di costruire nuovi edifici “vincolo di inedificabilità assoluta” C.d.S. sez. IV 12.03.2007 n.1185, C.d.S., sez. V, 12.11.1999, n. 1871; CdS, sez. II, parere 28.02.1996, n. 3031/95; Tar Lombardia-Milano, 11.07.1997 n. 1253; Tar Toscana, I sezione, 29.09.1994, n. 471). Trattasi, di una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul bene e non suscettibile di deroghe di fatto, siccome riconducibile a previsione generale, concernente tutti i cittadini, in quanto proprietari di beni che si trovino in una determinata situazione, e perciò individuabili a priori (Cass. Civ. sez. I, 29.11.2006 n. 25364). La natura assoluta del vincolo non si pone in contraddizione logica con la possibilità che nell’area indicata insistano delle preesistenze, e/o che ad esse vengano assegnate destinazioni compatibili con la esistenza del vincolo (Cass. Civ. sez. I, 16.07.1997, n. 6510), ma essa mira essenzialmente ad impedire l’ulteriore addensamento edilizio dell’area giudicato ex lege incompatibile con le prioritarie esigenze di tutela igienico-sanitaria, e di tutela del culto sottese alla imposizione del vincolo. (In giurisprudenza contra: l’orientamento secondo cui la fascia di rispetto cimiteriale: “non comporta ex se un'inedificabilità assoluta ma è l'Autorità preposta alla tutela del vincolo che, in sede di formulazione del parere, deve specificare i motivi ostativi alla realizzazione del singolo manufatto e ciò in quanto la presenza di alcuni edifici all'interno della zona di rispetto cimiteriale non concreta di per sé una violazione della distanza minima, posto che questa è fissata dall'art. 338 del T.U. 27.07.1934 n. 1265, in relazione ai centri abitati, e non ai fabbricati sparsi che non possono ricondursi ai primi.” (così: TAR Trentino Alto Adige-Trento, sent. n. 64 del 02.04.1997; in termini: CdS, sez. IV sent. n. 775 del 16.09.1993; TAR Trentino Alto Adige-Trento, sent. n. 336 del 01.08.1994. Nel senso che la distanza minima, oltre la quale deve essere collocato il cimitero, fissata dall'art. 338 della legge citata, si riferisce ai centri abitati e che, pertanto, la presenza di alcuni edifici all'interno della zona di rispetto non concreta di per sé una violazione di tale distanza, cfr. C.d.S. n 775/1993 Tar Emilia Romagna-Bologna, I sez. 27.09.1997, n. 622; Tar Marche 12.08.1997, n. 677; Tar Campania-Napoli, 09.06.1997, n. 1503).
Trasformazione di edificio preesistente - Demolizione radicale e ricostruzione - Qualificazione dell’intervento - Ricostruzione - Piena conformità di sagoma, volume, e superficie, tra il vecchio ed il nuovo manufatto - Concetto di “recupero del volume preesistente” - Concetto della “ristrutturazione edilizia” - Concetto di “nuova edificazione”- D.p.r, 380/2001 mod. dall'art. 1 del d.lgs. n. 301/2002 - Giurisprudenza.
La trasformazione di un edificio preesistente, finalizzata al suo recupero funzionale, può essere compiuta anche attraverso la demolizione radicale e la ricostruzione di parti rilevanti del manufatto, specie quando ciò risulti più conveniente sotto il profilo tecnico od economico, anche nelle ipotesi di totale demolizione e ricostruzione dell'edificio, purché il nuovo edificio corrisponda pienamente a quello preesistente. (Al riguardo, la giurisprudenza, impone la piena conformità di sagoma, volume, e superficie, tra il vecchio ed il nuovo manufatto. Nello specifico contesto del recupero del patrimonio edilizio esistente, la demolizione rappresenta lo strumento necessario per la realizzazione del risultato finale, costituito dal pieno ripristino del manufatto. Tale orientamento resta confermato anche in seguito alla modifica del d.p.r, 380/2001 introdotta dall'art. 1 del d.lgs. 27.12.2002 n. 301, che ha fatto venir meno il vincolo della “fedele ricostruzione”, così estendendosi ulteriormente il concetto della ristrutturazione edilizia. Tale innovazione non fa comunque venir meno i limiti che condizionano le caratteristiche della ristrutturazione e consentono di distinguerla dall'intervento di nuova costruzione: vale a dire la necessità che la ricostruzione corrisponda, quanto meno nel volume e nella sagoma, al fabbricato demolito, C.d.S. sez. V 30.08.2006 n. 5061; C.d.S. sez. IV, 28.07. 2005 n. 4011) (TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 31.10.2007  n. 15615 - link a www.ambientediritto.it).

URBANISTICAPiano di recupero - Natura - Strumento di pianificazione urbanistica - Impugnazione - Termine di decadenza - Decorrenza - Fattispecie.
Il piano di recupero è da considerarsi uno strumento di pianificazione urbanistica, la cui impugnativa, da parte di soggetti ad esso estranei, deve essere fatta entro il termine di decadenza a decorrere dalla data di pubblicazione della delibera di approvazione (C.d.S., sez. V, n. 2284/2001). Nella specie, non è stata condivisa la tesi della necessità della notifica individuale della delibera di approvazione del piano di recupero, avendo questo ad oggetto un singolo immobile (e non un intero quartiere con pluralità indeterminata di destinatari), ben potendo essere proposta la sua impugnativa, unitamente ai permessi di costruire, la cui sola conoscenza ha consentito di avere contezza della lesività del piano di recupero medesimo (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 19.10.2007 n. 5457 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAAutorizzazione rilasciata in emergenza occorsa in sede di esecuzione dei lavori ex art. 22 del d.p.r. n. 380/2001 - Ulteriore autorizzazione paesaggistica - Necessità - Esclusione.
Nei casi in cui, ai sensi dell’art. 22 del d.p.r. n. 380/2001, l’autorizzazione è stata rilasciata per ovviare ad una emergenza occorsa in sede di esecuzione dei lavori e non persegue alcuna finalità innovativa rispetto alle previsioni del piano di recupero, la modifica imposta dalla situazione di pericolo che si è venuta a determinare nel corso dell’esecuzione dei lavori, non può comportare la necessità di una ulteriore autorizzazione paesaggistica, essendo la precedente esaustiva della valutazione positiva di compatibilità ambientale, che non può dirsi compromessa da una limitata demolizione e fedele ricostruzione, dovuta al fatto che “la funzionalità statica delle suddette murature è compromessa”.
Tutela paesistico-ambientale nella L.R. Lombardia n. 18/1997 - Relazione dell’esperto ambientale.
In base al contenuto della normativa regionale, articoli 5 e 8 della legge regionale n. 18/1997 (riordino delle competenze e semplificazione delle procedure in materia di tutela dei beni ambientali e di piani paesistici e di subdeleghe agli enti locali), la relazione dell’esperto ambientale non è necessaria che preceda la seduta della commissione edilizia, né che sia resa disponibile durante la seduta medesima (dec. n. 2073/2005) (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 19.10.2007 n. 5457 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAArea assoggettata a vincolo imposto a tutela degli interessi paesistici - Assenza del titolo abilitativo edilizio - Domanda di condono - Sospensione del processo - Assenza dei presupposti di legge - Effetti.
E' irrilevante, in ipotesi di opere abusive non suscettibili di sanatoria ai sensi dell'art 32 del D.L. n. 269/2003, l'effettiva ultimazione dell'opera nel termine massimo in cui la legge consente la sanabilità. Pertanto, nel caso in cui il giudice sospenda il processo (ex artt. 44 o 38 della legge n. 47/1985) in assenza dei presupposti di legge, la sospensione è inesistente ed il corso della sospensione non è interrotto.
Potenziale compromissione dei valori del paesaggio - Art. 181, c. 1, D.Lgs. n. 42/2004 - Configurabilità dell'illecito - Reato di pericolo - Effettivo pregiudizio per l’ambiente - Necessità - Esclusione.
Il reato di cui all'art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999 (già art. 1-sexies della legge n. 431/1985 ed attualmente art. 181, comma 1, del D.Lgs. 22.01.2004, n. 42) è reato di pericolo astratto e, pertanto, per la configurabilità dell'illecito, non è necessario un effettivo pregiudizio per l’ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspettò esteriore degli edifici (Cass., Sez. III: 16.11.2001, a 40862, Fara; 23.01.2002, n. 2398, Zecca ed altro; 28.03.2003, n. 14461, Carparelli; 29.04.2003, n. 19761, Greco ed altri; 28.09.2004, n. 38051, Coletta; Corte Cost., sent. n. 247 del 1997 ed ord. n. 68 del 1988).
Zone paesisticamente vincolate - Assenza dell'autorizzazione ex art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 - Effetti.
Nelle zone paesisticamente vincolate è inibita -in assenza dell'autorizzazione già prevista dall'art. 7 della legge n. 1497 del 1939, le cui procedure di rilascio sono state innovate dalla legge n. 431/1985 e sono attualmente disciplinate dall'art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004- ogni modificazione dell'assetto del territorio, attuata attraverso lavori di qualsiasi genere, non soltanto edilizi (ad eccezione, quanto a questi ultimi lavori, dei soli interventi consistenti nella manutenzione, ordinaria e straordinaria, e nel consolidamento statico o restauro conservativo, purché non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici).
Nozione di pertinenza urbanistica e art. 817 cod. civ..
La nozione di pertinenza urbanistica, diversamente da quella dettata dall'art. 817 del codice civile, ha peculiarità sue proprie, dovendo trattarsi di un’opera - che abbia comunque una propria individualità fisica ed una propria conformazione strutturale - preordinata ad una oggettiva esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e diverga da quella a servizio dell'immobile cui accede (Cass.. Sez. III, 09.12.2004, Bufano).
Opera pertinenziale - Nozione.
L'opera pertinenziale, non deve essere parte integrante o costitutiva di altro fabbricato, sicché non può considerarsi tale l'ampliamento di un edificio che, per la relazione di congiunzione fisica con esso, ne costituisca parte, come elemento che diviene essenziale all'immobile o lo completa affinché esso meglio soddisfi ai bisogni cui è destinato (Cass., Sez. III: 11.05.2005, Grida; 17.01.2003, Chiappalone).
Opera abusiva - Ordine di demolizione - Subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione - Funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato.
In materia urbanistica, deve ritenersi definitivamente superata, la visione di un giudice supplente della pubblica Amministrazione, in quanto è il territorio a costituire l’oggetto della tutela posta dalle relative norme penali: non può affermarsi, pertanto, che la legge riserva all’autorità amministrativa ogni tipo di intervento nella materia e, avendo l’ordine di demolizione la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato, ben può trovare applicazione l’art. 165 cod. pen. Pertanto, è legittima la subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell’opera abusiva. (Cass. Sezioni Unite sentenza 03.02.1997, n. 714, ric. Luongo). (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 16.10.2007 n. 38071 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATANulla osta paesaggistico - Provvedimento di annullamento - Natura - Comunicazione o notificazione - Termine - Funzione.
E’, ormai, jus receptum che il provvedimento di annullamento del nulla osta paesaggistico non ha natura di atto recettizio e, quindi, il termine perentorio di sessanta giorni previsto per la sua adozione attiene al solo esercizio del potere di annullamento da parte dell’amministrazione statale e non anche alla comunicazione o notificazione ai destinatari del provvedimento stesso; e che, sotto tale profilo, il termine risultava pienamente rispettato (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 09.10.2007 n. 5237 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATADenuncia di inizio attività (D.I.A.) - Decorrenza del termine di 30 giorni - Effetti - Potere di controllo delle attività edilizie - Artt. 23 e 27, c. 1 D.P.R. n. 380/2001.
Nell’ambito del potere di autotutela, l’Amministrazione anche una volta decorso il termine di trenta giorni può esercitare il suo generale potere di controllo sulle attività edilizie, per il quale l’art. 27, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001 non prevede alcun termine di decadenza, sia quando le opere in corso o realizzate non corrispondano a quelle oggetto della denuncia, sia quando le opere non possono essere realizzate con una semplice D.I.A. perché richiedono il permesso di costruire. Inoltre, il suddetto termine di trenta giorni è previsto solo per la verifica della sussistenza delle condizioni richieste dall’art. 23, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001, ma non può certo essere riferito al generale potere previsto dall’art. 27, comma 1, D.P.R. n. 380 del 2001. (ex multis, T.A.R. Veneto Venezia, Sez. II, 18.12.2006, n. 4095; T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, n. 7221/2006; T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, n. 3200/2006 cit.; T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, 03.02.2006, n. 1506; T.A.R. Lombardia Milano, Sez. II, 17.01.2006, n. 72).
Mutamenti di destinazione d’uso di immobili o loro parti - Trasformazione di una porcilaia in abitazione privata - Ristrutturazione edilizia - Esclusione - Modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico - D.P.R. n. 380/2001 - L. R. Campania n. 19/2001.
In materia edilizia, la trasformazione di una porcilaia in abitazione privata, si configura come un intervento di ristrutturazione edilizia che determina un’evidente modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico. Nel caso in specie, a fronte del combinato disposto degli articoli 10, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001, e art. 2, comma 1, lettera f), della legge Regione Campania n. 19/2001 deve, ritenersi che in Zona A non possano comunque essere realizzati in base ad una semplice D.I.A. i cambi di destinazione d’uso di immobili o loro parti che, pur risultando astrattamente compatibili con le categorie consentite dalla strumentazione urbanistica, intervengano tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee e, quindi, integrino una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico (TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 04.10.2007 n. 8951 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAAutorizzazione paesaggistica - Valutazione della compatibilità paesistica degli interventi edilizi - Amministrazione comunale - Soprintendenza - Poteri e limiti.
In materia di autorizzazione paesaggistica, l’Amministrazione comunale, quale soggetto cui compete la valutazione della compatibilità paesistica degli interventi edilizi, può ben subordinare il rilascio dell’autorizzazione paesistica all’esecuzione di specifiche modifiche progettuali finalizzate a mitigare l’impatto ambientale dell’intervento abusivo, di converso la Soprintendenza nell’esercizio dei suoi poteri di controllo può solo verificare, come già evidenziato in precedenza, la legittimità delle autorizzazioni paesistiche, ma non può spingersi al punto di imporre prescrizioni o suggerire modifiche progettuali. (T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 08.06.2007, n. 6052; 21.05.2007, n. 5494).
Autorizzazione paesaggistica - Potere di annullamento attribuito alla Soprintendenza - Riesame complessivo delle valutazioni tecnico-discrezionali - Esclusione - Mero controllo di mera legittimità.
Il potere di annullamento dell’autorizzazione paesistica (cui va equiparato il parere di compatibilità paesistica previsto dall’art. 32 della legge n. 47/1985) attribuito alla Soprintendenza non può comportare un riesame complessivo delle valutazioni tecnico-discrezionali compiute dall’Ente locale, tale da consentire la sovrapposizione o la sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione, ma si estrinseca in un mero controllo di mera legittimità.
Autorizzazione paesaggistica - Valutazione della compatibilità paesistica degli interventi edilizi - Poteri e limiti - Giurisprudenza - Art. 159 D. L.vo n. 42/2004.
Il potere riconosciuto al Ministero per i beni Culturali ai sensi dell’articolo 82 del D.P.R. n. 616/1977 (ora articolo 159 del decreto legislativo n. 42/2004) è da intendersi quale espressione non già di un generale riesame nel merito della valutazione dell’Ente delegato, bensì di un potere di annullamento per motivi di legittimità, riconducibile al più generale potere di vigilanza, che il Legislatore ha voluto riconoscere allo Stato nei confronti dell’esercizio delle funzioni delegate alle Regioni ed ai Comuni in materia di gestione del vincolo, (ex multis: Cons. Stato, Sez. VI, 12.05.2004, n. 2985; 08.04.2004, n. 1994), fermo restando che il controllo di legittimità può riguardare anche tutti i possibili profili dell’eccesso di potere (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 11.09.2003, n. 5099; T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 10.12.2004, n. 18694) (TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 04.10.2007 n. 8944 - link a www.ambientediritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVIAnnullabilità del provvedimento amministrativo in violazione di norme sul procedimento - Limiti - L. n. 241/1990 e s.m.. L’art. 21-octies, comma 2, della Legge n. 241/1990 e s.m. si articola in due distinte previsioni.
La prima, a carattere generale, dispone che “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. La seconda, dedicata ad una specifica norma sul procedimento amministrativo -l’art. 7 della legge n. 241/1990- afferma che “il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’Amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Attività vincolata della P.A. - Poteri del giudice - Verifica d’ufficio del raggiungimento dello scopo - Attività discrezionale - L. n. 241/1990 e s.m..
Solo in caso di attività vincolata dell’Amministrazione, il giudice può effettivamente verificare la corrispondenza del contenuto dispositivo del provvedimento finale al contenuto prescritto dalla legge, prescindendo da una verifica degli effetti delle eventuali violazioni di carattere procedimentale e formale sul contenuto dispositivo del provvedimento, perché tale contenuto è rigidamente predeterminato dalla legge e, quindi, attraverso l’esame dei motivi di ricorso può risultare palese che, nonostante l’esistenza di vizi procedimentali o formali, lo scopo dell'azione amministrativa è stato raggiunto (T.A.R. Campania-Napoli, Sez. IV, 20.11.2006, n. 9983). Pertanto, proprio in ragione della predeterminazione normativa del contenuto del provvedimento finale il giudice può procedere d’ufficio alla verifica del raggiungimento dello scopo senza che ciò si traduca in un vero e proprio stravolgimento dei rapporti tra Giudice amministrativo e Amministrazione, regolati dal principio della separazione dei rispettivi poteri. Viceversa, laddove sussista discrezionalità amministrativa, perché la legge si è limitata ad indicare obiettivi e criteri lasciando all’Amministrazione il compito di individuare il contenuto dispositivo del provvedimento finale, si deve escludere in radice che possa emergere in modo palese il raggiungimento dello scopo dell’azione amministrativa, proprio perché le violazioni di carattere procedimentale e formale sono presumibilmente destinate ad incidere sul contenuto dispositivo del provvedimento finale. Ed è questa la ragione per cui il legislatore ha previsto -seppure limitatamente alla violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990- che sia la stessa Amministrazione a dimostrare in giudizio che lo scopo dell’azione amministrativa è stato comunque raggiunto (TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 04.10.2007 n. 8943 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAAutorizzazione paesaggistica - Annullamento - Esercizio del potere - Termine - D. L.vo n. 490/1999.
In materia di beni culturali e ambientali, il termine perentorio di sessanta giorni previsto dall’art. 151, comma 4, del Decreto Legislativo n. 490/1999 (applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame) decorre dalla ricezione, da parte della Soprintendenza, dell’autorizzazione rilasciata completa della relativa documentazione tecnico-amministrativa (Cons. Stato, Sez. II, 18.01.2006, n. 2449), ed attiene esclusivamente alla fase dell’esercizio del potere di annullamento da parte della Soprintendenza e non alla successiva fase di comunicazione o notificazione del provvedimento di annullamento (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 08.03.2006, n. 1261).
Autorizzazione paesaggistica - Annullamento - Natura - Provvedimento di amministrazione attiva - Provvedimenti vincolati e discrezionale - Differenza.
L’annullamento ministeriale dell’autorizzazione paesistica costituisce un provvedimento di amministrazione attiva, in quanto espressione del potere di cogestione del vincolo paesistico da parte dello Stato e della Regione (o Ente subdelegato), ed è posto ad estrema difesa del vincolo stesso, sicché va esclusa in radice la possibilità di configurare un potere statale di controllo in relazione all’autorizzazione paesistica rilasciata dalla Regione (o ente subdelegato) (Cons. Stato, Ad. Plen., 14.12.2001, n. 9). Ne consegue che, mentre alla decisione di annullamento di un atto controllato va riconosciuta, secondo i principi generali, la natura vincolata e di atto dovuto, la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. VI, 13.02.2001, n. 685) ritiene che il Ministero possa ritenere pienamente giustificato l’accoglimento dell’istanza e non annullare l’autorizzazione paesistica rilasciata, seppure essa non risulti adeguatamente motivata (ferma restando, ovviamente, la tutela giurisdizionale del terzo che impugni la predetta autorizzazione). La natura discrezionale del potere statale di annullamento dell’autorizzazione paesistica esclude quindi in radice, in relazione ai provvedimenti che costituiscono espressione di tale potere, la possibilità di fare applicazione della prima parte dell’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241/1990, posto che tale disposizione, riguarda espressamente i provvedimenti vincolati.
Annullamento dell’autorizzazione paesistica - Omissione di formale comunicazione dell’avvio del procedimento - C.d. conoscenza aliunde - Meccanismi procedurali alternativi - Principio del raggiungimento dello scopo della norma violata - Art. 7 L. n. 241/1990.
La comunicazione prevista dall’art. 7 della legge n. 241/1990 non costituisce un adempimento fine a sé stesso, ma è volta a consentire un’effettiva partecipazione attiva al procedimento da parte dei soggetti destinatari dell’attività amministrativa. Pertanto, non preclude l’operatività del principio del raggiungimento dello scopo della norma violata, in forza del quale laddove sia provato (come nel caso in esame) che l’interessato è stato comunque posto in condizione di partecipare al procedimento amministrativo questi non può dolersi dell’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento stesso (T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 21.05.2007, n. 5494).
Autorizzazioni paesistiche - Annullamento - Poteri di controllo - Suggerimento di modifiche progettuali - Esclusione - Valutazione della compatibilità paesistica degli interventi edilizi - Competenza comunale.
Il potere di annullamento ministeriale dell’autorizzazione paesistica non presuppone un generale riesame nel merito delle valutazioni dell’Ente delegato perché, essendo riconducibile al più generale potere di vigilanza che il Legislatore ha voluto riconoscere allo Stato nei confronti dell’esercizio delle funzioni delegate alle Regioni (o agli Enti subdelegati) in materia di gestione del vincolo, esso implica soltanto un controllo di legittimità delle autorizzazioni paesistiche rilasciate dalle Regione (o dagli Enti subdelegati) (Cons. Stato, Ad. Plen., n. 9/2001 cit.; Sez. VI, 12.05.2004, n. 2985; 08.04.2004, n. 1994). Pertanto, se è vero che la Soprintendenza nell’esercizio dei suoi poteri di controllo può verificare la legittimità delle autorizzazioni paesistiche anche sotto tutti i profili sintomatici dell’eccesso di potere (Cons. Stato, Sez. VI, 11.09.2003, n. 5099; T.A.R. Campania-Napoli, Sez. IV, 10.12.2004, n. 18694), ciò non significa che essa possa spingersi fino al punto di suggerire modifiche progettuali (ex multis: Cons. Stato, Ad. Plen., n. 9/2001 cit.; T.A.R. Campania-Napoli, Sez. VII, 08.06.2007, n. 6052; 21.05.2007, n. 5494), perché tali modifiche possono essere imposte esclusivamente dalla amministrazione comunale, cui compete la valutazione della compatibilità paesistica degli interventi edilizi (TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 04.10.2007 n. 8943 - link a www.ambientediritto.it).

URBANISTICAP.I.P. (Piano Insediamenti Produttivi) - Inosservanza delle formalità pubblicitarie - Effetti.
L’inosservanza delle formalità pubblicitarie richieste dalla legge per l’approvazione del piano per insediamenti produttivi comporta l’inefficacia di tale strumento urbanistico e la sua inutilizzabilità, nella procedura oggetto di causa, quale dichiarazione di pubblica utilità. Inoltre, la mancanza della dichiarazione di pubblica utilità determina, l’illegittimità ed il conseguente annullamento di tutti gli atti impugnati emessi dopo la delibera di adozione mentre quest’ultimo atto ed i provvedimenti precedenti restano esclusi dalla tutela caducatoria in quanto essi, per la loro attuale inefficacia, sono inidonei ad arrecare una lesione.
P.I.P. - Inosservanza delle formalità pubblicitarie - Effetti - Artt. artt. 27 L. n. 865/1971 e 6 L. n. 167/1962.
Ai sensi degli articoli artt. 27 L. n. 865/1971 e 6 L. n. 167/1962, l’adozione del piano è soggetta a pubblicazione con deposito per venti giorni nella segreteria comunale mentre l’approvazione dello strumento urbanistico da parte dell’autorità regionale va inserita per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, deve essere depositata presso la segreteria del Comune e di tale deposito deve essere data notizia (“con atto notificato nella forma delle citazioni”) a ciascun proprietario degli immobili ricompresi nel piano (Cons. Stato sez. IV n. 234/1989). Pertanto, gli atti conclusivi di entrambe le predette fasi sono sottoposti ad oneri pubblicitari che ne condizionano l’efficacia (TAR Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 03.10.2007 n. 8853 - link a www.ambientediritto.it).

LAVORI PUBBLICIDichiarazione di pubblica utilità - Annullamento giurisdizionale - Richiesta di risarcimento del danno - Competenza - Giudice amministrativo.
In caso di annullamento ex tunc della dichiarazione di pubblica utilità, la richiesta di risarcimento del danno conseguente all'annullamento giurisdizionale spetta al giudice amministrativo. (Cons. Stato A.P. n. 9/2007; Cons. Stato sez. IV n. 3752/2007; Cass. SS.UU. n. 3724/2007).
Dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità delle opere - Annullamento - Effetti - Occupazione “usurpativa e occupazione appropriativa - Distinzione.
L’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità comporta che l’attività esecutiva della pubblica amministrazione di apprensione del bene e di irreversibile trasformazione dello stesso sia qualificabile come comportamento materiale riconducibile nell’ambito dell’occupazione “usurpativa” (Cass. n. 1814/00) che si distingue dall’occupazione appropriativa la quale presuppone l’esistenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità. Il venir meno degli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità delle opere, la cui eliminazione, per il peculiare nesso procedimentale ivi configurabile, si riverbera con effetto caducante sul decreto di esproprio (così Cons. Stato sez. IV n. 3984/2007; Cons. Stato sez. IV n. 3040/2003; Cons. Stato sez. V n. 3833/2002).
Risarcimento del danno - Occupazione usurpativa - Illecito permanente - Quantificazione - Somme annualmente rivalutate.
Nel caso di occupazione usurpativa l'illecito è permanente, in quanto derivante da illegittimità originaria della fattispecie, e solo con la richiesta dell’integrale risarcimento del danno da parte del proprietario, qualificabile come abdicazione del diritto alla tutela reintegratoria (nella fattispecie identificabile con il deposito del ricorso introduttivo), cessa il dovere dell'amministrazione di porre fine alla cennata situazione permanente di antigiuridicità ed inizia a decorrere il termine prescrizionale dell'azione risarcitoria (in questo senso TAR Campania-Napoli n. 1582/2004; TAR Campania-Napoli n. 7619/2003; Cass. n. 15710/2001). Pertanto, in ordine all’entità del risarcimento va rilevato che nell’occupazione usurpativa solo alla data della domanda di risarcimento, e alla conseguente dismissione della proprietà da parte del danneggiato, si verifica la cessazione della permanenza dell'illecito, dovendosi ritenere che chi domanda l'equivalente del valore dell'area consente contestualmente la permanenza successiva dell'occupazione già illecita, in tal modo determinando una esimente per la condotta successiva alla domanda stessa, per chi è nel possesso dell'immobile; a tale data, deve intendersi maturato il danno per la perdita della proprietà che deve essere liquidato in relazione al valore di mercato di questa (Cass. n. 24819/2005). Ne consegue che nella fattispecie il risarcimento va individuato in riferimento al valore venale del bene (Cons. Stato sez. V n. 2095/2005; Cass. n. 2625/2005) al 26/02/2003, data in cui è stato depositato il ricorso; l’importo in esame, poi, costituendo debito di valore, deve essere rivalutato fino alla data di deposito della sentenza (Cass. n. 1814/2000) e su di esso debbono essere calcolati, altresì, gli interessi legali secondo i criteri desumibili dalla giurisprudenza civile (ovvero sulle somme annualmente rivalutate: Cass. SS.UU. n. 1712/1995) (TAR Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 03.10.2007 n. 8822 - link a www.ambientediritto.it).

LAVORI PUBBLICIDichiarazioni sostitutive - Disposizioni in materia di documentazione amministrativa - Prescrizioni dei bandi - Certificazione semplificata e sostitutiva - Art. 15 L. n. 3/2003, che aggiunge l’art. 77-bis al D.P.R. n. 445/2000 - L.R. Sicilia n. 16/2005.
Le disposizioni in materia di documentazione amministrativa, fra le quali è riconducibile quella riguardante le dichiarazioni sostitutive ex art. 77-bis, D.P.R. n. 445/2000, si applichino in tutti i casi in cui sia prevista una certificazione, «ivi comprese quelle concernenti le procedure di aggiudicazione e affidamento di opere pubbliche o di pubblica utilità, di servizi e di forniture, ancorché regolate da norme speciali». Di conseguenza, le prescrizioni dei bandi vanno sempre intese nel senso che, in mancanza di richiamo alla norma sopra citata, si deve ammettere la certificazione semplificata e sostitutiva stabilita dal menzionato d.P.R. n. 445/2000 (Cons. Stato, sez. V, 24.08.2006, n. 4972). Ad una tale conclusione, non osta l’invocata normativa regionale, posta dal comma 12-bis dell'articolo 19 della legge 11.02.1994, n. 109, introdotto l'art. 1, comma 12, della l.r. 29.11.2005, n. 16, in quanto il richiamato art. 77-bis del t.u. n. 445/00 costituisce norma di fondamentale riforma economico-sociale, applicabile anche alla Regione siciliana (C.G.A. 12.08.2005, n. 533).
Certificazione rilasciata dall'I.N.P.S., dall'I.N.A.I.L. e dalla Cassa edile - Dichiarazione sostitutiva - DURC (documento unico di regolarità contributiva) - Disciplina.
L’art. 6 del Dec. Ass. Reg. Sicilia 24.02.2006, recante “Modalità attuative della disposizione di cui al comma 12-bis dell'art. 19 della legge 11.02.1994, n. 109”, consente al concorrente di optare, in luogo della certificazione prevista agli articoli 1 e 2, per la produzione della dichiarazione sostitutiva, ai sensi del D.P.R. n. 445/2000. Il richiamato art. 1 concerne la produzione di certificazione rilasciata dall'I.N.P.S., dall'I.N.A.I.L. e dalla Cassa edile, dimostrante la "regolarità contributiva"; mentre l’art. 2 prevede che la regolarità contributiva sia certificabile e/o attestabile anche attraverso la produzione del DURC (documento unico di regolarità contributiva). Per il principio di gerarchia delle fonti, la disposizione recata dal decreto assessorile non può che avere valore attuativo interpretativo della norma di legge regionale e quindi effetto retroattivo.
Autocertificazioni - Art. 38 d.P.R. n. 445/2000 - Procedura e contenuto - DURC (documento unico di regolarità contributiva).
Le autocertificazioni di cui all'art. 38 d.P.R. n. 445 del 2000, necessitano, per la loro giuridica esistenza ed efficacia, della sottoscrizione del legale rappresentante del dichiarante, resa in presenza di un dipendente addetto, ovvero dell'allegazione di copia fotostatica, ancorché non autenticata, di un documento del sottoscrittore (Cons. Stato, sez. VI, 27.05.2005, n. 2745). Tale documento, infatti, ai fini della regolarità contributiva, attesta la correttezza nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali, assistenziali ed assicurativi nonché di tutti gli altri obblighi previsti dalla normativa vigente riferita all'intera situazione aziendale. A tal fine, come chiarito dalla circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 12.07.2005 n. 230, il riferimento all'intera situazione aziendale è da ricondursi all'unicità del rapporto assicurativo e previdenziale instaurato tra l'impresa e gli enti al quale vanno riferiti tutti gli adempimenti connessi (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana,
sentenza 03.10.2007 n. 911 - (link a www.ambientediritto.it).

ENTI LOCALITributi (I.C.I.) - Assoggettamento delle aree edificabili destinate ad espropriazione - Fondamento.
Un’area edificabile assoggettata a vincolo urbanistico che la destini ad espropriazione non è, per ciò stesso, esente dall’I.C.I., in quanto il presupposto di detta imposta non è in alcun modo ricollegabile alla idoneità del bene a produrre reddito o alla sua attitudine ad incrementare il proprio valore o il reddito prodotto, assumendo, invece, rilievo il valore dell’immobile ai soli fini della determinazione della base imponibile (cfr. Cass. 19750/04; per analoghe considerazione in tema nozione di edificabilità in materia di imposta di registro: v. Cass. 7676/02) (Corte di Cassazione, Sez. Tributaria,
sentenza 12.09.2007 n. 19131 - link a www.ambientediritto.it).

