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AGGIORNAMENTO AL 25.10.2010 |
ã |
QUESITI &
PARERI |
EDILIZIA PRIVATA: Lombardia,
chiariti i termini di applicazione dell'art.
3 della L. n. 47/1985 (oggi art. 42 D.P.R.
n. 380/2001) in materia di sanzioni
per mancato o ritardato versamento degli oo.uu. e del costo di costruzione
(Regione Lombardia,
nota 21.10.1992 n. 42387 di prot.).
---------------
Il quesito e relativa risposta, ancorché
datati, risultano ancora oggi attuali e non
in contrasto con la vigente normativa in
materia, tenuto
conto che -ancora oggi- non tutte le amministrazioni
comunali lombarde si comportano
uniformemente con ripercussioni negative nei
confronti dei Cittadini.
25.10.2010 - LA SEGRETERIA PTPL |
SINDACATI |
PUBBLICO IMPIEGO:
Il foglio dei lavoratori della
Funzione Pubblica
(CGIL-FP di Bergamo,
ottobre 2010). |
GURI - GUUE -
BURL (e anteprima) |
ENTI LOCALI - VARI:
B.U.R. Lombardia, 3° suppl. ord. al n. 42
del 21.10.2010, "Elenco regionale delle
aziende biologiche aggiornato al 31.12.2009
– L.r. 05.12.2008 n. 31, art. 9, comma 4"
(decreto
D.S. 28.09.2010 n. 9150 - link a
www.infopoint.it). |
LAVORI PUBBLICI:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 42
del 21.10.2010, "Regolamento di
attuazione dell’albo regionale del
volontariato di protezione civile (ai sensi
dell’art. 9-ter della legge regionale
22.05.2004, n. 16, «Testo unico delle
disposizioni regionali in materia di
protezione civile»)"
(Regolamento
Regionale 18.10.2010 n. 9 - link a www.infopoint.it). |
UTILITA' |
EDILIZIA PRIVATA:
Isolamento acustico degli edifici: il punto
della situazione.
La Legge 96/2010, Legge Comunitaria 2009,
con la modifica dell'art. 11 della
Comunitaria 2008 aveva previsto l'adozione
entro il 29/07/2010, da parte del Governo,
di decreti legislativi per il riassetto e la
riforma delle disposizioni vigenti in
materia di inquinamento acustico.
In tale ambito sono comprese la riforma dei
requisiti acustici passivi degli edifici,
attualmente regolati dal D.P.C.M.
05/12/1997, e la definizione dei criteri per
la progettazione esecuzione e
ristrutturazione degli edifici.
La delega al governo per l'adozione dei
provvedimenti suddetti è scaduta ormai da
mesi.
Qual è la situazione attuale?
È opportuno ribadire che il D.P.C.M.
05/12/1997 è tuttora vigente e, pur non
trovando applicazione nei rapporti tra
privati, continua ad avere effetto nei
confronti della Pubblica Amministrazione,
che può quindi chiederne la verifica.
Il DPCM 05.12.1997 non è infatti stato
abrogato da alcun provvedimento; i Comuni
pertanto devono richiedere la certificazione
del rispetto dei limiti di legge al titolare
del permesso di costruire.
Se dovesse persistere lo stato attuale
potrebbe aprirsi un nuovo scenario per i
risarcimenti: gli acquirenti di immobili "rumorosi",
non potendo rivalersi sui costruttori (per
effetto della citata sospensione),
potrebbero cercare di ottenere il
risarcimento dall'ente pubblico "colpevole"
di aver omesso il controllo (se non ha
provveduto a verificare il rispetto dei
requisiti acustici).
Il 22.07.2010 è stata inoltre pubblicata la
norma Uni 11367 "Acustica in edilizia -
Classificazione acustica delle unità
immobiliari - Procedura di valutazione e
verifica in opera", che non ha
comportato il ritiro o la modifica delle
norme UNI 12354 (utilizzate per la
valutazione in fase di progetto dei
requisiti acustici degli edifici).
La nuova norma UNI 11367, che dovrebbe
essere recepita dai regolamenti attesi, è
attualmente un documento volontario. I nuovi
valori limite definiti nella norma ad oggi
non hanno valore di legge non essendo
richiamati in alcun documento legislativo
(link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Planimetrie catastali, dal 20.10.2010 è
attivo il servizio di consultazione online.
I tecnici potranno accedere in via
telematica alle planimetrie catastali.
Dal giorno 20.10.2010, infatti, è attivo il
servizio di consultazione telematica delle
planimetrie catastali da parte dei soggetti
abilitati alla presentazione telematica
degli atti di aggiornamento catastale.
Lo ha comunicato il direttore dell'Agenzia
del Territorio, Gabriella Alemanno, con una
nota pubblicata sul sito dell'Agenzia.
Sono consultabili online tutte le
planimetrie catastali delle unità iscritte
al Catasto dei fabbricati, ad eccezione di
quelle relative agli immobili censiti nelle
categorie B/3 (prigioni e riformatori), D/5
(istituti di credito, cambio ed
assicurazione), E/5 (fabbricati costituenti
fortificazioni e loro dipendenze).
Le regole e le condizioni per fruire del
servizio sono contenute nel Provvedimento
16.09.2010 dell'Agenzia del Territorio.
L'accesso al sistema telematico (SISTER) per
la consultazione delle planimetrie catastali
è consentito ai tecnici iscritti agli albi
professionali degli architetti, dei
geometri, degli ingegneri, dei dottori
agronomi, dei periti edili e agrari, degli
agrotecnici, ai notai e ai segretari o
delegati delle pubblica amministrazioni
abilitati all'utilizzo delle procedure
telematiche.
I documenti acquisiti possono essere
utilizzati solo per i fini consentiti dalla
normativa nel rispetto di quanto previsto in
materia di riutilizzazione commerciale e di
protezione dei dati personali.
L'Agenzia può sospendere il servizio in caso
di inadempimento (link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La sicurezza nella manutenzione delle
coperture.
La Regione Toscana si è dotata, con il
Decreto del Presidente della Giunta
Regionale n. 62/R pubblicato sul BURT n. 43
del 30.11.2005, di un Regolamento
concernente le "misure preventive e
protettive per l'accesso, il transito e
l'esecuzione dei lavori in quota in
condizioni di sicurezza".
Tale Regolamento prevede, all'art. 5, la
predisposizione dell'Elaborato tecnico della
copertura che si compone dei seguenti
elementi: ... (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Quarta raccolta di contributi tecnici,
normativi e di attualità sulla salute e
sicurezza del lavoro.
L'ISPESL ha realizzato e reso disponibile un
raccolta di pubblicazioni sul tema della
sicurezza nei luoghi di lavoro.
La pubblicazione, giunta alla quarta
edizione è la "RACCOLTA DI CONTRIBUTI
TECNICI, NORMATIVI E DI ATTUALITÀ SULLA
SALUTE E SICUREZZA DEL LAVORO".
All'interno del volume, aggiornato a Maggio
2010, trovano spazio le seguenti
pubblicazioni: ... (link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il C.S.L.P. approva le modifiche alle "Linee
Guida per la riduzione del rischio sismico
del patrimonio culturale".
Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici
ha approvato le modifiche alle linee guida
per la riduzione del rischio sismico del
patrimonio culturale.
Con il Parere 92/2010 del 23 luglio scorso,
infatti, il C.S.L.P. si è espresso
positivamente formulando osservazioni,
prescrizioni e raccomandazioni sullo schema
di "Direttiva per l'allineamento delle
Linee Guida per la valutazione e la
riduzione del rischio sismico del patrimonio
culturale alle nuove Norme Tecniche sulle
Costruzioni del 2008 e alla Circolare n.
617/2009".
La Direttiva, con indicazioni metodologiche
ed operative, costituisce un valido supporto
per la valutazione del rischio sismico del
patrimonio culturale tutelato in muratura
portante e per la scelta delle più opportune
azioni per la riduzione di questo stesso
rischio, a seguito dell'adozione delle Norme
Tecniche per le Costruzioni del 2008 e della
Circolare n. 617/2009.
Le "Linee Guida", ad opera del
Dipartimento della Protezione Civile e del
Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, sono state elaborate con
l'intento di specificare un percorso di
conoscenza, valutazione della sicurezza
sismica e progetto degli eventuali
interventi, concettualmente analogo a quello
previsto per le costruzioni non tutelate, ma
opportunamente adattato alle esigenze e
peculiarità del patrimonio culturale;
formulare, nel modo più oggettivo possibile,
il giudizio finale sulla sicurezza e sulla
conservazione garantite dall'intervento di
miglioramento sismico.
Le Linee Guida forniscono indicazioni per
definire l'azione sismica, in relazione alla
pericolosità del sito ed alla destinazione
d'uso del manufatto, e la capacità della
struttura, attraverso una corretta
conoscenza e modellazione del manufatto
(link a www.acca.it). |
DOTTRINA E
CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA:
SCIA in edilizia: l'Approfondimento
dell'ANCE.
L'articolo 49, comma 4-bis del D.L. 78/2010,
convertito dalla L. 122/2010, ha introdotto
la "segnalazione certificata di inizio
attività (SCIA)", sostituendo
integralmente la disciplina della
dichiarazione di inizio attività contenuta
nel previgente articolo 19 della legge
07.08.1990 n. 241.
I primi chiarimenti del Governo sulla
Segnalazione Certificata di Inizio Attività
(SCIA) sono giunti attraverso una nota
dell'Ufficio legislativo del ministero della
Semplificazione, di concerto con i ministeri
della Pubblica Amministrazione, delle
Infrastrutture e dell'Economia, che ritiene
applicabile la disciplina della SCIA alla
materia edilizia.
Considerati i riflessi per il settore delle
costruzioni, l'Ance (Associazione Nazionale
dei Costruttori Edili) ha ritenuto opportuno
analizzare, con una nota di approfondimento,
i principali effetti derivanti
dall'applicazione del nuovo istituto
all'attività edilizia, anche alla luce dei
recenti chiarimenti forniti dal ministero
della semplificazione normativa (link a
www.acca.it). |
APPALTI SERVIZI:
G. Guzzo,
LE NUOVE REGOLE DEI SPL (Servizi Pubblici
Locali) ALLA LUCE DELLA DISCIPLINA ATTUATIVA
INTRODOTTA DAL D.P.R. N. 168/2010
(link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
M. Alesio,
Le procedure negoziate e la “Lex
Specialis” di gara: natura, tipologie e
problematiche (3° modulo - marzo 2010)
(link a http://doc.sspal.it). |
APPALTI:
M. Alesio,
Le procedure negoziate e la “Lex
Specialis” di gara: natura, tipologie e
problematiche (2° modulo - febbraio 2010)
(link a http://doc.sspal.it). |
APPALTI:
M. Alesio,
Le procedure negoziate e la “Lex
Specialis” di gara: natura, tipologie e
problematiche (1° modulo - febbraio 2010)
(link a http://doc.sspal.it). |
APPALTI:
C. Buonauro,
La nomina della commissione di gara nelle
procedure ad evidenza pubblica (luglio 2009)
(link a http://doc.sspal.it). |
INCARICHI PROGETTAZIONE:
C. Buonauro,
I rischi della semplificazione nella nuova
normativa sugli appalti pubblici: la
procedura di affidamento degli incarichi di
progettazione di ultima soglia (luglio 2009)
(link a http://doc.sspal.it). |
NEWS |
PUBBLICO IMPIEGO:
Il collegato lavoro articolo per articolo.
La Camera dei deputati ha approvato il
19.10.2010 in via definitiva il disegno di
legge (cosiddetto Collegato lavoro -
AC 1441-quater-F)
recante deleghe al Governo in materia di
lavori usuranti, di riorganizzazione di
enti, di congedi, aspettative e permessi, di
ammortizzatori sociali, di servizi per
l'impiego, di incentivi all'occupazione, di
apprendistato, di occupazione femminile,
nonché misure contro il lavoro sommerso e
disposizioni in tema di lavoro pubblico e di
controversie di lavoro.
Proponiamo una tabella di sintesi (a cura di
Pietro Gremigni) di tutti gli articoli del
nuovo provvedimento ... (link a
www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com). |
PUBBLICO IMPIEGO:
LA CAMERA APPROVA DEFINITIVAMENTE IL
COLLEGATO-LAVORO.
MODIFICATE LE NORME SULL'ARBITRATO. ORA SI
ATTENDE LA PROMULGAZIONE DEL PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA.
Il provvedimento contiene anche numerose,
importanti,
disposizioni in materia di lavoro pubblico
(link a www.uilpa.it). |
ENTI LOCALI:
Divieto di sponsorizzazioni: è la fine delle
sagre di paese?
Nelle pieghe della manovra finanziaria
realizzata alla vigilia della pausa estiva
figura come noto, ex art. 6, comma 9, del Dl
n. 78 del 2010, conv. con modificazioni
dalla L. n. 122 del 2010, il divieto, a
decorrere dall'anno 2011, per le
amministrazioni pubbliche inserite nel conto
economico consolidato della pubblica
amministrazione, come individuate
dall'Istituto nazionale di statistica
(Istat) ai sensi del comma 3 dell'art. 1
della legge n. 196 del 31.12.2009, incluse
le autorità indipendenti, di effettuare
spese per sponsorizzazioni.
La norma ha destato una diffusa apprensione,
specie nelle comunità locali, nel timore che
ciò si traduca, fra l'altro, nella fine
dell’esperienza delle sagre di paese e
manifestazioni similari (timore, questo,
dovuto probabilmente anche alla circostanza
che la nuova norma non specifica,
diversamente dal comma 15 dell'art. 61 del
d.l. n. 112, come convertito nella legge n.
133 del 2008, che le disposizioni relative
alle sponsorizzazioni "non si applicano
in via diretta" alle Regioni ed agli
altri enti territoriali) ... (link a
www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com). |
CONDOMINIO:
Gas con Iva al 10% in condomìni: il
beneficio non va duplicato. In caso di
utenza individuale già "agevolata", l'unità
immobiliare non partecipa al plafond
collettivo.
L'Agenzia delle Entrate, con la
risoluzione 22.10.2010 n. 112/E,
torna sulla disposizione contenuta nel
numero 127-bis della tabella A, parte III,
allegata al Dpr 633/1972, che, recependo una
direttiva comunitaria, prevede dal 2008
l'applicazione dell'aliquota Iva del 10%
alla somministrazione di gas metano per
combustione per usi civili (produzione di
acqua calda, cottura di cibi,
riscaldamento), nel limite annuo di 480
metri cubi. In pratica, la norma dispone la
tassazione al 10% per i primi 480 metri cubi
annui destinati ad usi civili, mentre i
consumi eccedenti devono essere tassati con
l'aliquota ordinaria del 20 per cento.
Con la
risoluzione 15.10.2010 n. 108/E è
stato specificato che, relativamente alla
somministrazione di gas metano per usi
civili nei confronti di condomìni e
cooperative di abitanti di edifici abitativi
che utilizzano impianti di tipo
centralizzato e collettivo, il limite di 480
metri cubi all'anno per fruire dell'aliquota
Iva agevolata al 10% si riferisce alle
singole utenze di ogni unità abitativa. Di
conseguenza, la soglia quantitativa di 480
metri cubi va moltiplicata per il numero
delle unità immobiliari il cui impianto di
riscaldamento è allacciato a quello
centralizzato.
Tale criterio -puntualizza ora la
risoluzione 112/2010- non si applica se sono
presenti utenze individuali che già
fruiscono della tassazione agevolata.
Pertanto, nel numero delle unità immobiliari
allacciate all'impianto centralizzato, da
moltiplicare per il limite di 480 mc., non
rientrano quelle dotate anche di impianto
autonomo, per il quale è già applicabile
l'aliquota agevolata (link a
www.nuovofiscooggi.it). |
SICUREZZA LAVORO:
In arrivo le linee guida per valutare lo
stress lavoro-correlato.
Il 31.12.2010 è il termine a partire dal
quale tutti i datori di lavoro, pubblici e
privati, dovranno svolgere la valutazione
dei rischi da stress lavoro correlato, nel
rispetto delle indicazioni che verranno
adottate dalla Commissione consultiva sulla
sicurezza sul lavoro.
In proposito, la Commissione ha istituito al
proprio interno uno specifico gruppo di
lavoro che, proprio in questi giorni, ha
terminato l’elaborazione di un documento
contenente le prime indicazioni operative e
di ordine metodologico per guidare il datore
di lavoro nei primi approcci alla
valutazione del rischio da stress
lavorativo. Il documento dovrà poi essere
sottoposto alla Commissione per la formale e
definitiva approvazione.
Il testo presenta elementi di forte
positività sia per la sua articolazione
strutturale, semplice e lineare, sia per i
contenuti che, pur se ancora migliorabili ed
integrabili, appaiono in linea con quanto
previsto dalla normativa vigente e, in
particolare, dall’accordo interconfederale 9
giugno 2008. Quest’ultimo, oltre a ribadire
che la valutazione del rischio da stress
lavoro-correlato, al pari di quanto avviene
per tutti gli altri rischi, deve essere
effettuata dal datore di lavoro nell’ambito
della propria organizzazione e secondo i
criteri già delineati dal quadro normativo
vigente, afferma i seguenti ulteriori
passaggi: ... (link a
www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
Guida al risparmio energetico.
In Rete tutti gli
aggiornamenti. Nella pubblicazione
dell’Agenzia le novità, in particolare,
sulle procedure per la fruizione delle
agevolazioni.
Al passo con i tempi “Le agevolazioni
fiscali per il risparmio energetico”, la
pubblicazione realizzata dall’Agenzia delle
Entrate sulla detrazione introdotta nel 2007
con l’obiettivo di incentivare il risparmio
e migliorare l’efficienza energetica degli
edifici esistenti.
E’ infatti on line l’ulteriore
aggiornamento della guida, che descrive i
vari tipi di intervento per i quali si ha
diritto al beneficio e gli adempimenti
necessari per ottenerlo. Aggiornamento
dovuto alle più recenti modifiche normative,
che hanno riguardato soprattutto le
procedure da seguire per usufruire
correttamente delle agevolazioni.
In particolare:
• per i lavori che proseguono oltre un
periodo d’imposta, è stato introdotto
l’obbligo di inviare telematicamente
all’Agenzia delle Entrate una specifica
comunicazione entro 90 giorni dal termine
del periodo d’imposta nel quale i lavori
hanno avuto inizio. Per i lavori che
proseguono per più anni, il modello deve
essere presentato entro 90 giorni dal
termine di ciascun periodo d’imposta in cui
sono state sostenute le spese oggetto della
comunicazione
• per gli interventi eseguiti dal 2009 è
obbligatorio ripartire la detrazione in 5
rate annuali di pari importo (per il 2008
andava da un minimo di tre a un massimo di
10 anni, mentre solo per il 2007 c’era
l’obbligo di ripartire la spesa in 3 rate
annuali uguali)
• è stata sostituita la tabella dei valori
limite della trasmittanza termica (decreto
del ministro dello Sviluppo economico del
06.01.2010).
Dall'01.07.2010, infine, al momento del
pagamento del bonifico effettuato dal
contribuente che intende avvalersi della
detrazione, banche e Poste italiane hanno
l’obbligo di effettuare una ritenuta del 10%
a titolo di acconto dell’imposta sul reddito
dovuta dall’impresa che effettua i lavori
(link a www.nuovofiscooggi.it). |
APPALTI:
UE: 30 giorni alle Pubbliche Amministrazioni
per pagare le imprese.
Via libera del Parlamento Europeo alla
direttiva sui ritardi delle Pubbliche
Amministrazioni nei pagamenti alle aziende
private fornitrici di beni e servizi.
In base alla nuova normativa, il limite
massimo di tempo per la liquidazione delle
fatture sarà di 30 giorni, prorogabile a 60
giorni per il settore sanitario o casi
eccezionali.
Oltre tali termini scatteranno gli interessi
di mora in misura (annua) pari all'8% più il
tasso di riferimento della BCE.
Per i pagamenti tra aziende private, la
direttiva stabilisce che le fatture dovranno
essere liquidate entro 60 giorni salvo
diversi accordi tra le parti.
La direttiva dovrà essere approvata
definitivamente dal Consiglio e dal
Parlamento UE (entro la fine di ottobre),
entrerà in vigore 20 giorni dopo la
pubblicazione sulla G.U.C.E. e dovrà essere
recepita dai singoli stati membri nei
successivi 24 mesi.
La direttiva lascia gli stati membri della
Ue liberi di mantenere o adottare
disposizioni più favorevoli al creditore:
non impedisce l'adozione di termini di
pagamento più brevi o sanzioni più severe.
Secondo l'ANCE, nel settore delle
costruzioni, il 44% delle imprese edili
subisce ritardi superiori ai 4 mesi oltre i
termini contrattuali (quindi vengono pagate
dopo più di sei mesi e mezzo dai lavori),
con punte che arrivano anche a 24 mesi, in
un quadro di costante e progressivo
peggioramento (link a www.acca.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Attuazione del PRG - Necessità
dello strumento esecutivo - Lotto intercluso
- Deroga.
La necessaria attuazione del PRG, se
prevista dallo stesso, mediante un Piano di
livello inferiore determina quali corollari
immediati che:
- il rilascio del titolo edilizio può essere
legittimamente disposto solo dopo che lo
strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed
efficace e si sia concluso il procedimento
(cfr. Cons. Stato, sez. V, 01.04.1997, n.
300);
- la inconfigurabilità di equipollenti al
piano attuativo, sulla base di indagini
tecniche di possibili edificazioni, le quali
vanificherebbero la funzione del Piano, che
se ritardata può essere stimolata
dall’interessato con gli strumenti
consentiti dal sistema (Cfr. Cons. Stato,
sez. IV, 30.12.2008, n. 6625).
Tuttavia, a fronte di tali principi e
corollari, la prassi giurisprudenziale ha
previsto una deroga eccezionale in presenza
della situazione di fatto costituita dal “lotto
intercluso” (cfr. da ultimo, Cons.
Stato, sez. IV, 10.06.2010, n. 3699).
Lotto intercluso -
Nozione.
La fattispecie del “lotto intercluso”
si realizza quando l’area edificabile di
proprietà del richiedente si trovi in una
zona interessata da costruzioni, sia dotata
di opere di urbanizzazione primaria e
secondaria e sia valorizzata da un progetto
conforme agli strumenti urbanistici:
elementi questi che consentono l’intervento
costruttivo diretto, attesa la sussistenza
di tale situazione di fatto del fondo non
potendo la inedificabilità dell’area essere
considerata sine die per l’assenza di
un piano di dettaglio, la cui attuazione
risulta necessaria in presenza di zone
parzialmente urbanizzate nelle quali detto
strumento urbanistico può conseguire
l’effetto di correggere e compensare il
disordine edificativo in atto (cfr. Cass.
pen, sez. III, 19.09.2008, n. 35880) (TAR
Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 18.10.2010 n. 32861 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - ATTI AMMINISTRATIVI:
RIFIUTI - Ordinanza contingibile
e urgente - Omissione della comunicazione di
avvio del procedimento - Presupposto -
Urgenza qualificata.
Il ricorso allo strumento dell’ordinanza
contingibile ed urgente (nella specie, di
rimozione e smaltimento di rifiuti)
giustifica l’omissione della comunicazione
di avvio del procedimento unicamente in
presenza di un’”urgenza qualificata”,
in relazione alle circostanze del caso
concreto, che deve essere debitamente
esplicitata in specifica motivazione (Cfr.:
TAR Campania, Sez. V, 03.02.2005, n. 764;
TAR Marche, 25.01.2002, n. 97; TAR Toscana,
Sez. II, 14.02.2000, n. 168) (TAR
Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 18.10.2010 n. 19881 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - Rimozione e smaltimento
- Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Ordinanza
sindacale - Accertamenti effettuati in
contraddittorio con i soggetti interessati.
Alla stregua dell’art. 192, II comma, del
D.L.vo n. 152/2006, le misure di rimozione,
avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti e
di ripristino ambientale dello stato dei
luoghi a carico di “chiunque i divieti di
cui ai commi 1 e 2”, disposte con
ordinanza sindacale, sono in ogni caso
condizionate “ad accertamenti effettuati
in contraddittorio con i soggetti
interessati, dai soggetti preposti al
controllo” (TAR Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 18.10.2010 n. 19881 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sui limiti dell'affidamento
diretto alle società miste ai sensi
dell'art. 113, c. 5, lett. b), del D.Lvo
267/2000.
Premesso che il principio generale è sempre
quello della gara, e che l'affidamento
diretto è sempre una deroga a tale
principio, deroga consentita in casi di
stretta interpretazione, la società mista si
giustifica quale forma di partenariato
pubblico-privato costituito per la gestione
di uno specifico servizio per un tempo
determinato.
In altri termini, non si ha in questi casi
una esenzione dal principio della gara, ma
muta l'oggetto della gara, che deve sempre
essere esperita ma non più per trovare il
terzo gestore del servizio, bensì il partner
privato con cui gestire il servizio.
E' evidente quindi che le società miste
cosiddette aperte, costituite cioè per
finalità specifiche ma indifferenziate, non
possono essere affidatarie dirette in quanto
non soddisfano le condizioni a cui è
ancorata la deroga.
Pertanto, l'acquisizione nel caso di specie
di una partecipazione azionaria di una
società costituita in precedenza, ancorché
avente ad oggetto la gestione dei rifiuti,
non era sufficiente a legittimare
l'affidamento diretto e ad escludere la
necessità della gara (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 15.10.2010 n. 7533 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Le società miste cosiddette
"aperte" non possono essere affidatarie
dirette in quanto non soddisfano le
condizioni a cui è ancorata la deroga.
L’Adunanza Plenaria n. 1 del 2008 ha
chiarito i limiti dell’affidamento diretto
alle società miste ai sensi dell’art 113,
comma 5, lett. b), del D.Lvo 267/2000.
Premesso che il principio generale è sempre
quello della gara, e che l’affidamento
diretto è sempre una deroga a tale
principio, deroga consentita in casi di
stretta interpretazione, la società mista si
giustifica quale forma di partenariato
pubblico-privato costituito per la gestione
di uno specifico servizio per un tempo
determinato.
In altri termini, non si ha in questi casi
una esenzione dal principio della gara, ma
muta l’oggetto della gara, che deve sempre
essere esperita ma non più per trovare il
terzo gestore del servizio, bensì il partner
privato con cui gestire il servizio.
E’ evidente quindi che le società miste
cosiddette aperte, costituite cioè per
finalità specifiche ma indifferenziate, non
possono essere affidatarie dirette in quanto
non soddisfano le condizioni a cui è
ancorata la deroga. Pertanto, l’acquisizione
nel caso di specie di una partecipazione
azionaria di una società costituita in
precedenza, ancorché avente ad oggetto la
gestione dei rifiuti, non era sufficiente a
legittimare l’affidamento diretto e ad
escludere la necessità della gara (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 15.10.2010 n. 7533 -
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AMBIENTE-ECOLOGIA:
È sottratta ai comuni ogni
potestà regolamentare in materia di fanghi
biologici.
L’art 6 del D.Lgs. n. 99/1992 demanda alla
Regione la potestà di stabilire “limiti e
condizioni di utilizzazione in agricoltura
di fanghi in relazione alle caratteristiche
dei suoli, ai tipi di colture praticate,
alla composizione dei fanghi, alle modalità
di trattamento”, nonché di stabilire “le
distanze di rispetto per l'applicazione dei
fanghi dai centri abitati, dagli
insediamenti sparsi, dai pozzi di captazione
delle acque potabili, dei corsi d'acqua
superficiali, tenendo conto delle
caratteristiche dei terreni (permeabilità,
pendenza), delle condizioni meteo climatiche
della zona, delle caratteristiche fisiche
dei fanghi”; l'art. 196 del D.Lgs. n.
152/2006 stabilisce, inoltre, che spetta
alla Regione la regolamentazione
dell'attività di gestione dei rifiuti.
Deve, quindi, considerarsi sottratta ai
comuni ogni potestà regolamentare in materia
di fanghi biologici, restando riservata agli
stessi solo la potestà di sanzionare la
violazione delle disposizioni regolamentari
preventivamente stabilite dalla Regione, ove
queste si sostanzino in violazioni della
normativa regolamentare in materia di
igiene.
Pertanto, deve ritenersi illegittimo che il
comune, nell'ambito dei propri poteri, detti
norme derogatorie sia della disciplina sopra
richiamata che delle specifiche norme della
Regione Lombardia, di regolamentazione della
materia e di delega alle province delle
funzioni autorizzative in materia di
spandimento di fanghi biologici (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 15.10.2010 n. 7528 -
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APPALTI:
Il Consorzio in possesso della
qualificazione per i lavori appaltati può
affidare l’esecuzione degli stessi anche ad
una impresa priva dei requisiti di adeguata
qualificazione.
Con una delle numerose doglianze presenti
nella sentenza in commento si è argomentato
che un Consorzio avrebbe dovuto essere
escluso dalla gara avendo designato per la
esecuzione dei lavori una impresa
qualificata per la esecuzione di lavori
nella categoria OG2, classifica III, priva
dei requisiti di capacità tecnica per la
esecuzione dei lavori di categoria OG2,
classifica IV.
Il TAR, al contrario, avrebbe affermato che
il Consorzio era in possesso della
qualificazione e quindi poteva affidare
l’esecuzione dei lavori anche ad una impresa
priva dei requisiti di adeguata
qualificazione. Viceversa, contestano i
ricorrenti, il Consorzio, che non ha una sua
struttura di impresa e non esegue
direttamente i lavori, non poteva affidare
la esecuzione dei lavori ad imprese prive
dei requisiti di capacità economica, tecnica
e finanziaria, perché la costituzione dei
Consorzi non può risolversi in espediente
per aggirare le norme sulla qualificazione.
Va rilevato al riguardo, ad avviso dei
giudici del Consiglio di Stato, che il TAR
ha in proposito considerato che sulla base
della definizione che dei consorzi stabili
danno sia l'art. 12 della legge 11.02.1994,
n. 109, che l’art. 36 del D.Lgs. n. 163 del
2006, si evince che, sebbene tanto il
Consorzio stabile quanto le imprese
consorziate conservino la loro autonoma
soggettività giuridica, tuttavia sussiste
tra esse un legame ben più stretto di ogni
altra forma di collegamento già raffigurata
dalla legge qualificabile quale rapporto di
tipo organico, sicché unico soggetto
interlocutore dell'Amministrazione
appaltante è il Consorzio stesso, che
assumerà la veste di parte del contratto,
con la relativa assunzione in proprio di
tutti gli obblighi, gli oneri e le
responsabilità.
Ha pertanto rilevato il Giudice di prime
cure che ”sia dagli atti di causa che
nella domanda di partecipazione alla gara,
che risulta speso lo status di Consorzio e,
quale soggetto esecutore, è stata designata
l'Impresa <…>, potendo i consorzi stabili
far eseguire i lavori appaltati alle imprese
consorziate, senza che da ciò possa
configurarsi l'istituto del subappalto,
proprio perché legati da un rapporto interno
di tipo organico. È stato, altresì,
comprovato, con il deposito
dell'attestazione SOA, il possesso della
qualificazione alla realizzazione dei lavori
di cui alla categoria OG2 classifica IV, di
tal che la censura deve essere disattesa”.
Osserva al riguardo il giudice d’appello
che, in tema di requisiti soggettivi di
partecipazione dei Consorzi alle procedure
di evidenza pubblica, la giurisprudenza è
orientata nel senso che, una volta che il
Consorzio abbia superato la preselezione
valendosi anche della somma dei requisiti
delle ditte consorziate, non può più
richiedersi ad esso l'esecuzione da parte di
una singola consorziata anche se è tale
ditta che assicura la presenza dei requisiti
soggettivi richiesti per l'ammissione alla
gara, essendo l'esecuzione dell'appalto di
competenza del Consorzio, che potrà
adempiere secondo le regole contrattuali che
sono a fondamento della sua costituzione e
del suo funzionamento, sempre che non siano
richiesti requisiti soggettivi che attestino
una capacità tecnica specifica che
l'ordinamento riconosca solo ad alcuni
soggetti con una regolamentazione a livello
normativo delle modalità di conseguimento di
tale idoneità, come l’iscrizione in albi,
elenchi speciali ovvero conseguimento di
particolari abilitazioni (Consiglio Stato,
sez. V, 29.11.2004, n. 7765).
Il Consorzio stipula quindi il contratto in
nome proprio ma per conto delle imprese
consorziate, alle quali poi assegna i
lavori, senza che sia obbligato a rispettare
l’assegnazione originaria, anche perché il
D.P.R. n. 34 del 2000 non prevede la
coincidenza tra le qualificazioni delle
singole imprese consorziate e la
qualificazione SOA del Consorzio.
Ciò non costituisce un espediente per
aggirare le norme sulla qualificazione,
atteso che, come già evidenziato, è il
Consorzio e non le singole imprese
consorziate che è dotato di soggettività
giuridica nel partecipare alla gara ed è ai
requisiti di idoneità tecnica e finanziaria
posseduti e comprovati da esso, mediante il
cumulo dei requisiti posseduti dalle singole
consorziate, che occorre far riferimento nel
valutare i requisiti di partecipazione alla
gara (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 15.10.2010 n. 7524 -
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APPALTI:
È idoneo a radicare la
legittimazione al ricorso anche l’interesse
strumentale alla riedizione integrale della
procedura.
In applicazione delle coordinate sancite
dalla decisione n. 11/2008 dell’Adunanza
Plenaria di questo Consiglio, in materia di
rapporti tra ricorso principale e ricorso
incidentale, si deve infatti convenire che è
idoneo a radicare la legittimazione al
ricorso anche l’interesse strumentale alla
riedizione integrale della procedura.
Si deve, in particolare, rimarcare che, in
una prospettiva coerente con i principi di
pienezza ed effettività della tutela
giurisdizionale, costituisce bene della vita
meritevole di protezione giurisdizionale
anche la chance di aggiudicazione
derivante dalla partecipazione alla nuova
procedura, sempre che l’impresa abbia
differenziato, con la domanda di
partecipazione, la propria posizione
rispetto al quisque de populo e che
non sussistano preclusioni soggettive alla
partecipazione alla nuova procedura
(Consiglio Stato, sez. V, 01.02.2010, n.
417; Consiglio Stato ad. plen., 15.04.2010,
n. 1, che mette l’accento proprio sul dato
discriminante dato dalla possibilità, per
l’impresa esclusa, di partecipare ad
un'eventuale nuova gara bandita dalla
stazione appaltante) (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 15.10.2010 n. 7515 -
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ATTI AMMINISTRATIVI:
Provvedimento - Atto meramente
confermativo (conferma impropria) - Conferma
in senso proprio - Differenza.
Si ha un atto meramente confermativo (la
c.d. conferma impropria) quando
l'Amministrazione, di fronte ad un'istanza
di riesame, si limiti a dichiarare
l'esistenza di un suo precedente
provvedimento, senza compiere alcuna nuova
istruttoria e senza una nuova motivazione.
Per queste sue caratteristiche, l'atto
meramente confermativo non riapre i termini
per impugnare. Esso non rappresenta,
infatti, un'autonoma determinazione
dell'Amministrazione, sia pure identica nel
contenuto alla precedente, ma solo la
manifestazione della decisione
dell'Amministrazione di non ritornare sulle
scelte già effettuate.
Si ha, al contrario, conferma in senso
proprio, quando la p.a. entra nel merito
della nuova istanza e, dopo aver
riconsiderato i fatti e i motivi prospettati
dal richiedente, si esprima in senso
negativo (TAR Calabria Catanzaro, sez. I,
01.04.2010, n. 396; TAR Lombardia Milano,
sez. III, 11.05.2010, n. 1453).
Pertanto, il provvedimento di conferma si
differenzia dall'atto meramente confermativo
per due caratteristiche: perché viene
disposta una nuova istruttoria e perché, in
seguito ad essa, viene adottato un
provvedimento di conferma, che assorbe e
sostituisce quello confermato (TAR Liguria
Genova, sez. II, 12.07.2010, n. 5673) (TAR
Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 15.10.2010 n. 2086 -
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ESPROPRIAZIONI:
Il provvedimento di sanatoria ex
art. 43 t.u. espropriazioni annulla
l’eventuale precedente condanna giudiziale
alla restituzione del fondo occupato sine
titulo.
La Sezione ha già avuto modo di affermare
che la natura del provvedimento di sanatoria
previsto dal cit. art. 43 è tale da porre
nel nulla l’eventuale precedente condanna
giudiziale (passata o meno in giudicato)
alla restituzione del fondo occupato sine
titulo, in quanto l’ordine di
restituzione non incide sulla struttura
dell’istituto in parola, il quale presuppone
appunto l’assodata lesione del diritto di
proprietà altrui dal momento che la
restituzione è conseguenza dell’accertamento
della proprietà dei beni e non implica
effetti costitutivi (unici effettivamente
incompatibili con il provvedimento reso ex
art. 43 cit.); il giudice che la dispone non
modifica, infatti, la situazione giuridica
precedente l’abusiva detenzione del bene ma
semplicemente l’accerta, sicché il suo
ordine non è idoneo a paralizzare un atto di
autorità che, consapevolmente, viola il
diritto di proprietà senza contestarne la
titolarità secondo uno schema reso possibile
dall'art. 42, co. 3, Cost..
Invero, una volta adottato il provvedimento
di sanatoria, tutte le aspettative di tutela
del privato, restitutorie e risarcitorie, si
canalizzano nell’eventuale contenzioso
avente ad oggetto il provvedimento in
questione e ben possono essere integralmente
soddisfatte a conclusione del relativo
giudizio (cfr. Cons. St., questa Sez. V,
11.05.2009 n. 2877, menzionata
dall’appellante, nonché Cons. giust. amm.,
29.05.2008 n. 490, ivi richiamata).
E' agevole
opporre l’indirizzo già espresso dalla
giurisprudenza amministrativa, seguito dalla
Sezione e dal quale il Collegio non intende
discostarsi, col quale, pur nella
consapevolezza della contraria tesi
sostenuta dalla Corte di cassazione sul
punto (cfr. Sez. I, 22.09.2008 n. 23943;
Sez. un. 04.05.2006 n. 10222), è stato
affermato che l’art. 43 si riferisce a tutti
i casi di occupazioni sine titulo,
anche già verificatisi alla data di entrata
in vigore del t.u., giacché l’art. 57 del
medesimo t.u. disciplina in via transitoria
l’ambito di applicazione della riforma in
relazione alle diverse fasi fisiologiche del
procedimento espropriativo, mentre l’atto di
acquisizione ex art. 43 è emesso ab
externo al medesimo procedimento e non
rientra, pertanto, nel predetto ambito (cfr.
Cons. St., Ad. plen., 29.04.2005 n. 2; Sez.
IV, 21.05.2007 n. 2582 e 04.02.2008 n. 303;
Sez. V, cit. n. 2877 del 2009)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 13.10.2010 n. 7472 -
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APPALTI:
L’avvenuta costituzione
dell’associazione temporanea non priva le
singole imprese facenti parte della stessa
associazione di legittimazione processuale
attiva.
L’avvenuta costituzione dell’associazione
temporanea non priva le singole imprese
facenti parte della stessa associazione di
legittimazione processuale attiva, atteso
che il conferimento del mandato speciale
all’impresa capogruppo (riguardante l’a.t.i.)
non preclude la facoltà delle singole
imprese di agire singulatim, mancando
un’espressa previsione in tal senso nella
normativa sia comunitaria che nazionale
(cfr. Cons. St., sez. VI, 25.11.2008 n.
5773, nonché sez. V, 28.12.2007 n. 6689 e
23.10.2007 n. 5577; cfr., altresì, Corte
giust. CE, ord. 04.10.2007 resa nella causa
C-492/06); altrettanto è, dunque, anche
circa la speculare legittimazione passiva di
dette singole imprese (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 13.10.2010 n. 7467 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Quando oggetto dell'appalto è un
servizio di cui all'allegato II B, si
applicano i soli artt. 65, 68 e 225 del
D.Lgs. n. 165/2006 (Codice dei contratti
pubblici).
Agli appalti di servizi compresi
nell'allegato II B del D.Lgs. n. 165/2006
(Codice dei contratti pubblici), si
applicano i soli artt. 65, 68 e 225 del
citato D.Lgs. n. 165/06 (analogamente a
quanto disposto dall'art. 20 della dir. CE
n. 18/04).
Pertanto, nel caso di specie, riguardante
l'affidamento del "servizio di assistenza
domiciliare" ad un Consorzio non va
applicato l'art. 35 del D.Lgs. n. 165/2006,
ma la disciplina specialistica (art. 8 L. n.
381/1991), a prescindere da qualsivoglia
rapporto di avvalimento atteso che, si è in
presenza di un rapporto organico in
conseguenza del quale l'attività posta in
essere da ciascuna cooperativa, nella sua
qualità di consorziata, è immediatamente
imputabile al Consorzio, con conseguente
irrilevanza della mancanza dei requisiti di
capacità tecnica e di fatturato nell'ultimo
triennio in capo al Consorzio, atteso il
possesso di tali requisiti da parte delle
consorziate.
Deve ritenersi, infatti, che la normativa
applicabile alla fattispecie rende
possibile, senza limitazioni, il cumulo dei
requisiti, in forza del rapporto organico
che regola le società cooperative (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 08.10.2010 n. 7346 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
L'art. 83, c. 4, del d.lvo n.
163/2006, prevede che sia il bando di gara a
individuare i sub-criteri, i sub-pesi ed i
sub-punteggi, eliminando in proposito ogni
margine di discrezionalità in capo alla
commissione giudicatrice.
L'art. 83, c.4, del d.lvo n. 163 del 2006
(c.d. Codice degli appalti) porta
all'estremo la limitazione della
discrezionalità della commissione
giudicatrice nella specificazione dei
criteri, escludendone ogni facoltà di
integrare il bando, e quindi facendo obbligo
a quest'ultimo [cioè al bando] di prevedere
e specificare gli eventuali sottocriteri.
Dunque, il potere della commissione
giudicatrice di suddividere i criteri in
dettagliati sottopunteggi è precluso dalle
disposizioni del citato art. 83, il quale
prevede che sia il bando di gara a
individuare i sub-criteri, i sub-pesi ed i
sub-punteggi, eliminando in proposito ogni
margine di discrezionalità in capo alla
commissione giudicatrice.
In buona sostanza, la mancata specificazione
già nel bando di tutti i criteri e
sub-criteri di valutazione dell'offerta (e
dei corrispondenti punteggi e sub-punteggi)
deve considerarsi illegittima (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 01.10.2010 n. 7256 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
Le controversie riguardanti e
vicende di un rapporto di concessione di
pubblico servizio, compresa la decadenza,
non estesi a indennità, canoni ed altri
corrispettivi, rientrano nella giurisdizione
amministrativa.
Sulla differenza tra la società in house e
la società mista.
I giudizi aventi ad oggetto le vicende di un
rapporto di concessione di pubblico
servizio, compresa la decadenza, non estesi
a indennità, canoni ed altri corrispettivi,
rientrano nella giurisdizione amministrativa
ai sensi dell'art. 33 d.lgs. 31.03.1998 n.
80, nel testo, modificato dall'art. 7 l.
21.07.2000 n. 205 e risultante dalla
dichiarazione d'illegittimità costituzionale
pronunciata dalla Corte costituzionale con
sentenza n. 204 del 2004.
La differenza tra la società in house e la
società mista consiste nel fatto che la
prima agisce come un vero e proprio organo
dell'Amministrazione dal punto di vista
sostanziale (e, per questo, è richiesto il
requisito del controllo analogo a quello
esercitato sui propri servizi
dall'amministrazione aggiudicatrice e della
destinazione prevalente dell'attività
dell'ente in house in favore
dell'Amministrazione stessa), mentre la
diversa figura della società mista a
partecipazione pubblica, in cui il socio
privato è scelto con una procedura ad
evidenza pubblica, presuppone la creazione
di un modello nuovo, nel quale interessi
pubblici e privati trovino convergenza; in
quest'ultimo caso, l'affidamento di un
servizio ad una società mista è ritenuto
ammissibile a condizione che si sia svolta
una unica gara per la scelta del socio e
l'individuazione del determinato servizio da
svolgere, delimitato in sede di gara sia
temporalmente che con riferimento
all'oggetto (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 30.09.2010 n. 7214 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Risarcimento sempre più basso.
Il Consiglio di Stato afferma che il mancato
utile dalla negata aggiudicazione
(riconosciuto in misura pari al 10% in
analogia a quanto avviene per i casi di
risoluzione del contratto) deve essere
ulteriormente decurtato del 50%, in
relazione all'"aliunde perceptum vel
percipiendum", ossia alla facoltà, per
l'impresa, di impiegare utilmente la propria
organizzazione in altre attività
remunerative.
Si tratta di un criterio molto discutibile,
visto che mancando l'aggiudicazione
l'impresa è costretta ad utilizzare il
proprio apparato in altre commesse, mentre
invece, ove si aggiudicasse il contratto,
potrebbe decidere di potenziarlo,
incrementando così l'utile complessivo.
Il criterio dell'"aliunde perceptum",
se può valere nel diritto del lavoro (ove il
singolo lavoratore dispone di energie
limitate e non moltiplicabili) non sembra
costituire criterio razionale di riduzione
del risarcimento del danno nei rapporti con
imprese (commento tratto da
www.amministrativistimonzabrianza.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 21.09.2010 n. 7004 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROGETTUALI: La
redazione di un piano di lottizzazione e, in
genere, di uno strumento di programmazione
urbanistica costituisce attività che
richiede una competenza specifica in tale
settore attraverso una visione di insieme e
la capacità di affrontare e risolvere i
problemi di carattere programmatorio che
postulano valutazioni complessive non
rientranti nella competenza professionale
del geometra.
Secondo la prevalente giurisprudenza (cfr.
TAR Brescia, sez. I, 29.10.2008 n. 1466,
Cons. St. Sez. IV 03.09.2001 n. 4620) la
redazione di un piano di lottizzazione e, in
genere, di uno strumento di programmazione
urbanistica costituisce attività che
richiede una competenza specifica in tale
settore attraverso una visione di insieme e
la capacità di affrontare e risolvere i
problemi di carattere programmatorio che
postulano valutazioni complessive non
rientranti nella competenza professionale
del geometra, così come definita dall'art.
16 del R.D. n. 274 del 1929
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 01.09.2010 n. 3354 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE: Sulle modalità di
notifica degli atti espropriativi.
L’omessa notifica degli atti espropriativi
ai comproprietari non risultanti dai dati
catastali (invece
notificati al comproprietario risultante dai
citati dati) non assume né carattere
invalidante di detti
atti, né legittima una difesa tardiva in
sede giurisdizionale, ovvero in sede
amministrativa, in ordine
alle scelte operate dall’Amministrazione,
essendo comunque onere del privato
interessato curare
l’esatta corrispondenza delle risultanze
catastali alla reale situazione giuridica
del bene oggetto della
procedura ablatoria.
Ciò perché è da evitare
che le negligenze dell’avente titolo possano
andare a
discapito del buon andamento dell’azione
amministrativa, a tutela del quale può dirsi
anche posto il
principio della certezza delle situazioni
giuridiche dell’attività della P.A.
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 10.06.2010 n. 3690 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE: Sui
presupposti per l’acquisizione sanante.
In ordine ai presupposti di fatto e di
diritto per la possibile applicazione da
parte della P.A. dell'innovativo strumento
della c.d. acquisizione coattiva "sanante"
introdotto dall'art. 43 primo comma del
D.P.R. n. 327/2001, va ribadito che esso è
utilizzabile unicamente nell’ipotesi in cui
il bene immobile, utilizzato per scopi di
interesse pubblico, sia stato concretamente
e apprezzabilmente modificato dalla Pubblica
Amministrazione (in assenza del valido ed
efficace provvedimento di esproprio o
dichiarativo della p.u.).
Tale esigenza, secondo la giurisprudenza più
recente (che sposta il fulcro della verifica
giudiziale sul concetto di "assoluta
necessità dell'utilizzo pubblico del bene"
e sul grado di approfondimento motivazionale
della comparazione degli interessi in
conflitto), assume portata recessiva,
essendosi di recente affermato che nell'art.
43 d.P.R. n. 327 del 2001 l'espressione “valutati
gli interessi in conflitto” comporta la
necessità di una valutazione comparativa tra
l'interesse pubblico e quello privato,
quest'ultimo inteso come interesse alla
tutela di un diritto costituzionalmente
garantito.
Sotto questo profilo, quindi, la motivazione
deve porre in luce esattamente i motivi
d'interesse alla realizzazione dell'opera,
indicando anche la non percorribilità di
soluzioni alternative; deve dare preciso
conto delle contingenze che hanno
interrotto, sospeso, annullato o comunque
non hanno condotto a buon fine il giusto
procedimento espropriativo; della assoluta
necessità, e non mera utilità, che
l'immobile sia acquisito nello stato in cui
si trova; infine, della natura della
trasformazione subita e dunque del fatto che
la mancata acquisizione costituirebbe uno
spreco di risorse pubbliche.
E ciò, quindi, prescindendo da
un'irreversibile trasformazione del suolo,
la quale, in teoria, invero, è sempre
possibile, e che quindi si risolve in una
questione di fatto, senza alcuna rilevanza
sul diritto assoluto del proprietario alla
restituzione del bene; lo stato dell'opera
pubblica, e quindi il grado di
trasformazione che il fondo ha subito, sono
questioni, invero, di fatto, che rilevano
solo sul grado e sulla profondità della
motivazione.
Nella fattispecie, al momento dell’emissione
del provvedimento ex art. 43 citato,
l'amministrazione non deteneva materialmente
il bene; manca, pertanto, uno dei
presupposti fondamentali per l'esercizio del
potere in questione, vale a dire
l'utilizzazione in atto del bene, che era
rientrato nel pieno possesso del
proprietario.
Ciò perché, secondo la costante
giurisprudenza amministrativa, il
provvedimento di acquisizione sanante ex
art. 43 del t.u. espropriazione per p.u.
deve trovare la sua giustificazione nella
particolare rilevanza dell'interesse
pubblico posto a raffronto con l'interesse
privato, con la conseguenza che la
motivazione dell'atto o della richiesta di
acquisizione deve necessariamente dare atto
della sussistenza del predetto interesse
pubblico specifico alla acquisizione e della
comparazione di tale interesse con gli
interessi dei soggetti privati coinvolti.
In sostanza, ciò che l'ordinamento richiede
è una valutazione "rafforzata"
dell'interesse pubblico, in ossequio al
principio per cui "l'art. 43 t.u. n. 327
del 2001 attribuisce alla p.a. un ampio
potere discrezionale da esercitare previa
apposita e puntuale valutazione degli
interessi in conflitto, in quanto l'atto di
acquisizione, che assorbe dichiarazione di
pubblica utilità e decreto di esproprio,
deve, non solo valutare la pubblica utilità
dell'opera, secondo i parametri consueti, ma
deve altresì tenere conto che il potere
acquisitivo in parola -avente, in qualche
misura, valore sanante dell'illegittimità
della procedura espropriativa, ma solo "ex
nunc"- ha natura eccezionale e non può
risolversi in una mera alternativa alla
procedura ordinaria" (Consiglio Stato,
sez. IV, 26.02.2009, n. 1136).
Condivisibile è il principio secondo il
quale il provvedimento di acquisizione
sanante di aree di proprietà private
illegittimamente occupate, introdotto
dall'art. 43, t.u. 08.06.2001 n. 327, che
assorbe la dichiarazione di pubblica utilità
ed il decreto di esproprio, costituisce
espressione di potere discrezionale che deve
peraltro essere esercitato dopo aver
acquisito, ponderato e valutato gli
interessi in conflitto, nel senso che
l'amministrazione procedente non deve
considerare soltanto l'astratta idoneità
dell'opera a soddisfare esigenze di
carattere generale ma, in ragione della
natura eccezionale della procedura, deve
compiere una esaustiva ponderazione degli
interessi in conflitto dando conto con una
congrua motivazione della sussistenza
attuale di un interesse pubblico specifico e
concreto.
Il parametro di verifica della ricorrenza
dei presupposti deve considerarsi quello
della "assoluta necessità
dell'acquisizione del bene", come
ritenuto dalla giurisprudenza più recente.
La disposizione in esame non configura un
diritto assolutamente potestativo
dell'amministrazione, esercitabile senza
alcun limite, ma deve necessariamente
inquadrarsi, quanto ai presupposti
legittimanti, nell'alveo di quanto i primi
due commi dell'art. 43 prescrivono per
l'esercizio di tale forma straordinaria ed
eccezionale di acquisizione di beni privati
da parte dell'amministrazione
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 09.06.2010 n.
3655 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE: Sull’acquisizione
sanante.
Nel caso di irreversibile trasformazione del
fondo a seguito di procedura espropriativa
divenuta
illegittima per mancata emissione del
decreto di espropriazione definitiva nei
termini, il G.A. deve
assegnare alla P.A. un termine perché
definisca (in via negoziale o autoritativa,
ex art. 43 d.P.R. n.
327 del 2001) la sorte della titolarità del
bene illecitamente appreso, cui segue, ma in
posizione
subordinata e condizionata, la condanna
risarcitoria, secondo il criterio previsto
dallo stesso art. 43
(valore venale del bene al tempo
dell’occupazione illegittima, maggiorato
degli interessi moratori o dalla transazione
e dal prezzo della compravendita, in caso di
esito negoziale)
(massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR
Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 12.05.2010 n.
4250 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Sulla
potestà pianificatoria e sulla natura del
vincolo conformativa.
In sede di
adozione di un nuovo strumento urbanistico,
non occorre una specifica motivazione nel
caso di mutamento, in senso peggiorativo,
della destinazione di zona, nel caso di
preesistente possibilità edificatoria,
atteso che, in questo caso, il mutamento di
destinazione trova esauriente
giustificazione, in linea con quanto
previsto dall'art. 10, comma 7, della legge
17.08.1942, n. 1150, nelle "sopravvenute
ragioni che determinino la totale o parziale
inattuabilità del piano o la convenienza di
migliorarlo".
Pertanto, in sede di adozione di un nuovo
strumento urbanistico, l'Amministrazione ben
può introdurre innovazioni atte a migliorare
e ad aggiornare le vigenti prescrizioni
urbanistiche alle nuove esigenze; e ciò
anche nel caso in cui la scelta effettuata
imponga sacrifici ai proprietari interessati
e li differenzi rispetto ad altri, che
abbiano già proceduto all'utilizzazione
edificatoria dell'area secondo la previgente
destinazione.
Il vincolo a "verde pubblico attrezzato",
previsto da un P.R.G., non ha natura
espropriativa, qualificandosi come vincolo
di natura conformativa della proprietà,
ponendo limitazioni in funzione
dell'interesse pubblico generale. Trattasi,
infatti di vincoli derivanti da limiti non
ablatori, posti normalmente dalla
pianificazione urbanistica, derivanti da
destinazioni realizzabili anche attraverso
l'iniziativa privata, in regime di economia
di mercato (massima
tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 12.05.2010 n. 2843 - link a www.giustizia-
amministrativa.it). |
URBANISTICA: Sull’indennizzo
in caso di reiterazione dei vincoli.
Nel caso di reiterazione di vincoli a
contenuto espropriativo, i profili attinenti
alla spettanza o meno dell’indennizzo e al
suo pagamento non attengono alla legittimità
del procedimento amministrativo, ma
riguardano questioni di carattere
patrimoniale (che presuppongono la
conclusione del procedimento di
pianificazione) (massima tratta da http://doc.sspal.it
- Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 06.05.2010 n.
2627 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Sull’obbligo
di motivazione in caso di variante puntuale
o specifica.
Se è vero, da un lato, che le scelte di
ordine urbanistico sono riservate alla
discrezionalità dell'amministrazione, cui
compete il coordinamento di quelle esigenze
che nella concreta realtà si presentano in
modo articolato, con la conseguenza che
nell'adozione di un atto di programmazione
territoriale avente rilevanza generale
l'amministrazione stessa non è tenuta a dare
specifica motivazione delle singole scelte
operate, in quanto le stesse trovano
giustificazione nei criteri generali di
impostazione del piano, nondimeno la
variante di un piano regolatore che
conferisce nuova destinazione ad aree che
risultano già urbanisticamente classificate
necessita di apposita motivazione, quando le
classificazioni preesistenti siano assistite
da specifiche aspettative, in capo ai
rispettivi titolari, nel senso che deve
trattarsi di scelte che incidano su
specifiche aspettative, come quelle
derivanti da un piano di lottizzazione
approvato o da un giudicato di annullamento
di un diniego di concessione
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 04.05.2010 n.
2545 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Sulla reiterazione dei
vincoli espropriativi.
Se è vero che la reiterazione di un vincolo
urbanistico preordinato all'esproprio deve
essere
motivata, perché è destinata a incidere
sulla sfera giuridica di un proprietario già
per un
quinquennio titolare di un bene suscettibile
di esproprio, è tuttavia sufficiente che
l'amministrazione
indichi le ragioni che l'hanno indotta
nuovamente a scegliere proprio l'area sulla
quale la precedente
scelta si era appuntata
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 21.04.2010 n. 2262 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE: Sull’articolazione
del procedimento espropriativo.
Il procedimento espropriativo viene
disciplinato come unitario ed in esso si
articolano tre fasi, costituenti altrettanti
subprocedimenti, di cui il primo è proprio
costituito dall'apposizione del vincolo
preordinato all'esproprio (mentre gli altri
sono da individuarsi nella dichiarazione di
pubblica utilità e nel decreto di
esproprio), con il quale viene localizzata
l'opera pubblica o di pubblica utilità da
realizzare, con la correlata individuazione
del bene da espropriare.
Dovendosi assicurare la conformità
dell'opera alla normativa urbanistica di
riferimento, il vincolo espropriativo si può
legittimamente apporre unicamente quando
diventa efficace l'atto di approvazione del
piano urbanistico generale o, in mancanza,
in caso di approvazione di una variante del
piano urbanistico generale.
L'ordinamento ritiene doveroso riservare, in
precisi momenti del procedimento
espropriativo e dei vari atti in cui esso si
articola, determinate garanzie ai soggetti
destinatari delle procedure espropriative,
facendo in modo, non solo che i loro beni
vengano a trovarsi in uno stato di
soggezione entro termini certi e
predeterminati, ma garantendo loro non una
qualsiasi fattispecie di partecipazione, sia
pure meramente formale, ma una
partecipazione qualificata, in grado, cioè,
di consentire al proprietario espropriando
nelle principali fasi in cui si articola la
procedura, una difesa a ragion veduta delle
proprie ragioni, al tempo stesso
assecondando (per la ulteriore funzione
collaborativa che la partecipazione può
offrire) le esigenze funzionali di cura
dell'interesse pubblico che, in concreto,
intendono perseguirsi; perché ciò avvenga,
necessita, anzitutto, il rigoroso rispetto
della normativa in tema di comunicazione di
avvio del procedimento che, in materia
espropriativa, pur ricollegandosi alla
generale previsione di cui all'art. 7 della
L. n. 241 del 1990, trova una specifica e
dettagliata disciplina negli artt. 11, 16,
17 e 23 del D.P.R. n. 327/2001.
La giurisprudenza amministrativa ha ribadito
che, nel caso di adozione di una variante al
Piano Regolatore per la realizzazione di una
singola opera pubblica, ai sensi dell'art.
11 del D.P.R. n. 327/2001, al proprietario
del bene immobile medesimo sul quale si
intende apporre il vincolo preordinato
all'esproprio va inviato l'avviso dell'avvio
del relativo procedimento almeno venti
giorni prima della delibera del Consiglio
Comunale e deve, altresì, contenere le
modalità di consultazione del progetto ed il
riconoscimento espresso della possibilità
per gli interessati di formulare
osservazioni al progetto medesimo nei
successivi trenta giorni
(massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR
Campania-Napoli, Sez. V,
sentenza 21.04.2010 n.
2070 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE: Sull’idoneità di
un’ordinanza extra ordinem per l’occupazione
di urgenza.
L'ordinanza sindacale, contingibile ed
urgente ex art. 54, d.lgs. n. 267/2000,
difetta dei requisiti
richiesti dall'art. 22-bis del D.P.R. 08.06.2001, n. 327 per l'esercizio in via
di urgenza del potere
di disporre l'occupazione a fini
espropriativi
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 16.04.2010 n. 2168 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE: Sui presupposti
dell’occupazione d‘urgenza.
In presenza dei presupposti procedimentali
prescritti dall'art. 22-bis del t.u. n.
327/2001 per
l'emanazione dell'ordinanza di occupazione
d'urgenza, e cioè il vincolo preordinato
all'esproprio e la
dichiarazione di pubblica utilità,
l'Amministrazione ben può immettersi nel
possesso dell'area in
esecuzione della suddetta ordinanza, per
realizzare le opere per le quali vi è stata
l'approvazione del
progetto e lo stanziamento delle relative
risorse, atteso che nel sistema del testo
unico citato è
divenuta irrilevante una specifica
dichiarazione di indifferibilità ed urgenza,
rilevante nel
precedente sistema per ragioni storiche, ma
di per sé già sussistente in re ipsa
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 24.03.2010 n. 1720 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Sulla
decadenza dei soli vincoli espropriativi.
Le destinazioni
di zona contenute nei piani regolatori non
sono soggette a decadenza, in quanto
attinenti alla conformazione del diritto di
proprietà.
Fanno eccezione i soli vincoli a carattere
espropriativo, cioè i vincoli preordinati
all'espropriazione dell'area per realizzare
un'opera pubblica o di interesse pubblico
(massima
tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 17.03.2010 n. 1553 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE: Sulla determinazione dei
termini espropriativi.
La fissazione dei termini di inizio e
compimento dei lavori e delle espropriazioni
di p.u. non deve
necessariamente coincidere con
l'approvazione del progetto preliminare o
definitivo, ma può
intervenire anche in sede di approvazione
del progetto esecutivo
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 10.02.2010 n. 663 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE: Sull’obbligo di
comunicare l’avvio del procedimento di
reiterazione del vincolo.
La reiterazione della dichiarazione di
pubblica utilità scaduta, deve sempre
avvenire mediante lo
svolgimento di un nuovo procedimento
amministrativo strumentale a detta
dichiarazione, al quale
possano partecipare tutti i soggetti
pubblici e privati direttamente interessati,
previa notifica agli stessi di idonea
comunicazione di rito
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 13.01.2010 n. 39 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla revocazione di una sentenza che ha
ritenuto illegittima l’esclusione di una
ditta,
per mancanza del requisito della moralità
professionale, ritenendo erroneamente che
l’amministratore della società esclusa fosse
stato condannato per un reato ormai
depenalizzato.
Va revocata una sentenza che, per effetto di
un errore di fatto, ha ritenuto illegittima
l’esclusione da una gara di appalto per
mancanza del requisito della moralità
professionale, di una impresa, ritenendo
erroneamente che l’amministratore della
società esclusa aveva riportato solo una
condanna per un reato ormai depenalizzato
(dall’art. 25 del d.lgs. n. 74/2000), senza
considerare che lo stesso amministratore
aveva altresì riportato una condanna per
altro reato (nella specie si trattava del
reato di
cui al n. 7 dello stesso art. 4, comma 1,
della l. n. 516/1982) ancora previsto
dall’ordinamento, sia pure da una
disposizione formalmente diversa.
L'estinzione del reato già oggetto di
sentenza di patteggiamento in conseguenza
del
verificarsi delle condizioni previste
dall'art. 445, comma 2, c.p.p., (e cioè la
mancata
commissione nel termine previsto -cinque
anni, quando la sentenza concerne un
delitto,
ovvero due anni, quando la sentenza concerne
una contravvenzione- di un delitto
ovvero di una contravvenzione della stessa
indole) non opera "ipso iure", ma richiede
una formale pronuncia da parte del giudice
dell'esecuzione
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 10.12.2009 n. 7740
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sull’illegittimità di una commissione di
gara che, in violazione di quanto previsto
dall’art. 84 del Codice dei contratti
pubblici, non è composta da "esperti nello
specifico settore cui si riferisce l’oggetto
del contratto".
E’ da ritenere illegittimamente composta, ai
sensi dell’art. 84, 2° comma, del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163 (Codice dei contratti
pubblici), la commissione giudicatrice di
una
gara di appalto, da aggiudicare secondo il
criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa, nel caso in cui siano stati
nominati, quali componenti, soggetti privi
di
adeguata qualificazione professionale idonea
alle valutazioni tecnico-discrezionali e
alle
scelte da effettuare in relazione
all’oggetto dell’appalto
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 24.11.2009 n. 7353
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sul potere delle stazioni appaltanti di
richiedere, in sede di redazione del bando,
requisiti ulteriori e più restrittivi
rispetto a quelli previsti dalla legge.
I bandi di gara possono prevedere requisiti
di partecipazione più rigorosi rispetto a
quelli richiesti dalla legge, purché non
discriminanti ed abnormi rispetto alle
regole
proprie del settore.
