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AGGIORNAMENTI PREGRESSI mese di MARZO 2011

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aggiornamento al 30.03.2011

aggiornamento al 28.03.2011

aggiornamento al 21.03.2011

aggiornamento al 16.03.2011

aggiornamento al 14.03.2011

aggiornamento all'08.03.2011

aggiornamento al 07.03.2011

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AGGIORNAMENTO AL 30.03.2011

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NOVITA' NEL SITO

A V V I S O
Con riferimento alle n. 7 giornate di studio in Bergamo per il 13-20-27 aprile e 04-11-18-25 maggio 2011 organizzate dal portale PTPL, si avvisano gli interessati che, per limiti di posti a sedere, si dovrà richiedere di volta in volta alla segreteria PTPL (cliccando qui) il nuovo link ove aprire la scheda di iscrizione on-line, avendo cura di indicare -nella suddetta e-mail- il numero di partecipanti.
Pertanto, il link indicato nella locandina NON è più attivo e prima di effettuare il bonifico della quota di partecipazione si verifichi la disponibilità dei posti come sopra indicato.
Tutti coloro che si sono già iscritti a tutto il 29.03.2011 hanno l'iscrizione confermata e non devono ripetere l'adesione.
LA SEGRETERIA PTPL

QUESITI & PARERI

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti, sono stati chiariti gli importi delle garanzie finanziarie relativi all’iscrizione in categoria 8 dell’Albo? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti, come si articola la responsabilità nella gestione dei rifiuti? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti, la categoria 8 intermediazione e commercio di rifiuti è attiva? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti, quali sono i soggetti obbligati ad aderire al SISTRI? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti, quando un rifiuto cessa di essere tale? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti, quale è la definizione di sottoprodotto? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti, quali sono le priorità da rispettare nella corretta gestione dei rifiuti? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti, cosa è la responsabilità estesa del produttore? (link a www.ambientelegale.it).

SINDACATI

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Schema di contratto collettivo decentrato anni 2011-2012 (CGIL-FP di Bergamo, nota 28.03.2011).

DOTTRINA  E CONTRIBUTI

AMBIENTE-ECOLOGIA: A. L. De Cesaris, Una nuova normativa in materia di rifiuti: primi spunti di riflessione (link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: G. Tapetto, Comunicazione MUD 2010: come la si presenta? (link a www.ambiente-ecologia).

INCARICHI PROFESSIONALI: C. Rapicavoli, Incarichi di consulenza e collaborazione – Chiarimenti della Corte dei Conti (link a www.ambientediritto.it).

NOTE, CIRCOLARI E COMUNICATI

EDILIZIA PRIVATA: Oggetto: Quesiti in ordine all'applicabilità dell'art. 17 delle Norme del Piano Paesaggistico Regionale (Lombardia) ed alla necessità dell'autorizzazione paesaggistica e dell'esame paesistico dei progetti (Regione Lombardia, Direzione Generale Sistemi Verdi e Paesaggio, Progetti Integrati e Paesaggio, Paesaggio, nota 10.03.2011 n. 5400 di prot.)

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 28.03.2011 n. 71, suppl. ord. n. 81/L, "Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE" (D.Lgs. 03.03.2011 n. 28).

ENTI LOCALI: G.U.U.E. 23.02.2011 n. L/48 " DIRETTIVA 2011/7/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16.02.2011 relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali" (link a http://eur-lex.europa.eu).
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Favorire la competitività delle imprese e, in particolare, quella delle PMI[1], attraverso la lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. È questa la finalità della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 7 del 16.02.2011 che gli Stati membri dovranno recepire entro il 16.03.2013 e che abroga la precedente Direttiva 2000/35/C.
Tra le più rilevanti disposizioni della nuova normativa europea vi sono le seguenti tematiche:
- campo di applicazione della Direttiva (la quale si applica anche alle pubbliche amministrazioni);
- concetto di clausole contrattuali e prassi inique.
Quanto al primo aspetto (campo di applicazione della Direttiva), le nuove disposizioni si riferiscono ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale, intesa quale transazione che comporta la fornitura di merci o la prestazione di servizi dietro pagamento di un corrispettivo effettuata:
- tra imprese (soggetti organizzati, diversi dalle pubbliche amministrazioni, che agiscono nell’ambito di un’attività economica o professionale indipendente, anche quando tale attività è svolta da una sola persona)[2];
- tra imprese e pubbliche amministrazioni.
Quanto al secondo aspetto, per determinare se una clausola contrattuale o una prassi relativa alla data o al periodo di pagamento, al tasso dell’interesse di mora o al risarcimento per i costi di recupero sia gravemente iniqua per il creditore, si dovrà tenere conto, a norma dell’art. 7, paragrafo 1, di tutte le circostanze del caso, tra cui:
a) qualsiasi grave scostamento dalla corretta prassi commerciale, in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza;
b) la natura del prodotto o del servizio;
c) se il debitore abbia qualche motivo oggettivo per derogare al tasso d’interesse di mora legale, al periodo di pagamento[3], o all’importo forfettario[4].
Inoltre, una clausola contrattuale o una prassi è considerata gravemente iniqua qualora:
- escluda l’applicazione di interessi di mora;
- escluda il risarcimento per i costi di recupero[5].
Al riguardo, la Direttiva richiede agli Stati membri di disporre che dette clausole contrattuali o prassi gravemente inique per il creditore non possano essere fatta valere, oppure diano diritto a un risarcimento del danno[6].
Tra le principali disposizioni introdotte, la Direttiva (agli artt. 3 e 4, rispettivamente dedicati alle transazioni tra imprese e tra imprese e pubbliche amministrazioni), prevedendo anche norme relative dell’applicabilità del tasso di riferimento ed alla decorrenza del diritto agli interessi di mora, richiede che al creditore sia assicurato il diritto a detti interessi di mora senza che sia necessario un sollecito alle seguenti condizioni:
- qualora questi abbia adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge;
- qualora questi non abbia ricevuto nei termini l’importo dovuto e il ritardo sia imputabile al debitore.
Inoltre, relativamente ai ritardi di pagamento, è fatto obbligo agli Stati membri di assicurare che il periodo di pagamento stabilito nel contratto non superi sessanta giorni nelle transazioni tra imprese e trenta giorni[7] (termine prorogabile sino ad un massimo di sessanta giorni)[8] nelle transazioni tra imprese e pubbliche amministrazioni (dove queste, dunque, sono debitrici).
Detti termini possono essere modificati mediante espresso accordo contrattuale, fatto salvo il divieto di clausole gravemente inique per il creditore.
(commento tratto da www.altalex.com, 16.03.2011. Nota di Giulio Spina)
_______________
[1] Piccole e medie imprese (NdA).
[2] Art. 2, n. 3.
[3] La Direttiva rimanda al riguardo alle proprie disposizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 5, all’articolo 4, paragrafo 3, lettera a), all’articolo 4, paragrafo 4, e all’articolo 4, paragrafo 6.
[4] La Direttiva rimanda al riguardo alle proprie disposizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, il quale, tra l’altro, prevede che ove gli interessi di mora diventino esigibili, il creditore abbia il diritto di ottenere dal debitore, come minimo, un importo forfettario di 40 Euro.
[5] La Direttiva rimanda al riguardo alle proprie disposizioni di cui all’articolo 6.
[6] D’interesse è segnalare che i mezzi che gli Stati membri potranno utilizzare al fine di impedire il continuo ricorso a clausole contrattuali e prassi gravemente inique comprendono anche disposizioni volte a consentire che organizzazioni ufficialmente riconosciute per la rappresentanza delle imprese o titolari di un legittimo interesse a rappresentare le imprese agiscano a norma della legislazione nazionale applicabile dinanzi alle autorità giurisdizionali o agli organi amministrativi competenti in presenza di utilizzo di clausole contrattuali o prassi gravemente inique (art. 7, par. 5).
[7] Con riferimento all’identificazione della decorrenza del termine si veda l’art. 4, paragrafo 3.
[8] Alle condizioni di cui all’art. 4, paragrafo 4.

CORTE DEI CONTI

LAVORI PUBBLICILEASING IN COSTRUENDO.
La Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per la Lombardia, con il parere 14.10.2010 n. 953, ha dato luogo ad un interessante analisi dell’istituto del leasing in costruendo, intrattenendosi, in particolare, sulle modalità di classificazione contabile. Si tratta di un importante provvedimento di chiarificazione dell’istituto e dei suoi rapporti con le analoghe figure.
Primariamente, i giudici contabili riconoscono l’insopprimibile valenza dell’autonomia privata, intesa quale insieme dei poteri e delle facoltà, attribuite ad ogni soggetto giuridico, tendenti a dare assetto a interessi individuali e di gruppo. Precisamente, la Corte parla “capacità di costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici di tipo patrimoniale, nonché della capacità di porre in essere atti negoziali anche atipici”.
Ovviamente, l'autonomia privata trova il suo fondamento normativo nella Costituzione ed, in particolare, negli articoli 2 e 41. Il primo, nel riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali, dove si svolge la sua personalità, implicitamente afferma il potere di autodeterminazione dei privati in ordine agli interessi di natura personale.
L'articolo 41 Cost., inoltre, nell'ammettere la libertà di iniziativa economica, attribuisce ai privati la facoltà di porre da sé regole in funzione del soddisfacimento dei propri interessi patrimoniali. Al riguardo, occorre osservare che autonomia privata ed autonomia contrattuale non sono termini equivalenti. Infatti, quest'ultima si esplica prevalentemente, ma non esclusivamente, nella libertà contrattuale, sia pure estesa al diritto di famiglia e al diritto successorio.
Sono espressione di autonomia contrattuale il testamento, la procura e la remissione del debito; non lo sono gli atti unilaterali, perché questi sono rigidamente disciplinati dal codice civile e non c'è alcuno spazio per la libertà dei soggetti di modificare gli schemi tipici al fine di adeguarli alle proprie esigenze personali. A ben vedere, l'autonomia privata esprime una fenomenologia molto più articolata, che investe anche attività extra-negoziali (ad esempio, ricreative, educative, etc.), poteri di normazione privata (ad esempio, sistemi sanzionatori privati) e libertà matrimoniale.
Tuttavia, l’autonomia privata incontra dei limiti di carattere generale, consistenti nella meritevolezza degli interessi e nella liceità della causa, nonché nel rispetto dei principi costituzionali di legalità e imparzialità e di doverosa finalizzazione dell’attività o del negozio al perseguimento dei fini istituzionali predeterminati dalla legge. I giudici contabili fanno osservare che sussistono altre peculiari disposizioni normative, che limitano e regolano la capacità giuridica di diritto privato e si rinvengono, precisamente:
- nel vetusto sistema di contabilità pubblica;
- nella disciplina dell’indebitamento degli enti locali;
- nei principi dell’evidenza pubblica, in sede di scelta del miglior contraente e formazione dei contratti;
- nella disciplina comunitaria e nazionale in materia di contratti pubblici.
Ora, occorre presta massima attenzione al 2° comma, dell’articolo 1322 del codice civile, il quale stabilisce che “le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico”. Si tratta, come noto, dell’importante disposizione civilistica, che consacra il principio della possibile atipicità dei contratti. Proprio in forza di tale principio, fa osservare la Corte dei conti, il contratto di leasing in costruendo ha ricevuto piena legittimazione e disciplina nel settore pubblico.
Tale “riconoscimento pubblico”, possibile proprio in virtù dell’indicato principio, si è avuto con l’articolo 160-bis del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006), modificato ed integrato ad opera del terzo decreto correttivo al Codice medesimo. Siffatta disposizione normativa ha, sostanzialmente, reso operativo lo strumento, ampliandone l’oggetto che può, ora, riguardare la realizzazione, l’acquisizione ovvero il completamento, conformemente alle indicazioni del committente, di opere pubbliche o di pubblica utilità.
Entrando nel “cuore” dell’istituto, la Corte dei conti ha riconosciuto, in generale, l’ammissibilità del leasing in costruendo nell’ambito della capacità negoziale di diritto privato della Pubblica amministrazione. Tuttavia, tale ammissibilità deve rispettare alcuni imprescindibili profili di azione, tipici di ogni Pubblica amministrazione e, precisamente:
a) l’assoggettamento alle regole dell’evidenza pubblica, secondo le tipologie dei beni e dell’importo del contratto.
b) la necessità di una congrua motivazione in merito agli aspetti relativi alla convenienza economica dell’operazione, anche sul versante dell’efficiente ed efficace perseguimento del pubblico interesse.
c) l’esigenza di un’analisi costi-benefici, estesa alle altre possibili forme di finanziamento (dal mutuo all’autofinanziamento, all’apertura di credito etc.), per verificare anche l’impatto in termini di sostenibilità per il bilancio dell’ente delle diverse opzioni.
In altri termini, occorrerà porre in essere un’analisi comparativa fra i diversi sistemi di finanziamento-realizzazione di un’opera pubblica, al fine di individuarne il migliore.
d) La causa di finanziamento e di indebitamento del contratto deve rispettare i principi espressi dall’articolo 119 Cost., ai fini dell’ammissibilità della spesa.
Ciò che deve essere inequivocabilmente chiaro, ad avviso dei giudici contabili, è che gli strumenti di leasing, compreso quello in costruendo, non possono, in ogni caso, essere utilizzati per eludere le regole di azione ora indicate. In particolare, assumono peculiare rilievo:
- il rispetto dei vincoli di destinazione dei proventi, derivanti dall’alienazione del patrimonio pubblico;
- il divieto di ricorrere all’indebitamento, per finanziare spese diverse da quelle di investimento;
- le disposizioni normative, sancite dagli articoli 202- 204 del D.Lgs. n. 167/2000, in merito alla disciplina ed ai limiti dell’indebitamento;
- la necessità di tenere conto anche delle forme di garanzia, eventualmente richieste all’ente pubblico, per il corretto assolvimento delle obbligazioni contrattuali (commento tratto dalla newsletter di www.centrostudimarangoni.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

GIURISPRUDENZA

AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Sanzione amministrativa di tipo reintegratorio - Proprietario o titolare di diritti reali o personali di godimento - Imputabilità della condotta - Conseguenze sanzionatorie - Dolo o colpa.
L’art. 192 del D. Lgs. n. 152/2006, che ha riprodotto l'art. 14, comma 3, del Decr. Legisl. n. 22/1997, prevede una sanzione amministrativa di tipo reintegratorio, potendo essere adottata anche in assenza di una situazione in cui sussista l’urgente necessità di provvedere con efficacia e immediatezza (TAR Veneto, III, 29.09.2009, n. 2454) e avente a contenuto l’obbligo di rimozione, di recupero o di smaltimento e di ripristino a carico del responsabile del fatto di discarica o immissione abusiva, in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa; la norma, pertanto, ai fini dell’imputabilità della condotta del divieto di abbandono e di deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e delle connesse conseguenze sanzionatorie, richiede, a carico del proprietario o dei titolari di diritti reali o personali sul bene, un comportamento titolato di dolo o colpa, così come richiesto per l’autore materiale (ex multis, TAR Calabria, Catanzaro, I, 20.10.2009, n. 1118; Cons. Stato, V, 19.03.2009, n. 1612; TAR Sardegna, 18.05.2007, n. 975; 19.09.2004, n. 1076; TAR Puglia, Bari, 27.02.2003, n. 872; TAR Lombardia, Milano, I, 26.01.2000, n. 292).
RIFIUTI - Abbandono - Proprietario dell’area - imposizione dell’obbligo di rimozione - Deduzione in concreto di profili di responsabilità per dolo o colpa - Assenza - Illegittimità - Fattispecie.
Va censurato (ex multis, TAR CAMPANIA, 15.12.2010, n. 27375; 15.12.2009, n. 8739; 09.06.2009, n. 3159; 05.08.2008, nn. 9796 e 9795; 14.02.2008, n. 841; 23.05.2007, n. 5606; 16.04.2007, n. 3727; 07.03.2007, n. 1407; ma anche, TAR Lombardia, Brescia, 15.05.2009, n. 1038; Cons. Stato, V, 03.02.2006, n. 439; 08.03.2005, n. 935) l’operato dell’Amministrazione ogni qualvolta essa ometta di dedurre in concreto profili di responsabilità a titolo di dolo o colpa in capo al soggetto sanzionato, che sono necessari per l’imposizione dell’obbligo di rimozione dei rifiuti dal momento che non è sufficiente una generica “culpa in vigilando”; la stessa condizione di colpa che, ai sensi dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006, rende corresponsabile il proprietario di un fondo con gli autori materiali dell’abbandono non autorizzato di rifiuti, consentendo al Comune di ingiungergli di provvedere al loro smaltimento sotto pena di esecuzione in danno, consiste per lo più nella negligenza dimostrata da una sua prolungata inerzia, incombendo allo stesso l'obbligo di adoperarsi, attraverso misure efficaci e non meramente simboliche, affinché siffatti episodi non vengano posti in essere e, comunque, abbiano a cessare (Cons. Stato, V, 25.01.2005, n. 136; TAR Friuli V.G., 29.09.2000, n. 692) (Nella specie, non è stata ritenuta sussistente la colpa del proprietario di un’area che, per le sue caratteristiche anche in termini di estensione e modalità di uso, era oggetto di una utilizzazione generale e diretta da parte di terzi, il che limitava in concreto la possibilità di custodia e vigilanza) (TAR Campania-Napoli, Sez. V, sentenza 16.03.2011 n. 1481 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO - Acque di dilavamento dei piazzali adibiti a parcheggio - Assimilazione agli scarichi industriali - Illegittimità - Art. 74, lett. h) del d.lgs. n. 152/2006 - Connotazione in negativo - Art. 101, c. 7, d.lgs. n. 152/2006.
E’ illegittima l’assimilazione agli scarichi industriali, ad opera di un Comune, delle acque di dilavamento dei piazzali adibiti a parcheggio (nella Regione Campania, la delibera di Giunta n. 1350/2008, che prevedeva detta assimilazione, è stata annullata con sentenza n. 19675/2008).
La definizione di acque reflue industriali si caratterizza infatti, ai sensi dell’art. 74, lett. h) del D.Lgs. n. 152 del 2006, per la sua connotazione negativa, essendo così definito qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento; il criterio generale adottato dal Legislatore per individuare le acque industriali è, dunque, quello afferente alla qualità del refluo, tant’è che, in applicazione del citato criterio sostanziale, sono individuate dall'art. 101, comma 7, del D.Lgs. alcune tipologie di acque assimilate quelle domestiche ai fini della disciplina degli scarichi.
Tra tali tipologie di acque, alla lett. e), sono indicate le acque "aventi caratteristiche equivalenti a quelle domestiche e indicate nella normativa regionale".
Costituiscono inoltre "acque reflue industriali", ai sensi dell’art. 74, comma 1, lett. h) del D.Lgs. n. 152 del 2006, come sostituito dall’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 4 del 2008, "qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento" (TAR Campania-Napoli, Sez. V, sentenza 16.03.2011 n. 1479 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'esclusione di un concorrente da una gara per l'affidamento del servizio di rifiuti urbani, per avere riportato il legale rappresentante della stessa, una condanna per traffico illecito di rifiuti.
E' legittimo il provvedimento di esclusione da una gara, adottato da una stazione appaltante nei confronti di un RTI, per il fatto che il legale rappresentante della capogruppo fosse stato condannato (con sentenza ex art. 444 del cpp) per traffico illecito di rifiuti, in quanto il reato ascritto presenta le caratteristiche proprie sia della gravità e sia della rilevanza in ordine allo specifico appalto per il quale l'impresa medesima ha partecipato (lavori e messa in sicurezza di una discarica), rilevando, nella specie, il fatto che il soggetto, in un modo o nell'altro, ha commesso un reato specifico, che riguarda proprio l'attività che si chiede di porre in essere, per cui l'amministrazione non può che prendere atto della intervenuta condanna, per un fatto, specificamente valutato, che concerne proprio il traffico illecito di rifiuti (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.03.2011 n. 1586 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO - Bonifica - Proprietario del sito inquinato - Diversità rispetto al responsabile dell’inquinamento - Coinvolgimento nella procedura di bonifica - Artt. 242, 244, 245, 250 e 253 d.lgs. n. 152/2006.
Alla luce degli artt. 242, 244, 245, 250 e 253 del d.lgs. n. 152/2006, appare evidente che, nel sistema sanzionatorio ambientale, il proprietario del sito inquinato è senza dubbio soggetto diverso dal responsabile dell’inquinamento (pur potendo, ovviamente, i due soggetti coincidere); su quest’ultimo gravano, oltre altri tipi di responsabilità da illecito, tutti gli obblighi di intervento, di bonifica e lato sensu ripristinatori, previsti dal Codice dell’ambiente (in particolare, dagli artt. 242 ss.).
Tuttavia, il proprietario dell’immobile, pur incolpevole, non è immune da ogni coinvolgimento nella procedura relativa ai siti contaminati e dalle conseguenze della constatata contaminazione. Ed infatti, in primo luogo, il proprietario è comunque tenuto ad attuare le misure di prevenzione di cui all’art. 242 (art. 245); in secondo luogo, il proprietario, ancorché non responsabile, può sempre attivare volontariamente gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale (art. 245); infine, il proprietario è il soggetto sul quale l’ordinamento, in ultima istanza, fa gravare -in mancanza di individuazione del responsabile o in caso di sua infruttuosa escussione- le conseguenze dell’inquinamento e dei successivi interventi (art. 253).
In sostanza, se gli obblighi di bonifica, ripristino ambientale e quant’altro occorrente a seguito della constata contaminazione, ovvero gli obblighi di riparazione per equivalente gravano sul responsabile dell’inquinamento, è altrettanto vero che, in subordine, qualora il responsabile non venga individuato, ovvero risulti che non sia in grado di far fronte alle proprie obbligazioni risarcitorie, le obbligazioni risarcitorie per equivalente sono dall’ordinamento posti a carico del proprietario, ancorché “incolpevole dell’inquinamento”, attesa proprio la natura di onere reale degli interventi effettuati (art. 253).
INQUINAMENTO - Bonifica - Principio “chi inquina paga” - Mancata individuazione del responsabile - Costo degli interventi - Proprietario dell’area.
Il d.lgs. n. 152/2006, per un verso, attua il principio “chi inquina paga”, introdotto dall’art. 174, comma 2, del Trattato UE (secondo il quale “ la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto delle diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità.
Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio "chi inquina paga", individuando nel responsabile dell’inquinamento il soggetto responsabile per le obbligazioni ripristinatorie e risarcitorie; per altro verso, non prevede che -in assenza di individuazione del responsabile ovvero di impossibilità di questi a far fronte alle proprie obbligazioni- il costo degli interventi gravi sulla collettività (per il tramite di uno degli enti esponenziali di questa), ma pone tali costi a carico della proprietà.
D’altra parte, la ratio sottesa al principio comunitario “chi inquina paga”, è quella di escludere che i costi derivanti dal ripristino di siti colpiti da inquinamento venga sopportato dalla collettività.
INQUINAMENTO - Bonifica - Interventi - Proprietario - Attribuzione provvisoria delle obbligazioni ripristinatorie - Legittimità - Rivalsa nei confronti del responsabile - Obbligo.
Se il proprietario è in definitiva il soggetto al quale, pur senza sua responsabilità, vengono poste a carico le obbligazioni risarcitorie conseguenti all’inquinamento (e ciò proprio e solo perché proprietario), ben può lo stesso proprietario essere reso destinatario di un obbligo di attuare i necessari interventi, salva successiva rivalsa nei confronti del responsabile, che l’amministrazione ha l’obbligo di individuare.
La titolarità ultima delle obbligazioni risarcitorie rende cioè possibile anche la attribuzione (provvisoria) delle obbligazioni ripristinatorie (contra: Cons. Stato, sez. V, 16.06.2009 n. 3885; TAR Piemonte, sez. I, 24.11.2010 n. 1575; TAR Toscana, sez. II, 19.05.2010, n. 1524).
INQUINAMENTO - Bonifica - Interventi - Proprietario - Diritto di rivalsa nei confronti del responsabile - Obbligo di individuazione a carico della P.A. Responsabilità nei confronti del proprietario.
L’attribuzione al proprietario di interventi sui siti contaminati non comporta alcuna affermazione, nemmeno implicita, di una sua responsabilità per l’inquinamento; resta fermo il diritto di rivalsa del proprietario nei confronti del responsabile, che l’amministrazione ha obbligo di individuare, con la conseguenza, in particolare, che, laddove l’amministrazione abbia posto gli interventi a carico del proprietario non responsabile e non provveda all’accertamento di questi, essa potrebbe non essere (in astratto) immune da responsabilità nei confronti del proprietario da essa stessa gravato, in via provvisoria, di obbligazioni ripristinatorie (TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 14.03.2011 n. 2263 - link a www.ambientediritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Procedimento amministrativo - Diritto di accesso - Enti esponenziali di interessi collettivi - Spettanza.
Il diritto di accesso, oltre che alle persone fisiche, spetta anche a enti esponenziali di interessi collettivi e diffusi, ove corroborati dalla rappresentatività dell'associazione o ente esponenziale e dalla pertinenza dei fini statutari rispetto all'oggetto dell'istanza.
INFORMAZIONE AMBIENTALE - Legittimazione al’accesso - Ampiezza.
Il concetto di legittimazione riguardo all'accesso all'informazione ambientale assume, per espressa previsione normativa e per costante applicazione giurisprudenziale, una valenza decisamente più lata rispetto alla legittimazione prevista per il diritto di accesso tout court (TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 14.03.2011 n. 2260 - link a www.ambientediritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Il diritto di accesso, oltre che alle persone fisiche, spetta anche a enti esponenziali di interessi collettivi e diffusi.
Il diritto di accesso, oltre che alle persone fisiche, spetta anche a enti esponenziali di interessi collettivi e diffusi, ove corroborati dalla rappresentatività dell'associazione o ente esponenziale e dalla pertinenza dei fini statutari rispetto all'oggetto dell'istanza.
Pertanto, sussiste il diritto di accesso del Codacons agli atti del comune concernenti l'approvazione del progetto esecutivo e la realizzazione di un impianto di smaltimento dei rifiuti atteso che, riguardo a tali atti, l'istanza del Codacons risulta pertinente ai fini statutari dell'associazione in quanto rivolta alla tutela dell'interesse degli utenti del relativo servizio.
Peraltro il concetto di legittimazione riguardo all'accesso all'informazione ambientale assume, per espressa previsione normativa e per costante applicazione giurisprudenziale, una valenza decisamente più lata rispetto alla legittimazione prevista per il diritto di accesso tout court (TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 14.03.2011 n. 2260 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'obbligo, in capo alla commissione di una gara d'appalto, di stabilire i criteri ed sub criteri di ammissione alla procedura, antecedentemente alla redazione delle offerte da parte dei concorrenti.
L'art. 83, commi 2 e 4, del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti), in riferimento alle procedure di gara da affidarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, stabilisce che il bando deve indicare i criteri di valutazione, la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi, così come nonché gli eventuali sub criteri, sub pesi o sub punteggi.
Inoltre, la facoltà, attribuita alla commissione giudicatrice di fissare, prima dell'apertura delle buste contenenti le offerte, i criteri motivazionali cui si sarebbe attenuta per attribuire a ciascun criterio e sub criterio di valutazione il punteggio tra il minimo ed il massimo prestabiliti dal bando, non è più necessaria, in quanto soppressa dall'art. 1, c. 1, lett. u), del d.lgs. n. 152/2008.
In ogni caso, secondo una pronuncia della Corte di Giustizia, precedente alla suddetta modifica, al fine di garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, occorre che tutti gli elementi valutati dalla stazione appaltante al fine di identificare l'offerta economicamente più vantaggiosa, siano noti ai potenziali concorrenti al momento della preparazione delle loro offerte.
Nel caso di specie, ciò non si è verificato, in quanto, nella predetta fase, le imprese partecipanti alla gara ignoravano che l'assenza di un dato sub criterio avrebbe comportato l'emissione di un provvedimento espulsivo, in quanto il criterio era stato fissato dalla commissione solo dopo la scadenza del termine relativo alla presentazione delle offerte.
Pertanto, la concorrente non è stata posta nelle condizioni di conoscere tutti gli elementi indispensabili per la redazione di un'offerta rispondente, in concreto, alle esigenze dell'amministrazione (TAR Trentino Alto Adige-Bolzano, sentenza 10.03.2011 n. 98 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Fasce di rispetto cimiteriale - Vincolo di inedificabilità ex lege - Recepimento negli strumenti urbanistici - Necessità - Esclusione.
Per giurisprudenza costante, le fasce di rispetto cimiteriale costituiscono un vincolo di inedificabilità rinveniente direttamente dalla legge, che si impone ex se, con efficacia diretta ed immediata, indipendentemente da qualsiasi recepimento negli strumenti urbanistici ed eventualmente anche in contrasto con i medesimi, per non essere essi idonei ad incidere sull’esistenza o sui limiti operativi del vincolo (v., ex multis, TAR Campania, Napoli, Sez. II, 25.01.2007 n. 704) (TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I, sentenza 08.03.2011 n. 67 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Nozione di falso innocuo - Art. 38 d.lgs. n. 163/2006 - Valutazione ex ante.
La nozione di “falso innocuo”, di origine penalistica, è stata recepita nell’ambito della disciplina amministrativistica, anche al fine di escludere la rilevanza della falsità delle dichiarazioni non veritiere rese dai soggetti partecipanti alle gare pubbliche ai sensi dell’art. 38 del D.Lgs. 163 del 2006, tutte le volte che essa non abbia prodotto alcun pregiudizio agli interessi presidiati dalla norma che impone di attestare una determinata circostanza (sia essa contenuta nella legge o nel bando) e non abbia procurato all’impresa dichiarante alcun vantaggio competitivo (Cons. Stato, V, 09.11.2010 n. 7967).
In particolare, è falso innocuo l’omessa menzione degli amministratori o direttori cessati dalla carica qualora tali soggetti risultino penalmente incensurati e, pertanto, la loro indicazione nella dichiarazione resa alla stazione appaltante non avrebbe in alcun modo potuto incidere sull’esito del giudizio sulla ammissibilità dell’offerta.
Tuttavia, nell'ambito dei rapporti amministrativi, la valutazione del carattere innocuo del falso deve essere compiuta "ex ante", con la conseguenza che non può essere considerato innocuo il falso potenzialmente in grado di incidere sulle determinazioni dell'Amministrazione (Cons. Stato, VI, 08.07.2010 n. 4436) (TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 01.03.2011 n. 599 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZI: E' legittimo l'affidamento in house del servizio di accertamento liquidazione e riscossione del canone sulla pubblicità e il servizio delle pubbliche affissioni, purché sussistano i requisiti richiesti per la ricorribilità al suddetto affidamento.
Il servizio di accertamento liquidazione e riscossione del canone sulla pubblicità e il servizio delle pubbliche affissioni, è un'attività strumentale e come tale non rientra nei servizi di pubblica rilevanza, come affermato anche dalla Autorità Garante della concorrenza e del mercato.
Trattandosi di attività strumentale che esula dall'ambito di applicazione dell'art. 23-bis del d.l. 112/2008, e che è invece disciplinata dall'art. 52 l. 446/1997 e dall'art. 13 d.lgs. 223/2006, è ammissibile l'istituto dell'in house, a condizione però che sussistano i requisiti richiesti per la ricorribilità all'istituto.
Pertanto, nel caso di specie, è illegittima la procedura di affidamento in house del servizio di accertamento liquidazione e riscossione del canone sulla pubblicità e il servizio delle pubbliche affissioni, difettando il requisito del controllo analogo in concreto richiesto per la sua applicazione.
Risulta, infatti, dallo statuto che il consiglio di amministrazione della società affidataria in house ha una libertà decisoria pressoché assoluta rispetto al vaglio dell'organo politico-amministrativo, limitato ad aspetti meramente formali, che non consente di ritenere sussistente il requisito di controllo richiesto (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 01.03.2011 n. 377 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICI - VARI: Buca stradale: il pedone distratto ha diritto ad un risarcimento parziale.
Se il pedone attraversa fuori dalle strisce e cade in una buca ha diritto solamente ad un parziale risarcimento del danno subito.
Il comportamento colposo dello stesso, infatti, interrompe il nesso causale.

Così ha precisato il Tribunale di Milano con la sentenza 04.01.2011 accogliendo il ricorso di un cittadino caduto, appunto, in una buca posta sulla carreggiata.
Nello specifico il Tribunale ha deciso che il pedone ha diritto solamente ad un risarcimento parziale in quanto è da ritenersi corresponsabile del danno poiché “prestare attenzione per non essere investito non gli consente di rendersi conto del cattivo stato di manutenzione della strada”.
Secondo quanto stabilito nella decisione che qui si commenta in tema di responsabilità da cose in custodia (ex articolo 2051 codice civile) è sufficiente per la interruzione del sopra citato nesso causale tra cosa ed evento dannoso, anche il mero comportamento colposo del danneggiato, ascrivibile al mancato uso della diligenza ordinaria.
Nella sentenza in oggetto, il Tribunale richiama sull’argomento la sentenza della Cassazione del 2006, n. 15386, in base alla quale, in tema di responsabilità per cose in custodia, si precisa che trattasi di “responsabilità oggettiva che trova il suo fondamento nella mera relazione intercorrente tra la cosa e colui che esercita l'effettivo potere su di essa: in altri termini, il fondamento della responsabilità è costituito dal rischio che grava sul custode per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano da fortuito" (cfr. anche Cass. n. 2563/2007 e Cass. 25243/2006; nello stesso senso cfr. Cass. 2430/2004, Cass. n. 2075/2002, Cass. n. 584/2001).
Precedente giurisprudenza, sempre del Tribunale di Milano, in tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, ha precisato che al pedone che attraversi la strada fuori dalle strisce pedonali, senza concedere la dovuta precedenza al veicolo sopraggiungente e mal valutando la distanza che da questi lo separava, deve essere riconosciuto un concorso di colpa nella misura di un terzo (sul punto cfr. Trib. Milano, sez. V civ., 09.08.2006, n. 9386) (Tribunale di Milano, Sez. X civile, sentenza 04.01.2011 - link a www.altalex.com).

APPALTI SERVIZIGARA DISTRIBUZIONE GAS NATURALE.
L’affidamento della concessione del servizio di distribuzione del gas naturale non può essere effettuato attraverso una procedura negoziata, senza previa pubblicazione di bando di gara, in quanto il comma 4° dell’articolo 30 del Codice dei contratti (D.Lgs n. 163/2006), in tema di concessione di servizi, fa espressamente salve discipline specifiche, che prevedono forme più ampie di tutela della concorrenza quali, appunto, quelle di cui al D.Lgs. n. 164/2000. Il Collegio riconosce che l'articolo 14 del citato D.Lgs. n. 164/2000 si riferisce genericamente a “gare”, senza specificarne la tipologia (aperta, ristretta o negoziata), ma osserva che lo stesso articolo, al comma 5°, introduce principi di concorrenza e di ampia partecipazione, che lasciano intendere il disfavore del Legislatore verso affidamenti diretti o a mezzo di procedure non ad evidenza pubblica.
E’ quanto statuito dal TAR Marche, Sez. I, nella sentenza 06.12.2010 n. 3412, ove si affronta in modo compiuto la delicata problematica della corretta tipologia di gara per il conferimento del servizio di distribuzione gas naturale.
Nell’attesa della concreta attivazione degli A.TE.M., che dovrà comportare l’obbligo di gara su unico bacino, è insorto il delicato problema se i Comuni possano indire la procedura di gara, tenendo conto anche delle indicate scadenze al 31.12.2010 e 2012.
Secondo un primo orientamento, patrocinato soprattutto dalla Corte dei conti (parere sez. Lombardia, n. 225 del 17.02.2010), l’indizione di singole gare, da parte dei Comuni, pregiudicherebbe ed indebolirebbe la concreta attivazione del nuovo sistema, fondato sugli Ambiti Territoriali Minimi. Viceversa, secondo un’oramai corposa giurisprudenza (Tar Brescia, nn. 266/2008, 662/2008 e 1.221/2009) è ben possibile l’indizione di gara, anche nell’attesa dell’entrata in operatività degli A.TE.M., primariamente al fine di non vanificare i principi comunitari di apertura al mercato e di promozione della competizione concorrenziale. Secondo tale secondo indirizzo, il principio comunitario di concorrenza non può che prevalere sulle pur corrette esigenze di razione istituzione ed attivazione dei bacini.
Orbene, se i Comuni, in forma singola od associata (art. 14, comma 1°, D.Lgs n. 164/2000), in aderenza al secondo orientamento, desiderano procedere ad una selezione, quale tipologia di “gara” deve essere indetta? Una procedura aperta, ristretta o negoziata?
Come si è anticipato, il decreto Letta, all’articolo 14, parla di “gara”, senza, tuttavia, specificarne la tipologia. Ora, l’articolo 30 del Codice dei contratti pubblici, cui ha fatto riferimento il Comune di Ascoli Piceno, disciplina le concessioni di servizi ed, al comma 3°, stabilisce che: “la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all'oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi”.
Il Comune di Ascoli Piceno ha ritenuto di utilizzare il predetto articolo 30, sulla base della considerazione, non contestata dal Tar, che il servizio di distribuzione gas naturale dia luogo ad una concessione di servizi. Il problema, ad avviso del Tar, non risiede nella qualificazione giuridica, ma nella corretta interpretazione ed applicazione dell’articolo 30.
Ad avviso dei giudici amministrativi marchigiani, oltre l’indicato comma 3°, il quale prevede sicuramente la procedura negoziata senza previo bando di gara (utilizzata dal Comune), occorre tener conto anche del successivo comma 4°. Tale disposizione normativa stabilisce che “sono fatte salve discipline specifiche che prevedono forme più ampie di tutela della concorrenza”. Ora, secondo il Tar Marche, non vi è dubbio che tali “discipline specifiche” debbano essere individuate nel decreto Letta.
Infatti, se è vero che il D.Lgs. n. 164/2000 si riferisce genericamente a “gare”, senza specificarne la tipologia (aperta, ristretta o negoziata), occorre, ad ogni modo, tener conto del fatto che il comma 5° dell’articolo 14 introduce principi di concorrenza e di ampia partecipazione, “che lasciano intendere il disfavore del legislatore, nel settore in esame, verso affidamenti diretti o a mezzo di procedure non ad evidenza pubblica, che vanno quindi intese come eventuale eccezione alla regola generale dell'affidamento mediante procedura aperta o ristretta previa pubblicazione di un bando”.
La soluzione interpretativa del Tar Marche può essere accolta, in quanto, al di là di un precedente giurisprudenziale in tal senso, invero antecedente al Codice (Consiglio di Stato, sez. V, n. 4322/2003), si palesa conforme all’articolo 54 del Codice, secondo il quale procedura aperta e procedura ristretta costituiscono e rappresentano gli ordinari modelli di scelta del contraente, mentre le negoziate possono essere utilizzate solo alle “condizioni specifiche espressamente previste” (commento tratto dalla newsletter di www.centrostudimarangoni.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Beni culturali e ambientali - Edifici produttivi-commerciale direzionali residenziale - Opere di urbanizzazione.
E' accolto il ricorso e per l'effetto è annullato il decreto del Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici che annullava il provvedimento di autorizzazione rilasciato dal comune, per opere di nuova costruzione.
Si tratta di edifici produttivi-commerciale direzionali residenziale da eseguirsi in prossimità della sponda di corso d'acqua (ex art. 142 lett. C) del D.Lgs. n. 42/2004) e la Soprintendenza presenta come vizio legittimità, quello che in realtà è un proprio apprezzamento di merito (il giudizio di inadeguatezza delle rappresentazioni fotografiche), nel mentre, sotto altro profilo, il parere degli esperti ambientali comunali aveva prescritto -come già riportato dianzi- di realizzare alcuni interventi di mitigazione ambientale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 25.10.2010 n. 4167 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Cambio di destinazione d'uso - Mancanza di conformità urbanistica.
E' respinto il ricorso per l'accertamento del silenzio formatosi sull'istanza con la quale è stata chiesta l'approvazione del cambio di destinazione d'uso di alcune unità immobiliari.
Sulla base dei chiarimenti forniti dal comune su una questione simile si ritiene che la mancanza di conformità urbanistica non può essere superata semplicemente richiamando la liberalizzazione dei cambi di destinazione d'uso prevista in via generale dall'art. 51, comma 1, della l.r. n. 12/2005 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 22.10.2010 n. 4109 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Annullamento degli elaborati per plagio: vanno individuati i passi copiati.
L’annullamento degli elaborati dell’esame di avvocato che risultino copiati non può, in alcun modo, prescindere dall’individuazione delle parti dell’elaborato che possano giustificare l’applicazione delle sanzioni previste per l’ipotesi del plagio.
E’ questo il principio con cui il TAR Lecce, I sez., ha accolto il ricorso proposto dal ricorrente avverso la mancata ammissione agli esami orali di avvocato a causa della presunta copiatura da altro candidato.
In particolare, ha osservato il TAR salentino come, ai sensi dell’art. 23, ult. comma del r.d. 22.01.1934, n. 37, la giurisprudenza amministrativa ha rilevato che, l’applicazione della previsione (che sanziona la violazione degli obblighi dei partecipanti all’esame di non comunicare tra di loro e di portare nella sede degli esami libri, scritti ed appunti di qualsiasi genere, previsti dagli artt. 20 e 21 del r.d. 37 del 1934) non possa, in alcun modo, prescindere dall’individuazione delle parti dell’elaborato che possano giustificare l’applicazione delle sanzioni previste per l’ipotesi del plagio: <<il limite che la commissione incontra nell'esercizio del potere di annullamento deve essere, invece, individuato nella riscontrata effettiva conformità degli elaborati, che faccia ragionevolmente presumere che essa sia il risultato della iniziativa o dell'accordo di più candidati>> (Consiglio di stato, sez. IV, sentenza 17.02.2004, n. 616 che si pone nel solco di una giurisprudenza assolutamente consolidata).
Nella vicenda in esame, infatti, il primo elaborato relativo alla prova di diritto civile non recava assolutamente l’individuazione delle parti o dei passi dell’elaborato che possano aver indotto la Commissione a concludere per la necessità di procedere all’annullamento dell’intera prova, a seguito della presunta conformità dell’elaborato 611 con l’<<elaborato contenuto nella busta n. 782>>, rendendo così praticamente impossibile qualsiasi controllo in ordine alla correttezza sostanziale della valutazione operata dalla Commissione, con consequenziale violazione di pacifici criteri di motivazione degli atti amministrativi desumibili dall’art. 3 della L. 07.08.1990, n. 241 (TAR Puglia-Lecce, Sez. II, sentenza 21.10.2010 n. 2147 - link a www.altalex.com).

ATTI AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATA: Spese di urbanizzazione - Accordo tra comuni - Nullità.
Come sostiene la ricorrente, alla quale il comune ha inteso addebitare per la seconda volta il pagamento di una somma a titolo di compartecipazione alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, sono state violate, per un verso, la norma imperativa di cui all'art. 23 della Costituzione che dispone che nessuna prestazione patrimoniale può essere imposta se non in forza di una legge, per altro verso, l'art. 11, comma 2, della legge n. 241 del 1990, secondo cui gli accordi debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 12.10.2010 n. 4026 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Piano di lottizzazione - Delibera giunta comunale - Annullamento in autotutela - Illegittimità.
E' accolto in parte il ricorso avverso la delibera giuntale con la quale è stata annullata in autotutela la deliberazione giuntale contenente gli impegni finanziari del comune circa il piano di lottizzazione in questione che comprendeva un nuovo scarico fognario.
Con l'annullamento in autotutela il comune non può ritenersi liberato integralmente neppure con la clausola della convenzione urbanistica che impone ai lottizzanti di farsi carico delle opere di urbanizzazione primaria, tra cui le canalizzazioni e gli allacciamenti (opere ulteriormente specificate come reti fognarie, bianche e nere, rete idrica e rete elettrica).
L'impegno assunto dal Comune non può essere interamente cancellato ma solo ridotto alla percentuale del 23,5% della spesa (percentuale corrispondente alla proprietà del comune, come proprietario e quindi lottizzante, rispetto alla superficie del piano) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 08.10.2010 n. 3913 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Beni culturali e ambientali - Vincolo paesistico e uso dei pannelli fotovoltaici.
E' accolto il ricorso avverso il decreto del Soprintendente con il quale è stata annullata l'autorizzazione paesistica rilasciata dal comune per la posa di 500 pannelli fotovoltaici nel complesso edilizio.
L'area interessata è sottoposta a vincolo paesistico sulla base del DM 24.03.1976 e le osservazioni della Sopraintendenza sono in parte corrette ma non sufficienti a giustificare l'annullamento dell'autorizzazione paesistica: da un lato è dunque verosimile (anche senza simulazione fotografica) che l'installazione di pannelli fotovoltaici sulla copertura degli edifici determini significative alterazioni della morfologia dei luoghi, nonché incongruenze stilistiche e ingombro visivo (a maggior ragione quando si tratti di un impianto di notevoli dimensioni come quello in esame); dall'altro si deve però considerare che l'uso di pannelli fotovoltaici è attualmente considerato desiderabile per il contributo alla produzione di energia elettrica senza inconvenienti ambientali.
Altresì il legislatore ha previsto nell'art. 4, comma 1-bis, del DPR 06.06.2001 n. 380 come normale la presenza di impianti fotovoltaici negli edifici di nuova costruzione e la sempre più diffusa attenzione verso questo tipo di tecnologia condizionano inevitabilmente il giudizio estetico (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 04.10.2010 n. 3726 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Beni culturali e ambientali - Vincolo storico e artistico - Estensione - Adeguata motivazione - Necessita.
L'estensione del vincolo storico e artistico (posto inizialmente sul complesso immobiliare) con successivo decreto anche alla torre colombaia e ad alcuni fabbricati rustici e una vasta area agricola non è sostenuta da un'adeguata motivazione.
In particolare non è stabilito o richiamato alcun parametro che consenta di chiarire quale sia l'estensione necessaria dello spazio da lasciare inalterato per salvaguardare il valore degli edifici assoggettati a vincolo storico-artistico.
Inoltre non si considera la capacità di attrazione nei confronti delle aree circostanti di per sé prive di qualsiasi valore culturale, perché il significato storico-artistico di un edificio non si ferma alle sue componenti materiali ma si propaga all'esterno interagendo con il contesto.
Sarebbe dunque un errore non proteggere lo spazio circostante costringendo l'edificio monumentale a entrare bruscamente in contatto con trasformazioni del territorio in grado di svilirne il pregio artistico e la funzione di testimonianza storica.
Altresì rileva la mancanza di coordinamento tra i due decreti di imposizione del vincolo storico-artistico (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 04.10.2010 n. 3725 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Adozione PRG - Osservazioni - Diniego - Motivazione adeguata - Necessita.
Nell'ambito della procedura di adozione del PRG la discrezionalità normalmente riconosciuta ai comuni nella formulazione delle scelte urbanistiche non è una spiegazione sufficiente per superare le obiezioni o le richieste puntuali formulate con riguardo a un edificio o a un'area particolare.
Nella specie la decisione che emerge dalla cartografia del PRG è illegittima per insufficiente motivazione, ovvero per insufficiente approfondimento delle questioni tecniche connesse.
Il diniego opposto alla osservazione presentata dal ricorrente avrebbe dovuto basarsi su altre ragioni di pubblico interesse, che non sono state evidenziate.
Avrebbe anche dovuto essere motivata la scelta di non differenziare la disciplina dei vari terreni in relazione alla maggiore o minore vicinanza alla zona edificata (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 04.10.2010 n. 3724 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONE: 1. Occupazione anticipata - Presupposti - Oggettive esigenze di celerità - Sufficienza - Motivazione specifica - Non necessaria.
2. Occupazione anticipata - Art. 14 l.r. 3/2009 - Elenco non tassativo.

1. L'art. 22-bis, comma 1, del DPR 327/2001 non implica il carattere eccezionale della procedura accelerata e neppure un aggravio nella motivazione, né è necessaria una specifica dichiarazione che attesti la necessità dell'immediata immissione nel possesso.
Perché sia possibile l'occupazione anticipata è sufficiente che in concreto vi siano oggettive esigenze di celerità connesse alla natura delle opere o al meccanismo dei finanziamenti e sia percepibile l'interesse collettivo sotteso alla sicurezza della circolazione.
2. La normativa regionale individua direttamente (anche se non in modo tassativo) la tipologia di opere che richiedono l'occupazione anticipata tra le quali quelle di urbanizzazione primaria e le infrastrutture a rete di interesse pubblico in materia di trasporti (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 22.09.2010 n. 3557 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Permesso a costruire - Impugnazione - Legittimazione - criterio- Vicinitas - Sufficienza.
La legittimazione a impugnare un permesso di costruire deve essere riconosciuta al proprietario di un immobile sito nella zona interessata alla costruzione, o comunque a chi si trovi in una situazione di stabile collegamento con la zona stessa, senza che sia necessario dimostrare ulteriormente la sussistenza di un interesse qualificato alla tutela giurisdizionale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 22.09.2010 n. 3556 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione paesistica - Rilascio successivo - Danno ambientale non sussistente - Possibilità.
Il divieto di sanatoria paesistica ha la funzione di impedire all'amministrazione di trasformare ordinariamente, attraverso il giudizio di compatibilità paesistica, il danno ambientale in un equivalente monetario.
Dove tuttavia non sussista alcun danno ambientale e sia possibile ottenere un guadagno ambientale con l'assunzione da parte del trasgressore di specifiche obbligazioni nell'interesse del vincolo paesistico è possibile rilasciare un'autorizzazione paesistica in via successiva (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 22.09.2010 n. 3555 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA 1. Beni ambientali - Nulla osta paesistico - Annullamento - Adozione entro 60 giorni natura non recettizia.
2. Beni ambientali - Autorizzazione paesistica - Annullamento della Sovrintendenza - Limiti - Vizi di legittimità - Motivazione.

1. Il provvedimento di annullamento del nulla-osta paesistico non ha natura di atto recettizio, con la conseguenza che il termine perentorio di sessanta giorni previsto per la sua adozione attiene al solo esercizio del potere di annullamento da parte dell'Amministrazione statale e non anche alla comunicazione o notificazione ai destinatari del provvedimento stesso.
2. L'Autorità statale può annullare l'autorizzazione paesistica per il vizio di violazione di legge e per incompetenza e per eccesso di potere (per sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta); non può, viceversa, annullare l'autorizzazione paesistica sulla base di proprie considerazioni tecnico-discrezionali, contrarie a quelle effettuate dalla Regione o dall'Ente subdelegato; l'esame deve essere coerente con il piano paesistico, con idonea istruttoria e adeguata motivazione tenendo conto del principio di leale cooperazione tra il Ministero e le Regioni (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 14.09.2010 n. 3523 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Piano regolatore generale - Realizzazione luoghi di culto - Competenza comunale urbanistico-edilizia.
2. Piano regolatore generali - Richiesta di localizzazione luoghi di culto - disponibilità dell'immobile - Diniego - Inidoneità dell'immobile - Legittimità.

1. L'ambito di competenza comunale su istanze di realizzazione di luoghi di culto è solo quello propriamente urbanistico-edilizio e consiste in un duplice potere:
(a) accertare che la confessione religiosa per la quale è richiesta la realizzazione di un luogo di culto abbia sul territorio "una presenza diffusa, organizzata e stabile";
(b) regolare attraverso la convenzione la durata minima della destinazione dell'edificio a finalità religiose, i vari problemi edilizi, igienico-sanitari e di sicurezza collegati al notevole afflusso di persone.
2. In sede di elaborazione degli strumenti urbanistici i comuni, qualora ricevano richieste di localizzazione di luoghi di culto, possono legittimamente porsi soltanto il problema dell'effettiva esigenza di queste infrastrutture in relazione al numero di soggetti interessati: una volta accertata l'esigenza di un luogo di culto la localizzazione deve essere necessariamente conforme alla proposta presentata, qualora i promotori del progetto abbiano la disponibilità degli immobili.
Il diniego legittimo deve basarsi sull'inidoneità del sito proposto, secondo le normali valutazioni urbanistiche (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 14.09.2010 n. 3522 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Sopraelevazione - Distacco tra costruzioni - Pareti finestrate - art. 9 D.M. 02.04.1968 n. 1444 - Norma inderogabile.
2. Sopraelevazione - Distacco tra costruzioni - Deroga - presupposti.

1. Qualora la sopraelevazione si collochi di fronte a pareti finestrate la distanza minima di 10 metri prevista (al di fuori della zona A) dall'art. 9, comma 1, n. 2, del DM 1444/1968 costituisce un ostacolo insuperabile.
Tale norma per la sua genesi (è stata adottata ex art. 41-quinquies, comma 8, della legge 17.08.1942 n. 1150, come introdotto dall'art. 17 della 06.08.1967 n. 765) e per la sua funzione igienico-sanitaria (evitare intercapedini malsane) costituisce un principio inderogabile della materia che prevale sia sulla potestà legislativa regionale, in quanto integra la disciplina privatistica delle distanze (v. C.Cost. 16.06.2005 n. 232), sia sulla potestà regolamentare e pianificatoria dei comuni, in quanto deriva da una fonte normativa statale sovraordinata, sia infine sull'autonomia negoziale dei privati, in quanto tutela interessi pubblici che per la loro natura igienico-sanitaria non sono nella disponibilità delle parti.
2. Non è possibile per la legge regionale (e nemmeno per gli strumenti urbanistici comunali) intervenire nei rapporti tra i privati autorizzando in via generale la sopraelevazione in deroga alla distanza minima dalle pareti finestrate disposta disposta dall'art. 9, comma 1, n. 2, del DM 1444/1968: la deroga può essere inserita unicamente in una previsione normativa dedicata a una situazione urbanistica particolare in una precisa zona del territorio in modo da garantire che gli interessi pubblici coinvolti (e specificamente quelli di natura igienico-sanitaria) siano stati in concreto valutati e tutelati mediante soluzioni planivolumetriche adeguate (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 27.08.2010 n. 3240 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi uso pubblico - Luogo di culto - Compatibilità - sussiste.
La localizzazione di parcheggi pubblici ricade tra le utilizzazioni collettive compatibili con la presenza di un luogo di culto, perché, anche se dal punto di vista estetico sottraggono pregio al contesto edificato, garantiscono un accettabile equilibrio tra le esigenze della viabilità e lo scenario in cui si colloca la chiesa e rappresentano aree a standard utili alla stessa frequentazione dei luoghi di culto, perciò stesso, salva la necessità di individuare fascia di rispetto libera attorno all'edificio religioso, l'utilizzazione dei sagrati per la realizzazione di parcheggi pubblici non contrasta con il divieto di utilizzare ad altri scopi gli edifici destinati all'esercizio pubblico del culto cattolico, sancito dall'art. 831 cc. (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 27.08.2010 n. 3237 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Reiterazione del vincolo espropriativo - Obbligo previsione indennizzo - Sussiste.
2. Reiterazione del vincolo espropriativo - Mancata previsione indennizzo - Illegittimità del vincolo - Non sussiste - Accertamento natura espropriativa - Giurisdizione G.A. - Quantificazione indennizzo - Giurisdizione G.O..

1. La reiterazione di ogni vincolo espropriativo o sostanzialmente espropriativo deve essere sempre bilanciata dalla previsione di un indennizzo o da altra utilità, in coerenza anche con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, che tutela non solo la proprietà in sé ma anche la certezza della situazione giuridica, messa in pericolo dalla presenza di un vincolo utilizzabile dall'amministrazione in un ampio arco temporale.
2. La mancata previsione dell'indennizzo non costituisce causa di illegittimità della previsione urbanistica ma consente unicamente una pronuncia che accerti la natura espropriativa del vincolo e il diritto del proprietario all'indennizzo.
I confini della giurisdizione amministrativa impongono di limitare la pronuncia a tale accertamento: la concreta quantificazione economica è invece rimessa al giudice ordinario ai sensi dell'art. 39, comma 4, e dell'art. 53, comma 3, del DPR 327/2001 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 27.08.2010 n. 3237 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Piano del territorio - Variante - Impugnazione - pubblicazione - Decorrenza.
Il termine per impugnare lo strumento urbanistico decorre dal termine ultimo di pubblicazione dello stesso nelle forme legali atteso che le stesse creano una presunzione di conoscenza dei contenuti del provvedimento impugnato non superabile da prova contraria (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 19.07.2010 n. 2485 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Piano di lottizzazione- Approvazione piano attuativo e sottoscrizione convenzione - Decorso decennale - Rilascio concessione edilizia successiva - Legittimità.
In virtù di interpretazione restrittiva della norma dell'art. 17 della legge 1150/1942 sulla perdita di efficacia dei piani attuativi dopo la scadenza del termine decennale solo la modifica incompatibile con il piano della disciplina urbanistica può impedire ai privati di completare il disegno del piano di lottizzazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 12.07.2010 n. 2481 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Legittimazione ad agire - Associazione di protezione ambientale - Italia Nostra - Atti appartenenti al genus protezione ambientale e non solo alla species tutela paesistica.
Italia Nostra, è legittimata ex art. 13 e 18. co. 5, l. 349/1986 a "ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi" ricavati interpretativamente dall'art. 1, co. 2, stessa legge che individua come finalità ambientali del Ministero dell'Ambiente "la promozione, la conservazione ed il recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettività ed alla qualità della vita, nonché la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e la difesa delle risorse naturali dall'inquinamento" e non è limitata soltanto alla tutela paesistica, che è soltanto una delle tante species della protezione ambientale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 01.07.2010 n. 2411 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Piano del territorio - Variante per impianti produttivi - Necessità di previa relazione del fabbisogno - Piano del territorio - Variante.
E' illegittima la delibera di adozione di una variante per insediamenti produttivi per violazione dell'art. 5 d.p.r. 447/1988 se non è stata rispettata la sequenza procedimentale necessaria per autorizzare la localizzazione di impianti produttivi in variante al p.r.g. che deve passare attraverso un provvedimento ricognitivo del fabbisogno, una relazione del responsabile del procedimento attestante la insufficienza delle aree produttive, una relazione geologica e quindi solo all'esito della valutazione da parte del Comune della necessità -per lo sviluppo ordinato della comunità- di individuare nuove aree destinate ad attività produttive vista l'insufficienza di quelle previste in piano (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 01.07.2010 n. 2411 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Opera abusiva - Pertinenza - Nozione ai fini della sanatoria - Manufatto privo di funzionalità autonoma.
2. Pertinenza - Strumentalità - Destinazione soggettiva - Non sufficiente - Criterio oggettivo - Parametro necessario.

