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AGGIORNAMENTO AL 30.03.2011 |
ã |
NOVITA' NEL
SITO |
A V V I S O
Con riferimento alle
n. 7 giornate di studio in Bergamo per il 13-20-27
aprile e 04-11-18-25 maggio 2011 organizzate dal portale
PTPL, si avvisano gli interessati che, per limiti di posti a
sedere, si dovrà richiedere di volta in volta alla
segreteria PTPL (cliccando
qui)
il nuovo link ove aprire la scheda di iscrizione on-line,
avendo cura di indicare -nella suddetta e-mail- il numero di partecipanti.
Pertanto, il link indicato nella locandina NON è più
attivo e prima di effettuare il bonifico della quota di
partecipazione si verifichi la disponibilità dei posti
come sopra indicato.
Tutti coloro che si sono già iscritti a tutto il 29.03.2011
hanno l'iscrizione confermata e non devono ripetere
l'adesione.
LA SEGRETERIA PTPL |
QUESITI &
PARERI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti, sono
stati chiariti gli importi delle garanzie
finanziarie relativi all’iscrizione in
categoria 8 dell’Albo? (link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti, come
si articola la responsabilità nella gestione
dei rifiuti? (link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti, la
categoria 8 intermediazione e commercio di
rifiuti è attiva? (link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti, quali sono i soggetti obbligati ad
aderire al SISTRI? (link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti, quando un rifiuto cessa di essere
tale? (link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti, quale è la definizione di
sottoprodotto? (link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti, quali sono le priorità da
rispettare nella corretta gestione dei
rifiuti? (link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti, cosa è la responsabilità estesa del
produttore? (link a
www.ambientelegale.it). |
SINDACATI |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO:
Schema di contratto collettivo
decentrato anni 2011-2012
(CGIL-FP di Bergamo,
nota 28.03.2011). |
DOTTRINA
E CONTRIBUTI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
A. L. De Cesaris,
Una nuova normativa in materia di rifiuti:
primi spunti di riflessione (link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G. Tapetto,
Comunicazione MUD 2010: come la si presenta?
(link a www.ambiente-ecologia). |
INCARICHI PROFESSIONALI:
C. Rapicavoli,
Incarichi di consulenza e collaborazione –
Chiarimenti della Corte dei Conti
(link a www.ambientediritto.it). |
NOTE,
CIRCOLARI E COMUNICATI |
EDILIZIA PRIVATA:
Oggetto: Quesiti in ordine
all'applicabilità dell'art. 17 delle Norme
del Piano Paesaggistico Regionale
(Lombardia) ed alla necessità
dell'autorizzazione paesaggistica e
dell'esame paesistico dei progetti
(Regione Lombardia, Direzione Generale
Sistemi Verdi e Paesaggio, Progetti
Integrati e Paesaggio, Paesaggio,
nota 10.03.2011 n.
5400 di prot.) |
GURI - GUUE -
BURL (e anteprima) |
EDILIZIA PRIVATA: G.U.
28.03.2011 n. 71, suppl. ord. n. 81/L, "Attuazione
della direttiva 2009/28/CE sulla promozione
dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili,
recante modifica e successiva abrogazione
delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE"
(D.Lgs. 03.03.2011 n. 28). |
ENTI LOCALI:
G.U.U.E. 23.02.2011 n. L/48 "
DIRETTIVA 2011/7/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E
DEL CONSIGLIO del 16.02.2011
relativa alla lotta contro i ritardi di
pagamento nelle transazioni commerciali"
(link a http://eur-lex.europa.eu).
---------------
Favorire la competitività delle imprese
e, in particolare, quella delle PMI[1],
attraverso la lotta contro i ritardi di
pagamento nelle transazioni commerciali. È
questa la finalità della Direttiva del
Parlamento Europeo e del Consiglio n. 7 del
16.02.2011 che gli Stati membri dovranno
recepire entro il 16.03.2013 e che abroga la
precedente Direttiva 2000/35/C.
Tra le più rilevanti disposizioni della
nuova normativa europea vi sono le seguenti
tematiche:
- campo di applicazione della Direttiva (la
quale si applica anche alle pubbliche
amministrazioni);
- concetto di clausole contrattuali e prassi
inique.
Quanto al primo aspetto (campo di
applicazione della Direttiva), le nuove
disposizioni si riferiscono ad ogni
pagamento effettuato a titolo di
corrispettivo in una transazione
commerciale, intesa quale transazione che
comporta la fornitura di merci o la
prestazione di servizi dietro pagamento di
un corrispettivo effettuata:
- tra imprese (soggetti organizzati, diversi
dalle pubbliche amministrazioni, che
agiscono nell’ambito di un’attività
economica o professionale indipendente,
anche quando tale attività è svolta da una
sola persona)[2];
- tra imprese e pubbliche amministrazioni.
Quanto al secondo aspetto, per determinare
se una clausola contrattuale o una prassi
relativa alla data o al periodo di
pagamento, al tasso dell’interesse di mora o
al risarcimento per i costi di recupero sia
gravemente iniqua per il creditore, si dovrà
tenere conto, a norma dell’art. 7, paragrafo
1, di tutte le circostanze del caso, tra
cui:
a) qualsiasi grave scostamento dalla
corretta prassi commerciale, in contrasto
con il principio della buona fede e della
correttezza;
b) la natura del prodotto o del servizio;
c) se il debitore abbia qualche motivo
oggettivo per derogare al tasso d’interesse
di mora legale, al periodo di pagamento[3],
o all’importo forfettario[4].
Inoltre, una clausola contrattuale o una
prassi è considerata gravemente iniqua
qualora:
- escluda l’applicazione di interessi di
mora;
- escluda il risarcimento per i costi di
recupero[5].
Al riguardo, la Direttiva richiede agli
Stati membri di disporre che dette clausole
contrattuali o prassi gravemente inique per
il creditore non possano essere fatta
valere, oppure diano diritto a un
risarcimento del danno[6].
Tra le principali disposizioni introdotte,
la Direttiva (agli artt. 3 e 4,
rispettivamente dedicati alle transazioni
tra imprese e tra imprese e pubbliche
amministrazioni), prevedendo anche norme
relative dell’applicabilità del tasso di
riferimento ed alla decorrenza del diritto
agli interessi di mora, richiede che al
creditore sia assicurato il diritto a detti
interessi di mora senza che sia necessario
un sollecito alle seguenti condizioni:
- qualora questi abbia adempiuto agli
obblighi contrattuali e di legge;
- qualora questi non abbia ricevuto nei
termini l’importo dovuto e il ritardo sia
imputabile al debitore.
Inoltre, relativamente ai ritardi di
pagamento, è fatto obbligo agli Stati membri
di assicurare che il periodo di pagamento
stabilito nel contratto non superi sessanta
giorni nelle transazioni tra imprese e
trenta giorni[7] (termine prorogabile sino
ad un massimo di sessanta giorni)[8] nelle
transazioni tra imprese e pubbliche
amministrazioni (dove queste, dunque, sono
debitrici).
Detti termini possono essere modificati
mediante espresso accordo contrattuale,
fatto salvo il divieto di clausole
gravemente inique per il creditore.
(commento tratto da www.altalex.com, 16.03.2011. Nota di Giulio Spina)
_______________
[1] Piccole e medie imprese (NdA).
[2] Art. 2, n. 3.
[3] La Direttiva rimanda al riguardo alle
proprie disposizioni di cui all’articolo 3,
paragrafo 5, all’articolo 4, paragrafo 3,
lettera a), all’articolo 4, paragrafo 4, e
all’articolo 4, paragrafo 6.
[4] La Direttiva rimanda al riguardo alle
proprie disposizioni di cui all’articolo 6,
paragrafo 1, il quale, tra l’altro, prevede
che ove gli interessi di mora diventino
esigibili, il creditore abbia il diritto di
ottenere dal debitore, come minimo, un
importo forfettario di 40 Euro.
[5] La Direttiva rimanda al riguardo alle
proprie disposizioni di cui all’articolo 6.
[6] D’interesse è segnalare che i mezzi che
gli Stati membri potranno utilizzare al fine
di impedire il continuo ricorso a clausole
contrattuali e prassi gravemente inique
comprendono anche disposizioni volte a
consentire che organizzazioni ufficialmente
riconosciute per la rappresentanza delle
imprese o titolari di un legittimo interesse
a rappresentare le imprese agiscano a norma
della legislazione nazionale applicabile
dinanzi alle autorità giurisdizionali o agli
organi amministrativi competenti in presenza
di utilizzo di clausole contrattuali o
prassi gravemente inique (art. 7, par. 5).
[7] Con riferimento all’identificazione
della decorrenza del termine si veda l’art.
4, paragrafo 3.
[8] Alle condizioni di cui all’art. 4,
paragrafo 4. |
CORTE DEI
CONTI |
LAVORI PUBBLICI: LEASING
IN COSTRUENDO.
La Corte dei Conti, Sez. regionale di
controllo per la Lombardia, con il
parere 14.10.2010 n. 953, ha dato
luogo ad un interessante analisi
dell’istituto del leasing in costruendo,
intrattenendosi, in particolare, sulle
modalità di classificazione contabile. Si
tratta di un importante provvedimento di
chiarificazione dell’istituto e dei suoi
rapporti con le analoghe figure.
Primariamente, i giudici contabili
riconoscono l’insopprimibile valenza
dell’autonomia privata, intesa quale insieme
dei poteri e delle facoltà, attribuite ad
ogni soggetto giuridico, tendenti a dare
assetto a interessi individuali e di gruppo.
Precisamente, la Corte parla “capacità di
costituire, modificare o estinguere rapporti
giuridici di tipo patrimoniale, nonché della
capacità di porre in essere atti negoziali
anche atipici”.
Ovviamente, l'autonomia privata trova il suo
fondamento normativo nella Costituzione ed,
in particolare, negli articoli 2 e 41. Il
primo, nel riconoscere e garantire i diritti
inviolabili dell'uomo sia come singolo sia
nelle formazioni sociali, dove si svolge la
sua personalità, implicitamente afferma il
potere di autodeterminazione dei privati in
ordine agli interessi di natura personale.
L'articolo 41 Cost., inoltre, nell'ammettere
la libertà di iniziativa economica,
attribuisce ai privati la facoltà di porre
da sé regole in funzione del soddisfacimento
dei propri interessi patrimoniali. Al
riguardo, occorre osservare che autonomia
privata ed autonomia contrattuale non sono
termini equivalenti. Infatti, quest'ultima
si esplica prevalentemente, ma non
esclusivamente, nella libertà contrattuale,
sia pure estesa al diritto di famiglia e al
diritto successorio.
Sono espressione di autonomia contrattuale
il testamento, la procura e la remissione
del debito; non lo sono gli atti
unilaterali, perché questi sono rigidamente
disciplinati dal codice civile e non c'è
alcuno spazio per la libertà dei soggetti di
modificare gli schemi tipici al fine di
adeguarli alle proprie esigenze personali. A
ben vedere, l'autonomia privata esprime una
fenomenologia molto più articolata, che
investe anche attività extra-negoziali (ad
esempio, ricreative, educative, etc.),
poteri di normazione privata (ad esempio,
sistemi sanzionatori privati) e libertà
matrimoniale.
Tuttavia, l’autonomia privata incontra dei
limiti di carattere generale, consistenti
nella meritevolezza degli interessi e nella
liceità della causa, nonché nel rispetto dei
principi costituzionali di legalità e
imparzialità e di doverosa finalizzazione
dell’attività o del negozio al perseguimento
dei fini istituzionali predeterminati dalla
legge. I giudici contabili fanno osservare
che sussistono altre peculiari disposizioni
normative, che limitano e regolano la
capacità giuridica di diritto privato e si
rinvengono, precisamente:
- nel vetusto sistema di contabilità
pubblica;
- nella disciplina dell’indebitamento degli
enti locali;
- nei principi dell’evidenza pubblica, in
sede di scelta del miglior contraente e
formazione dei contratti;
- nella disciplina comunitaria e nazionale
in materia di contratti pubblici.
Ora, occorre presta massima attenzione al 2°
comma, dell’articolo 1322 del codice civile,
il quale stabilisce che “le parti possono
anche concludere contratti che non
appartengano ai tipi aventi una disciplina
particolare, purché siano diretti a
realizzare interessi meritevoli di tutela
secondo l'ordinamento giuridico”. Si
tratta, come noto, dell’importante
disposizione civilistica, che consacra il
principio della possibile atipicità dei
contratti. Proprio in forza di tale
principio, fa osservare la Corte dei conti,
il contratto di leasing in costruendo ha
ricevuto piena legittimazione e disciplina
nel settore pubblico.
Tale “riconoscimento pubblico”,
possibile proprio in virtù dell’indicato
principio, si è avuto con l’articolo 160-bis
del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n.
163/2006), modificato ed integrato ad opera
del terzo decreto correttivo al Codice
medesimo. Siffatta disposizione normativa
ha, sostanzialmente, reso operativo lo
strumento, ampliandone l’oggetto che può,
ora, riguardare la realizzazione,
l’acquisizione ovvero il completamento,
conformemente alle indicazioni del
committente, di opere pubbliche o di
pubblica utilità.
Entrando nel “cuore” dell’istituto,
la Corte dei conti ha riconosciuto, in
generale, l’ammissibilità del leasing in
costruendo nell’ambito della capacità
negoziale di diritto privato della Pubblica
amministrazione. Tuttavia, tale
ammissibilità deve rispettare alcuni
imprescindibili profili di azione, tipici di
ogni Pubblica amministrazione e,
precisamente:
a) l’assoggettamento alle regole
dell’evidenza pubblica, secondo le tipologie
dei beni e dell’importo del contratto.
b) la necessità di una congrua motivazione
in merito agli aspetti relativi alla
convenienza economica dell’operazione, anche
sul versante dell’efficiente ed efficace
perseguimento del pubblico interesse.
c) l’esigenza di un’analisi costi-benefici,
estesa alle altre possibili forme di
finanziamento (dal mutuo
all’autofinanziamento, all’apertura di
credito etc.), per verificare anche
l’impatto in termini di sostenibilità per il
bilancio dell’ente delle diverse opzioni.
In altri termini, occorrerà porre in essere
un’analisi comparativa fra i diversi sistemi
di finanziamento-realizzazione di un’opera
pubblica, al fine di individuarne il
migliore.
d) La causa di finanziamento e di
indebitamento del contratto deve rispettare
i principi espressi dall’articolo 119 Cost.,
ai fini dell’ammissibilità della spesa.
Ciò che deve essere inequivocabilmente
chiaro, ad avviso dei giudici contabili, è
che gli strumenti di leasing, compreso
quello in costruendo, non possono, in ogni
caso, essere utilizzati per eludere le
regole di azione ora indicate. In
particolare, assumono peculiare rilievo:
- il rispetto dei vincoli di destinazione
dei proventi, derivanti dall’alienazione del
patrimonio pubblico;
- il divieto di ricorrere all’indebitamento,
per finanziare spese diverse da quelle di
investimento;
- le disposizioni normative, sancite dagli
articoli 202- 204 del D.Lgs. n. 167/2000, in
merito alla disciplina ed ai limiti
dell’indebitamento;
- la necessità di tenere conto anche delle
forme di garanzia, eventualmente richieste
all’ente pubblico, per il corretto
assolvimento delle obbligazioni contrattuali
(commento tratto dalla newsletter di
www.centrostudimarangoni.it - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
GIURISPRUDENZA |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - Abbandono - Art. 192
d.lgs. n. 152/2006 - Sanzione amministrativa
di tipo reintegratorio - Proprietario o
titolare di diritti reali o personali di
godimento - Imputabilità della condotta -
Conseguenze sanzionatorie - Dolo o colpa.
L’art. 192 del D. Lgs. n. 152/2006, che ha
riprodotto l'art. 14, comma 3, del Decr.
Legisl. n. 22/1997, prevede una sanzione
amministrativa di tipo reintegratorio,
potendo essere adottata anche in assenza di
una situazione in cui sussista l’urgente
necessità di provvedere con efficacia e
immediatezza (TAR Veneto, III, 29.09.2009,
n. 2454) e avente a contenuto l’obbligo di
rimozione, di recupero o di smaltimento e di
ripristino a carico del responsabile del
fatto di discarica o immissione abusiva, in
solido con il proprietario e con i titolari
di diritti reali o personali di godimento
sull’area ai quali tale violazione sia
imputabile a titolo di dolo o di colpa; la
norma, pertanto, ai fini dell’imputabilità
della condotta del divieto di abbandono e di
deposito incontrollato di rifiuti sul suolo
e delle connesse conseguenze sanzionatorie,
richiede, a carico del proprietario o dei
titolari di diritti reali o personali sul
bene, un comportamento titolato di dolo o
colpa, così come richiesto per l’autore
materiale (ex multis, TAR Calabria,
Catanzaro, I, 20.10.2009, n. 1118; Cons.
Stato, V, 19.03.2009, n. 1612; TAR Sardegna,
18.05.2007, n. 975; 19.09.2004, n. 1076; TAR
Puglia, Bari, 27.02.2003, n. 872; TAR
Lombardia, Milano, I, 26.01.2000, n. 292).
RIFIUTI - Abbandono -
Proprietario dell’area - imposizione
dell’obbligo di rimozione - Deduzione in
concreto di profili di responsabilità per
dolo o colpa - Assenza - Illegittimità -
Fattispecie.
Va censurato (ex multis, TAR
CAMPANIA, 15.12.2010, n. 27375; 15.12.2009,
n. 8739; 09.06.2009, n. 3159; 05.08.2008, nn.
9796 e 9795; 14.02.2008, n. 841; 23.05.2007,
n. 5606; 16.04.2007, n. 3727; 07.03.2007, n.
1407; ma anche, TAR Lombardia, Brescia,
15.05.2009, n. 1038; Cons. Stato, V,
03.02.2006, n. 439; 08.03.2005, n. 935)
l’operato dell’Amministrazione ogni
qualvolta essa ometta di dedurre in concreto
profili di responsabilità a titolo di dolo o
colpa in capo al soggetto sanzionato, che
sono necessari per l’imposizione
dell’obbligo di rimozione dei rifiuti dal
momento che non è sufficiente una generica “culpa
in vigilando”; la stessa condizione di
colpa che, ai sensi dell’art. 192 d.lgs. n.
152/2006, rende corresponsabile il
proprietario di un fondo con gli autori
materiali dell’abbandono non autorizzato di
rifiuti, consentendo al Comune di
ingiungergli di provvedere al loro
smaltimento sotto pena di esecuzione in
danno, consiste per lo più nella negligenza
dimostrata da una sua prolungata inerzia,
incombendo allo stesso l'obbligo di
adoperarsi, attraverso misure efficaci e non
meramente simboliche, affinché siffatti
episodi non vengano posti in essere e,
comunque, abbiano a cessare (Cons. Stato, V,
25.01.2005, n. 136; TAR Friuli V.G.,
29.09.2000, n. 692) (Nella specie, non è
stata ritenuta sussistente la colpa del
proprietario di un’area che, per le sue
caratteristiche anche in termini di
estensione e modalità di uso, era oggetto di
una utilizzazione generale e diretta da
parte di terzi, il che limitava in concreto
la possibilità di custodia e vigilanza)
(TAR Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 16.03.2011 n. 1481 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO -
Acque di dilavamento dei piazzali adibiti a
parcheggio - Assimilazione agli scarichi
industriali - Illegittimità - Art. 74, lett.
h) del d.lgs. n. 152/2006 - Connotazione in
negativo - Art. 101, c. 7, d.lgs. n.
152/2006.
E’ illegittima l’assimilazione agli scarichi
industriali, ad opera di un Comune, delle
acque di dilavamento dei piazzali adibiti a
parcheggio (nella Regione Campania, la
delibera di Giunta n. 1350/2008, che
prevedeva detta assimilazione, è stata
annullata con sentenza n. 19675/2008).
La definizione di acque reflue industriali
si caratterizza infatti, ai sensi dell’art.
74, lett. h) del D.Lgs. n. 152 del 2006, per
la sua connotazione negativa, essendo così
definito qualsiasi tipo di acque reflue
scaricate da edifici od impianti in cui si
svolgono attività commerciali o di
produzione di beni diverse dalle acque
reflue domestiche e dalle acque meteoriche
di dilavamento; il criterio generale
adottato dal Legislatore per individuare le
acque industriali è, dunque, quello
afferente alla qualità del refluo, tant’è
che, in applicazione del citato criterio
sostanziale, sono individuate dall'art. 101,
comma 7, del D.Lgs. alcune tipologie di
acque assimilate quelle domestiche ai fini
della disciplina degli scarichi.
Tra tali tipologie di acque, alla lett. e),
sono indicate le acque "aventi
caratteristiche equivalenti a quelle
domestiche e indicate nella normativa
regionale".
Costituiscono inoltre "acque reflue
industriali", ai sensi dell’art. 74,
comma 1, lett. h) del D.Lgs. n. 152 del
2006, come sostituito dall’art. 2, comma 1,
del D.Lgs. n. 4 del 2008, "qualsiasi tipo
di acque reflue scaricate da edifici od
impianti in cui si svolgono attività
commerciali o di produzione di beni diverse
dalle acque reflue domestiche e dalle acque
meteoriche di dilavamento" (TAR
Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 16.03.2011 n. 1479 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità dell'esclusione
di un concorrente da una gara per
l'affidamento del servizio di rifiuti
urbani, per avere riportato il legale
rappresentante della stessa, una condanna
per traffico illecito di rifiuti.
E' legittimo il provvedimento di esclusione
da una gara, adottato da una stazione
appaltante nei confronti di un RTI, per il
fatto che il legale rappresentante della
capogruppo fosse stato condannato (con
sentenza ex art. 444 del cpp) per traffico
illecito di rifiuti, in quanto il reato
ascritto presenta le caratteristiche proprie
sia della gravità e sia della rilevanza in
ordine allo specifico appalto per il quale
l'impresa medesima ha partecipato (lavori e
messa in sicurezza di una discarica),
rilevando, nella specie, il fatto che il
soggetto, in un modo o nell'altro, ha
commesso un reato specifico, che riguarda
proprio l'attività che si chiede di porre in
essere, per cui l'amministrazione non può
che prendere atto della intervenuta
condanna, per un fatto, specificamente
valutato, che concerne proprio il traffico
illecito di rifiuti (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 15.03.2011 n. 1586 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO - Bonifica -
Proprietario del sito inquinato - Diversità
rispetto al responsabile dell’inquinamento -
Coinvolgimento nella procedura di bonifica -
Artt. 242, 244, 245, 250 e 253 d.lgs. n.
152/2006.
Alla luce degli artt. 242, 244, 245, 250 e
253 del d.lgs. n. 152/2006, appare evidente
che, nel sistema sanzionatorio ambientale,
il proprietario del sito inquinato è senza
dubbio soggetto diverso dal responsabile
dell’inquinamento (pur potendo, ovviamente,
i due soggetti coincidere); su quest’ultimo
gravano, oltre altri tipi di responsabilità
da illecito, tutti gli obblighi di
intervento, di bonifica e lato sensu
ripristinatori, previsti dal Codice
dell’ambiente (in particolare, dagli artt.
242 ss.).
Tuttavia, il proprietario dell’immobile, pur
incolpevole, non è immune da ogni
coinvolgimento nella procedura relativa ai
siti contaminati e dalle conseguenze della
constatata contaminazione. Ed infatti, in
primo luogo, il proprietario è comunque
tenuto ad attuare le misure di prevenzione
di cui all’art. 242 (art. 245); in secondo
luogo, il proprietario, ancorché non
responsabile, può sempre attivare
volontariamente gli interventi di messa in
sicurezza, di bonifica e di ripristino
ambientale (art. 245); infine, il
proprietario è il soggetto sul quale
l’ordinamento, in ultima istanza, fa gravare
-in mancanza di individuazione del
responsabile o in caso di sua infruttuosa
escussione- le conseguenze dell’inquinamento
e dei successivi interventi (art. 253).
In sostanza, se gli obblighi di bonifica,
ripristino ambientale e quant’altro
occorrente a seguito della constata
contaminazione, ovvero gli obblighi di
riparazione per equivalente gravano sul
responsabile dell’inquinamento, è
altrettanto vero che, in subordine, qualora
il responsabile non venga individuato,
ovvero risulti che non sia in grado di far
fronte alle proprie obbligazioni
risarcitorie, le obbligazioni risarcitorie
per equivalente sono dall’ordinamento posti
a carico del proprietario, ancorché “incolpevole
dell’inquinamento”, attesa proprio la
natura di onere reale degli interventi
effettuati (art. 253).
INQUINAMENTO - Bonifica
- Principio “chi inquina paga” - Mancata
individuazione del responsabile - Costo
degli interventi - Proprietario dell’area.
Il d.lgs. n. 152/2006, per un verso, attua
il principio “chi inquina paga”,
introdotto dall’art. 174, comma 2, del
Trattato UE (secondo il quale “ la politica
della Comunità in materia ambientale mira a
un elevato livello di tutela, tenendo conto
delle diversità delle situazioni nelle varie
regioni della Comunità.
Essa è fondata sui principi della
precauzione e dell'azione preventiva, sul
principio della correzione, in via
prioritaria alla fonte, dei danni causati
all'ambiente, nonché sul principio "chi
inquina paga", individuando nel
responsabile dell’inquinamento il soggetto
responsabile per le obbligazioni
ripristinatorie e risarcitorie; per altro
verso, non prevede che -in assenza di
individuazione del responsabile ovvero di
impossibilità di questi a far fronte alle
proprie obbligazioni- il costo degli
interventi gravi sulla collettività (per il
tramite di uno degli enti esponenziali di
questa), ma pone tali costi a carico della
proprietà.
D’altra parte, la ratio sottesa al
principio comunitario “chi inquina paga”,
è quella di escludere che i costi derivanti
dal ripristino di siti colpiti da
inquinamento venga sopportato dalla
collettività.
INQUINAMENTO - Bonifica
- Interventi - Proprietario - Attribuzione
provvisoria delle obbligazioni
ripristinatorie - Legittimità - Rivalsa nei
confronti del responsabile - Obbligo.
Se il proprietario è in definitiva il
soggetto al quale, pur senza sua
responsabilità, vengono poste a carico le
obbligazioni risarcitorie conseguenti
all’inquinamento (e ciò proprio e solo
perché proprietario), ben può lo stesso
proprietario essere reso destinatario di un
obbligo di attuare i necessari interventi,
salva successiva rivalsa nei confronti del
responsabile, che l’amministrazione ha
l’obbligo di individuare.
La titolarità ultima delle obbligazioni
risarcitorie rende cioè possibile anche la
attribuzione (provvisoria) delle
obbligazioni ripristinatorie (contra: Cons.
Stato, sez. V, 16.06.2009 n. 3885; TAR
Piemonte, sez. I, 24.11.2010 n. 1575; TAR
Toscana, sez. II, 19.05.2010, n. 1524).
INQUINAMENTO - Bonifica
- Interventi - Proprietario - Diritto di
rivalsa nei confronti del responsabile -
Obbligo di individuazione a carico della
P.A. Responsabilità nei confronti del
proprietario.
L’attribuzione al proprietario di interventi
sui siti contaminati non comporta alcuna
affermazione, nemmeno implicita, di una sua
responsabilità per l’inquinamento; resta
fermo il diritto di rivalsa del proprietario
nei confronti del responsabile, che
l’amministrazione ha obbligo di individuare,
con la conseguenza, in particolare, che,
laddove l’amministrazione abbia posto gli
interventi a carico del proprietario non
responsabile e non provveda all’accertamento
di questi, essa potrebbe non essere (in
astratto) immune da responsabilità nei
confronti del proprietario da essa stessa
gravato, in via provvisoria, di obbligazioni
ripristinatorie (TAR Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 14.03.2011 n. 2263 -
link a www.ambientediritto.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Procedimento amministrativo -
Diritto di accesso - Enti esponenziali di
interessi collettivi - Spettanza.
Il diritto di accesso, oltre che alle
persone fisiche, spetta anche a enti
esponenziali di interessi collettivi e
diffusi, ove corroborati dalla
rappresentatività dell'associazione o ente
esponenziale e dalla pertinenza dei fini
statutari rispetto all'oggetto dell'istanza.
INFORMAZIONE AMBIENTALE
- Legittimazione al’accesso - Ampiezza.
Il concetto di legittimazione riguardo
all'accesso all'informazione ambientale
assume, per espressa previsione normativa e
per costante applicazione giurisprudenziale,
una valenza decisamente più lata rispetto
alla legittimazione prevista per il diritto
di accesso tout court (TAR Lazio-Roma, Sez.
II-ter,
sentenza 14.03.2011 n. 2260 -
link a www.ambientediritto.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Il diritto di accesso, oltre che
alle persone fisiche, spetta anche a enti
esponenziali di interessi collettivi e
diffusi.
Il diritto di accesso, oltre che alle
persone fisiche, spetta anche a enti
esponenziali di interessi collettivi e
diffusi, ove corroborati dalla
rappresentatività dell'associazione o ente
esponenziale e dalla pertinenza dei fini
statutari rispetto all'oggetto dell'istanza.
Pertanto, sussiste il diritto di accesso del
Codacons agli atti del comune concernenti
l'approvazione del progetto esecutivo e la
realizzazione di un impianto di smaltimento
dei rifiuti atteso che, riguardo a tali
atti, l'istanza del Codacons risulta
pertinente ai fini statutari
dell'associazione in quanto rivolta alla
tutela dell'interesse degli utenti del
relativo servizio.
Peraltro il concetto di legittimazione
riguardo all'accesso all'informazione
ambientale assume, per espressa previsione
normativa e per costante applicazione
giurisprudenziale, una valenza decisamente
più lata rispetto alla legittimazione
prevista per il diritto di accesso tout
court (TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter,
sentenza 14.03.2011 n. 2260 -
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APPALTI:
Sull'obbligo, in capo alla
commissione di una gara d'appalto, di
stabilire i criteri ed sub criteri di
ammissione alla procedura, antecedentemente
alla redazione delle offerte da parte dei
concorrenti.
L'art. 83, commi 2 e 4, del d.lgs. n.
163/2006 (Codice dei contratti), in
riferimento alle procedure di gara da
affidarsi con il criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, stabilisce
che il bando deve indicare i criteri di
valutazione, la ponderazione relativa
attribuita a ciascuno di essi, così come
nonché gli eventuali sub criteri, sub pesi o
sub punteggi.
Inoltre, la facoltà, attribuita alla
commissione giudicatrice di fissare, prima
dell'apertura delle buste contenenti le
offerte, i criteri motivazionali cui si
sarebbe attenuta per attribuire a ciascun
criterio e sub criterio di valutazione il
punteggio tra il minimo ed il massimo
prestabiliti dal bando, non è più
necessaria, in quanto soppressa dall'art. 1,
c. 1, lett. u), del d.lgs. n. 152/2008.
In ogni caso, secondo una pronuncia della
Corte di Giustizia, precedente alla suddetta
modifica, al fine di garantire il rispetto
dei principi di parità di trattamento e di
trasparenza, occorre che tutti gli elementi
valutati dalla stazione appaltante al fine
di identificare l'offerta economicamente più
vantaggiosa, siano noti ai potenziali
concorrenti al momento della preparazione
delle loro offerte.
Nel caso di specie, ciò non si è verificato,
in quanto, nella predetta fase, le imprese
partecipanti alla gara ignoravano che
l'assenza di un dato sub criterio avrebbe
comportato l'emissione di un provvedimento
espulsivo, in quanto il criterio era stato
fissato dalla commissione solo dopo la
scadenza del termine relativo alla
presentazione delle offerte.
Pertanto, la concorrente non è stata posta
nelle condizioni di conoscere tutti gli
elementi indispensabili per la redazione di
un'offerta rispondente, in concreto, alle
esigenze dell'amministrazione (TAR Trentino
Alto Adige-Bolzano,
sentenza 10.03.2011 n. 98 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Fasce di rispetto cimiteriale -
Vincolo di inedificabilità ex lege -
Recepimento negli strumenti urbanistici -
Necessità - Esclusione.
Per giurisprudenza costante, le fasce di
rispetto cimiteriale costituiscono un
vincolo di inedificabilità rinveniente
direttamente dalla legge, che si impone
ex se, con efficacia diretta ed
immediata, indipendentemente da qualsiasi
recepimento negli strumenti urbanistici ed
eventualmente anche in contrasto con i
medesimi, per non essere essi idonei ad
incidere sull’esistenza o sui limiti
operativi del vincolo (v., ex multis,
TAR Campania, Napoli, Sez. II, 25.01.2007 n.
704) (TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I,
sentenza 08.03.2011 n. 67 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Nozione di falso innocuo - Art.
38 d.lgs. n. 163/2006 - Valutazione ex ante.
La nozione di “falso innocuo”, di
origine penalistica, è stata recepita
nell’ambito della disciplina
amministrativistica, anche al fine di
escludere la rilevanza della falsità delle
dichiarazioni non veritiere rese dai
soggetti partecipanti alle gare pubbliche ai
sensi dell’art. 38 del D.Lgs. 163 del 2006,
tutte le volte che essa non abbia prodotto
alcun pregiudizio agli interessi presidiati
dalla norma che impone di attestare una
determinata circostanza (sia essa contenuta
nella legge o nel bando) e non abbia
procurato all’impresa dichiarante alcun
vantaggio competitivo (Cons. Stato, V,
09.11.2010 n. 7967).
In particolare, è falso innocuo l’omessa
menzione degli amministratori o direttori
cessati dalla carica qualora tali soggetti
risultino penalmente incensurati e,
pertanto, la loro indicazione nella
dichiarazione resa alla stazione appaltante
non avrebbe in alcun modo potuto incidere
sull’esito del giudizio sulla ammissibilità
dell’offerta.
Tuttavia, nell'ambito dei rapporti
amministrativi, la valutazione del carattere
innocuo del falso deve essere compiuta "ex
ante", con la conseguenza che non può
essere considerato innocuo il falso
potenzialmente in grado di incidere sulle
determinazioni dell'Amministrazione (Cons.
Stato, VI, 08.07.2010 n. 4436) (TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 01.03.2011 n. 599 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
E' legittimo l'affidamento in
house del servizio di accertamento
liquidazione e riscossione del canone sulla
pubblicità e il servizio delle pubbliche
affissioni, purché sussistano i requisiti
richiesti per la ricorribilità al suddetto
affidamento.
Il servizio di accertamento liquidazione e
riscossione del canone sulla pubblicità e il
servizio delle pubbliche affissioni, è
un'attività strumentale e come tale non
rientra nei servizi di pubblica rilevanza,
come affermato anche dalla Autorità Garante
della concorrenza e del mercato.
Trattandosi di attività strumentale che
esula dall'ambito di applicazione dell'art.
23-bis del d.l. 112/2008, e che è invece
disciplinata dall'art. 52 l. 446/1997 e
dall'art. 13 d.lgs. 223/2006, è ammissibile
l'istituto dell'in house, a condizione però
che sussistano i requisiti richiesti per la ricorribilità all'istituto.
Pertanto, nel caso di specie, è illegittima
la procedura di affidamento in house del
servizio di accertamento liquidazione e
riscossione del canone sulla pubblicità e il
servizio delle pubbliche affissioni,
difettando il requisito del controllo
analogo in concreto richiesto per la sua
applicazione.
Risulta, infatti, dallo statuto che il
consiglio di amministrazione della società
affidataria in house ha una libertà
decisoria pressoché assoluta rispetto al
vaglio dell'organo politico-amministrativo,
limitato ad aspetti meramente formali, che
non consente di ritenere sussistente il
requisito di controllo richiesto (TAR
Toscana, Sez. I,
sentenza 01.03.2011 n. 377 - link
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LAVORI PUBBLICI - VARI:
Buca stradale: il pedone
distratto ha diritto ad un risarcimento
parziale.
Se il pedone attraversa
fuori dalle strisce e cade in una buca ha
diritto solamente ad un parziale
risarcimento del danno subito.
Il comportamento colposo dello stesso,
infatti, interrompe il nesso causale.
Così ha precisato il Tribunale di Milano con
la sentenza 04.01.2011 accogliendo il
ricorso di un cittadino caduto, appunto, in
una buca posta sulla carreggiata.
Nello specifico il Tribunale ha deciso che
il pedone ha diritto solamente ad un
risarcimento parziale in quanto è da
ritenersi corresponsabile del danno poiché “prestare
attenzione per non essere investito non gli
consente di rendersi conto del cattivo stato
di manutenzione della strada”.
Secondo quanto stabilito nella decisione che
qui si commenta in tema di responsabilità da
cose in custodia (ex articolo 2051 codice
civile) è sufficiente per la interruzione
del sopra citato nesso causale tra cosa ed
evento dannoso, anche il mero comportamento
colposo del danneggiato, ascrivibile al
mancato uso della diligenza ordinaria.
Nella sentenza in oggetto, il Tribunale
richiama sull’argomento la sentenza della
Cassazione del 2006, n. 15386, in base alla
quale, in tema di responsabilità per cose in
custodia, si precisa che trattasi di “responsabilità
oggettiva che trova il suo fondamento nella
mera relazione intercorrente tra la cosa e
colui che esercita l'effettivo potere su di
essa: in altri termini, il fondamento della
responsabilità è costituito dal rischio che
grava sul custode per i danni prodotti dalla
cosa che non dipendano da fortuito"
(cfr. anche Cass. n. 2563/2007 e Cass.
25243/2006; nello stesso senso cfr. Cass.
2430/2004, Cass. n. 2075/2002, Cass. n.
584/2001).
Precedente giurisprudenza, sempre del
Tribunale di Milano, in tema di
responsabilità civile derivante dalla
circolazione di veicoli e natanti, ha
precisato che al pedone che attraversi la
strada fuori dalle strisce pedonali, senza
concedere la dovuta precedenza al veicolo
sopraggiungente e mal valutando la distanza
che da questi lo separava, deve essere
riconosciuto un concorso di colpa nella
misura di un terzo (sul punto cfr. Trib.
Milano, sez. V civ., 09.08.2006, n. 9386)
(Tribunale di Milano, Sez. X civile,
sentenza 04.01.2011 - link a
www.altalex.com). |
APPALTI SERVIZI: GARA
DISTRIBUZIONE GAS NATURALE.
L’affidamento della
concessione del servizio di distribuzione
del gas naturale non può essere effettuato
attraverso una procedura negoziata, senza
previa pubblicazione di bando di gara, in
quanto il comma 4° dell’articolo 30 del
Codice dei contratti (D.Lgs n. 163/2006), in
tema di concessione di servizi, fa
espressamente salve discipline specifiche,
che prevedono forme più ampie di tutela
della concorrenza quali, appunto, quelle di
cui al D.Lgs. n. 164/2000. Il Collegio
riconosce che l'articolo 14 del citato
D.Lgs. n. 164/2000 si riferisce
genericamente a “gare”, senza specificarne
la tipologia (aperta, ristretta o
negoziata), ma osserva che lo stesso
articolo, al comma 5°, introduce principi di
concorrenza e di ampia partecipazione, che
lasciano intendere il disfavore del
Legislatore verso affidamenti diretti o a
mezzo di procedure non ad evidenza pubblica.
E’ quanto statuito dal TAR Marche, Sez. I,
nella
sentenza 06.12.2010 n. 3412, ove
si affronta in modo compiuto la delicata
problematica della corretta tipologia di
gara per il conferimento del servizio di
distribuzione gas naturale.
Nell’attesa della concreta attivazione degli
A.TE.M., che dovrà comportare l’obbligo di
gara su unico bacino, è insorto il delicato
problema se i Comuni possano indire la
procedura di gara, tenendo conto anche delle
indicate scadenze al 31.12.2010 e 2012.
Secondo un primo orientamento, patrocinato
soprattutto dalla Corte dei conti (parere
sez. Lombardia, n. 225 del 17.02.2010),
l’indizione di singole gare, da parte dei
Comuni, pregiudicherebbe ed indebolirebbe la
concreta attivazione del nuovo sistema,
fondato sugli Ambiti Territoriali Minimi.
Viceversa, secondo un’oramai corposa
giurisprudenza (Tar Brescia, nn. 266/2008,
662/2008 e 1.221/2009) è ben possibile
l’indizione di gara, anche nell’attesa
dell’entrata in operatività degli A.TE.M.,
primariamente al fine di non vanificare i
principi comunitari di apertura al mercato e
di promozione della competizione
concorrenziale. Secondo tale secondo
indirizzo, il principio comunitario di
concorrenza non può che prevalere sulle pur
corrette esigenze di razione istituzione ed
attivazione dei bacini.
Orbene, se i Comuni, in forma singola od
associata (art. 14, comma 1°, D.Lgs n.
164/2000), in aderenza al secondo
orientamento, desiderano procedere ad una
selezione, quale tipologia di “gara”
deve essere indetta? Una procedura aperta,
ristretta o negoziata?
Come si è anticipato, il decreto Letta,
all’articolo 14, parla di “gara”,
senza, tuttavia, specificarne la tipologia.
Ora, l’articolo 30 del Codice dei contratti
pubblici, cui ha fatto riferimento il Comune
di Ascoli Piceno, disciplina le concessioni
di servizi ed, al comma 3°, stabilisce che:
“la scelta del concessionario deve
avvenire nel rispetto dei principi
desumibili dal Trattato e dei principi
generali relativi ai contratti pubblici e,
in particolare, dei principi di trasparenza,
adeguata pubblicità, non discriminazione,
parità di trattamento, mutuo riconoscimento,
proporzionalità, previa gara informale a cui
sono invitati almeno cinque concorrenti, se
sussistono in tale numero soggetti
qualificati in relazione all'oggetto della
concessione, e con predeterminazione dei
criteri selettivi”.
Il Comune di Ascoli Piceno ha ritenuto di
utilizzare il predetto articolo 30, sulla
base della considerazione, non contestata
dal Tar, che il servizio di distribuzione
gas naturale dia luogo ad una concessione di
servizi. Il problema, ad avviso del Tar, non
risiede nella qualificazione giuridica, ma
nella corretta interpretazione ed
applicazione dell’articolo 30.
Ad avviso dei giudici amministrativi
marchigiani, oltre l’indicato comma 3°, il
quale prevede sicuramente la procedura
negoziata senza previo bando di gara
(utilizzata dal Comune), occorre tener conto
anche del successivo comma 4°. Tale
disposizione normativa stabilisce che “sono
fatte salve discipline specifiche che
prevedono forme più ampie di tutela della
concorrenza”. Ora, secondo il Tar
Marche, non vi è dubbio che tali “discipline
specifiche” debbano essere individuate
nel decreto Letta.
Infatti, se è vero che il D.Lgs. n. 164/2000
si riferisce genericamente a “gare”,
senza specificarne la tipologia (aperta,
ristretta o negoziata), occorre, ad ogni
modo, tener conto del fatto che il comma 5°
dell’articolo 14 introduce principi di
concorrenza e di ampia partecipazione, “che
lasciano intendere il disfavore del
legislatore, nel settore in esame, verso
affidamenti diretti o a mezzo di procedure
non ad evidenza pubblica, che vanno quindi
intese come eventuale eccezione alla regola
generale dell'affidamento mediante procedura
aperta o ristretta previa pubblicazione di
un bando”.
La soluzione interpretativa del Tar Marche
può essere accolta, in quanto, al di là di
un precedente giurisprudenziale in tal
senso, invero antecedente al Codice
(Consiglio di Stato, sez. V, n. 4322/2003),
si palesa conforme all’articolo 54 del
Codice, secondo il quale procedura aperta e
procedura ristretta costituiscono e
rappresentano gli ordinari modelli di scelta
del contraente, mentre le negoziate possono
essere utilizzate solo alle “condizioni
specifiche espressamente previste”
(commento tratto dalla newsletter di
www.centrostudimarangoni.it - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni culturali e ambientali - Edifici
produttivi-commerciale direzionali
residenziale - Opere di urbanizzazione.
E' accolto il ricorso e per l'effetto è
annullato il decreto del Soprintendente per
i Beni Architettonici e Paesaggistici che
annullava il provvedimento di autorizzazione
rilasciato dal comune, per opere di nuova
costruzione.
Si tratta di edifici produttivi-commerciale direzionali
residenziale da eseguirsi in prossimità
della sponda di corso d'acqua (ex art. 142
lett. C) del D.Lgs. n. 42/2004) e la
Soprintendenza presenta come vizio
legittimità, quello che in realtà è un
proprio apprezzamento di merito (il giudizio
di inadeguatezza delle rappresentazioni
fotografiche), nel mentre, sotto altro
profilo, il parere degli esperti ambientali
comunali aveva prescritto -come già
riportato dianzi- di realizzare alcuni
interventi di mitigazione ambientale
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 25.10.2010 n.
4167 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Cambio di destinazione d'uso -
Mancanza di conformità urbanistica.
E' respinto il ricorso per l'accertamento
del silenzio formatosi sull'istanza con la
quale è stata chiesta l'approvazione del
cambio di destinazione d'uso di alcune unità
immobiliari.
Sulla base dei chiarimenti
forniti dal comune su una questione simile
si ritiene che la mancanza di conformità
urbanistica non può essere superata
semplicemente richiamando la
liberalizzazione dei cambi di destinazione
d'uso prevista in via generale dall'art. 51,
comma 1, della l.r. n. 12/2005 (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 22.10.2010 n.
4109 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Annullamento degli elaborati per
plagio: vanno individuati i passi copiati.
L’annullamento degli
elaborati dell’esame di avvocato che
risultino copiati non può, in alcun modo,
prescindere dall’individuazione delle parti
dell’elaborato che possano giustificare
l’applicazione delle sanzioni previste per
l’ipotesi del plagio.
E’ questo il principio con cui il TAR Lecce,
I sez., ha accolto il ricorso proposto dal
ricorrente avverso la mancata ammissione
agli esami orali di avvocato a causa della
presunta copiatura da altro candidato.
In particolare, ha osservato il TAR
salentino come, ai sensi dell’art. 23, ult.
comma del r.d. 22.01.1934, n. 37, la
giurisprudenza amministrativa ha rilevato
che, l’applicazione della previsione (che
sanziona la violazione degli obblighi dei
partecipanti all’esame di non comunicare tra
di loro e di portare nella sede degli esami
libri, scritti ed appunti di qualsiasi
genere, previsti dagli artt. 20 e 21 del
r.d. 37 del 1934) non possa, in alcun modo,
prescindere dall’individuazione delle parti
dell’elaborato che possano giustificare
l’applicazione delle sanzioni previste per
l’ipotesi del plagio: <<il limite che la
commissione incontra nell'esercizio del
potere di annullamento deve essere, invece,
individuato nella riscontrata effettiva
conformità degli elaborati, che faccia
ragionevolmente presumere che essa sia il
risultato della iniziativa o dell'accordo di
più candidati>> (Consiglio di stato,
sez. IV, sentenza 17.02.2004, n. 616 che si
pone nel solco di una giurisprudenza
assolutamente consolidata).
Nella vicenda in esame, infatti, il primo
elaborato relativo alla prova di diritto
civile non recava assolutamente
l’individuazione delle parti o dei passi
dell’elaborato che possano aver indotto la
Commissione a concludere per la necessità di
procedere all’annullamento dell’intera
prova, a seguito della presunta conformità
dell’elaborato 611 con l’<<elaborato
contenuto nella busta n. 782>>, rendendo
così praticamente impossibile qualsiasi
controllo in ordine alla correttezza
sostanziale della valutazione operata dalla
Commissione, con consequenziale violazione
di pacifici criteri di motivazione degli
atti amministrativi desumibili dall’art. 3
della L. 07.08.1990, n. 241 (TAR
Puglia-Lecce, Sez. II,
sentenza 21.10.2010 n. 2147 -
link a www.altalex.com). |
ATTI AMMINISTRATIVI -
EDILIZIA PRIVATA:
Spese di urbanizzazione - Accordo
tra comuni - Nullità.
Come sostiene la ricorrente, alla quale il
comune ha inteso addebitare per la seconda
volta il pagamento di una somma a titolo di
compartecipazione alla realizzazione delle
opere di urbanizzazione, sono state violate,
per un verso, la norma imperativa di cui
all'art. 23 della Costituzione che dispone
che nessuna prestazione patrimoniale può
essere imposta se non in forza di una legge,
per altro verso, l'art. 11, comma 2, della
legge n. 241 del 1990, secondo cui gli
accordi debbono essere stipulati, a pena di
nullità, per atto scritto (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
I,
sentenza 12.10.2010
n. 4026 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Piano di lottizzazione - Delibera
giunta comunale - Annullamento in autotutela
- Illegittimità.
E' accolto in parte il ricorso avverso la
delibera giuntale con la quale è stata
annullata in autotutela la deliberazione
giuntale contenente gli impegni finanziari
del comune circa il piano di lottizzazione
in questione che comprendeva un nuovo
scarico fognario.
Con l'annullamento in
autotutela il comune non può ritenersi
liberato integralmente neppure con la
clausola della convenzione urbanistica che
impone ai lottizzanti di farsi carico delle
opere di urbanizzazione primaria, tra cui le
canalizzazioni e gli allacciamenti (opere
ulteriormente specificate come reti
fognarie, bianche e nere, rete idrica e rete
elettrica).
L'impegno assunto dal Comune non
può essere interamente cancellato ma solo
ridotto alla percentuale del 23,5% della
spesa (percentuale corrispondente alla
proprietà del comune, come proprietario e
quindi lottizzante, rispetto alla superficie
del piano) (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 08.10.2010 n.
3913 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni culturali e ambientali - Vincolo
paesistico e uso dei pannelli fotovoltaici.
E' accolto il ricorso avverso il decreto del
Soprintendente con il quale è stata
annullata l'autorizzazione paesistica
rilasciata dal comune per la posa di 500
pannelli fotovoltaici nel complesso
edilizio.
L'area interessata è sottoposta a
vincolo paesistico sulla base del DM 24.03.1976 e le osservazioni della
Sopraintendenza sono in parte corrette ma
non sufficienti a giustificare
l'annullamento dell'autorizzazione
paesistica: da un lato è dunque verosimile
(anche senza simulazione fotografica) che
l'installazione di pannelli fotovoltaici
sulla copertura degli edifici determini
significative alterazioni della morfologia
dei luoghi, nonché incongruenze stilistiche
e ingombro visivo (a maggior ragione quando
si tratti di un impianto di notevoli
dimensioni come quello in esame); dall'altro
si deve però considerare che l'uso di
pannelli fotovoltaici è attualmente
considerato desiderabile per il contributo
alla produzione di energia elettrica senza
inconvenienti ambientali.
Altresì il
legislatore ha previsto nell'art. 4, comma
1-bis, del DPR 06.06.2001 n. 380 come
normale la presenza di impianti fotovoltaici
negli edifici di nuova costruzione e la
sempre più diffusa attenzione verso questo
tipo di tecnologia condizionano
inevitabilmente il giudizio estetico
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 04.10.2010 n.
3726 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni culturali e ambientali - Vincolo
storico e artistico - Estensione - Adeguata
motivazione - Necessita.
L'estensione del vincolo storico e artistico
(posto inizialmente sul complesso
immobiliare) con successivo decreto anche
alla torre colombaia e ad alcuni fabbricati
rustici e una vasta area agricola non è
sostenuta da un'adeguata motivazione.
In
particolare non è stabilito o richiamato
alcun parametro che consenta di chiarire
quale sia l'estensione necessaria dello
spazio da lasciare inalterato per
salvaguardare il valore degli edifici
assoggettati a vincolo storico-artistico.
Inoltre non si considera la capacità di
attrazione nei confronti delle aree
circostanti di per sé prive di qualsiasi
valore culturale, perché il significato
storico-artistico di un edificio non si
ferma alle sue componenti materiali ma si
propaga all'esterno interagendo con il
contesto.
Sarebbe dunque un errore non
proteggere lo spazio circostante
costringendo l'edificio monumentale a
entrare bruscamente in contatto con
trasformazioni del territorio in grado di
svilirne il pregio artistico e la funzione
di testimonianza storica.
Altresì rileva la
mancanza di coordinamento tra i due decreti
di imposizione del vincolo storico-artistico
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 04.10.2010 n.
3725 - link a
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URBANISTICA:
Adozione PRG -
Osservazioni - Diniego - Motivazione
adeguata - Necessita.
Nell'ambito della procedura di adozione del
PRG la discrezionalità normalmente
riconosciuta ai comuni nella formulazione
delle scelte urbanistiche non è una
spiegazione sufficiente per superare le
obiezioni o le richieste puntuali formulate
con riguardo a un edificio o a un'area
particolare.
Nella specie la decisione che
emerge dalla cartografia del PRG è
illegittima per insufficiente motivazione,
ovvero per insufficiente approfondimento
delle questioni tecniche connesse.
Il
diniego opposto alla osservazione presentata
dal ricorrente avrebbe dovuto basarsi su
altre ragioni di pubblico interesse, che non
sono state evidenziate.
Avrebbe anche dovuto
essere motivata la scelta di non
differenziare la disciplina dei vari terreni
in relazione alla maggiore o minore
vicinanza alla zona edificata (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 04.10.2010 n.
3724 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE:
1. Occupazione anticipata -
Presupposti - Oggettive esigenze di celerità
- Sufficienza - Motivazione specifica - Non
necessaria.
2. Occupazione anticipata -
Art. 14 l.r. 3/2009 - Elenco non tassativo.
1. L'art. 22-bis, comma 1, del DPR 327/2001
non implica il carattere eccezionale della
procedura accelerata e neppure un aggravio
nella motivazione, né è necessaria una
specifica dichiarazione che attesti la
necessità dell'immediata immissione nel
possesso.
Perché sia possibile l'occupazione
anticipata è sufficiente che in concreto vi
siano oggettive esigenze di celerità
connesse alla natura delle opere o al
meccanismo dei finanziamenti e sia
percepibile l'interesse collettivo sotteso
alla sicurezza della circolazione.
2. La normativa regionale individua
direttamente (anche se non in modo
tassativo) la tipologia di opere che
richiedono l'occupazione anticipata tra le
quali quelle di urbanizzazione primaria e le
infrastrutture a rete di interesse pubblico
in materia di trasporti (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
I,
sentenza 22.09.2010
n. 3557 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Permesso a
costruire - Impugnazione - Legittimazione -
criterio- Vicinitas - Sufficienza.
La legittimazione a impugnare un permesso di
costruire deve essere riconosciuta al
proprietario di un immobile sito nella zona
interessata alla costruzione, o comunque a
chi si trovi in una situazione di stabile
collegamento con la zona stessa, senza che
sia necessario dimostrare ulteriormente la
sussistenza di un interesse qualificato alla
tutela giurisdizionale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 22.09.2010 n.
3556 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Autorizzazione paesistica - Rilascio
successivo - Danno ambientale non
sussistente - Possibilità.
Il divieto di sanatoria paesistica ha la
funzione di impedire all'amministrazione di
trasformare ordinariamente, attraverso il
giudizio di compatibilità paesistica, il
danno ambientale in un equivalente
monetario.
Dove tuttavia non sussista alcun
danno ambientale e sia possibile ottenere un
guadagno ambientale con l'assunzione da
parte del trasgressore di specifiche
obbligazioni nell'interesse del vincolo
paesistico è possibile rilasciare
un'autorizzazione paesistica in via
successiva (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 22.09.2010 n.
3555 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Beni ambientali - Nulla osta paesistico -
Annullamento - Adozione entro 60 giorni
natura non recettizia.
2. Beni ambientali - Autorizzazione
paesistica - Annullamento della
Sovrintendenza - Limiti - Vizi di
legittimità - Motivazione.
1. Il provvedimento di annullamento del
nulla-osta paesistico non ha natura di atto
recettizio, con la conseguenza che il
termine perentorio di sessanta giorni
previsto per la sua adozione attiene al solo
esercizio del potere di annullamento da
parte dell'Amministrazione statale e non
anche alla comunicazione o notificazione ai
destinatari del provvedimento stesso.
2. L'Autorità statale può annullare
l'autorizzazione paesistica per il vizio di
violazione di legge e per incompetenza e per
eccesso di potere (per sviamento,
insufficiente motivazione, difetto di
istruttoria, illogicità manifesta); non può,
viceversa, annullare l'autorizzazione
paesistica sulla base di proprie
considerazioni tecnico-discrezionali,
contrarie a quelle effettuate dalla Regione
o dall'Ente subdelegato; l'esame deve essere
coerente con il piano paesistico, con idonea
istruttoria e adeguata motivazione tenendo
conto del principio di leale cooperazione
tra il Ministero e le Regioni (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 14.09.2010 n.
3523 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Piano regolatore generale - Realizzazione
luoghi di culto - Competenza comunale
urbanistico-edilizia.
2. Piano regolatore generali - Richiesta di
localizzazione luoghi di culto -
disponibilità dell'immobile - Diniego -
Inidoneità dell'immobile - Legittimità.
1. L'ambito di competenza comunale su
istanze di realizzazione di luoghi di culto
è solo quello propriamente urbanistico-edilizio e consiste in un
duplice potere:
(a) accertare che la
confessione religiosa per la quale è
richiesta la realizzazione di un luogo di
culto abbia sul territorio "una presenza
diffusa, organizzata e stabile";
(b)
regolare attraverso la convenzione la durata
minima della destinazione dell'edificio a
finalità religiose, i vari problemi edilizi,
igienico-sanitari e di sicurezza collegati
al notevole afflusso di persone.
2.
In sede di elaborazione degli strumenti
urbanistici i comuni, qualora ricevano
richieste di localizzazione di luoghi di
culto, possono legittimamente porsi soltanto
il problema dell'effettiva esigenza di
queste infrastrutture in relazione al numero
di soggetti interessati: una volta accertata
l'esigenza di un luogo di culto la
localizzazione deve essere necessariamente
conforme alla proposta presentata, qualora i
promotori del progetto abbiano la
disponibilità degli immobili.
Il diniego legittimo deve basarsi
sull'inidoneità del sito proposto, secondo
le normali valutazioni urbanistiche (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 14.09.2010 n.
3522 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Sopraelevazione -
Distacco tra costruzioni - Pareti finestrate - art. 9 D.M.
02.04.1968 n. 1444 - Norma
inderogabile.
2. Sopraelevazione -
Distacco tra costruzioni - Deroga -
presupposti.
1. Qualora la sopraelevazione si collochi di
fronte a pareti finestrate la distanza
minima di 10 metri prevista (al di fuori
della zona A) dall'art. 9, comma 1, n. 2, del
DM 1444/1968 costituisce un ostacolo
insuperabile.
Tale norma per la sua genesi
(è stata adottata ex art. 41-quinquies, comma
8, della legge 17.08.1942 n. 1150, come
introdotto dall'art. 17 della 06.08.1967
n. 765) e per la sua funzione
igienico-sanitaria (evitare intercapedini
malsane) costituisce un principio
inderogabile della materia che prevale sia
sulla potestà legislativa regionale, in
quanto integra la disciplina privatistica
delle distanze (v. C.Cost. 16.06.2005 n.
232), sia sulla potestà regolamentare e pianificatoria dei comuni, in quanto deriva
da una fonte normativa statale sovraordinata,
sia infine sull'autonomia negoziale dei
privati, in quanto tutela interessi pubblici
che per la loro natura igienico-sanitaria
non sono nella disponibilità delle parti.
2. Non è possibile per la legge regionale (e
nemmeno per gli strumenti urbanistici
comunali) intervenire nei rapporti tra i
privati autorizzando in via generale la
sopraelevazione in deroga alla distanza
minima dalle pareti finestrate disposta
disposta dall'art. 9, comma 1, n. 2, del DM
1444/1968: la deroga può essere inserita
unicamente in una previsione normativa
dedicata a una situazione urbanistica
particolare in una precisa zona del
territorio in modo da garantire che gli
interessi pubblici coinvolti (e
specificamente quelli di natura
igienico-sanitaria) siano stati in concreto
valutati e tutelati mediante soluzioni planivolumetriche adeguate
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 27.08.2010 n.
3240 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Parcheggi uso
pubblico - Luogo di culto - Compatibilità - sussiste.
La localizzazione di parcheggi pubblici
ricade tra le utilizzazioni collettive
compatibili con la presenza di un luogo di
culto, perché, anche se dal punto di vista
estetico sottraggono pregio al contesto
edificato, garantiscono un accettabile
equilibrio tra le esigenze della viabilità e
lo scenario in cui si colloca la chiesa e
rappresentano aree a standard utili alla
stessa frequentazione dei luoghi di culto,
perciò stesso, salva la necessità di
individuare fascia di rispetto libera
attorno all'edificio religioso,
l'utilizzazione dei sagrati per la
realizzazione di parcheggi pubblici non
contrasta con il divieto di utilizzare ad
altri scopi gli edifici destinati
all'esercizio pubblico del culto cattolico,
sancito dall'art. 831 cc. (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 27.08.2010 n.
3237 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
1. Reiterazione del
vincolo espropriativo - Obbligo previsione
indennizzo - Sussiste.
2. Reiterazione del
vincolo espropriativo - Mancata previsione
indennizzo - Illegittimità del vincolo - Non
sussiste - Accertamento natura espropriativa -
Giurisdizione G.A. - Quantificazione
indennizzo - Giurisdizione G.O..
1. La reiterazione di ogni vincolo
espropriativo o sostanzialmente
espropriativo deve essere sempre bilanciata
dalla previsione di un indennizzo o da altra
utilità, in coerenza anche con la
giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell'uomo, che tutela non solo la
proprietà in sé ma anche la certezza della
situazione giuridica, messa in pericolo
dalla presenza di un vincolo utilizzabile
dall'amministrazione in un ampio arco
temporale.
2. La mancata previsione dell'indennizzo non
costituisce causa di illegittimità della
previsione urbanistica ma consente
unicamente una pronuncia che accerti la
natura espropriativa del vincolo e il
diritto del proprietario all'indennizzo.
I
confini della giurisdizione amministrativa
impongono di limitare la pronuncia a tale
accertamento: la concreta quantificazione
economica è invece rimessa al giudice
ordinario ai sensi dell'art. 39, comma 4, e
dell'art. 53, comma 3, del DPR 327/2001 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 27.08.2010 n.
3237 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Piano del territorio - Variante -
Impugnazione - pubblicazione - Decorrenza.
Il termine per impugnare lo strumento
urbanistico decorre dal termine ultimo di
pubblicazione dello stesso nelle forme
legali atteso che le stesse creano una
presunzione di conoscenza dei contenuti del
provvedimento impugnato non superabile da
prova contraria (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 19.07.2010 n.
2485 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Piano di lottizzazione-
Approvazione piano attuativo e
sottoscrizione convenzione - Decorso
decennale - Rilascio concessione edilizia
successiva - Legittimità.
In virtù di interpretazione restrittiva
della norma dell'art. 17 della legge
1150/1942 sulla perdita di efficacia dei
piani attuativi dopo la scadenza del termine
decennale solo la modifica incompatibile con
il piano della disciplina urbanistica può
impedire ai privati di completare il disegno
del piano di lottizzazione (massima tratta da www.solom.it
- TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 12.07.2010 n.
2481 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Legittimazione ad agire -
Associazione di protezione ambientale -
Italia Nostra - Atti appartenenti al genus
protezione ambientale e non solo alla
species tutela paesistica.
Italia Nostra, è legittimata ex art. 13 e
18. co. 5, l. 349/1986 a "ricorrere in sede di
giurisdizione amministrativa per
l'annullamento di atti illegittimi" ricavati interpretativamente dall'art. 1, co. 2,
stessa legge che individua come finalità
ambientali del Ministero dell'Ambiente "la
promozione, la conservazione ed il recupero
delle condizioni ambientali conformi agli
interessi fondamentali della collettività ed
alla qualità della vita, nonché la
conservazione e la valorizzazione del
patrimonio naturale nazionale e la difesa
delle risorse naturali dall'inquinamento" e
non è limitata soltanto alla tutela
paesistica, che è soltanto una delle tante
species della protezione ambientale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 01.07.2010 n.
2411 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Piano del territorio - Variante
per impianti produttivi - Necessità di
previa relazione del fabbisogno - Piano del
territorio - Variante.
E' illegittima la delibera di adozione di
una variante per insediamenti produttivi per
violazione dell'art. 5 d.p.r. 447/1988 se non
è stata rispettata la sequenza
procedimentale necessaria per autorizzare la
localizzazione di impianti produttivi in
variante al p.r.g. che deve passare
attraverso un provvedimento ricognitivo del
fabbisogno, una relazione del responsabile
del procedimento attestante la insufficienza
delle aree produttive, una relazione
geologica e quindi solo all'esito della
valutazione da parte del Comune della
necessità -per lo sviluppo ordinato della
comunità- di individuare nuove aree
destinate ad attività produttive vista
l'insufficienza di quelle previste in piano (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 01.07.2010 n.
2411 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Opera abusiva -
Pertinenza - Nozione ai fini della sanatoria
- Manufatto privo di funzionalità autonoma.