Le scelte così operate,
ampiamente discrezionali, impingono nel
merito dell’azione amministrativa e si
sottraggono, pertanto, al sindacato del
giudice
amministrativo, salvo che non siano ictu
oculi manifestamente irragionevoli,
irrazionali,
arbitrarie o sproporzionate, specie avuto
riguardo alla specificità dell’oggetto ed
all’esigenza di non restringere, oltre lo
stretto indispensabile, la platea dei
potenziali
concorrenti e di non precostituire
situazioni di privilegio
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 19.11.2009 n. 7247
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sul divieto di motivazione postuma e sui
limiti alla previsione di specifiche
tecniche.
La motivazione del provvedimento non può
essere integrata nel corso del giudizio con
la specificazione di elementi di fatto,
dovendo la motivazione precedere e non
seguire
ogni provvedimento amministrativo,
individuando con ciò il fondamento
dell'illegittimità della motivazione postuma
nella tutela del buon andamento
amministrativo e nell'esigenza di
delimitazione del controllo giudiziario.
Anche antecedentemente al c.d. "Codice degli
appalti" di cui al D.L.vo n. 163 del 2006,
alla stregua di quanto previsto dall'art.
19, comma 5, del D.L.vo n. 158 del 1995,
doveva
ritenersi che, nei bandi di gara relativi a
forniture, non potevano essere introdotte
specifiche tecniche che menzionino prodotti
di una fabbricazione o di una provenienza
determinata o procedimenti particolari
aventi l'effetto di favorire o eliminare
talune
imprese, a meno che tali specifiche tecniche
non siano giustificate dall'oggetto
dell'appalto
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 12.11.2009 n. 6997
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sui casi in cui l’erroneità o
l’incompletezza della dichiarazione circa il
subappalto
può comportare esclusione dalla gara, sulla
sindacabilità in s.g. del giudizio di
congruità delle offerte nel caso in cui esso
risulti immotivato ed "ictu oculi"
ingiustificato, e sulla possibilità o meno
di escludere le offerte nel caso di mancata
presentazione delle c.d. giustificazioni
preventive.
L’attribuzione dei punteggi nelle gare
d’appalto è espressione di discrezionalità
non
solo tecnica, ma anche amministrativa, e -come tale- soggetta a sindacato
giurisdizionale per eccesso di potere sotto
il profilo delle figure sintomatiche del
difetto
di motivazione, dell’illogicità manifesta,
dell’erroneità dei presupposti di fatto e di
incoerenza dell’iter valutativo e dei
relativi esiti; il che comporta che il
giudice può
verificare "ab externo" la congruità e la
non contraddittorietà dell’istruttoria
compiuta e
della valutazione esternata, senza però che
gli sia consentito sostituirsi
all’Amministrazione nella valutazione
dell’offerta.
Tali principi vanno applicati
con
ancor maggiore rigore nel campo della
valutazione del giudizio di anomalia delle
offerte, laddove la scelta del legislatore
comunitario e nazionale, in diretta
applicazione
di fondamentali principi di trasparenza e
non discriminazione, è stata nel senso di
rafforzare il contraddittorio procedimentale
e preprocessuale.
In virtù della ratio e della finalità
deflattiva del meccanismo normativo di
verifica della
congruità dell’offerta, non possono essere
articolate per la prima volta in sede
giurisdizionale giustificazioni che non
siano state proposte nell’ambito del
subprocedimento amministrativo svoltosi
dinanzi alla stazione appaltante.
Le giustificazioni preventive delle offerte
non assurgono a requisito di partecipazione
alla gara a pena di esclusione, venendo in
rilievo la mancata documentazione solo in
via
eventuale, nella fase successiva di verifica
dell’anomalia e se ed in quanto l’offerta ne
risulti sospetta. La prescrizione ex art.
87, comma 5, del d.lgs. 163/2006 e s.m.i.,
comportante l’obbligo di presentazione delle
giustificazioni unitamente alle offerte, ha
infatti come scopo quello di accelerare il
procedimento e consentire alla stazione
appaltante una valutazione contestuale
dell’insieme delle offerte; la prescrizione
in
questione dunque impone alle imprese un mero
onere di collaborazione, in funzione di
accelerazione della successiva fase di
verifica delle offerte anomale
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 30.10.2009 n. 6708
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla necessità o meno di escludere una
impresa che abbia inserito ulteriore
documentazione, sulla possibilità o meno di
prevedere una seduta segreta per alcune
fasi di gara, sulla legittimità o meno della
valutazione in forma numerica delle offerte
nel caso in cui sia previsto il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa
e
sul metodo del c.d. confronto a coppie.
Il principio secondo cui l’onere di
impugnazione si concretizza per
l’interessato nel
momento in cui esso viene escluso, non si
applica anche nel caso di omessa esclusione
di altro concorrente; per tale ipotesi,
invece, continua a valere il principio
generale
secondo il quale la lesione diventa attuale
e definitiva soltanto con l’aggiudicazione.
I principi di pubblicità e trasparenza delle
sedute della commissione di gara non sono
assoluti, ma sono derogabili dalla "lex
specialis", la quale, ove trattisi di gara
svolta con
il criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, ben può prevedere la
valutazione in seduta riservata dell'offerta
tecnica e, per esigenze di economicità della
procedura, anche che tanto sia effettuato
previa apertura delle relative buste nel
corso
della seduta stessa: l’obbligo di pubblicità
delle sedute delle commissioni di gara
riguarda esclusivamente la fase
dell’apertura dei plichi contenenti la
documentazione e
l’offerta economica dei partecipanti, e non
anche la fase di apertura e valutazione
delle
offerte tecniche.
Con riguardo all’apertura dell’offerta
economica, non esiste alcuna regola
espressa, e
nemmeno alcuna pronuncia della Corte di
Giustizia, circa l'obbligo incondizionato
delle
stazioni appaltanti di assicurare sempre la
pubblicità di tale operazione, che può
avvenire in seduta non pubblica qualora la
gara comporti, come nel caso del metodo
dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
una comparazione di più fattori.
Il verbale della gara di appalto è dotato,
sul piano probatorio, di una forza
privilegiata
tale che esso fa piena prova, fino a querela
di falso, oltre che della sua provenienza e
delle dichiarazioni delle parti, degli altri
fatti che il pubblico ufficiale attesti
essere
avvenuti in sua presenza o da lui compiuti;
ne consegue che il verbale di gara non può
essere oggetto di impugnazione per la
materiale operazione di verifica del
contenuto
delle buste presentate dai concorrenti, cioè
per la mera attività di verbalizzazione di
fatti
avvenuti in presenza del pubblico ufficiale,
attività che non consente margine di
apprezzamento discrezionale e la cui
contestazione non può che assumere la forma
della
querela di falso.
Secondo l’orientamento ormai prevalente, il
punteggio numerico può essere considerato
sufficiente a motivare gli elementi
dell'offerta economicamente più vantaggiosa
soltanto
nell'ipotesi in cui il bando di gara abbia
espressamente predefinito specifici,
obiettivi e puntuali criteri di valutazione,
visto che tale criterio di aggiudicazione
svincola
l'amministrazione da una valutazione
meccanica, attribuendole un potere
fortemente
discrezionale.
Tale esigenza risponde al
principio di correttezza dell'azione
amministrativa, ineludibile per tutte le
procedure ad evidenza pubblica, a garanzia
dell'imparziale svolgimento di tali
procedimenti ed al fine di consentire la
verifica
dell'operato della P.A., sia da parte del
privato interessato che del Giudice
amministrativo, il quale deve poter
ricostruire l'iter logico seguito dalla
stazione
appaltante
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 14.10.2009
n. 6311 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: Sulla possibilità, nel caso di appalti di
servizi, di valutare la pregressa esperienza
delle
imprese e sulla necessità o meno di
menzionare nei verbali le modalità di
conservazione dei plichi.
Il divieto generale di commistione tra le
caratteristiche oggettive dell'offerta
("criteri di
selezione dell’offerta") e i requisiti
soggettivi dell'impresa concorrente
("criteri di
selezione dell’offerente"), conosce
un’applicazione attenuata nel settore dei
servizi,
laddove l’offerta tecnica non si sostanzia
in un progetto o in un prodotto, ma nella
descrizione di un facere che può essere
valutato unicamente sulla base di criteri
qualiquantitativi,
fra i quali ben può rientrare la
considerazione della pregressa esperienza
dell’operatore, come anche della solidità ed
estensione della sua organizzazione
d’impresa. Dalla considerazione
dell’esperienza maturata da una concorrente
possono
trarsi indici significativi della qualità
delle prestazioni e dell’affidabilità
dell’impresa,
qualora tali aspetti non risultino
preponderanti nella valutazione complessiva
dell’offerta.
E’ irrilevante, ai fini della legittimità
delle operazioni di gara, il fatto che nei
verbali non
siano state precisate le modalità con le
quali sono stati custoditi i plichi
contenenti le
offerte, nel caso in cui risulti comunque
che i plichi contenenti le offerte siano
stati
aperti in seduta pubblica, previo controllo
della loro integrità e risulti altresì che
l’organo di gara ha usato alcune cautele
nella custodia degli atti (depositandoli in
una
stanza apposita).
A fronte di tali
circostanze, infatti, per fare ritenere
illegittime le
operazioni, occorre offrire almeno un
principio di prova idoneo a far sospettare
l’avvenuta alterazione indebita dei pieghi
o, comunque, si deve indicare un elemento
concreto dal quale desumere l’irregolare
svolgimento, sotto questo profilo, della
procedura
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 02.10.2009
n. 6002 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sui presupposti per la configurabilità della
responsabilità precontrattuale della P.A.
(fattispecie relativa alla revoca
dell’aggiudicazione di una gara di appalto).
Ai fini della configurabilità della
responsabilità precontrattuale della P.A.
non si deve
tener conto della legittimità dell’esercizio
della funzione pubblica cristallizzato nel
provvedimento amministrativo, ma della
correttezza del contegno tenuto dall’ente
pubblico durante la fase delle trattative e
della formazione del contratto, alla luce
dell’obbligo delle parti paciscenti di
comportarsi secondo buona fede in forza di
quanto
stabilito dall’art. 1337 del codice civile;
tanto è vero che l’applicabilità dell’art.
1337
c.c. non è preclusa dall’intervenuta
stipulazione del contratto.
Con riferimento alle procedure di gara, la
responsabilità precontrattuale della P.A.
può
configurarsi sia in presenza del preventivo
annullamento per illegittimità di atti, sia
nell’assodato presupposto della loro
validità ed efficacia, ed in particolare:
a)
nel caso di
revoca dell’indizione della gara e
dell’aggiudicazione per esigenze di una
ampia
revisione del progetto, disposta vari anni
dopo l’espletamento della gara;
b) per
impossibilità di realizzare l’opera prevista
per essere mutate le condizioni
dell’intervento;
c) nel caso di annullamento
d’ufficio degli atti di gara per un vizio
rilevato dall’amministrazione solo
successivamente all’aggiudicazione
definitiva o che
avrebbe potuto rilevare già all’inizio della
procedura;
d) nel caso di revoca
dell’aggiudicazione, o rifiuto a stipulare
il contratto dopo l’aggiudicazione, per
mancanza dei fondi.
Non è configurabile la responsabilità
precontrattuale della stazione appaltante
che si sia
motivatamente e tempestivamente avvalsa
della facoltà, prevista nel bando di gara,
di
non aggiudicare l’appalto per ragioni di
pubblico interesse comportanti variazioni
agli
obiettivi perseguiti; in tal caso, infatti,
all’Amministrazione non è contestabile alcun
comportamento lesivo dell’affidamento dei
partecipanti.
Tale principio, tuttavia, è
applicabile nel caso di diniego di
aggiudicazione e non è applicabile al caso
di ritiro di una precedente aggiudicazione
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza
07.09.2009 n. 5245 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE: Sull’onere di
motivazione in caso di occupazione di
urgenza.
Considerato che l'art. 22-bis T.U.
espropriazioni richiede una particolare
urgenza per far luogo
all'occupazione d'urgenza anteriore
all'espropriazione, è illegittimo il decreto
di autorizzazione
all'occupazione che non qualifichi in modo
circostanziato ed in relazione alla
situazione
concreta tale situazione di urgenza, ma si
limiti genericamente a far riferimento ad
opere da
eseguirsi per la sicurezza e la viabilità
pubblica che devono essere realizzate nel
più breve tempo possibile
(massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR
Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 23.07.2009
n. 4163 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE: Sull’onere di
motivazione in caso di occupazione di
urgenza.
In materia di espropriazione per pubblica
utilità, per la motivazione dell'ordinanza
di occupazione
d'urgenza, ex art. 22-bis del D.P.R. n.
327/2001, è sufficiente il richiamo alla
necessità di realizzare
le opere descritte nella dichiarazione di
pubblica utilità, essendo irrilevante, in
quanto sussistente
"in re ipsa", una specifica dichiarazione di
indifferibilità ed urgenza
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 29.05.2009 n. 3350 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ESPROPRIAZIONE: Sulla natura
dell’occupazione d’urgenza.
L'occupazione temporanea preordinata
all'espropriazione, prevista dall'art.
22-bis del D.P.R. 08.06.2001, n. 327 (aggiunto dall'art. 1
del D.Lgs. 27.12.2002, n. 302), è
finalizzata a
consentire all'Amministrazione di conseguire
l'anticipata immissione in possesso
dell'area sulla
quale dev'essere realizzata l'opera pubblica
dichiarata urgente ed indifferibile, per
dare inizio ai
lavori ed evitare di dover attendere che il
procedimento espropriativo giunga alla sua
naturale
conclusione con il provvedimento ablativo;
tale funzione, fa sì che l'occupazione
temporanea non
sia più correlata alla restituzione (non
prevista né prevedibile) dell'immobile al
proprietario e che,
quindi, sussista un collegamento funzionale
tra le figure ablatorie dell'occupazione
preliminare e
della espropriazione, nonché tra di esse e
la dichiarazione di pubblica utilità che ne
costituisce il
necessario presupposto, ferma la possibilità
di sindacare unicamente per la mancanza del
presupposto dell'urgenza la scelta
dell'Amministrazione di ricorrere a tale
istituto
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Corte di Cassazione, Sez. Unite civili,
sentenza 06.05.2009 n. 10362). |
AGGIORNAMENTO AL 19.10.2010 (ore 21,00) |
ã |
NOVITA' NEL
SITO |
EDILIZIA PRIVATA: Lombardia,
SCIA sì o SCIA no?
Dopo la
circolare ministeriale e dopo il
comunicato della Regione Lombardia, abbiamo
le idee più chiare: in materia edilizia LA SCIA NON ESISTE!!
E manco un commento dottrinario, che gira in
internet, perviene alla determinazione
contraria ...
Pertanto, abbiamo predisposto, col
contributo fondamentale dell'Avv. Mario
Viviani, un
fac-simile di ordinanza per
inibire i lavori edilizi semmai fosse
presentata la Scia all'UTC ovvero
per sospendere i lavori eventualmente già
iniziati.
Ovviamente, il suddetto modulo è
modificabile a piacimento e, nondimeno,
perfezionabile qualora pervenissero
contributi modificativi e/o integrativi del
testo, anche a seguito di discussioni in
merito.
Comunque, siamo in Italia e, per quanto già
successo recentemente sulla definizione
lombarda dell'intervento di "ristrutturazione
edilizia" -intesa come
demolizione/ricostruzione- ove il TAR Milano
ha rimesso alla Consulta il rito lombardo
svincolato dal rispetto della sagoma
(TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 07.09.2010 n. 5122),
attendiamo quanto prima che il TAR Lombardia
si pronunzi in merito per avere certezze una
volta per tutte: la Scia ha davvero
sostituito la DIA edilizia o no?
19.10.2010 - LA SEGRETERIA PTPL |
NEWS |
INCENTIVO PROGETTAZIONE: E'
Legge il ripristino al 2% dell'incentivo
alla progettazione interna agli uffici
pubblici.
Stasera, la Camera dei Deputati ha approvato
definitivamente il "Disegno di legge:
S. 1167-B/bis. - "Deleghe al
Governo in materia di lavori usuranti, di
riorganizzazione di enti, di congedi,
aspettative e permessi, di ammortizzatori
sociali, di servizi per l'impiego, di
incentivi all'occupazione, di apprendistato,
di occupazione femminile, nonché misure
contro il lavoro sommerso e disposizioni in
tema di lavoro pubblico e di controversie di
lavoro" (rinviato alle Camere dal Presidente
della Repubblica a norma dell'articolo 74
della Costituzione, approvato, con
modificazioni, dalla Camera e modificato dal
Senato) (C.
1441-quater-F)".
Questo il comunicato sul sito della Camera:
19/10/2010
Approvato il disegno di legge sulle norme
sul lavoro.
La Camera, pronunziandosi su di una domanda
di autorizzazione a procedere in giudizio,
ai sensi dell'articolo 96 della
Costituzione, nei confronti del deputato
Pietro Lunardi nella sua qualità di ministro
delle infrastrutture e trasporti
pro-tempore. (Doc. IV-bis, n. 1-A), ha
approvato la proposta della Giunta di
restituire gli atti all'autorità
giudiziaria.
Successivamente
l'Assemblea ha respinto la questione
pregiudiziale Lenzi ed altri n. 1 presentata
al disegno di legge,
rinviato alle Camere dal Presidente della
Repubblica, approvato, con modificazioni,
dalla Camera e modificato dal Senato, recante
deleghe al Governo in materia di lavori
usuranti, di riorganizzazione di enti, di
congedi, aspettative e permessi, di
ammortizzatori sociali, di servizi per
l'impiego, di incentivi all'occupazione, di
apprendistato, di occupazione femminile,
nonché misure contro il lavoro sommerso e
disposizioni in tema di lavoro pubblico e di
controversie di lavoro
(C. 1441-quater-F).
Dopo la trattazione degli ordini del
giorno, il provvedimento è stato approvato
in via definitiva.
Ora aspettiamo la promulgazione e la
pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. |
GIURISPRUDENZA |
PUBBLICO IMPIEGO: Il
dipendente che non sta bene può tornare a
casa su consiglio colleghi.
Il dipendente che non
sta bene può tornare a casa, annunciando
l’allontanamento anche solo ai colleghi.
L’azienda non lo potrà considerare assente
ingiustificato, né tanto meno licenziarlo
per giusta causa.
Lo rileva la Cassazione nel bocciare il
ricorso di un’azienda che aveva licenziato
in tronco un suo operaio colpevole, a suo
dire, di essere tornato a casa abbandonando
il posto di lavoro senza avvisare il datore
di lavoro. Non che il collega abbia licenza
di “concedere permessi”, ma
l’allontanamento dal posto di lavoro deve
ritenersi “giustificato su un piano di
buona fede” ... (Corte di Cassazione,
Sez. lavoro,
sentenza 14.10.2010 n. 21215 -
link a www.litis.it). |
VARI: Le
targhe di studi professionali non sono
assoggettate all'imposta di pubblicità.
La targa che identifica la sede dello studio
professionale non paga l’imposta di
pubblicità.
La sezione tributaria della Corte di
Cassazione ha fatto luce, con la sentenza n.
16722/2010, sull’assoggettamento all’imposta
di pubblicità delle targhe indicanti lo
studio del professionista.
La Suprema Corte nei motivi della decisione
traccia la disciplina applicabile alle
targhe di studi professionali, interpretando
la normativa italiana alla luce di quella
comunitaria.
In primis afferma, in conformità ad un
indirizzo interpretativo già espresso in
passato con riferimento al previgente D.P.R.
n. 639/1972, che sono da considerare mezzi
pubblicitari, e sono quindi assoggettate al
tributo, le targhe e le insegne che rechino
dei messaggi pubblicitari tali da
sollecitare la domanda di beni e servizi.
Chiarisce, però, che se è pur vero che le
targhe e le insegne sono in linea di
principio assoggettate a tributo, il comma
1-bis dell’art. 17 del D.Lgs n. 507/19931
pone un paletto, stabilendo che l’imposta
sulla pubblicità non è dovuta “……per le
insegne di esercizio di attività commerciali
e di produzione di beni o servizi che
contraddistinguono la sede ove si svolge
l’attività cui si riferiscono, di superficie
complessiva fino a 5 metri quadrati”.
La Cassazione fa notare a riguardo che la
norma di esenzione in esame indica come
esenti le “attività commerciali” e
quelle di “produzione di beni o servizi” e
sembra quindi riferibile, in senso
letterale, alle attività esercitate
dall’imprenditore ... (Corte di Cassazione,
Sez. civile tributaria,
sentenza 07.10.2010 n. 16722 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA: Concessione
edilizia. L’annullamento non necessita
specifica motivazione sul pubblico
interesse.
L’annullamento di una concessione edilizia
non necessita di una espressa e specifica
motivazione sul pubblico interesse,
configurandosi questo nell’interesse della
collettività al rispetto della disciplina
urbanistica (cfr. Sez. IV, 31.05.2007 n.
2805, Sez. V, 19.06.2009 n. 4053) (Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 06.10.2010 n. 7342 -
link a www.litis.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: Spetta
il compenso per ferie non godute se
l’impedimento non è imputabile al
dipendente.
Anche nel settore dell’impiego pubblico non
contrattualizzato, il mancato godimento
delle ferie, non imputabile all’interesso
non preclude di suo l’insorgenza del diritto
alla percezione del compenso sostitutivo.
Si tratta infatti di un diritto che per sua
natura prescinde dal sinallagma prestazione
lavorativa/retribuzione che governa il
rapporto di lavoro subordinato e non riceve,
quindi, compressione in presenza di altra
causa esonerativa dall’effettività del
servizio (nella specie collocamento in
aspettativa per malattia) (Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 05.10.2010 n. 7295 -
link a www.litis.it). |
AGGIORNAMENTO AL 18.10.2010 |
ã |
QUESITI &
PARERI |
EDILIZIA PRIVATA:
Beni paesaggistici: nuove
superfici o volumi non percepibili non sono
soggetti ad accertamento di compatibilità
paesaggistica.
Violazioni paesaggistiche, il
Mi.B.A.C. risponde al quesito ANCI. Gli
interrogativi dei Comuni relativi all'art.
167 del Codice del paesaggio.
E' arrivata la risposta (nota
13.09.2010 n. 16721 di prot.) del
Ministero per i Beni e le attività culturali
al
quesito 14.12.2009 n. 421 di prot.
posto tramite ANCI nazionale su alcune
questioni relative al procedimento per
l'accertamento della compatibilità
paesaggistica.
Un parere, quello ministeriale, che risulta
di indubbio interesse per le amministrazioni
comunali e per i professionisti che curano
istanze di sanatoria edilizia e
paesaggistica.
Il quesito posto era relativo
all'interpretazione dell'art. 167, comma 4,
lett. a), del Codice dei beni culturali e
del paesaggio che, in tema di autorizzazione
paesaggistica in sanatoria, prevede che "l'autorità
amministrativa competente accerta la
compatibilità (...) per i lavori, realizzati
in assenza o difformità dall'autorizzazione
paesaggistica, che non abbiano determinato
creazione di superfici utili o volumi ovvero
aumento di quelli legittimamente realizzati".
Si chiedeva, in particolare, l'esatto
significato delle espressioni "superfici
utili o volumi ovvero aumento di quelli
legittimamente realizzati", ipotizzando
una soluzione che collegasse l'accertamento
della compatibilità paesaggistica a criteri
estetici e visivi (propri della normativa di
tutela del paesaggio), piuttosto che a
parametri quali quelli dell'art. 167, comma
4, che potrebbero indurre a effettuare
verifiche di tipo urbanistico anziché
valutazioni rigorosamente paesaggistiche.
Una indicazione, quella fornita
dall'Associazione dei comuni, che "appare
nella sostanza condivisibile" a parere
del Ministero, secondo cui occorre
privilegiare un'interpretazione "coerente
-si legge nel parere- con le sempre più
avvertite e pressanti esigenze di
semplificazione e di attenta proporzionalità
nel commisurare la risposta sanzionatoria
dell'ordinamento all'effettiva portata
lesiva del bene protetto propria dell'abuso
commesso".
Entrando maggiormente nello specifico del
comma 4, la disposizione subordina la
sanabilità dell'intervento al presupposto
negativo che questo non abbia determinato la
creazione di superfici utili o volumi ovvero
l'aumento di quelli legittimamente
realizzati, ma secondo la risposta del
Ministero, l'Ufficio procedente prima ancora
di verificare la sussistenza di questo
presupposto deve chiedersi se il fatto
portato alla sua attenzione presenti o meno
rilevanza paesaggistica, sotto il profilo
della percepibilità della modificazione
apportata.
"Ove addirittura l'incremento di volume o
di superficie (che dovrà per forza di cose
essere di lieve entità) non risulti neppure
visibile -si legge nella risposta-
allora dovrà evidentemente ritenersi
insussistente in radice l'illecito e la
domanda di sanatoria dovrà, dunque, essere
dichiarata inammissibile (...) per non
essere dovuta 'a monte' la stessa
autorizzazione paesaggistica, in presenza di
un intervento obiettivamente incapace di
introdurre "modificazioni che rechino
pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto
di protezione", in quanto oggettivamente non
percepibile" (commento tratto da
www.ancitoscana.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Durante la fase sperimentale del SISTRI
quali sanzioni saranno in vigore?
(link a www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
In seguito alla proroga con decreto
ministeriale del 28.09.2010 come funzionerà
il SISTRI fino a novembre? (link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
L’istanza di rinnovo dell’autorizzazione
allo spandimento di fanghi biologici può
proporsi immediatamente prima della
scadenza, senza rispettare alcun termine?
(link a www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Per quale ragione è stato prorogato il
termine di consegna dei dispositivi usb
relativi al sistema SISTRI? (link
a www.ambientelegale.it). |
UTILITA' |
SICUREZZA LAVORO:
Tutto sulle Gru a torre e sui DPI anticaduta.
La Regione Veneto ha attivato una Campagna
Straordinaria di Formazione in Sicurezza
on-line attraverso il sito internet “Viversicura”,
appositamente realizzato.
Sul sito sono disponibili approfondimenti
inerenti la salute e sicurezza sul lavoro
nei diversi settori merceologici.
In particolare con riferimento al comparto
edile si segnalano due interessanti
documenti:
- Gru a torre: riferimenti normativi,
elementi dell’apparecchio, dispositivi di
sicurezza, installazione apparecchio,
segnaletica, utilizzo dell’apparecchio,
dispositivi di protezione individuale (d.p.i.),
sollevamento persone;
- DPI e sistemi anticaduta: normativa,
generalità, elementi di un sistema,
ancoraggi, linee flessibili e rigide (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Stress Lavoro Correlato: le indicazioni di
Confindustria Udine.
Il termine entro il quale i datori di lavoro
devono effettuare la valutazione dei rischi
connessi allo stress lavoro correlato,
aggiornando conseguentemente il documento di
valutazione dei rischi, è stato rinviato al
31.12.2010, a causa della mancata emanazione
delle linee di indirizzo della Commissione
Consultiva Permanente (previste dall'art. 6
del D.Lgs. 81/2008).
Tale valutazione dovrà essere comunque
effettuata entro il 31.12.2010, anche in
assenza delle suddette linee guida.
Confindustria Udine ha elaborato indicazioni
metodologiche utili ai datori di lavoro per
adempiere agli obblighi di valutazione dei
rischi collegati allo stress lavoro
correlato entro la scadenza del prossimo
31.12.2010, anche in assenza delle suddette
linee di indirizzo.
La metodologia proposta nel documento
allegato ripercorre modalità di valutazione
consolidate e le applica con particolare
riferimento alla presenza del fattore stress
lavoro correlato, considerato quale elemento
incrementale di rischi già presenti o
elemento generatore di nuovi rischi per la
sicurezza e la salute dei lavoratori (link a
www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA - VARI:
Prima Casa? IVA al 4% sulla primo box, al
10% sul secondo.
Le agevolazioni per l’acquisto della “prima
casa” spettano anche per l’acquisto
delle pertinenze dell’abitazione principale,
cioè dei locali destinati ad uso accessorio,
con alcune limitazioni.
Nel caso di un’abitazione con più
pertinenze, siano esse cantine, magazzini e
locali di deposito (C2) oppure rimesse,
autorimesse, stalle scuderie (C6) o tettoie
(C7) la normativa vigente prevede che sulla
prima delle pertinenze acquisite (per
ciascuna categoria) l’IVA dovuta sia al 4%
mentre sulle successive al 10% in luogo
dell’aliquota ordinaria pari al 20%.
Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate, con
la Risoluzione 94/E del 05.10.2010, relativa
al caso di una “cessione” di un
immobile abitativo, oggetto di agevolazione
prima casa, e di due pertinenze censite come
C6 (autorimesse).
Si chiedeva all’Agenzia quale aliquota
andasse applicata all´operazione in esame,
se quella del 20% prevista, in via generale,
in caso di cessione di beni strumentali per
natura, oppure del 10% prevista per gli
immobili abitativi, i parcheggi realizzati
ai sensi della legge Tognoli e le porzioni
di fabbricato recuperate e cedute dalla
stessa impresa che ha svolto i lavori.
L´Agenzia delle Entrate ha risposto che il "bene
servente" può essere considerato una "proiezione
del bene principale", assumendone la
stessa natura.
In pratica, il garage viene "attratto"
dall’appartamento e acquisisce la
classificazione di immobile a uso abitativo:
di conseguenza, la sua cessione sconta l´IVA
al 10 %, in luogo di quella ordinaria al
20%.
Pertanto, nell´ipotesi descritta, la
riduzione d´imposta non raggiunge quella più
consistente (aliquota IVA del 4%) prevista
per l´acquisto della prima casa (perché a
goderne è soltanto la prima pertinenza della
stessa categoria), ma è corretto applicare
l´aliquota del 10% (link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA - VARI
UNI - nuova norma sull´illuminazione di
emergenza degli edifici.
L’Ente nazionale italiano di Unificazione ha
emanato una nuova norma sull´illuminazione
di emergenza degli edifici: "Luce e
illuminazione - Impianti di illuminazione di
sicurezza negli edifici - Procedure per la
verifica periodica, la manutenzione, la
revisione e il collaudo".
Si tratta della nuova edizione della norma
UNI CEI 11222:2010 che sostituisce
l'edizione del 2006 e specifica le procedure
di verifica periodica, manutenzione,
revisione e collaudo degli impianti per
l´illuminazione di sicurezza negli edifici.
La UNI CEI 11222 elenca una serie di
verifiche periodiche necessarie per
controllare lo stato di funzionamento
dell´impianto: dalla verifica generale
dell´efficienza degli apparecchi di
sicurezza e del rispetto dei requisiti
illuminotecnici di progetto, alle verifiche
di funzionamento e di autonomia
dell´impianto.
Un capitolo a parte è dedicato alla
manutenzione periodica che consiste in una
serie di operazioni programmate eseguite da
personale qualificato.
La norma prevede, inoltre, un processo di
revisione dell'impianto dopo un certo
periodo di esercizio.
Le due Appendici, infine, riportano le
schede esemplificative del registro delle
verifiche periodiche (identificazione degli
apparecchi, verifica funzionale,
manutenzione dell´impianto ecc.) e i
riferimenti legislativi (link a
www.acca.it). |
GURI - GUUE -
BURL (e anteprima) |
ENTI LOCALI - VARI: G.U.
15.10.2010 n. 242 "Regolamento recante la
disciplina degli onorari, delle indennità e
dei criteri di rimborso delle spese per le
prestazioni professionali dei dottori
commercialisti e degli esperti contabili"
(D.M. 02.09.2010 n.
169). |
APPALTI SERVIZI: G.U.
12.10.2010 n. 239 "Regolamento in materia
di servizi pubblici locali di rilevanza
economica, a norma dell’articolo 23 -bis ,
comma 10, del decreto-legge 25.06.2008, n.
112, convertito, con modificazioni, dalla
legge 06.08.2008, n. 133"
(D.P.R.
07.09.2010 n. 168). |
EDILIZIA PRIVATA:
Istituzione delle commissioni regionali
per i beni paesaggistici in attuazione del
comma 1 dell'art. 78 della L.R. 11.03.2005,
n. 12 "Legge per il Governo del Territorio"
(deliberazione G.R.
06.10.2010 n. 572). |
NOTE,
CIRCOLARI E COMUNICATI |
EDILIZIA PRIVATA: Segnalazione
Certificata di Inizio Attività (SCIA) - Art.
49, commi 4-bis e seguenti, della Legge n.
122/2010
(Consiglio Nazionale degli Architetti
Pianificatori, Paesaggistici e Conservatori,
nota 14.10.2010 n. 821
di prot.). |
SEGRETARI COMUNALI E PROVINCIALI:
COMUNICATO STAMPA ARAN 13.10.2010: CCNL dei
segretari comunali e provinciali.
Siglata questa mattina dall’Aran e da tutte
le Organizzazioni sindacali l’ipotesi di
contratto nazionale di lavoro dei segretari
comunali e provinciali. L’accordo è relativo
al quadriennio normativo 2006-2009 ed al
primo biennio economico 2006-2007 e riguarda
circa 4mila500 unità.
La parte normativa dell’ipotesi prevede
nuove regole in materia di sanzioni
disciplinari coerentemente alle previsioni
del decreto Brunetta. Gli aumenti
stipendiali previsti sono pari a 243,00 euro
medi mensili per le fasce A e B, e a 197
euro per la fascia C, a decorrere
dall'01.02.2007.
Il commissario Antonio Naddeo, nel
dichiararsi soddisfatto per la firma
dell’accordo ha affermato: ”sono
fiducioso di giungere, quanto prima, alla
sigla anche del secondo biennio economico
2008-2009 -ed ha assicurato- mi
adopererò in tal senso, in modo che potrà
così concludersi, finalmente, tutta la
tornata contrattuale 2006-2009” (link a
www.aranagenzia.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Art. 12 del Decreto legge n. 78 del
31.05.2010 convertito con modifiche nella
Legge 30.07.2010 - Interventi in materia
pensionistica.
NUOVE NORME IN MATERIA
PENSIONISTICA: L'INPDAP FA IL PUNTO.
Con la
circolare
08.10.2010 n. 18, l'INPDAP ha fornito
ulteriori e più precisi ragguagli in merito
alle nuove disposizioni in materia
pensionistica introdotte dalla recente
manovra economica del Governo (art. 12,
Legge 122/2010).
RIPRENDENDO E AMPLIANDO QUANTO GIA’
ILLUSTRATO NELLE DUE PRECEDENTI NOTE
OPERATIVE DIRAMATE SU TALE ARGOMENTO
(rispettivamente l’11.06.2010
n. 7627 di prot. ed il
03.08.2010 n. 10560 di prot.),
l'INPDAP CHIARISCE LA PORTATA APPLICATIVA DI
ALCUNI ISTITUTI, TRA CUI RICORDIAMO:
- lo slittamento delle decorrenze dei
trattamenti pensionistici di anzianità e di
vecchiaia a partire dall’01.01.2011 (C.D. “FINESTRE
MOBILI”);
- l'adeguamento automatico e generalizzato
dei requisiti per il diritto alla pensione a
decorrere dall'01.01.2015, per effetto
dell'incremento della “SPERANZA DI VITA”;
- l'innalzamento obbligatorio a 65 anni
dell'età pensionabile delle donne nel
pubblico impiego a decorrere
dall’01.01.2012;
- le nuove regole in materia di
ricongiunzioni;
- il prolungamento del servizio fino alla
data di decorrenza della pensione, per
effetto delle “FINESTRE MOBILI”.
VIENE INVECE RINVIATO AD UNA SUCCESSIVA
CIRCOLARE L’APPROFONDIMENTO RIGUARDANTE LE
NUOVE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI
LIQUIDAZIONE (commi da 7 a 10 dell'art. 12
della L. 122/2010), TRA CUI QUELLA
SULL’INTRODUZIONE DEI NUOVI CRITERI DI
CALCOLO DELLA BUONUSCITA SECONDO LE REGOLE
DEL T.F.R. A DECORRERE DALL’01.01.2011. |
DOTTRINA E
CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA:
M. Bottone,
S.C.I.A., La Strana Creatura Indubbiamente
Aliena (LE PAROLE CHE NON TI HO DETTO) - 2^
parte.
---------------
Ringraziamo il Geom. Marcellino Bottone, di
Piedimonte Matese (CE), per il contributo
ricevuto. |
EDILIZIA PRIVATA:
F. Albanese,
La SCIA non sostituisce la DIA regolata dal
DPR 380/2001 (link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
P. Diglio,
Dalla Dia alla Scia: la segnalazione
certificata di inizio attività
(link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
S. Maini,
I nuovi interventi edilizi “liberi”:
il “nuovissimo” articolo 6 del Testo
Unico dell’Edilizia (link a
www.lexambiente.it). |
APPALTI:
In caso di mancata aggiudicazione di un
appalto il danno risarcibile va sempre
provato (link a
www.mediagraphic.it). |
APPALTI - ATTI AMMINISTRATIVI:
I. Calcopietro,
Risarcibile l'imprenditore leso nella
propria immagine da provvedimento
illegittimo dell'Amministrazione - Nota a
TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenze
30.08.2010, nn. 31996 e 31994
(link a www.filodiritto.com). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: R.
Bertuzzi,
IL NUOVO SISTEMA DI TRACCIABILITÀ DEI
RIFIUTI – RICADUTE OPERATIVE NELL’ATTIVITÀ
DI CONTROLLO E ACCERTAMENTO DELLE VIOLAZIONI
(link a www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
O. Busi,
Tecniche investigative e protocolli
operativi di P.G. nei reati ambientali
(link a www.lexambiente.it). |
APPALTI:
R. Politi,
Il contenzioso in materia di appalti: dal
recepimento della Direttiva ricorsi al
Codice del processo amministrativo
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI: M.
Simonetto,
Attribuzione degli oneri della sicurezza
negli appalti pubblici di servizi e
forniture (link a
www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
C. Rapicavoli,
DURC – Documento Unico di Regolarità
Contributiva - Validità temporale -
Circolare del Ministero del Lavoro n.
35/2010 dell'08.10.2010 (link a
www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
C. Rapicavoli,
Lo Sportello Unico per le attività
produttive e le Agenzie per le imprese.
D.P.R. 07.09.2010 n. 160 e D.P.R. 09.07.2010
n. 159 (link a
www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: N.
D'Angelo,
Modifica di destinazione d'uso: titoli
abilitativi e trattamento sanzionatorio
(Ufficio Tecnico n. 9/2010). |
EDILIZIA PRIVATA:
E. Montini,
L'applicabilità alla materia edilizia della
Segnalazione Certificata d'Inizio Attività (Ufficio
Tecnico n. 9/2010). |
APPALTI:
E. De Falco,
Contratti pubblici: fasi delle procedure di
affidamento - Commento all’art. 11 «Fasi
delle procedure di affidamento» del
D.leg.vo 163/2006 come modificato dal d.lgs.
20.03.2010 n. 53 (Quaderni di
legislazione tecnica n. 3/2010). |
GIURISPRUDENZA |
APPALTI SERVIZI:
Sulla ratio di cui al c.
15-quater dell'art. 113 t.u.e.l. e
differenze con il c. 9 dell'art. 23-bis del
d.l. n. 112 del 2008, conv. dalla l. n. 133
del 2008.
La ratio di cui al c. 15-quater
dell'art. 113 t.u.e.l. dell'esonero delle
prime gare dall'applicazione del divieto
cristallizzato dal c. 6, risiede
nell'esigenza di consentire alle imprese
affidatarie, in virtù di affidamenti
diretti, che si erano date una struttura per
porsi in concorrenza sul libero mercato, di
non dissipare i notevoli investimenti cui
avevano dato luogo.
Posto, infatti, che a regime tali imprese
non possono godere, in virtù dei principi
comunitari in materia di tutela effettiva
della concorrenza e di apertura reale del
mercato, della contestuale possibilità di
ottenere affidamenti diretti e di
partecipare a gare in libero mercato, si è
reputato che l'immediata esclusione dei
soggetti in parola dalle gare indette dalle
amministrazioni per le quali erogavano i
servizi oggetto della gara, avrebbe creato
una improvvisa soluzione di continuità,
foriera di una disparità di trattamento alla
rovescia, con la cancellazione ex abrupto
degli investimenti effettuati proprio
nell'ambito territoriale di riferimento.
E' ragionevole, quindi, nell'ambito di
discrezionalità che gli compete, che il
legislatore, statale e regionale, abbia
previsto il termine in questione, al fine di
consentire alle imprese, operanti in virtù
di precedenti affidamenti diretti, di
riorganizzarsi per competere nei rispettivi
ambiti di interesse.
Tale ratio consente di limitare
l'eccezione ai soli casi in cui vi sia una
perfetta identità territoriale, oltre che
settoriale, dell'oggetto della gara e del
previo affidamento diretto. Di qui la non
operatività di detto regime transitorio di
favore per le gare indette da un Comune
diverso da quelli presso i quali la società
in esame gode di affidamenti diretti.
A sostegno dell'assunto vi è anche la
considerazione sistematica della portata
derogatoria di detta disposizione rispetto
ai principi comunitari contrari
all'alterazione delle dinamiche
concorrenziali innescata dalla possibilità
che un'impresa possa lucrare della rendita
di posizione insita in un affidamento
anti-competitivo al fine di concorrere in
altri contesti territoriali o settoriali.
La dizione letterale del c. 15-quater,
dell'art. 113 t.u.e.l. si incentra
sull'enunciato: "...le prime gare aventi
ad oggetto i servizi forniti dalle società
partecipanti alla gara", dunque non
genericamente "servizi identici" o
"analoghi": ciò lascia intendere che i
servizi messi a gara devono essere, perché
operi la deroga, proprio quelli che le
società fornivano all'amministrazione che ha
indetto la gara. Inoltre, l'enunciato
normativo collega implicitamente in un unico
"insieme" i concetti di "prime gare",
"servizi forniti" e "società partecipanti
alla gara".
Costrutto ben diverso da quello
successivamente esibito dal c. 9 dell'art.
23-bis del d.l. n. 112 del 2008 conv. dalla
l. n. 133 del 2008, modificato dall'art. 15,
c. 1, lett. d), del d.l. n. 135 del 2009
convertito dalla l. n. 166 del 2009: "I
soggetti affidatari diretti di servizi
pubblici locali possono comunque concorrere
su tutto il territorio nazionale alla prima
gara successiva alla cessazione del
servizio, svolta mediante procedura
competitiva ad evidenza pubblica, avente ad
oggetto i servizi da essi forniti", in
cui il riferimento a "tutto il territorio
nazionale" e alla "prima gara
successiva alla cessazione del servizio"
designa un diverso punto di rilevanza
ermeneutica: quello dell'impresa
affidataria.
Del resto, il carattere derogatorio, dunque
eccezionale, della norma, ne impone una
interpretazione restrittiva. La sua ragion
d'essere è plausibilmente quella di evitare
che le società che forniscono servizi ad
un'amministrazione ed hanno pertanto
acquisito esperienza "sul territorio"
siano automaticamente estromesse dalle gare
per l'affidamento concorrenziale di quei
servizi: non già, invece, quello di elargire
agli attuali affidatari diretti una
moratoria generalizzata a tutte le prime
gare rispetto al termine dell'01.01.2007.
Tutti questi elementi inducono ad affermare
che la deroga deve intendersi ristretta alle
società che gestivano i servizi oggetto
della gara con affidamento diretto da parte
dell'amministrazione che la indice.
Pertanto, nel caso di specie, è legittima
l'esclusione disposta dal comune, posto che
per l'ente locale la gara indetta non era la
prima successiva alla cessazione del regime
di affidamento diretto e che, all'atto
dell'indizione della gara, la società godeva
di persistenti affidamenti diretti in altri
ambiti territoriali (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 12.10.2010 n. 7401 -
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APPALTI:
Art. 90 D.P.R. n. 554/1999 -
Prezzo o ribasso - Indicazione in lettere e
in cifre - Discordanza - Discordanza tra
ribasso e prezzo complessivo.
La lettera e la ratio della norma di
cui all'art. 90 del D.P.R. n. 554/1999,
nella parte in cui stabilisce la prevalenza
del ribasso percentuale indicato in lettere,
essendo improntata ad un'esigenza di
conservazione, non consente di limitarne
l'operatività ai soli casi di discordanza
tra cifra e lettera del prezzo o del
ribasso, venendo tale prescrizione in
rilievo anche in caso di discordanza tra
ribasso e prezzo complessivo (Cons. Stato,
Sez. V, 13.06.2008, n. 2976) (TAR Toscana,
Sez. II,
sentenza 12.10.2010 n. 6450 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Edificazione - Indici di densità
- Densità territoriale e densità fondiaria -
Nozione.
L’edificazione di aree è condizionata
quantitativamente, nello strumento
urbanistico, dagli indici di densità.
Tra questi, la densità territoriale indica
la quantità massima di volumi realizzabili
in una zona territoriale omogenea, ovvero un
comprensorio di terreno caratterizzato da
una medesima qualità urbanistica, mentre la
densità fondiaria indica il volume massimo
realizzabile su uno specifico lotto, in
funzione della prima.
Cessione di cubatura -
Contratto di trasferimento - Conseguente
inedificabilità - Qualità obiettiva del
fondo - Opponibilità ai terzi - Certificato
di destinazione urbanistica - Art. 30, c. 2
d.P.R. n. 380/2001.
La cubatura che un terreno esprime o
possiede può essere alienata o ceduta
indipendentemente dalla alienazione o dalla
cessione del terreno medesimo, a determinate
condizioni. Questo perché la cubatura (ossia
la possibilità di edificare un determinato
volume edilizio) pur se intrinsecamente
collegata al terreno che la esprime,
costituisce una utilità separata da questo,
autonomamente valutabile e con una propria
commerciabilità e patrimonialità.
La cubatura espressa dal terreno può dunque
essere oggetto di un contratto di
trasferimento con il quale il proprietario
di un’area trasferisce a titolo oneroso
parte delle sue possibilità edificatorie ad
altro soggetto allo scopo di consentire a
quest’ultimo di realizzare, nell’area di sua
proprietà, una costruzione di maggiore
cubatura, nel rispetto dell’indice di
densità fondiaria.
L’area dalla quale la cubatura è stata
sottratta diviene, per quella parte di
cubatura alienata, inedificabile: e tale
inedificabilità è una qualità obiettiva del
fondo, che inerisce alla proprietà
immobiliare e si trasferisce al
trasferimento di questa, opponibile, dunque,
anche ai terzi, sebbene la sua sussistenza
non sia evincibile secondo il sistema della
trascrizione immobiliare, non richiesta per
la cessione in sé (fermo restando che,
laddove necessaria per il negozio in seno al
quale la cessione è pattuita, anche la
relativa cessione risulterà dalla
trascrizione).
Tuttavia, l’esistenza dell’asservimento deve
risultare dal certificato di destinazione
urbanistica dell’area, ex art. art. 30,
comma 2, dpr 06.06.2001 n. 380.
Cessione di cubatura -
Presupposti di legittimità - Omogeneità
del’area territoriale - Contiguità
territoriale - Condizione giuridica.
La legittimità della cessione di cubatura,
ai fini dello sfruttamento della cubatura
ceduta in un progetto edilizio da parte
dell’acquirente, è legata a due condizioni e
cioè la omogeneità dell’area territoriale
entro la quale si trovano i due terreni
(cedente la cubatura e ricevente la cubatura
oggetto del contratto) e la contiguità dei
due fondi.
Il primo requisito è volto ad assicurare che
non si stravolgano le previsioni di piano,
che sono legate alla rilevazione della
volumetria esistente, in modo da
determinare, secondo gli standard del DM
1444/1968, a quale tipologia di comparto
edificabile appartiene l’area; se fosse
ammessa la cessione di cubatura tra fondi
aventi qualificazione urbanistica di ZTO
differenti si otterrebbe che l’indice di
densità territoriale potrebbe essere
alterato o superato nei limiti massimi.
Il secondo requisito non è inteso dalla
giurisprudenza come una condizione fisica
(ossia contiguità territoriale) ma
giuridica, e viene a mancare quando tra i
fondi sussistano una o più aree aventi
destinazioni urbanistiche incompatibili con
l’edificazione.
In altri termini, è necessario che le stesse
aree siano se non contigue almeno
significativamente vicine, non potendosi
accomunare sotto un regime urbanistico
unitario aree ricadenti in zone urbanistiche
non omogenee (TAR Campania, Napoli, VIII,
15.05.2008, n. 4549; Consiglio Stato, sez.
V, 30.10.2003, n. 6734) (TAR Sicilia-Catania,
Sez. I,
sentenza 12.10.2010 n. 4113 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Concessione edilizia -
Impugnazione - Qualifica giuridica di
proprietario di un bene immobile confinante
- Legittimazione ed interesse al ricorso -
Sussistenza.
In tema di impugnazione di concessione
edilizia rilasciata per la costruzione di un
nuovo edificio, la qualifica giuridica di
proprietario di un bene immobile confinante
deve di per sé ritenersi idonea a creare la
legittimazione e l'interesse al ricorso, non
occorrendo anche la verifica della concreta
lesione di un qualsiasi altro interesse di
rilevanza giuridica, riferibile a norme di
diritto privato o di diritto pubblico (Tar
Cagliari, 1375/2009; negli stessi termini,
Cons. Stato, IV, 2849/2007) (TAR
Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza 12.10.2010 n. 4108 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Ricostruzione con varianti
rispetto all’edificio preesistente -
Rispetto delle distanze legali dagli edifici
limitrofi - DM 1444/1968 - Necessità.
La ricostruzione che contempla varianti
rispetto all’edificio preesistente deve
sempre essere rispettosa delle distanze
legali dagli edifici limitrofi prescritte
dal D.M. 1444/1968 e dalle NN.TT.AA. (cfr.
nello stesso senso Tar Genova, 3566/2009;
Cass. civ., II, 22689/2009), venendo in
rilievo prescrizioni rivolte a tutela di
imprescindibili interessi pubblici quali
quelli della salubrità, dell’igiene, della
viabilità, che non possono naturalmente
essere compressi in via convenzionale o in
forza di una (illegittima, ancorché diffusa)
prassi amministrativa (TAR Sicilia-Catania,
Sez. I,
sentenza 12.10.2010 n. 4099 -
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ATTI AMMINISTRATIVI:
Accordi amministrativi ex L. n.
241/19990 - Natura - Limiti - Titolarità del
potere - Perseguimento dell’interesse
pubblico attribuito alla cura
dell’amministrazione - Fattispecie.
A prescindere dalla natura che voglia
attribuirsi agli accordi amministrativi ex
L. n. 2410/1990 -privatistica o
pubblicistica- sussistono in ogni caso
limiti insuperabili da tali atti: nella
prospettiva pubblicistica l’esercizio di un
potere presuppone pur sempre che il soggetto
pubblico sia titolare di tale potere,
dovendosi altrimenti affermare la radicale
nullità dell'atto; nella prospettiva
privatistica, che considera l'accordo alla
stregua di un contratto, permane comunque in
capo all'amministrazione pubblica il vincolo
al perseguimento dell'interesse pubblico
attribuito alla sua cura: l'utilizzo degli
strumenti di diritto privato, quale
espressione della capacità generale
dell'ente pubblico, deve tuttavia essere
giustificato in ragione della loro attinenza
alle finalità curate dall'ente; e come il
principio della capacità generale delle
pubbliche amministrazioni (ex art. 11 c.c.)
deve coordinarsi con il necessario rispetto
del principio di legalità cui è soggetta
anche l'attività di diritto privato della
p.a. e che si traduce in un "vincolo di
scopo" interno all'atto negoziale
(nella specie, è stato ritenuto illegittima
l’accordo amministrativo intervenuto tra il
ricorrente ed il Comune, nella parte in cui
imponeva al privato la compartecipazione
alla realizzazione di infrastrutture in
relazione ad un edificio che aveva già
assolto il contributo agli oneri di
urbanizzazione in sede di rilascio del
permesso di costruire) (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 12.10.2010 n. 4026 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
Sul divieto di partecipazione
alle gare per l'affidamento del servizio di
distribuzione del gas naturale previsto
dall'art. 14, c. 5, del d.lgs. n. 164/2000.
L'art. 14, c. 5, del d.lgs. n. 164/2000,
impedisce la partecipazione alle gare per
l'affidamento del servizio di distribuzione
del gas naturale "delle società, delle
loro controllate, controllanti e controllate
da una medesima controllante, che, in Italia
o in altri Paesi dell'Unione europea,
gestiscono di fatto, o per disposizioni di
legge, di atto amministrativo o per
contratto, servizi pubblici locali in virtù
di affidamento diretto o di una procedura
non ad evidenza pubblica".
Pertanto, nel caso di specie, la società
aggiudicataria della concessione per la
realizzazione della rete del gas dei centri
abitati dei comuni appartenenti al Bacino
avrebbe dovuto essere esclusa dalla
procedura di gara di cui trattasi, avendo in
affidamento diretto, mediante una
controllata, il servizio di distribuzione
del gas in un altro ente locale (TAR
Sardegna, Sez. I,
sentenza 12.10.2010 n. 2293 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Purché la disciplina urbanistica non
impedisca l’efficienza della rete di
telefonia mobile, l’ente
locale può prevedere misure che disciplinino
la localizzazione, per minimizzare
l’esposizione dei cittadini e disciplinare
in modo ottimale l’uso del territorio.
Con la recente decisione n. 1767 del
21.04.2008 il Consiglio di Stato ha
nuovamente ribadito il principio in forza
del quale i Comuni, nell’ambito della
potestà regolatoria in materia di uso e
tutela del territorio, possono adottare
misure programmatorie per la localizzazione
degli impianti per la telefonia mobile, in
modo tale da minimizzare l’esposizione ai
campi elettromagnetici dei cittadini
residenti, anche in un’ottica di ottimale
disciplina d’uso del territorio (TAR Emilia
Romagna, Bologna, Sez. II 05.04.2006, n.
357; TAR Campania, Napoli, 13.09.2007, n.
75596; Cons. Stato, Sez. VI, 03.03.2001, n.
1017; TAR Toscana, Firenze, 19.09.2007, n.
2686; TAR Puglia, Lecce, 14.05.2007, n.
1901; Cons. Stato, Sez. VI 28.03.2007, n.
1431), e che tali manufatti sono compatibili
con qualsiasi destinazione di PRG, in quanto
opere di urbanizzazione.
Ne deriva che, purché la disciplina
urbanistica comunale non impedisca od
ostacoli l’insediamento e l’efficienza della
rete, l’ente locale può prevedere, in via
regolamentare, misure che disciplinino la
localizzazione, per minimizzare
l’esposizione dei cittadini e disciplinare
in modo ottimale l’uso del territorio (Cons.
Stato, Sez. VI, 21.04.2008, n. 1767;
03.06.2002, n. 3095; 20.12.2002, n. 7274;
10.02.2003, n. 673; 26.08.2003 n. 4841) (TAR Emilia Romagna-Bologna,
Sez. II,
sentenza 11.10.2010 n.
7944 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
Gli elementi invocabili a sostegno di
un’offerta anormalmente bassa per essere ritenuti fondati, non devono risolversi in
asserzioni meramente apodittiche.
Rammenta invero al riguardo la Sezione che
l’insieme delle giustificazioni, che
peraltro l’art. 87 del Codice annovera in
maniera non tassativa, che un’impresa può
addurre a suffragio della sua offerta
indubitata di anomalia devono connotarsi per
intrinseci caratteri di obiettività e
riscontrabilità e possono consistere in
specifiche modalità di prestazione del
servizio, in originalità delle soluzioni
proposte dall’offerente, in condizioni
eccezionalmente favorevoli di cui egli goda
o in eventuali agevolazioni fiscali o in
aiuti di stato.
In ogni caso, giova ribadire, deve trattasi
di elementi obiettivi, documentati e
pertanto riscontrabili.
La giurisprudenza, del resto, ha già avuto
modo di chiarire sul punto che gli elementi
invocabili a sostegno di un’offerta
anormalmente bassa per essere ritenuti
fondati, non devono risolversi in asserzioni
meramente apodittiche e/o fare generico
riferimento a benefici fiscali e/o
contributivi, a favorevoli condizioni di
mercato (TAR Marche, 30.11.2009, n. 1427).
L’offerta dell’aggiudicataria, pertanto,
essendo notevolmente inferiore, quanto ai
servizi a richiesta, ai minimi fissati per
la retribuzione oraria sia dal CCNL vigente
per il personale impiegato negli istituti di
vigilanza privata che da D.M. Lavoro
08.07.2009, infrange l’art. 87 del codice
dei contratti, il quale stabilisce che "Non
sono ammesse giustificazioni in relazione a
trattamenti salariali minimi inderogabili
stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate
dalla legge".
Sul punto la giurisprudenza predica la
stessa inammissibilità delle giustificazioni
con cui l’impresa tenti di motivare la
violazione dei predetti minimi salariali,
avendo condivisibilmente precisato che “In
tema di offerte anormalmente basse, l'art.
87, d.lgs. 12.04.2006 n. 163, va
interpretato nel senso che non può aversi
l'allegazione da parte delle imprese
partecipanti a gare pubbliche di
giustificazioni sulla remuneratività
dell'offerta riferite alle tariffe sul costo
del lavoro, con la conseguenza che le p.a.
non possono tenere conto di quelle
eventualmente prodotte” (TAR
Sicilia-Palermo, sez. II, 28.11.2007, n.
3223) (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 11.10.2010 n. 3730 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La mancata dichiarazione circa
l'esistenza di condanne penali a carico di
due rappresentanti legali della società
incide, non già sugli effetti di tali
condanne, ma sulla situazione di infedeltà,
reticenza o inaffidabilità della società che
ha dichiarato un fatto non vero (l'assenza
di condanne) correlando, così, la propria
offerta con un'attestazione falsa.
La società ricorrente in primo grado veniva
esclusa dalla gara per non aver dichiarato,
nella domanda di partecipazione, l'esistenza
di condanne penali a carico di due
rappresentanti legali della società, come
accertato dall'amministrazione a seguito di
verifiche effettuate presso il casellario
giudiziario.
Secondo i giudici di Palazzo Spada, la
mancata dichiarazione da parte della
ricorrente in primo grado incide non già
sugli effetti di tali condanne, ma sulla
situazione di infedeltà, reticenza o
inaffidabilità della società che, per motivi
che non hanno rilievo di questa sede, ha
dichiarato un fatto non vero (l'assenza di
condanne) correlando così, la propria
offerta, con un'attestazione falsa.
Pertanto, l’esclusione ha correttamente
inciso sulla violazione degli obblighi
dichiarativi perché l’attestazione allegata
all'offerta risultava, di per sé, falsa e,
comunque, non conforme al modello imposto
dal bando, con la conseguenza di dover
ritenere legittima l'esclusione dalla gara
della società ricorrente, non potendo aver
rilievo, nella fattispecie, l’indagine sui
motivi che avevano indotto a sottacere tali
condanne o l'insussistenza del dolo o della
colpa (C.S. n. 4906/2009, n. 353/2002, n.
3183/2002) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.10.2010 n. 7349 -
link a www.mediagraphic.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Rifiuti. Abbandono e nozione di
titolare di impresa o responsabile di ente.
Ai fini della configurabilità del reato di
abbandono di rifiuti cui all’art. 51, comma
secondo, d.lgs. n. 22 del 1997 -ora art.
256, comma secondo, d.lgs. n. 152 del 2006
in continuità normativa- per titolare di
impresa o responsabile di ente non deve
intendersi solo il soggetto formalmente
titolare dell'attività ma anche colui che
eserciti di fatto l’attività imprenditoriale
inquinante (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 07.10.2010 n. 35945 -
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EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Cantieri, coordinatore sempre
obbligatorio in presenza di più imprese.
La normativa italiana in materia di salute e
sicurezza nei cantieri trae origine dalla
direttiva comunitaria 92/57/CEE, recepita
inizialmente in Italia con il D.Lsg. 494/96
e successivamente confluita nel D.Lgs.
81/2008 (Testo Unico Sicurezza).
Recentemente la Corte di Giustizia
dell´Unione Europea è intervenuta con una
sentenza sulla normativa italiana di
recepimento della direttiva citata.
La sentenza verte su un procedimento penale
avviato contro un committente a seguito di
un’ispezione presso un cantiere edile per il
rifacimento della copertura del tetto di una
casa di abitazione ad un'altezza di circa
6-8 metri. Nella circostanza gli ispettori
avevano rilevato che parapetto, autogru e
manodopera erano forniti da tre imprese
diverse presenti contemporaneamente nel
cantiere e che il coordinatore della
sicurezza non era stato designato.
Il rilascio di un permesso di costruire non
era richiesto ai sensi della legislazione
italiana.
Il Tribunale di Bolzano, nutrendo dubbi
riguardo alle deroghe del diritto italiano
in relazione all'obbligo di designare un
coordinatore per la sicurezza, si rivolse
all'UE.
Ora la Corte di Giustizia dell'Unione
Europea, Sez. V, con
sentenza 07.10.2010, ha affermato
che il comma 1 dell’articolo 3 della
direttiva 92/57/CEE esclude che una
normativa nazionale consenta di derogare
all’obbligo (del committente o del
responsabile dei lavori) di nominare un
coordinatore per la sicurezza, nel caso di
un cantiere di lavori privati non soggetti a
permesso di costruire e nel quale sono
presenti più imprese.
Nella direttiva (articolo 3, paragrafo 1)
non è ammessa alcuna deroga a tale obbligo
e, pertanto, un coordinatore in materia di
sicurezza e di salute deve essere sempre
nominato, per qualsiasi cantiere in cui sono
presenti più imprese, al momento della
progettazione o, comunque, prima dell´inizio
dei lavori, indipendentemente dalla
circostanza che i lavori siano soggetti o
meno a permesso di costruire ovvero che tale
cantiere possa comportare rischi
particolari.
Occorre precisare che la normativa italiana,
già con la versione originaria del D.Lgs.
81/2008, ancor prima delle modifiche
apportate con il D.Lgs. 106/2009, prevedeva
la nomina del coordinatore in presenza di
più imprese; l’unica deroga ammessa dal
D.Lgs. 81/2008 (art. 90 comma 11), nella
prima versione, era la possibilità di
nominare, per i lavori privati, il
coordinatore prima dell’esecuzione e non in
fase di progettazione.
Con il D.Lgs. 494/1996, la nomina del
coordinatore era invece obbligatoria in
presenza di più imprese solo per lavori di
entità superiore a 200 uomini-giorno o in
presenza di rischi particolari.
La versione attualmente vigente del Testo
Unico della Sicurezza (aggiornata dal D.Lgs.
106/2009) prevede la nomina del coordinatore
contestualmente a quella del progettista con
la possibilità, per i lavori privati di
importo inferiore a 100.000 euro non
soggetti a permesso di costruire, di
nominare solo il coordinatore per la
sicurezza in fase di esecuzione che deve
provvedere, prima dell’inizio dei lavori, a
redigere P.S.C. e Fascicolo (link a
www.acca.it). |
APPALTI:
L’indennizzo spettante al soggetto
direttamente pregiudicato dalla revoca di in
provvedimento va circoscritto al “danno
emergente”.
Non pregiudica il diritto dell’impresa a
conseguire il risarcimento del danno la
clausola dell’avviso in cui si stabilisce
che “la presentazione della proposta,
peraltro, non vincola in alcun modo
l’Amministrazione, nemmeno sotto il profilo
della responsabilità precontrattuale ex art.
1337 c.c.; essa quindi resterà libera di
decidere di realizzare l’opera in maniera
diversa, senza cioè ricorrere al project
financing, di non riconoscere il pubblico
interesse nei confronti di tutte le proposte
pervenute, di non dar corso alla successiva
fase di aggiudicazione della concessione,
ovvero di non realizzare l’opera, e ciò
senza che i privati promotori possano nulla
pretendere a qualsiasi titolo o ragione nei
confronti di questo Comune”.
Detta clausola, come precisato dal TAR, deve
considerarsi nulla ai sensi dell'art. 1355
c.c. (condizione meramente potestativa)
poiché subordina qualsiasi responsabilità
dell’Amministrazione alla mera volontà
dell'amministrazione medesima (Cfr. la
decisione di questa Sezione 07.09.2009 n.
5245; Cass. S.U. 16.10.2007 n. 8951).
Peraltro, la confermata legittimità del
provvedimento di autotutela fa venire meno
il presupposto su cui è stata fondata la
domanda risarcitoria, costituito appunto
dall'illegittimità provvedimentale.
Ciò comporta che l'amministrazione è tenuta
a corrispondere il solo indennizzo ex art.
21-quinquies L. n. 241/1990, e non
l'integrale risarcimento del danno.
Come è noto, fino ad epoca recente
l’orientamento prevalente era nel senso di
escludere qualsiasi indennizzo per il
soggetto nei cui confronti intervenisse la
revoca in modo legittimo di un precedente
provvedimento amministrativo vantaggioso per
il privato (V. la decisione di questo
Consiglio, sez. VI, 06.06.1969, n. 266) o
per lo meno un indennizzo veniva ammesso
solo in casi particolari (V. Cass. S.U.
02.04.1959, n. 672).
Attualmente la materia è regolata
dall’articolo 21-quinquies legge 07.08.1990,
n. 241, aggiunto dall’art. 14 legge
11.02.2005, n. 15, ed integrato dal comma
1-bis introdotto dall’art. 13 D. L.
