e-mail
info.ptpl@tiscali.it

APPALTI
CONVEGNI
FORUM
G.U.R.I. - G.U.U.E. - B.U.R.L.
LINK
NEWS PUBBLICATE:
1-aggiornam. pregressi
2-Corte dei Conti
3-
dottrina e contributi
4-funzione pubblica
5-giurisprudenza
6-modulistica
7-news
8-normativa
9-note, circolari e comunicati
10-quesiti & pareri
11-utilità
- - -
DOSSIER
:
12-
A.V.C.P.
13-
ABUSI EDILIZI
14-
AFFIDAMENTO IN HOUSE
15-APPALTI
16-A.S.L. + A.R.P.A.
17-ATTI AMMINISTRATIVI
18-BOX
19-CARTELLI STRADALI
20-CERIFICAZIONE ENERGETICA e F.E.R.
21
-COMPETENZE GESTIONALI
22
-COMPETENZE PROFESSIONALI - PROGETTUALI
23-CONSIGLIERI COMUNALI
24-CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE
25-DEFINIZIONI INTERVENTI EDILIZI
26-D.I.A. e S.C.I.A.
27-D.I.A.P.
28-DISTANZE CONFINI
29-DISTANZE PARETI FINESTRATE
30-D.U.R.C.
31-ESPROPRIAZIONE
32-INCARICHI PROFESSIONALI E PROGETTUALI
33-INCENTIVO PROGETTAZIONE
34-L.R. 12/2005
35-L.R. 23/1997
36-LEGGE CASA LOMBARDIA
37-OPERE PRECARIE
38-
PERTINENZE EDILIZIE ED URBANISTICHE
39-PIANI PIANIFICATORI ED ATTUATIVI
40-PROROGA P.d.C.
41-PUBBLICO IMPIEGO
42-RIFIUTI E BONIFICHE
43-
RINNOVO/PROROGA CONTRATTI
44-RUDERI
45-
RUMORE
46-SAGOMA EDIFICIO
47-SANATORIA GIURISPRUDENZIALE
48-SCOMPUTO OO.UU.
49-SIC-ZPS - VAS - VIA
50-SICUREZZA SUL LAVORO
51
-
SINDACATI
52-SOTTOTETTI
53-S.U.A.P.
54-
TELEFONIA MOBILE
55-VINCOLO CIMITERIALE
56-VINCOLO PAESAGGISTICO ED ESAME IMPATTO PAESISTICO
57-VINCOLO STRADALE
58-VOLUMI TECNICI

NORMATIVA:
dt.finanze.it
entilocali.leggiditalia.it

leggiditaliaprofessionale.it

simone.it

SITI REGIONALI
STAMPA
 
C.A.P.
Codice Avviamento Postale

link 1 - link 2
COSTO DI COSTRUZIONE
(ag
g. indice istat):

link 1 - link 2
DIZIONARI
indici ISTAT:
link 1 - link 2
link 3
MAPPE CITTA':
link 1 - link 2 - link 3
link 4 - link 5
METEO
1 - PAGINE bianche
2 - PAGINE gialle
PREZZI:
osservatorio prezzi e tariffe

prodotti petroliferi
link 1
- link 2
 
 

AGGIORNAMENTI PREGRESSI mese di OTTOBRE 2010

Alcuni files sono in formato Acrobat (pdf): se non riesci a leggerli, scarica gratuitamente il programma Acrobat Reader (clicca sull'icona a fianco riportata).  -      segnala un errore nei links

aggiornamento al 25.10.2010

aggiornamento al 19.10.2010

aggiornamento al 18.10.2010

aggiornamento al 12.10.2010

aggiornamento all'08.10.2010

aggiornamento al 06.10.2010

aggiornamento al 04.10.2010

aggiornamento all'01.10.2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AGGIORNAMENTO AL 25.10.2010

ã

QUESITI & PARERI

EDILIZIA PRIVATALombardia, chiariti i termini di applicazione dell'art. 3 della L. n. 47/1985 (oggi art. 42 D.P.R. n. 380/2001) in materia di sanzioni per mancato o ritardato versamento degli oo.uu. e del costo di costruzione (Regione Lombardia, nota 21.10.1992 n. 42387 di prot.).
---------------
Il quesito e relativa risposta, ancorché datati, risultano ancora oggi attuali e non in contrasto con la vigente normativa in materia, tenuto conto che -ancora oggi- non tutte le amministrazioni comunali lombarde si comportano uniformemente con ripercussioni negative nei confronti dei Cittadini.
25.10.2010 - LA SEGRETERIA PTPL

SINDACATI

PUBBLICO IMPIEGO: Il foglio dei lavoratori della Funzione Pubblica (CGIL-FP di Bergamo, ottobre 2010).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

ENTI LOCALI - VARI: B.U.R. Lombardia, 3° suppl. ord. al n. 42 del 21.10.2010, "Elenco regionale delle aziende biologiche aggiornato al 31.12.2009 – L.r. 05.12.2008 n. 31, art. 9, comma 4" (decreto D.S. 28.09.2010 n. 9150 - link a www.infopoint.it).

LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 42 del 21.10.2010, "Regolamento di attuazione dell’albo regionale del volontariato di protezione civile (ai sensi dell’art. 9-ter della legge regionale 22.05.2004, n. 16, «Testo unico delle disposizioni regionali in materia di protezione civile»)" (Regolamento Regionale 18.10.2010 n. 9 - link a www.infopoint.it).

UTILITA'

EDILIZIA PRIVATA: Isolamento acustico degli edifici: il punto della situazione.
La Legge 96/2010, Legge Comunitaria 2009, con la modifica dell'art. 11 della Comunitaria 2008 aveva previsto l'adozione entro il 29/07/2010, da parte del Governo, di decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di inquinamento acustico.
In tale ambito sono comprese la riforma dei requisiti acustici passivi degli edifici, attualmente regolati dal D.P.C.M. 05/12/1997, e la definizione dei criteri per la progettazione esecuzione e ristrutturazione degli edifici.
La delega al governo per l'adozione dei provvedimenti suddetti è scaduta ormai da mesi.
Qual è la situazione attuale?
È opportuno ribadire che il D.P.C.M. 05/12/1997 è tuttora vigente e, pur non trovando applicazione nei rapporti tra privati, continua ad avere effetto nei confronti della Pubblica Amministrazione, che può quindi chiederne la verifica.
Il DPCM 05.12.1997 non è infatti stato abrogato da alcun provvedimento; i Comuni pertanto devono richiedere la certificazione del rispetto dei limiti di legge al titolare del permesso di costruire.
Se dovesse persistere lo stato attuale potrebbe aprirsi un nuovo scenario per i risarcimenti: gli acquirenti di immobili "rumorosi", non potendo rivalersi sui costruttori (per effetto della citata sospensione), potrebbero cercare di ottenere il risarcimento dall'ente pubblico "colpevole" di aver omesso il controllo (se non ha provveduto a verificare il rispetto dei requisiti acustici).
Il 22.07.2010 è stata inoltre pubblicata la norma Uni 11367 "Acustica in edilizia - Classificazione acustica delle unità immobiliari - Procedura di valutazione e verifica in opera", che non ha comportato il ritiro o la modifica delle norme UNI 12354 (utilizzate per la valutazione in fase di progetto dei requisiti acustici degli edifici).
La nuova norma UNI 11367, che dovrebbe essere recepita dai regolamenti attesi, è attualmente un documento volontario. I nuovi valori limite definiti nella norma ad oggi non hanno valore di legge non essendo richiamati in alcun documento legislativo (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: Planimetrie catastali, dal 20.10.2010 è attivo il servizio di consultazione online.
I tecnici potranno accedere in via telematica alle planimetrie catastali.
Dal giorno 20.10.2010, infatti, è attivo il servizio di consultazione telematica delle planimetrie catastali da parte dei soggetti abilitati alla presentazione telematica degli atti di aggiornamento catastale.
Lo ha comunicato il direttore dell'Agenzia del Territorio, Gabriella Alemanno, con una nota pubblicata sul sito dell'Agenzia.
Sono consultabili online tutte le planimetrie catastali delle unità iscritte al Catasto dei fabbricati, ad eccezione di quelle relative agli immobili censiti nelle categorie B/3 (prigioni e riformatori), D/5 (istituti di credito, cambio ed assicurazione), E/5 (fabbricati costituenti fortificazioni e loro dipendenze).
Le regole e le condizioni per fruire del servizio sono contenute nel Provvedimento 16.09.2010 dell'Agenzia del Territorio.
L'accesso al sistema telematico (SISTER) per la consultazione delle planimetrie catastali è consentito ai tecnici iscritti agli albi professionali degli architetti, dei geometri, degli ingegneri, dei dottori agronomi, dei periti edili e agrari, degli agrotecnici, ai notai e ai segretari o delegati delle pubblica amministrazioni abilitati all'utilizzo delle procedure telematiche.
I documenti acquisiti possono essere utilizzati solo per i fini consentiti dalla normativa nel rispetto di quanto previsto in materia di riutilizzazione commerciale e di protezione dei dati personali.
L'Agenzia può sospendere il servizio in caso di inadempimento (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: La sicurezza nella manutenzione delle coperture.
La Regione Toscana si è dotata, con il Decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 62/R pubblicato sul BURT n. 43 del 30.11.2005, di un Regolamento concernente le "misure preventive e protettive per l'accesso, il transito e l'esecuzione dei lavori in quota in condizioni di sicurezza".
Tale Regolamento prevede, all'art. 5, la predisposizione dell'Elaborato tecnico della copertura che si compone dei seguenti elementi: ... (link a www.acca.it).

SICUREZZA LAVORO: Quarta raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro.
L'ISPESL ha realizzato e reso disponibile un raccolta di pubblicazioni sul tema della sicurezza nei luoghi di lavoro.
La pubblicazione, giunta alla quarta edizione è la "RACCOLTA DI CONTRIBUTI TECNICI, NORMATIVI E DI ATTUALITÀ SULLA SALUTE E SICUREZZA DEL LAVORO".
All'interno del volume, aggiornato a Maggio 2010, trovano spazio le seguenti pubblicazioni: ... (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il C.S.L.P. approva le modifiche alle "Linee Guida per la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale".
Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha approvato le modifiche alle linee guida per la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale.
Con il Parere 92/2010 del 23 luglio scorso, infatti, il C.S.L.P. si è espresso positivamente formulando osservazioni, prescrizioni e raccomandazioni sullo schema di "Direttiva per l'allineamento delle Linee Guida per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale alle nuove Norme Tecniche sulle Costruzioni del 2008 e alla Circolare n. 617/2009".
La Direttiva, con indicazioni metodologiche ed operative, costituisce un valido supporto per la valutazione del rischio sismico del patrimonio culturale tutelato in muratura portante e per la scelta delle più opportune azioni per la riduzione di questo stesso rischio, a seguito dell'adozione delle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008 e della Circolare n. 617/2009.
Le "Linee Guida", ad opera del Dipartimento della Protezione Civile e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, sono state elaborate con l'intento di specificare un percorso di conoscenza, valutazione della sicurezza sismica e progetto degli eventuali interventi, concettualmente analogo a quello previsto per le costruzioni non tutelate, ma opportunamente adattato alle esigenze e peculiarità del patrimonio culturale; formulare, nel modo più oggettivo possibile, il giudizio finale sulla sicurezza e sulla conservazione garantite dall'intervento di miglioramento sismico.
Le Linee Guida forniscono indicazioni per definire l'azione sismica, in relazione alla pericolosità del sito ed alla destinazione d'uso del manufatto, e la capacità della struttura, attraverso una corretta conoscenza e modellazione del manufatto (link a www.acca.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: SCIA in edilizia: l'Approfondimento dell'ANCE.
L'articolo 49, comma 4-bis del D.L. 78/2010, convertito dalla L. 122/2010, ha introdotto la "segnalazione certificata di inizio attività (SCIA)", sostituendo integralmente la disciplina della dichiarazione di inizio attività contenuta nel previgente articolo 19 della legge 07.08.1990 n. 241.
I primi chiarimenti del Governo sulla Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) sono giunti attraverso una nota dell'Ufficio legislativo del ministero della Semplificazione, di concerto con i ministeri della Pubblica Amministrazione, delle Infrastrutture e dell'Economia, che ritiene applicabile la disciplina della SCIA alla materia edilizia.
Considerati i riflessi per il settore delle costruzioni, l'Ance (Associazione Nazionale dei Costruttori Edili) ha ritenuto opportuno analizzare, con una nota di approfondimento, i principali effetti derivanti dall'applicazione del nuovo istituto all'attività edilizia, anche alla luce dei recenti chiarimenti forniti dal ministero della semplificazione normativa (link a www.acca.it).

APPALTI SERVIZI: G. Guzzo, LE NUOVE REGOLE DEI SPL (Servizi Pubblici Locali) ALLA LUCE DELLA DISCIPLINA ATTUATIVA INTRODOTTA DAL D.P.R. N. 168/2010 (link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: M. Alesio, Le procedure negoziate e la “Lex Specialis” di gara: natura, tipologie e problematiche (3° modulo - marzo 2010) (link a http://doc.sspal.it).

APPALTI: M. Alesio, Le procedure negoziate e la “Lex Specialis” di gara: natura, tipologie e problematiche (2° modulo - febbraio 2010) (link a http://doc.sspal.it).

APPALTI: M. Alesio, Le procedure negoziate e la “Lex Specialis” di gara: natura, tipologie e problematiche (1° modulo - febbraio 2010) (link a http://doc.sspal.it).

APPALTI: C. Buonauro, La nomina della commissione di gara nelle procedure ad evidenza pubblica (luglio 2009) (link a http://doc.sspal.it).

INCARICHI PROGETTAZIONE: C. Buonauro, I rischi della semplificazione nella nuova normativa sugli appalti pubblici: la procedura di affidamento degli incarichi di progettazione di ultima soglia (luglio 2009) (link a http://doc.sspal.it).

NEWS

PUBBLICO IMPIEGO: Il collegato lavoro articolo per articolo.
La Camera dei deputati ha approvato il 19.10.2010 in via definitiva il disegno di legge (cosiddetto Collegato lavoro -  AC 1441-quater-F) recante deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.
Proponiamo una tabella di sintesi (a cura di Pietro Gremigni) di tutti gli articoli del nuovo provvedimento ... (link a www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com).

PUBBLICO IMPIEGO: LA CAMERA APPROVA DEFINITIVAMENTE IL COLLEGATO-LAVORO.
MODIFICATE LE NORME SULL'ARBITRATO. ORA SI ATTENDE LA PROMULGAZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA.
Il provvedimento contiene anche numerose, importanti, disposizioni in materia di lavoro pubblico (link a www.uilpa.it).

ENTI LOCALI: Divieto di sponsorizzazioni: è la fine delle sagre di paese?
Nelle pieghe della manovra finanziaria realizzata alla vigilia della pausa estiva figura come noto, ex art. 6, comma 9, del Dl n. 78 del 2010, conv. con modificazioni dalla L. n. 122 del 2010, il divieto, a decorrere dall'anno 2011, per le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (Istat) ai sensi del comma 3 dell'art. 1 della legge n. 196 del 31.12.2009, incluse le autorità indipendenti, di effettuare spese per sponsorizzazioni.
La norma ha destato una diffusa apprensione, specie nelle comunità locali, nel timore che ciò si traduca, fra l'altro, nella fine dell’esperienza delle sagre di paese e manifestazioni similari (timore, questo, dovuto probabilmente anche alla circostanza che la nuova norma non specifica, diversamente dal comma 15 dell'art. 61 del d.l. n. 112, come convertito nella legge n. 133 del 2008, che le disposizioni relative alle sponsorizzazioni "non si applicano in via diretta" alle Regioni ed agli altri enti territoriali) ... (link a www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com).

CONDOMINIO: Gas con Iva al 10% in condomìni: il beneficio non va duplicato. In caso di utenza individuale già "agevolata", l'unità immobiliare non partecipa al plafond collettivo.
L'Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 22.10.2010 n. 112/E, torna sulla disposizione contenuta nel numero 127-bis della tabella A, parte III, allegata al Dpr 633/1972, che, recependo una direttiva comunitaria, prevede dal 2008 l'applicazione dell'aliquota Iva del 10% alla somministrazione di gas metano per combustione per usi civili (produzione di acqua calda, cottura di cibi, riscaldamento), nel limite annuo di 480 metri cubi. In pratica, la norma dispone la tassazione al 10% per i primi 480 metri cubi annui destinati ad usi civili, mentre i consumi eccedenti devono essere tassati con l'aliquota ordinaria del 20 per cento.
Con la risoluzione 15.10.2010 n. 108/E è stato specificato che, relativamente alla somministrazione di gas metano per usi civili nei confronti di condomìni e cooperative di abitanti di edifici abitativi che utilizzano impianti di tipo centralizzato e collettivo, il limite di 480 metri cubi all'anno per fruire dell'aliquota Iva agevolata al 10% si riferisce alle singole utenze di ogni unità abitativa. Di conseguenza, la soglia quantitativa di 480 metri cubi va moltiplicata per il numero delle unità immobiliari il cui impianto di riscaldamento è allacciato a quello centralizzato.
Tale criterio -puntualizza ora la risoluzione 112/2010- non si applica se sono presenti utenze individuali che già fruiscono della tassazione agevolata. Pertanto, nel numero delle unità immobiliari allacciate all'impianto centralizzato, da moltiplicare per il limite di 480 mc., non rientrano quelle dotate anche di impianto autonomo, per il quale è già applicabile l'aliquota agevolata (link a www.nuovofiscooggi.it).

SICUREZZA LAVORO: In arrivo le linee guida per valutare lo stress lavoro-correlato.
Il 31.12.2010 è il termine a partire dal quale tutti i datori di lavoro, pubblici e privati, dovranno svolgere la valutazione dei rischi da stress lavoro correlato, nel rispetto delle indicazioni che verranno adottate dalla Commissione consultiva sulla sicurezza sul lavoro.
In proposito, la Commissione ha istituito al proprio interno uno specifico gruppo di lavoro che, proprio in questi giorni, ha terminato l’elaborazione di un documento contenente le prime indicazioni operative e di ordine metodologico per guidare il datore di lavoro nei primi approcci alla valutazione del rischio da stress lavorativo. Il documento dovrà poi essere sottoposto alla Commissione per la formale e definitiva approvazione.
Il testo presenta elementi di forte positività sia per la sua articolazione strutturale, semplice e lineare, sia per i contenuti che, pur se ancora migliorabili ed integrabili, appaiono in linea con quanto previsto dalla normativa vigente e, in particolare, dall’accordo interconfederale 9 giugno 2008. Quest’ultimo, oltre a ribadire che la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato, al pari di quanto avviene per tutti gli altri rischi, deve essere effettuata dal datore di lavoro nell’ambito della propria organizzazione e secondo i criteri già delineati dal quadro normativo vigente, afferma i seguenti ulteriori passaggi: ... (link a www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com).

EDILIZIA PRIVATA: Guida al risparmio energetico.
In Rete tutti gli aggiornamenti. Nella pubblicazione dell’Agenzia le novità, in particolare, sulle procedure per la fruizione delle agevolazioni.
Al passo con i tempi “Le agevolazioni fiscali per il risparmio energetico”, la pubblicazione realizzata dall’Agenzia delle Entrate sulla detrazione introdotta nel 2007 con l’obiettivo di incentivare il risparmio e migliorare l’efficienza energetica degli edifici esistenti.
E’ infatti on line l’ulteriore aggiornamento della guida, che descrive i vari tipi di intervento per i quali si ha diritto al beneficio e gli adempimenti necessari per ottenerlo. Aggiornamento dovuto alle più recenti modifiche normative, che hanno riguardato soprattutto le procedure da seguire per usufruire correttamente delle agevolazioni.
In particolare:
• per i lavori che proseguono oltre un periodo d’imposta, è stato introdotto l’obbligo di inviare telematicamente all’Agenzia delle Entrate una specifica comunicazione entro 90 giorni dal termine del periodo d’imposta nel quale i lavori hanno avuto inizio. Per i lavori che proseguono per più anni, il modello deve essere presentato entro 90 giorni dal termine di ciascun periodo d’imposta in cui sono state sostenute le spese oggetto della comunicazione
• per gli interventi eseguiti dal 2009 è obbligatorio ripartire la detrazione in 5 rate annuali di pari importo (per il 2008 andava da un minimo di tre a un massimo di 10 anni, mentre solo per il 2007 c’era l’obbligo di ripartire la spesa in 3 rate annuali uguali)
• è stata sostituita la tabella dei valori limite della trasmittanza termica (decreto del ministro dello Sviluppo economico del 06.01.2010).
Dall'01.07.2010, infine, al momento del pagamento del bonifico effettuato dal contribuente che intende avvalersi della detrazione, banche e Poste italiane hanno l’obbligo di effettuare una ritenuta del 10% a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dall’impresa che effettua i lavori (link a www.nuovofiscooggi.it).

APPALTI: UE: 30 giorni alle Pubbliche Amministrazioni per pagare le imprese.
Via libera del Parlamento Europeo alla direttiva sui ritardi delle Pubbliche Amministrazioni nei pagamenti alle aziende private fornitrici di beni e servizi.
In base alla nuova normativa, il limite massimo di tempo per la liquidazione delle fatture sarà di 30 giorni, prorogabile a 60 giorni per il settore sanitario o casi eccezionali.
Oltre tali termini scatteranno gli interessi di mora in misura (annua) pari all'8% più il tasso di riferimento della BCE.
Per i pagamenti tra aziende private, la direttiva stabilisce che le fatture dovranno essere liquidate entro 60 giorni salvo diversi accordi tra le parti.
La direttiva dovrà essere approvata definitivamente dal Consiglio e dal Parlamento UE (entro la fine di ottobre), entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione sulla G.U.C.E. e dovrà essere recepita dai singoli stati membri nei successivi 24 mesi.
La direttiva lascia gli stati membri della Ue liberi di mantenere o adottare disposizioni più favorevoli al creditore: non impedisce l'adozione di termini di pagamento più brevi o sanzioni più severe.
Secondo l'ANCE, nel settore delle costruzioni, il 44% delle imprese edili subisce ritardi superiori ai 4 mesi oltre i termini contrattuali (quindi vengono pagate dopo più di sei mesi e mezzo dai lavori), con punte che arrivano anche a 24 mesi, in un quadro di costante e progressivo peggioramento (link a www.acca.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: Attuazione del PRG - Necessità dello strumento esecutivo - Lotto intercluso - Deroga.
La necessaria attuazione del PRG, se prevista dallo stesso, mediante un Piano di livello inferiore determina quali corollari immediati che:
- il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed efficace e si sia concluso il procedimento (cfr. Cons. Stato, sez. V, 01.04.1997, n. 300);
- la inconfigurabilità di equipollenti al piano attuativo, sulla base di indagini tecniche di possibili edificazioni, le quali vanificherebbero la funzione del Piano, che se ritardata può essere stimolata dall’interessato con gli strumenti consentiti dal sistema (Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30.12.2008, n. 6625).
Tuttavia, a fronte di tali principi e corollari, la prassi giurisprudenziale ha previsto una deroga eccezionale in presenza della situazione di fatto costituita dal “lotto intercluso” (cfr. da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 10.06.2010, n. 3699).
Lotto intercluso - Nozione.
La fattispecie del “lotto intercluso” si realizza quando l’area edificabile di proprietà del richiedente si trovi in una zona interessata da costruzioni, sia dotata di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e sia valorizzata da un progetto conforme agli strumenti urbanistici: elementi questi che consentono l’intervento costruttivo diretto, attesa la sussistenza di tale situazione di fatto del fondo non potendo la inedificabilità dell’area essere considerata sine die per l’assenza di un piano di dettaglio, la cui attuazione risulta necessaria in presenza di zone parzialmente urbanizzate nelle quali detto strumento urbanistico può conseguire l’effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto (cfr. Cass. pen, sez. III, 19.09.2008, n. 35880) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 18.10.2010 n. 32861 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - ATTI AMMINISTRATIVI: RIFIUTI - Ordinanza contingibile e urgente - Omissione della comunicazione di avvio del procedimento - Presupposto - Urgenza qualificata.
Il ricorso allo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente (nella specie, di rimozione e smaltimento di rifiuti) giustifica l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento unicamente in presenza di un’”urgenza qualificata”, in relazione alle circostanze del caso concreto, che deve essere debitamente esplicitata in specifica motivazione (Cfr.: TAR Campania, Sez. V, 03.02.2005, n. 764; TAR Marche, 25.01.2002, n. 97; TAR Toscana, Sez. II, 14.02.2000, n. 168) (TAR Campania-Napoli, Sez. V, sentenza 18.10.2010 n. 19881 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - Rimozione e smaltimento - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Ordinanza sindacale - Accertamenti effettuati in contraddittorio con i soggetti interessati.
Alla stregua dell’art. 192, II comma, del D.L.vo n. 152/2006, le misure di rimozione, avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti e di ripristino ambientale dello stato dei luoghi a carico di “chiunque i divieti di cui ai commi 1 e 2”, disposte con ordinanza sindacale, sono in ogni caso condizionate “ad accertamenti effettuati in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo” (TAR Campania-Napoli, Sez. V, sentenza 18.10.2010 n. 19881 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZI: Sui limiti dell'affidamento diretto alle società miste ai sensi dell'art. 113, c. 5, lett. b), del D.Lvo 267/2000.
Premesso che il principio generale è sempre quello della gara, e che l'affidamento diretto è sempre una deroga a tale principio, deroga consentita in casi di stretta interpretazione, la società mista si giustifica quale forma di partenariato pubblico-privato costituito per la gestione di uno specifico servizio per un tempo determinato.
In altri termini, non si ha in questi casi una esenzione dal principio della gara, ma muta l'oggetto della gara, che deve sempre essere esperita ma non più per trovare il terzo gestore del servizio, bensì il partner privato con cui gestire il servizio.
E' evidente quindi che le società miste cosiddette aperte, costituite cioè per finalità specifiche ma indifferenziate, non possono essere affidatarie dirette in quanto non soddisfano le condizioni a cui è ancorata la deroga.
Pertanto, l'acquisizione nel caso di specie di una partecipazione azionaria di una società costituita in precedenza, ancorché avente ad oggetto la gestione dei rifiuti, non era sufficiente a legittimare l'affidamento diretto e ad escludere la necessità della gara (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.10.2010 n. 7533 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI Le società miste cosiddette "aperte" non possono essere affidatarie dirette in quanto non soddisfano le condizioni a cui è ancorata la deroga.
L’Adunanza Plenaria n. 1 del 2008 ha chiarito i limiti dell’affidamento diretto alle società miste ai sensi dell’art 113, comma 5, lett. b), del D.Lvo 267/2000.
Premesso che il principio generale è sempre quello della gara, e che l’affidamento diretto è sempre una deroga a tale principio, deroga consentita in casi di stretta interpretazione, la società mista si giustifica quale forma di partenariato pubblico-privato costituito per la gestione di uno specifico servizio per un tempo determinato.
In altri termini, non si ha in questi casi una esenzione dal principio della gara, ma muta l’oggetto della gara, che deve sempre essere esperita ma non più per trovare il terzo gestore del servizio, bensì il partner privato con cui gestire il servizio.
E’ evidente quindi che le società miste cosiddette aperte, costituite cioè per finalità specifiche ma indifferenziate, non possono essere affidatarie dirette in quanto non soddisfano le condizioni a cui è ancorata la deroga. Pertanto, l’acquisizione nel caso di specie di una partecipazione azionaria di una società costituita in precedenza, ancorché avente ad oggetto la gestione dei rifiuti, non era sufficiente a legittimare l’affidamento diretto e ad escludere la necessità della gara (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.10.2010 n. 7533 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: È sottratta ai comuni ogni potestà regolamentare in materia di fanghi biologici.
L’art 6 del D.Lgs. n. 99/1992 demanda alla Regione la potestà di stabilire “limiti e condizioni di utilizzazione in agricoltura di fanghi in relazione alle caratteristiche dei suoli, ai tipi di colture praticate, alla composizione dei fanghi, alle modalità di trattamento”, nonché di stabilire “le distanze di rispetto per l'applicazione dei fanghi dai centri abitati, dagli insediamenti sparsi, dai pozzi di captazione delle acque potabili, dei corsi d'acqua superficiali, tenendo conto delle caratteristiche dei terreni (permeabilità, pendenza), delle condizioni meteo climatiche della zona, delle caratteristiche fisiche dei fanghi”; l'art. 196 del D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce, inoltre, che spetta alla Regione la regolamentazione dell'attività di gestione dei rifiuti.
Deve, quindi, considerarsi sottratta ai comuni ogni potestà regolamentare in materia di fanghi biologici, restando riservata agli stessi solo la potestà di sanzionare la violazione delle disposizioni regolamentari preventivamente stabilite dalla Regione, ove queste si sostanzino in violazioni della normativa regolamentare in materia di igiene.
Pertanto, deve ritenersi illegittimo che il comune, nell'ambito dei propri poteri, detti norme derogatorie sia della disciplina sopra richiamata che delle specifiche norme della Regione Lombardia, di regolamentazione della materia e di delega alle province delle funzioni autorizzative in materia di spandimento di fanghi biologici (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.10.2010 n. 7528 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Il Consorzio in possesso della qualificazione per i lavori appaltati può affidare l’esecuzione degli stessi anche ad una impresa priva dei requisiti di adeguata qualificazione.
Con una delle numerose doglianze presenti nella sentenza in commento si è argomentato che un Consorzio avrebbe dovuto essere escluso dalla gara avendo designato per la esecuzione dei lavori una impresa qualificata per la esecuzione di lavori nella categoria OG2, classifica III, priva dei requisiti di capacità tecnica per la esecuzione dei lavori di categoria OG2, classifica IV.
Il TAR, al contrario, avrebbe affermato che il Consorzio era in possesso della qualificazione e quindi poteva affidare l’esecuzione dei lavori anche ad una impresa priva dei requisiti di adeguata qualificazione. Viceversa, contestano i ricorrenti, il Consorzio, che non ha una sua struttura di impresa e non esegue direttamente i lavori, non poteva affidare la esecuzione dei lavori ad imprese prive dei requisiti di capacità economica, tecnica e finanziaria, perché la costituzione dei Consorzi non può risolversi in espediente per aggirare le norme sulla qualificazione.
Va rilevato al riguardo, ad avviso dei giudici del Consiglio di Stato, che il TAR ha in proposito considerato che sulla base della definizione che dei consorzi stabili danno sia l'art. 12 della legge 11.02.1994, n. 109, che l’art. 36 del D.Lgs. n. 163 del 2006, si evince che, sebbene tanto il Consorzio stabile quanto le imprese consorziate conservino la loro autonoma soggettività giuridica, tuttavia sussiste tra esse un legame ben più stretto di ogni altra forma di collegamento già raffigurata dalla legge qualificabile quale rapporto di tipo organico, sicché unico soggetto interlocutore dell'Amministrazione appaltante è il Consorzio stesso, che assumerà la veste di parte del contratto, con la relativa assunzione in proprio di tutti gli obblighi, gli oneri e le responsabilità.
Ha pertanto rilevato il Giudice di prime cure che ”sia dagli atti di causa che nella domanda di partecipazione alla gara, che risulta speso lo status di Consorzio e, quale soggetto esecutore, è stata designata l'Impresa <…>, potendo i consorzi stabili far eseguire i lavori appaltati alle imprese consorziate, senza che da ciò possa configurarsi l'istituto del subappalto, proprio perché legati da un rapporto interno di tipo organico. È stato, altresì, comprovato, con il deposito dell'attestazione SOA, il possesso della qualificazione alla realizzazione dei lavori di cui alla categoria OG2 classifica IV, di tal che la censura deve essere disattesa”.
Osserva al riguardo il giudice d’appello che, in tema di requisiti soggettivi di partecipazione dei Consorzi alle procedure di evidenza pubblica, la giurisprudenza è orientata nel senso che, una volta che il Consorzio abbia superato la preselezione valendosi anche della somma dei requisiti delle ditte consorziate, non può più richiedersi ad esso l'esecuzione da parte di una singola consorziata anche se è tale ditta che assicura la presenza dei requisiti soggettivi richiesti per l'ammissione alla gara, essendo l'esecuzione dell'appalto di competenza del Consorzio, che potrà adempiere secondo le regole contrattuali che sono a fondamento della sua costituzione e del suo funzionamento, sempre che non siano richiesti requisiti soggettivi che attestino una capacità tecnica specifica che l'ordinamento riconosca solo ad alcuni soggetti con una regolamentazione a livello normativo delle modalità di conseguimento di tale idoneità, come l’iscrizione in albi, elenchi speciali ovvero conseguimento di particolari abilitazioni (Consiglio Stato, sez. V, 29.11.2004, n. 7765).
Il Consorzio stipula quindi il contratto in nome proprio ma per conto delle imprese consorziate, alle quali poi assegna i lavori, senza che sia obbligato a rispettare l’assegnazione originaria, anche perché il D.P.R. n. 34 del 2000 non prevede la coincidenza tra le qualificazioni delle singole imprese consorziate e la qualificazione SOA del Consorzio.
Ciò non costituisce un espediente per aggirare le norme sulla qualificazione, atteso che, come già evidenziato, è il Consorzio e non le singole imprese consorziate che è dotato di soggettività giuridica nel partecipare alla gara ed è ai requisiti di idoneità tecnica e finanziaria posseduti e comprovati da esso, mediante il cumulo dei requisiti posseduti dalle singole consorziate, che occorre far riferimento nel valutare i requisiti di partecipazione alla gara (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.10.2010 n. 7524 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: È idoneo a radicare la legittimazione al ricorso anche l’interesse strumentale alla riedizione integrale della procedura.
In applicazione delle coordinate sancite dalla decisione n. 11/2008 dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, in materia di rapporti tra ricorso principale e ricorso incidentale, si deve infatti convenire che è idoneo a radicare la legittimazione al ricorso anche l’interesse strumentale alla riedizione integrale della procedura.
Si deve, in particolare, rimarcare che, in una prospettiva coerente con i principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, costituisce bene della vita meritevole di protezione giurisdizionale anche la chance di aggiudicazione derivante dalla partecipazione alla nuova procedura, sempre che l’impresa abbia differenziato, con la domanda di partecipazione, la propria posizione rispetto al quisque de populo e che non sussistano preclusioni soggettive alla partecipazione alla nuova procedura (Consiglio Stato, sez. V, 01.02.2010, n. 417; Consiglio Stato ad. plen., 15.04.2010, n. 1, che mette l’accento proprio sul dato discriminante dato dalla possibilità, per l’impresa esclusa, di partecipare ad un'eventuale nuova gara bandita dalla stazione appaltante) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.10.2010 n. 7515 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Provvedimento - Atto meramente confermativo (conferma impropria) - Conferma in senso proprio - Differenza.
Si ha un atto meramente confermativo (la c.d. conferma impropria) quando l'Amministrazione, di fronte ad un'istanza di riesame, si limiti a dichiarare l'esistenza di un suo precedente provvedimento, senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione.
Per queste sue caratteristiche, l'atto meramente confermativo non riapre i termini per impugnare. Esso non rappresenta, infatti, un'autonoma determinazione dell'Amministrazione, sia pure identica nel contenuto alla precedente, ma solo la manifestazione della decisione dell'Amministrazione di non ritornare sulle scelte già effettuate.
Si ha, al contrario, conferma in senso proprio, quando la p.a. entra nel merito della nuova istanza e, dopo aver riconsiderato i fatti e i motivi prospettati dal richiedente, si esprima in senso negativo (TAR Calabria Catanzaro, sez. I, 01.04.2010, n. 396; TAR Lombardia Milano, sez. III, 11.05.2010, n. 1453).
Pertanto, il provvedimento di conferma si differenzia dall'atto meramente confermativo per due caratteristiche: perché viene disposta una nuova istruttoria e perché, in seguito ad essa, viene adottato un provvedimento di conferma, che assorbe e sostituisce quello confermato (TAR Liguria Genova, sez. II, 12.07.2010, n. 5673) (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 15.10.2010 n. 2086 - link a www.ambientediritto.it).

ESPROPRIAZIONI: Il provvedimento di sanatoria ex art. 43 t.u. espropriazioni annulla l’eventuale precedente condanna giudiziale alla restituzione del fondo occupato sine titulo.
La Sezione ha già avuto modo di affermare che la natura del provvedimento di sanatoria previsto dal cit. art. 43 è tale da porre nel nulla l’eventuale precedente condanna giudiziale (passata o meno in giudicato) alla restituzione del fondo occupato sine titulo, in quanto l’ordine di restituzione non incide sulla struttura dell’istituto in parola, il quale presuppone appunto l’assodata lesione del diritto di proprietà altrui dal momento che la restituzione è conseguenza dell’accertamento della proprietà dei beni e non implica effetti costitutivi (unici effettivamente incompatibili con il provvedimento reso ex art. 43 cit.); il giudice che la dispone non modifica, infatti, la situazione giuridica precedente l’abusiva detenzione del bene ma semplicemente l’accerta, sicché il suo ordine non è idoneo a paralizzare un atto di autorità che, consapevolmente, viola il diritto di proprietà senza contestarne la titolarità secondo uno schema reso possibile dall'art. 42, co. 3, Cost..
Invero, una volta adottato il provvedimento di sanatoria, tutte le aspettative di tutela del privato, restitutorie e risarcitorie, si canalizzano nell’eventuale contenzioso avente ad oggetto il provvedimento in questione e ben possono essere integralmente soddisfatte a conclusione del relativo giudizio (cfr. Cons. St., questa Sez. V, 11.05.2009 n. 2877, menzionata dall’appellante, nonché Cons. giust. amm., 29.05.2008 n. 490, ivi richiamata).
E' agevole opporre l’indirizzo già espresso dalla giurisprudenza amministrativa, seguito dalla Sezione e dal quale il Collegio non intende discostarsi, col quale, pur nella consapevolezza della contraria tesi sostenuta dalla Corte di cassazione sul punto (cfr. Sez. I, 22.09.2008 n. 23943; Sez. un. 04.05.2006 n. 10222), è stato affermato che l’art. 43 si riferisce a tutti i casi di occupazioni sine titulo, anche già verificatisi alla data di entrata in vigore del t.u., giacché l’art. 57 del medesimo t.u. disciplina in via transitoria l’ambito di applicazione della riforma in relazione alle diverse fasi fisiologiche del procedimento espropriativo, mentre l’atto di acquisizione ex art. 43 è emesso ab externo al medesimo procedimento e non rientra, pertanto, nel predetto ambito (cfr. Cons. St., Ad. plen., 29.04.2005 n. 2; Sez. IV, 21.05.2007 n. 2582 e 04.02.2008 n. 303; Sez. V, cit. n. 2877 del 2009) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 13.10.2010 n. 7472 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: L’avvenuta costituzione dell’associazione temporanea non priva le singole imprese facenti parte della stessa associazione di legittimazione processuale attiva.
L’avvenuta costituzione dell’associazione temporanea non priva le singole imprese facenti parte della stessa associazione di legittimazione processuale attiva, atteso che il conferimento del mandato speciale all’impresa capogruppo (riguardante l’a.t.i.) non preclude la facoltà delle singole imprese di agire singulatim, mancando un’espressa previsione in tal senso nella normativa sia comunitaria che nazionale (cfr. Cons. St., sez. VI, 25.11.2008 n. 5773, nonché sez. V, 28.12.2007 n. 6689 e 23.10.2007 n. 5577; cfr., altresì, Corte giust. CE, ord. 04.10.2007 resa nella causa C-492/06); altrettanto è, dunque, anche circa la speculare legittimazione passiva di dette singole imprese (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 13.10.2010 n. 7467 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Quando oggetto dell'appalto è un servizio di cui all'allegato II B, si applicano i soli artt. 65, 68 e 225 del D.Lgs. n. 165/2006 (Codice dei contratti pubblici).
Agli appalti di servizi compresi nell'allegato II B del D.Lgs. n. 165/2006 (Codice dei contratti pubblici), si applicano i soli artt. 65, 68 e 225 del citato D.Lgs. n. 165/06 (analogamente a quanto disposto dall'art. 20 della dir. CE n. 18/04).
Pertanto, nel caso di specie, riguardante l'affidamento del "servizio di assistenza domiciliare" ad un Consorzio non va applicato l'art. 35 del D.Lgs. n. 165/2006, ma la disciplina specialistica (art. 8 L. n. 381/1991), a prescindere da qualsivoglia rapporto di avvalimento atteso che, si è in presenza di un rapporto organico in conseguenza del quale l'attività posta in essere da ciascuna cooperativa, nella sua qualità di consorziata, è immediatamente imputabile al Consorzio, con conseguente irrilevanza della mancanza dei requisiti di capacità tecnica e di fatturato nell'ultimo triennio in capo al Consorzio, atteso il possesso di tali requisiti da parte delle consorziate.
Deve ritenersi, infatti, che la normativa applicabile alla fattispecie rende possibile, senza limitazioni, il cumulo dei requisiti, in forza del rapporto organico che regola le società cooperative (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.10.2010 n. 7346 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: L'art. 83, c. 4, del d.lvo n. 163/2006, prevede che sia il bando di gara a individuare i sub-criteri, i sub-pesi ed i sub-punteggi, eliminando in proposito ogni margine di discrezionalità in capo alla commissione giudicatrice.
L'art. 83, c.4, del d.lvo n. 163 del 2006 (c.d. Codice degli appalti) porta all'estremo la limitazione della discrezionalità della commissione giudicatrice nella specificazione dei criteri, escludendone ogni facoltà di integrare il bando, e quindi facendo obbligo a quest'ultimo [cioè al bando] di prevedere e specificare gli eventuali sottocriteri.
Dunque, il potere della commissione giudicatrice di suddividere i criteri in dettagliati sottopunteggi è precluso dalle disposizioni del citato art. 83, il quale prevede che sia il bando di gara a individuare i sub-criteri, i sub-pesi ed i sub-punteggi, eliminando in proposito ogni margine di discrezionalità in capo alla commissione giudicatrice.
In buona sostanza, la mancata specificazione già nel bando di tutti i criteri e sub-criteri di valutazione dell'offerta (e dei corrispondenti punteggi e sub-punteggi) deve considerarsi illegittima (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.10.2010 n. 7256 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: Le controversie riguardanti e vicende di un rapporto di concessione di pubblico servizio, compresa la decadenza, non estesi a indennità, canoni ed altri corrispettivi, rientrano nella giurisdizione amministrativa.
Sulla differenza tra la società in house e la società mista.

I giudizi aventi ad oggetto le vicende di un rapporto di concessione di pubblico servizio, compresa la decadenza, non estesi a indennità, canoni ed altri corrispettivi, rientrano nella giurisdizione amministrativa ai sensi dell'art. 33 d.lgs. 31.03.1998 n. 80, nel testo, modificato dall'art. 7 l. 21.07.2000 n. 205 e risultante dalla dichiarazione d'illegittimità costituzionale pronunciata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 204 del 2004.
La differenza tra la società in house e la società mista consiste nel fatto che la prima agisce come un vero e proprio organo dell'Amministrazione dal punto di vista sostanziale (e, per questo, è richiesto il requisito del controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi dall'amministrazione aggiudicatrice e della destinazione prevalente dell'attività dell'ente in house in favore dell'Amministrazione stessa), mentre la diversa figura della società mista a partecipazione pubblica, in cui il socio privato è scelto con una procedura ad evidenza pubblica, presuppone la creazione di un modello nuovo, nel quale interessi pubblici e privati trovino convergenza; in quest'ultimo caso, l'affidamento di un servizio ad una società mista è ritenuto ammissibile a condizione che si sia svolta una unica gara per la scelta del socio e l'individuazione del determinato servizio da svolgere, delimitato in sede di gara sia temporalmente che con riferimento all'oggetto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 30.09.2010 n. 7214 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Risarcimento sempre più basso.
Il Consiglio di Stato afferma che il mancato utile dalla negata aggiudicazione (riconosciuto in misura pari al 10% in analogia a quanto avviene per i casi di risoluzione del contratto) deve essere ulteriormente decurtato del 50%, in relazione all'"aliunde perceptum vel percipiendum", ossia alla facoltà, per l'impresa, di impiegare utilmente la propria organizzazione in altre attività remunerative.
Si tratta di un criterio molto discutibile, visto che mancando l'aggiudicazione l'impresa è costretta ad utilizzare il proprio apparato in altre commesse, mentre invece, ove si aggiudicasse il contratto, potrebbe decidere di potenziarlo, incrementando così l'utile complessivo.
Il criterio dell'"aliunde perceptum", se può valere nel diritto del lavoro (ove il singolo lavoratore dispone di energie limitate e non moltiplicabili) non sembra costituire criterio razionale di riduzione del risarcimento del danno nei rapporti con imprese (commento tratto da www.amministrativistimonzabrianza.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.09.2010 n. 7004 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROGETTUALILa redazione di un piano di lottizzazione e, in genere, di uno strumento di programmazione urbanistica costituisce attività che richiede una competenza specifica in tale settore attraverso una visione di insieme e la capacità di affrontare e risolvere i problemi di carattere programmatorio che postulano valutazioni complessive non rientranti nella competenza professionale del geometra.
Secondo la prevalente giurisprudenza (cfr. TAR Brescia, sez. I, 29.10.2008 n. 1466, Cons. St. Sez. IV 03.09.2001 n. 4620) la redazione di un piano di lottizzazione e, in genere, di uno strumento di programmazione urbanistica costituisce attività che richiede una competenza specifica in tale settore attraverso una visione di insieme e la capacità di affrontare e risolvere i problemi di carattere programmatorio che postulano valutazioni complessive non rientranti nella competenza professionale del geometra, così come definita dall'art. 16 del R.D. n. 274 del 1929 (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 01.09.2010 n. 3354 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONESulle modalità di notifica degli atti espropriativi.
L’omessa notifica degli atti espropriativi ai comproprietari non risultanti dai dati catastali (invece notificati al comproprietario risultante dai citati dati) non assume né carattere invalidante di detti atti, né legittima una difesa tardiva in sede giurisdizionale, ovvero in sede amministrativa, in ordine alle scelte operate dall’Amministrazione, essendo comunque onere del privato interessato curare l’esatta corrispondenza delle risultanze catastali alla reale situazione giuridica del bene oggetto della procedura ablatoria.
Ciò perché è da evitare che le negligenze dell’avente titolo possano andare a discapito del buon andamento dell’azione amministrativa, a tutela del quale può dirsi anche posto il principio della certezza delle situazioni giuridiche dell’attività della P.A. (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 10.06.2010 n. 3690 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONESui presupposti per l’acquisizione sanante.
In ordine ai presupposti di fatto e di diritto per la possibile applicazione da parte della P.A. dell'innovativo strumento della c.d. acquisizione coattiva "sanante" introdotto dall'art. 43 primo comma del D.P.R. n. 327/2001, va ribadito che esso è utilizzabile unicamente nell’ipotesi in cui il bene immobile, utilizzato per scopi di interesse pubblico, sia stato concretamente e apprezzabilmente modificato dalla Pubblica Amministrazione (in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della p.u.).
Tale esigenza, secondo la giurisprudenza più recente (che sposta il fulcro della verifica giudiziale sul concetto di "assoluta necessità dell'utilizzo pubblico del bene" e sul grado di approfondimento motivazionale della comparazione degli interessi in conflitto), assume portata recessiva, essendosi di recente affermato che nell'art. 43 d.P.R. n. 327 del 2001 l'espressione “valutati gli interessi in conflitto” comporta la necessità di una valutazione comparativa tra l'interesse pubblico e quello privato, quest'ultimo inteso come interesse alla tutela di un diritto costituzionalmente garantito.
Sotto questo profilo, quindi, la motivazione deve porre in luce esattamente i motivi d'interesse alla realizzazione dell'opera, indicando anche la non percorribilità di soluzioni alternative; deve dare preciso conto delle contingenze che hanno interrotto, sospeso, annullato o comunque non hanno condotto a buon fine il giusto procedimento espropriativo; della assoluta necessità, e non mera utilità, che l'immobile sia acquisito nello stato in cui si trova; infine, della natura della trasformazione subita e dunque del fatto che la mancata acquisizione costituirebbe uno spreco di risorse pubbliche.
E ciò, quindi, prescindendo da un'irreversibile trasformazione del suolo, la quale, in teoria, invero, è sempre possibile, e che quindi si risolve in una questione di fatto, senza alcuna rilevanza sul diritto assoluto del proprietario alla restituzione del bene; lo stato dell'opera pubblica, e quindi il grado di trasformazione che il fondo ha subito, sono questioni, invero, di fatto, che rilevano solo sul grado e sulla profondità della motivazione.
Nella fattispecie, al momento dell’emissione del provvedimento ex art. 43 citato, l'amministrazione non deteneva materialmente il bene; manca, pertanto, uno dei presupposti fondamentali per l'esercizio del potere in questione, vale a dire l'utilizzazione in atto del bene, che era rientrato nel pieno possesso del proprietario.
Ciò perché, secondo la costante giurisprudenza amministrativa, il provvedimento di acquisizione sanante ex art. 43 del t.u. espropriazione per p.u. deve trovare la sua giustificazione nella particolare rilevanza dell'interesse pubblico posto a raffronto con l'interesse privato, con la conseguenza che la motivazione dell'atto o della richiesta di acquisizione deve necessariamente dare atto della sussistenza del predetto interesse pubblico specifico alla acquisizione e della comparazione di tale interesse con gli interessi dei soggetti privati coinvolti.
In sostanza, ciò che l'ordinamento richiede è una valutazione "rafforzata" dell'interesse pubblico, in ossequio al principio per cui "l'art. 43 t.u. n. 327 del 2001 attribuisce alla p.a. un ampio potere discrezionale da esercitare previa apposita e puntuale valutazione degli interessi in conflitto, in quanto l'atto di acquisizione, che assorbe dichiarazione di pubblica utilità e decreto di esproprio, deve, non solo valutare la pubblica utilità dell'opera, secondo i parametri consueti, ma deve altresì tenere conto che il potere acquisitivo in parola -avente, in qualche misura, valore sanante dell'illegittimità della procedura espropriativa, ma solo "ex nunc"- ha natura eccezionale e non può risolversi in una mera alternativa alla procedura ordinaria" (Consiglio Stato, sez. IV, 26.02.2009, n. 1136).
Condivisibile è il principio secondo il quale il provvedimento di acquisizione sanante di aree di proprietà private illegittimamente occupate, introdotto dall'art. 43, t.u. 08.06.2001 n. 327, che assorbe la dichiarazione di pubblica utilità ed il decreto di esproprio, costituisce espressione di potere discrezionale che deve peraltro essere esercitato dopo aver acquisito, ponderato e valutato gli interessi in conflitto, nel senso che l'amministrazione procedente non deve considerare soltanto l'astratta idoneità dell'opera a soddisfare esigenze di carattere generale ma, in ragione della natura eccezionale della procedura, deve compiere una esaustiva ponderazione degli interessi in conflitto dando conto con una congrua motivazione della sussistenza attuale di un interesse pubblico specifico e concreto.
Il parametro di verifica della ricorrenza dei presupposti deve considerarsi quello della "assoluta necessità dell'acquisizione del bene", come ritenuto dalla giurisprudenza più recente.
La disposizione in esame non configura un diritto assolutamente potestativo dell'amministrazione, esercitabile senza alcun limite, ma deve necessariamente inquadrarsi, quanto ai presupposti legittimanti, nell'alveo di quanto i primi due commi dell'art. 43 prescrivono per l'esercizio di tale forma straordinaria ed eccezionale di acquisizione di beni privati da parte dell'amministrazione (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 09.06.2010 n. 3655 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONESull’acquisizione sanante.
Nel caso di irreversibile trasformazione del fondo a seguito di procedura espropriativa divenuta illegittima per mancata emissione del decreto di espropriazione definitiva nei termini, il G.A. deve assegnare alla P.A. un termine perché definisca (in via negoziale o autoritativa, ex art. 43 d.P.R. n. 327 del 2001) la sorte della titolarità del bene illecitamente appreso, cui segue, ma in posizione subordinata e condizionata, la condanna risarcitoria, secondo il criterio previsto dallo stesso art. 43 (valore venale del bene al tempo dell’occupazione illegittima, maggiorato degli interessi moratori o dalla transazione e dal prezzo della compravendita, in caso di esito negoziale) (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Campania-Napoli, Sez. V, sentenza 12.05.2010 n. 4250 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICASulla potestà pianificatoria e sulla natura del vincolo conformativa.
In sede di adozione di un nuovo strumento urbanistico, non occorre una specifica motivazione nel caso di mutamento, in senso peggiorativo, della destinazione di zona, nel caso di preesistente possibilità edificatoria, atteso che, in questo caso, il mutamento di destinazione trova esauriente giustificazione, in linea con quanto previsto dall'art. 10, comma 7, della legge 17.08.1942, n. 1150, nelle "sopravvenute ragioni che determinino la totale o parziale inattuabilità del piano o la convenienza di migliorarlo".
Pertanto, in sede di adozione di un nuovo strumento urbanistico, l'Amministrazione ben può introdurre innovazioni atte a migliorare e ad aggiornare le vigenti prescrizioni urbanistiche alle nuove esigenze; e ciò anche nel caso in cui la scelta effettuata imponga sacrifici ai proprietari interessati e li differenzi rispetto ad altri, che abbiano già proceduto all'utilizzazione edificatoria dell'area secondo la previgente destinazione.
Il vincolo a "verde pubblico attrezzato", previsto da un P.R.G., non ha natura espropriativa, qualificandosi come vincolo di natura conformativa della proprietà, ponendo limitazioni in funzione dell'interesse pubblico generale. Trattasi, infatti di vincoli derivanti da limiti non ablatori, posti normalmente dalla pianificazione urbanistica, derivanti da destinazioni realizzabili anche attraverso l'iniziativa privata, in regime di economia di mercato
(massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12.05.2010 n. 2843 - link a www.giustizia- amministrativa.it).