2. Pertinenza - Strumentalità - Destinazione
soggettiva - Non sufficiente - Criterio
oggettivo - Parametro necessario.
1. La nozione di pertinenza, in materia
edilizia, è più ristretta di quella
civilistica ed è riferibile solo a manufatti
tali da non alterare in modo significativo
l'assetto del territorio, funzionalmente ed
esclusivamente inseriti al servizio di un
manufatto principale, e privi di autonomo
valore di mercato e non valutabili in
termini di cubatura (o comunque dotate di
volume minimo e trascurabile), in modo da
non poter essere utilizzate autonomamente e
separatamente dal manufatto cui accedono.
2.
La strumentalità non può mai desumersi dalla
destinazione soggettivamente data dal
proprietario e devono comportare una
circoscritta incisione sul cd. "carico
urbanistico" (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 01.07.2010 n.
2408 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 28.03.2011 |
ã |
NOVITA' NEL
SITO |
A V V I S O
Si ricorda ai
partecipanti del convegno del 30.03.2011, a Bergamo, di
scaricare il materiale didattico pubblicato nel bottone "CONVEGNI". |
Bottone "CONVEGNI"
n. 7 giornate di studio a Bergamo per il 13-20-27
aprile e 04-11-18-25 maggio 2011 organizzate dal portale
PTPL. TERMINE DI ISCRIZIONE: SABATO 09.04.2011.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella
locandina. |
A V V I S O
In relazione
alle giornate di studio organizzate dal
portale PTPL, che sono in corso di
svolgimento p.v., abbiamo avuto notizia che
alcuni comuni provvedono a richiedere il
C.I.G. all'Autorità per la Vigilanza sui
Contratti Pubblici:
NON OCCORRE !!
Invero, oggi stesso abbiamo telefonato
all'Autorità (contact center
800/89.69.36) ed il funzionario che ha
risposto ha confermato che NON OCCORRE
richiedere il C.I.G. per adottare la
determinazione di impegno di spesa della
quota di partecipazione poiché non siamo in
presenza di un contratto d'appalto.
Tale risposta è facilmente riscontrabile
nello specifico F.A.Q. relativo alla "tracciabilità
dei flussi finanziari".
Si legga,
in particolare, la risposta A4 laddove è
detto che "Sono escluse dall'obbligo di
richiedere il codice CIG ai fini della
tracciabilità le seguenti fattispecie: ...
• l’amministrazione diretta ai sensi
dell’articolo 125, comma 3 del decreto
legislativo n. 163/2006 (vedi faq A15);".
Pertanto, i responsabili dell'Ufficio
Ragioneria vedano di non aggravare il
procedimento amministrativo con adempimenti
burocratici non contemplati dalla legge !!
>
< > < > < > < > <
ATTENZIONE:
lo stesso ragionamento di cui sopra vale
anche per il rinnovo annuale delle varie
riviste dell'Ufficio Tecnico (cartacee
ovvero internet).
Ovviamente, il ragionamento fila laddove non
si proceda a contrattare con quelle società
che offrono pacchetti variegati di
abbonamenti multipli (i più disparati) per
avere un sconto sul prezzo di copertina che,
trattando direttamente col singolo editore,
non si avrebbe.
15.03.2011 - LA SEGRETERIA PTPL |
DIPARTIMENTO
FUNZIONE PUBBLICA |
PUBBLICO IMPIEGO:
Oggetto: art. 25 della legge n. 183 del
2010 e art. 55-septies del decreto
legislativo 30.03.2001, n. 165, introdotto
dall'art. 69 del decreto legislativo
27.10.2009, n. 150 - Trasmissione
per via telematica dei certificati dì
malattia. Indicazioni operative per
lavoratori dipendenti e datori di lavoro del
settore pubblico e privato (circolare
18.03.2011 n. 4/2011). |
INCARICHI PROFESSIONALI:
Oggetto: Art.
6, comma 7, del decreto legge 31.05.2010,
n. 78, convertito in legge, con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge 30.07.2010, n. 122. Spesa annua per studi ed incarichi
di consulenza (circolare
14.03.2011 n. 3/2011). |
SINDACATI |
PUBBLICO IMPIEGO:
Il foglio dei lavoratori della
Funzione Pubblica
(CGIL-FP di Bergamo,
marzo 2011). |
DOTTRINA E
CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA:
M. Bottone,
IL PIANO CASA CAMPANIA, il regime della
SCIA, gli EDIFICI NON RESIDENZIALI e via
dubitando (16.03.2011). |
GURI - GUUE -
BURL (e anteprima) |
ENTI LOCALI - VARI:
G.U. 23.03.2011 n. 23 "Disposizioni in
materia di federalismo Fiscale Municipale"
(D.Lgs.
14.03.2011 n. 23). |
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 12 del
22.03.2011, "Art. 19 legge n. 241/1990:
la segnalazione certificata di inizio
attività – Prime indicazioni applicative"
(circolare
regionale 21.03.2011 n. 3). |
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 12 del
22.03.2011, "Testo
coordinato del d.d.g. 18.03.2011, n. 2481
“Adeguamento degli schemi di dichiarazione e
dei relativi allegati in attuazione della
l.r. 02.02.2007 n. 1, art. 5 alla disciplina
SCIA di cui al d.l. 31.05.2010 e
approvazione schema incarico per la loro
sottoscrizione digitale e presentazione
telematica”, rettificato dal d.d.g.
21.03.2011, n. 2520".
---------------
Per comodità di utilizzo pratico, si
ripropone la modulistica della SCIA senza
l'intestazione del BURL:
1-
modello A --->
SEGNALAZIONE CERTIFICATA INIZIO / MODIFICA
ATTIVITÀ (SCIA);
2-
modello B --->
SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI SUBINGRESSO /
CESSAZIONE / SOSPENSIONE E RIPRESA /
CAMBIAMENTO RAGIONE SOCIALE DI ATTIVITÀ
PRODUTTIVA;
3-
scheda 1 --->
ATTIVITÀ DI VENDITA EX ART. 7 D.LGS.
114/1998 / FORME SPECIALI DI VENDITA EX ARTT.
DA 16 A 21 D.LGS. 114/1998 / SOMMINISTRAZIONE
EX ART. 68, COMMA 4, L.R. 06/2010;
4-
scheda 2 --->
REQUISITI MORALI E PROFESSIONALI PER LE
ATTIVITÀ DI VENDITA E SOMMINISTRAZIONE DI
ALIMENTI E BEVANDE;
5-
scheda 3 -
REQUISITI PROFESSIONALI PER ATTIVITÀ DI
SERVIZI ALLA PERSONA;
6-
scheda 4 --->
ATTIVITÀ DI PRODUZIONE;
7-
scheda 5 --->
COMPATIBILITÀ AMBIENTALE;
8-
scheda 6 --->
ATTIVITÀ TURISTICO RICETTIVA;
9-
SEGNALAZIONE
CERTIFICATA DI INIZIO ATTIVITÀ PER
L’ESERCIZIO ATTIVITÀ AGRITURISTICA
(ai sensi L.R. n. 31/2008 art. 154) E
COMUNICAZIONI VARIE;
10-
allegato c --->
INCARICO PER LA SOTTOSCRIZIONE DIGITALE E
PRESENTAZIONE TELEMATICA DELLA SEGNALAZIONE
CERTIFICATA DI INIZIO/MODIFICA ATTIVITÀ (S.C.I.A.)
PROCURA ai sensi dell’art. 1392 c.c. |
UTILITA' |
SICUREZZA LAVORO:
La sicurezza sul lavoro nei cantieri
stradali - Opuscolo informativo per i
lavoratori (INAIL, edizione
2011). |
EDILIZIA PRIVATA:
Detrazioni del 55%: scadenze per i lavori a
cavallo tra 2010 e 2011 e nuovo sito per
lavori iniziati nel 2011.
La Legge di Stabilità (G.U. n. 297 del
21/12/2010) ha prorogato a tutto il 2011 le
detrazioni del 55% per interventi di
riqualificazione energetica; relativamente
alle spese sostenute nell'anno 2011 la
detrazione dovrà avvenire in 10 anni. Tutto
il resto rimane inalterato.
L'ENEA ha reso disponibile il nuovo sito che
permette di trasmettere la documentazione
relativa ai lavori realizzati nel 2011 ai
fini delle detrazioni fiscali.
Il nuovo sito web
http://finanziaria2011.enea.it/
sostituirà, a partire dal 31.03.2011,
l’applicativo precedente per l’invio della
documentazione.
Pertanto:
- lavori effettuati nel 2011 occorrerà
trasmettere la documentazione attraverso il
nuovo sito;
- lavori a cavallo tra il 2010 e il 2011
(ossia avviati nel 2010 e non ultimati entro
la fine dello stesso anno) occorre
effettuare l’invio telematico entro il
31.03.2011 della comunicazione sulle spese
sostenute durante l’anno 2010; per il
mancato invio è prevista una sanzione
amministrativa da 258,00 a 2.065,00 €.
La redazione di Biblus-net ripropone l'utile
Guida ANCE con tutte le novità in materia di
detrazione fiscale per interventi di
riqualificazione e le modalità operative
(link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Dopo “USA e GETTA” arriva “USA ed
ISOLA”, il manualetto per l'isolamento
termico e acustico degli edifici.
“USA ed ISOLA” è un manualetto
pratico di semplice comprensione realizzato
dai “Gruppi Giovani” -Ance Bergamo e Ance
Como- con la collaborazione tecnica di ANIT
(Associazione Nazionale per l’Isolamento
Termico e acustico) e la Scuola Edile di
Bergamo.
Il manuale, utile a tutti i progettisti e
installatori, ha lo scopo di illustrare, in
maniera semplice e comprensibile, le
caratteristiche dei principali materiali
isolanti e la loro corretta posa in opera,
con l'ausilio di schemi e vignette.
Gli argomenti trattati sono:
- I materiali isolanti: classificazione e
caratteristiche degli isolanti termici,
acustici e termo-acustici;
- Caratteristiche tecniche: reazione al
fuoco, resistenza alla compressione e
sensibilità all'acqua;
- Marchio C.E.;
- Ponti termici;
- Ponti acustici;
- Solai: massetto galleggiante, materiali
elastici, pavimenti radianti;
- Regole di base per la corretta posa in
opera (link a www.acca.it). |
APPALTI - SICUREZZA LAVORO:
Sicurezza e Codice dei Contratti Pubblici.
Pubblicati gli atti del convegno organizzato
da Regione Toscana e ARPAT.
Il 20 e 21.01.2011 si è tenuto a Firenze un
seminario su “La Sicurezza e il nuovo
Regolamento del Codice dei Contratti
Pubblici”, organizzato da ARPAT (Agenzia
Regionale per la Protezione Ambientale della
Toscana) e Regione Toscana.
Gli interventi sono stati i seguenti:
- Verifica dei requisiti Tecnico
Professionali e Redazione del DUVRI;
- Compiti e responsabilità del datore di
lavoro, del dirigente e del preposto nei
lavori e nella esecuzione di servizi e
forniture;
- Il nuovo Regolamento del Codice dei
Contratti Pubblici: aspetti connessi alla
sicurezza;
- Regolamento di esecuzione del codice dei
contratti pubblici;
- Il Prezzario dei Lavori pubblici della
Regione Toscana;
- I controlli delle Direzioni Provinciali
del Lavoro Esperienze, problemi, possibili
soluzioni;
- Controlli e vigilanza dei PISLL sui
cantieri e sui luoghi di esecuzione di
forniture e servizi.
In questo numero di Biblus-net pubblichiamo
le prime due relazioni, rimandando a
successive news l’analisi delle altre. ...
(link a www.acca.it). |
NOTE,
CIRCOLARI E COMUNICATI |
EDILIZIA PRIVATA: Oggetto:
D.P.R. 07.09.2010 n. 160. Sportello unico
attività produttive
(Ministero per la Semplificazione Normativa,
ufficio legislativo, e Ministero dello
Sviluppo Economico, ufficio legislativo,
nota 25.03.2011 n. 571
di prot.). |
EDILIZIA PRIVATA:
Un «visto» per l'anticendio.
La segnalazione certificata di inizio
attività (Scia), che autorizza l'impresa ad
aprire i battenti, sarà presentata, dal 29.03.2011, online: attraverso gli sportelli
telematici comunali (i Suap, 1.759 gli
abilitati sinora, si veda «Il Sole 24 Ore»
di ieri) o attraverso il sistema delle
Camera di commercio.
Il ministero dell'Interno, dipartimento dei
vigili del fuoco, con la
lettera-circolare
24.03.2011 n. 3791 di prot. firmata
dal direttore centrale Fabio Dattilo ha
circoscritto le procedure antincendio che
rientrano nella Scia.
La procedura automatica che abilita
l'impresa, dopo la presentazione del
fascicolo, a iniziare l'attività è
utilizzabile –ribadisce la circolare del
dipartimento dei vigili del fuoco– solo «laddove
la pubblica amministrazione non debba
esprimere alcun apprezzamento
tecnico-discrezionale per il rilascio
dell'atto di assenso comunque denominato,
dovendosi esclusivamente effettuare un mero
accertamento delle sussistenza dei requisiti
predeterminati dalla legge».
Per la prevenzione incendi, dunque, la Scia
non si applica per le attività che non hanno
specifiche regole tecniche (per la
prevenzione) o per le attività che comunque
sono caratterizzate da una particolare
complessità tecnico-gestionale e per le
quali occorre la valutazione diretta dei
rischi, più che la verifica della
rispondenza dell'attività alla normativa.
Sono poi escluse dalla Scia le procedure
relative alla progettazione ingegneristica
antincendio (decreto ministeriale
09.05.2007) e quelle di deroga rispetto alla
normativa di prevenzione (articolo 6 del Dpr
37/1998).
Le attività soggette a Scia sono dunque
elencate nell'allegato alla circolare: gli
elaborati tecnici per le attestazioni dei
professionisti devono essere conformi ai
modelli contenuti nel Dm 04.05.1998 (punto b
dell'allegato I e II). I vigili del fuoco,
ricevuta la documentazione tramite il Suap o
la Camera di commercio, avranno 60 giorni
per i controlli. La circolare mette in
guardia i professionisti dal dichiarare il
falso: la denuncia all'autorità giudiziaria
sarà accompagnata dalla segnalazione
all'Ordine (commento tratto da
www.ilsole24ore.com). |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO:
Oggetto: Festività del 17.03.2011 -
Trattamento dipendenti che prestano
servizio. Parere del Dipartimento della
Funzione Pubblica (Ragioneria Generale
dello Stato,
nota marzo 2011 n. 39192 di prot.). |
EDILIZIA PRIVATA:
Oggetto: Art. 49 legge regionale 12/2005
- Richiesta chiarimenti (Regione
Lombardia, Direzione Generale Territorio e
Urbanistica, Programmazione e Pianificazione
Territoriale,
nota 16.02.2011 n. 4139 di prot.). |
CORTE DEI
CONTI |
ENTI LOCALI:
Lombardia, Inaugurazione anno
giudiziario 2011 - Relazione del Procuratore
regionale f.f., dott. Paolo Evangelista.
Milano, 24.03.2011 -
Relazione del Procuratore regionale f.f.,
dott. Paolo Evangelista -
Inaugurazione dell'anno giudiziario 2011
della Sezione giurisdizionale regionale per
la Lombardia.
---------------
Dalla relazione, di inaugurazione del nuovo
anno giudiziario 2001, del Procuratore f.f.
Dott. Paolo Evangelista si possono trarre
alcuni passaggi significativi di questa
nostra Italia SPRECONA ai danni delle tasche
di tutti gli onesti cittadini.
Eccone alcuni ...
1. L’ANALISI DEI DATI
STATISTICI
- ... sovente le denunce di asseriti danni
erariali sono presentate da consiglieri di
minoranza di Enti territoriali, i quali
sottolineano sic et simpliciter la
diseconomicità o la ingiustificata eccessiva
onerosità di delibere di spesa approvate;
ebbene in questi casi è configurabile
tutt’al più una responsabilità politica
degli Amministratori in carica che non può e
non deve essere oggetto di sindacato del
giudice contabile.
L’istruttoria deve viceversa essere avviata
d’ufficio solo qualora si rinvengano costi
dell’Ente indebiti -il cd. danno erariale-
ovvero spese sostenute o mancate entrate
contra legem, in violazione della
disciplina normativa e regolamentare di
settore.
Una condotta contra legem, nella
specie del precetto costituzionale del “buon
andamento” della P.A., ex art. 97 Cost.,
è ravvisabile nelle eccezionali ipotesi di
scelte economiche manifestamente
irragionevoli e irrazionali (la scarna
casistica giurisprudenziale ne è una
riprova).
2. LE FATTISPECIE DI
RESPONSABILITA’ ACCERTATE
2.1. LA GESTIONE DELLE RISORSE UMANE PRESSO
GLI ENTI PUBBLICI
- Tra le vicende fonte di danno erariale,
che rientrano nel cahier de doléances
del 2010, sono da annoverare quelle
riscontrate nella gestione delle risorse
umane presso le amministrazioni pubbliche e,
in particolare, presso le aziende sanitarie
e presso gli enti territoriali.
... Una applicazione illogica delle norme in
tema di gestione del personale è stata
altresì riscontrata con riferimento all’art.
108, ultimo comma, del TUEL che consentiva
al Sindaco (leggi l'articolo: Stipendio
d'oro al segretario. Comune di Stezzano
condannato -
articolo Corriere della Sera del 25.03.2011
- tratto da www.corteconti.it) di nominare
il segretario comunale come direttore
generale dell’Ente; in tali casi la nomina
di un direttore generale in comuni di
piccola ovvero piccolissima dimensione,
senza alcuna giustificazione di utilità
concreta, è risultata del tutto irrazionale
ed il compenso aggiuntivo attribuito al
segretario comunale è stato pertanto
ritenuto pregiudizio erariale nei confronti
dell’ente.
Peraltro saggiamente il legislatore ha
recentemente imposto agli enti locali di
sopprimere tout court la figura del
Direttore Generale nei comuni con
popolazione inferiore ai 100.000 abitanti.
Di particolare rilievo risulta inoltre una
citazione per un danno complessivo di €
174.157,16 che ha censurato la
determinazione del compenso di Direttore
Generale, ritenuto abnorme ed
ingiustificato, attribuito ad un segretario
generale di un comune della Provincia di
Bergamo.
Nel caso di specie la somma individuata
quale indennità aggiuntiva era stata infatti
fissata in euro 7.258,35 su 14 mensilità ed
è risultata aumentata, rispetto a quella
erogata in favore del predecessore, in
misura superiore al 500%, senza riscontro in
concreto di nuove attribuzioni.
Se è vero che nell’ordinamento degli Enti
locali non è stato specificato, neppure a
livello di contrattazione collettiva,
l’ammontare della predetta indennità
aggiuntiva, è altrettanto vero che il potere
discrezionale del Sindaco deve essere
esercitato in coerenza con i principi di
efficacia, efficienza ed economicità
dell’azione amministrativa e deve essere
sorretto dal superiore principio di
ragionevolezza dell’agire pubblico (art. 97
Cost.).
2.2. INCARICHI E
CONSULENZE A SOGGETTI ESTERNI ALLA P.A.
-
Nel corso del 2010, questa Procura ha
depositato un atto di citazione nei
confronti degli amministratori di un Comune
della provincia di Pavia, ai quali è stato
contestato il conferimento ad un avvocato
esterno di un incarico di consulenza legale
continuativa, in relazione a tutte le
questioni di carattere giuridico che l’Ente
avrebbe potuto affrontare.
Per il medesimo incarico, tradottosi nella
prestazione di pareri esclusivamente
verbali, resi per lo più in via telefonica,
è stato chiamato in giudizio anche il
Segretario comunale che non ha opposto alcun
rilievo alla illegittimità della delibera
(per illiceità amministrativo-contabile).
La vicenda risulta paradigmatica
dell’assenza dei più elementari presupposti
normativi per il ricorso a consulenze
esterne, tra i quali, come puntualmente
ribadito nella costante giurisprudenza della
Corte dei conti, sono da annoverare
l’assenza all’interno dell’Ente di figure
professionali idonee allo svolgimento
dell’incarico, la temporaneità dello stesso
e la remunerazione commisurata alle utilità
preventivate dall’amministrazione.
Trattasi di requisiti idonei a far risaltare
il carattere di assoluta eccezionalità del
ricorso all’incarico consulenziale, per
evitare una sovrapposizione delle funzioni
che genera sia la duplicazione dei costi sia
la demotivazione del personale interno.
L’individuazione dei consulenti esterni deve
inoltre avvenire, ovviamente, con criteri
oggettivi e trasparenti, in modo da
accrescere il livello di professionalità
dell’Ente conferente.
2.3. IL C.D. ‘DANNO ALLA
CONCORRENZA’ IN MATERIA DI APPALTI PUBBLICI
-
Nello scorso anno la Procura Regionale ha
esaminato numerose fattispecie nella materia
dell’aggiudicazione di appalti in favore di
imprese private.
Un atto di citazione di particolare rilievo
ha riguardato una vicenda di rilevanza
penale che ha coinvolto i vertici gestionali
del Compartimento Lombardia dell’ANAS; in
particolare è stato accertato un
collegamento tra percezione di cd. tangenti
ed una sistematica aggiudicazione di lavori
ad imprese appaltatrici in violazione delle
regole dell’evidenza pubblica.
Il connesso procedimento penale si è
concluso con la condanna di numerosi
dirigenti e funzionari dell’A.N.A.S. per i
reati di corruzione propria e turbativa
d’asta.
Tra i profili di danno erariale è stato
contestato anche il c.d. “danno alla
concorrenza” ovvero un danno,
quantificato nella rilevante somma di euro
2.049.616,50, conseguente alla stipulazione
di contratti di appalto che la prevalente
giurisprudenza, ordinaria e amministrativa,
ritiene affetti dal vizio di nullità.
L’imprenditore che ha eseguito i lavori
appaltati con contratto nullo ha ricevuto un
pagamento ‘indebito’ pari all’utile di
impresa che, nello stesso tempo, costituisce
una posta di danno erariale concretamente
determinabile nella misura del 10% del
valore dell’appalto ai sensi dell’art. 345
della L. 20.03.1865, n. 2248, all. F (si
veda oggi l’art. 134, comma 1, D.Lgs. n.
163/2006), norma generalmente ritenuta
applicabile a tutti gli appalti pubblici.
Le tematiche dei pregiudizi economici
derivanti dalla violazione delle regole
sull’aggiudicazione degli appalti pubblici e
delle patologie in concreto riscontrabili
intersecano, a ben vedere, due profili
ricostruttivi.
Un primo profilo riguarda la lesione del
bene giuridico immateriale, di rilevanza
patrimoniale, dell’alterazione delle regole
di concorrenza e del mercato, che trovano
espressa tutela costituzionale negli artt.
97 e 41 Cost. e, a livello comunitario,
negli artt. 49 e ss. ed 81 e ss. del
Trattato dell’Unione Europea.
Alla lesione arrecata ai potenziali
aggiudicatari di una commessa pubblica per
violazione dei principi di massima
partecipazione e libertà di concorrenza,
appena richiamati, si affianca un secondo
profilo di analisi, che investe direttamente
l’amministrazione stazione appaltante, la
quale può in concreto subire un pregiudizio
erariale per avere indebitamente limitato la
platea dei soggetti economici operanti nel
mercato in regime concorrenziale e non aver
potuto, conseguentemente, beneficiare
dell’offerta economica più favorevole.
2.6. L’UTILIZZO
IMPROPRIO DI FONDI PUBBLICI PER SPESE DI
RAPPRESENTANZA
-
Una complessa indagine ha riguardato l’uso
di carte di credito in dotazione ai
componenti della Giunta del Comune di
Brescia per sostenere costi per pranzi e
cene con commensali esterni all’Ente; spese
che astrattamente potevano rientrare
nell’ambito delle cd. spese di
rappresentanza.
Agli amministratori del Comune è stato
notificato un invito a fornire deduzioni ed
è stato richiesto preliminarmente di
comprovare che la fruizione dei pasti,
pagati con la carta di credito in dotazione,
fosse da collegare ad un accrescimento del
prestigio dell’ente.
In particolare è stato richiamato il
costante orientamento giurisprudenziale
della Corte di conti secondo il quale le
spese in esame "devono risultare idonee a
mantenere o ad accrescere il ruolo e il
prestigio con il quale l’ente stesso,
perseguendo i propri fini istituzionali, si
presenta ed opera nel contesto sociale
intrattenendo pubbliche relazioni: ciò
induce ad escludere dall’ambito concettuale
delle spese di rappresentanza quelle erogate
in occasione e nell’ambito di normali
rapporti istituzionali, a favore di soggetti
i quali, ancorché esterni all’ente stesso,
non siano tuttavia rappresentativi degli
organismi di appartenenza”.
Non sono seguiti approfondimenti istruttori
in fase pre-processuale e l’indagine è stata
archiviata in quanto il Sindaco pro-tempore
ha provveduto tempestivamente ad effettuare
un versamento, in favore dell’Ente,
dell’intero importo contestato a titolo di
danno erariale pari ad € 43.657,86. |
PUBBLICO IMPIEGO: Si
assottigliano i tagli agli stipendi
pubblici. Fuori rogiti e premi.
I diritti di rogito, i
compensi per le progettazioni interne e gli
incentivi per il recupero dell'Ici non
subiscono i tagli del Dl 78/2010.
La Corte dei conti del Veneto, non senza
sorprese, tira le somme sull'articolo 9,
comma 2, della manovra estiva che taglia del
5% la quota di stipendio pubblico superiore
a 90mila euro all'anno e del 10% quella che
supera i 150mila euro. Con il
parere 14.03.2011 n.
250 la corte esclude dal tetto i tre
tipi di compenso appena citati.
Questi emolumenti non sono tra le voci che
compongono la spesa di personale indicata
dai commi 557 e 562 della finanziaria 2007;
almeno così sostiene la delibera 16/2009
della sezione Autonomie della Corte dei
conti, ma le regole sul contenimento della
spesa, modificate più volte negli ultimi
anni, non hanno mai previsto esclusioni, se
non quelle sugli arretrati contrattuali.
Nonostante l'assenza di disposto normativo,
gli enti hanno quasi sempre seguito le
indicazioni della Corte dei conti. Proprio
da qui parte l'interpretazione dei
magistrati contabili del Veneto. Se i
diritti di rogito, le progettazioni interne
e gli incentivi Ici non sono spese di
personale, allora non vengono tagliate dal
D178/2010.
Le conclusioni sono logiche nell'attuale
contesto interpretativo, ma lasciano qualche
dubbio. In primo luogo l'ambito del della
manovra estiva è totalmente diverso rispetto
a quello sul contenimento della spesa di
personale.
Nell'articolo 9 si assiste infatti ad una
serie divincoli che fanno riferimento ai
trattamenti retributivi complessivi
(fondamentali ed accessori) senza
particolari esclusioni, e non c'è dubbio che
i diritti di rogito, gli incentivi per la
progettazione e per l'Ici rientrano tra le
voci del trattamento retributivo
(articolo Il
Sole 24 Ore
del 23.03.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Nessuna
riduzione per i fondi decentrati.
Gli enti locali non sono tenuti a recuperare
le somme erogate a titolo di produttività ai
sensi dell'articolo 15, comma 2, del Ccnl
01.4.1999 successivamente alla data del 31
maggio scorso.
Il
parere 24.02.2011
n. 109 della Corte dei Conti, Sezione
regionale di controllo per la Lombardia, sta
suscitando un comprensibile allarme tra le
amministrazioni e viene letta come
fondamento per operazioni di riduzione dei
fondi della contrattazione decentrata (o,
meglio, di mancato incremento), analoghe a
quelle previste dall'articolo 9, comma 4,
del dl 78/2010, convertito in legge
122/2010.
Sulla scorta di tale disposizione, la
magistratura contabile, in linea con la
Ragioneria generale dello stato, ha ritenuto
lecito il pagamento dell'incremento delle
risorse decentrate di parte variabile,
previsto dall'articolo 4 del Ceni 31.7.2009
solo se effettuato appunto prima del
31.05.2010. Per contro, le amministrazioni,
laddove non avessero ancora distribuito le
somme connesse, avrebbero dovuto eliminarle
dal fondo contrattuale, mentre se lo
avessero distribuito, dovrebbero procedere
al suo recupero.
La delibera 109/2011 della sezione Lombardia
si può, in effetti, prestare ad essere letta
nel senso che le medesime conseguenze
discendenti dall'articolo 9, comma 4, della
manovra economica 2010 ricadano anche
sull'articolo 15, comma 2, del Ccnl
01.4.1999, poiché anche l'incremento
facoltativo della parte variabile delle
risorse decentrate previsto da tale norma
comporterebbe un aumento delle risorse
contrattuali superiore del 3,2%.
In particolare, induce a tale conclusione il
passaggio nel quale il parere afferma: «l'ente
locale soggiace a quanto disposto dall'art.
9, comma 4, della legge 30.07.2010, n. 122,
a tenore della quale, a decorrere dalla data
di entrata in vigore del decreto convertito,
non si potrà procedere ad alcuna
integrazione del fondo che determina
incrementi retributivi sopra la soglia
consentita dalla legge e le eventuali
integrazioni disposte ai sensi dei citati
artt. 4, comma 2 (Ccnl 2009), e 15, comma 2
(Ccnl 1999), non potranno essere
distribuite, formando oggetto di riduzione
del fondo medesimo».
Tale tesi, tuttavia, non può essere
condivisa. In primo luogo, perché il parere
si riferisce a un caso concreto: un comune
che aveva deciso di non incrementare nel
2009 il fondo contrattuale ai sensi
dell'articolo 15, comma 2, del Ccnl
01.04.1999, per avvalersi solo dell'articolo
4, comma 2, del Ccnl 31.07.2009, che non
aveva, tuttavia, erogato ancora alla data di
entrata in vigore della manovra finanziaria
estiva 2010.
Tale comune ha chiesto se, allora, fosse
possibile «convertire» l'incremento
di cui all'articolo 4, comma 2,
nell'incremento (deciso ex post),
sotto il diverso titolo dell'articolo 15,
...
(articolo ItaliaOggi
del 15.03.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
NEWS |
ENTI LOCALI: OSSERVATORIO
VIMINALE/ Vanno soppressi i consorzi che
gestiscono servizi socio-assistenziali.
Un consorzio per la
gestione dei servizi socio-assistenziali va
ricompreso, per l'attività esercitata, tra i
consorzi di funzioni dei quali la legge n.
122/2010 prevede la soppressione? Nel caso
di scioglimento, l'attività
socio-assistenziale svolta può essere
esercitata attraverso una unione di comuni,
istituita tra gli stessi enti aderenti al
consorzio?
L'art. 31, comma 1, del dlgs n. 267/2000
definisce le attività consortili
identificandole nella gestione associata di
uno o più servizi e nell'esercizio di
funzioni, delimitando l'ambito di
operatività dell'istituto consortile e
configurando due tipi di consorzi: 1) i
consorzi di servizi, ossia quelli che
gestiscono attività a rilevanza economica o,
sulla base di una precisa opzione
statutaria, servizi sociali in forma
imprenditoriale; 2) i consorzi di funzioni,
che sono quelli che gestiscono servizi
sociali in forma non imprenditoriale o
funzioni meramente amministrative e
strumentali: per tali tipi di consorzi
l'acquisto della personalità giuridica si
collega alla sottoscrizione dell'atto
costitutivo rappresentato dalla convenzione.
In sostanza il consorzio si connota come un
ente con capacità imprenditoriale istituito
dall'ente locale e, quindi, soggetto da esso
distinto, dotato di personalità giuridica.
I consorzi di funzioni sono, pertanto,
quelli previsti e disciplinati dall'art. 31
del Tuel; forme associative, cioè, che non
svolgono attività economiche, a cui l'art.
2, comma 186 della legge n. 191 del 2009,
intende riferirsi prevedendone la
soppressione.
Con parere n. 118/2010 la Corte dei conti,
sez. regionale di controllo per la Campania
ha stabilito il principio secondo cui un
consorzio ili comuni avente ad oggetto
finalità di carattere socio-assistenziale,
in base alle disposizioni normative
contenute nella legge n. 328/2000, non pub
non essere un consorzio di funzioni e,
quindi, assoggettato alla soppressione.
Con delibera n. 101 del 30/12/2010, inoltre,
la Corte dei conti, sez. regionale di
controllo per il Piemonte, nel confermare il
precedente parere della sez. Campania, ha
altresì, precisato che, nel settore
dell'assistenza sociale, il comune è
titolare ex lege di attribuzione e
delle relative funzioni amministrative,
avendo ad oggetto attività che devono essere
svolte in favore dei cittadini in stato di
bisogno.
Pertanto un consorzio, istituito per la
gestione dei servizi socio-assistenziali dei
comuni, laddove comporti l'esercizio di
funzioni amministrative e l'applicazione
delle norme sugli enti locali previste dal
Tuel, non potrà che rientrare nell'ambito di
applicazione della norma in argomento.
L'unica eccezione prevista espressamente dal
legislatore riguarda, infatti, i Bacini
imbriferi montani (Bim) fatti salvi
dall'art. 1 del dlgs n. 2/2010, convertito
dalla legge n. 42/2010.
In merito alla possibilità per i comuni
aderenti al consorzio, una volta soppresso,
di proseguire la gestione della medesima
attività attraverso la forma associativa
dell'unione, la questione può trovare
soluzione nell'ambito delle disposizioni di
cui al dl n. 78/2010 (convertito dalla legge
n. 122/2010).
Tali norme, emanate con il fine specifico
del risparmio e del contenimento della spesa
pubblica, hanno infatti introdotto
l'obbligo, per i comuni con popolazione
inferiore a 5.000 abitanti, di esercitare le
funzioni fondamentali in forma associata,
esclusivamente attraverso l'unione o la
convenzione, mentre il suddetto esercizio
deve ritenersi consentito, anche se non
obbligatorio, da parte dei comuni con
popolazione superiore a 5.000 abitanti.
In quest'ultima ipotesi, rimane all'ente
—come suggerisce la stessa Corte dei conti
con la citata delibera n. 101/2010— di
valutare «alla luce dei noti canoni di
efficacia, efficienza, economicità e nel
rispetto delle norme, l'opportunità di ogni
decisione in merito». Per funzioni
fondamentali si intendono quelle elencate
all'art. 21, comma 3, della legge n.
42/2009, che alla lettera f) indica le «funzioni
del settore sociale»; in tale ambito
sono, pertanto, ricomprese tutte le attività
relative alla predisposizione ed erogazione
dei servizi, gratuiti ed a pagamento, o di
prestazioni economiche idonee a rimuovere le
situazioni di bisogno e di difficoltà delle
persone, secondo la definizione già
individuata al riguardo dal decreto
legislativo n. 112/1998
(articolo ItaliaOggi
del 25.03.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI:
Il Durc non fa sconti a nessuno.
Certificato per tutti i contratti pubblici,
anche in economia. L'Inail fa il punto sulle
nuove regole in materia di regolarità
contributiva in vigore dall'08.06.2011.
Il Durc non ammette
deroghe. Occorre per tutti i contratti
pubblici, siano essi di lavoro, di servizi o
di forniture, e anche nel caso di acquisti
in economia o di modesta entità.
Nell'aggiudicazione di un appalto, tuttavia,
vale il criterio dello .scostamento non
gravo. Per cui omissioni contributive fino
al 5% del dovuto o, se superiori, fino a 100
euro, non pregiudicano la regolarità.
È quanto precisa, tra l'altro, la
circolare
24.03.2011 n. 22 diffusa ieri dall'Inail con le novità
in materia di regolarità contributiva
operative dall'08 giugno, a seguito
dell'entrata in vigore del Regolamento di
attuazione del codice di attuazione dei
contratti pubblici.
L'Inail, inoltre, avverte che, per
consentire l'adeguamento della procedura
telematica, il sito dedicato (www
sportellounicoprevidenziale.it) è chiuso
dalle ore 23 di ieri fino alle ore 9 del
28.03.2011.
Il Durc nei contratti
pubblici.
La circolare spiega che, ai sensi del comma
2 dell'articolo 6 del predetto regolamento
(dpr n. 207/2010), l'ambito di applicazione
del Durc nei contratti pubblici comprende
praticamente tutti i contratti sia di
lavori, di servizi che di forniture.
Pertanto, restano esclusi i soli contratti
per i quali lo stesso Codice prevede una
deroga espressa (ad esempio i contratti di
servizi di arbitrato e conciliazione).
In base a tale previsione, quindi, il Dure
deve essere richiesto, senza alcuna
eccezione, per ogni contratto pubblico e,
dunque, anche nel caso degli acquisti in
economia o di modesta entità. Spetta alla
pubblica amministrazione procedente,
aggiunge l'Inail, stabilire se la
fattispecie concreta rientri nella tipologia
del contratto pubblico e, quindi, se debba
essere chiesto il Durc.
In tabella sono indicate le fasi del
contratto per le quali vi è obbligo della
regolarità contributiva mediante il Durc.
L'Inail conferma che, anche a seguito del
nuovo codice dei contratti, il Durc va
richiesto per ogni singolo contratto
pubblico e, all'interno di questo, per
ciascuna fase operativa.
Lo scostamento.
In merito all'attestazione di regolarità,
l'Inail spiega che si applica il criterio
dello scostamento non grave. Questo si
realizza ...
(articolo ItaliaOggi
del 25.03.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Il
17 marzo, festa senza copertura. Il Senato
scopre che la norma del decreto legge è
sbagliata.
Tra chi premeva perché
ci fosse la celebrazione e chi si opponeva,
per motivi economici o ideologici, alla fine
il 17 marzo l'ha spuntata ed è stata festa
nazionale per i 150 anni dell'unità
d'Italia. Ma la fretta del prendere una
decisione evidentemente non ha portato
consiglio a chi la norma era chiamata a
scriverla. Tanto da aver previsto una
copertura finanziaria sbagliata.
Se ne sono accorti al senato, chiamato in
questi giorni ad approvare la conversione
del decreto legge che ha istituito il
17.03.2011 festa nazionale. Una delle
condizioni del dl è che non costasse un euro
alle tasche dei datori di lavoro pubblici e
privati, e a questo scopo era stata
utilizzata dal governo la compensazione con
«la festività soppressa del 4 novembre»:
per un anno spostata di rigore sul 17 marzo.
Ma si è scoperto, tra le commissioni
bilancio e affari costituzionali di Palazzo
madama, che la festività soppressa del 4
novembre non esistere più. Un bel problema,
per i privati, e per lo stato che sarebbe
chiamato a pagare una giornata festiva
aggiuntiva. I lavoratori pubblici sono più
di 3 milioni, un milione solo nella scuola.
Un problema su cui era stato sollecitato lo
stesso ministro della funzione pubblica,
Renato Brunetta, a cui gli uffici facevano
notare come parlare di una festività
soppressa fosse sbagliato. E che i
sindacati, agguerriti in materia (visto che
si tratta tra l'altro di argomento
contrattato in sede negoziale) erano con il
coltello tra i denti: «La nuova festività
non si può pagare con il 4 novembre».
Per evitare di ritrovarvi con un buco nel
bilancio, ieri la commissione affari
costituzionali ha approvato un emendamento
che pesca la copertura tra le giornate di
riposo previste per il pubblico impiego,
ridotte da 4 a 3. La quarta è per tutti, per
il 2011, il 17 marzo.
Il Pd, visto l'andazzo , ha subito accusato
la maggioranza di essere allo sbando.
Un'accusa resa ancora più cruenta dal fatto
che Pdl e Lega sono andati sotto su un
emendamento dell'Italia dei valori che
istituisce dal 2012 il 17 marzo giornata
dell'indipendenza e dell'indivisibilità
della repubblica.
Celebrazione ma non festa, e dunque senza
problemi di copertura, l'emendamento è
passato grazie alle assenze di maggioranza,
in particolare della Lega Nord. Che però si
è giustificata dicendo che non c'era nessun
distinguo rispetto al Pdl, c'era solo la
necessità di essere altrove per decidere la
mozione sulla Libia Un'emergenza che è
divenuta priorità rispetto alla giornata
dell'indipendenza. Che dovrebbe essere
cassata alla camera
(articolo ItaliaOggi
del 23.03.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI: Privacy.
Le linee guida del garante. Sui siti della
Pa trasparenza ma con vincoli.
Più trasparenza per la
pubblica amministrazione, ma senza
dimenticare la privacy. Internet ha dato un
forte impulso alla pubblicazione di
documenti da parte degli uffici pubblici e
così hanno voluto anche recenti normative,
sfociate nel programma triennale perla
trasparenza e l'integrità che ogni
amministrazione è tenuta ad adottare. Non si
può, però, dimenticare che in molti casi si
tratta di mettere in circolo dati personali
ed è per questo che il garante della privacy
ha messo a punto un articolato provvedimento
con il quale indica le modalità di
diffusione degli atti delle pubbliche
amministrazioni.
Le linee guida -che dopo essere state
sottoposte a una consultazione generale sono
state pubblicate sulla «Gazzetta
Ufficiale» 64 del 19.03.2011- affrontano
diversi aspetti della diffusione online di
documenti pubblici, con la consapevolezza
che i vari interventi legislativi
succedutisi nel tempo hanno introdotto una «forte
frammentazione della disciplina».
Il presupposto da cui partire è che possono
essere messi sulla rete atti contenenti dati
personali solo se c'è una legge o un
regolamento che lo prevede, fermo restando
il divieto di pubblicazione dei dati sulla
salute. Per esempio, una sicura copertura
legislativa è data dal programma triennale
sulla trasparenza. In particolare, dalle
linee guida predisposte in tal senso dalla
Civit.
Le pubbliche amministrazioni possono anche
valutare di andare oltre le indicazioni
della Civit, ma in questo caso devono
motivare adeguatamente la scelta nell'ambito
del programma triennale. E comunque, devono
sempre tenere presenti i principi di
necessità, proporzionalità e pertinenza dei
dati pubblicati.
Più nel dettaglio e limitandosi ad alcuni
esempi, possono finire su internet
informazioni sulle retribuzioni dei
dipendenti pubblici o sulla loro
produttività (ma non, per esempio, notizie
particolari sui cedolini dello stipendio, su
aspetti particolari della dichiarazione dei
redditi, sugli orari di entrata e uscita,
sul domicilio privato). Possono, altresì,
essere messi online i curricula di
dirigenti, segretari comunali e provinciali,
ma non in maniera integrale: vanno, infatti,
omessi i dati strettamente personali non
pertinenti con le finalità della
trasparenza.
Via libera anche alla pubblicazione online,
senza vincoli, dei risultati delle prove di
concorso e delle graduatorie finali. È anche
possibile pubblicare altre informazioni, ma
che devono essere accessibili, attraverso
password o altri filtri, solo a chi ha
partecipato al concorso. Si pensi, per
esempio, ai verbali o a eventuali titoli di
precedenza o preferenza accordati ad alcuni
candidati.
Il garante ha inoltre raccomandato che tutte
le informazioni siano rintracciabili
attraverso modalità di accesso interne al
sito su cui vengono pubblicate, piuttosto
che mediante motori di ricerca esterni. E
questo per evitare che i dati personali
finiscano per essere decontestualizzati e
anche una volta diventati vecchi continuino
a circolare per internet, non garantendo il
diritto all'oblio degli interessati.
Altra raccomandazione è che le informazioni
stiano in rete per periodi ben precisi, che,
laddove non siano espressamente indicati da
disposizioni di legge, devono essere le
stesse pubbliche amministrazioni a
individuare ...
(articolo Il
Sole 24 Ore
del 22.03.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Incrocio
di date e quote per andare in pensione.
Lavoratori alla prova di contributi, età e
decorrenze. Previdenza, a regime le
innovazioni introdotte con la manovra
d'estate per stabilizzare il sistema.
Chi in questo mese matura i requisiti per la
pensione dovrà aspettare aprile 2012 (o
ottobre 2012 se si tratta di lavoratore
autonomo) per ricevere il primo assegno: è
l'effetto di una delle innovazioni contenuta
nella manovra estiva del 2010, che stanno
progressivamente entrando a regime.
L'effetto complessivo di queste innovazioni
è di allungare il tempo di attesa per il
trattamento pensionistico.
Le finestre.
Quando un lavoratore matura i requisiti
pensionistici, non percepisce immediatamente
la pensione, ma deve aspettare che decorra
un certo periodo di tempo, definito "finestra"
pensionistica. La legislazione, in passato,
prevedeva un sistema di finestre fisse: il
trattamento veniva erogato a partire da un
certo mese dell'anno. Con la manovra
anticrisi del 2010 la finestra è diventata
un periodo minimo che ciascun soggetto deve
attendere per fruire della pensione (si
parla di finestre "mobili").
I lavoratori dipendenti devono aspettare 12
mesi per ottenere la pensione, che si alzano
a 18 mesi per autonomi -artigiani,
commercianti, coltivatori diretti, coloni
mezzadri- e parasubordinati. La nuova regola
si applica a tutti i trattamenti
pensionistici: i trattamenti di vecchiaia
(compresi quelli previsti da ordinamenti
speciali), di anzianità, le pensioni
derivanti dalla totalizza-zione dei periodi
assicurativi, le pensioni ...
(articolo
Il Sole 24 Ore
del 22.03.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI: L'ordine
pubblico fissa i confini dei subappalti. Le
norme interpretate in funzione
anti-criminalità.
Le stazioni appaltanti
pubbliche sono tenute a verificare
caratteristiche e sviluppi dei contratti di
subappalto nell'ambito degli appalti da esse
affidati a operatori economici.
La configurazione del subappalto è stabilita
dall'articolo 118, comma 11, del codice dei
contratti pubblici (DLgs. 163/2006), con
riferimento a qualsiasi contratto avente a
oggetto attività che richiedono l'impiego di
mano d'opera, se singolarmente di importo
superiore al 2% dell'importo delle
prestazioni affidate o di importo superiore
a 100mila euro, e se l'incidenza del costo
della manodopera e del personale supera il
560 dell'importo del contratto da affidare
...
(articolo
IL Sole 24 Ore
del 21.03.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: P.a.,
più aumenti meno merito. le progressioni
economiche si mangiano gran parte dei fondi.
La parte maggioritaria
del fondo per la contrattazione decentrata è
assorbita alle progressioni orizzontali,
mentre le risorse destinate al finanziamento
della produttività hanno un peso più
ridotto: nell'arco del decennio 2009/2000
essa è cresciuta di appena 372 euro su base
annuale. All'interno del comparto delle
autonomie regionali e locali si deve
evidenziare che il trattamento economico
attributo ai dipendenti regionali è maggiore
di quello che è in godimento da parte del
personale degli enti locali.
Possono essere così riassunti i principali
elementi che emergono dal secondo rapporto
semestrale del dicembre 2010 dell'Aran sulle
retribuzioni dei dipendenti pubblici.
Il rapporto evidenzia inoltre che, in
relazione all'andamento degli altri
comparti, il peso della produttività non è
in alcun modo inferiore, cioè che questa è
una tendenza diffusa in tutto il pubblico
impiego. Il rapporto ci fornisce una serie
assai importante di informazioni
sull'andamento effettivo ...
(articolo ItaliaOggi
del 18.03.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Un
taglio a tutti gli incrementi del fondo
2009.
Il Dl 78/2010 taglia ogni incremento del
fondo di regioni ed enti locali del 2009. La
questione dell'articolo 9 comma 4, che
sancisce l'obbligo di contenere la
contrattazione del biennio economico
2008-2009 nel limite del 3,2%, sembra avere
una soluzione definitiva.
La Corte dei conti della Lombardia, con la
deliberazione 109/2011, precisa che la norma
blocca gli incrementi dell'articolo 4 del
Ccnl 31.07.2009 e ogni altro incremento di
parte variabile del fondo, tra cui le somme
di cui all'articolo 15, comma 2, del Ccnl
01.04.1999. L'amministrazione è salva solo
se ha messo in busta paga gli emolumenti
entro il 31.05.2010. Diversamente scatta
l'obbligo di recupero.
Decorrenza retroattiva.
L'articolo 9, comma 4, ha creato da subito
imbarazzo, in quanto una norma successiva ha
reso inefficaci incrementi del fondo con
decorrenza retroattiva. Ma così è stato,
nella direzione della volontà del
legislatore di contenere la spesa pubblica.
Tanti dubbi ancora oggi assillano gli
operatori.
Oltre alle sezioni regionali della Corte dei
conti è intervenuta la Ragioneria generale
dello Stato, la quale ha precisato che lo
spartiacque è la data di pagamento del
fondo. Sono allineati a tale interpretazione
sia i giudici lombardi che quelli toscani
(delibera 123/2010). E pensare che il
criterio di cassa assume sempre un carattere
aleatorio, in ragione della casualità
dell'entità dei mandati effettuati dalle
amministrazioni locali.
L'interpretazione non fa però sconti: per
essere legittimo, il fondo 2009 andava
erogato entro il 31 maggio scorso. Più
logico sarebbe stato collegare ...
(articolo
Il Sole 24 Ore
del 14.03.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI SERVIZI: Società
dei comuni: è un rebus la scelta del partner
privato.
Referendum permettendo (la cui pendenza
giustifica, da sola, un rinvio dei termini,
data l'incertezza che si è venuta a creare),
entro il 31 dicembre la maggioranza delle
aziende di servizi pubblici locali si
troveranno a vedere deciso il proprio
destino, e cioè a sapere se e con quali
modalità continueranno a gestire il servizio
oggi loro affidato.
A giudicare dalle pronunce dell'Autorità
garante per la concorrenza e per il mercato
(che esprime un parere obbligatorio per gli
affidamenti con un valore superiore ai
200mila euro annui, ai sensi dell'articolo 4
del regolamento), sono davvero pochi i casi
in cui gli enti locali potranno affidare
direttamente un servizio pubblico.
Occorre documentare, infatti, che non è
possibile seguire la "via maestra",
ovvero la procedura di evidenza pubblica,
per chiara mancanza di soggetti interessati
a parteciparvi (o per averla esperita senza
successo). Le strade da privilegiare,
secondo il 23-bis, sono dunque le gare, o
per il servizio tout court o per
l'individuazione del partner privato.
Soffermiamoci sulla seconda modalità, verso
la quale sembrano propendere molti enti
locali.
Il primo punto da chiarire è effettivamente
che la società mista assomiglia più ad una
azienda in house che a una società di
mercato: è cioè una modalità di gestione di
un servizio e non una iniziativa
imprenditoriale. Non potrà, pertanto,
partecipare ad altre gare, e dovrà seguire
le regole pubblicistiche sia per le
assunzioni del personale sia per l'acquisto
di beni e servizi (articoli 7 e 6 del
regolamento). Ancora, l'affidamento ha un
termine, e quindi a fine periodo si dovrà
restituire il prezzo delle azioni al socio.
Cosa accadrà se il valore è alto e non si
trova un successore?
È chiaro che il comune dovrà trovare le
risorse nel suo bilancio, con tutti i
problemi del caso. ...
(articolo
Il Sole 24 Ore
del 14.03.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
E' illegittima l'esclusione dalla gara
dell'impresa che ha omesso di presentare il DURC richiesto a pena di esclusione, ma ha
presentato la relativa dichiarazione
sostitutiva.
Le disposizioni in materia di documentazione
amministrativa –inclusa quella riguardante
le dichiarazioni sostitutive- si applicano
in tutti i casi in cui sia prevista una
certificazione, ivi comprese quelle
concernenti le procedure di aggiudicazione
ed affidamento di opere pubbliche; in
definitiva, anche in assenza di richiamo, da
parte dei bandi e degli altri atti
regolatori di gare di evidenza pubblica,
dell’art. 77 DPR n. 445/2000, e dell’art. 46
del medesimo DPR, lett. p) -che consente la
dichiarazione sostitutiva anche riguardo
all’assolvimento di specifici obblighi
contributivi con l’indicazione
dell’ammontare corrisposto- si deve
ammettere la certificazione semplificata e
sostitutiva stabilita dal menzionato testo
unico (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Catania, Sez. IV,
sentenza
23.03.2011 n. 692 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
Comune, nel corso dell'istruttoria, deve
verificare l’esistenza del titolo per
intervenire sull'immobile, da intendersi
quale diritto di proprietà o altro diritto
reale o personale di godimento. Tale
verifica costituisce, pertanto, un
presupposto, la cui mancanza impedisce di
procedere nell'esame del progetto, pur
dovendosi escludere un obbligo di effettuare
complessi accertamenti diretti a ricostruire
tutte le vicende riguardanti l'immobile.
Con il primo motivo si deduce che:
mancherebbero i presupposti per il rilascio
di provvedimenti abilitativi del tipo di
quelli impugnati, non essendo il
controinteressato legittimato all’esecuzione
di interventi edilizi sull’immobile in
questione; l’istruttoria sarebbe carente,
non avendo il Comune verificato la esistenza
di un titolo legittimante l’attività
edificatoria nonostante l’acquisizione di
documenti attestanti la proprietà del
terreno in capo a Parmatour.
La doglianza è fondata alla luce del
consolidato orientamento giurisprudenziale,
secondo il quale dall'art. 11, comma 1, del
D.P.R. n. 380/2001, laddove si prevede che “il
permesso di costruire è rilasciato al
proprietario dell'immobile o a chi abbia
titolo per richiederlo”, si ricava il
principio in forza del quale il Comune, nel
corso dell'istruttoria, deve verificare
l’esistenza del titolo per intervenire
sull'immobile, da intendersi quale diritto
di proprietà o altro diritto reale o
personale di godimento. Tale verifica
costituisce, pertanto, un presupposto, la
cui mancanza impedisce di procedere
nell'esame del progetto, pur dovendosi
escludere un obbligo di effettuare complessi
accertamenti diretti a ricostruire tutte le
vicende riguardanti l'immobile (in tal senso
Consiglio Stato, IV, 04.05.2010, n. 2546; V,
07.09.2007, n. 4703; TAR Lombardia Milano,
II, 31.03.2010, n. 842; TAR Marche, I,
05.08.2009, n. 878; TAR Campania Napoli, VII,
12.12.2007, n. 16213).
Nella specie dal provvedimento impugnato
risulta che il Comune di Favignana si è
limitato ad acquisire dichiarazioni
sostitutive di atti di notorietà, con le
quali il controinteressato ha affermato di
essere proprietario dell’immobile.
Non emergendo, malgrado la risultanza
catastale della proprietà del fondo in capo
alla ricorrente, nessuna attività di
verifica della veridicità di tali
affermazioni, il Collegio ha disposto
l’acquisizione di tutti gli atti posti alla
base della autorizzazione edilizia
impugnata.
Tale incombente non è stata eseguito,
cosicché va applicato l’art. 116 c.p.c., in
forza del quale deve darsi per provata
l'affermazione del ricorrente ove
l'Amministrazione intimata abbia omesso di
depositare in giudizio i documenti richiesti
dal collegio giudicante, perché ritenuti
determinanti per la definizione della
controversia, sempreché, naturalmente,
manchino elementi di segno obiettivamente
contrari (in tal senso, fra le tantissime,
Consiglio di Stato, V, 11.05.2009, n. 2867).
Deve, pertanto, ritenersi che il Comune di
Favignana abbia rilasciato l’autorizzazione
edilizia solo sulla base della dichiarazione
di titolarità della proprietà fatta
dall’interessato, pur se smentita dalle
visure catastali in atti
(TAR Sicilia-Palermo, Sez. I,
sentenza 23.03.2011 n. 544 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI: L'Anas
è responsabile per i guard-rail pericolosi.
La protezione deve sempre evitare danni
gravi. Si completa il cambio di rotta dei
giudici di legittimità.
Nel caso di incidente
della circolazione, l'ente proprietario
della strada è responsabile dei danni
provocati dal guard-rail se questo, per la
sua inadeguatezza, rappresenta una
situazione di «pericolo immanente».
Con la sentenza 22.03.2011 n. 6537 la
Terza civile della Corte di Cassazione torna
a delineare la responsabilità da custodia
(articolo 2051 del codice civile) nei
confronti dell'Anas, inserendosi nel filone
giurisprudenziale "revisionista",
varato con la sentenza 20427/2008.
Fino a tre anni fa, infatti, i giudici di
legittimità avevano ritenuto applicabile la
responsabilità "del custode" per la
categoria demaniale delle strade pubbliche
solo in relazione alla loro dimensione:
strade piccole, cioè controllabili, uguale
responsabilità, parametro invece
inapplicabile sulle grandi arterie.
Ora però la Cassazione, analizzando il
ricorso degli eredi di un automobilista
morto trafitto dal guard-rail mal
posizionato, fissa il definitivo cambio di
approccio. La responsabilità da «cosa in
custodia», scrive l'estensore della
sentenza 6537/2011, presuppone che l'ente
proprietario della strada debba essere in
grado di esplicare sulla stessa un «potere
di di sorveglianza, modificarne lo stato e
di escludere che altri vi apportino
modifiche»; che la responsabilità scatta
una volta che si accerti che il fatto
dannoso è dovuto a un'anomalia della strada
o degli «strumenti di protezione della
stessa».
La responsabilità dell'ente pubblico-custode
si configura «salvo che quest'ultimo non
dimostri di non aver potuto far nulla per
evitare il danno», e la presunzione di
colpa che grava su di lui può essere
superata solo «quando la situazione che
provoca il danno si determina non come
conseguenza di un precedente difetto di
diligenza nella sorveglianza della strada,
ma in maniera improvvisa, atteso che solo
quest'ultima integra il caso fortuito».
In sintesi, a giudizio della Terza sezione,
la responsabilità da custodia si applica in
linea generale «agli enti pubblici
proprietari di strade aperte al pubblico
transito, in riferimento alle situazioni di
pericolo immanentemente connesse alla
struttura o alle pertinenze della strada,
indipendentemente dalla sua estensione».
Ma la sentenza della Cassazione tocca anche
il concorso causale del comportamento della
vittima, sotto il profilo della presunta
«abnormità» della guida. La funzione del
guard-rail, taglia corto il magistrato,
«è quella di impedire al conducente di
uscire fuori strada e tale funzione
ovviamente è correlata a tutte quelle
condotte di guida la cui conseguenza sarebbe
quella per l'autovettura di uscire fuori
dalla carreggiata».
Quindi la funzione del guard-rail è «ontologicamente»
evitare che qualsiasi condotta di guida non
regolare possa far uscire l'auto di strada.
Soprattutto, chiosa la sentenza di rinvio
alla corte d'appello, non deve accadere che
la protezione diventi una lama mortale che
squarcia l'abitacolo
(articolo
Il Sole 24 Ore
del 23.03.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI:
Geometri senza cemento
armato. Fanno eccezione le costruzioni
rurali o relative a industrie agricole di
modesta entità.
Per i geometri il cemento armato resta
"bandito". La Corte di cassazione non ha
dubbi in proposito e, pur pronunciandosi su
una vicenda risalente al 1992, ribadisce la
netta demarcazione tra le competenze degli
ingegneri e quelle dei geometri.
Scrivono i giudici della Corte di
Cassazione, Sez. II civile, nella
sentenza 21.03.2011 n. 6402,
basandosi sul quadro normativo di
riferimento per le professioni tecniche (il
r.d. 274 del 1929 e il r.d. 2229 del 1939):
«La competenza dei geometri è limitata alla
progettazione, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili, con esclusione
di quelle che comportino l'adozione anche
parziale di strutture di cemento armato».
L'intervento dei geometri, quando è
necessario utilizzare il cemento armato, è
possibile, in via eccezionale, solo quando
si tratta di «piccole costruzioni accessorie
nell'ambito degli edifici rurali o destinati
alle industrie agricole che non richiedono
particolari operazioni di calcolo e che per
la loro destinazione non comportino pericolo
per le persone».
Nel caso sottoposto alla Cassazione, il
progetto riguardava un edificio industriale,
composto da un capannone prefabbricato con
un solo piano nella parte destinata a
laboratorio e due piani nella parte
destinata agli uffici. Dunque, una
«struttura architettonica complessa» per la
quale non può riconoscersi un ruolo di
progettazione, direzione e vigilanza a un
geometra. Neppure se interviene insieme al
geometra un altro professionista –un
ingegnere– che rediga insieme al primo il
progetto ed effettui la direzione dei
lavori.
«È il caso di ricordare –precisa, infatti, la Cassazione– che
nell'ambito della disciplina normativa,
dalla quale emerge una chiara ripartizione
di competenze tra geometri e altri
professionisti in riferimento alla
progettazione e alla direzione di opere
relative a costruzioni ed edifici, trova
fondamento l'orientamento giurisprudenziale
di questa corte, dal quale non vi sono
ragioni per discostarsi, secondo cui la
progettazione e la direzione di opera da
parte di un geometra in materia riservata
alla competenza professionale degli
ingegneri e degli architetti sono
illegittime, cosicché a rendere legittimo un
progetto redatto da un geometra non rileva
che esso sia stato controfirmato o vistato
da un ingegnere ovvero che un ingegnere
esegua i calcoli del cemento armato e diriga
le relative opere, perché è il
professionista competente che deve essere,
altresì, titolare della progettazione,
trattandosi di incombenze che devono essere
inderogabilmente affidate dal committente al
professionista abilitato secondo il proprio
statuto professionale, sul quale gravano le
relative responsabilità».
In definitiva per la Cassazione (che ha
confermato la sentenza d'appello) quando
l'esercizio di un'attività professionale è
condizionato all'iscrizione in un albo, la
prestazione eseguita da chi non è iscritto,
«dando luogo a nullità assoluta del rapporto
fra professionista e cliente, rilevabile
anche d'ufficio», priva il contratto di
qualsiasi effetto. Per cui l'eventuale
compenso va restituito (commento
tratto da www.ilsole24ore.com - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Una consulenza tecnica d’ufficio non può
supplire al mancato assolvimento dell’onere
del privato di provare la sussistenza del
danno patito a seguito del ritardo della P.A..
Per ogni ipotesi di responsabilità della
p.a. per i danni causati per l’illegittimo
esercizio (o, come nel caso di specie,
mancato esercizio) dell’attività
amministrativa, spetta al ricorrente fornire
in modo rigoroso la prova dell'esistenza del
danno, non potendosi invocare il c.d.
principio acquisitivo perché tale principio
attiene allo svolgimento dell'istruttoria e
non all'allegazione dei fatti.
Se anche può ammettersi il ricorso alle
presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per
fornire la prova del danno subito e della
sua entità, è comunque ineludibile l'obbligo
di allegare circostanze di fatto precise e
quando il soggetto onerato della allegazione
e della prova dei fatti non vi adempie non
può darsi ingresso alla valutazione
equitativa del danno ex art. 1226 c.c.,
perché tale norma presuppone l'impossibilità
di provare l'ammontare preciso del
pregiudizio subito, né può essere invocata
una consulenza tecnica d’ufficio, diretta a
supplire al mancato assolvimento dell’onere
probatorio da parte del privato (Cons.
Stato, V, 13.06.2008 n. 2967; VI,
12.03.2004, n. 1261, secondo cui la
consulenza tecnica, pur disposta d'ufficio,
non è certo destinata ad esonerare la parte
dalla prova dei fatti dalla stessa dedotti e
posti a base delle proprie richieste, fatti
che devono essere dimostrati dalla medesima
parte alla stregua dei criteri di
ripartizione dell'onere della prova posti
dall'art. 2697 c.c., ma ha la funzione di
fornire all'attività valutativa del giudice
l'apporto di cognizioni tecniche non
possedute) (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza
21.03.2011 n. 1739 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Va rinnovata la gara nel caso in cui venga
rinvenuto dopo l'aggiudicazione definitiva -tra i plichi di partecipazione ad altra gara- un plico di partecipazione alla gara in questione.
Le clausole contenenti comminatorie di
esclusione (quali quelle connesse
all’apertura dei plichi e alla disintegrità
della documentazione), devono essere
applicate non già meccanicisticamente, ma
secondo il principio di ragionevolezza,
tenendo conto per quanto possibile della
peculiarità anche fattuale del caso
concreto.
Tali clausole devono essere
valutate infatti alla stregua dell’interesse
che la norma violata è destinata a
presidiare per cui, ove non sia ravvisabile
e provata la lesione di un interesse
pubblico effettivo e rilevante, deve essere
accordata preferenza al favor partecipationis (cfr. in tale senso Cons.
Stato, V, 21.12.2010 n. 9320), con
conseguente attenuazione del rilievo delle
prescrizioni formali della procedura
concorsuale (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza
21.03.2011 n. 669 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla quantificazione del risarcimento del
danno da perdita di chance e sulla natura
del danno curriculare.
1. Dall'importo dovuto a titolo risarcitorio
deve essere detratto quanto percepito
dall'impresa grazie allo svolgimento di
diverse attività lucrative, nel periodo in
cui avrebbe dovuto eseguire l'appalto in
contestazione.