1. La nozione di pertinenza, in materia edilizia, è più ristretta di quella civilistica ed è riferibile solo a manufatti tali da non alterare in modo significativo l'assetto del territorio, funzionalmente ed esclusivamente inseriti al servizio di un manufatto principale, e privi di autonomo valore di mercato e non valutabili in termini di cubatura (o comunque dotate di volume minimo e trascurabile), in modo da non poter essere utilizzate autonomamente e separatamente dal manufatto cui accedono.
2. La strumentalità non può mai desumersi dalla destinazione soggettivamente data dal proprietario e devono comportare una circoscritta incisione sul cd. "carico urbanistico" (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 01.07.2010 n. 2408 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 28.03.2011

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NOVITA' NEL SITO

A V V I S O
Si ricorda ai partecipanti del convegno del 30.03.2011, a Bergamo, di scaricare il materiale didattico pubblicato nel bottone "CONVEGNI".

Bottone "CONVEGNI" n. 7 giornate di studio a Bergamo per il 13-20-27 aprile e 04-11-18-25 maggio 2011 organizzate dal portale PTPL. TERMINE DI ISCRIZIONE: SABATO 09.04.2011.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella locandina.

A V V I S O
In relazione alle giornate di studio organizzate dal portale PTPL, che sono in corso di svolgimento p.v., abbiamo avuto notizia che alcuni comuni provvedono a richiedere il C.I.G. all'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici:
NON OCCORRE !!
Invero, oggi stesso abbiamo telefonato all'Autorità (contact center 800/89.69.36) ed il funzionario che ha risposto ha confermato che NON OCCORRE richiedere il C.I.G. per adottare la determinazione di impegno di spesa della quota di partecipazione poiché non siamo in presenza di un contratto d'appalto.
Tale risposta è facilmente riscontrabile nello specifico F.A.Q. relativo alla "tracciabilità dei flussi finanziari".
Si legga, in particolare, la risposta A4 laddove è detto che "Sono escluse dall'obbligo di richiedere il codice CIG ai fini della tracciabilità le seguenti fattispecie: ...
• l’amministrazione diretta ai sensi dell’articolo 125, comma 3 del decreto legislativo n. 163/2006 (vedi faq A15);".

Pertanto, i responsabili dell'Ufficio Ragioneria vedano di non aggravare il procedimento amministrativo con adempimenti burocratici non contemplati dalla legge !!
> < > < > < > < > <
ATTENZIONE: lo stesso ragionamento di cui sopra vale anche per il rinnovo annuale delle varie riviste dell'Ufficio Tecnico (cartacee ovvero internet).
Ovviamente, il ragionamento fila laddove non si proceda a contrattare con quelle società che offrono pacchetti variegati di abbonamenti multipli (i più disparati) per avere un sconto sul prezzo di copertina che, trattando direttamente col singolo editore, non si avrebbe.
15.03.2011 - LA SEGRETERIA PTPL

DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA

PUBBLICO IMPIEGO: Oggetto: art. 25 della legge n. 183 del 2010 e art. 55-septies del decreto legislativo 30.03.2001, n. 165, introdotto dall'art. 69 del decreto legislativo 27.10.2009, n. 150 - Trasmissione per via telematica dei certificati dì malattia. Indicazioni operative per lavoratori dipendenti e datori di lavoro del settore pubblico e privato (circolare 18.03.2011 n. 4/2011).

INCARICHI PROFESSIONALI: Oggetto: Art. 6, comma 7, del decreto legge 31.05.2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30.07.2010, n. 122. Spesa annua per studi ed incarichi di consulenza (circolare 14.03.2011 n. 3/2011).

SINDACATI

PUBBLICO IMPIEGO: Il foglio dei lavoratori della Funzione Pubblica (CGIL-FP di Bergamo, marzo 2011).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: M. Bottone, IL PIANO CASA CAMPANIA, il regime della SCIA, gli EDIFICI NON RESIDENZIALI e via dubitando (16.03.2011).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

ENTI LOCALI - VARI: G.U. 23.03.2011 n. 23 "Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale" (D.Lgs. 14.03.2011 n. 23).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 12 del 22.03.2011, "Art. 19 legge n. 241/1990: la segnalazione certificata di inizio attività – Prime indicazioni applicative" (circolare regionale 21.03.2011 n. 3).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 12 del 22.03.2011, "Testo coordinato del d.d.g. 18.03.2011, n. 2481 “Adeguamento degli schemi di dichiarazione e dei relativi allegati in attuazione della l.r. 02.02.2007 n. 1, art. 5 alla disciplina SCIA di cui al d.l. 31.05.2010 e approvazione schema incarico per la loro sottoscrizione digitale e presentazione telematica”, rettificato dal d.d.g. 21.03.2011, n. 2520".
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Per comodità di utilizzo pratico, si ripropone la modulistica della SCIA senza l'intestazione del BURL:
1- modello A ---> SEGNALAZIONE CERTIFICATA INIZIO / MODIFICA ATTIVITÀ (SCIA);
2- modello B ---> SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI SUBINGRESSO / CESSAZIONE / SOSPENSIONE E RIPRESA / CAMBIAMENTO RAGIONE SOCIALE DI ATTIVITÀ PRODUTTIVA;
3- scheda 1 ---> ATTIVITÀ DI VENDITA EX ART. 7 D.LGS. 114/1998 / FORME SPECIALI DI VENDITA EX ARTT. DA 16 A 21 D.LGS. 114/1998 / SOMMINISTRAZIONE EX ART. 68, COMMA 4, L.R. 06/2010;
4- scheda 2 ---> REQUISITI MORALI E PROFESSIONALI PER LE ATTIVITÀ DI VENDITA E SOMMINISTRAZIONE DI ALIMENTI E BEVANDE;
5- scheda 3 - REQUISITI PROFESSIONALI PER ATTIVITÀ DI SERVIZI ALLA PERSONA;
6- scheda 4 ---> ATTIVITÀ DI PRODUZIONE;
7- scheda 5 ---> COMPATIBILITÀ AMBIENTALE;
8- scheda 6 ---> ATTIVITÀ TURISTICO RICETTIVA;
9- SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI INIZIO ATTIVITÀ PER L’ESERCIZIO ATTIVITÀ AGRITURISTICA (ai sensi L.R. n. 31/2008 art. 154) E COMUNICAZIONI VARIE;
10- allegato c ---> INCARICO PER LA SOTTOSCRIZIONE DIGITALE E PRESENTAZIONE TELEMATICA DELLA SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI INIZIO/MODIFICA ATTIVITÀ (S.C.I.A.) PROCURA ai sensi dell’art. 1392 c.c.

UTILITA'

SICUREZZA LAVORO: La sicurezza sul lavoro nei cantieri stradali - Opuscolo informativo per i lavoratori (INAIL, edizione 2011).

EDILIZIA PRIVATA: Detrazioni del 55%: scadenze per i lavori a cavallo tra 2010 e 2011 e nuovo sito per lavori iniziati nel 2011.
La Legge di Stabilità (G.U. n. 297 del 21/12/2010) ha prorogato a tutto il 2011 le detrazioni del 55% per interventi di riqualificazione energetica; relativamente alle spese sostenute nell'anno 2011 la detrazione dovrà avvenire in 10 anni. Tutto il resto rimane inalterato.
L'ENEA ha reso disponibile il nuovo sito che permette di trasmettere la documentazione relativa ai lavori realizzati nel 2011 ai fini delle detrazioni fiscali.
Il nuovo sito web http://finanziaria2011.enea.it/ sostituirà, a partire dal 31.03.2011, l’applicativo precedente per l’invio della documentazione.
Pertanto:
- lavori effettuati nel 2011 occorrerà trasmettere la documentazione attraverso il nuovo sito;
- lavori a cavallo tra il 2010 e il 2011 (ossia avviati nel 2010 e non ultimati entro la fine dello stesso anno) occorre effettuare l’invio telematico entro il 31.03.2011 della comunicazione sulle spese sostenute durante l’anno 2010; per il mancato invio è prevista una sanzione amministrativa da 258,00 a 2.065,00 €.
La redazione di Biblus-net ripropone l'utile Guida ANCE con tutte le novità in materia di detrazione fiscale per interventi di riqualificazione e le modalità operative (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: Dopo “USA e GETTA” arriva “USA ed ISOLA”, il manualetto per l'isolamento termico e acustico degli edifici.
USA ed ISOLA” è un manualetto pratico di semplice comprensione realizzato dai “Gruppi Giovani” -Ance Bergamo e Ance Como- con la collaborazione tecnica di ANIT (Associazione Nazionale per l’Isolamento Termico e acustico) e la Scuola Edile di Bergamo.
Il manuale, utile a tutti i progettisti e installatori, ha lo scopo di illustrare, in maniera semplice e comprensibile, le caratteristiche dei principali materiali isolanti e la loro corretta posa in opera, con l'ausilio di schemi e vignette.
Gli argomenti trattati sono:
- I materiali isolanti: classificazione e caratteristiche degli isolanti termici, acustici e termo-acustici;
- Caratteristiche tecniche: reazione al fuoco, resistenza alla compressione e sensibilità all'acqua;
- Marchio C.E.;
- Ponti termici;
- Ponti acustici;
- Solai: massetto galleggiante, materiali elastici, pavimenti radianti;
- Regole di base per la corretta posa in opera (link a www.acca.it).

APPALTI - SICUREZZA LAVORO: Sicurezza e Codice dei Contratti Pubblici. Pubblicati gli atti del convegno organizzato da Regione Toscana e ARPAT.
Il 20 e 21.01.2011 si è tenuto a Firenze un seminario su “La Sicurezza e il nuovo Regolamento del Codice dei Contratti Pubblici”, organizzato da ARPAT (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana) e Regione Toscana.
Gli interventi sono stati i seguenti:
- Verifica dei requisiti Tecnico Professionali e Redazione del DUVRI;
- Compiti e responsabilità del datore di lavoro, del dirigente e del preposto nei lavori e nella esecuzione di servizi e forniture;
- Il nuovo Regolamento del Codice dei Contratti Pubblici: aspetti connessi alla sicurezza;
- Regolamento di esecuzione del codice dei contratti pubblici;
- Il Prezzario dei Lavori pubblici della Regione Toscana;
- I controlli delle Direzioni Provinciali del Lavoro Esperienze, problemi, possibili soluzioni;
- Controlli e vigilanza dei PISLL sui cantieri e sui luoghi di esecuzione di forniture e servizi.
In questo numero di Biblus-net pubblichiamo le prime due relazioni, rimandando a successive news l’analisi delle altre. ... (link a www.acca.it).

NOTE, CIRCOLARI E COMUNICATI

EDILIZIA PRIVATAOggetto: D.P.R. 07.09.2010 n. 160. Sportello unico attività produttive (Ministero per la Semplificazione Normativa, ufficio legislativo, e Ministero dello Sviluppo Economico, ufficio legislativo, nota 25.03.2011 n. 571 di prot.).

EDILIZIA PRIVATA: Un «visto» per l'anticendio.
La segnalazione certificata di inizio attività (Scia), che autorizza l'impresa ad aprire i battenti, sarà presentata, dal 29.03.2011, online: attraverso gli sportelli telematici comunali (i Suap, 1.759 gli abilitati sinora, si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri) o attraverso il sistema delle Camera di commercio.
Il ministero dell'Interno, dipartimento dei vigili del fuoco, con la lettera-circolare 24.03.2011 n. 3791 di prot. firmata dal direttore centrale Fabio Dattilo ha circoscritto le procedure antincendio che rientrano nella Scia.
La procedura automatica che abilita l'impresa, dopo la presentazione del fascicolo, a iniziare l'attività è utilizzabile –ribadisce la circolare del dipartimento dei vigili del fuoco– solo «laddove la pubblica amministrazione non debba esprimere alcun apprezzamento tecnico-discrezionale per il rilascio dell'atto di assenso comunque denominato, dovendosi esclusivamente effettuare un mero accertamento delle sussistenza dei requisiti predeterminati dalla legge».
Per la prevenzione incendi, dunque, la Scia non si applica per le attività che non hanno specifiche regole tecniche (per la prevenzione) o per le attività che comunque sono caratterizzate da una particolare complessità tecnico-gestionale e per le quali occorre la valutazione diretta dei rischi, più che la verifica della rispondenza dell'attività alla normativa. Sono poi escluse dalla Scia le procedure relative alla progettazione ingegneristica antincendio (decreto ministeriale 09.05.2007) e quelle di deroga rispetto alla normativa di prevenzione (articolo 6 del Dpr 37/1998).
Le attività soggette a Scia sono dunque elencate nell'allegato alla circolare: gli elaborati tecnici per le attestazioni dei professionisti devono essere conformi ai modelli contenuti nel Dm 04.05.1998 (punto b dell'allegato I e II). I vigili del fuoco, ricevuta la documentazione tramite il Suap o la Camera di commercio, avranno 60 giorni per i controlli. La circolare mette in guardia i professionisti dal dichiarare il falso: la denuncia all'autorità giudiziaria sarà accompagnata dalla segnalazione all'Ordine (commento tratto da www.ilsole24ore.com).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Oggetto: Festività del 17.03.2011 - Trattamento dipendenti che prestano servizio. Parere del Dipartimento della Funzione Pubblica (Ragioneria Generale dello Stato, nota marzo 2011 n. 39192 di prot.).

EDILIZIA PRIVATA: Oggetto: Art. 49 legge regionale 12/2005 - Richiesta chiarimenti (Regione Lombardia, Direzione Generale Territorio e Urbanistica, Programmazione e Pianificazione Territoriale, nota 16.02.2011 n. 4139 di prot.).

CORTE DEI CONTI

ENTI LOCALI: Lombardia, Inaugurazione anno giudiziario 2011 - Relazione del Procuratore regionale f.f., dott. Paolo Evangelista.
Milano, 24.03.2011 - Relazione del Procuratore regionale f.f., dott. Paolo Evangelista - Inaugurazione dell'anno giudiziario 2011 della Sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia.
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Dalla relazione, di inaugurazione del nuovo anno giudiziario 2001, del Procuratore f.f. Dott. Paolo Evangelista si possono trarre alcuni passaggi significativi di questa nostra Italia SPRECONA ai danni delle tasche di tutti gli onesti cittadini.
Eccone alcuni ...
1. L’ANALISI DEI DATI STATISTICI
- ... sovente le denunce di asseriti danni erariali sono presentate da consiglieri di minoranza di Enti territoriali, i quali sottolineano sic et simpliciter la diseconomicità o la ingiustificata eccessiva onerosità di delibere di spesa approvate; ebbene in questi casi è configurabile tutt’al più una responsabilità politica degli Amministratori in carica che non può e non deve essere oggetto di sindacato del giudice contabile.
L’istruttoria deve viceversa essere avviata d’ufficio solo qualora si rinvengano costi dell’Ente indebiti -il cd. danno erariale- ovvero spese sostenute o mancate entrate contra legem, in violazione della disciplina normativa e regolamentare di settore.
Una condotta contra legem, nella specie del precetto costituzionale del “buon andamento” della P.A., ex art. 97 Cost., è ravvisabile nelle eccezionali ipotesi di scelte economiche manifestamente irragionevoli e irrazionali (la scarna casistica giurisprudenziale ne è una riprova).
2. LE FATTISPECIE DI RESPONSABILITA’ ACCERTATE
2.1. LA GESTIONE DELLE RISORSE UMANE PRESSO GLI ENTI PUBBLICI

- Tra le vicende fonte di danno erariale, che rientrano nel cahier de doléances del 2010, sono da annoverare quelle riscontrate nella gestione delle risorse umane presso le amministrazioni pubbliche e, in particolare, presso le aziende sanitarie e presso gli enti territoriali.
... Una applicazione illogica delle norme in tema di gestione del personale è stata altresì riscontrata con riferimento all’art. 108, ultimo comma, del TUEL che consentiva al Sindaco (leggi l'articolo: Stipendio d'oro al segretario. Comune di Stezzano condannato - articolo Corriere della Sera del 25.03.2011 - tratto da www.corteconti.it) di nominare il segretario comunale come direttore generale dell’Ente; in tali casi la nomina di un direttore generale in comuni di piccola ovvero piccolissima dimensione, senza alcuna giustificazione di utilità concreta, è risultata del tutto irrazionale ed il compenso aggiuntivo attribuito al segretario comunale è stato pertanto ritenuto pregiudizio erariale nei confronti dell’ente.
Peraltro saggiamente il legislatore ha recentemente imposto agli enti locali di sopprimere tout court la figura del Direttore Generale nei comuni con popolazione inferiore ai 100.000 abitanti.
Di particolare rilievo risulta inoltre una citazione per un danno complessivo di € 174.157,16 che ha censurato la determinazione del compenso di Direttore Generale, ritenuto abnorme ed ingiustificato, attribuito ad un segretario generale di un comune della Provincia di Bergamo.
Nel caso di specie la somma individuata quale indennità aggiuntiva era stata infatti fissata in euro 7.258,35 su 14 mensilità ed è risultata aumentata, rispetto a quella erogata in favore del predecessore, in misura superiore al 500%, senza riscontro in concreto di nuove attribuzioni.
Se è vero che nell’ordinamento degli Enti locali non è stato specificato, neppure a livello di contrattazione collettiva, l’ammontare della predetta indennità aggiuntiva, è altrettanto vero che il potere discrezionale del Sindaco deve essere esercitato in coerenza con i principi di efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa e deve essere sorretto dal superiore principio di ragionevolezza dell’agire pubblico (art. 97 Cost.).
2.2. INCARICHI E CONSULENZE A SOGGETTI ESTERNI ALLA P.A.
-
Nel corso del 2010, questa Procura ha depositato un atto di citazione nei confronti degli amministratori di un Comune della provincia di Pavia, ai quali è stato contestato il conferimento ad un avvocato esterno di un incarico di consulenza legale continuativa, in relazione a tutte le questioni di carattere giuridico che l’Ente avrebbe potuto affrontare.
Per il medesimo incarico, tradottosi nella prestazione di pareri esclusivamente verbali, resi per lo più in via telefonica, è stato chiamato in giudizio anche il Segretario comunale che non ha opposto alcun rilievo alla illegittimità della delibera (per illiceità amministrativo-contabile).
La vicenda risulta paradigmatica dell’assenza dei più elementari presupposti normativi per il ricorso a consulenze esterne, tra i quali, come puntualmente ribadito nella costante giurisprudenza della Corte dei conti, sono da annoverare l’assenza all’interno dell’Ente di figure professionali idonee allo svolgimento dell’incarico, la temporaneità dello stesso e la remunerazione commisurata alle utilità preventivate dall’amministrazione.
Trattasi di requisiti idonei a far risaltare il carattere di assoluta eccezionalità del ricorso all’incarico consulenziale, per evitare una sovrapposizione delle funzioni che genera sia la duplicazione dei costi sia la demotivazione del personale interno.
L’individuazione dei consulenti esterni deve inoltre avvenire, ovviamente, con criteri oggettivi e trasparenti, in modo da accrescere il livello di professionalità dell’Ente conferente.
2.3. IL C.D. ‘DANNO ALLA CONCORRENZA’ IN MATERIA DI APPALTI PUBBLICI
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Nello scorso anno la Procura Regionale ha esaminato numerose fattispecie nella materia dell’aggiudicazione di appalti in favore di imprese private.
Un atto di citazione di particolare rilievo ha riguardato una vicenda di rilevanza penale che ha coinvolto i vertici gestionali del Compartimento Lombardia dell’ANAS; in particolare è stato accertato un collegamento tra percezione di cd. tangenti ed una sistematica aggiudicazione di lavori ad imprese appaltatrici in violazione delle regole dell’evidenza pubblica.
Il connesso procedimento penale si è concluso con la condanna di numerosi dirigenti e funzionari dell’A.N.A.S. per i reati di corruzione propria e turbativa d’asta.
Tra i profili di danno erariale è stato contestato anche il c.d. “danno alla concorrenza” ovvero un danno, quantificato nella rilevante somma di euro 2.049.616,50, conseguente alla stipulazione di contratti di appalto che la prevalente giurisprudenza, ordinaria e amministrativa, ritiene affetti dal vizio di nullità.
L’imprenditore che ha eseguito i lavori appaltati con contratto nullo ha ricevuto un pagamento ‘indebito’ pari all’utile di impresa che, nello stesso tempo, costituisce una posta di danno erariale concretamente determinabile nella misura del 10% del valore dell’appalto ai sensi dell’art. 345 della L. 20.03.1865, n. 2248, all. F (si veda oggi l’art. 134, comma 1, D.Lgs. n. 163/2006), norma generalmente ritenuta applicabile a tutti gli appalti pubblici.
Le tematiche dei pregiudizi economici derivanti dalla violazione delle regole sull’aggiudicazione degli appalti pubblici e delle patologie in concreto riscontrabili intersecano, a ben vedere, due profili ricostruttivi.
Un primo profilo riguarda la lesione del bene giuridico immateriale, di rilevanza patrimoniale, dell’alterazione delle regole di concorrenza e del mercato, che trovano espressa tutela costituzionale negli artt. 97 e 41 Cost. e, a livello comunitario, negli artt. 49 e ss. ed 81 e ss. del Trattato dell’Unione Europea.
Alla lesione arrecata ai potenziali aggiudicatari di una commessa pubblica per violazione dei principi di massima partecipazione e libertà di concorrenza, appena richiamati, si affianca un secondo profilo di analisi, che investe direttamente l’amministrazione stazione appaltante, la quale può in concreto subire un pregiudizio erariale per avere indebitamente limitato la platea dei soggetti economici operanti nel mercato in regime concorrenziale e non aver potuto, conseguentemente, beneficiare dell’offerta economica più favorevole.
2.6. L’UTILIZZO IMPROPRIO DI FONDI PUBBLICI PER SPESE DI RAPPRESENTANZA
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Una complessa indagine ha riguardato l’uso di carte di credito in dotazione ai componenti della Giunta del Comune di Brescia per sostenere costi per pranzi e cene con commensali esterni all’Ente; spese che astrattamente potevano rientrare nell’ambito delle cd. spese di rappresentanza.
Agli amministratori del Comune è stato notificato un invito a fornire deduzioni ed è stato richiesto preliminarmente di comprovare che la fruizione dei pasti, pagati con la carta di credito in dotazione, fosse da collegare ad un accrescimento del prestigio dell’ente.
In particolare è stato richiamato il costante orientamento giurisprudenziale della Corte di conti secondo il quale le spese in esame "devono risultare idonee a mantenere o ad accrescere il ruolo e il prestigio con il quale l’ente stesso, perseguendo i propri fini istituzionali, si presenta ed opera nel contesto sociale intrattenendo pubbliche relazioni: ciò induce ad escludere dall’ambito concettuale delle spese di rappresentanza quelle erogate in occasione e nell’ambito di normali rapporti istituzionali, a favore di soggetti i quali, ancorché esterni all’ente stesso, non siano tuttavia rappresentativi degli organismi di appartenenza”.
Non sono seguiti approfondimenti istruttori in fase pre-processuale e l’indagine è stata archiviata in quanto il Sindaco pro-tempore ha provveduto tempestivamente ad effettuare un versamento, in favore dell’Ente, dell’intero importo contestato a titolo di danno erariale pari ad € 43.657,86.

PUBBLICO IMPIEGOSi assottigliano i tagli agli stipendi pubblici. Fuori rogiti e premi.
I diritti di rogito, i compensi per le progettazioni interne e gli incentivi per il recupero dell'Ici non subiscono i tagli del Dl 78/2010.
La Corte dei conti del Veneto, non senza sorprese, tira le somme sull'articolo 9, comma 2, della manovra estiva che taglia del 5% la quota di stipendio pubblico superiore a 90mila euro all'anno e del 10% quella che supera i 150mila euro. Con il parere 14.03.2011 n. 250 la corte esclude dal tetto i tre tipi di compenso appena citati.
Questi emolumenti non sono tra le voci che compongono la spesa di personale indicata dai commi 557 e 562 della finanziaria 2007; almeno così sostiene la delibera 16/2009 della sezione Autonomie della Corte dei conti, ma le regole sul contenimento della spesa, modificate più volte negli ultimi anni, non hanno mai previsto esclusioni, se non quelle sugli arretrati contrattuali.
Nonostante l'assenza di disposto normativo, gli enti hanno quasi sempre seguito le indicazioni della Corte dei conti. Proprio da qui parte l'interpretazione dei magistrati contabili del Veneto. Se i diritti di rogito, le progettazioni interne e gli incentivi Ici non sono spese di personale, allora non vengono tagliate dal D178/2010.
Le conclusioni sono logiche nell'attuale contesto interpretativo, ma lasciano qualche dubbio. In primo luogo l'ambito del della manovra estiva è totalmente diverso rispetto a quello sul contenimento della spesa di personale.
Nell'articolo 9 si assiste infatti ad una serie divincoli che fanno riferimento ai trattamenti retributivi complessivi (fondamentali ed accessori) senza particolari esclusioni, e non c'è dubbio che i diritti di rogito, gli incentivi per la progettazione e per l'Ici rientrano tra le voci del trattamento retributivo (articolo Il Sole 24 Ore del 23.03.2011 - tratto da www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGONessuna riduzione per i fondi decentrati.
Gli enti locali non sono tenuti a recuperare le somme erogate a titolo di produttività ai sensi dell'articolo 15, comma 2, del Ccnl 01.4.1999 successivamente alla data del 31 maggio scorso.

Il parere 24.02.2011 n. 109 della Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, sta suscitando un comprensibile allarme tra le amministrazioni e viene letta come fondamento per operazioni di riduzione dei fondi della contrattazione decentrata (o, meglio, di mancato incremento), analoghe a quelle previste dall'articolo 9, comma 4, del dl 78/2010, convertito in legge 122/2010.
Sulla scorta di tale disposizione, la magistratura contabile, in linea con la Ragioneria generale dello stato, ha ritenuto lecito il pagamento dell'incremento delle risorse decentrate di parte variabile, previsto dall'articolo 4 del Ceni 31.7.2009 solo se effettuato appunto prima del 31.05.2010. Per contro, le amministrazioni, laddove non avessero ancora distribuito le somme connesse, avrebbero dovuto eliminarle dal fondo contrattuale, mentre se lo avessero distribuito, dovrebbero procedere al suo recupero.
La delibera 109/2011 della sezione Lombardia si può, in effetti, prestare ad essere letta nel senso che le medesime conseguenze discendenti dall'articolo 9, comma 4, della manovra economica 2010 ricadano anche sull'articolo 15, comma 2, del Ccnl 01.4.1999, poiché anche l'incremento facoltativo della parte variabile delle risorse decentrate previsto da tale norma comporterebbe un aumento delle risorse contrattuali superiore del 3,2%.
In particolare, induce a tale conclusione il passaggio nel quale il parere afferma: «l'ente locale soggiace a quanto disposto dall'art. 9, comma 4, della legge 30.07.2010, n. 122, a tenore della quale, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto convertito, non si potrà procedere ad alcuna integrazione del fondo che determina incrementi retributivi sopra la soglia consentita dalla legge e le eventuali integrazioni disposte ai sensi dei citati artt. 4, comma 2 (Ccnl 2009), e 15, comma 2 (Ccnl 1999), non potranno essere distribuite, formando oggetto di riduzione del fondo medesimo».
Tale tesi, tuttavia, non può essere condivisa. In primo luogo, perché il parere si riferisce a un caso concreto: un comune che aveva deciso di non incrementare nel 2009 il fondo contrattuale ai sensi dell'articolo 15, comma 2, del Ccnl 01.04.1999, per avvalersi solo dell'articolo 4, comma 2, del Ccnl 31.07.2009, che non aveva, tuttavia, erogato ancora alla data di entrata in vigore della manovra finanziaria estiva 2010.
Tale comune ha chiesto se, allora, fosse possibile «convertire» l'incremento di cui all'articolo 4, comma 2, nell'incremento (deciso ex post), sotto il diverso titolo dell'articolo 15, ... (articolo ItaliaOggi del 15.03.2011 - tratto da www.corteconti.it).

NEWS

ENTI LOCALIOSSERVATORIO VIMINALE/ Vanno soppressi i consorzi che gestiscono servizi socio-assistenziali.
Un consorzio per la gestione dei servizi socio-assistenziali va ricompreso, per l'attività esercitata, tra i consorzi di funzioni dei quali la legge n. 122/2010 prevede la soppressione? Nel caso di scioglimento, l'attività socio-assistenziale svolta può essere esercitata attraverso una unione di comuni, istituita tra gli stessi enti aderenti al consorzio?
L'art. 31, comma 1, del dlgs n. 267/2000 definisce le attività consortili identificandole nella gestione associata di uno o più servizi e nell'esercizio di funzioni, delimitando l'ambito di operatività dell'istituto consortile e configurando due tipi di consorzi: 1) i consorzi di servizi, ossia quelli che gestiscono attività a rilevanza economica o, sulla base di una precisa opzione statutaria, servizi sociali in forma imprenditoriale; 2) i consorzi di funzioni, che sono quelli che gestiscono servizi sociali in forma non imprenditoriale o funzioni meramente amministrative e strumentali: per tali tipi di consorzi l'acquisto della personalità giuridica si collega alla sottoscrizione dell'atto costitutivo rappresentato dalla convenzione.
In sostanza il consorzio si connota come un ente con capacità imprenditoriale istituito dall'ente locale e, quindi, soggetto da esso distinto, dotato di personalità giuridica.
I consorzi di funzioni sono, pertanto, quelli previsti e disciplinati dall'art. 31 del Tuel; forme associative, cioè, che non svolgono attività economiche, a cui l'art. 2, comma 186 della legge n. 191 del 2009, intende riferirsi prevedendone la soppressione.
Con parere n. 118/2010 la Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Campania ha stabilito il principio secondo cui un consorzio ili comuni avente ad oggetto finalità di carattere socio-assistenziale, in base alle disposizioni normative contenute nella legge n. 328/2000, non pub non essere un consorzio di funzioni e, quindi, assoggettato alla soppressione.
Con delibera n. 101 del 30/12/2010, inoltre, la Corte dei conti, sez. regionale di controllo per il Piemonte, nel confermare il precedente parere della sez. Campania, ha altresì, precisato che, nel settore dell'assistenza sociale, il comune è titolare ex lege di attribuzione e delle relative funzioni amministrative, avendo ad oggetto attività che devono essere svolte in favore dei cittadini in stato di bisogno.
Pertanto un consorzio, istituito per la gestione dei servizi socio-assistenziali dei comuni, laddove comporti l'esercizio di funzioni amministrative e l'applicazione delle norme sugli enti locali previste dal Tuel, non potrà che rientrare nell'ambito di applicazione della norma in argomento. L'unica eccezione prevista espressamente dal legislatore riguarda, infatti, i Bacini imbriferi montani (Bim) fatti salvi dall'art. 1 del dlgs n. 2/2010, convertito dalla legge n. 42/2010.
In merito alla possibilità per i comuni aderenti al consorzio, una volta soppresso, di proseguire la gestione della medesima attività attraverso la forma associativa dell'unione, la questione può trovare soluzione nell'ambito delle disposizioni di cui al dl n. 78/2010 (convertito dalla legge n. 122/2010).
Tali norme, emanate con il fine specifico del risparmio e del contenimento della spesa pubblica, hanno infatti introdotto l'obbligo, per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, di esercitare le funzioni fondamentali in forma associata, esclusivamente attraverso l'unione o la convenzione, mentre il suddetto esercizio deve ritenersi consentito, anche se non obbligatorio, da parte dei comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
In quest'ultima ipotesi, rimane all'ente —come suggerisce la stessa Corte dei conti con la citata delibera n. 101/2010— di valutare «alla luce dei noti canoni di efficacia, efficienza, economicità e nel rispetto delle norme, l'opportunità di ogni decisione in merito». Per funzioni fondamentali si intendono quelle elencate all'art. 21, comma 3, della legge n. 42/2009, che alla lettera f) indica le «funzioni del settore sociale»; in tale ambito sono, pertanto, ricomprese tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione dei servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche idonee a rimuovere le situazioni di bisogno e di difficoltà delle persone, secondo la definizione già individuata al riguardo dal decreto legislativo n. 112/1998 (articolo ItaliaOggi del 25.03.2011 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTI: Il Durc non fa sconti a nessuno. Certificato per tutti i contratti pubblici, anche in economia. L'Inail fa il punto sulle nuove regole in materia di regolarità contributiva in vigore dall'08.06.2011.
Il Durc non ammette deroghe. Occorre per tutti i contratti pubblici, siano essi di lavoro, di servizi o di forniture, e anche nel caso di acquisti in economia o di modesta entità. Nell'aggiudicazione di un appalto, tuttavia, vale il criterio dello .scostamento non gravo. Per cui omissioni contributive fino al 5% del dovuto o, se superiori, fino a 100 euro, non pregiudicano la regolarità.
È quanto precisa, tra l'altro, la circolare 24.03.2011 n. 22 diffusa ieri dall'Inail con le novità in materia di regolarità contributiva operative dall'08 giugno, a seguito dell'entrata in vigore del Regolamento di attuazione del codice di attuazione dei contratti pubblici.
L'Inail, inoltre, avverte che, per consentire l'adeguamento della procedura telematica, il sito dedicato (www sportellounicoprevidenziale.it) è chiuso dalle ore 23 di ieri fino alle ore 9 del 28.03.2011.
Il Durc nei contratti pubblici. La circolare spiega che, ai sensi del comma 2 dell'articolo 6 del predetto regolamento (dpr n. 207/2010), l'ambito di applicazione del Durc nei contratti pubblici comprende praticamente tutti i contratti sia di lavori, di servizi che di forniture. Pertanto, restano esclusi i soli contratti per i quali lo stesso Codice prevede una deroga espressa (ad esempio i contratti di servizi di arbitrato e conciliazione).
In base a tale previsione, quindi, il Dure deve essere richiesto, senza alcuna eccezione, per ogni contratto pubblico e, dunque, anche nel caso degli acquisti in economia o di modesta entità. Spetta alla pubblica amministrazione procedente, aggiunge l'Inail, stabilire se la fattispecie concreta rientri nella tipologia del contratto pubblico e, quindi, se debba essere chiesto il Durc.
In tabella sono indicate le fasi del contratto per le quali vi è obbligo della regolarità contributiva mediante il Durc. L'Inail conferma che, anche a seguito del nuovo codice dei contratti, il Durc va richiesto per ogni singolo contratto pubblico e, all'interno di questo, per ciascuna fase operativa.
Lo scostamento. In merito all'attestazione di regolarità, l'Inail spiega che si applica il criterio dello scostamento non grave. Questo si realizza ... (articolo ItaliaOggi del 25.03.2011 - tratto da www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGOIl 17 marzo, festa senza copertura. Il Senato scopre che la norma del decreto legge è sbagliata.
Tra chi premeva perché ci fosse la celebrazione e chi si opponeva, per motivi economici o ideologici, alla fine il 17 marzo l'ha spuntata ed è stata festa nazionale per i 150 anni dell'unità d'Italia. Ma la fretta del prendere una decisione evidentemente non ha portato consiglio a chi la norma era chiamata a scriverla. Tanto da aver previsto una copertura finanziaria sbagliata.
Se ne sono accorti al senato, chiamato in questi giorni ad approvare la conversione del decreto legge che ha istituito il 17.03.2011 festa nazionale. Una delle condizioni del dl è che non costasse un euro alle tasche dei datori di lavoro pubblici e privati, e a questo scopo era stata utilizzata dal governo la compensazione con «la festività soppressa del 4 novembre»: per un anno spostata di rigore sul 17 marzo.
Ma si è scoperto, tra le commissioni bilancio e affari costituzionali di Palazzo madama, che la festività soppressa del 4 novembre non esistere più. Un bel problema, per i privati, e per lo stato che sarebbe chiamato a pagare una giornata festiva aggiuntiva. I lavoratori pubblici sono più di 3 milioni, un milione solo nella scuola.
Un problema su cui era stato sollecitato lo stesso ministro della funzione pubblica, Renato Brunetta, a cui gli uffici facevano notare come parlare di una festività soppressa fosse sbagliato. E che i sindacati, agguerriti in materia (visto che si tratta tra l'altro di argomento contrattato in sede negoziale) erano con il coltello tra i denti: «La nuova festività non si può pagare con il 4 novembre».
Per evitare di ritrovarvi con un buco nel bilancio, ieri la commissione affari costituzionali ha approvato un emendamento che pesca la copertura tra le giornate di riposo previste per il pubblico impiego, ridotte da 4 a 3. La quarta è per tutti, per il 2011, il 17 marzo.
Il Pd, visto l'andazzo , ha subito accusato la maggioranza di essere allo sbando. Un'accusa resa ancora più cruenta dal fatto che Pdl e Lega sono andati sotto su un emendamento dell'Italia dei valori che istituisce dal 2012 il 17 marzo giornata dell'indipendenza e dell'indivisibilità della repubblica.
Celebrazione ma non festa, e dunque senza problemi di copertura, l'emendamento è passato grazie alle assenze di maggioranza, in particolare della Lega Nord. Che però si è giustificata dicendo che non c'era nessun distinguo rispetto al Pdl, c'era solo la necessità di essere altrove per decidere la mozione sulla Libia Un'emergenza che è divenuta priorità rispetto alla giornata dell'indipendenza. Che dovrebbe essere cassata alla camera (articolo ItaliaOggi del 23.03.2011 - tratto da www.corteconti.it).

ENTI LOCALIPrivacy. Le linee guida del garante. Sui siti della Pa trasparenza ma con vincoli.
Più trasparenza per la pubblica amministrazione, ma senza dimenticare la privacy. Internet ha dato un forte impulso alla pubblicazione di documenti da parte degli uffici pubblici e così hanno voluto anche recenti normative, sfociate nel programma triennale perla trasparenza e l'integrità che ogni amministrazione è tenuta ad adottare. Non si può, però, dimenticare che in molti casi si tratta di mettere in circolo dati personali ed è per questo che il garante della privacy ha messo a punto un articolato provvedimento con il quale indica le modalità di diffusione degli atti delle pubbliche amministrazioni.
Le linee guida -che dopo essere state sottoposte a una consultazione generale sono state pubblicate sulla «Gazzetta Ufficiale» 64 del 19.03.2011- affrontano diversi aspetti della diffusione online di documenti pubblici, con la consapevolezza che i vari interventi legislativi succedutisi nel tempo hanno introdotto una «forte frammentazione della disciplina».
Il presupposto da cui partire è che possono essere messi sulla rete atti contenenti dati personali solo se c'è una legge o un regolamento che lo prevede, fermo restando il divieto di pubblicazione dei dati sulla salute. Per esempio, una sicura copertura legislativa è data dal programma triennale sulla trasparenza. In particolare, dalle linee guida predisposte in tal senso dalla Civit.
Le pubbliche amministrazioni possono anche valutare di andare oltre le indicazioni della Civit, ma in questo caso devono motivare adeguatamente la scelta nell'ambito del programma triennale. E comunque, devono sempre tenere presenti i principi di necessità, proporzionalità e pertinenza dei dati pubblicati.
Più nel dettaglio e limitandosi ad alcuni esempi, possono finire su internet informazioni sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici o sulla loro produttività (ma non, per esempio, notizie particolari sui cedolini dello stipendio, su aspetti particolari della dichiarazione dei redditi, sugli orari di entrata e uscita, sul domicilio privato). Possono, altresì, essere messi online i curricula di dirigenti, segretari comunali e provinciali, ma non in maniera integrale: vanno, infatti, omessi i dati strettamente personali non pertinenti con le finalità della trasparenza.
Via libera anche alla pubblicazione online, senza vincoli, dei risultati delle prove di concorso e delle graduatorie finali. È anche possibile pubblicare altre informazioni, ma che devono essere accessibili, attraverso password o altri filtri, solo a chi ha partecipato al concorso. Si pensi, per esempio, ai verbali o a eventuali titoli di precedenza o preferenza accordati ad alcuni candidati.
Il garante ha inoltre raccomandato che tutte le informazioni siano rintracciabili attraverso modalità di accesso interne al sito su cui vengono pubblicate, piuttosto che mediante motori di ricerca esterni. E questo per evitare che i dati personali finiscano per essere decontestualizzati e anche una volta diventati vecchi continuino a circolare per internet, non garantendo il diritto all'oblio degli interessati.
Altra raccomandazione è che le informazioni stiano in rete per periodi ben precisi, che, laddove non siano espressamente indicati da disposizioni di legge, devono essere le stesse pubbliche amministrazioni a individuare ... (articolo Il Sole 24 Ore del 22.03.2011 - tratto da www.corteconti.it).

PUBBLICO IMPIEGOIncrocio di date e quote per andare in pensione. Lavoratori alla prova di contributi, età e decorrenze. Previdenza, a regime le innovazioni introdotte con la manovra d'estate per stabilizzare il sistema.
Chi in questo mese matura i requisiti per la pensione dovrà aspettare aprile 2012 (o ottobre 2012 se si tratta di lavoratore autonomo) per ricevere il primo assegno: è l'effetto di una delle innovazioni contenuta nella manovra estiva del 2010, che stanno progressivamente entrando a regime. L'effetto complessivo di queste innovazioni è di allungare il tempo di attesa per il trattamento pensionistico.
Le finestre.
Quando un lavoratore matura i requisiti pensionistici, non percepisce immediatamente la pensione, ma deve aspettare che decorra un certo periodo di tempo, definito "finestra" pensionistica. La legislazione, in passato, prevedeva un sistema di finestre fisse: il trattamento veniva erogato a partire da un certo mese dell'anno. Con la manovra anticrisi del 2010 la finestra è diventata un periodo minimo che ciascun soggetto deve attendere per fruire della pensione (si parla di finestre "mobili").
I lavoratori dipendenti devono aspettare 12 mesi per ottenere la pensione, che si alzano a 18 mesi per autonomi -artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni mezzadri- e parasubordinati. La nuova regola si applica a tutti i trattamenti pensionistici: i trattamenti di vecchiaia (compresi quelli previsti da ordinamenti speciali), di anzianità, le pensioni derivanti dalla totalizza-zione dei periodi assicurativi, le pensioni ... (articolo Il Sole 24 Ore del 22.03.2011 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTIL'ordine pubblico fissa i confini dei subappalti. Le norme interpretate in funzione anti-criminalità.
Le stazioni appaltanti pubbliche sono tenute a verificare caratteristiche e sviluppi dei contratti di subappalto nell'ambito degli appalti da esse affidati a operatori economici.
La configurazione del subappalto è stabilita dall'articolo 118, comma 11, del codice dei contratti pubblici (DLgs. 163/2006), con riferimento a qualsiasi contratto avente a oggetto attività che richiedono l'impiego di mano d'opera, se singolarmente di importo superiore al 2% dell'importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100mila euro, e se l'incidenza del costo della manodopera e del personale supera il 560 dell'importo del contratto da affidare ... (articolo IL Sole 24 Ore del 21.03.2011 - tratto da www.corteconti.it).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGOP.a., più aumenti meno merito. le progressioni economiche si mangiano gran parte dei fondi.
La parte maggioritaria del fondo per la contrattazione decentrata è assorbita alle progressioni orizzontali, mentre le risorse destinate al finanziamento della produttività hanno un peso più ridotto: nell'arco del decennio 2009/2000 essa è cresciuta di appena 372 euro su base annuale. All'interno del comparto delle autonomie regionali e locali si deve evidenziare che il trattamento economico attributo ai dipendenti regionali è maggiore di quello che è in godimento da parte del personale degli enti locali.
Possono essere così riassunti i principali elementi che emergono dal secondo rapporto semestrale del dicembre 2010 dell'Aran sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici.
Il rapporto evidenzia inoltre che, in relazione all'andamento degli altri comparti, il peso della produttività non è in alcun modo inferiore, cioè che questa è una tendenza diffusa in tutto il pubblico impiego. Il rapporto ci fornisce una serie assai importante di informazioni sull'andamento effettivo ... (articolo ItaliaOggi del 18.03.2011 - tratto da www.corteconti.it).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGOUn taglio a tutti gli incrementi del fondo 2009.
Il Dl 78/2010 taglia ogni incremento del fondo di regioni ed enti locali del 2009. La questione dell'articolo 9 comma 4, che sancisce l'obbligo di contenere la contrattazione del biennio economico 2008-2009 nel limite del 3,2%, sembra avere una soluzione definitiva.

La Corte dei conti della Lombardia, con la deliberazione 109/2011, precisa che la norma blocca gli incrementi dell'articolo 4 del Ccnl 31.07.2009 e ogni altro incremento di parte variabile del fondo, tra cui le somme di cui all'articolo 15, comma 2, del Ccnl 01.04.1999. L'amministrazione è salva solo se ha messo in busta paga gli emolumenti entro il 31.05.2010. Diversamente scatta l'obbligo di recupero.
Decorrenza retroattiva.
L'articolo 9, comma 4, ha creato da subito imbarazzo, in quanto una norma successiva ha reso inefficaci incrementi del fondo con decorrenza retroattiva. Ma così è stato, nella direzione della volontà del legislatore di contenere la spesa pubblica. Tanti dubbi ancora oggi assillano gli operatori.
Oltre alle sezioni regionali della Corte dei conti è intervenuta la Ragioneria generale dello Stato, la quale ha precisato che lo spartiacque è la data di pagamento del fondo. Sono allineati a tale interpretazione sia i giudici lombardi che quelli toscani (delibera 123/2010). E pensare che il criterio di cassa assume sempre un carattere aleatorio, in ragione della casualità dell'entità dei mandati effettuati dalle amministrazioni locali.
L'interpretazione non fa però sconti: per essere legittimo, il fondo 2009 andava erogato entro il 31 maggio scorso. Più logico sarebbe stato collegare ... (articolo Il Sole 24 Ore del 14.03.2011 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTI SERVIZISocietà dei comuni: è un rebus la scelta del partner privato.
Referendum permettendo (la cui pendenza giustifica, da sola, un rinvio dei termini, data l'incertezza che si è venuta a creare), entro il 31 dicembre la maggioranza delle aziende di servizi pubblici locali si troveranno a vedere deciso il proprio destino, e cioè a sapere se e con quali modalità continueranno a gestire il servizio oggi loro affidato.
A giudicare dalle pronunce dell'Autorità garante per la concorrenza e per il mercato (che esprime un parere obbligatorio per gli affidamenti con un valore superiore ai 200mila euro annui, ai sensi dell'articolo 4 del regolamento), sono davvero pochi i casi in cui gli enti locali potranno affidare direttamente un servizio pubblico.
Occorre documentare, infatti, che non è possibile seguire la "via maestra", ovvero la procedura di evidenza pubblica, per chiara mancanza di soggetti interessati a parteciparvi (o per averla esperita senza successo). Le strade da privilegiare, secondo il 23-bis, sono dunque le gare, o per il servizio tout court o per l'individuazione del partner privato. Soffermiamoci sulla seconda modalità, verso la quale sembrano propendere molti enti locali.
Il primo punto da chiarire è effettivamente che la società mista assomiglia più ad una azienda in house che a una società di mercato: è cioè una modalità di gestione di un servizio e non una iniziativa imprenditoriale. Non potrà, pertanto, partecipare ad altre gare, e dovrà seguire le regole pubblicistiche sia per le assunzioni del personale sia per l'acquisto di beni e servizi (articoli 7 e 6 del regolamento). Ancora, l'affidamento ha un termine, e quindi a fine periodo si dovrà restituire il prezzo delle azioni al socio. Cosa accadrà se il valore è alto e non si trova un successore?
È chiaro che il comune dovrà trovare le risorse nel suo bilancio, con tutti i problemi del caso. ... (articolo Il Sole 24 Ore del 14.03.2011 - tratto da www.corteconti.it).

GIURISPRUDENZA

APPALTI: E' illegittima l'esclusione dalla gara dell'impresa che ha omesso di presentare il DURC richiesto a pena di esclusione, ma ha presentato la relativa dichiarazione sostitutiva.
Le disposizioni in materia di documentazione amministrativa –inclusa quella riguardante le dichiarazioni sostitutive- si applicano in tutti i casi in cui sia prevista una certificazione, ivi comprese quelle concernenti le procedure di aggiudicazione ed affidamento di opere pubbliche; in definitiva, anche in assenza di richiamo, da parte dei bandi e degli altri atti regolatori di gare di evidenza pubblica, dell’art. 77 DPR n. 445/2000, e dell’art. 46 del medesimo DPR, lett. p) -che consente la dichiarazione sostitutiva anche riguardo all’assolvimento di specifici obblighi contributivi con l’indicazione dell’ammontare corrisposto- si deve ammettere la certificazione semplificata e sostitutiva stabilita dal menzionato testo unico   (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Catania, Sez. IV, sentenza 23.03.2011 n. 692 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl Comune, nel corso dell'istruttoria, deve verificare l’esistenza del titolo per intervenire sull'immobile, da intendersi quale diritto di proprietà o altro diritto reale o personale di godimento. Tale verifica costituisce, pertanto, un presupposto, la cui mancanza impedisce di procedere nell'esame del progetto, pur dovendosi escludere un obbligo di effettuare complessi accertamenti diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti l'immobile.
Con il primo motivo si deduce che: mancherebbero i presupposti per il rilascio di provvedimenti abilitativi del tipo di quelli impugnati, non essendo il controinteressato legittimato all’esecuzione di interventi edilizi sull’immobile in questione; l’istruttoria sarebbe carente, non avendo il Comune verificato la esistenza di un titolo legittimante l’attività edificatoria nonostante l’acquisizione di documenti attestanti la proprietà del terreno in capo a Parmatour.
La doglianza è fondata alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale dall'art. 11, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001, laddove si prevede che “il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”, si ricava il principio in forza del quale il Comune, nel corso dell'istruttoria, deve verificare l’esistenza del titolo per intervenire sull'immobile, da intendersi quale diritto di proprietà o altro diritto reale o personale di godimento. Tale verifica costituisce, pertanto, un presupposto, la cui mancanza impedisce di procedere nell'esame del progetto, pur dovendosi escludere un obbligo di effettuare complessi accertamenti diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti l'immobile (in tal senso Consiglio Stato, IV, 04.05.2010, n. 2546; V, 07.09.2007, n. 4703; TAR Lombardia Milano, II, 31.03.2010, n. 842; TAR Marche, I, 05.08.2009, n. 878; TAR Campania Napoli, VII, 12.12.2007, n. 16213).
Nella specie dal provvedimento impugnato risulta che il Comune di Favignana si è limitato ad acquisire dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà, con le quali il controinteressato ha affermato di essere proprietario dell’immobile.
Non emergendo, malgrado la risultanza catastale della proprietà del fondo in capo alla ricorrente, nessuna attività di verifica della veridicità di tali affermazioni, il Collegio ha disposto l’acquisizione di tutti gli atti posti alla base della autorizzazione edilizia impugnata.
Tale incombente non è stata eseguito, cosicché va applicato l’art. 116 c.p.c., in forza del quale deve darsi per provata l'affermazione del ricorrente ove l'Amministrazione intimata abbia omesso di depositare in giudizio i documenti richiesti dal collegio giudicante, perché ritenuti determinanti per la definizione della controversia, sempreché, naturalmente, manchino elementi di segno obiettivamente contrari (in tal senso, fra le tantissime, Consiglio di Stato, V, 11.05.2009, n. 2867).
Deve, pertanto, ritenersi che il Comune di Favignana abbia rilasciato l’autorizzazione edilizia solo sulla base della dichiarazione di titolarità della proprietà fatta dall’interessato, pur se smentita dalle visure catastali in atti (TAR Sicilia-Palermo, Sez. I, sentenza 23.03.2011 n. 544 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICIL'Anas è responsabile per i guard-rail pericolosi. La protezione deve sempre evitare danni gravi. Si completa il cambio di rotta dei giudici di legittimità.
Nel caso di incidente della circolazione, l'ente proprietario della strada è responsabile dei danni provocati dal guard-rail se questo, per la sua inadeguatezza, rappresenta una situazione di «pericolo immanente».
Con la sentenza 22.03.2011 n. 6537 la Terza civile della Corte di Cassazione torna a delineare la responsabilità da custodia (articolo 2051 del codice civile) nei confronti dell'Anas, inserendosi nel filone giurisprudenziale "revisionista", varato con la sentenza 20427/2008.
Fino a tre anni fa, infatti, i giudici di legittimità avevano ritenuto applicabile la responsabilità "del custode" per la categoria demaniale delle strade pubbliche solo in relazione alla loro dimensione: strade piccole, cioè controllabili, uguale responsabilità, parametro invece inapplicabile sulle grandi arterie.
Ora però la Cassazione, analizzando il ricorso degli eredi di un automobilista morto trafitto dal guard-rail mal posizionato, fissa il definitivo cambio di approccio. La responsabilità da «cosa in custodia», scrive l'estensore della sentenza 6537/2011, presuppone che l'ente proprietario della strada debba essere in grado di esplicare sulla stessa un «potere di di sorveglianza, modificarne lo stato e di escludere che altri vi apportino modifiche»; che la responsabilità scatta una volta che si accerti che il fatto dannoso è dovuto a un'anomalia della strada o degli «strumenti di protezione della stessa».
La responsabilità dell'ente pubblico-custode si configura «salvo che quest'ultimo non dimostri di non aver potuto far nulla per evitare il danno», e la presunzione di colpa che grava su di lui può essere superata solo «quando la situazione che provoca il danno si determina non come conseguenza di un precedente difetto di diligenza nella sorveglianza della strada, ma in maniera improvvisa, atteso che solo quest'ultima integra il caso fortuito».
In sintesi, a giudizio della Terza sezione, la responsabilità da custodia si applica in linea generale «agli enti pubblici proprietari di strade aperte al pubblico transito, in riferimento alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, indipendentemente dalla sua estensione».
Ma la sentenza della Cassazione tocca anche il concorso causale del comportamento della vittima, sotto il profilo della presunta «abnormità» della guida. La funzione del guard-rail, taglia corto il magistrato, «è quella di impedire al conducente di uscire fuori strada e tale funzione ovviamente è correlata a tutte quelle condotte di guida la cui conseguenza sarebbe quella per l'autovettura di uscire fuori dalla carreggiata».
Quindi la funzione del guard-rail è «ontologicamente» evitare che qualsiasi condotta di guida non regolare possa far uscire l'auto di strada. Soprattutto, chiosa la sentenza di rinvio alla corte d'appello, non deve accadere che la protezione diventi una lama mortale che squarcia l'abitacolo (articolo Il Sole 24 Ore del 23.03.2011 - tratto da www.corteconti.it).