URBANISTICASull’indennizzo in caso di reiterazione dei vincoli.
Nel caso di reiterazione di vincoli a contenuto espropriativo, i profili attinenti alla spettanza o meno dell’indennizzo e al suo pagamento non attengono alla legittimità del procedimento amministrativo, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale (che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione) (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 06.05.2010 n. 2627 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICASull’obbligo di motivazione in caso di variante puntuale o specifica.
Se è vero, da un lato, che le scelte di ordine urbanistico sono riservate alla discrezionalità dell'amministrazione, cui compete il coordinamento di quelle esigenze che nella concreta realtà si presentano in modo articolato, con la conseguenza che nell'adozione di un atto di programmazione territoriale avente rilevanza generale l'amministrazione stessa non è tenuta a dare specifica motivazione delle singole scelte operate, in quanto le stesse trovano giustificazione nei criteri generali di impostazione del piano, nondimeno la variante di un piano regolatore che conferisce nuova destinazione ad aree che risultano già urbanisticamente classificate necessita di apposita motivazione, quando le classificazioni preesistenti siano assistite da specifiche aspettative, in capo ai rispettivi titolari, nel senso che deve trattarsi di scelte che incidano su specifiche aspettative, come quelle derivanti da un piano di lottizzazione approvato o da un giudicato di annullamento di un diniego di concessione (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 04.05.2010 n. 2545 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICASulla reiterazione dei vincoli espropriativi.
Se è vero che la reiterazione di un vincolo urbanistico preordinato all'esproprio deve essere motivata, perché è destinata a incidere sulla sfera giuridica di un proprietario già per un quinquennio titolare di un bene suscettibile di esproprio, è tuttavia sufficiente che l'amministrazione indichi le ragioni che l'hanno indotta nuovamente a scegliere proprio l'area sulla quale la precedente scelta si era appuntata (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 21.04.2010 n. 2262 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONESull’articolazione del procedimento espropriativo.
Il procedimento espropriativo viene disciplinato come unitario ed in esso si articolano tre fasi, costituenti altrettanti subprocedimenti, di cui il primo è proprio costituito dall'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio (mentre gli altri sono da individuarsi nella dichiarazione di pubblica utilità e nel decreto di esproprio), con il quale viene localizzata l'opera pubblica o di pubblica utilità da realizzare, con la correlata individuazione del bene da espropriare.
Dovendosi assicurare la conformità dell'opera alla normativa urbanistica di riferimento, il vincolo espropriativo si può legittimamente apporre unicamente quando diventa efficace l'atto di approvazione del piano urbanistico generale o, in mancanza, in caso di approvazione di una variante del piano urbanistico generale.
L'ordinamento ritiene doveroso riservare, in precisi momenti del procedimento espropriativo e dei vari atti in cui esso si articola, determinate garanzie ai soggetti destinatari delle procedure espropriative, facendo in modo, non solo che i loro beni vengano a trovarsi in uno stato di soggezione entro termini certi e predeterminati, ma garantendo loro non una qualsiasi fattispecie di partecipazione, sia pure meramente formale, ma una partecipazione qualificata, in grado, cioè, di consentire al proprietario espropriando nelle principali fasi in cui si articola la procedura, una difesa a ragion veduta delle proprie ragioni, al tempo stesso assecondando (per la ulteriore funzione collaborativa che la partecipazione può offrire) le esigenze funzionali di cura dell'interesse pubblico che, in concreto, intendono perseguirsi; perché ciò avvenga, necessita, anzitutto, il rigoroso rispetto della normativa in tema di comunicazione di avvio del procedimento che, in materia espropriativa, pur ricollegandosi alla generale previsione di cui all'art. 7 della L. n. 241 del 1990, trova una specifica e dettagliata disciplina negli artt. 11, 16, 17 e 23 del D.P.R. n. 327/2001.
La giurisprudenza amministrativa ha ribadito che, nel caso di adozione di una variante al Piano Regolatore per la realizzazione di una singola opera pubblica, ai sensi dell'art. 11 del D.P.R. n. 327/2001, al proprietario del bene immobile medesimo sul quale si intende apporre il vincolo preordinato all'esproprio va inviato l'avviso dell'avvio del relativo procedimento almeno venti giorni prima della delibera del Consiglio Comunale e deve, altresì, contenere le modalità di consultazione del progetto ed il riconoscimento espresso della possibilità per gli interessati di formulare osservazioni al progetto medesimo nei successivi trenta giorni (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Campania-Napoli, Sez. V, sentenza 21.04.2010 n. 2070 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONESull’idoneità di un’ordinanza extra ordinem per l’occupazione di urgenza.
L'ordinanza sindacale, contingibile ed urgente ex art. 54, d.lgs. n. 267/2000, difetta dei requisiti richiesti dall'art. 22-bis del D.P.R. 08.06.2001, n. 327 per l'esercizio in via di urgenza del potere di disporre l'occupazione a fini espropriativi (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 16.04.2010 n. 2168 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONESui presupposti dell’occupazione d‘urgenza.
In presenza dei presupposti procedimentali prescritti dall'art. 22-bis del t.u. n. 327/2001 per l'emanazione dell'ordinanza di occupazione d'urgenza, e cioè il vincolo preordinato all'esproprio e la dichiarazione di pubblica utilità, l'Amministrazione ben può immettersi nel possesso dell'area in esecuzione della suddetta ordinanza, per realizzare le opere per le quali vi è stata l'approvazione del progetto e lo stanziamento delle relative risorse, atteso che nel sistema del testo unico citato è divenuta irrilevante una specifica dichiarazione di indifferibilità ed urgenza, rilevante nel precedente sistema per ragioni storiche, ma di per sé già sussistente in re ipsa (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 24.03.2010 n. 1720 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICASulla decadenza dei soli vincoli espropriativi.
Le destinazioni di zona contenute nei piani regolatori non sono soggette a decadenza, in quanto attinenti alla conformazione del diritto di proprietà.
Fanno eccezione i soli vincoli a carattere espropriativo, cioè i vincoli preordinati all'espropriazione dell'area per realizzare un'opera pubblica o di interesse pubblico
(massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 17.03.2010 n. 1553 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONESulla determinazione dei termini espropriativi.
La fissazione dei termini di inizio e compimento dei lavori e delle espropriazioni di p.u. non deve necessariamente coincidere con l'approvazione del progetto preliminare o definitivo, ma può intervenire anche in sede di approvazione del progetto esecutivo (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 10.02.2010 n. 663 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONESull’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento di reiterazione del vincolo.
La reiterazione della dichiarazione di pubblica utilità scaduta, deve sempre avvenire mediante lo svolgimento di un nuovo procedimento amministrativo strumentale a detta dichiarazione, al quale possano partecipare tutti i soggetti pubblici e privati direttamente interessati, previa notifica agli stessi di idonea comunicazione di rito (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 13.01.2010 n. 39 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla revocazione di una sentenza che ha ritenuto illegittima l’esclusione di una ditta, per mancanza del requisito della moralità professionale, ritenendo erroneamente che l’amministratore della società esclusa fosse stato condannato per un reato ormai depenalizzato.
Va revocata una sentenza che, per effetto di un errore di fatto, ha ritenuto illegittima l’esclusione da una gara di appalto per mancanza del requisito della moralità professionale, di una impresa, ritenendo erroneamente che l’amministratore della società esclusa aveva riportato solo una condanna per un reato ormai depenalizzato (dall’art. 25 del d.lgs. n. 74/2000), senza considerare che lo stesso amministratore aveva altresì riportato una condanna per altro reato (nella specie si trattava del reato di cui al n. 7 dello stesso art. 4, comma 1, della l. n. 516/1982) ancora previsto dall’ordinamento, sia pure da una disposizione formalmente diversa.
L'estinzione del reato già oggetto di sentenza di patteggiamento in conseguenza del verificarsi delle condizioni previste dall'art. 445, comma 2, c.p.p., (e cioè la mancata commissione nel termine previsto -cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione- di un delitto ovvero di una contravvenzione della stessa indole) non opera "ipso iure", ma richiede una formale pronuncia da parte del giudice dell'esecuzione (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 10.12.2009 n. 7740 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISull’illegittimità di una commissione di gara che, in violazione di quanto previsto dall’art. 84 del Codice dei contratti pubblici, non è composta da "esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto".
E’ da ritenere illegittimamente composta, ai sensi dell’art. 84, 2° comma, del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici), la commissione giudicatrice di una gara di appalto, da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, nel caso in cui siano stati nominati, quali componenti, soggetti privi di adeguata qualificazione professionale idonea alle valutazioni tecnico-discrezionali e alle scelte da effettuare in relazione all’oggetto dell’appalto (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 24.11.2009 n. 7353 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISul potere delle stazioni appaltanti di richiedere, in sede di redazione del bando, requisiti ulteriori e più restrittivi rispetto a quelli previsti dalla legge.
I bandi di gara possono prevedere requisiti di partecipazione più rigorosi rispetto a quelli richiesti dalla legge, purché non discriminanti ed abnormi rispetto alle regole proprie del settore.
Le scelte così operate, ampiamente discrezionali, impingono nel merito dell’azione amministrativa e si sottraggono, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi manifestamente irragionevoli, irrazionali, arbitrarie o sproporzionate, specie avuto riguardo alla specificità dell’oggetto ed all’esigenza di non restringere, oltre lo stretto indispensabile, la platea dei potenziali concorrenti e di non precostituire situazioni di privilegio (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 19.11.2009 n. 7247 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISul divieto di motivazione postuma e sui limiti alla previsione di specifiche tecniche.
La motivazione del provvedimento non può essere integrata nel corso del giudizio con la specificazione di elementi di fatto, dovendo la motivazione precedere e non seguire ogni provvedimento amministrativo, individuando con ciò il fondamento dell'illegittimità della motivazione postuma nella tutela del buon andamento amministrativo e nell'esigenza di delimitazione del controllo giudiziario.
Anche antecedentemente al c.d. "Codice degli appalti" di cui al D.L.vo n. 163 del 2006, alla stregua di quanto previsto dall'art. 19, comma 5, del D.L.vo n. 158 del 1995, doveva ritenersi che, nei bandi di gara relativi a forniture, non potevano essere introdotte specifiche tecniche che menzionino prodotti di una fabbricazione o di una provenienza determinata o procedimenti particolari aventi l'effetto di favorire o eliminare talune imprese, a meno che tali specifiche tecniche non siano giustificate dall'oggetto dell'appalto (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 12.11.2009 n. 6997 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISui casi in cui l’erroneità o l’incompletezza della dichiarazione circa il subappalto può comportare esclusione dalla gara, sulla sindacabilità in s.g. del giudizio di congruità delle offerte nel caso in cui esso risulti immotivato ed "ictu oculi" ingiustificato, e sulla possibilità o meno di escludere le offerte nel caso di mancata presentazione delle c.d. giustificazioni preventive.
L’attribuzione dei punteggi nelle gare d’appalto è espressione di discrezionalità non solo tecnica, ma anche amministrativa, e -come tale- soggetta a sindacato giurisdizionale per eccesso di potere sotto il profilo delle figure sintomatiche del difetto di motivazione, dell’illogicità manifesta, dell’erroneità dei presupposti di fatto e di incoerenza dell’iter valutativo e dei relativi esiti; il che comporta che il giudice può verificare "ab externo" la congruità e la non contraddittorietà dell’istruttoria compiuta e della valutazione esternata, senza però che gli sia consentito sostituirsi all’Amministrazione nella valutazione dell’offerta.
Tali principi vanno applicati con ancor maggiore rigore nel campo della valutazione del giudizio di anomalia delle offerte, laddove la scelta del legislatore comunitario e nazionale, in diretta applicazione di fondamentali principi di trasparenza e non discriminazione, è stata nel senso di rafforzare il contraddittorio procedimentale e preprocessuale.
In virtù della ratio e della finalità deflattiva del meccanismo normativo di verifica della congruità dell’offerta, non possono essere articolate per la prima volta in sede giurisdizionale giustificazioni che non siano state proposte nell’ambito del subprocedimento amministrativo svoltosi dinanzi alla stazione appaltante.
Le giustificazioni preventive delle offerte non assurgono a requisito di partecipazione alla gara a pena di esclusione, venendo in rilievo la mancata documentazione solo in via eventuale, nella fase successiva di verifica dell’anomalia e se ed in quanto l’offerta ne risulti sospetta. La prescrizione ex art. 87, comma 5, del d.lgs. 163/2006 e s.m.i., comportante l’obbligo di presentazione delle giustificazioni unitamente alle offerte, ha infatti come scopo quello di accelerare il procedimento e consentire alla stazione appaltante una valutazione contestuale dell’insieme delle offerte; la prescrizione in questione dunque impone alle imprese un mero onere di collaborazione, in funzione di accelerazione della successiva fase di verifica delle offerte anomale (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 30.10.2009 n. 6708 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla necessità o meno di escludere una impresa che abbia inserito ulteriore documentazione, sulla possibilità o meno di prevedere una seduta segreta per alcune fasi di gara, sulla legittimità o meno della valutazione in forma numerica delle offerte nel caso in cui sia previsto il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e sul metodo del c.d. confronto a coppie.
Il principio secondo cui l’onere di impugnazione si concretizza per l’interessato nel momento in cui esso viene escluso, non si applica anche nel caso di omessa esclusione di altro concorrente; per tale ipotesi, invece, continua a valere il principio generale secondo il quale la lesione diventa attuale e definitiva soltanto con l’aggiudicazione.
I principi di pubblicità e trasparenza delle sedute della commissione di gara non sono assoluti, ma sono derogabili dalla "lex specialis", la quale, ove trattisi di gara svolta con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ben può prevedere la valutazione in seduta riservata dell'offerta tecnica e, per esigenze di economicità della procedura, anche che tanto sia effettuato previa apertura delle relative buste nel corso della seduta stessa: l’obbligo di pubblicità delle sedute delle commissioni di gara riguarda esclusivamente la fase dell’apertura dei plichi contenenti la documentazione e l’offerta economica dei partecipanti, e non anche la fase di apertura e valutazione delle offerte tecniche.
Con riguardo all’apertura dell’offerta economica, non esiste alcuna regola espressa, e nemmeno alcuna pronuncia della Corte di Giustizia, circa l'obbligo incondizionato delle stazioni appaltanti di assicurare sempre la pubblicità di tale operazione, che può avvenire in seduta non pubblica qualora la gara comporti, come nel caso del metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa, una comparazione di più fattori.
Il verbale della gara di appalto è dotato, sul piano probatorio, di una forza privilegiata tale che esso fa piena prova, fino a querela di falso, oltre che della sua provenienza e delle dichiarazioni delle parti, degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti; ne consegue che il verbale di gara non può essere oggetto di impugnazione per la materiale operazione di verifica del contenuto delle buste presentate dai concorrenti, cioè per la mera attività di verbalizzazione di fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale, attività che non consente margine di apprezzamento discrezionale e la cui contestazione non può che assumere la forma della querela di falso.
Secondo l’orientamento ormai prevalente, il punteggio numerico può essere considerato sufficiente a motivare gli elementi dell'offerta economicamente più vantaggiosa soltanto nell'ipotesi in cui il bando di gara abbia espressamente predefinito specifici, obiettivi e puntuali criteri di valutazione, visto che tale criterio di aggiudicazione svincola l'amministrazione da una valutazione meccanica, attribuendole un potere fortemente discrezionale.
Tale esigenza risponde al principio di correttezza dell'azione amministrativa, ineludibile per tutte le procedure ad evidenza pubblica, a garanzia dell'imparziale svolgimento di tali procedimenti ed al fine di consentire la verifica dell'operato della P.A., sia da parte del privato interessato che del Giudice amministrativo, il quale deve poter ricostruire l'iter logico seguito dalla stazione appaltante (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.10.2009 n. 6311 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZISulla possibilità, nel caso di appalti di servizi, di valutare la pregressa esperienza delle imprese e sulla necessità o meno di menzionare nei verbali le modalità di conservazione dei plichi.
Il divieto generale di commistione tra le caratteristiche oggettive dell'offerta ("criteri di selezione dell’offerta") e i requisiti soggettivi dell'impresa concorrente ("criteri di selezione dell’offerente"), conosce un’applicazione attenuata nel settore dei servizi, laddove l’offerta tecnica non si sostanzia in un progetto o in un prodotto, ma nella descrizione di un facere che può essere valutato unicamente sulla base di criteri qualiquantitativi, fra i quali ben può rientrare la considerazione della pregressa esperienza dell’operatore, come anche della solidità ed estensione della sua organizzazione d’impresa. Dalla considerazione dell’esperienza maturata da una concorrente possono trarsi indici significativi della qualità delle prestazioni e dell’affidabilità dell’impresa, qualora tali aspetti non risultino preponderanti nella valutazione complessiva dell’offerta.
E’ irrilevante, ai fini della legittimità delle operazioni di gara, il fatto che nei verbali non siano state precisate le modalità con le quali sono stati custoditi i plichi contenenti le offerte, nel caso in cui risulti comunque che i plichi contenenti le offerte siano stati aperti in seduta pubblica, previo controllo della loro integrità e risulti altresì che l’organo di gara ha usato alcune cautele nella custodia degli atti (depositandoli in una stanza apposita).
A fronte di tali circostanze, infatti, per fare ritenere illegittime le operazioni, occorre offrire almeno un principio di prova idoneo a far sospettare l’avvenuta alterazione indebita dei pieghi o, comunque, si deve indicare un elemento concreto dal quale desumere l’irregolare svolgimento, sotto questo profilo, della procedura (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.10.2009 n. 6002 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISui presupposti per la configurabilità della responsabilità precontrattuale della P.A. (fattispecie relativa alla revoca dell’aggiudicazione di una gara di appalto).
Ai fini della configurabilità della responsabilità precontrattuale della P.A. non si deve tener conto della legittimità dell’esercizio della funzione pubblica cristallizzato nel provvedimento amministrativo, ma della correttezza del contegno tenuto dall’ente pubblico durante la fase delle trattative e della formazione del contratto, alla luce dell’obbligo delle parti paciscenti di comportarsi secondo buona fede in forza di quanto stabilito dall’art. 1337 del codice civile; tanto è vero che l’applicabilità dell’art. 1337 c.c. non è preclusa dall’intervenuta stipulazione del contratto.
Con riferimento alle procedure di gara, la responsabilità precontrattuale della P.A. può configurarsi sia in presenza del preventivo annullamento per illegittimità di atti, sia nell’assodato presupposto della loro validità ed efficacia, ed in particolare:
a) nel caso di revoca dell’indizione della gara e dell’aggiudicazione per esigenze di una ampia revisione del progetto, disposta vari anni dopo l’espletamento della gara;
b) per impossibilità di realizzare l’opera prevista per essere mutate le condizioni dell’intervento;
c) nel caso di annullamento d’ufficio degli atti di gara per un vizio rilevato dall’amministrazione solo successivamente all’aggiudicazione definitiva o che avrebbe potuto rilevare già all’inizio della procedura;
d) nel caso di revoca dell’aggiudicazione, o rifiuto a stipulare il contratto dopo l’aggiudicazione, per mancanza dei fondi.
Non è configurabile la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante che si sia motivatamente e tempestivamente avvalsa della facoltà, prevista nel bando di gara, di non aggiudicare l’appalto per ragioni di pubblico interesse comportanti variazioni agli obiettivi perseguiti; in tal caso, infatti, all’Amministrazione non è contestabile alcun comportamento lesivo dell’affidamento dei partecipanti.
Tale principio, tuttavia, è applicabile nel caso di diniego di aggiudicazione e non è applicabile al caso di ritiro di una precedente aggiudicazione (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.09.2009 n. 5245 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONESull’onere di motivazione in caso di occupazione di urgenza.
Considerato che l'art. 22-bis T.U. espropriazioni richiede una particolare urgenza per far luogo all'occupazione d'urgenza anteriore all'espropriazione, è illegittimo il decreto di autorizzazione all'occupazione che non qualifichi in modo circostanziato ed in relazione alla situazione concreta tale situazione di urgenza, ma si limiti genericamente a far riferimento ad opere da eseguirsi per la sicurezza e la viabilità pubblica che devono essere realizzate nel più breve tempo possibile (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 23.07.2009 n. 4163 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONESull’onere di motivazione in caso di occupazione di urgenza.
In materia di espropriazione per pubblica utilità, per la motivazione dell'ordinanza di occupazione d'urgenza, ex art. 22-bis del D.P.R. n. 327/2001, è sufficiente il richiamo alla necessità di realizzare le opere descritte nella dichiarazione di pubblica utilità, essendo irrilevante, in quanto sussistente "in re ipsa", una specifica dichiarazione di indifferibilità ed urgenza (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 29.05.2009 n. 3350 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ESPROPRIAZIONESulla natura dell’occupazione d’urgenza.
L'occupazione temporanea preordinata all'espropriazione, prevista dall'art. 22-bis del D.P.R. 08.06.2001, n. 327 (aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 27.12.2002, n. 302), è finalizzata a consentire all'Amministrazione di conseguire l'anticipata immissione in possesso dell'area sulla quale dev'essere realizzata l'opera pubblica dichiarata urgente ed indifferibile, per dare inizio ai lavori ed evitare di dover attendere che il procedimento espropriativo giunga alla sua naturale conclusione con il provvedimento ablativo; tale funzione, fa sì che l'occupazione temporanea non sia più correlata alla restituzione (non prevista né prevedibile) dell'immobile al proprietario e che, quindi, sussista un collegamento funzionale tra le figure ablatorie dell'occupazione preliminare e della espropriazione, nonché tra di esse e la dichiarazione di pubblica utilità che ne costituisce il necessario presupposto, ferma la possibilità di sindacare unicamente per la mancanza del presupposto dell'urgenza la scelta dell'Amministrazione di ricorrere a tale istituto (massima tratta da http://doc.sspal.it - Corte di Cassazione, Sez. Unite civili, sentenza 06.05.2009 n. 10362).

AGGIORNAMENTO AL 19.10.2010 (ore 21,00)

ã

NOVITA' NEL SITO

EDILIZIA PRIVATALombardia, SCIA sì o SCIA no?
Dopo la circolare ministeriale e dopo il comunicato della Regione Lombardia, abbiamo le idee più chiare: in materia edilizia LA SCIA NON ESISTE!! E manco un commento dottrinario, che gira in internet, perviene alla determinazione contraria ...
Pertanto, abbiamo predisposto, col contributo fondamentale dell'Avv. Mario Viviani, un fac-simile di ordinanza per inibire i lavori edilizi semmai fosse presentata la Scia all'UTC ovvero per sospendere i lavori eventualmente già iniziati.
Ovviamente, il suddetto modulo è modificabile a piacimento e, nondimeno, perfezionabile qualora pervenissero contributi modificativi e/o integrativi del testo, anche a seguito di discussioni in merito.
Comunque, siamo in Italia e, per quanto già successo recentemente sulla definizione lombarda dell'intervento di "ristrutturazione edilizia" -intesa come demolizione/ricostruzione- ove il TAR Milano ha rimesso alla Consulta il rito lombardo svincolato dal rispetto della sagoma
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 07.09.2010 n. 5122), attendiamo quanto prima che il TAR Lombardia si pronunzi in merito per avere certezze una volta per tutte: la Scia ha davvero sostituito la DIA edilizia o no?
19.10.2010 - LA SEGRETERIA PTPL

NEWS

INCENTIVO PROGETTAZIONEE' Legge il ripristino al 2% dell'incentivo alla progettazione interna agli uffici pubblici.
Stasera, la Camera dei Deputati ha approvato definitivamente il "Disegno di legge: S. 1167-B/bis. - "Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro" (rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica a norma dell'articolo 74 della Costituzione, approvato, con modificazioni, dalla Camera e modificato dal Senato) (C. 1441-quater-F)".
Questo il comunicato sul sito della Camera:
19/10/2010
Approvato il disegno di legge sulle norme sul lavoro.
La Camera, pronunziandosi su di una domanda di autorizzazione a procedere in giudizio, ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione, nei confronti del deputato Pietro Lunardi nella sua qualità di ministro delle infrastrutture e trasporti pro-tempore. (Doc. IV-bis, n. 1-A), ha approvato la proposta della Giunta di restituire gli atti all'autorità giudiziaria.
Successivamente
l'Assemblea ha respinto la questione pregiudiziale Lenzi ed altri n. 1 presentata al disegno di legge, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, approvato, con modificazioni, dalla Camera e modificato dal Senato, recante deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro (C. 1441-quater-F). Dopo la trattazione degli ordini del giorno, il provvedimento è stato approvato in via definitiva.
Ora aspettiamo la promulgazione e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

GIURISPRUDENZA

PUBBLICO IMPIEGOIl dipendente che non sta bene può tornare a casa su consiglio colleghi.
Il dipendente che non sta bene può tornare a casa, annunciando l’allontanamento anche solo ai colleghi. L’azienda non lo potrà considerare assente ingiustificato, né tanto meno licenziarlo per giusta causa.
Lo rileva la Cassazione nel bocciare il ricorso di un’azienda che aveva licenziato in tronco un suo operaio colpevole, a suo dire, di essere tornato a casa abbandonando il posto di lavoro senza avvisare il datore di lavoro. Non che il collega abbia licenza di “concedere permessi”, ma l’allontanamento dal posto di lavoro deve ritenersi “giustificato su un piano di buona fede” ... (Corte di Cassazione, Sez. lavoro, sentenza 14.10.2010 n. 21215 - link a www.litis.it).

VARILe targhe di studi professionali non sono assoggettate all'imposta di pubblicità.
La targa che identifica la sede dello studio professionale non paga l’imposta di pubblicità.

La sezione tributaria della Corte di Cassazione ha fatto luce, con la sentenza n. 16722/2010, sull’assoggettamento all’imposta di pubblicità delle targhe indicanti lo studio del professionista.
La Suprema Corte nei motivi della decisione traccia la disciplina applicabile alle targhe di studi professionali, interpretando la normativa italiana alla luce di quella comunitaria.
In primis afferma, in conformità ad un indirizzo interpretativo già espresso in passato con riferimento al previgente D.P.R. n. 639/1972, che sono da considerare mezzi pubblicitari, e sono quindi assoggettate al tributo, le targhe e le insegne che rechino dei messaggi pubblicitari tali da sollecitare la domanda di beni e servizi.
Chiarisce, però, che se è pur vero che le targhe e le insegne sono in linea di principio assoggettate a tributo, il comma 1-bis dell’art. 17 del D.Lgs n. 507/19931 pone un paletto, stabilendo che l’imposta sulla pubblicità non è dovuta “……per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati”.
La Cassazione fa notare a riguardo che la norma di esenzione in esame indica come esenti le “attività commerciali” e quelle di “produzione di beni o servizi” e sembra quindi riferibile, in senso letterale, alle attività esercitate dall’imprenditore ... (Corte di Cassazione, Sez. civile tributaria, sentenza 07.10.2010 n. 16722 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATAConcessione edilizia. L’annullamento non necessita specifica motivazione sul pubblico interesse.
L’annullamento di una concessione edilizia non necessita di una espressa e specifica motivazione sul pubblico interesse, configurandosi questo nell’interesse della collettività al rispetto della disciplina urbanistica (cfr. Sez. IV, 31.05.2007 n. 2805, Sez. V, 19.06.2009 n. 4053) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 06.10.2010 n. 7342 - link a www.litis.it).

PUBBLICO IMPIEGOSpetta il compenso per ferie non godute se l’impedimento non è imputabile al dipendente.
Anche nel settore dell’impiego pubblico non contrattualizzato, il mancato godimento delle ferie, non imputabile all’interesso non preclude di suo l’insorgenza del diritto alla percezione del compenso sostitutivo.
Si tratta infatti di un diritto che per sua natura prescinde dal sinallagma prestazione lavorativa/retribuzione che governa il rapporto di lavoro subordinato e non riceve, quindi, compressione in presenza di altra causa esonerativa dall’effettività del servizio (nella specie collocamento in aspettativa per malattia) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 05.10.2010 n. 7295 - link a www.litis.it).

AGGIORNAMENTO AL 18.10.2010

ã

QUESITI & PARERI

EDILIZIA PRIVATA: Beni paesaggistici: nuove superfici o volumi non percepibili non sono soggetti ad accertamento di compatibilità paesaggistica.
Violazioni paesaggistiche, il Mi.B.A.C. risponde al quesito ANCI. Gli interrogativi dei Comuni relativi all'art. 167 del Codice del paesaggio.
E' arrivata la risposta (nota 13.09.2010 n. 16721 di prot.) del Ministero per i Beni e le attività culturali al quesito 14.12.2009 n. 421 di prot. posto tramite ANCI nazionale su alcune questioni relative al procedimento per l'accertamento della compatibilità paesaggistica.
Un parere, quello ministeriale, che risulta di indubbio interesse per le amministrazioni comunali e per i professionisti che curano istanze di sanatoria edilizia e paesaggistica.
Il quesito posto era relativo all'interpretazione dell'art. 167, comma 4, lett. a), del Codice dei beni culturali e del paesaggio che, in tema di autorizzazione paesaggistica in sanatoria, prevede che "l'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità (...) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati".
Si chiedeva, in particolare, l'esatto significato delle espressioni "superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati", ipotizzando una soluzione che collegasse l'accertamento della compatibilità paesaggistica a criteri estetici e visivi (propri della normativa di tutela del paesaggio), piuttosto che a parametri quali quelli dell'art. 167, comma 4, che potrebbero indurre a effettuare verifiche di tipo urbanistico anziché valutazioni rigorosamente paesaggistiche.
Una indicazione, quella fornita dall'Associazione dei comuni, che "appare nella sostanza condivisibile" a parere del Ministero, secondo cui occorre privilegiare un'interpretazione "coerente -si legge nel parere- con le sempre più avvertite e pressanti esigenze di semplificazione e di attenta proporzionalità nel commisurare la risposta sanzionatoria dell'ordinamento all'effettiva portata lesiva del bene protetto propria dell'abuso commesso".
Entrando maggiormente nello specifico del comma 4, la disposizione subordina la sanabilità dell'intervento al presupposto negativo che questo non abbia determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l'aumento di quelli legittimamente realizzati, ma secondo la risposta del Ministero, l'Ufficio procedente prima ancora di verificare la sussistenza di questo presupposto deve chiedersi se il fatto portato alla sua attenzione presenti o meno rilevanza paesaggistica, sotto il profilo della percepibilità della modificazione apportata.
"Ove addirittura l'incremento di volume o di superficie (che dovrà per forza di cose essere di lieve entità) non risulti neppure visibile -si legge nella risposta- allora dovrà evidentemente ritenersi insussistente in radice l'illecito e la domanda di sanatoria dovrà, dunque, essere dichiarata inammissibile (...) per non essere dovuta 'a monte' la stessa autorizzazione paesaggistica, in presenza di un intervento obiettivamente incapace di introdurre "modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione", in quanto oggettivamente non percepibile" (commento tratto da www.ancitoscana.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Durante la fase sperimentale del SISTRI quali sanzioni saranno in vigore? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: In seguito alla proroga con decreto ministeriale del 28.09.2010 come funzionerà il SISTRI fino a novembre? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: L’istanza di rinnovo dell’autorizzazione allo spandimento di fanghi biologici può proporsi immediatamente prima della scadenza, senza rispettare alcun termine? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Per quale ragione è stato prorogato il termine di consegna dei dispositivi usb relativi al sistema SISTRI? (link a www.ambientelegale.it).

UTILITA'

SICUREZZA LAVORO: Tutto sulle Gru a torre e sui DPI anticaduta.
La Regione Veneto ha attivato una Campagna Straordinaria di Formazione in Sicurezza on-line attraverso il sito internet “Viversicura”, appositamente realizzato.
Sul sito sono disponibili approfondimenti inerenti la salute e sicurezza sul lavoro nei diversi settori merceologici.
In particolare con riferimento al comparto edile si segnalano due interessanti documenti:
- Gru a torre: riferimenti normativi, elementi dell’apparecchio, dispositivi di sicurezza, installazione apparecchio, segnaletica, utilizzo dell’apparecchio, dispositivi di protezione individuale (d.p.i.), sollevamento persone;
- DPI e sistemi anticaduta: normativa, generalità, elementi di un sistema, ancoraggi, linee flessibili e rigide (link a www.acca.it).

SICUREZZA LAVORO: Stress Lavoro Correlato: le indicazioni di Confindustria Udine.
Il termine entro il quale i datori di lavoro devono effettuare la valutazione dei rischi connessi allo stress lavoro correlato, aggiornando conseguentemente il documento di valutazione dei rischi, è stato rinviato al 31.12.2010, a causa della mancata emanazione delle linee di indirizzo della Commissione Consultiva Permanente (previste dall'art. 6 del D.Lgs. 81/2008).
Tale valutazione dovrà essere comunque effettuata entro il 31.12.2010, anche in assenza delle suddette linee guida.
Confindustria Udine ha elaborato indicazioni metodologiche utili ai datori di lavoro per adempiere agli obblighi di valutazione dei rischi collegati allo stress lavoro correlato entro la scadenza del prossimo 31.12.2010, anche in assenza delle suddette linee di indirizzo.
La metodologia proposta nel documento allegato ripercorre modalità di valutazione consolidate e le applica con particolare riferimento alla presenza del fattore stress lavoro correlato, considerato quale elemento incrementale di rischi già presenti o elemento generatore di nuovi rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA - VARI: Prima Casa? IVA al 4% sulla primo box, al 10% sul secondo.
Le agevolazioni per l’acquisto della “prima casa” spettano anche per l’acquisto delle pertinenze dell’abitazione principale, cioè dei locali destinati ad uso accessorio, con alcune limitazioni.
Nel caso di un’abitazione con più pertinenze, siano esse cantine, magazzini e locali di deposito (C2) oppure rimesse, autorimesse, stalle scuderie (C6) o tettoie (C7) la normativa vigente prevede che sulla prima delle pertinenze acquisite (per ciascuna categoria) l’IVA dovuta sia al 4% mentre sulle successive al 10% in luogo dell’aliquota ordinaria pari al 20%.
Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione 94/E del 05.10.2010, relativa al caso di una “cessione” di un immobile abitativo, oggetto di agevolazione prima casa, e di due pertinenze censite come C6 (autorimesse).
Si chiedeva all’Agenzia quale aliquota andasse applicata all´operazione in esame, se quella del 20% prevista, in via generale, in caso di cessione di beni strumentali per natura, oppure del 10% prevista per gli immobili abitativi, i parcheggi realizzati ai sensi della legge Tognoli e le porzioni di fabbricato recuperate e cedute dalla stessa impresa che ha svolto i lavori.
L´Agenzia delle Entrate ha risposto che il "bene servente" può essere considerato una "proiezione del bene principale", assumendone la stessa natura.
In pratica, il garage viene "attratto" dall’appartamento e acquisisce la classificazione di immobile a uso abitativo: di conseguenza, la sua cessione sconta l´IVA al 10 %, in luogo di quella ordinaria al 20%.
Pertanto, nell´ipotesi descritta, la riduzione d´imposta non raggiunge quella più consistente (aliquota IVA del 4%) prevista per l´acquisto della prima casa (perché a goderne è soltanto la prima pertinenza della stessa categoria), ma è corretto applicare l´aliquota del 10% (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA - VARI UNI - nuova norma sull´illuminazione di emergenza degli edifici.
L’Ente nazionale italiano di Unificazione ha emanato una nuova norma sull´illuminazione di emergenza degli edifici: "Luce e illuminazione - Impianti di illuminazione di sicurezza negli edifici - Procedure per la verifica periodica, la manutenzione, la revisione e il collaudo".
Si tratta della nuova edizione della norma UNI CEI 11222:2010 che sostituisce l'edizione del 2006 e specifica le procedure di verifica periodica, manutenzione, revisione e collaudo degli impianti per l´illuminazione di sicurezza negli edifici.
La UNI CEI 11222 elenca una serie di verifiche periodiche necessarie per controllare lo stato di funzionamento dell´impianto: dalla verifica generale dell´efficienza degli apparecchi di sicurezza e del rispetto dei requisiti illuminotecnici di progetto, alle verifiche di funzionamento e di autonomia dell´impianto.
Un capitolo a parte è dedicato alla manutenzione periodica che consiste in una serie di operazioni programmate eseguite da personale qualificato.
La norma prevede, inoltre, un processo di revisione dell'impianto dopo un certo periodo di esercizio.
Le due Appendici, infine, riportano le schede esemplificative del registro delle verifiche periodiche (identificazione degli apparecchi, verifica funzionale, manutenzione dell´impianto ecc.) e i riferimenti legislativi (link a www.acca.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

ENTI LOCALI - VARI: G.U. 15.10.2010 n. 242 "Regolamento recante la disciplina degli onorari, delle indennità e dei criteri di rimborso delle spese per le prestazioni professionali dei dottori commercialisti e degli esperti contabili" (D.M. 02.09.2010 n. 169).

APPALTI SERVIZI: G.U. 12.10.2010 n. 239 "Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a norma dell’articolo 23 -bis , comma 10, del decreto-legge 25.06.2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 06.08.2008, n. 133" (D.P.R. 07.09.2010 n. 168).

EDILIZIA PRIVATA: Istituzione delle commissioni regionali per i beni paesaggistici in attuazione del comma 1 dell'art. 78 della L.R. 11.03.2005, n. 12 "Legge per il Governo del Territorio" (deliberazione G.R. 06.10.2010 n. 572).

NOTE, CIRCOLARI E COMUNICATI

EDILIZIA PRIVATASegnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) - Art. 49, commi 4-bis e seguenti, della Legge n. 122/2010 (Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori, Paesaggistici e Conservatori, nota 14.10.2010 n. 821 di prot.).

SEGRETARI COMUNALI E PROVINCIALI: COMUNICATO STAMPA ARAN 13.10.2010: CCNL dei segretari comunali e provinciali.
Siglata questa mattina dall’Aran e da tutte le Organizzazioni sindacali l’ipotesi di contratto nazionale di lavoro dei segretari comunali e provinciali. L’accordo è relativo al quadriennio normativo 2006-2009 ed al primo biennio economico 2006-2007 e riguarda circa 4mila500 unità.
La parte normativa dell’ipotesi prevede nuove regole in materia di sanzioni disciplinari coerentemente alle previsioni del decreto Brunetta. Gli aumenti stipendiali previsti sono pari a 243,00 euro medi mensili per le fasce A e B, e a 197 euro per la fascia C, a decorrere dall'01.02.2007.
Il commissario Antonio Naddeo, nel dichiararsi soddisfatto per la firma dell’accordo ha affermato: ”sono fiducioso di giungere, quanto prima, alla sigla anche del secondo biennio economico 2008-2009 -ed ha assicurato- mi adopererò in tal senso, in modo che potrà così concludersi, finalmente, tutta la tornata contrattuale 2006-2009” (link a www.aranagenzia.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Art. 12 del Decreto legge n. 78 del 31.05.2010 convertito con modifiche nella Legge 30.07.2010 - Interventi in materia pensionistica.
NUOVE NORME IN MATERIA PENSIONISTICA: L'INPDAP FA IL PUNTO.
Con la circolare 08.10.2010 n. 18, l'INPDAP ha fornito ulteriori e più precisi ragguagli in merito alle nuove disposizioni in materia pensionistica introdotte dalla recente manovra economica del Governo (art. 12, Legge 122/2010).
RIPRENDENDO E AMPLIANDO QUANTO GIA’ ILLUSTRATO NELLE DUE PRECEDENTI NOTE OPERATIVE DIRAMATE SU TALE ARGOMENTO (rispettivamente l’11.06.2010 n. 7627 di prot. ed il 03.08.2010 n. 10560 di prot.), l'INPDAP CHIARISCE LA PORTATA APPLICATIVA DI ALCUNI ISTITUTI, TRA CUI RICORDIAMO:
- lo slittamento delle decorrenze dei trattamenti pensionistici di anzianità e di vecchiaia a partire dall’01.01.2011 (C.D. “FINESTRE MOBILI”);
- l'adeguamento automatico e generalizzato dei requisiti per il diritto alla pensione a decorrere dall'01.01.2015, per effetto dell'incremento della “SPERANZA DI VITA”;
- l'innalzamento obbligatorio a 65 anni dell'età pensionabile delle donne nel pubblico impiego a decorrere dall’01.01.2012;
- le nuove regole in materia di ricongiunzioni;
- il prolungamento del servizio fino alla data di decorrenza della pensione, per effetto delle “FINESTRE MOBILI”.
VIENE INVECE RINVIATO AD UNA SUCCESSIVA CIRCOLARE L’APPROFONDIMENTO RIGUARDANTE LE NUOVE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LIQUIDAZIONE (commi da 7 a 10 dell'art. 12 della L. 122/2010), TRA CUI QUELLA SULL’INTRODUZIONE DEI NUOVI CRITERI DI CALCOLO DELLA BUONUSCITA SECONDO LE REGOLE DEL T.F.R. A DECORRERE DALL’01.01.2011.

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: M. Bottone, S.C.I.A., La Strana Creatura Indubbiamente Aliena (LE PAROLE CHE NON TI HO DETTO) - 2^ parte.
---------------
Ringraziamo il Geom. Marcellino Bottone, di Piedimonte Matese (CE), per il contributo ricevuto.

EDILIZIA PRIVATA: F. Albanese, La SCIA non sostituisce la DIA regolata dal DPR 380/2001 (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: P. Diglio, Dalla Dia alla Scia: la segnalazione certificata di inizio attività (link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: S. Maini, I nuovi interventi edilizi “liberi”: il “nuovissimo” articolo 6 del Testo Unico dell’Edilizia (link a www.lexambiente.it).

APPALTI: In caso di mancata aggiudicazione di un appalto il danno risarcibile va sempre provato (link a www.mediagraphic.it).

APPALTI - ATTI AMMINISTRATIVI: I. Calcopietro, Risarcibile l'imprenditore leso nella propria immagine da provvedimento illegittimo dell'Amministrazione - Nota a TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenze 30.08.2010, nn. 31996 e 31994 (link a www.filodiritto.com).

AMBIENTE-ECOLOGIA: R. Bertuzzi, IL NUOVO SISTEMA DI TRACCIABILITÀ DEI RIFIUTI – RICADUTE OPERATIVE NELL’ATTIVITÀ DI CONTROLLO E ACCERTAMENTO DELLE VIOLAZIONI (link a www.lexambiente.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: O. Busi, Tecniche investigative e protocolli operativi di P.G. nei reati ambientali (link a www.lexambiente.it).

APPALTI: R. Politi, Il contenzioso in materia di appalti: dal recepimento della Direttiva ricorsi al Codice del processo amministrativo (link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: M. Simonetto, Attribuzione degli oneri della sicurezza negli appalti pubblici di servizi e forniture (link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: C. Rapicavoli, DURC – Documento Unico di Regolarità Contributiva - Validità temporale - Circolare del Ministero del Lavoro n. 35/2010 dell'08.10.2010 (link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: C. Rapicavoli, Lo Sportello Unico per le attività produttive e le Agenzie per le imprese. D.P.R. 07.09.2010 n. 160 e D.P.R. 09.07.2010 n. 159 (link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: N. D'Angelo, Modifica di destinazione d'uso: titoli abilitativi e trattamento sanzionatorio (Ufficio Tecnico n. 9/2010).

EDILIZIA PRIVATA: E. Montini, L'applicabilità alla materia edilizia della Segnalazione Certificata d'Inizio Attività (Ufficio Tecnico n. 9/2010).

APPALTI: E. De Falco, Contratti pubblici: fasi delle procedure di affidamento - Commento all’art. 11 «Fasi delle procedure di affidamento» del D.leg.vo 163/2006 come modificato dal d.lgs. 20.03.2010 n. 53 (Quaderni di legislazione tecnica n. 3/2010).

GIURISPRUDENZA

APPALTI SERVIZI: Sulla ratio di cui al c. 15-quater dell'art. 113 t.u.e.l. e differenze con il c. 9 dell'art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, conv. dalla l. n. 133 del 2008.
La ratio di cui al c. 15-quater dell'art. 113 t.u.e.l. dell'esonero delle prime gare dall'applicazione del divieto cristallizzato dal c. 6, risiede nell'esigenza di consentire alle imprese affidatarie, in virtù di affidamenti diretti, che si erano date una struttura per porsi in concorrenza sul libero mercato, di non dissipare i notevoli investimenti cui avevano dato luogo.
Posto, infatti, che a regime tali imprese non possono godere, in virtù dei principi comunitari in materia di tutela effettiva della concorrenza e di apertura reale del mercato, della contestuale possibilità di ottenere affidamenti diretti e di partecipare a gare in libero mercato, si è reputato che l'immediata esclusione dei soggetti in parola dalle gare indette dalle amministrazioni per le quali erogavano i servizi oggetto della gara, avrebbe creato una improvvisa soluzione di continuità, foriera di una disparità di trattamento alla rovescia, con la cancellazione ex abrupto degli investimenti effettuati proprio nell'ambito territoriale di riferimento.
E' ragionevole, quindi, nell'ambito di discrezionalità che gli compete, che il legislatore, statale e regionale, abbia previsto il termine in questione, al fine di consentire alle imprese, operanti in virtù di precedenti affidamenti diretti, di riorganizzarsi per competere nei rispettivi ambiti di interesse.
Tale ratio consente di limitare l'eccezione ai soli casi in cui vi sia una perfetta identità territoriale, oltre che settoriale, dell'oggetto della gara e del previo affidamento diretto. Di qui la non operatività di detto regime transitorio di favore per le gare indette da un Comune diverso da quelli presso i quali la società in esame gode di affidamenti diretti.
A sostegno dell'assunto vi è anche la considerazione sistematica della portata derogatoria di detta disposizione rispetto ai principi comunitari contrari all'alterazione delle dinamiche concorrenziali innescata dalla possibilità che un'impresa possa lucrare della rendita di posizione insita in un affidamento anti-competitivo al fine di concorrere in altri contesti territoriali o settoriali.
La dizione letterale del c. 15-quater, dell'art. 113 t.u.e.l. si incentra sull'enunciato: "...le prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara", dunque non genericamente "servizi identici" o "analoghi": ciò lascia intendere che i servizi messi a gara devono essere, perché operi la deroga, proprio quelli che le società fornivano all'amministrazione che ha indetto la gara. Inoltre, l'enunciato normativo collega implicitamente in un unico "insieme" i concetti di "prime gare", "servizi forniti" e "società partecipanti alla gara".
Costrutto ben diverso da quello successivamente esibito dal c. 9 dell'art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 conv. dalla l. n. 133 del 2008, modificato dall'art. 15, c. 1, lett. d), del d.l. n. 135 del 2009 convertito dalla l. n. 166 del 2009: "I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti", in cui il riferimento a "tutto il territorio nazionale" e alla "prima gara successiva alla cessazione del servizio" designa un diverso punto di rilevanza ermeneutica: quello dell'impresa affidataria.
Del resto, il carattere derogatorio, dunque eccezionale, della norma, ne impone una interpretazione restrittiva. La sua ragion d'essere è plausibilmente quella di evitare che le società che forniscono servizi ad un'amministrazione ed hanno pertanto acquisito esperienza "sul territorio" siano automaticamente estromesse dalle gare per l'affidamento concorrenziale di quei servizi: non già, invece, quello di elargire agli attuali affidatari diretti una moratoria generalizzata a tutte le prime gare rispetto al termine dell'01.01.2007.
Tutti questi elementi inducono ad affermare che la deroga deve intendersi ristretta alle società che gestivano i servizi oggetto della gara con affidamento diretto da parte dell'amministrazione che la indice.
Pertanto, nel caso di specie, è legittima l'esclusione disposta dal comune, posto che per l'ente locale la gara indetta non era la prima successiva alla cessazione del regime di affidamento diretto e che, all'atto dell'indizione della gara, la società godeva di persistenti affidamenti diretti in altri ambiti territoriali (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.10.2010 n. 7401 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Art. 90 D.P.R. n. 554/1999 - Prezzo o ribasso - Indicazione in lettere e in cifre - Discordanza - Discordanza tra ribasso e prezzo complessivo.
La lettera e la ratio della norma di cui all'art. 90 del D.P.R. n. 554/1999, nella parte in cui stabilisce la prevalenza del ribasso percentuale indicato in lettere, essendo improntata ad un'esigenza di conservazione, non consente di limitarne l'operatività ai soli casi di discordanza tra cifra e lettera del prezzo o del ribasso, venendo tale prescrizione in rilievo anche in caso di discordanza tra ribasso e prezzo complessivo (Cons. Stato, Sez. V, 13.06.2008, n. 2976) (TAR Toscana, Sez. II, sentenza 12.10.2010 n. 6450 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Edificazione - Indici di densità - Densità territoriale e densità fondiaria - Nozione.
L’edificazione di aree è condizionata quantitativamente, nello strumento urbanistico, dagli indici di densità.
Tra questi, la densità territoriale indica la quantità massima di volumi realizzabili in una zona territoriale omogenea, ovvero un comprensorio di terreno caratterizzato da una medesima qualità urbanistica, mentre la densità fondiaria indica il volume massimo realizzabile su uno specifico lotto, in funzione della prima.
Cessione di cubatura - Contratto di trasferimento - Conseguente inedificabilità - Qualità obiettiva del fondo - Opponibilità ai terzi - Certificato di destinazione urbanistica - Art. 30, c. 2 d.P.R. n. 380/2001.
La cubatura che un terreno esprime o possiede può essere alienata o ceduta indipendentemente dalla alienazione o dalla cessione del terreno medesimo, a determinate condizioni. Questo perché la cubatura (ossia la possibilità di edificare un determinato volume edilizio) pur se intrinsecamente collegata al terreno che la esprime, costituisce una utilità separata da questo, autonomamente valutabile e con una propria commerciabilità e patrimonialità.
La cubatura espressa dal terreno può dunque essere oggetto di un contratto di trasferimento con il quale il proprietario di un’area trasferisce a titolo oneroso parte delle sue possibilità edificatorie ad altro soggetto allo scopo di consentire a quest’ultimo di realizzare, nell’area di sua proprietà, una costruzione di maggiore cubatura, nel rispetto dell’indice di densità fondiaria.
L’area dalla quale la cubatura è stata sottratta diviene, per quella parte di cubatura alienata, inedificabile: e tale inedificabilità è una qualità obiettiva del fondo, che inerisce alla proprietà immobiliare e si trasferisce al trasferimento di questa, opponibile, dunque, anche ai terzi, sebbene la sua sussistenza non sia evincibile secondo il sistema della trascrizione immobiliare, non richiesta per la cessione in sé (fermo restando che, laddove necessaria per il negozio in seno al quale la cessione è pattuita, anche la relativa cessione risulterà dalla trascrizione).
Tuttavia, l’esistenza dell’asservimento deve risultare dal certificato di destinazione urbanistica dell’area, ex art. art. 30, comma 2, dpr 06.06.2001 n. 380.
Cessione di cubatura - Presupposti di legittimità - Omogeneità del’area territoriale - Contiguità territoriale - Condizione giuridica.
La legittimità della cessione di cubatura, ai fini dello sfruttamento della cubatura ceduta in un progetto edilizio da parte dell’acquirente, è legata a due condizioni e cioè la omogeneità dell’area territoriale entro la quale si trovano i due terreni (cedente la cubatura e ricevente la cubatura oggetto del contratto) e la contiguità dei due fondi.
Il primo requisito è volto ad assicurare che non si stravolgano le previsioni di piano, che sono legate alla rilevazione della volumetria esistente, in modo da determinare, secondo gli standard del DM 1444/1968, a quale tipologia di comparto edificabile appartiene l’area; se fosse ammessa la cessione di cubatura tra fondi aventi qualificazione urbanistica di ZTO differenti si otterrebbe che l’indice di densità territoriale potrebbe essere alterato o superato nei limiti massimi.
Il secondo requisito non è inteso dalla giurisprudenza come una condizione fisica (ossia contiguità territoriale) ma giuridica, e viene a mancare quando tra i fondi sussistano una o più aree aventi destinazioni urbanistiche incompatibili con l’edificazione.
In altri termini, è necessario che le stesse aree siano se non contigue almeno significativamente vicine, non potendosi accomunare sotto un regime urbanistico unitario aree ricadenti in zone urbanistiche non omogenee (TAR Campania, Napoli, VIII, 15.05.2008, n. 4549; Consiglio Stato, sez. V, 30.10.2003, n. 6734) (TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 12.10.2010 n. 4113 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Concessione edilizia - Impugnazione - Qualifica giuridica di proprietario di un bene immobile confinante - Legittimazione ed interesse al ricorso - Sussistenza.
In tema di impugnazione di concessione edilizia rilasciata per la costruzione di un nuovo edificio, la qualifica giuridica di proprietario di un bene immobile confinante deve di per sé ritenersi idonea a creare la legittimazione e l'interesse al ricorso, non occorrendo anche la verifica della concreta lesione di un qualsiasi altro interesse di rilevanza giuridica, riferibile a norme di diritto privato o di diritto pubblico (Tar Cagliari, 1375/2009; negli stessi termini, Cons. Stato, IV, 2849/2007) (TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 12.10.2010 n. 4108 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ricostruzione con varianti rispetto all’edificio preesistente - Rispetto delle distanze legali dagli edifici limitrofi - DM 1444/1968 - Necessità.
La ricostruzione che contempla varianti rispetto all’edificio preesistente deve sempre essere rispettosa delle distanze legali dagli edifici limitrofi prescritte dal D.M. 1444/1968 e dalle NN.TT.AA. (cfr. nello stesso senso Tar Genova, 3566/2009; Cass. civ., II, 22689/2009), venendo in rilievo prescrizioni rivolte a tutela di imprescindibili interessi pubblici quali quelli della salubrità, dell’igiene, della viabilità, che non possono naturalmente essere compressi in via convenzionale o in forza di una (illegittima, ancorché diffusa) prassi amministrativa (TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 12.10.2010 n. 4099 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Accordi amministrativi ex L. n. 241/19990 - Natura - Limiti - Titolarità del potere - Perseguimento dell’interesse pubblico attribuito alla cura dell’amministrazione - Fattispecie.
A prescindere dalla natura che voglia attribuirsi agli accordi amministrativi ex L. n. 2410/1990 -privatistica o pubblicistica- sussistono in ogni caso limiti insuperabili da tali atti: nella prospettiva pubblicistica l’esercizio di un potere presuppone pur sempre che il soggetto pubblico sia titolare di tale potere, dovendosi altrimenti affermare la radicale nullità dell'atto; nella prospettiva privatistica, che considera l'accordo alla stregua di un contratto, permane comunque in capo all'amministrazione pubblica il vincolo al perseguimento dell'interesse pubblico attribuito alla sua cura: l'utilizzo degli strumenti di diritto privato, quale espressione della capacità generale dell'ente pubblico, deve tuttavia essere giustificato in ragione della loro attinenza alle finalità curate dall'ente; e come il principio della capacità generale delle pubbliche amministrazioni (ex art. 11 c.c.) deve coordinarsi con il necessario rispetto del principio di legalità cui è soggetta anche l'attività di diritto privato della p.a. e che si traduce in un "vincolo di scopo" interno all'atto negoziale (nella specie, è stato ritenuto illegittima l’accordo amministrativo intervenuto tra il ricorrente ed il Comune, nella parte in cui imponeva al privato la compartecipazione alla realizzazione di infrastrutture in relazione ad un edificio che aveva già assolto il contributo agli oneri di urbanizzazione in sede di rilascio del permesso di costruire) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 12.10.2010 n. 4026 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZI: Sul divieto di partecipazione alle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale previsto dall'art. 14, c. 5, del d.lgs. n. 164/2000.
L'art. 14, c. 5, del d.lgs. n. 164/2000, impedisce la partecipazione alle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale "delle società, delle loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, che, in Italia o in altri Paesi dell'Unione europea, gestiscono di fatto, o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto, servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica".
Pertanto, nel caso di specie, la società aggiudicataria della concessione per la realizzazione della rete del gas dei centri abitati dei comuni appartenenti al Bacino avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura di gara di cui trattasi, avendo in affidamento diretto, mediante una controllata, il servizio di distribuzione del gas in un altro ente locale (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 12.10.2010 n. 2293 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Purché la disciplina urbanistica non impedisca l’efficienza della rete di telefonia mobile, l’ente locale può prevedere misure che disciplinino la localizzazione, per minimizzare l’esposizione dei cittadini e disciplinare in modo ottimale l’uso del territorio.
Con la recente decisione n. 1767 del 21.04.2008 il Consiglio di Stato ha nuovamente ribadito il principio in forza del quale i Comuni, nell’ambito della potestà regolatoria in materia di uso e tutela del territorio, possono adottare misure programmatorie per la localizzazione degli impianti per la telefonia mobile, in modo tale da minimizzare l’esposizione ai campi elettromagnetici dei cittadini residenti, anche in un’ottica di ottimale disciplina d’uso del territorio (TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. II 05.04.2006, n. 357; TAR Campania, Napoli, 13.09.2007, n. 75596; Cons. Stato, Sez. VI, 03.03.2001, n. 1017; TAR Toscana, Firenze, 19.09.2007, n. 2686; TAR Puglia, Lecce, 14.05.2007, n. 1901; Cons. Stato, Sez. VI 28.03.2007, n. 1431), e che tali manufatti sono compatibili con qualsiasi destinazione di PRG, in quanto opere di urbanizzazione.
Ne deriva che, purché la disciplina urbanistica comunale non impedisca od ostacoli l’insediamento e l’efficienza della rete, l’ente locale può prevedere, in via regolamentare, misure che disciplinino la localizzazione, per minimizzare l’esposizione dei cittadini e disciplinare in modo ottimale l’uso del territorio (Cons. Stato, Sez. VI, 21.04.2008, n. 1767; 03.06.2002, n. 3095; 20.12.2002, n. 7274; 10.02.2003, n. 673; 26.08.2003 n. 4841) (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 11.10.2010 n. 7944 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: Gli elementi invocabili a sostegno di un’offerta anormalmente bassa per essere ritenuti fondati, non devono risolversi in asserzioni meramente apodittiche.
Rammenta invero al riguardo la Sezione che l’insieme delle giustificazioni, che peraltro l’art. 87 del Codice annovera in maniera non tassativa, che un’impresa può addurre a suffragio della sua offerta indubitata di anomalia devono connotarsi per intrinseci caratteri di obiettività e riscontrabilità e possono consistere in specifiche modalità di prestazione del servizio, in originalità delle soluzioni proposte dall’offerente, in condizioni eccezionalmente favorevoli di cui egli goda o in eventuali agevolazioni fiscali o in aiuti di stato.
In ogni caso, giova ribadire, deve trattasi di elementi obiettivi, documentati e pertanto riscontrabili.
La giurisprudenza, del resto, ha già avuto modo di chiarire sul punto che gli elementi invocabili a sostegno di un’offerta anormalmente bassa per essere ritenuti fondati, non devono risolversi in asserzioni meramente apodittiche e/o fare generico riferimento a benefici fiscali e/o contributivi, a favorevoli condizioni di mercato (TAR Marche, 30.11.2009, n. 1427).
L’offerta dell’aggiudicataria, pertanto, essendo notevolmente inferiore, quanto ai servizi a richiesta, ai minimi fissati per la retribuzione oraria sia dal CCNL vigente per il personale impiegato negli istituti di vigilanza privata che da D.M. Lavoro 08.07.2009, infrange l’art. 87 del codice dei contratti, il quale stabilisce che "Non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge".
Sul punto la giurisprudenza predica la stessa inammissibilità delle giustificazioni con cui l’impresa tenti di motivare la violazione dei predetti minimi salariali, avendo condivisibilmente precisato che “In tema di offerte anormalmente basse, l'art. 87, d.lgs. 12.04.2006 n. 163, va interpretato nel senso che non può aversi l'allegazione da parte delle imprese partecipanti a gare pubbliche di giustificazioni sulla remuneratività dell'offerta riferite alle tariffe sul costo del lavoro, con la conseguenza che le p.a. non possono tenere conto di quelle eventualmente prodotte” (TAR Sicilia-Palermo, sez. II, 28.11.2007, n. 3223) (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 11.10.2010 n. 3730 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La mancata dichiarazione circa l'esistenza di condanne penali a carico di due rappresentanti legali della società incide, non già sugli effetti di tali condanne, ma sulla situazione di infedeltà, reticenza o inaffidabilità della società che ha dichiarato un fatto non vero (l'assenza di condanne) correlando, così, la propria offerta con un'attestazione falsa.
La società ricorrente in primo grado veniva esclusa dalla gara per non aver dichiarato, nella domanda di partecipazione, l'esistenza di condanne penali a carico di due rappresentanti legali della società, come accertato dall'amministrazione a seguito di verifiche effettuate presso il casellario giudiziario.
Secondo i giudici di Palazzo Spada, la mancata dichiarazione da parte della ricorrente in primo grado incide non già sugli effetti di tali condanne, ma sulla situazione di infedeltà, reticenza o inaffidabilità della società che, per motivi che non hanno rilievo di questa sede, ha dichiarato un fatto non vero (l'assenza di condanne) correlando così, la propria offerta, con un'attestazione falsa.
Pertanto, l’esclusione ha correttamente inciso sulla violazione degli obblighi dichiarativi perché l’attestazione allegata all'offerta risultava, di per sé, falsa e, comunque, non conforme al modello imposto dal bando, con la conseguenza di dover ritenere legittima l'esclusione dalla gara della società ricorrente, non potendo aver rilievo, nella fattispecie, l’indagine sui motivi che avevano indotto a sottacere tali condanne o l'insussistenza del dolo o della colpa (C.S. n. 4906/2009, n. 353/2002, n. 3183/2002) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.10.2010 n. 7349 - link a www.mediagraphic.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Rifiuti. Abbandono e nozione di titolare di impresa o responsabile di ente.
Ai fini della configurabilità del reato di abbandono di rifiuti cui all’art. 51, comma secondo, d.lgs. n. 22 del 1997 -ora art. 256, comma secondo, d.lgs. n. 152 del 2006 in continuità normativa- per titolare di impresa o responsabile di ente non deve intendersi solo il soggetto formalmente titolare dell'attività ma anche colui che eserciti di fatto l’attività imprenditoriale inquinante (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 07.10.2010 n. 35945 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Cantieri, coordinatore sempre obbligatorio in presenza di più imprese.
La normativa italiana in materia di salute e sicurezza nei cantieri trae origine dalla direttiva comunitaria 92/57/CEE, recepita inizialmente in Italia con il D.Lsg. 494/96 e successivamente confluita nel D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico Sicurezza).
Recentemente la Corte di Giustizia dell´Unione Europea è intervenuta con una sentenza sulla normativa italiana di recepimento della direttiva citata.
La sentenza verte su un procedimento penale avviato contro un committente a seguito di un’ispezione presso un cantiere edile per il rifacimento della copertura del tetto di una casa di abitazione ad un'altezza di circa 6-8 metri. Nella circostanza gli ispettori avevano rilevato che parapetto, autogru e manodopera erano forniti da tre imprese diverse presenti contemporaneamente nel cantiere e che il coordinatore della sicurezza non era stato designato.
Il rilascio di un permesso di costruire non era richiesto ai sensi della legislazione italiana.
Il Tribunale di Bolzano, nutrendo dubbi riguardo alle deroghe del diritto italiano in relazione all'obbligo di designare un coordinatore per la sicurezza, si rivolse all'UE.
Ora la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Sez. V, con sentenza 07.10.2010, ha affermato che il comma 1 dell’articolo 3 della direttiva 92/57/CEE esclude che una normativa nazionale consenta di derogare all’obbligo (del committente o del responsabile dei lavori) di nominare un coordinatore per la sicurezza, nel caso di un cantiere di lavori privati non soggetti a permesso di costruire e nel quale sono presenti più imprese.
Nella direttiva (articolo 3, paragrafo 1) non è ammessa alcuna deroga a tale obbligo e, pertanto, un coordinatore in materia di sicurezza e di salute deve essere sempre nominato, per qualsiasi cantiere in cui sono presenti più imprese, al momento della progettazione o, comunque, prima dell´inizio dei lavori, indipendentemente dalla circostanza che i lavori siano soggetti o meno a permesso di costruire ovvero che tale cantiere possa comportare rischi particolari.
Occorre precisare che la normativa italiana, già con la versione originaria del D.Lgs. 81/2008, ancor prima delle modifiche apportate con il D.Lgs. 106/2009, prevedeva la nomina del coordinatore in presenza di più imprese; l’unica deroga ammessa dal D.Lgs. 81/2008 (art. 90 comma 11), nella prima versione, era la possibilità di nominare, per i lavori privati, il coordinatore prima dell’esecuzione e non in fase di progettazione.
Con il D.Lgs. 494/1996, la nomina del coordinatore era invece obbligatoria in presenza di più imprese solo per lavori di entità superiore a 200 uomini-giorno o in presenza di rischi particolari.
La versione attualmente vigente del Testo Unico della Sicurezza (aggiornata dal D.Lgs. 106/2009) prevede la nomina del coordinatore contestualmente a quella del progettista con la possibilità, per i lavori privati di importo inferiore a 100.000 euro non soggetti a permesso di costruire, di nominare solo il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione che deve provvedere, prima dell’inizio dei lavori, a redigere P.S.C. e Fascicolo (link a www.acca.it).