La prova dell'assenza dell'aliunde perceptum
grava , tuttavia, sull'impresa in
considerazione del fatto che, secondo l'id
quod plerumque accidit, l'imprenditore -in
quanto soggetto che esercita
professionalmente una attività economica
organizzata finalizzata alla produzione di
utili- normalmente non rimane inerte in caso
di mancata aggiudicazione di un appalto, ma
si procura prestazioni contrattuali
alternative che dalla cui esecuzione trae
utili.
In assenza di prova contraria rispetto alla
presunzione di aliunde perceptum, la somma
riconosciuta a titolo di lucro cessante,
deve essere ridotta (nella specie il
Consiglio di Stato ha ritenuto di liquidare
il danno nella misura del 6% comprensivo
anche del danno curriculare).
2. In ordine alla risarcibilità delle spese
sostenute per la partecipazione alla gara,
la VI sezione aderisce alla tesi
maggioritaria in forza della quale i costi
sostenuti per la partecipazione alla gara
non sono risarcibili in favore dell'impresa
che lamenti la mancata aggiudicazione
dell'appalto (o anche solo la perdita della
chance di aggiudicarselo).
Detti costi di partecipazione si colorano
come danno emergente solo qualora l'impresa
subisca una illegittima esclusione, perché
in tal caso viene in considerazione la
pretesa del contraente a non essere
coinvolto in trattative inutili. Essi,
peraltro, vanno, in via prioritaria e
preferenziale, ristorati in forma specifica,
mediante rinnovo delle operazioni di gara e
solo ove tale rinnovo non sia possibile,
vanno ristorati per equivalente.
3. Il danno c.d. curriculare, costituente
una specificazione del danno per perdita di
chance, si correla necessariamente alla
qualità di impresa operante nel settore
degli appalti pubblici.
Alla mancata esecuzione di un'opera pubblica
illegittimamente appaltata si ricollegano,
infatti, indiretti nocumenti all'immagine
della società, al suo radicamento nel
mercato, all'ampliamento della qualità
industriale o commerciale dell'azienda, al
suo avviamento, per non dire, poi, della
lesione al più generale interesse pubblico
al rispetto della concorrenza, in
conseguenza dell'indebito potenziamento di
imprese concorrenti che operino sul medesimo
target di mercato, in modo illegittimo
dichiarate aggiudicatarie della gara.
In linea di massima, deve pertanto
ammettersi che l'impresa ingiustamente
privata dell'esecuzione di un appalto possa
rivendicare, a titolo di lucro cessante,
anche la perdita della specifica possibilità
concreta di incrementare il proprio
avviamento per la parte relativa al
curriculum professionale, da intendersi
anche come immagine e prestigio
professionale, al di là dell'incremento
degli specifici requisiti di qualificazione
e di partecipazione alle singole gare
(massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza
18.03.2011 n. 1681 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Deve essere provato il danno esistenziale
derivante dal ritardo della P.A..
L’esigenza di un’attenuazione dell’onere
probatorio a carico della parte ricorrente
viene meno con riguardo alla prova dell’an e
del quantum dei danni azionati in via
risarcitoria, inerendo in siffatte ipotesi i
fatti oggetto di prova alla sfera soggettiva
della parte che si assume lesa (soprattutto
qualora questa agisca per il risarcimento
dei danni non patrimoniali), e trovandosi le
relative fonti di prova normalmente nella
sfera di disponibilità dello stesso soggetto
leso.
In applicazione del c.d. criterio della
vicinanza della prova, costituente principio
regolatore della disciplina della
distribuzione dell’onere della prova tra le
parti processuali, grava dunque sulla parte
ricorrente l’onere di dimostrare -con
circostanze di fatto concrete, gravi,
precise e concordanti- la sussistenza e
l’ammontare dei danni non patrimoniali
azionati in giudizio (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza
18.03.2011 n. 1672 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla decorrenza del termine per impugnare
l'aggiudicazione definitiva.
L'affidamento dei servizi socio-assistenziali sfugge al'applicabilità delle
norme del codice non espressamente
richiamate dall'articolo 20.
Ne deriva che
la pubblicazione della delibera di aggiudicazione
definitiva all’albo pretorio del Comune, per
15 giorni consecutivi determina la
conoscenza legale del provvedimento ed
implica, conseguentemente, la decorrenza del
temine di impugnazione (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza
18.03.2011 n. 509 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La dichiarazione prevista dall'articolo 38 m-ter) non va riferita all'impresa ma
all'imprenditore. Nessun limite temporale al
potere della Stazione appaltante di
annullare l'ammissione in gara.
1. Decorrenza dei
termini per impugnare l'esito della gara.
2. Limiti agli effetti paralizzanti del
ricorso incidentale.
3. La
dichiarazione di cui all'articolo 38, comma
1, m-ter) del codice dei contratti .
4.
Annullamento in autotutela dell'ammissione
alla gara e limiti temporali.
1. L'impugnazione dell'aggiudicazione
provvisoria è una mera facoltà.
Il termine decadenziale di trenta giorni per impugnare
i risultati della gara inizia a decorrere
dalla comunicazione dell'aggiudicazione
definitiva, ex art. 79 del D.lgs. 163 del
2006, così come richiamato dall’art. 120,
comma 5, del c.p.a., e, comunque, dalla
conoscenza personale dell’atto.
2. Vertendo in ipotesi in cui i soggetti
ammessi alla gara sono soltanto due - la
ricorrente e la contro interessata,
l’eventuale accoglimento del ricorso
incidentale non è idoneo a paralizzare
l’interesse della ricorrente principale
mantenendo essa , comunque, l’interesse
strumentale all’eventuale riedizione della
gara
3. La dichiarazione prevista dall’art. 38,
comma 1, lett. m-ter, del codice dei
contratti pubblici, deve essere resa dal
legale rappresentante riguardo a se stesso;
ove resa invece “nei confronti dell’impresa”
determina l’esclusione dalla gara.
4. Ai sensi dell’articolo 71 del D.P.R. 28.12.2000, n. 445 -il cui comma 1,
recita”: “Le amministrazioni procedenti
sono tenute ad effettuare idonei controlli,
anche a campione, e in tutti i casi in cui
sorgono fondati dubbi, sulla veridicità
delle dichiarazioni sostitutive di cui agli
articoli 46 e 47”- la Stazione appaltante
può disporre l’annullamento in autotutela
del provvedimento di ammissione alla gara
anche oltre il limite temporale di dieci
giorni dalla conclusione delle operazioni di
gara previsto dall’articolo 48, comma 2, del
d.lgs. 163/2006 (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Palermo,
Sez. III,
sentenza
18.03.2011 n. 504 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
E' legittimo il bando di gara che imponga
alle imprese di dichiarare "indicandole
specificamente" l'insussistenza delle cause
di esclusione di cui all’art. 38.
Ove il bando richieda l’indicazione
specifica (dell’insussistenza) delle cause
di esclusione si deve ritenere che intenda
sottolineare, con tale specificazione, la
rilevanza della dichiarazione inerente alle
singole cause e sollecitare, dunque,
l’attenzione del concorrente sulla
responsabilità che si assume con ciascuna di
esse.
Qualora peraltro –al di là di una espressa
previsione del bando- l’impresa concorrente
alla gara abbia scelto, pur in presenza di
un generico dichiarato rinvio alle singole
specifiche previsioni di cui al citato art.
38, di dichiarare in aggiunta, espressamente
-e per esteso- l’assenza di cause di
esclusione soltanto per alcune delle ipotesi
normativamente previste, la circostanza che
per le altre abbia serbato il silenzio, non
può che far ritenere che per queste ultime
essa abbia inteso omettere la prescritta
dichiarazione, con le connesse conseguenze
che danno luogo alla esclusione ex lege
dalla gara (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Palermo,
Sez. III,
sentenza
18.03.2011 n. 495 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Le
valutazioni in ordine alla gravità delle
condanne riportate dai concorrenti ed alla
loro incidenza sulla moralità professionale
spettano alla stazione appaltante e non al
concorrente medesimo, il quale è pertanto
tenuto a indicare tutte le condanne
riportate, non potendo operare a monte alcun
"filtro" omettendo la dichiarazione di
alcune di esse sulla base di una selezione
compiuta secondo criteri personali.
In tema di appalti pubblici, anche a
seguito dell'accertata mancanza dei
requisiti di ordine generale -contemplati
dall'art. 38, d.lgs. n. 163 del 2006- deve
essere effettuata la segnalazione
all'Autorità di Vigilanza per i contratti
pubblici, al fine della conseguente
annotazione nel casellario informatico.
Quanto alla mancata dichiarazione della
condanna subita da uno dei componenti il
costituendo RTI, va richiamato il recente
orientamento del Consiglio di Stato (Sez. VI,
n. 782/2011), secondo il quale “le
valutazioni in ordine alla gravità delle
condanne riportate dai concorrenti ed alla
loro incidenza sulla moralità professionale
spettano alla stazione appaltante e non al
concorrente medesimo, il quale è pertanto
tenuto a indicare tutte le condanne
riportate, non potendo operare a monte alcun
"filtro" omettendo la dichiarazione di
alcune di esse sulla base di una selezione
compiuta secondo criteri personali"
(Consiglio di Stato, sez. IV, 10.02.2009, n.
740).
Tale conclusione risulta avallata, nel caso
di specie, dal fatto che il bando stesso
(così come il modulo predisposto dalla
stazione appaltante) richiedeva
l’indicazione dell’esistenza di condanne
penali, senza limitare la dichiarazione a
quelle considerate gravi.
Sebbene l’utilizzo del modulo predisposto
dall’amministrazione non fosse obbligatorio,
in quanto la dichiarazione doveva essere
resa in conformità a quanto in esso
indicato, ciò non esonerava i concorrenti
dall’effettuare comunque una dichiarazione
di contenuto conforme allo stesso,
assumendosi tutte le responsabilità in
ordine alla veridicità delle affermazioni in
essa contenute.
Inoltre, attese le argomentazioni difensive
di parte ricorrente che mettono in risalto
la circostanza dell’intervenuta
dichiarazione di estinzione del reato
ascritto ad una componente del RTI, per
effetto della sentenza emessa dal giudice
penale prima del provvedimento di
esclusione, il Collegio non ritiene che
detta circostanza possa assumere rilevanza
nel caso di specie, in quanto persiste la
ratio dell’esclusione ossia l’esistenza
di una dichiarazione non veritiera al
momento della presentazione della domanda,
non rilevando i fatti sopravvenuti, essendo
condizionante il fatto in sé dell’omissione.
Né rileva l'ignoranza o la buona fede del
soggetto tenuto alla dichiarazione, il quale
deve assumersi la responsabilità di quanto
dichiarato.
---------------
Quanto, poi, alla seconda causa di
esclusione, risulta oggettiva la non
veridicità delle dichiarazioni rese dai
singoli partecipanti al RTI, i quali
dovevano essere ben consapevoli delle
dichiarazioni rese proprio attraverso
l’utilizzo del modulo predisposto
dall’amministrazione e che, quindi, se le
dichiarazioni rese risultavano riferite al
raggruppamento nel complesso non potevano
essere rese in qualità di singoli componenti
dello stesso (come peraltro, più
attentamente, hanno precisato altri
concorrenti);
Pertanto, confermata la legittimità
dell’esclusione con riguardo ai due i
profili contestati, entrambe le segnalazioni
risultano corrette e doverose, in quanto,
come già osservato a tale riguardo (cfr. TAR
Veneto, I, n. 1554/2010 e 4681/2010), in
tema di appalti pubblici, anche a seguito
dell'accertata mancanza dei requisiti di
ordine generale -contemplati dall'art. 38,
d.lgs. n. 163 del 2006- deve essere
effettuata la segnalazione all'Autorità di
Vigilanza per i contratti pubblici, al fine
della conseguente annotazione nel casellario
informatico.
Invero, sebbene l'art. 48, d.lgs. n. 163 del
2006, che prevede la sanzione
dell'escussione della cauzione provvisoria e
della segnalazione all'Autorità di Vigilanza
come conseguenza dell'esclusione dalla gara,
si riferisca testualmente alla mancanza dei
soli requisiti di capacità
economico-finanziaria e
tecnico–organizzativa, tuttavia, tale norma
deve essere letta in combinato disposto con
l'art. 38 dello stesso d.lgs., il quale
prevede l'esclusione dalle gare per tutti i
soggetti privi dei requisiti di ordine
generale e conseguentemente si deve ritenere
immanente nell'ordinamento un obbligo
generalizzato di segnalare all'Autorità sui
contratti tutte le false dichiarazioni rese
in sede di gara, ivi comprese quelle
relative ai requisiti di carattere generale
Quindi, non può sostenersi che l'art. 38
cit. non contemplerebbe, quale sanzione per
le dichiarazioni smentite in sede di
controllo, la segnalazione all'Autorità di
vigilanza, ma la sola esclusione
dall'appalto
(TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 18.03.2011 n. 455 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Gara
nulla se nella commissione c'è chi ha
scritto il bando. Consiglio di Stato: il
conflitto di interessi annulla l'appalto.
Mal aveva scritto gli
atti della gara per l'affidamento del
servizio di distribuzione del gas, aveva
preparato la perizia tecnica per la
valorizzazione degli impianti e il rimborso
al gestore uscente, e poi era entrato come
membro della commissione che avrebbe dovuto
individuare il nuovo affidatario. Troppe
giacchette sulle spalle dello stesso
soggetto, però, invalidano la gara, e
impongono anche il risarcimento del danno
all'impresa che ha partecipato alla gara
invalidata.
A stoppare il «conflitto di interessi»
nella gara d'appalto messa in piedi da un
comune veneto è il Consiglio di Stato, Sez.
V, nella
sentenza 16.03.2011 n. 1628.
Al di là della vicenda specifica, che ha
visto la stessa persona ricoprire una
pluralità di ruoli prima e durante la
procedura concorsuale, il principio fissato
dal Consiglio di stato è chiaro: chi ha
partecipato alla fase preparatoria della
gara non può poi far parte della commissione
giudicatrice.
A salvare la procedura non è stato
sufficiente nemmeno il fatto che l'ingegnere
al centro della vicenda fosse stato indicato
come consulente, ricoprendo quindi un ruolo
formalmente esterno nell'ambito della
commissione.
«Il dato sostanziale» che conferma la
sua partecipazione piena alle valutazioni,
spiegano i giudici d'appello, prevale sulla
«veste formale», anche perché
l'ingegnere aveva avuto «compiti
decisionali determinanti nella valutazione
delle offerte tecniche»; compiti, questi
ultimi, che non possono essere attribuiti a
un «esterno» alla commissione, per non
eludere le regole (articolo 84 del codice
degli appalti) che impongono il ricorso a «professionalità
tecnicamente attrezzate» all'interno
dell'organo collegiale.
La violazione delle regole da parte del
comune non comporta solo la cancellazione
della gara, ma impone anche il risarcimento
del danno all'impresa che ha fatto ricorso.
I giudici hanno infatti riconosciuto il «danno
emergente», alimentato dalle spese
sostenute per partecipare a un appalto
«destinato a non trovare definizione»
proprio per la sua illegittimità.
Al danno emergente, arricchito dagli
interessi legali, non si aggiunge però il «lucro
cessante», ipotizzabile per il fatto che
l'impegno nella gara incriminata abbia fatto
perdere all'impresa altre occasioni di
business; per individuare questo secondo
tipo di danno, infatti, i giudici non hanno
trovato «idonei elementi di prova»
(articolo
Il Sole 24 Ore
del 23.03.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI: Gare,
commissioni senza paletti. Il comune può
nominare dipendenti di una società in house.
Il Tar Lazio equipara il lavoratore a un
funzionario in virtù del rapporto di
subordinazione.
Un comune pub legittimamente nominare come
componente di una commissione di gara di
appalto un dipendente di una società in
house; il soggetto nominato commissario, ma
appartenente alla società in house, è
equiparabile ad un funzionario comunale in
virtù del rapporto di subordinazione
gerarchica che intercorre fra il comune e la
società.
E' quanto afferma la
sentenza 14.03.2011 n. 2241
emessa dal TAR Lazio-Roma, Sez. II, in
merito alla legittimità di una nomina a
membro di una commissione giudicatrice di un
appalto pubblico di un soggetto dipendente
della società Zetema Progetto Cultura srl,
effettuata dal comune di Roma.
In sostanza si sosteneva, nel ricorso
presentato per l'annullamento del
provvedimento di nomina, che si trattava di
soggetto esterno alla organizzazione della
staziono appaltante, che avrebbe dovuto
essere selezionato nei modi e secondo i
criteri previsti dal comma 8 dell'articolo
84 del Codice dei contratti pubblici
(scegliendo quindi da un elenco di
professionisti candidati fornito dal
corrispondente ordine professionale).
Nello specifico si trattava di un soggetto
dipendente della società Zetema spa, società
in house del comune di Roma per lo
svolgimento dei compiti di gestione dei
musei e delle attività culturali e di
spettacolo e di promozione turistica, che
era distaccato presso un dipartimento del
comune.
I giudici hanno affrontato la questione
chiarendo innanzitutto la portata
dell'articolo 84, comma 8 del Codice che «non
può essere ...
(articolo ItaliaOggi
del 25.03.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Niente
scuse sulla legge Brunetta. Applicare la
riforma non costituisce condotta
antisindacale. Il tribunale di Venezia
spezza il fronte giurisprudenziale contrario
all'immediata applicazione.
L'applicazione della riforma Brunetta non
può configurare condotta antisindacale,
perché è un dovere del dirigente pubblico.
Si spezza decisamente il fronte, fino a poco
tempo fa, compatto delle decisioni dei
giudici del lavoro, che avevano ritenuto
costituisse violazione dell'articolo 28
dello statuto dei lavoratori l'applicazione
del digs 150/2009, anche in assenza della
nuova stagione della contrattazione
nazionale collettiva.
Dopo la sentenza del Tribunale di Pesaro
417/2010 è il giudice del lavoro del
Tribunale di Venezia, con
sentenza 12.03.2011 n. 280, a
chiarire che la riforma-Brunetta è
immediatamente operativa, respingendo
direttamente l'ennesimo ricorso presentato
da una sigla sindacale.
Oggetto della controversia, in questo caso,
la decisione di un dirigente scolastico di
non sottoporre alla contrattazione
decentrata materie che, pur essendo rimesse
a tale forma di relazione dall'articolo 6,
lettera m), del Ccnl 29/11/2007 del comparto
scuola, riguardavano tuttavia
l'organizzazione degli uffici e la gestione
del personale. Ambiti, questi ultimi,
attribuiti dal dlgs 150/2009 all'esclusiva
competenza della dirigenza, sì da non
ammettere alcuna relazione sindacale se non
quella dell'informazione.
L'articolo 6, lettera m), infatti, riguarda
criteri e modalità relativi alla
organizzazione del lavoro e
all'articolazione dell'orario del personale
docente, educativo e Ata, nonché i criteri
per l'individuazione del personale docente,
educativo e Ata da utilizzare nelle attività
retribuite con il fondo di istituto.
Il giudice veneziano esclude radicalmente
che il dirigente scolastico abbia posto in
essere una condotta antisindacale,
mostrandosi contrario alla contrattazione
decentrata sulla base di un proprio
convincimento. Il sindacato ricorrente aveva
proprio stigmatizzato il comportamento del
dirigente, ritenendo preclusa la possibilità
di escludere materie dalla contrattazione,
in assenza di direttive chiare sul punto.
Secondo il giudice del lavoro, esattamente
all'opposto, il dirigente ha operato bene e
doverosamente. Infatti, da un lato si è
attenuto alle previsioni della circolare
7/2010 del dipartimento della funzione
pubblica. Dall'altro, essendo gravato
dell'obbligo di adottare gli atti di
organizzazione dell'ufficio, era tenuto a
fornire una propria interpretazione circa
l'ambito temporale di applicazione del dlgs
150/2009.
Anche il giudice del lavoro di Venezia come
quello di Pesaro, dunque, ritiene che la
circolare 7/2010 di palazzo Vidoni
costituisca parametro essenziale del
corretto operare delle amministrazioni, a
totale smentita di quanto sostenuto, invece,
dal giudice del lavoro di Trieste col
decreto 06/10/2010.
Tra l'altro, nota il giudice veneziano, il
dirigente scolastico nel caso di specie ha
agito con lo specifico intento di non
arrecare danni alle prerogative sindacali:
infatti ha proseguito nella negoziazione
integrativa fino a tutto il 31/12/2010,
nonostante il mancato consenso del
sindacato.
Il decreto del giudice veneziano spiega
anche perché l'articolo 65 del dlgs
150/2009, erroneamente ritenuto dai
sindacati e dalle prime decisioni dei
giudici del lavoro alla stregua di norma di
diritto transitorio, non costituisce
ostacolo alcuno al pieno dipanarsi
dell'operatività della riforma-Brunetta.
Detto articolo 65, infatti, si limita a
mantenere in vita solo i contratti
decentrati vigenti al 15/11/2009, ma fino al
31/12/2010 (per le amministrazioni locali,
il termine è al 31/12/2011).
Se, ragiona il giudice veneziano, i
contratti già vigenti al momento
dell'entrata in vigore della riforma restano
efficaci al verificarsi delle scadenze
previste proprio dall'articolo 65 «tanto
più deve ritenersi esclusa la possibilità di
stipulare nuovi ...
(articolo ItaliaOggi
del 25.03.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI: Il
Durc irregolare non stoppa l'appalto.
Escluso che una mera irregolarità che emerge
dal Durc sia sufficiente a revocare
l'appalto di opera pubblica all'impresa
vincitrice. Laddove il bando di gara non
pone paletti precisi, la stazione appaltante
ha il dovere di verificare che la violazione
delle norme contributive che emerge dal
documento di regolarità sia effettivamente
«grave» come richiede la legge ai fini
dell'esclusione del concorrente. Insomma, ha
ragione l'azienda che sottolinea come
compensando i suoi crediti e debiti nei
confronti dell'Inail emerge che la somma da
versare all'istituto previdenziale sia
ampiamente sotto la dead line indicata come
minimo debito contributivo (100 euro) dal dm
27.10.2007.
È quanto emerge dalla
sentenza 02.03.2011 n. 1288,
emessa dalla VI Sez. del Consiglio di stato.
Automatismi esclusi.
L'impresa, nella specie, riesce a ottenere
anche che sia revocata l'aggiudicazione
dell'appalto all'azienda controinteressata.
La declaratoria di irregolarità contributiva
relativa al Dure risulta sì un grave indizio
che va tuttavia valutato dalla stessa
stazione appaltante ai fini dell'esclusione.
Né costituisce un parametro obbligatorio la
soglia minima dei 100 euro, al di sotto
della quale non esiste debito contributivo:
il decreto ministeriale del 2007, infatti,
non è norma attuativa del codice dei
contratti pubblici.
Forma e sostanza.
La chiave di volta, insomma, sta sempre nel
bando di gara.
Se il bando richiede che debbano essere
dichiarate tutte le violazioni contributive
in cui il concorrente sia eventualmente
incorso, vuol dire che si esige una
dichiarazione dal contenuto più ampio e più
puntuale rispetto a quanto prescritto
dall'articolo 38 del codice dei contratti;
soltanto in questo caso, dunque, si può ben
dire che la stazione appaltante si sia
riservata una valutazione più ampia di
gravità o meno dell'illecito per poter
procedere all'esclusione dalla gara: si
tratta di un'ipotesi in cui si configura
infatti una violazione a un tempo
sostanziale e formale, con il mancato
rispetto di una prescrizione del bando che
si unisce all'omesso versamento contributivo
(articolo ItaliaOggi
del 15.03.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
APPALTI SERVIZI:
Tributi in house solo se il
comune «gestisce» la società. Affidamento
bocciato dal Tar.
È illegittimo
l'affidamento diretto dei tributi locali a
una società pubblica se il comune non ha
alcun potere di intervento sulla gestione
operativa.
Lo afferma il TAR Toscana, Sez. I, con la
sentenza 01.03.2011 n. 377, che
ha annullato l'affidamento del servizio
perché mancava il requisito del «controllo
analogo».
L'articolo 52 Dlgs 446/1997 consente alle
società in house di gestire i tributi
locali con affidamento diretto, ma solo in
presenza di tre condizioni: 1) controllo
analogo; 2) realizzazione della parte più
importante della propria attività; 3)
svolgimento dell'attività solo nell'ambito
territoriale di pertinenza dell'ente che la
controlla.
In particolare, il requisito del controllo
analogo sussiste quando l'ente pubblico
affidante esercita sulla società poteri di
ingerenza e di condizionamento superiori a
quelli tipici del diritto societario. In
sostanza, la società in house non
deve avere rilevanti poteri gestionali e le
decisioni più importanti devono essere
sottoposte al vaglio preventivo dell'ente
affidante.
Nel caso sottoposto al Tar Toscana, il cda
della società aveva una libertà decisoria
pressoché assoluta, a fronte di un controllo
dell'organo politico-amministrativo limitato
ad aspetti formali. In questa situazione
manca il requisito del «controllo analogo»,
e l'affidamento si rivela illegittimo.
Conclusione -quella del Tar Toscana- che
rischia di mettere in crisi questo modulo
organizzativo.
Tra l'altro si registra una propensione a
costituire società multiutility,
senza considerare che l'ampliamento
dell'oggetto sociale fa acquisire alla
società pubblica una vocazione commerciale
incompatibile con la logica dell'in house.
Ci sono quindi diversi elementi critici,
anche perché si sostiene da più parti
l'applicabilità della disciplina restrittiva
prevista dall'articolo 23-bis Dl 112/2008.
Questione che è stata affrontata dal Tar
Toscana, ma liquidata con l'affermazione che
la riscossione dei tributi è un'attività
strumentale -come più volte affermato
dall'Antitrust- al di fuori della portata
del 23-bis. Senza però considerare che la
natura concessoria del rapporto (Consiglio
di Stato 5566/2010) non riguarda soltanto
attività strumentali al successivo esercizio
della potestà impositiva dei comuni, ma un
diretto svolgimento delle attività di
accertamento e riscossione dei tributi. Un
servizio talmente ampio da apparire
inconciliabile con la natura «meramente
strumentale» dell'attività.
Il problema tuttavia non si dovrebbe porre
in quanto l'articolo 52 Dlgs 446/1997 è
chiaro nel rinviare -per quanto concerne
l'affidamento- proprio alla disciplina sui
servizi pubblici locali. Si tratta di un
rinvio dinamico, che impone cioè di
applicare la disciplina attualmente vigente
e quindi il 23-bis, che ha praticamente
sostituito l'articolo 113 del Dlgs 267/2000,
disposizione quest'ultima espressamente
richiamata dall'articolo 52 del Dlgs
446/1997 proprio in ordine alle società.
Ci sono quindi valide motivazioni per
sostenere che la legittimità degli
affidamenti alle società in house andrebbe
valutata anche alla luce del 23-bis. Si
tratterebbe quantomeno di una soluzione
interpretativa «prudenziale», se non
si vuole correre il rischio di compromettere
la validità degli atti impositivi emessi
dalla società.
Risulta dallo statuto (della società) il cda
della società affidataria in house ha una
libertà decisoria pressoché assoluta
rispetto al vaglio dell'organo
politico-amministrativo, limitato ad aspetti
meramente formali, che non consente di
ritenere sussistente il predetto requisito
di controllo richiesto.
In particolare l'articolo io dello statuto
si limita a prevedere la competenza
esclusiva dell'organo consiliare ... in
materia di approvazione degli atti di
indirizzo annuali per la gestione della
società, di assunzione di partecipazioni e
di autorizzazione all'alienazione di beni
immobili non contemplati negli atti di
indirizzo, lasciando ogni altra attività
gestionale nella libertà operativa della
società affidataria in house.
Ne consegue che la procedura di affidamento
mediante il ricorso all'istituto dell'in
house è illegittima, difettando il requisito
del controllo analogo in concreto richiesto
perla sua applicazione
(articolo ItaliaOggi
del 21.03.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
AGGIORNAMENTO AL 21.03.2011 |
ã |
NOVITA' NEL
SITO |
Bottone "CONVEGNI"
n. 7 giornate di studio a Bergamo per il 13-20-27
aprile e 04-11-18-25 maggio 2011 organizzate dal portale
PTPL. TERMINE DI ISCRIZIONE: SABATO 09.04.2011.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella
locandina. |
Bottone "CONVEGNI"
n. 1 giornata di studio a Bergamo per il 30 marzo
2011 organizzata dal portale PTPL. TERMINE DI
ISCRIZIONE: SABATO 26.03.2011.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella
locandina. |
A V V I S O
In relazione
alle giornate di studio organizzate dal
portale PTPL, che sono in corso di
svolgimento p.v., abbiamo avuto notizia che
alcuni comuni provvedono a richiedere il
C.I.G. all'Autorità per la Vigilanza sui
Contratti Pubblici:
NON OCCORRE !!
Invero, oggi stesso abbiamo telefonato
all'Autorità (contact center
800/89.69.36) ed il funzionario che ha
risposto ha confermato che NON OCCORRE
richiedere il C.I.G. per adottare la
determinazione di impegno di spesa della
quota di partecipazione poiché non siamo in
presenza di un contratto d'appalto.
Tale risposta è facilmente riscontrabile
nello specifico F.A.Q. relativo alla "tracciabilità
dei flussi finanziari".
Si legga,
in particolare, la risposta A4 laddove è
detto che "Sono escluse dall'obbligo di
richiedere il codice CIG ai fini della
tracciabilità le seguenti fattispecie: ...
• l’amministrazione diretta ai sensi
dell’articolo 125, comma 3 del decreto
legislativo n. 163/2006 (vedi faq A15);".
Pertanto, i responsabili dell'Ufficio
Ragioneria vedano di non aggravare il
procedimento amministrativo con adempimenti
burocratici non contemplati dalla legge !!
>
< > < > < > < > <
ATTENZIONE:
lo stesso ragionamento di cui sopra vale
anche per il rinnovo annuale delle varie
riviste dell'Ufficio Tecnico (cartacee
ovvero internet).
Ovviamente, il ragionamento fila laddove non
si proceda a contrattare con quelle società
che offrono pacchetti variegati di
abbonamenti multipli (i più disparati) per
avere un sconto sul prezzo di copertina che,
trattando direttamente col singolo editore,
non si avrebbe.
15.03.2011 - LA SEGRETERIA PTPL |
UTILITA' |
VARI:
Scadenza adempimenti in materia di privacy:
DPS e Videosorveglianza. Guide su come
mettersi in regola.
Il Codice in materia di protezione dei dati
personali prevede che le aziende e gli studi
professionali adottino nuove misure minime
di sicurezza; tra queste misure rientra
anche l’obbligo di redigere il DPS entro il
31 marzo di ogni anno o di aggiornarlo e
adeguarlo agli eventuali cambiamenti
avvenuti in azienda o nello studio e alle
modifiche normative intercorse nell’anno
precedente.
Scade, quindi, il 31.03.2011 il termine
annuale per la redazione e aggiornamento del
DPS (Documento Programmatico sulla
Sicurezza) o, in alternativa, nei casi
previsti dalla vigente normativa,
dell’autocertificazione sostitutiva.
A tal proposito, ricordiamo che il Garante
ha introdotto, con il Provvedimento
27.11.2008, la possibilità di sostituire il
DPS con un'autocertificazione per le aziende
che non trattano dati sensibili o che
trattano come unici dati sensibili quelli
inerenti la salute o malattia dei propri
dipendenti.
Relativamente alla videosorveglianza, con
provvedimento dell'08.04.2010, il Garante
ha prescritto la scadenza del 29.04.2011 per
obbligo di rendere visibile l'informativa
sulla videosorveglianza, nonché dell'obbligo
di adottare le misure di sicurezza a
protezione dei dati registrati tramite gli
impianti di videosorveglianza.
La redazione di Biblus-net ritiene opportuno
riproporre una Guida pratica del Garante,
rivolta alle piccole e medie imprese, ma
utile anche agli studi professionali,
contenente domande e risposte sul
trattamento dei dati sensibili e una check
list finale per la verifica della gestione
attuale e per l'individuazione di eventuali
criticità.
Nella Guida sono illustrati gli aspetti più
importanti della normativa con l'obiettivo
di rendere più agevoli gli adempimenti
previsti dal codice. Tra le questioni
affrontate:
- i soggetti che effettuano il trattamento
- la notifica del trattamento
- l'informativa
- il consenso dell'interessato
- la sicurezza dei dati, il DPS, il
trasferimento dei dati personali fuori
dell'Unione europea
- i diritti degli interessati
(link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ascensori e montacarichi. Dal Ministero del
Lavoro il testo coordinato per l'attuazione
delle direttive europee.
Il Ministero del Lavoro ha pubblicato un
documento contenente il testo coordinato del
Decreto del Presidente della Repubblica
05.10.2010, n. 214 - “Regolamento recante
modifiche al Decreto del Presidente della
Repubblica 30.04.1999, n. 162, per la
parziale attuazione della Direttiva
2006/42/CE relativa alle macchine e che
modifica la Direttiva 95/16/CE relativa agli
ascensori”.
Il documento fornisce un quadro completo
sulle norme relative ad ascensori e
montacarichi, dai requisiti essenziali di
sicurezza ai contenuti delle dichiarazione
CE. Sono presenti diversi allegati tecnici,
tra cui:
- Requisiti essenziali di sicurezza;
- Contenuto della dichiarazione CE;
- Marcatura CE di conformità;
- Elenco dei componenti di sicurezza;
- Esame CE del tipo (Modulo B);
- Esame finale (link a www.acca.it). |
GURI - GUUE -
BURL (e anteprima) |
ENTI LOCALI: G.U.
19.03.2011 n. 64, suppl. ord. n. 74, "Adozione
dei criteri ambientali minimi da inserire
nei bandi gara della Pubblica
amministrazione per l’acquisto dei seguenti
prodotti: tessili, arredi per ufficio,
illuminazione pubblica, apparecchiature
informatiche" (Ministero dell'Ambiente e
della Tutela del Territorio e del Mare,
decreto 22.02.2011). |
ENTI LOCALI:
G.U. 19.03.2011 n. 64 "Linee guida, in
materia di trattamento di dati personali
contenuti anche in atti e documenti
amministrativi, effettuato da soggetti
pubblici per finalità di pubblicazione e
diffusione sul web"
(Garante per la protezione dei dati
personali,
deliberazione 02.03.2011). |
ENTI LOCALI:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 11 del
16.03.2011:
- "Modifiche agli allegati A e C al r.r.
n. 2/2009 «Contributi alle Unioni di Comuni
Lombarde e alle Comunità Montane e
incentivazione alla fusione dei piccoli
Comuni» e s.m.i., in attuazione dell’art. 20
l.r. n. 19/2008;
- Testo coordinato del Regolamento
regionale 27.07.2009, n. 2 - «Contributi
alle Unioni di Comuni Lombarde e alle
Comunità Montane e incentivazione alla
fusione dei piccoli Comuni, in attuazione
dell’articolo 20 della legge regionale
27.06.2008, n. 19 (Riordino delle Comunità
Montane della Lombardia, disciplina delle
Unioni di Comuni Lombarde e sostegno
all’esercizio associato di funzioni e
servizi comunali)», integrato con la d.g.r.
09.03.2011, n. 1405" (deliberazione
G.R. 09.03.2011 n. 1405). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G.U. 15.03.2011 n. 61 "Modifiche al
decreto legislativo 20.11.2008, n. 188,
recante l’attuazione della direttiva
2006/66/CE concernente pile, accumulatori e
relativi rifiuti e che abroga la direttiva
91/157/CEE, nonché l’attuazione della
direttiva 2008/103/CE"
(D.Lgs.
11.02.2011 n. 21). |
DOTTRINA E
CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA: W.
Fumagalli,
La segnalazione certificata di inizio
attività nell’edilizia (AL
n. 01-02/2011). |
EDILIZIA PRIVATA:
P. Vignola,
Il procedimento amministrativo
autorizzatorio delle attività economiche: lo
Sportello unico per le attività produttive e
le Agenzie per le imprese - Le principali
novità introdotte dai recenti interventi
riformatori (link a
www.dirittodeiservizipubblici.it). |
SINDACATI |
PUBBLICO IMPIEGO:
Festa per i 150 anni dell'Unità
d'Italia: vi è il dubbio che i lavoratori
del comparto Regioni ed Enti Locali non
debbano subire la compensazione su ferie o
festività soppresse (CSA
di Roma,
comunicato stampa del 15.03.2011). |
PUBBLICO IMPIEGO: Festività
nazionale del 17.03.2011
(CISL-FP di Bergamo,
nota 14.03.2011). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Risorse economiche aggiuntive:
per la contrattazione decentrata?
(CGIL-FP di Bergamo,
nota 14.03.2011). |
NOTE,
CIRCOLARI E COMUNICATI |
EDILIZIA PRIVATA:
Linee guida per la progettazione e
l'installazione di apparecchi termici
radianti a gas di tipo A.
Gli impianti termici a gas realizzati con
diffusori radianti ad incandescenza
(conformi alla UNI 419-1) non sono
disciplinati, ai fini della prevenzione
incendi, da alcuna regola tecnica (nel D.M.
12/04/1996 sono esclusi esplicitamente gli
apparecchi di Tipo A) né da Norme di buona
tecnica (le UNI 7129 e 7131 riguardano
apparecchi domestici con potenza fino a 35
kW).
Per sopperire a tale mancanza, il Ministero
dell'Interno (Dipartimento dei Vigili del
Fuoco) ha pubblicato la
lettera-circolare 09.03.2011 n. 3185 di prot.,
contenente le Linee Guida per la valutazione
del rischio di impianti termici a gas di
tipo A, installati nei luoghi soggetti ad
affollamento di persone, di potenzialità
superiore a 116 kW, ma utili anche per la
valutazione del rischio per gli impianti di
potenza termica compresa tra 35 e 116 kW.
In particolare, la nota ministeriale
P449/4143 del 1998 già dettava delle
indicazioni circa l'installazione di tali
impianti, ma, a seguito di alcuni incidenti,
ulteriori provvedimenti ne avevano vietato
l'installazione in luoghi di culto. Con la
nuova Circolare vengono rimossi i divieti di
installazione previsti dalle precedenti
Circolari e vengono evidenziati alcuni
fattori di rischio che il progettista dovrà
tener in conto, secondo le procedure
previste dal D.M. 04.05.1998 oppure
attraverso l'approccio ingegneristico
previsto dal D.M. 09.05.2007.
Ai fini della valutazione del rischio, si
chiede al progettista di considerare i
seguenti tre fattori di rischio:
- immissione all’interno dell’ambiente di
prodotti di combustione;
- irraggiamento termico;
- presenza di linee di alimentazione
all’interno dell’ambiente
(link a www.acca.it). |
CORTE DEI
CONTI |
ENTI LOCALI: Società
partecipate dai Comuni: confermati i divieti
introdotti dalla manovra correttiva.
Per i Comuni con
popolazione inferiore a 30.000 abitanti
opera il divieto di costituire società,
previsto dalla manovra correttiva, in
relazione alla partecipazione (minoritaria)
a una società veicolo per la realizzazione
di un’operazione di project financing.
La disciplina recata dal Codice dei
Contratti, infatti, non presenta carattere
di specialità e, pertanto, non può
determinare il superamento del divieto
generale posto dall’articolo 14, comma 32,
della legge 122/2010.
È quanto ha precisato la Sezione di Controllo della
Corte dei Conti del Piemonte nel
parere 20.12.2010 n. 92 rilasciato a seguito di una
specifica richiesta avanzata da un Comune.
CASO ESAMINATO
La questione sollevata trae spunto da
un’operazione di project financing, nella
quale il bando ha stabilito l’obbligo
dell’aggiudicatario di costituire una
società di progetto con partecipazione
minoritaria del Comune, di popolazione
inferiore a 30.000 abitanti.
Partendo dalla fattispecie sottoposta la
magistratura contabile, in primis, richiama
l’evoluzione normativa intervenuta in
materia (rappresentata soprattutto dalle
disposizioni recate dalle leggi 244/2007 e
122/2010), che ha comportato un quadro
sempre più restrittivo rispetto alla
detenzione di società partecipate da parte
degli Enti locali, con particolare
riferimento alle realtà di minore
dimensione.
La ratio di questa normativa è chiaramente
il perseguimento di obiettivi finanziari
attraverso il contenimento della spesa
pubblica e il miglioramento dei saldi di
bilancio, sul ragionevole presupposto che
gli enti di maggiore estensione demografica
diano garanzie di maggiore efficienza.
Tale logica di ragionamento ha comportato,
da parte della manovra correttiva, la
statuizione del divieto di costituire e
mantenere partecipazioni societarie per i
comuni con popolazione inferiore a 30.000
abitanti (fino a 50.000 vi è invece la
possibilità di detenere una sola
partecipazione), in quanto dimensioni tali
da non giustificare i correlati costi e
rischi.
Rispetto al divieto generale così
introdotto, peraltro, sulla base del quadro
interpretativo che si sta consolidando, si
pongono in rapporto di specialità le
disposizioni con cui il legislatore ha
previsto che determinate attività e funzioni
dei comuni debbano essere svolte attraverso
la costituzione di specifiche società di
capitali.
Disposizioni che, in quanto tali, prevalgono
sulla disciplina di carattere generale e
dunque continuano ad avere efficacia, pur
rendendosi necessaria un’interpretazione
restrittiva delle stesse.
EVOLUZIONE
In questi termini si era del resto già
espressa l’Anci, con propria circolare del 03.11.2010, ritenendo escluse dalla
disciplina generale recata dalla legge
244/2007 e dalla legge 122/2010, sia le
società strumentali, regolate dall’articolo
13 della legge 248/2006, sia le società di
servizi pubblici locali di rilevanza
economica, ai sensi dell’articolo 23-bis
della legge 133/2008.
Analoga interpretazione, rispetto a queste
ultime, era altresì stata espressa dalla
Sezione Regionale di Controllo della Corte
dei Conti per la Puglia, con il proprio
parere 56/2010.
SOCIETÀ VEICOLO
Nondimeno, secondo di Controllo del Piemonte
della Corte dei Conti, non presentano
carattere di specialità le disposizioni
contenute nell’articolo 156 del Dlgs
163/2006, riguardanti proprio la
costituzione della società di progetto.
Quest’ultima, infatti, rappresenta uno
strumento da prevedersi, nel bando di gara
(come facoltativo od obbligatorio per
l’aggiudicatario) sulla base di una
soluzione che deve essere garantita o
imposta ai vincitori di gare per
l’affidamento di una concessione per la
realizzazione di un’operazione di project financing.
In aggiunta, deve essere ricordato, non è
prevista, nel modello delineato dal
legislatore, la necessaria partecipazione
dell’amministrazione aggiudicatrice al
capitale di rischio della società di
progetto, che deve essere attentamente
ponderata da parte dell’ente interessato
sulla base delle regole generali previste
per il ricorso a partecipate.
Da un lato, occorre verificare che si tratti
di società avente a oggetto la produzione di
beni e di servizi necessari per il
perseguimento delle finalità istituzionali
dell’ente o la produzione di servizi di
interesse generale.
Siffatta valutazione compete a ciascuna
amministrazione che deve svolgerla tenendo
conto delle finalità che si propone di
raggiungere con lo strumento societario, in
relazione ai compiti istituzionali a essa
assegnati dall’ordinamento.
Dall’altro lato, nel caso specifico dei
Comuni, va verificata la sussistenza dei
requisiti dimensionali minimi stabiliti
dall’articolo 14, comma 32, della legge
122/2010.
Non devono poi essere tralasciati i principi
generali dell’azione amministrativa, in
forza dei quali la partecipazione a una
società deve essere sempre attentamente
valutata da ciascun ente, nell’esercizio
della propria sfera di autonomia
decisionale, tenuto conto delle necessità
della comunità locale di riferimento, e
avendo riguardo alle risorse necessarie
(normalmente rilevanti nelle operazioni di
project financing) così come alla
salvaguardia della sana gestione
finanziaria.
CONCLUSIONI
La pronuncia in commento, che si aggiunge
alle molte altre sul tema, contribuisce a
chiarire il quadro normativo riguardante le
società partecipate degli Enti locali, che
dopo gli interventi normativi più recenti si
presenta articolato e complesso.
Per di più non sono stati neppure emanati i
provvedimenti attuativi previsti, che pure
avrebbero potuto apportare qualche
contributo chiarificatore.
In effetti, l’incertezza in ordine alle
sorti che devono subire le società degli
enti, soprattutto comunali e di modesta
dimensione, è notevole e lascia le
amministrazioni interessate in una
situazione critica, in cui risultano dubbi
anche gli stessi percorsi da intraprendere.
È quindi del tutto auspicabile, per
garantire una stabilità del quadro di
riferimento, ma altresì per assicurare la
tutela degli investimenti effettuati dagli
enti locali, che giungano al più presto
indicazioni chiare (anche di carattere
legislativo) in grado di definire l’assetto
delle società partecipate dagli Enti locali.
In caso contrario, la materia continuerà a
essere regolata da disposizioni di dubbia
portata, gli operatori rimarranno in una
condizione di profonda incertezza e le
soluzioni adottate dai diversi enti si
presenteranno differenziate, rendendo ancora
più complesso (e meno controllabile) il
fenomeno delle società partecipate dagli
Enti locali
(commento tratto da
www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
Valida la polizza fideiussoria non firmata
per quietanza, se riporta l'indicazione del
codice di autorizzazione al rilascio della
polizza prepagata.
La polizza fideiussoria prodotta in sede di
gara che non riporta la tradizionale
attestazione di pagamento effettuata
dall’agente che materialmente consegna la
polizza ma la più moderna indicazione del
codice di autorizzazione al rilascio della
polizza prepagata risulta quietanzata
mediante un sistema informatico di
attribuzione del codice a barre che attesta
l’avvenuto pagamento del premio e la
conseguente attivazione della copertura
assicurativa, con correlativa soddisfazione
dell’interesse e pubblico in merito alla
certezza dell’operatività della garanzia (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.03.2011 n. 1637 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La commissione non può avvalersi di un
consulente esterno che ha svolto la propria
attività nella fase di predisposizione degli
atti di gara.
Le regole poste dalla legge (art. 84 del
codice dei contratti pubblici) in ordine ai
criteri di scelta dei componenti della
commissione ed alla composizione complessiva
dell’organo collegiale, laddove impongono il
ricorso a professionalità tecnicamente
attrezzate, sarebbero con evidenza eluse se
si consentisse l’attribuzione ad un soggetto
esterno di compiti decisionali determinanti
in sede di valutazione delle offerte
tecniche, tali da esautorare la Commissione
nell’espletamento di un compito di sua
pertinenza (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.03.2011 n. 1628 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità
dell'annullamento d'ufficio di una gara
d'appalto, per violazione dell'art. 84 del
d.lgs. n. 163/2006, in ordine ai criteri di
scelta dei componenti la commissione di
gara.
E' legittimo l'atto di annullamento in
autotutela di una procedura d'appalto,
motivato in ragione della presenza, in seno
alla commissione giudicatrice, di un
componente che abbia prestato la propria
attività tanto nella fase di predisposizione
degli atti di gara, quanto in quella
successiva, in veste di "consulente
esterno", costituendo ciò violazione
dell'art. 84 del d.lgs. n. 163/2006, in
quanto l'operato del commissario predetto,
nel caso di specie, non si è limitato
fornire un occasionale supporto tecnico
ab externo, bensì ha contribuito
pienamente alla formazione del processo
decisionale ed alla conseguente assunzione
delle determinazioni spettanti all'organo
collegiale.
Peraltro, le regole dettate dall' art. 84
del d.lgs. n. 163/2006, in ordine ai criteri
di scelta dei componenti la commissione,
laddove impongono il ricorso a
professionalità tecnicamente attrezzate,
sarebbero eluse se si consentisse
l'attribuzione, ad un soggetto esterno, di
compiti decisionali determinanti in sede di
valutazione delle offerte tecniche, tali da
esautorare la Commissione nell'espletamento
di un compito di sua pertinenza (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 16.03.2011 n. 1628 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Responsabilità precontrattuale della p.a.
nel caso di annullamento d'ufficio degli
atti di gara per un vizio rilevato
dall'amministrazione solo successivamente
all'aggiudicazione.
La responsabilità precontrattuale è
configurabile tra l’altro nel caso di
annullamento d'ufficio degli atti di gara
per un vizio rilevato dall'amministrazione
solo successivamente all'aggiudicazione
definitiva o che avrebbe potuto rilevare già
all'inizio della procedura (CS., V, 07.09.2009, n. 5245; cfr anche CS.VI,
16.01.2006, n. 86) (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez.
V,
sentenza 16.03.2011 n. 1627
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla natura globale e sintetica del
giudizio di verifica di congruità delle
offerte.
Il giudizio di verifica della congruità di
un'offerta in una gara pubblica ha natura
globale e sintetica sulla serietà o meno
dell'offerta nel suo insieme.
Il giudizio
medesimo costituisce espressione di un
potere tecnico discrezionale
dell'amministrazione, di per sé
insindacabile, salva l'ipotesi in cui le
valutazioni siano manifestamente illogiche o
fondate sull'insufficiente motivazione o
affette da errori di fatto.
Pertanto i
singoli elementi di cui l'offerta si compone
non possono essere presi in considerazione
separatamente ma debbono essere valutati per
la loro incidenza sull'offerta complessiva (ex multis ,V, 20.05.2008,
n. 2348) (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.03.2011 n. 1618
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
E' sufficiente la prova che la
documentazione sia stata esposta al rischio
di manomissioni per ritenere invalida la
procedura di gara.
Le misure di cautela relative alla
conservazione dei plichi sono volte a
salvaguardare la possibilità, e non
l'effettività, della manomissione.
Pertanto è sufficiente che vi sia la prova
in atti che la documentazione di gara sia
rimasta esposta al rischio di manomissione
per ritenere invalide le operazioni di gara,
non potendosi porre a carico
dell'interessato l'onere di provare che vi
sia stato in concreto l'evento che le misure
cautelari intendono prevenire (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.03.2011 n. 1617 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Il fatturato richiesto dal bando può essere
raggiunto dal Consorzio anche con attività
di società del Consorzio stesso che avevano
operato con affitto di azienda, anche se
l'affitto è terminato.
In ordine alla questione che il fatturato
del Consorzio sarebbe stato raggiunto con
l’apporto di attività conseguita da società
cooperative del Consorzio che avevano
operato con affitto di azienda, non è
rilevante che, successivamente, l’affitto
sia venuto meno, in quanto ciò che rileva,
per individuare la massa dell’attività
svolta, è solo il fatto che una certa
attività sia stata effettivamente
esercitata, e di ciò non si può dubitare,
anche se, in un secondo momento, l’affitto è
terminato (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 16.03.2011 n. 1615 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Sul principio di proporzionalità.
Il principio di proporzionalità impone che
l'Amministrazione adotti la soluzione idonea
e adeguata, comportante il minor sacrificio
possibile per gli interessi compresenti, e
si risolve, in sostanza, nell'affermazione
secondo cui le autorità non possono imporre,
sia con atti normativi che con atti
amministrativi, obblighi e restrizioni alle
libertà del cittadino in misura
sproporzionata, e cioè superiore a quella
strettamente necessaria per il
raggiungimento dello scopo che l'autorità è
tenuta a realizzare, in modo che il
provvedimento emanato sia idoneo, cioè
adeguato all'obiettivo da perseguire, e
necessario, nel senso che nessun altro
strumento ugualmente efficace, ma meno
negativamente incidente, sia disponibile
(cfr., ex multis, TAR Campania, Napoli,
sez. IV, 22.11.2010 n. 25589) (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR
Sicilia-Catania, Sez. IV,
sentenza 16.03.2011 n. 667
- link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La lex specialis non può prescrivere
adempimenti superflui e formalistici ai fini
della partecipazione alle gara.
E' illegittima la prescrizione della lex
specialis, la quale, all’interno della busta
“C”, prevedeva l’inserimento dell’offerta
del canone in apposita busta chiusa e
sigillata, in modo da separarlo dalla
relazione economica giustificativa, pure da
inserire nel plico “C”, e la conseguente
illegittimità dell’esclusione di un'impresa
per la mancata osservanza di tale
prescrizione, in quanto la gravata
prescrizione non era sorretta da alcuna
ratio giustificativa di tutela della
trasparenza e imparzialità delle valutazioni
della commissione di gara e/o della par
condicio dei concorrenti, risolvendosi per
contro in un inutile, sovrabbondante e
superfluo orpello formalistico, lesivo dei
principi di semplificazione e di mancato
aggravio procedimentale, la cui violazione
giammai era idonea a determinare
l’esclusione di una concorrente dalla gara (massima
tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 15.03.2011
n. 1588 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
CONSIP: è intrinseca
l'economicità dei beni e servizi offerti.
E’ intrinseca la economicità dei beni e
servizi offerti dal sistema CONSIP, poiché
si perviene a risparmi sia diretti,
ottenibili in virtù del miglio prezzo
offerto dalla convenzione quale risultato di
una gara comunitaria ad evidenza pubblica,
sia indiretti, consistenti nella riduzione
dei costi per il potenziale contenzioso e
nella riduzione dei tempi di avvio,
espletamento e perfezionamento delle
procedure di acquisto dei beni e dei
servizi (in termini TAR Campania, sent. n.
22688 del 04/11/2010).
Alla luce di tali principi non sussiste
alcun obbligo per l’Amministrazione di
valutare l’offerta della ditta ricorrente,
dopo avere operato la scelta di aderire alla
convenzione, poiché la valutazione della
convenienza non si parametra esclusivamente
in relazione al prezzo, ma anche in
relazione agli altri elementi costituenti “risparmi
indiretti” cui sopra si è fatto cenno,
oltre che al parametro prezzo-qualità del
servizio posto a fondamento della
convenzione (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR Sicilia-Catania, Sez. III,
sentenza
15.03.2011 n. 650 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Cottimo fiduciario: la stazione
appaltante non è obbligata a chiedere
chiarimenti in ordine al prezzo
dell'offerta.
Il cottimo fiduciario è una procedura
negoziata che, ancorché procedimentalizzata,
non esige l’osservanza di tutte le regole
dell’evidenza pubblica comunitaria (TAR
Toscana, Firenze, sez. I sent. n. 3988 del
22/12/2009).
Ciò non esclude che la stazione appaltante,
pur non essendone obbligata, possa
richiedere chiarimenti in ordine al prezzo
dell’offerta, ai sensi dell’art. 83, comma
3, d.L.vo n. 163/2006 (TAR Lazio, Latina,
sez. I, sent. n. 1903 del 19/11/2010),
facendo poi uso di ampli poteri
discrezionali nel valutare i forniti
chiarimenti, censurabili solo sotto il
profilo della illogicità e
contraddittorietà.
Nel cottimo fiduciario è esclusa la nomina
di commissari, la direzione della gara
rientrando nei compiti del RUP (TAR Toscana,
Firenze, sez. I, sent. n. 3988 del
22/12/2009) (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR
Sicilia-Catania, Sez. III,
sentenza 15.03.2011 n. 649 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Gara per l'affidamento di servizi
d igiene ambientale: va indicato il
nominativo del responsabile tecnico.
E' legittima l'esclusione dalla gara
pubblica, indetta per l'affidamento dei
servizi di igiene ambientale, dell'impresa
che nella sua domanda non abbia indicato il
nominativo del proprio responsabile tecnico,
né reso le prescritte dichiarazioni,
trattandosi di figura che per le imprese che
effettuano la gestione dei rifiuti è
espressamente prevista dal d.m. 28.04.1998,
il cui artt. 10, comma 4, ne impone la
nomina, che deve ricadere su soggetti aventi
i prescritti requisiti di qualificazione
professione, di ordine speciale, e di ordine
generale; in sostanza, il responsabile
tecnico è elemento indispensabile per la
qualificazione dell'impresa, deputato allo
svolgimento dei compiti
tecnico-organizzativi relativi anche
all'esecuzione del servizio commesso da
parte dell'impresa, di cui assume quindi,
per stessa definizione, la responsabilità
sotto tali aspetti (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR
Sicilia-Catania, Sez. III,
sentenza
15.03.2011 n. 646 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
E di natura tecnico-discrezionale
l'apprezzamento svolto in sede di verifica
dell'anomalia.
L'apprezzamento svolto in sede di verifica
dell'anomalia dell'offerta è di natura
tecnico-discrezionale, sindacabile per
manifesta illogicità, errore di fatto,
insufficiente motivazione (TAR Liguria
Genova, sez. II, 03.02.2010, n. 233)
(massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR
Sicilia-Catania, Sez. III,
sentenza
15.03.2011 n. 645 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Non sono ammissibili istanze di
accesso preordinate ad un controllo
generalizzato delle p.a..
Non sono ammissibili istanze di accesso
preordinate ad un controllo generalizzato
dell'operato delle pubbliche amministrazioni
(art. 24, comma 3, l. 241/1990) perché
siffatto potere di controllo, generale e
preliminare, è del tutto ultroneo alla norma
sull’accesso, che non conferisce ai singoli
funzioni di vigilanza, ma solo la pretesa
individuale a conoscere dei documenti
collegati a situazioni giuridiche
soggettive.
Immaginare un “potere esplorativo”
significa non solo eccedere la dimensione
comunque soggettiva del diritto di accesso,
aprendo gli orizzonti a fenomeni di
giurisdizione di diritto oggettivo, ma
soprattutto trascurare gli equilibri sottesi
alla disposizione dell’art. 22; ciò perché
l’interesse alla conoscenza dei documenti
amministrativi è destinato alla comparazione
con altri interessi rilevanti, tra i quali
anche l’interesse dell’amministrazione a non
subire eccessivi intralci nella propria
azione gestoria, che, nei limiti del
predetto equilibrio tra valori, trova
rispondenza anche nel catalogo dei principi
costituzionali: su tutti quelli previsti
agli artt. 41 e 97 Cost. (Cons. Stato,
555/2006).
In altre parole, la disciplina sull'accesso
tutela solo l'interesse alla conoscenza e
non l'interesse ad effettuare un controllo
sull'amministrazione, allo scopo di
verificare eventuali e non ancora definite
forme di lesione della sfera dei privati
(cfr. Sezione V, n. 5636 del 25.09.2006;
Cons. Stato, 11.05.2007 n. 2314) (massima
tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR
Sicilia-Catania, Sez. II,
sentenza
15.03.2011 n. 621 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
E' legittima la presenza
nella commissione di gara per l'affidamento
del servizio globale di pulizia,
manutenzione e presidio delle aree a verde
pubblico e degli arenili, di un dipendente
della società in house del Comune.
Il rapporto di completa subordinazione
gerarchica e la dipendenza anche strutturale
della società in house rispetto al
comune di appartenenza fa sì che dipendenti
della società possano essere preposti ad
uffici dell'amministrazione o comunque
chiamati a svolgere (nella prospettiva della
delegazione interorganica) funzioni
riconducibili direttamente all'ambito delle
competenze del Comune, così da operare come
funzionari del comune pur non essendo
qualificabili come dipendenti comunali e nei
limiti delle funzioni delegate.
Ne consegue che, l'art. 84, c. 8, del d.lgs.
n. 163/2006, nella parte in cui prescrive
che i componenti delle commissioni
aggiudicatrici debbano essere scelti fra
funzionari della stazione appaltante non
possa essere interpretato, restrittivamente,
come riferito esclusivamente a dipendenti di
ruolo dell'amministrazione comunale, quanto,
estensivamente, come riferito a tutti i
soggetti che -siano essi dipendenti non di
ruolo o a contratto ovvero, per esempio,
dipendenti di società in house- siano
parte integrante dell'organizzazione
complessa dell'amministrazione comunale e
preposti allo svolgimento di un ufficio.
In detta prospettiva lo svolgimento dei
compiti di componente di commissioni
aggiudicatrici finisce con l'inerire
all'ufficio e compete ai dipendenti della
società in house nella stessa maniera in cui
compete ai dipendenti di ruolo ( non dovendo
quindi dare luogo a compensi a favore degli
uni e non degli altri) (TAR Lazio-Roma, Sez.
II,
sentenza 14.03.2011 n. 2241 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Cessione di ramo d'azienda e subentro nel
contratto d'appalto.
1. La vicenda inerente la cessione, da parte
dell’aggiudicataria del contratto, del ramo
d’azienda e la conseguente richiesta da
parte della cessionaria di subentrare nel
relativo contratto, pur inserendosi nella
fase esecutiva del contratto, è
caratterizzata da una sequenza
procedimentale di tipo valutativo, a
carattere almeno parzialmente discrezionale,
volta all’accertamento, in capo alla società
cessionaria, dei necessari requisiti
richiesti per lo svolgimento del servizio
oggetto di contratto.
Trattasi di poteri valutativi discrezionali
di tipo autoritativo del tutto simili a
quelli esercitati dalla stazione appaltante
durante la procedura di gara, finalizzati
alla verifica del possesso dei requisiti di
capacità economico finanziaria richiesti dal
bando.
Pertanto, la posizione di diritto soggettivo
connessa alla fase esecutiva del contratto,
che esclude la giurisdizione del giudice
amministrativo, è rinvenibile solo con
riferimento alla posizione dell’originaria
aggiudicataria, mentre con riguardo alla
posizione della società cessionaria del ramo
d’azienda che intende subentrare nel
contratto stipulato dalla cedente, è
rinvenibile una posizione di interesse
legittimo che incardina la giurisdizione del
giudice amministrativo.
2. La possibilità di subentro nel contratto
da parte del cessionario di un ramo di
azienda è, quindi, normativamente
subordinata al positivo accertamento del
possesso sia dei requisiti di ordine
soggettivo che dei requisiti di ordine
speciale previsti in sede di gara, al fine
di garantire la stazione appaltante circa la
permanenza, in caso di modificazione
soggettiva dell’esecutore del contratto, dei
requisiti accertati in capo al soggetto
affidatario del contratto.
A tale scopo la società cessionaria potrà
avvalersi non della totalità dei requisiti
della cedente ma solo di quelli relativi al
ramo d'azienda ceduto (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 10.03.2011 n. 2187
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla sigillatura delle buste.
La chiusura tramite sigillatura di un plico,
pur in un’ottica estensiva ed attenta al
perseguimento delle finalità sostanziali
sottese alle prescrizioni formali, deve
comunque consistere in una modalità di
chiusura ermetica, tale da assicurare
l’integrità del plico ed impedirne
l’apertura senza lasciare manomissioni o
segni apprezzabili, al fine di assicurare il
raggiungimento delle finalità per cui tale
adempimento è richiesto (ex plurimis: Cons.
Stato, Sez. VI, 17.07.2008 n. 3599 e 20.04.2006 n. 2000; Sez. V, 18.03.2004
n. 1411).
Ed invero, la previsione del bando
di gara che impone la presentazione da parte
dei concorrenti di plico e buste sigillati e
controfirmati sui lembi di chiusura risponde
alla ratio di garantire, oltre ogni
ragionevole dubbio o interpretazione
discrezionale, la genuinità e paternità
della domanda di partecipazione e della
documentazione a questa allegata, la quale
può essere assicurata solo se la sigillatura
sia tale da impedire che il plico possa
essere aperto senza che ne resti (massima
tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 10.03.2011
n. 1553 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla sigillatura delle
buste nell'ambito delle procedure di
affidamento di appalti pubblici.
Secondo consolidata giurisprudenza, in
materia di appalti pubblici, l'indicazione
della necessità del sigillo, nell'ipotesi in
cui l'amministrazione, nell'esercizio del
potere di decidere in ordine al regolamento
di gara, non ne specifichi particolari
modalità, risponde all'esigenza di garantire
che la busta non possa essere aperta se non
a prezzo di manometterne visibilmente la
chiusura; il termine "sigillare" va
interpretato nel senso estensivo, indicante
una chiusura ermetica, tale da impedire ogni
accesso o rendere evidente qualsivoglia
tentativo di apertura.
Nel caso in esame, la lex specialis
testualmente prescrive, a pena di
esclusione, la necessità che il plico
contenente l'offerta risulti trovarsi in
busta sigillata, controfirmato sui lembi di
chiusura, così da garantirne l'integrità e
segretezza, non riferendosi, pertanto, ad
una tipologia specifica (nella specie si
discute se possa esservi un riferimento
specifico all'utilizzo della ceralacca)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 10.03.2011 n. 1553 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Il principio di
pubblicità della gara si applica anche nel
cottimo fiduciario.
Il principio di pubblicità della gara
risponde all'esigenza di garantire la
trasparenza delle operazioni di gara ed
opera, indipendentemente dal fatto che il
bando lo preveda, in tutte le ipotesi in cui
all'aggiudicazione si pervenga attraverso
un'attività di tipo procedimentale, ancorché
semplificata e quindi anche in relazione ai
cottimi fiduciari.