31.01.2007, n. 7, (convertito dalla legge
02.04.2007, n. 40), sulla cui base il
presupposto dell’attribuzione
dell’indennizzo a favore del soggetto che
direttamente subisce il pregiudizio
presuppone innanzitutto la legittimità del
provvedimento di revoca (c.d. responsabilità
della P.A. per atti legittimi), come nella
fattispecie in esame, atteso che in caso di
revoca illegittima subentra eventualmente un
problema di risarcimento del danno (V. le
decisioni di questo Consiglio, sez. V,
14.04.2008, n. 1667; sez. VI, 08.09.2009,
n.5266).
Inoltre, non venendo in rilievo nel
menzionato art. 21-quinquies un risarcimento
del danno per responsabilità contrattuale,
precontrattuale o extracontrattuale, ove la
colpa del danneggiante è comunque essenziale
salvo un diverso regime probatorio in
relazione a ciascun tipo di responsabilità
civile (V. le decisioni di questo Consiglio,
sez. V, 20.10.2008, n. 5124; Sez. VI,
21.05.2009, n. 3144; Cass. Sez. Lav.,
14.04.2008, n. 9817), non occorre neppure
accertare la presenza di colpa nell’apparato
amministrativo (Cfr. la decisione della
Sezione 10.02.2010 n. 671) , contrariamente
a quanto sostenuto dall’appellante.
L’indennizzo spettante al soggetto
direttamente pregiudicato dalla revoca di in
provvedimento va circoscritto al “danno
emergente”, come espressamente stabilito
nel comma 1-bis dell’art. 21-quinquies L. n.
241/1990, ma nel danno emergente debbono
essere indubbiamente incluse le spese di
partecipazione alla procedura per lesione
della pretesa a non essere coinvolto in
trattative inutili (V. le decisioni di
questo Consiglio, sez. IV, 04.10.2007, n.
5179; Sez. VI 21.05.2009, n. 3144).
Dette spese, che sono state indicate nel
ricorso originario in euro 215.000,00, per
essere rimborsabili debbono essere
adeguatamente documentate, essere necessarie
in relazione alla specifica procedura e
rispettose dei correnti prezzi di mercato.
Sulle singole spese rimborsabili, che sono
debiti di valore, spettano altresì la
rivalutazione monetaria compete la
rivalutazione monetaria secondo gli indici
ISTAT, dalla data di effettuazione della
spesa fino alla data di deposito della
presente decisione; sulla somma così
rivalutata si computeranno gli interessi
legali calcolati dalla data di deposito
della presente decisione fino all'effettivo
soddisfo (Cfr. Cons. Stato, Sez, VI,
21.05.2009, n. 3144) (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 06.10.2010 n. 7334 -
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ATTI AMMINISTRATIVI:
Procedimento amministrativo -
Accesso - Provvedimenti incidenti sulle
libertà individuali - Limitazioni
all’accesso - Art. 3, lett. a), d.m. n.
415/1994 - Interpretazione.
L’art. 3, lett. a), d.m. 10.05.1994 n. 415
-secondo cui sono sottratti ad accesso “relazioni
di servizio ed altri atti o documenti
presupposti per l’adozione degli atti o
provvedimenti dell’autorità nazionale e
delle altre autorità di pubblica sicurezza,
nonché degli ufficiali o agenti di pubblica
sicurezza, ovvero inerenti all’attività di
tutela dell’ordine e della sicurezza
pubblica o di prevenzione e repressione
della criminalità, salvo che si tratti di
documentazione che, per disposizione di
legge o di regolamento, debba essere unita a
provvedimenti o atti soggetti a pubblicità”-
deve essere interpretata, soprattutto
allorché i documenti di cui è chiesto
l’accesso siano già stati utilizzati per
l’adozione di provvedimenti amministrativi
incidenti sulle libertà individuali, nel
senso che la sottrazione all’accesso debba
essere di volta in volta giustificata in
relazione a specifiche e concrete esigenze
di salvaguardia dell’ordine pubblico e di
repressione della criminalità e
specificamente in relazione alla tutela di “strutture,
mezzi, dotazioni, personale e azioni
strettamente strumentali alla tutela
dell’ordine pubblico, alla prevenzione e
alla repressione della criminalità con
particolare riferimento alle tecniche
investigative, alla identità delle fonti di
informazione e alla sicurezza dei beni e
delle persone coinvolte, all’attività di
polizia giudiziaria e di conduzione delle
indagini”, come previsto dalla lett. c)
dell’art. 24, comma 6, l. 07.08.1990 n. 241;
se infatti la disposizione venisse
interpretata in senso letterale potrebbe
dubitarsi della sua legittimità in quanto si
determinerebbe una sostanzialmente
generalizzata sottrazione ad accesso di
quasi tutti i documenti formati
dall’amministrazione dell’interno con
frustrazione delle finalità della l. n.
241/1990 (TAR Lazio Latina, 15.10.2009, n.
949) (TAR Lazio-Latina, Sez. I,
sentenza 06.10.2010 n. 1653 -
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APPALTI SERVIZI:
Sulla identificazione giuridica
di un servizio pubblico.
Sulla natura di servizio pubblico
dell'attività di bonifica e messa in
sicurezza di siti inquinati.
Per identificare giuridicamente un servizio
pubblico, non è indispensabile a livello
soggettivo la natura pubblica del gestore,
mentre è necessaria la vigenza di una norma
legislativa che, alternativamente, ne
preveda l'obbligatoria istituzione e la
relativa disciplina oppure che ne rimetta
l'istituzione e l'organizzazione
all'amministrazione.
Oltre alla natura pubblica delle regole che
presiedono allo svolgimento delle attività
di servizio pubblico e alla doverosità del
loro svolgimento, è ancora necessario, nella
prospettiva di una definizione oggettiva
della nozione, che le suddette attività
presentino un carattere economico e
produttivo (e solo eventualmente
costituiscano anche esercizio di funzioni
amministrative) e che le utilità da esse
derivanti siano dirette a vantaggio di una
collettività, più o meno ampia, di utenti
(in caso di servizi divisibili) o comunque
di terzi beneficiari (in caso di servizi
indivisibili).
Le coordinate qualificatorie del servizio
pubblico ben si attagliano al caso delle
attività di bonifica e di messa in sicurezza
dei siti inquinati disciplinate dall'art.
242 del D.Lgs. 03.04.2006, n. 152. Difatti
le procedure di messa in sicurezza e di
bonifica sono obbligatorie ex lege al
ricorrere di determinati presupposti di
fatto, sono disciplinate da fonti di rango
primario, sono svolte (anche) a favore di
una collettività indeterminata di
beneficiari (gli abitanti di una zona
inquinata), mirano al perseguimento di un
interesse pubblico (alla salubrità
ambientale e al ripristino del
bene-interesse violato dagli inquinamenti)
e, infine, consistono in attività produttive
e di rilievo economico.
La circostanza che per tali attività non sia
prevista l'erogazione di un corrispettivo da
parte dei beneficiari (come si verifica
invece per la normale attività di
depurazione) non inficia i riferiti
connotati dell'attività quale attività di
servizio pubblico e ciò perché, in via
generale, la previsione di un corrispettivo
(così come di un profitto del gestore del
servizio) non è essenziale sul piano della
qualificazione giuridica delle attività di
servizio pubblico; inoltre, dal punto di
vista strettamente economico, l'utilità dei
soggetti tenuti alla messa in sicurezza e
alla bonifica di siti inquinati è
all'evidenza rappresentata dal vantaggio che
costoro (o i loro danti causa) hanno
conseguito precedentemente attraverso la
socializzazione dei costi (id est
l'inquinamento) relativi a oneri del
processo produttivo (ossia quelli connessi
al corretto smaltimento degli agenti
inquinanti) che sarebbero dovuti rimanere a
carico delle stesse imprese inquinatrici:
attraverso le procedure di bonifica e messa
in sicurezza tali costi vengono nuovamente
internalizzati, peraltro in misura inferiore
al vantaggio ottenuto dalle imprese
obbligate (non essendo integralmente
risarciti i danni, individuali e collettivi,
alla salute medio tempore verificatisi).
Nel caso di specie, per di più, le acque
emunte dalle falde sotterranee sono state
comunque trattate, sia pur provvisoriamente,
nell'ambito del normale funzionamento del
servizio di convogliamento e di depurazione
dei reflui, non soltanto industriali, svolto
dalla struttura consortile e, quindi,
rientrano a tutti gli effetti nell'oggetto
di quel servizio (C.G.A.R.S.,
sentenza 06.10.2010 n. 1266 -
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ATTI AMMINISTRATIVI:
Registro di protocollo - Natura
di atto pubblico - Fede privilegiata -
Contestazione della veridicità - Querela di
falso.
Il registro di protocollo, quale documento
formato, tenuto e conservato dagli uffici di
una pubblica amministrazione, quanto ai dati
da esso recati e alle informazioni
riportate, ha natura di atto pubblico, per
cui, in ragione della fede privilegiata di
tale documento, l’eventuale contestazione
della veridicità delle attestazioni in esso
descritte e quindi dell’affidabilità della
prova documentale non può non avvenire a
mezzo dello strumento della querela di
falso, di cui all’art. 221 e ss. c.p.c.
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 05.10.2010 n. 7309 -
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APPALTI:
Il dovere di soccorso istruttorio
e il generale favore per la partecipazione
trovano un limite invalicabile nell'esigenza
di garantire la "par condicio" dei
concorrenti.
Nelle procedure di gara il dovere di
soccorso istruttorio e il generale favore
per la partecipazione trovano un limite
invalicabile nell’esigenza di garantire la “par
condicio” dei concorrenti.
È, infatti, indubbio che il principio della
“par condicio” risulterebbe
platealmente violato se le opportunità di
regolarizzazione, chiarimento o integrazione
documentale, si traducessero in occasione di
aggiustamento postumo di irregolarità gravi
e non sanabili, cioè in espediente per
eludere le conseguenze associate dalla legge
o dal bando all’inosservanza di prescrizioni
tassative, imposte a tutti i concorrenti a
pena di esclusione (Consiglio Stato, sez. IV,
26.11.2009, n. 7443).
Nella fattispecie, il cronoprogramma era
sicuramente un documento fondamentale ai
fini della valutazione dei progetti la cui
produzione doveva avvenire a pena di
esclusione entro i termini decadenziali di
presentazione delle domande ai sensi del
bando (TAR Campania-Napoli, Sez. III,
sentenza 04.10.2010 n. 17582 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Linea ferroviaria - Fascia di
rispetto di 30 metri - Art. 49 d.P.R. n.
753/1980 - Derogabilità - Autorizzazione
delle Ferrovie.
La distanza minima di mt. 30 dalla linea
ferroviaria prescritta dall’art. 49 del DPR
n. 753/1980 è stabilita per ragioni di
sicurezza, derogabili, su autorizzazione
delle Ferrovie solo quando, secondo una
valutazione tecnico-discrezionale, la
concreta situazione, in relazione alla
natura dei terreni ed alle particolari
circostanze che caratterizzano il luogo, lo
consenta, garantendo comunque la sicurezza e
la conservazione della ferrovia (TAR
Toscana, Sez. III,
sentenza 04.10.2010 n. 6430 -
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EDILIZIA PRIVATA:
BENI CULTURALI E AMBIENTALI -
Messa a dimora di piante autoctone - Ipotesi
di pregiudizio del paesaggio - Occultamento
di un punto di vista panoramico - Interventi
di ripristino della fruibilità.
Se la messa a dimora di piante autoctone è
nella gran parte dei casi insuscettibile di
pregiudicare un paesaggio nel quale
fisiologicamente si inseriscono, nel caso in
cui determini (come nella specie, nella
quale, è stata realizzata una lunga, elevata
e fitta barriera di sempreverdi)
l’occultamento totale di un punto di vista
panoramico accessibile al pubblico,
sussistono quei presupposti di sensibile e
non meramente temporanea alterazione di un
valore tutelato che possono giustificare,
nell’ambito dell’esercizio di poteri di
natura tecnico-discrezionale, non
sindacabili nel merito, interventi volti al
ripristino della fruibilità del punto di
vista dal quale si gode lo spettacolo delle
bellezze panoramiche (TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 04.10.2010 n. 6427 -
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APPALTI:
Lo scopo dell'art. 38, c. 1,
lett. m-ter) del d.lvo 12.04.2006, n. 163, è
quello di escludere dagli appalti pubblici
gli imprenditori che non hanno avuto il
coraggio di denunciare i fatti commessi in
loro danno.
L'art. 38, c. 1, lett. m-ter) d.lvo
12.04.2006, n. 163, (lett. inserita con la
l. 15.07.2009, n. 94), si applica ai
soggetti elencati alla lett. b), i quali
devono essere esclusi dalle gare nel caso in
cui non abbiano denunciato all'autorità
giudiziaria di essere stati vittime dei
reati di concussione (art. 317 c.p.) o
estorsione aggravata (art. 629 c.p.). Scopo
della norma è dunque quello di escludere
dagli appalti pubblici gli imprenditori
onesti che non hanno avuto il coraggio di
denunciare i fatti commessi in loro danno.
In altre parole, la causa di esclusione
opera con riferimento a imprenditori "puliti"
che non hanno denunciato, pur non avendo
nulla a che fare con la criminalità
organizzata; l'ipotesi in questione,
infatti, rimane assolutamente distante e
distinta rispetto a tutte quelle forme di
concorso o connivenza tra imprenditori e
associazioni criminali.
La rilevanza dell'omissione della denuncia
di reati è di certo funzionale al contrasto
del fenomeno criminale mafioso, ma mira a
garantire la libera concorrenza e
trasparenza nel settore dei pubblici
appalti, considerando inaffidabile il
contraente che non abbia denunciato le
illecite richieste subite dalla criminalità
organizzata.
Del resto nei protocolli di legalità
sottoscritti tra enti aggiudicatori e
stazioni appaltanti è reso evidente come
l'obbligo di denuncia di ogni tentativo di
estorsione, intimidazione o condizionamento
di natura criminale sia funzionale a
garantire la parità di trattamento e la
trasparenza negli appalti pubblici (TAR
Veneto, Sez. I,
sentenza 04.10.2010 n. 5269 -
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APPALTI:
Sui presupposti necessari per far
ricorso alla procedura negoziata senza
previa pubblicazione di un bando di gara (ex
art. 57 del d.lvo n. 163/2006).
L'art. 57 del d.lvo n. 163 del 2006, le
stazioni appaltanti possono aggiudicare
contratti pubblici mediante procedura
negoziata senza previa pubblicazione di un
bando di gara, dandone comunque adeguata
motivazione nella delibera o determina
contrarre, nel caso in cui (c. 2, lett. b) "per
ragioni di natura tecnica o attinenti alla
tutela dei diritti esclusivi, il contratto
possa essere affidato unicamente a un
operatore economico determinato".
Dunque, perché sia giustificata la procedura
di cui al detto articolo:
- devono sussistere oggettivi motivi di
natura tecnica o la protezione dei diritti
esclusivi che non consentono l'apertura
dell'appalto a un confronto concorrenziale e
che impongono la cosiddetta trattativa
diretta con un unico operatore economico;
- deve essere dimostrabile, con
l'effettuazione di una preventiva indagine
di mercato, l'oggettiva esistenza dell'unico
operatore economico potenziale espressamente
individuato.
Di conseguenza, nella obbligatoria
motivazione di cui dovrà dar conto ai sensi
del citato art. 57, c. 1, la determina o
delibera contrarre, si dovrà richiamare
l'indagine di mercato effettuata e la
documentazione o certificazione, da tenersi
agli atti, che attesti la sussistenza di una
privativa industriale di un brevetto (tutela
di diritti esclusivi) o le ragioni di natura
tecnica che impongono di rivolgersi a quel
determinato operatore economico (TAR Veneto,
Sez. I,
sentenza 04.10.2010 n. 5267 -
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EDILIZIA PRIVATA: I
Comuni non possono imporre, per l’impianto
di reti o per l’esercizio dei servizi di
comunicazione elettronica, oneri o canoni
che non siano stabiliti per legge.
Il regolamento contestato nella pronuncia in
rassegna aveva l’obiettivo di imporre ai
proprietari di impianti di
telecomunicazione, nella specie di una
emittente radiofonica commerciale, il
pagamento annuo di una certa somma al Comune
in cui l’impianto si trova, allo scopo di
finanziare non meglio precisati costi
relativi al controllo degli stessi e alla
tutela dell’ambiente.
Si tratta, pertanto, di accertare se il
Comune sia o no titolare di siffatto potere.
In proposito, ad avviso del Tribunale
amministrativo di Brescia, occorre prendere
le mosse dall’art. 9 della l. 08.06.1990 n.
142, applicabile all’epoca dei fatti, che
disegnava le competenze del Comune
prevedendo che ad esso spettassero “tutte
le funzioni amministrative che riguardino la
popolazione ed il territorio comunale
precipuamente nei settori organici dei
servizi sociali, dell'assetto ed
utilizzazione del territorio e dello
sviluppo economico, salvo quanto non sia
espressamente attribuito ad altri soggetti
dalla legge statale o regionale, secondo le
rispettive competenze”.
Infatti (come si dimostrerà) le competenze
in materia di antenne radiotelevisive già
all’epoca erano attribuite in via principale
ad altri soggetti dell’ordinamento,
lasciando al Comune un ruolo marginale,
comunque non riconducibile ai poteri che nel
caso in esame si è inteso esercitare.
Ciò posto, all’epoca dei fatti di causa il
settore della radiotelevisione era
disciplinato dalla l. 06.08.1990 n. 223, che
disegnava un complesso sistema di
pianificazione nazionale e locale. Detta
legge al vertice di esso poneva i due
distinti decreti presidenziali –di
competenza quindi statale- di cui all’art.
3, volti rispettivamente ad approvare un
piano nazionale di ripartizione delle
radiofrequenze e un analogo piano di
assegnazione delle stesse, volto fra l’altro
a localizzare i vari impianti
ricetrasmittenti sul territorio nazionale.
La stessa legge, al comma 19 dell’art. 3
citato, prevedeva di conseguenza che, ai
livelli inferiori, le Regioni e i Comuni
dovessero adattare gli strumenti
pianificatori generali dei rispettivi
territori recependo le localizzazioni di
impianti disposte dal piano nazionale;
prevedeva ancora, all’art. 16, che con
decreto ministeriale –di competenza quindi
ancora una volta statale- si rilasciassero
le singole concessioni per i vari impianti
già localizzati, concessioni le quali davano
in via automatica il titolo per ottenere
dalle autorità competenti –e segnatamente
dai Comuni- i titoli abilitativi per
installare gli impianti stessi.
Il limitato ruolo dei Comuni quanto alla
realizzazione degli impianti in questione
era poi (per quanto qui interessa) descritto
dall’art. 4 della legge medesima: le aree di
sedime di tali impianti sarebbero state
acquisite al patrimonio indisponibile del
Comune stesso, che con apposita concessione
contratto avrebbe ceduto ai privati
interessati il diritto di superficie
necessario alla realizzazione, contro
corresponsione di un canone determinato in
base a certi parametri, previsti sempre
dalla legge e dal relativo regolamento di
attuazione.
Si tratta, come si vede, di un sistema in sé
concluso, nel quale non residua spazio per
altri proventi che il Comune stesso possa
pretendere in relazione agli impianti di che
trattasi, nemmeno allegando, come è stato
fatto nel caso in esame, la necessità di
intervenire a favore dell’ambiente o del
territorio.
A riprova, un fondamento legislativo del
potere regolamentare esercitato dal Comune
in causa non si rinviene nemmeno in altre
leggi generali concernenti tali ultime
materie.
In particolare, non dispongono in merito gli
altri testi normativi correttamente citati
dalla ricorrente: l’art. 4 della l.
23.12.1978 n. 833, che demanda alla legge
dello Stato il compito di prevedere norme le
quali assicurino condizioni di salute
uniformi sul territorio nazionale, e l’art.
1, comma 4, lettera c), della l. 15.03.1997
n. 59, per cui i compiti di rilievo
nazionale concernenti la difesa della salute
e dell’ambiente sono esclusi dalla
competenza degli enti locali.
Non è certo dubbio, infatti, che la
disciplina delle emittenti di
radiofrequenze, le quali si propagano nello
spazio ben oltre il territorio del singolo
Comune e servono nel loro complesso l’intero
territorio italiano sia compito di rilievo
nazionale, da disciplinare in modo uniforme
sulla relativa scala.
Tale ricostruzione appare da ultimo
confermata dalla norma dell’art. 93 del
d.lgs. 01.08.2003 n. 259, posteriore ai
fatti ma di carattere all’evidenza
ricognitivo, per cui le pubbliche
amministrazioni, le Regioni, le Province e i
Comuni “non possono imporre, per
l’impianto di reti o per l’esercizio dei
servizi di comunicazione elettronica, oneri
o canoni che non siano stabiliti per legge”
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 04.10.2010 n. 3730 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
E' illegittima l'ammissione della
Croce Rossa italiana (C.R.I.) alla procedura
di gara bandita dalla Prefettura per
l'affidamento della gestione del Centro di
identificazione ed espulsione.
Il d.l. n. 276/2004 (conv. in l. n. 1/2005)
ha introdotto con l'art. 2 del d.lvo n.
613/1980, la previsione per cui compete alla
Croce Rossa italiana (C.R.I.), fra l'altro,
"svolgere (...) i servizi sociali ed
assistenziali indicati dallo statuto della
Croce Rossa italiana".
Mentre l'art. 5 del suddetto d.lvo n.
613/1980 dispone che la C.R.I. "può
svolgere attività o servizi attinenti alle
proprie finalità istituzionali per conto
dello Stato, delle regioni e di altri enti
pubblici, da regolarsi mediante convenzioni".
L'ente C.R.I. sembra, dunque, avere la
capacità giuridica di assumere la veste di
parte in un rapporto instaurato con un altro
soggetto pubblico. Tenuto, però, conto che
lo statuto usa il termine "convenzioni",
deve escludersi che, all'instaurazione di un
tale rapporto, si possa giungere in esito ad
una procedura di evidenza pubblica.
Come osservato dal Consiglio di Stato, non
può, infatti, ritenersi che la convenzione "sia
il genus nel quale possa rientrare anche
l'appalto di servizi, potendo il rapporto
convenzionale configurarsi in vari modi, ma
non come appalto di servizi, postulante una
natura imprenditoriale estranea alla Croce
Rossa (che non ha scopo di lucro ed ignora
il rischio d'impresa)".
Da ciò consegue, nel caso di specie, che
l'ammissione della C.R.I. alla procedura di
gara bandita dalla Prefettura per
l'affidamento della gestione del Centro di
identificazione ed espulsione è illegittima,
potendosi semmai ammettere che le peculiari
caratteristiche dell'ente C.R.I. legittimino
l'affidamento diretto del servizio (TAR
Lazio-Roma, Sez. I-ter,
sentenza 01.10.2010 n. 32649 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI:
Offerente - Principio dell’immodificabilità
soggettiva - Superamento giurisprudenziale e
normativo - Art. 51 d.lgs. n. 163/2006.
Il principio dell’immodificabilità
soggettiva dell’offerente, delineato nella
previsione di cui all’articolo 23 del d.lgs.
17.03.1995, n. 158, è stato progressivamente
ridimensionato dalla giurisprudenza
amministrativa anche sotto l’influenza del
diritto comunitario, tant’è che l'art. 51
del d.lgs. 12.04.2006, n. 163, proprio in
relazione alle vicende soggettive dei
soggetti partecipanti ad una gara ad
evidenza pubblica, ha previsto che "qualora
i candidati o i concorrenti, singoli,
associati o consorziati, cedano, affittino
l'azienda o un ramo d'azienda, ovvero
procedano alla trasformazione, fusione o
scissione della società, il cessionario,
l'affittuario, ovvero il soggetto risultante
dall'avvenuta trasformazione, fusione o
scissione, sono ammessi alla gara,
all'aggiudicazione, alla stipulazione,
previo accertamento sia dei requisiti di
ordine generale, sia di ordine speciale,
nonché dei requisiti necessari in base agli
eventuali criteri selettivi utilizzati dalla
stazione appaltante ai sensi dell'articolo
62, anche in ragione della cessione, della
locazione, della fusione, della scissione e
della trasformazione previsti dal presente
codice".
Le cautele di cui il legislatore nazionale
ha circondato l'istituto della fusione, con
l'adeguamento, alla normativa comunitaria,
delle norme contenute nel codice civile, e
la disciplina stabilita in tema di pubblici
appalti non contraddicono, ma evidenziano,
al contrario, il generale favore che
l'ordinamento interno, non meno di quello
comunitario, riservano all'istituto.
Del resto, il principio della
immodificabilità assoluta dell’offerente,
caratterizzata da un fondamentale elemento
di staticità, mal si concilia con il
carattere dinamico della vita delle imprese
e con la loro intrinseca necessità di
adeguare costantemente le loro stesse
strutture organizzative alle vicende del
mercato per poter conseguire i propri fini
sociali ed essere così anche elemento di
sviluppo e di crescita economica per
l’intera collettività, tanto più che le
esigenze pubbliche sottese allo stesso
procedimento ad evidenza pubblica, quali
l’affidabilità, oggettiva e soggettiva
-anche sotto il profilo della sussistenza
dei necessari requisiti di moralità
pubblica- dei soggetti che concorrono per
l’affidamento di appalti pubblici sono
sufficientemente assicurate dagli obblighi
che tali soggetti hanno nei confronti della
pubblica amministrazione di comunicare le
avvenute trasformazioni, onde consentire
proprio l’esercizio dei necessari poteri di
controllo e verifica.
Società partecipante
alla gara - Fusione - Successione a titolo
universale della società derivante dalla
fusione.
La fusione della società che ha partecipato
alla gara d'appalto con altra società
comporta una successione a titolo universale
della società che ne deriva nei rapporti
giuridici di quella incorporata o fusa, e
cioè il pieno e completo trasferimento di
diritti ed obblighi delle Società
preesistenti nella titolarità della nuova
società o della incorporante, con
sostanziale continuità dei rapporti
giuridici in atto tra questa società e
l'Amministrazione appaltante, che si trova,
in effetti, a proseguire il rapporto in
essere con un soggetto diverso per
denominazione o forma societaria, ma nei cui
confronti il rapporto giuridico instaurato
con la partecipazione alla gara delle
società incorporate o fuse continua senza
alcuna modifica sostanziale (cfr. Cons.
Stato, Sez, V, n. 487 del 10.02.2004)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 01.10.2010 n. 7276 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Restauro e risanamento
conservativo presupposti.
L’intervento di restauro e risanamento
conservativo presuppone, dunque, l’esistenza
nel suo complesso di un organismo edilizio
sul quale intervenire, proprio perché è
finalizzato al recupero degli immobili nella
loro attuale consistenza e nell’ambito degli
spazi concretamente identificabili.
Qualora nel corso dell'esecuzione dei lavori
le strutture portanti del manufatto vengano
meno anche per un fatto accidentale ed
involontario quale un improvviso crollo, la
loro riedificazione non può più dirsi
rientrante nel concetto di restauro o di
risanamento conservativo, giacché le opere
edilizie in concreto eseguite (già il
gettito delle nuove fondazioni in
calcestruzzo), determinano la realizzazione
di un edificio radicalmente e
qualitativamente diverso dal precedente
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 30.09.2010 n. 35390 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L’art.
9, comma 3, L. 28.02.1985 n. 47,
relativamente alle ristrutturazioni edilizie
abusive di immobili soggetti a vincolo
storico, artistico o ambientale, non
suscettibili di sanatoria, va interpretato
nel senso che la sanzione ripristinatoria va
applicata congiuntamente a quella pecuniaria
solo se il ripristino sia ancora possibile;
ove, invece, il ripristino non sia
possibile, deve trovare applicazione la sola
sanzione pecuniaria, in conformità ad un
canone generale, di cui sono espressione,
altresì, i commi 2 e 4, del medesimo art. 9
e l’art. 59 L. n. 1089 del 1939.
Un recente orientamento giurisprudenziale, a
cui il Collegio ritiene di uniformarsi, ha
infatti espresso l’avviso che l’art. 9,
comma 3, L. 28.02.1985 n. 47, relativamente
alle ristrutturazioni edilizie abusive di
immobili soggetti a vincolo storico,
artistico o ambientale, non suscettibili di
sanatoria, va interpretato nel senso che la
sanzione ripristinatoria va applicata
congiuntamente a quella pecuniaria solo se
il ripristino sia ancora possibile; ove,
invece, il ripristino non sia possibile,
deve trovare applicazione la sola sanzione
pecuniaria, in conformità ad un canone
generale, di cui sono espressione, altresì,
i commi 2 e 4, del medesimo art. 9 e l’art.
59 L. n. 1089 del 1939 (Cons. St., Sez. VI,
30.08.2002, n. 4374)
(TAR Marche,
sentenza 27.09.2010 n. 3318 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Elusione del regime dei titoli
abilitativi.
Il regime dei titoli abilitativi edilizi non
può essere eluso attraverso la suddivisione
dell’attività edificatoria finale nelle
singole opere che concorrono a realizzarla,
astrattamente suscettibili di forme di
controllo preventivo più limitate per la
loro più modesta incisività sull’assetto
territoriale.
L’opera deve essere considerata
unitariamente nel suo complesso, senza che
sia consentito scindere e considerare
separatamente i suoi singoli componenti
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 24.09.2010 n. 34585 -
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APPALTI SERVIZI:
Sulle disposizioni del d.lgs. n.
152/2006 (c.d. codice dell'ambiente)
riguardanti il servizio di gestione
integrata dei rifiuti.
L'art. 204, 1° c., d.lgs. n. 152/2006, non
prevede la proroga ex lege delle gestioni
esistenti.
Il d.lgs. n. 152/2006 (c.d. codice
dell'ambiente) ha radicalmente innovato la
materia dei rifiuti, attraverso
l'introduzione del modulo gestionale del
ciclo integrato, in ambiti territoriali.
Dal complesso delle disposizioni (artt. 198,
200, 202 e 204) del citato d.lgs. n.
152/2006 che regolano la materia emerge che:
a)
l'Autorità d'Ambito ha la titolarità delle
funzioni nella materia dei rifiuti e procede
all'affidamento della gestione del ciclo
integrato con procedura di evidenza pubblica
ovvero nelle diverse forme previste dalla
normativa regionale di attuazione del TUA;
b)
che i Comuni, nelle more dell'operatività
del nuovo regime di gestione, conservano la
competenza in materia e, quindi, la
legittimazione ad affidare il servizio,
ovviamente con procedura di evidenza
pubblica, in conformità alla disciplina
nazionale e comunitaria di settore;
c)
le gestioni esistenti, alla data
dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 152
(29.04.2006), proseguono, sempre che le
stesse siano state affidate con procedura
concorsuale, fermo restando la loro
cessazione, anche in via anticipata, nel
caso di affidamento al gestore unico;
d)
che gli affidamenti diretti, senza gara,
invece, sono regolati dall'art. 204, 2° c.,
come risulta testualmente dal richiamo
all'art. 113, c. 15-ter del d.lgs. n.
267/2000 (che è la norma sulla cessazione
delle gestioni instaurate al di fuori del
modulo concorsuale);
e)
che per tali affidamenti diretti non solo il
legislatore non ha previsto alcun periodo
transitorio, con consequenziale slittamento
del termine di decadenza ex lege del
31.12.2006, ma ha anzi confermato la
predetta scadenza, avendo espressamente
sancito l'obbligo di procedere a nuovi
affidamenti in conformità a quanto previsto
dal d. lgs. n. 152/2006.
L'art. 204, 1° c., d.lgs. n. 152/2006, non
ha previsto la proroga ex lege degli
affidamenti in corso che, altrimenti, si
tradurrebbe in una spoliazione immediata
delle competenze dei Comuni, non prevista e
non voluta dal legislatore, ed in una
temporanea incompetenza assoluta in
subiecta materia, per vuoto di
attribuzione.
La norma citata, si è limitata a sancire la
"permanenza" dei contratti in corso,
stipulati all'esito di procedure di evidenza
pubblica, secondo il proprio regime
temporale, fermo restando la cessazione
ex lege, anche anticipata, con
l'operatività del nuovo gestore:
interpretazione che trova conferma
nell'ultimo comma dell'art. 204, che parla
di "scadenza", escludendo così la
possibilità di una proroga ex lege.
Del resto quand'anche l'art. 204 cit.
dovesse essere interpretato nel diverso
senso per cui lo stesso prefigurasse la
proroga dei contratti in corso alla data del
29.04.2006, si dovrebbe comunque limitare la
proroga ai soli affidamenti del servizio
effettuati con procedura concorsuale.
La normativa sulla decadenza dei contratti,
conclusi senza gara, in quanto diretta a
conformarsi all'ordinamento comunitario,
infatti, integra sicuramente un regime
speciale, prevalente rispetto alla
(asserita) proroga degli affidamenti
ordinari fino alla operatività del gestore
unico dell'A.T.O. (TAR Campania-Salerno,
Sez. I,
sentenza 23.09.2010 n. 11099 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Se il candidato sottolinea la
traccia deve essere annullata la prova
scritta.
Deve essere annullata la prova scritta di un
concorso se il candidato ha sottolineato
parti della traccia, in quanto trattasi
elemento idoneo a far venir meno
l’anonimato, indispensabile per garantire la
par condicio tra i concorrenti (TAR
Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 20.09.2010 n. 32366 -
link a www.altalex.com). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Motivazione dell’atto collegiale.
E' appena il caso dover puntualizzare come
il dibattito che si svolga in seno ad un
organo collegiale, e gli interventi che lo
compongono, non costituiscono mai
motivazione dell'atto amministrativo
collegiale, il quale deve essere sostenuto
da una motivazione giuridicamente propria
che riassuma chiaramente gli elementi
essenziali posti a base della decisione, non
potendo ammettersi che essa possa essere
desunta dalle singole soggettive
dichiarazioni dei componenti del collegio,
in quanto tali del tutto inidonee a palesare
il percorso di formazione della volontà
amministrativa (Consiglio Stato: sez. VI,
21.11.1996 n. 1624; sez. IV, 12.11.1991 n.
932).
In tal senso, il dibattito consiliare, se
pure può essere utile ad illuminare le
ragioni della scelta che si esprime nella
votazione, non può costituire di per sé
l'elemento essenziale di un provvedimento
amministrativo quale è la motivazione
dell'atto, perché rende il senso della
scelta deliberativa criptico e non
trasparente ovvero incerto l’effettivo
contenuto della esternazione della P.A. al
privato interessato, in tal modo impedendo
una reale contezza della scelta
amministrativa stessa
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 15.09.2010 n. 6878 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Costituiscono "variazioni essenziali"
rispetto al progetto approvato le "modifiche
sostanziali di parametri urbanistico-edilizi
del progetto approvato ovvero della
localizzazione dell'edificio sull'area di
pertinenza": tale disposizione viene
comunemente intesa nel senso che la modifica
della "localizzazione" dell'edificio
assurge al livello di "variazione
essenziale" allorché si sia in presenza di
una traslazione non parziale, ma tale da
comportare lo spostamento del fabbricato su
un'area totalmente o pressoché totalmente
diversa da quella originariamente prevista;
ciò viene giustificato con la considerazione
che tale modifica comporta una nuova
valutazione del progetto da parte
dell'Amministrazione
concedente, sotto il profilo della sua
compatibilità con i parametri urbanistici.
Ai sensi
dell'art. 32, lett. c), D.P.R. 06.06.2001,
n. 380, costituisce variante essenziale
rispetto al progetto approvato la modifica
della localizzazione dell'edificio tale da
comportare lo spostamento del fabbricato su
un'area totalmente o pressoché totalmente
diversa da quella originariamente prevista,
trattandosi di modifica che comporta una
nuova valutazione del progetto da parte
dell'amministrazione concedente, sotto il
profilo della sua compatibilità con i
parametri urbanistici e con le connotazioni
dell'area, mentre sono ininfluenti rispetto
all'obbligo di acquisizione da parte
dell'interessato di un nuovo permesso di
costruire la circostanza che le altre
caratteristiche dell'intervento (sagoma,
volumi, altezze etc.) siano rimaste
invariate rispetto all'originario permesso
di costruire, e l'assenza di ogni incidenza
della variante sul regime dei distacchi e
delle distanze (Cons. St., sez. IV,
20.11.2008, n. 5743).
Il Collegio ritiene di condividere
l'interpretazione affermatasi nella
giurisprudenza della citata disposizione di
cui all'art. 32, lettera c), del d.P.R.
06.06.2001, nr. 380, secondo cui
costituiscono "variazioni essenziali"
rispetto al progetto approvato le "modifiche
sostanziali di parametri urbanistico-edilizi
del progetto approvato ovvero della
localizzazione dell'edificio sull'area di
pertinenza": tale disposizione viene
comunemente intesa nel senso che la modifica
della "localizzazione" dell'edificio
assurge al livello di "variazione
essenziale" allorché si sia in presenza
di una traslazione non parziale, ma tale da
comportare lo spostamento del fabbricato su
un'area totalmente o pressoché totalmente
diversa da quella originariamente prevista;
ciò viene giustificato con la considerazione
che tale modifica comporta una nuova
valutazione del progetto da parte
dell'Amministrazione concedente, sotto il
profilo della sua compatibilità con i
parametri urbanistici (Cons. St., IV, n.
5743 del 2008, citata)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 15.09.2010 n. 6878 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Il
provvedimento amministrativo ha natura
confermativa quando, senza acquisizione di
nuovi elementi di fatto e senza alcuna nuova
valutazione, tiene ferme le statuizioni in
precedenza adottate, laddove invece, se
viene condotta un'ulteriore istruttoria,
anche per la sola verifica dei fatti o con
un nuovo apprezzamento di essi, il
mantenimento dell'assetto degli interessi
già disposto ha carattere di nuovo
provvedimento, poiché esprime un diverso
esercizio del medesimo potere.
Il
provvedimento amministrativo ha natura
confermativa quando, senza acquisizione di
nuovi elementi di fatto e senza alcuna nuova
valutazione, tiene ferme le statuizioni in
precedenza adottate, laddove invece, se
viene condotta un'ulteriore istruttoria,
anche per la sola verifica dei fatti o con
un nuovo apprezzamento di essi, il
mantenimento dell'assetto degli interessi
già disposto ha carattere di nuovo
provvedimento, poiché esprime un diverso
esercizio del medesimo potere: è dunque
necessario, affinché possa escludersi che un
atto sia meramente confermativo del
precedente, che la sua formulazione sia
preceduta da un riesame della situazione che
aveva condotto al precedente provvedimento,
giacché solo l'esperimento di un ulteriore
adempimento istruttorio, sia pure mediante
la rivalutazione degli interessi in gioco ed
un nuovo esame degli elementi di fatto e
diritto che caratterizzano la fattispecie
considerata, può dar luogo ad un atto
propriamente confermativo in grado, come
tale, di dar vita ad un provvedimento
diverso dal precedente e, quindi,
suscettibile di autonoma impugnazione
(Consiglio Stato: sez. V, 29.12.2009, n.
8853; sez. VI, 10.09.2009, n. 5440).
Di conseguenza, mentre l'atto di conferma è
autonomamente impugnabile, in quanto da un
lato presuppone un completo riesame della
fattispecie e dall'altro si sostituisce, pur
avendo identico dispositivo, all'atto
confermato, l'atto meramente confermativo si
limita a richiamare il precedente
provvedimento e non ha perciò alcuna valenza
costitutiva, con conseguente inammissibilità
per difetto di interesse del ricorso
proposto avverso di esso e non avverso il
provvedimento originario (Consiglio Stato,
sez. IV, 10.12.2009, n. 7732)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 15.09.2010 n. 6878 -
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PUBBLICO IMPIEGO:
Concorsi pubblici: requisito
della pregressa esperienza lavorativa presso
la PA.
Con la pronuncia in rassegna, i giudici di
Palazzo Spada delineano il perimetro del
concetto di “attività prestata presso una
P.A.”, valevole come requisito di
partecipazione in alcune tipologie di bandi
concorsuali.
Preliminarmente, il Consesso ricorda come
non esiste nell’ordinamento una nozione
unitaria di P.A., così come inoltre sancito
a livello comunitario dalla Corte di
Giustizia. Tuttavia, esistono diverse
definizioni dal contenuto più o meno ampio a
seconda della ratio sottesa
all’istituto che, di volta in volta,
richiama il concetto.
La nozione di soggetto pubblico non è intesa
come categoria unitaria, ma viene elaborata
settore per settore, adattandola alle
esigenze sottese alla normativa delle
singole materie. Così, ad esempio, ai fini
dell’applicazione del d.lgs. 165/2001 in
materie di lavoro alle dipendenze della
P.A., nonché del D.Lgs. 82/2005 recante il
Codice dell’amministrazione digitale,
nonché, inoltre, a fini dell’
assoggettabilità all’obbligo di gara ai
sensi del D.Lgs. 163/2006 cd. Codice dei
Contratti pubblici, di soggetti che, ad
altri fini, sono invece soggetti privati
(cfr. la celeberrima categoria
dell’organismo di diritto pubblico).
Il G.A., nel caso di specie, ritiene che la
nozione di P.A., cui fa riferimento il bando
di concorso oggetto del giudizio, deve
essere delimitata in base ad un criterio
sostanziale -tenendo conto della ratio
della previsione della lex specialis-
e non meramente formale.
Pertanto, deve ritenersi che, quando per
partecipare al concorso, il bando de quo
richiede una certa esperienza presso una
P.A., si sia inteso includere nel concetto
di Pubblica Amministrazione solo quegli enti
sottoposti, quando assumono personale,
all’obbligo del pubblico concorso. È solo
questo dato che qualifica nell’ambito di una
procedura concorsuale, la pregressa
esperienza lavorativa.
Dunque, affinché l’esperienza lavorativa
possa assumere valore come requisito di
partecipazione al concorso, occorre che essa
sia stata svolta in seguito al superamento
di un pubblico concorso non potendo darsi
rilievo all’attività prestata per un
soggetto privato che svolga funzioni
pubbliche il cui statuto prevede, invece, la
possibilità di procedere ad assunzioni anche
senza pubblico concorso, evidenziando,
conseguentemente, una netta distinzione
rispetto ai tradizionali principi del
pubblico impiego (Consiglio di Stato, Sez.
VI,
sentenza 17.06.2010 n. 3849 - link a
www.altalex.com). |
APPALTI:
Sulla necessità della forma
scritta per i contratti conclusi dalle PP.AA..
Come ripetutamente sostenuto dalla Corte di
Cassazione, per il perfezionamento dei
contratti stipulati dalle amministrazioni
pubbliche è necessaria una manifestazione
documentale della volontà negoziale da parte
dell'organo rappresentativo abilitato a
concludere, in nome e per conto dell'ente
pubblico, negozi giuridici, mentre devono
ritenersi, all'uopo, inidonee le
deliberazioni adottate da organi collegiali
deliberativi, attesane la caratteristica di
atti interni, di natura meramente
preparatoria della successiva manifestazione
esterna della volontà negoziale, di talché
un contratto non potrà dirsi legittimamente
perfezionato ove la volontà di addivenire
alla sua stipula non sia, nei confronti
della controparte, esternata, in nome e per
conto dell'ente pubblico, da quell'unico
organo autorizzato a rappresentarlo.
Ne consegue che la normativa speciale
dettata in tema di contratti della p.a.
prevale sulla diversa disciplina dei
rapporti tra privati, quale, ad esempio,
quella dettata in tema di conferimento di
incarichi professionali, in tema di stipula
di locazioni e contratti agrari
ultranovennali, in tema di rinnovo tacito
del contratto di locazione (inconfigurabile,
se il locatore sia un ente pubblico,
nonostante il comportamento asseritamene
concludente si sia, come nella specie,
protratto per anni) (Cass. 26.06.2008, n.
17550; 08.01.2005, n. 258)
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 03.06.2010 n. 3507 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulle
modalità di presentazione dell’offerta e
sull’interpretazione della clausole del
bando.
E’ legittima l’ammissione ad una gara di
appalto per l’affidamento di un servizio
pubblico, di una ditta che ha presentato la
propria offerta, nel termine previsto dalla
lex specialis, a mezzo del servizio
postale, non già con raccomandata con avviso
di ricevimento -come espressamente richiesto
dal bando a pena di esclusione- bensì a
mezzo posta prioritaria in autoprestazione
ex art. 8, d.lgs. n. 261/1999, nel caso in
cui una clausola contenuta nelle avvertenze
generali del medesimo bando, si limiti a
precisare che non si sarebbe dato corso
all’apertura dei soli plichi non ricevuti
per il tramite del servizio postale; in tal
caso, infatti, l’equivoca articolazione
della formulazione del bando di gara, deve
indurre a ritenere prevalente il principio
del "favor partecipationis" e,
conseguentemente, a non escludere dalla gara
il plico presentato a mezzo posta
prioritaria in autoprestazione ex art. 8
citato, in quanto comunque transitato per il
tramite del servizio postale, e
tempestivamente recapitato entro il termine
prescritto nel bando, con la consegna in
autoprestazione, prevista da una puntuale
norma di legge di settore.
-------------------------------------------
Ha osservato, in particolare la sentenza in
rassegna, che la "ratio"della
clausola che impone a pena di esclusione
l’utilizzo del servizio pubblico postale era
intuitivamente quella di ottenere la
certezza della data di spedizione e di
recapito nonché, già in detta fase, la prova
oggettiva della integrità della busta
contenente l’offerta; ciò, anche al fine di
evitare sospetti e/o dubbi di possibili
manipolazioni delle buste in ipotesi
verificabili negli stessi uffici, nel caso
di consegna diretta e personale
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 28.05.2010 n. 3398 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
illegittimità dell’esclusione automatica di
una impresa da una gara, disposta perché la
stessa impresa si trova in stato di
amministrazione controllata.
E’ illegittima l’esclusione di una impresa
da una gara per l’affidamento di un appalto
pubblico motivata con riferimento al fatto
che l’impresa esclusa si trova in stato di
amministrazione controllata.
Infatti, l’amministrazione controllata non è
una vera e propria procedura concorsuale che
si introduce a seguito della fine attiva
della vita di un’impresa, per cui si rende
necessario ripartire in modo sostanzialmente
equitativo i beni residui dell’impresa
medesima, ma è, al contrario, un esperimento
interlocutorio, tramite il quale si cerca in
qualche modo di recuperare alla vita
economica attiva un’impresa che si trova in
uno stato di crisi, per cui la stessa ha
bisogno di essere aiutata nel risollevarsi
da una crisi che potrebbe comprometterne
l’esistenza in futuro; onde non può
ammettersi, contraddittoriamente con la
suddetta finalità, che lo stesso sistema
istituzionale preveda, poi, che l’impresa
che si trova in stato di amministrazione
controllata debba essere automaticamente
esclusa dalla gara
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 21.05.2010 n. 3222 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
stretta interpretazione delle clausole di
esclusione. Sulla valenza della
dichiarazione in materia di diritto al
lavoro dei disabili.
1.
In materia di procedure ad evidenza
pubblica, le clausole di esclusione poste
dalla legge o dal bando in ordine alle
dichiarazioni cui è tenuta la impresa
partecipante alla gara sono di stretta
interpretazione, dovendosi dare esclusiva
prevalenza alle espressioni letterali in
esse contenute, restando preclusa ogni forma
di estensione analogica diretta ad
evidenziare significati impliciti, che
rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei
partecipanti, la par condicio dei
concorrenti e l’esigenza della più ampia
partecipazione.
2.
In materia di procedure ad evidenza
pubblica, le norme di legge e di bando che
disciplinano i requisiti soggettivi di
partecipazione alle gare pubbliche devono
essere interpretate nel rispetto del
principio di tipicità e tassatività delle
ipotesi di esclusione, che di per sé
costituiscono fattispecie di restrizione
della libertà di iniziativa economica
tutelata dall’art. 41 della Costituzione,
oltre che dal Trattato comunitario.
3.
Poiché nel Codice dei contratti pubblici non
è presente una norma, con effetto
preclusivo, che preveda nel caso di cessione
d’azienda un obbligo specifico di
dichiarazioni in ordine ai requisiti
soggettivi della cedente riferita sia agli
amministratori e direttori tecnici della
cedente sia ai debiti tributari e
previdenziali dalla stessa contratti, deve
ritenersi che, in assenza di tale norma e
per il principio di soggettività e
personalità della responsabilità, non possa
essere esclusa l’impresa cessionaria del
ramo d’azienda che non abbia presentato le
relative dichiarazioni in ordine alla
posizione della cedente.
4.
La dichiarazione di cui all'art. 17 della L.
n. 68/1999, con la quale le imprese
attestano di essere in regola con le norme
che disciplinano il diritto al lavoro dei
disabili, costituisce requisito di
partecipazione alla gara; ne consegue che la
omissione di detta dichiarazione costituisce
causa di esclusione dalla gara per la forza
cogente propria della legge, anche se detta
dichiarazione non sia richiamata dalla
lex specialis
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 21.05.2010 n. 3213 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sul
principio generale del divieto di
commistione tra i criteri soggettivi di
pre-qualificazione e quelli oggettivi
afferenti alla valutazione dell’offerta e,
in particolare, sulla legittimità o meno del
criterio di valutazione delle offerte che,
per un appalto del servizio di manutenzione
di apparecchiature, dà rilievo alla
ubicazione dell’azienda.
Costituisce principio generale regolatore
delle gare pubbliche il divieto di
commistione fra i criteri soggettivi di
pre-qualificazione e quelli oggettivi
afferenti alla valutazione dell’offerta ai
fini dell’aggiudicazione, in funzione
dell’esigenza di aprire il mercato,
premiando le offerte più competitive ove
presentate da imprese comunque affidabili,
nonché in applicazione del canone della par
condicio, ostativo ad asimmetrie
pregiudiziali di tipo meramente soggettivo,
con la conseguente necessità di tenere
separati i requisiti richiesti per la
partecipazione alla gara da quelli che
invece attengono all’offerta e
all’aggiudicazione.
Spesso il filo
che separa il canone oggettivo di
valutazione dell’offerta ed il requisito
soggettivo delle imprese concorrenti è
particolarmente sottile, attesa la
potenziale idoneità dei profili di
organizzazione soggettiva a riverberarsi
sull’affidabilità e sull’efficienza
dell’offerta e, quindi, della prestazione.
Tale commistione inestricabile, viene,
segnatamente, in rilievo quante volte la
lex specialis valorizzi non già i
requisiti soggettivi in sé intesi, bensì
quei profili soggettivi diretti a
riverberarsi in modo specifico
sull’espletamento dell’attività appaltata,
con riferimento precipuo alle
caratteristiche del personale, delle
attrezzature e delle strutture logistiche da
adibire alle prestazioni oggetto
dell’appalto.
Non comporta una indebita commistione tra
soggettivi di pre-qualificazione e quelli
oggettivi afferenti alla valutazione
dell’offerta la previsione, nel bando di una
gara per l’affidamento del servizio di
gestione e manutenzione, di durata
triennale, di apparecchiature biomedicali
presso presidi ospedalieri, tra i criteri
tecnici di valutazione delle offerte, della
"struttura, organizzazione generale ed
ubicazione dell’azienda ad effettivo
supporto del personale residente a garanzia
della continuità del servizio" e dell’"ubicazione
e logistica del magazzino ad effettivo
supporto del servizio"; tale previsione
infatti, lungi dal risolversi nella
prescrizione di requisiti selettivi di tipo
meramente soggettivo idonei a restringere la
cerchia dei concorrenti –in funzione per
così dire protezionistica– ad imprese
territorialmente localizzate, costituisce il
portato di esigenze logistiche, strutturali
ed organizzative strettamente inerenti alla
natura oggettiva delle prestazioni da
assolvere dall’impresa aggiudicataria
(massima
tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 21.05.2010 n. 3208 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità della clausola del bando che
impone di dichiarare tutte le condanne
riportate, indipendentemente dalla loro
gravità e sulla doverosità dell’esclusione
in caso di dichiarazione non veritiera.
Sono legittime, e non già illogiche,
arbitrarie o irragionevoli, le prescrizioni
di un bando di gara per l’affidamento di un
appalto di ll.pp., secondo le quali spetta
ai partecipanti dichiarare espressamente il
possesso dei requisiti di ordine generale di
cui all’articolo 38 del D.Lgs. 12.04.2006,
n. 163 e, in particolare, tra l’altro, la
inesistenza di sentenze di condanna passata
in giudicato, spettando poi
all’Amministrazione appaltante la
valutazione della gravità dei reati.
La presentazione, da parte di una ditta
partecipante ad una procedura di evidenza
pubblica, di una dichiarazione non veritiera
ovvero falsa (indipendentemente da ogni
considerazione sul fatto che essa di per sé
legittimi un giudizio di inaffidabilità
giustificante la esclusione dalla gara)
costituisce motivo di esclusione ex se
dalla procedura di gara
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
ordinanza 21.05.2010 n. 2252 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
illegittimità dell’esclusione di una offerta
pervenuta con il plico esterno lacerato in
modo tale da consentire la visione parziale
-ma non la sostituzione- dei documenti.
E’ illegittima l’esclusione da una gara di
appalto di una offerta il cui plico esterno
sia prevenuto lacerato, nel caso in cui tale
lacerazione non sia di entità tale da
consentire l’accesso alle buste contenenti
le offerte tecnica ed economica se non
previa apertura del plico medesimo; in tal
caso, infatti, appare conforme principio di
ragionevolezza ritenere che la lacerazione
sia tale da non compromettere il principio
di segretezza delle offerte nelle gare
d'appalto; il che consente l’applicazione
del criterio di massima partecipazione.
----------------------------------------
Nella motivazione della sentenza in rassegna
si ricorda che la giurisprudenza ha
affermato in passato che, ai fini
dell'ammissibilità dell'offerta, occorre che
il plico giunga alla stazione appaltante con
la sigillatura operata dal concorrente del
tutto integra, per cui non rileva che gli
eventi di alterazione della sigillatura
siano successivi alla consegna del plico
all'ufficio postale o all'agenzia di
recapiti autorizzata (Cons. Stato, Sez. IV,
19.01.1999, n. 40).
Pertanto, secondo l’orientamento
tradizionale, la mera circostanza che il
plico sia pervenuto aperto alla Commissione
implica l’esclusione, indipendentemente dal
soggetto cui sia addebitabile l'erronea
apertura, stante l’esigenza di assicurare la
garanzia dei principi di par condicio e di
segretezza delle offerte (TAR Veneto, Sez.
I, 19.07.2005, n. 2867).
Secondo la giurisprudenza, è irrilevante che
all'avvenuta lacerazione del plico ponga
rimedio con la sua successiva spillatura il
trasportatore, data la soluzione nella
continuità della segretezza dell'offerta fra
momento in cui è uscita dalla sfera
dell'offerente ed il momento in cui è giunta
nella disponibilità della p.a. (TAR Palermo,
Sez. II, 13.03.2007, n. 810).
Ha osservato la sentenza in rassegna che
tale rigore è senz’altro giustificato
qualora il plico contenente le offerte
pervenga alla Commissione di gara
praticamente aperto, oppure in modo tale da
non assicurare che l'apertura del plico sia
effettuata dalla Commissione pubblicamente
in contraddittorio ed il giorno della gara.
Di converso, deve ritenersi ammissibile
l’offerta il cui plico esterno sia prevenuto
lacerato, nel caso in cui tale lacerazione
non sia di entità tale da consentire
l’accesso alle buste contenenti le offerte
tecnica ed economica se non previa apertura
del plico medesimo
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 20.05.2010 n. 3179 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sulla necessità di far luogo
all’esclusione dalla gara di una impresa che
abbia omesso di rendere una delle
dichiarazioni previste dalla lex specialis
(anche nel caso in cui l’omissione sia
"innocua" - nel senso che non arreca
vantaggio al concorrente e non arreca danno
alla stazione appaltante).
Nel caso in cui il disciplinare di gara
richieda la dichiarazione di assenza di
condanne penali non solo per la società e i
suoi legali rappresentanti, ma anche per gli
altri soggetti indicati nell’art. 38, comma
1, lett. c), del Codice dei contratti
pubblici, la dichiarazione va resa anche con
riferimento ai direttori tecnici
dell’impresa.
Il principio generale secondo cui nelle gare
di appalto non si può sanzionare con
l’esclusione una omessa dichiarazione quando
l’omissione sia "innocua" (nel senso
che non arreca vantaggio al concorrente e
non arreca danno alla stazione appaltante),
non si applica nel caso in cui la “legge”
di gara prescriva determinate dichiarazioni
e sanzioni con l’esclusione la loro
omissione, anche se l’omissione sia
meramente formale
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 19.05.2010 n. 3158 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sul
dovere di dichiarare tutte le condanne
penali riportate, ivi comprese quelle non
menzionate nel certificato del casellario
giudiziale e sull’esclusione per falsa
dichiarazione nel caso di omessa
dichiarazione di una condanna.
In forza di quanto previsto dall’art. 38, 1°
comma, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006
(Codice dei contratti pubblici), deve
ritenersi legittima l’esclusione di una
ditta da una gara per l’affidamento di un
appalto di ll.pp., che sia motivata con
riferimento al fatto che il legale
rappresentante della ditta esclusa, in
contrasto con l’obbligo espressamente
previsto dalla lex specialis di
rendere, al riguardo, dichiarazioni complete
e veritiere, ha falsamente dichiarato che,
nei confronti degli amministratori e
direttore tecnico dell’impresa stessa, non è
stata pronunciata alcuna sentenza di
condanna passata in giudicato, oppure di
applicazione della pena su richiesta (ivi
comprese condanne per le quali fosse
intervenuto il beneficio della non menzione,
ai sensi dell’art. 444 c.p.p.), ove la
falsità di tale dichiarazione sia
chiaramente emersa, a seguito degli
accertamenti effettuati di ufficio dalla
stazione appaltante, dalle risultanze del
certificato del casellario giudiziario,
attestante l’esistenza di condanne penali
nei confronti dei medesimi soggetti.
Le valutazioni in ordine alla gravità delle
condanne riportate dai concorrenti una gara
ad evidenza pubblica ed alla loro incidenza
sulla moralità professionale spettano
esclusivamente alla stazione appaltante e
non già al concorrente medesimo. Questi è
pertanto obbligato a indicare tutte le
condanne riportate, non potendo operare
alcuna selezione delle condanne
eventualmente riportate ed omettendo
pertanto la dichiarazione di alcune di esse
sulla base di una valutazione personale.
L’esistenza di false dichiarazioni sul
possesso dei requisiti, quali la mancata
dichiarazione di sentenze penali di
condanna, si configura come causa autonoma
di esclusione dalla gara di appalto
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 11.05.2010 n. 2822 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
necessità che le clausole escludenti del
bando di gara siano chiare e sulla
possibilità o meno per la commissione di
gara di fissare sub-criteri di valutazione
delle offerte.
In sede di gara di appalto, le clausole
previste dal bando a pena di esclusione
devono essere chiare e puntuali e, nella
eventuale incertezza interpretativa, deve
essere favorita, anche nell'ottica della più
ampia partecipazione di concorrenti, una
interpretazione meno restrittiva delle
stesse e che, comunque, non lede la par
condicio tra i concorrenti.
La commissione di una gara di appalto, in
ossequio ai principi di imparzialità e par
condicio, può procedere alla predefinizione
di criteri di riferimento per l'attribuzione
dei punteggi ai diversi fattori ponderali
delle offerte, soltanto prima dell'apertura
delle buste e, cioè, nell'assoluta
inconsapevolezza del loro contenuto e
nell'obiettiva impossibilità di essere in
qualche modo condizionata dalla preventiva
avvenuta conoscenza di elementi rilevanti ai
fini della valutazione delle offerte
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 27.04.2010 n. 2388 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sul
momento in cui, a seguito della gara,
insorge il vincolo contrattuale con la P.A.
e sul giudice competente a decidere una
controversia concernente la revoca
dell’aggiudicazione definitiva disposta
successivamente alla consegna dei lavori, ma
anteriormente alla stipula del contratto,
per una serie di contestazioni riguardanti
il progetto appaltato.
Come chiarito dall’art. 11, comma 7, del
d.lgs. n. 163 del 2006 (secondo cui "L’aggiudicazione
definitiva non equivale ad accettazione
dell’offerta"), il rapporto contrattuale
con la P.A. non sorge con l’aggiudicazione
definitiva, con la conseguenza che spetta
alla giurisdizione esclusiva del Giudice
amministrativo la cognizione di
comportamenti ed atti assunti prima
dell'aggiudicazione e nella successiva fase
compresa tra l'aggiudicazione e la stipula
del contratto
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 21.04.2010 n. 2254 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sul giudice competente a decidere
una controversia relativa alla revoca
dell’aggiudicazione e sulla legittimità o
meno della revoca dell’aggiudicazione
disposta per mancata tempestiva costituzione
della cauzione definitiva.
I contratti d’appalto della P.A. si possono
considerare formalmente conclusi solo quando
siano state rispettate le formalità tipiche
dei contratti, tra cui rientrano le relative
sottoscrizioni al termine del procedimento
stabilito dalla legge (massima tratta da
http://doc.sspal.it - Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 20.04.2010 n. 2199 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
possibilità o meno di dichiarare
l’aggiudicazione della gara a seguito
dell’accoglimento del ricorso che ha
comportato l’esclusione dalla gara di una
delle due ditte ammesse.
Nel caso di gara con due soli concorrenti e
che, a seguito di un giudizio innanzi al
G.A., è rimasta con unico offerente, l’unica
offerta rimasta in gara non deve essere
necessariamente aggiudicata come effetto
conformativo della decisione, ove il bando
preveda che l’Amministrazione deve valutare
se "aggiudicare la gara anche in presenza
di una sola offerta purché ritenuta congrua"
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 19.04.2010 n. 2188 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sui
presupposti necessari e sufficienti per
disporre l’esclusione dalla gara per grave
negligenza o malafede commessa in precedenti
appalti e sulla sussistenza o meno di una
responsabilità precontrattuale della P.A.
nel caso in cui la P.A. appaltante abbia
negato l’approvazione del contratto dopo
oltre un anno.
L’approvazione e il diniego di approvazione
del contratto da parte della P.A. hanno
natura provvedimentale, costituendo
esercizio di potere discrezionale e
autoritativo, ed a fronte di tali atti le
posizioni soggettive dei soggetti privati
coinvolti hanno consistenza di interessi
legittimi, sindacabili dal giudice
amministrativo.
Costituisce principio risalente nella
disciplina dei contratti con la P.A. quello
della perdita della capacità di contrarre,
da parte delle imprese private, quando esse
siano incorse in negligenza o malafede
nell’esecuzione di altra prestazione con la
P.A., trovando riscontro già negli artt. 3,
comma 3, del R.D. n. 2240 del 1923 e 68,
comma primo, del R.D. n. 827 del 1924.
Il principio è stato sostanzialmente
confermato anche dalla legislazione più
recente, come si evince dal testo dell’art.
75, comma 1, lett. f), del D.P.R. n. 554 del
1999 e ora da quello di cui all’art. 38,
comma 1, lett. f), del D.Lgs. n. 163 del
2006 (secondo cui "sono esclusi dalla
partecipazione alle procedure di affidamento
delle concessioni e degli appalti di lavori,
forniture e servizi, né possono essere
affidatari di subappalti, e non possono
stipulare i relativi contratti i soggetti",
tra gli altri, "che, secondo motivata
valutazione della stazione appaltante, hanno
commesso grave negligenza o malafede
nell'esecuzione delle prestazioni affidate
dalla stazione appaltante che bandisce la
gara; o che hanno commesso un errore grave
nell’esercizio della loro attività
professionale, accertato con qualsiasi mezzo
di prova da parte della stazione appaltante").
Ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f),
del D.Lgs. n. 163 del 2006, la pregressa
grave negligenza in altro rapporto
contrattuale, impedisce non solo la
partecipazione alle procedure di gara per
l’affidamento di lavori pubblici, ma la
stessa possibilità di "stipulare i
relativi contratti".
Deve ritenersi quindi che la grave
negligenza dell’impresa in sede di
esecuzione di un contratto ben possa
rilevare ostativamente anche nella fase di
approvazione di altro contratto (ai fini del
diniego dell’approvazione stessa), quando
essa sia emersa o sia stata accertata dopo
la conclusione del contratto medesimo e
nelle more del perfezionamento della sua
efficacia
(massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR
Lazio-Roma, Sez. III,
sentenza 13.04.2010 n. 6643 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
necessità o meno di comunicazione dell’avvio
del procedimento nel caso di annullamento
dell’aggiudicazione provvisoria e sulla
legittimità o meno dell’annullamento
dell’aggiudicazione perché la ditta
aggiudicataria si è resa responsabile,
nell’esecuzione di altra commessa, di
negligenza o malafede.
La possibilità che ad un'aggiudicazione
provvisoria, naturalmente temporanea, possa
non far seguito, in ragione del negativo
riscontro sui requisiti posseduti
dall'aggiudicatario, l'affidamento
definitivo del contratto è un evento del
tutto fisiologico e positivamente
disciplinato dagli artt. 11 comma 11, 12 e
48 comma 2, d.lgs. 12.04.2006 n. 163,
inidoneo di per sé a ingenerare un qualunque
affidamento tutelabile, qualora difetti,
ovviamente, l'illegittimità dell'operato
dell'amministrazione aggiudicatrice, ed un
obbligo risarcitorio.