ESPROPRIAZIONEDichiarazione di pubblica utilità - Data ultimazione lavori - Mancata previsione - Omissione - Conseguenze - Tesi della “carenza di potere in concreto” - Giurisdizione del G.A.
La mancata previsione, nel primo atto della procedura ablatoria, dei termini dei lavori e della procedura medesima, deve ritenersi costituire, un caso di cattivo esercizio del potere e non di carenza di potere (in concreto), sicché l’immissione in possesso e la trasformazione del suolo, sulla base di una siffatta, asseritamente invalida (ma efficace) dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, concreta un comportamento “amministrativo” (e non “mero”) dell’amministrazione, comunque riconducibile, almeno mediatamente, all’esercizio di pubblici poteri autoritativi, sì da restare ascritto, quanto alla tutela giurisdizionale, anche risarcitoria, alla cognizione del G.A. e non a quella del G.O. (Corte cost. n. 191 del 2006). La tesi della “carenza di potere in concreto” è smentita, tra l’altro, dall’articolo 21-septies della legge n. 241 del 1990 (aggiunto dall’articolo 14 della legge n. 15 del 2005), che menziona, tra i casi (tassativi) di nullità dell’atto amministrativo, la sola ipotesi di difetto assoluto di attribuzione (Tar Campania, Napoli, sez. V, 17.02.2006, n. 2137), dall’articolo 13, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al d.P.R. 08.06.2001, n. 327, che ha reso facoltativa la previsione del termine del decreto di esproprio, il che vale a dimostrare, sul piano interpretativo, la debolezza della tesi pretoria della essenzialità dei termini, intesi come conformativi dello stesso potere ablatorio, nonché dalla stessa (più recente) giurisprudenza della Cassazione (Cass., ss.uu., 2688 del 2007, cit., 19.02.2007, n. 3724), che ha (giustamente) affermato la giurisdizione amministrativa nel caso di successivo annullamento (ancorché retroattivo) della stessa dichiarazione di pubblica utilità dell’opera. (cfr., contra, Cass., ss.uu., ord. 15.06.2006 n. 13911; 07.02.2007, n. 2688; 19.04.2007, n. 9323).
Dichiarazione di pubblica utilità - Termini dei lavori e delle espropriazioni - Indefettibilità della fissazione - Previsione in atti successivi della procedura - Insufficienza.
Pacifica, ormai, in giurisprudenza è l’acquisizione della indefettibilità della fissazione, sin dal primo atto della procedura espropriativa, ossia sin dall’approvazione del progetto definitivo dell’opera, che comporta la sua dichiarazione di pubblica utilità, dei termini dei lavori e delle espropriazioni (da ultimo, Tar Campania Napoli, sez. V, 1 febbraio 2007, n. 828). In punto di fatto tale omissione, nella fattispecie, è incontestata (oltre che documentata in atti), sicché non può che dedursene l’illegittimità, sotto questo profilo, degli atti impugnati. La giurisprudenza (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 27 dicembre 2006, n. 7898; id., 16 maggio 2006, n. 2773) ha altresì definitivamente chiarito l’insufficienza di tale previsione in atti successivi della procedura.
Apposizione del vincolo espropriativo - Indennizzo espropriativo - Classificazione urbanistica e c.d. edificabilità "di fatto".
Nel sistema di disciplina della stima dell'indennizzo espropriativo introdotto dall'art. 5-bis, legge n. 359 del 1992, un'area va ritenuta edificabile quando come tale essa risulti classificata dagli strumenti urbanistici al momento dell'apposizione del vincolo espropriativo, mentre la cosiddetta edificabilità "di fatto", correlata alle peculiari circostanze del caso che rafforzano o comprimono l'edificabilità, rileva esclusivamente in via complementare od integrativa, nella fase dell'apprezzamento del valore venale, con la conseguenza che sulla parte che invoca dette circostanze, al fine di sostenere una variazione in positivo o in negativo del valore dell'area derivante dall'attitudine edificatoria fissata dagli strumenti urbanistici, grava l'onere di allegarle e di dimostrarle (Cass. civ., sez. I, 11.02.2005, n. 2871) (TAR Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 12.09.2007 n. 7553 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATACostruzione elettrodotto - Permesso di costruire - Necessità - Esclusione - Perseguimento di interessi generali - Incolumità pubblica - Garanzia - Osservanza delle regole tecniche - Fattispecie.
Per la costruzione di un elettrodotto, quale opera di interesse statale , non solo non è necessario il rilascio del permesso di costruire da parte del Comune, (art 7 del testo unico), ma la sua realizzazione è sottoposta a proprie regole costruttive la cui compatibilità con la disciplina urbanista, è rimessa alla valutazione rispettivamente del Ministero dei Lavori pubblici e della Regione a secondo che si tratti di elettrodotti con tensione superiore o inferiore ai centocinquantamila volts. A norma dell'articolo 2 della legge n 109 del 1994 e degli artt. 87 ed 88 del D.P.R. 24.07.1977 n 616 gli elettrodotti sono da considerare opere pubbliche, in quanto realizzate dall'ENEL che opera come organismo pubblico per il perseguimento di interessi generali (cfr per tutte Cons di Stato sez IV 03.05.2005 n 2136). L'incolumità pubblica è garantita dall'osservanza delle regole tecniche previste proprio per la realizzazione degli elettrodotti. La progettazione delle opere pubbliche è disciplinata in via generale dall'articolo 16 della legge 109 del 1994 ,il quale indica dettagliatamente le caratteristiche tecniche che essa deve avere . Nella fattispecie la costruzione è stata realizzata sotto il diretto controllo della Regione. Si deve pertanto presumere, in mancanza di specifiche contestazioni, che sia stata applicata la normativa tecnica del settore.
Costruzione di un traliccio per un elettrodotto - Disciplina applicabile.
Le norme dettate per le costruzioni in zone sismiche non si riferiscono ad un qualsiasi manufatto realizzato in tali zone, ma alle costruzioni, sopraelevazioni e riparazioni edili, a prescindere dal materiale (muratura, cemento, prefabbricato) con cui vengono realizzate, si riferiscono cioè alle opere edili in senso stretto, come emerge altresì dal riferimento ricorrente al termine "edificio" (cfr ad esempio artt. 85 e 91 del testo unico). La costruzione di un traliccio per un elettrodotto non è opera edile in senso stretto e, ai fini della sicurezza ed incolumità dei cittadini, è disciplinata da proprie tecniche costruttive (Corte di cassazione, Sez. III penale,
sentenza 18.07.2007 n. 28514 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATANozione di pertinenza - Concetto urbanistico di pertinenza - Configurabilità.
Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ornamento di altra cosa senza diventare parte integrante della stessa e senza rappresentare elemento indispensabile per la sua esistenza. Il concetto urbanistico di pertinenza differisce in parte da quello civilistico perché nel settore urbanistico acquistano preminente rilievo le esigenze di tutela del territorio. Per la configurabilità della pertinenza urbanistica, l'opera deve essere preordinata a soddisfare un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita a servizio dello stesso, sfornita di autonomo valore di mercato e dotata di un volume minimo, tale da non consentire anche in relazione alle caratteristiche dell'edificio principale una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede (Cass. n. 4134/1998).
Pertinenza urbanistica e pertinenza civilistica - Differenza - D.P.R. n. 380/2001 - Art. 817 cod.civ..
La pertinenza urbanistica si distingue da quella civilistica perché, mentre in quest'ultima rilevano sia l'elemento obiettivo che quello soggettivo, nella prima acquista rilevanza solo l'elemento oggettivo. Il legislatore, con il testo unico dell'edilizia approvato con D.P.R. n. 380 del 2001, per superare le incertezze derivanti dal criterio quantitativo indicato dalla giurisprudenza per le pertinenze, ha fissato due criteri per precisare quando l'intervento perde le caratteristiche della pertinenza per assumere i caratteri della nuova costruzione: il primo rinvia alla determinazione delle norme tecniche degli strumenti urbanistici, che dovranno tenere conto della zonizzazione e del pregio ambientale e paesistico delle aree; il secondo, alternativo al primo, qualifica come nuova opera gli interventi che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% di quello dell'edificio principale. In ogni caso non bisogna confondere il concetto di pertinenza con quello di parte dell'edificio. Da ciò consegue che l'ampliamento di un edificio preesistente non può considerarsi pertinenza ma diventa parte dell'edificio stesso perché, una volta realizzato, completa l'edificio preesistente affinché soddisfi meglio ai bisogni cui è destinato.
Elemento distintivo tra la parte e la pertinenza - Congiunzione fisica - Collegamento funzionale.
L'elemento distintivo tra la parte e la pertinenza non consiste solo in una relazione di congiunzione fisica, normalmente presente nella prima ed assente nella seconda, ma anche e soprattutto in un diverso atteggiamento del collegamento funzionale della parte al tutto e della pertinenza alla cosa principale: tale collegamento si esprime per la parte come necessità di questa per completare la cosa affinché essa soddisfi ai bisogni cui è destinata: la parte quindi è elemento della cosa. Nella pertinenza, invece, il collegamento funzionale consiste in un servizio o ornamento che viene realizzato in una cosa già completa ed utile di per sé: la funzione pertinenziale attiene non all'essenza della cosa ma alla sua gestione economica ed alla sua forma estetica. Inoltre -ed è questo l'elemento più rilevante ai fini della distinzione- la pertinenza si riferisce ad un opera autonoma dotata di propria individualità mentre la parte di un edificio è compresa nella struttura di esso ed è quindi priva di autonomia. Da ciò consegue che l'ampliamento di un edificio preesistente non può considerarsi pertinenza ma diventa parte dell'edificio stesso perché, una volta realizzato, completa l'edificio preesistente affinché soddisfi meglio ai bisogni cui è destinato (Cass. sez. III 17.01.2003 Chiappalone; 3160 del 2003; nn 36941 e 40843 del 2005).
Art. 44 lett. b) D.P.R. n. 380/2001 - Momento di cessazione della condotta criminosa.
La contravvenzione già prevista dall'art. 20 lett. B) legge n. 47 del 1985 ora dall'art. 44 lett. b) D.P.R. n. 380 del 2001, si realizza al momento dell'inizio dei lavori e perdura per tutta la durata degli stessi. La condotta criminosa cessa con l'ultimazione dell'opera o con la cessazione dell'attività criminosa per fatto proprio, per imposizione dell'autorità o al limite con la sentenza di primo grado. Pres.
Zone paesisticamente vincolate - Tutela - Reato di pericolo astratto - Art. 181 D. L.vo n. 42/2004 - Configurabilità dell'illecito - Presupposti.
Il reato di cui all' art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999 (ora 181 del decreto legislativo n 42 del 2004) è reato di pericolo astratto, pertanto, per la configurabilità dell'illecito, non è necessario un effettivo pregiudizio per l'ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli edifici (Cass., Sez. 3^: 27.11.1997, ric. Zauli ed altri; 07.05.1998, ric. Vassallo; 13.01.2000, ric. Mazzocco ed altro, 05.10.2000, ric. Lorenzi; 29.11.2001, ric. Zecca ed altro; 15.04.2002, ric. P.G. in proc. Negri; 14.05.2002, ric. Migliore; 04.10.2002, ric. Debertol; 23880 del 2004). Nelle zone paesisticamente vincolate è inibita -in assenza dell'autorizzazione- ogni modificazione dell'assetto del territorio, attuata attraverso qualsiasi opera non soltanto edilizia ma "di qualunque genere", ad eccezione degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di consolidamento statico o restauro conservativo, purché non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici nonché degli altri interventi analiticamente indicati nell'articolo 149 del decreto legislativo n 42 del 2004, il quale ha sostituito l'articolo 152 del decreto legislativo n 490 del 1999 (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 18.07. 2007 n. 28504 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATANozione di bosco - Aree assimilate al bosco - Presupposti - Art. 2 c. 6 d.lgs. n. 227/2001 - Reato di cui agli art. 44 letto c) d.P.R. n. 380/2001 e 142 lett. g) del d. lgs. n. 42/2004.
Il bosco è definito nel comma 6 dell'art. 2 del d.lgs.18.05.2001 n. 227 e coincide con ogni terreno coperto da vegetazione forestale arborea, associata o meno a quella arbustiva, da castagneti, sughereti o da macchia mediterranea, purché avente estensione non inferiore ai 2.000 metri quadrati, larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento. Al bosco sono assimilate anche altre superfici di estensione inferiore a 2.000 metri quadrati che interrompono la continuità del bosco medesimo. Fattispecie: lavori edilizi d'urbanizzazione primaria, su un terreno sottoposto a vincolo paesaggistico, senza avere preventivamente ottenuto il prescritto nulla osta dalla competente autorità e conseguente sequestro preventivo dell'area soggetta avente le caratteristiche di area boscata (Corte di cassazione, Sez. III penale,
sentenza 20.06.2007 n. 24258 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATADirettore dei lavori - Responsabilità - Art. 29, c. 2°, D.P.R. n. 380/2001.
In tema di reati edilizi, il direttore dei lavori riveste una posizione di garanzia circa la regolare esecuzione delle opere, con la conseguente responsabilità per le ipotesi di reato configurate, dalla quale può andare esente solo ottemperando agli obblighi di comunicazione e rinuncia all'incarico previsti dall'art. 29, comma secondo, D.P.R. n. 380/2001, sempre che il recesso dalla direzione dei lavori sia stato tempestivo, ossia sia intervenuto non appena l'illecito edilizio si sia evidenziato in modo obiettivo, ovvero non appena abbia avuto conoscenza che le direttive impartite erano state disattese o violate (cfr., ex multis, Cass. Sez. 3, 10/05/2005 n. 34376, Scimone ed altri). Proprio per la posizione di "garante" assunta dal direttore dei lavori e per il suo precipuo obbligo di vigilare sulla corretta esecuzione delle opere, questi risponde penalmente anche allorché si disinteressi dei lavori, pur senza formalizzare o formalizzandole in ritardo, le proprie dimissioni (cfr. Sez. 3, 07/11/2006 n. 38924, Pignatelli). Alcuna efficacia liberatoria può riconoscersi ad una rinuncia comunicata mediante lettera diretta ai committenti, posto che tale atto è ontologicamente inidoneo a fornire la prova che vi sia stata reale rinuncia nella data indicata (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 14.06.2007 n. 23129 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATACostruzione abusiva - Ordine di sospensione dei lavori - Termine di giorni 45 per l'adozione dei provvedimenti definitivi - Scadenza - Rilevanza sull'ordine di sospensione - Esclusione - Art. 27 d.P.R. n. 380/2001.
La sospensione di lavori edilizi abusivi, disposta attraverso l’ordine dell'autorità comunale ex art. 27 d.P.R. n. 380 del 2001, ha effetto sino alla emanazione dei provvedimenti definitivi, indipendentemente dallo scadere del termine di giorni quarantacinque fissato nel citato art. 27, trattandosi di un termine ordinatorio che ha il solo scopo di sollecitare la P.A. all'adozione dei provvedimenti definitivi.
Natura precaria di un manufatto - Destinazione oggettiva dell’opera - Elemento - Disciplina urbanistica - Fattispecie.
La natura precaria di un manufatto non dipende dal tipo di materiali usati o dalla tecnica costruttiva o dalla facile rimovibilità della struttura, ma dalla destinazione oggettiva della opera. Pertanto, i manufatti di assoluta ed evidente precarietà destinati a soddisfare esigenze contingenti, specifiche, cronologicamente determinate ed a essere rimossi dopo l'uso non necessitano di concessione edilizia (ora permesso di costruire). I manufatti nella specie, una costruzione con copertura in lamiera zincata adibita a pollaio, per il loro utilizzo, (e sul quale il ricorrente non ha formulato censure), non erano destinati ad essere eliminati dopo il momentaneo uso e, di conseguenza, non possono essere qualificati precari (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.05.2007 n. 17278 - link a www.ambientediritto.it).

AGGIORNAMENTO AL 25.01.2008

ã

NEWS

URBANISTICA: Lombardia, Il nuovo Piano Territoriale Regionale (PTR).
Varata dalla Giunta Regionale una proposta innovativa e all’avanguardia per il futuro del territorio lombardo (link a www.regione.lombardia.it).

DOTTRINA  E CONTRIBUTI

ENTI LOCALI: G. Gentilini, Alcune delle più rilevanti disposizioni in materia di contenimento e razionalizzazione delle spese valide per tutte le missioni - Legge finanziaria 2008 (link a www.diritto.it).

APPALTI: A. Bonafede, La determinazione del prezzo a base d’asta negli appalti pubblici. Applicazione dei prezziari opere pubbliche vigenti (link a www.diritto.it).

LAVORI PUBBLICI: R. Prola, La valutazione del business plan per la realizzazione di un impianto sportivo (link a www.diritto.it).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI SERVIZI: Ritenuto in diritto:
Con riferimento alle censure mosse dal Consorzio HIRAM, si osserva che:
1) al punto 2. del bando di gara l’importo presunto annuo previsto è di euro 112.000,00;
2) al punto 13 del bando, l’iscrizione all’Albo regionale è prescritto per le sole cooperative sociali. Sotto tali profili, quindi, il bando appare conforme alla normativa di settore.
Per quanto riguarda il livello del requisito del fatturato globale (pari a euro 5.000.000,00) e del fatturato specifico (pari a euro 1.000.000,00), l’Autorità si è più volte occupata della questione (si vedano le delibere n. 20, 33 e 62, e 209 del 2007) di valutare la proporzionalità dei requisiti di capacità economico finanziaria e, in particolare, del requisito concernente il fatturato, pronunciandosi nel senso che la stazione appaltante può fissare, nell’ambito della propria discrezionalità, i requisiti di partecipazione superiori a quelli previsti per legge, ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico. Unico limite a detta scelta, come anche è dell’avviso il giudice amministrativo, si rinviene allorché la stessa sia manifestamente irragionevole, arbitraria, sproporzionata, illogica e contraddittoria, nonché lesiva della concorrenza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14.12.2006 n. 7460; Cons. Stato, sez. V, 13.12.2005 n. 7081; Cons. Stato, sez. IV, 22.10.2004, n. 6967). La ragionevolezza dei requisiti non viene valutata in astratto, ma in correlazione al valore dell’appalto.
Al riguardo, in relazione al caso di specie, deve ritenersi immotivata la fissazione, per un appalto di pulizie, di un fatturato, pari ad un importo superiore a 20 volte l’importo annuo e ad un fatturato specifico circa nove volte superiore al valore annuo dell’appalto.
Per quanto riguarda i rilievi della Miorelli Service S.p.A. in ordine alla modalità di attribuzione del punteggio del criterio di aggiudicazione previsto nel bando de quo, questa Autorità si è già più volte occupata della questione prospettata (si vedano le Deliberazioni n. 30 e 209/2007), precisando che la Stazione appaltante, nell’individuare i punteggi da attribuire nel caso di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, non deve confondere i requisiti soggettivi di partecipazione alla gara, con gli elementi oggettivi di valutazione dell’offerta.
Nel caso di specie, l’attribuzione di punteggio in ragione del fatturato specifico realizzato nel triennio, non tiene in conto il fatto che il fatturato rappresenta un requisito di partecipazione e non una modalità di valutazione dell’offerta.
In base a quanto sopra evidenziato Il Consiglio ritiene nei limiti di cui in motivazione, che:
- i requisiti di partecipazione economici siano sproporzionati e, pertanto, si pongano in contrasto con i principi di libera concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione;
- il criterio di attribuzione del punteggio contenuto nel bando della gara in questione si pone in contrasto con la normativa nazionale e comunitaria
(
parere 16.01.2008 n. 4 - link a massimario.avlp.it)

GIURISPRUDENZA

APPALTIA. Matranga, Nuovo codice dei contratti pubblici: è legittima l'esclusione da una gara per grave negligenza nell'esecuzione di un precedente appalto.
E' questo il principio con cui il TAR PUGLIA-LECCE ha respinto il ricorso proposto da una un'impresa avverso il provvedimento di esclusione da una gara pubblica per grave negligenza, ex art. 38, lett. f), del D.L.vo 12.04.2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici), nell'esecuzione di un precedente appalto.
Nella specie, la grave negligenza era consistita nella violazione dell'obbligo di sorvegliare un cantiere, in pendenza dell'effettuazione del collaudo delle opere realizzate, così consentendo la perpetrazione di un furto di una parte dei materiali e degli impianti tecnologici già installati, di notevole valore ed entità (TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 20.12.2007 n. 4309 - link a www.diritto.it).

ENTI LOCALIS. Lazzini, Quando si può affermare che un bene possa ritenersi appartenente al patrimonio indisponibile in quanto “destinato a un pubblico servizio? Quali caratteristiche deve avere un’attività per <identificarsi con lo svolgimento di un pubblico servizio>? Come si configura il contratto di di un ‘immobile comunale ad un’Associazione benefica?
Perchè un bene possa ritenersi appartenente al patrimonio indisponibile in quanto “destinato a un pubblico servizio” ai sensi dell’art. 826, comma 3, cod. civ. occorre un doppio requisito: la manifestazione di volontà dell’Ente titolare del diritto reale pubblico (e perciò un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell’Ente di destinare quel determinato bene a un pubblico servizio) e l’effettiva e attuale destinazione del bene al pubblico servizio: nonostante l’utilità sociale dello scopo, l’attività associativa non può identi-ficarsi con lo svolgimento di un pubblico servizio, tale essendo soltanto un'attività economica assunta, per legge o in base ad essa, da un ente pubblico (segnatamente un ente locale) oppure attribuita (con atto concessorio) anche ad altri soggetti, che la esercitano in forme imprenditoriali sotto il controllo dell'amministrazione e con un determinato regime amministrativo (TAR Lombardia-Milano,  Sez. II,
sentenza 22.11.2007 n. 6203 - link a www.diritto.it).

APPALTIS. Lazzini, Revisione dei prezzi contrattuali : esiste una diversa giurisdizione a seconda che la controversia riguardi il quantum (e cioè la determinazione dell'esatto importo revisionale) e non l'an (e cioè la spettanza o meno della revisione)?
La possibilità di fruire della revisione prezzi, in base alle norme vigenti all’atto dell’instaurarsi del rapporto tra Amministrazione ( per tale dovendosi intendere anche il concessionario, pubblico o privato che sia, la cui attività sia qualificabile come pubblica ) e Società appaltatrice, è subordinata ad una valutazione discrezionale dell'Amministrazione committente ed è quindi oggetto di un interesse legittimo, tutelabile davanti al Giudice amministrativo, fino a quando detta Amministrazione non abbia riconosciuto, sia pure implicitamente, la spettanza del compenso revisionale; La posizione dell’appaltatore di opere pubbliche assume invece natura di diritto soggettivo, tutelabile davanti al Giudice ordinario, quando il committente abbia positivamente esercitato il potere di accordare la revisione e, dunque, abbia riconosciuto che all’appaltatore spetti la revisione dei prezzi contrattuali e, perciò, un compenso ulteriore rispetto a quello convenuto (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.11.2007 n. 5831 - link a www.diritto.it).

LAVORI PUBBLICIS. Lazzini, E’ compente il giudice amministrativo nel caso di un il ricorso miri a ottenere la tutela del diritto di proprietà, in presenza di un comportamento connesso all’esercizio della funzione pubblica?
E’condivisibile la ricostruzione secondo cui l’Amministrazione diventerebbe proprietaria per il fatto della avvenuta realizzazione delle opere di interesse pubblico (sia o meno divenuta inoppugnabile una dichiarazione di pubblica utilità)?
E' corretto affermare che le disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo costituiscono primari e fondamentali canoni di interpretazione per la legge italiana?

Nel quadro normativo formatosi con l’art. 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998 (come novellato dalla legge n. 205 del 2000) e con l’art. 53 del testo unico sull’esproprio n. 327 del 2001 (come incisi dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006) – sussiste la giurisdizione amministrativa esclusiva quando il ricorso miri a ottenere la tutela del diritto di proprietà, in presenza di un comportamento connesso all’esercizio della funzione pubblica, come avviene quando l’Amministrazione abbia a suo tempo disposto l’occupazione d’urgenza ed abbia sottratto il possesso di un’area nel corso di una delle fasi di attuazione del vincolo preordinato all’esproprio: dalla Convenzione europea e dal diritto comunitario già emerge il principio che preclude di ravvisare una ‘espropriazione indiretta’ o ‘sostanziale’, pur in assenza di un idoneo titolo, previsto dalla legge ed inoltre rileva l’art. 43 del testo unico approvato col d.P.R. n. 327 del 2001, il quale –ispirato all’art. 42 Cost.- attribuisce all’Amministrazione, qualora si sia verificata una patologia dell’azione amministrativa, il potere di acquisire la proprietà dell’area con un atto formale di natura ablatoria e discrezionale (in sostanziale sanatoria), al termine del procedimento legale nel corso del quale vanno motivatamente valutati gli interessi in conflitto; l’art. 43 presuppone la perdurante sussistenza del diritto di proprietà e di un illecito permanente dell’Amministrazione che si è a suo tempo impossessata del fondo altrui senza concludere tempestivamente il procedimento di esproprio, anche se è stata realizzata l’opera pubblica o di interesse pubblico (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.11.2007 n. 5830 - link a www.diritto.it).

AGGIORNAMENTO AL 24.01.2008

ã

G.U.R.I. - G.U.E.E. - B.U.R.L. (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA: Pare imminente la pubblicazione sulla G.U. dell'ulteriore decreto modificativo/integrativo del Testo Unico ambientale (in anteprima la bozza di decreto legislativo).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA: C. Rapicavoli, LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI NEL CODICE AMBIENTALE (link a www.ambientediritto.it).

GIURISPRUDENZA

LAVORI PUBBLICIVIA - Realizzazione di opere pubbliche - Legge Merloni - Triplice livello di progettazione - Preliminare, definitiva ed esecutiva - Prescrizioni conseguenti alla procedura di VIA - Recepimento in sede di progetto definitivo - Necessità.
La normativa concernente la realizzazione delle opere pubbliche e in particolare la legge cosiddetta Merloni e ss.mm., ivi compreso il regolamento attuativo di cui al D. P. R. 554 del 1999, richiede il rispetto del principio dei tre livelli di progettazione (preliminare, definitiva ed esecutiva), che non può subire accorpamenti o contrazioni di sorta (c.f.r Cons Stato, sez. IV, 19.03.2003, n. 1467, 23.11.2002, n. 6436; 05.09.2003, n. 4970), né alterazione dei rispettivi contenuti descritti in modo dettagliato dallo stesso Regolamento attuativo. In particolare, il progetto definitivo individua compiutamente i lavori da realizzare e va corredato degli elementi necessari ai fini del rilascio delle prescritte autorizzazioni ed approvazioni, tra cui lo studio di impatto ambientale (Tar Campania-Napoli, sez. VII, 29.05.2006, n. 6212), mentre il progetto esecutivo ha la funzione di determinare il dettaglio dei lavori da realizzare ed il relativo costo e non può, quindi, operare delle modifiche ma soltanto eseguire quanto contenuto nel progetto definitivo. Ne consegue che le prescrizioni conseguenti alla procedura di VIA devono essere recepite in sede di progetto definitivo: la volontà dell’amministrazione di tenere conto di tali prescrizioni nell’ambito del progetto esecutivo costituisce insanabile violazione delle norme che disciplinano i tre livelli di progettazione delle opere pubbliche (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 26.09.2007 n. 2206 - link a www.ambientediritto.it).

ENTI LOCALILAVORO - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Violazione della normativa antinfortunistica - Infortunio sul lavoro - Soggetto titolare della responsabilità - Individuazione all’interno dell’Ente.
La mancata o puntuale indicazione del datore di lavoro all’interno dell’Ente non può che avere come conseguenza il permanere in capo al soggetto titolare della responsabilità politica -nella specie il sindaco- della qualità di datore di lavoro e ciò ovviamente anche ai fini della responsabilità per la violazione della normativa antinfortunistica (conf. Cass. Sez. IV, sent. n. 38840 del 2005 Rv 232418) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 20.09.2007 n. 35137 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Impianto di distribuzione del carburante - Localizzazione - Autorizzazione cd. petrolifera - D.Lgs. n. 32/1998.
La localizzazione di un impianto di distribuzione di carburante, ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 32/1998, non è esclusa dalla destinazione dell’area a verde pubblico o a verde attrezzato (cfr. Cons. St., sez. V, 21.09.2005, n. 4945). Gli impianti di distribuzione del carburante, come è noto, sono ritenuti compatibili con qualsiasi destinazione di zona, stante la loro attitudine di servire ad ogni tipo di attività (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 19.09.2007 n. 4887 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO IDRICO - Acque reflue - Scarico in pubblica fognatura - Impianto per la lavorazione degli agrumi - Sanzione penale - Fondamento - Lesione dell’interesse della P.A. - Fattispecie.
In materia d’inquinamento delle acque, gli scarichi non occasionali di acque reflue industriali, se effettuati in assenza dell’autorizzazione prescritta, costituiscono reato anche se operati nella rete fognaria e ciò, in aderenza al principio comunitario di prevenzione, indipendentemente dal superamento dei valori-limite fissati nelle tabelle allegate al D.Lgs. n. 152/1999 (ed attualmente al D.Lgs. n. 152/2006) [vedi Cass., Sez- III; 10-06-2003, n. 24892, Raffaelli; 19-12-2002, n. 42932, Barattoni; 01-02-2001, n. 4021, Arnaud; 26-10-1999, n. 12176, Di Liddo ed altro]. Sicché, la sanzione penale, si correla alla mancanza del controllo preventivo, da effettuarsi attraverso il rilascio, formale e specifico dell’autorizzazione (lesione dell’interesse della P.A. al controllo ed alla gestione degli scarichi), a prescindere dal recapito finale, che non è menzionato dalla norma sanzionatoria (in tal senso, Cass., Sez. III, 16.12.1999, n. 14247, Porcu; 15.01.2001, n. 248, Giovannelli; 17.01.2001, n. 324, Ciccottelli ed altro; 17.01.2001, 338, Padovani ed altri). Nella fattispecie è lo stesso ricorrente ad ammettere l’effettuazione di uno scarico di reflui, stabilmente collegato ad un determinato ciclo produttivo, ancorché di carattere non continuativo - discontinuo, dunque, ma non occasionale - (dopo l’accertamento della contravvenzione contestata egli ha istallato, infatti, un depuratore ed ha ottenuto autorizzazione amministrativa per l’allaccio alla rete fognaria e lo scarico in essa delle acque reflue depurate) ed il Tribunale ha accertato la esistenza di una stabile condotta di collegamento tra le vasche di raccolta site nell’impianto e la fognatura comunale.
INQUINAMENTO IDRICO - Tutela delle acque - Controllo preventivo - Scarichi di acque reflue industriali e immissione occasionale - Differenza - D.Lgs. n. 152/1999 - D.Lgs. n. 152/2006.
In materia di tutela delle acque, la logica giuridica che ispira il legislatore nazionale è quella di sottoporre sempre a controllo preventivo espresso e specifico tutti gli scarichi di acque reflue industriali, anche se recapitano in pubbliche fognature, sia per la loro maggiore pericolosità sia per evitare distorsioni e disparità di trattamento tra operatori economici distanti da fognature pubbliche o vicini” (Cass., Sez- III, 26.10.1999, n. 12176, Di Liddo). Sicché, il D.Lgs. n. 152/1999 ha distinto (art. 59) tra scarico di acque reflue industriali ed immissione occasionale. Il primo deve avvenire tramite condotta (art. 2, lett. bb) e, cioè, a mezzo di qualsiasi sistema stabile - anche se non esattamente ripetitivo e non necessariamente costituito da una tubazione di rilascio delle acque predette - il secondo ha il carattere dell’eccezionalità collegata con la menzionata “occasionalità”. Ne deriva che questo secondo comportamento non è più previsto come reato con riferimento alla mancanza di autorizzazione (Cass., Sez. III, 14.09.1999, n. 2774, Rivoli).
INQUINAMENTO IDRICO - Disciplina degli scarichi - Scarico discontinuo di reflui e scarico occasionale - Differenza.
In tema di disciplina degli scarichi, mentre lo scarico discontinuo di reflui, sia pure caratterizzato dai requisiti della irregolarità, intermittenza e saltuarietà, se collegato ad un determinato ciclo produttivo, ancorché di carattere non continuativo, trova la propria disciplina nel D.Lgs. n. 152/1999 e successive modificazioni, lo scarico occasionale effettuato in difetto di autorizzazione è privo di sanzione penale (Cass. Sez. III, 08.04.2004, n. 16720, Todesco).
INQUINAMENTO IDRICO - Immissione occasionale di acque reflue industriali - Nozione legislativa di scarico. D.Lgs. n. 152/1999 - D.Lgs. n. 152/2006.
La immissione occasionale di acque reflue industriali non è soggetta alla preventiva autorizzazione solo nel caso in cui sia del tutto estranea alla nozione legislativa di scarico, atteso che ogni immissione diretta tramite un sistema di convogliabilità, ovvero tramite condotta, è sottoposta alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 152/1999 (Cass., Sez. III, 08.04.2004, n. 16717, Rossi) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 03.09.2007 n. 33787 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAAbusivismo edilizio - Disagiate condizioni economiche e sociali - Scriminante dello stato di necessità - Inammissibilità - Tutela del paesaggio e dell'ambiente - Prevalenza.
In materia di abusivismo edilizio o ambientale, lo stato di necessità è difficilmente ipotizzabile quando il pericolo di restare senza abitazione è concretamente evitabile attraverso i meccanismi del mercato o dell'assistenza sociale (Cass. Sez III 04.12.1987 Iudicello; Cass 17.05.1990 n. 7015; 22.09.2001, Riccobono; 22.02.2001, Bianchi). In tale materia manca, non solo e non tanto il danno grave alla persona (secondo qualche decisione di legittimità per danno grave alla persona deve intendersi ogni danno grave ai suoi diritti fondamentali ivi compreso quello all'abitazione cfr Cass. 11030 del 1997), ma anche e soprattutto l'inevitabilità del pericolo: infatti l'attività edificatoria non è vietata in modo assoluto, ma è consentita nei limiti imposti dalla legge a tutela di beni di rilevanza collettiva, quali il territorio, l'ambiente ed il paesaggio, che sono tutelati anche dall’articolo 9 della Costituzione. Di conseguenza, se il suolo è edificabile, le disagiate condizioni economiche non impediscono al cittadino di chiedere il permesso di costruire. Se il suolo non è edificabile, il diritto del cittadino a disporre di un'abitazione non può prevalere sull'interesse della collettività alla tutela del paesaggio e dell'ambiente.
Abusivismo edilizio - Applicabilità estensiva del concetto di danno alla persona - Effettiva sussistenza dei requisiti dell'esimente - Limiti.
In materia di abuso edilizio, l’applicabilità estensiva del concetto di danno alla persona fino a comprendervi il diritto all'abitazione si risolvono in mere affermazioni di principio sull'astratta attuazione di tale esimente anche posto che richiedono comunque un'indagine rigorosa sull'effettiva sussistenza dei requisiti dell'esimente, i quali requisiti difficilmente o eccezionalmente sono stati riscontrati in concreto (cfr ad esempio Cass. 19811/2006).
Demolizione del fabbricato abusivo - Poteri del Giudice - Acquisizione del bene al patrimonio comunale - Disciplina.
In materia di abuso edilizio, la potestà attribuita autonomamente al giudice penale di disporre la demolizione del fabbricato abusivo non trova un limite nell'avvenuta acquisizione del bene al patrimonio comunale, giacché la stessa acquisizione è finalizzata alla demolizione. Il contrasto tra i due poteri -giurisdizionale ed amministrativo-, diretti entrambi al medesimo risultato ossia alla demolizione del manufatto abusivo, non si verifica quindi al momento dell'acquisizione del bene al patrimonio comunale, bensì nel momento in cui il Consiglio comunale, per l'esistenza di prevalenti interessi pubblici, manifesti la volontà di non procedere alla demolizione,sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. Sicché, il potere dovere del giudice penale di eseguire la demolizione dell'opera edilizia abusiva, disposta ex art. 7 della legge 28.02.1985 n. 47 con la sentenza di condanna, opera anche nel caso in cui le opere siano state acquisite al patrimonio del Comune, con la sola esclusione del caso in cui sia intervenuta la deliberazione del consiglio comunale che abbia dichiarato l'esistenza di prevalenti interessi pubblici (Cass. sez III n. 3489 del 2000; n. 2406 del 2003; 37120 del 2003; nn. 26149; 37120; 43294 del 2005). In base all'art. 7 della legge n. 47 del 1985 (ora art. 31 T.U.) il consiglio comunale può dichiarare legittimamente la prevalenza di interessi pubblici ostativi alla demolizione alle seguenti condizioni:
1) assenza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici e, nell'ipotesi di costruzione in zona vincolata, assenza di contrasto con interessi ambientali: in quest'ultimo caso l'assenza di contrasto deve essere accertata dall'amministrazione preposta alla tutela del vincolo;
2) adozione di una formale deliberazione del Consiglio con cui si dichiari formalmente la sussistenza di entrambi i presupposti;
3) la dichiarazione di contrasto della demolizione con prevalenti interessi pubblici, quali ad esempio la destinazione del manufatto abusivo ad edificio pubblico, ecc..
Inoltre, l'incompatibilità dell'esecuzione dell'ordinanza di demolizione con la delibera consiliare presuppone che questa sia attuale e non meramente eventuale, perché non è consentito fermare l'esecuzione penale per tempi imprevedibili senza la concreta esistenza di una delibera consiliare avente i requisiti anzidetti, giacché l'ordinamento non può attendere sine die l'adozione di una eventuale deliberazione. Solo a partire dall'adozione della delibera è preclusa al giudice la potestà di disporre la demolizione del manufatto o di subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione e solo a partire da tale momento l'inottemperanza dell'ingiunto all'ordine di demolizione impartito dall'autorità giudiziaria è giustificata.
Abusivismo edilizio - Ordine di demolizione - Sospensione condizionale della pena Condotta del condannato - Demolizione avvenuta dopo il decorso del termine - Effetti.
Non può considerarsi illecita la condotta del condannato, il quale in esecuzione dell'ordine impartito dal giudice, provveda a demolire il manufatto anche dopo il decorso del termine fissato nell'ingiunzione dall'autorità amministrativa, giacché con la demolizione si realizza proprio il fine al quale è diretta l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale. Quindi, quand'anche si fosse già verificata l'acquisizione del bene al patrimonio comunale, la circostanza non sarebbe ostativa alla demolizione o alla subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione stessa o all'esecuzione dell'ordine di demolizione contenuto nella sentenza di condanna, giacché entrambe le ingiunzioni sono dirette a realizzare lo stesso risultato ossia l'eliminazione dal territorio di un manufatto abusivo.
Sequestro preventivo - Acquisizione del bene al patrimonio comunale - Revoca del sequestro del bene - Avente diritto - Fattispecie: acquisizione del bene al patrimonio comunale.
In materia di abuso edilizio, con la sentenza di condanna la cosa oggetto del sequestro preventivo, se non deve essere confiscata, va restituita a favore dell'avente diritto, (nella fattispecie a seguito dell'acquisizione del bene al patrimonio comunale si identifica nel Comune) (cfr per tutte Cass. sez III 09.06.2004, Meglio) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 10.07.2007 n. 28499 - link a www.ambientediritto.it).