L'applicazione del detto principio implica
che la fase concernente l'apertura dei
plichi contenenti la documentazione
amministrativa e tecnica, quella di verifica
della detta documentazione, e quella di
apertura delle buste con le offerte
economiche, debbano sempre avvenire in
seduta pubblica, così da assicurare a tutti
i partecipanti la possibilità di assistere
alle relative operazioni a tutela del
corretto svolgimento della procedura (TAR
Sardegna, Sez. I,
sentenza 10.03.2011 n. 212 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Diritto di accesso: l'amministrazione deve
consentire l'accesso anche nei confronti di
quei documenti di cui non ha la
disponibilità materiale?
Fermo restando che l’amministrazione può e
(in carenza di ostacoli giuridici) deve
consentire l’accesso ai documenti dei quali
ha la disponibilità, osserva che, nei
procedimenti complessi che richiedono
intervento interno di più organi o soggetti
di p.a., il dovere ostensivo previsto dalla
legge non può ritenersi limitato a quei
documenti dei quali l’amministrazione abbia
la disponibilità di fatto o, come suol dirsi
“materiale” (in quanto titolare del
procedimento oggetto della domanda), ma
comprende anche l’ostensione di quelli che
essa deve acquisire in forza della sua
posizione di titolare anche del procedimento
ostensivo come regolata dalla legge; in tale
doppia veste l’Amministrazione non può che
essere giuridicamente tenuta ad avere la
disponibilità di tutti i documenti che già
risultino esistenti alla data della domanda
di accesso ed emessi da organi od uffici
interni che siano intervenuti nel
procedimento cui la domanda di accesso si
riferisce (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 09.03.2011 n. 1512
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI - ATTI AMMINISTRATIVI: Autodichiarazioni:
la carta di identità è sottratta
all'accesso. La tutela della privacy dei
dati contenuti nella carta di identità
prevale sul diritto di accesso.
Questo il principio che si ricava
dall'estemporanea ordinanza 09.03.2011 n. 545 del TAR
Lombardia-Milano per la quale è legittimo il
comportamento di una stazione appaltante
che, in sede di accesso agli atti esercitato
da una concorrente, non abbia reso
ostensibile, né rilasciato in copia, la
fotocopia della carta di identità dei legali
rappresentanti della ditta aggiudicataria,
per ragioni di tutela della privacy.
Questi i fatti.
Nell’ambito di una procedura per
l’affidamento di un contratto di
concessione, il concorrente secondo
classificato esercitava il proprio diritto
di accesso agli atti di gara, compresa
l’offerta risultata aggiudicataria.
In quella sede non erano rese disponibili,
neppure sotto la forma della semplice
esibizione, le copie dei documenti di
identità dei rappresentanti
dell’aggiudicataria, inerenti le
autodichiarazioni rilasciate in forza
dell’art. 38, comma 3, del Dpr 28.12.2000,
n. 445.
La Stazione appaltante taceva peraltro
l’esistenza o meno, tra i documenti a sua
disposizione, della copia della carta
d’identità.
La circostanza era oggetto di censura da
parte del concorrente secondo classificato,
in sede di impugnazione al Tar Milano, sul
presupposto dell’inesistenza del documento.
In giudizio, l’amministrazione sosteneva che
i documenti di identità non erano stati
oggetto di ostensione né rilasciati in copia
per tutelare la privacy del dichiarante.
A suo dire, la carta d’identità contiene
infatti dati sensibili.
Con ordinanza n. 545 del 09.03.2011, il
giudice meneghino (F. Mariuzzo Presidente,
H. Simonetti Estensore) respingeva l’istanza
cautelare e, con riferimento alle censure
avanzate riguardo alla mancata ostensione e
trasmissione dei documenti di identità, così
motivava: “ad un primo esame condotto
anche al lume delle puntuali e documentate
repliche dell’Azienda ospedaliera, non
emergono vizi tali da comportare
l’esclusione dalla gara”.
In sintesi, la motivazione per relationem
fa proprie le ragioni della Stazione
appaltante, per cui a tutela della privacy i
documenti di identità devono considerarsi
sottratti all’accesso.
L’azzardata conclusione del Tar Milano
contrasta non solo con l’art. 13 del Codice
dei contratti e l’art. 24 della legge n.
241/1990 (che indica i documenti sottratti
all’accesso), ma anche con i precedenti
dello stesso giudice: “... anche a
seguito delle modifiche apportate alla legge
n. 241/1990 dalla L. 11.02.2005 n. 15,
l'accesso ad un documento amministrativo non
può mai essere astrattamente negato
adducendo l'esistenza di dati personali.
Ciò, in quanto la scelta legislativa è stata
quella di imporre all'amministrazione
procedente, in quanto destinataria di
un'istanza di accesso, di porre in essere un
vero e proprio procedimento amministrativo,
al fine di operare il dovuto bilanciamento,
in relazione alla concreta fattispecie, tra
le esigenze di trasparenza e quelle di
riservatezza, che ogni specifica istanza
sottende.” (TAR Milano sez. IV,
12.05.2010 n. 1464; in questo senso, Sez.
III, 03.11.2009 n. 4951).
La limitazione riferita contrasta con il
consolidato orientamento giurisprudenziale
che, anzi, mostra di tutelare ovviamente
l’interesse dei concorrenti ad accedere agli
atti di gara: “Ai sensi dell’art. 13,
comma 6 codice dei contratti, è ammesso
l’accesso agli atti di una gara d’appalto da
parte di un’impresa che vi ha preso parte
quando esso sia funzionale alla difesa in
giudizio dei propri interessi, anche quando
la richiesta di ostensione è diretta a
conoscere le offerte tecniche delle ditte
risultate prime due graduate. Al fine di
tutelare i segreti tecnici o commerciali
contenuti nelle offerte, il giudice può
limitare l’accesso ad alcune parti dei
documenti richiesti.” (Consiglio di
Stato, sez. VI, 01.02.2010, n. 524).
Diritto alla difesa in giudizio che da tempo
l’Adunanza Plenaria reputa prevalere sulla
privacy: “Alla stregua di tale ultima
disposizione, che ribadisce quanto già
stabilito alla lett. d) del secondo comma
dell'art. 24 della legge n. 241 del 1990,
ritiene questa Adunanza plenaria che il
quesito sottoposto dall'ordinanza di
rimessione deve essere risolto nel senso che
l'accesso, qualora venga in rilievo per la
cura o la difesa di propri interessi
giuridici, debba prevalere rispetto
all'esigenza di riservatezza del terzo.”
(Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria,
04.02.1997, n. 5).
Ed è pacifico che i documenti debbano essere
resi sia in visione sia in copia: “Né
l’art. 13, comma 6, d.lgs. n. 163/2006, né
l’art. 24, nella formulazione risultante a
seguito della l. n. 15/2005, prevedono che
l’accesso c.d. difensivo, come tale
prevalente sulle antagoniste ragioni di
riservatezza o di segretezza tecnica o
commerciale, possa e debba essere esercitato
nella forma della sola visione, senza
estrazione di copia.” (Consiglio di
Stato, sez. VI, 19.10.2009, n. 6393).
La tesi del Tar Milano cozza anche contro la
realtà: i dati contenuti nella carta
d’identità sono già resi pubblici da parte
del soggetto che formula
l’autodichiarazione, il quale declina le
proprie generalità (nome, cognome, luogo e
data di nascita, residenza).
Gli unici dati contenuti nella carta
d’identità ‘cartacea’ che non
risultano in sede di autodichiarazione sono
altezza, peso e colore degli occhi, che
peraltro attengono all’aspetto fisico e sono
quindi ben visibili a tutti, salvo
travisamenti più o meno vezzosi.
Sostenere quindi che la carta di identità
contenga dati sensibili, tanto da sottrarla
all’accesso agli atti per una procedura
concorsuale, contraddice il comune buon
senso, prima ancora che il diritto.
Non resta ora che attendere altre pronunce
per capire se l’ordinanza del Tar Milano è
una fuga in avanti od un caso isolato
(commento tratto da
www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Il risarcimento del danno da ritardo
richiede la positiva verifica della
sussistenza dell'elemento soggettivo e del
nesso causale oltre che della lesione
dell'interesse tutelato.
Il risarcimento del danno non è una
conseguenza automatica e costante
dell'annullamento giurisdizionale,
richiedendo la positiva verifica, oltre che
della lesione della situazione soggettiva di
interesse tutelata dall'ordinamento, della
sussistenza della colpa o del dolo
dell'Amministrazione e del nesso causale tra
l'illecito e il danno subito (cfr. ex plurimis, Consiglio Stato, sez. V, 15.09.2010 n. 6797) (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR
Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 09.03.2011 n. 427
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Va riservato allo Stato e non allo strumento
urbanistico il potere di individuare i
limiti di esposizione ai campi
elettromagnetici.
Il Comune non può, mediante il formale
utilizzo degli strumenti di natura
edilizia-urbanistica, adottare misure, le
quali nella sostanza costituiscano una
deroga ai limiti di esposizione ai campi
elettromagnetici fissati dallo Stato, quali, esemplificativamente, il divieto
generalizzato di installare stazioni
radio-base per telefonia cellulare in tutte
le zone territoriali omogenee, ovvero la
introduzione di distanze fisse da osservare
rispetto alle abitazioni e ai luoghi
destinati alla permanenza prolungata delle
persone o al centro cittadino.
Tali
disposizioni sono, infatti, funzionali non
al governo del territorio, ma alla tutela
della salute dai rischi
dell'elettromagnetismo e si trasformano in
una misura surrettizia di tutela della
popolazione da immissioni radioelettriche,
che l’art. 4 della legge n. 36/2000 riserva
allo Stato attraverso l’individuazione di
puntuali limiti di esposizione, valori di
attenzione ed obiettivi di qualità, da
introdursi con D.P.C.M., su proposta del
Ministro dell’Ambiente di concerto con il
Ministro della Salute (in tal senso, tra le
tante, Consiglio di Stato, sez. VI, 15.06.2006, n. 3534, C.G.A.R.S. 12.11.2009, n. 929; TAR Sicilia, sez. II,
06.04.2009, n. 661).
• V. TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza
14.02.2011 n. 268;
• V. TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza
02.02.2011 n. 194 (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 09.03.2011 n.
426 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Il risarcimento del
danno non è una conseguenza automatica e
costante dell'annullamento giurisdizionale,
richiedendo la positiva verifica, oltre che
della lesione della situazione soggettiva di
interesse tutelata dall'ordinamento, della
sussistenza della colpa o del dolo
dell'Amministrazione e del nesso causale tra
l'illecito e il danno subito
Il risarcimento del danno non è una
conseguenza automatica e costante
dell'annullamento giurisdizionale,
richiedendo la positiva verifica, oltre che
della lesione della situazione soggettiva di
interesse tutelata dall'ordinamento, della
sussistenza della colpa o del dolo
dell'Amministrazione e del nesso causale tra
l'illecito e il danno subito (cfr. ex plurimis,
Consiglio Stato, sez. V, 15.09.2010,
n. 6797) (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 09.03.2011 n.
426 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Diritto di accesso e interesse
giuridicamente rilevante.
La nozione di «situazione giuridicamente
rilevante» (contenuta nell'art. 22, l. 1990
n. 241), per la cui tutela è attribuito il
diritto di accesso, è diversa e più ampia
rispetto all'interesse all'impugnativa e non
presuppone necessariamente una posizione
soggettiva qualificabile in termini di
diritto soggettivo o di interesse legittimo (massima tratta da www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR
Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 09.03.2011 n. 423
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: E'
illegittima l'ingiunzione di demolizione
emessa in pendenza del procedimento di
condono edilizio.
L'esame della domanda di condono edilizio,
deve precedere ogni iniziativa
sanzionatoria-repressiva, la quale
diversamente vanificherebbe a priori
l'interesse al rilascio del titolo
abilitativo in sanatoria (cfr., fra le
tante, TAR Sicilia, Sez. III, 21.02.2006, n.
424, e le sentenze ivi richiamate) (massima
tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 09.03.2011 n.
422 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Non ha valenza probatoria la dichiarazione
"testimoniale" del dirigente dell'Ufficio.
Non ha valenza probatoria la mera asserzione
del Dirigente dell’Ufficio Centro Storico,
autorità emanante l’atto, secondo cui
l’abuso in questione sarebbe stato
certamente realizzato nel luglio 2004, per
averlo visto dalla propria finestra, situata
dirimpetto all’immobile in questione.
E’ il caso di rilevare che siffatta
singolare dichiarazione, resa peraltro ora
per allora, dalla medesima autorità
amministrativa che con essa contestualmente
suffraga l’atto di diniego di condono che
adotta, non può assurgere a strumento
probatorio, neppure atipico, essendo priva
degli elementi essenziali di forma e di
sostanza che potrebbero, in ipotesi,
assimilarlo ai verbali di sopralluogo, con i
quali i tecnici comunali od agenti di
polizia municipale accertano abusi edilizi,
che –com’è noto- sono atti dotati di fede
privilegiata nel senso che fanno fede dei
fatti accertati fino a querela di falso (ex plurimis, Consiglio Stato, sez. V, 03.11.2010,
n. 7770 ) (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 09.03.2011 n.
421 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE GESTIONALI:
Spetta ai dirigenti e non al Sindaco
l'adozione dei provvedimenti autorizzatori e
concessori.
1. A seguito dell'entrata in vigore della
legge 142/1990 (art. 51), -applicabile anche
nella Regione Siciliana- non spetta più al
Sindaco, ma ai Dirigenti degli Uffici e dei
Servizi l'adozione di "tutti i provvedimenti
di autorizzazione, concessione o analoghi ... ivi comprese le autorizzazioni e le
concessioni edilizie", nonché di "tutti i
provvedimenti di sospensione dei lavori,
abbattimento e riduzione in pristino di
competenza comunale" (art. 51, comma 2°).
2. La determinazione di annullamento del
silenzio assenso formatosi sull’istanza di
autorizzazione ex art. 87 D.Lgs. n. 259/2003 è
un atto di secondo grado, pertanto,
richiede la comunicazione di avvio del
procedimento, prevista dagli artt. 7 ed 8
della L. n. 241/1990.
3. Il Comune non può, mediante il formale
utilizzo degli strumenti di natura
edilizia-urbanistica, adottare misure, le
quali nella sostanza costituiscano una
deroga ai limiti di esposizione ai campi
elettromagnetici fissati dallo Stato, quali, esemplificativamente, il divieto
generalizzato di installare stazioni
radio-base per telefonia cellulare in tutte
le zone territoriali omogenee, ovvero la
introduzione di distanze fisse da osservare
rispetto alle abitazioni e ai luoghi
destinati alla permanenza prolungata delle
persone o al centro cittadino.
Tali
disposizioni sono, infatti, funzionali non
al governo del territorio, ma alla tutela
della salute dai rischi
dell'elettromagnetismo e si trasformano in
una misura surrettizia di tutela della
popolazione da immissioni radioelettriche,
che l’art. 4 della legge n. 36/2000 riserva
allo Stato attraverso l’individuazione di
puntuali limiti di esposizione, valori di
attenzione ed obiettivi di qualità, da
introdursi con D.P.C.M., su proposta del
Ministro dell’Ambiente di concerto con il
Ministro della Salute (in tal senso, tra le
tante, Consiglio di Stato, sez. VI, 15.06.2006, n. 3534, C.G.A.R.S. 12.11.2009, n. 929; TAR Sicilia, sez. II,
06.04.2009, n. 661) (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 09.03.2011 n. 419
- link a www.giustizia-amministrativa.it).
---------------
• V. TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza
09.03.2011 n. 426;
• V. TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza
14.02.2011 n. 268;
• V. TAR Siclia-Palermo, Sez. II, sentenza
02.02.2011 n. 194. |
APPALTI SERVIZI:
Sulla legittimità
dell'affidamento del servizio di smaltimento
dei rifiuti disposto in favore di una
società secondo il modulo del c.d. in house
providing, interamente partecipata da enti
locali.
Nel caso di affidamento in house,
conseguente all'istituzione da parte di più
enti locali di una società di capitali da
essi interamente partecipata per la gestione
di un servizio pubblico, il controllo,
analogo a quello che ciascuno di essi
esercita sui propri servizi, deve intendersi
assicurato anche se esercitato non
individualmente ma congiuntamente dagli enti
associati, deliberando se del caso anche a
maggioranza, ma a condizione che il
controllo sia effettivo (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 08.03.2011 n. 1447 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sulla legittimità del
mancato avviso di avvio del procedimento
nell'ipotesi di aggiudicazione provvisoria
di una gara d'appalto.
L'aggiudicazione provvisoria ha natura di
atto endoprocedimentale, inserendosi
nell'ambito della procedura di scelta del
contraente come momento necessario ma non
decisivo, atteso che la definitiva
individuazione del concorrente cui affidare
l'appalto risulta cristallizzata soltanto
con l'aggiudicazione definitiva;
pertanto,versandosi ancora nell'unico
procedimento iniziato con l'istanza di
partecipazione alla gara e vantando in tal
caso l'aggiudicatario provvisorio solo una
aspettativa alla conclusione del
procedimento, non si impone la comunicazione
di avvio del procedimento di annullamento in
autotutela.
In ogni caso nella specie il soggetto ha
potuto esporre le sue ragioni sia in sede
amministrativa che in sede giurisdizionale,
per cui il mancato avviso non ha comportato
alcuna lesione della sua posizione
defensionale, oltre al fatto che la materia
sanzionatoria, quale è quella
dell'annullamento di un provvedimento
amministrativo, si sottrae per sua natura
alla comunicazione preventiva dell'avvio del
procedimento che, si ripete, in ogni caso,
non avrebbe potuto comportare alcuna
modifica della soluzione adottata dalla
pubblica amministrazione (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 08.03.2011 n. 1446 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il credito del comune
per oneri concessori è assoggettato al
regime di prescrizione ordinaria decennale.
La mancanza dei documenti richiesti per la
concessione del condono edilizio impedisce
il formarsi del silenzio assenso?
Risulta fondata l’eccezione di prescrizione
sollevata dalle ricorrenti e riferita al
credito vantato dal Comune per gli oneri
concessori dovuti; al riguardo la
giurisprudenza è concorde nell’assoggettare
tale credito al regime di prescrizione
ordinaria decennale: “il ricorrente ha
dedotto l’illegittimità della richiesta
dell’ulteriore integrazione a titolo di
oneri concessori. Al riguardo é sufficiente
ribadire le motivazioni appena prospettate
sub III, con la precisazione, che neanche
con il regime procedurale della l. 47/1985
si é mai dubitato che operi la prescrizione
decennale del conguaglio, stante che il
termine breve, come chiarito, riguarda la
sola oblazione.” (Tar Catania, I,
1633/2007; analogamente Tar Lecce,
3820/2005); “La prescrizione degli oneri
concessori soggiace all'ordinario termine
decennale di prescrizione, decorrente
dall'atto del rilascio della concessione.”
(Tar Lecce, 3394/2004).
---------------
A margine va solo chiarito che la
prescrizione è da considerare maturata sia
se il relativo termine viene fatto decorrere
dalla data di presentazione della domanda di
sanatoria; sia se si ha riguardo al momento
in cui si è formato tacitamente il titolo
edilizio richiesto. A tale ultimo riguardo,
infatti, va chiarito che –come si postula
nel secondo motivo di ricorso– la concessine
in sanatoria si è formata per silentium,
essendo decorsi i ventiquattro mesi
prescritti a tal fine dall’art. 35 della L.
47/1985, che decorrono dal momento di
presentazione della domanda, a nulla
rilevando l’eventuale incompletezza della
documentazione presentata.
Questa Sezione ha già avuto modo di
precisare infatti che: “Secondo la prima
disposizione [art. 35 della L. 47/1985,
n.d.r.], la mancanza dei documenti richiesti
per la concessione del condono edilizio non
impedisce il perfezionamento dell'assenso
per silenzio fino al momento in cui gli
stessi vengano prodotti.
La produzione dei documenti, infatti, non
costituisce requisito per la formazione del
silenzio assenso; diversamente, la legge
avrebbe espressamente previsto la formazione
del silenzio assenso decorsi 24 mesi dalla
presentazione della domanda munita di tutti
gli allegati ad eccezione unicamente
nell'ipotesi di immobili vincolati, nel qual
caso il termine decorre dal rilascio del
nulla osta degli enti di tutela, con
conseguente procedibilità ed ammissibilità
della domanda ancorché carente
documentalmente (TAR Catania, I, 20.01.2004
n. 49; 11.03.2005, n. 418). (…) Il silenzio
assenso così formatosi può essere rimosso
solo mediante l'esercizio del potere di
annullamento di ufficio da parte del Comune
(cfr. Cons. Stato, Sez. V, 24.03.1997, n.
286), misura di autotutela che consente di
contemperare il ripristino della legalità
con l'esigenza, pure avvertita dal
legislatore, di rendere effettivamente
praticabile l'istituto del silenzio
accoglimento (cfr. Cons. Stato, Sez. V,
07.12.1995, n. 1672).” (Tar Catania, I,
1633/2007) (TAR Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza
07.03.2011
n. 557 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Va motivata in modo specifico la
reiterazione di precedenti vincoli urbanistici.
Anche in caso di reiterazione "in blocco"
permane l'obbligo di adeguata motivazione
poiché una mancata utilizzazione dei fondi,
nonostante il vincolo di destinazione, può
essere giustificata quando non si sia
protratta in maniera significativa nel
tempo.
Diversamente, la reiterazione del vincolo, a
fronte della precedente prolungata inerzia,
appare, ove diversamente non espressamente
chiarito, del tutto ingiustificata (massima
tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza 07.03.2011 n. 555
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il termine per l'impugnazione di una
concessione edilizia non decorre
dall'affissione del cartello di cantiere.
Ai fini della decorrenza dei termini per
l'impugnazione di una concessione edilizia,
occorre che le opere realizzate rivelino, in
modo certo ed univoco, le caratteristiche
delle opere stesse e, quindi, l'entità delle
violazioni urbanistiche e della lesione
eventualmente derivante dal provvedimento.
I dati contenuti nel cartello di cantiere
non valgono a descrivere tutte le
caratteristiche del progetto, soprattutto se
si ha riguardo alla contestazione non già
del titolo abilitativo in sé, quanto alla
circostanza, rilevabile solo con il concreto
avanzamento dei lavori e con la conoscenza
completa di tutta la disciplina urbanistica
concretamente applicata, del mancato
rispetto della distanza dal confine (massima
tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 07.03.2011 n.
400 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Lottizzazione abusiva -
Presupposti - Concreto stato di
urbanizzazione - Valutazione - Area
parzialmente urbanizzata - D.P.R. n.
380/2001. Il reato di lottizzazione abusiva
ricorre anche in caso di area parzialmente
urbanizzata (Cass. n. 12426/2008).
La fattispecie lottizzatoria esula, dalle
situazioni di zone completamente
urbanizzate, però sussiste non soltanto
nelle ipotesi estreme di zone assolutamente
inedificate, ma anche in quelle, intermedie,
di zone parzialmente urbanizzate, nelle
quali si configuri un'esigenza di raccordo
col preesistente aggregato abitativo e di
potenziamento delle opere di urbanizzazione.
Anzi, per escludere la lottizzazione, deve
sussistere una situazione di pressoché
completa e razionale edificazione della zona
tale da rendere del tutto superfluo un piano
attuativo (C. Stato, sez 5^, 800.2002, n.
5321; C.d.S. 01.07.2002, n. 3587; C.d.S.
15.02.2001, n. 790; Cass. civ. sez. 2^,
24.07.1999 n. 8021).
Non basta la mera esistenza di opere di
urbanizzazione per escludere la necessità
della pianificazione attuativa, ma è
necessario che le opere esistenti siano
sufficienti in un rapporto di
proporzionalità fra i bisogni degli abitanti
già insediati e da insediare e la qualità e
quantità degli impianti urbanizzanti già
disponibili destinati a soddisfarli.
La valutazione del concreto stato
urbanizzativo di fatto non si può limitare,
alle sole aree di contorno dell'edificio
progettato, ma deve coincidere con l'intero
perimetro del comprensorio che dovrebbe
essere pianificato dallo strumento attuativo
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 04.03.2011 n. 8796 -
link a www.ambientediritto.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Accordi integrativi o sostitutivi
del procedimento - Art. 11 L. n. 241/1990 -
Stipulazione della convenzione - Competenza
dell’organo consiliare - Risoluzione
dell’accordo per inadempimento della
controparte privata - Competenza della
Giunta.
In tema di accordi integrativi o sostitutivi
del procedimento ex art. 11 L. n. 241/1990,
se non è in discussione la competenza
dell’organo consiliare allorché si tratta
della scelta di stipulazione della
convezione, deve invece riconoscersi alla
Giunta, in virtù della sua competenza
generale e residuale ex art. 48 D.Lgs.
267/2000, il potere di disporre la
risoluzione dell’accordo, in caso di
accertato inadempimento della controparte
privata.
L’atto di risoluzione si pone, infatti, come
atto di esecuzione della stessa convenzione,
nel senso cioè che l’organo dotato di
competenza amministrativa generale (Giunta),
può legittimamente accertare la sussistenza
dei presupposti di legge (articoli 1453 e
seguenti del codice civile, applicabili in
virtù del generale richiamo di cui all’art.
11, comma 2°, della legge 241/1990), tali da
far venire meno gli effetti dell’accordo
(Consiglio di Stato, sez. IV, 11.12.2007, n.
6358, TAR Lombardia, Milano, sez. II,
20.12.2004, n. 6485 e TAR Piemonte, sez. II,
04.12.2000, n. 1270) (TAR Lombardia-Milano,
Sez. II,
sentenza 04.03.2011 n. 628 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Lotto asservito - Modifiche alla
disciplina urbanistica - Acquisizione di
maggiore potenzialità edificatoria -
Verifica dell’edificabilità -
Quantificazione della volumetria assentibile
- Calcolo.
Secondo il pacifico orientamento della
giurisprudenza, nel caso in cui, un
originario lotto urbanistico abbia acquisito
una maggiore potenzialità edificatoria in
dipendenza di modifiche alla disciplina
urbanistica e, quindi, la parte rimasta
inedificata sia suscettibile di
edificazione, per verificare l'effettiva
potenzialità edificatoria di quest’ultima,
occorre sempre partire dalla considerazione
che, in virtù del carattere "unitario"
dell'originario lotto interamente asservito
alla precedente costruzione, non possono non
computarsi le volumetrie realizzate sul
lotto urbanistico originario (considerato
complessivamente), il quale è l'unico ad
aver acquisito (e mantenuto) una "propria"
potenzialità edificatoria; conseguentemente
la verifica dell'edificabilità della parte
del lotto rimasta inedificato e la
quantificazione della volumetria su di essa
realizzabile non può che derivare, per
sottrazione, dalla predetta potenzialità,
diminuita della volumetria dei fabbricati
già realizzati sull'unica, complessiva, area
(Cons. Stato, sez. IV, 19.01.2008, n. 255;
26.09.2008, n. 4647; 19.10.2006, n. 6229;
31.01.2005, n. 217; TAR Trentino Alto Adige,
Bolzano, 22.08.2007, n. 286; TAR Sardegna,
sez. II, 19.05.2006, n. 996).
Tale operazione deve però essere condotta
avendo a riferimento gli indici di
edificabilità previsti dalla nuova normativa
urbanistica e non da quella precedentemente
vigente (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 03.03.2011 n. 614 - link
a www.ambientediritto.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Atti confermativi: sulla distinzione tra
conferma propria e conferma impropria.
Si ha un atto meramente confermativo (la
c.d. conferma impropria) quando
l'amministrazione, di fronte ad un'istanza
di riesame, si limiti a dichiarare
l'esistenza di un suo precedente
provvedimento, senza compiere alcuna nuova
istruttoria e senza una nuova motivazione;
per queste sue caratteristiche, l'atto
meramente confermativo non riapre i termini
per impugnare.
Si ha, al contrario, conferma in senso
proprio quando l'amministrazione entri nel
merito della nuova istanza e, dopo aver
riconsiderato i fatti e i motivi prospettati
dal richiedente, si esprima in senso
negativo: anziché limitarsi ad una
constatazione di fatto dell'esistenza di un
precedente provvedimento, l'amministrazione,
in questo caso, inizia un vero e proprio
procedimento di riesame, esaminando
nuovamente la situazione di fatto e di
diritto (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR
Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 03.03.2011 n. 391
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Oneri concessori: non ha carattere impugnatorio il giudizio proposto avverso il
provvedimento con cui vengono
determinati.
Nelle controversie aventi per oggetto gli
obblighi di pagamento dei contributi
afferenti le concessioni e i permessi
edilizi, il giudizio non ha carattere
impugnatorio, ancorché esso sia proposto,
formalmente, come contestazione di una
determinazione amministrativa, in quanto
mira ad accertare la sussistenza o la misura
del credito vantato dal Comune; ne deriva
che il ricorso può essere correttamente
proposto nel termine di prescrizione del
diritto, e dunque anche dopo che siano
trascorsi più di sessanta giorni dalla
conoscenza, da parte dell’interessato,
dell’atto con cui l’amministrazione ha
quantificato i contestati contributi,
richiedendone il pagamento (massima tratta
da www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato Sez. IV,
sentenza 02.03.2011 n.
1365 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI -
EDILIZIA PRIVATA:
Sul danno da ritardato rilascio della
concessione edilizia.
L’avvenuto riconoscimento in sede giudiziale
penale, ai fini civilistici, di un diritto
al risarcimento dei danni subiti dal Comune
in ragione del comportamento tenuto dal
dipendente, esclude l'imputabilità
all'Amministrazione dell'operato illegittimo
del suo dipendente e, conseguentemente, ogni
responsabilità della prima per i danni
cagionati a terzi da parte del dipendente.
In sede di indagine sulla sussistenza o meno
in capo all’Amministrazione di una
responsabilità causativa di danno
risarcibile, non può prescindersi dalla
colpa nonché dall'onus probandi a carico di
chi asserisca di aver subito il danno.
Ora sulla scorta dei canoni ermeneutici
intervenuti in subjecta materia, il danno
ingiusto derivante dal tardivo rilascio
della concessione edilizia va posto in
stretta correlazione con l’inosservanza
dolosa o colposa della normativa
disciplinante il relativo procedimento
addebitabile all’Amministrazione, ma non può prescindersi
dall’elemento soggettivo della colpa
(massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 02.03.2011 n.
1335 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Sulla notifica del ricorso per l'accesso
agli eventuali controinteressati.
Sulla base di quanto disposto dall'articolo
3, primo comma, del d.P.R. 12.04.2006 n.
184, può ritenersi che il ricorso in materia
d’accesso non può essere dichiarato
inammissibile, per assenza di notifica al controinteressato, quando la stessa
amministrazione procedente non abbia
individuato controinteressati né, ritenuto
di dover consentire la partecipazione di
altri soggetti in sede procedimentale.
Occorre peraltro rilevare che "quando il
diritto d’accesso inerisce a verbali di
concorso o di selezioni per il reclutamento
di personale da parte di pubbliche
amministrazioni (nella accezione più ampia),
ovvero a schede di valutazione alle stesse
procedure collegate, tali documenti
rappresentano l'espressione di una attività
rispetto alla quale è dato escludere in
radice la sussistenza di una potenziale
lesione della sfera di riservatezza a tutela
dei terzi, posto che i concorrenti,
partecipando alla selezione, hanno
evidentemente acconsentito a misurarsi in
una competizione, di cui la comparazione dei
valori di ciascuno costituisce l'essenza"
(cfr., in tal senso, Cons. St., sez. VI,
11.02.1997, n. 260) (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR
Sicilia-Palermo,
Sez. III,
sentenza
01.03.2011 n. 377 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Sul risarcimento del danno da ritardo.
Nel caso in cui il ritardo procedimentale ha
determinato un ritardo nell’attribuzione del
c.d. “bene della vita”, (costituito nel caso
di specie dalla possibilità di edificare
secondo il progetto richiesto in variante)
la giurisprudenza è pacifica nell’ammettere
il risarcimento del danno da ritardo (a
condizione ovviamente che tale danno
sussista e venga provato) e l’intervenuto
art. 2-bis, comma 1, della legge n. 241/1990,
introdotto dalla legge n. 69/2009, conferma
e rafforza la tutela risarcitoria del
privato nei confronti dei ritardi delle
p.a., stabilendo che le pubbliche
amministrazioni e i soggetti equiparati sono
tenuti al risarcimento del danno ingiusto
cagionato in conseguenza dell’inosservanza
dolosa o colposa del termine di conclusione
del procedimento.
La norma presuppone che anche il tempo è un
bene della vita per il cittadino e la
giurisprudenza ha riconosciuto che il
ritardo nella conclusione di un qualunque
procedimento, è sempre un costo, dal momento
che il fattore tempo costituisce una
essenziale variabile nella predisposizione e
nell’attuazione di piani finanziari relativi
a qualsiasi intervento, condizionandone la
relativa convenienza economica (Cons. Giust.
Amm. reg. Sic., 04.11.2010 n. 1368,
che, traendo argomenti dal citato art.
2-bis, ha aggiunto che il danno
sussisterebbe anche se il procedimento autorizzatorio
non si fosse ancora concluso e finanche se
l’esito fosse stato in ipotesi negativo)
(massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 28.02.2011 n. 1271
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Sussiste la giurisdizione del g.o. in
assenza di dichiarazione di pubblica utilità.
La mancata pronuncia di dichiarazione di
pubblica utilità radica, secondo stabile e
condivisibile giurisprudenza, la
giurisdizione del Giudice Ordinario (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 15.09.2010, n. 6861; Cass. civ., SU, 20.12.2006, n. 27190).
L’assenza di dichiarazione
di pubblica utilità rende infatti l’operato
dell’amministrazione comportamento non
riconducibile, anche mediatamente,
all’esercizio di un pubblico potere (sul
punto, Cons. Stato, AP, 30.07.2007, n.
9), circostanza invece richiesta dall’art.
133, comma 1, lett. g), cpa, per la
sussistenza della giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo in materia di
espropriazione per pubblica utilità (massima
tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR
Sicilia-Catania, Sez. II,
sentenza 25.02.2011 n.
426 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
E' illegittimo il PRG nella parte in cui
impone un facere al proprietario di aree
definite "verde privato ad uso pubblico".
Non si rinviene nella legislazione
urbanistica alcuna norma che legittimi gli
strumenti di pianificazione del territorio
ad introdurre coattivamente prestazioni
personali di facere, occasionali o
continuate, a carico dei cittadini (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza 23.02.2011 n. 423
- link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: L'assenza
di dettagliate indicazioni nei verbali di
gara non costituisce di per sé motivo di
illegittimità.
Il Consiglio di Stato, Sez. V, con
sentenza 22.02.2011 n. 1094, ha
fornito utili indicazioni al fine di
stabilire quando alcune lacune nei verbali
di gara possano determinare l’invalidità
dell’atto verbalizzato e di conseguenza
riflettersi sulla complessiva legittimità
dell’attività posta in essere dalla
commissione di gara.
Nel ricorso in oggetto l’impresa ricorrente censurava l’operato della
commissione che, a suo dire, non avrebbe
compiuto una verbalizzazione analitica degli
atti di gara in quanto avrebbe omesso di
indicare:
1) l’orario di inizio e di
conclusione dei lavori in un verbale di
gara;
2) il rispetto delle misure cautelari
adottate per evitare che le buste contenenti
le offerte tecniche venissero aperte fino al
momento della valutazione del loro
contenuto.
Per quanto riguarda la prima censura il
Consiglio di Stato ha precisato che le
irregolarità nei verbali di gara possono
determinare l’invalidità dell’atto
verbalizzato solo quando attengano ad
aspetti dell’azione amministrativa la cui
conoscenza risulta necessaria per valutare
la correttezza dell’operato della P.A., al
contrario, ove attengano ad aspetti non
determinanti dell’azione della commissione
di gara, devono essere considerate solamente
come mere irregolarità formali non idonee a
determinare l’illegittimità dell’atto
verbalizzato.
Sul punto i giudici hanno precisato “La
giurisprudenza formatasi al riguardo, e
condivisa dalla Sezione, afferma in
proposito che l’indicazione della durata
delle operazione verbalizzate (e, quindi,
dell’orario di inizio e di chiusura della
seduta collegiale) in alcuni casi può essere
considerato un elemento essenziale (ad
esempio, per i verbali delle commissioni di
concorso, perché tale dato può essere
necessario per controllare la ponderatezza
delle relative determinazioni); in altri
casi, cioè nelle ipotesi in cui si evince
altrimenti che la valutazione è stata
attenta e ponderata può risultare, invece,
superflua (Consiglio di Stato, sez. VI, 14.04.2008, n. 1575)”.
Applicando in concreto tali principi, il
Consiglio di Stato ha sottolineato come la
mancata indicazione dell’orario era
irrilevante in quanto dalla lettura del
verbale di gara risultava evidente la
valutazione ponderata della documentazione
contenente le specifiche tecniche ed
organizzative dei servizi proposti.
Per quanto riguarda la seconda censura,
l’appellante asseriva che il solo sospetto
della mancata adozione in astratto di idonee
misure cautelari per tutelare la segretezza
delle offerte, avrebbe dovuto essere
elemento sufficiente a determinare
l’invalidità della gara, a nulla valendo che
in concreto non vi fosse stata alcuna
violazione dell’obbligo di segretezza.
Sul punto il Consiglio di Stato ha
sottolineato come nel caso di specie
l’appellante non avesse fornito neanche il
minimo principio di prova della eventuale
manomissione dei plichi o quanto meno di un
concreto pericolo di omissione, e di
conseguenza non poteva trovare applicazione
quell’orientamento giurisprudenziale secondo
il quale la tutela dell’integrità dei plichi
deve essere considerata in astratto e quindi
il semplice rischio di manomissione è
sufficiente a determinare l’invalidità delle
operazioni di gara (Consiglio di Stato
Sezione V, 06.03.2006 n. 1068 e 21.05.2010, n. 3203).
Ed infatti “Ritiene al riguardo la Sezione
di non poter apprezzare favorevolmente la
censura relativa alla mancata indicazione
delle cautele concretamente adottate al fine
di garantire la segretezza delle offerte,
sia in quanto genericamente dedotta (senza
alcun concreto riferimento alle presunte
insufficienti modalità ed alle conseguenti
ricadute negative sulla regolarità della
gara), sia alla luce del preminente
orientamento, condiviso dal Collegio, a
tenore del quale la mancata dettagliata
indicazione nei verbali di gara delle
specifiche modalità di custodia dei plichi e
degli strumenti utilizzati per garantire la
segretezza delle offerte non costituisce di
per sé motivo di illegittimità del verbale e
della complessiva attività posta in essere
dalla commissione di gara, dovendo invece
aversi riguardo al fatto che, in concreto,
non si sia verificata l’alterazione della
documentazione (cfr. Consiglio di Stato,
sezione IV, 05.10.2005, n. 5360; sez. V,
20.09.2001, n. 4973; sez. V, 10.05.2005 n. 2342; sezione V 25.07.2006 n. 4657)”.
Con tale sentenza dunque il Consiglio di
Stato ha sottolineato come costituirebbe una
inutile e formalistica decisione, non in
linea con il criterio di logicità e buon
andamento a cui deve uniformarsi la P.A.,
quella di annullare una gara solo sulla base
di un generico (e insussistente nel caso
concreto) sospetto di condotte idonee ad
inquinare lo svolgimento della procedura di
gara
(commento tratto da
www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Sui limiti ai poteri del Sindaco di adottare provvedimenti -anche contingibili ed urgenti-
a tutela dell'incolumità pubblica e della
sicurezza urbana.
L'esercizio del potere disciplinato
dall’art. 54, comma 4, del d.lgs. 267/2000
–a mente del quale “Il sindaco, quale
ufficiale del Governo, adotta con atto
motivato provvedimenti, anche contingibili e
urgenti nel rispetto dei princìpi generali
dell’ordinamento, al fine di prevenire e di
eliminare gravi pericoli che minacciano
l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana”– va circoscritto entro i rigorosi limiti,
rispettosi della Carta Fondamentale
individuati dalla Corte Costituzionale con
sentenza n. 196/2009.
Secondo la sentenza citata “non sembra
esservi dubbio che la sostanziale
modificazione del previgente art. 54 del
d.lgs. n. 267 del 2000 ad opera
dell'impugnato art. 6 del decreto-legge n.
92 del 2008, ... è intervenuta tramite un
decreto-legge espressamente finalizzato ad
introdurre urgenti misure in tema di
sicurezza pubblica, intesa come materia di
esclusiva competenza statale”…; e ancora:
“Il decreto del Ministro dell'interno,
infatti, ha ad oggetto esclusivamente la
tutela della sicurezza pubblica, intesa come
attività di prevenzione e repressione dei
reati: non solo la titolazione del
decreto-legge n. 92 del 2008 si riferisce
alla «sicurezza pubblica», ma, nelle
premesse al decreto ministeriale oggetto del
presente giudizio, si fa espresso
riferimento, come fondamento giuridico dello
stesso, al secondo comma, lettera h),
dell'art. 117 Cost., il quale, secondo la
giurisprudenza di questa Corte, attiene
appunto alla prevenzione dei reati e alla
tutela dei primari interessi pubblici sui
quali si regge l'ordinata e civile
convivenza nella comunità nazionale
(sentenze n. 237 e n. 222 del 2006, n. 383
del 2005). Lo stesso decreto, poi, sempre
nelle premesse, esclude espressamente dal
proprio ambito di riferimento la polizia
amministrativa locale".
Sulla scorta di tali argomentazioni deve,
pertanto, ritenersi che i poteri
esercitabili dai Sindaci, ai sensi dei commi
1 e 4 dell'art. 54 del d.lgs. n. 267 del
2000, non possono che essere quelli
finalizzati alla attività di prevenzione e
repressione dei reati e non i poteri
concernenti lo svolgimento di funzioni di
polizia amministrativa nelle materie di
competenza delle Regioni e delle Province
autonome (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - TAR
Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 15.02.2011 n.
277 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Sull'autonomia della domanda di accesso.
Il diritto di accesso non è meramente
strumentale alla proposizione di una azione
giudiziale, ma assume un carattere autonomo
rispetto ad essa; ciò significa che il
rimedio speciale previsto a tutela del
diritto di accesso deve ritenersi consentito
anche se l’interessato non può più agire, o
non possa ancora agire, in sede
giurisdizionale, in quanto l’autonomia della
domanda di accesso comporta che il giudice,
chiamato a decidere su tale domanda, deve
verificare solo i presupposti legittimanti
la richiesta di accesso e non anche la
possibilità di utilizzare gli atti richiesti
in un giudizio.
Con l’introduzione dell’azione a tutela
dell’accesso, il legislatore ha, infatti,
inteso assicurare all’amministrato la
trasparenza della pubblica amministrazione,
indipendentemente dalla lesione, in
concreto, di una determinata posizione di
diritto o di interesse legittimo;
l’interesse alla conoscenza dei documenti
amministrativi viene elevato a bene della
vita autonomo, meritevole di tutela
separatamente dalle posizioni sulle quali
abbia poi ad incidere l’attività
amministrativa, eventualmente in modo lesivo
(massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 14.02.2011 n. 942
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Campi elettromagnetici: riservata allo Stato
la competenza in materia di tutela della
popolazione da immissioni radioelettriche.
Il Comune non può, mediante il formale
utilizzo degli strumenti di natura
edilizia-urbanistica, adottare misure, le
quali nella sostanza costituiscano una
deroga ai limiti di esposizione ai campi
elettromagnetici fissati dallo Stato, quali, esemplificativamente,
il divieto generalizzato di installare
stazioni radio-base per telefonia cellulare
in tutte le zone territoriali omogenee,
ovvero la introduzione di distanze fisse da
osservare rispetto alle abitazioni e ai
luoghi destinati alla permanenza prolungata
delle persone o al centro cittadino.
Tali disposizioni sono, infatti, funzionali
non al governo del territorio, ma alla
tutela della salute dai rischi
dell'elettromagnetismo e si trasformano in
una misura surrettizia di tutela della
popolazione da immissioni radioelettriche,
che l’art. 4 della legge n. 36/2000 riserva
allo Stato (conforme a Tar Palermo Sez. II, sentenza n.
194 del 02.02.2011) (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Siclia-Palermo, Sez. II,
sentenza 14.02.2011 n.
268 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Non è consentito l'accesso agli atti
dell'attività ispettiva in materia di lavoro
solo in caso di effettivo pericolo di
pregiudizio per i lavoratori.
La sottrazione all’accesso degli atti
dell’attività ispettiva in materia di lavoro
postula che risulti un effettivo pericolo di
pregiudizio per i lavoratori, sulla base di
elementi di fatto concreti, e non per
presunzione assoluta.
Si può anche ritenere che il pericolo di
pregiudizio sia presunto, ma la presunzione
va ritenuta relativa e suscettibile di prova
contraria da parte del richiedente l’accesso
(massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 11.02.2011 n. 920
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il diritto all'eliminazione delle barriere
architettoniche prevale sulla esigenza di
tutela del patrimonio storico-artistico
nazionale.
Il legislatore, nel bilanciamento tra
l’interesse alla tutela del patrimonio
storico-artistico nazionale e quello alla
salvaguardia dei diritti alla salute ed al
normale svolgimento della vita di relazione
e socializzazione dei soggetti in minorate
condizioni fisiche ha dato prevalenza al
secondo, collocando il diniego
dell'autorizzazione alla realizzazione di
interventi in beni vincolati ai soli casi di
accertato e motivato "serio pregiudizio" del
bene vincolato.
Ne deriva che, pur non potendosi affermare
la vigenza di un principio di superabilità e
derogabilità assoluta e automatica dei
vincoli posti per finalità di tutela
storico-culturale o paesistico–ambientale,
va ritenuto che il provvedimento, con il
quale la Soprintendenza non autorizza la
realizzazione di un'opera preordinata al
superamento delle barriere architettoniche
deve dare compiuta ed esauriente emersione
alle reali e dimostrabili ragioni di
pregiudizio, che il progettato intervento è
suscettibile di arrecare all'interesse
tutelato (TAR Lazio Roma, II, 15.02.2002, n.
1061) (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Palermo, Sez. I,
sentenza 04.02.2011 n.
218 - link a
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ATTI AMMINISTRATIVI: Il diritto di accesso si estende anche agli
atti relativi ai rapporti di lavoro
intrattenuti da soggetti privati
concessionari di servizi pubblici.
Il Consiglio di Stato ha più volte affermato
(da ultimo, Cons. Stato, IV, 12.03.2010,
n. 1470) che possono formare oggetto di
accesso tutti gli atti di gestione del
personale dipendente degli enti pubblici e
dei soggetti agli stessi equiparati (quali,
appunto, i soggetti privati concessionari di
servizi pubblici), in quanto, pur essendo
tali atti adottati iure gestionis, le
esigenze di buon andamento e imparzialità
riguardano allo stesso modo l’attività volta
all’emanazione di provvedimenti e quella con
cui sorgono o sono gestiti i rapporti di
lavoro disciplinati dal diritto comune.
Anche la documentazione afferente vicende
relative ai rapporti di lavoro intrattenuti
da soggetti privati concessionari di servizi
pubblici non può ritenersi di suo sottratta
all’accesso, dato che la ottimale
organizzazione del personale dipendente è
propedeutica (e quindi direttamente
connessa) alla più proficua erogazione del
servizio pubblico da parte del
concessionario (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it - Consiglio
di Stato, Sez. VI,
sentenza 03.02.2011 n. 783 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Unico il titolo abilitativo per
l'installazione di stazioni radio-base per
la telefonia cellulare.
Il Comune non può, mediante il formale
utilizzo degli strumenti di natura
edilizia-urbanistica, adottare misure, le
quali nella sostanza costituiscano una
deroga ai limiti di esposizione ai campi
elettromagnetici fissati dallo Stato, quali,
esemplificativamente, il divieto
generalizzato di installare stazioni
radio-base per telefonia cellulare in tutte
le zone territoriali omogenee, ovvero la
introduzione di distanze fisse da osservare
rispetto alle abitazioni e ai luoghi
destinati alla permanenza prolungata delle
persone o al centro cittadino. Tali
disposizioni sono, infatti, funzionali non
al governo del territorio, ma alla tutela
della salute dai rischi
dell'elettromagnetismo e si trasformano in
una misura surrettizia di tutela della
popolazione da immissioni radioelettriche,
che l’art. 4 della legge n. 36/2000 riserva
allo Stato.
L’installazione di stazioni radio base è
soggetta al rilascio di un unico titolo
abilitativo, come contemplato e disciplinato
dall’art. 87 del d.lgs. n. 259/2003,
suscettibile di comprendere tutte le
valutazioni anche di natura urbanistica e
territoriale proprie del titolo abilitativo
edilizio.
Il principio di unicità del titolo
abilitativo per l’installazione di stazioni
radio base è vincolante anche per le Regioni
a Statuto speciale e dunque anche per la
Regione Sicilia, trattandosi di principio
affermato dal legislatore statale del d.lgs.
n. 259/2003 nell’esercizio della potestà
legislativa nella materia “trasversale”
della tutela della concorrenza.
Ne deriva che le norme di legge della
Regione siciliana che regolano il rilascio
dei titoli abilitativi edilizi devono essere
interpretate in senso conforme al principio
di onnicomprensività di valutazioni
urbanistico-edilizie, suscettibili di
trovare spazio nell’unico procedimento
preordinato al rilascio dell’autorizzazione
per l’installazione di stazioni radio base,
come previsto e disciplinato dall’art. 87
del d.lgs. n. 259/2003 (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 02.02.2011 n.
194 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Abusi edilizi: sufficiente la notifica del
provvedimento di ingiunzione a demolire ad
uno solo dei coniugi.
Nella procedura sanzionatoria degli abusi
edilizi, si deve ritenere sufficiente la
notifica di un atto della procedura ad uno
dei coniugi conviventi per raggiungere lo
scopo della sua conoscenza anche nei
riguardi dell'altro (TAR Campania, Napoli,
Sez. IV n. 7511 del 29.04.2004; Sez. II,
19.11.2009, n. 7715) (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 01.02.2011 n.
193 - link a
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ATTI AMMINISTRATIVI:
Sull'obbligo di concludere il procedimento
con un provvedimento espresso e sui casi in
cui tale obbligo viene meno.
Secondo l’orientamento qui condiviso della
giurisprudenza amministrativa, anche in
relazione alle ineludibili esigenze di
economicità ed efficacia dell'azione
amministrativa, salvaguardate dalla legge n.
241 del 1990, può ritenersi che l'obbligo
della P.A. di concludere il procedimento con
un provvedimento espresso, venga meno:
a) in presenza di richieste aventi il
medesimo contenuto, qualora sia già stata
adottata una formale risoluzione
amministrativa inoppugnata (cfr. ex plurimis
Cons. Stato, sez. IV, 11.06.2002, n.
3256; 20.11.2000, n. 6181), e non
siano sopravvenuti mutamenti della
situazione di fatto o di diritto (cfr. sez. IV, n. 3256 del 2002 cit.);
b) in presenza di domande manifestamente
assurde (cfr. sez. IV, 20.11.2000, n.
6181; sez. IV, 28.11.1994, n. 950), o
totalmente infondate (cfr. sez. V, 03.08.1993, n. 838;
07.05.1994, n. 418);
c) al cospetto di pretese illegali, non
potendosi dare corso alla tutela di
interessi illegittimi (cfr. sez. IV, 20.11.2000, n. 6181) (cfr.
da ultimo
Consiglio di Stato sez. IV 05.07.2007 n.
3824) (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 01.02.2011 n.
176 - link a
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ESPROPRIAZIONE:
Il termine di prescrizione del diritto al
risarcimento del danno da occupazione sine
titulo non inizia a decorrere fino alla
restituzione dell'immobile ovvero al
sopravvenire dell'atto di acquisizione.
In conformità con gli insegnamenti della
Corte Costituzionale discendenti dalla
sent. 191/2006, va affermata la giurisdizione
del giudice amministrativo nel caso di
specie in cui si fa questione di una pretesa
risarcitoria connessa ad una occupazione del
bene, già legittima (poiché sorretta da
idonea dichiarazione di pubblica utilità,
circostanza non contestata) che è poi
tuttavia divenuta illecita per mancata
emanazione nei termini di legge di un
decreto definitivo di esproprio.
Detto
“comportamento” illecito della P.A. è
senz’altro riconducibile (mediatamente) alla
titolarità e all’esercizio di poteri autoritativi tipici in materia espropriativa
(cfr. Cons. Stato, ad. pl., 22.10.2007,
n. 12; C.G.A., 25.05.2009, n. 486).
Tale
arresto giurisprudenziale trova oggi
riscontro anche sul piano normativo in
ragione della lett. g), comma 1, art. 133 del
Cod. Proc. Amm. ai sensi del quale sono
devolute alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo le controversie
aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti,
gli accordi e i comportamenti riconducibili,
anche mediatamente, all’esercizio di un
pubblico potere delle pubbliche
amministrazioni in materia di espropriazione
per pubblica utilità.
Malgrado l’eliminazione dal mondo giuridico
dell’istituto della cd. acquisizione sanante
di cui all’art. 43 del D.P.R. n. 327 del
2001, a seguito della dichiarazione di
incostituzionalità di quest’ultima norma (Cort.
Cost. sentenza 08.10.2010 n. 293), il
Collegio ritiene di non poter abdicare alla
consolidata giurisprudenza pregressa che
qualifica il comportamento in specie tenuto
dalla pubblica amministrazione (comunque
riconducibile, ripetesi, alla
estrinsecazione di un potere pubblico in
ragione di una valida dichiarazione di
pubblica utilità e di un legittimo decreto
occupazione d’urgenza, cui tuttavia non ha
fatto seguito nei termini previsti dalla
legge il provvedimento definitivo di
esproprio) quale illecito permanente nella
cui vigenza non decorre la prescrizione
(cfr. TAR Palermo sez. III, 13.01.2009, n.
39) in mancanza di un effetto traslativo
della proprietà, stante la mancanza del
provvedimento di esproprio, connesso alla
mera irrevocabile modifica dei luoghi (conformi: Tar Palermo Sez. II, sentenza n.
187 del 01.02.2011; Tar Palermo Sez. I,
sentenza n. 204 del 04.02.2011) (massima
tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 01.02.2011 n.
175 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Sul diritto di accesso relativo a soggetti
di diritto privato.
Il diritto di accesso previsto dagli art. 22
e 23 l. n. 241 del 1990 relativo ai soggetti
di diritto privato, che svolgono attività di
pubblico interesse, riguarda non soltanto
l'attività di diritto amministrativo, ma
anche quella di diritto privato posta in
essere dai soggetti gestori di pubblici
servizi che, pur non costituendo
direttamente gestione del servizio stesso,
sia collegata a quest'ultima da un nesso di
diretta strumentalità (cfr. Consiglio Stato,
sez. VI, 02.10.2009, n. 5987; Consiglio
Stato, sez. VI, 30.07.2010, n. 5062).
L'esercizio dell'"actio ad exhibendum" nei
confronti di chi svolga un pubblico servizio
concerne dunque anche l'ostensibilità degli
atti di natura privatistica teleologicamente
collegati, anche in via indiretta, alla
gestione del servizio e alla cura
dell'interesse pubblico (cfr. Consiglio
Stato, sez. IV, 12.03.2010, n. 1470)
(massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 27.01.2011 n. 619
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla natura di sanzione autonoma
dell'acquisizione gratuita al patrimonio
dell'Ente delle opere abusive.
L'acquisizione gratuita non costituisce
sanzione accessoria alla demolizione, volta
a colpire l'esecutore delle opere abusive,
ma si configura quale sanzione autonoma
(TAR Campania Napoli, sez. III, 10.11.2010, n. 23755; TAR Campania
Napoli, sez. VII, 29.07.2010, n. 17176;
TAR Puglia Lecce, sez. III, 03.02.2010, n. 423).
La presentazione dell'istanza di sanatoria -sia essa di accertamento di conformità, sia
essa di condono- produce l'effetto di
rendere inefficace il provvedimento
sanzionatorio (di demolizione o di
acquisizione) (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Palermo,
Sez. II,
sentenza
26.01.2011 n. 140 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Sulla natura dei vincoli urbanistici e sulla
loro qualificazione come conformativi o espropriativi.
Sussiste un vincolo preordinato
all’espropriazione tutte le volte in cui la
destinazione dell’area permetta la
realizzazione di opere destinate
esclusivamente alla fruizione
soggettivamente pubblica (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
C.G.A.R.S.,
sentenza
25.01.2011 n. 95
- link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il provvedimento di acquisizione al
patrimonio indisponibile è atto dovuto ed ha
carattere meramente dichiarativo.
Il provvedimento di acquisizione al
patrimonio del comune di un'opera
abusivamente realizzata ha come unico
presupposto l'accertata inottemperanza ad un
ordine di demolizione del manufatto abusivo,
di cui è meramente dichiarativo, con la
conseguenza che, essendo atto dovuto, è
sufficientemente motivato con l'affermazione
dell'accertata inottemperanza, essendo "in
re ipsa" l'interesse pubblico alla sua
adozione (TAR Campania, sez. IV, Napoli,
17.06.2002, n. 3620).
Nel sistema disciplinato dall'art. 7 della
legge 28.02.1985, n. 47,
l'acquisizione al patrimonio del Comune del
bene abusivamente realizzato, e delle aree
di sedime e circostanti, opera
automaticamente, verificandosi di diritto al
compimento del 90° giorno decorrente dalla
notifica dell'ingiunzione di demolizione non
ottemperata, e non richiede l'adozione di
alcuna preliminare determinazione inerente
l'esercizio di una scelta da parte del
Comune sull'applicabilità della stessa più
grave misura acquisitiva, rispetto alla
semplice demolizione del manufatto abusivo
(cfr., fra le tante, TAR Lazio, sez. II,
12.04.2002, n. 3160; TAR Sicilia,
sez. III, 06.03.2009, n. 480) (massima
tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Palermo,
Sez. II,
sentenza
11.01.2011 n. 40 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI:
Nullità dell'ordine di sgombero di un locale
di proprietà del Comune.
Il Tar Palermo -pur riconoscendo che la
volontà del Comune di avvalersi di poteri
autoritativi tipici delle ordinanze
contingibili e urgenti di cui all’art. 54
d.lgs. n. 267 del 2000, è in contrasto con
l’art. 823 c.c. (che ammette il ricorso
dell’Amministrazione all’esercizio dei
poteri amministrativi, al solo al fine di
tutelare i beni del demanio pubblico) e
qualificando, di conseguenza, nulla
l’eventuale ordinanza emessa in carenza
assoluta di potere- conferma il principio
secondo cui la controversia relativa ad un
ordine di sgombero di un locale di proprietà
del Comune, già facente parte del patrimonio
disponibile dell'ente territoriale,
appartiene alla giurisdizione del g.o. (massima tratta da
www.dirittodegliappaltipubblici.it -
TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 11.01.2011 n.
25
- link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Certificato di
destinazione urbanistica - Natura
dichiarativa.
Il certificato di destinazione urbanistica
ha carattere meramente dichiarativo e non
costitutivo degli effetti giuridici che
dallo stesso risultano, visto che la
situazione giuridica attestata nel predetto
certificato è la conseguenza di altri
precedenti provvedimenti che hanno
provveduto a determinarla (TAR Toscana
Firenze, I, 28.01.2008, n. 55): ciò
impedisce all'Amministrazione di rilasciare
una certificazione contenente attestazioni
non veritiere, ossia riportante una
qualificazione differente da quella
attribuita all'immobile dalla normativa
urbanistica vigente (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
06.10.2010 n.
6863 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Rilascio di un titolo edilizio -
Apposizione di condizioni - Limiti -
Fattispecie: rinuncia all'indennizzo nel
caso di futura espropriazione dell'opera -
Invalidità della condizione.
L'apposizione di una o più condizioni al
rilascio di un titolo edilizio può ritenersi
generalmente ammessa soltanto quando si vada
ad incidere su aspetti legati alla
realizzazione dell'intervento costruttivo,
sia da un punto di vista tecnico che
strutturale, e ciò trovi un fondamento
diretto o indiretto in una norma di legge o
regolamento. Diversamente, non è possibile
apporre condizioni al titolo edilizio che
siano estranee alla fase di realizzazione
dell'intervento edilizio.
Ne deriva che il
Comune non può assentire una concessione
edilizia subordinatamente all'impegno del
privato a rinunciare all'indennizzo dovuto,
nel caso di futura espropriazione
dell'opera, "in quanto tale condizione non è
volta a perseguire alcun interesse pubblico
riconducibile alla materia urbanistico-edilizia e si pone in contrasto
con il principio di tipicità dei
provvedimenti amministrativi. A ciò consegue
certamente l'invalidità della condizione
apposta, senza tuttavia che ciò ridondi
sulla validità complessiva della concessione
assentita" (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
10.09.2010 n.
5655 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Permesso di costruire -
Contributi - In caso di variante - Criterio
di computo.
2. Permesso di costruire -
Contributi - Contributo di urbanizzazione -
Nozione.
1. In caso di richiesta di variante
edilizia, il nuovo provvedimento (da
rilasciarsi con il medesimo procedimento
previsto per l'adozione del permesso di
costruire) è in posizione di sostanziale
collegamento con quello originario,
ravvisandosi, in tale rapporto di
complementarietà e accessorietà, la
caratteristica distinta del detto permesso
in variante, che giustifica le peculiarità
del regime giuridico cui è sottoposto sul
piano sostanziale e procedimentale;
pertanto, il contributo per oneri di
urbanizzazione e costo di costruzione deve
essere calcolato sommando le opere dei due
titoli edilizi e scomputando quanto già
pagato al momento del rilascio del titolo
originario.
2.
Atteso che il presupposto per il pagamento
del contributo di urbanizzazione è
costituito dall'aumento del carico
urbanistico, va tenuto presente che il
concetto di carico urbanistico' non è
definito dalla vigente legislazione, ma è in
concreto preso in considerazione in vari
istituti di diritto urbanistico, la cui
nozione deriva dall'osservazione che ogni
insediamento umano è costituito da un
elemento c.d. primario (abitazioni, uffici,
opifici, negozi) e da uno secondario di
servizio (opere pubbliche in genere, strade,
fognature, elettrificazione, servizio
idrico, etc.) che deve essere proporzionato
all'insediamento primario (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
08.09.2010 n.
5168 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
1. Trasferimento per incompatibilità
ambientale - Dipendente pubblico - Oggettiva
sussistenza di una situazione lesiva del
prestigio della p.a..
2. Trasferimento per incompatibilità
ambientale - Dipendente della Polizia di
Stato - Ampi poteri discrezionali della p.a.
- Situazioni di sospetto, o comunque di
ombre atte ad offuscare l'immagine offerta
all'esterno dell'Autorità preposta alla
tutela della sicurezza pubblica.
1. Il trasferimento per incompatibilità
ambientale di un pubblico dipendente -ed in
particolare di un agente di pubblica
sicurezza- non postula la diretta
imputabilità di specifici fatti al
dipendente, né l'accertamento di un suo
comportamento colpevole, essendo sufficiente
l'oggettiva sussistenza di una situazione
lesiva del prestigio dell'amministrazione
che sia, da un lato, riferibile alla
presenza in loco del dipendente in questione
e, dall'altro, suscettibile di rimozione
attraverso l'assegnazione del medesimo ad
altra sede.
2. Tale principio assume particolare
consistenza quando venga riferito al
trasferimento di un dipendente della Polizia
di Stato, perché allora "si configurano in
capo all'amministrazione più ampi e
penetranti poteri discrezionali in funzione
di tutela di particolari e preminenti
interessi pubblici volti ad assicurare la
convivenza civile, interessi ai quali
restano subordinate le esigenze particolari
dei dipendenti, con correlativo
rafforzamento dell'esigenza di tutela del
prestigio dell'amministrazione, in relazione
a peculiari compiti ad essa propri, anche in
presenza di semplici situazioni di sospetto,
o comunque di ombre atte ad offuscare
l'immagine offerta all'esterno dell'Autorità
preposta alla tutela della sicurezza
pubblica" (cfr. C.d.S., sez. V, 08.03.2001, n. 1359; C.d.S., sez. IV, 30.06.2003, n. 3909; C.d.S., sez. VI, 27.06.2008, n. 3270; TAR Campania Napoli, sez. VI,
17.03.2008, n. 1361) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
III,
sentenza 25.08.2010 n.
4181 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Convenzione di lottizzazione -
Competenza Giudice Amministrativo.
Poiché la convenzione di lottizzazione
rientra tra gli accordi procedimentali di
cui all'articolo 11, Legge 07.08.1990 n.
241, è devoluta alla giurisdizione del
giudice amministrativo sia la domanda avente
ad oggetto la risoluzione della suddetta
convenzione per inadempimento della Pubblica
Amministrazione, sia quella concernente la
condanna di quest'ultima al risarcimento del
danno.
27/08/2010 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
13.08.2010 n.
3960 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Strumenti urbanistici generali -
Zona B1 di consolidamento in zone
residenziali - Attività di equitazione e di
allevamento cavalli - Incompatibilità -
Sussiste.