COMPETENZE PROGETTUALI: Geometri senza cemento armato. Fanno eccezione le costruzioni rurali o relative a industrie agricole di modesta entità.
Per i geometri il cemento armato resta "bandito". La Corte di cassazione non ha dubbi in proposito e, pur pronunciandosi su una vicenda risalente al 1992, ribadisce la netta demarcazione tra le competenze degli ingegneri e quelle dei geometri.
Scrivono i giudici della Corte di Cassazione, Sez. II civile, nella sentenza 21.03.2011 n. 6402, basandosi sul quadro normativo di riferimento per le professioni tecniche (il r.d. 274 del 1929 e il r.d. 2229 del 1939): «La competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione anche parziale di strutture di cemento armato».
L'intervento dei geometri, quando è necessario utilizzare il cemento armato, è possibile, in via eccezionale, solo quando si tratta di «piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone».
Nel caso sottoposto alla Cassazione, il progetto riguardava un edificio industriale, composto da un capannone prefabbricato con un solo piano nella parte destinata a laboratorio e due piani nella parte destinata agli uffici. Dunque, una «struttura architettonica complessa» per la quale non può riconoscersi un ruolo di progettazione, direzione e vigilanza a un geometra. Neppure se interviene insieme al geometra un altro professionista –un ingegnere– che rediga insieme al primo il progetto ed effettui la direzione dei lavori.
 «È il caso di ricordare –precisa, infatti, la Cassazione– che nell'ambito della disciplina normativa, dalla quale emerge una chiara ripartizione di competenze tra geometri e altri professionisti in riferimento alla progettazione e alla direzione di opere relative a costruzioni ed edifici, trova fondamento l'orientamento giurisprudenziale di questa corte, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, secondo cui la progettazione e la direzione di opera da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri e degli architetti sono illegittime, cosicché a rendere legittimo un progetto redatto da un geometra non rileva che esso sia stato controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e diriga le relative opere, perché è il professionista competente che deve essere, altresì, titolare della progettazione, trattandosi di incombenze che devono essere inderogabilmente affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità».
In definitiva per la Cassazione (che ha confermato la sentenza d'appello) quando l'esercizio di un'attività professionale è condizionato all'iscrizione in un albo, la prestazione eseguita da chi non è iscritto, «dando luogo a nullità assoluta del rapporto fra professionista e cliente, rilevabile anche d'ufficio», priva il contratto di qualsiasi effetto. Per cui l'eventuale compenso va restituito (commento tratto da www.ilsole24ore.com - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Una consulenza tecnica d’ufficio non può supplire al mancato assolvimento dell’onere del privato di provare la sussistenza del danno patito a seguito del ritardo della P.A..
Per ogni ipotesi di responsabilità della p.a. per i danni causati per l’illegittimo esercizio (o, come nel caso di specie, mancato esercizio) dell’attività amministrativa, spetta al ricorrente fornire in modo rigoroso la prova dell'esistenza del danno, non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo perché tale principio attiene allo svolgimento dell'istruttoria e non all'allegazione dei fatti.
Se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per fornire la prova del danno subito e della sua entità, è comunque ineludibile l'obbligo di allegare circostanze di fatto precise e quando il soggetto onerato della allegazione e della prova dei fatti non vi adempie non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l'impossibilità di provare l'ammontare preciso del pregiudizio subito, né può essere invocata una consulenza tecnica d’ufficio, diretta a supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del privato (Cons. Stato, V, 13.06.2008 n. 2967; VI, 12.03.2004, n. 1261, secondo cui la consulenza tecnica, pur disposta d'ufficio, non è certo destinata ad esonerare la parte dalla prova dei fatti dalla stessa dedotti e posti a base delle proprie richieste, fatti che devono essere dimostrati dalla medesima parte alla stregua dei criteri di ripartizione dell'onere della prova posti dall'art. 2697 c.c., ma ha la funzione di fornire all'attività valutativa del giudice l'apporto di cognizioni tecniche non possedute) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.03.2011 n. 1739 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Va rinnovata la gara nel caso in cui venga rinvenuto dopo l'aggiudicazione definitiva -tra i plichi di partecipazione ad altra gara- un plico di partecipazione alla gara in questione.
Le clausole contenenti comminatorie di esclusione (quali quelle connesse all’apertura dei plichi e alla disintegrità della documentazione), devono essere applicate non già meccanicisticamente, ma secondo il principio di ragionevolezza, tenendo conto per quanto possibile della peculiarità anche fattuale del caso concreto.
Tali clausole devono essere valutate infatti alla stregua dell’interesse che la norma violata è destinata a presidiare per cui, ove non sia ravvisabile e provata la lesione di un interesse pubblico effettivo e rilevante, deve essere accordata preferenza al favor partecipationis (cfr. in tale senso Cons. Stato, V, 21.12.2010 n. 9320), con conseguente attenuazione del rilievo delle prescrizioni formali della procedura concorsuale  (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 21.03.2011 n. 669 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla quantificazione del risarcimento del danno da perdita di chance e sulla natura del danno curriculare.
1. Dall'importo dovuto a titolo risarcitorio deve essere detratto quanto percepito dall'impresa grazie allo svolgimento di diverse attività lucrative, nel periodo in cui avrebbe dovuto eseguire l'appalto in contestazione.
La prova dell'assenza dell'aliunde perceptum grava , tuttavia, sull'impresa in considerazione del fatto che, secondo l'id quod plerumque accidit, l'imprenditore -in quanto soggetto che esercita professionalmente una attività economica organizzata finalizzata alla produzione di utili- normalmente non rimane inerte in caso di mancata aggiudicazione di un appalto, ma si procura prestazioni contrattuali alternative che dalla cui esecuzione trae utili.
In assenza di prova contraria rispetto alla presunzione di aliunde perceptum, la somma riconosciuta a titolo di lucro cessante, deve essere ridotta (nella specie il Consiglio di Stato ha ritenuto di liquidare il danno nella misura del 6% comprensivo anche del danno curriculare).
2. In ordine alla risarcibilità delle spese sostenute per la partecipazione alla gara, la VI sezione aderisce alla tesi maggioritaria in forza della quale i costi sostenuti per la partecipazione alla gara non sono risarcibili in favore dell'impresa che lamenti la mancata aggiudicazione dell'appalto (o anche solo la perdita della chance di aggiudicarselo).
Detti costi di partecipazione si colorano come danno emergente solo qualora l'impresa subisca una illegittima esclusione, perché in tal caso viene in considerazione la pretesa del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili. Essi, peraltro, vanno, in via prioritaria e preferenziale, ristorati in forma specifica, mediante rinnovo delle operazioni di gara e solo ove tale rinnovo non sia possibile, vanno ristorati per equivalente.
3. Il danno c.d. curriculare, costituente una specificazione del danno per perdita di chance, si correla necessariamente alla qualità di impresa operante nel settore degli appalti pubblici.
Alla mancata esecuzione di un'opera pubblica illegittimamente appaltata si ricollegano, infatti, indiretti nocumenti all'immagine della società, al suo radicamento nel mercato, all'ampliamento della qualità industriale o commerciale dell'azienda, al suo avviamento, per non dire, poi, della lesione al più generale interesse pubblico al rispetto della concorrenza, in conseguenza dell'indebito potenziamento di imprese concorrenti che operino sul medesimo target di mercato, in modo illegittimo dichiarate aggiudicatarie della gara.
In linea di massima, deve pertanto ammettersi che l'impresa ingiustamente privata dell'esecuzione di un appalto possa rivendicare, a titolo di lucro cessante, anche la perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale, da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell'incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 18.03.2011 n. 1681 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Deve essere provato il danno esistenziale derivante dal ritardo della P.A..
L’esigenza di un’attenuazione dell’onere probatorio a carico della parte ricorrente viene meno con riguardo alla prova dell’an e del quantum dei danni azionati in via risarcitoria, inerendo in siffatte ipotesi i fatti oggetto di prova alla sfera soggettiva della parte che si assume lesa (soprattutto qualora questa agisca per il risarcimento dei danni non patrimoniali), e trovandosi le relative fonti di prova normalmente nella sfera di disponibilità dello stesso soggetto leso.
In applicazione del c.d. criterio della vicinanza della prova, costituente principio regolatore della disciplina della distribuzione dell’onere della prova tra le parti processuali, grava dunque sulla parte ricorrente l’onere di dimostrare -con circostanze di fatto concrete, gravi, precise e concordanti- la sussistenza e l’ammontare dei danni non patrimoniali azionati in giudizio (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 18.03.2011 n. 1672 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla decorrenza del termine per impugnare l'aggiudicazione definitiva.
L'affidamento dei servizi socio-assistenziali sfugge al'applicabilità delle norme del codice non espressamente richiamate dall'articolo 20.
Ne deriva che la pubblicazione della delibera di aggiudicazione definitiva all’albo pretorio del Comune, per 15 giorni consecutivi determina la conoscenza legale del provvedimento ed implica, conseguentemente, la decorrenza del temine di impugnazione (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 18.03.2011 n. 509 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La dichiarazione prevista dall'articolo 38 m-ter) non va riferita all'impresa ma all'imprenditore. Nessun limite temporale al potere della Stazione appaltante di annullare l'ammissione in gara.
1. Decorrenza dei termini per impugnare l'esito della gara.
2. Limiti agli effetti paralizzanti del ricorso incidentale.
3. La dichiarazione di cui all'articolo 38, comma 1, m-ter) del codice dei contratti .
4. Annullamento in autotutela dell'ammissione alla gara e limiti temporali.

1. L'impugnazione dell'aggiudicazione provvisoria è una mera facoltà.
Il termine decadenziale di trenta giorni per impugnare i risultati della gara inizia a decorrere dalla comunicazione dell'aggiudicazione definitiva, ex art. 79 del D.lgs. 163 del 2006, così come richiamato dall’art. 120, comma 5, del c.p.a., e, comunque, dalla conoscenza personale dell’atto.
2. Vertendo in ipotesi in cui i soggetti ammessi alla gara sono soltanto due - la ricorrente e la contro interessata, l’eventuale accoglimento del ricorso incidentale non è idoneo a paralizzare l’interesse della ricorrente principale mantenendo essa , comunque, l’interesse strumentale all’eventuale riedizione della gara
3. La dichiarazione prevista dall’art. 38, comma 1, lett. m-ter, del codice dei contratti pubblici, deve essere resa dal legale rappresentante riguardo a se stesso; ove resa invece “nei confronti dell’impresa” determina l’esclusione dalla gara.
4. Ai sensi dell’articolo 71 del D.P.R. 28.12.2000, n. 445 -il cui comma 1, recita”: “Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione, e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47”- la Stazione appaltante può disporre l’annullamento in autotutela del provvedimento di ammissione alla gara anche oltre il limite temporale di dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara previsto dall’articolo 48, comma 2, del d.lgs. 163/2006 (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 18.03.2011 n. 504 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: E' legittimo il bando di gara che imponga alle imprese di dichiarare "indicandole specificamente" l'insussistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38.
Ove il bando richieda l’indicazione specifica (dell’insussistenza) delle cause di esclusione si deve ritenere che intenda sottolineare, con tale specificazione, la rilevanza della dichiarazione inerente alle singole cause e sollecitare, dunque, l’attenzione del concorrente sulla responsabilità che si assume con ciascuna di esse.
Qualora peraltro –al di là di una espressa previsione del bando- l’impresa concorrente alla gara abbia scelto, pur in presenza di un generico dichiarato rinvio alle singole specifiche previsioni di cui al citato art. 38, di dichiarare in aggiunta, espressamente -e per esteso- l’assenza di cause di esclusione soltanto per alcune delle ipotesi normativamente previste, la circostanza che per le altre abbia serbato il silenzio, non può che far ritenere che per queste ultime essa abbia inteso omettere la prescritta dichiarazione, con le connesse conseguenze che danno luogo alla esclusione ex lege dalla gara (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 18.03.2011 n. 495 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILe valutazioni in ordine alla gravità delle condanne riportate dai concorrenti ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano alla stazione appaltante e non al concorrente medesimo, il quale è pertanto tenuto a indicare tutte le condanne riportate, non potendo operare a monte alcun "filtro" omettendo la dichiarazione di alcune di esse sulla base di una selezione compiuta secondo criteri personali.
In tema di appalti pubblici, anche a seguito dell'accertata mancanza dei requisiti di ordine generale -contemplati dall'art. 38, d.lgs. n. 163 del 2006- deve essere effettuata la segnalazione all'Autorità di Vigilanza per i contratti pubblici, al fine della conseguente annotazione nel casellario informatico.

Quanto alla mancata dichiarazione della condanna subita da uno dei componenti il costituendo RTI, va richiamato il recente orientamento del Consiglio di Stato (Sez. VI, n. 782/2011), secondo il quale “le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne riportate dai concorrenti ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano alla stazione appaltante e non al concorrente medesimo, il quale è pertanto tenuto a indicare tutte le condanne riportate, non potendo operare a monte alcun "filtro" omettendo la dichiarazione di alcune di esse sulla base di una selezione compiuta secondo criteri personali" (Consiglio di Stato, sez. IV, 10.02.2009, n. 740).
Tale conclusione risulta avallata, nel caso di specie, dal fatto che il bando stesso (così come il modulo predisposto dalla stazione appaltante) richiedeva l’indicazione dell’esistenza di condanne penali, senza limitare la dichiarazione a quelle considerate gravi.
Sebbene l’utilizzo del modulo predisposto dall’amministrazione non fosse obbligatorio, in quanto la dichiarazione doveva essere resa in conformità a quanto in esso indicato, ciò non esonerava i concorrenti dall’effettuare comunque una dichiarazione di contenuto conforme allo stesso, assumendosi tutte le responsabilità in ordine alla veridicità delle affermazioni in essa contenute.
Inoltre, attese le argomentazioni difensive di parte ricorrente che mettono in risalto la circostanza dell’intervenuta dichiarazione di estinzione del reato ascritto ad una componente del RTI, per effetto della sentenza emessa dal giudice penale prima del provvedimento di esclusione, il Collegio non ritiene che detta circostanza possa assumere rilevanza nel caso di specie, in quanto persiste la ratio dell’esclusione ossia l’esistenza di una dichiarazione non veritiera al momento della presentazione della domanda, non rilevando i fatti sopravvenuti, essendo condizionante il fatto in sé dell’omissione.
Né rileva l'ignoranza o la buona fede del soggetto tenuto alla dichiarazione, il quale deve assumersi la responsabilità di quanto dichiarato.
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Quanto, poi, alla seconda causa di esclusione, risulta oggettiva la non veridicità delle dichiarazioni rese dai singoli partecipanti al RTI, i quali dovevano essere ben consapevoli delle dichiarazioni rese proprio attraverso l’utilizzo del modulo predisposto dall’amministrazione e che, quindi, se le dichiarazioni rese risultavano riferite al raggruppamento nel complesso non potevano essere rese in qualità di singoli componenti dello stesso (come peraltro, più attentamente, hanno precisato altri concorrenti);
Pertanto, confermata la legittimità dell’esclusione con riguardo ai due i profili contestati, entrambe le segnalazioni risultano corrette e doverose, in quanto, come già osservato a tale riguardo (cfr. TAR Veneto, I, n. 1554/2010 e 4681/2010), in tema di appalti pubblici, anche a seguito dell'accertata mancanza dei requisiti di ordine generale -contemplati dall'art. 38, d.lgs. n. 163 del 2006- deve essere effettuata la segnalazione all'Autorità di Vigilanza per i contratti pubblici, al fine della conseguente annotazione nel casellario informatico.
Invero, sebbene l'art. 48, d.lgs. n. 163 del 2006, che prevede la sanzione dell'escussione della cauzione provvisoria e della segnalazione all'Autorità di Vigilanza come conseguenza dell'esclusione dalla gara, si riferisca testualmente alla mancanza dei soli requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico–organizzativa, tuttavia, tale norma deve essere letta in combinato disposto con l'art. 38 dello stesso d.lgs., il quale prevede l'esclusione dalle gare per tutti i soggetti privi dei requisiti di ordine generale e conseguentemente si deve ritenere immanente nell'ordinamento un obbligo generalizzato di segnalare all'Autorità sui contratti tutte le false dichiarazioni rese in sede di gara, ivi comprese quelle relative ai requisiti di carattere generale
Quindi, non può sostenersi che l'art. 38 cit. non contemplerebbe, quale sanzione per le dichiarazioni smentite in sede di controllo, la segnalazione all'Autorità di vigilanza, ma la sola esclusione dall'appalto (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 18.03.2011 n. 455 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIGara nulla se nella commissione c'è chi ha scritto il bando. Consiglio di Stato: il conflitto di interessi annulla l'appalto.
Mal aveva scritto gli atti della gara per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas, aveva preparato la perizia tecnica per la valorizzazione degli impianti e il rimborso al gestore uscente, e poi era entrato come membro della commissione che avrebbe dovuto individuare il nuovo affidatario. Troppe giacchette sulle spalle dello stesso soggetto, però, invalidano la gara, e impongono anche il risarcimento del danno all'impresa che ha partecipato alla gara invalidata.
A stoppare il «conflitto di interessi» nella gara d'appalto messa in piedi da un comune veneto è il Consiglio di Stato, Sez. V, nella sentenza 16.03.2011 n. 1628.
Al di là della vicenda specifica, che ha visto la stessa persona ricoprire una pluralità di ruoli prima e durante la procedura concorsuale, il principio fissato dal Consiglio di stato è chiaro: chi ha partecipato alla fase preparatoria della gara non può poi far parte della commissione giudicatrice.
A salvare la procedura non è stato sufficiente nemmeno il fatto che l'ingegnere al centro della vicenda fosse stato indicato come consulente, ricoprendo quindi un ruolo formalmente esterno nell'ambito della commissione.
«Il dato sostanziale» che conferma la sua partecipazione piena alle valutazioni, spiegano i giudici d'appello, prevale sulla «veste formale», anche perché l'ingegnere aveva avuto «compiti decisionali determinanti nella valutazione delle offerte tecniche»; compiti, questi ultimi, che non possono essere attribuiti a un «esterno» alla commissione, per non eludere le regole (articolo 84 del codice degli appalti) che impongono il ricorso a «professionalità tecnicamente attrezzate» all'interno dell'organo collegiale.
La violazione delle regole da parte del comune non comporta solo la cancellazione della gara, ma impone anche il risarcimento del danno all'impresa che ha fatto ricorso. I giudici hanno infatti riconosciuto il «danno emergente», alimentato dalle spese sostenute per partecipare a un appalto «destinato a non trovare definizione» proprio per la sua illegittimità.
Al danno emergente, arricchito dagli interessi legali, non si aggiunge però il «lucro cessante», ipotizzabile per il fatto che l'impegno nella gara incriminata abbia fatto perdere all'impresa altre occasioni di business; per individuare questo secondo tipo di danno, infatti, i giudici non hanno trovato «idonei elementi di prova» (articolo Il Sole 24 Ore del 23.03.2011 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTIGare, commissioni senza paletti. Il comune può nominare dipendenti di una società in house. Il Tar Lazio equipara il lavoratore a un funzionario in virtù del rapporto di subordinazione.
Un comune pub legittimamente nominare come componente di una commissione di gara di appalto un dipendente di una società in house; il soggetto nominato commissario, ma appartenente alla società in house, è equiparabile ad un funzionario comunale in virtù del rapporto di subordinazione gerarchica che intercorre fra il comune e la società.

E' quanto afferma la sentenza 14.03.2011 n. 2241 emessa dal TAR Lazio-Roma, Sez. II, in merito alla legittimità di una nomina a membro di una commissione giudicatrice di un appalto pubblico di un soggetto dipendente della società Zetema Progetto Cultura srl, effettuata dal comune di Roma.
In sostanza si sosteneva, nel ricorso presentato per l'annullamento del provvedimento di nomina, che si trattava di soggetto esterno alla organizzazione della staziono appaltante, che avrebbe dovuto essere selezionato nei modi e secondo i criteri previsti dal comma 8 dell'articolo 84 del Codice dei contratti pubblici (scegliendo quindi da un elenco di professionisti candidati fornito dal corrispondente ordine professionale).
Nello specifico si trattava di un soggetto dipendente della società Zetema spa, società in house del comune di Roma per lo svolgimento dei compiti di gestione dei musei e delle attività culturali e di spettacolo e di promozione turistica, che era distaccato presso un dipartimento del comune.
I giudici hanno affrontato la questione chiarendo innanzitutto la portata dell'articolo 84, comma 8 del Codice che «non può essere ... (articolo ItaliaOggi del 25.03.2011 - tratto da www.corteconti.it).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGONiente scuse sulla legge Brunetta. Applicare la riforma non costituisce condotta antisindacale. Il tribunale di Venezia spezza il fronte giurisprudenziale contrario all'immediata applicazione.
L'applicazione della riforma Brunetta non può configurare condotta antisindacale, perché è un dovere del dirigente pubblico.

Si spezza decisamente il fronte, fino a poco tempo fa, compatto delle decisioni dei giudici del lavoro, che avevano ritenuto costituisse violazione dell'articolo 28 dello statuto dei lavoratori l'applicazione del digs 150/2009, anche in assenza della nuova stagione della contrattazione nazionale collettiva.
Dopo la sentenza del Tribunale di Pesaro 417/2010 è il giudice del lavoro del Tribunale di Venezia, con sentenza 12.03.2011 n. 280, a chiarire che la riforma-Brunetta è immediatamente operativa, respingendo direttamente l'ennesimo ricorso presentato da una sigla sindacale.
Oggetto della controversia, in questo caso, la decisione di un dirigente scolastico di non sottoporre alla contrattazione decentrata materie che, pur essendo rimesse a tale forma di relazione dall'articolo 6, lettera m), del Ccnl 29/11/2007 del comparto scuola, riguardavano tuttavia l'organizzazione degli uffici e la gestione del personale. Ambiti, questi ultimi, attribuiti dal dlgs 150/2009 all'esclusiva competenza della dirigenza, sì da non ammettere alcuna relazione sindacale se non quella dell'informazione.
L'articolo 6, lettera m), infatti, riguarda criteri e modalità relativi alla organizzazione del lavoro e all'articolazione dell'orario del personale docente, educativo e Ata, nonché i criteri per l'individuazione del personale docente, educativo e Ata da utilizzare nelle attività retribuite con il fondo di istituto.
Il giudice veneziano esclude radicalmente che il dirigente scolastico abbia posto in essere una condotta antisindacale, mostrandosi contrario alla contrattazione decentrata sulla base di un proprio convincimento. Il sindacato ricorrente aveva proprio stigmatizzato il comportamento del dirigente, ritenendo preclusa la possibilità di escludere materie dalla contrattazione, in assenza di direttive chiare sul punto.
Secondo il giudice del lavoro, esattamente all'opposto, il dirigente ha operato bene e doverosamente. Infatti, da un lato si è attenuto alle previsioni della circolare 7/2010 del dipartimento della funzione pubblica. Dall'altro, essendo gravato dell'obbligo di adottare gli atti di organizzazione dell'ufficio, era tenuto a fornire una propria interpretazione circa l'ambito temporale di applicazione del dlgs 150/2009.
Anche il giudice del lavoro di Venezia come quello di Pesaro, dunque, ritiene che la circolare 7/2010 di palazzo Vidoni costituisca parametro essenziale del corretto operare delle amministrazioni, a totale smentita di quanto sostenuto, invece, dal giudice del lavoro di Trieste col decreto 06/10/2010.
Tra l'altro, nota il giudice veneziano, il dirigente scolastico nel caso di specie ha agito con lo specifico intento di non arrecare danni alle prerogative sindacali: infatti ha proseguito nella negoziazione integrativa fino a tutto il 31/12/2010, nonostante il mancato consenso del sindacato.
Il decreto del giudice veneziano spiega anche perché l'articolo 65 del dlgs 150/2009, erroneamente ritenuto dai sindacati e dalle prime decisioni dei giudici del lavoro alla stregua di norma di diritto transitorio, non costituisce ostacolo alcuno al pieno dipanarsi dell'operatività della riforma-Brunetta. Detto articolo 65, infatti, si limita a mantenere in vita solo i contratti decentrati vigenti al 15/11/2009, ma fino al 31/12/2010 (per le amministrazioni locali, il termine è al 31/12/2011).
Se, ragiona il giudice veneziano, i contratti già vigenti al momento dell'entrata in vigore della riforma restano efficaci al verificarsi delle scadenze previste proprio dall'articolo 65 «tanto più deve ritenersi esclusa la possibilità di stipulare nuovi ... (articolo ItaliaOggi del 25.03.2011 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTIIl Durc irregolare non stoppa l'appalto.
Escluso che una mera irregolarità che emerge dal Durc sia sufficiente a revocare l'appalto di opera pubblica all'impresa vincitrice. Laddove il bando di gara non pone paletti precisi, la stazione appaltante ha il dovere di verificare che la violazione delle norme contributive che emerge dal documento di regolarità sia effettivamente «grave» come richiede la legge ai fini dell'esclusione del concorrente. Insomma, ha ragione l'azienda che sottolinea come compensando i suoi crediti e debiti nei confronti dell'Inail emerge che la somma da versare all'istituto previdenziale sia ampiamente sotto la dead line indicata come minimo debito contributivo (100 euro) dal dm 27.10.2007.

È quanto emerge dalla sentenza 02.03.2011 n. 1288, emessa dalla VI Sez. del Consiglio di stato.
Automatismi esclusi. L'impresa, nella specie, riesce a ottenere anche che sia revocata l'aggiudicazione dell'appalto all'azienda controinteressata.
La declaratoria di irregolarità contributiva relativa al Dure risulta sì un grave indizio che va tuttavia valutato dalla stessa stazione appaltante ai fini dell'esclusione. Né costituisce un parametro obbligatorio la soglia minima dei 100 euro, al di sotto della quale non esiste debito contributivo: il decreto ministeriale del 2007, infatti, non è norma attuativa del codice dei contratti pubblici.
Forma e sostanza. La chiave di volta, insomma, sta sempre nel bando di gara.
Se il bando richiede che debbano essere dichiarate tutte le violazioni contributive in cui il concorrente sia eventualmente incorso, vuol dire che si esige una dichiarazione dal contenuto più ampio e più puntuale rispetto a quanto prescritto dall'articolo 38 del codice dei contratti; soltanto in questo caso, dunque, si può ben dire che la stazione appaltante si sia riservata una valutazione più ampia di gravità o meno dell'illecito per poter procedere all'esclusione dalla gara: si tratta di un'ipotesi in cui si configura infatti una violazione a un tempo sostanziale e formale, con il mancato rispetto di una prescrizione del bando che si unisce all'omesso versamento contributivo (articolo ItaliaOggi del 15.03.2011 - tratto da www.corteconti.it).

APPALTI SERVIZI: Tributi in house solo se il comune «gestisce» la società. Affidamento bocciato dal Tar.
È illegittimo l'affidamento diretto dei tributi locali a una società pubblica se il comune non ha alcun potere di intervento sulla gestione operativa.
Lo afferma il TAR Toscana, Sez. I, con la sentenza 01.03.2011 n. 377, che ha annullato l'affidamento del servizio perché mancava il requisito del «controllo analogo».
L'articolo 52 Dlgs 446/1997 consente alle società in house di gestire i tributi locali con affidamento diretto, ma solo in presenza di tre condizioni: 1) controllo analogo; 2) realizzazione della parte più importante della propria attività; 3) svolgimento dell'attività solo nell'ambito territoriale di pertinenza dell'ente che la controlla.
In particolare, il requisito del controllo analogo sussiste quando l'ente pubblico affidante esercita sulla società poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario. In sostanza, la società in house non deve avere rilevanti poteri gestionali e le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell'ente affidante.
Nel caso sottoposto al Tar Toscana, il cda della società aveva una libertà decisoria pressoché assoluta, a fronte di un controllo dell'organo politico-amministrativo limitato ad aspetti formali. In questa situazione manca il requisito del «controllo analogo», e l'affidamento si rivela illegittimo.
Conclusione -quella del Tar Toscana- che rischia di mettere in crisi questo modulo organizzativo.
Tra l'altro si registra una propensione a costituire società multiutility, senza considerare che l'ampliamento dell'oggetto sociale fa acquisire alla società pubblica una vocazione commerciale incompatibile con la logica dell'in house. Ci sono quindi diversi elementi critici, anche perché si sostiene da più parti l'applicabilità della disciplina restrittiva prevista dall'articolo 23-bis Dl 112/2008.
Questione che è stata affrontata dal Tar Toscana, ma liquidata con l'affermazione che la riscossione dei tributi è un'attività strumentale -come più volte affermato dall'Antitrust- al di fuori della portata del 23-bis. Senza però considerare che la natura concessoria del rapporto (Consiglio di Stato 5566/2010) non riguarda soltanto attività strumentali al successivo esercizio della potestà impositiva dei comuni, ma un diretto svolgimento delle attività di accertamento e riscossione dei tributi. Un servizio talmente ampio da apparire inconciliabile con la natura «meramente strumentale» dell'attività.
Il problema tuttavia non si dovrebbe porre in quanto l'articolo 52 Dlgs 446/1997 è chiaro nel rinviare -per quanto concerne l'affidamento- proprio alla disciplina sui servizi pubblici locali. Si tratta di un rinvio dinamico, che impone cioè di applicare la disciplina attualmente vigente e quindi il 23-bis, che ha praticamente sostituito l'articolo 113 del Dlgs 267/2000, disposizione quest'ultima espressamente richiamata dall'articolo 52 del Dlgs 446/1997 proprio in ordine alle società.
Ci sono quindi valide motivazioni per sostenere che la legittimità degli affidamenti alle società in house andrebbe valutata anche alla luce del 23-bis. Si tratterebbe quantomeno di una soluzione interpretativa «prudenziale», se non si vuole correre il rischio di compromettere la validità degli atti impositivi emessi dalla società.
Risulta dallo statuto (della società) il cda della società affidataria in house ha una libertà decisoria pressoché assoluta rispetto al vaglio dell'organo politico-amministrativo, limitato ad aspetti meramente formali, che non consente di ritenere sussistente il predetto requisito di controllo richiesto.
In particolare l'articolo io dello statuto si limita a prevedere la competenza esclusiva dell'organo consiliare ... in materia di approvazione degli atti di indirizzo annuali per la gestione della società, di assunzione di partecipazioni e di autorizzazione all'alienazione di beni immobili non contemplati negli atti di indirizzo, lasciando ogni altra attività gestionale nella libertà operativa della società affidataria in house.
Ne consegue che la procedura di affidamento mediante il ricorso all'istituto dell'in house è illegittima, difettando il requisito del controllo analogo in concreto richiesto perla sua applicazione (articolo ItaliaOggi del 21.03.2011 - tratto da www.corteconti.it).

AGGIORNAMENTO AL 21.03.2011

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NOVITA' NEL SITO

Bottone "CONVEGNI" n. 7 giornate di studio a Bergamo per il 13-20-27 aprile e 04-11-18-25 maggio 2011 organizzate dal portale PTPL. TERMINE DI ISCRIZIONE: SABATO 09.04.2011.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella locandina.

Bottone "CONVEGNI" n. 1 giornata di studio a Bergamo per il 30 marzo 2011 organizzata dal portale PTPL. TERMINE DI ISCRIZIONE: SABATO 26.03.2011.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella locandina.

A V V I S O
In relazione alle giornate di studio organizzate dal portale PTPL, che sono in corso di svolgimento p.v., abbiamo avuto notizia che alcuni comuni provvedono a richiedere il C.I.G. all'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici:
NON OCCORRE !!
Invero, oggi stesso abbiamo telefonato all'Autorità (contact center 800/89.69.36) ed il funzionario che ha risposto ha confermato che NON OCCORRE richiedere il C.I.G. per adottare la determinazione di impegno di spesa della quota di partecipazione poiché non siamo in presenza di un contratto d'appalto.
Tale risposta è facilmente riscontrabile nello specifico F.A.Q. relativo alla "tracciabilità dei flussi finanziari".
Si legga, in particolare, la risposta A4 laddove è detto che "Sono escluse dall'obbligo di richiedere il codice CIG ai fini della tracciabilità le seguenti fattispecie: ...
• l’amministrazione diretta ai sensi dell’articolo 125, comma 3 del decreto legislativo n. 163/2006 (vedi faq A15);".

Pertanto, i responsabili dell'Ufficio Ragioneria vedano di non aggravare il procedimento amministrativo con adempimenti burocratici non contemplati dalla legge !!
> < > < > < > < > <
ATTENZIONE: lo stesso ragionamento di cui sopra vale anche per il rinnovo annuale delle varie riviste dell'Ufficio Tecnico (cartacee ovvero internet).
Ovviamente, il ragionamento fila laddove non si proceda a contrattare con quelle società che offrono pacchetti variegati di abbonamenti multipli (i più disparati) per avere un sconto sul prezzo di copertina che, trattando direttamente col singolo editore, non si avrebbe.
15.03.2011 - LA SEGRETERIA PTPL

UTILITA'

VARI: Scadenza adempimenti in materia di privacy: DPS e Videosorveglianza. Guide su come mettersi in regola.
Il Codice in materia di protezione dei dati personali prevede che le aziende e gli studi professionali adottino nuove misure minime di sicurezza; tra queste misure rientra anche l’obbligo di redigere il DPS entro il 31 marzo di ogni anno o di aggiornarlo e adeguarlo agli eventuali cambiamenti avvenuti in azienda o nello studio e alle modifiche normative intercorse nell’anno precedente.
Scade, quindi, il 31.03.2011 il termine annuale per la redazione e aggiornamento del DPS (Documento Programmatico sulla Sicurezza) o, in alternativa, nei casi previsti dalla vigente normativa, dell’autocertificazione sostitutiva.
A tal proposito, ricordiamo che il Garante ha introdotto, con il Provvedimento 27.11.2008, la possibilità di sostituire il DPS con un'autocertificazione per le aziende che non trattano dati sensibili o che trattano come unici dati sensibili quelli inerenti la salute o malattia dei propri dipendenti.
Relativamente alla videosorveglianza, con provvedimento dell'08.04.2010, il Garante ha prescritto la scadenza del 29.04.2011 per obbligo di rendere visibile l'informativa sulla videosorveglianza, nonché dell'obbligo di adottare le misure di sicurezza a protezione dei dati registrati tramite gli impianti di videosorveglianza.
La redazione di Biblus-net ritiene opportuno riproporre una Guida pratica del Garante, rivolta alle piccole e medie imprese, ma utile anche agli studi professionali, contenente domande e risposte sul trattamento dei dati sensibili e una check list finale per la verifica della gestione attuale e per l'individuazione di eventuali criticità.
Nella Guida sono illustrati gli aspetti più importanti della normativa con l'obiettivo di rendere più agevoli gli adempimenti previsti dal codice. Tra le questioni affrontate:
- i soggetti che effettuano il trattamento
- la notifica del trattamento
- l'informativa
- il consenso dell'interessato
- la sicurezza dei dati, il DPS, il trasferimento dei dati personali fuori dell'Unione europea
- i diritti degli interessati (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ascensori e montacarichi. Dal Ministero del Lavoro il testo coordinato per l'attuazione delle direttive europee.
Il Ministero del Lavoro ha pubblicato un documento contenente il testo coordinato del Decreto del Presidente della Repubblica 05.10.2010, n. 214 - “Regolamento recante modifiche al Decreto del Presidente della Repubblica 30.04.1999, n. 162, per la parziale attuazione della Direttiva 2006/42/CE relativa alle macchine e che modifica la Direttiva 95/16/CE relativa agli ascensori”.
Il documento fornisce un quadro completo sulle norme relative ad ascensori e montacarichi, dai requisiti essenziali di sicurezza ai contenuti delle dichiarazione CE. Sono presenti diversi allegati tecnici, tra cui:
- Requisiti essenziali di sicurezza;
- Contenuto della dichiarazione CE;
- Marcatura CE di conformità;
- Elenco dei componenti di sicurezza;
- Esame CE del tipo (Modulo B);
- Esame finale (link a www.acca.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

ENTI LOCALI: G.U. 19.03.2011 n. 64, suppl. ord. n. 74, "Adozione dei criteri ambientali minimi da inserire nei bandi gara della Pubblica amministrazione per l’acquisto dei seguenti prodotti: tessili, arredi per ufficio, illuminazione pubblica, apparecchiature informatiche" (Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, decreto 22.02.2011).

ENTI LOCALI: G.U. 19.03.2011 n. 64 "Linee guida, in materia di trattamento di dati personali contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato da soggetti pubblici per finalità di pubblicazione e diffusione sul web" (Garante per la protezione dei dati personali, deliberazione 02.03.2011).

ENTI LOCALI: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 11 del 16.03.2011:
- "Modifiche agli allegati A e C al r.r. n. 2/2009 «Contributi alle Unioni di Comuni Lombarde e alle Comunità Montane e incentivazione alla fusione dei piccoli Comuni» e s.m.i., in attuazione dell’art. 20 l.r. n. 19/2008;
- Testo coordinato del Regolamento regionale 27.07.2009, n. 2 - «Contributi alle Unioni di Comuni Lombarde e alle Comunità Montane e incentivazione alla fusione dei piccoli Comuni, in attuazione dell’articolo 20 della legge regionale 27.06.2008, n. 19 (Riordino delle Comunità Montane della Lombardia, disciplina delle Unioni di Comuni Lombarde e sostegno all’esercizio associato di funzioni e servizi comunali)», integrato con la d.g.r. 09.03.2011, n. 1405" (deliberazione G.R. 09.03.2011 n. 1405).

AMBIENTE-ECOLOGIA: G.U. 15.03.2011 n. 61 "Modifiche al decreto legislativo 20.11.2008, n. 188, recante l’attuazione della direttiva 2006/66/CE concernente pile, accumulatori e relativi rifiuti e che abroga la direttiva 91/157/CEE, nonché l’attuazione della direttiva 2008/103/CE" (D.Lgs. 11.02.2011 n. 21).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, La segnalazione certificata di inizio attività nell’edilizia (AL n. 01-02/2011).

EDILIZIA PRIVATA: P. Vignola, Il procedimento amministrativo autorizzatorio delle attività economiche: lo Sportello unico per le attività produttive e le Agenzie per le imprese - Le principali novità introdotte dai recenti interventi riformatori (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

SINDACATI

PUBBLICO IMPIEGO: Festa per i 150 anni dell'Unità d'Italia: vi è il dubbio che i lavoratori del comparto Regioni ed Enti Locali non debbano subire la compensazione su ferie o festività soppresse (CSA di Roma, comunicato stampa del 15.03.2011).

PUBBLICO IMPIEGOFestività nazionale del 17.03.2011 (CISL-FP di Bergamo, nota 14.03.2011).

PUBBLICO IMPIEGO: Risorse economiche aggiuntive: per la contrattazione decentrata? (CGIL-FP di Bergamo, nota 14.03.2011).

NOTE, CIRCOLARI E COMUNICATI

EDILIZIA PRIVATA: Linee guida per la progettazione e l'installazione di apparecchi termici radianti a gas di tipo A.
Gli impianti termici a gas realizzati con diffusori radianti ad incandescenza (conformi alla UNI 419-1) non sono disciplinati, ai fini della prevenzione incendi, da alcuna regola tecnica (nel D.M. 12/04/1996 sono esclusi esplicitamente gli apparecchi di Tipo A) né da Norme di buona tecnica (le UNI 7129 e 7131 riguardano apparecchi domestici con potenza fino a 35 kW).
Per sopperire a tale mancanza, il Ministero dell'Interno (Dipartimento dei Vigili del Fuoco) ha pubblicato la lettera-circolare 09.03.2011 n. 3185 di prot., contenente le Linee Guida per la valutazione del rischio di impianti termici a gas di tipo A, installati nei luoghi soggetti ad affollamento di persone, di potenzialità superiore a 116 kW, ma utili anche per la valutazione del rischio per gli impianti di potenza termica compresa tra 35 e 116 kW.
In particolare, la nota ministeriale P449/4143 del 1998 già dettava delle indicazioni circa l'installazione di tali impianti, ma, a seguito di alcuni incidenti, ulteriori provvedimenti ne avevano vietato l'installazione in luoghi di culto. Con la nuova Circolare vengono rimossi i divieti di installazione previsti dalle precedenti Circolari e vengono evidenziati alcuni fattori di rischio che il progettista dovrà tener in conto, secondo le procedure previste dal D.M. 04.05.1998 oppure attraverso l'approccio ingegneristico previsto dal D.M. 09.05.2007.
Ai fini della valutazione del rischio, si chiede al progettista di considerare i seguenti tre fattori di rischio:
- immissione all’interno dell’ambiente di prodotti di combustione;
- irraggiamento termico;
- presenza di linee di alimentazione all’interno dell’ambiente (link a www.acca.it).

CORTE DEI CONTI

ENTI LOCALISocietà partecipate dai Comuni: confermati i divieti introdotti dalla manovra correttiva.
Per i Comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti opera il divieto di costituire società, previsto dalla manovra correttiva, in relazione alla partecipazione (minoritaria) a una società veicolo per la realizzazione di un’operazione di project financing.
La disciplina recata dal Codice dei Contratti, infatti, non presenta carattere di specialità e, pertanto, non può determinare il superamento del divieto generale posto dall’articolo 14, comma 32, della legge 122/2010.
È quanto ha precisato la Sezione di Controllo della Corte dei Conti del Piemonte nel parere 20.12.2010 n. 92 rilasciato a seguito di una specifica richiesta avanzata da un Comune.
CASO ESAMINATO
La questione sollevata trae spunto da un’operazione di project financing, nella quale il bando ha stabilito l’obbligo dell’aggiudicatario di costituire una società di progetto con partecipazione minoritaria del Comune, di popolazione inferiore a 30.000 abitanti.
Partendo dalla fattispecie sottoposta la magistratura contabile, in primis, richiama l’evoluzione normativa intervenuta in materia (rappresentata soprattutto dalle disposizioni recate dalle leggi 244/2007 e 122/2010), che ha comportato un quadro sempre più restrittivo rispetto alla detenzione di società partecipate da parte degli Enti locali, con particolare riferimento alle realtà di minore dimensione.
La ratio di questa normativa è chiaramente il perseguimento di obiettivi finanziari attraverso il contenimento della spesa pubblica e il miglioramento dei saldi di bilancio, sul ragionevole presupposto che gli enti di maggiore estensione demografica diano garanzie di maggiore efficienza.
Tale logica di ragionamento ha comportato, da parte della manovra correttiva, la statuizione del divieto di costituire e mantenere partecipazioni societarie per i comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti (fino a 50.000 vi è invece la possibilità di detenere una sola partecipazione), in quanto dimensioni tali da non giustificare i correlati costi e rischi.
Rispetto al divieto generale così introdotto, peraltro, sulla base del quadro interpretativo che si sta consolidando, si pongono in rapporto di specialità le disposizioni con cui il legislatore ha previsto che determinate attività e funzioni dei comuni debbano essere svolte attraverso la costituzione di specifiche società di capitali.
Disposizioni che, in quanto tali, prevalgono sulla disciplina di carattere generale e dunque continuano ad avere efficacia, pur rendendosi necessaria un’interpretazione restrittiva delle stesse.
EVOLUZIONE
In questi termini si era del resto già espressa l’Anci, con propria circolare del 03.11.2010, ritenendo escluse dalla disciplina generale recata dalla legge 244/2007 e dalla legge 122/2010, sia le società strumentali, regolate dall’articolo 13 della legge 248/2006, sia le società di servizi pubblici locali di rilevanza economica, ai sensi dell’articolo 23-bis della legge 133/2008.
Analoga interpretazione, rispetto a queste ultime, era altresì stata espressa dalla Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti per la Puglia, con il proprio parere 56/2010.
SOCIETÀ VEICOLO
Nondimeno, secondo di Controllo del Piemonte della Corte dei Conti, non presentano carattere di specialità le disposizioni contenute nell’articolo 156 del Dlgs 163/2006, riguardanti proprio la costituzione della società di progetto.
Quest’ultima, infatti, rappresenta uno strumento da prevedersi, nel bando di gara (come facoltativo od obbligatorio per l’aggiudicatario) sulla base di una soluzione che deve essere garantita o imposta ai vincitori di gare per l’affidamento di una concessione per la realizzazione di un’operazione di project financing.
In aggiunta, deve essere ricordato, non è prevista, nel modello delineato dal legislatore, la necessaria partecipazione dell’amministrazione aggiudicatrice al capitale di rischio della società di progetto, che deve essere attentamente ponderata da parte dell’ente interessato sulla base delle regole generali previste per il ricorso a partecipate.
Da un lato, occorre verificare che si tratti di società avente a oggetto la produzione di beni e di servizi necessari per il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente o la produzione di servizi di interesse generale.
Siffatta valutazione compete a ciascuna amministrazione che deve svolgerla tenendo conto delle finalità che si propone di raggiungere con lo strumento societario, in relazione ai compiti istituzionali a essa assegnati dall’ordinamento.
Dall’altro lato, nel caso specifico dei Comuni, va verificata la sussistenza dei requisiti dimensionali minimi stabiliti dall’articolo 14, comma 32, della legge 122/2010.
Non devono poi essere tralasciati i principi generali dell’azione amministrativa, in forza dei quali la partecipazione a una società deve essere sempre attentamente valutata da ciascun ente, nell’esercizio della propria sfera di autonomia decisionale, tenuto conto delle necessità della comunità locale di riferimento, e avendo riguardo alle risorse necessarie (normalmente rilevanti nelle operazioni di project financing) così come alla salvaguardia della sana gestione finanziaria.
CONCLUSIONI
La pronuncia in commento, che si aggiunge alle molte altre sul tema, contribuisce a chiarire il quadro normativo riguardante le società partecipate degli Enti locali, che dopo gli interventi normativi più recenti si presenta articolato e complesso.
Per di più non sono stati neppure emanati i provvedimenti attuativi previsti, che pure avrebbero potuto apportare qualche contributo chiarificatore.
In effetti, l’incertezza in ordine alle sorti che devono subire le società degli enti, soprattutto comunali e di modesta dimensione, è notevole e lascia le amministrazioni interessate in una situazione critica, in cui risultano dubbi anche gli stessi percorsi da intraprendere.
È quindi del tutto auspicabile, per garantire una stabilità del quadro di riferimento, ma altresì per assicurare la tutela degli investimenti effettuati dagli enti locali, che giungano al più presto indicazioni chiare (anche di carattere legislativo) in grado di definire l’assetto delle società partecipate dagli Enti locali.
In caso contrario, la materia continuerà a essere regolata da disposizioni di dubbia portata, gli operatori rimarranno in una condizione di profonda incertezza e le soluzioni adottate dai diversi enti si presenteranno differenziate, rendendo ancora più complesso (e meno controllabile) il fenomeno delle società partecipate dagli Enti locali (commento tratto da www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com).

GIURISPRUDENZA

APPALTI: Valida la polizza fideiussoria non firmata per quietanza, se riporta l'indicazione del codice di autorizzazione al rilascio della polizza prepagata.
La polizza fideiussoria prodotta in sede di gara che non riporta la tradizionale attestazione di pagamento effettuata dall’agente che materialmente consegna la polizza ma la più moderna indicazione del codice di autorizzazione al rilascio della polizza prepagata risulta quietanzata mediante un sistema informatico di attribuzione del codice a barre che attesta l’avvenuto pagamento del premio e la conseguente attivazione della copertura assicurativa, con correlativa soddisfazione dell’interesse e pubblico in merito alla certezza dell’operatività della garanzia (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.03.2011 n. 1637 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La commissione non può avvalersi di un consulente esterno che ha svolto la propria attività nella fase di predisposizione degli atti di gara.
Le regole poste dalla legge (art. 84 del codice dei contratti pubblici) in ordine ai criteri di scelta dei componenti della commissione ed alla composizione complessiva dell’organo collegiale, laddove impongono il ricorso a professionalità tecnicamente attrezzate, sarebbero con evidenza eluse se si consentisse l’attribuzione ad un soggetto esterno di compiti decisionali determinanti in sede di valutazione delle offerte tecniche, tali da esautorare la Commissione nell’espletamento di un compito di sua pertinenza (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.03.2011 n. 1628 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla legittimità dell'annullamento d'ufficio di una gara d'appalto, per violazione dell'art. 84 del d.lgs. n. 163/2006, in ordine ai criteri di scelta dei componenti la commissione di gara.
E' legittimo l'atto di annullamento in autotutela di una procedura d'appalto, motivato in ragione della presenza, in seno alla commissione giudicatrice, di un componente che abbia prestato la propria attività tanto nella fase di predisposizione degli atti di gara, quanto in quella successiva, in veste di "consulente esterno", costituendo ciò violazione dell'art. 84 del d.lgs. n. 163/2006, in quanto l'operato del commissario predetto, nel caso di specie, non si è limitato fornire un occasionale supporto tecnico ab externo, bensì ha contribuito pienamente alla formazione del processo decisionale ed alla conseguente assunzione delle determinazioni spettanti all'organo collegiale.
Peraltro, le regole dettate dall' art. 84 del d.lgs. n. 163/2006, in ordine ai criteri di scelta dei componenti la commissione, laddove impongono il ricorso a professionalità tecnicamente attrezzate, sarebbero eluse se si consentisse l'attribuzione, ad un soggetto esterno, di compiti decisionali determinanti in sede di valutazione delle offerte tecniche, tali da esautorare la Commissione nell'espletamento di un compito di sua pertinenza (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.03.2011 n. 1628 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Responsabilità precontrattuale della p.a. nel caso di annullamento d'ufficio degli atti di gara per un vizio rilevato dall'amministrazione solo successivamente all'aggiudicazione.
La responsabilità precontrattuale è configurabile tra l’altro nel caso di annullamento d'ufficio degli atti di gara per un vizio rilevato dall'amministrazione solo successivamente all'aggiudicazione definitiva o che avrebbe potuto rilevare già all'inizio della procedura (CS., V, 07.09.2009, n. 5245; cfr anche CS.VI, 16.01.2006, n. 86) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.03.2011 n. 1627 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla natura globale e sintetica del giudizio di verifica di congruità delle offerte.
Il giudizio di verifica della congruità di un'offerta in una gara pubblica ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme.
Il giudizio medesimo costituisce espressione di un potere tecnico discrezionale dell'amministrazione, di per sé insindacabile, salva l'ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche o fondate sull'insufficiente motivazione o affette da errori di fatto.
Pertanto i singoli elementi di cui l'offerta si compone non possono essere presi in considerazione separatamente ma debbono essere valutati per la loro incidenza sull'offerta complessiva (ex multis ,V, 20.05.2008, n. 2348) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.03.2011 n. 1618 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: E' sufficiente la prova che la documentazione sia stata esposta al rischio di manomissioni per ritenere invalida la procedura di gara.
Le misure di cautela relative alla conservazione dei plichi sono volte a salvaguardare la possibilità, e non l'effettività, della manomissione.
Pertanto è sufficiente che vi sia la prova in atti che la documentazione di gara sia rimasta esposta al rischio di manomissione per ritenere invalide le operazioni di gara, non potendosi porre a carico dell'interessato l'onere di provare che vi sia stato in concreto l'evento che le misure cautelari intendono prevenire (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.03.2011 n. 1617 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Il fatturato richiesto dal bando può essere raggiunto dal Consorzio anche con attività di società del Consorzio stesso che avevano operato con affitto di azienda, anche se l'affitto è terminato.
In ordine alla questione che il fatturato del Consorzio sarebbe stato raggiunto con l’apporto di attività conseguita da società cooperative del Consorzio che avevano operato con affitto di azienda, non è rilevante che, successivamente, l’affitto sia venuto meno, in quanto ciò che rileva, per individuare la massa dell’attività svolta, è solo il fatto che una certa attività sia stata effettivamente esercitata, e di ciò non si può dubitare, anche se, in un secondo momento, l’affitto è terminato (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.03.2011 n. 1615 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Sul principio di proporzionalità.
Il principio di proporzionalità impone che l'Amministrazione adotti la soluzione idonea e adeguata, comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti, e si risolve, in sostanza, nell'affermazione secondo cui le autorità non possono imporre, sia con atti normativi che con atti amministrativi, obblighi e restrizioni alle libertà del cittadino in misura sproporzionata, e cioè superiore a quella strettamente necessaria per il raggiungimento dello scopo che l'autorità è tenuta a realizzare, in modo che il provvedimento emanato sia idoneo, cioè adeguato all'obiettivo da perseguire, e necessario, nel senso che nessun altro strumento ugualmente efficace, ma meno negativamente incidente, sia disponibile (cfr., ex multis, TAR Campania, Napoli, sez. IV, 22.11.2010 n. 25589) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it -  TAR Sicilia-Catania, Sez. IV, sentenza 16.03.2011 n. 667 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La lex specialis non può prescrivere adempimenti superflui e formalistici ai fini della partecipazione alle gara.
E' illegittima la prescrizione della lex specialis, la quale, all’interno della busta “C”, prevedeva l’inserimento dell’offerta del canone in apposita busta chiusa e sigillata, in modo da separarlo dalla relazione economica giustificativa, pure da inserire nel plico “C”, e la conseguente illegittimità dell’esclusione di un'impresa per la mancata osservanza di tale prescrizione, in quanto la gravata prescrizione non era sorretta da alcuna ratio giustificativa di tutela della trasparenza e imparzialità delle valutazioni della commissione di gara e/o della par condicio dei concorrenti, risolvendosi per contro in un inutile, sovrabbondante e superfluo orpello formalistico, lesivo dei principi di semplificazione e di mancato aggravio procedimentale, la cui violazione giammai era idonea a determinare l’esclusione di una concorrente dalla gara (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.03.2011 n. 1588 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: CONSIP: è intrinseca l'economicità dei beni e servizi offerti.
E’ intrinseca la economicità dei beni e servizi offerti dal sistema CONSIP, poiché si perviene a risparmi sia diretti, ottenibili in virtù del miglio prezzo offerto dalla convenzione quale risultato di una gara comunitaria ad evidenza pubblica, sia indiretti, consistenti nella riduzione dei costi per il potenziale contenzioso e nella riduzione dei tempi di avvio, espletamento e perfezionamento delle procedure di acquisto dei beni e dei servizi (in termini TAR Campania, sent. n. 22688 del 04/11/2010).
Alla luce di tali principi non sussiste alcun obbligo per l’Amministrazione di valutare l’offerta della ditta ricorrente, dopo avere operato la scelta di aderire alla convenzione, poiché la valutazione della convenienza non si parametra esclusivamente in relazione al prezzo, ma anche in relazione agli altri elementi costituenti “risparmi indiretti” cui sopra si è fatto cenno, oltre che al parametro prezzo-qualità del servizio posto a fondamento della convenzione (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Catania, Sez. III, sentenza 15.03.2011 n. 650 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Cottimo fiduciario: la stazione appaltante non è obbligata a chiedere chiarimenti in ordine al prezzo dell'offerta.
Il cottimo fiduciario è una procedura negoziata che, ancorché procedimentalizzata, non esige l’osservanza di tutte le regole dell’evidenza pubblica comunitaria (TAR Toscana, Firenze, sez. I sent. n. 3988 del 22/12/2009).
Ciò non esclude che la stazione appaltante, pur non essendone obbligata, possa richiedere chiarimenti in ordine al prezzo dell’offerta, ai sensi dell’art. 83, comma 3, d.L.vo n. 163/2006 (TAR Lazio, Latina, sez. I, sent. n. 1903 del 19/11/2010), facendo poi uso di ampli poteri discrezionali nel valutare i forniti chiarimenti, censurabili solo sotto il profilo della illogicità e contraddittorietà.
Nel cottimo fiduciario è esclusa la nomina di commissari, la direzione della gara rientrando nei compiti del RUP (TAR Toscana, Firenze, sez. I, sent. n. 3988 del 22/12/2009) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Catania, Sez. III, sentenza 15.03.2011 n. 649 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Gara per l'affidamento di servizi d igiene ambientale: va indicato il nominativo del responsabile tecnico.
E' legittima l'esclusione dalla gara pubblica, indetta per l'affidamento dei servizi di igiene ambientale, dell'impresa che nella sua domanda non abbia indicato il nominativo del proprio responsabile tecnico, né reso le prescritte dichiarazioni, trattandosi di figura che per le imprese che effettuano la gestione dei rifiuti è espressamente prevista dal d.m. 28.04.1998, il cui artt. 10, comma 4, ne impone la nomina, che deve ricadere su soggetti aventi i prescritti requisiti di qualificazione professione, di ordine speciale, e di ordine generale; in sostanza, il responsabile tecnico è elemento indispensabile per la qualificazione dell'impresa, deputato allo svolgimento dei compiti tecnico-organizzativi relativi anche all'esecuzione del servizio commesso da parte dell'impresa, di cui assume quindi, per stessa definizione, la responsabilità sotto tali aspetti (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Catania, Sez. III, sentenza 15.03.2011 n. 646 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: E di natura tecnico-discrezionale l'apprezzamento svolto in sede di verifica dell'anomalia.
L'apprezzamento svolto in sede di verifica dell'anomalia dell'offerta è di natura tecnico-discrezionale, sindacabile per manifesta illogicità, errore di fatto, insufficiente motivazione (TAR Liguria Genova, sez. II, 03.02.2010, n. 233) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Catania, Sez. III, sentenza 15.03.2011 n. 645 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato delle p.a..
Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni (art. 24, comma 3, l. 241/1990) perché siffatto potere di controllo, generale e preliminare, è del tutto ultroneo alla norma sull’accesso, che non conferisce ai singoli funzioni di vigilanza, ma solo la pretesa individuale a conoscere dei documenti collegati a situazioni giuridiche soggettive.
Immaginare un “potere esplorativo” significa non solo eccedere la dimensione comunque soggettiva del diritto di accesso, aprendo gli orizzonti a fenomeni di giurisdizione di diritto oggettivo, ma soprattutto trascurare gli equilibri sottesi alla disposizione dell’art. 22; ciò perché l’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi è destinato alla comparazione con altri interessi rilevanti, tra i quali anche l’interesse dell’amministrazione a non subire eccessivi intralci nella propria azione gestoria, che, nei limiti del predetto equilibrio tra valori, trova rispondenza anche nel catalogo dei principi costituzionali: su tutti quelli previsti agli artt. 41 e 97 Cost. (Cons. Stato, 555/2006).
In altre parole, la disciplina sull'accesso tutela solo l'interesse alla conoscenza e non l'interesse ad effettuare un controllo sull'amministrazione, allo scopo di verificare eventuali e non ancora definite forme di lesione della sfera dei privati (cfr. Sezione V, n. 5636 del 25.09.2006; Cons. Stato, 11.05.2007 n. 2314) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Catania, Sez. II, sentenza 15.03.2011 n. 621 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: E' legittima la presenza nella commissione di gara per l'affidamento del servizio globale di pulizia, manutenzione e presidio delle aree a verde pubblico e degli arenili, di un dipendente della società in house del Comune.
Il rapporto di completa subordinazione gerarchica e la dipendenza anche strutturale della società in house rispetto al comune di appartenenza fa sì che dipendenti della società possano essere preposti ad uffici dell'amministrazione o comunque chiamati a svolgere (nella prospettiva della delegazione interorganica) funzioni riconducibili direttamente all'ambito delle competenze del Comune, così da operare come funzionari del comune pur non essendo qualificabili come dipendenti comunali e nei limiti delle funzioni delegate.
Ne consegue che, l'art. 84, c. 8, del d.lgs. n. 163/2006, nella parte in cui prescrive che i componenti delle commissioni aggiudicatrici debbano essere scelti fra funzionari della stazione appaltante non possa essere interpretato, restrittivamente, come riferito esclusivamente a dipendenti di ruolo dell'amministrazione comunale, quanto, estensivamente, come riferito a tutti i soggetti che -siano essi dipendenti non di ruolo o a contratto ovvero, per esempio, dipendenti di società in house- siano parte integrante dell'organizzazione complessa dell'amministrazione comunale e preposti allo svolgimento di un ufficio.
In detta prospettiva lo svolgimento dei compiti di componente di commissioni aggiudicatrici finisce con l'inerire all'ufficio e compete ai dipendenti della società in house nella stessa maniera in cui compete ai dipendenti di ruolo ( non dovendo quindi dare luogo a compensi a favore degli uni e non degli altri) (TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 14.03.2011 n. 2241 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Cessione di ramo d'azienda e subentro nel contratto d'appalto.
1. La vicenda inerente la cessione, da parte dell’aggiudicataria del contratto, del ramo d’azienda e la conseguente richiesta da parte della cessionaria di subentrare nel relativo contratto, pur inserendosi nella fase esecutiva del contratto, è caratterizzata da una sequenza procedimentale di tipo valutativo, a carattere almeno parzialmente discrezionale, volta all’accertamento, in capo alla società cessionaria, dei necessari requisiti richiesti per lo svolgimento del servizio oggetto di contratto.
Trattasi di poteri valutativi discrezionali di tipo autoritativo del tutto simili a quelli esercitati dalla stazione appaltante durante la procedura di gara, finalizzati alla verifica del possesso dei requisiti di capacità economico finanziaria richiesti dal bando.
Pertanto, la posizione di diritto soggettivo connessa alla fase esecutiva del contratto, che esclude la giurisdizione del giudice amministrativo, è rinvenibile solo con riferimento alla posizione dell’originaria aggiudicataria, mentre con riguardo alla posizione della società cessionaria del ramo d’azienda che intende subentrare nel contratto stipulato dalla cedente, è rinvenibile una posizione di interesse legittimo che incardina la giurisdizione del giudice amministrativo.
2. La possibilità di subentro nel contratto da parte del cessionario di un ramo di azienda è, quindi, normativamente subordinata al positivo accertamento del possesso sia dei requisiti di ordine soggettivo che dei requisiti di ordine speciale previsti in sede di gara, al fine di garantire la stazione appaltante circa la permanenza, in caso di modificazione soggettiva dell’esecutore del contratto, dei requisiti accertati in capo al soggetto affidatario del contratto.
A tale scopo la società cessionaria potrà avvalersi non della totalità dei requisiti della cedente ma solo di quelli relativi al ramo d'azienda ceduto (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 10.03.2011 n. 2187 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla sigillatura delle buste.
La chiusura tramite sigillatura di un plico, pur in un’ottica estensiva ed attenta al perseguimento delle finalità sostanziali sottese alle prescrizioni formali, deve comunque consistere in una modalità di chiusura ermetica, tale da assicurare l’integrità del plico ed impedirne l’apertura senza lasciare manomissioni o segni apprezzabili, al fine di assicurare il raggiungimento delle finalità per cui tale adempimento è richiesto (ex plurimis: Cons. Stato, Sez. VI, 17.07.2008 n. 3599 e 20.04.2006 n. 2000; Sez. V, 18.03.2004 n. 1411).
Ed invero, la previsione del bando di gara che impone la presentazione da parte dei concorrenti di plico e buste sigillati e controfirmati sui lembi di chiusura risponde alla ratio di garantire, oltre ogni ragionevole dubbio o interpretazione discrezionale, la genuinità e paternità della domanda di partecipazione e della documentazione a questa allegata, la quale può essere assicurata solo se la sigillatura sia tale da impedire che il plico possa essere aperto senza che ne resti (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 10.03.2011 n. 1553 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla sigillatura delle buste nell'ambito delle procedure di affidamento di appalti pubblici.
Secondo consolidata giurisprudenza, in materia di appalti pubblici, l'indicazione della necessità del sigillo, nell'ipotesi in cui l'amministrazione, nell'esercizio del potere di decidere in ordine al regolamento di gara, non ne specifichi particolari modalità, risponde all'esigenza di garantire che la busta non possa essere aperta se non a prezzo di manometterne visibilmente la chiusura; il termine "sigillare" va interpretato nel senso estensivo, indicante una chiusura ermetica, tale da impedire ogni accesso o rendere evidente qualsivoglia tentativo di apertura.
Nel caso in esame, la lex specialis testualmente prescrive, a pena di esclusione, la necessità che il plico contenente l'offerta risulti trovarsi in busta sigillata, controfirmato sui lembi di chiusura, così da garantirne l'integrità e segretezza, non riferendosi, pertanto, ad una tipologia specifica (nella specie si discute se possa esservi un riferimento specifico all'utilizzo della ceralacca) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 10.03.2011 n. 1553 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Il principio di pubblicità della gara si applica anche nel cottimo fiduciario.
Il principio di pubblicità della gara risponde all'esigenza di garantire la trasparenza delle operazioni di gara ed opera, indipendentemente dal fatto che il bando lo preveda, in tutte le ipotesi in cui all'aggiudicazione si pervenga attraverso un'attività di tipo procedimentale, ancorché semplificata e quindi anche in relazione ai cottimi fiduciari.
L'applicazione del detto principio implica che la fase concernente l'apertura dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e tecnica, quella di verifica della detta documentazione, e quella di apertura delle buste con le offerte economiche, debbano sempre avvenire in seduta pubblica, così da assicurare a tutti i partecipanti la possibilità di assistere alle relative operazioni a tutela del corretto svolgimento della procedura (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 10.03.2011 n. 212 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Diritto di accesso: l'amministrazione deve consentire l'accesso anche nei confronti di quei documenti di cui non ha la disponibilità materiale?
Fermo restando che l’amministrazione può e (in carenza di ostacoli giuridici) deve consentire l’accesso ai documenti dei quali ha la disponibilità, osserva che, nei procedimenti complessi che richiedono intervento interno di più organi o soggetti di p.a., il dovere ostensivo previsto dalla legge non può ritenersi limitato a quei documenti dei quali l’amministrazione abbia la disponibilità di fatto o, come suol dirsi “materiale” (in quanto titolare del procedimento oggetto della domanda), ma comprende anche l’ostensione di quelli che essa deve acquisire in forza della sua posizione di titolare anche del procedimento ostensivo come regolata dalla legge; in tale doppia veste l’Amministrazione non può che essere giuridicamente tenuta ad avere la disponibilità di tutti i documenti che già risultino esistenti alla data della domanda di accesso ed emessi da organi od uffici interni che siano intervenuti nel procedimento cui la domanda di accesso si riferisce (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 09.03.2011 n. 1512 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI - ATTI AMMINISTRATIVIAutodichiarazioni: la carta di identità è sottratta all'accesso. La tutela della privacy dei dati contenuti nella carta di identità prevale sul diritto di accesso.
Questo il principio che si ricava dall'estemporanea ordinanza 09.03.2011 n. 545 del TAR Lombardia-Milano per la quale è legittimo il comportamento di una stazione appaltante che, in sede di accesso agli atti esercitato da una concorrente, non abbia reso ostensibile, né rilasciato in copia, la fotocopia della carta di identità dei legali rappresentanti della ditta aggiudicataria, per ragioni di tutela della privacy.
Questi i fatti.
Nell’ambito di una procedura per l’affidamento di un contratto di concessione, il concorrente secondo classificato esercitava il proprio diritto di accesso agli atti di gara, compresa l’offerta risultata aggiudicataria.
In quella sede non erano rese disponibili, neppure sotto la forma della semplice esibizione, le copie dei documenti di identità dei rappresentanti dell’aggiudicataria, inerenti le autodichiarazioni rilasciate in forza dell’art. 38, comma 3, del Dpr 28.12.2000, n. 445.
La Stazione appaltante taceva peraltro l’esistenza o meno, tra i documenti a sua disposizione, della copia della carta d’identità.
La circostanza era oggetto di censura da parte del concorrente secondo classificato, in sede di impugnazione al Tar Milano, sul presupposto dell’inesistenza del documento.
In giudizio, l’amministrazione sosteneva che i documenti di identità non erano stati oggetto di ostensione né rilasciati in copia per tutelare la privacy del dichiarante.
A suo dire, la carta d’identità contiene infatti dati sensibili.
Con ordinanza n. 545 del 09.03.2011, il giudice meneghino (F. Mariuzzo Presidente, H. Simonetti Estensore) respingeva l’istanza cautelare e, con riferimento alle censure avanzate riguardo alla mancata ostensione e trasmissione dei documenti di identità, così motivava: “ad un primo esame condotto anche al lume delle puntuali e documentate repliche dell’Azienda ospedaliera, non emergono vizi tali da comportare l’esclusione dalla gara”.
In sintesi, la motivazione per relationem fa proprie le ragioni della Stazione appaltante, per cui a tutela della privacy i documenti di identità devono considerarsi sottratti all’accesso.
L’azzardata conclusione del Tar Milano contrasta non solo con l’art. 13 del Codice dei contratti e l’art. 24 della legge n. 241/1990 (che indica i documenti sottratti all’accesso), ma anche con i precedenti dello stesso giudice: “... anche a seguito delle modifiche apportate alla legge n. 241/1990 dalla L. 11.02.2005 n. 15, l'accesso ad un documento amministrativo non può mai essere astrattamente negato adducendo l'esistenza di dati personali. Ciò, in quanto la scelta legislativa è stata quella di imporre all'amministrazione procedente, in quanto destinataria di un'istanza di accesso, di porre in essere un vero e proprio procedimento amministrativo, al fine di operare il dovuto bilanciamento, in relazione alla concreta fattispecie, tra le esigenze di trasparenza e quelle di riservatezza, che ogni specifica istanza sottende.” (TAR Milano sez. IV, 12.05.2010 n. 1464; in questo senso, Sez. III, 03.11.2009 n. 4951).
La limitazione riferita contrasta con il consolidato orientamento giurisprudenziale che, anzi, mostra di tutelare ovviamente l’interesse dei concorrenti ad accedere agli atti di gara: “Ai sensi dell’art. 13, comma 6 codice dei contratti, è ammesso l’accesso agli atti di una gara d’appalto da parte di un’impresa che vi ha preso parte quando esso sia funzionale alla difesa in giudizio dei propri interessi, anche quando la richiesta di ostensione è diretta a conoscere le offerte tecniche delle ditte risultate prime due graduate. Al fine di tutelare i segreti tecnici o commerciali contenuti nelle offerte, il giudice può limitare l’accesso ad alcune parti dei documenti richiesti.” (Consiglio di Stato, sez. VI, 01.02.2010, n. 524).
Diritto alla difesa in giudizio che da tempo l’Adunanza Plenaria reputa prevalere sulla privacy: “Alla stregua di tale ultima disposizione, che ribadisce quanto già stabilito alla lett. d) del secondo comma dell'art. 24 della legge n. 241 del 1990, ritiene questa Adunanza plenaria che il quesito sottoposto dall'ordinanza di rimessione deve essere risolto nel senso che l'accesso, qualora venga in rilievo per la cura o la difesa di propri interessi giuridici, debba prevalere rispetto all'esigenza di riservatezza del terzo.” (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 04.02.1997, n. 5).
Ed è pacifico che i documenti debbano essere resi sia in visione sia in copia: “Né l’art. 13, comma 6, d.lgs. n. 163/2006, né l’art. 24, nella formulazione risultante a seguito della l. n. 15/2005, prevedono che l’accesso c.d. difensivo, come tale prevalente sulle antagoniste ragioni di riservatezza o di segretezza tecnica o commerciale, possa e debba essere esercitato nella forma della sola visione, senza estrazione di copia.” (Consiglio di Stato, sez. VI, 19.10.2009, n. 6393).
La tesi del Tar Milano cozza anche contro la realtà: i dati contenuti nella carta d’identità sono già resi pubblici da parte del soggetto che formula l’autodichiarazione, il quale declina le proprie generalità (nome, cognome, luogo e data di nascita, residenza).
Gli unici dati contenuti nella carta d’identità ‘cartacea’ che non risultano in sede di autodichiarazione sono altezza, peso e colore degli occhi, che peraltro attengono all’aspetto fisico e sono quindi ben visibili a tutti, salvo travisamenti più o meno vezzosi.
Sostenere quindi che la carta di identità contenga dati sensibili, tanto da sottrarla all’accesso agli atti per una procedura concorsuale, contraddice il comune buon senso, prima ancora che il diritto.
Non resta ora che attendere altre pronunce per capire se l’ordinanza del Tar Milano è una fuga in avanti od un caso isolato (commento tratto da www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Il risarcimento del danno da ritardo richiede la positiva verifica della sussistenza dell'elemento soggettivo e del nesso causale oltre che della lesione dell'interesse tutelato.
Il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell'annullamento giurisdizionale, richiedendo la positiva verifica, oltre che della lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall'ordinamento, della sussistenza della colpa o del dolo dell'Amministrazione e del nesso causale tra l'illecito e il danno subito (cfr. ex plurimis, Consiglio Stato, sez. V, 15.09.2010 n. 6797) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 09.03.2011 n. 427 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Va riservato allo Stato e non allo strumento urbanistico il potere di individuare i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici.
Il Comune non può, mediante il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia-urbanistica, adottare misure, le quali nella sostanza costituiscano una deroga ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici fissati dallo Stato, quali, esemplificativamente, il divieto generalizzato di installare stazioni radio-base per telefonia cellulare in tutte le zone territoriali omogenee, ovvero la introduzione di distanze fisse da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino.
Tali disposizioni sono, infatti, funzionali non al governo del territorio, ma alla tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo e si trasformano in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, che l’art. 4 della legge n. 36/2000 riserva allo Stato attraverso l’individuazione di puntuali limiti di esposizione, valori di attenzione ed obiettivi di qualità, da introdursi con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell’Ambiente di concerto con il Ministro della Salute (in tal senso, tra le tante, Consiglio di Stato, sez. VI, 15.06.2006, n. 3534, C.G.A.R.S. 12.11.2009, n. 929; TAR Sicilia, sez. II, 06.04.2009, n. 661).
• V. TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 14.02.2011 n. 268;
• V. TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 02.02.2011 n. 194 (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 09.03.2011 n. 426 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell'annullamento giurisdizionale, richiedendo la positiva verifica, oltre che della lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall'ordinamento, della sussistenza della colpa o del dolo dell'Amministrazione e del nesso causale tra l'illecito e il danno subito
Il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell'annullamento giurisdizionale, richiedendo la positiva verifica, oltre che della lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall'ordinamento, della sussistenza della colpa o del dolo dell'Amministrazione e del nesso causale tra l'illecito e il danno subito (cfr. ex plurimis, Consiglio Stato, sez. V, 15.09.2010, n. 6797) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 09.03.2011 n. 426 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Diritto di accesso e interesse giuridicamente rilevante.
La nozione di «situazione giuridicamente rilevante» (contenuta nell'art. 22, l. 1990 n. 241), per la cui tutela è attribuito il diritto di accesso, è diversa e più ampia rispetto all'interesse all'impugnativa e non presuppone necessariamente una posizione soggettiva qualificabile in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 09.03.2011 n. 423 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAE' illegittima l'ingiunzione di demolizione emessa in pendenza del procedimento di condono edilizio.
L'esame della domanda di condono edilizio, deve precedere ogni iniziativa sanzionatoria-repressiva, la quale diversamente vanificherebbe a priori l'interesse al rilascio del titolo abilitativo in sanatoria (cfr., fra le tante, TAR Sicilia, Sez. III, 21.02.2006, n. 424, e le sentenze ivi richiamate) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it -  TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 09.03.2011 n. 422 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Non ha valenza probatoria la dichiarazione "testimoniale" del dirigente dell'Ufficio.
Non ha valenza probatoria la mera asserzione del Dirigente dell’Ufficio Centro Storico, autorità emanante l’atto, secondo cui l’abuso in questione sarebbe stato certamente realizzato nel luglio 2004, per averlo visto dalla propria finestra, situata dirimpetto all’immobile in questione.
E’ il caso di rilevare che siffatta singolare dichiarazione, resa peraltro ora per allora, dalla medesima autorità amministrativa che con essa contestualmente suffraga l’atto di diniego di condono che adotta, non può assurgere a strumento probatorio, neppure atipico, essendo priva degli elementi essenziali di forma e di sostanza che potrebbero, in ipotesi, assimilarlo ai verbali di sopralluogo, con i quali i tecnici comunali od agenti di polizia municipale accertano abusi edilizi, che –com’è noto- sono atti dotati di fede privilegiata nel senso che fanno fede dei fatti accertati fino a querela di falso (ex plurimis, Consiglio Stato, sez. V, 03.11.2010, n. 7770 ) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it -  TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 09.03.2011 n. 421 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE GESTIONALI: Spetta ai dirigenti e non al Sindaco l'adozione dei provvedimenti autorizzatori e concessori.
1. A seguito dell'entrata in vigore della legge 142/1990 (art. 51), -applicabile anche nella Regione Siciliana- non spetta più al Sindaco, ma ai Dirigenti degli Uffici e dei Servizi l'adozione di "tutti i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi ... ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie", nonché di "tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale" (art. 51, comma 2°).
2. La determinazione di annullamento del silenzio assenso formatosi sull’istanza di autorizzazione ex art. 87 D.Lgs. n. 259/2003 è un atto di secondo grado, pertanto, richiede la comunicazione di avvio del procedimento, prevista dagli artt. 7 ed 8 della L. n. 241/1990.
3. Il Comune non può, mediante il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia-urbanistica, adottare misure, le quali nella sostanza costituiscano una deroga ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici fissati dallo Stato, quali, esemplificativamente, il divieto generalizzato di installare stazioni radio-base per telefonia cellulare in tutte le zone territoriali omogenee, ovvero la introduzione di distanze fisse da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino.
Tali disposizioni sono, infatti, funzionali non al governo del territorio, ma alla tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo e si trasformano in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, che l’art. 4 della legge n. 36/2000 riserva allo Stato attraverso l’individuazione di puntuali limiti di esposizione, valori di attenzione ed obiettivi di qualità, da introdursi con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell’Ambiente di concerto con il Ministro della Salute (in tal senso, tra le tante, Consiglio di Stato, sez. VI, 15.06.2006, n. 3534, C.G.A.R.S. 12.11.2009, n. 929; TAR Sicilia, sez. II, 06.04.2009, n. 661)  (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it -  TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 09.03.2011 n. 419 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
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• V. TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 09.03.2011 n. 426;
• V. TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 14.02.2011 n. 268;
• V. TAR Siclia-Palermo, Sez. II, sentenza 02.02.2011 n. 194.