LAVORI PUBBLICI: Soggetti ammessi alle gare - Società di ingegneria - Valutazione di ordine sostanziale - Normativa nazionale ed europea - Art. 17 c. 6 , lettera b), L. n. 109/1994.
In materia di appalti, l'elencazione di cui all'art. 17 comma 6 , lettera b), della L. n. 109/1994, deve essere interpretata facendo prevalere una valutazione di ordine sostanziale, riferita alla concreta natura delle attività svolte dalla società. Sicché, non si può ritenere rientrante nel genus delle società di ingegneria solo la società il cui oggetto sociale corrisponda, in modo pedissequo, anche sul piano letterale e formale, alla elencazione contenuta nella suddetta norma (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 06.07.2007 n. 3840 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - Terre e rocce da scavo - Livello di contaminazione - Accertamento - Modalità - Ripristino ambientale - Gestione dei rifiuti - Fattispecie: riutilizzo di terre e rocce da scavo per il riempimento di una cava e ripristino ambientale - D.M. n. 471/1999.
In materia di terre e rocce da scavo, la verifica relativa al rispetto dei livelli di sostanze inquinanti presenti, fissati dal D.M. 25.10.1999 n. 471, e tali da sottrarle alla disciplina sui rifiuti, deve essere effettuata con riferimento alla composizione media dell'intera massa estratta e non mediante accertamento sui siti di destinazione dei materiali una volta omogeneizzata con altri elementi. Fattispecie: riutilizzo di terre e rocce da scavo per il riempimento di una cava e conseguente ripristino ambientale.
PROCEDURE E VARIE - Inizio delle operazioni di analisi dei campioni - Avvertimento della facoltà di farsi assistere da un tecnico di fiducia - Necessità - Omissione - Effetti - Nullità degli atti per violazione dei diritti della difesa.
L'omissione dell'avviso dell'inizio delle operazioni di analisi dei campioni di fanghi, con l'avvertimento della facoltà di farsi assistere da un tecnico di fiducia, determina la nullità degli atti per violazione dei diritti della difesa (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 23.06.2007 n. 22038 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAAbusivismo edilizio - Decreto penale - Ordine di demolizione - Obbligo.
In materia urbanistica, l'ordine di demolizione rappresenta una sanzione amministrativa e non già una pena accessoria, una misura di sicurezza o, comunque, un effetto penale della condanna (tra le tanti, Cass. Sez. 3, n. 991 del 11/06/1992 Rv. 190966; Sez. 3, n. 3107 del 02/10/1997 Rv. 208837). L'estensione della statuizione sulla demolizione anche alle sentenze equiparate a quelle di condanna -come accade per il patteggiamento- rende a fortiori necessario procedere nello stesso senso nel caso del decreto penale che, a prescindere dalle peculiarità che pure lo contraddistinguono, rappresenta comunque una pronuncia di condanna; e dall'altro che, diversamente opinando, la condanna per decreto si convertirebbe in un anomalo meccanismo processuale elusivo dell'applicazione della sanzione amministrativa in questione. Nel caso di decreto penale, l'ordine deve essere necessariamente impartito dal GIP, anche d'ufficio, e, quindi, a prescindere dalla esistenza di una specifica istanza del PM nella richiesta di decreto penale.
Abusivismo edilizio - Patteggiamento ex art. 444 cod. proc. pen. - Ordine di demolizione - Necessità.
L'ordine di demolizione deve essere disposto anche in sede di patteggiamento ex art. 444 cod. proc. pen. ancorché non sia stato oggetto dell'accordo. (Sez. 3, n. 3107 del 02/10/1997 Rv. 208837). Inoltre, l'ordine di demolizione va disposto anche se mancante nella richiesta di patteggiamento (Sez. 3, n. 3123 del 28/09/1995; Rv. 202794; Sez. 3, n. 64 del 14/01/1998 Rv. 210128).
Opere abusive - Ordine di demolizione e rimessione in pristino dello stato dei luoghi - Sanzioni amministrative obbligatorie - Mancata inclusione nella sentenza - Rimedio e procedura.
In fase di cognizione, alla mancata inclusione nella sentenza dell'ordine di demolizione delle opere abusive e dell'obbligo di rimessione in pristino dello stato dei luoghi non può essere dato rimedio tramite la procedura di correzione dell'errore materiale, ma si rende necessaria l'impugnazione del pubblico ministero (Sez. 3, n. 21022 del 24/02/2004 Rv. 229039). Inoltre, nel caso, in cui la sentenza sia divenuta definitiva l'ordine di demolizione potrà ugualmente essere disposto dal giudice dell'esecuzione su richiesta dello stesso pubblico ministero (sulla applicabilità delle sanzioni amministrative obbligatorie in sede di esecuzione si richiamano le argomentazioni già svolte da Sez. 3, n. 1880 del 18/05/1999 Rv. 213851) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 20.06.2007 n. 24265 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATARIFIUTI - Materiali da demolizioni edilizie - Deposito temporaneo - Mancata riutilizzazione - Natura di rifiuto - Integrazione del reato di deposito incontrollato - Sussistenza - D.Lgs. 22/1997 - D.Lvo n. 152/2006.
In base a quanto contenuto nella recente disciplina sui rifiuti, non può escludersi la natura di "rifiuto" dei materiali provenienti da demolizioni edilizie che non sono concretamente riutilizzati. Nella specie, i materiali giacevano nel terreno inutilizzati per oltre due anni escludendo la qualifica del deposito temporaneo ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. m) D.Lgs. 22/1997 e s.m.. e integrando il reato di deposito incontrollato di rifiuti previsto e punito dall'art. 51, comma 2 (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 04.06.2007 n. 21677 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIARIFIUTI - Terreno in affitto - Smaltimento illecito di rifiuti - Responsabilità personale dell’affittuario - Culpa in vigilando - Responsabilità del proprietario - Fattispecie.
In materia di responsabilità per lo smaltimento illecito di rifiuti su terreno in affitto, non può escludersi la responsabilità personale dell'affittuario, proprio perché egli ha la gestione diretta del terreno, tuttavia, sussiste anche la responsabilità del proprietario, almeno sotto il profilo della culpa in vigilando. Fattispecie: abbandono di materiali di risulta provenienti dalla demolizione di un muro.
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Degrado ambientale connesso all'abbandono dei rifiuti - Costituzione di parte civile - Proprietari limitrofi - Legittimità.
Sono legittimati a costituirsi parti civili, lamentando il danno derivante dal degrado ambientale connesso all'abbandono dei rifiuti sul terreno, i proprietari dei terreni limitrofi (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 04.06.2007 n. 21677 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: ACQUE - Nozione di acque reflue industriali - Disciplina applicabile - Art. 2, lett. h) del d. lgs. n. 152/1999, come mod. dal d. l.vo n. 258/2000 ora art. 74, c. 1 lett. h) d. Lgs. n. 152/2006.
L'art. 2, lettera h) del d. lgs. n. 152/1999, come modificato dal decreto legislativo n. 258/2000, (ora trasfuso nell'art. 74, comma 1 lettera h) del d. Lgs. n. 152/2006) definisce "acque reflue industriali" qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzioni di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche o di dilavamento. Il refluo deve essere considerato nell'inscindibile composizione dei suoi elementi, a nulla rilevando che parte di esso sia composta di liquidi non direttamente derivanti dal ciclo produttivo, come quelli delle acque meteoriche o dei servizi igienici, immessi in un unico corpo recettore. [Cassazione Sezione III n. 13376/1998, 10/11/1998 - 18/12/1998, Brivio, RV. 212541]. Ne consegue che rientrano tra le acque reflue industriali quelle che possiedono qualità, necessariamente legate alla composizione chimica-fisica, diverse da quelle proprie delle acque metaboliche e domestiche.
ACQUE - Disciplina degli scarichi - Scarico discontinuo di reflui e scarico occasionale - Differenza.
In tema di disciplina degli scarichi, mentre lo scarico discontinuo di reflui, sia pure caratterizzato dai requisiti dell'irregolarità, intermittenza e saltuarietà, se collegato ad un determinato ciclo produttivo, ancorché di carattere non continuativo, trova la propria disciplina nel decreto legislativo 11.05.1999 n. 152, e successive modificazioni, lo scarico occasionale, sia se effettuato in difetto di autorizzazione che con superamento dei valori limite, è privo di sanzione a seguito della eliminazione, ad opera dell'art. 23 del decreto legislativo 18.08.2000 n. 258, del riferimento alle immissioni occasionali precedentemente contenuto negli art. 54 e 59 del citato decreto n. 152" [Cassazione Sezione III n. 16720/2004, Todesco, RV.228208]. Quindi, quale che sia il suo carattere temporaneo, soltanto una condotta del tutto estranea alla nozione legislativa di scarico di acque reflue [le immissioni effettuate fuori dal ciclo produttivo senza il tramite di una condotta] non è soggetta alla preventiva autorizzazione perché ogni immissione diretta tramite un sistema di convogliabilità, ovvero tramite condotta, è sottoposta alla disciplina di cui al decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152 [cfr. Cassazione Sezione III n. 14425/2004, Lecchi, RV. 227781 e n. 16717, Rossi, RV. 228027].
ACQUE - INQUINAMENTO - Nozione di acque reflue industriali - Fattispecie: versamento di sostanza chimica allo stato liquido destinata a fissare le fibre d'amianto che componevano la copertura di un capannone industriale.
Nella nozione di acque reflue industriali rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengono strettamente al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche, atteso che a tal fine rileva la sola diversità del refluo rispetto alle acque domestiche. Conseguentemente rientrano tra le acque reflue industriali quelle provenienti da attività artigianali e da prestazioni di servizi. [Cassazione Sezione III, n. 42932/2002, 24/10/2002 - 19/12/2002, Ribattoni, RV. 222966]. Nella specie deve escludersi il carattere occasionale dello scarico essendo stato accertato che lo stesso è avvenuto nel corso di un'attività rientrante nel ciclo di lavorazione dell'impresa richiedente l'impiego di liquidi inquinanti. In tal contesto è stata versata una sostanza chimica allo stato liquido destinata a fissare le fibre d'amianto che componevano la copertura di un capannone industriale (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 29.05.2007 n. 21119 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Nozione di “pertinenza urbanistica” - Relazione "di servizio" con la costruzione preesistente - Fattispecie.
La nozione di “pertinenza urbanistica” ha peculiarità sue proprie, che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un’opera preordinata ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede. La relazione con la costruzione preesistente deve essere, in ogni caso, "di servizio", allo scopo di renderne più agevole e funzionale l'uso (carattere di strumentalità funzionale), cosicché non può ricondursi alla nozione in esame la realizzazione di due vani che non hanno una propria autonomia individuale e funzionale ma si uniscono ad un preesistente edificio ed entrano a far parte di esso, costituendone ampliamento. (vedi Cass., Sez. I: 11.10.2005, ric. Daniele; 11.05.2005, ric. Gricia; 09.12.2004, ric. Bufano; 18.12.2000, ric, Privitera; 18.03.1999, ric. Vigliotti; 27.11.1997, rie. Spanò).
Nozione dei "c.d. volumi tecnici" - Inutilizzabilità né adattabilità ad uso abitativo.
Sono "volumi tecnici" quelli - non utilizzabili né adattabili ad uso abitativo - strettamente necessari a contenere ed a consentire l'eccesso di quelle parti degli impianti tecnici che non possono, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti stessi, trovare allocazione all'interno della parte abitativa dell'edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 29.05.2007 n. 21111 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Reati ambientali - C.d. minicondono ambientale - Opera realizzata in violazione del vincolo paesaggistico - Sequestro - Accertamento di compatibilità paesaggistica della Soprintendenza - Dissequestro - Legittimità - Poteri del giudice penale - D.Lgs. n. 42/2004 - L. n. 308/2004.
Il parere della soprintendenza, che attestati la compatibilità paesaggistica di un’opera (in specie, costruzione di una strada sterrata e relativo sequestro), fa venir meno il pericolo che la libera disponibilità della cosa possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato ambientale e le ragioni giustificatrici di un sequestro preventivo dei luoghi. Pertanto, le conseguenze di tale reato, che si identificano nella offesa all'equilibrio paesaggistico che è oggetto finale della tutela della norma, sono positivamente escluse dal parere legittimamente rilasciato dall'autorità amministrativa competente, che il giudice penale non può che rispettare nel suo merito proprio. (v. Cass. Sez. III, n. 2637 dei 20.01.2006, c.c. 13.10.2005, Ziri).
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Accertamento di compatibilità paesaggistica - Sequestro preventivo dei luoghi - Limiti - Reati ambientali - C.d. minicondono ambientale - Effetti - D.Lgs. n. 42/2004 - L. n. 308/2004.
Ai sensi della norma transitoria art. 1, comma 37 della legge 15.12.2004 n. 308, l'accertamento di compatibilità paesaggistica comporta l'estinzione del reato contravvenzionale e di ogni altro reato in materia paesaggistica, purché si tratti di tipologie edilizie assentite dagli strumenti di pianificazione paesaggistica o comunque compatibili con il contesto paesaggistico, e purché il contravventore abbia provveduto al versamento di determinate sanzioni pecuniarie previste dalla legge (c.d. minicondono ambientale).
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Opera in violazione del vincolo paesaggistico - Compatibilità paesaggistica - Presupposti - Effetti - Causa di non punibilità - Poteri del giudice - Limiti - D.Lgs. n. 42/2004 - L. n. 308/2004.
L'accertamento di compatibilità paesaggistica rilasciato dall'autorità tutoria, previo parere vincolante della soprintendenza, configura una causa di non punibilità della contravvenzione ambientale prevista dal comma primo dell’art. 181, del D.Lgs. 22.01.2004 n. 42, quando questa consista in lavori non autorizzati di minima entità. In tali casi, l’accertamento positivo di compatibilità, non può essere disapplicato dal giudice penale se non invadendo arbitrariamente la sfera della discrezionalità tecnica riservata all'autorità amministrativa (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 11.05.2007 n. 18047 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATALegge quadro sulle aree protette - Interventi all'interno di un parco prima dell'adozione del piano - Nulla osta dell'ente parco - Necessità - Disposizioni di riferimento - Individuazione - L. n. 394/1991.
L'operatività della L. n. 394 del 1991, art. 13, comma 1, nella parte in cui stabilisce che "il rilascio di concessioni o autorizzazioni relativi ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla-osta dell'Ente parco" e della correlativa sanzione penale, prevista dal successivo art. 30, comma 1, non è subordinata alla previa approvazione del piano e/o del regolamento del parco, di cui agli artt. 11 e 12 della stessa legge. Pertanto, una diversa interpretazione introdurrebbe, un limite di dubbia costituzionalità alla obbligatorietà di una legge penale eventualmente circoscritta (con applicazione della norma non uniforme nel tempo e nel territorio) ai soli parchi retti dalle amministrazioni più diligenti nell'ottemperare alle disposizioni della L. n. 394 del 1991 e non operante nei tenitori di tutti gli altri, che rimarrebbero lasciati alla variabile iniziativa individuale ed estemporanea di privati ed enti locali.
Modifiche urbanistiche ed edilizie all'interno dei parchi (nazionali e regionali) - Triplice autonomo controllo - Specifica valutazione in merito.
In tema di aree protette, il legislatore, per le modifiche urbanistiche ed edilizie all'interno dei parchi (nazionali e regionali), prevede un triplice controllo: del responsabile dell'ufficio tecnico comunale, al quale è demandato il rilascio del titolo abilitativo edilizio (ai sensi del T.U.: D.P.R. n. 380/2001); dell'autorità regionale o di quella delegata al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica (ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004); dell'autorità del parco (ai sensi della L. n. 394/1991). Sicché, la circostanza che il rilascio degli ultimi due provvedimenti sia eventualmente attribuito, con legge regionale, ad un unico organo, non fa perdere agli stessi la loro autonomia, con la conseguente necessità di una duplice valutazione in merito (vedi, tra le decisioni più recenti, Cass., Sez. 3^: 15.12.2003, n. 47706; 20.06.2003, n. 26863; 12.05.2003, n. 20738; 11.01.2000, n. 83; 13.10.1998, n. 12917. Nello stesso senso C. Stato, Sez. 4^, 28.02.2005, n. 714) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 05.04.2007 n. 14183 - link a www.ambientediritto.it).

AGGIORNAMENTO AL 23.01.2008

ã

UTILITA'

URBANISTICA: Corre voce che sarebbe imminente l'approvazione da parte del Consiglio Regionale dell'ennesima modifica/integrazione alla legge urbanistica regionale (L.R. n. 12/2005).
Ecco il
PDL 19.12.2006 n. 207 licenziato dalla Giunta Regionale in discussione nella competente Commissione Consiliare.
Non è dato conoscere -ad oggi- a che punto sia il relativo iter burocratico (sul sito regionale non v'è traccia).

QUESITI

AMBIENTE-ECOLOGIA: E. Dello Vicario, Le attività di recupero descritte nel DM 186/2006 prevedono, per le attività R13 una serie di operazioni da effettuarsi sul rifiuto (esempio: punto 1 rifiuti di carta -attività di recupero lettera b) messa in riserva R13 per la produzione di mps per l'industria cartaria (.....) in conformità alle seguenti specifiche R3[....]).
E' ammissibile la sola attività di messa in riserva (mero stoccaggio) senza alcun tipo di operazione sul materiale o è indispensabile, al fine di usufruire delle procedure semplificate, operare il trattamento sul materiale fino ad ottenere materie prime secondarie rispondenti alle specifiche delle norme UNI?
Tenuto conto che la problematica riguarda anche le altre tipologie la domanda generale che si pone è questa:
il mero stoccaggio è da considerare attività di messa in riserva R13? O la messa in riserva significa trattare i materiali fino al punto di ottenere mps? E in quest’ultimo caso l'azienda ha effettuato già un recupero? Quello che esce può considerarsi mps e non più rifiuto? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: V. Vattani, Vorrei un chiarimento sulla definizione “attività di raccolta e trasporto rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle medesime attività in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio”. Tale definizione è contenuta al c. 5 dell’art. 266 del D.l.vo 152/2006 e sancisce l’esclusione dei soggetti di cui sopra dalla necessità di autorizzazioni e dalla tenuta di documentazione inerente i rifiuti. Chi sono effettivamente questi soggetti? Che tipo di autorizzazione possiedono o possedevano e soprattutto come si può evitare che dietro la loro figura si mascheri una gestione illecita di rifiuti? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: M. Santoloci e V. Vattani, Gli “stoccaggi” intermedi durante il trasporto realizzati ad opera del trasportatore sono legali? Le soste tecniche previste dal T.U. ambientale durante il trasporto sono legalizzazioni degli stoccaggi intermedi? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: M. Santoloci, In quale tipo di violazione incorre una impresa edile che dopo i lavori presso un'abitazione, trasporta i calcinacci in discarica senza il formulario e senza iscrizione all' Albo dei gestori ambientali? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: M. Santoloci, L'art 193 del D.lvo 152/2006 parla di quantità trasportabili in assenza di formulario sino ai 30 Kg o 30 Litri. Si riferisce solo alle imprese o enti. Vi chiedo allora: cosa si può contestare ad un semplice privato che trasporta rifiuti in quantità superiore a quelle succitate (Es: privato trasporta 1000 kg di rifiuti inerti, o addirittura speciali pericolosi come 300 litri di oli esausti o un camion di batterie esauste)? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: E. Dello Vicario, Omissione notifica spandimento fanghi in agricoltura - E' sanzionabile l'omissione della notifica allo spandimento dei fanghi in agricoltura nel termine di dieci giorni previsto dall'art. 9 del D.Lgs. n. 99/1992 (la ditta lo ha notificato a spandimento avvenuto)? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: V. Vattani, Una ditta che vuole iscriversi all’Albo Nazionale Gestori Ambientali, categoria 4 (raccolta e trasporto di rifiuti speciali non pericolosi prodotti da terzi), deve iscriversi all’Albo autotrasportatori conto terzi e avere quindi l’autorizzazione c/t? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: S. Pallotta, Sono un agente accertatore e spesso mi al momento del sopralluogo mi viene detto che i registri non sono presso l’impianto di smaltimento o recupero, ma presso la sede legale dell’impresa di smaltimento o recupero. Vorrei sapere che questo comportamento va sanzionato. Se sì, quale violazione integra? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: M. Santoloci, E’ necessario per l’organo di vigilanza approfondire la responsabilità soggettiva del proprietario di un terreno sul quale sono stati rinvenuti cumuli di rifiuti abbandonati da terzi? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: M. Santoloci, Vorrei sapere cortesemente come devo comportarmi quando un autospurgo sversa (materiale prelevato da abitazioni private) nella rete fognaria comunale. Va comunque sequestrato in ogni caso l'automezzo? E' sufficiente applicare la normativa del T.U. 152/2006? (link a www.simoline.com).

G.U.R.I. - G.U.E.E. - B.U.R.L. (e anteprima)

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n. 4 del 22.01.2008, "Criteri ed indirizzi relativi ai contenuti paesaggistici dei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale" (deliberazione G.R. 27.12.2007 n. 6421 - link a www.infopoint.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 4 del 22.01.2008, "Piano regionale per lo sviluppo della mobilità intelligente in Lombardia (Infomobilità)" (deliberazione G.R. 27.12.2007 n. 6162 - link a www.infopoint.it).

APPALTI: G.U.U.E. 20.12.2007 n. L 335 "DIRETTIVA 2007/66/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell’11.12.2007 che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici".

URBANISTICA: "Determinazione della procedura per la valutazione ambientale di piani e programmi - VAS (art. 4, l.r. n. 12/2005; d.C.R. n. 351/2007" (deliberazione G.R. 27.12.2007 n. 6420).

NEWS

VARI: Lombardia, auto ecologica, ecoincentivi di 2000 euro.
Sempre attivo il contributo di 2000 euro destinato ai cittadini residenti in Lombardia che demoliscono la propria autovettura diesel per l'acquisto di un'auto ecologica nuova non superiore ai 2000 cc (link a www.ors.regione.lombardia.it).

DOTTRINA  E CONTRIBUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA: M. Santoloci, Il problema della nozione di rifiuto del veicolo da demolire, il deposito temporaneo tra i vari soggetti attivi e le procedure di competenza - Trattamento dei veicoli fuori uso: competenze dei concessionari e degli autodemolitori (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: E. Dello Vicario, Esercizio di impianti mobili di recupero dei rifiuti: autorizzazione espressa o comunicazione di inizio attività? (link a www.simoline.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: L. Butti, Il decreto correttivo del codice ambientale (link a www.filodiritto.com).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Il disciplinare della gara di specie al capo 1 “Recapito del plico” dispone espressamente quanto segue: “Il plico contenente le buste della documentazione amministrativa e dell’offerta economica richieste dal bando deve pervenire, a pena di esclusione, a mezzo raccomandata del servizio postale ovvero mediante agenzia di recapito autorizzata all’Ufficio del Protocollo generale”.
Pertanto le uniche modalità di invio dell’offerta previste, a pena di esclusione, dalla lex specialis di gara sono a mezzo raccomandata del servizio postale e a mezzo agenzia di recapito autorizzata.
Numerose pronunce del giudice amministrativo hanno ritenuto legittimo l’operato della stazione appaltante che impone un determinato mezzo per l’invio delle offerte, con esclusione di strumenti equipollenti, salvo che ciò non aggravi irragionevolmente gli oneri posti a carico dei partecipanti. In particolare il giudice amministrativo si è espresso nel senso di considerare illegittimo il provvedimento di esclusione da una gara pubblica di appalto, adottato nei confronti di un’impresa che ha presentato l’offerta a mezzo di corriere privato, anziché a mezzo raccomandata postale, nel caso in cui la clausola del bando che impone la consegna dell’offerta solo a mezzo del servizio postale non sia accompagnata da espressioni tali da far intendere ai partecipanti, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la sua mancata osservanza fosse tale da comportare l’inevitabile esclusione dalla gara (cfr. Cons. di Stato, sez. V, 21.06.2006 n. 3703).
Nel caso di specie la previsione del disciplinare sopra riportata è chiara nell’aver previsto l’esclusione delle offerte in caso di trasmissione delle stesse con modalità difformi da quelle previste. Pertanto, risulta essere fuor dubbio che le offerte presentate a mano e trasmesse con posta prioritaria non possano essere considerate in linea con quanto disposto dal disciplinare di gara.
In ordine all’offerta presentata con posta celere questa Autorità si è già occupata in passato (si veda il parere n. 74/2007), affermando che la possibilità per i concorrenti, di avvalersi del servizio di posta celere comporta il riconoscimento, da parte della Stazione appaltante, dell’utilizzo di corrieri, tenuto conto che detto servizio è stato esternalizzato dalle Poste Italiane s.p.a. alla S.D.A., corriere espresso.
Pertanto l’offerta pervenuta mediante posta celere con corrieri, essendo tale possibilità prevista nel disciplinare (attraverso agenzie di recapito autorizzate), è da considerarsi ammissibile.
Infine per quanto riguarda la ditta che ha presentato il plico carente o mancante di sigilli o di sigle sui lembi del plico di invio, essendo su tale questione presenti due versioni discordanti, questa Autorità non ha elementi per pronunciarsi in merito, se non nell’evidenziare che il punto 2.3 del capo 1 del disciplinare di gara prevede che “i lembi di chiusura del plico di invio e delle buste interne devono essere incollati, sigillati, con ceralacca recante una controfirma o una sigla autografa”.
Tutto quanto sopra evidenziato, Il Consiglio Ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che le offerte trasmesse in maniera difforme a quanto previsto dalla lex specialis di gara siano da escludere dalla procedura di gara (
parere 10.01.2008 n. 1 - link a massimario.avlp.it).

GIURISPRUDENZA

ENTI LOCALI: Revoca incarico assessore, dimissioni componenti giunta, legittimità.
Le dimissioni presentate da altri componenti della Giunta non giustificano di per sé la revoca dell’assessore che non ha aderito al medesimo comportamento abdicatorio, con la conseguente ammissione della domanda di sospensione della revoca
(TAR Puglia-Lecce, Sez. I, ordinanza 09.01.2008 n. 12 -  - link a www.altalex.com).

VARI: Sostituzione di persona – account – posta elettronica – nome sostituito – sussistenza [art. 494 c.p.].
E’ configurabile il reato di sostituzione di persona, laddove si crei un account di posta elettronica usando un nome altrui e fingendosi tale persona
(Corte di Cassazione, Sez. V penale, sentenza 14.12.2007 n. 46674 - link a www.altalex.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Can che abbaia non morde… ma disturba!
Disturbo delle persone – cane che abbaia – isolata persona disturbata – insussistenza [art. 659 c.p.].
Non è configurabile il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, laddove la persona disturbata sia una sola
(Corte di Cassazione, Sez. I penale, sentenza 05.11.2007 n. 40502 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: Sopraelevare un muro di cinta: il titolo edilizio è l’autorizzazione.
Il fatto che il territorio del Comune sia assoggettato a vincoli di carattere paesistico, di per sé non comporta l'assoggettamento di qualsiasi intervento al regime concessorio, ma solo l'inapplicabilità della procedura cosiddetta di denuncia dell’inizio dell'attività, sempre che si dimostri l'esistenza di uno specifico vincolo gravante sull'immobile oggetto dell'intervento.
Il giudizio sulla assoggettabilità o meno dell'intervento in questione al regime concessorio deve essere condotto alla stregua della natura dell'opera ed in particolare sulla riconducibilità della stessa alla nozione di pertinenza, che l'art. 7 d.l. 23.01.1982 n. 9, convertito in l. 25.03.1982 n. 94, assoggetta al regime autorizzatorio.
La sopraelevazione del muro di cinta, di circa 1 metro di altezza per la lunghezza di 20 metri, realizzato per sostituire la barriera metallica preesistente e quindi conferire una migliore protezione alla proprietà, senza alterare l’altezza complessiva della recinzione medesima, non solo conferma il già acquisito vincolo pertinenziale ma rappresenta un intervento modesto che non viene ad incidere sul carico urbanistico
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.10.2007 n. 5515 - link a www.altalex.com).