APPALTI: L’indennizzo spettante al soggetto direttamente pregiudicato dalla revoca di in provvedimento va circoscritto al “danno emergente”.
Non pregiudica il diritto dell’impresa a conseguire il risarcimento del danno la clausola dell’avviso in cui si stabilisce che “la presentazione della proposta, peraltro, non vincola in alcun modo l’Amministrazione, nemmeno sotto il profilo della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c.; essa quindi resterà libera di decidere di realizzare l’opera in maniera diversa, senza cioè ricorrere al project financing, di non riconoscere il pubblico interesse nei confronti di tutte le proposte pervenute, di non dar corso alla successiva fase di aggiudicazione della concessione, ovvero di non realizzare l’opera, e ciò senza che i privati promotori possano nulla pretendere a qualsiasi titolo o ragione nei confronti di questo Comune”.
Detta clausola, come precisato dal TAR, deve considerarsi nulla ai sensi dell'art. 1355 c.c. (condizione meramente potestativa) poiché subordina qualsiasi responsabilità dell’Amministrazione alla mera volontà dell'amministrazione medesima (Cfr. la decisione di questa Sezione 07.09.2009 n. 5245; Cass. S.U. 16.10.2007 n. 8951).
Peraltro, la confermata legittimità del provvedimento di autotutela fa venire meno il presupposto su cui è stata fondata la domanda risarcitoria, costituito appunto dall'illegittimità provvedimentale.
Ciò comporta che l'amministrazione è tenuta a corrispondere il solo indennizzo ex art. 21-quinquies L. n. 241/1990, e non l'integrale risarcimento del danno.
Come è noto, fino ad epoca recente l’orientamento prevalente era nel senso di escludere qualsiasi indennizzo per il soggetto nei cui confronti intervenisse la revoca in modo legittimo di un precedente provvedimento amministrativo vantaggioso per il privato (V. la decisione di questo Consiglio, sez. VI, 06.06.1969, n. 266) o per lo meno un indennizzo veniva ammesso solo in casi particolari (V. Cass. S.U. 02.04.1959, n. 672).
Attualmente la materia è regolata dall’articolo 21-quinquies legge 07.08.1990, n. 241, aggiunto dall’art. 14 legge 11.02.2005, n. 15, ed integrato dal comma 1-bis introdotto dall’art. 13 D. L. 31.01.2007, n. 7, (convertito dalla legge 02.04.2007, n. 40), sulla cui base il presupposto dell’attribuzione dell’indennizzo a favore del soggetto che direttamente subisce il pregiudizio presuppone innanzitutto la legittimità del provvedimento di revoca (c.d. responsabilità della P.A. per atti legittimi), come nella fattispecie in esame, atteso che in caso di revoca illegittima subentra eventualmente un problema di risarcimento del danno (V. le decisioni di questo Consiglio, sez. V, 14.04.2008, n. 1667; sez. VI, 08.09.2009, n.5266).
Inoltre, non venendo in rilievo nel menzionato art. 21-quinquies un risarcimento del danno per responsabilità contrattuale, precontrattuale o extracontrattuale, ove la colpa del danneggiante è comunque essenziale salvo un diverso regime probatorio in relazione a ciascun tipo di responsabilità civile (V. le decisioni di questo Consiglio, sez. V, 20.10.2008, n. 5124; Sez. VI, 21.05.2009, n. 3144; Cass. Sez. Lav., 14.04.2008, n. 9817), non occorre neppure accertare la presenza di colpa nell’apparato amministrativo (Cfr. la decisione della Sezione 10.02.2010 n. 671) , contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante.
L’indennizzo spettante al soggetto direttamente pregiudicato dalla revoca di in provvedimento va circoscritto al “danno emergente”, come espressamente stabilito nel comma 1-bis dell’art. 21-quinquies L. n. 241/1990, ma nel danno emergente debbono essere indubbiamente incluse le spese di partecipazione alla procedura per lesione della pretesa a non essere coinvolto in trattative inutili (V. le decisioni di questo Consiglio, sez. IV, 04.10.2007, n. 5179; Sez. VI 21.05.2009, n. 3144).
Dette spese, che sono state indicate nel ricorso originario in euro 215.000,00, per essere rimborsabili debbono essere adeguatamente documentate, essere necessarie in relazione alla specifica procedura e rispettose dei correnti prezzi di mercato.
Sulle singole spese rimborsabili, che sono debiti di valore, spettano altresì la rivalutazione monetaria compete la rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, dalla data di effettuazione della spesa fino alla data di deposito della presente decisione; sulla somma così rivalutata si computeranno gli interessi legali calcolati dalla data di deposito della presente decisione fino all'effettivo soddisfo (Cfr. Cons. Stato, Sez, VI, 21.05.2009, n. 3144) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 06.10.2010 n. 7334 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Procedimento amministrativo - Accesso - Provvedimenti incidenti sulle libertà individuali - Limitazioni all’accesso - Art. 3, lett. a), d.m. n. 415/1994 - Interpretazione.
L’art. 3, lett. a), d.m. 10.05.1994 n. 415 -secondo cui sono sottratti ad accesso “relazioni di servizio ed altri atti o documenti presupposti per l’adozione degli atti o provvedimenti dell’autorità nazionale e delle altre autorità di pubblica sicurezza, nonché degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza, ovvero inerenti all’attività di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica o di prevenzione e repressione della criminalità, salvo che si tratti di documentazione che, per disposizione di legge o di regolamento, debba essere unita a provvedimenti o atti soggetti a pubblicità”- deve essere interpretata, soprattutto allorché i documenti di cui è chiesto l’accesso siano già stati utilizzati per l’adozione di provvedimenti amministrativi incidenti sulle libertà individuali, nel senso che la sottrazione all’accesso debba essere di volta in volta giustificata in relazione a specifiche e concrete esigenze di salvaguardia dell’ordine pubblico e di repressione della criminalità e specificamente in relazione alla tutela di “strutture, mezzi, dotazioni, personale e azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini”, come previsto dalla lett. c) dell’art. 24, comma 6, l. 07.08.1990 n. 241; se infatti la disposizione venisse interpretata in senso letterale potrebbe dubitarsi della sua legittimità in quanto si determinerebbe una sostanzialmente generalizzata sottrazione ad accesso di quasi tutti i documenti formati dall’amministrazione dell’interno con frustrazione delle finalità della l. n. 241/1990 (TAR Lazio Latina, 15.10.2009, n. 949) (TAR Lazio-Latina, Sez. I, sentenza 06.10.2010 n. 1653 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZI: Sulla identificazione giuridica di un servizio pubblico.
Sulla natura di servizio pubblico dell'attività di bonifica e messa in sicurezza di siti inquinati.

Per identificare giuridicamente un servizio pubblico, non è indispensabile a livello soggettivo la natura pubblica del gestore, mentre è necessaria la vigenza di una norma legislativa che, alternativamente, ne preveda l'obbligatoria istituzione e la relativa disciplina oppure che ne rimetta l'istituzione e l'organizzazione all'amministrazione.
Oltre alla natura pubblica delle regole che presiedono allo svolgimento delle attività di servizio pubblico e alla doverosità del loro svolgimento, è ancora necessario, nella prospettiva di una definizione oggettiva della nozione, che le suddette attività presentino un carattere economico e produttivo (e solo eventualmente costituiscano anche esercizio di funzioni amministrative) e che le utilità da esse derivanti siano dirette a vantaggio di una collettività, più o meno ampia, di utenti (in caso di servizi divisibili) o comunque di terzi beneficiari (in caso di servizi indivisibili).
Le coordinate qualificatorie del servizio pubblico ben si attagliano al caso delle attività di bonifica e di messa in sicurezza dei siti inquinati disciplinate dall'art. 242 del D.Lgs. 03.04.2006, n. 152. Difatti le procedure di messa in sicurezza e di bonifica sono obbligatorie ex lege al ricorrere di determinati presupposti di fatto, sono disciplinate da fonti di rango primario, sono svolte (anche) a favore di una collettività indeterminata di beneficiari (gli abitanti di una zona inquinata), mirano al perseguimento di un interesse pubblico (alla salubrità ambientale e al ripristino del bene-interesse violato dagli inquinamenti) e, infine, consistono in attività produttive e di rilievo economico.
La circostanza che per tali attività non sia prevista l'erogazione di un corrispettivo da parte dei beneficiari (come si verifica invece per la normale attività di depurazione) non inficia i riferiti connotati dell'attività quale attività di servizio pubblico e ciò perché, in via generale, la previsione di un corrispettivo (così come di un profitto del gestore del servizio) non è essenziale sul piano della qualificazione giuridica delle attività di servizio pubblico; inoltre, dal punto di vista strettamente economico, l'utilità dei soggetti tenuti alla messa in sicurezza e alla bonifica di siti inquinati è all'evidenza rappresentata dal vantaggio che costoro (o i loro danti causa) hanno conseguito precedentemente attraverso la socializzazione dei costi (id est l'inquinamento) relativi a oneri del processo produttivo (ossia quelli connessi al corretto smaltimento degli agenti inquinanti) che sarebbero dovuti rimanere a carico delle stesse imprese inquinatrici: attraverso le procedure di bonifica e messa in sicurezza tali costi vengono nuovamente internalizzati, peraltro in misura inferiore al vantaggio ottenuto dalle imprese obbligate (non essendo integralmente risarciti i danni, individuali e collettivi, alla salute medio tempore verificatisi).
Nel caso di specie, per di più, le acque emunte dalle falde sotterranee sono state comunque trattate, sia pur provvisoriamente, nell'ambito del normale funzionamento del servizio di convogliamento e di depurazione dei reflui, non soltanto industriali, svolto dalla struttura consortile e, quindi, rientrano a tutti gli effetti nell'oggetto di quel servizio (C.G.A.R.S., sentenza 06.10.2010 n. 1266 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Registro di protocollo - Natura di atto pubblico - Fede privilegiata - Contestazione della veridicità - Querela di falso.
Il registro di protocollo, quale documento formato, tenuto e conservato dagli uffici di una pubblica amministrazione, quanto ai dati da esso recati e alle informazioni riportate, ha natura di atto pubblico, per cui, in ragione della fede privilegiata di tale documento, l’eventuale contestazione della veridicità delle attestazioni in esso descritte e quindi dell’affidabilità della prova documentale non può non avvenire a mezzo dello strumento della querela di falso, di cui all’art. 221 e ss. c.p.c. (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 05.10.2010 n. 7309 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Il dovere di soccorso istruttorio e il generale favore per la partecipazione trovano un limite invalicabile nell'esigenza di garantire la "par condicio" dei concorrenti.
Nelle procedure di gara il dovere di soccorso istruttorio e il generale favore per la partecipazione trovano un limite invalicabile nell’esigenza di garantire la “par condicio” dei concorrenti.
È, infatti, indubbio che il principio della “par condicio” risulterebbe platealmente violato se le opportunità di regolarizzazione, chiarimento o integrazione documentale, si traducessero in occasione di aggiustamento postumo di irregolarità gravi e non sanabili, cioè in espediente per eludere le conseguenze associate dalla legge o dal bando all’inosservanza di prescrizioni tassative, imposte a tutti i concorrenti a pena di esclusione (Consiglio Stato, sez. IV, 26.11.2009, n. 7443).
Nella fattispecie, il cronoprogramma era sicuramente un documento fondamentale ai fini della valutazione dei progetti la cui produzione doveva avvenire a pena di esclusione entro i termini decadenziali di presentazione delle domande ai sensi del bando (TAR Campania-Napoli, Sez. III, sentenza 04.10.2010 n. 17582 - link a www.mediagraphic.it).

EDILIZIA PRIVATA: Linea ferroviaria - Fascia di rispetto di 30 metri - Art. 49 d.P.R. n. 753/1980 - Derogabilità - Autorizzazione delle Ferrovie.
La distanza minima di mt. 30 dalla linea ferroviaria prescritta dall’art. 49 del DPR n. 753/1980 è stabilita per ragioni di sicurezza, derogabili, su autorizzazione delle Ferrovie solo quando, secondo una valutazione tecnico-discrezionale, la concreta situazione, in relazione alla natura dei terreni ed alle particolari circostanze che caratterizzano il luogo, lo consenta, garantendo comunque la sicurezza e la conservazione della ferrovia (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 04.10.2010 n. 6430 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Messa a dimora di piante autoctone - Ipotesi di pregiudizio del paesaggio - Occultamento di un punto di vista panoramico - Interventi di ripristino della fruibilità.
Se la messa a dimora di piante autoctone è nella gran parte dei casi insuscettibile di pregiudicare un paesaggio nel quale fisiologicamente si inseriscono, nel caso in cui determini (come nella specie, nella quale, è stata realizzata una lunga, elevata e fitta barriera di sempreverdi) l’occultamento totale di un punto di vista panoramico accessibile al pubblico, sussistono quei presupposti di sensibile e non meramente temporanea alterazione di un valore tutelato che possono giustificare, nell’ambito dell’esercizio di poteri di natura tecnico-discrezionale, non sindacabili nel merito, interventi volti al ripristino della fruibilità del punto di vista dal quale si gode lo spettacolo delle bellezze panoramiche (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 04.10.2010 n. 6427 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Lo scopo dell'art. 38, c. 1, lett. m-ter) del d.lvo 12.04.2006, n. 163, è quello di escludere dagli appalti pubblici gli imprenditori che non hanno avuto il coraggio di denunciare i fatti commessi in loro danno.
L'art. 38, c. 1, lett. m-ter) d.lvo 12.04.2006, n. 163, (lett. inserita con la l. 15.07.2009, n. 94), si applica ai soggetti elencati alla lett. b), i quali devono essere esclusi dalle gare nel caso in cui non abbiano denunciato all'autorità giudiziaria di essere stati vittime dei reati di concussione (art. 317 c.p.) o estorsione aggravata (art. 629 c.p.). Scopo della norma è dunque quello di escludere dagli appalti pubblici gli imprenditori onesti che non hanno avuto il coraggio di denunciare i fatti commessi in loro danno.
In altre parole, la causa di esclusione opera con riferimento a imprenditori "puliti" che non hanno denunciato, pur non avendo nulla a che fare con la criminalità organizzata; l'ipotesi in questione, infatti, rimane assolutamente distante e distinta rispetto a tutte quelle forme di concorso o connivenza tra imprenditori e associazioni criminali.
La rilevanza dell'omissione della denuncia di reati è di certo funzionale al contrasto del fenomeno criminale mafioso, ma mira a garantire la libera concorrenza e trasparenza nel settore dei pubblici appalti, considerando inaffidabile il contraente che non abbia denunciato le illecite richieste subite dalla criminalità organizzata.
Del resto nei protocolli di legalità sottoscritti tra enti aggiudicatori e stazioni appaltanti è reso evidente come l'obbligo di denuncia di ogni tentativo di estorsione, intimidazione o condizionamento di natura criminale sia funzionale a garantire la parità di trattamento e la trasparenza negli appalti pubblici (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 04.10.2010 n. 5269 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Sui presupposti necessari per far ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara (ex art. 57 del d.lvo n. 163/2006).
L'art. 57 del d.lvo n. 163 del 2006, le stazioni appaltanti possono aggiudicare contratti pubblici mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, dandone comunque adeguata motivazione nella delibera o determina contrarre, nel caso in cui (c. 2, lett. b) "per ragioni di natura tecnica o attinenti alla tutela dei diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente a un operatore economico determinato".
Dunque, perché sia giustificata la procedura di cui al detto articolo:
- devono sussistere oggettivi motivi di natura tecnica o la protezione dei diritti esclusivi che non consentono l'apertura dell'appalto a un confronto concorrenziale e che impongono la cosiddetta trattativa diretta con un unico operatore economico;
- deve essere dimostrabile, con l'effettuazione di una preventiva indagine di mercato, l'oggettiva esistenza dell'unico operatore economico potenziale espressamente individuato.
Di conseguenza, nella obbligatoria motivazione di cui dovrà dar conto ai sensi del citato art. 57, c. 1, la determina o delibera contrarre, si dovrà richiamare l'indagine di mercato effettuata e la documentazione o certificazione, da tenersi agli atti, che attesti la sussistenza di una privativa industriale di un brevetto (tutela di diritti esclusivi) o le ragioni di natura tecnica che impongono di rivolgersi a quel determinato operatore economico (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 04.10.2010 n. 5267 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATAI Comuni non possono imporre, per l’impianto di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge.
Il regolamento contestato nella pronuncia in rassegna aveva l’obiettivo di imporre ai proprietari di impianti di telecomunicazione, nella specie di una emittente radiofonica commerciale, il pagamento annuo di una certa somma al Comune in cui l’impianto si trova, allo scopo di finanziare non meglio precisati costi relativi al controllo degli stessi e alla tutela dell’ambiente.
Si tratta, pertanto, di accertare se il Comune sia o no titolare di siffatto potere. In proposito, ad avviso del Tribunale amministrativo di Brescia, occorre prendere le mosse dall’art. 9 della l. 08.06.1990 n. 142, applicabile all’epoca dei fatti, che disegnava le competenze del Comune prevedendo che ad esso spettassero “tutte le funzioni amministrative che riguardino la popolazione ed il territorio comunale precipuamente nei settori organici dei servizi sociali, dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”.
Infatti (come si dimostrerà) le competenze in materia di antenne radiotelevisive già all’epoca erano attribuite in via principale ad altri soggetti dell’ordinamento, lasciando al Comune un ruolo marginale, comunque non riconducibile ai poteri che nel caso in esame si è inteso esercitare.
Ciò posto, all’epoca dei fatti di causa il settore della radiotelevisione era disciplinato dalla l. 06.08.1990 n. 223, che disegnava un complesso sistema di pianificazione nazionale e locale. Detta legge al vertice di esso poneva i due distinti decreti presidenziali –di competenza quindi statale- di cui all’art. 3, volti rispettivamente ad approvare un piano nazionale di ripartizione delle radiofrequenze e un analogo piano di assegnazione delle stesse, volto fra l’altro a localizzare i vari impianti ricetrasmittenti sul territorio nazionale.
La stessa legge, al comma 19 dell’art. 3 citato, prevedeva di conseguenza che, ai livelli inferiori, le Regioni e i Comuni dovessero adattare gli strumenti pianificatori generali dei rispettivi territori recependo le localizzazioni di impianti disposte dal piano nazionale; prevedeva ancora, all’art. 16, che con decreto ministeriale –di competenza quindi ancora una volta statale- si rilasciassero le singole concessioni per i vari impianti già localizzati, concessioni le quali davano in via automatica il titolo per ottenere dalle autorità competenti –e segnatamente dai Comuni- i titoli abilitativi per installare gli impianti stessi.
Il limitato ruolo dei Comuni quanto alla realizzazione degli impianti in questione era poi (per quanto qui interessa) descritto dall’art. 4 della legge medesima: le aree di sedime di tali impianti sarebbero state acquisite al patrimonio indisponibile del Comune stesso, che con apposita concessione contratto avrebbe ceduto ai privati interessati il diritto di superficie necessario alla realizzazione, contro corresponsione di un canone determinato in base a certi parametri, previsti sempre dalla legge e dal relativo regolamento di attuazione.
Si tratta, come si vede, di un sistema in sé concluso, nel quale non residua spazio per altri proventi che il Comune stesso possa pretendere in relazione agli impianti di che trattasi, nemmeno allegando, come è stato fatto nel caso in esame, la necessità di intervenire a favore dell’ambiente o del territorio.
A riprova, un fondamento legislativo del potere regolamentare esercitato dal Comune in causa non si rinviene nemmeno in altre leggi generali concernenti tali ultime materie.
In particolare, non dispongono in merito gli altri testi normativi correttamente citati dalla ricorrente: l’art. 4 della l. 23.12.1978 n. 833, che demanda alla legge dello Stato il compito di prevedere norme le quali assicurino condizioni di salute uniformi sul territorio nazionale, e l’art. 1, comma 4, lettera c), della l. 15.03.1997 n. 59, per cui i compiti di rilievo nazionale concernenti la difesa della salute e dell’ambiente sono esclusi dalla competenza degli enti locali.
Non è certo dubbio, infatti, che la disciplina delle emittenti di radiofrequenze, le quali si propagano nello spazio ben oltre il territorio del singolo Comune e servono nel loro complesso l’intero territorio italiano sia compito di rilievo nazionale, da disciplinare in modo uniforme sulla relativa scala.
Tale ricostruzione appare da ultimo confermata dalla norma dell’art. 93 del d.lgs. 01.08.2003 n. 259, posteriore ai fatti ma di carattere all’evidenza ricognitivo, per cui le pubbliche amministrazioni, le Regioni, le Province e i Comuni “non possono imporre, per l’impianto di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge” (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 04.10.2010 n. 3730 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: E' illegittima l'ammissione della Croce Rossa italiana (C.R.I.) alla procedura di gara bandita dalla Prefettura per l'affidamento della gestione del Centro di identificazione ed espulsione.
Il d.l. n. 276/2004 (conv. in l. n. 1/2005) ha introdotto con l'art. 2 del d.lvo n. 613/1980, la previsione per cui compete alla Croce Rossa italiana (C.R.I.), fra l'altro, "svolgere (...) i servizi sociali ed assistenziali indicati dallo statuto della Croce Rossa italiana".
Mentre l'art. 5 del suddetto d.lvo n. 613/1980 dispone che la C.R.I. "può svolgere attività o servizi attinenti alle proprie finalità istituzionali per conto dello Stato, delle regioni e di altri enti pubblici, da regolarsi mediante convenzioni".
L'ente C.R.I. sembra, dunque, avere la capacità giuridica di assumere la veste di parte in un rapporto instaurato con un altro soggetto pubblico. Tenuto, però, conto che lo statuto usa il termine "convenzioni", deve escludersi che, all'instaurazione di un tale rapporto, si possa giungere in esito ad una procedura di evidenza pubblica.
Come osservato dal Consiglio di Stato, non può, infatti, ritenersi che la convenzione "sia il genus nel quale possa rientrare anche l'appalto di servizi, potendo il rapporto convenzionale configurarsi in vari modi, ma non come appalto di servizi, postulante una natura imprenditoriale estranea alla Croce Rossa (che non ha scopo di lucro ed ignora il rischio d'impresa)".
Da ciò consegue, nel caso di specie, che l'ammissione della C.R.I. alla procedura di gara bandita dalla Prefettura per l'affidamento della gestione del Centro di identificazione ed espulsione è illegittima, potendosi semmai ammettere che le peculiari caratteristiche dell'ente C.R.I. legittimino l'affidamento diretto del servizio (TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter, sentenza 01.10.2010 n. 32649 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI: Offerente - Principio dell’immodificabilità soggettiva - Superamento giurisprudenziale e normativo - Art. 51 d.lgs. n. 163/2006.
Il principio dell’immodificabilità soggettiva dell’offerente, delineato nella previsione di cui all’articolo 23 del d.lgs. 17.03.1995, n. 158, è stato progressivamente ridimensionato dalla giurisprudenza amministrativa anche sotto l’influenza del diritto comunitario, tant’è che l'art. 51 del d.lgs. 12.04.2006, n. 163, proprio in relazione alle vicende soggettive dei soggetti partecipanti ad una gara ad evidenza pubblica, ha previsto che "qualora i candidati o i concorrenti, singoli, associati o consorziati, cedano, affittino l'azienda o un ramo d'azienda, ovvero procedano alla trasformazione, fusione o scissione della società, il cessionario, l'affittuario, ovvero il soggetto risultante dall'avvenuta trasformazione, fusione o scissione, sono ammessi alla gara, all'aggiudicazione, alla stipulazione, previo accertamento sia dei requisiti di ordine generale, sia di ordine speciale, nonché dei requisiti necessari in base agli eventuali criteri selettivi utilizzati dalla stazione appaltante ai sensi dell'articolo 62, anche in ragione della cessione, della locazione, della fusione, della scissione e della trasformazione previsti dal presente codice".
Le cautele di cui il legislatore nazionale ha circondato l'istituto della fusione, con l'adeguamento, alla normativa comunitaria, delle norme contenute nel codice civile, e la disciplina stabilita in tema di pubblici appalti non contraddicono, ma evidenziano, al contrario, il generale favore che l'ordinamento interno, non meno di quello comunitario, riservano all'istituto.
Del resto, il principio della immodificabilità assoluta dell’offerente, caratterizzata da un fondamentale elemento di staticità, mal si concilia con il carattere dinamico della vita delle imprese e con la loro intrinseca necessità di adeguare costantemente le loro stesse strutture organizzative alle vicende del mercato per poter conseguire i propri fini sociali ed essere così anche elemento di sviluppo e di crescita economica per l’intera collettività, tanto più che le esigenze pubbliche sottese allo stesso procedimento ad evidenza pubblica, quali l’affidabilità, oggettiva e soggettiva -anche sotto il profilo della sussistenza dei necessari requisiti di moralità pubblica- dei soggetti che concorrono per l’affidamento di appalti pubblici sono sufficientemente assicurate dagli obblighi che tali soggetti hanno nei confronti della pubblica amministrazione di comunicare le avvenute trasformazioni, onde consentire proprio l’esercizio dei necessari poteri di controllo e verifica.
Società partecipante alla gara - Fusione - Successione a titolo universale della società derivante dalla fusione.
La fusione della società che ha partecipato alla gara d'appalto con altra società comporta una successione a titolo universale della società che ne deriva nei rapporti giuridici di quella incorporata o fusa, e cioè il pieno e completo trasferimento di diritti ed obblighi delle Società preesistenti nella titolarità della nuova società o della incorporante, con sostanziale continuità dei rapporti giuridici in atto tra questa società e l'Amministrazione appaltante, che si trova, in effetti, a proseguire il rapporto in essere con un soggetto diverso per denominazione o forma societaria, ma nei cui confronti il rapporto giuridico instaurato con la partecipazione alla gara delle società incorporate o fuse continua senza alcuna modifica sostanziale (cfr. Cons. Stato, Sez, V, n. 487 del 10.02.2004) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.10.2010 n. 7276 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Restauro e risanamento conservativo presupposti.
L’intervento di restauro e risanamento conservativo presuppone, dunque, l’esistenza nel suo complesso di un organismo edilizio sul quale intervenire, proprio perché è finalizzato al recupero degli immobili nella loro attuale consistenza e nell’ambito degli spazi concretamente identificabili.
Qualora nel corso dell'esecuzione dei lavori le strutture portanti del manufatto vengano meno anche per un fatto accidentale ed involontario quale un improvviso crollo, la loro riedificazione non può più dirsi rientrante nel concetto di restauro o di risanamento conservativo, giacché le opere edilizie in concreto eseguite (già il gettito delle nuove fondazioni in calcestruzzo), determinano la realizzazione di un edificio radicalmente e qualitativamente diverso dal precedente (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 30.09.2010 n. 35390 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATAL’art. 9, comma 3, L. 28.02.1985 n. 47, relativamente alle ristrutturazioni edilizie abusive di immobili soggetti a vincolo storico, artistico o ambientale, non suscettibili di sanatoria, va interpretato nel senso che la sanzione ripristinatoria va applicata congiuntamente a quella pecuniaria solo se il ripristino sia ancora possibile; ove, invece, il ripristino non sia possibile, deve trovare applicazione la sola sanzione pecuniaria, in conformità ad un canone generale, di cui sono espressione, altresì, i commi 2 e 4, del medesimo art. 9 e l’art. 59 L. n. 1089 del 1939.
Un recente orientamento giurisprudenziale, a cui il Collegio ritiene di uniformarsi, ha infatti espresso l’avviso che l’art. 9, comma 3, L. 28.02.1985 n. 47, relativamente alle ristrutturazioni edilizie abusive di immobili soggetti a vincolo storico, artistico o ambientale, non suscettibili di sanatoria, va interpretato nel senso che la sanzione ripristinatoria va applicata congiuntamente a quella pecuniaria solo se il ripristino sia ancora possibile; ove, invece, il ripristino non sia possibile, deve trovare applicazione la sola sanzione pecuniaria, in conformità ad un canone generale, di cui sono espressione, altresì, i commi 2 e 4, del medesimo art. 9 e l’art. 59 L. n. 1089 del 1939 (Cons. St., Sez. VI, 30.08.2002, n. 4374) (TAR Marche, sentenza 27.09.2010 n. 3318 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Elusione del regime dei titoli abilitativi.
Il regime dei titoli abilitativi edilizi non può essere eluso attraverso la suddivisione dell’attività edificatoria finale nelle singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più limitate per la loro più modesta incisività sull’assetto territoriale.
L’opera deve essere considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 24.09.2010 n. 34585 - link a www.lexambiente.it).

APPALTI SERVIZI: Sulle disposizioni del d.lgs. n. 152/2006 (c.d. codice dell'ambiente) riguardanti il servizio di gestione integrata dei rifiuti.
L'art. 204, 1° c., d.lgs. n. 152/2006, non prevede la proroga ex lege delle gestioni esistenti.

Il d.lgs. n. 152/2006 (c.d. codice dell'ambiente) ha radicalmente innovato la materia dei rifiuti, attraverso l'introduzione del modulo gestionale del ciclo integrato, in ambiti territoriali.
Dal complesso delle disposizioni (artt. 198, 200, 202 e 204) del citato d.lgs. n. 152/2006 che regolano la materia emerge che:
a) l'Autorità d'Ambito ha la titolarità delle funzioni nella materia dei rifiuti e procede all'affidamento della gestione del ciclo integrato con procedura di evidenza pubblica ovvero nelle diverse forme previste dalla normativa regionale di attuazione del TUA;
b) che i Comuni, nelle more dell'operatività del nuovo regime di gestione, conservano la competenza in materia e, quindi, la legittimazione ad affidare il servizio, ovviamente con procedura di evidenza pubblica, in conformità alla disciplina nazionale e comunitaria di settore;
c) le gestioni esistenti, alla data dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 152 (29.04.2006), proseguono, sempre che le stesse siano state affidate con procedura concorsuale, fermo restando la loro cessazione, anche in via anticipata, nel caso di affidamento al gestore unico;
d) che gli affidamenti diretti, senza gara, invece, sono regolati dall'art. 204, 2° c., come risulta testualmente dal richiamo all'art. 113, c. 15-ter del d.lgs. n. 267/2000 (che è la norma sulla cessazione delle gestioni instaurate al di fuori del modulo concorsuale);
e) che per tali affidamenti diretti non solo il legislatore non ha previsto alcun periodo transitorio, con consequenziale slittamento del termine di decadenza ex lege del 31.12.2006, ma ha anzi confermato la predetta scadenza, avendo espressamente sancito l'obbligo di procedere a nuovi affidamenti in conformità a quanto previsto dal d. lgs. n. 152/2006.
L'art. 204, 1° c., d.lgs. n. 152/2006, non ha previsto la proroga ex lege degli affidamenti in corso che, altrimenti, si tradurrebbe in una spoliazione immediata delle competenze dei Comuni, non prevista e non voluta dal legislatore, ed in una temporanea incompetenza assoluta in subiecta materia, per vuoto di attribuzione.
La norma citata, si è limitata a sancire la "permanenza" dei contratti in corso, stipulati all'esito di procedure di evidenza pubblica, secondo il proprio regime temporale, fermo restando la cessazione ex lege, anche anticipata, con l'operatività del nuovo gestore: interpretazione che trova conferma nell'ultimo comma dell'art. 204, che parla di "scadenza", escludendo così la possibilità di una proroga ex lege.
Del resto quand'anche l'art. 204 cit. dovesse essere interpretato nel diverso senso per cui lo stesso prefigurasse la proroga dei contratti in corso alla data del 29.04.2006, si dovrebbe comunque limitare la proroga ai soli affidamenti del servizio effettuati con procedura concorsuale.
La normativa sulla decadenza dei contratti, conclusi senza gara, in quanto diretta a conformarsi all'ordinamento comunitario, infatti, integra sicuramente un regime speciale, prevalente rispetto alla (asserita) proroga degli affidamenti ordinari fino alla operatività del gestore unico dell'A.T.O. (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 23.09.2010 n. 11099 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Se il candidato sottolinea la traccia deve essere annullata la prova scritta.
Deve essere annullata la prova scritta di un concorso se il candidato ha sottolineato parti della traccia, in quanto trattasi elemento idoneo a far venir meno l’anonimato, indispensabile per garantire la par condicio tra i concorrenti (TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 20.09.2010 n. 32366 - link a www.altalex.com).

ATTI AMMINISTRATIVI: Motivazione dell’atto collegiale.
E' appena il caso dover puntualizzare come il dibattito che si svolga in seno ad un organo collegiale, e gli interventi che lo compongono, non costituiscono mai motivazione dell'atto amministrativo collegiale, il quale deve essere sostenuto da una motivazione giuridicamente propria che riassuma chiaramente gli elementi essenziali posti a base della decisione, non potendo ammettersi che essa possa essere desunta dalle singole soggettive dichiarazioni dei componenti del collegio, in quanto tali del tutto inidonee a palesare il percorso di formazione della volontà amministrativa (Consiglio Stato: sez. VI, 21.11.1996 n. 1624; sez. IV, 12.11.1991 n. 932).
In tal senso, il dibattito consiliare, se pure può essere utile ad illuminare le ragioni della scelta che si esprime nella votazione, non può costituire di per sé l'elemento essenziale di un provvedimento amministrativo quale è la motivazione dell'atto, perché rende il senso della scelta deliberativa criptico e non trasparente ovvero incerto l’effettivo contenuto della esternazione della P.A. al privato interessato, in tal modo impedendo una reale contezza della scelta amministrativa stessa (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 15.09.2010 n. 6878 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Costituiscono "variazioni essenziali" rispetto al progetto approvato le "modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza": tale disposizione viene comunemente intesa nel senso che la modifica della "localizzazione" dell'edificio assurge al livello di "variazione essenziale" allorché si sia in presenza di una traslazione non parziale, ma tale da comportare lo spostamento del fabbricato su un'area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista; ciò viene giustificato con la considerazione che tale modifica comporta una nuova valutazione del progetto da parte dell'Amministrazione concedente, sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici.
Ai sensi dell'art. 32, lett. c), D.P.R. 06.06.2001, n. 380, costituisce variante essenziale rispetto al progetto approvato la modifica della localizzazione dell'edificio tale da comportare lo spostamento del fabbricato su un'area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, trattandosi di modifica che comporta una nuova valutazione del progetto da parte dell'amministrazione concedente, sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici e con le connotazioni dell'area, mentre sono ininfluenti rispetto all'obbligo di acquisizione da parte dell'interessato di un nuovo permesso di costruire la circostanza che le altre caratteristiche dell'intervento (sagoma, volumi, altezze etc.) siano rimaste invariate rispetto all'originario permesso di costruire, e l'assenza di ogni incidenza della variante sul regime dei distacchi e delle distanze (Cons. St., sez. IV, 20.11.2008, n. 5743).
Il Collegio ritiene di condividere l'interpretazione affermatasi nella giurisprudenza della citata disposizione di cui all'art. 32, lettera c), del d.P.R. 06.06.2001, nr. 380, secondo cui costituiscono "variazioni essenziali" rispetto al progetto approvato le "modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza": tale disposizione viene comunemente intesa nel senso che la modifica della "localizzazione" dell'edificio assurge al livello di "variazione essenziale" allorché si sia in presenza di una traslazione non parziale, ma tale da comportare lo spostamento del fabbricato su un'area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista; ciò viene giustificato con la considerazione che tale modifica comporta una nuova valutazione del progetto da parte dell'Amministrazione concedente, sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici (Cons. St., IV, n. 5743 del 2008, citata)
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 15.09.2010 n. 6878 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Il provvedimento amministrativo ha natura confermativa quando, senza acquisizione di nuovi elementi di fatto e senza alcuna nuova valutazione, tiene ferme le statuizioni in precedenza adottate, laddove invece, se viene condotta un'ulteriore istruttoria, anche per la sola verifica dei fatti o con un nuovo apprezzamento di essi, il mantenimento dell'assetto degli interessi già disposto ha carattere di nuovo provvedimento, poiché esprime un diverso esercizio del medesimo potere.
Il provvedimento amministrativo ha natura confermativa quando, senza acquisizione di nuovi elementi di fatto e senza alcuna nuova valutazione, tiene ferme le statuizioni in precedenza adottate, laddove invece, se viene condotta un'ulteriore istruttoria, anche per la sola verifica dei fatti o con un nuovo apprezzamento di essi, il mantenimento dell'assetto degli interessi già disposto ha carattere di nuovo provvedimento, poiché esprime un diverso esercizio del medesimo potere: è dunque necessario, affinché possa escludersi che un atto sia meramente confermativo del precedente, che la sua formulazione sia preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, giacché solo l'esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, sia pure mediante la rivalutazione degli interessi in gioco ed un nuovo esame degli elementi di fatto e diritto che caratterizzano la fattispecie considerata, può dar luogo ad un atto propriamente confermativo in grado, come tale, di dar vita ad un provvedimento diverso dal precedente e, quindi, suscettibile di autonoma impugnazione (Consiglio Stato: sez. V, 29.12.2009, n. 8853; sez. VI, 10.09.2009, n. 5440).
Di conseguenza, mentre l'atto di conferma è autonomamente impugnabile, in quanto da un lato presuppone un completo riesame della fattispecie e dall'altro si sostituisce, pur avendo identico dispositivo, all'atto confermato, l'atto meramente confermativo si limita a richiamare il precedente provvedimento e non ha perciò alcuna valenza costitutiva, con conseguente inammissibilità per difetto di interesse del ricorso proposto avverso di esso e non avverso il provvedimento originario (Consiglio Stato, sez. IV, 10.12.2009, n. 7732)
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 15.09.2010 n. 6878 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Concorsi pubblici: requisito della pregressa esperienza lavorativa presso la PA.
Con la pronuncia in rassegna, i giudici di Palazzo Spada delineano il perimetro del concetto di “attività prestata presso una P.A.”, valevole come requisito di partecipazione in alcune tipologie di bandi concorsuali.
Preliminarmente, il Consesso ricorda come non esiste nell’ordinamento una nozione unitaria di P.A., così come inoltre sancito a livello comunitario dalla Corte di Giustizia. Tuttavia, esistono diverse definizioni dal contenuto più o meno ampio a seconda della ratio sottesa all’istituto che, di volta in volta, richiama il concetto.
La nozione di soggetto pubblico non è intesa come categoria unitaria, ma viene elaborata settore per settore, adattandola alle esigenze sottese alla normativa delle singole materie. Così, ad esempio, ai fini dell’applicazione del d.lgs. 165/2001 in materie di lavoro alle dipendenze della P.A., nonché del D.Lgs. 82/2005 recante il Codice dell’amministrazione digitale, nonché, inoltre, a fini dell’ assoggettabilità all’obbligo di gara ai sensi del D.Lgs. 163/2006 cd. Codice dei Contratti pubblici, di soggetti che, ad altri fini, sono invece soggetti privati (cfr. la celeberrima categoria dell’organismo di diritto pubblico).
Il G.A., nel caso di specie, ritiene che la nozione di P.A., cui fa riferimento il bando di concorso oggetto del giudizio, deve essere delimitata in base ad un criterio sostanziale -tenendo conto della ratio della previsione della lex specialis- e non meramente formale.
Pertanto, deve ritenersi che, quando per partecipare al concorso, il bando de quo richiede una certa esperienza presso una P.A., si sia inteso includere nel concetto di Pubblica Amministrazione solo quegli enti sottoposti, quando assumono personale, all’obbligo del pubblico concorso. È solo questo dato che qualifica nell’ambito di una procedura concorsuale, la pregressa esperienza lavorativa.
Dunque, affinché l’esperienza lavorativa possa assumere valore come requisito di partecipazione al concorso, occorre che essa sia stata svolta in seguito al superamento di un pubblico concorso non potendo darsi rilievo all’attività prestata per un soggetto privato che svolga funzioni pubbliche il cui statuto prevede, invece, la possibilità di procedere ad assunzioni anche senza pubblico concorso, evidenziando, conseguentemente, una netta distinzione rispetto ai tradizionali principi del pubblico impiego (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 17.06.2010 n. 3849 - link a www.altalex.com).