APPALTI SERVIZI: Sulla legittimità dell'affidamento del servizio di smaltimento dei rifiuti disposto in favore di una società secondo il modulo del c.d. in house providing, interamente partecipata da enti locali.
Nel caso di affidamento in house, conseguente all'istituzione da parte di più enti locali di una società di capitali da essi interamente partecipata per la gestione di un servizio pubblico, il controllo, analogo a quello che ciascuno di essi esercita sui propri servizi, deve intendersi assicurato anche se esercitato non individualmente ma congiuntamente dagli enti associati, deliberando se del caso anche a maggioranza, ma a condizione che il controllo sia effettivo (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.03.2011 n. 1447 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sulla legittimità del mancato avviso di avvio del procedimento nell'ipotesi di aggiudicazione provvisoria di una gara d'appalto.
L'aggiudicazione provvisoria ha natura di atto endoprocedimentale, inserendosi nell'ambito della procedura di scelta del contraente come momento necessario ma non decisivo, atteso che la definitiva individuazione del concorrente cui affidare l'appalto risulta cristallizzata soltanto con l'aggiudicazione definitiva; pertanto,versandosi ancora nell'unico procedimento iniziato con l'istanza di partecipazione alla gara e vantando in tal caso l'aggiudicatario provvisorio solo una aspettativa alla conclusione del procedimento, non si impone la comunicazione di avvio del procedimento di annullamento in autotutela.
In ogni caso nella specie il soggetto ha potuto esporre le sue ragioni sia in sede amministrativa che in sede giurisdizionale, per cui il mancato avviso non ha comportato alcuna lesione della sua posizione defensionale, oltre al fatto che la materia sanzionatoria, quale è quella dell'annullamento di un provvedimento amministrativo, si sottrae per sua natura alla comunicazione preventiva dell'avvio del procedimento che, si ripete, in ogni caso, non avrebbe potuto comportare alcuna modifica della soluzione adottata dalla pubblica amministrazione (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.03.2011 n. 1446 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il credito del comune per oneri concessori è assoggettato al regime di prescrizione ordinaria decennale.
La mancanza dei documenti richiesti per la concessione del condono edilizio impedisce il formarsi del silenzio assenso?
Risulta fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dalle ricorrenti e riferita al credito vantato dal Comune per gli oneri concessori dovuti; al riguardo la giurisprudenza è concorde nell’assoggettare tale credito al regime di prescrizione ordinaria decennale: “il ricorrente ha dedotto l’illegittimità della richiesta dell’ulteriore integrazione a titolo di oneri concessori. Al riguardo é sufficiente ribadire le motivazioni appena prospettate sub III, con la precisazione, che neanche con il regime procedurale della l. 47/1985 si é mai dubitato che operi la prescrizione decennale del conguaglio, stante che il termine breve, come chiarito, riguarda la sola oblazione.” (Tar Catania, I, 1633/2007; analogamente Tar Lecce, 3820/2005); “La prescrizione degli oneri concessori soggiace all'ordinario termine decennale di prescrizione, decorrente dall'atto del rilascio della concessione.” (Tar Lecce, 3394/2004).
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A margine va solo chiarito che la prescrizione è da considerare maturata sia se il relativo termine viene fatto decorrere dalla data di presentazione della domanda di sanatoria; sia se si ha riguardo al momento in cui si è formato tacitamente il titolo edilizio richiesto. A tale ultimo riguardo, infatti, va chiarito che –come si postula nel secondo motivo di ricorso– la concessine in sanatoria si è formata per silentium, essendo decorsi i ventiquattro mesi prescritti a tal fine dall’art. 35 della L. 47/1985, che decorrono dal momento di presentazione della domanda, a nulla rilevando l’eventuale incompletezza della documentazione presentata.
Questa Sezione ha già avuto modo di precisare infatti che: “Secondo la prima disposizione [art. 35 della L. 47/1985, n.d.r.], la mancanza dei documenti richiesti per la concessione del condono edilizio non impedisce il perfezionamento dell'assenso per silenzio fino al momento in cui gli stessi vengano prodotti.
La produzione dei documenti, infatti, non costituisce requisito per la formazione del silenzio assenso; diversamente, la legge avrebbe espressamente previsto la formazione del silenzio assenso decorsi 24 mesi dalla presentazione della domanda munita di tutti gli allegati ad eccezione unicamente nell'ipotesi di immobili vincolati, nel qual caso il termine decorre dal rilascio del nulla osta degli enti di tutela, con conseguente procedibilità ed ammissibilità della domanda ancorché carente documentalmente (TAR Catania, I, 20.01.2004 n. 49; 11.03.2005, n. 418). (…) Il silenzio assenso così formatosi può essere rimosso solo mediante l'esercizio del potere di annullamento di ufficio da parte del Comune (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 24.03.1997, n. 286), misura di autotutela che consente di contemperare il ripristino della legalità con l'esigenza, pure avvertita dal legislatore, di rendere effettivamente praticabile l'istituto del silenzio accoglimento (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 07.12.1995, n. 1672)
.” (Tar Catania, I, 1633/2007) (TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 07.03.2011 n. 557 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Va motivata in modo specifico la reiterazione di precedenti vincoli urbanistici.
Anche in caso di reiterazione "in blocco" permane l'obbligo di adeguata motivazione poiché una mancata utilizzazione dei fondi, nonostante il vincolo di destinazione, può essere giustificata quando non si sia protratta in maniera significativa nel tempo.
Diversamente, la reiterazione del vincolo, a fronte della precedente prolungata inerzia, appare, ove diversamente non espressamente chiarito, del tutto ingiustificata (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 07.03.2011 n. 555 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il termine per l'impugnazione di una concessione edilizia non decorre dall'affissione del cartello di cantiere.
Ai fini della decorrenza dei termini per l'impugnazione di una concessione edilizia, occorre che le opere realizzate rivelino, in modo certo ed univoco, le caratteristiche delle opere stesse e, quindi, l'entità delle violazioni urbanistiche e della lesione eventualmente derivante dal provvedimento.
I dati contenuti nel cartello di cantiere non valgono a descrivere tutte le caratteristiche del progetto, soprattutto se si ha riguardo alla contestazione non già del titolo abilitativo in sé, quanto alla circostanza, rilevabile solo con il concreto avanzamento dei lavori e con la conoscenza completa di tutta la disciplina urbanistica concretamente applicata, del mancato rispetto della distanza dal confine (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 07.03.2011 n. 400 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Lottizzazione abusiva - Presupposti - Concreto stato di urbanizzazione - Valutazione - Area parzialmente urbanizzata - D.P.R. n. 380/2001. Il reato di lottizzazione abusiva ricorre anche in caso di area parzialmente urbanizzata (Cass. n. 12426/2008).
La fattispecie lottizzatoria esula, dalle situazioni di zone completamente urbanizzate, però sussiste non soltanto nelle ipotesi estreme di zone assolutamente inedificate, ma anche in quelle, intermedie, di zone parzialmente urbanizzate, nelle quali si configuri un'esigenza di raccordo col preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione.
Anzi, per escludere la lottizzazione, deve sussistere una situazione di pressoché completa e razionale edificazione della zona tale da rendere del tutto superfluo un piano attuativo (C. Stato, sez 5^, 800.2002, n. 5321; C.d.S. 01.07.2002, n. 3587; C.d.S. 15.02.2001, n. 790; Cass. civ. sez. 2^, 24.07.1999 n. 8021).
Non basta la mera esistenza di opere di urbanizzazione per escludere la necessità della pianificazione attuativa, ma è necessario che le opere esistenti siano sufficienti in un rapporto di proporzionalità fra i bisogni degli abitanti già insediati e da insediare e la qualità e quantità degli impianti urbanizzanti già disponibili destinati a soddisfarli.
La valutazione del concreto stato urbanizzativo di fatto non si può limitare, alle sole aree di contorno dell'edificio progettato, ma deve coincidere con l'intero perimetro del comprensorio che dovrebbe essere pianificato dallo strumento attuativo (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 04.03.2011 n. 8796 - link a www.ambientediritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Accordi integrativi o sostitutivi del procedimento - Art. 11 L. n. 241/1990 - Stipulazione della convenzione - Competenza dell’organo consiliare - Risoluzione dell’accordo per inadempimento della controparte privata - Competenza della Giunta.
In tema di accordi integrativi o sostitutivi del procedimento ex art. 11 L. n. 241/1990, se non è in discussione la competenza dell’organo consiliare allorché si tratta della scelta di stipulazione della convezione, deve invece riconoscersi alla Giunta, in virtù della sua competenza generale e residuale ex art. 48 D.Lgs. 267/2000, il potere di disporre la risoluzione dell’accordo, in caso di accertato inadempimento della controparte privata.
L’atto di risoluzione si pone, infatti, come atto di esecuzione della stessa convenzione, nel senso cioè che l’organo dotato di competenza amministrativa generale (Giunta), può legittimamente accertare la sussistenza dei presupposti di legge (articoli 1453 e seguenti del codice civile, applicabili in virtù del generale richiamo di cui all’art. 11, comma 2°, della legge 241/1990), tali da far venire meno gli effetti dell’accordo (Consiglio di Stato, sez. IV, 11.12.2007, n. 6358, TAR Lombardia, Milano, sez. II, 20.12.2004, n. 6485 e TAR Piemonte, sez. II, 04.12.2000, n. 1270) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 04.03.2011 n. 628 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Lotto asservito - Modifiche alla disciplina urbanistica - Acquisizione di maggiore potenzialità edificatoria - Verifica dell’edificabilità - Quantificazione della volumetria assentibile - Calcolo.
Secondo il pacifico orientamento della giurisprudenza, nel caso in cui, un originario lotto urbanistico abbia acquisito una maggiore potenzialità edificatoria in dipendenza di modifiche alla disciplina urbanistica e, quindi, la parte rimasta inedificata sia suscettibile di edificazione, per verificare l'effettiva potenzialità edificatoria di quest’ultima, occorre sempre partire dalla considerazione che, in virtù del carattere "unitario" dell'originario lotto interamente asservito alla precedente costruzione, non possono non computarsi le volumetrie realizzate sul lotto urbanistico originario (considerato complessivamente), il quale è l'unico ad aver acquisito (e mantenuto) una "propria" potenzialità edificatoria; conseguentemente la verifica dell'edificabilità della parte del lotto rimasta inedificato e la quantificazione della volumetria su di essa realizzabile non può che derivare, per sottrazione, dalla predetta potenzialità, diminuita della volumetria dei fabbricati già realizzati sull'unica, complessiva, area (Cons. Stato, sez. IV, 19.01.2008, n. 255; 26.09.2008, n. 4647; 19.10.2006, n. 6229; 31.01.2005, n. 217; TAR Trentino Alto Adige, Bolzano, 22.08.2007, n. 286; TAR Sardegna, sez. II, 19.05.2006, n. 996).
Tale operazione deve però essere condotta avendo a riferimento gli indici di edificabilità previsti dalla nuova normativa urbanistica e non da quella precedentemente vigente (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 03.03.2011 n. 614 - link a www.ambientediritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Atti confermativi: sulla distinzione tra conferma propria e conferma impropria.
Si ha un atto meramente confermativo (la c.d. conferma impropria) quando l'amministrazione, di fronte ad un'istanza di riesame, si limiti a dichiarare l'esistenza di un suo precedente provvedimento, senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione; per queste sue caratteristiche, l'atto meramente confermativo non riapre i termini per impugnare.
Si ha, al contrario, conferma in senso proprio quando l'amministrazione entri nel merito della nuova istanza e, dopo aver riconsiderato i fatti e i motivi prospettati dal richiedente, si esprima in senso negativo: anziché limitarsi ad una constatazione di fatto dell'esistenza di un precedente provvedimento, l'amministrazione, in questo caso, inizia un vero e proprio procedimento di riesame, esaminando nuovamente la situazione di fatto e di diritto (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 03.03.2011 n. 391 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Oneri concessori: non ha carattere impugnatorio il giudizio proposto avverso il provvedimento con cui vengono determinati.
Nelle controversie aventi per oggetto gli obblighi di pagamento dei contributi afferenti le concessioni e i permessi edilizi, il giudizio non ha carattere impugnatorio, ancorché esso sia proposto, formalmente, come contestazione di una determinazione amministrativa, in quanto mira ad accertare la sussistenza o la misura del credito vantato dal Comune; ne deriva che il ricorso può essere correttamente proposto nel termine di prescrizione del diritto, e dunque anche dopo che siano trascorsi più di sessanta giorni dalla conoscenza, da parte dell’interessato, dell’atto con cui l’amministrazione ha quantificato i contestati contributi, richiedendone il pagamento (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato Sez. IV, sentenza 02.03.2011 n. 1365 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI - EDILIZIA PRIVATA: Sul danno da ritardato rilascio della concessione edilizia.
L’avvenuto riconoscimento in sede giudiziale penale, ai fini civilistici, di un diritto al risarcimento dei danni subiti dal Comune in ragione del comportamento tenuto dal dipendente, esclude l'imputabilità all'Amministrazione dell'operato illegittimo del suo dipendente e, conseguentemente, ogni responsabilità della prima per i danni cagionati a terzi da parte del dipendente.
In sede di indagine sulla sussistenza o meno in capo all’Amministrazione di una responsabilità causativa di danno risarcibile, non può prescindersi dalla colpa nonché dall'onus probandi a carico di chi asserisca di aver subito il danno.
Ora sulla scorta dei canoni ermeneutici intervenuti in subjecta materia, il danno ingiusto derivante dal tardivo rilascio della concessione edilizia va posto in stretta correlazione con l’inosservanza dolosa o colposa della normativa disciplinante il relativo procedimento addebitabile all’Amministrazione, ma non può prescindersi dall’elemento soggettivo della colpa (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 02.03.2011 n. 1335 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Sulla notifica del ricorso per l'accesso agli eventuali controinteressati.
Sulla base di quanto disposto dall'articolo 3, primo comma, del d.P.R. 12.04.2006 n. 184, può ritenersi che il ricorso in materia d’accesso non può essere dichiarato inammissibile, per assenza di notifica al controinteressato, quando la stessa amministrazione procedente non abbia individuato controinteressati né, ritenuto di dover consentire la partecipazione di altri soggetti in sede procedimentale.
Occorre peraltro rilevare che "quando il diritto d’accesso inerisce a verbali di concorso o di selezioni per il reclutamento di personale da parte di pubbliche amministrazioni (nella accezione più ampia), ovvero a schede di valutazione alle stesse procedure collegate, tali documenti rappresentano l'espressione di una attività rispetto alla quale è dato escludere in radice la sussistenza di una potenziale lesione della sfera di riservatezza a tutela dei terzi, posto che i concorrenti, partecipando alla selezione, hanno evidentemente acconsentito a misurarsi in una competizione, di cui la comparazione dei valori di ciascuno costituisce l'essenza" (cfr., in tal senso, Cons. St., sez. VI, 11.02.1997, n. 260) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 01.03.2011 n. 377 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Sul risarcimento del danno da ritardo.
Nel caso in cui il ritardo procedimentale ha determinato un ritardo nell’attribuzione del c.d. “bene della vita”, (costituito nel caso di specie dalla possibilità di edificare secondo il progetto richiesto in variante) la giurisprudenza è pacifica nell’ammettere il risarcimento del danno da ritardo (a condizione ovviamente che tale danno sussista e venga provato) e l’intervenuto art. 2-bis, comma 1, della legge n. 241/1990, introdotto dalla legge n. 69/2009, conferma e rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi delle p.a., stabilendo che le pubbliche amministrazioni e i soggetti equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.
La norma presuppone che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino e la giurisprudenza ha riconosciuto che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento, è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica (Cons. Giust. Amm. reg. Sic., 04.11.2010 n. 1368, che, traendo argomenti dal citato art. 2-bis, ha aggiunto che il danno sussisterebbe anche se il procedimento autorizzatorio non si fosse ancora concluso e finanche se l’esito fosse stato in ipotesi negativo) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.02.2011 n. 1271 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: Sussiste la giurisdizione del g.o. in assenza di dichiarazione di pubblica utilità.
La mancata pronuncia di dichiarazione di pubblica utilità radica, secondo stabile e condivisibile giurisprudenza, la giurisdizione del Giudice Ordinario (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 15.09.2010, n. 6861; Cass. civ., SU, 20.12.2006, n. 27190).
L’assenza di dichiarazione di pubblica utilità rende infatti l’operato dell’amministrazione comportamento non riconducibile, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere (sul punto, Cons. Stato, AP, 30.07.2007, n. 9), circostanza invece richiesta dall’art. 133, comma 1, lett. g), cpa, per la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di espropriazione per pubblica utilità (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Catania, Sez. II, sentenza 25.02.2011 n. 426 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICAE' illegittimo il PRG nella parte in cui impone un facere al proprietario di aree definite "verde privato ad uso pubblico".
Non si rinviene nella legislazione urbanistica alcuna norma che legittimi gli strumenti di pianificazione del territorio ad introdurre coattivamente prestazioni personali di facere, occasionali o continuate, a carico dei cittadini (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 23.02.2011 n. 423 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIL'assenza di dettagliate indicazioni nei verbali di gara non costituisce di per sé motivo di illegittimità.
Il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza 22.02.2011 n. 1094, ha fornito utili indicazioni al fine di stabilire quando alcune lacune nei verbali di gara possano determinare l’invalidità dell’atto verbalizzato e di conseguenza riflettersi sulla complessiva legittimità dell’attività posta in essere dalla commissione di gara.
Nel ricorso in oggetto l’impresa ricorrente censurava l’operato della commissione che, a suo dire, non avrebbe compiuto una verbalizzazione analitica degli atti di gara in quanto avrebbe omesso di indicare:
1) l’orario di inizio e di conclusione dei lavori in un verbale di gara;
2) il rispetto delle misure cautelari adottate per evitare che le buste contenenti le offerte tecniche venissero aperte fino al momento della valutazione del loro contenuto.
Per quanto riguarda la prima censura il Consiglio di Stato ha precisato che le irregolarità nei verbali di gara possono determinare l’invalidità dell’atto verbalizzato solo quando attengano ad aspetti dell’azione amministrativa la cui conoscenza risulta necessaria per valutare la correttezza dell’operato della P.A., al contrario, ove attengano ad aspetti non determinanti dell’azione della commissione di gara, devono essere considerate solamente come mere irregolarità formali non idonee a determinare l’illegittimità dell’atto verbalizzato.
Sul punto i giudici hanno precisato “La giurisprudenza formatasi al riguardo, e condivisa dalla Sezione, afferma in proposito che l’indicazione della durata delle operazione verbalizzate (e, quindi, dell’orario di inizio e di chiusura della seduta collegiale) in alcuni casi può essere considerato un elemento essenziale (ad esempio, per i verbali delle commissioni di concorso, perché tale dato può essere necessario per controllare la ponderatezza delle relative determinazioni); in altri casi, cioè nelle ipotesi in cui si evince altrimenti che la valutazione è stata attenta e ponderata può risultare, invece, superflua (Consiglio di Stato, sez. VI, 14.04.2008, n. 1575)”.
Applicando in concreto tali principi, il Consiglio di Stato ha sottolineato come la mancata indicazione dell’orario era irrilevante in quanto dalla lettura del verbale di gara risultava evidente la valutazione ponderata della documentazione contenente le specifiche tecniche ed organizzative dei servizi proposti.
Per quanto riguarda la seconda censura, l’appellante asseriva che il solo sospetto della mancata adozione in astratto di idonee misure cautelari per tutelare la segretezza delle offerte, avrebbe dovuto essere elemento sufficiente a determinare l’invalidità della gara, a nulla valendo che in concreto non vi fosse stata alcuna violazione dell’obbligo di segretezza.
Sul punto il Consiglio di Stato ha sottolineato come nel caso di specie l’appellante non avesse fornito neanche il minimo principio di prova della eventuale manomissione dei plichi o quanto meno di un concreto pericolo di omissione, e di conseguenza non poteva trovare applicazione quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale la tutela dell’integrità dei plichi deve essere considerata in astratto e quindi il semplice rischio di manomissione è sufficiente a determinare l’invalidità delle operazioni di gara (Consiglio di Stato Sezione V, 06.03.2006 n. 1068 e 21.05.2010, n. 3203).
Ed infatti “Ritiene al riguardo la Sezione di non poter apprezzare favorevolmente la censura relativa alla mancata indicazione delle cautele concretamente adottate al fine di garantire la segretezza delle offerte, sia in quanto genericamente dedotta (senza alcun concreto riferimento alle presunte insufficienti modalità ed alle conseguenti ricadute negative sulla regolarità della gara), sia alla luce del preminente orientamento, condiviso dal Collegio, a tenore del quale la mancata dettagliata indicazione nei verbali di gara delle specifiche modalità di custodia dei plichi e degli strumenti utilizzati per garantire la segretezza delle offerte non costituisce di per sé motivo di illegittimità del verbale e della complessiva attività posta in essere dalla commissione di gara, dovendo invece aversi riguardo al fatto che, in concreto, non si sia verificata l’alterazione della documentazione (cfr. Consiglio di Stato, sezione IV, 05.10.2005, n. 5360; sez. V, 20.09.2001, n. 4973; sez. V, 10.05.2005 n. 2342; sezione V 25.07.2006 n. 4657)”.
Con tale sentenza dunque il Consiglio di Stato ha sottolineato come costituirebbe una inutile e formalistica decisione, non in linea con il criterio di logicità e buon andamento a cui deve uniformarsi la P.A., quella di annullare una gara solo sulla base di un generico (e insussistente nel caso concreto) sospetto di condotte idonee ad inquinare lo svolgimento della procedura di gara (commento tratto da www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Sui limiti ai poteri del Sindaco di adottare provvedimenti -anche contingibili ed urgenti- a tutela dell'incolumità pubblica e della sicurezza urbana.
L'esercizio del potere disciplinato dall’art. 54, comma 4, del d.lgs. 267/2000 –a mente del quale “Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana”– va circoscritto entro i rigorosi limiti, rispettosi della Carta Fondamentale individuati dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 196/2009.
Secondo la sentenza citata “non sembra esservi dubbio che la sostanziale modificazione del previgente art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000 ad opera dell'impugnato art. 6 del decreto-legge n. 92 del 2008, ... è intervenuta tramite un decreto-legge espressamente finalizzato ad introdurre urgenti misure in tema di sicurezza pubblica, intesa come materia di esclusiva competenza statale”…; e ancora: “Il decreto del Ministro dell'interno, infatti, ha ad oggetto esclusivamente la tutela della sicurezza pubblica, intesa come attività di prevenzione e repressione dei reati: non solo la titolazione del decreto-legge n. 92 del 2008 si riferisce alla «sicurezza pubblica», ma, nelle premesse al decreto ministeriale oggetto del presente giudizio, si fa espresso riferimento, come fondamento giuridico dello stesso, al secondo comma, lettera h), dell'art. 117 Cost., il quale, secondo la giurisprudenza di questa Corte, attiene appunto alla prevenzione dei reati e alla tutela dei primari interessi pubblici sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale (sentenze n. 237 e n. 222 del 2006, n. 383 del 2005). Lo stesso decreto, poi, sempre nelle premesse, esclude espressamente dal proprio ambito di riferimento la polizia amministrativa locale".
Sulla scorta di tali argomentazioni deve, pertanto, ritenersi che i poteri esercitabili dai Sindaci, ai sensi dei commi 1 e 4 dell'art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000, non possono che essere quelli finalizzati alla attività di prevenzione e repressione dei reati e non i poteri concernenti lo svolgimento di funzioni di polizia amministrativa nelle materie di competenza delle Regioni e delle Province autonome (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 15.02.2011 n. 277 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Sull'autonomia della domanda di accesso.
Il diritto di accesso non è meramente strumentale alla proposizione di una azione giudiziale, ma assume un carattere autonomo rispetto ad essa; ciò significa che il rimedio speciale previsto a tutela del diritto di accesso deve ritenersi consentito anche se l’interessato non può più agire, o non possa ancora agire, in sede giurisdizionale, in quanto l’autonomia della domanda di accesso comporta che il giudice, chiamato a decidere su tale domanda, deve verificare solo i presupposti legittimanti la richiesta di accesso e non anche la possibilità di utilizzare gli atti richiesti in un giudizio.
Con l’introduzione dell’azione a tutela dell’accesso, il legislatore ha, infatti, inteso assicurare all’amministrato la trasparenza della pubblica amministrazione, indipendentemente dalla lesione, in concreto, di una determinata posizione di diritto o di interesse legittimo; l’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi viene elevato a bene della vita autonomo, meritevole di tutela separatamente dalle posizioni sulle quali abbia poi ad incidere l’attività amministrativa, eventualmente in modo lesivo (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.02.2011 n. 942 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATACampi elettromagnetici: riservata allo Stato la competenza in materia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche.
Il Comune non può, mediante il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia-urbanistica, adottare misure, le quali nella sostanza costituiscano una deroga ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici fissati dallo Stato, quali, esemplificativamente, il divieto generalizzato di installare stazioni radio-base per telefonia cellulare in tutte le zone territoriali omogenee, ovvero la introduzione di distanze fisse da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino.
Tali disposizioni sono, infatti, funzionali non al governo del territorio, ma alla tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo e si trasformano in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, che l’art. 4 della legge n. 36/2000 riserva allo Stato (conforme a Tar Palermo Sez. II, sentenza n. 194 del 02.02.2011) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Siclia-Palermo, Sez. II, sentenza 14.02.2011 n. 268 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Non è consentito l'accesso agli atti dell'attività ispettiva in materia di lavoro solo in caso di effettivo pericolo di pregiudizio per i lavoratori.
La sottrazione all’accesso degli atti dell’attività ispettiva in materia di lavoro postula che risulti un effettivo pericolo di pregiudizio per i lavoratori, sulla base di elementi di fatto concreti, e non per presunzione assoluta.
Si può anche ritenere che il pericolo di pregiudizio sia presunto, ma la presunzione va ritenuta relativa e suscettibile di prova contraria da parte del richiedente l’accesso (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11.02.2011 n. 920 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il diritto all'eliminazione delle barriere architettoniche prevale sulla esigenza di tutela del patrimonio storico-artistico nazionale.
Il legislatore, nel bilanciamento tra l’interesse alla tutela del patrimonio storico-artistico nazionale e quello alla salvaguardia dei diritti alla salute ed al normale svolgimento della vita di relazione e socializzazione dei soggetti in minorate condizioni fisiche ha dato prevalenza al secondo, collocando il diniego dell'autorizzazione alla realizzazione di interventi in beni vincolati ai soli casi di accertato e motivato "serio pregiudizio" del bene vincolato.
Ne deriva che, pur non potendosi affermare la vigenza di un principio di superabilità e derogabilità assoluta e automatica dei vincoli posti per finalità di tutela storico-culturale o paesistico–ambientale, va ritenuto che il provvedimento, con il quale la Soprintendenza non autorizza la realizzazione di un'opera preordinata al superamento delle barriere architettoniche deve dare compiuta ed esauriente emersione alle reali e dimostrabili ragioni di pregiudizio, che il progettato intervento è suscettibile di arrecare all'interesse tutelato (TAR Lazio Roma, II, 15.02.2002, n. 1061) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. I, sentenza 04.02.2011 n. 218 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVIIl diritto di accesso si estende anche agli atti relativi ai rapporti di lavoro intrattenuti da soggetti privati concessionari di servizi pubblici.
Il Consiglio di Stato ha più volte affermato (da ultimo, Cons. Stato, IV, 12.03.2010, n. 1470) che possono formare oggetto di accesso tutti gli atti di gestione del personale dipendente degli enti pubblici e dei soggetti agli stessi equiparati (quali, appunto, i soggetti privati concessionari di servizi pubblici), in quanto, pur essendo tali atti adottati iure gestionis, le esigenze di buon andamento e imparzialità riguardano allo stesso modo l’attività volta all’emanazione di provvedimenti e quella con cui sorgono o sono gestiti i rapporti di lavoro disciplinati dal diritto comune.
Anche la documentazione afferente vicende relative ai rapporti di lavoro intrattenuti da soggetti privati concessionari di servizi pubblici non può ritenersi di suo sottratta all’accesso, dato che la ottimale organizzazione del personale dipendente è propedeutica (e quindi direttamente connessa) alla più proficua erogazione del servizio pubblico da parte del concessionario (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 03.02.2011 n. 783 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAUnico il titolo abilitativo per l'installazione di stazioni radio-base per la telefonia cellulare.
Il Comune non può, mediante il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia-urbanistica, adottare misure, le quali nella sostanza costituiscano una deroga ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici fissati dallo Stato, quali, esemplificativamente, il divieto generalizzato di installare stazioni radio-base per telefonia cellulare in tutte le zone territoriali omogenee, ovvero la introduzione di distanze fisse da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino. Tali disposizioni sono, infatti, funzionali non al governo del territorio, ma alla tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo e si trasformano in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, che l’art. 4 della legge n. 36/2000 riserva allo Stato.
L’installazione di stazioni radio base è soggetta al rilascio di un unico titolo abilitativo, come contemplato e disciplinato dall’art. 87 del d.lgs. n. 259/2003, suscettibile di comprendere tutte le valutazioni anche di natura urbanistica e territoriale proprie del titolo abilitativo edilizio.
Il principio di unicità del titolo abilitativo per l’installazione di stazioni radio base è vincolante anche per le Regioni a Statuto speciale e dunque anche per la Regione Sicilia, trattandosi di principio affermato dal legislatore statale del d.lgs. n. 259/2003 nell’esercizio della potestà legislativa nella materia “trasversale” della tutela della concorrenza.
Ne deriva che le norme di legge della Regione siciliana che regolano il rilascio dei titoli abilitativi edilizi devono essere interpretate in senso conforme al principio di onnicomprensività di valutazioni urbanistico-edilizie, suscettibili di trovare spazio nell’unico procedimento preordinato al rilascio dell’autorizzazione per l’installazione di stazioni radio base, come previsto e disciplinato dall’art. 87 del d.lgs. n. 259/2003 (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 02.02.2011 n. 194 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAAbusi edilizi: sufficiente la notifica del provvedimento di ingiunzione a demolire ad uno solo dei coniugi.
Nella procedura sanzionatoria degli abusi edilizi, si deve ritenere sufficiente la notifica di un atto della procedura ad uno dei coniugi conviventi per raggiungere lo scopo della sua conoscenza anche nei riguardi dell'altro (TAR Campania, Napoli, Sez. IV n. 7511 del 29.04.2004; Sez. II, 19.11.2009, n. 7715) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 01.02.2011 n. 193 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Sull'obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso e sui casi in cui tale obbligo viene meno.
Secondo l’orientamento qui condiviso della giurisprudenza amministrativa, anche in relazione alle ineludibili esigenze di economicità ed efficacia dell'azione amministrativa, salvaguardate dalla legge n. 241 del 1990, può ritenersi che l'obbligo della P.A. di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, venga meno:
a) in presenza di richieste aventi il medesimo contenuto, qualora sia già stata adottata una formale risoluzione amministrativa inoppugnata (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 11.06.2002, n. 3256; 20.11.2000, n. 6181), e non siano sopravvenuti mutamenti della situazione di fatto o di diritto (cfr. sez. IV, n. 3256 del 2002 cit.);
b) in presenza di domande manifestamente assurde (cfr. sez. IV, 20.11.2000, n. 6181; sez. IV, 28.11.1994, n. 950), o totalmente infondate (cfr. sez. V, 03.08.1993, n. 838; 07.05.1994, n. 418);
c) al cospetto di pretese illegali, non potendosi dare corso alla tutela di interessi illegittimi (cfr. sez. IV, 20.11.2000, n. 6181) (cfr. da ultimo Consiglio di Stato sez. IV 05.07.2007 n. 3824) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 01.02.2011 n. 176 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONE: Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da occupazione sine titulo non inizia a decorrere fino alla restituzione dell'immobile ovvero al sopravvenire dell'atto di acquisizione.
In conformità con gli insegnamenti della Corte Costituzionale discendenti dalla sent. 191/2006, va affermata la giurisdizione del giudice amministrativo nel caso di specie in cui si fa questione di una pretesa risarcitoria connessa ad una occupazione del bene, già legittima (poiché sorretta da idonea dichiarazione di pubblica utilità, circostanza non contestata) che è poi tuttavia divenuta illecita per mancata emanazione nei termini di legge di un decreto definitivo di esproprio.
Detto “comportamento” illecito della P.A. è senz’altro riconducibile (mediatamente) alla titolarità e all’esercizio di poteri autoritativi tipici in materia espropriativa (cfr. Cons. Stato, ad. pl., 22.10.2007, n. 12; C.G.A., 25.05.2009, n. 486).
Tale arresto giurisprudenziale trova oggi riscontro anche sul piano normativo in ragione della lett. g), comma 1, art. 133 del Cod. Proc. Amm. ai sensi del quale sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità.
Malgrado l’eliminazione dal mondo giuridico dell’istituto della cd. acquisizione sanante di cui all’art. 43 del D.P.R. n. 327 del 2001, a seguito della dichiarazione di incostituzionalità di quest’ultima norma (Cort. Cost. sentenza 08.10.2010 n. 293), il Collegio ritiene di non poter abdicare alla consolidata giurisprudenza pregressa che qualifica il comportamento in specie tenuto dalla pubblica amministrazione (comunque riconducibile, ripetesi, alla estrinsecazione di un potere pubblico in ragione di una valida dichiarazione di pubblica utilità e di un legittimo decreto occupazione d’urgenza, cui tuttavia non ha fatto seguito nei termini previsti dalla legge il provvedimento definitivo di esproprio) quale illecito permanente nella cui vigenza non decorre la prescrizione (cfr. TAR Palermo sez. III, 13.01.2009, n. 39) in mancanza di un effetto traslativo della proprietà, stante la mancanza del provvedimento di esproprio, connesso alla mera irrevocabile modifica dei luoghi (conformi: Tar Palermo Sez. II, sentenza n. 187 del 01.02.2011; Tar Palermo Sez. I, sentenza n. 204 del 04.02.2011) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 01.02.2011 n. 175 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Sul diritto di accesso relativo a soggetti di diritto privato.
Il diritto di accesso previsto dagli art. 22 e 23 l. n. 241 del 1990 relativo ai soggetti di diritto privato, che svolgono attività di pubblico interesse, riguarda non soltanto l'attività di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, sia collegata a quest'ultima da un nesso di diretta strumentalità (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 02.10.2009, n. 5987; Consiglio Stato, sez. VI, 30.07.2010, n. 5062).
L'esercizio dell'"actio ad exhibendum" nei confronti di chi svolga un pubblico servizio concerne dunque anche l'ostensibilità degli atti di natura privatistica teleologicamente collegati, anche in via indiretta, alla gestione del servizio e alla cura dell'interesse pubblico (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 12.03.2010, n. 1470) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 27.01.2011 n. 619 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla natura di sanzione autonoma dell'acquisizione gratuita al patrimonio dell'Ente delle opere abusive.
L'acquisizione gratuita non costituisce sanzione accessoria alla demolizione, volta a colpire l'esecutore delle opere abusive, ma si configura quale sanzione autonoma (TAR Campania Napoli, sez. III, 10.11.2010, n. 23755; TAR Campania Napoli, sez. VII, 29.07.2010, n. 17176; TAR Puglia Lecce, sez. III, 03.02.2010, n. 423).
La presentazione dell'istanza di sanatoria -sia essa di accertamento di conformità, sia essa di condono- produce l'effetto di rendere inefficace il provvedimento sanzionatorio (di demolizione o di acquisizione) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 26.01.2011 n. 140 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICASulla natura dei vincoli urbanistici e sulla loro qualificazione come conformativi o espropriativi.
Sussiste un vincolo preordinato all’espropriazione tutte le volte in cui la destinazione dell’area permetta la realizzazione di opere destinate esclusivamente alla fruizione soggettivamente pubblica (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - C.G.A.R.S., sentenza 25.01.2011 n. 95 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il provvedimento di acquisizione al patrimonio indisponibile è atto dovuto ed ha carattere meramente dichiarativo.
Il provvedimento di acquisizione al patrimonio del comune di un'opera abusivamente realizzata ha come unico presupposto l'accertata inottemperanza ad un ordine di demolizione del manufatto abusivo, di cui è meramente dichiarativo, con la conseguenza che, essendo atto dovuto, è sufficientemente motivato con l'affermazione dell'accertata inottemperanza, essendo "in re ipsa" l'interesse pubblico alla sua adozione (TAR Campania, sez. IV, Napoli, 17.06.2002, n. 3620).
Nel sistema disciplinato dall'art. 7 della legge 28.02.1985, n. 47, l'acquisizione al patrimonio del Comune del bene abusivamente realizzato, e delle aree di sedime e circostanti, opera automaticamente, verificandosi di diritto al compimento del 90° giorno decorrente dalla notifica dell'ingiunzione di demolizione non ottemperata, e non richiede l'adozione di alcuna preliminare determinazione inerente l'esercizio di una scelta da parte del Comune sull'applicabilità della stessa più grave misura acquisitiva, rispetto alla semplice demolizione del manufatto abusivo (cfr., fra le tante, TAR Lazio, sez. II, 12.04.2002, n. 3160; TAR Sicilia, sez. III, 06.03.2009, n. 480) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 11.01.2011 n. 40 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ENTI LOCALI: Nullità dell'ordine di sgombero di un locale di proprietà del Comune.
Il Tar Palermo -pur riconoscendo che la volontà del Comune di avvalersi di poteri autoritativi tipici delle ordinanze contingibili e urgenti di cui all’art. 54 d.lgs. n. 267 del 2000, è in contrasto con l’art. 823 c.c. (che ammette il ricorso dell’Amministrazione all’esercizio dei poteri amministrativi, al solo al fine di tutelare i beni del demanio pubblico) e qualificando, di conseguenza, nulla l’eventuale ordinanza emessa in carenza assoluta di potere- conferma il principio secondo cui la controversia relativa ad un ordine di sgombero di un locale di proprietà del Comune, già facente parte del patrimonio disponibile dell'ente territoriale, appartiene alla giurisdizione del g.o. (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 11.01.2011 n. 25 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Certificato di destinazione urbanistica - Natura dichiarativa.
Il certificato di destinazione urbanistica ha carattere meramente dichiarativo e non costitutivo degli effetti giuridici che dallo stesso risultano, visto che la situazione giuridica attestata nel predetto certificato è la conseguenza di altri precedenti provvedimenti che hanno provveduto a determinarla (TAR Toscana Firenze, I, 28.01.2008, n. 55): ciò impedisce all'Amministrazione di rilasciare una certificazione contenente attestazioni non veritiere, ossia riportante una qualificazione differente da quella attribuita all'immobile dalla normativa urbanistica vigente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 06.10.2010 n. 6863 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Rilascio di un titolo edilizio - Apposizione di condizioni - Limiti - Fattispecie: rinuncia all'indennizzo nel caso di futura espropriazione dell'opera - Invalidità della condizione.
L'apposizione di una o più condizioni al rilascio di un titolo edilizio può ritenersi generalmente ammessa soltanto quando si vada ad incidere su aspetti legati alla realizzazione dell'intervento costruttivo, sia da un punto di vista tecnico che strutturale, e ciò trovi un fondamento diretto o indiretto in una norma di legge o regolamento. Diversamente, non è possibile apporre condizioni al titolo edilizio che siano estranee alla fase di realizzazione dell'intervento edilizio.
Ne deriva che il Comune non può assentire una concessione edilizia subordinatamente all'impegno del privato a rinunciare all'indennizzo dovuto, nel caso di futura espropriazione dell'opera, "in quanto tale condizione non è volta a perseguire alcun interesse pubblico riconducibile alla materia urbanistico-edilizia e si pone in contrasto con il principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi. A ciò consegue certamente l'invalidità della condizione apposta, senza tuttavia che ciò ridondi sulla validità complessiva della concessione assentita" (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 10.09.2010 n. 5655 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Permesso di costruire - Contributi - In caso di variante - Criterio di computo.
2. Permesso di costruire - Contributi - Contributo di urbanizzazione - Nozione.

1. In caso di richiesta di variante edilizia, il nuovo provvedimento (da rilasciarsi con il medesimo procedimento previsto per l'adozione del permesso di costruire) è in posizione di sostanziale collegamento con quello originario, ravvisandosi, in tale rapporto di complementarietà e accessorietà, la caratteristica distinta del detto permesso in variante, che giustifica le peculiarità del regime giuridico cui è sottoposto sul piano sostanziale e procedimentale; pertanto, il contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione deve essere calcolato sommando le opere dei due titoli edilizi e scomputando quanto già pagato al momento del rilascio del titolo originario.
2. Atteso che il presupposto per il pagamento del contributo di urbanizzazione è costituito dall'aumento del carico urbanistico, va tenuto presente che il concetto di carico urbanistico' non è definito dalla vigente legislazione, ma è in concreto preso in considerazione in vari istituti di diritto urbanistico, la cui nozione deriva dall'osservazione che ogni insediamento umano è costituito da un elemento c.d. primario (abitazioni, uffici, opifici, negozi) e da uno secondario di servizio (opere pubbliche in genere, strade, fognature, elettrificazione, servizio idrico, etc.) che deve essere proporzionato all'insediamento primario (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 08.09.2010 n. 5168 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: 1. Trasferimento per incompatibilità ambientale - Dipendente pubblico - Oggettiva sussistenza di una situazione lesiva del prestigio della p.a..
2. Trasferimento per incompatibilità ambientale - Dipendente della Polizia di Stato - Ampi poteri discrezionali della p.a. - Situazioni di sospetto, o comunque di ombre atte ad offuscare l'immagine offerta all'esterno dell'Autorità preposta alla tutela della sicurezza pubblica.