L’aggiudicazione provvisoria ha natura di
atto endoprocedimentale ed il suo
annullamento da parte della stazione
appaltante è un atto assimilabile all’atto
di mero ritiro, piuttosto che ad un vero e
proprio compiuto atto di autotutela, tanto
che non necessita nemmeno di comunicazione
di avvio del procedimento. Tale annullamento
è infatti inidoneo a produrre la definitiva
lesione della ditta non risultata
aggiudicataria, che si verifica solo con
l'aggiudicazione definitiva, che non
costituisce atto meramente confermativo
della prima ed in riferimento esclusivamente
alla quale, quindi, va verificata la
tempestività del ricorso.
In sede di controllo sull’aggiudicazione
provvisoria, non avente altro effetto che
quello di far sorgere una mera aspettativa,
è ben possibile che l’Amministrazione si
determini a non aggiudicare l’appalto ove
scopra che un concorrente si è reso
responsabile, nell’esecuzione di altra
commessa, di negligenza o malafede e sia
quindi non idoneo a contrarre con
l’amministrazione appaltante
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 06.04.2010 n. 1907 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
illegittimità della composizione della
commissione giudicatrice di una gara da
aggiudicare con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa ove un
componente esterno sia stato nominato dalla
P.A. senza richiedere preventivamente al
competente Ordine professionale e/o
all’Università degli Studi l’indicazione
della "rosa dei candidati".
Deve ritenersi illegittimamente costituita
la commissione giudicatrice di una gara per
l’affidamento di un appalto da aggiudicare
con il criterio dell’offerta economicamente
più vantaggiosa nel caso in cui uno dei
componenti esterni della commissione
medesima sia stato nominato dalla P.A. senza
l’osservanza dei criteri imposti dall’art.
84 del D.Lgs. 12.04.2006 n. 163 (Codice dei
contratti pubblici), e, in particolare,
senza che la stazione appaltante abbia
preventivamente inoltrato agli Ordini
professionali e/o all’Università degli
Studi, specifica richiesta di indicazione
delle "rose di candidati" da cui
trarre il nominativo del componente esterno
(alla stregua del principio nella specie è
stata ritenuta illegittima la composizione
della commissione giudicatrice, atteso che
la stazione appaltante aveva provveduto a
nominare componente esterno, in qualità di
esperto, un avvocato, senza richiedere
preventivamente al competente Ordine
professionale l’indicazione della "rosa
dei candidati").
La norma
individua quindi una ben definita cerchia di
"esperti", nell'ambito della quale
deve essere effettuata la scelta del
"componente" esterno; trattasi di una
qualificazione normativa ex ante, in
funzione di preventiva garanzia della
competenza professionale e della terzietà
del componente, la cui tassatività non
lascia spazio ad ulteriori designazioni.
Nella specie, quindi, la stazione
appaltante, per nominare un componente
esterno, avrebbe dovuto richiedere
preventivamente agli Ordini professionali (e
alle Facoltà universitarie) le "rose di
candidati" da cui trarre il nominativo
del componente. Era stato nominato invece un
avvocato, senza ottenere preventivamente
dall'Ordine professionale di appartenenza la
rosa dei candidati.
E’ stata ritenuta irrilevante la tesi della
difesa erariale secondo cui
l’Amministrazione non aveva potuto
ottemperare al disposto della lettera a)
cit. perché il competente Ordine
professionale degli avvocati non aveva
provveduto a predisporre e quindi a fornire
le "rose" dei candidati necessari per
la formazione degli elenchi, non evadendo la
richiesta formulata dall’Amministrazione;
gli elenchi con le segnalate "rose"
di nomi peraltro non risulterebbero –secondo
la detta difesa– essere state istituite
neppure successivamente; si tratterebbe
quindi di un caso di oggettiva impossibilità
a provvedere derivante da forza maggiore.
Ha osservato al riguardo la sentenza in
rassegna che, in disparte l’annotazione che
l’Amministrazione ben avrebbe potuto
formulare analoga richiesta anche
all’Università degli studi, in ogni caso non
vi era prova dell’avvenuta richiesta, né del
fatto che la stessa fosse rimasta "inevasa";
nel corso della discussione in udienza
pubblica era stato solo affermato che la
stazione appaltante si era limitata ad
effettuare una "telefonata", di cui
peraltro non vi era traccia in sede
probatoria (massima
tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 31.03.2010 n. 1830 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sui
casi in cui può ritenersi ammissibile un
ricorso proposto avverso il bando di gara.
Solo nel caso di impugnazione della lex
specialis di gara da parte di un’impresa
che già in base alle prescrizioni del bando
(ritenute illegittime) verrebbe esclusa, non
occorre -ai fini dell’ammissibilità del
ricorso- che l’impresa stessa sia poi tenuta
a presentare domanda di partecipazione alla
gara.
In tal caso, infatti, l’ammissibilità del
ricorso viene in considerazione investendo
una clausola del bando che richiede un
requisito di ammissione alla procedura non
posseduto dalla parte ricorrente, di talché,
in tale evenienza, la presentazione della
domanda di partecipazione verrebbe a
risolversi in un inutile formalismo.
E’ ammissibile
l'impugnazione del bando di gara, anche nel
caso di mancata presentazione della domanda
di partecipazione alla gara di appalto,
laddove si censuri che il tempo previsto per
la compilazione del progetto esecutivo e di
altri documenti attinenti l'offerta tecnica
è tanto breve da non rendere effettivamente
possibile presentare l'offerta.
Occorre, tuttavia, all’uopo una apposita
dimostrazione circa l'esiguità dei tempi per
la predisposizione e formulazione
dell'offerta, onde, in mancanza di tale
dimostrazione, il ricorso proposto avverso
il bando, ma non seguito dalla presentazione
dell’istanza di partecipazione, deve
ritenersi inammissibile
(massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR
Lazio-Roma, Sez. I,
sentenza 30.03.2010 n. 5073 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità o meno della clausola del bando
che impone di dichiarare tutte le condanne
penali riportate, anche se per esse sia
stato accordato il beneficio della non
menzione e sulla necessità o meno di
escludere una ditta che ha omesso di
dichiarare una condanna per la quale era
stato accordato detto beneficio.
Nel caso in cui la lex specialis
preveda l’obbligo nei confronti delle ditte
concorrenti di dichiarare la sussistenza di
tutti i requisiti di ordine generale per la
partecipazione alla gara previsti
dall’articolo 38 del d.lgs. 163 del 2006
(Codice dei Contratti pubblici), indicando
anche le eventuali condanne per le quali sia
stato concesso il beneficio della non
menzione con riferimento al possesso dei
requisiti di cui al comma 1, lettera c), è
legittima l’esclusione dalla gara di una
impresa il cui legale rappresentante abbia
omesso di dichiarare una sentenza di
condanna, divenuta irrevocabile, per la
quale era stato concesso il beneficio della
non menzione.
Non inficia la validità di una dichiarazione
sostitutiva la circostanza che la
dichiarazione stessa sia stata inserita in
un unico documento contenente le
dichiarazioni di altri soggetti. La
presentazione di un unico documento non
esclude, infatti, che sotto il profilo
giuridico, si debba qualificare detto
documento come contenente una serie di atti
plurimi imputabili ai singoli soggetti che
hanno sottoscritto la dichiarazione.
D’altra parte, non vi è alcuna disposizione
che vieti di concentrare in un unico
documento le dichiarazioni sostitutive rese
da più soggetti, quanto meno nei casi in cui
sia agevolmente ravvisabile una oggettiva e
soggettiva connessione tra le dichiarazioni
stesse, anche in funzione della loro
destinazione
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 30.03.2010 n. 1795 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sul
principio del formalismo che domina le gare
di appalto e sulla legittimità o meno
dell’esclusione di alcune ditte che hanno
omesso di indicare il corrispettivo per
talune voci unitarie previste nello schema
di offerta allegato al bando.
Nel caso in cui nel corso di una gara di
appalto si riscontino delle lacune nella
domanda di partecipazione alla gara o nella
allegata documentazione, la stazione
appaltante è tenuta ad applicare in modo
rigoroso ed incondizionato le clausole
inserite nella "lex specialis"
relative ai requisiti, formali e
sostanziali, di partecipazione, ovvero alle
cause di esclusione, atteso che la
disciplina delle procedure di gara è
caratterizzata dal formalismo, rispondendo
tale principio, per un verso, ad esigenze
pratiche di certezza e celerità e, per altro
verso, alla necessità di garantire
l'imparzialità dell'azione amministrativa e
la parità di condizioni tra i ricorrenti.
In sede di verifica delle offerte anomale, è
necessario che la commissione di gara
fornisca una plausibile e convincente
motivazione in ordine all’effettuata
verifica degli elementi forniti dall’impresa
a supporto della propria offerta; ciò
proprio al fine di limitare il più possibile
e riportare nei confini della legalità
quell’ampia discrezionalità di cui gode la
stazione appaltante; tale discrezionalità,
altrimenti, rischierebbe di trasmodare in
determinazioni ermetiche e perciò
soggettive, arbitrarie e potenzialmente
clientelari
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 23.03.2010 n. 1700 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
necessità di comunicare l’avvio del
procedimento in caso di revoca degli atti di
indizione della gara e sull’inapplicabilità
dell’art. 21-octies.
1.
E’ illegittima la revoca degli atti
indittivi di una gara, disposta nel corso
del suo espletamento, che non sia stata
preceduta dalla comunicazioni di avvio del
procedimento alle ditte partecipanti alla
gara, a tutela dell'affidamento riposto da
queste ultime nella conclusione del
procedimento stesso; né tale vizio, nel caso
di revoca, può essere sanato sostenendo che
il contenuto del provvedimento non avrebbe
potuto essere diverso da quello in concreto
adottato, con conseguente applicazione
dell'art. 21-octies della legge n. 241/1990,
atteso che il legislatore, con quest’ultima
disposizione, ha escluso l'annullabilità del
provvedimento adottato in violazione di
norme sul procedimento solo quando esso
abbia "natura vincolata" e non può quindi
essere diverso, mentre la revoca di una gara
già bandita è chiaramente espressione di un
potere discrezionale della P.A..
2.
Anche se sussiste la possibilità
dell’Amministrazione di mutare
legittimamente il proprio orientamento circa
le migliori modalità di perseguimento
dell’interesse pubblico affidato anche in
mancanza di sopravvenienze, revocando una
gara di appalto in precedenza indetta, salva
la tutela del pregiudizio (per
responsabilità precontrattuale) arrecato ai
privati interessati, deve ritenersi
illegittima la revoca della procedura di
gara motivata facendo esclusivo riferimento
alla possibilità di provvedere alla gestione
diretta da parte degli uffici comunali dei
servizi per i quali è stata indetta la gara,
senza alcuna previsione circa l’impatto
sulle competenze e gli assetti gestionali
interni e senza alcuna stima circa la
compatibilità con le risorse umane,
organizzative e finanziarie disponibili
(massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR
Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 22.03.2010 n. 4489 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità di un provvedimento che dispone
la revoca senza prevedere l’indennizzo e
sulla spettanza o meno dell’indennizzo nel
caso di mancata approvazione
dell’aggiudicazione provvisoria.
Non può ritenersi illegittima la revoca di
un provvedimento amministrativo (nella
specie si trattava dell’aggiudicazione di
una gara) nel caso in cui non sia stato
contestualmente previsto un indennizzo,
atteso che la mancata previsione
dell’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies
della legge n. 241 del 1990, in un
provvedimento di revoca, non ha efficacia
viziante o invalidante di quest’ultima, ma
semplicemente legittima il privato ad
azionare la pretesa patrimoniale innanzi al
giudice amministrativo che potrà scrutinarne
i presupposti.
L’indennizzo spetta sempre che la revoca,
legittima (altrimenti vi sarebbe materia per
il risarcimento), incida su rapporti di
durata (su un provvedimento amministrativo
ad efficacia durevole), che sia determinata
da sopravvenuti motivi di pubblico
interesse, dal mutamento della situazione di
fatto o da una nuova valutazione
dell’interesse pubblico. Se invece il ritiro
dell’atto è dipeso unicamente da un palese
errore materiale o il danno è stato prodotto
da un colpevole comportamento del privato,
allora nessun indennizzo è dovuto.
L’indennizzo previsto per i provvedimenti di
revoca non è dovuto per il caso di non
approvazione dell’aggiudicazione provvisoria
oggetto di una specifica disciplina
nell’ambito della normativa sull’evidenza
pubblica.
In materia di contratti della P.A., il
potere di negare l'approvazione
dell'aggiudicazione per ragioni di pubblico
interesse ben può trovare fondamento, in via
generale, in specifiche ragioni di pubblico
interesse e non trova ostacoli
nell'esistenza dell'avvenuta aggiudicazione
definitiva o provvisoria; pertanto è
illegittimo l'atto di revoca
dell'aggiudicazione che non sia motivato in
base ad un pubblico interesse idoneo a
giustificare il sacrificio del contrapposto
diritto dell'aggiudicatario nei confronti
dell'amministrazione.
Va considerato assolutamente fisiologico che
all'aggiudicazione provvisoria, naturalmente
temporanea, possa non far seguito, in
ragione della valutazione negativa sulla
permanente utilità del contratto,
l'affidamento definitivo del contratto. Ciò
perché il controllo sull’aggiudicazione
provvisoria è un evento positivamente
disciplinato dagli artt. 11 comma 11, 12 e
48 comma 2, d.lgs. 12.04.2006 n. 163,
inidoneo di per sé a ingenerare un qualunque
affidamento tutelabile (qualora difetti,
ovviamente, l'illegittimità dell'operato
dell'amministrazione aggiudicatrice) ed un
obbligo.
Non può essere
accolta una domanda tendente ad ottenere il
risarcimento dei danni a seguito del
legittimo annullamento dell’aggiudicazione
provvisoria, costituente specifica
espressione del potere di controllo sugli
atti di gara della P.A. appaltante.
Non può essere accolta una domanda tendente
ad ottenere l’indennizzo di cui all’art.
21-quinquies della legge n. 241 del
1990 nel caso di mero ritiro di
un’aggiudicazione provvisoria (atto avente
per sua natura efficacia interinale e non
idonea a creare affidamenti) e non di una
revoca di un atto amministrativo ad effetti
durevoli, come previsto dall’art.
21-quinquies per l’indennizzabilità della
revoca (massima
tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 17.03.2010 n. 1554 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità dell’esclusione da una gara
pubblica dell’impresa capogruppo e
mandataria di una a.t.i., che, ai fini della
dimostrazione del requisito della moralità
professionale, ha omesso di produrre il
certificato del casellario giudiziale od una
dichiarazione sostitutiva autenticata.
Qualora il bando di una gara di appalto
commini l'esclusione obbligatoria in
conseguenza di determinate violazioni, anche
soltanto formali, l'Amministrazione è tenuta
a dare precisa ed incondizionata esecuzione
a tali previsioni, senza alcuna possibilità
di valutazione discrezionale circa la
rilevanza dell'inadempimento e l'incidenza
di questo sulla regolarità della procedura
selettiva o ancora sulla congruità della
sanzione contemplata nella lex specialis,
alla cui osservanza la stessa
Amministrazione si è autovincolata al
momento dell'adozione del bando.
Il certificato del casellario giudiziale
costituisce elemento necessario per
comprovare il possesso dei requisiti di
moralità professionale necessari per
legittimare la contrattazione tra la
pubblica amministrazione ed il privato. La
sua produzione è prescritta allo scopo di
consentire all’amministrazione l’immediato
accertamento della idoneità morale del
contraente evitando di esperire indagini di
ufficio ovvero di chiedere la documentazione
idonea in un momento successivo, onde deve
ritenersi che la mancata produzione del
certificato stesso comporta l’esclusione
della impresa inottemperante.
Nel caso in cui la lettera invito richieda
che debba prodursi anche il "certificato
generale del casellario giudiziale di data
non anteriore a sei mesi da quella fissata
per la licitazione o dichiarazione
sostitutiva", va esclusa dalla gara una
ditta che non abbia prodotto il certificato
del casellario giudiziale, ovvero una
dichiarazione sostitutiva
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 16.03.2010 n. 1513 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità o meno dell’esclusione da una
gara pubblica dell’impresa capogruppo e
mandataria di una a.t.i., che, ai fini della
dimostrazione del requisito della moralità
professionale, ha omesso di produrre il
certificato del casellario giudiziale od una
dichiarazione sostitutiva autenticata
riferita al Presidente del Consiglio di
Amministrazione.
Qualora il
bando di una gara di appalto commini
l'esclusione obbligatoria in conseguenza di
determinate violazioni, anche soltanto
formali, l'Amministrazione è tenuta a dare
precisa ed incondizionata esecuzione a tali
previsioni, senza alcuna possibilità di
valutazione discrezionale circa la rilevanza
dell'inadempimento e l'incidenza di questo
sulla regolarità della procedura selettiva o
ancora sulla congruità della sanzione
contemplata nella lex specialis, alla
cui osservanza la stessa Amministrazione si
è autovincolata al momento dell'adozione del
bando.
Nel caso in cui la lettera invito relativa
ad una gara di appalto richieda che, tra la
documentazione di gara, debba ricomprendersi
anche il "certificato generale del
casellario giudiziale di data non anteriore
a sei mesi da quella fissata per la
licitazione o dichiarazione sostitutiva
autenticata con le modalità di cui all’art.
20 della legge n. 15 del 1968 riferito a
tutti gli amministratori muniti di poteri di
rappresentanza", va esclusa dalla gara
una ditta il cui legale rappresentante non
abbia prodotto nella documentazione di gara
il certificato del casellario giudiziale,
ovvero una dichiarazione sostitutiva ex
lege n. 15 del 1968 (massima
tratta da http://doc.sspal.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 16.03.2010 n. 1513 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità dell’esclusione di una ditta che
ha omesso di dichiarare un grave
inadempimento in un contratto di appalto con
una P.A. diversa da quella appaltante.
E’ legittima l’esclusione dalla gara
disposta ex art. 38, comma 1, lett. f), del
d.lgs. 12.04.2006 n. 163 (Codice dei
contratti pubblici), facendo riferimento al
fatto che l’impresa esclusa ha omesso di
dichiarare l’intervenuta risoluzione di un
precedente contratto stipulato con
Amministrazioni pubbliche, a nulla rilevando
che detta risoluzione di contratto sia stata
disposta da una Amministrazione pubblica
differente dalla stazione appaltante che ha
indetto la gara; infatti, la dichiarazione
prevista dalla seconda parte della suddetta
norma consente all'Amministrazione di
valutare i precedenti professionali delle
imprese concorrenti e quindi di tenere conto
anche di rapporti contrattuali intercorsi
con Amministrazioni diverse, al fine di
stabilire il grado di capacità tecnico
professionale nella esecuzione della
fornitura
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 15.03.2010 n. 1550 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sui limiti delle stazioni
appaltanti, negli appalti di forniture, di
individuare particolari caratteristiche
tecniche dei prodotti da fornire e sulle
modalità di determinazione del danno da
perdita di chance.
La motivazione del provvedimento non può
essere integrata nel corso del giudizio con
la specificazione di elementi di fatto,
dovendo la motivazione precedere e non
seguire ogni provvedimento amministrativo.
Negli appalti pubblici non possono essere
introdotte specifiche tecniche che
menzionino prodotti di una fabbricazione o
di una provenienza determinata o
procedimenti particolari aventi l'effetto di
favorire o eliminare talune imprese, a meno
che tali specifiche tecniche siano
giustificate dall'oggetto dell'appalto.
In tema di appalti di forniture,
l'Amministrazione può legittimamente
individuare particolari caratteristiche
tecniche, ma a condizione che la loro
specificazione sia effettuata con
riferimento ad elementi in grado distinguere
nettamente l'oggetto della fornitura, senza
determinare alcuna discriminazione nei
confronti delle imprese di settore; di
conseguenza, è vietato prevedere specifiche
tecniche, che indichino prodotti di una
determinata fabbricazione o provenienza, a
meno di non inserire la clausola di
equivalenza, ammissibile quando le stazioni
appaltanti non possano fornire una
descrizione dell'oggetto dell'appalto
mediante specifiche tecniche
sufficientemente precise.
E’ illegittimo l’operato di una commissione
di una gara per l’appalto di forniture di
apparecchiature elettromedicali da
aggiudicare con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa nel caso in
cui, dopo la presentazione delle offerte, la
commissione stessa abbia inserito quale
ulteriore criterio -oltre quelli contenuti
nel bando in ordine decrescente di
importanza e i sub criteri specificati in
quest’ultimo- quello "dell’omogeneità con
le apparecchiature esistenti", atteso
che, anche in base ai principi affermati
dalla giurisprudenza comunitaria, sussiste
il divieto di introdurre ex post
elementi che, se fossero stati noti al
momento della preparazione delle offerte,
avrebbero potuto influenzare la detta
preparazione.
In sede di risarcimento dei danni per
lesione di interessi legittimi, mentre non è
ravvisabile il necessario presupposto della
colpa della P.A. allorché quest'ultima abbia
conformato la propria azione a consolidate
interpretazioni giurisprudenziali, di
converso deve ritenersi che, salvo casi
eccezionali, colpa possa ravvisarsi allorché
la condotta dell’Amministrazione si sia
posta in termini collidenti ed antitetici
rispetto a plurime e consolidate
interpretazioni giurisprudenziali.
Il risarcimento dei danni per perdita di
chance va quantificato con la tecnica della
determinazione dell'utile che sarebbe stato
possibile conseguire in caso di vittoria,
scontato percentualmente in base al numero
dei partecipanti alla gara, posto che tale
tipo di danno -non potendo essere provato
nel suo preciso ammontare- deve essere
quantificato in via equitativa ai sensi
dell'art. 1226 c.c. (in applicazione del
principio nella specie l'ammontare del
risarcimento è stato fissato nella
percentuale del 5% del prezzo offerto- per
la perdita di chance, comprensiva
dell’ipotizzato e richiesto "danno
curricolare"; è stato precisato che tale
ammontare va maggiorato degli interessi
legali decorrenti dal momento della
presentazione della domanda giudiziale ed
eventualmente dell’ulteriore rivalutazione
monetaria, ove superiore a tale saggio)
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 11.03.2010 n. 1443 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità dell’esclusione da una gara di
una ditta che ha presentato una polizza
fideiussoria d'importo di 20 centesimi di
euro inferiore rispetto a quello previsto
dal bando.
E’ legittimo il provvedimento con il quale
la P.A. ha escluso da una gara di appalto
una ditta, motivato con riferimento al fatto
che la ditta esclusa ha presentato una
polizza fideiussoria di importo inferiore
rispetto a quello dovuto e richiesto dal
bando, sia pure di soli 20 centesimi di
Euro, nel caso in cui il bando di gara
contenga una chiara ed inequivoca
indicazione della somma su cui calcolare
l’importo della cauzione; né tale esigua
differenza può avere rilevanza per
giustificare una regolarizzazione postuma
della documentazione, atteso che la garanzia
provvisoria risulta finalizzata a fornire
un’adeguata tutela delle ragioni creditorie
della P.A., senza che possa ritenersi
residuare nei confronti dell’offerente alcun
margine di incertezza e di opinabilità, o
comunque
residuare alcuna discrezionalità da parte
della stazione appaltante in ordine
all’accettazione di un importo inferiore a
quello richiesto
(massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR
Basilicata, Sez. I,
sentenza 11.03.2010 n. 109 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sui limiti della facoltà delle
P.A. appaltanti di introdurre nei bandi di
gara requisiti ulteriori non previsti dalla
vigente legislazione.
I bandi di gara possono prevedere requisiti
di partecipazione più rigorosi di quelli
fissati normativamente, potendo in
particolare richiedere l'attestazione di
requisiti di capacità diversi ed ulteriori
rispetto a quelli richiesti per la
iscrizione in albi o elenchi, purché tali
requisiti ulteriori non siano discriminanti
ed abnormi rispetto alle regole proprie del
settore.
Il sindacato del giudice sulla
proporzionalità dei bandi di gara non
impinge nel merito amministrativo, in quanto
la libertà della stazione appaltante di
valutare discrezionalmente le esigenze da
porre a base dell'affidamento dell'appalto
ed i conseguenti requisiti da richiedere ai
concorrenti va contemperata con il rispetto
dei principi fondamentali che presidiano le
procedure ad evidenza pubblica, quali la
concorrenza e il favor partecipationis,
sicché la violazione dei relativi principi
comporta la illegittimità dell’azione
amministrativa.
E’ illegittimo, per violazione dei principi
di proporzionalità, libertà di concorrenza e
favor partecipationis, e per
ingiustificata restrizione del numero dei
partecipanti, il bando di una gara -indetta
da un Comune di piccole dimensioni- per
l’affidamento in concessione del servizio di
gestione, riscossione ed accertamento della
tassa per l'occupazione di spazi ed aree
pubbliche temporanea e permanente,
dell'imposta comunale sulla pubblicità, e
dei diritti sulle pubbliche affissioni, che
preveda, quali requisiti di partecipazione
-oltre alla iscrizione all’albo di cui
all’art. 53 del D. Lgs. 15.12.1997 n. 446
(albo nazionale dei soggetti privati
abilitati ad effettuare attività di
liquidazione, accertamento e riscossione dei
tributi e delle altre entrate delle Province
e dei Comuni)- anche la dimostrazione di
aver svolto, per almeno un triennio
continuativo nell’ultimo quinquennio
antecedente la data della gara, il servizio
di liquidazione, accertamento e riscossione
dei servizi oggetto del bando in forma
congiunta ed in almeno due Comuni con
popolazione superiore a 90.000 abitanti,
nonché di aver conseguito un fatturato, nel
triennio precedente, per un importo, per
aggi, non inferiore ad euro 8.000.000,00 al
netto di IVA
(massima tratta da http://doc.sspal.it - TAR
Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 03.03.2010 n. 677 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità del provvedimento con il quale
la P.A. appaltante ha autorizzato tutte le
imprese a produrre ex post il certificato
circa il rispetto sulle norme a tutela dei
disabili.
Legittimamente la stazione appaltante ha
invitato tutte le ditte concorrenti ad una
gara di appalto ad integrare la
documentazione già prodotta, con il
certificato sul diritto al lavoro dei
disabili di cui all’art. 17 della L.
23.03.1999, n. 68, nel caso in cui nessuna
delle ditte concorrenti abbia prodotto tale
certificato in sede di presentazione
dell’offerta; in tal caso, infatti, la
mancata osservanza dell’art. 17 della legge
23.03.1999, n. 68 (secondo cui grava su
tutte le imprese che entrano in rapporto con
la P.A. l’obbligo di dimostrare, sin dalla
presentazione dell’offerta, che l’impresa è
in regola con la normativa sull’avviamento
al lavoro dei disabili), applicabile ex
lege senza che sia necessario prevedere
il suddetto obbligo nel bando di gara,
avrebbe comportato l’esclusione di tutte le
ditte e la conseguente necessità del
rifacimento della gara, senza nessun
vantaggio per l'Amministrazione e per i
concorrenti
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 02.03.2010 n. 1207 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Sulla
legittimità dell’esclusione di una ditta il
cui legale rappresentante ha omesso di
sottoscrivere ogni pagina della lista delle
categorie di lavorazioni e forniture.
E’ legittima l'esclusione da una gara
pubblica di una impresa il cui legale
rappresentante ha omesso di sottoscrivere,
in ogni pagina, la lista delle categorie di
lavorazioni e forniture previste per la
esecuzione dei lavori, nel caso in cui tale
sottoscrizione sia prescritta come
obbligatoria dalla lex specialis a
pena di esclusione; infatti, essendo le
liste delle lavorazioni finalizzate ad
evidenziare che il concorrente ha avuto
piena contezza delle quantità e dei prezzi
delle lavorazioni, l’omessa sottoscrizione
delle stesse determina -a maggior ragione se
l’omissione sia sanzionata dal bando con la
espulsione dalla gara- la scelta obbligata
dell’esclusione, in osservanza del principio
di parità
di trattamento
(massima tratta da http://doc.sspal.it -
Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 22.02.2010 n. 1035 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
divieto di costruire ad una determinata
distanza dalle strade vale anche per le
sopraelevazioni di edifici già esistenti.
Non è suscettibile di sanatoria, ai sensi
della citata legge n. 47 del 1985, la
sopraelevazione di edificio che disti dal
ciglio dell’autostrada, all’esterno dei
centri abitati, meno di quanto previsto dal
d.m. 01.04.1968, se la sopraelevazione è
stata realizzata dopo l’imposizione del
vincolo autostradale.
Il divieto di costruire ad una certa
distanza dalla sede autostradale, posto
dall’articolo 9 della legge 24.07.1961, n.
729 e dal successivo d.m. 01.04.1968, non
può essere inteso restrittivamente e cioè
come previsto al solo scopo di prevenire
l’esistenza di ostacoli materiali emergenti
dal suolo e suscettibili di costituire, per
la loro prossimità alla sede autostradale,
pregiudizio alla sicurezza del traffico ed
alla sua incolumità delle persone, ma appare
correlato alla più ampia esigenza di
assicurare una fascia di rispetto
utilizzabile, all’occorrenza, dal
concessionario, per l’esecuzione dei lavori,
per l’impianto dei cantieri, per il deposito
di materiali, per la realizzazione di opere
accessorie, senza vincoli limitativi
connessi con la presenza di costruzioni.
Pertanto le distanze previste dalla norma
suddetta vanno rispettate anche con
riferimento ad opere che non superino il
livello della sede stradale o che
costituiscano mere sopralevazioni o che, pur
rientrando nella fascia, siano arretrate
rispetto alle opere preesistenti.
Le opere realizzate all’interno della fascia
di rispetto autostradale prevista al di
fuori del perimetro del centro abitato
(fascia di sessanta metri) sono ubicate in
aree assolutamente inedificabili e,
pertanto, se costruite dopo l’imposizione
del vincolo, rientrano nella previsione di
cui all’articolo 33, comma 1, lettera d)
della legge 28.02.1985, n. 47 e non sono
suscettibili di sanatoria.
A tale riguardo giova premettere che, ai
sensi dell’articolo 41-septies, commi 1 e 2
della legge urbanistica 17.08.1942, n. 1150
(articolo aggiunto dall’articolo 19 della l.
06.08.1967, n. 765) “Fuori del perimetro
dei centri abitati debbono osservarsi
nell’edificazione distanze minime a
protezione del nastro stradale, misurate a
partire dal ciglio della strada. Dette
distanze vengono stabilite con decreto del
Ministro per i Lavori pubblici di concerto
con i Ministri per i trasporti e per
l’Interno, entro sei mesi dall’entrata in
vigore della presente legge, in rapporto
alla natura delle strade ed alla
classificazione delle strade stesse, escluse
le strade vicinali e di bonifica”.
Tale vincolo di inedificabilità è
configurato come assoluto nel caso di
autostrade per le aree situate al di fuori
del centro abitato, perché -ai sensi del
D.M. 01.04.1968- è esclusa ogni possibilità
di deroga alla distanza minima, fissata in
sessanta metri (la fascia di rispetto è,
invece, ridotta a venticinque metri
all’interno del perimetro del centro abitato
ed è derogabile a mente dell’articolo 9,
comma 1 della legge 24.07.1961, n. 729).
Il ricorrente, che ha realizzato un’opera
abusiva all’interno della predetta fascia di
rispetto ed al di fuori del perimetro del
centro abitato, non può, inoltre, avvalersi
della possibilità di sanatoria offerta
dall’articolo 32, comma 4, lettera c), della
citata legge n. 47 del 1985 (per cui “Sono
suscettibili di sanatoria, alle condizioni
sottoindicate, le opere insistenti su aree
vincolate dopo la loro esecuzione e che
risultino: […] c) in contrasto con le norme
del D.M. 01.04.1968 pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 96 del 13.04.1968,
sempre che le opere stesse non costituiscano
minaccia alla sicurezza del traffico”),
perché nella fattispecie in esame il vincolo
sull’area era stato imposto prima della
costruzione del manufatto.
Trova, allora, applicazione la norma di cui
all’articolo 33, comma 1, lettera d), della
legge 28.02.1985, n. 47, che esclude la
possibilità di sanatoria delle opere di cui
al precedente articolo 31 “quando siano
in contrasto con i seguenti vincoli, qualora
questi comportino inedificabilità e siano
stati imposti prima della esecuzione delle
opere stesse: […] d) ogni altro vincolo che
comporti la inedificabilità delle aree”.
In tal senso si è espressa sia la
giurisprudenza della Corte di cassazione
(cfr. Cass. civ., 14.01.1987, n. 193, per
cui non è suscettibile di sanatoria, ai
sensi della citata legge n. 47 del 1985, la
sopraelevazione di edificio che disti dal
ciglio dell’autostrada, all’esterno dei
centri abitati, meno di quanto previsto dal
d.m. 01.04.1968, se la sopraelevazione è
stata realizzata dopo l’imposizione del
vincolo autostradale; v. anche Cass. civ.,
26.01.2000, n. 841, che per tale ragione
esclude la natura edificatoria del terreno
rientrante nella fascia di rispetto) sia
quella del Consiglio di Stato (Sez. V,
08.09.1994, n. 968, che qualifica come
inedificabile l’area ricompresa nella
predetta fascia di rispetto).
Va, inoltre, osservato che il carattere
assoluto del vincolo sussiste a prescindere
dalla concrete caratteristiche dell’opera
realizzata.
Infatti il divieto di costruire ad una certa
distanza dalla sede autostradale, posto
dall’articolo 9 della legge 24.07.1961, n.
729 e dal successivo d.m. 01.04.1968, non
può essere inteso restrittivamente e cioè
come previsto al solo scopo di prevenire
l’esistenza di ostacoli materiali emergenti
dal suolo e suscettibili di costituire, per
la loro prossimità alla sede autostradale,
pregiudizio alla sicurezza del traffico ed
alla sua incolumità delle persone, ma appare
correlato alla più ampia esigenza di
assicurare una fascia di rispetto
utilizzabile, all’occorrenza, dal
concessionario, per l’esecuzione dei lavori,
per l’impianto dei cantieri, per il deposito
di materiali, per la realizzazione di opere
accessorie, senza vincoli limitativi
connessi con la presenza di costruzioni.
Pertanto le distanze previste dalla norma
suddetta vanno rispettate anche con
riferimento ad opere che non superino il
livello della sede stradale (in termini,
Cass. civ., 01.06.1995, n. 6118) o che
costituiscano mere sopralevazioni (v. la
citata Cass. civ., 14.01.1987, n. 193), o
che, pur rientrando nella fascia, siano
arretrate rispetto alle opere preesistenti
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 18.10.2002 n. 5716 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO AL 12.10.2010 |
ã |
NOVITA' NEL
SITO |
Bottone "CONVEGNI" n. 1 giornata di studio a
Marcallo con Casone (MI) per giovedì
21.10.2010 co-organizzata dal portale PTPL.
N.B.: leggere attentamente le
istruzioni ivi riportate. |
NOVITA' NEL
SITO |
EDILIZIA
PRIVATA:
Nel bottone
MODULISTICA è stato inserito il fac-simile
(modificabile a piacimento):
1- della richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica
(art. 167 D.Lgs. n. 42/2004);
2- della richiesta
-alla Soprintendenza- del parere obbligatorio e vincolante
per il rilascio -o meno- dell'atto
amministrativo di
accertamento di compatibilità paesaggistica. |
UTILITA' |
ENTI LOCALI - VARI:
RAI, digitale terrestre.
Lo switch off delle regioni del Nord
Italia rappresenta una sfida formidabile per
le televisioni ma anche per tutti coloro che
amministrano i Comuni coinvolti dal
passaggio al digitale.
Crediamo di fare cosa utile fornendo agli
amministratori comunali alcune informazioni
relative al processo di digitalizzazione che
sarà completato nell’autunno 2010. |
SICUREZZA LAVORO:
La valutazione dei rischi derivanti da
esposizioni ad agenti fisici.
L’agente fisico è quel fattore, governato da
leggi fisiche, che provoca una
trasformazione delle condizioni ambientali
in cui esso si manifesta. La sua presenza in
ambienti di vita e di lavoro determina
l’immissione di energia “indesiderata”,
potenzialmente dannosa per la salute umana.
Tale energia può essere immessa in diverse
forme tra cui l’energia elettromagnetica,
nel caso delle radiazioni non ionizzanti, e
l’energia sonora, nel caso del rumore.
Il Titolo VIII del D.Lgs 81/2008 definisce “agenti
fisici” il rumore, gli ultrasuoni, gli
infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i
campi elettromagnetici, le radiazioni
ottiche, di origine artificiale, il
microclima e le atmosfere iperbariche che
possono comportare rischi per la salute e la
sicurezza dei lavoratori.
Sul sito della regione Campania è
disponibile il materiale didattico delle
lezioni sugli agenti fisici del corso “Il
D.Lgs. 81/2008 e la vigilanza negli ambienti
di lavoro”.
Le lezioni, tenute da funzionari del
Dipartimento Igiene del Lavoro dell’ISPESL,
hanno riguardato:
- illuminazione
- radiazioni ottiche
- rumore e vibrazioni (link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Detrazione fiscale del 55%: proroga per il
2011?
La detrazione fiscale del 55% per gli
interventi di riqualificazione energetica
del patrimonio edilizio esistente scadrà il
prossimo 31.12.2010.
Con l’approssimarsi della scadenza si
cominciano a tracciare i primi bilanci
dell’iniziativa e si ricomincia a parlare
della possibilità di prorogare
l’agevolazione, richiesta a gran voce sia
dalle imprese che dai contribuenti.
Dopo un lungo silenzio un esponente del
governo interviene sulla questione.
Nel corso dell’Assemblea generale dell'Uncsaal,
associazione che raggruppa i produttori di
serramenti in alluminio, il sottosegretario
all’Economia Luigi Casero, riconoscendo la
bontà della misura di incentivazione, si è
detto possibilista sulla proroga della
detrazione fiscale del 55% per gli
interventi di risparmio energetico oltre il
2010.
Secondo l’On. Casero occorre ridurre i
contributi dati a fondo perduto a imprese
che spesso non crescono, e destinare quelle
risorse alla detrazione del 55%, alle
imprese che reinvestono gli utili, o ad
altre manovre per il rilancio delle imprese
(link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Amianto nelle costruzioni: le indicazioni di
SUVA.
Nella precedente edizione (newsletter n.
205) abbiamo parlato della presenza di
amianto nelle costruzioni e dei rischi ad
esso connessi.
Continuiamo ad occuparci di amianto
presentando una pubblicazione realizzata da
SUVA (il più grande assicuratore svizzero
per gli infortuni sul lavoro).
Il documento "Amianto: come riconoscerlo
e intervenire correttamente" illustra
prodotti e manufatti nei quali può
nascondersi l'amianto, come intervenire
correttamente e quando è il caso di
rivolgersi ad uno specialista (link a
www.acca.it). |
SINDACATI |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Bozza
di regolamento degli uffici e dei servizi
aggiornato alle disposizioni del D.Lgs.
150/2009 (riforma Brunetta)
(CGIL-FP,
nota 07.10.2010). |
PUBBLICO IMPIEGO: Per
un rinnovo delle RR.SS.UU. in tempi rapidi
(CGIL-FP di Bergamo,
nota 01.10.2010). |
NOTE,
CIRCOLARI E COMUNICATI |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Trasmissione informatizzata della
notifica preliminare di avvio lavori nei
cantieri - Decreto del Direttore Generale
Sanità n. 9056 del 14.09.2009 e Decreto del
Direttore Regionale del Lavoro n. 117 del
23.09.2009 (Regione Lombardia,
Direzione Generale Sanità, Governo della
Prevenzione e Tutela Sanitaria, Prevenzione
Ambienti di Vita e di Lavoro,
nota 08.10.2010 n.
33248 di prot.). |
APPALTI: DURC
- Determinazione AVCP n. 1/2010
(Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali,
circolare 08.10.2010 n. 35/2010). |
EDILIZIA PRIVATA:
Semplificazione e riordino della
disciplina sullo Sportello Unico per le
Attività Produttive (ai sensi del
D.P.R. 07.09.2010 n. 160) (ANCI,
nota 06.10.2010 n. 79
di prot.). |
PUBBLICO IMPIEGO:
CCNL del personale dirigente del comparto
Regioni e Autonomie Locali (AREA II) -
Biennio economico 2008-2009 (INPDAP,
nota operativa 02.10.2010 n. 46). |
GURI - GUUE -
BURL (e anteprima) |
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 41
dell'11.10.2010, "Approvazione
dell'aggiornamento dell'elenco, e
pubblicazione dell'elenco completo, degli
enti locali idonei all'esercizio delle
funzioni paesaggistiche loro attribuite
dall'art. 80 della l.r. 11.03.2005, n. 12"
(decreto
D.G. 24.09.2010 n. 9051 - link a www.infopoint.it). |
DOTTRINA E
CONTRIBUTI |
ATTI AMMINISTRATIVI:
R. Minardi,
Il diritto di accesso agli atti e ai
documenti amministrativi. Il diritto di
accesso agli atti dei servizi demografici
(link a http://doc.sspal.it). |
PUBBLICO IMPIEGO: P.
Barrera,
La responsabilità disciplinare dei
dipendenti pubblici dopo il d.lgs.
27.10.2009, n. 150 (anche alla luce del
decreto legge n. 78/2010) (link a
http://doc.sspal.it). |
APPALTI:
F. Armenante,
Rassegna giurisprudenziale sulle procedure
ad evidenza pubblica (link a
http://doc.sspal.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
P. Urbani,
PER UNA CRITICA COSTRUTTIVA ALL’ATTUALE
DISCIPLINA DEL PAESAGGIO (link a
www.pausania.it). |
QUESITI &
PARERI |
PUBBLICO IMPIEGO:
Fattispecie in tema di
conferimento incarichi a dipendenti enti
locali – Limiti.
Quesito proposto dal Comune di A.
(Provincia di S.).
Si chiede di conoscere parere in ordine al
concetto di «incarico» di cui all’art. 53
del D.L.vo 30.03.2001, n. 165, e in
particolare se lo stesso possa riferirsi,
senza alcun limite se non quello di
svolgersi fuori dall’orario di servizio e di
non essere in contrasto con gli interessi
dell’Ente di appartenenza (Comune), allo
svolgimento di ogni attività (per esempio
l’attività di amministratore di condomini:
fattispecie sulla quale, peraltro, ha avuto
modo di esprimersi la Corte dei conti, Sez.
I giurisdizionale d’appello, con la sentenza
n. 554 del 16.09.2009, ma solo per ciò che
attiene alla esistenza o meno di danno
erariale a causa della mancanza di
autorizzazione, lasciando pertanto irrisolta
la questione sulle fattispecie
autorizzabili), e in particolare, appunto,
se tali incarichi (con richieste –per
esempio– di autorizzazione presentate ogni
anno) possano dissimulare una vera e propria
altra attività lavorativa, che si
svolgerebbe ininterrottamente e
parallelamente a quella di pubblico
dipendente.
Si tenga altresì presente che il regolamento
sugli uffici e servizi del Comune prevede
che le attività/incarichi in argomento
costituiscano motivo di crescita
professionale, anche nell’interesse
dell’Ente.
---------------
La ratio dell’art. 53 del D.L.vo n.
165/2001 è quella evidentemente di mettere «sotto
tutela e controllo», nei termini
previsti dallo stesso art. 53 qui in
commento (incompatibilità ai sensi degli
artt. 60 e segg. del D.P.R. 10.01.1957, n.
3, in parte qua ancora in vigore, o
autorizzazione preventiva
dell’Amministrazione di appartenenza) tutte
le forme di «incarichi extraistituzionali»,
nel senso di resi ed espletati
nell’interesse di soggetti «esterni»,
persone fisiche o giuridiche, rispetto
all’Amministrazione titolare formale e
sostanziale del relativo rapporto di
pubblico impiego.
Difatti, expressis verbis, il comma
6, ultimo inciso, dell’art. 53 cit. dispone
che nell’alveo della nozione di «incarico»
conferito o conferibile al dipendente
pubblico e, quindi, autorizzabile nei
termini previsti dalla legge, vi rientri
necessariamente qualsiasi tipo di incarico,
anche di natura occasionale, non compreso
nei compiti e doveri di ufficio, «per i
quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un
compenso».
Ritenendo sul punto la giurisprudenza
prevalente che nell’ambito applicativo del
comma 6 vi rientrino tutti i compensi,
comunque erogati, anche con formule in «natura»
e non soltanto «pecuniaria».
Ciò evidentemente in applicazione del «principio
di esclusività» del rapporto di pubblico
impiego con l’Amministrazione di
appartenenza.
Principio che si oppone in linea di
principio al cumulo con altri impieghi e/o
incarichi, nel caso in cui la particolare
prestazione lavorativa «esterna»
possa creare situazioni di incompatibilità
sia di diritto che di fatto, nell’interesse
del buon andamento come recita appunto in
modo letterale lo stesso comma 5 del più
volte citato art. 53.
In tali fattispecie l’applicazione
dell’istituto dell’autorizzazione preventiva
consente all’Amministrazione di valutare che
sia scongiurata ogni possibilità di
conflitto di interesse tra l’attività di
lavoro extraistituzionale autorizzanda e
quanto oggetto della ordinaria prestazione
lavorativa del dipendente pubblico.
Occorre, pertanto, nella valutazione finale
considerare anche la durata dell’incarico e
l’entità del compenso finale.
Difatti, secondo un insegnamento ormai
recepito e «granitico» della giurisprudenza
della Corte dei conti un incarico non
occasionale e di importo «sostanzioso»,
avuto riguardo alle ordinarie condizioni di
mercato, è già sintomo di conflitto di
interessi, sotto il profilo delle risorse di
tempo di lavoro e di impegno «mentale»
che viene sottratto dal dipendente pubblico
al proprio rapporto «esclusivo» di
pubblico impiego a tempo pieno.
Uniche eccezioni al suddetto principio di
esclusività sono previste direttamente dal
legislatore per tassative fattispecie che
non ammettono interpretazioni estensive o
per analogia:
a)
rapporto di lavoro pubblico a part-time con
prestazione lavorativa non superiore al 50%
di quella prevista per il rapporto di lavoro
ordinario ed a tempo pieno;
b)
compensi derivanti dalla collaborazione a
giornali, riviste, enciclopedie e simili;
c)
utilizzazione economica da parte dell’autore
o inventore di opere dell’ingegno e di
invenzioni industriali;
d)
partecipazione a convegni e seminari;
e)
incarichi per i quali è corrisposto solo il
rimborso delle spese documentate;
f)
incarichi per i quali il dipendente è posto
in aspettativa, comando o fuori ruolo;
g)
incarichi conferiti dalle organizzazioni
sindacali a dipendenti presso le stesse
distaccati o in aspettativa non retribuita;
h)
incarichi derivanti da attività di
formazione diretta a dipendenti della
pubblica Amministrazione di cui all’art. 1,
comma 2, del citato D.L.vo n. 165/2001.
In tali evenienze non è necessaria neppure
l’autorizzazione preventiva essendo
sufficiente una mera informazione
all’Amministrazione di appartenenza.
Nella sola fattispecie (part-time non
superiore al 50%) di cui al punto a) è
consentito al dipendente pubblico lo
svolgimento di attività libero-professionale
esterna o comunque ad essa equiparabile,
purché non sia configurabile comunque alcun
tipo di conflitto di interesse.
Pertanto il dipendente pubblico non potrà
svolgere e di conseguenza non potrà essere
autorizzato per lo svolgimento, a titolo
oneroso, dell’attività di amministratore di
condominio e/o condomini, se prima non avrà
optato, nell’ambito del rapporto di pubblico
impiego per un regime orario a part-time non
superiore al 50% del tempo pieno previsto,
qualora la suddetta attività esterna assuma
i connotati di una comune attività
professionale.
Difatti è solo in quest’ultima evenienza che
è consentito lo svolgimento di attività
professionale parallela a quella inerente il
rapporto di pubblico impiego.
Cosa evidentemente diversa è invece il caso
in cui l’attività di amministratore di
condominio venga svolta a titolo gratuito.
Rimane ad ogni modo anche in tale
fattispecie la necessaria autorizzazione
preventiva, onde valutare che, nonostante la
gratuità dell’incarico di amministratore di
condominio, rimanga tutelato il principio
del buon andamento della pubblica
Amministrazione (assenza di conflitto di
interesse).
Si fa presente che la previsione del
regolamento degli uffici e dei servizi che
disponga diversamente da quanto dettato dal
citato art. 53 non vale a «sanare» il
configurarsi di eventuali responsabilità di
natura erariale a carico di chi vi dà
applicazione, a maggior ragione in un
contesto ordinamentale in cui la materia
delle incompatibilità e dei cumuli di
impieghi appare di stretta competenza
legislativa, residuando alla fonte
regolamentare una mera competenza di
dettaglio della normativa di legge, nel
rispetto degli inderogabili principi dalla
stessa posti (tratto da Nuova Rassegna n. 16
del 16.08.2010). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Dipendente tecnico comunale
autorizzato con deliberazione giuntale a
prestare servizio per due giorni settimanali
come collaboratore presso altro Comune –
Assenza di convenzione – Disciplina.
Quesito proposto dal Comune di …
(Provincia di …).
Questo Comune, con deliberazione giuntale,
ha autorizzato il dipendente tecnico
comunale a prestare servizio per due giorni
settimanali come collaboratore presso un
altro Comune.
Considerato che detta autorizzazione è
avvenuta in assenza di convenzione, ai sensi
dell’art. 14 del CCNL 14.09.2000, si chiede:
1) è legittima l’allegata deliberazione
giuntale? Oppure l’Amministrazione doveva
stipulare preventiva convenzione?
2) la posizione del tecnico comunale
autorizzato, nel Comune ove espleta il
servizio per un massimo di 12 ore
settimanali, può configurarsi come rapporto
di dipendenza e quindi sottoscrivere i
relativi atti? Oppure deve predisporre solo
le proposte dei provvedimenti da sottoporre
al dirigente di quella Amministrazione
comunale?
---------------
Si evidenzia che l’art. 14 del CCNL
22.01.2004 prevede, al fine di soddisfare la
migliore realizzazione dei servizi
istituzionali e di conseguire un’economica
gestione delle risorse, con il consenso dei
lavoratori interessati, l’assegnazione di
personale ad altri enti per periodi
predeterminati e per una parte del tempo di
lavoro d’obbligo mediante convenzione e
previo assenso dell’ente di appartenenza.
La convenzione deve definire il tempo di
lavoro in assegnazione, nel rispetto del
vincolo dell’orario settimanale d’obbligo,
la ripartizione degli oneri finanziari e
tutti gli altri aspetti utili per regolare
il corretto utilizzo del lavoratore ed in
modo particolare si evidenziano gli istituti
delle ferie, del riposo giornaliero, del
riposo settimanale e della durata
giornaliera dell’orario di lavoro. Al comma
7 dell’art. 14 il CCNL citato precisa che la
disciplina trova applicazione anche nei
confronti del personale utilizzato a tempo
parziale per le funzioni e i servizi in
convenzione ai sensi dell’art. 30 del D.L.vo
18.08.2000, n. 267.
L’art. 1, comma 557, della legge 30.12.2004,
n. 311, prevede invece che i comuni con
popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, i
consorzi tra enti locali gerenti servizi a
rilevanza non industriale, le comunità
montane e le unioni di comuni possono
servirsi dell’attività lavorativa di
dipendenti a tempo pieno, di altre
amministrazioni locali purché autorizzati
dall’Amministrazione di provenienza. Si
tratta quindi di un rapporto di lavoro
complementare al principale rapporto di
lavoro ovvero una sorta di secondo lavoro
del dipendente pubblico e può assumere la
forma sia del contratto di lavoro di tipo
subordinato che del contratto di lavoro
autonomo e nella forma coordinata e
continuativa. Nel primo caso evidentemente
una convenzione dovrà stabilire le modalità
di utilizzo del lavoratore con particolare
riferimento come precisato più sopra agli
istituti delle ferie, del riposo
giornaliero, del riposo settimanale e della
durata giornaliera dell’orario di lavoro.
Tale soluzione è del tutto eccezionale ed è
intesa a favorire la condivisione di
professionalità all’interno della pubblica
Amministrazione senza che vi sia a monte la
definizione di un servizio da gestire in
convenzione o la volontà di ricorrere
all’istituto dell’assegnazione, ai sensi del
comma 1 dell’art. 14 del CCNL citato, per il
quale rimane fisso il tempo di lavoro
d’obbligo ovvero le ore settimanali
concordate nel contratto individuale di
lavoro sono ripartite, per periodi
predeterminati e con il consenso dei
lavoratori, tra gli enti interessati. Si
precisa comunque che tale soluzione comporta
una valutazione in termini di compatibilità
con i vincoli della spesa del personale in
relazione al regime assunzionale a cui
l’ente è soggetto.
Lo status del lavoratore e quindi
l’esercizio delle eventuali responsabilità
sarà quindi da configurarsi in relazione
alle differenti soluzioni adottate.
Si evidenzia pertanto che, dalla
documentazione pervenuta, si è fatto
riferimento a due disposizioni che sono
alternative e quindi riferibili a soluzioni
operative, organizzative, convenzionali e
contrattuali distinte (tratto da Nuova
Rassegna n. 15 dell'01.08.2010). |
EDILIZIA PRIVATA:
Comune – Rilascio permesso di
costruire per realizzazione di
sopraelevazione di un fabbricato e
sottotetto sovrastante – Denuncia mancato
rispetto delle distanze legali da parte di
proprietario fabbricato adiacente –
Competenza professionale del geometra per
opere in cemento armato – Fattispecie.
Quesito proposto dal Sig. … del Comune di
A. (Provincia di V.).
Questo Comune ha rilasciato:
1) il permesso
di costruire per la realizzazione di una
sopraelevazione al primo piano di un
fabbricato;
2) il permesso in variante per
la realizzazione di un sottotetto
sovrastante la sopraelevazione assentita;
3)
il permesso in variante per l’ampliamento
del sottotetto assentito in variante.
Un cittadino, dopo aver fatto presente di
essere proprietario di un terreno e di un
fabbricato adiacenti all’immobile in
costruzione, ha evidenziato varie violazioni
della normativa di settore, legate
principalmente al mancato rispetto delle
distanze legali, ed ha segnalato che,
nonostante la previsione di pilastrature in
cemento armato, l’opera è stata progettata
da un geometra, in spregio all’art. 16 e
segg. R.D. 11.02.1929, n. 274, che abilita
tale categoria professionale solo a modeste
costruzioni civili.
Tutto ciò premesso si chiede:
1) al titolare del terreno e del fabbricato
limitrofi è riconosciuta una posizione
legittimante l’impugnativa dei titoli
edilizi sopra menzionati?
2) la progettazione di cui sopra ricade
nella competenza professionale del geometra?
---------------
La legislazione vigente non vieta in modo
aprioristico al geometra di operare con
strutture in cemento armato nelle
costruzioni.
Infatti, la maggiore ampiezza normativa
della lett. l) del R.D. n. 274/1929, che
espressamente disciplina l’uso del cemento
armato nelle costruzioni a destinazione
agricola, non può autorizzare l’interprete a
concludere che il legislatore, formulando in
modo generico la norma contenuta nella
successiva lett. m) dello stesso articolo
(senza esplicito richiamo all’uso del
cemento armato), ne abbia vietato l’utilizzo
per le costruzioni civili.
Di conseguenza, la competenza dei geometri
per la realizzazione di opere in cemento
armato di piccole costruzioni accessorie di
edifici rurali o per uso di industrie
agricole deve essere estesa, ai temimi della
norma su richiamata, anche alle opere
accessorie alle costruzioni civili, purché
siano di dimensioni esigue e non presentino
particolari problemi strutturali come
accade, invece, per le costruzioni in zone
sismiche.
Tuttavia, la giurisprudenza della Corte di
cassazione ha costantemente evidenziato come
ai tecnici solo diplomati (geometri e periti
industriali: R.D. n. 275/1929), ai sensi
dell’art. 16, lett. m), del R.D. n.
274/1929, sono consentiti la progettazione,
la direzione e la vigilanza in ogni caso di
costruzioni che prevedono l’impiego di
strutture in cemento armato, salvo che non
si tratti di piccoli manufatti accessori,
nell’ambito di fabbricati agricoli o
destinati alle industrie agricole, che non
richiedano particolari operazioni di calcolo
e che per la loro destinazione non
comportino pericolo per l’incolumità
pubblica (cfr., ex multis,
Cassazione, sentenze nn. 8545/2005,
7778/2005, 3021/2005, 5961/2005).
Si tratta di una scelta inequivoca del
legislatore dettata da evidenti ragioni di
pubblico interesse.
I limitati margini di discrezionalità
accordati all’interprete attengono solo alla
valutazione dei requisiti della modestia
delle costruzioni, della non necessità di
complesse operazioni di calcolo ed assenza
di implicazioni per la pubblica incolumità,
mentre per l’altra condizione, costituita
dall’annesso agricolo o industriale agricolo
delle costruzioni, eccezionalmente
progettabili dai predetti tecnici anche nei
casi di impiego di c.a., stante la chiarezza
e la tassatività del precetto normativo non
vi sono margini di sorta, che esige un
preciso requisito: la suddetta destinazione,
che esiste o non esiste (cfr. Cass. civile,
Sez. II, sentenza 07.09.2009, n. 19292). In
altri termini, secondo la Suprema Corte, la
competenza dei tecnici diplomati è limitata
ai soli manufatti con destinazione ad
annesso agricolo o ad accessorio negli
edifici destinati alle industrie agricole.
Nel caso di cui al quesito, occorre tenere
presente il concetto della modestia della
costruzione e delimitare l’ambito della
competenza del geometra nell’espletamento di
incarichi progettuali nei limiti
quantitativi (volume) e qualitativi (tipo di
struttura e, in particolare, l’impiego del
c.a.).
Alla luce del su richiamato precetto
normativo, nonché della vigente
giurisprudenza, pur in assenza di ulteriori
precisazioni, per la stringatezza del
quesito, si ritiene che l’ampliamento del
sottotetto in variante, se è nei limiti
della modesta costruzione, come innanzi
precisata, non sembra revocarsi in dubbio la
competenza professionale del geometra.
Quanto all’altra denuncia del proprietario
dei fondi finitimi all’immobile in
costruzione, è da dire che non sempre
l’interesse dei privati finitimi, i quali,
non ricevendo un danno immediato e diretto,
ma solo un paventato pericolo per la
pubblica incolumità, vantano una posizione
qualificabile come diritto soggettivo, ma
solo un interesse riflesso al rispetto delle
leggi.
Nei procedimenti per violazioni
urbanistico-edilizie è essenzialmente il
Comune ad essere legittimato ad impedire una
costruzione illegittima, in quanto il danno
discende dall’offesa al bene specifico
individuato proprio nel territorio che
potrebbe subire un danno per l’incolumità
pubblica.
Tuttavia, quando la costruzione costituisca
violazione anche alle norme di natura
civilistica, quali quelle che stabiliscono
l’osservanza delle norme (previste dal c.c.,
dai regolamenti edilizi e dagli strumenti
urbanistici) sulle distanze, sulla
volumetria, sulle altezze (si pensi alla
c.d. servitus altius non tollendi:
alla servitù, cioè, di non sopraelevare,
ossia una servitù negativa e non apparente,
in base alla quale il proprietario del fondo
servente è tenuto, nei confronti del fondo
dominante, a non costruire oltre una certa
altezza), è ipotizzabile l’intervento
difensivo del vicino tutte le volte che
l’azione illecita possa cagionare anche la
lesione di un diritto privato. Ma occorre
pur sempre che il danno sia conseguenza
immediata e diretta dell’abusiva costruzione
(tratto da Nuova Rassegna n. 15
dell'01.08.2010). |
CORTE DEI
CONTI |
CONSIGLIERI COMUNALI:
Parere in materia di rimborso
delle spese di viaggio dei componenti della
Giunta provinciale e dei consiglieri
provinciali. Verifica della possibilità di
disciplinare la materia con regolamento
integrativo
(Corte dei Conti, Sez. regionale di
controllo Veneto,
parere 21.09.2010 n. 105). |
ENTI LOCALI:
Non è possibile per l‘ente che si
trovi nella condizione di aver superato la
spesa per il personale rispetto al 2004,
procedere a nuova assunzione o ricorrere
all‘istituto della mobilità
(Corte dei Conti, Sez. regionale di
controllo Lombardia,
parere 15.09.2010 n. 862). |
ENTI LOCALI:
Richiesta di parere formulata dal
Presidente della provincia di Prato, ai fini
della corretta applicazione dell'art. 40-bis
del D.Lgs. 165/2001 come modificato
dall'art. 55 del D.Lgs. 150/2009.
La Corte dei Conti - Sezione regionale di
controllo per la Toscana, in merito alle
spese di personale ha ribadito, ai fini del
patto di stabilità interno, che: “la
spesa relativa agli incentivi alla
progettazione, agli incentivi per il
recupero ICI e per i diritti di rogito non
rientra nel concetto di spesa di personale";
le spese di personale per gli anni 2006,
2007 e 2008 vanno computa al netto degli
oneri derivanti dagli intervenuti contratti
collettivi nazionali, a garanzia
dell’omogeneità dei dati da confrontare per
ciascuno di tali anni; la spesa relativa ai
dipendenti appartenenti alle categorie
protette, da escludere dal computo della
spesa di personale, deve “ricomprendere
anche il salario accessorio ad esso
relativo, non limitandosi alla spesa per il
trattamento fondamentale" (Corte dei
Conti, Sez. regionale di controllo Toscana,
parere 15.09.2010 n. 101). |
INCENTIVO PROGETTAZIONE: La
Provincia di Torino ha formulato una
richiesta di parere chiedendo “se la quota
percentuale dell’importo posto a base di
gara dell’opera o del lavoro da ripartire
tra i dipendenti impiegati della
progettazione interna debba comprendere,
oltre all’ammontare degli oneri
previdenziali ed assistenziali, anche la
quota che l’Ente deve versare quale soggetto
passivo dell’IRAP”.
... Rimandando per il resto alle motivazioni
della deliberazione, la conclusione delle
Sezioni riunite dunque è la seguente: “ai
fini della quantificazione dei fondi per
l’incentivazione e per le avvocature
interne, vanno accantonate, a fini di
copertura, rendendole indisponibili, le
somme che gravano sull’ente per oneri
fiscali, nella specie, a titolo di Irap.
Quantificati i fondi nel modo indicato, i
compensi vanno corrisposti al netto,
rispettivamente, degli “oneri assicurativi e
previdenziali” e degli “oneri riflessi”, che
non includono, per le ragioni sopra
indicate, l’Irap” (Corte dei Conti, Sez. giurisdiz.
Piemonte,
parere
08.07.2010 n.
49). |
NEWS |
LAVORI PUBBLICI:
Dal 25.09.2010 nuove regole per gli accessi
ai cantieri di Lavori Pubblici.
Il D.P.R. n. 150 del 02.08.2010, pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale n. 212 del
10.09.2010, ridefinisce la disciplina di
accessi ed accertamenti presso i cantieri
delle imprese interessate all'esecuzione di
lavori pubblici per contrastare le
infiltrazioni mafiose.
Il Decreto si applica, dal 25.09.2010, a
tutti i soggetti che intervengono a
qualunque titolo nel ciclo di realizzazione
dell'opera, anche con appalti di modesta
entità (noli e forniture di beni e
prestazioni di servizi, ivi compresi quelli
di natura intellettuale, qualunque sia
l'importo dei relativi contratti o dei
subcontratti).
Il provvedimento prevede l’esecuzione di
controlli effettuati da un gruppo interforze
che sarà composto da funzionari della
polizia di stato, dell'arma dei carabinieri,
della guardia di finanza, della Dia, del
provveditorato alle opere pubbliche e da un
rappresentante della Direzione provinciale
del lavoro (link a www.acca.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Sistri, rinvio all'01.01.2011.
Il SISTRI (Sistema di controllo della
tracciabilità dei rifiuti) ha lo scopo di
permettere l'informatizzazione dell'intera
filiera dei rifiuti speciali a livello
nazionale e dei rifiuti urbani per la
Regione Campania.
Il Ministero dell'Ambiente, con il decreto
28.09.2010, pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale n. 230, ha differito l’entrata in
vigore (in via esclusiva) del sistema di
controllo della tracciabilità dei rifiuti
(SISTRI) prevista per il 1° ottobre 2010.
Il provvedimento in questione, in
particolare, ha prorogato al 30.11.2010 il
termine per la consegna dei necessari
dispositivi elettronici mentre la data
limite per l'uso della documentazione
cartacea è stata stabilità al 31.12.2010
(link a www.acca.it). |
APPALTI:
Dall'01.11.2010 CIG obbligatorio.
Con un Comunicato del 1° ottobre scorso
l'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture ha
precisato che a decorrere dall'01.11.2010 le
Stazioni Appaltanti che richiedono la
pubblicazione di bandi e avvisi sulla
Gazzetta Ufficiale devono indicare
obbligatoriamente il codice CIG (codice
identificativo gara) rilasciato
dall'Autorità.