APPALTI Sulla necessità della forma scritta per i contratti conclusi dalle PP.AA..
Come ripetutamente sostenuto dalla Corte di Cassazione, per il perfezionamento dei contratti stipulati dalle amministrazioni pubbliche è necessaria una manifestazione documentale della volontà negoziale da parte dell'organo rappresentativo abilitato a concludere, in nome e per conto dell'ente pubblico, negozi giuridici, mentre devono ritenersi, all'uopo, inidonee le deliberazioni adottate da organi collegiali deliberativi, attesane la caratteristica di atti interni, di natura meramente preparatoria della successiva manifestazione esterna della volontà negoziale, di talché un contratto non potrà dirsi legittimamente perfezionato ove la volontà di addivenire alla sua stipula non sia, nei confronti della controparte, esternata, in nome e per conto dell'ente pubblico, da quell'unico organo autorizzato a rappresentarlo.
Ne consegue che la normativa speciale dettata in tema di contratti della p.a. prevale sulla diversa disciplina dei rapporti tra privati, quale, ad esempio, quella dettata in tema di conferimento di incarichi professionali, in tema di stipula di locazioni e contratti agrari ultranovennali, in tema di rinnovo tacito del contratto di locazione (inconfigurabile, se il locatore sia un ente pubblico, nonostante il comportamento asseritamene concludente si sia, come nella specie, protratto per anni) (Cass. 26.06.2008, n. 17550; 08.01.2005, n. 258) (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 03.06.2010 n. 3507 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulle modalità di presentazione dell’offerta e sull’interpretazione della clausole del bando.
E’ legittima l’ammissione ad una gara di appalto per l’affidamento di un servizio pubblico, di una ditta che ha presentato la propria offerta, nel termine previsto dalla lex specialis, a mezzo del servizio postale, non già con raccomandata con avviso di ricevimento -come espressamente richiesto dal bando a pena di esclusione- bensì a mezzo posta prioritaria in autoprestazione ex art. 8, d.lgs. n. 261/1999, nel caso in cui una clausola contenuta nelle avvertenze generali del medesimo bando, si limiti a precisare che non si sarebbe dato corso all’apertura dei soli plichi non ricevuti per il tramite del servizio postale; in tal caso, infatti, l’equivoca articolazione della formulazione del bando di gara, deve indurre a ritenere prevalente il principio del "favor partecipationis" e, conseguentemente, a non escludere dalla gara il plico presentato a mezzo posta prioritaria in autoprestazione ex art. 8 citato, in quanto comunque transitato per il tramite del servizio postale, e tempestivamente recapitato entro il termine prescritto nel bando, con la consegna in autoprestazione, prevista da una puntuale norma di legge di settore.
-------------------------------------------
Ha osservato, in particolare la sentenza in rassegna, che la "ratio"della clausola che impone a pena di esclusione l’utilizzo del servizio pubblico postale era intuitivamente quella di ottenere la certezza della data di spedizione e di recapito nonché, già in detta fase, la prova oggettiva della integrità della busta contenente l’offerta; ciò, anche al fine di evitare sospetti e/o dubbi di possibili manipolazioni delle buste in ipotesi verificabili negli stessi uffici, nel caso di consegna diretta e personale (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28.05.2010 n. 3398 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla illegittimità dell’esclusione automatica di una impresa da una gara, disposta perché la stessa impresa si trova in stato di amministrazione controllata.
E’ illegittima l’esclusione di una impresa da una gara per l’affidamento di un appalto pubblico motivata con riferimento al fatto che l’impresa esclusa si trova in stato di amministrazione controllata.
Infatti, l’amministrazione controllata non è una vera e propria procedura concorsuale che si introduce a seguito della fine attiva della vita di un’impresa, per cui si rende necessario ripartire in modo sostanzialmente equitativo i beni residui dell’impresa medesima, ma è, al contrario, un esperimento interlocutorio, tramite il quale si cerca in qualche modo di recuperare alla vita economica attiva un’impresa che si trova in uno stato di crisi, per cui la stessa ha bisogno di essere aiutata nel risollevarsi da una crisi che potrebbe comprometterne l’esistenza in futuro; onde non può ammettersi, contraddittoriamente con la suddetta finalità, che lo stesso sistema istituzionale preveda, poi, che l’impresa che si trova in stato di amministrazione controllata debba essere automaticamente esclusa dalla gara (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.05.2010 n. 3222 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla stretta interpretazione delle clausole di esclusione. Sulla valenza della dichiarazione in materia di diritto al lavoro dei disabili.
1. In materia di procedure ad evidenza pubblica, le clausole di esclusione poste dalla legge o dal bando in ordine alle dichiarazioni cui è tenuta la impresa partecipante alla gara sono di stretta interpretazione, dovendosi dare esclusiva prevalenza alle espressioni letterali in esse contenute, restando preclusa ogni forma di estensione analogica diretta ad evidenziare significati impliciti, che rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l’esigenza della più ampia partecipazione.
2. In materia di procedure ad evidenza pubblica, le norme di legge e di bando che disciplinano i requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche devono essere interpretate nel rispetto del principio di tipicità e tassatività delle ipotesi di esclusione, che di per sé costituiscono fattispecie di restrizione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Costituzione, oltre che dal Trattato comunitario.
3. Poiché nel Codice dei contratti pubblici non è presente una norma, con effetto preclusivo, che preveda nel caso di cessione d’azienda un obbligo specifico di dichiarazioni in ordine ai requisiti soggettivi della cedente riferita sia agli amministratori e direttori tecnici della cedente sia ai debiti tributari e previdenziali dalla stessa contratti, deve ritenersi che, in assenza di tale norma e per il principio di soggettività e personalità della responsabilità, non possa essere esclusa l’impresa cessionaria del ramo d’azienda che non abbia presentato le relative dichiarazioni in ordine alla posizione della cedente.
4. La dichiarazione di cui all'art. 17 della L. n. 68/1999, con la quale le imprese attestano di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, costituisce requisito di partecipazione alla gara; ne consegue che la omissione di detta dichiarazione costituisce causa di esclusione dalla gara per la forza cogente propria della legge, anche se detta dichiarazione non sia richiamata dalla lex specialis (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.05.2010 n. 3213 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISul principio generale del divieto di commistione tra i criteri soggettivi di pre-qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta e, in particolare, sulla legittimità o meno del criterio di valutazione delle offerte che, per un appalto del servizio di manutenzione di apparecchiature, dà rilievo alla ubicazione dell’azienda.
Costituisce principio generale regolatore delle gare pubbliche il divieto di commistione fra i criteri soggettivi di pre-qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta ai fini dell’aggiudicazione, in funzione dell’esigenza di aprire il mercato, premiando le offerte più competitive ove presentate da imprese comunque affidabili, nonché in applicazione del canone della par condicio, ostativo ad asimmetrie pregiudiziali di tipo meramente soggettivo, con la conseguente necessità di tenere separati i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara da quelli che invece attengono all’offerta e all’aggiudicazione.
Spesso il filo che separa il canone oggettivo di valutazione dell’offerta ed il requisito soggettivo delle imprese concorrenti è particolarmente sottile, attesa la potenziale idoneità dei profili di organizzazione soggettiva a riverberarsi sull’affidabilità e sull’efficienza dell’offerta e, quindi, della prestazione. Tale commistione inestricabile, viene, segnatamente, in rilievo quante volte la lex specialis valorizzi non già i requisiti soggettivi in sé intesi, bensì quei profili soggettivi diretti a riverberarsi in modo specifico sull’espletamento dell’attività appaltata, con riferimento precipuo alle caratteristiche del personale, delle attrezzature e delle strutture logistiche da adibire alle prestazioni oggetto dell’appalto.
Non comporta una indebita commistione tra soggettivi di pre-qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta la previsione, nel bando di una gara per l’affidamento del servizio di gestione e manutenzione, di durata triennale, di apparecchiature biomedicali presso presidi ospedalieri, tra i criteri tecnici di valutazione delle offerte, della "struttura, organizzazione generale ed ubicazione dell’azienda ad effettivo supporto del personale residente a garanzia della continuità del servizio" e dell’"ubicazione e logistica del magazzino ad effettivo supporto del servizio"; tale previsione infatti, lungi dal risolversi nella prescrizione di requisiti selettivi di tipo meramente soggettivo idonei a restringere la cerchia dei concorrenti –in funzione per così dire protezionistica– ad imprese territorialmente localizzate, costituisce il portato di esigenze logistiche, strutturali ed organizzative strettamente inerenti alla natura oggettiva delle prestazioni da assolvere dall’impresa aggiudicataria
(massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.05.2010 n. 3208 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla legittimità della clausola del bando che impone di dichiarare tutte le condanne riportate, indipendentemente dalla loro gravità e sulla doverosità dell’esclusione in caso di dichiarazione non veritiera.
Sono legittime, e non già illogiche, arbitrarie o irragionevoli, le prescrizioni di un bando di gara per l’affidamento di un appalto di ll.pp., secondo le quali spetta ai partecipanti dichiarare espressamente il possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’articolo 38 del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 e, in particolare, tra l’altro, la inesistenza di sentenze di condanna passata in giudicato, spettando poi all’Amministrazione appaltante la valutazione della gravità dei reati.
La presentazione, da parte di una ditta partecipante ad una procedura di evidenza pubblica, di una dichiarazione non veritiera ovvero falsa (indipendentemente da ogni considerazione sul fatto che essa di per sé legittimi un giudizio di inaffidabilità giustificante la esclusione dalla gara) costituisce motivo di esclusione ex se dalla procedura di gara (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, ordinanza 21.05.2010 n. 2252 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla illegittimità dell’esclusione di una offerta pervenuta con il plico esterno lacerato in modo tale da consentire la visione parziale -ma non la sostituzione- dei documenti.
E’ illegittima l’esclusione da una gara di appalto di una offerta il cui plico esterno sia prevenuto lacerato, nel caso in cui tale lacerazione non sia di entità tale da consentire l’accesso alle buste contenenti le offerte tecnica ed economica se non previa apertura del plico medesimo; in tal caso, infatti, appare conforme principio di ragionevolezza ritenere che la lacerazione sia tale da non compromettere il principio di segretezza delle offerte nelle gare d'appalto; il che consente l’applicazione del criterio di massima partecipazione.
----------------------------------------
Nella motivazione della sentenza in rassegna si ricorda che la giurisprudenza ha affermato in passato che, ai fini dell'ammissibilità dell'offerta, occorre che il plico giunga alla stazione appaltante con la sigillatura operata dal concorrente del tutto integra, per cui non rileva che gli eventi di alterazione della sigillatura siano successivi alla consegna del plico all'ufficio postale o all'agenzia di recapiti autorizzata (Cons. Stato, Sez. IV, 19.01.1999, n. 40).
Pertanto, secondo l’orientamento tradizionale, la mera circostanza che il plico sia pervenuto aperto alla Commissione implica l’esclusione, indipendentemente dal soggetto cui sia addebitabile l'erronea apertura, stante l’esigenza di assicurare la garanzia dei principi di par condicio e di segretezza delle offerte (TAR Veneto, Sez. I, 19.07.2005, n. 2867).
Secondo la giurisprudenza, è irrilevante che all'avvenuta lacerazione del plico ponga rimedio con la sua successiva spillatura il trasportatore, data la soluzione nella continuità della segretezza dell'offerta fra momento in cui è uscita dalla sfera dell'offerente ed il momento in cui è giunta nella disponibilità della p.a. (TAR Palermo, Sez. II, 13.03.2007, n. 810).
Ha osservato la sentenza in rassegna che tale rigore è senz’altro giustificato qualora il plico contenente le offerte pervenga alla Commissione di gara praticamente aperto, oppure in modo tale da non assicurare che l'apertura del plico sia effettuata dalla Commissione pubblicamente in contraddittorio ed il giorno della gara.
Di converso, deve ritenersi ammissibile l’offerta il cui plico esterno sia prevenuto lacerato, nel caso in cui tale lacerazione non sia di entità tale da consentire l’accesso alle buste contenenti le offerte tecnica ed economica se non previa apertura del plico medesimo (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 20.05.2010 n. 3179 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI Sulla necessità di far luogo all’esclusione dalla gara di una impresa che abbia omesso di rendere una delle dichiarazioni previste dalla lex specialis (anche nel caso in cui l’omissione sia "innocua" - nel senso che non arreca vantaggio al concorrente e non arreca danno alla stazione appaltante).
Nel caso in cui il disciplinare di gara richieda la dichiarazione di assenza di condanne penali non solo per la società e i suoi legali rappresentanti, ma anche per gli altri soggetti indicati nell’art. 38, comma 1, lett. c), del Codice dei contratti pubblici, la dichiarazione va resa anche con riferimento ai direttori tecnici dell’impresa.
Il principio generale secondo cui nelle gare di appalto non si può sanzionare con l’esclusione una omessa dichiarazione quando l’omissione sia "innocua" (nel senso che non arreca vantaggio al concorrente e non arreca danno alla stazione appaltante), non si applica nel caso in cui la “legge” di gara prescriva determinate dichiarazioni e sanzioni con l’esclusione la loro omissione, anche se l’omissione sia meramente formale (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 19.05.2010 n. 3158 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISul dovere di dichiarare tutte le condanne penali riportate, ivi comprese quelle non menzionate nel certificato del casellario giudiziale e sull’esclusione per falsa dichiarazione nel caso di omessa dichiarazione di una condanna.
In forza di quanto previsto dall’art. 38, 1° comma, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici), deve ritenersi legittima l’esclusione di una ditta da una gara per l’affidamento di un appalto di ll.pp., che sia motivata con riferimento al fatto che il legale rappresentante della ditta esclusa, in contrasto con l’obbligo espressamente previsto dalla lex specialis di rendere, al riguardo, dichiarazioni complete e veritiere, ha falsamente dichiarato che, nei confronti degli amministratori e direttore tecnico dell’impresa stessa, non è stata pronunciata alcuna sentenza di condanna passata in giudicato, oppure di applicazione della pena su richiesta (ivi comprese condanne per le quali fosse intervenuto il beneficio della non menzione, ai sensi dell’art. 444 c.p.p.), ove la falsità di tale dichiarazione sia chiaramente emersa, a seguito degli accertamenti effettuati di ufficio dalla stazione appaltante, dalle risultanze del certificato del casellario giudiziario, attestante l’esistenza di condanne penali nei confronti dei medesimi soggetti.
Le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne riportate dai concorrenti una gara ad evidenza pubblica ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano esclusivamente alla stazione appaltante e non già al concorrente medesimo. Questi è pertanto obbligato a indicare tutte le condanne riportate, non potendo operare alcuna selezione delle condanne eventualmente riportate ed omettendo pertanto la dichiarazione di alcune di esse sulla base di una valutazione personale.
L’esistenza di false dichiarazioni sul possesso dei requisiti, quali la mancata dichiarazione di sentenze penali di condanna, si configura come causa autonoma di esclusione dalla gara di appalto (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.05.2010 n. 2822 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla necessità che le clausole escludenti del bando di gara siano chiare e sulla possibilità o meno per la commissione di gara di fissare sub-criteri di valutazione delle offerte.
In sede di gara di appalto, le clausole previste dal bando a pena di esclusione devono essere chiare e puntuali e, nella eventuale incertezza interpretativa, deve essere favorita, anche nell'ottica della più ampia partecipazione di concorrenti, una interpretazione meno restrittiva delle stesse e che, comunque, non lede la par condicio tra i concorrenti.
La commissione di una gara di appalto, in ossequio ai principi di imparzialità e par condicio, può procedere alla predefinizione di criteri di riferimento per l'attribuzione dei punteggi ai diversi fattori ponderali delle offerte, soltanto prima dell'apertura delle buste e, cioè, nell'assoluta inconsapevolezza del loro contenuto e nell'obiettiva impossibilità di essere in qualche modo condizionata dalla preventiva avvenuta conoscenza di elementi rilevanti ai fini della valutazione delle offerte (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 27.04.2010 n. 2388 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISul momento in cui, a seguito della gara, insorge il vincolo contrattuale con la P.A. e sul giudice competente a decidere una controversia concernente la revoca dell’aggiudicazione definitiva disposta successivamente alla consegna dei lavori, ma anteriormente alla stipula del contratto, per una serie di contestazioni riguardanti il progetto appaltato.
Come chiarito dall’art. 11, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 2006 (secondo cui "L’aggiudicazione definitiva non equivale ad accettazione dell’offerta"), il rapporto contrattuale con la P.A. non sorge con l’aggiudicazione definitiva, con la conseguenza che spetta alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo la cognizione di comportamenti ed atti assunti prima dell'aggiudicazione e nella successiva fase compresa tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.04.2010 n. 2254 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI Sul giudice competente a decidere una controversia relativa alla revoca dell’aggiudicazione e sulla legittimità o meno della revoca dell’aggiudicazione disposta per mancata tempestiva costituzione della cauzione definitiva.
I contratti d’appalto della P.A. si possono considerare formalmente conclusi solo quando siano state rispettate le formalità tipiche dei contratti, tra cui rientrano le relative sottoscrizioni al termine del procedimento stabilito dalla legge (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 20.04.2010 n. 2199 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla possibilità o meno di dichiarare l’aggiudicazione della gara a seguito dell’accoglimento del ricorso che ha comportato l’esclusione dalla gara di una delle due ditte ammesse.
Nel caso di gara con due soli concorrenti e che, a seguito di un giudizio innanzi al G.A., è rimasta con unico offerente, l’unica offerta rimasta in gara non deve essere necessariamente aggiudicata come effetto conformativo della decisione, ove il bando preveda che l’Amministrazione deve valutare se "aggiudicare la gara anche in presenza di una sola offerta purché ritenuta congrua" (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 19.04.2010 n. 2188 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISui presupposti necessari e sufficienti per disporre l’esclusione dalla gara per grave negligenza o malafede commessa in precedenti appalti e sulla sussistenza o meno di una responsabilità precontrattuale della P.A. nel caso in cui la P.A. appaltante abbia negato l’approvazione del contratto dopo oltre un anno.
L’approvazione e il diniego di approvazione del contratto da parte della P.A. hanno natura provvedimentale, costituendo esercizio di potere discrezionale e autoritativo, ed a fronte di tali atti le posizioni soggettive dei soggetti privati coinvolti hanno consistenza di interessi legittimi, sindacabili dal giudice amministrativo.
Costituisce principio risalente nella disciplina dei contratti con la P.A. quello della perdita della capacità di contrarre, da parte delle imprese private, quando esse siano incorse in negligenza o malafede nell’esecuzione di altra prestazione con la P.A., trovando riscontro già negli artt. 3, comma 3, del R.D. n. 2240 del 1923 e 68, comma primo, del R.D. n. 827 del 1924.
Il principio è stato sostanzialmente confermato anche dalla legislazione più recente, come si evince dal testo dell’art. 75, comma 1, lett. f), del D.P.R. n. 554 del 1999 e ora da quello di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del D.Lgs. n. 163 del 2006 (secondo cui "sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti", tra gli altri, "che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante").
Ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), del D.Lgs. n. 163 del 2006, la pregressa  grave negligenza in altro rapporto contrattuale, impedisce non solo la partecipazione alle procedure di gara per l’affidamento di lavori pubblici, ma la stessa possibilità di "stipulare i relativi contratti".
Deve ritenersi quindi che la grave negligenza dell’impresa in sede di esecuzione di un contratto ben possa rilevare ostativamente anche nella fase di approvazione di altro contratto (ai fini del diniego dell’approvazione stessa), quando essa sia emersa o sia stata accertata dopo la conclusione del contratto medesimo e nelle more del perfezionamento della sua efficacia (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez. III, sentenza 13.04.2010 n. 6643 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla necessità o meno di comunicazione dell’avvio del procedimento nel caso di annullamento dell’aggiudicazione provvisoria e sulla legittimità o meno dell’annullamento dell’aggiudicazione perché la ditta aggiudicataria si è resa responsabile, nell’esecuzione di altra commessa, di negligenza o malafede.
La possibilità che ad un'aggiudicazione provvisoria, naturalmente temporanea, possa non far seguito, in ragione del negativo riscontro sui requisiti posseduti dall'aggiudicatario, l'affidamento definitivo del contratto è un evento del tutto fisiologico e positivamente disciplinato dagli artt. 11 comma 11, 12 e 48 comma 2, d.lgs. 12.04.2006 n. 163, inidoneo di per sé a ingenerare un qualunque affidamento tutelabile, qualora difetti, ovviamente, l'illegittimità dell'operato dell'amministrazione aggiudicatrice, ed un obbligo risarcitorio.
L’aggiudicazione provvisoria ha natura di atto endoprocedimentale ed il suo annullamento da parte della stazione appaltante è un atto assimilabile all’atto di mero ritiro, piuttosto che ad un vero e proprio compiuto atto di autotutela, tanto che non necessita nemmeno di comunicazione di avvio del procedimento. Tale annullamento è infatti inidoneo a produrre la definitiva lesione della ditta non risultata aggiudicataria, che si verifica solo con l'aggiudicazione definitiva, che non costituisce atto meramente confermativo della prima ed in riferimento esclusivamente alla quale, quindi, va verificata la tempestività del ricorso.
In sede di controllo sull’aggiudicazione provvisoria, non avente altro effetto che quello di far sorgere una mera aspettativa, è ben possibile che l’Amministrazione si determini a non aggiudicare l’appalto ove scopra che un concorrente si è reso responsabile, nell’esecuzione di altra commessa, di negligenza o malafede e sia quindi non idoneo a contrarre con l’amministrazione appaltante
(massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 06.04.2010 n. 1907 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla illegittimità della composizione della commissione giudicatrice di una gara da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ove un componente esterno sia stato nominato dalla P.A. senza richiedere preventivamente al competente Ordine professionale e/o all’Università degli Studi l’indicazione della "rosa dei candidati".
Deve ritenersi illegittimamente costituita la commissione giudicatrice di una gara per l’affidamento di un appalto da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa nel caso in cui uno dei componenti esterni della commissione medesima sia stato nominato dalla P.A. senza l’osservanza dei criteri imposti dall’art. 84 del D.Lgs. 12.04.2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici), e, in particolare, senza che la stazione appaltante abbia preventivamente inoltrato agli Ordini professionali e/o all’Università degli Studi, specifica richiesta di indicazione delle "rose di candidati" da cui trarre il nominativo del componente esterno (alla stregua del principio nella specie è stata ritenuta illegittima la composizione della commissione giudicatrice, atteso che la stazione appaltante aveva provveduto a nominare componente esterno, in qualità di esperto, un avvocato, senza richiedere preventivamente al competente Ordine professionale l’indicazione della "rosa dei candidati").
La norma individua quindi una ben definita cerchia di "esperti", nell'ambito della quale deve essere effettuata la scelta del "componente" esterno; trattasi di una qualificazione normativa ex ante, in funzione di preventiva garanzia della competenza professionale e della terzietà del componente, la cui tassatività non lascia spazio ad ulteriori designazioni.
Nella specie, quindi, la stazione appaltante, per nominare un componente esterno, avrebbe dovuto richiedere preventivamente agli Ordini professionali (e alle Facoltà universitarie) le "rose di candidati" da cui trarre il nominativo del componente. Era stato nominato invece un avvocato, senza ottenere preventivamente dall'Ordine professionale di appartenenza la rosa dei candidati.
E’ stata ritenuta irrilevante la tesi della difesa erariale secondo cui l’Amministrazione non aveva potuto ottemperare al disposto della lettera a) cit. perché il competente Ordine professionale degli avvocati non aveva provveduto a predisporre e quindi a fornire le "rose" dei candidati necessari per la formazione degli elenchi, non evadendo la richiesta formulata dall’Amministrazione; gli elenchi con le segnalate "rose" di nomi peraltro non risulterebbero –secondo la detta difesa– essere state istituite neppure successivamente; si tratterebbe quindi di un caso di oggettiva impossibilità a provvedere derivante da forza maggiore.
Ha osservato al riguardo la sentenza in rassegna che, in disparte l’annotazione che l’Amministrazione ben avrebbe potuto formulare analoga richiesta anche all’Università degli studi, in ogni caso non vi era prova dell’avvenuta richiesta, né del fatto che la stessa fosse rimasta "inevasa"; nel corso della discussione in udienza pubblica era stato solo affermato che la stazione appaltante si era limitata ad effettuare una "telefonata", di cui peraltro non vi era traccia in sede probatoria
(massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 31.03.2010 n. 1830 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISui casi in cui può ritenersi ammissibile un ricorso proposto avverso il bando di gara.
Solo nel caso di impugnazione della lex specialis di gara da parte di un’impresa che già in base alle prescrizioni del bando (ritenute illegittime) verrebbe esclusa, non occorre -ai fini dell’ammissibilità del ricorso- che l’impresa stessa sia poi tenuta a presentare domanda di partecipazione alla gara.
In tal caso, infatti, l’ammissibilità del ricorso viene in considerazione investendo una clausola del bando che richiede un requisito di ammissione alla procedura non posseduto dalla parte ricorrente, di talché, in tale evenienza, la presentazione della domanda di partecipazione verrebbe a risolversi in un inutile formalismo.
E’ ammissibile l'impugnazione del bando di gara, anche nel caso di mancata presentazione della domanda di partecipazione alla gara di appalto, laddove si censuri che il tempo previsto per la compilazione del progetto esecutivo e di altri documenti attinenti l'offerta tecnica è tanto breve da non rendere effettivamente possibile presentare l'offerta.
Occorre, tuttavia, all’uopo una apposita dimostrazione circa l'esiguità dei tempi per la predisposizione e formulazione dell'offerta, onde, in mancanza di tale dimostrazione, il ricorso proposto avverso il bando, ma non seguito dalla presentazione dell’istanza di partecipazione, deve ritenersi inammissibile
(massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez. I, sentenza 30.03.2010 n. 5073 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla legittimità o meno della clausola del bando che impone di dichiarare tutte le condanne penali riportate, anche se per esse sia stato accordato il beneficio della non menzione e sulla necessità o meno di escludere una ditta che ha omesso di dichiarare una condanna per la quale era stato accordato detto beneficio.
Nel caso in cui la lex specialis preveda l’obbligo nei confronti delle ditte concorrenti di dichiarare la sussistenza di tutti i requisiti di ordine generale per la partecipazione alla gara previsti dall’articolo 38 del d.lgs. 163 del 2006 (Codice dei Contratti pubblici), indicando anche le eventuali condanne per le quali sia stato concesso il beneficio della non menzione con riferimento al possesso dei requisiti di cui al comma 1, lettera c), è legittima l’esclusione dalla gara di una impresa il cui legale rappresentante abbia omesso di dichiarare una sentenza di condanna, divenuta irrevocabile, per la quale era stato concesso il beneficio della non menzione.
Non inficia la validità di una dichiarazione sostitutiva la circostanza che la dichiarazione stessa sia stata inserita in un unico documento contenente le dichiarazioni di altri soggetti. La presentazione di un unico documento non esclude, infatti, che sotto il profilo giuridico, si debba qualificare detto documento come contenente una serie di atti plurimi imputabili ai singoli soggetti che hanno sottoscritto la dichiarazione.
D’altra parte, non vi è alcuna disposizione che vieti di concentrare in un unico documento le dichiarazioni sostitutive rese da più soggetti, quanto meno nei casi in cui sia agevolmente ravvisabile una oggettiva e soggettiva connessione tra le dichiarazioni stesse, anche in funzione della loro destinazione (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 30.03.2010 n. 1795 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISul principio del formalismo che domina le gare di appalto e sulla legittimità o meno dell’esclusione di alcune ditte che hanno omesso di indicare il corrispettivo per talune voci unitarie previste nello schema di offerta allegato al bando.
Nel caso in cui nel corso di una gara di appalto si riscontino delle lacune nella domanda di partecipazione alla gara o nella allegata documentazione, la stazione appaltante è tenuta ad applicare in modo rigoroso ed incondizionato le clausole inserite nella "lex specialis" relative ai requisiti, formali e sostanziali, di partecipazione, ovvero alle cause di esclusione, atteso che la disciplina delle procedure di gara è caratterizzata dal formalismo, rispondendo tale principio, per un verso, ad esigenze pratiche di certezza e celerità e, per altro verso, alla necessità di garantire l'imparzialità dell'azione amministrativa e la parità di condizioni tra i ricorrenti.
In sede di verifica delle offerte anomale, è necessario che la commissione di gara fornisca una plausibile e convincente motivazione in ordine all’effettuata verifica degli elementi forniti dall’impresa a supporto della propria offerta; ciò proprio al fine di limitare il più possibile e riportare nei confini della legalità quell’ampia discrezionalità di cui gode la stazione appaltante; tale discrezionalità, altrimenti, rischierebbe di trasmodare in determinazioni ermetiche e perciò soggettive, arbitrarie e potenzialmente clientelari (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 23.03.2010 n. 1700 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla necessità di comunicare l’avvio del procedimento in caso di revoca degli atti di indizione della gara e sull’inapplicabilità dell’art. 21-octies.
1. E’ illegittima la revoca degli atti indittivi di una gara, disposta nel corso del suo espletamento, che non sia stata preceduta dalla comunicazioni di avvio del procedimento alle ditte partecipanti alla gara, a tutela dell'affidamento riposto da queste ultime nella conclusione del procedimento stesso; né tale vizio, nel caso di revoca, può essere sanato sostenendo che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, con conseguente applicazione dell'art. 21-octies della legge n. 241/1990, atteso che il legislatore, con quest’ultima disposizione, ha escluso l'annullabilità del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento solo quando esso abbia "natura vincolata" e non può quindi essere diverso, mentre la revoca di una gara già bandita è chiaramente espressione di un potere discrezionale della P.A..
2. Anche se sussiste la possibilità dell’Amministrazione di mutare legittimamente il proprio orientamento circa le migliori modalità di perseguimento dell’interesse pubblico affidato anche in mancanza di sopravvenienze, revocando una gara di appalto in precedenza indetta, salva la tutela del pregiudizio (per responsabilità precontrattuale) arrecato ai privati interessati, deve ritenersi illegittima la revoca della procedura di gara motivata facendo esclusivo riferimento alla possibilità di provvedere alla gestione diretta da parte degli uffici comunali dei servizi per i quali è stata indetta la gara, senza alcuna previsione circa l’impatto sulle competenze e gli assetti gestionali interni e senza alcuna stima circa la compatibilità con le risorse umane, organizzative e finanziarie disponibili (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 22.03.2010 n. 4489 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla legittimità di un provvedimento che dispone la revoca senza prevedere l’indennizzo e sulla spettanza o meno dell’indennizzo nel caso di mancata approvazione dell’aggiudicazione provvisoria.
Non può ritenersi illegittima la revoca di un provvedimento amministrativo (nella specie si trattava dell’aggiudicazione di una gara) nel caso in cui non sia stato contestualmente previsto un indennizzo, atteso che la mancata previsione dell’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, in un provvedimento di revoca, non ha efficacia viziante o invalidante di quest’ultima, ma semplicemente legittima il privato ad azionare la pretesa patrimoniale innanzi al giudice amministrativo che potrà scrutinarne i presupposti.
L’indennizzo spetta sempre che la revoca, legittima (altrimenti vi sarebbe materia per il risarcimento), incida su rapporti di durata (su un provvedimento amministrativo ad efficacia durevole), che sia determinata da sopravvenuti motivi di pubblico interesse, dal mutamento della situazione di fatto o da una nuova valutazione dell’interesse pubblico. Se invece il ritiro dell’atto è dipeso unicamente da un palese errore materiale o il danno è stato prodotto da un colpevole comportamento del privato, allora nessun indennizzo è dovuto.
L’indennizzo previsto per i provvedimenti di revoca non è dovuto per il caso di non approvazione dell’aggiudicazione provvisoria oggetto di una specifica disciplina nell’ambito della normativa sull’evidenza pubblica.
In materia di contratti della P.A., il potere di negare l'approvazione dell'aggiudicazione per ragioni di pubblico interesse ben può trovare fondamento, in via generale, in specifiche ragioni di pubblico interesse e non trova ostacoli nell'esistenza dell'avvenuta aggiudicazione definitiva o provvisoria; pertanto è illegittimo l'atto di revoca dell'aggiudicazione che non sia motivato in base ad un pubblico interesse idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto diritto dell'aggiudicatario nei confronti dell'amministrazione.
Va considerato assolutamente fisiologico che all'aggiudicazione provvisoria, naturalmente temporanea, possa non far seguito, in ragione della valutazione negativa sulla permanente utilità del contratto, l'affidamento definitivo del contratto. Ciò perché il controllo sull’aggiudicazione provvisoria è un evento positivamente disciplinato dagli artt. 11 comma 11, 12 e 48 comma 2, d.lgs. 12.04.2006 n. 163, inidoneo di per sé a ingenerare un qualunque affidamento tutelabile (qualora difetti, ovviamente, l'illegittimità dell'operato dell'amministrazione aggiudicatrice) ed un obbligo.
Non può essere accolta una domanda tendente ad ottenere il risarcimento dei danni a seguito del legittimo annullamento dell’aggiudicazione provvisoria, costituente specifica espressione del potere di controllo sugli atti di gara della P.A. appaltante.
Non può essere accolta una domanda tendente ad ottenere l’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies  della legge n. 241 del 1990 nel caso di mero ritiro di un’aggiudicazione provvisoria (atto avente per sua natura efficacia interinale e non idonea a creare affidamenti) e non di una revoca di un atto amministrativo ad effetti durevoli, come previsto dall’art. 21-quinquies per l’indennizzabilità della revoca
(massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 17.03.2010 n. 1554 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla legittimità dell’esclusione da una gara pubblica dell’impresa capogruppo e mandataria di una a.t.i., che, ai fini della dimostrazione del requisito della moralità professionale, ha omesso di produrre il certificato del casellario giudiziale od una dichiarazione sostitutiva autenticata.
Qualora il bando di una gara di appalto commini l'esclusione obbligatoria in conseguenza di determinate violazioni, anche soltanto formali, l'Amministrazione è tenuta a dare precisa ed incondizionata esecuzione a tali previsioni, senza alcuna possibilità di valutazione discrezionale circa la rilevanza dell'inadempimento e l'incidenza di questo sulla regolarità della procedura selettiva o ancora sulla congruità della sanzione contemplata nella lex specialis, alla cui osservanza la stessa Amministrazione si è autovincolata al momento dell'adozione del bando.
Il certificato del casellario giudiziale costituisce elemento necessario per comprovare il possesso dei requisiti di moralità professionale necessari per legittimare la contrattazione tra la pubblica amministrazione ed il privato. La sua produzione è prescritta allo scopo di consentire all’amministrazione l’immediato accertamento della idoneità morale del contraente evitando di esperire indagini di ufficio ovvero di chiedere la documentazione idonea in un momento successivo, onde deve ritenersi che la mancata produzione del certificato stesso comporta l’esclusione della impresa inottemperante.
Nel caso in cui la lettera invito richieda che debba prodursi anche il "certificato generale del casellario giudiziale di data non anteriore a sei mesi da quella fissata per la licitazione o dichiarazione sostitutiva", va esclusa dalla gara una ditta che non abbia prodotto il certificato del casellario giudiziale, ovvero una dichiarazione sostitutiva (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.03.2010 n. 1513 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla legittimità o meno dell’esclusione da una gara pubblica dell’impresa capogruppo e mandataria di una a.t.i., che, ai fini della dimostrazione del requisito della moralità professionale, ha omesso di produrre il certificato del casellario giudiziale od una dichiarazione sostitutiva autenticata riferita al Presidente del Consiglio di Amministrazione.
Qualora il bando di una gara di appalto commini l'esclusione obbligatoria in conseguenza di determinate violazioni, anche soltanto formali, l'Amministrazione è tenuta a dare precisa ed incondizionata esecuzione a tali previsioni, senza alcuna possibilità di valutazione discrezionale circa la rilevanza dell'inadempimento e l'incidenza di questo sulla regolarità della procedura selettiva o ancora sulla congruità della sanzione contemplata nella lex specialis, alla cui osservanza la stessa Amministrazione si è autovincolata al momento dell'adozione del bando.
Nel caso in cui la lettera invito relativa ad una gara di appalto richieda che, tra la documentazione di gara, debba ricomprendersi anche il "certificato generale del casellario giudiziale di data non anteriore a sei mesi da quella fissata per la licitazione o dichiarazione sostitutiva autenticata con le modalità di cui all’art. 20 della legge n. 15 del 1968 riferito a tutti gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza", va esclusa dalla gara una ditta il cui legale rappresentante non abbia prodotto nella documentazione di gara il certificato del casellario giudiziale, ovvero una dichiarazione sostitutiva ex lege n. 15 del 1968
(massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 16.03.2010 n. 1513 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla legittimità dell’esclusione di una ditta che ha omesso di dichiarare un grave inadempimento in un contratto di appalto con una P.A. diversa da quella appaltante.
E’ legittima l’esclusione dalla gara disposta ex art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. 12.04.2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici), facendo riferimento al fatto che l’impresa esclusa ha omesso di dichiarare l’intervenuta risoluzione di un precedente contratto stipulato con Amministrazioni pubbliche, a nulla rilevando che detta risoluzione di contratto sia stata disposta da una Amministrazione pubblica differente dalla stazione appaltante che ha indetto la gara; infatti, la dichiarazione prevista dalla seconda parte della suddetta norma consente all'Amministrazione di valutare i precedenti professionali delle imprese concorrenti e quindi di tenere conto anche di rapporti contrattuali intercorsi con Amministrazioni diverse, al fine di stabilire il grado di capacità tecnico professionale nella esecuzione della fornitura (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.03.2010 n. 1550 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI Sui limiti delle stazioni appaltanti, negli appalti di forniture, di individuare particolari caratteristiche tecniche dei prodotti da fornire e sulle modalità di determinazione del danno da perdita di chance.
La motivazione del provvedimento non può essere integrata nel corso del giudizio con la specificazione di elementi di fatto, dovendo la motivazione precedere e non seguire ogni provvedimento amministrativo.
Negli appalti pubblici non possono essere introdotte specifiche tecniche che menzionino prodotti di una fabbricazione o di una provenienza determinata o procedimenti particolari aventi l'effetto di favorire o eliminare talune imprese, a meno che tali specifiche tecniche siano giustificate dall'oggetto dell'appalto.
In tema di appalti di forniture, l'Amministrazione può legittimamente individuare particolari caratteristiche tecniche, ma a condizione che la loro specificazione sia effettuata con riferimento ad elementi in grado distinguere nettamente l'oggetto della fornitura, senza determinare alcuna discriminazione nei confronti delle imprese di settore; di conseguenza, è vietato prevedere specifiche tecniche, che indichino prodotti di una determinata fabbricazione o provenienza, a meno di non inserire la clausola di equivalenza, ammissibile quando le stazioni appaltanti non possano fornire una descrizione dell'oggetto dell'appalto mediante specifiche tecniche sufficientemente precise.
E’ illegittimo l’operato di una commissione di una gara per l’appalto di forniture di apparecchiature elettromedicali da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa nel caso in cui, dopo la presentazione delle offerte, la commissione stessa abbia inserito quale ulteriore criterio -oltre quelli contenuti nel bando in ordine decrescente di importanza e i sub criteri specificati in quest’ultimo- quello "dell’omogeneità con le apparecchiature esistenti", atteso che, anche in base ai principi affermati dalla giurisprudenza comunitaria, sussiste il divieto di introdurre ex post elementi che, se fossero stati noti al momento della preparazione delle offerte, avrebbero potuto influenzare la detta preparazione.
In sede di risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi, mentre non è ravvisabile il necessario presupposto della colpa della P.A. allorché quest'ultima abbia conformato la propria azione a consolidate interpretazioni giurisprudenziali, di converso deve ritenersi che, salvo casi eccezionali, colpa possa ravvisarsi allorché la condotta dell’Amministrazione si sia posta in termini collidenti ed antitetici rispetto a plurime e consolidate interpretazioni giurisprudenziali.
Il risarcimento dei danni per perdita di chance va quantificato con la tecnica della determinazione dell'utile che sarebbe stato possibile conseguire in caso di vittoria, scontato percentualmente in base al numero dei partecipanti alla gara, posto che tale tipo di danno -non potendo essere provato nel suo preciso ammontare- deve essere quantificato in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.c. (in applicazione del principio nella specie l'ammontare del risarcimento è stato fissato nella percentuale del 5% del prezzo offerto- per la perdita di chance, comprensiva dell’ipotizzato e richiesto "danno curricolare"; è stato precisato che tale ammontare va maggiorato degli interessi legali decorrenti dal momento della presentazione della domanda giudiziale ed eventualmente dell’ulteriore rivalutazione monetaria, ove superiore a tale saggio) (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11.03.2010 n. 1443 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla legittimità dell’esclusione da una gara di una ditta che ha presentato una polizza fideiussoria d'importo di 20 centesimi di euro inferiore rispetto a quello previsto dal bando.
E’ legittimo il provvedimento con il quale la P.A. ha escluso da una gara di appalto una ditta, motivato con riferimento al fatto che la ditta esclusa ha presentato una polizza fideiussoria di importo inferiore rispetto a quello dovuto e richiesto dal bando, sia pure di soli 20 centesimi di Euro, nel caso in cui il bando di gara contenga una chiara ed inequivoca indicazione della somma su cui calcolare l’importo della cauzione; né tale esigua differenza può avere rilevanza per giustificare una regolarizzazione postuma della documentazione, atteso che la garanzia provvisoria risulta finalizzata a fornire un’adeguata tutela delle ragioni creditorie della P.A., senza che possa ritenersi residuare nei confronti dell’offerente alcun margine di incertezza e di opinabilità, o comunque
residuare alcuna discrezionalità da parte della stazione appaltante in ordine all’accettazione di un importo inferiore a quello richiesto (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Basilicata, Sez. I, sentenza 11.03.2010 n. 109 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI Sui limiti della facoltà delle P.A. appaltanti di introdurre nei bandi di gara requisiti ulteriori non previsti dalla vigente legislazione.
I bandi di gara possono prevedere requisiti di partecipazione più rigorosi di quelli fissati normativamente, potendo in particolare richiedere l'attestazione di requisiti di capacità diversi ed ulteriori rispetto a quelli richiesti per la iscrizione in albi o elenchi, purché tali requisiti ulteriori non siano discriminanti ed abnormi rispetto alle regole proprie del settore.
Il sindacato del giudice sulla proporzionalità dei bandi di gara non impinge nel merito amministrativo, in quanto la libertà della stazione appaltante di valutare discrezionalmente le esigenze da porre a base dell'affidamento dell'appalto ed i conseguenti requisiti da richiedere ai concorrenti va contemperata con il rispetto dei principi fondamentali che presidiano le procedure ad evidenza pubblica, quali la concorrenza e il favor partecipationis, sicché la violazione dei relativi principi comporta la illegittimità dell’azione amministrativa.
E’ illegittimo, per violazione dei principi di proporzionalità, libertà di concorrenza e favor partecipationis, e per ingiustificata restrizione del numero dei partecipanti, il bando di una gara -indetta da un Comune di piccole dimensioni- per l’affidamento in concessione del servizio di gestione, riscossione ed accertamento della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche temporanea e permanente, dell'imposta comunale sulla pubblicità, e dei diritti sulle pubbliche affissioni, che preveda, quali requisiti di partecipazione -oltre alla iscrizione all’albo di cui all’art. 53 del D. Lgs. 15.12.1997 n. 446 (albo nazionale dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e delle altre entrate delle Province e dei Comuni)- anche la dimostrazione di aver svolto, per almeno un triennio continuativo nell’ultimo quinquennio antecedente la data della gara, il servizio di liquidazione, accertamento e riscossione dei servizi oggetto del bando in forma congiunta ed in almeno due Comuni con popolazione superiore a 90.000 abitanti, nonché di aver conseguito un fatturato, nel triennio precedente, per un importo, per aggi, non inferiore ad euro 8.000.000,00 al netto di IVA (massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 03.03.2010 n. 677 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla legittimità del provvedimento con il quale la P.A. appaltante ha autorizzato tutte le imprese a produrre ex post il certificato circa il rispetto sulle norme a tutela dei disabili.
Legittimamente la stazione appaltante ha invitato tutte le ditte concorrenti ad una gara di appalto ad integrare la documentazione già prodotta, con il certificato sul diritto al lavoro dei disabili di cui all’art. 17 della L. 23.03.1999, n. 68, nel caso in cui nessuna delle ditte concorrenti abbia prodotto tale certificato in sede di presentazione dell’offerta; in tal caso, infatti, la mancata osservanza dell’art. 17 della legge 23.03.1999, n. 68 (secondo cui grava su tutte le imprese che entrano in rapporto con la P.A. l’obbligo di dimostrare, sin dalla presentazione dell’offerta, che l’impresa è in regola con la normativa sull’avviamento al lavoro dei disabili), applicabile ex lege senza che sia necessario prevedere il suddetto obbligo nel bando di gara, avrebbe comportato l’esclusione di tutte le ditte e la conseguente necessità del rifacimento della gara, senza nessun vantaggio per l'Amministrazione e per i concorrenti (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.03.2010 n. 1207 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTISulla legittimità dell’esclusione di una ditta il cui legale rappresentante ha omesso di sottoscrivere ogni pagina della lista delle categorie di lavorazioni e forniture.
E’ legittima l'esclusione da una gara pubblica di una impresa il cui legale rappresentante ha omesso di sottoscrivere, in ogni pagina, la lista delle categorie di lavorazioni e forniture previste per la esecuzione dei lavori, nel caso in cui tale sottoscrizione sia prescritta come obbligatoria dalla lex specialis a pena di esclusione; infatti, essendo le liste delle lavorazioni finalizzate ad evidenziare che il concorrente ha avuto piena contezza delle quantità e dei prezzi delle lavorazioni, l’omessa sottoscrizione delle stesse determina -a maggior ragione se l’omissione sia sanzionata dal bando con la espulsione dalla gara- la scelta obbligata dell’esclusione, in osservanza del principio di parità
di trattamento (massima tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 22.02.2010 n. 1035 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl divieto di costruire ad una determinata distanza dalle strade vale anche per le sopraelevazioni di edifici già esistenti.
Non è suscettibile di sanatoria, ai sensi della citata legge n. 47 del 1985, la sopraelevazione di edificio che disti dal ciglio dell’autostrada, all’esterno dei centri abitati, meno di quanto previsto dal d.m. 01.04.1968, se la sopraelevazione è stata realizzata dopo l’imposizione del vincolo autostradale.
Il divieto di costruire ad una certa distanza dalla sede autostradale, posto dall’articolo 9 della legge 24.07.1961, n. 729 e dal successivo d.m. 01.04.1968, non può essere inteso restrittivamente e cioè come previsto al solo scopo di prevenire l’esistenza di ostacoli materiali emergenti dal suolo e suscettibili di costituire, per la loro prossimità alla sede autostradale, pregiudizio alla sicurezza del traffico ed alla sua incolumità delle persone, ma appare correlato alla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile, all’occorrenza, dal concessionario, per l’esecuzione dei lavori, per l’impianto dei cantieri, per il deposito di materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza vincoli limitativi connessi con la presenza di costruzioni.
Pertanto le distanze previste dalla norma suddetta vanno rispettate anche con riferimento ad opere che non superino il livello della sede stradale o che costituiscano mere sopralevazioni o che, pur rientrando nella fascia, siano arretrate rispetto alle opere preesistenti.

Le opere realizzate all’interno della fascia di rispetto autostradale prevista al di fuori del perimetro del centro abitato (fascia di sessanta metri) sono ubicate in aree assolutamente inedificabili e, pertanto, se costruite dopo l’imposizione del vincolo, rientrano nella previsione di cui all’articolo 33, comma 1, lettera d) della legge 28.02.1985, n. 47 e non sono suscettibili di sanatoria.
A tale riguardo giova premettere che, ai sensi dell’articolo 41-septies, commi 1 e 2 della legge urbanistica 17.08.1942, n. 1150 (articolo aggiunto dall’articolo 19 della l. 06.08.1967, n. 765) “Fuori del perimetro dei centri abitati debbono osservarsi nell’edificazione distanze minime a protezione del nastro stradale, misurate a partire dal ciglio della strada. Dette distanze vengono stabilite con decreto del Ministro per i Lavori pubblici di concerto con i Ministri per i trasporti e per l’Interno, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, in rapporto alla natura delle strade ed alla classificazione delle strade stesse, escluse le strade vicinali e di bonifica”.
Tale vincolo di inedificabilità è configurato come assoluto nel caso di autostrade per le aree situate al di fuori del centro abitato, perché -ai sensi del D.M. 01.04.1968- è esclusa ogni possibilità di deroga alla distanza minima, fissata in sessanta metri (la fascia di rispetto è, invece, ridotta a venticinque metri all’interno del perimetro del centro abitato ed è derogabile a mente dell’articolo 9, comma 1 della legge 24.07.1961, n. 729).
Il ricorrente, che ha realizzato un’opera abusiva all’interno della predetta fascia di rispetto ed al di fuori del perimetro del centro abitato, non può, inoltre, avvalersi della possibilità di sanatoria offerta dall’articolo 32, comma 4, lettera c), della citata legge n. 47 del 1985 (per cui “Sono suscettibili di sanatoria, alle condizioni sottoindicate, le opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione e che risultino: […] c) in contrasto con le norme del D.M. 01.04.1968 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 13.04.1968, sempre che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico”), perché nella fattispecie in esame il vincolo sull’area era stato imposto prima della costruzione del manufatto.
Trova, allora, applicazione la norma di cui all’articolo 33, comma 1, lettera d), della legge 28.02.1985, n. 47, che esclude la possibilità di sanatoria delle opere di cui al precedente articolo 31 “quando siano in contrasto con i seguenti vincoli, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse: […] d) ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree”.
In tal senso si è espressa sia la giurisprudenza della Corte di cassazione (cfr. Cass. civ., 14.01.1987, n. 193, per cui non è suscettibile di sanatoria, ai sensi della citata legge n. 47 del 1985, la sopraelevazione di edificio che disti dal ciglio dell’autostrada, all’esterno dei centri abitati, meno di quanto previsto dal d.m. 01.04.1968, se la sopraelevazione è stata realizzata dopo l’imposizione del vincolo autostradale; v. anche Cass. civ., 26.01.2000, n. 841, che per tale ragione esclude la natura edificatoria del terreno rientrante nella fascia di rispetto) sia quella del Consiglio di Stato (Sez. V, 08.09.1994, n. 968, che qualifica come inedificabile l’area ricompresa nella predetta fascia di rispetto).
Va, inoltre, osservato che il carattere assoluto del vincolo sussiste a prescindere dalla concrete caratteristiche dell’opera realizzata.
Infatti il divieto di costruire ad una certa distanza dalla sede autostradale, posto dall’articolo 9 della legge 24.07.1961, n. 729 e dal successivo d.m. 01.04.1968, non può essere inteso restrittivamente e cioè come previsto al solo scopo di prevenire l’esistenza di ostacoli materiali emergenti dal suolo e suscettibili di costituire, per la loro prossimità alla sede autostradale, pregiudizio alla sicurezza del traffico ed alla sua incolumità delle persone, ma appare correlato alla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile, all’occorrenza, dal concessionario, per l’esecuzione dei lavori, per l’impianto dei cantieri, per il deposito di materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza vincoli limitativi connessi con la presenza di costruzioni.
Pertanto le distanze previste dalla norma suddetta vanno rispettate anche con riferimento ad opere che non superino il livello della sede stradale (in termini, Cass. civ., 01.06.1995, n. 6118) o che costituiscano mere sopralevazioni (v. la citata Cass. civ., 14.01.1987, n. 193), o che, pur rientrando nella fascia, siano arretrate rispetto alle opere preesistenti (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 18.10.2002 n. 5716 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO AL 12.10.2010

ã

NOVITA' NEL SITO

Bottone "CONVEGNI" n. 1 giornata di studio a Marcallo con Casone (MI) per giovedì 21.10.2010 co-organizzata dal portale PTPL.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni ivi riportate.

NOVITA' NEL SITO

EDILIZIA PRIVATA: Nel bottone MODULISTICA è stato inserito il fac-simile (modificabile a piacimento):
1- della richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica (art. 167 D.Lgs. n. 42/2004);
2- della richiesta -alla Soprintendenza- del parere obbligatorio e vincolante per il rilascio -o meno- dell'atto amministrativo di accertamento di compatibilità paesaggistica.

UTILITA'

ENTI LOCALI - VARI: RAI, digitale terrestre.
Lo switch off delle regioni del Nord Italia rappresenta una sfida formidabile per le televisioni ma anche per tutti coloro che amministrano i Comuni coinvolti dal passaggio al digitale.
Crediamo di fare cosa utile fornendo agli amministratori comunali alcune informazioni relative al processo di digitalizzazione che sarà completato nell’autunno 2010.

SICUREZZA LAVORO: La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti fisici.
L’agente fisico è quel fattore, governato da leggi fisiche, che provoca una trasformazione delle condizioni ambientali in cui esso si manifesta. La sua presenza in ambienti di vita e di lavoro determina l’immissione di energia “indesiderata”, potenzialmente dannosa per la salute umana. Tale energia può essere immessa in diverse forme tra cui l’energia elettromagnetica, nel caso delle radiazioni non ionizzanti, e l’energia sonora, nel caso del rumore.
Il Titolo VIII del D.Lgs 81/2008 definisce “agenti fisici” il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche, di origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Sul sito della regione Campania è disponibile il materiale didattico delle lezioni sugli agenti fisici del corso “Il D.Lgs. 81/2008 e la vigilanza negli ambienti di lavoro”.
Le lezioni, tenute da funzionari del Dipartimento Igiene del Lavoro dell’ISPESL, hanno riguardato:
- illuminazione
- radiazioni ottiche
- rumore e vibrazioni (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: Detrazione fiscale del 55%: proroga per il 2011?
La detrazione fiscale del 55% per gli interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente scadrà il prossimo 31.12.2010.
Con l’approssimarsi della scadenza si cominciano a tracciare i primi bilanci dell’iniziativa e si ricomincia a parlare della possibilità di prorogare l’agevolazione, richiesta a gran voce sia dalle imprese che dai contribuenti.
Dopo un lungo silenzio un esponente del governo interviene sulla questione.
Nel corso dell’Assemblea generale dell'Uncsaal, associazione che raggruppa i produttori di serramenti in alluminio, il sottosegretario all’Economia Luigi Casero, riconoscendo la bontà della misura di incentivazione, si è detto possibilista sulla proroga della detrazione fiscale del 55% per gli interventi di risparmio energetico oltre il 2010.
Secondo l’On. Casero occorre ridurre i contributi dati a fondo perduto a imprese che spesso non crescono, e destinare quelle risorse alla detrazione del 55%, alle imprese che reinvestono gli utili, o ad altre manovre per il rilancio delle imprese (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA: Amianto nelle costruzioni: le indicazioni di SUVA.
Nella precedente edizione (newsletter n. 205) abbiamo parlato della presenza di amianto nelle costruzioni e dei rischi ad esso connessi.
Continuiamo ad occuparci di amianto presentando una pubblicazione realizzata da SUVA (il più grande assicuratore svizzero per gli infortuni sul lavoro).
Il documento "Amianto: come riconoscerlo e intervenire correttamente" illustra prodotti e manufatti nei quali può nascondersi l'amianto, come intervenire correttamente e quando è il caso di rivolgersi ad uno specialista (link a www.acca.it).

SINDACATI

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGOBozza di regolamento degli uffici e dei servizi aggiornato alle disposizioni del D.Lgs. 150/2009 (riforma Brunetta) (CGIL-FP, nota 07.10.2010).

PUBBLICO IMPIEGOPer un rinnovo delle RR.SS.UU. in tempi rapidi (CGIL-FP di Bergamo, nota 01.10.2010).

NOTE, CIRCOLARI E COMUNICATI

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Trasmissione informatizzata della notifica preliminare di avvio lavori nei cantieri - Decreto del Direttore Generale Sanità n. 9056 del 14.09.2009 e Decreto del Direttore Regionale del Lavoro n. 117 del 23.09.2009 (Regione Lombardia, Direzione Generale Sanità, Governo della Prevenzione e Tutela Sanitaria, Prevenzione Ambienti di Vita e di Lavoro, nota 08.10.2010 n. 33248 di prot.).

APPALTIDURC - Determinazione AVCP n. 1/2010 (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, circolare 08.10.2010 n. 35/2010).

EDILIZIA PRIVATA: Semplificazione e riordino della disciplina sullo Sportello Unico per le Attività Produttive  (ai sensi del D.P.R. 07.09.2010 n. 160) (ANCI, nota 06.10.2010 n. 79 di prot.).

PUBBLICO IMPIEGO: CCNL del personale dirigente del comparto Regioni e Autonomie Locali (AREA II) - Biennio economico 2008-2009 (INPDAP, nota operativa 02.10.2010 n. 46).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 41 dell'11.10.2010, "Approvazione dell'aggiornamento dell'elenco, e pubblicazione dell'elenco completo, degli enti locali idonei all'esercizio delle funzioni paesaggistiche loro attribuite dall'art. 80 della l.r. 11.03.2005, n. 12" (decreto D.G. 24.09.2010 n. 9051 - link a www.infopoint.it).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

ATTI AMMINISTRATIVI: R. Minardi, Il diritto di accesso agli atti e ai documenti amministrativi. Il diritto di accesso agli atti dei servizi demografici (link a http://doc.sspal.it).

PUBBLICO IMPIEGO: P. Barrera, La responsabilità disciplinare dei dipendenti pubblici dopo il d.lgs. 27.10.2009, n. 150 (anche alla luce del decreto legge n. 78/2010) (link a http://doc.sspal.it).

APPALTI: F. Armenante, Rassegna giurisprudenziale sulle procedure ad evidenza pubblica (link a http://doc.sspal.it).

EDILIZIA PRIVATA: P. Urbani, PER UNA CRITICA COSTRUTTIVA ALL’ATTUALE DISCIPLINA DEL PAESAGGIO (link a www.pausania.it).

QUESITI & PARERI

PUBBLICO IMPIEGO: Fattispecie in tema di conferimento incarichi a dipendenti enti locali – Limiti.
Quesito proposto dal Comune di A. (Provincia di S.).
Si chiede di conoscere parere in ordine al concetto di «incarico» di cui all’art. 53 del D.L.vo 30.03.2001, n. 165, e in particolare se lo stesso possa riferirsi, senza alcun limite se non quello di svolgersi fuori dall’orario di servizio e di non essere in contrasto con gli interessi dell’Ente di appartenenza (Comune), allo svolgimento di ogni attività (per esempio l’attività di amministratore di condomini: fattispecie sulla quale, peraltro, ha avuto modo di esprimersi la Corte dei conti, Sez. I giurisdizionale d’appello, con la sentenza n. 554 del 16.09.2009, ma solo per ciò che attiene alla esistenza o meno di danno erariale a causa della mancanza di autorizzazione, lasciando pertanto irrisolta la questione sulle fattispecie autorizzabili), e in particolare, appunto, se tali incarichi (con richieste –per esempio– di autorizzazione presentate ogni anno) possano dissimulare una vera e propria altra attività lavorativa, che si svolgerebbe ininterrottamente e parallelamente a quella di pubblico dipendente.
Si tenga altresì presente che il regolamento sugli uffici e servizi del Comune prevede che le attività/incarichi in argomento costituiscano motivo di crescita professionale, anche nell’interesse dell’Ente.

---------------
La ratio dell’art. 53 del D.L.vo n. 165/2001 è quella evidentemente di mettere «sotto tutela e controllo», nei termini previsti dallo stesso art. 53 qui in commento (incompatibilità ai sensi degli artt. 60 e segg. del D.P.R. 10.01.1957, n. 3, in parte qua ancora in vigore, o autorizzazione preventiva dell’Amministrazione di appartenenza) tutte le forme di «incarichi extraistituzionali», nel senso di resi ed espletati nell’interesse di soggetti «esterni», persone fisiche o giuridiche, rispetto all’Amministrazione titolare formale e sostanziale del relativo rapporto di pubblico impiego.
Difatti, expressis verbis, il comma 6, ultimo inciso, dell’art. 53 cit. dispone che nell’alveo della nozione di «incarico» conferito o conferibile al dipendente pubblico e, quindi, autorizzabile nei termini previsti dalla legge, vi rientri necessariamente qualsiasi tipo di incarico, anche di natura occasionale, non compreso nei compiti e doveri di ufficio, «per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso».
Ritenendo sul punto la giurisprudenza prevalente che nell’ambito applicativo del comma 6 vi rientrino tutti i compensi, comunque erogati, anche con formule in «natura» e non soltanto «pecuniaria».
Ciò evidentemente in applicazione del «principio di esclusività» del rapporto di pubblico impiego con l’Amministrazione di appartenenza.
Principio che si oppone in linea di principio al cumulo con altri impieghi e/o incarichi, nel caso in cui la particolare prestazione lavorativa «esterna» possa creare situazioni di incompatibilità sia di diritto che di fatto, nell’interesse del buon andamento come recita appunto in modo letterale lo stesso comma 5 del più volte citato art. 53.
In tali fattispecie l’applicazione dell’istituto dell’autorizzazione preventiva consente all’Amministrazione di valutare che sia scongiurata ogni possibilità di conflitto di interesse tra l’attività di lavoro extraistituzionale autorizzanda e quanto oggetto della ordinaria prestazione lavorativa del dipendente pubblico.
Occorre, pertanto, nella valutazione finale considerare anche la durata dell’incarico e l’entità del compenso finale.
Difatti, secondo un insegnamento ormai recepito e «granitico» della giurisprudenza della Corte dei conti un incarico non occasionale e di importo «sostanzioso», avuto riguardo alle ordinarie condizioni di mercato, è già sintomo di conflitto di interessi, sotto il profilo delle risorse di tempo di lavoro e di impegno «mentale» che viene sottratto dal dipendente pubblico al proprio rapporto «esclusivo» di pubblico impiego a tempo pieno.
Uniche eccezioni al suddetto principio di esclusività sono previste direttamente dal legislatore per tassative fattispecie che non ammettono interpretazioni estensive o per analogia:
a) rapporto di lavoro pubblico a part-time con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella prevista per il rapporto di lavoro ordinario ed a tempo pieno;
b) compensi derivanti dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;
c) utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali;
d) partecipazione a convegni e seminari;
e) incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate;
f) incarichi per i quali il dipendente è posto in aspettativa, comando o fuori ruolo;
g) incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita;
h) incarichi derivanti da attività di formazione diretta a dipendenti della pubblica Amministrazione di cui all’art. 1, comma 2, del citato D.L.vo n. 165/2001.
In tali evenienze non è necessaria neppure l’autorizzazione preventiva essendo sufficiente una mera informazione all’Amministrazione di appartenenza.
Nella sola fattispecie (part-time non superiore al 50%) di cui al punto a) è consentito al dipendente pubblico lo svolgimento di attività libero-professionale esterna o comunque ad essa equiparabile, purché non sia configurabile comunque alcun tipo di conflitto di interesse.
Pertanto il dipendente pubblico non potrà svolgere e di conseguenza non potrà essere autorizzato per lo svolgimento, a titolo oneroso, dell’attività di amministratore di condominio e/o condomini, se prima non avrà optato, nell’ambito del rapporto di pubblico impiego per un regime orario a part-time non superiore al 50% del tempo pieno previsto, qualora la suddetta attività esterna assuma i connotati di una comune attività professionale.
Difatti è solo in quest’ultima evenienza che è consentito lo svolgimento di attività professionale parallela a quella inerente il rapporto di pubblico impiego.
Cosa evidentemente diversa è invece il caso in cui l’attività di amministratore di condominio venga svolta a titolo gratuito.
Rimane ad ogni modo anche in tale fattispecie la necessaria autorizzazione preventiva, onde valutare che, nonostante la gratuità dell’incarico di amministratore di condominio, rimanga tutelato il principio del buon andamento della pubblica Amministrazione (assenza di conflitto di interesse).
Si fa presente che la previsione del regolamento degli uffici e dei servizi che disponga diversamente da quanto dettato dal citato art. 53 non vale a «sanare» il configurarsi di eventuali responsabilità di natura erariale a carico di chi vi dà applicazione, a maggior ragione in un contesto ordinamentale in cui la materia delle incompatibilità e dei cumuli di impieghi appare di stretta competenza legislativa, residuando alla fonte regolamentare una mera competenza di dettaglio della normativa di legge, nel rispetto degli inderogabili principi dalla stessa posti (tratto da Nuova Rassegna n. 16 del 16.08.2010).

PUBBLICO IMPIEGO: Dipendente tecnico comunale autorizzato con deliberazione giuntale a prestare servizio per due giorni settimanali come collaboratore presso altro Comune – Assenza di convenzione – Disciplina.
Quesito proposto dal Comune di … (Provincia di …).
Questo Comune, con deliberazione giuntale, ha autorizzato il dipendente tecnico comunale a prestare servizio per due giorni settimanali come collaboratore presso un altro Comune.
Considerato che detta autorizzazione è avvenuta in assenza di convenzione, ai sensi dell’art. 14 del CCNL 14.09.2000, si chiede:
1) è legittima l’allegata deliberazione giuntale? Oppure l’Amministrazione doveva stipulare preventiva convenzione?
2) la posizione del tecnico comunale autorizzato, nel Comune ove espleta il servizio per un massimo di 12 ore settimanali, può configurarsi come rapporto di dipendenza e quindi sottoscrivere i relativi atti? Oppure deve predisporre solo le proposte dei provvedimenti da sottoporre al dirigente di quella Amministrazione comunale?

---------------
Si evidenzia che l’art. 14 del CCNL 22.01.2004 prevede, al fine di soddisfare la migliore realizzazione dei servizi istituzionali e di conseguire un’economica gestione delle risorse, con il consenso dei lavoratori interessati, l’assegnazione di personale ad altri enti per periodi predeterminati e per una parte del tempo di lavoro d’obbligo mediante convenzione e previo assenso dell’ente di appartenenza.
La convenzione deve definire il tempo di lavoro in assegnazione, nel rispetto del vincolo dell’orario settimanale d’obbligo, la ripartizione degli oneri finanziari e tutti gli altri aspetti utili per regolare il corretto utilizzo del lavoratore ed in modo particolare si evidenziano gli istituti delle ferie, del riposo giornaliero, del riposo settimanale e della durata giornaliera dell’orario di lavoro. Al comma 7 dell’art. 14 il CCNL citato precisa che la disciplina trova applicazione anche nei confronti del personale utilizzato a tempo parziale per le funzioni e i servizi in convenzione ai sensi dell’art. 30 del D.L.vo 18.08.2000, n. 267.
L’art. 1, comma 557, della legge 30.12.2004, n. 311, prevede invece che i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, i consorzi tra enti locali gerenti servizi a rilevanza non industriale, le comunità montane e le unioni di comuni possono servirsi dell’attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno, di altre amministrazioni locali purché autorizzati dall’Amministrazione di provenienza. Si tratta quindi di un rapporto di lavoro complementare al principale rapporto di lavoro ovvero una sorta di secondo lavoro del dipendente pubblico e può assumere la forma sia del contratto di lavoro di tipo subordinato che del contratto di lavoro autonomo e nella forma coordinata e continuativa. Nel primo caso evidentemente una convenzione dovrà stabilire le modalità di utilizzo del lavoratore con particolare riferimento come precisato più sopra agli istituti delle ferie, del riposo giornaliero, del riposo settimanale e della durata giornaliera dell’orario di lavoro.
Tale soluzione è del tutto eccezionale ed è intesa a favorire la condivisione di professionalità all’interno della pubblica Amministrazione senza che vi sia a monte la definizione di un servizio da gestire in convenzione o la volontà di ricorrere all’istituto dell’assegnazione, ai sensi del comma 1 dell’art. 14 del CCNL citato, per il quale rimane fisso il tempo di lavoro d’obbligo ovvero le ore settimanali concordate nel contratto individuale di lavoro sono ripartite, per periodi predeterminati e con il consenso dei lavoratori, tra gli enti interessati. Si precisa comunque che tale soluzione comporta una valutazione in termini di compatibilità con i vincoli della spesa del personale in relazione al regime assunzionale a cui l’ente è soggetto.
Lo status del lavoratore e quindi l’esercizio delle eventuali responsabilità sarà quindi da configurarsi in relazione alle differenti soluzioni adottate.
Si evidenzia pertanto che, dalla documentazione pervenuta, si è fatto riferimento a due disposizioni che sono alternative e quindi riferibili a soluzioni operative, organizzative, convenzionali e contrattuali distinte (tratto da Nuova Rassegna n. 15 dell'01.08.2010).

EDILIZIA PRIVATA: Comune – Rilascio permesso di costruire per realizzazione di sopraelevazione di un fabbricato e sottotetto sovrastante – Denuncia mancato rispetto delle distanze legali da parte di proprietario fabbricato adiacente – Competenza professionale del geometra per opere in cemento armato – Fattispecie.
Quesito proposto dal Sig. … del Comune di A. (Provincia di V.).
Questo Comune ha rilasciato:
1) il permesso di costruire per la realizzazione di una sopraelevazione al primo piano di un fabbricato;
2) il permesso in variante per la realizzazione di un sottotetto sovrastante la sopraelevazione assentita;
3) il permesso in variante per l’ampliamento del sottotetto assentito in variante.
Un cittadino, dopo aver fatto presente di essere proprietario di un terreno e di un fabbricato adiacenti all’immobile in costruzione, ha evidenziato varie violazioni della normativa di settore, legate principalmente al mancato rispetto delle distanze legali, ed ha segnalato che, nonostante la previsione di pilastrature in cemento armato, l’opera è stata progettata da un geometra, in spregio all’art. 16 e segg. R.D. 11.02.1929, n. 274, che abilita tale categoria professionale solo a modeste costruzioni civili.
Tutto ciò premesso si chiede:
1) al titolare del terreno e del fabbricato limitrofi è riconosciuta una posizione legittimante l’impugnativa dei titoli edilizi sopra menzionati?
2) la progettazione di cui sopra ricade nella competenza professionale del geometra?

---------------
La legislazione vigente non vieta in modo aprioristico al geometra di operare con strutture in cemento armato nelle costruzioni.
Infatti, la maggiore ampiezza normativa della lett. l) del R.D. n. 274/1929, che espressamente disciplina l’uso del cemento armato nelle costruzioni a destinazione agricola, non può autorizzare l’interprete a concludere che il legislatore, formulando in modo generico la norma contenuta nella successiva lett. m) dello stesso articolo (senza esplicito richiamo all’uso del cemento armato), ne abbia vietato l’utilizzo per le costruzioni civili.
Di conseguenza, la competenza dei geometri per la realizzazione di opere in cemento armato di piccole costruzioni accessorie di edifici rurali o per uso di industrie agricole deve essere estesa, ai temimi della norma su richiamata, anche alle opere accessorie alle costruzioni civili, purché siano di dimensioni esigue e non presentino particolari problemi strutturali come accade, invece, per le costruzioni in zone sismiche.
Tuttavia, la giurisprudenza della Corte di cassazione ha costantemente evidenziato come ai tecnici solo diplomati (geometri e periti industriali: R.D. n. 275/1929), ai sensi dell’art. 16, lett. m), del R.D. n. 274/1929, sono consentiti la progettazione, la direzione e la vigilanza in ogni caso di costruzioni che prevedono l’impiego di strutture in cemento armato, salvo che non si tratti di piccoli manufatti accessori, nell’ambito di fabbricati agricoli o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per l’incolumità pubblica (cfr., ex multis, Cassazione, sentenze nn. 8545/2005, 7778/2005, 3021/2005, 5961/2005).
Si tratta di una scelta inequivoca del legislatore dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse.
I limitati margini di discrezionalità accordati all’interprete attengono solo alla valutazione dei requisiti della modestia delle costruzioni, della non necessità di complesse operazioni di calcolo ed assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, mentre per l’altra condizione, costituita dall’annesso agricolo o industriale agricolo delle costruzioni, eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di c.a., stante la chiarezza e la tassatività del precetto normativo non vi sono margini di sorta, che esige un preciso requisito: la suddetta destinazione, che esiste o non esiste (cfr. Cass. civile, Sez. II, sentenza 07.09.2009, n. 19292). In altri termini, secondo la Suprema Corte, la competenza dei tecnici diplomati è limitata ai soli manufatti con destinazione ad annesso agricolo o ad accessorio negli edifici destinati alle industrie agricole.
Nel caso di cui al quesito, occorre tenere presente il concetto della modestia della costruzione e delimitare l’ambito della competenza del geometra nell’espletamento di incarichi progettuali nei limiti quantitativi (volume) e qualitativi (tipo di struttura e, in particolare, l’impiego del c.a.).
Alla luce del su richiamato precetto normativo, nonché della vigente giurisprudenza, pur in assenza di ulteriori precisazioni, per la stringatezza del quesito, si ritiene che l’ampliamento del sottotetto in variante, se è nei limiti della modesta costruzione, come innanzi precisata, non sembra revocarsi in dubbio la competenza professionale del geometra.
Quanto all’altra denuncia del proprietario dei fondi finitimi all’immobile in costruzione, è da dire che non sempre l’interesse dei privati finitimi, i quali, non ricevendo un danno immediato e diretto, ma solo un paventato pericolo per la pubblica incolumità, vantano una posizione qualificabile come diritto soggettivo, ma solo un interesse riflesso al rispetto delle leggi.
Nei procedimenti per violazioni urbanistico-edilizie è essenzialmente il Comune ad essere legittimato ad impedire una costruzione illegittima, in quanto il danno discende dall’offesa al bene specifico individuato proprio nel territorio che potrebbe subire un danno per l’incolumità pubblica.
Tuttavia, quando la costruzione costituisca violazione anche alle norme di natura civilistica, quali quelle che stabiliscono l’osservanza delle norme (previste dal c.c., dai regolamenti edilizi e dagli strumenti urbanistici) sulle distanze, sulla volumetria, sulle altezze (si pensi alla c.d. servitus altius non tollendi: alla servitù, cioè, di non sopraelevare, ossia una servitù negativa e non apparente, in base alla quale il proprietario del fondo servente è tenuto, nei confronti del fondo dominante, a non costruire oltre una certa altezza), è ipotizzabile l’intervento difensivo del vicino tutte le volte che l’azione illecita possa cagionare anche la lesione di un diritto privato. Ma occorre pur sempre che il danno sia conseguenza immediata e diretta dell’abusiva costruzione (tratto da Nuova Rassegna n. 15 dell'01.08.2010).

CORTE DEI CONTI

CONSIGLIERI COMUNALI: Parere in materia di rimborso delle spese di viaggio dei componenti della Giunta provinciale e dei consiglieri provinciali. Verifica della possibilità di disciplinare la materia con regolamento integrativo (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Veneto, parere 21.09.2010 n. 105).

ENTI LOCALI: Non è possibile per l‘ente che si trovi nella condizione di aver superato la spesa per il personale rispetto al 2004, procedere a nuova assunzione o ricorrere all‘istituto della mobilità (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 15.09.2010 n. 862).

ENTI LOCALI: Richiesta di parere formulata dal Presidente della provincia di Prato, ai fini della corretta applicazione dell'art. 40-bis del D.Lgs. 165/2001 come modificato dall'art. 55 del D.Lgs. 150/2009.
La Corte dei Conti - Sezione regionale di controllo per la Toscana, in merito alle spese di personale ha ribadito, ai fini del patto di stabilità interno, che: “la spesa relativa agli incentivi alla progettazione, agli incentivi per il recupero ICI e per i diritti di rogito non rientra nel concetto di spesa di personale"; le spese di personale per gli anni 2006, 2007 e 2008 vanno computa al netto degli oneri derivanti dagli intervenuti contratti collettivi nazionali, a garanzia dell’omogeneità dei dati da confrontare per ciascuno di tali anni; la spesa relativa ai dipendenti appartenenti alle categorie protette, da escludere dal computo della spesa di personale, deve “ricomprendere anche il salario accessorio ad esso relativo, non limitandosi alla spesa per il trattamento fondamentale" (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Toscana, parere 15.09.2010 n. 101).

INCENTIVO PROGETTAZIONELa Provincia di Torino ha formulato una richiesta di parere chiedendo “se la quota percentuale dell’importo posto a base di gara dell’opera o del lavoro da ripartire tra i dipendenti impiegati della progettazione interna debba comprendere, oltre all’ammontare degli oneri previdenziali ed assistenziali, anche la quota che l’Ente deve versare quale soggetto passivo dell’IRAP”.
... Rimandando per il resto alle motivazioni della deliberazione, la conclusione delle Sezioni riunite dunque è la seguente: “ai fini della quantificazione dei fondi per l’incentivazione e per le avvocature interne, vanno accantonate, a fini di copertura, rendendole indisponibili, le somme che gravano sull’ente per oneri fiscali, nella specie, a titolo di Irap.
Quantificati i fondi nel modo indicato, i compensi vanno corrisposti al netto, rispettivamente, degli “oneri assicurativi e previdenziali” e degli “oneri riflessi”, che non includono, per le ragioni sopra indicate, l’Irap
” (Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Piemonte, parere 08.07.2010 n. 49).

NEWS

LAVORI PUBBLICI: Dal 25.09.2010 nuove regole per gli accessi ai cantieri di Lavori Pubblici.
Il D.P.R. n. 150 del 02.08.2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 212 del 10.09.2010, ridefinisce la disciplina di accessi ed accertamenti presso i cantieri delle imprese interessate all'esecuzione di lavori pubblici per contrastare le infiltrazioni mafiose.
Il Decreto si applica, dal 25.09.2010, a tutti i soggetti che intervengono a qualunque titolo nel ciclo di realizzazione dell'opera, anche con appalti di modesta entità (noli e forniture di beni e prestazioni di servizi, ivi compresi quelli di natura intellettuale, qualunque sia l'importo dei relativi contratti o dei subcontratti).
Il provvedimento prevede l’esecuzione di controlli effettuati da un gruppo interforze che sarà composto da funzionari della polizia di stato, dell'arma dei carabinieri, della guardia di finanza, della Dia, del provveditorato alle opere pubbliche e da un rappresentante della Direzione provinciale del lavoro (link a www.acca.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Sistri, rinvio all'01.01.2011.
Il SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) ha lo scopo di permettere l'informatizzazione dell'intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani per la Regione Campania.
Il Ministero dell'Ambiente, con il decreto 28.09.2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 230, ha differito l’entrata in vigore (in via esclusiva) del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) prevista per il 1° ottobre 2010.
Il provvedimento in questione, in particolare, ha prorogato al 30.11.2010 il termine per la consegna dei necessari dispositivi elettronici mentre la data limite per l'uso della documentazione cartacea è stata stabilità al 31.12.2010 (link a www.acca.it).