1. Il trasferimento per incompatibilità ambientale di un pubblico dipendente -ed in particolare di un agente di pubblica sicurezza- non postula la diretta imputabilità di specifici fatti al dipendente, né l'accertamento di un suo comportamento colpevole, essendo sufficiente l'oggettiva sussistenza di una situazione lesiva del prestigio dell'amministrazione che sia, da un lato, riferibile alla presenza in loco del dipendente in questione e, dall'altro, suscettibile di rimozione attraverso l'assegnazione del medesimo ad altra sede.
2. Tale principio assume particolare consistenza quando venga riferito al trasferimento di un dipendente della Polizia di Stato, perché allora "si configurano in capo all'amministrazione più ampi e penetranti poteri discrezionali in funzione di tutela di particolari e preminenti interessi pubblici volti ad assicurare la convivenza civile, interessi ai quali restano subordinate le esigenze particolari dei dipendenti, con correlativo rafforzamento dell'esigenza di tutela del prestigio dell'amministrazione, in relazione a peculiari compiti ad essa propri, anche in presenza di semplici situazioni di sospetto, o comunque di ombre atte ad offuscare l'immagine offerta all'esterno dell'Autorità preposta alla tutela della sicurezza pubblica" (cfr. C.d.S., sez. V, 08.03.2001, n. 1359; C.d.S., sez. IV, 30.06.2003, n. 3909; C.d.S., sez. VI, 27.06.2008, n. 3270; TAR Campania Napoli, sez. VI, 17.03.2008, n. 1361) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 25.08.2010 n. 4181 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Convenzione di lottizzazione - Competenza Giudice Amministrativo.
Poiché la convenzione di lottizzazione rientra tra gli accordi procedimentali di cui all'articolo 11, Legge 07.08.1990 n. 241, è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo sia la domanda avente ad oggetto la risoluzione della suddetta convenzione per inadempimento della Pubblica Amministrazione, sia quella concernente la condanna di quest'ultima al risarcimento del danno.
27/08/2010 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 13.08.2010 n. 3960 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Strumenti urbanistici generali - Zona B1 di consolidamento in zone residenziali - Attività di equitazione e di allevamento cavalli - Incompatibilità - Sussiste.
Appare legittima un'ordinanza con la quale il dirigente del settore tecnico di un ente locale ha inibito ad una associazione sportiva dilettantistica, sia l'esercizio dell'attività di equitazione e l'allevamento di cavalli, sia il mantenimento dei cavalli da parte dei soci all'interno della parte di ricovero, in un immobile ubicato in zona avente, secondo il vigente P.R.G., destinazione urbanistica B1 di consolidamento, in zona residenziale; infatti, deve ritenersi sussistente un'oggettiva incompatibilità urbanistica tra detta attività e la destinazione residenziale della zona prevista dallo strumento urbanistico generale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 13.08.2010 n. 3960 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: 1. Rifiuti - Impianto di trattamento rifiuti - Definizione del procedimento di approvazione - Termine - Art. 27 d.lgs. n. 22/97 - Natura ordinatoria.
2. Rifiuti - Art. 27 D.lgs. n. 22/1997 - Conferenza di servizi - Natura istruttoria.
1.
Il termine indicato dalla norma ex art. 27 D.lgs. n. 22 del 1997 per la definizione del procedimento di approvazione di impianto di trattamento rifiuti è meramente ordinatorio, atteso che alla sua scadenza la norma stessa non ricollega alcuna sanzione e tanto meno la decadenza dell'esercizio della relativa.
2. La conferenza dei servizi prevista dall'art. 27 del d.lgs. n. 22/1997 ha natura istruttoria: si deve pertanto escludere che ad essa si applichino le disposizioni dell'art. 14-ter della L. 241/1990 relative alla conferenza decisoria che siano incompatibili con la natura della conferenza istruttoria, quali quelle che regolano gli effetti della mancata partecipazione alla conferenza (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 15.07.2010 n. 2992 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Beni culturali e ambiente - Aree Protette - Autorizzazione paesistica - Parere del Parco - Provvedimenti distinti - Beni giuridici tutelati - Diversità.
L'autorizzazione paesistica non può superare il parere del Parco. Infatti i due atti sono forme di gestione di beni diversi. La prima ha lo scopo di valutare la conformità dell'attività con il paesaggio, la cui tutela è prevista dall'art. 9 della Costituzione. Si tratta di un valore "primario" (Corte Cost. 151/1986; 182/2006 e 183/2006), ed anche "assoluto", se si tiene presente che il paesaggio indica essenzialmente l'ambiente (Corte Cost. 641/1987).
L'oggetto tutelato non è il concetto astratto delle "bellezze naturali", ma l'insieme delle cose, beni materiali, o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico. Il parere del Parco, invece, costituisce atto di gestione delle aree protette, ed ha come oggetto di tutela specifica la difesa degli ecosistemi, che costituisce un bene giuridico distinto dal paesaggio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 15.07.2010 n. 2992 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONDOMINIOImmissioni moleste, il locatore risponde solo per alcune delle attività del conduttore.
La vicenda che ha portato alla decisione in commento iniziava dalle lamentele di un condomino per le intollerabili immissioni di odori provenienti dal ristorante gestito dal conduttore di altro condomino. Tali immissioni erano ascrivibili al comportamento del conduttore-ristoratore e, in particolare, alla mancata attivazione dell'impianto di aerazione (risultato perfettamente funzionante) e alla mancata chiusura delle finestre del locale cucina.
Tuttavia, il condomino danneggiato citava avanti il Trib. di Roma il proprietario del locale locato affinché fosse accertata l'illiceità delle immissioni moleste e conseguentemente condannato il convenuto alla loro eliminazione (oltre al risarcimento dei danni subiti).
Il Tribunale adito condannava il convenuto al risarcimento dei danni nonché al pagamento delle spese di lite e tale decisione, veniva confermata dalla Corte d'appello di Roma (che, però, riduceva l'ammontare dei danni) sulla considerazione che il convenuto, oltre ad avere l'obbligo di ispezionare l'azienda per assicurarsi che fosse gestita regolarmente, avrebbe dovuto controllare se e quando i conduttori aprissero le finestre della cucina per far arieggiare i locali, invece di mettere in funzione l'impianto di aerazione risultato perfettamente funzionante.
Secondo la Cassazione, invece, il proprietario del locale non era responsabile delle immissioni moleste atteso che la disponibilità sia dell'impianto di aerazione sia delle finestre del locale cucina, trattandosi di accessori e di parti del bene locato strettamente connessi alla gestione del ristorante, erano oggetto di diretto ed effettivo potere da parte del conduttore.
Custodia e locazione.
Con la decisione in rassegna la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della responsabilità ex art. 2051 c.c. nell'ambito del rapporto di locazione.
A tale proposito occorre ricordare che la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall'art. 2051 c.c. prescinde dall'accertamento del carattere colposo dell'attività o del comportamento del custode e ha natura oggettiva, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento: funzione della norma è, infatti, quella di imputare la responsabilità a chi si trovi nella condizione di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode colui che ne controlla le modalità d'uso e di conservazione (Cass. n. 8229/2010, Giust. civ. Mass. 2010, 4).
Il requisito del potere-dovere di intervento, quindi, qui non opera come fondamento di una presunzione di colpa, che non è nella struttura della norma, ma come uno degli elementi per individuare la figura del custode.
In particolare, custode è chi abbia l'effettivo potere sulla cosa, e può, perciò, essere non solo il proprietario, ma anche il semplice possessore o anche il detentore della cosa.
Ne consegue che detta custodia può far capo a più soggetti a pari titolo, o a titoli diversi, che importino tutti l'attuale coesistenza di poteri di gestione e di ingerenza .
Tale situazione si verifica nell'ipotesi di locazione di un immobile.
Al riguardo, è pacifico che la locazione determina, in linea di principio, il trasferimento al conduttore della disponibilità della res locata e delle sue pertinenze, con il conseguente obbligo di custodia, dal quale discende, altresì, quello di impedire che la cosa locata stessa arrechi danni a terzi. Tuttavia, può essere qualificato "custode " della cosa, per i fini di cui all'art. 2051 c.c., colui che ha la disponibilità di fatto di una cosa, non disgiunta, però, dalla disponibilità giuridica di essa. E' da considerarsi, perciò, "custode", ai sensi della norma indicata, sia il proprietario che il conduttore del bene, in quanto detentore qualificato (Cass. n. 24530/2009, Guida al diritto, 2010, 1, 4).
In particolare, secondo un principio consolidato, mentre il proprietario dell'immobile locato, conservando la disponibilità giuridica, e, quindi, la custodia, delle strutture murarie e degli impianti in esse conglobati, è responsabile in via esclusiva ai sensi degli artt. 2051 c.c. e 2053 c.c. dei danni arrecati a terzi da dette strutture e impianti (salvo eventuale rivalsa, nel rapporto interno, contro il conduttore che abbia omesso di avvertire della situazione di pericolo); con riguardo, invece, alle altre parti e accessori del bene locato, rispetto alle quali il conduttore acquista detta disponibilità con facoltà e obbligo di intervenire onde evitare pregiudizio ad altri, la responsabilità verso questi ultimi, secondo le previsioni dell'art. 2051c.c., grava soltanto sul conduttore medesimo .
Per entrambi i soggetti, tale tipo di responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non già a un comportamento del responsabile, bensì al profilo causale dell'evento, riconducibile non alla cosa (che ne è fonte immediata), ma a un elemento esterno, recante i caratteri dell'oggettiva imprevedibilità e inevitabilità e che può essere costituito anche dal fatto del terzo o dello stesso danneggiante .
In ogni caso sia l'accertamento in ordine alla sussistenza della responsabilità oggettiva sia quello in ordine all'intervento del caso fortuito che lo esclude involgono valutazioni (quali il dispiegarsi dei vari fattori causali, la ricerca dell'effettivo antecedente dell'evento dannoso, l'indagine sulla condotta del danneggiante e del danneggiato, le modalità di causazione del danno ecc.) che, come tali, sono riservate al giudice del merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua e immune da vizi logici e giuridici (Cass. n. 472/2003 cit.).
Danni da impianti e strutture murarie.
Il proprietario-locatore resta custode di tutte quelle cose che non passano nella disponibilità del conduttore, vale a dire le strutture murarie e gli impianti, in esse conglobati, sui quali il conduttore ha la possibilità di intervenire per prevenire o riparare un danno.
In particolare, nell'espressione "strutture murarie e impianti in esse conglobati" rientrano soltanto i cornicioni, i tetti, le tubature idriche, gli impianti idrici e sanitari e quanto possa essere raggiunto con interventi sulle opere murarie.
Di conseguenza, una volta escluse la condizione di custodia relativamente alle parti dell'immobile sopra detti e, perciò, la presunzione iuris tantum di responsabilità ex art. 2051 c.c., qualora vi siano danni a terzi determinati dalle stesse strutture e impianti, il conduttore non deve certo vincere la suddetta presunzione; mentre è del tutto irrilevante accertare quale sia stata la causa effettiva del danno.
Così è evidente la responsabilità del proprietario per le infiltrazioni verificatesi nell'appartamento sottostante, causate da copiose perdite delle tubazioni interne alle pareti collegate ai servizi igienici dell'appartamento locato: infatti, nel caso di impianti idrici o sanitari siti all'interno delle strutture murarie, sulle quali il conduttore non ha alcun potere d'intervento, non potendo manometterle per eseguire le riparazioni, il proprietario- locatore conserva la disponibilità giuridica e, quindi, la custodia sia dei primi che delle seconde, con la conseguenza che, col solo limite del caso fortuito, risponde del danno cagionato al terzo dalla rottura di un qualsiasi manufatto incorporato nelle fabbriche.
Allo stesso modo, è responsabile il locatore per il danno conseguente allo scoppio di un tubo idrico di piombo poco prima dell'innesto del rubinetto d'uscita e, quindi, derivante da un elemento strutturale dell'edificio, su cui il conduttore non ha il potere-dovere di intervenire ex art. 1575 n. 2 e 1576, comma 1 cod. civ.
Al contrario, la Cassazione ha ritenuto che dei danni provocati dalla rottura del tubo flessibile del bidet debba rispondere l'inquilino, atteso che la serpentina è un tubo pieghevole non inglobato nell'impianto interno idrico, per la cui sostituzione non occorre intervenire nelle opere murarie e, di conseguenza, è sotto la vigilanza del conduttore-inquilino che è responsabile dei relativi danni.
Del pari è responsabile il conduttore per infiltrazioni d'acqua che hanno danneggiato un immobile confinante, provocate da un guasto alla lavatrice (Cass. n. 2422/2004 cit.), dai canali di scolo intasati dalle foglie cadute dagli alberi di alto fusto, che il conduttore non ha provveduto a eliminare.
Custodia e incendio.
La responsabilità per i danni provocati a terzi dall'incendio sviluppatosi in un appartamento condotto in locazione grava sul locatario e non sul proprietario, a meno che i danni lamentati derivino dalla violazione degli obblighi di custodia e di controllo su di lui gravanti perché relativi a cose (strutture murarie e impianti in esse conglobati) che non passano nella disponibilità del locatario.
In caso di danni derivati dall'incendio sviluppatosi in un immobile condotto in locazione, quindi, il conduttore risponde quale custode ex art. 2051 c.c. e si libera da tale responsabilità dando la prova del fortuito, che può anche consistere nella dimostrazione che il fattore determinante l'insorgere dell'incendio ha avuto origine in parti, strutture o apparati dell'immobile non rientranti nella sua disponibilità ed estranei, quindi, alla sfera dei suoi poteri e doveri di vigilanza; mentre il locatore, per i danni da incendio dell'immobile di sua proprietà, si sottrae alla responsabilità presunta, stabilita dalla citata norma, quando prova che l'incendio ha avuto origine in parti dell'immobile delle quali il conduttore ha la custodia in virtù del suo diritto di utilizzare il bene concessogli in godimento.
Alla luce di quanto sopra, si è ritenuto responsabile il conduttore per danni conseguenti a un incendio provocato da un corto circuito verificatosi in corrispondenza dell'interruttore unipolare situato in prossimità dell'accesso o della piattina di collegamento alla linea dell'impianto di illuminazione, cioè da elementi dell'impianto in questione che non potevano considerarsi "conglobati" nelle strutture murarie del bene locato, bensì accessori dello stesso .
Allo stesso modo, si è esclusa la responsabilità del proprietario-locatore per i danni prodotti a terzi da un incendio causato da materiali altamente infiammabili depositati dall'inquilino nei locali locati senza idonee precauzioni .
Tuttavia, nell'ipotesi di danni cagionati dall'incendio sviluppatosi in un immobile condotto in locazione, qualora non sia possibile determinare se l'incendio sia sorto in strutture murarie o impianti nella custodia del proprietario ovvero in parti o accessori nella disponibilità del conduttore, la responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., si configura a carico sia del proprietario che del conduttore, poiché nessuno dei due è stato in grado di dimostrare che la causa autonoma del danno è da ravvisare nella violazione da parte dell'altro dello specifico dovere di vigilanza (fattispecie relativa ai danni cagionati da un incendio sviluppatosi al piano terra di una palazzina ed estesosi al piano superiore).
Danni da macchinari del conduttore.
Per quanto riguarda il problema dei macchinari del conduttore è stato affermato che il proprietario di un immobile concesso in locazione non può essere chiamato a rispondere, ex art. 2051 c.c., dei danni a terzi causati da macchinari utilizzati dal conduttore, quando non abbia avuto alcuna possibilità concreta di controllo sull'uso di essi, non potendo detta responsabilità sorgere per il solo fatto che il proprietario medesimo ometta di rivolgere al conduttore formale diffida ad adottare gli interventi del caso al fine di impedire il verificarsi di danni a terzi, giacché essi costituirebbero atti inidonei a incidere sul funzionamento della cosa dannosa (Cass. n. 8006/2010, Giust. civ. Mass. 2010, 4).
Così si è esclusa la responsabilità del proprietario di un immobile adibito a ristorante, gestito dal conduttore dell'immobile stesso, per i danni causati all'appartamento sottostante, di proprietà di un terzo, dalle infiltrazioni d'acqua provocate dall'impianto di condensa dei frigoriferi e dall'idrante per la pulizia dei pavimenti in uso al gestore del ristorante medesimo) (Cass. n. 8006/2010 cit.).
Alle stesse conclusioni si è pervenuti nei confronti del proprietario di un'officina per i danni che sono stati causati a terzi dall'impianto di espulsione dei gas utilizzato dal conduttore nonché gestore dell'officina stessa (Cass. n. 18188/ 2009, Giust. civ. 2010, 5, 1155).
A ciò si aggiunga che si è esclusa la responsabilità del proprietario per le immissioni sonore provocate dai macchinari del conduttore che arbitrariamente aveva mutato l'uso della res locata (commento tratto da www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com - Corte di Cassazione, sentenza 09.06.2010 n. 13881 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 16.03.2011

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NOVITA' NEL SITO

A V V I S O
In relazione alle giornate di studio organizzate dal portale PTPL, che sono in corso di svolgimento p.v., abbiamo avuto notizia che alcuni comuni provvedono a richiedere il C.I.G. all'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici:
NON OCCORRE !!
Invero, oggi stesso abbiamo telefonato all'Autorità (contact center 800/89.69.36) ed il funzionario che ha risposto ha confermato che NON OCCORRE richiedere il C.I.G. per adottare la determinazione di impegno di spesa della quota di partecipazione poiché non siamo in presenza di un contratto d'appalto.
Tale risposta è facilmente riscontrabile nello specifico F.A.Q. relativo alla "tracciabilità dei flussi finanziari".
Si legga, in particolare, la risposta A4 laddove è detto che "Sono escluse dall'obbligo di richiedere il codice CIG ai fini della tracciabilità le seguenti fattispecie: ...
• l’amministrazione diretta ai sensi dell’articolo 125, comma 3 del decreto legislativo n. 163/2006 (vedi faq A15);".

Pertanto, i responsabili dell'Ufficio Ragioneria vedano di non aggravare il procedimento amministrativo con adempimenti burocratici non contemplati dalla legge !!
> < > < > < > < > <
ATTENZIONE: lo stesso ragionamento di cui sopra vale anche per il rinnovo annuale delle varie riviste dell'Ufficio Tecnico (cartacee ovvero internet).
Ovviamente, il ragionamento fila laddove non si proceda a contrattare con quelle società che offrono pacchetti variegati di abbonamenti multipli (i più disparati) per avere un sconto sul prezzo di copertina che, trattando direttamente col singolo editore, non si avrebbe.
15.03.2011 - LA SEGRETERIA PTPL

Bottone "CONVEGNI" n. 7 giornate di studio a Bergamo per il 13-20-27 aprile e 04-11-18-25 maggio 2011 organizzate dal portale PTPL.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella locandina.

Bottone "CONVEGNI" n. 1 giornata di studio a Bergamo per il 30 marzo 2011 organizzata dal portale PTPL.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella locandina.

Bottone "CONVEGNI" n. 1 giornata di studio a Marcallo con Casone (MI) per il 24 marzo 2011 co-organizzata dal portale PTPL.

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: È esclusa dal concetto di ristrutturazione la ricostruzione su ruderi, che va invece assimilata a nuova edificazione.
La giurisprudenza afferma costantemente che l’intervento edilizio di ristrutturazione edilizia presuppone, come elemento indefettibile, la preesistenza, al momento in cui si chiede la concessione, di una fabbricato da ristrutturare, dotato di murature perimetrali, di strutture orizzontali e della copertura ritenendosi di conseguenza esclusa dal concetto di ristrutturazione la ricostruzione su ruderi la quale va invece assimilata a nuova edificazione (Cons. Stato, V, 26.09.1995 n. 1354; V, 04.11.1994 n. 1261).
Nel caso in esame, in cui è pacifico che dell’edificio preesistente non è rimasto alcun elemento essendo la costruzione crollata, si è in presenza di una nuova edificazione; in ogni caso l’intervento determina una trasformazione dell’edificio a suo tempo insistente nell’area con aumento di superficie e cambio d’uso da superficie accessoria a superficie abitativa con alterazione dei profili, altezza, prospetti (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.03.2011 n. 1452 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Nel caso di affidamento in house il controllo analogo si intende assicurato anche se esercitato congiuntamente dagli enti associati.
Secondo l’orientamento consolidato di questo Consiglio, da cui non v’è motivo di discostarsi, nel caso di affidamento in house, conseguente all’ istituzione da parte di più enti locali di una società di capitali da essi interamente partecipata per la gestione di un servizio pubblico, il controllo, analogo a quello che ciascuno di essi esercita sui propri servizi, deve intendersi assicurato anche se esercitato non individualmente ma congiuntamente dagli enti associati, deliberando se del caso anche a maggioranza, ma a condizione che il controllo sia effettivo. Il requisito del controllo analogo deve essere quindi verificato secondo un criterio sintetico e non atomistico, sicché è sufficiente che il controllo della mano pubblica sull’ente affidatario, purché effettivo e reale, sia esercitato dagli enti partecipanti nella loro totalità, senza che necessiti una verifica della posizione di ogni singolo ente (v. C.d.S., Sez. V, 24.09.2010, n. 7092; 26.08.2009, n. 5082; 09.03.2009, n. 1365).
Va osservato, al riguardo, che l'istituto dell'in house providing trova una precisa matrice comunitaria nei pronunciati della Corte di Lussemburgo. L'interpretazione della normativa interna (art. 113, comma 5, lett. c), del D.Lgs. n. 267/2000 e s.m.i.) va dunque condotta sul filo di quei vincolanti precedenti, come accade ogniqualvolta il giudice nazionale si trovi a dover fare applicazione di nozioni forgiate in ambito sovranazionale (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.03.2011 n. 1447 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il Comune e la Soprintendenza sono tenuti ad applicare la normativa paesistica vigente al momento del rilascio dell’autorizzazione.
Con il ricorso in esame il ricorrente ha impugnato il provvedimento della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Lazio, con il quale è stato annullato il provvedimento del Comune, con cui era stato reso parere favorevole, ai sensi dell’art. 32 della L. 47/1985 e dell’art. 39 della L. 714/1994, sulla domanda di sanatoria presentata con riferimento all’intervento abusivo realizzato sull’immobile di proprietà del ricorrente e sito nello stesso Comune sottoposto a vincolo paesaggistico ai sensi del D.M. 05/04/1960.
Secondo i giudici del Tribunale amministrativo del Lazio è infondato il motivo di ricorso con con cui il ricorrente lamenta il difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento impugnato, non potendo condividere la tesi secondo cui la Soprintendenza non avrebbe dovuto far applicazione della disciplina recata dal P.T.P. trattandosi di sanatoria; secondo il ricorrente, infatti, in caso di parere ex art. 32 della L. 47/1985, le Amministrazioni comunali non sarebbero tenute ad attenersi rigidamente alle prescrizioni recate dai piani paesistici, ma potrebbero valutare discrezionalmente il reale ed effettivo stato dei luoghi nei quali si trova il manufatto oggetto di sanatoria, e verificare così la compatibilità in concreto del fabbricato con il tessuto paesaggistico nel quale l’opera si colloca. Innanzitutto, i giudici romani ritengono che legittimamente l'autorità ministeriale abbia rilevato, ponendolo a base del disposto annullamento, il difetto di motivazione dell'autorizzazione paesaggistica rilasciata dall'autorità comunale.
L'articolo 82 del DPR n. 616/1977, il successivo art. 151 del D.Lgs. n. 490/1999 ed oggi la normativa contenuta nel D.Lgs. n. 42/2004 configurano un sistema complesso di tutela del paesaggio, implicante l'intervento sia della Regione che dello Stato, in cui la concorrenza dei poteri è disciplinata dal principio di leale cooperazione ( Corte Cost., sent. n. 359/1995, n. 151/1986, n. 302/1988).
Con specifico riferimento ai poteri della Regione (o dell'ente subdelegato), va rilevato che la funzione dell'autorizzazione è quella di verifica della compatibilità dell'opera edilizia che si intende realizzare con l'esigenza di conservazione dei valori paesistici protetti dal vincolo.
È stato, infatti, evidenziato (cfr. Cons. Stato, VI, 14-11-1991, n. 828; VI, 25-09-1995, n. 963) che quest'ultimo contiene un accertamento circa l'esistenza di valori paesistici oggettivamente non derogabile e che è compito dell'autorizzazione accertare in concreto la compatibilità dell'intervento con il mantenimento e l'integrità dei richiamati valori. Difatti, il paesaggio è un valore costituzionale primario e, pertanto, l'autorità amministrativa non deve svolgere una ponderazione comparativa tra un interesse primario ed un interesse secondario, ma unicamente operare un giudizio in concreto circa il rispetto da parte dell'intervento progettato delle esigenze connesse alla tutela del paesaggio stesso. La determinazione dell'ente locale deve, dunque, essere motivata anche quando abbia contenuto positivo, favorevole al richiedente.
Tale principio, già consolidato in giurisprudenza in relazione alla peculiare natura dell'atto ed alla rilevanza degli interessi coinvolti (cfr. Cons. Stato, VI, 15-12-1981, n. 751; 19-05-1981, n. 221; IV, 18-11-1980, n. 1104), trova oggi espresso fondamento normativo nell'articolo 3 della legge n. 241/1990, secondo il quale ogni provvedimento amministrativo, di contenuto sia negativo che positivo, deve essere motivato, recando l'indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione in relazione alle risultanze dell'istruttoria.
Quanto, poi, al contenuto di tale motivazione, la giurisprudenza è ferma nel ritenere, ai fini della congruità e sufficienza della stessa, che debba esservi l'indicazione della ricostruzione dell'iter logico seguito, in ordine alle ragioni di compatibilità effettive che -in riferimento agli specifici valori paesistici dei luoghi- possano consentire tutti i progettati lavori, considerati nella loro globalità e non esclusivamente in semplici episodi di dettaglio (cfr. Cons. Stato, VI, 05-07-1990, n. 692; 14-11-1991, n. 828; 25-09-1993, n. 963; 20-6-1995, n. 952).
Le considerazioni sopra svolte valgono anche per il procedimento di condono edilizio di opere realizzate su aree sottoposte a vincolo, per il quale l'articolo 32 della legge n. 47/1985 dispone che "il rilascio della concessione o dell'autorizzazione in sanatoria ... è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso".
Invero, la giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, VI, 28-01-1998, n. 114) ha avuto modo di chiarire che il suddetto parere ha natura e funzioni identiche alla autorizzazione paesaggistica, in quanto entrambi gli atti costituiscono il presupposto per l'assentimento del titolo che legittima la trasformazione urbanistico edilizia della zona protetta; con la conseguenza che anche in tale caso è applicabile il potere ministeriale di annullamento del provvedimento. Venendo, dunque, all'esame della fattispecie concreta oggetto del presente giudizio e facendo applicazione dei principi giurisprudenziali sopra richiamati, appare evidente il difetto di motivazione del provvedimento comunale che afferma la compatibilità delle opere con il contesto paesistico protetto, con i criteri di gestione dell’area, e con gli obiettivi di compatibilità paesistica stabiliti dall’art. 20 del testo coordinato delle N.T.A. del P.T.P. Ambito n. 9 senza indicarne le ragioni, considerato l’evidente contrasto con la disciplina recata dal P.T.P. con riferimento all’indice di fabbricabilità e al lotto minimo.
La Soprintendenza ha rilevato che il mero richiamo al contenuto della norma del P.T.P. non può ritenersi sufficiente a sostenere la compatibilità dell’intervento con la normativa paesistica quando vi è un evidente contrasto (come nel caso di specie) con la disciplina ivi contenuta.
Né può ritenersi, che trattandosi di procedimento di condono, il Comune, nell’esercizio del suo potere sub-delegato, possa discostarsi dalla disciplina di tutela effettuando valutazioni soggettive disancorate dai parametri normativi: il giudizio di compatibilità, infatti, viene reso tenendo conto dalla disciplina normativa vigente al momento della pronuncia; la disposizione di portata generale di cui all'art. 32, primo comma, della legge 47 del 1985 relativa ai vincoli che appongono limiti all'edificazione, non reca, infatti, alcuna deroga al principio di legalità che impone l'esplicazione della funzione amministrativa secondo la norma vigente al tempo in cui la funzione si esplica ("tempus regit actum").
Pertanto nella considerazione che, in mancanza di una deroga espressa, la compatibilità dell'intervento edilizio da sanare deve essere effettuata con riguardo alla disciplina urbanistica vigente al momento in cui il parere deve essere reso, in quanto prima l'immobile non aveva giuridica esistenza, l'art. 32, primo comma, della legge 47 del 1985 deve interpretarsi "nel senso che l'obbligo di pronuncia da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione all’esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria e che tale valutazione corrisponde alla esigenza di vagliare l'attuale compatibilità, con il vincolo, dei manufatti realizzati abusivamente" (cfr. Cons. di Stato, Sez. V, 22.12.1994 n. 1574) (così testualmente TAR Lombardia, Sez. Brescia 25/07/2005 n. 785).
Ne consegue che il Comune (quale ente sub-delegato) e la Soprintendenza sono tenuti ad applicare la normativa paesistica vigente al momento del rilascio dell’autorizzazione (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it -  – TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater, sentenza 07.03.2011 n. 2077 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: È illegittima l'ingiunzione di demolizione che non venga notificata al responsabile dell'abuso né al proprietario dell'opera abusiva ma solo al proprietario dell'area sulla quale è stata realizzata la stessa opera.
Tra i destinatari delle sanzioni amministrative conseguenti alla realizzazione di opere edilizie abusive sono da annoverarsi anche coloro che, al momento del provvedimento sanzionatorio, sono proprietari dell’immobile anche se incolpevoli e non autori delle trasformazioni contestate.
Per quanto riguarda la notifica del provvedimento, rileva il Collegio che non incombe a carico del Comune l'onere della previa individuazione dell'effettivo proprietario dell'area, atteso che l'ordinanza di demolizione, per giurisprudenza consolidata nella materia, può essere legittimamente notificata anche esclusivamente all'autore materiale dell'abuso, nel caso in cui non corrisponda con il proprietario dell'area interessata dai lavori edilizi abusivi.
Ed infatti la estraneità del proprietario (o del titolare del diritto reale) agli abusi edilizi commessi sulla cosa locata e affittata dal conduttore, locatario o affittuario non implica l'illegittimità dell'ordinanza di demolizione emessa nei confronti del responsabile dell'abuso, ma la sola insuscettività del provvedimento repressivo e sanzionatorio a costituire titolo per l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'area di sedime sulla quale insiste il bene (cfr., TAR Campania Napoli, sez. II, 19.10.2006, n. 8673).
Ai sensi dell'art. 31 del T.U. 06.06.2001 n. 380, l'ingiunzione di demolizione deve essere notificata al responsabile dell'abuso, oltre che al suo proprietario, con la conseguenza che è illegittima l'ingiunzione di demolizione che non venga notificata al responsabile dell'abuso né al proprietario dell'opera abusiva ma solo al proprietario dell'area sulla quale è stata realizzata la stessa opera, soprattutto se questi non ha la materiale disponibilità e non può procedere alla demolizione o rimozione dell'opera abusiva (TAR Lazio-Roma, Sez. I-quater, sentenza 07.03.2011 n. 2042 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE GESTIONALI: Il dirigente è per legge il titolare del potere sanzionatorio in materia edilizia a lui direttamente attribuito dall'art. 107 d.lgs. n. 267/2000.
Secondo quanto previsto dall'art. 107, comma 3, lettera g), d.lgs. n. 267/2000, spetta ai dirigenti l'adozione di "tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale" nel cui ambito rientra il provvedimento impugnato.
Il dirigente è –dunque– per legge il titolare del potere sanzionatorio in materia edilizia a lui direttamente attribuito dall'art. 107 d.lgs. n. 267/2000 (TAR Lazio-Roma, Sez. I-quater, sentenza 07.03.2011 n. 2029 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: L’onere di immediata impugnazione del bando di concorso sussiste solo se l’interessato intenda contestare la decisione dell’amministrazione di avviare la procedura concorsuale oppure ritenga di censurare clausole che impediscano la stessa partecipazione al concorso, potendo per il resto il concorrente attendere di verificare la lesività delle stesse all’esito della procedura
È legittima la determinazione dei criteri di valutazione delle prove concorsuali, anche dopo la loro effettuazione, purché prima della loro concreta valutazione.

E’ stato più volte rilevato dalla giurisprudenza che l’onere di immediata impugnazione del bando di concorso sussiste solo se l’interessato intenda contestare la decisione dell’amministrazione di avviare la procedura concorsuale oppure ritenga di censurare clausole che impediscano la stessa partecipazione al concorso, potendo per il resto il concorrente attendere di verificare la lesività delle stesse all’esito della procedura (tra le più recenti C.d.S., sez. V, 10.08.2010, n. 5555; 25.05.2010, n. 3308; sez. VI, 23.09.2009, n. 5668).
L’articolo 12 del D.P.R. 09.05.1994, n. 487 (“Regolamento recante norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi”), al primo comma stabilisce che “Le commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuire alle singole prove. Esse, immediatamente prima dell’inizio di ciascuna prova orale, determinano i quesiti da porre ai singoli candidati per ciascuna delle materie di esame. Tali quesiti sono proposti a ciascun candidato previa estrazione a sorte”.
E’ stato rilevato che il principio della previa fissazione dei criteri e delle modalità delle prove concorsuali che, secondo la previsione del ricordato articolo, devono essere stabiliti dalla commissione esaminatrice, nella sua prima riunione, (o tutt’al più prima della correzione delle prove scritte), deve essere inquadrato nell'ottica della trasparenza dell'attività amministrativa perseguita dal legislatore, che pone l'accento sulla necessità della determinazione e verbalizzazione dei criteri stessi in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti, con la conseguenza che è legittima la determinazione dei predetti criteri di valutazione delle prove concorsuali, anche dopo la loro effettuazione, purché prima della loro concreta valutazione (C.d.S., sez. IV, 22.09.2005, n. 4989).
In altri termini la predeterminazione dei criteri di valutazione delle prove scritte costituisce lo strumento indispensabile per poter apprezzare poi il giudizio della commissione esaminatrice ed il corretto esercizio del suo potere tecnico–discrezionale, sintetizzato dal voto numerico (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 04.03.2011 n. 1398 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI - PUBBLICO IMPIEGO: Non sussiste attualità dell'interesse a ricorrere allorché si controverta in ordine a disposizioni di un bando di concorso non immediatamente lesive quali la valutazione di titoli e l'attribuzione di punteggi.
L’onere della immediata impugnazione degli atti generali contenenti le prescrizioni disciplinanti una procedura selettiva (gara o concorso pubblici) si manifesta esclusivamente quando le prescrizioni della lex specialis che si ritengono illegittime e che pregiudicano la posizione del concorrente (o dell’aspirante tale, per meglio dire) impediscano di fatto la sua partecipazione tanto che, se l’interessato presentasse la relativa domanda, il soggetto procedente non potrebbe che escluderlo dalla selezione (cfr. TAR Lazio, II Sezione, 05.01.2011 n. 30).
L'onere di immediata impugnazione delle norme disciplinanti la partecipazione ad una procedura selettiva deve, quindi, essere assolto con riguardo a quelle sole disposizioni concernenti i requisiti soggettivi di partecipazione e a quelle che integrano un'immediata preclusione alla partecipazione, ossia a quelle clausole che ledano immediatamente e direttamente l'interesse sostanziale del soggetto che ha chiesto di partecipare alla procedura concorsuale.
Ogni diversa questione inerente all'applicazione delle norme regolamentari generali, così come l'impugnazione di norme del bando che, pur potendo considerarsi immediatamente lesive non siano peraltro univocamente chiare e vincolanti, può e deve essere proposta unitamente agli atti che di esse fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento e a rendere attuale e concreta la lesione della sua situazione soggettiva (cfr., in termini, da ultimo TAR Lazio, Sez. II, 17.09.2010 n. 32351).
Deriva da quanto sopra che non sussiste attualità dell'interesse a ricorrere allorché si controverta in ordine a disposizioni di un bando di concorso non immediatamente lesive quali la valutazione di titoli e l'attribuzione di punteggi (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 02.03.2011 n. 2018 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 14.03.2011

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NOVITA' NEL SITO

Bottone "CONVEGNI" n. 7 giornate di studio a Bergamo per il 13-20-27 aprile e 04-11-18-25 maggio 2011 organizzate dal portale PTPL.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella locandina.

Bottone "CONVEGNI" n. 1 giornata di studio a Bergamo per il 30 marzo 2011 organizzata dal portale PTPL.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella locandina.

Bottone "CONVEGNI" n. 1 giornata di studio a Marcallo con Casone (MI) per il 24 marzo 2011 co-organizzata dal portale PTPL.

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 10 del 10.03.2011, "Approvazione della «Direttiva per il controllo degli scarichi degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, ai sensi dell’allegato 5 alla parte terza del d.lgs. 03.04.2006, n. 152 e successive modifiche e integrazioni» e revoca della deliberazione della Giunta regionale 04.08.2005, n. 528" (deliberazione G.R. 02.03.2011 n. 1393).

EDILIZIA PRIVATA: Obbligo della certificazione energetica, qualifica degli installatori, nuovi incentivi… Arriva il Decreto Rinnovabili.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il Decreto Legislativo che recepisce la direttiva europea 2009/28 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili e che modifica, tra l'altro, il sistema degli incentivi statali.
Il Decreto si inserisce nel quadro della politica energetica europea volta a ridurre la dipendenza dalle fonti combustibili fossili e le emissioni di CO2 , nel rispetto delle direttive comunitarie che impongono all'Italia l'obbligo di raggiungimento degli obiettivi del 17% di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2020.
Il Decreto rinnovabili, in attesa di essere pubblicato in Gazzetta, prevede la definizione di un nuovo sistema di incentivi per gli impianti da fonti rinnovabili, differenziato in base alla dimensione dell'impianto. Relativamente al fotovoltaico, si procederà ad emanare un nuovo Decreto finalizzato alla ridefinizione di criteri, parametri e quote.
Vediamo in breve le principali novità introdotte dal decreto. ... (link a www.acca.it).

NOTE, CIRCOLARI E COMUNICATI

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI - URBANISTICA: Oggetto: Procedure di competenza della Direzione Generale PBAAC in materia di VIA, VAS e progetti sovraregionali o trasfrontalieri – Disposizioni per la presentazione delle istanze e della relativa documentazione progettuale (Mi.B.A.C., circolare 19.03.2010 n. 6).

DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGOOggetto: modifica alla disciplina in materia di permessi per l'assistenza alle persone con disabilità - banca dati informatica presso il Dipartimento della funzione pubblica - legge 04.11.2010 n. 183, art. 24 (circolare 10.03.2011 n. 2/2011).

AUTORITA' VIGILANZA CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI: Domande e risposte sulla CONGRUITÀ DELLE OFFERTE.
- Cosa si intende per offerta anomala?
- Quali soggetti sono deputati ad operare la valutazione dell’anomalia dell’offerta e di quali poteri si avvalgono?
- In che modo si calcola la soglia dell'anomalia? Può essere troncata o arrotondata la soglia di anomalia?
(…)
La redazione di Biblus-net propone un documento contenente risposte chiare e precise fornite dall'AVCP (Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture) a tutte le domande e i dubbi più frequenti, certamente utili a chiunque si occupi di Appalti Pubblici (link a www.acca.it).

SINDACATI

PUBBLICO IMPIEGO: Ancora sulla festa nazionale del 17.03.2011 (CGIL-FP di Bergamo, nota 07.03.2011).

UTILITA'

EDILIZIA PRIVATA: Guida alle agevolazioni fiscali per interventi di riqualificazione energetica: proroga del 55% e modalità operative per il 2011 da ANCE.
L`ANCE ha pubblicato una interessante Guida alle agevolazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica, contenete tutte le novità in materia di detrazioni fiscali relative al 2011 e tabelle di sintesi relative ai vari interventi.
Sono riportati chiarimenti circa:
- la proroga della detrazione del 55% per le spese sostenute fino al 31.12.2011 (art.1, comma 48, legge n. 220/2010 - Legge di Stabilità 2011);
- la ripartizione della detrazione, per le spese sostenute dall'01.01.2011 al 31.12.2011 in 10 quote annuali di pari importo (anziché in 5 quote, come previsto per le spese sostenute fino al 31.12.2010 - art. 1, comma 48, legge n. 220/2010);
- l'obbligo per le Banche e le Poste italiane, di effettuare una ritenuta del 10%, a titolo di acconto delle imposte sul reddito dovute dai beneficiari, con l'obbligo di rivalsa, all'atto dell'accredito dei bonifici relativi al pagamento delle spese agevolabili con la detrazione del 55%.
La Guida ANCE raccoglie anche le varie risoluzioni e pronunce dell'Agenzia delle Entrate, tra cui:
- la R.M. n. 12/E del 07.02.2011, che riconosce l'applicabilità dell'agevolazione anche alle spese sostenute per l'installazione di sistemi termodinamici a concentrazione solare;
- la C.M. n. 39/E dell'01.07.2010, sui limiti all'applicabilità della detrazione nell'ipotesi di interventi di ristrutturazione ed ampliamento, con o senza demolizione dell'edificio preesistente;
- la C.M. n. 21/E del 23.04.2010, che ha fornito chiarimenti sulla non calcolabilità della detrazione con eventuali contributi ottenuti per i medesimi interventi, sul mancato, o tardivo, invio all'Agenzia delle Entrate della Comunicazione da trasmettere in caso di lavori pluriennali, nonché sulle modalità di fruizione della detrazione per gli interventi eseguiti mediante contratti di locazione finanziaria.
Infine è presente un'Appendice alla Guida che raccoglie tutte le disposizioni normative, i provvedimenti attuativi e le prassi amministrative (link a www.acca.it).

VARI: Infortuni domestici: dal Ministero della Salute un VADEMECUM pubblicato rivolto a progettisti, impiantisti e manutentori.
Il Ministero della Salute ha pubblicato un manuale tecnico per la prevenzione, intitolato Infortuni nelle abitazioni, destinato alla prevenzione degli incidenti domestici e alla riduzione dei rischi.
Il testo costituisce un riferimento utile ai tecnici, ai progettisti, agli impiantisti, ai manutentori ed ai referenti degli enti locali preposti ad autorizzare e valutare i progetti edilizi.
Esso “raccoglie tutti gli aspetti del rischio infortunistico nelle abitazioni, dalla sicurezza degli impianti all’analisi dei comportamenti a rischio, dalle diverse fragilità delle persone che nella casa vivono, alle problematiche legate all’intervento degli operatori della prevenzione che operano nelle Istituzioni”.
Nel manuale vengono trattati argomenti di particolare interesse, quali:
- incidenti in ambiente domestico in Italia e riportati fonti e dati;
- analisi dei rischi legati alle caratteristiche fisiologiche ed alle eventuali minori abilità delle persone che vivono nelle abitazioni;
- norme igienico-sanitarie relative alle abitazioni, elementi strutturali ed arredi (staticità e strutture di fondazioni, opere in elevazione, consigli su suddivisioni interne e arredamenti, scale, pavimenti, serramenti, porte);
- rischi legati all’utilizzo di utensili nell’ambito del lavoro domestico;
- rischi legati agli impianti elettrici e agli elettrodomestici;
- Dichiarazioni di Conformità, requisiti tecnico-professionali, obblighi del committente, etc.;
- Norme CEI;
- sicurezza degli impianti a gas;
- rischi legati a generatori di calore alimentati a combustibili solidi, i generatori di calore alimentati a legna o ad altri biocombustibili solidi;
- rischi legati all’esposizione a monossido di carbonio;
- rischio incendio negli edifici di civile abitazione;
- rischio chimico e tossico;
- analisi dei principali comportamenti a rischio;
- obblighi del titolare - gestore dell’appartamento e documentazione da conservare;
- strumenti di valutazione dei rischi da parte degli operatori della prevenzione e degli stessi cittadini;
- liste di controllo per la sicurezza in casa (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: Raccolta-R: aggiornamento sulla regolamentazione tecnica degli impianti di riscaldamento ad acqua calda. Nuovi Modelli per la denuncia degli impianti.
Ricordiamo che a seguito della Circolare INAIL n. 1 -IN/2010, dal primo marzo 2011 è entrato in vigore il Regolamento sugli Impianti ad acqua calda, denominato Raccolta R (V. notizia Biblus-net del 03/02/2011 – link ), relativo a tutti impianti centrali di riscaldamento utilizzanti acqua calda sotto pressione con temperatura non superiore a 110°C e portata termica massima complessiva dei focolari superiore a 35 kW.
INAIL ex-ISPESL ha pubblicato la nuova modulistica per l’espletamento dell’istruttoria tecnico-amministrativa.
I modelli pubblicati sono i seguenti:
- Denuncia di impianto termico ad acqua calda, ai sensi dell'art. 18 del D.M. 01/12/1975;
- Denuncia di impianto centrale di riscaldamento ad acqua calda (Mod. RD);
- Denuncia di impianto centrale di riscaldamento ad acqua calda (Mod. RR);
- Modello RR circuiti;
- Modello RR generatori;
- Richiesta di verifica ai sensi dell'art. 22 del D.M. 01/12/1975 (link a www.acca.it).

SICUREZZA LAVORO: Sei sicuro. Dall’INAIL tutte le indicazioni per la SICUREZZA nei CANTIERI STRADALI.
Il cantiere stradale presenta una molteplicità di rischi, sia per chi ci lavora, sia per coloro che vengono a contatto con l’area dei lavori. La conoscenza dei rischi, l’informazione e la formazione sono elementi fondamentali per la riduzione concreta del fenomeno infortunistico.
A tal fine è stato realizzato questo opuscolo che è una versione semplificata del manuale “La Sicurezza sul lavoro nei cantieri stradali” elaborato nell’ambito del progetto promosso dal Comitato Consultivo Provinciale di Verona e condiviso dalla sede INAIL di Verona.
La pubblicazione risulta ben strutturata, efficace e di semplice comprensione. Riporta utili informazioni, quali:
- adempimenti delle varie figure coinvolte (datore di lavoro, preposto -capo cantiere- e lavoratore) per garantire la massima sicurezza e le responsabilità;definizioni chiare e precise dei termini più ricorrenti in materia di sicurezza (P.O.S., P.S.C., D.P.I. e frasi di rischio)
- elenco di tutti i Dispositivi di Protezione Individuale, indicando quando usarli e da cosa proteggono;
- segnaletica del cantiere stradale (segnali di pericolo, di prescrizione, di indicazione e segnali complementari);
- fattori di rischio relativi all'investimento di chi opera in cantiere (cosa fare e cosa non fare);
- rischi di caduta e urti (cosa fare e cosa evitare);
- organizzazione corretta del cantiere in modo da evitare situazioni di rischio;
- esposizione a prodotti pericolosi (tipologie di sostanze pericolose e soglie di esposizione);
- esposizione a rumore e vibrazioni (elementi che caratterizzano il rischio e come evitare le situazioni di rischio);
- attrezzature usate in cantiere e corrette modalità d'uso.
Infine è presente un utilissimo questionario che consente di verificare il livello di comprensione delle informazioni acquisite, utile anche per effettuare formazione e informazione tra i lavoratori (link a www.acca.it).

GIURISPRUDENZA

ATTI AMMINISTRATIVI: ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni ambientaliste - Legittimazione ad impugnare atti incidenti sull’ambiente - Iscrizione nell’elenco ministeriale ex art. 13 L. n. 349/1986 - Legittimazione riconosciuta caso per caso - Criterio aggiuntivo.
Il criterio che attribuisce la legittimazione a impugnare atti amministrativi incidenti sull’ambiente agli enti a carattere nazionale iscritti nell’apposito elenco tenuto dal Ministero dell’ambiente, ai sensi dell'art. 13 della l. 08.07.1986 n. 349 non è sostitutivo, ma aggiuntivo rispetto al criterio secondo cui la legittimazione può essere riconosciuta, caso per caso, “ad associazioni locali, indipendentemente dalla loro natura giuridica”, le quali “perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale ed abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità in un'area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso” (C.d.S. sez. IV 08.11.2010 n. 7907; C.d.S. sez. VI 13.09.2010 n. 6554).
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Realtà rappresentative di cittadini associati - Legittimazione - Principio di sussidiarietà orizzontale.
Il principio di sussidiarietà orizzontale, vigente a livello di Unione europea e comunque introdotto nel nostro ordinamento in modo esplicito dalla riforma del titolo V parte II della Costituzione, conduce nel dubbio ad affermare, e non a negare, la legittimazione ad impugnare un provvedimento amministrativo da parte di una realtà rappresentativa di cittadini associati, in quanto si tratta di realtà che i pubblici poteri debbono promuovere, non ostacolare (TAR Puglia Lecce 05.04.2005 n. 1847 e Liguria 11.05.2004 n. 747 e 18.03.2004 n. 267) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 11.03.2011 n. 398 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: VIA - Artt. 19-24 d.lgs. n. 152/2006 - Procedimento a doppio stadio - Verifica di assoggettabilità.
La Valutazione di impatto ambientale è l’istituto, previsto ora dagli artt. 19-24 del D.lgs. 03.04.2006 n. 152, mediante il quale, nella formula dell’art. 5 lettera b) del T.U. “vengono preventivamente individuati gli effetti sull'ambiente di un progetto”.
Detto istituto prevede, in sintesi, l’elaborazione di uno studio particolarmente complesso ed oneroso, che per tal ragione, come previsto dal legislatore nazionale in ossequio alla normativa uniforme europea, non è imposto indiscriminatamente per tutti gli interventi capaci di influenzare negativamente l’ambiente.
Per taluni di essi è previsto infatti un procedimento a doppio stadio: nella prima fase, si compie appunto lo screening, ovvero nella terminologia dell’art. 5 lettera m) del T.U. la “verifica di assoggettabilità”, che serve a “valutare, ove previsto, se progetti possono avere un impatto significativo e negativo sull'ambiente e devono essere sottoposti alla fase di valutazione”; la VIA poi si fa nella seconda fase, che è eventuale, ovvero ha luogo solo se lo screening conclude in tal senso.
VIA - Verifica di assoggettabilità - Discrezionalità tecnica - Sindacato giurisdizionale - Limiti.
L’attività mediante la quale l’amministrazione provvede alle valutazioni poste alla base della verifica di assoggettabilità a VIA è connotata da discrezionalità tecnica, e quindi può essere sindacata in sede giurisdizionale di legittimità nei limiti del non corretto esercizio del potere sotto il profilo del difetto di motivazione, di illogicità manifesta, della erroneità dei presupposti di fatto e di incoerenza della procedura valutativa e dei relativi esiti (C.d.S. sez. V 01.10.2002 n. 7262); le illegittimità e incongruenze debbono essere “macroscopiche” e “manifeste” (C.d.S. sez. V 17.05.2005 n. 2460, con riguardo al sindacato sulla VIA di un impianto industriale; conforme, sempre in tema di valutazioni di impatto ambientale, anche C.d.S. sez. VI 19.02.2008 n. 561).
VIA - Parere con prescrizioni - Equivalenza a parere negativo - Inconfigurabilità.
In tema di Valutazione di Impatto Ambientale, parere con prescrizioni non significa inidoneità del progetto ad essere positivamente valutato; piuttosto progetto in sé è accettabile, che si presta, secondo l’amministrazione consulente, ad essere ulteriormente migliorato: ne consegue che il ricorso allo strumento delle "prescrizioni" non può essere visto come sintomatico di un progetto incompatibile con l'ambiente e che non può assumersi un’equivalenza fra parere negativo e parere con prescrizioni (C.d.S. sez. V 05.01.2004 n° 1) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 11.03.2011 n. 398 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZI: Appalti pubblici - Direttiva 2004/18/CE - Concessione di servizio pubblico - Servizi di soccorso - Distinzione tra "appalto pubblico di servizi" e "concessione di servizi".
L'art. 1, nn. 2, lett. d), e 4, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31.03.2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che, quando la remunerazione dell'operatore economico selezionato è integralmente garantita da soggetti diversi dall'amministrazione aggiudicatrice che ha attribuito il contratto di prestazione di servizi di soccorso e tale operatore economico incorre in un rischio di gestione, per quanto molto ridotto, poiché, in particolare, l'importo dei corrispettivi d'uso dei servizi in questione dipende dall'esito di trattative annuali con soggetti terzi e non gli è garantita una copertura integrale dei costi sostenuti nell'ambito di una gestione delle sue attività conforme ai principi sanciti dal diritto nazionale, tale contratto deve essere qualificato come contratto di "concessione di servizi", ai sensi dell'art. 1, n. 4, della stessa direttiva.
Dal raffronto tra le definizioni di appalto pubblico di servizi e di concessione di servizi, fornite, rispettivamente, dal n. 2, lett. a) e d), e dal n. 4 dell'art. 1 della direttiva 2004/18, risulta che la differenza tra un appalto pubblico di servizi e una concessione di servizi risiede nel corrispettivo della prestazione di servizi. L'appalto di servizi comporta un corrispettivo che, senza peraltro essere l'unico, è versato direttamente dall'amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi, mentre, nel caso di una concessione di servizi, il corrispettivo della prestazione di servizi consiste nel diritto di gestire il servizio, o da solo o accompagnato da un prezzo (Corte di giustizia europea, Sez. III, sentenza 10.03.2011 n. C-274/09 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: DIRITTO DELL’ENERGIA - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Impianti da fonti rinnovabili - Tutela costituzionale del paesaggio - Libertà economica - Funzionalizzazione alla salvaguardia delle bellezze naturali.
La costruzione e l’esercizio di impianti da fonti rinnovabili -soggetta ad autorizzazione unica regionale- deve rispettare le normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, a tenore dell’art. 12 comma terzo del D.Lgs. 29.12.2003 n. 387 (cfr.: Corte Cost., 26.03.2010 n. 119).
Mentre la tutela costituzionale del paesaggio e dei beni culturali è infatti incondizionata e assoluta, la garanzia della libertà economica è subordinata alla sua <<funzione sociale>>, rientrando nella generale accezione della funzionalizzazione anche la salvaguardia delle bellezze naturali, del patrimonio pubblico e dei beni destinati alla fruizione collettiva (Cons. Stato V, 12.06.2009 n. 3770; Corte Cost. 22.05.2009 n. 162).
Ciò, tuttavia, non comporta che non debba tenersi conto l’utilità economica delle opere progettate, secondo quanto previsto dell’art. 152 del D.Lgs. 22.01.2004 n. 42.
DIRITTO DELL’ENERGIA - Impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili - Interesse paesaggistico e interesse ambientale - Possibile conflitto - Valutazione comparativa in concreto.
E’ vero che la riduzione delle emissioni nocive attraverso l’utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili costituisce oggetto di impegni internazionali assunti dallo Stato italiano (come il Protocollo di Kyoto), ma è altresì vero che pure la salvaguardia del paesaggio costituisce oggetto di impegni internazionali (come la Convenzione europea del paesaggio).
Pertanto, alla concezione totalizzante dell’interesse paesaggistico non può sostituirsi una concezione totalizzante dell’interesse ambientale, che ne postuli la tutela a ogni costo mediante lo sviluppo di impianti di energia alternativa, che abbiano un grave e irreversibile impatto paesaggistico.
In altri termini, il conflitto tra tutela del paesaggio e tutela dell’ambiente e della salute non può essere risolto in forza di una nuova aprioristica gerarchia che inverta la scala dei valori, ma deve essere operato in concreto mediante una ponderazione comparativa di tutti gli interessi coinvolti, potendosi configurare una preminenza valoriale a favore del paesaggio, o tutt’al più un’equivalenza ponderata tra il paesaggio, l’ambiente e il diritto d’intrapresa economica (cfr.: TAR Molise I, 08.04.2009 n. 115).
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Tutela - Principio di precauzione - Portata generale - Aree non disciplinate dal piano paesaggistico - Sottoposizione a vincolo - Operatività della tutela.
La disciplina dei piani paesistici non assorbe ogni profilo di tutela, atteso che la legge consente di utilizzare, volta per volta, criteri discrezionali per verificare la compatibilità con il paesaggio di una determinata opera o intervento sul territorio (cfr.: Cons. Stato IV, 05.07.2010 n. 4244; TAR Campania VII 03.11.2009 n. 6825; TAR Lombardia Brescia 12..2001 n. 2).
Anche un’area non disciplinata da piano paesistico può pertanto essere sottoposta a vincoli, dal che consegue che l’autorità di tutela, operando il suo apprezzamento tecnico-amministrativo, deve evitare il pregiudizio dei beni protetti.
Il principio di precauzione, in virtù del quale la legge individua gli strumenti per il perseguimento della tutela del paesaggio e dei beni culturali, ha infatti portata generale (cfr.: TAR Veneto Venezia III, 08.03.2006 n. 565).
DIRITTO DELL’ENERGIA - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Autorità tutoria - Comparazione con gli interessi economici - Necessità - Esclusione.
Se è vero che i conflitti tra tutela del paesaggio e tutela dell’ambiente (e indirettamente della salute) che si possono innescare nello sviluppo di fonti di energia alternativa, in caso di grave e irreversibile impatto paesaggistico, possono e devono essere risolti in concreto, attraverso una ponderazione comparativa tra tutti gli interessi coinvolti, e ciò deve avvenire all’interno della conferenza di servizi -non già nell’esercizio unilaterale dei vari poteri pubblici implicati- nondimeno, all’autorità tutoria non compete -neppure in virtù dei princìpi generali della normativa sul procedimento amministrativo, né dell’ art. 152 del D.Lgs. n. 42 del 2004- di comparare e ponderare, nel procedimento, gli interessi tutelati con gli altri interessi economici e di salvaguardia ambientale, intrinseci alle politiche di promozione delle energie da fonti alternative, atteso che detta comparazione avviene in un momento e nell’esercizio di un potere diverso, in sede di conferenza di servizi regionale (cfr.: Corte Cost. 06.11.2009 n. 282) (TAR Molise, Sez. I, sentenza 08.03.2011 n. 99 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: DIRITTO DELL’ENERGIA - Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Autorizzazione unica - Conferenza di servizi - Mancata indizione o mancata partecipazione - Illegittimità dell’autorizzazione.
L’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003 prevede che l’autorizzazione unica debba essere rilasciata a seguito di procedimento unico articolato secondo il modulo della conferenza di servizi.
Si tratta di conferenza di servizi obbligatoria atteso che ai sensi del comma 3 deve essere necessariamente convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione ed alla stessa, ai sensi del successivo comma 4, “partecipano tutte le Amministrazioni interessate”.
La mancata indizione della conferenza di servizi o la mancata partecipazione di amministrazioni titolari per legge di una competenza primaria, non può che comportare la illegittimità dell’autorizzazione unica in quanto ne risulta frustrata la finalità del legislatore di favorire la composizione degli interessi antagonisti attraverso la predisposizione di una sede unitaria di confronto reputata come la più idonea a superare eventuali ragioni di dissenso o di contrasto (cfr. TAR Sicilia Palermo, I, 02.02.2010, n. 1297 e 20.01.2010, n. 578 nonché C.G.A.R.S. ordinanza 14.10.2009, n. 1032 e 11.04.2008, n. 295).
DIRITTO DELL’ENERGIA - Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Autorizzazione unica - Parere espresso dalla sovrintendenza al di fuori della conferenza di servizi - Incompetenza assoluta.
In tema di autorizzazioni unica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003, il parere espresso dalla Soprintendenza al di fuori della conferenza di servizi è illegittimo per incompetenza assoluta alla stregua di atto adottato da un’autorità amministrativa priva di potere in materia (cfr. TAR Sicilia Palermo, I, 02.02.2010, n. 1297 e 20.01.2010, n. 578 nonché C.G.A.R.S. ordinanza 14.10.2009, n. 1032 e 11.04.2008, n. 295) (TAR Molise, Sez. I, sentenza 08.03.2011 n. 98 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Le imprese partecipanti ad un costituendo RTI hanno l'obbligo di indicare nell'offerta di gara, ai sensi dell'art. 37, c. 13, del d.lgs. n. 163/2006, oltre alle quote di partecipazione, le quote di lavori che ciascuna di esse eseguirà.
Poiché l'art. 37, c. 13, del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti), stabilisce che i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento, deve sussistere una perfetta corrispondenza tra la quota di lavori e la quota di effettiva partecipazione al raggruppamento.
L'indicazione delle quote di partecipazione -e, quindi dei lavori- si rivela dunque requisito di ammissione alla gara e deve provvedersi a tale incombente nella domanda di partecipazione alla gara e non in sede di esecuzione del contratto.
Il suddetto c. 13 dell'art. 37 del Codice dei contratti pubblici ha stabilito quindi un parallelismo tra le quote di partecipazione vantate da ciascuna associata nell'ambito del raggruppamento e le quote di esecuzione dei lavori che ciascuna di esse è tenuta obbligatoriamente ad eseguire.
E sulla base delle predette indicazioni preventive e formali deve essere operata la verifica della sussistenza delle richieste qualificazioni per le imprese (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.03.2011 n. 1422 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - Abbandono - Responsabilità - Addebitalità della condotta a dolo o colpa del soggetto attivo - Art. 14 d.lgs. n. 22/1997 - Fattispecie.
La responsabilità per l’illecito di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, posta a fondamento dell’ordinanza sindacale di sgombero e rimozione di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 22/1997, presuppone l’addebitabilità della condotta a dolo o colpa a del soggetto attivo del fatto tipizzato dalla norma (Cons. Stato, sez. V, 16.07.2010, n. 4614) (nella specie, il deposito dei rifiuti è stato la conseguenza di una lecita attività imprenditoriale di recupero di rifiuti regolarmente autorizzata, come tale non idonea ad integrare gli estremi della condotta illecita addebitabile agli amministratori) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 04.03.2011 n. 1384 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: CAVE E MINIERE - Piano per le attività estrattive - Regione Lombardia - Approvazione del piano - Parere dell’ente gestore dell’area protetta - Necessità - Aree aggiunte ad integrazione dell’originario perimetro tracciato dalla proposta provinciale.
Sulla scorta del quadro normativo della regione Lombardia in materia di formazione e adozione della proposta di piano per le attività estrattive (l.r. Lombardia n. 14/1998, artt. 7 e 8) non è revocabile in dubbio che, ai fini della definizione della procedura di approvazione del piano, sia necessario acquisire il parere dell’ente gestore dell’area protetta; nonostante il riferimento testuale della norma regionale alla necessità di tale parere con riguardo alla proposta provinciale, l’intervento dell’organo consultivo deve essere sollecitato anche per le nuove aree che, in sede di approvazione regionale, siano aggiunte ad integrazione dell’originario perimetro tracciato dalla proposta provinciale.
Una diversa opzione ermeneutica condurrebbe all’illogico risultato di consentire la pretermissione del parere dell’ente di protezione per il solo fatto, totalmente neutro ed estraneo alle esigenze di tutela perseguita dalla disciplina in parola, che l’inclusione dell’area sensibile sia stata stabilita in seno alla proposta inoltrata dalla Provincia o in un segmento procedimentale successivo (conf. Cons. Stato, sez. VI, 06.06.2008, n. 2743) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 04.03.2011 n. 1382 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Piano paesaggistico - Art. 134, lett. c), d.lgs. n. 42/2004 - Diretta qualificazione di aree come beni paesaggistico - Possibilità.
Il piano paesaggistico può, ai sensi dell’art. 134, lett. c) del d.lgs. n. 42/2004, direttamente qualificare come beni paesaggistici aree -ulteriori rispetto a quelle dichiarate tali in via amministrativa o ex lege- il cui valore specifico da tutelare è dato da caratteri simili, o di analogo fondamento, rispetto a quelli considerati per i vincoli provvedimentali dell’art. 136 o per quelli ex lege dall’art. 142, e il cui effetto ricognitivo è quello proprio dei quei vincoli paesaggistici, cui si deve aggiungere un contenuto prescrittivo, posto dal Piano stesso contestualmente alla loro individuazione.
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Regione - PPR e NTA - Imposizione di specifica disciplina di tutela - Vincolo archeologico - Interesse archeologico - Tutela distinta.
La Regione attraverso il PPR e le NTA (come previsto dal D.lgs. n. 42/2004), ha il potere, dopo avere evidenziato determinate caratteristiche di valore paesaggistico e storico culturale, di imporre ad un’area una specifica disciplina di tutela.
Tale potere, in quanto afferente alla dimensione paesaggistica del patrimonio culturale (cfr. art. 1, comma 3, del Codice), presuppone una valutazione specifica, diversa da quella alla base di un vincolo di bene culturale (cfr. art. 1, comma 2, del Codice), qual è un vincolo archeologico. Si tratta piuttosto di una valutazione afferente la qualità dell’ambito paesaggistico archeologicamente contrassegnato, e non dei singoli beni archeologici.
Quella delle aree di interesse archeologico è invero una “tutela distinta” da quella di cui alla l. 01.06.1939 n. 1089 [oggi: Parte seconda, cioè artt. 14 e ss. del Codice], avendo ad oggetto non già, direttamente o indirettamente, i beni riconosciuti di interesse archeologico, ma piuttosto il loro territorio (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 03.03.2011 n. 1366 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Determinazione degli oneri concessori - Motivazione - Necessità - Esclusione - Fondamento.
I provvedimenti relativi alla determinazione degli oneri concessori non necessitano di motivazione in ordine alla somma indicata, in quanto risultano da un mero calcolo materiale da effettuarsi sulla base di puntuali indicazioni normative, senza che in proposito residui un margine di discrezionalità.
Non è pertanto configurabile a carico dell’amministrazione, nella redazione di tali atti aventi natura paritetica, un onere di specificare le ragioni della decisione adottata, sicché l'interessato può solo contestare l'erroneità dei conteggi effettuati dall'ente (in tal senso, Tar Toscana, sez. III, 18.12.2001, n. 2037; Tar Campania, Salerno, 21.07.2005, n. 1319; TAR Lazio, Sez. II, 18.02.2005, n. 1410; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 05.05.2004, n. 1620; TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 29.03.2000 n. 1911; TAR Puglia Bari, sez. III, 03.06.2009, n. 1376; TAR Campania Napoli, sez. VIII, 17.09.2009, n. 4983) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 03.03.2011 n. 396 - link a www.ambientediritto.it).