Pertanto, da tale data, il formulario di
richiesta di inserzione sulla GURI sarà
modificato con l’indicazione del CIG o della
causa di esclusione dall'obbligo di
richiesta del medesimo (nei casi individuati
con delibera dell'Autorità).
Con una nota dello scorso 7 settembre
l'Autorità aveva comunicato che a decorrere
dal 15.10.2010 le operazioni connesse al
rilascio del codice CIG a mezzo del SIMOG
saranno consentite esclusivamente al
Responsabile del Procedimento (art. 10,
commi 1 e 9, D.Lgs. 163/2006) (link a
www.acca.it). |
AUTORITA'
CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI:
Con riferimento alla partecipazione alle
gare di università e istituti di ricerca, è
stato recentemente affermato che è ammesso a
presentare offerta o a candidarsi qualsiasi
soggetto o ente che, considerati i requisiti
indicati in un bando di gara, si reputi
idoneo a garantire l’esecuzione,
indipendentemente dal fatto di essere un
soggetto di diritto privato o di diritto
pubblico e di essere attivo sul mercato in
modo sistematico oppure soltanto occasionale
o, ancora, dal fatto di essere sovvenzionato
tramite fondi pubblici o meno.
Un’interpretazione restrittiva della nozione
di operatore economico, sarebbe gravemente
pregiudizievole per la collaborazione tra
attività di ricerca e attività d’impresa e
rappresenterebbe una restrizione della
concorrenza.
Per tali organismi, non aventi finalità di
lucro, ma volti principalmente alla
didattica e alla ricerca, gli Stati membri
possono autorizzare o non autorizzare tali
soggetti ad operare sul mercato in funzione
della circostanza che l’attività in
questione sia compatibile o meno con i loro
fini istituzionali e statutari (cfr. Corte
di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza
23.12.2009, resa nella causa c-305/2008)
(parere
di precontenzioso 27.05.2010 n. 101 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
Con riferimento al calcolo della soglia di
anomalia, è stata evidenziata la necessità
che i bandi di gara contengano esplicita
disciplina al riguardo, prevedendo, nel
disciplinare di gara e nella lettera di
invito, che “le medie sono calcolate fino
alla terza cifra decimale arrotondata
all’unità superiore qualora la quarta cifra
decimale sia pari o superiore a cinque..”
e, comunque, disponendo che siano fissati i
decimali e le modalità di arrotondamento
(cfr. determinazione 114/2002).
Occorre rilevare, inoltre, che il
riferimento al plurale “medie” può
essere inteso –in mancanza di ulteriori
specificazioni da parte della lex
specialis di gara– nel senso che il
calcolo fino alla terza cifra decimale
arrotondata all’unità superiore (qualora la
quarta cifra decimale sia pari o superiore a
cinque) interessa non solo la soglia di
anomalia, ma anche la media dei ribassi
percentuali delle offerte ammesse e lo
scarto medio aritmetico dei ribassi
percentuali che superano la media
(parere
di precontenzioso 27.05.2010 n. 100 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
Ad eccezione dei casi in cui per i soggetti
cessati dalla carica nell'ultimo triennio
sussistano circostanze che rendono
impossibile o eccessivamente gravosa la
produzione della dichiarazione, i direttori
tecnici, gli amministratori muniti di poteri
di rappresentanza e i soggetti cessati dalla
carica nell'ultimo triennio, sono tenuti a
rendere personalmente la dichiarazione circa
l'insussistenza delle cause interdittive di
cui all'art. 38, comma 1, lettere b) e c),
del d.lgs. 12.04.2006, n. 163
(parere
di precontenzioso 13.05.2010 n. 99 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Abusi edilizi - Autorità comunale
- Mancato esercizio dei poteri
ripristinatori e repressivi - Proprietario
dell’area incisa dagli abusi - Interesse
legittimo.
Il proprietario di un’area o di un
fabbricato nella cui sfera giuridica incide
dannosamente il mancato esercizio dei poteri
ripristinatori e repressivi relativi ad
abusi edilizi da parte dell’autorità
preposta è titolare di un interesse
legittimo all’esercizio di detti poteri e
può pretendere, se non vengano adottate le
misure richieste, un provvedimento che ne
spieghi esplicitamente le ragioni, con la
conseguenza che il silenzio serbato sulla
istanza integra gli estremi del silenzio
rifiuto, sindacabile in sede giurisdizionale
quanto al mancato adempimento dell’obbligo
di provvedere espressamente (cfr., ex
multis, Cons. Stato, sez. IV,
04.06.2004, n. 3485; 31.05.2007, n. 2857;
07.07.2008, n. 3384) (TAR Campania-Napoli,
Sez. VIII,
sentenza 08.10.2010 n. 18124 -
link a www.ambientediritto.it). |
ESPROPRIAZIONE: Espropriazione
per pubblica utilità: no alla utilizzazione,
senza titolo, di un bene per scopi di
interesse pubblico.
La Corte Costituzionale ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’intero
articolo 43 del decreto del Presidente della
Repubblica 08.06.2001, n. 327 (Testo unico
delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di espropriazione
per pubblica utilità) che concedeva alla
Pubblica Amministrazione la possibilità di
utilizzazione sine titulo di un bene
per scopi di interesse pubblico.
La disposizione censurata prevedeva un ampio
potere discrezionale circa la possibilità,
da parte dell’Autorità che utilizza un bene
immobile per scopi di interesse pubblico, di
disporre l’acquisizione del bene al suo
patrimonio indisponibile – la c.d. «acquisizione
sanante».
Inoltre, il bene poteva essere modificato
nella sua consistenza anche in assenza del
valido ed efficace provvedimento di
esproprio o dichiarativo della pubblica
utilità, salvo il risarcimento del danno da
corrispondere in favore del proprietario.
Dopo aver delineato il quadro normativo
entro cui fu inserito l’articolo 43
censurato, La Corte sottolinea che la norma
in esame non solo è marcatamente innovativa
rispetto al contesto di leggi regolatrici
della materia, di cui era consentito un mero
riordino dalla legge delega, ma neppure è
coerente con quegli orientamenti di
giurisprudenza che, in via interpretativa,
erano riusciti a porre un certo rimedio ad
alcune gravi patologie emerse nel corso dei
procedimenti espropriativi.
Siffatto carattere della norma impugnata,
affermano i giudici, trova conferma
significativa nella circostanza che, secondo
la giurisprudenza di legittimità, in materia
di occupazione di urgenza, la sopravvenienza
di un provvedimento amministrativo non
poteva avere un’efficacia sanante
retroattiva, determinata da scelte
discrezionali dell’ente pubblico o dai suoi
poteri autoritativi.
Nel regime risultante dalla norma impugnata,
invece, si prevede un generalizzato potere
di sanatoria, attribuito alla stessa
amministrazione che ha commesso l’illecito,
a dispetto anche di un eventuale giudicato
che disponga il ristoro in forma specifica
del diritto di proprietà violato (Corte
Costituzionale,
sentenza 08.10.2010 n. 293 - link
a www.litis.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Sanzionabile il datore di lavoro
che non riduce al minimo i rumori.
Scatta la multa nei
confronti degli imprenditori che non
adottano tutte le “misure tecniche,
organizzative e procedurali, concretamente
attuabili” per limitare al massimo il
“rischio rumore” a tutela della salute dei
dipendenti.
Lo sottolinea la Cassazione che ha
confermato la sanzione penale di tremila
euro di multa nei confronti di una
imprenditrice irpina che non aveva dotato i
banchi di lavoro in lamiera zigrinata di una
protezione in guaina o altro materiale atto
a limitare il rischio rumore.
I supremi giudici (sentenza 35946/2010)
avvertono che, nonostante il susseguirsi di
diverse normative, la mancata
predisposizione delle dovute precauzioni
continua ad essere un reato “non
depenalizzato”, nemmeno dall’ultimo
decreto legislativo in materia di lavoro
dell’aprile 2008. Lo stesso vale per
l’omessa denuncia dell’impianto di messa a
terra: le norme sono cambiate ma la sanzione
penale è ancora presente nell’ultima
disciplina in materia, il dpr 462 del 2001.
Sconfitta, dunque, la linea difensiva
dell’imprenditrice che sosteneva
l’abrogazione dei reati a lei contestati. La
Cassazione ha convalidato il verdetto di
colpevolezza emesso dal gip del Tribunale di
Sant’Angelo dei Lombardi nel giugno del 2009
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.10.2010 n. 35946 -
link a www.litis.it). |
URBANISTICA: Qualora
il vincolo del piano regolatore generale sia
scaduto senza che, a termini dell'articolo
2, comma 1, della legge 19.11.1968, n. 1187,
si sia provveduto all'approvazione del piano
particolareggiato ovvero all'approvazione
del progetto esecutivo o definitivo di opera
pubblica, da un lato, la nuova disciplina
edificatoria applicabile all'area
interessata corrisponde a quella stabilita
dall'articolo 4, ultimo comma, della legge
28.01.1977, n. 10 e, dall’altro lato,
siffatta situazione di inedificabilità
pressoché assoluta ha carattere provvisorio,
dovendo l’Amministrazione procedere il più
rapidamente possibile all'obbligatoria
integrazione del piano divenuto parzialmente
inoperante.
La Sezione rileva che -come è pacifico in
giurisprudenza- qualora il vincolo del piano
regolatore generale sia scaduto senza che, a
termini dell'articolo 2, comma 1, della
legge 19.11.1968, n. 1187, si sia provveduto
all'approvazione del piano particolareggiato
ovvero all'approvazione del progetto
esecutivo o definitivo di opera pubblica, da
un lato, la nuova disciplina edificatoria
applicabile all'area interessata corrisponde
a quella stabilita dall'articolo 4, ultimo
comma, della legge 28.01.1977, n. 10 e,
dall’altro lato, siffatta situazione di
inedificabilità pressoché assoluta ha
carattere provvisorio, dovendo
l’Amministrazione procedere il più
rapidamente possibile all'obbligatoria
integrazione del piano divenuto parzialmente
inoperante.
Il privato può, in tal caso, nell'inerzia
della Amministrazione, agire in via
giurisdizionale seguendo il procedimento del
silenzio-rifiuto (C.d.S., Sez. IV,
05.04.2005, n. 1560), ai fini della cui
formazione resta comunque ferma la
necessità, tra l’altro, che sia decorso il
termine entro il quale il provvedimento
doveva essere assunto
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 06.10.2010 n. 7339 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Certificato di destinazione
urbanistica - Natura dichiarativa.
Il certificato di destinazione urbanistica
ha carattere meramente dichiarativo e non
costitutivo degli effetti giuridici che
dallo stesso risultano, visto che la
situazione giuridica attestata nel predetto
certificato è la conseguenza di altri
precedenti provvedimenti che hanno
provveduto a determinarla (TAR Toscana
Firenze, I, 28.01.2008, n. 55): ciò
impedisce all’Amministrazione di rilasciare
una certificazione contenente attestazioni
non veritiere, ossia riportante una
qualificazione differente da quella
attribuita all’immobile dalla normativa
urbanistica vigente (TAR Lombardia-Milano,
Sez. IV,
sentenza 06.10.2010 n. 6863 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI SERVIZI:
Servizio pubblico -
Identificazione giuridica - Coordinate
qualificatorie.
Per identificare giuridicamente un servizio
pubblico, non è indispensabile a livello
soggettivo la natura pubblica del gestore,
mentre è necessaria la vigenza di una norma
legislativa che, alternativamente, ne
preveda l’obbligatoria istituzione e la
relativa disciplina oppure che ne rimetta
l’istituzione e l’organizzazione
all’amministrazione.
Oltre alla natura pubblica delle regole che
presiedono allo svolgimento delle attività
di servizio pubblico e alla doverosità del
loro svolgimento, è ancora necessario, nella
prospettiva di una definizione oggettiva
della nozione, che le suddette attività
presentino un carattere economico e
produttivo (e solo eventualmente
costituiscano anche esercizio di funzioni
amministrative) e che le utilità da esse
derivanti siano dirette a vantaggio di una
collettività, più o meno ampia, di utenti
(in caso di servizi divisibili) o comunque
di terzi beneficiari (in caso di servizi
indivisibili) (C.G.A.R.S.,
sentenza 06.10.2010 n. 1266 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
INQUINAMENTO - Attività di
bonifica e messa in sicurezza di siti
inquinati - Natura di servizio pubblico -
Fondamento.
Le coordinate qualificatorie del servizio
pubblico ben si attagliano al caso delle
attività di bonifica e di messa in sicurezza
dei siti inquinati, disciplinate dall’art.
242 del D.Lgs. 03.04.2006, n. 152.
Difatti.
le procedure di messa in sicurezza e di
bonifica sono obbligatorie ex lege al
ricorrere di determinati presupposti di
fatto, sono disciplinate da fonti di rango
primario, sono svolte (anche) a favore di
una collettività indeterminata di
beneficiari (gli abitanti di una zona
inquinata), mirano al perseguimento di un
interesse pubblico (alla salubrità
ambientale e al ripristino del
bene-interesse violato dagli inquinamenti)
e, infine, consistono in attività produttive
e di rilievo economico.
La circostanza che per tali attività non sia
prevista l’erogazione di un corrispettivo da
parte dei beneficiari (come si verifica
invece per la normale attività di
depurazione) non inficia i riferiti
connotati dell’attività quale attività di
servizio pubblico e ciò perché, in via
generale, la previsione di un corrispettivo
(così come di un profitto del gestore del
servizio) non è essenziale sul piano della
qualificazione giuridica delle attività di
servizio pubblico; inoltre, dal punto di
vista strettamente economico, l’utilità dei
soggetti tenuti alla messa in sicurezza e
alla bonifica di siti inquinati è
all’evidenza rappresentata dal vantaggio che
costoro (o i loro danti causa) hanno
conseguito precedentemente attraverso la
socializzazione dei costi (id est
l’inquinamento) relativi a oneri del
processo produttivo (ossia quelli connessi
al corretto smaltimento degli agenti
inquinanti) che sarebbero dovuti rimanere a
carico delle stesse imprese inquinatrici:
attraverso le procedure di bonifica e messa
in sicurezza tali costi vengono nuovamente
internalizzati, peraltro in misura inferiore
al vantaggio ottenuto dalle imprese
obbligate (non essendo integralmente
risarciti i danni, individuali e collettivi,
alla salute medio tempore verificatisi) (C.G.A.R.S.,
sentenza 06.10.2010 n. 1266 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Verifica della sussistenza dei
requisiti di ammissibilità - Valutazione
delle offerte economiche - Rigida
separazione - Garanzia di imparzialità e
buon andamento.
In tema di gare pubbliche, la rigida
separazione fra la fase di verifica della
sussistenza dei requisiti di ammissibilità
per la partecipazione alla procedura e la
fase di vera e propria valutazione delle
offerte economiche e degli altri titoli
prodotti, costituisce una garanzia
fondamentale d'imparzialità e di buon
andamento dell'attività amministrativa
pubblica, nella scelta del contraente, da
parte della stazione appaltante.
Art. 48, c. 1, d.lgs. n.
163/2006 - Verifica dei requisiti
economico-finanziari - Preventiva
all’aggiudicazione - Verifica a campione -
Successiva all’aggiudicazione - Primo e
secondo graduato.
La verifica dei requisiti
economico-finanziari e tecnico-organizzativi
deve essere, se preventiva, a campione (arg.
ex art. 48, 1° comma, d.lgs. n. 163/2006),
laddove -se successiva alla disposta
aggiudicazione- deve riguardare solo il
primo ed il secondo graduato (art. 48, 2°
comma cit.), e non la generalità degli
offerenti (TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 01.10.2010 n. 11309 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sul principio dell'immodificabilità
soggettiva dell'offerente: non si concilia
con il carattere dinamico della vita delle
imprese e con la loro intrinseca necessità
di adeguare costantemente le loro stesse
strutture organizzative alle vicende del
mercato.
Il principio della immodificabilità assoluta
dell'offerente, caratterizzata da un
fondamentale elemento di staticità, mal si
concilia con il carattere dinamico della
vita delle imprese e con la loro intrinseca
necessità di adeguare costantemente le loro
stesse strutture organizzative alle vicende
del mercato per poter conseguire i propri
fini sociali ed essere così anche elemento
di sviluppo e di crescita economica per
l'intera collettività, tanto più che le
esigenze pubbliche sottese allo stesso
procedimento ad evidenza pubblica, quali
l'affidabilità, oggettiva e soggettiva
-anche sotto il profilo della sussistenza
dei necessari requisiti di moralità
pubblica- dei soggetti che concorrono per
l'affidamento di appalti pubblici sono
sufficientemente assicurate dagli obblighi
che tali soggetti hanno nei confronti della
pubblica amministrazione di comunicare le
avvenute trasformazioni, onde consentire
proprio l'esercizio dei necessari poteri di
controllo e verifica (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 01.10.2010 n. 7276 -
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EDILIZIA PRIVATA:
Reati urbanistici - Titolo
edilizio illegittimo - Assenza di permesso
di costruire - Configurabilità del reato -
Sfera riservata alla Pubblica
Amministrazione - Sindacato del giudice
penale - Artt. 44, lett. b); 94 e 95 del
T.U. n. 380/2001.
In materia di reati urbanistici, può
configurarsi, anche in presenza di un titolo
edilizio illegittimo il reato di esecuzione
di lavori edilizi in assenza di permesso di
costruire.
Sicché, la non conformità dell'atto
amministrativo alla normativa che ne regola
l'emanazione, alle disposizioni legislative
statali e regionali in materia
urbanistico-edilizia ed alle previsioni
degli strumenti urbanistici, può essere
rilevata se l'atto medesimo sia illecito,
cioè frutto di attività criminosa, ed a
prescindere da eventuali collusioni dolose
del soggetto privato interessato con organi
dell'amministrazione.
Infine, il sindacato del giudice penale è
possibile tanto nelle ipotesi in cui
l'emanazione dell'atto sia espressamente
vietata in mancanza delle condizioni
previste dalla legge quanto in quelle di
mancato rispetto delle norme che regolano
l'esercizio del potere.
Quindi, anche nell'accertamento dei profili
di illegittimità sostanziale di un titolo
abilitativo edilizio, il giudice penale,
procede ad una identificazione in concreto
della fattispecie sanzionata e non incide,
con indebita ingerenza, sulla sfera
riservata alla Pubblica Amministrazione,
poiché esercita un potere che trova
fondamento e giustificazione nella stessa
previsione normativa incriminatrice.
Difformità dell'opera
edilizia - Previsioni normative statali,
regionali o a prescrizioni degli strumenti
urbanistici - Verifica del giudice penale -
Obbligo.
Il giudice penale, nel valutare la
sussistenza o meno della liceità di un
intervento edilizio, deve verificarne la
conformità a tutti i parametri di legalità
fissati dalla legge, dai regolamenti
edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal
titolo abilitativo edificatorio (Cass., Sez.
Un., 28.11.2001, Salvini).
Deve escludersi infatti che -qualora
sussista difformità dell'opera edilizia
rispetto a previsioni normative statali o
regionali ovvero a prescrizioni degli
strumenti urbanistici- il giudice debba
comunque concludere per la mancanza di
illiceità penale qualora sia stata
rilasciata concessione edilizia o permesso
di costruire, in quanto detti provvedimenti
non sono idonei a definire esaurientemente
lo statuto urbanistico ed edilizio
dell'opera realizzanda.
Pertanto, nel caso di accertata difformità
da disposizioni legislative o regolamentari,
ovvero dalle prescrizioni degli strumenti
urbanistici, non si configura una non
consentita "disapplicazione"
riconducibile all'art. 5 della legge
20.03.1865, n. 2248, allegato E), da parte
del giudice penale, dell'atto amministrativo
concessorio (Cass., Sez. Un., 12.11.1993,
Borgia), in quanto lo stesso giudice,
qualora come presupposto o elemento
costitutivo di una fattispecie di reato sia
previsto un atto amministrativo ovvero
l'autorizzazione del comportamento del
privato da parte di un organo pubblico, non
deve limitarsi a verificare l'esistenza
ontologica dell'atto o provvedimento
amministrativo, ma deve verificare
l'integrazione o meno della fattispecie
penale, "in vista dell'interesse
sostanziale che tale fattispecie assume a
tutela, nella quale gli elementi di natura
extrapenale convergono organicamente,
assumendo un significato descrittivo"
(Cass. Sez. VI, 18.03.1998, n. 3396, Calisse
ed altro) (Corte di cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 30.09.2010 n. 35391 -
link a www.ambientediritto.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Nell’ambito dei segreti sottratti
all’accesso ai documenti, rientrano gli atti
redatti dai legali e dai professionisti in
relazione a specifici rapporti di consulenza
con l’Amministrazione, trattandosi di un
segreto che gode di una tutela qualificata,
dimostrata dalla specifica previsione degli
articoli 622 del codice penale e 200 del
codice di procedura penale. Più
specificamente, si è precisato che la
previsione contenuta nell’art. 2 del DPCM
26.01.1996, n. 200, mira proprio a definire
con chiarezza il rapporto tra accesso e
segreto professionale, fissando una regola
che appare sostanzialmente ricognitiva dei
principi applicabili in questa materia,
anche al di fuori dell’ambito della difesa
erariale.
Ai sensi dell’art. 24, comma 1, della legge
07.08.1990, n. 241, in virtù del segreto
professionale già previsto dall’ordinamento,
al fine di salvaguardare la riservatezza nei
rapporti tra difensore e difeso, sono
sottratti all’accesso i seguenti documenti:
a) pareri resi in relazione a lite in
potenza o in atto e la inerente
corrispondenza; b) atti defensionali; c)
corrispondenza inerente agli affari di cui
ai punti a) e b).
Come questo Consiglio di Stato ha avuto
occasione di osservare (cfr., in
particolare, C.d.S., Sez. V, 02.04.2001, n.
1893 e 15.04.2004 n. 2163; Sez. IV,
13.10.2003, n. 6200, quest’ultima richiamata
dall’Amministrazione universitaria
ricorrente e anche dagli odierni appellati,
sia pure a sostegno delle rispettive opposte
tesi), la normativa statale di cui all’art.
7 della legge 08.06.1990 n. 142 e agli
articoli 22 e seguenti della legge
07.08.1990 n. 241, pur affermando l’ampia
portata della regola dell’accesso, la quale
rappresenta la coerente applicazione del
principio di trasparenza, che governa i
rapporti tra Amministrazione e cittadini,
introduce alcune limitazioni di carattere
oggettivo, definendo le ipotesi in cui
determinate categorie di documenti sono
sottratte all’accesso.
L’art. 24 della legge n. 241/1990 esprime
tale principio, stabilendo che il diritto di
accesso “è escluso per i documenti
coperti da segreto di Stato ai sensi
dell'articolo 12 della legge 24.10.1977, n.
801, nonché nei casi di segreto o di divieto
di divulgazione altrimenti previsti
dall'ordinamento”; disposizione questa
che testimonia come l’innovazione
legislativa introdotta con la legge n.
241/1990, se ridimensiona la portata
sistematica del segreto amministrativo, non
travolge tuttavia le diverse ipotesi di
segreti, previsti dall’ordinamento,
finalizzati a tutelare interessi specifici,
diversi da quello, riconducibile alla mera
protezione dell’esercizio della funzione
amministrativa.
I documenti, seppure formati o detenuti
dall’Amministrazione, in tale eventualità
non sono suscettibili di divulgazione,
giacché il principio di trasparenza cede
innanzi alla esigenza di salvaguardare
l’interesse protetto dalla normativa
speciale sul segreto.
Sulla base del richiamato orientamento
giurisprudenziale, i due criteri direttivi
volti ad orientare l’interprete per l’esatta
delimitazione delle discipline sul segreto
non travolte dalla nuova normativa in
materia di accesso ai documenti vanno
individuati, da un lato, nel fatto che il “segreto”
preclusivo dell’accesso ai documenti non
deve costituire la mera riaffermazione del
tramontato principio di assoluta
riservatezza dell’azione amministrativa e,
dall’altro lato, nella circostanza che il
segreto fatto salvo dalla legge n. 241/1990
deve riferirsi esclusivamente ad ipotesi in
cui esso mira a salvaguardare interessi di
natura e consistenza diversa da quelli
genericamente amministrativi.
E’ stato affermato, in tale contesto, dalla
giurisprudenza sopra indicata, che,
nell’ambito dei segreti sottratti
all’accesso ai documenti, rientrano gli atti
redatti dai legali e dai professionisti in
relazione a specifici rapporti di consulenza
con l’Amministrazione, trattandosi di un
segreto che gode di una tutela qualificata,
dimostrata dalla specifica previsione degli
articoli 622 del codice penale e 200 del
codice di procedura penale. Più
specificamente, si è precisato che la
previsione contenuta nell’art. 2 del DPCM
26.01.1996, n. 200, mira proprio a definire
con chiarezza il rapporto tra accesso e
segreto professionale, fissando una regola
che appare sostanzialmente ricognitiva dei
principi applicabili in questa materia,
anche al di fuori dell’ambito della difesa
erariale.
In particolare, la disposizione riferita
alle “categorie di documenti
inaccessibili nei casi di segreto o di
divieto di divulgazione previsti
dall’ordinamento”, dispone, come
accennato, che, “ai sensi dell’art. 24,
comma 1, della legge 07.08.1990, n. 241, in
virtù del segreto professionale già previsto
dall’ordinamento, al fine di salvaguardare
la riservatezza nei rapporti tra difensore e
difeso, sono sottratti all’accesso i
seguenti documenti: a) pareri resi in
relazione a lite in potenza o in atto e la
inerente corrispondenza; b) atti
defensionali; c) corrispondenza inerente
agli affari di cui ai punti a) e b)”.
La medesima giurisprudenza sopra menzionata
ha chiarito poi che la detta regola ha una
portata generale, codificando il principio,
valevole per tutti gli avvocati, siano essi
del libero foro o appartenenti ad uffici
legali di enti pubblici, secondo cui,
essendo il segreto professionale
specificamente tutelato dall’ordinamento,
sono sottratti all’accesso gli scritti
defensionali, rispondendo il principio in
parola ad elementari considerazioni di
salvaguardia della strategia processuale
della parte, che non è tenuta a rivelare ad
alcun soggetto e, tanto meno, al proprio
contraddittore, attuale o potenziale, gli
argomenti in base ai quali intende confutare
le pretese avversarie ed ha, altresì,
chiarito, che, quanto alle consulenze legali
esterne, a cui l’Amministrazione può
ricorrere in diverse forme ed in diversi
momenti dell’attività di sua competenza,
che, nell’ipotesi in cui il ricorso alla
consulenza legale esterna si inserisce
nell’ambito di un’apposita istruttoria
procedimentale, nel senso che il parere è
richiesto al professionista con l’espressa
indicazione della sua funzione
endoprocedimentale ed è poi richiamato nella
motivazione dell’atto finale, la consulenza
legale, pur traendo origine da un rapporto
privatistico, normalmente caratterizzato
dalla riservatezza della relazione tra
professionista e cliente, è soggetto
all’accesso, perché oggettivamente correlato
ad un procedimento amministrativo.
Allorché la consulenza si manifesta dopo
l’avvio di un procedimento contenzioso
oppure dopo l’inizio di tipiche attività
precontenziose e l’Amministrazione si
rivolge ad un professionista di fiducia, al
fine di definire la propria strategia
difensiva, il parere del legale, invece, non
è affatto destinato a sfociare in una
determinazione amministrativa finale, ma
mira a fornire all’ente pubblico tutti gli
elementi tecnico–giuridici utili per
tutelare i propri interessi; in tal caso le
consulenze legali restano caratterizzate
dalla riservatezza, che mira a tutelare non
soltanto l’opera intellettuale del legale,
ma anche la stessa posizione
dell’Amministrazione, la quale, esercitando
il proprio diritto di difesa, protetto
costituzionalmente, deve poter fruire di una
tutela non inferiore a quella di qualsiasi
altro soggetto dell’ordinamento.
Peraltro, il principio della riservatezza
della consulenza legale si manifesta pure
nelle ipotesi in cui la richiesta del parere
interviene in una fase intermedia,
successiva alla definizione del rapporto
amministrativo all’esito del procedimento,
ma precedente l’instaurazione di un giudizio
o l’avvio dell’eventuale procedimento
precontenzioso, perché, pure in tali casi,
il ricorso alla consulenza legale persegue
lo scopo di consentire all’Amministrazione
di articolare le proprie strategie
difensive, in ordine ad un lite che, pur non
essendo ancora in atto, può considerarsi
quanto meno potenziale; il che avviene, in
particolare, quando il soggetto interessato
chiede all’Amministrazione l’adempimento di
una obbligazione, o quando, in linea più
generale, la parte interessata domanda
all’Amministrazione l’adozione di
comportamenti materiali, giuridici o
provvedimentali, intesi a porre rimedio ad
una situazione che si assume illegittima od
illecita
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 30.09.2010 n. 7237 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
presupposto per un legittimo esercizio del
potere di annullamento d'ufficio di una
concessione edilizia non può ridursi al
ripristino della legalità, occorrendo dar
conto della sussistenza di un interesse
pubblico attuale e concreto alla rimozione
del titolo edilizio e della comparazione tra
tale interesse e l'entità del sacrificio
imposto all'interesse privato, tanto più
quando il titolare della concessione, in
ragione del tempo decorso abbia maturato un
legittimo affidamento in merito alla
realizzazione delle opere, ovvero si sia in
presenza della realizzazione di una
significativa parte delle opere assentite.
Nell’ambito dei procedimenti di annullamento
in autotutela il rilievo dell'affidamento
del privato titolare di un permesso di
costruire in sanatoria non è paragonabile a
quello del titolare di un ordinario permesso
di costruire, perché solo nel secondo caso
viene in evidenza la necessità di tutelare
chi ha avviato una costosa attività
edilizia, confidando sulla validità dello
strumento abilitativo rilasciato
dall'amministrazione, mentre, nel caso di
concessione in sanatoria, l'interessato ha
già realizzato la propria attività in modo
abusivo prima di qualsiasi intervento
dell'autorità comunale.
Il presupposto per un legittimo esercizio
del potere di annullamento d'ufficio di una
concessione edilizia non può ridursi al
ripristino della legalità, occorrendo dar
conto della sussistenza di un interesse
pubblico attuale e concreto alla rimozione
del titolo edilizio e della comparazione tra
tale interesse e l'entità del sacrificio
imposto all'interesse privato, tanto più
quando il titolare della concessione, in
ragione del tempo decorso abbia maturato un
legittimo affidamento in merito alla
realizzazione delle opere, ovvero si sia in
presenza della realizzazione di una
significativa parte delle opere assentite
(cfr. TAR Veneto, II, 02.04.2010, n. 1268;
Cons. Stato, sez. IV, 31.10.2006, n. 6465).
Se è vero che
anche in recentissime pronunce il giudice
amministrativo ha affermato, in relazione
all'accertata mancata corrispondenza dello
stato dei luoghi con le opere oggetto di una
domanda di sanatoria annullata in autotutela
e con riferimento all'asserito difetto di
motivazione in ordine all'interesse pubblico
all'annullamento d'ufficio, che non vi può
essere alcun affidamento incolpevole da
tutelare quando l'esercizio del potere di
autotutela si fonda sull'accertato carattere
dolosamente infedele della dichiarazione
allegata alla richiesta di condono, è
altrettanto pacifico che il giudice ha
tenuto anche conto del breve lasso di tempo
trascorso tra il rilascio del permesso di
costruire in sanatoria ed il suo
annullamento e della conseguente
attenuazione dell’intensità dell'obbligo di
motivazione anche perché l'immediato avvio
della procedura di riesame dei permessi
rilasciati, portata tempestivamente a
conoscenza delle parti interessate, aveva
impedito, in radice, la formazione di
qualsiasi affidamento sufficientemente
consolidato e meritevole di tutela
differenziata (cfr. Tar Campania, Napoli, II,
21.05.2010, n. 770; Tar Campania, Napoli, II,
01.07.2010 n. 16534).
La recente giurisprudenza, formatasi nella
vigenza dell’art. 21-nonies L. 241/1990, ha
condivisibilmente sottolineato che
nell’ambito dei procedimenti di annullamento
in autotutela il rilievo dell'affidamento
del privato titolare di un permesso di
costruire in sanatoria non è paragonabile a
quello del titolare di un ordinario permesso
di costruire, perché solo nel secondo caso
viene in evidenza la necessità di tutelare
chi ha avviato una costosa attività
edilizia, confidando sulla validità dello
strumento abilitativo rilasciato
dall'amministrazione, mentre, nel caso di
concessione in sanatoria, l'interessato ha
già realizzato la propria attività in modo
abusivo prima di qualsiasi intervento
dell'autorità comunale.
E solo in tale ultima ipotesi si è
condivisibilmente sostenuto che il carattere
dolosamente infedele della dichiarazione
resa per ottenere la sanatoria rende
obbligata la scelta dell'amministrazione,
riducendo (se non eliminando del tutto) ogni
spazio valutativo di ordine discrezionale
(cfr. Tar Campania, Napoli, II, 21.05.2010,
n. 770; Tar Campania, Napoli, II, 01.07.2010
n. 16534) (TAR
Veneto, Sez. II,
sentenza 30.09.2010 n. 5242 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La valutazione dell'offerta
tecnica nelle procedure di gara con il
criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa può essere effettuata mediante
l'attribuzione di un mero punteggio
numerico: presupposti.
Nelle procedure per l'aggiudicazione di una
gara pubblica con il criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, la
valutazione dell'offerta tecnica può essere
effettuata, mediante l'attribuzione di un
mero punteggio numerico, allorquando nel
bando di gara siano stati preventivamente e
puntualmente prefissati, come nel caso di
specie, dei criteri sufficientemente
dettagliati, con l'individuazione del
punteggio minimo e massimo attribuibile alle
specifiche singole voci e sottovoci comprese
nel giudizio valutativo e costituenti i
diversi parametri indicatori della valenza
tecnica dell'offerta (TAR Puglia-Lecce, Sez.
III,
sentenza 28.09.2010 n. 2034 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO -
Stazioni radio base - Obbligo di
installazione in siti predeterminati - Norme
tecniche di attuazione - Effetto lesivo -
Momento in cui è adottato l’atto
applicativo.
Le disposizioni contenute nelle norme
tecniche di attuazione che impongono
l’installazione di stazioni radio base di
telefonia mobile in siti predeterminati,
producono effetto lesivo nel momento in cui
è adottato l'atto applicativo; e dunque sono
tempestivamente impugnate insieme a
quest'ultimo.
INQUINAMENTO
ELETTROMAGNETICO - Limiti di esposizione -
Valori di attenzione - Obiettivi di qualità
- Competenze di Stato, Regioni ed Enti
locali - Individuazione.
Compete allo Stato la fissazione di "limiti
di esposizione", definiti come valori di
campo elettrico, magnetico ed
elettromagnetico che non devono essere
superati in alcuna condizione di esposizione
della popolazione e dei lavoratori per
assicurare la tutela della salute e "valori
di attenzione" intesi come valori di
campo da non superare, a titolo di cautela
rispetto ai possibili effetti a lungo
termine, negli ambienti abitativi e
scolastici e nei luoghi stabiliti a
permanenze prolungate.
Compete invece alle Regioni ed agli Enti
Locali il perseguimento di "obiettivi di
qualità" che non possono però portare
alla fissazione di valori-soglia diversi e
contrastanti con quelli fissati dallo Stato
ma sono diretti alla indicazione di criteri
di localizzazione, standard urbanistici,
prescrizioni e incentivazioni all'utilizzo
della miglior tecnologia disponibile, o alla
cura dell'interesse regionale e locale
all'uso più congruo del territorio, sia pur
nel quadro dei vincoli che derivano dalla
pianificazione nazionale delle reti e dai
relativi parametri tecnici, nonché dai già
citati valori- soglia stabiliti dallo Stato
(TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 27.09.2010 n. 7907 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Possesso della certificazione di
qualità - Attestazione S.O.A. - Ricorso
all’autocertificazione - Possibilità -
Esclusione.
Il possesso della certificazione del sistema
di qualità deve essere in ogni caso provato
attraverso l'attestazione della S.O.A,
restando per tal via precluso il ricorso a
forme alternative di dimostrazione del
requisito, ivi compreso il ricorso
all'autocertificazione da parte delle
imprese offerenti, e ciò perché nel nuovo “sistema
unico di qualificazione” delle imprese,
disciplinato dal d.P.R. 25.01.2000 n. 34,
soltanto i previsti organismi di diritto
privato (S.O.A.) sono competenti al rilascio
dell'attestazione di qualificazione, che
comporta la verifica, da parte di detti
organismi, della sussistenza dei requisiti
di qualificazione richiesti alle imprese che
intendano concorrere per l'esecuzione di
lavori pubblici (cfr. TAR Puglia Bari, sez.
I, 13.03.2009, n. 580).
Attestazione S.O.A.
triennale scaduta al momento della
pubblicazione del bando - Esclusione dalla
gara - Legittimità.
L’impresa in possesso di una attestazione
S.O.A. triennale già scaduta al momento
della pubblicazione di un bando, per la
quale non operi alcuna disposizione
transitoria di protrazione degli effetti e
che non abbia richiesto la verifica per
l’estensione quinquennale di validità, va
necessariamente esclusa dalla gara (cfr.
Cons. Stato, sez. V, 12.06.2009 , n. 3742)
(TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 23.09.2010 n. 11116 -
link a www.ambientediritto.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
RIFIUTI - Regime di gestione -
Affidamento del servizio - Gestioni
esistenti - Prosecuzione - Condizioni -
Affidamento con procedura concorsuale -
Affidamenti diretti - Cessazione - Artt.
198, 200, 202 e 204 d.lgs. n. 152/2006 -
Art. 113, c. 15-ter d.lgs. n. 267/2000.
Dal contesto normativo ricavabile dagli
artt. 198, 200, 202 e 204 del d.lgs. n.
152/2006 è dato evincere:
a) che l’Autorità d’Ambito ha la titolarità
delle funzioni nella materia dei rifiuti e
procede all’affidamento della gestione del
ciclo integrato con procedura di evidenza
pubblica ovvero nelle diverse forme previste
dalla normativa regionale di attuazione del
TUA;
b) che i Comuni, nelle more dell’operatività
del nuovo regime di gestione, conservano la
competenza in materia e, quindi, la
legittimazione ad affidare il servizio,
ovviamente con procedura di evidenza
pubblica, in conformità alla disciplina
nazionale e comunitaria di settore;
c) che le gestioni esistenti, alla data
dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 152
(29.04.2006), proseguono, sempre che le
stesse siano state affidate con procedura
concorsuale, fermo restando la loro
cessazione, anche in via anticipata, nel
caso di affidamento al gestore unico;
d) che gli affidamenti diretti, senza gara,
invece, sono regolati dall’art. 204, 2°
comma, come risulta testualmente dal
richiamo all’art. 113, comma 15-ter del
d.lgs. n. 267/2000 (che è appunto la norma
sulla cessazione delle gestioni instaurate
al di fuori del modulo concorsuale);
e) che per tali affidamenti diretti non solo
il legislatore non ha previsto alcun periodo
transitorio, con consequenziale slittamento
del termine di decadenza ex lege del
31.12.2006, ma ha anzi confermato la
predetta scadenza, avendo espressamente
sancito l’obbligo di procedere a nuovi
affidamenti in conformità a quanto previsto
dal d.lgs. n. 152/2006.
RIFIUTI - Gestione del
ciclo integrato - Affidamenti in corso -
Art. 204, c. 1, del d.lgs. n. 152/2006 -
Proroga ex lege - Inconfigurabilità -
Decadenza dei contratti conclusi senza gara
- Ordinamento comunitario.
L’art. 204, 1° comma, del d.lgs. n. 152/2006
non ha previsto la proroga ex lege
degli affidamenti in corso, essendosi invece
limitato a sancire la “permanenza”
dei contratti in corso, stipulati all’esito
di procedure di evidenza pubblica, secondo
il proprio regime temporale, fermo restando
la cessazione ex lege, anche
anticipata, con l’operatività del nuovo
gestore: interpretazione che trova conferma
nell’ultimo comma del citato art. 204, che
parla di “scadenza”, escludendo così
la possibilità di una proroga ex lege.
Del resto quand’anche l’art. 204 cit.
dovesse essere interpretato nel diverso
senso per cui lo stesso prefigurasse la
proroga dei contratti in corso alla data del
29.04.2006, si dovrebbe comunque limitare la
proroga ai soli affidamenti del servizio
effettuati con procedura concorsuale.
La normativa sulla decadenza dei contratti,
conclusi senza gara, in quanto diretta a
conformarsi all’ordinamento comunitario,
infatti, integra sicuramente un regime
speciale, prevalente rispetto alla proroga
degli affidamenti ordinari fino alla
operatività del gestore unico dell’A.T.O.
(TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 23.09.2010 n. 11099 - link a
www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L'entità
del contributo dovuto per oneri concessori
va individuato nel momento in cui viene
rilasciata la concessione edilizia, poiché
il costo da considerare ai fini della
commisurazione dei relativi oneri non può
essere che quello del momento in cui sorge
l'obbligazione, che è appunto quello del
rilascio della concessione ed a tale data
occorre avere riguardo per determinare
l'entità del contributo con applicazione
della normativa vigente al momento del
rilascio della concessione medesima.
Il chiaro disposto dell’art. 39 della L. n.
724/1994 individua nel momento di
presentazione dell'istanza di concessione in
sanatoria il riferimento temporale per
calcolare la misura dell’oblazione e
nell’avvenuto pagamento della stessa un
requisito di procedibilità della istanza
medesima.
A diversa conclusione deve pervenirsi con
riguardo alla determinazione degli oneri
concessori. Invero, qui -diversamente dalle
somme da corrispondersi a titolo di
oblazione– il momento di calcolo degli oneri
concessori va individuato, non già nella
data di presentazione della domanda di
condono, ma in quella di rilascio del
provvedimento concessorio, tenuto conto che,
ai sensi dell'art. 3 della legge n. 10/1977,
la concessione (e non la semplice domanda)
comporta "la corresponsione di un
contributo commisurato all'incidenza delle
spese di urbanizzazione, nonché al costo di
costruzione".
In tal senso è l'elaborazione
giurisprudenziale (CdS, V, 06.12.1999, n.
2056; id. 22.09.1999, n. 1113), secondo cui
l'entità del contributo dovuto per oneri
concessori va individuato nel momento in cui
viene rilasciata la concessione edilizia,
poiché il costo da considerare ai fini della
commisurazione dei relativi oneri non può
essere che quello del momento in cui sorge
l'obbligazione, che è appunto quello del
rilascio della concessione e a tale data
occorre avere riguardo per determinare
l'entità del contributo con applicazione
della normativa vigente al momento del
rilascio della concessione medesima (cfr.,
ex multis, Cons. di Stato V
25.10.1993, n. 1071, Cons. di Stato V
26.10.1987, n. 661, Cons. di Stato V
12.05.1987 n. 278, Cons. di Stato V
04.08.1986, n. 401; TAR Lazio, II-bis,
04.01.2005 n. 54).
Ed invero secondo l’art. 17, comma 8, della
L.R. n. 4/2003, entrata in vigore nelle more
procedurali, “gli oneri di urbanizzazione
ed il contributo sul costo di costruzione
relativo alle opere per le quali è stata
presentata istanza di condono edilizio ai
sensi dell’art. 39 della legge 23.12.1994,
n. 724…….. sono quelli vigenti alla data di
entrata in vigore della presente legge….”.
Ciò si spiega in quanto la concessione in
sanatoria è una normale concessione
edilizia, che però viene rilasciata dopo
l’inizio dei lavori e con effetto sanante
dell’attività già compiuta e riguardante
opere nuove ed autonome già abusivamente
realizzate
(TAR Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza 20.09.2010 n. 3748 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: L’attribuzione
di una destinazione agricola ad un
determinato terreno è volta non tanto e non
solo a garantire il suo effettivo utilizzo a
scopi agricoli, quanto piuttosto a
preservarne le caratteristiche attuali di
zona di salvaguardia da ogni possibile nuova
edificazione, al di sotto dei limiti fissati
specificamente dalla norma di PRG, anche in
funzione della valenza conservativa di
valori naturalistici che ha tale tipo di
destinazione di zona.
Secondo la giurisprudenza assolutamente
prevalente di questa Sezione (cfr. fra le
tante, n. 3559 e n. 4466 del 2004; n. 1181 e
n. 8146 del 2003; n. 3817 del 2002 e n. 6177
del 2000), l’attribuzione di una
destinazione agricola ad un determinato
terreno è volta non tanto e non solo a
garantire il suo effettivo utilizzo a scopi
agricoli, quanto piuttosto a preservarne le
caratteristiche attuali di zona di
salvaguardia da ogni possibile nuova
edificazione, al di sotto dei limiti fissati
specificamente dalla norma di PRG, anche in
funzione della valenza conservativa di
valori naturalistici che ha tale tipo di
destinazione di zona (Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 15.09.2010 n. 6874 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Piano di recupero al patrimonio
edilizio (PRPE) - Demolizione e ripristino
stato dei luoghi - Terzi acquirenti e
subacquirenti - Avviso di avvio del
procedimento - Necessità - Esclusione -
Natura vincolata dell’atto di demolizione -
Fattispecie - Art. 7 L. n. 241/1990 - Art.
31 DPR n. 380/2001.
Nei casi in cui il precedente giudicato non
attribuisce alcun potere discrezionale al
dirigente, tenuto ad adeguare la situazione
di fatto a quella di diritto, (in specie
demolizione e ripristino stato dei luoghi)
non occorre alcun avviso di avvio del
procedimento e di conseguenza non sussiste
alcuna violazione dell’art. 7 della legge n.
241 del 1990.
Inoltre, gli acquirenti delle unità
immobiliari, quali titolari di posizioni
derivate dalla parte soccombente nei
precedenti giudizi, vanno considerati
titolari di un interesse ad intervenire nel
corso del procedimento amministrativo e non
come ‘parti necessarie’ del medesimo
procedimento.
Sotto tale profilo, è frequente in materia
edilizia che possa assumere iniziative, in
sede amministrativa o giurisdizionale, il
soggetto leso da un provvedimento, anche se
l’amministrazione non ha il dovere di
trasmettergli l’avviso di avvio del
procedimento.
Nella specie, la natura vincolata dell’atto
di demolizione e la titolarità del relativo
obbligo in capo alla società, rispetto alla
quale i subacquirenti hanno assunto una
posizione derivata e riflessa, fanno
escludere che il Comune aveva l’obbligo di
trasmettere l’avviso di avvio del
procedimento anche a soggetti estranei alle
vicende che hanno condotto alla formazione
del giudicato (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 15.09.2010 n. 6871 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Sulle spese sostenute dalle
imprese per la partecipazione alle gare
d'appalto.
La partecipazione alle gare d'appalto
comporta per le imprese dei costi che,
ordinariamente, restano a loro carico anche
in caso di mancata aggiudicazione.
Detti costi sono risarcibili, a titolo di
danno emergente, solo qualora l'impresa
subisca una illegittima esclusione, perché
in tal caso viene in considerazione il
diritto soggettivo del contraente a non
essere coinvolto in trattative inutili.
Per converso, nel caso in cui l'impresa
ottenga il risarcimento del danno per
mancata aggiudicazione (o per la perdita
della possibilità di aggiudicazione), non vi
è spazio per il risarcimento per equivalente
dei costi di partecipazione alla gara (TAR
Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 14.09.2010 n. 3458 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
DIA: la Cassazione chiarisce
l’applicabilità delle sanzioni
amministrative e penali.
Il testo Unico dell’Edilizia, all’art. 22,
individua gli interventi edilizi subordinati
a Denuncia di Inizio Attività.
I commi 1 e 2 del suddetto articolo, in
particolare, individuano gli interventi
realizzabili con DIA, mentre il successivo
comma 3 definisce gli interventi che possono
essere realizzati con DIA in alternativa al
permesso di costruire.
Il successivo Capo II disciplina le sanzioni
per l’esecuzione di interventi edilizi in
assenza o in difformità dai titoli
abilitativi prevedendo sanzioni
amministrative e penali (art. 44).
La Corte di Cassazione ha chiarito i limiti
per l’applicabilità delle sanzioni penali
per l’esecuzione, in assenza o difformità
dai titoli abilitativi, di interventi
eseguibili con DIA.
Quando la DIA si pone come titolo
abilitativo esclusivo (non alternativo,
cioè, al permesso di costruire), la mancanza
della denunzia di inizio dell'attività o la
difformità delle opere eseguite rispetto
alla DIA presentata non comportano
l'applicazione delle sanzioni penali ma
soltanto di quelle amministrative.
Quando invece la DIA si pone come
alternativa al Permesso di Costruire,
l'assenza della Denuncia di Inizio
dell'Attività (e naturalmente del Permesso
di Costruire) o la difformità totale delle
opere eseguite rispetto alla DIA presentata
integrano il reato penale previsto dall’art.
44, comma 1, lettera b). Per la difformità
parziale non trova comunque applicazione la
sanzione penale.
La Cassazione ha inoltre chiarito che è
sanzionabile penalmente, ai sensi dell'art.
44, comma 1, lettera a), del D.P.R.
380/2001, l'esecuzione di interventi
difformi da quanto stabilito da strumenti
urbanistici e regolamenti edilizi, anche se
preceduta da DIA (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 08.09.2010 n. 32974 -
link a www.acca.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Quando l’Amministrazione adempie
prima del deposito del ricorso per
l’ottemperanza, il ricorso non può che
essere dichiarato inammissibile.
Quando l’Amministrazione adempie prima del
deposito del ricorso per l’ottemperanza, il
ricorso non può che essere dichiarato
inammissibile, in mancanza del presupposto
stesso della relativa azione, costituito
dall’inottemperanza; ed, in conseguenza, non
può essere dichiarata la cessazione della
materia del contendere, con conseguente
soccombenza della parte tardivamente
adempiente.
La materia del contendere, infatti, è da
ritenersi già cessata al momento stesso
dell’esecuzione dell’adempimento, non
assumendo alcun rilievo in senso opposto il
fatto che l’adempimento sia avvenuto dopo la
notifica dell’atto di diffida e messa in
mora (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 08.09.2010 n. 6516 e
sentenza 08.09.2010 n. 6517 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Sulla licenziabilità o meno di un
tecnico comunale per aver assunto un
rapporto di lavoro part-time con un altro
ente locale senza la prescritta
autorizzazione, per aver sottoscritto in
qualità di tecnico libero professionista un
progetto ed una perizia per ottenere un
contributo per la ricostruzione di un
immobile in una frazione dello stesso comune
di (OMISSIS), per avere posto in essere una
serie di omissioni ed irregolarità nello
svolgimento dei suoi compiti amministrativi,
e per aver svolto attività libero
professionale, anche in altri comuni, senza
preventiva autorizzazione.
La controversia ha per oggetto
l'impugnazione, da parte dell'ing. I.C., del
licenziamento intimatogli dalla comune di
(OMISSIS), di cui era dipendente in qualità
di (OMISSIS) dell'ufficio tecnico, per una
serie di irregolarità che gli erano state
addebitate e in particolare per aver assunto
un rapporto di lavoro part-time con un altro
ente locale senza la prescritta
autorizzazione, per aver sottoscritto in
qualità di tecnico libero professionista un
progetto ed una perizia per ottenere un
contributo per la ricostruzione di un
immobile in una frazione dello stesso comune
di (OMISSIS), per avere posto in essere una
serie di omissioni ed irregolarità nello
svolgimento dei suoi compiti amministrativi,
e per aver svolto attività libero
professionale, anche in altri comuni, senza
preventiva autorizzazione ... (Corte di
Cassazione, Sez. civile lavoro,
sentenza 12.04.2010 n. 8642 -
link a
www.astrid-online.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Il risarcimento del danno
relativo all'illegittima occupazione di aree
prive di disciplina urbanistica a seguito
della decadenza del vincolo preordinato
all'esproprio non può che essere parametrato
al valore agricolo medio dell'area.
Dall’esame della documentazione acquisita
nel corso del giudizio di primo grado (cfr.
ordinanza istruttoria nr. 248 del
25.03.2002), emerge che all’epoca
dell’illegittima occupazione i suoli in
proprietà della signora Ciferri, sulla base
del P.R.G. del Comune di Porto San Giorgio
approvato nel 1975, erano destinati a “strada
comunale”, e quindi non avevano
vocazione edificatoria: ciò rende evidente,
al di là del silenzio sul punto serbato
dalla sentenza impugnata, la insussistenza
nella specie dei requisiti per
l’applicabilità del ridetto art. 5-bis d.l.
nr. 333 del 1992.
Il dato fattuale evidenziato
dall’Amministrazione non è contestato da
parte appellata, che ad esso però
contrappone innanzi tutto il rilievo che il
vincolo espropriativo connesso alla
destinazione suindicata è scaduto per
decorrenza del termine quinquennale di
durata, e in secondo luogo la necessità di
tener conto, ai fini dell’individuazione del
“regime” dell’area, del contesto
urbanistico circostante, che nella specie è
caratterizzato da diffuse e consistenti
edificazioni.
Alla prima osservazione può replicarsi che
l’intervenuta scadenza del vincolo
espropriativo, come è noto, produce
l’effetto di rendere il suolo non
specificamente pianificato: la circostanza è
ammessa dalla stessa appellata, la quale
però argomenta dalla natura temporanea di
tale regime “ex lege”, destinato a
valere solo nelle more della formazione di
un nuovo strumento urbanistico, per
sostenere che l’inedificabilità temporanea a
esso connessa sarebbe –se ben si comprende–
superabile attraverso una qualificazione
della vocazione del suolo che tenga conto
delle sue caratteristiche oggettive.
Il rilievo così formulato non può essere
condiviso, in quanto il regime delle aree
non pianificate (già previsto dall’art. 4,
ultimo comma, della legge n. 10 del 1977,
trasfuso nel testo unico sull’edilizia),
ancorché previsto dal legislatore come
transitorio, è certamente tale da escludere
una destinazione edificatoria, circostanza
della quale non può non tenersi conto nello
stimare il valore di mercato di un suolo che
a tale regime risulti soggetto; col che si
replica anche alla seconda osservazione di
parte appellata, dal momento che nella
fattispecie non v’è questione di una
possibile “riqualificazione” della
destinazione del suolo “de quo”,
dovendosi unicamente stimarne il valore di
mercato alla data dell’occupazione ai fini
della quantificazione del danno risarcibile.
Le considerazioni che precedono (e che
tengono conto dei dati di fatto esposti
dalle parti e desumibili dalla
documentazione acquisita) inducono a
ritenere corretto l’avviso
dell’Amministrazione appellante, secondo cui
nel caso che occupa il valore dell’area
occupata va determinato escludendo il
carattere edificatorio dell’area e secondo
il criterio di cui all’art. 16 della legge
22.10.1971, nr. 865, ossia tenendo conto dei
valori agricoli medi della Regione Marche:
in questo senso va rettificata la pronuncia
impugnata con riguardo ai criteri per la
quantificazione del danno, ferme restando le
ulteriori statuizioni in essa contenute
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 15.09.2009 n. 5523 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
AGGIORNAMENTO ALL'08.10.2010 (ore 18,15) |
ã |
NOVITA' NEL
SITO |
Bottone "CONVEGNI" n. 1 giornata di studio a
Marcallo con Casone (MI) per giovedì
21.10.2010 co-organizzata dal portale PTPL.
N.B.: leggere attentamente le
istruzioni ivi riportate. |
NOTE,
CIRCOLARI E COMUNICATI |
EDILIZIA PRIVATA:
SCIA, La Regione Lombardia dopo la bellezza
di 70 gg. -che è in vigore la SCIA- batte un
colpo e dice la propria in merito. Di
seguito il testo del comunicato esplicativo
datato 08.10.2010.
---------------
Comunicato della
Direzione Generale Territorio e Urbanistica:
Segnalazione Certificata Inizio Attività
(SCIA).
La legge 30.07.2010, n. 122, di conversione
del D.L. n. 78, ha introdotto una nuova
disciplina in materia di semplificazione che
ha posto da subito dubbi e problemi per
quanto attiene specificamente al settore
dell’edilizia. Ci si riferisce all'art. 49,
commi 4-bis e 4-ter, inseriti dalla legge di
conversione e per ciò stesso efficaci a far
tempo dal 31.07.2010.
Con il comma 4-bis il legislatore, "riscrivendo"
l'art. 19 della L. n. 241/1990, introduce la
"Segnalazione certificata di inizio
attività - SCIA", in sostituzione della
"Dichiarazione di inizio attività - DIA";
con il successivo comma 4-ter, dichiara
espressamente la nuova disciplina attinente
alla "tutela della concorrenza" e la
qualifica "livello essenziale delle
prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali", così riconducendola alla
competenza esclusiva statale.
In risposta ad una richiesta di chiarimenti
urgenti, tempestivamente formulata da
Regione Lombardia, il Ministero per la
Semplificazione normativa, con un’articolata
nota in data 16.09.2010, ha avuto
modo di delineare l’esatto ambito di
operatività del nuovo istituto in campo
edilizio.
Risolta in senso positivo la prima
importante questione e cioè l’applicabilità
della nuova disciplina anche all'edilizia,
il Ministero ha chiarito che la SCIA può
sostituire solo la DIA “ordinaria”,
non anche la DIA alternativa al permesso di
costruire, particolarmente estesa nella
nostra legislazione regionale.
Questo importante chiarimento interpretativo
fornito dal Ministero sostanzialmente fa
salvo il regime giuridico in materia di
procedure edilizie che Regione Lombardia ha
consolidato con successo da oltre un
decennio e che risulta fondato, come noto,
sull’alternatività pressoché totale tra
permesso di costruire e DIA.
A seguito delle intervenute modifiche
legislative, come sopra delineate, sono
cinque le procedure edilizie operative nella
nostra Regione a far tempo dal 31.07.2010
per i diversi interventi, secondo la
seguente articolazione:
1.
Permesso di costruire per tutti gli
interventi edilizi, nonché per i mutamenti
di destinazione d’uso di cui all’art.
52,comma 3 bis, della L.R. n. 12/2005;
2.
Denuncia di inizio attività (DIA)
alternativa al permesso di costruire di cui
al punto 1), fatta eccezione per gli
interventi di cui al p.to 3, assoggettati in
via principale a SCIA, nonché per i nuovi
fabbricati in zona agricola e per i
mutamenti di destinazione d’uso di cui
all’art. 52, comma 3-bis, della L.R. n.
12/2005, assoggettati unicamente al permesso
di costruire;
3.
SCIA per tutti gli interventi non previsti
dagli artt. 6 e 10 (per quanto,
quest’ultimo, disapplicato in Regione
Lombardia) del D.P.R. n. 380/2001, più
precisamente:
- interventi di manutenzione straordinaria
non liberalizzati, ovvero eccedenti rispetto
alla previsione di cui all’art. 6, comma 2,
lett. a), del D.P.R. n. 380/2001,
- interventi di restauro e di risanamento
conservativo,
- interventi di ristrutturazione edilizia
“leggera”, ovvero non rientranti nella
fattispecie di cui all’art. 10, comma 1,
lett. c), del D.P.R. n. 380/2001;
4.
Comunicazione asseverata per gli interventi
di manutenzione straordinaria di cui
all’art. 6, comma 2, lett. a), del D.P.R. n.
380/2001;
5.
Comunicazione per le opere di cui all’art.
6, comma 2, lett. b) - c) - d) - e) del
D.P.R. n. 380/2001.
Per quanto riguarda specificamente la nuova
disciplina della SCIA, applicabile
nell’ambito sopra delineato (p.to 3), si
precisa che, nel caso di interventi da
realizzarsi in zona soggetta a vincoli
ambientali, paesaggistici o culturali, alla
SCIA dev’essere allegato lo specifico atto
di assenso dell’ente preposto alla tutela
del vincolo, atto di assenso che non può
essere sostituito da SCIA.
Si richiama l’attenzione sugli adempimenti
dovuti nel caso di interventi da realizzarsi
in ambito non sottoposto a vincolo
paesaggistico e sempre che incidano
sull’aspetto esteriore dei luoghi e degli
edifici: i relativi progetti sono soggetti
all’esame di impatto paesistico previsto dal
P.T.R. (vedi artt. 35 e ss., Parte 3, Piano
Paesaggistico e DGR. n. 11045/2002).
In tal caso, se il progetto rimane sotto la
soglia di rilevanza, alla SCIA dev’essere
allegato l’esame di impatto paesistico,
sopra soglia dev’essere acquisito,
preliminarmente alla presentazione della
SCIA, il giudizio di impatto paesistico con
parere obbligatorio della Commissione per il
paesaggio.
Relativamente agli interventi previsti dalla
L.R. n. 13/2009, in materia di rilancio
dell’edilizia, trattandosi di iniziative
contemplate da una disciplina avente
carattere speciale e derogatorio, la SCIA
non trova applicazione, rimanendo pertanto
confermati gli specifici disposti
procedurali della stessa L.R. 13 (art. 2,
comma 4; art. 3, comma 8; art. 4, comma 3).
Da ultimo, per quanto riguarda le DIA
edilizie presentate prima del 31.07.2010,
quand’anche a tale data non risultasse
decorso il termine di trenta giorni previsto
per l’esercizio del potere inibitorio dal
parte dell’amministrazione, il Ministero ha
chiarito che rimangono operative, salva la
possibilità per il privato di avvalersi
degli effetti della sopraggiunta disciplina
presentando per il medesimo intervento una
SCIA, ovviamente se l’intervento rientra tra
quelli passibili di SCIA (p.to 3 sopra
dettagliato).
Daniele Belotti - Assessore al
Territorio e Urbanistica
Bruno Mori - Direttore Generale DG.
Territorio e Urbanistica
Milano, 08.10.2010 |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA: Già
in precedenza al T.U. 380/2001 la
giurisprudenza amministrativa aveva chiarito
che la nozione di ristrutturazione,
interpretata ai sensi dell'art. 31 della
legge 05.08.1978 n. 457, comprende anche gli
interventi consistenti nella demolizione e
successiva ricostruzione di un fabbricato,
purché tale ricostruzione sia ”fedele”,
dando cioè luogo ad un immobile identico al
preesistente per tipologia edilizia, sagoma
e volumi.
Deve escludersi che anche prima dell’entrata
in vigore del T.U. sull’edilizia n. 380 del
2001 e s.m.i. nelle ipotesi di
ristrutturazione edilizia potessero essere
ricompresi gli interventi di demolizione con
ricostruzione non fedele.
Certamente, fino all’entrata in vigore del
T.U. n. 380 del 2001 è mancata un’espressa
disciplina legislativa per gli interventi di
demolizione e successiva ricostruzione, ora
ricondotti all’ipotesi della
ristrutturazione edilizia nel caso di
rispetto della volumetria e sagoma
dell’edificio preesistente [art. 3, comma 1,
lettera d), T.U. citato come modificato
dall’art. 1 del D. L.vo n. 301 del 2002].
Tuttavia già in precedenza la giurisprudenza
amministrativa aveva chiarito che la nozione
di ristrutturazione, interpretata ai sensi
dell'art. 31 della legge 05.08.1978 n. 457,
comprende anche gli interventi consistenti
nella demolizione e successiva ricostruzione
di un fabbricato, purché tale ricostruzione
sia ”fedele”, dando cioè luogo ad un
immobile identico al preesistente per
tipologia edilizia, sagoma e volumi (ad es.
V Sez. n. 594 del 1990)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 05.10.2010 n. 7310 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI: E'
illegittima l'offerta che risulta aver
violato il principio di intangibilità del
costo di sicurezza sancito dall'art. 86,
comma terzo, del decreto legislativo
163/2006 e della lex specialis.
Il disciplinare di gara sancisce
espressamente per l'intero quadriennio un
importo, per quanto concerne gli oneri di
sicurezza di 170.460 €, non soggetto a
ribasso. Tali oneri di sicurezza, ripartiti
su base annua, comportano un importo annuale
di € 42.660, che per espressa statuizione
normativa sono intangibili e non possono
essere ribassati.
Invece, nella fattispecie in esame, il
consorzio ricorrente ha indicato un costo di
sicurezza su base annua di € 8.400, che è
nettamente inferiore a quello previsto dal
bando di gara, non suscettibile di
riduzione.
Pertanto l'offerta del consorzio ricorrente
risulta illegittima per violazione del
principio di intangibilità del costo di
sicurezza sancito dall'art. 86, comma terzo,
del decreto legislativo 163/2006 e della
lex specialis
(TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 01.10.2010 n. 11289 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: La
clausola del bando di gara che impone la
contestuale disponibilità di più forme di
ricezione concernenti le comunicazioni di
gara (ossia domicilio, fax e posta
elettronica certificata) è in contrasto con
le previsioni di cui all’art. 79 del codice
degli appalti il quale individua mezzi
alternativi (e non cumulativi) di
comunicazione.
Trattandosi di appalto sottosoglia come tale
non è soggetto alla pubblicazione in G.U. ai
sensi dell’art. 66, comma 8, del codice
degli appalti e, dunque, sottratto al più
breve termine decadenziale di cui all’art.