APPALTI: Dall'01.11.2010 CIG obbligatorio.
Con un Comunicato del 1° ottobre scorso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha precisato che a decorrere dall'01.11.2010 le Stazioni Appaltanti che richiedono la pubblicazione di bandi e avvisi sulla Gazzetta Ufficiale devono indicare obbligatoriamente il codice CIG (codice identificativo gara) rilasciato dall'Autorità.
Pertanto, da tale data, il formulario di richiesta di inserzione sulla GURI sarà modificato con l’indicazione del CIG o della causa di esclusione dall'obbligo di richiesta del medesimo (nei casi individuati con delibera dell'Autorità).
Con una nota dello scorso 7 settembre l'Autorità aveva comunicato che a decorrere dal 15.10.2010 le operazioni connesse al rilascio del codice CIG a mezzo del SIMOG saranno consentite esclusivamente al Responsabile del Procedimento (art. 10, commi 1 e 9, D.Lgs. 163/2006) (link a www.acca.it).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI: Con riferimento alla partecipazione alle gare di università e istituti di ricerca, è stato recentemente affermato che è ammesso a presentare offerta o a candidarsi qualsiasi soggetto o ente che, considerati i requisiti indicati in un bando di gara, si reputi idoneo a garantire l’esecuzione, indipendentemente dal fatto di essere un soggetto di diritto privato o di diritto pubblico e di essere attivo sul mercato in modo sistematico oppure soltanto occasionale o, ancora, dal fatto di essere sovvenzionato tramite fondi pubblici o meno. Un’interpretazione restrittiva della nozione di operatore economico, sarebbe gravemente pregiudizievole per la collaborazione tra attività di ricerca e attività d’impresa e rappresenterebbe una restrizione della concorrenza.
Per tali organismi, non aventi finalità di lucro, ma volti principalmente alla didattica e alla ricerca, gli Stati membri possono autorizzare o non autorizzare tali soggetti ad operare sul mercato in funzione della circostanza che l’attività in questione sia compatibile o meno con i loro fini istituzionali e statutari (cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza 23.12.2009, resa nella causa c-305/2008) (parere di precontenzioso 27.05.2010 n. 101 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: Con riferimento al calcolo della soglia di anomalia, è stata evidenziata la necessità che i bandi di gara contengano esplicita disciplina al riguardo, prevedendo, nel disciplinare di gara e nella lettera di invito, che “le medie sono calcolate fino alla terza cifra decimale arrotondata all’unità superiore qualora la quarta cifra decimale sia pari o superiore a cinque..” e, comunque, disponendo che siano fissati i decimali e le modalità di arrotondamento (cfr. determinazione 114/2002).
Occorre rilevare, inoltre, che il riferimento al plurale “medie” può essere inteso –in mancanza di ulteriori specificazioni da parte della lex specialis di gara– nel senso che il calcolo fino alla terza cifra decimale arrotondata all’unità superiore (qualora la quarta cifra decimale sia pari o superiore a cinque) interessa non solo la soglia di anomalia, ma anche la media dei ribassi percentuali delle offerte ammesse e lo scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la media (parere di precontenzioso 27.05.2010 n. 100 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: Ad eccezione dei casi in cui per i soggetti cessati dalla carica nell'ultimo triennio sussistano circostanze che rendono impossibile o eccessivamente gravosa la produzione della dichiarazione, i direttori tecnici, gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza e i soggetti cessati dalla carica nell'ultimo triennio, sono tenuti a rendere personalmente la dichiarazione circa l'insussistenza delle cause interdittive di cui all'art. 38, comma 1, lettere b) e c), del d.lgs. 12.04.2006, n. 163 (parere di precontenzioso 13.05.2010 n. 99 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: Abusi edilizi - Autorità comunale - Mancato esercizio dei poteri ripristinatori e repressivi - Proprietario dell’area incisa dagli abusi - Interesse legittimo.
Il proprietario di un’area o di un fabbricato nella cui sfera giuridica incide dannosamente il mancato esercizio dei poteri ripristinatori e repressivi relativi ad abusi edilizi da parte dell’autorità preposta è titolare di un interesse legittimo all’esercizio di detti poteri e può pretendere, se non vengano adottate le misure richieste, un provvedimento che ne spieghi esplicitamente le ragioni, con la conseguenza che il silenzio serbato sulla istanza integra gli estremi del silenzio rifiuto, sindacabile in sede giurisdizionale quanto al mancato adempimento dell’obbligo di provvedere espressamente (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 04.06.2004, n. 3485; 31.05.2007, n. 2857; 07.07.2008, n. 3384) (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 08.10.2010 n. 18124 - link a www.ambientediritto.it).

ESPROPRIAZIONEEspropriazione per pubblica utilità: no alla utilizzazione, senza titolo, di un bene per scopi di interesse pubblico.
La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’intero articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 08.06.2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) che concedeva alla Pubblica Amministrazione la possibilità di utilizzazione sine titulo di un bene per scopi di interesse pubblico.
La disposizione censurata prevedeva un ampio potere discrezionale circa la possibilità, da parte dell’Autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, di disporre l’acquisizione del bene al suo patrimonio indisponibile – la c.d. «acquisizione sanante».
Inoltre, il bene poteva essere modificato nella sua consistenza anche in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, salvo il risarcimento del danno da corrispondere in favore del proprietario.
Dopo aver delineato il quadro normativo entro cui fu inserito l’articolo 43 censurato, La Corte sottolinea che la norma in esame non solo è marcatamente innovativa rispetto al contesto di leggi regolatrici della materia, di cui era consentito un mero riordino dalla legge delega, ma neppure è coerente con quegli orientamenti di giurisprudenza che, in via interpretativa, erano riusciti a porre un certo rimedio ad alcune gravi patologie emerse nel corso dei procedimenti espropriativi.
Siffatto carattere della norma impugnata, affermano i giudici, trova conferma significativa nella circostanza che, secondo la giurisprudenza di legittimità, in materia di occupazione di urgenza, la sopravvenienza di un provvedimento amministrativo non poteva avere un’efficacia sanante retroattiva, determinata da scelte discrezionali dell’ente pubblico o dai suoi poteri autoritativi.
Nel regime risultante dalla norma impugnata, invece, si prevede un generalizzato potere di sanatoria, attribuito alla stessa amministrazione che ha commesso l’illecito, a dispetto anche di un eventuale giudicato che disponga il ristoro in forma specifica del diritto di proprietà violato (Corte Costituzionale, sentenza 08.10.2010 n. 293 - link a www.litis.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Sanzionabile il datore di lavoro che non riduce al minimo i rumori.
Scatta la multa nei confronti degli imprenditori che non adottano tutte le “misure tecniche, organizzative e procedurali, concretamente attuabili” per limitare al massimo il “rischio rumore” a tutela della salute dei dipendenti.
Lo sottolinea la Cassazione che ha confermato la sanzione penale di tremila euro di multa nei confronti di una imprenditrice irpina che non aveva dotato i banchi di lavoro in lamiera zigrinata di una protezione in guaina o altro materiale atto a limitare il rischio rumore.
I supremi giudici (sentenza 35946/2010) avvertono che, nonostante il susseguirsi di diverse normative, la mancata predisposizione delle dovute precauzioni continua ad essere un reato “non depenalizzato”, nemmeno dall’ultimo decreto legislativo in materia di lavoro dell’aprile 2008. Lo stesso vale per l’omessa denuncia dell’impianto di messa a terra: le norme sono cambiate ma la sanzione penale è ancora presente nell’ultima disciplina in materia, il dpr 462 del 2001.
Sconfitta, dunque, la linea difensiva dell’imprenditrice che sosteneva l’abrogazione dei reati a lei contestati. La Cassazione ha convalidato il verdetto di colpevolezza emesso dal gip del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi nel giugno del 2009 (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 07.10.2010 n. 35946 - link a www.litis.it).

URBANISTICAQualora il vincolo del piano regolatore generale sia scaduto senza che, a termini dell'articolo 2, comma 1, della legge 19.11.1968, n. 1187, si sia provveduto all'approvazione del piano particolareggiato ovvero all'approvazione del progetto esecutivo o definitivo di opera pubblica, da un lato, la nuova disciplina edificatoria applicabile all'area interessata corrisponde a quella stabilita dall'articolo 4, ultimo comma, della legge 28.01.1977, n. 10 e, dall’altro lato, siffatta situazione di inedificabilità pressoché assoluta ha carattere provvisorio, dovendo l’Amministrazione procedere il più rapidamente possibile all'obbligatoria integrazione del piano divenuto parzialmente inoperante.
La Sezione rileva che -come è pacifico in giurisprudenza- qualora il vincolo del piano regolatore generale sia scaduto senza che, a termini dell'articolo 2, comma 1, della legge 19.11.1968, n. 1187, si sia provveduto all'approvazione del piano particolareggiato ovvero all'approvazione del progetto esecutivo o definitivo di opera pubblica, da un lato, la nuova disciplina edificatoria applicabile all'area interessata corrisponde a quella stabilita dall'articolo 4, ultimo comma, della legge 28.01.1977, n. 10 e, dall’altro lato, siffatta situazione di inedificabilità pressoché assoluta ha carattere provvisorio, dovendo l’Amministrazione procedere il più rapidamente possibile all'obbligatoria integrazione del piano divenuto parzialmente inoperante.
Il privato può, in tal caso, nell'inerzia della Amministrazione, agire in via giurisdizionale seguendo il procedimento del silenzio-rifiuto (C.d.S., Sez. IV, 05.04.2005, n. 1560), ai fini della cui formazione resta comunque ferma la necessità, tra l’altro, che sia decorso il termine entro il quale il provvedimento doveva essere assunto (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 06.10.2010 n. 7339 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Certificato di destinazione urbanistica - Natura dichiarativa.
Il certificato di destinazione urbanistica ha carattere meramente dichiarativo e non costitutivo degli effetti giuridici che dallo stesso risultano, visto che la situazione giuridica attestata nel predetto certificato è la conseguenza di altri precedenti provvedimenti che hanno provveduto a determinarla (TAR Toscana Firenze, I, 28.01.2008, n. 55): ciò impedisce all’Amministrazione di rilasciare una certificazione contenente attestazioni non veritiere, ossia riportante una qualificazione differente da quella attribuita all’immobile dalla normativa urbanistica vigente (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 06.10.2010 n. 6863 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI SERVIZI: Servizio pubblico - Identificazione giuridica - Coordinate qualificatorie.
Per identificare giuridicamente un servizio pubblico, non è indispensabile a livello soggettivo la natura pubblica del gestore, mentre è necessaria la vigenza di una norma legislativa che, alternativamente, ne preveda l’obbligatoria istituzione e la relativa disciplina oppure che ne rimetta l’istituzione e l’organizzazione all’amministrazione.
Oltre alla natura pubblica delle regole che presiedono allo svolgimento delle attività di servizio pubblico e alla doverosità del loro svolgimento, è ancora necessario, nella prospettiva di una definizione oggettiva della nozione, che le suddette attività presentino un carattere economico e produttivo (e solo eventualmente costituiscano anche esercizio di funzioni amministrative) e che le utilità da esse derivanti siano dirette a vantaggio di una collettività, più o meno ampia, di utenti (in caso di servizi divisibili) o comunque di terzi beneficiari (in caso di servizi indivisibili) (C.G.A.R.S., sentenza 06.10.2010 n. 1266 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: INQUINAMENTO - Attività di bonifica e messa in sicurezza di siti inquinati - Natura di servizio pubblico - Fondamento.
Le coordinate qualificatorie del servizio pubblico ben si attagliano al caso delle attività di bonifica e di messa in sicurezza dei siti inquinati, disciplinate dall’art. 242 del D.Lgs. 03.04.2006, n. 152.
Difatti. le procedure di messa in sicurezza e di bonifica sono obbligatorie ex lege al ricorrere di determinati presupposti di fatto, sono disciplinate da fonti di rango primario, sono svolte (anche) a favore di una collettività indeterminata di beneficiari (gli abitanti di una zona inquinata), mirano al perseguimento di un interesse pubblico (alla salubrità ambientale e al ripristino del bene-interesse violato dagli inquinamenti) e, infine, consistono in attività produttive e di rilievo economico.
La circostanza che per tali attività non sia prevista l’erogazione di un corrispettivo da parte dei beneficiari (come si verifica invece per la normale attività di depurazione) non inficia i riferiti connotati dell’attività quale attività di servizio pubblico e ciò perché, in via generale, la previsione di un corrispettivo (così come di un profitto del gestore del servizio) non è essenziale sul piano della qualificazione giuridica delle attività di servizio pubblico; inoltre, dal punto di vista strettamente economico, l’utilità dei soggetti tenuti alla messa in sicurezza e alla bonifica di siti inquinati è all’evidenza rappresentata dal vantaggio che costoro (o i loro danti causa) hanno conseguito precedentemente attraverso la socializzazione dei costi (id est l’inquinamento) relativi a oneri del processo produttivo (ossia quelli connessi al corretto smaltimento degli agenti inquinanti) che sarebbero dovuti rimanere a carico delle stesse imprese inquinatrici: attraverso le procedure di bonifica e messa in sicurezza tali costi vengono nuovamente internalizzati, peraltro in misura inferiore al vantaggio ottenuto dalle imprese obbligate (non essendo integralmente risarciti i danni, individuali e collettivi, alla salute medio tempore verificatisi) (C.G.A.R.S., sentenza 06.10.2010 n. 1266 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Verifica della sussistenza dei requisiti di ammissibilità - Valutazione delle offerte economiche - Rigida separazione - Garanzia di imparzialità e buon andamento.
In tema di gare pubbliche, la rigida separazione fra la fase di verifica della sussistenza dei requisiti di ammissibilità per la partecipazione alla procedura e la fase di vera e propria valutazione delle offerte economiche e degli altri titoli prodotti, costituisce una garanzia fondamentale d'imparzialità e di buon andamento dell'attività amministrativa pubblica, nella scelta del contraente, da parte della stazione appaltante.
Art. 48, c. 1, d.lgs. n. 163/2006 - Verifica dei requisiti economico-finanziari - Preventiva all’aggiudicazione - Verifica a campione - Successiva all’aggiudicazione - Primo e secondo graduato.
La verifica dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi deve essere, se preventiva, a campione (arg. ex art. 48, 1° comma, d.lgs. n. 163/2006), laddove -se successiva alla disposta aggiudicazione- deve riguardare solo il primo ed il secondo graduato (art. 48, 2° comma cit.), e non la generalità degli offerenti (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 01.10.2010 n. 11309 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sul principio dell'immodificabilità soggettiva dell'offerente: non si concilia con il carattere dinamico della vita delle imprese e con la loro intrinseca necessità di adeguare costantemente le loro stesse strutture organizzative alle vicende del mercato.
Il principio della immodificabilità assoluta dell'offerente, caratterizzata da un fondamentale elemento di staticità, mal si concilia con il carattere dinamico della vita delle imprese e con la loro intrinseca necessità di adeguare costantemente le loro stesse strutture organizzative alle vicende del mercato per poter conseguire i propri fini sociali ed essere così anche elemento di sviluppo e di crescita economica per l'intera collettività, tanto più che le esigenze pubbliche sottese allo stesso procedimento ad evidenza pubblica, quali l'affidabilità, oggettiva e soggettiva -anche sotto il profilo della sussistenza dei necessari requisiti di moralità pubblica- dei soggetti che concorrono per l'affidamento di appalti pubblici sono sufficientemente assicurate dagli obblighi che tali soggetti hanno nei confronti della pubblica amministrazione di comunicare le avvenute trasformazioni, onde consentire proprio l'esercizio dei necessari poteri di controllo e verifica (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.10.2010 n. 7276 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: Reati urbanistici - Titolo edilizio illegittimo - Assenza di permesso di costruire - Configurabilità del reato - Sfera riservata alla Pubblica Amministrazione - Sindacato del giudice penale - Artt. 44, lett. b); 94 e 95 del T.U. n. 380/2001.
In materia di reati urbanistici, può configurarsi, anche in presenza di un titolo edilizio illegittimo il reato di esecuzione di lavori edilizi in assenza di permesso di costruire.
Sicché, la non conformità dell'atto amministrativo alla normativa che ne regola l'emanazione, alle disposizioni legislative statali e regionali in materia urbanistico-edilizia ed alle previsioni degli strumenti urbanistici, può essere rilevata se l'atto medesimo sia illecito, cioè frutto di attività criminosa, ed a prescindere da eventuali collusioni dolose del soggetto privato interessato con organi dell'amministrazione.
Infine, il sindacato del giudice penale è possibile tanto nelle ipotesi in cui l'emanazione dell'atto sia espressamente vietata in mancanza delle condizioni previste dalla legge quanto in quelle di mancato rispetto delle norme che regolano l'esercizio del potere.
Quindi, anche nell'accertamento dei profili di illegittimità sostanziale di un titolo abilitativo edilizio, il giudice penale, procede ad una identificazione in concreto della fattispecie sanzionata e non incide, con indebita ingerenza, sulla sfera riservata alla Pubblica Amministrazione, poiché esercita un potere che trova fondamento e giustificazione nella stessa previsione normativa incriminatrice.
Difformità dell'opera edilizia - Previsioni normative statali, regionali o a prescrizioni degli strumenti urbanistici - Verifica del giudice penale - Obbligo.
Il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno della liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la conformità a tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal titolo abilitativo edificatorio (Cass., Sez. Un., 28.11.2001, Salvini).
Deve escludersi infatti che -qualora sussista difformità dell'opera edilizia rispetto a previsioni normative statali o regionali ovvero a prescrizioni degli strumenti urbanistici- il giudice debba comunque concludere per la mancanza di illiceità penale qualora sia stata rilasciata concessione edilizia o permesso di costruire, in quanto detti provvedimenti non sono idonei a definire esaurientemente lo statuto urbanistico ed edilizio dell'opera realizzanda.
Pertanto, nel caso di accertata difformità da disposizioni legislative o regolamentari, ovvero dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici, non si configura una non consentita "disapplicazione" riconducibile all'art. 5 della legge 20.03.1865, n. 2248, allegato E), da parte del giudice penale, dell'atto amministrativo concessorio (Cass., Sez. Un., 12.11.1993, Borgia), in quanto lo stesso giudice, qualora come presupposto o elemento costitutivo di una fattispecie di reato sia previsto un atto amministrativo ovvero l'autorizzazione del comportamento del privato da parte di un organo pubblico, non deve limitarsi a verificare l'esistenza ontologica dell'atto o provvedimento amministrativo, ma deve verificare l'integrazione o meno della fattispecie penale, "in vista dell'interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutela, nella quale gli elementi di natura extrapenale convergono organicamente, assumendo un significato descrittivo" (Cass. Sez. VI, 18.03.1998, n. 3396, Calisse ed altro) (Corte di cassazione, Sez. III penale, sentenza 30.09.2010 n. 35391 - link a www.ambientediritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Nell’ambito dei segreti sottratti all’accesso ai documenti, rientrano gli atti redatti dai legali e dai professionisti in relazione a specifici rapporti di consulenza con l’Amministrazione, trattandosi di un segreto che gode di una tutela qualificata, dimostrata dalla specifica previsione degli articoli 622 del codice penale e 200 del codice di procedura penale. Più specificamente, si è precisato che la previsione contenuta nell’art. 2 del DPCM 26.01.1996, n. 200, mira proprio a definire con chiarezza il rapporto tra accesso e segreto professionale, fissando una regola che appare sostanzialmente ricognitiva dei principi applicabili in questa materia, anche al di fuori dell’ambito della difesa erariale.
Ai sensi dell’art. 24, comma 1, della legge 07.08.1990, n. 241, in virtù del segreto professionale già previsto dall’ordinamento, al fine di salvaguardare la riservatezza nei rapporti tra difensore e difeso, sono sottratti all’accesso i seguenti documenti: a) pareri resi in relazione a lite in potenza o in atto e la inerente corrispondenza; b) atti defensionali; c) corrispondenza inerente agli affari di cui ai punti a) e b).

Come questo Consiglio di Stato ha avuto occasione di osservare (cfr., in particolare, C.d.S., Sez. V, 02.04.2001, n. 1893 e 15.04.2004 n. 2163; Sez. IV, 13.10.2003, n. 6200, quest’ultima richiamata dall’Amministrazione universitaria ricorrente e anche dagli odierni appellati, sia pure a sostegno delle rispettive opposte tesi), la normativa statale di cui all’art. 7 della legge 08.06.1990 n. 142 e agli articoli 22 e seguenti della legge 07.08.1990 n. 241, pur affermando l’ampia portata della regola dell’accesso, la quale rappresenta la coerente applicazione del principio di trasparenza, che governa i rapporti tra Amministrazione e cittadini, introduce alcune limitazioni di carattere oggettivo, definendo le ipotesi in cui determinate categorie di documenti sono sottratte all’accesso.
L’art. 24 della legge n. 241/1990 esprime tale principio, stabilendo che il diritto di accesso “è escluso per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi dell'articolo 12 della legge 24.10.1977, n. 801, nonché nei casi di segreto o di divieto di divulgazione altrimenti previsti dall'ordinamento”; disposizione questa che testimonia come l’innovazione legislativa introdotta con la legge n. 241/1990, se ridimensiona la portata sistematica del segreto amministrativo, non travolge tuttavia le diverse ipotesi di segreti, previsti dall’ordinamento, finalizzati a tutelare interessi specifici, diversi da quello, riconducibile alla mera protezione dell’esercizio della funzione amministrativa.
I documenti, seppure formati o detenuti dall’Amministrazione, in tale eventualità non sono suscettibili di divulgazione, giacché il principio di trasparenza cede innanzi alla esigenza di salvaguardare l’interesse protetto dalla normativa speciale sul segreto.
Sulla base del richiamato orientamento giurisprudenziale, i due criteri direttivi volti ad orientare l’interprete per l’esatta delimitazione delle discipline sul segreto non travolte dalla nuova normativa in materia di accesso ai documenti vanno individuati, da un lato, nel fatto che il “segreto” preclusivo dell’accesso ai documenti non deve costituire la mera riaffermazione del tramontato principio di assoluta riservatezza dell’azione amministrativa e, dall’altro lato, nella circostanza che il segreto fatto salvo dalla legge n. 241/1990 deve riferirsi esclusivamente ad ipotesi in cui esso mira a salvaguardare interessi di natura e consistenza diversa da quelli genericamente amministrativi.
E’ stato affermato, in tale contesto, dalla giurisprudenza sopra indicata, che, nell’ambito dei segreti sottratti all’accesso ai documenti, rientrano gli atti redatti dai legali e dai professionisti in relazione a specifici rapporti di consulenza con l’Amministrazione, trattandosi di un segreto che gode di una tutela qualificata, dimostrata dalla specifica previsione degli articoli 622 del codice penale e 200 del codice di procedura penale. Più specificamente, si è precisato che la previsione contenuta nell’art. 2 del DPCM 26.01.1996, n. 200, mira proprio a definire con chiarezza il rapporto tra accesso e segreto professionale, fissando una regola che appare sostanzialmente ricognitiva dei principi applicabili in questa materia, anche al di fuori dell’ambito della difesa erariale.
In particolare, la disposizione riferita alle “categorie di documenti inaccessibili nei casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti dall’ordinamento”, dispone, come accennato, che, “ai sensi dell’art. 24, comma 1, della legge 07.08.1990, n. 241, in virtù del segreto professionale già previsto dall’ordinamento, al fine di salvaguardare la riservatezza nei rapporti tra difensore e difeso, sono sottratti all’accesso i seguenti documenti: a) pareri resi in relazione a lite in potenza o in atto e la inerente corrispondenza; b) atti defensionali; c) corrispondenza inerente agli affari di cui ai punti a) e b)”.
La medesima giurisprudenza sopra menzionata ha chiarito poi che la detta regola ha una portata generale, codificando il principio, valevole per tutti gli avvocati, siano essi del libero foro o appartenenti ad uffici legali di enti pubblici, secondo cui, essendo il segreto professionale specificamente tutelato dall’ordinamento, sono sottratti all’accesso gli scritti defensionali, rispondendo il principio in parola ad elementari considerazioni di salvaguardia della strategia processuale della parte, che non è tenuta a rivelare ad alcun soggetto e, tanto meno, al proprio contraddittore, attuale o potenziale, gli argomenti in base ai quali intende confutare le pretese avversarie ed ha, altresì, chiarito, che, quanto alle consulenze legali esterne, a cui l’Amministrazione può ricorrere in diverse forme ed in diversi momenti dell’attività di sua competenza, che, nell’ipotesi in cui il ricorso alla consulenza legale esterna si inserisce nell’ambito di un’apposita istruttoria procedimentale, nel senso che il parere è richiesto al professionista con l’espressa indicazione della sua funzione endoprocedimentale ed è poi richiamato nella motivazione dell’atto finale, la consulenza legale, pur traendo origine da un rapporto privatistico, normalmente caratterizzato dalla riservatezza della relazione tra professionista e cliente, è soggetto all’accesso, perché oggettivamente correlato ad un procedimento amministrativo.
Allorché la consulenza si manifesta dopo l’avvio di un procedimento contenzioso oppure dopo l’inizio di tipiche attività precontenziose e l’Amministrazione si rivolge ad un professionista di fiducia, al fine di definire la propria strategia difensiva, il parere del legale, invece, non è affatto destinato a sfociare in una determinazione amministrativa finale, ma mira a fornire all’ente pubblico tutti gli elementi tecnico–giuridici utili per tutelare i propri interessi; in tal caso le consulenze legali restano caratterizzate dalla riservatezza, che mira a tutelare non soltanto l’opera intellettuale del legale, ma anche la stessa posizione dell’Amministrazione, la quale, esercitando il proprio diritto di difesa, protetto costituzionalmente, deve poter fruire di una tutela non inferiore a quella di qualsiasi altro soggetto dell’ordinamento.
Peraltro, il principio della riservatezza della consulenza legale si manifesta pure nelle ipotesi in cui la richiesta del parere interviene in una fase intermedia, successiva alla definizione del rapporto amministrativo all’esito del procedimento, ma precedente l’instaurazione di un giudizio o l’avvio dell’eventuale procedimento precontenzioso, perché, pure in tali casi, il ricorso alla consulenza legale persegue lo scopo di consentire all’Amministrazione di articolare le proprie strategie difensive, in ordine ad un lite che, pur non essendo ancora in atto, può considerarsi quanto meno potenziale; il che avviene, in particolare, quando il soggetto interessato chiede all’Amministrazione l’adempimento di una obbligazione, o quando, in linea più generale, la parte interessata domanda all’Amministrazione l’adozione di comportamenti materiali, giuridici o provvedimentali, intesi a porre rimedio ad una situazione che si assume illegittima od illecita (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 30.09.2010 n. 7237 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl presupposto per un legittimo esercizio del potere di annullamento d'ufficio di una concessione edilizia non può ridursi al ripristino della legalità, occorrendo dar conto della sussistenza di un interesse pubblico attuale e concreto alla rimozione del titolo edilizio e della comparazione tra tale interesse e l'entità del sacrificio imposto all'interesse privato, tanto più quando il titolare della concessione, in ragione del tempo decorso abbia maturato un legittimo affidamento in merito alla realizzazione delle opere, ovvero si sia in presenza della realizzazione di una significativa parte delle opere assentite.
Nell’ambito dei procedimenti di annullamento in autotutela il rilievo dell'affidamento del privato titolare di un permesso di costruire in sanatoria non è paragonabile a quello del titolare di un ordinario permesso di costruire, perché solo nel secondo caso viene in evidenza la necessità di tutelare chi ha avviato una costosa attività edilizia, confidando sulla validità dello strumento abilitativo rilasciato dall'amministrazione, mentre, nel caso di concessione in sanatoria, l'interessato ha già realizzato la propria attività in modo abusivo prima di qualsiasi intervento dell'autorità comunale.

Il presupposto per un legittimo esercizio del potere di annullamento d'ufficio di una concessione edilizia non può ridursi al ripristino della legalità, occorrendo dar conto della sussistenza di un interesse pubblico attuale e concreto alla rimozione del titolo edilizio e della comparazione tra tale interesse e l'entità del sacrificio imposto all'interesse privato, tanto più quando il titolare della concessione, in ragione del tempo decorso abbia maturato un legittimo affidamento in merito alla realizzazione delle opere, ovvero si sia in presenza della realizzazione di una significativa parte delle opere assentite (cfr. TAR Veneto, II, 02.04.2010, n. 1268; Cons. Stato, sez. IV, 31.10.2006, n. 6465).
Se è vero che anche in recentissime pronunce il giudice amministrativo ha affermato, in relazione all'accertata mancata corrispondenza dello stato dei luoghi con le opere oggetto di una domanda di sanatoria annullata in autotutela e con riferimento all'asserito difetto di motivazione in ordine all'interesse pubblico all'annullamento d'ufficio, che non vi può essere alcun affidamento incolpevole da tutelare quando l'esercizio del potere di autotutela si fonda sull'accertato carattere dolosamente infedele della dichiarazione allegata alla richiesta di condono, è altrettanto pacifico che il giudice ha tenuto anche conto del breve lasso di tempo trascorso tra il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ed il suo annullamento e della conseguente attenuazione dell’intensità dell'obbligo di motivazione anche perché l'immediato avvio della procedura di riesame dei permessi rilasciati, portata tempestivamente a conoscenza delle parti interessate, aveva impedito, in radice, la formazione di qualsiasi affidamento sufficientemente consolidato e meritevole di tutela differenziata (cfr. Tar Campania, Napoli, II, 21.05.2010, n. 770; Tar Campania, Napoli, II, 01.07.2010 n. 16534).
La recente giurisprudenza, formatasi nella vigenza dell’art. 21-nonies L. 241/1990, ha condivisibilmente sottolineato che nell’ambito dei procedimenti di annullamento in autotutela il rilievo dell'affidamento del privato titolare di un permesso di costruire in sanatoria non è paragonabile a quello del titolare di un ordinario permesso di costruire, perché solo nel secondo caso viene in evidenza la necessità di tutelare chi ha avviato una costosa attività edilizia, confidando sulla validità dello strumento abilitativo rilasciato dall'amministrazione, mentre, nel caso di concessione in sanatoria, l'interessato ha già realizzato la propria attività in modo abusivo prima di qualsiasi intervento dell'autorità comunale.
E solo in tale ultima ipotesi si è condivisibilmente sostenuto che il carattere dolosamente infedele della dichiarazione resa per ottenere la sanatoria rende obbligata la scelta dell'amministrazione, riducendo (se non eliminando del tutto) ogni spazio valutativo di ordine discrezionale (cfr. Tar Campania, Napoli, II, 21.05.2010, n. 770; Tar Campania, Napoli, II, 01.07.2010 n. 16534)
(TAR Veneto, Sez. II, sentenza 30.09.2010 n. 5242 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La valutazione dell'offerta tecnica nelle procedure di gara con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa può essere effettuata mediante l'attribuzione di un mero punteggio numerico: presupposti.
Nelle procedure per l'aggiudicazione di una gara pubblica con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la valutazione dell'offerta tecnica può essere effettuata, mediante l'attribuzione di un mero punteggio numerico, allorquando nel bando di gara siano stati preventivamente e puntualmente prefissati, come nel caso di specie, dei criteri sufficientemente dettagliati, con l'individuazione del punteggio minimo e massimo attribuibile alle specifiche singole voci e sottovoci comprese nel giudizio valutativo e costituenti i diversi parametri indicatori della valenza tecnica dell'offerta (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 28.09.2010 n. 2034 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Stazioni radio base - Obbligo di installazione in siti predeterminati - Norme tecniche di attuazione - Effetto lesivo - Momento in cui è adottato l’atto applicativo.
Le disposizioni contenute nelle norme tecniche di attuazione che impongono l’installazione di stazioni radio base di telefonia mobile in siti predeterminati, producono effetto lesivo nel momento in cui è adottato l'atto applicativo; e dunque sono tempestivamente impugnate insieme a quest'ultimo.
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Limiti di esposizione - Valori di attenzione - Obiettivi di qualità - Competenze di Stato, Regioni ed Enti locali - Individuazione.
Compete allo Stato la fissazione di "limiti di esposizione", definiti come valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico che non devono essere superati in alcuna condizione di esposizione della popolazione e dei lavoratori per assicurare la tutela della salute e "valori di attenzione" intesi come valori di campo da non superare, a titolo di cautela rispetto ai possibili effetti a lungo termine, negli ambienti abitativi e scolastici e nei luoghi stabiliti a permanenze prolungate.
Compete invece alle Regioni ed agli Enti Locali il perseguimento di "obiettivi di qualità" che non possono però portare alla fissazione di valori-soglia diversi e contrastanti con quelli fissati dallo Stato ma sono diretti alla indicazione di criteri di localizzazione, standard urbanistici, prescrizioni e incentivazioni all'utilizzo della miglior tecnologia disponibile, o alla cura dell'interesse regionale e locale all'uso più congruo del territorio, sia pur nel quadro dei vincoli che derivano dalla pianificazione nazionale delle reti e dai relativi parametri tecnici, nonché dai già citati valori- soglia stabiliti dallo Stato (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 27.09.2010 n. 7907 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Possesso della certificazione di qualità - Attestazione S.O.A. - Ricorso all’autocertificazione - Possibilità - Esclusione.
Il possesso della certificazione del sistema di qualità deve essere in ogni caso provato attraverso l'attestazione della S.O.A, restando per tal via precluso il ricorso a forme alternative di dimostrazione del requisito, ivi compreso il ricorso all'autocertificazione da parte delle imprese offerenti, e ciò perché nel nuovo “sistema unico di qualificazione” delle imprese, disciplinato dal d.P.R. 25.01.2000 n. 34, soltanto i previsti organismi di diritto privato (S.O.A.) sono competenti al rilascio dell'attestazione di qualificazione, che comporta la verifica, da parte di detti organismi, della sussistenza dei requisiti di qualificazione richiesti alle imprese che intendano concorrere per l'esecuzione di lavori pubblici (cfr. TAR Puglia Bari, sez. I, 13.03.2009, n. 580).
Attestazione S.O.A. triennale scaduta al momento della pubblicazione del bando - Esclusione dalla gara - Legittimità.
L’impresa in possesso di una attestazione S.O.A. triennale già scaduta al momento della pubblicazione di un bando, per la quale non operi alcuna disposizione transitoria di protrazione degli effetti e che non abbia richiesto la verifica per l’estensione quinquennale di validità, va necessariamente esclusa dalla gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12.06.2009 , n. 3742) (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 23.09.2010 n. 11116 - link a www.ambientediritto.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: RIFIUTI - Regime di gestione - Affidamento del servizio - Gestioni esistenti - Prosecuzione - Condizioni - Affidamento con procedura concorsuale - Affidamenti diretti - Cessazione - Artt. 198, 200, 202 e 204 d.lgs. n. 152/2006 - Art. 113, c. 15-ter d.lgs. n. 267/2000.
Dal contesto normativo ricavabile dagli artt. 198, 200, 202 e 204 del d.lgs. n. 152/2006 è dato evincere:
a) che l’Autorità d’Ambito ha la titolarità delle funzioni nella materia dei rifiuti e procede all’affidamento della gestione del ciclo integrato con procedura di evidenza pubblica ovvero nelle diverse forme previste dalla normativa regionale di attuazione del TUA;
b) che i Comuni, nelle more dell’operatività del nuovo regime di gestione, conservano la competenza in materia e, quindi, la legittimazione ad affidare il servizio, ovviamente con procedura di evidenza pubblica, in conformità alla disciplina nazionale e comunitaria di settore;
c) che le gestioni esistenti, alla data dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 152 (29.04.2006), proseguono, sempre che le stesse siano state affidate con procedura concorsuale, fermo restando la loro cessazione, anche in via anticipata, nel caso di affidamento al gestore unico;
d) che gli affidamenti diretti, senza gara, invece, sono regolati dall’art. 204, 2° comma, come risulta testualmente dal richiamo all’art. 113, comma 15-ter del d.lgs. n. 267/2000 (che è appunto la norma sulla cessazione delle gestioni instaurate al di fuori del modulo concorsuale);
e) che per tali affidamenti diretti non solo il legislatore non ha previsto alcun periodo transitorio, con consequenziale slittamento del termine di decadenza ex lege del 31.12.2006, ma ha anzi confermato la predetta scadenza, avendo espressamente sancito l’obbligo di procedere a nuovi affidamenti in conformità a quanto previsto dal d.lgs. n. 152/2006.
RIFIUTI - Gestione del ciclo integrato - Affidamenti in corso - Art. 204, c. 1, del d.lgs. n. 152/2006 - Proroga ex lege - Inconfigurabilità - Decadenza dei contratti conclusi senza gara - Ordinamento comunitario.
L’art. 204, 1° comma, del d.lgs. n. 152/2006 non ha previsto la proroga ex lege degli affidamenti in corso, essendosi invece limitato a sancire la “permanenza” dei contratti in corso, stipulati all’esito di procedure di evidenza pubblica, secondo il proprio regime temporale, fermo restando la cessazione ex lege, anche anticipata, con l’operatività del nuovo gestore: interpretazione che trova conferma nell’ultimo comma del citato art. 204, che parla di “scadenza”, escludendo così la possibilità di una proroga ex lege.
Del resto quand’anche l’art. 204 cit. dovesse essere interpretato nel diverso senso per cui lo stesso prefigurasse la proroga dei contratti in corso alla data del 29.04.2006, si dovrebbe comunque limitare la proroga ai soli affidamenti del servizio effettuati con procedura concorsuale.
La normativa sulla decadenza dei contratti, conclusi senza gara, in quanto diretta a conformarsi all’ordinamento comunitario, infatti, integra sicuramente un regime speciale, prevalente rispetto alla proroga degli affidamenti ordinari fino alla operatività del gestore unico dell’A.T.O. (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 23.09.2010 n. 11099 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAL'entità del contributo dovuto per oneri concessori va individuato nel momento in cui viene rilasciata la concessione edilizia, poiché il costo da considerare ai fini della commisurazione dei relativi oneri non può essere che quello del momento in cui sorge l'obbligazione, che è appunto quello del rilascio della concessione ed a tale data occorre avere riguardo per determinare l'entità del contributo con applicazione della normativa vigente al momento del rilascio della concessione medesima.
Il chiaro disposto dell’art. 39 della L. n. 724/1994 individua nel momento di presentazione dell'istanza di concessione in sanatoria il riferimento temporale per calcolare la misura dell’oblazione e nell’avvenuto pagamento della stessa un requisito di procedibilità della istanza medesima.
A diversa conclusione deve pervenirsi con riguardo alla determinazione degli oneri concessori. Invero, qui -diversamente dalle somme da corrispondersi a titolo di oblazione– il momento di calcolo degli oneri concessori va individuato, non già nella data di presentazione della domanda di condono, ma in quella di rilascio del provvedimento concessorio, tenuto conto che, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 10/1977, la concessione (e non la semplice domanda) comporta "la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza delle spese di urbanizzazione, nonché al costo di costruzione".
In tal senso è l'elaborazione giurisprudenziale (CdS, V, 06.12.1999, n. 2056; id. 22.09.1999, n. 1113), secondo cui l'entità del contributo dovuto per oneri concessori va individuato nel momento in cui viene rilasciata la concessione edilizia, poiché il costo da considerare ai fini della commisurazione dei relativi oneri non può essere che quello del momento in cui sorge l'obbligazione, che è appunto quello del rilascio della concessione e a tale data occorre avere riguardo per determinare l'entità del contributo con applicazione della normativa vigente al momento del rilascio della concessione medesima (cfr., ex multis, Cons. di Stato V 25.10.1993, n. 1071, Cons. di Stato V 26.10.1987, n. 661, Cons. di Stato V 12.05.1987 n. 278, Cons. di Stato V 04.08.1986, n. 401; TAR Lazio, II-bis, 04.01.2005 n. 54).
Ed invero secondo l’art. 17, comma 8, della L.R. n. 4/2003, entrata in vigore nelle more procedurali, “gli oneri di urbanizzazione ed il contributo sul costo di costruzione relativo alle opere per le quali è stata presentata istanza di condono edilizio ai sensi dell’art. 39 della legge 23.12.1994, n. 724…….. sono quelli vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge….”. Ciò si spiega in quanto la concessione in sanatoria è una normale concessione edilizia, che però viene rilasciata dopo l’inizio dei lavori e con effetto sanante dell’attività già compiuta e riguardante opere nuove ed autonome già abusivamente realizzate (TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 20.09.2010 n. 3748 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICAL’attribuzione di una destinazione agricola ad un determinato terreno è volta non tanto e non solo a garantire il suo effettivo utilizzo a scopi agricoli, quanto piuttosto a preservarne le caratteristiche attuali di zona di salvaguardia da ogni possibile nuova edificazione, al di sotto dei limiti fissati specificamente dalla norma di PRG, anche in funzione della valenza conservativa di valori naturalistici che ha tale tipo di destinazione di zona.
Secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Sezione (cfr. fra le tante, n. 3559 e n. 4466 del 2004; n. 1181 e n. 8146 del 2003; n. 3817 del 2002 e n. 6177 del 2000), l’attribuzione di una destinazione agricola ad un determinato terreno è volta non tanto e non solo a garantire il suo effettivo utilizzo a scopi agricoli, quanto piuttosto a preservarne le caratteristiche attuali di zona di salvaguardia da ogni possibile nuova edificazione, al di sotto dei limiti fissati specificamente dalla norma di PRG, anche in funzione della valenza conservativa di valori naturalistici che ha tale tipo di destinazione di zona (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 15.09.2010 n. 6874 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Piano di recupero al patrimonio edilizio (PRPE) - Demolizione e ripristino stato dei luoghi - Terzi acquirenti e subacquirenti - Avviso di avvio del procedimento - Necessità - Esclusione - Natura vincolata dell’atto di demolizione - Fattispecie - Art. 7 L. n. 241/1990 - Art. 31 DPR n. 380/2001.
Nei casi in cui il precedente giudicato non attribuisce alcun potere discrezionale al dirigente, tenuto ad adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, (in specie demolizione e ripristino stato dei luoghi) non occorre alcun avviso di avvio del procedimento e di conseguenza non sussiste alcuna violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990.
Inoltre, gli acquirenti delle unità immobiliari, quali titolari di posizioni derivate dalla parte soccombente nei precedenti giudizi, vanno considerati titolari di un interesse ad intervenire nel corso del procedimento amministrativo e non come ‘parti necessarie’ del medesimo procedimento.
Sotto tale profilo, è frequente in materia edilizia che possa assumere iniziative, in sede amministrativa o giurisdizionale, il soggetto leso da un provvedimento, anche se l’amministrazione non ha il dovere di trasmettergli l’avviso di avvio del procedimento.
Nella specie, la natura vincolata dell’atto di demolizione e la titolarità del relativo obbligo in capo alla società, rispetto alla quale i subacquirenti hanno assunto una posizione derivata e riflessa, fanno escludere che il Comune aveva l’obbligo di trasmettere l’avviso di avvio del procedimento anche a soggetti estranei alle vicende che hanno condotto alla formazione del giudicato (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 15.09.2010 n. 6871 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Sulle spese sostenute dalle imprese per la partecipazione alle gare d'appalto.
La partecipazione alle gare d'appalto comporta per le imprese dei costi che, ordinariamente, restano a loro carico anche in caso di mancata aggiudicazione.
Detti costi sono risarcibili, a titolo di danno emergente, solo qualora l'impresa subisca una illegittima esclusione, perché in tal caso viene in considerazione il diritto soggettivo del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili.
Per converso, nel caso in cui l'impresa ottenga il risarcimento del danno per mancata aggiudicazione (o per la perdita della possibilità di aggiudicazione), non vi è spazio per il risarcimento per equivalente dei costi di partecipazione alla gara (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 14.09.2010 n. 3458 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATA: DIA: la Cassazione chiarisce l’applicabilità delle sanzioni amministrative e penali.
Il testo Unico dell’Edilizia, all’art. 22, individua gli interventi edilizi subordinati a Denuncia di Inizio Attività.
I commi 1 e 2 del suddetto articolo, in particolare, individuano gli interventi realizzabili con DIA, mentre il successivo comma 3 definisce gli interventi che possono essere realizzati con DIA in alternativa al permesso di costruire.
Il successivo Capo II disciplina le sanzioni per l’esecuzione di interventi edilizi in assenza o in difformità dai titoli abilitativi prevedendo sanzioni amministrative e penali (art. 44).
La Corte di Cassazione ha chiarito i limiti per l’applicabilità delle sanzioni penali per l’esecuzione, in assenza o difformità dai titoli abilitativi, di interventi eseguibili con DIA.
Quando la DIA si pone come titolo abilitativo esclusivo (non alternativo, cioè, al permesso di costruire), la mancanza della denunzia di inizio dell'attività o la difformità delle opere eseguite rispetto alla DIA presentata non comportano l'applicazione delle sanzioni penali ma soltanto di quelle amministrative.
Quando invece la DIA si pone come alternativa al Permesso di Costruire, l'assenza della Denuncia di Inizio dell'Attività (e naturalmente del Permesso di Costruire) o la difformità totale delle opere eseguite rispetto alla DIA presentata integrano il reato penale previsto dall’art. 44, comma 1, lettera b). Per la difformità parziale non trova comunque applicazione la sanzione penale.
La Cassazione ha inoltre chiarito che è sanzionabile penalmente, ai sensi dell'art. 44, comma 1, lettera a), del D.P.R. 380/2001, l'esecuzione di interventi difformi da quanto stabilito da strumenti urbanistici e regolamenti edilizi, anche se preceduta da DIA (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.09.2010 n. 32974 - link a www.acca.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Quando l’Amministrazione adempie prima del deposito del ricorso per l’ottemperanza, il ricorso non può che essere dichiarato inammissibile.
Quando l’Amministrazione adempie prima del deposito del ricorso per l’ottemperanza, il ricorso non può che essere dichiarato inammissibile, in mancanza del presupposto stesso della relativa azione, costituito dall’inottemperanza; ed, in conseguenza, non può essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, con conseguente soccombenza della parte tardivamente adempiente.
La materia del contendere, infatti, è da ritenersi già cessata al momento stesso dell’esecuzione dell’adempimento, non assumendo alcun rilievo in senso opposto il fatto che l’adempimento sia avvenuto dopo la notifica dell’atto di diffida e messa in mora (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.09.2010 n. 6516 e sentenza 08.09.2010 n. 6517 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Sulla licenziabilità o meno di un tecnico comunale per aver assunto un rapporto di lavoro part-time con un altro ente locale senza la prescritta autorizzazione, per aver sottoscritto in qualità di tecnico libero professionista un progetto ed una perizia per ottenere un contributo per la ricostruzione di un immobile in una frazione dello stesso comune di (OMISSIS), per avere posto in essere una serie di omissioni ed irregolarità nello svolgimento dei suoi compiti amministrativi, e per aver svolto attività libero professionale, anche in altri comuni, senza preventiva autorizzazione.
La controversia ha per oggetto l'impugnazione, da parte dell'ing. I.C., del licenziamento intimatogli dalla comune di (OMISSIS), di cui era dipendente in qualità di (OMISSIS) dell'ufficio tecnico, per una serie di irregolarità che gli erano state addebitate e in particolare per aver assunto un rapporto di lavoro part-time con un altro ente locale senza la prescritta autorizzazione, per aver sottoscritto in qualità di tecnico libero professionista un progetto ed una perizia per ottenere un contributo per la ricostruzione di un immobile in una frazione dello stesso comune di (OMISSIS), per avere posto in essere una serie di omissioni ed irregolarità nello svolgimento dei suoi compiti amministrativi, e per aver svolto attività libero professionale, anche in altri comuni, senza preventiva autorizzazione ... (Corte di Cassazione, Sez. civile lavoro, sentenza 12.04.2010 n. 8642 - link a
www.astrid-online.it).

LAVORI PUBBLICI: Il risarcimento del danno relativo all'illegittima occupazione di aree prive di disciplina urbanistica a seguito della decadenza del vincolo preordinato all'esproprio non può che essere parametrato al valore agricolo medio dell'area.
Dall’esame della documentazione acquisita nel corso del giudizio di primo grado (cfr. ordinanza istruttoria nr. 248 del 25.03.2002), emerge che all’epoca dell’illegittima occupazione i suoli in proprietà della signora Ciferri, sulla base del P.R.G. del Comune di Porto San Giorgio approvato nel 1975, erano destinati a “strada comunale”, e quindi non avevano vocazione edificatoria: ciò rende evidente, al di là del silenzio sul punto serbato dalla sentenza impugnata, la insussistenza nella specie dei requisiti per l’applicabilità del ridetto art. 5-bis d.l. nr. 333 del 1992.
Il dato fattuale evidenziato dall’Amministrazione non è contestato da parte appellata, che ad esso però contrappone innanzi tutto il rilievo che il vincolo espropriativo connesso alla destinazione suindicata è scaduto per decorrenza del termine quinquennale di durata, e in secondo luogo la necessità di tener conto, ai fini dell’individuazione del “regime” dell’area, del contesto urbanistico circostante, che nella specie è caratterizzato da diffuse e consistenti edificazioni.
Alla prima osservazione può replicarsi che l’intervenuta scadenza del vincolo espropriativo, come è noto, produce l’effetto di rendere il suolo non specificamente pianificato: la circostanza è ammessa dalla stessa appellata, la quale però argomenta dalla natura temporanea di tale regime “ex lege”, destinato a valere solo nelle more della formazione di un nuovo strumento urbanistico, per sostenere che l’inedificabilità temporanea a esso connessa sarebbe –se ben si comprende– superabile attraverso una qualificazione della vocazione del suolo che tenga conto delle sue caratteristiche oggettive.
Il rilievo così formulato non può essere condiviso, in quanto il regime delle aree non pianificate (già previsto dall’art. 4, ultimo comma, della legge n. 10 del 1977, trasfuso nel testo unico sull’edilizia), ancorché previsto dal legislatore come transitorio, è certamente tale da escludere una destinazione edificatoria, circostanza della quale non può non tenersi conto nello stimare il valore di mercato di un suolo che a tale regime risulti soggetto; col che si replica anche alla seconda osservazione di parte appellata, dal momento che nella fattispecie non v’è questione di una possibile “riqualificazione” della destinazione del suolo “de quo”, dovendosi unicamente stimarne il valore di mercato alla data dell’occupazione ai fini della quantificazione del danno risarcibile.
Le considerazioni che precedono (e che tengono conto dei dati di fatto esposti dalle parti e desumibili dalla documentazione acquisita) inducono a ritenere corretto l’avviso dell’Amministrazione appellante, secondo cui nel caso che occupa il valore dell’area occupata va determinato escludendo il carattere edificatorio dell’area e secondo il criterio di cui all’art. 16 della legge 22.10.1971, nr. 865, ossia tenendo conto dei valori agricoli medi della Regione Marche: in questo senso va rettificata la pronuncia impugnata con riguardo ai criteri per la quantificazione del danno, ferme restando le ulteriori statuizioni in essa contenute (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 15.09.2009 n. 5523 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

AGGIORNAMENTO ALL'08.10.2010 (ore 18,15)

ã

NOVITA' NEL SITO

Bottone "CONVEGNI" n. 1 giornata di studio a Marcallo con Casone (MI) per giovedì 21.10.2010 co-organizzata dal portale PTPL.
N.B.: leggere attentamente le istruzioni ivi riportate.

NOTE, CIRCOLARI E COMUNICATI

EDILIZIA PRIVATA: SCIA, La Regione Lombardia dopo la bellezza di 70 gg. -che è in vigore la SCIA- batte un colpo e dice la propria in merito. Di seguito il testo del comunicato esplicativo datato 08.10.2010.
---------------
Comunicato della Direzione Generale Territorio e Urbanistica: Segnalazione Certificata Inizio Attività (SCIA).
La legge 30.07.2010, n. 122, di conversione del D.L. n. 78, ha introdotto una nuova disciplina in materia di semplificazione che ha posto da subito dubbi e problemi per quanto attiene specificamente al settore dell’edilizia. Ci si riferisce all'art. 49, commi 4-bis e 4-ter, inseriti dalla legge di conversione e per ciò stesso efficaci a far tempo dal 31.07.2010.
Con il comma 4-bis il legislatore, "riscrivendo" l'art. 19 della L. n. 241/1990, introduce la "Segnalazione certificata di inizio attività - SCIA", in sostituzione della "Dichiarazione di inizio attività - DIA"; con il successivo comma 4-ter, dichiara espressamente la nuova disciplina attinente alla "tutela della concorrenza" e la qualifica "livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali", così riconducendola alla competenza esclusiva statale.
In risposta ad una richiesta di chiarimenti urgenti, tempestivamente formulata da Regione Lombardia, il Ministero per la Semplificazione normativa, con un’articolata nota in data 16.09.2010, ha avuto modo di delineare l’esatto ambito di operatività del nuovo istituto in campo edilizio.
Risolta in senso positivo la prima importante questione e cioè l’applicabilità della nuova disciplina anche all'edilizia, il Ministero ha chiarito che la SCIA può sostituire solo la DIA “ordinaria”, non anche la DIA alternativa al permesso di costruire, particolarmente estesa nella nostra legislazione regionale.
Questo importante chiarimento interpretativo fornito dal Ministero sostanzialmente fa salvo il regime giuridico in materia di procedure edilizie che Regione Lombardia ha consolidato con successo da oltre un decennio e che risulta fondato, come noto, sull’alternatività pressoché totale tra permesso di costruire e DIA.
A seguito delle intervenute modifiche legislative, come sopra delineate, sono cinque le procedure edilizie operative nella nostra Regione a far tempo dal 31.07.2010 per i diversi interventi, secondo la seguente articolazione:
1. Permesso di costruire per tutti gli interventi edilizi, nonché per i mutamenti di destinazione d’uso di cui all’art. 52,comma 3 bis, della L.R. n. 12/2005;
2. Denuncia di inizio attività (DIA) alternativa al permesso di costruire di cui al punto 1), fatta eccezione per gli interventi di cui al p.to 3, assoggettati in via principale a SCIA, nonché per i nuovi fabbricati in zona agricola e per i mutamenti di destinazione d’uso di cui all’art. 52, comma 3-bis, della L.R. n. 12/2005, assoggettati unicamente al permesso di costruire;
3.
SCIA per tutti gli interventi non previsti dagli artt. 6 e 10 (per quanto, quest’ultimo, disapplicato in Regione Lombardia) del D.P.R. n. 380/2001, più precisamente:
- interventi di manutenzione straordinaria non liberalizzati, ovvero eccedenti rispetto alla previsione di cui all’art. 6, comma 2, lett. a), del D.P.R. n. 380/2001,
- interventi di restauro e di risanamento conservativo,
- interventi di ristrutturazione edilizia “leggera”, ovvero non rientranti nella fattispecie di cui all’art. 10, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 380/2001;
4. Comunicazione asseverata per gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art. 6, comma 2, lett. a), del D.P.R. n. 380/2001;
5.
Comunicazione per le opere di cui all’art. 6, comma 2, lett. b) - c) - d) - e) del D.P.R. n. 380/2001.
Per quanto riguarda specificamente la nuova disciplina della SCIA, applicabile nell’ambito sopra delineato (p.to 3), si precisa che, nel caso di interventi da realizzarsi in zona soggetta a vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, alla SCIA dev’essere allegato lo specifico atto di assenso dell’ente preposto alla tutela del vincolo, atto di assenso che non può essere sostituito da SCIA.
Si richiama l’attenzione sugli adempimenti dovuti nel caso di interventi da realizzarsi in ambito non sottoposto a vincolo paesaggistico e sempre che incidano sull’aspetto esteriore dei luoghi e degli edifici: i relativi progetti sono soggetti all’esame di impatto paesistico previsto dal P.T.R. (vedi artt. 35 e ss., Parte 3, Piano Paesaggistico e DGR. n. 11045/2002).
In tal caso, se il progetto rimane sotto la soglia di rilevanza, alla SCIA dev’essere allegato l’esame di impatto paesistico, sopra soglia dev’essere acquisito, preliminarmente alla presentazione della SCIA, il giudizio di impatto paesistico con parere obbligatorio della Commissione per il paesaggio.
Relativamente agli interventi previsti dalla L.R. n. 13/2009, in materia di rilancio dell’edilizia, trattandosi di iniziative contemplate da una disciplina avente carattere speciale e derogatorio, la SCIA non trova applicazione, rimanendo pertanto confermati gli specifici disposti procedurali della stessa L.R. 13 (art. 2, comma 4; art. 3, comma 8; art. 4, comma 3).
Da ultimo, per quanto riguarda le DIA edilizie presentate prima del 31.07.2010, quand’anche a tale data non risultasse decorso il termine di trenta giorni previsto per l’esercizio del potere inibitorio dal parte dell’amministrazione, il Ministero ha chiarito che rimangono operative, salva la possibilità per il privato di avvalersi degli effetti della sopraggiunta disciplina presentando per il medesimo intervento una SCIA, ovviamente se l’intervento rientra tra quelli passibili di SCIA (p.to 3 sopra dettagliato).
Daniele Belotti  - Assessore al Territorio e Urbanistica
Bruno Mori - Direttore Generale DG. Territorio e Urbanistica
Milano, 08.10.2010

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATAGià in precedenza al T.U. 380/2001 la giurisprudenza amministrativa aveva chiarito che la nozione di ristrutturazione, interpretata ai sensi dell'art. 31 della legge 05.08.1978 n. 457, comprende anche gli interventi consistenti nella demolizione e successiva ricostruzione di un fabbricato, purché tale ricostruzione sia ”fedele”, dando cioè luogo ad un immobile identico al preesistente per tipologia edilizia, sagoma e volumi.
Deve escludersi che anche prima dell’entrata in vigore del T.U. sull’edilizia n. 380 del 2001 e s.m.i. nelle ipotesi di ristrutturazione edilizia potessero essere ricompresi gli interventi di demolizione con ricostruzione non fedele.
Certamente, fino all’entrata in vigore del T.U. n. 380 del 2001 è mancata un’espressa disciplina legislativa per gli interventi di demolizione e successiva ricostruzione, ora ricondotti all’ipotesi della ristrutturazione edilizia nel caso di rispetto della volumetria e sagoma dell’edificio preesistente [art. 3, comma 1, lettera d), T.U. citato come modificato dall’art. 1 del D. L.vo n. 301 del 2002].
Tuttavia già in precedenza la giurisprudenza amministrativa aveva chiarito che la nozione di ristrutturazione, interpretata ai sensi dell'art. 31 della legge 05.08.1978 n. 457, comprende anche gli interventi consistenti nella demolizione e successiva ricostruzione di un fabbricato, purché tale ricostruzione sia ”fedele”, dando cioè luogo ad un immobile identico al preesistente per tipologia edilizia, sagoma e volumi (ad es. V Sez. n. 594 del 1990) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 05.10.2010 n. 7310 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZIE' illegittima l'offerta che risulta aver violato il principio di intangibilità del costo di sicurezza sancito dall'art. 86, comma terzo, del decreto legislativo 163/2006 e della lex specialis.
Il disciplinare di gara sancisce espressamente per l'intero quadriennio un importo, per quanto concerne gli oneri di sicurezza di 170.460 €, non soggetto a ribasso. Tali oneri di sicurezza, ripartiti su base annua, comportano un importo annuale di € 42.660, che per espressa statuizione normativa sono intangibili e non possono essere ribassati.
Invece, nella fattispecie in esame, il consorzio ricorrente ha indicato un costo di sicurezza su base annua di € 8.400, che è nettamente inferiore a quello previsto dal bando di gara, non suscettibile di riduzione.
Pertanto l'offerta del consorzio ricorrente risulta illegittima per violazione del principio di intangibilità del costo di sicurezza sancito dall'art. 86, comma terzo, del decreto legislativo 163/2006 e della lex specialis (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 01.10.2010 n. 11289 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTILa clausola del bando di gara che impone la contestuale disponibilità di più forme di ricezione concernenti le comunicazioni di gara (ossia domicilio, fax e posta elettronica certificata) è in contrasto con le previsioni di cui all’art. 79 del codice degli appalti il quale individua mezzi alternativi (e non cumulativi) di comunicazione.
Trattandosi di appalto sottosoglia come tale non è soggetto alla pubblicazione in G.U. ai sensi dell’art. 66, comma 8, del codice degli appalti e, dunque, sottratto al più breve termine decadenziale di cui all’art. 8, comma 2-quinquies, lettera a), del decreto legislativo n. 53 del 2010.
La clausola del bando di gara che impone la contestuale disponibilità di più forme di ricezione concernenti le comunicazioni di gara (ossia domicilio, fax e posta elettronica certificata), oltre a non apparire giustificata dalla presenza di particolari situazioni organizzative dell’ente, sembra porsi in contrasto con le previsioni di cui all’art. 79 del codice degli appalti, come da ultimo modificato dal decreto legislativo n. 53 del 2010, il quale individua mezzi alternativi (e non cumulativi) di comunicazione, e ciò anche alla luce della normativa di settore (cfr. decreto-legge n. 185 del 2008) che impone alle società già operanti di munirsi di un indirizzo PEC non prima del mese di novembre 2011 (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, ordinanza 30.09.2010 n. 736 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La regola generale della pubblicità della gara, segnatamente con riguardo al momento dell'apertura delle buste, può essere derogata dalla prevalente legislazione speciale operante nei settori ex esclusi (oggi speciali).
Non è principio inderogabile, in qualunque tipo di gara, quello secondo cui devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell’integrità dei plichi contenenti l’offerta, sia che si tratti di documentazione amministrativa che di documentazione riguardante l’offerta tecnica ovvero l’offerta economica, e conseguentemente non è sempre illegittima l’apertura dei plichi in sede non pubblica.
Ai fini dell'applicazione del principio di pubblicità delle sedute occorre distinguere tra le procedure di aggiudicazione automatica e quelle che richiedano una valutazione tecnico-discrezionale, per la scelta dell'offerta più vantaggiosa per l'amministrazione, sulla base di una pluralità di elementi tecnici ed economici; per le prime la pubblicità delle sedute è generalmente totale, per consentire il controllo delle varie fasi di svolgimento della gara da parte dei concorrenti, non sussistendo alcuna valutazione tecnico-discrezionale da effettuare; per le seconde occorre tenere presente che, a seguito delle fasi preliminari pubbliche di verifica e riscontro dei plichi presentati e dei documenti in essi contenuti, interviene la valutazione tecnico-qualititativa dell'offerta, la quale va effettuata in seduta riservata al fine di evitare influenze esterne sui giudizi dei membri della commissione giudicatrice.
La regola generale della pubblicità della gara, segnatamente con riguardo al momento dell’apertura delle buste, può essere derogata dalla prevalente legislazione speciale operante nei settori ex esclusi (oggi speciali) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 17.09.2010 n. 6939 - link a www.mediagraphic.it).