PUBBLICO IMPIEGO: Concorsi pubblici: è sufficiente la valutazione in forma numerica delle prove.
Nei concorsi pubblici deve ritenersi sufficiente la valutazione in forma numerica delle prove (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 19.10.2007 n. 5468 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: Trasformazione di giardino in parcheggio: è mutamento di destinazione d’uso.
Il
Consiglio di Stato ha da tempo e in più occasioni sottolineato che il punto rilevante, per valutare il regime di modificabilità della struttura di un immobile, è costituito proprio dalla sua destinazione d’uso.
Tutte le volte che le modificazioni unilateralmente realizzate dal proprietario configurano un mutamento della destinazione d’uso, con appesantimento, rilevabile e documentabile, dei carichi urbanistici o con manifesto contrasto con i vigenti assetti urbanistici di zona, è necessaria l’autorizzazione dell’Ente locale, per l’elementare e basilare esigenza collettiva di consentire allo stesso Ente locale di gestire in modo ordinato, equo e proporzionato, rispetto alla situazione reddituale degli amministrati, i carichi di urbanizzazione complessivamente considerati.
Nella fattispecie, non è sostenibile che la trasformazione di un appezzamento di terreno da agrumeto e giardino a parcheggio scoperto, attraverso l’impermeabilizzazione del terreno, in contrasto il piano paesistico all’epoca vigente, in una zona completamente vincolata, non configuri una sostanziale modificazione delle caratteristiche d’uso dell’immobile, con incremento di carichi urbanistici
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 01.10.2007 n. 5035 - link a www.altalex.com).

ESPROPRIAZIONE: Sulla partecipazione procedimentale in materia espropriativa.
Il Supremo Consesso siciliano afferma, in maniera lapidaria, che l’amministrazione espropriante è tenuta al rispetto della normativa inerente la partecipazione procedimentale del soggetto passivo della potestà amministrativa così come enunciato dagli artt. 7 e ss. della legge n. 241/1990 e s.m.i. (cfr. TAR Calabria-Reggio Calabria, n. 243 del 22.03.2007).
La sentenza in commento è particolarmente interessante in quanto definisce l’ambito di applicazione dell’art 21-octies, comma 2, seconda proposizione, della L. 241/1990, che testualmente prevede: “... Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.”
(Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione Siciliana, sentenza 14.09.2007 n. 851 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Effetti della decisione sulle procedure di affidamento e di gara.
Invero, la sentenza appellata è autoesecutiva per la parte che annulla l’aggiudicazione in favore del Consorzio e la sottostante valutazione dell’anomalia ai danni della controinteressata, e la Provincia, pertanto, non aveva dunque nulla da revocare, essendosi compiuto, l’effetto costitutivo, con la pronuncia di annullamento.
La decisione di dare nuovo corso alla procedura di gara muovendo dalla valutazione dell’anomalia non richiedeva alcuna comunicazione diversa da quella che è stata fatta all’ex aggiudicatario (il cui affidamento era stato annullato dalla sentenza del 2003) se non quella che è stata fatta con l’invito a presentare ulteriori giustificazioni; una volta, infatti, che l’intervento demolitore del giudice amministrativo non ha riguardato il solo provvedimento conclusivo, ma ha inciso, sia pure soltanto in parte, sulla procedura concorsuale, arrestandola in una fase nella quale la ripresa del procedimento non altera i canoni fondamentali della pubblica gara, costituisce operazione esecutiva tipica, riprenderne il corso dal segmento immediatamente precedente all’atto illegittimo, che non deve essere preceduta da alcuna delibazione che richieda il contributo partecipativo delle parti in causa
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.09.2007 n. 4694 - link a www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO AL 21.01.2008

ã

UTILITA'

LAVORI PUBBLICI: Unita Tecnica Finanza di Progetto (UTFP): 100 domande, 100 risposte (link a www.utfp.it).

PUBBLICO IMPIEGO: NON È REATO CONSULTARE LA POSTA ELETTRONICA DEL DIPENDENTE PREVIA INFORMATIVA.
La Corte di Cassazione ha affrontato il caso della consultazione della posta elettronica del dipendente da parte del datore di lavoro, per la prima volta dopo l'adozione Provvedimento 01.03.2007, n. 13 del Garante Privacy recante le linee guida del Garante per posta elettronica e internet.
Il caso è emblematico: il Tribunale di Torino, sezione di Chivasso, proscioglie Tizio perché il fatto non sussiste dall'imputazione di avere abusivamente preso cognizione della corrispondenza informatica aziendale della dipendente Caia, licenziata poi sulla base delle informazioni così acquisite. Il pubblico ministero propone ricorso in Cassazione deducendo la violazione dell'articolo 616 Codice Penale (Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza), lamentando che il giudice del merito si sia fondato sull'erroneo presupposto della rilevanza della proprietà aziendale del mezzo di comunicazione violato, senza considerare il profilo funzionale della destinazione del mezzo telematico non solo al lavoro ma anche alla comunicazione, tutelata dall'articolo 15 Costituzione.
Secondo la Cassazione, "deve ritenersi che la corrispondenza telematica possa essere qualificata come "chiusa" solo nei confronti dei soggetti che non siano legittimati all'accesso ai sistemi informatici di invio o di ricezione dei singoli messaggi. Infatti, diversamente da quanto avviene per la corrispondenza cartacea, di regola accessibile solo al destinatario, è appunto la legittimazione all'uso del sistema informatico o telematico che abilita alla conoscenza delle informazioni in esso custodite. Sicché tale legittimazione può dipendere non solo dalla proprietà, ma soprattutto dalle norme che regolano l'uso degli impianti. E quando in particolare il sistema telematico sia protetto da una password, deve ritenersi che la corrispondenza in esso custodita sia lecitamente conoscibile da parte di tutti coloro che legittimamente dispongano della chiave informatica di accesso. Anche quando la legittimazione all'accesso sia condizionata, l'eventuale violazione di tali condizioni può rilevare sotto altri profili, ma non può valere a qualificare la corrispondenza come "chiusa" anche nei confronti di chi sin dall'origine abbia un ordinario titolo di accesso".
La Cassazione ha dato rilievo fondamentale alla circostanza che "le password poste a protezione dei computer e della corrispondenza di ciascun dipendente dovevano essere a conoscenza anche dell'organizzazione aziendale, essendone prescritta la comunicazione, sia pure in busta chiusa, al superiore gerarchico, legittimato a utilizzarla per accedere al computer anche per la mera assenza dell'utilizzatore abituale", concludendo che del tutto lecitamente Tizio prese cognizione della corrispondenza informatica aziendale della sua dipendente, utilizzando la chiave di accesso di cui legittimamente disponeva, come noto alla stessa Caia".
Per la verità il riferimento al citato provvedimento del Garante privacy risulta generico e superficiale. Occorre in definitiva considerare che, esclusa la fattispecie penale, restano i profili civilistici, che non vanno sottovalutati, potendo comportare anche la condanna al risarcimento del danno (commento tratto e link a www.filodiritto.com).

G.U.R.I. - G.U.U.E. - B.U.R.L. (e anteprima)

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 3 del 18.01.2008, "Determinazioni in merito al controllo, alla manutenzione e ispezione degli impianti termici - Modifiche ed integrazioni alla d.g.r. 5117/2007, modificata dalla d.g.r. n. 6303 del 21 dicembre 2007" (testo coordinato della deliberazione G.R. 05.12.2007 n. 6033 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. straord. al n. 2 dell'08.01.2008, "Criteri per l'esercizio da parte delle Province della delega di funzioni in materia di Parchi Locali di Interesse Sovracomunale (art. 34, comma 1, l.r. 86/1983; art. 3, comma 58, l.r. n. 1/2000)" (deliberazione G.R. 12.12.2007 n. 6148 - link a www.infopoint.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 2 del 07.01.2008, "Aggiornamento del valore del soprassuolo stabilito con d.g.r. 675/2005" (decreto D.G. 19.12.2007 n. 16117 - link a www.infopoint.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 2 del 07.01.2008, "Adeguamento delle sanzioni amministrative pecuniarie in materia di uso delle superfici boschive" (l.r. n. 27/2004)" (deliberazione G.R. 19.12.2007 n. 6206 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, CIRCOLARE RELATIVA ALLA NECESSITA’ DI DOTAZIONE DELLA CERTIFICAZIONE ENERGETICA PER GLI IMMOBILI OGGETTO DI INCENTIVI O AGEVOLAZIONI (decreto D.G. 27.12.2007 n. 16381 - link a www.cened.it).

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, AGGIORNAMENTO DELLA PROCEDURA DI CALCOLO PER PREDISPORRE L'ATTESTATO DI CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI, PREVISTO CON D.G.R. N. 5018/2007 E SUCCESSIVE MODIFICHE ED INTEGRAZIONI (decreto D.U.O. 13.12.2007 n. 15833 - link a www.cened.it).

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, OGGETTO: contratto “servizio energia”, obblighi derivanti dal disposto dell'art. 6.2, lett. d), deliberazione G.R. Lombardia 31.10.2007, n. 8/5773, pubblicata in B.U.R.L. 3° Suppl. straordinario al n. 228 del 09.11.2007 (chiarimenti).

NEWS

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Lombardia, Con il 2008 in vigore la VAS (Valutazione strategica ambientale). Comuni e Province dovranno applicarla nelle scelte di pianificazione territoriale (link a www.regione.lombardia.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, legge forestale: aumentano dal 2008 gli importi delle sanzioni amministrative.
Riguardano la sanzioni stabilite dall'art. 23 della l.r. 27/2004 per abusi commessi in boschi e in terreni soggetti al vincolo idrogeologico. Le sanzioni per chi commette abusi nei boschi e sui terreni soggetti a vincolo idrogeologico aumentano del 5,57% a partire dal 1° gennaio 2008 (link a www.agricoltura.regione.lombardia.it).

VARI: IMPIANTO SOLARE TERMICO - il sole, l'energia del futuro che esiste da sempre.
Vuoi difendere l'ambiente e contenere i tuoi consumi? Con i pannelli solari termici utilizzi l'energia pulita del sole per produrre acqua calda per la tua casa rispettando l'ambiente.
Installando un impianto solare termico Enel.si sul tetto della tua abitazione, ti assicuri acqua calda per usi sanitari e per il riscaldamento ed eviti l'emissione nell'atmosfera del gas responsabile dell'effetto serra. In più, ti avvali di una fonte di energia inesauribile.
Grazie alle detrazioni fiscali del 55% previste dalla finanziaria ed alla possibilità di avvalersi di formule di finanziamento appositamente studiate da Enel.si, è possibile migliorare ulterioremente la convenienza dell'impianto solare termico.
Avrai così dalla tua l'energia ideale: pulita e vantaggiosa.
Per capire come funziona un impianto, vai su www.enelsi.it attraverso la
simulazione online, potrai valutare direttamente costi e risparmi, scoprendone tutti i vantaggi (www.enel.it)

ENTI LOCALI: SEPA e il codice IBAN.
È stata istituita, a partire da gennaio 2008, l'Area unica dei pagamenti in euro (SEPA), comprendente i 27 Paesi dell'Unione europea più la Svizzera, il Liechtenstein e la Norvegia, per assicurare una maggiore protezione nelle transazioni effettuate con le carte di pagamento. Ci saranno alcune novità di rilievo, come il Bonifico Europeo Unico (BEU), che consentirà pagamenti in euro più semplificati e rapidi.
Con l'istituzione dell'Area unica dei pagamenti in euro, le Banche italiane hanno adottato, dall'1 gennaio 2008, il codice IBAN (International Bank Account Number), ossia la codifica internazionale che identifica ciascun conto bancario utilizzato per i pagamenti transfrontalieri, quale unica coordinata bancaria valida per tutte le operazioni di pagamento per mezzo di conto corrente, sarà utilizzato anche per i pagamenti eseguiti in Italia, al posto delle tradizionali coordinate bancarie (codici ABI e CAB e numero di conto corrente).
Nell'ottica SEPA, tutti i pagamenti al dettaglio in euro sono considerati "domestici", venendo meno la distinzione fra pagamenti nazionali e transfrontalieri all'interno dell'area dell'euro. La Banca centrale europea e la Commissione europea svolgono un ruolo di promozione del progetto mentre lo European Payments Council (EPC - Consiglio europeo per i pagamenti) è responsabile della sua realizzazione (link a www.governo.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Nuove procedure per le comunicazioni obbligatorie on-line.
Dall'11 gennaio 2008 è entrato in vigore e sarà pienamente operativo dal 1° marzo 2008 il Decreto Interministeriale con il quale si stabiliscono nuove modalità per le comunicazioni obbligatorie on-line (assunzioni, trasformazioni, proroghe e cessazioni dei rapporti) da parte dei datori di lavoro, pubblici e privati.
Tutti i soggetti interessati, fino all'1 marzo prossimo, potranno ancora scegliere tra l'invio cartaceo e quello telematico; dal quella data, invece, il sistema telematico diventerà obbligatorio, sostituendo definitivamente tutte le comunicazioni cartacee.
Questo è quanto dispone il decreto interministeriale del 30.10.2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27.12.2007, in attuazione del nuovo sistema di comunicazioni obbligatorie per i rapporti di lavoro previsto dalla legge finanziaria 2007.
Il nuovo sistema telematico sostituisce le vecchie modalità di comunicazione che le aziende inoltravano ai Centri per l'impiego (CPI), all'INPS, all'INAIL e al Ministero del lavoro. Non sarà più necessario inviare differenti comunicazioni cartacee, ma basterà compilare un unico modello. Il Sistema CO è il primo servizio telematico della rete dei servizi per il lavoro in grado di monitorare tutte le informazioni che riguardano la formazione e la vita lavorativa dei cittadini: dalla ricerca di prima occupazione, all'ingresso nel mercato del lavoro fino alla pensione (link a www.governo.it).

CONDOMINIO: "Guida al condominio" dell'Agenzia delle Entrate.
Che cos'è un condominio, come deve essere gestito, quali sono gli adempimenti fiscali e come ottenere le agevolazioni fiscali per risparmio energetico e ristrutturazioni edilizie?
A queste e ad altre simili domande risponde la "Guida al condominio" realizzata dall'Agenzia delle Entrate nel mese di dicembre 2007, disponibile anche in versione on line. In particolare, la guida contiene utili indicazioni sui principali adempimenti fiscali a carico del condominio e dell'amministratore: effettuazione delle ritenute sui compensi erogati, assolvimento dei relativi obblighi dichiarativi e comunicazione di alcuni dati relativi ai condomini amministrati.
Un apposito capitolo illustra le agevolazioni d'imposta, in caso di interventi di ristrutturazione edilizia o di riqualificazione energetica sulle parti comuni degli edifici condominiali. Alcune parti sono inoltre centrate sugli obblighi da adempiere ai fini dell'Ici e delle imposte sui redditi relativamente agli immobili di proprietà comune. La Guida offre anche una sintetica esposizione dei principali aspetti giuridici del condominio, nonché della figura dell'amministratore e degli adempimenti fiscali per avviare tale attività.

DOTTRINA E CONTRIBUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA: F. Giampietro, La responsabilità per danno all’ambiente nel TUA: un passo avanti e due indietro ... (link a www.lexambiente.it).

APPALTI: G. P. Cirillo, L’AVVALIMENTO: SINTESI TRA SUBPROCEDIMENTO E NEGOZIO GIURIDICO (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: N. Durante, Arresti giurisprudenziali in tema di annullamento dell’aggiudicazione ed effetti sul contratto medio tempore stipulato (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: A. Gurrieri, Il Green public procurement: gli “appalti verdi” (link a www.diritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Considerazioni sul regime transitorio delle norme tecniche per le costruzioni di cui al Dm 14.09.2005 ai sensi dell'art. 20 del d.l. n. 248/2007.
Il documento contiene un commento all'art. 20 del D.L. n. 248/2007 che ha prorogato il regime transitorio relativo all'applicazione della revisione generale delle norme tecniche per le costruzioni di cui al d.m. 14.09.2005 (link a www.centrostudicni.it).

LAVORI PUBBLICI: Project financing: sistema di finanziamento a geometria variabile (tra dubbi di legittimità costituzionale, eclissi del promotore ed incertezze legislative) (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Distribuzione gas: riprende la telenovela (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Qualche considerazione sulle forme di gestione dei servizi pubblici locali, a margine della recente proposta di modifica degli artt. 112 e ss del T.U. degli Enti locali (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

ENTI LOCALI: P. Jori, L’esercizio del potere sostitutivo dello Stato e delle regioni nell’ordinamento costituzionale vigente (link a www.lexitalia.it).

ENTI LOCALI: A. Tedeschi, Il terzo mandato consecutivo dei Sindaci ed il sindacato giurisdizionale nei confronti degli interventi del Ministero dell’Interno (link a www.lexitalia.it).

PUBBLICO IMPIEGO: L. Busico, Breve excursus storico sulla flessibilità nel pubblico impiego (link a www.lexitalia.it).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Con la verifica dell’anomalia dell’offerta la stazione appaltante mira a garantire l’individuazione del minor costo della prestazione che, tuttavia. rispetti standard qualitativi ottimali.
La normativa non incardina detto procedimento entro schemi definiti, nel senso che viene riconosciuto ampio margine discrezionale alla stazione appaltante in ordine alla modalità con cui condurre la verifica dell’anomalia. L’art. 87, comma 1, del D.Lgs. 163/2006, infatti, prevede che quando un’offerta appaia anormalmente bassa, la stazione appaltante possa richiedere all’offerente le giustificazioni, eventualmente necessarie in aggiunta a quelle già presentate a corredo dell’offerta, ritenute pertinenti in merito agli elementi costitutivi dell’offerta. Il comma 2 del medesimo articolo prevede un elenco, a solo titolo esemplificativo, delle giustificazioni che possono essere richieste dalla stazione appaltante, tra le quali compare anche il costo del lavoro come determinato periodicamente in apposite tabelle dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Dal tenore della norma, nonché dall’orientamento costante della giurisprudenza anche comunitaria, la stazione appaltante ha, pertanto, la possibilità di chiedere chiarimenti in ordine a tutte le componenti dell’offerta, soprattutto nel caso in cui influiscano in modo preponderante sull’offerta complessiva.
Alla luce di quanto sopra, si ritiene che, nel caso di specie, la stazione appaltante abbia legittimamente richiesto all’istante giustificazioni in ordine a parametri che, peraltro, secondo quanto descritto in narrativa, aveva correttamente pubblicizzato in sede di chiarimenti sul bando di gara.
Detti chiarimenti, inoltre, potevano correttamente essere formulati anche in considerazione della disposizione del bando di gara, di cui al punto III.2.2.1. 8), secondo la quale era previsto “l’impegno da parte dell’aggiudicatario ad assolvere l’obbligo, in caso di subentro nell’appalto, di assumere tutti i lavoratori presenti, garantendo, compatibilmente con le esigenze tecnico – organizzative, il rispetto degli accordi attualmente vigenti e scaturenti dalla contrattazione integrativa aziendale”.
Risultava, di conseguenza, necessario per la stazione appaltante assicurarsi che i parametri forniti in sede di chiarimenti sulla documentazione di gara e relativi alla situazione in essere della ditta uscente, fossero garantiti dalla ditta aggiudicataria, anche in accordo con quanto previsto dalla sopramenzionata clausola del bando di gara, nonché dalla normativa vigente.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la richiesta dei chiarimenti sull’anomalia dell’offerta formulata dall’INPDAP è conforme alla normativa di settore (
parere 25.12.2007 n. 163 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
In via preliminare occorre evidenziare che, come descritto in narrativa, la licitazione privata in oggetto, sebbene sia stata indetta in data 02.02.2007 e, pertanto, successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 163/2006, contiene riferimenti normativi (D.Lgs. n. 157/1995 e s.m.) ormai abrogati. Nonostante tale rilievo che risulta essere assorbente in quanto implica un annullamento della documentazione di gara ed una sua ripubblicazione alla luce dell’intervenuta normativa, si ritiene opportuno prendere in esame la questione prospettata.
La Commissione di gara, nel caso di specie, ha scomposto in una serie di sottopunteggi il punteggio complessivo ed indiviso di 20 punti, previsto dal Capitolato speciale di appalto per le voci:
1) valore della proposta progettuale migliorativa;
2) metodologia del servizio da svolgere;
3) aspetti qualitativi;
4) frequenza degli interventi;
5) potenzialità dei servizi a disposizione dell’utenza;
procedendo, quindi, alla ripartizione di detti sottopunteggi tra le cinque voci sopra elencate, già precedentemente individuate dal Capitolato speciale.
Una siffatta attività di specificazione/integrazione, ove occorrente per una più esatta valutazione delle offerte, è stata ritenuta legittima da una recente giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia, C-331/04 del 24.11.2005), solo in presenza di determinate condizioni.
Secondo la Corte di giustizia, infatti, “il diritto comunitario non osta a che una commissione giudicatrice attribuisca un peso relativo ai subelementi di un criterio di aggiudicazione stabilito precedentemente, effettuando una ripartizione tra questi ultimi del numero di punti previsti per il detto criterio dall’amministrazione aggiudicatrice al momento della redazione del capitolato d’oneri o del bando di gara, purché una tale decisione:
- non modifichi i criteri di aggiudicazione dell’appalto definiti nel capitolato d’oneri o nel bando di gara;
- non contenga elementi che, se fossero stati noti al momento della preparazione delle offerte, avrebbero potuto influenzare la detta preparazione;
- non sia stata adottata tenendo conto di elementi che possono avere un effetto discriminatorio nei confronti di uno dei concorrenti.”
Peraltro, al di là delle suddette valutazioni di merito, da compiere caso per caso, è costante l’orientamento secondo cui occorre, preliminarmente, che sia rispettato dalla Commissione giudicatrice un oggettivo ed imprescindibile limite temporale, ossia che gli elementi di specificazione ed integrazione di un criterio precedentemente stabilito dal capitolato d’oneri o dal bando di gara siano da essa introdotti prima dell’apertura delle buste contenenti le offerte e che siano parimenti prefissati i criteri di valutazione da seguire (Cons. Stato, Sez. V, 26.01.2001, n. 264 e 28.05.2004 n. 3471).
Dopo la conoscenza delle offerte, infatti, l’introduzione di elementi o parametri specificativi mette potenzialmente la Commissione giudicatrice in condizione di adattare le proprie valutazioni ed il conseguente punteggio alle caratteristiche delle offerte medesime, con possibile pericolo di violazione del principio della par condicio e di quello dell’imparzialità.
Da quanto sopra consegue l’illegittimità, nel caso in esame, dell’operato della Commissione giudicatrice, il cui intervento di specificazione/integrazione, per quanto rappresentato dalla società S.ECO.IT S.r.l., è avvenuto dopo l’apertura delle buste contenenti le offerte e senza previa fissazione dei criteri di valutazione da seguire.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione che, fermo restando la segnalata errata disciplina normativa contenuta nella documentazione di gara, risulta necessario verificare caso per caso la sussistenza delle condizioni di legittimità individuate dalla Corte di Giustizia (C-331/04 del 24.11.2005). Nel caso di specie, l’intervento di specificazione/integrazione della Commissione giudicatrice, che si traduce nella scomposizione dei punteggi previsti dal Capitolato speciale d’appalto in una serie di sottopunteggi analitici, dallo stesso non contemplati, e nella successiva ripartizione di detti sottopunteggi tra quelle stesse voci già individuate dal Capitolato speciale, è illegittimo se avviene dopo l’apertura della buste contenenti le offerte e senza la preventiva fissazione dei criteri di attribuzione dei punteggi stessi (
parere 20.12.2007 n. 160 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
La vincolatività delle prescrizioni del bando e del disciplinare comporta che nel caso in cui le relative prescrizioni prevedono espressamente, con formulazione chiara e non equivoca, l'esclusione dalla procedura a sanzione della loro inosservanza, l'Amministrazione è tenuta al rispetto della normativa alla quale si è autovincolata e che essa stessa ha emanato.
Nel caso in esame, contrariamente a quanto asserito dal raggruppamento istante, il bando di gara comminava espressamente, con chiarezza e non equivocità, l’esclusione dei concorrenti in caso di mancata presentazione in originale o copia autentica della documentazione richiesta. Pertanto, la Commissione di gara ha correttamente proceduto all’esclusione dalla gara dei concorrenti inadempienti.
Sulla procedura di gara, tuttavia, si ritiene di dover formulare le osservazioni di seguito riportate.
Il punto 2 del bando di gara individua la procedura di gara come procedura aperta, ai sensi dell’articolo 55 del d. Lgs. n. 163/2006.
Ai sensi dell’articolo 122, comma 6, lettera f), del d. Lgs. n. 163/2006, recante la disciplina specifica per i contratti di lavori pubblici sotto soglia, quale è il caso in esame, il termine ordinario di ricezione delle offerte (non inferiore a 26 giorni), può essere ridotto a 18 giorni, quando del contratto è stata data notizia con l’avviso di preinformazione.
Ad eccezione dell’ipotesi sopra riportata, la vigente normativa di settore in materia di appalti di lavori pubblici, non prevede, nelle procedure aperte, la possibilità di ridurre i termini di ricezione delle offerte per motivi di urgenza, in particolare se la stessa è dettata dalla motivazione della perdita del finanziamento.
Al riguardo, come rilevato dall’Autorità e dalla giurisprudenza amministrativa, poiché le ragioni di urgenza devono sostanziarsi in sopraggiunte circostanze impreviste, di carattere cogente ed oggettivo, non può rappresentare un motivo di urgenza l’esigenza di impegnare tempestivamente i fondi di bilancio.
Sulla base di quanto sopra, nel caso in cui il Comune di San Martino Valle Caudina non abbia provveduto a pubblicare un avviso di preinformazione, ricorrono i presupposti per la valutazione dell’annullamento in autotutela del bando in esame.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che:
- in presenza di una clausola di esclusione non equivoca, è conforme alla normativa in materia di procedure di gara, l’esclusione delle imprese che non hanno ottemperato a quanto richiesto dal bando di gara;
- la stazione appaltante può ridurre i termini di ricezione delle offerte di una gara a procedura aperta, solo nel caso in cui del contratto è stata data notizia con l’avviso di preinformazione
(
parere 20.12.2007 n. 159 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI FORNITURE: Ritenuto in diritto:
Ai sensi dell'articolo 68 del D. Lgs. n. 163/2006, le specifiche tecniche di appalto devono consentire pari accesso agli offerenti e non devono comportare la creazione di ostacoli ingiustificati alla concorrenza (comma 2) e, a meno di non essere giustificate dall'oggetto dell'appalto, le dette specifiche non possono menzionare una fabbricazione o provenienza determinata, né far riferimento a un'origine o produzione specifica che avrebbe come effetto di favorire o eliminare talune imprese o prodotti (comma 13).
Pertanto, l'eventuale indicazione di marchi o prodotti deve essere collegata a diciture quali "o equivalente" ovvero "tipo", significative della volontà dell'amministrazione di utilizzare il marchio o la denominazione del prodotto solo a titolo esemplificativo, per meglio individuare le caratteristiche del bene richiesto.
Con la determinazione n. 2/2007, l’Autorità ha dettato indicazioni in materia di ostacoli tecnici nell’ambito degli appalti pubblici, evidenziando come l’articolo 68, comma 3, lettera b), del d. Lgs. n. 163/2006, prevede la possibilità per la stazione appaltante di descrivere le caratteristiche richieste in termini di prestazioni o di requisiti funzionali, il che accentua la possibilità di offrire prestazioni formalmente difformi da quella a base di gara, ma a questa equivalenti.
Ne discende che attraverso il concetto di equivalenza di cui al citato articolo 68, si concretizza l’apertura al mercato degli appalti nei confronti di quegli operatori economici che usano sistemi e prodotti analoghi a quelli individuati dalla stazione appaltante.
Nel caso in esame, le specifiche tecniche, pur effettuando un puntuale riferimento ad una tecnologia brevettata, recano la dicitura “o similare”, e, al tempo stesso, riportano le caratteristiche tecnico funzionali richieste al prodotto similare: pertanto, consentono la presentazione di una offerta di tecnologie iniettive equivalenti a quelle richieste.
Si deve, inoltre, tener presente che, se l’impresa istante avesse partecipato all’appalto con la propria tecnologia, la stazione appaltante sarebbe stata tenuta all’applicazione della previsione di cui al comma 4, del citato articolo 68, che dispone che le stazioni appaltanti non possono respingere un’offerta per il motivo che i prodotti offerti non sono conformi alle specifiche di gara, se nella propria offerta il concorrente dà la prova che la sua proposta è effettivamente equivalente a quella richiesta.
Sulla base di quanto sopra, la fattispecie in esame non presenta riflessi restrittivi e discriminatori per la libera concorrenza.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la procedura posta in essere dal Comune di Monfalcone è conforme all’articolo 68, del d. Lgs. n. 163/2006 (
parere 20.12.2007 n. 158 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
La problematica sottoposta all’attenzione dell’Autorità concerne la possibilità o meno, in caso di avvalimento dell’attestazione SOA di altro soggetto, della partecipazione alla gara di un concorrente, in possesso di una frazione della classifica di iscrizione SOA richiesta dal bando, che si avvale di una impresa in possesso di altra frazione di classifica della stessa categoria, al fine di raggiungere l’importo previsto dal bando.
Si fa preliminarmente presente che, allorché l’avvalimento concerne l’attestazione SOA, lo stesso determina la messa a disposizione dell’impresa ausiliata dell’intera azienda dell’impresa ausiliaria, intesa come il complesso dei beni organizzato per l’esercizio dell’impresa. L’attestazione, infatti, è rilasciata in considerazione di un patrimonio complessivo di requisiti e quindi, in via generale, la relativa qualificazione non può trasferirsi all’impresa avvalente se siano oggetto di avvalimento soltanto alcuni di quei requisiti.
È, appunto, in virtù della qualificazione che si attesta la capacità di un’impresa ad assumere appalti pubblici, fino ad un certo limite e relativamente a certi lavori.
Si deve ora verificare la portata, in tale contesto, della previsione di cui all’articolo 49, comma 7, del d. Lgs. n. 163/2006, secondo la quale “il bando di gara può prevedere che, in relazione alla natura o all’importo dell’appalto, le imprese partecipanti possano avvalersi solo dei requisiti economici o dei requisiti tecnici, ovvero che l’avvalimento possa integrare un preesistente requisito tecnico o economico già posseduto dall’impresa avvalente in misura o percentuale indicata nel bando stesso.” In base a tale norma, è riconosciuta alla stazione appaltante la facoltà di stabilire nel bando di gara una misura percentuale minima di requisiti che l’impresa ausiliata deve possedere, con la conseguenza che l’avvalimento può riguardare l’integrazione dei requisiti non posseduti.
Ne consegue che rientra nella discrezionalità dell’amministrazione predeterminare nel bando di gara una soglia minima di qualificazione SOA, di cui l’impresa avvalente deve comunque essere in possesso.
Detto caso ricorre nell’ipotesi di appalti di importo superiore a € 20.658.276, ex art. 3, comma 6 del D.P.R. n. 34/2000, per i quali, oltre all’attestazione SOA, vengono richiesti specifici requisiti di carattere finanziario: in tal caso, l’avvalimento può riguardare anche soltanto tale requisito di capacità finanziaria.
L’ipotesi normativa sopra delineata è pertanto diversa da quanto asserito dall’impresa istante, dal momento che l’integrazione dei requisiti è consentita solo in caso di espressa previsione in tal senso della disciplina di gara.
Nel caso in esame, poiché per la partecipazione all’appalto era previsto il possesso di qualificazione nella categoria OG6, classifica III, in relazione al quale solo l’attestazione SOA, per la medesima categoria e classifica, consente all’impresa di parteciparvi, è conforme alla normativa di settore l’esclusione dell’impresa che si è avvalsa di altra impresa priva dei requisiti di qualificazione prescritti.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione dell’impresa DE.PA.CO s.r.l. è conforme alla normativa di settore (
parere 20.12.2007 n. 155 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Occorre preliminarmente rilevare che i certificati emessi dalle Camere di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura (CCIAA) territorialmente competenti sono rilasciati secondo appositi modelli ministeriali, per garantire l'uniformità della certificazione anagrafica a livello nazionale, ed hanno valenza probatoria su quanto risulta depositato o iscritto nel Registro delle Imprese, operante presso ciascuna delle predette Camere di Commercio in qualità di strumento di pubblicità legale.
A prescindere dagli atti per i quali sussiste l'obbligo di deposito al Registro delle imprese per l'iscrizione, il cui elenco varia a seconda della forma giuridica dell'impresa, i dati che i soggetti tenuti all'iscrizione a detto Registro sono obbligati ad indicare al momento dell'iscrizione si ricavano dalla disposizione generale, di cui all'art. 2196 del codice civile, il quale stabilisce che: "Entro 30 giorni dall’inizio dell’impresa, l’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve chiedere l'iscrizione all’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione stabilisce la sede, indicando:
1 il cognome, il nome e la cittadinanza;
2. la ditta;
3. l'oggetto dell’impresa;
4. la sede dell’impresa;
5. il cognome e il nome degli istitori e procuratori.
L'imprenditore deve inoltre chiedere l'iscrizione delle modificazioni relative agli elementi su indicati e della cessazione dell’impresa entro trenta giorni da quello in cui le modificazioni o la cessazione si verificano ".