8, comma 2-quinquies, lettera a), del
decreto legislativo n. 53 del 2010.
La clausola del bando di gara che impone la
contestuale disponibilità di più forme di
ricezione concernenti le comunicazioni di
gara (ossia domicilio, fax e posta
elettronica certificata), oltre a non
apparire giustificata dalla presenza di
particolari situazioni organizzative
dell’ente, sembra porsi in contrasto con le
previsioni di cui all’art. 79 del codice
degli appalti, come da ultimo modificato dal
decreto legislativo n. 53 del 2010, il quale
individua mezzi alternativi (e non
cumulativi) di comunicazione, e ciò anche
alla luce della normativa di settore (cfr.
decreto-legge n. 185 del 2008) che impone
alle società già operanti di munirsi di un
indirizzo PEC non prima del mese di novembre
2011
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
ordinanza 30.09.2010 n. 736 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La regola generale della
pubblicità della gara, segnatamente con
riguardo al momento dell'apertura delle
buste, può essere derogata dalla prevalente
legislazione speciale operante nei settori
ex esclusi (oggi speciali).
Non è principio inderogabile, in qualunque
tipo di gara, quello secondo cui devono
svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti
concernenti la verifica dell’integrità dei
plichi contenenti l’offerta, sia che si
tratti di documentazione amministrativa che
di documentazione riguardante l’offerta
tecnica ovvero l’offerta economica, e
conseguentemente non è sempre illegittima
l’apertura dei plichi in sede non pubblica.
Ai fini dell'applicazione del principio di
pubblicità delle sedute occorre distinguere
tra le procedure di aggiudicazione
automatica e quelle che richiedano una
valutazione tecnico-discrezionale, per la
scelta dell'offerta più vantaggiosa per
l'amministrazione, sulla base di una
pluralità di elementi tecnici ed economici;
per le prime la pubblicità delle sedute è
generalmente totale, per consentire il
controllo delle varie fasi di svolgimento
della gara da parte dei concorrenti, non
sussistendo alcuna valutazione
tecnico-discrezionale da effettuare; per le
seconde occorre tenere presente che, a
seguito delle fasi preliminari pubbliche di
verifica e riscontro dei plichi presentati e
dei documenti in essi contenuti, interviene
la valutazione tecnico-qualititativa
dell'offerta, la quale va effettuata in
seduta riservata al fine di evitare
influenze esterne sui giudizi dei membri
della commissione giudicatrice.
La regola generale della pubblicità della
gara, segnatamente con riguardo al momento
dell’apertura delle buste, può essere
derogata dalla prevalente legislazione
speciale operante nei settori ex esclusi
(oggi speciali) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 17.09.2010 n. 6939 -
link a www.mediagraphic.it). |
AGGIORNAMENTO AL 06.10.2010 |
ã |
AVVISO AI NAVIGANTI DEL PORTALE PTPL:
Il presente sito, con accesso libero, è
frutto "artigianale" della passione e
dedizione di chi vi opera.
Ricercare le news da pubblicare, nello
sconfinato mondo del web, comporta dispendio
di tempo inimmaginabile da sottrarre a ciò
che rimane dopo il lavoro, la famiglia, i
problemi quotidiani, ecc..
Al fine di poter migliorare la qualità dei
contenuti del presente sito e la sua
efficacia per gli addetti ai lavori -e non
solo, si chiede la
cortese collaborazione di ogni navigante
affinché ci segnali/invii ogni utile materiale da
mettere a disposizione di tutti affinché non
ci siano differenze interpretative e/o
comportamentali tra i vari uffici tecnici
comunali, almeno lombardi.
Pertanto, saranno ben gradite segnalazioni
(all'indirizzo:
info.ptpl@tiscali.it) di sentenze non
ancora pubblicate che risultano interessanti
per quanto disposto dal giudice, oppure
l'invio di quesiti/risposte su argomenti di
ordine generale così come note, circolari,
pareri e, comunque, ogni altro materiale
ritenuto di interesse generale.
Grazie per la collaborazione. LA SEGRETERIA
PTPL |
NOVITA' NEL
SITO |
EDILIZIA
PRIVATA:
Nel bottone
MODULISTICA è stato inserito il fac-simile
(modificabile a piacimento):
- della richiesta di autorizzazione paesaggistica
semplificata;
- della relazione paesaggistica da allegare all'istanza di
cui sopra. |
NEWS |
INCENTIVO PROGETTAZIONE:
Il
ripristino al 2% dell'incentivo alla
progettazione interna ritorna nuovamente
alla Camera dei Deputati.
Il Senato della Repubblica lo scorso
29.09.2010 ha approvato il testo, con
modificazioni, licenziato dalla Camera dopo
il rinvio al Parlamento, da parte del
Presidente della Repubblica, del ddl
approvato dallo stesso la scorsa
primavera.
Purtroppo, le modificazioni introdotte dal
Senato comportano l'ulteriore passaggio alla
Camera (e si spera l'ultimo!!); comunque, il
ripristino al 2% dell'incentivo non sembra
correre pericoli ove l'art. 35, comma 3, del
ddl è rimasto intatto il quale così recita:
"3. All'articolo 61 del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008, n. 133, il comma 7-bis,
introdotto dall'articolo 18, comma 4-sexies,
del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185,
convertito, con modificazioni, dalla legge
28 gennaio 2009, n. 2, è abrogato."
E' solo questione di aspettare, con
pazienza, ancora un po' di tempo ...
Per la cronaca, il Senato ha approvato con
modificazioni il ddl
S.1167-B-BIS che ora si trova
alla Camera per la conversione definitiva
con l'identificativo
C.1141-QUATER-F (link a www.giurdanella.it). |
APPALTI:
Tracciabilità dei flussi finanziari e CUP.
L'entrata in vigore della Legge 136/2010 ha
esteso l'obbligo di richiesta del CUP anche
ai contratti diversi da quelli di
investimento, che vi erano già soggetti ex
legge 16.01.2003, n. 3.
Di conseguenza, la stazione appaltante dovrà
richiedere il CUP anche per gli appalti di
servizi e forniture (link a
www.cipecomitato.it). |
UTILITA' |
EDILIZIA PRIVATA:
M. Fiorona,
Lombardia,
I TITOLI ABILITATIVI NEL T.U. EDILIZIA E
NELLA DISCIPLINA URBANISTICA REGIONALE -
SCHEDE ESEMPLIFICATIVE (aggiornamento
all'01.10.2010).
|
GURI - GUUE -
BURL (e anteprima) |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 40 del
04.10.2010, "Approvazione delle modalità
operative e della modulistica per la
richiesta di autorizzazione
all’installazione di sonde (geotermiche) ai
sensi del regolamento regionale n. 7/2010"
(decreto
D.G. 27.09.2010 n. 9072 - link a
www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, 1° suppl. ord. al n. 39
dell'01.10.2010, "Regolamento
per l’individuazione, in attuazione
dell’articolo 54, comma 9, della legge
regionale 05.12.2008 n. 31 (Testo unico
delle leggi regionali in materia di
agricoltura, foreste, pesca e sviluppo
rurale) dei lavori di mera manutenzione
forestale che, non comportando una
modificazione delle situazioni naturali, non
sono configurabili come impianti o opere
edilizie in senso stretto rientranti
nell’ambito di applicazione della normativa
sui lavori pubblici, e fissazione dei
relativi limiti d’importo" (Regolamento
Regionale 27.09.2010 n. 8 - link
a www.infopoint.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: G.U.U.E.
28.09.2010 n. L 253 "REGOLAMENTO
(UE) N. 849/2010 DELLA COMMISSIONE del
27.09.2010 che modifica il
regolamento (CE) n. 2150/2002 del Parlamento
europeo e del Consiglio relativo alle
statistiche sui rifiuti" (link a http://eur-lex.europa.eu). |
DOTTRINA E
CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA:
M. Bottone,
S.C.I.A.,
La Strana Creatura Indubbiamente Aliena (LE
PAROLE CHE NON TI HO DETTO) - 1^ parte.
---------------
Ringraziamo il Geom. Marcellino Bottone, di
Piedimonte Matese (CE), per il contributo
ricevuto. |
EDILIZIA PRIVATA:
L. Spallino,
La grammatica ha la sua importanza ... anche
nelle leggi. Il caso della SCIA
(link a www.studiospallino.it). |
APPALTI: E’
annullabile il provvedimento di
aggiudicazione definitiva se sussiste un
interesse pubblico (link
a www.mediagraphic.it). |
CORTE DEI
CONTI |
COMPETENZE GESTIONALI - PUBBLICO IMPIEGO:
La richiesta di parere ha per
oggetto il contenuto dell'art. 110 del TUEL
e, in particolar modo, la sua applicabilità
anche ai comuni con popolazione inferiore ai
5.000 abitanti per quanto concerne la
sussistenza di particolare e comprovata
qualificazione professionale.
L’interpretazione della norma posta
dall’art. 110 TUEL e dei requisiti
professionali richiesti al fine del
conferimento di incarichi dirigenziali
temporanei negli enti con popolazione
inferiore ai 5.000 abitanti che siano privi
di dirigenza deve essere temperata sia in
relazione alle peculiari dimensioni
organizzative dell’ente che alla necessità
che i servizi e le funzioni fondamentali
dell’ente vengano svolti regolarmente.
La concreta applicazione della disposizione
contenuta nell’articolo 110 TUEL è
subordinata quindi, alla sussistenza dei
seguenti requisiti:
a)
previsione e definizione dei limiti di
operatività e dei criteri applicativi di
carattere generale all’interno del
Regolamento sull’ordinamento degli uffici e
dei servizi;
b)
temporaneità dell’incarico collegata alla
durata del mandato del Sindaco;
c)
assenza di altra professionalità equivalente
all’interno dell’ente, da valutarsi in
concreto prima di ogni attribuzione di
incarico.
d)
presenza di un numero di incarichi non
superiore al 5% della complessiva dotazione
organica, con arrotondamento all’unità
superiore o comunque non superiore a una
unità negli enti con meno di 20 dipendenti;
e)
instaurazione di un rapporto di lavoro
subordinato a tempo determinato;
f)
possesso del requisito dell’alta
specializzazione che deve essere individuata
in concreto dall’ente, in relazione alle
attività da espletare ed alle necessità
funzionali da soddisfare. Al riguardo è
evidente che il requisito ordinario è quello
della laurea, trattandosi di un incarico di
direzione di un ufficio. Tuttavia, non può
trascurarsi che in relazione a specifiche
attività proprie dell’organizzazione degli
enti pubblici, soprattutto di dimensioni
minori, l’attività di specifici settori in
particolare, tecnici, può essere svolta da
soggetti che seppur privi di titolo di
studio universitario, siano in possesso del
titolo di studio specificamente richiesto
per l’esercizio di una particolare attività,
nonché di idonea e documentata esperienza di
settore.
In relazione allo specifico quesito posto
dal Sindaco di Cittiglio la predetta
conclusione risulta applicabile in quanto
per la direzione del Settore Gestione del
Territorio di un ente di minori dimensioni è
normalmente richiesto il titolo di studio di
geometra, oltre ad un’adeguata esperienza
professionale.
Da ultimo, in relazione al secondo quesito
la Sezione osserva che gli incarichi in
corso, nonostante l’entrata in vigore della
nuova disciplina legislativa, proseguono
sino alla loro naturale scadenza ed
eventuali discipline normative sopravvenute
si applicano unicamente in relazione a nuovi
affidamenti di incarico (Corte dei Conti,
Sez. giurisdiz. Lombardia,
parere 24.06.2010 n.
702). |
AUTORITA'
CONTRATTI PUBBLICI |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI:
Trasmissione dei dati relativi
all’istituzione di elenchi ufficiali di
prestatori di servizi o di fornitori, ai
sensi dell’art. 45 del D.Lgs n. 163/2006.
Tutte le amministrazioni o gli enti
appaltanti che hanno già istituito gli
elenchi ufficiali di prestatori di servizi o
fornitori, ai sensi dell'art. 45 del Codice
dei contratti, sono tenuti, qualora non
l'avessero già fatto, a comunicarli
all'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture.
Le modalità ed i termini sono indicate nel
comunicato del Presidente 15.09.2010
(link a www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
Variazione modalità di accesso al
servizio SIMOG ai fini del rilascio del
codice CIG.
Dal 15.10.2010 le operazioni per il rilascio
del codice di identificazione gara -CIG– da
effettuarsi tramite il sistema informativo
di monitoraggio gare –SIMOG– saranno
consentite esclusivamente al Responsabile
del Procedimento indipendentemente dalla
procedura adottata e dalla tipologia di
contratto che la stazione appaltante intende
affidare.
Le variazioni nelle modalità di accesso al
servizio SIMOG ai fini del rilascio del
codice CIG sono indicate nel
comunicato del Presidente 07.09.2010
(link a www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI: Il
divieto generale di commistione tra le
caratteristiche oggettive dell'offerta e i
requisiti soggettivi dell'impresa
concorrente, conosce un'applicazione per
così dire "attenuata" nel settore dei
servizi, in quanto si ritiene che qualora
l'offerta tecnica non consista in un
progetto o in un prodotto ma si sostanzi
invece in una attività, un facere, la
stessa ben potrà essere valutata anche sulla
base di criteri quali la pregressa
esperienza e la professionalità così come
emergenti dai curricula
professionali.
E' legittimo dunque che la stazione
appaltante preveda l'attribuzione di
specifici punteggi in relazione
all'esperienza e alla qualifica
professionale, e che l'aver espletato in
passato servizi analoghi a quello oggetto
della gara possa essere valutato quale
indice di affidabilità e dunque della
qualità stessa dell'offerta tecnica.
La possibilità di valutare, in sede di
individuazione dell'offerta economicamente
più vantaggiosa, le pregresse esperienze
professionali incontra, però, il limite del
peso concretamente attribuibile in termini
di punteggio a tali elementi;
l'apprezzamento del merito tecnico che è
deducibile dalla valutazione dei
curricula professionali è infatti solo
uno degli elementi valutabili e pertanto non
può assumere un rilievo eccessivo.
In una procedura per l’affidamento di
incarichi di progettazione, è stata ritenuta
sproporzionata la previsione del bando che
riconosceva fino a quindici punti per la
pregressa esperienza dei concorrenti
(parere
di precontenzioso 13.05.2010 n. 97 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI FORNITURE: In
una gara di appalto per la fornitura di
parti di ricambio per autobus, non è
conforme alla normativa di settore la
disposizione del bando di gara che consente
di fornire ricambi equivalenti,
subordinatamente e condizionatamente al
rispetto di una serie di presupposti, quali
la produzione di certificati di omologazione
del prodotto e in mancanza di omologazione,
certificazione di equivalenza rilasciati da
organi accreditati ai sensi della normativa
europea o, in via residuale l’effettuazione
specifiche prove di laboratorio per ogni
singolo ricambio equivalente.
In particolare, al ventinovesimo
considerando della Direttiva 2004/18/CEE si
legge che: “per dimostrare l’equivalenza
gli offerenti dovrebbero poter utilizzare
qualsiasi mezzo di prova. Le amministrazioni
aggiudicatrici, laddove decidano che in un
determinato caso l’equivalenza non sussiste,
devono potere motivare tale decisione”.
Il contenuto della Direttiva è testualmente
recepito dall’art. 68 del D.Lgs. n.
163/2006, che al comma 4 pone in capo
all’offerente l’onere di dimostrare “con
qualsiasi mezzo” l’equivalenza del
prodotto e riserva all’Amministrazione il
potere/dovere di valutare l’idoneità delle
alternative.
---------------
Le specifiche tecniche di appalto devono
consentire pari accesso agli offerenti e non
devono comportare la creazione di ostacoli
ingiustificati alla concorrenza e, a meno di
non essere giustificate dall’oggetto
dell’appalto, le dette specifiche non
possono menzionare una fabbricazione o
provenienza determinata, né far riferimento
a un’origine o produzione specifica che
avrebbe come effetto di favorire o eliminare
talune imprese o prodotti.
In un appalto per la fornitura di parti di
ricambio per autobus, non è conforme alla
normativa di settore il bando di gara che
indichi ricambi meccanici originali di
determinate marche con riferimento
all’esigenza di sicurezza di esercizio e
alla necessità di indicare tipologie di
veicoli di cui è composto il parco rotabile.
Infatti, la sicurezza è da considerarsi una
qualità intrinseca alla natura di un
ricambio per autoveicoli, quindi una
caratteristica oggettiva del prodotto, che
non può di per sé giustificare la preferenza
soggettiva per un determinato costruttore
del prodotto medesimo, stante la doverosa
applicazione del principio di equivalenza.
Ugualmente, in relazione alla necessità di
definire il parco rotabile, tale elemento
non appare incompatibile con la dicitura di
“o equivalente” ovvero “tipo”
(che al contrario diviene doveroso secondo
il dettato normativo comunitario e
nazionale) a comprova della volontà
dell'amministrazione di utilizzare il
marchio solo per i fini esemplificativi
(parere
di precontenzioso 13.05.2010 n. 96 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI: È
corretto l’operato della s.a. che escluda
un’impresa da una gara allorché, in aperta
violazione del bando, non sia stata fornita
la dichiarazione della mancata estensione,
negli ultimi cinque anni, degli effetti di
misure di prevenzione applicate nei
confronti del convivente in ossequio al
disposto dell’art. 10 della legge n.
575/1965.
Si tratta, infatti, di dichiarazione diversa
da quella di cui alla lett. b) dell’art. 38
del D.Lgs. n. 163/2006, che fa semplice
riferimento alla pendenza del procedimento
applicativo della misura di prevenzione e
non, come il citato art. 10 della legge n.
575/1965, all’avvenuta estensione di effetti
(negli ultimi cinque anni) di un
provvedimento applicativo.
---------------
Una pluralità di dichiarazioni, vergate in
uno stesso foglio o più fogli ma inserite in
una unica busta, possono essere corredate da
una unica copia del documento perché
l'unicità della busta consente di riferire
la copia del documento ad ogni
dichiarazione, sicché per ognuna di esse
sussistono i due elementi cui è riconnessa
l'assunzione di responsabilità penale e,
quindi, la garanzia della provenienza e
della veridicità della dichiarazione stessa.
---------------
Non è conforme alla normativa di settore la
prescrizione del bando che richieda il
possesso di un fatturato minimo globale,
negli ultimi tre anni, pari al triplo
dell’importo posto a base d’asta, in quanto
appare lesiva dei principi posti a tutela
della libera concorrenza e del mercato.
In numerosi precedenti dell’Autorità è stata
ritenuta non incongrua o sproporzionata, né
limitativa dell’accesso alla gara la
richiesta di un fatturato, nel triennio
pregresso, sino al doppio dell’importo posto
a base della stessa
(parere
di precontenzioso 13.05.2010 n. 95 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI: È
conforme alla normativa di settore l’operato
della s.a. che escluda da una procedura di
gara due offerte presentate originariamente
da due soggetti distinti, qualora uno dei
soggetti acquisisca l’altro, essendosi
concretata una violazione del consolidato
principio dell’unicità dell’offerta
(parere
di precontenzioso 13.05.2010 n. 93 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI SERVIZI: In
una procedura per l’affidamento di un
servizio di pulizia, è conforme alla
normativa di settore e non realizza una
illegittima commistione tra requisiti
soggettivi di partecipazione alla gara ed
elementi oggettivi di valutazione
dell'offerta la previsione del bando di gara
che attribuisca un determinato punteggio al
piano di addestramento del personale.
---------------
La stazione appaltante, nel predisporre gli
atti di una gara d’appalto, ha l’onere di
indicare con estrema chiarezza i requisiti
richiesti alle imprese partecipanti, onde
evitare che il principio di massima
concorrenza tra le stesse imprese, cui si
correla l’interesse pubblico
all’individuazione della migliore offerta,
possa essere in concreto vanificato da
clausole equivoche, non chiaramente
percepibili dai soggetti partecipanti.
Pertanto, le disposizioni con le quali siano
prescritti particolari adempimenti per
l’ammissione alla gara, ed in particolar
modo le clausole di esclusione dalla gara,
ove indichino in modo equivoco taluni dei
detti adempimenti, vanno interpretate nel
senso più favorevole all’ammissione degli
aspiranti, corrispondendo all’interesse
pubblico di assicurare un ambito più vasto
di valutazioni e, quindi, un’aggiudicazione
alle condizioni migliori possibili.
---------------
Il contributo dovuto all’Autorità ai sensi
dell’art. 1, comma 67, della legge n.
266/2005 riveste la natura di condizione
essenziale per la partecipazione delle
imprese a procedure ad evidenza pubblica e
costituisce causa di esclusione solo la
mancata dimostrazione dell’avvenuto
versamento del contributo a favore
dell’Autorità.
Gli operatori economici che partecipano a
uno o più lotti devono versare il contributo
per ogni singolo lotto per cui presentano
l’offerta in ragione del relativo importo
(parere
di precontenzioso 13.05.2010 n. 92 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI: Il
doveroso bilanciamento fra il potere
riconosciuto all’amministrazione di
provvedere alla regolarizzazione dei
documenti presentati dai candidati (ex art.
46 del d.lgs. 12.04.2006, n. 163) ed il
principio della "par condicio" tra i
partecipanti ad una selezione concorsuale va
ricercato nella distinzione tra il concetto
di regolarizzazione e quello di integrazione
documentale; quest'ultima non è consentita,
laddove si risolva in un effettivo "vulnus"
del principio di parità di trattamento, a
differenza della regolarizzazione, che
attiene a circostanze od elementi estrinseci
al contenuto della documentazione, cui è
tenuta l’amministrazione in virtù del
principio generale desumibile dall'art. 6,
comma 1, lett. b), l. 07.08.1990 n. 241
(parere
di precontenzioso 13.05.2010 n. 90 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
L'iscrizione all'Albo Nazionale dei Gestori
Ambientali è da considerarsi requisito di “esecuzione”
e non di “partecipazione alla gara”
e, quindi, un mero presupposto legittimante
per la stipula del contratto di appalto di
lavori.
Infatti, diversamente opinando, si
attuerebbe una limitazione alla
partecipazione alle gare di appalto di
lavori pubblici, in violazione dell’art. 1,
commi 3 e 4, e dell’art. 3, comma 2, del
D.P.R. n. 34/2000, che statuiscono che la
qualificazione in una categoria è condizione
necessaria e sufficiente per la
dimostrazione dell’esistenza dei requisiti
di capacità tecnica e finanziaria ai fini
dell’affidamento di lavori pubblici di
importo superiore a 150.000 euro
(parere
di precontenzioso 29.04.2010 n. 89 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
I costi della sicurezza, sia nel comparto
dei lavori che in quello dei servizi e delle
forniture, devono essere dalla stazione
appaltante adeguatamente valutati ed
indicati nei bandi; a loro volta le imprese
dovranno nelle loro offerte indicare i costi
specifici connessi con la loro attività.
Naturalmente, in sede di verifica
dell’anomalia di tali offerte, la stazione
appaltante dovrà valutarne la congruità
rispetto all’entità e alle caratteristiche
del lavoro, servizio o fornitura.
Del resto, il dato richiesto fornisce un
parametro per valutare la congruità delle
offerte anche nelle ipotesi in cui non si
proceda alla verifica delle offerte anomale
(cfr. determinazione 3/2008)
(parere
di precontenzioso 29.04.2010 n. 88 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Il principio dell’assorbenza fra categorie
generali e categorie specializzate trova
applicazione esclusivamente in riferimento
alla categoria OG11, nello specifico senso
che, ove nel bando sia richiesta la
qualificazione di cui alle categorie di
opere specializzate OS3, OS30, OS28 è
consentita la partecipazione anche delle
imprese qualificate in categoria OG11.
Ciò, in quanto, detta categoria generale è
in effetti la sommatoria di categorie
speciali e, pertanto, sussiste la
presunzione che un soggetto qualificato in
OG11 sia in grado di svolgere mediamente
(anche) tutte le lavorazioni speciali
contenute in questa categoria generale.
La qualificazione per la categoria di opere
generali OG11 assorbe quella per la
categoria di opere speciali solo nel caso in
cui la disciplina speciale della singola
gara non rechi alcuna clausola in contrario
(cfr. determinazioni 48/2000, 7/2001,
8/2002) (parere
di precontenzioso 29.04.2010 n. 87 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
La previsione del bando di gara, secondo la
quale i concorrenti devono dichiarare “sentenze,
ancorché non definitive, relative a reati
che precludono la partecipazione alle gare
di appalto”, non è conforme al disposto
dell’art. 38, comma 1, lettera c), del
D.Lgs. n. 163/2006 e, inoltre, appare in
contrasto con i principi, sia generali che
propri delle procedure concorsuali, di
presunzione di innocenza e di tassatività
delle cause di esclusione dalle procedure di
gara
(parere
di precontenzioso 29.04.2010 n. 85 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
Non è conforme alla normativa di settore
l’operato della s.a. che abbia escluso un
concorrente per aver prodotto copie
autentiche delle referenze bancarie di cui
all’art. 41 del d. lgs. 12.04.2006, n. 163
in luogo degli originali, detenuti da
un’altra stazione appaltante.
Infatti, l’art. 18, comma 1, del D.P.R. n.
445/2000 rubricato “Copie autentiche”
stabilisce che “Esse possono essere
validamente prodotte in luogo degli
originali” e il successivo art. 19
rubricato “Modalità alternative
all’autenticazione di copie” prevede che
“La dichiarazione sostitutiva dell’atto
di notorietà di cui all’art. 47 può
riguardare anche il fatto che la copia di un
atto o di un documento conservato o
rilasciato da una pubblica amministrazione
…..sono conformi all’originale”
(parere
di precontenzioso 29.04.2010 n. 84 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
L’individuazione dei requisiti di
partecipazione a una gara d’appalto deve
essere improntata al rispetto del
fondamentale principio di proporzionalità,
così da garantire, unitamente alla massima
partecipazione, il migliore risultato
economico per l’amministrazione procedente.
In una procedura per l’affidamento del
servizio di igiene urbana, appare rispettosa
di tali principi la richiesta di aver svolto
nel triennio precedente lo stesso servizio
raggiungendo livelli di raccolta
differenziata non inferiori al 35%.
Il d.lgs. 152/2006, infatti, prevede
meccanismi per favorire l’adozione
generalizzata della raccolta differenziata
dei rifiuti urbani ed, in particolare,
indica gli obiettivi da raggiungere su base
di ogni Ambito Territoriale Ottimale (A.T.O.),
fissando, con aumento progressivo per
scaglioni temporali, le seguenti percentuali
minime di rifiuti prodotti:
- almeno il 35% entro il 31.12.2006;
- almeno il 45% entro il 31.12.2008;
- almeno il 65% entro il 31.12.2012
(parere
di precontenzioso 29.04.2010 n. 83 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
Nel caso in cui, a causa di un errore
dell'ufficio protocollo, il plico contenente
l'offerta sia stato erroneamente aperto e
protocollato e quindi immediatamente
richiuso, tale circostanza non comporta
l'annullamento della gara per violazione del
principio di segretezza, se tutte le
partecipanti hanno acconsentito a proseguire
i lavori, facendo così acquiescenza alla
irregolarità commessa dall'ufficio medesimo
(parere
di precontenzioso 29.04.2010 n. 82 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
La stazione appaltante può fissare,
nell’ambito della propria discrezionalità,
requisiti di partecipazione ad una gara di
appalto e di qualificazione più rigorosi e
restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla
legge, purché, tuttavia, tali prescrizioni
si rivelino rispettose dei principi di
proporzionalità e ragionevolezza, non
limitino indebitamente l’accesso alla
procedura di gara e siano giustificate da
specifiche esigenze imposte dal peculiare
oggetto dell’appalto.
L'adeguatezza e la proporzionalità dei
requisiti richiesti dalla documentazione di
gara vanno, dunque, valutate con riguardo
all'oggetto dell'appalto ed alle sue
specifiche peculiarità.
In una gara per l’affidamento di un
contratto di locazione operativa di
apparecchiature informatiche, è conforme
alla normativa di settore la richiesta di
aver prestato nel triennio precedente e per
un determinato importo minimo
apparecchiature informatiche in locazione
operativa e non semplicemente di aver
effettuato forniture di apparecchiature
informatiche.
---------------
Nella prassi dell’Autorità, il requisito
della partecipazione alla procedura
concorsuale viene generalmente considerato
necessario per poter rivolgere l’istanza di
parere, anche alla luce della causa di
inammissibilità introdotta dall’articolo 3
del nuovo regolamento, attinente all’“assenza
di una controversia insorta fra le parti”.
Infatti, chi non abbia partecipato alla
procedura concorsuale resta un soggetto
terzo rispetto alle eventuali controversie
che possano insorgere tra la stazione
appaltante e le altre parti interessate.
Anche nella procedura di precontenzioso,
tuttavia, opera il noto principio per cui,
laddove si sia in presenza di clausole c.d.
escludenti –cioè di clausole che precludono
la partecipazione alla gara, impedendo
l'ammissione alla stessa, e di quelle che
non consentono di effettuare un'offerta
concorrenziale– l'onere di presentare la
domanda di partecipazione costituisce un
inutile aggravio a carico dell'impresa
(parere
di precontenzioso 29.04.2010 n. 81 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
Con riferimento a quanto disposto dall’art.
95, comma 2, del d.P.R. n. 554/1999 in
materia di A.T.I. orizzontali, il periodo «l'impresa
mandataria in ogni caso possiede i requisiti
in misura maggioritaria» deve essere
inteso con riferimento ai requisiti minimi
richiesti per la partecipazione allo
specifico appalto, in relazione alla
classifica posseduta risultante
dall'attestazione SOA e concretamente “spesa”
ai fini dell’esecuzione dei lavori e non in
assoluto, avendo riguardo solo all’importo
complessivo dei lavori.
Non è, pertanto, consentito che, al fine di
dimostrare da parte della associazione
temporanea il possesso del 100% dei
requisiti minimi, una mandante “spenda”
una quota di importo superiore o uguale a
quella della mandataria, rinvenendosi la
ratio della norma de qua
nell’esigenza di assicurare che la
mandataria sia effettivamente e non
astrattamente il soggetto più qualificato in
rapporto al complesso dei lavori a base
d’asta comprensivo.
Peraltro, quando all’A.T.I. partecipano due
sole imprese l’aggettivo maggioritario, che
connota la percentuale del possesso dei
requisiti da parte della capogruppo, indica
che la mandataria deve spendere in quella
specifica gara una qualifica superiore al 50
per cento dell’importo dei lavori, perché
solo in tal modo essa potrà possedere anche
una qualifica superiore a quella del suo
unico associato
(parere
di precontenzioso 29.04.2010 n. 80 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
Ai fini dell’individuazione dei soggetti
tenuti a rendere le dichiarazioni di cui
all’art. 38, co. 1, lett. b e c del d.lgs.
12.04.2006 n. 163, occorre necessariamente
procedere all'esame dei certificati della
CCIAA, non essendo l'attestazione SOA di per
sé sufficiente ai fini della disamina dei
soggetti tenuti alle dichiarazioni in
argomento, in quanto potrebbero verificarsi
eventi successivi alla stessa attestazione
in grado di modificare i poteri di
rappresentanza precedentemente conferiti.
Inoltre, per una corretta applicazione della
citata normativa, occorre fare riferimento
alle funzioni sostanziali di tali soggetti
più che alle qualifiche formali, altrimenti
la evidenziata ratio legis potrebbe
essere agevolmente elusa e dunque vanificata
(parere
di precontenzioso 15.04.2010 n. 79 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
Nel caso in cui una s.a. ometta, nei modelli
di presentazioni delle offerte, le
dichiarazioni di cui all’art. 38, co. 1,
lett. m-bis), m ter), m-quater), la tutela
dell’affidamento e la correttezza
dell’azione amministrativa impediscono che
le conseguenze di una condotta colposa della
s.a. possano essere traslate a carico del
soggetto concorrente, comminando la sanzione
dell’esclusione dalla gara.
In tali ipotesi, l’equivocità delle
prescrizioni del bando di gara impone, in un
corretto rapporto tra amministrazione e
privato, che si dia alla lex specialis
una lettura idonea a tutelare l’affidamento
degli interessati in buona fede, dispensando
in tal modo il concorrente dal dover
ricostruire, attraverso indagini
ermeneutiche ed integrative, ulteriori ed
inespressi significati della volontà della
s.a., che vanificano il principio di massima
partecipazione e l’interesse pubblico
all’individuazione della migliore offerta
(parere
di precontenzioso 15.04.2010 n. 78 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
La stazione appaltante vanta un apprezzabile
margine di discrezionalità nel chiedere
requisiti di capacità economica, finanziaria
e tecnica ulteriori e più severi rispetto a
quelli indicati nella disciplina di settore,
ma con il limite del rispetto dei principi
di proporzionalità e ragionevolezza; sicché
non è consentito pretendere il possesso di
requisiti sproporzionati o estranei rispetto
all'oggetto della gara.
In un gara per l’affidamento di un appalto
di servizi di contabilità stipendi, a fronte
di un valore a base d’asta di 87.100,00 €, è
stato ritenuto non proporzionata e
irragionevole la richiesta di un fatturato
per servizi identici di un importo pari a
500.000,00 €.
Allo stesso modo, non appare conforme alla
normativa di settore il requisito di essere
affidatari dello stesso servizio in almeno
dieci comuni, di cui almeno di cinque con
popolazione superiore ai 10.000 abitanti
(parere
di precontenzioso 15.04.2010 n. 77 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
Il possesso dei requisiti generali deve
sussistere in capo a tutte le imprese
consorziate che partecipano alla gara, anche
nel caso di “consorzio stabile”,
atteso che la riconosciuta autonoma
soggettività del consorzio stabile non è
incompatibile sul piano logico con la
necessità che i requisiti di partecipazione
di ordine generale (ex art. 38, d.lgs. n.
163 del 2006) siano posseduti anche dalle
singole consorziate designate quali
esecutrici effettive del servizio appaltato.
Il possesso dei requisiti di idoneità
tecnica e finanziaria, invece, è normalmente
richiesto esclusivamente in capo al
consorzio stabile, quale entità soggettiva
distinta dalle singole società consorziate
che fruiscono del beneficio di poter sommare
i rispettivi requisiti ai fini del
raggiungimento delle soglie minime richieste
dalla lex specialis di gara.
Ciononostante, la stazione appaltante può
fissare, nell’ambito della propria
discrezionalità, requisiti di partecipazione
ad una gara di appalto e di qualificazione
più rigorosi e restrittivi di quelli minimi
stabiliti dalla legge, anche in capo ai
singoli consorziati.
È necessario, tuttavia, che tali
prescrizioni si rivelino rispettose dei
principi di proporzionalità e
ragionevolezza, non limitino indebitamente
l’accesso alla procedura di gara e siano
giustificate da specifiche esigenze imposte
dal peculiare oggetto dell’appalto
(parere
di precontenzioso 15.04.2010 n. 76 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
L'adempimento degli obblighi informativi di
cui all’art. 38, comma 1, lett. c, del d.lgs.
12.04.2006, n. 163 consente
all'amministrazione di poter agevolmente
verificare l'insussistenza di condanne
penali a carico dei soggetti cessati che
hanno avuto un significativo ruolo
decisionale e gestionale nella società
cedente ovvero di valutare l'incidenza di
tali condanne sui requisiti di affidabilità
dell'impresa cessionaria, anche in relazione
alle misure da questa adottate per
manifestare la propria dissociazione dalla
condotta penalmente sanzionata.
Ciò allo scopo precipuo di evitare possibili
strumentalizzazioni delle disposizioni
normative o di consentire soluzioni
surrettizie volte ad eludere precisi
obblighi di legge attraverso il ricorso a
modificazioni soggettive delle parti in
grado anche di alterare il libero gioco
della concorrenza
(parere
di precontenzioso 15.04.2010 n. 74 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI FORNITURE E LAVORI PUBBLICI:
Con particolare riferimento
all’individuazione dell’oggetto degli
appalti misti di lavori e forniture, rileva,
più che altro, il carattere accessorio o
meno delle prestazioni e non tanto
l’incidenza economica proporzionale dei
lavori.
Pertanto, anche ove sia presente un divario
delle proporzioni tra importo della
componente forniture e importo della
componente lavori superiore al criterio
legale del 50%, per individuare
correttamente l’oggetto contrattuale occorre
avere riguardo alla prevalenza della
funzione obiettiva del contratto in
relazione alle finalità perseguite
dall’Amministrazione che ha indetto la gara
(parere
di precontenzioso 15.04.2010 n. 73 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
Con riferimento alla verifica del requisito
di cui all’art. 38, comma 1, lett. a, del
d.lgs. 12.04.2006, n. 163, è conforme alla
normativa di settore la richiesta della s.a.
di produrre il certificato della cancelleria
del tribunale competente, sez. fallimentare
dal quale risulti che la ditta non sia in
stato di fallimento, di liquidazione coatta,
di amministrazione controllata, di
concordato preventivo e che non abbia in
corso alcun procedimento per la
dichiarazione di una di tali situazioni.
Non appare sufficiente, invece, la
produzione del certificato camerale con
attestazione antimafia e dicitura
fallimentare, con il seguente contenuto “si
dichiara inoltre che a carico della predetta
ditta non risulta pervenuta negli ultimi 5
anni a questo ufficio dichiarazione di
fallimento, liquidazione amministrativa
coatta, ammissione in concordato o
amministrazione controllata”.
Tale certificazione, infatti, fa riferimento
alle sole procedure fallimentari acclarate,
mentre è assente la dichiarazione in merito
ad eventuali procedure in corso
(parere
di precontenzioso 15.04.2010 n. 72 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
Costituisce principio consolidato quello per
cui la stazione appaltante può fissare,
nell’ambito della propria discrezionalità,
requisiti di partecipazione ad una gara di
appalto e di qualificazione più rigorosi e
restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla
legge, purché, tuttavia, tali prescrizioni
si rivelino rispettose dei principi di
proporzionalità e ragionevolezza, non
limitino indebitamente l’accesso alla
procedura di gara e siano giustificate da
specifiche esigenze imposte dal peculiare
oggetto dell’appalto.
L'adeguatezza e la proporzionalità dei
requisiti richiesti dalla documentazione di
gara vanno, dunque, valutate con riguardo
all'oggetto dell'appalto ed alle sue
specifiche peculiarità, per cui la richiesta
di un determinato requisito va correlata al
concreto interesse dell’amministrazione a
una certa affidabilità del proprio
interlocutore contrattuale, avuto riguardo
alle prestazioni oggetto di affidamento.
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La presentazione di idonee referenze
bancarie comprovate dalla dichiarazione di
almeno due istituti bancari o intermediari
autorizzati non può considerarsi quale
requisito rigido, dovendosi conciliare
l’esigenza della dimostrazione dei requisiti
partecipativi con il principio della massima
partecipazione alle gare di appalto, con
conseguente necessità di prevedere dei
temperamenti rispetto a quelle imprese che
non siano in grado, per giustificati motivi,
di presentare le referenze indicate.
Di conseguenza, non appaiono conformi alla
disciplina vigente gli atti di gara che non
consentano alcun temperamento rispetto
all’ipotesi della mancata presentazione di
due idonee referenze bancarie, in ciò
ponendosi in contrasto con l'espressa
indicazione normativa che consente alle
imprese di provare la propria capacità
economica e finanziaria mediante qualsiasi
altro documento considerato idoneo dalla
stazione appaltante
(parere
di precontenzioso 15.04.2010 n. 71 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
GIURISPRUDENZA |
LAVORI PUBBLICI: Rimessa
alla Adunanza Plenaria la questione circa la
natura di atto meramente endoprocedimentale
dell’individuazione del promotore nella
procedura di project financing.
La controversa in rassegna concerne la
legittimità del procedimento e del
successivo provvedimento con cui un Comune
ha individuato di pubblico interesse la
proposta formulata da una A.T.I. per la
realizzazione e la gestione di un
parcheggio, attribuendo a detta A.T.I. il
titolo di “promotore ai sensi e per gli
effetti di cui all’art. 37-ter Legge
109/1994, ora art. 154 del D.Lgs. 163/2006”.
La prospettazione dell’A.T.I. si fonda sulla
assoluta autonomia ed indipendenza della
fase di selezione del promotore rispetto
all'intero procedimento di project financing,
così da determinare l'immediata lesività ed
impugnabilità della individuazione del
progetto dichiarato di pubblico interesse,
indipendentemente dalla conclusione del
procedimento stesso (e quindi
dall'aggiudicazione della concessione).
Sennonché, ricordano i giudici del Consiglio
di Stato, la giurisprudenza (C.d.S., sez. V,
25.01.2005, n. 142) ha rilevato che
l'interesse a veder prescelto il proprio
progetto di opera pubblica, e quindi
l’interesse ad assumere la posizione del
promotore nella relativa procedura, ancorché
sia individuabile concettualmente come
distinto dall'interesse alla concessione di
eseguire l'opera stessa, contiene ed implica
anche l'interesse all'aggiudicazione della
concessione che, in definitiva, rappresenta
il vero "bene della vita" cui tende
il presentatore del progetto.
Si è in presenza, secondo tale indirizzo
giurisprudenziale, di un procedimento
contraddistinto da una indiscutibile
unitarietà, logico-giuridica (del tutto
coerente e ragionevole con la stessa natura
del project financing, quale tecnica
finanziaria che consente la realizzazione di
opere pubbliche senza oneri finanziari per
la pubblica amministrazione e che si
sostanzia in un'operazione
economico-finanziaria idonea ad assicurare
utili che consentono il rimborso del
prestito e/o finanziamento e gestione
proficua dell'attività, così C.d.S., sez. VI,
09.06.2005, n. 3043), che non consente di
poter applicare in modo automatico e
semplicistico l'indirizzo giurisprudenziale
che ammette l'immediata impugnazione di
qualsiasi atto endoprocedimentale che
determini in danno di un concorrente un
arresto procedimentale: in realtà nel caso
di specie, anche a voler ammettere in
ipotesi che la dichiarazione di interesse
pubblico di una certa proposta di un
concorrente determini un vulnus nei
confronti di un altro concorrente,
l'attualità e la lesività di tale vulnus
potrà apprezzarsi solo all'esito del
successivo procedimento di gara e
dell'eventuale aggiudicazione, tanto più che
al concorrente che ha presentato la proposta
non selezionata come progetto di pubblico
interesse non risulta affatto impedita la
partecipazione alla gara successiva per
l'individuazione dell'offerta economicamente
più vantaggiosa (in termini anche C.d.S.,
Sez. IV, 26.01.2009, n. 391; C.d.S., sez. V,
28.05.2009, n. 3319).
I giudici di Palazzo Spada rilevano,
tuttavia, la sussistenza di un indirizzo
giurisprudenziale, ancorché minoritario,
proprio della giurisprudenza di primo grado
(TAR Sicilia, sez. IV, 06.05.2010, n.
1297; TAR Lazio, sez. III, 09.09.2008, n.
8194), secondo cui nelle procedure di
project financing il promotore assume
una posizione di assoluta preminenza, sia
per la conoscenza anticipata del progetto
preliminare posto a base di gara, sia per la
possibilità di conseguire in ogni caso
l’aggiudicazione, previo adeguamento della
propria proposta a quella ritenuta più
conveniente dall’amministrazione, così che
non potrebbe dubitarsi dell’ammissibilità
del ricorso proposto avverso gli atti con
cui l’amministrazione individua il promotore
da chi non sia stato prescelto come
promotore, stante la concretezza e
l’attualità della lesione derivante proprio
dalla mancata individuazione come promotore.
Al riguardo, ad avviso degli stessi giudici,
il principio di effettività della tutela
giurisdizionale, predicato dall’articolo 24
della Costituzione, e quello della
sindacabilità di tutti gli atti della
pubblica amministrazione, contenuto
nell’articolo 113 della Costituzione,
sembrerebbero ostare alla delineata
ricostruzione della sostanziale
inammissibilità dell’immediata impugnazione
del provvedimento di individuazione del
promotore finanziaria.
Del resto, sotto un primo profilo, può
facilmente osservarsi che differire
l’impugnazione del provvedimento di
individuazione del promotore finanziario al
momento finale della procedura con cui si
scegli il soggetto che dovrà realizzare
l’opera pubblica (concessionario) pone
evidentemente il concorrente, che pur ha
partecipato alla fase di individuazione del
promotore finanziario, senza essere stato
scelto come tale, in una posizione di
svantaggio rispetto al soggetto individuato
come promotore, in quanto è proprio il
progetto di quest’ultimo che costituisce
oggetto della gara per la scelta del
concessionario: pertanto, seppure può
condividersi, secondo una visione
finalistica dell’istituto, che l’interesse
sostanziale che si fa valere in questo caso
è l’interesse (finale) a conseguire la
concessione, non è tuttavia irragionevole
ritenere che possa sussistere un interesse
strumentale (ma non per questo non autonomo
e non meritevole di tutela) ad ottenere un
immediato giudizio sul provvedimento di
scelta del promotore, potendo non sussistere
il successivo interesse (finale) alla
concessione; ciò tanto più che non sembra
possa ragionevolmente dubitare
dell’interesse alla scelta del proprio
progetto (come promotore) da porre a base
della successiva gara di scelta del
concessionario, proprio per la particolare
posizione di vantaggio o di preminenza di
cui gode il promotore (anche ai fini della
successiva scelta come concessionario).
Sotto altro profilo, il differimento
dell’impugnazione del provvedimento di
scelta del promotore al momento finale di
individuazione del concessionario non solo
rischia di sottrarre di fatto al sindacato
giurisdizionale proprio il provvedimento di
scelta del promotore (in palese violazione
dell’articolo 113 della Costituzione, tanto
più che si tratta di un provvedimento
caratterizzato da un amplissimo grado di
discrezionalità), ma soprattutto rischia di
rendere farraginosa la stessa attività
amministrativa, con palese violazione dei
principi di imparzialità e buon andamento
predicati dall’articolo 97 della
Costituzione, allorquando il più volte
ricordato provvedimento di individuazione
del promotore dovesse essere effettivamente
ritenuto viziato solo con l’impugnazione del
provvedimento terminale del procedimento di
project financing.
Secondo i giudici d’appello, in realtà, il
collegamento sussistente tra i due sub–procedimenti in cui si articola la procedura
di project financing (l’uno di
selezione del progetto di pubblico
interesse; l’altro di gara ad evidenza
pubblica sulla base del progetto dichiarato
di pubblica utilità, a sua volta articolata
in due sub fasi, la prima di individuazione
delle due offerte economicamente più
vantaggiose, l’altra di procedura negoziata
tra tali due offerte) riguarda solo il
profilo peculiare economico e di tecnica
finanziaria dell’istituto (che, com’è noto,
consente la realizzazione di opere pubbliche
senza oneri finanziari per la pubblica
amministrazione), ma non sembra escludere
con certezza l’autonomia giuridica delle due
fasi ed in particolare non sembra consentire
di poter ritenere che la individuazione del
promotore possa essere considerato un atto
meramente endoprocedimentale, incapace di
produrre autonomi effetti lesivi e come tale
incapace di arrecare pregiudizio immediato e
concreto a chi non sia stato scelto come
promotore (elementi soli che potrebbero
sicuramente giustificare il differimento
della tutela al momento di emanazione
dell’atto finale dell’intero procedimento).
In presenza di tali dubbi ricostruttivi,
trattandosi di un punto di diritto idonei a
dar luogo a contrasti giurisprudenziali, la
V Sezione del Consiglio di Stato ritiene di
dover rimettere l’affare alla Adunanza
Plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi
dell’articolo 45, comma 2, del R.D.
26.06.1924, n. 1054
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 01.10.2010 n. 7277 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
La fusione della società che ha
partecipato alla gara d'appalto con altra
società comporta una successione a titolo
universale della società che ne deriva nei
rapporti giuridici di quella incorporata o
fusa.
È stata contestata, nella pronuncia in
commento, l’erronea infondatezza del ricorso
con cui era stata dedotta la violazione
dell’articolo 23 del decreto legislativo
17.03.1995, n. 158, stante la pacifica, ma
inammissibile, modificazione soggettiva del
raggruppamento temporaneo di imprese
aggiudicataria, intervenuta dopo la
presentazione dell’offerta.
Secondo gli appellanti, infatti, la
specialità della disciplina degli appalti
riguardanti i settori esclusi, in cui
s’iscriveva l’appalto in questione,
escludeva in radice la correttezza
dell’assunto dei primi giudici che avevano
ritenuto applicabile al caso di specie un
più recente, ma non condivisibile, indirizzo
giurisprudenziale teso a superare il
principio della immodificabilità assoluta
dell’offerente.
Secondo i giudici del Consiglio di Stato,
come hanno correttamente rilevato i primi
giudici, il principio dell’immodificabilità
soggettiva dell’offerente, delineato
nell’invocata previsione di cui all’articolo
23 del decreto legislativo 17.03.1995, n.
158, è stato progressivamente ridimensionato
dalla giurisprudenza amministrativa anche
sotto l’influenza del diritto comunitario,
tant’è che l'art. 51 del decreto legislativo
12.04.2006, n. 163, proprio in relazione
alle vicende soggettive dei soggetti
partecipanti ad una gara ad evidenza
pubblica, ha previsto che "qualora i
candidati o i concorrenti, singoli,
associati o consorziati, cedano, affittino
l'azienda o un ramo d'azienda, ovvero
procedano alla trasformazione, fusione o
scissione della società, il cessionario,
l'affittuario, ovvero il soggetto risultante
dall'avvenuta trasformazione, fusione o
scissione, sono ammessi alla gara,
all'aggiudicazione, alla stipulazione,
previo accertamento sia dei requisiti di
ordine generale, sia di ordine speciale,
nonché dei requisiti necessari in base agli
eventuali criteri selettivi utilizzati dalla
stazione appaltante ai sensi dell'articolo
62, anche in ragione della cessione, della
locazione, della fusione, d ella scissione e
della trasformazione previsti dal presente
codice".
Benché tale ultima disposizione, ratione
temporis, non sia direttamente
applicabile alla fattispecie in esame, i
giudici di Palazzo Spada rilevano che il
diverso –e condivisibile- principio della
modificabilità della compagine soggettiva
che ha presentato l’offerta in una procedura
di gara si può ricavare dalle disposizioni
già contenute negli articoli 35 e 36 della
legge 11.02.1994, n. 109, che, secondo un
prevalente indirizzo giurisprudenziale,
costituiscono espressione di un principio
generale applicabile non solo agli appalti
di lavori pubblici, ma anche a quelli di
fornitura di beni e servizi, non essendoci
peraltro alcun elemento, normativo o
fattuale, che ne impedisca l’applicazione
anche agli appalti c.d. esclusi, di cui al
decreto legislativo 17.03.1995, n. 158.
Le cautele di cui il legislatore nazionale
ha circondato l'istituto della fusione, con
l'adeguamento, alla normativa comunitaria,
delle norme contenute nel codice civile, e
la disciplina stabilita in tema di pubblici
appalti (anch'essa coerente con le direttive
comunitarie) non contraddicono, ma
evidenziano, al contrario, il generale
favore che l'ordinamento interno, non meno
di quello comunitario, riservano
all'istituto, che non può essere,
surrettiziamente, ostacolato da una
interpretazione che riconduce il fenomeno
nell'alveo della immutabilità del soggetto
ammesso alla partecipazione alla gara.
Nelle linee generali, la quinta Sezione ha
avuto modo, anche di recente (Sez. V, n. 487
del 10.02.2004), di chiarire che la fusione
della società che ha partecipato alla gara
d' appalto con altra società comporta una
successione a titolo universale della
società che ne deriva nei rapporti giuridici
di quella incorporata o fusa, e cioè il
pieno e completo trasferimento di diritti ed
obblighi delle Società preesistenti nella
titolarità della nuova società o della
incorporante, con sostanziale continuità dei
rapporti giuridici in atto tra questa
società e l'Amministrazione appaltante, che
si trova, in effetti, a proseguire il
rapporto in essere con un soggetto diverso
per denominazione o forma societaria, ma nei
cui confronti il rapporto giuridico
instaurato con la partecipazione alla gara
delle società incorporate o fuse continua
senza alcuna modifica sostanziale.
Del resto, ad avviso degli stessi giudici,
il principio della immodificabilità assoluta
dell’offerente, caratterizzata da un
fondamentale elemento di staticità, mal si
concilia con il carattere dinamico della
vita delle imprese e con la loro intrinseca
necessità di adeguare costantemente le loro
stesse strutture organizzative alle vicende
del mercato per poter conseguire i propri
fini sociali ed essere così anche elemento
di sviluppo e di crescita economica per
l’intera collettività, tanto più che le
esigenze pubbliche sottese allo stesso
procedimento ad evidenza pubblica, quali
l’affidabilità, oggettiva e soggettiva
–anche sotto il profilo della sussistenza
dei necessari requisiti di moralità
pubblica- dei soggetti che concorrono per
l’affidamento di appalti pubblici sono
sufficientemente assicurate dagli obblighi
che tali soggetti hanno nei confronti della
pubblica amministrazione di comunicare le
avvenute trasformazioni, onde consentire
proprio l’esercizio dei necessari poteri di
controllo e verifica
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 01.10.2010 n. 7276 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
La mera circostanza della
prossimità all'opera pubblica da realizzare
non è di per sé idonea a radicare un
interesse all'impugnazione in assenza della
congrua dimostrazione del danno che
deriverebbe dall'impianto.
Se è vero che la giurisprudenza ha affermato
che la mera circostanza della prossimità
all'opera pubblica da realizzare non è di
per sé idonea a radicare un interesse
all'impugnazione in assenza della congrua
dimostrazione del danno che deriverebbe
dall'impianto (Cons. St., Sez. VI,
18.07.1995 n. 754; Sez. V 13.07.1998 n.
1088; 31.01.2001 n. 358; 20.05.2002 n. 2714;
16.04.2003 n. 1948), nel caso in esame,
diversamente da quanto ex adverso
eccepito, risulta adeguatamente indicato e
sufficiente provato il danno astrattamente
derivante dalla realizzazione dell’impianto
di termovalorizzatore, sotto il duplice
profilo di danno alla salute e danno al
patrimonio, il che radice, al di là di ogni
ragionevole dubbio, la legittimazione e
l’interesse ad agire dei ricorrenti in primo
grado, odierni appellanti (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza
01.10.2010 n. 7274 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
I provvedimenti emanati in
autotutela per la rimozione degli effetti di
una procedura oramai perfezionata devono
contenere l’individuazione dei vizi di
legittimità dell'atto da annullare.
Come più volte precisato dalla
giurisprudenza, la pubblica amministrazione
conserva, anche in relazione ai procedimenti
di gara per la scelta del contraente, il
potere di annullare in via di autotutela il
bando, le singole operazioni di gara e lo
stesso provvedimento di aggiudicazione,
ancorché definitivo, quando i criteri di
selezione si manifestino come suscettibili
di produrre effetti indesiderati o comunque
illogici (C.d.S., sez. VI, 23.06.2006, n.
3989) ovvero in presenza di gravi vizi
dell’intera procedura, dovendo tener conto
delle preminenti ragioni di salvaguardia del
pubblico interesse (C.d.S., sez. IV,
15.09.2006, n. 5374).
Tale potere di autotutela, che trova
fondamento nei principi costituzionali
predicati dall'articolo 97 della
Costituzione, cui deve ispirarsi
notoriamente l'azione amministrativa, così
che neppure il provvedimento di
aggiudicazione definitiva e tanto meno
quello di aggiudicazione provvisoria (che
del resto si iscrivono nella fase
procedimentale di scelta del contraente,
concludendola) ostano all'esercizio di un
siffatto potere, il quale incontra il solo
limite insuperabile nel rispetto dei
principi di buona fede e correttezza, alla
cui puntuale osservanza è tenuta anche la
pubblica amministrazione, e nella tutela
dell'affidamento ingenerato (C.d.S., sez. VI,
10.09.2008, n. 4309).
L'amministrazione è tenuta a fornire una
adeguata motivazione in ordine alla natura e
alla gravità delle anomalie contenute nel
bando o verificatesi nel corso delle
operazioni di gara o comunque negli atti
della fase procedimentale che, alla luce
della comparazione dell'interesse pubblico
con le contrapposte posizioni consolidate
dei partecipanti alla gara, giustificano il
provvedimento di autotutela (C.d.S., sez. V,
07.01.2009, n. 17): pertanto i provvedimenti
emanati nell'esercizio del potere di
autotutela ai fini della rimozione degli
effetti di una procedura oramai perfezionata
devono contenere una precisa individuazione
dei vizi di legittimità dell'atto da
annullare o delle gravi ragioni di
inopportunità dell'atto da revocare, nonché
dell'interesse pubblico alla rimozione
stessa (C.d.S., sez. V, 05.09.2002, n. 4460) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza
01.10.2010 n. 7273 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Quando la partecipazione ad una
gara pubblica è preclusa dallo stesso bando,
sussiste l’interesse a gravare la relativa
determinazione a prescindere dalla mancata
presentazione della domanda.
Poiché l’interessato ha lamentato che
l’amministrazione non avrebbe potuto bandire
un corso riservato unico essendo il posto
messo a concorso, egli non era neppure
tenuto a presentare la domanda di
partecipazione ai fini dell’ammissibilità
dell’impugnazione, essendo ormai jus
receptum che quando la partecipazione ad
una gara pubblica è preclusa dallo stesso
bando, sussiste l’interesse a gravare la
relativa determinazione a prescindere dalla
mancata presentazione della domanda, posto
che la presentazione della stessa si risolve
in un adempimento formale inevitabilmente
seguito da un atto di esclusione, con un
risultato analogo a quello della originaria
preclusione e quindi privo di qualsiasi
utilità (C.d.S., sez. V, 19.03.2009, n.
1624) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza
01.10.2010 n. 7271 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Nel procedimento di verifica
della anomalia della offerta, la stazione
appaltante ha l’obbligo di motivare in
maniera approfondita solo in caso in cui
esprima un giudizio negativo che fa venire
meno la aggiudicazione.
Costituisce pacifico orientamento
giurisprudenziale che nel procedimento di
verifica della anomalia della offerta, la
stazione appaltante ha l’obbligo di motivare
in maniera approfondita solo in caso in cui
esprima un giudizio negativo che fa venire
meno la aggiudicazione non richiedendosi,
invece, che la motivazione sia
particolarmente analitica e puntuale nel
caso di esito positivo della verifica di
anomalia che confermi la già disposta
aggiudicazione, potendo in tale caso trovare
sostegno per relationem nelle stesse
giustificazioni presentate dal concorrente
(Cons. Stato, Sez. VI, 08.07.2003 n. 7275;
V, 05.03.2001 n. 1247) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza
01.10.2010 n. 7266
- link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Le relazioni tecniche identiche
non costituiscono una situazione di
collegamento tra imprese tale da determinare
l’esclusione dalla gara.
Il consorzio ricorrente, nella pronuncia in
commento, aveva ricevuto dal presidente
della Commissione giudicatrice la
comunicazione della sua esclusione da una
pubblica gara per la sola circostanza,
accertata nel corso della procedura ad
evidenza pubblica, dovuta alla presentazione
di una relazione tecnica identica nei
contenuti e nella impostazione grafica a
quelle presentate da altre due ditte
partecipanti alla gara stessa.
Contro questa determinazione il
summenzionato Consorzio ha proposto
opposizione ritenendo che il fatto come
accertato non fosse di per sé sufficiente
per dimostrare l’esistenza di un
collegamento funzionale e sostanziale tra le
ditte medesime riconducibile alla previsione
dell’art. 2359 del c.c., espressamente
richiamato dall’art. 2, lett. g) del bando
di gara. Sul punto il Tribunale
amministrativo di Roma richiama la
giurisprudenza ricordando che, al riguardo,
si è gradualmente affermato un orientamento
favorevole alla possibilità di individuare
ipotesi di "collegamento sostanziale"
tra imprese, con la puntualizzazione che,
mentre nel caso del "controllo" opera
un meccanismo di presunzione iuris et de
iure circa la sussistenza di un’ipotesi
di turbativa del corretto svolgimento della
procedura concorsuale (e quindi dei principi
di segretezza, serietà delle offerte e par
condicio tra i concorrenti), nel caso del
c.d. "collegamento sostanziale" deve
essere provata in concreto l’esistenza di
elementi oggettivi e concordanti che siano
tali da ingenerare pericolo per il rispetto
dei richiamati principi.
E’ palese, spiegano i giudici capitolini,
che la correttezza e la trasparenza della
gara vengono pregiudicate dalla
presentazione di offerte che, seppure
provenienti da imprese diverse, siano
riconducibili ad un medesimo centro di
interessi.
Ciò anche alla luce della disciplina
comunitaria, secondo cui il sistema delle
gare pubbliche può funzionare solo se le
imprese partecipanti si trovino in posizione
di reciproca ed effettiva concorrenza. Si
considera, pertanto, consentito alla
stazione appaltante prevedere l’esclusione
delle offerte quando specifici elementi
oggettivi e concordanti inducano a ritenere
la sussistenza di situazioni (ulteriori
rispetto alle forme di collegamento
societario di cui all’art. 2359 Cod. civ.)
capaci di alterare la segretezza, la serietà
e l’indipendenza delle offerte, purché
l’individuazione non oltrepassi il limite
della ragionevolezza e della logicità
rispetto alla tutela avuta di mira e
consistente nell’autentica concorrenza tra
le offerte.
Inoltre, la giurisprudenza, tenendo conto
che si tratta dell’esigenza di assicurare
l’effettiva ed efficace tutela della
regolarità della gara, ha ritenuto che,
anche in assenza di specifiche previsioni
nella lex specialis, la stazione
appaltante debba comunque disporre
l’esclusione di offerte contenenti indizi di
una concordata modalità di presentazione e
formulazione, ovvero della provenienza da un
unico centro decisionale.
La giurisprudenza ha invero rilevato che tra
le cause di esclusione dalle gare vi sono,
oltre ai casi di cui all’art. 2359 c.c., le
ipotesi non codificate di "collegamento
sostanziale", le quali, attestando la
riconducibilità dei soggetti partecipanti
alla procedura a un unico centro
decisionale, causano la vanificazione dei
principi generali in tema di par condicio,
segretezza delle offerte e trasparenza della
competizione (cfr., da ultimo, CdS, V,
07.10.2008 n. 4850).
Sulla problematica in esame è ora
intervenuto il D.Lgs. 12.04.2006 n. 163
(Codice dei contratti pubblici, relativi a
lavori, servizi e forniture), che ha
attributo espressamente rilevanza al
collegamento sostanziale tra imprese.
Invero, l’art. 34, in riferimento
all’affidamento dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture, ha
disposto che "non possono partecipare
alla medesima gara concorrenti che si
trovino fra di loro in una delle situazione
di controllo di cui all’art. 2359 del codice
civile", precisando poi, nel periodo
successivo, che "le stazioni appaltanti
escludono altresì dalla gara i concorrenti
per i quali accertano che le relative
offerte sono imputabili ad un unico centro
decisionale, sulla base di univoci elementi".
Orbene, tali univoci elementi sono stati
rinvenuti dalla giurisprudenza nelle
modalità con cui vengono formate e fatte
pervenire le offerte di gara: in
particolare, nella indicazione, nelle stesse
buste spedite dalle imprese, della medesima
sede amministrativa; nella spedizione degli
stessi plichi dal medesimo ufficio postale,
nello stesso giorno e con le stesse
modalità; nel rilascio delle polizze
fideiussorie, presentate come cauzione, da
parte della stessa compagnia e agenzia di
assicurazioni, nella medesima data e con
numero progressivo successivo; nella
coincidenza del numero di fax e
dell’indirizzo di posta elettronica, nei
rapporti di parentela tra gli amministratori
di tali società e gli intrecci azionari
esistenti e facenti capo agli stessi
soggetti; etc..
In tema di appalti pubblici,
l'individuazione di una situazione di
collegamento tra imprese deve essere
comunque effettuata secondo indici rigorosi
e soltanto qualora emergano segni
inequivocabili, deducibili da indizi gravi,
precisi e concordanti circa la provenienza
delle offerte da un unico centro decisionale
è possibile escludere il concorrente dalla
gara. Ne consegue che tutte le ipotesi
indicate ed individuate dalla giurisprudenza
come sintomatiche vanno vagliate in concreto
e non possono da sole giustificare un
provvedimento di esclusione.
Di tali principi, che costituiscono, come
ricordato, ius receptum nella
giurisprudenza amministrativa, deve farsi
applicazione anche nel caso di specie, dove
l’unico elemento riscontrato consiste nella
identicità delle relazioni tecniche allegate
alle offerte di tre ditte partecipanti
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR
Lazio-Roma, Sez. II-ter,
sentenza 24.09.2010 n. 32435 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
In sede di esame di una domanda
di autorizzazione edilizia, spetta
all'autorità comunale il potere di accertare
se il progetto è conforme non solo alle
previsioni urbanistiche, ma anche a quelle
del piano paesaggistico, avente un rilievo
preminente.
Sulla natura sovraordinata di tale strumento
urbanistico del PTP è concorde anche la
giurisprudenza che ammette altresì che nella
Regione Lazio, ai sensi dell'art. 27, L.R.