Appare legittima un'ordinanza con la quale
il dirigente del settore tecnico di un ente
locale ha inibito ad una associazione
sportiva dilettantistica, sia l'esercizio
dell'attività di equitazione e l'allevamento
di cavalli, sia il mantenimento dei cavalli
da parte dei soci all'interno della parte di
ricovero, in un immobile ubicato in zona
avente, secondo il vigente P.R.G.,
destinazione urbanistica B1 di
consolidamento, in zona residenziale;
infatti, deve ritenersi sussistente
un'oggettiva incompatibilità urbanistica tra
detta attività e la destinazione
residenziale della zona prevista dallo
strumento urbanistico generale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
13.08.2010 n.
3960 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
1. Rifiuti - Impianto di trattamento rifiuti
- Definizione del procedimento di
approvazione - Termine - Art. 27 d.lgs. n.
22/97 - Natura ordinatoria.
2. Rifiuti - Art. 27 D.lgs. n. 22/1997 -
Conferenza di servizi - Natura istruttoria.
1. Il termine indicato dalla norma ex art.
27 D.lgs. n. 22 del 1997 per la definizione
del procedimento di approvazione di impianto
di trattamento rifiuti è meramente
ordinatorio, atteso che alla sua scadenza la
norma stessa non ricollega alcuna sanzione e
tanto meno la decadenza dell'esercizio della
relativa.
2. La conferenza dei servizi prevista
dall'art. 27 del d.lgs. n. 22/1997 ha natura
istruttoria: si deve pertanto escludere che
ad essa si applichino le disposizioni
dell'art. 14-ter della L. 241/1990 relative
alla conferenza decisoria che siano
incompatibili con la natura della conferenza
istruttoria, quali quelle che regolano gli
effetti della mancata partecipazione alla
conferenza (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
15.07.2010 n.
2992 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni culturali e ambiente - Aree
Protette - Autorizzazione paesistica -
Parere del Parco - Provvedimenti distinti -
Beni giuridici tutelati - Diversità.
L'autorizzazione paesistica non può superare
il parere del Parco. Infatti i due atti sono
forme di gestione di beni diversi. La prima
ha lo scopo di valutare la conformità
dell'attività con il paesaggio, la cui
tutela è prevista dall'art. 9 della
Costituzione. Si tratta di un valore "primario"
(Corte Cost. 151/1986; 182/2006 e 183/2006),
ed anche "assoluto", se si tiene
presente che il paesaggio indica
essenzialmente l'ambiente (Corte Cost.
641/1987).
L'oggetto tutelato non è il concetto
astratto delle "bellezze naturali",
ma l'insieme delle cose, beni materiali, o
le loro composizioni, che presentano valore
paesaggistico. Il parere del Parco, invece,
costituisce atto di gestione delle aree
protette, ed ha come oggetto di tutela
specifica la difesa degli ecosistemi, che
costituisce un bene giuridico distinto dal
paesaggio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza
15.07.2010 n.
2992 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
CONDOMINIO: Immissioni
moleste, il locatore risponde solo per
alcune delle attività del conduttore.
La vicenda che ha portato alla decisione in
commento iniziava dalle lamentele di un
condomino per le intollerabili immissioni di
odori provenienti dal ristorante gestito dal
conduttore di altro condomino. Tali
immissioni erano ascrivibili al
comportamento del conduttore-ristoratore e,
in particolare, alla mancata attivazione
dell'impianto di aerazione (risultato
perfettamente funzionante) e alla mancata
chiusura delle finestre del locale cucina.
Tuttavia, il condomino danneggiato citava
avanti il Trib. di Roma il proprietario del
locale locato affinché fosse accertata
l'illiceità delle immissioni moleste e
conseguentemente condannato il convenuto
alla loro eliminazione (oltre al
risarcimento dei danni subiti).
Il Tribunale adito condannava il convenuto al risarcimento dei danni
nonché al pagamento delle spese di lite e
tale decisione, veniva confermata dalla
Corte d'appello di Roma (che, però, riduceva
l'ammontare dei danni) sulla considerazione
che il convenuto, oltre ad avere l'obbligo
di ispezionare l'azienda per assicurarsi che
fosse gestita regolarmente, avrebbe dovuto
controllare se e quando i conduttori
aprissero le finestre della cucina per far
arieggiare i locali, invece di mettere in
funzione l'impianto di aerazione risultato
perfettamente funzionante.
Secondo la Cassazione, invece, il
proprietario del locale non era responsabile
delle immissioni moleste atteso che la
disponibilità sia dell'impianto di aerazione
sia delle finestre del locale cucina,
trattandosi di accessori e di parti del bene
locato strettamente connessi alla gestione
del ristorante, erano oggetto di diretto ed
effettivo potere da parte del conduttore.
Custodia e locazione.
Con la decisione in rassegna la Corte di
Cassazione ha affrontato il tema della
responsabilità ex art. 2051 c.c. nell'ambito
del rapporto di locazione.
A tale proposito occorre ricordare che la
responsabilità per i danni cagionati da cose
in custodia prevista dall'art. 2051 c.c.
prescinde dall'accertamento del carattere
colposo dell'attività o del comportamento
del custode e ha natura oggettiva,
necessitando, per la sua configurabilità,
del mero rapporto eziologico tra cosa ed
evento: funzione della norma è, infatti,
quella di imputare la responsabilità a chi
si trovi nella condizione di controllare i
rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto
considerarsi custode colui che ne controlla
le modalità d'uso e di conservazione (Cass.
n. 8229/2010, Giust. civ. Mass. 2010, 4).
Il requisito del potere-dovere di
intervento, quindi, qui non opera come
fondamento di una presunzione di colpa, che
non è nella struttura della norma, ma come
uno degli elementi per individuare la figura
del custode.
In particolare, custode è chi abbia
l'effettivo potere sulla cosa, e può,
perciò, essere non solo il proprietario, ma
anche il semplice possessore o anche il
detentore della cosa.
Ne consegue che detta custodia può far capo
a più soggetti a pari titolo, o a titoli
diversi, che importino tutti l'attuale
coesistenza di poteri di gestione e di
ingerenza .
Tale situazione si verifica nell'ipotesi di
locazione di un immobile.
Al riguardo, è pacifico che la locazione
determina, in linea di principio, il
trasferimento al conduttore della
disponibilità della res locata e delle sue
pertinenze, con il conseguente obbligo di
custodia, dal quale discende, altresì,
quello di impedire che la cosa locata stessa
arrechi danni a terzi. Tuttavia, può essere
qualificato "custode " della cosa, per i
fini di cui all'art. 2051 c.c., colui che ha
la disponibilità di fatto di una cosa, non
disgiunta, però, dalla disponibilità
giuridica di essa. E' da considerarsi,
perciò, "custode", ai sensi della norma
indicata, sia il proprietario che il
conduttore del bene, in quanto detentore
qualificato (Cass. n. 24530/2009, Guida al
diritto, 2010, 1, 4).
In particolare, secondo un principio
consolidato, mentre il proprietario
dell'immobile locato, conservando la
disponibilità giuridica, e, quindi, la
custodia, delle strutture murarie e degli
impianti in esse conglobati, è responsabile
in via esclusiva ai sensi degli artt. 2051
c.c. e 2053 c.c. dei danni arrecati a terzi
da dette strutture e impianti (salvo
eventuale rivalsa, nel rapporto interno,
contro il conduttore che abbia omesso di
avvertire della situazione di pericolo); con
riguardo, invece, alle altre parti e
accessori del bene locato, rispetto alle
quali il conduttore acquista detta
disponibilità con facoltà e obbligo di
intervenire onde evitare pregiudizio ad
altri, la responsabilità verso questi
ultimi, secondo le previsioni dell'art.
2051c.c., grava soltanto sul conduttore
medesimo .
Per entrambi i soggetti, tale tipo di
responsabilità è esclusa solo dal caso
fortuito, fattore che attiene non già a un
comportamento del responsabile, bensì al
profilo causale dell'evento, riconducibile
non alla cosa (che ne è fonte immediata), ma
a un elemento esterno, recante i caratteri
dell'oggettiva imprevedibilità e
inevitabilità e che può essere costituito
anche dal fatto del terzo o dello stesso
danneggiante .
In ogni caso sia l'accertamento in ordine
alla sussistenza della responsabilità
oggettiva sia quello in ordine
all'intervento del caso fortuito che lo
esclude involgono valutazioni (quali il
dispiegarsi dei vari fattori causali, la
ricerca dell'effettivo antecedente
dell'evento dannoso, l'indagine sulla
condotta del danneggiante e del danneggiato,
le modalità di causazione del danno ecc.)
che, come tali, sono riservate al giudice
del merito, il cui apprezzamento è
insindacabile in sede di legittimità se
sorretto da motivazione congrua e immune da
vizi logici e giuridici (Cass. n. 472/2003
cit.).
Danni da impianti e strutture murarie.
Il proprietario-locatore resta custode di
tutte quelle cose che non passano nella
disponibilità del conduttore, vale a dire le
strutture murarie e gli impianti, in esse
conglobati, sui quali il conduttore ha la
possibilità di intervenire per prevenire o
riparare un danno.
In particolare, nell'espressione "strutture
murarie e impianti in esse conglobati"
rientrano soltanto i cornicioni, i tetti, le
tubature idriche, gli impianti idrici e
sanitari e quanto possa essere raggiunto con
interventi sulle opere murarie.
Di conseguenza, una volta escluse la
condizione di custodia relativamente alle
parti dell'immobile sopra detti e, perciò,
la presunzione iuris tantum di
responsabilità ex art. 2051 c.c., qualora vi
siano danni a terzi determinati dalle stesse
strutture e impianti, il conduttore non deve
certo vincere la suddetta presunzione;
mentre è del tutto irrilevante accertare
quale sia stata la causa effettiva del
danno.
Così è evidente la responsabilità del
proprietario per le infiltrazioni
verificatesi nell'appartamento sottostante,
causate da copiose perdite delle tubazioni
interne alle pareti collegate ai servizi
igienici dell'appartamento locato: infatti,
nel caso di impianti idrici o sanitari siti
all'interno delle strutture murarie, sulle
quali il conduttore non ha alcun potere
d'intervento, non potendo manometterle per
eseguire le riparazioni, il proprietario-
locatore conserva la disponibilità giuridica
e, quindi, la custodia sia dei primi che
delle seconde, con la conseguenza che, col
solo limite del caso fortuito, risponde del
danno cagionato al terzo dalla rottura di un
qualsiasi manufatto incorporato nelle
fabbriche.
Allo stesso modo, è responsabile il locatore
per il danno conseguente allo scoppio di un
tubo idrico di piombo poco prima
dell'innesto del rubinetto d'uscita e,
quindi, derivante da un elemento strutturale
dell'edificio, su cui il conduttore non ha
il potere-dovere di intervenire ex art. 1575
n. 2 e 1576, comma 1 cod. civ.
Al contrario, la Cassazione ha ritenuto che
dei danni provocati dalla rottura del tubo
flessibile del bidet debba rispondere
l'inquilino, atteso che la serpentina è un
tubo pieghevole non inglobato nell'impianto
interno idrico, per la cui sostituzione non
occorre intervenire nelle opere murarie e,
di conseguenza, è sotto la vigilanza del
conduttore-inquilino che è responsabile dei
relativi danni.
Del pari è responsabile il conduttore per
infiltrazioni d'acqua che hanno danneggiato
un immobile confinante, provocate da un
guasto alla lavatrice (Cass. n. 2422/2004
cit.), dai canali di scolo intasati dalle
foglie cadute dagli alberi di alto fusto,
che il conduttore non ha provveduto a
eliminare.
Custodia e incendio.
La responsabilità per i danni provocati a
terzi dall'incendio sviluppatosi in un
appartamento condotto in locazione grava sul
locatario e non sul proprietario, a meno che
i danni lamentati derivino dalla violazione
degli obblighi di custodia e di controllo su
di lui gravanti perché relativi a cose
(strutture murarie e impianti in esse
conglobati) che non passano nella
disponibilità del locatario.
In caso di danni derivati dall'incendio
sviluppatosi in un immobile condotto in
locazione, quindi, il conduttore risponde
quale custode ex art. 2051 c.c. e si libera
da tale responsabilità dando la prova del
fortuito, che può anche consistere nella
dimostrazione che il fattore determinante
l'insorgere dell'incendio ha avuto origine
in parti, strutture o apparati dell'immobile
non rientranti nella sua disponibilità ed
estranei, quindi, alla sfera dei suoi poteri
e doveri di vigilanza; mentre il locatore,
per i danni da incendio dell'immobile di sua
proprietà, si sottrae alla responsabilità
presunta, stabilita dalla citata norma,
quando prova che l'incendio ha avuto origine
in parti dell'immobile delle quali il
conduttore ha la custodia in virtù del suo
diritto di utilizzare il bene concessogli in
godimento.
Alla luce di quanto sopra, si è ritenuto
responsabile il conduttore per danni
conseguenti a un incendio provocato da un
corto circuito verificatosi in
corrispondenza dell'interruttore unipolare
situato in prossimità dell'accesso o della
piattina di collegamento alla linea
dell'impianto di illuminazione, cioè da
elementi dell'impianto in questione che non
potevano considerarsi "conglobati" nelle
strutture murarie del bene locato, bensì
accessori dello stesso .
Allo stesso modo, si è esclusa la
responsabilità del proprietario-locatore per
i danni prodotti a terzi da un incendio
causato da materiali altamente infiammabili
depositati dall'inquilino nei locali locati
senza idonee precauzioni .
Tuttavia, nell'ipotesi di danni cagionati
dall'incendio sviluppatosi in un immobile
condotto in locazione, qualora non sia
possibile determinare se l'incendio sia
sorto in strutture murarie o impianti nella
custodia del proprietario ovvero in parti o
accessori nella disponibilità del
conduttore, la responsabilità di cui
all'art. 2051 c.c., si configura a carico
sia del proprietario che del conduttore,
poiché nessuno dei due è stato in grado di
dimostrare che la causa autonoma del danno è
da ravvisare nella violazione da parte
dell'altro dello specifico dovere di
vigilanza (fattispecie relativa ai danni
cagionati da un incendio sviluppatosi al
piano terra di una palazzina ed estesosi al
piano superiore).
Danni da macchinari del conduttore.
Per quanto riguarda il problema dei
macchinari del conduttore è stato affermato
che il proprietario di un immobile concesso
in locazione non può essere chiamato a
rispondere, ex art. 2051 c.c., dei danni a
terzi causati da macchinari utilizzati dal
conduttore, quando non abbia avuto alcuna
possibilità concreta di controllo sull'uso
di essi, non potendo detta responsabilità
sorgere per il solo fatto che il
proprietario medesimo ometta di rivolgere al
conduttore formale diffida ad adottare gli
interventi del caso al fine di impedire il
verificarsi di danni a terzi, giacché essi
costituirebbero atti inidonei a incidere sul
funzionamento della cosa dannosa (Cass. n.
8006/2010, Giust. civ. Mass. 2010, 4).
Così si è esclusa la responsabilità del
proprietario di un immobile adibito a
ristorante, gestito dal conduttore
dell'immobile stesso, per i danni causati
all'appartamento sottostante, di proprietà
di un terzo, dalle infiltrazioni d'acqua
provocate dall'impianto di condensa dei
frigoriferi e dall'idrante per la pulizia
dei pavimenti in uso al gestore del
ristorante medesimo) (Cass. n. 8006/2010
cit.).
Alle stesse conclusioni si è pervenuti nei
confronti del proprietario di un'officina
per i danni che sono stati causati a terzi
dall'impianto di espulsione dei gas
utilizzato dal conduttore nonché gestore
dell'officina stessa (Cass. n. 18188/ 2009, Giust. civ. 2010, 5, 1155).
A ciò si aggiunga che si è esclusa la
responsabilità del proprietario per le
immissioni sonore provocate dai macchinari
del conduttore che arbitrariamente aveva
mutato l'uso della res locata
(commento tratto da
www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com -
Corte di Cassazione, sentenza 09.06.2010
n. 13881 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO
AL 16.03.2011 |
ã |
NOVITA' NEL
SITO |
A V V I S O
In relazione
alle giornate di studio organizzate dal
portale PTPL, che sono in corso di
svolgimento p.v., abbiamo avuto notizia che
alcuni comuni provvedono a richiedere il
C.I.G. all'Autorità per la Vigilanza sui
Contratti Pubblici:
NON OCCORRE !!
Invero, oggi stesso abbiamo telefonato
all'Autorità (contact center
800/89.69.36) ed il funzionario che ha
risposto ha confermato che NON OCCORRE
richiedere il C.I.G. per adottare la
determinazione di impegno di spesa della
quota di partecipazione poiché non siamo in
presenza di un contratto d'appalto.
Tale risposta è facilmente riscontrabile
nello specifico F.A.Q. relativo alla "tracciabilità
dei flussi finanziari".
Si legga,
in particolare, la risposta A4 laddove è
detto che "Sono escluse dall'obbligo di
richiedere il codice CIG ai fini della
tracciabilità le seguenti fattispecie: ...
• l’amministrazione diretta ai sensi
dell’articolo 125, comma 3 del decreto
legislativo n. 163/2006 (vedi faq A15);".
Pertanto, i responsabili dell'Ufficio
Ragioneria vedano di non aggravare il
procedimento amministrativo con adempimenti
burocratici non contemplati dalla legge !!
>
< > < > < > < > <
ATTENZIONE:
lo stesso ragionamento di cui sopra vale
anche per il rinnovo annuale delle varie
riviste dell'Ufficio Tecnico (cartacee
ovvero internet).
Ovviamente, il ragionamento fila laddove non
si proceda a contrattare con quelle società
che offrono pacchetti variegati di
abbonamenti multipli (i più disparati) per
avere un sconto sul prezzo di copertina che,
trattando direttamente col singolo editore,
non si avrebbe.
15.03.2011 - LA SEGRETERIA PTPL |
Bottone "CONVEGNI"
n. 7 giornate di studio a Bergamo per il 13-20-27
aprile e 04-11-18-25 maggio 2011 organizzate dal portale
PTPL.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella
locandina. |
Bottone "CONVEGNI"
n. 1 giornata di studio a Bergamo per il 30 marzo
2011 organizzata dal portale PTPL.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella
locandina. |
Bottone "CONVEGNI"
n. 1 giornata di studio a Marcallo con Casone (MI)
per il 24 marzo
2011 co-organizzata dal portale PTPL. |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
È esclusa dal concetto di
ristrutturazione la ricostruzione su ruderi,
che va invece assimilata a nuova
edificazione.
La giurisprudenza afferma costantemente che
l’intervento edilizio di ristrutturazione
edilizia presuppone, come elemento
indefettibile, la preesistenza, al momento
in cui si chiede la concessione, di una
fabbricato da ristrutturare, dotato di
murature perimetrali, di strutture
orizzontali e della copertura ritenendosi di
conseguenza esclusa dal concetto di
ristrutturazione la ricostruzione su ruderi
la quale va invece assimilata a nuova
edificazione (Cons. Stato, V, 26.09.1995 n.
1354; V, 04.11.1994 n. 1261).
Nel caso in esame, in cui è pacifico che
dell’edificio preesistente non è rimasto
alcun elemento essendo la costruzione
crollata, si è in presenza di una nuova
edificazione; in ogni caso l’intervento
determina una trasformazione dell’edificio a
suo tempo insistente nell’area con aumento
di superficie e cambio d’uso da superficie
accessoria a superficie abitativa con
alterazione dei profili, altezza, prospetti
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.03.2011 n. 1452 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Nel caso di affidamento in house
il controllo analogo si intende assicurato
anche se esercitato congiuntamente dagli
enti associati.
Secondo l’orientamento consolidato di questo
Consiglio, da cui non v’è motivo di
discostarsi, nel caso di affidamento in
house, conseguente all’ istituzione da
parte di più enti locali di una società di
capitali da essi interamente partecipata per
la gestione di un servizio pubblico, il
controllo, analogo a quello che ciascuno di
essi esercita sui propri servizi, deve
intendersi assicurato anche se esercitato
non individualmente ma congiuntamente dagli
enti associati, deliberando se del caso
anche a maggioranza, ma a condizione che il
controllo sia effettivo. Il requisito del
controllo analogo deve essere quindi
verificato secondo un criterio sintetico e
non atomistico, sicché è sufficiente che il
controllo della mano pubblica sull’ente
affidatario, purché effettivo e reale, sia
esercitato dagli enti partecipanti nella
loro totalità, senza che necessiti una
verifica della posizione di ogni singolo
ente (v. C.d.S., Sez. V, 24.09.2010, n.
7092; 26.08.2009, n. 5082; 09.03.2009, n.
1365).
Va osservato, al riguardo, che l'istituto
dell'in house providing trova una
precisa matrice comunitaria nei pronunciati
della Corte di Lussemburgo.
L'interpretazione della normativa interna
(art. 113, comma 5, lett. c), del D.Lgs. n.
267/2000 e s.m.i.) va dunque condotta sul
filo di quei vincolanti precedenti, come
accade ogniqualvolta il giudice nazionale si
trovi a dover fare applicazione di nozioni
forgiate in ambito sovranazionale (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 08.03.2011 n. 1447 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il Comune e la Soprintendenza
sono tenuti ad applicare la normativa
paesistica vigente al momento del rilascio
dell’autorizzazione.
Con il ricorso in esame il ricorrente ha
impugnato il provvedimento della
Soprintendenza per i Beni Architettonici e
Paesaggistici del Lazio, con il quale è
stato annullato il provvedimento del Comune,
con cui era stato reso parere favorevole, ai
sensi dell’art. 32 della L. 47/1985 e
dell’art. 39 della L. 714/1994, sulla
domanda di sanatoria presentata con
riferimento all’intervento abusivo
realizzato sull’immobile di proprietà del
ricorrente e sito nello stesso Comune
sottoposto a vincolo paesaggistico ai sensi
del D.M. 05/04/1960.
Secondo i giudici del Tribunale
amministrativo del Lazio è infondato il
motivo di ricorso con con cui il ricorrente
lamenta il difetto di istruttoria e di
motivazione del provvedimento impugnato, non
potendo condividere la tesi secondo cui la
Soprintendenza non avrebbe dovuto far
applicazione della disciplina recata dal
P.T.P. trattandosi di sanatoria; secondo il
ricorrente, infatti, in caso di parere ex
art. 32 della L. 47/1985, le Amministrazioni
comunali non sarebbero tenute ad attenersi
rigidamente alle prescrizioni recate dai
piani paesistici, ma potrebbero valutare
discrezionalmente il reale ed effettivo
stato dei luoghi nei quali si trova il
manufatto oggetto di sanatoria, e verificare
così la compatibilità in concreto del
fabbricato con il tessuto paesaggistico nel
quale l’opera si colloca. Innanzitutto, i
giudici romani ritengono che legittimamente
l'autorità ministeriale abbia rilevato,
ponendolo a base del disposto annullamento,
il difetto di motivazione
dell'autorizzazione paesaggistica rilasciata
dall'autorità comunale.
L'articolo 82 del DPR n. 616/1977, il
successivo art. 151 del D.Lgs. n. 490/1999
ed oggi la normativa contenuta nel D.Lgs. n.
42/2004 configurano un sistema complesso di
tutela del paesaggio, implicante
l'intervento sia della Regione che dello
Stato, in cui la concorrenza dei poteri è
disciplinata dal principio di leale
cooperazione ( Corte Cost., sent. n.
359/1995, n. 151/1986, n. 302/1988).
Con specifico riferimento ai poteri della
Regione (o dell'ente subdelegato), va
rilevato che la funzione dell'autorizzazione
è quella di verifica della compatibilità
dell'opera edilizia che si intende
realizzare con l'esigenza di conservazione
dei valori paesistici protetti dal vincolo.
È stato, infatti, evidenziato (cfr. Cons.
Stato, VI, 14-11-1991, n. 828; VI,
25-09-1995, n. 963) che quest'ultimo
contiene un accertamento circa l'esistenza
di valori paesistici oggettivamente non
derogabile e che è compito
dell'autorizzazione accertare in concreto la
compatibilità dell'intervento con il
mantenimento e l'integrità dei richiamati
valori. Difatti, il paesaggio è un valore
costituzionale primario e, pertanto,
l'autorità amministrativa non deve svolgere
una ponderazione comparativa tra un
interesse primario ed un interesse
secondario, ma unicamente operare un
giudizio in concreto circa il rispetto da
parte dell'intervento progettato delle
esigenze connesse alla tutela del paesaggio
stesso. La determinazione dell'ente locale
deve, dunque, essere motivata anche quando
abbia contenuto positivo, favorevole al
richiedente.
Tale principio, già consolidato in
giurisprudenza in relazione alla peculiare
natura dell'atto ed alla rilevanza degli
interessi coinvolti (cfr. Cons. Stato, VI,
15-12-1981, n. 751; 19-05-1981, n. 221; IV,
18-11-1980, n. 1104), trova oggi espresso
fondamento normativo nell'articolo 3 della
legge n. 241/1990, secondo il quale ogni
provvedimento amministrativo, di contenuto
sia negativo che positivo, deve essere
motivato, recando l'indicazione dei
presupposti di fatto e delle ragioni
giuridiche che hanno determinato la
decisione in relazione alle risultanze
dell'istruttoria.
Quanto, poi, al contenuto di tale
motivazione, la giurisprudenza è ferma nel
ritenere, ai fini della congruità e
sufficienza della stessa, che debba esservi
l'indicazione della ricostruzione dell'iter
logico seguito, in ordine alle ragioni di
compatibilità effettive che -in riferimento
agli specifici valori paesistici dei luoghi-
possano consentire tutti i progettati
lavori, considerati nella loro globalità e
non esclusivamente in semplici episodi di
dettaglio (cfr. Cons. Stato, VI, 05-07-1990,
n. 692; 14-11-1991, n. 828; 25-09-1993, n.
963; 20-6-1995, n. 952).
Le considerazioni sopra svolte valgono anche
per il procedimento di condono edilizio di
opere realizzate su aree sottoposte a
vincolo, per il quale l'articolo 32 della
legge n. 47/1985 dispone che "il rilascio
della concessione o dell'autorizzazione in
sanatoria ... è subordinato al parere
favorevole delle amministrazioni preposte
alla tutela del vincolo stesso".
Invero, la giurisprudenza (cfr. Cons. Stato,
VI, 28-01-1998, n. 114) ha avuto modo di
chiarire che il suddetto parere ha natura e
funzioni identiche alla autorizzazione
paesaggistica, in quanto entrambi gli atti
costituiscono il presupposto per
l'assentimento del titolo che legittima la
trasformazione urbanistico edilizia della
zona protetta; con la conseguenza che anche
in tale caso è applicabile il potere
ministeriale di annullamento del
provvedimento. Venendo, dunque, all'esame
della fattispecie concreta oggetto del
presente giudizio e facendo applicazione dei
principi giurisprudenziali sopra richiamati,
appare evidente il difetto di motivazione
del provvedimento comunale che afferma la
compatibilità delle opere con il contesto
paesistico protetto, con i criteri di
gestione dell’area, e con gli obiettivi di
compatibilità paesistica stabiliti dall’art.
20 del testo coordinato delle N.T.A. del
P.T.P. Ambito n. 9 senza indicarne le
ragioni, considerato l’evidente contrasto
con la disciplina recata dal P.T.P. con
riferimento all’indice di fabbricabilità e
al lotto minimo.
La Soprintendenza ha rilevato che il mero
richiamo al contenuto della norma del P.T.P.
non può ritenersi sufficiente a sostenere la
compatibilità dell’intervento con la
normativa paesistica quando vi è un evidente
contrasto (come nel caso di specie) con la
disciplina ivi contenuta.
Né può ritenersi, che trattandosi di
procedimento di condono, il Comune,
nell’esercizio del suo potere sub-delegato,
possa discostarsi dalla disciplina di tutela
effettuando valutazioni soggettive
disancorate dai parametri normativi: il
giudizio di compatibilità, infatti, viene
reso tenendo conto dalla disciplina
normativa vigente al momento della
pronuncia; la disposizione di portata
generale di cui all'art. 32, primo comma,
della legge 47 del 1985 relativa ai vincoli
che appongono limiti all'edificazione, non
reca, infatti, alcuna deroga al principio di
legalità che impone l'esplicazione della
funzione amministrativa secondo la norma
vigente al tempo in cui la funzione si
esplica ("tempus regit actum").
Pertanto nella considerazione che, in
mancanza di una deroga espressa, la
compatibilità dell'intervento edilizio da
sanare deve essere effettuata con riguardo
alla disciplina urbanistica vigente al
momento in cui il parere deve essere reso,
in quanto prima l'immobile non aveva
giuridica esistenza, l'art. 32, primo comma,
della legge 47 del 1985 deve interpretarsi "nel
senso che l'obbligo di pronuncia da parte
dell'autorità preposta alla tutela del
vincolo sussiste in relazione all’esistenza
del vincolo al momento in cui deve essere
valutata la domanda di sanatoria e che tale
valutazione corrisponde alla esigenza di
vagliare l'attuale compatibilità, con il
vincolo, dei manufatti realizzati
abusivamente" (cfr. Cons. di Stato, Sez.
V, 22.12.1994 n. 1574) (così testualmente
TAR Lombardia, Sez. Brescia 25/07/2005 n.
785).
Ne consegue che il Comune (quale ente
sub-delegato) e la Soprintendenza sono
tenuti ad applicare la normativa paesistica
vigente al momento del rilascio
dell’autorizzazione (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it -
– TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater,
sentenza 07.03.2011 n. 2077 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
È illegittima l'ingiunzione di
demolizione che non venga notificata al
responsabile dell'abuso né al proprietario
dell'opera abusiva ma solo al proprietario
dell'area sulla quale è stata realizzata la
stessa opera.
Tra i destinatari delle sanzioni
amministrative conseguenti alla
realizzazione di opere edilizie abusive sono
da annoverarsi anche coloro che, al momento
del provvedimento sanzionatorio, sono
proprietari dell’immobile anche se
incolpevoli e non autori delle
trasformazioni contestate.
Per quanto riguarda la notifica del
provvedimento, rileva il Collegio che non
incombe a carico del Comune l'onere della
previa individuazione dell'effettivo
proprietario dell'area, atteso che
l'ordinanza di demolizione, per
giurisprudenza consolidata nella materia,
può essere legittimamente notificata anche
esclusivamente all'autore materiale
dell'abuso, nel caso in cui non corrisponda
con il proprietario dell'area interessata
dai lavori edilizi abusivi.
Ed infatti la estraneità del proprietario (o
del titolare del diritto reale) agli abusi
edilizi commessi sulla cosa locata e
affittata dal conduttore, locatario o
affittuario non implica l'illegittimità
dell'ordinanza di demolizione emessa nei
confronti del responsabile dell'abuso, ma la
sola insuscettività del provvedimento
repressivo e sanzionatorio a costituire
titolo per l'acquisizione gratuita al
patrimonio comunale dell'area di sedime
sulla quale insiste il bene (cfr., TAR
Campania Napoli, sez. II, 19.10.2006, n.
8673).
Ai sensi dell'art. 31 del T.U. 06.06.2001 n.
380, l'ingiunzione di demolizione deve
essere notificata al responsabile
dell'abuso, oltre che al suo proprietario,
con la conseguenza che è illegittima
l'ingiunzione di demolizione che non venga
notificata al responsabile dell'abuso né al
proprietario dell'opera abusiva ma solo al
proprietario dell'area sulla quale è stata
realizzata la stessa opera, soprattutto se
questi non ha la materiale disponibilità e
non può procedere alla demolizione o
rimozione dell'opera abusiva (TAR Lazio-Roma,
Sez. I-quater,
sentenza 07.03.2011 n. 2042 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE GESTIONALI:
Il dirigente è per legge il
titolare del potere sanzionatorio in materia
edilizia a lui direttamente attribuito
dall'art. 107 d.lgs. n. 267/2000.
Secondo quanto previsto dall'art. 107, comma
3, lettera g), d.lgs. n. 267/2000, spetta ai
dirigenti l'adozione di "tutti i
provvedimenti di sospensione dei lavori,
abbattimento e riduzione in pristino di
competenza comunale, nonché i poteri di
vigilanza edilizia e di irrogazione delle
sanzioni amministrative previsti dalla
vigente legislazione statale e regionale in
materia di prevenzione e repressione
dell'abusivismo edilizio e
paesaggistico-ambientale" nel cui ambito
rientra il provvedimento impugnato.
Il dirigente è –dunque– per legge il
titolare del potere sanzionatorio in materia
edilizia a lui direttamente attribuito
dall'art. 107 d.lgs. n. 267/2000 (TAR Lazio-Roma,
Sez. I-quater,
sentenza 07.03.2011 n. 2029 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
L’onere di immediata impugnazione
del bando di concorso sussiste solo se
l’interessato intenda contestare la
decisione dell’amministrazione di avviare la
procedura concorsuale oppure ritenga di
censurare clausole che impediscano la stessa
partecipazione al concorso, potendo per il
resto il concorrente attendere di verificare
la lesività delle stesse all’esito della
procedura
È legittima la determinazione dei
criteri di valutazione delle prove
concorsuali, anche dopo la loro
effettuazione, purché prima della loro
concreta valutazione.
E’ stato più volte rilevato dalla
giurisprudenza che l’onere di immediata
impugnazione del bando di concorso sussiste
solo se l’interessato intenda contestare la
decisione dell’amministrazione di avviare la
procedura concorsuale oppure ritenga di
censurare clausole che impediscano la stessa
partecipazione al concorso, potendo per il
resto il concorrente attendere di verificare
la lesività delle stesse all’esito della
procedura (tra le più recenti C.d.S., sez.
V, 10.08.2010, n. 5555; 25.05.2010, n. 3308;
sez. VI, 23.09.2009, n. 5668).
L’articolo 12 del D.P.R. 09.05.1994, n. 487
(“Regolamento recante norme sull’accesso
agli impieghi nelle pubbliche
amministrazioni e le modalità di svolgimento
dei concorsi, dei concorsi unici e delle
altre forme di assunzione nei pubblici
impieghi”), al primo comma stabilisce
che “Le commissioni esaminatrici, alla
prima riunione, stabiliscono i criteri e le
modalità di valutazione delle prove
concorsuali, da formalizzare nei relativi
verbali, al fine di assegnare i punteggi
attribuire alle singole prove. Esse,
immediatamente prima dell’inizio di ciascuna
prova orale, determinano i quesiti da porre
ai singoli candidati per ciascuna delle
materie di esame. Tali quesiti sono proposti
a ciascun candidato previa estrazione a
sorte”.
E’ stato rilevato che il principio della
previa fissazione dei criteri e delle
modalità delle prove concorsuali che,
secondo la previsione del ricordato
articolo, devono essere stabiliti dalla
commissione esaminatrice, nella sua prima
riunione, (o tutt’al più prima della
correzione delle prove scritte), deve essere
inquadrato nell'ottica della trasparenza
dell'attività amministrativa perseguita dal
legislatore, che pone l'accento sulla
necessità della determinazione e
verbalizzazione dei criteri stessi in un
momento nel quale non possa sorgere il
sospetto che questi ultimi siano volti a
favorire o sfavorire alcuni concorrenti, con
la conseguenza che è legittima la
determinazione dei predetti criteri di
valutazione delle prove concorsuali, anche
dopo la loro effettuazione, purché prima
della loro concreta valutazione (C.d.S.,
sez. IV, 22.09.2005, n. 4989).
In altri termini la predeterminazione dei
criteri di valutazione delle prove scritte
costituisce lo strumento indispensabile per
poter apprezzare poi il giudizio della
commissione esaminatrice ed il corretto
esercizio del suo potere
tecnico–discrezionale, sintetizzato dal voto
numerico (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 04.03.2011 n. 1398 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI - PUBBLICO IMPIEGO:
Non sussiste attualità
dell'interesse a ricorrere allorché si
controverta in ordine a disposizioni di un
bando di concorso non immediatamente lesive
quali la valutazione di titoli e
l'attribuzione di punteggi.
L’onere della immediata impugnazione degli
atti generali contenenti le prescrizioni
disciplinanti una procedura selettiva (gara
o concorso pubblici) si manifesta
esclusivamente quando le prescrizioni della
lex specialis che si ritengono
illegittime e che pregiudicano la posizione
del concorrente (o dell’aspirante tale, per
meglio dire) impediscano di fatto la sua
partecipazione tanto che, se l’interessato
presentasse la relativa domanda, il soggetto
procedente non potrebbe che escluderlo dalla
selezione (cfr. TAR Lazio, II Sezione,
05.01.2011 n. 30).
L'onere di immediata impugnazione delle
norme disciplinanti la partecipazione ad una
procedura selettiva deve, quindi, essere
assolto con riguardo a quelle sole
disposizioni concernenti i requisiti
soggettivi di partecipazione e a quelle che
integrano un'immediata preclusione alla
partecipazione, ossia a quelle clausole che
ledano immediatamente e direttamente
l'interesse sostanziale del soggetto che ha
chiesto di partecipare alla procedura
concorsuale.
Ogni diversa questione inerente
all'applicazione delle norme regolamentari
generali, così come l'impugnazione di norme
del bando che, pur potendo considerarsi
immediatamente lesive non siano peraltro
univocamente chiare e vincolanti, può e deve
essere proposta unitamente agli atti che di
esse fanno applicazione, dal momento che
sono questi ultimi ad identificare in
concreto il soggetto leso dal provvedimento
e a rendere attuale e concreta la lesione
della sua situazione soggettiva (cfr., in
termini, da ultimo TAR Lazio, Sez. II,
17.09.2010 n. 32351).
Deriva da quanto sopra che non sussiste
attualità dell'interesse a ricorrere
allorché si controverta in ordine a
disposizioni di un bando di concorso non
immediatamente lesive quali la valutazione
di titoli e l'attribuzione di punteggi
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Lazio-Roma,
Sez. II,
sentenza 02.03.2011 n. 2018 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 14.03.2011 |
ã |
NOVITA' NEL
SITO |
Bottone "CONVEGNI"
n. 7 giornate di studio a Bergamo per il 13-20-27
aprile e 04-11-18-25 maggio 2011 organizzate dal portale
PTPL.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella
locandina. |
Bottone "CONVEGNI"
n. 1 giornata di studio a Bergamo per il 30 marzo
2011 organizzata dal portale PTPL.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella
locandina. |
Bottone "CONVEGNI"
n. 1 giornata di studio a Marcallo con Casone (MI)
per il 24 marzo
2011 co-organizzata dal portale PTPL. |
GURI - GUUE -
BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 10 del
10.03.2011, "Approvazione della
«Direttiva per il controllo degli scarichi
degli impianti di trattamento delle acque
reflue urbane, ai sensi dell’allegato 5 alla
parte terza del d.lgs. 03.04.2006, n. 152 e
successive modifiche e integrazioni» e
revoca della deliberazione della Giunta
regionale 04.08.2005, n. 528"
(deliberazione
G.R. 02.03.2011 n. 1393). |
EDILIZIA PRIVATA:
Obbligo della certificazione energetica,
qualifica degli installatori, nuovi
incentivi… Arriva il Decreto Rinnovabili.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato in
via definitiva il Decreto Legislativo che
recepisce la direttiva europea 2009/28 sulla
promozione dell’uso dell’energia da fonti
rinnovabili e che modifica, tra l'altro, il
sistema degli incentivi statali.
Il Decreto si inserisce nel quadro della
politica energetica europea volta a ridurre
la dipendenza dalle fonti combustibili
fossili e le emissioni di CO2 , nel rispetto
delle direttive comunitarie che impongono
all'Italia l'obbligo di raggiungimento degli
obiettivi del 17% di energia prodotta da
fonti rinnovabili entro il 2020.
Il Decreto rinnovabili, in attesa di essere
pubblicato in Gazzetta, prevede la
definizione di un nuovo sistema di incentivi
per gli impianti da fonti rinnovabili,
differenziato in base alla dimensione
dell'impianto. Relativamente al
fotovoltaico, si procederà ad emanare un
nuovo Decreto finalizzato alla ridefinizione
di criteri, parametri e quote.
Vediamo in breve le principali novità
introdotte dal decreto. ... (link a
www.acca.it). |
NOTE,
CIRCOLARI E COMUNICATI |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI -
URBANISTICA:
Oggetto: Procedure di competenza della
Direzione Generale PBAAC in materia di VIA,
VAS e progetti sovraregionali o
trasfrontalieri – Disposizioni per la
presentazione delle istanze e della relativa
documentazione progettuale (Mi.B.A.C.,
circolare 19.03.2010 n. 6). |
DIPARTIMENTO
FUNZIONE PUBBLICA |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Oggetto:
modifica alla disciplina in materia di
permessi per l'assistenza alle persone con
disabilità - banca dati informatica presso
il Dipartimento della funzione pubblica -
legge 04.11.2010 n. 183, art. 24
(circolare 10.03.2011
n. 2/2011). |
AUTORITA'
VIGILANZA CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI:
Domande e risposte sulla CONGRUITÀ DELLE
OFFERTE.
- Cosa si intende per offerta anomala?
- Quali soggetti sono deputati ad operare la
valutazione dell’anomalia dell’offerta e di
quali poteri si avvalgono?
- In che modo si calcola la soglia
dell'anomalia? Può essere troncata o
arrotondata la soglia di anomalia?
(…)
La redazione di Biblus-net propone un
documento contenente risposte chiare e
precise fornite dall'AVCP (Autorità per la
Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori,
Servizi e Forniture) a tutte le domande e i
dubbi più frequenti, certamente utili a
chiunque si occupi di Appalti Pubblici (link
a www.acca.it). |
SINDACATI |
PUBBLICO IMPIEGO:
Ancora sulla festa nazionale del
17.03.2011
(CGIL-FP di Bergamo,
nota 07.03.2011). |
UTILITA' |
EDILIZIA PRIVATA:
Guida alle agevolazioni fiscali per
interventi di riqualificazione energetica:
proroga del 55% e modalità operative per il
2011 da ANCE.
L`ANCE ha pubblicato una interessante Guida
alle agevolazioni fiscali per gli interventi
di riqualificazione energetica, contenete
tutte le novità in materia di detrazioni
fiscali relative al 2011 e tabelle di
sintesi relative ai vari interventi.
Sono riportati chiarimenti circa:
- la proroga della detrazione del 55% per le
spese sostenute fino al 31.12.2011 (art.1,
comma 48, legge n. 220/2010 - Legge di
Stabilità 2011);
- la ripartizione della detrazione, per le
spese sostenute dall'01.01.2011 al
31.12.2011 in 10 quote annuali di pari
importo (anziché in 5 quote, come previsto
per le spese sostenute fino al 31.12.2010 -
art. 1, comma 48, legge n. 220/2010);
- l'obbligo per le Banche e le Poste
italiane, di effettuare una ritenuta del
10%, a titolo di acconto delle imposte sul
reddito dovute dai beneficiari, con
l'obbligo di rivalsa, all'atto
dell'accredito dei bonifici relativi al
pagamento delle spese agevolabili con la
detrazione del 55%.
La Guida ANCE raccoglie anche le varie
risoluzioni e pronunce dell'Agenzia delle
Entrate, tra cui:
- la R.M. n. 12/E del 07.02.2011, che
riconosce l'applicabilità dell'agevolazione
anche alle spese sostenute per
l'installazione di sistemi termodinamici a
concentrazione solare;
- la C.M. n. 39/E dell'01.07.2010, sui
limiti all'applicabilità della detrazione
nell'ipotesi di interventi di
ristrutturazione ed ampliamento, con o senza
demolizione dell'edificio preesistente;
- la C.M. n. 21/E del 23.04.2010, che ha
fornito chiarimenti sulla non calcolabilità
della detrazione con eventuali contributi
ottenuti per i medesimi interventi, sul
mancato, o tardivo, invio all'Agenzia delle
Entrate della Comunicazione da trasmettere
in caso di lavori pluriennali, nonché sulle
modalità di fruizione della detrazione per
gli interventi eseguiti mediante contratti
di locazione finanziaria.
Infine è presente un'Appendice alla Guida
che raccoglie tutte le disposizioni
normative, i provvedimenti attuativi e le
prassi amministrative (link a www.acca.it). |
VARI:
Infortuni domestici: dal Ministero della
Salute un VADEMECUM pubblicato rivolto a
progettisti, impiantisti e manutentori.
Il Ministero della Salute ha pubblicato un
manuale tecnico per la prevenzione,
intitolato Infortuni nelle abitazioni,
destinato alla prevenzione degli incidenti
domestici e alla riduzione dei rischi.
Il testo costituisce un riferimento utile ai
tecnici, ai progettisti, agli impiantisti,
ai manutentori ed ai referenti degli enti
locali preposti ad autorizzare e valutare i
progetti edilizi.
Esso “raccoglie tutti gli aspetti del
rischio infortunistico nelle abitazioni,
dalla sicurezza degli impianti all’analisi
dei comportamenti a rischio, dalle diverse
fragilità delle persone che nella casa
vivono, alle problematiche legate
all’intervento degli operatori della
prevenzione che operano nelle Istituzioni”.
Nel manuale vengono trattati argomenti di
particolare interesse, quali:
- incidenti in ambiente domestico in Italia
e riportati fonti e dati;
- analisi dei rischi legati alle
caratteristiche fisiologiche ed alle
eventuali minori abilità delle persone che
vivono nelle abitazioni;
- norme igienico-sanitarie relative alle
abitazioni, elementi strutturali ed arredi
(staticità e strutture di fondazioni, opere
in elevazione, consigli su suddivisioni
interne e arredamenti, scale, pavimenti,
serramenti, porte);
- rischi legati all’utilizzo di utensili
nell’ambito del lavoro domestico;
- rischi legati agli impianti elettrici e
agli elettrodomestici;
- Dichiarazioni di Conformità, requisiti
tecnico-professionali, obblighi del
committente, etc.;
- Norme CEI;
- sicurezza degli impianti a gas;
- rischi legati a generatori di calore
alimentati a combustibili solidi, i
generatori di calore alimentati a legna o ad
altri biocombustibili solidi;
- rischi legati all’esposizione a monossido
di carbonio;
- rischio incendio negli edifici di civile
abitazione;
- rischio chimico e tossico;
- analisi dei principali comportamenti a
rischio;
- obblighi del titolare - gestore
dell’appartamento e documentazione da
conservare;
- strumenti di valutazione dei rischi da
parte degli operatori della prevenzione e
degli stessi cittadini;
- liste di controllo per la sicurezza in
casa (link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Raccolta-R: aggiornamento sulla
regolamentazione tecnica degli impianti di
riscaldamento ad acqua calda. Nuovi Modelli
per la denuncia degli impianti.
Ricordiamo che a seguito della Circolare
INAIL n. 1 -IN/2010, dal primo marzo 2011 è
entrato in vigore il Regolamento sugli
Impianti ad acqua calda, denominato Raccolta
R (V. notizia Biblus-net del 03/02/2011 –
link ), relativo a tutti impianti centrali
di riscaldamento utilizzanti acqua calda
sotto pressione con temperatura non
superiore a 110°C e portata termica massima
complessiva dei focolari superiore a 35 kW.
INAIL ex-ISPESL ha pubblicato la nuova
modulistica per l’espletamento
dell’istruttoria tecnico-amministrativa.
I modelli pubblicati sono i seguenti:
- Denuncia di impianto termico ad acqua
calda, ai sensi dell'art. 18 del D.M.
01/12/1975;
- Denuncia di impianto centrale di
riscaldamento ad acqua calda (Mod. RD);
- Denuncia di impianto centrale di
riscaldamento ad acqua calda (Mod. RR);
- Modello RR circuiti;
- Modello RR generatori;
- Richiesta di verifica ai sensi dell'art.
22 del D.M. 01/12/1975 (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Sei sicuro. Dall’INAIL tutte le indicazioni
per la SICUREZZA nei CANTIERI STRADALI.
Il cantiere stradale presenta una
molteplicità di rischi, sia per chi ci
lavora, sia per coloro che vengono a
contatto con l’area dei lavori. La
conoscenza dei rischi, l’informazione e la
formazione sono elementi fondamentali per la
riduzione concreta del fenomeno
infortunistico.
A tal fine è stato realizzato questo
opuscolo che è una versione semplificata del
manuale “La Sicurezza sul lavoro nei
cantieri stradali” elaborato nell’ambito
del progetto promosso dal Comitato
Consultivo Provinciale di Verona e condiviso
dalla sede INAIL di Verona.
La pubblicazione risulta ben strutturata,
efficace e di semplice comprensione. Riporta
utili informazioni, quali:
- adempimenti delle varie figure coinvolte
(datore di lavoro, preposto -capo cantiere-
e lavoratore) per garantire la massima
sicurezza e le responsabilità;definizioni
chiare e precise dei termini più ricorrenti
in materia di sicurezza (P.O.S., P.S.C.,
D.P.I. e frasi di rischio)
- elenco di tutti i Dispositivi di
Protezione Individuale, indicando quando
usarli e da cosa proteggono;
- segnaletica del cantiere stradale (segnali
di pericolo, di prescrizione, di indicazione
e segnali complementari);
- fattori di rischio relativi
all'investimento di chi opera in cantiere
(cosa fare e cosa non fare);
- rischi di caduta e urti (cosa fare e cosa
evitare);
- organizzazione corretta del cantiere in
modo da evitare situazioni di rischio;
- esposizione a prodotti pericolosi
(tipologie di sostanze pericolose e soglie
di esposizione);
- esposizione a rumore e vibrazioni
(elementi che caratterizzano il rischio e
come evitare le situazioni di rischio);
- attrezzature usate in cantiere e corrette
modalità d'uso.
Infine è presente un utilissimo questionario
che consente di verificare il livello di
comprensione delle informazioni acquisite,
utile anche per effettuare formazione e
informazione tra i lavoratori (link a
www.acca.it). |
GIURISPRUDENZA |
ATTI AMMINISTRATIVI:
ASSOCIAZIONI E COMITATI -
Associazioni ambientaliste - Legittimazione
ad impugnare atti incidenti sull’ambiente -
Iscrizione nell’elenco ministeriale ex art.
13 L. n. 349/1986 - Legittimazione
riconosciuta caso per caso - Criterio
aggiuntivo.
Il criterio che attribuisce la
legittimazione a impugnare atti
amministrativi incidenti sull’ambiente agli
enti a carattere nazionale iscritti
nell’apposito elenco tenuto dal Ministero
dell’ambiente, ai sensi dell'art. 13 della
l. 08.07.1986 n. 349 non è sostitutivo, ma
aggiuntivo rispetto al criterio secondo cui
la legittimazione può essere riconosciuta,
caso per caso, “ad associazioni locali,
indipendentemente dalla loro natura
giuridica”, le quali “perseguano
statutariamente in modo non occasionale
obiettivi di tutela ambientale ed abbiano un
adeguato grado di rappresentatività e
stabilità in un'area di afferenza
ricollegabile alla zona in cui è situato il
bene a fruizione collettiva che si assume
leso” (C.d.S. sez. IV 08.11.2010 n.
7907; C.d.S. sez. VI 13.09.2010 n. 6554).
ASSOCIAZIONI E COMITATI
- Realtà rappresentative di cittadini
associati - Legittimazione - Principio di
sussidiarietà orizzontale.
Il principio di sussidiarietà orizzontale,
vigente a livello di Unione europea e
comunque introdotto nel nostro ordinamento
in modo esplicito dalla riforma del titolo V
parte II della Costituzione, conduce nel
dubbio ad affermare, e non a negare, la
legittimazione ad impugnare un provvedimento
amministrativo da parte di una realtà
rappresentativa di cittadini associati, in
quanto si tratta di realtà che i pubblici
poteri debbono promuovere, non ostacolare
(TAR Puglia Lecce 05.04.2005 n. 1847 e
Liguria 11.05.2004 n. 747 e 18.03.2004 n.
267) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 11.03.2011 n. 398 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
VIA - Artt. 19-24 d.lgs. n.
152/2006 - Procedimento a doppio stadio -
Verifica di assoggettabilità.
La Valutazione di impatto ambientale è
l’istituto, previsto ora dagli artt. 19-24
del D.lgs. 03.04.2006 n. 152, mediante il
quale, nella formula dell’art. 5 lettera b)
del T.U. “vengono preventivamente
individuati gli effetti sull'ambiente di un
progetto”.
Detto istituto prevede, in sintesi,
l’elaborazione di uno studio particolarmente
complesso ed oneroso, che per tal ragione,
come previsto dal legislatore nazionale in
ossequio alla normativa uniforme europea,
non è imposto indiscriminatamente per tutti
gli interventi capaci di influenzare
negativamente l’ambiente.
Per taluni di essi è previsto infatti un
procedimento a doppio stadio: nella prima
fase, si compie appunto lo screening, ovvero
nella terminologia dell’art. 5 lettera m)
del T.U. la “verifica di assoggettabilità”,
che serve a “valutare, ove previsto, se
progetti possono avere un impatto
significativo e negativo sull'ambiente e
devono essere sottoposti alla fase di
valutazione”; la VIA poi si fa nella
seconda fase, che è eventuale, ovvero ha
luogo solo se lo screening conclude in tal
senso.
VIA - Verifica di
assoggettabilità - Discrezionalità tecnica -
Sindacato giurisdizionale - Limiti.
L’attività mediante la quale
l’amministrazione provvede alle valutazioni
poste alla base della verifica di
assoggettabilità a VIA è connotata da
discrezionalità tecnica, e quindi può essere
sindacata in sede giurisdizionale di
legittimità nei limiti del non corretto
esercizio del potere sotto il profilo del
difetto di motivazione, di illogicità
manifesta, della erroneità dei presupposti
di fatto e di incoerenza della procedura
valutativa e dei relativi esiti (C.d.S. sez.
V 01.10.2002 n. 7262); le illegittimità e
incongruenze debbono essere “macroscopiche”
e “manifeste” (C.d.S. sez. V
17.05.2005 n. 2460, con riguardo al
sindacato sulla VIA di un impianto
industriale; conforme, sempre in tema di
valutazioni di impatto ambientale, anche
C.d.S. sez. VI 19.02.2008 n. 561).
VIA - Parere con
prescrizioni - Equivalenza a parere negativo
- Inconfigurabilità.
In tema di Valutazione di Impatto
Ambientale, parere con prescrizioni non
significa inidoneità del progetto ad essere
positivamente valutato; piuttosto progetto
in sé è accettabile, che si presta, secondo
l’amministrazione consulente, ad essere
ulteriormente migliorato: ne consegue che il
ricorso allo strumento delle "prescrizioni"
non può essere visto come sintomatico di un
progetto incompatibile con l'ambiente e che
non può assumersi un’equivalenza fra parere
negativo e parere con prescrizioni (C.d.S.
sez. V 05.01.2004 n° 1) (TAR Lombardia-Brescia,
Sez. I,
sentenza 11.03.2011 n. 398 - link
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APPALTI SERVIZI:
Appalti pubblici - Direttiva
2004/18/CE - Concessione di servizio
pubblico - Servizi di soccorso - Distinzione
tra "appalto pubblico di servizi" e
"concessione di servizi".
L'art. 1, nn. 2, lett. d), e 4, della
direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 31.03.2004, 2004/18/CE, relativa
al coordinamento delle procedure di
aggiudicazione degli appalti pubblici di
lavori, di forniture e di servizi, deve
essere interpretato nel senso che, quando la
remunerazione dell'operatore economico
selezionato è integralmente garantita da
soggetti diversi dall'amministrazione
aggiudicatrice che ha attribuito il
contratto di prestazione di servizi di
soccorso e tale operatore economico incorre
in un rischio di gestione, per quanto molto
ridotto, poiché, in particolare, l'importo
dei corrispettivi d'uso dei servizi in
questione dipende dall'esito di trattative
annuali con soggetti terzi e non gli è
garantita una copertura integrale dei costi
sostenuti nell'ambito di una gestione delle
sue attività conforme ai principi sanciti
dal diritto nazionale, tale contratto deve
essere qualificato come contratto di "concessione
di servizi", ai sensi dell'art. 1, n. 4,
della stessa direttiva.
Dal raffronto tra le definizioni di appalto
pubblico di servizi e di concessione di
servizi, fornite, rispettivamente, dal n. 2,
lett. a) e d), e dal n. 4 dell'art. 1 della
direttiva 2004/18, risulta che la differenza
tra un appalto pubblico di servizi e una
concessione di servizi risiede nel
corrispettivo della prestazione di servizi.
L'appalto di servizi comporta un
corrispettivo che, senza peraltro essere
l'unico, è versato direttamente
dall'amministrazione aggiudicatrice al
prestatore di servizi, mentre, nel caso di
una concessione di servizi, il corrispettivo
della prestazione di servizi consiste nel
diritto di gestire il servizio, o da solo o
accompagnato da un prezzo (Corte di
giustizia europea, Sez. III,
sentenza 10.03.2011 n. C-274/09 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
DIRITTO DELL’ENERGIA - BENI
CULTURALI E AMBIENTALI - Impianti da fonti
rinnovabili - Tutela costituzionale del
paesaggio - Libertà economica -
Funzionalizzazione alla salvaguardia delle
bellezze naturali.
La costruzione e l’esercizio di impianti da
fonti rinnovabili -soggetta ad
autorizzazione unica regionale- deve
rispettare le normative vigenti in materia
di tutela dell’ambiente, del paesaggio e del
patrimonio storico-artistico, a tenore
dell’art. 12 comma terzo del D.Lgs.
29.12.2003 n. 387 (cfr.: Corte Cost.,
26.03.2010 n. 119).
Mentre la tutela costituzionale del
paesaggio e dei beni culturali è infatti
incondizionata e assoluta, la garanzia della
libertà economica è subordinata alla sua <<funzione
sociale>>, rientrando nella generale
accezione della funzionalizzazione anche la
salvaguardia delle bellezze naturali, del
patrimonio pubblico e dei beni destinati
alla fruizione collettiva (Cons. Stato V,
12.06.2009 n. 3770; Corte Cost. 22.05.2009
n. 162).
Ciò, tuttavia, non comporta che non debba
tenersi conto l’utilità economica delle
opere progettate, secondo quanto previsto
dell’art. 152 del D.Lgs. 22.01.2004 n. 42.
DIRITTO DELL’ENERGIA -
Impianti di produzione di energia da fonti
rinnovabili - Interesse paesaggistico e
interesse ambientale - Possibile conflitto -
Valutazione comparativa in concreto.
E’ vero che la riduzione delle emissioni
nocive attraverso l’utilizzazione di fonti
energetiche rinnovabili costituisce oggetto
di impegni internazionali assunti dallo
Stato italiano (come il Protocollo di
Kyoto), ma è altresì vero che pure la
salvaguardia del paesaggio costituisce
oggetto di impegni internazionali (come la
Convenzione europea del paesaggio).
Pertanto, alla concezione totalizzante
dell’interesse paesaggistico non può
sostituirsi una concezione totalizzante
dell’interesse ambientale, che ne postuli la
tutela a ogni costo mediante lo sviluppo di
impianti di energia alternativa, che abbiano
un grave e irreversibile impatto
paesaggistico.
In altri termini, il conflitto tra tutela
del paesaggio e tutela dell’ambiente e della
salute non può essere risolto in forza di
una nuova aprioristica gerarchia che inverta
la scala dei valori, ma deve essere operato
in concreto mediante una ponderazione
comparativa di tutti gli interessi
coinvolti, potendosi configurare una
preminenza valoriale a favore del paesaggio,
o tutt’al più un’equivalenza ponderata tra
il paesaggio, l’ambiente e il diritto
d’intrapresa economica (cfr.: TAR Molise I,
08.04.2009 n. 115).
BENI CULTURALI E
AMBIENTALI - Tutela - Principio di
precauzione - Portata generale - Aree non
disciplinate dal piano paesaggistico -
Sottoposizione a vincolo - Operatività della
tutela.
La disciplina dei piani paesistici non
assorbe ogni profilo di tutela, atteso che
la legge consente di utilizzare, volta per
volta, criteri discrezionali per verificare
la compatibilità con il paesaggio di una
determinata opera o intervento sul
territorio (cfr.: Cons. Stato IV, 05.07.2010
n. 4244; TAR Campania VII 03.11.2009 n.
6825; TAR Lombardia Brescia 12..2001 n. 2).
Anche un’area non disciplinata da piano
paesistico può pertanto essere sottoposta a
vincoli, dal che consegue che l’autorità di
tutela, operando il suo apprezzamento
tecnico-amministrativo, deve evitare il
pregiudizio dei beni protetti.
Il principio di precauzione, in virtù del
quale la legge individua gli strumenti per
il perseguimento della tutela del paesaggio
e dei beni culturali, ha infatti portata
generale (cfr.: TAR Veneto Venezia III,
08.03.2006 n. 565).
DIRITTO DELL’ENERGIA -
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Autorità
tutoria - Comparazione con gli interessi
economici - Necessità - Esclusione.
Se è vero che i conflitti tra tutela del
paesaggio e tutela dell’ambiente (e
indirettamente della salute) che si possono
innescare nello sviluppo di fonti di energia
alternativa, in caso di grave e
irreversibile impatto paesaggistico, possono
e devono essere risolti in concreto,
attraverso una ponderazione comparativa tra
tutti gli interessi coinvolti, e ciò deve
avvenire all’interno della conferenza di
servizi -non già nell’esercizio unilaterale
dei vari poteri pubblici implicati-
nondimeno, all’autorità tutoria non compete
-neppure in virtù dei princìpi generali
della normativa sul procedimento
amministrativo, né dell’ art. 152 del D.Lgs.
n. 42 del 2004- di comparare e ponderare,
nel procedimento, gli interessi tutelati con
gli altri interessi economici e di
salvaguardia ambientale, intrinseci alle
politiche di promozione delle energie da
fonti alternative, atteso che detta
comparazione avviene in un momento e
nell’esercizio di un potere diverso, in sede
di conferenza di servizi regionale (cfr.:
Corte Cost. 06.11.2009 n. 282) (TAR Molise,
Sez. I,
sentenza 08.03.2011 n. 99 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
DIRITTO DELL’ENERGIA - Art. 12
d.lgs. n. 387/2003 - Autorizzazione unica -
Conferenza di servizi - Mancata indizione o
mancata partecipazione - Illegittimità
dell’autorizzazione.
L’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003 prevede
che l’autorizzazione unica debba essere
rilasciata a seguito di procedimento unico
articolato secondo il modulo della
conferenza di servizi.
Si tratta di conferenza di servizi
obbligatoria atteso che ai sensi del comma 3
deve essere necessariamente convocata dalla
regione entro trenta giorni dal ricevimento
della domanda di autorizzazione ed alla
stessa, ai sensi del successivo comma 4, “partecipano
tutte le Amministrazioni interessate”.
La mancata indizione della conferenza di
servizi o la mancata partecipazione di
amministrazioni titolari per legge di una
competenza primaria, non può che comportare
la illegittimità dell’autorizzazione unica
in quanto ne risulta frustrata la finalità
del legislatore di favorire la composizione
degli interessi antagonisti attraverso la
predisposizione di una sede unitaria di
confronto reputata come la più idonea a
superare eventuali ragioni di dissenso o di
contrasto (cfr. TAR Sicilia Palermo, I,
02.02.2010, n. 1297 e 20.01.2010, n. 578
nonché C.G.A.R.S. ordinanza 14.10.2009, n.
1032 e 11.04.2008, n. 295).
DIRITTO DELL’ENERGIA -
Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Autorizzazione
unica - Parere espresso dalla sovrintendenza
al di fuori della conferenza di servizi -
Incompetenza assoluta.
In tema di autorizzazioni unica ex art. 12
d.lgs. n. 387/2003, il parere espresso dalla
Soprintendenza al di fuori della conferenza
di servizi è illegittimo per incompetenza
assoluta alla stregua di atto adottato da
un’autorità amministrativa priva di potere
in materia (cfr. TAR Sicilia Palermo, I,
02.02.2010, n. 1297 e 20.01.2010, n. 578
nonché C.G.A.R.S. ordinanza 14.10.2009, n.
1032 e 11.04.2008, n. 295) (TAR Molise, Sez.
I,
sentenza 08.03.2011 n. 98 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Le imprese partecipanti ad un
costituendo RTI hanno l'obbligo di indicare
nell'offerta di gara, ai sensi dell'art. 37,
c. 13, del d.lgs. n. 163/2006, oltre alle
quote di partecipazione, le quote di lavori
che ciascuna di esse eseguirà.
Poiché l'art. 37, c. 13, del d.lgs. n.
163/2006 (Codice dei contratti), stabilisce
che i concorrenti riuniti in raggruppamento
temporaneo devono eseguire le prestazioni
nella percentuale corrispondente alla quota
di partecipazione al raggruppamento, deve
sussistere una perfetta corrispondenza tra
la quota di lavori e la quota di effettiva
partecipazione al raggruppamento.
L'indicazione delle quote di partecipazione
-e, quindi dei lavori- si rivela dunque
requisito di ammissione alla gara e deve
provvedersi a tale incombente nella domanda
di partecipazione alla gara e non in sede di
esecuzione del contratto.