URBANISTICA: Vincoli di tipo espropriativo - Vincoli conformativi - Differenza.
I vincoli di tipo espropriativo sono quelli che derivano dalla localizzazione del territorio comunale di opere, strade e servizi, per i quali sono espressamente indicate le aree sulle quali essi dovranno sorgere, con preclusione di ogni attività edificatoria privata, mentre vanno qualificati come conformativi quei vincoli che derivano dalla zonizzazione del territorio contenuta negli strumenti urbanistici che, nel dividere in zone il territorio dell’ente locale, definiscono in via generale ed astratta limiti e caratteri dell’edificabilità dei vari terreni e così conformano le varie proprietà che vi ricadono, limitando la fruibilità di esse nell’interesse pubblico (TAR Puglia Bari Sez. II 28.07.2009 n. 1991).
Restano, altresì, al di fuori della categoria espropriativa i vincoli che importano una destinazione, anche specifica, realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, che non comportino necessariamente interventi ad iniziativa esclusiva pubblica e quindi siano attuabili anche dal soggetto privato e senza necessità di previa ablazione del bene (Consiglio Stato, sez. IV, 31.07.2007, n. 4258, sez. IV, 25.05.2005, n. 2718) (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 03.03.2011 n. 383 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Non sussiste l'esercizio del diritto di accesso agli atti gara da parte di un concorrente escluso, nell'ipotesi in cui l'aggiudicatario abbia invocato la tutela del segreto tecnico e commerciale.
In materia di accesso agli atti di gara, il combinato disposto dei commi 5 e 6 dell'art. 13 del d.lgs. n. 163/2006, esclude l'esercizio del diritto di accesso alla documentazione posta a corredo dell'offerta selezionata, ove l'impresa aggiudicataria abbia dichiarato che sussistano esigenze di tutela del segreto tecnico o commerciale, ed il richiedente non abbia dimostrato la concreta necessità di utilizzare tale documentazione in uno specifico giudizio.
Nel caso di specie, il raggruppamento aggiudicatario ha fatto espresso divieto a soggetti terzi, inclusa la stazione appaltante, di esibire ed utilizzare detta documentazione.
Ne consegue che, l'interesse all'accesso della concorrente esclusa, deve ritenersi circoscritto agli atti e provvedimenti con cui l'amministrazione ne ha escluso l'offerta, in quanto ritenuta inaffidabile nel suo complesso, e solo entro tali confini l'odierna ricorrente ha concreta necessità ed utilità di avvalersi di tale documentazione cui, peraltro, ha già ottenuto accesso (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 03.03.2011 n. 371 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Accesso agli atti di gara - Limiti - Art. 13, cc. 5 e 6 d.lgs. n. 163/2006.
In materia di accesso agli atti di gara, il combinato disposto dei commi 5 e 6 dell’art. 13 d.lgs. n. 163 del 2006 esclude l’esercizio del diritto di accesso alla documentazione posta a corredo dell’offerta selezionata, ove l’impresa aggiudicataria abbia dichiarato che sussistano esigenze di tutela del segreto tecnico o commerciale, ed il richiedente non abbia dimostrato la concreta necessità di utilizzare tale documentazione in uno specifico giudizio (Cons. Stato, Sez. V, 09.12.2008, n. 6121) (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 03.03.2011 n. 371 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Termine ex art. 87 d.lgs, n. 259/2003 - Decorrenza - Formazione del titolo abilitativo - D.I.A. o silenzio assenso.
Il termine di cui all’art. 87, comma 9, del D.Lgvo 01.08.2003 n. 259 decorre dalla presentazione della domanda corredata dal progetto (Cons. Stato, 24.9.2010 n. 7128).
Secondo l'interpretazione costante della giurisprudenza, ai sensi della norma richiamata il titolo abilitativo per la realizzazione degli impianti di telefonia mobile si costituisce in forza di una d.i.a. ovvero di un silenzio-assenso, atteso che istanze e denunce di inizio di attività si intendono accolte qualora, entro novanta giorni dalla relativa domanda, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 03.03.2011 n. 188 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sull'illegittimità dell'aggiudicazione di una gara ad un'impresa concorrente che non abbia reso la dichiarazione relativa al soggetto che aveva precedentemente rivestito, al suo interno, la carica di procuratore speciale.
L'identificazione delle persone fisiche munite di poteri di rappresentanza, per le quali, ai sensi dell'art. 38, c. 1, del d.lgs. n. 163/06, le società di capitali sono tenute a presentare una dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti morali e professionali, deve essere effettuata anche alla stregua dei poteri sostanziali attribuiti, con conseguente inclusione, nel novero dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, delle persone fisiche in grado di impegnare la società verso i terzi, nonché dei procuratori ad negotia, laddove l'estensione dei loro poteri conduca a qualificarli come amministratori di fatto, a prescindere dal nomen.
Detta interpretazione affonda le sue radici nell'esigenza di evitare la partecipazione, alle gare pubbliche, di soggetti che non prestino idonee garanzie di affidabilità ai fini di una piena tutela dell'interesse pubblico. In questa verifica delle funzioni sostanziali, occorre aver riguardo al concreto assetto delle competenze, quale delineato dallo statuto societario, riconoscendo dette funzioni a tutti i soggetti cui sia stato conferito un potere di amministrazione e rappresentanza nel senso sopra indicato.
Nel caso di specie, trattasi di un procuratore speciale, titolare di ampi poteri rappresentativi e gestionali della concorrente, quali quello di stipulare contratti d'appalto. Pertanto, è da ritenersi illegittimo il provvedimento di aggiudicazione di una gara all'impresa concorrente che abbia omesso di rendere la dichiarazione relativa al soggetto di cui sopra (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater, sentenza 02.03.2011 n. 1922 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'illegittimità dell'esclusione di un concorrente che, nell'ambito di una gara per l'affidamento del servizio di vigilanza, abbia presentato tempestiva domanda di estensione territoriale dell'autorizzazione prefettizia.
E' illegittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un concorrente che, in una gara indetta per l'affidamento del servizio di vigilanza, abbia presentato tempestiva domanda di estensione territoriale dell'autorizzazione prefettizia, laddove la lex specialis abbia richiesto il requisito del possesso dell'abilitazione di sicurezza rilasciata dalla competente Prefettura.
Alla luce dei principi comunitari sanciti dalla Corte di Giustizia (causa n. C-465/05), contrasta con gli artt. 43 e 49 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, la richiesta di autorizzazione ad esercitare il servizio di vigilanza, limitatamente ad una provincia o ad alcuni comuni, in quanto tale limitazione territoriale costituisce una restrizione sia alla libertà di stabilimento che alla libera prestazione di servizi, nella misura in cui ostacola lo svolgimento del servizio di vigilanza nell'ambito dell'U.E..
Pertanto, sussiste il requisito previsto anche in caso di autorizzazione rilasciata da prefettura diversa da quella nel cui ambito territoriale ricade l'attività oggetto della procedura di gara, e ciò nell'ipotesi in cui, come nel caso di specie, l'istanza di estensione sia stata proposta nel termine previsto per la presentazione delle domanda di partecipazione (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.03.2011 n. 1315 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

URBANISTICA: Zona di rispetto aeroportuale - Vincolo di inedificabilità - Efficacia - Decorrenza - Artt. 714 e ss. codice della navigazione.
Il vincolo di inedificabilità nella zona di rispetto aeroportuale è immediatamente efficacia a partire dal momento in cui l’ aeroporto viene ad esistenza ed è operativo e sono individuate le sue caratteristiche e modalità di utilizzo per le operazioni di volo. (cfr. Cons. Stato, IV, n. 2400 del 14.05.2007; V, n. 67 del 15.03.2006).
Si tratta di vincolo che trova la sua ragione d’essere nell’esigenza di garantire la sicurezza del volo, segnatamente nelle situazioni di maggiore criticità afferenti al decollo ed all’ atterraggio dei velivoli.
Esso si impone, ai sensi degli artt. 714 e seguenti del codice della navigazione, a partire dal momento in cui interviene il d.m. che individua -unitamente alla destinazione o meno dell’ aeroporto al traffico strumentale e notturno- la direzione e la lunghezza di atterraggio, il livello medio dell’ aeroporto e dei tratti di perimetro corrispondenti alle direzioni di atterraggio.
Zona di rispetto aeroportuale - Vincolo di inedificabilità - Qualificazione ex lege - Necessità di specifici atti di ricognizione - Esclusione.
In tema di vincolo di inedificabilità nella zona di rispetto aeroportuale, la limitazione del diritto dominicale non segue ad una scelta discrezionale dell’Amministrazione, così che debbano assumersi a riferimento per la sua efficacia specifici atti ricognitivi dell’ estensione e dell’ incidenza del vicolo, ma discende dalla qualificazione “ex lege” come zona di rispetto della porzione di territorio posta i prossimità dell’ aeroporto (analogamente a quanto avviene per le zone di rispetto stradale, di linea ferroviaria, cimiteriale, ecc.), a salvaguardia di specifici interessi di rilievo pubblico connessi all’ utilizzo di beni appartenenti al demanio o destinati ad uso collettivo, a fronte dei quali recedono talune prerogative dei proprietari dei suoli posti in prossimità dei beni stessi (Consiglio di Stato,Sez. VI, sentenza 02.03.2011 n. 1292 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Non è applicabile la normativa sull'evidenza pubblica nell'ipotesi di procedura indetta in via d'urgenza.
Nell'ipotesi di gara d'appalto indetta in via d'urgenza, come tale non procrastinabile per ragioni di tutela sia della salute pubblica che della sicurezza, non si applicano le norme dettate in materia di evidenza pubblica nella scelta dei contraenti, bensì l'art. 57, c. 2, lett. c), del d.lgs. n. 163/2006.
Ai sensi della citata norma, la procedura negoziata, indetta senza pubblicazione del bando, può essere utilizzata nella misura strettamente necessaria, ai fini dell'affidamento di un appalto, qualora ricorra l'estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, incompatibili con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette o negoziate, previa pubblicazione di un bando.
Di conseguenza, il ricorso a tale sistema di scelta del contraente, che si sostanzia in una vera e propria trattativa privata, rappresenta un'eccezione ai principi generali di pubblicità e massima partecipazione dei concorrenti, tipici della procedura aperta, fermo restando che, i presupposti fissati dalla legge per la sua ammissibilità, devono essere accertati con il massimo rigore e non sono suscettibili di interpretazione estensiva; in particolare, in ordine al carattere di urgenza, esso non può in alcun modo addebitarsi all'amministrazione per carenza di adeguata organizzazione o programmazione ovvero per sua inerzia o responsabilità, circostanze queste che si ritiene non ricorrano nel caso di specie (TAR Sicilia-Catania, Sez. III, sentenza 01.03.2011 n. 524 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Tutela della salute pubblica e della sicurezza - Scelta del contraente in via d’urgenza - Art. 57, c. 2 d.lgs. n. 163/2006 - Eccezione al principio di pubblicità e massima concorsualità - Presupposto dell’urgenza - Requisiti.
Il ricorso al sistema di scelta del contraente in via d’urgenza, non procrastinabile per ragioni di tutela della salute pubblica e della sicurezza, che si sostanzia in una vera e propria trattativa privata (art. 57, comma 2 lett. c) d.lg. 12.04.2006 n. 163), rappresenta un'eccezione al principio generale della pubblicità e della massima concorsualità tipica della procedura aperta; ciò stante, i presupposti fissati dalla legge per la sua ammissibilità devono essere accertati con il massimo rigore e non sono suscettibili di interpretazione estensiva e in particolare, per quanto riguarda l'urgenza di provvedere, essa non deve essere addebitabile in alcun modo all'Amministrazione per carenza di adeguata organizzazione o programmazione ovvero per sua inerzia o responsabilità (Consiglio Stato , sez. V, 10.11.2010 , n. 8006).
Tutela della salute pubblica e della sicurezza - Servizio di gestione dei rifiuti urbani - Affidamento con provvedimento extra ordinem - Esigenza di continuità del servizio - Legittimità.
E’ legittima l'ordinanza contingibile ed urgente assunta da un sindaco ai sensi dell'art. 50, d.lg. n. 267 del 2000, al fine di assicurare la continuità del servizio di gestione dei rifiuti urbani, tenuto conto della qualità di servizio essenziale, non suscettibile di subire interruzioni (cfr. TAR Veneto Venezia, sez. I, 09.07.2010, n. 2906 che ha rilevato come l'affidamento del servizio ad una società per effetto di un provvedimento extra ordinem, viene assunto sulla base di presupposti di diritto del tutto diversi da quelli in base ai quali si procede in via ordinaria) (TAR Sicilia-Catania, Sez. III, sentenza 01.03.2011 n. 524 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI – Ordinanza di rimozione e smaltimento dei rifiuti – Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 – Mancata comunicazione di avvio del procedimento – Illegittimità– Art. 7 L. n. 241/1990.
Ai procedimenti preordinati all’emanazione dell’ordinanza di rimozione e smaltimento dei rifiuti ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006 deve applicarsi la disciplina sulla comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della l. n. 241/1990, in quanto adempimento obbligatorio, rispetto al quale risulta recessivo, nella specifica materia, l’art. 21-octies della l. n. 241 cit., con conseguente illegittimità dell’ordinanza non preceduta dalla comunicazione stessa (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 25.08.2008, n. 4061; TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 02.09.2009, n. 4598; TAR Campania, Salerno, Sez. II, 07.05.2009, n. 1826; TAR Toscana, Sez. II, 06.05.2009, n. 772; TAR Emilia Romagna, Parma, Sez. I, 31.01.2008, n. 64).
RIFIUTI – Pietre e marmi – Art. 186, c. 7-ter, d.lgs. n. 152/2006 – Ambito di applicazione – Attività di lavorazione, non di mera estrazione.
L’art 186, comma 7-ter, del d.lgs. n. 152/2006 concerne i residui dell’attività di lavorazione –non già di mera estrazione– di pietre e marmi.
RIFIUTI – Fanghi derivanti dal processo di lavaggio e chiarificazione delle acque – Qualifica di sottoprodotto – Requisiti ex art. 184-bis d.lgs. n. 152/2006.
I fanghi derivanti dal processo di lavaggio e chiarificazione delle acque possono essere qualificati come sottoprodotti ove sussistano i requisiti di cui all’art. 183, comma 1, lett. p) della preesistente versione del d.lgs. n. 152/2006 - ora art. 184-bis, comma 1, del medesimo decreto legislativo: il derivare la sostanza da un processo produttivo, il cui scopo primario non è la produzione della sostanza stessa, la certezza dell’impiego sin dalla fase della loro produzione, il valore economico del materiale utilizzato (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 01.03.2011 n. 389 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO - Interventi di bonifica - Completamento - Certificazione rilasciata dalla provincia competente - Titolo per lo svincolo della garanzie finanziarie - Possibilità di rilascio di certificazione parziale - esclusione - Normativa di riferimento - Art. 17 d.lgs. n. 22/1997 - Art. 12 D.M. n. 471/1999 - Art. 248, c. 2, d.lgs. n. 152/2006.
L’art. 17, comma 8, del d.lgs. n. 22/1997 prevedeva che il completamento degli interventi previsti dai progetti di cui al precedente comma 2, lett. c) - cioè dei progetti di bonifica delle aree inquinate - venisse attestato da apposita certificazione rilasciata dalla Provincia competente per territorio.
In attuazione di detta norma, l’art. 12 del d.m. n. 471/1999 ha stabilito, al comma 2, che il completamento degli interventi di bonifica e ripristino ambientale e la conformità degli stessi al progetto approvato fossero accertati dalla Provincia mediante apposita certificazione, predisposta in conformità ai criteri ed ai contenuti indicati nell’All. 5: la predetta certificazione costituiva, in base al successivo comma 3, titolo per lo svincolo della garanzie finanziarie da prestare, ai sensi dell’art. 10, comma 9, del d.m. n. 471 stesso, una volta approvato il progetto definitivo di bonifica, per la corretta esecuzione ed il completamento dell’intervento.
L’art. 248, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006 prevede ora che il completamento degli interventi di bonifica, di messa in sicurezza permanente e di messa in sicurezza operativa, nonché la conformità di essi al progetto approvato sia accertata dalla Provincia tramite apposita certificazione, sulla base della relazione tecnica predisposta dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente territorialmente competente. Anche in questo caso, la certificazione costituisce titolo per lo svincolo delle garanzie finanziarie.
Orbene, dal quadro normativo così riprodotto emerge come la certificazione in esame sia rilasciata una volta concluso l’intervento di bonifica, non essendo previsto da nessuna delle norme riportate più sopra il rilascio di una certificazione parziale (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 01.03.2011 n. 385 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - Linee guida per l’attribuzione di codice CER a determinate categorie di rifiuti - Adozione - Trasportatori, smaltitori e recuperatori - Partecipazione al procedimento - Necessità - Esclusione.
Ai fini dell’adozione di un atto di indirizzo per la corretta attribuzione dei codici CER a rifiuti derivanti da specifiche attività produttive, non incombe sulla provincia l’onere di far partecipare al procedimento trasportatori, smaltitori e recuperatori o organizzazioni rappresentative di tali categorie, essendo solo i produttori e i detentori dei rifiuti , ai sensi del’art. 193, c. 2, del d.lgs. n. 152/2006 i soggetti che sono tenuti per legge ad assegnare il codice CER (TAR Veneto, Sez. III, sentenza 01.03.2011 n. 359 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - Abbandono - Proprietario di un compendio immobiliare nel quale vengano svolte attività da arte di terzi, in forza di rapporto contrattuale - Disponibilità giuridica e custodia dei beni - Principio di elevato livello di tutela ambientale - Obblighi di vigilanza e controllo in capo al proprietario - Responsabilità titolo omissivo o colposo - Ordinanza ex art. 192 d.lgs. n. 152/2006.
Il proprietario di un compendio immobiliare nel quale da terzi, in forza di un rapporto contrattuale, vengano svolte attività, conserva comunque la disponibilità giuridica e dunque la custodia dei beni, tant’è vero che non è possibile compiere nell'immobile interventi e modifiche senza il consenso del proprietario il quale, per questa via, ne assume la eventuale responsabilità verso i terzi; il fine di assicurare un elevato livello di tutela all’ambiente (che è principio cardine della politica ambientale comunitaria: cfr. l’art. 174, par. 2, del Trattato), comporta inoltre che, nel caso in cui siano svolte da terzi, in forza di un rapporto contrattuale, attività produttive ad elevato impatto ambientale, pericolose per la salute e l’ambiente (nel caso all’esame vi era esercitata un’industria insalubre), in capo al proprietario sono configurabili obblighi di vigilanza e controllo da svolgere secondo standard di diligenza adeguati alla pericolosità insita nelle lavorazioni. Ciò consente di configurare responsabilità di carattere omissivo o colposo anche in capo al proprietario delle aree in concorso con l’autore materiale dell’abbandono: ne deriva la legittimità dell’ordinanza emanata ai sensi dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006 nei confronti del medesimo (TAR Veneto, Sez. III, sentenza 01.03.2011 n. 336 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: VIA - Provvedimento di esclusione - Presupposti ex art. 20 d.lgs. n. 152/2006 - Motivazione - Principio comunitario di massima precauzione in materia di tutela dell’ambiente.
L’art. 20 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (codice dell’ambiente) delinea tra i presupposti per poter procedere all’esclusione dalla VIA l’assenza di impatti significativi sull’ambiente nonché la assenza di una modifica sostanziale dello stato dei luoghi.
Ne deriva che è palesemente generica la motivazione del provvedimento di esclusione della necessità di VIA laddove si limita ad affermare che “non si rileva alcun elemento di interesse relativo all’impatto ambientale dell’opera”, senza soffermarsi sui presupoosti indicati dalla norma.
Né può ritenersi che il provvedimento di esclusione dalla VIA non richieda necessariamente una articolata ed approfondita motivazione qualora in sede istruttoria sia stata prodotta tutta la necessaria documentazione, e ciò in quanto una siffatta conclusione, diretta in sostanza ad elidere una autonoma valutazione in tal senso in capo alla competente amministrazione, sarebbe contraria al principio comunitario di massima precauzione in materia di tutela dell’ambiente (TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 25.02.2011 n. 405 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - Art. 14 d.lgs. n. 22/1997 - Sanzione amministrativa di tipo reintegratorio - Responsabilità - Dolo o colpa.
L’art. 14 del d.lgs. n. 22/1997 ha introdotto una sanzione amministrativa di tipo reintegratorio, avente a contenuto l'obbligo di rimozione, di recupero o di smaltimento e di ripristino a carico del responsabile del fatto di discarica o immissione abusiva (a carico, cioè, di "chiunque viola i divieti di abbandono e di deposito incontrollato di rifiuti sul suolo"), in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa, addossando la responsabilità all’autore materiale della trasgressione.
La responsabilità in solido con i proprietari dell'area o con i titolari di altro diritto reale ricorre nel caso in cui la violazione possa essere a questi ultimi ascritta a titolo di dolo o colpa.
RIFIUTI - Art. 14 d.lgs. n. 22/1997 - Sistema sanzionatorio - Responsabilità oggettiva o di posizione - Esclusione - Proprietario dell’area - Condotta omissiva - Rilevanza.
Se la giurisprudenza ha ritenuto che il sistema sanzionatorio, delineato dal decreto Ronchi in materia di rifiuti, esclude la configurabilità di responsabilità oggettiva o di posizione, e cioè che il proprietario del sito che ospita rifiuti abbandonati sia chiamato, per ciò solo, a risponderne, indipendentemente dalla concreta verifica, da parte della p.a., di una condotta anche semplicemente agevolatrice del fatto illecito del terzo, ovvero omissiva, cioè di astensione dall'adozione di quelle cautele che possono ragionevolmente pretendersi da un soggetto dotato di diligenza media, va osservato che tale responsabilità tuttavia ricade inevitabilmente sul proprietario ove non vi siano ragioni per escluderne l’estraneità (per es. in assenza di esposti, denunce all’Autorità Giudiziaria, apposizioni di cartelli di divieto) senza che la P.A. debba preventivamente svolgere accertamenti di sorta sugli autori dell’abuso (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 24.02.2011 n. 384 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Mutamento della destinazione d'uso di edifici - Lottizzazione abusiva materiale - Configurabilità - Fattispecie: modifica della destinazione da sottotetti a mansarde.
Rientra nel concetto giuridico di lottizzazione abusiva materiale, anche l’esecuzione dei lavori che determinano un mero mutamento della destinazione d'uso di edifici, già esistenti, da cui derivi la necessità di nuovi interventi di urbanizzazione (Cass. 15/02/2007, n. 6396). Fattispecie: configurabilità del reato di lottizzazione abusiva conseguente alla modifica della destinazione da sottotetti a mansarde. (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 23.02.2011 n. 6892 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi edilizi - Ordinanza di demolizione -Destinatari - Proprietario e responsabile dell’abuso - Artt. 29 e 31 d.P.R. n. 380/2001.
Il 2° comma dell'art. 31 del d.P.R. 380/2001 dispone che l’ordinanza di demolizione venga notificata anche al responsabile dell’abuso, prevedendo espressamente che il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale “ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione”. Che il soggetto, peraltro, tenuto in concreto a provvedere alla demolizione sia il responsabile dell'abuso, si desume dal combinato disposto del comma e dell'art. 29 e del comma 3 dell'art. 31 del d.P.R. 380/2001 (Consiglio di Stato, Sez. V, 01.10.1999, n. 1228; TAR Campania, Napoli, Sez. II, 26.05.2004, n. 8998) (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 14.02.2011 n. 932 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO – Impianti di telecomunicazione – Regolamento comunale edilizio – Imposizione di distanze – Illegittimità – Fattispecie: limite di 200 metri rispetto alle strade extraurbane.
L'installazione di impianti di telecomunicazione deve ritenersi in generale consentita sull'intero territorio comunale in modo da poter realizzare un'uniforme copertura di tutta l'area comunale interessata(cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VI, 28.03.2007, n. 1431).
Precipitato di tale principio è poi quello per cui non può essere imposta, mediante regolamento comunale edilizio, l'osservanza di determinate distanze dagli edifici esistenti ed ugualmente non si può pretendere di localizzare gli impianti ad una determinata distanza dal confine di proprietà, trattandosi di previsione che appare priva di giustificazione alcuna e rappresenta solo un indebito impedimento nella realizzazione di una rete completa di telecomunicazioni (fattispecie relativa all’imposizione, attraverso regolamento comunale, di un limite di 200 metri rispetto alle strade extraurbane) (in termini, C.d.S., Sez. VI, 25.06.2007, n. 3536, C.d.S., Sez. VI, 06.09.2010, n. 6473).
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO – Impianti di telecomunicazione – Potestà regolamentare comunale – Art. 8, c. 6, L. n. 36/2001 – Limiti.
La potestà assegnata al Comune dall'art. 8, comma 6, della legge 22.02.2001 n. 36 (legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) di regolamentare "il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e di minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi radioelettrici" non può trasformarsi in "limitazioni alla localizzazione" degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale in assenza di una plausibile ragione giustificativa (C.d.S., Sez. III, 3 marzo 2010 , n. 4280).
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO – Impianti di telefonia mobile – Titolo abilitativo – Art. 87 d.lgs. n. 259/2003.
Ai sensi dell'art. 87, comma 9, del codice delle Comunicazioni (d.lg. n. 259 del 2003), il titolo abilitativo per la realizzazione degli impianti di telefonia mobile si costituisce in forza di una d.i.a. ovvero di un silenzio-assenso, atteso che le istanze e denunce di inizio di attività si intendono accolte qualora, entro novanta giorni dalla relativa domanda, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego (cfr. sul punto, TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 07.05.2010, n. 3083) (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 11.02.2011 n. 911 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione paesaggistica - Procedimento di verifica della legittimità - Art. 10 bis L. n. 241/1990 - Applicabilità - Esclusione - Ragioni.
L’art. 10-bis della L. n. 241/1990 non è applicabile al procedimento statale di verifica della legittimità dell’autorizzazione paesaggistica, sia perché tale procedimento non è attivato su istanza di parte, bensì su richiesta dell’Amministrazione comunale che ha rilasciato tale autorizzazione, sia perché la comunicazione di cui all’art. 10-bis ha ad oggetto “i motivi che ostano all’accoglimento della domanda”, mentre la funzione esercitata dalla Soprintendenza nell’esercizio del potere di annullamento di un’autorizzazione paesaggistica non è quella di verificare la sussistenza dei presupposti legittimanti il rilascio del provvedimento, bensì quella di scrutinare la legittimità dell’autorizzazione rilasciata dall’Amministrazione comunale.
Vincolo paesaggistico - Autorizzazione paesaggistica - Potere di annullamento - Profili di eccesso di potere.
Il potere di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica attribuito alla Soprintendenza non può comportare un riesame complessivo delle valutazioni tecnico-discrezionali compiute dall’Ente locale, tale da consentire la sovrapposizione o la sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione, ma si estrinseca in un mero controllo di mera legittimità, (ex multis, TAR Campania Napoli, Sez. VII, 19.02.2009, n. 958).
Tuttavia il controllo di legittimità della Soprintendenza può riguardare anche tutti i possibili profili dell’eccesso di potere (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 11.09.2003, n. 5099), ivi compresi il difetto di istruttoria ed il difetto di motivazione.
Pertanto, posto che la funzione dell’autorizzazione non è quella di rimuovere il vincolo, ma di accertare in concreto la compatibilità dell’intervento prospettato con le esigenze di tutela e di conservazione dei valori ambientali e paesistici, l’annullamento dell’autorizzazione è giustificato quando la valutazione di compatibilità si traduce in una obiettiva deroga e, quindi, in un’autorizzazione illegittima per sviamento o travisamento (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 11.02.2011 n. 904 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Pavimentazione di aree verdi - Permesso di costruire.
La pavimentazione di aree verdi [opere di cui alle lett. c) e g)], esige il permesso di costruire, perché comporta l’irreversibile trasformazione del territorio (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 11.02.2011 n. 896 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Costruzione precaria - Presupposti.
La precarietà di una costruzione non va desunta dalla possibile facile e rapida amovibilità dell’opera, ovvero dal tipo più o meno fisso del suo ancoraggio al suolo, ma dal fatto che la costruzione appaia destinata a soddisfare una necessità contingente ed essere poi prontamente rimossa, a nulla rilevando la circostanza che l’impiego dell'opera sia circoscritto ad una sola parte dell’anno, ben potendo la stessa essere destinata a soddisfare un bisogno non provvisorio ma regolarmente ripetibile; la precarietà, quindi, non va confusa con la stagionalità (tra le tante, Tar Puglia, Bari, II, n. 2031/2009) (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 11.02.2011 n. 896 - link a www.ambientediritto.it).

ENTI LOCALI: Edilizia residenziale pubblica - Decadenza dall'assegnazione ai sensi dell'art. 18, co. 1, del Reg. Reg. n. 1/2004 - Non presuppone un abbandono definitivo e formale dell'alloggio - E' sufficiente l'uso non continuativo dell'immobile.
La decadenza comminata ai sensi dell'art. 18, co. 1, del Reg. Reg. n. 1/2004 nei confronti dell'assegnatario di un alloggio di edilizia popolare che non abiti stabilmente l'appartamento, non presuppone un abbandono formale e definitivo, rilevando, a tal fine, anche comportamenti comunque indicativi di un disinteresse o di un non prevalente interesse del soggetto ad un'abitazione continua, attraverso utilizzi intermittenti e sporadici e ciò anche se la mancata stabile occupazione sia motivata da ragioni di vita e di lavoro e pertanto non sorretta da animus dereliquendi.
Infatti la ratio sottesa al predetto art. 18 risiede infatti nell'interesse pubblico a che, in conseguenza della penuria di abitazioni destinate ai meno abbienti, gli alloggi di edilizia residenziale pubblica vengano, e restino, assegnati a chi intende farne un uso continuativo, non già un uso sporadico, occasionale o stagionale (cfr. TAR Lombardia, sede di Milano, sez. I, 30.06.2010, n. 2676) (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenze 26.10.2010 nn. 7073 e 7074 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONSIGLIERI COMUNALI: Urbanistica - Impugnazione Piano di Governo del Territorio (P.G.T.) - Consiglieri comunali - Legittimazione attiva - Tutela della legalità dell'azione amministrativa - Non sussiste.
I consiglieri comunali non sono legittimati all'impugnativa di delibere dell'organo di cui fanno parte, ed, in particolare, della delibera di approvazione del P.G.T., laddove agiscano soltanto a tutela del principio di legalità dell'azione amministrativa o degli interessi del Comune.
La legittimazione attiva dei consiglieri comunali é infatti circoscritta alle ipotesi in cui essi agiscano a tutela del proprio munus, denunciando lesioni della propria sfera giuridica o della propria posizione all'interno dell'organo o dell'Ente medesimo, ossia quando vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sul diritto d'ufficio dei medesimi e quindi su un diritto spettante alla persona investita della carica di consigliere (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.10.2010 n. 7066 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Art. 52, comma 3-bis, L.R. n. 12/2005 - Mutamenti di destinazione d'uso - Attività con riflessi di rilevante impatto urbanistico - Necessità di verificare le dotazioni di attrezzature pubbliche rapportate a dette destinazioni - Sussiste - Associazione culturale con fine religioso - Applicabilità dell'art. 52, comma 3-bis, L.R. n. 12/2005 - Non sussiste, se il fine religioso è accessorio e marginale nel contesto degli scopi statutari.
2. Art. 52, comma 3-bis, L.R. n. 12/2005 - Mutamenti di destinazione d'uso - Rilevanza ai fini urbanistici dell'uso di fatto dell'immobile - Non sussiste.

1. L'art. 52, comma 3-bis, L.R. n. 12/2005, per la sua collocazione e la sua ratio, è palesemente volto al controllo di mutamenti di destinazione d'uso suscettibili, per l'afflusso di persone o di utenti, di creare centri di aggregazione (chiese, moschee, centri sociali, ecc.) aventi come destinazione principale o esclusiva l'esercizio del culto religioso o altre attività con riflessi di rilevante impatto urbanistico, che richiedono la verifica delle dotazioni di attrezzature pubbliche rapportate a dette destinazioni.
La norma non pare quindi applicabile nel caso in cui l'immobile venga utilizzato da un'associazione culturale in cui il fine religioso rivesta carattere di accessorietà e di marginalità nel contesto degli scopi statutari.
2. Non rileva di norma ai fini urbanistici l'uso di fatto dell'immobile in relazione alle molteplici attività umane che il titolare è libero di esplicare (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 25.10.2010 n. 7050 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Impugnazione provvedimento sanzionatorio - Cambio di destinazione d'uso in difformità dalle previsioni urbanistiche comunali - Piano attuativo - Infungibilità delle destinazioni - Legittimità.
In presenza della previsione di un piano attuativo che pone un limite quantitativo alle varie destinazioni, non si può affermare la piena fungibilità delle diverse destinazioni e la conseguente libertà di modificare la destinazione d'uso degli immobili (anche tra quelle ammesse dal P.R.G. per la zona in questione), passando così da una destinazione all'altra, senza una modifica del piano stesso.
Conseguentemente risulta legittimo il provvedimento impugnato con il quale l'Amministrazione ha sanzionato la violazione di una disposizione urbanistica di dettaglio, mentre nessuna rilevanza ha la modalità con cui il cambio di destinazione viene realizzato, aspetto che attiene al profilo edilizio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.10.2010 n. 7032 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Telefonia - Stazioni radio base - Localizzazione - Art. 8, L. n. 36/2001 - Art. 4, comma 7°, L.R. n. 11/2001 - Piani urbanistici comunali - Divieto di localizzazione di ordine generale su parti del territorio non interessate da obiettivi sensibili - Illegittimità - Sussiste.
In tema di localizzazione delle stazioni radio base di telefonia cellulare, i Comuni non possono, attraverso i propri atti di pianificazione urbanistica, introdurre divieti di localizzazione di ordine generale per talune porzioni di territorio, considerato che la potestà riconosciuta agli enti locali dall'art. 8, L. n. 36/2001 non può tradursi in divieti assoluti di localizzazione di impianti di telefonia mobile su parti del territorio non interessate da obiettivi sensibili.
Tale conclusione è confermata alla luce dell'art. 4, comma 7°, L.R. Lombardia n. 11/2001 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.10.2010 n. 7030 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ordine di demolizione - Comunicazione di assegnazione di un nuovo termine - Violazione del principio di tipicità degli atti - Irrilevanza dell'erronea qualificazione formale - Legittimità.
L'eventuale erronea qualificazione dell'ordine di demolizione da parte del Comune é irrilevante, dovendo il giudice procedere in ogni caso alla corretta qualificazione dell'atto amministrativo, tenendo conto del potere effettivamente esercitato dall'Amministrazione e non del nomen attribuito dall'Amministrazione medesima al provvedimento, non sussistendo in tal caso la violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi lamentata (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.10.2010 n. 7029 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Lex specialis di gara - Costituisce autovincolo per l'Amministrazione che non può discostarsi da quanto in essa stabilito, a pena di illegittimità del suo operato (ipotesi di esclusione dalla gara).
Le ipotesi di espressa comminatoria di esclusione dalla procedura selettiva contenuta nel bando o più in generale negli atti recanti la lex specialis di gara hanno valore di autovincolo per l'Amministrazione procedente, chiamata poi ad applicare puntualmente le disposizioni in essa contenute.
Ciò implica che la stessa non può poi ritornare sui suoi passi ed agire in termini difformi rispetto a quanto stabilito negli atti normativi di gara, a pena di illegittimità del suo operato (cfr. TAR Liguria, Genova, sez. II, 13.05.2010, n. 2534) (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 15.10.2010 n. 6961 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Condono edilizio - Oneri di concessione - Obbligo di determinazione degli oneri con esclusivo riferimento alle tariffe vigenti alla data di entrata in vigore della legge di sanatoria - Non sussiste - Ratio.
2. Concessione in sanatoria - Silenzio-assenso - Perfezionamento - Presupposti.
3. Concessione in sanatoria - Possibilità di riaprire il procedimento di sanatoria in seguito a silenzio-assenso sull'istanza di concessione in sanatoria entro i termini previsti per la facoltà di ottenere il conguaglio - Non sussiste.

1. In materia di condono edilizio ed oneri concessori, relativamente alle relative normative succedutesi nel tempo -art. 32, D.L. 269/2003; art. 39, L. 724/1994, art. 37, L. 47/1985- non è ravvisabile un orientamento interpretativo consolidato da cui possa ricavarsi un unico principio fondamentale della legislazione statale, secondo cui gli oneri di concessione debbano essere determinati esclusivamente con riferimento alle tariffe vigenti alla data di entrata in vigore della legge di sanatoria: infatti, gli oneri di concessione potrebbero essere ancorati alle tariffe vigenti, alternativamente, al momento in cui l'abuso è iniziato, al momento in cui l'immobile abusivo è completato, al momento dell'entrata in vigore della normativa statale sul condono, al momento dell'entrata in vigore della normativa regionale sul condono, al momento in cui è stata effettuata la richiesta di condono o, infine, al momento del perfezionamento del procedimento di sanatoria.
2. Nella disciplina dei condoni edilizi succedutisi nel tempo, il procedimento di sanatoria si perfeziona o con un provvedimento esplicito del Comune, o col silenzio-assenso, che matura in presenza di determinati presupposti: in primis, la presentazione di una domanda completa e corredata da tutta la documentazione prescritta dalla legge (cfr. Cons. di Stato, n. 4174/2010).
3. In materia di condono edilizio, il termine di trentasei mesi previsto dall'art. 35, comma 17, Legge n. 47/1985, riguarda la prescrizione del diritto al conguaglio, o al rimborso, a seguito del silenzio-accoglimento formatosi sull'istanza di concessione in sanatoria, con la conseguenza che, una volta formatosi il silenzio-assenso su tale istanza, la facoltà di conguaglio non autorizza anche a rimettere in discussione l'intero rapporto, e riaprire il procedimento di sanatoria, facendo applicazione delle nuove tariffe successivamente entrate in vigore (cfr. Cass. SS.UU., sent. n. 9662/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.10.2010 n. 6958 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Concessione in sanatoria - Possibilità di riaprire il procedimento di sanatoria in seguito a silenzio-assenso sull'istanza di concessione in sanatoria entro i termini previsti per la facoltà di ottenere il conguaglio - Non sussiste.
In materia di condono edilizio, il termine di trentasei mesi previsto dall'art. 35, comma 17, Legge n. 47/1985, riguarda la prescrizione del diritto al conguaglio, o al rimborso, a seguito del silenzio-accoglimento formatosi sull'istanza di concessione in sanatoria, con la conseguenza che, una volta formatosi il silenzio-assenso su tale istanza, la facoltà di conguaglio non autorizza anche a rimettere in discussione l'intero rapporto, e riaprire il procedimento di sanatoria, facendo applicazione delle nuove tariffe successivamente entrate in vigore (cfr. Cass. SS.UU., sent. n. 9662/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.10.2010 n. 6956 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Condono edilizio - Oneri di concessione - Obbligo di determinazione degli oneri con esclusivo riferimento alle tariffe vigenti alla data di entrata in vigore della legge di sanatoria - Non sussiste - Ratio.
2. Abuso edilizio - Sanatoria - Diritti ed oneri - Incremento percentuale ex art. 32, comma 40, D.L. 269/2003 - Ambito di applicazione.

1. In materia di condono edilizio ed oneri concessori, relativamente alle relative normative succedutesi nel tempo -art. 32, D.L. 269/2003; art. 39, L. 724/1994, art. 37, L. 47/1985- non è ravvisabile un orientamento interpretativo consolidato da cui possa ricavarsi un unico principio fondamentale della legislazione statale, secondo cui gli oneri di concessione debbano essere determinati esclusivamente con riferimento alle tariffe vigenti alla data di entrata in vigore della legge di sanatoria: infatti, gli oneri di concessione potrebbero essere ancorati alle tariffe vigenti, alternativamente, al momento in cui l'abuso è iniziato, al momento in cui l'immobile abusivo è completato, al momento dell'entrata in vigore della normativa statale sul condono, al momento dell'entrata in vigore della normativa regionale sul condono, al momento in cui è stata effettuata la richiesta di condono o, infine, al momento del perfezionamento del procedimento di sanatoria.
2. L'incremento percentuale fino al 10%, previsto dall'art. 32, comma 40, D.L. 269/2003, che i Comuni possono richiedere per progetti relativi alle attività istruttorie connesse al rilascio delle concessioni in sanatoria, è applicabile solo ai diritti ed oneri correlati all'istruttoria delle domande finalizzate al rilascio del titolo abilitativo e non agli oneri concessori relativi all'intervento edilizio: ciò, in considerazione del maggior impiego di risorse (personale e mezzi) che qualsiasi sanatoria -implicante un afflusso eccezionale di istanze da istruire ed evadere in aggiunta all'attività ordinaria- notoriamente richiede (nella fattispecie il TAR ha ritenuto illegittima l'interpretazione della predetta norma da parte degli Uffici comunali, secondo i quali la stessa autorizzerebbe un (ulteriore) incremento (non dei diritti ed oneri di istruttoria ma) degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.10.2010 n. 6955 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONE: Espropriazione per pubblica utilità - Competenze del comune - Art. 3, comma 101, L.R. 1/2000 - Portata.
Il riferimento alla "edilizia residenziale pubblica" operato dall'art. 3, comma 101, L.R. 1/2000, che delega ai comuni, per i lavori di rispettiva competenza, le funzioni amministrative regionali concernenti l'espropriazione per pubblica utilità di cui al titolo II, Legge n. 865/1971, è una sintetica descrizione dell'epigrafe di detta legge e non può intendersi come un limite alla competenza devoluta ai comuni in materia di espropriazione: con la conseguenza che per i lavori di propria pertinenza i comuni sono titolari di funzioni trasferite (dichiarazione di pubblica utilità e occupazione d'urgenza) e di funzioni delegate (espropriazione per pubblica utilità) (cfr. TAR Milano, sent. n. 4/2010; TAR Brescia, sent. n. 1142/2004) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.10.2010 n. 6931 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Atto amministrativo - Annullamento in autotutela di atto che incide negativamente su una posizione soggettiva - Comunicazione di avvio del procedimento - Obbligo - Non sussiste.
L'annullamento in autotutela di un atto che incide negativamente su una posizione soggettiva non è lesivo per il soggetto inciso e pertanto costui non ha motivo di dolersene e tanto meno di dolersi del mancato avviso di avvio del relativo procedimento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.10.2010 n. 6931 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Condono edilizio - Oneri di concessione - Obbligo di determinazione degli oneri con esclusivo riferimento alle tariffe vigenti alla data di entrata in vigore della legge di sanatoria - Non sussiste - Ratio.
2. Condono edilizio - Obbligo di provvedere - In caso di istanza non debitamente documentata - Ritardo della P.A. - Non sussiste.

1. In materia di condono edilizio ed oneri concessori, relativamente alle relative normative succedutesi nel tempo -art. 32, D.L. 269/2003; art. 39, L. 724/1994, art. 37, L. 47/1985- non è ravvisabile un orientamento interpretativo consolidato da cui possa ricavarsi un unico principio fondamentale della legislazione statale, secondo cui gli oneri di concessione debbano essere determinati esclusivamente con riferimento alle tariffe vigenti alla data di entrata in vigore della legge di sanatoria: infatti, gli oneri di concessione potrebbero essere ancorati alle tariffe vigenti, alternativamente, al momento in cui l'abuso è iniziato, al momento in cui l'immobile abusivo è completato, al momento dell'entrata in vigore della normativa statale sul condono, al momento dell'entrata in vigore della normativa regionale sul condono, al momento in cui è stata effettuata la richiesta di condono o, infine, al momento del perfezionamento del procedimento di sanatoria (cfr. Corte Cost., ord. 17.03.2010 n. 105 che ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale della L.R. 31/2004 sollevata dal TAR confermando pertanto la legittimità della previsione di tale legge regionale di ancorare gli oneri concessori alle tariffe vigenti al momento del rilascio del permesso di costruire in sanatoria).
2. In caso di ritardo, da parta del Comune, nella definizione di una domanda di concessione in sanatoria, detto ritardo non è addebitabile alla P.A. qualora la presentata istanza non sia stata debitamente documentata (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 4174/210, n. 4671/2009, n. 1797/2007, n. 4946/2005), sicché in tale ipotesi non matura il biennio assegnato al Comune per provvedere decorso il quale si forma il silenzio-assenso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenze 14.10.2010 nn. 6929 e 6930 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Accesso agli atti del procedimento - Nozione di documento amministrativo - Comprende ogni attività amministrativa anche a rilevanza meramente interna - Limitazione ai soli atti identificativi di statuizioni, accertamenti, pareri - Esclusione.
L'ampia definizione di documento amministrativo contenuta nell'art. 22, comma 1, lett. d), della l. n. 241/1990, ai sensi del quale "ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale", non consente di limitare l'accesso ai soli elaborati rappresentativi del contenuto di atti che identificano statuizioni, accertamenti, intendimenti, pareri, volizioni, valutazioni o determinazioni a queste assimilabili ma lo ammette relativamente a qualunque espressione di attività amministrativa anche a rilevanza meramente interna a condizione che afferisca ad uno specifico procedimento (Fattispecie nella quale il Tribunale ha accolto il ricorso per l'accesso agli atti ed ha ordinato all'Amministrazione finanziaria l'esibizione anche dei documenti di carattere interno relativi al procedimento all'esito del quale la stessa aveva comminato una sanzione pecuniaria) (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenze 06.10.2010 nn. 6880 e 6881 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Ricorso avverso l'esclusione da una procedura di gara - Mancata impugnazione dell'aggiudicazione definitiva sopravvenuta in corso di giudizio - Improcedibilità del ricorso.
La mancata impugnazione da parte del ricorrente che contesti la propria esclusione dalla gara del provvedimento di aggiudicazione definitiva di una gara di appalto, con ricorso autonomo o con ricorso per motivi aggiunti, depositato nel corso del giudizio dall'Amministrazione resistente, determina l'improcedibilità per carenza d'interesse del ricorso proposto (cfr. TAR Toscana, Sez. II, 24.01.2003 n. 55) (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 06.10.2010 n. 6879 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Commissione di gara - La valutazione dell'offerta tecnica non deve essere influenzata dalla conoscenza degli elementi dell'offerta economica - Inserimento di dati economici nell'offerta tecnica - Esclusione del concorrente dalla gara - Legittimità.
Secondo giurisprudenza pacifica, la Commissione di gara preposta alla valutazione delle offerte non deve essere influenzata nell'ambito del giudizio sulla componente tecnica dell'offerta, dalla conoscenza degli elementi dell'offerta economica, dovendosi pertanto disporre l'esclusione a carico del concorrente che inserisce nella busta contenente l'offerta tecnica del progetto i dati relativi all'offerta economica (cfr. da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 09.06.2009 n. 3575) (Nella fattispecie il Collegio ha ritenuto legittima l'esclusione disposta dalla Commissione di gara in quanto la società ricorrente aveva inserito nella busta recante l'offerta tecnica anche l'offerta economica e le giustificazioni a corredo della stessa) (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 06.10.2010 n. 6878 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Mutamento di destinazione d'uso - Creazione di luoghi di culto o centri sociali - Presupposti - Usi di fatto - Irrilevanza - Fattispecie.
La volontà di attuare una particolare destinazione d'uso -nel caso di specie ad "attrezzatura di interesse comune per servizi religiosi"- deve trovare una corrispondenza nella natura e nella tipologia di opere realizzate e non può essere inferita dall'uso di fatto che possa, in precedenza, essere stato posto in essere, tanto più quando l'istanza di sanatoria non faccia riferimento alcuno ad una destinazione di tipo religioso (cfr. TAR, Milano, sent. n. 4665/2009) -nel caso di specie il TAR ha annullato il diniego di rigetto di sanatoria del Comune ritenendo che le opere oggetto della domanda consistessero, principalmente, nel rifacimento della pavimentazione, nel ripristino degli intonaci, nel rivestimento dei pilastri con cartongesso, nella imbiancatura dei locali, nella realizzazione di impianti igienico-sanitari ed elettrici e non rivelassero, in alcun modo, la volontà dell'associazione ricorrente di attuare una destinazione del fabbricato ad "attrezzatura di interesse comune per servizi religiosi", ai sensi dell'art. 71, l. Regione Lombardia n. 12/2005 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenze 23.09.2010 nn. 6415 e 6416 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Edilizia residenziale pubblica - Possibilità di limitare le prerogative circa il beneficio volumetrico ex art. 4, L.R. 13/2009 - Sussiste - Presupposti.
In materia di edilizia residenziale pubblica convenzionata, poiché l'art. 5, L.R. 13/2009 consente alla P.A. di escludere parti del territorio comunale dal beneficio volumetrico previsto dall'art. 4 della medesima legge, deve ritenersi ammessa, a fortiori, la facoltà della P.A. di limitare le prerogative concesse da tale disposizione, ove ricorrano specifiche ragioni storiche, urbanistiche o paesaggistico-ambientali (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.09.2010 n. 6358 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Provvedimento amministrativo - Impugnazione - Piena conoscenza - Conoscenza elementi essenziali e lesività - Sufficiente - Fattispecie.
Ai fini della decorrenza del termine di impugnativa rileva la conoscenza non del contenuto integrale del provvedimento, bensì dei suoi elementi essenziali e della sua portata lesiva; nel caso di specie, la lesività della concessione di passo carraio era percepibile sin dal momento dell'apposizione del cartello segnaletico con gli estremi della relativa autorizzazione, identificativo del passo carraio contestato (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 5639/2009; Cons. Giust. Amm., sent. n. 1007/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.09.2010 n. 6190 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Beni culturali - Tutela dei beni culturali e del paesaggio - Diniego di attestato di libera circolazione - Interesse archeologico o storico/artistico - Apposizione di vincolo - Valutazione discrezionale - Limiti di sindacabilità.
Le valutazioni espresse dall'Autorità preposta alla tutela dei beni culturali in ordine all'esistenza di un interesse archeologico o storico-artistico, tale da giustificare l'apposizione del relativo vincolo, e del conseguente diniego all'attestato di libera circolazione, è espressione di un potere nel quale sono presenti momenti di discrezionalità sia tecnica sia amministrativa, con la conseguenza che esse soggiacciono al sindacato giurisdizionale solo in presenza di profili di incongruità e illogicità tali da renderle inattendibili (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 15.09.2010 n. 5987 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Opere abusive - Permesso di costruire in sanatoria - Condominio - Preavviso di diniego in mancanza di richiesta o assenso di tutti i condomini - Carattere direttamente lesivo - Sussiste - Impugnabilità immediata - Sussiste.
2. Opere abusive - Permesso di costruire in sanatoria - Istruttoria - Obbligo della P.A. di effettuare valutazioni complesse di carattere civilistico - Non sussiste.