06.07.1998, n. 24, il piano paesaggistico
costituisce uno strumento sovraordinato
rispetto allo strumento comunale che lo
condiziona e lo vincola con la conseguenza
che, in sede di esame di una domanda di
autorizzazione edilizia, spetta all'autorità
comunale il potere di accertare se il
progetto è conforme non solo alle previsioni
urbanistiche, ma anche a quelle del piano
paesaggistico, avente un rilievo preminente
(cfr. Cons. Stato, sez. IV, 21.05.2008, n.
2401).
La giurisprudenza ha ulteriormente aggiunto
che le disposizioni dettate dagli art. 142 e
143 D.Lgs. 22.01.2004, n. 42, che impongono
la fascia di rispetto di 150 mt. dai
torrenti non sono applicabili ove esista un
Piano territoriale sovraordinato che imponga
per l'edificazione una più ridotta distanza
dalla sponda dei fiumi e dei torrenti (cfr.
TAR Umbria Perugia, 03.10.2005, n. 454),
prevalendo così il PTP (TAR Lazio-Roma, Sez.
II-bis,
sentenza
15.09.2010 n. 32322 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
CONDOMINIO-
EDILIZIA PRIVATA:
In mancanza di un preventivo
assenso dei comproprietari dell'immobile, il
comune può legittimamente negare il rilascio
di un permesso di costruire per realizzare
lavori riguardanti la facciata
dell'edificio, che "costituisce una parte
comune oggetto di compossesso proindiviso".
L’intervento edilizio incide sulla facciata
dell’edificio la quale costituisce una parte
comune oggetto di compossesso proindiviso.
Le opere oggetto del permesso di costruire
danno luogo ad una innovazione vietata ai
sensi dell’art. 1120, c. 2, c.c.,
comportando una alterazione del decoro
architettonico del fabbricato -inteso quale
“estetica data dall'insieme delle linee e
delle strutture ornamentali che
costituiscono la nota dominante
dell'edificio imprimendo allo stesso una sua
armoniosa fisionomia” (v. Cassazione
civile, sez. II, 25.01.2010, n. 1286; sentt.
8731/1998; 16098/2003)- in quanto vanno a
modificare l’architettura generale e
l’aspetto estetico dell’edificio.
Legittimamente, pertanto, l'amministrazione
ha subordinato il rilascio del titolo
abilitativo all’assenso dei comproprietari
(cfr. Cons. Stato, sez. V, 21.10.2003, n.
6529; TAR Trentino Alto Adige-Bolzano,
27.02.2006, n. 81; TAR Campania-Napoli, sez.
II, 27.05.2005, n. 7295), adottando un
provvedimento adeguatamente motivato e
supportato da coerenti risultanze
istruttorie, con conseguente infondatezza
delle censure proposte (TAR Lombardia-Milano,
Sez. II,
sentenza 27.08.2010 n. 4414 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Commette reato il datore di
lavoro che dà dello “str…” ad un proprio
dipendente.
Va incontro a una condanna per ingiuria il
capo che si rivolge a un dipendente dandogli
dello ‘str..’.
La quinta sezione penale della Cassazione ha
per questo confermato la condanna al
pagamento di 240 euro di multa e al
risarcimento danni in favore della parte
offesa inflitta ad un uomo che, nei
confronti di una sua sottoposta, aveva
proferito la frase “sei una str… se te la
prendi”.
L’imputato si era difeso sottolineando nel
suo ricorso che “il vocabolo ‘str…’ e’ un
epiteto forte”, entrato però “nel
linguaggio comune romanesco”.
Egli, essendo romano, aveva così usato un “linguaggio
generalmente colorito, normalmente in un
ambiente di lavoro”: la sua, insomma,
voleva essere un’”espressione bonaria,
rassicurante e non offensiva” per far
capire alla dipendente che “non era il
caso di prendersela”.
I supremi giudici, però, non hanno condiviso
la sua tesi e confermato la condanna
inflittagli dal tribunale di Avezzano: il
termine ‘str…’ “attribuisce,
secondo il comune significato recepito da
tutti gli italiani, romani compresi, e al di
là della sua derivazione longobarda, al
destinatario qualifica di persona meritevole
di disprezzo, di disistima”.
Inoltre, rilevante, osserva la Cassazione, è
il contesto in cui la frase è stata
pronunciata: la donna “non è tenuta a
sottostare all’uso di epiteti di disprezzo e
di disistima in virtù delle generali scelte
di espressione del datore di lavoro. Questi
–si legge nella sentenza n. 35099/2010–
quando fa rilievi di qualsiasi tipo a un
dipendente non li può fare ‘a modo suo’,
anche al di fuori dei normali e comuni
canoni di civiltà sociale e giuridica”.
Nel nostro ordinamento, infatti, “il
contesto lavorativo –ricordano gli
‘ermellini’– è caratterizzato da una pari
dignità dei suoi protagonisti, da una pari
effettività di tutta la normativa, senza che
possa invocarsi, per nessuna delle parti,
una desensibilizzazione alle altrui
trasgressioni” (Corte di Cassazione,
Sez. V. penale,
sentenza n. 35099/2010 - link a
www.litis.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Ancora sullo scorrimento delle
graduatorie: è una facoltà della p.a., non
un obbligo.
La Sez. IV del Consiglio di Stato,
uniformandosi al consolidato orientamento
della magistratura amministrativa, ribadisce
che la posizione vantata dal soggetto
risultato idoneo in graduatoria, a seguito
dell’espletamento di un pubblico concorso,
non ha natura e consistenza di un diritto
soggettivo, ma di mera aspettativa, essendo
il c.d. scorrimento della graduatoria una
facoltà eccezionale e non un obbligo
dell’Amministrazioni e, pertanto,
espressione del suo ampio potere
discrezionale.
Ha aggiunto la sentenza in rassegna che tale
orientamento giurisprudenziale non è stato
minimamente intaccato dalla c.d.
privatizzazione del pubblico impiego e dal
passaggio delle relative controversie, salvo
quelle di natura concorsuale, alla
cognizione del giudice ordinario.
Il G.A. rileva che la qualità di idoneo si
consegue da parte di chi, dopo aver superato
tutte le prove concorsuali previste, si
colloca nella graduatoria finale di merito,
in ragione del punteggio riportato, in
posizione non utile rispetto ai posti messi
a concorso.
La posizione raggiunta nelle fasi intermedie
della procedura selettiva (come nel caso di
specie), quale formalizzata
dall’Amministrazione ai fini dell’ammissione
alle fasi successive della selezione, non dà
luogo a poter conseguire la posizione di
idoneo nella procedura selettiva,
costituendo la collocazione nella
graduatoria intermedia un atto
infraprocedimentale, privo di effetti sulla
graduatoria finale di merito.
Inoltre, la stessa Corte di Cassazione (Sez.
lav., sentenza 05.03.2003, n. 3252) ha
espressamente negato che il pubblico
dipendente abbia diritto all’assunzione per
effetto dello scorrimento della graduatoria,
in quanto detto scorrimento costituisce
l’effetto di una autonoma decisione
dell’amministrazione stessa, rientrante
nell’ambito degli atti di
macro-organizzazione, con la conseguenza che
il diritto all’assunzione è configurabile
solo ove l’amministrazione abbia già assunto
la determinazione di scorrimento,
individuando così nuovi vincitori del
concorso (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n.
509/2008 e decisione n. 5320/2006).
I giudici di Palazzo Spada, infine,
ritengono che il c.d. scorrimento della
graduatoria di un concorso costituisca
frutto di un ampio potere discrezionale,
impinge nel merito dell’azione
amministrativa e si sottrae al sindacato di
legittimità del giudice amministrativo la
scelta della P.A. di indire un nuovo
concorso piuttosto che utilizzare una
graduatoria ancora valida ed efficace, salva
la sussistenza di macroscopici vizi di
eccesso di potere per arbitrarietà,
irrazionalità, irragionevolezza e
travisamento dei fatti.
La scelta di indire un nuovo concorso,
piuttosto che di utilizzare una graduatoria,
non comporta la violazione del principio di
economicità, quale espressione del principio
di buon andamento della pubblica
amministrazione.
Quest’ultimo, invero, è uno dei principi
informatori dell’azione della pubblica
amministrazione, ma non è il solo e la sua
applicazione va contemperata con altri
fondamentali principi informatori
dell’attività pubblica, quale l’art. 97,
comma 3, Cost., secondo cui agli impieghi
pubblici si accede mediante concorso, inteso
quale procedura selettiva preconfigurata,
diretta alla selezione degli elementi più
meritevoli e più dotati professionalmente.
Ipotizzare risparmi di spesa attraverso
l’utilizzazione di soggetti ritenuti idonei,
significherebbe andare indubbiamente
incontro agli auspici dei candidati, ma
altresì sacrificare la ricerca dei soggetti
più idonei e professionalmente dotati,
opzione questa che, se pur riservata alla
scelta discrezionale dell’Amministrazione,
non appare comunque in linea con i principi
costituzionali che regolano la materia
dell’accesso ai pubblici impieghi e
l’organizzazione dei pubblici uffici
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 27.07.2010 n. 4911 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
L’avviso di avvio del
procedimento di sospensione dei lavori va
recapitato in tempo.
La comunicazione dell’inizio del
procedimento non solo deve essere inviata,
ma deve essere fatta recapitare in tempo
utile al soggetto interessato, così da
permettergli di presentare le proprie
osservazioni in una fase tuttora
preparatoria, nella quale, cioè, siano
potenzialmente aperte tutte le possibile
opzioni: e ciò proprio al fine di evitare
che l’intervento spiegato assolva un ruolo
pressoché esclusivamente formale senza
alcuna reale incidenza sia sull’eventuale
istruttoria da espletare sia
sull’individuazione degli interessi pubblici
e privati coinvolti sia, infine, sulla loro
finale graduazione da parte della procedente
Autorità per il perseguimento del poziore
interesse pubblico.
La motivazione di cui all'art. 3 della legge
07.08.1990, n. 241 ben può essere effettuata
"per relationem", è del pari vero che
tale evenienza resta subordinata ad alcuni
limiti fissati dalla stessa giurisprudenza
come, ad esempio, quello che
l'amministrazione renda disponibile il
documento al quale l'atto motivato "per
relationem" fa riferimento e
quest’ultimo sia effettivamente conferente
ed esaustivo (TAR Lazio-Latina, Sez. I,
sentenza 23.11.2009 n. 1135 - link a www.altalex.com). |
APPALTI:
Chi ha commesso violazioni
fiscali va escluso, nessuna discrezionalità.
Ai fini della configurabilità del requisito
della regolarità fiscale non può che essere
escluso ogni rilievo alla modestia
dell’entità del debito definitivamente
accertato, non essendo in proposito previsto
da parte della stazione appaltante alcun
apprezzamento discrezionale della gravità e
del sottostante elemento psicologico della
violazione.
Il cit. art. 38, lett. g), dispone infatti
che sono esclusi dalla partecipazione alle
gare pubbliche coloro che “hanno commesso
violazioni, definitivamente accertate,
rispetto agli obblighi relativi al pagamento
delle imposte ...”; dunque ogni
violazione, anche di importo esiguo, senza
che sia consentito all’amministrazione che
ha bandito la gara, e tanto meno al
concorrente, valutarne la rilevanza e la
buona o mala fede del contribuente, giacché
tale valutazione -diversamente dalle ipotesi
di cui alle lett. e) ed f)- è stata
evidentemente effettuata dal legislatore in
ragione dello scopo della norma di garantire
non solo l’affidabilità dell’offerta e
nell’esecuzione del contratto, ma anche la
correttezza e la serietà del concorrente
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 15.10.2009 n. 6325 -
link a www.altalex.com). |
AGGIORNAMENTO AL 04.10.2010 |
ã |
A V
V I S O
In relazione ai convegni
organizzati in quel di Bergamo per il 06, 13
e 20 ottobre 2010, si avvisano i naviganti
del sito che i posti a sedere (per tutte e
tre le giornate) sono esauriti.
Ai fini della migliore cognizione del
presente avviso, il telefax è stato
disattivato e sarà riattivato da lunedì
11.10.2010 per la ricezione SOLAMENTE delle
adesioni al convegno di Marcallo con Casone
(MI) del 21.10.2010.
Inoltre, si chiede cortesemente a tutti
coloro che hanno prenotato l'adesione alle
tre giornate bergamasche di effettivamente presenziare e
di dare "forfait" solo a causa di
forza maggiore (cataclismi, diluvio
universale, caduta meteoriti, invasione di
cavallette, ecc.)
pregiudicando, altrimenti, la possibilità di
partecipazione di coloro che erano
fattivamente interessati e che sono stati
esclusi.
LA SEGRETERIA PTPL |
DOTTRINA E
CONTRIBUTI |
EDILIZIA PRIVATA:
R. Greco,
BREVI OSSERVAZIONI SULLE MODIFICHE AL
PROCEDIMENTO DI VALUTAZIONE DI IMPATTO
AMBIENTALE (VIA) INTRODOTTE DAL DECRETO
LEGISLATIVO 29.06.2010, N. 128
(link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI: Competenze
professionali dei Geometri (Il
Triangolo n. 01/2009). |
COMPETENZE PROFESSIONALI:
D. Chinello,
Progettazione di edifici in cemento armato:
sui limiti di competenza dei geometri
(link a www.altalex.com). |
QUESITI &
PARERI |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
I reflui stoccati in attesa di successivo
smaltimento sono rifiuti liquidi?
(link a www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Di chi è la responsabilità in caso di
abbandono di rifiuti sanitari?
(link a www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Dopo la chiusura di una discarica devono
essere osservate le norme in materia di
gestione dei rifiuti? (link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Si possono conferire rifiuti pericolosi
nelle discariche di rifiuti non pericolosi?
(link a www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Un Comune può occuparsi autonomamente del
ciclo di gestione dei propri rifiuti o deve
piuttosto entrare in collaborazione con gli
altri Comuni? (link a
www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Quale è il criterio per individuare la
competenza territoriale per il reato di
traffico illecito di rifiuti?
(link a www.ambientelegale.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Il riutilizzo del sottoprodotto
(link a www.ambientelegale.it). |
NOTE,
CIRCOLARI E COMUNICATI |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO:
Commi 12 e 20 art. 6 D.L. n. 78/2010
recante uso del mezzo proprio.
L‘utilizzo del mezzo proprio è possibile per
particolari esigenze di servizio e se
risulta economicamente più conveniente (ANCI
Emilia Romagna,
nota
13.07.2010 n. 105 di prot.). |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO:
Le linee guida del CIVIT per la
predisposizione del programma triennale per
la trasparenza e l'integrità.
La CIVIT (Commissione per la Valutazione,
Trasparenza e l'Integrità delle
amministrazione pubbliche) ha emanato la
delibera 23.09.2010 n.
150, contenente il testo provvisorio,
sottoposto a consultazione, delle linee
guida per la predisposizione del programma
triennale per la trasparenza e l'integrità,
ai sensi dell'art. 13, comma 6, lettera e,
del decreto legislativo 27.10.2009, n. 150.
Tale decreto legislativo è stato emanato in
attuazione della legge 04.03.2009, n. 15, in
materia di ottimizzazione della produttività
del lavoro pubblico e di efficienza e
trasparenza delle pubbliche amministrazioni.
Il programma triennale per la trasparenza e
l'integrità è previsto dall'art. 11, commi 2
e 8, lettera a), del decreto legislativo n.
150 del 2009 ... (link a
venetoius.myblog.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI: Competenze
professionali - Progettazione in c.a.
(Consiglio Nazionale Geometri e Geometri
Laureati,
nota
19.11.2009 n. 9988 di prot.). |
COMPETENZE PROFESSIONALI:
Segnalazione SENTENZE in materia di
Competenze dei Geometri (Ordine degli
Ingegneri della provincia di Ascoli Piceno,
nota 10.11.2005 n. 3149 di prot.
- link a link a www.ordine-ingegneri.ap.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI:
Competenze professionali (architetto e
geometra o perito edile) (Ordine degli
Architetti di Pisa,
nota 30.07.2004 n. 1264 di prot.
- link a www.pi.archiworld.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI:
Direttive per le competenze dei Tecnici
diplomati. Delibera del Consiglio
dell'Ordine del 19.02.2003 (Ordine degli
Ingegneri della provincia di Ascoli Piceno,
nota 19.02.2003 n. 352 di prot. -
link a www.ordine-ingegneri.ap.it). |
GURI - GUUE -
BURL (e anteprima) |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
G.U. 01.10.2010 n. 230 "Modifiche ed
integrazioni al decreto 17.12.2009, recante
l’istituzione del sistema di controllo della
tracciabilità dei rifiuti"
(Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare,
decreto 28.09.2010). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Deposito di una roulotte
all’interno di un suolo privato - Carattere
non precario - Costruzione urbanisticamente
rilevante.
Il deposito di una roulotte all'interno di
un suolo privato deve qualificarsi quale
costruzione urbanisticamente rilevante in
presenza di indici in grado di supportare il
carattere non precario della installazione
(cfr. TAR Campania Napoli, Sez. IV,
05.05.2003, n. 4435; TAR Catanzaro n. 530
del 27.04.1999; TAR Genova n. 202 del
03.05.1999).
La precarietà di un manufatto, tale per cui
esso non necessiti di concessione edilizia,
va esclusa infatti se il manufatto stesso è
destinato a recare un'utilità prolungata e
perdurante nel tempo.
In tal caso esso produce una trasformazione
urbanistica perché altera in modo rilevante
e duraturo lo stato del territorio, senza
che rilevino i materiali impiegati,
l'eventuale precarietà strutturale e la
mancanza di fondazioni, se tali elementi non
si traducano in un uso contingente e
limitato nel tempo, con l'effettiva
rimozione delle strutture (cfr: Consiglio di
Stato, Sez. V, 31.01.2001 n. 343; id.,
30.10.2000 n. 582; TAR Veneto, Sez. II,
10.02.2003, n. 1216) (TAR Lazio-Latina, Sez.
I,
sentenza 01.10.2010 n. 1626 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Vincolo idrogeologico -
Trasformazione di terreni . P.A. - Adozione
di misure restrittive e impeditive - Artt. 7
e 21 R.D. n. 1126/1926.
La tutela derivante dal vincolo
idrogeologico si estende a tutti gli
interventi edificatori interessanti terreni
non boschivi, purché compresi nell'area
vincolata, per cui la trasformazione dei
terreni, cui fa riferimento l'art. 7 del
R.D. 16.05.1929, n. 1126, e i lavori di
trasformazione, previsti dal successivo art.
21, consentono alla P.A. di adottare non già
mere prescrizioni operative, bensì misure
restrittive ed anche impeditive di ogni tipo
di intervento che, per le sue
caratteristiche e per i mezzi impiegati,
incidano sul territorio in modo non
dissimile dalle utilizzazioni per scopi
agricoli (Cons. Stato, Sez. V, 28.01.1997,
n. 89) (TAR Lazio-Roma, Sez. I-ter,
sentenza 30.09.2010 n. 32618 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ristrutturazione edilizia -
Concetto - Art. 3 d.P.R. n. 380/2001.
Il concetto di ristrutturazione edilizia di
cui all’art. 3 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380
comprende anche la demolizione seguita dalla
ricostruzione del manufatto, purché la
riedificazione assicuri la piena conformità
di sagoma e volume tra il vecchio e il nuovo
manufatto (cfr., ex multis, Cons.
Stato, V, 16.03.2005, n. 1062 e riferimenti
ivi contenuti; IV, 28.07.2005, n. 4011;
07.09.2004, n. 5791).
Ciò che contraddistingue la ristrutturazione
dalla nuova edificazione è infatti la già
avvenuta trasformazione del territorio,
attraverso una edificazione di cui si
conservi la struttura fisica (sia pure con
la sovrapposizione di un “insieme
sistematico di opere, che possono portare ad
un organismo edilizio in tutto o in parte
diverso dal precedente”), ovvero la cui
stessa struttura fisica venga del tutto
sostituita, ma -in quest’ultimo caso- con
ricostruzione, se non “fedele”
-termine espunto dall’attuale disciplina-,
comunque, rispettosa della volumetria e
della sagoma della costruzione preesistente
(cfr. Cons. Stato, VI, 16.12.2008, n. 6214;
IV, 16.06.2008, n. 2981; V, 04.03.2008, n.
918; IV, 26.02.2008, n. 681) (TAR
Sicilia-Palermo, Sez. III,
sentenza 29.09.2010 n. 11114 -
link a www.ambientediritto.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Procedimento amministrativo -
Accesso - Presupposto - Esistenza del
documento - Incertezza o eventualità -
Azione di accesso amministrativa o
giudiziale - Inammissibilità.
L’accesso agli atti è ammissibile quando il
documento sia stato formato e quindi sia
venuto ad esistenza.
Conseguentemente “laddove l’esistenza del
documento sia incerta (cfr. Cons. Stato,
Sez. VI, 30.09.1998 n. 1346) o solo
eventuale o ancora di là da venire (cfr.
Cons. Stato, Sez. IV, 15.09.2000 n. 6694),
l’azione di accesso agli atti non può essere
ritenuta ammissibile -né in sede
amministrativa né in sede giudiziale- in
quanto viene a mancare l’oggetto della
richiesta da parte dell’interessato così
come tutelata dal Legislatore” (così TAR
Toscana, sez. II, 22.12.2003, n. 6233) (TAR
Sardegna, Sez. I,
sentenza 28.09.2010 n. 2274 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa - Valutazione
dell’offerta tecnica - Attribuzione di un
mero punteggio numerico - Preventiva
fissazione di criteri dettagliati nel bando.
Nelle procedure per l'aggiudicazione di una
gara pubblica con il criterio dell'offerta
economicamente più vantaggiosa, la
valutazione dell'offerta tecnica può essere
effettuata, mediante l'attribuzione di un
mero punteggio numerico, allorquando nel
bando di gara siano stati preventivamente e
puntualmente prefissati, come nel caso di
specie, dei criteri sufficientemente
dettagliati, con l'individuazione del
punteggio minimo e massimo attribuibile alle
specifiche singole voci e sottovoci comprese
nel giudizio valutativo e costituenti i
diversi parametri indicatori della valenza
tecnica dell'offerta (TAR Puglia-Lecce, Sez.
III,
sentenza 28.09.2010 n. 2034 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Artt. 5 e 20 d.P.R. n. 380/2001 -
Rilascio del permesso di costruire -
Sportello unico per l’edilizia -
Acquisizione degli atti di assenso necessari
per la realizzazione dell’intervento -
Obbligo del Comune - Rilascio del permesso
di costruire - Subordinazione
all’acquisizione di pareri o documenti -
Illegittimità.
Ai sensi del combinato disposto degli artt.
5 e 20 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380 e ss.mm.
(Testo unico in materia edilizia), la
domanda per il rilascio del permesso di
costruire va presentata al Comune presso
l'ufficio denominato "sportello unico per
l'edilizia", che cura tutti i rapporti
fra il privato, l'Amministrazione Comunale e
le altre Pubbliche Amministrazioni tenute a
pronunciarsi in ordine all'intervento
edilizio oggetto della richiesta di permesso
di costruire, anche ai fini
dell'acquisizione degli atti di assenso
(comunque denominati) necessari per la
realizzazione dell'intervento richiesto (TAR
Lecce, 06.02.2007, n. 312), sia pure
attraverso l’indizione obbligatoria della
conferenza di servizi (art. 14, comma 2,
della l. n. 241/1990).
Ne consegue l’illegittimità del
provvedimento che, in sede di rilascio del
permesso di costruire, ne subordina
l’operatività all’acquisizione di documenti
e pareri, essendo invece obbligo del Comune
provvedere direttamente e, alla ricorrenza
delle condizioni legislativamente previste
(avere formalmente richiesto e non ottenuto,
entro 30 giorni, dalla Amministrazione
competente, l’assenso necessario),
convocare, altresì, una conferenza di
servizi finalizzata all’acquisizione della
volontà delle Amministrazioni preposte alla
tutela dei vari interessi in gioco (TAR
Puglia Lecce, sez. III, 21.11.2007, n. 3932;
15.01.2010, n. 170) (TAR Puglia-Lecce, Sez.
III,
sentenza 28.09.2010 n. 2032 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Vigilanza sull’attività
urbanistico-edilizia - Competenza -
Dirigente o responsabile del pertinente
ufficio comunale - Verbale degli agenti di
Polizia Municipale - Ordine di sospensione
dei lavori - Incompetenza.
L'art. 27, d.P.R. n. 380 del 2001, in
coerenza con la distinzione tra la funzione
di indirizzo politico e la funzione
gestionale posta dal t.u. in materia di enti
locali, attribuisce chiaramente la
competenza in materia di vigilanza
sull'attività urbanistico-edilizia al
dirigente o al responsabile del pertinente
ufficio comunale, trattandosi di un tipico
potere gestionale che trova la propria fonte
direttamente dalla legge. Nell’ambito
dell’esplicazione di tale attività, rientra,
dunque, l'ordine di sospensione dei lavori
basato sul rapporto, munito di fede
privilegiata, degli agenti della Polizia
Municipale.
A quest’ultimi compete l’obbligo di dare
immediata comunicazione della violazione
urbanistico-edilizia riscontrata ai vari
organi interessati, tra cui il dirigente
dell’ ufficio tecnico, unico legittimato a
disporre gli atti conseguenti di competenza
dell’Amministrazione comunale.
Il suddetto verbale costituisce, dunque, un
atto interno ed intermedio del procedimento
edilizio sanzionatorio, dotato di carattere
meramente ricognitivo e non può essere
dotato di efficacia immediatamente lesiva
(TAR Lazio Roma, sez. I, 22.12.2005, n.
14374) (nella specie, il verbale degli
agenti di Polizia Municipale conteneva,
illegittimamente, l’ordine di sospensione
immediata di lavori) (TAR Puglia-Lecce, Sez.
III,
sentenza 28.09.2010 n. 2025 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
D.I.A. – Natura giuridica –
Provvedimento assentivo espresso quoad
effectum – Poteri di autotutela
dell’amministrazione – Decorso di
30
giorni – Opere realizzate – Adozione di atti
repressivi – Limiti.
Pur nella consapevolezza delle attuali
incertezze dottrinali e giurisprudenziali
circa la natura giuridica della D.I.A.,
sembra preferibile la tesi secondo cui essa
“quoad effectum” sia da assimilarsi
ad un provvedimento assentivo espresso (cfr.
Cons. St., Sez. VI, 05.04.2007, n. 1550 e
Sez. IV, 13.01.2010, n. 72), con la
conseguenza che anche dopo il decorso del
termine di 30 giorni previsto per la
verifica dei presupposti e requisiti di
legge, la P.A. non perde i propri poteri di
autotutela, né nel senso di poteri di
vigilanza e sanzionatori, né nel senso di
poteri di espressione dell’esercizio di
un’attività di secondo grado, estrinsecatesi
nell’annullamento d’ufficio e
nell’autotutela.
Tuttavia una volta consolidatosi il titolo
edilizio per il decorso di trenta giorni
dalla sua presentazione, le opere realizzate
in conformità ad esso non possono ritenersi
abusive, onde l’Amministrazione può
provvedere all’adozione di eventuali atti
repressivi solo dopo aver esercitato i
propri poteri di autotutela, qualora ne
ricorrano i presupposti di legge (Cons. St.,
Sez. IV, 10.12.2009, n. 7730) (TAR Marche,
Sez. I,
sentenza 27.09.2010 n. 3305 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Art. 38 d.P.R. n. 380/2001 –
Rimozione dei vizi che conducono
all’annullamento della concessione edilizia
– Onere della P.A. – Limiti.
L’onere imposto alla P.A. dall’art. 38 del
D.P.R. n. 380 del 2001 (che reitera
sostanzialmente le previsioni dell’art. 11
della L. 28.02.1985, n. 47) di attivarsi per
rimuovere i vizi delle procedure
amministrative che condurrebbero
all’annullamento della concessione edilizia,
deve ritenersi limitato alle violazioni di
carattere formale e non si estende, quindi,
ai casi di contrasto con gli strumenti
urbanistici vigenti (Cons. St., Sez. V,
26.05.2003, n. 2849) (TAR Marche, Sez. I,
sentenza 27.09.2010 n. 3305 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
È illegittimo un regolamento comunale in
tema di fissazione dei criteri per la
localizzazione delle SRB laddove si sia
posto quale obiettivo quello di preservare
la salute umana dalle emissioni
elettromagnetiche promananti da impianti di
radiocomunicazione.
Deve, pertanto, trovare puntuale conferma
nella presente sede l’orientamento
giurisprudenziale (dal quale non si
rinvengono nella specie ragioni onde
discostarsi) secondo cui è illegittimo un
regolamento comunale in tema di fissazione
dei criteri per la localizzazione delle SRB
laddove l'ente territoriale si sia posto
quale obiettivo (non dichiarato, ma
evincibile dal contenuto dell'atto
regolamentare) quello di preservare la
salute umana dalle emissioni
elettromagnetiche promananti da impianti di
radiocomunicazione (ad esempio attraverso la
fissazione di distanze minime delle stazioni
radio base da particolari tipologie
d'insediamenti abitativi), essendo tale
materia attribuita alla legislazione
concorrente Stato-Regioni dell'art. 117
cost., come riformato dalla l. cost.
18.10.2001 n. 3 (in tal senso: Cons. Stato,
Sez. VI, sent. 28.04.2010, n. 2436; id.,
Sez. VI, sent. 20.12.2002, n. 7274) (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 24.09.2010 n.
7128 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Il
vincolo strumentale è assimilato all’ablatorio
quando sia definitiva la privazione della
vocazione edilizia del territorio.
Ciò accade quando il PRG non consente in
alternativa al piano attuativo comunale, la
possibilità di pianificazione ad iniziativa
privata. Nel caso di vincolo strumentale
anche sine die non v’è privazione della
vocazione edilizia della zona, è solo
l’inerzia del comune nell’adottare il piano
attuativo che preclude questa possibilità.
In questo caso, così come quando il comune
non rilascia il permesso di costruire o
anche non riqualifica la zona diventata “bianca” per decadenza del vincolo ablatorio,
il titolare del terreno che è e resta
edificabile ha la possibilità di far valere
la sua posizione giuridica agendo avverso il
silenzio della PA che rimane inerte
nell’adottare il piano attuativo, nel
rilasciare il permesso o nel riqualificare
la zona.
In tali casi non si può parlare di
vincolo decaduto per decorso del termine
quinquennale. Tali affermazioni sono state
occasionate dal rigetto del titolo edilizio
per la realizzazione di un impianto in zona
D, sulla motivazione che la zona deve essere
ancora oggetto di PIP da parte del comune.
Il ricorrente, titolare dello jus edificandi
sull’area, sostiene che il vincolo
strumentale costituito dalla attuazione con
piano di insediamento produttivo sia
sottoposto a decadenza quinquennale al pari
dei vincoli ablatori.
In effetti
giurisprudenza non condivisa dal collegio
giudicante ha esteso il criterio della
decadenza quinquennale anche, appunto, ai
vincoli c.d "strumentali", a quei vincoli
cioè che subordinano l'edificabilità di
un'area all'inserimento della stessa in un
programma pluriennale oppure alla formazione
di uno strumento esecutivo, ricomprendendoli
tra i vincoli che comportano l'inedificabilità,
quindi una pressoché totale ablazione del
diritto di proprietà, benché temporanea,
cioè fino all'entrata in vigore dei piani
particolareggiati, per la cui redazione non
sia fissato alcun termine finale certo.
Si è
inoltre precisato da parte di questa
giurisprudenza il criterio secondo cui la
decadenza del vincolo strumentale non ha
luogo nei soli casi in cui in alternativa al
piano particolareggiato sia prevista dal
p.r.g. la possibilità di ricorso ad un piano
di lottizzazione ad iniziativa privata: in
questo ultimo caso, infatti, la possibilità
di una pianificazione di livello derivato ad
iniziativa privata esclude la
configurabilità dello schema ablatorio e
quindi, conseguentemente, la decadenza
quinquennale del relativo vincolo.
I giudici
molisani sono d’altro avviso: l’esegesi
delle fonti normative in tema così come la
posizione espressa dalla Corte
Costituzionale con sentenza 55/1968 porta ad
escludere la validità di una tale
ricostruzione dei vincoli strumentali. Con
la sentenza n. 55 del 1968 la Corte
costituzionale ha dichiarato l’illegittimità
delle norme della legge urbanistica che
consentivano al piano regolatore di imporre
a tempo indeterminato -senza previsione di
indennizzo- vincoli preordinati
all'esproprio o sostanzialmente espropriativi a carico della proprietà privata.
Per
risolvere le problematiche l'articolo 2
della legge n. 1187 del 1968 ha stabilito
che i vincoli preordinati all'esproprio o
quelli comportanti inedificabilità perdono
efficacia ove non seguiti nell'arco del
quinquennio dall’approvazione del piano
attuativo. A livello normativo dunque,
evidenziano i giudici, il principio della
temporaneità e relativa decadenza o perdita
di efficacia è stato sancito solo con
riferimento ai vincoli preordinati
all'esproprio o a quei vincoli che svuotano
il contenuto del diritto di proprietà,
rendendolo inutilizzabile rispetto alla sua
destinazione naturale.
Tornando alla
posizione espressa dalla Corte con sentenza
n. 55, va rilevato che nel giudicare
eccessiva la compressione del diritto di
proprietà, il supremo collegio
nell’individuare il discrimine tra la
pianificazione e l’ablazione (che comporta
come noto l’obbligo d’indennizzo), non si è
limitato ad indicare i criteri della durata
e dell’intensità del vin colo (che,
pertanto, non valgono da soli a distinguere
la pianificazione dal vincolo ablatorio), ma
ha posto l’accento sulla violazione del
principio di uguaglianza, nel senso che il
sacrificio da indennizzare è quello che cade
su beni specifici ed individuabili e non su
intere zone di territorio.
La Corte, a tal
fine, valorizzando proprio il principio di
uguaglianza di cui all’articolo 3 della
Costituzione, ha ricordato che “ogni
incisione operata a titolo individuale sul
godimento del singolo bene, la quale penetri
al di là di quei limiti che la legislazione
stessa abbia configurato in via generale (ai
sensi dell'articolo 42, secondo comma,
Costituzione) come propri di tale godimento
in relazione alla categoria dei beni di cui
trattisi, e annulli o diminuisca
notevolmente il valore di scambio, deve
essere indennizzato. L'interesse del privato
é subordinato all'interesse generale della
collettività per quanto riguarda la
sottoposizione a siffatti vincoli: non per
quanto riguarda le più gravi conseguenze
economiche che ne derivano sul patrimonio,
non di tutti in egual modo e misura, ma di
alcuni soltanto dei componenti la
collettività destinataria della legge”.
La
Corte ha infine precisato che “non possono
farsi rientrare nelle fattispecie
espropriative le limitazioni che fissano gli
indici di fabbricabilità delle singole
proprietà immobiliari, anche quando tali
indici possono assumere valori
particolarmente bassi (come nel caso di
edilizia urbana estensiva e persino rada,
del tipo di costruzioni circondate da ampi e
predominanti spazi verdi). Pur essendo
imposte nei confronti di singoli beni, tali
limitazioni sono da considerare, infatti,
operate sulla base di quel carattere
tradizionale e connaturale delle aree
urbane, basato su quelle esigenze di ordine
ed euritmia nell'edilizia” e che “spetta
però agli organi di giurisdizione ordinaria
desumere dalla casistica delle imposizioni,
riferite a fattispecie variabili con la
variabilità dei casi concreti, la rispettiva inserzione nella categoria del vincoli
di zona”.
Nel caso della sentenza, il vincolo
strumentale è un vincolo di zona, che
pertanto non pone (come nel caso delle cd.
localizzazioni) un vincolo su un bene
particolare, difforme dalla destinazione dei
beni ai quali è stata riconosciuta analoga
vocazione edilizia, appunto, di zona. Manca,
quindi, uno dei requisiti essenziali, posti
prima dalla Corte Costituzionale e poi dalla
legge che ne ha recepito le affermazioni
(articolo 2 della legge n. 1187 del 1968),
per imporre una decadenza quinquennale a
tale vincolo strumentale (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Molise,
sentenza 24.09.2010 n. 1096 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
CONSIGLIERI COMUNALI:
Un consigliere comunale può
richiedere l'accesso relativamente ad alcuni
documenti della società mista incaricata di
svolgere alcuni servizi pubblici locali.
Il Consigliere comunale svolge la sua
funzione a tutela della collettività stessa
e, strumentalmente, al fine di poter
adempiere al proprio ufficio, deve essere
messo a conoscenza di ogni attività che
riguarda la p.a., titolare primaria del
soddisfacimento degli interessi pubblici
della collettività di riferimento.
Dunque, tutto ciò che concerne l'attività
della p.a. in cui è incardinato il
Consigliere comunale non può non essere
messa a sua disposizione, potendo solo in
casi eccezionali essere rinviato l'accesso
ma mai negato in via definitiva. Ne consegue
che, è consentito ad un consigliere comunale
l'accesso relativamente ad alcuni documenti
della società mista, incaricata di svolgere
alcuni servizi pubblici locali.
Infatti, una società mista, con
partecipazione maggioritaria dell'ente
locale, costituita ai sensi dell'art. 113
del TUEL n. 267 del 2000, è, sì, una società
di diritto privato, ma è anche una società
che svolge (esclusivamente o
prevalentemente) uno o più servizi pubblici
locali: è, in altre parole, una modalità
alternativa ad altre (economia, azienda
speciale, appalto, istituzione) per la
gestione di servizi pubblici locali, e le
modalità con cui vengono svolti tali servizi
pubblici locali non può non ricadere
nell'ambito dei poteri di cognizione del
consigliere comunale (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 23.09.2010 n. 7083 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
APPALTI SERVIZI:
La titolarità di un servizio
affidato in via diretta da una
amministrazione estranea a quella che indice
la gara è fattispecie non ricadente nella
previsione di cui al c. 15-quater dell'art.
113 del D. L.vo n. 267/2000.
La titolarità di un servizio affidato in via
diretta da una amministrazione estranea a
quella che indice la gara è fattispecie non
ricadente nella previsione di cui al c.
15-quater dell'art. 113 del D.L.vo n.
267/2000 e determina la piena applicabilità
del c. 6 dell'art. 113, il quale dispone che
"non sono ammesse a partecipare alle gare
di cui al c. 5 le società che, in Italia o
all'estero, gestiscono a qualunque titolo
servizi pubblici locali in virtù di un
affidamento diretto, di una procedura non ad
evidenza pubblica, o a seguito dei relativi
rinnovi; tale divieto si estende alle
società controllate o collegate, alle loro
controllanti, nonché alle società
controllate o collegate con queste ultime",
con i conseguenti effetti preclusivi.
Pertanto, nel caso di specie, l'appellante,
in forza del suo "status" di società
"in house" di altri enti locali, non
avrebbe potuto partecipare alla "eventuale
gara" indetta dal comune a meno di
perdere la qualifica di affidatario diretto
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 23.09.2010 n. 7080 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione di opere manutentive, per
allestire un "centro per la pace",
occasionalmente utilizzato per le preghiere
islamiche, non realizza un luogo di culto,
soggetto ai rigidi dettami della normativa
regionale lombarda.
Con il provvedimento impugnato, il Comune di
Macherio ha ordinato la demolizione di opere
realizzate senza titolo edilizio
-consistenti principalmente nella
realizzazione di impianti elettrici,
igienico sanitari, disimpegni, tramezzature
in cartongesso, controsofittature,
pavimentazione, nel rivestimento di pilastri
con pannelli in cartongesso e nella posa di
altoparlanti– in quanto finalizzate alla
realizzazione di un edificio completamente
diverso dal preesistente e destinato a luogo
di culto e per attività religiose, in
contrasto con gli artt. 71 e 72 della l.
Regione Lombardia n. 12/2005.
Ai sensi di quest’ultima disposizione “fino
all’approvazione del piano dei servizi, la
realizzazione di nuove attrezzature per i
servizi religiosi è ammessa unicamente su
aree classificate a standard nei vigenti
strumenti urbanistici generali e
specificamente destinate ad attrezzature per
interesse comune”; la legge regionale
definisce “attrezzature di interesse
comune per servizi religiosi”:
“a) gli immobili destinati al culto anche
se articolati in più edifici compresa l’area
destinata a sagrato;
b) gli immobili destinati all’abitazione dei
ministri del culto, del personale di
servizio, nonché quelli destinati ad
attività di formazione religiosa;
c) nell’esercizio del ministero pastorale,
gli immobili adibiti ad attività educative,
culturali, sociali, ricreative e di ristoro
compresi gli immobili e le attrezzature
fisse destinate alle attività di oratorio e
similari che non abbiano fini di lucro”.
Di per sé le opere realizzate non rivelano,
in alcun modo, una destinazione del
fabbricato ad “attrezzatura di interesse
comune per servizi religiosi”, ai sensi
dell’art. 71, l. Regione Lombardia n.
12/2005. Il fabbricato non può, difatti,
essere qualificato, per effetto di tali
interventi, quale immobile destinato al
culto, all’abitazione dei ministri del culto
o del personale di servizio, ovvero ad
attività di formazione religiosa.
La fattispecie non rientra neppure
nell’ipotesi di cui all’art. 71, c. 1, lett.
c, della l. Regione Lombardia n. 12/2005: in
essa sono, difatti, ricompresi “gli
immobili adibiti ad attività educative,
culturali, sociali, ricreative e di ristoro
compresi gli immobili e le attrezzature
fisse destinate alle attività di oratorio e
similari che non abbiano fini di lucro”
unicamente se tali attività vengano svolte “nell’esercizio
del ministero pastorale”. Il rifacimento
di coperture di pavimentazione, il
ripristino di intonaci, la sistemazione di
pilastri in cartongesso, l’imbiancatura dei
locali, la realizzazione di impianti
igienico–sanitari ed elettrici non palesano,
di per sé, in alcun modo, la realizzazione
di un luogo di culto né l’esercizio
nell’immobile un’attività connessa al
ministero pastorale, attività che,
oltretutto, non rientra tra quelle indicate
nello statuto dell’associazione “Centro
Culturale Pace”.
La stessa difesa dell’amministrazione
comunale ammette che l’immobile non è una
moschea ma “un luogo di riunione ed
assistenza riservato alla comunità religiosa
islamica”: il fatto che i servizi prestati
dall’associazione siano rivolti ad una
comunità appartenente ad una determinata
confessione religiosa, ma dichiaratamente
erogati al solo scopo di promuoverne
l’integrazione e l’inserimento nella
società, non rivela affatto una destinazione
dei locali in cui essa ha la propria sede a
luogo di culto o comunque ad attività
connesse all’esercizio del ministero
pastorale, come richiede l’art. 71 della l.
Regione Lombardia n. 12/2005.
Parimenti, la circostanza che vi possa
essere stato, in passato, un uso di fatto
dell’immobile anche quale luogo di culto e
di preghiera, non è, di per sé, indicativa
di una modificazione della funzione
originaria dell’immobile.
La modifica della destinazione d'uso -nel
caso di specie ad “attrezzatura di
interesse comune per servizi religiosi”-
deve, invero, trovare una corrispondenza
nella natura e nella tipologia di opere
realizzate e non può essere inferita
dall’uso di fatto che possa, in precedenza,
essere stato posto in essere (cfr. Tar
Lombardia, Milano, 17.09.2009, n. 4665)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 23.09.2010 n. 6416 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
Comune non può motivare con la formale
mancanza del parere della Polizia locale la
revoca dell’autorizzazione alla collocazione
di cartelli pubblicitari.
Nella controversia in commento, un impresa
attiva nel settore della pubblicità
commerciale ha ottenuto da un Comune del
bergamasco autorizzazione alla posa di
cinque cartelli pubblicitari; relativamente
a tale autorizzazione ha ricevuto un
provvedimento “per revocare l’autorizzazione
in questione” in quanto “erroneamente…
rilasciata senza il necessario parere da
parte del Settore Polizia Locale” e contro
tale atto ha fatto ricorso.
Siffatta
contestazione, secondo il Tribunale
amministrativo di Brescia, è fondato nel
merito, infatti, come correttamente
evidenziato dalla difesa della ricorrente,
la collocazione di impianti pubblicitari,
nella specie di cartelli è disciplinata
anzitutto dall’art. 23 comma 4 del d.lgs.
30.04.1992 n. 285, che la sottopone ad
autorizzazione “da parte dell'ente
proprietario della strada”, aggiungendo che
“nell'interno dei centri abitati la
competenza è dei Comuni” salvo il caso (che
nella specie non rileva) di strada sita
all’interno di centro abitato, ma di
proprietà di un ente diverso dal Comune,
chiamato allora a dare, con distinto atto,
il proprio nulla osta.
La disciplina di
dettaglio dell’autorizzazione è poi
contenuta nell’art. 53 del DPR 16.12.1992 n. 495, che per quanto interessa prevede
che tutte le relative procedure debbano
“essere improntate ai princìpi della massima
semplificazione e della determinazione dei
tempi di rilascio [comma 2]”, che “il
soggetto interessato al rilascio… deve
presentare la relativa domanda presso il
competente ufficio dell'ente indicato al
comma 1, allegando, oltre alla
documentazione amministrativa richiesta
dall'ente competente, un'autodichiarazione,
redatta ai sensi della legge 04.01.1968,
n. 15, con la quale si attesti che il
manufatto che si intende collocare è stato
calcolato e realizzato e sarà posto in opera
tenendo conto della natura del terreno e
della spinta del vento, in modo da
garantirne la stabilità…
Alla domanda deve
essere allegato un bozzetto del messaggio da
esporre ed il verbale di constatazione
redatto da parte del capocantoniere o del
personale preposto, in duplice copia, ove è
riportata la posizione nella quale si
richiede l'autorizzazione all'installazione.
In sostituzione del verbale di
constatazione, su richiesta dell'ente
competente, può essere allegata una
planimetria ove sono riportati gli elementi
necessari per una prima valutazione della
domanda [comma 3]; prevede ancora che l’ufficio competente debba pronunciarsi, con
accoglimento o diniego, entro sessanta
giorni dalla domanda [comma 4].
In tale
disciplina, di per sé abbastanza
dettagliata, manca ogni menzione espressa di
un qualsivoglia parere della Polizia locale
come elemento necessario al rilascio
dell’autorizzazione; nemmeno appare poi
possibile ritenere che, in quest’occasione,
il Comune lo abbia ritenuto necessario come
parte della “documentazione amministrativa
richiesta dall'ente competente”.
Ciò secondo
logica avrebbe comportato imporre alla Carminati
di procurarselo previamente e allegarlo alla
domanda, ma una richiesta in tal senso non
consta; è invece chiaro, nella nota
30.04.2009, l’intento di considerare il
parere in questione non come un documento,
ma come il risultato di un’istruttoria da
compiere sulla domanda già presentata.
In base al principio di non aggravamento
della procedura reso esplicito dal citato
comma 2 dell’art. 53, ma già contenuto
nell’art. 1 comma 2 della l. 08.08.1990 n.
241, il Comune non può allora motivare con
la formale mancanza di un parere non
previsto dalla legge la revoca
dell’autorizzazione per cui è causa
(commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 23.09.2010 n. 3574 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI SERVIZI:
È irragionevole un sistema sanzionatorio che
ponga a carico del gestore del servizio di
raccolta dei rifiuti differenziati un
obbligo di raggiungere gli obiettivi di
raccolta differenziata.
La P.A. nella predisposizione del bando di
gara esercita un potere attinente al merito
amministrativo laddove inserisce
disposizioni ulteriori rispetto al contenuto
minimo ex lege previsto; queste
ultime, quindi, saranno censurabili in sede
giurisdizionale allorché appaiano viziate da
eccesso di potere, ad esempio per
illogicità, irragionevolezza od incongruenza
rispetto al fine pubblico della gara.
Nel caso di specie, le clausole impugnate
con le quali l’amministrazione ha preteso di
addossare all’appaltatore l’obbligo di
conseguire il risultato di determinate
percentuali di raccolta differenziata, di
per sé non impedivano la partecipazione alla
gara, risolvendosi, piuttosto, in clausole,
ritenute illogiche ed ingiustamente onerose,
che manifestano la loro potenzialità lesiva
soltanto dopo l’aggiudicazione ed ancor più
dopo la stipula del contratto di appalto.
Sotto tale profilo, poiché il ricorso è
stato spedito per la notifica il 23.09.2004,
dopo aver conosciuto l’esito di gara con la
determinazione del responsabile di settore
n. 35/2004 del 10.08.2008, deve essere
affermata la tempestività ed ammissibilità
dell’impugnazione delle clausole del bando,
che hanno manifestato la propria lesività
proprio a seguito della conclusione del
procedimento di gara (cfr. Cons. St., Sez.
V, 18.10.2002, n. 5776; id, 15.11.2001, n.
5840; id., 28.08.2001, n. 4529; id,
27.06.2001, n. 3507; C.G.A., 03.12.2001, n.
6351).
Quanto poi alla formulazione dell’offerta
malgrado le onerose condizioni derivanti
dalle clausole impugnate, secondo il
costante orientamento della giurisprudenza
la partecipazione alla gara non comporta
acquiescenza alle clausole illegittime.
Nella specie la ricorrente ha formulato la
propria offerta sul presupposto di far
valere in sede giudiziaria l’illegittimità
delle clausole impugnate ove fosse risultata
aggiudicataria, come in effetti è avvenuto.
Né si può sostenere che la partecipazione
alla gara abbia comportato l’acquiescenza
delle clausole impugnate (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 21.09.2010 n.
7031 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L’indennità
prevista dall’art. 167 del D.Lgs, n.
42/2004, a fronte di abusi edilizi in zone
soggette a vincoli paesistici, costituisce
vera e propria sanzione amministrativa che
prescinde dall’effettiva sussistenza di un
danno ambientale.
E' noto l'orientamento esegetico della
giurisprudenza del Consiglio di Stato, tra
gli altri precedenti, Cons. St., sez. IV,
12.03.2009, n. 1464, secondo cui l’indennità
prevista dall’art. 167 del D.Lgs, n.
42/2004, a fronte di abusi edilizi in zone
soggette a vincoli paesistici, costituisce
vera e propria sanzione amministrativa che
prescinde dall’effettiva sussistenza di un
danno ambientale, nonché Cons. St., sez. IV,
05.08.2003, n. 4481 e id., sez. V,
01.10.1999, n. 1225) e di questo Consiglio (C.G.A.
20.03.2009, n. 135, oltre ai pareri del
07.06.2005, n. 44701 e del 20.09.2005)
(C.G.A.R.S.,
sentenza 21.09.2010 n. 1221 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
È illegittima l’imposizione di un divieto a
tempo indeterminato di installazione di
impianto pubblicitario insistente su area
privata non supportato da ragioni di
interesse pubblico.
Questa Sezione si è già pronunciata
sull’illegittimità dell’imposizione di un
divieto di installazione di impianto
pubblicitario a tempo indeterminato non
supportato da ragioni di interesse pubblico
(Cons. St., Sez. V, 29.05.2006, n. 3265) e
che tale illegittimità va ribadita, a
maggior ragione per insegna insistente su
area privata, considerando che l’art. 3
D.Lgs. 15.11.1993, n. 507 prevede che i
Comuni, nel disciplinare con proprio
regolamento le modalità di effettuazione
della pubblicità, stabiliscano limitazioni e
divieti per particolari forme pubblicitarie
esclusivamente in relazione ad esigenze di
pubblico interesse.
Anche la sottoposizione ad autorizzazione
della collocazione di insegne pubblicitarie,
configurabili come forma di attività
economica, riposa sulla necessità da parte
del Comune di salvaguardare esigenze di
pubblico interesse quali il decoro urbano
(Cons. St. Sez. V, 10.01.2007 n. 44) (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 17.09.2010 n.
6981 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Un
intervento può essere qualificato come
ristrutturazione soltanto ove le opere
riguardino un fabbricato ancora esistente,
per tale intendendo un’entità dotata
quantomeno di murature perimetrali, di
strutture orizzontali e di copertura, in
grado di assolvere le loro funzioni di
delimitazione, sostegno e protezione.
Atteso che la demolizione e ricostruzione di
un edificio è finalizzata a conservare una
consistenza immobiliare che resta soggetta
alle norme in vigore al tempo della sua
edificazione, autorevole giurisprudenza ha
chiarito che “un intervento può essere
qualificato come ristrutturazione soltanto
ove le opere riguardino un fabbricato ancora
esistente, per tale intendendo un’entità
dotata quantomeno di murature perimetrali,
di strutture orizzontali e di copertura, in
grado di assolvere le loro funzioni di
delimitazione, sostegno e protezione”
(cfr. Cass. Sez. II Civ. 28/05/2004, n.
10321).
Pertanto, si ritiene che, nel caso in esame,
l’intervento richiesto dalla società Decisa,
concernente la parte demolita negli anni
‘50, non possa legittimamente essere
qualificata alla stregua di una “demolizione
e ricostruzione” posto che -anche
volendo aderire all’orientamento
giurisprudenziale secondo cui tra le due
fasi dell’operazione (demolizione e
ricostruzione) può intercorrere un
apprezzabile lasso di tempo, purché
giustificato da motivi tecnici- l’immobile
da ricostruire risulta demolito fin dagli
anni ‘50 e non sussistono, né sono stati
rappresentati, motivi tecnici in grado di
giustificare tale ritardo
(C.G.A.R.S.,
sentenza 16.09.2010 n. 1200 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Regolarità contributiva:
necessaria per tutta la durata dell'appalto.
La stazione appaltante deve basarsi sulle
certificazioni risultanti dal DURC,
prendendole come un dato di fatto
inoppugnabile.
La regolarità
contributiva costituisce requisito
sostanziale di partecipazione alla gara,
avendo il legislatore ritenuto tale
regolarità indice dell'affidabilità,
diligenza e serietà dell'impresa e della sua
correttezza nei rapporti con le maestranze.
Ne consegue che la piena verifica in merito
alle relative dichiarazioni rientra nei
poteri della stazione appaltante (sia in
relazione alle specifiche previsioni del
Codice dei contratti, sia con riguardo ai
più generali canoni dell'azione
amministrativa in materia di documenti
amministrativi), riconosciuti come
compatibili dalla Corte di Giustizia
Europea, non ammessa ovviamente ogni
possibilità di esclusione automatica.
Lo ha ribadito il Consiglio di Stato, con la
sentenza n. 6907/2010.
In materia di esclusione dalla
partecipazione alle procedure di gara e
dalla stipula dei relativi contratti dei
soggetti che «hanno commesso violazioni
gravi, definitivamente accertate, alle norme
in materia di contributi previdenziali e
assistenziali, secondo la legislazione
italiana e dello Stato in cui sono stabiliti»,
l'art. 38, comma 1, lettera i), del D.
Leg.vo 163/2006 deve essere interpretato nel
senso che il principio dell'autonomia del
procedimento di rilascio del DURC (documento
unico regolarità contributiva) impone che la
stazione appaltante debba basarsi sulle
certificazioni risultanti da quest'ultimo
documento, prendendole come un dato di fatto
inoppugnabile, e debba altresì valutare,
innanzi tutto, se sussistono procedimenti
diretti a contestare gli accertamenti degli
enti previdenziali riportati nel DURC, o
condoni, ed in secondo luogo se la
violazione riportata nel DURC, in relazione
all'appalto o fornitura in questione o alla
consistenza economica della ditta
concorrente o ad altre circostanze, risulti
o meno «grave».
Peraltro, alla stregua della costante
giurisprudenza del Consiglio di Stato, la
regolarità contributiva e fiscale, richiesta
come requisito indispensabile per la
partecipazione alla gara, deve essere
mantenuta per tutto l’arco di svolgimento
della gara stessa, sicché legittimamente
l’Amministrazione ha potuto accertare, a
fronte di DURC negativi, sia l'insussistenza
del requisito normativamente richiesto, sia
la non veridicità e reticenza sulle
dichiarazione rese in sede di gara e nel
corso delle verifiche in contraddittorio.
Rileva così il Collegio che la
consapevolezza della mancata correttezza
contributiva connota di gravità «tout
court» la violazione, essendo la
ricorrente onerata, al momento della domanda
di partecipazione, e proprio al fine di
evitare false dichiarazione, di
rappresentare l'eventuale insoluto, la sua
entità e le ragioni che l'avessero
determinato, al fine di instaurare, essa
stessa, un leale contraddittorio sul punto
onde consentire alla stazione appaltante di
escludere la gravità e definitività della
violazione che comunque, indiscutibilmente,
nel caso di specie alla data di
aggiudicazione sussisteva (commento tratto
da www.legislazionetecnica.it - Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 15.09.2010 n. 6907 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Nei
contratti ad evidenza pubblica
l’Amministrazione aggiudicatrice non è
obbligata a stipulare il contratto con
l’impresa aggiudicataria.
La medesima Amministrazione ben può, quindi,
rimuovere gli effetti dell’atto di
aggiudicazione provvisoria e –ove
necessario– anche dei suoi atti presupposti,
nonché dell’atto di aggiudicazione
definitiva, purché la conseguente azione
amministrativa sia condotta nei necessari
crismi della legittimità: ossia il potere
discrezionale riconosciuto in capo
all’Amministrazione medesima deve essere
esercitato in conformità ai principi di
legalità, di economicità e di razionalità,
nonché nel rispetto della c.d. “buona fede
etica”.
Nel caso di illegittimità del procedimento
di scelta del contraente dovrà pertanto
inderogabilmente trovare applicazione l’art.
21-nonies della L. 241 del 1990 come
aggiunto dall’art. 14 della L. 15 del 2005,
con il conseguente annullamento d’ufficio
del provvedimento di aggiudicazione
definitiva; viceversa, nel caso di revoca
del medesimo provvedimento di aggiudicazione
definitiva troverà altrettanto necessitata
applicazione l’art. 21-quinquies della
medesima L. 241 del 1990, parimenti
introdotto per effetto dell’art. 14 della L.
15 del 2005.
Ove l’annullamento o la revoca riguardi
l’aggiudicazione definitiva, deve essere
inderogabilmente e previamente comunicato
alla parte interessata l’avvio del relativo
procedimento a’ sensi dell’art. 7 e ss.
della medesima L. 241 del 1990, mentre nel
caso in cui deve essere annullata o revocata
l’aggiudicazione provvisoria, non sussiste
l’esigenza di acquisire la partecipazione
degli interessati, trattandosi di atto
endoprocedimentale, “ad effetti instabili ed
interinali”, “certamente necessario ma non
decisivo, ed ancora attinente all’unico
procedimento iniziato con l’istanza di
partecipazione alla gara”.
In linea di principio nei contratti ad
evidenza pubblica l’Amministrazione
aggiudicatrice non è obbligata a stipulare
il contratto con l’impresa aggiudicataria.
La medesima Amministrazione ben può, quindi,
rimuovere gli effetti dell’atto di
aggiudicazione provvisoria e –ove
necessario– anche dei suoi atti presupposti,
nonché dell’atto di aggiudicazione
definitiva, purché la conseguente azione
amministrativa sia condotta nei necessari
crismi della legittimità: ossia il potere
discrezionale riconosciuto in capo
all’Amministrazione medesima deve essere
esercitato in conformità ai principi di
legalità, di economicità e di razionalità,
nonché nel rispetto della c.d. “buona
fede etica”
Come è ben noto, a’ sensi dell’art. 11 del
D.L.vo 163 del 2006 il procedimento di
scelta del contraente per l’affidamento di
una commessa pubblica si conclude soltanto
nel momento in cui la stazione appaltante
adotta il provvedimento di aggiudicazione
definitiva: e di ciò ne è prova la
circostanza per cui, ove l’Amministrazione
aggiudicatrice intenda esercitare il proprio
potere di rimozione degli effetti
dell’aggiudicazione definitiva da essa
precedentemente disposta, in applicazione
del rinvio di carattere generale contenuto
nell’art. 2, comma 3, del medesimo D.L.vo
163 del 2006 dovrà comunque attenersi al
riguardo alle disposizioni contenute nel
corpus della L. 07.08.1990 n. 241.
Nel caso di illegittimità del procedimento
di scelta del contraente dovrà pertanto
inderogabilmente trovare applicazione l’art.
21-nonies della L. 241 del 1990 come
aggiunto dall’art. 14 della L. 15 del 2005,
con il conseguente annullamento d’ufficio
del provvedimento di aggiudicazione
definitiva; viceversa, nel caso di revoca
del medesimo provvedimento di aggiudicazione
definitiva troverà altrettanto necessitata
applicazione l’art. 21-quinquies della
medesima L. 241 del 1990, parimenti
introdotto per effetto dell’art. 14 della L.
15 del 2005.
Va opportunamente rimarcato che -anche a
prescindere dalla sopradescritta sistematica
“interazione” tra la disciplina
contenuta nel D.L.vo 163 del 2006 e quella
contenuta nella L. 241 del 1990, garantita
dalla testé ricordata “clausola generale”
contenuta nell’art. 3, comma 2, del medesimo
D.L.vo 163 del 2006- pure in epoca
precedente all’entrata in vigore del Codice
dei contratti pubblici il medesimo risultato
era inderogabilmente assicurato mediante
l’applicazione in via precettiva del
principio di buon andamento e di
imparzialità della funzione pubblica,
discendente dall’art. 97 Cost (cfr., ad es.,
Cons. Stato, Sez. V, 20.01.2004 n. 156),
nonché del principio di diritto comune
contenuto nell’art. 1328 c.c., in forza del
quale la proposta di concludere il contratto
(quale è l’atto di indizione della gara,
ancorché espresso in forma pubblicistica e
subordinata all’osservanza delle regole
procedimentali per la scelta del contraente)
è sempre revocabile fino a che il contratto
non sia concluso (cfr. sul punto Cons.
Stato, Sez. VI, 05.08.2004 n. 5448).
Risulta altrettanto assodato che, ove
l’annullamento o la revoca riguardi
l’aggiudicazione definitiva, deve essere
inderogabilmente e previamente comunicato
alla parte interessata l’avvio del relativo
procedimento a’ sensi dell’art. 7 e ss.
della medesima L. 241 del 1990, mentre nel
caso in cui deve essere annullata o revocata
l’aggiudicazione provvisoria, non sussiste
l’esigenza di acquisire la partecipazione
degli interessati, trattandosi di atto
endoprocedimentale, “ad effetti instabili
ed interinali” (così TAR Lombardia,
Milano, Sez. III, 19.04.2007 n. 1874), “certamente
necessario ma non decisivo, ed ancora
attinente all’unico procedimento iniziato
con l’istanza di partecipazione alla gara”
(cfr. sul punto, ad es., e tra le più
recenti, Cons. Stato, Sez. V, 12.11.2009 n.
7042).
Si reputa, infatti, che l’aggiudicatario
provvisorio sia titolare di una mera
aspettativa di fatto alla conclusione del
procedimento, mentre in presenza di un
provvedimento di aggiudicazione definitiva
l’aggiudicatario ha conseguito una posizione
giuridica qualificata e, per tale ragione,
meritevole della garanzia di poter
interloquire con l’Amministrazione
aggiudicatrice, rappresentando fatti e
prospettando osservazioni e valutazioni
finalizzate alla migliore individuazione
dell’interesse pubblico, concreto ed
attuale, alla cui unica cura deve essere
indirizzata l’azione dell’Amministrazione
medesima.
Da ciò discende –altresì- che l’azione
amministrativa deputata all’eventuale revoca
dell’aggiudicazione provvisoria in pendenza
del procedimento finalizzato all’adozione
del provvedimento di aggiudicazione
definitiva non può mai risolversi
nell’esercizio arbitrario del potere
attribuito all’Amministrazione
aggiudicatrice e che la posizione
dell’aggiudicatario provvisorio non può non
essere adeguatamente tutelata
dall’ordinamento giuridico, dovendo il
potere predetto essere puntualmente e
motivatamente esercitato non solo nell’an,
ma anche nel quam, nel quando e nel
quomodo.
Se, dunque, il provvedimento di revoca
dell’aggiudicazione definitiva di una
commessa pubblica per certo costituisce
estrinsecazione di un potere connotato da
amplissima discrezionalità e caratterizzato
da una valutazione di pura opportunità
amministrativa, dinanzi al quale il
sindacato del giudice amministrativo non può
oltrepassare il confine della verifica circa
la congruità, la logicità e la razionalità
della scelta operata dalla stazione
appaltante, allo stesso tempo non può non
considerarsi che va comunque accordata una
tutela alla posizione soggettiva del
destinatario del provvedimento medesimo,
soprattutto sotto il profilo del corretto
bilanciamento degli interessi coinvolti,
nonché in ordine alla reale sussistenza dei
presupposti che inducono l’Amministrazione
aggiudicatrice, dopo aver bandito una
selezione e definito un apprezzabile tratto
della relativa procedura, a verificare la
perdurante attualità della rispondenza di
tali atti al pubblico interesse
(TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 14.09.2010 n. 4745 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Il potere della commissione di stabilire
criteri di valutazione non comporta l’introduzione
di elementi di specificazione e di
integrazione dei criteri generali di
valutazione delle offerte già indicati nella
lettera di invito.