AGGIORNAMENTO AL 06.10.2010

ã

AVVISO AI NAVIGANTI DEL PORTALE PTPL:
Il presente sito, con accesso libero, è frutto "artigianale" della passione e dedizione di chi vi opera.
Ricercare le news da pubblicare, nello sconfinato mondo del web, comporta dispendio di tempo inimmaginabile da sottrarre a ciò che rimane dopo il lavoro, la famiglia, i problemi quotidiani, ecc..
Al fine di poter migliorare la qualità dei contenuti del presente sito e la sua efficacia per gli addetti ai lavori -e non solo, si chiede la cortese collaborazione di ogni navigante affinché ci segnali/invii ogni utile materiale da mettere a disposizione di tutti affinché non ci siano differenze interpretative e/o comportamentali tra i vari uffici tecnici comunali, almeno lombardi.
Pertanto, saranno ben gradite segnalazioni (all'indirizzo: info.ptpl@tiscali.it) di sentenze non ancora pubblicate che risultano interessanti per quanto disposto dal giudice, oppure l'invio di quesiti/risposte su argomenti di ordine generale così come note, circolari, pareri e, comunque, ogni altro materiale ritenuto di interesse generale.
Grazie per la collaborazione. LA SEGRETERIA PTPL

NOVITA' NEL SITO

EDILIZIA PRIVATA: Nel bottone MODULISTICA è stato inserito il fac-simile (modificabile a piacimento):
- della richiesta di autorizzazione paesaggistica semplificata;
- della relazione paesaggistica da allegare all'istanza di cui sopra.

NEWS

INCENTIVO PROGETTAZIONE: Il ripristino al 2% dell'incentivo alla progettazione interna ritorna nuovamente alla Camera dei Deputati.
Il Senato della Repubblica lo scorso 29.09.2010 ha approvato il testo, con modificazioni, licenziato dalla Camera dopo il rinvio al Parlamento, da parte del Presidente della Repubblica, del ddl approvato dallo stesso la scorsa primavera.
Purtroppo, le modificazioni introdotte dal Senato comportano l'ulteriore passaggio alla Camera (e si spera l'ultimo!!); comunque, il ripristino al 2% dell'incentivo non sembra correre pericoli ove l'art. 35, comma 3, del ddl è rimasto intatto il quale così recita: "
3. All'articolo 61 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il comma 7-bis, introdotto dall'articolo 18, comma 4-sexies, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, è abrogato."
E' solo questione di aspettare, con pazienza, ancora un po' di tempo ...
Per la cronaca, il Senato ha approvato con modificazioni il ddl S.1167-B-BIS che ora si trova alla Camera per la conversione definitiva con l'identificativo C.1141-QUATER-F (link a www.giurdanella.it).

APPALTI: Tracciabilità dei flussi finanziari e CUP.
L'entrata in vigore della Legge 136/2010 ha esteso l'obbligo di richiesta del CUP anche ai contratti diversi da quelli di investimento, che vi erano già soggetti ex legge 16.01.2003, n. 3.
Di conseguenza, la stazione appaltante dovrà richiedere il CUP anche per gli appalti di servizi e forniture (link a www.cipecomitato.it).

UTILITA'

EDILIZIA PRIVATA: M. Fiorona, Lombardia, I TITOLI ABILITATIVI NEL T.U. EDILIZIA E NELLA DISCIPLINA URBANISTICA REGIONALE - SCHEDE ESEMPLIFICATIVE (aggiornamento all'01.10.2010).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 40 del 04.10.2010, "Approvazione delle modalità operative e della modulistica per la richiesta di autorizzazione all’installazione di sonde (geotermiche) ai sensi del regolamento regionale n. 7/2010" (decreto D.G. 27.09.2010 n. 9072 - link a www.infopoint.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 39 dell'01.10.2010, "Regolamento per l’individuazione, in attuazione dell’articolo 54, comma 9, della legge regionale 05.12.2008 n. 31 (Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale) dei lavori di mera manutenzione forestale che, non comportando una modificazione delle situazioni naturali, non sono configurabili come impianti o opere edilizie in senso stretto rientranti nell’ambito di applicazione della normativa sui lavori pubblici, e fissazione dei relativi limiti d’importo" (Regolamento Regionale 27.09.2010 n. 8 - link a www.infopoint.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: G.U.U.E. 28.09.2010 n. L 253 "REGOLAMENTO (UE) N. 849/2010 DELLA COMMISSIONE del 27.09.2010 che modifica il regolamento (CE) n. 2150/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche sui rifiuti" (link a http://eur-lex.europa.eu).

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: M. Bottone, S.C.I.A., La Strana Creatura Indubbiamente Aliena (LE PAROLE CHE NON TI HO DETTO) - 1^ parte.
---------------
Ringraziamo il Geom. Marcellino Bottone, di Piedimonte Matese (CE), per il contributo ricevuto.

EDILIZIA PRIVATA: L. Spallino, La grammatica ha la sua importanza ... anche nelle leggi. Il caso della SCIA (link a www.studiospallino.it).

APPALTIE’ annullabile il provvedimento di aggiudicazione definitiva se sussiste un interesse pubblico (link a www.mediagraphic.it).

CORTE DEI CONTI

COMPETENZE GESTIONALI - PUBBLICO IMPIEGO: La richiesta di parere ha per oggetto il contenuto dell'art. 110 del TUEL e, in particolar modo, la sua applicabilità anche ai comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti per quanto concerne la sussistenza di particolare e comprovata qualificazione professionale.
L’interpretazione della norma posta dall’art. 110 TUEL e dei requisiti professionali richiesti al fine del conferimento di incarichi dirigenziali temporanei negli enti con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti che siano privi di dirigenza deve essere temperata sia in relazione alle peculiari dimensioni organizzative dell’ente che alla necessità che i servizi e le funzioni fondamentali dell’ente vengano svolti regolarmente.
La concreta applicazione della disposizione contenuta nell’articolo 110 TUEL è subordinata quindi, alla sussistenza dei seguenti requisiti:
a) previsione e definizione dei limiti di operatività e dei criteri applicativi di carattere generale all’interno del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi;
b) temporaneità dell’incarico collegata alla durata del mandato del Sindaco;
c) assenza di altra professionalità equivalente all’interno dell’ente, da valutarsi in concreto prima di ogni attribuzione di incarico.
d) presenza di un numero di incarichi non superiore al 5% della complessiva dotazione organica, con arrotondamento all’unità superiore o comunque non superiore a una unità negli enti con meno di 20 dipendenti;
e) instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato;
f) possesso del requisito dell’alta specializzazione che deve essere individuata in concreto dall’ente, in relazione alle attività da espletare ed alle necessità funzionali da soddisfare. Al riguardo è evidente che il requisito ordinario è quello della laurea, trattandosi di un incarico di direzione di un ufficio. Tuttavia, non può trascurarsi che in relazione a specifiche attività proprie dell’organizzazione degli enti pubblici, soprattutto di dimensioni minori, l’attività di specifici settori in particolare, tecnici, può essere svolta da soggetti che seppur privi di titolo di studio universitario, siano in possesso del titolo di studio specificamente richiesto per l’esercizio di una particolare attività, nonché di idonea e documentata esperienza di settore.
In relazione allo specifico quesito posto dal Sindaco di Cittiglio la predetta conclusione risulta applicabile in quanto per la direzione del Settore Gestione del Territorio di un ente di minori dimensioni è normalmente richiesto il titolo di studio di geometra, oltre ad un’adeguata esperienza professionale.
Da ultimo, in relazione al secondo quesito la Sezione osserva che gli incarichi in corso, nonostante l’entrata in vigore della nuova disciplina legislativa, proseguono sino alla loro naturale scadenza ed eventuali discipline normative sopravvenute si applicano unicamente in relazione a nuovi affidamenti di incarico (Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Lombardia, parere 24.06.2010 n. 702).

AUTORITA' CONTRATTI PUBBLICI

APPALTI FORNITURE E SERVIZI: Trasmissione dei dati relativi all’istituzione di elenchi ufficiali di prestatori di servizi o di fornitori, ai sensi dell’art. 45 del D.Lgs n. 163/2006.
Tutte le amministrazioni o gli enti appaltanti che hanno già istituito gli elenchi ufficiali di prestatori di servizi o fornitori, ai sensi dell'art. 45 del Codice dei contratti, sono tenuti, qualora non l'avessero già fatto, a comunicarli all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
Le modalità ed i termini sono indicate nel comunicato del Presidente 15.09.2010 (link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: Variazione modalità di accesso al servizio SIMOG ai fini del rilascio del codice CIG.
Dal 15.10.2010 le operazioni per il rilascio del codice di identificazione gara -CIG– da effettuarsi tramite il sistema informativo di monitoraggio gare –SIMOG– saranno consentite esclusivamente al Responsabile del Procedimento indipendentemente dalla procedura adottata e dalla tipologia di contratto che la stazione appaltante intende affidare.
Le variazioni nelle modalità di accesso al servizio SIMOG ai fini del rilascio del codice CIG sono indicate nel comunicato del Presidente 07.09.2010 (link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: Il divieto generale di commistione tra le caratteristiche oggettive dell'offerta e i requisiti soggettivi dell'impresa concorrente, conosce un'applicazione per così dire "attenuata" nel settore dei servizi, in quanto si ritiene che qualora l'offerta tecnica non consista in un progetto o in un prodotto ma si sostanzi invece in una attività, un facere, la stessa ben potrà essere valutata anche sulla base di criteri quali la pregressa esperienza e la professionalità così come emergenti dai curricula professionali.
E' legittimo dunque che la stazione appaltante preveda l'attribuzione di specifici punteggi in relazione all'esperienza e alla qualifica professionale, e che l'aver espletato in passato servizi analoghi a quello oggetto della gara possa essere valutato quale indice di affidabilità e dunque della qualità stessa dell'offerta tecnica.
La possibilità di valutare, in sede di individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, le pregresse esperienze professionali incontra, però, il limite del peso concretamente attribuibile in termini di punteggio a tali elementi; l'apprezzamento del merito tecnico che è deducibile dalla valutazione dei curricula professionali è infatti solo uno degli elementi valutabili e pertanto non può assumere un rilievo eccessivo.
In una procedura per l’affidamento di incarichi di progettazione, è stata ritenuta sproporzionata la previsione del bando che riconosceva fino a quindici punti per la pregressa esperienza dei concorrenti (parere di precontenzioso 13.05.2010 n. 97 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI FORNITURE: In una gara di appalto per la fornitura di parti di ricambio per autobus, non è conforme alla normativa di settore la disposizione del bando di gara che consente di fornire ricambi equivalenti, subordinatamente e condizionatamente al rispetto di una serie di presupposti, quali la produzione di certificati di omologazione del prodotto e in mancanza di omologazione, certificazione di equivalenza rilasciati da organi accreditati ai sensi della normativa europea o, in via residuale l’effettuazione specifiche prove di laboratorio per ogni singolo ricambio equivalente.
In particolare, al ventinovesimo considerando della Direttiva 2004/18/CEE si legge che: “per dimostrare l’equivalenza gli offerenti dovrebbero poter utilizzare qualsiasi mezzo di prova. Le amministrazioni aggiudicatrici, laddove decidano che in un determinato caso l’equivalenza non sussiste, devono potere motivare tale decisione”.
Il contenuto della Direttiva è testualmente recepito dall’art. 68 del D.Lgs. n. 163/2006, che al comma 4 pone in capo all’offerente l’onere di dimostrare “con qualsiasi mezzo” l’equivalenza del prodotto e riserva all’Amministrazione il potere/dovere di valutare l’idoneità delle alternative.
---------------
Le specifiche tecniche di appalto devono consentire pari accesso agli offerenti e non devono comportare la creazione di ostacoli ingiustificati alla concorrenza e, a meno di non essere giustificate dall’oggetto dell’appalto, le dette specifiche non possono menzionare una fabbricazione o provenienza determinata, né far riferimento a un’origine o produzione specifica che avrebbe come effetto di favorire o eliminare talune imprese o prodotti.
In un appalto per la fornitura di parti di ricambio per autobus, non è conforme alla normativa di settore il bando di gara che indichi ricambi meccanici originali di determinate marche con riferimento all’esigenza di sicurezza di esercizio e alla necessità di indicare tipologie di veicoli di cui è composto il parco rotabile.
Infatti, la sicurezza è da considerarsi una qualità intrinseca alla natura di un ricambio per autoveicoli, quindi una caratteristica oggettiva del prodotto, che non può di per sé giustificare la preferenza soggettiva per un determinato costruttore del prodotto medesimo, stante la doverosa applicazione del principio di equivalenza.
Ugualmente, in relazione alla necessità di definire il parco rotabile, tale elemento non appare incompatibile con la dicitura di “o equivalente” ovvero “tipo” (che al contrario diviene doveroso secondo il dettato normativo comunitario e nazionale) a comprova della volontà dell'amministrazione di utilizzare il marchio solo per i fini esemplificativi (parere di precontenzioso 13.05.2010 n. 96 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: È corretto l’operato della s.a. che escluda un’impresa da una gara allorché, in aperta violazione del bando, non sia stata fornita la dichiarazione della mancata estensione, negli ultimi cinque anni, degli effetti di misure di prevenzione applicate nei confronti del convivente in ossequio al disposto dell’art. 10 della legge n. 575/1965.
Si tratta, infatti, di dichiarazione diversa da quella di cui alla lett. b) dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, che fa semplice riferimento alla pendenza del procedimento applicativo della misura di prevenzione e non, come il citato art. 10 della legge n. 575/1965, all’avvenuta estensione di effetti (negli ultimi cinque anni) di un provvedimento applicativo.
---------------
Una pluralità di dichiarazioni, vergate in uno stesso foglio o più fogli ma inserite in una unica busta, possono essere corredate da una unica copia del documento perché l'unicità della busta consente di riferire la copia del documento ad ogni dichiarazione, sicché per ognuna di esse sussistono i due elementi cui è riconnessa l'assunzione di responsabilità penale e, quindi, la garanzia della provenienza e della veridicità della dichiarazione stessa.
---------------
Non è conforme alla normativa di settore la prescrizione del bando che richieda il possesso di un fatturato minimo globale, negli ultimi tre anni, pari al triplo dell’importo posto a base d’asta, in quanto appare lesiva dei principi posti a tutela della libera concorrenza e del mercato.
In numerosi precedenti dell’Autorità è stata ritenuta non incongrua o sproporzionata, né limitativa dell’accesso alla gara la richiesta di un fatturato, nel triennio pregresso, sino al doppio dell’importo posto a base della stessa (parere di precontenzioso 13.05.2010 n. 95 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: È conforme alla normativa di settore l’operato della s.a. che escluda da una procedura di gara due offerte presentate originariamente da due soggetti distinti, qualora uno dei soggetti acquisisca l’altro, essendosi concretata una violazione del consolidato principio dell’unicità dell’offerta (parere di precontenzioso 13.05.2010 n. 93 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI SERVIZI: In una procedura per l’affidamento di un servizio di pulizia, è conforme alla normativa di settore e non realizza una illegittima commistione tra requisiti soggettivi di partecipazione alla gara ed elementi oggettivi di valutazione dell'offerta la previsione del bando di gara che attribuisca un determinato punteggio al piano di addestramento del personale.
---------------
La stazione appaltante, nel predisporre gli atti di una gara d’appalto, ha l’onere di indicare con estrema chiarezza i requisiti richiesti alle imprese partecipanti, onde evitare che il principio di massima concorrenza tra le stesse imprese, cui si correla l’interesse pubblico all’individuazione della migliore offerta, possa essere in concreto vanificato da clausole equivoche, non chiaramente percepibili dai soggetti partecipanti.
Pertanto, le disposizioni con le quali siano prescritti particolari adempimenti per l’ammissione alla gara, ed in particolar modo le clausole di esclusione dalla gara, ove indichino in modo equivoco taluni dei detti adempimenti, vanno interpretate nel senso più favorevole all’ammissione degli aspiranti, corrispondendo all’interesse pubblico di assicurare un ambito più vasto di valutazioni e, quindi, un’aggiudicazione alle condizioni migliori possibili.
---------------
Il contributo dovuto all’Autorità ai sensi dell’art. 1, comma 67, della legge n. 266/2005 riveste la natura di condizione essenziale per la partecipazione delle imprese a procedure ad evidenza pubblica e costituisce causa di esclusione solo la mancata dimostrazione dell’avvenuto versamento del contributo a favore dell’Autorità.
Gli operatori economici che partecipano a uno o più lotti devono versare il contributo per ogni singolo lotto per cui presentano l’offerta in ragione del relativo importo (parere di precontenzioso 13.05.2010 n. 92 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: Il doveroso bilanciamento fra il potere riconosciuto all’amministrazione di provvedere alla regolarizzazione dei documenti presentati dai candidati (ex art. 46 del d.lgs. 12.04.2006, n. 163) ed il principio della "par condicio" tra i partecipanti ad una selezione concorsuale va ricercato nella distinzione tra il concetto di regolarizzazione e quello di integrazione documentale; quest'ultima non è consentita, laddove si risolva in un effettivo "vulnus" del principio di parità di trattamento, a differenza della regolarizzazione, che attiene a circostanze od elementi estrinseci al contenuto della documentazione, cui è tenuta l’amministrazione in virtù del principio generale desumibile dall'art. 6, comma 1, lett. b), l. 07.08.1990 n. 241 (parere di precontenzioso 13.05.2010 n. 90 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: L'iscrizione all'Albo Nazionale dei Gestori Ambientali è da considerarsi requisito di “esecuzione” e non di “partecipazione alla gara” e, quindi, un mero presupposto legittimante per la stipula del contratto di appalto di lavori.
Infatti, diversamente opinando, si attuerebbe una limitazione alla partecipazione alle gare di appalto di lavori pubblici, in violazione dell’art. 1, commi 3 e 4, e dell’art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 34/2000, che statuiscono che la qualificazione in una categoria è condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento di lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro (parere di precontenzioso 29.04.2010 n. 89 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: I costi della sicurezza, sia nel comparto dei lavori che in quello dei servizi e delle forniture, devono essere dalla stazione appaltante adeguatamente valutati ed indicati nei bandi; a loro volta le imprese dovranno nelle loro offerte indicare i costi specifici connessi con la loro attività.
Naturalmente, in sede di verifica dell’anomalia di tali offerte, la stazione appaltante dovrà valutarne la congruità rispetto all’entità e alle caratteristiche del lavoro, servizio o fornitura.
Del resto, il dato richiesto fornisce un parametro per valutare la congruità delle offerte anche nelle ipotesi in cui non si proceda alla verifica delle offerte anomale (cfr. determinazione 3/2008) (parere di precontenzioso 29.04.2010 n. 88 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

LAVORI PUBBLICI: Il principio dell’assorbenza fra categorie generali e categorie specializzate trova applicazione esclusivamente in riferimento alla categoria OG11, nello specifico senso che, ove nel bando sia richiesta la qualificazione di cui alle categorie di opere specializzate OS3, OS30, OS28 è consentita la partecipazione anche delle imprese qualificate in categoria OG11.
Ciò, in quanto, detta categoria generale è in effetti la sommatoria di categorie speciali e, pertanto, sussiste la presunzione che un soggetto qualificato in OG11 sia in grado di svolgere mediamente (anche) tutte le lavorazioni speciali contenute in questa categoria generale.
La qualificazione per la categoria di opere generali OG11 assorbe quella per la categoria di opere speciali solo nel caso in cui la disciplina speciale della singola gara non rechi alcuna clausola in contrario (cfr. determinazioni 48/2000, 7/2001, 8/2002) (parere di precontenzioso 29.04.2010 n. 87 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: La previsione del bando di gara, secondo la quale i concorrenti devono dichiarare “sentenze, ancorché non definitive, relative a reati che precludono la partecipazione alle gare di appalto”, non è conforme al disposto dell’art. 38, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 163/2006 e, inoltre, appare in contrasto con i principi, sia generali che propri delle procedure concorsuali, di presunzione di innocenza e di tassatività delle cause di esclusione dalle procedure di gara (parere di precontenzioso 29.04.2010 n. 85 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: Non è conforme alla normativa di settore l’operato della s.a. che abbia escluso un concorrente per aver prodotto copie autentiche delle referenze bancarie di cui all’art. 41 del d. lgs. 12.04.2006, n. 163 in luogo degli originali, detenuti da un’altra stazione appaltante.
Infatti, l’art. 18, comma 1, del D.P.R. n. 445/2000 rubricato “Copie autentiche” stabilisce che “Esse possono essere validamente prodotte in luogo degli originali” e il successivo art. 19 rubricato “Modalità alternative all’autenticazione di copie” prevede che “La dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà di cui all’art. 47 può riguardare anche il fatto che la copia di un atto o di un documento conservato o rilasciato da una pubblica amministrazione …..sono conformi all’originale” (parere di precontenzioso 29.04.2010 n. 84 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: L’individuazione dei requisiti di partecipazione a una gara d’appalto deve essere improntata al rispetto del fondamentale principio di proporzionalità, così da garantire, unitamente alla massima partecipazione, il migliore risultato economico per l’amministrazione procedente.
In una procedura per l’affidamento del servizio di igiene urbana, appare rispettosa di tali principi la richiesta di aver svolto nel triennio precedente lo stesso servizio raggiungendo livelli di raccolta differenziata non inferiori al 35%.
Il d.lgs. 152/2006, infatti, prevede meccanismi per favorire l’adozione generalizzata della raccolta differenziata dei rifiuti urbani ed, in particolare, indica gli obiettivi da raggiungere su base di ogni Ambito Territoriale Ottimale (A.T.O.), fissando, con aumento progressivo per scaglioni temporali, le seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti:
- almeno il 35% entro il 31.12.2006;
- almeno il 45% entro il 31.12.2008;
- almeno il 65% entro il 31.12.2012 (parere di precontenzioso 29.04.2010 n. 83 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: Nel caso in cui, a causa di un errore dell'ufficio protocollo, il plico contenente l'offerta sia stato erroneamente aperto e protocollato e quindi immediatamente richiuso, tale circostanza non comporta l'annullamento della gara per violazione del principio di segretezza, se tutte le partecipanti hanno acconsentito a proseguire i lavori, facendo così acquiescenza alla irregolarità commessa dall'ufficio medesimo (parere di precontenzioso 29.04.2010 n. 82 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: La stazione appaltante può fissare, nell’ambito della propria discrezionalità, requisiti di partecipazione ad una gara di appalto e di qualificazione più rigorosi e restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla legge, purché, tuttavia, tali prescrizioni si rivelino rispettose dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, non limitino indebitamente l’accesso alla procedura di gara e siano giustificate da specifiche esigenze imposte dal peculiare oggetto dell’appalto.
L'adeguatezza e la proporzionalità dei requisiti richiesti dalla documentazione di gara vanno, dunque, valutate con riguardo all'oggetto dell'appalto ed alle sue specifiche peculiarità.
In una gara per l’affidamento di un contratto di locazione operativa di apparecchiature informatiche, è conforme alla normativa di settore la richiesta di aver prestato nel triennio precedente e per un determinato importo minimo apparecchiature informatiche in locazione operativa e non semplicemente di aver effettuato forniture di apparecchiature informatiche.
---------------
Nella prassi dell’Autorità, il requisito della partecipazione alla procedura concorsuale viene generalmente considerato necessario per poter rivolgere l’istanza di parere, anche alla luce della causa di inammissibilità introdotta dall’articolo 3 del nuovo regolamento, attinente all’“assenza di una controversia insorta fra le parti”.
Infatti, chi non abbia partecipato alla procedura concorsuale resta un soggetto terzo rispetto alle eventuali controversie che possano insorgere tra la stazione appaltante e le altre parti interessate.
Anche nella procedura di precontenzioso, tuttavia, opera il noto principio per cui, laddove si sia in presenza di clausole c.d. escludenti –cioè di clausole che precludono la partecipazione alla gara, impedendo l'ammissione alla stessa, e di quelle che non consentono di effettuare un'offerta concorrenziale– l'onere di presentare la domanda di partecipazione costituisce un inutile aggravio a carico dell'impresa (parere di precontenzioso 29.04.2010 n. 81 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: Con riferimento a quanto disposto dall’art. 95, comma 2, del d.P.R. n. 554/1999 in materia di A.T.I. orizzontali, il periodo «l'impresa mandataria in ogni caso possiede i requisiti in misura maggioritaria» deve essere inteso con riferimento ai requisiti minimi richiesti per la partecipazione allo specifico appalto, in relazione alla classifica posseduta risultante dall'attestazione SOA e concretamente “spesa” ai fini dell’esecuzione dei lavori e non in assoluto, avendo riguardo solo all’importo complessivo dei lavori.
Non è, pertanto, consentito che, al fine di dimostrare da parte della associazione temporanea il possesso del 100% dei requisiti minimi, una mandante “spenda” una quota di importo superiore o uguale a quella della mandataria, rinvenendosi la ratio della norma de qua nell’esigenza di assicurare che la mandataria sia effettivamente e non astrattamente il soggetto più qualificato in rapporto al complesso dei lavori a base d’asta comprensivo.
Peraltro, quando all’A.T.I. partecipano due sole imprese l’aggettivo maggioritario, che connota la percentuale del possesso dei requisiti da parte della capogruppo, indica che la mandataria deve spendere in quella specifica gara una qualifica superiore al 50 per cento dell’importo dei lavori, perché solo in tal modo essa potrà possedere anche una qualifica superiore a quella del suo unico associato (parere di precontenzioso 29.04.2010 n. 80 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: Ai fini dell’individuazione dei soggetti tenuti a rendere le dichiarazioni di cui all’art. 38, co. 1, lett. b e c del d.lgs. 12.04.2006 n. 163, occorre necessariamente procedere all'esame dei certificati della CCIAA, non essendo l'attestazione SOA di per sé sufficiente ai fini della disamina dei soggetti tenuti alle dichiarazioni in argomento, in quanto potrebbero verificarsi eventi successivi alla stessa attestazione in grado di modificare i poteri di rappresentanza precedentemente conferiti.
Inoltre, per una corretta applicazione della citata normativa, occorre fare riferimento alle funzioni sostanziali di tali soggetti più che alle qualifiche formali, altrimenti la evidenziata ratio legis potrebbe essere agevolmente elusa e dunque vanificata (parere di precontenzioso 15.04.2010 n. 79 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: Nel caso in cui una s.a. ometta, nei modelli di presentazioni delle offerte, le dichiarazioni di cui all’art. 38, co. 1, lett. m-bis), m ter), m-quater), la tutela dell’affidamento e la correttezza dell’azione amministrativa impediscono che le conseguenze di una condotta colposa della s.a. possano essere traslate a carico del soggetto concorrente, comminando la sanzione dell’esclusione dalla gara.
In tali ipotesi, l’equivocità delle prescrizioni del bando di gara impone, in un corretto rapporto tra amministrazione e privato, che si dia alla lex specialis una lettura idonea a tutelare l’affidamento degli interessati in buona fede, dispensando in tal modo il concorrente dal dover ricostruire, attraverso indagini ermeneutiche ed integrative, ulteriori ed inespressi significati della volontà della s.a., che vanificano il principio di massima partecipazione e l’interesse pubblico all’individuazione della migliore offerta (parere di precontenzioso 15.04.2010 n. 78 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: La stazione appaltante vanta un apprezzabile margine di discrezionalità nel chiedere requisiti di capacità economica, finanziaria e tecnica ulteriori e più severi rispetto a quelli indicati nella disciplina di settore, ma con il limite del rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza; sicché non è consentito pretendere il possesso di requisiti sproporzionati o estranei rispetto all'oggetto della gara.
In un gara per l’affidamento di un appalto di servizi di contabilità stipendi, a fronte di un valore a base d’asta di 87.100,00 €, è stato ritenuto non proporzionata e irragionevole la richiesta di un fatturato per servizi identici di un importo pari a 500.000,00 €.
Allo stesso modo, non appare conforme alla normativa di settore il requisito di essere affidatari dello stesso servizio in almeno dieci comuni, di cui almeno di cinque con popolazione superiore ai 10.000 abitanti (parere di precontenzioso 15.04.2010 n. 77 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: Il possesso dei requisiti generali deve sussistere in capo a tutte le imprese consorziate che partecipano alla gara, anche nel caso di “consorzio stabile”, atteso che la riconosciuta autonoma soggettività del consorzio stabile non è incompatibile sul piano logico con la necessità che i requisiti di partecipazione di ordine generale (ex art. 38, d.lgs. n. 163 del 2006) siano posseduti anche dalle singole consorziate designate quali esecutrici effettive del servizio appaltato.
Il possesso dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria, invece, è normalmente richiesto esclusivamente in capo al consorzio stabile, quale entità soggettiva distinta dalle singole società consorziate che fruiscono del beneficio di poter sommare i rispettivi requisiti ai fini del raggiungimento delle soglie minime richieste dalla lex specialis di gara.
Ciononostante, la stazione appaltante può fissare, nell’ambito della propria discrezionalità, requisiti di partecipazione ad una gara di appalto e di qualificazione più rigorosi e restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla legge, anche in capo ai singoli consorziati.
È necessario, tuttavia, che tali prescrizioni si rivelino rispettose dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, non limitino indebitamente l’accesso alla procedura di gara e siano giustificate da specifiche esigenze imposte dal peculiare oggetto dell’appalto (parere di precontenzioso 15.04.2010 n. 76 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: L'adempimento degli obblighi informativi di cui all’art. 38, comma 1, lett. c, del d.lgs. 12.04.2006, n. 163 consente all'amministrazione di poter agevolmente verificare l'insussistenza di condanne penali a carico dei soggetti cessati che hanno avuto un significativo ruolo decisionale e gestionale nella società cedente ovvero di valutare l'incidenza di tali condanne sui requisiti di affidabilità dell'impresa cessionaria, anche in relazione alle misure da questa adottate per manifestare la propria dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata.
Ciò allo scopo precipuo di evitare possibili strumentalizzazioni delle disposizioni normative o di consentire soluzioni surrettizie volte ad eludere precisi obblighi di legge attraverso il ricorso a modificazioni soggettive delle parti in grado anche di alterare il libero gioco della concorrenza (parere di precontenzioso 15.04.2010 n. 74 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI FORNITURE E LAVORI PUBBLICI: Con particolare riferimento all’individuazione dell’oggetto degli appalti misti di lavori e forniture, rileva, più che altro, il carattere accessorio o meno delle prestazioni e non tanto l’incidenza economica proporzionale dei lavori.
Pertanto, anche ove sia presente un divario delle proporzioni tra importo della componente forniture e importo della componente lavori superiore al criterio legale del 50%, per individuare correttamente l’oggetto contrattuale occorre avere riguardo alla prevalenza della funzione obiettiva del contratto in relazione alle finalità perseguite dall’Amministrazione che ha indetto la gara (parere di precontenzioso 15.04.2010 n. 73 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: Con riferimento alla verifica del requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. a, del d.lgs. 12.04.2006, n. 163, è conforme alla normativa di settore la richiesta della s.a. di produrre il certificato della cancelleria del tribunale competente, sez. fallimentare dal quale risulti che la ditta non sia in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di amministrazione controllata, di concordato preventivo e che non abbia in corso alcun procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni.
Non appare sufficiente, invece, la produzione del certificato camerale con attestazione antimafia e dicitura fallimentare, con il seguente contenuto “si dichiara inoltre che a carico della predetta ditta non risulta pervenuta negli ultimi 5 anni a questo ufficio dichiarazione di fallimento, liquidazione amministrativa coatta, ammissione in concordato o amministrazione controllata”.
Tale certificazione, infatti, fa riferimento alle sole procedure fallimentari acclarate, mentre è assente la dichiarazione in merito ad eventuali procedure in corso (parere di precontenzioso 15.04.2010 n. 72 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: Costituisce principio consolidato quello per cui la stazione appaltante può fissare, nell’ambito della propria discrezionalità, requisiti di partecipazione ad una gara di appalto e di qualificazione più rigorosi e restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla legge, purché, tuttavia, tali prescrizioni si rivelino rispettose dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, non limitino indebitamente l’accesso alla procedura di gara e siano giustificate da specifiche esigenze imposte dal peculiare oggetto dell’appalto.
L'adeguatezza e la proporzionalità dei requisiti richiesti dalla documentazione di gara vanno, dunque, valutate con riguardo all'oggetto dell'appalto ed alle sue specifiche peculiarità, per cui la richiesta di un determinato requisito va correlata al concreto interesse dell’amministrazione a una certa affidabilità del proprio interlocutore contrattuale, avuto riguardo alle prestazioni oggetto di affidamento.
---------------
La presentazione di idonee referenze bancarie comprovate dalla dichiarazione di almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati non può considerarsi quale requisito rigido, dovendosi conciliare l’esigenza della dimostrazione dei requisiti partecipativi con il principio della massima partecipazione alle gare di appalto, con conseguente necessità di prevedere dei temperamenti rispetto a quelle imprese che non siano in grado, per giustificati motivi, di presentare le referenze indicate.
Di conseguenza, non appaiono conformi alla disciplina vigente gli atti di gara che non consentano alcun temperamento rispetto all’ipotesi della mancata presentazione di due idonee referenze bancarie, in ciò ponendosi in contrasto con l'espressa indicazione normativa che consente alle imprese di provare la propria capacità economica e finanziaria mediante qualsiasi altro documento considerato idoneo dalla stazione appaltante (parere di precontenzioso 15.04.2010 n. 71 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

GIURISPRUDENZA

LAVORI PUBBLICI:  Rimessa alla Adunanza Plenaria la questione circa la natura di atto meramente endoprocedimentale dell’individuazione del promotore nella procedura di project financing.
La controversa in rassegna concerne la legittimità del procedimento e del successivo provvedimento con cui un Comune ha individuato di pubblico interesse la proposta formulata da una A.T.I. per la realizzazione e la gestione di un parcheggio, attribuendo a detta A.T.I. il titolo di “promotore ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 37-ter Legge 109/1994, ora art. 154 del D.Lgs. 163/2006”.
La prospettazione dell’A.T.I. si fonda sulla assoluta autonomia ed indipendenza della fase di selezione del promotore rispetto all'intero procedimento di project financing, così da determinare l'immediata lesività ed impugnabilità della individuazione del progetto dichiarato di pubblico interesse, indipendentemente dalla conclusione del procedimento stesso (e quindi dall'aggiudicazione della concessione).
Sennonché, ricordano i giudici del Consiglio di Stato, la giurisprudenza (C.d.S., sez. V, 25.01.2005, n. 142) ha rilevato che l'interesse a veder prescelto il proprio progetto di opera pubblica, e quindi l’interesse ad assumere la posizione del promotore nella relativa procedura, ancorché sia individuabile concettualmente come distinto dall'interesse alla concessione di eseguire l'opera stessa, contiene ed implica anche l'interesse all'aggiudicazione della concessione che, in definitiva, rappresenta il vero "bene della vita" cui tende il presentatore del progetto.
Si è in presenza, secondo tale indirizzo giurisprudenziale, di un procedimento contraddistinto da una indiscutibile unitarietà, logico-giuridica (del tutto coerente e ragionevole con la stessa natura del project financing, quale tecnica finanziaria che consente la realizzazione di opere pubbliche senza oneri finanziari per la pubblica amministrazione e che si sostanzia in un'operazione economico-finanziaria idonea ad assicurare utili che consentono il rimborso del prestito e/o finanziamento e gestione proficua dell'attività, così C.d.S., sez. VI, 09.06.2005, n. 3043), che non consente di poter applicare in modo automatico e semplicistico l'indirizzo giurisprudenziale che ammette l'immediata impugnazione di qualsiasi atto endoprocedimentale che determini in danno di un concorrente un arresto procedimentale: in realtà nel caso di specie, anche a voler ammettere in ipotesi che la dichiarazione di interesse pubblico di una certa proposta di un concorrente determini un vulnus nei confronti di un altro concorrente, l'attualità e la lesività di tale vulnus potrà apprezzarsi solo all'esito del successivo procedimento di gara e dell'eventuale aggiudicazione, tanto più che al concorrente che ha presentato la proposta non selezionata come progetto di pubblico interesse non risulta affatto impedita la partecipazione alla gara successiva per l'individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa (in termini anche C.d.S., Sez. IV, 26.01.2009, n. 391; C.d.S., sez. V, 28.05.2009, n. 3319).
I giudici di Palazzo Spada rilevano, tuttavia, la sussistenza di un indirizzo giurisprudenziale, ancorché minoritario, proprio della giurisprudenza di primo grado (TAR Sicilia, sez. IV, 06.05.2010, n. 1297; TAR Lazio, sez. III, 09.09.2008, n. 8194), secondo cui nelle procedure di project financing il promotore assume una posizione di assoluta preminenza, sia per la conoscenza anticipata del progetto preliminare posto a base di gara, sia per la possibilità di conseguire in ogni caso l’aggiudicazione, previo adeguamento della propria proposta a quella ritenuta più conveniente dall’amministrazione, così che non potrebbe dubitarsi dell’ammissibilità del ricorso proposto avverso gli atti con cui l’amministrazione individua il promotore da chi non sia stato prescelto come promotore, stante la concretezza e l’attualità della lesione derivante proprio dalla mancata individuazione come promotore.
Al riguardo, ad avviso degli stessi giudici, il principio di effettività della tutela giurisdizionale, predicato dall’articolo 24 della Costituzione, e quello della sindacabilità di tutti gli atti della pubblica amministrazione, contenuto nell’articolo 113 della Costituzione, sembrerebbero ostare alla delineata ricostruzione della sostanziale inammissibilità dell’immediata impugnazione del provvedimento di individuazione del promotore finanziaria.
Del resto, sotto un primo profilo, può facilmente osservarsi che differire l’impugnazione del provvedimento di individuazione del promotore finanziario al momento finale della procedura con cui si scegli il soggetto che dovrà realizzare l’opera pubblica (concessionario) pone evidentemente il concorrente, che pur ha partecipato alla fase di individuazione del promotore finanziario, senza essere stato scelto come tale, in una posizione di svantaggio rispetto al soggetto individuato come promotore, in quanto è proprio il progetto di quest’ultimo che costituisce oggetto della gara per la scelta del concessionario: pertanto, seppure può condividersi, secondo una visione finalistica dell’istituto, che l’interesse sostanziale che si fa valere in questo caso è l’interesse (finale) a conseguire la concessione, non è tuttavia irragionevole ritenere che possa sussistere un interesse strumentale (ma non per questo non autonomo e non meritevole di tutela) ad ottenere un immediato giudizio sul provvedimento di scelta del promotore, potendo non sussistere il successivo interesse (finale) alla concessione; ciò tanto più che non sembra possa ragionevolmente dubitare dell’interesse alla scelta del proprio progetto (come promotore) da porre a base della successiva gara di scelta del concessionario, proprio per la particolare posizione di vantaggio o di preminenza di cui gode il promotore (anche ai fini della successiva scelta come concessionario).
Sotto altro profilo, il differimento dell’impugnazione del provvedimento di scelta del promotore al momento finale di individuazione del concessionario non solo rischia di sottrarre di fatto al sindacato giurisdizionale proprio il provvedimento di scelta del promotore (in palese violazione dell’articolo 113 della Costituzione, tanto più che si tratta di un provvedimento caratterizzato da un amplissimo grado di discrezionalità), ma soprattutto rischia di rendere farraginosa la stessa attività amministrativa, con palese violazione dei principi di imparzialità e buon andamento predicati dall’articolo 97 della Costituzione, allorquando il più volte ricordato provvedimento di individuazione del promotore dovesse essere effettivamente ritenuto viziato solo con l’impugnazione del provvedimento terminale del procedimento di project financing.
Secondo i giudici d’appello, in realtà, il collegamento sussistente tra i due sub–procedimenti in cui si articola la procedura di project financing (l’uno di selezione del progetto di pubblico interesse; l’altro di gara ad evidenza pubblica sulla base del progetto dichiarato di pubblica utilità, a sua volta articolata in due sub fasi, la prima di individuazione delle due offerte economicamente più vantaggiose, l’altra di procedura negoziata tra tali due offerte) riguarda solo il profilo peculiare economico e di tecnica finanziaria dell’istituto (che, com’è noto, consente la realizzazione di opere pubbliche senza oneri finanziari per la pubblica amministrazione), ma non sembra escludere con certezza l’autonomia giuridica delle due fasi ed in particolare non sembra consentire di poter ritenere che la individuazione del promotore possa essere considerato un atto meramente endoprocedimentale, incapace di produrre autonomi effetti lesivi e come tale incapace di arrecare pregiudizio immediato e concreto a chi non sia stato scelto come promotore (elementi soli che potrebbero sicuramente giustificare il differimento della tutela al momento di emanazione dell’atto finale dell’intero procedimento).
In presenza di tali dubbi ricostruttivi, trattandosi di un punto di diritto idonei a dar luogo a contrasti giurisprudenziali, la V Sezione del Consiglio di Stato ritiene di dover rimettere l’affare alla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’articolo 45, comma 2, del R.D. 26.06.1924, n. 1054 (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.10.2010 n. 7277 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: La fusione della società che ha partecipato alla gara d'appalto con altra società comporta una successione a titolo universale della società che ne deriva nei rapporti giuridici di quella incorporata o fusa.
È stata contestata, nella pronuncia in commento, l’erronea infondatezza del ricorso con cui era stata dedotta la violazione dell’articolo 23 del decreto legislativo 17.03.1995, n. 158, stante la pacifica, ma inammissibile, modificazione soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicataria, intervenuta dopo la presentazione dell’offerta.
Secondo gli appellanti, infatti, la specialità della disciplina degli appalti riguardanti i settori esclusi, in cui s’iscriveva l’appalto in questione, escludeva in radice la correttezza dell’assunto dei primi giudici che avevano ritenuto applicabile al caso di specie un più recente, ma non condivisibile, indirizzo giurisprudenziale teso a superare il principio della immodificabilità assoluta dell’offerente.
Secondo i giudici del Consiglio di Stato, come hanno correttamente rilevato i primi giudici, il principio dell’immodificabilità soggettiva dell’offerente, delineato nell’invocata previsione di cui all’articolo 23 del decreto legislativo 17.03.1995, n. 158, è stato progressivamente ridimensionato dalla giurisprudenza amministrativa anche sotto l’influenza del diritto comunitario, tant’è che l'art. 51 del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, proprio in relazione alle vicende soggettive dei soggetti partecipanti ad una gara ad evidenza pubblica, ha previsto che "qualora i candidati o i concorrenti, singoli, associati o consorziati, cedano, affittino l'azienda o un ramo d'azienda, ovvero procedano alla trasformazione, fusione o scissione della società, il cessionario, l'affittuario, ovvero il soggetto risultante dall'avvenuta trasformazione, fusione o scissione, sono ammessi alla gara, all'aggiudicazione, alla stipulazione, previo accertamento sia dei requisiti di ordine generale, sia di ordine speciale, nonché dei requisiti necessari in base agli eventuali criteri selettivi utilizzati dalla stazione appaltante ai sensi dell'articolo 62, anche in ragione della cessione, della locazione, della fusione, d ella scissione e della trasformazione previsti dal presente codice".
Benché tale ultima disposizione, ratione temporis, non sia direttamente applicabile alla fattispecie in esame, i giudici di Palazzo Spada rilevano che il diverso –e condivisibile- principio della modificabilità della compagine soggettiva che ha presentato l’offerta in una procedura di gara si può ricavare dalle disposizioni già contenute negli articoli 35 e 36 della legge 11.02.1994, n. 109, che, secondo un prevalente indirizzo giurisprudenziale, costituiscono espressione di un principio generale applicabile non solo agli appalti di lavori pubblici, ma anche a quelli di fornitura di beni e servizi, non essendoci peraltro alcun elemento, normativo o fattuale, che ne impedisca l’applicazione anche agli appalti c.d. esclusi, di cui al decreto legislativo 17.03.1995, n. 158.
Le cautele di cui il legislatore nazionale ha circondato l'istituto della fusione, con l'adeguamento, alla normativa comunitaria, delle norme contenute nel codice civile, e la disciplina stabilita in tema di pubblici appalti (anch'essa coerente con le direttive comunitarie) non contraddicono, ma evidenziano, al contrario, il generale favore che l'ordinamento interno, non meno di quello comunitario, riservano all'istituto, che non può essere, surrettiziamente, ostacolato da una interpretazione che riconduce il fenomeno nell'alveo della immutabilità del soggetto ammesso alla partecipazione alla gara.
Nelle linee generali, la quinta Sezione ha avuto modo, anche di recente (Sez. V, n. 487 del 10.02.2004), di chiarire che la fusione della società che ha partecipato alla gara d' appalto con altra società comporta una successione a titolo universale della società che ne deriva nei rapporti giuridici di quella incorporata o fusa, e cioè il pieno e completo trasferimento di diritti ed obblighi delle Società preesistenti nella titolarità della nuova società o della incorporante, con sostanziale continuità dei rapporti giuridici in atto tra questa società e l'Amministrazione appaltante, che si trova, in effetti, a proseguire il rapporto in essere con un soggetto diverso per denominazione o forma societaria, ma nei cui confronti il rapporto giuridico instaurato con la partecipazione alla gara delle società incorporate o fuse continua senza alcuna modifica sostanziale.
Del resto, ad avviso degli stessi giudici, il principio della immodificabilità assoluta dell’offerente, caratterizzata da un fondamentale elemento di staticità, mal si concilia con il carattere dinamico della vita delle imprese e con la loro intrinseca necessità di adeguare costantemente le loro stesse strutture organizzative alle vicende del mercato per poter conseguire i propri fini sociali ed essere così anche elemento di sviluppo e di crescita economica per l’intera collettività, tanto più che le esigenze pubbliche sottese allo stesso procedimento ad evidenza pubblica, quali l’affidabilità, oggettiva e soggettiva –anche sotto il profilo della sussistenza dei necessari requisiti di moralità pubblica- dei soggetti che concorrono per l’affidamento di appalti pubblici sono sufficientemente assicurate dagli obblighi che tali soggetti hanno nei confronti della pubblica amministrazione di comunicare le avvenute trasformazioni, onde consentire proprio l’esercizio dei necessari poteri di controllo e verifica (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.10.2010 n. 7276 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: La mera circostanza della prossimità all'opera pubblica da realizzare non è di per sé idonea a radicare un interesse all'impugnazione in assenza della congrua dimostrazione del danno che deriverebbe dall'impianto.
Se è vero che la giurisprudenza ha affermato che la mera circostanza della prossimità all'opera pubblica da realizzare non è di per sé idonea a radicare un interesse all'impugnazione in assenza della congrua dimostrazione del danno che deriverebbe dall'impianto (Cons. St., Sez. VI, 18.07.1995 n. 754; Sez. V 13.07.1998 n. 1088; 31.01.2001 n. 358; 20.05.2002 n. 2714; 16.04.2003 n. 1948), nel caso in esame, diversamente da quanto ex adverso eccepito, risulta adeguatamente indicato e sufficiente provato il danno astrattamente derivante dalla realizzazione dell’impianto di termovalorizzatore, sotto il duplice profilo di danno alla salute e danno al patrimonio, il che radice, al di là di ogni ragionevole dubbio, la legittimazione e l’interesse ad agire dei ricorrenti in primo grado, odierni appellanti (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.10.2010 n. 7274 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: I provvedimenti emanati in autotutela per la rimozione degli effetti di una procedura oramai perfezionata devono contenere l’individuazione dei vizi di legittimità dell'atto da annullare.
Come più volte precisato dalla giurisprudenza, la pubblica amministrazione conserva, anche in relazione ai procedimenti di gara per la scelta del contraente, il potere di annullare in via di autotutela il bando, le singole operazioni di gara e lo stesso provvedimento di aggiudicazione, ancorché definitivo, quando i criteri di selezione si manifestino come suscettibili di produrre effetti indesiderati o comunque illogici (C.d.S., sez. VI, 23.06.2006, n. 3989) ovvero in presenza di gravi vizi dell’intera procedura, dovendo tener conto delle preminenti ragioni di salvaguardia del pubblico interesse (C.d.S., sez. IV, 15.09.2006, n. 5374).
Tale potere di autotutela, che trova fondamento nei principi costituzionali predicati dall'articolo 97 della Costituzione, cui deve ispirarsi notoriamente l'azione amministrativa, così che neppure il provvedimento di aggiudicazione definitiva e tanto meno quello di aggiudicazione provvisoria (che del resto si iscrivono nella fase procedimentale di scelta del contraente, concludendola) ostano all'esercizio di un siffatto potere, il quale incontra il solo limite insuperabile nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza, alla cui puntuale osservanza è tenuta anche la pubblica amministrazione, e nella tutela dell'affidamento ingenerato (C.d.S., sez. VI, 10.09.2008, n. 4309).
L'amministrazione è tenuta a fornire una adeguata motivazione in ordine alla natura e alla gravità delle anomalie contenute nel bando o verificatesi nel corso delle operazioni di gara o comunque negli atti della fase procedimentale che, alla luce della comparazione dell'interesse pubblico con le contrapposte posizioni consolidate dei partecipanti alla gara, giustificano il provvedimento di autotutela (C.d.S., sez. V, 07.01.2009, n. 17): pertanto i provvedimenti emanati nell'esercizio del potere di autotutela ai fini della rimozione degli effetti di una procedura oramai perfezionata devono contenere una precisa individuazione dei vizi di legittimità dell'atto da annullare o delle gravi ragioni di inopportunità dell'atto da revocare, nonché dell'interesse pubblico alla rimozione stessa (C.d.S., sez. V, 05.09.2002, n. 4460) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.10.2010 n. 7273 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Quando la partecipazione ad una gara pubblica è preclusa dallo stesso bando, sussiste l’interesse a gravare la relativa determinazione a prescindere dalla mancata presentazione della domanda.
Poiché l’interessato ha lamentato che l’amministrazione non avrebbe potuto bandire un corso riservato unico essendo il posto messo a concorso, egli non era neppure tenuto a presentare la domanda di partecipazione ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione, essendo ormai jus receptum che quando la partecipazione ad una gara pubblica è preclusa dallo stesso bando, sussiste l’interesse a gravare la relativa determinazione a prescindere dalla mancata presentazione della domanda, posto che la presentazione della stessa si risolve in un adempimento formale inevitabilmente seguito da un atto di esclusione, con un risultato analogo a quello della originaria preclusione e quindi privo di qualsiasi utilità (C.d.S., sez. V, 19.03.2009, n. 1624) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.10.2010 n. 7271 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Nel procedimento di verifica della anomalia della offerta, la stazione appaltante ha l’obbligo di motivare in maniera approfondita solo in caso in cui esprima un giudizio negativo che fa venire meno la aggiudicazione.
Costituisce pacifico orientamento giurisprudenziale che nel procedimento di verifica della anomalia della offerta, la stazione appaltante ha l’obbligo di motivare in maniera approfondita solo in caso in cui esprima un giudizio negativo che fa venire meno la aggiudicazione non richiedendosi, invece, che la motivazione sia particolarmente analitica e puntuale nel caso di esito positivo della verifica di anomalia che confermi la già disposta aggiudicazione, potendo in tale caso trovare sostegno per relationem nelle stesse giustificazioni presentate dal concorrente (Cons. Stato, Sez. VI, 08.07.2003 n. 7275; V, 05.03.2001 n. 1247) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.10.2010 n. 7266 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Le relazioni tecniche identiche non costituiscono una situazione di collegamento tra imprese tale da determinare l’esclusione dalla gara.
Il consorzio ricorrente, nella pronuncia in commento, aveva ricevuto dal presidente della Commissione giudicatrice la comunicazione della sua esclusione da una pubblica gara per la sola circostanza, accertata nel corso della procedura ad evidenza pubblica, dovuta alla presentazione di una relazione tecnica identica nei contenuti e nella impostazione grafica a quelle presentate da altre due ditte partecipanti alla gara stessa.
Contro questa determinazione il summenzionato Consorzio ha proposto opposizione ritenendo che il fatto come accertato non fosse di per sé sufficiente per dimostrare l’esistenza di un collegamento funzionale e sostanziale tra le ditte medesime riconducibile alla previsione dell’art. 2359 del c.c., espressamente richiamato dall’art. 2, lett. g) del bando di gara. Sul punto il Tribunale amministrativo di Roma richiama la giurisprudenza ricordando che, al riguardo, si è gradualmente affermato un orientamento favorevole alla possibilità di individuare ipotesi di "collegamento sostanziale" tra imprese, con la puntualizzazione che, mentre nel caso del "controllo" opera un meccanismo di presunzione iuris et de iure circa la sussistenza di un’ipotesi di turbativa del corretto svolgimento della procedura concorsuale (e quindi dei principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti), nel caso del c.d. "collegamento sostanziale" deve essere provata in concreto l’esistenza di elementi oggettivi e concordanti che siano tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei richiamati principi.
E’ palese, spiegano i giudici capitolini, che la correttezza e la trasparenza della gara vengono pregiudicate dalla presentazione di offerte che, seppure provenienti da imprese diverse, siano riconducibili ad un medesimo centro di interessi.
Ciò anche alla luce della disciplina comunitaria, secondo cui il sistema delle gare pubbliche può funzionare solo se le imprese partecipanti si trovino in posizione di reciproca ed effettiva concorrenza. Si considera, pertanto, consentito alla stazione appaltante prevedere l’esclusione delle offerte quando specifici elementi oggettivi e concordanti inducano a ritenere la sussistenza di situazioni (ulteriori rispetto alle forme di collegamento societario di cui all’art. 2359 Cod. civ.) capaci di alterare la segretezza, la serietà e l’indipendenza delle offerte, purché l’individuazione non oltrepassi il limite della ragionevolezza e della logicità rispetto alla tutela avuta di mira e consistente nell’autentica concorrenza tra le offerte.
Inoltre, la giurisprudenza, tenendo conto che si tratta dell’esigenza di assicurare l’effettiva ed efficace tutela della regolarità della gara, ha ritenuto che, anche in assenza di specifiche previsioni nella lex specialis, la stazione appaltante debba comunque disporre l’esclusione di offerte contenenti indizi di una concordata modalità di presentazione e formulazione, ovvero della provenienza da un unico centro decisionale.
La giurisprudenza ha invero rilevato che tra le cause di esclusione dalle gare vi sono, oltre ai casi di cui all’art. 2359 c.c., le ipotesi non codificate di "collegamento sostanziale", le quali, attestando la riconducibilità dei soggetti partecipanti alla procedura a un unico centro decisionale, causano la vanificazione dei principi generali in tema di par condicio, segretezza delle offerte e trasparenza della competizione (cfr., da ultimo, CdS, V, 07.10.2008 n. 4850).
Sulla problematica in esame è ora intervenuto il D.Lgs. 12.04.2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici, relativi a lavori, servizi e forniture), che ha attributo espressamente rilevanza al collegamento sostanziale tra imprese.
Invero, l’art. 34, in riferimento all’affidamento dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, ha disposto che "non possono partecipare alla medesima gara concorrenti che si trovino fra di loro in una delle situazione di controllo di cui all’art. 2359 del codice civile", precisando poi, nel periodo successivo, che "le stazioni appaltanti escludono altresì dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi".
Orbene, tali univoci elementi sono stati rinvenuti dalla giurisprudenza nelle modalità con cui vengono formate e fatte pervenire le offerte di gara: in particolare, nella indicazione, nelle stesse buste spedite dalle imprese, della medesima sede amministrativa; nella spedizione degli stessi plichi dal medesimo ufficio postale, nello stesso giorno e con le stesse modalità; nel rilascio delle polizze fideiussorie, presentate come cauzione, da parte della stessa compagnia e agenzia di assicurazioni, nella medesima data e con numero progressivo successivo; nella coincidenza del numero di fax e dell’indirizzo di posta elettronica, nei rapporti di parentela tra gli amministratori di tali società e gli intrecci azionari esistenti e facenti capo agli stessi soggetti; etc..
In tema di appalti pubblici, l'individuazione di una situazione di collegamento tra imprese deve essere comunque effettuata secondo indici rigorosi e soltanto qualora emergano segni inequivocabili, deducibili da indizi gravi, precisi e concordanti circa la provenienza delle offerte da un unico centro decisionale è possibile escludere il concorrente dalla gara. Ne consegue che tutte le ipotesi indicate ed individuate dalla giurisprudenza come sintomatiche vanno vagliate in concreto e non possono da sole giustificare un provvedimento di esclusione.
Di tali principi, che costituiscono, come ricordato, ius receptum nella giurisprudenza amministrativa, deve farsi applicazione anche nel caso di specie, dove l’unico elemento riscontrato consiste nella identicità delle relazioni tecniche allegate alle offerte di tre ditte partecipanti (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 24.09.2010 n. 32435 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: In sede di esame di una domanda di autorizzazione edilizia, spetta all'autorità comunale il potere di accertare se il progetto è conforme non solo alle previsioni urbanistiche, ma anche a quelle del piano paesaggistico, avente un rilievo preminente.
Sulla natura sovraordinata di tale strumento urbanistico del PTP è concorde anche la giurisprudenza che ammette altresì che nella Regione Lazio, ai sensi dell'art. 27, L.R. 06.07.1998, n. 24, il piano paesaggistico costituisce uno strumento sovraordinato rispetto allo strumento comunale che lo condiziona e lo vincola con la conseguenza che, in sede di esame di una domanda di autorizzazione edilizia, spetta all'autorità comunale il potere di accertare se il progetto è conforme non solo alle previsioni urbanistiche, ma anche a quelle del piano paesaggistico, avente un rilievo preminente (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 21.05.2008, n. 2401).
La giurisprudenza ha ulteriormente aggiunto che le disposizioni dettate dagli art. 142 e 143 D.Lgs. 22.01.2004, n. 42, che impongono la fascia di rispetto di 150 mt. dai torrenti non sono applicabili ove esista un Piano territoriale sovraordinato che imponga per l'edificazione una più ridotta distanza dalla sponda dei fiumi e dei torrenti (cfr. TAR Umbria Perugia, 03.10.2005, n. 454), prevalendo così il PTP (TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza  15.09.2010 n. 32322 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONDOMINIO- EDILIZIA PRIVATA: In mancanza di un preventivo assenso dei comproprietari dell'immobile, il comune può legittimamente negare il rilascio di un permesso di costruire per realizzare lavori riguardanti la facciata dell'edificio, che "costituisce una parte comune oggetto di compossesso proindiviso".
L’intervento edilizio incide sulla facciata dell’edificio la quale costituisce una parte comune oggetto di compossesso proindiviso.
Le opere oggetto del permesso di costruire danno luogo ad una innovazione vietata ai sensi dell’art. 1120, c. 2, c.c., comportando una alterazione del decoro architettonico del fabbricato -inteso quale “estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante dell'edificio imprimendo allo stesso una sua armoniosa fisionomia” (v. Cassazione civile, sez. II, 25.01.2010, n. 1286; sentt. 8731/1998; 16098/2003)- in quanto vanno a modificare l’architettura generale e l’aspetto estetico dell’edificio.
Legittimamente, pertanto, l'amministrazione ha subordinato il rilascio del titolo abilitativo all’assenso dei comproprietari (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21.10.2003, n. 6529; TAR Trentino Alto Adige-Bolzano, 27.02.2006, n. 81; TAR Campania-Napoli, sez. II, 27.05.2005, n. 7295), adottando un provvedimento adeguatamente motivato e supportato da coerenti risultanze istruttorie, con conseguente infondatezza delle censure proposte (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 27.08.2010 n. 4414 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Commette reato il datore di lavoro che dà dello “str…” ad un proprio dipendente.
Va incontro a una condanna per ingiuria il capo che si rivolge a un dipendente dandogli dello ‘str..’.