1. Il provvedimento di preavviso di diniego del permesso di costruire in sanatoria in mancanza di richiesta o assenso di tutti i condomini, imponendo l'assenso di tutti i condomini quale condizione per evitare il rigetto dell'istanza, si atteggia non tanto come preavviso di rigetto in senso tecnico (volto ad acquisire, in contraddittorio con gli interessati, elementi di giudizio ai fini della definizione dell'istanza), ma come atto già dotato di effetti lesivi, il che lo rende suscettibile di impugnazione immediata.
2. Nella verifica dell'idoneità del titolo l'Amministrazione non è tenuta, in sede di istruttoria di una domanda di permesso edilizio, ad effettuare valutazioni complesse di carattere civilistico, che spettano al giudice ordinario (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 15.09.2010 n. 5986 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONDOMINIO: Sottotetto - È parte comune solo se destinato ad un uso comune - Carattere pertinenziale dell'unità immobiliare sottostante - Sussiste se ha funzione esclusiva di isolamento e protezione dell'appartamento sottostante.
A differenza del tetto (oggetto di proprietà comune salvo che non risulti diversamente dal titolo: art. 1117 cod. civ.), il sottotetto, in assenza di indicazioni risultanti dal titolo, costituisce parte comune solo se destinato ad un uso comune, mentre deve ritenersi di proprietà esclusiva dell'unità immobiliare sottostante, quale pertinenza della stessa, se si tratta di vano destinato ad assolvere alla funzione esclusiva di isolare e proteggere, come una camera d'aria, l'appartamento sottostante (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 15.09.2010 n. 5986 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Esecuzione sentenza di annullamento di titolo abilitativo - Assenso comunale ad un progetto di modifica - Provvedimento elusivo del giudicato - Domanda nuova - Improcedibile.
Il provvedimento emesso dal Comune, nell'esercizio del potere previsto dall'art. 38 T.U. edilizia, di assenso alle modifiche dell'intervento edilizio eseguito in base ad un titolo abilitativo giudizialmente annullato, rappresenta un fatto sopravvenuto che supera l'inerzia dedotta a fondamento del ricorso originario e costituisce un quid novi suscettibile di contestazione, ma nelle forme normali e nel rispetto del contraddittorio.
Conseguentemente la domanda volta a dedurre la nullità di tale provvedimento sopravvenuto in corso di causa, pur censurando il provvedimento come elusivo o in violazione del giudicato, configura una domanda nuova da notificare alla controparte, ed, in mancanza, risulta improcedibile (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 15.09.2010 n. 5946 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Esecuzione sentenza non passata in giudicato - Effetti irreversibili - Infondatezza della pretesa esecutiva.
La differenza tra esecuzione di sentenze non passate in giudicato e sentenze passate in giudicato è che nel primo caso, nell'ordinarsi e/o procedersi ad esecuzione, occorre evitare effetti irreversibili, dovendosi considerare che la sentenza esecutiva potrebbe essere riformata, travolgendo così anche gli atti esecutivi.
In tale prospettiva risulta, allo stato, infondata la pretesa esecutiva alla demolizione integrale del manufatto già realizzato, ovvero alla sua conformazione alla sentenza che implichi modifiche o demolizioni parziali che, determinando effetti irreversibili, può scaturire solo da un giudicato formale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 15.09.2010 n. 5946 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Denuncia di inizio attività - Potere di autotutela sulla d.i.a. - Sussiste.
2. Denuncia di inizio attività - Potere di autotutela sulla d.i.a. - Artt. 19, L. n. 241/1990 - Richiamo agli artt. 21-quinquies e 21-nonies, L. n. 241/1990 - Va riferito alla possibilità di esercitare i poteri di inibizione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti.
3. Denuncia di inizio attività - Autotutela - Decorso del termine di trenta giorni dalla presentazione della d.i.a. - Affidamento del privato - Non prevale sull'interesse pubblico alla rimozione del titolo abilitativo.
1. Nessun dubbio sussiste sulla possibilità per l'amministrazione di esercitare il potere di autotutela sulla d.i.a., e ciò a prescindere dalla soluzione della questione di quale sia la natura giuridica che ad essa si intenda attribuire.
Il potere di autotutela sulla d.i.a. è da intendersi come un potere sui generis che della consueta autotutela decisoria condivide soltanto i presupposti ed il procedimento -dovendo essere esercitato entro un ragionevole lasso di tempo, dopo aver valutato gli interessi in conflitto e sussistendone le ragioni di interesse pubblico- e che da essa si differenzia poiché non implica un'attività di secondo grado insistente su un procedente provvedimento amministrativo.
2. Il richiamo, ad opera dell'art. 19 della l. n. 241/1990, agli artt. 21-quinquies e 21-nonies va riferito alla possibilità di adottare non già atti di autotutela in senso proprio, ma di esercitare i poteri di inibizione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti, nell'osservanza dei presupposti sostanziali e procedimentali previsti da tali norme.
3. Non può ritenersi che il decorso del termine di trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione di inizio attività, costituente presupposto per l'esercizio del potere di autotutela, ingeneri un affidamento che prevalga, per ciò solo, su ogni interesse pubblico alla rimozione del titolo abilitativo perché, se così fosse, verrebbe negata in radice ogni possibilità per l'amministrazione di intervenire in autotutela (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 07.09.2010 n. 5122 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Attività di sbancamento - Attività edificatoria - Non sussiste.
2. Interventi edilizi - Definizione - Art. 3, d.P.R. n. 380/2001 - Derogabilità da parte del legislatore regionale - Non sussiste.
3. Ristrutturazione edilizia - Demolizione e ricostruzione - Limite della sagoma - Combinato disposto degli artt. 27, c. 1, lett. d), e 103, L.R. Lombardia n. 12/2005 e dell'art. 22, L.R. Lombardia n. 7/2010 - Contrasto con il principio fondamentale dell'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 - Sussiste - Violazione dell'art. 117, c. 3, della Costituzione - Sussiste - Rimette la questione alla Corte Costituzionale.

1. La realizzazione di mere operazioni di sbancamento non è sufficiente a configurare l'inizio di una vera e propria attività edificatoria.
2. L'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001, recante la definizione degli interventi edilizi, costituisce un principio fondamentale della legislazione statale, non derogabile dal legislatore regionale.
3. Il combinato disposto degli artt. 27, c. 1, lett. d), ultimo periodo, della l.reg. Lombardia n. 12/2005, come interpretato dalla l. reg. n. 7/2010 -nella parte in cui esclude l'applicabilità del limite della sagoma alle ristrutturazioni edilizie mediante demolizione e ricostruzione- e 103 della l.reg. Lombardia n. 12/2005 -nella parte in cui prevede che, a seguito dell'entrata in vigore della legge 12/2005, cessi di avere diretta applicazione nella Regione la disciplina di dettaglio prevista, tra gli altri, dall'art. 3, d.P.R. n. 380/2001- si pone in aperto contrasto con il principio fondamentale della legislazione statale dettato dall'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 in materia di governo del territorio e viola, dunque, l'art. 117, c. 3, della Costituzione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 07.09.2010 n. 5122 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Permesso di costruire condizionato - Art. 11 D.P.R. n. 380/2001 - Sussistenza di un titolo in capo alla richiedente - Estraneità dei patti speciali privatistici - Illegittimità.
Appurata la sussistenza di un titolo e la disponibilità, in capo alla richiedente, della volumetria richiesta, in conformità all'art. 11 D.P.R. n. 380/2001, il Comune è tenuto al rilascio del titolo, senza entrare nel merito di possibili contestazioni o controversie tra le assegnatarie dei due lotti risultando illegittimo subordinare il rilascio del permesso di costruire al rispetto della previsione dei patti speciali dell'atto di divisione che prevede l'impegno alla reciproca sottoscrizione degli atti necessari all'utilizzo, da parte di ciascuna assegnataria, della propria quota di volumetria e di rapporto di copertura, in quanto tale previsione è una questione privatistica, cui resta estranea l'Amministrazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 27.08.2010 n. 4416 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Opere abusive - Sanatoria - Ordinanza di sgombero - Pendenza di ricorso avverso il provvedimento di diniego del permesso di costruire in sanatoria - Illegittimità del provvedimento sanzionatorio - Non sussiste.
2. Opere abusive - Sanatoria - Provvedimenti sanzionatori in materia edilizia - Necessità di motivazione rafforzata - Non sussiste.

1. La pendenza del ricorso avverso il provvedimento con cui l'amministrazione comunale ha respinto la richiesta di permesso di costruire in sanatoria non è causa di illegittimità del provvedimento sanzionatorio impugnato (ordinanza di sgombero manufatti abusivi): in mancanza di provvedimenti dell'autorità giudiziaria che abbiano sospeso l'efficacia di tale diniego o delle successive ordinanze di demolizione, l'amministrazione era, difatti, tenuta, a portare a conclusione il procedimento sanzionatorio.
2. I provvedimenti sanzionatori in materia edilizia non richiedono una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 27.08.2010 n. 4415 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Permesso di costruire - Innovazioni - Art. 1120, c. 2 c.c. - Alterazione del decoro architettonico del fabbricato - Rilascio del titolo abilitativo subordinato all'assenso dei comproprietari - È legittimo.
Laddove le opere oggetto del permesso di costruire diano luogo ad una innovazione vietata ai sensi dell'art. 1120, c. 2, c.c., comportando una alterazione del decoro architettonico del fabbricato, in quanto vanno a modificare l'architettura generale e l'aspetto estetico dell'edificio, legittimamente l'Amministrazione subordina il rilascio del titolo abilitativo all'assenso dei comproprietari (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 27.08.2010 n. 4414 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Convenzione di lottizzazione - Monetizzazione - Criteri di determinazione dell'importo - Somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione - Nozione - Art. 46, L.R. 12/2005 - Ratio.
2. Convenzione di lottizzazione - Monetizzazione - Criteri di determinazione dell'importo - Art. 46, L.R. 12/2005 e corresponsione del valore di mercato delle aree edificabili - Violazione art. 42 Costituzione - Non sussiste.

1. In materia di piani di lottizzazione e relativi criteri circa la determinazione dell'importo dovuto per la monetizzazione delle aree non cedute in sito, è legittima la decisione della P.A. di interpretare l'espressione "somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione" nel senso che l'utilità da corrispondere deve essere pari al valore di mercato delle aree edificabili che, grazie alla monetizzazione, restano nella disponibilità del lottizzante: tale interpretazione è infatti rispettosa della ratio dell'art. 46, L.R. n. 12/2005, ovverosia prevedere il pagamento di una somma di denaro che sia di importo tale da realizzare l'equivalenza delle due soluzioni -cessione delle aree e monetizzazione- sia per l'amministrazione comunale che per il privato, il quale, in mancanza di tale obbligo, conseguirebbe un indebito vantaggio ricorrendo alla monetizzazione.
2. L'art. 46, L.R. 12/2005, interpretato nel senso che l'utilità da corrispondere deve essere pari al valore di mercato delle aree edificabili, non integra una riserva alla mano pubblica di quote di edificabilità privata senza che siano previsti i ristori e le garanzie di cui all'art. 42 Cost.: esso, infatti, oltre ad attribuire al privato una facoltà e non un obbligo, mira unicamente a compensare la maggiore utilità economica che al privato deriva dal ricorso alla monetizzazione anziché alla cessione delle aree (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 30.07.2010 n. 3280 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Giustizia amministrativa - Risarcimento del danno - Risarcibilità danno esistenziale - Presupposti.
L'area della risarcibilità del c.d. danno esistenziale è estremamente ridotta ed è circoscritta alle ipotesi espressamente previste dalla legge ovvero ai casi di violazione di diritti inviolabili di rango costituzionale: in particolare, affinché possa configurarsi tale risarcibilità è necessario sussistano violazioni gravi di diritti della persona, ossia lesioni di diritti costituzionali che, sul piano ontologico, superino la soglia della tollerabilità e siano qualificate dalla serietà dell'offesa e dalla gravità delle conseguenze nella sfera personale, mentre, sul piano probatorio, siano accompagnate dalla dimostrazione di ripercussioni pregiudizievoli significative sotto il profilo del danno conseguenza (cfr. Cons. di Stato sentt. n. 776/2009 e n. 3397/2010; Corte Cost., sent. n. 233/2003) (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.07.2010 n. 3279 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Abusi edilizi - Sanzioni pecuniarie - Natura - Atto ripristinatorio - Applicazione nei confronti dell'attuale proprietario non responsabile dell'abuso - Legittimità.
Le sanzioni pecuniarie edilizie sono legittimamente applicate anche nei confronti di colui che, pur non essendo responsabile dell'abuso, è proprietario attuale dell'immobile, in quanto, stante il loro carattere ripristinatorio e non punitivo, esse hanno natura reale (cfr. TAR Napoli, sent. n. 1608/2007 e TAR Firenze, sent. n. 2425/2002) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.07.2010 n. 3278 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: 1. Giustizia amministrativa - Silenzio-rifiuto - Natura.
2. Giustizia amministrativa - Silenzio inadempimento - Presupposti.
1. L'istituto del silenzio rifiuto, avverso cui promuovere azione ex art. 21-bis, Legge 1034/71, è riconducibile ad un inadempimento della P.A. in rapporto ad un obbligo di provvedere, obbligo che può discendere dalla legge ovvero da un regolamento o anche da un atto di autolimitazione dell'Amministrazione stessa.
2. L'omessa emanazione del provvedimento finale da parte della P.A. intanto assume il valore di silenzio inadempimento in quanto sussista un obbligo giuridico di provvedere, cioè di esercitare una pubblica funzione attribuita normativamente alla competenza dell'organo amministrativo destinatario della richiesta, mediante avvio di un procedimento amministrativo volto all'adozione di un atto tipizzato nella sfera autoritativa del diritto pubblico (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 2458/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.07.2010 n. 3277 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Pianificazione urbanistica - Manutenzione stradale - Ampia discrezionalità amministrativa - Sussiste - Obbligo del Comune di provvedere secondo le richieste del privato - Non sussiste.
2. Pianificazione urbanistica - Viabilità e servizi pubblici - Scelte della P.A. - Condizionabilità in base agli interessi dei privati - Non sussiste.

1. Pur avendo il Comune, come proprietario delle strade, compiti di manutenzione, tuttavia non può configurarsi in capo ad esso un obbligo specifico di provvedere secondo le specifiche richieste di un privato: infatti, tale attività di manutenzione nonché le scelte circa la viabilità sono altamente discrezionali e rispetto ad esse le parti possono solo dare un contributo nelle forme partecipative, se previste, ma non possono pretendere uno specifico e determinato tipo di intervento.
2. Le scelte in materia di servizi pubblici come di viabilità non possono essere condizionate dagli interessi dei privati al maggior vantaggio che essi trarrebbero, dal momento che tali scelte riguardano l'interesse della pluralità della collettività (cfr. TAR Latina, sent. 527/2007) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.07.2010 n. 3277 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Appalti di servizi di cui all'All. IIB del D.lgs. 163/2006 - Art. 245, comma 2-quinquies - Comunicazione individuale ai sensi dell'art. 79 - Decorrenza del termine per l'impugnazione - Piena conoscenza dell'atto - Sussiste anche in caso di accesso fruttuoso agli atti e di impugnazione di diverso lotto della medesima aggiudicazione.
Al di là della formula letterale impiegata nell'art. 245, co. 2-quinquies (che considera, quale dies a quo, per la decorrenza del termine per l'impugnazione, la data della sola comunicazione individuale ai sensi dell'art. 79), secondo un principio processuale consolidato (anche nel diritto dell'Unione europea, cfr. art. 230 Trattato CE, ora art. 263 TFUE) il termine di impugnazione (in questo caso di 30 giorni) deve intendersi decorrere, oltre che dalla ricezione della comunicazione (che, sulla scorta della regola generale di cui all'art. 1335 c.c., assicura una presunzione di conoscenza, ovvero di conoscibilità, che potrebbe non tradursi in una conoscenza effettiva), anche e soprattutto dalla piena conoscenza dell'atto; opinando altrimenti, per gli appalti di servizi elencati nell'allegato II B, ai quali, alla stregua dell'art. 20 non dovrebbero applicarsi gli obblighi informativi di cui all'art. 79, si giungerebbe alla conclusione paradossale di escludere, per gli stessi, la decorrenza del termine di impugnazione di cui all'art. 245, co. 2-quinquies; che, nel caso di specie (servizio di manutenzione ordinaria del verde pubblico), la piena ed effettiva conoscenza dell'esito della gara e del nome dell'aggiudicatario può desumersi (oltre che dall'accesso fruttuosamente esperito, quale modalità equivalente di comunicazione dell'esito della procedura) anche dal fatto che avverso la stessa procedura in oggetto e la medesima delibera di aggiudicazione, la ricorrente avesse già presentato analogo ricorso (sebbene relativamente ad un lotto diverso) in quel caso proposto nel pieno rispetto del termine decadenziale di 30 giorni, il che vale anche ad escludere, nel presente caso, il beneficio dell'errore scusabile (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.07.2010 n. 3271 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Opera edilizia precaria che non necessiti di titolo edilizio - Presupposti - Temporaneità della funzione.
La precarietà di un manufatto, la cui realizzazione non necessita di titolo edilizio in quanto non comportante una trasformazione del territorio, non dipende dalla qualità dei materiali utilizzati, o dalla sua facile rimovibilità, bensì dalla temporaneità della funzione, in relazione ad esigenze di natura contingente: la precarietà va, pertanto, esclusa quando si tratti di opera destinata a dare un'utilità prolungata nel tempo (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 3029/2009 e n. 2705/2008; Cass. Pen., sent. n. 22054/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.07.2010 n. 3266 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Abuso edilizio - Misure repressive - Natura - Atto vincolato - Abuso motivato da interesse pubblico - Irrilevanza.
2. Abuso edilizio - Ordinanza di demolizione - Tutela dell'affidamento fondato su un illecito - Non sussiste.

1. Poiché il potere di repressione degli abusi edilizi è vincolato, ne consegue che il suo esercizio è doveroso anche allorché l'abuso sia stato commesso per finalità rispondenti ad un interesse pubblico: infatti, la realizzazione di tale interesse non può avvenire con modalità che si pongono in contrasto con le previsioni dell'ordinamento giuridico.
2. In materia di abusi edilizi e conseguenti misure di repressione, a fronte di un comportamento illecito del privato, non può sussistere in capo ad esso una posizione di affidamento meritevole di tutela (cfr. TAR Milano, sent. n. 377/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.07.2010 n. 3266 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Giudizio di compatibilità paesaggistica - Natura - E' espressione di potere tecnico-discrezionale - Sindacabilità in sede di legittimità - Limiti.
Il giudizio sulla compatibilità paesaggistica di un progetto è espressione di un potere tecnico-discrezionale della P.A., il quale è sindacabile in sede di legittimità solo a fronte di valutazioni manifestamente illogiche, o fondate su insufficiente motivazione, ovvero affette da errori di fatto (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.07.2010 n. 3265 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Distanze tra costruzioni - Art. 9 D.M. 1444/1968 - Natura - E' norma di ordine pubblico - Applicabilità in caso di unica parete finestrata - Sussiste.
In materia di distanze tra edifici, l'art. 9 D.M. 1444/1968 -applicabile in Regione Lombardia in virtù del richiamo contenuto nell'art. 103, comma 1-bis, L.R. 12/2005- è norma di ordine pubblico, destinata a soddisfare interessi generali di carattere igienico-sanitario, mirando ad evitare la creazione di intercapedini in grado di impedire la libera circolazione dell'aria ed è applicabile anche nel caso in cui una sola parete sia finestrata (cfr. Cassaz. Civ., sent. n. 22495/2007; Cons. di Stato, sent. n. 1565/1999; TAR Catania, sent. n. 2373/1994; TAR Milano, sent. n. 1991/2007) (nel caso di specie il TAR ha quindi ritenuto legittimo l'annullamento da parte di un Comune di un permesso di costruire che prevedeva una distanza tra pareti finestrate inferiore a dieci metri) (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.07.2010 n. 3262 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Permesso di costruire - Monetizzazione standard - Natura - Atto autoritativo - Azione circa il quantum debeatur - Termine prescrizionale - Azione circa l'an debeatur - Termine decadenziale.
In materia di permesso di costruire e relativa monetizzazione standard in luogo della cessione di aree, qualora si contesti il quantum debeatur la relativa azione giudiziaria è soggetta a prescrizione; mentre in caso di contestazione dell'an debeatur -ossia della sussistenza o meno del potere della P.A. di imporre la cessione di aree a standard o la monetizzazione sostitutiva- la relativa azione deve essere esercitata nel termine di decadenza, essendo tale potere esercitato a mezzo di atti autoritativi soggetti ad impugnazione nel termine decadenziale (cfr. TAR Milano, sentt. n. 28/2008, n. 1064/2006, n. 767/1996) (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.07.2010 n. 3256 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Abusi edilizi - Abuso commesso prima della traslazione della proprietà - Ordinanza di demolizione - Efficacia nei confronti del nuovo acquirente - Sussiste - Ratio.
2. Abusi edilizi - Abuso commesso prima della traslazione della proprietà - Ordinanza di demolizione - Notifica al proprietario incolpevole - Legittimità - Ratio.
3. Abusi edilizi - Abuso commesso prima della traslazione della proprietà - Acquisizione gratuita dell'area al patrimonio comunale - E' legittima solo nei confronti del responsabile dell'abuso edilizio.
1.
Il nuovo acquirente dell'immobile abusivo o del sedime su cui è stato realizzato succede in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo al precedente proprietario e relativi al bene ceduto, ivi compresa l'abusiva trasformazione: egli, pertanto, subisce gli effetti sia del diniego di sanatoria, sia dell'ingiunzione di demolizione successivamente impartita, nonostante l'abuso sia stato commesso prima della traslazione della proprietà (cfr. TAR Milano, sent. n. 1721/2010).
2. L'ordinanza di demolizione va notificata anche al proprietario incolpevole, in quanto l'abuso costituisce illecito permanente e l'ordinanza ha carattere ripristinatorio e non prevede l'accertamento del dolo o della colpa del soggetto.
3. L'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'area su cui insiste l'abuso può essere disposta esclusivamente in danno del responsabile dell'abuso edilizio (ove egli sia anche proprietario del bene), non potendo essa operare nella sfera giuridica del proprietario che sia rimasto estraneo all'abuso sulla cosa detenuta dal locatario o affittuario (cfr. TAR Cagliari, sent. n. 1352/2010; TAR Napoli, sent. n. 8343/2010) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.07.2010 n. 3255 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione e concessione - Concessione beni demaniali - Rilascio dell'area - Presupposti - Regolarizzazione dei canoni pregressi non versati.
E' legittima la scelta della P.A. di subordinare il rilascio di un'area oggetto di concessione demaniale solo alla avvenuta regolarizzazione dei canoni pregressi non versati: ciò in forza dell'art. 3, comma 8, L.R. 34/1998, secondo cui il rilascio dell'atto di concessione comporta il preventivo pagamento del canone, e dell'art. 5 Legge 296/2005, il quale dispone la decadenza automatica dalla concessione in caso di inottemperanza agli obblighi derivanti dalla stessa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.07.2010 n. 3255 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Opere abusive - Impossibilità della P.A. di stabilire esistenza ed entità delle eventuali difformità - Ordinanza di demolizione opere abusive e ripristino dei luoghi - Illegittimità per carenza di istruttoria.
Qualora la P.A. non sia in grado di affermare con precisione quale fosse l'originario stato di luoghi e, dunque, l'esistenza e l'entità delle eventuali difformità tra quanto realizzato e quanto assentito con autorizzazione edilizia, la relativa ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi è illegittima per carenza di istruttoria  (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.07.2010 n. 3254 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Concessione edilizia - Terzo confinante - Legittimazione ad intervenire nel procedimento - Sussiste - Titolo a ricevere l'avviso di avvio del procedimento - Non sussiste.
Non sussiste identità tra le posizioni di coloro che sono legittimati ad impugnare il provvedimento finale, quelle di coloro che possono intervenire nel procedimento ovvero quelle di coloro che hanno titolo a ricevere l'avviso del procedimento (cfr. Cons. di Stato, sent. nn. 2185/2000 e 1197/1999).
Pertanto, in caso di domanda volta ad ottenere il rilascio di un titolo edilizio, il vicino del richiedente può intervenire nel corso del relativo procedimento e può impugnare il provvedimento che accolga l'istanza, ma non ha titolo a ricevere l'avviso dell'avvio del procedimento in quanto ciò comporterebbe un aggravio del procedimento, in violazione dei principi di economicità ed efficacia dell'attività amministrativa (cfr. Cons. di Stato, sent. nn. 1773/2005, 1533/2002, 1197/1999; T.A.R. Liguria, sent. n. 1736/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.07.2010 n. 3253 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Abusi edilizi - Sanatoria - Eccesso di potere - Inconfigurabilità - Ratio.
2. Abusi edilizi - Condono - In presenza di violazione sulle distanze legali - Ammissibilità - Diritto dei terzi al risarcimento o alla demolizione - Sussiste.
1
. In materia di sanatoria di opere abusive non è configurabile il vizio di eccesso di potere, poiché questo presuppone l'esistenza di un potere discrezionale, nella specie insussistente, in quanto l'art. 39 della Legge 724/1994 ed i capi IV e V della Legge 47/1985 in materia di sanatoria hanno natura vincolata.
2. Poiché il condono edilizio interessa i rapporti fra la P.A. ed il privato costruttore, questi può fruirne anche se l'edificio abusivo violi le norme sulle distanze legali; restano tuttavia illesi i diritti dei terzi, i quali possono sempre far valere la violazione delle norme suddette e chiedere il risarcimento dei danni o la demolizione delle opere abusive (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 1306/1998) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.07.2010 n. 3253 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Opera edilizia precaria che non necessiti di titolo edilizio - Presupposti - Fattispecie.
La precarietà di un manufatto, la cui realizzazione non necessiti di titolo edilizio in quanto non comporti alcuna trasformazione del territorio, non dipende dalla qualità dei materiali utilizzati, ovvero dalla sua facile rimovibilità, bensì dalla temporaneità della funzione, in relazione ad esigenze di natura contingente: la precarietà va, pertanto, esclusa quando si tratti di un'opera destinata a dare un'utilità prolungata nel tempo -nella fattispecie la struttura, esistente da decenni, era stata destinata ad ampliamento dell'attiguo ristorante- (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 3029/2009 e 2705/2008; Cass. Pen., sez. III, 25.02.2009, n. 22054/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.07.2010 n. 3253 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ristrutturazione edilizia - In assenza di alterazione di parametri urbanistici ed edilizi preesistenti - Obbligo di rispetto di vincoli posti da strumenti urbanistici sopravvenuti - Non sussiste - Ratio.
Laddove la ristrutturazione mantenga inalterati i parametri urbanistici ed edilizi preesistenti, l'intervento non è subordinato al rispetto dei vincoli posti da strumenti urbanistici sopravvenuti, giacché la legittimazione urbanistica del manufatto da demolire si trasferisce su quello ricostruito (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 1359/1996; TAR Sardegna, sent. n. 1517/2002) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 22.07.2010 n. 3253 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Trasformazione funzionale di unità immobiliari - Permesso di costruire in sanatoria ai sensi della Legge 326/2003 - Presupposti - Completamento funzionale - Nozione.
In materia di trasformazione funzionale di unità immobiliari e relativa domanda di permesso di costruire in sanatoria ai sensi della Legge 326/2003, si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente: in particolare, il completamento funzionale richiede non l'uso abitativo in atto, né la presenza di un vano cucina, o degli arredi tipici di un angolo cottura già attrezzato, bensì unicamente la predisposizione di opere ed impianti funzionali all'uso residenziale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.07.2010 n. 3251 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Annullamento di diniego edilizio per difetto di motivazione - Riesercizio della discrezionalità della P.A. - Legittimità.
2. Pianificazione territoriale - D.M. 1444/1968 - Densità territoriale e densità fondiaria - Nozioni e differenze.

1. In caso di diniego dell'istanza di rilascio di concessione edilizia, l'annullamento di tale diniego per un vizio formale -come il difetto di motivazione- non implica ineluttabilmente l'accoglimento dell'istanza originaria, bensì fa salvo il riesercizio delle valutazioni discrezionali spettanti alla P.A.
2. Ai sensi del D.M. n. 1444/1968, la densità territoriale è riferita a ciascuna zona omogenea e definisce il complessivo carico di edificazione che può gravare sull'intera zona, con la conseguenza che il relativo indice è rapportato all'intera superficie della zona, compresi gli spazi pubblici, destinati alla viabilità e simili; mentre la densità fondiaria è riferita alla singola area, definisce il volume massimo consentito su di essa ed il relativo indice si applica all'effettiva superficie suscettibile di edificazione, con esclusione della aree destinate ad uso pubblico (cfr. Cons. Stato, sent. nn. 443/1998 e 918/1996) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 20.07.2010 n. 3243 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Variante PRG - Motivazioni - Vanno ricercate nella relazione tecnica accompagnatoria della variante.
Le ragioni dell'opera -e le motivazioni della variante- vanno ricercate non tanto nel dibattito consiliare e nel tenore delle dichiarazioni dell'assessore proponente o di singoli consiglieri, bensì nella relazione tecnica che accompagna la variante e descrive natura e finalità oggettive dell'opera in progetto complessivamente considerata (cfr. TAR Lazio n. 3070/2002) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.07.2010 n. 3168 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Articoli 3, comma 7, e 14 del D.lgs. 163/2006 - Progettazione esecutiva ed esecuzione delle opere - Contratti misti - Attestazione SOA - Richiesta di ulteriori requisiti più stringenti - Legittimità - Condizioni - Impugnabilità - Limiti.
Ai sensi dell'art. 3, comma 7, del D. Lgs. n. 163/2006, sono appalti di lavori quelli "aventi per oggetto l'esecuzione o, congiuntamente, la progettazione esecutiva e l'esecuzione, ovvero, previa acquisizione in sede di offerta del progetto definitivo, la progettazione esecutiva e l'esecuzione, relativamente a lavori o opere rientranti nell'allegato I" e che i lavori oggetto dell'affidamento in disamina (appalto integrato per l'affidamento del servizio di progettazione definitiva ed esecutiva e per l'esecuzione dei lavori di ammodernamento di un impianto funicolare) non rientrano fra quelli contemplati nel citato allegato, ne deriva che la specificazione della prestazione dedotta in contratto nei suindicati termini evidenzia come l'appalto di cui si controverte, indipendentemente dalla denominazione utilizzata, debba essere qualificato come appalto misto di lavori e fornitura ex art. 14 del Codice dei contratti a norma del quale sono da considerarsi "contratti misti" i "contratti pubblici aventi per oggetto: lavori e forniture; lavori e servizi; lavori, servizi e forniture" [?]. Ne deriva la piena applicabilità della disciplina contenuta negli artt. 41 e 42 del D. L.vo 163/2006, con conseguente legittimità della richiesta di requisiti ulteriori rispetto alla sola attestazione SOA.
Deve, inoltre, evidenziarsi come la giurisprudenza ha, in ogni caso, fatta salva la possibilità, da parte delle Stazioni appaltanti, di richiedere ulteriori e più stringenti requisiti rispetto a quelli legalmente richiesti con il solo limite che siano giustificati dalla particolare natura dell'oggetto contrattuale e che siano rispettosi dei limiti imposti dai principi di ragionevolezza e proporzionalità.
"La P.A., infatti, nella predisposizione del bando, esercita un potere attinente al merito amministrativo, laddove inserisce disposizioni ulteriori rispetto al contenuto minimo ex lege previsto; queste ultime, quindi, saranno censurabili in sede giurisdizionale, solo allorché appaiano viziate da eccesso di potere, ad esempio per illogicità o per incongruenza rispetto al fine pubblico della gara" (Cons. St., Sez. V, n. 7139/2005; nel senso, anche TAR Lazio Roma, sez. I, 18.05.2006 , n. 3572).
Tale possibilità si giustifica sulla base della diversità fra le esigenze tutelate attraverso la previsione dell'attestazione SOA e quelle tutelabili mediante la previsione di fatturati specifici e pregresse esperienze analoghe (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 15.07.2010 n. 2998 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: 1. Gara ad evidenza pubblica - Impugnazione dell'esclusione - Notifica al controinteressato - Necessaria solo se al momento dell'esclusione è noto il beneficiario dell'aggiudicazione.
2. Procedura ad evidenza pubblica - Dichiarazione incompleta richiesta dalla lex specialis - Assenza della clausola "a pena di esclusione" - Presa visione del codice etico - Mera irregolarità - Illegittimità dell'esclusione.

1. In generale, l'impugnativa proposta contro l'esclusione da una gara ad evidenza pubblica non ha di fronte controinteressati ai quali occorre notificare il ricorso, non essendo onere del ricorrente seguire gli sviluppi del procedimento ed impugnare atti conseguenti, ricercando i controinteressati successivi. Occorre invece notificare il ricorso almeno ad un controinteressato, a pena di inammissibilità, se al momento della proposizione del ricorso avverso il provvedimento di esclusione, siano noti al soggetto escluso, i beneficiari della procedura (TAR Lazio, sez. II, 05.03.2004 n. 2140).
L'aggiudicatario provvisorio assume quindi la veste di controinteressato nel ricorso proposto dalla concorrente esclusa, solo quando l'esclusione e l'aggiudicazione siano avvenute contestualmente, ossia senza soluzione di continuità, potendo la ditta esclusa rendersi perfettamente conto che l'impugnativa incide sulla posizione, differenziata e giuridicamente protetta, di altro soggetto privato (Cons. Stato, Sez. VI 10.10.2002 n. 5453).
2. (Fattispecie nella quale la stazione appaltante ha disposto l'esclusione del concorrente che ha tempestivamente rilasciato la dichiarazione richiesta, relativa alla presa visione ed accettazione del codice etico della stazione appaltante, seppure incompleta, e mancando nella lex specialis la clausola "a pena di esclusione").
La richiesta di regolarizzazione non deve essere formulata dalla stazione appaltante, se vale ad integrare documenti che in base a previsioni univoche del bando o della lettera di invito avrebbero dovuto essere prodotte "a pena di esclusione" (Consiglio Stato Sez. V, 15.09.2009 n. 5503).
In assenza di una siffatta sanzione è invece illegittimo il provvedimento di esclusione da una gara pubblica di un concorrente, disposta sulla base di mere irregolarità, sanabili con una integrazione successiva (TAR Lazio, Sez. III, 02.04.2003 n. 2975) (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 14.07.2010 n. 2987 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Procedura ad evidenza pubblica - dimostrazione della moralità professionale del concorrente - precedente penale - Valutazione della Stazione appaltante di non gravità - Motivazione implicita o per facta concludentia - Ammissibilità.
La stazione appaltante che ritenga il precedente penale dichiarato dal concorrente non incisivo della sua moralità professionale anche sotto il profilo della gravità, da valutarsi in relazione all'oggetto specifico dell'appalto, non è tenuta ed esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto suo convincimento, potendo la motivazione di non gravità del reato risultare anche implicita o per facta concludentia, ossia con l'ammissione alla gara dell'impresa stessa; è invece la valutazione di gravità al diverso fine dell'esclusione che richiede l'assolvimento di un particolare onere motivazionale (TAR Lombardia Milano, sez. I, 16.06.2010, n. 1883) (massima tratta da www.solom.it -  TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 14.07.2010 n. 2986 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Determinazione contributo di costruzione - Art. 64 L.R. Lombardia n. 12/2005 - Interpretazione - Superficie lorda di pavimento resa abitativa - Accolto.
Il costo di costruzione per un intervento di ristrutturazione per il recupero del sottotetto deve essere calcolato sulla base della superficie lorda di pavimento resa abitativa, così come dispone l'art. 64 L.R. n. 12/2005, e non in relazione alla superficie complessiva che include alcune porzioni di fabbricato diverse da quelle rese abitative, in quanto la disposizione regionale sopracitata prevede espressamente questo come parametro di riferimento, ed il rinvio operato da tale disposizione alle opere di nuova costruzione riguarda solo le tariffe e non la superficie da prendere come riferimento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 07.07.2010 n. 2779 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Contributo di concessione - Ritardato od omesso versamento - Fideiussione - Legittimazione della P.A. ad escutere la fideiussione - Sussiste quando, per il ritardo maturato, è già insorto in capo al privato l'obbligo di pagare la sanzione nella misura massima prevista.
2. Contributo di concessione - Ritardato versamento - Fideiussione - Obbligo (o onere) del Comune di attivare la garanzia fideiussoria - Non sussiste prima del verificarsi di un inadempimento tale da determinare la riscossione coattiva del credito complessivo - Inapplicabilità della sanzione pecuniaria nella misura massima in presenza di fideiussione - Non sussiste.

1. In caso di ritardato od omesso versamento del contributo di concessione (o delle singole rate di esso), l'Amministrazione può escutere la fideiussione solamente nel momento in cui, per il ritardo maturato, è già insorto in capo al privato l'obbligo di pagare la sanzione nella misura massima prevista.
Infatti, il limite temporale (termine dilatorio) posto alla riscossione coattiva dall'art. 3, quinto comma, della legge 28.02.1985 n. 47 (oggi trasfuso nell'art. 42 del d.p.r. 06.06.2001 n. 380), è riferibile ad ogni forma di recupero della somma dovuta, e quindi anche all'escussione della garanzia prestata.
2. È da escludersi l'obbligo (o l'onere) del Comune di attivare la garanzia fideiussoria in presenza di un mero ritardo nel versamento del contributo di concessione (o delle singole rate di esso), prima del verificarsi di un inadempimento tale da determinare la riscossione coattiva del credito complessivo e, conseguentemente, che la garanzia fideiussoria renda illegittima l'applicazione della sanzione pecuniaria nella misura massima (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.07.2010 n. 2777 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO ALL'08.03.2011

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NOVITA' NEL SITO

Bottone "CONVEGNI" n. 7 giornate di studio a Bergamo per il 13-20-27 aprile e 04-11-18-25 maggio 2011 organizzate dal portale PTPL.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella locandina.

Bottone "CONVEGNI" n. 1 giornata di studio a Bergamo per il 30 marzo 2011 organizzata dal portale PTPL.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella locandina.

GIURISPRUDENZA

APPALTI: Procedura negoziata senza pubblicazione del bando quando non sia stata svolta alcuna attività qualificabile in termini di indagine di mercato e non sia stato dimostrato il presupposto dell’unicità della prestazione.
La procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara costituisce una deroga al normale principio di concorrenzialità che domina la materia degli appalti pubblici e pertanto i casi in cui essa è legislativamente consentita sono tassativi e da interpretarsi restrittivamente, con onere dell'Amministrazione di motivare espressamente la sussistenza dei presupposti giustificativi (Giurisprudenza costante: v. per tutte Corte di Giustizia CE, 08.04.2008, n. 337; I, 02.06.2005, n. 394; II, 13.01.2005, n. 84; I, 14.10.2004, n. 340; II, 14.09.2004, n. 385; V, 10.04.2003, n. 20).
I presupposti per il ricorso alla procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara, per l'unicità della prestazione, ricorrono soltanto quando si tratti di qualità talmente particolari dell'impresa da farla apparire, sia sotto il profilo delle maestranze altamente specializzate, sia per gli strumenti tecnologici di cui dispone, sia per il prodotto o il servizio offerto, come l'unica in grado di eseguire un'opera o una prestazione dalle caratteristiche tecniche assolutamente particolari, sì che l'art. 57, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 163 del 2006 trova applicazione in casi di prestazioni infungibili o rese in posizioni monopolistiche (Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 2728 del 2000 TAR Lazio-Roma, Sez. III, 16.01.2010, n. 286).
Ai fini della legittimità del ricorso alla procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara è onere dell’amministrazione individuare le caratteristiche esclusive del servizio con estremo rigore ed ampiezza descrittiva in modo da poter dimostrare l’inutilità o comunque l’impossibilità di un confronto concorrenziale il cui esito sarebbe pressoché scontato a priori perché solo un operatore è in grado di assicurare la prestazione richiesta (cfr. ad es., TAR Lazio n. 286/2010).
Presupposto di ciò è la preliminare individuazione dell’oggetto della prestazione da rendere, e non del macchinario che si ritiene più adatto, accompagnata da una preventiva indagine di mercato, da svolgersi all’evidenza ex ante non ex post (cfr., ex multis, TAR Lazio-Roma, Sez. III, 11.11.2009, n. 11069 e Cons. Stato, Sez. V, 31.12.2007, n. 6797) da cui risulti l’unicità dell’operatore in grado di svolgere quella prestazione (non certo quale sia quello che la svolge nel modo reputato migliore).
E’ illegittima una procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara per la fornitura di un impianto di trattamento e valorizzazione di rifiuti, ove:
a) non sia stata svolta alcuna attività qualificabile in termini di indagine di mercato, la quale presuppone sia il contattare un certo numero di operatori di mercato che l’acquisire gli elementi in ordine ai relativi prodotti (nella specie vi era stata solo un’indagine tecnica interna in cui l’unico macchinario esaminato era quello prescelto, senza l’indicazione di elementi acquisiti anche solo informativi in ordine ad altri eventuali analoghi macchinari, anche solo per evidenziarne l’incapacità a svolgere quella prestazione);
b) non sia stato dimostrato il presupposto dell’unicità della prestazione (nella specie l’approfondimento tecnico -parziale e non di mercato- posto a fondamento della determina analizzava l’unicità del macchinario prescelto, ma non l’unicità della prestazione da svolgere) (massima tratta da www.regione.piemonte.it - TAR Liguria, Sez. II, sentenza 02.02.2011 n. 191 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

VARI: Il cane abbaia di notte? Ne risponde il padrone.
Se il cane abbaia anche di notte arrecando disturbo ai vicini, ne risponderà penalmente il padrone dello stesso.
E’ quanto ha stabilito la I Sezione Penale della Corte di Cassazione secondo cui è punibile con la contravvenzione ex articolo 659 c.p., il proprietario dell’animale che non ne impedisce i rumori notturni molesti, nonostante le proteste reiterate dei vicini di casa.
In particolare, i Giudici di Piazza Cavour hanno respinto il ricorso presentato dai proprietari di due cani pastore che, in precedenza, erano stati condannati dal Tribunale di Siracusa, in composizione monocratica e nella sezione distaccata di Avola, alla pena di € 200,00 di ammenda per il reato di cui all'art. 659 c.p. in quanto, non impedendo il continuo abbaiare soprattutto nelle ore notturne, degli animali di loro proprietà, impedivano il riposo e le normali occupazioni dei vicini di casa e dei familiari con essi conviventi.
La difesa degli istanti, nel ricorso per Cassazione, si è basata sul difetto di motivazione della sentenza di primo grado, nonché sull’ erronea valutazione del Tribunale di prime cure delle dichiarazioni testimoniali, definite dai ricorrenti cariche di "illazioni e supposizioni", e perciò poco credibili ed incongruenti.
Nella sentenza oggetto del presente esame, la Suprema Corte ha specificato che la funzione dell'indagine di legittimità sulla motivazione non è quella valutare l’attendibilità dei risultati delle prove bensì quella, di verificare se gli elementi probatori su cui si fonda la decisione siano stati valutati secondo logica in modo da giustificare le conclusioni finali. Pertanto, “ad una logica valutazione dei fatti operata dal giudice di merito, non può quello di legittimità opporne un'altra, ancorché altrettanto logica (Cass. 05.12.2002 Schiavone; Cass. 06.05.2003 Curcillo).”
Infine, per quanto concerne i requisiti del reato, la Prima Sezione Penale ha così concluso: “per la sussistenza dell'elemento psicologico della contravvenzione di cui all'art. 659 c.p., attesa la natura del reato, è sufficiente la volontarietà della condotta desunta dalle obbiettive circostanze di fatto, non occorrendo, altresì, l'intenzione dell'agente di arrecare disturbo alla quiete pubblica (Cass., Sez. 1^, 26/10/1995, n. 11868) mentre elemento essenziale della fattispecie di reato in esame è l'idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone e non già l'effettivo disturbo alle stesse (Cass., Sez. 1^, 13/12/2007, n. 246) di guisa che rispondono del reato di cui all'art. 659 comma 1 c.p. gli imputati per non aver impedito, nonostante le reiterate proteste delle pp.ll., il molesto abbaiare, anche in ore notturne, dei due cani di loro proprietà, custoditi nel cortile della loro abitazione (per una fattispecie simile: Cass., Sez. 1^, 19/04/2001)” (Corte di Cassazione, Sez. I penale, sentenza 14.01.2011 n. 715 - link a www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO AL 07.03.2011

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SINDACATI

PUBBLICO IMPIEGO: 17.03.2011: festa dell'Unità d'Italia (CGIL-FP di Bergamo, nota 04.03.2011).

PUBBLICO IMPIEGO: La CISL-FP spiega l'intesa del 04.02.2011 anche alle regioni (CGIL-FP di Bergamo, nota 28.02.2011).

NOTE, CIRCOLARI E COMUNICATI

AMBIENTE-ECOLOGIA: MUD 2011.
Il Ministero dell'Ambiente, con apposita circolare 02.03.2011 n. 6774 di prot., ha fornito le indicazioni operative per la compilazione del M.U.D., per i dati dell'anno 2010 da presentare al 30.04.2011 e per quelli del primo semestre 2011 da presentarsi al 30.12.2011.
Tenuto conto del periodo di sospensione per l'avvio del SISTRI e della conseguente "reviviscenza" delle norme che prevedono, per gli obbligati SISTRI, la compilazione di registri e FIR, nonché di quanto dispone l'art. 12 del D.M. istitutivo del sistema di tracciabilità dei rifiuti, il Ministero ha distinto tra i soggetti che devono presentare la "dichiarazione SISTRI" (per adempiere agli obblighi di comunicazione), quelli che devono presentare la dichiarazione M.U.D. e quelli che non devono presentare alcuna dichiarazione.
Non devono presentare nessuna dichiarazione per i dati 2010: i soggetti che effettua attività di raccolta e trasporto rifiuti; i commercianti e gli intermediari senza detenzione; i consorzi istituiti per il recupero di particolari tipologie di rifiuti che organizzano la gestione per conto dei consorziati.
Presentano la dichiarazione SISTRI con i modelli predisposti dal Ministero e ritrovabili sul portale SISTRI o compilando le schede del Capitolo 1 rifiuti della modulistica M.U.D. 2010 e presentandole alle camere di commercio: le imprese e gli anti che effettuano operazioni di recupero e smaltimento rifiuti; i produttori iniziali di rifiuti pericolosi (tranne gli imprenditori agricoli con volume d'affari non superiore a 8.000 euro); i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi si cui all'art. 184 lett. c) d) e g) (ovvero gli obbligati SISTRI).
Presentano la dichiarazione SISTRI al 31.12.2011 (quindi solo per il periodo 01.01.2011-31.05.2011), i soggetti che effettuano raccolta, trasporto trattamento veicoli fuori uso
Presentano la dichiarazione M.U.D. (modulistica 2010): il consorzio nazionale imballaggi; i soggetti che effettuano raccolta, trasporto trattamento veicoli fuori uso (solo per i dati del 2010); i produttori di RAEE; i comuni, i loro consorzi e le comunità montane; i comuni della regione Campania. (M. Taina) (commento tratto dalla newsletter di www.tuttoambiente.it).

VARI: Migliorie in corso d’opera per prima casa: IVA al 4%.
L'Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 22.02.2011 n. 22/E, ha chiarito che l’IVA agevolata al 4% va applicata anche in caso di migliorie richieste in corso d’opera, a patto che sussistano le seguenti condizioni:
- realizzazione del fabbricato ex novo;
- destinazione prima casa;
- fabbricato non di lusso.
L’Agenzia, in risposta al quesito presentato da un socio di una cooperativa edilizia che aveva commissionato in corso d'opera interventi edili aggiuntivi migliorativi extra-capitolato, ha ricordato che “il DPR 26.10.1972, n. 633 prevede al numero 36) della Tabella A, parte seconda, che l'aliquota del 4% si applica alle prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione dei fabbricati di cui all'art. 13 della L. 02.07.1949, n. 408, e successive modificazioni, effettuate nei confronti di soggetti che svolgono l'attività di costruzione di immobili per la successiva vendita, ivi comprese le cooperative edilizie e loro consorzi, anche se a proprietà indivisa o di soggetti per i quali ricorrono le condizioni richiamate nel numero 21), nonché alla realizzazione delle costruzioni rurali di cui al numero 21-bis)."
Il regime agevolato spetta nelle sole ipotesi di contratti di appalto aventi ad oggetto la realizzazione ex novo di fabbricati a destinazione abitativa non di lusso. Committenti dei lavori possono essere rispettivamente imprese costruttrici per la rivendita, cooperative edilizie e loro consorzi nonché persone fisiche in possesso dei requisiti “prima casa”.
Per tale motivo, considerato che il socio che richiede le migliorie è in possesso dei requisiti per fruire dell'agevolazione prima casa, alle relative prestazioni è applicabile l'aliquota del 4% (link a www.acca.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 9 del 28.02.2011, "Approvazione delle modalità di accesso e di funzionamento della procedura informatizzata per il taglio di boschi e l’installazione di impianti a fune, in attuazione dell’art. 11, comma 2, del r.r. 5/2007 (Norme forestali regionali) e contestuale revoca del d.d.g. n. 9460 del 29.08.2007 e del d.d.u.o. n. 14008 del 21.11.2007" (decreto D.U.O. 21.02.2011 n. 1556).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

APPALTI: Il nuovo regolamento sul codice appalti - Esame e commento (ANCE, febbraio 2011).

APPALTI: L. Bellagamba, IN MATERIA DI AFFIDAMENTI IN ECONOMIA (link a www.linobellagamba.it).

EDILIZIA PRIVATA: D. De Arena, Il Comune può disciplinare nel PAT e nel PI gli interventi nelle fasce di rispetto cimiteriali? (link a http://venetoius.myblog.it).
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L'art. 338 del R.D. n. 1265/1934 stabilisce che: "All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 della legge 05.08.1978, n. 457”.
Secondo alcuni interpreti, la previsione dell'art. 338, u.c. del TULS prevarrebbe su ogni diversa normativa di zona più restrittiva di PAT o PI, e, quindi, tali strumenti urbanistici non potrebbero legittimamente disciplinare in modo più restrittivo gli interventi.
Tale interpretazione si tradurrebbe nella ritenuta possibilità, che negli edifici esistenti in fascia di rispetto, ancorché in zona agricola o in zona "F" di interesse pubblico, siano consentiti intervento di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edifico stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'art. 31 della legge 05.08.1978, n. 457.

AMBIENTE-ECOLOGIA: A. L. De Cesaris, Una nuova normativa in materia di rifiuti: primi spunti di riflessione (link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: G. Tapetto, Comunicazione MUD 2010: come la si presenta? (link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: M. Bottone, IL PIANO CASA CAMPANIA: DUBBI SULLA APPLICAZIONE DELL’ART. 4, COMMA 1, LRC 1/2011 (04.03.2011).

NEWS

EDILIZIA PRIVATA - VARI: Le novità del MILLEPROROGHE.
Sul supplemento ordinario n. 53 alla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26.02.2011 è stata pubblicata la Legge 26.02.2011 n. 10 di conversione del Decreto Legge 29.12.2010, n. 225 -Milleproroghe- recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie”.
Tra i punti più interessanti:
- proroga al 30.04.2011 per la presentazione delle dichiarazioni di aggiornamento catastale per “case fantasma“ (cambiano, al riguardo, le procedure di notifica della rendita presunta: saranno affisse direttamente all’albo pretorio del Comune e pubblicate sul sito internet dell’Agenzia del Territorio);
- possibilità per i consiglieri degli Ordini dei dottori agronomi e dottori forestali, degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, degli assistenti sociali, degli attuari, dei biologi, dei chimici, dei geologi e degli ingegneri di restare in carica per un mandato in più;
- confermata l'entrata in vigore il 21.03.2011 della disciplina sull'obbligatorietà della mediazione civile, con la previsione del rinvio di un anno per le sole controversie in materia di condominio e sinistri stradale;
- proroga al 31.03.2011 dei termini di efficacia delle norme transitorie di cui all'articolo 253 del D.Lgs. 163/2006 -Codice degli Appalti- scaduti il 30.12.2010 - che consentono alle imprese ed ai professionisti di fare riferimento per la qualificazione negli appalti pubblici ai migliori 5 anni del decennio antecedente per comprovare i requisiti di capacità economico-finanziaria, dotazione di attrezzature tecniche, organico medio-annuo nonché a tutto il decennio antecedente per comprovare il requisito di idoneità tecnica mediante i lavori eseguiti;
- eliminata la possibilità di sospensione in Campania delle demolizioni di immobili realizzati in violazione dei vincoli paesaggistici;
- proroga al 31.03.2011 per i laureati vecchio ordinamento per poter sostenere le prove per l'ammissione alle professioni di dottore agronomo e forestale, architetto, assistente sociale, attuario, biologo, chimico, geologo, ingegnere e psicologo, sostenendo due prove d'esame invece che le quattro previste attualmente;
- proroga al 31.03.2011 per completare l'adeguamento delle strutture alberghiere alle disposizioni antincendio;
- fondi per dissesti idrogeologici e alluvioni: 45 milioni destinati alla Liguria, 30 al Veneto, 20 alla Campania e 5 per la Provincia di Messina;
- introiti derivanti dalla dismissione degli immobili della Difesa : fino al 42,5% alla Difesa, in misura non inferiore al 42,5% all'Erario e tra il 5% e il 15% agli enti locali interessati;
- imposta registro piani particolareggiati: prorogato di tre anni il termine entro il quale deve essere completato l'intervento cui è finalizzato il trasferimento di proprietà di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all'attuazione dei programmi di edilizia residenziale al fine dell'applicazione dell'imposta di registro nella misura dell'1% (link a www.acca.it).