Dalla formulazione letterale della citata disposizione si evince che la presenza nell'organizzazione aziendale di un Direttore tecnico non rientra, di per sé, nel novero delle informazioni che devono essere indicate ai fini dell'iscrizione nel Registro delle imprese, con la conseguenza che il suo nominativo non deve necessariamente figurare nel corrispondente certificato camerale.
Un siffatto obbligo sussiste, invece, in ragione dei particolari poteri conferiti, per l'institore, "che può compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’ impresa a cui è preposto, salve le limitazioni contenute nella procura" (art. 2204 c.c.), e per i procuratori" i quali, in base a un rapporto continuativo, abbiano il potere di compiere per l'imprenditore gli atti pertinenti al! 'esercizio del! 'impresa, pur non essendo preposti ad esso" (art. 2209 c.c.).
Conseguentemente, considerato che nel caso in esame l'avviso pubblico di gara si limitava a richiedere che i partecipanti avessero in organico un Direttore tecnico dotato di idoneo titolo di studio, senza imporre loro alcun ulteriore obbligo e, soprattutto, senza imporre che la persona fisica indicata quale Direttore tecnico dovesse necessariamente figurare nel corrispondente certificato camerale, la specifica previsione di gara sopra richiamata può ritenersi rispettata dalla società concorrente AIPA S.p.A. che, in aderenza a tale richiesta, ha redatto una dichiarazione sostitutiva, a firma del legale rappresentante, in cui si affermava che: “nell’ organico dell’ impresa, relativamente l’anno precedente la data di pubblicazione del bando di gara in oggetto, così pure allo stato attuale, risulta regolarmente assunto un dirigente, dotato di idoneo titolo di studio di scuola media superiore di 2° grado (...), con la qualifica di direttore di prodotto e mansioni di direzione tecnica nel comparto gestione aree di sosta/parcheggi".
Pertanto, la circostanza, anch’essa risultante dalle dichiarazioni sostitutive prodotte dalla suddetta società, che al conferimento delle mansioni tipiche della figura professionale del Direttore tecnico si sarebbe successivamente aggiunta, in capo al medesimo soggetto, la preposizione all'organizzazione aziendale (art. 2203 c.c.), limitatamente a quella minima richiesta dall'avviso pubblico di gara, non determina un' incongruenza del certificato camerale rilevante ai fini dell' esclusione dalla gara, ma comporta soltanto l'obbligo dell' AIPA S.p.A. di richiedere l'iscrizione del nominativo di detto Direttore tecnico/institore una volta intervenuta la preposizione institoria.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la specifica previsione di gara oggetto della richiesta di parere è stata osservata dalla società concorrente AIPA S.p.A. (
parere 20.12.2007 n. 154 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
In molteplici atti l’Autorità ha affrontato la problematica del divieto del subappalto per le lavorazioni appartenenti a categorie a qualificazione non obbligatoria.
In particolare, con determinazione n. 25/2001 l’Autorità ha chiarito che l’indicazione sulla non obbligatorietà o sulla obbligatorietà della qualificazione serve a fornire al concorrente l’elenco delle lavorazioni che esso può eseguire direttamente ancorché non sia in possesso della corrispondente qualificazione (quelle a qualificazione non obbligatoria: le categorie OS1, OS6, OS7, OS8, OS23, OS26, OS32, OS34) e quelle che, invece, può seguire soltanto se in possesso della corrispondente qualificazione.
Le categorie a qualificazione non obbligatoria, oltre al fatto che possono essere eseguite dall’aggiudicatario ancorché privo di qualificazione, sono sempre subappaltabili e scorporabili, pur se di importo superiore al 15% dell’importo complessivo dell’appalto.
Con deliberazione n. 94/2007, l’Autorità ha peraltro precisato che le categorie altamente specializzate sono tali per indicazione normativa e non è riconosciuta alcuna facoltà alla stazione appaltante ovvero al progettista di effettuare valutazioni discrezionali al riguardo.
Nel caso di specie, pertanto, per la categoria OS32 non sussistono i presupposti per l’applicazione del divieto di subappalto, di cui all’articolo 37, comma 11, del d.Lgs. n. 163/2006.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che il divieto di subappalto per la categoria scorporabile OS32, a qualificazione non obbligatoria, non è conforme alla normativa di settore (
parere 13.12.2007 n. 145 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
La disciplina di gara prevede, a pena di esclusione, l’effettuazione della presa visione degli elaborati progettuali a cura del legale rappresentante del concorrente ovvero di un soggetto munito di delega in originale. Il bando specifica che non saranno accettate copie fotostatiche o deleghe trasmesse via fax.
Fra i documenti a corredo dell’offerta, lo stesso bando prescrive l’allegazione dell’attestazione in originale rilasciata dall’amministrazione, dalla quale risulti che il rappresentante legale dell’impresa ovvero un soggetto munito di delega in originale ha preso visione degli elaborati.
Il bando di gara non contiene alcuna prescrizione in ordine al ritiro, da parte della S.A., del documento di delega.
Nel caso in esame, poiché le imprese di che trattasi hanno ottenuto da parte dell’incaricato della stazione appaltante la prescritta attestazione di sopralluogo, successivamente allegata alla documentazione di gara, non sussistono elementi per una esclusione delle stesse dalla procedura.
Infatti, se i procuratori non avessero esibito il documento di delega in originale (come peraltro affermano di aver fatto) la S.A., sulla base delle disposizioni del bando, non avrebbe dovuto rilasciare l’attestato di presa visione.
Come rilevato dall’Autorità in precedenti espressioni di parere, non può consentirsi che l’errore dell’Amministrazione si risolva in un danno del concorrente, in quanto un corretto rapporto tra Amministrazione e privato deve essere rispettoso dei principi generali del buon andamento dell’azione amministrativa e di imparzialità, nonché di quello specifico enunciato nell’art. 1337 del cod. civ., secondo il quale nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto le parti devono comportarsi secondo buona fede.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione delle imprese che hanno presentato in gara l’attestazione di presa visione rilasciata dalla Stazione appaltante non è conforme al principio del giusto procedimento (parere 13.12.2007 n. 144 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Con precedenti espressioni di parere, l’Autorità ha affrontato la questione della congruità dei prezziari utilizzati dalle stazioni appaltanti, evidenziando che il loro utilizzo non può prescindere, per il rispetto dei basilari principi di efficienza, efficacia e correttezza, da una verifica sostanziale della loro congruità in relazione alle condizioni di mercato.
Quanto sopra assume una particolare rilevanza sotto il profilo del principio della tutela della concorrenza, alla luce della recente pronuncia della Corte Costituzionale n. 401/2007.
Come evidenziato dalla Suprema Corte, le specifiche finalità perseguite dal citato principio, tese ad assicurare che le procedure di gara si svolgano nel rispetto delle regole concorrenziali poste a presidio della libera partecipazione degli operatori economici, in assenza di ostacoli e barriere, devono costituire il fulcro dell’attività contrattuale delle stazioni appaltanti, siano esse di ambito nazionale ovvero di ambito regionale.
Per quanto di interesse in questa sede, la sottostima delle quotazioni delle voci di prezzo, determina un ostacolo nei confronti degli operatori economici, tale da frenare la libera concorrenza fra gli stessi.
Nella fattispecie in esame, la normativa regionale di riferimento disciplina la materia in modo puntuale.
L’articolo 18-bis della legge 109/1994 nel testo coordinato con la legge regionale n. 7/2002 e s.m.i., dispone che le stazioni appaltanti si attengono al prezziario unico regionale per i lavori pubblici, aggiornato ogni dodici mesi.
Il successivo articolo 18-ter, comma 2, dispone , inoltre, che le stazioni appaltanti, nel caso sia stato pubblicato un nuovo prezziario regionale, prima dell’indizione della gara, devono aggiornare i prezzi dei progetti, salvo che sia espresso parere negativo del responsabile del procedimento, motivato dall’assenza di significative variazioni economiche.
Il tenore letterale della citata norma induce a ritenere, fermo restando l’obbligo inderogabile di applicare il prezziario regionale vigente al momento dell’applicazione del progetto, che la possibilità di non aggiornare i prezzi costituisce per la stazione appaltante una facoltà residuale, che necessita di puntuale e non generica motivazione, basata sull’assenza di significative variazioni economiche.
Al riguardo, ai fini della significatività delle variazioni economiche fra prezziari di annualità diverse, nel caso in esame listino 2002 e listino 2007, non può essere preso come parametro di riferimento la media dei ribassi intorno alla quale si attestano le offerte negli appalti di lavori pubblici espletati nel territorio.
Infatti, i ribassi mirano al raggiungimento della miglior offerta possibile, che deve successivamente essere ritenuta congrua dall’amministrazione, mentre il prezzo a base d’asta deve riferirsi ai valori di mercato effettivi, quali risultano dal prezziario vigente, in applicazione degli articoli 34 e 43 del d.P.R. 554/1999, che dispongono che il computo metrico definitivo dell’opera deve essere redatto utilizzando prezziari o listini ufficiali correnti nell’area interessata.
Come rilevato dalla giustizia amministrativa, l’articolo 34 del d.P.R. 554/1999, nell’impedire che le amministrazioni scendano al di sotto dei prezzi base dedotti dai listini correnti, intende evitare che le stazioni appaltanti inneschino, nelle gare di appalto, una spirale al ribasso (cfr. TAR Liguria n. 887/2005).
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, non conforme alla normativa di settore porre a gara progetti i cui prezzi non sono stati aggiornati al prezziario vigente nell’area interessata (
parere 13.12.2007 n. 143 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Preliminarmente, si deve rilevare che le stazioni appaltanti, nella predisposizione dei bandi di gara relativi ad appalti di lavori di importo inferiore a 150.000 euro, riportano l’indicazione delle categorie di cui all’allegato A al d.P.R. 34/2000, ai soli fini dell’individuazione del rapporto di analogia tra i lavori eseguiti dal concorrente e quelli da affidare.
Infatti, come chiarito nella determinazione n. 25/2001, agli appalti di importo pari o inferiore a euro 150.000 non si applicano le disposizioni in materia di categorie generali e specializzate, di categorie a qualificazione obbligatoria, di categorie a qualificazione non obbligatoria, di divieto di subappalto.
In tale tipologia di appalti, quindi, i concorrenti devono documentare di aver eseguito lavori di natura analoga, intesa come “coerenza tecnica” tra la natura dei lavori eseguiti e quelli dedotti in appalto, oppure devono essere in possesso di attestazione di qualificazione in una categoria coerente con la natura dei lavori da affidare.
Nel caso in esame, pertanto, la stazione appaltante deve verificare, secondo gli indirizzi dettati con la deliberazione n. 165/2003, se le imprese in possesso di attestazione di qualificazione, possiedono o meno, nella misura richiesta dal bando di gara, una iscrizione in una categoria coerente con la lavorazione prevalente dell’appalto, relativa ad “acquedotti, gasdotti, oleodotti, opere di irrigazione e di evacuazione”.
Poiché la normativa di settore impone, per l'esecuzione di lavori pubblici, il possesso di una professionalità qualificata, da intendersi con riferimento alla specificità dell'attività esercitata, anche negli appalti di importo inferiore a 150.000 euro è indispensabile che l’impresa dimostri il possesso dei requisiti in relazione a quanto richiesto dal bando di gara: ai fini di una eventuale esclusione, è necessario verificare se la stessa possiede o meno una iscrizione di qualificazione in una categoria coerente con la lavorazione prevalente di cui si compone l’intervento.
Per quanto riguarda la seconda questione sottoposta all’attenzione dell’Autorità, si precisa che l’impresa priva dei requisiti di cui all’articolo 28 del d. P.R. 34/2000, in relazione alle lavorazioni scorporabili, deve aver indicato, in sede di gara, l’intenzione di voler subappaltare dette lavorazioni, eseguibili da soggetti in possesso della specifica qualificazione (articolo 28 del d.P.R. 34/2000 ovvero attestazione di qualificazione).
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione:
- negli appalti di importo inferiore a 150.000 euro è necessario il possesso di una professionalità qualificata, da dimostrarsi ai sensi dell’articolo 28 del d.P.R. 34/2000, in relazione alle lavorazioni dedotte in appalto;
- i concorrenti devono indicare in sede di gara di voler subappaltare le lavorazioni scorporabili per le quali non sono specificamente qualificati
(
parere 13.12.2007 n. 142 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Sulla possibilità per la commissione di gara di riaprire i lavori ed operare una ulteriore verifica non vi sono dubbi, essendo tale ipotesi riconosciuta, come evidenziato in narrativa, dall’orientamento costante della giurisprudenza amministrativa.
La questione che risulta essere pendente è rappresentata dalla mancata valutazione del certificato di qualità presentato dallo Studio ESSEGI.
L’avviso di gara prevede che viene assegnato un punteggio massimo fino a punti 5, in presenza di certificazione di qualità. Sul punto non può non rilevarsi, anche se non è oggetto dell’istanza che, come già precisato da questa Autorità (deliberazione n. 247/2007), l’attribuzione di punteggio in ragione del possesso della certificazione ISO, non tiene in conto che quest’ultima, riguardando la capacità dell’operatore di eseguire il servizio oggetto dell’appalto, può essere richiesta esclusivamente ai fini della selezione dei concorrenti, e non successivamente come criterio per valutare l’offerta. Pertanto il bando in questione risulta non essere conforme alla normativa di settore, essendo stati confusi i requisiti di partecipazione con il criterio di attribuzione.
Venendo al merito dell’istanza, la valutazione operata dalla commissione di gara relativamente all’offerta ed in particolare alla certificazione di qualità presentata dallo Studio ESSEGI, non risulta essere conforme al bando di gara, dal momento che esso, come esposto in narrativa, non specificava il tipo di certificazione di qualità da produrre. Pertanto la commissione di gara avrebbe dovuto considerare la certificazione prodotta dallo Studio ESSEGI, attribuendo alla stessa un punteggio da uno a cinque.
Tutto quanto sopra evidenziato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la valutazione compiuta dalla commissione di gara in ordine alla certificazione di qualità presentata dallo Studio ESSEGI non è conforme a quanto disposto dalla lex specialis di gara (
parere 13.12.2007 n. 141 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Con i pareri n. 41/2007 e 76/2007, l’Autorità ha affrontato la questione della congruità dei prezziari utilizzati dalle stazioni appaltanti, evidenziando che il loro utilizzo non può prescindere, per il rispetto dei basilari principi di efficienza, efficacia e correttezza, da una verifica sostanziale della loro congruità in relazione alle condizioni di mercato.
In tale ottica si pone la previsione di cui all’articolo 133, comma 8 del d. Lgs. n. 163/2006, che recita “Le stazioni appaltanti provvedono ad aggiornare annualmente i propri prezzari, con particolare riferimento alle voci di elenco correlate a quei prodotti destinati alle costruzioni, che siano stati soggetti a significative variazioni di prezzo legate a particolari condizioni di mercato.”
Inoltre, ai sensi degli articoli 34, 43 e 44 del d.P.R. 554/1999, il computo metrico definitivo dell’opera deve essere redatto utilizzando prezziari o listini ufficiali correnti nell’area interessata.
Nel caso di specie, appare oggetto di perplessità non solo ricorrere ad un listino stilato nel 1997, ma anche sottoporre detti prezzi ad un ulteriore ribasso del 14 per cento: si fa presente, infatti, che il livello dei ribassi proposti non può da solo provare la correttezza sostanziale delle scelte tecnico economiche, tenuto conto della primaria esigenza dell'Impresa a conquistare lavoro, per motivi di sopravvivenza economica e di qualificazione, né può ritenersi motivo di giustificazione l’eventuale limitatezza dei fondi a disposizione da parte della S.A.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che non è conforme all’articolo 133, comma 8 del d. Lgs. n. 163/2006 l’utilizzo, nell’appalto in esame, del prezziario regionale dell’anno 1997 (
parere 13.12.2007 n. 140 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Ai sensi dell’articolo 73, commi 2 e 3, del d. P.R. 554/1999, nel bando di gara deve essere indicata la categoria prevalente, nonché tutte le parti, appartenenti alle categorie generali o specializzate di cui si compone l’opera, con i relativi importi e categorie, nel caso in cui dette parti siano di importo superiore al dieci per cento dell’importo complessivo dell’appalto o di importo superiore a 150.000 euro.
Con determinazione n. 25/2001, l’Autorità ha chiarito la portata di detta norma, nel senso che il bando di gara deve indicare non soltanto l’importo complessivo dell’intervento nonché la categoria prevalente ed il suo specifico importo, ma anche tutti gli eventuali sottoinsiemi delle lavorazioni costituenti l’intervento medesimo diverse da quelle appartenenti alla categoria prevalente, soltanto però se per essi sussistano entrambe le seguenti condizioni: costituiscano un autonomo lavoro e siano di importo superiore al 10% dell’importo complessivo oppure di importo superiore a euro 150.000.
Inoltre, l’Autorità ha specificato che si intende per lavoro autonomo un lavoro che, indipendentemente dalla categoria che identifica l’intervento dal punto di vista ingegneristico e dal fatto che la sua descrizione si trova concisamente, indirettamente o in parte compresa nella categoria prevalente, non ha bisogno di lavorazioni appartenenti ad altre categorie per esplicare la sua funzione.
Nel caso di specie, le lavorazioni afferenti agli impianti tecnologici, di importo superiore a 150.000 euro, sono da considerarsi lavori autonomi, in quanto attraverso di esse si realizza un’opera capace di esplicare in via autonoma funzioni economiche o tecniche.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che il bando di gara per i lavori ristrutturazione, adeguamento impianti e informatizzazione di uno stabile comunale adibito a biblioteca, non è conforme all’articolo 73, commi 2 e 3, del d.P.R. 554/1999 (
parere 13.12.2007 n. 139 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Le questione in ordine alla quale si richiede il parere di questa Autorità è relativa alla legittimità del divieto di subappalto per categorie di lavori specializzate, non a qualificazione obbligatoria.
L’Autorità in numerose deliberazioni e determinazioni (determinazioni 15/2001, 25/2001, 27/2002, 31/2002, deliberazioni n. 81/2006, n. 91/2006), ha affrontato la questione riguardante l’applicabilità del divieto di subappalto di cui all’art. 37, comma 11, del D.lgs n. 163/2006, il quale stabilisce il divieto di subappalto per i lavori prevalenti e per le opere "per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti od opere speciali, e qualora una o più di tali opere superi altresì in valore il 15% dell'importo totale dei lavori".
Il divieto di subappalto si applica alle categorie altamente specializzate ed a qualificazione obbligatoria (OS2, OS3, OS4, OS5, OS11, OS13, OS14, OS16, OS17, OS18, OS19, OS20, OS21, OS22, OS27, OS28, OS29, OS30, OS33, OG12), mentre non si applica alle categorie a qualificazione obbligatoria non ricomprese nell'elenco delle categorie altamente specializzate (OS9, OS10, OS15, OS24, OS25, OS31), qualora siano indicate nel bando di gara come categorie scorporabili.
Nel caso di specie siamo in presenza di un divieto di subappalto per lavori di categoria OS32, cioè categoria specializzata di lavori, non a qualificazione obbligatoria, superiore in valore al 15% dell'importo totale dei lavori.
Con determinazione n. 25/2001, l’Autorità ha chiarito che l’indicazione sulla non obbligatorietà o sulla obbligatorietà della qualificazione serve a fornire al concorrente l’elenco delle lavorazioni che può eseguire direttamente ancorché non sia in possesso della corrispondente qualificazione (a qualificazione non obbligatoria: le categorie OS1, OS6, OS7, OS8, OS23, OS26, OS32 e OS34) e quelle che, invece, può eseguire soltanto se in possesso della corrispondente qualificazione.
Le categorie a qualificazione non obbligatoria, oltre al fatto che possono essere eseguite dall’aggiudicatario ancorché privo di qualificazione, sono sempre subappaltabili e scorporabili, pur se di importo superiore al 15% dell'importo complessivo dell'appalto. In caso di subappalto va, però, tenuto presente che esso può essere effettuato soltanto nei riguardi di soggetti in possesso della corrispondente qualificazione.
Si evidenzia, altresì, che con deliberazione n. 94/2007, l’Autorità ha chiarito che le categorie altamente specializzate sono tali per indicazione normativa e non è riconosciuta alcuna facoltà alla stazione appaltante di effettuare valutazioni discrezionali al riguardo.
Nel caso di specie, pertanto, per la categoria OS32 non sussistono i presupposti per l’applicazione del divieto di subappalto, di cui all’articolo 37, comma 11, del d. Lgs. n. 163/2006.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che il divieto di subappalto per la categoria scorporabile OS32, a qualificazione non obbligatoria, non è conforme alla normativa di settore (
parere 13.12.2007 n. 137 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Questa Autorità si è già occupata della problematica prospettata relativa alla certificazione del sistema di qualità aziendale conforme alle norme europee serie UNI EN ISO 9000 per singole e specifiche lavorazioni. Con determinazione n. 11 del 2003, infatti, è stato chiarito che le dichiarazioni relative al possesso di elementi correlati e significativi del sistema di qualità o le certificazioni del possesso di detto sistema debbono essere rilasciate secondo le prescrizioni dei documenti del SINCERT (RT - 08 del 19.12.2000 e RT - 05 del 13.05.2002), che riferiscono la certificazione di qualità a specifiche lavorazioni, ma devono contenere la seguente dizione "La presente dichiarazione si intende riferita agli aspetti gestionali dell'impresa nel suo complesso ed è utilizzabile ai fini della qualificazione delle imprese di costruzione ai sensi dell'art. 8 della legge 11.02.1994 e successive modificazioni e del d.P.R. 25.01.2000 n. 34", con ciò chiarendo che le dichiarazioni o certificazioni di qualità "si intendono riferite agli aspetti gestionali dell'impresa nel suo complesso, con riferimento alla globalità delle categorie o classifiche" (secondo la previsione dell'art. 4 comma 1, del D.P.R. n. 34/2000). Tali norme non consentono il rilascio di certificazioni secondo altre modalità e finalità, per cui la certificazione e la dichiarazione sono riferite agli aspetti gestionali dell'impresa nel suo complesso, con riferimento alla globalità delle categorie e classifiche.
E’ stato precisato, altresì, che le documentazioni e le certificazioni contenenti dizioni che indichino la loro validità soltanto per alcune delle categorie di cui all'allegato A al d.P.R. 34/2000 devono, entro trenta giorni dalla eventuale richiesta delle imprese titolari dei documenti, essere modificate, a cura degli organismi di certificazione che le hanno rilasciate, con l'inserimento della dizione che rinvia agli aspetti gestionali dell’impresa.
Nel caso di specie, il possesso della certificazione relativa all’intero sistema di qualità, conforme alle norme europee della serie UNI EN ISO 9000, è sufficiente per la partecipazione alla gara, pertanto la clausola del disciplinare che richiede il possesso del certificato del sistema di qualità UNI EN ISO 9000 per singole e specifiche lavorazioni è da ritenersi non conforme all’art. 4 del d.P.R. 34/2000.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la clausola del disciplinare che richiede il possesso del certificato del sistema di qualità UNI EN ISO 9000 per singole e specifiche lavorazioni è da ritenersi non conforme alla normativa di settore (
parere 13.12.2007 n. 136 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Preliminarmente si precisa che ai sensi dell’articolo 2, comma 1 del Regolamento sul procedimento per la soluzione delle controversie, l’istanza di parere può essere rivolta all’Autorità dalla stazione appaltante, da una parte interessata ovvero da più parti interessate, singolarmente o congiuntamente.
Sussistono pertanto i presupposti per una pronuncia sulla questione da parte dell’Autorità.
Nel merito, occorre rilevare come a fronte di requisiti di partecipazione molto stringenti e rigorosi previsti nel disciplinare di gara, così come descritti in narrativa, non può considerarsi conforme alla normativa una previsione che limiti o, addirittura, vieti l’utilizzo dell’avvalimento, istituto che, come noto, ai sensi dell’art. 49 del D. Lgs n. 163/2006, disciplina la possibilità, per un soggetto partecipante ad una gara, di dimostrare la sussistenza dei requisiti di qualificazione richiesti da una stazione appaltante mediante le risorse e le capacità di un altro soggetto.
In base a quanto sopra considerato, nei limiti di cui in motivazione Il Consiglio ritiene che i requisiti di partecipazione previsti nella documentazione di gara in oggetto non siano conformi alla normativa vigente di settore (
parere 28.11.2007 n. 135 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Questa Autorità si è già in passato espressa sull’ammontare del fatturato richiesto, considerando la fissazione di un importo tre volte superiore alla base d’asta un requisito oneroso e sproporzionato (si vedano le deliberazioni n. 20, 33 e 62 del 2007).
Nel caso di specie l’ammontare del fatturato globale richiesto pari a euro 5.000.000,00 nel settore oggetto della gara non risulta essere sproporzionato rispetto ad un servizio biennale il cui valore complessivo posto a base d’asta è di euro 1.826.000,00.
In relazione alla censura mossa dall’istante relativamente al monte ore, si prende atto dell’intervenuta modifica apportata dall’amministrazione che, in sede di rettifica del bando, come rappresentato in narrativa, ha eliminato il riferimento al monte ore.
Infine, in ordine alla contestazione circa la dotazione richiesta all’interno della struttura preponente che prevede un servizio amministrativo contabile con personale esperto in procedure informatiche e contabili, si rileva che dalla descrizione dell’oggetto dell’affidamento, la prestazione risulta essere rappresentata dall’assistenza domiciliare per anziani e assistenza domiciliare a favore di persone con limitata autonomia, nonché assistenza scolastica per gli alunni diversamente abili. Non sembra, pertanto, esservi una parte della prestazione destinata ad un progetto a fini statistici, così come evidenziato dal Comune.
In ogni caso anche ammettendo che una parte dell’oggetto sia deputato a finalità statistiche, esse risultano essere di tipo, senza dubbio, residuale rispetto all’oggetto dell’appalto. Pertanto, è da considerarsi sproporzionata la previsione di un responsabile del servizio amministrativo, contabile con diploma di ragioneria, analista contabile, informatico o altri titoli equipollenti, esperto in procedure informatiche e contabili e con un’esperienza documentata di almeno tre anni nei rapporti con gli Enti locali, rispetto all’oggetto della gara in questione.
In base a quanto sopra evidenziato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la documentazione di gara sia parzialmente non conforme alla normativa vigente di settore (
parere 28.11.2007 n. 134 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI SERVIZI: Ritenuto in diritto:
L’oggetto della procedura di gara in esame è costituito dalla fornitura di automezzi nuovi per servizi di igiene urbana. Detta fornitura è stata suddivisa dalla stazione appaltante in tre lotti per tipologia e caratteristiche della fornitura la quale, in ogni caso, secondo anche quanto evidenziato Consorzio GEOECO S.p.A., risulta essere unica.
Posto che la procedura di gara è unica, la stazione appaltante ha richiesto un unico Codice Identificativo Gara, che è stato correttamente indicato sul bando e sul capitolato di gara. Dalla verifica della documentazione di gara, pertanto, risulta essere chiaro che il contributo da versare a questa Autorità sia unico e che debba essere calcolato sulla base dell’importo complessivo di gara.
In base a quanto sopra evidenziato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’operato della Commissione di gara, in merito all’esclusione della società istante, sia conforme a quanto previsto dalla documentazione di gara (parere 28.11.2007 n. 132 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Preliminarmente si precisa che ai sensi dell’articolo 2, comma 1 del Regolamento sul procedimento per la soluzione delle controversie, l’istanza di parere può essere rivolta all’Autorità dalla stazione appaltante, da una parte interessata ovvero da più parti interessate, singolarmente o congiuntamente.
Sussistono pertanto i presupposti per una pronuncia sulla questione da parte dell’Autorità.
Nel merito delle questioni sottoposte all’attenzione dell’Autorità si precisa quanto di seguito rappresentato.
Per quanto attiene alla ritenuta limitazione dell’ambito della garanzia assicurativa contenuta nell’offerta, si fa presente che il divieto di apporre condizioni all’offerta, è un principio che risponde alla salvaguardia della par condicio dei partecipanti, che sarebbe alterata dalla condizione apposta all'offerta di un partecipante.
La precisazione in esame e la conseguente dichiarazione di volontà negoziale del concorrente di considerare nulla l’offerta nel caso in cui la stessa precisazione non venga condivisa dalla S.A., comporta l’idoneità della nota in parola a modificare il contenuto ed il significato dell’offerta presentata da UNIPOL s.p.a., trasformandola di fatto in una offerta parziale e condizionata e, dunque, come tale inammissibile.
La citata precisazione si pone, inoltre, in contrasto con la dichiarazione, resa in sede di documentazione amministrativa, di accettazione senza condizioni o riserva alcuna di tutte le norme e le disposizioni contenute nel bando di gara, nella lettera di invito e nel Capitolato assicurativo.
Per quanto riguarda l’esclusione dai lotti nn. 4, 5 e 6, per mancato pagamento del contributo in favore dell’Autorità, si fa presente che le Istruzioni operative relative al versamento del contributo, riportano, nella FAQ n. 34, l’indicazione in base alla quale negli appalti di servizi e forniture, nel caso in cui con un’unica gara si intenda assegnare contemporaneamente più lotti, il contributo è calcolato in base all’importo complessivo di gara.
Risulta, pertanto, corretto il versamento effettuato dall’istante nella misura di € 100,00, fascia di contributo prevista dalla deliberazione dell’Autorità del 10.1.2007 in relazione all’importo dell’appalto in esame.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione:
- conforme alla normativa di settore, l’esclusione di UNIPOL s.p.a dal lotto n. 1;
- non conforme alle indicazioni relative al versamento del contributo, l’esclusione di UNIPOL s.p.a. dai lotti nn. 4, 5 e 6
(
parere 28.11.2007 n. 131 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Secondo quanto previsto nelle risposte ai quesiti frequenti sul contributo pubblicate sul portale di questa Autorità sono esonerati dal pagamento del contributo: i contratti il cui importo a base di gara è inferiore a 150.000 euro; le gare per l’acquisto di energia elettrica o gas naturale e quelle per l’acquisto di acqua all'ingrosso, di cui all’art. 25 del Codice; l’individuazione di partner privati nell'ambito di società miste; i contratti di cui agli articoli 16, 17 e 18 del Codice.
Tutte le altre categorie di contratto e, pertanto, anche i servizi che rientrano tra quelli elencati nell’allegato II B al Codice dei contratti, sono soggetti al pagamento del contributo all’Autorità.
In ordine al mancata produzione della dichiarazione del legale rappresentante sull’osservanza della normativa sui disabili, ai sensi dell’art. 17 L. n. 68/1999 la certificazione di regolarità in materia di norme sul lavoro dei disabili costituisce requisito per l’ammissione a tutte le gare d’appalto, e dunque anche per quei servizi elencati all’allegato II B. L’obbligo posto da tale norma alle imprese partecipanti a gara d’appalto di presentare la dichiarazione relativa al rispetto delle norme sul lavoro dei disabili, come ha anche osservato il giudice amministrativo, ha un contenuto di ordine pubblico la cui disapplicazione non dipende dall’inserimento o meno dell’obbligo ivi previsto fra le specifiche clausole di concorso delle singole gare (cfr. Cons. St., V, 05/07/2006 n. 4267).
Pertanto, il bando di gara che non contenga alcun riferimento agli obblighi derivanti dalla normativa anzidetta deve intendersi comunque integrato dalla stessa, sulla base del principio di eterointegrazione normativa, nonché sulla base della convenienza economica delle contrattazioni dell’amministrazione la cui inosservanza, non può ritenersi sanabile alla stregua di una mera irregolarità formale.
In base a quanto sopra evidenziato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che il mancato versamento del contributo in favore dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici da parte di alcuni partecipanti alla gara, nonché la mancata produzione della dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili siano da considerare non conformi alla normativa vigente di settore (
parere 28.11.2007 n. 130 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
Nella questione in esame la stazione appaltante ha ritenuto di comminare l’esclusione dell’istante per non aver presentato l’offerta conformemente al modulo allegato alla documentazione di gara, nonostante tale modulo risultasse poco chiaro e potesse facilmente indurre in errore, contenendo una lista di immobili nella quale erano stati inseriti anche immobili non oggetto dell’offerta.
A fronte di un contenuto equivoco o ambiguo della documentazione di gara, è principio costante nella giurisprudenza quello per cui, tra più interpretazioni del bando di gara è da preferire quella che conduce alla partecipazione del maggior numero possibile di aspiranti, al fine di consentire, nell’interesse pubblico, una selezione più accurata tra un ventaglio più ampio di offerte, (cfr. per tutte Cons. Stato, Sez. IV, 29.08.2001, n. 4572).
In ordine al secondo motivo di esclusione, deve evidenziarsi come ai sensi dell’art. 88 del D.Lgs. 163/2006 la stazione appaltante, prima di escludere un’offerta ritenuta eccessivamente bassa, deve convocare l’offerente ed invitarlo ad indicare ogni elemento che ritenga utile per giustificare i prezzi offerti. Il Comune di Ancona avrebbe dovuto conformarsi al citato articolo, nel rispetto del principio del contraddittorio che, nel caso della verifica dell’anomalia dell’offerta, è espressamente richiamato.
Il Consiglio ritiene che la decisione di esclusione non sia conforme alla normativa vigente di settore (
parere 28.11.2007 n. 128 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
In relazione alle eccezioni pregiudiziali sollevate dalla Stazione appaltante, si fa presente che l’Autorità, in quanto organo vigilante del mercato degli appalti, riconosce alle associazioni di categoria la legittimazione a proporre istanze di parere per la soluzione delle controversie su questioni che investono il settore vigilato, tenuto conto che l’Autorità, con tutti gli strumenti ad essa attribuiti, ivi compreso l’istituto ex articolo 6, comma 7, lettera n), del d. Lgs. n. 163/2006, è tenuta a perseguire l’interesse pubblico alla tutela oggettiva della concorrenza, vigilando sulle possibili limitazioni ed ostacoli alla partecipazione alle gare di appalto.
Quanto sopra riguarda anche la problematica della corretta individuazione dell’importo a base di gara, elemento che incide in modo determinante su tutta la successiva fase di affidamento dell’appalto.
L’Autorità, nel caso in esame, è chiamata a pronunciarsi in merito alla questione relativa alla corretta stima dell’intervento, ai fini dell’individuazione del giusto corrispettivo posto a base di appalto.
Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del d. Lgs. n. 163/2006, applicabile anche all’appalto in esame, espletato da impresa pubblica che agisce nei settori speciali, l’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza.
Sussiste una stretta correlazione fra la qualità delle prestazioni, da intendersi come equilibrio del sinallagma contrattuale tra le parti, e l’importo stimato a base d’asta, che, se non remunerativo, comporta l’alterazione dell’equilibrio economico delle prestazioni stesse.
La sottostima della quotazione di una voce di prezzo incidente in modo significativo nel quadro economico dell’intervento, determina un ostacolo nei confronti degli operatori economici.
In sede di audizione, la S.A. ha rappresentato che il prezziario in uso presso il Gruppo Ferrovie dello Stato viene aggiornato in relazione a singole voci di prezzo, senza alcuna cadenza temporale predefinita per quanto riguarda la revisione del prezziario stesso.
Per quanto riguarda il prezzo del ferro, si deve rilevare che, nel corso dell’anno 2004, lo stesso ha avuto un aumento così incidente e abnorme, da indurre il legislatore ad effettuare un intervento regolatore, introducendo un meccanismo di compensazione.
Detta contingenza doveva essere valutata dalla stazione appaltante, essendo tenuta al rispetto dei basilari principi di efficienza, efficacia e correttezza, che si concretizzano in una verifica sostanziale della congruità dei prezzi, in relazione alle condizioni di mercato.
Sussiste, infatti, in capo alla stazione appaltante la contestuale esigenza di individuare un appaltatore che abbia presentato un’offerta seria e remunerativa, al fine di evitare riserve in corso d’opera.
Né rileva quanto osservato da Grandi Stazioni s.p.a. in ordine al range di ribassi presentati in precedenti appalti sulla medesima quotazione del ferro: infatti, il livello dei ribassi proposti non può da solo provare la correttezza sostanziale delle scelte tecnico economiche, tenuto conto della primaria esigenza dell'Impresa a conquistare lavoro, per motivi di sopravvivenza economica e di qualificazione.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’individuazione di voci di prezzo non aderenti a quelli di mercato determina un ostacolo alla concorrenza (
parere 28.11.2007 n. 126 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
E’ principio noto che la pubblicazione di una rettifica del bando inizialmente pubblicato non integra l’indizione di una nuova gara autonoma, ma soltanto la prosecuzione del precedente procedimento di gara. Pertanto, in caso di avvenuta rettifica, ai fini dell’individuazione della normativa applicabile, occorre fare riferimento al primo bando di gara.
Nel caso di specie, la questione controversa è se gli emendamenti introdotti dalla stazione appaltante integrino o meno una rettifica, ovvero rappresentino un vero e proprio nuovo bando di gara.
Secondo quanto emerge in narrativa, gli elementi del bando oggetto di modifica non rivestono portata sostanziale e rilevante, giacché la stazione appaltante non ha modificato le specifiche dell’appalto e non ha introdotto requisiti maggiormente onerosi, in un primo tempo non previsti, a carico delle imprese.
Peraltro la correzione del bando, secondo quanto esposto dalla stazione appaltante, è stata adottata anche in applicazione di una sentenza del TAR Lazio in merito al capitale minimo richiesto per l’iscrizione all’albo per di liquidazione, accertamento e riscossione.
Conseguentemente, in relazione alla procedura di gara rispetto alla quale si è proceduto alla rettifica successiva al 1 febbraio 2007 del bando inizialmente pubblicato prima della stessa data, non trova applicazione la deliberazione della Autorità di vigilanza sui lavori pubblici del 10.01.2007, poiché tale delibera è entrata in vigore solo il 1 febbraio dello stesso anno e, perciò, successivamente alla indizione del bando originario.
In base a quanto sopra considerato, nei limiti di cui in motivazione Il Consiglio ritiene che l’obbligo di contribuzione all’Autorità disciplinato dalla deliberazione del 10 gennaio 2007, non sia applicabile alla gara di specie in quanto il bando è stato pubblicato anteriormente al 1 febbraio 2007 (
parere 22.11.2007 n. 114 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
L’art. 38, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 163/2006 dispone che le dichiarazioni sostitutive devono essere rese da “degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o consorzio”.
Nel caso di specie la società istante, secondo quanto disposto dalla sopra riportata previsione, pertanto, avrebbe dovuto presentare una dichiarazione sostitutiva da parte di tutti coloro che hanno il potere di rappresentanza. Da quanto risulta dai verbali della commissione di gara, nonché da quanto dichiarato dalla stessa VCT Vigilanza Soc. Coop., il vicepresidente della società dispone di poteri di rappresentanza in assenza del presidente. Appare, pertanto, non discutibile il fatto che il vicepresidente abbia dei poteri di rappresentanza e avrebbe, di conseguenza, dovuto produrre la dichiarazione predetta in quanto rientrante nella tipologia degli amministratori muniti di poteri di rappresentanza.
L’art. 5 dell’invito a presentare l’offerta dispone chiaramente che la mancanza di una o più dichiarazioni previste dall’art. 3 (tra le quali è elencata la dichiarazione sostitutiva in merito al possesso dei requisiti generali, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 163/2006) è causa di esclusione dell’impresa.
In base a quanto sopra considerato, nei limiti di cui in motivazione Il Consiglio ritiene che il provvedimento di esclusione adottato dalla commissione di gara sia conforme alla lex specialis di gara, nonché alla normativa vigente di settore (
parere 15.11.2007 n. 109 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
L’art. 41 del D.Lgs. n. 163/2006 prevede che negli appalti di forniture o servizi, la dimostrazione della capacità finanziaria ed economica delle imprese concorrenti può essere fornita mediante idonee dichiarazioni bancarie. La finalità della presentazione delle referenze bancarie è quella di fornire alla stazione appaltante informazioni da parte di istituti bancari in ordine alla capacità economica e finanziaria dei clienti, che necessariamente presuppone una certa durata del rapporto per avere degli elementi valutativi al riguardo.
Il bando di gara con la previsione dell’obbligo di riportare sulla referenza bancaria l’indicazione della denominazione della gara, ha inserito una disposizione senza dubbio onerosa che travalica la finalità sopra citata della norma di garantire alla stazione appaltante la solidità economica dell’impresa. E’ principio noto, infatti, che la stazione appaltante può fissare, nell’ambito della propria discrezionalità, i requisiti di partecipazione superiori a quelli previsti per legge, ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico, purché essi non siano manifestamente irragionevoli, arbitrari, sproporzionati, nonché lesivi della concorrenza (si vedano a tal proposito Cons. Stato, sez. V, 14.12.2006 n. 7460; Cons. Stato, sez. V, 13.12.2005 n. 7081; Cons. Stato, sez. IV, 22.10.2004, n. 6967).
Nel caso di specie la previsione contenuta al punto 6 del disciplinare di gara, secondo cui la referenza bancaria deve indicare l’oggetto della gara, non deve porsi in combinazione con la comminatoria di esclusione prevista, in quanto se operata, verrebbe fornita una interpretazione del bando irragionevole e sproporzionato che andrebbe nel senso di non favorire la maggiore partecipazione degli operatori economici alla gara.
Pertanto, alla stregua delle considerazioni che precedono, la commissione di gara non avrebbe dovuto considerare la mancata indicazione dell’oggetto della gara sulla referenza bancaria causa di esclusione, anche operando erroneamente un collegamento con tale clausola alla comminatoria di esclusione. Non può, infatti, ritenersi che una tale omissione possa far insorgere dubbi in ordine alla stabilità economico–finanziaria della ditta.
Sul punto, peraltro è principio affermato in giurisprudenza quello per cui l’esclusione da una gara di appalto pubblico può essere disposta soltanto con riferimento all’inosservanza di specifici requisiti o formalità espressamente indicati dalla legge o dal bando di gara o dalla lettera di invito, non essendo a ciò sufficiente una generica comminatoria di esclusione allorché l’irregolarità constatata non sia rilevante per l’interesse dell’amministrazione o a tutela della “par condicio” dei concorrenti (Cons. Stato, Sez. VI, 13 giugno 2000, n. 3290).
In base a quanto sopra considerato, nei limiti di cui in motivazione Il Consiglio ritiene che la disposta esclusione non sia conforme alla normativa vigente di settore (
parere 15.11.2007 n. 108 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
Per la soluzione della questione sottoposta all’attenzione dell’Autorità, occorre affrontare separatamente la problematica relativa al divieto di subappalto della categoria scorporabile OG1 e della categoria scorporabile OS8, entrambe di importo superiore al 15 per cento dell’importo totale dei lavori.
Per quanto attiene alla categoria OG1, la questione sollevata riguarda l’applicabilità del divieto di subappalto di cui all’articolo 37, comma 11, del decreto legislativo n. 163/2006, oltre che alle categorie di cui all’articolo 72, comma 4, del d.P.R. 554/99, anche alle categorie generali.
Detta questione, affrontata dall’Autorità con determinazioni n. 25/2001 e n. 31/2002, non ha trovato unanime risoluzione in sede giurisdizionale, tanto che la giurisprudenza prevalente (cfr. Cons. Stato, sez. VI n. 4671/03 e Cons. Stato sez. IV n. 6701/04, TAR Brescia n. 1349/2006), ritiene che il divieto di subappalto per le lavorazioni appartenenti alle categorie generali possa operare solo laddove il bando di gara, che costituisce la lex specialis della stessa, lo preveda espressamente.
Secondo la citata giurisprudenza è pertanto illegittima l’esclusione dell’impresa non in possesso di qualificazione in una categoria generale scorporabile, indicata nel bando in aggiunta alla categoria prevalente, qualora il bando non preveda espressamente il divieto di subappalto, come invece statuito nel caso di specie.
Peraltro, anche questa Autorità, con la citata determinazione n. 31/2002, ha invitato le stazioni appaltanti a prevedere nei bandi di gara specifiche regole al riguardo.
Così facendo viene salvaguardata l’esigenza del committente che determinate lavorazioni siano eseguite direttamente dall’aggiudicatario ovvero, laddove quest’ultimo non sia in possesso dell’attestazione SOA per le opere riconducibili alla categoria scorporabile, venga costituito un raggruppamento temporaneo di imprese di tipo verticale.
Per quanto attiene alla categoria OS8, con determinazione n. 25/2001, l’Autorità ha chiarito che l’indicazione sulla non obbligatorietà o sulla obbligatorietà della qualificazione serve a fornire al concorrente - sia nel caso che sia un soggetto singolo, cioè un soggetto con idoneità individuale sia nel caso che sia un soggetto plurimo cioè un soggetto con idoneità plurisoggettiva - l’elenco delle lavorazioni che esso, ai sensi dell’ultimo alinea delle premesse dell’allegato A del dPR 34/2000, può eseguire direttamente ancorché non sia in possesso della corrispondente qualificazione ( e cioè quelle a qualificazione non obbligatoria: le categorie OS1, OS6, OS7, OS8, OS23, OS26, OS32 e OS34) e quelle che, invece, può eseguire soltanto se in possesso della corrispondente qualificazione.
Tale specificazione si trova nella “tabella corrispondenze nuove e vecchie categorie” di cui all’allegato A del dPR 34/2000. Va ricordato che il divieto di eseguire alcune lavorazioni qualora privi delle corrispondenti qualificazioni è anche previsto dal combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’articolo 74 del regolamento generale.
Va precisato che le categorie a qualificazione non obbligatoria, oltre al fatto che possono essere eseguite dall’aggiudicatario ancorché privo di qualificazione, sono sempre subappaltabili e scorporabili, pur se di importo superiore al 15% dell'importo complessivo dell'appalto. In caso di subappalto va, però, tenuto presente che esso può essere effettuato soltanto nei riguardi di soggetti in possesso della corrispondente qualificazione. Va, inoltre, ricordato che il concorrente qualora, per proprie scelte imprenditoriali, volesse comunque subappaltare tali lavorazioni o volesse in sede esecutiva essere in condizione di subappaltarle, deve farne oggetto di specifica precisazione nella dichiarazione sostitutiva allegata alla offerta o alla domanda di partecipazione, in quanto il subappalto è comunque soggetto ad autorizzazione e l’autorizzazione è condizionata da una specifica richiesta effettuata in sede di gara.
Infine, si evidenzia che con deliberazione n. 94/2007, l’Autorità ha chiarito che le categorie altamente specializzate sono tali per indicazione normativa e non è riconosciuta alcuna facoltà alla stazione appaltante ovvero al progettista di effettuare valutazioni discrezionali al riguardo.
Nel caso di specie, pertanto, per la categoria OS8 non sussistono i presupposti per l’applicazione del divieto di subappalto, di cui all’articolo 37, comma 11 del d. Lgs. n. 163/2006.
In base a quanto sopra considerato Il Consiglio ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che:
- il divieto di subappalto della categoria scorporabile OG1 è conforme a quanto prescritto dall'articolo 37, comma 11, del decreto legislativo n. 163/2006;
- il divieto di subappalto per la categoria scorporabile OS8 a qualificazione non obbligatoria, non è conforme alla normativa di settore
(
parere 08.11.2007 n. 104 - link a massimario.avlp.it).