Il suddetto c. 13 dell'art. 37 del Codice
dei contratti pubblici ha stabilito quindi
un parallelismo tra le quote di
partecipazione vantate da ciascuna associata
nell'ambito del raggruppamento e le quote di
esecuzione dei lavori che ciascuna di esse è
tenuta obbligatoriamente ad eseguire.
E sulla base delle predette indicazioni
preventive e formali deve essere operata la
verifica della sussistenza delle richieste
qualificazioni per le imprese (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 07.03.2011 n. 1422 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - Abbandono -
Responsabilità - Addebitalità della condotta
a dolo o colpa del soggetto attivo - Art. 14
d.lgs. n. 22/1997 - Fattispecie.
La responsabilità per l’illecito di
abbandono o deposito incontrollato di
rifiuti, posta a fondamento dell’ordinanza
sindacale di sgombero e rimozione di cui
all’art. 14 del d.lgs. n. 22/1997,
presuppone l’addebitabilità della condotta a
dolo o colpa a del soggetto attivo del fatto
tipizzato dalla norma (Cons. Stato, sez. V,
16.07.2010, n. 4614) (nella specie, il
deposito dei rifiuti è stato la conseguenza
di una lecita attività imprenditoriale di
recupero di rifiuti regolarmente
autorizzata, come tale non idonea ad
integrare gli estremi della condotta
illecita addebitabile agli amministratori)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 04.03.2011 n. 1384 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
CAVE E MINIERE - Piano per le
attività estrattive - Regione Lombardia -
Approvazione del piano - Parere dell’ente
gestore dell’area protetta - Necessità -
Aree aggiunte ad integrazione
dell’originario perimetro tracciato dalla
proposta provinciale.
Sulla scorta del quadro normativo della
regione Lombardia in materia di formazione e
adozione della proposta di piano per le
attività estrattive (l.r. Lombardia n.
14/1998, artt. 7 e 8) non è revocabile in
dubbio che, ai fini della definizione della
procedura di approvazione del piano, sia
necessario acquisire il parere dell’ente
gestore dell’area protetta; nonostante il
riferimento testuale della norma regionale
alla necessità di tale parere con riguardo
alla proposta provinciale, l’intervento
dell’organo consultivo deve essere
sollecitato anche per le nuove aree che, in
sede di approvazione regionale, siano
aggiunte ad integrazione dell’originario
perimetro tracciato dalla proposta
provinciale.
Una diversa opzione ermeneutica condurrebbe
all’illogico risultato di consentire la
pretermissione del parere dell’ente di
protezione per il solo fatto, totalmente
neutro ed estraneo alle esigenze di tutela
perseguita dalla disciplina in parola, che
l’inclusione dell’area sensibile sia stata
stabilita in seno alla proposta inoltrata
dalla Provincia o in un segmento
procedimentale successivo (conf. Cons.
Stato, sez. VI, 06.06.2008, n. 2743)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 04.03.2011 n. 1382 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
BENI CULTURALI E AMBIENTALI -
Piano paesaggistico - Art. 134, lett. c),
d.lgs. n. 42/2004 - Diretta qualificazione
di aree come beni paesaggistico -
Possibilità.
Il piano paesaggistico può, ai sensi
dell’art. 134, lett. c) del d.lgs. n.
42/2004, direttamente qualificare come beni
paesaggistici aree -ulteriori rispetto a
quelle dichiarate tali in via amministrativa
o ex lege- il cui valore specifico da
tutelare è dato da caratteri simili, o di
analogo fondamento, rispetto a quelli
considerati per i vincoli provvedimentali
dell’art. 136 o per quelli ex lege
dall’art. 142, e il cui effetto ricognitivo
è quello proprio dei quei vincoli
paesaggistici, cui si deve aggiungere un
contenuto prescrittivo, posto dal Piano
stesso contestualmente alla loro
individuazione.
BENI CULTURALI E
AMBIENTALI - Regione - PPR e NTA -
Imposizione di specifica disciplina di
tutela - Vincolo archeologico - Interesse
archeologico - Tutela distinta.
La Regione attraverso il PPR e le NTA (come
previsto dal D.lgs. n. 42/2004), ha il
potere, dopo avere evidenziato determinate
caratteristiche di valore paesaggistico e
storico culturale, di imporre ad un’area una
specifica disciplina di tutela.
Tale potere, in quanto afferente alla
dimensione paesaggistica del patrimonio
culturale (cfr. art. 1, comma 3, del
Codice), presuppone una valutazione
specifica, diversa da quella alla base di un
vincolo di bene culturale (cfr. art. 1,
comma 2, del Codice), qual è un vincolo
archeologico. Si tratta piuttosto di una
valutazione afferente la qualità dell’ambito
paesaggistico archeologicamente
contrassegnato, e non dei singoli beni
archeologici.
Quella delle aree di interesse archeologico
è invero una “tutela distinta” da
quella di cui alla l. 01.06.1939 n. 1089
[oggi: Parte seconda, cioè artt. 14 e ss.
del Codice], avendo ad oggetto non già,
direttamente o indirettamente, i beni
riconosciuti di interesse archeologico, ma
piuttosto il loro territorio (Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 03.03.2011 n. 1366 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Determinazione degli oneri
concessori - Motivazione - Necessità -
Esclusione - Fondamento.
I provvedimenti relativi alla determinazione
degli oneri concessori non necessitano di
motivazione in ordine alla somma indicata,
in quanto risultano da un mero calcolo
materiale da effettuarsi sulla base di
puntuali indicazioni normative, senza che in
proposito residui un margine di
discrezionalità.
Non è pertanto configurabile a carico
dell’amministrazione, nella redazione di
tali atti aventi natura paritetica, un onere
di specificare le ragioni della decisione
adottata, sicché l'interessato può solo
contestare l'erroneità dei conteggi
effettuati dall'ente (in tal senso, Tar
Toscana, sez. III, 18.12.2001, n. 2037; Tar
Campania, Salerno, 21.07.2005, n. 1319; TAR
Lazio, Sez. II, 18.02.2005, n. 1410; TAR
Lombardia, Milano, Sez. II, 05.05.2004, n.
1620; TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 29.03.2000
n. 1911; TAR Puglia Bari, sez. III,
03.06.2009, n. 1376; TAR Campania Napoli,
sez. VIII, 17.09.2009, n. 4983) (TAR
Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 03.03.2011 n. 396 - link
a www.ambientediritto.it). |
URBANISTICA:
Vincoli di tipo espropriativo -
Vincoli conformativi - Differenza.
I vincoli di tipo espropriativo sono quelli
che derivano dalla localizzazione del
territorio comunale di opere, strade e
servizi, per i quali sono espressamente
indicate le aree sulle quali essi dovranno
sorgere, con preclusione di ogni attività
edificatoria privata, mentre vanno
qualificati come conformativi quei vincoli
che derivano dalla zonizzazione del
territorio contenuta negli strumenti
urbanistici che, nel dividere in zone il
territorio dell’ente locale, definiscono in
via generale ed astratta limiti e caratteri
dell’edificabilità dei vari terreni e così
conformano le varie proprietà che vi
ricadono, limitando la fruibilità di esse
nell’interesse pubblico (TAR Puglia Bari
Sez. II 28.07.2009 n. 1991).
Restano, altresì, al di fuori della
categoria espropriativa i vincoli che
importano una destinazione, anche specifica,
realizzabile ad iniziativa privata o
promiscua pubblico-privata, che non
comportino necessariamente interventi ad
iniziativa esclusiva pubblica e quindi siano
attuabili anche dal soggetto privato e senza
necessità di previa ablazione del bene
(Consiglio Stato, sez. IV, 31.07.2007, n.
4258, sez. IV, 25.05.2005, n. 2718) (TAR
Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 03.03.2011 n. 383 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Non sussiste l'esercizio del
diritto di accesso agli atti gara da parte
di un concorrente escluso, nell'ipotesi in
cui l'aggiudicatario abbia invocato la
tutela del segreto tecnico e commerciale.
In materia di accesso agli atti di gara, il
combinato disposto dei commi 5 e 6 dell'art.
13 del d.lgs. n. 163/2006, esclude
l'esercizio del diritto di accesso alla
documentazione posta a corredo dell'offerta
selezionata, ove l'impresa aggiudicataria
abbia dichiarato che sussistano esigenze di
tutela del segreto tecnico o commerciale, ed
il richiedente non abbia dimostrato la
concreta necessità di utilizzare tale
documentazione in uno specifico giudizio.
Nel caso di specie, il raggruppamento
aggiudicatario ha fatto espresso divieto a
soggetti terzi, inclusa la stazione
appaltante, di esibire ed utilizzare detta
documentazione.
Ne consegue che, l'interesse all'accesso
della concorrente esclusa, deve ritenersi
circoscritto agli atti e provvedimenti con
cui l'amministrazione ne ha escluso
l'offerta, in quanto ritenuta inaffidabile
nel suo complesso, e solo entro tali confini
l'odierna ricorrente ha concreta necessità
ed utilità di avvalersi di tale
documentazione cui, peraltro, ha già
ottenuto accesso (TAR Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 03.03.2011 n. 371 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Accesso agli atti di gara -
Limiti - Art. 13, cc. 5 e 6 d.lgs. n.
163/2006.
In materia di accesso agli atti di gara, il
combinato disposto dei commi 5 e 6 dell’art.
13 d.lgs. n. 163 del 2006 esclude
l’esercizio del diritto di accesso alla
documentazione posta a corredo dell’offerta
selezionata, ove l’impresa aggiudicataria
abbia dichiarato che sussistano esigenze di
tutela del segreto tecnico o commerciale, ed
il richiedente non abbia dimostrato la
concreta necessità di utilizzare tale
documentazione in uno specifico giudizio
(Cons. Stato, Sez. V, 09.12.2008, n. 6121)
(TAR Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 03.03.2011 n. 371 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO -
Termine ex art. 87 d.lgs, n. 259/2003 -
Decorrenza - Formazione del titolo
abilitativo - D.I.A. o silenzio assenso.
Il termine di cui all’art. 87, comma 9, del
D.Lgvo 01.08.2003 n. 259 decorre dalla
presentazione della domanda corredata dal
progetto (Cons. Stato, 24.9.2010 n. 7128).
Secondo l'interpretazione costante della
giurisprudenza, ai sensi della norma
richiamata il titolo abilitativo per la
realizzazione degli impianti di telefonia
mobile si costituisce in forza di una d.i.a.
ovvero di un silenzio-assenso, atteso che
istanze e denunce di inizio di attività si
intendono accolte qualora, entro novanta
giorni dalla relativa domanda, non sia stato
comunicato un provvedimento di diniego (TAR
Sardegna, Sez. II,
sentenza 03.03.2011 n. 188 - link
a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità
dell'aggiudicazione di una gara ad
un'impresa concorrente che non abbia reso la
dichiarazione relativa al soggetto che aveva
precedentemente rivestito, al suo interno,
la carica di procuratore speciale.
L'identificazione delle persone fisiche
munite di poteri di rappresentanza, per le
quali, ai sensi dell'art. 38, c. 1, del
d.lgs. n. 163/06, le società di capitali
sono tenute a presentare una dichiarazione
attestante la sussistenza dei requisiti
morali e professionali, deve essere
effettuata anche alla stregua dei poteri
sostanziali attribuiti, con conseguente
inclusione, nel novero dei soggetti muniti
di poteri di rappresentanza, delle persone
fisiche in grado di impegnare la società
verso i terzi, nonché dei procuratori ad
negotia, laddove l'estensione dei loro
poteri conduca a qualificarli come
amministratori di fatto, a prescindere dal
nomen.
Detta interpretazione affonda le sue radici
nell'esigenza di evitare la partecipazione,
alle gare pubbliche, di soggetti che non
prestino idonee garanzie di affidabilità ai
fini di una piena tutela dell'interesse
pubblico. In questa verifica delle funzioni
sostanziali, occorre aver riguardo al
concreto assetto delle competenze, quale
delineato dallo statuto societario,
riconoscendo dette funzioni a tutti i
soggetti cui sia stato conferito un potere
di amministrazione e rappresentanza nel
senso sopra indicato.
Nel caso di specie, trattasi di un
procuratore speciale, titolare di ampi
poteri rappresentativi e gestionali della
concorrente, quali quello di stipulare
contratti d'appalto. Pertanto, è da
ritenersi illegittimo il provvedimento di
aggiudicazione di una gara all'impresa
concorrente che abbia omesso di rendere la
dichiarazione relativa al soggetto di cui
sopra (TAR Lazio-Roma, Sez. III-quater,
sentenza 02.03.2011 n. 1922 -
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APPALTI:
Sull'illegittimità
dell'esclusione di un concorrente che,
nell'ambito di una gara per l'affidamento
del servizio di vigilanza, abbia presentato
tempestiva domanda di estensione
territoriale dell'autorizzazione
prefettizia.
E' illegittimo il provvedimento di
esclusione adottato da una stazione
appaltante nei confronti di un concorrente
che, in una gara indetta per l'affidamento
del servizio di vigilanza, abbia presentato
tempestiva domanda di estensione
territoriale dell'autorizzazione
prefettizia, laddove la lex specialis
abbia richiesto il requisito del possesso
dell'abilitazione di sicurezza rilasciata
dalla competente Prefettura.
Alla luce dei principi comunitari sanciti
dalla Corte di Giustizia (causa n.
C-465/05), contrasta con gli artt. 43 e 49
del Trattato istitutivo della Comunità
Europea, la richiesta di autorizzazione ad
esercitare il servizio di vigilanza,
limitatamente ad una provincia o ad alcuni
comuni, in quanto tale limitazione
territoriale costituisce una restrizione sia
alla libertà di stabilimento che alla libera
prestazione di servizi, nella misura in cui
ostacola lo svolgimento del servizio di
vigilanza nell'ambito dell'U.E..
Pertanto, sussiste il requisito previsto
anche in caso di autorizzazione rilasciata
da prefettura diversa da quella nel cui
ambito territoriale ricade l'attività
oggetto della procedura di gara, e ciò
nell'ipotesi in cui, come nel caso di
specie, l'istanza di estensione sia stata
proposta nel termine previsto per la
presentazione delle domanda di
partecipazione (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 02.03.2011 n. 1315 -
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URBANISTICA:
Zona di rispetto aeroportuale -
Vincolo di inedificabilità - Efficacia -
Decorrenza - Artt. 714 e ss. codice della
navigazione.
Il vincolo di inedificabilità nella zona di
rispetto aeroportuale è immediatamente
efficacia a partire dal momento in cui l’
aeroporto viene ad esistenza ed è operativo
e sono individuate le sue caratteristiche e
modalità di utilizzo per le operazioni di
volo. (cfr. Cons. Stato, IV, n. 2400 del
14.05.2007; V, n. 67 del 15.03.2006).
Si tratta di vincolo che trova la sua
ragione d’essere nell’esigenza di garantire
la sicurezza del volo, segnatamente nelle
situazioni di maggiore criticità afferenti
al decollo ed all’ atterraggio dei velivoli.
Esso si impone, ai sensi degli artt. 714 e
seguenti del codice della navigazione, a
partire dal momento in cui interviene il
d.m. che individua -unitamente alla
destinazione o meno dell’ aeroporto al
traffico strumentale e notturno- la
direzione e la lunghezza di atterraggio, il
livello medio dell’ aeroporto e dei tratti
di perimetro corrispondenti alle direzioni
di atterraggio.
Zona di rispetto
aeroportuale - Vincolo di inedificabilità -
Qualificazione ex lege - Necessità di
specifici atti di ricognizione - Esclusione.
In tema di vincolo di inedificabilità nella
zona di rispetto aeroportuale, la
limitazione del diritto dominicale non segue
ad una scelta discrezionale
dell’Amministrazione, così che debbano
assumersi a riferimento per la sua efficacia
specifici atti ricognitivi dell’ estensione
e dell’ incidenza del vicolo, ma discende
dalla qualificazione “ex lege” come
zona di rispetto della porzione di
territorio posta i prossimità dell’
aeroporto (analogamente a quanto avviene per
le zone di rispetto stradale, di linea
ferroviaria, cimiteriale, ecc.), a
salvaguardia di specifici interessi di
rilievo pubblico connessi all’ utilizzo di
beni appartenenti al demanio o destinati ad
uso collettivo, a fronte dei quali recedono
talune prerogative dei proprietari dei suoli
posti in prossimità dei beni stessi
(Consiglio di Stato,Sez. VI,
sentenza 02.03.2011 n. 1292 -
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APPALTI:
Non è applicabile la normativa
sull'evidenza pubblica nell'ipotesi di
procedura indetta in via d'urgenza.
Nell'ipotesi di gara d'appalto indetta in
via d'urgenza, come tale non procrastinabile
per ragioni di tutela sia della salute
pubblica che della sicurezza, non si
applicano le norme dettate in materia di
evidenza pubblica nella scelta dei
contraenti, bensì l'art. 57, c. 2, lett. c),
del d.lgs. n. 163/2006.
Ai sensi della citata norma, la procedura
negoziata, indetta senza pubblicazione del
bando, può essere utilizzata nella misura
strettamente necessaria, ai fini
dell'affidamento di un appalto, qualora
ricorra l'estrema urgenza, risultante da
eventi imprevedibili per le stazioni
appaltanti, incompatibili con i termini
imposti dalle procedure aperte, ristrette o
negoziate, previa pubblicazione di un bando.
Di conseguenza, il ricorso a tale sistema di
scelta del contraente, che si sostanzia in
una vera e propria trattativa privata,
rappresenta un'eccezione ai principi
generali di pubblicità e massima
partecipazione dei concorrenti, tipici della
procedura aperta, fermo restando che, i
presupposti fissati dalla legge per la sua
ammissibilità, devono essere accertati con
il massimo rigore e non sono suscettibili di
interpretazione estensiva; in particolare,
in ordine al carattere di urgenza, esso non
può in alcun modo addebitarsi
all'amministrazione per carenza di adeguata
organizzazione o programmazione ovvero per
sua inerzia o responsabilità, circostanze
queste che si ritiene non ricorrano nel caso
di specie (TAR Sicilia-Catania, Sez. III,
sentenza 01.03.2011 n. 524 - link
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APPALTI SERVIZI:
Tutela della salute pubblica e
della sicurezza - Scelta del contraente in
via d’urgenza - Art. 57, c. 2 d.lgs. n.
163/2006 - Eccezione al principio di
pubblicità e massima concorsualità -
Presupposto dell’urgenza - Requisiti.
Il ricorso al sistema di scelta del
contraente in via d’urgenza, non
procrastinabile per ragioni di tutela della
salute pubblica e della sicurezza, che si
sostanzia in una vera e propria trattativa
privata (art. 57, comma 2 lett. c) d.lg.
12.04.2006 n. 163), rappresenta un'eccezione
al principio generale della pubblicità e
della massima concorsualità tipica della
procedura aperta; ciò stante, i presupposti
fissati dalla legge per la sua ammissibilità
devono essere accertati con il massimo
rigore e non sono suscettibili di
interpretazione estensiva e in particolare,
per quanto riguarda l'urgenza di provvedere,
essa non deve essere addebitabile in alcun
modo all'Amministrazione per carenza di
adeguata organizzazione o programmazione
ovvero per sua inerzia o responsabilità
(Consiglio Stato , sez. V, 10.11.2010 , n.
8006).
Tutela della salute
pubblica e della sicurezza - Servizio di
gestione dei rifiuti urbani - Affidamento
con provvedimento extra ordinem - Esigenza
di continuità del servizio - Legittimità.
E’ legittima l'ordinanza contingibile ed
urgente assunta da un sindaco ai sensi
dell'art. 50, d.lg. n. 267 del 2000, al fine
di assicurare la continuità del servizio di
gestione dei rifiuti urbani, tenuto conto
della qualità di servizio essenziale, non
suscettibile di subire interruzioni (cfr.
TAR Veneto Venezia, sez. I, 09.07.2010, n.
2906 che ha rilevato come l'affidamento del
servizio ad una società per effetto di un
provvedimento extra ordinem, viene
assunto sulla base di presupposti di diritto
del tutto diversi da quelli in base ai quali
si procede in via ordinaria) (TAR
Sicilia-Catania, Sez. III,
sentenza 01.03.2011 n. 524 - link
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI – Ordinanza di rimozione
e smaltimento dei rifiuti – Art. 192 d.lgs.
n. 152/2006 – Mancata comunicazione di avvio
del procedimento – Illegittimità– Art. 7 L.
n. 241/1990.
Ai procedimenti preordinati all’emanazione
dell’ordinanza di rimozione e smaltimento
dei rifiuti ai sensi dell’art. 192 del
d.lgs. n. 152/2006 deve applicarsi la
disciplina sulla comunicazione di avvio del
procedimento ex art. 7 della l. n. 241/1990,
in quanto adempimento obbligatorio, rispetto
al quale risulta recessivo, nella specifica
materia, l’art. 21-octies della l. n. 241
cit., con conseguente illegittimità
dell’ordinanza non preceduta dalla
comunicazione stessa (cfr., ex multis,
C.d.S., Sez. V, 25.08.2008, n. 4061; TAR
Lombardia, Milano, Sez. IV, 02.09.2009, n.
4598; TAR Campania, Salerno, Sez. II,
07.05.2009, n. 1826; TAR Toscana, Sez. II,
06.05.2009, n. 772; TAR Emilia Romagna,
Parma, Sez. I, 31.01.2008, n. 64).
RIFIUTI – Pietre e marmi
– Art. 186, c. 7-ter, d.lgs. n. 152/2006 –
Ambito di applicazione – Attività di
lavorazione, non di mera estrazione.
L’art 186, comma 7-ter, del d.lgs. n.
152/2006 concerne i residui dell’attività di
lavorazione –non già di mera estrazione– di
pietre e marmi.
RIFIUTI – Fanghi
derivanti dal processo di lavaggio e
chiarificazione delle acque – Qualifica di
sottoprodotto – Requisiti ex art. 184-bis
d.lgs. n. 152/2006.
I fanghi derivanti dal processo di lavaggio
e chiarificazione delle acque possono essere
qualificati come sottoprodotti ove
sussistano i requisiti di cui all’art. 183,
comma 1, lett. p) della preesistente
versione del d.lgs. n. 152/2006 - ora art.
184-bis, comma 1, del medesimo decreto
legislativo: il derivare la sostanza da un
processo produttivo, il cui scopo primario
non è la produzione della sostanza stessa,
la certezza dell’impiego sin dalla fase
della loro produzione, il valore economico
del materiale utilizzato (TAR Toscana, Sez.
II,
sentenza 01.03.2011 n. 389 - link
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO - Interventi di
bonifica - Completamento - Certificazione
rilasciata dalla provincia competente -
Titolo per lo svincolo della garanzie
finanziarie - Possibilità di rilascio di
certificazione parziale - esclusione -
Normativa di riferimento - Art. 17 d.lgs. n.
22/1997 - Art. 12 D.M. n. 471/1999 - Art.
248, c. 2, d.lgs. n. 152/2006.
L’art. 17, comma 8, del d.lgs. n. 22/1997
prevedeva che il completamento degli
interventi previsti dai progetti di cui al
precedente comma 2, lett. c) - cioè dei
progetti di bonifica delle aree inquinate -
venisse attestato da apposita certificazione
rilasciata dalla Provincia competente per
territorio.
In attuazione di detta norma, l’art. 12 del
d.m. n. 471/1999 ha stabilito, al comma 2,
che il completamento degli interventi di
bonifica e ripristino ambientale e la
conformità degli stessi al progetto
approvato fossero accertati dalla Provincia
mediante apposita certificazione,
predisposta in conformità ai criteri ed ai
contenuti indicati nell’All. 5: la predetta
certificazione costituiva, in base al
successivo comma 3, titolo per lo svincolo
della garanzie finanziarie da prestare, ai
sensi dell’art. 10, comma 9, del d.m. n. 471
stesso, una volta approvato il progetto
definitivo di bonifica, per la corretta
esecuzione ed il completamento
dell’intervento.
L’art. 248, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006
prevede ora che il completamento degli
interventi di bonifica, di messa in
sicurezza permanente e di messa in sicurezza
operativa, nonché la conformità di essi al
progetto approvato sia accertata dalla
Provincia tramite apposita certificazione,
sulla base della relazione tecnica
predisposta dall’Agenzia regionale per la
protezione dell’ambiente territorialmente
competente. Anche in questo caso, la
certificazione costituisce titolo per lo
svincolo delle garanzie finanziarie.
Orbene, dal quadro normativo così riprodotto
emerge come la certificazione in esame sia
rilasciata una volta concluso l’intervento
di bonifica, non essendo previsto da nessuna
delle norme riportate più sopra il rilascio
di una certificazione parziale (TAR Toscana,
Sez. II,
sentenza 01.03.2011 n. 385 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - Linee guida per
l’attribuzione di codice CER a determinate
categorie di rifiuti - Adozione -
Trasportatori, smaltitori e recuperatori -
Partecipazione al procedimento - Necessità -
Esclusione.
Ai fini dell’adozione di un atto di
indirizzo per la corretta attribuzione dei
codici CER a rifiuti derivanti da specifiche
attività produttive, non incombe sulla
provincia l’onere di far partecipare al
procedimento trasportatori, smaltitori e
recuperatori o organizzazioni
rappresentative di tali categorie, essendo
solo i produttori e i detentori dei rifiuti
, ai sensi del’art. 193, c. 2, del d.lgs. n.
152/2006 i soggetti che sono tenuti per
legge ad assegnare il codice CER (TAR
Veneto, Sez. III,
sentenza 01.03.2011 n. 359 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - Abbandono -
Proprietario di un compendio immobiliare nel
quale vengano svolte attività da arte di
terzi, in forza di rapporto contrattuale -
Disponibilità giuridica e custodia dei beni
- Principio di elevato livello di tutela
ambientale - Obblighi di vigilanza e
controllo in capo al proprietario -
Responsabilità titolo omissivo o colposo -
Ordinanza ex art. 192 d.lgs. n. 152/2006.
Il proprietario di un compendio immobiliare
nel quale da terzi, in forza di un rapporto
contrattuale, vengano svolte attività,
conserva comunque la disponibilità giuridica
e dunque la custodia dei beni, tant’è vero
che non è possibile compiere nell'immobile
interventi e modifiche senza il consenso del
proprietario il quale, per questa via, ne
assume la eventuale responsabilità verso i
terzi; il fine di assicurare un elevato
livello di tutela all’ambiente (che è
principio cardine della politica ambientale
comunitaria: cfr. l’art. 174, par. 2, del
Trattato), comporta inoltre che, nel caso in
cui siano svolte da terzi, in forza di un
rapporto contrattuale, attività produttive
ad elevato impatto ambientale, pericolose
per la salute e l’ambiente (nel caso
all’esame vi era esercitata un’industria
insalubre), in capo al proprietario sono
configurabili obblighi di vigilanza e
controllo da svolgere secondo standard di
diligenza adeguati alla pericolosità insita
nelle lavorazioni. Ciò consente di
configurare responsabilità di carattere
omissivo o colposo anche in capo al
proprietario delle aree in concorso con
l’autore materiale dell’abbandono: ne deriva
la legittimità dell’ordinanza emanata ai
sensi dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006 nei
confronti del medesimo (TAR Veneto, Sez. III,
sentenza 01.03.2011 n. 336 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
VIA - Provvedimento di esclusione
- Presupposti ex art. 20 d.lgs. n. 152/2006
- Motivazione - Principio comunitario di
massima precauzione in materia di tutela
dell’ambiente.
L’art. 20 del decreto legislativo n. 152 del
2006 (codice dell’ambiente) delinea tra i
presupposti per poter procedere
all’esclusione dalla VIA l’assenza di
impatti significativi sull’ambiente nonché
la assenza di una modifica sostanziale dello
stato dei luoghi.
Ne deriva che è palesemente generica la
motivazione del provvedimento di esclusione
della necessità di VIA laddove si limita ad
affermare che “non si rileva alcun
elemento di interesse relativo all’impatto
ambientale dell’opera”, senza
soffermarsi sui presupoosti indicati dalla
norma.
Né può ritenersi che il provvedimento di
esclusione dalla VIA non richieda
necessariamente una articolata ed
approfondita motivazione qualora in sede
istruttoria sia stata prodotta tutta la
necessaria documentazione, e ciò in quanto
una siffatta conclusione, diretta in
sostanza ad elidere una autonoma valutazione
in tal senso in capo alla competente
amministrazione, sarebbe contraria al
principio comunitario di massima precauzione
in materia di tutela dell’ambiente (TAR
Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 25.02.2011 n. 405 - link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - Art. 14 d.lgs. n.
22/1997 - Sanzione amministrativa di tipo
reintegratorio - Responsabilità - Dolo o
colpa.
L’art. 14 del d.lgs. n. 22/1997 ha
introdotto una sanzione amministrativa di
tipo reintegratorio, avente a contenuto
l'obbligo di rimozione, di recupero o di
smaltimento e di ripristino a carico del
responsabile del fatto di discarica o
immissione abusiva (a carico, cioè, di "chiunque
viola i divieti di abbandono e di deposito
incontrollato di rifiuti sul suolo"), in
solido con il proprietario e con i titolari
di diritti reali o personali di godimento
sull'area, ai quali tale violazione sia
imputabile a titolo di dolo o di colpa,
addossando la responsabilità all’autore
materiale della trasgressione.
La responsabilità in solido con i
proprietari dell'area o con i titolari di
altro diritto reale ricorre nel caso in cui
la violazione possa essere a questi ultimi
ascritta a titolo di dolo o colpa.
RIFIUTI - Art. 14 d.lgs.
n. 22/1997 - Sistema sanzionatorio -
Responsabilità oggettiva o di posizione -
Esclusione - Proprietario dell’area -
Condotta omissiva - Rilevanza.
Se la giurisprudenza ha ritenuto che il
sistema sanzionatorio, delineato dal decreto
Ronchi in materia di rifiuti, esclude la
configurabilità di responsabilità oggettiva
o di posizione, e cioè che il proprietario
del sito che ospita rifiuti abbandonati sia
chiamato, per ciò solo, a risponderne,
indipendentemente dalla concreta verifica,
da parte della p.a., di una condotta anche
semplicemente agevolatrice del fatto
illecito del terzo, ovvero omissiva, cioè di
astensione dall'adozione di quelle cautele
che possono ragionevolmente pretendersi da
un soggetto dotato di diligenza media, va
osservato che tale responsabilità tuttavia
ricade inevitabilmente sul proprietario ove
non vi siano ragioni per escluderne
l’estraneità (per es. in assenza di esposti,
denunce all’Autorità Giudiziaria,
apposizioni di cartelli di divieto) senza
che la P.A. debba preventivamente svolgere
accertamenti di sorta sugli autori
dell’abuso (TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 24.02.2011 n. 384 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Mutamento della destinazione
d'uso di edifici - Lottizzazione abusiva
materiale - Configurabilità - Fattispecie:
modifica della destinazione da sottotetti a
mansarde.
Rientra nel concetto giuridico di
lottizzazione abusiva materiale, anche
l’esecuzione dei lavori che determinano un
mero mutamento della destinazione d'uso di
edifici, già esistenti, da cui derivi la
necessità di nuovi interventi di
urbanizzazione (Cass. 15/02/2007, n. 6396).
Fattispecie: configurabilità del reato di
lottizzazione abusiva conseguente alla
modifica della destinazione da sottotetti a
mansarde. (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 23.02.2011 n. 6892 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Abusi edilizi - Ordinanza di
demolizione -Destinatari - Proprietario e
responsabile dell’abuso - Artt. 29 e 31
d.P.R. n. 380/2001.
Il 2° comma dell'art. 31 del d.P.R. 380/2001
dispone che l’ordinanza di demolizione venga
notificata anche al responsabile dell’abuso,
prevedendo espressamente che il dirigente o
il responsabile del competente ufficio
comunale “ingiunge al proprietario e al
responsabile dell'abuso la rimozione o la
demolizione”. Che il soggetto, peraltro,
tenuto in concreto a provvedere alla
demolizione sia il responsabile dell'abuso,
si desume dal combinato disposto del comma e
dell'art. 29 e del comma 3 dell'art. 31 del
d.P.R. 380/2001 (Consiglio di Stato, Sez. V,
01.10.1999, n. 1228; TAR Campania, Napoli,
Sez. II, 26.05.2004, n. 8998) (TAR
Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 14.02.2011 n. 932 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO –
Impianti di telecomunicazione – Regolamento
comunale edilizio – Imposizione di distanze
– Illegittimità – Fattispecie: limite di 200
metri rispetto alle strade extraurbane.
L'installazione di impianti di
telecomunicazione deve ritenersi in generale
consentita sull'intero territorio comunale
in modo da poter realizzare un'uniforme
copertura di tutta l'area comunale
interessata(cfr., ex multis, C.d.S.,
Sez. VI, 28.03.2007, n. 1431).
Precipitato di tale principio è poi quello
per cui non può essere imposta, mediante
regolamento comunale edilizio, l'osservanza
di determinate distanze dagli edifici
esistenti ed ugualmente non si può
pretendere di localizzare gli impianti ad
una determinata distanza dal confine di
proprietà, trattandosi di previsione che
appare priva di giustificazione alcuna e
rappresenta solo un indebito impedimento
nella realizzazione di una rete completa di
telecomunicazioni (fattispecie relativa
all’imposizione, attraverso regolamento
comunale, di un limite di 200 metri rispetto
alle strade extraurbane) (in termini,
C.d.S., Sez. VI, 25.06.2007, n. 3536,
C.d.S., Sez. VI, 06.09.2010, n. 6473).
INQUINAMENTO
ELETTROMAGNETICO – Impianti di
telecomunicazione – Potestà regolamentare
comunale – Art. 8, c. 6, L. n. 36/2001 –
Limiti.
La potestà assegnata al Comune dall'art. 8,
comma 6, della legge 22.02.2001 n. 36 (legge
quadro sulla protezione dalle esposizioni a
campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici) di regolamentare "il
corretto insediamento urbanistico e
territoriale degli impianti e di minimizzare
l'esposizione della popolazione ai campi
radioelettrici" non può trasformarsi in
"limitazioni alla localizzazione"
degli impianti di telefonia mobile per
intere ed estese porzioni del territorio
comunale in assenza di una plausibile
ragione giustificativa (C.d.S., Sez. III, 3
marzo 2010 , n. 4280).
INQUINAMENTO
ELETTROMAGNETICO – Impianti di telefonia
mobile – Titolo abilitativo – Art. 87 d.lgs.
n. 259/2003.
Ai sensi dell'art. 87, comma 9, del codice
delle Comunicazioni (d.lg. n. 259 del 2003),
il titolo abilitativo per la realizzazione
degli impianti di telefonia mobile si
costituisce in forza di una d.i.a. ovvero di
un silenzio-assenso, atteso che le istanze e
denunce di inizio di attività si intendono
accolte qualora, entro novanta giorni dalla
relativa domanda, non sia stato comunicato
un provvedimento di diniego (cfr. sul punto,
TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 07.05.2010,
n. 3083) (TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 11.02.2011 n. 911 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Autorizzazione paesaggistica -
Procedimento di verifica della legittimità -
Art. 10 bis L. n. 241/1990 - Applicabilità -
Esclusione - Ragioni.
L’art. 10-bis della L. n. 241/1990 non è
applicabile al procedimento statale di
verifica della legittimità
dell’autorizzazione paesaggistica, sia
perché tale procedimento non è attivato su
istanza di parte, bensì su richiesta
dell’Amministrazione comunale che ha
rilasciato tale autorizzazione, sia perché
la comunicazione di cui all’art. 10-bis ha
ad oggetto “i motivi che ostano
all’accoglimento della domanda”, mentre
la funzione esercitata dalla Soprintendenza
nell’esercizio del potere di annullamento di
un’autorizzazione paesaggistica non è quella
di verificare la sussistenza dei presupposti
legittimanti il rilascio del provvedimento,
bensì quella di scrutinare la legittimità
dell’autorizzazione rilasciata
dall’Amministrazione comunale.
Vincolo paesaggistico -
Autorizzazione paesaggistica - Potere di
annullamento - Profili di eccesso di potere.
Il potere di annullamento
dell’autorizzazione paesaggistica attribuito
alla Soprintendenza non può comportare un
riesame complessivo delle valutazioni
tecnico-discrezionali compiute dall’Ente
locale, tale da consentire la
sovrapposizione o la sostituzione di una
nuova valutazione di merito a quella
compiuta in sede di rilascio
dell’autorizzazione, ma si estrinseca in un
mero controllo di mera legittimità, (ex
multis, TAR Campania Napoli, Sez. VII,
19.02.2009, n. 958).
Tuttavia il controllo di legittimità della
Soprintendenza può riguardare anche tutti i
possibili profili dell’eccesso di potere (ex
multis, Cons. Stato, Sez. VI,
11.09.2003, n. 5099), ivi compresi il
difetto di istruttoria ed il difetto di
motivazione.
Pertanto, posto che la funzione
dell’autorizzazione non è quella di
rimuovere il vincolo, ma di accertare in
concreto la compatibilità dell’intervento
prospettato con le esigenze di tutela e di
conservazione dei valori ambientali e
paesistici, l’annullamento
dell’autorizzazione è giustificato quando la
valutazione di compatibilità si traduce in
una obiettiva deroga e, quindi, in
un’autorizzazione illegittima per sviamento
o travisamento (TAR Campania-Napoli, Sez.
VII,
sentenza 11.02.2011 n. 904 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Pavimentazione di aree verdi -
Permesso di costruire.
La pavimentazione di aree verdi [opere di
cui alle lett. c) e g)], esige il permesso
di costruire, perché comporta
l’irreversibile trasformazione del
territorio (TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 11.02.2011 n. 896 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Costruzione precaria -
Presupposti.
La precarietà di una costruzione non va
desunta dalla possibile facile e rapida
amovibilità dell’opera, ovvero dal tipo più
o meno fisso del suo ancoraggio al suolo, ma
dal fatto che la costruzione appaia
destinata a soddisfare una necessità
contingente ed essere poi prontamente
rimossa, a nulla rilevando la circostanza
che l’impiego dell'opera sia circoscritto ad
una sola parte dell’anno, ben potendo la
stessa essere destinata a soddisfare un
bisogno non provvisorio ma regolarmente
ripetibile; la precarietà, quindi, non va
confusa con la stagionalità (tra le tante,
Tar Puglia, Bari, II, n. 2031/2009) (TAR
Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 11.02.2011 n. 896 - link
a www.ambientediritto.it). |
ENTI LOCALI:
Edilizia residenziale pubblica - Decadenza
dall'assegnazione ai sensi dell'art. 18, co.
1, del Reg. Reg. n. 1/2004 - Non presuppone
un abbandono definitivo e formale
dell'alloggio - E' sufficiente l'uso non
continuativo dell'immobile.
La decadenza comminata ai sensi dell'art.
18, co. 1, del Reg. Reg. n. 1/2004 nei
confronti dell'assegnatario di un alloggio
di edilizia popolare che non abiti
stabilmente l'appartamento, non presuppone
un abbandono formale e definitivo,
rilevando, a tal fine, anche comportamenti
comunque indicativi di un disinteresse o di
un non prevalente interesse del soggetto ad
un'abitazione continua, attraverso utilizzi
intermittenti e sporadici e ciò anche se la
mancata stabile occupazione sia motivata da
ragioni di vita e di lavoro e pertanto non
sorretta da animus dereliquendi.
Infatti la ratio sottesa al predetto
art. 18 risiede infatti nell'interesse
pubblico a che, in conseguenza della penuria
di abitazioni destinate ai meno abbienti,
gli alloggi di edilizia residenziale
pubblica vengano, e restino, assegnati a chi
intende farne un uso continuativo, non già
un uso sporadico, occasionale o stagionale
(cfr. TAR Lombardia, sede di Milano, sez. I,
30.06.2010, n. 2676) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenze 26.10.2010 nn.
7073 e
7074 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI:
Urbanistica - Impugnazione Piano
di Governo del Territorio (P.G.T.) -
Consiglieri comunali - Legittimazione attiva
- Tutela della legalità dell'azione
amministrativa - Non sussiste.
I consiglieri comunali non sono legittimati
all'impugnativa di delibere dell'organo di
cui fanno parte, ed, in particolare, della
delibera di approvazione del P.G.T., laddove
agiscano soltanto a tutela del principio di
legalità dell'azione amministrativa o degli
interessi del Comune.
La legittimazione
attiva dei consiglieri comunali é infatti
circoscritta alle ipotesi in cui essi
agiscano a tutela del proprio munus,
denunciando lesioni della propria sfera
giuridica o della propria posizione
all'interno dell'organo o dell'Ente
medesimo, ossia quando vengano in rilievo
atti incidenti in via diretta sul diritto
d'ufficio dei medesimi e quindi su un
diritto spettante alla persona investita
della carica di consigliere (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 26.10.2010 n.
7066 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Art. 52, comma 3-bis, L.R. n. 12/2005 - Mutamenti di
destinazione d'uso - Attività con riflessi
di rilevante impatto urbanistico - Necessità
di verificare le dotazioni di attrezzature
pubbliche rapportate a dette destinazioni -
Sussiste - Associazione culturale con fine
religioso - Applicabilità dell'art. 52,
comma 3-bis, L.R. n. 12/2005 - Non sussiste,
se il fine religioso è accessorio e
marginale nel contesto degli scopi
statutari.
2. Art. 52, comma 3-bis, L.R. n. 12/2005 - Mutamenti di
destinazione d'uso - Rilevanza ai fini
urbanistici dell'uso di fatto dell'immobile
- Non sussiste.
1. L'art. 52, comma 3-bis, L.R. n. 12/2005,
per la sua collocazione e la sua ratio, è
palesemente volto al controllo di mutamenti
di destinazione d'uso suscettibili, per
l'afflusso di persone o di utenti, di creare
centri di aggregazione (chiese, moschee,
centri sociali, ecc.) aventi come
destinazione principale o esclusiva
l'esercizio del culto religioso o altre
attività con riflessi di rilevante impatto
urbanistico, che richiedono la verifica
delle dotazioni di attrezzature pubbliche
rapportate a dette destinazioni.
La norma
non pare quindi applicabile nel caso in cui
l'immobile venga utilizzato da
un'associazione culturale in cui il fine
religioso rivesta carattere di accessorietà
e di marginalità nel contesto degli scopi
statutari.
2.
Non rileva di norma ai fini urbanistici
l'uso di fatto dell'immobile in relazione
alle molteplici attività umane che il
titolare è libero di esplicare (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 25.10.2010 n.
7050 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Impugnazione provvedimento
sanzionatorio - Cambio di destinazione d'uso
in difformità dalle previsioni urbanistiche
comunali - Piano attuativo - Infungibilità
delle destinazioni - Legittimità.
In presenza della previsione di un piano
attuativo che pone un limite quantitativo
alle varie destinazioni, non si può
affermare la piena fungibilità delle diverse
destinazioni e la conseguente libertà di
modificare la destinazione d'uso degli
immobili (anche tra quelle ammesse dal
P.R.G. per la zona in questione), passando
così da una destinazione all'altra, senza
una modifica del piano stesso.
Conseguentemente risulta legittimo il
provvedimento impugnato con il quale
l'Amministrazione ha sanzionato la
violazione di una disposizione urbanistica
di dettaglio, mentre nessuna rilevanza ha la
modalità con cui il cambio di destinazione
viene realizzato, aspetto che attiene al
profilo edilizio (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 21.10.2010 n.
7032 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Telefonia -
Stazioni radio base - Localizzazione - Art.
8, L. n. 36/2001 - Art. 4, comma 7°, L.R. n.
11/2001 - Piani urbanistici comunali -
Divieto di localizzazione di ordine generale
su parti del territorio non interessate da
obiettivi sensibili - Illegittimità -
Sussiste.
In tema di localizzazione delle stazioni
radio base di telefonia cellulare, i Comuni
non possono, attraverso i propri atti di
pianificazione urbanistica, introdurre
divieti di localizzazione di ordine generale
per talune porzioni di territorio,
considerato che la potestà riconosciuta agli
enti locali dall'art. 8, L. n. 36/2001 non
può tradursi in divieti assoluti di
localizzazione di impianti di telefonia
mobile su parti del territorio non
interessate da obiettivi sensibili.
Tale
conclusione è confermata alla luce dell'art.
4, comma 7°, L.R. Lombardia n. 11/2001 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 21.10.2010 n.
7030 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ordine di demolizione -
Comunicazione di assegnazione di un nuovo
termine - Violazione del principio di
tipicità degli atti - Irrilevanza
dell'erronea qualificazione formale -
Legittimità.
L'eventuale erronea qualificazione
dell'ordine di demolizione da parte del
Comune é irrilevante, dovendo il giudice
procedere in ogni caso alla corretta
qualificazione dell'atto amministrativo,
tenendo conto del potere effettivamente
esercitato dall'Amministrazione e non del
nomen attribuito dall'Amministrazione
medesima al provvedimento, non sussistendo
in tal caso la violazione del principio di
tipicità degli atti amministrativi lamentata (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 21.10.2010 n.
7029 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Lex specialis di gara -
Costituisce autovincolo per
l'Amministrazione che non può discostarsi da
quanto in essa stabilito, a pena di
illegittimità del suo operato (ipotesi di
esclusione dalla gara).
Le ipotesi di espressa comminatoria di
esclusione dalla procedura selettiva
contenuta nel bando o più in generale negli
atti recanti la lex specialis di gara hanno
valore di autovincolo per l'Amministrazione
procedente, chiamata poi ad applicare
puntualmente le disposizioni in essa
contenute.
Ciò implica che la stessa non può
poi ritornare sui suoi passi ed agire in
termini difformi rispetto a quanto stabilito
negli atti normativi di gara, a pena di
illegittimità del suo operato (cfr. TAR
Liguria, Genova, sez. II, 13.05.2010, n.
2534) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 15.10.2010 n.
6961 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Condono
edilizio - Oneri di concessione - Obbligo di
determinazione degli oneri con esclusivo
riferimento alle tariffe vigenti alla data
di entrata in vigore della legge di
sanatoria - Non sussiste - Ratio.
2. Concessione in
sanatoria - Silenzio-assenso -
Perfezionamento - Presupposti.
3. Concessione in
sanatoria - Possibilità di riaprire il
procedimento di sanatoria in seguito a
silenzio-assenso sull'istanza di concessione
in sanatoria entro i termini previsti per la
facoltà di ottenere il conguaglio - Non
sussiste.
1. In materia di condono edilizio ed oneri
concessori, relativamente alle relative
normative succedutesi nel tempo -art. 32,
D.L. 269/2003; art. 39, L. 724/1994, art.
37, L. 47/1985- non è ravvisabile un
orientamento interpretativo consolidato da
cui possa ricavarsi un unico principio
fondamentale della legislazione statale,
secondo cui gli oneri di concessione debbano
essere determinati esclusivamente con
riferimento alle tariffe vigenti alla data
di entrata in vigore della legge di
sanatoria: infatti, gli oneri di concessione
potrebbero essere ancorati alle tariffe
vigenti, alternativamente, al momento in cui
l'abuso è iniziato, al momento in cui
l'immobile abusivo è completato, al momento
dell'entrata in vigore della normativa
statale sul condono, al momento dell'entrata
in vigore della normativa regionale sul
condono, al momento in cui è stata
effettuata la richiesta di condono o,
infine, al momento del perfezionamento del
procedimento di sanatoria.
2. Nella disciplina dei condoni edilizi
succedutisi nel tempo, il procedimento di
sanatoria si perfeziona o con un
provvedimento esplicito del Comune, o col
silenzio-assenso, che matura in presenza di
determinati presupposti: in primis, la
presentazione di una domanda completa e
corredata da tutta la documentazione
prescritta dalla legge (cfr. Cons. di Stato,
n. 4174/2010).
3. In materia di condono edilizio, il
termine di trentasei mesi previsto dall'art.
35, comma 17, Legge n. 47/1985, riguarda la
prescrizione del diritto al conguaglio, o al
rimborso, a seguito del
silenzio-accoglimento formatosi sull'istanza
di concessione in sanatoria, con la
conseguenza che, una volta formatosi il
silenzio-assenso su tale istanza, la facoltà
di conguaglio non autorizza anche a
rimettere in discussione l'intero rapporto,
e riaprire il procedimento di sanatoria,
facendo applicazione delle nuove tariffe
successivamente entrate in vigore (cfr.
Cass. SS.UU., sent. n. 9662/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 14.10.2010 n.
6958 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Concessione in sanatoria -
Possibilità di riaprire il procedimento di
sanatoria in seguito a silenzio-assenso
sull'istanza di concessione in sanatoria
entro i termini previsti per la facoltà di
ottenere il conguaglio - Non sussiste.
In materia di condono edilizio, il termine
di trentasei mesi previsto dall'art. 35,
comma 17, Legge n. 47/1985, riguarda la
prescrizione del diritto al conguaglio, o al
rimborso, a seguito del
silenzio-accoglimento formatosi sull'istanza
di concessione in sanatoria, con la
conseguenza che, una volta formatosi il
silenzio-assenso su tale istanza, la facoltà
di conguaglio non autorizza anche a
rimettere in discussione l'intero rapporto,
e riaprire il procedimento di sanatoria,
facendo applicazione delle nuove tariffe
successivamente entrate in vigore (cfr.
Cass. SS.UU., sent. n. 9662/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 14.10.2010 n.
6956 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Condono
edilizio - Oneri di concessione - Obbligo di
determinazione degli oneri con esclusivo
riferimento alle tariffe vigenti alla data
di entrata in vigore della legge di
sanatoria - Non sussiste - Ratio.
2. Abuso edilizio
- Sanatoria - Diritti ed oneri - Incremento
percentuale ex art. 32, comma 40, D.L.
269/2003 - Ambito di applicazione.
1. In materia di condono edilizio ed oneri
concessori, relativamente alle relative
normative succedutesi nel tempo -art. 32,
D.L. 269/2003; art. 39, L. 724/1994, art.
37, L. 47/1985- non è ravvisabile un
orientamento interpretativo consolidato da
cui possa ricavarsi un unico principio
fondamentale della legislazione statale,
secondo cui gli oneri di concessione debbano
essere determinati esclusivamente con
riferimento alle tariffe vigenti alla data
di entrata in vigore della legge di
sanatoria: infatti, gli oneri di concessione
potrebbero essere ancorati alle tariffe
vigenti, alternativamente, al momento in cui
l'abuso è iniziato, al momento in cui
l'immobile abusivo è completato, al momento
dell'entrata in vigore della normativa
statale sul condono, al momento dell'entrata
in vigore della normativa regionale sul
condono, al momento in cui è stata
effettuata la richiesta di condono o,
infine, al momento del perfezionamento del
procedimento di sanatoria.
2. L'incremento percentuale fino al 10%,
previsto dall'art. 32, comma 40, D.L.
269/2003, che i Comuni possono richiedere
per progetti relativi alle attività
istruttorie connesse al rilascio delle
concessioni in sanatoria, è applicabile solo
ai diritti ed oneri correlati
all'istruttoria delle domande finalizzate al
rilascio del titolo abilitativo e non agli
oneri concessori relativi all'intervento
edilizio: ciò, in considerazione del maggior
impiego di risorse (personale e mezzi) che
qualsiasi sanatoria -implicante un afflusso
eccezionale di istanze da istruire ed
evadere in aggiunta all'attività ordinaria-
notoriamente richiede (nella fattispecie il
TAR ha ritenuto illegittima
l'interpretazione della predetta norma da
parte degli Uffici comunali, secondo i quali
la stessa autorizzerebbe un (ulteriore)
incremento (non dei diritti ed oneri di
istruttoria ma) degli oneri di
urbanizzazione primaria e secondaria (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 14.10.2010 n.
6955 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE:
Espropriazione
per pubblica utilità - Competenze del comune
- Art. 3, comma 101, L.R. 1/2000 - Portata.
Il riferimento alla "edilizia
residenziale pubblica" operato dall'art. 3,
comma 101, L.R. 1/2000, che delega ai
comuni, per i lavori di rispettiva
competenza, le funzioni amministrative
regionali concernenti l'espropriazione per
pubblica utilità di cui al titolo II, Legge
n. 865/1971, è una sintetica descrizione
dell'epigrafe di detta legge e non può
intendersi come un limite alla competenza
devoluta ai comuni in materia di
espropriazione: con la conseguenza che per i
lavori di propria pertinenza i comuni sono
titolari di funzioni trasferite
(dichiarazione di pubblica utilità e
occupazione d'urgenza) e di funzioni
delegate (espropriazione per pubblica
utilità) (cfr. TAR Milano, sent. n.
4/2010; TAR Brescia, sent. n. 1142/2004) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 14.10.2010 n.
6931 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Atto amministrativo -
Annullamento in autotutela di atto che
incide negativamente su una posizione
soggettiva - Comunicazione di avvio del
procedimento - Obbligo - Non sussiste.
L'annullamento in autotutela di un atto che
incide negativamente su una posizione
soggettiva non è lesivo per il soggetto
inciso e pertanto costui non ha motivo di
dolersene e tanto meno di dolersi del
mancato avviso di avvio del relativo
procedimento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 14.10.2010 n.
6931 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Condono
edilizio - Oneri di concessione - Obbligo di
determinazione degli oneri con esclusivo
riferimento alle tariffe vigenti alla data
di entrata in vigore della legge di
sanatoria - Non sussiste - Ratio.
2. Condono
edilizio - Obbligo di provvedere - In caso
di istanza non debitamente documentata -
Ritardo della P.A. - Non sussiste.
1. In materia di condono edilizio ed oneri
concessori, relativamente alle relative
normative succedutesi nel tempo -art. 32,
D.L. 269/2003; art. 39, L. 724/1994, art.
37, L. 47/1985- non è ravvisabile un
orientamento interpretativo consolidato da
cui possa ricavarsi un unico principio
fondamentale della legislazione statale,
secondo cui gli oneri di concessione debbano
essere determinati esclusivamente con
riferimento alle tariffe vigenti alla data
di entrata in vigore della legge di
sanatoria: infatti, gli oneri di concessione
potrebbero essere ancorati alle tariffe
vigenti, alternativamente, al momento in cui
l'abuso è iniziato, al momento in cui
l'immobile abusivo è completato, al momento
dell'entrata in vigore della normativa
statale sul condono, al momento dell'entrata
in vigore della normativa regionale sul
condono, al momento in cui è stata
effettuata la richiesta di condono o,
infine, al momento del perfezionamento del
procedimento di sanatoria (cfr. Corte Cost., ord. 17.03.2010 n. 105 che ha dichiarato
la manifesta inammissibilità della questione
di legittimità costituzionale della L.R.
31/2004 sollevata dal TAR confermando
pertanto la legittimità della previsione di
tale legge regionale di ancorare gli oneri
concessori alle tariffe vigenti al momento
del rilascio del permesso di costruire in
sanatoria).
2. In caso di ritardo, da parta del Comune,
nella definizione di una domanda di
concessione in sanatoria, detto ritardo non
è addebitabile alla P.A. qualora la
presentata istanza non sia stata debitamente
documentata (cfr. Cons. di Stato, sent. n.
4174/210, n. 4671/2009, n. 1797/2007, n.
4946/2005), sicché in tale ipotesi non
matura il biennio assegnato al Comune per
provvedere decorso il quale si forma il
silenzio-assenso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenze 14.10.2010 nn.
6929 e
6930 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Accesso agli atti del procedimento - Nozione
di documento amministrativo - Comprende ogni
attività amministrativa anche a rilevanza
meramente interna - Limitazione ai soli atti
identificativi di statuizioni, accertamenti,
pareri - Esclusione.
L'ampia definizione di documento
amministrativo contenuta nell'art. 22, comma
1, lett. d), della l. n. 241/1990, ai sensi
del quale "ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica,
elettromagnetica o di qualunque altra specie
del contenuto di atti, anche interni o non
relativi ad uno specifico procedimento,
detenuti da una pubblica amministrazione e
concernenti attività di pubblico interesse,
indipendentemente dalla natura pubblicistica
o privatistica della loro disciplina
sostanziale", non consente di limitare
l'accesso ai soli elaborati rappresentativi
del contenuto di atti che identificano
statuizioni, accertamenti, intendimenti,
pareri, volizioni, valutazioni o
determinazioni a queste assimilabili ma lo
ammette relativamente a qualunque
espressione di attività amministrativa anche
a rilevanza meramente interna a condizione
che afferisca ad uno specifico procedimento
(Fattispecie nella quale il Tribunale ha
accolto il ricorso per l'accesso agli atti
ed ha ordinato all'Amministrazione
finanziaria l'esibizione anche dei documenti
di carattere interno relativi al
procedimento all'esito del quale la stessa
aveva comminato una sanzione pecuniaria) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenze 06.10.2010 nn.
6880 e
6881 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Ricorso avverso l'esclusione da
una procedura di gara - Mancata impugnazione
dell'aggiudicazione definitiva sopravvenuta
in corso di giudizio - Improcedibilità del
ricorso.
La mancata impugnazione da parte del
ricorrente che contesti la propria
esclusione dalla gara del provvedimento di
aggiudicazione definitiva di una gara di
appalto, con ricorso autonomo o con ricorso
per motivi aggiunti, depositato nel corso
del giudizio dall'Amministrazione
resistente, determina l'improcedibilità per
carenza d'interesse del ricorso proposto
(cfr. TAR Toscana, Sez. II, 24.01.2003 n.
55) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 06.10.2010 n.
6879 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Commissione di gara - La
valutazione dell'offerta tecnica non deve
essere influenzata dalla conoscenza degli
elementi dell'offerta economica -
Inserimento di dati economici nell'offerta
tecnica - Esclusione del concorrente dalla
gara - Legittimità.
Secondo giurisprudenza pacifica, la
Commissione di gara preposta alla
valutazione delle offerte non deve essere
influenzata nell'ambito del giudizio sulla
componente tecnica dell'offerta, dalla
conoscenza degli elementi dell'offerta
economica, dovendosi pertanto disporre
l'esclusione a carico del concorrente che
inserisce nella busta contenente l'offerta
tecnica del progetto i dati relativi
all'offerta economica (cfr. da ultimo, Cons.
Stato, Sez. V, 09.06.2009 n. 3575) (Nella
fattispecie il Collegio ha ritenuto
legittima l'esclusione disposta dalla
Commissione di gara in quanto la società
ricorrente aveva inserito nella busta
recante l'offerta tecnica anche l'offerta
economica e le giustificazioni a corredo
della stessa) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 06.10.2010 n.
6878 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Mutamento di destinazione d'uso -
Creazione di luoghi di culto o centri
sociali - Presupposti - Usi di fatto -
Irrilevanza - Fattispecie.
La volontà di attuare una particolare
destinazione d'uso -nel caso di specie ad
"attrezzatura di interesse comune per
servizi religiosi"- deve trovare una
corrispondenza nella natura e nella
tipologia di opere realizzate e non può
essere inferita dall'uso di fatto che possa,
in precedenza, essere stato posto in essere,
tanto più quando l'istanza di sanatoria non
faccia riferimento alcuno ad una
destinazione di tipo religioso (cfr. TAR,
Milano, sent. n. 4665/2009) -nel caso di
specie il TAR ha annullato il diniego di
rigetto di sanatoria del Comune ritenendo
che le opere oggetto della domanda
consistessero, principalmente, nel
rifacimento della pavimentazione, nel
ripristino degli intonaci, nel rivestimento
dei pilastri con cartongesso, nella
imbiancatura dei locali, nella realizzazione
di impianti igienico-sanitari ed elettrici
e non rivelassero, in alcun modo, la volontà
dell'associazione ricorrente di attuare una
destinazione del fabbricato ad "attrezzatura
di interesse comune per servizi religiosi",
ai sensi dell'art. 71, l. Regione Lombardia
n. 12/2005 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenze 23.09.2010 nn.
6415 e
6416 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Edilizia residenziale pubblica - Possibilità
di limitare le prerogative circa il
beneficio volumetrico ex art. 4, L.R.
13/2009 - Sussiste - Presupposti.
In materia di edilizia residenziale pubblica
convenzionata, poiché l'art. 5, L.R. 13/2009
consente alla P.A. di escludere parti del
territorio comunale dal beneficio
volumetrico previsto dall'art. 4 della
medesima legge, deve ritenersi ammessa, a
fortiori, la facoltà della P.A. di limitare
le prerogative concesse da tale
disposizione, ove ricorrano specifiche
ragioni storiche, urbanistiche o paesaggistico-ambientali (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 21.09.2010 n.
6358 - link
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ATTI AMMINISTRATIVI:
Provvedimento amministrativo - Impugnazione
- Piena conoscenza - Conoscenza elementi
essenziali e lesività - Sufficiente -
Fattispecie.
Ai fini della decorrenza del termine di
impugnativa rileva la conoscenza non del
contenuto integrale del provvedimento, bensì
dei suoi elementi essenziali e della sua
portata lesiva; nel caso di specie, la
lesività della concessione di passo carraio
era percepibile sin dal momento
dell'apposizione del cartello segnaletico
con gli estremi della relativa
autorizzazione, identificativo del passo
carraio contestato (cfr. Cons. di Stato,
sent. n. 5639/2009; Cons. Giust. Amm., sent.
n. 1007/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 17.09.2010 n.
6190 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Beni culturali - Tutela dei beni culturali e
del paesaggio - Diniego di attestato di
libera circolazione - Interesse archeologico
o storico/artistico - Apposizione di vincolo
- Valutazione discrezionale - Limiti di
sindacabilità.
Le valutazioni espresse dall'Autorità
preposta alla tutela dei beni culturali in
ordine all'esistenza di un interesse
archeologico o storico-artistico, tale da
giustificare l'apposizione del relativo
vincolo, e del conseguente diniego
all'attestato di libera circolazione, è
espressione di un potere nel quale sono
presenti momenti di discrezionalità sia
tecnica sia amministrativa, con la
conseguenza che esse soggiacciono al
sindacato giurisdizionale solo in presenza
di profili di incongruità e illogicità tali
da renderle inattendibili (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 15.09.2010 n.
5987 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Opere abusive -
Permesso di costruire in sanatoria -
Condominio - Preavviso di diniego in
mancanza di richiesta o assenso di tutti i
condomini - Carattere direttamente lesivo -
Sussiste - Impugnabilità immediata -
Sussiste.
2. Opere abusive -
Permesso di costruire in sanatoria -
Istruttoria - Obbligo della P.A. di
effettuare valutazioni complesse di
carattere civilistico - Non sussiste.
1. Il provvedimento di preavviso di diniego
del permesso di costruire in sanatoria in
mancanza di richiesta o assenso di tutti i
condomini, imponendo l'assenso di tutti i
condomini quale condizione per evitare il
rigetto dell'istanza, si atteggia non tanto
come preavviso di rigetto in senso tecnico
(volto ad acquisire, in contraddittorio con
gli interessati, elementi di giudizio ai
fini della definizione dell'istanza), ma
come atto già dotato di effetti lesivi, il
che lo rende suscettibile di impugnazione
immediata.
2.
Nella verifica dell'idoneità del titolo
l'Amministrazione non è tenuta, in sede di
istruttoria di una domanda di permesso
edilizio, ad effettuare valutazioni
complesse di carattere civilistico, che
spettano al giudice ordinario (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 15.09.2010 n.
5986 - link
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CONDOMINIO:
Sottotetto - È
parte comune solo se destinato ad un uso
comune - Carattere pertinenziale dell'unità
immobiliare sottostante - Sussiste se ha
funzione esclusiva di isolamento e
protezione dell'appartamento sottostante.
A differenza del tetto (oggetto di proprietà
comune salvo che non risulti diversamente
dal titolo: art. 1117 cod. civ.), il
sottotetto, in assenza di indicazioni
risultanti dal titolo, costituisce parte
comune solo se destinato ad un uso comune,
mentre deve ritenersi di proprietà esclusiva
dell'unità immobiliare sottostante, quale
pertinenza della stessa, se si tratta di
vano destinato ad assolvere alla funzione
esclusiva di isolare e proteggere, come una
camera d'aria, l'appartamento sottostante (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 15.09.2010 n.
5986 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Esecuzione
sentenza di annullamento di titolo
abilitativo - Assenso comunale ad un
progetto di modifica - Provvedimento elusivo
del giudicato - Domanda nuova - Improcedibile.
Il provvedimento emesso dal Comune,
nell'esercizio del potere previsto dall'art.
38 T.U. edilizia, di assenso alle modifiche
dell'intervento edilizio eseguito in base ad
un titolo abilitativo giudizialmente
annullato, rappresenta un fatto sopravvenuto
che supera l'inerzia dedotta a fondamento
del ricorso originario e costituisce un quid
novi suscettibile di contestazione, ma nelle
forme normali e nel rispetto del
contraddittorio.