AUTORITA' VIGILANZA CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI: Il Codice degli Appalti si applica anche ai PRIVATI.
Il Codice degli Appalti va applicato anche ai privati che realizzano lavori pubblici se c'è lo scomputo degli oneri di urbanizzazione.
Lo comunica l'Autorità di Vigilanza sui lavori Pubblici (AVCP), precisando che “i privati che realizzano opere pubbliche a scomputo degli oneri di urbanizzazione sono individuati dal codice dei contratti pubblici come Stazioni Appaltanti e risultano pertanto soggetti all’applicazione del codice (art. 32, co. 1, lett. g) del D.Lgs. 163/2006). Tali privati sono tenuti pertanto ad effettuare le previste verifiche dei requisiti di ordine generale in sede di gara”.
L'AVCP, al fine di individuare questi soggetti privati, ha istituito una apposita banca dati contenente le informazioni dei titolari di permesso di costruire che realizzeranno anche opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione (comunicato 02.03.2011 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

GIURISPRUDENZA

APPALTI: Sui casi in cui è applicabile alle gare di appalto la nozione penalistica del c.d. "falso innocuo".
La giurisprudenza amministrativa ha recepito la nozione di matrice penalistica relativa al c.d. "falso innocuo", al fine di escludere la rilevanza della falsità delle dichiarazioni non veritiere, rese dai concorrenti ai sensi dell'art. 38 del d.lgs. 163/06.
In particolare, corrisponde alla definizione di "falso innocuo" l'omessa menzione degli amministratori o direttori cessati dalla carica, qualora tali soggetti risultino penalmente incensurati e, pertanto, la loro indicazione nella dichiarazione resa alla stazione appaltante non avrebbe in alcun modo potuto incidere sull'esito del giudizio sulla ammissibilità dell'offerta.
E' altresì irrilevante la mancata menzione di condanne riportate dai citati soggetti, qualora il bando di gara richieda genericamente una dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione rimettendo, così, all' impresa offerente, la valutazione in ordine alla gravità delle condotte dei propri rappresentanti.
Tuttavia, la considerazione relativa al carattere innocuo del falso deve essere compiuta "ex ante", con la conseguenza che non può essere valutato come "innocuo" il falso in grado di incidere sulle determinazioni della stazione appaltante (TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 01.03.2011 n. 599 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sull'illegittimità dell'esclusione da una gara di un concorrente che abbia manifestato l'intenzione di ricorrere al subappalto, avvalendosi dell'apposito modulo predisposto dalla p.a., nonostante il divieto in tal senso sancito dalla lex specialis.
E' illegittimo il provvedimento di esclusione adottato da una stazione appaltante nei confronti di un concorrente che abbia manifestato l'intenzione di ricorrere al subappalto, avvalendosi del modulo predisposto dalla PA, nonostante il divieto in tal senso sancito dalla lex specialis, in quanto, se è vero che il modulo di domanda allegato al bando, essendo un documento accessorio ed ulteriore rispetto alla lex specialis, non può prevalere sulle disposizioni di essa, d'altro canto non può essere escluso da una gara pubblica il concorrente che abbia effettuato una dichiarazione richiesta espressamente nel modello predisposto dalla stazione appaltante, quando a tale positiva dichiarazione il bando non collegava alcuna sanzione di esclusione.
In tale circostanza risulta evidente l'affidamento ingenerato nell'impresa partecipante, trovatasi di fronte a più documenti tra loro contrastanti, e ciò tanto più se si consideri la singolarità di una clausola che, senza motivazione alcuna, vieta il subappalto difformemente dall'art. 118 del d.lgs. n. 163/2006, il quale, al contrario, lo consente.
Peraltro, le condizioni di ammissibilità del subappalto, di cui all'art. 118 citato, tendono ad evitare che, in fase di esecuzione del contratto, si pervenga a vanificare proprio quell'interesse pubblico che ha imposto lo svolgimento di una procedura selettiva e legittimato l'individuazione di una determinata offerta, come la più idonea a soddisfare le esigenze della collettività cui l'appalto è preordinato (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 28.02.2011 n. 172 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Ai fini dell’incameramento della cauzione e della segnalazione all’autorità di vigilanza può venire in rilievo anche la buona fede dell’impresa.
E' giurisprudenza di questo Tribunale quella per cui “ai fini dell’incameramento della cauzione e della segnalazione all’autorità di vigilanza può venire in rilievo un ulteriore elemento di valutazione rappresentato dalla buona fede dell’impresa evincibile dai documenti di gara” (TAR Piemonte sez. I 23.05.2009 n. 1492); anche le pronunce C. Stato sez. VI n. 4504/2009 e sez. VI 3981/2006 hanno riconosciuto la possibile rilevanza dell’errore nella dichiarazione resa dal concorrente in gara (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 26.02.2011 n. 221 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTIAnche il provvedimento con cui l’amministrazione committente si oppone al subentro di un nuovo soggetto nella titolarità del contratto, per effetto di cessione d’azienda o di ramo d’azienda, è considerato espressione di poteri pubblicistici.
E’ controversa, nel giudizio in commento, la legittimità delle deliberazione con cui il Consiglio di Amministrazione di una Casa di soggiorno per anziani, nel prendere atto del contratto preliminare per la cessione del ramo di azienda stipulato fra i ricorrenti (due società cooperative), ne ha subordinato l’efficacia alla condizione che la Cooperativa cedente garantisse in via solidale con la cessionaria il corretto adempimento di tutte le obbligazioni a suo tempo assunte con la stipula del contratto d’appalto.
L’Amministrazione resistente eccepisce, in via pregiudiziale, il difetto di giurisdizione del giudice adito, rilevando che si controverte in ordine a una vicenda modificativa di un contratto già sottoscritto che ha generato diritti soggettivi rimessi al vaglio del giudice ordinario.
In sede cautelare, il Tribunale amministrativo di Torino aveva implicitamente disatteso tale eccezione, ritenendo la propria giurisdizione e rilevando, nel merito, che la domanda di parte ricorrente appariva assistita da elementi di fumus, tuttavia, ad un più approfondito esame della questione, gli stessi giudici, non hanno confermato la decisione provvisoriamente assunta in punto di giurisdizione.
Occorre rammentare, infatti, segnalano i giudici piemontesi, che, in linea di principio, la giurisdizione del giudice amministrativo in materia di appalti pubblici è limitata alle controversie concernenti la fase pubblicistica di scelta del contraente e non comprende le vicende successive alla stipulazione del contratto, afferendo queste ultime alla fase paritetica di esecuzione che è riservata al giudice ordinario.
In applicazione di tale regola di riparto, lo stesso Tribunale cisalpino, con sentenza della Seconda Sezione n. 1088 del 17.05.2008, si era già pronunciato su una fattispecie affine alla presente (si controverteva, per la precisione, circa la legittimità di un provvedimento con cui l’amministrazione si era opposta al subentro di un nuovo soggetto, per effetto dell’affitto del ramo di azienda, nella titolarità del contratto di appalto), declinando la propria giurisdizione.
La questione merita, però, continuano i giudici torinesi, di essere ulteriormente approfondita alla luce dei principi enunciati dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato con la decisione n. 1713 del 24.03.2010, avente ad oggetto il diniego opposto dall’amministrazione committente al subappalto in favore di altra impresa di alcune lavorazioni comprese nell’appalto affidato alla ricorrente.
Con tale pronuncia, il Giudice d’appello ha rilevato che, essendo il contatto di appalto stipulato da una pubblica amministrazione funzionale alla realizzazione di un interesse pubblico, non si può escludere che, anche nella fase esecutiva, vada configurata la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, nei casi in cui l’amministrazione disponga di poteri autoritativi nei confronti dell’affidatario il cui esercizio si manifesta attraverso atti di natura provvedimentale, a fronte dei quali la posizione dell’impresa appaltatrice si atteggia a interesse legittimo.
Tale è stato ritenuto il caso dell’autorizzazione (o del diniego di autorizzazione) al subappalto, disciplinata dall’art. 118, comma 8, del d.lgs. n. 163/2006, la quale si configura come istituto preordinato anche al perseguimento di interessi (pubblicistici) ulteriori rispetto a quello inerente la corretta esecuzione dell’opera. L’art. 118 cit., infatti, persegue chiare finalità di ordine pubblico laddove conferisce all’amministrazione un potere di controllo inteso a prevenire il rischio di infiltrazioni criminali negli appalti pubblici.
Ma anche nella parte in cui detta disposizione prescrive che siano previamente accertate le condizioni per l’ammissibilità del subappalto (quale la verifica del possesso dei requisiti di qualificazione in capo al subappaltatore), essa non può considerarsi unicamente intesa a tutelare l’interesse dell’amministrazione committente all’immutabilità dell’affidatario (interesse che, in sé considerato, risulta sostanzialmente omologo a quello di un privato), ma risulta funzionale ad evitare che nella fase esecutiva del contratto si pervenga, attraverso modifiche sostanziali dell’assetto di interessi scaturito dalla gara pubblica, a vanificare proprio quell’interesse pubblico che ha imposto lo svolgimento di una procedura selettiva e legittimato l’individuazione di una determinata offerta come la più idonea a soddisfare le esigenze della collettività cui l’appalto è preordinato.
La fattispecie al vaglio del Collegio presenta apparenti elementi di affinità con quella decisa dal Giudice d’appello, atteso che i presupposti del provvedimento di opposizione alla cessione di azienda definiti dalla legge vigente (art. 116 del d.lgs. n. 163/2006), essenzialmente riconducibili alle risultanze delle comunicazioni “antimafia” e all’accertamento della mancanza dei requisiti di qualificazione in capo al cessionario, riecheggiano quelli del divieto di subappalto.
La trasposizione dei principi affermati dal Consiglio di Stato comporta che, in linea di principio, anche il provvedimento con cui l’amministrazione committente si oppone al subentro di un nuovo soggetto nella titolarità del contratto, per effetto di cessione d’azienda o di ramo d’azienda, in quanto finalizzato al perseguimento di interessi pubblici diversi rispetto a quelli inerenti la mera immodificabilità dell’esecutore e la corretta esecuzione del contratto, vada considerato quale espressione di poteri pubblicistici di natura autoritativa, a fronte dei quali la posizione del privato contraente assume consistenza di interesse legittimo (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 26.02.2011 n. 217    - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Il divieto di commistione non comporta che sia sempre precluso alle amministrazioni aggiudicatrici di dare rilievo alle capacità, alle esperienze ed alle referenze dei concorrenti.
L’avviso di selezione, a dire della ricorrente, violerebbe il “divieto di commistione tra requisiti di partecipazione alla gara e criteri di valutazione dell’offerta”, divieto di derivazione comunitaria e comunque desumibile dagli articoli 42 ed 83 del Codice dei contratti pubblici.
Il Collegio osserva che la censura, più esattamente, invoca il rispetto del divieto generale di commistione tra le caratteristiche oggettive dell'offerta ed i requisiti soggettivi dell'impresa concorrente.
Vero è –come sottolinea la difesa delle parti resistenti– che la concessione di servizi in esame è disciplinata dall’articolo 30 del Codice dei contratti pubblici, ed è quindi essenzialmente governata dai principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, desumibili dal Trattato e dal Codice stesso, a tutela del mercato e della concorrenza. Ma in quest’ambito può farsi rientrare anche il divieto di commistione invocato dalla ricorrente.
Il Collegio rileva quindi l’esistenza di un orientamento recente del Consiglio di Stato, tendente a mitigare la più rigorosa interpretazione prevalsa in passato, secondo il quale il divieto in questione conosce un'applicazione attenuata nel settore dei servizi laddove l'offerta tecnica non si sostanzia in un progetto o in un prodotto, ma nella descrizione di un facere che può essere valutato unicamente sulla base di criteri quali-quantitativi, fra i quali ben può rientrare la considerazione della pregressa esperienza dell'operatore, come anche della solidità ed estensione della sua organizzazione d'impresa.
Dalla considerazione dell'esperienza maturata da una concorrente possono quindi trarsi indici significativi della qualità delle prestazioni e dell'affidabilità dell'impresa, qualora tali aspetti non risultino preponderante nella valutazione complessiva dell'offerta (cfr. Cons. Stato, V, 02.10.2009, n. 6002; vedi anche, 12.06.2009, n. 3716; IV, 25.11.2008, n. 5808) (TAR Umbria, sentenza 25.02.2011 n. 61 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: In ordine al provvedimento di diniego di condono edilizio non possono venire in rilievo profili di eccesso di potere quali la disparità di trattamento.
Anche di recente questa stessa Sezione ha ribadito, in totale difformità della tesi sostenuta dalla ricorrente, che il provvedimento di diniego di condono edilizio costituisce espressione di potere vincolato rispetto ai presupposti normativi richiesti e dei quali deve farsi applicazione, con la conseguenza che in ordine al medesimo non possono venire in rilievo profili di eccesso di potere quali la disparità di trattamento, propri dell’esercizio del potere discrezionale, atteso –altresì- che il rilascio del condono registratosi in analoghi casi di abusi non condonabili, e quindi suscettibili di annullamento giurisdizionale o amministrativo, non può ex se legittimare la fattispecie provvedimentale sub iudice, che resta regolata dall’insussistenza dei presupposti richiesti dalla legge per il rilascio del condono richiesto (cfr. in tal senso la decisione 14.04.2010 n. 2105).
Inoltre, risulta altrettanto evidente che l’obbligazione pecuniaria del pagamento dell’oblazione conseguente al provvedimento di rilascio del titolo edilizio in sanatoria si configura come del tutto accessoria e consequenziale rispetto all’atto autoritativo con il quale è stata valutata la conformità dell’intervento edilizio nel contesto delle condizioni normativamente contemplate per l’emissione dell’atto che ne dispone la sanatoria, con la conseguenza che l’eventuale violazione della disciplina contabile non refluisce sulla legittimità del susseguente atto con il quale, nei riguardi del richiedente la sanatoria medesima, è disposto l’annullamento di quest’ultima in via di autotutela: e, per l’appunto, la sussistenza dell’indebito oggettivo di cui all’art. 2033 cod. civ. determina in capo al destinatario del provvedimento di annullamento il consequenziale diritto alla restituzione delle somme da lui pagate sine titulo entro il competente termine prescrizionale (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 24.02.2011 n. 1235 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'interpretazione dell'art. 38, c. 1, lett. i), del d.lgs. n. 163 del 2006.
Il concorrente di una gara d'appalto, qualora il bando di gara richieda genericamente, come nel caso di specie, una sua dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione di cui all'art. 38, c. 1, lett. i), del d.lgs. n. 163/2006, può essere escluso soltanto qualora la stazione appaltante sia oggettivamente certa che l'eventuale debito contributivo dichiarato sia grave e definitivamente accertato, e cioè non esistano in atti di gara elementi che possano condurre a diversa conclusione, mediante accertamenti ulteriori.
Soltanto, infatti, quando il bando richieda che debbano essere dichiarate tutte le violazioni contributive in cui il concorrente sia eventualmente incorso, può dedursi che lo stesso bando esiga una dichiarazione dal contenuto più ampio e più puntuale rispetto a quanto prescritto dal citato art. 38: infatti, soltanto in tali ipotesi può inferirsi che la stazione appaltante si sia riservata una valutazione più ampia di gravità o meno dell'illecito per poter procedere all'esclusione dalla gara, in ragione, evidentemente, di una causa che non sia solo quella, sostanziale, dell'essere stata commessa una grave violazione (nella specie contributiva), ma anche quella, formale, di aver omesso una dichiarazione prescritta dal bando (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 24.02.2011 n. 1228 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

URBANISTICA: La precedente destinazione di un’area non comporta che siano definitive ed immodificabili le relative posizioni.
Per consolidato orientamento giurisprudenziale dal quale non v’è motivo di discostarsi, in linea di principio le scelte effettuate in sede di strumento urbanistico costituiscono espressione di ampi poteri discrezionali e come tali sono insindacabili se non per errori di fatto, irrazionalità, abnormità o altri profili di eccesso di potere (Cons. Stato, Sez. IV, 06.02.2002, n. 664; idem 27.07.2010, n. 4920): in ragione di tale discrezionalità l’Amministrazione non è tenuta a fornire apposita motivazione delle scelte operate se non richiamando le ragioni di carattere generale che giustificano l’impostazione dello strumento (cfr. Sez. IV, 10.08.2004, n. 4550).
Quanto ai profili attinenti alla adeguatezza della motivazione, concernente la destinazione delle singole aree (come nella fattispecie), un particolare onere di motivazione senz’altro sussiste nel casi più volte evidenziati dalla giurisprudenza, e in particolare quando si vada ad incidere su posizioni giuridicamente differenziate (Sez. IV, 10.02.2009, n. 2418).
Nella specie, però, una tale posizione non può essere ravvisata, e nemmeno una situazione di consolidato affidamento, attesa la verificatasi e accertata non attuazione del piano di recupero di iniziativa privata sin dal 1986 e la sopravvenuta decadenza delle connessioni edilizie rilasciate nel 1994.
Sotto tale profilo, rileva il principio per il quale una precedente destinazione di un’area non comporta le siano definitive ed immodificabili le relative posizioni, spettando per legge alle autorità urbanistiche il potere di mutare le relative previsioni (Sez. IV, 13.01.2010, n. 50) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 24.02.2011 n. 1222 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La motivazione del parere della Commissione edilizia può essere anche sintetica e scarna, purché sia possibile inferirne gli estremi logici dell’apprezzamento negativo compiuto.
In linea di diritto, si osserva che la motivazione del parere della Commissione edilizia può essere anche sintetica e scarna, purché sia possibile inferirne gli estremi logici dell’apprezzamento negativo compiuto, e che, in caso di apprezzamenti di natura estetica, la valutazione deve essere sorretta da correlative prescrizioni contenute negli strumenti urbanistici (rispettivamente nelle relative norme tecniche di attuazione) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 24.02.2011 n. 1204 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Il provvedimento amministrativo preceduto da atti istruttori o da pareri può ritenersi adeguatamente motivato per relationem anche con il mero richiamo ad essi.
Il provvedimento amministrativo preceduto da atti istruttori o da pareri può ritenersi adeguatamente motivato per relationem anche con il mero richiamo ad essi, giacché tale richiamo sottintende l'intenzione dell'Autorità emanante di farli propri, assumendoli a causa giustificativa della determinazione adottata, ma a condizione che dal complesso degli atti del procedimento siano evincibili le ragioni giuridiche che supportano la decisione, onde consentire al destinatario di contrastarle con gli strumenti offerti dall'ordinamento e al giudice amministrativo, ove investito della relativa controversia, di sindacarne la fondatezza (Cons. Stato, IV, 03.08.2010, n. 5150; id., IV, 23.11.2002, n. 6444) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 24.02.2011 n. 1156 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla legittimità dell'affidamento temporaneo del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti, mediante il ricorso allo strumento dell'ordinanza contingibile ed urgente.
E' legittimo l'affidamento temporaneo del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti disposto da un comune mediante il ricorso allo strumento dell'ordinanza contingibile ed urgente, per far fronte all'improvvisa situazione di vuoto venutasi a creare a causa dell'intervenuta revoca dell'affidamento alla precedente affidataria del servizio, quale conseguenza del recesso dell'ente locale dalla suddetta società e della riscontrata impossibilità di procedere alla costituzione di una nuova società in house cui affidare in via diretta la gestione del servizio.
Nel caso di affidamento transitorio di un servizio mediante ordinanza contingibile ed urgente non si applica l'art. 23-bis del d.l. 112/2008. Tale disposizione, regola l'ipotesi di affidamento "ordinario" del servizio; è cioè destinata ad orientare l'ente pubblico nella scelta del possibile strumento attraverso cui gestire il servizio pubblico, mentre, nel caso di specie, il comune si trovava di fronte alla necessità di assicurare la continuità del servizio.
Quest'obiettivo non poteva essere perseguito che con l'unico strumento a disposizione dell'amministrazione e cioè il ricorso ad un'ordinanza contingibile ed urgente che imponesse al gestore uscente la continuazione del servizio per il lasso di tempo necessario ad individuare un nuovo gestore nel rispetto delle disposizioni che regolano la materia e, quindi, in questo caso, effettivamente, anche dell'art. 23-bis citato (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 24.02.2011 n. 334 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTIL’esclusione della certificazione di qualità dall’ambito di applicazione dell’avvalimento può essere ricavata dalla scelta della P.A. di richiedere alle imprese il possesso della detta certificazione.
Sulla tematica di fondo affrontata nella pronuncia in commento, concernente l’utilizzabilità dell’istituto dell’avvalimento per soddisfare la richiesta relativa al possesso delle certificazioni di qualità, il Tribunale amministrativo di Cagliari si è già più volte pronunciato con sentenze che il Collegio in questione condivide e dalle cui conclusioni non ritiene di doversi discostare.
Si è ritenuto, innanzitutto, che la certificazione di qualità costituisca un requisito di natura soggettiva delle imprese per il quale non appare possibile utilizzare l’istituto dell’avvalimento disciplinato dall’art. 49 del codice dei contratti pubblici.
E’ stato sottolineato, continuano i giudici sardi, sia dalla giurisprudenza (TAR Sardegna, I Sez., 27/03/2007, n. 556), sia, in sede consultiva, dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (cfr. parere n. 254 del 10.12.2008), che l’avvalimento è stato previsto limitatamente alla “richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA”.
La certificazione di qualità è, invece, da ritenersi requisito soggettivo dell’impresa, preordinato a garantire all’amministrazione appaltante la qualità dell’esecuzione delle prestazioni contrattuali dovute. Obiettivo che, per essere effettivamente perseguito, richiede necessariamente che la certificazione di qualità riguardi direttamente l’impresa appaltatrice.
Del resto, l’art. 49 del codice dei contratti pubblici è norma di derivazione comunitaria, e a questo riguardo è significativo notare, secondo i giudici isolani, che mentre gli artt. 47 e 48 della direttiva 31/03/2004 n. 2004/18/CE, ammettano espressamente la possibilità di avvalimento in relazione ai requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale, non altrettanto fa l’art. 49 della stessa direttiva con riguardo alle certificazioni di qualità. Il che si spiega considerando che la detta certificazione attesta la sussistenza di determinate prerogative intrinseche dell’operatore economico, in quanto tali non suscettibili di essere acquisite dall’esterno ricevendole in prestito da altro soggetto che le possegga.
L’esclusione della certificazione di qualità dall’ambito di applicazione dell’avvalimento deve essere, quindi, rinvenuta per un verso, nel tenore letterale dell’art. 49 cit.; per l’altro verso, in ragioni di carattere funzionale, attinenti agli scopi avuti di mira dall’amministrazione aggiudicatrice, quando esprima la scelta di richiedere alle imprese da ammettere alla gara il possesso della detta certificazione.
Peraltro, la giurisprudenza ha da tempo affermato questo principio con riferimento ai raggruppamenti temporanei di imprese, per i quali si è statuito che il requisito della certificazione di qualità eventualmente richiesto dal bando deve essere posseduto singolarmente da ciascuna impresa del raggruppamento, quantomeno nelle associazioni orizzontali (si veda Cons. Stato, V Sez., 15/06/2001, n. 3188) (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 24.02.2011 n. 160 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Provvedimento di annotazione nel casellario informatico - AVCP e stazione appaltante - Margini di autonomia valutativa.
Il provvedimento di annotazione nel casellario informatico da parte dell’AVCP (nella specie, per difetto del requisito della regolarità contributiva) non è meramente consequenziale e ancillare rispetto a quello della stazione appaltante, mantenendo invece nei confronti di questo apprezzabili margini di autonomia valutativa e procedimentale, non essendo quindi precluso, per la differenza della provenienza soggettiva e degli stessi effetti rivenienti dall’uno e dall’altro dei suddetti provvedimenti, una diversificata considerazione, in ciascuno dei provvedimenti stessi, della medesima fattispecie che ad essi ha dato luogo (cfr. CdS, VI, 05.07.2010, n. 4243) (TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 22.02.2011 n. 1675 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sulla ratio dell'esclusione stabilita dall'art. 38, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006.
La ratio dell'esclusione stabilita dall'art. 38 lett. f) del d. lgs. n. 163 del 2006, poggia sulla necessità di garantire l'elemento fiduciario nei rapporti contrattuali della pubblica amministrazione fin dal momento genetico.
Da ciò discende che, ai fini dell'esclusione di un concorrente da una gara, non è necessario un accertamento della responsabilità del contraente per l'inadempimento in relazione ad un precedente rapporto contrattuale, quale sarebbe richiesto per l'esercizio di un potere sanzionatorio, ma è sufficiente una motivata valutazione dell'amministrazione in ordine alla grave negligenza o malafede nell'esercizio delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara che abbia fatto venir meno la fiducia nell'impresa.
Trattandosi di esercizio di potere discrezionale, esso è soggetto al sindacato del giudice amministrativo nei limiti della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.02.2011 n. 1107 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

LAVORI PUBBLICIAbolito l'istituto dell'accessione invertita, il dovere del Comune è quello della restituzione del bene che risulti essere ancora nella proprietà dei privati.
Il Collegio ritiene di dovere ulteriormente precisare, in ordine al ventilato perfezionamento del passaggio di proprietà per accessione invertita, che l'effetto acquisitivo automatico derivante dall'alterazione definitiva dello stato dei luoghi non trova più copertura normativa e/o giurisprudenziale nel nostro ordinamento a seguito delle statuizioni della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, la quale ha ritenuto, nella pronuncia della Sezione IV del 06.03.2007 n. 43662, che l'istituto della occupazione acquisitiva sia lesivo del principio di legalità, per la perdita di proprietà sulla base di un atto inizialmente illegittimo che implica in primo luogo l'applicazione del principio della restituito in integrum e, ove ciò non sia possibile, la determinazione di un'indennità consistente nella corresponsione di una somma equivalente al valore del bene occupato, aumentato dell'eventuale plus-valore dato dall'esistenza di costruzioni edificate durante l'occupazione da parte della P.A..
Per adeguare l'ordinamento nazionale ai principi affermati dalla Corte, lo Stato ha introdotto l'art. 43 del DPR 08.06.2001 n 327, concernente la cosiddetta "acquisizione sanante", oggi dichiarata incostituzionale per eccesso di delega con sentenza 04-08.10.2010 n. 293, che consentiva alla pubblica amministrazione, "extra ordinem", rispetto all'ordinario procedimento espropriativo (necessariamente mancante o viziato), di acquisire a determinate condizioni beni immobili altrui al proprio patrimonio indisponibile.
Si tratta(va) di una norma che oltre ad attribuire all'Amministrazione il potere di dare "a regime" una soluzione al caso concreto, quando gli atti del procedimento divengano inefficaci per decorso del tempo o siano annullati dal giudice amministrativo, consente(iva) anche di rimuovere un precedente contrasto tra la prassi interna (amministrativa e giudiziaria) e la Convenzione Europea.
L'art. 43 si riferi(va) anche alle occupazioni "sine titulo", già sussistenti alla data di entrata in vigore del testo unico (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 2 del 2005; Cons. Stato, Sez. IV 16.11.2007 n. 5830; Cons. Stato, Sez. IV 27.06.2007, n. 3752; Cons. Stato, Sez. IV 21.05.2007, n. 2582; TAR Sardegna, 31.01.2008 n. 83), potendo, del resto, essere riconducibile nel novero delle norme processuali.
Da ciò consegue che non possa ritenersi perfezionato alcun diritto reale in favore dell’amministrazione relativamente ai terreni di proprietà dei ricorrenti, già oggetto di esproprio poi annullato in sede giurisdizionale, per cui il privato può chiedere la restituzione del fondo con la riduzione in pristino di quanto realizzato (Cons. Stato, Sez. IV, 16.11.2007 n. 5830).
Corollario del sistema delineato dal richiamato art. 43 precitato é il principio secondo cui il trasferimento della proprietà del bene non può oggi connettersi neppure alla unilaterale volontà del privato di abdicare al proprio diritto, che, in materia di occupazione usurpativa, viene considerata implicitamente nella richiesta del proprietario di liquidazione del danno commisurato alla definitiva perdita della disponibilità del bene.
Nel nostro ordinamento, in definitiva, non può più ritenersi sussistente l'istituto -di creazione pretoria- della cosiddetta "occupazione appropriativa", secondo il quale, anche in assenza di un provvedimento ablatorio, l'Amministrazione acquista, a titolo originario, la proprietà dell'area altrui, in virtù della trasformazione irreversibile della stessa ed in attuazione della dichiarazione di pubblica utilità (in tal senso, tra le tante, Cons. St., IV, 30.11.2007 n. 6124; Id., 21.05.2007 n. 2582).
Come già rilevato, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha espressamente affermato che l'istituto in questione rappresenta una illegittima compressione del diritto di proprietà privata, configurando una violazione del Protocollo Addizionale n. 1 della Convenzione Europea e che spetta all'ordinamento interno l'individuazione dei mezzi di tutela, i quali devono, però, essere efficaci e collegarsi in un quadro normativo chiaro, preciso e prevedibile (sentenze 30.05.2000; n. 24638/1994 e n. 31524/1996).
In altri termini, anche se è stata realizzata l'opera pubblica, l'Amministrazione ha l'obbligo di restituire il suolo e di risarcire il danno cagionato: "fin da quando l'istituto della c.d. accessione invertita è stato espunto dal nostro ordinamento a causa della sua acclarata incompatibilità comunitaria, l'annullamento giurisdizionale degli atti espropriativi impugnati comporta l'obbligo dell'Amministrazione di restituire i terreni occupati e di risarcire il danno da illegittimo spossessamento" (Consiglio Stato, sez. IV, 27.03.2009, n. 1858; TAR Lazio Roma, sez. I, 15.01.2009, n. 220; TAR Lombardia Brescia, sez. I, 18.12.2008, n. 1796; e, da ultimo, v. TAR Puglia Lecce, sez. I, 10.05.2010 n. 1093).
In conclusione, non essendo oggi più configurabile l'istituto dell'accessione invertita, il pagamento di un equivalente monetario presuppone necessariamente il previo trasferimento della proprietà dell'immobile (conseguente ad atto amministrativo o negoziale, ad usucapione o a rinunzia del privato), che manca; di conseguenza, l'obbligo allo stato sussistente in capo al Comune è quello della restituzione del bene, che risulta essere ancora nella proprietà dei privati (TAR Campania-Napoli, Sez. V, sentenza 18.02.2011 n. 1014 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Prescrizioni di piano e regolamento - Limiti generali e astratti alla localizzazione - Illegittimità.
Sono illegittime le prescrizioni di piano e di regolamento che si sostanziano in limiti alla localizzazione ed allo sviluppo della rete per intere zone, per di più con scelta generale ed astratta ed in assenza di giustificazioni afferenti alla specifica tipologia dei luoghi o alla presenza di siti qualificabili per destinazioni d’uso come sensibili (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VI, 03.06.2010, n. 3492, con i richiami giurisprudenziali ivi menzionati).
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Regolamento comunale - Suddivisione del territorio in aree idonee, di attenzione e sensibili - Contrasto con il d.lgs. n. 259/2003.
Ove il regolamento comunale suddivida il territorio in tre tipi di aree, in funzione della procedura ex art. 87 del d.lgs. n. 259/2003 (maggiormente idonee, di attenzione e sensibili), esso è illegittimo per contrasto con il menzionato d.lgs., che non consente ai Comuni di estendere le proprie competenze sino a selezionare le aree del territorio, individuandone solo alcune come idonee ad ospitare gli impianti: ciò, perché l’installazione di impianti di telecomunicazione si deve ritenere consentita in generale sull’intero territorio comunale, in modo da poter realizzare, con riferimento a quelli di interesse generale, un’uniforme copertura di tutta l’area comunale interessata (C.d.S., Sez. VI, 28.03.2007, n. 1431; id., 23.06.2008, n. 3133).
Tanto in forza dell’esigenza di trovare un punto di mediazione ordinata, onde evitare che le competenze di cui sono titolari i Comuni nella materia in esame si esplichino in ambiti, diversi da quelli strettamente urbanistici, riservati ad altri Enti (cfr. C.d.S., Sez. VI, n. 6473 del 2010).
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Criteri di insediamento degli impianti - Diffusione capillare sul territorio - Limiti di localizzazione - Divieto generalizzato - Illegittimità - Estensione della potestà regolamentare in materia.
Nella scelta dei criteri di insediamento degli impianti si deve tener conto del fatto che la “rete di telecomunicazione” richiede per definizione una capillare diffusione sul territorio; l’assimilazione alle opere di urbanizzazione primaria implica, poi, che le infrastrutture di rete debbano essere poste al servizio dell’insediamento abitativo, e non essere dallo stesso avulse.
Ne discende che la determinazione dei limiti di localizzazione degli impianti non può tradursi, per il suo carattere generalizzato, in una misura surrettizia di tutela della popolazione dalle immissioni radioelettriche, anche perché siffatta tutela è riservata dall’art. 4 della l. n. 36/2001 allo Stato.
Se quindi, ex art. 8, comma 6, della l. n. 36/2001, i Comuni possono adottare un regolamento al fine di un corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e di minimizzare l’esposizione delle persone ai campi elettromagnetici, tuttavia da esso debbono discendere regole ragionevoli, motivate e certe, poste a presidio di interessi di rilievo pubblico, e non un divieto generalizzato di installazione in identificate zone urbanistiche (C.d.S., Sez. VI, 15.07.2010, n. 4557).
Se ne desume, tra l’altro, che l’Amministrazione comunale -nel pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione ex art. 87 del d.lgs. n. 259 cit.- non può limitarsi alla mera ricognizione della disciplina del P.R.G. sui siti di localizzazione preferenziale degli impianti, attribuendo ad essa valore cogente ed inderogabile, ma deve verificare l’idoneità della localizzazione a soddisfare lo sviluppo di rete prefigurato dal gestore di telefonia mobile, con riferimento alla stessa presenza e distribuzione della popolazione sul territorio cui deve garantirsi il servizio di telefonia in discorso (C.d.S., Sez. VI, n. 7588 del 2010) (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 17.02.2011 n. 335 - link a www.ambientediritto.it).

URBANISTICA: La semplice richiesta di edificazione non determina il diritto alla immutabilità della classificazione urbanistica dell’area.
Per consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, le scelte effettuate dalla P.A. in sede di formazione ed approvazione dello strumento urbanistico generale sono accompagnate da un’amplissima valutazione discrezionale che, nel merito, appaiono insindacabili e che sono per ciò stesso attaccabili solo per errori di fatto, per abnormità e irrazionalità delle stesse (cfr. Cons Stato Sez. IV 06/02/2002 n. 664; idem 27/07/2010 n. 4920).
In ragione di tale discrezionalità, l’Amministrazione non è tenuta a fornire apposita motivazione in ordine alle scelte operate nella predetta sede di pianificazione del territorio comunale, se non richiamando le ragioni di carattere generale che giustificano l’impostazione del piano (in tal senso questa Sezione 10/08/2004 n. 4550).
Sempre al riguardo, giova rammentare che le scelte adottate per ciò che attiene la destinazione delle singole aree non necessitano di una specifica motivazione se non nel caso che la scelta vada ad incidere negativamente su posizioni giuridicamente differenziate ravvisabili unicamente però nell’esistenza di piani e/o progetti di lottizzazione convenzionati già approvati o situazioni di diverso regime urbanistico accertate da sentenze passate in giudicato (in tal senso, ex plurimis, questa Sezione 10/02/2009 n. 2418; idem 30/03/2010), ipotesi, queste non rinvenibili nel caso di specie.
Con riferimento ai suindicati criteri ermeneutici da tempo affermati da questo Consesso parte appellante non può invocare una sorte di diritto alla immutabilità della classificazione urbanistica dell’area di sua proprietà sulla scorta di una semplice richiesta di edificazione, presentata peraltro nell’imminenza dell’adottando Piano Regolatore Comunale, che è del tutto inidonea a configurare una posizione qualificata rispetto ai nuovi intendimenti dell’Amministrazione.
Ne deriva, allora, in linea generale, che la preesistente destinazione urbanistica non impedisce l’introduzione di previsioni di segno diverso in virtù dell’esercizio di uno jus variandi pacificamente riconosciuto all’Amministrazione ed inoltre, che la posizione dell’appellante assume un contenuto di semplice aspettativa , senza che perciò, possa configurarsi a carico dell’Ente locale un onere di specifica motivazione in ordine alla disposta variazione urbanistica dell’area, ben potendo soccorrere al riguardo l’esposizione delle ragioni di carattere generale sottese alle scelte di gestione del territorio comunale (cfr. Ad. Pl. n. 24 del 22/12/1999) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 16.02.2011 n. 1015 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il "dies a quo" per la definizione del conguaglio dell'oblazione dovuta in caso di condono edilizio non coincide con la presentazione della domanda.
Esattamente il TAR, sia pure con una laconica motivazione che necessita di essere integrata, ha ritenuto che il termine per la prescrizione dell’oblazione non potesse che iniziare, nel caso di specie, dal momento del completamento della documentazione necessaria, vale a dire successivamente al rilascio del nulla-osta paesaggistico, peraltro avvenuto solo nel 1996 e quindi oltre dieci anni dopo l’istanza del 1986.
Nell’invocare il 18° comma dell’art. 35 della L. n. 47/1985 e s.m.i, l’appellante dimentica che, relativamente alle opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo -per le quali è condizione essenziale il parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso- il seguente 19° co. del medesimo articolo 35 dispone espressamente che “Il termine di cui al dodicesimo comma del presente articolo decorre dall'emissione del parere previsto dal primo comma dello stesso articolo 32”.
La specifica disposizione, peraltro, si ricollega al principio generale desumibile dall'art. 2935 c.c., secondo il quale la prescrizione non può decorrere se non dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (a sua volta espressione dell’antico brocardo per cui “contra non valentem agere non currit praescriptio”).
La decorrenza del termine di prescrizione presuppone -tanto in favore della pubblica amministrazione per l'eventuale conguaglio, quanto in favore del privato per l'eventuale rimborso- che la pratica di sanatoria edilizia sia definita in tutti i suoi aspetti e, per l'effetto, possano essere precisamente determinabili, alla stregua dei parametri stabiliti dalla legge, l'"an" e il "quantum" dell'obbligazione gravante sul privato.
Il "dies a quo" per la definizione del conguaglio dell'oblazione dovuta in caso di condono edilizio non può quindi che decorrere dal momento in cui sono esattamente noti tutti gli elementi utili alla determinazione della sua entità; tale momento, quindi, non può mai coincidere con la presentazione della domanda, la quale nel caso è sfornita della documentazione richiesta ai fini della corretta e definitiva determinazione dell'entità dell'intervento assentito e quindi della relativa sanzione (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 16.02.2011 n. 1012 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Lungo i tracciati delle linee ferroviarie l’autorizzazione alla deroga delle distanze minime deve considerare la salvaguardia della pubblica incolumità.
La fascia di rispetto ferroviario di cui all’art. 49 del D.P.R. 753/1980 rappresenta un vincolo di inedificabilità relativa –rientrante nella previsione dell’art. 32 della L. 47/1985– derogabile su parere dell’autorità preposta alla sua osservanza (TAR Emilia Romagna Bologna, sez. II – 04/08/2008 n. 3593; TAR Toscana, sez. III – 18/01/2010 n. 37).
Secondo la normativa di cui al D.P.R. 753/1980, lungo i tracciati delle linee ferroviarie è vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie a distanza inferiore a metri 30 dal limite della zona di occupazione della più vicina rotaia, e la ratio di tale previsione risiede nell’evidente esigenza di tutelare il preminente interesse pubblico alla sicurezza dell’esercizio ferroviario e, ancor prima, alla salvaguardia della pubblica incolumità: in proposito l’autorizzazione alla deroga delle distanze minime –presupposto necessario per il rilascio del titolo abilitativo– costituisce il risultato di una valutazione discrezionale (demandata all’Ente preposto) dei valori antagonisti, secondo il criterio di prevalenza dell’interesse alla protezione della pubblica incolumità (TAR Puglia Bari, sez. II – 06/11/2009 n. 2634)
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 16.02.2011 n. 304 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: I regolamenti locali richiamati dall'art. 873 del c.c. (come ad esempio i piani regolatori) –i quali stabiliscono una distanza maggiore di tre metri per le costruzioni sui fondi finitimi– attribuiscono a ciascun proprietario un diritto soggettivo perfetto al rispetto della maggiore distanza, il quale è tutelabile, in caso di inosservanza, sia con la riduzione in pristino sia con il risarcimento del danno.
Si tratta di disposizioni integrative delle norme del codice civile che hanno carattere assoluto e non derogabile dai privati in quanto volte a salvaguardare sia l’interesse della collettività locale ad un migliore assetto dell'agglomerato urbano sia l’aspirazione dei singoli a fruire di un distacco congruo dalle proprietà limitrofe: esse dunque tendono a regolare i rapporti tra residenti su fondi finitimi in modo equo e fanno sorgere a favore del soggetto danneggiato da una nuova costruzione il diritto di chiedere la riduzione in pristino ai sensi dell’art. 872 del c.c..

Secondo la giurisprudenza i regolamenti locali richiamati dall'art. 873 del c.c. (come ad esempio i piani regolatori) –i quali stabiliscono una distanza maggiore di tre metri per le costruzioni sui fondi finitimi– attribuiscono a ciascun proprietario un diritto soggettivo perfetto al rispetto della maggiore distanza, il quale è tutelabile, in caso di inosservanza, sia con la riduzione in pristino sia con il risarcimento del danno (Corte di Cassazione, sez. II civile – 06/12/1984 n. 6402; sez. unite civili – 18/06/1985 n. 3659).
Si tratta di disposizioni integrative delle norme del codice civile che hanno carattere assoluto e non derogabile dai privati (Corte di Cassazione, sez. II civile – 09/06/1999 n. 5666), in quanto volte a salvaguardare sia l’interesse della collettività locale ad un migliore assetto dell'agglomerato urbano sia l’aspirazione dei singoli a fruire di un distacco congruo dalle proprietà limitrofe: esse dunque tendono a regolare i rapporti tra residenti su fondi finitimi in modo equo e fanno sorgere a favore del soggetto danneggiato da una nuova costruzione il diritto di chiedere la riduzione in pristino ai sensi dell’art. 872 del c.c. (Corte di Cassazione, sez. II civile – 10/04/2001 n. 10471).
E’ stato altresì rilevato che l’applicazione della sanzione della riduzione in pristino, richiesta dal vicino danneggiato dalla costruzione realizzata a distanza non legale, consegue ipso iure alla violazione della norma, la quale non lascia al giudice alcun margine di apprezzamento in ordine ai pregiudizi prodotti dalla sua inosservanza (Corte di Cassazione, sez. II civile – 11/01/2006 n. 213)
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 16.02.2011 n. 304 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Deve riconoscersi all'Amministrazione il potere di provvedere all'annullamento dell'aggiudicazione provvisoria in via implicita e senza obbligo di particolare motivazione.
Non costituisce ostacolo al riconoscimento della responsabilità pre-contrattuale dell'ente la reiezione della domanda di annullamento del provvedimento di revoca, potendo, infatti, sempre ritenersi configurabile siffatto genere di responsabilità per la revoca della gara non ancora conclusa, quando il fine pubblico venga attuato attraverso un comportamento obbiettivamente lesivo dei doveri di lealtà, sicché anche dalla revoca legittima degli atti di gara può scaturire l'obbligo di risarcire il danno, nel caso di affidamento suscitato nell'impresa.

L’aggiudicazione provvisoria è inidonea a generare nella ditta provvisoriamente aggiudicataria una posizione consolidata di vantaggio, con la conseguenza che sull'Amministrazione che intende esercitare il potere di autotutela rispetto all'aggiudicazione provvisoria incombe un onere di motivazione fortemente attenuato, circa le ragioni di interesse pubblico che lo hanno determinato, essendo sufficiente che sia reso palese il ragionamento seguito per giungere alla determinazione negativa, attraverso l'indicazione degli elementi concreti ed obiettivi in base ai quali essa si ritiene di non procedere all'aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 31.05.2007 n. 2838; id., sez. V, 29.12.2009 n. 8966).
Ancora più nettamente, le ultime pronunce del Giudice amministrativo di primo grado sono nel senso che, pertanto, deve riconoscersi all'Amministrazione il potere di provvedere all'annullamento dell'aggiudicazione provvisoria in via implicita e senza obbligo di particolare motivazione (TAR Sardegna Cagliari, sez. I, 11.11.2010, n. 2582; TAR Piemonte sez. I, 23.04.2010 n. 2085; TAR Lazio Roma, sez. II, 09.11.2009, n. 10991).
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E' consolidato in giurisprudenza amministrativa l’orientamento per cui non costituisce ostacolo al riconoscimento della responsabilità pre-contrattuale dell'ente la reiezione della domanda di annullamento del provvedimento di revoca, potendo, infatti, sempre ritenersi configurabile siffatto genere di responsabilità per la revoca della gara non ancora conclusa, quando il fine pubblico venga attuato attraverso un comportamento obbiettivamente lesivo dei doveri di lealtà, sicché anche dalla revoca legittima degli atti di gara può scaturire l'obbligo di risarcire il danno, nel caso di affidamento suscitato nell'impresa (in tal senso: Cons. Stato, Ad. plen., 05.09.2005 n. 6; id., sez. V, 30.11.2007 n. 6137; id., sez. V, 08.10.2008, n. 4947; TAR Campania, Napoli, sez. I, 08.02.2006 n. 1794; TAR Lazio, sez. II-quater, 02.04.2010 n. 5621; TAR Puglia Bari, sez. I, 14.09.2010, n. 3459) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 16.02.2011 n. 302 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sulla funzione del DURC in materia di gare d'appalto.
Il DURC ha la funzione di attestare il regolare pagamento dei debiti previdenziali da parte delle imprese e sotto questo profilo è qualificabile come un "certificato", che attesta l'esistenza di determinati requisiti in capo al suo titolare fino a dimostrazione di falso. Il DURC è quindi un documento fidefacente delle cui risultanze la stazione appaltante non può che prendere atto senza dovere, né potere, effettuare un proprio sindacato.
Lo strumento per contestare le risultanze contenute nel DURC, come per tutti i documenti fidefacenti, è la querela di falso. Il decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale 24.10.2007 regolamenta analiticamente la procedura di rilascio del DURC prevedendo anche, all'art. 8, c. 3, le condizioni al verificarsi delle quali deve ritenersi "grave", ai fini della partecipazione alle gare di appalto, lo scostamento tra le somme dovute e quelle versate.
Questo conferma che la stazione appaltante non ha alcun potere di apprezzare e valutare le risultanze del documento (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 14.02.2011 n. 313 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Potere regolamentare comunale - Introduzione di limiti generalizzati di esposizione a campi magnetici diversi da quelli previsti dallo Stato - Illegittimità.
Il potere regolamentare comunale non può spingersi fino al punto di introdurre limiti generalizzati di esposizione ai campi magnetici diversi da quelli previsti dallo Stato, ovvero di costituire deroghe pressoché generalizzate rispetto a tali limiti statali per il tramite di generalizzate interdizioni localizzative, essendo al più consentita l'individuazione di specifiche e diverse misure precauzionali, la cui idoneità al fine della "minimizzazione" emerga dallo svolgimento di compiuti ed approfonditi rilievi istruttori sulla base di risultanze di carattere scientifico (così, fra le altre, Cons. Stato, sez. VI, 16.12.2009, n. 8103).
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Impianti di telecomunicazione - Assimilazione alle opere di urbanizzazione primaria - Art. 86 d.lgs. n. 259/2003.
L’art. 86 del D.Lgs. n. 259/2003 ha assimilato gli impianti di telecomunicazione alle opere di urbanizzazione primaria, come tali compatibili con ogni destinazione di zona prevista dalla pianificazione urbanistica (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 14.02.2011 n. 299 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Nel procedimento di rilascio dei titoli edilizi, in caso di opere che vadano ad incidere sul diritto di altri proprietari, l’Ente è legittimato a esigere il consenso degli stessi.
Per la costante giurisprudenza di legittimità, il Comune, nel procedimento di rilascio dei titoli edilizi, ha il potere ed il dovere di verificare l'esistenza in capo al richiedente di tutti i presupposti per la loro emanazione: in caso di opere che vadano ad incidere sul diritto di altri proprietari, è legittimo da parte dell’ente, esigere il consenso degli stessi (Cons. St., sez. V, 21.10.2003 n. 6529; Cons. St., sez. IV, 26.01.2009, n. 437).
Anche nelle ipotesi di autorizzazioni in sanatoria, il Comune è tenuto a pretendere la produzione della dichiarazione di assenso del terzo pregiudicato in ragione del suo interesse contrario alla sanatoria delle opere stesse che potrebbero risolversi in danno dello stesso, al solo fine di accertare il requisito della legittimazione del richiedente alla sanatoria e non per risolvere i conflitti di interesse tra le parti private in ordine all'assetto proprietario degli immobili interessati (TAR Abruzzo Pescara, sez. I, 06.06.2009, n. 401; Tar Puglia, Lecce, sez. III, 18.12.2007, n. 4286) (TAR Umbria, sentenza 14.02.2011 n. 48 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La potestà del Comune di regolamentare gli impianti di telefonia mobile non può trasformarsi in ingiustificate limitazioni alla localizzazione.
Occorre rammentare come la giurisprudenza amministrativa sia ferma nel ritenere che l'installazione di impianti di telecomunicazione deve ritenersi in generale consentita sull'intero territorio comunale in modo da poter realizzare un'uniforme copertura di tutta l'area comunale interessata (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VI, 28.03.2007, n. 1431).
Precipitato di tale principio è poi quello per cui non può essere imposta, mediante regolamento comunale edilizio, l'osservanza di determinate distanze dagli edifici esistenti ed ugualmente, ed anzi a maggior ragione, non si può pretendere di localizzare gli impianti ad una determinata distanza dal confine di proprietà, trattandosi di previsione che appare priva di giustificazione alcuna e rappresenta solo un indebito impedimento nella realizzazione di una rete completa di telecomunicazioni (in termini, C.d.S., Sez. VI, 25.06.2007, n. 3536, C.d.S., Sez. VI, 06.09.2010, n. 6473).
Più nello specifico, la potestà assegnata al Comune dall'art. 8, comma 6, della legge 22.02.2001 n. 36 (legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) di regolamentare "il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e di minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi radioelettrici" non può trasformarsi in "limitazioni alla localizzazione" degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale in assenza di una plausibile ragione giustificativa (C.d.S., Sez. III, 03.03.2010, n. 4280) (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 11.02.2011 n. 911 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La precarietà di una costruzione è desunta dal fatto che appaia destinata a soddisfare una necessità contingente ed essere poi prontamente rimossa.
Per costante giurisprudenza di questa Sezione, la pavimentazione di aree verdi [opere di cui alle lett. c) e g)], esige il permesso di costruire, perché comporta l’irreversibile trasformazione del territorio; quanto alle opere di cui alle lett. f) (realizzazione di un locale tecnico delimitato per tre lati da muratura, un quarto lato chiuso da infisso, la copertura è costituita da una soletta in cls. con sovrastante tegole in cotto, avente superficie coperta di mq 2,50 circa, ed una volumetria di mc. 5,90 circa), e h) (box in legno, a copertura a due falde inclinate, avente superficie coperta di mq 3,30 circa, ed una volumetria di mc. 6,60 circa), comportano nuovi organismi edilizi, con aumento di volumetria. Né è dimostrato che il viale di cui alla lett. c) e l’area di cui alla lett. g) fossero già pavimentate in precedenza.
Quanto al box di legno, la precarietà resta anch’essa indimostrata; in ogni caso, per costante giurisprudenza, la precarietà di una costruzione non va desunta dalla possibile facile e rapida amovibilità dell’opera, ovvero dal tipo più o meno fisso del suo ancoraggio al suolo, ma dal fatto che la costruzione appaia destinata a soddisfare una necessità contingente ed essere poi prontamente rimossa, a nulla rilevando la circostanza che l’impiego dell'opera sia circoscritto ad una sola parte dell’anno, ben potendo la stessa essere destinata a soddisfare un bisogno non provvisorio ma regolarmente ripetibile; la precarietà, quindi, non va confusa con la stagionalità (tra le tante, Tar Puglia, Bari, II, n. 2031/2009) (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 11.02.2011 n. 896 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La natura interamente vincolata del provvedimento di demolizione esclude la necessaria ponderazione di interessi diversi da quelli pubblici tutelati e non richiede motivazione ulteriore rispetto alla dichiarata abusività
Secondo la giurisprudenza (TAR Campania Napoli, Sez. VI, 05.04.2005, n. 3312 Cons. Stato, Sez. IV, 27.04.2004, n. 2529) la natura interamente vincolata del provvedimento di demolizione esclude la necessaria ponderazione di interessi diversi da quelli pubblici tutelati e non richiede motivazione ulteriore rispetto alla dichiarata abusività (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 11.02.2011 n. 896 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: L’art. 3 della legge n. 241/1990 consente l’uso della motivazione per relationem con riferimento ad altri atti dell’Amministrazione, che devono essere comunque indicati e resi disponibili, fermo restando che questa disponibilità dell’atto va intesa nel senso che all’interessato deve essere consentito di prenderne visione, di richiederne ed ottenerne copia in base alla normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi e di chiederne la produzione in giudizio, sicché non sussiste l’obbligo dell’Amministrazione di notificare all’interessato tutti gli atti richiamati nel provvedimento, ma soltanto l’obbligo di indicarne gli estremi e di metterli a disposizione su richiesta dell’interessato.
L’art. 3 della legge n. 241/1990 consente l’uso della motivazione per relationem con riferimento ad altri atti dell’Amministrazione, che devono essere comunque indicati e resi disponibili, fermo restando che questa disponibilità dell’atto va intesa nel senso che all’interessato deve essere consentito di prenderne visione, di richiederne ed ottenerne copia in base alla normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi e di chiederne la produzione in giudizio, sicché non sussiste l’obbligo dell’Amministrazione di notificare all’interessato tutti gli atti richiamati nel provvedimento, ma soltanto l’obbligo di indicarne gli estremi e di metterli a disposizione su richiesta dell’interessato (ex multis, TAR Campania, Napoli, Sez. IV, 18.05.2005, n. 6500; 18.01.2005, n. 178) (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 11.02.2011 n. 896 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ai Comuni non spetta disciplinare, nei loro regolamenti, l'installazione degli impianti di telefonia mobile con limitazioni o divieti generalizzati e tali da non consentire una diffusa localizzazione sul territorio del servizio pubblico relativo, e ciò specificamente quando tale potere sia palesemente rivolto a tutelare aspetti collegati con la salute umana, dal momento che siffatte esigenze sono valutate dagli organi statali a ciò deputati; mentre al Comune è consentito solo regolamentare “il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti” e, dettare prescrizioni volte a “minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.
Risulta illegittima la prescrizione posta dall’ultimo periodo dell’art. 5 del Regolamento comunale per l’installazione e l’esercizio degli impianti di telecomunicazioni, che recita: “Si stabilisce, inoltre, che nella fascia di mt. 100 dai confini comunali non è consentita l’installazione degli impianti su indicati, salvo acquisizione preventiva del parere favorevole del Comune limitrofo interessato”; ed in virtù della quale è stato chiesto (e poi reso) il parere di cui si discute.
Invero, come ripetutamente statuito dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. di Stato sez. III, parere n. 4280 del 03.03.2010; Cons. di Stato sez. VI, n. 4056 del 19.06.2009; Cons. di Stato sez. VI, n. 3735 del 21.06.2006; Cons. di Stato sez. IV, n. 450 del 14.02.2005; TAR Trentino Alto Adige n. 160 dell’11.06.2010; TAR Campania-Napoli n. 1721 del 03.04.2009; TAR Campania-Napoli n. 3524 del 07.05.2008; TAR Toscana n. 2686 del 19.09.2007), ai Comuni non spetta disciplinare, nei loro regolamenti, l'installazione degli impianti di telefonia mobile con limitazioni o divieti generalizzati e tali da non consentire una diffusa localizzazione sul territorio del servizio pubblico relativo, e ciò specificamente quando tale potere sia palesemente rivolto a tutelare aspetti collegati con la salute umana, dal momento che siffatte esigenze sono valutate dagli organi statali a ciò deputati; mentre al Comune è consentito solo (ai sensi dell’art. 8, co. 6, L. 35/2001) regolamentare “il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti” e, dettare prescrizioni volte a “minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”: ma appunto con la prescrizione regolamentare in esame risulta posto un divieto generalizzato di installazione delle strutture di telefonia mobile (nonostante la loro compatibilità con tutte le zone omogenee comunali, stante la loro assimilazione, ai sensi dell’art. 86 Decr. Leg.vo 259/2003, alle opere di urbanizzazione primaria), che, in assenza di una chiara e diversa ragione giustificativa, risulta palesemente volto alla tutela della salute umana, come del resto dimostrato dalla sua rimovibilità a seguito di un eventuale parere favorevole del Comune limitrofo, a sua volta suscettibile di fondarsi esclusivamente su ragioni sanitarie (come meglio si dirà più avanti, infatti non è ipotizzabile l’effettuazione, in tale contesto, di valutazioni di natura urbanistica, stante la riferibilità dell’installazione al territorio di un diverso Comune) (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 11.02.2011 n. 893 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: BENI CULTURALI - Qualità dei materiali utilizzati e caratteristiche esteriori del manufatto - Pregiudizio per i valori estetici protetti - Motivazione succinta incentrata sulle caratteristiche costruttive che impediscono il corretto inserimento nell’area tutelata - Legittimità.
Elementi come la qualità dei materiali utilizzati, la conformazione del manufatto e le sue caratteristiche esteriori ben possono costituire, anche secondo la comune esperienza, fattori di obiettivo pregiudizio per i valori estetici protetti; tali connotazioni accomunano una vasta gamma di interventi abusivi, sicché non rileva che la motivazione addotta dall’Autorità preposta alla tutela del vincolo si presenti pressoché identica per un gran numero di casi (TAR Toscana, III, 26/02/2002, n. 420; idem, 18/01/2010, n. 43).
Del resto la giurisprudenza ha ribadito la legittimità della motivazione succinta incentrata su caratteristiche della costruzione che ne impediscono il corretto inserimento nella zona (TAR Toscana, III, 27/11/2006, n. 6052).
BENI CULTURALI - Autorizzazione paesaggistica - Diniego - Mancata indicazione delle prescrizioni idonee a rendere l’intervento compatibile con il vincolo - Illegittimità - Esclusione.
L’amministrazione non è tenuta a dettare o suggerire prescrizioni idonee a rendere l’intervento coerente con i valori paesaggistici, con la conseguenza che la mancata valutazione circa la possibilità di opere di adeguamento o modifica della costruzione abusiva non inficia la validità del diniego.
La particolare pregnanza dell’interesse pubblico sotteso all’istituzione del vincolo de quo, costituzionalmente rilevante (art. 9, comma 2, della Costituzione), giustifica del resto un approccio rigoroso dell’Ente alle pratiche edilizie, anche in relazione a manufatti di non ampie dimensioni (TAR Toscana, III, 18/01/2010, n. 43) (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 11.02.2011 n. 271 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Non va esclusa la necessità di strumenti attuativi per il rilascio di concessioni in zone già urbanizzate quando la situazione esiga un nuovo intervento.
Con specifico riferimento alle problematiche sull’adeguatezza delle opere di urbanizzazione, la giurisprudenza pacificamente ritiene che la concessione diretta può essere rilasciata solo ove esistano tutte le opere di urbanizzazione previste dalla legge e non sussistano esigenze di completamento o integrazione delle urbanizzazioni esistenti.
In particolare “il principio secondo cui va esclusa la necessità di strumenti attuativi per il rilascio di concessioni in zone già urbanizzate è applicabile solo nei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo (ad es. il lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata), ma non anche all'ipotesi in cui per effetto di una edificazione disomogenea ci si trovi di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all'abitato, riordinando e talora definendo "ex novo" un disegno urbanistico di completamento della zona, ad esempio debba essere completato il sistema della viabilità secondaria nella zona o quando debba essere integrata l'urbanizzazione esistente garantendo il rispetto degli standards minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l'armonico collegamento con le zone contigue, già asservite all'edificazione” (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 15/05/2002, n. 2592).
E ancora, “l'esigenza di un piano di lottizzazione, quale presupposto per il rilascio della concessione edilizia, s'impone anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate, che richiedono una necessaria pianificazione della «maglia», e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata” ( cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 01/10/2007, n. 5043) (TAR Sardegna, Sez. II , sentenza  10.02.2011 n. 117 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L’intervento di sostituzione della struttura metallica di una veranda con nuovi materiali non comporta la realizzazione di un nuovo manufatto.
Quanto alla contestata “sostituzione della intelaiatura in ferro e vetri, in alluminio verniciato”, deve infatti ritenersi –proprio alla stregua della descrizione delle opere effettuate- che tale intervento non abbia mutato le caratteristiche costruttive della struttura, né abbia condotto alla realizzazione di un manufatto del tutto nuovo per consistenza e materiali utilizzati (cfr. TAR Lazio, sez. II-ter, 12.02.2004, n. 1394 e, più recentemente, 02.11.2010, n. 33108, proprio con riferimento ad un intervento di sostituzione della struttura metallica di una veranda con nuovi materiali; a contrariis, Cons. St., sez. VI, 09.09.2005, n. 4668).
Si tratta infatti di lavori diretti alla mera sostituzione o rinnovo di parti dell'edificio, che non comportano alcuna alterazione di volumi o di superfici e nemmeno alcun mutamento della destinazione dell’unità immobiliare (Cons. St., sez. IV, 22.03.2007, n. 1388; sez. V, 06.02.2003, n. 61) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 09.02.2011 n. 1283 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L’istanza di condono successiva all'impugnazione dell'ordinanza di demolizione rende inefficace il provvedimento.
Per giurisprudenza consolidata della sezione in materia, da un lato, quanto alla sospensione dei lavori, “È manifestamente improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, l'impugnazione giurisdizionale di un'ordinanza sindacale di sospensione dei lavori abusivi, divenuta inefficace nel corso del giudizio per decorso del termine di 45 giorni previsto dall'art. 4, comma 4, l. 28.02.1985 n. 47” (TAR Lazio, Roma, sez. II, 11.09.2009, n. 8644), e, dall’altro, quanto all’ordinanza di demolizione, “La presentazione dell'istanza di condono successivamente all'impugnazione dell'ordinanza di demolizione - o alla notifica del provvedimento di irrogazione delle altre sanzioni per gli abusi edilizi - produce l'effetto di rendere inefficace tale provvedimento e, quindi, improcedibile l'impugnazione stessa, per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto il riesame dell'abusività dell'opera sia pure al fine di verificarne l'eventuale sanabilità, provocato da detta istanza, comporta la necessaria formazione di un nuovo provvedimento (di accoglimento o di rigetto), che vale comunque a superare il provvedimento sanzionatorio oggetto dell'impugnativa” (TAR Lazio, Roma, sez. II, 02.11.2010, n. 33098) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 09.02.2011 n. 1282 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La possibilità di stabilire limitazioni e divieti all'installazione di impianti pubblicitari non compromette la tutela costituzionale della libera iniziativa privata.
Alla stregua di un indirizzo interpretativo già espresso dal Consiglio di Stato e al quale il Collegio ritiene di aderire, ai sensi dell'art. 3, commi 2 e 3, del d.lgs. 15.11.1993 n. 507, ogni Comune è tenuto ad adottare un regolamento per l'applicazione dell'imposta, che disciplini le modalità di effettuazione della pubblicità, con la possibilità di stabilire limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie in relazione ad esigenze di pubblico interesse, e in ogni caso determini la tipologia e la quantità degli impianti pubblicitari, le modalità per ottenere il provvedimento per l'installazione e i criteri per la realizzazione del piano generale degli impianti.
Pertanto, l'installazione di impianti pubblicitari è un'attività economica contingentata, stante la limitatezza degli spazi a ciò destinati, senza che in ciò possa ravvisarsi compromissione della tutela costituzionale della libera iniziativa privata, giacché lo stesso art. 41 cost. ammette la possibilità di limitare tale libertà onde contemperarla con l'utilità sociale (Cons. Stato, sez. V, 29.04.2009, n. 2723) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 09.02.2011 n. 894 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Nessuna norma obbliga gli enti locali a preferire la modalità dell'affidamento all'esterno rispetto a quella della gestione diretta, sempre che il servizio pubblico sia privo di rilevanza economica.
Nessuna norma obbliga gli enti locali a preferire la modalità dell'affidamento all'esterno rispetto a quella della gestione diretta, sempre che il servizio pubblico sia privo di rilevanza economica.
Pertanto, nel caso di specie, considerati i ridotti margini di profitto indicati dalla stessa ricorrente (contenuti nell'ordine di circa 7.000 euro) - non può dubitarsi che il servizio pubblico locale oggetto della deliberazione impugnata sia privo di rilevanza economica.
Sicché, tenuto conto delle caratteristiche del servizio e delle sue modeste dimensioni, deve ritenersi che il consiglio comunale, ai sensi dell'art. 113-bis del Tuel, avesse il potere di preferire la formula della gestione diretta rispetto a quella dell'affidamento a soggetti esterni all'amministrazione. In effetti, in un comune, come quello di specie, di non eccessiva grandezza, il servizio di illuminazione votiva cimiteriale richiede, di regola, l'impegno periodico di una persona (o al massimo due) e una spesa annua non rilevante.
In un tale contesto, oltre tutto, il procedimento di indizione di una gara pubblica finirebbe per comportare un costo, in termini di impiego di risorse umane e strumentali, ben maggiore rispetto a quello conseguente alla gestione diretta del servizio (TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 04.02.2011 n. 1077 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

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