LAVORI PUBBLICI: Ritenuto in diritto:
L’art. 40 (qualificazione per eseguire lavori pubblici) prevede al comma 7 che le imprese alle quali sia stata rilasciata da organismi accreditati - ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000 e della serie UNI CEI EN ISO/IEC 17000- la certificazione del sistema di qualità conforme alle norme europee ovvero la dichiarazione della presenza di elementi significativi e tra loro correlati di tale sistema usufruiscono del beneficio che la cauzione e la garanzia fideiussoria, previste rispettivamente dall’articolo 75 e dall’articolo 113, comma 1, sono ridotte del 50 per cento.
L’art. 113 disciplina le garanzie da assicurare per l’esecuzione del contratto (garanzia definitiva), mentre l’art. 75, comma 1, prevede l’obbligo di corredare l’offerta di ogni concorrente, che intenda partecipare a gare di lavori, servizi e forniture, di una garanzia pari al 2% del prezzo base indicato nel bando o nell’invito, sotto forma di cauzione o fideiussione (garanzia provvisoria).
Il successivo comma 7 dell’art. 75 dispone, senza alcuna distinzione della tipologia del contratto (se di lavori, servizi o forniture), che l’importo della garanzia, e del suo eventuale rinnovo, sia ridotto del 50% per gli operatori economici che, come nel caso dell’art. 40, comma 7, dispongano della certificazione del sistema di qualità conforme alle norme europee.
Questa Autorità si è già occupata della questione prospettata nella presente istanza, con la Determinazione dell’11 settembre 2007 n. 7, con la quale ha fornito indicazioni in ordine alla portata normativa dell’art. 40, comma 7, del D.lgs. 12.04.2006 n. 163, ed alla possibilità di estendere il beneficio inerente alla dimidiazione della cauzione (originariamente previsto per gli appalti di lavori pubblici) anche agli appalti di servizi e forniture.
In detta Determinazione è stato osservato come sul piano logico-giuridico, l’interpretazione restrittiva dell’art. 40, comma 7, del D.lgs. n. 163/2006, cui seguirebbe l’impossibilità per le imprese in possesso della certificazione di qualità di avvalersi della riduzione della cauzione definitiva nelle procedure di appalto di servizi e forniture, non sembra affatto coerente con la nuova impostazione normativa codificata dal D.lgs. n. 163/2006 in termini unitari per le procedure di appalto di lavori, servizi e forniture, come emerge anche dalla formulazione letterale dell’art. 40, comma 7, del Codice dei contratti pubblici, che non circoscrive il beneficio in questione agli appalti di lavori. Del resto, laddove il legislatore ha inteso riservare un regime giuridico differenziato per i lavori lo ha fatto espressamente, e la conferma di ciò è rinvenibile nell’art. 129 del Codice, che detta ulteriori previsioni in tema di garanzie e coperture assicurative specifiche per i lavori.
Tutto quanto sopra evidenziato, Il Consiglio Ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che la riduzione del deposito cauzionale in misura del cinquanta per cento per le imprese in possesso della certificazione di qualità è applicabile non solo agli appalti di lavori pubblici ma anche a quelli di servizi e forniture. Pertanto la richiesta di integrazione dell’importo della fideiussione, formulata dalla Prefettura di Terni, non è conforme alla normativa vigente di settore (
parere 08.11.2007 n. 98 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI SERVIZI: Ritenuto in diritto:
Questa Autorità si è già in passato più volte occupata (si vedano le delibere n. 20, 33 e 62, e 209 del 2007) di valutare la proporzionalità dei requisiti di capacità economico finanziaria e, in particolare, del requisito concernente il fatturato, pronunciandosi nel senso che la stazione appaltante può fissare, nell’ambito della propria discrezionalità, i requisiti di partecipazione superiori a quelli previsti per legge, ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico.
Unico limite a detta scelta, come anche è dell’avviso il giudice amministrativo, si rinviene allorché la stessa sia manifestamente irragionevole, arbitraria, sproporzionata, illogica e contraddittoria, nonché lesiva della concorrenza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14.12.2006 n. 7460; Cons. Stato, sez. V, 13.12.2005 n. 7081; Cons. Stato, sez. IV, 22.10.2004, n. 6967). La ragionevolezza dei requisiti non viene valutata in astratto, ma in correlazione al valore dell’appalto.
Al riguardo, in relazione al caso di specie, deve ritenersi immotivata la fissazione, per un appalto di pulizie, di un fatturato, per un importo di circa cinquanta volte superiore al valore dell’appalto.
Per quanto attiene ai sopra menzionati requisiti di capacità tecnica, si rappresenta che gli stessi non sembrano rispondere ad una specifica motivazione e ragione giustificativa del loro inserimento. I motivi di censura relativi ai predetti requisiti di capacità tecnica, comunque, risultano assorbiti da quanto sopra evidenziato in materia di fatturato richiesto.
In base a quanto sopra considerato, nei limiti di cui in motivazione Il Consiglio ritiene che i requisiti di partecipazione economico – tecnici siano manifestamente sproporzionati e, pertanto, si pongano in contrasto con i principi di libera concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione (
parere 08.11.2007 n. 97 - link a massimario.avlp.it).

APPALTI: Ritenuto in diritto:
E’ principio noto quello per cui appartiene alla discrezionalità della stazione appaltante fissare i requisiti di partecipazione alla singola gara, rigorosi ed anche superiori rispetto a quelli previsti dalla legge, quale esplicazione del potere-dovere di apprestare (attraverso la specifica individuazione dei requisiti di ammissione e di partecipazione ad una gara) le misure più adeguate, congrue ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico, oggetto dell'appalto da affidare. Tale potere, incontra precisi limiti, laddove sia, con ogni evidenza, manifestamente irragionevole, irrazionale, arbitrario, sproporzionato, illogica e contraddittorio (per tutte, Cons. Stato, Sez. IV, 22.10.2004, n. 6967).
Nel caso di specie non sembra che i requisiti apposti possano considerarsi sproporzionati né tantomeno irragionevoli dal momento che, come anche precisato dalla stazione appaltante, per quanto riguarda i requisiti esperenziali, è stata richiesta l’esperienza di pianificazione associata di redazione del PSC per due o più Comuni o Enti territoriali ai sensi della L.R.20/2000, al fine di mantenere la garanzia di esperienze di livello associativo, trattandosi di una comunità montana; allo stesso tempo sono stati previsti elementi di equivalenza di carattere tecnico, economico e territoriale anche a chi avesse maturato esperienze di pianificazioni estranee alle fattispecie disciplinate dalla L.R. 20/2000, ampliando così l’ambito dei partecipanti.
Per quanto attiene alla previsione della dimostrazione del “percorso professionale”, l’amministrazione ha chiarito che tale requisito, come specificamente riportato nel disciplinare di gara, è richiesto in quanto occorre verificare in capo ai partecipanti la presenza di una mirata qualificazione in materia, altrimenti non verificabile, a garanzia per l’Amministrazione della corretta e puntuale realizzazione dell’attività oggetto dell’appalto.
In base a quanto sopra considerato, nei limiti di cui in motivazione Il Consiglio ritiene che i requisiti di capacità tecnico – professionale previsti dal disciplinare di gara in oggetto siano conformi alla normativa di settore (
parere 08.11.2007 n. 95 - link a massimario.avlp.it).

GIURISPRUDENZA

APPALTI: Su alcune questioni in materia di gare pubbliche: legittimazione ad agire singulatim per le imprese di una ATI, mancata impugnazione dell'aggiudicazione, verbale di gara e autocertificazione.
In tema di gare pubbliche sono legittimate ad agire singulatim le imprese di un raggruppamento temporaneo partecipante ad una gara d'appalto (ord. Corte di Giustizia, 4 ottobre 2007, C-492/06).

Secondo un orientamento giurisprudenziale pacifico, la mancata impugnazione dell'aggiudicazione in favore della controinteressata da parte delle altre imprese facenti parte di una costituenda associazione non può essere interpretato come volontà di abbandono della posizione sostanziale di interesse per la cui tutela ha proposto ricorso altra impresa. Ed invero, affinché vi sia acquiescenza ad un provvedimento amministrativo occorre che il comportamento del soggetto acquiescente sia chiaro ed inequivocabile, sia a lui imputabile e tale da far desumere, senza un ragionevole dubbio, la volontà di accettare gli effetti delle determinazioni sfavorevoli o il suo disinteresse al conseguimento di una decisione di merito. Tale inequivoco significato non può attribuirsi alla mancata impugnazione dell'aggiudicazione in favore della controinteressata da parte delle altre imprese facenti parte della costituenda associazione. Infatti, la mancata impugnazione degli atti di gara da parte delle altre imprese della costituenda ATI ben può essere il portato, ad esempio, della volontà di non affrontare i tempi e le spese di un giudizio, senza per questo assumere il significato di una volontà certa di abbandono della posizione sostanziale per la cui tutela è stato proposto il ricorso, sia pure da altri, volontà che, ove sussistente, dovrebbe essere esplicitata con altri e più chiari mezzi.
Il verbale di gara è un atto pubblico facente piena prova, fino a querela di falso, dei fatti che il pubblico ufficiale, sotto la propria responsabilità, attesta essere avvenuti in sua presenza.
Pertanto, ove l'intento del responsabile del procedimento fosse stato quello di azzerare una procedura di gara in relazione alla quale erano a suo avviso venute meno le necessarie garanzie sulla correttezza del procedimento di aggiudicazione come certificate nei verbali di gara, sarebbe stato suo onere - preliminarmente - attivare il procedimento volto a dimostrare che il loro contenuto era falso, e che le indicazioni negli stessi contenuti in ordine alle operazioni di voto non erano corrispondenti al vero.La natura dei verbali di gara, quali atti pubblici a fede privilegiata, s'impone quindi al giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 2700 c.c., nei termini vincolativi sopra precisati.
L'ampio ricorso consentito nelle procedure ad evidenza pubblica alle autocertificazioni, in un'ottica di snellimento delle procedure e semplificazioni degli adempimenti, trova la sua ragion d'essere nell'esigenza di evitare ai partecipanti ad una gara pubblica l'onere di attardarsi nell'acquisizione dei documenti richiesti, ai fini della prova del possesso dei requisiti di partecipazione, dalla lex specialis della procedura concorsuale, consentendosi, sotto la propria responsabilità, la dichiarazione del possesso di tali requisiti, suscettibili di effettiva dimostrazione in caso di aggiudicazione della gara. Ma tale strumento di semplificazione risulta evidentemente inappropriato allorché, non essendo in possesso della certificazione richiesta, rilasciata, come noto, esclusivamente da organismi certificati di comprovata indipendenza, si tratta di fornire "…altre prove relative all'impiego di misure equivalenti di garanzia" (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 15.01.2008 n. 31 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'escussione della cauzione provvisoria: funzione e casi.
La giurisprudenza amministrativa è univoca nel ritenere che qualora la prova del possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa non sia fornita, ovvero non vi sia conferma delle dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell'offerta, si deve procedere alla esclusione del concorrente dalla gara ed alla escussione della cauzione provvisoria. Quest'ultima conseguenza ha la funzione di garantire la veridicità delle dichiarazioni fornite dalle imprese in sede di partecipazione alla gara in ordine al possesso dei requisiti prescritti dal bando o dalla lettera di invito, così da assicurare l'affidabilità dell'offerta, il cui primo indice è rappresentato proprio dalla correttezza e dalla serietà del comportamento del concorrente. Essa rappresenta una liquidazione anticipata dei danni derivanti all'Amministrazione dall'inadempimento di tale obbligo di serietà da parte del concorrente. Da ciò deriva che l'escussione della cauzione è conseguenza diretta ed automatica del verificarsi del presupposto correlato alla descritta funzione della cauzione, vale a dire dell'inadempimento del partecipante .
La giurisprudenza è concorde nel ritenere che l'escussione della cauzione sia possibile, anzi rappresenta atto dovuto, ogni volta che, non risultando le dichiarazioni rese dall'aggiudicatario ai fini della partecipazione alla gara confermate dal successivo riscontro della relativa documentazione, l'Amministrazione abbia provveduto, a norma della lex specialis, alla esclusione dell'impresa dalla procedura. In altre parole, la escussione della cauzione "deve essere disposta come effetto automatico di quella determinata infrazione e l'Amministrazione difetta di facoltà di scelta in merito", senza possibilità di diversificare l'ipotesi dell'assoluta mancanza del requisito da quella della sua difformità da quanto dichiarato senza, cioè, che possa assumere rilievo il carattere psicologico della violazione (TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter,
sentenza 14.01.2008 n. 184 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'impugnazione dell'aggiudicazione definitiva e sull'inammissibilità delle modificazioni soggettive durante la partecipazione alla gara, pena l'esclusione dalla gara.
Come affermato da un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (ex multis, Consiglio di Stato, sezione V, decisioni 3717/2002 e 4464/2005), e come recentemente ribadito dalla stessa V sezione del Consiglio di Stato con la decisione 01.08.2007, n. 4268, "Dalla mancata impugnazione dell'aggiudicazione definitiva deve discendere l'improcedibilità del ricorso in primo grado. Se non è dubbio, infatti, che l'esclusione può (ed anzi deve) essere gravata prima dell'aggiudicazione, nell'attuale assetto del sistema di tutela giurisdizionale in materia di appalti pubblici (quale esso risulta anche dai principi di derivazione comunitaria), deve essere affermato il principio che l'impugnazione dell'esclusione va estesa, con lo strumento dei motivi aggiunti, anche all'aggiudicazione, non solo quando questa risulti disposta uno actu con l'esclusione ma tutte le volte in cui essa intervenga e sia conosciuta prima della pronunzia sul relativo gravame."
E' legittimo il provvedimento di esclusione da una gara di un raggruppamento di imprese pronunciato a seguito della trasformazione di un Consorzio facente parte del raggruppamento da consorzio in società a responsabilità limitata. In materia di appalti, infatti, in virtù del principio della immutabilità del soggetto durante la partecipazione alla gara, non è ammessa, pena l'esclusione dalla gara, la modifica della natura giuridica del soggetto partecipante nella fase intercorrente tra la presentazione della domanda di partecipazione e l'eventuale stipula del contratto (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 09.01.2008 n. 13 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'illegittimità di una previsione richiesta in un bando di gara per l'affidamento dei servizi di parcheggi pubblici a pagamento senza custodia, in quanto sproporzionata rispetto all'importo della gara e alla natura del servizio.
E' illegittima la previsione, quale requisito di ammissione ad una gara indetta da un comune per l'affidamento dei servizi di parcheggi pubblici a pagamento senza custodia e di pulizia dei bagni pubblici nel territorio comunale, dell'iscrizione all'Albo previsto dall'art. 53 del d.l.vo 15.12.1997, n. 446, cioè all'Albo dei soggetti abilitati alle attività di liquidazione ed accertamento dei tributi e delle entrate delle province e dei comuni istituito presso il ministero dell'economia e delle finanze. La suddetta previsione è ingiustificata e si traduce pertanto in una indebita limitazione dei potenziali concorrenti, con conseguente illegittimità per eccesso di potere. Ed infatti il servizio oggetto di gara non si riferisce all'accertamento, liquidazione o riscossione di entrate comunali né di tipo tributario né di altro tipo, l'unica entrata comunale implicata dall'affidamento consiste nella somma che l'impresa aggiudicataria sarà tenuta a pagare al comune quale corrispettivo dell'affidamento; al contrario i proventi ritratti dalla gestione dei parcheggi costituiscono un ricavo dell'aggiudicataria che di tali proventi si appropria. In sostanza è una attività che esula da quella svolta dai soggetti iscritti all'Albo in questione che - per la sua particolare delicatezza e connessione con una delle fondamentali potestà pubbliche (l'imposizione di prestazioni patrimoniali) - è assoggettata a penetrante controllo da parte dell'amministrazione statale oltre che alla previsione per i soggetti che la svolgono di requisiti di capacità finanziaria, tecnica e di professionalità e onorabilità che appaiono del tutto sproporzionati all'importo della gara in questione e alla natura del servizio (TAR Lazio-Latina, Sez. I,
sentenza 07.01.2008 n. 6 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'illegittimità di un bando di gara che richieda ai concorrenti requisiti di partecipazione alla gara sovrabbondanti e sproporzionati in rapporto all'oggetto dell'appalto.
La giurisprudenza amministrativa, sulla scia di importanti pronunce della Corte di Giustizia CE ha a più riprese ribadito che l'Amministrazione non può restringere il numero dei partecipanti fino al punto da non assicurare una reale concorrenza e non può immotivatamente fissare requisiti di partecipazione in ordine alle capacità tecniche sproporzionati rispetto all'oggetto dell'appalto (TAR Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 02.01.2008 n. 1 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

ENTI LOCALI: Sull'affidamento del servizio di tesoreria: deve essere attribuito dalla lex specialis un maggior peso all'elemento economico rispetto a quello tecnico.
Nelle gare per l'affidamento del servizio di tesoreria, l'elemento economico, nel caso di specie la misura dei tassi attivi e passivi, è l'elemento di maggiore importanza, idoneo a determinare per l'ente un vantaggio economico anche consistente. Pertanto risulta illogico, e, quindi, illegittimo, un bando di gara in cui tale elemento abbia minore peso rispetto agli altri elementi tecnici (tipo le modalità del servizio, ecc.), che sono in gran parte regolati dalla normativa di settore, per cui ridotta è l'utilità marginale ricavabile dai profili più strettamente funzionali (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 31.12.2007 n. 6837 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: La P.A non deve motivare in modo specifico le ragioni per cui, anziché prorogare l'affidamento di un servizio pubblico a trattativa privata con un precedente gestore, abbia deciso di assegnare l'appalto mediante gara.
Sull'onere della P.A. in sede di selezione dei soggetti da invitare ad una trattativa privata, di motivare la scelta di non invitare alla gara il precedente gestore del servizio.
L'amministrazione non è tenuta a motivare in modo specifico le ragioni per cui, anziché prorogare l'affidamento di un servizio pubblico a trattativa privata con un precedente gestore, dispone di ricorrere ad una procedura concorsuale per la scelta di un nuovo contraente, essendo l'assegnazione dell'appalto mediante gara il sistema ordinario stabilito dall'ordinamento per l'affidamento dei servizi pubblici.
Nelle gare per l'aggiudicazione di contratti della Pubblica amministrazione, in sede di selezione dei soggetti da invitare alla trattativa privata, l'Amministrazione ha l'onere di motivare la scelta, ancorché discrezionale, di non invitare alla gara il privato che abbia precedentemente svolto presso la stessa il servizio cui fa riferimento la trattativa (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sez. giurisdizionale,
sentenza 31.12.2007 n. 1179 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla possibilità per i concorrenti di una gara di dichiarare il possesso dei requisiti di cui all'art. 38 del d. l.vo n. 163/2006, per mezzo di dich.ne sostit. ex d.P.R. 445/00, per attestare di essere in regola con la normativa sui disabili.
In sede di gara pubblica i concorrenti, anche nel caso in cui nel bando sia richiesta espressamente la certificazione ex articolo 17 della l. 68/99, concernente il rispetto della normativa a tutela dei disabili, può limitarsi a dichiarare di essere in regola con gli obblighi in questione, restando ovviamente in facoltà della stazione appaltante di procedere, successivamente, a controlli circa la veridicità di tale dichiarazione sostitutiva. Il codice degli appalti (d. l.vo n. 163/2006) ha previsto, infatti, la possibilità di dichiarare il possesso dei requisiti di cui all'art. 38, per mezzo di dichiarazione sostitutiva ex d.P.R. 445/2000 (TAR Campania-Napoli, Sez. I,
sentenza 28.12.2007 n. 16569 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Affidamento - Scelta tra affidamento diretto (cd. in house) ed affidamento mediante gara - Spetta alla P.A. e non contrasta con la normativa comunitaria - Affidamento diretto e senza gara (cd. in house) - Requisito del "controllo analogo" - Partecipazione pubblica totalitaria - Insufficienza ex se - Necessità che le decisioni più importanti siano sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante - Sussiste - Questione di legittimità costituzionale di quest’ultima norma - Eccepita in relazione all’art. 118, comma 4, Cost. (che prevede il c.d. principio di sussidiarietà orizzontale) - Manifesta infondatezza - Va dichiarata.
La creazione di un mercato comune e l’applicazione delle regole di tutela della concorrenza per garantirne il mantenimento incontrano il limite del potere di organizzazione della pubblica amministrazione riconosciuta agli stati membri dalle istituzioni comunitarie. Tale limite non rappresenta una deroga alla disciplina europea delle libertà economiche tutelate dal mercato comune, ma è definizione di ciò che non è mercato. La disciplina della concorrenza per l’aggiudicazione degli appalti e delle concessioni presuppone un rapporto con il mercato, ma la libera decisione dell’amministrazione di rivolgersi ad esso non può essere coartata per realizzare l’apertura al mercato di taluni settori di attività in cui l’amministrazione pubblica voglia, invece, ricorrere all’autoproduzione.
La scelta di optare tra outsourcing e in house providing non sia sindacabile alla stregua del diritto comunitario.
In presenza delle cennate condizioni -"controllo analogo" e destinazione prevalente dell’attività all’ente di appartenenza- il legame che unisce quest’ultimo all’affidatario del servizio ha carattere organizzativo, cosicché non è richiesto l’esperimento di procedure ad evidenza pubblica.
La nozione di sussidiarietà orizzontale è suscettibile di assumere due distinte significazioni: una negativa, che si sostanzia nel dovere di astensione dei pubblici poteri laddove le forze individuali e della società siano in grado di soddisfare i propri bisogni autonomamente; una positiva che implica l’affermazione di un dovere di intervento dei pubblici poteri ove gli individui e le forze sociali non abbiano la capacità di provvedere da sé alle proprie necessità.
Il ricorso all’affidamento diretto è, quindi, sempre consentito, alla sola condizione che sussistano i requisiti indicati nella lett. c) del menzionato comma 5.
Non sembra, pertanto, necessaria un’apposita ed approfondita motivazione di tale scelta, una volta dimostrata la sussistenza dei presupposti richiesti per l’autoproduzione.
Al contrario, una motivazione di maggiore latitudine diventa necessaria quando il comune stabilisce di affidare la gestione del servizio a soggetti terzi. In tali casi, vanno evidenziate le specifiche ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 21.12.2007 n. 2407 - link a www.ambietelegale.it).