Conseguentemente la domanda
volta a dedurre la nullità di tale
provvedimento sopravvenuto in corso di
causa, pur censurando il provvedimento come
elusivo o in violazione del giudicato,
configura una domanda nuova da notificare
alla controparte, ed, in mancanza, risulta improcedibile (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 15.09.2010 n.
5946 - link
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ATTI AMMINISTRATIVI:
Esecuzione
sentenza non passata in giudicato - Effetti
irreversibili - Infondatezza della pretesa
esecutiva.
La differenza tra esecuzione di sentenze
non passate in giudicato e sentenze passate
in giudicato è che nel primo caso,
nell'ordinarsi e/o procedersi ad esecuzione,
occorre evitare effetti irreversibili,
dovendosi considerare che la sentenza
esecutiva potrebbe essere riformata,
travolgendo così anche gli atti esecutivi.
In tale prospettiva risulta, allo stato,
infondata la pretesa esecutiva alla
demolizione integrale del manufatto già
realizzato, ovvero alla sua conformazione
alla sentenza che implichi modifiche o
demolizioni parziali che, determinando
effetti irreversibili, può scaturire solo da
un giudicato formale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 15.09.2010 n.
5946 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
1. Denuncia di
inizio attività - Potere di autotutela sulla d.i.a. - Sussiste.
2. Denuncia di
inizio attività - Potere di autotutela sulla d.i.a. - Artt. 19, L. n. 241/1990 - Richiamo
agli artt. 21-quinquies e 21-nonies, L. n.
241/1990 - Va riferito alla possibilità di
esercitare i poteri di inibizione
dell'attività e di rimozione dei suoi
effetti.
3. Denuncia di
inizio attività - Autotutela - Decorso del
termine di trenta giorni dalla presentazione
della d.i.a. - Affidamento del privato - Non
prevale sull'interesse pubblico alla
rimozione del titolo abilitativo.
1. Nessun dubbio sussiste sulla possibilità
per l'amministrazione di esercitare il
potere di autotutela sulla d.i.a., e ciò a
prescindere dalla soluzione della questione
di quale sia la natura giuridica che ad essa
si intenda attribuire.
Il potere di
autotutela sulla d.i.a. è da intendersi come
un potere sui generis che della consueta
autotutela decisoria condivide soltanto i
presupposti ed il procedimento -dovendo
essere esercitato entro un ragionevole lasso
di tempo, dopo aver valutato gli interessi
in conflitto e sussistendone le ragioni di
interesse pubblico- e che da essa si
differenzia poiché non implica un'attività
di secondo grado insistente su un procedente
provvedimento amministrativo.
2. Il richiamo, ad opera dell'art. 19 della
l. n. 241/1990, agli artt. 21-quinquies e 21-nonies va riferito alla possibilità di
adottare non già atti di autotutela in senso
proprio, ma di esercitare i poteri di
inibizione dell'attività e di rimozione dei
suoi effetti, nell'osservanza dei
presupposti sostanziali e procedimentali
previsti da tali norme.
3. Non può ritenersi che il decorso del
termine di trenta giorni dalla presentazione
della dichiarazione di inizio attività,
costituente presupposto per l'esercizio del
potere di autotutela, ingeneri un
affidamento che prevalga, per ciò solo, su
ogni interesse pubblico alla rimozione del
titolo abilitativo perché, se così fosse,
verrebbe negata in radice ogni possibilità
per l'amministrazione di intervenire in
autotutela (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 07.09.2010 n.
5122 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
1. Attività di
sbancamento - Attività edificatoria - Non
sussiste.
2. Interventi
edilizi - Definizione - Art. 3, d.P.R. n.
380/2001 - Derogabilità da parte del
legislatore regionale - Non sussiste.
3. Ristrutturazione
edilizia - Demolizione e ricostruzione -
Limite della sagoma - Combinato disposto
degli artt. 27, c. 1, lett. d), e 103, L.R.
Lombardia n. 12/2005 e dell'art. 22, L.R.
Lombardia n. 7/2010 - Contrasto con il
principio fondamentale dell'art. 3 del
d.P.R. n. 380/2001 - Sussiste - Violazione
dell'art. 117, c. 3, della Costituzione -
Sussiste - Rimette la questione alla Corte
Costituzionale.
1. La realizzazione di mere operazioni di
sbancamento non è sufficiente a configurare
l'inizio di una vera e propria attività
edificatoria.
2. L'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001, recante
la definizione degli interventi edilizi,
costituisce un principio fondamentale della
legislazione statale, non derogabile dal
legislatore regionale.
3. Il combinato disposto degli artt. 27, c.
1, lett. d), ultimo periodo, della l.reg.
Lombardia n. 12/2005, come interpretato
dalla l. reg. n. 7/2010 -nella parte in cui
esclude l'applicabilità del limite della
sagoma alle ristrutturazioni edilizie
mediante demolizione e ricostruzione- e 103
della l.reg. Lombardia n. 12/2005 -nella
parte in cui prevede che, a seguito
dell'entrata in vigore della legge 12/2005,
cessi di avere diretta applicazione nella
Regione la disciplina di dettaglio prevista,
tra gli altri, dall'art. 3, d.P.R. n.
380/2001- si pone in aperto contrasto con
il principio fondamentale della legislazione
statale dettato dall'art. 3 del d.P.R. n.
380/2001 in materia di governo del
territorio e viola, dunque, l'art. 117, c.
3, della Costituzione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 07.09.2010 n.
5122 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Permesso di costruire
condizionato - Art. 11 D.P.R. n. 380/2001 -
Sussistenza di un titolo in capo alla
richiedente - Estraneità dei patti speciali
privatistici - Illegittimità.
Appurata la sussistenza di un titolo e la
disponibilità, in capo alla richiedente,
della volumetria richiesta, in conformità
all'art. 11 D.P.R. n. 380/2001, il Comune è
tenuto al rilascio del titolo, senza entrare
nel merito di possibili contestazioni o
controversie tra le assegnatarie dei due
lotti risultando illegittimo subordinare il
rilascio del permesso di costruire al
rispetto della previsione dei patti speciali
dell'atto di divisione che prevede l'impegno
alla reciproca sottoscrizione degli atti
necessari all'utilizzo, da parte di ciascuna
assegnataria, della propria quota di
volumetria e di rapporto di copertura, in
quanto tale previsione è una questione
privatistica, cui resta estranea
l'Amministrazione (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 27.08.2010 n.
4416 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
1. Opere abusive -
Sanatoria - Ordinanza di sgombero - Pendenza
di ricorso avverso il provvedimento di
diniego del permesso di costruire in
sanatoria - Illegittimità del provvedimento
sanzionatorio - Non sussiste.
2. Opere abusive -
Sanatoria - Provvedimenti sanzionatori in
materia edilizia - Necessità di motivazione
rafforzata - Non sussiste.
1. La pendenza del ricorso avverso il
provvedimento con cui l'amministrazione
comunale ha respinto la richiesta di
permesso di costruire in sanatoria non è
causa di illegittimità del provvedimento
sanzionatorio impugnato (ordinanza di
sgombero manufatti abusivi): in mancanza di
provvedimenti dell'autorità giudiziaria che
abbiano sospeso l'efficacia di tale diniego
o delle successive ordinanze di demolizione,
l'amministrazione era, difatti, tenuta, a
portare a conclusione il procedimento
sanzionatorio.
2.
I provvedimenti sanzionatori in materia
edilizia non richiedono una specifica
valutazione delle ragioni di interesse
pubblico né una comparazione di quest'ultimo
con gli interessi privati coinvolti e
sacrificati (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 27.08.2010 n.
4415 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Permesso di costruire -
Innovazioni - Art. 1120, c. 2 c.c. -
Alterazione del decoro architettonico del
fabbricato - Rilascio del titolo abilitativo
subordinato all'assenso dei comproprietari -
È legittimo.
Laddove le opere oggetto del permesso di
costruire diano luogo ad una innovazione
vietata ai sensi dell'art. 1120, c. 2, c.c.,
comportando una alterazione del decoro
architettonico del fabbricato, in quanto
vanno a modificare l'architettura generale e
l'aspetto estetico dell'edificio,
legittimamente l'Amministrazione subordina
il rilascio del titolo abilitativo
all'assenso dei comproprietari (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 27.08.2010 n.
4414 - link
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URBANISTICA:
1. Convenzione di
lottizzazione - Monetizzazione - Criteri di
determinazione dell'importo - Somma
commisurata all'utilità economica conseguita
per effetto della mancata cessione - Nozione
- Art. 46, L.R. 12/2005 - Ratio.
2. Convenzione di
lottizzazione - Monetizzazione - Criteri di
determinazione dell'importo - Art. 46, L.R.
12/2005 e corresponsione del valore di
mercato delle aree edificabili - Violazione
art. 42 Costituzione - Non sussiste.
1. In materia di piani di lottizzazione e
relativi criteri circa la determinazione
dell'importo dovuto per la monetizzazione
delle aree non cedute in sito, è legittima
la decisione della P.A. di interpretare
l'espressione "somma commisurata all'utilità
economica conseguita per effetto della
mancata cessione" nel senso che l'utilità da
corrispondere deve essere pari al valore di
mercato delle aree edificabili che, grazie
alla monetizzazione, restano nella
disponibilità del lottizzante: tale
interpretazione è infatti rispettosa della
ratio dell'art. 46, L.R. n. 12/2005,
ovverosia prevedere il pagamento di una
somma di denaro che sia di importo tale da
realizzare l'equivalenza delle due soluzioni
-cessione delle aree e monetizzazione- sia
per l'amministrazione comunale che per il
privato, il quale, in mancanza di tale
obbligo, conseguirebbe un indebito vantaggio
ricorrendo alla monetizzazione.
2. L'art. 46, L.R.
12/2005, interpretato nel senso che
l'utilità da corrispondere deve essere pari
al valore di mercato delle aree edificabili,
non integra una riserva alla mano pubblica
di quote di edificabilità privata senza che
siano previsti i ristori e le garanzie di
cui all'art. 42 Cost.: esso, infatti, oltre
ad attribuire al privato una facoltà e non
un obbligo, mira unicamente a compensare la
maggiore utilità economica che al privato
deriva dal ricorso alla monetizzazione
anziché alla cessione delle aree (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 30.07.2010 n.
3280 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Giustizia amministrativa - Risarcimento del
danno - Risarcibilità danno esistenziale -
Presupposti.
L'area della risarcibilità del c.d. danno
esistenziale è estremamente ridotta ed è
circoscritta alle ipotesi espressamente
previste dalla legge ovvero ai casi di
violazione di diritti inviolabili di rango
costituzionale: in particolare, affinché
possa configurarsi tale risarcibilità è
necessario sussistano violazioni gravi di
diritti della persona, ossia lesioni di
diritti costituzionali che, sul piano
ontologico, superino la soglia della
tollerabilità e siano qualificate dalla
serietà dell'offesa e dalla gravità delle
conseguenze nella sfera personale, mentre,
sul piano probatorio, siano accompagnate
dalla dimostrazione di ripercussioni
pregiudizievoli significative sotto il
profilo del danno conseguenza (cfr. Cons. di
Stato sentt. n. 776/2009 e n. 3397/2010;
Corte Cost., sent. n. 233/2003) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 29.07.2010 n.
3279 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Abusi edilizi -
Sanzioni pecuniarie - Natura - Atto ripristinatorio - Applicazione nei confronti
dell'attuale proprietario non responsabile
dell'abuso - Legittimità.
Le sanzioni pecuniarie edilizie sono
legittimamente applicate anche nei confronti
di colui che, pur non essendo responsabile
dell'abuso, è proprietario attuale
dell'immobile, in quanto, stante il loro
carattere ripristinatorio e non punitivo,
esse hanno natura reale (cfr. TAR Napoli,
sent. n. 1608/2007 e TAR Firenze, sent. n.
2425/2002) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 29.07.2010 n.
3278 - link
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ATTI AMMINISTRATIVI:
1. Giustizia amministrativa -
Silenzio-rifiuto - Natura.
2. Giustizia amministrativa - Silenzio
inadempimento - Presupposti.
1. L'istituto del silenzio rifiuto, avverso
cui promuovere azione ex art. 21-bis, Legge
1034/71, è riconducibile ad un inadempimento
della P.A. in rapporto ad un obbligo di
provvedere, obbligo che può discendere dalla
legge ovvero da un regolamento o anche da un
atto di autolimitazione dell'Amministrazione
stessa.
2. L'omessa emanazione del provvedimento
finale da parte della P.A. intanto assume il
valore di silenzio inadempimento in quanto
sussista un obbligo giuridico di provvedere,
cioè di esercitare una pubblica funzione
attribuita normativamente alla competenza
dell'organo amministrativo destinatario
della richiesta, mediante avvio di un
procedimento amministrativo volto
all'adozione di un atto tipizzato nella
sfera autoritativa del diritto pubblico
(cfr. Cons. di Stato, sent. n. 2458/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 29.07.2010 n.
3277 - link
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URBANISTICA:
1. Pianificazione
urbanistica - Manutenzione stradale - Ampia
discrezionalità amministrativa - Sussiste -
Obbligo del Comune di provvedere secondo le
richieste del privato - Non sussiste.
2. Pianificazione
urbanistica - Viabilità e servizi pubblici -
Scelte della P.A. - Condizionabilità in base
agli interessi dei privati - Non sussiste.
1. Pur avendo il Comune, come proprietario
delle strade, compiti di manutenzione,
tuttavia non può configurarsi in capo ad
esso un obbligo specifico di provvedere
secondo le specifiche richieste di un
privato: infatti, tale attività di
manutenzione nonché le scelte circa la
viabilità sono altamente discrezionali e
rispetto ad esse le parti possono solo dare
un contributo nelle forme partecipative, se
previste, ma non possono pretendere uno
specifico e determinato tipo di intervento.
2. Le scelte in materia di servizi pubblici
come di viabilità non possono essere
condizionate dagli interessi dei privati al
maggior vantaggio che essi trarrebbero, dal
momento che tali scelte riguardano
l'interesse della pluralità della
collettività (cfr. TAR Latina, sent.
527/2007) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 29.07.2010 n.
3277 - link
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APPALTI:
Appalti di servizi di cui all'All. IIB del
D.lgs. 163/2006 - Art. 245, comma 2-quinquies
- Comunicazione individuale ai sensi
dell'art. 79 - Decorrenza del termine per
l'impugnazione - Piena conoscenza dell'atto
- Sussiste anche in caso di accesso
fruttuoso agli atti e di impugnazione di
diverso lotto della medesima aggiudicazione.
Al di là della formula letterale impiegata
nell'art. 245, co. 2-quinquies (che
considera, quale dies a quo, per la
decorrenza del termine per l'impugnazione,
la data della sola comunicazione individuale
ai sensi dell'art. 79), secondo un principio
processuale consolidato (anche nel diritto
dell'Unione europea, cfr. art. 230 Trattato
CE, ora art. 263 TFUE) il termine di
impugnazione (in questo caso di 30 giorni)
deve intendersi decorrere, oltre che dalla
ricezione della comunicazione (che, sulla
scorta della regola generale di cui all'art.
1335 c.c., assicura una presunzione di
conoscenza, ovvero di conoscibilità, che
potrebbe non tradursi in una conoscenza
effettiva), anche e soprattutto dalla piena
conoscenza dell'atto; opinando altrimenti,
per gli appalti di servizi elencati
nell'allegato II B, ai quali, alla stregua
dell'art. 20 non dovrebbero applicarsi gli
obblighi informativi di cui all'art. 79, si
giungerebbe alla conclusione paradossale di
escludere, per gli stessi, la decorrenza del
termine di impugnazione di cui all'art. 245, co. 2-quinquies; che, nel caso di specie
(servizio di manutenzione ordinaria del
verde pubblico), la piena ed effettiva
conoscenza dell'esito della gara e del nome
dell'aggiudicatario può desumersi (oltre che
dall'accesso fruttuosamente esperito, quale
modalità equivalente di comunicazione
dell'esito della procedura) anche dal fatto
che avverso la stessa procedura in oggetto e
la medesima delibera di aggiudicazione, la
ricorrente avesse già presentato analogo
ricorso (sebbene relativamente ad un lotto
diverso) in quel caso proposto nel pieno
rispetto del termine decadenziale di 30
giorni, il che vale anche ad escludere, nel
presente caso, il beneficio dell'errore
scusabile
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 29.07.2010 n.
3271 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Opera edilizia
precaria che non necessiti di titolo
edilizio - Presupposti - Temporaneità della
funzione.
La precarietà di un manufatto, la cui
realizzazione non necessita di titolo
edilizio in quanto non comportante una
trasformazione del territorio, non dipende
dalla qualità dei materiali utilizzati, o
dalla sua facile rimovibilità, bensì dalla
temporaneità della funzione, in relazione ad
esigenze di natura contingente: la
precarietà va, pertanto, esclusa quando si
tratti di opera destinata a dare un'utilità
prolungata nel tempo (cfr. Cons. di Stato,
sent. n. 3029/2009 e n. 2705/2008; Cass.
Pen., sent. n. 22054/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 26.07.2010 n.
3266 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
1. Abuso edilizio
- Misure repressive - Natura - Atto
vincolato - Abuso motivato da interesse
pubblico - Irrilevanza.
2. Abuso edilizio -
Ordinanza di demolizione - Tutela
dell'affidamento fondato su un illecito -
Non sussiste.
1. Poiché il potere di repressione degli
abusi edilizi è vincolato, ne consegue che
il suo esercizio è doveroso anche allorché
l'abuso sia stato commesso per finalità
rispondenti ad un interesse pubblico:
infatti, la realizzazione di tale interesse
non può avvenire con modalità che si pongono
in contrasto con le previsioni
dell'ordinamento giuridico.
2.
In materia di abusi edilizi e conseguenti
misure di repressione, a fronte di un
comportamento illecito del privato, non può
sussistere in capo ad esso una posizione di
affidamento meritevole di tutela (cfr. TAR
Milano, sent. n. 377/2008) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 26.07.2010 n.
3266 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Giudizio di
compatibilità paesaggistica - Natura - E'
espressione di potere tecnico-discrezionale
- Sindacabilità in sede di legittimità -
Limiti.
Il giudizio sulla compatibilità
paesaggistica di un progetto è espressione
di un potere tecnico-discrezionale della
P.A., il quale è sindacabile in sede di
legittimità solo a fronte di valutazioni
manifestamente illogiche, o fondate su
insufficiente motivazione, ovvero affette da
errori di fatto (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 26.07.2010 n.
3265 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Distanze tra costruzioni - Art. 9
D.M. 1444/1968 - Natura - E' norma di ordine
pubblico - Applicabilità in caso di unica
parete finestrata - Sussiste.
In materia di distanze tra edifici, l'art. 9
D.M. 1444/1968 -applicabile in Regione
Lombardia in virtù del richiamo contenuto
nell'art. 103, comma 1-bis, L.R. 12/2005- è
norma di ordine pubblico, destinata a
soddisfare interessi generali di carattere
igienico-sanitario, mirando ad evitare la
creazione di intercapedini in grado di
impedire la libera circolazione dell'aria ed
è applicabile anche nel caso in cui una sola
parete sia finestrata (cfr. Cassaz. Civ.,
sent. n. 22495/2007; Cons. di Stato, sent.
n. 1565/1999; TAR Catania, sent. n.
2373/1994; TAR Milano, sent. n. 1991/2007)
(nel caso di specie il TAR ha quindi
ritenuto legittimo l'annullamento da parte
di un Comune di un permesso di costruire che
prevedeva una distanza tra pareti finestrate
inferiore a dieci metri) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 26.07.2010 n.
3262 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Permesso di
costruire - Monetizzazione standard - Natura
- Atto autoritativo - Azione circa il
quantum debeatur - Termine prescrizionale -
Azione circa l'an debeatur - Termine
decadenziale.
In materia di permesso di costruire e
relativa monetizzazione standard in luogo
della cessione di aree, qualora si contesti
il quantum debeatur la relativa azione
giudiziaria è soggetta a prescrizione;
mentre in caso di contestazione dell'an
debeatur -ossia della sussistenza o meno
del potere della P.A. di imporre la cessione
di aree a standard o la monetizzazione
sostitutiva- la relativa azione deve essere
esercitata nel termine di decadenza, essendo
tale potere esercitato a mezzo di atti autoritativi soggetti ad impugnazione nel
termine decadenziale (cfr. TAR Milano, sentt. n. 28/2008, n. 1064/2006, n.
767/1996) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 22.07.2010 n.
3256 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
1. Abusi edilizi -
Abuso commesso prima della traslazione della
proprietà - Ordinanza di demolizione -
Efficacia nei confronti del nuovo acquirente
- Sussiste - Ratio.
2. Abusi edilizi -
Abuso commesso prima della traslazione della
proprietà - Ordinanza di demolizione -
Notifica al proprietario incolpevole -
Legittimità - Ratio.
3. Abusi edilizi -
Abuso commesso prima della traslazione della
proprietà - Acquisizione gratuita dell'area
al patrimonio comunale - E' legittima solo
nei confronti del responsabile dell'abuso
edilizio.
1. Il nuovo acquirente dell'immobile abusivo
o del sedime su cui è stato realizzato
succede in tutti i rapporti giuridici attivi
e passivi facenti capo al precedente
proprietario e relativi al bene ceduto, ivi
compresa l'abusiva trasformazione: egli,
pertanto, subisce gli effetti sia del
diniego di sanatoria, sia dell'ingiunzione
di demolizione successivamente impartita,
nonostante l'abuso sia stato commesso prima
della traslazione della proprietà (cfr.
TAR Milano, sent. n. 1721/2010).
2. L'ordinanza di demolizione va notificata
anche al proprietario incolpevole, in quanto
l'abuso costituisce illecito permanente e
l'ordinanza ha carattere ripristinatorio e
non prevede l'accertamento del dolo o della
colpa del soggetto.
3. L'acquisizione gratuita al patrimonio
comunale dell'area su cui insiste l'abuso
può essere disposta esclusivamente in danno
del responsabile dell'abuso edilizio (ove
egli sia anche proprietario del bene), non
potendo essa operare nella sfera giuridica
del proprietario che sia rimasto estraneo
all'abuso sulla cosa detenuta dal locatario
o affittuario (cfr. TAR Cagliari, sent.
n. 1352/2010; TAR Napoli, sent. n.
8343/2010) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 22.07.2010 n.
3255 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Autorizzazione e
concessione - Concessione beni demaniali -
Rilascio dell'area - Presupposti -
Regolarizzazione dei canoni pregressi non
versati.
E' legittima la scelta della P.A. di
subordinare il rilascio di un'area oggetto
di concessione demaniale solo alla avvenuta
regolarizzazione dei canoni pregressi non
versati: ciò in forza dell'art. 3, comma 8, L.R.
34/1998, secondo cui il rilascio dell'atto
di concessione comporta il preventivo
pagamento del canone, e dell'art. 5 Legge
296/2005, il quale dispone la decadenza
automatica dalla concessione in caso di
inottemperanza agli obblighi derivanti dalla
stessa (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 22.07.2010 n.
3255 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Opere abusive - Impossibilità
della P.A. di stabilire esistenza ed entità
delle eventuali difformità - Ordinanza di
demolizione opere abusive e ripristino dei
luoghi - Illegittimità per carenza di
istruttoria.
Qualora la P.A. non sia in grado di
affermare con precisione quale fosse
l'originario stato di luoghi e, dunque,
l'esistenza e l'entità delle eventuali
difformità tra quanto realizzato e quanto
assentito con autorizzazione edilizia, la
relativa ordinanza di demolizione e
ripristino dello stato dei luoghi è
illegittima per carenza di istruttoria (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 22.07.2010 n.
3254 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Concessione edilizia -
Terzo confinante - Legittimazione ad
intervenire nel procedimento - Sussiste -
Titolo a ricevere l'avviso di avvio del
procedimento - Non sussiste.
Non sussiste identità tra le posizioni di
coloro che sono legittimati ad impugnare il
provvedimento finale, quelle di coloro che
possono intervenire nel procedimento ovvero
quelle di coloro che hanno titolo a ricevere
l'avviso del procedimento (cfr. Cons. di
Stato, sent. nn. 2185/2000 e 1197/1999).
Pertanto, in caso di domanda volta ad
ottenere il rilascio di un titolo edilizio,
il vicino del richiedente può intervenire
nel corso del relativo procedimento e può
impugnare il provvedimento che accolga
l'istanza, ma non ha titolo a ricevere
l'avviso dell'avvio del procedimento in
quanto ciò comporterebbe un aggravio del
procedimento, in violazione dei principi di
economicità ed efficacia dell'attività
amministrativa (cfr. Cons. di Stato, sent. nn.
1773/2005, 1533/2002, 1197/1999; T.A.R.
Liguria, sent. n. 1736/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 22.07.2010 n.
3253 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
1. Abusi edilizi -
Sanatoria - Eccesso di potere - Inconfigurabilità - Ratio.
2. Abusi edilizi -
Condono - In presenza di violazione sulle
distanze legali - Ammissibilità - Diritto
dei terzi al risarcimento o alla demolizione
- Sussiste.
1. In materia di sanatoria di opere abusive
non è configurabile il vizio di eccesso di
potere, poiché questo presuppone l'esistenza
di un potere discrezionale, nella specie
insussistente, in quanto l'art. 39 della
Legge 724/1994 ed i capi IV e V della Legge
47/1985 in materia di sanatoria hanno natura
vincolata.
2.
Poiché il condono edilizio interessa i
rapporti fra la P.A. ed il privato
costruttore, questi può fruirne anche se
l'edificio abusivo violi le norme sulle
distanze legali; restano tuttavia illesi i
diritti dei terzi, i quali possono sempre
far valere la violazione delle norme
suddette e chiedere il risarcimento dei
danni o la demolizione delle opere abusive
(cfr. Cons. di Stato, sent. n. 1306/1998) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 22.07.2010 n.
3253 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Opera edilizia
precaria che non necessiti di titolo
edilizio - Presupposti - Fattispecie.
La precarietà di un manufatto, la cui
realizzazione non necessiti di titolo
edilizio in quanto non comporti alcuna
trasformazione del territorio, non dipende
dalla qualità dei materiali utilizzati,
ovvero dalla sua facile rimovibilità, bensì
dalla temporaneità della funzione, in
relazione ad esigenze di natura contingente:
la precarietà va, pertanto, esclusa quando
si tratti di un'opera destinata a dare
un'utilità prolungata nel tempo -nella
fattispecie la struttura, esistente da
decenni, era stata destinata ad ampliamento
dell'attiguo ristorante- (cfr. Cons. di
Stato, sent. n. 3029/2009 e 2705/2008; Cass.
Pen., sez. III, 25.02.2009, n. 22054/2009) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 22.07.2010 n.
3253 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Ristrutturazione edilizia - In assenza di
alterazione di parametri urbanistici ed
edilizi preesistenti - Obbligo di rispetto
di vincoli posti da strumenti urbanistici
sopravvenuti - Non sussiste - Ratio.
Laddove la ristrutturazione mantenga
inalterati i parametri urbanistici ed
edilizi preesistenti, l'intervento non è
subordinato al rispetto dei vincoli posti da
strumenti urbanistici sopravvenuti, giacché
la legittimazione urbanistica del manufatto
da demolire si trasferisce su quello
ricostruito (cfr. Cons. di Stato, sent. n.
1359/1996; TAR Sardegna, sent. n. 1517/2002) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 22.07.2010 n.
3253 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Trasformazione funzionale di
unità immobiliari - Permesso di costruire in
sanatoria ai sensi della Legge 326/2003 -
Presupposti - Completamento funzionale -
Nozione.
In materia di trasformazione funzionale di
unità immobiliari e relativa domanda di
permesso di costruire in sanatoria ai sensi
della Legge 326/2003, si intendono ultimati
gli edifici nei quali sia stato eseguito il
rustico e completata la copertura, ovvero,
quanto alle opere interne agli edifici già
esistenti e a quelle non destinate alla
residenza, quando esse siano state
completate funzionalmente: in particolare,
il completamento funzionale richiede non
l'uso abitativo in atto, né la presenza di
un vano cucina, o degli arredi tipici di un
angolo cottura già attrezzato, bensì
unicamente la predisposizione di opere ed
impianti funzionali all'uso residenziale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 21.07.2010 n.
3251 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
1. Annullamento di
diniego edilizio per difetto di motivazione
- Riesercizio della discrezionalità della
P.A. - Legittimità.
2. Pianificazione
territoriale - D.M. 1444/1968 - Densità
territoriale e densità fondiaria - Nozioni e
differenze.
1. In caso di diniego dell'istanza di
rilascio di concessione edilizia,
l'annullamento di tale diniego per un vizio
formale -come il difetto di motivazione-
non implica ineluttabilmente l'accoglimento
dell'istanza originaria, bensì fa salvo il riesercizio delle valutazioni discrezionali
spettanti alla P.A.
2. Ai sensi del D.M. n. 1444/1968, la
densità territoriale è riferita a ciascuna
zona omogenea e definisce il complessivo
carico di edificazione che può gravare
sull'intera zona, con la conseguenza che il
relativo indice è rapportato all'intera
superficie della zona, compresi gli spazi
pubblici, destinati alla viabilità e simili;
mentre la densità fondiaria è riferita alla
singola area, definisce il volume massimo
consentito su di essa ed il relativo indice
si applica all'effettiva superficie
suscettibile di edificazione, con esclusione
della aree destinate ad uso pubblico (cfr.
Cons. Stato, sent. nn. 443/1998 e 918/1996) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 20.07.2010 n.
3243 - link
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URBANISTICA:
Variante PRG -
Motivazioni - Vanno ricercate nella
relazione tecnica accompagnatoria della
variante.
Le ragioni dell'opera -e le motivazioni
della variante- vanno ricercate non tanto
nel dibattito consiliare e nel tenore delle
dichiarazioni dell'assessore proponente o di
singoli consiglieri, bensì nella relazione
tecnica che accompagna la variante e
descrive natura e finalità oggettive
dell'opera in progetto complessivamente
considerata (cfr. TAR Lazio n. 3070/2002) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 19.07.2010 n.
3168 - link
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APPALTI:
Articoli 3, comma 7, e 14 del D.lgs. 163/2006
- Progettazione esecutiva ed esecuzione
delle opere - Contratti misti - Attestazione SOA - Richiesta di ulteriori requisiti più
stringenti - Legittimità - Condizioni -
Impugnabilità - Limiti.
Ai sensi dell'art. 3, comma 7, del D. Lgs. n.
163/2006, sono appalti di lavori quelli
"aventi per oggetto l'esecuzione o,
congiuntamente, la progettazione esecutiva e
l'esecuzione, ovvero, previa acquisizione in
sede di offerta del progetto definitivo, la
progettazione esecutiva e l'esecuzione,
relativamente a lavori o opere rientranti
nell'allegato I" e che i lavori oggetto
dell'affidamento in disamina (appalto
integrato per l'affidamento del servizio di
progettazione definitiva ed esecutiva e per
l'esecuzione dei lavori di ammodernamento di
un impianto funicolare) non rientrano fra
quelli contemplati nel citato allegato, ne
deriva che la specificazione della
prestazione dedotta in contratto nei
suindicati termini evidenzia come l'appalto
di cui si controverte, indipendentemente
dalla denominazione utilizzata, debba essere
qualificato come appalto misto di lavori e
fornitura ex art. 14 del Codice dei
contratti a norma del quale sono da
considerarsi "contratti misti" i "contratti
pubblici aventi per oggetto: lavori e
forniture; lavori e servizi; lavori, servizi
e forniture" [?]. Ne deriva la piena
applicabilità della disciplina contenuta
negli artt. 41 e 42 del D. L.vo 163/2006,
con conseguente legittimità della richiesta
di requisiti ulteriori rispetto alla sola
attestazione SOA.
Deve, inoltre,
evidenziarsi come la giurisprudenza ha, in
ogni caso, fatta salva la possibilità, da
parte delle Stazioni appaltanti, di
richiedere ulteriori e più stringenti
requisiti rispetto a quelli legalmente
richiesti con il solo limite che siano
giustificati dalla particolare natura
dell'oggetto contrattuale e che siano
rispettosi dei limiti imposti dai principi
di ragionevolezza e proporzionalità.
"La
P.A., infatti, nella predisposizione del
bando, esercita un potere attinente al
merito amministrativo, laddove inserisce
disposizioni ulteriori rispetto al contenuto
minimo ex lege previsto; queste ultime,
quindi, saranno censurabili in sede
giurisdizionale, solo allorché appaiano
viziate da eccesso di potere, ad esempio per
illogicità o per incongruenza rispetto al
fine pubblico della gara" (Cons. St., Sez.
V, n. 7139/2005; nel senso, anche TAR
Lazio Roma, sez. I, 18.05.2006 , n.
3572).
Tale possibilità si giustifica sulla
base della diversità fra le esigenze
tutelate attraverso la previsione
dell'attestazione SOA e quelle tutelabili
mediante la previsione di fatturati
specifici e pregresse esperienze analoghe (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 15.07.2010 n.
2998 - link
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APPALTI:
1. Gara ad evidenza pubblica - Impugnazione
dell'esclusione - Notifica al
controinteressato - Necessaria solo se al
momento dell'esclusione è noto il
beneficiario dell'aggiudicazione.
2. Procedura ad evidenza pubblica -
Dichiarazione incompleta richiesta dalla lex
specialis - Assenza della clausola "a pena
di esclusione" - Presa visione del codice
etico - Mera irregolarità - Illegittimità
dell'esclusione.
1. In generale, l'impugnativa proposta
contro l'esclusione da una gara ad evidenza
pubblica non ha di fronte controinteressati
ai quali occorre notificare il ricorso, non
essendo onere del ricorrente seguire gli
sviluppi del procedimento ed impugnare atti
conseguenti, ricercando i controinteressati
successivi. Occorre invece notificare il
ricorso almeno ad un controinteressato, a
pena di inammissibilità, se al momento della
proposizione del ricorso avverso il
provvedimento di esclusione, siano noti al
soggetto escluso, i beneficiari della
procedura (TAR Lazio, sez. II, 05.03.2004 n. 2140).
L'aggiudicatario provvisorio
assume quindi la veste di controinteressato
nel ricorso proposto dalla concorrente
esclusa, solo quando l'esclusione e
l'aggiudicazione siano avvenute
contestualmente, ossia senza soluzione di
continuità, potendo la ditta esclusa
rendersi perfettamente conto che
l'impugnativa incide sulla posizione,
differenziata e giuridicamente protetta, di
altro soggetto privato (Cons. Stato, Sez. VI
10.10.2002 n. 5453).
2. (Fattispecie nella quale la stazione
appaltante ha disposto l'esclusione del
concorrente che ha tempestivamente
rilasciato la dichiarazione richiesta,
relativa alla presa visione ed accettazione
del codice etico della stazione appaltante,
seppure incompleta, e mancando nella lex
specialis la clausola "a pena di
esclusione").
La richiesta di
regolarizzazione non deve essere formulata
dalla stazione appaltante, se vale ad
integrare documenti che in base a previsioni
univoche del bando o della lettera di invito
avrebbero dovuto essere prodotte "a pena di
esclusione" (Consiglio Stato Sez. V, 15.09.2009 n. 5503).
In assenza di una
siffatta sanzione è invece illegittimo il
provvedimento di esclusione da una gara
pubblica di un concorrente, disposta sulla
base di mere irregolarità, sanabili con una
integrazione successiva (TAR Lazio, Sez. III,
02.04.2003 n. 2975) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 14.07.2010 n.
2987 - link
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APPALTI:
Procedura ad evidenza pubblica -
dimostrazione della moralità professionale
del concorrente - precedente penale -
Valutazione della Stazione appaltante di non
gravità - Motivazione implicita o per facta
concludentia - Ammissibilità.
La stazione appaltante che ritenga il
precedente penale dichiarato dal concorrente
non incisivo della sua moralità
professionale anche sotto il profilo della
gravità, da valutarsi in relazione
all'oggetto specifico dell'appalto, non è
tenuta ed esplicitare in maniera analitica
le ragioni di siffatto suo convincimento,
potendo la motivazione di non gravità del
reato risultare anche implicita o per facta
concludentia, ossia con l'ammissione
alla gara dell'impresa stessa; è invece la
valutazione di gravità al diverso fine
dell'esclusione che richiede l'assolvimento
di un particolare onere motivazionale (TAR
Lombardia Milano, sez. I, 16.06.2010, n.
1883) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 14.07.2010 n.
2986 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
Determinazione
contributo di costruzione - Art. 64 L.R.
Lombardia n. 12/2005 - Interpretazione -
Superficie lorda di pavimento resa abitativa
- Accolto.
Il costo di costruzione per un intervento di
ristrutturazione per il recupero del
sottotetto deve essere calcolato sulla base
della superficie lorda di pavimento resa
abitativa, così come dispone l'art. 64 L.R.
n. 12/2005, e non in relazione alla
superficie complessiva che include alcune
porzioni di fabbricato diverse da quelle
rese abitative, in quanto la disposizione
regionale sopracitata prevede espressamente
questo come parametro di riferimento, ed il
rinvio operato da tale disposizione alle
opere di nuova costruzione riguarda solo le
tariffe e non la superficie da prendere come
riferimento (massima tratta da www.solom.it
- TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 07.07.2010 n.
2779 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
1. Contributo di
concessione - Ritardato od omesso versamento
- Fideiussione - Legittimazione della P.A.
ad escutere la fideiussione - Sussiste
quando, per il ritardo maturato, è già
insorto in capo al privato l'obbligo di
pagare la sanzione nella misura massima
prevista.
2. Contributo di
concessione - Ritardato versamento -
Fideiussione - Obbligo (o onere) del Comune
di attivare la garanzia fideiussoria - Non
sussiste prima del verificarsi di un
inadempimento tale da determinare la
riscossione coattiva del credito complessivo
- Inapplicabilità della sanzione pecuniaria
nella misura massima in presenza di
fideiussione - Non sussiste.
1. In caso di ritardato od omesso versamento
del contributo di concessione (o delle
singole rate di esso), l'Amministrazione può
escutere la fideiussione solamente nel
momento in cui, per il ritardo maturato, è
già insorto in capo al privato l'obbligo di
pagare la sanzione nella misura massima
prevista.
Infatti, il limite temporale
(termine dilatorio) posto alla riscossione
coattiva dall'art. 3, quinto comma, della
legge 28.02.1985 n. 47 (oggi trasfuso
nell'art. 42 del d.p.r. 06.06.2001 n.
380), è riferibile ad ogni forma di recupero
della somma dovuta, e quindi anche
all'escussione della garanzia prestata.
2.
È da escludersi l'obbligo (o l'onere) del
Comune di attivare la garanzia fideiussoria
in presenza di un mero ritardo nel
versamento del contributo di concessione (o
delle singole rate di esso), prima del
verificarsi di un inadempimento tale da
determinare la riscossione coattiva del
credito complessivo e, conseguentemente, che
la garanzia fideiussoria renda illegittima
l'applicazione della sanzione pecuniaria
nella misura massima (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 06.07.2010 n.
2777 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO ALL'08.03.2011 |
ã |
NOVITA' NEL
SITO |
Bottone "CONVEGNI"
n. 7 giornate di studio a Bergamo per il 13-20-27
aprile e 04-11-18-25 maggio 2011 organizzate dal portale
PTPL.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella
locandina. |
Bottone "CONVEGNI"
n. 1 giornata di studio a Bergamo per il 30 marzo
2011 organizzata dal portale PTPL.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni riportate nella
locandina. |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
Procedura negoziata senza
pubblicazione del bando quando non sia stata
svolta alcuna attività qualificabile in
termini di indagine di mercato e non sia
stato dimostrato il presupposto dell’unicità
della prestazione.
La procedura negoziata senza pubblicazione
del bando di gara costituisce una deroga al
normale principio di concorrenzialità che
domina la materia degli appalti pubblici e
pertanto i casi in cui essa è
legislativamente consentita sono tassativi e
da interpretarsi restrittivamente, con onere
dell'Amministrazione di motivare
espressamente la sussistenza dei presupposti
giustificativi (Giurisprudenza costante: v.
per tutte Corte di Giustizia CE, 08.04.2008,
n. 337; I, 02.06.2005, n. 394; II,
13.01.2005, n. 84; I, 14.10.2004, n. 340; II,
14.09.2004, n. 385; V, 10.04.2003, n. 20).
I presupposti per il ricorso alla procedura
negoziata senza pubblicazione del bando di
gara, per l'unicità della prestazione,
ricorrono soltanto quando si tratti di
qualità talmente particolari dell'impresa da
farla apparire, sia sotto il profilo delle
maestranze altamente specializzate, sia per
gli strumenti tecnologici di cui dispone,
sia per il prodotto o il servizio offerto,
come l'unica in grado di eseguire un'opera o
una prestazione dalle caratteristiche
tecniche assolutamente particolari, sì che
l'art. 57, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 163
del 2006 trova applicazione in casi di
prestazioni infungibili o rese in posizioni
monopolistiche (Cfr. Cons. Stato, Sez. IV,
n. 2728 del 2000 TAR Lazio-Roma, Sez. III,
16.01.2010, n. 286).
Ai fini della legittimità del ricorso alla
procedura negoziata senza pubblicazione del
bando di gara è onere dell’amministrazione
individuare le caratteristiche esclusive del
servizio con estremo rigore ed ampiezza
descrittiva in modo da poter dimostrare
l’inutilità o comunque l’impossibilità di un
confronto concorrenziale il cui esito
sarebbe pressoché scontato a priori perché
solo un operatore è in grado di assicurare
la prestazione richiesta (cfr. ad es., TAR
Lazio n. 286/2010).
Presupposto di ciò è la preliminare
individuazione dell’oggetto della
prestazione da rendere, e non del
macchinario che si ritiene più adatto,
accompagnata da una preventiva indagine di
mercato, da svolgersi all’evidenza ex
ante non ex post (cfr., ex
multis, TAR Lazio-Roma, Sez. III,
11.11.2009, n. 11069 e Cons. Stato, Sez. V,
31.12.2007, n. 6797) da cui risulti
l’unicità dell’operatore in grado di
svolgere quella prestazione (non certo quale
sia quello che la svolge nel modo reputato
migliore).
E’ illegittima una procedura negoziata senza
pubblicazione del bando di gara per la
fornitura di un impianto di trattamento e
valorizzazione di rifiuti, ove:
a) non sia stata svolta alcuna attività
qualificabile in termini di indagine di
mercato, la quale presuppone sia il
contattare un certo numero di operatori di
mercato che l’acquisire gli elementi in
ordine ai relativi prodotti (nella specie vi
era stata solo un’indagine tecnica interna
in cui l’unico macchinario esaminato era
quello prescelto, senza l’indicazione di
elementi acquisiti anche solo informativi in
ordine ad altri eventuali analoghi
macchinari, anche solo per evidenziarne
l’incapacità a svolgere quella prestazione);
b) non sia stato dimostrato il presupposto
dell’unicità della prestazione (nella specie
l’approfondimento tecnico -parziale e non di
mercato- posto a fondamento della determina
analizzava l’unicità del macchinario
prescelto, ma non l’unicità della
prestazione da svolgere) (massima tratta da
www.regione.piemonte.it - TAR Liguria, Sez.
II,
sentenza 02.02.2011 n. 191 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
VARI:
Il cane abbaia di notte? Ne
risponde il padrone.
Se il cane abbaia anche di notte
arrecando disturbo ai vicini, ne risponderà
penalmente il padrone dello stesso.
E’ quanto ha stabilito la I Sezione Penale
della Corte di Cassazione secondo cui è
punibile con la contravvenzione ex articolo
659 c.p., il proprietario dell’animale che
non ne impedisce i rumori notturni molesti,
nonostante le proteste reiterate dei vicini
di casa.
In particolare, i Giudici di Piazza Cavour
hanno respinto il ricorso presentato dai
proprietari di due cani pastore che, in
precedenza, erano stati condannati dal
Tribunale di Siracusa, in composizione
monocratica e nella sezione distaccata di
Avola, alla pena di € 200,00 di ammenda per
il reato di cui all'art. 659 c.p. in quanto,
non impedendo il continuo abbaiare
soprattutto nelle ore notturne, degli
animali di loro proprietà, impedivano il
riposo e le normali occupazioni dei vicini
di casa e dei familiari con essi conviventi.
La difesa degli istanti, nel ricorso per
Cassazione, si è basata sul difetto di
motivazione della sentenza di primo grado,
nonché sull’ erronea valutazione del
Tribunale di prime cure delle dichiarazioni
testimoniali, definite dai ricorrenti
cariche di "illazioni e supposizioni",
e perciò poco credibili ed incongruenti.
Nella sentenza oggetto del presente esame,
la Suprema Corte ha specificato che la
funzione dell'indagine di legittimità sulla
motivazione non è quella valutare
l’attendibilità dei risultati delle prove
bensì quella, di verificare se gli elementi
probatori su cui si fonda la decisione siano
stati valutati secondo logica in modo da
giustificare le conclusioni finali.
Pertanto, “ad una logica valutazione dei
fatti operata dal giudice di merito, non può
quello di legittimità opporne un'altra,
ancorché altrettanto logica (Cass.
05.12.2002 Schiavone; Cass. 06.05.2003
Curcillo).”
Infine, per quanto concerne i requisiti del
reato, la Prima Sezione Penale ha così
concluso: “per la sussistenza
dell'elemento psicologico della
contravvenzione di cui all'art. 659 c.p.,
attesa la natura del reato, è sufficiente la
volontarietà della condotta desunta dalle
obbiettive circostanze di fatto, non
occorrendo, altresì, l'intenzione
dell'agente di arrecare disturbo alla quiete
pubblica (Cass., Sez. 1^, 26/10/1995, n.
11868) mentre elemento essenziale della
fattispecie di reato in esame è l'idoneità
del fatto ad arrecare disturbo ad un numero
indeterminato di persone e non già
l'effettivo disturbo alle stesse (Cass.,
Sez. 1^, 13/12/2007, n. 246) di guisa che
rispondono del reato di cui all'art. 659
comma 1 c.p. gli imputati per non aver
impedito, nonostante le reiterate proteste
delle pp.ll., il molesto abbaiare, anche in
ore notturne, dei due cani di loro
proprietà, custoditi nel cortile della loro
abitazione (per una fattispecie simile:
Cass., Sez. 1^, 19/04/2001)” (Corte di
Cassazione, Sez. I penale,
sentenza 14.01.2011 n. 715 - link
a www.altalex.com). |
AGGIORNAMENTO AL 07.03.2011 |
ã |
SINDACATI |
PUBBLICO IMPIEGO:
17.03.2011: festa dell'Unità
d'Italia
(CGIL-FP di Bergamo,
nota 04.03.2011). |
PUBBLICO IMPIEGO:
La CISL-FP spiega l'intesa del
04.02.2011 anche alle regioni
(CGIL-FP di Bergamo,
nota 28.02.2011). |
NOTE,
CIRCOLARI E COMUNICATI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
MUD 2011.
Il Ministero dell'Ambiente, con apposita
circolare 02.03.2011
n. 6774 di prot., ha fornito le
indicazioni operative per la compilazione
del M.U.D., per i dati dell'anno 2010 da
presentare al 30.04.2011 e per quelli del
primo semestre 2011 da presentarsi al
30.12.2011.
Tenuto conto del periodo di sospensione per
l'avvio del SISTRI e della conseguente "reviviscenza"
delle norme che prevedono, per gli obbligati
SISTRI, la compilazione di registri e FIR,
nonché di quanto dispone l'art. 12 del D.M.
istitutivo del sistema di tracciabilità dei
rifiuti, il Ministero ha distinto tra i
soggetti che devono presentare la "dichiarazione
SISTRI" (per adempiere agli obblighi di
comunicazione), quelli che devono presentare
la dichiarazione M.U.D. e quelli che non
devono presentare alcuna dichiarazione.
Non devono presentare nessuna dichiarazione
per i dati 2010: i soggetti che effettua
attività di raccolta e trasporto rifiuti; i
commercianti e gli intermediari senza
detenzione; i consorzi istituiti per il
recupero di particolari tipologie di rifiuti
che organizzano la gestione per conto dei
consorziati.
Presentano la dichiarazione SISTRI con i
modelli predisposti dal Ministero e
ritrovabili sul portale SISTRI o compilando
le schede del Capitolo 1 rifiuti della
modulistica M.U.D. 2010 e presentandole alle
camere di commercio: le imprese e gli anti
che effettuano operazioni di recupero e
smaltimento rifiuti; i produttori iniziali
di rifiuti pericolosi (tranne gli
imprenditori agricoli con volume d'affari
non superiore a 8.000 euro); i produttori
iniziali di rifiuti non pericolosi si cui
all'art. 184 lett. c) d) e g) (ovvero gli
obbligati SISTRI).
Presentano la dichiarazione SISTRI al
31.12.2011 (quindi solo per il periodo
01.01.2011-31.05.2011), i soggetti che
effettuano raccolta, trasporto trattamento
veicoli fuori uso
Presentano la dichiarazione M.U.D.
(modulistica 2010): il consorzio nazionale
imballaggi; i soggetti che effettuano
raccolta, trasporto trattamento veicoli
fuori uso (solo per i dati del 2010); i
produttori di RAEE; i comuni, i loro
consorzi e le comunità montane; i comuni
della regione Campania. (M. Taina) (commento
tratto dalla newsletter di
www.tuttoambiente.it). |
VARI:
Migliorie in corso d’opera per prima casa:
IVA al 4%.
L'Agenzia delle Entrate, con la
risoluzione 22.02.2011 n. 22/E,
ha chiarito che l’IVA agevolata al 4% va
applicata anche in caso di migliorie
richieste in corso d’opera, a patto che
sussistano le seguenti condizioni:
- realizzazione del fabbricato ex novo;
- destinazione prima casa;
- fabbricato non di lusso.
L’Agenzia, in risposta al quesito presentato
da un socio di una cooperativa edilizia che
aveva commissionato in corso d'opera
interventi edili aggiuntivi migliorativi
extra-capitolato, ha ricordato che “il
DPR 26.10.1972, n. 633 prevede al numero 36)
della Tabella A, parte seconda, che
l'aliquota del 4% si applica alle
prestazioni di servizi dipendenti da
contratti di appalto relativi alla
costruzione dei fabbricati di cui all'art.
13 della L. 02.07.1949, n. 408, e successive
modificazioni, effettuate nei confronti di
soggetti che svolgono l'attività di
costruzione di immobili per la successiva
vendita, ivi comprese le cooperative
edilizie e loro consorzi, anche se a
proprietà indivisa o di soggetti per i quali
ricorrono le condizioni richiamate nel
numero 21), nonché alla realizzazione delle
costruzioni rurali di cui al numero 21-bis)."
Il regime agevolato spetta nelle sole
ipotesi di contratti di appalto aventi ad
oggetto la realizzazione ex novo di
fabbricati a destinazione abitativa non di
lusso. Committenti dei lavori possono essere
rispettivamente imprese costruttrici per la
rivendita, cooperative edilizie e loro
consorzi nonché persone fisiche in possesso
dei requisiti “prima casa”.
Per tale motivo, considerato che il socio
che richiede le migliorie è in possesso dei
requisiti per fruire dell'agevolazione prima
casa, alle relative prestazioni è
applicabile l'aliquota del 4% (link a
www.acca.it). |
GURI - GUUE -
BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 9 del
28.02.2011, "Approvazione delle modalità
di accesso e di funzionamento della
procedura informatizzata per il taglio di
boschi e l’installazione di impianti a fune,
in attuazione dell’art. 11, comma 2, del
r.r. 5/2007 (Norme forestali regionali) e
contestuale revoca del d.d.g. n. 9460 del
29.08.2007 e del d.d.u.o. n. 14008 del
21.11.2007"
(decreto
D.U.O. 21.02.2011 n. 1556). |
DOTTRINA E
CONTRIBUTI |
APPALTI:
Il nuovo regolamento sul codice appalti -
Esame e commento
(ANCE, febbraio 2011). |
APPALTI:
L. Bellagamba,
IN MATERIA DI AFFIDAMENTI IN ECONOMIA
(link a www.linobellagamba.it). |
EDILIZIA PRIVATA: D.
De Arena,
Il Comune può disciplinare nel PAT e nel PI
gli interventi nelle fasce di rispetto
cimiteriali?
(link a http://venetoius.myblog.it).
---------------
L'art. 338 del R.D. n. 1265/1934 stabilisce
che: "All'interno della zona di rispetto
per gli edifici esistenti sono consentiti
interventi di recupero ovvero interventi
funzionali all'utilizzo dell'edificio
stesso, tra cui l'ampliamento nella
percentuale massima del 10 per cento e i
cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli
previsti dalle lettere a), b), c) e d) del
primo comma dell'articolo 31 della legge
05.08.1978, n. 457”.
Secondo alcuni interpreti, la previsione
dell'art. 338, u.c. del TULS prevarrebbe su
ogni diversa normativa di zona più
restrittiva di PAT o PI, e, quindi, tali
strumenti urbanistici non potrebbero
legittimamente disciplinare in modo più
restrittivo gli interventi.
Tale interpretazione si tradurrebbe nella
ritenuta possibilità, che negli edifici
esistenti in fascia di rispetto, ancorché in
zona agricola o in zona "F" di interesse
pubblico, siano consentiti intervento di
recupero ovvero interventi funzionali
all'utilizzo dell'edifico stesso, tra cui
l'ampliamento nella percentuale massima del
10 per cento e i cambi di destinazione
d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere
a), b), c) e d) del primo comma dell'art. 31
della legge 05.08.1978, n. 457. |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
A. L. De Cesaris,
Una nuova normativa in materia di rifiuti:
primi spunti di riflessione (link
a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G. Tapetto,
Comunicazione MUD 2010: come la si presenta?
(link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: M.
Bottone,
IL PIANO CASA CAMPANIA: DUBBI SULLA
APPLICAZIONE DELL’ART. 4, COMMA 1, LRC
1/2011 (04.03.2011). |
NEWS |
EDILIZIA PRIVATA - VARI:
Le novità del MILLEPROROGHE.
Sul supplemento ordinario n. 53 alla
Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26.02.2011 è
stata pubblicata la Legge 26.02.2011 n. 10
di conversione del Decreto Legge 29.12.2010,
n. 225 -Milleproroghe- recante “Proroga
di termini previsti da disposizioni
legislative e di interventi urgenti in
materia tributaria e di sostegno alle
imprese e alle famiglie”.
Tra i punti più interessanti:
- proroga al 30.04.2011 per la presentazione
delle dichiarazioni di aggiornamento
catastale per “case fantasma“
(cambiano, al riguardo, le procedure di
notifica della rendita presunta: saranno
affisse direttamente all’albo pretorio del
Comune e pubblicate sul sito internet
dell’Agenzia del Territorio);
- possibilità per i consiglieri degli Ordini
dei dottori agronomi e dottori forestali,
degli architetti, pianificatori, paesaggisti
e conservatori, degli assistenti sociali,
degli attuari, dei biologi, dei chimici, dei
geologi e degli ingegneri di restare in
carica per un mandato in più;
- confermata l'entrata in vigore il
21.03.2011 della disciplina
sull'obbligatorietà della mediazione civile,
con la previsione del rinvio di un anno per
le sole controversie in materia di
condominio e sinistri stradale;
- proroga al 31.03.2011 dei termini di
efficacia delle norme transitorie di cui
all'articolo 253 del D.Lgs. 163/2006 -Codice
degli Appalti- scaduti il 30.12.2010 - che
consentono alle imprese ed ai professionisti
di fare riferimento per la qualificazione
negli appalti pubblici ai migliori 5 anni
del decennio antecedente per comprovare i
requisiti di capacità economico-finanziaria,
dotazione di attrezzature tecniche, organico
medio-annuo nonché a tutto il decennio
antecedente per comprovare il requisito di
idoneità tecnica mediante i lavori eseguiti;
- eliminata la possibilità di sospensione in
Campania delle demolizioni di immobili
realizzati in violazione dei vincoli
paesaggistici;
- proroga al 31.03.2011 per i laureati
vecchio ordinamento per poter sostenere le
prove per l'ammissione alle professioni di
dottore agronomo e forestale, architetto,
assistente sociale, attuario, biologo,
chimico, geologo, ingegnere e psicologo,
sostenendo due prove d'esame invece che le
quattro previste attualmente;
- proroga al 31.03.2011 per completare
l'adeguamento delle strutture alberghiere
alle disposizioni antincendio;
- fondi per dissesti idrogeologici e
alluvioni: 45 milioni destinati alla
Liguria, 30 al Veneto, 20 alla Campania e 5
per la Provincia di Messina;
- introiti derivanti dalla dismissione degli
immobili della Difesa : fino al 42,5% alla
Difesa, in misura non inferiore al 42,5%
all'Erario e tra il 5% e il 15% agli enti
locali interessati;
- imposta registro piani particolareggiati:
prorogato di tre anni il termine entro il
quale deve essere completato l'intervento
cui è finalizzato il trasferimento di
proprietà di immobili compresi in piani
urbanistici particolareggiati diretti
all'attuazione dei programmi di edilizia
residenziale al fine dell'applicazione
dell'imposta di registro nella misura
dell'1% (link a www.acca.it). |
AUTORITA'
VIGILANZA CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI:
Il Codice degli Appalti si
applica anche ai PRIVATI.
Il Codice degli Appalti va applicato anche
ai privati che realizzano lavori pubblici se
c'è lo scomputo degli oneri di
urbanizzazione.
Lo comunica l'Autorità di Vigilanza sui
lavori Pubblici (AVCP), precisando che “i
privati che realizzano opere pubbliche a
scomputo degli oneri di urbanizzazione sono
individuati dal codice dei contratti
pubblici come Stazioni Appaltanti e
risultano pertanto soggetti all’applicazione
del codice (art. 32, co. 1, lett. g) del
D.Lgs. 163/2006). Tali privati sono tenuti
pertanto ad effettuare le previste verifiche
dei requisiti di ordine generale in sede di
gara”.
L'AVCP, al fine di individuare questi
soggetti privati, ha istituito una apposita
banca dati contenente le informazioni dei
titolari di permesso di costruire che
realizzeranno anche opere a scomputo degli
oneri di urbanizzazione (comunicato
02.03.2011 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI:
Sui casi in cui è applicabile
alle gare di appalto la nozione penalistica
del c.d. "falso innocuo".
La giurisprudenza amministrativa ha recepito
la nozione di matrice penalistica relativa
al c.d. "falso innocuo", al fine di
escludere la rilevanza della falsità delle
dichiarazioni non veritiere, rese dai
concorrenti ai sensi dell'art. 38 del d.lgs.
163/06.
In particolare, corrisponde alla definizione
di "falso innocuo" l'omessa menzione
degli amministratori o direttori cessati
dalla carica, qualora tali soggetti
risultino penalmente incensurati e,
pertanto, la loro indicazione nella
dichiarazione resa alla stazione appaltante
non avrebbe in alcun modo potuto incidere
sull'esito del giudizio sulla ammissibilità
dell'offerta.
E' altresì irrilevante la mancata menzione
di condanne riportate dai citati soggetti,
qualora il bando di gara richieda
genericamente una dichiarazione di
insussistenza delle cause di esclusione
rimettendo, così, all' impresa offerente, la
valutazione in ordine alla gravità delle
condotte dei propri rappresentanti.
Tuttavia, la considerazione relativa al
carattere innocuo del falso deve essere
compiuta "ex ante", con la
conseguenza che non può essere valutato come
"innocuo" il falso in grado di
incidere sulle determinazioni della stazione
appaltante (TAR Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 01.03.2011 n. 599 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità
dell'esclusione da una gara di un
concorrente che abbia manifestato
l'intenzione di ricorrere al subappalto,
avvalendosi dell'apposito modulo predisposto
dalla p.a., nonostante il divieto in tal
senso sancito dalla lex specialis.
E' illegittimo il provvedimento di
esclusione adottato da una stazione
appaltante nei confronti di un concorrente
che abbia manifestato l'intenzione di
ricorrere al subappalto, avvalendosi del
modulo predisposto dalla PA, nonostante il
divieto in tal senso sancito dalla lex
specialis, in quanto, se è vero che il
modulo di domanda allegato al bando, essendo
un documento accessorio ed ulteriore
rispetto alla lex specialis, non può
prevalere sulle disposizioni di essa,
d'altro canto non può essere escluso da una
gara pubblica il concorrente che abbia
effettuato una dichiarazione richiesta
espressamente nel modello predisposto dalla
stazione appaltante, quando a tale positiva
dichiarazione il bando non collegava alcuna
sanzione di esclusione.
In tale circostanza risulta evidente
l'affidamento ingenerato nell'impresa
partecipante, trovatasi di fronte a più
documenti tra loro contrastanti, e ciò tanto
più se si consideri la singolarità di una
clausola che, senza motivazione alcuna,
vieta il subappalto difformemente dall'art.
118 del d.lgs. n. 163/2006, il quale, al
contrario, lo consente.
Peraltro, le condizioni di ammissibilità del
subappalto, di cui all'art. 118 citato,
tendono ad evitare che, in fase di
esecuzione del contratto, si pervenga a
vanificare proprio quell'interesse pubblico
che ha imposto lo svolgimento di una
procedura selettiva e legittimato
l'individuazione di una determinata offerta,
come la più idonea a soddisfare le esigenze
della collettività cui l'appalto è
preordinato (TAR Sardegna, Sez. I,
sentenza 28.02.2011 n. 172 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Ai fini dell’incameramento della
cauzione e della segnalazione all’autorità
di vigilanza può venire in rilievo anche la
buona fede dell’impresa.
E' giurisprudenza di questo Tribunale quella
per cui “ai fini dell’incameramento della
cauzione e della segnalazione all’autorità
di vigilanza può venire in rilievo un
ulteriore elemento di valutazione
rappresentato dalla buona fede dell’impresa
evincibile dai documenti di gara” (TAR
Piemonte sez. I 23.05.2009 n. 1492); anche
le pronunce C. Stato sez. VI n. 4504/2009 e
sez. VI 3981/2006 hanno riconosciuto la
possibile rilevanza dell’errore nella
dichiarazione resa dal concorrente in gara (TAR Piemonte, Sez.
I,
sentenza
26.02.2011 n. 221 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Anche
il provvedimento con cui l’amministrazione
committente si oppone al subentro di un
nuovo soggetto nella titolarità del
contratto, per effetto di cessione d’azienda
o di ramo d’azienda, è considerato
espressione di poteri pubblicistici.
E’ controversa, nel giudizio in commento, la
legittimità delle deliberazione con cui il
Consiglio di Amministrazione di una Casa di
soggiorno per anziani, nel prendere atto del
contratto preliminare per la cessione del
ramo di azienda stipulato fra i ricorrenti
(due società cooperative), ne ha subordinato
l’efficacia alla condizione che la
Cooperativa cedente garantisse in via
solidale con la cessionaria il corretto
adempimento di tutte le obbligazioni a suo
tempo assunte con la stipula del contratto
d’appalto.
L’Amministrazione resistente eccepisce, in
via pregiudiziale, il difetto di
giurisdizione del giudice adito, rilevando
che si controverte in ordine a una vicenda
modificativa di un contratto già
sottoscritto che ha generato diritti
soggettivi rimessi al vaglio del giudice
ordinario.
In sede cautelare, il Tribunale
amministrativo di Torino aveva
implicitamente disatteso tale eccezione,
ritenendo la propria giurisdizione e
rilevando, nel merito, che la domanda di
parte ricorrente appariva assistita da
elementi di fumus, tuttavia, ad un
più approfondito esame della questione, gli
stessi giudici, non hanno confermato la
decisione provvisoriamente assunta in punto
di giurisdizione.
Occorre rammentare, infatti, segnalano i
giudici piemontesi, che, in linea di
principio, la giurisdizione del giudice
amministrativo in materia di appalti
pubblici è limitata alle controversie
concernenti la fase pubblicistica di scelta
del contraente e non comprende le vicende
successive alla stipulazione del contratto,
afferendo queste ultime alla fase paritetica
di esecuzione che è riservata al giudice
ordinario.
In applicazione di tale regola di riparto,
lo stesso Tribunale cisalpino, con sentenza
della Seconda Sezione n. 1088 del
17.05.2008, si era già pronunciato su una
fattispecie affine alla presente (si
controverteva, per la precisione, circa la
legittimità di un provvedimento con cui
l’amministrazione si era opposta al subentro
di un nuovo soggetto, per effetto
dell’affitto del ramo di azienda, nella
titolarità del contratto di appalto),
declinando la propria giurisdizione.
La questione merita, però, continuano i
giudici torinesi, di essere ulteriormente
approfondita alla luce dei principi
enunciati dalla Quarta Sezione del Consiglio
di Stato con la decisione n. 1713 del
24.03.2010, avente ad oggetto il diniego
opposto dall’amministrazione committente al
subappalto in favore di altra impresa di
alcune lavorazioni comprese nell’appalto
affidato alla ricorrente.