Il potere della commissione di stabilire i
criteri di valutazione, ove consentito, al
fine di evitare distorsioni del meccanismo
concorrenziale sotteso all’evidenza
pubblica, deve, infatti, essere circondato
da peculiari cautele e limiti, tra i quali è
indubbiamente, la preclusione di introdurre
elementi di specificazione e di integrazione
dei criteri generali di valutazione delle
offerte già indicati nella lettera di
invito, oppure fissare sottocriteri o regole
specifiche sulle modalità di valutazione,
una volta che sia sopravvenuta l’apertura
delle buste recanti le offerte stesse (cfr.
tra le tante, Cons. Stato, sez. V,
30.08.2006, n. 5082) (TAR Puglia-Bari, Sez.
I,
sentenza 14.09.2010 n. 3475 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI: Nel
caso di revoca d’ufficio dell’aggiudicazione
provvisoria, non è richiesta alcuna
comunicazione di avvio del procedimento,
mentre la stazione appaltante è obbligata al
rispetto delle garanzie partecipative quando
l’esercizio del potere di autotutela abbia
ad oggetto l’aggiudicazione definitiva, in
ragione della posizione di vantaggio che
solo quest’ultima costituisce in capo
all’impresa aggiudicataria.
Non costituisce ostacolo al riconoscimento
della responsabilità pre-contrattuale
dell’ente la reiezione della domanda di
annullamento del provvedimento di revoca,
poiché è provato che l’elusione delle
aspettative della ricorrente, seppure non
intenzionale, è colposa e contraria ai
canoni di correttezza e buona fede nella
formazione del contratto. La responsabilità
pre-contrattuale per la revoca della gara
non ancora conclusa può infatti sempre
ritenersi configurabile, quando il fine
pubblico venga attuato attraverso un
comportamento obbiettivamente lesivo dei
doveri di lealtà, sicché anche dalla revoca
legittima degli atti di gara può scaturire
l’obbligo di risarcire il danno, nel caso di
affidamento suscitato nell’impresa.
La giurisprudenza ha ripetutamente chiarito
che, nel caso di revoca d’ufficio
dell’aggiudicazione provvisoria, non è
richiesta alcuna comunicazione di avvio del
procedimento, mentre la stazione appaltante
è obbligata al rispetto delle garanzie
partecipative quando l’esercizio del potere
di autotutela abbia ad oggetto
l’aggiudicazione definitiva, in ragione
della posizione di vantaggio che solo
quest’ultima costituisce in capo all’impresa
aggiudicataria (in questo senso, tra molte,
Cons. Stato, sez. V, 21.11.2007 n. 5925;
Id., sez. V, 13.07.2006 n. 4426).
L’aggiudicazione provvisoria di un appalto
pubblico ha infatti natura di atto
endoprocedimentale, ad effetti ancora
instabili e del tutto interinali.
Essa pertanto è inidonea a generare nella
ditta provvisoriamente aggiudicataria una
posizione consolidata di vantaggio, con la
conseguenza che sull’Amministrazione che
intende esercitare il potere di autotutela
rispetto all’aggiudicazione provvisoria
incombe un onere di motivazione fortemente
attenuato, circa le ragioni di interesse
pubblico che lo hanno determinato, essendo
sufficiente che sia reso palese il
ragionamento seguito per giungere alla
determinazione negativa, attraverso
l’indicazione degli elementi concreti ed
obiettivi in base ai quali essa si ritiene
di non procedere all’aggiudicazione (cfr.
Cons. Stato, sez. IV, 31.05.2007 n. 2838;
Id., sez. V, 29.12.2009 n. 8966).
Più in generale, con riguardo allo ius
poenitendi riconosciuto alla stazione
appaltante, si è da tempo affermato che
l’Amministrazione conserva il potere di
revocare il bando di gara ovvero
l’aggiudicazione di un appalto, per
sopravvenute ragioni di interesse pubblico
ovvero per la sopravvenuta riconsiderazione
di situazioni preesistenti, purché l’atto di
autotutela sia adeguatamente motivato con
richiamo ad un preciso e concreto interesse
pubblico alla revoca d’ufficio; la potestà
di ritiro si fonda sul principio
costituzionale di buon andamento che, com’è
noto, impegna l’Amministrazione ad adottare
atti il più possibile rispondenti ai fini da
conseguire (cfr., tra molte, Cons. Stato,
sez. IV, 22.10.2004 n. 6931; Id., sez. V,
20.09.2001 n. 4973) e trova oggi positivo
riconoscimento nella previsione dell’art.
21-quinquies della legge n. 241 del 1990.
Non costituisce
ostacolo al riconoscimento della
responsabilità pre-contrattuale dell’ente la
reiezione della domanda di annullamento del
provvedimento di revoca, poiché è provato
che l’elusione delle aspettative della
ricorrente, seppure non intenzionale, è
colposa e contraria ai canoni di correttezza
e buona fede nella formazione del contratto.
La responsabilità pre-contrattuale per la
revoca della gara non ancora conclusa può
infatti sempre ritenersi configurabile,
quando il fine pubblico venga attuato
attraverso un comportamento obbiettivamente
lesivo dei doveri di lealtà, sicché anche
dalla revoca legittima degli atti di gara
può scaturire l’obbligo di risarcire il
danno, nel caso di affidamento suscitato
nell’impresa (in tal senso la più recente
giurisprudenza amministrativa: Cons. Stato,
Ad. plen., 05.09.2005 n. 6; Id., sez. V,
30.11.2007 n. 6137; Id., sez. V, 08.10.2008,
n. 4947; TAR Campania, Napoli, sez. I,
08.02.2006 n. 1794; TAR Lazio, sez.
II-quater, 02.04.2010 n. 5621).
Ai fini della commisurazione del danno
risarcibile, deve aversi riguardo al solo
interesse negativo, ossia alle spese
effettivamente sostenute in vista della
conclusione dell’affare (danno emergente) ed
alle occasioni contrattuali perse per aver
confidato nell’impegno assunto (lucro
cessante). Resta invece escluso il
risarcimento dell’utile che si sarebbe
conseguito con l’esecuzione del contratto
(cfr. Cons Stato, sez. IV, 04.10.2007 n.
5179; TAR Puglia, Bari, sez. I, 16.02.2008
n. 249)
(TAR Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 14.09.2010 n. 3459 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Sull'illegittimità
dell'aggiudicazione della gara per
l'affidamento del servizio rilascio dei
certificati digitali negli atenei alla
Infocert s.p.a., società informatica
strumentale delle Camere di commercio
italiane.
Lo scorporo delle attività da parte delle
società strumentali mediante la costituzione
di una separata società interrompe il
divieto di cui all'art. 13 del d.l. n. 223
del 2006, solo se la nuova società sia
effettivamente "separata" e cioè autonoma e
indipendente rispetto alla società
strumentale.
E' illegittima l'aggiudicazione della gara
per l'affidamento del servizio rilascio dei
certificati digitali negli atenei alla
Infocert s.p.a., società informatica
strumentale delle Camere di commercio
italiane (considerate ormai pacificamente
amministrazioni pubbliche locali), in quanto
la medesima utilizza un capitale
appartenente al 100% ad una società (Infocamere)
cui è precluso -in osservanza del principio
di par condicio, consacrato nel d.l. Bersani
all'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006,
convertito nella legge n. 240 del 2006 e poi
esteso dalla legge finanziaria n. 244 del
2007- di svolgere attività per enti diversi
da quelli che l'hanno costituita e di
partecipare ad altre società o enti.
Le amministrazioni pubbliche locali, e
quindi anche le Camere di commercio, possono
impiegare propri capitali per costituire
società al fine di ottenere l'affidamento di
servizi di utilità generale, concorrendo
liberamente in una gara ad evidenza
pubblica; ma tale iniziativa non può essere
perseguita mediante la costituzione di una
società partecipata al 100% da una loro
società strumentale, perché in tal modo
verrebbe ad essere eluso, sia pure
indirettamente, il divieto di svolgere
attività diverse da quelle espressamente
consentite ai soggetti che godono del
beneficio del minimo garantito.
Lo scorporo delle attività da parte delle
società strumentali mediante la costituzione
di una separata società in tanto interrompe
il divieto di cui all'art. 13 del d.l. n.
223 del 2006 in quanto la nuova società sia
effettivamente "separata" e cioè
autonoma e indipendente rispetto alla
società strumentale. Autonomia e
indipendenza che, nel caso di specie, è
insussistente in Infocert rispetto ad
Infocamere ed alle Camere di commercio dal
momento che Infocamere (società strumentale
delle Camere di commercio) è socio unico di
Infocert (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 10.09.2010 n. 6527 -
link a www.dirittodeiservizipubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L'obbligo
di previa comunicazione di avvio del
procedimento non si applica ai provvedimenti
sanzionatori in materia edilizia, in
considerazione del loro carattere doveroso.
Secondo il constante orientamento della
giurisprudenza, l'obbligo di previa
comunicazione di avvio del procedimento non
si applica ai provvedimenti sanzionatori in
materia edilizia, in considerazione del loro
carattere doveroso (cfr. TAR Veneto, II,
30/06/2010 n. 2741; Cons. Stato, V,
19.09.2008, n. 4530; Tar Campania, Napoli,
IV, 02.12.2008, n. 20794)
(TAR
Basilicata,
sentenza 10.09.2010 n. 599 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
demolizione è atto dovuto ed è
sufficientemente motivato con l'affermazione
dell'accertata irregolarità dell'intervento,
essendo in re ipsa l'interesse pubblico alla
rimozione dell'abuso -anche se risalente nel
tempo- senza necessità di una specifica
comparazione con gli interessi privati
coinvolti o sacrificati.
L'omessa menzione, nell'ordinanza di
demolizione abuso edilizio, della futura
acquisizione dell'area nulla toglie alla
legittimità dell'ordine di demolizione
medesima.
La demolizione è, anche per questo
Tribunale, "atto dovuto ed è
sufficientemente motivato con l'affermazione
dell'accertata irregolarità dell'intervento,
essendo in re ipsa l'interesse pubblico alla
rimozione dell'abuso -anche se risalente nel
tempo- senza necessità di una specifica
comparazione con gli interessi privati
coinvolti o sacrificati" (TAR Emilia
Romagna-Parma, 21.05.2008, n. 260).
Quanto alla mancata indicazione,
nell’ordinanza impugnata, della
puntualizzazione chiara delle aree
eventualmente destinate a passare al
patrimonio comunale il collegio rileva che
tale omissione non inficia l'ordine
demolitorio, che enuncia correttamente i
presupposti di fatto e le ragioni giuridiche
ad esso sottese, ed anche il suo specifico
contenuto ed effetto sanzionatorio.
La successiva (ed eventuale) acquisizione
dell'immobile al patrimonio del Comune è un
effetto legale dell'inadempimento, e si
verifica (dandosene i presupposti) "di
diritto", come dispone la norma citata.
Nondimeno ci si può chiedere se detto
effetto si verifichi ugualmente anche quando
non ne sia fatta esplicita menzione
nell'atto, o se, al contrario, perché esso
si produca occorra un nuovo atto che integri
il precedente, anche al fine di individuare
esattamente l'area da acquisire.
Non è però questa la sede per rispondere a
tale quesito; esso sarà rilevante e di
interesse attuale solo nell'ipotesi che,
scaduto inutilmente il termine per la
demolizione, il Comune voglia procedere
all'acquisizione dell'immobile. Allo stato è
sufficiente osservare che l'omessa menzione
della futura acquisizione dell'area nulla
toglie alla legittimità dell'ordine di
demolizione (cfr. TAR Umbria, 26/03/2010 n.
219)
(TAR
Basilicata,
sentenza 10.09.2010 n. 599 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: In
materia edilizia, l'onere della prova in
ordine all'epoca di realizzazione di un
abuso edilizio grava sull'interessato che
intende dimostrare la legittimità del
proprio operato e non sul Comune che, in
presenza di un'opera edilizia non assistita
da un titolo che la legittimi, ha solo il
potere-dovere di sanzionarla ai sensi di
legge.
L'onere <<de quo>> trasla
sull'amministrazione solo dopo che il
responsabile abbia fornito concreti
elementi, altamente probanti in ordine alla
data di realizzazione dell'opus.
"In materia
edilizia, l'onere della prova in ordine
all'epoca di realizzazione di un abuso
edilizio grava sull'interessato che intende
dimostrare la legittimità del proprio
operato e non sul Comune che, in presenza di
un'opera edilizia non assistita da un titolo
che la legittimi, ha solo il potere-dovere
di sanzionarla ai sensi di legge" (TAR
Piemonte, 01/06/2009 n. 1564; TAR
Sicilia-Palermo, sez. III, 26.10.2005 , n.
4099; in tal senso anche TAR Umbria,
10.07.2003, n. 589; TAR Basilicata,
29.04.2003, n. 370).
Tale onere poi, può ritenersi a sufficienza
soddisfatto solo quando le prove addotte
risultano obiettivamente inconfutabili sulla
base di atti e documenti che, da soli o
unitamente ad altri elementi probatori,
offrono la ragionevole certezza dell'epoca
di realizzazione del manufatto (cfr. TAR
Umbria, 10.07.2003, n. 589). L'onere della
prova della data dell'abuso incombe quindi
sul suo autore (TAR Piemonte, I Sez.,
25.02.1999 n. 105; TAR Marche 23.10.1992 n.
633; TAR Valle d'Aosta 02.08.1990 n. 68).
Più di recente la giurisprudenza ha
evidenziato che l'onere <<de quo>>
trasla sull'amministrazione solo dopo che il
responsabile abbia fornito concreti
elementi, altamente probanti in ordine alla
data di realizzazione dell'opus (TAR
Puglia-Lecce, sez. III, 13.09.2008, n.
2541).
Si è affermato, infatti che "l'onere
della prova in ordine alla data di
realizzazione dell'immobile abusivo ricade
su chi ha commesso l'abuso, nel mentre solo
la deduzione, da parte di quest'ultimo, di
«concreti elementi a sostegno delle proprie
affermazioni, trasferisce il suddetto onere
in capo all'Amministrazione». L'onere per il
privato di dimostrare che l'opera è stata
completata entro la data utile, comporta che
anche la dichiarazione sostitutiva di atto
notorio non è sufficiente a tal fine,
essendo necessari ulteriori riscontri
documentali, eventualmente anche indiziari,
purché altamente probanti" (TAR
Campania-Napoli, sez. VII, 24.07.2008, n.
9347) (TAR
Basilicata,
sentenza 10.09.2010 n. 599 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione di opere destinate al ricovero
di animali o di attrezzature agricole, per
l'uso prolungato cui sono destinate,
richiede la concessione edilizia, posto che
le stesse incidono in modo permanente e non
precario sull'assetto edilizio del
territorio.
La
realizzazione di opere destinate al ricovero
di animali o di attrezzature agricole, per
l'uso prolungato cui sono destinate,
richiede la concessione edilizia, posto che
le stesse incidono in modo permanente e non
precario sull'assetto edilizio del
territorio (cfr. TAR Veneto, II, 25/02/2010
n. 532; TAR Umbria, Perugia, 04.07.2003, n.
573; TAR Basilicata, 07.07.2003, n. 687)
(TAR
Basilicata,
sentenza 10.09.2010 n. 599 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Trattasi
di manutenzione straordinaria
l'installazione di un mero pannello in
plastica rigida, infisso al muro e volto ad
attenuare il rumore proveniente dalla
sottostante e preesistente “pompa di
calore”, costituendo integrazione di un
servizio tecnologico dell’edificio pure
preesistente.
Alla stregua del disposto di cui all’art. 3,
co. 1, lett. b), del D.P.R. 380/2001
costituiscono interventi di manutenzione
straordinaria “le opere e le modifiche
necessarie per rinnovare e sostituire parti
anche strutturali degli edifici, nonché per
realizzare ed integrare i servizi
igienico-sanitari e tecnologici, sempre che
non alterino i volumi e le superfici delle
singole unità immobiliari e non comportino
modifiche delle destinazioni di uso”; e
appunto a questa categoria di interventi è
riconducibile quello qui in discussione,
atteso che trattasi della installazione di
un mero pannello in plastica rigida, infisso
al muro e volto ad attenuare (peraltro
secondo quanto richiesto dalla stessa
Autorità amministrativa e, comunque senza
determinare alcun nuovo volume o superficie
utile) il rumore proveniente dalla
sottostante e preesistente “pompa di
calore”, e così a costituire
integrazione di un servizio tecnologico
dell’edificio pure preesistente.
Dall’indicata qualificazione dell’intervento
deriva, allora, sulla scorta della normativa
di cui ai successivi artt. 6, 10 e 22 del
D.P.R. 380/2001 (nel testo vigente all’epoca
dei fatti, prima delle modifiche introdotte
dal D.L. 40/2010, convertito con
modificazioni dalla L. 73/2010), che lo
stesso avrebbe richiesto –per essere
conforme alle disposizioni urbanistiche–
soltanto una previa denuncia di inizio
attività; e con l’ulteriore conseguenza che
in mancanza di questa non sarebbe stato
consentito adottare la misura sanzionatoria
demolitoria di cui all’art. 31 D.P.R.
380/2001 (poiché prevista per le sole
ipotesi di assenza di permesso di costruire
o di opere in totale difformità dal
permesso), come invece fatto dal Comune di
Sorrento
(TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 07.09.2010 n. 17336 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Nelle gare d’appalto la regolarizzazione
documentale può essere consentita allorché i
vizi siano puramente formali o chiaramente
imputabili ad errore solo materiale.
Una clausola della lex specialis che
prevede un incombente a pena di esclusione
non può essere surrogata da una “dichiarazione
di accettazione” di ampio e non
specifico contenuto, per quanto redatta in
conformità delle norme in materia di
dichiarazioni sostitutive.
In presenza di una regola della lex
specialis chiara ed univoca, che
stabilisca la necessità di una determinata
dichiarazione a pena di esclusione, ove
questa manchi, l’esclusione costituisce atto
dovuto, in quanto ogni ulteriore
apprezzamento circa l’ordine di prevalenza
degli interessi pubblici in gioco (quali la
certezza delle regole, la par condicio, il
favor partecipationis) è stato
risolto “a monte”, con l’adozione del
bando di gara, che peraltro, nella vicenda
in esame, non è neppure stato fatto oggetto
di gravame.
Secondo il
costante indirizzo giurisprudenziale, nelle
gare per l’aggiudicazione dei contratti
dell’Amministrazione è preclusa alla
Commissione giudicatrice la possibilità di
consentire l’integrazione successiva di
documenti non allegati all’offerta, la cui
presentazione è fissata dalla lex
specialis a pena di esclusione, essendo
tale facoltà consentita solo con riguardo a
documenti presentati tempestivamente, sia
pure incompleti, e non per rimediare alla
loro mancata presentazione nei termini, con
irrimediabile violazione della par condicio
(in termini, ex multis, TAR Friuli
Venezia Giulia, 26.01.2006, n. 46; TAR
Sardegna, Sez. I, 23.06.2008, n. 1253).
In altri termini, un conto è la
regolarizzazione del documento già
presentato, altro conto è l’integrazione
documentale, che non può essere invocata per
supplire all’inosservanza di adempimenti
procedimentali significativi, in quanto si
risolverebbe in un effettivo vulnus
del principio di parità di trattamento.
Da ultimo, è stato ribadito in
giurisprudenza, con una statuizione
pienamente condivisa dal Collegio, che nelle
gare d’appalto la regolarizzazione
documentale può essere consentita allorché i
vizi siano puramente formali o chiaramente
imputabili ad errore solo materiale, e
sempre che riguardino dichiarazioni o
documenti che non sono richiesti a pena di
esclusione, non essendo, in quest’ultima
ipotesi, consentita la sanatoria o
l’integrazione postuma, che si tradurrebbero
in una violazione dei termini massimi di
presentazione dell’offerta ed, in
definitiva, in una violazione della par
condicio.
Sanatorie documentali sono possibili,
dunque, con la possibilità di integrare
successivamente la documentazione prodotta
con la domanda di partecipazione alla gara,
o comunque con l’offerta, con un duplice
limite:
a) la regolarizzazione deve riferirsi a
carenze puramente formali od imputabili ad
errori solo materiali;
b) la regolarizzazione non può mai
riguardare produzioni documentali violative
di prescrizioni della lex specialis
presidiate dalla comminatoria di esclusione
(così Cons. Stato, Sez. V, 22.02.2010, n.
1038)
(TAR Umbria,
sentenza 02.09.2010 n. 450 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: La
cartografìa del Piano Regolatore deve
ritenersi vincolante, salvo che si provi che
esse sono frutto di errore materiale ovvero
che esse non corrispondono alle direttive
imposte dal pianificatore.
La recente sentenza di Consiglio di Stato,
sez. IV, 11.03.2010 n. 1452, la quale ha
ribadito che “gli elaborati grafici
costituiscono parte integrante del Piano
Regolatore”; che, pertanto, “per
togliere validità ad un segno grafico
inserito nella planimetria adottata ed
approvata occorre fornire la prova positiva
che esso è stato apposto erroneamente o,
comunque, in contrasto con specifiche ed
univoche indicazioni di piano”; che,
conclusivamente, “le previsioni degli
elaborati grafici integrano ed hanno effetto
vincolante anche se le stesse non trovano
riscontro nella normativa di piano”.
Se dunque, la tipizzazione evincibile dalla
cartografìa del Piano Regolatore deve
ritenersi vincolante, salvo che si provi che
esse sono frutto di errore materiale ovvero
che esse non corrispondono alle direttive
imposte dal pianificatore, a maggior ragione
esse non potranno essere disapplicate
allorché il loro contenuto neppure sia in
contrasto con le norme di attuazione di
riferimento.
Interessante è, ancora, la sentenza di
Consiglio di Stato, sez. V, 07.04.2004 n.
1968, la quale ha affermato che la modifica
dello strumento urbanistico in sede di
emenda di errore materiale può essere
disposta solo ove tale attività non comporti
una attività interpretativa della volontà
della Amministrazione: tale pronuncia
conferma che all’eventuale errore in cui
sarebbe incorso l’estensore del Piano
Regolatore del 1998 omettendo di segnalare
la inedificabilità dei lotti a volumetria
già consumata, il Comune non avrebbe potuto
porre rimedio attraverso la procedura di
correzione degli errori materiali, ma solo
passando attraverso una procedura di
variante, giacché ad una tale modifica si
potrebbe eventualmente giungere solo in via
interpretativa
(TAR Puglia-Bari, Sez. II,
sentenza 25.08.2010 n. 3414 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
In un settore delicato quale è
quello della tutela paesistica, la sanzione
pecuniaria ex art. 15 l. n. 1497/1939 in
discussione sembra svolgere essenzialmente
una funzione dissuasiva: quella di
scoraggiare la prassi delle autorizzazioni
in sanatoria, che ponendo le Soprintendenze
nella situazione di decidere a “cose fatte”,
impedisce in concreto quella dialettica
preventiva tra privato e soggetto pubblico
(preposto alla tutela) che può consentire in
molti casi un miglioramento del progetto
(soprattutto nei dettagli), tale da
garantire un più adeguato inserimento del
manufatto nell’ambiente circostante.
La tesi dell’appellante è che nel sistema
della legislazione paesistica le sanzioni
pecuniarie ivi previste non sono
esclusivamente collegate a un danno
ambientale, ma servono anche a coprire le
infrazioni procedimentali.
Questo Consiglio ritiene che quest’ultima
impostazione -aderente peraltro
all’orientamento giurisprudenziale
prevalente (cfr. C.S., VI, 28.07.2006, n.
4690)- sia da condividere, poiché, in un
settore delicato quale è quello della tutela
paesistica, la sanzione in discussione
sembra svolgere essenzialmente una funzione
dissuasiva: quella di scoraggiare la prassi
delle autorizzazioni in sanatoria, che
ponendo le Soprintendenze nella situazione
di decidere a “cose fatte”, impedisce
in concreto quella dialettica preventiva tra
privato e soggetto pubblico (preposto alla
tutela) che può consentire in molti casi un
miglioramento del progetto (soprattutto nei
dettagli), tale da garantire un più adeguato
inserimento del manufatto nell’ambiente
circostante
(C.G.A.R.S.,
sentenza 20.03.2009 n. 135 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI: Il
concetto di “piccole e modeste” costruzioni,
previsto dalla legge per l’individuazione
dell’ambito operativo riservato ai Geometri,
non è configurabile nel caso di costruzioni
per civile abitazioni realizzate in zona
sismica, con struttura in cemento armato, ma
solo nell’ipotesi di manufatti realizzati
con altri sistemi costruttivi (es.
muratura).
Il TAR Lazio-Latina con sentenza n.
320/2005, confermata dal Consiglio di Stato,
Sez. V, con
ordinanza 30.08.2005 n. 4112,
nell’annullare una concessione edilizia per
la realizzazione di un villino unifamiliare,
fa propria la tesi del ricorrente secondo
cui il concetto di “piccole e modeste”
costruzioni, previsto dalla legge per
l’individuazione dell’ambito operativo
riservato ai Geometri, non è configurabile
nel caso di costruzioni per civile
abitazioni realizzate in zona sismica, con
struttura in cemento armato, ma solo
nell’ipotesi di manufatti realizzati con
altri sistemi costruttivi (es. muratura).
Inoltre la sentenza ribadisce “che la
fondatezza del predetto motivo di gravame
non è ostacolata dalla circostanza –addotta
da controparte- che, nella specie, il
calcolo del cemento armato è stato operato
da un Ingegnere, dovendosi considerare la
“progettazione”, affidata nella specie ad un
“Geometra”, un unicum inscindibile,
riferibile solo al suo autore, anche se
questi si è avvalso per il calcolo delle
strutture in cemento armato di altri
professionisti competenti, non sanandosi, in
ipotesi, il difetto di competenza del
progettista titolare”
(TAR Lazio-Latina,
sentenza 29.04.2005 n. 320 - link a
www.ordine-ingegneri.ap.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI: I
geometri non possono progettare opere di
carattere civile comportanti l’impiego anche
soltanto parziale di elementi in cemento
armato, sicché è vietata a questa categoria
di professionisti anche la progettazione di
manufatti isostatici, da realizzare per
intero in conglomerato, senza interazione
con corpi di fabbrica in muratura
tradizionale.
La Corte di Cassazione sancisce che i
geometri non possono progettare opere di
carattere civile comportanti l’impiego anche
soltanto parziale di elementi in cemento
armato, sicché è vietata a questa categoria
di professionisti anche la progettazione di
manufatti isostatici, da realizzare per
intero in conglomerato, senza interazione
con corpi di fabbrica in muratura
tradizionale.
Né, sul punto, è possibile ritenere che le
innovazioni introdotte nei programmi
scolastici degli istituti tecnici abbiano
ampliato le competenze professionali dei
geometri, mediante l’inclusione tra le
materie di studio di alcuni argomenti
attinenti alle strutture in cemento armato.
Si tratta, infatti di disposizioni aventi
oggetto e finalità ben diversi da quelli
delle norme che definiscono l’ambito
consentito di esercizio della professione
(Corte di cassazione, Sez. II,
sentenza 05.02.2005 n. 3021 - link a
www.ordine-ingegneri.ap.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI: Con
riferimento alle competenze dei geometri in
materia di progettazione, direzione e
vigilanza di modeste costruzioni civili,
l’art. 16 del R.D. 274/1929, nel prevedere
che i geometri non possono redigere progetti
di costruzioni che comportino l’impiego di
conglomerati cementiti, semplici o armati,
in strutture statiche portanti, si riferisce
sia ai progetti di massima che a quelli
esecutivi, mentre nessun riscontro ha nella
legge la categoria del progetto
architettonico.
La Corte di cassazione sancisce che con
riferimento alle competenze dei geometri in
materia di progettazione, direzione e
vigilanza di modeste costruzioni civili,
l’art. 16 del R.D. 274/1929, nel prevedere
che i geometri non possono redigere progetti
di costruzioni che comportino l’impiego di
conglomerati cementiti, semplici o armati,
in strutture statiche portanti, si riferisce
sia ai progetti di massima che a quelli
esecutivi, mentre nessun riscontro ha nella
legge la categoria del progetto
architettonico
(Corte di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 05.11.2004 n. 21185 - link a
www.ordine-ingegneri.ap.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI: La
violazione delle norme imperative sui limiti
dei poteri del professionista stabiliti
dalla legge professionale –nella specie
l’art. 16 del R.D. 274/1929 che consente al
geometra la progettazione, la direzione e la
vigilanza di modeste costruzioni civili–
determina la nullità del contratto di opera
professionale ex art. 1418 del codice civile
in relazione anche agli articoli 2229 e
seguenti dello stesso codice, con la
conseguenza che il geometra non ha diritto
ad alcun compenso per l’opera prestata.
La Corte di Cassazione sancisce il principio
che la violazione delle norme imperative sui
limiti dei poteri del professionista
stabiliti dalla legge professionale –nella
specie l’art. 16 del R.D. 274/1929 che
consente al geometra la progettazione, la
direzione e la vigilanza di modeste
costruzioni civili– determina la nullità del
contratto di opera professionale ex art.
1418 del codice civile in relazione anche
agli articoli 2229 e seguenti dello stesso
codice, con la conseguenza che il geometra
non ha diritto ad alcun compenso per l’opera
prestata
(Corte di Cassazione, Se. II civile,
sentenza 04.10.2004 n. 19821 - link a
www.ordine-ingegneri.ap.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI: La
competenza dei geometri è limitata alla
progettazione, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili, con esclusione
di quelle che comportino l’adozione anche
parziale di strutture in cemento armato,
mentre in via di eccezione si estende anche
a queste strutture solo con riguardo alle
piccole costruzioni accessorie, nell’ambito
di edifici rurali o destinati alle industrie
agricole, che non comportino particolari
operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non comportino pericolo per le
persone, restando comunque esclusa la
suddetta competenza nell’ambito delle
costruzioni in cemento armato, la cui
progettazione e direzione, qualunque ne sia
l’importanza, è, pertanto, riservata solo
agli ingegneri e agli architetti iscritti
nei relativi albi professionali.
La Corte di Cassazione ribadisce che, a
norma dell’art. 16, lettera m, del R.D.
11.02.1929, n, 274, la competenza dei
geometri è limitata alla progettazione,
direzione e vigilanza di modeste costruzioni
civili, con esclusione di quelle che
comportino l’adozione anche parziale di
strutture in cemento armato, mentre in via
di eccezione si estende anche a queste
strutture solo con riguardo alle piccole
costruzioni accessorie, nell’ambito di
edifici rurali o destinati alle industrie
agricole, che non comportino particolari
operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non comportino pericolo per le
persone, restando comunque esclusa la
suddetta competenza nell’ambito delle
costruzioni in cemento armato, la cui
progettazione e direzione, qualunque ne sia
l’importanza, è, pertanto, riservata solo
agli ingegneri e agli architetti iscritti
nei relativi albi professionali
(Corte di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 25.03.2004 n. 5961 - link a
www.ordine-ingegneri.ap.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI:
Risponde al reato di esercizio
abusivo della professione il geometra che
procede alla progettazione ed alla direzione
dei lavori di un edificio con strutture in
cemento armato che non sia di modeste
dimensioni, anche se il progetto è vistato o
controfirmato da un professionista abilitato
o se i calcoli del cemento armato sono stati
fatti eseguire da un ingegnere.
L’opera progettata non può considerarsi di
modeste dimensioni, trattandosi della
sopraelevazione di ben tre piani, per una
volumetria complessiva di 1700 metri cubi.
Ne deriva, quindi, l’inidoneità del progetto
predisposto dal geometra.
La Sezione ha ripetutamente chiarito che per
gli edifici destinati a civile abitazione,
la competenza dei geometri è limitata alle
sole costruzioni di modeste dimensioni, con
divieto di progettare opere per cui vi sia
impiego di cemento armato, tale da
implicare, in relazione alla destinazione
dell'opera, un pericolo per l'incolumità
della persone in caso di difetto
strutturale, stante l'evidente favore che le
varie norme pongono per la competenza
esclusiva dei tecnici laureati, nonché
l'obbligo della p.a., in sede di rilascio
della concessione edilizia, di motivare
congruamente in ordine alla sufficienza
della redazione di un progetto da parte di
un geometra (Consiglio Stato sez. V,
13.01.1999, n. 25).
La competenza dei geometri per la
realizzazione in cemento armato di piccole
costruzioni accessorie di edifici rurali
deve essere estesa, ai sensi dell'art. 16
r.d. 11.02.1929 n. 274, anche alle opere
accessorie alle costruzioni civili, fermo
restando che deve trattarsi di costruzioni
di dimensioni esigue e tali da non
presentare particolari problemi strutturali
(Consiglio Stato sez. V, 08.06.1998, n.
779).
Secondo tale pronuncia, non rientra nella
competenza professionale del geometra la
progettazione e la realizzazione di opere in
cemento armato che eccedano i limiti posti
dagli art. 16 ss. r.d. 11.02.1929 n. 274,
ossia le piccole costruzioni accessorie di
edifici rurali e per uso di industrie
agricole, che non richiedano particolari
operazioni di calcolo e non costituiscano
comunque pericolo per l'incolumità delle
persone (nella specie, è illegittimo il
progetto firmato da un geometra per la
realizzazione di un grande capannone
industriale, poggiante su una fondazione di
pali e pilastri in cemento armato e con
solai in laterocemento e, comunque, di
natura e dimensioni tali da non poter esser
definito come una modesta costruzione
civile).
Questo rigoroso orientamento è solo in parte
contrastato da altre pronunce, secondo le
quali, dal complesso normativo risultante
dal r.d. 16.11.1939 n. 2229 e dalle l.
05.11.1971 n. 1086, 02.02.1974 n. 64 e
02.03.1949 n. 144 si deve trarre la
conclusione che ai tecnici diplomati non è
preclusa in assoluto la progettazione di
strutture in cemento armato: anzi la stessa
è specificamente prevista e consentita
sempre che si mantenga nei limiti della
competenza come determinata nella rispettiva
disciplina professionale: ne consegue che la
competenza dei geometri alla progettazione,
direzione e vigilanza di modeste costruzioni
civili non trova alcuna limitazione o
preclusione nella relativa struttura in
cemento armato e dovendo anzi tenersi conto
della specifica cultura di tali
professionisti accresciuta dall'evoluzione
delle relative conoscenze tecniche
(Consiglio Stato sez. IV, 09.08.1997, n.
784).
Infatti, anche tale decisione circoscrive il
proprio campo di azione alle opere di
dimensioni minori, senza generalizzare la
competenza progettuale dei geometri: poiché
l'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929 n. 274,
concernente l'ordinamento professionale dei
geometri, consente l'attività di
progettazione, direzione e vigilanza di "modeste
costruzioni civili" senza ulteriori
specificazioni, rientra nella competenza dei
geometri anche la progettazione di
costruzioni in cemento armato, purché tali
costruzioni, sotto il profilo
tecnico-qualitativo, rientrino, per i
problemi tecnici che implicano, nella loro
preparazione professionale.
Va rilevato, poi, che un indirizzo più
restrittivo è sostenuto dalla Cassazione
civile, secondo la quale il r.d. 16.11.1939
n. 2229 esclude dalla competenza dei
geometri -essendo di competenza di
architetti ed ingegneri- i progetti di
lavori comportanti l'impiego di cemento
armato. Tale disciplina non è mutata dopo le
leggi 05.11.1971 n. 1086 sulle opere in
conglomerato cementizio e 02.02.1974 n. 64
sulle costruzioni in zone sismiche
(Cassazione civile sez. II, 30.03.1999, n.
3046).
In tale prospettiva, si afferma che a norma
dell'art. 16, lett. m), r.d. 11.02.1929 n.
274, la competenza dei geometri è limitata
alla progettazione, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili, con esclusione
di quelle che comportino l'adozione anche
parziale di strutture in cemento armato,
mentre in via di eccezione, si estende anche
a queste strutture, a norma della lett. l)
del medesimo articolo, solo con riguardo
alle piccole costruzioni accessorie
nell'ambito degli edifici rurali o destinati
alle industrie agricole che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per
la loro destinazione non comportino pericolo
per le persone, restando quindi comunque
esclusa la suddetta competenza nel campo
delle costruzioni civili ove si adottino
strutture in cemento armato, la cui
progettazione e direzione qualunque ne sia
l'importanza e' pertanto riservata solo agli
ingegneri e architetti iscritti nei relativi
albi professionali (Cassazione civile sez. II, 02.04.1997, n. 2861).
Tanto la progettazione quanto l'esecuzione
di opere in conglomerato cementizio,
semplice ed armato, riservata per legge agli
ingegneri ed agli architetti, esulano dalla
competenza professionale dei geometri, cui è
riconosciuta esclusivamente la facoltà (ex
art. 16 lettera L del regolamento di cui al
r.d. n. 274 del 1929) di progettare lavori
comportanti l'impiego di cemento armato
-limitatamente a piccole costruzioni
accessorie di edifici rurali ovvero adibiti
ad uso di industrie agricole- di limitata
importanza, di struttura ordinaria e che non
richiedano, comunque, particolari operazioni
di calcolo, tali, in definitiva, da non
poter comportare, per loro destinazione,
pericolo alcuno per l'incolumità delle
persone (Cassazione civile sez. II,
22.10.1997, n. 10365).
La giurisprudenza penale, poi, afferma che
l'art. 2 della legge 05.11.1971 n. 1086,
nell'indicare i professionisti abilitati
alla progettazione ed alla costruzione delle
opere in conglomerato cementizio armato,
normale e precompresso, fa espressamente
salvi i limiti delle singole competenze
professionali.
Per quanto riguarda i geometri, occorre fare
riferimento alle lettere l) e m) dell'art.
16 del r.d. 11.02.1929 n. 274, che segnano i
limiti della competenza del geometra in
materia di costruzioni rurali e civili, e da
cui può desumersi che, relativamente alle
costruzioni in cemento armato, il geometra
e' abilitato alla progettazione e direzione
di lavori afferenti a esse solo quando si
tratti di modeste costruzioni -intendendosi
con tale termine la limitata entità
dell'opera nel suo complesso e non la sola
semplicità di essa- che non richiedano
complessi calcoli delle strutture e non
comportino problemi di stabilità e pericolo
per la incolumità pubblica (fattispecie in
cui e' stata ritenuta corretta la
valutazione dei giudici di merito che
avevano escluso l'abilitazione del geometra
trattandosi di opere, realizzate in
difformità totale dalla concessione edilizia
e comportanti aumenti planovolumetrici e di
superficie, ritenute non di modesta entità
con riferimento all'edificio
complessivamente considerato) (Cassazione
penale sez. III, 16.10.1996, n. 10125).
Nello stesso senso, si è chiarito che
risponde del reato di esercizio abusivo
della professione il geometra che procede
alla progettazione ed alla direzione dei
lavori di un edificio con strutture di
cemento armato che non sia di modeste
dimensioni anche se il progetto è
controfirmato o vistato da un professionista
abilitato o se i calcoli del cemento armato
sono stati fatti eseguire da un ingegnere.
Al fine di valutare la entità dell'opera il
giudice dovrà tenere conto sia delle
dimensioni che della complessità oltre che
dell'importo economico. Non necessariamente
dovrà trattarsi di un'unica unità abitativa,
ma non potrà certo rientrare tra le
competenze del geometra la progettazione di
cubature utili ad edifici con una pluralità
di appartamenti.
Il testo fondamentale che fissa i limiti
della competenza dei geometri è ancora
l'art. 16 del r.d. 11.02.1929 n. 247, poiché
anche le norme successive che hanno
consentito la progettazione di struttura di
cemento armato, fanno riferimento ai limiti
posti da tale legge (Cassazione penale sez.
VI, 10.10.1995, n. 1147; Cassazione penale
sez. VI, 02.02.1993).
Dunque, per valutare la idoneità del
geometra a firmare il progetto di un’opera
edilizia che comporta l’uso di cemento
armato, occorre considerare le concrete
caratteristiche dell’intervento. A tal fine,
non possono essere prefissati criteri rigidi
e fissi, ma è necessario considerare tutte
le particolarità della concreta vicenda,
anche alla luce dell’evoluzione tecnica ed
economica del settore edilizio.
Nel caso di specie, come opportunamente
evidenziato dal tribunale, l’opera
progettata non può considerarsi di modeste
dimensioni, trattandosi della
sopraelevazione di ben tre piani, per una
volumetria complessiva di 1700 metri cubi.
Ne deriva, quindi, l’inidoneità del progetto
predisposto dal geometra (Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 31.01.2001 n. 348 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Produce
trasformazione urbanistica ogni intervento
che alteri in modo rilevante e duraturo lo
stato del territorio, anche in relazione
alla sua qualificazione giuridica, a nulla
rilevando l’eventuale precarietà strutturale
del manufatto in quanto non si traduca in
suo uso per fini contingenti e specifici.
Questo Consiglio ha chiarito che sono
assoggettate a concessione non le sole
attività di edificazione “ma tutte quelle
consistenti nella modificazione dello stato
materiale e della conformazione del suolo
per adattarlo ad un impiego diverso da
quello che gli è proprio, in relazione alla
sua condizione naturale e alla sua
qualificazione giuridica” (C.D.S., Sez.V,
01.03.1993, n. 319) e, inoltre che “è
soggetta a concessione da parte del Sindaco
ogni attività che comporti la trasformazione
del territorio attraverso l’esecuzione di
opere comunque attinenti agli aspetti
urbanistici ed edilizi, quando il mutamento
o l’alterazione abbiano un rilievo
ambientale, estetico o funzionale” (C.D.S.,
Sez. V, 23.01.1991, n. 64), venendo infine
precisato che “Necessita di concessione
il manufatto che, pur se non infisso nel
suolo ma soltanto aderente in modo stabile
ad esso, è destinato ad una utilizzazione
perdurante nel tempo” (C.D.S., Sez. V,
24.02.1996).
Produce dunque trasformazione urbanistica
ogni intervento che alteri in modo rilevante
e duraturo lo stato del territorio, anche in
relazione alla sua qualificazione giuridica,
a nulla rilevando l’eventuale precarietà
strutturale del manufatto in quanto non si
traduca in suo uso per fini contingenti e
specifici (cfr. anche Sez. V, 20.12.1999, n.
2125)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 31.01.2001 n. 343 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI:
I geometri non possono progettare
o dirigere costruzioni in cemento armato di
tipo civile, neppure di modesta entità:
possono progettare o dirigere costruzioni in
cemento armato, solo quando sono costruzioni
accessorie di tipo rurale e non presentino
particolare complessità
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 06.11.2000 n. 11287). |
COMPETENZE PROFESSIONALI: Esula
dalla competenza professionale di un
geometra il progetto di un capannone
industriale e deve essere progettato, cioè
pensato tecnicamente, da un soggetto in
grado di poterne valutare tutti gli aspetti
strutturali, non sembrando logico che
l’aspetto architettonico si disinteressi
delle soluzioni progettuali delle strutture
portanti dell’opera realizzata.
Il TAR LIGURIA (confermata da Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 01.12.2003 n. 7821, qui
in
versione stralciata)
nell’annullare la concessione edilizia
rilasciata dal Comune di La Spezia nel
riaffermare il principio che non può essere
riconosciuta ai geometri la competenza a
progettare capannoni industriali in cemento
armato ha rilevato: “qualunque sia
l’aspetto preso in considerazione, sia per
le dimensioni che per la complessità
dell’opera, che per la sua destinazione, il
progetto di un capannone industriale quale
quello commissionato, esuli dalla competenza
professionale di un geometra e debba essere
progettato, cioè pensato tecnicamente, da un
soggetto in grado di poterne valutare tutti
gli aspetti strutturali, non sembrando
logico che l’aspetto architettonico si
disinteressi delle soluzioni progettuali
delle strutture portanti dell’opera
realizzata"
(TAR Liguria, Sez. I,
sentenza 20.09.1997 n. 333 - link
a www.ordine-ingegneri.ap.it). |
COMPETENZE PROFESSIONALI:
Nei casi in cui le
caratteristiche di un progetto costruttivo
siano oggettivamente tali da far dubitare
della competenza del progettista,
l'Amministrazione deve motivare
adeguatamente sulle ragioni per cui ritiene
sufficiente tale competenza
(Corte di Cassazione, Sez. V civile,
sentenza 12.11.1985 n. 330). |
COMPETENZE PROFESSIONALI:
Spetta all'Amministrazione
accertare, caso per caso, valutando i
singoli progetti, se la costruzione da
erigere su un progetto firmato da un
geometra sia di modeste dimensioni, con
limitato impiego di strutture in
conglomerato cementizio, la cui stabilità
non possa interessare l'incolumità delle
persone; pertanto il rilascio puro e
semplice della licenza, senza alcuna
motivazione al riguardo, è viziato da
eccesso di potere
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza
23.10.1973 n. 714). |
AGGIORNAMENTO ALL'01.10.2010 (ore 16,00) |
ã |
A V
V I S O
In relazione ai convegni
organizzati in quel di Bergamo per il 06, 13
e 20 ottobre 2010, si avvisano i naviganti
del sito che i posti a sedere (per tutte e
tre le giornate) sono esauriti.
Ai fini della migliore cognizione del
presente avviso, il telefax è stato
disattivato e sarà riattivato da lunedì
11.10.2010 per la ricezione SOLAMENTE delle
adesioni al convegno di Marcallo con Casone
(MI) del 21.10.2010.
Inoltre, si chiede cortesemente a tutti
coloro che hanno prenotato l'adesione alle
tre giornate bergamasche di effettivamente presenziare e
di dare "forfait" solo a causa di
forza maggiore (cataclismi, diluvio
universale, caduta meteoriti, invasione di
cavallette, ecc.)
pregiudicando, altrimenti, la possibilità di
partecipazione di coloro che erano
fattivamente interessati e che sono stati
esclusi.
LA SEGRETERIA PTPL |
UTILITA' |
EDILIZIA PRIVATA:
Amianto nelle costruzioni: rischio da
esposizione, tipologia di interventi e
normativa applicabile.
In greco la parola amianto significa
immacolato e incorruttibile e asbesto
significa perpetuo e inestinguibile.
L'amianto, chiamato perciò anche asbesto, è
un minerale naturale a struttura
microcristallina, di aspetto fibroso
appartenente alla classe chimica dei
silicati e alle serie mineralogiche del
serpentino e degli anfiboli.
La struttura fibrosa attribuisce all'amianto
particolari caratteristiche:
- resiste al fuoco e al calore, all'azione
di agenti chimici e biologici, all'abrasione
e all'usura (termica e meccanica);
- è facilmente filabile e può essere
tessuto;
- è dotato inoltre di proprietà
fonoassorbenti e termoisolanti;
- si lega facilmente con materiali da
costruzione (calce, gesso, cemento) e con
alcuni polimeri (gomma, PVC).
Tali caratteristiche spiegano il largo
utilizzo che è stato fatto del materiale in
campo edile.
L'amianto, tuttavia, è una sostanza
cancerogena; la Legge n. 257 del 27/03/1992,
per questa ragione, ha vietato l'estrazione,
l'importazione, l'esportazione, la
commercializzazione e la produzione di
amianto o di prodotti contenenti amianto. La
Legge ha impedito qualsiasi ulteriore
diffusione e aumento di prodotti contenenti
amianto sul territorio nazionale, non
prevedendo alcun obbligo di rimozione dagli
edifici di materiali contenenti amianto.
L'amianto rappresenta un pericolo per la
salute solo quando esiste la possibilità che
le fibre (costituenti la polvere) siano
inalate.
La presenza di amianto in un edificio,
pertanto, non presenta di per sé un pericolo
per la salute degli occupanti; se il
materiale contenente amianto è in buone
condizioni e non viene manomesso, è
estremamente improbabile che esista un
pericolo apprezzabile di rilascio di fibre
di amianto.
Sul sito della Regione Campania sono
disponibili alcuni documenti che illustrano
normativa di riferimento, storia, tipologie
di intervento possibili in presenza di
amianto e protezione dai rischi connessi
all'esposizione all'amianto.
Tutti i documenti sono aggiornati alle
disposizioni del D.Lgs. 81/2008 con le
modifiche del D.Lgs.106/2009 (link a
www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA - VARI:
Fonti rinnovabili: incompatibili
agevolazioni fiscali e incentivi per la
produzione di energia elettrica.
Il Gestore dei Servizi Elettrici (GSE) di
concerto con il Ministero dello Sviluppo
Economico ha specificato che non è possibile
cumulare agevolazioni fiscali (Tremonti-ter)
con gli incentivi (certificati verdi e
tariffa omnicomprensiva) riconosciuti alla
produzione di energia rinnovabile per gli
impianti entrati in esercizio dopo il
30.06.2009.
La detassazione prevista dalla Tremonti-ter
si configura come un risparmio di spesa e
costituisce di per sé un contributo pubblico
incompatibile, in quanto tale, con gli
incentivi previsti per la produzione da
fonti rinnovabili dalla Finanziaria 2008.
Per impianti a biomasse di filiera
(certificati verdi – DM 18/12/2008) e per
impianti di aziende agricole o gestiti in
connessione con aziende agricole (tariffa
onnicomprensiva – Legge 99/2009) invece, è
possibile cumulare, nel limite del 40%
dell'investimento, certificati verdi o
tariffa onnicomprensiva con contributi
pubblici, incluse le agevolazioni fiscali
suddette (link a www.acca.it). |
PUBBLICO IMPIEGO - VARI:
Orario di Lavoro: normativa, sicurezza, ...
La tematica dell'orario di lavoro
rappresenta sicuramente uno degli aspetti
più rilevanti nell' ambito della vita
lavorativa (e non solo) di ciascun
individuo. Già in passato si era compresa
l'importanza di individuare, nell'arco della
giornata, spazi temporali delimitati, da
riservare alle diverse attività.
A livello comunitario si è ricercata una
maggiore flessibilità dei tempi di lavoro,
tesa ad ottenere una migliore distribuzione
del tempo da dedicarsi all'attività
lavorativa rispetto a quello da destinare
alle attività familiari, sociali e di svago,
oltre che, naturalmente, di riposo.
Grande rilevanza è inoltre assegnata
all'esigenza sempre maggiore di una
rafforzata tutela della salute e della
sicurezza del lavoratore.
La direzione provinciale del lavoro di
Modena ha diffuso, attraverso il proprio
sito internet, una pubblicazione che
affronta tutti gli aspetti e le
problematiche connesse all'orario di lavoro,
dal titolo "L'orario di lavoro: orario
normale e orario massimo di lavoro".
La pubblicazione si compone di ben 117
pagine e si articola in 5 capitoli:
- Evoluzione storica: la disciplina
dell'orario di lavoro;
- La durata della prestazione di lavoro. La
durata dell'orario giornaliero;
- Il D. Lgs. n. 213/2004;
- La sicurezza del lavoro;
- Conclusioni (link a www.acca.it). |
GURI - GUUE -
BURL (e anteprima) |
EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 30.09.2010 n. 229, suppl. ord. n.
227/L, "Regolamento per la
semplificazione ed il riordino della
disciplina sullo sportello unico per le
attività produttive, ai sensi dell’articolo
38, comma 3, del decreto-legge 25.06.2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla
legge 06.08.2008, n. 133" (D.P.R.
07.09.2010 n. 160). |
EDILIZIA PRIVATA: G.U.
30.09.2010 n. 229, suppl. ord. n. 227/L, "Regolamento
recante i requisiti e le modalità di
accreditamento delle agenzie per le imprese,
a norma dell’articolo 38, comma 4, del
decreto-legge 25.06.2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge
06.08.2008, n. 133" (D.P.R.
09.07.2010 n. 159). |
DIPARTIMENTO
FUNZIONE PUBBLICA |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO:
Art. 55-septies del decreto legislativo
30.03.2001, n. 165, introdotto dall'art. 69
del decreto legislativo 27.10.2009, n. 150 -
Trasmissione per via telematica dei
certificati di malattia. Ulteriori
indicazioni (Dipartimento della Funzione
Pubblica e Dipartimento per la
Digitalizzazione della Pubblica
Amministrazione e l'innovazione tecnologica,
circolare 28.09.2010
n. 43096 di prot.). |
GIURISPRUDENZA |
EDILIZIA PRIVATA:
Impugnazione della concessione
edilizia - Termine - Decorrenza - Effettiva
conoscenza del provvedimento lesivo -
Valutazione caso per caso - Esempi.
Il termine per l’impugnazione della
concessione edilizia rilasciata al
controinteressato non decorre dal momento
della pubblicazione all’albo pretorio ma da
quello in cui il ricorrente abbia avuto
piena ed effettiva conoscenza del
provvedimento lesivo.
Quest’ultimo effetto si riconnette di solito
al momento in cui la parte abbia riscontrato
in rerum natura l’avvio di un attività
edificatoria ritenuta contrastante con le
norme urbanistiche.
Tale regola “di massima” va precisata
ed adattata ai singoli casi di volta in
volta vagliati dal giudice amministrativo,
ed è idonea a condurre a soluzioni anche
diversificate, a seconda delle peculiarità
dell’attività edificatoria in corso e dei
vizi denunciati: ad esempio, la conoscenza
compiuta -ed il conseguente onere di
impugnazione- scatta immediatamente col
semplice avvio della costruzione,
nell’ipotesi in cui il ricorrente intenda
far valere l’assoluta inedificabilità del
suolo oggetto di attività edilizia.
Ove, invece, si volesse contestare la
violazione delle distanze regolamentari da
edifici vicini, è necessario che siano
almeno realizzate le fondamenta della
costruzione, che costituiscono l’<impronta>
dell’edificio; in tal caso, allora, il
dies a quo del termine per ricorrere
coincide col momento in cui si percepisce la
realizzazione delle fondamenta.
In altri casi ancora la percezione della
lesività e dell’illegittimità postulano il
completamento della struttura essenziale del
fabbricato, ed è solo da tale momento che
scatta l’onere processuale di impugnazione.
Tanto si verifica, ad esempio, allorquando
si contestino l’altezza e la volumetria
dell’erigendo edificio (TAR Sicilia-Catania,
Sez. I,
sentenza 27.09.2010 n. 3835 -
link a www.ambientediritto.it) |
EDILIZIA PRIVATA:
AREE PROTETTE - Valutazione di
incidenza - Parere dell’ente parco -
Procedimenti autonomi - Competenze
differenziate - Salvaguardia di beni solo
parzialmente coincidenti - Coesistenza di
una valutazione di incidenza positiva e di
un parere del parco di segno opposto -
Possibilità.
Non è precluso all’Ente parco l’esame degli
effetti di un intervento sulle risorse
naturali, quando si sia già conclusa
favorevolmente la procedura di valutazione
di incidenza ai sensi delle Direttive
1979/409/CE e 1992/43/CE. Ciò non soltanto
in virtù del fatto che la legge attribuisce
la competenza, per i due procedimenti, ad
Amministrazioni diverse, ciascuna dotata di
autonomo potere decisionale (la Provincia e
l’Ente parco).
Invero, è da considerare che anche sul piano
sostanziale i due procedimenti sono
preordinati alla salvaguardia di beni solo
parzialmente coincidenti: la fauna e
l’habitat naturale per i siti d’importanza
comunitaria SIC e ZPS, il paesaggio ed il
complessivo equilibrio dell’ecosistema e
delle risorse naturali e produttive per il
Parco.
Sicché nulla esclude che in concreto
coesistano, debitamente giustificate ed
entrambe legittime, una valutazione di
incidenza positiva ed un parere dell’Ente
parco di segno opposto, anche quando
quest’ultimo sia stato già anticipato (e
disatteso) nell’ambito del procedimento
condotto dalla Provincia (TAR Puglia-Bari,
Sez. I,
sentenza 24.09.2010 n. 3493 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Concessione edilizia scaduta
causata da condotte illecite di terzi -
Impedimento oggettivo all’esecuzione dei
lavori - Domanda di proroga - Sospensione
del decorso dei termini ex art. 4, 1. n.
10/1977, ora art. 15, DPR n. 380/2001.
A fronte di condotte illecite di terzi
perduranti nel tempo (in specie, abusive
occupazioni dell'area demaniale marittima
interessata dai lavori di costruzione del
porto turistico), in alcun modo riferibili
alla condotta del concessionario, si
determina un impedimento oggettivo
all’esecuzione dei lavori che non possono in
alcun modo essere realizzati. Dette condotte
costituiscono quella causa di forza maggiore
che sospende il decorso dei termini ex art.
4, 1. n. 10/1977, ora art. 15, DPR n.
380/2001 (Cons. Stato, V, 29.01.2003 n.
453).
Concessione edilizia
scaduta a causa di sospensioni disposte da
amministrazione - Mancata proroga della
concessione - Nuova valutazioni
dell'amministrazione difforme - Presupposti
- Nuovi elementi di fatto e giuridici -
Principio di univocità e continuità
dell'azione amministrativa - Fattispecie -
Art. 97 Cost. - Art. 4, n. 10/1977 ora art.
15, DPR n. 380/2001.
In materia urbanistica, le precedenti
valutazioni della amministrazione non
impediscono una nuova valutazione difforme,
nondimeno è anche vero che affinché la nuova
valutazione possa considerarsi legittima,
deve essere fondata su nuovi elementi (nella
specie del tutto insussistenti essendo la
situazione rimasta totalmente immutata
rispetto all'anno di concessione), e su
nuove considerazioni giuridiche (parimenti
insussistenti), atteso che in entrambi i
casi si deve valutare la proroga della
stessa concessione edilizia ex art. 4, 4°
comma, l. 10/1977 ora art. 15, DPR n.
380/2001. Diversamente opinando, si
lederebbe infatti la certezza delle
situazioni giuridiche private e si
oblitererebbero i principi di univocità e
continuità dell'azione amministrativa
inspirati al rispetto dell'art. 97 Cost..
Nella specie, non trattandosi di impedimenti
determinati da mero fatto del terzo, ma di
sospensioni disposte da amministrazione
avente precipua potestà sull'uso dell'area e
direttamente comunicate dalla stessa
amministrazione marittima dello Stato al
comune di Gaeta, tale circostanza appariva
idonea affinché il comune, portato a
conoscenza dall'autorità competente di una
causa obiettiva di sospensione, adottasse un
provvedimento di proroga correlato all'esito
della potestà esercitata
dall'amministrazione statale. Sicché, la
specifica richiesta di proroga da parte
degli interessati appare necessaria nel caso
in cui la rilevanza obiettiva delle ragioni
da addursi a suffragio della stessa può
essere valutata solo dalla parte richiedente
(ad esempio, per eventi straordinari di
carattere naturale).
Altrettanto non può ritenersi per
provvedimenti paralizzanti il titolo
concessorio portati comunque a conoscenza
dell'autorità comunale, direttamente
ascrivibili, nell'esercizio delle rispettive
competenza, ad altre autorità amministrative
e ciò tanto più se tali provvedimenti si
collocano, come nella specie, nel solco
stesso dell'attività edificatoria e della
rimozione degli ostacoli legali che si
frappongono al suo legittimo esercizio
(Cons. Stato, sez. V, 06.10.1999, n. 1338)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 23.09.2010 n. 7075 -
link a www.ambientediritto.it). |
URBANISTICA:
PRG - Adozione e approvazione
definitiva - Stralciato di un’area -
Permanenza nelle tavole allegate al PRG -
Illegittimità.
E’ illegittima la permanenza nelle tavole
allegate al PRG della destinazione
urbanistica (in specie D1) di un’area che
non trovi riscontro nell’effettive
determinazioni assunte sul punto in
questione dagli organi comunali e regionali,
ma mostra con altrettanta evidenza la
contraddittorietà, illogicità e perplessità
di tale risultanza, tenuto conto che detti
organi chiaramente ed inequivocamente hanno
“stralciato” detta originaria
previsione contenuta nel solo atto di
adozione del PRG (Consiglio di Stato, Sez.
IV,
sentenza 22.09.2010 n. 7041 -
link a www.ambientediritto.it). |
APPALTI:
Contratti pubblici: le
"circostanze speciali" che consentono il
ricorso alla trattativa privata non possono
basarsi meramente sulla presunta maggiore
convenienza tecnico-economica
dell'intervento.
Anche nel caso di concessione di pubblici
servizi, il ricorso alla trattativa privata
deve ritenersi circoscritto ai soli casi di
impossibilità di far luogo ad una pubblica
gara in ragione dell'estrema urgenza, ovvero
della sussistenza di presupposti d'ordine
tecnico tali da impedire, se non al prezzo
di costi sproporzionati, la ricerca di altre
soluzioni basate sul previo confronto
concorrenziale (massima tratta da
www.eius.it
- Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 21.09.2010 n. 7024 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Pubblica amministrazione: per la
tempestività dell'istanza del privato conta
la data di spedizione della raccomandata.
Salvo che la "lex specialis" non
stabilisca diversamente, il termine finale
per la presentazione della domanda del
privato alla pubblica amministrazione deve
considerarsi osservato ove tale domanda sia
inoltrata in tempo utile a mezzo
raccomandata, rilevando in tal caso la data
di spedizione e non quella di ricezione da
parte della destinataria (massima tratta da
www.eius.it
- Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 14.09.2010 n. 6678 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
PUBBLICO IMPIEGO:
Lavoro: anche il "tempo tuta"
deve essere retribuito.
Al fine di valutare se il tempo occorrente
per indossare la divisa aziendale debba
essere retribuito o meno, occorre far
riferimento alla disciplina contrattuale
specifica: in particolare, ove sia data
facoltà al lavoratore di scegliere il tempo
e il luogo ove indossare la divisa stessa
(anche presso la propria abitazione, prima
di recarsi al lavoro) la relativa attività
fa parte degli atti di diligenza
preparatoria allo svolgimento dell'attività
lavorativa, e come tale non deve essere
retribuita; mentre se tale operazione è
diretta dal datore di lavoro, che ne
disciplina il tempo ed il luogo di
esecuzione, rientra nel lavoro effettivo e,
di conseguenza, il tempo ad essa necessario
deve essere retribuito (Corte di Cassazione,
Sez. lavoro,
sentenza 10.09.2010 n. 19358 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Contratti pubblici:
l'Amministrazione non può disattendere il
bando neppure in caso di "ius superveniens".
Nell'espletamento di una procedura di gara,
l'Amministrazione è tenuta ad applicare le
regole contenute nel bando anche nel caso in
cui sopravvenga l'abrogazione o la modifica
della disciplina vigente al momento della
sua adozione (massima tratta da
www.eius.it
- Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 07.09.2010 n. 6485 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Quando si monta il ponteggio è
obbligatoria la presenza del preposto.
II datore di lavoro è tenuto a garantire,
durante il montaggio di un ponteggio, la
presenza di un preposto incaricato
specificatamente di sovrintendere alle
operazioni.
Questo, in sintesi, il contenuto della
sentenza della Cassazione n. 23936 del
23.06.2010.
La sentenza riguarda il caso di un
lavoratore che, intento al montaggio di un
ponteggio in un cantiere edile, è caduto
dall'altezza del quarto piano dello stabile
rovinando sul balcone del piano inferiore.
Secondo la sentenza appellata,
l’amministratore unico della società non
aveva assicurato la presenza di un preposto
incaricato di controllare le operazioni di
montaggio alle quali era intento il
lavoratore. L'imputato ha fatto ricorso alla
Corte di Cassazione sostenendo che non era
stato tenuto conto che in cantiere fosse
presente un responsabile della sicurezza.
La Corte ha concluso ritenendo "non
pertinente, ....,il riferimento del
ricorrente alla presenza di un incaricato
della sicurezza del cantiere; costui,
invero, ha compiti diversi rispetto al
soggetto preposto alla direzione dei
predetti lavori che, secondo il dettato
legislativo (Decreto del Presidente della
Repubblica n. 164 del 1956, articolo 17 -
n.d.r. ora art. 123 D.Lgs. 81/2008,), devono
essere eseguiti sotto la diretta e costante
sorveglianza del preposto"
(Corte di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 23.06.2010 n. 23936 - link a www.acca.it). |
INCARICHI PROGETTUALI - LAVORI PUBBLICI:
Illegittimo subordinare il
compenso al finanziamento dell'opera.
È illegittimo
subordinare il pagamento di compensi
professionali (progettazione, indagini,
etc.) all'ottenimento del finanziamento per
la realizzazione dell'opera pubblica.
Questa, in sintesi, la conclusione del TAR
Puglia (sez. Lecce) che ha accolto un
ricorso finalizzato ad ottenere
l'annullamento di un bando per l'affidamento
di un incarico professionale.
L'incarico riguardava progettazione,
direzione lavori, coordinamento della
sicurezza, etc. con la precisazione che le
attività connesse all'esecuzione (direzione
lavori, etc.) sarebbero state affidate solo
in caso di finanziamento dell'opera e che,
comunque, il professionista si impegnava a
non pretendere alcun compenso, nemmeno per
spese vive, se l'intervento non fosse stato
ammesso a finanziamento.
Il TAR ha ritenuto che il bando fosse in
palese contrasto con le disposizioni
dell'art. 92 del Codice dei Contratti (D.Lgs.
163/2006) che recita: "Le amministrazioni
aggiudicatrici non possono subordinare la
corresponsione dei compensi relativi allo
svolgimento della progettazione e delle
attività tecnico amministrative ad essa
connesse all'ottenimento del finanziamento
dell'opera progettata"
(commento tratto da www.acca.it - TAR
Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 20.02.2010 n. 577 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
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