RISARCIMENTO DANNIBUCA SU MANTO STRADALE – VISIBILITA’ – PREVEDIBILITA’ - INSIDIA E TRABOCCHETTO – RESPONSABILITA’ DELLA P.A. - INSUSSISTENZA.
Nell’ambito del principio del “neminem laedere”, per aversi la responsabilità della P.A. quale proprietaria o gestore della strada (o dell’area) pubblica, è necessario che sussistano due elementi, il primo oggettivo della non visibilità del pericolo ed il secondo soggettivo della non prevedibilità dell’insidia, e che entrambi concorrano in radice nella cauzione del fatto illecito oggetto della pretesa risarcitoria azionata (Giudice di Pace di Caserta,
sentenza del 21.12.2007 - link a www.iussit.eu).

APPALTI SERVIZI: Appalti - Affidamento- Affidamento diretto di un servizio ad una società mista pubblico-privato – Presupposti – Deve costituire “la modalità organizzativa con la quale l’amministrazione controlla l’affidamento disposto, con gara, al ‘socio operativo’ della società” – Condizioni - “Definitezza dell’oggetto” e “durata dell’affidamento”.
L’affidamento diretto di un servizio ad una società mista è possibile nel caso in cui essa costituisca -non la beneficiaria di un affidamento diretto ma- “la modalità organizzativa con la quale l’amministrazione controlla l’affidamento disposto, con gara, al ‘socio operativo’ della società”: in tale ipotesi infatti si realizzerebbe un controllo interno ed organico del partner societario sull’operato del socio privato selezionato per la gestione del servizio.
In questa ottica, il ricorso alla figura organizzatoria della società mista viene ritenuto ammissibile se delimitato da quelle garanzie –di “definitezza dell’oggetto” e di “durata dell’affidamento”- che consentono, da una parte, di escludere la riconducibilità di tale figura nel modello dell’affidamento “in house”, dall’altra, di fugare ogni perplessità in ordine al rischio di restrizione della concorrenza.
Queste garanzie vengono ritenute sussistenti alle seguenti condizioni:
1) che al socio privato –scelto necessariamente con procedura concorsuale- sia affidato non già il ruolo di mero finanziatore, bensì quello di socio industriale ed operativo che concorre anche materialmente allo svolgimento del servizio per il quale la società è stata costituita;
2) che si preveda un rinnovo della procedura di selezione alla scadenza del periodo di affidamento, così evitando che il socio diventi stabile, possibilmente prevedendo che sin dagli atti di gara per la selezione del socio privato siano chiarite le modalità per l’uscita del socio stesso.
“Il contratto sociale, proprio perché intrinsecamente diverso dall’appalto, resta estraneo alla disciplina delle direttive comunitarie” La figura della società mista può ritenersi compatibile con il diritto comunitario quando, tra l’altro, gli incarichi affidati a tale società – e gestiti dal socio industriale – siano chiaramente definiti dalla procedura di gara, anche in termini di durata (TAR Valle D'Aosta, sentenza 13.12.2007 n. 153 - link a www.ambientelegale.it).

APPALTI: Appalti – Offerte anomale - Requisiti prescritti dal bando - Dimostrazione - Possibilità di fare riferimento ai requisiti posseduti da altra impresa di cui sia stata acquisito il ramo di azienda - Sussiste anche in difetto di previsione del bando - Fattispecie relativa alla dimostrazione del requisito della capacità economica e finanziaria (da comprovare mediante il fatturato degli ultimi 3 anni) - Certificato richiesto dal bando - Emesso in data non anteriore a 12 mesi da quella di scadenza di presentazione dell’offerta - Produzione di un certificato di data anteriore - Esclusione - Impossibilità - Potere della Stazione appaltante di invitare il concorrente a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto del certificato – Sussiste - Cauzione provvisoria - Produzione di una polizza priva di una espressa rinuncia all’eccezione di cui all’articolo 1957, comma 2, cod. civ. - In mancanza di richiamo nel bando all’art. 75 del D.Lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici) - Esclusione dalla gara – Impossibilità - Offerte anomale - Verifica - Obbligo di motivazione - Sussiste anche nel caso in cui la verifica abbia dato esito positivo - Ragioni.
In presenza della produzione di un certificato risalente a una data
anteriore, non sia precluso l’esercizio, da parte della stazione appaltante, del potere di invitare i concorrenti, se necessario e nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45, "a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati. Infatti in questo caso il certificato non manca del tutto, ma è stato prodotto dal ricorrente, e concorre a costituire un ragionevole indizio del possesso del requisito di partecipazione, in unione con gli altri elementi documentali allegati dall’interessato.
Apparendo evidentemente ultronea e sproporzionata la sanzione dell’esclusione dalla gara a fronte di una previsione di bando generica e di una normativa primaria entrata in vigore da pochi mesi, ove si controverta non dell’omessa prestazione della cauzione o dell’insufficienza del relativo importo, bensì di una singola clausola contrattuale. Infatti, in linea di principio, si deve accogliere l'interpretazione della disciplina di gara che tutela gli interessati di buona fede, salvaguardando così l'ammissibilità delle offerte e consentendo la maggiore partecipazione di offerenti, attesa la duplice necessità di tutelare sia l'affidamento ingenerato nelle imprese partecipanti, sia l'interesse pubblico al più ampio possibile confronto concorrenziale, e ciò al fine di ottenere le prestazioni richieste ad un prezzo quanto più vantaggioso, in termini qualitativi e quantitativi, per l'amministrazione.
L'amministrazione deve prendere specificamente in considerazione le giustificazioni rese dall'impresa la cui offerta sia assoggettata alla verifica di anomalia e deve chiaramente esporre le ragioni della propria valutazione anche nel caso in cui le giustificazioni siano state considerate soddisfacenti, ossia anche nel caso di giudizio finale positivo
 (TAR Lazio-Roma, Sez. III-bis, sentenza 12.12.2007 n. 12973 - link a www.ambientelegale.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sanatoria e diritti dei terzi.
In caso di rilascio di titolo abilitativo in sanatoria non spetta al Comune interessarsi degli aspetti civilistici potendo il soggetto terzo, che non subisce alcun pregiudizio dalla sanatoria, ottenere tutela innanzi al giudice ordinario (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 10.12.2007 n. 6332 - link a www.lexambiente.it).

APPALTI SERVIZI: Sull'applicabilità della disciplina introdotta dall'art. 1, c. 729, della l. n. 296 del 2006 (finanziaria 2007), anche nell'ipotesi di società partecipate ove gli amministratori svolgano la loro opera a titolo gratuito.
La disciplina introdotta dall'art. 1, c. 729, della l. n. 296 del 2006 (finanziaria 2007), diretta a ridurre il numero dei componenti dei consigli di amministrazione delle società partecipate da enti locali, trova applicazione anche nelle ipotesi di società partecipate da enti locali ove i componenti dei consigli di amministrazione svolgono il loro compito senza alcun emolumento e dunque senza alcun impegno di spesa gravante sui bilanci pubblici. Non vi è dubbio che l'intento primario del legislatore, attraverso l'introduzione della suddetta disciplina, sia stato quello del contenimento della spesa pubblica. Tuttavia, le limitazioni imposte al numero complessivo degli amministratori nelle società totalmente partecipate, anche indirettamente, da enti locali, nonché al numero massimo degli amministratori designati dai soci pubblici nelle società miste, sono misure organizzative che possono trovare fondamento anche nell'esigenza di perseguire una maggiore efficienza nell'amministrazione delle società partecipate da enti locali. Tale finalità, cui il legislatore sembra aver fatto riferimento o a cui, in ogni caso, le norme in esame, almeno astrattamente, possono rispondere, risulta perseguibile, sempre in coerenza con l'obiettivo finale del contenimento della spesa pubblica, anche laddove non si ottenga, come nel caso di specie, un'immediata riduzione delle spese delle società partecipate (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per la Regione Piemonte,
parere 05.12.2007 n. 19 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

URBANISTICA: 1. Vincolo di piano regolatore relativo a zona di rispetto stradale - Natura conformativa - Sussiste - Natura di vincolo espropriativo o preordinato all'espropriazione - Non sussiste - Art. 2, L. n. 1187/1968 - Decadenza del vincolo per decorso del termine quinquennale - Non sussiste.
2. Misura di salvaguardia ex L. n. 1902/1952 - Termine quinquennale dalla data della delibera di adozione del piano regolatore - Non può essere superato neanche dopo la L. n. 291/1971 - Mancata approvazione del piano nel termine - Illegittimità del diniego di concessione edilizia per contrasto con il piano adottato - Sussiste.
3. Vincolo a sede stradale - Inedificabilità assoluta ex art. 33, 1° comma, lett. d), L. n. 47/1985 - Vincolo a zona di rispetto stradale - Inedificabilità assoluta - Sussiste.
1.
Il vincolo, apposto ad un'area da previsione di piano regolatore, in base al quale detta area ricade interamente in zona di rispetto stradale, ha natura conformativa, ovvero di limitazione legale della proprietà e non natura di vincolo espropriativo o comunque preordinato all'espropriazione. Conseguentemente, detto vincolo, dovendo qualificarsi come conformativo, non è soggetto a decadenza per decorso del termine quinquennale ex art. 2 della L. n. 1187/1968.
2. La misura di salvaguardia prevista dalla L. n. 1902/1952 non può essere protratta per un periodo complessivo superiore a cinque anni dalla data della delibera di adozione del piano regolatore, neanche dopo la L. n. 291/1971, con il corollario della illegittimità del diniego della concessione edilizia per contrasto con il piano adottato, qualora la sua approvazione non sia avvenuta nel prescritto termine quinquennale.
3. Il vincolo a sede stradale è vincolo di inedificabilità assoluta ex art. 33, 1° comma, lett. d), L. n. 47/1985. Analoga inedificabilità assoluta sembra doversi ricollegare anche al precedente vincolo a zona di rispetto stradale (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 30.11.2007 n. 6532 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE GESTIONALI: 1. Trasferimento delle competenze gestionali dall'organo politico ai dirigenti degli Enti locali - Repressione edilizia - Competenza dei dirigenti - È operativa dall'entrata in vigore dell'art. 2, comma 12, L. n. 191/1998 - Legittimità dell'ordinanza sindacale di demolizione in data anteriore - Sussiste.
1.
Benché il trasferimento delle competenze gestionali dall'organo politico ai dirigenti degli Enti locali sia stato adottato attraverso la modifica apportata dalla L. n. 127/1997 all'art. 51 della L. n. 142/1990, in materia di repressione edilizia tale competenza deve considerarsi concretamente operativa solo a decorrere dall'entrata in vigore dell'art. 2, comma 12, della L. n. 191/1998 (pubblicata nella G.U. del 20 giugno 1998), con il corollario che si deve reputare legittima l'ordinanza di demolizione emessa dal Sindaco prima dell'entrata in vigore dell'art. 2 cit. (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 30.11.2007 n. 6532 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Abuso edilizio - Ordine di demolizione - Natura di atto dovuto - Sussiste - Applicabilità dell'art. 21-octies, L. n. 241/1990 - Sussiste.
2. Abuso edilizio - Necessità dell'avviso ex art. 7, L. n.- 241/1990 - Non sussiste laddove sia sufficiente un semplice accertamento di natura tecnica sulla consistenza delle opere, ovvero nel caso di ordine di demolizione di opere abusive.
3. Ammissibilità dei lavori di completamento di un'opera edilizia - Non esclude l'esercizio dei poteri comunali di vigilanza al fine della conformità urbanistico-edilizia.
4. Abuso edilizio - Ordine di demolizione - Affermazione dell'accertata abusività dell'opera - Rappresenta sufficiente motivazione.
5. Abuso edilizio - Provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale - Ha natura di atto dovuto.
6. Abuso edilizio - Provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale - Art. 51, comma 3°, L. n. 142/1990 - Competenza del Sindaco ad emanare il provvedimento - Non sussiste - Competenza dirigenziale - Sussiste.
7. Abuso edilizio - Provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale - Ha natura di sanzione amministrativa autonoma.
8. Abuso edilizio - Art. 7, 4° comma, L. n. 47/1985 - Notifica del verbale di accertamento dell'inottemperanza - Rileva ai soli fini dell'immissione nel possesso.
9. Abuso edilizio - Inottemperanza all'ordine di demolizione - Verbale di accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione - Omessa individuazione dell'area da acquisire al patrimonio comunale - Illegittimità dell'accertamento - Non sussiste - Possibilità di procedere in un secondo tempo ad individuare l'area oggetto dell'acquisizione - Sussiste.
10. Abuso edilizio - È illecito permanente, sanzionabile in base alla normativa in vigore all'atto della repressione - Accertamento dell'abuso - Non è sottoposto a limiti temporali, ma correlato all'oggettivo riscontro dell'abusività dell'opera.
11. Abuso edilizio - Provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale - Vidimazione e dichiarazione di esecutorietà pretorili - Non costituivano presupposti o requisiti di legittimità del provvedimento di acquisizione.
1.
Attesa la natura di atto dovuto dell'ordine di demolizione di opere edilizie abusive, può trovare applicazione l'art. 21-octies, L. n. 241/1990, che dispone la non annullabilità del provvedimento adottato in violazione delle norme sul procedimento qualora, per la sua natura vincolata, sia palese che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
2. Laddove sia sufficiente un semplice accertamento di natura tecnica sulla consistenza delle opere edilizie abusive, la comunicazione ex art. 7, L. n. 241/1990 non occorre, in quanto la norma che la prevede in via generale va coordinata con il principio di speditezza dell'azione amministrativa e con i principi di contestualità ed immediatezza dell'intervento repressivo. Soprattutto, detto obbligo viene meno nel caso di ordine di demolizione di opere abusive, trattandosi di un provvedimento alla cui adozione il Comune è vincolato per legge a seguito dell'accertata abusività delle opere, cioè in virtù di un presupposto di fatto di cui il ricorrente doveva essere ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria sfera di controllo.
3. L'ammissibilità dei lavori di completamento di un'opera edilizia non vale ad escludere l'esercizio dei poteri di vigilanza del Comune, per assicurare la conformità dell'attività urbanistico-edilizia alle vigenti disposizioni.
4. L'ordine di demolizione è sufficientemente motivato con l'affermazione dell'accertata abusività dell'opera.
5. Il provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'immobile abusivo e della sua area di sedime è atto dovuto, senza nessun elemento di discrezionalità e con contenuto meramente dichiarativo, subordinato al semplice accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione ed al decorso del termine di legge, che costituiscono i presupposti per l'adozione di una siffatta misura. Ciò è dimostrato, in particolare, dal fatto che l'art. 7, 3° comma, L. n. 47/1985 (ora, art. 31, 3° comma, D.P.R. n. 380/2001) dispone che in caso di inottemperanza all'ordine di demolizione, l'acquisizione gratuita avvenga "di diritto".
6. Nel quadro normativo scaturente dalle modifiche apportate dall'art. 51, comma 3°, L. n. 142/1990, dapprima dall'art. 6, L. n. 127/1997 e poi dall'art. 2, comma 12°, L. n. 191/1998, si deve escludere, a seguito dell'entrata in vigore della L. n. 191/1998, una competenza del Sindaco ad emanare il provvedimento dichiarativo della acquisizione gratuita degli immobili abusivi, rientrando esso nelle attribuzioni del dirigente/responsabile del competente ufficio del Comune, in quanto atto di gestione ex art. 51, che devolve ai dirigenti comunali i poteri di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio.
7. È indubbia la natura di sanzione amministrativa autonoma propria dell'acquisizione gratuita dell'opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune, che abilita l'Amministrazione alla scelta tra la demolizione ex officio e la conservazione del bene in presenza di prevalenti interessi pubblici, vale a dire per la destinazione a fini pubblici, purché l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali.
8. L'art. 7, 4° comma, L. n. 47/1985 attribuisce rilevanza alla notifica del verbale di accertamento dell'inottemperanza ai soli fini dell'immissione nel possesso.
9. Qualora nel verbale di accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione sia stata omessa l'individuazione dell'area da acquisire al patrimonio comunale, ciò non produce l'illegittimità dell'accertamento, ma solo l'impossibilità, per il Comune, di procedere all'immissione nel possesso ed alla trascrizione nei registri immobiliari. Ciò in quanto, in mancanza di un'espressa previsione legislativa, nulla vieta che il Comune possa procedere in un secondo tempo ad individuare l'area oggetto dell'acquisizione, ai fini dell'immissione in possesso e della trascrizione.
10. L'abuso edilizio costituisce un illecito permanente, e quindi produttivo di effetti perduranti nel tempo e sanzionabili in base alla normativa vigente all'atto della repressione, il cui accertamento non è sottoposto a limiti temporali, ma correlato all'oggettivo riscontro dell'abusività dell'opera.
11. La vidimazione e dichiarazione di esecutorietà pretorili, soppresse dall'art. 229 D. Lgs. n. 51/1998 in relazione al provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un manufatto abusivo, non costituivano presupposti o requisiti di legittimità del medesimo provvedimento, ma elementi atti a rendere nota ai terzi l'acquisizione del bene ed a legittimare l'immissione nel possesso (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 30.11.2007 n. 6532 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rumore. Esercizi commerciali.
L’interesse alla quiete pubblica, strettamente connessa alla salute individuale e collettiva, prevalga sugli interessi commerciali dei pubblici esercizi, e sulla gratificazione dei loro frequentatori: prevalenza che, una volta comunque accertata la lesione di quel bene, impone alle autorità preposte di avvalersi di ogni strumento idoneo a tutelarlo, inclusa senza dubbio la limitazione degli orari (TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 30.11.2007 n. 3807 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Pareri legali della P.A. - Diritto di accesso - Non sussiste.
Non sono suscettibili di accesso i pareri dei legali della P.A. in quanto relativi alla difesa dell'Ente (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 29.11.2007 n. 6529 - massima tratta da www.solom.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Aree P.E.E.P. - Art. 35, 7° comma, L. n. 865/1971 - Concessione del diritto di superficie - Competenza del Consiglio comunale - Non è esclusiva ed è delegabile.
2. Permesso di costruire - Art. 20, comma 4°, D.P.R. n. 380/2001 - Facoltà di richiedere modifiche progettuali - Modifiche di lieve entità - Non incidono significativamente sulle caratteristiche strutturali e sulla consistenza economica del fabbricato.
1.
La competenza del Consiglio comunale a deliberare sulla concessione del diritto di superficie su aree P.E.E.P. ex art. 35, 7° comma, L. n. 865/1971 non è esclusiva ed è quindi suscettibile di delega.
2. Ai fini dell'art. 20, comma 4°, D.P.R. n. 380/2001, che consente al responsabile del procedimento di rilascio del permesso di costruire di richiedere modifiche progettuali, illustrandone le ragioni, ma solamente nel caso di lievi modifiche rispetto al progetto originario, rappresentano modifiche di lieve entità quelle che non incidono, se non marginalmente, sulle caratteristiche strutturali e sulla consistenza economica del fabbricato oggetto degli interventi (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 29.11.2007 n. 6528 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONE: 1. Espropriazione per p.u. - Decreto di occupazione d'urgenza - Ha natura vincolata - Necessità di comunicazione agli espropriandi - Non sussiste - Necessità del giusto procedimento - Nella dichiarazione di pubblica utilità - Sussiste - Nell'occupazione d'urgenza - Non sussiste.
2. Espropriazione per p.u. - Decreto di occupazione d'urgenza - Natura vincolata - Non basta ad escludere la necessità di comunicazione di avvio del procedimento - Necessità di verifica dei presupposti dell'art. 21-octies, l. n. 241/1990 - Sussiste.
3. Espropriazione per p.u. - Decreto di occupazione d'urgenza - Natura vincolata - Esclude il vizio di eccesso di potere.
4. Art. 6, L. n. 241/1990 - Principio di adeguatezza e completezza dell'istruttoria procedimentale - Obbligo dell'Amministrazione di accertare d'ufficio la realtà dei fatti e degli atti posti alla sua attenzione - Sussiste.

1. Per l'adozione del decreto autorizzatorio dell'occupazione d'urgenza, quale provvedimento di natura vincolata, meramente attuativo di provvedimenti presupposti, non si rende necessaria alcuna ulteriore comunicazione di carattere specifico ai proprietari delle aree da espropriare. Si è infatti chiarito che il giusto procedimento, se rispettato nell'ambito della dichiarazione di pubblica utilità, non ha ragion d'essere nell'occupazione d'urgenza. Ciò non tanto perché vi osti il presupposto dell'urgenza, atteso che qualsiasi approvazione del progetto di un'opera pubblica equivale ope legis a dichiarazione di urgenza ed indifferibilità, mentre l'urgenza che costituisce impedimento alla comunicazione dell'avvio del procedimento è un'urgenza qualificata. Ma piuttosto perché il giusto procedimento ha ragion d'essere nell'ambito della dichiarazione di pubblica utilità, che conserva momenti di scelte discrezionali, e non più nel quadro dell'occupazione d'urgenza, meramente attuativa dei provvedimenti presupposti.
2. La natura vincolata del decreto di occupazione d'urgenza non basta da sé a far ritenere che non fosse dovuta la comunicazione di avvio del relativo procedimento. In tal senso depone il testo dell'art. 21-octies, comma 2, parte seconda, della l. n. 241/1990, a tenore del quale l'omissione della comunicazione di avvio del procedimento non comporta l'annullabilità dell'atto finale solamente laddove, alla luce degli elementi forniti nel processo dall'amministrazione, emerga dal giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
3. Il decreto di occupazione d'urgenza ha natura di atto vincolato, per il quale non è configurabile l'eccesso di potere, essendo questo un vizio che, invece, si riferisce all'esercizio del potere discrezionale.
4. L'art. 6 della L. n. 241/1990 codifica il fondamentale principio dell'adeguatezza e completezza dell'istruttoria procedimentale, in base al quale l'Amministrazione è obbligata ad accertare d'ufficio, per quanto possibile, la realtà dei fatti e degli atti posti alla sua attenzione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 29.11.2007 n. 6524 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONE: 1. Realizzazione di opere e/o lavori pubblici o di pubblico interesse - Redazione dello stato di consistenza contestuale al verbale di immissione in possesso ex art. 32 L. n. 265/1999 e succ. mod ed int. - Sussiste- Amministrazioni comunali e amministrazioni consortili - Applicazione- Sussiste.
2. Assegnazione da parte del Comune prima della espropriazione - Funzione di individuare il beneficiario dell'area e non di trasferirgli la titolarità dell'aera - Ammissibilità.
3. Dichiarazione di pubblica utilità contestuale all'approvazione del PIP - Durata decennale del PIP- Occupazione d'urgenza dopo nove anni dalla approvazione del PIP - Legittimità.
4. Attuazione del PIP mediante esproprio di aree o cessione del diritto di proprietà o diritto di superficie - Parte non attuata del PIP - Area o lotto liberi da edifici - Sussiste.

1. Ai sensi dell'art. 32 della L. n. 265/1999 poi trasfuso nell'art. 121 dal D.lgs. n. 267/2000 per le opere e i lavori pubblici o di pubblico interesse, la redazione dello stato di consistenza può avvenire contestualmente al verbale di immissione in possesso. Tale norma applicabile alle amministrazioni comunali ben può essere utilizzata anche nei riguardi delle amministrazioni consortili nello svolgimento di funzioni che l'art. 27 della L. n. 865/1971, affida alternativamente ai comuni o ai loro consorzi.
2. Sebbene l'espropriazione debba necessariamente precedere la cessione di proprietà o di un diritto di superficie, non è precluso al comune di procedere, prima dell'espropriazione, ad una assegnazione che ha l'effetto di individuare il futuro beneficiario della cessione e non di trasmettergli la titolarità dell'area.
3. Non costituisce motivo di illegittimità del decreto di esproprio il fatto che l'occupazione d'urgenza sia stata disposta dopo nove anni dall'approvazione del PIP, in quanto tale decreto trova la propria base legale nella dichiarazione di pubblica utilità derivante dall'approvazione del PIP che ha efficacia decennale decorrente dalla data del decreto di approvazione.
4. Essendo il PIP attuato mediante esproprio delle aree e utilizzazione delle stesse da parte delle imprese assegnatarie, previa cessione di proprietà o diritto di superficie, per parte non ancora attuata del PIP, deve intendersi ogni area o lotto libero da edifici, suscettibili di sfruttamento edilizio per le finalità proprie del piano (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 27.11.2007 n. 6458 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Denuncia di inizio di attività - Art. 4, L. n. 493/1993 - Procedura e termini - Non valgono per le nuove costruzioni.
La procedura ed i termini previsti dal novellato art. 4 della L. n. 493/1993 per la denuncia di inizio attività (commi 7 e seguenti) valgono per gli interventi specificamente contemplati dal comma 7, tra i quali non sono comprese le nuove costruzioni (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 27.11.2007 n. 6457 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA Omessa classificazione urbanistica di aree dopo la decadenza di vincoli - Diritto al risarcimento del danno - Non sussiste se gli interessati non abbiano attivato la procedura di messa in mora.
In relazione all'omessa classificazione urbanistica di aree dopo la decadenza di vincoli, il diritto al risarcimento del danno non può essere collegato al mero comportamento omissivo del Comune laddove gli interessati non abbiano sollecitato l'esercizio del potere pianificatorio attraverso la procedura di messa in mora, facendo accertare l'illegittimità del silenzio (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 27.11.2007 n. 6457 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Adozione di Piano di Lottizzazione - Sussistenza di un affidamento del privato - Sussiste - Introduzione per l'area interessata dal P.L. di previsioni a contenuto peggiorativo incompatibili con il P.L. adottato - Necessità di adeguata e specifica motivazione - Sussiste.
2. Atto amministrativo - Integrazione in corso di giudizio della motivazione del provvedimento amministrativo - Inammissibilità - Sussiste.
3. Giustizia amministrativa - Lesione dell'interesse legittimo - Danno da ritardo nell'adozione di un atto favorevole alle pretese del ricorrente - Risarcimento del danno - E' necessario, in via preliminare, che l'interesse del privato abbia conseguito una piena soddisfazione mediante l'adozione/approvazione dell'atto richiesto.

1. Nel caso di sussistenza di una situazione di affidamento del privato, derivante dall'intervenuta adozione di un Piano di Lottizzazione, siffatto affidamento rende necessario che il Comune nell'introdurre, per l'area interessata dal P.L. prescrizioni di contenuto peggiorativo delle posizioni del ricorrente incompatibili con il P.L. adottato, evidenzi, attraverso la motivazione, le concrete ragioni urbanistiche a supporto di tale opzione peggiorativa, atteso l'obbligo della P.A. di valutare gli interessi contrapposti e di fornire una puntuale motivazione, che renda conto in maniera espressa della considerazione della posizioni soggettive sacrificate dalle modifiche urbanistiche introdotte e della valutazione comparativa degli interessi coinvolti.
2. E' inammissibile l'integrazione postuma in giudizio della motivazione dei provvedimenti amministrativi.
3. Ai fini della risarcibilità della lesione dell'interesse legittimo nel caso di risarcimento del danno da ritardo nell'adozione di un atto favorevole alle pretese del ricorrente, come nel caso di una mancata approvazione di un P.L., è necessario, in via preliminare, che l'interesse del privato abbia ottenuto piena soddisfazione, circostanza questa che sarà possibile solo con la definitiva approvazione del P.L. stesso (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 16.11.2007 n. 6365 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Condono edilizio ex L. n. 47/1985 - Parere negativo ex art. 32, L. n. 47/1985 reso dall'autorità preposta alla tutela del vincolo fondato su una motivazione ampiamente discrezionale in rapporto alla zona sottoposta a tutela paesaggistica - Legittimità - Sussiste.
2. Condono edilizio ex L. n. 47/1985 - Determinazioni negative assunte dall'autorità preposta alla tutela del vincolo assunte in applicazione dell'art. 32, L. n. 47/1985 - Adeguata motivazione in rapporto al bene paesaggistico da tutelare - Sussiste.
3. Condono edilizio ex L. n. 47/1985 - Pareri ex art. 32, L. n. 47/1985 sono assimilabili alle autorizzazioni paesaggistiche - Competenza all'emanazione di tali pareri delegata alle Regioni in forza dell'art. 82, nono comma del D.P.R. n. 616/1977.
4. Condono edilizio ex L. n. 47/1985 - In Regione Lombardia le funzioni relative alla emissione del parere ex art. 32, L. n. 47/1985 sono subdelegate ai Comuni ai sensi dell'art. 8 della L.R. n. 57/1985 anche dopo l'abrogazione di tale legge ad opera della L.R. n. 18/1997, in forza del disposto contenuto nell'art. 4, comma 2, di quest'ultima legge.
5. Condono edilizio ex L. n. 47/1985 - Realizzazione dell'abuso in un'epoca anteriore all'istituzione del vincolo - Rilevanza ai fini dell'emissione o meno del parere ex art. 32, L.n. 47/1985 - Non sussiste.
6. Rimozione dell'opera abusiva - Decorso del tempo - Necessità di specifica motivazione in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico prevalente per la demolizione dell'opera - Non sussiste.