Con tale pronuncia, il Giudice d’appello ha
rilevato che, essendo il contatto di appalto
stipulato da una pubblica amministrazione
funzionale alla realizzazione di un
interesse pubblico, non si può escludere
che, anche nella fase esecutiva, vada
configurata la giurisdizione generale di
legittimità del giudice amministrativo, nei
casi in cui l’amministrazione disponga di
poteri autoritativi nei confronti
dell’affidatario il cui esercizio si
manifesta attraverso atti di natura
provvedimentale, a fronte dei quali la
posizione dell’impresa appaltatrice si
atteggia a interesse legittimo.
Tale è stato ritenuto il caso
dell’autorizzazione (o del diniego di
autorizzazione) al subappalto, disciplinata
dall’art. 118, comma 8, del d.lgs. n.
163/2006, la quale si configura come
istituto preordinato anche al perseguimento
di interessi (pubblicistici) ulteriori
rispetto a quello inerente la corretta
esecuzione dell’opera. L’art. 118 cit.,
infatti, persegue chiare finalità di ordine
pubblico laddove conferisce
all’amministrazione un potere di controllo
inteso a prevenire il rischio di
infiltrazioni criminali negli appalti
pubblici.
Ma anche nella parte in cui detta
disposizione prescrive che siano previamente
accertate le condizioni per l’ammissibilità
del subappalto (quale la verifica del
possesso dei requisiti di qualificazione in
capo al subappaltatore), essa non può
considerarsi unicamente intesa a tutelare
l’interesse dell’amministrazione committente
all’immutabilità dell’affidatario (interesse
che, in sé considerato, risulta
sostanzialmente omologo a quello di un
privato), ma risulta funzionale ad evitare
che nella fase esecutiva del contratto si
pervenga, attraverso modifiche sostanziali
dell’assetto di interessi scaturito dalla
gara pubblica, a vanificare proprio
quell’interesse pubblico che ha imposto lo
svolgimento di una procedura selettiva e
legittimato l’individuazione di una
determinata offerta come la più idonea a
soddisfare le esigenze della collettività
cui l’appalto è preordinato.
La fattispecie al vaglio del Collegio
presenta apparenti elementi di affinità con
quella decisa dal Giudice d’appello, atteso
che i presupposti del provvedimento di
opposizione alla cessione di azienda
definiti dalla legge vigente (art. 116 del
d.lgs. n. 163/2006), essenzialmente
riconducibili alle risultanze delle
comunicazioni “antimafia” e
all’accertamento della mancanza dei
requisiti di qualificazione in capo al
cessionario, riecheggiano quelli del divieto
di subappalto.
La trasposizione dei principi affermati dal
Consiglio di Stato comporta che, in linea di
principio, anche il provvedimento con cui
l’amministrazione committente si oppone al
subentro di un nuovo soggetto nella
titolarità del contratto, per effetto di
cessione d’azienda o di ramo d’azienda, in
quanto finalizzato al perseguimento di
interessi pubblici diversi rispetto a quelli
inerenti la mera immodificabilità
dell’esecutore e la corretta esecuzione del
contratto, vada considerato quale
espressione di poteri pubblicistici di
natura autoritativa, a fronte dei quali la
posizione del privato contraente assume
consistenza di interesse legittimo (commento
tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Piemonte,
Sez. I,
sentenza 26.02.2011 n. 217
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Il divieto di commistione non
comporta che sia sempre precluso alle
amministrazioni aggiudicatrici di dare
rilievo alle capacità, alle esperienze ed
alle referenze dei concorrenti.
L’avviso di selezione, a dire della
ricorrente, violerebbe il “divieto di
commistione tra requisiti di partecipazione
alla gara e criteri di valutazione
dell’offerta”, divieto di derivazione
comunitaria e comunque desumibile dagli
articoli 42 ed 83 del Codice dei contratti
pubblici.
Il Collegio osserva che la censura, più
esattamente, invoca il rispetto del divieto
generale di commistione tra le
caratteristiche oggettive dell'offerta ed i
requisiti soggettivi dell'impresa
concorrente.
Vero è –come sottolinea la difesa delle
parti resistenti– che la concessione di
servizi in esame è disciplinata
dall’articolo 30 del Codice dei contratti
pubblici, ed è quindi essenzialmente
governata dai principi di trasparenza,
adeguata pubblicità, non discriminazione,
parità di trattamento, mutuo riconoscimento,
proporzionalità, desumibili dal Trattato e
dal Codice stesso, a tutela del mercato e
della concorrenza. Ma in quest’ambito può
farsi rientrare anche il divieto di
commistione invocato dalla ricorrente.
Il Collegio rileva quindi l’esistenza di un
orientamento recente del Consiglio di Stato,
tendente a mitigare la più rigorosa
interpretazione prevalsa in passato, secondo
il quale il divieto in questione conosce
un'applicazione attenuata nel settore dei
servizi laddove l'offerta tecnica non si
sostanzia in un progetto o in un prodotto,
ma nella descrizione di un facere che
può essere valutato unicamente sulla base di
criteri quali-quantitativi, fra i quali ben
può rientrare la considerazione della
pregressa esperienza dell'operatore, come
anche della solidità ed estensione della sua
organizzazione d'impresa.
Dalla considerazione dell'esperienza
maturata da una concorrente possono quindi
trarsi indici significativi della qualità
delle prestazioni e dell'affidabilità
dell'impresa, qualora tali aspetti non
risultino preponderante nella valutazione
complessiva dell'offerta (cfr. Cons. Stato,
V, 02.10.2009, n. 6002; vedi anche,
12.06.2009, n. 3716; IV, 25.11.2008, n.
5808) (TAR Umbria,
sentenza
25.02.2011
n. 61 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
In ordine al provvedimento di
diniego di condono edilizio non possono
venire in rilievo profili di eccesso di
potere quali la disparità di trattamento.
Anche di recente questa stessa Sezione ha
ribadito, in totale difformità della tesi
sostenuta dalla ricorrente, che il
provvedimento di diniego di condono edilizio
costituisce espressione di potere vincolato
rispetto ai presupposti normativi richiesti
e dei quali deve farsi applicazione, con la
conseguenza che in ordine al medesimo non
possono venire in rilievo profili di eccesso
di potere quali la disparità di trattamento,
propri dell’esercizio del potere
discrezionale, atteso –altresì- che il
rilascio del condono registratosi in
analoghi casi di abusi non condonabili, e
quindi suscettibili di annullamento
giurisdizionale o amministrativo, non può
ex se legittimare la fattispecie
provvedimentale sub iudice, che resta
regolata dall’insussistenza dei presupposti
richiesti dalla legge per il rilascio del
condono richiesto (cfr. in tal senso la
decisione 14.04.2010 n. 2105).
Inoltre, risulta altrettanto evidente che
l’obbligazione pecuniaria del pagamento
dell’oblazione conseguente al provvedimento
di rilascio del titolo edilizio in sanatoria
si configura come del tutto accessoria e
consequenziale rispetto all’atto
autoritativo con il quale è stata valutata
la conformità dell’intervento edilizio nel
contesto delle condizioni normativamente
contemplate per l’emissione dell’atto che ne
dispone la sanatoria, con la conseguenza che
l’eventuale violazione della disciplina
contabile non refluisce sulla legittimità
del susseguente atto con il quale, nei
riguardi del richiedente la sanatoria
medesima, è disposto l’annullamento di
quest’ultima in via di autotutela: e, per
l’appunto, la sussistenza dell’indebito
oggettivo di cui all’art. 2033 cod. civ.
determina in capo al destinatario del
provvedimento di annullamento il
consequenziale diritto alla restituzione
delle somme da lui pagate sine titulo entro
il competente termine prescrizionale (Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 24.02.2011 n. 1235 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'interpretazione dell'art.
38, c. 1, lett. i), del d.lgs. n. 163 del
2006.
Il concorrente di una gara d'appalto,
qualora il bando di gara richieda
genericamente, come nel caso di specie, una
sua dichiarazione di insussistenza delle
cause di esclusione di cui all'art. 38, c.
1, lett. i), del d.lgs. n. 163/2006, può
essere escluso soltanto qualora la stazione
appaltante sia oggettivamente certa che
l'eventuale debito contributivo dichiarato
sia grave e definitivamente accertato, e
cioè non esistano in atti di gara elementi
che possano condurre a diversa conclusione,
mediante accertamenti ulteriori.
Soltanto, infatti, quando il bando richieda
che debbano essere dichiarate tutte le
violazioni contributive in cui il
concorrente sia eventualmente incorso, può
dedursi che lo stesso bando esiga una
dichiarazione dal contenuto più ampio e più
puntuale rispetto a quanto prescritto dal
citato art. 38: infatti, soltanto in tali
ipotesi può inferirsi che la stazione
appaltante si sia riservata una valutazione
più ampia di gravità o meno dell'illecito
per poter procedere all'esclusione dalla
gara, in ragione, evidentemente, di una
causa che non sia solo quella, sostanziale,
dell'essere stata commessa una grave
violazione (nella specie contributiva), ma
anche quella, formale, di aver omesso una
dichiarazione prescritta dal bando
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 24.02.2011 n. 1228 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
URBANISTICA:
La precedente destinazione di
un’area non comporta che siano definitive ed
immodificabili le relative posizioni.
Per consolidato orientamento
giurisprudenziale dal quale non v’è motivo
di discostarsi, in linea di principio le
scelte effettuate in sede di strumento
urbanistico costituiscono espressione di
ampi poteri discrezionali e come tali sono
insindacabili se non per errori di fatto,
irrazionalità, abnormità o altri profili di
eccesso di potere (Cons. Stato, Sez. IV,
06.02.2002, n. 664; idem 27.07.2010, n.
4920): in ragione di tale discrezionalità
l’Amministrazione non è tenuta a fornire
apposita motivazione delle scelte operate se
non richiamando le ragioni di carattere
generale che giustificano l’impostazione
dello strumento (cfr. Sez. IV, 10.08.2004,
n. 4550).
Quanto ai profili attinenti alla adeguatezza
della motivazione, concernente la
destinazione delle singole aree (come nella
fattispecie), un particolare onere di
motivazione senz’altro sussiste nel casi più
volte evidenziati dalla giurisprudenza, e in
particolare quando si vada ad incidere su
posizioni giuridicamente differenziate (Sez.
IV, 10.02.2009, n. 2418).
Nella specie, però, una tale posizione non
può essere ravvisata, e nemmeno una
situazione di consolidato affidamento,
attesa la verificatasi e accertata non
attuazione del piano di recupero di
iniziativa privata sin dal 1986 e la
sopravvenuta decadenza delle connessioni
edilizie rilasciate nel 1994.
Sotto tale profilo, rileva il principio per
il quale una precedente destinazione di
un’area non comporta le siano definitive ed
immodificabili le relative posizioni,
spettando per legge alle autorità
urbanistiche il potere di mutare le relative
previsioni (Sez. IV, 13.01.2010, n. 50) (Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 24.02.2011 n. 1222 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La motivazione del parere della
Commissione edilizia può essere anche
sintetica e scarna, purché sia possibile
inferirne gli estremi logici
dell’apprezzamento negativo compiuto.
In linea di diritto, si osserva che la
motivazione del parere della Commissione
edilizia può essere anche sintetica e
scarna, purché sia possibile inferirne gli
estremi logici dell’apprezzamento negativo
compiuto, e che, in caso di apprezzamenti di
natura estetica, la valutazione deve essere
sorretta da correlative prescrizioni
contenute negli strumenti urbanistici
(rispettivamente nelle relative norme
tecniche di attuazione) (Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 24.02.2011 n. 1204 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Il provvedimento amministrativo
preceduto da atti istruttori o da pareri può
ritenersi adeguatamente motivato per
relationem anche con il mero richiamo ad
essi.
Il provvedimento amministrativo preceduto da
atti istruttori o da pareri può ritenersi
adeguatamente motivato per relationem
anche con il mero richiamo ad essi, giacché
tale richiamo sottintende l'intenzione
dell'Autorità emanante di farli propri,
assumendoli a causa giustificativa della
determinazione adottata, ma a condizione che
dal complesso degli atti del procedimento
siano evincibili le ragioni giuridiche che
supportano la decisione, onde consentire al
destinatario di contrastarle con gli
strumenti offerti dall'ordinamento e al
giudice amministrativo, ove investito della
relativa controversia, di sindacarne la
fondatezza (Cons. Stato, IV, 03.08.2010, n.
5150; id., IV, 23.11.2002, n. 6444) (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 24.02.2011 n. 1156 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sulla legittimità
dell'affidamento temporaneo del servizio di
raccolta e smaltimento rifiuti, mediante il
ricorso allo strumento dell'ordinanza
contingibile ed urgente.
E' legittimo l'affidamento temporaneo del
servizio di raccolta e smaltimento rifiuti
disposto da un comune mediante il ricorso
allo strumento dell'ordinanza contingibile
ed urgente, per far fronte all'improvvisa
situazione di vuoto venutasi a creare a
causa dell'intervenuta revoca
dell'affidamento alla precedente affidataria
del servizio, quale conseguenza del recesso
dell'ente locale dalla suddetta società e
della riscontrata impossibilità di procedere
alla costituzione di una nuova società in
house cui affidare in via diretta la
gestione del servizio.
Nel caso di affidamento transitorio di un
servizio mediante ordinanza contingibile ed
urgente non si applica l'art. 23-bis del
d.l. 112/2008. Tale disposizione, regola
l'ipotesi di affidamento "ordinario"
del servizio; è cioè destinata ad orientare
l'ente pubblico nella scelta del possibile
strumento attraverso cui gestire il servizio
pubblico, mentre, nel caso di specie, il
comune si trovava di fronte alla necessità
di assicurare la continuità del servizio.
Quest'obiettivo non poteva essere perseguito
che con l'unico strumento a disposizione
dell'amministrazione e cioè il ricorso ad
un'ordinanza contingibile ed urgente che
imponesse al gestore uscente la
continuazione del servizio per il lasso di
tempo necessario ad individuare un nuovo
gestore nel rispetto delle disposizioni che
regolano la materia e, quindi, in questo
caso, effettivamente, anche dell'art. 23-bis
citato (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 24.02.2011 n. 334 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI: L’esclusione
della certificazione di qualità dall’ambito
di applicazione dell’avvalimento può essere
ricavata dalla scelta della P.A. di
richiedere alle imprese il possesso della
detta certificazione.
Sulla tematica di fondo affrontata nella
pronuncia in commento, concernente
l’utilizzabilità dell’istituto dell’avvalimento
per soddisfare la richiesta relativa al
possesso delle certificazioni di qualità, il
Tribunale amministrativo di Cagliari si è
già più volte pronunciato con sentenze che
il Collegio in questione condivide e dalle
cui conclusioni non ritiene di doversi
discostare.
Si è ritenuto, innanzitutto, che la
certificazione di qualità costituisca un
requisito di natura soggettiva delle imprese
per il quale non appare possibile utilizzare
l’istituto dell’avvalimento disciplinato
dall’art. 49 del codice dei contratti
pubblici.
E’ stato sottolineato, continuano i giudici
sardi, sia dalla giurisprudenza (TAR
Sardegna, I Sez., 27/03/2007, n. 556), sia,
in sede consultiva, dall’Autorità per la
Vigilanza sui Contratti Pubblici (cfr.
parere n. 254 del 10.12.2008), che l’avvalimento
è stato previsto limitatamente alla “richiesta
relativa al possesso dei requisiti di
carattere economico, finanziario, tecnico,
organizzativo, ovvero di attestazione della
certificazione SOA”.
La certificazione di qualità è, invece, da
ritenersi requisito soggettivo dell’impresa,
preordinato a garantire all’amministrazione
appaltante la qualità dell’esecuzione delle
prestazioni contrattuali dovute. Obiettivo
che, per essere effettivamente perseguito,
richiede necessariamente che la
certificazione di qualità riguardi
direttamente l’impresa appaltatrice.
Del resto, l’art. 49 del codice dei
contratti pubblici è norma di derivazione
comunitaria, e a questo riguardo è
significativo notare, secondo i giudici
isolani, che mentre gli artt. 47 e 48 della
direttiva 31/03/2004 n. 2004/18/CE,
ammettano espressamente la possibilità di
avvalimento in relazione ai requisiti di
capacità economico-finanziaria e
tecnico-professionale, non altrettanto fa
l’art. 49 della stessa direttiva con
riguardo alle certificazioni di qualità. Il
che si spiega considerando che la detta
certificazione attesta la sussistenza di
determinate prerogative intrinseche
dell’operatore economico, in quanto tali non
suscettibili di essere acquisite
dall’esterno ricevendole in prestito da
altro soggetto che le possegga.
L’esclusione della certificazione di qualità
dall’ambito di applicazione dell’avvalimento
deve essere, quindi, rinvenuta per un verso,
nel tenore letterale dell’art. 49 cit.; per
l’altro verso, in ragioni di carattere
funzionale, attinenti agli scopi avuti di
mira dall’amministrazione aggiudicatrice,
quando esprima la scelta di richiedere alle
imprese da ammettere alla gara il possesso
della detta certificazione.
Peraltro, la giurisprudenza ha da tempo
affermato questo principio con riferimento
ai raggruppamenti temporanei di imprese, per
i quali si è statuito che il requisito della
certificazione di qualità eventualmente
richiesto dal bando deve essere posseduto
singolarmente da ciascuna impresa del
raggruppamento, quantomeno nelle
associazioni orizzontali (si veda Cons.
Stato, V Sez., 15/06/2001, n. 3188)
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Sardegna,
Sez. I,
sentenza 24.02.2011 n. 160
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Provvedimento di annotazione nel
casellario informatico - AVCP e stazione
appaltante - Margini di autonomia
valutativa.
Il provvedimento di annotazione nel
casellario informatico da parte dell’AVCP
(nella specie, per difetto del requisito
della regolarità contributiva) non è
meramente consequenziale e ancillare
rispetto a quello della stazione appaltante,
mantenendo invece nei confronti di questo
apprezzabili margini di autonomia valutativa
e procedimentale, non essendo quindi
precluso, per la differenza della
provenienza soggettiva e degli stessi
effetti rivenienti dall’uno e dall’altro dei
suddetti provvedimenti, una diversificata
considerazione, in ciascuno dei
provvedimenti stessi, della medesima
fattispecie che ad essi ha dato luogo (cfr.
CdS, VI, 05.07.2010, n. 4243) (TAR
Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 22.02.2011 n. 1675 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sulla ratio dell'esclusione
stabilita dall'art. 38, lett. f), del d.lgs.
n. 163 del 2006.
La ratio dell'esclusione stabilita
dall'art. 38 lett. f) del d. lgs. n. 163 del
2006, poggia sulla necessità di garantire
l'elemento fiduciario nei rapporti
contrattuali della pubblica amministrazione
fin dal momento genetico.
Da ciò discende che, ai fini dell'esclusione
di un concorrente da una gara, non è
necessario un accertamento della
responsabilità del contraente per
l'inadempimento in relazione ad un
precedente rapporto contrattuale, quale
sarebbe richiesto per l'esercizio di un
potere sanzionatorio, ma è sufficiente una
motivata valutazione dell'amministrazione in
ordine alla grave negligenza o malafede
nell'esercizio delle prestazioni affidate
dalla stazione appaltante che bandisce la
gara che abbia fatto venir meno la fiducia
nell'impresa.
Trattandosi di esercizio di potere
discrezionale, esso è soggetto al sindacato
del giudice amministrativo nei limiti della
manifesta illogicità, irrazionalità o errore
sui fatti (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 22.02.2011 n. 1107 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI: Abolito
l'istituto dell'accessione invertita, il
dovere del Comune è quello della
restituzione del bene che risulti essere
ancora nella proprietà dei privati.
Il Collegio ritiene di dovere ulteriormente
precisare, in ordine al ventilato
perfezionamento del passaggio di proprietà
per accessione invertita, che l'effetto
acquisitivo automatico derivante
dall'alterazione definitiva dello stato dei
luoghi non trova più copertura normativa e/o
giurisprudenziale nel nostro ordinamento a
seguito delle statuizioni della Corte
Europea dei Diritti dell'Uomo, la quale ha
ritenuto, nella pronuncia della Sezione IV
del 06.03.2007 n. 43662, che l'istituto
della occupazione acquisitiva sia lesivo del
principio di legalità, per la perdita di
proprietà sulla base di un atto inizialmente
illegittimo che implica in primo luogo
l'applicazione del principio della
restituito in integrum e, ove ciò non
sia possibile, la determinazione di
un'indennità consistente nella
corresponsione di una somma equivalente al
valore del bene occupato, aumentato
dell'eventuale plus-valore dato
dall'esistenza di costruzioni edificate
durante l'occupazione da parte della P.A..
Per adeguare l'ordinamento nazionale ai
principi affermati dalla Corte, lo Stato ha
introdotto l'art. 43 del DPR 08.06.2001 n
327, concernente la cosiddetta "acquisizione
sanante", oggi dichiarata
incostituzionale per eccesso di delega con
sentenza 04-08.10.2010 n. 293, che
consentiva alla pubblica amministrazione, "extra
ordinem", rispetto all'ordinario
procedimento espropriativo (necessariamente
mancante o viziato), di acquisire a
determinate condizioni beni immobili altrui
al proprio patrimonio indisponibile.
Si tratta(va) di una norma che oltre ad
attribuire all'Amministrazione il potere di
dare "a regime" una soluzione al caso
concreto, quando gli atti del procedimento
divengano inefficaci per decorso del tempo o
siano annullati dal giudice amministrativo,
consente(iva) anche di rimuovere un
precedente contrasto tra la prassi interna
(amministrativa e giudiziaria) e la
Convenzione Europea.
L'art. 43 si riferi(va) anche alle
occupazioni "sine titulo", già
sussistenti alla data di entrata in vigore
del testo unico (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 2
del 2005; Cons. Stato, Sez. IV 16.11.2007 n.
5830; Cons. Stato, Sez. IV 27.06.2007, n.
3752; Cons. Stato, Sez. IV 21.05.2007, n.
2582; TAR Sardegna, 31.01.2008 n. 83),
potendo, del resto, essere riconducibile nel
novero delle norme processuali.
Da ciò consegue che non possa ritenersi
perfezionato alcun diritto reale in favore
dell’amministrazione relativamente ai
terreni di proprietà dei ricorrenti, già
oggetto di esproprio poi annullato in sede
giurisdizionale, per cui il privato può
chiedere la restituzione del fondo con la
riduzione in pristino di quanto realizzato
(Cons. Stato, Sez. IV, 16.11.2007 n. 5830).
Corollario del sistema delineato dal
richiamato art. 43 precitato é il principio
secondo cui il trasferimento della proprietà
del bene non può oggi connettersi neppure
alla unilaterale volontà del privato di
abdicare al proprio diritto, che, in materia
di occupazione usurpativa, viene considerata
implicitamente nella richiesta del
proprietario di liquidazione del danno
commisurato alla definitiva perdita della
disponibilità del bene.
Nel nostro ordinamento, in definitiva, non
può più ritenersi sussistente l'istituto -di
creazione pretoria- della cosiddetta "occupazione
appropriativa", secondo il quale, anche
in assenza di un provvedimento ablatorio,
l'Amministrazione acquista, a titolo
originario, la proprietà dell'area altrui,
in virtù della trasformazione irreversibile
della stessa ed in attuazione della
dichiarazione di pubblica utilità (in tal
senso, tra le tante, Cons. St., IV,
30.11.2007 n. 6124; Id., 21.05.2007 n.
2582).
Come già rilevato, la Corte Europea dei
Diritti dell'Uomo ha espressamente affermato
che l'istituto in questione rappresenta una
illegittima compressione del diritto di
proprietà privata, configurando una
violazione del Protocollo Addizionale n. 1
della Convenzione Europea e che spetta
all'ordinamento interno l'individuazione dei
mezzi di tutela, i quali devono, però,
essere efficaci e collegarsi in un quadro
normativo chiaro, preciso e prevedibile
(sentenze 30.05.2000; n. 24638/1994 e n.
31524/1996).
In altri termini, anche se è stata
realizzata l'opera pubblica,
l'Amministrazione ha l'obbligo di restituire
il suolo e di risarcire il danno cagionato:
"fin da quando l'istituto della c.d.
accessione invertita è stato espunto dal
nostro ordinamento a causa della sua
acclarata incompatibilità comunitaria,
l'annullamento giurisdizionale degli atti
espropriativi impugnati comporta l'obbligo
dell'Amministrazione di restituire i terreni
occupati e di risarcire il danno da
illegittimo spossessamento" (Consiglio
Stato, sez. IV, 27.03.2009, n. 1858; TAR
Lazio Roma, sez. I, 15.01.2009, n. 220; TAR
Lombardia Brescia, sez. I, 18.12.2008, n.
1796; e, da ultimo, v. TAR Puglia Lecce,
sez. I, 10.05.2010 n. 1093).
In conclusione, non essendo oggi più
configurabile l'istituto dell'accessione
invertita, il pagamento di un equivalente
monetario presuppone necessariamente il
previo trasferimento della proprietà
dell'immobile (conseguente ad atto
amministrativo o negoziale, ad usucapione o
a rinunzia del privato), che manca; di
conseguenza, l'obbligo allo stato
sussistente in capo al Comune è quello della
restituzione del bene, che risulta essere
ancora nella proprietà dei privati (TAR Campania-Napoli,
Sez. V,
sentenza 18.02.2011 n. 1014 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Prescrizioni
di piano e regolamento - Limiti generali e
astratti alla localizzazione -
Illegittimità.
Sono illegittime le prescrizioni di piano e
di regolamento che si sostanziano in limiti
alla localizzazione ed allo sviluppo della
rete per intere zone, per di più con scelta
generale ed astratta ed in assenza di
giustificazioni afferenti alla specifica
tipologia dei luoghi o alla presenza di siti
qualificabili per destinazioni d’uso come
sensibili (cfr., ex multis, C.d.S.,
Sez. VI, 03.06.2010, n. 3492, con i richiami
giurisprudenziali ivi menzionati).
INQUINAMENTO
ELETTROMAGNETICO - Regolamento comunale -
Suddivisione del territorio in aree idonee,
di attenzione e sensibili - Contrasto con il
d.lgs. n. 259/2003.
Ove il regolamento comunale suddivida il
territorio in tre tipi di aree, in funzione
della procedura ex art. 87 del d.lgs. n.
259/2003 (maggiormente idonee, di attenzione
e sensibili), esso è illegittimo per
contrasto con il menzionato d.lgs., che non
consente ai Comuni di estendere le proprie
competenze sino a selezionare le aree del
territorio, individuandone solo alcune come
idonee ad ospitare gli impianti: ciò, perché
l’installazione di impianti di
telecomunicazione si deve ritenere
consentita in generale sull’intero
territorio comunale, in modo da poter
realizzare, con riferimento a quelli di
interesse generale, un’uniforme copertura di
tutta l’area comunale interessata (C.d.S.,
Sez. VI, 28.03.2007, n. 1431; id.,
23.06.2008, n. 3133).
Tanto in forza dell’esigenza di trovare un
punto di mediazione ordinata, onde evitare
che le competenze di cui sono titolari i
Comuni nella materia in esame si esplichino
in ambiti, diversi da quelli strettamente
urbanistici, riservati ad altri Enti (cfr.
C.d.S., Sez. VI, n. 6473 del 2010).
INQUINAMENTO
ELETTROMAGNETICO - Criteri di insediamento
degli impianti - Diffusione capillare sul
territorio - Limiti di localizzazione -
Divieto generalizzato - Illegittimità -
Estensione della potestà regolamentare in
materia.
Nella scelta dei criteri di insediamento
degli impianti si deve tener conto del fatto
che la “rete di telecomunicazione”
richiede per definizione una capillare
diffusione sul territorio; l’assimilazione
alle opere di urbanizzazione primaria
implica, poi, che le infrastrutture di rete
debbano essere poste al servizio
dell’insediamento abitativo, e non essere
dallo stesso avulse.
Ne discende che la determinazione dei limiti
di localizzazione degli impianti non può
tradursi, per il suo carattere
generalizzato, in una misura surrettizia di
tutela della popolazione dalle immissioni
radioelettriche, anche perché siffatta
tutela è riservata dall’art. 4 della l. n.
36/2001 allo Stato.
Se quindi, ex art. 8, comma 6, della l. n.
36/2001, i Comuni possono adottare un
regolamento al fine di un corretto
insediamento urbanistico e territoriale
degli impianti e di minimizzare
l’esposizione delle persone ai campi
elettromagnetici, tuttavia da esso debbono
discendere regole ragionevoli, motivate e
certe, poste a presidio di interessi di
rilievo pubblico, e non un divieto
generalizzato di installazione in
identificate zone urbanistiche (C.d.S., Sez.
VI, 15.07.2010, n. 4557).
Se ne desume, tra l’altro, che
l’Amministrazione comunale -nel pronunciarsi
sulla richiesta di autorizzazione ex art. 87
del d.lgs. n. 259 cit.- non può limitarsi
alla mera ricognizione della disciplina del
P.R.G. sui siti di localizzazione
preferenziale degli impianti, attribuendo ad
essa valore cogente ed inderogabile, ma deve
verificare l’idoneità della localizzazione a
soddisfare lo sviluppo di rete prefigurato
dal gestore di telefonia mobile, con
riferimento alla stessa presenza e
distribuzione della popolazione sul
territorio cui deve garantirsi il servizio
di telefonia in discorso (C.d.S., Sez. VI,
n. 7588 del 2010) (TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 17.02.2011 n. 335 - link
a www.ambientediritto.it). |
URBANISTICA:
La semplice richiesta di
edificazione non determina il diritto alla
immutabilità della classificazione
urbanistica dell’area.
Per consolidato orientamento
giurisprudenziale, dal quale il Collegio non
ha motivo di discostarsi, le scelte
effettuate dalla P.A. in sede di formazione
ed approvazione dello strumento urbanistico
generale sono accompagnate da un’amplissima
valutazione discrezionale che, nel merito,
appaiono insindacabili e che sono per ciò
stesso attaccabili solo per errori di fatto,
per abnormità e irrazionalità delle stesse
(cfr. Cons Stato Sez. IV 06/02/2002 n. 664;
idem 27/07/2010 n. 4920).
In ragione di tale discrezionalità,
l’Amministrazione non è tenuta a fornire
apposita motivazione in ordine alle scelte
operate nella predetta sede di
pianificazione del territorio comunale, se
non richiamando le ragioni di carattere
generale che giustificano l’impostazione del
piano (in tal senso questa Sezione
10/08/2004 n. 4550).
Sempre al riguardo, giova rammentare che le
scelte adottate per ciò che attiene la
destinazione delle singole aree non
necessitano di una specifica motivazione se
non nel caso che la scelta vada ad incidere
negativamente su posizioni giuridicamente
differenziate ravvisabili unicamente però
nell’esistenza di piani e/o progetti di
lottizzazione convenzionati già approvati o
situazioni di diverso regime urbanistico
accertate da sentenze passate in giudicato
(in tal senso, ex plurimis, questa
Sezione 10/02/2009 n. 2418; idem
30/03/2010), ipotesi, queste non rinvenibili
nel caso di specie.
Con riferimento ai suindicati criteri
ermeneutici da tempo affermati da questo
Consesso parte appellante non può invocare
una sorte di diritto alla immutabilità della
classificazione urbanistica dell’area di sua
proprietà sulla scorta di una semplice
richiesta di edificazione, presentata
peraltro nell’imminenza dell’adottando Piano
Regolatore Comunale, che è del tutto
inidonea a configurare una posizione
qualificata rispetto ai nuovi intendimenti
dell’Amministrazione.
Ne deriva, allora, in linea generale, che la
preesistente destinazione urbanistica non
impedisce l’introduzione di previsioni di
segno diverso in virtù dell’esercizio di uno
jus variandi pacificamente
riconosciuto all’Amministrazione ed inoltre,
che la posizione dell’appellante assume un
contenuto di semplice aspettativa , senza
che perciò, possa configurarsi a carico
dell’Ente locale un onere di specifica
motivazione in ordine alla disposta
variazione urbanistica dell’area, ben
potendo soccorrere al riguardo l’esposizione
delle ragioni di carattere generale sottese
alle scelte di gestione del territorio
comunale (cfr. Ad. Pl. n. 24 del 22/12/1999) (Consiglio di Stato, Sez.
IV,
sentenza
16.02.2011 n. 1015 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il "dies a quo" per la
definizione del conguaglio dell'oblazione
dovuta in caso di condono edilizio non
coincide con la presentazione della domanda.
Esattamente il TAR, sia pure con una
laconica motivazione che necessita di essere
integrata, ha ritenuto che il termine per la
prescrizione dell’oblazione non potesse che
iniziare, nel caso di specie, dal momento
del completamento della documentazione
necessaria, vale a dire successivamente al
rilascio del nulla-osta paesaggistico,
peraltro avvenuto solo nel 1996 e quindi
oltre dieci anni dopo l’istanza del 1986.
Nell’invocare il 18° comma dell’art. 35
della L. n. 47/1985 e s.m.i, l’appellante
dimentica che, relativamente alle opere
eseguite su immobili sottoposti a vincolo
-per le quali è condizione essenziale il
parere favorevole delle amministrazioni
preposte alla tutela del vincolo stesso- il
seguente 19° co. del medesimo articolo 35
dispone espressamente che “Il termine di
cui al dodicesimo comma del presente
articolo decorre dall'emissione del parere
previsto dal primo comma dello stesso
articolo 32”.
La specifica disposizione, peraltro, si
ricollega al principio generale desumibile
dall'art. 2935 c.c., secondo il quale la
prescrizione non può decorrere se non dal
giorno in cui il diritto può essere fatto
valere (a sua volta espressione dell’antico
brocardo per cui “contra non valentem
agere non currit praescriptio”).
La decorrenza del termine di prescrizione
presuppone -tanto in favore della pubblica
amministrazione per l'eventuale conguaglio,
quanto in favore del privato per l'eventuale
rimborso- che la pratica di sanatoria
edilizia sia definita in tutti i suoi
aspetti e, per l'effetto, possano essere
precisamente determinabili, alla stregua dei
parametri stabiliti dalla legge, l'"an"
e il "quantum" dell'obbligazione
gravante sul privato.
Il "dies a quo" per la definizione
del conguaglio dell'oblazione dovuta in caso
di condono edilizio non può quindi che
decorrere dal momento in cui sono
esattamente noti tutti gli elementi utili
alla determinazione della sua entità; tale
momento, quindi, non può mai coincidere con
la presentazione della domanda, la quale nel
caso è sfornita della documentazione
richiesta ai fini della corretta e
definitiva determinazione dell'entità
dell'intervento assentito e quindi della
relativa sanzione (Consiglio di Stato, Sez.
IV,
sentenza 16.02.2011 n. 1012 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Lungo i tracciati delle linee
ferroviarie l’autorizzazione alla deroga
delle distanze minime deve considerare la
salvaguardia della pubblica incolumità.
La fascia di rispetto ferroviario di cui
all’art. 49 del D.P.R. 753/1980 rappresenta
un vincolo di inedificabilità relativa
–rientrante nella previsione dell’art. 32
della L. 47/1985– derogabile su parere
dell’autorità preposta alla sua osservanza
(TAR Emilia Romagna Bologna, sez. II –
04/08/2008 n. 3593; TAR Toscana, sez. III –
18/01/2010 n. 37).
Secondo la normativa di cui al D.P.R.
753/1980, lungo i tracciati delle linee
ferroviarie è vietato costruire, ricostruire
o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi
specie a distanza inferiore a metri 30 dal
limite della zona di occupazione della più
vicina rotaia, e la ratio di tale
previsione risiede nell’evidente esigenza di
tutelare il preminente interesse pubblico
alla sicurezza dell’esercizio ferroviario e,
ancor prima, alla salvaguardia della
pubblica incolumità: in proposito
l’autorizzazione alla deroga delle distanze
minime –presupposto necessario per il
rilascio del titolo abilitativo– costituisce
il risultato di una valutazione
discrezionale (demandata all’Ente preposto)
dei valori antagonisti, secondo il criterio
di prevalenza dell’interesse alla protezione
della pubblica incolumità (TAR Puglia Bari,
sez. II – 06/11/2009 n. 2634)
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 16.02.2011 n. 304 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
I regolamenti locali richiamati
dall'art. 873 del c.c. (come ad esempio i
piani regolatori) –i quali stabiliscono una
distanza maggiore di tre metri per le
costruzioni sui fondi finitimi–
attribuiscono a ciascun proprietario un
diritto soggettivo perfetto al rispetto
della maggiore distanza, il quale è
tutelabile, in caso di inosservanza, sia con
la riduzione in pristino sia con il
risarcimento del danno.
Si tratta di disposizioni integrative delle
norme del codice civile che hanno carattere
assoluto e non derogabile dai privati in
quanto volte a salvaguardare sia l’interesse
della collettività locale ad un migliore
assetto dell'agglomerato urbano sia
l’aspirazione dei singoli a fruire di un
distacco congruo dalle proprietà limitrofe:
esse dunque tendono a regolare i rapporti
tra residenti su fondi finitimi in modo equo
e fanno sorgere a favore del soggetto
danneggiato da una nuova costruzione il
diritto di chiedere la riduzione in pristino
ai sensi dell’art. 872 del c.c..
Secondo la
giurisprudenza i regolamenti locali
richiamati dall'art. 873 del c.c. (come ad
esempio i piani regolatori) –i quali
stabiliscono una distanza maggiore di tre
metri per le costruzioni sui fondi finitimi–
attribuiscono a ciascun proprietario un
diritto soggettivo perfetto al rispetto
della maggiore distanza, il quale è
tutelabile, in caso di inosservanza, sia con
la riduzione in pristino sia con il
risarcimento del danno (Corte di Cassazione,
sez. II civile – 06/12/1984 n. 6402; sez.
unite civili – 18/06/1985 n. 3659).
Si tratta di disposizioni integrative delle
norme del codice civile che hanno carattere
assoluto e non derogabile dai privati (Corte
di Cassazione, sez. II civile – 09/06/1999
n. 5666), in quanto volte a salvaguardare
sia l’interesse della collettività locale ad
un migliore assetto dell'agglomerato urbano
sia l’aspirazione dei singoli a fruire di un
distacco congruo dalle proprietà limitrofe:
esse dunque tendono a regolare i rapporti
tra residenti su fondi finitimi in modo equo
e fanno sorgere a favore del soggetto
danneggiato da una nuova costruzione il
diritto di chiedere la riduzione in pristino
ai sensi dell’art. 872 del c.c. (Corte di
Cassazione, sez. II civile – 10/04/2001 n.
10471).
E’ stato altresì rilevato che l’applicazione
della sanzione della riduzione in pristino,
richiesta dal vicino danneggiato dalla
costruzione realizzata a distanza non
legale, consegue ipso iure alla
violazione della norma, la quale non lascia
al giudice alcun margine di apprezzamento in
ordine ai pregiudizi prodotti dalla sua
inosservanza (Corte di Cassazione, sez. II
civile – 11/01/2006 n. 213)
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 16.02.2011 n. 304 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Deve riconoscersi
all'Amministrazione il potere di provvedere
all'annullamento dell'aggiudicazione
provvisoria in via implicita e senza obbligo
di particolare motivazione.
Non costituisce ostacolo al riconoscimento
della responsabilità pre-contrattuale
dell'ente la reiezione della domanda di
annullamento del provvedimento di revoca,
potendo, infatti, sempre ritenersi
configurabile siffatto genere di
responsabilità per la revoca della gara non
ancora conclusa, quando il fine pubblico
venga attuato attraverso un comportamento
obbiettivamente lesivo dei doveri di lealtà,
sicché anche dalla revoca legittima degli
atti di gara può scaturire l'obbligo di
risarcire il danno, nel caso di affidamento
suscitato nell'impresa.
L’aggiudicazione provvisoria è inidonea a
generare nella ditta provvisoriamente
aggiudicataria una posizione consolidata di
vantaggio, con la conseguenza che
sull'Amministrazione che intende esercitare
il potere di autotutela rispetto
all'aggiudicazione provvisoria incombe un
onere di motivazione fortemente attenuato,
circa le ragioni di interesse pubblico che
lo hanno determinato, essendo sufficiente
che sia reso palese il ragionamento seguito
per giungere alla determinazione negativa,
attraverso l'indicazione degli elementi
concreti ed obiettivi in base ai quali essa
si ritiene di non procedere
all'aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, sez.
IV, 31.05.2007 n. 2838; id., sez. V,
29.12.2009 n. 8966).
Ancora più nettamente, le ultime pronunce
del Giudice amministrativo di primo grado
sono nel senso che, pertanto, deve
riconoscersi all'Amministrazione il potere
di provvedere all'annullamento
dell'aggiudicazione provvisoria in via
implicita e senza obbligo di particolare
motivazione (TAR Sardegna Cagliari, sez. I,
11.11.2010, n. 2582; TAR Piemonte sez. I,
23.04.2010 n. 2085; TAR Lazio Roma, sez. II,
09.11.2009, n. 10991).
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E' consolidato in giurisprudenza
amministrativa l’orientamento per cui non
costituisce ostacolo al riconoscimento della
responsabilità pre-contrattuale dell'ente la
reiezione della domanda di annullamento del
provvedimento di revoca, potendo, infatti,
sempre ritenersi configurabile siffatto
genere di responsabilità per la revoca della
gara non ancora conclusa, quando il fine
pubblico venga attuato attraverso un
comportamento obbiettivamente lesivo dei
doveri di lealtà, sicché anche dalla revoca
legittima degli atti di gara può scaturire
l'obbligo di risarcire il danno, nel caso di
affidamento suscitato nell'impresa (in tal
senso: Cons. Stato, Ad. plen., 05.09.2005 n.
6; id., sez. V, 30.11.2007 n. 6137; id.,
sez. V, 08.10.2008, n. 4947; TAR Campania,
Napoli, sez. I, 08.02.2006 n. 1794; TAR
Lazio, sez. II-quater, 02.04.2010 n. 5621;
TAR Puglia Bari, sez. I, 14.09.2010, n.
3459) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 16.02.2011 n. 302 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla funzione del DURC in
materia di gare d'appalto.
Il DURC ha la funzione di attestare il
regolare pagamento dei debiti previdenziali
da parte delle imprese e sotto questo
profilo è qualificabile come un "certificato",
che attesta l'esistenza di determinati
requisiti in capo al suo titolare fino a
dimostrazione di falso. Il DURC è quindi un
documento fidefacente delle cui risultanze
la stazione appaltante non può che prendere
atto senza dovere, né potere, effettuare un
proprio sindacato.
Lo strumento per contestare le risultanze
contenute nel DURC, come per tutti i
documenti fidefacenti, è la querela di
falso. Il decreto del Ministro del Lavoro e
della Previdenza Sociale 24.10.2007
regolamenta analiticamente la procedura di
rilascio del DURC prevedendo anche, all'art.
8, c. 3, le condizioni al verificarsi delle
quali deve ritenersi "grave", ai fini
della partecipazione alle gare di appalto,
lo scostamento tra le somme dovute e quelle
versate.
Questo conferma che la stazione appaltante
non ha alcun potere di apprezzare e valutare
le risultanze del documento (TAR Toscana,
Sez. I,
sentenza 14.02.2011 n. 313 - link
a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO -
Potere regolamentare comunale - Introduzione
di limiti generalizzati di esposizione a
campi magnetici diversi da quelli previsti
dallo Stato - Illegittimità.
Il potere regolamentare comunale non può
spingersi fino al punto di introdurre limiti
generalizzati di esposizione ai campi
magnetici diversi da quelli previsti dallo
Stato, ovvero di costituire deroghe
pressoché generalizzate rispetto a tali
limiti statali per il tramite di
generalizzate interdizioni localizzative,
essendo al più consentita l'individuazione
di specifiche e diverse misure
precauzionali, la cui idoneità al fine della
"minimizzazione" emerga dallo
svolgimento di compiuti ed approfonditi
rilievi istruttori sulla base di risultanze
di carattere scientifico (così, fra le
altre, Cons. Stato, sez. VI, 16.12.2009, n.
8103).
INQUINAMENTO
ELETTROMAGNETICO - Impianti di
telecomunicazione - Assimilazione alle opere
di urbanizzazione primaria - Art. 86 d.lgs.
n. 259/2003.
L’art. 86 del D.Lgs. n. 259/2003 ha
assimilato gli impianti di telecomunicazione
alle opere di urbanizzazione primaria, come
tali compatibili con ogni destinazione di
zona prevista dalla pianificazione
urbanistica (TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 14.02.2011 n. 299 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Nel procedimento di rilascio dei
titoli edilizi, in caso di opere che vadano
ad incidere sul diritto di altri
proprietari, l’Ente è legittimato a esigere
il consenso degli stessi.
Per la costante giurisprudenza di
legittimità, il Comune, nel procedimento di
rilascio dei titoli edilizi, ha il potere ed
il dovere di verificare l'esistenza in capo
al richiedente di tutti i presupposti per la
loro emanazione: in caso di opere che vadano
ad incidere sul diritto di altri
proprietari, è legittimo da parte dell’ente,
esigere il consenso degli stessi (Cons. St.,
sez. V, 21.10.2003 n. 6529; Cons. St., sez.
IV, 26.01.2009, n. 437).
Anche nelle ipotesi di autorizzazioni in
sanatoria, il Comune è tenuto a pretendere
la produzione della dichiarazione di assenso
del terzo pregiudicato in ragione del suo
interesse contrario alla sanatoria delle
opere stesse che potrebbero risolversi in
danno dello stesso, al solo fine di
accertare il requisito della legittimazione
del richiedente alla sanatoria e non per
risolvere i conflitti di interesse tra le
parti private in ordine all'assetto
proprietario degli immobili interessati (TAR
Abruzzo Pescara, sez. I, 06.06.2009, n. 401;
Tar Puglia, Lecce, sez. III, 18.12.2007, n.
4286) (TAR Umbria,
sentenza 14.02.2011 n. 48 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La potestà del Comune di
regolamentare gli impianti di telefonia
mobile non può trasformarsi in
ingiustificate limitazioni alla
localizzazione.
Occorre rammentare come la giurisprudenza
amministrativa sia ferma nel ritenere che
l'installazione di impianti di
telecomunicazione deve ritenersi in generale
consentita sull'intero territorio comunale
in modo da poter realizzare un'uniforme
copertura di tutta l'area comunale
interessata (cfr., ex multis, C.d.S.,
Sez. VI, 28.03.2007, n. 1431).
Precipitato di tale principio è poi quello
per cui non può essere imposta, mediante
regolamento comunale edilizio, l'osservanza
di determinate distanze dagli edifici
esistenti ed ugualmente, ed anzi a maggior
ragione, non si può pretendere di
localizzare gli impianti ad una determinata
distanza dal confine di proprietà,
trattandosi di previsione che appare priva
di giustificazione alcuna e rappresenta solo
un indebito impedimento nella realizzazione
di una rete completa di telecomunicazioni
(in termini, C.d.S., Sez. VI, 25.06.2007, n.
3536, C.d.S., Sez. VI, 06.09.2010, n. 6473).
Più nello specifico, la potestà assegnata al
Comune dall'art. 8, comma 6, della legge
22.02.2001 n. 36 (legge quadro sulla
protezione dalle esposizioni a campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici) di
regolamentare "il corretto insediamento
urbanistico e territoriale degli impianti e
di minimizzare l'esposizione della
popolazione ai campi radioelettrici" non
può trasformarsi in "limitazioni alla
localizzazione" degli impianti di
telefonia mobile per intere ed estese
porzioni del territorio comunale in assenza
di una plausibile ragione giustificativa
(C.d.S., Sez. III, 03.03.2010, n. 4280) (TAR Campania-Napoli,
Sez. VII,
sentenza 11.02.2011 n. 911 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La precarietà di una costruzione
è desunta dal fatto che appaia destinata a
soddisfare una necessità contingente ed
essere poi prontamente rimossa.
Per costante giurisprudenza di questa
Sezione, la pavimentazione di aree verdi
[opere di cui alle lett. c) e g)], esige il
permesso di costruire, perché comporta
l’irreversibile trasformazione del
territorio; quanto alle opere di cui alle
lett. f) (realizzazione di un locale tecnico
delimitato per tre lati da muratura, un
quarto lato chiuso da infisso, la copertura
è costituita da una soletta in cls. con
sovrastante tegole in cotto, avente
superficie coperta di mq 2,50 circa, ed una
volumetria di mc. 5,90 circa), e h) (box in
legno, a copertura a due falde inclinate,
avente superficie coperta di mq 3,30 circa,
ed una volumetria di mc. 6,60 circa),
comportano nuovi organismi edilizi, con
aumento di volumetria. Né è dimostrato che
il viale di cui alla lett. c) e l’area di
cui alla lett. g) fossero già pavimentate in
precedenza.
Quanto al box di legno, la precarietà resta
anch’essa indimostrata; in ogni caso, per
costante giurisprudenza, la precarietà di
una costruzione non va desunta dalla
possibile facile e rapida amovibilità
dell’opera, ovvero dal tipo più o meno fisso
del suo ancoraggio al suolo, ma dal fatto
che la costruzione appaia destinata a
soddisfare una necessità contingente ed
essere poi prontamente rimossa, a nulla
rilevando la circostanza che l’impiego
dell'opera sia circoscritto ad una sola
parte dell’anno, ben potendo la stessa
essere destinata a soddisfare un bisogno non
provvisorio ma regolarmente ripetibile; la
precarietà, quindi, non va confusa con la
stagionalità (tra le tante, Tar Puglia,
Bari, II, n. 2031/2009) (TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 11.02.2011 n. 896 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La natura interamente vincolata
del provvedimento di demolizione esclude la
necessaria ponderazione di interessi diversi
da quelli pubblici tutelati e non richiede
motivazione ulteriore rispetto alla
dichiarata abusività
Secondo la
giurisprudenza (TAR Campania Napoli, Sez. VI,
05.04.2005, n. 3312 Cons. Stato, Sez. IV,
27.04.2004, n. 2529) la natura interamente
vincolata del provvedimento di demolizione
esclude la necessaria ponderazione di
interessi diversi da quelli pubblici
tutelati e non richiede motivazione
ulteriore rispetto alla dichiarata abusività (TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 11.02.2011 n. 896 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
L’art. 3 della legge n. 241/1990
consente l’uso della motivazione per
relationem con riferimento ad altri atti
dell’Amministrazione, che devono essere
comunque indicati e resi disponibili, fermo
restando che questa disponibilità dell’atto
va intesa nel senso che all’interessato deve
essere consentito di prenderne visione, di
richiederne ed ottenerne copia in base alla
normativa sul diritto di accesso ai
documenti amministrativi e di chiederne la
produzione in giudizio, sicché non sussiste
l’obbligo dell’Amministrazione di notificare
all’interessato tutti gli atti richiamati
nel provvedimento, ma soltanto l’obbligo di
indicarne gli estremi e di metterli a
disposizione su richiesta dell’interessato.
L’art. 3 della legge n. 241/1990
consente l’uso della motivazione per
relationem con riferimento ad altri atti
dell’Amministrazione, che devono essere
comunque indicati e resi disponibili, fermo
restando che questa disponibilità dell’atto
va intesa nel senso che all’interessato deve
essere consentito di prenderne visione, di
richiederne ed ottenerne copia in base alla
normativa sul diritto di accesso ai
documenti amministrativi e di chiederne la
produzione in giudizio, sicché non sussiste
l’obbligo dell’Amministrazione di notificare
all’interessato tutti gli atti richiamati
nel provvedimento, ma soltanto l’obbligo di
indicarne gli estremi e di metterli a
disposizione su richiesta dell’interessato (ex
multis, TAR Campania, Napoli, Sez. IV,
18.05.2005, n. 6500; 18.01.2005, n. 178) (TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 11.02.2011 n. 896 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ai Comuni non spetta
disciplinare, nei loro regolamenti,
l'installazione degli impianti di telefonia
mobile con limitazioni o divieti
generalizzati e tali da non consentire una
diffusa localizzazione sul territorio del
servizio pubblico relativo, e ciò
specificamente quando tale potere sia
palesemente rivolto a tutelare aspetti
collegati con la salute umana, dal momento
che siffatte esigenze sono valutate dagli
organi statali a ciò deputati; mentre al
Comune è consentito solo regolamentare “il
corretto insediamento urbanistico e
territoriale degli impianti” e, dettare
prescrizioni volte a “minimizzare
l'esposizione della popolazione ai campi
elettromagnetici”.
Risulta illegittima la prescrizione posta
dall’ultimo periodo dell’art. 5 del
Regolamento comunale per l’installazione e
l’esercizio degli impianti di
telecomunicazioni, che recita: “Si
stabilisce, inoltre, che nella fascia di mt.
100 dai confini comunali non è consentita
l’installazione degli impianti su indicati,
salvo acquisizione preventiva del parere
favorevole del Comune limitrofo interessato”;
ed in virtù della quale è stato chiesto (e
poi reso) il parere di cui si discute.
Invero, come ripetutamente statuito dalla
giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. di
Stato sez. III, parere n. 4280 del
03.03.2010; Cons. di Stato sez. VI, n. 4056
del 19.06.2009; Cons. di Stato sez. VI, n.
3735 del 21.06.2006; Cons. di Stato sez. IV,
n. 450 del 14.02.2005; TAR Trentino Alto
Adige n. 160 dell’11.06.2010; TAR
Campania-Napoli n. 1721 del 03.04.2009; TAR
Campania-Napoli n. 3524 del 07.05.2008; TAR
Toscana n. 2686 del 19.09.2007), ai Comuni
non spetta disciplinare, nei loro
regolamenti, l'installazione degli impianti
di telefonia mobile con limitazioni o
divieti generalizzati e tali da non
consentire una diffusa localizzazione sul
territorio del servizio pubblico relativo, e
ciò specificamente quando tale potere sia
palesemente rivolto a tutelare aspetti
collegati con la salute umana, dal momento
che siffatte esigenze sono valutate dagli
organi statali a ciò deputati; mentre al
Comune è consentito solo (ai sensi dell’art.
8, co. 6, L. 35/2001) regolamentare “il
corretto insediamento urbanistico e
territoriale degli impianti” e, dettare
prescrizioni volte a “minimizzare
l'esposizione della popolazione ai campi
elettromagnetici”: ma appunto con la
prescrizione regolamentare in esame risulta
posto un divieto generalizzato di
installazione delle strutture di telefonia
mobile (nonostante la loro compatibilità con
tutte le zone omogenee comunali, stante la
loro assimilazione, ai sensi dell’art. 86
Decr. Leg.vo 259/2003, alle opere di
urbanizzazione primaria), che, in assenza di
una chiara e diversa ragione giustificativa,
risulta palesemente volto alla tutela della
salute umana, come del resto dimostrato
dalla sua rimovibilità a seguito di un
eventuale parere favorevole del Comune
limitrofo, a sua volta suscettibile di
fondarsi esclusivamente su ragioni sanitarie
(come meglio si dirà più avanti, infatti non
è ipotizzabile l’effettuazione, in tale
contesto, di valutazioni di natura
urbanistica, stante la riferibilità
dell’installazione al territorio di un
diverso Comune) (TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 11.02.2011 n. 893 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
BENI CULTURALI - Qualità dei
materiali utilizzati e caratteristiche
esteriori del manufatto - Pregiudizio per i
valori estetici protetti - Motivazione
succinta incentrata sulle caratteristiche
costruttive che impediscono il corretto
inserimento nell’area tutelata -
Legittimità.
Elementi come la qualità dei materiali
utilizzati, la conformazione del manufatto e
le sue caratteristiche esteriori ben possono
costituire, anche secondo la comune
esperienza, fattori di obiettivo pregiudizio
per i valori estetici protetti; tali
connotazioni accomunano una vasta gamma di
interventi abusivi, sicché non rileva che la
motivazione addotta dall’Autorità preposta
alla tutela del vincolo si presenti
pressoché identica per un gran numero di
casi (TAR Toscana, III, 26/02/2002, n. 420;
idem, 18/01/2010, n. 43).
Del resto la giurisprudenza ha ribadito la
legittimità della motivazione succinta
incentrata su caratteristiche della
costruzione che ne impediscono il corretto
inserimento nella zona (TAR Toscana, III,
27/11/2006, n. 6052).
BENI CULTURALI -
Autorizzazione paesaggistica - Diniego -
Mancata indicazione delle prescrizioni
idonee a rendere l’intervento compatibile
con il vincolo - Illegittimità - Esclusione.
L’amministrazione non è tenuta a dettare o
suggerire prescrizioni idonee a rendere
l’intervento coerente con i valori
paesaggistici, con la conseguenza che la
mancata valutazione circa la possibilità di
opere di adeguamento o modifica della
costruzione abusiva non inficia la validità
del diniego.
La particolare pregnanza dell’interesse
pubblico sotteso all’istituzione del vincolo
de quo, costituzionalmente rilevante
(art. 9, comma 2, della Costituzione),
giustifica del resto un approccio rigoroso
dell’Ente alle pratiche edilizie, anche in
relazione a manufatti di non ampie
dimensioni (TAR Toscana, III, 18/01/2010, n.
43) (TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 11.02.2011 n. 271 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Non va esclusa la necessità di
strumenti attuativi per il rilascio di
concessioni in zone già urbanizzate quando
la situazione esiga un nuovo intervento.
Con specifico riferimento alle problematiche
sull’adeguatezza delle opere di
urbanizzazione, la giurisprudenza
pacificamente ritiene che la concessione
diretta può essere rilasciata solo ove
esistano tutte le opere di urbanizzazione
previste dalla legge e non sussistano
esigenze di completamento o integrazione
delle urbanizzazioni esistenti.
In particolare “il principio secondo cui
va esclusa la necessità di strumenti
attuativi per il rilascio di concessioni in
zone già urbanizzate è applicabile solo nei
casi nei quali la situazione di fatto, in
presenza di una pressoché completa
edificazione della zona, sia addirittura
incompatibile con un piano attuativo (ad es.
il lotto residuale ed intercluso in area
completamente urbanizzata), ma non anche
all'ipotesi in cui per effetto di una
edificazione disomogenea ci si trovi di
fronte ad una situazione che esige un
intervento idoneo a restituire efficienza
all'abitato, riordinando e talora definendo
"ex novo" un disegno urbanistico di
completamento della zona, ad esempio debba
essere completato il sistema della viabilità
secondaria nella zona o quando debba essere
integrata l'urbanizzazione esistente
garantendo il rispetto degli standards
minimi per spazi e servizi pubblici e le
condizioni per l'armonico collegamento con
le zone contigue, già asservite
all'edificazione” (cfr. Consiglio Stato,
sez. IV, 15/05/2002, n. 2592).
E ancora, “l'esigenza di un piano di
lottizzazione, quale presupposto per il
rilascio della concessione edilizia,
s'impone anche al fine di un armonico
raccordo con il preesistente aggregato
abitativo, allo scopo di potenziare le opere
di urbanizzazione già esistenti e, quindi,
anche alla più limitata funzione di
armonizzare aree già compromesse ed
urbanizzate, che richiedono una necessaria
pianificazione della «maglia», e perciò
anche in caso di lotto intercluso o di altri
casi analoghi di zona già edificata e
urbanizzata” ( cfr. Consiglio Stato,
sez. IV, 01/10/2007, n. 5043) (TAR Sardegna,
Sez. II ,
sentenza 10.02.2011 n. 117
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L’intervento di sostituzione
della struttura metallica di una veranda con
nuovi materiali non comporta la
realizzazione di un nuovo manufatto.
Quanto alla contestata “sostituzione
della intelaiatura in ferro e vetri, in
alluminio verniciato”, deve infatti
ritenersi –proprio alla stregua della
descrizione delle opere effettuate- che tale
intervento non abbia mutato le
caratteristiche costruttive della struttura,
né abbia condotto alla realizzazione di un
manufatto del tutto nuovo per consistenza e
materiali utilizzati (cfr. TAR Lazio, sez.
II-ter, 12.02.2004, n. 1394 e, più
recentemente, 02.11.2010, n. 33108, proprio
con riferimento ad un intervento di
sostituzione della struttura metallica di
una veranda con nuovi materiali; a
contrariis, Cons. St., sez. VI,
09.09.2005, n. 4668).
Si tratta infatti di lavori diretti alla
mera sostituzione o rinnovo di parti
dell'edificio, che non comportano alcuna
alterazione di volumi o di superfici e
nemmeno alcun mutamento della destinazione
dell’unità immobiliare (Cons. St., sez. IV,
22.03.2007, n. 1388; sez. V, 06.02.2003, n.
61) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter,
sentenza 09.02.2011 n. 1283 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L’istanza di condono successiva
all'impugnazione dell'ordinanza di
demolizione rende inefficace il
provvedimento.
Per giurisprudenza consolidata della sezione
in materia, da un lato, quanto alla
sospensione dei lavori, “È manifestamente
improcedibile, per sopravvenuta carenza di
interesse, l'impugnazione giurisdizionale di
un'ordinanza sindacale di sospensione dei
lavori abusivi, divenuta inefficace nel
corso del giudizio per decorso del termine
di 45 giorni previsto dall'art. 4, comma 4,
l. 28.02.1985 n. 47” (TAR Lazio, Roma,
sez. II, 11.09.2009, n. 8644), e,
dall’altro, quanto all’ordinanza di
demolizione, “La presentazione
dell'istanza di condono successivamente
all'impugnazione dell'ordinanza di
demolizione - o alla notifica del
provvedimento di irrogazione delle altre
sanzioni per gli abusi edilizi - produce
l'effetto di rendere inefficace tale
provvedimento e, quindi, improcedibile
l'impugnazione stessa, per sopravvenuta
carenza di interesse, in quanto il riesame
dell'abusività dell'opera sia pure al fine
di verificarne l'eventuale sanabilità,
provocato da detta istanza, comporta la
necessaria formazione di un nuovo
provvedimento (di accoglimento o di
rigetto), che vale comunque a superare il
provvedimento sanzionatorio oggetto
dell'impugnativa” (TAR Lazio, Roma, sez.
II, 02.11.2010, n. 33098) (TAR Lazio-Roma,
Sez. II-ter,
sentenza 09.02.2011 n. 1282 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La possibilità di stabilire
limitazioni e divieti all'installazione di
impianti pubblicitari non compromette la
tutela costituzionale della libera
iniziativa privata.
Alla stregua di un indirizzo interpretativo
già espresso dal Consiglio di Stato e al
quale il Collegio ritiene di aderire, ai
sensi dell'art. 3, commi 2 e 3, del d.lgs.
15.11.1993 n. 507, ogni Comune è tenuto ad
adottare un regolamento per l'applicazione
dell'imposta, che disciplini le modalità di
effettuazione della pubblicità, con la
possibilità di stabilire limitazioni e
divieti per particolari forme pubblicitarie
in relazione ad esigenze di pubblico
interesse, e in ogni caso determini la
tipologia e la quantità degli impianti
pubblicitari, le modalità per ottenere il
provvedimento per l'installazione e i
criteri per la realizzazione del piano
generale degli impianti.
Pertanto, l'installazione di impianti
pubblicitari è un'attività economica
contingentata, stante la limitatezza degli
spazi a ciò destinati, senza che in ciò
possa ravvisarsi compromissione della tutela
costituzionale della libera iniziativa
privata, giacché lo stesso art. 41 cost.
ammette la possibilità di limitare tale
libertà onde contemperarla con l'utilità
sociale (Cons. Stato, sez. V, 29.04.2009, n.
2723) (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 09.02.2011 n. 894 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Nessuna norma obbliga gli enti
locali a preferire la modalità
dell'affidamento all'esterno rispetto a
quella della gestione diretta, sempre che il
servizio pubblico sia privo di rilevanza
economica.
Nessuna norma obbliga gli enti locali a
preferire la modalità dell'affidamento
all'esterno rispetto a quella della gestione
diretta, sempre che il servizio pubblico sia
privo di rilevanza economica.
Pertanto, nel caso di specie, considerati i
ridotti margini di profitto indicati dalla
stessa ricorrente (contenuti nell'ordine di
circa 7.000 euro) - non può dubitarsi che il
servizio pubblico locale oggetto della
deliberazione impugnata sia privo di
rilevanza economica.
Sicché, tenuto conto delle caratteristiche
del servizio e delle sue modeste dimensioni,
deve ritenersi che il consiglio comunale, ai
sensi dell'art. 113-bis del Tuel, avesse il
potere di preferire la formula della
gestione diretta rispetto a quella
dell'affidamento a soggetti esterni
all'amministrazione. In effetti, in un
comune, come quello di specie, di non
eccessiva grandezza, il servizio di
illuminazione votiva cimiteriale richiede,
di regola, l'impegno periodico di una
persona (o al massimo due) e una spesa annua
non rilevante.
In un tale contesto, oltre tutto, il
procedimento di indizione di una gara
pubblica finirebbe per comportare un costo,
in termini di impiego di risorse umane e
strumentali, ben maggiore rispetto a quello
conseguente alla gestione diretta del
servizio (TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter,
sentenza 04.02.2011 n. 1077 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
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