La quinta sezione penale della Cassazione ha per questo confermato la condanna al pagamento di 240 euro di multa e al risarcimento danni in favore della parte offesa inflitta ad un uomo che, nei confronti di una sua sottoposta, aveva proferito la frase “sei una str… se te la prendi”.
L’imputato si era difeso sottolineando nel suo ricorso che “il vocabolo ‘str…’ e’ un epiteto forte”, entrato però “nel linguaggio comune romanesco”.
Egli, essendo romano, aveva così usato un “linguaggio generalmente colorito, normalmente in un ambiente di lavoro”: la sua, insomma, voleva essere un’”espressione bonaria, rassicurante e non offensiva” per far capire alla dipendente che “non era il caso di prendersela”.
I supremi giudici, però, non hanno condiviso la sua tesi e confermato la condanna inflittagli dal tribunale di Avezzano: il termine ‘str…’ “attribuisce, secondo il comune significato recepito da tutti gli italiani, romani compresi, e al di là della sua derivazione longobarda, al destinatario qualifica di persona meritevole di disprezzo, di disistima”.
Inoltre, rilevante, osserva la Cassazione, è il contesto in cui la frase è stata pronunciata: la donna “non è tenuta a sottostare all’uso di epiteti di disprezzo e di disistima in virtù delle generali scelte di espressione del datore di lavoro. Questi –si legge nella sentenza n. 35099/2010– quando fa rilievi di qualsiasi tipo a un dipendente non li può fare ‘a modo suo’, anche al di fuori dei normali e comuni canoni di civiltà sociale e giuridica”.
Nel nostro ordinamento, infatti, “il contesto lavorativo –ricordano gli ‘ermellini’– è caratterizzato da una pari dignità dei suoi protagonisti, da una pari effettività di tutta la normativa, senza che possa invocarsi, per nessuna delle parti, una desensibilizzazione alle altrui trasgressioni” (Corte di Cassazione, Sez. V. penale, sentenza n. 35099/2010 - link a www.litis.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Ancora sullo scorrimento delle graduatorie: è una facoltà della p.a., non un obbligo.
La Sez. IV del Consiglio di Stato, uniformandosi al consolidato orientamento della magistratura amministrativa, ribadisce che la posizione vantata dal soggetto risultato idoneo in graduatoria, a seguito dell’espletamento di un pubblico concorso, non ha natura e consistenza di un diritto soggettivo, ma di mera aspettativa, essendo il c.d. scorrimento della graduatoria una facoltà eccezionale e non un obbligo dell’Amministrazioni e, pertanto, espressione del suo ampio potere discrezionale.
Ha aggiunto la sentenza in rassegna che tale orientamento giurisprudenziale non è stato minimamente intaccato dalla c.d. privatizzazione del pubblico impiego e dal passaggio delle relative controversie, salvo quelle di natura concorsuale, alla cognizione del giudice ordinario.
Il G.A. rileva che la qualità di idoneo si consegue da parte di chi, dopo aver superato tutte le prove concorsuali previste, si colloca nella graduatoria finale di merito, in ragione del punteggio riportato, in posizione non utile rispetto ai posti messi a concorso.
La posizione raggiunta nelle fasi intermedie della procedura selettiva (come nel caso di specie), quale formalizzata dall’Amministrazione ai fini dell’ammissione alle fasi successive della selezione, non dà luogo a poter conseguire la posizione di idoneo nella procedura selettiva, costituendo la collocazione nella graduatoria intermedia un atto infraprocedimentale, privo di effetti sulla graduatoria finale di merito.
Inoltre, la stessa Corte di Cassazione (Sez. lav., sentenza 05.03.2003, n. 3252) ha espressamente negato che il pubblico dipendente abbia diritto all’assunzione per effetto dello scorrimento della graduatoria, in quanto detto scorrimento costituisce l’effetto di una autonoma decisione dell’amministrazione stessa, rientrante nell’ambito degli atti di macro-organizzazione, con la conseguenza che il diritto all’assunzione è configurabile solo ove l’amministrazione abbia già assunto la determinazione di scorrimento, individuando così nuovi vincitori del concorso (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 509/2008 e decisione n. 5320/2006).
I giudici di Palazzo Spada, infine, ritengono che il c.d. scorrimento della graduatoria di un concorso costituisca frutto di un ampio potere discrezionale, impinge nel merito dell’azione amministrativa e si sottrae al sindacato di legittimità del giudice amministrativo la scelta della P.A. di indire un nuovo concorso piuttosto che utilizzare una graduatoria ancora valida ed efficace, salva la sussistenza di macroscopici vizi di eccesso di potere per arbitrarietà, irrazionalità, irragionevolezza e travisamento dei fatti.
La scelta di indire un nuovo concorso, piuttosto che di utilizzare una graduatoria, non comporta la violazione del principio di economicità, quale espressione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione.
Quest’ultimo, invero, è uno dei principi informatori dell’azione della pubblica amministrazione, ma non è il solo e la sua applicazione va contemperata con altri fondamentali principi informatori dell’attività pubblica, quale l’art. 97, comma 3, Cost., secondo cui agli impieghi pubblici si accede mediante concorso, inteso quale procedura selettiva preconfigurata, diretta alla selezione degli elementi più meritevoli e più dotati professionalmente.
Ipotizzare risparmi di spesa attraverso l’utilizzazione di soggetti ritenuti idonei, significherebbe andare indubbiamente incontro agli auspici dei candidati, ma altresì sacrificare la ricerca dei soggetti più idonei e professionalmente dotati, opzione questa che, se pur riservata alla scelta discrezionale dell’Amministrazione, non appare comunque in linea con i principi costituzionali che regolano la materia dell’accesso ai pubblici impieghi e l’organizzazione dei pubblici uffici (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 27.07.2010 n. 4911 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: L’avviso di avvio del procedimento di sospensione dei lavori va recapitato in tempo.
La comunicazione dell’inizio del procedimento non solo deve essere inviata, ma deve essere fatta recapitare in tempo utile al soggetto interessato, così da permettergli di presentare le proprie osservazioni in una fase tuttora preparatoria, nella quale, cioè, siano potenzialmente aperte tutte le possibile opzioni: e ciò proprio al fine di evitare che l’intervento spiegato assolva un ruolo pressoché esclusivamente formale senza alcuna reale incidenza sia sull’eventuale istruttoria da espletare sia sull’individuazione degli interessi pubblici e privati coinvolti sia, infine, sulla loro finale graduazione da parte della procedente Autorità per il perseguimento del poziore interesse pubblico.
La motivazione di cui all'art. 3 della legge 07.08.1990, n. 241 ben può essere effettuata "per relationem", è del pari vero che tale evenienza resta subordinata ad alcuni limiti fissati dalla stessa giurisprudenza come, ad esempio, quello che l'amministrazione renda disponibile il documento al quale l'atto motivato "per relationem" fa riferimento e quest’ultimo sia effettivamente conferente ed esaustivo (TAR Lazio-Latina, Sez. I, sentenza 23.11.2009 n. 1135 - link a www.altalex.com).

APPALTI: Chi ha commesso violazioni fiscali va escluso, nessuna discrezionalità.
Ai fini della configurabilità del requisito della regolarità fiscale non può che essere escluso ogni rilievo alla modestia dell’entità del debito definitivamente accertato, non essendo in proposito previsto da parte della stazione appaltante alcun apprezzamento discrezionale della gravità e del sottostante elemento psicologico della violazione.
Il cit. art. 38, lett. g), dispone infatti che sono esclusi dalla partecipazione alle gare pubbliche coloro che “hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte ...”; dunque ogni violazione, anche di importo esiguo, senza che sia consentito all’amministrazione che ha bandito la gara, e tanto meno al concorrente, valutarne la rilevanza e la buona o mala fede del contribuente, giacché tale valutazione -diversamente dalle ipotesi di cui alle lett. e) ed f)- è stata evidentemente effettuata dal legislatore in ragione dello scopo della norma di garantire non solo l’affidabilità dell’offerta e nell’esecuzione del contratto, ma anche la correttezza e la serietà del concorrente (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15.10.2009 n. 6325 - link a www.altalex.com).

AGGIORNAMENTO AL 04.10.2010

ã

A V V I S O
In relazione ai convegni organizzati in quel di Bergamo per il 06, 13 e 20 ottobre 2010, si avvisano i naviganti del sito che i posti a sedere (per tutte e tre le giornate) sono esauriti.
Ai fini della migliore cognizione del presente avviso, il telefax è stato disattivato e sarà riattivato da lunedì 11.10.2010 per la ricezione SOLAMENTE delle adesioni al convegno di Marcallo con Casone (MI) del 21.10.2010.
Inoltre, si chiede cortesemente a tutti coloro che hanno prenotato l'adesione alle tre giornate bergamasche di effettivamente presenziare e di dare "forfait" solo a causa di forza maggiore (cataclismi, diluvio universale, caduta meteoriti, invasione di cavallette, ecc.) pregiudicando, altrimenti, la possibilità di partecipazione di coloro che erano fattivamente interessati e che sono stati esclusi.
LA SEGRETERIA PTPL

DOTTRINA E CONTRIBUTI

EDILIZIA PRIVATA: R. Greco, BREVI OSSERVAZIONI SULLE MODIFICHE AL PROCEDIMENTO DI VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE (VIA) INTRODOTTE DAL DECRETO LEGISLATIVO 29.06.2010, N. 128 (link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROFESSIONALICompetenze professionali dei Geometri (Il Triangolo n. 01/2009).

COMPETENZE PROFESSIONALI: D. Chinello, Progettazione di edifici in cemento armato: sui limiti di competenza dei geometri (link a www.altalex.com).

QUESITI & PARERI

AMBIENTE-ECOLOGIA: I reflui stoccati in attesa di successivo smaltimento sono rifiuti liquidi? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Di chi è la responsabilità in caso di abbandono di rifiuti sanitari? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Dopo la chiusura di una discarica devono essere osservate le norme in materia di gestione dei rifiuti? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Si possono conferire rifiuti pericolosi nelle discariche di rifiuti non pericolosi? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Un Comune può occuparsi autonomamente del ciclo di gestione dei propri rifiuti o deve piuttosto entrare in collaborazione con gli altri Comuni? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Quale è il criterio per individuare la competenza territoriale per il reato di traffico illecito di rifiuti? (link a www.ambientelegale.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA: Il riutilizzo del sottoprodotto (link a www.ambientelegale.it).

NOTE, CIRCOLARI E COMUNICATI

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Commi 12 e 20 art. 6 D.L. n. 78/2010 recante uso del mezzo proprio.
L‘utilizzo del mezzo proprio è possibile per particolari esigenze di servizio e se risulta economicamente più conveniente (ANCI Emilia Romagna, nota 13.07.2010 n. 105 di prot.).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Le linee guida del CIVIT per la predisposizione del programma triennale per la trasparenza e l'integrità.
La CIVIT (Commissione per la Valutazione, Trasparenza e l'Integrità delle amministrazione pubbliche) ha emanato la delibera 23.09.2010 n. 150, contenente il testo provvisorio, sottoposto a consultazione, delle linee guida per la predisposizione del programma triennale per la trasparenza e l'integrità, ai sensi dell'art. 13, comma 6, lettera e, del decreto legislativo 27.10.2009, n. 150.
Tale decreto legislativo è stato emanato in attuazione della legge 04.03.2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.
Il programma triennale per la trasparenza e l'integrità è previsto dall'art. 11, commi 2 e 8, lettera a), del decreto legislativo n. 150 del 2009 ... (link a
venetoius.myblog.it).

COMPETENZE PROFESSIONALICompetenze professionali - Progettazione in c.a. (Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati, nota 19.11.2009 n. 9988 di prot.).

COMPETENZE PROFESSIONALI: Segnalazione SENTENZE in materia di Competenze dei Geometri (Ordine degli Ingegneri della provincia di Ascoli Piceno, nota 10.11.2005 n. 3149 di prot. - link a link a www.ordine-ingegneri.ap.it).

COMPETENZE PROFESSIONALI: Competenze professionali (architetto e geometra o perito edile) (Ordine degli Architetti di Pisa, nota 30.07.2004 n. 1264 di prot. - link a www.pi.archiworld.it).

COMPETENZE PROFESSIONALI: Direttive per le competenze dei Tecnici diplomati. Delibera del Consiglio dell'Ordine del 19.02.2003 (Ordine degli Ingegneri della provincia di Ascoli Piceno, nota 19.02.2003 n. 352 di prot. - link a www.ordine-ingegneri.ap.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

AMBIENTE-ECOLOGIA: G.U. 01.10.2010 n. 230 "Modifiche ed integrazioni al decreto 17.12.2009, recante l’istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti" (Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, decreto 28.09.2010).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: Deposito di una roulotte all’interno di un suolo privato - Carattere non precario - Costruzione urbanisticamente rilevante.
Il deposito di una roulotte all'interno di un suolo privato deve qualificarsi quale costruzione urbanisticamente rilevante in presenza di indici in grado di supportare il carattere non precario della installazione (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. IV, 05.05.2003, n. 4435; TAR Catanzaro n. 530 del 27.04.1999; TAR Genova n. 202 del 03.05.1999).
La precarietà di un manufatto, tale per cui esso non necessiti di concessione edilizia, va esclusa infatti se il manufatto stesso è destinato a recare un'utilità prolungata e perdurante nel tempo.
In tal caso esso produce una trasformazione urbanistica perché altera in modo rilevante e duraturo lo stato del territorio, senza che rilevino i materiali impiegati, l'eventuale precarietà strutturale e la mancanza di fondazioni, se tali elementi non si traducano in un uso contingente e limitato nel tempo, con l'effettiva rimozione delle strutture (cfr: Consiglio di Stato, Sez. V, 31.01.2001 n. 343; id., 30.10.2000 n. 582; TAR Veneto, Sez. II, 10.02.2003, n. 1216) (TAR Lazio-Latina, Sez. I, sentenza 01.10.2010 n. 1626 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Vincolo idrogeologico - Trasformazione di terreni . P.A. - Adozione di misure restrittive e impeditive - Artt. 7 e 21 R.D. n. 1126/1926.
La tutela derivante dal vincolo idrogeologico si estende a tutti gli interventi edificatori interessanti terreni non boschivi, purché compresi nell'area vincolata, per cui la trasformazione dei terreni, cui fa riferimento l'art. 7 del R.D. 16.05.1929, n. 1126, e i lavori di trasformazione, previsti dal successivo art. 21, consentono alla P.A. di adottare non già mere prescrizioni operative, bensì misure restrittive ed anche impeditive di ogni tipo di intervento che, per le sue caratteristiche e per i mezzi impiegati, incidano sul territorio in modo non dissimile dalle utilizzazioni per scopi agricoli (Cons. Stato, Sez. V, 28.01.1997, n. 89) (TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter, sentenza 30.09.2010 n. 32618 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ristrutturazione edilizia - Concetto - Art. 3 d.P.R. n. 380/2001.
Il concetto di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380 comprende anche la demolizione seguita dalla ricostruzione del manufatto, purché la riedificazione assicuri la piena conformità di sagoma e volume tra il vecchio e il nuovo manufatto (cfr., ex multis, Cons. Stato, V, 16.03.2005, n. 1062 e riferimenti ivi contenuti; IV, 28.07.2005, n. 4011; 07.09.2004, n. 5791).
Ciò che contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione è infatti la già avvenuta trasformazione del territorio, attraverso una edificazione di cui si conservi la struttura fisica (sia pure con la sovrapposizione di un “insieme sistematico di opere, che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”), ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma -in quest’ultimo caso- con ricostruzione, se non “fedele” -termine espunto dall’attuale disciplina-, comunque, rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente (cfr. Cons. Stato, VI, 16.12.2008, n. 6214; IV, 16.06.2008, n. 2981; V, 04.03.2008, n. 918; IV, 26.02.2008, n. 681) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 29.09.2010 n. 11114 - link a www.ambientediritto.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Procedimento amministrativo - Accesso - Presupposto - Esistenza del documento - Incertezza o eventualità - Azione di accesso amministrativa o giudiziale - Inammissibilità.
L’accesso agli atti è ammissibile quando il documento sia stato formato e quindi sia venuto ad esistenza.
Conseguentemente “laddove l’esistenza del documento sia incerta (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 30.09.1998 n. 1346) o solo eventuale o ancora di là da venire (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 15.09.2000 n. 6694), l’azione di accesso agli atti non può essere ritenuta ammissibile -né in sede amministrativa né in sede giudiziale- in quanto viene a mancare l’oggetto della richiesta da parte dell’interessato così come tutelata dal Legislatore” (così TAR Toscana, sez. II, 22.12.2003, n. 6233) (TAR Sardegna, Sez. I, sentenza 28.09.2010 n. 2274 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa - Valutazione dell’offerta tecnica - Attribuzione di un mero punteggio numerico - Preventiva fissazione di criteri dettagliati nel bando.
Nelle procedure per l'aggiudicazione di una gara pubblica con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la valutazione dell'offerta tecnica può essere effettuata, mediante l'attribuzione di un mero punteggio numerico, allorquando nel bando di gara siano stati preventivamente e puntualmente prefissati, come nel caso di specie, dei criteri sufficientemente dettagliati, con l'individuazione del punteggio minimo e massimo attribuibile alle specifiche singole voci e sottovoci comprese nel giudizio valutativo e costituenti i diversi parametri indicatori della valenza tecnica dell'offerta (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 28.09.2010 n. 2034 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Artt. 5 e 20 d.P.R. n. 380/2001 - Rilascio del permesso di costruire - Sportello unico per l’edilizia - Acquisizione degli atti di assenso necessari per la realizzazione dell’intervento - Obbligo del Comune - Rilascio del permesso di costruire - Subordinazione all’acquisizione di pareri o documenti - Illegittimità.
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 5 e 20 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380 e ss.mm. (Testo unico in materia edilizia), la domanda per il rilascio del permesso di costruire va presentata al Comune presso l'ufficio denominato "sportello unico per l'edilizia", che cura tutti i rapporti fra il privato, l'Amministrazione Comunale e le altre Pubbliche Amministrazioni tenute a pronunciarsi in ordine all'intervento edilizio oggetto della richiesta di permesso di costruire, anche ai fini dell'acquisizione degli atti di assenso (comunque denominati) necessari per la realizzazione dell'intervento richiesto (TAR Lecce, 06.02.2007, n. 312), sia pure attraverso l’indizione obbligatoria della conferenza di servizi (art. 14, comma 2, della l. n. 241/1990).
Ne consegue l’illegittimità del provvedimento che, in sede di rilascio del permesso di costruire, ne subordina l’operatività all’acquisizione di documenti e pareri, essendo invece obbligo del Comune provvedere direttamente e, alla ricorrenza delle condizioni legislativamente previste (avere formalmente richiesto e non ottenuto, entro 30 giorni, dalla Amministrazione competente, l’assenso necessario), convocare, altresì, una conferenza di servizi finalizzata all’acquisizione della volontà delle Amministrazioni preposte alla tutela dei vari interessi in gioco (TAR Puglia Lecce, sez. III, 21.11.2007, n. 3932; 15.01.2010, n. 170) (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 28.09.2010 n. 2032 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia - Competenza - Dirigente o responsabile del pertinente ufficio comunale - Verbale degli agenti di Polizia Municipale - Ordine di sospensione dei lavori - Incompetenza.
L'art. 27, d.P.R. n. 380 del 2001, in coerenza con la distinzione tra la funzione di indirizzo politico e la funzione gestionale posta dal t.u. in materia di enti locali, attribuisce chiaramente la competenza in materia di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia al dirigente o al responsabile del pertinente ufficio comunale, trattandosi di un tipico potere gestionale che trova la propria fonte direttamente dalla legge. Nell’ambito dell’esplicazione di tale attività, rientra, dunque, l'ordine di sospensione dei lavori basato sul rapporto, munito di fede privilegiata, degli agenti della Polizia Municipale.
A quest’ultimi compete l’obbligo di dare immediata comunicazione della violazione urbanistico-edilizia riscontrata ai vari organi interessati, tra cui il dirigente dell’ ufficio tecnico, unico legittimato a disporre gli atti conseguenti di competenza dell’Amministrazione comunale.
Il suddetto verbale costituisce, dunque, un atto interno ed intermedio del procedimento edilizio sanzionatorio, dotato di carattere meramente ricognitivo e non può essere dotato di efficacia immediatamente lesiva (TAR Lazio Roma, sez. I, 22.12.2005, n. 14374) (nella specie, il verbale degli agenti di Polizia Municipale conteneva, illegittimamente, l’ordine di sospensione immediata di lavori) (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 28.09.2010 n. 2025 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: D.I.A. – Natura giuridica – Provvedimento assentivo espresso quoad effectum – Poteri di autotutela dell’amministrazione – Decorso di 30 giorni – Opere realizzate – Adozione di atti repressivi – Limiti.
Pur nella consapevolezza delle attuali incertezze dottrinali e giurisprudenziali circa la natura giuridica della D.I.A., sembra preferibile la tesi secondo cui essa “quoad effectum” sia da assimilarsi ad un provvedimento assentivo espresso (cfr. Cons. St., Sez. VI, 05.04.2007, n. 1550 e Sez. IV, 13.01.2010, n. 72), con la conseguenza che anche dopo il decorso del termine di 30 giorni previsto per la verifica dei presupposti e requisiti di legge, la P.A. non perde i propri poteri di autotutela, né nel senso di poteri di vigilanza e sanzionatori, né nel senso di poteri di espressione dell’esercizio di un’attività di secondo grado, estrinsecatesi nell’annullamento d’ufficio e nell’autotutela.
Tuttavia una volta consolidatosi il titolo edilizio per il decorso di trenta giorni dalla sua presentazione, le opere realizzate in conformità ad esso non possono ritenersi abusive, onde l’Amministrazione può provvedere all’adozione di eventuali atti repressivi solo dopo aver esercitato i propri poteri di autotutela, qualora ne ricorrano i presupposti di legge (Cons. St., Sez. IV, 10.12.2009, n. 7730) (TAR Marche, Sez. I, sentenza 27.09.2010 n. 3305 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Art. 38 d.P.R. n. 380/2001 – Rimozione dei vizi che conducono all’annullamento della concessione edilizia – Onere della P.A. – Limiti.
L’onere imposto alla P.A. dall’art. 38 del D.P.R. n. 380 del 2001 (che reitera sostanzialmente le previsioni dell’art. 11 della L. 28.02.1985, n. 47) di attivarsi per rimuovere i vizi delle procedure amministrative che condurrebbero all’annullamento della concessione edilizia, deve ritenersi limitato alle violazioni di carattere formale e non si estende, quindi, ai casi di contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti (Cons. St., Sez. V, 26.05.2003, n. 2849) (TAR Marche, Sez. I, sentenza 27.09.2010 n. 3305 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAÈ illegittimo un regolamento comunale in tema di fissazione dei criteri per la localizzazione delle SRB laddove si sia posto quale obiettivo quello di preservare la salute umana dalle emissioni elettromagnetiche promananti da impianti di radiocomunicazione.
Deve, pertanto, trovare puntuale conferma nella presente sede l’orientamento giurisprudenziale (dal quale non si rinvengono nella specie ragioni onde discostarsi) secondo cui è illegittimo un regolamento comunale in tema di fissazione dei criteri per la localizzazione delle SRB laddove l'ente territoriale si sia posto quale obiettivo (non dichiarato, ma evincibile dal contenuto dell'atto regolamentare) quello di preservare la salute umana dalle emissioni elettromagnetiche promananti da impianti di radiocomunicazione (ad esempio attraverso la fissazione di distanze minime delle stazioni radio base da particolari tipologie d'insediamenti abitativi), essendo tale materia attribuita alla legislazione concorrente Stato-Regioni dell'art. 117 cost., come riformato dalla l. cost. 18.10.2001 n. 3 (in tal senso: Cons. Stato, Sez. VI, sent. 28.04.2010, n. 2436; id., Sez. VI, sent. 20.12.2002, n. 7274) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 24.09.2010 n. 7128 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICAIl vincolo strumentale è assimilato all’ablatorio quando sia definitiva la privazione della vocazione edilizia del territorio.
Ciò accade quando il PRG non consente in alternativa al piano attuativo comunale, la possibilità di pianificazione ad iniziativa privata. Nel caso di vincolo strumentale anche sine die non v’è privazione della vocazione edilizia della zona, è solo l’inerzia del comune nell’adottare il piano attuativo che preclude questa possibilità.
In questo caso, così come quando il comune non rilascia il permesso di costruire o anche non riqualifica la zona diventata “bianca” per decadenza del vincolo ablatorio, il titolare del terreno che è e resta edificabile ha la possibilità di far valere la sua posizione giuridica agendo avverso il silenzio della PA che rimane inerte nell’adottare il piano attuativo, nel rilasciare il permesso o nel riqualificare la zona.
In tali casi non si può parlare di vincolo decaduto per decorso del termine quinquennale. Tali affermazioni sono state occasionate dal rigetto del titolo edilizio per la realizzazione di un impianto in zona D, sulla motivazione che la zona deve essere ancora oggetto di PIP da parte del comune. Il ricorrente, titolare dello jus edificandi sull’area, sostiene che il vincolo strumentale costituito dalla attuazione con piano di insediamento produttivo sia sottoposto a decadenza quinquennale al pari dei vincoli ablatori.
In effetti giurisprudenza non condivisa dal collegio giudicante ha esteso il criterio della decadenza quinquennale anche, appunto, ai vincoli c.d "strumentali", a quei vincoli cioè che subordinano l'edificabilità di un'area all'inserimento della stessa in un programma pluriennale oppure alla formazione di uno strumento esecutivo, ricomprendendoli tra i vincoli che comportano l'inedificabilità, quindi una pressoché totale ablazione del diritto di proprietà, benché temporanea, cioè fino all'entrata in vigore dei piani particolareggiati, per la cui redazione non sia fissato alcun termine finale certo.
Si è inoltre precisato da parte di questa giurisprudenza il criterio secondo cui la decadenza del vincolo strumentale non ha luogo nei soli casi in cui in alternativa al piano particolareggiato sia prevista dal p.r.g. la possibilità di ricorso ad un piano di lottizzazione ad iniziativa privata: in questo ultimo caso, infatti, la possibilità di una pianificazione di livello derivato ad iniziativa privata esclude la configurabilità dello schema ablatorio e quindi, conseguentemente, la decadenza quinquennale del relativo vincolo.
I giudici molisani sono d’altro avviso: l’esegesi delle fonti normative in tema così come la posizione espressa dalla Corte Costituzionale con sentenza 55/1968 porta ad escludere la validità di una tale ricostruzione dei vincoli strumentali. Con la sentenza n. 55 del 1968 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità delle norme della legge urbanistica che consentivano al piano regolatore di imporre a tempo indeterminato -senza previsione di indennizzo- vincoli preordinati all'esproprio o sostanzialmente espropriativi a carico della proprietà privata.
Per risolvere le problematiche l'articolo 2 della legge n. 1187 del 1968 ha stabilito che i vincoli preordinati all'esproprio o quelli comportanti inedificabilità perdono efficacia ove non seguiti nell'arco del quinquennio dall’approvazione del piano attuativo. A livello normativo dunque, evidenziano i giudici, il principio della temporaneità e relativa decadenza o perdita di efficacia è stato sancito solo con riferimento ai vincoli preordinati all'esproprio o a quei vincoli che svuotano il contenuto del diritto di proprietà, rendendolo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale.
Tornando alla posizione espressa dalla Corte con sentenza n. 55, va rilevato che nel giudicare eccessiva la compressione del diritto di proprietà, il supremo collegio nell’individuare il discrimine tra la pianificazione e l’ablazione (che comporta come noto l’obbligo d’indennizzo), non si è limitato ad indicare i criteri della durata e dell’intensità del vin colo (che, pertanto, non valgono da soli a distinguere la pianificazione dal vincolo ablatorio), ma ha posto l’accento sulla violazione del principio di uguaglianza, nel senso che il sacrificio da indennizzare è quello che cade su beni specifici ed individuabili e non su intere zone di territorio.
La Corte, a tal fine, valorizzando proprio il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione, ha ricordato che “ogni incisione operata a titolo individuale sul godimento del singolo bene, la quale penetri al di là di quei limiti che la legislazione stessa abbia configurato in via generale (ai sensi dell'articolo 42, secondo comma, Costituzione) come propri di tale godimento in relazione alla categoria dei beni di cui trattisi, e annulli o diminuisca notevolmente il valore di scambio, deve essere indennizzato. L'interesse del privato é subordinato all'interesse generale della collettività per quanto riguarda la sottoposizione a siffatti vincoli: non per quanto riguarda le più gravi conseguenze economiche che ne derivano sul patrimonio, non di tutti in egual modo e misura, ma di alcuni soltanto dei componenti la collettività destinataria della legge”.
La Corte ha infine precisato che “non possono farsi rientrare nelle fattispecie espropriative le limitazioni che fissano gli indici di fabbricabilità delle singole proprietà immobiliari, anche quando tali indici possono assumere valori particolarmente bassi (come nel caso di edilizia urbana estensiva e persino rada, del tipo di costruzioni circondate da ampi e predominanti spazi verdi). Pur essendo imposte nei confronti di singoli beni, tali limitazioni sono da considerare, infatti, operate sulla base di quel carattere tradizionale e connaturale delle aree urbane, basato su quelle esigenze di ordine ed euritmia nell'edilizia” e che “spetta però agli organi di giurisdizione ordinaria desumere dalla casistica delle imposizioni, riferite a fattispecie variabili con la variabilità dei casi concreti, la rispettiva inserzione nella categoria del vincoli di zona”.
Nel caso della sentenza, il vincolo strumentale è un vincolo di zona, che pertanto non pone (come nel caso delle cd. localizzazioni) un vincolo su un bene particolare, difforme dalla destinazione dei beni ai quali è stata riconosciuta analoga vocazione edilizia, appunto, di zona. Manca, quindi, uno dei requisiti essenziali, posti prima dalla Corte Costituzionale e poi dalla legge che ne ha recepito le affermazioni (articolo 2 della legge n. 1187 del 1968), per imporre una decadenza quinquennale a tale vincolo strumentale (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it -  TAR Molise, sentenza 24.09.2010 n. 1096 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONSIGLIERI COMUNALI: Un consigliere comunale può richiedere l'accesso relativamente ad alcuni documenti della società mista incaricata di svolgere alcuni servizi pubblici locali.
Il Consigliere comunale svolge la sua funzione a tutela della collettività stessa e, strumentalmente, al fine di poter adempiere al proprio ufficio, deve essere messo a conoscenza di ogni attività che riguarda la p.a., titolare primaria del soddisfacimento degli interessi pubblici della collettività di riferimento.
Dunque, tutto ciò che concerne l'attività della p.a. in cui è incardinato il Consigliere comunale non può non essere messa a sua disposizione, potendo solo in casi eccezionali essere rinviato l'accesso ma mai negato in via definitiva. Ne consegue che, è consentito ad un consigliere comunale l'accesso relativamente ad alcuni documenti della società mista, incaricata di svolgere alcuni servizi pubblici locali.
Infatti, una società mista, con partecipazione maggioritaria dell'ente locale, costituita ai sensi dell'art. 113 del TUEL n. 267 del 2000, è, sì, una società di diritto privato, ma è anche una società che svolge (esclusivamente o prevalentemente) uno o più servizi pubblici locali: è, in altre parole, una modalità alternativa ad altre (economia, azienda speciale, appalto, istituzione) per la gestione di servizi pubblici locali, e le modalità con cui vengono svolti tali servizi pubblici locali non può non ricadere nell'ambito dei poteri di cognizione del consigliere comunale (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.09.2010 n. 7083 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

APPALTI SERVIZI: La titolarità di un servizio affidato in via diretta da una amministrazione estranea a quella che indice la gara è fattispecie non ricadente nella previsione di cui al c. 15-quater dell'art. 113 del D. L.vo n. 267/2000.
La titolarità di un servizio affidato in via diretta da una amministrazione estranea a quella che indice la gara è fattispecie non ricadente nella previsione di cui al c. 15-quater dell'art. 113 del D.L.vo n. 267/2000 e determina la piena applicabilità del c. 6 dell'art. 113, il quale dispone che "non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al c. 5 le società che, in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime", con i conseguenti effetti preclusivi.
Pertanto, nel caso di specie, l'appellante, in forza del suo "status" di società "in house" di altri enti locali, non avrebbe potuto partecipare alla "eventuale gara" indetta dal comune a meno di perdere la qualifica di affidatario diretto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.09.2010 n. 7080 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATALa realizzazione di opere manutentive, per allestire un "centro per la pace", occasionalmente utilizzato per le preghiere islamiche, non realizza un luogo di culto, soggetto ai rigidi dettami della normativa regionale lombarda.
Con il provvedimento impugnato, il Comune di Macherio ha ordinato la demolizione di opere realizzate senza titolo edilizio -consistenti principalmente nella realizzazione di impianti elettrici, igienico sanitari, disimpegni, tramezzature in cartongesso, controsofittature, pavimentazione, nel rivestimento di pilastri con pannelli in cartongesso e nella posa di altoparlanti– in quanto finalizzate alla realizzazione di un edificio completamente diverso dal preesistente e destinato a luogo di culto e per attività religiose, in contrasto con gli artt. 71 e 72 della l. Regione Lombardia n. 12/2005.
Ai sensi di quest’ultima disposizione “fino all’approvazione del piano dei servizi, la realizzazione di nuove attrezzature per i servizi religiosi è ammessa unicamente su aree classificate a standard nei vigenti strumenti urbanistici generali e specificamente destinate ad attrezzature per interesse comune”; la legge regionale definisce “attrezzature di interesse comune per servizi religiosi”:
a) gli immobili destinati al culto anche se articolati in più edifici compresa l’area destinata a sagrato;
b) gli immobili destinati all’abitazione dei ministri del culto, del personale di servizio, nonché quelli destinati ad attività di formazione religiosa;
c) nell’esercizio del ministero pastorale, gli immobili adibiti ad attività educative, culturali, sociali, ricreative e di ristoro compresi gli immobili e le attrezzature fisse destinate alle attività di oratorio e similari che non abbiano fini di lucro
”.
Di per sé le opere realizzate non rivelano, in alcun modo, una destinazione del fabbricato ad “attrezzatura di interesse comune per servizi religiosi”, ai sensi dell’art. 71, l. Regione Lombardia n. 12/2005. Il fabbricato non può, difatti, essere qualificato, per effetto di tali interventi, quale immobile destinato al culto, all’abitazione dei ministri del culto o del personale di servizio, ovvero ad attività di formazione religiosa.
La fattispecie non rientra neppure nell’ipotesi di cui all’art. 71, c. 1, lett. c, della l. Regione Lombardia n. 12/2005: in essa sono, difatti, ricompresi “gli immobili adibiti ad attività educative, culturali, sociali, ricreative e di ristoro compresi gli immobili e le attrezzature fisse destinate alle attività di oratorio e similari che non abbiano fini di lucro” unicamente se tali attività vengano svolte “nell’esercizio del ministero pastorale”. Il rifacimento di coperture di pavimentazione, il ripristino di intonaci, la sistemazione di pilastri in cartongesso, l’imbiancatura dei locali, la realizzazione di impianti igienico–sanitari ed elettrici non palesano, di per sé, in alcun modo, la realizzazione di un luogo di culto né l’esercizio nell’immobile un’attività connessa al ministero pastorale, attività che, oltretutto, non rientra tra quelle indicate nello statuto dell’associazione “Centro Culturale Pace”.
La stessa difesa dell’amministrazione comunale ammette che l’immobile non è una moschea ma “un luogo di riunione ed assistenza riservato alla comunità religiosa islamica”: il fatto che i servizi prestati dall’associazione siano rivolti ad una comunità appartenente ad una determinata confessione religiosa, ma dichiaratamente erogati al solo scopo di promuoverne l’integrazione e l’inserimento nella società, non rivela affatto una destinazione dei locali in cui essa ha la propria sede a luogo di culto o comunque ad attività connesse all’esercizio del ministero pastorale, come richiede l’art. 71 della l. Regione Lombardia n. 12/2005.
Parimenti, la circostanza che vi possa essere stato, in passato, un uso di fatto dell’immobile anche quale luogo di culto e di preghiera, non è, di per sé, indicativa di una modificazione della funzione originaria dell’immobile.
La modifica della destinazione d'uso -nel caso di specie ad “attrezzatura di interesse comune per servizi religiosi”- deve, invero, trovare una corrispondenza nella natura e nella tipologia di opere realizzate e non può essere inferita dall’uso di fatto che possa, in precedenza, essere stato posto in essere (cfr. Tar Lombardia, Milano, 17.09.2009, n. 4665) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.09.2010 n. 6416 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl Comune non può motivare con la formale mancanza del parere della Polizia locale la revoca dell’autorizzazione alla collocazione di cartelli pubblicitari.
Nella controversia in commento, un impresa attiva nel settore della pubblicità commerciale ha ottenuto da un Comune del bergamasco autorizzazione alla posa di cinque cartelli pubblicitari; relativamente a tale autorizzazione ha ricevuto un provvedimento “per revocare l’autorizzazione in questione” in quanto “erroneamente… rilasciata senza il necessario parere da parte del Settore Polizia Locale” e contro tale atto ha fatto ricorso.
Siffatta contestazione, secondo il Tribunale amministrativo di Brescia, è fondato nel merito, infatti, come correttamente evidenziato dalla difesa della ricorrente, la collocazione di impianti pubblicitari, nella specie di cartelli è disciplinata anzitutto dall’art. 23 comma 4 del d.lgs. 30.04.1992 n. 285, che la sottopone ad autorizzazione “da parte dell'ente proprietario della strada”, aggiungendo che “nell'interno dei centri abitati la competenza è dei Comuni” salvo il caso (che nella specie non rileva) di strada sita all’interno di centro abitato, ma di proprietà di un ente diverso dal Comune, chiamato allora a dare, con distinto atto, il proprio nulla osta.
La disciplina di dettaglio dell’autorizzazione è poi contenuta nell’art. 53 del DPR 16.12.1992 n. 495, che per quanto interessa prevede che tutte le relative procedure debbano “essere improntate ai princìpi della massima semplificazione e della determinazione dei tempi di rilascio [comma 2]”, che “il soggetto interessato al rilascio… deve presentare la relativa domanda presso il competente ufficio dell'ente indicato al comma 1, allegando, oltre alla documentazione amministrativa richiesta dall'ente competente, un'autodichiarazione, redatta ai sensi della legge 04.01.1968, n. 15, con la quale si attesti che il manufatto che si intende collocare è stato calcolato e realizzato e sarà posto in opera tenendo conto della natura del terreno e della spinta del vento, in modo da garantirne la stabilità…
Alla domanda deve essere allegato un bozzetto del messaggio da esporre ed il verbale di constatazione redatto da parte del capocantoniere o del personale preposto, in duplice copia, ove è riportata la posizione nella quale si richiede l'autorizzazione all'installazione. In sostituzione del verbale di constatazione, su richiesta dell'ente competente, può essere allegata una planimetria ove sono riportati gli elementi necessari per una prima valutazione della domanda [comma 3]; prevede ancora che l’ufficio competente debba pronunciarsi, con accoglimento o diniego, entro sessanta giorni dalla domanda [comma 4].
In tale disciplina, di per sé abbastanza dettagliata, manca ogni menzione espressa di un qualsivoglia parere della Polizia locale come elemento necessario al rilascio dell’autorizzazione; nemmeno appare poi possibile ritenere che, in quest’occasione, il Comune lo abbia ritenuto necessario come parte della “documentazione amministrativa richiesta dall'ente competente
”.
Ciò secondo logica avrebbe comportato imporre alla Carminati di procurarselo previamente e allegarlo alla domanda, ma una richiesta in tal senso non consta; è invece chiaro, nella nota 30.04.2009, l’intento di considerare il parere in questione non come un documento, ma come il risultato di un’istruttoria da compiere sulla domanda già presentata.
In base al principio di non aggravamento della procedura reso esplicito dal citato comma 2 dell’art. 53, ma già contenuto nell’art. 1 comma 2 della l. 08.08.1990 n. 241, il Comune non può allora motivare con la formale mancanza di un parere non previsto dalla legge la revoca dell’autorizzazione per cui è causa (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 23.09.2010 n. 3574 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI SERVIZI: È irragionevole un sistema sanzionatorio che ponga a carico del gestore del servizio di raccolta dei rifiuti differenziati un obbligo di raggiungere gli obiettivi di raccolta differenziata.
La P.A. nella predisposizione del bando di gara esercita un potere attinente al merito amministrativo laddove inserisce disposizioni ulteriori rispetto al contenuto minimo ex lege previsto; queste ultime, quindi, saranno censurabili in sede giurisdizionale allorché appaiano viziate da eccesso di potere, ad esempio per illogicità, irragionevolezza od incongruenza rispetto al fine pubblico della gara.
Nel caso di specie, le clausole impugnate con le quali l’amministrazione ha preteso di addossare all’appaltatore l’obbligo di conseguire il risultato di determinate percentuali di raccolta differenziata, di per sé non impedivano la partecipazione alla gara, risolvendosi, piuttosto, in clausole, ritenute illogiche ed ingiustamente onerose, che manifestano la loro potenzialità lesiva soltanto dopo l’aggiudicazione ed ancor più dopo la stipula del contratto di appalto.
Sotto tale profilo, poiché il ricorso è stato spedito per la notifica il 23.09.2004, dopo aver conosciuto l’esito di gara con la determinazione del responsabile di settore n. 35/2004 del 10.08.2008, deve essere affermata la tempestività ed ammissibilità dell’impugnazione delle clausole del bando, che hanno manifestato la propria lesività proprio a seguito della conclusione del procedimento di gara (cfr. Cons. St., Sez. V, 18.10.2002, n. 5776; id, 15.11.2001, n. 5840; id., 28.08.2001, n. 4529; id, 27.06.2001, n. 3507; C.G.A., 03.12.2001, n. 6351).
Quanto poi alla formulazione dell’offerta malgrado le onerose condizioni derivanti dalle clausole impugnate, secondo il costante orientamento della giurisprudenza la partecipazione alla gara non comporta acquiescenza alle clausole illegittime.
Nella specie la ricorrente ha formulato la propria offerta sul presupposto di far valere in sede giudiziaria l’illegittimità delle clausole impugnate ove fosse risultata aggiudicataria, come in effetti è avvenuto.
Né si può sostenere che la partecipazione alla gara abbia comportato l’acquiescenza delle clausole impugnate (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.09.2010 n. 7031 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL’indennità prevista dall’art. 167 del D.Lgs, n. 42/2004, a fronte di abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesistici, costituisce vera e propria sanzione amministrativa che prescinde dall’effettiva sussistenza di un danno ambientale.
E' noto l'orientamento esegetico della giurisprudenza del Consiglio di Stato, tra gli altri precedenti, Cons. St., sez. IV, 12.03.2009, n. 1464, secondo cui l’indennità prevista dall’art. 167 del D.Lgs, n. 42/2004, a fronte di abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesistici, costituisce vera e propria sanzione amministrativa che prescinde dall’effettiva sussistenza di un danno ambientale, nonché Cons. St., sez. IV, 05.08.2003, n. 4481 e id., sez. V, 01.10.1999, n. 1225) e di questo Consiglio (C.G.A. 20.03.2009, n. 135, oltre ai pareri del 07.06.2005, n. 44701 e del 20.09.2005) (C.G.A.R.S., sentenza 21.09.2010 n. 1221 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: È illegittima l’imposizione di un divieto a tempo indeterminato di installazione di impianto pubblicitario insistente su area privata non supportato da ragioni di interesse pubblico.
Questa Sezione si è già pronunciata sull’illegittimità dell’imposizione di un divieto di installazione di impianto pubblicitario a tempo indeterminato non supportato da ragioni di interesse pubblico (Cons. St., Sez. V, 29.05.2006, n. 3265) e che tale illegittimità va ribadita, a maggior ragione per insegna insistente su area privata, considerando che l’art. 3 D.Lgs. 15.11.1993, n. 507 prevede che i Comuni, nel disciplinare con proprio regolamento le modalità di effettuazione della pubblicità, stabiliscano limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie esclusivamente in relazione ad esigenze di pubblico interesse.
Anche la sottoposizione ad autorizzazione della collocazione di insegne pubblicitarie, configurabili come forma di attività economica, riposa sulla necessità da parte del Comune di salvaguardare esigenze di pubblico interesse quali il decoro urbano (Cons. St. Sez. V, 10.01.2007 n. 44) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 17.09.2010 n. 6981 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAUn intervento può essere qualificato come ristrutturazione soltanto ove le opere riguardino un fabbricato ancora esistente, per tale intendendo un’entità dotata quantomeno di murature perimetrali, di strutture orizzontali e di copertura, in grado di assolvere le loro funzioni di delimitazione, sostegno e protezione.
Atteso che la demolizione e ricostruzione di un edificio è finalizzata a conservare una consistenza immobiliare che resta soggetta alle norme in vigore al tempo della sua edificazione, autorevole giurisprudenza ha chiarito che “un intervento può essere qualificato come ristrutturazione soltanto ove le opere riguardino un fabbricato ancora esistente, per tale intendendo un’entità dotata quantomeno di murature perimetrali, di strutture orizzontali e di copertura, in grado di assolvere le loro funzioni di delimitazione, sostegno e protezione” (cfr. Cass. Sez. II Civ. 28/05/2004, n. 10321).
Pertanto, si ritiene che, nel caso in esame, l’intervento richiesto dalla società Decisa, concernente la parte demolita negli anni ‘50, non possa legittimamente essere qualificata alla stregua di una “demolizione e ricostruzione” posto che -anche volendo aderire all’orientamento giurisprudenziale secondo cui tra le due fasi dell’operazione (demolizione e ricostruzione) può intercorrere un apprezzabile lasso di tempo, purché giustificato da motivi tecnici- l’immobile da ricostruire risulta demolito fin dagli anni ‘50 e non sussistono, né sono stati rappresentati, motivi tecnici in grado di giustificare tale ritardo (C.G.A.R.S., sentenza 16.09.2010 n. 1200 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Regolarità contributiva: necessaria per tutta la durata dell'appalto. La stazione appaltante deve basarsi sulle certificazioni risultanti dal DURC, prendendole come un dato di fatto inoppugnabile.
La regolarità contributiva costituisce requisito sostanziale di partecipazione alla gara, avendo il legislatore ritenuto tale regolarità indice dell'affidabilità, diligenza e serietà dell'impresa e della sua correttezza nei rapporti con le maestranze. Ne consegue che la piena verifica in merito alle relative dichiarazioni rientra nei poteri della stazione appaltante (sia in relazione alle specifiche previsioni del Codice dei contratti, sia con riguardo ai più generali canoni dell'azione amministrativa in materia di documenti amministrativi), riconosciuti come compatibili dalla Corte di Giustizia Europea, non ammessa ovviamente ogni possibilità di esclusione automatica.
Lo ha ribadito il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6907/2010.
In materia di esclusione dalla partecipazione alle procedure di gara e dalla stipula dei relativi contratti dei soggetti che «hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana e dello Stato in cui sono stabiliti», l'art. 38, comma 1, lettera i), del D. Leg.vo 163/2006 deve essere interpretato nel senso che il principio dell'autonomia del procedimento di rilascio del DURC (documento unico regolarità contributiva) impone che la stazione appaltante debba basarsi sulle certificazioni risultanti da quest'ultimo documento, prendendole come un dato di fatto inoppugnabile, e debba altresì valutare, innanzi tutto, se sussistono procedimenti diretti a contestare gli accertamenti degli enti previdenziali riportati nel DURC, o condoni, ed in secondo luogo se la violazione riportata nel DURC, in relazione all'appalto o fornitura in questione o alla consistenza economica della ditta concorrente o ad altre circostanze, risulti o meno «grave».
Peraltro, alla stregua della costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, la regolarità contributiva e fiscale, richiesta come requisito indispensabile per la partecipazione alla gara, deve essere mantenuta per tutto l’arco di svolgimento della gara stessa, sicché legittimamente l’Amministrazione ha potuto accertare, a fronte di DURC negativi, sia l'insussistenza del requisito normativamente richiesto, sia la non veridicità e reticenza sulle dichiarazione rese in sede di gara e nel corso delle verifiche in contraddittorio.
Rileva così il Collegio che la consapevolezza della mancata correttezza contributiva connota di gravità «tout court» la violazione, essendo la ricorrente onerata, al momento della domanda di partecipazione, e proprio al fine di evitare false dichiarazione, di rappresentare l'eventuale insoluto, la sua entità e le ragioni che l'avessero determinato, al fine di instaurare, essa stessa, un leale contraddittorio sul punto onde consentire alla stazione appaltante di escludere la gravità e definitività della violazione che comunque, indiscutibilmente, nel caso di specie alla data di aggiudicazione sussisteva (commento tratto da www.legislazionetecnica.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 15.09.2010 n. 6907 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTINei contratti ad evidenza pubblica l’Amministrazione aggiudicatrice non è obbligata a stipulare il contratto con l’impresa aggiudicataria.
La medesima Amministrazione ben può, quindi, rimuovere gli effetti dell’atto di aggiudicazione provvisoria e –ove necessario– anche dei suoi atti presupposti, nonché dell’atto di aggiudicazione definitiva, purché la conseguente azione amministrativa sia condotta nei necessari crismi della legittimità: ossia il potere discrezionale riconosciuto in capo all’Amministrazione medesima deve essere esercitato in conformità ai principi di legalità, di economicità e di razionalità, nonché nel rispetto della c.d. “buona fede etica”.
Nel caso di illegittimità del procedimento di scelta del contraente dovrà pertanto inderogabilmente trovare applicazione l’art. 21-nonies della L. 241 del 1990 come aggiunto dall’art. 14 della L. 15 del 2005, con il conseguente annullamento d’ufficio del provvedimento di aggiudicazione definitiva; viceversa, nel caso di revoca del medesimo provvedimento di aggiudicazione definitiva troverà altrettanto necessitata applicazione l’art. 21-quinquies della medesima L. 241 del 1990, parimenti introdotto per effetto dell’art. 14 della L. 15 del 2005.
Ove l’annullamento o la revoca riguardi l’aggiudicazione definitiva, deve essere inderogabilmente e previamente comunicato alla parte interessata l’avvio del relativo procedimento a’ sensi dell’art. 7 e ss. della medesima L. 241 del 1990, mentre nel caso in cui deve essere annullata o revocata l’aggiudicazione provvisoria, non sussiste l’esigenza di acquisire la partecipazione degli interessati, trattandosi di atto endoprocedimentale, “ad effetti instabili ed interinali”, “certamente necessario ma non decisivo, ed ancora attinente all’unico procedimento iniziato con l’istanza di partecipazione alla gara”.

In linea di principio nei contratti ad evidenza pubblica l’Amministrazione aggiudicatrice non è obbligata a stipulare il contratto con l’impresa aggiudicataria.
La medesima Amministrazione ben può, quindi, rimuovere gli effetti dell’atto di aggiudicazione provvisoria e –ove necessario– anche dei suoi atti presupposti, nonché dell’atto di aggiudicazione definitiva, purché la conseguente azione amministrativa sia condotta nei necessari crismi della legittimità: ossia il potere discrezionale riconosciuto in capo all’Amministrazione medesima deve essere esercitato in conformità ai principi di legalità, di economicità e di razionalità, nonché nel rispetto della c.d. “buona fede etica
Come è ben noto, a’ sensi dell’art. 11 del D.L.vo 163 del 2006 il procedimento di scelta del contraente per l’affidamento di una commessa pubblica si conclude soltanto nel momento in cui la stazione appaltante adotta il provvedimento di aggiudicazione definitiva: e di ciò ne è prova la circostanza per cui, ove l’Amministrazione aggiudicatrice intenda esercitare il proprio potere di rimozione degli effetti dell’aggiudicazione definitiva da essa precedentemente disposta, in applicazione del rinvio di carattere generale contenuto nell’art. 2, comma 3, del medesimo D.L.vo 163 del 2006 dovrà comunque attenersi al riguardo alle disposizioni contenute nel corpus della L. 07.08.1990 n. 241.
Nel caso di illegittimità del procedimento di scelta del contraente dovrà pertanto inderogabilmente trovare applicazione l’art. 21-nonies della L. 241 del 1990 come aggiunto dall’art. 14 della L. 15 del 2005, con il conseguente annullamento d’ufficio del provvedimento di aggiudicazione definitiva; viceversa, nel caso di revoca del medesimo provvedimento di aggiudicazione definitiva troverà altrettanto necessitata applicazione l’art. 21-quinquies della medesima L. 241 del 1990, parimenti introdotto per effetto dell’art. 14 della L. 15 del 2005.
Va opportunamente rimarcato che -anche a prescindere dalla sopradescritta sistematica “interazione” tra la disciplina contenuta nel D.L.vo 163 del 2006 e quella contenuta nella L. 241 del 1990, garantita dalla testé ricordata “clausola generale” contenuta nell’art. 3, comma 2, del medesimo D.L.vo 163 del 2006- pure in epoca precedente all’entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici il medesimo risultato era inderogabilmente assicurato mediante l’applicazione in via precettiva del principio di buon andamento e di imparzialità della funzione pubblica, discendente dall’art. 97 Cost (cfr., ad es., Cons. Stato, Sez. V, 20.01.2004 n. 156), nonché del principio di diritto comune contenuto nell’art. 1328 c.c., in forza del quale la proposta di concludere il contratto (quale è l’atto di indizione della gara, ancorché espresso in forma pubblicistica e subordinata all’osservanza delle regole procedimentali per la scelta del contraente) è sempre revocabile fino a che il contratto non sia concluso (cfr. sul punto Cons. Stato, Sez. VI, 05.08.2004 n. 5448).
Risulta altrettanto assodato che, ove l’annullamento o la revoca riguardi l’aggiudicazione definitiva, deve essere inderogabilmente e previamente comunicato alla parte interessata l’avvio del relativo procedimento a’ sensi dell’art. 7 e ss. della medesima L. 241 del 1990, mentre nel caso in cui deve essere annullata o revocata l’aggiudicazione provvisoria, non sussiste l’esigenza di acquisire la partecipazione degli interessati, trattandosi di atto endoprocedimentale, “ad effetti instabili ed interinali” (così TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 19.04.2007 n. 1874), “certamente necessario ma non decisivo, ed ancora attinente all’unico procedimento iniziato con l’istanza di partecipazione alla gara” (cfr. sul punto, ad es., e tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. V, 12.11.2009 n. 7042).
Si reputa, infatti, che l’aggiudicatario provvisorio sia titolare di una mera aspettativa di fatto alla conclusione del procedimento, mentre in presenza di un provvedimento di aggiudicazione definitiva l’aggiudicatario ha conseguito una posizione giuridica qualificata e, per tale ragione, meritevole della garanzia di poter interloquire con l’Amministrazione aggiudicatrice, rappresentando fatti e prospettando osservazioni e valutazioni finalizzate alla migliore individuazione dell’interesse pubblico, concreto ed attuale, alla cui unica cura deve essere indirizzata l’azione dell’Amministrazione medesima.
Da ciò discende –altresì- che l’azione amministrativa deputata all’eventuale revoca dell’aggiudicazione provvisoria in pendenza del procedimento finalizzato all’adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva non può mai risolversi nell’esercizio arbitrario del potere attribuito all’Amministrazione aggiudicatrice e che la posizione dell’aggiudicatario provvisorio non può non essere adeguatamente tutelata dall’ordinamento giuridico, dovendo il potere predetto essere puntualmente e motivatamente esercitato non solo nell’an, ma anche nel quam, nel quando e nel quomodo.
Se, dunque, il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione definitiva di una commessa pubblica per certo costituisce estrinsecazione di un potere connotato da amplissima discrezionalità e caratterizzato da una valutazione di pura opportunità amministrativa, dinanzi al quale il sindacato del giudice amministrativo non può oltrepassare il confine della verifica circa la congruità, la logicità e la razionalità della scelta operata dalla stazione appaltante, allo stesso tempo non può non considerarsi che va comunque accordata una tutela alla posizione soggettiva del destinatario del provvedimento medesimo, soprattutto sotto il profilo del corretto bilanciamento degli interessi coinvolti, nonché in ordine alla reale sussistenza dei presupposti che inducono l’Amministrazione aggiudicatrice, dopo aver bandito una selezione e definito un apprezzabile tratto della relativa procedura, a verificare la perdurante attualità della rispondenza di tali atti al pubblico interesse (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 14.09.2010 n. 4745 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Il potere della commissione di stabilire criteri di valutazione non comporta l’introduzione di elementi di specificazione e di integrazione dei criteri generali di valutazione delle offerte già indicati nella lettera di invito.
Il potere della commissione di stabilire i criteri di valutazione, ove consentito, al fine di evitare distorsioni del meccanismo concorrenziale sotteso all’evidenza pubblica, deve, infatti, essere circondato da peculiari cautele e limiti, tra i quali è indubbiamente, la preclusione di introdurre elementi di specificazione e di integrazione dei criteri generali di valutazione delle offerte già indicati nella lettera di invito, oppure fissare sottocriteri o regole specifiche sulle modalità di valutazione, una volta che sia sopravvenuta l’apertura delle buste recanti le offerte stesse (cfr. tra le tante, Cons. Stato, sez. V, 30.08.2006, n. 5082) (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 14.09.2010 n. 3475 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTINel caso di revoca d’ufficio dell’aggiudicazione provvisoria, non è richiesta alcuna comunicazione di avvio del procedimento, mentre la stazione appaltante è obbligata al rispetto delle garanzie partecipative quando l’esercizio del potere di autotutela abbia ad oggetto l’aggiudicazione definitiva, in ragione della posizione di vantaggio che solo quest’ultima costituisce in capo all’impresa aggiudicataria.
Non costituisce ostacolo al riconoscimento della responsabilità pre-contrattuale dell’ente la reiezione della domanda di annullamento del provvedimento di revoca, poiché è provato che l’elusione delle aspettative della ricorrente, seppure non intenzionale, è colposa e contraria ai canoni di correttezza e buona fede nella formazione del contratto. La responsabilità pre-contrattuale per la revoca della gara non ancora conclusa può infatti sempre ritenersi configurabile, quando il fine pubblico venga attuato attraverso un comportamento obbiettivamente lesivo dei doveri di lealtà, sicché anche dalla revoca legittima degli atti di gara può scaturire l’obbligo di risarcire il danno, nel caso di affidamento suscitato nell’impresa.