1. E' legittimo il parere negativo reso, ex art. 32 L. n. 47/1985, dall'autorità preposta alla tutela del vincolo sulla domanda di condono per un abuso edilizio, la cui motivazione permetta di individuare gli elementi specifici dell'opera abusiva giudicati incompatibili, in base ad una valutazione ampiamente discrezionale, con la zona sottoposta a tutela paesaggistica. Tali elementi possono essere specificamente individuati dalla P.A. nei materiali utilizzati e nella tipologia costruttiva delle opere abusive.
2. Le determinazioni negative assunte dalla autorità preposte al vincolo ambientale, in sede di applicazione dell'art. 32, L. n. 47/1985, debbono essere adeguatamente motivate sotto il profilo della effettiva incidenza dell'opera sui valori paesaggistici.
3. I pareri di cui all'art. 32 della L. n. 47/1985 sono assimilabili alle autorizzazioni paesaggistiche intese quali strumenti di gestione del vincolo. Le funzioni relative all'emissione di tali pareri rientrano nella delega conferita alle Regioni dall'art. 82, nono comma del D.P.R. n. 616/1977.
4. In Regione Lombardia, ai sensi dell'art. 8 della L.R. n. 57/1985, nel testo introdotto dall'art. 1 della L.R. n. 31/1995, le funzioni relative all'emissione dei pareri ex art. 32 della L. n. 47/1985 sono subdelegate ai Comuni: tali pareri sono espressi dal Sindaco, previo parere conforme della Commissione edilizia integrata, anche dopo l'abrogazione della L.R. n. 57/1985 ad opera della L.R. n. 18/1997, in forza del disposto dell'art. 4, comma 2 di quest'ultima legge.
5. Non può essere attribuita alcuna rilevanza al collocamento temporale dell'abuso in un epoca che sarebbe ben anteriore alla stessa istituzione del vincolo, poiché il parere prescritto dall'art. 32 della L. n. 47/1985 deve essere reso ed acquisito con riguardo ai vincoli esistenti al momento della valutazione dell'istanza di sanatoria, pure se imposti successivamente alla realizzazione dell'intervento abusivo.
6. Il mero decorso del tempo non è, di per sé, sufficiente ad imporre la necessità di una specifica motivazione in ordine all'esistenza di un interesse pubblico prevalente alla rimozione dell'opera abusiva, rinvenibile invece nel ripristino dell'assetto del territorio preesistente all'abuso, tipizzato come prevalente dalla legge stessa che, a tutela di ciò, prevede la sanzione demolitoria (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 15.11.2007 n. 6363 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Denunzia di inizio attività - Ha natura di mero atto del privato e di strumento di liberalizzazione delle attività edilizie.
2. Denunzia di inizio attività - Art. 23, commi 1° e 6°, D.P.R. n. 380/2001 - Obbligo per la P.A. di esercizio del potere di abilitazione o di autorizzazione all'esercizio dell'attività - Non sussiste - Potere di inibizione dell'esercizio di un'attività illegittima od irregolare - Sussiste - Configurabilità del silenzio-assenso della P.A. - Non sussiste.
3. Denunzia di inizio attività - Parificazione al permesso di costruire - Non è ammissibile - Tutela del terzo giurisdizionale del terzo - È garantita attraverso formale istanza di intervento rivolta alla P.A. e successiva azione ex art. 21-bis, L. n. 1034/1971, attraverso il silenzio-rifiuto formatosi sull'istanza, oppure con ricorso ordinario avverso il diniego esplicito di intervento.
4. Denunzia di inizio attività - Art. 38, comma 2-bis, D.P.R. n. 380/2001 - Si riferisce alle sole ipotesi di cui all'art. 22, comma 3°, D.P.R. n. 380/2001 - Individuabilità di principi generali estensibili a tutte le ipotesi sottoposte a d.i.a. - Non sussiste.
5. Denunzia di inizio attività - Affidamento sulla legittimità dell'opera edilizia - Non insorge per il fatto del mero decorso del tempo - D.i.a. in materia edilizia - Art. 23, commi 1° e 6°, D.P.R. n. 380/2001 - Inutile decorso del termine di trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione - Consolidamento in capo al dichiarante di un affidamento sulla formazione del titolo - Sussiste.
6. Denunzia di inizio attività - Opposizione del terzo alle opere eseguite in base alla d.i.a. - È possibile solo entro un termine ragionevole.

1. La d.i.a. continua ad avere natura di mero atto del privato e di strumento di liberalizzazione delle attività anche dopo le modifiche apportate dall'art. 19, L. n. 241/1990 con l'art. 3 della D.L. n. 35/2005, convertito con L. n. 80/2005 e, per la d.i.a. in materia edilizia, dall'art. 38, D.P.R. n. 380/2001.
2. L'Amministrazione che ha ricevuto la d.i.a. non è chiamata ad esercitare, entro il termine decadenziale previsto in materia edilizia dall'art. 23, commi 1° e 6°, D.P.R. n. 380/2001, un potere di abilitazione o di autorizzazione all'esercizio dell'attività, ma il distinto potere di inibizione dell'esercizio di un'attività che dovesse risultare illegittima od irregolare. Non si può quindi configurare alcuna ipotesi di silenzio-assenso, giacché questo dovrebbe ipotizzarsi quale rimedio al mancato esercizio, da parte della P.A., di un potere autorizzativo: potere autorizzativo che la P.A. non possiede affatto, non essendo ipotizzabile, nello schema procedimentale della d.i.a. tuttora vigente -sia in linea generale, nella L. n. 241/1990 riformata, sia nella materia edilizia, ex art. 22 e ss., D.P.R. n. 380/2001- un provvedimento di autorizzazione esplicita dell'intervento.
3. Non pare ammissibile la parificazione della d.i.a. al permesso di costruire, muovendo dalla necessità di scongiurare le ritenute lesioni che si determinerebbero qualora si insista nel qualificare la d.i.a. come mero atto del privato, non direttamente impugnabile in sede giurisdizionale. La tutela del terzo che si oppone all'intervento attuato tramite la d.i.a. è infatti pienamente garantita, potendosi realizzare rivolgendo all'Amministrazione formale istanza per l'esercizio della potestà repressiva attribuitale dalla legge ed agendo poi, ai sensi dell'art. 21-bis, L. n. 1034/1971, attraverso il c.d. silenzio-rifiuto formatosi sull'istanza (ovvero, impugnando con il ricorso ordinario il diniego esplicito di intervento da parte della P.A.).
4. Riferendosi alle sole ipotesi di cui all'art. 22, comma 3°, D.P.R. n. 380/2001, ossia alle sole fattispecie in cui la d.i.a. è alternativa al permesso di costruire, la norma dell'art. 38, comma 2-bis, D.P.R. n. 380/2001, non consente di individuare alcun principio generale estensibile a tutte le ipotesi sottoposte a d.i.a., onde non può essere usata per sostenere che la dichiarazione costituisca provvedimento impugnabile ed annullabile.
5. Il fatto del mero decorso del tempo non è sufficiente a far sorgere un affidamento sulla legittimità dell'opera edilizia, o comunque sul consolidamento dell'interesse del privato alla sua conservazione. Nel caso della d.i.a. in materia edilizia, d'altra parte, il decorso del termine di trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione ex art. 23, commi 1° e 6°, D.P.R. n. 380/2001 senza che la P.A. eserciti il proprio potere inibitorio dell'intervento, considerato il carattere perentorio comunemente riconosciuto a detto termine, comporta quantomeno il consolidamento in capo al dichiarante di un affidamento circa l'avvenuta formazione del titolo.
6. Il terzo che intenda opporsi alle opere eseguite in base alla d.i.a. può chiedere l'intervento dell'Amministrazione, ma solo entro un termine ragionevole, oltre il quale non gli si può più riconoscere la titolarità di una situazione differenziata e qualificata, che obblighi la P.A. a rispondere alla sua richiesta a pena, nel caso di inerzia, di attivazione del rito di cui all'art. 21-bis, L. n. 1034/1971. Né ad una tale conclusione osta il dato normativo, in base al quale il potere repressivo sanzionatorio degli abusi edilizi è esercitabile dall'Amministrazione ex officio senza limiti di tempo, atteso che per esso non risulta previsto alcun termine di decadenza o di prescrizione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 15.11.2007 n. 6361 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Fascia di rispetto stradale delle strade di tipo C coincidente in mt. 20 dal ciglio stradale - Vincolo di inedificabilità - Sussiste - diffida comunale a non costruire sulla fascia di rispetto - Legittimità.
E' legittima la diffida comunale a non eseguire l'opera edilizia nella fascia di rispetto stradale che per le strade di tipo C coincide in mt. 20 dal ciglio stradale e sul quale insiste il vincolo di inedificabilità (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 14.11.2007 n. 6358 - massima tratta da www.solom.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Permesso di costruire ex art. 15, comma 4 del D.P.R. n. 380/2001 rilasciato in deroga agli strumenti urbanistici sulla base di una normativa che lo legittimava - Sopravvenuta normativa che non ammette deroghe prima dell'inizio lavori - Decadenza.
2. Sopravvenienza di legge regionale che sancisce la deroga agli strumenti urbanistici nel recupero dei sottotetti a fini abitativi - Carenza di interesse del ricorrente all'impugnazione di un titolo abilitativo di recupero sottotetto in deroga agli strumenti urbanistici rilasciato in vigenza di normativa che non prevede tale deroga - Non sussiste - Verifica della rispondenza ai requisiti di legge, anche sopravvenuti, del titolo abilitativi da parte della PA - Necessità.
3. Posa di un ponteggio su terrazzo e/o apertura praticata sul tetto - Inizio lavori - Non sussiste.
1.
Ai sensi dell'art. 15, comma 4 del D.P.R. 380/2001 il permesso di costruire rilasciato in deroga a previsioni urbanistiche, sulla base di una normativa che lo legittimava, decade qualora, prima che siano iniziati i lavori, sopravvenga una nuova normativa che non ammette le deroghe consentite in precedenza.
2. La sopravvenienza di una ulteriore legge regionale (L.R. n. 20/2005) che modifica il regime giuridico del recupero dei sottotetti, ripristinando la possibilità di deroga ai limiti ed alle prescrizioni degli strumenti di pianificazione comunale, non determina la sopravvenuta carenza di interesse di chi abbia impugnato il permesso di costruire rilasciato a terzi per il recupero di sottotetti a fini abitativi in deroga agli strumenti urbanistici in vigenza della L.R. n. 12/2005 che, prima delle modifiche apportate alla stessa dalla L.R. n. 20/2005, non prevedeva espressamente tale deroga, e ciò in quanto è in ogni caso il titolare della potestà amministrativa che deve verificare che il permesso di costruire, rispetti tutti i requisiti di cui alla L.R. n. 12/2005, come modificata dalla L.R. n. 20/2005.
3. La posa di un ponteggio su un terrazzo o l'apertura praticata sul tetto non possono considerarsi fatti da cui desumere l'inizio lavori    (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.11.2007 n. 6207 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Atto di diniego impugnato sorretto da più motivazioni - Caducazione di una motivazione - Altre motivazioni idonee a sorreggere l'atto impugnato - Legittimità dell'atto- Sussiste.
2. Piano piloty che presenti taluni locali chiusi direttamente annessi al piano superiore- Computabilità nella volumetria edificabile - Sussiste - Piano piloty privo di chiusure - Assimilazione a volume tecnico - Sussiste- Commutabilità nella volumetria edificabile -Non sussiste.
1.
Laddove il diniego impugnato risulti basato su una pluralità di motivazioni autonome, il venir meno di una di esse non determina la illegittimità dell'atto, se un'altra giustificazione sia in via autonoma idonea a sorreggerla.
2. Non è escluso dal computo della volumetria edificabile e quindi è computabile come piano autonomo, il piano piloty che presenti taluni locali chiusi, direttamente annessi al piano superiore dell'abitazione, non dovendosi computare nella volumetria edificabile, in quanto assimilabile ad un volume tecnico soltanto il piano piloty che sia privo di chiusure o di pareti perimetrali e che risulti completamente aperto (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.11.2007 n. 6204 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Potere sanzionatorio e repressivo- Attività vincolata-Sussiste - Ordinanza di demolizione comminata a distanza di lungo tempo dalla commissione dell'abuso - Legittimità- Motivazione dell'ordinanza circa l'interesse pubblico prevalente sull'affidamento del privato- Non necessità.
2. Potere sanzionatorio e repressivo- Decadenza e/o prescrizione- Non sussistono.
3. Ordinanza di demolizione comminata a distanza di tempo - Affidamento del privato nella liceità della condotta sanzionata come illecito amministrativo e affidamento circa la legittimità dell'opera edilizia colpita dall'ordine di demolizione- Non sussistono.
1.
Stante la natura vincolata del potere sanzionatorio-repressivo degli abusi edilizi e il dato giuridico per cui la sanzione demolitoria è volta, non tanto a punire il responsabile dell'abuso, quanto a ripristinare la situazione antecedente alla violazione, è legittima l'ordinanza di demolizione comminata a distanza di lungo tempo rispetto alla commissione dell'abuso edilizio, non necessitando la medesima di essere sorretta da una specifica motivazione in ordine all'esistenza di un interesse pubblico prevalente rispetto all'affidamento del privato sulla legittimità dell'opera o sul consolidamento del proprio interesse alla sua conservazione.
2. Il potere di irrogare delle sanzioni in materia edilizia ed urbanistica può essere esercitato in ogni tempo , posto che la legge non lo sottopone a termini di prescrizione, né di decadenza, e che riguarda una situazione di fatto contra ius.
3. Ad escludere la sanzione demolitoria non si può invocare la mera inerzia dei pubblici poteri protratta nel tempo, unitamente alla mancata motivazione, in sede di intervento tardivo, circa l'esistenza di prevalenti interessi pubblici: invero, se la mera inerzia dell'Amministrazione protratta nel tempo, non basta a provare l'affidamento del privato nella liceità della condotta sanzionata come illecito amministrativo, a maggior ragione non basta a dimostrare nemmeno l'affidamento circa la legittimità dell'opera edilizia colpita dall'ordine di demolizione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.11.2007 n. 6200 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Area edificabile frazionata in più parti e alienate a vari proprietari - La volumetria disponibile per l'edificazione resta invariata, quella che residua tenuto conto dell'originaria costruzione è di pertinenza dei singoli proprietari in proporzione alla quota di acquisto.
Se un'area edificabile viene frazionata in più parti, alienate a vari proprietari, la volumetria disponibile nell'intera area rimane invariata e quella che residua, tenuto conto dell'originaria costruzione, resta di pertinenza dei diversi proprietari in proporzione della rispettiva quota di acquisto, salvo eventuali cessioni di cubatura (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.11.2007 n. 6198 - massima tratta da www.solom.it).

URBANISTICA: 1. Delibera di adozione PRG - Autonoma lesività - Impugnazione- Ammissibilità - Delibera di approvazione PRG - Impugnazione autonoma rispetto all'impugnazione della delibera di adozione PRG - Ammissibilità - Impugnazione delibera di adozione PRG non seguita da impugnazione di delibera di approvazione PRG - Carenza di interesse all'impugnazione della delibera di adozione PRG - Non sussiste.
2. Reiterazione dei vincoli a contenuto espropriativo - Valutazione circa l'adeguatezza della motivazione - Parametri - Opportunità.

1. La delibera di adozione di PRG e quella di approvazione si pongono su un piano di distinta autonomia, per cui mentre l'atto di adozione può essere oggetto di immediata impugnabilità, se immediatamente lesivo, nello stesso modo ed alle stesse condizioni del piano approvato, l'atto di approvazione del piano può essere impugnato distintamente e autonomamente, senza che la mancata impugnazione del primo comporti preclusione o decadenze del diritto di proporre ricorso contro il piano approvato e senza che la mancata impugnazione di quest'ultimo comporti automaticamente il venir meno dell'interesse al ricorso già eventualmente presentato contro il piano adottato.
2. In caso di reiterazione di vincoli espropriativi l'adeguatezza della motivazione va valutata tenendo conto:
a) se la reiterazione riguardi o meno una pluralità di aree, nell'ambito della adozione di una variante generale o comunque sia riguardante una consistente parte del territorio comunale;
b) se la reiterazione riguardi soltanto una parte delle aree già incise dai vincoli decaduti, mentre per la restante parte non è disposta la reiterazione, perché ulteriori terreni sono individuati per il rispetto degli standard;
c) se la reiterazione sia stata disposta per la prima volta sull'area in questione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.11.2007 n. 6197 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONE: Provvedimento di reiterazione di un esproprio - Necessità della comunicazione di avvio del procedimento ex art. 11, D.P.R. n. 327/2001 - Sussiste - Obbligo di adeguata motivazione - Sussiste.
Il provvedimento di reiterazione di un esproprio necessita di una specifica procedura e non può pertanto essere rinnovato con una mera deliberazione di Consiglio comunale, essendo invece necessaria la comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell'art. 11, D.P.R. n. 327/2001, oltre ad un'adeguata motivazione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.11.2007 n. 6195 - massima tratta da www.solom.it).

EDILIZIA PRIVATA: S. Lazzini, L’attività estrattiva di sabbia comporta una trasformazione urbanistica e come tale per il suo esercizio è necessario il rilascio da parte del Comune di una concessione edilizia?
L'art. 1 l. 28.01.1977 n. 10, laddove richiede il rilascio della concessione per qualsiasi trasformazione edilizia o urbanistica del territorio comunale, non si riferisce anche alle attività estrattive o di sfruttamento di cave , per cui tali attività non sono soggette ad autorizzazione o concessione da parte del Comune: essa è invece necessaria per le strutture edilizie (manufatti, impianti ecc.) che siano funzionali all’attività di cava.: il fatto che non occorra anche il titolo autorizzatorio comunale sotto il profilo urbanistico ed edilizio non significa che l’attività estrattiva possa essere svolta anche in contrasto con la disciplina urbanistica, ma semplicemente che la valutazione di tale conformità non spetti al comune tramite il rilascio del titolo edilizio, ma debba entrare a far parte del procedimento regionale di autorizzazione all’esercizio di cava, nell’ambito del quale, anche tramite l’intervento in funzione consultiva del comune interessato, deve valutarsi la compatibilità urbanistica dell’interevento (TAR Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 07.11.2007 n. 10696 - link a www.diritto.it).

URBANISTICA: 1. Delibera di adozione PRG - Autonoma lesività - Impugnazione- Ammissibilità - Delibera di approvazione PRG - Impugnazione autonoma rispetto all'impugnazione della delibera di adozione PRG - Ammissibilità - Impugnazione delibera di adozione PRG non seguita da impugnazione di delibera di approvazione PRG - Carenza di interesse all'impugnazione della delibera di adozione PRG - Non sussiste.
2. Edilizia ed Urbanistica - Esistenza di numerosi edifici limitrofi - Nozione di abitato - Sussiste - Applicazione dell'art. 338, comma 4 del R.D. n. 1265/1934 e dell'art. 57, comma 4 del D.P.R. n. 285/1990 - Sussiste.

1. La delibera di adozione di PRG e quella di approvazione si pongono su un piano di distinta autonomia, per cui mentre l'atto di adozione può essere oggetto di immediata impugnabilità, se immediatamente lesivo, nello stesso modo ed alle stesse condizioni del piano approvato, l'atto di approvazione del piano può essere impugnato distintamente e autonomamente, senza che la mancata impugnazione del primo comporti preclusione o decadenze del diritto di proporre ricorso contro il piano approvato e senza che la mancata impugnazione di quest'ultimo comporti automaticamente il venir meno dell'interesse al ricorso già eventualmente presentato contro il piano adottato.
2. La comprovata esistenza di numerosi edifici limitrofi i quali costituiscono di per sé un "abitato" determina l'applicazione dell'art. 338, comma 4 del R.D. n. 1265/1934 che prevede, come ipotesi inderogabile, che l'ampiezza della zona di rispetto cimiteriale non possa essere inferiore a 50 mt. dai centri abitati con popolazione inferiore ai 20.000 abitanti e dell'art. 57, 4 comma del DPR n. 285/1990 (Regolamento di polizia mortuaria) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.11.2007 n. 6192 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Giustizia amministrativa - Giudizio sul silenzio-rifiuto - Attività vincolata della P.A. che non postuli accertamenti valutativi complessi - Possibilità per il Giudice Amministrativo di valutare la fondatezza della pretesa - Sussiste - Possibilità per il Giudice Amministrativo di valutare la fondatezza della pretesa - Attività vincolata e attività discrezionale della P.A. che postulano accertamenti valutativi complessi - Non sussiste - Attività valutativa del Giudice amministrativo nel corso del giudizio sul silenzio-rifiuto -Frustrazione della funzione del giudizio sul silenzio-rifiuto che è quella di regolamentare in tempi brevi il rapporto - Sussiste.
Nell'ambito del giudizio sul silenzio-rifiuto della P.A., la possibilità di valutare la fondatezza dell'istanza da parte del giudice amministrativo prevista dall'art. 2, comma 5 della L. n. 241/1990 è limitata ai casi in cui venga in rilevo una attività interamente vincolata dell'amministrazione che non postuli accertamenti valutativi complessi. Riconoscere al giudice amministrativo la possibilità di adottare una pronuncia sulla fondatezza dell'istanza nei casi di attività discrezionale o di attività vincolata implicante attività valutative complesse implicherebbe una sostituzione del giudice alla amministrazione che sarebbe incompatibile con la natura semplificata del giudizio sul silenzio. Inoltre il compimento da parte del giudice amministrativo in luogo della amministrazione dell'attività valutativa occorrente a verificare se l'interessato abbia o meno titolo a quanto richiede comporterebbe la necessità di articolati adempimenti istruttori che allungherebbero e complicherebbero il processo, frustrando la funzione fondamentale e lo scopo del giudizio sul silenzio che è quello di assicurare in tempi brevi la regolazione espressa del rapporto che se sfavorevole, sarebbe impugnabile dall'interessato in sede di legittimità (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.11.2007 n. 6191 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Appalti - Art. 38, comma 1, lett. c), del d. lgs. 163/2006 - ratio.
2. Appalti - Art. 38, comma 1, lett. c), del d. lgs. 163/2006 - espressione "Stato"- significato.
3. Appalti- commissione reato- esclusione di un'impresa dalla gara- valutazione discrezionale della stazione appaltante.

1. Con l'espressione "reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale" di cui all'art. 38, comma 1, lett. c), del d. lgs. 163/2006, il legislatore ha inteso allargare l'area dei reati che possono essere presi in esame ai fini dell'esclusione dalle gare per pubblici appalti, consentendo alle stazioni appaltanti di valutare non solo quelli compiuti nello Stato italiano, ma anche quelli commessi sul territorio di tutta la Comunità Europea.
2. L'espressione "Stato" contenuta nell'inciso normativo deve essere interpretata come "stato-comunità" o meglio come Stato membro della Comunità Europea poiché le stazioni appaltanti, per valutare la moralità professionale dell'operatore economico interessato all'aggiudicazione dell'appalto, devono prendere in considerazione i reati compiuti all'interno di tutti gli Stati membri. Tale interpretazione appare conforme alla logica di allargamento dei mercati in vista dell'unificazione delle economie europee poiché in tale contesto il corretto funzionamento del settore degli appalti pubblici necessita che la moralità professionale degli operatori economici venga valutata tenendo conto dei reati compiuti in qualsiasi Stato membro dell'Unione.
3. Ai fini dell'esclusione di un'impresa dalla gara per un pubblico appalto, non è sufficiente il mero richiamo al reato compiuto, ma occorre una valutazione discrezionale della stazione appaltante in merito alla sua qualità ed alla reale incidenza sull'esecuzione del contratto da aggiudicare (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 24.10.2007 n. 6162 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it). - si veda anche il commento su www.diritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Trasformazione d'uso dell'immobile - Ordinanza di demolizione opere - Legittimità.
E' accolto il ricorso proposto per l'annullamento della deliberazione della Giunta comunale che ha dichiarato inattuabile la proposta di project financing attinente alla realizzazione di un parcheggio pluripiano: la delibera impugnata pone nel nulla un precedente provvedimento che aveva già ritenuto l'opera di pubblico interesse e ne aveva valutata la fattibilità. Altresì, la ricorrente ha illustrato a sufficienza le ragioni che, se dedotte nel corso di un procedimento al quale fosse stata invitata a partecipare, avrebbero potuto indurre il Comune ad una diversa determinazione, non potendosi ritenere manifestamente prive di fondamento le censure dedotte con i residui motivi (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 22.10.2007 n. 6157 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Nulla osta - DIA - Difformità - Sussiste.
E' annullato il provvedimento comunale che ha illegittimamente ordinato al ricorrente l'esecuzione di idonea pavimentazione dell'area di proprietà per consentire il passaggio dei pedoni, a somiglianza degli analoghi passaggi pedonali limitrofi: il provvedimento non contesta l'esecuzione di opere difformi dalla DIA (irrogando la sanzione corrispondente) ma la difformità della DIA dal nulla-osta provinciale nella ritenuta convinzione -smentita dalla Provincia- che ciò corrisponda a quanto prescritto dal nulla-osta. L'asserita difformità della d.i.a dal nulla-osta avrebbe potuto semmai formare oggetto di provvedimento di autotutela incidente sul titolo edilizio formatosi sulla denuncia di inizio attività (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 22.10.2007 n. 6156 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: 1. Appalto di servizi e concessione di pubblici servizi. Criterio di differenziazione. Conseguenze in tema di corrispettivi e di rischi di gestione del servizio.
2.
Servizio pubblico - Servizio di igiene urbana e ambientale - Appalto di servizi - Sussiste - Concessione di pubblico servizio - Non sussiste.
1. La giurisprudenza amministrativa afferma che la differenza fra appalto e concessione di pubblici servizi consiste nel fatto che mentre nel primo si prevede un corrispettivo pagato direttamente dall'amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi, nella concessione la remunerazione del prestatore di servizi proviene non già dall'autorità pubblica interessata, bensì dagli importi versati dai terzi per l'utilizzo del servizio. Ulteriore conseguenza risiede nel fatto che il prestatore-concessionario assume quindi direttamente il rischio della gestione dei servizi in questione. (cfr. da ultimo: TAR Lombardia-Milano - sez. I, 09.01.2007 n. 266) (Nella sentenza, il Collegio - muovendo dal principio per cui l'affidamento di una concessione di pubblici servizi comporta l'attribuzione ed il trasferimento di pubbliche funzioni, e constatato che nell'ipotesi portata al suo esame l'affidamento del servizio di igiene urbana era remunerata direttamente e totalmente dall'Ente pubblico - ha ritenuto che oggetto della gara fosse un appalto di servizi e non una concessione di pubblico servizio)
2. In linea con la recente giurisprudenza di questo tribunale sulla differenza tra appalto e concessione di pubblici servizi (la remunerazione nel primo caso consiste nel corrispettivo pagato direttamente dall'amministrazione mentre nel secondo caso si tratta degli importi versati dai terzi per l'utilizzo del servizio ed è dunque a carico del prestatore il rischio della gestione del servizio), nel caso specifico c'è un appalto di servizi e non una concessione di pubblico servizio: l'attività dell'affidatario è remunerata direttamente e totalmente dall'Ente pubblico (TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 19.10.2007 n. 6137 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Variante generale al PRG - Violazione legge regionale - Sussiste.
La procedura di consultazione di cui all'art. 3, comma 14, lett. a), della l.r. n. 1/2000 è servita al Comune non tanto per ricevere suggerimenti dai privati in ordine ai possibili indirizzi da seguire per la determinazione delle scelte di fondo della pianificazione urbanistica, come pretende la relazione stessa e come parrebbe doveroso in base alla lettura della disposizione de qua, quanto invece per valutare la congruenza dei suggerimenti e delle osservazioni dei cittadini rispetto a scelte comunque nelle grandi linee già compiute (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 19.10.2007 n. 6129 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Concessione edilizia - Distanze dei fabbricati.
Per giurisprudenza costante le norme sulle distanze dei fabbricati contenute nel D.M. n. 1444/1968, a differenza di quelle sulle distanze dai confini, derogabili mediante una convenzione tra privati, hanno carattere pubblicistico ed inderogabile, in quanto dirette, più che alla tutela di interessi privati, a quella di interessi generali in materia urbanistica (TAR Liguria, Sez. I, n. 1711/2006 cit.) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 19.10.2007 n. 6128 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Annullamento di un atto amministrativo - Effetto caducante - Atti che nel provvedimento annullato rinvengono il loro antecedente necessario.
2. Mancata indicazione del termine entro cui impugnare l'atto - Irregolarità.

1. Per costante giurisprudenza, l'annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo ha effetto caducante per tutti gli atti che nel provvedimento annullato rinvengono il loro antecedente necessario (C.d.S., Sez. V, 28.10.2005, n. 6004).
2. L'illegittimità per mancata indicazione del termine entro cui impugnare l'atto è una mera irregolarità non idonea a determinare l'illegittimità del provvedimento amministrativo - che può al più giustificare il riconoscimento in sede processuale dell'errore scusabile (cfr., ex plurimis, T.A.R. Sardegna, Sez. I, 20.04.2007, n. 709) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 10.10.2007 n. 5837 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Irregolarità formali della documentazione presentata - Esclusione di una impresa.
In conformità all'orientamento già espresso anche da questa Sezione (II) (Cfr., ex multis, 23.10.2006, n. 2067), il Collegio ritiene illegittima l'esclusione di una impresa per irregolarità formali della documentazione presentata, ove tali irregolarità non costituiscano, per chiara ed espressa previsione del bando di gara, causa di esclusione e non abbiano formato oggetto di una valutazione che escluda la possibilità della loro regolarizzazione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 10.10.2007 n. 5836 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Contraddittorietà tra provvedimenti - Contrasto tra atti di uno stesso procedimento - Sussiste.
2. Zona agricola - Variante che attribuisce ad un'area tale connotato - Valori dell'ambiente e del paesaggio.
3. Motivazione più incisiva, singolare e specifica degli strumenti urbanistici generali - Fattispecie.

1. Il vizio di contraddittorietà tra provvedimenti può configurarsi in caso di contrasto tra atti di uno stesso procedimento, non tra atti di distinti ed autonomi procedimenti (Cons. Stato 2^, 10.07.1996 n. 962/1994); il vizio non è ravvisabile, in particolare, rispetto ad atti che siano stati o caducati dalla stessa Amministrazione, nell'esercizio dello jus poenitendi, o superati da nuovi provvedimenti, in esito ad una rinnovata valutazione della vicenda (cfr. TAR Milano 17.04.2007 n. 1788).
2. Secondo costante giurisprudenza la zona agricola possiede anche valenza conservativa dei valori naturalistici, nonché funzione di contenimento dell'espansione dell'aggregato urbano, sicché una variante che attribuisca ad un'area tale connotato non richiede una diffusa analisi argomentativa, avuto riguardo ai valori dell'ambiente e del paesaggio, che sono fondamentali a mente della Carta costituzionale (cfr. Cons. Stato IV 31.01.2005 n. 259).
3. Una motivazione più incisiva, singolare e specifica degli strumenti urbanistici generali si impone nelle seguenti fattispecie:
a) superamento degli standard minimi di cui al d.m. 02.04.1968;
b) lesione dell'affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorso tra il Comune e i proprietari delle aree, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizi o di silenzio-rifiuto su una domanda di concessione;
c) modificazione in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (cfr. Cons. Stato IV 05.08.2005 n. 4166, 30.06.2005 n. 3524, 22.05.2000 n. 2934) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 10.10.2007 n. 5834 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Distanze tra fabbricati - Demolizione e ricostruzione fedele - Distanza preesistente, inferiore alla distanza minima tra fabbricati.
La conservazione della distanza preesistente, inferiore alla distanza minima tra fabbricati prescritta dal decreto ministeriale n. 1444/68, può ritenersi ammissibile nei soli casi di demolizione e ricostruzione fedele (quantomeno nelle medesime dimensioni esterne), configurandosi in tal caso non una nuova costruzione, ma un recupero edilizio realizzato con una serie di interventi assimilabili alla manutenzione straordinaria; nessuna deroga è ammissibile, viceversa, nel caso in cui, previa demolizione di un edificio preesistente, venga ricostruito al suo posto un fabbricato completamente diverso (cfr. Cons. Stato IV 12.07.02 n. 3929) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 01.10.2007 n. 5831 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Permesso edilizio - Valutazione della richiesta.
La valutazione di una richiesta di permesso edilizio richiede accertamenti di carattere complesso, inerenti, tra l'altro, alla conformità del progetto al programma (P.I.I.) ed alla relativa convenzione, nonché alla regolarità e completezza del progetto anche sotto il profilo tecnico (cfr. TAR Lazio 2^ quater, 20.07.2006 n. 6137) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 01.10.2007 n. 5829 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Manufatto abusivo - Proprietario - Responsabilità penale - Configurabilità - Condizioni - Fattispecie.
In tema di reati edilizi, la responsabilità del proprietario per la realizzazione di costruzione abusiva può essere ricostruita sulla base di indizi e presunzioni gravi, precise e concordanti, desumibili dalla disponibilità giuridica e di fatto del suolo. (Fattispecie nella quale è stato ritenuto elemento indiziario sufficiente, in mancanza di ogni altra contraria risultanza probatoria, l'interesse del proprietario del suolo alla realizzazione del manufatto ivi esistente, pure allo stesso appartenente in virtù della disciplina civilistica dell'accessione) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 24.09.2007 n. 35376 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Reati edilizi - Abusi edilizi in area sottoposta a vincolo paesaggistico - Condono edilizio - Limiti - Individuazione.
In tema di abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, la disciplina dettata dall'art. 32 D.L. 30.09.2003, n. 269 (conv. con modd. in L. 24.11.2003, n. 326) esclude del tutto l'applicazione del condono edilizio per gli abusi edilizi maggiori (nuove costruzioni o ristrutturazioni edilizie), mentre, per gli abusi edilizi minori (interventi di restauro, risanamento conservativo o manutenzione straordinaria) lo consente a condizione che questi ultimi siano conformi alle norme urbanistiche ovvero alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. (Fattispecie nella quale la Corte ha, peraltro, escluso la condonabilità in applicazione della L. reg. della Basilicata 12.11.2004, n. 18, più rigorosa di quella nazionale, in quanto esclude dalla sfera di applicabilità del condono edilizio anche gli abusi edilizi minori) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 21.09.2007 n. 35222 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Beni Ambientali. Nulla osta e parere favorevole rilasciati dalle autorità preposte alla tutela del vincolo paesaggistico in relazione a procedura di permesso di costruire edilizio in sanatoria - Efficacia sanante del reato paesaggistico e di violazione della normativa sui parchi - Esclusione.
Il nulla-osta correlato alla procedura di rilascio del permesso di costruire edilizio in sanatoria di cui all'art. 36 del Testo Unico n. 380 del 2001, già art. 13 della legge n. 47 del 1985, nonché, sempre nell'ambito di tale procedura, il parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, non hanno efficacia sanante del reato di cui all'art. 163 del D.Lgs. 29.10.1999 n. 490 e dei reati connessi alla violazione della normativa sui parchi (legge n. 394 del 1991), avendo tali provvedimenti unicamente la veste di atti autorizzativi, con efficacia "ex nunc", per eseguire le opere descritte nella domanda di accertamento edilizio di conformità (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 13.09.2007 n. 34746 - link a www.lexambiente.it).