La giurisprudenza ha ripetutamente chiarito che, nel caso di revoca d’ufficio dell’aggiudicazione provvisoria, non è richiesta alcuna comunicazione di avvio del procedimento, mentre la stazione appaltante è obbligata al rispetto delle garanzie partecipative quando l’esercizio del potere di autotutela abbia ad oggetto l’aggiudicazione definitiva, in ragione della posizione di vantaggio che solo quest’ultima costituisce in capo all’impresa aggiudicataria (in questo senso, tra molte, Cons. Stato, sez. V, 21.11.2007 n. 5925; Id., sez. V, 13.07.2006 n. 4426).
L’aggiudicazione provvisoria di un appalto pubblico ha infatti natura di atto endoprocedimentale, ad effetti ancora instabili e del tutto interinali.
Essa pertanto è inidonea a generare nella ditta provvisoriamente aggiudicataria una posizione consolidata di vantaggio, con la conseguenza che sull’Amministrazione che intende esercitare il potere di autotutela rispetto all’aggiudicazione provvisoria incombe un onere di motivazione fortemente attenuato, circa le ragioni di interesse pubblico che lo hanno determinato, essendo sufficiente che sia reso palese il ragionamento seguito per giungere alla determinazione negativa, attraverso l’indicazione degli elementi concreti ed obiettivi in base ai quali essa si ritiene di non procedere all’aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 31.05.2007 n. 2838; Id., sez. V, 29.12.2009 n. 8966).
Più in generale, con riguardo allo ius poenitendi riconosciuto alla stazione appaltante, si è da tempo affermato che l’Amministrazione conserva il potere di revocare il bando di gara ovvero l’aggiudicazione di un appalto, per sopravvenute ragioni di interesse pubblico ovvero per la sopravvenuta riconsiderazione di situazioni preesistenti, purché l’atto di autotutela sia adeguatamente motivato con richiamo ad un preciso e concreto interesse pubblico alla revoca d’ufficio; la potestà di ritiro si fonda sul principio costituzionale di buon andamento che, com’è noto, impegna l’Amministrazione ad adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire (cfr., tra molte, Cons. Stato, sez. IV, 22.10.2004 n. 6931; Id., sez. V, 20.09.2001 n. 4973) e trova oggi positivo riconoscimento nella previsione dell’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990.
Non costituisce ostacolo al riconoscimento della responsabilità pre-contrattuale dell’ente la reiezione della domanda di annullamento del provvedimento di revoca, poiché è provato che l’elusione delle aspettative della ricorrente, seppure non intenzionale, è colposa e contraria ai canoni di correttezza e buona fede nella formazione del contratto.
La responsabilità pre-contrattuale per la revoca della gara non ancora conclusa può infatti sempre ritenersi configurabile, quando il fine pubblico venga attuato attraverso un comportamento obbiettivamente lesivo dei doveri di lealtà, sicché anche dalla revoca legittima degli atti di gara può scaturire l’obbligo di risarcire il danno, nel caso di affidamento suscitato nell’impresa (in tal senso la più recente giurisprudenza amministrativa: Cons. Stato, Ad. plen., 05.09.2005 n. 6; Id., sez. V, 30.11.2007 n. 6137; Id., sez. V, 08.10.2008, n. 4947; TAR Campania, Napoli, sez. I, 08.02.2006 n. 1794; TAR Lazio, sez. II-quater, 02.04.2010 n. 5621).
Ai fini della commisurazione del danno risarcibile, deve aversi riguardo al solo interesse negativo, ossia alle spese effettivamente sostenute in vista della conclusione dell’affare (danno emergente) ed alle occasioni contrattuali perse per aver confidato nell’impegno assunto (lucro cessante). Resta invece escluso il risarcimento dell’utile che si sarebbe conseguito con l’esecuzione del contratto (cfr. Cons Stato, sez. IV, 04.10.2007 n. 5179; TAR Puglia, Bari, sez. I, 16.02.2008 n. 249)
(TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 14.09.2010 n. 3459 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Sull'illegittimità dell'aggiudicazione della gara per l'affidamento del servizio rilascio dei certificati digitali negli atenei alla Infocert s.p.a., società informatica strumentale delle Camere di commercio italiane.
Lo scorporo delle attività da parte delle società strumentali mediante la costituzione di una separata società interrompe il divieto di cui all'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, solo se la nuova società sia effettivamente "separata" e cioè autonoma e indipendente rispetto alla società strumentale.

E' illegittima l'aggiudicazione della gara per l'affidamento del servizio rilascio dei certificati digitali negli atenei alla Infocert s.p.a., società informatica strumentale delle Camere di commercio italiane (considerate ormai pacificamente amministrazioni pubbliche locali), in quanto la medesima utilizza un capitale appartenente al 100% ad una società (Infocamere) cui è precluso -in osservanza del principio di par condicio, consacrato nel d.l. Bersani all'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, convertito nella legge n. 240 del 2006 e poi esteso dalla legge finanziaria n. 244 del 2007- di svolgere attività per enti diversi da quelli che l'hanno costituita e di partecipare ad altre società o enti.
Le amministrazioni pubbliche locali, e quindi anche le Camere di commercio, possono impiegare propri capitali per costituire società al fine di ottenere l'affidamento di servizi di utilità generale, concorrendo liberamente in una gara ad evidenza pubblica; ma tale iniziativa non può essere perseguita mediante la costituzione di una società partecipata al 100% da una loro società strumentale, perché in tal modo verrebbe ad essere eluso, sia pure indirettamente, il divieto di svolgere attività diverse da quelle espressamente consentite ai soggetti che godono del beneficio del minimo garantito.
Lo scorporo delle attività da parte delle società strumentali mediante la costituzione di una separata società in tanto interrompe il divieto di cui all'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 in quanto la nuova società sia effettivamente "separata" e cioè autonoma e indipendente rispetto alla società strumentale. Autonomia e indipendenza che, nel caso di specie, è insussistente in Infocert rispetto ad Infocamere ed alle Camere di commercio dal momento che Infocamere (società strumentale delle Camere di commercio) è socio unico di Infocert (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.09.2010 n. 6527 - link a www.dirittodeiservizipubblici.it).

EDILIZIA PRIVATAL'obbligo di previa comunicazione di avvio del procedimento non si applica ai provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, in considerazione del loro carattere doveroso.
Secondo il constante orientamento della giurisprudenza, l'obbligo di previa comunicazione di avvio del procedimento non si applica ai provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, in considerazione del loro carattere doveroso (cfr. TAR Veneto, II, 30/06/2010 n. 2741; Cons. Stato, V, 19.09.2008, n. 4530; Tar Campania, Napoli, IV, 02.12.2008, n. 20794)
(TAR Basilicata, sentenza 10.09.2010 n. 599 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa demolizione è atto dovuto ed è sufficientemente motivato con l'affermazione dell'accertata irregolarità dell'intervento, essendo in re ipsa l'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso -anche se risalente nel tempo- senza necessità di una specifica comparazione con gli interessi privati coinvolti o sacrificati.
L'omessa menzione, nell'ordinanza di demolizione abuso edilizio, della futura acquisizione dell'area nulla toglie alla legittimità dell'ordine di demolizione medesima.

La demolizione è, anche per questo Tribunale, "atto dovuto ed è sufficientemente motivato con l'affermazione dell'accertata irregolarità dell'intervento, essendo in re ipsa l'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso -anche se risalente nel tempo- senza necessità di una specifica comparazione con gli interessi privati coinvolti o sacrificati" (TAR Emilia Romagna-Parma, 21.05.2008, n. 260).
Quanto alla mancata indicazione, nell’ordinanza impugnata, della puntualizzazione chiara delle aree eventualmente destinate a passare al patrimonio comunale il collegio rileva che tale omissione non inficia l'ordine demolitorio, che enuncia correttamente i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche ad esso sottese, ed anche il suo specifico contenuto ed effetto sanzionatorio.
La successiva (ed eventuale) acquisizione dell'immobile al patrimonio del Comune è un effetto legale dell'inadempimento, e si verifica (dandosene i presupposti) "di diritto", come dispone la norma citata.
Nondimeno ci si può chiedere se detto effetto si verifichi ugualmente anche quando non ne sia fatta esplicita menzione nell'atto, o se, al contrario, perché esso si produca occorra un nuovo atto che integri il precedente, anche al fine di individuare esattamente l'area da acquisire.
Non è però questa la sede per rispondere a tale quesito; esso sarà rilevante e di interesse attuale solo nell'ipotesi che, scaduto inutilmente il termine per la demolizione, il Comune voglia procedere all'acquisizione dell'immobile. Allo stato è sufficiente osservare che l'omessa menzione della futura acquisizione dell'area nulla toglie alla legittimità dell'ordine di demolizione (cfr. TAR Umbria, 26/03/2010 n. 219)
(TAR Basilicata, sentenza 10.09.2010 n. 599 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIn materia edilizia, l'onere della prova in ordine all'epoca di realizzazione di un abuso edilizio grava sull'interessato che intende dimostrare la legittimità del proprio operato e non sul Comune che, in presenza di un'opera edilizia non assistita da un titolo che la legittimi, ha solo il potere-dovere di sanzionarla ai sensi di legge.
L'onere <<de quo>> trasla sull'amministrazione solo dopo che il responsabile abbia fornito concreti elementi, altamente probanti in ordine alla data di realizzazione dell'opus.

"In materia edilizia, l'onere della prova in ordine all'epoca di realizzazione di un abuso edilizio grava sull'interessato che intende dimostrare la legittimità del proprio operato e non sul Comune che, in presenza di un'opera edilizia non assistita da un titolo che la legittimi, ha solo il potere-dovere di sanzionarla ai sensi di legge" (TAR Piemonte, 01/06/2009 n. 1564; TAR Sicilia-Palermo, sez. III, 26.10.2005 , n. 4099; in tal senso anche TAR Umbria, 10.07.2003, n. 589; TAR Basilicata, 29.04.2003, n. 370).
Tale onere poi, può ritenersi a sufficienza soddisfatto solo quando le prove addotte risultano obiettivamente inconfutabili sulla base di atti e documenti che, da soli o unitamente ad altri elementi probatori, offrono la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto (cfr. TAR Umbria, 10.07.2003, n. 589). L'onere della prova della data dell'abuso incombe quindi sul suo autore (TAR Piemonte, I Sez., 25.02.1999 n. 105; TAR Marche 23.10.1992 n. 633; TAR Valle d'Aosta 02.08.1990 n. 68).
Più di recente la giurisprudenza ha evidenziato che l'onere <<de quo>> trasla sull'amministrazione solo dopo che il responsabile abbia fornito concreti elementi, altamente probanti in ordine alla data di realizzazione dell'opus (TAR Puglia-Lecce, sez. III, 13.09.2008, n. 2541).
Si è affermato, infatti che "l'onere della prova in ordine alla data di realizzazione dell'immobile abusivo ricade su chi ha commesso l'abuso, nel mentre solo la deduzione, da parte di quest'ultimo, di «concreti elementi a sostegno delle proprie affermazioni, trasferisce il suddetto onere in capo all'Amministrazione». L'onere per il privato di dimostrare che l'opera è stata completata entro la data utile, comporta che anche la dichiarazione sostitutiva di atto notorio non è sufficiente a tal fine, essendo necessari ulteriori riscontri documentali, eventualmente anche indiziari, purché altamente probanti" (TAR Campania-Napoli, sez. VII, 24.07.2008, n. 9347)
(TAR Basilicata, sentenza 10.09.2010 n. 599 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa realizzazione di opere destinate al ricovero di animali o di attrezzature agricole, per l'uso prolungato cui sono destinate, richiede la concessione edilizia, posto che le stesse incidono in modo permanente e non precario sull'assetto edilizio del territorio.
La realizzazione di opere destinate al ricovero di animali o di attrezzature agricole, per l'uso prolungato cui sono destinate, richiede la concessione edilizia, posto che le stesse incidono in modo permanente e non precario sull'assetto edilizio del territorio (cfr. TAR Veneto, II, 25/02/2010 n. 532; TAR Umbria, Perugia, 04.07.2003, n. 573; TAR Basilicata, 07.07.2003, n. 687) (TAR Basilicata, sentenza 10.09.2010 n. 599 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATATrattasi di manutenzione straordinaria l'installazione di un mero pannello in plastica rigida, infisso al muro e volto ad attenuare il rumore proveniente dalla sottostante e preesistente “pompa di calore”, costituendo integrazione di un servizio tecnologico dell’edificio pure preesistente.
Alla stregua del disposto di cui all’art. 3, co. 1, lett. b), del D.P.R. 380/2001 costituiscono interventi di manutenzione straordinaria “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso”; e appunto a questa categoria di interventi è riconducibile quello qui in discussione, atteso che trattasi della installazione di un mero pannello in plastica rigida, infisso al muro e volto ad attenuare (peraltro secondo quanto richiesto dalla stessa Autorità amministrativa e, comunque senza determinare alcun nuovo volume o superficie utile) il rumore proveniente dalla sottostante e preesistente “pompa di calore”, e così a costituire integrazione di un servizio tecnologico dell’edificio pure preesistente.
Dall’indicata qualificazione dell’intervento deriva, allora, sulla scorta della normativa di cui ai successivi artt. 6, 10 e 22 del D.P.R. 380/2001 (nel testo vigente all’epoca dei fatti, prima delle modifiche introdotte dal D.L. 40/2010, convertito con modificazioni dalla L. 73/2010), che lo stesso avrebbe richiesto –per essere conforme alle disposizioni urbanistiche– soltanto una previa denuncia di inizio attività; e con l’ulteriore conseguenza che in mancanza di questa non sarebbe stato consentito adottare la misura sanzionatoria demolitoria di cui all’art. 31 D.P.R. 380/2001 (poiché prevista per le sole ipotesi di assenza di permesso di costruire o di opere in totale difformità dal permesso), come invece fatto dal Comune di Sorrento (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 07.09.2010 n. 17336 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Nelle gare d’appalto la regolarizzazione documentale può essere consentita allorché i vizi siano puramente formali o chiaramente imputabili ad errore solo materiale.
Una clausola della lex specialis che prevede un incombente a pena di esclusione non può essere surrogata da una “dichiarazione di accettazione” di ampio e non specifico contenuto, per quanto redatta in conformità delle norme in materia di dichiarazioni sostitutive.
In presenza di una regola della lex specialis chiara ed univoca, che stabilisca la necessità di una determinata dichiarazione a pena di esclusione, ove questa manchi, l’esclusione costituisce atto dovuto, in quanto ogni ulteriore apprezzamento circa l’ordine di prevalenza degli interessi pubblici in gioco (quali la certezza delle regole, la par condicio, il favor partecipationis) è stato risolto “a monte”, con l’adozione del bando di gara, che peraltro, nella vicenda in esame, non è neppure stato fatto oggetto di gravame.
Secondo il costante indirizzo giurisprudenziale, nelle gare per l’aggiudicazione dei contratti dell’Amministrazione è preclusa alla Commissione giudicatrice la possibilità di consentire l’integrazione successiva di documenti non allegati all’offerta, la cui presentazione è fissata dalla lex specialis a pena di esclusione, essendo tale facoltà consentita solo con riguardo a documenti presentati tempestivamente, sia pure incompleti, e non per rimediare alla loro mancata presentazione nei termini, con irrimediabile violazione della par condicio (in termini, ex multis, TAR Friuli Venezia Giulia, 26.01.2006, n. 46; TAR Sardegna, Sez. I, 23.06.2008, n. 1253).
In altri termini, un conto è la regolarizzazione del documento già presentato, altro conto è l’integrazione documentale, che non può essere invocata per supplire all’inosservanza di adempimenti procedimentali significativi, in quanto si risolverebbe in un effettivo vulnus del principio di parità di trattamento.
Da ultimo, è stato ribadito in giurisprudenza, con una statuizione pienamente condivisa dal Collegio, che nelle gare d’appalto la regolarizzazione documentale può essere consentita allorché i vizi siano puramente formali o chiaramente imputabili ad errore solo materiale, e sempre che riguardino dichiarazioni o documenti che non sono richiesti a pena di esclusione, non essendo, in quest’ultima ipotesi, consentita la sanatoria o l’integrazione postuma, che si tradurrebbero in una violazione dei termini massimi di presentazione dell’offerta ed, in definitiva, in una violazione della par condicio.
Sanatorie documentali sono possibili, dunque, con la possibilità di integrare successivamente la documentazione prodotta con la domanda di partecipazione alla gara, o comunque con l’offerta, con un duplice limite:
a) la regolarizzazione deve riferirsi a carenze puramente formali od imputabili ad errori solo materiali;
b) la regolarizzazione non può mai riguardare produzioni documentali violative di prescrizioni della lex specialis presidiate dalla comminatoria di esclusione (così Cons. Stato, Sez. V, 22.02.2010, n. 1038)
(TAR Umbria, sentenza 02.09.2010 n. 450 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICALa cartografìa del Piano Regolatore deve ritenersi vincolante, salvo che si provi che esse sono frutto di errore materiale ovvero che esse non corrispondono alle direttive imposte dal pianificatore.
La recente sentenza di Consiglio di Stato, sez. IV, 11.03.2010 n. 1452, la quale ha ribadito che “gli elaborati grafici costituiscono parte integrante del Piano Regolatore”; che, pertanto, “per togliere validità ad un segno grafico inserito nella planimetria adottata ed approvata occorre fornire la prova positiva che esso è stato apposto erroneamente o, comunque, in contrasto con specifiche ed univoche indicazioni di piano”; che, conclusivamente, “le previsioni degli elaborati grafici integrano ed hanno effetto vincolante anche se le stesse non trovano riscontro nella normativa di piano”.
Se dunque, la tipizzazione evincibile dalla cartografìa del Piano Regolatore deve ritenersi vincolante, salvo che si provi che esse sono frutto di errore materiale ovvero che esse non corrispondono alle direttive imposte dal pianificatore, a maggior ragione esse non potranno essere disapplicate allorché il loro contenuto neppure sia in contrasto con le norme di attuazione di riferimento.
Interessante è, ancora, la sentenza di Consiglio di Stato, sez. V, 07.04.2004 n. 1968, la quale ha affermato che la modifica dello strumento urbanistico in sede di emenda di errore materiale può essere disposta solo ove tale attività non comporti una attività interpretativa della volontà della Amministrazione: tale pronuncia conferma che all’eventuale errore in cui sarebbe incorso l’estensore del Piano Regolatore del 1998 omettendo di segnalare la inedificabilità dei lotti a volumetria già consumata, il Comune non avrebbe potuto porre rimedio attraverso la procedura di correzione degli errori materiali, ma solo passando attraverso una procedura di variante, giacché ad una tale modifica si potrebbe eventualmente giungere solo in via interpretativa (TAR Puglia-Bari, Sez. II, sentenza 25.08.2010 n. 3414 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA In un settore delicato quale è quello della tutela paesistica, la sanzione pecuniaria ex art. 15 l. n. 1497/1939 in discussione sembra svolgere essenzialmente una funzione dissuasiva: quella di scoraggiare la prassi delle autorizzazioni in sanatoria, che ponendo le Soprintendenze nella situazione di decidere a “cose fatte”, impedisce in concreto quella dialettica preventiva tra privato e soggetto pubblico (preposto alla tutela) che può consentire in molti casi un miglioramento del progetto (soprattutto nei dettagli), tale da garantire un più adeguato inserimento del manufatto nell’ambiente circostante.
La tesi dell’appellante è che nel sistema della legislazione paesistica le sanzioni pecuniarie ivi previste non sono esclusivamente collegate a un danno ambientale, ma servono anche a coprire le infrazioni procedimentali.
Questo Consiglio ritiene che quest’ultima impostazione -aderente peraltro all’orientamento giurisprudenziale prevalente (cfr. C.S., VI, 28.07.2006, n. 4690)- sia da condividere, poiché, in un settore delicato quale è quello della tutela paesistica, la sanzione in discussione sembra svolgere essenzialmente una funzione dissuasiva: quella di scoraggiare la prassi delle autorizzazioni in sanatoria, che ponendo le Soprintendenze nella situazione di decidere a “cose fatte”, impedisce in concreto quella dialettica preventiva tra privato e soggetto pubblico (preposto alla tutela) che può consentire in molti casi un miglioramento del progetto (soprattutto nei dettagli), tale da garantire un più adeguato inserimento del manufatto nell’ambiente circostante (C.G.A.R.S., sentenza 20.03.2009 n. 135 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROFESSIONALIIl concetto di “piccole e modeste” costruzioni, previsto dalla legge per l’individuazione dell’ambito operativo riservato ai Geometri, non è configurabile nel caso di costruzioni per civile abitazioni realizzate in zona sismica, con struttura in cemento armato, ma solo nell’ipotesi di manufatti realizzati con altri sistemi costruttivi (es. muratura).
Il TAR Lazio-Latina con sentenza n. 320/2005, confermata dal Consiglio di Stato, Sez. V, con ordinanza 30.08.2005 n. 4112, nell’annullare una concessione edilizia per la realizzazione di un villino unifamiliare, fa propria la tesi del ricorrente secondo cui il concetto di “piccole e modeste” costruzioni, previsto dalla legge per l’individuazione dell’ambito operativo riservato ai Geometri, non è configurabile nel caso di costruzioni per civile abitazioni realizzate in zona sismica, con struttura in cemento armato, ma solo nell’ipotesi di manufatti realizzati con altri sistemi costruttivi (es. muratura).
Inoltre la sentenza ribadisce “che la fondatezza del predetto motivo di gravame non è ostacolata dalla circostanza –addotta da controparte- che, nella specie, il calcolo del cemento armato è stato operato da un Ingegnere, dovendosi considerare la “progettazione”, affidata nella specie ad un “Geometra”, un unicum inscindibile, riferibile solo al suo autore, anche se questi si è avvalso per il calcolo delle strutture in cemento armato di altri professionisti competenti, non sanandosi, in ipotesi, il difetto di competenza del progettista titolare” (TAR Lazio-Latina, sentenza 29.04.2005 n. 320 - link a www.ordine-ingegneri.ap.it).

COMPETENZE PROFESSIONALII geometri non possono progettare opere di carattere civile comportanti l’impiego anche soltanto parziale di elementi in cemento armato, sicché è vietata a questa categoria di professionisti anche la progettazione di manufatti isostatici, da realizzare per intero in conglomerato, senza interazione con corpi di fabbrica in muratura tradizionale.
La Corte di Cassazione sancisce che i geometri non possono progettare opere di carattere civile comportanti l’impiego anche soltanto parziale di elementi in cemento armato, sicché è vietata a questa categoria di professionisti anche la progettazione di manufatti isostatici, da realizzare per intero in conglomerato, senza interazione con corpi di fabbrica in muratura tradizionale.
Né, sul punto, è possibile ritenere che le innovazioni introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici abbiano ampliato le competenze professionali dei geometri, mediante l’inclusione tra le materie di studio di alcuni argomenti attinenti alle strutture in cemento armato.
Si tratta, infatti di disposizioni aventi oggetto e finalità ben diversi da quelli delle norme che definiscono l’ambito consentito di esercizio della professione (Corte di cassazione, Sez. II, sentenza 05.02.2005 n. 3021 - link a www.ordine-ingegneri.ap.it).

COMPETENZE PROFESSIONALICon riferimento alle competenze dei geometri in materia di progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, l’art. 16 del R.D. 274/1929, nel prevedere che i geometri non possono redigere progetti di costruzioni che comportino l’impiego di conglomerati cementiti, semplici o armati, in strutture statiche portanti, si riferisce sia ai progetti di massima che a quelli esecutivi, mentre nessun riscontro ha nella legge la categoria del progetto architettonico.
La Corte di cassazione sancisce che con riferimento alle competenze dei geometri in materia di progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, l’art. 16 del R.D. 274/1929, nel prevedere che i geometri non possono redigere progetti di costruzioni che comportino l’impiego di conglomerati cementiti, semplici o armati, in strutture statiche portanti, si riferisce sia ai progetti di massima che a quelli esecutivi, mentre nessun riscontro ha nella legge la categoria del progetto architettonico (Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 05.11.2004 n. 21185 - link a www.ordine-ingegneri.ap.it).

COMPETENZE PROFESSIONALILa violazione delle norme imperative sui limiti dei poteri del professionista stabiliti dalla legge professionale –nella specie l’art. 16 del R.D. 274/1929 che consente al geometra la progettazione, la direzione e la vigilanza di modeste costruzioni civili– determina la nullità del contratto di opera professionale ex art. 1418 del codice civile in relazione anche agli articoli 2229 e seguenti dello stesso codice, con la conseguenza che il geometra non ha diritto ad alcun compenso per l’opera prestata.
La Corte di Cassazione sancisce il principio che la violazione delle norme imperative sui limiti dei poteri del professionista stabiliti dalla legge professionale –nella specie l’art. 16 del R.D. 274/1929 che consente al geometra la progettazione, la direzione e la vigilanza di modeste costruzioni civili– determina la nullità del contratto di opera professionale ex art. 1418 del codice civile in relazione anche agli articoli 2229 e seguenti dello stesso codice, con la conseguenza che il geometra non ha diritto ad alcun compenso per l’opera prestata (Corte di Cassazione, Se. II civile, sentenza 04.10.2004 n. 19821 - link a www.ordine-ingegneri.ap.it).

COMPETENZE PROFESSIONALILa competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l’adozione anche parziale di strutture in cemento armato, mentre in via di eccezione si estende anche a queste strutture solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie, nell’ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non comportino particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, restando comunque esclusa la suddetta competenza nell’ambito delle costruzioni in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l’importanza, è, pertanto, riservata solo agli ingegneri e agli architetti iscritti nei relativi albi professionali.
La Corte di Cassazione ribadisce che, a norma dell’art. 16, lettera m, del R.D. 11.02.1929, n, 274, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l’adozione anche parziale di strutture in cemento armato, mentre in via di eccezione si estende anche a queste strutture solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie, nell’ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non comportino particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, restando comunque esclusa la suddetta competenza nell’ambito delle costruzioni in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l’importanza, è, pertanto, riservata solo agli ingegneri e agli architetti iscritti nei relativi albi professionali (Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 25.03.2004 n. 5961 - link a www.ordine-ingegneri.ap.it).

COMPETENZE PROFESSIONALI: Risponde al reato di esercizio abusivo della professione il geometra che procede alla progettazione ed alla direzione dei lavori di un edificio con strutture in cemento armato che non sia di modeste dimensioni, anche se il progetto è vistato o controfirmato da un professionista abilitato o se i calcoli del cemento armato sono stati fatti eseguire da un ingegnere.
L’opera progettata non può considerarsi di modeste dimensioni, trattandosi della sopraelevazione di ben tre piani, per una volumetria complessiva di 1700 metri cubi. Ne deriva, quindi, l’inidoneità del progetto predisposto dal geometra.

La Sezione ha ripetutamente chiarito che per gli edifici destinati a civile abitazione, la competenza dei geometri è limitata alle sole costruzioni di modeste dimensioni, con divieto di progettare opere per cui vi sia impiego di cemento armato, tale da implicare, in relazione alla destinazione dell'opera, un pericolo per l'incolumità della persone in caso di difetto strutturale, stante l'evidente favore che le varie norme pongono per la competenza esclusiva dei tecnici laureati, nonché l'obbligo della p.a., in sede di rilascio della concessione edilizia, di motivare congruamente in ordine alla sufficienza della redazione di un progetto da parte di un geometra (Consiglio Stato sez. V, 13.01.1999, n. 25).
La competenza dei geometri per la realizzazione in cemento armato di piccole costruzioni accessorie di edifici rurali deve essere estesa, ai sensi dell'art. 16 r.d. 11.02.1929 n. 274, anche alle opere accessorie alle costruzioni civili, fermo restando che deve trattarsi di costruzioni di dimensioni esigue e tali da non presentare particolari problemi strutturali (Consiglio Stato sez. V, 08.06.1998, n. 779).
Secondo tale pronuncia, non rientra nella competenza professionale del geometra la progettazione e la realizzazione di opere in cemento armato che eccedano i limiti posti dagli art. 16 ss. r.d. 11.02.1929 n. 274, ossia le piccole costruzioni accessorie di edifici rurali e per uso di industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e non costituiscano comunque pericolo per l'incolumità delle persone (nella specie, è illegittimo il progetto firmato da un geometra per la realizzazione di un grande capannone industriale, poggiante su una fondazione di pali e pilastri in cemento armato e con solai in laterocemento e, comunque, di natura e dimensioni tali da non poter esser definito come una modesta costruzione civile).
Questo rigoroso orientamento è solo in parte contrastato da altre pronunce, secondo le quali, dal complesso normativo risultante dal r.d. 16.11.1939 n. 2229 e dalle l. 05.11.1971 n. 1086, 02.02.1974 n. 64 e 02.03.1949 n. 144 si deve trarre la conclusione che ai tecnici diplomati non è preclusa in assoluto la progettazione di strutture in cemento armato: anzi la stessa è specificamente prevista e consentita sempre che si mantenga nei limiti della competenza come determinata nella rispettiva disciplina professionale: ne consegue che la competenza dei geometri alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili non trova alcuna limitazione o preclusione nella relativa struttura in cemento armato e dovendo anzi tenersi conto della specifica cultura di tali professionisti accresciuta dall'evoluzione delle relative conoscenze tecniche (Consiglio Stato sez. IV, 09.08.1997, n. 784).
Infatti, anche tale decisione circoscrive il proprio campo di azione alle opere di dimensioni minori, senza generalizzare la competenza progettuale dei geometri: poiché l'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929 n. 274, concernente l'ordinamento professionale dei geometri, consente l'attività di progettazione, direzione e vigilanza di "modeste costruzioni civili" senza ulteriori specificazioni, rientra nella competenza dei geometri anche la progettazione di costruzioni in cemento armato, purché tali costruzioni, sotto il profilo tecnico-qualitativo, rientrino, per i problemi tecnici che implicano, nella loro preparazione professionale.
Va rilevato, poi, che un indirizzo più restrittivo è sostenuto dalla Cassazione civile, secondo la quale il r.d. 16.11.1939 n. 2229 esclude dalla competenza dei geometri -essendo di competenza di architetti ed ingegneri- i progetti di lavori comportanti l'impiego di cemento armato. Tale disciplina non è mutata dopo le leggi 05.11.1971 n. 1086 sulle opere in conglomerato cementizio e 02.02.1974 n. 64 sulle costruzioni in zone sismiche (Cassazione civile sez. II, 30.03.1999, n. 3046).
In tale prospettiva, si afferma che a norma dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929 n. 274, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l'adozione anche parziale di strutture in cemento armato, mentre in via di eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo, solo con riguardo alle piccole costruzioni accessorie nell'ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, restando quindi comunque esclusa la suddetta competenza nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione qualunque ne sia l'importanza e' pertanto riservata solo agli ingegneri e architetti iscritti nei relativi albi professionali (Cassazione civile sez. II, 02.04.1997, n. 2861).
Tanto la progettazione quanto l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio, semplice ed armato, riservata per legge agli ingegneri ed agli architetti, esulano dalla competenza professionale dei geometri, cui è riconosciuta esclusivamente la facoltà (ex art. 16 lettera L del regolamento di cui al r.d. n. 274 del 1929) di progettare lavori comportanti l'impiego di cemento armato -limitatamente a piccole costruzioni accessorie di edifici rurali ovvero adibiti ad uso di industrie agricole- di limitata importanza, di struttura ordinaria e che non richiedano, comunque, particolari operazioni di calcolo, tali, in definitiva, da non poter comportare, per loro destinazione, pericolo alcuno per l'incolumità delle persone (Cassazione civile sez. II, 22.10.1997, n. 10365).
La giurisprudenza penale, poi, afferma che l'art. 2 della legge 05.11.1971 n. 1086, nell'indicare i professionisti abilitati alla progettazione ed alla costruzione delle opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso, fa espressamente salvi i limiti delle singole competenze professionali.
Per quanto riguarda i geometri, occorre fare riferimento alle lettere l) e m) dell'art. 16 del r.d. 11.02.1929 n. 274, che segnano i limiti della competenza del geometra in materia di costruzioni rurali e civili, e da cui può desumersi che, relativamente alle costruzioni in cemento armato, il geometra e' abilitato alla progettazione e direzione di lavori afferenti a esse solo quando si tratti di modeste costruzioni -intendendosi con tale termine la limitata entità dell'opera nel suo complesso e non la sola semplicità di essa- che non richiedano complessi calcoli delle strutture e non comportino problemi di stabilità e pericolo per la incolumità pubblica (fattispecie in cui e' stata ritenuta corretta la valutazione dei giudici di merito che avevano escluso l'abilitazione del geometra trattandosi di opere, realizzate in difformità totale dalla concessione edilizia e comportanti aumenti planovolumetrici e di superficie, ritenute non di modesta entità con riferimento all'edificio complessivamente considerato) (Cassazione penale sez. III, 16.10.1996, n. 10125).
Nello stesso senso, si è chiarito che risponde del reato di esercizio abusivo della professione il geometra che procede alla progettazione ed alla direzione dei lavori di un edificio con strutture di cemento armato che non sia di modeste dimensioni anche se il progetto è controfirmato o vistato da un professionista abilitato o se i calcoli del cemento armato sono stati fatti eseguire da un ingegnere.
Al fine di valutare la entità dell'opera il giudice dovrà tenere conto sia delle dimensioni che della complessità oltre che dell'importo economico. Non necessariamente dovrà trattarsi di un'unica unità abitativa, ma non potrà certo rientrare tra le competenze del geometra la progettazione di cubature utili ad edifici con una pluralità di appartamenti.
Il testo fondamentale che fissa i limiti della competenza dei geometri è ancora l'art. 16 del r.d. 11.02.1929 n. 247, poiché anche le norme successive che hanno consentito la progettazione di struttura di cemento armato, fanno riferimento ai limiti posti da tale legge (Cassazione penale sez. VI, 10.10.1995, n. 1147; Cassazione penale sez. VI, 02.02.1993).
Dunque, per valutare la idoneità del geometra a firmare il progetto di un’opera edilizia che comporta l’uso di cemento armato, occorre considerare le concrete caratteristiche dell’intervento. A tal fine, non possono essere prefissati criteri rigidi e fissi, ma è necessario considerare tutte le particolarità della concreta vicenda, anche alla luce dell’evoluzione tecnica ed economica del settore edilizio.
Nel caso di specie, come opportunamente evidenziato dal tribunale, l’opera progettata non può considerarsi di modeste dimensioni, trattandosi della sopraelevazione di ben tre piani, per una volumetria complessiva di 1700 metri cubi. Ne deriva, quindi, l’inidoneità del progetto predisposto dal geometra (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 31.01.2001 n. 348 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAProduce trasformazione urbanistica ogni intervento che alteri in modo rilevante e duraturo lo stato del territorio, anche in relazione alla sua qualificazione giuridica, a nulla rilevando l’eventuale precarietà strutturale del manufatto in quanto non si traduca in suo uso per fini contingenti e specifici.
Questo Consiglio ha chiarito che sono assoggettate a concessione non le sole attività di edificazione “ma tutte quelle consistenti nella modificazione dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio, in relazione alla sua condizione naturale e alla sua qualificazione giuridica” (C.D.S., Sez.V, 01.03.1993, n. 319) e, inoltre che “è soggetta a concessione da parte del Sindaco ogni attività che comporti la trasformazione del territorio attraverso l’esecuzione di opere comunque attinenti agli aspetti urbanistici ed edilizi, quando il mutamento o l’alterazione abbiano un rilievo ambientale, estetico o funzionale” (C.D.S., Sez. V, 23.01.1991, n. 64), venendo infine precisato che “Necessita di concessione il manufatto che, pur se non infisso nel suolo ma soltanto aderente in modo stabile ad esso, è destinato ad una utilizzazione perdurante nel tempo” (C.D.S., Sez. V, 24.02.1996).
Produce dunque trasformazione urbanistica ogni intervento che alteri in modo rilevante e duraturo lo stato del territorio, anche in relazione alla sua qualificazione giuridica, a nulla rilevando l’eventuale precarietà strutturale del manufatto in quanto non si traduca in suo uso per fini contingenti e specifici (cfr. anche Sez. V, 20.12.1999, n. 2125) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 31.01.2001 n. 343 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

COMPETENZE PROFESSIONALI: I geometri non possono progettare o dirigere costruzioni in cemento armato di tipo civile, neppure di modesta entità: possono progettare o dirigere costruzioni in cemento armato, solo quando sono costruzioni accessorie di tipo rurale e non presentino particolare complessità (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 06.11.2000 n. 11287).

COMPETENZE PROFESSIONALIEsula dalla competenza professionale di un geometra il progetto di un capannone industriale e deve essere progettato, cioè pensato tecnicamente, da un soggetto in grado di poterne valutare tutti gli aspetti strutturali, non sembrando logico che l’aspetto architettonico si disinteressi delle soluzioni progettuali delle strutture portanti dell’opera realizzata.
Il TAR LIGURIA (confermata da Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 01.12.2003 n. 7821, qui in versione stralciata) nell’annullare la concessione edilizia rilasciata dal Comune di La Spezia nel riaffermare il principio che non può essere riconosciuta ai geometri la competenza a progettare capannoni industriali in cemento armato ha rilevato: “qualunque sia l’aspetto preso in considerazione, sia per le dimensioni che per la complessità dell’opera, che per la sua destinazione, il progetto di un capannone industriale quale quello commissionato, esuli dalla competenza professionale di un geometra e debba essere progettato, cioè pensato tecnicamente, da un soggetto in grado di poterne valutare tutti gli aspetti strutturali, non sembrando logico che l’aspetto architettonico si disinteressi delle soluzioni progettuali delle strutture portanti dell’opera realizzata" (TAR Liguria, Sez. I, sentenza 20.09.1997 n. 333 - link a www.ordine-ingegneri.ap.it).

COMPETENZE PROFESSIONALI: Nei casi in cui le caratteristiche di un progetto costruttivo siano oggettivamente tali da far dubitare della competenza del progettista, l'Amministrazione deve motivare adeguatamente sulle ragioni per cui ritiene sufficiente tale competenza (Corte di Cassazione, Sez. V civile, sentenza 12.11.1985 n. 330).

COMPETENZE PROFESSIONALI: Spetta all'Amministrazione accertare, caso per caso, valutando i singoli progetti, se la costruzione da erigere su un progetto firmato da un geometra sia di modeste dimensioni, con limitato impiego di strutture in conglomerato cementizio, la cui stabilità non possa interessare l'incolumità delle persone; pertanto il rilascio puro e semplice della licenza, senza alcuna motivazione al riguardo, è viziato da eccesso di potere (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.10.1973 n. 714).

AGGIORNAMENTO ALL'01.10.2010 (ore 16,00)

ã

A V V I S O
In relazione ai convegni organizzati in quel di Bergamo per il 06, 13 e 20 ottobre 2010, si avvisano i naviganti del sito che i posti a sedere (per tutte e tre le giornate) sono esauriti.
Ai fini della migliore cognizione del presente avviso, il telefax è stato disattivato e sarà riattivato da lunedì 11.10.2010 per la ricezione SOLAMENTE delle adesioni al convegno di Marcallo con Casone (MI) del 21.10.2010.
Inoltre, si chiede cortesemente a tutti coloro che hanno prenotato l'adesione alle tre giornate bergamasche di effettivamente presenziare e di dare "forfait" solo a causa di forza maggiore (cataclismi, diluvio universale, caduta meteoriti, invasione di cavallette, ecc.) pregiudicando, altrimenti, la possibilità di partecipazione di coloro che erano fattivamente interessati e che sono stati esclusi.
LA SEGRETERIA PTPL

UTILITA'

EDILIZIA PRIVATA: Amianto nelle costruzioni: rischio da esposizione, tipologia di interventi e normativa applicabile.
In greco la parola amianto significa immacolato e incorruttibile e asbesto significa perpetuo e inestinguibile.
L'amianto, chiamato perciò anche asbesto, è un minerale naturale a struttura microcristallina, di aspetto fibroso appartenente alla classe chimica dei silicati e alle serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli.
La struttura fibrosa attribuisce all'amianto particolari caratteristiche:
- resiste al fuoco e al calore, all'azione di agenti chimici e biologici, all'abrasione e all'usura (termica e meccanica);
- è facilmente filabile e può essere tessuto;
- è dotato inoltre di proprietà fonoassorbenti e termoisolanti;
- si lega facilmente con materiali da costruzione (calce, gesso, cemento) e con alcuni polimeri (gomma, PVC).
Tali caratteristiche spiegano il largo utilizzo che è stato fatto del materiale in campo edile.
L'amianto, tuttavia, è una sostanza cancerogena; la Legge n. 257 del 27/03/1992, per questa ragione, ha vietato l'estrazione, l'importazione, l'esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto o di prodotti contenenti amianto. La Legge ha impedito qualsiasi ulteriore diffusione e aumento di prodotti contenenti amianto sul territorio nazionale, non prevedendo alcun obbligo di rimozione dagli edifici di materiali contenenti amianto. L'amianto rappresenta un pericolo per la salute solo quando esiste la possibilità che le fibre (costituenti la polvere) siano inalate.
La presenza di amianto in un edificio, pertanto, non presenta di per sé un pericolo per la salute degli occupanti; se il materiale contenente amianto è in buone condizioni e non viene manomesso, è estremamente improbabile che esista un pericolo apprezzabile di rilascio di fibre di amianto.
Sul sito della Regione Campania sono disponibili alcuni documenti che illustrano normativa di riferimento, storia, tipologie di intervento possibili in presenza di amianto e protezione dai rischi connessi all'esposizione all'amianto.
Tutti i documenti sono aggiornati alle disposizioni del D.Lgs. 81/2008 con le modifiche del D.Lgs.106/2009 (link a www.acca.it).

EDILIZIA PRIVATA - VARI: Fonti rinnovabili: incompatibili agevolazioni fiscali e incentivi per la produzione di energia elettrica.
Il Gestore dei Servizi Elettrici (GSE) di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico ha specificato che non è possibile cumulare agevolazioni fiscali (Tremonti-ter) con gli incentivi (certificati verdi e tariffa omnicomprensiva) riconosciuti alla produzione di energia rinnovabile per gli impianti entrati in esercizio dopo il 30.06.2009.
La detassazione prevista dalla Tremonti-ter si configura come un risparmio di spesa e costituisce di per sé un contributo pubblico incompatibile, in quanto tale, con gli incentivi previsti per la produzione da fonti rinnovabili dalla Finanziaria 2008.
Per impianti a biomasse di filiera (certificati verdi – DM 18/12/2008) e per impianti di aziende agricole o gestiti in connessione con aziende agricole (tariffa onnicomprensiva – Legge 99/2009) invece, è possibile cumulare, nel limite del 40% dell'investimento, certificati verdi o tariffa onnicomprensiva con contributi pubblici, incluse le agevolazioni fiscali suddette (link a www.acca.it).

PUBBLICO IMPIEGO - VARI: Orario di Lavoro: normativa, sicurezza, ...
La tematica dell'orario di lavoro rappresenta sicuramente uno degli aspetti più rilevanti nell' ambito della vita lavorativa (e non solo) di ciascun individuo. Già in passato si era compresa l'importanza di individuare, nell'arco della giornata, spazi temporali delimitati, da riservare alle diverse attività.
A livello comunitario si è ricercata una maggiore flessibilità dei tempi di lavoro, tesa ad ottenere una migliore distribuzione del tempo da dedicarsi all'attività lavorativa rispetto a quello da destinare alle attività familiari, sociali e di svago, oltre che, naturalmente, di riposo.
Grande rilevanza è inoltre assegnata all'esigenza sempre maggiore di una rafforzata tutela della salute e della sicurezza del lavoratore.
La direzione provinciale del lavoro di Modena ha diffuso, attraverso il proprio sito internet, una pubblicazione che affronta tutti gli aspetti e le problematiche connesse all'orario di lavoro, dal titolo "L'orario di lavoro: orario normale e orario massimo di lavoro".
La pubblicazione si compone di ben 117 pagine e si articola in 5 capitoli:
- Evoluzione storica: la disciplina dell'orario di lavoro;
- La durata della prestazione di lavoro. La durata dell'orario giornaliero;
- Il D. Lgs. n. 213/2004;
- La sicurezza del lavoro;
- Conclusioni (link a www.acca.it).

GURI - GUUE - BURL (e anteprima)

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 30.09.2010 n. 229, suppl. ord. n. 227/L, "Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, ai sensi dell’articolo 38, comma 3, del decreto-legge 25.06.2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 06.08.2008, n. 133" (D.P.R. 07.09.2010 n. 160).

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 30.09.2010 n. 229, suppl. ord. n. 227/L, "Regolamento recante i requisiti e le modalità di accreditamento delle agenzie per le imprese, a norma dell’articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25.06.2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 06.08.2008, n. 133" (D.P.R. 09.07.2010 n. 159).

DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Art. 55-septies del decreto legislativo 30.03.2001, n. 165, introdotto dall'art. 69 del decreto legislativo 27.10.2009, n. 150 - Trasmissione per via telematica dei certificati di malattia. Ulteriori indicazioni (Dipartimento della Funzione Pubblica e Dipartimento per la Digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e l'innovazione tecnologica, circolare 28.09.2010 n. 43096 di prot.).

GIURISPRUDENZA

EDILIZIA PRIVATA: Impugnazione della concessione edilizia - Termine - Decorrenza - Effettiva conoscenza del provvedimento lesivo - Valutazione caso per caso - Esempi.
Il termine per l’impugnazione della concessione edilizia rilasciata al controinteressato non decorre dal momento della pubblicazione all’albo pretorio ma da quello in cui il ricorrente abbia avuto piena ed effettiva conoscenza del provvedimento lesivo.
Quest’ultimo effetto si riconnette di solito al momento in cui la parte abbia riscontrato in rerum natura l’avvio di un attività edificatoria ritenuta contrastante con le norme urbanistiche.
Tale regola “di massima” va precisata ed adattata ai singoli casi di volta in volta vagliati dal giudice amministrativo, ed è idonea a condurre a soluzioni anche diversificate, a seconda delle peculiarità dell’attività edificatoria in corso e dei vizi denunciati: ad esempio, la conoscenza compiuta -ed il conseguente onere di impugnazione- scatta immediatamente col semplice avvio della costruzione, nell’ipotesi in cui il ricorrente intenda far valere l’assoluta inedificabilità del suolo oggetto di attività edilizia.
Ove, invece, si volesse contestare la violazione delle distanze regolamentari da edifici vicini, è necessario che siano almeno realizzate le fondamenta della costruzione, che costituiscono l’<impronta> dell’edificio; in tal caso, allora, il dies a quo del termine per ricorrere coincide col momento in cui si percepisce la realizzazione delle fondamenta.
In altri casi ancora la percezione della lesività e dell’illegittimità postulano il completamento della struttura essenziale del fabbricato, ed è solo da tale momento che scatta l’onere processuale di impugnazione. Tanto si verifica, ad esempio, allorquando si contestino l’altezza e la volumetria dell’erigendo edificio (TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 27.09.2010 n. 3835 - link a www.ambientediritto.it)

EDILIZIA PRIVATA: AREE PROTETTE - Valutazione di incidenza - Parere dell’ente parco - Procedimenti autonomi - Competenze differenziate - Salvaguardia di beni solo parzialmente coincidenti - Coesistenza di una valutazione di incidenza positiva e di un parere del parco di segno opposto - Possibilità.
Non è precluso all’Ente parco l’esame degli effetti di un intervento sulle risorse naturali, quando si sia già conclusa favorevolmente la procedura di valutazione di incidenza ai sensi delle Direttive 1979/409/CE e 1992/43/CE. Ciò non soltanto in virtù del fatto che la legge attribuisce la competenza, per i due procedimenti, ad Amministrazioni diverse, ciascuna dotata di autonomo potere decisionale (la Provincia e l’Ente parco).
Invero, è da considerare che anche sul piano sostanziale i due procedimenti sono preordinati alla salvaguardia di beni solo parzialmente coincidenti: la fauna e l’habitat naturale per i siti d’importanza comunitaria SIC e ZPS, il paesaggio ed il complessivo equilibrio dell’ecosistema e delle risorse naturali e produttive per il Parco.
Sicché nulla esclude che in concreto coesistano, debitamente giustificate ed entrambe legittime, una valutazione di incidenza positiva ed un parere dell’Ente parco di segno opposto, anche quando quest’ultimo sia stato già anticipato (e disatteso) nell’ambito del procedimento condotto dalla Provincia (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 24.09.2010 n. 3493 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Concessione edilizia scaduta causata da condotte illecite di terzi - Impedimento oggettivo all’esecuzione dei lavori - Domanda di proroga - Sospensione del decorso dei termini ex art. 4, 1. n. 10/1977, ora art. 15, DPR n. 380/2001.
A fronte di condotte illecite di terzi perduranti nel tempo (in specie, abusive occupazioni dell'area demaniale marittima interessata dai lavori di costruzione del porto turistico), in alcun modo riferibili alla condotta del concessionario, si determina un impedimento oggettivo all’esecuzione dei lavori che non possono in alcun modo essere realizzati. Dette condotte costituiscono quella causa di forza maggiore che sospende il decorso dei termini ex art. 4, 1. n. 10/1977, ora art. 15, DPR n. 380/2001 (Cons. Stato, V, 29.01.2003 n. 453).
Concessione edilizia scaduta a causa di sospensioni disposte da amministrazione - Mancata proroga della concessione - Nuova valutazioni dell'amministrazione difforme - Presupposti - Nuovi elementi di fatto e giuridici - Principio di univocità e continuità dell'azione amministrativa - Fattispecie - Art. 97 Cost. - Art. 4, n. 10/1977 ora art. 15, DPR n. 380/2001.
In materia urbanistica, le precedenti valutazioni della amministrazione non impediscono una nuova valutazione difforme, nondimeno è anche vero che affinché la nuova valutazione possa considerarsi legittima, deve essere fondata su nuovi elementi (nella specie del tutto insussistenti essendo la situazione rimasta totalmente immutata rispetto all'anno di concessione), e su nuove considerazioni giuridiche (parimenti insussistenti), atteso che in entrambi i casi si deve valutare la proroga della stessa concessione edilizia ex art. 4, 4° comma, l. 10/1977 ora art. 15, DPR n. 380/2001. Diversamente opinando, si lederebbe infatti la certezza delle situazioni giuridiche private e si oblitererebbero i principi di univocità e continuità dell'azione amministrativa inspirati al rispetto dell'art. 97 Cost..
Nella specie, non trattandosi di impedimenti determinati da mero fatto del terzo, ma di sospensioni disposte da amministrazione avente precipua potestà sull'uso dell'area e direttamente comunicate dalla stessa amministrazione marittima dello Stato al comune di Gaeta, tale circostanza appariva idonea affinché il comune, portato a conoscenza dall'autorità competente di una causa obiettiva di sospensione, adottasse un provvedimento di proroga correlato all'esito della potestà esercitata dall'amministrazione statale. Sicché, la specifica richiesta di proroga da parte degli interessati appare necessaria nel caso in cui la rilevanza obiettiva delle ragioni da addursi a suffragio della stessa può essere valutata solo dalla parte richiedente (ad esempio, per eventi straordinari di carattere naturale).
Altrettanto non può ritenersi per provvedimenti paralizzanti il titolo concessorio portati comunque a conoscenza dell'autorità comunale, direttamente ascrivibili, nell'esercizio delle rispettive competenza, ad altre autorità amministrative e ciò tanto più se tali provvedimenti si collocano, come nella specie, nel solco stesso dell'attività edificatoria e della rimozione degli ostacoli legali che si frappongono al suo legittimo esercizio (Cons. Stato, sez. V, 06.10.1999, n. 1338) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 23.09.2010 n. 7075 - link a www.ambientediritto.it).

URBANISTICA: PRG - Adozione e approvazione definitiva - Stralciato di un’area - Permanenza nelle tavole allegate al PRG - Illegittimità.
E’ illegittima la permanenza nelle tavole allegate al PRG della destinazione urbanistica (in specie D1) di un’area che non trovi riscontro nell’effettive determinazioni assunte sul punto in questione dagli organi comunali e regionali, ma mostra con altrettanta evidenza la contraddittorietà, illogicità e perplessità di tale risultanza, tenuto conto che detti organi chiaramente ed inequivocamente hanno “stralciato” detta originaria previsione contenuta nel solo atto di adozione del PRG (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 22.09.2010 n. 7041 - link a www.ambientediritto.it).

APPALTI: Contratti pubblici: le "circostanze speciali" che consentono il ricorso alla trattativa privata non possono basarsi meramente sulla presunta maggiore convenienza tecnico-economica dell'intervento.
Anche nel caso di concessione di pubblici servizi, il ricorso alla trattativa privata deve ritenersi circoscritto ai soli casi di impossibilità di far luogo ad una pubblica gara in ragione dell'estrema urgenza, ovvero della sussistenza di presupposti d'ordine tecnico tali da impedire, se non al prezzo di costi sproporzionati, la ricerca di altre soluzioni basate sul previo confronto concorrenziale (massima tratta da www.eius.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 21.09.2010 n. 7024 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ATTI AMMINISTRATIVI: Pubblica amministrazione: per la tempestività dell'istanza del privato conta la data di spedizione della raccomandata.
Salvo che la "lex specialis" non stabilisca diversamente, il termine finale per la presentazione della domanda del privato alla pubblica amministrazione deve considerarsi osservato ove tale domanda sia inoltrata in tempo utile a mezzo raccomandata, rilevando in tal caso la data di spedizione e non quella di ricezione da parte della destinataria (massima tratta da www.eius.it - Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.09.2010 n. 6678 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PUBBLICO IMPIEGO: Lavoro: anche il "tempo tuta" deve essere retribuito.
Al fine di valutare se il tempo occorrente per indossare la divisa aziendale debba essere retribuito o meno, occorre far riferimento alla disciplina contrattuale specifica: in particolare, ove sia data facoltà al lavoratore di scegliere il tempo e il luogo ove indossare la divisa stessa (anche presso la propria abitazione, prima di recarsi al lavoro) la relativa attività fa parte degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento dell'attività lavorativa, e come tale non deve essere retribuita; mentre se tale operazione è diretta dal datore di lavoro, che ne disciplina il tempo ed il luogo di esecuzione, rientra nel lavoro effettivo e, di conseguenza, il tempo ad essa necessario deve essere retribuito (Corte di Cassazione, Sez. lavoro, sentenza 10.09.2010 n. 19358 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Contratti pubblici: l'Amministrazione non può disattendere il bando neppure in caso di "ius superveniens".
Nell'espletamento di una procedura di gara, l'Amministrazione è tenuta ad applicare le regole contenute nel bando anche nel caso in cui sopravvenga l'abrogazione o la modifica della disciplina vigente al momento della sua adozione (massima tratta da www.eius.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 07.09.2010 n. 6485 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Quando si monta il ponteggio è obbligatoria la presenza del preposto.
II datore di lavoro è tenuto a garantire, durante il montaggio di un ponteggio, la presenza di un preposto incaricato specificatamente di sovrintendere alle operazioni.
Questo, in sintesi, il contenuto della sentenza della Cassazione n. 23936 del 23.06.2010.
La sentenza riguarda il caso di un lavoratore che, intento al montaggio di un ponteggio in un cantiere edile, è caduto dall'altezza del quarto piano dello stabile rovinando sul balcone del piano inferiore.
Secondo la sentenza appellata, l’amministratore unico della società non aveva assicurato la presenza di un preposto incaricato di controllare le operazioni di montaggio alle quali era intento il lavoratore. L'imputato ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione sostenendo che non era stato tenuto conto che in cantiere fosse presente un responsabile della sicurezza.
La Corte ha concluso ritenendo "non pertinente, ....,il riferimento del ricorrente alla presenza di un incaricato della sicurezza del cantiere; costui, invero, ha compiti diversi rispetto al soggetto preposto alla direzione dei predetti lavori che, secondo il dettato legislativo (Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 17 - n.d.r. ora art. 123 D.Lgs. 81/2008,), devono essere eseguiti sotto la diretta e costante sorveglianza del preposto" (Corte di Cassazione, Sez. IV penale, sentenza 23.06.2010 n. 23936 - link a www.acca.it).

INCARICHI PROGETTUALI - LAVORI PUBBLICI: Illegittimo subordinare il compenso al finanziamento dell'opera.
È illegittimo subordinare il pagamento di compensi professionali (progettazione, indagini, etc.) all'ottenimento del finanziamento per la realizzazione dell'opera pubblica.
Questa, in sintesi, la conclusione del TAR Puglia (sez. Lecce) che ha accolto un ricorso finalizzato ad ottenere l'annullamento di un bando per l'affidamento di un incarico professionale.
L'incarico riguardava progettazione, direzione lavori, coordinamento della sicurezza, etc. con la precisazione che le attività connesse all'esecuzione (direzione lavori, etc.) sarebbero state affidate solo in caso di finanziamento dell'opera e che, comunque, il professionista si impegnava a non pretendere alcun compenso, nemmeno per spese vive, se l'intervento non fosse stato ammesso a finanziamento.
Il TAR ha ritenuto che il bando fosse in palese contrasto con le disposizioni dell'art. 92 del Codice dei Contratti (D.Lgs. 163/2006) che recita: "Le amministrazioni aggiudicatrici non possono subordinare la corresponsione dei compensi relativi allo svolgimento della progettazione e delle attività tecnico amministrative ad essa connesse all'ottenimento del finanziamento dell'opera progettata" (commento tratto da www.acca.it - TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 20.02.2010 n. 577 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

inizio home-page